Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 265 di mercoledì 16 luglio 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bindi, Biondelli, Bonifazi, Carinelli, Cirielli, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Di Salvo, Fava, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Mattiello, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Sani, Scotto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente e Vecchio sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni La Russa ed altri n. 1-00441, Caruso ed altri n. 1-00534, Piras ed altri n. 1-00536, Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538, Artini ed altri n. 1-00539, Marcolin ed altri n. 1-00541, Palese ed altri n. 1-00545 e Causin ed altri n. 1-00546 in materia di progressioni di carriera e automatismi retributivi per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni La Russa ed altri n. 1-00441, Caruso ed altri n. 1-00534, Piras ed altri n. 1-00536, Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538, Artini ed altri n. 1-00539, Marcolin ed altri n. 1-00541, Palese ed altri n. 1-00545 e Causin ed altri n. 1-00546 in materia di progressioni di carriera e automatismi retributivi per il personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta del 14 luglio 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire esprimendo altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo nel condividere le preoccupazioni e le esigenze espresse in tutte le mozioni presentate, e nella discussione sulle linee generali, circa l'obiettivo di rivalutare, nel breve periodo, le problematiche che afferiscono, sia al trattamento stipendiale del personale del comparto Pag. 2difesa-sicurezza e soccorso pubblico, sia le problematiche legate al turn-over (peraltro affrontate con l'ultima legge stabilità), non può non rilevare che i noti vincoli di finanza pubblica, la scarsità delle risorse, gli obiettivi della politica di bilancio, precludono, allo stato, di assumere impegni precisi e inderogabili e, invece, richiedono un'assunzione certa da parte del Governo delle esigenze che sono state prospettate, ma rinviando le valutazioni su questa materia nel contesto delle priorità che saranno indicate e valutate durante la sessione bilancio, quindi nella discussione sulla legge di stabilità. Questo è l'orientamento di carattere generale e, quindi, tutto ciò che viene sollecitato nei dispositivi delle varie mozioni, ove fossero ricondotte a questa posizione del Governo, nel senso appunto di accogliere le esigenze di rinviare la valutazione delle iniziative da assumere nella legge di stabilità, troverebbero il consenso del Governo.
  In particolare, per quel che riguarda il parere puntuale sulle singole mozioni, mi consenta Presidente, poiché la richiesta che il Governo fa ai presentatori delle mozioni stesse è per larga parte di riformulazione della parte dispositiva, nulla osservando sulle promesse delle mozioni stesse, di iniziare dalla mozione Fiano, Dorina Bianchi ed altri n.1-00538 che è quella che corrisponde di più alla posizione che ho appena espresso e poi proporre ai presentatori una riformulazione dei dispositivi nei termini che dirò subito dopo.
  Come dicevo, relativamente alla mozione Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538, vi è parere favorevole sul primo punto dell'impegno del Governo indicato nella mozione, con l'espunzione delle parole da «al fine di valutarne...» fino a «...sicurezza nazionale».
  Sul secondo punto del dispositivo il parere è favorevole con la sostituzione delle parole «delle Forze armate» con le parole «del comparto della difesa e sicurezza e del soccorso pubblico», che costituiscono una formulazione più esaustiva.
  Infine il parere è favorevole sul terzo impegno che viene richiesto.
  A proposito del terzo punto, che contiene appunto l'espressione di volontà e necessità di affrontare queste problematiche in fase di predisposizione della legge di stabilità, la proposta che il Governo si permette di fare a tutti i gruppi e ai presentatori delle mozioni è quella di assumere questo terzo punto o, se ritengono, tutti e tre gli impegni che vengono richiesti. In ogni caso, relativamente agli aspetti dell'adeguamento retributivo, di assumere il terzo punto come riformulazione dei dispositivi di tutte le altre mozioni, ferme le premesse nei termini che ho detto.
  Ove questa proposta venisse accolta dai presentatori delle mozioni, a quel punto, con la precisazione che ho detto e con le riformulazioni che ho proposto, il parere sarebbe favorevole su tutte le mozioni. In caso contrario, sarebbe favorevole sulla mozione Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538 con le riformulazioni proposte e contrario su tutte le altre.

  PRESIDENTE. Se la Presidenza ha ben compreso, quindi, le riformulazioni constano nel fatto che tutti i dispositivi delle mozioni devono essere identici al terzo punto del dispositivo della mozione a prima firma dell'onorevole Fiano. Giusto ?

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Giusto, Presidente, naturalmente, ove i presentatori proponessero una riformulazione di contenuto analogo, il Governo la valuterebbe. Allo stato il Governo propone...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, è il Governo che propone la riformulazione, quindi assumiamo come proposta di riformulazione quella del terzo punto del dispositivo della mozione Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538. Poi ciascun primo firmatario dovrà pronunciarsi sul fatto se accolga o meno la riformulazione. Se non accoglierà la riformulazione, il parere ovviamente si intende contrario.

Pag. 3

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Esattamente.

  PRESIDENTE. Perfetto.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, vorrei innanzitutto rispondere al Governo che noi non possiamo accettare questa riformulazione, perché le esigenze di finanza pubblica esistono – lo sappiamo – ma investono la scelta politica del Governo. Se il Governo trova, per decisioni politiche, 80 euro per le persone che hanno uno stipendio sotto una certa soglia, può scegliere politicamente alla stessa maniera di trovare le risorse per le Forze armate, per le forze di polizia e in genere per il comparto difesa e sicurezza.
  Diciamo che voi, che quando siete stati all'opposizione, rispetto a tagli ben diversi e a trattamenti ben diversi dal punto di vista delle qualità negative, avete assunto un atteggiamento demagogico, oggi richiamate alla responsabilità, come Partito Democratico, sulla pelle e sulle spalle delle forze dell'ordine e non volete assumere alcun impegno. La mozione del Partito Democratico è esattamente in questa linea. È una mozione che dice tutto e il contrario di tutto, non prende proprio in considerazione l'idea di eliminare il blocco. Propone genericamente un impegno, generico appunto, del Governo, salvo le esigenze di rispetto di finanza pubblica, a rivedere nel 2015, perché si rimanda sempre, prima a cento giorni, poi a mille giorni e, insomma, non c’è mai un impegno preciso.
  Allora, tornando al nostro ragionamento – quindi, per rispondere al Governo e con ordine – noi siamo contenti come Fratelli d'Italia che oggi il Parlamento voterà su delle mozioni sul tema e devo dire che molte forze politiche hanno presentato mozioni assolutamente condivisibili. Mi riferisco a Sinistra Ecologia Libertà, all'Unione di Centro per il Terzo Polo e alla Lega Nord e Autonomie, che hanno presentato assolutamente mozioni in linea con lo spirito della nostra. Ma è un dato che, per portare all'attenzione del Parlamento una problematica gravissima, che è quella della mortificazione complessiva del ruolo e della dignità degli appartenenti delle forze dell'ordine – e spiegherò perché – c’è voluto lo spazio richiesto da un partito che ha solo nove deputati, che sostanzialmente, come Fratelli d'Italia, solo ogni sei mesi può portare un argomento in discussione.
  Questo vale per le forze politiche, segnatamente per quelle di maggioranza: il rispetto e la dignità delle forze dell'ordine.
  E veniamo al punto. Al di là delle questioni concrete, di cui pure parlerò, c’è un dato generale. Io vorrei far capire al Parlamento, ma soprattutto al Governo, che ho visto poco «ferrato» in materia, che le forze dell'ordine e le Forze armate, rispetto agli altri dipendenti della pubblica amministrazione, sono speciali innanzitutto in negativo. Perché ? Perché sono sottoposte al codice di disciplina militare, perché sono sottoposte alla legge n. 121 del 1981, la cosiddetta legge di polizia, sono sottoposte al codice penale militare, sono soggette per legge a movimenti continui e a impieghi di servizio non preventivi. Quindi, sostanzialmente per spirito, per vocazione, per responsabilità, per rischi della loro professione, nell'ambito del pubblico impiego, ma – aggiungo – nell'ambito di qualunque impiego – è una professione persino, lo dico alla deputata Gnecchi, assai più complicata dei minatori, perché nella riforma previdenziale ci si preoccupava che i minatori non venivano trattati bene e, invece, la delega al Governo riguardava le forze di polizia –, nell'ambito del lavoro, chi rischia la vita, chi è sottoposto a disciplina particolare, è speciale. E allora lo Stato, per questo motivo – quindi non per fargli un favore –, per un fatto materiale, gli dà un'attenzione particolare. Perciò si parla di specificità. Pag. 4I «favori» – passatemi questo termine – non sono privilegi, ma sono una giusta retribuzione morale, economica, materiale rispetto a sacrifici speciali che le forze dell'ordine e le Forze armate fanno. Peraltro, si tratta di persone che portano le armi, quindi sono particolarmente importanti per la difesa, come pietra angolare del sistema statale. Allora, grazie a noi oggi si discute di questo tema.
  E veniamo al tema. Si parte, come tutti hanno sottolineato – devo dire anche un po’ ipocritamente – da una famigerata norma, che è quella del Ministro Tremonti (decreto-legge n. 78 del 2010). Io lo riconosco, perché io facevo parte di quella maggioranza nel PDL: era uomo di spicco, sembrava il nuovo economista del millennio di Forza Italia. Io però ho votato contro quella norma.
  Così come è storia. Anche in questo caso, ad personam è stato citato il Ministro La Russa e io potrei dire alla stessa maniera: «È colpa del Ministro Pinotti se oggi vengono mortificate le forze dell'ordine e le Forze armate», ma io non sono ipocrita, non lo dico. Mi rendo conto che è un complesso che deriva dal disinteresse complessivo che quest'Aula ha nei confronti di questi servitori della patria. Bene, il Ministro La Russa, a fronte di questo decreto, che ha bloccato per tutta la pubblica amministrazione gli scatti, gli aumenti retributivi, gli automatismi, le progressioni di carriera, è riuscito ad ottenere la famosa una tantum, con un decreto successivo, che doveva compensare, solo per le forze dell'ordine e le Forze armate, per il triennio per cui era previsto questo blocco, questo ingiusto taglio. Quindi, nel taglio complessivo fatto alla pubblica amministrazione per le esigenze straordinarie di finanza, di bilancio di cui oggi ci parlava il sottosegretario, grazie al Ministro La Russa, le forze dell'ordine e le Forze armate sono state escluse e questo è un pezzo di storia giuridica, parlamentare e normativa del nostro Stato.
  Senonché, le risorse accantonate per questa una tantum compensativa sono valse soltanto finché c'era il Governo di centro destra in piedi. Poi i Governi delle larghe intese Monti e Letta – per intenderci, Governi sostenuti dal PD, in prima linea come pietra angolare, e da Forza Italia, mi dispiace dirlo – hanno sottratto questa risorsa. Non solo: c'era un impegno preciso da parte di tutte le forze politiche, caro sottosegretario, perché non è che ce lo inventiamo noi. Il sottoscritto, come presidente della Commissione difesa, fece approvare la risoluzione n. 8-00151 all'unanimità, che impegnava tutte le forze politiche, le quali davano la parola d'onore, che nel 2014 non ci sarebbe stata la proroga di questo blocco.
  Ebbene, voi al Governo non avete mantenuto questa parola d'onore. Voi, come anche altri, che hanno sostenuto i Governi tecnici e i Governi delle larghe intese.
  Allora, qual è la differenza rispetto ad altri ? Noi chiediamo immediatamente il blocco di questa proroga da voi voluta, dal PD, dalla maggioranza e dalle altre forze che lo hanno sostenuto in questi Governi, così come avete fatto giustamente per altre categorie. Noi non facciamo la guerra dei poveri: siamo contenti che si siano trovate le risorse per gli insegnanti, siamo contenti che avete trovato gli 80 euro per le persone che hanno un reddito più basso e che sono svantaggiate nella nostra società. Però è vergognoso che non lo fate per le forze dell'ordine e per le Forze armate. E allora dovete avere il coraggio di dirlo in faccia e di non prendere in giro le persone.
  Quindi vogliamo il blocco immediato e mi fa piacere che – ripeto – alcune forze, tra cui SEL e Lega, lo dicano con chiarezza. Altri dicono: «partiamo dal 2015» e noi non siamo d'accordo, perché come le si trova subito, le risorse, per altri, bisogna trovarle subito per le Forze armate e le forze dell'ordine. Forze armate e forze dell'ordine che, lo ricordo ancora, sono speciali in negativo perché, per esempio, non sono tutelate dallo statuto dei lavoratori. Voi sapete che un dipendente della pubblica amministrazione, giustamente, quando è a tempo determinato, al termine di quattro o cinque anni lavorativi, ha circa un anno di indennità di disoccupazione, Pag. 5quando finisce il suo lavoro ? Bene: agli appartenenti alle Forze armate ed alle forze di polizia questo non capita. In particolare, i volontari delle Forze armate, vincitori di concorso nelle forze di polizia, al termine dei quattro anni nelle Forze armate, se per esigenze delle forze di polizia non vengono incorporati subito, magari stanno un anno a casa senza stipendio, con la famiglia, dopo essere stati cinque anni o quattro anni in servizio nelle Forze armate, aver vinto regolarmente un concorso, da quattro anni parcheggiati nelle Forze armate, al termine di questi quattro anni li mandiamo a casa con una mano davanti ed una mano di dietro.
  Questo è il punto e lo dobbiamo sapere. I colleghi del Parlamento devono sapere che le Forze armate e le forze di polizia vengono trattate peggio degli altri. E aggiungo: il blocco voluto da Tremonti, certo, ma confermato da Monti, da Letta e da Renzi, colpisce, nell'ambito della pubblica amministrazione, più le forze di polizia e le Forze armate che gli altri perché, mentre gli altri hanno alcuni istituti perequativi come fondi di produttività ed indennità di posizione, nelle Forze armate gli unici vantaggi economici sono legati alla progressione di carriera, ad alcuni assegni funzionali, che sono tutti colpiti da questa norma. Quindi oggi, nell'ambito del pubblico impiego, per colpa dei Governi delle larghe intese (PD, Forza Italia, Nuovo Centrodestra, UDC e Scelta Civica, perché queste sono le forze che sostengono la maggioranza e se ne devono assumere la responsabilità), le Forze armate e le forze di polizia stanno peggio degli altri.
  Allora, ovviamente mi fa piacere che alcune forze politiche – le ripeto: l'UDC, la Lega, SEL – abbiano dato oggi prova, con delle mozioni importanti (però vediamo se accolgono la riformulazione del Governo), ma noi siamo molto delusi, sinceramente, dal PD, che quando è stato all'opposizione diceva certe cose ed oggi che sta al Governo ne dice di assai differenti. Mi riferisco a vari colleghi, come l'onorevole Fiano, che quando era all'opposizione era un paladino della difesa dei diritti delle forze dell'ordine e delle Forze armate ed oggi, quando fa il deputato di maggioranza, si comporta come un ascaro, pronto ad eseguire ordini che mortificano le forze dell'ordine.
  Concludo, Presidente, dicendo che noi non facciamo passi indietro. Per noi la specificità, la specialità delle Forze armate e delle forze dell'ordine è un valore. Chi rischia la vita per la nostra sicurezza va eticamente difeso. Chi ha, imposti dalla legge, comportamenti che gli danno responsabilità di servizio, rischi particolari, deve essere tutelato. Chi è sottoposto a disciplina o alla legge di polizia e quindi ha un tipo di lavoro che lo usura di più, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, deve sentirsi speciale, amato e tutelato dallo Stato. Non può essere trattato come uno qualunque – mi passiate il termine – o, peggio ancora, peggio di tutti gli altri dipendenti della pubblica amministrazione. Pertanto noi siamo fermi nel tenere questa posizione. Vogliamo vedere chi vota come chiede il Governo.
  Un'ultima cosa ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che pure hanno fatto una buona mozione: la differenza tra noi e voi sapete qual è ? È che voi, nella vostra mozione, parlate di tutti i dipendenti della pubblica amministrazione.
  Noi pure siamo per tutelare i dipendenti di tutte le pubbliche amministrazioni, ma oggi si parla delle Forze armate, oggi si parla delle Forze di polizia e su questo il Parlamento dovrà essere unanime. Non è che la vicenda delle Forze armate e delle Forze di polizia è l'occasione per parlare di tutte le cose che non vanno bene di questo Stato e di tutti i lavoratori.

  PRESIDENTE. Onorevole Cirielli, concluda.

  EDMONDO CIRIELLI. Sono lavoratori speciali e specifici, che meritano di essere tutelati in maniera diversa da come fa questo Parlamento e, soprattutto, da come fanno questo Governo e questa maggioranza.

Pag. 6

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Caruso. Ne ha facoltà.

  MARIO CARUSO. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, colleghi, a partire dal decreto-legge n. 78 del 2010, che ha imposto l'adozione di misure per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica, il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, in particolare il personale militare, ha pesantemente subito le conseguenze del blocco stipendiale introdotto dal suddetto decreto.
  Esso ha inciso sia sul sistema delle promozioni, processo di crescita che, in un settore gerarchizzato, assume una connotazione particolarmente rilevante in dipendenza dei crescenti livelli di responsabilità connessi con il nuovo grado, sia in tema di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, pregiudicando la maturazione di alcuni istituti tipici, specifici del comparto, strettamente connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali non connesse a promozioni, causando pesanti ripercussioni sui futuri trattamenti pensionistici.
  Una parziale compensazione c’è stata attraverso la corresponsione di assegni una tantum, introdotti per le peculiari esigenze del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico. I fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del sopra citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 (46 per cento) e 2013 (16 per cento).
  Ricordo che il 12 dicembre 2013 la Corte costituzionale ha ribadito la legittimità del blocco stipendiale, previsto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, sottolineando però il carattere eccezionale della misura adottata e che, per non ledere il principio previsto dall'articolo 3 della Costituzione, i sacrifici imposti al personale pubblico, quello militare compreso, quindi, devono essere limitati nel tempo. Dopo quattro anni di blocco, durante i quali il personale ha continuato ad operare, sia in patria che nei teatri operativi, con immutata dedizione e fiducia nei confronti dello Stato, lo sblocco è fortemente atteso, considerato che il settore è l'unico, all'interno del pubblico impiego, a subire una completa stasi di tutti gli istituti economici ed in particolare le progressioni di carriera, ivi compreso l'accesso alla dirigenza.
  Non possiamo più rimandare questa questione, non possiamo permettere che le donne e gli uomini che per loro scelta mettono a rischio la propria vita tutti i giorni per proteggere il nostro Stato e per mantenere la sicurezza nelle nostre città vengano puniti in questo modo. In tale contesto, con la presentazione della presente mozione, oltre ad assicurare la non reiterazione del blocco per il 2015, si chiede una anticipata sospensione del blocco anche per il 2014, eventualmente dal secondo semestre, reperendo specifiche risorse presso i Dicasteri interessati. In virtù, quindi, dell'importanza del tema trattato, auspichiamo la più ampia condivisione da parte dell'Aula. Con questo ho concluso e ringrazio tutti i presenti.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Dal punto di vista della richiesta di riformulazione del Governo, il suo gruppo che cosa intende fare ? Accetta la riformulazione o non la accetta ?

  MARIO CARUSO. Sì, la accettiamo.

  PRESIDENTE. Perfetto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, riteniamo meritorio il fatto che finalmente si discutano oggi, in quest'Aula, gli effetti dispiegati sulle Forze Pag. 7dell'ordine e sui vigili del fuoco delle misure di contenimento della spesa pubblica varate in questi anni di crisi.
  Come Lega Nord, abbiamo a lungo contestato gli sprechi nella pubblica amministrazione e invocato il risanamento, ma abbiamo anche sottolineato come non tutte le funzioni dello Stato dovessero essere investite dai tagli nella stessa misura. Il dibattito odierno trae lo spunto dalla richiesta di porre rapidamente fine ad alcuni aspetti specialmente odiosi dell'austerità, cui è stato assoggettato il personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso.
  Si tratta di norme con le quali, a partire dal 2010, si è imposto un blocco ad ogni genere di aumento retributivo, non solo quelli derivanti dalla concertazione o contrattazione che precede il rinnovo dei contratti, ma anche quelli che hanno a che fare con la progressione nell'anzianità di ruolo e nell'avanzamento delle carriere. In pratica, tutti coloro che nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nei vigili del fuoco sono stati promossi al grado superiore negli ultimi quattro anni hanno continuato ad essere pagati esattamente come se fossero rimasti nel grado inferiore.
  Tutto ciò ha determinato forte frustrazione a livello individuale e situazioni di sofferenza collettiva. Si sono, infatti, prodotti dei disallenamenti importanti all'interno dei medesimi livelli gerarchici, senza alcun demerito individuale, cosa che incide sulle motivazioni personali e genera fatalmente gelosie, risentimenti che, in organismi come l'Esercito, i Carabinieri o la Polizia, dovrebbero essere assolutamente evitati. Non debbono, infatti, esistere invidie tra chi è chiamato ad esporsi agli stessi pericoli, dentro una base avanzata in Afghanistan, a bordo di una volante della Polizia o mentre si entra in un palazzo in fiamme. Siamo, quindi, del tutto d'accordo con coloro che hanno presentato le mozioni per chiedere che a questo stato di cose si ponga al più presto fine.
  Dire «sì», votando a favore delle proposte di mozione presentate dai colleghi La Russa, Artini, Caruso, Causin e Palese, tuttavia, non ci bastava: come Lega Nord abbiamo, infatti, ritenuto opportuno approfittare di questa opportunità per sollevare alcuni problemi strettamente connessi a quelli che costituiscono l'oggetto degli atti di indirizzo oggi al nostro esame.
  Di qui il testo che sottoponiamo alla vostra attenzione e che vi chiediamo di sostenere, nel quale poniamo l'accento non solo sugli effetti dei blocchi stipendiali, ma altresì sulle perniciose conseguenze della spending review nella sfera della sicurezza interna e del soccorso, con riferimento soprattutto al blocco del turnover delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che stanno assottigliando pericolosamente i presidi preposti alla tutela della legalità e all'incolumità pubblica.
  I comuni del nord, specialmente quelli di fascia pedemontana, stanno sperimentando da tempo un significativo incremento dei reati contro il patrimonio, che allarma l'opinione pubblica e spesso spinge la cittadinanza a dare vita a forme autonome di vigilanza, proprio a causa del concomitante indebolimento delle stazioni periferiche dei carabinieri e della Polizia di Stato.
  La coperta è, poi, sempre più corta, per cui capita che, a lato di un'emergenza, del personale venga anche trasferito con poche ore di preavviso e per diversi mesi fuori dalle sedi di ordinaria assegnazione; come è capitato ad otto poliziotti in servizio a Ponte Chiasso, dirottati improvvisamente pochi giorni fa verso l'aeroporto di Fiumicino, creando grossi problemi alla Polizia incaricata nel comasco di controllare le frontiere e gestire i respingimenti dei clandestini individuati dai doganieri svizzeri. Problemi della stessa natura affliggono anche i vigili del fuoco, che, spesso, sono anche costretti ad operare con mezzi vetusti.
  Abbiamo, quindi, bisogno di una drastica inversione di rotta. Almeno in questo campo, è stato possibile risparmiare sul personale delle Forze armate, riducendo del 30 per cento il numero dei generali e tagliando di 50 mila unità il complesso che annovera ben 220 mila dipendenti, anche perché il nostro Paese è parte di un'alleanza Pag. 8potente come la NATO e ritiene possibile realizzare delle sinergie in ambito europeo.
  Non possiamo fare la stessa cosa con le forze dell'ordine e i vigili del fuoco. Non è, infatti, immaginabile affidare all'Unione europea o all'Alleanza atlantica la tutela della legalità e della pubblica incolumità del nostro Paese. Ecco perché, signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, la Lega Nord chiede, oggi, qualcosa di più. Noi chiediamo, non soltanto che fin dal secondo semestre di quest'anno vengano sospese le disposizioni che bloccano gli avanzamenti di retribuzione connessi alla progressione delle carriere e all'anzianità di ruolo di tutto il comparto difesa, sicurezza e soccorso, vogliamo, infatti, anche, che la concertazione e la contrattazione nel comparto difesa, sicurezza e soccorso rientrino già il prossimo anno, prevedendo, inoltre, un margine per il recupero almeno parziale degli aumenti retributivi non scattati e non goduti nelle more del blocco. Soprattutto, chiediamo che vengano varate nel minor tempo possibile misure che consentano il rientro, tramite il turn over, del cento per cento del personale in uscita, dalle forze dell'ordine e dal Corpo nazionale del vigili del fuoco, in modo tale da frenare la riduzione e l'invecchiamento, se necessario impiegando a tale scopo anche le risorse risparmiate tramite l'eventuale ridimensionamento o rimodulazione di alcuni programmi pluriennali di acquisizione di armamenti.
  Ci sembrano misure dovute per il rispetto che meritano gli uomini e le donne che ci proteggono ogni giorno, in primo luogo, e per i nostri concittadini che chiedono di poter essere protetti. Quindi, noi rigettiamo la riformulazione proposta anche perché crediamo che, alla luce dei fatti, proprio di ciò che è il ridimensionamento per quanto riguarda il comparto difesa e, quindi, la rivisitazione sull'acquisizione di nuovi sistemi d'arma e quant'altro, le risorse di tutti quei risparmi debbano essere investite, come abbiamo sempre detto, nella sicurezza dei nostri cittadini.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michele Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, dico da subito che non accetto la riformulazione del Governo e poi spiegherò il perché nel corso dell'intervento, ma mi pare che il testo della mozione che mi vede come primo firmatario, indichi una strada ben precisa rispetto a quella che indica la mozione presentata dal Partito Democratico con l'onorevole Fiano come primo firmatario.
  In questi anni vi sono alcune categorie particolari di lavoratori che più di altri, nel contesto dato in cui si trovano ad operare, hanno vissuto una condizione di invisibilità e di solitudine, fra queste rientra certamente l'esercito sterminato dei lavoratori precari, ricacciati nella dimensione ottocentesca del rapporto individuale con il lavoro e con i datori di lavoro. Una condizione esistenziale, quella della precarietà, che agisce sui progetti di vita depauperandoli, prosciugandoli di senso e di prospettiva, se per questa si intende l'idea del tutto normale, forse anche banale, ma certamente naturale, di costruire una progressione di vita e una realizzazione fatta anche, innanzitutto, dalla costruzione di una famiglia, di una casa, dall'avere dei figli, crescerli e farli studiare. Quella condizione di solitudine e di invisibilità è la caratteristica prevalente, oggi, anche, di una categoria di lavoratori che fino a qualche anno fa sembrava intoccabile, inviolabile dalla ciclicità delle crisi e che, oggi, invece, vive una condizione di disagio sociale e psicologico senza precedenti nella storia repubblicana e che sta determinando sofferenze e tensioni in un settore particolarmente delicato come quello della Difesa. Il Governo Berlusconi – vale la pena ricordare l'origine dell'atto di cui chiediamo il superamento con queste mozioni – con il decreto-legge n. 78 del 2010, in considerazione della necessità di un contenimento della spesa pubblica, decise per il blocco dei contratti e delle progressioni stipendiali di tutto il pubblico impiego, ivi compresi i contratti e le progressioni Pag. 9stipendiali dei lavoratori delle Forze armate, di pubblica sicurezza e del soccorso pubblico.
  Cinque anni di blocco stipendiale nel tempo della crisi, con il correre dei costi della vita, hanno scavato un solco profondo, diffuso una condizione di disagio fortissimo che, nella condizione di specificità sancita dalla norma, a differenza di altre situazioni, non gode neppure della voce di una rappresentanza sindacale se non quella flebile, seppure importante, dei COCER, organismi di rappresentanza oggi decisivi ma che svolgono la loro attività in condizione di totale subordinazione gerarchica ai vertici delle Forze armate e agli Stati Maggiori, gli stessi vertici che oggi si oppongono all'approvazione di una norma che riconosca a questi lavoratori gli stessi diritti degli altri, gli stessi vertici che hanno conservato posizioni, privilegi, prebende, mentre per cinque anni erano i lavoratori delle Forze armate a pagare il prezzo del cosiddetto risanamento dei conti pubblici.
  È curioso oggi scoprire che chi nel 2010 era Ministro della difesa del Governo Berlusconi, quindi attore protagonista di una scelta nefasta come questa, che stride in maniera prepotente con la retorica militarista e patriottarda cui ci ha abituato negli anni e di cui ha intriso anche la mozione che oggi porta la sua firma in calce, sia oggi, ancora, come in sede di discussione sulle linee generali, assente in Aula, assente come tutto il gruppo desolantemente deserto di Fratelli d'Italia
  Il blocco stipendiale nel tempo della crisi ha inciso in maniera imponente sulla condizione materiale di vita dei lavoratori delle Forze armate, della pubblica sicurezza e del soccorso pubblico, particolarmente sulla condizione dei neoassunti e più in generale delle nuove generazioni, determinando una situazione difficile non solo sul piano sociale ma persino, paradossalmente, su quello dell'operatività e dell'efficacia del servizio. Oggi, grazie alla scelta dissennata operata dal Governo Berlusconi e, va ricordato, prorogata in questa legislatura, non solo mancano le risorse per gli alloggi, per il carburante, per la cancelleria, per l'efficientamento e la manutenzione degli strumenti e dei mezzi di lavoro, ma si è generato persino il paradosso che vede differenti retribuzioni a parità di grado, a seconda che la promozione si sia ottenuta prima o dopo il 2010. Pensate, onorevoli colleghi, quanto questo stato di cose possa incidere sulla motivazione di chi svolge un lavoro così delicato e carico di responsabilità. Pensate quanto siete stati in grado di frustrare le ambizioni personali e di deprezzare il merito di chi si distingue sul posto di lavoro. Altro che balle e slogan sulla meritocrazia. Il blocco contrattuale delle progressioni stipendiali ha determinato nelle Forze armate e di pubblica sicurezza le medesime dinamiche che caratterizzano tutta la società italiana. Oggi, infatti, è perfettamente distinguibile una contraddizione fra base e vertice anche nelle Forze armate, fra lavoratori che sperimentano il quotidiano peggioramento della loro condizione di vita e i vertici militari, che sono riusciti, in questi anni di austerità, a conservare il loro status sociale. Noi oggi vogliamo affermare un principio semplice, che il blocco della contrattazione e delle progressioni stipendiali va rimosso subito, non fra sei mesi, e va rimosso non solo per le Forze armate ma per tutto il pubblico impiego, come fatto fondamentale di risarcimento sociale ma anche come strumento di rilancio dei consumi quindi potenzialmente del sistema economico italiano nel suo complesso.
  Sulla base di quanto detto, SEL voterà a favore non solo della propria mozione ma altrettanto e nonostante tutto farà con la mozione a prima firma La Russa, con la mozione a prima firma Artini e con la mozione a prima firma Marcolin. Più articolato, invece, il giudizio che darei sulla mozione a firma Fiano, Scanu ed altri, e perciò, anche, non posso accettare la riformulazione proposta dal Governo; innanzitutto perché si capisce bene che la mozione Fiano rappresenta una dilazione dei tempi, quindi una prosecuzione di fatto del blocco esistente fino alla legge di stabilità. E poiché questa entrerà in vigore nel 2015 e la proroga del blocco si interrompe Pag. 10il 31 dicembre 2014, non si capisce bene quale sia l'impegno che si attribuisce al Governo, se non quello di valutare la possibilità di non prorogarlo ulteriormente nel prossimo anno dell'esercizio finanziario. Ecco, non mi pare che lo sforzo prodotto sia adeguato alle esigenze da più parti espresse, persino, in più occasioni, dal Partito Democratico.
  Ma vorrei interloquire anche in questa sede di dichiarazione di voto con la maggioranza ed avanzare una proposta, ovvero che nel dispositivo della mozione si possa almeno prevedere l'impegno inderogabile allo sblocco di tutte le indennità specifiche a partire dal 1o gennaio 2015, quindi il superamento nel comma 21, articolo 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 e l'allocazione di adeguate risorse per il ristoro completo una tantum a partire dal 1o agosto 2014.
  Concludendo, perciò, vi invito su questo a riflettere, invito il Governo e invito la maggioranza a riflettere, poiché ci troviamo di fronte ad una proposta che – è proprio il caso di dirlo – rappresenta il minimo sindacale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causin. Ne ha facoltà.

  ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, sottosegretario, io voglio applicare un principio anche di economia dell'Aula, dei lavori d'Aula, in attesa dell'approvazione dei futuri Regolamenti parlamentari, nel senso che ho capito che avremo un intasamento nei prossimi giorni che deriva dai decreti-legge e voglio utilizzare meno tempo possibile per una dichiarazione di voto su una mozione che ha un altissimo livello di tecnicalità, ribadendo, però, che la nostra mozione, come le mozioni presentate dagli altri gruppi, pur con sfumature diverse, si muovono tra un principio e un limite: il principio sacrosanto che è legato alla necessità di offrire ai lavoratori, anche ai pubblici lavoratori, ai lavoratori del pubblico impiego, un dignitoso adeguamento salariale, e un limite dato dal fatto che l'unica cosa che cresce nel nostro Paese è il debito pubblico, e che quindi il Governo ha oggettivamente bisogno di contenere i conti dello Stato e l'unico modo, uno dei modi più facili per contenerlo, è quello di limitare la spesa, attraverso anche il blocco degli automatismi stipendiali.
  Siamo consapevoli che è una necessità che soprattutto le forze dell'ordine, che sono probabilmente il comparto di lavoratori del pubblico impiego che più sono esposti dal punto di vista del rischio fisico, debbano avere uno stipendio dignitoso, ed è per questo che anche noi abbiamo presentato una mozione in questo senso.
  Proprio per questa ragione, noi accettiamo la riformulazione del Governo, perché ci sembra di buonsenso, offriamo la disponibilità ad un voto favorevole alle mozioni sulle quali il Governo esprimerà un parere favorevole ed esprimeremo, invece, un parere contrario su quelle mozioni che si sbilanciano sul principio, cioè sul fatto di sbloccare per tutti i lavoratori del comparto della pubblica amministrazione il blocco agli adeguamenti salariali, perché quel principio non tiene conto che il nostro Paese ha ancora la necessità di tenere conto dei limiti che derivano dal fatto che non si cresce e che non c’è la possibilità economica per far valere quel principio, che comunque noi riconosciamo come sacrosanto (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,47).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

Pag. 11

  ROSANNA SCOPELLITI. Signor Presidente, colleghi, oggi, in quest'Aula, è utile ricordare che i comparti sicurezza-difesa e soccorso pubblico sono, di fatto, oggetto di un blocco contrattuale che dura dal 2006, nonché del congelamento di tutte quante le prerogative connesse ai diritti spettanti agli operatori, a partire dall'adeguamento economico attribuito per progressione di carriera, dell'assegno di funzione, e compresi, quindi, purtroppo, anche gli scatti di anzianità.
  Il perdurante blocco delle retribuzioni penalizza quindi il comparto difesa e sicurezza, in quanto impedisce al personale delle Forze armate e di polizia la maturazione di alcuni istituti peculiari connessi con il merito e con l'anzianità di servizio, e che sono direttamente legati alla sua riconosciuta superspecificità di funzioni e di impieghi. Nonostante la legge di stabilità per il 2004 abbia dato qualche – e ripeto, solo qualche – segnale positivo per quanto attiene sia alla formazione che all'addestramento del personale, sia alla manutenzione e all'efficienza dei mezzi e dell'equipaggiamento a garanzia della piena funzionalità dello strumento militare, permane, tuttavia, una situazione di difficoltà per chi opera in questo importante, importantissimo settore.
  Il comparto sicurezza rappresenta, infatti, un patrimonio dello Stato e degli italiani, nonché un'assicurazione a tutela e a sostegno degli interessi nazionali, e un investimento fondamentale per il ruolo dell'Italia nella più ampia accezione internazionale.
  Signor Presidente, faccio presente che non vedo il Governo, però. Ecco, ci siamo.

  PRESIDENTE. Il Governo c’è, ma non si vede.

  ROSANNA SCOPELLITI. È importante, vuole dire che sta lavorando per noi.

  PRESIDENTE. Speriamo.

  ROSANNA SCOPELLITI. Il personale del comparto difesa-sicurezza rappresenta, quindi, una risorsa per il nostro Paese per l'importante funzione che svolge e per la tutela e la sicurezza dei cittadini. Proprio per l'importanza del ruolo che assume per il nostro Paese appare, pertanto, indispensabile ripensare ad un nuovo modello di sicurezza, che, nonostante il rispetto degli obiettivi di bilancio, renda più efficace ed efficiente il lavoro svolto dagli operatori del comparto sicurezza, dotandolo di quelle risorse che sono necessarie a perseguire i loro obiettivi istituzionali.
  Occorre, quindi, introdurre dei miglioramenti economici, tenendo presente la compatibilità di questi con l'andamento delle finanze pubbliche e ripristinando i meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto stesso. Si tratta, quindi, in sostanza, di riconoscere la giusta dignità professionale a quanti operano ogni giorno mettendo a repentaglio la propria vita in questo settore strategicamente fondamentale per la vita del Paese. Donne e uomini a cui io, come tutti noi, ogni giorno sento e sentiamo di dover dire grazie, di voler dire grazie.
  Siamo, quindi, vicini agli operatori del comparto sicurezza-difesa, che, proprio in relazione allo svolgimento della loro attività di peculiare importanza e fondamentale per il Paese, necessitano di quei giusti aiuti economici che sono necessari a continuare la loro opera. Per questo il Nuovo Centrodestra voterà a favore della mozione concernente il blocco contrattuale per i comparti sicurezza, difesa e soccorso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, le condizioni in cui si trovano ad operare le forze di polizia e di soccorso del nostro Paese sono sempre più precarie. Quindi, noi condividiamo la necessità di riforme e il tentativo di razionalizzare gli impegni di bilancio e la struttura della pubblica amministrazione italiana, ma la cornice in cui realizzare tutto questo deve Pag. 12essere certa. In particolare, le riforme in settori delicati come il comparto sicurezza, per la sua specificità riconosciuta anche a livello normativo, a nostro avviso devono rispondere a regole certe e rispettose della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna.
  I piani di razionalizzazione devono tenere conto dei peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e dei correlati impieghi in attività usuranti e la disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi deve essere, a nostro avviso, definita con provvedimenti legislativi, con i quali si deve provvedere, altresì, a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.
  In più di una occasione il Parlamento ha richiamato già il Governo, con l'approvazione di mozioni ad hoc, al fine di impegnare l'Esecutivo ad avviare una nuova stagione di attenzione ai problemi della difesa, affinché quanto prima si potessero trovare soluzioni ai numerosi e seri problemi che affliggono il comparto difesa e sicurezza e si giungesse al pieno riconoscimento delle professionalità e specificità del personale delle Forze armate, al fine di assicurarne prospettive di crescita e sostegno anche sotto il profilo del trattamento economico.
  Il riconoscimento di tale specificità è stato già riconosciuto con l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, che ha riconosciuto, inoltre, al Consiglio centrale di rappresentanza militare (Cocer) il compito di partecipare, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione del principio di specificità concernenti il trattamento economico del medesimo personale.
  Per andare incontro alle necessità del comparto sicurezza, il decreto-legge n. 27 del 2011, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, convertito nella legge n. 74 del 2011, ha previsto la corresponsione di assegni una tantum al citato personale interessato al blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali disposti dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. Nonostante le dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi a proposito della necessità di garantire la sicurezza del territorio, sono stati adottati provvedimenti che hanno ulteriormente peggiorato la situazione degli operatori della sicurezza.
  Il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, ha previsto una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa nel settore della difesa e della sicurezza e i tagli del bilancio della difesa conseguenti ai recenti provvedimenti di revisione della spesa pubblica hanno inciso profondamente nel settore della difesa, non solo riducendo le risorse destinate allo strumento militare, ma anche limitando riconoscimenti economici al personale impiegato in questo delicato settore, comprese le progressioni di carriera e i nuovi arruolamenti.
  Il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha prorogato fino al 31 dicembre 2014 le disposizioni in materia di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, compreso il comparto sicurezza. Ora noi siamo di fronte all'accresciuta esigenza di richiesta di sicurezza del territorio e alla necessità di garantire lo svolgimento di eventi internazionali, soprattutto a fronte del necessario incremento della presenza delle forze dell'ordine nelle città protagoniste di tali manifestazioni e dobbiamo conciliare le due cose senza che questo pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese.
  Ciò che ci preoccupa è, però, l'apparente contraddizione tra le esigenze di razionalizzazione delle risorse finanziarie contenute anche all'interno del piano di spending review di Cottarelli, predisposto dal commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, che comportano una riorganizzazione del comparto sicurezza sul territorio e la dismissione di Pag. 13un considerevole numero di presidi, e le parole del Ministro dell'interno Angelino Alfano, che, da ultimo, nell'ambito dell'incontro con i Ministri di giustizia e affari interni degli Stati membri dell'Unione europea ha affermato che l'obiettivo del semestre italiano è quello di compiere una revisione della strategia per la sicurezza interna dell'Unione europea, indicando come le priorità di tale revisione siano la tutela del mercato legale contro la criminalità organizzata, affrontare il tema della corruzione, il contrasto al terrorismo, il giusto equilibrio tra esigenze di sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali.
  Per questo chiediamo al Governo un chiarimento che vada verso un impegno ad avallare con atti concreti l'attenzione di rivedere la strategia di sicurezza interna, invertendo l'attuale trend di continui tagli ai fondi per la sicurezza che annullano e mortificano la professionalità degli operatori di sicurezza in Italia e a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti normativi, adeguate iniziative volte a sospendere, a partire dal primo semestre del 2015, per il comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, il blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi.
  Poiché in questi ultimi due anni le tante mozioni e i tanti input che sono stati chiaramente impartiti al Governo da parte di questa Assemblea, di quest'Aula, sono stati tutti disattesi, Forza Italia non voterà, ma si asterrà semplicemente sulla proposta del collega Fiano come primo firmatario, fatta propria, anche con parere favorevole, da parte del Governo, e voterà, invece, a favore di tutte quelle mozioni che prevedono che da subito il Governo non valuti, ma si impegni nella legge di stabilità a porre rimedio rispetto alla situazione sia delle progressioni verticali sia degli automatismi stipendiali, anche nei confronti e a favore delle forze dell'ordine.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, quindi, a questo punto, devo dedurre che il gruppo di Forza Italia non accetta la proposta di riformulazione fatta dal Governo ?

  ROCCO PALESE. Presidente, è molto chiaro che le valutazioni sono più di due anni che questo Parlamento le fa...

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, non voglio riaprire la discussione, voglio solo capire: quindi, non accetta ?

  ROCCO PALESE. No, non si accetta la riformulazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tofalo. Ne ha facoltà.

  ANGELO TOFALO. Signor Presidente, colleghi deputati, signori del Governo, dico da subito che non accettiamo la riformulazione del Governo, perché, ancora una volta, si fa una brodaglia delle varie mozioni, si cerca di rimandare il problema, problema causato dalle stesse persone che oggi si mettono l'abito bianco e cercano di trovare una soluzione, e lo spiegherò strada facendo.
  In realtà, è stato detto che non si trovano fondi e non si trovano soldi; poi vengono trovati miracolosamente 80 euro due giorni prima delle votazioni, e poi, per risolvere i problemi concreti del Paese, di chi sta peggio di noi, non si trovano mai soldi.
  Bene, con il decreto-legge n. 78 del 2010, in relazione alla straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica, si è previsto che per l'intero triennio 2011-2013 le retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, fossero escluse tanto dai meccanismi di adeguamento previsti per legge, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi, scatti e classi di stipendio collegati all'anzianità di ruolo, nonché, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alla progressione di carriera, senza possibilità successiva Pag. 14di recupero e senza possibilità di attivare comunque una procedura di concertazione.
  Ebbene, tali disposizioni sono state da ultimo prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal decreto del Presidente della Repubblica del 4 settembre 2013, n. 122. Il combinato disposto tra i tagli lineari, le politiche di austerità, l'aggressione a qualsiasi lavoro pubblico, indipendentemente dal valore sociale e dallo stipendio effettivo dello stesso, e l'assurda abdicazione da ogni politica che fosse diversa dall'ideologia del pareggio di bilancio hanno comportato l'attuale depressione economica e la caduta del potere di acquisto degli stessi stipendi.
  Lungi dal risolvere la crisi, queste politiche l'hanno aggravata, tanto da far temere l'adozione complessiva della ricetta greca per l'Italia, magari attraverso licenziamenti di massa nella pubblica amministrazione. Ebbene, vorremmo ricordare al deputato La Russa, che nemmeno oggi vedo in Aula, che il decreto-legge n. 78 del 2010, dei cui effetti oggi chiede il superamento, è stato promulgato dal Governo Berlusconi, di cui era componente di rilievo, addirittura come Ministro della difesa.
  Noi, per spirito, ovviamente, di giustizia e di coerenza, voteremo a favore anche della mozione del deputato La Russa, come di quella presentata dagli altri gruppi, e ci asterremo su quella del PD con riformulazione del Governo, ma riteniamo che in questo testo manchino diverse cose e, in primo luogo, manchi una frase che chieda scusa agli italiani per queste assurde e controproducenti politiche di austerity che il suo Governo e quelli successivi hanno adottato ed imposto all'Italia.
  Nella nostra mozione chiediamo, non a caso, di revocare il blocco degli aumenti contrattuali a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010, a cominciare da quelli che hanno stipendi più bassi e che più hanno sofferto della perdita del potere d'acquisto; per tutti i dipendenti, dunque, e non solo per i militari, forze dell'ordine e di soccorso, perché noi pensiamo che una maestra d'asilo, ad esempio, svolga una funzione sociale altrettanto importante di quella di un militare o di un poliziotto.
  Certo, per il comparto difesa, sicurezza e soccorso, per come è stato congeniato, il blocco ha avuto conseguenze sulla maturazione di alcuni istituti tipici specifici connessi alla valorizzazione dell'anzianità di servizio e alla correlata acquisizione di crescenti competenze professionali, nonché più impegnative responsabilità di servizio, quali l'omogeneizzazione, l'assegno funzionale e gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni.
   Inoltre, tale norma ha bloccato anche gli adeguamenti annuali indicizzati: classi, scatti stipendiali ed effetti economici delle progressioni di carriera, tra l'altro in gran parte legati a rigide procedure di selezione e avanzamento assolutamente definite dalla normativa vigente per le varie categorie di personale.
  Tale normativa ha avuto incidenze negative in modo devastante sia sulla funzionalità, sia sulla motivazione del personale; si pensi, in particolare, a coloro che, promossi e magari trasferiti in relazione a nuove e ben più rilevanti funzioni da assumere, non sono poi stati remunerati con il previsto trattamento economico.
  Per questo, noi proponiamo di porvi rimedio attraverso il rifinanziamento dello speciale Fondo di perequazione e con una ripartizione dello stesso che privilegi il personale che ha salari più bassi, perché non si possono fare parti eguali tra diseguali. Il blocco dello stipendio, infatti, di un volontario a ferma breve non ha lo stesso effetto devastante del blocco dello stipendio di un generale, tenendo presente che quest'ultima categoria gode di benefit e privilegi, come il vergognoso istituto dell'ausiliaria.
  Voteremo, dunque, a favore, ovviamente, della nostra mozione e delle altre, e, ripeto, ci asterremo per quella che è la riformulazione del Governo, per un senso di giustizia, consapevoli, però, che, al di là delle belle parole che abbiamo sentito in quest’ Aula, il Governo Renzi dovrà fare i Pag. 15conti con il fiscal compact e le assurde politiche di taglio allo Stato sociale imposte dai trattati europei.
  Quindi, vogliamo vedervi – tutti gli italiani e le italiane vorranno vedervi – alla prova della legge di stabilità, per sapere se la discussione di oggi segna il cambio di una sensibilità politica o se, invece, come sempre, è solo un demagogico esercizio di retorica per nascondere la solita vecchia politica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alessandro Naccarato. Ne ha facoltà.
  Invito intanto i colleghi a cominciare a prendere posto, perché si tratta dell'ultimo intervento. Prego.

  ALESSANDRO NACCARATO. Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, dico subito che noi accogliamo la riformulazione proposta all'inizio della seduta dal sottosegretario Legnini. Ci pare un modo molto serio e concreto di affrontare la questione e anche di superare la tanta demagogia e ipocrisia che ha caratterizzato il dibattito su questo argomento in questi anni. Noi voteremo a favore, quindi, del testo a prima firma dell'onorevole Fiano e di tutti i testi che hanno accolto la riformulazione del Governo, perché cogliamo un impegno serio, da parte del Governo, a volere intervenire per migliorare l'efficienza e l'efficacia del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico. Sostanzialmente, il Governo si impegna attraverso due azioni, accettando le riformulazioni: la prima è una riforma del sistema difesa e sicurezza, sul quale si sta lavorando da molto tempo; la seconda è un aumento del trattamento economico dei lavoratori del settore. Noi, infatti, non dimentichiamo che il sistema oggi si basa soprattutto su donne, uomini, militari, poliziotti, vigili del fuoco, finanzieri, carabinieri, che svolgono, spesso in condizioni difficili e pericolose, con grandi sacrifici personali, una funzione delicata e fondamentale per difendere il Paese e per garantire le libertà dei cittadini e delle istituzioni democratiche.
  Partiamo anche dalla consapevolezza – e il Governo lo ha confermato in più occasioni – di una situazione drammatica, nella quale è ormai messo seriamente in discussione il livello operativo del sistema difesa e sicurezza e, non a caso, da tempo il Partito Democratico è impegnato, con atti parlamentari, per correggere gli errori e le storture introdotti in questi anni e io credo che su questo, Presidente, vada in qualche modo ripreso il ragionamento che alcuni colleghi hanno svolto qui oggi, proprio per superare la demagogia sul punto. La situazione è stata determinata, sostanzialmente, da due provvedimenti, tutti e due segnati dalla volontà politica del centrodestra negli anni scorsi. Il primo è il decreto-legge n. 112 del 2008, che ha previsto il blocco del turnover per gli anni 2010-2011 e, poi, il blocco parziale al 20 per cento per il triennio 2012-2014 e al 50 per cento per l'anno 2015. Questo è un provvedimento che ha un segno politico preciso, perché venne assunto dal Governo Berlusconi nel 2008. È stato seguito, poi, da un provvedimento altrettanto negativo per il comparto, che è il decreto-legge n. 78 del 2010, qui ricordato da molti colleghi, che ha previsto l'esclusione, per l'intero triennio 2011-2013, dei meccanismi di adeguamento previsti per legge, dell'applicazione degli aumenti retributivi, scatti e classi di stipendio, collegati all'anzianità di ruolo e, addirittura, il riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera delle retribuzioni del personale della pubblica amministrazione, tra cui rientrano anche i comparti oggetto dell'ordine del giorno.
  Ebbene, entrambi questi due decreti avevano, appunto, un segno politico preciso e trovo paradossale che oggi chi ha votato quei provvedimenti se ne sia dimenticato e, una volta passato all'opposizione, scarichi su altri l'onere di risolvere la situazione. Peraltro, questi provvedimenti hanno inciso non solo sul peggioramento economico degli operatori del settore, ma hanno prodotto altre due storture gravissime: la prima è l'innalzamento dell'età media, dato che siamo oggi uno dei Paesi con l'età media maggiore d'Europa e Pag. 16si supera la soglia dei 45 anni; poi, un'ingiustizia legata al diverso trattamento economico tra soggetti che svolgono le stesse funzioni, in base alle diverse decorrenze e provenienze.
  Credo sia anche giusto ricordare che, per quanto riguarda il centrosinistra e il Governo Letta prima e Renzi poi, con la legge di stabilità 2014 c’è stato un tentativo, riuscito, di correggere parzialmente, per quanto riguarda le assunzioni, le storture introdotte nei provvedimenti appena citati. In particolare, è stata elevata al 55 per cento la facoltà assunzionale per il 2014 e questa è stata elevata fino al 70 per cento a partire dal 2015. Quindi, non è vero che non si è fatto nulla, perché alcuni segnali sono stati dati e vanno nella direzione giusta.
  Ora, per superare questa situazione noi riteniamo necessaria la riforma del sistema, riprendendo lo spirito e i principi in particolare della legge n. 121 del 1981, legge rimasta in buona parte inattuata che noi riteniamo contenga ancora diverse opportunità di riforma e di miglioramento del sistema e, soprattutto, il contenuto della nostra mozione. Il Governo accogliendola, diciamo così, ha riconosciuto, in particolare, quattro aspetti nella riformulazione, che ricordo brevemente e che sono alla base del nostro voto favorevole.
  Il primo è individuare misure finalizzate ad assicurare al personale...

  PRESIDENTE. Onorevole Naccarato, le chiedo scusa. Colleghi, per favore, vi invito a prendere posto in silenzio, l'onorevole Naccarato sta finendo il suo intervento, prego.

  ALESSANDRO NACCARATO. ... dicevo, Presidente, quattro aspetti fondamentali sono stati colti nella riformulazione del Governo sulla nostra mozione e ci convincono, quindi, ad accoglierla e a votare favorevolmente. Il primo è individuare misure finalizzate ad assicurare al personale di tutti comparti il recupero, naturalmente nella misura compatibile con l'andamento delle finanze pubbliche, dei trattamenti economici connessi con l'impiego e la funzione, con l'effettiva presenza in servizio e la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito. Il secondo è ripristinare i meccanismi di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza del comparto, abbandonata colpevolmente dai Governi di centrodestra, quindi va ripristinata, al fine di riconoscere la giusta dignità professionale per gli operatori di questo comparto. Il terzo punto è la relazione che chiediamo al Governo di presentare entro tre mesi sulle condizioni professionali e retributive degli operatori, sugli organici e sulle dotazioni. Infine, il quarto punto è sostanzialmente sempre un'altra relazione da presentare al Parlamento, sempre entro tre mesi, descrittiva della situazione retributiva del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza. Devo dire che in questo noi chiediamo anche al Governo, e mi pare di averlo colto nelle parole del sottosegretario Legnini, l'impegno, qualora si trovassero risorse nell'arco dei prossimi mesi anche in base all'andamento della finanza pubblica, ad anticipare lo sblocco appena questo fosse possibile già nel corso del 2014. Siccome il Governo su questo ha sempre manifestato grande sensibilità, lo ribadiamo nella nostra dichiarazione di voto favorevole, sapendo che, oltre a questo anticipo, poi per quanto riguarda la legge stabilità del 2015, c’è un impegno forte del Governo e della maggioranza ad andare in questa direzione. Per queste ragioni voteremo a favore del testo così come riformulato dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, prendiamo posto.
  Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.Pag. 17
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione La Russa ed altri n. 1-00441, sulla quale il Governo ha espresso parere contrario.
  Prendiamo posto colleghi, su...
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  379   
   Votanti  376   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato
 122    
    Hanno votato
no  254).    

  (Le deputate Pellegrino e Nicchi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole e il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Caruso ed altri n. 1-00534, come riformulata su richiesta del Governo, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Corsaro, onorevole Fanucci provi a votare, anche se in dissenso dal gruppo vede che..., Spadoni, Russo, Moscatt, Speranza, Fioroni, Dell'Orco, Bossa, Buttiglione, Laffranco, Gigli, Biasotti, Scotto, Ci siamo ? Abbiamo votato tutti ? Pellegrino, Paolo Nicolò Romano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  397   
   Votanti  267   
   Astenuti  130   
   Maggioranza  134   
    Hanno votato
 267).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Piras ed altri n. 1-00536, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Prestigiacomo, Vignali, Rampelli, Giacomoni..., ci siamo ? Bragantini, Tancredi, Rizzetto, La Russa..., abbiamo votato tutti colleghi ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  409   
   Votanti  399   
   Astenuti   10   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato
 143    
    Hanno votato
no  256).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fiano, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00538 come riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ravetto, Pellegrino, Bossa, Gasparini, D'Agostino, Chaouki, Pili... buongiorno, onorevole Fucci, prego... onorevole Pili... ci siamo ? Se c’è qualcun altro...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  423   
   Votanti  292   
   Astenuti  131   
   Maggioranza  147   
    Hanno votato
 284    
    Hanno votato
no    8).    

Pag. 18

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Artini ed altri n. 1-00539, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

   Pisicchio, Mongiello... La Presidenza ricambia il saluto di tutti i colleghi che nel frattempo, invece, riescono a votare, ma comunque hanno piacere di salutare la Presidenza..., abbiamo votato tutti ? Ci sono saluti ? De Lorenzis, prego, con la tessera..., onorevole De Lorenzis...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  425   
   Votanti  422   
   Astenuti  3   
   Maggioranza  212   
    Hanno votato
 150    
    Hanno votato
no  272).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcolin ed altri n. 1-00541, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

   Gelmini, Rotondi, Manzi, Gadda, Dell'Aringa, Gutgeld, D'Agostino, Portas, Galperti, Lombardi, Bianconi, Gribaudo..., ci siamo ? Simone Valente.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  439   
   Votanti  436   
   Astenuti  3   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 159    
    Hanno votato
no  277).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-00545, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vediamo se questa riusciamo a concluderla in un tempo ragionevole..., Bossa.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  430   
   Votanti  408   
   Astenuti  22   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato
 136    
    Hanno votato
no  272).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Causin ed altri n. 1-00546, come riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  429   
   Votanti  342   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  172   
    Hanno votato
 329    
    Hanno votato
no   13).    

  (I deputati Pellegrino, Fitzgerald Nissoli e Cassano hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e le deputate Terzoni e Mannino hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere il voto e avrebbero voluto astenersi).

  Abbiamo così concluso l'esame delle mozioni.

Seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge: Garavini ed altri; Nicchi ed altri; Carfagna e Bergamini; d'iniziativa del Governo; Gebhard ed altri: Disposizioni in materia Pag. 19di attribuzione del cognome ai figli (A.C. 360-1943-2044-2123-2407-A) (ore 10,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato dei progetti di legge di iniziativa dei deputati Garavini ed altri; Nicchi ed altri; Carfagna e Bergamini; Gebhard ed altri e d'iniziativa del Governo: Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli.
  Ricordo che nella seduta del 14 luglio 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice è intervenuta in sede di replica, mentre il rappresentante del Governo vi ha rinunciato.

(Esame degli articoli – A.C. 360-A ed abbinati)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato dei progetti di legge.
  La I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 360-A ed abbinati).

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 360-A ed abbinati)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 360-A ed abbinati), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  434   
   Votanti  415   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato
 413    
    Hanno votato
no    2).    

  (Il deputato Manfredi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 360-A ed abbinati)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 360-A ed abbinati).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Signor Presidente, mi scusi ma c’è un po’ di confusione: siamo stati talmente veloci che credo che i colleghi non abbiano nemmeno capito che cosa stiamo votando.

  PRESIDENTE. No, credo che abbiano anche abbastanza capito.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Allora, per quanto riguarda l'emendamento 2. 100 (versione corretta) della Commissione, la stessa Commissione ne raccomanda l'approvazione.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 (versione corretta) della Commissione, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 20

  Russo, Lodolini, Pes, Locatelli ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  438   
   Votanti  415   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato
 414    
    Hanno votato
no    1).    

  (Il deputato Manfredi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Mauri, Zardini ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  443   
   Votanti  421   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  211   
    Hanno votato
 417    
    Hanno votato
no    4).    

  (Il deputato Manfredi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 360-A ed abbinati)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 360-A ed abbinati), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Siamo all'articolo 3, onorevole La Russa.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Albanella, Causi. Qualcuno non riesce a votare ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  435   
   Votanti  415   
   Astenuti   20   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato
 411    
    Hanno votato
no    4).    

  (I deputati Manfredi, Fossati e Distaso hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 360-A ed abbinati)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 360-A ed abbinati).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Nicchi 4.1, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Nicchi 4.1.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

Pag. 21

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, noi insistiamo per mettere ai voti l'emendamento, che prevede che con la maggiore età si possa acquisire la possibilità di decidere del proprio cognome.

  PRESIDENTE. Quindi, non accetta l'invito al ritiro, onorevole Nicchi ? Lo poniamo in votazione ?

  MARISA NICCHI. Sì, insistiamo per la votazione.

  PRESIDENTE. Dunque, lo poniamo in votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco... ah, chiedo scusa, revoco l'indizione della votazione, ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Chiedo scusa, la Presidenza non aveva visto. Prego, onorevole Di Salvo, ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, intervengo solo per appoggiare l'emendamento su cui è intervenuta adesso l'onorevole Nicchi. Io penso che sarebbe saggio e importante, un atto liberale, lasciare ai figli e alle figlie la possibilità, al compimento della maggiore età, di scegliere sul cognome. Mi rendo conto che ci possono essere problemi amministrativi, ma un regolamento attuativo – e il provvedimento prevede che ve ne sa uno – si può incaricare di risolverli nel modo più giusto. Quindi, il mio intervento era per aggiungere la mia firma e sostenere l'emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo emendamento e, anzi, condizioniamo all'accoglimento di questo emendamento, l'approvazione o meno da parte nostra dell'intero provvedimento. Riteniamo, infatti, che questo provvedimento abbia una grande pecca: quella di lasciare poca libertà di scelta ai figli divenuti maggiorenni, i quali, solo attraverso questo emendamento, almeno parzialmente riacquistano la libertà di scegliere quale sia la strada che vogliono, per esempio quella di ricusare il nome di un genitore...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole La Russa. Chiedo ai colleghi intorno a lei e anche ai colleghi sotto, onorevole Palese, per cortesia, se mia aiuta anche a permettere...

  IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio, Presidente, ma a me non davano fastidio, sono abituato.

  PRESIDENTE. Sì, però noi siamo pur sempre nell'Aula della Camera.

  IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio, Presidente, abbiamo visto cose peggiori.
  Per cui, Presidente, su questo emendamento invito il Governo a ripensarci, perché nella logica del provvedimento invitare al ritiro appare contraddittorio. Noi vorremmo una scelta da parte del Governo, che fosse in qualche modo conseguente all'impostazione del provvedimento stesso. Se si dà libertà ai genitori di scegliere, a maggior ragione la si deve dare al figlio divenuto maggiorenne.
  Questo provvedimento, peraltro, ha un'altra pecca: non sono intervenuto per lasciare svolgere velocemente i lavori, ma è un fuor d'opera che, in caso di mancato accordo, si decida per ordine alfabetico. Il cognome di una persona è deciso in base alla lettera iniziale del cognome dei genitori: è un controsenso, è una mancanza di decisione e di scelta che questo Parlamento non avrebbe dovuto accettare.
  Pertanto, Presidente, restando sull'emendamento, votiamo a favore, anzi, sin d'ora, annunziamo che voteremo il provvedimento solo se l'emendamento sarà accolto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

Pag. 22

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, io, personalmente, apporrei la firma a questo emendamento, perché è un emendamento che mette sullo stesso piano di diritto anche il figlio diventato maggiorenne. Quindi, la possibilità di scegliere il proprio cognome nel caso in cui abbia entrambi i cognomi, mi sembra una scelta di buon senso e di rispetto per il minore diventato adulto. In questo senso, credo che sarebbe un emendamento accoglibile anche nel complesso della legge, ma nel caso questa non fosse l'idea della maggioranza, credo di poter apporre la mia firma e di poter votare a favore.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Invito i colleghi a liberare il banco del Comitato dei nove. Prego.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Grazie, Presidente. Intervengo per cercare di spiegare la ratio di questo articolo. Non si tratta assolutamente di impedire quella libertà che viene concessa alla coppia di scegliere il nome. Nel momento in cui si permette al figlio maggiorenne di aggiungere il cognome materno al cognome paterno, si dà esattamente la stessa libertà. Quella cosa che viene esclusa è per ragioni di sicurezza, onorevole La Russa: si immagini lei cosa succede nel momento in cui c’è una sostituzione e non semplicemente l'aggiunta del cognome materno a quello paterno. Diverso è il caso che si verifica quando, ab initio, cioè sin dall'inizio, i genitori, nel momento in cui scrivono i dati anagrafici del figlio, stabiliscono di libero accordo, di comune accordo, quale dei cognomi attribuire.
  Per quanto riguarda la seconda obiezione dell'ordine alfabetico, questa interviene soltanto in caso di disaccordo. Noi non possiamo costringere necessariamente una coppia ad essere d'accordo o a trovare un accordo: è un modo di chiudere semplicemente la norma.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo in questo dibattito, perché mi sembra che lo si stia liquidando con eccessiva velocità. Anche il Presidente prima ha iniziato il dibattito su questo tema senza che l'Aula fosse pronta e fosse preparata.
  Io voglio semplicemente richiamare l'attenzione dei colleghi su un tema – quello dell'attribuzione dei cognomi ai figli – su cui, vi sono diverse visioni e delle diverse sensibilità che, a mio avviso, sono assolutamente legittime e meritano di essere rispettate. Anzi, io voglio sottolineare la passione, l'interesse e la dedizione con cui il relatore si è dedicato all'approfondimento di questo tema, che rimane un tema estremamente delicato, vista la natura della problematica che viene trattata, non solo da un punto di vista etico, sociale e di impatto che avrà nell'evoluzione di una visione nuova e diversa della famiglia, ma anche rispetto alle implicazioni di carattere giuridico e, perché no, anche rispetto alle conseguenze di natura amministrativa che comporta la modifica di un'impostazione che sicuramente appartiene ad un retaggio del passato e rispetto alla quale noi non vogliamo fare una battaglia di conservazione.
  Ciò pur consapevoli del fatto che la considerazione del concetto di famiglia tradizionale, in tutte le sue accezioni, non è così negativa come la si vuole far passare rispetto anche ad alcune sentenze non solo della Corte europea dei diritti dell'uomo, da cui muove i passi il dibattito che stiamo affrontando, ma anche rispetto alla sentenza n. 61 del 2006 della Corte costituzionale o ad alcune sentenze della Corte di cassazione.
  Io, proprio riprendendo i concetti che ha appena sviluppato la relatrice con riferimento a questo emendamento – che salvaguardando, sì, probabilmente, anzi, dando maggiori libertà di scelta ai genitori, rischia di creare delle conseguenze e dei problemi soprattutto rispetto ai livelli amministrativi che queste decisioni andranno a comportare – voglio invitare l'Aula e i singoli parlamentari – visto che il dibattito su questo tema si sta protraendo da anni Pag. 23con diverse formulazioni, con diverse sfaccettature, anche attraverso una seria, e lo riconosco, comparazione rispetto a quello che sta accadendo in tanti altri Stati europei – a svolgere su questi emendamenti e sul testo nel suo complesso gli opportuni approfondimenti.
  Noi lo stiamo facendo, riteniamo che vi siano degli elementi di criticità che non sono stati sufficientemente approfonditi, ma non per responsabilità di chi oggi sostiene la bontà di questo provvedimento, ma perché sono approfondimenti anche di natura, a mio avviso, culturale, sociale che meritano il giusto spazio. Per cui, nel rispetto della posizione di chi oggi ritiene necessario e prioritario questo argomento – e lo dico chiaramente: per noi della Lega Nord la priorità non è rappresentata da questo provvedimento – invito, soprattutto con riferimento a questi emendamenti e al testo nel suo complesso a svolgere ulteriori riflessioni. Questo è comunque un testo che rispetto a quelli che abbiamo visto elaborati nel passato, sicuramente, e lo dico con convinzione, è il più equilibrato; lo ripeto alla relatrice, questo testo che non ci trova totalmente in condivisione è sicuramente il testo più equilibrato. Ma le nostre sollecitazioni sono rivolte a difesa di un concetto di famiglia che sicuramente deve guardare all'evoluzione della società e deve rispecchiarsi rispetto ad una società che negli anni è sicuramente mutata, a volte è mutata in meglio, a volte, secondo noi, è mutata in peggio; quindi invito a svolgere le doverose riflessioni, riflessioni che noi come gruppo della Lega Nord ci siamo posti e che non ci portano assolutamente a condividere integralmente il testo così come è stato formulato.
  In modo particolare, e mi avvio a concludere, mi riferisco all'emendamento che è stato presentato dalla collega Nicchi che, se da un lato esalta la libertà di scelta da parte dei genitori – dimenticandosi tra l'altro che c’è anche un diritto che è il diritto del minore ad essere tutelato e ad essere eventualmente salvaguardato che in questo testo non c’è – rischia di creare, poi, come il testo nel suo complesso, problemi rispetto ai quali vorrei che l'Aula svolgesse le doverose osservazioni.
  Noi lo abbiamo fatto, ed è il motivo per cui da parte del gruppo della Lega Nord emergono alcuni profili di criticità che sono quelli che ho appena evidenziato e che saranno fra poco evidenziati anche da altri miei colleghi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, questo è un dibattito che per certi versi non ci entusiasma, perché riteniamo che le priorità siano differenti, però io volevo fare delle ipotesi e vorrei l'ascolto del sottosegretario. Ad esempio, alla seconda generazione, quando i due genitori hanno già il doppio cognome, dovendo scegliere uno dei due cognomi di ognuno dei due da dare... mi scusi Presidente... ho un minuto, se me lo portano via così...

  PRESIDENTE. Colleghi, liberiamo l'emiciclo per favore. Invito anche i colleghi a tenere un tono di voce più basso, sta intervenendo l'onorevole Matteo Bragantini.

  MATTEO BRAGANTINI. I due genitori, il papà e la mamma, in questo caso, devono scegliere quale del loro doppio cognome dare al proprio figlio. Allora, provi ad immaginare il papà che va dai suoi genitori a dire: papà questo è il mio primo figlio, voglio dare il cognome della mamma; invece, sua moglie dice ai suoi genitori: mamma, gli do il nome del papà. Al secondo figlio, cosa fanno ? Bisogna compensare, quindi, cambiano e invertono. Così nello stesso nucleo familiare abbiamo molti più cognomi composti, creando anche delle crisi familiari, perché il cognome è importante. Adesso c’è la consuetudine di mettere il cognome del papà.
  Oppure porto il caso di una nuova coppia, di uno che sposa una ex divorziata Pag. 24che aveva già dei figli minori che hanno già il doppio cognome e vuole farli riconoscere anche da lui, vuole mettere il cognome del nuovo marito.

  PRESIDENTE. Onorevole Matteo Bragantini, concluda.

  MATTEO BRAGANTINI. Cosa facciamo ? Un figlio, un bambino con tre cognomi ? Oppure leviamogli quello del papa divorziato. Non creiamo troppo confusione ?
  Non dovremmo un attimo fermarci e dire, se ci sono dei casi particolari, valutiamoli e vediamo ? Facendo una norma così creiamo una confusione, anche dal punto di vista amministrativo. In Italia abbiamo un punto di vista bellissimo per quanto riguarda, ad esempio, il cognome delle donne, che rimane quello della nascita fino alla morte; non come negli altri Paesi, dove acquisiscono il cognome del marito. Una grandissima conquista dal punto di vista etico ma anche una grandissima semplificazione dal punto di vista fiscale, perché lì ogni volta si cambia il codice fiscale. Quindi, facciamo una grande riflessione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, confesso di non aver seguito con attenzione questo provvedimento e di essermi formato la mia opinione ascoltando la discussione. Più andiamo avanti con la discussione più mi convinco che sia un provvedimento fondamentalmente sbagliato. Proviamo a domandarci, provo a domandarmi: ma cosa è mai un cognome e perché esiste il cognome ? Qual è la funzione che esercita l'istituto del cognome ? Tutti noi penso ricordiamo le parole bellissime di Shakespeare in Romeo e Giulietta: Romeo, Romeo, wherefore art thou Romeo ? Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo, rinnega tuo padre, rinuncia al tuo nome e per il tuo nome, che è appena un fiato di voce, ti darò tutta me stessa. Bellissimo ! Gli amanti, per un momento, pensano di porsi al di là dell'ordine del reale, l'ordine della parentela in cui sono inseriti. Ma contro l'autorità di Shakespeare c’è l'autorità di Lévi-Strauss, che è il grande teorico dei sistemi della parentela: il cognome esiste per situare il bambino all'interno di un ordine della parentela. Qui ci si è fermati sul problema dell'uguaglianza uomo-donna: per me va benissimo che il primo cognome sia quello della madre e il secondo quello del padre, ma ci deve esser un ordine fisso dei cognomi in modo che io possa sapere se quello che mi sta davanti appartiene per parte di madre a un ramo, a una famiglia, e per parte di padre ad un'altra, perché io possa collocarlo all'interno del sistema della parentela. Questa idea che si sceglie arbitrariamente il cognome è un'idea che equivale ad annullare simbolicamente l'appartenenza del bambino all'ordine della parentela. Per renderlo più libero ? No per renderlo più solo. Preannuncio il mio voto contrario.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, vengo a conoscenza dei dettagli di questo provvedimento qui in Aula, però, da quello che ho capito, può capitare che nella stessa famiglia ci sia un bambino che ha il cognome del padre, un bambino che ha il cognome della mamma, un bambino che ha cognome della mamma e del papà e magari il quarto figlio al contrario. Voi immaginatevi, dal punto di vista burocratico e amministrativo, in questo Paese, già col delirio che abbiamo oggi di burocrazia, che cosa succederà con un provvedimento come questo ! Meno male che c’è un Presidente del Consiglio che dice: sburocratizzaremo. Io mi chiedo, con i documenti, le patenti, i codici fiscali e tutto quanto il resto quale sarà il delirio che avverrà in questo Paese con una legge così.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Chiedo di parlare.

Pag. 25

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, volevo puntualizzare alcuni aspetti, perché devo dire che il Governo, nel lavorare insieme alla Commissione giustizia su questo provvedimento, si è posto i problemi che sono stati evidenziati e illustrati anche ora negli ultimi interventi, quindi volevo chiarire come siano stati risolti per evitare ogni tipo di equivoco. Intanto dobbiamo sottolineare che proprio il Ministero della giustizia, insieme al Ministero dell'interno, ha lavorato su alcune norme che sono essenziali per l'entrata in vigore, proprio per risolvere tutti quei problemi amministrativi che possono nascere e che però non possono fermare l'affermazione di un principio importante come quello che è contenuto in questo provvedimento legislativo. Quindi, l'articolo 7 prevede una norma transitoria, che è importante e che si accompagna all'articolo 5.
  E quindi, per l'entrata in vigore di questo provvedimento, occorrerà che il Ministero dell'interno emani un regolamento, che deve risolvere tutti i problemi pratici e amministrativi. Il regolamento dev'essere emanato entro un anno dall'approvazione della legge, e quindi, in questo anno, grazie alla potestà regolamentare del Ministero dell'interno, occorrerà mettere a regime e risolvere tutti i problemi amministrativi. Quindi, nel provvedimento richiamo l'articolo 5, a me stesso in primis, però risolve i problemi che sono stati evidenziati.
  Volevo poi aggiungere: qui è in gioco l'affermazione della libertà di scelta. Quindi, noi vogliamo consentire, da una parte, di affermare, come ci ha chiesto la Corte europea e già ci aveva detto la Corte costituzionale, un divieto di discriminazione e di garantire e rafforzare il principio della libertà di scelta.
  Per quanto riguarda, però, l'emendamento Nicchi 4.1, voglio evidenziare che, in questo modo, nell'articolo 4 parliamo di possibilità di aggiungere, e non di sostituire; e questo proprio per salvaguardare esigenze di sicurezza pubblica, perché la sostituzione del cognome è prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, e quindi dal regolamento dello stato civile: c’è tutto un iter, c’è una competenza del prefetto.
  Questo iter viene mantenuto e serve proprio per garantire quelle esigenze di sicurezza pubblica. Quindi noi diciamo: se tu, maggiorenne, vuoi sostituire il tuo cognome, rimane la regola che è sempre stata in vigore, e quindi ci sono delle esigenze. Penso a persone magari condannate, o che hanno avuto problemi con la giustizia passati in giudicato, che decidono di voler cambiare il cognome, anche per motivi non solo di identità, ma anche per altri motivi: c’è tutto un iter, previsto dal decreto del Presidente della Repubblica del 2000, e sarà il prefetto a valutare se ci sono o meno queste esigenze di sicurezza pubblica.
  Questa norma rimane, è importante che rimanga: è un principio che non si può superare e che ci porta, come Governo, ad esprimere parere contrario all'emendamento che vuole sostituire l'articolo 4 nella parte in cui, appunto, si vuole consentire non di aggiungere il cognome, ma di modificarlo, e quindi può, in qualche modo, ledere questo principio di sicurezza pubblica.
  Questo ci tenevo a sottolinearlo. Quindi, la procedura semplificata prevista dall'articolo 4 viene introdotta per chi lo vuole aggiungere, e quindi è un problema di diritto di identità: si lascia la libertà a ciascun maggiorenne di aggiungere il cognome, e quindi di esercitare liberamente il proprio potere di scelta, senza, però, andare a creare problemi di sicurezza pubblica, a cui teniamo. E quindi volevo dire che queste due norme, sia l'articolo 4 che l'articolo 7, hanno avuto, comunque, anche l'OK non solo del Ministero della giustizia, ma del Ministero dell'interno. Quindi, tutte queste perplessità penso che siano superate proprio dall'attenzione che hanno avuto il relatore e tutta la Commissione giustizia nel seguire e garantire queste necessità.

Pag. 26

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
  L'argomento è serio e complesso: invito i colleghi a prestare un poco di attenzione alla discussione, perché credo che affrontarlo con superficialità sia un grande errore.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, muovo proprio dalla sua ultima osservazione: è un provvedimento complesso, mi auguro anche serio, che merita sicuramente un atteggiamento diverso da parte di questo ramo del Parlamento. Credo che noi stiamo affrontando questa materia senza i dovuti approfondimenti.
  Quello che è emerso nel dibattito sull'articolo 4 e sull'emendamento presente dimostra come vi sia stata e vi sia molta superficialità nell'affrontare un tema che può definirsi epocale. Ci stiamo rendendo conto che da questa legge deriva il modo di impostare negli anni, nei decenni e se non cambiasse nei secoli – perché nei secoli precedenti non è mai cambiato – il modo di tramandare con l'istituto familiare oltre al nome anche l'appartenenza ?

  PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole La Russa. Colleghi, per favore !

  IGNAZIO LA RUSSA. Anche l'appartenenza ad una determinata famiglia. Noi abbiamo cercato almeno di condizionare con qualche emendamento, ma stranamente una legge come questa ha un solo emendamento all'articolo 3. Non è prevista, caro relatore, la sua attenzione sì che è preziosa non quella degli altri... io aspetto che il relatore finisca di parlare con chi gli è vicino... la possibilità di decine di alternative per esempio in caso di mancanza di accordo rispetto a quello dell'ordine alfabetico; così come le difficoltà burocratiche che si avanzano rispetto ad una maggiore possibilità di scelta del figlio maggiorenne sono sicuramente minori rispetto a quello che il continuo cambiare di cognome nelle generazioni comporterà allo stato civile.
  Allora Presidente, io credo di dover proporre un diverso modo di affrontare questa materia così delicata. Propongo formalmente all'Aula e a lei, signor Presidente, di mettere ai voti il ritorno in Commissione del provvedimento per consentire un esame più approfondito, per proporre quegli emendamenti che colpevolmente tutti magari abbiamo omesso di proporre. Non c’è fretta, sono secoli che il meccanismo con cui si tramanda il cognome in una famiglia è uguale. Se ritardiamo qualche settimana e la prossima volta non avremo come sta avvenendo in questo momento, colleghi che chiedono al vicino di banco «ma come funziona ?», perché nessuno ancora lo ha capito ancora bene. Se questo succederà sarà un vantaggio per tutti e non avremo sulla coscienza di aver fatto una norma che non è certo quella che oggi gli italiani considerano prioritaria. Oggi ci si aspettano provvedimenti sul lavoro, provvedimenti sull'economia. Immaginare che sia prioritaria una modifica della possibilità di tramandare il proprio cognome senza neanche una riflessione, sarebbe un atto di arroganza che mi auguro questo ramo del Parlamento non vorrà compiere. Invito, pertanto, il Presidente a verificare la possibilità di rimandare in Commissione l'intero provvedimento.

  PRESIDENTE. Onorevole La Russa, se la Presidenza ha compreso, lei ha formulato una richiesta di rinvio in Commissione. Quindi, a questo punto la Presidenza può dare la parola a un oratore... onorevole Pagano, l'onorevole La Russa ha formulato una proposta alla Presidenza di rinvio in Commissione. La Presidenza ha il dovere di porla in votazione, giacché viene formalizzata, dando la possibilità ad un oratore a favore e ad un oratore contro di poter intervenire sulla questione.

  TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare contro la proposta dell'onorevole La Russa per ragioni molto precise.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 27

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una proposta di legge che ha visto la Commissione giustizia pronunciarsi con un parere totalmente unanime. Questa discussione inizia dopo la sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l'Italia e ha risposto positivamente ad un ricorso di due persone, Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, che si sono rivolti alla Corte di Strasburgo per chiedere la possibilità di poter scegliere quale cognome apporre figli.
  Quindi abbiamo alle spalle la Corte, abbiamo alle spalle un disegno di legge del Governo Letta, precedente a questo, con una proposta, molti disegni di legge di natura parlamentare, una discussione ampia in Commissione giustizia, una discussione generale con Aula deserta. Quando lunedì si è fatta la discussione generale l'Aula era completamente deserta.
  Io penso che ci siano le condizioni politiche e anche di approfondimento per procedere in Aula. Il punto invece – ho finito, Presidente – dell'attuazione completa del disegno di legge ha una soluzione che citavo precedentemente: è previsto nel progetto di legge un regolamento amministrativo applicativo da emanare entro un anno con il quale affrontare i problemi che altri Paesi hanno affrontato da molto tempo senza avere nessun dramma, così come la Corte ci ha invitato a fare ormai quasi un anno fa.

  PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi la cortesia di liberare il banco del Comitato dei nove. Colleghi ! Colleghi ! Colleghi ! C’è una richiesta di sospensione dell'onorevole La Russa, si è espressa contro...

  IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, guardi che spettacolo !

  PRESIDENTE. Onorevole La Russa, per favore ! Si è espressa contro l'onorevole Di Salvo.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, semplicemente per chiedere alla Presidenza, all'onorevole La Russa e alla presidente della Commissione e relatrice se un rinvio nel Comitato dei nove possa verificare la volontà dei gruppi di trovare una soluzione rispetto ai problemi che sono stati sollevati. Quindi chiederei al collega La Russa, riprendendo la sua intenzione di andare avanti a sistemare il testo con un provvedimento condiviso, se è possibile il rinvio al Comitato dei nove. Noi sul rinvio al Comitato dei nove concordiamo, sul rinvio in Commissione che, come è noto, ha un altro approccio e altre conseguenze, no. Il rinvio in Comitato dei nove, possiamo deciderlo subito e consentire ai relatori e al Comitato dei nove di trovare una soluzione ai problemi citati.

  PRESIDENTE. Onorevole Rosato, questa è una richiesta di sospensione prima di procedere al voto sul rinvio: allora a questo punto però essa è subordinata alla richiesta dell'onorevole La Russa. Chiedo all'onorevole La Russa o all'onorevole Meloni se sono disponibili a fare una sospensione per permettere una verifica di natura politica in Comitato dei nove o se invece insistono sulla richiesta di rinvio in Commissione.

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente, noi insisteremo sulla richiesta di voto per il rinvio in Commissione anche perché faccio notare al collega Rosato che, non essendoci una nostra rappresentanza nel Comitato dei nove, sarebbe per noi impossibile poter ragionare di un accordo tra i gruppi e tra i partiti come lui propone.

  PRESIDENTE. Giacché viene mantenuta la richiesta di rinvio in Commissione, che ha la precedenza rispetto alla richiesta di sospensione, io procedo con...

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 28

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, io penso che possiamo cercare di risolvere, anche perché questo è un provvedimento su cui c’è una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, è un provvedimento che si aspetta da anni e quindi certamente sono problemi che... in Commissione è passato all'unanimità ma comunque mi rendo conto che l'Aula ovviamente vuole approfondire alcuni punti. Quindi in Comitato dei nove noi crediamo di poter risolvere questi punti, quindi chiederemo una sospensione per un Comitato dei nove che possiamo fare qui nella sala del Governo, se è disponibile.

  PRESIDENTE. Poiché c’è una richiesta di rinvio in Commissione che è stata formulata prima e che ha la precedenza perché è una richiesta più «forte», io ho il dovere di porla in votazione. Si è espressa già l'onorevole Di Salvo contro la richiesta, mi ha chiesto per primo la parola l'onorevole Molteni per parlare a favore della richiesta di rinvio in Commissione, quindi gli do la parola, dopodiché io porrò in votazione questa richiesta e subordinatamente, se questa richiesta fosse respinta, c’è la richiesta della presidente Ferranti e dell'onorevole Rosato di sospensione. Ha facoltà di parlare l'onorevole Molteni.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, per condividere le argomentazioni e le sollecitazioni che sono state avanzate dal collega La Russa, nel mio intervento, che è stato il primo intervento, di apertura, che ha aperto sostanzialmente il dibattito su un tema rispetto al quale vi sarebbe stata un'approvazione silenziosa e silente da parte dell'Aula, abbiamo poi visto nel corso dei minuti successivi al mio intervento come la necessità di ulteriore approfondimento – lo dico in maniera chiara e precisa – non fosse dettata da motivi di natura dilatoria, ma unicamente dal buon senso.
  Nel momento in cui si è aperto un minimo di dibattito su un tema così delicato e così complesso, dal punto di vista non solo giuridico, ma anche rispetto agli effetti di natura amministrativa e di natura etica e sociale, con riguardo ad un'istituzione che, possa piacere oppure no, ma è l'istituzione della famiglia tradizionale, si è aperto un dibattito rispetto al quale, se è vero com’è vero che sono anni che se ne sta discutendo e se è vero come è vero che nel Comitato dei nove vi è stata l'unanimità dei presenti – la Lega non era presente, altrimenti non avrebbe votato a favore –, credo che prendersi del tempo, dopo anni di dibattito e dopo tutta una serie di sollecitazioni rispetto a colleghi che giustamente e chiaramente vogliono e pretendono di capire come sarà l'evoluzione normativa rispetto ad un assetto che non è assolutamente secondario rispetto alla composizione della famiglia e rispetto al mantenimento dell'identità del singolo individuo, credo che la richiesta un po’ arrogante e un po’ presuntuosa di rimandare unicamente al Comitato dei nove e di sbrigare in pochi minuti una complessità che è quella che deriva dalla formulazione del testo sia un approccio minimale e superficiale rispetto ad un problema che, a mio avviso, si deve sviscerare e analizzare in maniera più complessiva e più generale, tenendo conto anche di quelle che sono state le osservazioni fatte dal sottosegretario, se è vero com’è vero che, nel momento in cui verrà approvato questo provvedimento alla Camera e al Senato, non entrerà immediatamente in vigore, ma servirà un regolamento per disciplinare quei numerosi e complicati aspetti di natura amministrativa e burocratica che devono essere sistemati per mandare in vigore in maniera compiuta e seria questo provvedimento.
  Pertanto, condividiamo la proposta del collega La Russa, ritenendo che essa, per una questione unicamente di buon senso e di condivisione di un dibattito parlamentare su un tema che, a mio avviso, non dovrebbe avere queste inclinazioni e questo colore politico, servirebbe a tutti per fare un po’ più di chiarezza rispetto al provvedimento, rispetto agli effetti che questo provvedimento andrà a produrre e alle conseguenze che andrà a determinare Pag. 29sulla famiglia e sugli individui. Per cui, credo che la proposta del collega La Russa sia non solo condivisibile, ma assolutamente di buonsenso, ed è il motivo per cui il gruppo della Lega Nord la condivide.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, qui c’è una richiesta di rinvio in Commissione. La Presidenza ha dato la parola a un oratore a favore e a un oratore contro; quindi, adesso dobbiamo porla in votazione.

  ALESSANDRO PAGANO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, sto osservando un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. La cosa è plastica, non viene fuori da una fantasia o da un'intuizione, ma dall'osservazione del reale.
  Mi sembra chiaro che c’è un dibattito in corso che è partito in maniera assolutamente insufficiente. Arrivo al sodo.

  PRESIDENTE. Onorevole Pagano, chiedo scusa: lei sta chiedendo la parola per un richiamo al Regolamento.

  ALESSANDRO PAGANO. È un richiamo al Regolamento. Adesso mi sembra chiaro che ci sia all'interno di ogni gruppo un dibattito fortissimo, per cui, all'interno di quello che è previsto dal Regolamento, chiedo che ogni gruppo possa parlare e possa esprimere il proprio parere a proposito della richiesta che lei legittimamente ha fatto, cioè se rinviare il provvedimento in Commissione oppure continuare un lavoro in Aula che sicuramente assurge a un livello di confusione totale, come è in questo momento più che evidente.

  PRESIDENTE. Questa è una richiesta che, vista la rilevanza del tema, la Presidenza può accogliere, nel senso di dare anche la parola ad un deputato per gruppo sulla richiesta di rinvio in Commissione. Onorevole Pagano, lei intende intervenire ?
  Allora, hanno chiesto di parlare l'onorevole Pagano, l'onorevole Palese e poi, se ci sono altri gruppi interessati, me lo segnalino.
  Prego, onorevole Pagano. Onorevole Pagano, se, anziché discutere con i suoi colleghi, si rivolge alla Presidenza, lei ha la parola sulla richiesta di rinvio in Commissione.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Mi ricollego a quello che dicevo poc'anzi, anzi la ringrazio perché ha potuto legittimamente soddisfare le esigenze dei gruppi che certamente avvertono il bisogno di un dibattito forte in questo momento.
  Vede, Presidente, glielo dico guardando lei, ma raccontandolo a tutti coloro che non sono in Commissione giustizia: in Commissione giustizia questa vicenda è stata vissuta quasi come se fosse un...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Pagano. Colleghi, per favore... chiedo, per cortesia, se non attenzione, almeno silenzio, anche al Comitato dei nove. Colleghi, anche al gruppo...colleghi, per favore. Prego, onorevole Pagano.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. In Commissione giustizia è stata vissuta in una maniera un po’ anomala, nel senso che la maggioranza, pressoché omogenea nelle opinioni, ha creato le condizioni perché il dibattito, da un certo punto di vista, si svolgesse quasi in maniera monotematica.
  Però, e mi ricollego all'intervento di prima, osservo che in Aula adesso c’è una dialettica forte all'interno di ogni gruppo; per cui non era un'eccezione chi in Commissione, la pensava in maniera diversa, ma era invece rappresentativo di dubbi vari che adesso si stanno mostrando tangibilmente. Pertanto esiste un dibattito !
  Presidente, io mi limito semplicemente a dire quello che ho visto. Però continuano... Presidente, Presidente !

Pag. 30

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

  ALESSANDRO PAGANO. Io mi fermo, Presidente.

  PRESIDENTE. Ma lei ha ragione.

  ALESSANDRO PAGANO. Voglio esercitare il diritto di essere ascoltato.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Onorevole Palese, onorevole Palese, se può aiutare la Presidenza con i colleghi del suo gruppo e permettere all'onorevole Pagano di svolgere il suo intervento (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia–Il Popolo della Libertà–Berlusconi Presidente).
  Prego, onorevole Pagano. Colleghi, per favore, liberiamo l'emiciclo. Colleghi, non mi costringete a sospendere la seduta. Per favore, colleghi !

  IGNAZIO LA RUSSA. Sospendi ! Non è in grado (Commenti dei deputati del gruppo Nuovo Centodestra) !

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Pagano, vada avanti. Vada avanti, onorevole Pagano !

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Pagano, vada avanti.

  ALESSANDRO PAGANO. Allora, i temi caldi sono: «libertà di scelta», ma dagli interventi è venuto fuori che un conto è l'identità, che deve essere rispettata, un conto, invece, è l'identità che viene cambiata. Abbiamo verificato come concretamente, all'interno di ogni gruppo, ci siano delle oggettive perplessità rispetto all'impostazione che il testo sta portando avanti e rispetto agli emendamenti presentati.
  Poi, ancora, «l'assenza di regole». Checché ne possiamo dire, tutto questo modo irregolare di legiferare, di fatto sta creando le condizioni perché ognuno possa vivere in anarchia. Ma è normale che un Paese con 2 mila anni di storia e di civiltà conclamate possa oggi affrontare un tema così importante non sapendo come finirà il domani e lasciando alle generazioni future l'indisponibilità e l'impossibilità anche di un discernimento ? Questi aspetti non sono banali. Poi, ancora, «la burocratizzazione»: tutti parliamo di spending review, tutti parliamo di sburocratizzare, ma vi siete resi conti che cosa sta venendo fuori da questo provvedimento ?
  Infine, «la banalizzazione». Stiamo osservando che c’è una banalizzazione del tutto. Sette articoli più un mare di emendamenti per un tema che, tutto sommato, per rispettare la libertà di scelta, poteva essere impostato in maniera diversa.
  Io affermo che, mai come in questo momento, in questo ramo del Parlamento regni la confusione, e questo tema, che sembrava facile da affrontare, invece, è di grande portata storica, perché ha una refluenza generazionale.
  Allora, Presidente, per i quattro motivi esposti, all'interno della facoltà che mi ha concesso di potere esprimere il mio parere, ritengo, a nome del Nuovo Centrodestra, che questo provvedimento debba essere rinviato in Commissione e certamente non può essere relegato – non delegato: relegato – al Comitato dei nove, che, certamente, non è rappresentativo di questo provvedimento nella composizione più totale e completa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, Forza Italia è a favore del rinvio in Commissione del provvedimento in maniera chiara. Ma io desidero, per il suo tramite, Presidente, segnalare a chi sta lavorando sulla revisione del Regolamento che forse c’è il dovere morale per tutti di prevedere anche qualche cosa per assicurare la presenza durante lo svolgimento delle sedute dedicate alle discussioni sulle linee generali, perché non è mica possibile che nella discussione sulle linee generali di tutti i provvedimenti l'Aula sia completamente, Pag. 31quasi sempre, deserta, perché non c’è nessuna penalizzazione, nessuna sanzione, e che tutto ciò che dovrebbe avvenire nel momento della discussione sulle linee generali avvenga sistematicamente quando ci sono gli emendamenti da porre in votazione.
  Questa è una vergogna ! Una vergogna che va denunciata con forza e che è bene che pure la stampa riporti, e la riporti pure a caratteri cubitali rispetto quello che accade all'interno dell'Aula. Questo è un dovere morale: tutte queste discussioni dovrebbero avvenire durante la discussione sulle linee generali, oltre che nelle Commissioni. Questo non avviene perché non c’è nessuna sanzione: allora riduciamo l'attività solo al momento delle votazioni, punto e basta; delle due l'una.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tinagli. Ne ha facoltà.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che Scelta Civica è contraria al rinvio in Commissione per due motivi semplici. Anche per rispondere all'onorevole La Russa: siamo consapevoli della portata e dell'importanza di questo provvedimento proprio perché siamo consapevoli, certamente, che questo va a cambiare una tradizione consolidata, ma noi auspichiamo che venga cambiata quella mentalità che, purtroppo, in Italia ha visto la famiglia, la moglie e i figli concepiti quasi come proprietà dell'uomo, come unico depositario anche della facoltà di dare un cognome.
  Una mentalità che poi ha finito spesso per riflettersi su un modo di concepire le dinamiche della vita familiare che proprio in quest'Aula abbiamo tentato, molte volte, di affrontare con i provvedimenti antiviolenza, con i provvedimenti a protezione delle donne, dei minori, che sono sempre stati la parte più debole. Quindi, è un provvedimento, probabilmente, dal valore molto simbolico, ma che noi auguriamo che ci aiuti a portare anche la nostra tradizione familiare nel XXI secolo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia). Questo, secondo noi, è importante, sono anni e anni che aspettiamo questo tipo di intervento, molti altri Paesi l'hanno già adottato. L'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per violazione dell'articolo 8 e 14, quindi questo pone rimedio anche ad una situazione d'infrazione ed è importante approvarlo in tempi brevi.
  Se c'erano da parte di molti gruppi dei dubbi e delle riserve, potevano esprimerli durante il percorso in Commissione. Molti dei colleghi che oggi si lagnano hanno ignorato che c'era questo provvedimento in Commissione, hanno veramente ignorato che c'era un provvedimento così importante, e ora che in Aula si accorgono che c’è qualcosa che non gli va bene, pretendono di distruggere il lavoro fatto faticosamente dai loro colleghi in settimane e settimane di duro lavoro in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia). Allora, io dico: possiamo sicuramente anche cambiare i Regolamenti, ma bisognerebbe cambiare il comportamento di tanti deputati, affinché si rendano conto che le cose vanno seguite passo passo quando ne hanno la possibilità ed il dovere (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, mi sembra molto ragionevole la proposta di rinviare il provvedimento in Commissione: ho l'impressione che esso non abbia una sufficiente maturazione né politica, né, cosa che è più grave, culturale. Mi sembra che manchi nella discussione, fino ad ora, una riflessione su cosa è il cognome, a cosa serve il cognome e, quindi, su come possiamo regolare l'uso del cognome in modo da accogliere le giuste istanze che l'onorevole Tinagli ci ha presentato adesso, ma senza distruggere la funzione che il cognome ha, altrimenti è meglio abolire il cognome, viviamo senza cognome.
  Il cognome originariamente deriva dal nome del padre e dal nome della madre. In molte culture sussiste tuttora il patronimico Pag. 32e il matronimico, che o integrerà la funzione del cognome o sostituisce addirittura il cognome. Serve a collocare il bambino nell'ordine della generazione, in modo che sia facile identificare quali siano i sistemi della parentela ai quali appartiene.
  La legge italiana precedente era gravemente manchevole, perché collocava il bambino soltanto in un ordine della parentela, mentre il bambino è collocato in due ordini della parentela, quello della madre e quello del padre: c’è una parentela patrilineare e una parentela matrilineare.
  Da questo punto di vista è assai migliore la tradizione spagnola, la quale prevede che si indichi sia l'ordine matrilineare che l'ordine patrilineare. All'interno di questo vi sono un numero infinito di varianti possibili. Vogliamo, per contrastare la tradizione di una famiglia patriarcale che ha oppresso le donne, mettere per primo il cognome della madre ? Benissimo ! Poi mettiamo quello del padre e manteniamo la possibilità di identificare il bambino, collocandolo e nell'ordine paterno e nell'ordine materno.
  Non mi pare che la Corte di Giustizia ci chieda più che questo, la possibilità di assumere anche il cognome della madre. Ma l'idea che arbitrariamente si decida il cognome, di modo che alla fine il bambino non sia collocabile con sicurezza in nessun ordine della parentela, è un modo di consegnare il bambino idealmente ad un isolamento sociale. Non ha nulla a che fare qui il tema del patriarcato, perché va benissimo anche il privilegio della linea materna, ma ha a che fare la possibilità di collocare il bambino all'interno dell'ordine della parentela, una collocazione che tutte le culture del mondo fino ad ora hanno considerato di grande importanza e di grande rilievo.
  A me sembra che su tutte queste cose in Commissione non ci sia stata una riflessione culturale matura, al di là delle differenti posizioni politiche che si possono esprimere. Credo che con una riflessione adeguata non sia difficile trovare una soluzione, la quale metta insieme un consenso che abbraccia tutto il Parlamento.
  Proprio per questo, il rinvio in Commissione mi sembra straordinariamente opportuno (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia, Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, credo che sia importante che si discuta e che si chieda un approfondimento di un tema che tutti noi sappiamo avere una valenza simbolica molto importante. È un provvedimento che tiene conto di una realtà che è cambiata, perché le famiglie sono cambiate: non esiste un'unicità di famiglia e un'omogeneità di famiglia. Oggi siamo di fronte ad una pluralità e di fronte a questo cambiamento reale è abbastanza ideologico fare leva su un possibile concetto di omogeneizzazione. Oggi le famiglie sono intrecciate, allargate, e non per questo non garantiscono ai figli ed alla generazione l'attenzione e la cura necessarie.
  Quindi, questo è un provvedimento che prende atto di un cambiamento, affronta un tema, non cade dall'alto, non è improvviso. C’è stata una storia di iniziative culturali, di iniziative sociali e anche legislative, perché dobbiamo ricordare che sono anni che giacciono nelle varie legislature questi progetti di legge.
  Non solo, ma è anche, come è stato ricordato, richiesto da una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che ha sentenziato all'indomani di una richiesta di due genitori che si sono rivolti a questa Corte per vedere affermato il loro diritto di apporre il cognome della madre alla propria figlia. È una sentenza che parla chiaro e a cui noi, come legislatori, dobbiamo rispondere con forza, una sentenza che fa leva su due articoli, che vengono lesi, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, l'articolo 8 e l'articolo 14.Pag. 33
  L'articolo 8 riguarda il diritto al rispetto della vita privata e familiare e l'articolo 14 riguarda il divieto di ogni forma di discriminazione.
  Negare l'assegnazione al figlio del solo cognome materno rappresenta una forma di discriminazione basata sul sesso, che viola il sacrosanto principio di eguaglianza tra uomo e donna. Quindi, approfondiamo, convochiamo il Comitato dei nove. Ma approfondire non vuol dire affossare una legge attesa da tanto tempo: attesa perché la società è cambiata, attesa perché noi dobbiamo far fronte ad una domanda sociale di cambiamento molto importante. Anche questo è un cambiamento significativo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, c’è una certezza nel dibattito di questa mattina e cioè che, come al solito, assistiamo al solito e anche patetico festival dell'ipocrisia. Noi dobbiamo riportare i fatti alla realtà.
  Allora, siccome c’è tutta una serie di forze politiche che questa mattina improvvisamente si scopre sensibile al dibattito parlamentare, l'apparenza sembra essere quella di un'Aula che, di fronte a un problema epocale, mostrando una particolare sensibilità al dibattito acceso in Parlamento, decide di tornare in Commissione. Niente di tutto ciò, in un'Aula che ha ghigliottinato dibattiti parlamentari su regali di 7 miliardi e mezzo di euro alle banche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), in un'Aula in cui la fiducia arriva anche prima del provvedimento, fregandosene altamente del dibattito parlamentare. Niente di tutto ciò !
  Semmai cosa sta accadendo questa mattina ? Una cosa molto semplice: c’è un gruppo di parlamentari che si è svegliato, è arrivato qui in Aula – primo tra tutti, devo dire, il collega La Russa, che in Commissione non lo abbiamo visto su un tema che lui definisce di svolta epocale (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale) –, non so forse sollecitato da problematiche familiari, io non ne ho idea, e pensa che, soltanto perché fino a questa mattina non ci aveva pensato, adesso dobbiamo tornare tutti in Commissione.
  Questo è chiaramente inaccettabile e tradisce – se mi è consentito – la scarsa capacità dei deputati di quest'Aula di concepire quello che siamo venuti a fare in questo luogo come un lavoro. E quando si va a lavorare si arriva sul posto di lavoro preparati, non si arriva sul posto di lavoro dicendo: «Questa mattina non sapevo cosa si dovesse fare, torniamo a casa» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Allora, c’è un problema molto chiaro su questa legge, che effettivamente è emerso e che è un problema di carattere tecnico su un articolo e riguarda la trasmissibilità del cognome nel caso di fratelli, che potrà essere risolta dal Comitato dei nove. La soluzione più giusta è chiaramente quella di valutare se il Comitato dei nove riesce a risolvere tecnicamente questo problema e, solo all'esito di quella valutazione, valutare l'eventuale rinvio in Commissione, ma su un motivo che non sia quello che qualcuno si è svegliato questa mattina e si è reso conto che cambiavano il cognome dei figli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bonafede. Non vi sono altri iscritti a parlare. Colleghi, per favore..., onorevole Bonafede, onorevole La Russa, per favore..., chiedo alla relatrice, onorevole Marzano, qual è il parere della Commissione sulla richiesta di rinvio in Commissione.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Il parere della Commissione è contrario.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio in Commissione formulata dall'onorevole La Russa, Pag. 34su cui si sono espressi i gruppi parlamentari, con il parere contrario del relatore.
  Dichiara aperta la votazione.
  Onorevole Marzano, ci fa piacere che lei indichi, però c’è un responsabile d'Aula per il suo gruppo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  (È respinta).

  La Camera respinge per 226 voti di differenza.

  PAOLA BINETTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, a questo punto, se è stato respinto il ritorno in Commissione, perlomeno che ci sia davvero il ritorno nel Comitato dei nove, per poter davvero fare chiarezza su punti che, come si è potuto vedere nel dibattito precedente, trovano davvero molte, molte, molte criticità in tutti i gruppi.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Cortesemente, se possiamo liberare il banco dei nove, grazie. Ne ha facoltà.

  MICHELA MARZANO, Relatore. Signor Presidente, io chiedo una sospensione, per riunire il Comitato dei nove, di una ventina di minuti.

  NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, prendo atto ovviamente del fatto che per alcune forze politiche la priorità è rappresentata da questo provvedimento, quando le esigenze del Paese e le esigenze di chi sta fuori da quest'aula probabilmente sono di avvertire la necessità che la politica a volte risolva altri tipi di problemi.
  Presidente, io credo che però, preso atto della non volontà di un approfondimento serio e non banale del provvedimento, chiedere che si riunisca un Comitato dei nove per 20 minuti – per sciogliere nodi e questioni che meriterebbero ben altro tipo di approfondimento, proprio per non banalizzare l'importanza di questa legge e per non dare l'impressione che la riunione del Comitato dei nove per 20 minuti sia semplicemente il contentino dato a chi oggi manifesta un pensiero diverso rispetto alla volontà proveniente dell'Aula – sia un insulto nei confronti di coloro i quali vorrebbero un dibattito più serio e non banale.
  Presidente, rivolgendoci a lei chiediamo che il Comitato dei nove possa avere un lasso di tempo un po’ più serio per affrontare questioni che, a nostro avviso, sono serie e non vanno banalizzate nel modo in cui le si sta banalizzando.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, io volevo solo dire una cosa al collega Molteni: dov'era quando i lavori stavano andando avanti in Commissione ?

  NICOLA MOLTENI. A me lo dici ?

  DONATELLA AGOSTINELLI. Dov'erano tutti coloro che...

  PRESIDENTE. Onorevole Agostinelli, la cosa al collega Molteni, se vuole, vi parlate e gliela dice. Qui c’è un dibattito parlamentare, quindi se lei deve intervenire sulla proposta dell'onorevole Marzano ha un senso, diversamente...

  DONATELLA AGOSTINELLI. Speriamo che i problemi vengano risolti nel Comitato dei nove nella maniera opportuna, grazie.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

Pag. 35

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io non voglio entrare nel tema del dibattito, però vorrei ricordare all'Aula, facendomi tramite e rivolgendomi a lei, che l'Aula...

  PRESIDENTE. Colleghi. Chiedo scusa, chiedo anche scusa ai suoi colleghi del gruppo, sta parlando il presidente Fedriga, per favore.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Ho sentito diversi interventi, durante il dibattito, in cui sembrava vietato a un membro dell'Assemblea chiedere il rinvio in Commissione o chiedere la sospensione per riunire il Comitato dei nove – indifferentemente, non voglio entrare nel tema –, ma il Regolamento prevede che sia l'Aula intera a poter discutere, rimandare in Commissione e votare liberamente, senza che i colleghi si sentano accusati, perché avanzano proposte di questo tipo, di non essere andati al Comitato dei nove o in Commissione, visto che, oltretutto, come ben sanno anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle che ho appena sentito intervenire, non tutta l'Assemblea fa parte di ogni Commissione. Quindi, bisogna dare la libertà e la dignità ad ogni deputato di poter esprimere liberamente le proprie idee, senza essere accusato con affermazioni di questo tipo, che ritengo offensive rispetto a tutta l'Aula.

  FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, intanto per condividere per filo e per segno ciò che, poco fa, ha animato l'intervento del presidente Fedriga, e per aggiungere, a maggior ragione, una richiesta, proprio perché non tutti i gruppi fanno parte di tutte le Commissioni. Come abbiamo potuto dichiarare anche poco fa nel corso del dibattito, noi non siamo presenti nella Commissione competente. Se il Comitato dei nove si riunisce, noi gradiremmo poter esprimere una nostra presenza, quindi una deroga per contribuire al dibattito, visto che lo stato confusionale è alto, perché la materia è delicata. Noi non ce l'abbiamo con nessuno in particolare, non abbiamo pregiudizi nel merito di questo provvedimento, ma è di tutta evidenza la necessità di metterlo a punto in maniera, evidentemente, più attenta e concreta. Quindi, per fare questa azione, nella speranza che il lavoro del Comitato dei nove possa essere bastevole, noi chiediamo di potervi partecipare anche se non facciamo parte, come Fratelli d'Italia e Alleanza Nazionale, della Commissione.

  PRESIDENTE. Mi pare di capire che, comunque, non vi siano obiezioni sulla richiesta di sospensione. A questo punto sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 12,10.

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Presidente, su che cosa ?

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Per dire che ovviamente sono invitati, cioè un rappresentante è invitato...

  PRESIDENTE. Sì, sì, non dobbiamo farlo in Aula. Sarà buona cura della presidente Ferranti far partecipare anche qualche collega.

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Lo sto dicendo adesso, Presidente.

  PRESIDENTE. Va bene.
  Sospendo, quindi, la seduta, che riprenderà alle ore 12,10.

  La seduta, sospesa alle 11,35, è ripresa alle 12,15.

  PRESIDENTE. Chiedo alla relatrice se intenda dare conto all'Assemblea dell'esito del Comitato dei nove.

Pag. 36

  MICHELA MARZANO, Relatore. Signor Presidente, a nome del Comitato dei nove, le chiedo ancora dieci minuti. Torneremo, a questo punto, alle 12,30, se lei lo permette, con una soluzione.

  IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, io non penso che sia possibile offrire questa ulteriore opportunità. Come lei aveva sancito, io mi sono presentato alla riunione del Comitato dei nove, dove ho appreso che ero un osservatore senza diritto di parola. Sia io che una collega del gruppo di Forza Italia – se vorrà, interverrà – abbiamo, a quel punto, dovuto rinunciare a partecipare ai lavori del Comitato dei nove, perché non eravamo andati come osservatori, ma ci è bastato per verificare che non vi è all'interno del Comitato alcuna reale volontà di esaminare con spirito libero e sereno la possibilità di modificare in alcun punto seriamente questa proposta di legge.
  Per cui, signor Presidente, avanzo al Comitato dei nove, a lei, la richiesta non di un rinvio in Commissione, ma di un rinvio dell'esame del provvedimento, perché dopo dieci minuti avranno bisogno di altri dieci minuti o non concluderanno niente in dieci minuti. Credo che sia opportuno verificare la possibilità di rinviare il provvedimento, quindi, non in Commissione, sempre in Aula, ma ad altra data, per offrire al Comitato dei nove – sarà, poi, chiarito come e se può essere integrato – l'opportunità di discutere serenamente, non come adesso, e seriamente delle eventuali modifiche da apportare ad un provvedimento che, anche in relazione a questa richiesta di rinvio, dimostra di essere non sufficientemente approfondito.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Invito i colleghi a liberare i banchi del Governo. Prego, onorevole Rosato.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, parlo contro la richiesta del collega La Russa, spiacendomi, però, che non sia stato possibile per Fratelli d'Italia dare un contributo in sede di Comitato dei nove, cosa che mi sembrava, invece, giusto e corretto fare, così come aveva indicato proprio la presidente Ferranti nel suo intervento prima dell'interruzione dei lavori. Vorrei dire, però, che è ragionevole consentire al Comitato dei nove, che chiede una proroga ulteriore di dieci minuti, di avere tale proroga. Mi sembra che sia nelle regole che ci siamo sempre dati, al di là delle valutazioni politiche o delle valutazioni di merito.
  Quindi, noi siamo contrari a questo rinvio senza consentire la proroga al Comitato dei nove. Aspettiamo che il Comitato dei nove finisca i suoi lavori: è prassi che questi tempi, purtroppo, vengano dilatati quando la materia è complessa e, in questo caso, sicuramente lo è; alla fine dei lavori del Comitato dei nove, trarremo le conclusioni e decideremo qual è l'iter che vogliamo dare a questo provvedimento.

  PRESIDENTE. Dunque, qui c’è una richiesta di sospensione. A questo punto, l'onorevole La Russa avanzava un'altra proposta, quella del rinvio ad altra seduta, mi pare di capire intendesse formalizzarla. Però, a questo punto, onorevole La Russa, giacché il Comitato dei nove è ancora in corso...

  IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole La Russa.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, non voglio essere a tutti i costi...

  PRESIDENTE. Non vuole formalizzarla ora ?

  IGNAZIO LA RUSSA. ... «interruttivo» dei lavori del Comitato dei nove. Preannuncio che al termine del Comitato dei nove riproporrò questa domanda. Il mio è Pag. 37un atto di rasserenamento: discutano pure altri dieci minuti, non ci lascino qui delle ore.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  A questo punto, sospendiamo la seduta fino alle ore 12,30. Alla ripresa della seduta, sentiremo le conclusioni del Comitato dei nove ed eventualmente porremo in votazione, qualora vi fossero, proposte sull'ordine dei lavori. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 12,40.

  PRESIDENTE. Colleghi, prendiamo posto. Chiedo alla Presidente della II Commissione se intenda dare conto all'Assemblea dell'esito del Comitato dei nove. Chiedo anche ai colleghi di liberare l'emiciclo...

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, si è riunito il Comitato dei nove e il Comitato dei nove, sostanzialmente all'unanimità, chiede un aggiornamento della seduta d'Aula. Poi si faranno carico i presidenti di gruppo della fissazione di una nuova seduta prima della pausa estiva.

  PRESIDENTE. Per cercare di tradurlo in linguaggio più tecnico, si tratterebbe di un rinvio ad altra seduta dell'esame del provvedimento. In relazione alla calendarizzazione successiva, questa, ovviamente, non è subordinabile alla proposta del Comitato dei nove, ma sarà compito della Conferenza dei presidenti di gruppo, che, peraltro, è convocata nella giornata di oggi, alle ore 15,15, calendarizzare di nuovo il provvedimento prima della pausa estiva.

  DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Come ho detto, sarà compito della Conferenza dei presidenti di gruppo, però questo è l'auspicio del Comitato dei nove.

  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, il seguito dell'esame del provvedimento si intende rinviato ad altra seduta.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1143 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger in materia di sicurezza, fatto a Niamey il 9 febbraio 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 2272) (ore 12,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger in materia di sicurezza, fatto a Niamey il 9 febbraio 2010.
  Ricordo che nella seduta del 14 luglio 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli – A.C. 2272)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, nel testo approvato dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2272).
  Poiché non sono stati presentati emendamenti, li porrò direttamente in votazione.
  Invito i colleghi a prendere posto.
  Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2272), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ruocco, Fanucci... onorevole Fanucci, seppure in dissenso dal gruppo lei sta votando... qual è il problema ? Tolga la pallina, provi con le dita, vedrà che funziona... Chiarelli, Giuliani, Mucci, Dellai, Crippa, Morassut, Tartaglione...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 38
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  456   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 456).    

  Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2272), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Albanella, Di Lello, Gigli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  449   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
 449).    

  (I deputati Airaudo e Carloni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 2272), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Simoni, D'Attorre, Ruocco, Brandolin, D'Alia.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  456   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 455    
    Hanno votato
no    1).    

  (La deputata Carloni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 2272), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Malisani, Mannino.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  455   
   Maggioranza  228   
    Hanno votato
 455).    

  (Le deputate Terzoni e Carloni hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2272)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevole colleghi, noi siamo chiamati ad approvare un accordo tra Italia e Niger che può sembrare un accordo lontano, ma in realtà il Niger...

  PRESIDENTE. Prego, vada avanti. Colleghi, per favore.

  MARIO MARAZZITI. In realtà, il Niger, che negli anni Novanta ha rappresentato un polo di interessanti progressi democratici, è diventato per due decenni un luogo...

Pag. 39

  PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, per favore !

  MARIO MARAZZITI. ... è diventato un luogo per due decenni di grandissima instabilità e opacità. Ricordiamo tutti come il Niger è stato uno dei motivi nella rappresentazione delle cause che hanno portato alla seconda guerra del Golfo, per decidere su una base di informazioni anche non corrette, ma l'opacità era tale che il Niger permetteva di fare quelle congetture, è stata una delle cause di una guerra perché era il luogo dove si diceva che l'uranio arricchito potesse diventare una minaccia per l'Occidente. Cioè il Niger ha rappresentato un luogo di instabilità, un luogo di opacità e un luogo di vero e proprio traffico internazionale, tanto da diventare uno dei problemi dentro l'intera Africa del sub-Sahel e per il resto del mondo.
  L'Accordo che noi oggi andiamo a ratificare, e che dobbiamo ratificare con la soddisfazione del fatto che l'Italia ha giocato un ruolo decisivo nel portare fuori il Niger da un'area grigia e di pericolo per se stesso e per il mondo, è un voto che oggi segna una tappa importante. Perché l'Italia ha giocato un ruolo ? Perché tutto il sistema Italia è quello che ha permesso al Niger tra il 2010 e il 2011 di rientrare dentro una transizione democratica. È un lavoro che è stato costruito in molti anni, ma che è maturato tra il 2010 e il 2011 a Roma per l'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio: è allora che tutte le parti in causa, militari e non militari, hanno accettato un percorso di transizione verso la democrazia, che è quello che ha portato oggi il Niger ad avere degli organi legittimamente eletti e senza spargimento di sangue dentro una cornice di transizione democratica.
  Per questo l'Accordo di oggi è un virtuoso esempio di cooperazione, che si può inquadrare nella prospettiva, fortemente sostenuta dall'Unione europea, di creare quelle condizioni affinché i Paesi possano trarre profitto dalle proprie risorse naturali e dalla propria economia, per sostenere uno sviluppo realmente saldo, non solo assistenziale, e quindi destinato al fallimento.
  L'Accordo potrà significativamente concorrere ad ampliare la cooperazione con un Paese di un'area, che è quella del Sahel, segnata da un aggravamento delle condizioni di sicurezza e di instabilità sia sul versante interno che sul piano esterno. Il terrorismo di matrice islamica, il traffico di vite umane, i flussi migratori clandestini che attraversano le fasce desertiche del Sahel sono da inquadrarsi in quello che fino ad oggi è davvero forse il Paese più povero del pianeta, e anche che ha a disposizione incredibili risorse come l'uranio. Al contempo, però, proprio si pensi a questa contraddizione, tra ricchezza prodotta e diffusione della povertà: il Niger, un Paese poverissimo, proprio perché tra i primi produttori al mondo di uranio, è un Paese strategicamente fondamentale per la produzione di energia nucleare. Per quanto concerne allora il contrasto all'illegalità, questo testo che oggi approviamo indica nelle autorità competenti quelle per l'applicazione dell'Accordo, che per l'Italia è il Dipartimento di pubblica sicurezza; e precisa le modalità della cooperazione per il contrasto alla produzione e al traffico di stupefacenti, che riguardano principalmente lo scambio di informazioni di carattere operativo.
  Capisco che a volte, Presidente, mi scusi, l'Aula è presa da problemi più importanti, ma io credo che ci sono momenti come questo – e ringrazio il Governo e il Viceministro Pistelli di essere qui in Aula per questo importante provvedimento, e non solo per il provvedimento che andremo a discutere sulla cooperazione – in cui occorre essere contenti e avere soddisfazione del fatto che si ha un ruolo positivo nel ricreare condizioni di sicurezza.
  Bene, discipliniamo con questo provvedimento le modalità della cooperazione sulla lotta al terrorismo che avverrà tramite lo scambio rapido di informazioni su tecniche, modus operandi e strutture riconducibili alle organizzazioni terroristiche operanti sul territorio delle due parti nonché sui soggetti che ne fanno parte. Pag. 40Vado a concludere ricordando che l'articolo 7 contiene anche norme importanti in materia di contrasto all'immigrazione illegale...

  PRESIDENTE. Il suo tempo è scaduto, onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI. ... e alla tratta di esseri umani. Per questo il gruppo Per l'Italia auspica una rapida attuazione del provvedimento in esame.

  PRESIDENTE. La ringrazio, anche per la pazienza con la quale ha parlato non essendoci silenzio in Aula. Invito i colleghi che devono conferire con altri colleghi a farlo fuori dall'Aula. Ci sono ancora più o meno sei interventi anche se non tutti da un tempo massimo di dieci minuti quindi chi avesse cose da fare può farle ma o le fa in silenzio o le fa fuori.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, la Lega Nord voterà convintamente a favore dell'Accordo di cooperazione tra il nostro Paese e la Repubblica del Niger, condividendone pienamente gli obiettivi. Firmata dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni, l'Intesa bilaterale italo-nigeriana rientrava, infatti, nel novero degli accordi con i quali si contava di contrastare più efficacemente il terrorismo transnazionale e le mafie specializzate nel traffico internazionali di stupefacenti e migranti.
  Noi pensiamo che l'Intesa sia tuttora di straordinaria importanza ed attualità, potendo contribuire a preservare la stabilità del Niger, permanentemente minacciata da caos e anarchia che si sono impadroniti del Sahel.
  Il Niger è in effetti ormai al centro di molteplici flussi illeciti e proprio per questo motivo è divenuto Stato di rilevanza strategica per tutta l'Unione europea, che non a caso ha deliberato l'invio in quel Paese di una missione di pace, Eucap Sahel Niger, alla quale partecipano anche alcuni militari italiani.
  Molti sanno che è in Niger che l'Areva francese acquista il materiale fissile che alimenta il programma nucleare transalpino. È nota inoltre la prossimità del Niger al Mali e all'area in cui opera il movimento jihadista nigeriano Boko Haram. Pochi sono invece a conoscenza del fatto il Niger è divenuto un'area di raccolta e smistamento di migranti che fuggono dall'Africa occidentale e si accingono a tentare la sorte attraversando la Libia, prima di riversarsi nel Mediterraneo per approdare sulle nostre coste.
  Per questo, troviamo che rafforzare la cooperazione tra le polizie del nostro Paese e quelle del Niger possa essere operazione utile dal punto di vista del nostro interesse nazionale a contenere i flussi migratori diretti verso nostre coste. Gli oneri conseguenti all'esecuzione dell'Accordo sono, inoltre, assolutamente sopportabili, trattandosi di poco meno di 57 mila euro annui.
  Onorevoli colleghi, signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, nel votare a favore della ratifica dell'Intesa bilaterale italo-nigeriana, per le ragioni appena esposte la Lega raccomanda al Governo di non dissipare gli sforzi fatti dal Ministro Maroni e di concentrare i suoi sforzi in Niger nella prevenzione e nel contrasto dell'emigrazione clandestina.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rabino. Ne ha facoltà.

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, chiedo, per economia dei lavori, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
  Voglio solo ribadire un argomento che è già stato avanzato negli interventi precedenti e ribadirlo con forza: il Niger, Paese tra i più poveri del pianeta, risulta essere tra i primi al mondo tra i Paesi Pag. 41produttori di uranio, una risorsa strategicamente importante perché fondamentale per la produzione di energia nucleare.
  Questo Accordo si inquadra nella prospettiva, fortemente sostenuta dall'Unione europea, di creare le condizioni affinché il Paese, al pari di altri Stati dell'area, possa trarre profitto dalle proprie risorse naturali, assicurando in primis il mantenimento della sicurezza interna e della stabilità.
  Alla luce di queste considerazioni, dichiaro il voto favorevole di Scelta Civica per l'Italia sul provvedimento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, poche brevi parole per motivare il voto favorevole del Nuovo Centrodestra su questo provvedimento, un provvedimento che si inserisce all'interno di una serie di interventi che in queste settimane abbiamo approvato di ratifica di convenzioni internazionali. Già i colleghi che mi hanno preceduto hanno ben evidenziato come il Niger sia una realtà soggetta a turbolenze politiche, un Paese povero ma un Paese anche ricco di risorse, quindi un Paese che certamente va aiutato a trovare una sua stabilità perché queste risorse poi permettano alle popolazioni locali di crescere e prosperare.
  Il Niger si trova in quell'area subsahariana del Sahel, sempre più collegata con i fenomeni di terrorismo internazionale e con i flussi migratori clandestini illegali. Proprio su queste tematiche la lotta alla criminalità organizzata, la lotta al terrorismo e la lotta all'immigrazione illegale, in particolare al tema della tratta degli esseri umani, questo provvedimento interviene con accordi di scambio di informazioni, accordi di formazione delle forze dell'ordine che si sono rivelate e si rivelano efficaci nel combattere queste piaghe. Ovviamente non è secondario il tema della lotta alla produzione e al commercio degli stupefacenti. Quindi un protocollo, un'intesa assolutamente importante e strategica che potrà avvalersi della collaborazione dell'Interpol per la lotta alla criminalità, quindi un provvedimento certamente positivo per il quale ribadisco il voto favorevole del Nuovo Centrodestra.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

  GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, l'Aula è distratta su una ratifica importante come questa con il Niger. Il gruppo di Forza Italia sostiene convintamente la ratifica di questo Accordo, ricordando brevemente come il Niger sia un Paese importante e la sua stabilità e il suo sviluppo sono per noi fondamentali e anche per tutta l'Unione europea, ricordando, come hanno fatto già i colleghi, che il Niger è uno dei maggiori produttori di uranio e si capisce bene come un Paese ricco di uranio sia un obiettivo sensibile per tutto il movimento jihadista che si sta espandendo nell'Africa subsahariana e la sicurezza del Niger è in realtà la sicurezza anche dell'Europa e dell'Italia. Ratifica ancora più importante considerando come poi il Niger sia attualmente il crocevia anche del flusso di migranti, per cui un tema estremamente sensibile. La ratifica di questo Accordo non risolverà i problemi ma sicuramente indirizza l'Italia verso possibili soluzioni. Per cui ribadiamo il voto favorevole di Forza Italia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra l'Italia e la Repubblica del Niger in materia di sicurezza sancisce l'impegno dei due Paesi a collaborare, nel rispetto delle legislazioni nazionali e della normativa internazionale in materia, nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale, al terrorismo internazionale, alla produzione e traffico di stupefacenti, all'immigrazione illegale e alla tratta di esseri umani. L'Accordo Pag. 42è frutto di negoziati avviati sin dal 2004 e fa sì che l'Italia e il Niger s'impegnino a prestarsi reciproca assistenza nell'attività di polizia per contrastare le varie forme della criminalità, realizzando iniziative congiunte nei settori della formazione e dell'addestramento. Nel dettaglio, l'Accordo prevede che l'azione di contrasto alla produzione e al traffico di stupefacenti si realizzi mediante lo scambio d'informazioni finalizzate all'identificazione di persone, oggetti o denaro riferibili a tali attività. Per quanto riguarda il contrasto all'immigrazione illegale e la tratta di esseri umani, con particolare riguardo alle modalità di viaggio e alla falsificazione dei documenti e dei visti, la collaborazione prevede la realizzazione di seminari, scambi di esperienze, corsi di formazione e di addestramento specialistico. Ora, a me qua viene un po’ da ridere a pensare che l'Italia possa, addirittura, farsi promotore di formazione, seminari e scambi di esperienze sui temi dell'immigrazione presso altri Paesi, ha quasi del paradossale. I paradossi continuano perché le miniere di uranio che si trovano vicino ai confini con Libia e Algeria, sono controllate dalla società francese Areva (controllata all'87 per cento dallo Stato francese) e da società cinesi. Il risultato ? Oggi un terzo dei francesi utilizza l'energia elettrica prodotta da centrali alimentate con l'uranio del Niger, mentre il 90 per cento del Niger stesso non ha accesso alla corrente elettrica, fornita con scarsa continuità dalla Nigeria.
  Quando le faremo queste riflessioni in ambito europeo ? La domanda la pongo a voi che andate a parlare a quei tavoli. Siamo assolutamente favorevoli alla lotta alla criminalità – ed è il motivo per cui voteremo favorevolmente questa ratifica – e al traffico di stupefacenti, soprattutto in un Paese continuamente in pericolo come il Niger. La minaccia jihadista è concreta e le infiltrazioni dai confini sono all'ordine del giorno. Le aree desertiche del nord e dell'ovest sono off-limits e ci si muove esclusivamente con convogli scortati dai militari, per cui ci mettiamo a disposizione dei Paesi in difficoltà.
  Ma il «complottista» che è in me, il «gufo», come ci definite, non può non porre l'accento su alcuni aspetti di questa faccenda: il Niger è in fondo alle classifiche mondiali per povertà e analfabetismo (il 71 per cento di analfabetismo nazionale), è un Paese dove sanità, infrastrutture e accesso all'alfabetizzazione necessitano, veramente, di importanti investimenti. Un Paese dove oltre la metà della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno e i servizi di acqua potabile sono riservati a pochi. Un Paese dove le periodiche alluvioni del fiume Niger provocano migliaia di sfollati che occupano, con capanne, gli spazi pubblici della capitale, Niamey. Un Paese dove tre campi gestiti dall'UNHCR ospitano 50 mila profughi fuggiti dal conflitto in Mali e dove sono ancora presenti persino alcune centinaia di profughi dei conflitti in Congo e Ruanda. Un Paese dove la malnutrizione determina ritardi mentali in molti bambini.
  Ecco, signori, l'Italia da una parte va ad «addestrare» gli agenti di polizia del Niger, e, dall'altra, riduce drasticamente i fondi della Cooperazione allo sviluppo dopo aver speso – riporto i dati de Il Sole 24 Ore, 135 milioni tra il 1984 e il 2013 per progetti agricoli, sebbene ultimati, in quel territorio. Io, da questo punto di vista, spero che con la nuova legge sulla cooperazione che darà spazio ad un'Agenzia si possa cambiare questa tendenza che è davvero disastrosa.
  Un'ultima curiosità: ho già accennato alle miniere di uranio gestite da società francesi e cinesi come la CNNC (China National Nuclear Corporation).
  L'economia del Niger si fonda anche sull'esportazione di petrolio e sullo sfruttamento di miniere d'oro. Una società canadese, a tal proposito, si è aggiudicata una concessione sullo sfruttamento di una di queste. Bene, sapete da quali Stati arrivano i maggiori aiuti in tema di sicurezza al Niger ? Francia, Stati Uniti, Cina e Canada e fra poco Italia, quindi, le stesse 5 nazioni di cui parlavo prima in termini di sfruttamento delle risorse minerarie e aziendali.Pag. 43
  Ribadisco: siamo assolutamente favorevoli a un accordo che rispecchia gli obblighi internazionali vigenti in materia, conosciamo la risoluzione n. 45/123 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1990 in materia di cooperazione internazionale nella lotta al crimine organizzato; le Convenzioni contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti adottate dalle Nazioni Unite; la Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo nel 2000; nonché le Convenzioni contro il terrorismo adottate sotto l'egida delle Nazioni Unite, ma vogliamo che il contributo dell'Italia sia finalizzato a creare le condizioni necessarie per uno sviluppo economico e sociale che sia duraturo e sostenibile per il Niger. Uno sviluppo che faccia concretamente partecipare la popolazione nigerina all'utilizzo delle proprie risorse naturali, garantendo alla stessa il diritto di scegliere liberamente il proprio sistema economico secondo il principio di autodeterminazione dei popoli, sancito nell'articolo 1 dello Statuto delle Nazioni Unite. Una cosa che ripetiamo ogni volta che si parla di missioni internazionali, peacekeeping o cooperazione stessa è che non possiamo mai distaccarci dal concetto di autodeterminazione dei popoli.
  Nei prossimi giorni parleremo di cooperazione internazionale, come vi dicevo, e il MoVimento 5 Stelle ha proposto che si inizi a riferirsi principalmente all'indice di sviluppo umano, l'ISU, un indice che, a differenza del PIL, considera anche l'alfabetizzazione e la speranza di vita come criteri fondamentali nel concetto di indice stesso di arricchimento o povertà di un Paese. Quando impareremo a fare anche questo salto mentale, allora sì, andremo d'accordo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chaouki. Ne ha facoltà.

  KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, intervengo...

  PRESIDENTE. Colleghi, chiedo scusa, vi invito a prendere posto lasciando liberi i banchi del Governo. Prego, onorevole Chaouki, è l'ultimo intervento.

  KHALID CHAOUKI. Intervengo per esprimere il nostro voto favorevole a questa ratifica di un Accordo, ribadisco per noi molto importante, perché il Niger è oggi uno dei confini dell'Unione europea in qualche modo, perché attraverso il Niger e attraverso la regione del Sahel di fatto transitano oggi la stragrande maggioranza dei profughi e dei rifugiati, vittime di bande criminali che, fuggendo soprattutto da quella situazione drammatica che sta colpendo le comunità cristiane in Nigeria e diventando in qualche modo rotta di intere popolazioni che incrociano in questo Paese bande criminali senza scrupoli che, di fatto, requisiscono queste persone ad Agadez, come è stato riportato da decine di reportage, di articoli e di inchieste.
  Allora, questo Accordo vuole proprio, in qualche modo, sostenere questo Paese, in una regione sensibile e delicata come quella del Sahel che, appunto, incrocia non solo il Niger, ma incrocia il Mali, incrocia la parte meridionale dell'Algeria e la Libia, Paesi che oggi sono tutti interessati da una dimensione non solo criminale, ma anche terroristica, e che noi dobbiamo avere la forza di contrastare, non solo attraverso quelli che sono oggi gli accordi internazionali, ma rafforzando anche la presenza delle forze di polizia e delle autorità di sicurezza. Penso che l'Italia, in questo senso, possa anticipare un lavoro che l'Unione europea deve fare, nel suo complesso.
  Allora, in questo Accordo si parla, appunto, di armonizzare il più possibile norme, ma anche di uno scambio, anche più fattivo, delle informazioni, non solo rispetto al traffico di droghe ma, in senso più ampio, rispetto alla cooperazione tra forze, appunto, e di contrasto al crimine organizzato. Noi crediamo che il rapporto con questi Paesi, i Paesi del Sahel in particolare, deve ritornare al centro dell'attenzione anche del nostro Paese, come di tutti i Paesi europei, perché da lì si gioca anche la stabilità di un Paese a noi Pag. 44più vicino, qual è la Libia. Allora, se noi non interveniamo direttamente nel contrasto del terrorismo internazionale e di matrice alquaedista, soprattutto in queste regioni rischiamo che tutti gli sforzi nella stabilità della Libia siano purtroppo vani.
  Quindi, ribadisco il nostro voto favorevole sperando che sia anche un buon auspicio per far sì che tutta l'Europa si impegni in questa direzione.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2272)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Invito i colleghi a prendere posto.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2272, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gallo, Segoni. Chi è che non riesce a votare ? Petrenga, Terrosi, Biasotti; ha votato. C’è nessun altro che non riesce a votare ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   S. 1143 – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger in materia di sicurezza, fatto a Niamey il 9 febbraio 2010» (Approvato dal Senato) (2272):

   Presenti  394   
   Votanti  393   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato  393.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Realacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

Inversione dell'ordine del giorno (ore 13,14).

  PRESIDENTE. Prima di passare ai conflitti di attribuzione, ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo per chiedere, dopo avere confrontato la proposta con i gruppi e anche con il presentatore della proposta di legge al punto n. 4 dell'ordine del giorno, di anticipare il punto n. 5 dell'ordine del giorno alla ripresa pomeridiana della seduta, per cominciare alla ripresa dei nostri lavori, alle ore 16, con il punto n. 5, cioè il provvedimento sulla cooperazione internazionale.

  PRESIDENTE. Quindi, la proposta dell'onorevole Rosato è nel senso di rinviare il seguito della discussione della proposta di legge recante l'istituzione del «Premio Giuseppe Di Vagno» dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge in materia di cooperazione internazionale per lo sviluppo.
  Se su questo punto non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
  (Così rimane stabilito).

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal tribunale di Torre Annunziata, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 150 del 2014 (ore 13,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale Pag. 45dal tribunale di Torre Annunziata, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 150 del 2014.
  Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 9 luglio 2014, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 2 luglio 2014, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Torre Annunziata, dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 150 del 2014, in relazione alla deliberazione della Camera del 16 ottobre 2013 con la quale è stata dichiarata, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, l'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Aniello Formisano nei confronti del signor Ciro Borriello.
  Se non vi sono richieste di intervento e non vi sono obiezioni, tale deliberazione si intende adottata dall'Assemblea.
  (Così rimane stabilito).

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla corte d'appello di Bologna, sezione seconda civile, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 161 del 2014 (ore 13,17).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla corte d'appello di Bologna, sezione seconda civile, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 161 del 2014.
  Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 9 luglio 2014, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 2 luglio 2014, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla corte d'appello di Bologna, sezione seconda civile, dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 161 del 2014, in relazione alla deliberazione della Camera del 19 settembre 2013 con la quale è stata dichiarata, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Gianluca Pini nei confronti dell'azienda Casa Emilia-Romagna.
  Se non vi sono obiezioni, tale deliberazione si intende adottata dall'Assemblea.
  (Così rimane stabilito).

  A questo punto sospendiamo la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

(Iniziative a tutela dei diritti dei lavoratori nell'ambito del recente accordo firmato da Alitalia e alcune organizzazioni sindacali – n. 3-00943)

  PRESIDENTE. Il deputato Airaudo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00943, concernente iniziative a tutela Pag. 46dei diritti dei lavoratori nell'ambito del recente accordo firmato da Alitalia e alcune organizzazioni sindacali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, caro Ministro, noi oggi abbiamo bisogno di sapere, oltre ciò che le abbiamo scritto e che lei e i suoi uffici avete avuto modo di leggere e di valutare, come è possibile che una proposta di mediazione che da lei è stata fatta al tavolo delle trattative abbia fallito, sia stata scalzata da questo negoziato e vogliamo aiutarla, anche con questa interrogazione, a riprendere un ruolo in questa trattativa.
  Infatti, vede, se il timore del sindacato, al di là delle dichiarazioni obtorto collo o di quelle non contrarie, che sono state espresse anche dalla CGIL, è che non vi siano garanzie per l'occupazione, non è il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi che deve rispondere, ma è lei, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Quindi, è a lei che chiediamo di svolgere quel ruolo di mediazione sociale che è compito della sua funzione.
  Per queste ragioni vorremmo sapere a che punto è, anche vista l'evoluzione di questi giorni, quella trattativa, come lei ritiene riprendere e se è possibile che lei riprenda un ruolo e come può dare risposta alle preoccupazioni del lavoro e dell'occupazione.
  Ho finito. Questo Paese non ha bisogno di altri disoccupati e di altra insicurezza, ha bisogno di lavoro.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, vorrei sottolineare come il lavoro che è stato sviluppato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali intorno alla vicenda Alitalia ed Etihad aveva e ha avuto sempre come fulcro la necessità e la volontà di produrre una risposta per una continuità dell'impresa e, quindi, conseguentemente, per una continuità del lavoro.
  È stato sviluppato un impegno molto importante. Noi esprimiamo una valutazione positiva sull'ipotesi di accordo tra Alitalia ed Etihad e abbiamo fatto tutto ciò che abbiamo potuto fare, che siamo stati in condizione di fare per ridurre al minimo gli elementi di problematicità che, sul piano dell'occupazione, si stavano presentando. Sappiamo tutti che c'era un'ipotesi di esuberi, valutata ad oltre 2.000 lavoratori, 2.251 per dire la verità, che questa è stata ridotta a 1.635, quindi, con un blocco importante di lavoratori che sono rimasti all'interno del perimetro della nuova azienda, con un'ipotesi e un impegno di ricollocamento di 681 lavoratori, ricollocati nel contesto delle attività connesse all'attività della nuova società. Purtroppo abbiamo dovuto constatare che è rimasto un nucleo di lavoratori che in questo percorso non ha trovato la propria risposta.
  Lo sforzo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno fatto in questa fase è stato quello di utilizzare tutti gli strumenti, tutti gli ammortizzatori, tutte le opportunità che erano in campo e possibili per tutelare questi lavoratori.
  Purtroppo il dato di fatto è che siamo arrivati ad un punto per cui per questi lavoratori – parliamo degli ultimi lavoratori per i quali al momento non è stata prevista una possibilità di ricollocazione immediata – abbiamo dovuto prendere atto che nel confronto tra le parti una delle condizioni che Etihad aveva dall'inizio proposto era quella del passaggio diretto dei lavoratori che non fossero stati ricollocati fuori dal perimetro della nuova impresa. Quindi, a fronte di questa come una delle condizioni – perché naturalmente per adottare strumenti di intervento c’è l'esigenza della disponibilità delle parti –, noi abbiamo lavorato per ottenere il massimo di disponibilità delle parti e siamo arrivati al punto che è stato qui citato.Pag. 47
  Noi abbiamo considerato, inoltre, di poter fare altre due cose: fondamentalmente assistere i lavoratori che andranno in mobilità con strumenti ulteriori di accompagnamento.
  Quindi, avranno la mobilità, secondo le procedure e le entità previste dal Fondo volo, e avranno l'assistenza del contratto di ricollocamento, che abbiamo convenuto con la regione Lazio e con l'aiuto e l'assistenza dell'ENAC, per tutte le specifiche professioni riferite ai tecnici e, comunque, alle persone che sono in quella sede collocate. Noi pensiamo...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere Ministro.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. ... noi pensiamo che questo sia il massimo del risultato possibile e, naturalmente auspichiamo che l'accordo in discussione tra l'Italia ed Etihad si concluda positivamente.

  PRESIDENTE. Il deputato Airaudo ha facoltà di replicare.

  GIORGIO AIRAUDO. Vede Ministro, noi non possiamo essere soddisfatti della sua risposta, io credo che non lo possa essere anche lei, non lo può essere questo Paese. Noi cediamo la nostra compagnia di bandiera, dopo vari tentativi, vari vicissitudini, ad un soggetto industriale terzo, Etihad che ne prende sicuramente molti vantaggi, ne vede molti, che scaricherà molti costi oggi sui lavoratori, domani sui cittadini-consumatori, perché ci sono molte cose non dette su questo accordo che dovremmo scoprire, per esempio se è vero che verranno sottratte rotte ai voli low cost con un aumento che si scaricherà sui cittadini e sulle persone che voleranno. Ma non possiamo essere soddisfatti, soprattutto, per l'occupazione; non c’è la risposta. Io penso che lei e il Governo dovreste costruire un supplemento d'iniziativa, perché non possiamo accettare che dentro questa crisi si distrugga l'attività industriale. Siamo, in qualche maniera, in vendita al miglior offerente e il conto lo pagano sempre i lavoratori, come dipendenti e come consumatori.
  Approfitto dell'occasione per dirle che nei prossimi giorni come gruppo di Sinistra Ecologia Libertà noi vi incalzeremo ogni giorno, perché la prossima settimana lei deve dare una risposta su come troverà i soldi sulla cassa integrazione in deroga. Denari che lei più volte ci ha detto che si sono esauriti, in interventi pubblici, in interventi nelle sedi della Commissione lavoro, e che però sono esauriti dalla fine del giugno. E anche lì si stanno determinando esuberi e licenziamenti che non ci possiamo permettere, non si possono permettere le cittadine e i cittadini, e non si può permettere questo Paese.
  Quindi, noi le chiediamo la prossima settimana di venire a riferire in Aula su come intende recuperare quei denari e dare sicurezza di sostegno a chi ha perso il posto di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà)

(Iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali nello stabilimento Ideal Standard di Orcenico (Pordenone) – n. 3-00944)

  PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00944 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), concernente iniziative per la salvaguardia dei livelli occupazionali nello stabilimento Ideal Standard di Orcenico (Pordenone).

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, molto brevemente, visto che ho un minuto: Ministro lei sa perfettamente quello a cui noi ci riferiamo. Ideal Standard corre il serio rischio di chiusura, 400-450 lavoratori portati a casa, messi su una strada. Allora Ministro sarò brevissimo. Sappiamo che Ideal Standard è di proprietà di Bain Capital una finanziaria, tra l'altro, una finanziaria che è anche proprietaria di una famosa catena di panini, Burger King, quindi poco c'azzecca, se non come una mera operazione finanziaria, Pag. 48quanto si sta perpetrando allo stabilimento di Orcenico in provincia di Pordenone nei confronti di più 400 dipendenti e di 400 famiglie che poi andrà in maniera esponenziale a riverberarsi su tutto il tessuto del Friuli Venezia Giulia.
  Ministro poco domande e semplici: vogliamo sapere se c’è, a questo punto, la cassa integrazione in deroga, cosa che l'azienda tende a negare, e soprattutto se il tavolo del 20 o 21 di questo mese, a questo punto, verrà confermato per cercare di applicare qualcosa in extremis rispetto alla drammatica situazione in cui versa questa azienda.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti conoscono bene la situazione di Ideal Standard e sanno il lavoro che è stato fatto in tutti questi mesi nel tentativo di portare la proprietà ad affrontare, in forme diverse di quelle che ha previsto, la conclusione della propria attività nello stabilimento di Orcenico.
  Il Ministero del lavoro e politiche sociali, insieme al Ministero dello sviluppo economico, ha realizzato una serie di momenti di confronto e di discussioni che si sono, peraltro, conclusi recentemente, nel senso di un ultimo incontro, con esito negativo, dove la proprietà ha ribadito la propria indisponibilità a procedere attraverso la richiesta della cassa integrazione guadagni e ha impedito, in buona sostanza, la stessa possibilità di costituzione di una cooperativa tra i lavoratori, evitando o negando la possibilità di consentire a quella azienda di mantenere uno stock minimo di attività produttiva che consentisse all'impresa una sua base minima di lavoro.
  Io credo che questa sia una responsabilità molto grave per questa azienda, perché di fronte al fatto che quei lavoratori abbiano assunto su di sé la responsabilità di gestire l'impresa, di impegnare una parte di risorse importanti e particolarmente rilevanti per loro, avere rifiutato in ogni sede, compresa l'ultima che abbiamo sviluppato presso il Ministero dello sviluppo economico, la possibilità di dare vita a questa esperienza è, dal nostro punto di vista, un atteggiamento ingiustificato e incomprensibile, che abbiamo condannato in quella sede e – abbiamo ribadito ripetutamente – stiamo ancora oggi continuando a discutere sulla possibilità di riaprire quel tavolo. Sappiamo che ieri c’è stata una riunione ulteriore, noi lavoreremo ancora sulla base di quell'esito, perché vorremmo tentare di riprendere il filo di quella situazione e di mantenere attiva quell'impresa. Naturalmente, se questo non sarà possibile, perché per poterlo realizzare abbiamo un problema banale, non si fa per dire, abbiamo bisogno di un minimo di disponibilità della vecchia proprietà, perché di fronte alla chiusura assolutamente, dal mio punto di vista, inspiegabile e inaccettabile, che non consente neppure un buon uso degli ammortizzatori sociali, vuol dire che siamo di fronte ad una chiusura totale ed assoluta, rispetto alla quale non potremo fare altro che, da una parte, esprimere una condanna piena e, dall'altra parte, vedere quali possano essere tutti gli strumenti di tutela utilizzabili nei confronti dei lavoratori, quindi naturalmente anche la verifica della cassa integrazione in deroga, anche se noi continuiamo ad insistere perché ci sia una continuità dell'impresa e quindi la possibilità di usare altri strumenti di tutela.

  PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di replicare.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, Ministro, grazie per la risposta, che mi trova poco sufficientemente soddisfatto, pur apprezzando sicuramente il suo impegno. Ministro, lei sa che entro fine mese, a questo punto, se non ci sarà la riproposizione di un tavolo di concertazione, se non ci sarà da parte dell'azienda la possibilità, anzi la volontà di utilizzare la cassa integrazione in deroga, entro il Pag. 4920-24 di questo mese 450 dipendenti di Ideal Standard verranno messi in processo di mobilità, e lei mi insegna che il processo di mobilità è semplicemente l'anticamera del licenziamento. Allora, Ministro, io la invito assolutamente a prendere il coraggio a due mani. Non voglio suggerirle nulla, ma a questo punto lei deve chiamare la presidente della regione Serracchiani e tutti e due vi dovete recare in Friuli- Venezia Giulia – non è una minaccia, è semplicemente un invito – e ricordare a questa azienda, che per anni ha preso i contributi da parte della collettività, che tutti i cittadini italiani hanno pagato e che quando le cose andavano bene si sono presi i contributi da parte dei cittadini, i contributi da parte della collettività del popolo italiano, affinché il lavoro di Ideal Standard restasse in Italia; in questo caso ed in meno di qualche mese questa azienda tende a chiudere i cancelli e a chiudere le porte in faccia a più di quattrocento lavoratori.
  Ministro, io la invito. Assieme alla presidente Serracchiani, avete cercato quanto meno, ma lì non ci siete molto riusciti perché era evidente che era una fase preventiva rispetto al voto elettorale delle europee del 25 maggio, di fare qualcosa per Electrolux sino al 2017. Vi invito a fare e a profondere lo stesso impegno anche per questa azienda che si chiama Ideal Standard, perché per quanto riguarda il mercato del lavoro e per quanto riguarda le aziende italiane non esistono figli di un Dio minore in questo caso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Tempi di erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2014 e iniziative per il riassetto di tale strumento di sostegno al reddito – n. 3-00945)

  PRESIDENTE. La deputata Incerti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Martella n. 3-00945, concernente tempi di erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2014 e iniziative per il riassetto di tale strumento di sostegno al reddito (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.

  ANTONELLA INCERTI. Signor Presidente, signor Ministro, premettiamo che i lavoratori sotto copertura di ammortizzatori in deroga si trovano da mesi in una condizione di oggettiva difficoltà. Stime dell'INPS dicono che al 9 giugno scorso sono circa oltre 338 mila i lavoratori in attesa di ricevere pagamenti. In molte regioni questi stessi pagamenti sono terminati e sono fermi al 2013 e da oltre sette mesi questi lavoratori non ricevono alcun contributo di sostegno al reddito.
  Dopo i primi 400 milioni, stanziati lo scorso 22 gennaio, si è in attesa della firma del Ministero dell'economia e delle finanze per sbloccare ulteriori 400 milioni, che dovrebbero servire alle regioni per pagare le ultime mensilità del 2013 ed avviare il pagamento delle prime mensilità del 2014.
  Le citate risorse sono quelle previste dalla legge di stabilità, che ammontano a circa un miliardo e 600 milioni di euro per l'anno 2014. Le regioni avevano inizialmente siglato accordi con le organizzazioni sindacali, che avevano come data ultima il 30 giugno 2014, ma in diversi casi alcune regioni, come, ad esempio, il Veneto...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

  ANTONELLA INCERTI. ... hanno convenuto con le organizzazioni sindacali di prorogare fino al 31 agosto – e ho finito – gli ammortizzatori che scadevano il 30 giugno, così anche Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Friuli-Venezia Giulia.

  PRESIDENTE. Grazie...

  ANTONELLA INCERTI. Chiediamo, quindi, quali siano...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Incerti, avrà modo di replicare la sua collega, deve concludere.Pag. 50
  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, è noto come questo problema della cassa integrazione e della mobilità in deroga sia un problema molto pesante e al quale stiamo lavorando da mesi.
  Purtroppo, la situazione che ci siamo trovati di fronte all'inizio di quest'anno è stata quella di un'inadeguata copertura finanziata, perché per il 2013 erano stati stanziati 2 miliardi 400 milioni e sono già stati impegnati altri 400 milioni all'inizio di gennaio, e – posso darvi la notizia – oggi è stato firmato il nuovo decreto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro dell'economia e delle finanze per gli ulteriori 400 milioni, che appunto serviranno a completare il pagamento del 2013 ed avviare una parte dei pagamenti per il 2014.
  Detto questo, è evidente che, con 2 miliardi 400 milioni stanziati per il 2013 e un miliardo e 400 milioni per il 2014, c'era un'evidente sproporzione dal punto di vista della copertura. Questa evidente sproporzione si è accentuata, avendo dovuto spostare quasi 800 milioni per il pagamento delle quote non coperte del 2013. Oggi si pone un problema di copertura, che stiamo affrontando.
  Quindi, oggi abbiamo affrontato e risolto il tema del pagamento di questi ulteriori 400 milioni. Nell'arco della prossima settimana, reputo che sia possibile mettere a disposizione un'ulteriore copertura di circa 400 milioni di nuove risorse per aumentare la dotazione di copertura anche per il 2014 e la definizione di nuovi criteri per la gestione della cassa integrazione in deroga e della mobilità, perché abbiamo bisogno di costruire modalità di accesso a questi strumenti che consentano la tenuta sotto controllo dei costi. Il dato 2013 rende evidente che la situazione, così com'era normata, produceva un effetto che non è tollerabile dal punto di vista dei costi della finanza del nostro Paese.
  Insieme a questo, voglio segnalare un dato che io considero positivo, che oggi è uscito dall'INPS e che riguarda la riduzione della domanda di cassa integrazione, ordinaria, straordinaria e in deroga, rispetto ai mesi precedenti. Credo che questo sia un buon dato positivo, perché da una parte da il segno del fatto che nel nostro Paese l'economia comincia a dare qualche segno, almeno sul piano di una minore utilizzazione degli ammortizzatori sociali, e dall'altra parte, naturalmente, perché questo induce un minor onere sulle casse dello Stato e, quindi, dovrebbe in qualche modo consentirci di gestire questa situazione. Quindi, siamo a questo punto e questa è la fase di attività del nostro Governo sulla materia.

  PRESIDENTE. La deputata Gregori, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

  MONICA GREGORI. Signor Presidente, signor Ministro, io trovo sconcertante il fatto, però, che si debba ricorrere ad un'interrogazione per dire al Governo di apporre una firma per lo sblocco di fondi che, come è già stato detto, erano stati previsti nella legge finanziaria e destinati agli ammortizzatori sociali, fondi che sono una fonte di reddito, oggi, purtroppo, per molte persone l'unica fonte a causa della forte crisi che attanaglia il nostro Paese.
  Dato che per il Governo e per noi tutti la priorità è quella di aiutare le famiglie in difficoltà, mi auguro – considerando, e sono felice di quello che lei, Ministro, ci ha detto, cioè la copertura del 2013, anche quel buco, che fino ad oggi non era stato coperto – che questi ritardi non vi siano più. Si valuti poi – e anche qui sono soddisfatta di quello che lei ci dice – sul fatto di vedere e di controllare la concessione di questi soldi alle aziende e come vengono concessi. Quindi, io credo che sia importante rivedere le modalità di concessione di questi fondi, perché oggi spesso questi fondi vengono dati ad aziende che non ne hanno assolutamente bisogno e li si tolgono invece ad aziende che ne hanno veramente bisogno.

Pag. 51

(Misure a favore dei nuclei familiari in condizioni di povertà – n. 3-00946)

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00946, concernente misure a favore dei nuclei familiari in condizioni di povertà (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, Ministri, colleghi, pochi giorni fa abbiamo avuto, proprio qui a Montecitorio, la possibilità di ascoltare, nella presentazione del rapporto ISTAT, un'affermazione di questo tipo: la situazione del Paese, a cominciare dall'enorme numero di senza lavoro (disoccupati e persone che vorrebbero lavorare in Italia), si contano ben 6,3 milioni di senza posto. Nel 2013, ai 3 milioni e 113 mila disoccupati si aggiungono 3 milioni e 205 mila forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi più vicini al mercato del lavoro. Si arriva così ad oltre 6 milioni di individui che l'ISTAT, nel rapporto, definisce potenzialmente impiegabili. L'ISTAT fa sapere che aumentano gli scoraggiati. Voglio soltanto mettere in rapporto questo dato – e finisco subito, Presidente – con quello che è il rapporto della Caritas italiana 2014 su povertà ed esclusione sociale in Italia.

  PRESIDENTE. Onorevole Binetti, deve concludere.

  PAOLA BINETTI. Bene: questo rapporto si è intitolato «False partenze», perché tutti quelli che erano gli auspici che l'anno scorso erano stati avanzati si sono dimostrati del tutto fallaci.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, è del tutto evidente che la situazione di crisi che ha attraversato il nostro Paese in tutti questi anni ha lasciato segni profondissimi nella vita delle famiglie e dei cittadini nel nostro Paese ed i segni sono quelli che il rapporto della Caritas ed il rapporto dell'ISTAT ci hanno consegnato in questi giorni.
  C’è una richiesta, che sale molto forte nei confronti della politica e delle istituzioni, di verificare la strumentazione che è stata utilizzata e che si sta utilizzando fino ad ora per affrontare questo tema.
  Noi purtroppo veniamo da una storia nella quale si è lavorato molto sulle politiche di tutela e di integrazione del reddito, mentre abbiamo avuto una assolutamente inadeguata presenza di strumenti di politiche sociali e quindi ci siamo sempre fermati all'orlo di un problema che adesso, con la crisi, è diventato drammatico.
  Noi abbiamo in piedi una serie di sperimentazioni, sulle quali si può discutere in termini di efficacia e di efficienza: la social card, il tema del fondo aiuti europeo agli indigenti, abbiamo un tema che riguarda i tagli che sono stati apportati nel tempo al fondo per la non autosufficienza.
  Io credo che siano molte le tematiche che vanno affrontate.
  È impegno di questo Ministero, a seguito anche della discussione svolta recentemente in occasione della presentazione del rapporto della Caritas, di affrontare questo tema dentro ad un'idea più generale di piano nazionale di lotta alla povertà, con la necessità anche di porre un problema molto forte al Parlamento ed al Paese, che è quello delle risorse, perché è evidente che c’è anche un lavoro che va fatto, che è quello di un buon uso delle risorse attualmente messe a disposizione, una concentrazione di queste ed una finalizzazione: queste non sono sufficienti per affrontare il problema così grave e così acuto che abbiamo.
  Così come è indispensabile che le politiche che si vanno ad individuare siano sostenute da un'infrastruttura che ci consenta di conoscere qual è la condizione effettiva e quali sono gli interventi che oggi, a livello pubblico, si fanno su questo versante.Pag. 52
  Infatti, noi abbiamo un tema, che è quello della distribuzione su soggetti istituzionalmente diversi di possibilità di fare politiche, che, invece, abbiamo bisogno di gestire con una strumentazione condivisa, perché abbiamo bisogno di attivare le comunità locali e abbiamo bisogno di fare in modo che alle risorse finanziarie che mettiamo a disposizione si associno delle azioni delle comunità di accoglienza, di affiancamento, di sostegno perché o noi facciamo politiche accattivanti oppure con una pura politica di trasferimento monetario non ce la faremo, anche se le risorse finanziarie sono ovviamente indispensabili.

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di replicare.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, Ministro, lei sa meglio di me che una famiglia su cinque è povera. E quando diciamo che una famiglia su cinque è povera, noi sappiamo anche immaginare una contestualizzazione diversa per queste famiglie. Sono povere famiglie perché sono monoreddito e sono famiglie di anziani; sono povere famiglie perché hanno a loro carico soggetti disabili o soggetti fortemente affetti da patologie croniche per cui non possono affrontare il loro lavoro. Ma povera è una famiglia anche semplicemente perché è una famiglia numerosa. Quello che a noi colpisce è che di fronte a un'analisi sempre più acuta, sempre più precisa, sempre più dettagliata delle cause della povertà, davanti ad una progettazione sempre più articolata, sempre più creativa, sempre più capace di immaginare soluzioni possibili, noi abbiamo questa affermazione contundente che fa la Caritas: finora sono state tutte false partenze. Tutti quelli che erano gli auspici, che mettevano in rapporto i livelli di povertà crescente con le soluzioni potenziali per fronteggiare questa povertà, si sono rivelati inefficaci.
  Io ho ascoltato con grande interesse quello che lei ci ha detto e ascoltato anche questa sorta di catalogo di soluzioni possibili, di soluzioni potenziali, di iniziative che il Governo sta mettendo in atto. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali forse non sa, ma personalmente sono totalmente convinta che quando in tempi di crisi noi abbiamo un Ministero dell'economia e delle finanze molto forte, se non abbiamo un Ministero del lavoro e delle politiche sociali altrettanto forte, come se fossero due piatti in equilibrio di una bilancia, noi non andiamo da nessuna parte.
  Ministro, io la invito a riflettere su questo soltanto: false partenze, parole in libertà, buoni propositi, intenzioni lodevolissime, risultati zero. Ecco, le famiglie italiane cominciano ad avere bisogno di poter contare su questi risultati. E non me ne voglia se penso agli 80 euro che sono stati un'iniziativa...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  PAOLA BINETTI. ... costosa e diffusiva, ma anche, a conti fatti, poi ben poco incisiva sul quadro dell'impoverimento di queste famiglie se...

  PRESIDENTE. Grazie.

  PAOLA BINETTI. ... sia l'ISTAT che la Caritas non fanno cenno, né l'una né l'altra, a questa risorsa (Applausi dei deputati del gruppo Per L'Italia)...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Binetti.

(Misure per il rilancio occupazionale in Calabria – n. 3-00947)

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di illustrare l'interrogazione Rampelli n. 3-00947, concernente misure per il rilancio occupazionale in Calabria (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, Ministro, colleghi, tra qualche mese i cittadini calabresi si recheranno alle urne per eleggere il nuovo consiglio Pag. 53regionale. Lo faranno nella situazione più difficile che ricordano da decenni. La regione Calabria ha un tasso di disoccupazione giovanile di oltre il 65 per cento; ha un tasso di disoccupazione femminile di oltre il 40 per cento. È, quindi, in una condizione drammatica, senza che vi sia ancora un'idea di quali possano essere, da parte del Governo, le iniziative per fronteggiare una crisi che è certamente sociale e che ferisce nel profondo la capacità di coesistenza tra le persone. Chiedo al Governo quali sono gli interventi specifici che sono in cantiere e che possono contribuire a trovare una soluzione diversa ad una situazione che, così come ho descritto, è così drammatica.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, credo sia inevitabile partire da un dato generale: la crisi economica che ha colpito il nostro Paese, lo ha fatto in maniera disomogenea.
  Le regioni del sud del nostro Paese hanno subito con molta più forza i segni di questa crisi. Lo vediamo con i dati della disoccupazione giovanile, ma lo vediamo anche con i dati sul reddito, e lo vediamo anche con i dati sulla povertà. C’è quindi un problema che è figlio di una situazione che è data dalle infrastrutture, dall'impianto economico produttivo, dalla crisi imprenditoriale, che rendono questi territori particolarmente vulnerabili. L'intervento pubblico oggi è finalizzato ad affrontare in termini strutturali queste questioni.
  Quindi, non riprendo le politiche che il Governo ha intenzione di fare o sta facendo o ha deciso di fare, perché sono tutte riferite ad una capacità di intervento che riattivi le dinamiche economiche. Nello specifico, noi abbiamo oggi un tema aperto, che riguarda la possibilità di dare una risposta ai lavoratori socialmente utili, che è oggi collegata alle modalità e ai criteri di assegnazione dei 50 milioni di euro agli enti pubblici della regione Calabria per la stabilizzazione a tempo determinato di questi lavoratori.
  Abbiamo un impegno in piedi che riguarda, per i giovani, il programma «Garanzia giovani», con la volontà di far crescere, insieme alle attività e alle opportunità tipiche di questa forma di intervento, anche una strumentazione specifica per la autoimprenditorialità e la capacità di attivarsi. Infatti, qui abbiamo un altro specifico problema che è quello, anche in questo caso, di far crescere le iniziative imprenditoriali e le opportunità imprenditoriali.
  Abbiamo poi un programma che si rivolge ai NEET residenti nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, che sono in possesso di lauree cosiddette deboli e hanno un'età compresa tra i 24 e i 35 anni non compiuti. Mi riferisco ai tirocini formativi in azienda realizzati nell'ambito del programma apprendistato e mestieri a vocazione artigianale, promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e attuato da Italia lavoro. Anche qui stiamo lavorando per l'inserimento in azienda di questi giovani, proprio perché, attraverso il tirocinio e questo inserimento, pensiamo che si possano formare nuove capacità professionali ed eventualmente anche nuove iniziative di tipo imprenditoriale.
  Questo è il terreno di azione che noi pensiamo possa e debba essere sviluppato, naturalmente a fianco delle politiche generali. Nello specifico, mi riferisco ad una buona utilizzazione dei fondi comunitari, con l'impegno che il Governo ha assunto, insieme alle istituzioni regionali, per un monitoraggio sistematico e per una progettazione e programmazione degli impieghi che abbiano una effettiva e sostanziale ricaduta sulle economie, in particolare anche quelle delle aree di maggiore difficoltà e delle aree interne.

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di replicare.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Ministro, sono deluso non della sua risposta, Pag. 54ma dell'azione del Governo, perché è evidente che, nell'elenco di interventi che lei ha richiamato, vi è un tentativo di animazione del territorio, ma una reale iniziativa, ovviamente insieme, in sinergia con quello che è il Dicastero competente in materia di attività produttive ed industria, manca del tutto. Anche lei sa perfettamente che non è possibile trovare soluzioni alle drammatiche cifre che ho ricordato, e che lei conosce benissimo, attraverso i 50 milioni per gli LSU o attraverso attività di tirocinio o di autoimpiego.
  Siamo in presenza di una regione con milioni di abitanti e, quindi, automaticamente, in ragione delle percentuali di disoccupazione che ho richiamato, con centinaia di migliaia di giovani alla ricerca di un lavoro, ed è quindi evidente che le risposte che lei ha elencato non è che siano insufficienti, non riusciranno a determinare alcun risultato tangibile.
  Vi è anche un problema legato alla questione dei fondi comunitari, che lei ha richiamato per ultimo. Purtroppo i fondi comunitari stanno diventando sostitutivi dei fondi che normalmente sono stati trasferiti alle regioni e agli enti locali. Non sono fondi che si aggiungono ad altro tipo di trasferimento per impegni di attività industriali o di politiche attive del lavoro. Sono dei veri e propri fondi sostitutivi, con un ulteriore elemento di difficoltà: l'utilizzo dei fondi europei è di per sé più complicato perché deve rispondere a criteri che vengono dettati dalle politiche comunitarie e, quindi, le ripeto, non sono deluso della sua risposta, ma penso che siano delusi i cittadini della regione Calabria dell'atteggiamento di questo Governo nei confronti della loro crisi.

(Iniziative per l'applicazione dell'accordo sottoscritto tra la regione Lombardia e le parti sociali riguardante l'estensione della mobilità in deroga a favore di 800 lavoratori esodati – n. 3-00948)

  PRESIDENTE. Il deputato Invernizzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00948, concernente iniziative per l'applicazione dell'accordo sottoscritto tra la regione Lombardia e le parti sociali riguardante l'estensione della mobilità in deroga a favore di 800 lavoratori esodati (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, buongiorno, signor Ministro. La regione Lombardia, nel novembre 2013, ha sottoscritto con le parti sociali un accordo per estendere la mobilità in deroga fino al raggiungimento dei requisiti necessari per la pensione a circa 800 lavoratori lombardi. Questo accordo, che era anche stato avallato dal suo Ministero, purtroppo è ancora inapplicato, a causa, così dichiara l'INPS, del mancato rilascio, da parte della direzione generale dell'Istituto previdenziale e dei Ministeri vigilanti, di indicazioni in merito al percorso operativo per l'applicabilità dell'accordo stesso.
  Chiediamo, pertanto, se ciò che dichiara l'INPS corrisponda al vero e, quindi, chiediamo proprio a lei, signor Ministro, le motivazioni di tale ritardo oppure, se ciò non fosse vero, chiediamo quali siano le vere ragioni di una inaccettabile inerzia.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, l'iniziativa a cui si fa riferimento nell'interrogazione riguarda l'accordo che è stato assunto appunto dalla regione Lombardia, secondo cui possono rientrare nella cosiddetta terza salvaguardia, di cui al decreto ministeriale 22 aprile 2013, anche i lavoratori già cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012, in favore dei quali viene disposta la proroga, attraverso la concessione di un nuovo trattamento di mobilità in deroga, di trattamenti di mobilità ordinaria o in deroga in corso di fruizione; trattamenti che, però, in base a quanto osservato dagli onorevoli interroganti, non sarebbero sufficienti, Pag. 55sia pure per qualche giorno o qualche settimana, ai fini del raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti alla cosiddetta riforma Fornero.
  A questo riguardo, vorrei dire che la problematica in questione è all'attenzione delle nostre direzioni generali del mio Dicastero, che stanno cercando di individuare una possibile soluzione al fine di tutelare i lavoratori contemplati dall'accordo della regione Lombardia sopra indicato, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica. Sussistono, dunque, delle oggettive criticità che hanno impedito finora di dare attuazione all'accordo in questione. Peraltro, il nostro Ministero aveva precedentemente assentito a questa possibilità e, quindi, il tema per noi era all'ordine del giorno in questo senso.
  Adesso, l'INPS, a seguito della nota ministeriale che noi avevamo emesso come Ministero, ha evidenziato una problematica appunto di riferimento. L'Istituto ha rilevato che, fermo restando il contingente numerico dei lavoratori destinati alla terza salvaguardia, cioè 2.560, l'accoglimento dell'interpretazione prospettata avrebbe comportato, all'esito del monitoraggio del numero dei lavoratori interessati, la revisione della graduatoria già formata, che è stata determinata in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro, con la conseguente possibile esclusione dalla salvaguardia di altri lavoratori che hanno già ricevuto la relativa certificazione dell'INPS e la conseguente revoca dei trattamenti pensionistici già concessi, che è una cosa che noi assolutamente, ovviamente, non vogliamo che accada. L'INPS ha evidenziato, inoltre, che si dovrebbe tenere conto, al fine di determinare il numero dei lavoratori beneficiari dell'interpretazione prospettata, di altri possibili accordi analoghi a quelli della regione Lombardia stipulati da altre regioni.
  A fronte di questa situazione di stallo sostanziale, il Ministro si impegna a riattivare la procedura, così come previsto dal precedente orientamento dello stesso Ministero.

  PRESIDENTE. Il deputato Invernizzi ha facoltà di replicare.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, signor Ministro, quando parliamo di esodati, se non fossimo in Italia, probabilmente, potremmo parlare di una situazione paradossale: purtroppo, è una situazione reale. Ogni volta che si parla di esodati, il Governo dice: «cercheremo», «la questione è all'attenzione delle direzioni», «intanto vedremo», «adesso io mi impegno», «adesso faremo». Sette mesi sono passati da un accordo che darebbe il pane a 800 persone che si trovano in una situazione di disagio non perché non hanno voglia di lavorare, ma perché semplicemente sempre questa maggioranza, ad un certo punto, ha detto a questi lavoratori: volevate andare in pensione ? Beh, non ci andate più. Non avete più lavoro ? Eh, beh, mi dispiace. Adesso gli si dice addirittura: prolunghiamo la cassa in deroga ? No, non si può, perché l'INPS deve valutare, deve vedere.
  Non so di quante centinaia di migliaia di persone stiamo parlando – ancora oggi non lo sappiamo –, ma qui parliamo, oggi, di 800 famiglie, 800 lavoratori che, a novembre 2013, sembrava avessero trovato una soluzione alla loro situazione.
  La regione Lombardia ha fatto quello che doveva fare e adesso, mi permetta di dirlo, signor Ministro, se io fossi un esodato, a sentire che l'INPS e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si rimpallano, più o meno, la responsabilità per la mancata esecuzione di un accordo che è già nero su bianco, probabilmente, non so, sinceramente, cosa farei.
  Noi, come Lega Nord, ribadiamo che la questione degli esodati è una questione che doveva essere affrontata non oggi, non domani, ma ieri, lo ripeto, ieri ! Perché la situazione nella quale si trovano è una situazione che non si sono cercati loro, è una situazione nella quale sono stati messi dall'incapacità dei Governi che hanno preceduto il suo e adesso, mi permetta di dirlo, è un'incapacità che su questo fronte state testimoniando anche voi. Signor Ministro, veramente, la questione degli esodati Pag. 56fa urlare vendetta agli occhi di Dio; non esiste Stato civile che lasci i propri cittadini, i propri lavoratori in queste condizioni per anni.

  PRESIDENTE. Deputato Invernizzi, concluda.

  CRISTIAN INVERNIZZI. La preghiamo cortesemente di dare, veramente, una risposta a queste situazioni.

(Iniziative per garantire un'adeguata internazionalizzazione del sistema formativo italiano di livello universitario, con particolare riferimento all'utilizzo della lingua inglese nei corsi di laurea – n. 3-00949)

  PRESIDENTE. Il deputato Librandi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00949, concernente iniziative per garantire un'adeguata internazionalizzazione del sistema formativo italiano di livello universitario, con particolare riferimento all'utilizzo della lingua inglese nei corsi di laurea (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIANFRANCO LIBRANDI. Signora Presidente, illustrissimo Ministro e illustrissimi colleghi, premesso che una sentenza del TAR Lombardia del 2013 ha annullato la delibera adottata dal senato accademico del Politecnico di Milano, nella parte che riguarda l'adozione della lingua inglese per i corsi di laurea magistrale e di dottorato, ritenendola in contrasto con il regio decreto n. 1592 del 1933, che prevede che la lingua italiana sia la lingua ufficiale dell'insegnamento universitario, avverso tale sentenza il MIUR e il Politecnico di Milano si sono appellati al Consiglio di Stato. Considerato che la legge n. 240 del 2010 sulla organizzazione delle università prevede il rafforzamento dell'internazionalizzazione delle stesse, anche attraverso l'attivazione di corsi di studio in lingua straniera, si chiede all'onorevole Ministro Giannini quali azioni intenda mettere in atto per eliminare l'incertezza normativa sopra menzionata, al fine di favorire l'internazionalizzazione del nostro sistema formativo di livello universitario.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signora Presidente, onorevole Librandi, onorevoli deputati, nell'enunciare i principi programmatici a cui ispirare l'azione di Governo presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ho indicato l'internazionalizzazione come uno dei principi chiave che ritengo possano dare quello slancio e quel recupero di competitività e di qualità al nostro sistema universitario, tra gli altri. Quindi, culturalmente, scientificamente e politicamente, mi sento pienamente vicina alle motivazioni che hanno spinto il Politecnico di Milano ad ispirare la propria azione di programmazione strategica nell'ambito dell'attività didattica ad azioni di internazionalizzazione che prevedono l'uso della lingua inglese, il potenziamento di questo strumento quale uno degli strumenti per internazionalizzare di più e meglio un ateneo che già presenta indicatori interessanti sotto questo profilo.
  Tuttavia, voglio precisare, in questa sede, perché questo mi viene chiesto, che non è soltanto lo strumento della lingua e lo strumento in cui si eroga un corso di laurea che produce un effetto di internazionalizzazione nell'ateneo e, più in generale, nel sistema universitario. Ciò deriva e deriverà – in un'azione che peraltro presso il mio Ministero cerchiamo di proporre alle università italiane che, in piena autonomia, poi potranno incarnare questo principio – attraverso la somma e l'attuazione di una serie di diversi strumenti: uno è l'erogazione dei corsi in lingua inglese, l'altro è la maggiore capacità di attrazione di studenti stranieri, il terzo, e non ultimo, è la possibilità e la capacità di attrarre ricercatori e docenti stranieri. Quindi, si deve superare, onorevole, questo conflitto, che mi permetto di definire il Pag. 57conflitto tra lingua italiana e lingua inglese, soprattutto se posto, come in quella sede dal Politecnico di Milano, in via di esclusività dell'inglese versus l'italiano, che ritengo culturalmente improprio e politicamente inopportuno, verso una nuova dimensione dell'internazionalizzazione.
  E le disposizioni normative vigenti, se bene utilizzate, consentono pienamente di rispondere a questa esigenza, cioè l'esigenza di rendere i nostri atenei più aperti a studenti e docenti e ricercatori stranieri, più competitivi e più attrattivi. Il Ministero si sta adoperando in questa direzione, anche incentivando nella distribuzione dei fondi del finanziamento ordinario, a partire dalla quota della premialità, il carattere internazionale degli atenei.

  PRESIDENTE. Il deputato Librandi ha facoltà di replicare.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Presidente, ringrazio il Ministro Stefania Giannini per la risposta, che ritengo nel suo complesso soddisfacente. Dalle parole del Ministro traspare con chiarezza la convinzione che l'internazionalizzazione del nostro sistema formativo a livello universitario, in particolare se di carattere tecnico-scientifico, non può prescindere dalla possibilità di attivare corsi di studio in lingua inglese e in italiano, come detto adesso. Sono perciò convinto che il Ministero saprà a breve porre in essere tutti i provvedimenti necessari per eliminare l'attuale incertezza normativa. Sottolineo, da ultimo, la necessità di intervenire con solerzia, soprattutto in vista del prossimo pronunciamento del Consiglio di Stato, a cui il MIUR ed il rettore del Politecnico di Milano si sono appellati a fronte della sentenza del TAR della Lombardia.

(Intendimenti in merito alla riforma della professionalità del docente, anche alla luce di recenti dichiarazioni di esponenti del Governo sull'orario di lavoro nelle scuole – n. 3-00950)

  PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00950, concernente intendimenti in merito alla riforma della professionalità del docente, anche alla luce di recenti dichiarazioni di esponenti del Governo sull'orario di lavoro nelle scuole (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ELENA CENTEMERO. Presidente, ci rivolgiamo alla signora Ministra in relazione a ciò che il Governo ha affermato all'inizio del suo insediamento, quando ha detto di voler rivoluzionare la scuola, ponendo al centro della stessa la valorizzazione dei docenti, che si è tradotto, pochi giorni fa, in un'intervista su un quotidiano nazionale in cui il sottosegretario Reggi ha posto come rivoluzione l'aumento dell'orario di servizio, di lavoro, dei docenti a 36 ore (da 18 e 24), l'apertura delle scuole dalle 7 alle 22, undici mesi su dodici. Questo, ovviamente e auspicabilmente, con un aumento di stipendio non quantificabile allo stato attuale, perché il contratto collettivo nazionale di lavoro è ancora quello del 2006-2009, ed è bloccato, allo stato attuale. E all'interno di questo contratto, all'articolo 29, ci sono le attività funzionali all'insegnamento, che sono quelle che vengono indicate dal sottosegretario, ma non si capisce come si possa realizzare questo cambiamento senza neanche confrontarsi con quella che è la realtà all'interno dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, ha finito il suo tempo.

  ELENA CENTEMERO. Per questo chiedo alla signora Ministra come e in che termini il Ministero intenda attivarsi per la riforma complessiva della professionalità del docente.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, ha molto ben colto la questione, l'onorevole Centemero, ricordando Pag. 58che questo Governo mette e ha messo la scuola, fin dall'inizio, al centro della propria agenda politica, a partire da una valorizzazione di chi nella scuola opera ogni giorno (chi insegna, chi studia) e quindi tutto il bisogno di riprogettare un modello educativo che sia adeguato alla società, che dia sostanzialmente quello sviluppo qualitativo, quindi lo sviluppo economico ma anche lo sviluppo umano, sociale, e quella crescita economica di cui la scuola è una delle leve fondamentali. Per questa ragione, all'interno del Ministero che ho l'onore di presiedere, si è lavorato immediatamente per cercare di affiancare all'inesorabile ed inevitabile attività emergenziale che il mondo della scuola, tra gli altri, ci presenta ogni giorno, una visione strategica e una visione di programmazione.
  Quindi, ad oggi, io credo che vi siano alcune emergenze, che ho premura di ricordare in questo momento e che questo Governo sta cercando di affrontare per le vie che saranno possibili nei tempi più brevi, come quella della «quota 96», della possibilità quindi di mandare finalmente in pensione questi 4 mila insegnanti che lo chiedono e che sono stati vittime, come in altri settori, di un errore di Governi precedenti, il che risolverebbe un problema vecchio, permettendo di immettere 4 mila giovani nel mondo della scuola.
  Ecco, oltre a queste urgenze sulle questioni del reclutamento e della valorizzazione della professionalità dei docenti, dell'autonomia e della governance delle scuole da rivisitare, delle competenze che vogliamo che la scuola trasmetta ai nostri ragazzi e quindi di un modello educativo, come dicevo prima, che va ripensato, su tutto questo si è aperta un'ampia riflessione che è interna al Ministero e su cui consegneremo al Presidente del Consiglio un documento articolato nei prossimi giorni, avendo già avuto occasione di offrirgli una sintesi su questi spunti, e che sarà il contributo del Ministero ad un ampio dibattito necessario per il mondo della scuola, come per tutti i settori vitali, per poter avviare questa programmazione di tipo riformista.
  Credo sia assolutamente importante che si lavori, per esempio, all'organico di diritto, al superamento della dicotomia tra organico di diritto e organico di fatto, a costituire finalmente gli organici dell'autonomia, a incentivare la formazione in servizio e a prevedere la formazione nella carriera degli insegnanti: insomma tutti temi a lei, onorevole Centemero, credo ben noti e credo anche molto cari.
  Per quanto riguarda la misurazione dell'orario di lavoro e anche dell'apertura comunque in termini così precisi di orario scolastico, essa non è stata finora uno dei punti di discussione, se non nell'ambito di un dibattito pubblico legittimamente legato anche alle interpretazioni giornalistiche, e non intende esserlo nei prossimi mesi all'interno di questa più ampia discussione che stiamo attivando.

  PRESIDENTE. L'onorevole Centemero, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio la signora Ministra per essersi soffermata sull'orario di insegnamento dei docenti e sulla necessità che l'orario di insegnamento e l'orario di servizio siano sottoposti ad un'ampia riflessione con le parti in causa ma anche con il Paese.
  Io parlo da insegnante, da dirigente scolastico, non parlo da sindaco come il sottosegretario Reggi, quindi ho a cuore la qualità della formazione dei nostri studenti, la qualità dell'offerta formativa. Credo che questi obiettivi vadano perseguiti attraverso interventi concreti, norme precise, interventi anche non normativi, ma comunque linee d'indirizzo del Ministero e non attraverso le pagine dei giornali, perché questo può creare un dibattito certo ma anche parecchio sconcerto in chi opera all'interno del mondo della scuola.
  Anche noi abbiamo presentato in questi giorni – e vorremmo contribuire al dibattito pubblico perché la scuola è di tutti – un patto per la scuola che ci trova concordi su alcuni dei punti che lei ha enunciato. Innanzitutto, il tema dell'autonomia, Pag. 59con la riforma della governance e del fondo per l'autonomia scolastica; poi, accanto a questo, la parità scolastica e, insieme a questo, il costo standard, che credo sia uno dei punti fondamentali. Ma per valorizzare i docenti io credo che gli interventi normativi precisi, preceduti da un dibattito pubblico, debbano incentrarsi sulla valorizzazione dei docenti attraverso uno status giuridico anche confrontato con quello europeo, attraverso una carriera, attraverso una valutazione e attraverso una formazione. La formazione appartiene all'università ma il reclutamento, la selezione appartiene al Ministero dell'istruzione, appartiene alle scuole, quindi noi dobbiamo mandare in classe solo chi sa insegnare, anche con periodi, non solo piccoli tirocini...

  PRESIDENTE. Deve concludere onorevole Centemero.

  ELENA CENTEMERO. ... ma un anno intero di formazione all'interno delle scuole in cui si veda veramente chi sa insegnare; e solo queste persone possono fare un concorso, solo queste persone possono entrare nella scuola.

(Iniziative per l'immissione in ruolo dei docenti presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra indetto con decreto del direttore generale n. 82 del 24 settembre 2012 – n. 3-00951)

  PRESIDENTE. L'onorevole Di Lello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00951, concernente iniziative per l'immissione in ruolo dei docenti presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra indetto con decreto del direttore generale n. 82 del 24 settembre 2012 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevole signora Ministro, con decreto ministeriale n. 356 dello scorso 23 maggio, accogliendo anche le sollecitazioni del sottoscritto, lei ha disposto lo scorrimento delle graduatorie oltre i posti messi a bando, e di questo mi rallegro.
  La gran parte dei 13 mila idonei al concorso 2012 sono per lo più delle regioni del sud, a cui però corrisponde un profondo divario con le effettive disponibilità, tenendo conto che, applicando le aliquote dello scorso anno in alcune regioni e per alcune classi di concorso, questo decreto ministeriale rischia di non poter essere funzionale prima di qualche anno. Com’è noto, sino al concorso del 1999, chiunque superasse le prove era abilitato. Nulla di ciò era stato invece previsto per il concorso del 2012, anzi, il bando concorsuale del 2012 prevede il conferimento dell'abilitazione solo a seguito dell'immissione in ruolo. La paventata chiusura a docenti non abilitati delle future selezioni concorsuali impedirebbe dunque ai docenti che hanno superato un concorso di parteciparvi, generando la possibilità di ulteriori contenziosi.
  Chiedo alla Ministra, ritenendo che chiunque abbia superato un concorso maturi l'aspettativa di essere rimesso in ruolo indipendentemente dalla regione di appartenenza o dalla classe di concorso per cui è risultato idoneo, quali misure intenda intraprendere per garantire l'immissione in ruolo di tutti coloro che sono presenti nelle graduatorie di merito del concorso a cattedra del 2012, dando piena attuazione al decreto ministeriale dello scorso maggio.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevole Di Lello, la preoccupazione immediata mia e del nostro Governo su questo tema è quella di assicurare prioritariamente la regolare immissione in ruolo dei vincitori del concorso del 2012. Come lei forse ricorda, la programmazione di questi posti banditi con tale concorso è stata effettuata sulla base di criteri e di parametri che, in quel Pag. 60momento, avevano una loro fondatezza e un loro senso e appare evidente come, in alcune regioni, purtroppo, in alcune per esempio del sud, si sia verificato successivamente uno sfasamento significativo nelle previsioni tra il numero dei posti banditi e l'opportunità di impiego. Degli 11.542 posti banditi sono stati assunti, immessi in ruolo, 3.527 nel corso dell'anno scolastico in corso, mentre quest'anno si procederà all'immissione degli ulteriori vincitori, e questo mi sembra un dato molto significativo. Non posso dare in questo momento garanzie formali sull'immissione di tutti i restanti 8.015, per la precisione, vincitori che hanno superato il concorso, ma posso chiaramente dire che questa è comunque una priorità e un elemento che è ben chiaro nella nostra agenda.
  Quali sono, allora, i tempi per avere dettagli e certezza sul percorso ? Entro la fine del corrente mese, gli uffici del Ministero potranno avere un quadro molto chiaro e definito di tutti i posti disponibili e, a quel punto, dopo la pubblicazione di tutti i dati relativi alle procedure di mobilità del personale scolastico, che è l'altra variabile molto importante, delle scuole secondarie di secondo grado, sarà possibile anche vedere quali sono i riflessi sui passaggi di ruoli e di cattedra delle scuole per l'infanzia e delle primarie. In ogni caso voglio segnalarle con molta chiarezza che, nonostante lo sforzo che il Ministero sta facendo per assicurare la tempestiva immissione in ruolo di tutti i vincitori di questo concorso, le graduatorie concorsuali mantengono una loro validità triennale.
  Approfitto anche per ribadire che è nostra intenzione garantire il rispetto della legge, quindi l'immissione del 50 per cento a valere sulle graduatorie storiche e del 50 per cento attraverso concorso e che questo, ahimè, non è stato fatto per molti anni, oserei dire decenni, e ciò è la ragione primaria dell'anomala situazione italiana, su cui molto presto dovremo intervenire anche per non incorrere in procedure di infrazione.
  Ricordo infine che, sempre in materia di normativa vigente, il solo superamento delle procedure concorsuali, così come l'inclusione nelle graduatorie di merito, non possono costituire titolo valido ai fini dell'abilitazione. Questa è una norma di legge chiara ed evidente a tutti coloro che peraltro si sono presentati anche in quella occasione. Concludo, dicendo che la legge n. 143 del 2004, all'articolo 3-bis, ha previsto, per il concorso del 1999, l'utilizzo di una specifica graduatoria di specializzati sulla tipologia degli insegnanti di sostegno costituita da coloro che erano presenti nelle graduatorie di merito concorsuali e che hanno conseguito la specializzazione in un momento successivo alla emissione del bando. Questa norma consentiva di utilizzare questi specializzati in subordine rispetto a coloro che avevano conseguito e dichiarato il titolo di specializzazione. Quindi, è intenzione mia e del Governo estendere tale disposizione anche all'ultimo concorso, cosa che potrebbe aiutarci a completare al più presto tutte le assunzioni dei vincitori del 2012.

  PRESIDENTE. Il deputato Di Lello ha facoltà di replicare.

  MARCO DI LELLO. Presidente, a me non sfugge l'impegno del Governo sul settore, ma non posso, comunque, che dichiararmi insoddisfatto per la risposta, perché non c’è dubbio che vengano prima i vincitori ma, se un errore di valutazione è stato fatto in preparazione del concorso 2012, la colpa certo non può essere addebitata ai candidati idonei. La colpa è dello Stato, del Governo, di chi ha voluto quel concorso, di chi ha fatto quelle valutazioni. È bene che qualcuno paghi, ma non possono essere, evidentemente, gli idonei al concorso. Così come sull'abilitazione, basta cambiare una norma che è contenuta in un decreto ministeriale.
  Io penso che valga la pena continuare. So che su questo posso contare sulla sua condivisione ad impegnarsi per riconoscere l'immissione in ruolo anche di tutti gli idonei, per eliminare questa che è una palese ingiustizia anche rispetto ai concorsi Pag. 61precedenti, nella consapevolezza che, in questo modo, possiamo offrire anche un futuro lavorativo a giovani che sono sicuramente preparati, perché il concorso 2012 credo che sia, nella storia, il più selettivo dei concorsi mai celebratisi e tenutisi nel nostro Paese e, soprattutto, continueremo ad investire sulla scuola e, cioè, sul sapere e, dunque, sul futuro dei nostri figli.
  Auspico, dunque, un impegno suo e del Governo in questa direzione. Posso garantire che io e i deputati socialisti continueremo a seguire la vicenda e, se del caso, a incalzare il Governo.

(Problematiche riguardanti la formazione tecnico-pratica degli studenti assegnatari dei contratti di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 – n. 3-00952)

  PRESIDENTE. Il deputato Calabrò ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00952, concernente problematiche riguardanti la formazione tecnico-pratica degli studenti assegnatari dei contratti di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  RAFFAELE CALABRÒ. Grazie, Presidente, signora Ministra, il tema sono le borse di studio per le scuole di specializzazione. In una recente audizione lei ha detto che entro luglio, entro il 31 luglio, cioè entro questo mese, ci sarà il bando ed entro ottobre ci sarà il concorso. Con i tempi del concorso e con i tempi successivi per l'assegnazione delle sedi con il nuovo concorso nazionale, l'anno accademico 2013-2014 di fatto inizia quando l'anno accademico è terminato.
  Allora, il quesito è: siamo molto contenti che siano arrivate le 5 mila borse di studio e la ringraziamo, però come si pensa di articolare la formazione teorico-pratica degli studenti per l'anno 2013-2014 ? Augurandoci anche che, per il 2014-2015, si parta con il bando molto più precocemente, togliendo questa assurda anomalia.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, Presidente, onorevole, risparmio la trafila dei provvedimenti che ci portano a un doveroso riordino, peraltro, delle modalità anche di organizzazione delle scuole di specializzazione, che è in corso, e arrivo subito puntualmente alla risposta al suo quesito, che è molto preciso.
  In vista del prossimo anno accademico, come prevede peraltro l'articolo 15 del decreto n. 90 del 2014, è programmato, appunto, il riordino delle scuole di specializzazione e, anche in riferimento alla durata delle stesse, avverrà una riduzione del percorso. Questa è già una questione di merito che, di concerto con il Ministero della salute, dovremo affrontare in un tavolo tecnico istituito a tale riguardo.
  Con particolare riferimento al quesito, io le dico che il prossimo concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina, per l'anno accademico 2013-2014, il cui ritardo è determinato dalle questioni che lei sa e che ha menzionato, verrà bandito, con un decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro il 31 luglio prossimo, sulla base del nuovo regolamento, quello che prevede, appunto, che la prova d'esame, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna tipologia di scuola, si sostenga alla fine del mese di ottobre. Quindi, questa è la data in cui gli studenti, potenziali specializzandi, saranno chiamati a cimentarsi, con l'obiettivo di inserire gli stessi presso le diverse scuole di specializzazione a decorrere dal mese di novembre successivo, evitando, quindi, di creare sovrapposizioni con gli studenti che si iscriveranno nell'anno accademico 2014-2015.
  Per questi ultimi si prevede, infine, che l'ammissione alle scuole avvenga nella primavera dell'anno 2015, con lo scopo di recuperare prima possibile la corretta ciclicità dei concorsi di ammissione; quest'anno, per le motivazioni da lei in parte Pag. 62citate e comunque a noi note e pregresse, non è stato possibile azzerare ed eliminare del tutto il problema da lei segnalato.

  PRESIDENTE. Il deputato Calabrò ha facoltà di replicare.

  RAFFAELE CALABRÒ. Signor Ministro, io sono soddisfatto dell'idea che ci sarà un tavolo tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero della salute per poter organizzare questi corsi. Ripeto, teniamo presente che questi sono ad anno scolastico chiuso, perché l'anno scolastico finisce a ottobre. Quindi, partiranno quando l'anno scolastico è finito, sperando che questo non incida – saranno più accorciati, come lei ha detto, più brevi, articolati in forma diversa – anche sulla retribuzione di questi studenti, che in qualche modo devono mantenere la retribuzione annuale. E mi auguro che si arrivi un po’ prima di aprile prossimo per il prossimo anno, perché altrimenti anche in aprile ci troveremo con corsi da cercare di rendere sempre più limitati. Quindi, un anno di formazione per il primo anno, che è un anno molto importante, rischia di essere sempre molto parziale.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,10 con l'esame del disegno di legge recante disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo.

  La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,10.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Balduzzi, Bindi, Cirielli, Dellai, Di Lello, Di Salvo, Fedriga, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, La Russa, Legnini, Manciulli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rossomando, Sanga, Speranza, Tabacci, Valeria Valente e Vignali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 1326 – Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo (Approvato dal Senato) (A.C. 2498-A) e delle abbinate proposte di legge: Santerini ed altri; Marcon ed altri; Spadoni ed altri. (A.C. 665-832-2201) (ore 16,12).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2498-A, già approvato dal Senato: Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Santerini ed altri; Marcon ed altri; Spadoni ed altri.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 15 luglio 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2498-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Lia Quartapelle Procopio.
  Chiederei ai colleghi Raciti e Vecchio se possono... onorevole Raciti e onorevole Pag. 63Vecchio, visto che abbiamo dato adesso la parola alla relatrice Lia Quartapelle Procopio... Prego.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatore. Signor Presidente, iniziamo a discutere oggi un provvedimento che è, a mio giudizio, la riforma più rilevante e certamente la più attesa di quelle che potrà fare probabilmente la Commissione affari esteri in questa legislatura.
  La riforma della cooperazione non è, infatti, solo una modifica che va a cambiare come funziona tecnicamente un determinato settore di intervento del Ministero, ma è un cambiamento che inciderà su come l'Italia riesce a sviluppare la propria proiezione internazionale. In questo senso, va sottolineato non solo che la nuova legge prevede che la cooperazione sia parte qualificante delle relazioni estere del nostro Paese, ma come seguito di questo la legge prevede un cambiamento del nome stesso del Ministero degli affari esteri, che passerà ad essere Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Si tratta di un provvedimento che era atteso da almeno quindici anni ovvero da quattro legislature, proprio perché serve ad adeguare la legge n. 49, che è del 1987, ai tantissimi cambiamenti avvenuti da allora fino ad oggi.
  Dopo i primi interventi normativi degli anni Settanta, la cooperazione italiana allo sviluppo veniva infatti disciplinata dalla legge n. 49 del 1987, che riconosceva a quella realtà una fisionomia sua propria, differenziata rispetto alla promozione delle relazioni economiche e commerciali.
  L'assetto normativo delineato nel 1987, pur di largo respiro ed avanzato per l'epoca in cui era stato costruito, veniva investito dai forti cambiamenti del quadro geopolitico che segnavano gli anni Novanta del secolo scorso. E, insieme ai cambiamenti che sono emersi appunto negli anni Novanta nel mondo, sono emerse, con il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, le gravi criticità connesse alla gestione della cooperazione, oggetto in taluni casi di clamorose vicende giudiziarie. Non a caso risalgono a quegli anni le proposte di affidare la gestione dei progetti di cooperazione ad una agenzia tecnico-operativa esterna, che mantenesse alla struttura amministrativa statale il coordinamento, la decisione, la negoziazione.
  Allo stesso tempo, si sono stratificati negli anni interventi normativi più o meno estemporanei che erodevano il regime di specialità delineato dalla legge n. 47. Penso alla cancellazione, nel 1993, del Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo e alla soppressione del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, le cui competenze venivano meramente traslate ad un organo generalista come il CIPE. Ed è per questo che, negli ultimi quindici anni, si è cercato di mettere mano alla riforma della cooperazione.
  Ma quali sono gli elementi importanti della riforma della cooperazione che aggiornano gli obiettivi e la capacità di intervento dell'Italia nel mondo ? Come dicevo all'inizio, è una riforma che propone un paradigma rafforzato delle relazioni internazionali, che fa riferimento agli strumenti della cooperazione internazionale come attitudine della nostra politica estera, come previsto anche dai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 11 della nostra Costituzione. Si tratta di un passaggio – questo di dire, appunto, che la cooperazione è un elemento qualificante della nostra politica estera – che non è né retorico né esclusivamente nominalistico, ma che aiuta a ridefinire posizione e attitudine dell'Italia in un mondo multipolare in cui alla competizione e contrapposizione tipiche delle relazioni internazionali della guerra fredda deve affiancarsi, soprattutto per una potenza media come il nostro Paese, una attitudine cooperativa e il riconoscimento dei principi di indipendenza e partenariato con tutti i Paesi.
  La legge, tra le tante cose che fa, supera la distinzione tra Paesi ricchi e Paesi poveri, sostanzialmente riconoscendo che la cooperazione si fa tra partner, con l'obiettivo di sradicare la povertà, tutelare Pag. 64i diritti umani, prevenire i conflitti e rafforzare le istituzioni democratiche non solo nel sud del mondo, ma mutuamente.
  Inoltre, in secondo luogo, è una riforma che aggiorna gli strumenti della nostra presenza internazionale. Per chi si occupa di politica estera – lo vediamo anche in questi giorni con la difficoltà a ricomporre il conflitto israelo-palestinese, e lo abbiamo visto in altri momenti quanto è stato difficile trovare dei modi per sostenere le transizioni nei Paesi ai confini sud ed est dell'Unione europea –, il tema di come dare seguito, in un mondo così cambiato, con strumenti concreti, alla visione internazionale di un Paese è un tema veramente sentito e reale.
  Nel mondo in profonda trasformazione, infatti, c’è bisogno di una politica estera agita nella quotidianità e reiterata a fronte dei continui cambiamenti. Questa legge, quindi, non stabilisce solo dei principi, ma si dota di un'infrastruttura sulla quale questi principi possono effettivamente procedere. Questa infrastruttura si basa su tre cardini.
  In primo luogo, la chiara indicazione di una responsabilità politica nella figura del Viceministro per la cooperazione delegato per legge e per legge responsabile del coordinamento delle politiche di cooperazione. In secondo luogo, un'Agenzia che diventa braccio operativo, con il riconoscimento di specifiche professionalità per mettere in pratica i progetti di cooperazione. In terzo luogo, e questo è il grande cambiamento che abbiamo inserito alla Camera e che sarà certamente oggetto della discussione di oggi, vi è un'istituzione finanziaria per lo sviluppo che permette di allargare le possibilità di intervento dell'Agenzia a progetti di finanza per lo sviluppo, ponendoci così sulla frontiera dell'innovazione e, al contempo, dell'efficacia di quanto viene fatto dai partner internazionali.
  È una riforma che ci riallinea ai temi del dibattito internazionale in termini di cooperazione allo sviluppo, perché sostanzialmente ci riallinea ai principi delle dichiarazioni di Parigi e Busan sull'efficacia della nostra cooperazione, prima di tutto in termini di coerenza per le politiche.
  All'articolo 11 si prevede, appunto, come dicevo, la responsabilità del Viceministro, la partecipazione del Viceministro al Consiglio dei ministri senza diritto di voto. All'articolo 15 è previsto un comitato interministeriale che assicura la programmazione e il coordinamento di tutte le attività di cooperazione dei vari Ministeri.
  In secondo luogo, il tema dell'allineamento è posto all'articolo 12 per quanto riguarda la prevedibilità degli interventi. Nell'articolo 12 noi prevediamo, per la prima volta, un documento triennale di programmazione e indirizzo che individua le linee generali di indirizzo strategico per tre anni della nostra cooperazione.
  Inoltre, nelle disposizioni transitorie finali, si identifica come il Consiglio dei ministri individui un percorso di adeguamento degli stanziamenti annuali per la cooperazione internazionale allo sviluppo agli impegni assunti a livello internazionale. È noto, infatti, che, al di là del tema delle infrastrutture su cui noi siamo stati a lungo posti sotto la lente dell'OCSE (e attraverso la riforma speriamo di porre una soluzione a quello che ci ha detto l'OCSE), c’è anche un problema di allineamento degli stanziamenti dell'Italia agli impegni che abbiamo preso in sede internazionale, a partire dalla Dichiarazione del Millennio. Nella legge si fa riferimento a questo, sostanzialmente prevedendo dei meccanismi che ci aiutino nei prossimi anni a riallinearci a quanto abbiamo affermato.
  In terzo luogo, c’è il tema della trasparenza. All'articolo 12 è prevista una relazione annuale sull'attività di cooperazione svolta nell'anno precedente e all'articolo 14 è previsto, finalmente, un allegato allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri con tutte le risorse di tutti i Ministeri e un allegato al rendiconto generale dello Stato sull'utilizzo degli stanziamenti per la cooperazione.
  Infine, la riforma presenta una novità per quanto riguarda il ruolo del Parlamento che, secondo l'articolo 13, deve Pag. 65esprimere un parere sul documento triennale e sulla relazione annuale sull'attività di cooperazione, e questo effettivamente fornirà un'integrazione tra le attività parlamentari e le attività del Governo, un controllo dell'attività parlamentare e di indirizzo dell'attività parlamentare sulle attività del Governo.
  E, infine, proprio per venire incontro all'idea che è cambiato il panorama dentro il quale ci muoviamo, la legge riconosce come attori della cooperazione non più solo le ONG e le organizzazioni internazionali, ma tutta una serie di altri attori che fanno cooperazione, che facevano cooperazione fuori dalla normativa vigente e che oggi sono riconosciuti, sia dalla legge, che dalla possibilità di mettersi in contatto e di collaborare insieme alle iniziative del Ministero.
  L'ultimo elemento a mio giudizio importante, come dovrebbe essere per tutte le questioni di proiezione internazionale, è che questa è una riforma sulla quale si è cercata già nella prima lettura al Senato – e poi lo abbiamo confermato nella discussione in Commissione alla Camera – la più ampia convergenza possibile tra forze politiche. Speriamo che questo spirito di confronto costruttivo continui anche nella discussione in Aula. Per un intervento, come questo di oggi, che ripensa a come l'Italia sta nel mondo, ovvero come ci presentiamo sullo scenario internazionale, è importante che tutte le forze politiche procedano con la maggiore unità di intenti possibile e si arrivi ad una definizione di un'infrastruttura che riguarda, appunto, la nostra proiezione internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
  È iscritto a parlare il deputato Beni. Ne ha facoltà.

  PAOLO BENI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, il disegno di legge che stiamo esaminando è un provvedimento che è stato atteso per anni da quanti operano nelle attività di solidarietà e di cooperazione internazionale per lo sviluppo, perché la vecchia legge n. 49 per gli aiuti allo sviluppo, come citava la relatrice, risale infatti al 1987 e da tempo ormai manifesta la sua inadeguatezza.
  C'era la necessità di una riforma che adeguasse strumenti ed opportunità, in coerenza con una visione alta della cooperazione italiana come parte essenziale di una politica estera finalizzata allo sviluppo sostenibile, alla promozione dei diritti umani, alla promozione della pace, e che fosse all'altezza della sfida della partnership globale che viene proposta dagli obiettivi del Millennio.
  C'era, quindi, la necessità di una legge che mettesse anche alcuni punti fermi sulla coerenza delle politiche, da un lato, e sulla trasparenza delle modalità di funzionamento della cooperazione, dall'altro, evitando quell'impressione – che talvolta c’è stata e non sempre ingiustificata – di un inquinamento delle attività di cooperazione da parte di interessi privati. Una legge capace di favorire l'ampliamento della partecipazione, di garantire un più efficace coordinamento tra l'intervento statale, i partenariati territoriali e le diverse forme di impegno della società civile, assicurando al tempo stesso un autorevole riferimento politico all'interno del Governo.
  Vorrei far notare che nel 1987, l'anno a cui risale la legge n. 49, il termine stesso di globalizzazione non era ancora entrato nel nostro linguaggio comune e non si parlava ancora di globalizzazione. Dal 1987 ad oggi è cambiato il mondo e nel mondo globalizzato sono cambiati i contenuti e gli stessi attori della cooperazione, che oggi non è più prerogativa esclusiva dei tradizionali addetti ai lavori e delle tradizionali organizzazioni internazionali e ONG. Infatti, una nuova consapevolezza dell'interdipendenza e della dimensione globale dei problemi si è diffusa in questi anni e ha trovato terreno fertile – va detto – in quella radicata tradizione solidaristica di cui è così ricca la società italiana e nell'azione di associazioni, sindacati, enti Pag. 66locali, tanti gruppi di cittadini che si sono spesi nelle attività di solidarietà internazionale.
  Forse, tutti noi cominciamo a capire che non saremo capaci di costruire nemmeno un futuro migliore per noi, per il nostro Paese, se non sapremo affermare la pace, la giustizia, i diritti umani, se non sapremo far crescere nuove capacità civiche in tutto il pianeta. Anche la solidarietà e la cooperazione internazionale – è questo che voglio dire – sono parte dell'impegno per un'Italia migliore e del cambiamento di cui ha bisogno il nostro Paese.
  Ma quest'idea della cooperazione è ben altro da quella dell'intervento caritatevole che spesso si è usato nel passato, basato su aiuti talvolta interessati. È un'idea della cooperazione che si propone di produrre un cambiamento tanto nel nord, quanto nel sud del mondo, superando quella divisione tra Paesi ricchi e poveri e contribuendo a far crescere, nel nord e nel sud del mondo, reti di società civile e democratica, impegnate per cambiare le politiche economiche, commerciali e militari, che spesso sono causa degli attuali squilibri.
  Una cooperazione, quindi, che si propone di praticare relazioni paritarie tra le comunità, relazioni orientate alla conoscenza ed al reciproco sostegno, alla ricerca di soluzioni comuni a problemi comuni, all'accrescimento civile e culturale delle comunità locali, al rafforzamento della partecipazione democratica, perché – questa è la convinzione – non solo i Governi, non solo gli Stati, ma anche le società possono avere la forza di orientare i grandi cambiamenti epocali che stiamo vivendo.
  Le attività di cooperazione internazionale sono per la società italiana, per le nostre città e per le nostre comunità, una grande opportunità per entrare in contatto col mondo, per abbattere il muro dell'ignoranza e della diffidenza, per allargare il nostro punto di vista, alzarlo oltre l'ombelico che spesso ci guardiamo, per favorire il dialogo tra culture e religioni diverse anche nel nostro Paese. E le esperienze di volontariato internazionale legate alla cooperazione ed allo sviluppo – le esperienze di questi anni ce lo provano – contribuiscono ad educare le nuove generazioni alla conoscenza del mondo ed alla consapevolezza della cittadinanza globale.
  Quindi, il modello a cui guardiamo è quello di una cooperazione che si pone l'obiettivo di promuovere il lavoro dignitoso, di promuovere reti di economia civile, di promuovere il commercio equo, la finanza etica, di lavorare per l'obiettivo della sovranità alimentare, della difesa della biodiversità, della diffusione dell'energia sostenibile, dell'uso sostenibile dell'energia. Una cooperazione che si deve legare alle politiche di accoglienza, valorizzando il ruolo dei migranti come attori dello sviluppo nei propri Paesi di origine. Una cooperazione che assuma la giustizia globale come condizione indispensabile dello sviluppo, a partire dalla cancellazione del debito illegittimamente imposto al sud del mondo. Una cooperazione che sappia cogliere il nesso tra pace e giustizia, nella consapevolezza che non ci può essere vera pace e duratura pace finché non saranno garantiti i diritti umani per tutti nel pianeta.
  Sono obiettivi ambiziosi, non c’è dubbio, che, io penso, la nostra cooperazione saprà perseguire solo se sarà incardinata in una politica estera attiva nella promozione della pace e dei diritti umani nel mondo ed in una politica estera del nostro Paese protagonista nel contesto europeo e protagonista soprattutto con una forte attenzione alla dimensione euromediterranea, di cui rappresentiamo il presidio per l'intera Europa.
  E devo dire che la nuova denominazione, che viene introdotta nel testo di legge, di «Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale» rappresenta molto bene questa scelta di piena responsabilità politica del Governo sulla cooperazione e trova un'attuazione coerente nel testo di legge e nella previsione dell'individuazione di un Viceministro con una delega specifica alla cooperazione ed allo sviluppo, nella previsione di un comitato interministeriale, a cui verrà assegnato Pag. 67il compito di coordinare, di programmare e di pianificare gli interventi.
  Quindi, queste sono tutte innovazioni forti, che vanno, io penso, in una direzione positiva, che ci sono nella legge.
  Non va bene invece, io penso, che all'articolo 4 – e poi di seguito più volte viene ripreso nel testo – si parli ancora di aiuto pubblico allo sviluppo, anziché definire questa attività, molto più semplicemente e molto più coerentemente, come cooperazione per lo sviluppo. Io penso che questo punto dobbiamo modificarlo ed avanzeremo una proposta in questo senso, qui in Aula.
  Infatti, la cooperazione non è solo offrire solidarietà e aiuto a chi soffre. È anche questo, ma è soprattutto operare per rimuovere le cause di quella sofferenza, cioè aiutare chi la subisce ad essere protagonista del proprio riscatto. Del resto, questo è l'approccio culturale che con molta coerenza io vedo nel testo della legge e negli obiettivi elencati dall'articolo 1 della legge dove si parla di pace, giustizia, relazioni solidali e paritarie, interdipendenza e partenariato e si cita, fra gli obiettivi prioritari che la cooperazione deve perseguire, la lotta alla povertà, lo sviluppo sostenibile, l'uguaglianza e la democrazia, la prevenzione dei conflitti e il sostegno ai processi di pacificazione. Quindi, in quella direzione andiamo, abbiamo già superato la vecchia impostazione.
  La legge contiene innovazioni importanti anche in riferimento ai soggetti che coinvolge con il riconoscimento, fra gli attori della cooperazione, delle tante e diverse organizzazioni della società civile che vengono elencate in maniera puntuale e dettagliata all'articolo 25, comprese anche – e questa è una novità significativa –, oltre alle ONLUS, alle associazioni di volontariato e di promozione sociale e agli enti locali, le associazioni dei migranti che curano e mantengono rapporti di cooperazione con i Paesi d'origine. Penso che questa sia una novità importante. È pure importante che il contributo di queste organizzazioni alla definizione delle scelte sia assicurato da un apposito organismo che viene istituito, il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo. Buona anche è, come io credo, la scelta di una profonda riorganizzazione del sistema che va ad affidare l'attuazione delle politiche di cooperazione ad un'apposita agenzia. Questa è una scelta che, come io credo, potrà garantire maggiore efficienza di gestione, tempi più rapidi per l'avvio degli interventi, unitarietà complessiva degli interventi e delle iniziative e massima trasparenza.
  È positivo che si faccia riferimento nella legge a una programmazione triennale degli interventi, ad un compito di revisione e di controllo delle Commissioni parlamentari rispetto al documento di programmazione triennale. Penso che ci sia ancora molto da fare per attuare tutto quanto prevediamo con questa nuova normativa, per andare a convogliare – e questo ancora non l'abbiamo definito – in un fondo unico le risorse destinate alla cooperazione e soprattutto per andare a incrementarle, portandole gradualmente ai livelli previsti dagli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
  Infine – e concludo, Presidente – una nota di metodo: c'era una grande aspettativa su questa legge e c’è da sempre, chi lo segue lo sa, un dibattito vivace tra gli addetti ai lavori su questo tema. Credo che siamo tutti memori dell'insuccesso dei tentativi precedenti di riforma nelle legislature passate che si sono arenati anche per le divisioni parlamentari, ma pure per la frammentazione della società civile. Stavolta, devo dire che i diversi soggetti coinvolti hanno cercato una sintesi unitaria, fuori dal Parlamento intendo dire, e anche le forze politiche all'interno del Parlamento. Io voglio ribadire il ruolo utile che ha svolto l'intergruppo parlamentare per la cooperazione internazionale nel dialogo tra forze diverse, fra le forze di maggioranza e di opposizione, con il MoVimento 5 Stelle, con SEL. Tutto questo ha facilitato il confronto e la ricerca di convergenze e penso abbia consentito di produrre una buona legge che delinea, nella funzionalità del modello gestionale proposto, nella coerenza degli indirizzi Pag. 68politici, una cooperazione che sarà, come io penso, all'altezza delle grandi sfide globali che attendono il nostro Paese. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Picchi. Ne ha facoltà.

  GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, Governo, relatore, ci troviamo a questa discussione sulle linee generali sul disegno di legge di riforma della cooperazione partendo da qualche punto un po’ antipatico. Questo disegno di legge, la riforma della legge n. 49 del 1987 è attesa da ventisette anni. È una riforma necessaria, una riforma che tutti gli attori che operano nell'ambito della cooperazione attendevano e che hanno contribuito a scrivere nelle parti essenziali. Tuttavia qui, alla Camera dei deputati, la discussione su un disegno di legge di riforma che, come ha ben detto la relatrice del provvedimento, sarà probabilmente l'atto legislativo più importante della Commissione affari esteri, avviene in un tempo estremamente breve e con modalità anche, se permettete, non proprio ortodosse. A cosa mi riferisco ? Stiamo affrontando una discussione sulle linee generali su un testo e sappiamo che sono stati presentati numerosi emendamenti ma non abbiamo ancora il fascicolo con tutti questi emendamenti e il relatore stesso ha presentato non più tardi di un'oretta fa al Comitato dei nove tutta una serie di emendamenti, alcuni anche importanti. Quindi c’è una difficoltà ad affrontare in modo serio il proprio compito di parlamentare perché si discute di un disegno di legge con emendamenti che non conosciamo e che sono stati banalmente liquidati nel Comitato dei nove come gli stessi che sono stati presentati in Commissione però, non avendone contezza, c’è l'imbarazzo dei temi da affrontare.
  Detto questo, tuttavia, questa è una riforma necessaria, una riforma che condividiamo negli elementi fondanti del testo che è stato presentato e partiamo da qualche considerazione di carattere generale. Troppo spesso la cooperazione italiana è stata considerata a livello internazionale solo come quella effettuata a livello governativo e si è sempre trascurata l'importanza di tutta la cooperazione decentrata che il nostro Paese a livello di regioni ed enti locali ha sempre effettuato. Ciò faceva sì che in tutte le statistiche e i censimenti di interventi di cooperazione l'intervento italiano, l'ammontare dei quantitativi di finanziamento messi a disposizione dal nostro Paese, risultassero sempre estremamente bassi e come se l'Italia avesse dedicato e dedicasse alla cooperazione risorse assolutamente esigue. La realtà era ben diversa. La cooperazione decentrata è sempre stata una caratteristica importante della nostra cooperazione. Mancava e manca tuttora un censimento, un piano complessivo di quali fossero nel corso degli anni gli interventi di cooperazione. Tra le finalità che si pone questo disegno di legge di riforma, che noi condividiamo, è proprio quella di mettere definitivamente un ordine a tutto ciò che il nostro Paese fa nell'ambito della cooperazione: cercare di organizzare i fondi che non sono certamente illimitati, le idee, gli attori in modo sistematico affinché la cooperazione italiana non sia più solo e semplicemente uno strumento di aiuto, peraltro importante, a certi Paesi in via di sviluppo ma diventi sempre di più e sempre meglio un pezzo integrante e importante della nostra politica estera. Cooperazione internazionale può essere e deve essere anche cooperazione allo sviluppo. Il nostro Paese propone, oltre alla finalità certamente nobile, da molti ricordata, di aiutare i Paesi che hanno un tasso di sviluppo inferiore al nostro, anche di far sì che i nostri interessi geopolitici e geostrategici siano tutelati e la cooperazione allo sviluppo può essere un tassello di questa nostra strategia di politica estera.
  In questo senso, questo provvedimento di riforma fa sicuramente dei passi da gigante, che noi condividiamo: tutto viene riportato sotto una regia unica, per cui anche gli interventi di cooperazione decentrata – che tanto venivano fatti dal Pag. 69nostro Paese – saranno finalmente coordinati. Questa è la parte sicuramente positiva, che condividiamo.
  L'altro tassello importante che viene introdotto in questo disegno di legge è la creazione dell'Agenzia per la cooperazione. Se da un lato, la creazione dell'Agenzia allinea il nostro Paese a numerosi modelli di cooperazione di Paesi sia europei che extraeuropei, che hanno appunto agenzie dedicate allo svolgimento dei compiti di cooperazione, sempre sotto il cappello di indirizzo politico del Ministero degli affari esteri, rimane però un dubbio di fondo tutto italico: ossia, quando in questo Paese non si riesce a gestire qualcosa, la soluzione spesso è creare un'agenzia. Quindi, se da un certo punto di vista, salutiamo positivamente la creazione dell'Agenzia per allinearci agli altri Paesi europei, rimane questo retropensiero, sperando che non sia questa la situazione, ossia la creazione dell'Agenzia per risolvere incapacità diffuse di diffusione della nostra cooperazione nel mondo.
  Il provvedimento, come ho ricordato, ha avuto una genesi molto lunga, viene da lontano: dispiace, come ho detto prima, che esso sia rimasto per molti e molti mesi in discussione al Senato e, poi, la nostra Camera si trovi a doverne discutere rapidamente in meno di dieci giorni, tra la Commissione e, adesso, l'approdo in Aula, con, ricordo, degli emendamenti che ancora non abbiamo visto.
  La discussione in Commissione affari esteri è stata buona, seppure nella sua brevità e nella scarsa volontà iniziale di dialogo da parte della maggioranza, che voleva in tutti i modi portare questo provvedimento in Aula: giustamente dal suo punto di vista, un po’ meno dal nostro, nel senso che se si sono aspettati ventisette anni, qualche giorno in più non avrebbe fatto molto male per arrivare ad un testo ancora più condiviso. Come dicevo, in Commissione si è fatta una buona discussione, con tutte le opposizioni che hanno contribuito, emendamento dopo emendamento, direi in modo costruttivo e non pregiudiziale, anzi con la volontà di arrivare ad un testo che fosse il migliore possibile, che rispondesse non solo alle esigenze di una maggioranza politica, ma che potesse essere veramente un testo valido per tutti gli attori della cooperazione.
  Questa discussione c’è stata, molti emendamenti, attraverso la discussione e il confronto anche con il Governo, sono stati approvati e, poi, ci ritroviamo, in realtà, che alcuni pezzi importanti di questa riforma – penso all'introduzione di un attore come la Cassa depositi e prestiti, che diventerà l'istituto che andrà a gestire il Fondo rotativo per la cooperazione – sia stato assente nel testo che ci è arrivato dal Senato e sia stato inserito con un emendamento presentato all'ultimo minuto in Commissione da parte del relatore.
  È un emendamento che la Commissione affari esteri, dopo lunga e proficua discussione, era riuscita a modificare per ampliare lo spettro degli attori che avrebbero potuto operare nell'ambito del Fondo rotativo della cooperazione, salvo poi trovare il solito emendamento che giunge all'improvviso, come una coltellata, permettetemi il termine, a un'ora dall'inizio della discussione sulle linee generali, con il quale si torna al testo originale; creiamo così questa grande cosa, che prima si selezionava attraverso un bando pubblico l'istituto finanziario che doveva gestire i fondi della cooperazione, salvo poi, ora, inserire nel disegno di legge direttamente chi è l'attore che andrà a gestire i fondi della cooperazione. La motivazione addotta, seppur lodevole, seppur condivisibile per certi aspetti, è: inseriamo un ente pubblico quale è la Cassa, in modo tale che la capacità di manovra e la capacità finanziaria che ha un ente come la Cassa possa dare respiro finanziario più ampio alla cooperazione italiana e, quindi, ottenere, anche, una capacità dei progetti di essere finanziati e, quindi, di produrre un risultato finale più ottimale.
  La Commissione bilancio non ha ritenuto di considerare tutto questo lavoro proficuo, spiegandoci che ciò è per motivi di contabilità nazionale; mi chiedo quindi quanto la Commissione bilancio o i vari Pag. 70commissari conoscano la contabilità nazionale, perché onestamente, che non sia possibile che un solo Fondo rotativo possa essere gestito da più attori, è una scusa, permettetemi di dirlo, che dal punto di vista tecnico non regge e che, quindi, rende, di fatto, manifesta la volontà politica della maggioranza che solo ed esclusivamente la Cassa depositi e prestiti sia l'attore che si deve occupare della cooperazione internazionale.
  Ricordiamo che la Cassa depositi e prestiti fa ogni tipo di attività, però, sul punto specifico della cooperazione non è certamente l'attore più preparato, più forte per poter assolvere questo compito. Tanto più dobbiamo ricordare come, oggi, la Cassa depositi e prestiti sia in mano pubblica, ma non è detto che a lungo andare mantenga questo tipo di caratteristiche e, quindi, andare ad identificare in un testo di legge, direttamente, in modo specifico e puntuale, la Cassa depositi e prestiti come l'unico attore autorizzato dal Governo ad operare nell'ambito della cooperazione, riteniamo sia estremamente limitativo. Infatti, impedisce ad altri attori che potrebbero assolvere in modo altrettanto abile o, magari, anche più abile i compiti della Cassa di poter, di fatto, partecipare. Diamo un'esclusiva di Stato a una società che oggi è per l'80 per cento in mano pubblica, ma non è detto che domani, nella grande ventata di privatizzazioni sempre annunciate e mai realizzate in questo Paese, la Cassa rimanga in mani pubbliche. Così ci potremmo ritrovare, nel giro di poco tempo, con un Governo che ha autorizzato un istituto che, nel frattempo, magari, non è più pubblico e, quindi, a dover riscrivere l'articolo 8 di questo disegno di legge per doverci adeguare al fatto che dovremo identificare qualcun altro, perché la Cassa nel frattempo è diventata privata.
  Cosa altro dire del provvedimento ? C’è una novità importante, a nostro avviso, che siamo lieti di aver contribuito a valorizzare ma che speriamo, con alcuni emendamenti presentati ad hoc, sia ancora più accentuata, e che è la possibilità, anche per i soggetti che hanno scopo di lucro, di poter essere considerati come attori del mondo della cooperazione e dei progetti di cooperazione. Riteniamo che questo sia un elemento nuovo e utile per questo tipo di provvedimento.
  I fondi pubblici sono nella sostanza un bene sempre più raro, un bene che è diventato scarso, e in quanto tale, non è che si può pensare di aumentare la portata della nostra cooperazione. Lo facciamo nei fatti, perché solo il fatto di coordinare vari tipi di interventi fa sì che si sappiano quali siano questi tipi di interventi e quindi possiamo essere più efficaci ed efficienti nell'allocazione delle risorse nelle aree di intervento. Tuttavia, l'ingresso di soggetti privati, che possono avere finalità collaterali, ma non necessariamente in senso negativo, cioè imprese private che sono interessate a fare determinati tipi di investimento in specifiche aree geografiche e che possono avere l'interesse di aderire a certi progetti di cooperazione al fine di agevolare propri investimenti di altro tipo, e far sì che questi progetti rientrino nell'ambito della cooperazione, rappresenta un evidente vantaggio da parte delle popolazioni che in ogni caso condividano l'intervento.
  Ma manca un pezzo fondamentale a questo tassello, per incentivare sempre di più e meglio i soggetti aventi scopo di lucro a intervenire, e quindi ad investire in progetti di cooperazione. Riteniamo che lo strumento sia quello della detrazione fiscale, dell'agevolazione fiscale, da vedere poi in quale forma. Per questo noi abbiamo presentato un emendamento ad hoc per far sì che gli investimenti destinati alla cooperazione, entro determinati limiti, possano essere oneri deducibili dal reddito di impresa. Allora sì che la legge sarebbe completa, perché avremmo non solo la possibilità, per il soggetto privato avente scopo di lucro, di fare cooperazione, ma anche il fatto che questo soggetto è incentivato perché ne ha un beneficio economico dovuto al fatto che, appunto, i costi inerenti i progetti e gli investimenti in cooperazione possono essere deducibili.
  Per il resto, direi che complessivamente il provvedimento sia condivisibile. Tanti Pag. 71sforzi forse ancora dovrebbero essere compiuti. Penso a un fondo unico, un fondo specifico di cooperazione da creare nell'ambito del bilancio dello Stato. Ma il lavoro svolto finora, al netto dei due dubbi fondamentali su questo provvedimento, ossia sull'articolo 8, che riguarda la Cassa depositi e prestiti, e la costituenda Agenzia – ovvero che non sia l'Agenzia, perché siamo incapaci di far funzionare la cooperazione –, è ampiamente condivisibile. E i tanti emendamenti da noi presentati, che sono stati accolti in Commissione, fanno sì che poi, alla fine, il nostro intervento di merito per modificare il testo in Aula si limiti a tre emendamenti qualificanti, uno dei quali, ci terrei ad annunciarlo qui, è il coinvolgimento, tra gli attori della cooperazione – visto che, come ha annunciato anche il collega precedente, tante novità sono state incluse, comprese –, delle associazioni di immigrati che vogliono mantenere, tramite il progetto di cooperazione, rapporti con il proprio Paese d'origine.
  Ci siamo dimenticati, però, di includere il sistema camerale e le camere di commercio, per cui, abbiamo, con apposito emendamento, cercato di esplicitare come debbano essere considerate anche possibili attori di cooperazione internazionale le camere di commercio.
  È vero che il Presidente del Consiglio Renzi ha già proposto di voler abolire le camere di commercio, però fino a quando credo che non sia esplicitato in un testo l'abolizione delle camere di commercio, possa essere buona cosa includerle.
  Per cui, io concludo questo intervento ribadendo la complessiva visione positiva nei confronti di questa legge di riforma, ribadendo però come non ci sia stato il tempo necessario che una riforma come questa meritava qui, alla Camera, tempo che doveva essere più ampio, per un dibattito più sereno e un po’ più approfondito su tutta la parte di emendamenti che sono stati presentati un'ora fa e che quindi suscitano su determinate determinazioni – permettetemi – del Governo e della maggioranza l'insorgere di qualche sospetto, quando la maggioranza stessa aveva sempre ribadito che questo provvedimento è stato ampiamente condiviso, digerito e discusso al Senato.
  Noi qui siamo alla Camera, il bicameralismo perfetto sarà ancora in vigore fino a quando non ci sarà una legge di riforma costituzionale, e quindi credo che avrebbe dovuto essere concesso, tutto il tempo necessario, come singoli parlamentari e come gruppi politici, per poter deliberare in modo consapevole. Il fatto che ancora come Comitato dei nove non ci siamo riuniti per discutere i cento e passa emendamenti, che tra l'altro non abbiamo visto, non depone a favore di un processo trasparente e una volontà della maggioranza di voler condividere veramente fino in fondo un provvedimento da tutti atteso e da tutti condiviso per il quale si rende necessaria una rapida approvazione.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Signor Presidente, noi viviamo in un solo mondo e abbiamo un destino comune, la cooperazione è uno degli strumenti con cui viviamo questo destino comune in un mondo globale ed è uno degli elementi principali che definisce la credibilità di un Paese a livello internazionale, strumento decisivo della politica estera.
  Attraverso la cooperazione noi incidiamo sulle dinamiche della globalizzazione, si produce sicurezza, si creano opportunità economiche, si gettano le condizioni per la pace. Abbiamo però in Italia sicuramente sottovalutato il valore aggiunto che la cooperazione porta con sé. C’è allora un trend da invertire, una cultura della cooperazione da rilanciare e da ripensare. Una nuova cultura dello sviluppo in un mondo globale, che si poggia su alcune visioni del mondo: l'interdipendenza tra i Paesi, l'intercultura. Certo la crisi italiana ci ha fatto dire: «ci sono poche risorse per noi, figuriamoci per gli altri, per i Paesi all'estero». Ma la non-cooperazione italiana costa. La cooperazione, infatti, non è soltanto una questione morale, ma politica ed economica. In Pag. 72molte zone del mondo la nostra presenza è ai minimi storici. L'Asia corre, l'Africa si muove, i Paesi emergenti ci superano, l'Europa, stanca, rallenta.
  Ecco allora che questo provvedimento, a nostro parere, per il gruppo Per l'Italia, è molto importante: ha l'obiettivo di modernizzare la disciplina della cooperazione internazionale nel mutato scenario e davanti alle sfide globali che il nostro Paese è chiamato ad affrontare. L'abbiamo detto, la disciplina attuale della cooperazione risale al 1987, da quindici anni le Aule parlamentari stanno esaminando diverse proposte di riforma, e i vari progetti hanno delineato un'architettura istituzionale che ha rafforzato l'autonomia e l'indipendenza strategica e operativa della cooperazione allo sviluppo come politica che definisce l'identità dell'Italia nel mondo.
  L'esigenza di una riforma della disciplina non è soltanto dovuta alla «vecchiezza» della legge n. 49 del 1987, ma dai risultati della cooperazione italiana, così come li presenta il Comitato di aiuto allo sviluppo dell'OCSE, ci dice che la cooperazione italiana ha una scarsa valutazione, trasparenza, risorse poco programmabili, limitato coordinamento interministeriale, procedure lunghe e troppo lente per rispondere efficacemente alle emergenze. Il risultato complessivo di questi limiti è stato un ripiegamento autoreferenziale della cooperazione, che non ha saputo intercettare i mutamenti più rilevanti. L'elemento più importante di questo ripiegamento è stato il disinvestimento quantitativo che la politica di cooperazione internazionale italiana ha subito già dalla metà degli anni Novanta, già all'inizio della discussione in Parlamento delle leggi di riforma. Il disinvestimento aveva portato la cooperazione sulla soglia della dismissione, con arretrati per centinaia di milioni di euro verso le organizzazioni internazionali e solo a partire dall'operato del Governo Monti e del Ministro Riccardi per la cooperazione e l'integrazione, si è avuta una inversione di tendenza nelle risorse per la cooperazione. Nel frattempo, era cambiato l'impianto, nei venticinque anni trascorsi il sistema Italia pubblico e privato è diventato più complesso, sono aumentati i legami e partenariati di cooperazione internazionale, nuovi soggetti si sono affacciati, gli enti locali, le ONG, tutto il complesso della cooperazione si è moltiplicato e democratizzato, ed è questo forse che la nuova proposta di legge mette in rilievo, nel senso che gli interventi di cooperazione non sono più monopolio della politica estera, ma anzi la cooperazione dell'Italia è presente in molte aree dove non opera quella statale. Con la vecchia normativa, questa processo di democratizzazione ha però generato difficoltà di coordinamento, contraddizione, e quindi la risposta è stato un nuovo centralismo. Non poteva essere questa la risposta. Si tratta, con questo provvedimento, di disegnare un assetto che permetta un coordinamento e una concertazione condivisa, con una cabina di regia forte, sovraordinata che si muova secondo le ragioni della cooperazione internazionale e che raccolga e convochi tutti gli attori pubblici e privati che operano nell'ambito del sistema Italia. Per questo motivo, avevamo proposto una proposta di legge che teneva conto di un'esperienza maturata e che si centrava sull'assunto che la cooperazione internazionale dell'Italia fosse politica autonoma e centrale. Noi quindi sottolineiamo la positività del risultato raggiunto con questo testo normativo nel cui impianto trovano una precisa collocazione, come chiedevamo, tutti gli attori del mondo della cooperazione. Certo, tra i diversi modelli organizzativi, rispetto alla nostra proposta, è stato ritenuto preferibile il modello di un'Agenzia collegata al Ministero degli esteri, in stretto collegamento tra la politica estera e la dimensione dell'aiuto pubblico allo sviluppo. Si tratta in ogni caso di un risultato importante, anche se vorrei sottolineare che, in fase emendativa, avremmo voluto dare maggiore autonomia, soprattutto finanziaria, a questa Agenzia. Avevamo presentato un emendamento importante in questo senso, che non ha dato i frutti sperati, ma pensiamo sia di stimolo all'attività di cooperazione. Altro punto Pag. 73rilevante della nostra proposta era la presenza di un'unità indipendente per la valutazione, con il compito di valutare i risultati, perché la valutazione ha l'obiettivo di assicurare la massima efficacia dell'investimento pubblico e la coerenza delle politiche. Non dobbiamo lasciare questo punto scoperto. Punto molto importante del dibattito in Commissione è stato anche l'accoglimento del nostro emendamento volto a prevedere che le attività di cooperazione e di aiuto umanitario siano da considerarsi, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale: è importante perché permette davvero che la cooperazione possa diventare attività diffusa nella società civile. Questa previsione potrebbe contribuire allo sviluppo di un modello open della cooperazione, da noi molto auspicato, passando da pura policy istituzionale, ingessata nelle forme, a dinamico canale di collaborazione tra i sistemi Paese tramite le ONG, gli enti locali, le imprese, le università, le associazioni di migranti, protagonisti della cooperazione, per sfruttare preziose risorse umane nei Paesi esteri e sburocratizzare il modello attuale.
  Sarà infine molto opportuno seguire la fase «su strada» delle disposizioni introdotte dalla riforma, perché la nuova Agenzia possa operare con tutta l'autorevolezza necessaria. Sono infatti previsti molti decreti attuativi, sui quali vigileremo, memori dell'iniziativa e dell'esperienza precedente della legge che fu in parte svuotata da decreti attuativi mai fatti o male applicati e noi visioneremo il contenuto e proporremo un miglioramento attraverso tutti gli strumenti a disposizione.
  Noi quindi condividiamo profondamente l'esigenza di un nuovo testo open, aperto, di coinvolgimento della società civile, che rafforzi la centralità e l'autonomia in un'unica cabina di regia e, quindi, non possiamo che guardare positivamente a questo provvedimento perché, unitamente a quelli sulla cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, rappresenterebbe, o meglio rappresenterà davvero un segnale importante su temi di forte impatto sociale, tanto che potremmo, in un certo senso, connotare la nostra legislatura già soltanto con l'approvazione di questi due importanti provvedimenti sulla cooperazione internazionale e sulla cittadinanza agli immigrati.
  Apprezziamo quindi questo testo di riforma, che promuove la sensibilizzazione sui temi della cooperazione, che sentiamo e crediamo opererà nella direzione di un autentico cambiamento culturale e strutturale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Presidente, come è stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto negli interventi, finalmente arriva una riforma, la riforma di una legge sulla cooperazione che è del 1987, che quindi è attesa, è attesa dalle associazioni e da tutto il mondo della cooperazione.
  Il MoVimento 5 Stelle ha lavorato per questo e ha seguito il suo iter, che è l'iter della partecipazione. Questo marzo abbiamo depositato una proposta di riforma della disciplina legislativa sulla cooperazione internazionale e lo sviluppo e abbiamo depositato questa proposta di legge partendo proprio dalle richieste delle associazioni.
  Già dall'anno scorso, noi ci siamo trovati a parlare con varie associazioni: il Cespi, l'AOI, l'Oxfam, CINI, ActionAid, Intersos, Amka Onlus per cercare di capire che tipo di riforma della cooperazione volevano le associazioni, quindi i diretti interessati.
  Abbiamo parlato con le associazioni e poi abbiamo messo la nostra proposta di legge su Lex, un sistema operativo e, per un certo periodo di tempo, i cittadini hanno potuto emendare questa proposta di legge; abbiamo ricevuto molti stimoli che abbiamo poi inserito nella proposta di legge che abbiamo deciso di depositare.
  Ci sono varie differenze tra quello che abbiamo estrapolato e invece il disegno di legge governativo e qui ne posso indicare Pag. 74alcune. La prima è in che modo è stato scelto di gestire il Dipartimento generale di cooperazione e sviluppo, il cosiddetto DGCS. Nel nuovo disegno di legge abbiamo la creazione di una agenzia, un'agenzia che anche per noi era assolutamente importante e doveva essere fatta, ma non volevamo e non vogliamo assolutamente che questa agenzia sia affiancata da questo DGCS, dal Dipartimento generale di cooperazione e sviluppo che in questi anni non ha avuto una funzione utile all'interno della cooperazione e non c’è stato neanche quel criterio di trasparenza che invece ci si aspetta da un Dipartimento del genere.
  Ricordo che il DGCS è stato messo al sessantesimo posto su 67 posizioni a livello, appunto, di trasparenza, secondo l’Aid Transparency Index 2013. Quindi, uno dei nostri punti era proprio la soppressione di questo Dipartimento e, invece, la creazione, più che giusta, dell'agenzia.
  Il nostro era anche un approccio diverso. Volevamo che venisse evitato l'approccio assistenzialistico e, quindi, volevamo cambiare proprio il termine: quindi, non più «aiuto pubblico allo sviluppo» ma «cooperazione pubblica allo sviluppo», perché ormai non parliamo più di Paesi che hanno bisogno o aiuti ai Paesi, ma parliamo di Paesi partner. Quindi, il concetto era proprio quello di fermare questa idea assistenzialistica della cooperazione.
  In fase di discussione abbiamo ottenuto molti emendamenti. Devo dire che la discussione in Commissione è stata una discussione proficua. Abbiamo, appunto, ottenuto molti risultati e, però, abbiamo poi trovato delle situazioni che, diciamo, non ci sono piaciute, soprattutto situazioni che hanno comportato ieri sera, appunto in Commissione bilancio, il cambiamento di alcuni punti cardine di questa proposta di legge. Quindi, la programmazione sulla cooperazione è una programmazione che volevamo fosse triennale anche a livello proprio di finanziamenti, ma questa misura è stata soppressa ed era proprio una delle misure che volevano soprattutto le associazioni, proprio per far sì che ci fosse una programmazione e non si andasse avanti di anno in anno senza sapere esattamente che fine avrebbero fatto i progetti.
  Abbiamo avuto anche l'abolizione, appunto, del fatto che ci fossero più enti che potevano dare finanziamenti. Quindi, al momento, avremmo soltanto la Cassa depositi e prestiti, quando invece veniva chiesto che, attraverso un bando, ci fossero più istituti e non soltanto la Cassa depositi e prestiti. Proprio al Comitato dei nove, più o meno un'ora e mezza fa, abbiamo avuto alcuni emendamenti del relatore, che ci sono stati presentati cinque minuti prima della votazione, e tra questi anche un emendamento in cui si parla di valutatori indipendenti esterni di cui la DGCS potrebbe avvalersi mentre presta la propria opera di collaborazione al MAE. Ora, questi operatori esterni, proprio nel Comitato dei nove e su mia richiesta, da chi venivano scelti ? Questa è stata una domanda che come MoVimento 5 Stelle ci siamo sentiti di fare. La risposta è stata che verranno scelti da un comitato, di cui il direttore generale della DGCS fa parte. Quindi, ci ritroviamo il Dipartimento generale per la cooperazione allo sviluppo che vuole avvalersi di consulenti esterni, ma non si capisce esattamente per quale motivo e che funzione avranno questi valutatori indipendenti esterni.
  Ora noi ripetiamo che siamo assolutamente a favore di una riforma della cooperazione. Molto spesso, sia in Commissione sia in Aula, ci è stato ricordato che le associazioni l'aspettano da moltissimi anni. Siamo d'accordo con il fare questa riforma. Siamo stati assolutamente disponibili in Commissione, così come anche attraverso gli emendamenti abbiamo visto anche un'apertura del relatore, appunto, nei confronti dei nostri emendamenti; però, non possiamo accettare che, dieci minuti prima della discussione in Aula, ci sia un plico di emendamenti presentati che vengono votati tutti insieme e in cui ci sono, appunto, delle cose abbastanza particolari, tra cui anche l'avvalersi di valutatori indipendenti esterni. Questo è assolutamente poco rispettoso, dal mio punto di vista, nei confronti del Parlamento, Pag. 75soprattutto quando viene data fretta nel fare una riforma che aspetta, più o meno, da 18 anni.
  Quindi siamo assolutamente favorevoli alla riforma, a quella sulla cooperazione, però non ci è piaciuto particolarmente l'iter della stessa in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rabino. Ne ha facoltà.

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo al cospetto di un provvedimento di estrema importanza trattato con la dovuta rilevanza sia dai colleghi del Senato, che per primi hanno esaminato il testo, sia da noi qui alla Camera. Stiamo trattando il tema delicato ed impegnativo della cooperazione allo sviluppo che, scuotendo inevitabilmente le coscienze e la sensibilità di molti, nasce proprio dall'esigenza di garantire il rispetto della dignità umana e di assicurare la crescita economica di tutti i popoli. La cooperazione italiana sviluppatasi a partire dagli anni Cinquanta nasce proprio con questo scopo e ha operato sin dall'inizio con una serie di interventi di assistenza messi in atto in Paesi legati all'Italia da precedenti vincoli coloniali. Successivamente l'Italia ha avviato una attività di cooperazione più sistematica intesa a contribuire agli sforzi internazionali volti ad alleviare la povertà nel mondo e ad aiutare i Paesi in via di sviluppo a rafforzare le rispettive istituzioni. Il ruolo sempre più centrale svolto dalla cooperazione è emerso solo di recente nel momento in cui il tentativo di porre una soluzione alle nuove emergenze ha generato la necessità di precise scelte di politica estera in grado di svilupparsi in armonia con gli interventi dell'Italia per il mantenimento della pace e la gestione dei flussi migratori. Il riordino dell'intera materia attinente alle attività della cooperazione italiana è avvenuto, come è noto, con la legge n. 49 del 1987, con la quale si è provveduto anche alla creazione dell'attuale direzione generale per la cooperazione allo sviluppo nell'ambito del Ministero degli affari esteri. Da diverse legislature si tenta di andare oltre, modificando e perfezionando la citata legge, partendo dalla necessità di modifiche necessarie e legate ai cambiamenti internazionali in atto. La legge n. 49 è una ottima legge e nel corso del tempo ha anche dato buona prova di sé, ma da molto tempo chiede un forte aggiornamento ed un incisivo rinnovamento. Rispetto al periodo storico in cui la legge è stata concepita il mondo è radicalmente cambiato. Basti pensare al crollo dell'Unione sovietica, alla fine della guerra fredda, all'emergere di nuove potenze economiche mondiali, come la Cina e l'India, al ruolo dell'Unione europea e all'integrazione monetaria ed economica, alle grandi pandemie che hanno devastato il sud del mondo e all'enorme crescita dell'area della povertà mondiale, al terrorismo e alle tante guerre che hanno insanguinato il mondo. Dunque, è assolutamente necessario approvare una nuova disciplina della cooperazione internazionale, proprio per far fronte con efficacia alle radicali trasformazioni mondiali e corrispondere agli impegni presi a livello internazionale per contrastare la povertà. Occorre inoltre evidenziare che, insieme al contesto internazionale, sono mutati radicalmente anche gli strumenti della cooperazione. Negli anni in cui fu concepita la legge n. 49 fare cooperazione significava concentrare le attività principalmente attorno a piccole iniziative e a piccoli progetti realizzati, prevalentemente con risorse a dono concesse a organizzazioni di volontariato, le quali proprio sui contributi pubblici fondavano la loro azione. Oggi le organizzazioni non governative professionalizzate e transnazionali in partnership con altri soggetti sono capaci di raccogliere presso i privati la maggior parte dei finanziamenti, ricorrendo anche ai fondi delle banche regionali di sviluppo e delle organizzazioni internazionali e promuovendo progetti complessi con finalità di tutela ambientale, institution building o empowerment economico. Negli anni si sono evolute le forme di collaborazione tra soggetti pubblici, Pag. 76così come si sono progressivamente affinati gli strumenti finanziari a sostegno dei progetti di sviluppo. Queste sono solo una parte delle motivazioni alla base dei molteplici tentativi fatti nelle passate legislature per affinare una riforma organica della cooperazione.
  Il 2014 rappresenta, in tal senso, un'opportunità per il nostro Paese, dal momento che quest'anno, e più in generale il prossimo triennio, saranno per ragioni interne e internazionali, anni importanti per ridisegnare il profilo e gli obiettivi della cooperazione italiana allo sviluppo.
  La legge di stabilità ha confermato e consolidato le risorse a disposizione, in coerenza con un sentiero graduale e realistico di rientro negli standard europei e dopo lunghi anni di contrazione del budget.
  Abbiamo una grande opportunità e la possibilità di cercare di realizzare concretamente gli obiettivi che ci siamo prefissati attraverso le linee guida e gli indirizzi di programmazione per il triennio 2014-2016, già a partire da questa seconda metà dell'anno, attraverso la responsabilità della Presidenza dell'Unione europea.
  Sul piano internazionale, il 2014 sarà l'ultimo anno preparatorio per i grandi appuntamenti che condurranno nel 2015 all'adozione, in sede Nazioni Unite, della nuova Agenda per lo sviluppo, il primo tentativo di riscrittura di un nuovo modello di sviluppo sul quale far convergere tutti gli attori della comunità internazionale, statuali e non, pubblici e privati. Abbiamo, però, il dovere di riaffermare sempre di più le ragioni dell'impegno italiano nella cooperazione allo sviluppo e di non considerare mai scontata la battaglia politica per la realizzazione degli obiettivi prefissati.
  Il nostro impegno, e la nostra costante preoccupazione, scaturiscono dalle eredità complesse della crisi economica europea di questi anni, da cui non si può prescindere e che genera il più delle volte la tendenza al ripiegamento di fronte alle crisi e alle emergenze internazionali e, più in generale, la reazione a concentrarsi prima sui molti fronti aperti nella società italiana, piuttosto che a guardare ai grandi traguardi di riequilibrio economico, sociale e ambientale di natura internazionale.
  La crisi economica e finanziaria ha notevolmente diminuito lo stanziamento destinato all'aiuto pubblico allo sviluppo. L'Italia nel 2012 ha speso appena lo 0,19 per cento del suo PIL, pari a 3.051,49 milioni di euro. In gran parte si tratta – come è noto – di crediti di aiuto, cancellazione del debito e contributi multilaterali.
  L'Italia è – ahimè – il fanalino di coda tra i Paesi donatori europei che sono mediamente sullo 0,50 per cento del PIL, mentre i Paesi del nord Europa hanno già superato l'obiettivo dello 0,70 per cento del PIL previsto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite in sede di definizione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio.
  La speranza che riponiamo nella nuova legge è che, partendo da essa, l'Italia riesca ad aumentare in modo significativo le risorse da destinare alla cooperazione internazionale allo sviluppo che nel 1992 erano allo 0,34 per cento e nel 2005 erano allo 0,29 per cento del PIL.
  Nel testo, che stiamo discutendo, approvato dai senatori, con la sola astensione dei senatori di SEL vi è il riconoscimento della cooperazione internazionale come parte qualificante della politica estera italiana. Si prevede la figura di un Viceministro con delega specifica alla cooperazione internazionale per dare la giusta considerazione a questa attività politica. Si istituisce un'Agenzia nazionale per la cooperazione internazionale.
  La creazione di un'Agenzia per la cooperazione probabilmente è l'elemento più innovativo, dal momento che si attribuisce ad essa l'obiettivo di essere il braccio operativo delle scelte politiche della cooperazione prese dal Ministero degli affari esteri, coadiuvato dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. La presenza dell'Agenzia, nella riforma, dunque, punta a valorizzare la massima professionalità all'interno della fase di gestione e implementazione dei progetti. Al Ministero degli affari esteri viene riservato il ruolo Pag. 77fondamentale di analisi e programmazione delle politiche e dei profili diplomatici mentre all'Agenzia sarà affidato il compito altrettanto fondamentale di completare l'istruttoria sul campo, suggerire le azioni da intraprendere, predisporre i bandi, valutare l'efficacia degli interventi, monitorare la realizzazione degli stessi, gestire la rendicontazione delle spese.
  L'Agenzia si collocherà sotto il potere di vigilanza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione, con una larga capacità di azione grazie a una personalità giuridica autonoma, ad un proprio bilancio e ad una propria organizzazione, ad un regolamento contabile più snello, pur con un sistema di controlli costanti e trasparenti ed alla piena capacità di operare con maggiore flessibilità di azione.
  Inoltre, nel testo, al Parlamento è affidato il compito di controllo e di indirizzo attraverso il parere sul Documento triennale e sulla Relazione annuale sulle attività di cooperazione.
  Alla società civile, alle ONG, alle regioni e alle autonomie locali si riconosce un ruolo di partecipazione alla definizione delle scelte di cooperazione. Anche questo rappresenta un aspetto innovativo positivo, che risponde all'esigenza di un mutato panorama socio-economico, dentro il quale si muovono gli attori della cooperazione: la legge riconosce come attori della cooperazione non più solo le ONG e le organizzazioni internazionali, ma anche le associazioni, il settore profit e le imprese sociali.
  Il provvedimento avrebbe potuto essere migliore, nella sua formulazione finale, ma rappresenta un buon punto di partenza, un'opportunità – ripeto – che non possiamo perdere, per iniziare a fare di più e meglio.
  Per questi motivi, il gruppo di Scelta Civica per l'Italia auspica una rapida approvazione di una legge che è già da tempo in discussione e che, rispetto alla legge originaria che si cerca di modificare, contiene degli aspetti migliorativi e al passo con i cambiamenti geopolitici in atto.
  Il gruppo di Scelta Civica appoggerà con convinzione ogni iniziativa volta alla concreta realizzazione delle norme contenute nel presente provvedimento, già a partire dalla prossima legge di stabilità e nella consapevolezza che siamo al cospetto di un tema di grande rilevanza e verso il quale, trattandosi appunto di cooperazione, è necessario avere la più ampia e trasversale convergenza tra le diverse forze politiche (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signora Presidente, vorrei dare atto al Viceministro Lapo Pistelli di un impegno straordinario ed eccezionale, che ci fa essere molto vicini all'approvazione di una legge che, come tutti hanno detto, da molti anni aspettiamo.
  Con la nostra astensione al Senato, essendo una forza di opposizione, noi abbiamo aperto un credito, abbiamo aperto una finestra ad un impegno ancora più significativo e importante per qualificare le politiche di cooperazione internazionale del nostro Paese.
  Forse oggi con noi ci poteva essere – e sarebbe stato giusto – anche il Ministro Andrea Riccardi, a cui si deve una grande attenzione, non solo perché per la prima volta un Governo italiano ha avuto un Ministro per la cooperazione internazionale e lo sviluppo, ma perché a lui si deve la straordinaria iniziativa di avere convocato a Milano gli stati generali della cooperazione, il 1o e il 2 ottobre del 2012. Vi fu una straordinaria partecipazione di migliaia e migliaia di giovani, che fecero raddoppiare anche la sala che era prevista, che non bastava a contenere le persone arrivate, persone le quali, attraverso un lavoro intenso di alcuni giorni, una specie di social forum dello Stato italiano, misero a fuoco i problemi della cooperazione internazionale.
  In quell'occasione Andrea Riccardi disse una cosa che, secondo me, è molto giusta: la cooperazione internazionale è l'indice di estroversione di un Paese. È vero, è l'indice della sua capacità di aprirsi Pag. 78al mondo, di dialogare, di avere una politica della pace, dei diritti umani e, appunto, della cooperazione internazionale. L'autorevolezza di un grande Paese, come l'Italia vuole essere, si misura, dunque, anche dalla sua capacità di dialogare e di aiutare i Paesi poveri. La cooperazione internazionale aiuta a capire la politica generale di un Paese, la sua politica estera, la sua volontà di internazionalizzarsi, la scelta strategica dell'ambiente che ha un valore mondiale, la sua concezione dei diritti umani e della giustizia nel mondo.
  Praticamente traduce quel vecchio slogan su cui i movimenti terzomondisti si sono misurati per decenni e cioè: «Un altro mondo è possibile».
  Per questo la cooperazione internazionale non può essere considerata la Cenerentola della politica.
  L'Italia ha avuto per molto tempo una legge che ha disciplinato tutta la materia della cooperazione internazionale, che risale al 1987 e che allora fu approvata a larga maggioranza e che ebbe un'importanza, negli anni successivi, anche per cambiare in meglio il modo di interpretare le politiche di cooperazione da parte dell'Italia.
  È passato più di un quarto di secolo da quella legge. Il Parlamento e tanti Governi che si sono succeduti non hanno trovato la forza, la volontà, le idee di cambiare per tempo quella legge.
  L'Italia è presente nella cooperazione internazionale – vorrei che questo non si dimenticasse – da molto tempo, attraverso tante organizzazioni di volontariato laico e religioso.
  I valori solidaristici del nostro Paese, che affondano in una radice cristiana della nostra cultura, sono stati interpretati per molto tempo da tanti missionari cristiani, che hanno dato alla loro azione religiosa una forte impronta umanitaria, realizzando tante opere, che hanno migliorato le condizioni delle popolazioni in cui operavano.
  L'aiuto pubblico allo sviluppo è ovviamente un fenomeno politicamente molto più recente. Nel 1971, la legge n. 1222 assegnò al Ministero degli affari esteri la responsabilità della cooperazione tecnica con i Paesi in via di sviluppo: si dava, allora, un'interpretazione tecnica della politica di aiuto ai Paesi in via di sviluppo.
  Poi la legge n. 38 del 1979 aprì una nuova fase politica, più consapevole dei grandi problemi della fame del mondo e si deve al Partito Radicale, in particolare, una grande consapevolezza della centralità della lotta alla fame nel mondo. Ci furono campagne incalzanti, che costrinsero i Governi di allora ed il Parlamento ad una nuova politica di cooperazione internazionale. Venne creato allora il dipartimento per la cooperazione del Ministero degli affari esteri.
  Si uscì così dal recinto della cooperazione tecnica e si entrò in una nuova visione più organica degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Finalmente il volontariato viene riconosciuto e sostenuto. Le risorse finanziarie aumentano, anche se in un modo del tutto insufficiente, specialmente se rapportate a quelle degli altri Paesi più sviluppati del mondo.
  La campagna contro la morte per fame nel mondo produce risultati straordinari, come la legge n. 73 del 1985, e mai potremo smettere di ringraziare Marco Pannella per il ruolo che svolse, nel favorire, nell'opinione pubblica italiana, la maturazione di una consapevolezza e di una sensibilità più grande nei confronti dei poveri, che morivano a milioni nel mondo e che continuano ancora oggi a morire a milioni nel mondo.
  Viene decisa allora la costituzione del Fondo aiuti italiani e l'attribuzione di una delega specifica, per la prima volta, ad un sottosegretario agli affari esteri.
  Nel 1987, il Parlamento approvò la legge n. 49, tuttora in vigore, che raccolse questa grande spinta umanitaria che c'era nel Paese.
  Va dato oggi atto al Governo ed ai colleghi del Senato che in poco tempo hanno approvato questa legge, pur nei limiti, ovviamente, che conseguono sempre alla ristrettezza dei tempi per discutere leggi di questa portata.Pag. 79
  Però è anche vero che noi discutiamo di questa legge non da mesi, ma da anni e, quindi, è giusto che acceleriamo il nostro impegno anche da un punto di vista temporale.
  Mi sembrano tre i pilastri fondamentali di questa legge: l'istituzione finalmente di un'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, con una personalità giuridica di diritto pubblico, che dovrebbe dare autonomia, flessibilità e professionalizzazione all'azione del Governo, dello Stato e del Parlamento in materia di cooperazione internazionale; la realizzazione di un comitato interministeriale per coordinare i vari pezzi che si occupano di cooperazione. Infatti, diciamo le cose come stanno, la cooperazione internazionale allo sviluppo in questo Paese, in gran parte, per due terzi delle risorse, la fa il Ministero dell'economia e delle finanze. Poi c’è un pezzetto che viene fatto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e la parte residua dal Ministero degli affari esteri. Coordinare questo impegno significa, secondo me, dare una risposta giusta, anche se non siamo ancora in presenza – e questa è un'ombra della presente legge – di un fondo unico amministrato, gestito, programmato, governato da un'unica autorità pubblica.
  E, poi, la terza cosa importante: il ruolo del Parlamento. Va dato atto che con questa legge c’è una funzione di indirizzo e anche di controllo da parte del Parlamento che sicuramente incoraggerà, secondo me, anche la maturazione di una cultura politica più forte da parte delle forze politiche che – diciamo le cose come stanno – non considerano la cooperazione internazionale allo sviluppo come la parte qualificante e rilevante della politica estera di un Paese come, invece, questa legge meritoriamente dice nel suo articolo fondamentale, cioè il primo.
  Naturalmente, la costituzione di un'agenzia avrebbe potuto anche significare lo scioglimento della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo presso il Ministero degli affari esteri. Invece, resta questo dualismo che potrebbe essere anche foriero di contraddizioni e di immobilismi futuri, tant’è che anche nel Comitato interministeriale si assegna al direttore generale della cooperazione allo sviluppo presso il Ministero degli affari esteri e al direttore generale dell'Agenzia per la cooperazione internazionale una funzione quasi paritaria e, insieme al Ministro degli affari esteri e al Viceministro che si occupa di cooperazione, la destinazione di tutti i fondi che hanno un importo superiore ai due milioni di euro.
  Penso che ci sarebbe voluto più coraggio in questa direzione, nel senso di affidare all'Agenzia una funzione pienamente sostitutiva dei compiti della Direzione generale del Ministero degli affari esteri che finora si è occupata appunto di cooperazione allo sviluppo. Così come ritengo che bisognerebbe dare un'attenzione maggiore alla valutazione delle attività di cooperazione internazionale. C’è stato un emendamento molto importante, frutto del dibattito parlamentare perché a volte il confronto, il dialogo serve a migliorare una legge. Una unità, quindi, di valutazione esterna all'Agenzia, legata al Parlamento e al Comitato interministeriale, proprio per dare più efficacia alla cooperazione internazionale.
  E, poi, avviandomi alla conclusione, c’è il grande tema delle risorse. Viceministro, io mi sono occupato da quando praticamente ero un ragazzino di cooperazione internazionale, insieme a un frate che è stato un maestro di vita per me. Da allora ho iniziato un percorso che poi mi ha portato ad avere la delega della regione Abruzzo per la cooperazione internazionale e la presidenza dell'istituzione della cooperazione internazionale del comune di Pescara. Ho realizzato centinaia e centinaia di progetti insieme ad associazioni ONG. Ho fatto decine e decine di missioni e mentre ora parlo ho in mente, ho davanti a me gli occhi delle persone che ho incontrato alle sorgenti del Nilo Azzurro, nei Paesi più disperati, più poveri del mondo.
  E so quanto sia importante, Viceministro, che il nostro Paese sia in grado di Pag. 80rispondere ad una chiamata di natura morale. Se noi volessimo quantizzare la morosità morale del nostro Paese con riguardo al mancato rispetto degli impegni previsti dagli obiettivi di sviluppo del millennio e dagli arretrati che noi non abbiamo pagato al Fondo globale per la lotta alle grandi pandemie e agli aiuti alimentari arriveremmo secondo una stima di ActionAid a 22 miliardi di dollari che è la nostra morosità morale. Io mi rendo conto che non è semplice fare ragionamenti di questo tipo in un momento di gravissima crisi economica e finanziaria del nostro Paese. Però va sicuramente a suo merito avere invertito Governo Monti, Governo Letta, Governo Renzi, aver parzialmente invertito in maniera millesimale le risorse destinate alla cooperazione internazionale. Eravamo scivolati allo 0,14 per cento del PIL. Adesso siamo allo 0,16 del PIL. L'obiettivo nel 2017 è collocarci tra lo 0,28 e lo 0,31 del PIL. Spendiamo – concludo – adesso 3 miliardi e 25 milioni di euro. La Francia ne spende 7,8 miliardi di euro in cifra assoluta. In termini percentuali siamo la Cenerentola dell'Europa. Per questo conto sulla sua sensibilità. Vede nel Paese c’è una domanda enorme. Io fino a prima di essere eletto deputato insegnavo all'università ad un master per laureati in cooperazione internazionale allo sviluppo. C'erano tanti giovani laureati in scienze manageriali, in economia e commercio che venivano a frequentare questo master perché volevano andare lì, volevano andare in quei Paesi a fare la «professione» del cooperante. Noi abbiamo il dovere di dare una risposta a migliaia e migliaia di persone che si sono messe in cammino in nome di ideali di giustizia a cui noi dovremmo essere particolarmente sensibili (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, certamente quello che questo disegno di legge si propone è un obiettivo ambizioso. È un obiettivo che finalmente ci avviciniamo a raggiungere dopo molti anni di attesa, come hanno sottolineato già altri colleghi prima di me. Obiettivo ambizioso il cui raggiungimento è reso possibile oggi da un lavoro intenso, anche metodologicamente corretto, pur se sviluppato in termini assai complessi, come qualcuno ha sottolineato prima di me. Tuttavia devo dire che lo sforzo di mediazione della relatrice, che ringrazio insieme al Viceministro Pistelli, oltre che lo sforzo di tutti i gruppi, hanno consentito comunque di arrivare ad una lettura alla Camera che introduce significativi miglioramenti rispetto alla versione, peraltro approvata con amplissima maggioranza, pervenutaci dal Senato. Credo che questo disegno di legge abbia molti elementi di positività e qualche elemento di criticità che cercherò brevemente di illustrare. È chiaro che finalmente si approccia il tema della cooperazione internazionale come elemento di sviluppo e non come puro elemento di assistenza. Quindi, in qualche modo, la cooperazione comincia ad essere vista, come deve essere vista in un contesto moderno globale come quello di oggi cioè un investimento, perché l'aiuto allo sviluppo serve ad una serie di fattori: non soltanto al benessere delle popolazioni, che resta certamente il primo e più importante obiettivo, ma anche a stabilire elementi di maggiore e migliore equilibrio a livello internazionale.
  Attraverso lo sviluppo del tessuto sociale e la lotta alla povertà, certamente, si pongono elementi importanti anche per la lotta al terrorismo, per la lotta all'immigrazione clandestina: quindi, è certamente un investimento quello sulla cooperazione internazionale; un investimento che, purtroppo, il nostro Paese ha sempre sottovalutato: già prima di me sono stati fatti cifre, numeri e percentuali che dimostrano come l'Italia sia, ahimè, considerata e considerabile, purtroppo, tra le Cenerentole della cooperazione internazionale. Noi speriamo che questo provvedimento aiuti a porre le condizioni anche per recuperare questo gap che abbiamo. I parametri che l'Unione europea raccomanda sono lo 0,7 del PIL, noi siamo fermi allo 0,16 nel 2013: è ovvio che parliamo di distanze siderali.Pag. 81
  Io credo che l'approccio di questo provvedimento, l'approccio moderno di questo provvedimento, possa aiutare, per esempio, attraverso la valorizzazione dei soggetti pubblici, ma anche dei soggetti privati, che, per la prima volta, vengono estesi anche al settore profit. Questo mi sembra un elemento di grande importanza e sottolineo positivamente questo fatto – anche come affermazione concreta di quel principio di sussidiarietà che, troppo spesso, viene enunciato – magari, adesso, neanche più tanto enunciato –, ma rarissimamente realizzato.
  Quindi, la valorizzazione del settore privato, non soltanto quello no profit, anche quello profit, ritengo sia un elemento di grande importanza anche per aiutare a reperire risorse nel senso della cooperazione internazionale, perché non possiamo dimenticare che anche molte grandi aziende, in nome della propria responsabilità sociale di impresa, hanno investito e continuano ad investire soldi e risorse nei Paesi nei quali sono presenti con le proprie attività produttive.
  Una sottolineatura che vorrei fare, e che era stata espressa nel parere della XIV Commissione, riguarda la necessità assoluta di un forte coordinamento tra gli sforzi e i programmi che il nostro Paese metterà in atto con il quadro dell'Unione europea, proprio per essere certi di avere il massimo di efficacia in questo approccio.
  Ritengo positiva anche l'individuazione precisa della platea degli attori, soggetti della cooperazione con una precisa definizione dei loro ruoli e anche con un ampliamento, forse, talora anche un po’ troppo ambizioso: mi riferisco, per esempio, al tema delle comunità degli immigrati, che bisogna capire bene in che termini possano essere considerate a pieno titolo attori della cooperazione, perché qui qualche criticità la vedo. In questo senso, anche il già sottolineato emendamento che è stato proposto per estendere alle camere di commercio questa individuazione come soggetti della cooperazione, auspico che verrà approvato, perché mi sembra che il sistema camerale, proprio in quanto rappresentativo anche degli interessi del mondo imprenditoriale, avendo anche una sua caratteristica istituzionale, possa e debba farsi carico anche di questo tema della cooperazione internazionale.
  Così come mi auguro che il riconoscimento sempre più esplicito e la valorizzazione delle organizzazioni non governative possa essere uno stimolo anche per questi soggetti a non essere eccessivamente autoreferenziali, perché certamente quando parliamo di ONG parliamo di soggetti che dedicano la propria vita a scopi nobili, ma sappiamo anche che, in tutta questa grande platea, esistono anche soggetti che sono più preoccupati talora di alimentare se stessi e la propria organizzazione che non dell'efficacia dei propri progetti.
  Mi rendo conto di dire una cosa un po’ poco politically correct però chi ha avuto a che fare con il mondo della cooperazione sa che ci sono molteplici sfaccettature. Allora, mi auguro veramente che l'architettura complessiva di questo sistema dia garanzie, nel senso di una crescita di queste organizzazioni sotto il profilo della mentalità, sotto il profilo della capacità di controllare anche l'efficacia dei progetti che mettono in atto, perché, talora, pur essendoci numerosissimi esempi virtuosi, esistono anche esempi in direzione opposta.
  Positivo è il ruolo di indirizzo che viene riconosciuto al Parlamento in questo disegno di legge rispetto alla programmazione complessiva degli interventi. Quindi, questi sono gli elementi positivi; certamente ce ne sono tanti altri, ma questi sono quelli che ritenevo di evidenziare in modo più forte. Qualche perplessità, sulla quale poi torneremo anche in sede di dichiarazione di voto, è relativa al fatto che è evidente che il ruolo della Cassa depositi e prestiti andrà tarato molto bene, perché questa Cassa depositi e prestiti che è un po’, oggi, la panacea di tutti i mali, dovrà anche diventare, come dire, capace di capire che cosa è la cooperazione internazionale. Non è detto che un soggetto, solo perché ha risorse finanziarie, Pag. 82sia automaticamente un soggetto attrezzato da subito ad affrontare un ambito delicato come questo.
  Per quanto riguarda l'Agenzia, personalmente, sono sempre un po’ diffidente di queste agenzie che, come già prima anticipava il collega Picchi, spesso vengono fatte quando le cose non funzionano; per cui, credo che l'Agenzia sia uno strumento – in questo senso ho preso atto dei toni entusiastici del collega di SEL – ma io dico che le strutture da sole non bastano, le strutture vengono fatte funzionare dagli uomini. Allora, è chiaro che servirà molta cautela, molta accuratezza. L'efficacia di questa Agenzia, che certamente come strumento può essere positivo, dipenderà da chi la implementa, da chi la interpreta, dalle persone, da come il personale non sarà semplicemente messo lì attraverso la mobilità da parte di altre amministrazioni dello Stato, ma verrà fatto crescere anche dal punto di vista della professionalità. Il successo dell'Agenzia dipenderà dal fatto che sappia interpretare un ruolo non esasperatamente centralistico, pur dovendo realizzare un'azione di coordinamento forte. Perché un conto è il coordinamento e un conto è il centralismo, diciamocelo chiaramente.
  Altro elemento di perplessità è che sembra sottovalutato il potenziale apporto al tema della cooperazione da parte di soggetti territoriali, in particolare delle regioni, ma anche dei comuni e di quelle che una volta erano le province. È chiaro che questo risponde un po’ a un'ondata neocentralista che sta prendendo questo Parlamento che vede nelle regioni la sede dei grandi sprechi del Paese, cosa che può essere vera, ma ci sono certamente anche esempi illustri di positività nel modo con il quale gli enti territoriali, le regioni in particolare, hanno, soprattutto negli ultimi dieci anni, realizzato progetti di cooperazione internazionale efficaci, certamente, magari non di grandissime dimensioni, ma comunque mettendo anche a disposizioni risorse locali per questo scopo.
  L'ultima perplessità che vorrei segnalare è che la complessità dei meccanismi di Governo di questo sistema che è stato ideato, certamente, è inevitabile da un lato, ma deve essere affrontata con una certa attenzione; il fatto di avere diversi organismi di indirizzo, di controllo, di supervisione deve, comunque, essere strumento, da un lato, di garanzia delle buone scelte e della buona programmazione, ma, dall'altro lato, anche, deve essere guidato da un criterio di efficienza e di efficacia.
  Queste sono considerazioni, quindi, sostanzialmente positive con qualche, più che criticità, preoccupazione legata all'effettiva implementazione di un sistema che sulla carta sembra molto semplice, ma nella realtà dei fatti proprio per il numero, la quantità e la tipologia di attori che coinvolge, è molto complicato.
  Ma credo che il Viceministro Pistelli ne abbia lunga esperienza, quindi sono certo che siamo, da questo punto di vista, in buone mani.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, signor Viceministro, quando una legge interviene a modificare una disciplina dopo 27 anni, dopo tre tentativi di riforma che si sono succeduti invano negli ultimi dieci anni, la domanda non è soltanto quanto venga modificata la disciplina specifica della cooperazione ma quanto sia cambiato il mondo e come debba cambiare in profondità il nostro sguardo sul tema della cooperazione; come sia cambiato il paradigma della cooperazione, che ha superato i vecchi modelli assistenzialisti per andare ad assumere su di sé la responsabilità di ridisegnare una governance democratica del mondo. A noi sembra che questo provvedimento abbia accolto il senso, il segno della sfida che tutto il tempo trascorso ci propone. Cambiano soltanto il profilo della cooperazione allo sviluppo ma anche la nostra politica estera, rilanciando il principio informatore, l'articolo 11 della nostra Costituzione, cioè la cooperazione tra i popoli. Tra i popoli, appunto, e non soltanto tra gli Stati, che è stato un po’ lo stile, lo stilema che è stato raccolto e perseguito in questi anni.Pag. 83
  Fino a ieri la cooperazione esisteva e investiva gli Stati, le organizzazioni statuali; investiva Stati ricchi e Stati poveri, fotografava un rapporto di forza che era stato ereditato dal colonialismo. Credo che oggi la cooperazione allo sviluppo stia assumendo su di sé il tema di superare l'elemento della semplice solidarietà, di non misurarsi più soltanto in termini di spesa economica, ma di affrontare finalmente il tema della cooperazione; cooperazione intesa come partenariato, cooperazione intesa come partecipazione. La cooperazione come una relazione tra più soggetti tutti paritari. Non soltanto lo Stato che ha e lo Stato che riceve ma anche soggetti che sono stati attori in questi anni e che hanno tentato sul campo, materialmente, ancor prima che questo provvedimento venisse scritto, di modificare nei fatti la percezione e l'utilità della cooperazione allo sviluppo. Quindi penso, accanto ai Governi, anche agli enti territoriali, alle ONG, alle associazioni no profit, al settore privato. Insomma, siamo di fronte ad una riforma di sistema, che è figlia anche dei movimenti civili, dei movimenti culturali, dei movimenti pacifisti che abbiamo incontrato e accompagnato in questi anni, che è figlia anche dell'impegno di tanti. Questo provvedimento è scritto in questa legislatura ma è una scrittura antica che risente del lavoro, dello sforzo, della fatica, a volte anche dell'opacità che si è consumata sul settore della cooperazione in questi anni. Per cui, è bene che sia stato licenziato durante il semestre italiano. È stato ricordato da altri colleghi che la credibilità di un Paese si misura anche, e forse soprattutto, attraverso la sua capacità di allargare il proprio sguardo, il proprio profilo, la propria attenzione ad altri Paesi e di fare della cooperazione allo sviluppo un contributo reale alla governance democratica del pianeta. Ma è bene che avvenga durante il semestre italiano anche per l'esperienza non felice di cui siamo portatori: l'OCSE ha bocciato la cooperazione italiana e l'esperienza che abbiamo fatto in questi anni, lenta, farraginosa, burocratica, non efficace, non efficiente, non lucida, non trasparente, e quindi non legata nei suoi destini soltanto alla capacità della spesa ma anche alla qualità e alla gestione di questa spesa. Bene che ci sia un'unica cabina di regia che finalmente identifichi un punto certo di responsabilità, responsabilità politica ma anche responsabilità oggettiva, rispetto ai destini che dovrà assumere la cooperazione allo sviluppo in Italia. L'Agenzia è una scommessa, ma l'Agenzia in sé può essere un elemento virtuoso. È un contenitore che va riempito. Lo diciamo in un Paese e in un tempo in cui spesso il nostro Paese si è impegnato nella costruzione in astratto di utili e straordinarie agenzie che in concreto sono state riempite male o non sono state riempite affatto. Siamo reduci della cattiva esperienza dell'Agenzia che si è occupata della gestione dei beni confiscati e si è occupata della corruzione.
  Abbiamo bisogno di fare in modo che questa Agenzia non sia un luogo amicale, un posto in cui consegnare rifugiati e reduci, ma sia una scelta che sappia valorizzare al meglio le professionalità e le professionalità più autonome e più indipendenti e che sappiano contribuire a dare finalmente alla cooperazione italiana quello slancio che non è legato soltanto ad una porzione del PIL, ma alla qualità complessiva con cui si interpreta la sfida della cooperazione italiana.
  La sfida è una legge che è ben scritta, ma che adesso va attivata e che deve raccogliere lo spirito consegnato all'esperienza di questi anni. Oggi parlare di cooperazione in Italia, e non soltanto in Italia, vuol dire assumere su di noi il paradigma della sfida di questo tempo, che è quello della diseguaglianza. La cooperazione deve assumere su di sé la sfida per una immigrazione che diventi un processo di integrazione; deve assumere su di sé la capacità di costruire un tempo di pari opportunità; deve assumere la sfida di chi vuole e sa rimuovere i molti macigni che ci sono sul terreno della costruzione di una governance democratica e condivisa.Pag. 84
  La legge è un primo passo, una prima pietra, sarà nell'uso che sapremo fare delle norme, che qui scriviamo il destino della cooperazione dell'Italia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, devo riconoscere che per cultura, essendo anche un militare, ho sempre avuto un atteggiamento un po’ pregiudiziale verso la cooperazione allo sviluppo, anche perché sul campo ho avuto modo di verificare come la CIMIC, cioè la cooperazione fatta dai militari spesso arrivava a costare un terzo dell'intervento finanziato dallo Stato per le ONG. Ma poi con l'esperienza politica, anche come presidente da Commissione difesa, che mi ha portato un po’ su tutti gli scenari di intervento della cooperazione civile, ho avuto modo di riscontrare che effettivamente, al di là dei costi spesso sproporzionati rispetto all'efficacia, dove tante volte si riesce ad arrivare dal punto di vista della fiducia, della affidabilità delle popolazioni estere coinvolte da interventi umanitari, certamente i civili a volte sono avvantaggiati per il naturale pregiudizio che il militare in quanto tale può dare in popolazioni che si trovano comunque a vivere parte di un processo a volte di conflitti.
  Tuttavia la legge del 1987 secondo me è stata una legge importante, perché ha messo al centro del Ministero, della politica estera italiana, l'idea della cooperazione allo sviluppo, che divenne allora parte integrante, così come oggi, era necessario, dopo quasi 25 anni, un intervento forte da parte del Parlamento di innovazione. Sennonché, innanzitutto, la prima delle cose che emerge è che c’è una certa frettolosità da parte delle forze di maggioranza e del Governo a portare il provvedimento in Aula, e il fatto che oggi parliamo addirittura, a dimostrazione di questo aspetto, con un'inversione dell'ordine del giorno. Un atteggiamento, secondo me, raffazzonato e superficiale anche da parte della maggioranza in Commissione nel dare la spiegazione sul perché frettolosamente alcuni emendamenti sono stati respinti. Aggiungo, un atteggiamento a volte anche reticente, se non arrogante e supponente, da parte del Governo a rispondere a degli elementari e normali requisiti che un parlamentare che è chiamato, soprattutto in tempi di ristrettezze economiche, a chiedere trasparenza e conto su come si intendono spendere ingenti risorse finanziarie. Mi riferisco alla necessaria volontà di verificare che le spese di questa Agenzia vengano fatte con la massima trasparenza. Io non vorrei che tra qualche anno dovremo essere chiamati ad una nuova spending review, così com’è stato fatto a seguito del socialismo sovietico municipale che oggi porta questo Governo, proprio questo Governo, ad intervenire in maniera pesante su tutte le società partecipate.
  Così come non vorrei trovarmi a verificare quello che abbiamo visto con l'Agenzia per la protezione civile, peraltro credo che tutti gli scandali ultimi sul Mose e sull'Expo dovrebbero insegnare prudenza. Invece, lo dico con la massima serenità, è bene che noi sappiamo che dopo la privatizzazione della Banca d'Italia, oggi ci apprestiamo ad approvare un testo di privatizzazione del Ministero degli esteri. Questo è un dato di fatto, è strano che poi alcune forze politiche che in genere si battono contro le privatizzazioni delle funzioni dello Stato oggi tutte sono in prima linea a spingere su questa privatizzazione, ripeto, rispetto alla quale noi siamo anche pronti a discutere, ma l'accelerazione sospetta, l'unanimismo di tutti oggettivamente ci pone qualche dubbio particolare.
  Devo dire che, nonostante le tante perplessità, all'inizio dell'incardinamento qui, alla Camera, eravamo orientati a votare favorevolmente; siamo passati a un voto contrario, ma adesso, nel corso del dibattito, degli interventi e degli emendamenti, come verranno respinti e con quali motivazioni, potremmo anche passare verso un'astensione.
  Tuttavia voglio ancora segnalare che ho sentito che la nostra Direzione generale Pag. 85per la cooperazione allo sviluppo sarebbe stata sinora poco trasparente; io credo che se qualcuno conosce fatti specifici accaduti deve intervenire nei confronti di quei dirigenti e funzionari responsabili, non per criminalizzare un ceto, una classe amministrativa, quella del Ministero degli esteri, che per la verità è sempre stato un esempio diamantino e forse una punta avanzata della nostra pubblica amministrazione. La nostra classe complessiva del Ministero degli esteri, da quella diplomatica a quella impiegatizia e funzionaria del Ministero, ci è sempre stata invidiata in tutto il mondo. Oggi si dice che si fa un'agenzia per migliorare la trasparenza, agenzia che non sarà soggetta, nonostante il nostro emendamento, a regole di contabilità pubblica, dovrà gestire centinaia di milioni di euro, in maniera che ancora non conosciamo perché tutto si rimanda a un futuro decreto del Ministero degli esteri e un regolamento che approverà lo statuto, quindi non sappiamo bene come verranno assunte le persone. Aggiungo, è detto che si dovrà fare largo ricorso ai dipendenti delle amministrazioni, a cominciare da quella degli esteri, ma senza specifici incentivi e con le preoccupazioni logiche e giuste da parte dei dipendenti stessi è anche facile che all'inizio ci sarà pochissima fiducia da parte dei dipendenti della pubblica amministrazione, quindi significherà che verranno immesse tante persone nuove e non sappiamo come, con quale trasparenza e con quale professionalità. Non vorremmo che, finito il finanziamento pubblico dei partiti, si utilizzerà largamente la cooperazione per sistemare coloro che, guarda caso, sono molto avanzati dal punto di vista del volontariato e della partecipazione storicamente in queste ONG e in questo settore specifico, un settore che, ripeto, è delicatissimo perché non soltanto influenza in miniera materiale le nostre missioni e la sicurezza dei nostri militari all'estero, la sicurezza dei nostri cittadini, quando si recano in viaggio o in vacanza, i nostri operatori, ma – questo mi piace dirlo, tra i punti positivi della norma – sono i principi generali che regolano la cultura della nostra appartenenza alle organizzazioni multilaterali, all'ONU innanzitutto, quindi i principi di solidarietà internazionale, di sviluppo sostenibile, di lotta contro la povertà e di lotta per la prevenzione dei conflitti, tutti principi generali che noi condividiamo ampiamente e per cui riteniamo che la cooperazione allo sviluppo sia un fatto delicatissimo da non banalizzare. I soldi in cooperazione allo sviluppo, lo voglio chiarire, non sono soldi che per noi sono sprecati, sono soldi importantissimi spesi per motivazioni morali ed etiche profondamente condivisibili ma che riguardano anche la sicurezza della nostra nazione.
  Allora, onestamente c’è una rapidità, una celerità con cui si è voluto procedere, una reticenza rispetto a legittime preoccupazioni che riguardano la trasparenza pubblica, legittime preoccupazioni rispetto ad una liquidazione della funzione storica del Ministero degli esteri, della dignità e della moralità dei suoi dipendenti, che hanno dimostrato sempre una grande capacità e una grande professionalità. I concorsi pubblici per i dipendenti e i dirigenti del Ministero degli esteri sono notoriamente tra i più difficili, tra i più complicati e anche in tempi più antichi, magari della prima Repubblica, era noto che erano tra i concorsi fatti con la maggiore serietà.
  Allora, signora Presidente, nel concludere, noi rimaniamo con un approccio laico, nel senso che siamo pronti ad essere convinti della bontà delle intenzioni del PD, del centrosinistra e, in genere, delle forze satelliti che lo sostengono, ma per quello che ci riguarda dobbiamo essere convinti che ci sono zone d'ombra di questa legge, che riguarda la trasparenza dell'utilizzo dei fondi pubblici, che riguarda la trasparenza complessiva del funzionamento di questa Agenzia. Ripeto: è un'Agenzia che, per principio, non saremmo disposti ad accettare, perché riteniamo che il Ministero degli esteri possa essere migliorato e si possa potenziare con forza la nostra Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo, ma una volta che si vuole utilizzare uno strumento più ampio, ma con capacità più snella di agire, Pag. 86lo si può anche fare, se però le regole sono chiare e in momenti di spending review vengono dettate con chiarezza, soprattutto rispetto all'utilizzo del denaro pubblico.
  Detto ciò, mi auguro che nel dibattito parlamentare e nella valutazione degli emendamenti si tenga conto di norme contrarie. L'unica cosa che mi fa piacere che è stato accolto qualche piccolo passo avanti rispetto alla partecipazione di banche multilaterali di sviluppo, perché sappiamo che il Ministero dell'economia e delle finanze la fa da padrone; una burocrazia di Ministeri che non c'entrano nulla con la cooperazione e con il Ministero degli esteri, una burocrazia bancaria, ma in qualche maniera si è troppo timidi. Anche su questo abbiamo presentato un emendamento, rispetto al quale vorremmo anche una spiegazione del perché il Governo ritiene di non accettare, anche perché nel dibattito anche sulle ratifiche internazionali era usata pure da parte del PD una sensibilità su un tema specifico, rispetto al quale siamo rimasti molto perplessi per non averla verificata nuovamente nel dibattito in Commissione.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cimbro. Ne ha facoltà.

  ELEONORA CIMBRO. Presidente, colleghi, Viceministro, siamo qui oggi in Aula per discutere in merito alla riforma della legge sulla cooperazione, provvedimento fondamentale per affrontare al meglio le sfide di una globalizzazione etica e di uno sviluppo realmente sostenibile.
  Vent'anni sono trascorsi infatti dall'ultima volta che si è discussa in questa sede una materia tanto articolata e delicata da disciplinare. Nel frattempo, la Convenzione di Parigi del 2005, prima, e il quarto Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti a Busan, poi, hanno rappresentato due tappe decisive nella presa di coscienza della priorità della cooperazione nello scenario internazionale e della necessità di ridefinire i pilastri e di regolamentarne l'attività secondo i principi dell'efficienza, dell'efficacia, della trasparenza e dell'economicità.
  I risultati più significativi raggiunti in queste due occasioni sono certamente il ripensamento concettuale del paradigma «cooperazione» e il riconoscimento, nonché l'incentivazione della cooperazione dei «Paesi sud-sud». Paesi come il Brasile e la Cina, ad esempio, hanno per la prima volta preso parte al vertice e hanno sottoscritto l'Accordo, sebbene dopo una lunga discussione e contrattazione.
  In questo contesto, l'ottica tradizionale della cooperazione intesa in senso assistenzialistico Paese donatore-Paese ricevente è stata definitivamente abbandonata, lasciando spazio all'orizzontalità di una partnership in cui – come si è detto – il Paese partner si aiuta ad attivare tutti quei processi e quelle pratiche che conducono a migliorare le condizioni di vita della popolazione nella tutela dei diritti umani, delle pari opportunità e nella prevenzione dei conflitti o nella gestione non violenta degli stessi.
  Procedendo con ordine ed entrando dunque nel merito del testo di legge, efficienza, efficacia, trasparenza ed economicità sono i parametri entro cui anche la nostra riforma è stata pensata.
  L'esecutività di queste linee generali trova la propria concretezza in alcuni punti specifici ed in particolare: nella stesura di un documento programmatico, approvato dal Consiglio dei ministri, previa espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari di riferimento e del Comitato interministeriale, a cadenza triennale, con conseguente verifica dei risultati ottenuti nella creazione, appunto, del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, con il compito di assicurare la programmazione e il coordinamento di tutte le attività e la coerenza delle politiche nazionali con i fini della cooperazione allo sviluppo; nel mantenimento della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, che supporta il Ministero nell'elaborazione di indirizzi generali per la programmazione in riferimento a Paesi e aree di interventi per la rappresentanza politica, garantendo la coerenza dell'azione dell'Italia nell'ambito delle organizzazioni internazionali e delle Pag. 87relazioni bilaterali; nella creazione di un'apposita Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, con personalità di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero degli affari esteri, che si occuperà della valutazione delle linee programmatiche da un punto di vista tecnico-operativo ovvero istruttoria; formulazione e finanziamento di progetti entro il margine di 2 milioni di euro; gestione e controllo delle iniziative della cooperazione; chiusura del database di onlus che hanno come priorità la cooperazione internazionale; infine, da ultimo, nella creazione di un Comitato congiunto, costituito dal Ministro degli affari esteri e cooperazione internazionale per lo sviluppo, dal Viceministro della cooperazione internazionale allo sviluppo, dal direttore generale per la cooperazione allo sviluppo e dal direttore dell'agenzia e, solo a livello consultivo, dal responsabile delle strutture competenti in relazione alle questioni all'ordine del giorno. Il Comitato congiunto avrà il compito di approvare tutte le iniziative di cooperazione di valore superiore ai 2 milioni di euro, di deliberare sulle singole iniziative finanziarie, a valere sui fondi rotativi per i crediti concessionali, e di definire la programmazione annuale con riferimento a Paesi e aree di intervento.
  Le finalità di questo impianto istituzionale, i cui organi hanno compiti precisi, ma mantengono un continuo confronto tra loro, un controllo reciproco e hanno diversi momenti di verifica del loro operato, sono proprio quelle di garantire al meglio l'applicazione di un modello cooperativo modellato sui pilastri della cooperazione internazionale sanciti a Busan.
  Nel dettaglio, nell'articolo 2 del testo di legge si parla di principio di piena appropriazione dei processi di sviluppo da parte dei Paesi partner, dell'allineamento degli interventi alle priorità stabilite dagli stessi Paesi partner, dell'uso dei sistemi locali, dell'armonizzazione e coordinamento dei donatori, della gestione basata sui risultati e della responsabilità reciproca.
  Ora mi soffermo su questo punto, perché credo che rappresenti una svolta culturale importante e non di poco conto. A nostro modo di vedere, infatti, la carica simbolica del passaggio dalla verticalità degli aiuti alla efficacia orizzontale dello sviluppo è tanto più pregna di senso nella misura in cui, anche inconsciamente e con le migliori intenzioni, i concetti tradizionali di sviluppo e di aiuto covano il rischio di un approccio allo sviluppo ancora colonialista, tale per cui vi sarebbe un adeguamento, più o meno esplicito, al modello di sviluppo del Paese occidentale proponente, che si promuove, pertanto, a esempio e a garante del Paese in via di sviluppo.
  Decolonizzare l'immaginario, come direbbe Latouche, passa in primis attraverso il cambiamento di linguaggio, che è inevitabilmente intriso di una storia di sfruttamento e di subordinazione all'Occidente a più livelli: politico, economico, culturale, linguistico. Se la forma è anche sostanza, la nostra riforma è un passo enorme in questo senso, poiché esprime la precisa volontà dell'Italia di impegnarsi, con tutte le risorse e le energie disponibili, affinché la cooperazione orizzontale abbia successo. Non a caso il Ministero non si chiamerà più «Ministero degli affari esteri», ma «Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale», a dire che l'attività di cooperazione è di primaria rilevanza, al pari dell'attività diplomatica e di mantenimento dei rapporti istituzionali tra i Paesi. Anzi, si potrebbe persino rovesciare la cosa e affermare che senza cooperazione, senza i ponti creati da ONG, enti governativi, cooperative sociali e tutti gli altri soggetti promotori, il rapporto con gli altri Paesi sarebbe privo di spessore di vero scambio.
  Ecco allora che la nostra proposta di legge entra nuovamente in gioco, riconoscendo e regolamentando formalmente tutti quei nuovi soggetti associativi e della società civile, a scopo di lucro e non, che apportano un contributo enorme alla cooperazione internazionale, ONG specializzate, onlus statutariamente finalizzate alla cooperazione internazionale e allo sviluppo, organizzazioni e associazioni di cittadini immigrati, i GAS di economia Pag. 88solidale, attività di microcredito, i corpi civili di pace, i volontari. Tutto questo viene ampiamente spiegato e sancito dall'articolo 25. Il punto è che, prima di questo momento, non vi era un formale riconoscimento e un coordinamento chiaro dei nuovi soggetti non governativi, associativi e della società civile operanti in questo campo. Ecco, dunque l'applicazione del principio della sussidiarietà, al quale si fa riferimento nell'articolo 25, ovvero se vi sono soggetti della società civile o comunque non governativi che sono competenti è d'obbligo affidare loro il compito di gestire le attività alle quali dedicano la vita con passione, metodo e profonda conoscenza delle tematiche. L'attivazione di un Consiglio nazionale per la cooperazione e lo sviluppo è un esempio magistrale di democrazia diretta e partecipata, dove la politica istituzionale fa tutt'uno con la dinamicità della politica dal basso e della base in un incontro che sicuramente sarà fecondo e si spera duraturo. Emblematico da questo punto di vista è uno stralcio dell'articolo 16 che recita: il Consiglio nazionale, strumento permanente di partecipazione, consultazione e proposta, si riunisce almeno annualmente su convocazione del Ministero degli affari esteri e del Viceministro della cooperazione allo sviluppo per esprimere pareri sulle materie attinenti alla cooperazione allo sviluppo ed in particolare sulla coerenza delle scelte politiche sulle strategie, sulle linee di indirizzo, sulla programmazione. Inoltre, allo scadere dei tre anni di programmazione generale, una conferenza pubblica nazionale è indetta per coinvolgere tutta la cittadinanza nella definizione delle politiche di cooperazione allo sviluppo. La creazione di reti che uniscono i soggetti governativi a tutti quei molteplici enti di diverso statuto e aver finalmente riconosciuto alla cooperazione internazionale in tutte le sue forme, dall'alto e dal basso, la centralità che le spetta è una svolta che, se presa seriamente, innescherà una spirale positiva e costruttiva e di valorizzazione reciproca tra i Paesi. Il coinvolgimento della società civile locale e la condivisione dei progetti in senso democratico saranno frutto di mediazione culturale e daranno giusta voce ai bisogni e alle problematiche dei Paesi partner e da questi processi noi stessi avremmo tanto da imparare e di cui far tesoro: la politica dei flussi migratori e l'integrazione dei migranti sul territorio italiano, tanto per fare un esempio, ma appunto l'elenco sarebbe lungo. Per concludere, dunque, la fiducia che riponiamo in questa riforma è piena, nella consapevolezza che a errore corrisponde correzione e questo è un cammino complesso, ma siamo davvero sulla buona strada. Sono certa che questa nuova legge sulla cooperazione internazionale allo sviluppo troverà ampio consenso anche qui alla Camera così come è avvenuto al Senato. Un particolare ringraziamento va alla relatrice e al Viceministro che si sono spesi nel lavoro che è stato fatto nella Commissione e a tutti i colleghi che hanno contribuito alla stesura degli emendamenti. Credo che proprio la discussione che ha avuto inizio adesso e che si concluderà domani con il voto finale possa recepire ulteriori emendamenti e perfezionare ulteriormente il testo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, oggi parliamo di cooperazione allo sviluppo. Detto tra noi, è complesso parlarne, perché – diciamoci anche un po’ la verità – non è un argomento sexy, mediaticamente parlando, però forse siamo anche noi come Paese, come l'Italia, che in questi anni non gli abbiamo dato il giusto peso, perché oggi potrei dire che penso che questa riforma che stiamo trattando in quest'Aula forse può anche essere addirittura considerata più importante delle riforme costituzionali. Voi direte che è una provocazione; è probabile, è una provocazione, ma sicuramente questa riforma è in fase avanzata. C’è stato un buon dialogo con la maggioranza e sta anche per andare in porto, perché ci stiamo effettivamente lavorando, mentre l'altra probabilmente non vedrà mai la luce. Quindi, stiamo parlando da una parte delle riforme costituzionali Pag. 89in Italia che probabilmente non si vedranno mai in questo Paese, ma riempiranno paginate e paginate di giornali, mentre invece oggi si parla alla Camera di una riforma della cooperazione allo sviluppo, che effettivamente può spostare quelle che sono le realtà e le posizioni politiche del nostro Paese nei confronti dei Paesi all'estero, della politica all'estero.
  L'Italia è molto carente nella politica estera; proprio dal 1960 in poi, quando ci siamo focalizzati sulla politica di cooperazione, l'Italia è sempre stata molto carente. Possiamo dire oggi che la politica di cooperazione è la politica che ci potrebbe permettere di parlare, invece di difesa, di pace, invece che di aggressione, di cooperazione. Immaginate oggi un intervento in Israele. Se invece di vendere le armi, ed essere uno dei primi fornitori europei di Israele, immaginate se fossimo i primi cooperanti con Israele, quale sarebbe il grande cambiamento, anche culturale, che ci potrebbe essere.
  Perché la cooperazione deve interessare i cittadini, le persone comuni ? Per diversi motivi. Uno di questi è perché la cooperazione internazionale, la cooperazione allo sviluppo, dà diverse possibilità e una di queste è quella di utilizzare un'ingente quantità di fondi, che noi speriamo essere sempre maggiori. Perché è quel tipo di intervento che in Italia, bene o male, viene a configurarsi come lo 0,21 per cento del PIL, o almeno questo è l'obiettivo che dovremmo avere. In realtà, nel nostro Paese, dal 1989 ad oggi, c’è stato un taglio lineare, da quando addirittura utilizzavamo nel 1989 lo 0,41 per cento del PIL, fino ad oggi quando, invece, la cifra attuale è lo 0,07 per cento. Questo significa che noi non diamo alcun peso politico a quella che è la cooperazione internazionale. Cooperare significa dare sviluppo e creare sviluppo. Quindi, prima riflessione da fare: dove andiamo a cooperare ? Cooperare, per molti, significa dare dei soldi a pioggia in zone che nel nostro immaginario possono essere quelle africane, quelle poco sviluppate, perché nel nostro immaginario lo sviluppo è questo: è quello di dover andare in Paesi che magari hanno cultura diversa, una religione diversa, è farli assomigliare quanto più possibile a noi, regalargli le stesse abitudini che abbiamo noi, farli vestire nello stesso modo in cui ci vestiamo noi. Invece, noi dobbiamo dare una connotazione, una spiegazione e una definizione del termine «sviluppo» completamente differente. Per questo, all'interno di questa legge, noi del MoVimento 5 Stelle vogliamo passare da un concetto di aiuto pubblico allo sviluppo a cooperazione allo sviluppo. Non è un concetto così banale, non è un termine. Aiuto allo sviluppo significa, appunto, elargire una quantità di denaro non sempre definita, una quantità di denaro che, naturalmente ,non crea quelle situazioni che noi ci auspichiamo che possa creare. Non investiamo nulla, non creiamo né un posto di lavoro, né un miglioramento nella qualità della vita degli altri Paesi. Oggi spendiamo per la guerra in Afghanistan 2,6 milioni di euro al giorno. Immaginate, invece di avere un esercito militare che va in Afghanistan costretto dagli Stati Uniti, di avere un esercito di cooperanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), di persone che oggi vanno a creare ciò che effettivamente serve, magari qualche infrastruttura, qualche scuola, magari andando a lavorare sulla cultura, soprattutto per comprendere quella che è la cultura di un Paese estero, non semplicemente recarsi lì per esportare il nostro modello di sviluppo.
  L'Italia è passata per diverse fasi della cooperazione. Dal 1960 è partita con un programma di rapporti con la Somalia, quando aveva terminato il suo periodo coloniale. Un periodo coloniale che, effettivamente, si traduce poi in una cooperazione allo sviluppo. Questa è una grande responsabilità che ci prendiamo oggi. Oggi, con questa legge, diciamo anche che al centro della politica estera italiana ci sarà la cooperazione con gli altri Stati. Il sogno nel futuro, del MoVimento 5 Stelle, è anche quello di avere una politica maggiormente spinta nella cooperazione allo sviluppo. Programmazione ? Cosa abbiamo Pag. 90cercato di fare con le nostre proposte di modifica della legge in discussione oggi ?
  Abbiamo cercato di dire che vogliamo dei fondi certi per la cooperazione, tre anni di fondi certi per cui ogni progetto, che viene destinato in zone dei nostri Paesi partners, possa effettivamente avere una continuità.
  Quindi, programmazione certa delle risorse per la cooperazione. Immaginiamo di diminuire, in maniera progressiva, i fondi che oggi stiamo donando al Dipartimento della difesa. Immaginate in questi termini: invece di comprare degli F35, invece di acquistare degli F35, cacciabombardieri da guerra che ci costano miliardi di euro l'uno, utilizzare questi stessi soldi per andare a costruire dei pozzi, magari in Africa per dare l'acqua potabile a quelle persone. È questo il paradigma, signori, è di questo che stiamo parlando oggi in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Lo so che è una discussione sulle linee generali che magari non è appetibile, ma immaginate l'ottimizzazione di risorse che potremmo avere e come potremmo realmente essere noi Italia un capofila in quello che è un rinnovamento della politica internazionale.
  Parliamo spesso in quest'Aula di immigrazione e difficoltà di queste persone che si spostano. Immigrazione perché ? Perché è un fenomeno che si realizza ? Si realizza perché queste persone che si spostano, i flussi, sono determinati da qualcosa che non va nei Paesi di riferimento. Se le persone si spostano è perché non stanno bene nel proprio Paese. E questo da cosa è determinato ? Molto probabilmente, molto spesso, è determinato dallo sfruttamento nei rispettivi Paesi e che spesso viene fatto proprio da Paesi occidentali, quelli che vanno ad imporre la propria cultura.
  Allora noi abbiamo anche inserito degli emendamenti per dire: andiamo in questi Paesi a fare cooperazione e facciamo anche un altro passo, facciamo sì che chi utilizza questi soldi per cooperare con questi Paesi che magari hanno difficoltà e vengono spesso sfruttati – sono spesso scenari di guerra – siano istituti, imprese o banche che non hanno nulla a che fare con il commercio d'armi. Questa è stata una vittoria trasversale. Noi del MoVimento 5 Stelle l'abbiamo proposto e c’è stata una grande disponibilità anche da parte della maggioranza ad accettare un principio di buon senso. Finalmente, in questa legge sarà sancito un principio per cui chi utilizza i soldi della cooperazione non potrà utilizzare oppure commerciare in armi. Leviamo l'ipocrisia dell'utilizzo di questi fondi e questa è una cosa molto importante (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  
Non è una cosa banale, è una cosa fondamentale, perché – ripeto – se c’è alle volte uno spostamento di persone e, quindi, flussi migratori, pressioni, è perché molto spesso quei Paesi, da dove la gente si sposta, sono scenari bellici. Allora, noi diciamo questo, in modo tale che nessuna azienda e nessuna banca che investe in armi possa lavarsi la faccia e lavarsi la coscienza, utilizzando dei fondi della cooperazione laddove essa stessa finanzia i bombardamenti e la guerra. Questa secondo me, è una delle più grandi vittorie che abbiamo ottenuto fino ad adesso e sono sicuro e spero che l'approccio che abbiamo avuto tra opposizione e maggioranza su questo provvedimento prosegua all'interno della discussione in Aula, perché ha dato ottimi frutti.
  Certo, rimangono ferme alcune posizioni politiche che ci vedono in posizioni divergenti. Noi siamo contrari ad esempio ad avere l'istituto del DGCS, che è appunto un carrozzone, per quanto ci riguarda, che ha semplicemente bloccato quelle che erano le prospettive della cooperazione. Oggi, con questo progetto di legge, si crea una struttura che è sostanzialmente, come diceva anche il Viceministro in Commissione, un «hardware» che crea l'Agenzia.
  Noi vorremmo che l'Agenzia fosse molto più snella e che potesse essere più incisiva per dare un vero impulso alla cooperazione. Quindi la prospettiva nel futuro è che la politica estera italiana investa molto di più, in termini sia concettuali Pag. 91sia di risorse economiche, sulla cooperazione internazionale e meno sugli impianti di difesa e militari.
  L'ultimo appunto in Commissione – è arrivato, per così dire, come un'onda – è quello di avere utilizzato la Cassa depositi e prestiti come unico istituto finanziario gestore. Possiamo anche essere d'accordo da un certo punto di vista, perché è chiaro che avere un istituto pubblico ci può dare man forte per essere maggiormente incisivi in questo tipo di attività di cooperazione, ma purtroppo, per quanto ci riguarda, la Cassa depositi e prestiti è sotto grave rischio di privatizzazione.
  Quindi, non è forse il modo giusto e noi abbiamo proposto e continueremo a proporre anche in aula che, a fianco alla Cassa depositi e prestiti, si possano alternare altri istituti finanziari.
  Io penso che la discussione sia stata in Commissione molto costruttiva; si è lavorato molto bene e siamo riusciti tutti a dare le nostre proposte. Chiaramente sarebbe molto meglio che si lavorasse molto meno con i decreti-legge e stiamo dimostrando, signori, maggioranza ed opposizione, che quando c’è condivisione – questo non è un decreto-legge – quando c’è condivisione di proposte, quando si riesce a lavorare con sincerità e con onestà intellettuale, anche le proposte di legge riescono ad andare spedite sia in Commissione che in aula. Quindi, questo deve essere un modello che deve essere riproposto anche su altre riforme, io ringrazio ed ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zanin. Ne ha facoltà.

  GIORGIO ZANIN. Signora Presidente, solo brevi appunti. Il primo è che mi preme sottolineare che c’è un obiettivo educativo e partecipativo, che è proposto dal comma 4 dell'articolo 1 della proposta in esame, e che questo richiede certamente che il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo stimoli quanto prima la redazione di un piano nazionale di formazione alla cooperazione allo sviluppo, un piano che serva ad armonizzare l'azione dei soggetti del sistema e credo che questo sia dovuto, anche a partire dalla grande tradizione della generosità italiana in terra straniera che – qualcuno lo ricordava prima – è stata anche manifestata nei secoli, con la ricchissima espressione oblativa delle tradizioni missionarie (e missionarie non solo di origine religiosa) che ha tutti i presupposti per essere rinnovata, con una partecipazione giovanile e popolare assolutamente importante ed emblematica.
  La scuola ed i luoghi formativi possono concorrere a formare il modo di essere cittadini nel pianeta e la via italiana alla cooperazione internazionale allo sviluppo deve essere in prima fila per costruire questa identità solida e solidale.
  In questa direzione va dunque sottolineata con grande favore la proposta giunta alla Camera, all'articolo 26, capo 9, che prevede l'organizzazione di contingenti e di corpi civili di pace destinati alla formazione ed alla sperimentazione della presenza di giovani volontari da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto. Una prospettiva a cui non si può che guardare con grande favore, perché si tratta in pratica di assumere finalmente il linguaggio della non violenza come metodo per realizzare gli interventi di politica estera e di esprimere i talenti che abbiamo già in casa.
  Infatti, con la creazione di corpi civili di pace, si tratta da un lato di valorizzare le qualità e le abilità di convivenza maturate dalla generazione Erasmus, dall'altra di valorizzare il patrimonio culturale messo a punto da innumerevoli organizzazioni, a partire dalla solida base di pensiero elaborata ad esempio da Aldo Capitini e fatta propria da figure profetiche del nostro Paese come Tonino Bello. Una risorsa anche formativa dunque, che allena al dialogo ad affrontare i conflitti in modo non violento, perciò attivo e creativo, che può diventare la palestra per rinnovare l'identità della cittadinanza, con ricadute non indifferenti anche sulla sicurezza interna, esattamente come ad esempio Pag. 92ha dimostrato di fare la rete di sicurezza messa a punto dalla protezione civile a base popolare.
  Il secondo stimolo è sul ruolo dell'agricoltura, che è un'altra specificità italiana: l'agricoltura ed in generale il settore primario sono aspetti essenziali per lo sviluppo dei popoli, tanto più nei Paesi in via di sviluppo, ove rappresentano la parte preponderante dell'economia e dell'occupazione. In questo senso, il mondo agricolo italiano esprime eccellenze produttive e un complessivo approccio all'attività agricola che possono costituire, per metodo, valori ed orientamenti, un patrimonio di grande profilo in termini di cooperazione, così come implicitamente manifestato sia dalla presenza della sede FAO a Roma, sia dall'assegnazione del prossimo Expo 2015 a Milano.
  Trovo dunque oltremodo opportuno che, rispetto al testo giunto alla Camera dal Senato, la Commissione abbia assunto l'istanza, promossa dal parere della Commissione agricoltura, integrando anche il Ministro dell'agricoltura tra i componenti stabili del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo.
  Lo sviluppo deve avere una direzione. Sono troppi gli esempi di sviluppo malinteso, che a lungo andare rischiano di pervertire il significato delle azioni: si cerca il bene e si finisce per dare corso ad effetti di segno contrario. Occorre dare una direzione allo sviluppo e la nostra sana e virtuosa agricoltura può fare la sua parte in questo senso. La sovranità alimentare, la biodiversità, la cura dell'impatto ambientale, per i cambiamenti climatici e per la salute sono tutte prospettive entro cui indirizzare i progetti di cooperazione agricola.
  Il nostro Paese deve, in questo senso, con la sua tradizione e la sua forza, collaborare per assicurare al pianeta quel cibo sano e di qualità che può rappresentare l'energia giusta, anche in termini generali, rispetto ai temi e agli sviluppi demografici. Questa legge, dunque, è un risultato di buona politica, come qualcuno ha appena ricordato, che muove le energie e promuove un futuro migliore per tutti. Diciamolo, non è poco (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, signor Viceministro, la storia ogni tanto ci mette davanti a delle strane coincidenze e spesso rende evidenti le responsabilità della politica sulle condizioni del mondo in cui viviamo. E così noi oggi ci troviamo a svolgere una discussione come questa sul ruolo della cooperazione internazionale in un momento storico ben preciso e particolare.
  La mutazione dei flussi migratori che in questo momento investono in maniera molto forte il nostro Paese, l'instabilità politica che in vaste aree del sud del mondo sta generando questi flussi migratori e nuove emergenze umanitarie e la recrudescenza dei conflitti che infiammano buona parte del pianeta ci pongono davanti a una condizione su cui io penso ci siano grandi responsabilità della comunità internazionale tutta e anche del nostro Paese. Ed è, quindi, da questo punto di vista molto importante che oggi noi ci mettiamo a fare una revisione completa della disciplina sulla cooperazione internazionale. Infatti, sono le politiche di cooperazione che, se diventano parte fondativa della politica estera, possono intervenire in maniera efficace davanti a queste criticità. E noi è dal 1987 – forse da qualche anno dopo, visto che quello è l'anno dell'approvazione della legge n. 49 – che aspettiamo una nuova legge sulla cooperazione. E dal 1987 ad oggi, come è stato già detto in quest'Aula, è cambiato il mondo ed è cambiata anche la cooperazione, il modo con cui si fa cooperazione nel mondo.
  Diversi sono stati i tentativi falliti nelle precedenti legislature di mettere mano alla legge sulla cooperazione allo sviluppo. E io penso che oggi è sicuramente un evento rilevante, per il quale voglio dare merito al Viceministro Pistelli e a questo Governo, il fatto di avere portato in quest'Aula una Pag. 93nuova normativa e di avere anche accelerato i tempi perché si arrivasse alla sua definizione. Infatti, eravamo veramente indietro da questo punto di vista.
  In questa legge ci sono alcuni elementi positivi che io voglio richiamare dentro questa discussione. C’è già un dato simbolico nella modifica del nome del Ministero degli affari esteri. È un dato simbolico importante perché riconosce alla cooperazione internazionale un ruolo centrale nella politica estera. E se il nostro Paese avesse in questi anni dato maggiore centralità alla cooperazione internazionale nella politica estera, invece di partecipare, anche in maniera imprudente, ai tanti conflitti e farsi portatore di politica estera conflittuale nei Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo, probabilmente oggi ci troveremmo in condizioni differenti.
  Ed è sicuramente un valore aggiunto la nascita, la creazione con questa legge dell'Agenzia che è un tentativo di snellire la lenta e farraginosa burocrazia legata alla cooperazione internazionale che molte volte ha reso la cooperazione ostaggio di una tecnocrazia e dell'apparato diplomatico dei Ministeri, senza riuscire a darle il pieno sviluppo di cui aveva bisogno.
  È significativa, anche questa sul piano simbolico, l'indicazione in una legge del ruolo di un Viceministro con delega alla cooperazione. Significativo anche, come veniva richiamato dal collega Melilla, il ruolo che viene dato al Parlamento e, quindi, non solo dal punto di vista democratico, ma anche dal punto di vista della responsabilizzazione della politica tutta rispetto alla cooperazione internazionale e allo sviluppo.
  Non possiamo, però, non far notare quelle che sono delle criticità che permangono rispetto a questa riforma, delle scelte che non si sono volute fare fino in fondo.
  Penso al mancato pieno riconoscimento del ruolo del volontariato nella cooperazione internazionale. Il volontariato è stato negli anni non un semplice comprimario delle politiche di cooperazione internazionale, ma è stata quella forza che ha permesso la messa in relazione di territori e comunità nel sud del mondo. Ritengo che, per quanto ci sia un riconoscimento parziale, non c’è una vera normazione del volontariato e, rispetto a questa assenza, fa da contrappeso, invece, il ruolo importante che viene riconosciuto alle imprese: viene riconosciuto un ruolo centrale dentro la cooperazione ma è un ruolo che rimane, invece, opaco sotto molti punti di vista.
  Penso alle cose che sono state già dette rispetto alle imprese che trafficano in armi e su questo vorrei dare un riconoscimento alla relatrice, al Viceministro e al lavoro che è stato fatto in Commissione per tentare di migliorare, di accettare anche emendamenti che, all'interno di una discussione condivisa con le opposizioni, si sono riusciti a fare e che riteniamo tuttora insufficienti anche riguardo all'adeguamento delle imprese rispetto ai criteri e al rispetto dei diritti sociali.
  Pensiamo all'assenza di un fondo unico che noi abbiamo chiesto più volte con forza all'interno di questo dibattito, che avrebbe liberato finalmente la cooperazione allo sviluppo dalla dipendenza del Ministero dell'economia e delle finanze. Pensiamo che questo fondo unico avrebbe reso autonoma la cooperazione italiana allo sviluppo dalle necessità legate esclusivamente a vincoli contingenti che il Ministero dell'economia e delle finanze pone ogni volta che c’è da investire sulla cooperazione internazionale e pensiamo, ad esempio, al mancato riconoscimento della funzione di peace building alla cooperazione internazionale.
  Lo diciamo perché, nonostante abbiamo chiesto e ottenuto che venissero riconosciuti in questo disegno di legge i nascenti corpi civili di pace come uno degli strumenti con cui fare la cooperazione internazionale, è chiaro che oggi basta guardare a quello che sta succedendo in Palestina per pensare quanto, invece, sarebbe necessario un intervento di peace building fatto dalla società civile e supportato in questo momento dal Governo italiano per provare in quel terreno a portare pace.
  Pensiamo al fatto che più volte abbiamo richiesto, con più emendamenti, di Pag. 94mettere un confine netto tra quelle che sono le missioni militari e quella che, invece, è la cooperazione allo sviluppo perché molto spesso la cooperazione allo sviluppo è divenuta un accessorio delle missioni militari.
  Pensiamo al ruolo della direzione generale. Se da un lato, abbiamo visto di buon auspicio la nascita dell'Agenzia, dall'altro non possiamo non dire che, da questo punto di vista, è una riforma a metà, cioè si fa nascere l'Agenzia come uno strumento dinamico che può dare nuovi impulsi alla cooperazione internazionale e, dall'altra parte, si mantiene in piedi una struttura di cui non si capisce quale sia la funzione o, meglio, che in qualche modo serve a costruire ancora un vincolo con l'Agenzia, quasi come se nella direzione generale si continuassero a prendere le decisioni e l'Agenzia fosse solo una struttura di servizio.
  E, allora, noi avremmo voluto che in questo disegno di legge si fosse finalmente sottratta la cooperazione al ricatto della tecnocrazia e dell'apparato diplomatico. Pensiamo che, da questo punto di vista, questi sono dei punti oscuri della riforma su cui si poteva fare un lavoro maggiore e sono quelli che, nonostante (lo voglio riconoscere: non è una critica rispetto al metodo con cui abbiamo lavorato in questi giorni) il buon lavoro fatto in Commissione, che ha migliorato complessivamente il testo rispetto a quello uscito dal Senato, rappresentano le criticità che ancora rimangono a dirci che noi continueremo a spingere e continueremo nel riconoscere questo passo in avanti, a dire che c’è ancora molto da fare per dare piena operatività ad una cooperazione efficace nei Paesi in via di sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che la relatrice rinuncia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, Viceministro Pistelli...

  PIA ELDA LOCATELLI. Chiedo di parlare...

  PRESIDENTE. Che succede, onorevole Locatelli ? Non credo che dipenda dalla Presidenza, la prego di credere che abbiamo fatto parlare tutti i gruppi che si erano iscritti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Ne sono assolutamente certa.

  PRESIDENTE. Poiché l'iscrizione doveva avvenire un'ora prima dell'inizio della discussione sulle linee generali, lei non potrebbe iscriversi ora, però le do la parola.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, la ringrazio ma, evidentemente, c’è qualcosa che crea difficoltà nella comunicazione con l'ufficio della componente socialista, perché anche ieri è successa la stessa cosa. Allora, mi chiedo se non ci sia qualche problema. Davvero, mi dispiace, non sto accusando lei, però...

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Locatelli.

  PIA ELDA LOCATELLI. Va bene, cercherò di essere più rapida possibile. Brevi considerazioni su questo disegno di legge atteso da quattro legislature che ha il sostegno convinto del gruppo socialista. L'essere riusciti a portare a conclusione questo percorso è merito soprattutto del Viceministro Lapo Pistelli, al quale va la nostra gratitudine.
  Le leggi vanno di pari passo con un Paese di solito, ma, a volte, capita che anticipino o, addirittura, guidino l'evoluzione dei costumi; altre, invece, non sono in grado di tenere il passo con le realtà che si evolve. È il caso della legge n. 49 sulla cooperazione, perché dalla sua approvazione è cambiato il mondo: è cambiato negli attori, negli interlocutori, nei Paesi partner, negli strumenti utilizzati, compresi quelli finanziari.
  Quando fu approvata la legge n. 49, ai tempi del secondo Governo Craxi, era una Pag. 95legge innovativa, ma ventisette anni sono tanti, troppi, anche perché, nel frattempo, gli altri Paesi hanno fatto passi da gigante. Ad esempio, non si fanno quasi più interventi settorializzati e gli interventi hanno assunto un carattere si dice olistico, integrato, per lo sviluppo economico, l'ambiente sostenibile, l’empowerment umano o la good governance; e i soggetti, istituzionali e non, pubblici e privati, sono aumentati per numero e per tipologie: accanto a quelli tradizionali, ci sono ora le associazioni dei migranti, gli attori della cooperazione decentrata, che ha assunto un ruolo crescente, le università, le aziende, le fondazioni.
  La cooperazione, però, continua ad essere una parte importante, anzi qualificante della nostra politica estera, come dice l'articolo 1 del nuovo provvedimento, per cui il titolare delle politiche di cooperazione è il Ministro – nel nostro caso, la Ministra – degli affari esteri, con delega al Viceministro, che partecipa al Consiglio dei ministri quando la cooperazione è all'ordine del giorno; e, poi le politiche dei vari Ministeri sono programmate e coordinate in un Comitato interministeriale, previsto dall'articolo 15, per quelle azioni di Governo che hanno un impatto internazionale: quindi, parliamo di politiche ambientali, di immigrazione, di politiche commerciali e anche culturali, e non solo.
  Cambia il nome del Ministero, che diventa, appunto, MAECI, e in questo modo, noi riconosciamo alla cooperazione una dignità politica rilevante, prioritaria nelle relazioni interministeriali.
  Due parole brevi sul Comitato interministeriale. È il luogo di indirizzo politico, di programmazione strategica, con visione triennale, garante della coerenza complessiva delle politiche. Il provvedimento – questo è un punto dolens – prevede un lavoro programmato per un arco di tempo che vada oltre l'anno – si parla di tre anni – e il Consiglio dei ministri, infatti, è chiamato a predisporre un documento triennale di programmazione che va aggiornato annualmente. Tutto logico, sembra logico prevedere questa programmazione, perché serve al Viceministro, ma serve soprattutto ai vari attori della cooperazione che devono avere una qualche certezza di orizzonte medio.
  Noi diciamo che questa è la logica, altrimenti, di fatto, come si fa a concordare con un partner internazionale un impegno, ad esempio, di tre anni, se non si è certi di poterlo rispettare ? Ma qui sta uno degli ostacoli in cui ci siamo imbattuti. Il parere della Commissione bilancio ha bocciato l'emendamento votato all'unanimità in Commissione affari esteri, che prevede la non possibilità di riduzione degli stanziamenti previsti dalla programmazione triennale. Dal punto di vista tecnico, niente da eccepire nei confronti della decisione della Commissione, ma questo è proprio uno dei casi emblematici in cui il rispetto delle norme rende, di fatto, difficile un lavoro serio, coerente, programmato, che dia una qualche certezza, e non siamo in grado di risolverlo.
  Altra grande novità del disegno di legge è l'affidamento degli aspetti gestionali ed operativi ad un'Agenzia. In questo abbiamo copiato l'esperienza di altri Paesi, facendo tesoro delle loro pratiche, perché loro sono più avanti di noi; più elegantemente il Viceministro Pistelli ha parlato di riallineamento del modello italiano a quello largamente prevalente in Europa e fra i Paesi OCSE, quindi: al Ministero le strategie e le politiche di cooperazione e la vigilanza sull'Agenzia, all'Agenzia gli aspetti gestionali e operativi, le istruttorie sul campo, la predisposizione dei bandi, la valutazione dell'efficacia degli interventi e la rendicontazione delle spese.
  A noi socialisti sembra davvero un buon disegno di legge capace di cogliere appieno le opportunità e le nuove sfide mondiali, perché ora la cooperazione, o meglio la promozione dello sviluppo, ha ambizione, ambiti e progetti più complessi: la tutela ambientale, l’institution building of empowerment economic e così via. Va bene, ma noi avremmo voluto presentare qualche emendamento e ne sottolineo, tra gli altri, un paio: all'articolo 1, alla lettera b), quando si parla di affermazione dei diritti umani, noi chiediamo di aggiungere l’empowerment delle donne. Si tratta sia di Pag. 96adeguare il linguaggio a quello usato a livello ONU sia di favorire azioni positive a favore delle donne del sud del mondo.
  Un secondo emendamento lo proponiamo a proposito della parte che si riferisce alla prevenzione dei conflitti e a sostenere i processi di pacificazione dove noi chiediamo di aggiungere il contrasto alla violenza contro le donne e i minori. È inutile che ne spieghi la motivazione: sta nella risoluzione 1325 dell'ONU e, soprattutto, sta nel fatto che l'Italia ha sempre dato attenzione e impegno al contrasto e al contenimento di questi fenomeni, cioè della violenza contro le donne, in diversi Paesi, come in Afghanistan, Libano, Palestina e in questo caso la coerenza vale doppio. Quindi, insistiamo perché questi due emendamenti siano accettati.
  Un'ultima cosa, sempre a proposito di donne, vorrei ringraziare la relatrice, una giovane donna che ha fatto un lavoro ottimo; Lia Quartapelle è stata bravissima, insieme al Viceministro, a portare a casa questo lavoro.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 2498-A)

  PRESIDENTE. A questo punto, dopo la falsa partenza di prima, prendo atto che la relatrice rinuncia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, Viceministro Pistelli.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, colleghi, so che nella prassi di quest'Aula la replica del Governo alla fine di una discussione sulle linee generali è un proforma e spesso vi si rinuncia. Non intendo rinunciarvi per due ragioni: perché vi è stato un dibattito generale molto interessante che ha dimostrato una larga sintonia tra le forze politiche e, poi, perché, colleghi, non è mai capitato, nelle ultime sei legislature, di arrivare al punto in cui siamo adesso in questa materia. Nelle tre volte in cui si è tentato di operare una riforma della legge n. 49 del 1987, una buona legge, ma che dimostra i suoi anni, il lavoro di questo Parlamento si è sempre arenato al massimo all'approvazione del primo ramo del Parlamento, in altre due circostanze a un dibattito arenatosi in Commissione.
  Quindi, è la prima volta che questo Parlamento arriva, e con ragionevole aspettativa di successo, a esaminare in seconda lettura in Aula, voteremo domani mattina, un disegno di legge da lungo tempo atteso.
  Condivido moltissimo l'impianto che l'onorevole Quartapelle Procopio, relatore qui alla Camera, ha illustrato in apertura di questo dibattito e potrei fermarmi qui, ma data la natura del dibattito voglio tornare su alcune delle cose che ha detto e su alcune delle cose dette dai colleghi dei diversi gruppi che sono intervenuti.
  Il primo commento ha a che fare con l'età di questa legge e con il tempo che è passato. Sono passati 27 anni; grazie al rinnovamento di quest'Aula qualcuno, magari un manipolo dei colleghi che oggi siedono sui banchi di quest'Aula, 27 anni fa non era ancora nato, una buona parte dei colleghi erano bambini e anche coloro che erano poco più che adolescenti sanno quanto il mondo in 27 anni sia radicalmente cambiato. È cambiata la geografia del mondo: io, che non ho 25 anni, studiavo la Cina come un Paese sottosviluppato e oggi è non soltanto una potenza emersa, ma la prima locomotiva del pianeta. Conoscevamo un mondo diviso in due blocchi dal muro di Berlino e dalla contrapposizione ideologica. Consideravamo l'Africa un continente sostanzialmente arreso e destinato a sprofondare.
  Non è più così. Oggi la Cina è uno dei primi Paesi donatori; sei delle dieci economie a più rapida crescita del pianeta, nei prossimi dieci anni, sono economie africane; il muro è caduto, anche se altri muri si sono alzati; quindi la geografia innanzitutto è mutata. Sono mutati i soggetti dello sviluppo. Ventisette anni fa molti di noi, almeno coloro che hanno una memoria di questo, si ricordano i primi generosi tentativi di associazioni (ONG è una definizione più recente) che con molto coraggio, con molti ideali, con molta poesia, davano l'assalto alle disuguaglianze del Pag. 97mondo. Oggi, ventisette anni dopo, vi è un sistema ampiamente professionalizzato, capace di stare nei circuiti internazionali più complessi e capace di costruire progettazioni in partnership con i Paesi del sud del mondo con modalità che ventisette anni fa non esistevano. Sono cambiati i progetti. Io sento parlare dai colleghi di capacity building, di women's empowerment: non è una concessione leziosa all'inglese. Trent'anni fa magari andavamo a costruire un pozzo in un villaggio saheliano, e questo era il tipico intervento di cooperazione, oggi mettiamo in piedi sofisticati processi di formazione internazionale, di post-conflitto, insegniamo modelli di agricoltura sostenibili in partnership con Paesi che sono culturalmente pronti a entrare in questo tipo di scambio. E lo facciamo avvalendoci di finanziamenti offerti anche dal privato, che siano fondazioni filantropiche o compagnie private. Insomma, è un mondo interamente cambiato. Sono cambiati gli strumenti, e ancora volta non è una concessione all'inglese: non più soltanto dono e credito di aiuto, oggi parliamo di blending, parliamo di matching. Quindi vi è la necessità di riaggiornare complessivamente una fotografia: passiamo dal bianco e nero degli anni Ottanta al 3D di questo decennio. Quindi, è una normale operazione, la più rivoluzionaria che uno possa immaginare, di adeguamento di una macchina unica che in trent'anni è inesorabilmente cambiata.

  PRESIDENTE. Colleghi, se possiamo abbassare un po’ il brusio, visto che siamo arrivati in fondo ad una discussione molto importante.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri. Grazie, Presidente. Del resto, fatemi fare una battuta per chiudere su questo primo punto. A parte coloro che ventisette anni fa, appunto, non erano ancora nati, ma quelli che hanno una certa età lavorano oggi come lavoravano ventisette anni fa ? Portano gli stessi vestiti ? Sono uguali se si guardano allo specchio ? È inesorabile che anche il modello di cooperazione abbia seguito le regole inesorabili dello scorrere del tempo. Come, dunque, ci siamo confrontati noi con questo scorrere del tempo ? Cercando innanzitutto di adeguare la fotografia, quindi di riconoscere in questo testo come erano cambiati i soggetti, le modalità di intervento, gli strumenti e i metodi, l'adeguamento a un tempo inesorabilmente – ripeto – passato. Abbiamo però fatto qualcosa di più di questo. Non abbiamo fatto soltanto un'azione di refresh della fotografia, abbiamo cercato di intervenire sui punti scoperti dopo trent'anni. Il primo è quello della governance.
  Sarò molto breve, ma intendo rispondere ad alcune delle obiezioni che il gruppo di SEL ha fatto. Colleghi, negli anni scorsi si è discusso a lungo se la cooperazione meritasse di avere un suo Ministero, e infatti il Governo Monti aveva politicamente indicato questo obbiettivo nella figura del professor Riccardi, esperienza che riecheggia anche nella proposta di legge presentata dal gruppo di Scelta Civica. È evidente che si trattava di un Ministro senza Ministero. In un tempo di risparmio e razionalizzazione avere un Ministro che non dispone di una struttura reticolare nel mondo è un'indicazione politica di grande valore, ma è un cappello senza gambe, un cappello importante, un cappello grande, ma senza gambe. Da quella scelta la volontà di orientarci su un modello diverso, se volete un mezzo cappello, perché c’è un Viceministro, ma che ha sotto due gambe, due braccia, un Ministero e una struttura reticolare sparsa in tutto il pianeta, che è la Farnesina, quindi l'obiettivo non soltanto strumentale, ma anche politico di riconnettere la cooperazione alla proiezione internazionale e diplomatica della politica estera di questo Paese. Quel modello, dunque, non è un modello sbagliato, è un modello diverso – qualche Paese lo pratica – ma che fa riferimento a condizioni di finanza pubblica e di disponibilità materiale di strutture che questo Paese in questo momento non ha. Non c’è soltanto questo: l'idea di avere un Viceministro obbligatorio, Pag. 98per l'oggi e per il domani, è una modifica sostanziale all'organizzazione del Governo.
  Voi sapete che abbiamo avuto obiezioni su questo perché uno junior Minister che siederà in Consiglio dei ministri non soltanto quando si parla di cooperazione, ma tutte le volte che si parla di argomenti che possono mettere in discussione la cosiddetta coerenza delle politiche, che non è, come dire, un sostantivo, da questo punto di vista, astratto ma è una precisa categoria internazionale ed è una delle prossime battaglie che tutto il mondo della cooperazione internazionale sta combattendo in questi anni e cioè come fare in modo che magari, accanto a politiche virtuose di cooperazione allo sviluppo, non vi sia con l'altra mano la negazione di quelle politiche attraverso politiche agricole o commerciali o energetiche che negano il buono che la cooperazione può offrire.
  Quindi la coerenza non è un richiamo astratto, è un esercizio concreto sul quale l'OCSE DAC, l'Unione europea e i Paesi più avanti da questo punto di vista stanno sperimentando metodi e strumenti per essere appunto coerenti nella diversa programmazione della loro proiezione internazionale.
  In questo senso, ha ragione chi ha detto, che è un tentativo di riallineare il nostro Paese ai migliori modelli che l'Europa ci offre, non soltanto criteri di Maastricht e macroeconomia ma anche riallineamento ai migliori modelli europei nelle politiche di settore alle quali ci possiamo correttamente ispirare.
  Il secondo elemento: l'Agenzia. Lo avete già detto. Io rispetto la diversità di opinioni, devo dire che non ho apprezzato uno degli interventi delle forze di opposizione che ho ascoltato pochi minuti fa, perché vedete, si può dire tutto, ma vi è la consapevolezza in chi lavora in questo settore che non siamo qui a creare né un baraccone né un carrozzone né a sistemare amici né nipoti, siamo consapevoli che questo modello riesce o fallisce se l'Agenzia è davvero quel vascello corsaro a cui ho fatto riferimento al Senato e anche qui alla Camera: cioè quello strumento agile, professionale che ci permette al pari degli altri di navigare nelle grandi acque internazionali della progettazione, del ricorso alle risorse finanziarie che banche regionali di sviluppo e Unione europea mettono a disposizione...

  PRESIDENTE. Colleghi, un po’ di silenzio per favore.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri....e quindi ogni sospetto preventivo su un uso maldestro della cooperazione sconta un pregiudizio politico che io, con molta semplicità e limpidezza, rispedisco al mittente. Saremo valutati dai fatti, non certo al pregiudizio che mettiamo in una discussione di carattere generale.
  C’è infine l'argomento del terzo pilastro che è emerso nella discussione alla Camera, ma perché non era maturo al Senato, e questo è la testimonianza migliore di come questo dibattito tra noi si è evoluto nel corso delle settimane, che è quello che chiamerei per semplicità Banca per lo sviluppo. È in realtà una patente che noi riconosciamo all'unica banca di sistema pubblico che c’è in questo Paese, che è la Cassa depositi e prestiti, di poter essere accreditata presso le istituzioni finanziarie internazionali e per potere fare quello che altri europei fanno.
  Io credo che vi sia una cifra che dice più di ogni altra cosa; noi stacchiamo un assegno importante all'Unione europea, che è il primo donatore globale del mondo, tutti i Paesi europei pagano pro quota un assegno importante per questo salvadanaio, che è gestito per il 41 per cento dalla cooperazione tedesca, e lo ripeto per il 41 per cento perché la Germania non ha una Agenzia, ne ha 3 ed ha anche una banca per lo sviluppo che si chiama KFW. È dunque in grado di accompagnare il proprio sistema nel grande mercato della cooperazione internazionale proponendosi come il Paese più solido e più attrezzato per implementare bene quel portafoglio e spenderlo con efficienza.
  Se ci mancasse questo elemento la nostra riforma sarebbe monca; non erano Pag. 99pronti e maturi i tempi al Senato, lo sono oggi alla Camera e dunque io ringrazio i colleghi che hanno colto questo spirito e che stanno lavorando anche in queste ore per arrivare a dotare il sistema italiano della nuova cooperazione di una istituzione finanziaria per lo sviluppo.
  Voglio dire rapidamente, signor Presidente, colleghi, per rispondere in merito ad altre questioni, che noi abbiamo già fatto, grazie al Parlamento e con la collaborazione del sistema degli attori della cooperazione italiana, una serie di importanti modifiche. Da un anno abbiamo bandi on line per gli ONG, lavoriamo per il sistema delle call for proposal suggeriteci dalla Unione europea, è attiva da pochi giorni la prima banca dati open aid on line che contiene i dati relativi ai 25 mila progetti promossi dalla cooperazione italiana negli ultimi 12 anni. Cioè c’è un tentativo, a regole vigenti, di correre, di correre veloci per recuperare il tempo perduto.
  Ma è anche evidente che a valle dell'approvazione di questa legge noi avremo un periodo complicato, che è quello dell'implementazione e della transizione da un modello all'altro, un po’ come quando si trasloca e certo, c’è il giorno in cui concretamente il camion parte e porta le scatole da una casa all'altra, ma ci si continua a ricordare per dei mesi che c’è da cambiare l'indirizzo sulla patente, c’è da cambiare la domiciliazione delle bollette, c’è da adeguare magari la domiciliazione del conto in banca, tanti piccoli adempimenti. Ecco, noi avremo una dozzina di atti di normazione secondaria che ci prenderanno sei mesi e che ci permetteranno di passare dalla norma primaria alla vera e propria messa in piedi del sistema, sei mesi a far data dall'approvazione e dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge che ci apprestiamo ad esaminare. Io chiedo su quello il sostegno del Parlamento e lo chiedo per una ragione, che questo nuovo sistema avrà bisogno per funzionare al meglio anche di un impegno nuovo e straordinario in materia di risorse.
  Allora, lo dico con parole molto nette, noi abbiamo negli ultimi due anni difeso lo stanziamento della cooperazione, incrementandolo di poco – è vero – ma sempre facendo ricorso alla battaglia sugli emendamenti in Tabella C o ricorrendo alla battaglia sul decreto missioni, creando quest'anno una novità che è il Fondo La Pergola, sempre all'interno della legge stabilità. Se vogliamo questo Parlamento tutto insieme, con lo stesso largo consenso che spero che accompagnerà questa legge di riforma, metterci in un sentiero virtuoso di riallineamento che ci porti diciamolo 0,5 in dieci anni, quindi a qualcosa di impegnativo e importante per un Paese che ha il PIL delle dimensioni di quello italiano, noi abbiamo bisogno di un impegno pluriennale da mettere nella legge di stabilità quest'anno e che ci permetta di sganciarci dalla battaglia degli emendamenti in Tabella C e dare un orizzonte di rientro pari a quello che il MEF due anni fa si è garantito insieme al Parlamento su base decennale per il replenishment delle banche regionali e per i fondi multilaterali a cui l'Italia partecipa. È una scelta importante, ma è una scelta che ci sgancerebbe dalla contingenza della battaglia parlamentare.
  Da ultimo, signor Presidente, perché dobbiamo passare ad altro, non ho detto niente degli obiettivi per una semplice ragione: trent'anni fa ogni Paese declinava i suoi, diceva cosa avrebbe preferito fare, trent'anni dopo la comunità internazionale converge su una conversazione globale che ha principi, documenti, obiettivi, goal, target misurabili e noi siamo dentro quella conversazione. Quindi, non c’è bisogno di reinventare la ruota in ogni Parlamento, abbiamo bisogno di riallinearci a quella conversazione che l'anno prossimo, nel settembre 2015, arriverà – noi speriamo – a definire questa grammatica comune dello sviluppo sotto l'egida delle Nazioni unite. Avrei tante altre postille ma ve le risparmio. Una sola, e chiedo la compiacenza del mio gruppo che regge l'onere di questa fatica d'Aula e che mi chiede di fare presto. Si è citato il tema delle diaspore delle immigrazioni, è uno dei Pag. 100temi di confine ma dato che ne abbiamo parlato ieri anche nel Consiglio informale sviluppo a Firenze, insieme ai 27 colleghi dell'Unione, fatemi dire soltanto questo dato: il totale degli aiuti stanziati dalla comunità internazionale del 2013 ammonta a 134 miliardi di dollari, comunque in crescita rispetto all'anno precedente. Il totale delle rimesse degli emigrati delle diaspore dai loro Paesi d'origine ha superato i 400 miliardi di dollari.
  Cos’è che conta di più come leva dello sviluppo ? È evidente, se le cifre dicono qualcosa, le cifre dicono che una dinamica virtuosa fra migrazioni e sviluppo e ruolo delle diaspore può essere un fattore di grande innovazione. Per questo noi ci agganciamo, anche se come obiettivo programmatico, a non vedere l'immigrazione di questo mondo come semplice emergenza securitaria da gestire, ma come immagine di un mondo che ci cade fra le mani. È quel mondo che ci fa dire che nel 1950 l'Europa aveva una popolazione doppia dell'Africa e nel 2050 l'Africa avrà una popolazione tripla dell'Europa. In quattro generazioni, in 100 anni, passeremo dall'essere il doppio di qualcosa a un terzo di qualcos'altro. O noi pensiamo in questi termini grandi e vediamo la legge di riforma della cooperazione in questa grande dimensione o altrimenti ogni nostro intervento normativo è destinato a invecchiarci fra le mani.
  Credo francamente che abbiamo fatto un buon lavoro, e il mio appello, prima che domani ci apprestiamo a votare i singoli emendamenti e i singoli articoli, è la speranza di poter doppiare anche in quest'Aula il buon consenso che abbiamo ottenuto al Senato, dove abbiamo avuto nessun voto contrario, 15 astenuti e 201 voti favorevoli, a testimonianza che questa è una legge che certo porta un nome, porta un Governo che se la tiene sulle spalle, ma è una legge destinata a essere legge di sistema e di struttura al servizio della politica estera di questo Paese e non soltanto di questo Governo, ma dei Governi che verranno (Applausi).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signora Presidente, per chiederle, considerato che la Commissione bilancio non ha ancora espresso tutti i pareri previsti sul provvedimento sulla cooperazione internazionale, di poter anticipare per affrontare e risolvere con la collaborazione di tutti i gruppi, che mi sembra ci sia, la proposta di legge sull'istituzione del premio biennale Giuseppe Di Vagno a questa fase della seduta.

  PRESIDENTE. Se sulla proposta del deputato Rosato, nel senso di passare ora al punto 4. dell'ordine del giorno, recante l'esame della proposta di legge in materia di istituzione del «premio Giuseppe Di Vagno» non vi sono obiezioni, la stessa si intende accolta dall'Assemblea.

Seguito della discussione della proposta di legge: Distaso ed altri: Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno» e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921. (A.C. 1092-A) (ore 19,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 1092-A: d'iniziativa dei deputati Distaso ed altri: Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno» e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921.
  Ricordo che nella seduta del 14 luglio 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

Pag. 101

(Esame degli articoli – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge nel testo della Commissione.
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 1092-A).
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, l'emendamento Grimoldi 4.50, non previamente presentato in sede referente, che, nel prevedere un incremento di contributi per la Biblioteca italiana per ciechi «Regina Margherita» di Monza reca un contenuto del tutto estraneo rispetto alla materia oggetto del provvedimento in esame.
  Avverto altresì che, prima dell'inizio della seduta, sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Marzana 1.23, Brescia 1.24 e 2.4, D'Uva 1.26 e Vacca 3.5.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 1092-A).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.

  MARCO DI LELLO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario sugli emendamenti Simonetti 1.50, Luigi Gallo 1.29 e Vacca 1.30.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  FRANCESCA BARRACCIU, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Simonetti 1.50 non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Simonetti 1.50, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Capua, Fitzgerald Nissoli, Cassano, Marrocu, Gregori, Quartapelle, Greco, Tripiedi, Fiorio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  461   
   Votanti  460   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  231   
    Hanno votato
 109    
    Hanno votato
no  351).    

  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Luigi Gallo 1.29 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Luigi Gallo 1.29, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Palma, Capua. Palma non riesce a votare. Brescia, provi...hanno votato tutti...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 102
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  457   
   Votanti  437   
   Astenuti   20   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
  89    
    Hanno votato
no  348).    

  (La deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Vacca 1.30 formulato dal relatore.

  SIMONE VALENTE. Grazie Presidente, intervengo solo per spiegare un po’ le criticità sollevate dal MoVimento 5 Stelle, criticità che riguardano essenzialmente i criteri con cui si devono finanziare enti, fondazioni e altri soggetti, criteri di erogazione e di valutazione dei risultati, che sono stati anche discussi recentemente in VII Commissione, e su questo abbiamo anche trovato l'appoggio del Governo, e anche di alcuni colleghi di maggioranza, a rivedere questi criteri.
  Sono criticità che si possono evidenziare anche nel dossier n. 112 fornito dal servizio studi della Camera. Infatti, questo dossier spiega un po’ i principali contributi che eroga il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Nelle premesse si può leggere: «Sono state approvate leggi, anche di stabilità, che hanno disposto, talvolta per singole annualità talaltra a regime, l'erogazione di contributi per singoli enti». Questo è un passaggio chiave, perché queste che noi definiamo «marchette» si sono susseguite negli anni. L'ultima è la legge di stabilità 2013 su cui, è bene ricordare, è intervenuta anche la Corte dei conti, dicendo che si evidenzierebbero provvedimenti microsettoriali, microlocalistici, quelle che definiamo «marchette», per circa 2 miliardi di euro.
  Allora, su questo punto, secondo noi, bisognerebbe riflettere e avviare una seria discussione in Parlamento per evitare che, come spesso accade, come sempre è accaduto negli anni, questi fondi, i fondi alla cultura, vengano erogati a pioggia. Questo è il motivo principale. Dico anche che, nonostante i tagli, che si sono visti alla cultura negli ultimi anni, sappiamo che girano moltissimi soldi. Però, per gestire nella maniera corretta questi fondi, occorre una condizione principale, ovvero che questi fondi siano allocati nella maniera giusta, siano ben gestiti e in questo modo, solo in questo modo, possiamo ottenere dei buoni ritorni. Questo è un passaggio fondamentale. Quindi, la proposta che porteremo avanti è quella di smetterla con i fondi a pioggia e di iniziare ad allocarli nella maniera giusta.
  I fondi per questo premio verranno erogati, appunto, alla Fondazione Di Vagno, istituto culturale che già percepisce fondi statali grazie, infatti, alla tabella triennale prevista dalla legge n. 534 del 1996. Mi riferisco anche al capitolo di bilancio, il n. 3671, che dice esattamente che la Fondazione, per il triennio 2012-2014, riceve 75 mila euro. Allora, quello che mi domando è: ma perché noi dobbiamo dare 100 mila euro una tantum a una Fondazione se riceve già dei fondi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Soprattutto, la seconda domanda è: ma perché dobbiamo dare dei fondi a questa Fondazione e non ad un'altra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Mi sembra una domanda retorica e allora aggiungo che la fondazione ha come soci fondatori diversi enti pubblici. Peraltro, quindi possiamo desumere che riceva altri soldi pubblici dagli enti locali questa fondazione. L'ultimo passaggio da chiarire è che la fondazione consegna già un premio Di Vagno tramite una borsa di studio di 2.500 euro. Quindi io ho illustrato la posizione del MoVimento 5 Stelle e noi respingiamo qualsiasi strumentalizzazione che è stata fatta, perché la nostra posizione è essenzialmente di buon senso e per l'interesse comune (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  MARCO DI LELLO, Relatore. Chiedo di parlare.

Pag. 103

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO, Relatore. Signor Presidente, solo per informare l'Aula che il testo prevede che questi 100 mila euro siano una misura una tantum per la riorganizzazione, redazione degli inventari, potenziamento, automazione, informatizzazione, dotazione di risorse, nonché definitiva e permanente apertura al pubblico della biblioteca e dell'archivio storico della memoria democratica pugliese. Nulla a che vedere con il contributo annuale destinato dal Ministero dei beni culturali secondo la tabella, che tra l'altro ammonta a 30 mila euro annui.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vacca 1.30, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Capua, Rabino, Sarti, Lavagno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  453   
   Votanti  434   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
  92    
    Hanno votato
no  342).    

  (Il deputato Preziosi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ciracì, Dambruoso, Pagano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  452   
   Votanti  429   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato
 332    
    Hanno votato
no   97).    

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 1092-A).
  Nessun chiedendo di parlare sull'articolo 2 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  MARCO DI LELLO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Simone Valente 2.3 e Marzana 2.5. L'emendamento Brescia 2.4 è ritirato. La Commissione invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Brescia 2.15, Battelli 2.16 e Marzana 2.17, mentre esprime parere favorevole sull'emendamento Di Benedetto 2.19.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  FRANCESCA BARRACCIU, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Simone Valente 2.3. Prendo atto che si insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Simone Valente 2.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 104

  Rizzetto, Paris, Dambruoso, Albanella, Pellegrino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  457   
   Votanti  453   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato
  94    
    Hanno votato
no  359).    

  Passiamo all'emendamento Marzana 2.5. Prendo atto che si insiste per la votazione.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 2.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Sorial, Santerini, Gutgeld...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  459   
   Votanti  457   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
  90    
    Hanno votato
no  367).    

  Passiamo all'emendamento Brescia 2.15. Prendo atto che si insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 2.15, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dall'Osso, Palma, Polidori, Luigi Gallo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  458   
   Votanti  456   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 106    
    Hanno votato
no  350).    

  (La deputata Terzoni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Battelli 2.16. Prendo atto che si insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Battelli 2.16, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gadda, Giammanco, Dambruoso, Capua, Luigi Gallo, Dell'Orco, Cristian Iannuzzi, Ventricelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  458   
   Votanti  456   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 105    
    Hanno votato
no  351).    

  (Il deputato Gianluca Pini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Marzana 2.17. Prendo atto che si insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 2.17, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 105

  Di Benedetti, Capua, Luigi Gallo, Albanella, Covello, Rotta...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  460   
   Votanti  458   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
 105    
    Hanno votato
no  353).    

  (Il deputato Segoni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Benedetto 2.19, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pellegrino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  460   
   Votanti  458   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
 430    
    Hanno votato
no   28).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rizzetto, Gandolfi, Polidori, Sorial...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  463   
   Votanti  441   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 344    
    Hanno votato
no   97).    

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 1092-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cova, Abrignani, L'Abbate, Gigli, Lorefice...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  464   
   Votanti  440   
   Astenuti   24   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 349    
    Hanno votato
no   91).    

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 1092-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Guidesi... non vedo altri...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Mi spiace, onorevole Terzoni... non ho fatto in tempo.Pag. 106
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  459   
   Votanti  436   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 349    
    Hanno votato
no   87).    

  (La deputata Terzoni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole dei socialisti alla proposta di legge che dispone l'istituzione del premio biennale di ricerca per la conservazione della memoria del deputato socialista Di Vagno, voglio ringraziare i colleghi e le colleghe che sono intervenuti nel dibattito di lunedì.
  Un grazie particolare rinnovo alla collega Coccia, che, nel suo toccante intervento, ha ricordato la storia del socialismo, la nostra storia, e ha difeso la parola «socialista» da quanti, in quest'Aula come fuori, per ignoranza, populismo e sentito dire, vogliono relegarla nel fango.
  Certo, ci sono stati errori e anche gravi del mio partito, come di altri partiti. Ce ne assumiamo la responsabilità senza nascondere i fatti, senza nascondere nulla. Ma questi errori non possono cancellare quanto di buono è stato fatto, quanto abbiamo fatto noi socialisti per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano).

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Locatelli, ha finito il tempo, la Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della sua dichiarazione di voto, se lo ritiene.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signora Presidente, abbiamo atteso 91 anni per una legge che istituisca il premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno, «il gigante buono», come era soprannominato per via della statura, il Matteotti del sud.
  La proposta di legge intende onorare la memoria di Giuseppe Di Vagno, con il riconoscimento e l'istituzione di un premio nazionale biennale a lui dedicato ed il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione che porta il suo nome.
  Al centro del premio, la storia del socialismo, i mutamenti istituzionali, il Mezzogiorno, l'antifascismo, lo studio del fenomeno della violenza politica e poi, grazie alle modifiche apportate in Commissione, quei principi di trasparenza, imparzialità, meritocrazia che sono tutti temi fondamentali da cui il sud può ripartire.
  È importante oggi più che mai per il nostro Mezzogiorno ricordare Giuseppe Di Vagno, deputato socialista assassinato, vittima del fascismo, sorte che lo accomuna a Giacomo Matteotti, ma prima ancora di Giacomo Matteotti assassinato per il suo impegno politico e per il progetto di riformare la società bracciantile del sud.
  Ottenne il seggio parlamentare nel nome di pezzente dei diseredati del sud e nel nome di questi si batté. Onorare e custodire la memoria di Di Vagno serve ad incoraggiare le nuove generazioni ad investire sulla cultura, sulla formazione e sulla ricerca. Si parta anche da questo premio simbolo per dare coraggio e speranza al sud, quel sud d'Italia in cui registriamo un'emorragia di studenti. Della popolazione in età scolare uno su venti non va a scuola e in cinque anni si è perso quasi il 5 per cento delle iscrizioni a causa di abbandono, emigrazione e calo Pag. 107demografico. È quel sud dove ancora si emigra, perché anche al sud si è voluto fare passare il messaggio che di cultura non si mangia. E quest'Aula, la scorsa settimana, ha voluto dimostrare il contrario con la legge per il rilancio di cultura e turismo.
  Signora Presidente, di cultura si può ricostruire l'economia di tutto il nostro Mezzogiorno, ma cultura significa anzitutto creare una coscienza civile, fare in modo che chi studia sia consapevole della dignità della persona. L'uomo di cultura attento alla migliore tradizione meridionalista deve reagire a tutto ciò che è offesa alla propria dignità ed alla propria coscienza.
  È per questi motivi che annuncio il voto favorevole del gruppo Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei.
  Parlando di Giuseppe Di Vagno, il Presidente Napolitano, a Conversano, nel 2011, disse: «La breve ma intensa vicenda umana di Giuseppe Di Vagno, la sua entusiastica adesione all'idea di politica come servizio alla collettività, come strumento di maturazione civile della persona umana, costituisce ancora oggi uno straordinario esempio, soprattutto per le giovani generazioni, a non svilire la politica a puro pragmatismo e calcolo di carriera».
  Giuseppe Di Vagno cadde per affermare i suoi ideali di democrazia, di libertà, di giustizia, di solidarietà, di pace, valori oggi divenuti patrimonio comune di tutti gli italiani anche grazie al sacrificio estremo di coloro che, come lui, non si piegarono di fronte alla violenza di un'ideologia liberticida.
  Di Vittorio lo vide subito dopo l'aggressione fascista e disse che l'eroe era vinto.
  Noi oggi, dopo tanto tempo e a distanza di quasi 70 anni dalla caduta del fascismo, con l'istituzione di questo premio riconosciamo l'impegno civile di Di Vagno, che è ancora vivo, non è stato sconfitto (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Signora Presidente, io annuncio il voto favorevole del gruppo Per l'Italia e consegno il testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti – Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simonetti. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SIMONETTI. Presidente, il gruppo Lega Nord porta grande rispetto alla storia del deputato Di Vagno, al quale è stata data in dote una fondazione. È chiaro che con l'astensione noi non vogliamo dimenticare ciò che avvenne nel 1921, ma è chiaro che non riteniamo che il Parlamento debba istituire addirittura una legge, che potrebbe essere finanziata dagli enti locali o dal mecenatismo; soprattutto, sono tematiche, quelle che vengono poste appunto per il premio, che nulla hanno a che fare con la vicenda che è emersa in quegli anni, in quella triste vicenda, che ricordo sono il socialismo nel Mezzogiorno ed i cambiamenti istituzionali nel Mezzogiorno: nulla hanno a che fare con la violenza e con gli scontri politici che hanno portato appunto all'uccisione del deputato Di Vagno.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Grazie Presidente, nel dichiarare il voto favorevole di Scelta Civica per l'Italia consegno il testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signora Presidente, annuncio il voto favorevole del Nuovo Centrodestra e consegno il testo Pag. 108della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Distaso. Ne ha facoltà.

  ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, nel preannunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia e anche la consegna personale del mio intervento, mi sia consentito aggiungere due parole in qualità di primo firmatario di questa proposta di legge, insieme a tanti altri amici deputati di vari schieramenti politici, come l'onorevole Ginefra, l'onorevole Grassi, l'onorevole Fitto, l'onorevole Pizzolante che ha parlato, l'onorevole Matarrese, tanti deputati pugliesi, perché Peppino Di Vagno, Giuseppe Di Vagno, era nato a Conversano, in provincia di Bari. È morto nel 1921, primo martire, sicuramente prima ancora di Giacomo Matteotti, in un periodo molto particolare della nostra storia.
  E voglio ricordarne anche il figlio, nato pochi mesi dopo la morte del padre, anch'egli deputato in questa Assemblea, in questa Camera dei deputati, a partire dal 1963, deputato socialista. Entrambi protagonisti di battaglie meridionaliste che oggi devono essere ricordati, e non solo perché è importante conoscere la nostra storia (e da qui l'importanza di istituire un premio di laurea, attraverso il quale i giovani possano approfondire la storia della propria terra e anche la storia politica del nostro Paese); ma mi riferisco anche alla valenza del fatto che tanti deputati abbiano voluto condividere questa proposta di legge che significa che oggi abbiamo superato una fase, almeno quella, di strumentalizzazione politico-partitica e riconosciamo i fondamenti della nostra storia comune.
  Chi ha combattuto per l'affermazione di alcuni ideali, in particolare per il riscatto dei più deboli dal punto di vista sociale, anche a prezzo della propria vita, merita sicuramente di essere ricordato con onore. Per questo abbiamo voluto istituire questo premio di laurea e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) (La Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale della dichiarazione di voto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, perché dei cittadini che sono entrati per il loro primo mandato all'interno delle istituzioni sono contrari ad una proposta di legge che, se analizzata superficialmente, finanzia una fondazione culturale del sud e istituisce un premio di ricerca su temi umanistici ? Il MoVimento 5 Stelle è contro la storia, è contro la cultura, è contro la ricerca: questa è stata la facile e becera strumentalizzazione della maggioranza del PD e anche degli organi di informazione spesso ad essa asserviti come il giornale la Repubblica.
  Eppure, è stato proprio il MoVimento 5 Stelle a volere una discussione più visibile su questa proposta di legge in Aula per informare maggiormente i cittadini. La verità è un'altra: noi cittadini siamo stanchi che lo Stato nel 2014 ancora non utilizzi criteri chiari, trasparenti ed oggettivi per allocare le proprie risorse in ogni comparto. O meglio, il criterio c’è, quello di avere un padrino politico. Se un ente culturale, una fondazione, un'associazione ha un padrino politico, prima o poi riceverà soldi pubblici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), con un emendamento magari in legge di stabilità. È successo per l'orchestra fantasma del teatro San Carlo con un milione di euro e per i Virtuosi Italiani di Verona, prelevando soldi dal Fondo unico per lo spettacolo. Per le orchestre ci sono criteri di accesso molto stringenti, regolamenti che evidentemente non valgono per chi ha santi in paradiso.
  Oggi lo stesso metodo lo adoperate con una legge ad hoc che è quella che ci apprestiamo a votare. Ma chi danneggia questo modo di fare ? Crediamo che danneggi Pag. 109noi cittadini perché bisogna garantire procedure trasparenti, meritocratiche, oggettive per l'utilizzo dei nostri soldi. Ma danneggia anche tutte le altre fondazioni, tutte le altre associazioni, tutti gli altri enti culturali onesti che non verranno valutati per quello che fanno, per il merito delle loro azioni, ma in funzione dei contatti e del favore del politico di turno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Questa è la prassi della Commissione cultura della Camera per cui è da un anno e più mesi che discutiamo del progetto di legge della Basilica palladiana perché Galan ha promesso un favore a un suo amico sindaco; poi discutiamo della legge dell'istituto della Santissima Trinità di Vico Equense, poi del centenario di Burri. Poi Renzi ci parla della produttività. La chieda al suo PD.
  Tutte proposte di legge che non ci trovano avversi nel merito, ma il MoVimento 5 Stelle non accetta che tante emergenze del Paese, tanti problemi strutturali nel mondo della cultura, dello sport, dell'arte, dei beni culturali, della scuola, dell'università, dell'editoria, dell'informazione non siano affrontati con adeguate proposte di legge di iniziativa parlamentare nella Commissione cultura della Camera dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Siamo stati noi del MoVimento 5 Stelle a portare una proposta di legge sulla riduzione dei contributi universitari per gli studenti ed è insabbiata in Commissione da più di un anno. Siamo noi che abbiamo costretto la maggioranza a discutere, da domani, la proposta dell'abolizione del finanziamento pubblico all'editoria e ci sono proposte serie anche da altre opposizioni. Ma la maggioranza e il PD in Parlamento sono ormai rassegnati a un ruolo di comparsa nella democrazia italiana, asservita ai diktat del Presidente del Consiglio Renzi e, quindi, delegata ad occuparsi solo di interventi microsettoriali e territoriali. Non disturbate il manovratore: è questa l'unica regola che sembrano avere in mente. Ed oggi questo atteggiamento asservito lo pagano tutti i cittadini italiani con le scelte autoritarie previste da questo Governo per la nostra Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma torniamo alla legge in analisi e vediamo a chi state dando risorse dei cittadini italiani questa volta. La fondazione culturale Giuseppe Di Vagno è presieduta da Gianvito Mastroleo, attuale presidente regionale in Puglia guarda caso del Partito Socialista.
  Lo stesso Gianvito Mastroleo che venne condannato per corruzione in primo grado ad otto anni di reclusione e una multa di 820 milioni di lire con interdizione perpetua dai pubblici uffici per la vicenda che riguarda l'assegnazione e la spartizione degli appalti per la costruzione di 14 edifici scolastici, con una commessa in due tranche per un valore complessivo di 47 miliardi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In secondo grado Gianvito Mastroleo, presidente attuale della Fondazione Di Vagno, venne condannato a cinque anni e sei mesi dalla corte di appello di Bari all'epoca di Tangentopoli. Poi, prima che si potesse arrivare alla sentenza definitiva, i reati caddero in prescrizione.
  Gianvito Mastroleo non ha mai voluto l'accertamento pieno della verità da parte della magistratura e non si oppose alla prescrizione, ma è lui stesso a raccontare ai giudici, così come appare sul Corriere della Sera dell'epoca, che si ritrovavano al n. 143 di Corso Vittorio Emanuele di Bari per decidere come assegnare e spartire appalti per la costruzione dei 14 edifici scolastici. È lo stesso Mastroleo a dichiarare: «Ho dovuto rispondere di concussione anziché di corruzione e per questo ho fatto ricorso in Cassazione. Voglio capire perché a Milano gli imprenditori vengono indagati e arrestati insieme con i politici e qui a Bari, invece, sono considerati vittime della nostra sete di denaro». Mastroleo osanna Di Pietro, riconosce le proprie gravi responsabilità ed il peso di una condanna per corruzione ma rifiuta ogni addebito di concussione. Questo scriveva il Corriere della Sera dell'epoca.Pag. 110
  Ebbene, voi con questa proposta di legge consegnate altri soldi pubblici nelle mani di un soggetto che ha condanne per corruzione e a un soggetto che confonde i piani di una politica attiva come presidente regionale del Partito Socialista in Puglia e una politica come presidente di una Fondazione che porta il nome di Giuseppe Di Vagno, primo parlamentare italiano ucciso dal fascismo. Lui sì, vero esempio di politica al servizio della collettività che ha pagato con la vita l'affermazione degli ideali di democrazia, di libertà, di giustizia, di solidarietà, di pace, valori che meritano di essere rappresentati e difesi da persone oneste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Soprattutto in questo momento storico in cui il Paese è lacerato da continui scandali di corruzione, concedere fondi ad una fondazione culturale presieduta da una persona che ha avuto condanne per corruzione, significa perdere l'occasione di dare un segnale e implicitamente significa avallare quella che è ormai divenuta una prassi italiana. La cultura non può permettere, deve anzi dare un segnale concreto di rifiuto di questo sistema. È da più di un anno che, su ogni atto, diciamo al Ministero dei beni e delle attività culturali che questo sistema di soldi a pioggia sul settore della cultura non è più accettabile.
  È lo stesso Ministero ad ammettere che spilla soldi in funzione di una stratificazione di norme e leggi decise senza alcun merito o criterio, ma per volontà del politico di turno. Questi sono i motivi per noi cittadini, che non siamo né intellettuali di sinistra né penne di spicco di uno dei più diffusi quotidiani nazionali, che bastano e avanzano per votare contro questa proposta di legge che rappresenta per noi un ulteriore rallentamento del processo di utilizzo finalmente meritocratico e meno politico dei soldi di tutti i contribuenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bossa. Ne ha facoltà.

  LUISA BOSSA. Signora Presidente, nel consegnare l'intervento, le annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, in dissenso dal mio gruppo, voterò contro questa «marchetta» non solo per le motivazioni che hanno espresso i colleghi del MoVimento 5 Stelle, ma perché ritengo che sia la cosa in assoluto più sbagliata sfruttare in qualche modo il nome di un martire per dare qualche soldo a pioggia a qualche amico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nuti. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, prendiamo atto che il primo partito di questa Camera non ha il coraggio di motivare il suo voto favorevole davanti a quest'Aula e davanti, quindi, alla Presidenza della Camera, nonostante quello che è appena stato detto dal collega Luigi Gallo. Il PD di Matteo Renzi, quello del «cambiamo verso» e del rottamare, che si appresta a votare una marchetta di 100 mila euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e non ha neanche la dignità né il coraggio di dire a testa alta perché vuole votare a favore di questa marchetta dei socialisti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Lello. No, è l'onorevole Di Gioia, mi scusi. Ne ha facoltà.

Pag. 111

  LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, intervengo a titolo personale. Io credo che sia molto facile parlare e, soprattutto, sparlare della gente o delle persone e credo che sia altrettanto semplice per alcuni parlar male del Partito socialista, che ha una storia e che ha, ovviamente, una dignità ancora oggi – ancora oggi –, credo, estremamente significativa e importante.
  Penso che prima di fare queste dichiarazioni, ognuno di noi dovrebbe guardare in se stesso e credo che, una volta che si è guardato in se stesso, possa, poi, parlare di altri e parlare anche delle cosiddette, tra virgolette, marchette.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LELLO DI GIOIA. Credo che questo non lo sia: basta semplicemente guardare, e andare lì, in quella fondazione, per vedere cosa fa e come opera. E per ciò che riguarda il suo presidente, io credo che molti in quest'Aula dovrebbero sciacquarsi la bocca, perché credo che abbiano parecchio, parecchio, da potersi rimproverare. Credo Presidente...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Gioia.

  LELLO DI GIOIA. ...la ringrazio del tempo che ci ha concesso. Anche per quanto riguarda l'ultimo intervenuto, il deputato della Lega, e guardo a lei...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, deve concludere, ha finito il suo tempo. Grazie, ha concluso.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, solo per comunicare che l'intervento dell'onorevole Di Lello ci ha convinto...

  PRESIDENTE. Di Gioia.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Di Gioia, mi perdoni.

  PRESIDENTE. Perché ho sbagliato io. È colpa mia.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. E io la inseguivo. L'intervento dell'onorevole Di Gioia ha convinto il gruppo della Lega a votare contro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ginefra. Ne ha facoltà.

  DARIO GINEFRA. Signor Presidente, il Partito Democratico, venendo incontro ad un'intesa che era sopravvenuta con tutti i gruppi parlamentari, ha semplicemente annunciato il proprio voto a favore attraverso la collega Bossa e consegnerà, appunto, come era stato preannunciato, il proprio intervento di dichiarazione di voto. Abbiamo aderito a quella che era una decisione che sembrava condivisa e, invece, c’è chi ha voluto violare – evidentemente, approfittando della piena disponibilità delle persone di buon senso, che per fortuna in quest'Aula sono la maggior parte – questo patto, introducendo degli elementi nella discussione, che meritano una piccola replica che io vorrei qui proporre.
  Il premio che si sta decidendo in questo momento di sostenere attraverso quei criteri che sono stati ampiamente illustrati nella Commissione...

  PRESIDENTE. Onorevole Ginefra, concluda.

  DARIO GINEFRA. Nella Commissione di merito, signora Presidente, riguarda una fondazione che capisco (Dai banchi del gruppo MoVimento 5 Stelle si grida: tempo, tempo !). ..

  PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, il tempo lo tiene la Presidenza...

Pag. 112

  DARIO GINEFRA. Colleghi del MoVimento 5 Stelle, voi siete abituati a una dimensione proprietaria e, quindi, persino un'istituzione come una fondazione per voi che siete un movimento abituato ad avere un padrone...

  PRESIDENTE. Collega Ginefra, deve chiudere l'intervento.

  DARIO GINEFRA. E riconducibile al cosiddetto padrone e non a quello che rappresenta.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, perché non aveva parlato prima, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signora Presidente, non posso permettermi di votare contro, perché l'accusa sarebbe troppo facile e riguarderebbe una valutazione storico-politica sulla persona a cui è intitolata la fondazione, ma gli argomenti del MoVimento 5 Stelle mi hanno convinto e, quindi, preannuncio che non parteciperò al voto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, non ho capito se a titolo personale, l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signora Presidente, intervengo solo per ricordare al collega del PD e forse al PD che è nelle prerogative dei gruppi parlamentari decidere se depositare o meno l'intervento e, quindi, farlo in Aula; se il MoVimento 5 Stelle ha la libertà di poter intervenire, questo è il buonsenso. Il buon senso, invece, caro collega Ginefra, vuole, magari, che dei finanziamenti pubblici non vengano dati ad un delinquente, ma vengano dati, magari, a fondazioni che sono totalmente trasparenti, perché un prescritto non è una persona totalmente pulita davanti a quella che è la giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Onorevole D'Ambrosio, concluda.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Inoltre, voglio ricordare, magari concludendo, Presidente, una seconda cosa: il MoVimento 5 Stelle vuole aiutare le fondazioni, vuole aiutare, collega, chi fa attività sul territorio, ma aiutiamole tutte, non facendo la singola marchetta per i socialisti che magari devono ricordarsi una cosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il primo comandamento del MoVimento 5 Stelle è: non rubare ! Quindi sciacquatevi voi la bocca (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Signora Presidente, intervengo, invece, a nome di tutti i cittadini italiani e non che lavorano (Commenti)... Presidente, non sento la mia voce !

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Stiamo per votare, stiamo per fare il voto finale, abbiate la bontà di ascoltare gli ultimi interventi.
  Prego, onorevole Grillo.

  GIULIA GRILLO. Presidente, in quanto eletta del MoVimento 5 Stelle intervengo a nome di tutti i cittadini italiani che operano (Commenti)...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, la collega è libera di dire quello che pensa, potete non condividerlo, ma dovete lasciarla parlare.

  GIULIA GRILLO. In nome di tutti i cittadini italiani che operano nel settore del volontariato, nel settore culturale, in tutti i settori possibili e immaginabili, in associazioni, in fondazioni, in qualunque forma e identità e che lo fanno gratuitamente e senza avere alcun tipo di finanziamento, marchettaro o non marchettaro Pag. 113che gli venga dalla politica. Questi cittadini non chiedono un soldo e noi li dobbiamo ringraziare....

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Grillo.
  Ha chiesto di parlare, onorevole Sibilia ? Non vedo da qui, lei ha in mano un Regolamento o ha in mano un'altra cosa ? Mi scusi, allora non aveva chiesto di parlare... va bene, ormai ha la parola, prego onorevole Sibilia..

  CARLO SIBILIA. Signora Presidente, volevo semplicemente dire una cosa, siccome ho sentito degli urlacci, ho sentito delle urla quando la mia collega ha detto che parlava a nome di tutti i cittadini italiani, io ricordo a tutti i deputati in quest'Aula l'articolo 67 della Costituzione che dice che ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il relatore Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signora Presidente, avrei voluto ringraziare i colleghi di maggioranza, di opposizione e i commissari per il varo di questo provvedimento. Ci sono molti buoni motivi, un uomo buono dalla parte del popolo, il primo deputato assassinato, la tutela della memoria storica.
  Ne cito uno solo, dopo il dibattito che abbiamo ascoltato negli ultimi minuti: è una buona legge e una buona scelta perché investe in cultura, sul sapere. Se si fosse fatto di più e meglio in Italia negli anni scorsi non avremmo ascoltato tanta grettezza ed ignoranza in quest'Aula (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Continuiamo ad investire in cultura e sul sapere per far crescere i nostri giovani. Poi, delle offese, anzi, delle accuse che abbiamo ascoltato, mi auguro che, senza lo scudo dell'immunità, i colleghi parlamentari ne vogliano rispondere nelle aule di tribunale. Per quanto mi riguarda, considero, nonostante tutto, il varo di questa legge un buon giorno per questa Camera.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Presidente, a quanto pare in quest'Aula c’è chi ha una certa cultura, io la chiamo cultura dell'onestà, e chi ha un altro tipo di cultura, avversa a quella dell'onestà, che mi sembra debba essere quella della disonestà, a quanto pare.

  PRESIDENTE. Colleghi.

  ANDREA COLLETTI. Comunque, ad ogni modo, tralasciando questa vena polemica, do un consiglio a coloro che possono nominare un futuro presidente della Fondazione: vi è un certo Verdini che è stato appena rinviato a giudizio. È un nome ottimo, socialista, e sta ai patti. Mi raccomando, per la prossima volta votatelo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Presidente, io devo dire la verità: i toni che sono stati usati da tutti quanti sono stati forti, non ho dubbi al riguardo. Però, effettivamente...

  PRESIDENTE. Colleghi, sento un gran rumore.

  FRANCESCO D'UVA. Presidente, dicevo che i toni usati sono stati sicuramente molto forti. La nostra rabbia sta nel fatto che abbiamo imparato a conoscere in quest'anno e oltre i colleghi del PD, e conosciamo loro anche singolarmente. Io stesso, appena sarà possibile, vorrò leggere la dichiarazione di voto della collega Bossa, che stimo per il lavoro che porta avanti in Commissione cultura e antimafia. La nostra rabbia sta proprio in questo, nel fatto che conosciamo i deputati, e ci chiediamo come mai, davanti all'esposizione del collega Gallo, vogliono ancora Pag. 114votare favorevolmente. Quindi, il nostro era un invito alla riflessione e scusate se i toni forse sono stati forti. Ma veramente, è un invito alla riflessione e valutate cortesemente se quello che dice Gallo è sensato o meno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ciracì. Ne ha facoltà.

  NICOLA CIRACÌ. Presidente, voglio dire a titolo personale che vengo dalla Puglia e nel momento in cui sento termini come delinquente e marchettaro, anche lontanamente avvicinati al nome di Di Vagno, io provo un senso di rabbia e di vergogna e mi ribello a questo modo di fare. Quindi io voterò sicuramente a favore. Non si intimidisce nessuno, state certi, con le urla. Vi dico solo una cosa: faccio mio il suo intervento. C’è bisogno di rileggere un po’ di storia, quando si parla di queste persone. Vi sono persone che sono state miei professori all'università anche nei banchi del PD. Vi dico che avrei accettato un ragionamento sui controlli di quei 100 mila euro, e l'avrei condiviso. Ma specificate meglio, perché usare il termine delinquente a 360 gradi...

  PRESIDENTE. La ringrazio.

(Coordinamento formale – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1092-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 1092-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cani, Palma, Piccolo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

  «Distaso ed altri: Istituzione del “Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno” e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921» (1092-A):

   (Presenti  434   
   Votanti  422   
   Astenuti   12   
   Maggioranza  212   
    Hanno votato
 314    
    Hanno votato
no  108).    

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (20,15).

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, i lavori dell'Assemblea della prossima settimana sono stati così rimodulati:

  Lunedì 21 luglio (antimeridiana ed eventualmente al termine della discussione congiunta del conto consuntivo e del progetto di bilancio della Camera dei deputati).

  Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2496 – Conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà Pag. 115fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile (da inviare al Senato – scadenza: 26 agosto 2014).

  Discussione sulle linee generali della mozione Ginefra ed altri n. 1-00134 concernente iniziative per il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico e per l'ammodernamento della linea ferroviaria sulla dorsale adriatica.

  Lunedì 21 luglio (15,30, con eventuale prosecuzione notturna).

  Discussione congiunta del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 3) e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2014 (Doc. VIII, n. 4).

  Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 18,30 della stessa giornata.

  Martedì 22, mercoledì 23 e giovedì 24 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 25 luglio) (con votazioni).

  Esame della domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Galan (Doc. IV, n. 8) (martedì 22 luglio, ore 11).

  Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2496 – Conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile (da inviare al Senato – scadenza: 26 agosto 2014).

  Esame del disegno di legge n. 2486 – Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari (da inviare al Senato – scadenza: 23 agosto 2014).

  Seguito dell'esame della mozione Ginefra ed altri n. 1-00134 concernente iniziative per il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico e per l'ammodernamento della linea ferroviaria sulla dorsale adriatica.

  Nella seduta di giovedì 24 luglio avrà luogo la votazione del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 3) e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2014 (Doc. VIII, n. 4).

  Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il senatore Jonny Crosio, in sostituzione del senatore Gian Marco Centinaio, dimissionario.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per la semplificazione.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato in data 15 luglio ha Pag. 116chiamato a far parte della Commissione parlamentare per la semplificazione il senatore Paolo Tosato, in sostituzione del senatore Gian Marco Centinaio, dimissionario.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere il senatore Nunziante Consiglio, in sostituzione del senatore Raffaele Volpi, dimissionario.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Andrea Mazziotti Di Celso ha reso noto che l'assemblea del gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia ha proceduto in pari data alla sua elezione a presidente del gruppo.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,20).

  ALESSANDRO PAGANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, mi aggancio alla notizia che stanno dando da stamani tutti i giornali nazionali. Notizia che ormai è nota a livello regionale da settimane, visto che i lavoratori dell'ENI di Gela sono ormai in agitazione da un periodo considerevole. Ma oggi vedo che tutte le testate nazionali hanno cominciato finalmente a comprendere che il problema non è un problema siciliano o un problema della realtà del comprensorio di Gela, ma è un problema realmente di portata nazionale.
  La logica che porta a chiudere questo stabilimento è tutta nelle parole riprese da Il Messaggero (che fra tutti ha titolato con il titolo più forte: «ENI ha deciso, vuole chiudere Gela»), dell'amministratore delegato Descalzi il quale avrebbe raccontato agli stessi sindacati l'intenzione di chiudere lo stabilimento di Gela, o meglio, di non proseguire con l'investimento di 700 milioni di euro che erano stati programmati un anno fa circa, fra tutte le parti sociali, la regione siciliana e ovviamente la stessa ENI.
  Era evidente che quell'investimento serviva a recuperare un gap tecnologico che lo stabilimento, in quel momento e anche in questo momento ha, e che non lo rende competitivo rispetto agli scenari complessivi. Questo investimento programmato riguarda la possibilità concreta di sviluppo di una materia prima fondamentale come quella del gasolio e della benzina. Tutto questo ovviamente viene meno, alla luce della cancellazione dell'investimento. Io ritengo – e qui mi appello all'Aula – che l'interrogazione a risposta orale che il sottoscritto ha presentato giusto nella giornata di ieri, 15 luglio, sia importantissima. Con essa si vuole capire quali sono le decisioni che l'ENI ha maturato, decisioni che, da un certo punto di vista, sono incomprensibili, primo, perché è stato repentino il cambiamento di strategia, nel giro di appena un anno...

  PRESIDENTE. Onorevole Pagano, ha concluso il suo tempo.

  ALESSANDRO PAGANO. Mi avvio alla conclusione. Nell'interrogazione chiediamo spiegazioni sul perché i 700 milioni di euro, che servivano per rilanciare lo stabilimento di raffinazione, sono venuti meno. E poi chiediamo a questo punto che il Governo in tempi rapidi venga qui a spiegare in Aula come si voglia sostituire la perdita di know-hown spaventoso, come quello di maestranze, di tecnologia, che ormai da ben sessant'anni, insistono in Pag. 117quei territori e che producono un bene indispensabile per il Paese, ma anche ricchezze professionali uniche in Italia. Da qui, l'esigenza della risposta in tempi rapidi che, sicuramente, questo Parlamento sta in questo momento sollecitando.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 17 luglio 2014, alle 9:

  1. – Informativa urgente del Governo sul rispetto dei vincoli derivanti dal patto di stabilità e crescita alla luce delle raccomandazioni agli Stati membri dell'Unione europea approvate l'8 luglio 2014 dal Consiglio Ecofin.

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1326 – Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo (Approvato dal Senato) (C. 2498-A)

   e delle abbinate proposte di legge: SANTERINI ed altri; MARCON ed altri; SPADONI ed altri (C. 665-832-2201).
  — Relatore: Quartapelle Procopio.

  La seduta termina alle 20,20.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO MARIANO RABINO SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2272

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, onorevoli Colleghi, il disegno di legge in esame reca la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo di cooperazione stipulato il 9 febbraio 2010 a Niamey tra l'Italia e la Repubblica del Niger, in materia di sicurezza: esso riveste un preciso significato, alla luce del continuo mutamento degli scenari internazionali e delle nuove relazioni politiche ed economiche tra gli Stati.
  Il Trattato sancisce l'impegno dei due Paesi a collaborare, nel rispetto delle legislazioni nazionali e della normativa internazionale ad hoc, nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale ed al terrorismo internazionale.
  Nello specifico, il testo individua le autorità competenti per l'applicazione dell'accordo – che, per l'Italia, è il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno – e precisa le modalità della cooperazione per il contrasto alla produzione e al traffico di stupefacenti, che riguardano principalmente lo scambio di informazioni di carattere operativo.
  Vengono altresì disciplinati le modalità della cooperazione sulla lotta al terrorismo, che avverrà tramite lo scambio rapido di informazioni su tecniche, modus procedendi e strutture riconducibili alle organizzazioni terroristiche operanti sul territorio delle due Parti, nonché sui soggetti che ne fanno parte; lo scambio di informazioni sui canali di finanziamento delle organizzazioni terroristiche e l'eventuale reimpiego dei capitali e lo scambio di esperienze in materia.
  La necessità di un intervento normativo in tale ambito discende dalla consapevolezza che il Niger – area geografica di particolare interesse strategico – è frequentemente utilizzato da parte della criminalità organizzata transnazionale per traffici illeciti di ogni genere (in particolare per il traffico illecito di migranti che attraversano le fasce desertiche del Sahel), per la tratta di esseri umani, nonché per la produzione e il commercio di sostanze stupefacenti.
  Nel quadro della prevenzione e del contrasto a tali forme di criminalità, l'Unione europea ha già da tempo provveduto a finanziare progetti di addestramento e di formazione della Polizia del Paese africano.
  Per partecipare a questi interventi europei si è reso necessario stipulare un'intesa bilaterale, al fine di regolamentare la cooperazione di polizia e il rafforzamento dei rapporti di collaborazione tra gli omologhi Pag. 118organismi impegnati nella prevenzione e nel contrasto a tali fenomeni criminali.
  L'Accordo in esame (attraverso cui vengono adempiuti gli obblighi internazionali vigenti in materia: la risoluzione n. 45/123 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1990 in materia di cooperazione internazionale nella lotta al crimine organizzato; le Convenzioni contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti adottate dalle Nazioni Unite; la Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale firmata a Palermo il 12 dicembre del 2000 e sottoscritta anche dal Niger; nonché le Convenzioni contro il terrorismo adottate sotto l'egida delle Nazioni Unite) costituisce il frutto di negoziati avviati sin dal 2004 e fa sì che l'Italia e il Niger si impegnino a prestarsi reciproca assistenza nell'attività di polizia per contrastare le varie forme della criminalità, realizzando iniziative congiunte nei settori della formazione e dell'addestramento.
  Viene previsto che l'azione comune di contrasto alla produzione e al traffico illecito di stupefacenti si realizzi mediante lo scambio di informazioni finalizzate all'identificazione di persone, oggetti o denaro riferibili a tali attività, o ancora all'individuazione di nuovi tipi di sostanze illecite appetibili per il mercato.
  Già nel dibattito in Commissione è stato rilevato che il Niger, paese tra i più poveri del pianeta, risulta essere tra i primi produttori al mondo di uranio, una risorsa strategicamente importante perché fondamentale per la produzione di energia nucleare.
  L'Accordo si inquadra nella prospettiva, fortemente sostenuta dall'Unione europea, di creare le condizioni affinché il Paese, al pari di altri Stati dell'area, possa trarre profitto dalle proprie risorse naturali, assicurando in primis il mantenimento della sicurezza interna e della stabilità.
  Alla luce di tali considerazioni, dichiaro il voto favorevole di Scelta Civica per l'Italia sul provvedimento.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI PIA ELDA LOCATELLI, MILENA SANTERINI, BRUNO MOLEA, SERGIO PIZZOLANTE, ANTONIO DISTASO E LUISA BOSSA SULLA PROPOSTA DI LEGGE A.C. 1092-A.

  PIA ELDA LOCATELLI. Nell'annunciare il voto favorevole dei socialisti alla proposta di legge che dispone l'istituzione del Premio biennale di ricerca per la conservazione della memoria del deputato socialista Giuseppe Di Vagno, voglio ringraziare tutti i colleghi e le colleghe che sono intervenuti nel dibattito di lunedì. Un grazie particolare va alla collega Coccia che, nel suo toccante intervento, ha ricordato la storia del socialismo, la nostra storia, e ha difeso la parola socialista da quanti, in quest'aula come fuori, per ignoranza, populismo e sentito dire vogliono relegarla nel fango.
  Certo, ci sono stati degli errori, anche gravi del mio partito come di altri partiti. Ce ne assumiamo la responsabilità senza nascondere i fatti, senza nascondere nulla. Ma questi errori non possono cancellare quanto di buono è stato fatto, abbiamo fatto noi Socialisti, per il nostro Paese.
  Il fatto che le critiche e a volte gli insulti più aspri nei confronti del socialismo e dei socialisti arrivino dalle generazioni più giovani, specie in questo Parlamento dai colleghi del Movimento 5 Stelle, dimostra quanto negli ultimi anni nelle scuole, grazie a una per certi aspetti «sciagurata» riforma, si sia sottovalutata l'importanza della storia e quindi della nostra memoria. E non parlo della storia del socialismo, ma della storia dell'Italia che è anche, ma non solo, storia del socialismo.
  Senza conoscere la storia non si può fare buona politica, non si possono comprendere i conflitti internazionali che lacerano il mondo, non si possono crescere bene i nostri figli e le nostre figlie.
  Per questo dobbiamo essere grati alla Fondazione Di Vagno e a tutte quelle Fondazioni che, tra mille difficoltà economiche, suppliscono a queste mancanze, Pag. 119custodiscono libri e giornali, fonti storiche insostituibili, e tengono viva la memoria.
  Historia magistra vitae, scriveva già Cicerone nel De Oratore. Vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, messaggera dell'antichità. Non dimentichiamolo.

  MILENA SANTERINI. Signor Presidente, onorevoli Colleghi, con la proposta di legge di iniziativa parlamentare (A.C. 1092-A) recante disposizioni per l'Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno» e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921 si intende dare un piccolo ma significativo segnale di attenzione ai temi della cultura ed in particolare degli avvenimenti storici avvenuti nella storia repubblicana del nostro paese di cui è giusto mantenere viva la memoria.
  La storia politica di Giuseppe Di Vagno, eletto deputato nelle file del Partito Socialista nell'anno 1921 e ucciso dalle squadre fasciste, rappresenta un esempio di resistenza alla violenza
  Per questo il gruppo parlamentare Per l'Italia condivide l'esigenza di conservare la memoria del deputato Giuseppe Di Vagno, tramite l'istituzione di un premio biennale ed il sostegno alla omonima fondazione per il potenziamento della Biblioteca, già riconosciuta dalla Regione Puglia come Istituzione di interesse Regionale, e del suo archivio storico.
  Come fatto notare dal nostro gruppo parlamentare, in sede di discussione presso la VII Commissione Cultura, il provvedimento in esame ha un doppio valore positivo: oltre a fare memoria della cultura socialista come parte importante della storia repubblicana Italiana, assieme alla figura di Giuseppe Di Vagno, si ha anche un effetto positivo per il Sud del nostro paese, dove la Fondazione risiede, e che grazie ad un contributo una tantum per l'anno 2014 previsto dal provvedimento in oggetto si renderanno possibili nuove azioni culturali assieme ad una migliore valorizzazione di quanto in possesso dalla fondazione stessa.
  Inoltre si prevede l'accessibilità ai contenuti culturali della fondazione anche tramite lo strumento del web, utile connessione oggi tra i contenuti e un grande potenziale pubblico di lettori.
  Seppur di modesta entità, l'erogazione di cui beneficierà la fondazione Giuseppe Di Vagno costituisce un investimento in cultura e in una valorizzazione di ricercatori nei contesti descritti proprio da questo provvedimento che ricordo essere: il socialismo nel XXI secolo, i conflitti sociali e le lotte politiche, socialismo e Mezzogiorno, i cambiamenti istituzionali regionali e locali avvenuti nel XX secolo, lo studio del fenomeno della violenza politica fisica e verbale e degli strumenti per combatterla.
  Onorevoli Colleghi, da poco questa Camera ha licenziato un provvedimento da parte del governo sul tema della cultura e della valorizzazione dei Beni Culturali, all'interno di quel dibattito il nostro gruppo parlamentare ha speso parole importanti per il ruolo che le fondazioni culturali hanno in Italia, una rete presente su tutto il territorio costituita sia in forma privata che pubblica. Si tratta di una ricchezza che va tutelata nel rispetto del principio della sussidiarietà e con l'attenzione che tale surplus continui ad operare in sinergia con le istituzioni del Paese.
  È proprio in questi termini che si colloca il provvedimento che oggi ci accingiamo a votare, e per il quale annuncio il voto favorevole del gruppo parlamentare Per l'Italia.

  BRUNO MOLEA. Signor Presidente, onorevoli colleghi !
  Con questo mio intervento dichiaro il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica su questo provvedimento.
  La proposta di legge oggi all'esame dell'Assemblea dispone l'istituzione di un Premio biennale di ricerca per la conservazione della memoria del deputato socialista Giuseppe Di Vagno assassinato a Mola di Bari il 25 settembre 1921 da un attentato fascista.Pag. 120
  L'articolo 1 del testo prevede, a decorrere dal 2014, l'istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno», da conferire il 25 settembre di ogni biennio alla presenza di un delegato della Presidenza del Consiglio dei ministri e la prima assegnazione è prevista per il 25 settembre 2014.
  L'ente responsabile dell'organizzazione del Premio è la Fondazione Di Vagno che agisce d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri e sotto la vigilanza del «Ministero per i beni e le attività culturali.
  L'ammontare del Premio è fissato in 40.000 euro: ed è facoltà della Fondazione decidere se ripartire la somma in più premi, da assegnare sulla base di criteri di merito.
  Durante l'esame in Commissione Cultura è stato precisato che il bando dovrà prevedere criteri e procedure basati, oltre che sul già presente criterio di merito, anche su criteri di trasparenza.
  È stato, altresì, previsto che le valutazioni svolte e i criteri adottati per la selezione dei vincitori sono resi pubblici, anche con la pubblicazione sul sito del MIBACT.
  Il testo prevede, inoltre, che alla Fondazione è concesso un contributo una tantum pari a 100.000 euro per la riorganizzazione, la redazione degli inventari, l'informatizzazione, la dotazione di risorse umane, nonché la definitiva apertura al pubblico della biblioteca e dell'archivio storico. Durante l'esame in sede referente è stato, altresì, previsto che la Fondazione garantisca l'accessibilità totale, anche attraverso la pubblicazione on line, delle informazioni relative all'organizzazione, nonché di quelle relative all'utilizzo del contributo, al fine di consentire il controllo del rispetto dei principi di buon andamento e trasparenza.
  Occorre ricordare che la Fondazione è inserita nella tabella triennale delle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato per il triennio 2012-2014, ai sensi dell'articolo 1 della L. 534 del 1996.
  L'articolo 2 del nuovo testo dispone che la Presidenza del Consiglio del Ministri, su proposta della Fondazione Di Vagno, nomina un Comitato scientifico, composto da 3 studiosi di chiara fama di storia contemporanea o di scienza politica, cui spetta decidere il tema del Premio per ogni edizione, d'intesa con la stessa Presidenza del Consiglio.
  Le tematiche nell'ambito delle quali il tema deve essere individuato riguardano il socialismo nel XXI secolo, i conflitti sociali e le lotte politiche, socialismo e Mezzogiorno, i cambiamenti istituzionali regionali e locali avvenuti nel Mezzogiorno nel XX secolo e le previsioni per il XXI secolo, nonché, in base alle integrazioni apportate durante l'esame in sede referente, lo studio del fenomeno della violenza politica fisica e verbale e degli strumenti per combatterla e gli ideali di giustizia, solidarietà e pace in Italia e nel mondo.
  L'articolo 3 dispone che i vincitori del Premio sono individuati da una giuria composta da 6 membri: il presidente, scelto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo fra studiosi di chiara fama di scienze politiche, un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, uno «del Presidente della regione Puglia», tre studiosi di chiara fama di storia contemporanea.
  La Fondazione intitolata a Giuseppe Di Vagno (1889-1921), primo Deputato al Parlamento Nazionale è stata formalmente costituita alla fine degli anni ’70 da un gruppo di giovani intellettuali dell'area Socialista (ma non impegnanti organicamente nel Partito), ed ebbe da subito finalità esclusivamente culturali. L'esperienza fu idealmente ispirata dall'operato dell'Istituto di cultura socialista «Giuseppe Di Vagno» animato a Bari dallo storico Antonio Lucarelli sul finire del 1943.
  Nel 2003 l'attività della Fondazione venne rilanciata a Conversano per l'intuizione di Gianvito Mastroleo. Come sede fu concessa dal Comune un'area del Monastero di San Benedetto.
  Negli ultimi dieci anni la Fondazione si è impegnata in attività di ricerca storica e approfondimento culturale. In particolare si è dedicata all'indagine della figura politica di Di Vagno e degli atti del processo Pag. 121a carico dei suoi assassini, esplorando a fondo il mondo del socialismo pugliese del ’900.
  Un'attività molto fertile che ha portato l'istituto ad essere iscritto nella Tabella triennale del Ministero dei Beni e delle attività culturali sin dal 2009.
  La Fondazione Giuseppe Di Vagno ha tracciato nuovi ed aggiornati indirizzi di attività e ricerca, con l'intento di: recuperare la Memoria della ricca tradizione democratica e socialista della Puglia, foriera di autorevoli dirigenti nazionali e rendendola fruibile agli Istituti storici contemporanei, scuole, Università e Dipartimenti di Storia, biblioteche esistenti nelle singole regioni; organizzare iniziative, anche itineranti, mirate ad approfondire temi dell'attualità politica culturale attinenti al pensiero socialista e riformista e alla cultura democratica; realizzare studi e ricerche su problemi dell'attualità socio-economica e socio-politica, quali la questione meridionale nella moderna prospettiva europea, le riforme istituzionali e il federalismo.
  L’«Istituzione del Premio biennale di ricerca Giuseppe Di. Vagno e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921», potrebbe finalmente assolvere alla funzione di assicurare un futuro alla memoria di Di Vagno come metafora duratura della lotta contro ogni forma di oppressione e affinché sia cancellato per sempre il ricorso alla violenza come strumento di lotta politica.
  Una società necessita di modelli che le consentano di rispecchiarsi in essi e conservare memoria di sé come si verifica giorno dopo giorno, in un mondo nel quale l'assenza di memoria provoca un grande senso di disagio e la decadenza valori dovuta al deperimento di modelli paterni caratterizza la società in cui viviamo.
  Per questi motivi il socialista Giuseppe Di Vagno, caduto per mano fascista a 32 anni per la caparbia fermezza con la quale mise in atto il suo progetto di riformare una società bracciantile e di perseguirlo fino all'estremo sacrificio della sua stessa vita, può essere un modello nel quale le generazioni possono rispecchiarsi.

  SERGIO PIZZOLANTE. Questo provvedimento istituisce il premio Di Vagno e attribuisce un contributo una tantum per la riorganizzazione, la redazione degli inventari e la riorganizzazione della biblioteca e dell'archivio storico. Può sembrare una piccola cosa ma la Camera oggi compie un gesto di grande valore culturale e politico. Un piccolo gesto, un grande significato. Per molti anni, per decenni ormai, si è pensato che fosse possibile edificare il futuro sulla negazione del passato, sulla mortificazione della memoria storica di questo Paese. I figli che rinnegano i padri, che li disconoscono o che, ed è peggio, semplicemente non li conoscono e non si pongono nemmeno il problema di conoscerli. È una strana sindrome: siccome non si ha una propria storia, o non la si ha più, bisogna far dimenticare le altre. Ci sono storie e culture politiche che hanno storicamente perso, con un percorso disseminato di errori e alcune volte di orrori. La storia di Di Vagno e del socialismo riformista è la storia di chi è sempre stato dalla parte giusta, dalla parte di chi aveva bisogno di riscatto e di chi aveva il merito di accompagnare quella domanda verso l'obiettivo della piena emancipazione sociale, civile, culturale e politica. Tutto ciò attraverso le opere e l'azione politico democratica con la conquista dei municipi come casa del riscatto popolare e di conquista graduale, pragmatica, lenta ma continua di condizioni di vita migliori per chi ha bisogni ma anche meriti. Per chi voleva crescere e progredire perché in possesso di un mestiere o del dono dell'intelletto e della cultura. Tutto ciò attraverso la costruzione di risposte dal basso, sussidiarie, dei sindacati, delle associazioni dei mestieri, delle società di mutuo soccorso. Un socialismo riformista ed umanitario che voleva cambiare la vita delle persone e ci è riuscito. Senza la minaccia di sovvertimenti violenti, velleitari ed inefficaci che provocarono la reazione fascista. Un socialismo riformista Pag. 122che nella sua storia gli orrori e la violenza li ha subiti. Matteotti, Bruno Buozzi, Di Vagno, il Matteotti pugliese, sino a Marco Biagi. Personaggi e storie che hanno subito l'aggressione di chi ha utilizzato la violenza morale, l'azione denigratoria verso l'avversario politico. È quindi importante questo atto del Parlamento per la memoria di Di Vagno, per i socialisti riformisti e per la Puglia.

  ANTONIO DISTASO. Giuseppe di Vagno, ucciso nel 1921, martire, prima di Giacomo Matteoti, della milizia fascista. Soprannominato «il gigante buono». Nato a Conversano, in provincia di Bari, e morto a soli 32 anni. Il figlio, anche lui Giuseppe di Vagno, nato pochi mesi dopo la morte del padre, è stato deputato della Camera per il partito socialista, eletto per la prima volta nel 1963. Ricordare loro, significa ricordare anche le lotte meridionaliste del XX secolo, che, ancora oggi, meritano studi ed adeguati approfondimenti.
  È altresì importante che la presente proposta di legge sia stata sottoscritta da deputati di diverse espressioni politiche (Distaso, Ginefra, Fitto, Di Gioia, Grassi, Pizzolante, Matarrese, etc.), il che dimostra la fondatezza delle proposte, di carattere squisitamente politico-culturale, al di là di ogni attuale strumentalizzazione politica e partitica.
  È un segnale importante per i giovani del Sud, per riscoprire la storia delle proprie terre, ma anche di uomini che l'hanno onorata a prezzo del sacrificio della propria vita.

  LUISA BOSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come già fatto nella scorsa legislatura, quando una proposta di legge analoga fu approvata senza poi diventare legge, sostengo con grande convinzione questo provvedimento. L'ho fatto in Commissione Cultura, di cui sono componente, e lo faccio in Aula per alcune ragioni che considero cruciali proprio in questo momento storico.
  Non devo certamente ricordare a quest'Aula chi fosse Giuseppe Di Vagno, deputato socialista e meridionale, ucciso dai fascisti nel 1921 a soli 32 anni. Anche se alcune uscite, di alcuni deputati, poi maldestramente ritirate, sia sul profilo di Di Vagno sia sulla sua cultura e provenienza socialista, consiglierebbero un corso accelerato di storia del pensiero politico.
  In realtà vale la pena ricordare Di Vagno, la sua biografia umana, prima ancora che politica, proprio per cogliere il senso politico di questo provvedimento, che va ben oltre la celebrazione di una figura o la necessità di fissare nella memoria storica un profilo personale.
  Di Vagno era un uomo del sud, un uomo del popolo, un uomo della politica democratica, un uomo delle istituzioni. Era tutte queste cose insieme, in un momento in cui tutte queste cose insieme facevano paura a chi, invece, aveva progetti antidemocratici, antipopolari, di demolizione delle istituzioni e della politica.
  La vicenda Di Vagno, in questo senso, è locale e nazionale, ed è storica e universale. È locale perché affonda le radici nel terreno del Meridione. Di quello e di questo meridione, perché quel profilo è ancora attuale: gruppi di potere locale, in guerra tra loro per il controllo affaristico del territorio, sul versante agrario, in quel caso, come successivamente su altri versanti. Comitati d'affari, collusi con la politica, che non esitano ad assassinare brutalmente un loro avversario politico.
  Ma quella di Di Vagno è vicenda nazionale perché quel feroce assassinio, che anticipa di pochi anni quello di Giacomo Matteotti, annuncia la comparsa della violenza come strumento di lotta politica dei fascisti, che hanno nella aggressione fisica un pezzo di codice genetico.
  Ma la vicenda Di Vagno, come dicevo, è anche storica e universale. Appartiene alla storia, benché relegata per molti anni in un angolo, perché segna con chiarezza un passaggio di fase. È il primo deputato della storia d'Italia ucciso da una mano criminale, vittima di violenza, e vittima di violenza politica di un regime che, con la violenza, con quel metodo, parte integrante Pag. 123della sua cultura, si prepara a segnare pesantemente tutta la storia del Paese.
  Ed è vicenda universale, come dicevo, perché come tutti gli eventi storici cruciali parla al passato e parla al futuro. Parla a tutte le generazioni: parla il linguaggio della democrazia e dell'intolleranza, della libertà e della sopraffazione. Categorie che, sebbene declinate sotto altre matrici, non ci hanno mai abbandonati.
  Il Matteotti del Sud: così lo ha definito Leo Valiani nel 1952, nel novantesimo anniversario dell'assassinio. Un eroe del pensiero libero, del coraggio, della democrazia. Onorare e custodire la memoria di quest'uomo è, quindi, una necessità storica e culturale, a cui la proposta di legge che esaminiamo risponde in modo puntuale ed efficace.
  Viene raccolto un lavoro che è stato già condotto, a volte in solitudine, da generazioni di studiosi e politici. Da decenni in Puglia lavora una Fondazione nel nome di Giuseppe Di Vagno; un istituto che, consapevole del valore universale della figura del deputato socialista assassinato, opera per la diffusione della cultura politica democratica, a difesa del pluralismo delle idee, delle culture politiche, della tolleranza; una fondazione che organizza «Corsi di Buona Politica» e un Festival di cultura politica. Che ha realizzato una Biblioteca con oltre 10.000 volumi, e gestisce un Archivio consultabile in rete.
  Un lavoro, quindi, assolutamente necessario, meritevole, fondamentale perché unisce la forza della memoria con la profondità della cultura, le radici della storia con la visione, il sentimento della politica.
  La proposta di legge, nel solco di questo lavoro, istituzionalizza un Premio biennale di ricerca, sulla scorta di quanto già avviene per Giacomo Matteotti, e sostiene l'opera complessiva della Fondazione con il lavoro svolto in questi anni.
  Il voto favorevole su una proposta di questo tipo, per me, è un dovere democratico. Un dovere sulla memoria, un dovere sulla cultura, un dovere sull'educazione alla politica, alla civiltà. Giuseppe Di Vagno, in questo senso, è più di un modello da indicare: un uomo che ha pagato con la vita per le sue battaglie ma, soprattutto, una idea della politica, che è servizio, visione, rigore. E soprattutto coraggio.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. La Russa e a n. 1-441 379 376 3 189 122 254 74 Resp.
2 Nom. Moz. Caruso e a n. 1-534 rif. 397 267 130 134 267 72 Appr.
3 Nom. Moz. Piras e a n. 1-536 409 399 10 200 143 256 70 Resp.
4 Nom. Moz. Fiano e a n. 1-538 rif. 423 292 131 147 284 8 70 Appr.
5 Nom. Moz. Artini e a n. 1-539 425 422 3 212 150 272 69 Resp.
6 Nom. Moz. Marcolin e a n. 1-541 439 436 3 219 159 277 69 Resp.
7 Nom. Moz. Palese e a n. 1-545 430 408 22 205 136 272 69 Resp.
8 Nom. Moz. Causin e a n. 1-546 rif. 429 342 87 172 329 13 69 Appr.
9 Nom. T.U. Pdl 360-A - articolo 1 434 415 19 208 413 2 69 Appr.
10 Nom. em. 2.100 438 415 23 208 414 1 69 Appr.
11 Nom. articolo 2 443 421 22 211 417 4 69 Appr.
12 Nom. articolo 3 435 415 20 208 411 4 69 Appr.
13 Nom. Ddl 2272 - articolo 1 456 456 229 456 63 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. articolo 2 449 449 225 449 63 Appr.
15 Nom. articolo 3 456 456 229 455 1 63 Appr.
16 Nom. articolo 4 455 455 228 455 63 Appr.
17 Nom. Ddl 2272 - voto finale 394 393 1 197 393 63 Appr.
18 Nom. Pdl 1092-A - em. 1.50 461 460 1 231 109 351 69 Resp.
19 Nom. em. 1.29 457 437 20 219 89 348 69 Resp.
20 Nom. em. 1.30 453 434 19 218 92 342 69 Resp.
21 Nom. articolo 1 452 429 23 215 332 97 69 Appr.
22 Nom. em. 2.3 457 453 4 227 94 359 69 Resp.
23 Nom. em. 2.5 459 457 2 229 90 367 69 Resp.
24 Nom. em. 2.15 458 456 2 229 106 350 69 Resp.
25 Nom. em. 2.16 458 456 2 229 105 351 69 Resp.
26 Nom. em. 2.17 460 458 2 230 105 353 69 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 31)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 2.19 460 458 2 230 430 28 69 Appr.
28 Nom. articolo 2 463 441 22 221 344 97 69 Appr.
29 Nom. articolo 3 464 440 24 221 349 91 69 Appr.
30 Nom. articolo 4 459 436 23 219 349 87 69 Appr.
31 Nom. Pdl 1092-A - voto finale 434 422 12 212 314 108 68 Appr.