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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 257 di venerdì 4 luglio 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bobba, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Rampelli e Taglialatela sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo (2426-A) (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2426-A: Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo.
  Ricordo che nella seduta del 10 giugno 2014 è stata respinta la questione pregiudiziale Allasia ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2426-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni VII (Cultura) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice per la VII Commissione (Cultura), deputata Coscia.

  MARIA COSCIA, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, colleghi, sottosegretaria, il decreto-legge che discutiamo oggi è, a mio avviso, di grande valore e di grande importanza, non solo perché rimette al centro i diritti dei cittadini alla cultura, ma perché, nell'impianto del decreto-legge, finalmente, la cultura viene affrontata come un asset fondamentale dell'economia del nostro Paese, cioè come una leva fondamentale per la crescita e lo sviluppo. Voglio citare, per rafforzare questa mia idea, in primo luogo, il tema del credito d'imposta, che viene introdotto sia per i beni e le istituzioni culturali sia anche per il turismo. Si rafforza pure la parte del tax credit sul cinema per attrarre anche capitali da altri Pag. 2Paesi europei. Insomma, questo decreto-legge segna una svolta nell'impostazione rispetto a un tema che è centrale per il nostro Paese, per il grande patrimonio che abbiamo e che tutto il mondo ci invidia.
  Durante la discussione nelle Commissioni, abbiamo avviato un confronto aperto, anche attraverso audizioni, con il mondo interessato ai temi trattati dal decreto-legge, da cui sono venuti suggerimenti utili che hanno costituito anche la base per un contributo importante teso a realizzare, come è avvenuto, un confronto sereno, aperto e costruttivo tra il Governo e le Commissioni; quindi, un confronto appunto dialettico, ma positivo e costruttivo tra maggioranza e opposizione. Quindi, abbiamo avuto la possibilità, attraverso questo lavoro, di migliorare ulteriormente il testo iniziale.
  Presidente, adesso leggerò la relazione, ma lei è autorizzata – ovviamente, lo farebbe anche senza che glielo dicessi io – ad interrompermi quando finisce il tempo e, nel caso, consegnerò la relazione stessa.
  Il decreto-legge n. 83 del 2014, dunque, approvato dal Consiglio dei ministri il 22 maggio 2014, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio. Esso è composto da 18 articoli, suddivisi in quattro titoli, relativi rispettivamente alla tutela del patrimonio culturale (articoli 1-8), al supporto dell'accessibilità del settore culturale e turistico (articoli 9-11), all'amministrazione del patrimonio culturale e del turismo (articoli 12-16) e alle norme finanziarie e all'entrata in vigore (articoli 17 e 18).
  Innanzitutto, tra le ragioni di straordinaria necessità e urgenza indicate nella premessa del decreto-legge, è stata inserita quella di reperire risorse, anche mediante interventi di agevolazione fiscale, per garantire la tutela del patrimonio culturale e lo sviluppo della cultura in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione. A tal fine, l'articolo 1 introduce un regime fiscale agevolato per il triennio 2014-2016 sotto forma di credito di imposta in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo, cosiddetto art bonus. In tal modo, si intende semplificare il sistema di agevolazione per le erogazioni liberali riguardanti i beni culturali, prevedendo un'unica disciplina per le persone fisiche e le persone giuridiche e così superando l'attuale dicotomia che vede la detrazione del 19 per cento per le prime e la deduzione dalla base imponibile per le seconde.
  In particolare, le erogazioni devono perseguire i seguenti scopi: interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica – vale a dire, musei, biblioteche e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali – realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo. I contribuenti potranno, quindi, usufruire di tale credito nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015 e nella misura del 50 per cento per il 2016; i titolari di reddito di impresa potranno utilizzare il credito di imposta in compensazione.
  Durante l'esame in sede referente è stato previsto che il credito di imposta è riconosciuto anche ove le erogazioni per interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici siano destinate a soggetti concessionari e affidatari degli stessi beni. Insomma, in sostanza, mantenendo fermo che i beni devono essere pubblici, chiunque gestirà questi beni potrà usufruire di queste agevolazioni. Al momento non è stato, invece, possibile prevedere un analogo beneficio anche in favore di beni vincolati di proprietà privata o a favore di attività culturali in genere, ma tutti abbiamo auspicato che ciò si renda possibile quando vi sia una maggiore disponibilità di risorse.
  Inoltre, sempre in sede referente, è stato disposto che le somme così elargite siano versate dall'erario e riassegnate allo stato di previsione della spesa del MIBACT per essere utilizzate secondo la loro destinazione Pag. 3e sono state precisate le misure per garantire la pubblicità e la trasparenza, in particolare è stata prevista la creazione di un apposito portale gestito dal MIBACT, in cui raggruppare tutte le informazioni relative: ai soggetti destinatari delle erogazioni, allo stato di conservazione di ciascun bene, agli interventi in atto, alle risorse pubbliche assegnate, all'ente responsabile del bene, alla fruizione.
  L'articolo 2 prevede interventi per accelerare la realizzazione del Grande Progetto Pompei. Nel corso dell'esame in sede referente importanti modifiche sono state apportate relativamente ai poteri e agli obblighi del Direttore generale del Grande Progetto Pompei, in particolare richiamando il rispetto del Protocollo di legalità ed elencando gli obblighi di cui il Direttore deve assicurare l'adempimento nell'ambito dei contratti e che definisce la procedura da seguire per la selezione delle imprese e l'aggiudicazione dei contratti medesimi.
  Ulteriori rilevanti modifiche riguardano la riduzione da 3,5 a 1,5 milioni di euro della soglia per il ricorso alla procedura negoziata per i lavori relativi ai beni culturali e la soppressione dell'incremento della soglia delle varianti in corso d'opera per i lavori previsti e della previsione che il responsabile del procedimento può svolgere anche le funzioni di progettista o di direttore. Poi, nel testo che consegnerò, vi sono ulteriori precisazioni, voglio solo dire, su questo articolo 2, che è stato quasi completamente riscritto anche sulla scorta, oltre che del dibattito nelle Commissioni, del parere dell'VIII Commissione, che voglio ringraziare anche in questa sede, che ci ha aiutato soprattutto a chiarire meglio le procedure e a rendere ancor più espliciti i temi della pubblicità e delle trasparenza.
  L'articolo 3 prevede la nomina – che doveva avvenire entro il 1o luglio 2014 – di un commissario straordinario chiamato a predisporre, entro il 31 dicembre 2014, un progetto di riassegnazione degli spazi dell'intero complesso della Reggia di Caserta. Qui si tratta di nominare un commissario che deve fare una cosa, che in tempi normali poteva sembrare scontata ma che in realtà non è avvenuta, per redistribuire gli spazi della Reggia, che è riconosciuta dall'Unesco come patrimonio mondiale e che, invece, per l'80 per cento non è utilizzata come bene culturale. Quindi l'articolo vuole finalmente ridefinire un piano serio che ristabilisca le finalità principali di questo nostro straordinario patrimonio.
  L'articolo 5 reca disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche, già modificate dall'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013, il cosiddetto decreto Bray. Anche qui, si tiene conto fondamentalmente dell'esperienza di questi mesi, che è stata quella di aiutare le fondazioni lirico-sinfoniche a recuperare da un punto di vista della tenuta dei bilanci, prevedendo un Fondo di rotazione a cui hanno potuto attingere, purché appunto realizzassero un piano importante di recupero e di risanamento finanziario.
  Ciò tenuto conto anche del problema della ricollocazione del personale, che in gran parte avverrà presso la società Ales, e su cui, appunto, si sta avviando un confronto significativo. Proprio su questo tema, sulla scorta anche delle audizioni che abbiamo fatto, abbiamo accolto alcuni emendamenti significativi proprio per rassicurare di più le aspettative del personale.
  L'articolo 6 reca disposizioni in materia di benefici fiscali per la produzione cinematografica e audiovisiva finalizzati, in particolare – come specificato durante l'esame in sede referente –, alla crescita del settore, anche attraverso l'attrazione, come dicevo prima di investimenti esteri in Italia. In particolare, aumenta da 5 a 10 milioni di euro il limite massimo del credito di imposta a favore delle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione per film o parti di film girati sul territorio nazionale, utilizzando manodopera italiana, ma su commissione di produzioni estere. Il limite massimo è riferito non più alla singola opera filmica, ma alla singola impresa di produzione esecutiva per ciascun periodo di imposta.
  Inoltre, aumenta da 110 a 115 milioni di euro, a decorrere dal 1o gennaio 2015, la misura del limite complessivo di spesa Pag. 4per la concessione dei crediti d'imposta per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico.
  Infine, differisce dal 9 gennaio 2014 al 30 giugno 2014 il termine per l'emanazione del decreto interministeriale con il quale devono essere definite le disposizioni applicative della disciplina sui benefici fiscali per la produzione cinematografica e audiovisiva, anche con riferimento ai limiti da assegnare alle due tipologie di produzioni. Con riferimento alla prima, introduce, inoltre, il riferimento ad un «particolare riguardo» ai benefici previsti per l'attrazione degli investimenti esteri. Al riguardo, segnalo che, il 10 giugno scorso, il MIBACT ha trasmesso la bozza del decreto al MEF e al MISE, ricordando che esso diventerà operativo dopo l'autorizzazione della Commissione dell'Unione europea.
  Durante l'esame in sede referente, è stata prevista la concessione di un credito d'imposta per gli anni 2015 e 2016 nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per il restauro e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche. Anche questa è un'importante novità introdotta con l'esame delle Commissioni. Esso è riservato alle piccole e medie imprese di esercizio cinematografico, purché le sale oggetto dell'intervento esistano dal 1o gennaio 1980 e siano dotate di non più di due schermi. Su questo voglio dire che, quindi, sostanzialmente, si tende a recuperare le cosiddette sale storiche, soprattutto per valorizzare ancora di più i centri storici del nostro Paese.
  Il credito d'imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo ed è riconosciuto fino ad un massimo di 100 mila euro e, comunque, fino all'esaurimento dell'importo massimo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018.
  La disciplina applicativa sarà definita con un decreto interministeriale da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  Infine, sempre in sede referente, è stata introdotta la possibilità di utilizzare, entro il 31 dicembre 2015, le somme della concessione del credito d'imposta alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali e alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo non impegnate nel 2014.
  L'articolo 7, innanzitutto, dispone l'introduzione di un nuovo strumento di pianificazione strategica, denominato «Grandi Progetti Beni culturali». Il Piano, da adottare entro il 31 dicembre di ogni anno, individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche ai fini turistici.
  Durante l'esame in sede referente, è stato previsto che, ai fini dell'adozione del Piano, è sentita anche la Conferenza unificata. Inoltre, è stata prevista la presentazione annuale di una relazione alle Camere.
  Per attuare gli interventi del Piano, è prevista, per il triennio 2014-2016, un'apposita autorizzazione di spesa, pari a 5 milioni di euro per il 2014, 30 per il 2015, 50 per il 2016. Dal 1o gennaio 2017 al Piano è destinato il 50 per cento della quota delle risorse per infrastrutture riservata a investimenti in favore dei beni culturali, di cui all'articolo 60, comma 4, della legge n. 289 del 2002.
  Anche questo ci sembra importante perché rimette in pista la possibilità di acquisire nuove risorse per il settore della cultura. Quest'ultimo viene novellato, prevedendo che la quota delle risorse, appunto, aggiuntive annualmente previste per le infrastrutture, iscritta nello stato di previsione del MIT, specificamente destinata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali, è individuata, dal 2014, in una misura pari al 3 per cento.
  In sintesi, rispetto alla normativa previgente, diventa valida a regime la previsione di riservare una quota delle risorse suddette per investimenti in favore di beni culturali e la sua percentuale è univocamente fissata (e non più da individuare in misura «fino al 3 per cento»). Inoltre, è eliminato il tetto massimo di 100 milioni Pag. 5di euro annui. L'assegnazione della predetta quota è disposta dal CIPE, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili. In sostanza, rispetto alla procedura stabilita dalla normativa previgente, non è più previsto il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze; una misura, questa, di notevole semplificazione.
  Inoltre, l'articolo 7 dispone che, per il triennio 2014-2016, 3 milioni di euro annui provenienti dalla quota riservata per investimenti in favore dei beni culturali sono destinati a finanziare progetti di attività culturali nelle periferie urbane. Anche questa ci sembra un'importante novità, perché finalmente valorizza anche le periferie, soprattutto delle grandi città.
  Un secondo gruppo di disposizioni inserite nell'articolo 7 prevede il rifinanziamento del Fondo Mille giovani per la cultura, per un ammontare di 1 milione di euro. Voglio qui precisare che durante l'esame in sede referente è stata prevista l'adozione del Programma Italia 2019 volto a valorizzare il patrimonio progettuale dei dossier di candidatura delle città italiane a Capitale europea della cultura 2019. Lei sa, Presidente, di cosa parliamo. Il Programma, che deve essere adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del MIBACT e d'intesa con la Conferenza unificata, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, individua, per ciascuna delle azioni proposte, la copertura finanziaria, anche attraverso il ricorso alle risorse previste dai programmi comunitari per il periodo 2014-2020. Inoltre, è stato previsto che annualmente il Consiglio dei ministri conferisca ad una città italiana il titolo di Capitale italiana della cultura, sulla base di una procedura di selezione definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata. I progetti presentati dalla città designata Capitale italiana della cultura hanno natura strategica di rilievo nazionale.
  A tal fine, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo propone al CIPE i progetti da finanziare, gli investimenti connessi alla realizzazione dei progetti presentati dalla città designata Capitale italiana della cultura, finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, e sono esclusi dal saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità.
  Infine, si è intervenuti sulla disciplina attuativa dei finanziamenti dei progetti di valorizzazione presentati dai comuni con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti – quindi un'attenzione anche verso i nostri comuni piccoli e medi che hanno una grande rilevanza e una grande diffusione nel nostro Paese – per l'attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, nonché dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali. In particolare è stato differito al 31 dicembre 2014 il termine per l'emanazione del decreto ministeriale.
  L'articolo 8, interamente riformulato durante l'esame in sede referente, reca disposizioni per favorire l'occupazione negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica. Quindi, ancora una volta, viene rafforzata l'idea della cultura come leva per la crescita e lo sviluppo. In particolare, prevede che, per far fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico nonché di migliorare e potenziare gli interventi di tutela, vigilanza, ispezione, conservazione e valorizzazione dei beni culturali gli istituti e luoghi della cultura di Stato, regioni ed enti territoriali possono impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali, di età non superiore a quarant'anni, individuati attraverso una procedura selettiva. Il riferimento è ai professionisti e agli elenchi previsti dall'A.C. 262, approvato definitivamente dalla VII Commissione della Camera il 25 giugno scorso.
  Si prevede, infine, che presso il Mibact saranno istituiti elenchi nazionali.

  PRESIDENTE. Ha un minuto, onorevole Coscia.

Pag. 6

  MARIA COSCIA, Relatore per la VII Commissione. Sì, grazie. L'articolo 12 introduce misure di semplificazione e quindi rinvio alla lettura integrale della relazione la specificazione rispetto a questo tema. In modo particolare, vengono previste delle commissioni di garanzia per avere un punto di riferimento ove sciogliere eventuali problemi di relazione tra sovrintendenze e realtà locali.
  L'articolo 14 pone una serie di problemi che riguardano l'organizzazione del Mibact. In modo particolare, voglio segnalare l'istituzione delle sovrintendenze speciali e anche, per i poli museali, la possibilità di rafforzare l'autonomia.
  L'articolo 15, infine, affronta alcune questioni relative al personale del Mibact.
  Questo è quanto, Presidente. Ringrazio lei, e ringrazio l'Aula per l'ascolto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna il testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la X Commissione (Attività produttive), deputata Petitti.

  EMMA PETITTI, Relatore per la X Commissione. Presidente, cercherò di illustrare nel tempo a mia disposizione quelli che sono gli articoli del decreto-legge n. 83 di competenza della X Commissione e poi lascerò agli atti la relazione completa.
  Onorevoli colleghi, sottosegretaria, abbiamo valutato, come X Commissione, sicuramente in modo molto positivo questo decreto-legge, perché il Governo, con questo atto, ha dato importanti segnali per il turismo italiano. Sappiamo che parliamo di un comparto strategico a livello industriale, che ha delle enormi potenzialità di crescita e che può dare un contributo fondamentale per lo sviluppo economico ed il lavoro, soprattutto alla luce di quelle realtà che alla crescente competizione internazionale, con l'affacciarsi di nuove destinazioni, a partire dal Mediterraneo, hanno saputo creare prodotti turistici innovativi e a prezzi accessibili. Allora, per questo diventa decisiva per l'Italia una strategia adeguata capace di valorizzare il nostro patrimonio e di vincere le nuove sfide che si giocano a livello internazionale. Per fare questo serve un progetto industriale per il turismo che tenga conto di questi grandi cambiamenti. Allora, dobbiamo riuscire, nei prossimi anni, a mettere al centro del nostro progetto quello che è il ruolo del consumatore, che è sempre più esigente, puntare sulla diversificazione e sulla qualificazione dell'offerta turistica nazionale, sull'innovazione del prodotto e sulle nuove tecnologie. Tra l'altro, proprio di fronte al percorso di modifica del Titolo V della Costituzione, prima di un disegno di legge di riforma organica annunciato dal Governo, riteniamo che con questo decreto si siano date risposte urgenti in materia di ricettività, mobilità turistica, accessibilità, innovazione tecnologica, razionalizzazione della promozione internazionale e della promo-commercializzazione. Misure che sono state rafforzate da un lavoro importante svolto nelle Commissioni.
  La VII e la X Commissione, infatti, hanno introdotto dei miglioramenti del testo approvato dal Consiglio dei ministri, senza mutare l'impianto complessivo voluto dal Governo ma, ci tengo a sottolinearlo, in un rapporto di collaborazione tra forze politiche di maggioranza e opposizione. Allora, con riferimento ai profili di competenza della X Commissione, parlerò delle misure significative che sono contenute in questo decreto-legge, innanzitutto l'articolo 4. Con questo articolo si integra il Codice dei beni culturali e del paesaggio per contrastare l'esercizio di attività commerciali e artigianali che non sono compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. Nel nostro esame in Commissione è stata modificata la definizione dell'oggetto della tutela, sostituendosi alla più generica espressione di «siti culturali» quello specifico riferimento ai complessi monumentali. La disposizione interviene su quella che è la Pag. 7disciplina del riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico che sono incompatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. L'elemento innovativo che abbiamo introdotto consiste proprio nella facoltà, per i competenti uffici territoriali del Ministero, d'intesa con i comuni che effettuano il riesame, di derogare sia alle disposizioni regionali che regolano le modalità di esercizio sia ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione. L'articolo 4 disciplina anche la corresponsione dell'indennizzo, da parte dell'amministrazione, al titolare dell'autorizzazione e una modifica è stata apportata, proprio nel corso dell'esame, che è andata nella direzione di fare in modo che risulti potenzialmente equivalente e che possa essere concernente il limite massimo dell'ammontare dell'indennizzo.
  Poi ci sono disposizioni in materia di turismo, che hanno permesso e che permetteranno in modo chiaro di rilanciare la competitività del settore. Un primo ordine di interventi si sostanzia in quella che è stata l'introduzione di crediti di imposta a favore degli esercizi ricettivi che investono nella digitalizzazione e nella riqualificazione edilizia delle strutture. Più in particolare, mi riferisco all'articolo 9, che concede un credito d'imposta a favore degli esercizi ricettivi singoli o aggregati con servizi extra-ricettivi. E allora, una modifica importante è stata riferita al fatto che il periodo d'imposta, in relazione al quale si possa applicare questo beneficio, possa partire dal 2014. Un'ulteriore modifica estende l'agevolazione alle agenzie di viaggio e ai tour operator specializzati nel turismo incoming.
  Poi parliamo dell'articolo 10, che serve a migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche: un credito d'imposta nella misura del 30 per cento delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia ed abbattimento delle barriere architettoniche. Ecco, anche questo articolo, nell'esame della Commissione, ha visto significative modifiche ed integrazioni: mi riferisco al fatto che nel testo originario si parlava di strutture ricettive, mentre nel testo attuale limitiamo la concessione dell'agevolazione alle sole imprese alberghiere, escludendo pertanto le strutture ricettive che non siano gestite in forma imprenditoriale.
  Il testo originario concedeva il credito di imposta, oltre che per interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, per le sole spese relative ad interventi di ristrutturazione edilizia in senso stretto: con il testo attuale introduciamo anche spese per interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo. Sappiamo che parliamo di limiti massimi complessivi di 20 milioni di euro per l'anno 2015, di 50 milioni di euro per gli anni successivi, dal 2016 al 2019.
  Un'ulteriore modifica apportata dalle Commissioni prevede che una quota pari al 10 per cento del limite massimo complessivo sia destinata, per ciascun anno, alla concessione del credito di imposta in favore delle imprese alberghiere per spese relative ad ulteriori interventi, comprese le spese per l'acquisto di mobili e componenti di arredo.
  E poi, per quanto concerne gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, la nuova versione del testo fa riferimento a principi di progettazione universale, con riferimento a quella che è la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
  Inoltre è stato introdotto l'aggiornamento degli standard minimi e di uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni, la cosiddetta riclassificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, compresi i «condhotel», che sappiamo essere una tipologia di hotel a proprietà frazionata, dove i singoli proprietari hanno un contratto di management con il gestore.
  E poi il nuovo comma 6 di questo articolo, quello che interviene sulla disciplina dei distretti turistici. Molto rapidamente: sappiamo che con questa disciplina noi andremo a sopprimere la limitazione per la loro istituzione ai soli territori costieri, spostando la competenza relativa alla loro istituzione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministro dei beni Pag. 8e delle attività culturali e del turismo, differendo il termine per la delimitazione dei distretti turistici da parte delle regioni al 31 dicembre 2015 e prevedendo la possibilità di realizzare, nell'ambito dei distretti turistici e dei progetti pilota, una grande operazione di semplificazione amministrativa e fiscale. E collegheremo la definizione di distretto turistico con la disciplina delle zone a burocrazia zero, derogando alla disciplina generale delle zone a burocrazia zero che prevede che tali zone non siano più soggette a vincoli paesaggistico-territoriali, per applicare, appunto, misure di semplificazione. E poi applicheremo il contratto di rete al settore turistico, con particolari riferimenti ad obiettivi e a progetti speciali.
  Un potenziamento importante di quella che è la fruibilità del patrimonio culturale e turistico è invece il filo conduttore che in questo decreto-legge mette insieme quelle che sono delle misure importanti. In primo luogo le Commissioni hanno introdotto, con i commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 7, una modifica alla disciplina attuativa del finanziamento dei progetti presentati dai comuni con una popolazione compresa tra i 5 mila e i 150 mila abitanti. In particolare, si differisce al 31 marzo 2015 il termine per l'assunzione dell'impegno finanziario, e al 31 dicembre 2014 il termine per l'emanazione del decreto ministeriale.
  Ulteriori misure importanti che mirano alla fruibilità del patrimonio culturale e turistico, sono contenute nell'articolo 11. Un piano straordinario della mobilità turistica che sarà realizzato di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. La possibilità di concedere ad uso gratuito, immobili pubblici non utilizzati a fini istituzionali, per la promozione di percorsi pedonali ciclabili, equestri, moto-turistici, fluviali e ferroviari. Come siamo intervenuti a livello di Commissioni su questo articolo ? In primo luogo si è estesa la possibilità di usufruire delle concessioni ad imprese o altre forme associative, costituite in prevalenza da soggetti fino a 40 anni (precedentemente il limite di età era di 35 anni). È stato inoltre specificato che l'assegnazione delle concessioni avviene mediante procedura ad evidenza pubblica. Un'ulteriore modifica riguarda il termine di durata della concessione, che viene elevato a nove anni (invece di sette), rinnovabili per altri nove anni, tenendo in considerazione le spese di investimento sostenute. Progetti per la valorizzazione del paesaggio anche tramite la realizzazione di itinerari turistici e culturali. E poi una disposizione importante – avevamo già avuto modo con il sottosegretario di affrontare il tema in Commissione – riguarda il tema delle guide turistiche, che consiste, attraverso un articolo di questo decreto, nel rinvio al 31 ottobre 2014 del termine per l'adozione del decreto e per l'individuazione dei siti turistici di particolare interesse nei quali, per le guide turistiche – lo sappiamo – occorre una speciale abilitazione. Questo decreto dovrà stabilire quali saranno i requisiti necessari per ottenere l'abilitazione stessa.
  Poi parliamo in modo chiaro e forte di semplificazione degli oneri burocratici. In particolare, si prevede la soggezione dell'avvio e dell'esercizio delle relative attività alla segnalazione certificata di inizio attività (la cosiddetta SCIA) per le strutture turistiche ricettive e per tutte le agenzie di viaggi. Tutte misure che servono a semplificare e velocizzare il rilascio di atti autorizzativi di varia natura relativi alla realizzazione di circuiti nazionali di eccellenza.
  Un articolo importante, l'articolo 13-bis, è stato introdotto dal lavoro di queste Commissioni, e istituisce con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Mibact, un gruppo di lavoro che individui risorse da destinare alla promozione del turismo, attraverso l'individuazione di principi e criteri per la disciplina dei contratti di intermediazione finanziaria tax free shopping, per la corretta applicazione delle disposizioni relative al contrasto alle frodi relative al rimborso dell'IVA sulle cessioni di beni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea.
  Poi l'articolo 16, che consiste nel riordino e nella razionalizzazione dell'ENIT, Pag. 9l'Agenzia nazionale per il turismo. Gli elementi maggiormente significativi di questa riforma sono la trasformazione di questo stesso ente da ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico in ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la contestuale liquidazione di Promuovi Italia Spa Conseguentemente vengono modificate funzioni e caratteristiche di questo nuovo ente, la composizione e le modalità di nomina dei componenti e la fase di transizione – lo sappiamo – è affidata alla gestione di un commissario straordinario.
  Ecco, le modifiche, anche nella discussione e nel lavoro delle nostre Commissioni sono andate incontro a queste specificazioni, e tra gli ambiti di intervento del nuovo ente è compresa la commercializzazione dei prodotti enogastronomici. L'attribuzione all'ENIT, anche attraverso il potenziamento del portale Italia.it, vedrà la realizzazione e la distribuzione di un nuovo strumento: la carta del turista che consentirà mediante strumenti e canali digitali e apposite convenzioni con soggetti pubblici e privati, di effettuare pagamenti a prezzo ridotto per la fruizione integrata di servizi pubblici di trasporto e dei luoghi della cultura.
  Vi è poi l'obbligo per il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di nominare tra i membri del consiglio di amministrazione persone e referenti anche insieme alle organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, e l'inclusione, tra gli obiettivi da definire nella convenzione, tra l'altro a cadenza triennale, del potenziamento e lo sviluppo di quello che è oggi l'attuale portale Italia.it.
  Infine, un punto a cui teniamo particolarmente, l'inclusione di tutto il personale, e non più solo di quello a tempo indeterminato, nel piano di riorganizzazione predisposto dal commissario, nel quale sono individuate la dotazione organica del nuovo ente e le unità di personale in servizio sia presso ENIT che presso Promuovi Italia Spa da assegnare allo stesso nuovo ente.
  Infine, vi è la previsione che il liquidatore della società Promuovi Italia Spa possa stipulare accordi con le società Italia Lavoro e Invitalia per il trasferimento presso queste ultime di unità di personale che non sono poi assegnate al nuovo ENIT.
  Si tratta di misure importanti, misure di sistema, misure che sono capaci, in una fase di difficoltà del nostro Paese, di sostenere le imprese turistiche, e soprattutto noi crediamo di gettare le basi di una nuova politica industriale del settore che, insieme alla nuova legge quadro sul turismo e alla riforma del Titolo V, saranno anche in grado di far tornare ad essere competitivo il nostro Paese a livello internazionale.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  È iscritto a parlare il deputato Benamati. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Presidente, sottosegretario, colleghe e colleghi, il decreto in oggetto, denominato «ad bonus» dalla misura forse più nota che è contenuta nel testo, è caratterizzato da un insieme di misure positive nei campi della cultura e del turismo. Le abbiamo sentite elencate nelle relazioni delle due relatrici, che ringrazio anche per il lavoro approfondito e attento svolto nelle Commissioni.
  Prima di entrare nel merito specifico di queste misure, mi soffermerò su alcune di esse, particolarmente significative anche dal punto di vista dell'attività produttiva. Desidero articolare due considerazioni generali, che a mio avviso mettono bene in luce il valore aggiunto di questo provvedimento.
  La prima riguarda proprio la struttura di questo decreto. Al di là di contenere misure di natura urgente in materia di cultura e turismo, che sono solo una parte Pag. 10di un programma più vasto del Governo, il decreto si connota per contenere significativamente per la prima volta un connubio, un ponte fra queste due importanti realtà sociali ed economiche del Paese, la cultura ed il turismo. Il Ministro Franceschini, con una battuta forse poco compresa, ritenuta da molti ironica, all'atto dell'assunzione dell'incarico di Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, affermò di assumere la guida di un dicastero economico. Addirittura, disse, il più importante di questo Paese. L'affermazione in sé, come ho già detto, poteva apparire ad alcuno anomala, ad altri strana, ma come negare che il patrimonio culturale italiano, quello costituito dalle grandi vestigia storiche, dai grandi luoghi della cultura, delle grandi arti – arti visive, il teatro, la musica, l'opera –, che rende nota e amata l'Italia nel mondo, è non solo una parte fondante della nostra memoria e del nostro essere comunità nazionale, ma è anche un grande motore economico per il nostro Paese, che si esercita anche attraverso il turismo ? La dimensione di questo è fornita da alcune analisi, da alcuni studi. Mi riferisco a Unioncamere, che stima come la filiera culturale italiana valga circa il 15 per cento del prodotto interno lordo, più di 220 miliardi, e generi 1,5 milioni di occupati. Un settore importante e significativo quindi, ancora di più nelle more della crisi che il Paese oggi attraversa.
  Signora sottosegretario, il detto comune «con la cultura non si mangia» è un detto falso, ed è molto più falso in questo Paese. Da questo punto di vista, quindi, il plastico raccordo che c’è in questo decreto fra cultura e turismo è un raccordo più che mai motivato e costituisce, al di là delle parole di rito, una significativa e positiva innovazione.
  La seconda considerazione che intendo svolgere riguarda le modalità con le quali si è giunti alle misure contenute nel decreto, almeno per quanto riguarda la parte del turismo, che è più di sua stretta competenza.
  Questo decreto, infatti, arriva nelle Aule parlamentari a valle di un ampio ed articolato dibattito parlamentare sul turismo, condotto in Aula e in Commissione, che ha visto anche l'approvazione di diverse mozioni all'interno dell'Aula e di diverse risoluzioni nelle Commissioni di merito. Certamente, come dicevo prima, il veicolo legislativo del decreto, che porta necessariamente misure limitate dal carattere di urgenza, limita alcune azioni, le azioni che possono essere incluse, ma ciò che mi preme ora rimarcare ora e qui è che ci si muove nella direzione indicata dalle mozioni parlamentari. Questo decreto, quindi, è anche un esempio di proficua interlocuzione fra Governo e Parlamento, un modo di procedere corretto che andrebbe spesso assunto come riferimento dell'azione del Governo.
  Entrando nel merito, posso poi notare che il decreto recava già all'origine – le abbiamo sentite elencare – importanti misure in materia sia di cultura quanto di turismo, misure che peraltro, come è stato detto, sono state sensibilmente arricchite nella trattazione da parte delle Commissioni riunite cultura e attività produttive.
  In primo luogo, l'introduzione dell’art bonus, il credito di imposta in favore del mecenatismo rispetto al restauro e alla conservazione dei beni culturali pubblici, a sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura, e per la realizzazione di strutture o per il potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di istituzioni pubbliche dedicate allo spettacolo dal vivo. Come non notare che questo provvedimento mette finalmente il Paese in condizioni di parità rispetto ai migliori contesti internazionali e che qui si può dare un contributo vero e fattivo al mantenimento del nostro patrimonio culturale ? Le Commissioni in questo hanno anche precisato il campo dell'applicazione della norma, che si estende anche a soggetti privati che gestiscono beni artistici di proprietà pubblica. Rimane – è vero – il tema importante dei beni privati ad uso pubblico, ma questo potrà essere affrontato compiutamente in futuro.
  Misure rilevanti sono state assunte – qui c’è un'interazione forte fra le attività produttive e la cultura – nel settore del Pag. 11mantenimento del decoro dei grandi luoghi della cultura, in special modo quando questi siano interessati da grandi flussi turistici. Questa è una misura che noi riteniamo doverosa, ma che nella discussione, nel dibattito e nella trattazione in Commissione ha avuto un importante approfondimento. Si sono infatti stabiliti limiti e condizioni di un intervento tutelante per i monumenti che deve essere tale anche per le attività commerciali. Si è stabilito che vi sia la necessità di un'intesa fra il sindaco ed il sovrintendente per ogni decisione che riguardi il ritiro delle concessioni in essere, così come ci appare corretta la misura adottata dell'incremento dell'eventuale indennizzo per la revoca della concessione, ove non fosse possibile una collocazione potenzialmente equivalente per l'attività, che viene oggi portata a corrispondere ad un anno dei ricavi dell'attività stessa.
  Si passa comunque – e questo voglio farlo notare – da un generico contrasto alle attività di artigianato e commercio ambulanti alla evidente e condivisibile necessità di tutelare il decoro di un numero limitato di grandi realtà della cultura italiana che rendono il nostro Paese noto nel mondo e famoso a livello internazionale, ma questo con garanzie oggettive per le attività commerciali.
  Importanti anche le misure previste all'articolo 5 sulle fondazioni lirico-sinfoniche, che completano il salvataggio di queste preziose realtà che sono uno dei famosi simboli, dei simboli più noti, dell'Italia nel mondo. Si è fatto, ma con la consapevolezza profonda che anche nel funzionamento, e quindi nell'accesso agli strumenti pubblici di finanziamento, occorrerà in futuro prediligere e premiare il merito, la capacità artistica, la capacità di promuovere sinergie e la produzione di qualità.
  In questo desidero rivolgere qui un appello al Governo, condiviso per altro da molti colleghi parlamentari, perché si inizi a porre maggiore attenzione al tema dei teatri di tradizione, che costituiscono un vero tesoro culturale italiano molto diffuso attraverso il tessuto del nostro Paese.
  All'articolo 6, la relatrice Coscia già citava l'importante azione sul tax credit per il sostegno all'industria cinematografica, teso ad attrarre investimenti internazionali. Ricordo questo perché voglio sottolineare doverosamente l'importanza che l'industria cinematografica e di produzione ha per tutto il comparto industriale nazionale. Ci sono aree di questo Paese, segnatamente per esempio il Lazio, nelle quali l'industria cinematografica è una delle principali industrie di settore. L'importanza di questo tema è troppo spesso sottovalutata in termini economici e di occupazione, osservando pur doverosamente l'aspetto culturale, ma questa industria è viva ed importante. Qui, con questa misura, si ha un completamento e un rafforzamento delle precedenti iniziative proprio nell'ottica – come diceva la relatrice – di attrarre investimenti esteri.
  Desidero anche ricordare che in questo articolo, con un emendamento del gruppo del Partito Democratico, si è aggiunta anche la possibilità di un credito di imposta per il recupero delle sale cinematografiche storiche.
  Un'altra misura alla quale attribuiamo particolare importanza – e segnaliamo al Governo questa decisione per il futuro sviluppo di questa azione – è quella che riguarda il fondo previsto dall'articolo 13, comma 25, del decreto-legge «destinazione Italia». Un Fondo importante che ha lo scopo di finanziare progetti di valorizzazione artistica, culturale e turistica sul nostro territorio; un Fondo che viene riattivato, prevedendo, anche qui con un emendamento del Partito Democratico, che sia ora un decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a stabilire entro il 31 dicembre 2014 i criteri per l'utilizzo di queste importanti risorse. Un provvedimento atteso, signora sottosegretario, un provvedimento importante. In questo abbiamo anche compreso, nell'originale versione del «destinazione Italia», un raccordo importante con l'ANCI perché si prevedeva una convenzione per l'attuazione di queste misure.
  Importanti ed innovativi sono anche gli interventi previsti all'articolo 9, recante un Pag. 12credito di imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi e l'onorevole Petitti richiamava l'estensione operata in Commissione ai tour operator specializzati in incoming. A queste, si associano ovviamente le misure di mobilità turistica – all'articolo 11, di cui dirò qualcosa –, quelle per la semplificazione degli adempimenti burocratici a carico dell'imprenditorialità turistica, nonché un nuovo e rafforzato ruolo di ENIT.
  Per quanto riguarda l'articolo 11, voglio sottolineare che la concessione in uso gratuito di beni pubblici quali case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie e marittime a imprese, cooperative ed associazione giovanili (sino a 40 anni), con oneri di manutenzione straordinaria a loro carico, è una positiva innovazione. Tutto questo, ovviamente, allo scopo di favorire il turismo mediante la realizzazione di percorsi pedonali, ciclabili, equestri, fluviali e ferroviari. La Commissione, con il concorso del Governo, si è sentita così positivamente colpita da questa misura: abbiamo introdotto quindi la possibilità per questi giovani di accedere alle agevolazioni per l’ imprenditoria giovanile previste nel decreto-legge «destinazione Italia».
  Un insieme omogeneo e coerente, quindi, con una chiara visione di prospettiva. Voglio spendere una parola – e mi avvio alla conclusione – sull'articolo 10, laddove si stabiliscono crediti di imposta per le ristrutturazioni edilizie delle imprese alberghiere e si estendono questi possibili crediti di imposta, per chi compie queste ristrutturazioni, anche all'acquisto di beni mobili finalizzati all'arredo di questi alberghi; una misura anche questa importante.
  Sempre prima di concludere un richiamo molto breve, ma significativo, all'impegno che il Governo si assume sul tema importante ed annoso del tax refund, con un impegno preciso a ricercare e valutare proposte di intervento per rendere più efficiente questo servizio verso i turisti e il cittadino e per produrre risorse per la promozione turistica.
  Concludo, signora Presidente, dicendo che siamo in presenza quindi di un complesso coerente ed innovativo di misure di assistenza e sostegno non solo alla cultura ma anche al turismo, che danno una prima significativa risposta alle questioni sollevate di recente dal Parlamento e alle necessità del Paese. Un passo importante per il futuro del turismo.
  Occorre proseguire sicuri in questa direzione anche con un rafforzamento delle misure oggi adottate, sia per il turismo, quanto per la valorizzazione della cultura perché da questo passa, anche da questo passa, la ripresa del nostro Paese. Questa è la strada giusta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il provvedimento all'esame oggi di quest'Aula reca un contenuto articolato, ma sostanzialmente omogeneo, vertendo sulla materia dei beni e delle attività culturali e su quella del turismo. Entrambi tali discipline sono riconducibili, fra l'altro, nell'ambito della valorizzazione del patrimonio culturale, definita dal codice dei beni culturali e del paesaggio come il complesso delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere in tutto il Paese lo sviluppo della cultura.
  Diciamo che è già questo un fatto epocale, legato all'unione, che vi è stata ormai da un po’ di tempo, nel Ministero e nel nostro Paese, tra beni culturali e turismo, ritenuta da tutti, ritengo, una sinergia vincente, che dovremmo sviluppare sempre più, per far conoscere quello che tutto il mondo definisce un museo a cielo aperto, che è il nostro Paese. Peraltro, in questo lavoro che è stato fatto, come è stato riconosciuto anche da chi mi ha preceduto, vi è stato sicuramente, nell'ambito Pag. 13di questo decreto, un intervento particolarmente apprezzabile da parte dei componenti delle due Commissioni. Voglio, tra l'altro, pubblicamente ringraziare le relatrici per il lavoro paziente e, mi permettano, da opposizione, parzialmente efficace che è stato svolto.
  D'altronde, signor sottosegretario – lo ha ricordato poco fa il collega Benamati, ma lo voglio ripetere – non più di un mese fa, in quest'Aula, a seguito anche di un lavoro della Commissione, sono state votate svariate mozioni da parte dei vari gruppi parlamentari, e in tutte, reciprocamente, di fatto, si invitava il Governo a occuparsi di più di turismo. Per cui, diciamo che la conseguenza di ciò è stato l'evidente lavoro e l'atteggiamento costruttivo – e questo ci tengo a dirlo – che i vari gruppi delle due Commissioni hanno tenuto sia nella discussione sia nell'esame degli emendamenti, senza alcun ostruzionismo, con l'intento unico di migliorare questo decreto, peraltro anche con qualche buon risultato. Quindi, un atteggiamento positivo, come, mi permetto di dire, più volte riconosciuto anche dallo stesso presidente Epifani, che ha ben condotto il dibattito.
  Pertanto, un lavoro di squadra, un lavoro efficace, in parte – ma, grazie a Dio, solo in parte – rovinato dalla Commissione bilancio, ma, insomma, era un qualcosa che ci aspettavamo.
  Questo decreto, che prendiamo come un primo segnale da parte del Governo, riguarda anche e soprattutto la valorizzazione, e quindi anche la promozione e il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, e, per quanto riguarda il paesaggio, la valorizzazione, e pertanto anche la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposte a tutela compromesse o degradate, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.
  Proprio in tal senso, nel provvedimento sono previste, ed è qualcosa di molto atteso, semplificazioni per le autorizzazioni paesaggistiche, finalizzabili anche a progetti di riqualificazione o promozione paesistica, volte, inoltre, a consentire alle sovrintendenze di concentrare la propria attenzione e i propri sforzi sulle questioni più rilevanti e a maggiore impatto paesaggistico. Tra tali questioni più rilevanti, non possiamo non considerare l'articolo 4 di questo provvedimento, che ha, in qualche modo, creato, se vogliamo dire, un po’ più di allarme.
  Si tratta delle famose disposizioni urgenti per la tutela del decoro dei siti culturali, quello che, in qualche modo, si è chiamato un provvedimento anti-ambulanti, un provvedimento legato alla tutela di alcuni immobili storici. Ebbene, su questo, la Commissione è intervenuta per modificare alcuni aspetti che erano sembrati all'inizio un po’ troppo forti, un po’ troppo pregnanti, entrando anche in quella concezione che è propria della nostra X Commissione, che sicuramente si occupa di turismo, ma anche di attività produttive, ossia il rispetto che bisogna avere per le imprese.
  Infatti, molti di questi commercianti, di questi ambulanti – al riguardo, in questo decreto si è indicato poco quello che è il contrasto all'abusivismo di questi soggetti – svolgono da anni delle vere e proprie piccole imprese; li vediamo tutti noi nelle nostre strade, nei nostri mercatini. Insomma, non ricordo quadri del mercato di Verona, addirittura dal 1500, senza un mercatino al centro della piazza. Anche l'impresa andava in qualche modo tutelata, per cui l'intervento della X Commissione in qualche modo è servito a questo, laddove, soprattutto nella valorizzazione degli indennizzi che dovranno essere dati a questi soggetti, sicuramente è stato trovato un aspetto di maggior dignità rispetto a quanto inizialmente il decreto prevedeva. Per cui, su questo continueremo a cercare – l'ho già detto anche al Ministro – anche in Aula di migliorare ulteriormente questo aspetto.
  Comunque, il provvedimento che oggi e dalla settimana prossima andremo ad esaminare in questa Assemblea contiene anche norme che permettono di reperire risorse, anche mediante interventi di agevolazione fiscale, per garantire la tutela del patrimonio culturale della nazione e lo Pag. 14sviluppo della cultura, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, ponendo, peraltro, immediato rimedio allo stato di emergente degrado in cui versano numerosi siti culturali italiani, con particolare riguardo all'area archeologica di Pompei, al complesso della Reggia di Caserta e alle aree colpite da calamità naturali, quali la regione Abruzzo e la città de L'Aquila.
  Si propone anche di rilanciare il turismo al fine di promuovere l'imprenditorialità turistica e di favorire la crescita di un settore produttivo strategico per la ripresa economica del Paese, nonché di assicurare la competitività dell'offerta turistica e culturale italiana, anche mediante processi di digitalizzazione e informatizzazione del settore, e di assicurare, nell'ambito della più ampia politica di revisione della spesa, l'organica tutela di interessi strategici sul piano interno e internazionale, tramite interventi sulla organizzazione, sui procedimenti e sul personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e di ENIT (Agenzia nazionale del turismo).
  Come ha ben ribadito il Ministro Franceschini – apprezzato per la sua presenza anche durante i lavori delle Commissioni, con costanza e con pazienza, anche intervenendo e favorendo alcuni degli emendamenti accolti dal Governo –, il provvedimento in oggetto non si limita a riordinare il settore cultura e turismo, ma permette di operare un'inversione di tendenza, aiutando e migliorando un settore che, invece, dal 2000 aveva subito soltanto rilevanti tagli.
  Nel corso dell'esame in sede referente sono state apportate alcune modifiche di rilievo, tra cui, all'unanimità di tutti i gruppi, anche un importante emendamento a firma del mio gruppo parlamentare, che attribuisce all'istituendo commissario della Reggia di Caserta, a cui sarà affidata la gestione dell'intero complesso, il compito di stabilire un cronoprogramma relativo alla delocalizzazione graduale degli spazi del complesso che saranno via via liberati, predisponendo opportuni progetti di adeguamento e valorizzazione e definendone anche la destinazione d'uso.
  Con l'approvazione di questo emendamento si raggiunge, pertanto, un duplice scopo: in un'ottica di opposizione responsabile da parte nostra, è stato migliorato il testo del provvedimento del Governo e si restituisce grande dignità alla destinazione culturale dell'intero complesso borbonico, coordinando in maniera puntuale tutti i soggetti pubblici e privati che ne utilizzano a vario titolo gli spazi.
  L'approvazione di tali modifiche ha rappresentato un momento di buona collaborazione e di dialogo tra maggioranza e opposizione, che ha posto in evidenza l'importanza del turismo per lo sviluppo economico e la creazione di nuova occupazione, richiedendo l'elaborazione di nuove strategie turistiche, puntando in particolar modo sulla qualità dell'offerta. Grazie alla creazione di percorsi turistici integrati, sarà possibile promuovere anche una rete di servizi, che coinvolga in prevalenza i giovani, organizzati secondo criteri e standard qualitativi condivisi, con effetti vantaggiosi anche per il territorio.
  Nel corso dell'esame in sede referente in Commissione sono state anche apportate ulteriori modifiche al testo iniziale quali, ad esempio, l'estensione dell’art bonus anche ai privati che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore dei beni pubblici gestiti anche da fondazioni ed enti privati.
  È stata, inoltre, introdotta la possibilità di riesaminare i pareri delle soprintendenze, da tempo un problema subito molto dai nostri imprenditori e che comunque aveva creato sempre una serie di problemi: l'impossibilità di ottenere un riesame dei pareri se non con un ricorso giurisdizionale, con aggravio di tempi e di costi. Ora il provvedimento prevede che, su istanza di un'altra amministrazione, come un comune, o d'ufficio, il parere possa essere riesaminato entro 10 giorni da una commissione regionale di garanzia interna al Mibact. E se la commissione non darà il parere in dieci giorni, si intenderà confermato il parere del sovrintendente, per evitare il rischio di ritardi. In tal modo si introducono garanzie che, come ha sottolineato anche il Ministro Pag. 15Franceschini con correttezza, rafforzano, sì, il ruolo di tutela delle sovrintendenze, ma mostrano anche un'amministrazione capace di autocorreggersi se ve ne è la necessità.
  Direi che il provvedimento, che di per sé, complessivamente, può dare l'impressione anche da parte nostra di un intervento del Governo in materia, indubbiamente ci lascia ancora delle situazioni aperte e sulle quali io vorrei concludere il mio intervento, anche per dare un'indicazione di massima su questo. Allora, cosa c’è da fare ? Innanzitutto, l'impressione è quella delle risorse, perché sappiamo che i problemi ci sono e non sarà semplice combattere, anche perché, al di là di quello che ci dice l'Europa, questo problema esiste.
  Allora, l'idea che il nostro gruppo aveva portato avanti, parlandone anche con il Ministro, e che di fatto in parte è stata introdotta in questo provvedimento, riguarda proprio questo aspetto del rapporto tra lo Stato ed i privati. Infatti, è vero che la defiscalizzazione, il credito di imposta, indubbiamente sono degli apporti importanti, ma in un periodo di crisi, in un periodo in cui non esistono risorse, dire a qualcuno «ti scalerò dalle tasse quello che tu investi» crea il problema di dire: «dove trovo i soldi per investire ?».
  E, allora, in un momento in cui sappiamo che le risorse private sono poche, le banche erogano credito con molta difficoltà, l'idea che ripropongo in questo dibattito, ma che rimane sempre secondo me un discorso valido, è quella di introdurre un fondo di garanzia che abbia la garanzia dello Stato, cioè il famoso fondo di garanzia ponderato. Infatti, il fondo di garanzia dello Stato può avere un moltiplicatore, che già è stato utilizzato per altri aspetti della nostra attività e della nostra vita, in altri settori, come lo abbiamo chiesto anche per l'efficientemente energetico. Vuol dire che, apportando 100 milioni, si riescono a creare occupazione e posti di lavoro per circa 1,2-1,4 miliardi.
  E, allora, è chiaro che su questo il Governo, a mio parere, dovrebbe sforzarsi, credere e spingersi un po’ di più, perché sappiamo quello che ci dice l'Europa, lo leggiamo tutti i giorni questo discorso che non solo i soldi non ce li abbiamo, ma non ce li farebbero neanche usare. E, allora, ragionare sul discorso delle garanzie per questo settore io ritengo che sia molto importante.
  Un altro aspetto – è stato citato prima dalla relatrice Petitti – riguarda l'introduzione dell'articolo 16, secondo comma, ossia il riferimento all'ENIT ed al portale. Anche questo io ritengo che sia un aspetto su cui riflettere, perché è indubbio che riuscire ad intercettare i turisti nel mondo dovrebbe essere il primo compito di questo Governo e del nostro Paese. Però viene da dire: «Quali sono i mezzi, quali sono gli strumenti, quali sono le risorse che si danno per far questo ?» Diceva qualcuno che l'Italia è al primo posto nei desideri dei turisti di tutto il mondo, perché se il prodotto del turismo sono le emozioni, noi in questo siamo i più bravi del mondo. Però, se poi si va a vedere qual è la realtà dei fatti, a seconda dei vari istituti che lo mostrano, scendiamo al sesto, all'ottavo, al decimo posto, per la realizzazione di questo sogno.
  Allora, io ritengo che su questo noi dovremmo ragionare e in maniera chiara, perché è vero che il secondo comma dell'articolo 16 introduce la carta del turista, introduce una possibilità di promozione del nostro Paese anche a livello tecnologico, però io mi chiedo quali sono le risorse che verranno date a questo portale. Ma dico ancora di più: mi chiedo quali sono le risorse che verranno date all'ENIT, che mi sembra ad oggi avere dei gravi problemi finanziari.
  Proprio per questo io le chiedo, signor sottosegretario, di continuare un percorso che è iniziato con questo provvedimento. Infatti, signor Presidente ed illustre sottosegretario – e con questa riflessione voglio concludere il mio intervento –, il decreto è sicuramente un primo passo importante, ma siamo sinceri: non ci soddisfa completamente.
  Manca, a nostro parere, quello scatto, quel salto di qualità che ci fa capire che veramente per il Governo il turismo e la Pag. 16cultura sono diventati una priorità. È vero, il Ministro Franceschini, che ringrazio ancora per la sua partecipazione ai lavori, ha detto che questo per la prima volta deve essere un concetto economico, cioè il turismo e la cultura devono essere un concetto economico per il nostro Paese. Ma io vedo che l'Europa, nel periodo 2014-2020, non pone il turismo tra le priorità strategiche dell'Europa.
  In ordine al nostro Paese – per carità, capisco certe volte i problemi di urgenza –, devo dire che un decreto che rispetto alle risorse è molto limitato comporta l'impressione che il turismo e la cultura sono ancora considerati, diciamo, giocatori di serie B rispetto a quella che, secondo me, dovrebbe essere, invece, la vera sfida del nostro Paese per poterci rilanciare, per superare questa crisi e per dimostrare all'Europa – o, almeno, a parte dell'Europa – che, al di là di quello che loro ci dicono, noi possiamo continuare a essere protagonisti non solo in Europa ma anche nel mondo, per far sì che quel sogno di cui parlavo prima, cioè turisti di tutto il mondo in Italia, possa realizzarsi con un vantaggio non solo per loro ma anche per tutti i nostri concittadini.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Grazie, Presidente. Devo dire che sono diversi gli elementi di apprezzamento che io e il mio gruppo dobbiamo fare per il lavoro che si è svolto in queste settimane nelle Commissioni e per lo spirito di questo decreto, che si occupa di due settori importanti come quelli dei beni culturali, della cultura e del turismo.
  Prima di svolgere qualche breve considerazione, voglio congratularmi, appunto, con il lavoro che hanno svolto egregiamente le due relatrici e le presidenze delle due Commissioni insieme, naturalmente, a tutti i gruppi e ai componenti delle Commissioni, anche con pensieri e spirito diversi.
  È un approccio nuovo, è un elemento di novità questo decreto, anche se non risponde, naturalmente, a tutte le esigenze e non è esaustivo di tutte le domande che questi due settori da anni rivolgono alle istituzioni pubbliche. Naturalmente, non può esserlo e il primo limite è quello della finanza, cioè delle risorse stanziate, anche se i 500 milioni, più o meno, che vengono stanziati nel quinquennio sono anch'essi un elemento positivo di novità, dopo tanti anni che su questi due settori non si investe.
  Così come un elemento positivo di novità è che questa norma tratta, in maniera integrata, due argomenti apparentemente distaccati ma che distaccati non sono, come quello della valorizzazione e della tutela del patrimonio artistico e culturale italiano insieme all'offerta turistica e ricettiva, perché naturalmente sono due elementi collegati, anche se la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale non è solo per la fruizione turistica, ma naturalmente è un elemento importante di essa.
  Così come giudichiamo in maniera molto positiva il coinvolgimento e lo spirito con cui si coinvolgono i privati e si incentiva l'intervento dei privati in entrambi i due settori, turismo e cultura, che nei nostri emendamenti, negli emendamenti del Nuovo Centrodestra in Commissione, abbiamo cercato di coinvolgere maggiormente. Ma, insomma, credo che ci sia modo e motivo per lavorare in seguito anche su questo tipo di approccio e questo tipo di metodologia che viene introdotta in maniera, secondo noi, molto positiva, con un riordino della disciplina delle donazioni liberali che è molto innovativo e importante, anche se, ripeto, limitato dalle scarse risorse economiche.
  Così come devo considerare un fatto positivo per me, che mi occupo da qualche anno di finanza pubblica, anche una modifica, una variazione nell'atteggiamento di approccio del MEF rispetto a un provvedimento che mette in campo degli interventi anticiclici, perché investimenti nel settore della cultura e nel settore delle strutture ricettive, così come la digitalizzazione, sono da considerarsi investimenti anticiclici, cioè che rimettono in moto Pag. 17lavoro e prodotto interno lordo e che, quindi, vanno presi in considerazione anche quando si fa una valutazione, da parte della Ragioneria e dei servizi del bilancio, dell'equilibrio complessivo della finanza pubblica a valle dell'approvazione di una determinata norma.
  Certo, non voglio dire che non si corrano dei rischi, ma è chiaro che un approccio più aperto è necessario in questo momento. La considero una svolta importante, anche se ridotta, ma che ci dà fiducia che si possa intervenire in collaborazione, senza assolutamente riaprire le porte al partito del debito pubblico e dello «spendi e tassa», ma con un approccio diverso anche su misure di investimento, in questo, ma anche in altri settori che si possono considerare omologhi.
  Certamente, quella dell'articolo 1, denominata art bonus, è la norma che ha caratterizzato questo provvedimento. D'altronde, essa assorbe anche la maggior parte delle risorse, cioè la massa più grande di risorse che vengono impiegate sull'intero provvedimento. Ha quegli elementi di positività che ho sottolineato all'inizio, cioè lo strumento forte del credito d'imposta in una percentuale molto alta, dal 50 al 65 per cento, quindi molto importante, per interventi in conto capitale sul nostro patrimonio artistico e culturale.
  Grazie anche al nostro approccio e ai nostri emendamenti, c’è il coinvolgimento pure dei privati nella fase di gestione perché noi pensiamo che non si possa non guardare ai privati, anche per un approccio diverso in futuro, nei piani economici della ristrutturazione e della valorizzazione del nostro patrimonio artistico culturale, prevedendo anche il coinvolgimento nella gestione da parte dei privati, che forse possono mettere risorse fresche in campo per la valorizzazione e la ristrutturazione e possono pure dare un'efficienza che a volte è mancata – e ci sono esempi clamorosi, che non sto qui a ricordare – nella gestione, anche economica, del patrimonio artistico e culturale italiano.
  Naturalmente, questo non potrebbe essere fatto e non potrà e non dovrà essere fatto senza un controllo molto forte delle istituzioni pubbliche a tutti i livelli, ma noi siamo convinti che l'approccio con il privato non possa non portare positività, risorse fresche e anche idee nuove nella gestione del patrimonio artistico e culturale.
  È stata inserita, durante l'esame nelle Commissioni, anche su questo articolo, come in altri, una norma che riguarda la trasparenza e la pubblicazione in rete di tutte le procedure. Su questo un minuto lo voglio spendere, sul fatto che sarebbe ora di mettere mano a una normativa generale sulla trasparenza che coinvolga tutte le azioni della pubblica amministrazione o degli enti pubblici economici ed evitare così questo stillicidio di richieste, molte delle quali provenienti dai colleghi del MoVimento 5 Stelle.
  Per carità, lo spirito è apprezzatissimo, niente da dire, ci mancherebbe altro, ma faccio riferimento solo alla confusione di norme e al fatto che, poi, magari, se questo invito alla trasparenza e all'obbligo di trasparenza per la pubblica amministrazione lo dobbiamo mettere in ogni rigo di norma, lì poi dove non ce lo mettiamo o dove non c’è, forse qualcuno si potrebbe sentire autorizzato anche a non applicarla, questa benedetta trasparenza. Quindi, io credo che, invece, sia arrivato il momento che il Parlamento si metta a lavorare sulla scrittura di norme generali rispetto all'attività della pubblica amministrazione che riguardino la trasparenza e l'accessibilità delle informazioni e dei dati a tutta la cittadinanza.
  L'articolo 2 e l'articolo 3 riguardano due commissariamenti, che non sono mai una bella cosa. In realtà, rispondono a logiche diverse. Infatti, l'articolo 3, come si diceva, come è stato ben detto, sia dalle relatrici, ma poco fa anche dal collega Abrignani, risponde a una logica di coordinamento delle diverse amministrazioni che oggi sono interessate alla gestione e all'utilizzo della Reggia di Caserta.
  Quindi, il commissariamento risponde a questa logica di coordinamento e di Pag. 18migliore valorizzazione strategica di questo patrimonio immenso, quale è la Reggia di Caserta. L'articolo 2, invece, risponde alla logica dell'accelerazione delle procedure per arrivare all'utilizzo delle risorse in campo e degli investimenti per l'altro patrimonio immenso, quale l'area archeologica di Pompei.
  Sull'articolo 2 io devo dire che non l'ho votato in Commissione e non lo voterò nemmeno in Aula perché, secondo me, vuole perseguire obiettivi apprezzabili, ma poi è sbagliato nell'approccio. Io penso che il senso di una norma che deve velocizzare delle procedure debba essere quello della deroga a procedure e norme esistenti.
  Noi, invece, cercando di evitare sempre più questo istituto, dovremmo semplificare le norme generali, e ricorrervi sempre meno. Infatti, se siamo costretti spesso a ricorrere a norme che accelerano o derogano le procedure esistenti, significa che abbiamo procedure per gli appalti che sono farraginose, complicate e spesso causano problemi collaterali che ben sappiamo.
  Ebbene, questo articolo 2 non fa né l'una, né l'altra cosa: introduce addirittura una norma nuova. Se lo leggete, io non mi trovo d'accordo, introduce norme nuove, positive: positive non per gli obiettivi che perseguono, ma nel senso che introducono nuove disposizioni, cioè un nuovo codice degli appalti dedicato a Pompei; poi magari ne faremo un altro per l'Expo, un altro per il Mose, cioè ci contraddistinguiamo in Italia per fare una norma sulle procedure di appalti per ogni lavoro grande che andiamo a fare. Io credo che questo non possa essere accettato.
  Dobbiamo, invece, anche qui, lavorare affinché si raggiunga una norma generale sulla disciplina degli appalti pubblici che sia snella: poche leggi. Lo ha detto qualche giorno fa anche il procuratore generale della Corte dei conti che la complicazione e la proliferazione delle norme aiutano la corruzione. Spesso, infatti, abbiamo la penosa convinzione che, se continuiamo a normare e a produrre ulteriori norme, noi sconfiggiamo la corruzione e la mala gestio del patrimonio pubblico. Così non è, perché più norme mettiamo e più mettiamo in difficoltà, invece, gli operatori onesti e gli amministratori onesti che devono rispettare quelle norme. Molto meno in difficoltà mettiamo i disonesti che le norme non le rispettano: noi gliene possiamo scrivere quante vogliamo, ma in realtà dovremmo occuparci di più di dare i poteri a chi fa i controlli, a chi sta sul territorio e cerca di controllare gli appalti pubblici.
  Oggi non è un mistero per nessuno che un'amministrazione pubblica, una ASL per esempio, spende più per istituire gare e bandi di gara e per costruire, poi, tutto il meccanismo che si deve occupare dei contenziosi che ci sono a tutte le assegnazioni, perché ormai il dato sui contenziosi è arrivato al 100 per cento. Oggi una ASL – faccio un esempio – ha più problemi e spende più risorse per gestire la preparazione delle gare e la gestione del contenzioso, che per svolgere la sua attività di istituto, che è quella della erogazione di servizi per la salute. E così si può dire di tante altre istituzioni, ma comunque è un discorso molto lungo che forse dovremo approfondire anche in altri momenti.
  Positivo, secondo noi, è l'articolo 4, che rafforza la normativa concernente il rispetto del decoro pubblico, coinvolgendo anche i comuni (perché questa possibilità di investire anche le sovrintendenze, secondo me, deve essere vista in maniera sussidiaria e non sostitutiva rispetto alle amministrazioni comunali). Tutto ciò è stato introdotto nel decreto nel rispetto – lo ha detto Abrignani e noi al riguardo siamo stati d'accordo – anche degli investimenti delle imprese ambulanti. E, devo dire anche provocatoriamente, noi avevamo proposto un emendamento per introdurre ulteriori norme contro gli ambulanti abusivi e il commercio abusivo, che è una piaga grande.
  Io non credo, anche qui, che servano nuove norme, ma serve applicare bene le norme che ci sono. Così come sono positive le norme contenute all'articolo 5 sulle fondazioni lirico-sinfoniche, su cui, devo dire, ci sono stati dei dubbi e delle contestazioni, ma noi diamo un plafond ancora Pag. 19di 50 milioni di euro, che consente di portare a termine i piani di risanamento delle gestioni fallimentari.
  L'articolo 6, che riguarda il bonus sul cinema, è anch'esso un fatto positivo e nuovo, così come vedo molto positivamente la possibilità di una pianificazione strategica sui grandi interventi per i beni culturali, pianificazione strategica in cui devono essere coinvolti i vari soggetti istituzionali. È importante che essa sia stata messa in campo con una norma che, poi, vedremo quali effetti avrà sul piano applicativo e che il Parlamento, secondo me, deve seguire anche nella sua applicazione.
  Veniamo, poi, al turismo e agli articoli 9 e 10 del decreto-legge: sono sicuramente per noi molto, molto positivi; naturalmente, non possiamo non far notare come le dotazioni finanziarie siano assolutamente insufficienti per rispondere ad una richiesta di un comparto che vede in Italia decine e decine di migliaia di operatori – qui parliamo, facendo i conti a mente, di interventi su poche centinaia di situazioni nel triennio –, ma, comunque, è una norma da salutare con grande favore e apprezzamento.
  Mi riferisco sia alla prima, l'articolo 9, per quanto riguarda la digitalizzazione dei servizi commerciali connessi alle attività turistico-ricettive, che devo dire anche grazie ad un emendamento del Nuovo Centrodestra è stata estesa – e non poteva essere altrimenti – anche alle agenzie di viaggi e ai tour operator, che si occupano spesso dei servizi commerciali connessi alle attività ricettive. È un fattore importantissimo dell'offerta ricettiva, soprattutto in un momento in cui la competizione è globale.
  Mi riferisco anche all'articolo 10 concernente il credito d'imposta – qui devo dire che incide anche di più il ridotto plafond economico a disposizione –, il credito d'imposta per le imprese alberghiere per la ristrutturazione e la riqualificazione dell'offerta ricettiva. Quando parlavo, appunto, di misure anticicliche questa non può che essere considerata una misura anticiclica. Abbiamo introdotto – voglio dire anche grazie a un nostro emendamento, del Nuovo Centrodestra – una percentuale del 10 per cento del plafond sugli arredi: voglio dire che anche questa è una misura anticiclica, perché la spesa per gli arredi va a rivitalizzare un settore, che è quello del mobile, che è importante per la nostra catena produttiva, è un settore forte del nostro made in Italy. D'altronde, la riqualificazione dell'offerta ricettiva di una struttura, se voi ci pensate, è molto più sugli arredi, forse, che non sulle mura, sulle ristrutturazioni murarie.
  È stato introdotto anche il concetto di ricettività innovativa, tipo quella dei condhotel, che sono una tipologia nuova di ricettività alberghiera, che, secondo me, danno anche la possibilità ai titolari di strutture alberghiere di un approccio nuovo anche riguardo agli investimenti, perché, se ci sono privati che investono insieme agli operatori, questo viene considerato meglio anche dai finanziatori e può essere a beneficio anche dei piani finanziari.
  Per finire, voglio soltanto fare un accenno alla nuova struttura più efficiente e moderna che si dà ENIT Spa, che abbiamo condiviso, e alla liquidazione di Promuovi Italia. È passato un nostro emendamento che promuove anche lo spostamento del personale. Ribadisco qui, in questa sede – perché c’è ancora una piccola modifica che proporremo in Aula, su cui si potrà discutere –, che Promuovi Italia si è occupata in questi anni non solo della promozione turistica, ma si è occupata anche di attività strategiche legate agli investimenti delle imprese; ha fatto un po’ anche da assistenza tecnica, ha acquisito delle competenze all'interno. Allora, l'emendamento approvato e la norma così come modificata all'articolo 16 prevede la possibilità di spostare il personale non solo su ENIT Spa, ma anche su strutture che fanno questa attività di assistenza tecnica alle imprese nel settore degli investimenti, come Invitalia e Italia Lavoro.
  Credo che vada completata quella norma con la possibilità, anche, di dare in concessione e di girare appalti e lavori che in questo momento sono gestiti da Promuovi Italia, se non, addirittura, cedere Pag. 20rami d'azienda. È un particolare che cercheremo di introdurre nel lavoro dell'Aula, rimanendo, comunque, anche complessivamente positivo il nostro giudizio, anche, su questa norma dell'articolo 16.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sergio Battelli. Ne ha facoltà.

  SERGIO BATTELLI. Signora Presidente, colleghi, la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Questo è l'articolo 9 della Costituzione italiana, il decreto-legge ArtBonus non deve diventare la scusa del Governo per non investire più in cultura, sperando che i mecenati privati facciano quello che dovrebbe fare lo Stato italiano; questo è bene chiarirlo subito.
  L'articolo 1 è il fulcro del decreto-legge, la novità introdotta dal Governo per cercare di stimolare mecenati privati che possono godere di benefici fiscali grazie al credito d'imposta, effettuando erogazioni liberali a favore di beni culturali. L'idea non ci dispiace nel complesso, ma la sua attuazione, come pensata dal Governo, è chiaramente troppo complicata da mettere in pratica per un cittadino intenzionato ad effettuare una donazione. Quello che abbiamo fatto noi è stato studiare un sistema che sfrutta lo strumento ArtBonus, ma lo migliora notevolmente, integrando le migliori tecnologie esistenti per garantire praticità, semplicità e trasparenza, sia per lo Stato sia per il cittadino.
  Noi vogliamo utilizzare la rete per la sua enorme capillarità, facilità di utilizzo e diffusione, integrarla con il pagamento elettronico online tracciabile e immediato e infine il crowdfunding, un sistema straordinario, collaborativo e sociale di raccolta fondi. Noi immaginiamo – e invito i colleghi a farlo – un portale nazionale, gestito e promosso dal Mibac, dove ogni opera, ente, fondazione lirica abbia una sua scheda tecnica che illustri il progetto da eseguire, i fondi richiesti, la storia, i finanziatori che hanno contribuito al progetto e, infine, la possibilità di effettuare una donazione direttamente dalla pagina web. Un cittadino entra, si informa, scopre realtà, che magari neanche conosceva e decide, in quel momento, di donare 100, 500, 1.000 euro e lo fa subito, seduto sul divano con il suo tablet. Dopodiché, eseguita la donazione, il sistema restituisce, tramite invio elettronico, una ricevuta, che verrà conservata e presentata in dichiarazione dei redditi: semplice e immediato. Questa è la nostra visione dell'ArtBonus.
  Noi guardiamo al futuro e, mentre la vostra proposta ci pare ancora in fase embrionale, nella nostra visione c’è un sistema che ribadisce che i beni culturali sono di tutti e la loro tutela non dovrà mai dipendere solo dalla generosità di un singolo potente mecenate, perché il rischio di scivolare in una cultura della privatizzazione dei beni culturali è dietro l'angolo.
  Ancora una volta voi dimostrate l'ennesima, deliberata intenzione di destinare alla cultura solo spiccioli, continuate a non investire sull'industria più importante per l'Italia, che ha generato l'anno scorso 80 miliardi di ricchezza, in pratica il 5,7 per cento del PIL, mobilitando, grazie ad un effetto moltiplicatore di 1,67, ulteriori 134 miliardi in altri comparti, in primis il turismo, arrivando, quindi, alla soglia di 214 miliardi, in pratica il 15,3 per cento del nostro PIL. Questi sono dati importanti.
  Nonostante questo, voi state decidendo consapevolmente di perdere questo treno. Siamo all'ultimo posto in Europa nella spesa in cultura; per sostenere i nostri innumerevoli beni culturali spendiamo l'1,1 per cento delle risorse pubbliche, a fronte del 2,2 per cento della media europea, senza scomodare i primi della classifica, Estonia e Lettonia, che mettono da parte 5 e 4 volte più di noi. Questa è l'industria che piace al MoVimento 5 Stelle, che non teme concorrenza, un'industria pulita che non teme confronti. Ciò che abbiamo nel nostro territorio è unico e inimitabile.
  Voi vi ostinate ad investire miliardi di euro in capannoni inutili all'Expo di Milano, in infrastrutture faraoniche come il Pag. 21TAV e il Terzo Valico, mentre lasciate morire e crollare il vero tesoro dell'Italia, sperando che qualche privato faccia quello che dovreste fare voi. Parlate di rilancio dell'occupazione e non investite nulla sull'industria «cultura», l'unica in grado di generare un indotto enorme, l'unica in grado di non temere concorrenza, ma voi vi ostinate a fare orecchie da mercante.
  In questo decreto-legge non avete avuto coraggio, addirittura sull'articolo 2 non avete avuto neanche vergogna nel presentare quel disastro normativo. La versione iniziale del testo sembrava dire: avete presente il codice degli appalti ? Bene, per il «Grande Progetto Pompei» stracciatelo. Di certo sappiamo che Raffaele Cantone, che sembra l'uomo della provvidenza, vi ha tirato le orecchie. Ci voleva il presidente dell'ANAC per capire che quelle deroghe, in quel territorio, in quel contesto, significavano porta spalancata alla camorra e alla corruzione ?
  Fortunatamente in Commissione abbiamo ribaltato il tutto, anche se restano ancora delle storture da correggere. Il problema Pompei, però, non viene affrontato alla radice, visto che non si affrontano le due vere questioni di Pompei, ossia la mancanza di personale addetto alla manutenzione ordinaria e quotidiana ed il fermo e deciso contrasto all'illegalità, non solo negli appalti ma anche negli uffici della sovrintendenza. Non è un caso che il sovrintendente Osanna, in audizione, abbia lasciato intendere che servono dei controlli in quegli uffici. E poi non è nemmeno un caso il fatto che ci sia una ditta che da parecchi anni «mangia» tutti gli appalti del sito; a voi le conclusioni.
  Deroghe e commissariamenti, si va avanti così anche per la Reggia di Caserta, per cui è stata prevista una figura commissariale che per sei mesi percepirà un'indennità di 6 mila euro al mese per farne, come ha detto il Ministro, l'amministratore di condominio della Reggia, uno dei tesori d'Italia. Ci chiediamo cosa potrà fare una persona in sei mesi, conoscendo i tempi biblici dei commissariamenti, considerando inoltre che lo stesso Ministro Franceschini ha candidamente palesato in Commissione la possibilità di una proroga, un'altra, l'ennesima proroga. Ci sembra uno dei tanti spot per dire che il Governo Renzi sta lavorando alla riqualificazione della Reggia di Caserta, definita l'ultima grande realizzazione del barocco italiano e proclamata patrimonio dell'umanità dall'Unesco.
  Ma qual è la vostra visione sul rilancio dei beni culturali ? Quella di ridurre tutto a due, tre grandi progetti su tutto il territorio nazionale, prevedendo l'assegnazione di grossi appalti e lo stanziamento di risorse che, come sappiamo, rappresentano una ghiotta occasione per i soliti squali che ne beneficeranno ? La cronaca di questi mesi è chiara, molto chiara ! Abbiamo avuto il Mose, l'Expo.
  Ma sgombriamo il campo da questa problematica, usciamo dal tema grave della corruzione, in cui i partiti di centrodestra e centrosinistra si trovano sempre coinvolti, e parliamo di una visione. Voi volete concentrare i vostri sforzi in uno o due siti culturali in un Paese che ne ha decine di migliaia... investendo la metà dei soldi in infrastrutture e quindi strade, svincoli, parcheggi, cemento, cemento e sempre e solo cemento. Il nostro grande progetto, invece, è un progetto diffuso su tutti i territori, partendo dai piccoli comuni, dalle periferie e da quell'Italia dimenticata dalla politica, che potrebbe trovare un nuovo respiro e nuovo ossigeno da un investimento in cultura e turismo. Voi puntate ad un turismo di massa dove le ricchezze si possono concentrare in poche mani. Noi pensiamo ad un turismo diffuso, che distribuisce ricchezza sul territorio, tutto il territorio. Noi pensiamo a dei criteri oggettivi e trasparenti, che individuano siti di maggiore stato d'emergenza sui quali siamo capaci di intervenire con i soldi a disposizione.
  Ma esaminiamo l'articolo 5, che contiene provvedimenti sulle fondazioni lirico-sinfoniche, enti che, come sappiamo, vivono una situazione di enorme difficoltà economica e finanziaria, con bilanci perennemente in negativo e personale esposto a mobilità e licenziamenti. In particolare, noi riteniamo buone le misure proposte Pag. 22per riassorbire i lavoratori esuberanti e per far fronte ai tagli di personale cui le fondazioni sono costrette. L'opzione Ales e, soprattutto, la messa in mobilità dei lavoratori rappresentano un peggioramento significativo addirittura rispetto a quanto previsto dall'ex Ministro Bray. In un decreto-legge che dovrebbe venire in soccorso degli enti lirici appare un vero controsenso, poi, quello di imporre il pagamento di una tassa iniqua come l'IRAP alle fondazioni.
  Apprezziamo, invece, l'aumento del tax credit di 5 milioni a favore delle produzioni cinematografiche italiane. Da sempre noi siamo impegnati in questa battaglia, già dal «decreto del fare», quando il Governo dimezzò quel fondo. In quell'occasione noi ci battemmo per il ripristino immediato e fu approvato un nostro ordine del giorno che andava proprio in quella direzione.
  La norma, così come l'avete concepita, rischia di dimenticare, però, una parte fondamentale del processo di creazione di un'opera cinematografica, ovvero la post-produzione. È necessario, dunque, estendere il beneficio del credito di imposta anche a queste imprese italiane altamente specializzate, che si occupano proprio di post-produzione cinematografica e che rischiano di vedersi escluse da un provvedimento fiscale, che forse aiuterebbe a combattere la crisi che ha toccato pesantemente anche questo settore.
  Scorrendo gli articoli del decreto troviamo altri spot, altri spot pubblicitari: da «mille giovani» sono diventati 150 a 1.000 euro al mese, figure talmente professionali che potrebbero sostituire come idee e come innovazione le classi dirigenti di un Ministero e sovrintendenze, che di fatto hanno affossato l'industria culturale italiana. Ancora una volta vi manca la volontà politica.
  Noi abbiamo chiesto perlomeno il raddoppio della cifra stanziata. Un rilancio forte e strutturale parte da un cambio generazionale di idee, tecnologie e voglia di ribaltare la situazione. Voi stanziate briciole e bloccate di fatto tutto il settore in questo limbo drammatico. Questo decreto non ha nulla di strutturale. Come abbiamo detto, vi manca la visione del futuro e come al solito a rimetterci è sempre e solo il nostro patrimonio culturale.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, noi con questo provvedimento, affrontiamo il rilancio della nostra economia attraverso la valorizzazione dei beni culturali. È chiaro che valorizzare i beni culturali, una ricchezza spesso sottovalutata, non può avere, come spesso invece è stato, un carattere di urgenza, ma deve approdare ad un'azione di carattere sistemico, di carattere continuativo. In questo senso, a me pare, dopo un'attenta sinossi del confronto tra questo provvedimento e quello che soltanto un anno fa l'allora Ministro Bray aveva varato, vada nella buona direzione, anche se tanti aspetti potrebbero ancora essere discussi. Ma qui veramente voglio ringraziare sia i presidenti delle due Commissioni che le relatrici, e anche il Ministro, per l'attenzione con cui in realtà il lavoro è stato fatto, con grande puntualità, con grande pazienza, e anche capacità di ascolto: anche se non sempre significativi apporti sono stati purtroppo potuti dare al testo.
  Ma la direzione è quella giusta: un rafforzamento, e anche in qualche modo però una constatazione che ovviamente ci deve tutti indurre a riflessione; e cioè che un decreto-legge come quello generale cultura che abbiamo varato soltanto poco più di un anno fa, in realtà andava continuamente sottoposto a manutenzione, a revisione. I decreti applicativi non sempre erano facili da mettere in atto: cioè, in altre parole, noi legiferiamo, ma poi dobbiamo tornare continuamente sulle decisioni prese. E perché ? Perché. Evidentemente, è tutto il sistema Italia che è vecchio, che non funziona, ha degli ingranaggi arrugginiti. E, quindi, l'attenzione che noi dobbiamo dare è ovviamente non tanto e soltanto – ed è molto importante Pag. 23– al messaggio culturale che diamo e cioè Pompei, Caserta, il cinema, le fondazioni liriche, la cultura come petrolio, come giacimento italiano: tutto questo è importantissimo, poi dobbiamo porre una grandissima attenzione a che poi queste buone intenzioni siano davvero, davvero applicabili, attuabili in modo fluido, senza resistenze ma soprattutto senza che tutto questo investimento culturale e politico si vada perdendo nei rivoli dei ministeri e degli enti locali.
  È chiaro, abbiamo riaffermato un principio politico importante: la cultura è un investimento. Io vedrei un valore aggiunto in questo decreto-legge, e cioè il sistema cultura-paesaggio-turismo. Questa direi che è la vera novità nel discorso. Qui mi rivolgo anche alle relatrici, alla relatrice Coscia e alla relatrice Petitti, proprio per ritrovare il senso di questo sistema: cultura-paesaggio-turismo.
  E l'altro valore fondamentale che vedrei in questo decreto-legge è quello del concetto di recupero: quello che Renzo Piano chiamerebbe «il rammendo», non solo delle periferie ma di tutti i beni culturali. Forse, la crisi economica a qualche cosa è servita: è servita a farci capire che in Italia in questo momento, più che agire sovrapponendo e aggiungendo, noi dobbiamo rammendare, dobbiamo recuperare, dobbiamo ricucire, dobbiamo fare un lavoro fine; e questo significa – e siamo d'accordo – una valorizzazione di tutte le aree turistiche, tutte, quelle locali; vuol dire attenzione a settori marginali; e vuol dire anche – come è presente, e noi lo apprezziamo, nel decreto-legge – recupero di beni dismessi da affidare a giovani, a cooperative, e così via.
  Non mi fermo su tanti temi che abbiamo discusso in Commissione, e tutti importanti; ne enucleo soltanto alcuni, su cui il mio gruppo Per l'Italia ha posto particolare attenzione. E parto da quello che sembrerebbe il più marginale, cioè i giovani.
  Chiaramente abbiamo molto apprezzato l'intento di favorire l'occupazione giovanile, ma certamente occorrerebbe un pochino di più di coraggio, maggiori investimenti, come abbiamo tentato di proporre in Commissione, un passo ulteriore oltre il piano Garanzia Giovani, anche perché, come avete visto, una serie di provvedimenti che noi abbiamo preso a favore dei giovani in questi mesi non danno gli effetti sperati, quindi dobbiamo chiederci perché, che cosa non funziona in questi meccanismi di coinvolgimento dell'occupazione giovanile ? È comunque molto importante questo gesto di fiducia, e noi avremmo voluto, avremmo pensato di estenderlo anche agli studenti, cioè a quelli che stanno affrontando il cammino di formazione e istruzione, anche nella secondaria, proprio per dare un segnale di collegamento, di coordinamento con tutte quelle esperienze di stage e di tirocinio formativo che si stanno avviando, appunto, a livello di scuola è che dovrebbero tanto più essere svolte nel settore dei beni culturali.
  Un altro aspetto marginale che vorrei mettere in evidenza, invece, è quello sul fatto che forse proprio perché naturalmente questo decreto si occupa di cultura, certamente, ma cultura è anche ricerca, è un pochino la sottovalutazione che è stata fatta della ricerca. Penso a un aspetto che sembra marginale ma che purtroppo è un può indicativo, all'articolo 12, l'aumento, per esempio, dei costi di riproduzione delle fotocopie dei ricercatori negli archivi; ma questo è chiaramente un tema che pur sembrando piccolo denota il fatto che non stiamo invece come dovremmo, e io credo che un'interpretazione estensiva dell'articolo 12 lo permette, liberalizzare addirittura appunto la possibilità di accedere a questi documenti da parte dei ricercatori.
  Ma vengo ai due punti che secondo me sono più importanti e cioè la parte sull’art bonus e la parte sul mecenatismo culturale. Il sostegno alla cultura è sicuramente favorito dall'aumento delle detrazioni e delle donazioni che le persone e le imprese faranno in favore di musei, siti archeologici, archivi, biblioteche, teatri, fondazioni. Questa iniziativa a nostro parere è molto importante perché afferma il valore sussidiario della compartecipazione alla tutela di quello che è presente nel nostro Pag. 24territorio e che può essere valorizzato non solo in attesa dell'intervento dello Stato, che ne rimane il garante ed è molto importante, ma con l'apporto di tutti quelli che vogliono contribuire in modo libero. Parlerei di una tutela collettiva della cultura.
  Questo provvedimento, io credo, avrebbe avuto maggiore impulso, ulteriore impulso se fosse stato esteso anche agli investimenti relativi a beni, istituti e luoghi culturali di interesse pubblico ma gestiti da privati e gestiti da onlus. In questo modo sottolineeremmo la funzione pubblica dei soggetti che operano e che investono nel settore culturale, a prescindere dalla natura pubblica o privata dei beni, degli istituti che detengono questo tipo di beni.
  Perché diciamo questo ? Perché probabilmente una riforma complessiva sul mecenatismo culturale deve ancora arrivare, probabilmente noi l'abbiamo avviata, c’è un passo importante in quella direzione però dobbiamo procedere un pochino più speditamente, prima di tutto perché questo meccanismo è temporaneo e secondo perché appunto fa riferimento alle sole donazioni destinate agli enti pubblici mentre rimangono escluse le onlus. È destinato per la manutenzione e non per le attività culturali e poi in realtà stiamo in pratica – e ci vorrebbe più coraggio – avviando l'idea di un fund raising complessivo, collettivo di tutta la collettività italiana a favore del nostro patrimonio. Il fund raising è qualcosa che va fatto anche con strutture professionali adeguate e dobbiamo quindi riattrezzarci, per esempio all'interno dei ministeri, per farlo e non possiamo utilizzare soltanto le risorse esistenti. Quindi, bene, benissimo questa gestione sussidiaria però con queste osservazioni. Aggiungo che l’art bonus andrebbe applicato anche a favore del settore scolastico e universitario.
  Non mi fermo a commentare tutto l'aspetto della valorizzazione di Pompei: noi condividiamo l'istanza di legalità; è chiaro che laddove c’è cultura, c’è ricchezza potremmo dire e dove c’è ricchezza però in Italia dobbiamo fare i conti con lo sfruttamento illegale.
  Su questo non potremmo che essere profondamente d'accordo con tutto quello che va in direzione di un maggiore controllo, e questo vale naturalmente anche per Expo a Milano, su cui noi auspichiamo la possibilità di valorizzare in percorsi precisi anche appunto i beni artistici minori di grande pregio.
  Qui vado al secondo punto che ci sta a cuore, che è quello delle periferie. Il tema delle periferie urbane per il nostro gruppo è centrale perché è dalle periferie che noi dobbiamo ripartire con un'opera di riqualificazione artistico-culturale soprattutto nei quartieri considerati difficili. Noi chiediamo un investimento maggiore non solo in termini economici, ma una maggiore sinergia con gli enti locali e con le associazioni del territorio ed è un passo avanti che va fatto in tempi rapidi, è un tema strategico perché il tema della tutela dei beni culturali sia effettivo. Per questo noi abbiamo chiesto – il nostro emendamento è stato in parte accolto – la necessità di chiarire meglio le modalità di assegnazione per i fondi destinati a finanziare progetti di attività culturali, in particolare nelle periferie urbane. Questi 3 milioni di euro per il triennio 2004-2016, nell'erogazione di questi fondi noi abbiamo privilegiato il principio di trasparenza e quindi abbiamo valorizzato il Parlamento come organismo di controllo dell'erogazione e della distribuzione di questi fondi. Qui non ci si può dire: non si disturbi il conducente. È un principio di trasparenza, di compartecipazione, direi anzi proprio di interesse del Parlamento, proprio perché è un tema innovativo questo delle periferie, cui noi siamo profondamente d'accordo. Collego a questo le modifiche sulla concessione di immobili pubblici in riferimento in questo caso al settore turistico e anche qui il nostro gruppo ha chiesto di poter avere sempre criteri di trasparenza nell'assegnazione di queste concessioni, valutando anche l'opportunità di introdurre apposite disposizioni riguardanti le procedure di affidamento, di rinnovo della concessione Pag. 25di beni pubblici anche alla luce dei principi comunitari di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza e di tutela della concorrenza, appunto tenendo conto che il bene concesso possa essere reso allo Stato con delle migliorie apportate durante gli anni di utilizzo. Infine, per quanto riguarda il settore turistico, sappiamo benissimo, non ripeto la retorica che accompagna spesso gli interventi in occasione della discussione di questi decreti, che è una fonte importantissima del nostro PIL e con i suoi 5 mila siti, di cui 49 censiti appunto dall'UNESCO. Milioni di visitatori all'anno ma in diminuzione, cioè il sistema turismo in Italia ha avuto negli ultimi anni delle defaillance. In quest'ottica noi vorremmo puntare l'occasione, approvando poi sostanzialmente una serie di provvedimenti che sono nel decreto, tra cui gli incentivi alle attività recettive e quelli che prevedono appunto un aiuto per quanto riguarda la possibilità di usufruire di app, di applicazioni mobili, perché ormai il turismo è online, quindi approvando convintamente questo tipo di misure noi vorremmo soltanto sottolineare l'offerta rappresentata dal turismo sociale, cioè tutte le attività turistiche gestite in modo no profit, anche dalle associazioni sportive, dai circoli ricreativi e così via, e ponendo l'attenzione in particolare sullo strumento dei buoni vacanza, che è stata un'esperienza felicemente collaudata, che è cessata nel 2012 e di cui invece chiediamo di valutare maggiormente i benefici perché è un modo di favorire il turismo nazionale, di sostenere il turismo anche in bassa stagione e di sollecitare anche un miglioramento nelle relazioni ambientali e negli incentivi per le vacanze. Io concludo dicendo, signor Presidente, che noi accogliamo molto favorevolmente questa iniziativa del Governo, però mantenendo valide appunto le osservazioni e le migliorie proposte sia in sede di Commissione che di discussione, la riteniamo una potenzialità ma poniamo appunto l'attenzione sui punti che ho detto. La sussidiarietà e gli aspetti legati appunto al mecenatismo culturale in modo più professionale e allargato al settore, chiamiamolo privato, delle onlus, l'attenzione ai giovani, al turismo sociale, alle periferie.
  Vorremmo sostenere ovviamente sempre di più in futuro questo tipo di iniziativa con una forte sinergia con il Parlamento, lo ripeto, il cui ruolo non è tanto quello – e credo che questo si sia visto in Commissione, nella quale vi è stata una discussione matura – non è solo quello di portare avanti delle istanze di carattere localistico, privatistico o legate all'interesse del singolo gruppo. Sempre di più noi dobbiamo approdare ad una sinergia che va nella direzione di considerare tutto come un bene e un interesse generale, tanto più ovviamente i beni culturali, di cui siamo fieri e che sono l'orgoglio di questo Paese.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Presidente, indubbiamente in questo decreto – come abbiamo già detto più volte – ci sono luci e ombre: se vogliamo essere coerenti politicamente, dobbiamo essere coscienti di quello che è avvenuto e di cosa potrà avvenire.
  Sicuramente in Commissione abbiamo visto un Ministro molto attivo, che ha seguito in prima persona direttamente le fasi e per sua storia e cultura continuerà a seguirle. Mi sono anche stupito – senza nulla togliere al sottosegretario – che oggi non sia presente in Aula a seguire il dibattito in discussione generale, ma non ci faremo una malattia di questo anche perché, il Franceschini di oggi è sicuramente differente rispetto a quello che era qualche mese fa, quasi un anno fa o sei mesi fa, nell'ambito dell'incarico precedente, per il quale veniva in Aula a svolgere una pratica non proprio simpatica per le Aule parlamentari, venendo a porre la questione di fiducia, ma questa oramai è storia.
  Noi vediamo la difficoltà di questo Governo nel cercare di portare avanti una centralizzazione del turismo o del commercio, un'operazione che sicuramente Pag. 26pone delle basi in antitesi con quello che ha detto più volte il Premier Renzi o che hanno fatto negli anni precedenti i Governi di sinistra e successivamente anche i Governi di centro destra con la decentralizzazione e l'attuazione del federalismo.
  Ma questo dovremo vedere se effettivamente si vorrà effettuare, come già si prelude dalle discussioni o dagli interventi dello stesso Ministro o dello stesso Governo sulla volontà di centralizzare una materia di competenza regionale.
  Entrando nel merito del provvedimento, si può già capire dall'articolato quali sono gli intenti. Sicuramente si pone un punto a favore di questo decreto con le ristrutturazioni ricettive alberghiere: già il nostro gruppo ha proposto più volte, anche in questa legislatura con una proposta di legge a prima firma Caon, un provvedimento a favore delle ristrutturazioni: già negli anni passati e nella legislatura precedente si era già posta in essere la possibilità di ampliare con riguardo alle ristrutturazioni non solo degli edifici, ma anche dei mobili interni, della cosiddetta mobilia. Noi vediamo questa opportunità sicuramente di buon grado: un buon affare, una buona cosa, una cosa positiva di questo decreto perché dobbiamo essere coerenti e coscienti della nostra attività sul nostro territorio. In tutta Italia, infatti, la produzione dei mobili è un'eccellenza nel mondo, perciò dobbiamo assolutamente agevolarla e incentivarla, senza cadere nel cosiddetto aiuto di Stato.
  Nessun Governo, infatti, in questi anni è voluto cadere in sanzioni europee su questa materia. Poi vediamo altri Paesi esteri, Francia e Germania in primis, che con gli aiuti di Stato alle proprie aziende sui propri territori le incentiva e le agevola come fosse bere un bicchiere d'acqua. Ma entrando, come dicevo prima, direttamente nell'articolato, ci sono alcuni articoli su cui la Lega sicuramente ha cercato di porre una situazione emendativa in Commissione e cercherà di proporla e cercherà di portarla in essere in Aula fino all'ultimo momento, perché riteniamo che sia un provvedimento con luci ed ombre, ma che ha grandi potenzialità. Indubbiamente si è persa un'occasione di poter legare il turismo con la cultura. Infatti, il provvedimento poteva assolutamente, dato che tocca più argomentazioni... le nostre proposte e le nostre discussioni, anche semplicemente all'inizio con i nostri pareri costituzionali, in cui richiedevamo l'annullamento del decreto stesso, perché ritenevamo che questo decreto non era un decreto omogeneo. E guardando anche semplicemente i diciotto articoli e più, sicuramente non si può considerare un decreto omogeneo, ma la volontà dell'Aula ha voluto portare avanti la discussione e qui siamo in discussione generale e perciò abbiamo necessità di far capire ai cittadini e a tutta l'Aula, oggi in modo molto molto ristretto, ma sicuramente nei giorni prossimi, che l'occasione poteva essere quella effettivamente di portare il turismo e legarlo con la cultura. Chi veniva in Italia non era concepibile che potesse solo ed esclusivamente venire a visitare un'opera o un museo rispetto ad un complesso museale cosiddetto, come hanno detto tutti, a cielo aperto nel nostro Paese. Un'operazione molto importante, molto onerosa sicuramente per le casse dello Stato, però oggettivamente se c'era la volontà di svolgere un'operazione del genere c'erano tutte le condizioni politiche. L'altra criticità che noi abbiamo portato in evidenza, cui in parte si è anche cercato di trovare una soluzione in Commissione, sperando che si possa risolvere il problema nel futuro, è sul credito di imposta, in cui c’è il rischio che effettivamente nei prossimi sei mesi, per la norma fatta nottetempo e poi modificata successivamente dalla maggioranza e dalla minoranza, il lavoro delle ristrutturazioni si possa bloccare per svilupparsi poi nel prossimo anno. Ma queste solo ed esclusivamente – vorremmo dire volgarmente – illazioni da parte mia, ma sono cose da tenere ben presenti. Teniamo ben presente, come già è stato detto, che questo decreto va anche a sancire definitivamente il fallimento dello Stato in campo culturale e anche turistico. Soprattutto a livello culturale e museale, perché se si deve andare a cercare finanziamenti privati per ristrutturare delle opere che Pag. 27nel 2014 non dovrebbero avere problemi, essendo opere centenarie o anche più, come l'area archeologica di Pompei, indubbiamente dobbiamo essere anche coscienti che della situazione in cui permangono queste strutture, come l'area archeologica di Pompei o di Ercolano o la Reggia di Caserta, non si può dare la colpa a un Governo rispetto all'altro. È un problema locale in cui indubbiamente in primis non c’è stata volontà di risolvere il problema. Io, come ho già detto più di una volta, arrivo da una terra lontana da Roma, il Piemonte, in cui in questi ultimi trent'anni le opere museali sono state ristrutturate e rimodernate con finanziamenti pubblici locali e privati. Un esempio per tutti, come può essere analogamente la Reggia di Caserta, è la reggia di Venaria.
  Dimensionalmente, sicuramente, molto molto più ristretta, però fu un'operazione che è partita quasi 40 anni fa, ci ha messo forse 20 anni a prendere la luce. Purtroppo, in questi 20 anni sicuramente non si è potuto fare la fotografia, dal 1974 al 1994, fermare l'autodistruzione o la distruzione da parte della popolazione o degli enti all'interno dei quali era ricompresa, perché lì soggiornavano la cavallerizza e l'esercito italiano, in quegli anni, e sicuramente la distruzione, in parte, è stata effettuata.
  Dal 1994 in avanti, per oltre 20 anni, vi è stata una ristrutturazione. Per quello non capiamo la necessità e, abbiamo ribadito, il concetto dell'urgenza di questo decreto, sicuramente con alcune puntualizzazioni, come sulla Reggia di Caserta, perché non vi è la necessità dell'urgenza. Sull'area archeologica di Pompei non metto mano, perché, è evidente, chi ha la volontà di leggere i giornali nazionali o locali sa benissimo che Pompei è in una situazione sicuramente disastrosa ed emergenziale, lo abbiamo anche detto più volte. Ma su altre situazioni, come la Reggia di Caserta o la valorizzazione dei siti culturali, l'urgenza non esiste.
  Poi, la volontà del Governo è stata di fare un decreto-omnibus, in cui mettere piselli con patate, che è un connubio che può anche andare bene, però non è che uno possa sempre mangiare piselli e patate: potremmo anche tranquillamente mangiare una volta i piselli e il giorno dopo le patate. Anche sui benefici fiscali e sulle detrazioni non vediamo l'urgenza. Vi è stata la necessità e vi è la volontà da parte del Governo di risolvere un problema annoso come quello dell'articolo 5 relativamente alle fondazioni lirico-sinfoniche, dovuto al fatto di una serie di esuberi per assorbimento.
  Troviamo, però, anche antipatico che, il giorno successivo alla non volontà da parte del Governo e dell'attuale maggioranza che sostiene questo Governo di non risolvere il problema degli esodati, si voglia risolvere un altro problema, diciamo, pseudo-analogo, sicuramente con enormi differenziazioni, perché, fortunatamente, almeno lì, l'ex Ministro Fornero non ci aveva messo mano. È un problema che tocca una serie di fondazioni lirico-sinfoniche, ma non tutte. Anche le disposizioni che si vogliono adottare sul Fondo rotativo le troviamo abbastanza bizzarre, anche perché il fatto che con la cultura non si mangia, come hanno detto in precedenza persone molto più importanti del sottoscritto, assolutamente non è vero.
  Infatti, se dobbiamo fare la cronistoria dei soldi sulla cultura in questo ultimo decennio – non andiamo tanto in là, perché, avendo quasi 40 anni, non voglio andare a riprendere i libri di storia, ma semplicemente a memoria d'uomo – sia sul mio territorio, che è il Piemonte, sia in tutta Italia, di soldi ne sono stati stanziati. E andare ulteriormente ad agevolare, sia sulla cultura sia anche, semplicemente, come nell'articolo 5, sulle fondazioni lirico-sinfoniche, un soggetto rispetto a un altro, lo troviamo antipatico. Ci sono tanti soggetti che sono in crisi reale, come le nostre attività non culturali, ma produttive, su cui il Governo è assolutamente silenzioso e si nasconde dietro alla mancanza di fondi.
  Allora bisogna essere coscienti che si fanno due pesi e due misure: quando si parla, sicuramente, di cultura, che è importante, tutto quello che si vuole, si trovano i fondi; quando si parla di attività Pag. 28produttive, posti di lavoro o esodati, i fondi non si vogliono trovare. Questo è sancito direttamente da questo decreto e dalle parole del Ministro, perché, quando si dice «faremo un fondo rotativo», vuole dire che gli si prestano i soldi per 30 anni. Poi i fondi rotativi sappiamo benissimo come finiranno: come sono finiti negli ultimi decenni, nessuno paga. Allora questo si va ulteriormente a sommare ai fondi e ai soldi della cultura.
  Per quello non solo Tremonti, oggettivamente – poi uno può anche essere non obiettivo, non sono uno che va a citare persone che non conosce –, ma lo stesso Obama, secondo la cronaca nazionale e internazionale, ha detto cose analoghe in situazioni diverse; si è puntualizzato sulla volontà da parte del Presidente degli Stati Uniti di aiutare le imprese rispetto a un altro comparto, a differenza dell'ex Ministro Tremonti, che affermava puntualmente: «Tagliamo sulla cultura, perché mancano i fondi e li destiniamo ad altro». Poi, la storia la conoscete meglio di me, abbiamo visto quale è stata la soluzione in un caso rispetto all'altro.
  Però, dobbiamo essere coscienti che occorre riformare realisticamente il Paese, e non di certo con decreti come questo, per nulla togliere al Dicastero di Franceschini, però dobbiamo essere coscienti che questo può incentivare o può suscitare dei problemi sui fondi rotativi e sui fondi di garanzia, perché poi si è visto che non hanno reso nessuna soluzione di merito, se non quella puntuale, quasi di giornata. Infatti, il 1o gennaio 2015, se questo Governo lo vedrà, starà a vedere che cosa succederà. Ma vedrete che il prossimo anno saremo di nuovo a dover discutere su queste argomentazioni.
  Sulla valorizzazione di alcuni siti, che siano archeologici o museali, la Lega non pone condizioni. Troviamo abbastanza bizzarro che, dopo che in altre realtà, diverse dal Nord al Sud, si è riusciti a trovare una soluzione, in alcune realtà, come a Pompei, o Caserta, non si è voluta trovare la soluzione di merito locale. Si è dovuti arrivare ad un decreto di urgenza per risolvere il problema. Ma questo lo mettiamo da parte, nel solito angolo per poi ricordarlo notte tempo, quando non si porranno le soluzioni anche trovando deroghe e proroghe, come state facendo.
  Il credito di imposta sicuramente può portare dei benefici e, come ho già detto, si poteva fare di più, si poteva accelerare. Si può sicuramente trovare la soluzione, come le agevolazioni in altri settori e stabilizzarle. Infatti, si sta notando e si sta vedendo che la stabilizzazione delle agevolazioni ha portato e sta portando dei benefici a lungo termine. E un Governo che ha volontà di governare per almeno altri mille giorni, come abbiamo sentito nelle settimane scorse, ha anche necessità di guardare oltre i mille giorni, non solo al 999o giorno e rispetto a qualcosa in più.
  Il concetto sostanzialmente per noi è molto chiaro. Noi non abbiamo, come ho già detto, un pregiudizio sostanziale e di merito sul provvedimento. Noi abbiamo una serie di puntualizzazioni e le abbiamo portate in essere sia in anticipo, ponendo la nostra richiesta del blocco costituzionale, rispetto ad altri provvedimenti, e sicuramente con le nostre proposte emendative, su cui ho la speranza che i relatori e poi successivamente il Governo pongano l'attenzione e cerchino di trovare una soluzione di merito per cercare di modificare e migliorare il testo.
  Un miglioramento sicuramente sarebbe da scorporarlo. Ma questo l'ho già detto e lo ripeterò fino alla nausea. Infatti, troviamo abbastanza bizzarro dover essere qui a parlare un po’ di tutto e poi, come si è visto, quando si parla un po’ di tutto ci si trova anche nella situazione antipatica che si parla di nulla.
  Ma noi vorremmo ulteriormente arrivare alla soluzione in tempi certi, perché alcune parti del provvedimento hanno realisticamente urgenza. Non vedo assolutamente di buon grado viziare il sistema ulteriormente con dei commissari e ulteriori proroghe.
  Infatti abbiamo visto che già il sistema è abbastanza prorogato ed abbastanza viziato, e dalla stessa parte ci sono già troppi attori ed attrici che pongono il naso in avanti, per cercare di essere protagonisti. Pag. 29E questo, come abbiamo visto in altre situazioni e in altri decreti, non fa buon gioco poi alla soluzione finale, perché uno può dire tutto quello che si vuole, ma non c’è nessuno che ha volontà di distruggere il Paese. C’è la volontà di portare avanti un sistema Paese intero, perché, essendo questo Parlamento italiano, ha necessità di fare delle leggi quadro per l'intero Paese, e dobbiamo essere coscienti e coerenti che questo decreto non lo sta facendo, perché si adottano due pesi e due misure.
  Qua non c’è nessun articolo sui distretti museali del Paese. Si è fatto un «decreto spot», si è fatto un «decreto marchetta», se vogliamo essere coscienti e coerenti, in cui vediamo anche la mancanza di fondi, perché non c’è concretezza e lo abbiamo visto anche nelle Commissioni competenti, in cui sono state poste una serie di perplessità sul bilancio globale delle entrate e delle uscite.
  Perciò, come abbiamo già detto, ci si assume tutti le responsabilità: noi ci assumeremo la responsabilità di quello che diremo, faremo e proporremo, dalla parte opposta la maggioranza si assumerà la responsabilità di quello che ha proposto come Governo e di quello che voterà in Aula la maggioranza. Però dobbiamo essere coscienti e coerenti: il gruppo della Lega non ha portato in evidenza una proposta emendativa territoriale, a differenza del decreto stesso, in cui si cita solo ed esclusivamente una zona del Paese rispetto ad altre.
  Sarebbe stato molto più semplice per me, come torinese, porre in evidenza le crisi delle fondazioni lirico-sinfoniche territoriali o la crisi del sistema museale torinese o piemontese o la mancanza di fondi per la stessa Reggia di Venaria, ma questo non è stato fatto, perché la nostra volontà è cercare di risolvere il problema qua, nel Parlamento italiano, per il Paese, a differenza vostra che, come cita il testo stesso e l'articolato stesso del provvedimento, avete fatto un «decreto spot» e un «decreto marchetta».
  Poi ribadisco il concetto che bisogna fare, come tanti propongono, e fare subito. Io spero che questo sia l'ultimo decreto urgente che pone il Governo, perché l'urgenza sì c’è, ma non sicuramente su questi temi. L'urgenza c’è sul tema del lavoro e delle attività produttive. Faccio parte della Commissione attività produttive: avrei la speranza che nella X Commissione ci fosse un decreto urgente, realistico, che ponesse in evidenza il sistema in crisi del Paese e delle attività produttive e che ponesse delle soluzioni, soluzioni come sono state adottate in altri Paesi europei, dove c’è la possibilità di defiscalizzare ed aiutare le aziende in crisi, semplicemente, come hanno fatto negli ultimi giorni i Paesi europei limitrofi all'Italia, abbassando la bolletta della luce. Questo, se c’è la volontà da parte del Governo, penso che trovi un buon auspicio ed una possibilità di risoluzione in tempi velocissimi (pochi giorni, se non poche ore), per risolvere un problema che è totalmente italiano. Se non c’è volontà, ognuno farà le proprie considerazioni e si assumerà le proprie responsabilità. Perciò faremo la puntualizzazione sull'articolato e poi, nei giorni prossimi, continueremo con le nostre proposte.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Signora Presidente, la cultura nel nostro Paese è un vero e proprio capitale diffuso, fatto di patrimonio artistico, paesaggio, tradizione, ma anche know-how ed innovazione. Oggi la sfida per valorizzare appieno questo asset sta nella capacità di creare reti ed alleanze, nella capacità di mettere in circolo e scambiare questo capitale anche creando interesse tra i diversi soggetti titolati ad intervenire nella gestione della cultura.
  La cultura sviluppa saperi e competenze, produce benessere e ricchezza economica, favorisce altresì l'innovazione e l'inclusione sociale. Investire, quindi, in servizi culturali rende le nostre città più vivibili e le trasforma in poli di attrazione di un turismo di qualità, senza dimenticare che i destinatari dell'intervento pubblico sono i cittadini, i nostri figli e i territori che possono esprimere vitalità. Pag. 30Con questo decreto si torna a investire e a credere nella cultura come motore per le strategie e per lo sviluppo del nostro Paese.
  Durante il dibattito nelle Commissioni riunite, cultura e attività produttive, sono stati approvati importanti emendamenti che hanno introdotto miglioramenti del testo che era stato approvato dal Consiglio dei ministri. Tra le modifiche più significative vorrei citare il regime fiscale agevolato in favore delle persone fisiche e giuridiche, una detassazione per la prima volta significativa, provvedimenti per promuovere ogni anno un grande progetto culturale, apertura, con l'aiuto di giovani professionisti, di luoghi della cultura scarsamente fruiti dal grande pubblico, creazione di percorsi turistico-culturali in linea con l'idea di turismo europeo. Tutte misure che si affiancano al rilancio del settore turistico nel nostro Paese, che attendeva da anni provvedimenti specifici e significativi.
  La norma più significativa del provvedimento è il cosiddetto art-bonus, che troviamo all'articolo 1 del testo in esame. L'articolo, infatti, introduce un regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito d'imposta, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo. I contribuenti potranno usufruire di tale credito nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate negli anni 2014-2015 e nella misura del 50 per cento nell'anno 2016. In tal modo si intende semplificare, per il triennio 2014-2016, il sistema di agevolazioni per le erogazioni liberali riguardanti i beni culturali, prevedendo un'unica disciplina per le persone fisiche e per le persone giuridiche e così superando l'attuale dicotomia, che vede la detrazione del 19 per cento per le prime e la deduzione sulla base imponibile per le seconde. Così l'Italia tenta di equipararsi ad alcuni Paesi europei.
  Con un emendamento introdotto durante l'esame in Commissione si stabilisce che l’art-bonus è esteso anche ai privati che effettuano, appunto, erogazioni liberali in denaro per interventi a favore di beni pubblici gestiti anche da fondazioni ed enti privati. In Francia due interventi legislativi del 1968, che oggi fanno parte delle norme fiscali, noti come «leggi Malraux», hanno rappresentato lo strumento ideale che ha permesso di arricchire in maniera sostanziale le collezioni pubbliche. Nuovi strumenti di mecenatismo si sono poi affermati negli anni Ottanta a favore della cultura in generale e delle collezioni pubbliche in particolare. Più recentemente, con una legge del 2002, sono stati introdotti strumenti che incoraggiano le imprese a partecipare al finanziamento di opere di grande livello in cambio di favori di carattere fiscale.
  Anche in Gran Bretagna il Governo intende autorizzare l'arricchimento delle collezioni pubbliche attraverso lo strumento del Cultural Gifts Scheme, una sorta di donazione in denaro che alleggerisce l'ammontare delle imposte, comprese le imposte sulle società, aumentando così i vantaggi fiscali per i doni di privati e di società e aumentando, altresì, i vantaggi anche per le donazioni dopo un decesso, con una riduzione della tassa di successione. Pure le imprese in Gran Bretagna deducono dalle imposte le spese sostenute per la cultura, indicandole come costi professionali.
  In Germania, infine, oltre al finanziamento pubblico della cultura esistono quattro forme di finanziamento private. La destinazione è fondata, innanzitutto, su motivi di contenuto, come quelle di carattere fiscale e legale, nonostante che nella messa in pratica tali forme possano incrociarsi e sovrapporsi. Si tratta di donazioni delle persone private e delle imprese, donazioni da parte di fondazioni, sponsorizzazioni, pubblicità. Queste forme diverse di finanziamento possono essere combinate con fondi pubblici, come nel caso della partnership tra pubblico e privati o del matching found, ovvero una modalità di cooperazione del settore privato, con dei fundraiser privati.Pag. 31
  Particolare importanza rivestono anche le misure previste dall'articolo 2, che riguardano misure urgenti per il grande progetto di Pompei.
  I commi 1, 2, 4, 5 e 6 prevedono interventi volti ad accelerare la realizzazione del Grande Progetto Pompei. A tal fine, in particolare, dispongono varie deroghe al codice dei contratti pubblici per gli affidamenti dei contratti e prevedono la costituzione di una segreteria tecnica di progettazione presso la sovrintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.
  L'articolo 3 prevede la nomina di un commissario straordinario chiamato a predisporre, entro il 31 dicembre 2014, un progetto di riassegnazione degli spazi all'interno del complesso della Reggia di Caserta, al fine di restituire alla sua destinazione culturale, educativa e museale l'intero complesso. In particolare, il commissario è nominato con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, tra esperti di provata competenza, anche provenienti dai ruoli di personale dirigenziale del Mibact e di altre amministrazioni statali. Il commissario, che resterà in carica fino al 31 dicembre 2014, è il consegnatario unico dell'intero complesso della Reggia che, in base all'articolo in esame, comprende la Reggia, il parco reale, il giardino all'inglese, l'oasi di San Silvestro e l'acquedotto carolino.
  Con l'articolo 4, si integra il codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di contrastare l'esercizio nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico e artistico e paesaggistico di attività commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio non compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. Inoltre, l'articolo 5 modifica in più parti l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 che reca disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche. In particolare, con questo articolo si dà la possibilità alle fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento di negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali e vi è una nuova disciplina della gestione degli eventuali esuberi derivanti dalla rideterminazione delle dotazioni organiche delle medesime fondazioni. Si prevede, altresì, l'adeguamento degli statuti e, quindi, il rinnovo degli organi a seguito dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni statutarie, la disciplina per l'individuazione delle fondazioni che possono dotarsi di formule organizzative speciali e la proroga dei commissari straordinari fino all'adozione delle modifiche appunto statutarie. Inoltre, si prevede l'incremento per il 2014 del Fondo di rotazione. Il cinema italiano, con questo provvedimento, sarà un po’ più attraente per i produttori stranieri e l'articolo 6 reca, infatti, disposizioni in materia di benefici fiscali per la produzione cinematografica e audiovisiva finalizzati, in particolare, ad attrarre gli investitori esteri in Italia. In particolare, con il comma 1, si aumenta da 5 a 10 milioni di euro il limite massimo del credito d'imposta a favore delle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione per film o parti di film girati sul territorio nazionale utilizzando manodopera italiana, ma su commissioni di produzioni estere. Il limite è riferito non più, però, alla singola filmica, ma alla singola impresa di produzione esecutiva per ciascun periodo d'imposta.
  L'articolo 7, ai commi 1 e 2, prevede un piano strategico per i grandi progetti beni culturali e risorse per infrastrutture destinate a investimenti a favore dei beni culturali. Con questi due commi, si prevede l'approvazione di un piano strategico annuale denominato «Grandi Progetti Beni culturali» per il quale dispongono una specifica autorizzazione di spesa per il triennio 2014-2016 e al quale dal 2017 sarà riservata una parte della quota delle risorse per le infrastrutture destinata a investimenti in favore dei beni culturali. Si modifica la disciplina inerente all'individuazione della quota citata che diventa ora a regime, prevedendo, al contempo, che altra parte della stessa quota sarà Pag. 32riservata, per il triennio 2014-2016, al finanziamento di progetti e di attività culturali nelle periferie urbane.
  Si prevede il rifinanziamento del Fondo Mille giovani per la cultura per un ammontare di un milione di euro per il 2015. Il finanziamento è inquadrato nell'ambito delle iniziative del Piano nazionale Garanzia Giovani. La disposizione fa seguito, limitatamente al 2015, all'impegno assunto dal Governo durante la seduta dell'Assemblea della Camera del 7 agosto 2013 con l'accoglimento, appunto, dell'ordine del giorno n. 9/1458/11, volto a prevedere l'adozione di ulteriori iniziative normative per finanziare il Fondo Mille giovani per la cultura almeno su una dimensione triennale fino al 2016.
  L'articolo 8 dispone in materia di utilizzo di giovani per far fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico presso gli istituti e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica mediante contratti di lavoro flessibile.
  In particolare, al comma 1 del citato articolo, si prevede che gli istituti e i luoghi della cultura dello Stato, delle regioni e degli enti pubblici territoriali, predispongano, secondo le rispettive competenze e in base ai rispettivi ordinamenti, elenchi nominativi di giovani, di età non superiore ai 29 anni, da impiegare per far fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, al fine del miglioramento e della valorizzazione dei beni.
  Per favorire la nascita di nuove iniziative turistiche, il decreto-legge semplifica le procedure amministrative di apertura delle attività ricettive; introduce, altresì, la possibilità di realizzare circuiti di accoglienza e sistemi di ospitalità diffusa, recuperando immobili pubblici a potenziale vocazione turistica e non utilizzati a scopi istituzionali, come ad esempio case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie o marittime e caserme.
  L'articolo 9 che ha lo scopo di sostenere la competitività del sistema del turismo nazionale, favorendo la digitalizzazione del settore, concede un credito d'imposta, per i periodi che vanno dal 2015 al 2017, a favore degli esercizi ricettivi, singoli o aggregati, con servizi extra-ricettivi o ancillari, nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per investimenti ed attività di sviluppo.
  L'articolo 10, per migliorare la qualità dell'offerta ricettiva delle destinazioni turistiche, concede, invece, alle strutture ricettive, per il periodo d'imposta in corso dal 1o giugno 2014 e per i due successivi, un credito d'imposta nella misura del 30 per cento delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia e di abbattimento delle barriere architettoniche.
  L'articolo 11 contiene disposizioni di diversa natura che mirano alla fruibilità del patrimonio culturale e turistico italiano, in assenza di oneri per la finanza pubblica. A tal fine si prevede: in primo luogo, l'adozione di un piano straordinario della mobilità turistica; in secondo luogo, si prevede la convocazione da parte del Mibact di apposite conferenze di servizi, per semplificare e velocizzare il rilascio di atti autorizzativi di varia natura relativi alla realizzazione di circuiti nazionali di eccellenza; inoltre, è prevista la concessione ad uso gratuito di immobili pubblici non utilizzati a fini istituzionali ad imprese o altre forme associative, composte in prevalenza da giovani, per la promozione di percorsi pedonali o ciclabili; infine, si rinvia al 31 ottobre 2014 il decreto per l'individuazione dei siti turistici di particolare interesse nei quali, per le guide turistiche, occorre una speciale abilitazione, demandando al medesimo decreto di stabilire anche i requisiti necessari per ottenere, appunto, l'abilitazione stessa.
  L'articolo 12 dispone in materia di termine iniziale di efficacia dell'autorizzazione paesaggistica e interviene su procedimenti per il rilascio della stessa autorizzazione, sopprimendo le disposizioni che consentivano, in caso di mancata espressione del parere da parte del soprintendente entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, di indire una conferenza di servizi, che doveva pronunciarsi entro Pag. 3315 giorni. Il nuovo testo ora prevede che, decorsi inutilmente i 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. Inoltre, prevede l'emanazione di un regolamento di delegificazione, finalizzato ad ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010.
  Un ulteriore gruppo di disposizioni, recate all'articolo 12, intende semplificare la riproduzione dei beni culturali e la consultazione degli archivi. In particolare, si amplia l'ipotesi nella quale non è dovuto alcun canone per le riproduzioni dei beni culturali. Infine, riduce da 40 a 30 anni il termine previsto per il versamento della documentazione degli organi dello Stato all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato e prevede la libera consultabilità dei documenti versati prima di tale termine.
  L'articolo 13 interviene in materia di semplificazione degli adempimenti burocratici per le strutture turistiche ricettive e per le agenzie di viaggi e turismo, disponendo la soggezione dell'avvio e dell'esercizio delle relative attività alla segnalazione certificata di inizio attività.
  L'articolo 14, relativo all'organizzazione del Mibact, dispone che il numero complessivo degli uffici dirigenziali generali, centrali e periferici, incluso il Segretario generale, non può essere superiore a ventiquattro. A tal fine, elimina il vincolo relativo al numero degli uffici dirigenziali generali periferici, fissato in diciassette.
  Dispone, inoltre, la possibilità di riorganizzare temporaneamente gli uffici operanti nelle aree in cui si sono verificati eventi calamitosi per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza.
  Infine, estende la possibilità di costituire soprintendenze speciali tramite trasformazione di tutti gli istituti e i luoghi della cultura statali – quindi, anche di aree e parchi archeologici e di complessi monumentali –, oltre che di uffici competenti su complessi di beni distinti da eccezionale valore. In tali strutture, invece del consiglio di amministrazione è previsto un amministratore unico.
  L'articolo 15 ripristina la possibilità di proroga delle assegnazioni temporanee del personale non dirigente del comparto scuola presso il Mibact fino al 31 agosto 2015 e prevede la promozione, da parte dello stesso Ministero, di procedure di mobilità relative al personale non dirigente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
  L'articolo 16 provvede al riordino e alla razionalizzazione dell'ENIT-Agenzia nazionale per il turismo. Gli elementi maggiormente significativi della riforma sono la trasformazione dello stesso ENIT da ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico in ente economico, sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la contestuale liquidazione di Promuovi Italia Spa. Conseguentemente, vengono modificate le funzioni e le caratteristiche del nuovo ente, la composizione e le modalità di nomina dei componenti. La fase di transizione è affidata alla gestione di un commissario straordinario.
  Con questo provvedimento la cultura è, dunque, la nuova protagonista dell'agenda di Governo: con la cultura non solo si mangia, ma si crea ricchezza reale fatta di posti di lavoro e tante imprese. La nostra filiera culturale ha generato lo scorso anno 80 miliardi di ricchezza – in pratica, il 5,7 per cento del prodotto interno lordo – ed è riuscita a mobilitare, grazie ad un effetto moltiplicatore di 1,7 – per ogni euro prodotto, in sostanza, dalla cultura se ne è attivato 1,7 in altri settori –, altri 134 miliardi aggiuntivi in altri comparti, quali il turismo, arrivando alla soglia di 214 miliardi, in pratica il 15,3 per cento del nostro PIL.
  Oggi più che mai, per far ripartire l'economia ed arginare paure e scetticismi, occorre investire in beni che abbiano un importante valore aggiunto, oltre che economico. È il caso del patrimonio culturale ed artistico, il cui valore pubblico è sancito dalla Costituzione. Un Paese come l'Italia Pag. 34non può programmare il proprio futuro e non potrà presentarsi ad un confronto internazionale senza un profondo rinnovamento delle politiche che siano fondate sul valore della propria vocazione artistica e culturale. Il decreto-legge «Art bonus», perciò, rappresenta una svolta decisiva e concreta per il futuro dei beni culturali nel nostro Paese. Ogni Paese, soprattutto in tempi di crisi come lo è il nostro, deve capire e puntare su ciò in cui è più forte: l'Italia, perciò, deve puntare e scommettere sul suo patrimonio artistico, storico e culturale, che ci viene invidiato da tutto il mondo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ferrara. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Signor Presidente, il decreto che stiamo discutendo oggi interviene in settori fondamentali della nostra economia, come quello della tutela del patrimonio culturale e dello sviluppo e quello relativo al turismo, attraverso una serie di misure volte a rilanciare la competitività del settore. Lo abbiamo detto più volte, il nostro atteggiamento nei confronti del Governo è quello di valutare, volta per volta, il merito dei provvedimenti proposti e discussi in quest'Aula: anche su questo decreto vogliamo confrontarci senza alcun pregiudizio, rilevando, volta per volta, gli aspetti critici e quelli che non condividiamo e, allo stesso tempo, riconoscendo la validità di alcune buone proposte quando le vediamo.
  Il provvedimento in questione introduce strumenti per sostenere il patrimonio culturale e rilanciare il settore turistico, ispirandosi al principio secondo cui i settori del turismo e della cultura risultano profondamente interconnessi. Ne consegue che è proprio dalla valorizzazione economica dell'immenso patrimonio culturale del nostro Paese che deriva la ripresa del turismo.
  Si ricorda che, tra le priorità dell'attuale Governo cui è strettamente legata la ripresa economica del Paese, il Documento di economia e finanza 2014 individua proprio il turismo, soprattutto per le insite opportunità in termini di attrazione di risorse, con circa il 50 per cento dei flussi provenienti dall'estero e di creazione di nuovi posti di lavoro. Gli obiettivi che il Governo Renzi, stando ai contenuti descritti dal DEF 2014, intende perseguire per i settori in questione sono riconducibili alla riforma dell'intera gestione del sistema turistico nazionale.
  Condividiamo tale obiettivo e incalzeremo il Governo affinché lo rispetti fino in fondo.
  La proposta centrale del decreto-legge in esame oggi riguarda il credito di imposta del 65 per cento per le donazioni a favore di interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici come i musei, i siti archeologici, gli archivi, le biblioteche pubbliche, i teatri pubblici e le fondazioni lirico sinfoniche. La norma dell’Art bonus, nel complesso, è condivisibile negli obiettivi e il nostro auspicio è che questo meccanismo riesca ad attivare un sistema virtuoso in grado non solo di preservare, ma anche di valorizzare e rilanciare il nostro patrimonio storico e turistico. Tutto ciò dovrà essere fatto con la massima trasparenza e per questo crediamo che il Ministero abbia l'obbligo di prevedere linee guida più stringenti sulle erogazioni liberali ricevute.
  È evidente, inoltre, come questo meccanismo da solo non basti se non si è in grado di mettere in campo un quadro sistematico ed organico che preveda anche la costituzione di un fondo per quei beni culturali che, lontano dalla fama di opere immortali, costituiscono l'ossatura del nostro patrimonio.
  Immaginiamo una percentuale che su ogni donazione vada a creare fondi in aiuto di beni culturali minori che hanno bisogno di interventi tempestivi, in un'ottica di solidarietà e di perequazione.
  Al netto della norma relativa all’Art bonus, che senza alcun dubbio rappresenta l'intervento che ha suscitato più interesse tra quelli contenuti nel provvedimento, con riferimento specifico al settore del turismo, vengono introdotte due ulteriori tipologie di credito di imposta. Il Pag. 35primo a favore degli esercizi ricettivi singoli o aggregati come i servizi extra-ricettivi o ancillari, nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per investimenti ed attività di sviluppo e per la digitalizzazione ricettiva, il secondo nella misura del 30 per cento delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia e di abbattimento delle barriere architettoniche.
  Compaiono pure disposizioni di diversa natura che mirano alla fruibilità del patrimonio culturale e turistico italiano, come per esempio l'adozione di un piano straordinario della mobilità turistica e la convocazione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di apposite conferenze di servizi per semplificare e velocizzare il rilascio di atti autorizzativi di varia natura, relativi alla realizzazione di circuiti nazionali di eccellenza.
  È prevista la concessione ad uso gratuito di immobili pubblici non utilizzati a fini istituzionali a forme associative, composte in prevalenza da giovani, per la promozione di percorsi pedonali o ciclabili. Si provvede, infine, al riordino e alla razionalizzazione dell'ENIT, l'agenzia nazionale per il turismo.
  Questo decreto-legge interviene sulle grandi ferite inferte al nostro patrimonio culturale e artistico, spesso dovute all'incuria e all'abbandono di luoghi che tutto il mondo ci invidia per la loro bellezza e unicità, penso a luoghi come il sito di Pompei o la Reggia di Caserta.
  Per quanto riguarda Pompei, infatti, nel decreto-legge sono previste misure che senza toccare i controlli di trasparenza e legalità accelerano la progettazione, anche con l'assunzione di venti progettisti da parte della sovrintendenza speciale del Grande Progetto Pompei. In questo caso, la norma appare nel suo complesso particolarmente delicata, perché reca rilevanti semplificazioni delle procedure di gara e delle altre iniziative urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei. Se è pur vero che si tratta di interventi oramai non più rinviabili, riteniamo che andrebbe valutata con particolare attenzione in sede politica; non comprendiamo perché si continui a commissariare d'urgenza, delegando un potere che spetterebbe alle istituzioni. In questo caso la politica deve ribadire il suo primato.
  Per quanto riguarda la Reggia di Caserta, che per il 20 per cento è struttura museale e per il restante è occupata da altre funzioni, è prevista la nomina di un commissario che avrà sei mesi di tempo per riscrivere un progetto che consenta di distribuire diversamente le sedi delle amministrazioni che non sono compatibili con la destinazione culturale e museale della Reggia e per restituirla così alla sua funzione naturale. Anche in questo caso, si tratta di un provvedimento non rinviabile, ma bisogna valutare l'opportunità di incrementare sensibilmente il progetto Mille giovani per la cultura con uno stanziamento pari, almeno, a 3 milioni di euro per l'anno 2015, ovviamente a favore della produzione di un lavoro di qualità che non abbia la precarietà come ingrediente principale. Non è più possibile che giovani laureati, specializzati e dottorati vengano utilizzati come stagisti senza destino.
  La possibilità di preservare il nostro patrimonio passa anche da qui, da quella formazione dei nostri giovani al futuro. Sulle fondazioni lirico-sinfoniche ci troviamo davanti ad un forte impegno economico per risanare le fondazioni: parliamo di 150 milioni di euro totali previsti. Ci auguriamo che il Governo metta lo stesso impegno nella tutela dei diritti e della salvaguardia delle lavoratrici e dei lavoratori e delle fondazioni lirico-sinfoniche. Non possiamo però non evidenziare come proprio la grande disponibilità economica messa in campo avrebbe richiesto uno sforzo in più, immaginando una riforma puntuale che ridisegnasse l'intero settore. L'innalzamento da 5 a 10 milioni di euro della tax credit cinema ci appare positivo e costituisce, peraltro, l'attuazione di uno degli impegni contenuti nella mozione presentata dal nostro gruppo, SEL, in materia di rilancio del turismo che, come si ricorderà, ha impegnato il Governo ad adottare opportune iniziative normative tese a incentivare fiscalmente la Pag. 36produzione di film internazionali ambientati in luoghi italiani, sui quali si deve puntare come soluzione di offerta del sistema e che fungono da pubblicità e richiamo, un intervento opportuno anche alla luce dell'ultimo rapporto del Censis pubblicato nei giorni scorsi con riferimento agli investimenti esteri in Italia. Secondo il Censis, infatti, gli investimenti esteri in Italia, nell'ultimo quinquennio, sono crollati del 58 per cento.
  Infine, crediamo che la reintroduzione dell'obbligo di destinare ai beni culturali il 3 per cento dei fondi per le infrastrutture sia una scelta ineccepibile. Dobbiamo però segnalare che tale norma deve essere oggetto di miglior cura e monitoraggio rispetto al passato. L'ultima osservazione voglio farla sulle coperture. Le risorse complessive utilizzate a copertura dell'intero provvedimento, attraverso l'utilizzo di fondi Mibac, fondi di riserva speciale del MEF e fondi per gli investimenti strutturali di politica economica ammontano a circa 500 milioni di euro, spalmati tra il 2014 e il 2020. Non si tratta di risorse nuove ma già previste a legislazione vigente. La nota positiva è che, per la prima volta, non si tratta di coperture «drammatiche» e, per quanto attiene strettamente al comparto turistico, si tratta delle prime coperture vere, anche se limitate, stanziate sino ad oggi.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghe e colleghi, il decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014 reca, come è noto, disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Che di simili disposizioni vi siano appunto necessità e urgenza è certo. Con particolare efficacia la sottolineano le pagine di esordio di un recente saggio di Giovanni Solimine, dal titolo inequivocabile: Senza sapere. Il costo dell'ignoranza in Italia. Si ricorda, infatti, quanto all'Italia unita annotava Pasquale Villari: «bisogna che l'Italia cominci con il persuadersi che v’è, nel seno della nazione stessa, un nemico più potente dell'Austria, ed è la nostra colossale ignoranza». Dopo oltre centocinquant'anni di storia unitaria, quel nemico – scrive Solimine – è sempre lì, saldamente radicato, anche se ormai ha assunto connotati diversi. Oggi l'analfabetismo assoluto è praticamente scomparso, ma lo sviluppo della società italiana è ancora frenato da un basso livello di istruzione e da un pesante tasso di analfabetismo funzionale. Del resto, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo agli Stati generali della cultura del 2012, giustamente osservava, a proposito del titolo generale dell'iniziativa, che forse emergenza dimenticata non è l'espressione più adatta, perché non è questione di emergenza. Quando parliamo di cultura parliamo di una scelta di fondo trascurata in un lungo arco di tempo: così il Presidente della Repubblica. Può allora davvero dirsi che sul terreno delle politiche culturali lo spread tra l'Italia ed altri Paesi europei è il risultato di ritardi storici esacerbati negli anni della grande crisi e della grande recessione da riduzione di risorse pubbliche e private. Secondo recenti stime e nonostante la singolare ricostruzione prospettata nell'intervento dell'onorevole Allasia, la spesa pubblica per cultura sarebbe scesa nel nostro Paese allo 0,9 per cento del PIL, collocandoci al trentesimo posto della graduatoria Eurostat, rispetto ad una media europea del 2,2 per cento.
  Certo, lo ha ricordato da poco il Rapporto 2014, messo a punto da Fondazione Symbola ed Unioncamere, la filiera culturale italiana vale nel 2013 oltre il 15 per cento del valore aggiunto nazionale e coinvolge, in maniera diretta, oltre 440 mila imprese con il contributo di 1 milione e mezzo di occupati. Sono dati ragguardevoli, ma che meritano di essere rammentati, in un tempo in cui vi è straordinaria necessità di buona crescita e di buona occupazione, soprattutto per segnalare una volta di più la contraddizione intollerabile tra la ricchezza del patrimonio culturale italiano e la quartultima posizione italiana nella graduatoria europea Pag. 37dell'incidenza dell'occupazione culturale rispetto all'occupazione totale: un'incidenza dell'1,1 per cento, a fronte dell'1,7 dell'Europa a 27 e del 2,2 per cento della Germania, il doppio dell'Italia.
  Con il decreto-legge Valore cultura, con le misure ricomprese nell'ambito della legge di stabilità per il 2014, ed ora con il decreto-legge n. 83, si è dunque opportunamente avviato e progressivamente consolidato un cambiamento di rotta nutrito dalla consapevolezza della cultura come fondamentale asset competitivo. Asset allora meritevole di investimenti per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, anche attraverso la mobilitazione dei privati e del privato sociale, resa ora possibile dall’art bonus.
  Le misure urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei e per la tutela e la valorizzazione del complesso della Reggia di Caserta tornano poi a misurarsi con la questione cruciale del combinato disposto tra accelerazioni procedurali e tutela della legalità; mentre le disposizioni dell'articolo 4, concernenti la tutela del decoro di siti culturali, rilanciano comunque, al di là dei procedimenti di riesame ed eventuale revoca, anche in deroga delle autorizzazioni e delle concessioni per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche, l'esigenza di un'attenta programmazione e di una compiuta valutazione di impatto delle relazioni complesse e delicate e vitali tra commercio ed identità del sistema città a partire dal suo centro storico-culturale.
  Fatto qui semplice cenno delle disposizioni dell'articolo 5 riguardante le fondazioni lirico-sinfoniche, di quelle dell'articolo 6 per l'attrazione di investimenti esteri nel settore della produzione cinematografica e televisiva, nonché del Piano strategico per i grandi progetti di cui all'articolo 7, la lettura complessiva del Titolo II del decreto-legge conferma poi, a mio avviso, la scelta di tenere insieme il riconoscimento del turismo come grande opportunità per l'Italia con il coordinamento degli sforzi necessari alla valorizzazione del suo potenziale. Si tratta dunque di archiviare anzitutto l'idea ingenua e pericolosa che la ricchezza straordinaria del nostro patrimonio storico-culturale e naturalistico basti di per sé stessa a sorreggere le sorti della vocazione turistica del Belpaese: una vocazione troppo spesso vissuta, a dire il vero, secondo i tratti ed i limiti di un'economia di rendita.
  Piuttosto, si tratta di dar corpo – come emerge già con le disposizioni dell'articolo 9 recanti il credito di imposta per la digitalizzazione e con quelle dell'articolo 10 recanti il credito d'imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive, con le misure in materia di mobilità turistica dell'articolo 11, con quelle di semplificazione dell'articolo 13 e con le norme dell'articolo 17 riguardanti la trasformazione di ENIT in un ente pubblico economico – si tratta, dicevo, di dar progressivamente corpo ad una strategia di sistema. Strategia di sistema non inesauribile certo entro il perimetro del decreto-legge, perché essa anzitutto rinvia al percorso di riforma del Titolo V della Costituzione, affinché, all'insegna del disinnesco del conflitto di competenze e del perseguimento della cooperazione interistituzionale ed interamministrativa, sia data positiva risposta alla necessità di assicurare fondamenta certe alla costruzione di una strategia per il turismo come strategia centrale per l'intero sistema-Paese, attribuendo dunque alla competenza dello Stato le attività di promozione, indirizzo e coordinamento delle politiche turistiche.
  Ma la strategia di sistema, che intanto emerge dai tasselli recati dal decreto-legge n. 83, si configura, comunque, come set di politiche economiche e fiscali, di misure di semplificazione ed in materia trasportistica complessivamente utili ad indurre tanto dinamismo ed aggregazione di reti delle piccole e medie imprese quanto attrazione di investimenti esteri e utili ancora, attraverso il miglioramento del rapporto qualità-prezzo, delle infrastrutture e della ricettività, cioè dei punti critici emergenti dalle principali analisi comparative internazionali, al consolidamento della domanda interna così come al perseguimento di domanda estera affluente.Pag. 38
  Strategia di sistema, dunque, chiamata a misurarsi con la costruzione di standard condivisi per i servizi a partire dagli standard ricettivi, secondo quanto emerge dal comma 5 dell'articolo 10 nella nuova formulazione propostane dalle relatrici ed approvata in sede di esame congiunto da parte delle Commissioni VII e X. Strategia di sistema è pertanto chiamata ancora ad intervenire – si veda al riguardo l'articolo 16 a partire dai suoi programmatici commi 1 e 2 – sul fronte della promozione coordinata all'estero della destinazione Italia, dei suoi territori e delle sue specializzazioni ed offerte, rinnovando profondamente missione ed organizzazione dell'Agenzia nazionale del turismo e facendone soggetto concorrente all'innovazione dei prodotti turistici italiani e dallo sviluppo del capitolo turismo dell'Agenda digitale del nostro Paese.
  Il lavoro svolto in sede di esame congiunto da parte delle Commissioni è stato di particolare importanza; esso ha, tra l'altro, condotto all'approvazione, nel contesto dell'articolo 7, della previsione del varo del programma Italia 2012, volto a valorizzare il patrimonio progettuale dei dossier di candidatura a capitale europea della cultura 2019 delle città.
  Il credito di imposta per le ristrutturazioni edilizie delle imprese alberghiere, di cui all'articolo 10, ricomprende ora anche interventi di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo e l'estensione a spese relative ad ulteriori interventi comprese quelle per l'acquisto di beni mobili finalizzati all'arredo degli immobili oggetto degli interventi. Al comma 6 del già citato articolo 10, vi è poi il rafforzamento delle imprese turistiche e la loro aggregazione in distretti turistici e reti di impresa; ci si affida tra l'altro alla possibile costituzione di zone a burocrazia zero e ad una specifica declinazione dei contratti di rete per il settore turistico che assume come obiettivi fondamentali il supporto dei processi di riorganizzazione della filiera, il miglioramento della specializzazione e della qualificazione del comparto, l'incoraggiamento degli investimenti utili all'accrescimento della capacità competitiva ed innovativa dell'imprenditorialità turistica italiana, in particolare sui mercati esteri.
  Nella formulazione finale, che approda ora all'esame della Assemblea, il comma 2 dell'articolo 16 esplicita poi in riferimento agli investimenti nei mezzi digitali di ENIT l'obiettivo del potenziamento e dello sviluppo del portale Italia.it e ciò anche ai fini della realizzazione e della distribuzione di una Carta del turismo.
  Insomma, lette nel loro insieme le scelte operate con il decreto n. 83 e con il suo processo di conversione in legge, dicono ancora una volta della necessità di cambiamenti profondi ed urgenti. Ciò perché nell'ultimo decennio, è vero, la spesa turistica per viaggi all'estero è raddoppiata ma l'Italia stenta a reggere il passo e perde quote di mercato in misura maggiore dei suoi più diretti competitori. Cambiamenti profondi ed urgenti: ecco quanto occorre per intercettare richieste di esperienze turistiche sempre più diversificate e per rinnovare i valori di lunga durata della destinazione Italia anche attraverso una organizzazione capace di trattenere quote maggiori della catena del valore generata dal far turismo in Italia.
  Cambiamenti profondi ed urgenti: ecco quanto occorre per mettere a frutto la valutazione di risorse turistiche del nostro Paese generando, secondo le stime prudenziali al 2020 accolte dal Piano strategico 2013 per lo sviluppo del turismo in Italia, un contributo aggiuntivo al prodotto interno lordo nell'ordine dei 30 miliardi di euro ed un contributo aggiuntivo all'occupazione nell'ordine delle 500 mila unità. Innovazione digitale ed imprenditoriale, ruolo propulsivo dei servizi nei processi di costruzione di autoimprenditorialità e di nuova occupazione. È un circuito virtuoso ben presente nell'impostazione del decreto e che dice della necessità di una integrazione sempre più avanzata tra politica industriale e politica per i servizi di cui la filiera della cultura e del turismo potrebbero davvero essere nel nostro Paese interpretazione di eccellenza.
  È bene allora ricordare che circa il 48 per cento del nostro patrimonio storico-Pag. 39culturale insiste sui territori del Mezzogiorno, ma d'altra parte non può essere non sottolineato quante necessità e quali opportunità di miglioramento vi siano nell'utilizzazione delle risorse europee proprio negli assi di programmazione che riguardano il combinato disposto tra turismo e cultura. Anche su questo terreno, una nuova strategia significa accelerazione, facilità di accesso ed integrazione delle misure attivabili su diversi programmi.
  Anche su questo terreno – e concludo – il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea può essere un'opportunità, l'opportunità per far sì che la già programmata verifica di Europa 2020 si traduca in un'ancora maggiore centralità della cultura, del turismo e del combinato disposto tra cultura e turismo nell'agenda europea 2020 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, voglio iniziare questo intervento ricordando le affermazioni del signor Ministro rilasciate il giorno del giuramento al Quirinale. Disse che era stato chiamato a guidare il più importante «Ministero economico» del Governo. Un'osservazione che in tanti hanno salutato con la soddisfazione di chi sa di avere ascoltato qualcosa di importante.
  Ecco, noi di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale apprezzammo quell'affermazione, perché intravedemmo in quell'ossimoro la possibilità di una rivoluzione a lungo attesa: la trasformazione di un inestimabile patrimonio ingessato in un giacimento d'oro per la comunità nazionale, foriero di opportunità e di sviluppo. Abbiamo sognato che finalmente si potesse sancire la necessaria alleanza tra il privato e il pubblico, lanciando una nuova stagione, anzi, una nuova era per le politiche culturali in Italia.
  Vede, prima di diventare parlamentare sono stato consigliere municipale, anzi circoscrizionale, che conta un po’ meno. Consigliere comunale, consigliere regionale, insomma, sono uno dei pochi sopravvissuti che ha fatto tutta la gavetta e, in quei ruoli, ho capito che più si sta in basso, a contatto con le realtà locali e gli operatori del settore, con i cittadini che vivono in un contesto urbano, più si ha la percezione di ciò che serve e di ciò che è inutile alla propria comunità.
  Questo decreto-legge è, a mio modo di vedere, inutile – lo dico con rammarico –, è fermo, immobile, sta lì dove abbiamo lasciato la cultura prima che Franceschini subentrasse a Bray, per intenderci, anzi ha fatto persino qualche passo indietro, è alieno rispetto ai bisogni del territorio e del settore. Qui dentro c’è l'astrazione pura e manca il legame con le esigenze vere per lo sviluppo del patrimonio culturale italiano.
  Su questo tema abbiamo una legislazione d'eccellenza, è stato scritto tutto lo scibile umano sulla tutela, la conservazione, il restauro, la classificazione. E, proprio perché l'Italia non ha nulla da invidiare ad altri Stati come corpus normativo, mi domando se ci fosse bisogno di un'ulteriore legge che andasse ad appesantire il quadro esistente, senza aggiungere nulla di nuovo, solita sequela di «bla bla».
  La vera sfida, che con questo decreto miseramente fallite, rappresentanti del Governo e della maggioranza, è quella di trasformare il nostro patrimonio culturale in ricchezza vitale attraverso cui creare occupazione, favorire lo sviluppo, applicare all'antico le «temperie» delle nuove tecnologie, imprimere a ciò che è statico la velocità della modernità, aggiungere a ciò che è locale, in quanto tutt'uno con il territorio – la cultura per nostra fortuna non è delocalizzabile –, la dimensione della globalità, anche se l'aggressione dei tour operator stranieri è pesantissima e voi non riuscite a contrastarla, come dimostra il proliferare delle guide turistiche straniere, che vengono inglobate nei pacchetti turistici e scalzano le nostre guide, ovviamente – figurarsi – già strangolate dalle Pag. 40regole ferree del nostro ordinamento (esami, patentini, partite IVA e via dicendo).
  Non siete stati capaci nemmeno di difendere il diritto dell'Italia di far lavorare le proprie guide, guide abilitate. Su questo protagonismo sì che abbiamo molto da invidiare agli altri Stati.
  Si interviene, insomma, sempre e solo sulla tutela, sul conferimento di incarichi, pesi burocratici, competenze di amministrazioni periferiche, conferenze di servizi, intese e chi più ne ha più ne metta. La famosa affermazione di Guido Carli: «Bisogna liberare l'Italia da lacci e laccioli», divenuto il primo comandamento dell’«agenda Renzi» l'avete fatto a pezzi e l'avete risucchiato nel gorgo dell'inerzia statalista e dirigista.
  La tutela nella vostra visione è interdizione, non produce sviluppo, ma si conferma l'incomprensibile sbarramento che impedisce l'ingresso dei privati nella commercializzazione e promozione di un bene culturale. La sussidiarietà, sempre digerita a forza dalla sinistra, viene tragicamente e definitivamente tradita e, quando noi parliamo di sussidiarietà, non ci riferiamo soltanto ai mecenati, ma all'associazionismo diffuso, al terzo settore, al privato sociale, invece, si arriva – se ne sono accorti in pochi – addirittura al paradosso di abrogare un pezzo del decreto Bray, il comma 6 dell'articolo 1, che prevede l'abrogazione dell'articolo 12 della legge n. 112 del 2013, nel quale si prevedevano «forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali». Secondo quanto riferito dal servizio studi della Camera – quindi, non da chi vi parla – in base alla relazione illustrativa, le previsioni dell'articolo 12 citato si sono rivelate di complessa attuazione, come dire che siccome la gestione di un antibiotico per un organismo infestato da batteri e virus è complessa, allora si sospende la somministrazione del farmaco e si fa morire il paziente. Quindi, che si fa ? Si eliminano i privati. Lei, rappresentante del Governo, non solo, attraverso le decisioni del Ministro Franceschini, ha sconfessato il vostro predecessore, ma è stato anche tradito nelle sue intenzioni iniziali. Sa cosa disse l'ex ministro Bray in audizione ? «Anche l'importanza, in alcuni casi dell'insostituibilità dei soggetti privati nell'attuazione delle politiche per la cultura deve essere ribadita e accompagnata da azioni concrete». Era il 23 maggio del 2013, non un secolo fa, poco più di un anno fa: vi siete rimangiati tutto.
  Come pensa di poter guidare il più importante Ministero economico se chi fa economia, i privati, anche per le note, tristi e sempre più crescenti, scarsezze di cassa delle istituzioni pubbliche, vengono esclusi ?
  Pensa davvero che lo Stato italiano, con il carico immane di debito che ha, possa tutelare, gestire, promuovere e commercializzare il bene culturale ? Non siamo riusciti a farlo in settant'anni, ai tempi delle vacche grasse, possiamo riuscirci oggi ?
  E sul decoro dei siti culturali, a cui è dedicato un altro importante articolo di questo decreto, si torna ai divieti: la cultura del divieto ha prodotto quell'abusivismo edilizio che ha devastato la nostra penisola e fatto costruire manufatti fin nel cuore della Valle dei templi, nell'agrigentino. Non bisogna vietare, ma prescrivere con chiarezza quali strutture, anche temporanee, possano convivere con un sito culturale.
  Occorre disegnare la tipologia, i caratteri stilistici, prevedere il colore e la dimensione affinché non siano pacchiane come gli attuali camion-bar, ma godibili e persino complementari al monumento.
  Basta divieti che ci consegneranno nelle mani dell'abusivismo commerciale: asciugamani stesi davanti al foro di Nerva, piuttosto che davanti al duomo di Firenze, con dentro panini e bibite al posto di borse contraffatte. Regolamentare, non vietare !
  Allora non prendiamoci in giro: questo decreto non è altro che un'ennesima superfetazione legislativa che appesantisce gli adempimenti dello Stato e delle amministrazioni periferiche con interventi che nuovamente, per l'ennesima volta, agiscono sull'emergenza di Pompei creando Pag. 41nuove strutture, come se il «decreto Bray» non avesse fatto altrettanto. Mentre voi vi incartate nel burocratese, i 100 milioni di euro ottenuti da Bruxelles dai nostri europarlamentari per Pompei rischiano more solito di prendere il volo, forse di prendere altre destinazioni. Se un decreto-legge, strumento utilizzato per ragioni di straordinaria urgenza, non è utile a risolvere quell'urgenza, è innegabile che o legiferate male o fate propaganda. Credo che in questo caso ci sia un combinato disposto delle due opzioni. Basti considerare – nessuno lo ha detto fin qui, ma qualche grillo parlante deve pur esserci tra tanta gente che frequenta quest'Aula – che ci sono ben dodici – dico dodici – rimandi ad atti regolamentari: decreti attuativi, conferenze di servizi, conferenze delle regioni, per non parlare dei profili di costituzionalità che incidono sul Titolo V relativamente al turismo e al commercio; atti secondari la cui applicazione viene rimandata tra sessanta-centottanta giorni, mentre altri atti sembrano non avere una scadenza precisa.
  E serviva un decreto-legge per fare un provvedimento la cui attuazione viene rinviata alle calende greche ? Ci sono interventi talmente rilevanti in termini di coperture finanziarie da farci venire il dubbio che stiate scherzando. Ne cito alcuni: un milione di euro per tirocini o stage di mille giovani di età fino ai ventinove anni; un milione di euro per mille giovani significa – traduco – che ciascuno di questi ragazzi avrà a disposizione mille euro, non certo al mese, ma per l'intera durata del tirocinio. Alla faccia della formazione ! C’è un bellissimo articolo nel decreto relativo ai finanziamenti per iniziative culturali nelle periferie urbane. Complimenti ! Ma gli interventi saranno individuati dagli enti locali e la selezione competerà al CIPE, al Comitato interministeriale per la programmazione economica; la traduzione di questa procedura è che per vedere realizzati questi progetti ci vorranno, se andrà bene, dieci anni. Siete ridicoli !
  Andiamo avanti: si riconosce il credito di imposta del 30 per cento sui costi sostenuti per complessivi 12 mila 500 euro di spese relative alla digitalizzazione per gli impianti wi-fi, siti web ottimizzati per il sistema mobile, programmi per la vendita diretta di servizi e pernottamenti e la distribuzione sui canali digitali, spazi e pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da tour operator e agenzie di viaggio. Ma vi rendete conto di quanto costi soltanto una di queste iniziative ? Ho chiesto qualche preventivo per schiribizzo e ho scoperto che, per realizzare tutto questo in un albergo di media grandezza, servono non meno di 500 mila euro.
  Sempre sul sistema ricettivo, avete previsto un credito di imposta per le ristrutturazioni alberghiere del 30 per cento delle spese sostenute, fino a un massimo di 200 mila euro per gli interventi di riqualificazione. Il nuovo testo estende la platea di interventi a tutte le spese di ristrutturazione edilizia, ordinarie, straordinarie, restauro conservativo, ammodernamento, arredo e per l'eliminazione delle barriere architettoniche. Avete ristretto il credito di imposta alle sole strutture alberghiere, fermo restando l'impegno del Governo ad avviare una nuova classificazione. E perché non subito ? Perché ? Tempi biblici, mentre l'Italia continua a perdere posizioni nella graduatoria del turismo mondiale e ci impelaghiamo nella burocrazia che riclassifica, che rivede, che ricontempla, che rimanda.
  Non voglio poi, per carità di patria, parlare di alcuni degli emendamenti presentati dai relatori: progetti stratosferici, superinnovativi, per la promozione di circuiti turistici affidati non a ipotetici privati, non sia mai, ma alle regioni e agli enti locali, pur sapendo, perché lo sappiamo, è sotto gli occhi di tutti, l'elefantiaco peso di questo patrimonio sugli enti periferici e l'incapacità delle amministrazioni a gestirlo.
  Il Ministro Franceschini, da responsabile dei rapporti con il Parlamento, disse che avrebbe impresso una svolta, promuovendo leggi chiare e di facile attuazione. Non lo fece allora, non lo ha fatto oggi, da Pag. 42Ministro dei beni culturali e del turismo. Peccato ! Noi, pieni di beni tutelati dall'UNESCO, dagli insediamenti della Roma imperiale al Medioevo, dal Rinascimento al Barocco, dal liberty all'architettura razionalista, noi, con i tecnici più bravi del mondo, invece di calibrare il sistema nel binomio valorizzazione-conservazione, l'unico che possa salvarci, che significa manutenzione attiva e messa a reddito, cioè creazione di investimenti e lavoro, mettiamo nero su bianco il solito, noioso, impianto sterile e improduttivo, tutto codicilli e rimandi, senza un disegno, un'idea, un'anima !
  La ricetta, vi piaccia o meno, per aumentare di due punti il PIL, perché questo si può fare in Italia, è: proprietà pubblica, gestione privata. Occorre svuotare i magazzini e mettere in piazza il nostro patrimonio sommerso, assecondando, con bandi trasparenti e accessibili a tutti, la loro messa in onda, la loro gestione. È urgente, questo è urgente, sì ! Rendere visitabili le decine di migliaia di monumenti e musei cosiddetti minori, chiedendo ai privati manutenzione in cambio di sbigliettamento e, perché no, ristorazione. Ma voi non spendete una parola.
  È urgente andare a conquistare, con attività diplomatica convincente e adeguata determinazione, le opere d'arte trafugate e quelli che sono stati veri e propri bottini di guerra, sottratti alla disponibilità della nostra nazione e mai restituiti, dai furti di Napoleone Bonaparte a quelli dei nazisti, fino alle sottrazioni di inglesi e americani. Diamo il buon esempio, come il caso della restituzione della stele di Axum all'Etiopia, e non poniamo il problema della dispersione arbitraria del nostro inestimabile patrimonio artistico nel pianeta. No, non ci sono proposte: mentre quei pochi restauri in corso sono opera di privati, voi non incentivate altri privati a diventare manager culturali a tutto tondo, a collaborare per trasformare i beni monumentali in ricchezza.
  Avete la testa altrove – non si sa poi bene dove, perché non è che in altri settori le cose vadano meglio –, ma comunque avete il vento in poppa del consenso popolare, e quindi siete poco preoccupati di fare le cose sul serio. Sapete che l'unica statua, purtroppo solo un mezzobusto, di Federico II è custodita in una cripta seminascosta del bellissimo castello di Barletta ? Come farlo diventare un baricentro di cultura per un sud stordito dalla disoccupazione e dall'assenza di progetti di respiro ? Sapete che, se qualcuno potesse ricucire le Mura aureliane che girano intorno alla Roma storica e renderle calpestabili con passerelle, mostre e punti di ristoro, noi avremmo dieci milioni di visitatori in più all'anno ?
  Sapete che altrettanti ce ne sarebbero se consentissimo la riemersione e ricostruzione filologica dell'antico Porto di Ripetta, attraverso lo spostamento del Ponte Cavour ? Un'opera meno faraonica dell'inutile cupola dell’archistar Calatrava realizzata a Tor Vergata, deserta e che nessuno completerà mai, e di portata scientifica straordinaria. Sapete che esiste un progetto di ingegneria che rende realizzabile il completamento del quartiere moderno e razionalista dell'Eur, attraverso la costruzione dell'Arco della pace tra i popoli o «Arco di Libera» ? Questa opera, da sola, allungherebbe di un giorno il soggiorno medio di un turista in Italia, perché darebbe un senso alla visita del quartiere moderno della sua capitale.
  Nel vostro testo nemmeno un rigo sull'architettura italiana degli anni Trenta, mentre il Foro Italico, Fertilia, Carbonia, gli edifici colonici del riminese, i nuclei e le città di fondazione cadono a pezzi. Tutto questo non potrebbe essere appetibile per i privati, piuttosto che fargli fare questa fine, sotto l'attenta guida delle sovrintendenze ?
  Sapete che il circuito barocco siciliano, restaurato e messo a sistema, vale per intero il potenziale economico dei pozzi che si vorrebbero realizzare a largo della città di Noto ? Sapete che la Città dei sassi non ha avuto finanziamenti dalle royalties del petrolio lucano, servite solo per creare clientele politico-elettorali dalla sinistra, che ha governato fin qui e governa quella regione, invece che per realizzare stabili occasioni di crescita e di valorizzazione ? Pag. 43E qualcuno può dirci, per favore, perché il museo degli Uffizi cade a pezzi ? Cosa gli manca per diventare il Louvre italiano ? Un polo culturale e anche commerciale ineguagliabile.
  Queste sono le risposte che dovete darci, Ministro Franceschini, rappresentante del Governo. Ma ci vuole coraggio e ci vogliono idee. Occorre convocare i sovrintendenti e annunciare di voler riqualificare e aggiornare la loro inestimabile capacità, integrandola con una visione economica, che poi è anche culto per l'identità italiana e la sua possibile diffusione. Se i vecchi medici primari negli ospedali sono stati costretti dalla riforma Bindi ad essere degli economisti di un reparto, attraverso il quale si dovrebbero solo dispensare cure sanitarie, forse potremmo immaginare questa rivoluzione e dare una preparazione economica ai nostri sovrintendenti e funzionari dirigenti, che maneggiano la cultura italiana, che hanno per le mani il nostro petrolio.
  Ma in questo provvedimento non c’è nulla, neanche un cenno, una cornice, è urgente. Noi dobbiamo realizzare la più prestigiosa scuola di sovrintendenti e manager culturali del pianeta e farli poi partire alla conquista del patrimonio dell'umanità per salvarlo, per farlo conoscere, per trasformarlo in strumento di arricchimento spirituale per i popoli tutti: un volano per diffondere il differenzialismo, sale del mondo, che, unico, può sconfiggere la triste tendenza all'omologazione mondialista dei modelli e delle identità culturali.
  La nostra civiltà può ancora avere un'anima, se la cultura saprà esserne espressione accettando la sfida con la modernità, attraverso un nuovo concetto, un nuovo principio, quello della conservazione dinamica. Non c’è nulla di questa visione, anzi non c’è alcuna visione della cultura in questo triste decreto. Avete perduto un'altra occasione per essere davvero innovatori.
  Siete stati talmente accecati dal MOSE e dalle sue questioni collaterali che avete dimenticato il suo contenuto. Il contenuto del MOSE è Venezia, si dà il caso. Avete dimenticato il proliferare della produzione cinese di vetri artistici tarocchi che sta mettendo in ginocchio Murano e le sue opere d'arte. Nessun cenno, nessuno strumento operativo né normativo che arrivi in soccorso della produzione italiana.
  Neanche una parola sui beni culturali immateriali: la lingua italiana, la quarta più diffusa al mondo, che per primo il Governo oltraggia e mortifica parlando di spending review, job act, fiscal compact, tax credit. Ma quanto siamo anglosassoni ! Come siamo trendy ! I nostri dialetti stanno morendo e, con essi, il teatro dialettale; l'opera lirica è al collasso e voi siete fermi, fermi ai pannicelli caldi di dieci anni fa, di venti anni fa, di trenta anni fa. Così si faceva, esattamente nello stesso modo, e ci voleva Renzi, ci voleva il rottamatore per continuare questa pessima tradizione.
  Nessun cenno all'enogastronomia, che non è produzione agricola o agroalimentare, ma cultura, innanzitutto cultura, frutto del territorio, delle sue tradizioni, del lavoro dell'uomo, della sua intelligenza, della sua fantasia, della sua schiena piegata sui campi, certo, anche questo. Anche il lavoro è cultura.
  Nessun riferimento alla religione cattolica, ma attenzione, non come fatto teologico, ma come elemento di identità culturale; non come esibizione di una confessione, ma qualcosa che permettesse di dire – ai presidi, ai direttori scolastici – che nelle scuole i crocifissi ci stanno non perché vogliamo inculcare la religione cattolica a tutti, ma perché l'Italia senza le radici cristiane sarebbe diversa: sarebbero diversi il suo paesaggio, le città, i castelli, i battisteri, le basiliche, i duomi e forse anche la gente. Non toccate la mezzaluna nei Paesi del Medio Oriente, bellezza anche di un paesaggio culturale. Non fate toccare i crocifissi dal paesaggio culturale italiano. L'identità di un popolo si compone di segni.
  Quando deciderete di concretizzare la vostra rivoluzione e la pianterete di fare propaganda, come hanno fatto tutti i Governi della seconda Repubblica, nessuno escluso, quando vi degnerete di costruire Pag. 44la nuova politica che silenziosamente realizza le risposte per la gente, per il territorio, quando spazzerete via i lobbisti, noi ci saremo: saremo qui, disponibili, ad offrirvi quel che serve. Le idee che vi abbiamo suggerito non hanno nemmeno il copyright: rubatele pure. Ma fate qualcosa, in nome del nostro passato, ma soprattutto in nome del nostro futuro.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Manzi. Ne ha facoltà.

  IRENE MANZI. Signor Presidente, a pochi mesi di distanza ci troviamo nuovamente ad occuparci in quest'Aula di un provvedimento del Governo relativo al tema della cultura. Penso che sia un segnale importante da ricordare. È un decreto che tra l'altro, in questo caso, allarga giustamente il suo campo d'azione anche all'ambito del turismo e non solo della cultura, un segnale importante che arriva dopo anni e anni di tagli penalizzanti e rappresenta sicuramente la testimonianza più evidente di un cambio di rotta riguardo ad un settore centrale per lo sviluppo del Paese.
  Badate bene: non è solo un'affermazione retorica, quella secondo cui la cultura è l'ossigeno e la spinta fondamentale per l'Italia. È chiaro, lo è, ma è molto di più e l'intento di questi provvedimenti va molto più in là. Va nel senso di un cambio profondo e significativo di mentalità rispetto all'intero settore della cultura e del turismo, provando da un lato ad incrementare le risorse a disposizione (quasi 500 milioni suddivisi su più annualità) e, dall'altro, ad avviare una nuova prospettiva di gestione degli stessi, diretta ad affiancare alla gestione pubblica forme incentivanti di coinvolgimento dei privati, a sostenere importanti eccellenze del Paese (penso alle fondazioni lirico-sinfoniche, ai Grandi Progetti Pompei e Caserta), a valorizzare i nostri beni culturali, a favorire un più intenso impiego e coinvolgimento dei professionisti dei beni culturali.
  Un cambio di prospettiva importante, quindi, che prende atto di un dato fondamentale: le imprese del sistema produttivo culturale italiano producono circa il 5,4 per cento della ricchezza del Paese, pari a circa 75 miliardi di euro, con un effetto moltiplicatore ulteriore, perché, come attestato di recente dai dati forniti dalla fondazione Symbola, ogni euro prodotto dalla cultura è in grado di attivare 1,67 euro negli altri settori, a cascata. Per semplificare, i quasi 80 miliardi di euro investiti sono capaci di generarne altri 134.
  Sono considerazioni importanti da cui prendere avvio nell'esame di questo provvedimento, un provvedimento che riprende alcuni punti chiave del precedente decreto «valore cultura», introducendone anche di nuovi, la cui importanza è stata tra l'altro ampiamente riconosciuta dalle tante realtà associative ed istituzionali che si sono incontrate e che abbiamo incontrato in queste settimane, nel corso delle audizioni compiute dalle Commissioni riunite cultura e attività produttive.
  Ne approfitto per citarne alcune: «Il decreto-legge n. 83 del 2014, offrendo ampia apertura per una normativa agevolativa e di sostegno della cultura, si pone come un importante provvedimento legislativo, in grado di recepire proposte ed indicazioni per implementare l'attenzione verso lo spettacolo dal vivo e le sale cinematografiche» (sono le parole contenute nelle memorie presentate dall'AGIS); o ancora Confindustria: «Questo decreto rappresenta un primo passo in questa direzione, seguendo giustamente un disegno ampio ed ambizioso»; e ancora Federculture: «Un atto importante e concreto per ridare ossigeno al settore della cultura in grande affanno e cercare di dare risposte a problemi ormai sul tappeto da troppo tempo».
  Sono segnali di fiducia importanti verso un provvedimento che meritano di essere segnalati, a conferma di un generale apprezzamento per un testo che, pur caratterizzato dalla necessità e dall'urgenza proprie di un decreto-legge, ha in sé prospettive più ampie e generali. Ne è un esempio evidente l'articolo 6, che ripartendo dalle disposizioni in materia di tax Pag. 45credit a favore dell'industria cinematografica ed audiovisiva, stabilizzato lo scorso anno nell'ambito del precedente «decreto cultura», dispone ora un innalzamento da 5 a 10 milioni di euro del limite massimo di credito di imposta riconosciuto alle imprese italiane di produzione esecutiva in relazione alle opere audiovisive le cui riprese siano eseguite nel territorio nazionale utilizzando manodopera italiana su commissione di produttori esteri.
  L'introduzione del tax credit nel nostro ordinamento ha consentito già negli anni passati – parlo del periodo compreso tra il 2009 e il 2013 – produzioni cinematografiche estere per un investimento complessivo pari a 102 milioni di euro. Pensate agli effetti che la stabilizzazione di questa misura e l'ulteriore incremento delle risorse previste in questo decreto potranno produrre negli anni a venire in termini di economia dei territori, su cui si andrà a investire, e di impiego dei lavoratori specializzati, che sono presenti nel nostro Paese.
  Ma ci sono altri due elementi che meritano attenzione all'interno dell'articolo 6, frutto proprio del lavoro fatto in Commissione ed ispirato, molto spesso, alle audizioni svolte. Innanzitutto, la salvaguardia dei 4,5 milioni di euro di tax credit già stanziati nel precedente decreto «valore cultura», previsti per le produzioni di artisti musicali emergenti e non utilizzati nel 2014. In base ad un emendamento presentato proprio dal Partito Democratico, questi fondi verranno recuperati con la stessa destinazione nell'anno 2015. A fianco a questo il provvedimento, e l'articolo 6 in particolar modo, si prevede un importante riconoscimento di un credito d'imposta proprio per il restauro e l'adeguamento, strutturale e tecnologico, delle sale cinematografiche, da finanziarsi attraverso uno specifico Fondo per il restauro delle sale cinematografiche storiche.
  Non voglio qui evocare le suggestioni di Nuovo Cinema Paradiso, ma ritengo sia importante intervenire per il sostegno di luoghi storici, come i nostri cinema, per la memoria e l'identità di tante comunità cittadine, spesso collocate all'interno dei nostri centri storici, il cui recupero può concretamente produrre, a cascata, dei significativi risultati in termini di valorizzazione ed animazione dei centri cittadini, oltre che di valorizzazione del circuito dei cinema più piccoli e ricchi di storia. Interventi che coniugano la politica di tutela e valorizzazione con misure capaci di produrre concretamente economia e sviluppo delle comunità, perché il nostro patrimonio culturale è strategico per il suo ineliminabile valore intrinseco, testimonianza del passato, ma, allo stesso tempo, proiezione verso il futuro.
  Questo è il senso di fondo della previsione di un piano strategico per i grandi beni culturali, contenuta nell'articolo 7 del decreto, avente una duplice finalità: di recupero culturale e di crescita della capacità attrattiva del Paese. Il piano – e mi piace evidenziare la natura programmatica e di lungo periodo di questa previsione – individua annualmente beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali prevede interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale. È una disposizione, tra l'altro, che si aggiunge alla destinazione del 3 per cento degli investimenti previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a favore della cultura, il che potrà sicuramente contribuire ad alleviare la carenza di risorse tanto dello Stato quanto degli enti locali per la tutela e la valorizzazione dell'arte e della cultura.
  Finalmente il superamento della logica dell'intervento emergenziale, spesso determinato nel momento della necessità quando il bene è in pericolo, a favore, invece, di un piano strutturale e pluriennale di intervento sul patrimonio culturale. È una presa di coscienza significativa, tra l'altro capace di produrre ricadute economiche significative in termini di investimento a favore degli operatori specializzati che si troveranno a lavorare su quei beni inseriti nel piano. Una disposizione, quindi, che si proietta sul territorio nazionale, su tutto il territorio nazionale, valorizzando il ricco patrimonio culturale Pag. 46di tante realtà locali italiane di primario interesse nazionale. Non solo, quindi, le grandi città turistiche, con i loro insostituibili beni, ma tutto il patrimonio culturale diffuso, in sinergia tra Stato, regioni, enti locali, operatori culturali.
  È la stessa logica, se vogliamo, alla base della previsione di risorse a favore dei progetti culturali promossi dagli enti locali nelle periferie urbane (3 milioni di euro per ciascuna delle annualità comprese tra il 2014 ed il 2016), come dell'ulteriore previsione, inserita anche questa in sede emendativa all'interno del lavoro delle Commissioni, del Programma «Italia 2019», mirante proprio a valorizzare il patrimonio progettuale delle città italiane candidate a Capitale europea della cultura 2019 e poi non selezionate e alla contemporanea individuazione annualmente, previa procedura selettiva, di una Capitale italiana della cultura, in una logica di complessiva valorizzazione di tutto il patrimonio materiale ed immateriale dei tanti luoghi del nostro Paese.
  Ma il concetto di sviluppo legato alla cultura si accompagna ad un altro tema chiave, quello dell'occupazione, e, nell'intervenire rifinanziando, attraverso «Garanzia Giovani», il fondo «Mille giovani per la cultura», si introduce una disposizione ulteriore diretta a favorire l'impiego, attraverso contratti a tempo determinato, anche in deroga alle previsioni e ai limiti fissati in materia di assunzione, di professionisti dei beni culturali individuati proprio ai sensi della recente legge di modifica del codice dei beni culturali e del paesaggio. Professionisti che saranno assunti nei prossimi mesi e che potranno contribuire attivamente con il loro lavoro all'interno dei luoghi della cultura.
  Sarebbero tanti gli ambiti ulteriori su cui intervenire, ma se ci limitassimo a perseguire solo la logica della perfezione resteremmo fermi, ed invece è importante provare ad agire dando risposte concrete. A questo mira il decreto-legge che approda oggi in Aula. La cultura non è solo una questione di opportunità economiche che ci sono e che sono senza dubbio importanti. C’è un elemento in più. Diceva Chesterton che le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono, le fiabe insegnano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti. E la cultura è proprio questo, è quella bussola che può consentirci di rialzarci e di decidere in quale direzione andare. E non ci racconta solo quello che siamo stati, ci offre la chiave per leggere il presente e tracciare una futura linea di azione. E con questo decreto-legge, siamo convinti, stiamo provando a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Prodani. Ne ha facoltà.

  ARIS PRODANI. Signor Presidente, inizia oggi la discussione in Aula di un provvedimento fortemente atteso da più di un anno e che avrebbe dovuto completare e integrare il precedente decreto, voluto nel 2013 d'allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Bray. In quel provvedimento, che recava un titolo fuorviante – lo ricordo: «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione ed il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo» –, la voce «turismo», malgrado fosse inclusa nell'intestazione, era completamente assente nel testo.
  Il silenzio legato alla mancanza di una vera politica di sviluppo per il settore turistico nell'arco di più di un anno è confermato una volta di più dallo studio Coldiretti su dati Eurostat del 29 giugno scorso, quindi pubblicato qualche giorno fa, che vede l'Italia perdere ulteriormente competitività rispetto agli altri Paesi europei. Secondo l'Organizzazione degli imprenditori agricoli, le vacanze in Italia comportano una spesa, tra pernottamenti e ristoranti, superiore al 10 per cento della media europea, raggiungendo il primo posto nella classifica negativa tra le diverse mete del Mediterraneo. Ad oggi, la destinazione più conveniente risulta essere il Montenegro, privo sicuramente delle attrazioni culturali e turistiche che abbiamo noi, dove i costi sono inferiori del 37 per cento rispetto alla media comunitaria, seguito poi da Croazia, Portogallo e Turchia. Pag. 47È un paradosso che l'Europa rimanga, nonostante la crisi, una delle destinazioni preferite del turismo internazionale, aumentato del 5 per cento in base alla stima del World Tourism Barometer del 2013, mentre contemporaneamente il nostro Paese registra una riduzione di prenotazioni e ingressi.
  È questo il quadro, a dir poco tragico, in cui è chiamato ad operare e fornire risposte concrete il disegno di legge che ci accingiamo ad esaminare. Sui diciotto articoli di cui è composto il provvedimento, otto riguardano direttamente il comparto turistico ed hanno come finalità principale la promozione e la crescita dell'imprenditorialità di riferimento con un suo contestuale recupero di competitività, oltre ad interventi ascritti nell'ambito della revisione della spesa pubblica e relativi all'organizzazione del Mibact e di ENIT. Obiettivi ambiziosi, solo in minima parte centrati, secondo noi, a causa di limiti costituzionali e politici che hanno condizionato una riuscita migliore di un testo purtroppo parziale.
  Riguardo ai limiti previsti dalla Carta, ricordo che, in base alla riforma del Titolo V operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, il turismo è una materia riservata alla competenza legislativa residuale delle regioni, ai sensi del comma 4 dell'articolo 117. Questo assetto delle competenze è stato confermato in più occasioni dalla Corte costituzionale che, comunque, ha riconosciuto allo Stato centrale interventi normativi a garanzia dell'attività promozionale unitaria. Nell'ambito della riforma del Titolo V, sarebbe opportuno attribuire maggiori competenze in materia allo Stato, in modo da garantire l'omogeneità dell'offerta turistica e ricettiva su tutto il territorio nazionale e tutelare così la competitività e la concorrenza tra gli operatori, delegando poi le regioni ad occuparsi della qualità dei servizi e delle strategie di sviluppo territoriale. Fino a quando non verranno riordinati e rideterminati con chiarezza i diversi ruoli delle istituzioni, attraverso un'accurata analisi ed un'accurata concertazione, i margini di manovra saranno sempre limitanti e limitati.
  Inoltre, la natura stessa del decreto in oggetto non circoscrive la propria portata, limitandola inevitabilmente, come fatto presente dal Ministro Franceschini il 18 giugno scorso nelle Commissioni riunite cultura e attività produttive, quando ha sottolineato come il provvedimento non intenda riordinare i settori cultura e turismo. Malgrado questa grave limitazione, lo stesso Ministro ha contestualmente dichiarato la disponibilità dell'Esecutivo ad accettare proposte migliorative del testo, anche se il gruppo di lavoro referente ha dichiarato inammissibili, escludendole dall'esame, numerose proposte realmente incisive. Tra quelle a mia firma, vorrei ricordare, oltre alla classificazione omogenea delle strutture ricettive richiesta da ormai troppo tempo, l'istituzione del marchio di garanzia Italian tourism e il riconoscimento dei porti turistici e dei servizi ricettivi Marina Resort e Dry Marina, oltre a una serie di disposizioni migliorative tese ad estendere territorialmente, temporalmente e qualitativamente l'esperienza dei distretti turistici, rilanciando la sinergia territorio-imprese-amministrazioni.
  La maggioranza ha fatto una parziale marcia indietro, includendo in un emendamento delle relatrici le nostre proposte di garantire una classificazione omogenea delle strutture ricettive e di progettazione delle stesse seguendo i criteri degli universal design e di estendere a tutto il territorio nazionale la formazione dei distretti turistici. Avremmo preferito che ciò avvenisse attraverso il voto dei nostri emendamenti, con il riconoscimento formale della bontà delle nostre proposte. Rivendichiamo con forza la paternità di queste disposizioni, non per un discorso sterile di bandierine legato a una visione miope della politica, quanto piuttosto per il riconoscimento rispettoso del lavoro dei parlamentari di opposizione. Si tratta, tra l'altro, di temi che abbiamo promosso e sostenuto da mesi, non solo con emendamenti ed interrogazioni, ma anche con numerosi atti di indirizzo politico, tra cui Pag. 48la mozione sul turismo a mia prima firma, approvata da quest'Aula il 15 aprile scorso. Abbiamo, comunque, votato favorevolmente alle riformulazioni proposte, considerando più importante il merito che il metodo.
  Il nuovo articolo 10 del testo, riprendendo l'impegno originario su riqualificazione e superamento delle barriere architettoniche delle strutture ricettive, estende, grazie al recepimento delle nostre proposte, la tipologia di interventi ammessi al credito d'imposta, riservando alle imprese alberghiere il beneficio fiscale, ed inserisce una sorta di clausola di sicurezza per la revoca del credito nel caso in cui il beneficiario ceda a terzi o destini i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all'esercizio d'impresa.
  Il riferimento ai principi della progettazione universale del revoluto non solo intende favorire l'eliminazione delle barriere architettoniche, ma sostiene questa metodologia progettuale finalizzata alla realizzazione di spazi ed edifici accessibili a tutte le persone.
  Durante l'esame nelle Commissioni abbiamo ottenuto l'approvazione di un emendamento che solleva una questione finora mai affrontata, relativa allo sgravio IVA per i turisti extracomunitari. La normativa vigente prevede un'area grigia, che consente ad alcune società di intermediazione finanziaria, detta di tax free shopping, lauti margini di guadagno a scapito della rinuncia di gettito IVA in favore di turisti extracomunitari, che raramente ricevono il rimborso completo dell'imposta pagata.
  La prima versione della nostra proposta prevedeva l'istituzione di un fondo per la promozione del turismo, alimentato, secondo le nostre stime, da circa 100 milioni di euro l'anno, ma a seguito dei rilievi della Commissione bilancio si è dovuto optare per un emendamento che definisse la formazione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'economia e delle finanze finalizzato a studiare come disciplinare i contratti di tax free shopping, garantendo la corretta applicazione delle normative vigenti in materia di IVA ed individuando risorse da indirizzare alla promozione turistica. Non abbiamo raggiunto l'obiettivo, ma l'impegno dei competenti Ministeri ad affrontare la situazione creatasi ci pare, comunque, un passo avanti.
  Avremmo voluto essere ancora più incisivi su alcune parti del decreto, soprattutto sulle disposizioni contenute nell'articolo 11 in materia di mobilità, accoglienza e guide turistiche. Riguardo a queste ultime, ricordo che da tempo abbiamo chiesto all'Esecutivo un intervento per sanare l'unanimemente riconosciuta errata applicazione della direttiva servizi, in luogo della corretta direttiva sulle professioni, e per sospendere l'efficacia dell'articolo 3 della legge n. 97 del 2013 sulla liberalizzazione del settore, in attesa di un necessario riordino normativo.
  Tutti i nostri emendamenti in materia sono stati respinti, contraddicendo l'impegno assunto dall'Esecutivo il 17 aprile scorso, quando la Commissione attività produttive ha approvato una risoluzione unificata, quindi condivisa da tutte le forze politiche, che impegnava il Governo a risolvere definitivamente questa gravissima situazione. In quella occasione, il sottosegretario Barracciu, esprimendo parere favorevole, aveva anticipato l'intervento dell'Esecutivo con la presentazione di una proposta emendativa alla legge europea 2013-bis, circostanza mai avvenuta. Riteniamo incresciosa la situazione creatasi e per la quale sollecitiamo, una volta di più, il Governo ad adottare misure urgenti per il riordino necessario della normativa di riferimento e così tutelare la professionalità di chi è stato formato e favorire, indiscutibilmente, la fruizione del nostro patrimonio culturale ed artistico.
  Abbiamo sicuramente migliorato, invece, il comma 3 dell'articolo 11, che stabiliva, con una norma secondo noi poco precisa, un regime concessorio gratuito per gli immobili pubblici non utilizzati o non utilizzabili a scopi istituzionali. La disposizione originaria era incompleta perché non prevedeva la procedura di affido ad evidenza pubblica per i concessionari, imprese, cooperative e associazioni, Pag. 49da noi fortemente voluta insieme ad una durata maggiore delle concessioni, che passa dai sette ai nove anni, rinnovabili per altri nove, tenendo in considerazione le spese di investimento sostenute.
  La motivazione della durata maggiore della concessione è legata al fatto che il concessionario è stato tenuto a sopportare le spese di natura straordinaria: queste, per immobili come castelli e stazioni ferroviarie o marittime, fortificazioni e fari, possono facilmente tradursi in un impegno economico davvero oneroso e non facilmente ammortizzabile in tempi troppo ridotti. Il nostro emendamento originario, respinto dalla maggioranza, intende introdurre anche una fase sperimentale per cinquanta siti, in modo da capire quanto questa iniziativa potesse avere successo e, soprattutto, come gestire il regime concessorio gratuito, che coinvolge molteplici amministrazioni proprietarie degli immobili oggetto della norma, individuando best practice utili per l'avvio dell'affidamento ordinario.
  Sempre in un'ottica di miglioramento del testo, abbiamo proposto alcune modifiche all'articolo 16 sul riordino dell'ENIT. Abbiamo ottenuto che tra le funzioni principali dell'ente, coordinate con il Mibact e la Conferenza Stato-regioni, rientri l'organizzazione dell'offerta turistica e la promocommercializzazione, con il potenziamento e lo sviluppo del portale Italia.it: che la costosa e poco utile vetrina diventi il fulcro della promozione turistica italiana.
  Avremmo voluto maggiori garanzie per il personale e tempi dimezzati per il commissariamento dell'ente e per l'adozione dello statuto, oltre al controllo parlamentare esercitato tramite il Ministero vigilante, il Mibact.
  Abbiamo, comunque, apprezzato l'apertura mostrata dall'Esecutivo nell'accogliere nel merito molte delle nostre proposte tese a migliorare questo testo; testo che consideriamo esclusivamente un primo passo verso un potenziamento, ma, soprattutto, verso una considerazione diversa di un settore per troppo tempo trascurato, che deve, invece, diventare centrale negli interessi del Governo.
  Ci auguriamo, e concludo, che l'annunciato disegno di legge delega del Governo sul turismo affronti realmente molte delle criticità ancora irrisolte, ma, prioritariamente, sappia individuare le linee programmatiche necessarie ad una visione a breve, medio e lungo termine. Se l'atteggiamento costruttivo della maggioranza verrà riproposto anche in quell'occasione, noi ci saremo, nell'interesse esclusivo del Paese.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Malisani. Ne ha facoltà.

  GIANNA MALISANI. Signor Presidente, signora sottosegretario, mi soffermerò solamente su alcuni punti del decreto e anch'io partirò dal Rapporto 2014 di Unioncamere e della fondazione Symbola, che offre alcuni dati particolarmente significativi per la valorizzazione del patrimonio storico-culturale.
  Risulta – come è stato già anche accennato – che il sistema produttivo culturale restituisce un valore aggiunto di 80 miliardi di euro all'anno, pari al 5,7 per cento dell'economia nazionale, con quasi un milione e mezzo di occupati. Ma il dato ancora più importante è che questo sistema vanta un moltiplicatore pari a 1,67: cioè, ogni euro di valore aggiunto prodotto da una di queste attività, mediamente, produce un euro e 67 centesimi sul resto dell'economia. In termini monetari, equivale a dire che gli 80 miliardi prodotti nel 2013 dal sistema culturale riescono ad attivarne complessivamente 134, che arrivano a 214 miliardi nell'intera filiera.
  Inoltre, voglio sottolineare che la manifattura di qualità, il design, l'architettura, l'artigianato creativo, la comunicazione sono parte del nostro patrimonio culturale ed è la stessa Costituzione a dirlo, all'articolo 9, in cui il paesaggio e il patrimonio culturale vengono sposati alla ricerca scientifica e tecnica. È un legame immateriale, tuttavia dobbiamo essere consapevoli che la cultura italiana è al Pag. 50cuore delle produzioni manifatturiere, delle tradizioni agroalimentari, così come è cultura ciò che innerva le filiere della moda, dell'arredamento, del design.
  Inoltre, voglio sottolineare, nonostante il clima recessivo, che l’export legato alla cultura continua ad andare molto forte: durante la crisi è cresciuto dal 35 per cento. Noi non possiamo competere economicamente sulla quantità, sul taglio dei diritti, dei salari: noi possiamo competere sulla qualità dei prodotti generati dalla cultura e dalla bellezza italiana. Quindi, cultura come volano per alimentare una filiera produttiva e contribuire a promuovere la ripresa nazionale.
  Non a caso, come è stato già ricordato più volte in quest'Aula, il Ministro Franceschini ha esordito rivendicando che il Mibact è il Ministero economico più importante del Paese, ma, forse, non si è ancora compreso a fondo il rapporto tra rilancio dell'economia e valorizzazione del patrimonio culturale.
  Questo decreto-legge può essere senz'altro inteso come un passo importante in questa direzione, che segue anche il «decreto Bray». Va in questa direzione l'articolo 1, l’art bonus, credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura, che introduce meccanismi più semplici ed efficaci di agevolazione fiscale per le erogazioni liberali di natura temporanea per il triennio 2014, 2015 e 2016, sotto forma di credito di imposta nella misura del 65 per cento per il 2014 e del 50 per cento per il 2015 e il 2016.
  L'articolo 6 prevede misure urgenti per attrarre investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica, incrementando in particolare da 5 a 10 milioni di euro il limite massimo del credito di imposta a favore delle imprese che girino film sul territorio nazionale utilizzando manodopera italiana e, come al comma 2-bis, il credito di imposta per il restauro delle sale cinematografiche storiche ante 1980.
  L'articolo 7 prevede lo stanziamento di 3 milioni di euro annui per il triennio 2014-2016 a favore di progetti di attività culturali nelle periferie urbane elaborati da enti locali nell'ambito di un disegno di riqualificazione delle stesse. Qui va sottolineata l'autentica novità per il Mibact tesa a sanare profonde ferite territoriali, anche con interventi minimali, ma importantissimi. Cito soltanto lo stesso articolo 7 per il rifinanziamento del fondo «Mille giovani per la cultura» e il Progetto Programma Italia 2019, di cui si è già parlato, sulla Capitale europea della cultura 2019.
   L'articolo 8 è volto a favorire l'occupazione presso istituti e luoghi della cultura. Nell'articolo 11 va citata la possibilità di concessione in uso gratuito per nove anni, rinnovabili per altri nove, a imprese, cooperative e associazioni, costituite anche qui da giovani fino a 35 anni, di immobili pubblici non utilizzati, quali case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie, fortificazioni e fari, per favorire percorsi pedonali, ciclabili e moto turistici.
  Fin qui ho evidenziato i punti del decreto-legge che più si attengono al significato più pragmatico ed economicistico, se vogliamo, del senso della valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico e culturale, atto al rilancio del turismo culturale, ma resto convinta che un'azione valorizzatrice non possa prescindere da un intervento rigoroso di tutela. Tutela nel senso del riconoscimento del valore in sé, valorizzazione in sé del patrimonio culturale; tutela intesa come riconoscimento della protezione di un bene comune, di un bene insostituibile, di insostituibile valore, che crea il senso di appartenenza ad un luogo e sviluppa la coscienza identitaria dei cittadini.
  Per far sì che la tutela dei beni storici e paesaggistici non venga assunta come un esercizio accademico calato dall'alto, si devono divulgare strumenti culturali atti alla comprensione del loro valore, in primo luogo attraverso un forte impegno nell'insegnamento scolastico. Ricordo, tra l'altro, appunto, che siamo quasi al penultimo posto in Europa nell'investimento nell'istruzione e, quindi, bisogna invertire questa rotta e insistere di più su materie legate come storia dell'arte, dell'estetica, della musica. Quindi, non è antitetico, ma Pag. 51anzi dobbiamo sforzarci per coniugare l'idea della necessità di valorizzare questo nostro immenso giacimento e contrastare la deriva culturale in atto, che alcuni denunciano come mutazione antropologica. Anche, forse, attraverso la creazione di un costante contatto e dialogo tra gli enti locali e le strutture territoriali del Mibact.
  Sulla tutela, il decreto-legge individua con efficacia delle emergenze su cui agire immediatamente. Forse posso fare un appunto in controtendenza, anche riferito all'articolo 12. Infatti, mi piace sottolineare, sottosegretario, come l'effetto emendativo abbia cambiato profondamente il testo iniziale, volto alla semplificazione, introducendo l'istituzione di nuovi organismi, che forse potranno creare un appesantimento burocratico nelle autorizzazioni paesaggistiche invece che una semplificazione.
  Oltre all'articolo 2, riferito a Pompei, per la necessità di accelerare i progetti di recupero del grande centro archeologico, e all'articolo 3, riferito al progetto per la Reggia di Caserta e teso alla restituzione del complesso monumentale alla sua destinazione culturale-museale, sottolineo l'articolo 4, che forse, nella sua originaria stesura – per me era molto importante e sulla quale chiedo anche una riflessione del Governo –, vantava un intervento più ampio sulla tutela dei complessi monumentali ed altri immobili del demanio culturale interessato da flussi turistici particolarmente rilevanti. Diciamo che la formula emendativa ha ristretto la possibilità di azione, soprattutto sui centri storici minori, importantissimi per il nostro Paese.
  Ricordo solo, infine, come è già stato ricordato dalla mia collega Manzi, l'importanza del Piano strategico grandi progetti beni culturali (l'articolo 7), che viene adottato ogni anno per la pianificazione degli interventi di restauro, qualificazione e promozione di beni e siti di eccezionale importanza nazionale.
  Chiudo, signora sottosegretario, evidenziando la validità di questo decreto, come punto di partenza di questo Governo, al quale chiedo una sempre maggiore attenzione e sensibilità rispetto alla salvaguardia e la valorizzazione del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico, come base – sì, anche come base – per un nuovo e futuro rilancio economico di questo Paese, ma sopratutto per un'azione culturale diffusa, atta a creare una forte consapevolezza e coscienza dell'unicità del nostro patrimonio artistico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampi. Ne ha facoltà.

  ROBERTO RAMPI. Signor Presidente, si è parlato di una svolta rispetto all'attenzione verso la cultura e alla cultura come centro dello sviluppo. Perché questa svolta sia vera, bisogna avere consapevolezza di quali sono i nemici che si hanno di fronte. I nemici più palesi sono quelli che sono stati citati più volte, quelli che dicono che con la cultura non si mangia. Sono i nemici più facili da combattere, perché si manifestano. Poi esistono altri tipi di nemici.
  C’è un nemico pericoloso, quello che pensa che la cultura sia un lusso, e magari pensa che questo lusso sia qualcosa di importante, di utile da avere nei periodi in cui ce lo si può permettere, ma nei periodi di difficoltà ai lussi bisogna rinunciare.
  Noi pensiamo un'altra cosa, pensiamo che la cultura non sia un lusso ma sia una necessità primaria. Anzi, pensiamo che nei momenti di difficoltà, nei momenti di crisi, come la crisi che stiamo attraversando, che sicuramente è una crisi economica ma innanzitutto una crisi di identità, una crisi di senso e una crisi di comprensione del senso del proprio tempo, la cultura sia l'elemento chiave con cui si può uscire dalla crisi.
  Allora, quando noi pensiamo alla cultura come motore dello sviluppo – e questo provvedimento va in questa direzione –, noi pensiamo che da lì occorra ripartire, cioè occorra ripartire nell'investire nella cultura delle persone, innanzitutto, e che il nostro patrimonio culturale, la nostra ricchezza turistica e le opportunità Pag. 52che questo Paese può dare siano il motore vero per ritrovare un senso allo sviluppo del Paese.
  Si dice che l'eredità che noi abbiamo alle spalle può diventare persino un limite, perché può diventare qualcosa che abbiamo paura di toccare, qualcosa che abbiamo paura di frequentare; invece la nostra eredità deve essere un elemento del futuro, un elemento per guardare avanti, per crescere, un po’ come quello che accadde nel Rinascimento italiano, che forse è stato il momento in cui l'Italia ha dato il massimo di sé, un'epoca in cui si è guardato ai grandi classici del passato con rispetto e con amore, non con timore, ma con l'idea di poterli rinnovare, di poterli reinterpretare. Questa città dove noi siamo oggi nasce grazie a quell'idea.
  Noi oggi abbiamo bisogno, in Italia e in Europa (siamo nel semestre europeo), di questa idea, di un'idea di rinascimento. E questo rinascimento può passare attraverso un nuovo rapporto con la cultura, pensando che, quando si ragiona in termini di investimento e di sviluppo, si pensa, sì, all'indotto, si pensa, sì, a quello che può tornare direttamente, ma è molto più importante quello che torna sul lungo periodo, quello che nella capacità di fare qualunque mestiere, anche quello che può sembrare meno collegato con la cultura, l'investimento culturale produrrà come ritorno.
  È questa la chiave fondamentale, perché su questo si gioca la battaglia che ogni euro speso in cultura è un investimento. E, quindi, anche la battaglia che dovremo fare anche in Europa su come dev'essere calcolato un bilancio dello Stato, è quella di distinguere la spesa dall'investimento, perché questo è il tema fondamentale.
  E anche sul rapporto con il privato, che è stato detto, noi non abbiamo paura di questa parola. Però, forse varrebbe la pena di tornarci un momento, e pensare se «privato» dipende da di chi è la proprietà, o se è la finalità che va valutata come privata o come pubblica. E, allora, noi pensiamo che chi investe e scommette sul patrimonio di questo Paese, stia facendo un atto pubblico, e per questo gli riconosciamo un credito fiscale – e lo dico rispetto anche ad alcuni degli interventi che ho sentito – mettendo risorse pubbliche, perché non cediamo al privato l'onere o l'onore di investire sul nostro patrimonio, perché con un art-bonus come questo è il pubblico che mette il 65 per cento delle risorse e il privato mette il rimanente 35. Certo, cercando di generare un rapporto virtuoso, e questo sì che è importante ! Perché noi dobbiamo fare in modo che questi investimenti e che queste risorse siano giocate perché generino nuove risorse.
  Allora, in questo senso, la metafora sbagliata del petrolio, o anche – l'ho sentita oggi – del giacimento d'oro, è sbagliata perché è una metafora che ragiona nel campo dello sfruttamento. Noi non dobbiamo sfruttare il nostro patrimonio: noi lo dobbiamo far fruttare, dobbiamo fare sì che, come nella coltivazione, da un seme si generino piante, e che si generino frutti che generino nuovi semi, e che anche questi generino nuove piante e nuovi frutti. È questo il meccanismo virtuoso con cui noi ci approcciamo alla cultura !
  E, allora, in questo senso ci sono diversi elementi di questo provvedimento che vanno in questa direzione. Io credo che, ad esempio, sia molto importante – lo ha citato il collega Benamati – quando intervenendo sulla normativa prevista nell'articolo 13 di «Destinazione Italia», noi attribuiamo al Ministero dei beni culturali, di concerto con quello degli affari regionali, di promuovere quel decreto-legge. Ma perché c’è una forte intuizione in quel provvedimento «Destinazione Italia», e cioè che la coesione territoriale sia uno degli elementi chiave con cui noi possiamo ripartire, e che la coesione territoriale parta dalla capacità di valorizzare il nostro patrimonio. Cioè il nord e il sud del Paese lavorano insieme !
  E, ancora, sul concetto di «insieme»: noi abbiamo davanti un provvedimento che mette insieme cultura e turismo, perché l'unica possibilità che abbiamo per aumentare la presenza turistica in Italia, per qualificare la presenza turistica in Pag. 53Italia, per aumentare i mesi in cui l'Italia diventa attrattiva, è il nostro patrimonio culturale ! Perché noi dobbiamo far sì che certe mete che sono percepite solo come mete, ad esempio, di turismo balneare, invece riscoprano la loro reale condizione di mete anche di turismo culturale, e quindi siano spendibili su tutto l'arco dell'anno; oppure dobbiamo far sì che i turisti non si fermino sulle tradizionali e classiche tappe del Grand Tour italiano, ma riescano a scoprire quell'enormità di borghi e di paesi di cui la nostra Italia è fatta.
  C’è un collega che è andato in Europa, e parlava sempre del suo Sacro Monte di Varallo. Ecco, noi pensiamo che non si debba cadere nei singoli provvedimenti: siamo stati molto rigorosi in questo decreto-legge nel non far inserire singoli provvedimenti; ma come è stato detto anche dalla collega Manzi, abbiamo un progetto nazionale che però si può valorizzare, con l'aiuto degli enti locali e partendo dalle esperienze degli enti locali e degli amministratori locali. Lo sono stato anch'io fino a poco tempo fa: noi abbiamo degli straordinari assessori alla cultura in ogni comune, che sono in sintonia con questa filosofia, che si possa accompagnare però dentro ad un progetto più grande.
  E, allora, in questo senso credo che davvero si sia iniziata una strada nuova. Ho ascoltato con attenzione soprattutto le critiche, perché le critiche vanno ascoltate con attenzione, sono importanti. Noi dobbiamo far tesoro delle critiche, ma uscire da un'idea per cui tutto va male, per cui tutto viene criticato in maniera violenta: c’è un modo, c’è una critica che aiuta il bambino a crescere, e c’è una critica che fa sì che il bambino si demoralizzi e non si muova neanche più dal suo posto.
  Ecco, l'Italia è un bambino, forse è anche qualcosa in più di un bambino, che ha bisogno di una classe dirigente che gli dica certo che cosa può migliorare, ma che gli dia coraggio verso questo miglioramento. Il nostro patrimonio nasce da quello ! In questo senso io credo che occorra un nuovo Rinascimento.
  Vado a concludere, Presidente, dicendo questo: nell'ascoltare alcuni degli interventi io mi sono convinto di una cosa, ossia che, anche nel dibattito in Aula, molti ci diranno che, sulle buone intuizioni di questo decreto, qualcosa in più si poteva fare. È a tutti evidente che, con riferimento all’art-bonus in particolare, a tutti noi vengono in mente mille altre occasioni in cui sarebbe giusto, dovuto, utile, efficace, applicare un credito fiscale. Però noi dobbiamo partire pur da qualche parte e dobbiamo partire anche con il passo giusto.
  Io sono un appassionato di montagna: chi ha la passione della montagna sa che, se si parte con il passo sbagliato, se si tenta di andare troppo in fretta, se si tenta di allungare troppo il passo alla vetta non si arriva mai. Allora, se noi pensassimo che questo è l'ultimo provvedimento, è chiaro che cercheremmo, sbagliando, di mettere dentro tutto in maniera frettolosa. Invece, noi dobbiamo pensare davvero che è iniziata una nuova strategia e lo dimostrano il susseguirsi di provvedimenti e l'annuncio, che io credo importante, dell'idea di fare una legge quadro, ad esempio, sulla cultura e in particolare, sullo spettacolo, in particolare rivolta a quei lavoratori della cultura, che hanno bisogno del nostro aiuto, perché noi abbiamo bisogno che i tanti talenti e le tante energie italiane trovino un Paese, una normativa che sia a loro di stimolo e favorevole e non un impedimento.
  Questo è un altro concetto che io trovo importante in questo decreto, che tra l'altro il Ministro ha ripetuto più volte: l'eccesso di legislazione italiana è un problema. Noi abbiamo bisogno di non fare nuove leggi ma di delegificare e quindi abbiamo bisogno di realizzare tutte quelle cose che sono possibili senza una normativa e senza introdurle nelle normative. Molti degli emendamenti che abbiamo rifiutato li abbiamo rifiutati con questa logica e con questo rigore.
  Io spero, credo, anzi chiedo a tutti noi di impegnarci perché il Senato mantenga questo rigore, perché, nel provvedimento precedente, qualche cosa non è andato Pag. 54esattamente in questa direzione nell'altra Camera. Io credo che questo rigore, che questo nostro atteggiamento ci debba portare a continuare questo tipo di lavoro e ad avere davvero la convinzione che noi stiamo facendo un cammino che va nella direzione di una svolta definitiva rispetto all'approccio della cultura, sapendo che questa battaglia è una battaglia politica di primo ordine, è una battaglia culturale e che dobbiamo aver presente, come dicevo, quali sono i nostri nemici ma dobbiamo pensare che là fuori abbiamo tanti amici e tante persone, che hanno voglia di investire, che giocano ogni giorno il loro tempo, le loro energie come volontari, come imprenditori, come imprese per far davvero ripartire questo Paese, per dargli il ruolo che in Europa merita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Romina Mura. Ne ha facoltà.

  ROMINA MURA. Signor Presidente, sottosegretario, colleghe e colleghi, il decreto n. 83 del 2014, oggetto di questa discussione, che ci apprestiamo a convertire in legge, rappresenta un atteso quanto importante cambio di passo nell'approccio politico alle tematiche della tutela, valorizzazione e messa a reddito del nostro patrimonio culturale e del turismo, quale fattore di sviluppo fra i più rilevanti per il rilancio sociale ed economico del Paese intero e in particolare del Mezzogiorno e dei territori più marginali.
  Ricordiamo che oggi il valore aggiunto prodotto dalle attività connesse al turismo è pari a circa 83 miliardi di euro, il 6 per cento del totale dell'economia, valore che potrebbe quasi raddoppiare da qui al 2016, come confermano i dati diffusi da Formez e Federculture, se il nostro Paese accelererà nel recupero della competitività persa, determinando la creazione di quasi un milione di nuovi posti di lavoro e l'entrata a regime di numerose attività imprenditoriali nate negli ultimi anni nei settori della gestione dei beni culturali e dei servizi turistici.
  Ritengo che questa consapevolezza, insieme ad altri importanti elementi, abbiano alimentato il ragionamento sotteso al decreto n. 83 del 2014, un provvedimento, che sia nella sua impostazione sistemica che nelle singole articolate previsioni sostanziali, segna l'avvio di una visione altra delle politiche in materia di cultura e turismo. Visione che rifugge dalla marginalità in cui nei decenni che ci lasciamo alle spalle sono state relegate queste politiche. Visione altra sia in relazione alle risorse finanziarie impegnate, notevolmente aumentate e che il presente decreto lega a fattore di maggiore certezza.
  Certezza che auspichiamo aumenti con provvedimenti successivi. Visione altra, avuto riguardo alla diversa programmazione di interventi e di risorse. Siamo stati abituati, negli anni passati, all'episodicità e quasi casualità degli interventi, scarsamente ponderati sino ad ora all'interno di piani e programmi strategici di lungo periodo; invece, oggi l'articolo 7, che mi pare che, relativamente al tema, sia quello più significativo, parla di un piano strategico di grandi progetti culturali; abbiamo il programma Italia 2019, che appunto valorizza la progettazione delle città candidate a città europea della cultura del 2019, dando loro una prospettiva. Visione altra, anche rispetto alla mancanza di governance, in particolare del settore turistico e all'eccessiva frammentazione dei centri decisionali; condizioni che, facendo venir meno una regia compiuta e univoca, hanno, lungi dal promuovere le differenze e peculiarità territoriali, mancato completamente l'obiettivo di far passare in Italia come all'estero la forza e anche la valenza identitaria del prodotto turistico e culturale Italia. Oggi, invece, nel decreto constatiamo la riorganizzazione dell'ENIT, diverse formule di collaborazione fra Governo locale e Stato per la gestione di alcuni interventi e, in prospettiva, la rivisitazione costituzionale del sistema delle competenze in materia.
  Visione altra, che rafforza notevolmente il concerto per cui la cultura e il turismo rappresentano componenti fondamentali della politica industriale di questo Paese, cultura e turismo che, innanzitutto, Pag. 55facendo capo alla medesima struttura ministeriale, istituzionalizzano di fatto quella naturale correlazione che esiste fra di loro e che necessita solo di condizioni ottimali per potersi manifestare. Così come detto bene nella riflessione di Federalberghi, nel lavoro «il Turismo lavora per l'Italia», vendere vacanze può significare vendere cultura, allo stesso modo la richiesta di fruizione del patrimonio culturale può attivare quote significative di domanda turistica. Il decreto, nell'impostare un ragionamento di sistema che finalmente non rinuncia ad essere ambizioso, richiama poi – questo aspetto mi pare particolarmente significativo – le istituzioni, da quelle locali allo Stato, ad investire convintamente e razionalmente sui settori che con il turismo sono in stretta correlazione. Penso in particolare ai trasporti e alla mobilità. È di fatti dimostrato, dalle performance raggiunte nei vari territori, la stretta correlazione fra la qualità dell'offerta turistica e il grado di raggiungibilità della destinazione. Una località facilmente raggiungibile sia relativamente ai mezzi che ai costi diventa competitiva. Questa condizione, come la facilità di accesso alla fruibilità dei siti, rappresenta un fattore moltiplicatore ovvero limitante dell’appeal della stessa destinazione turistica. Provengo da un'isola che, attraverso lo sviluppo turistico integrato, potrebbe agganciare, quanto a risultati economici e standard di competitività, le migliori performance a livello europeo e internazionale, un'isola nella quale invece, propria a causa delle difficoltà di accesso e della scarsa mobilità interna, è condannata a risultati minimi e lontani da quelli raggiungibili, considerate le potenzialità. Medesime difficoltà si riscontrano in altre parti del Paese e in particolare presso le cosiddette destinazioni turistiche minori a cui il decreto dedica diversi interventi; destinazioni turistiche minori concentrate prevalentemente nelle cosiddette aree interne del Paese, ossia quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi ma ricche di importanti risorse ambientali e culturali, destinazioni turistiche minori rispetto alle quali la valorizzazione, di cui al presente decreto e l'inserimento delle stesse nei circuiti turistici nazionali, può generare ricadute sull'intero sistema sociale ed economico. Penso a proposito all'articolo 11 che introduce una serie di input di valorizzazione di queste aree, il piano della mobilità turistica, l'attivazione di percorsi turistici alternativi, i progetti di valorizzazione del paesaggio, l'ottima intuizione della possibilità di concedere a titolo gratuito spazi e immobili afferenti al patrimonio pubblico per la realizzazione di percorsi turistici di fruizione del territorio.
  Previsione molto importante, che incentiva percorsi di sviluppo locale, nascita di nuove realtà di impresa e, per ultimo, ma non certo meno importante, la sottrazione all'incuria e all'abbandono di pezzi di storia architettonica e produttiva del nostro Paese.
  Mi pare in definitiva che il provvedimento che esaminiamo rappresenti una prima certo, ma molto importante, misura strutturale volta al rilancio della competitività del sistema Paese e, secondo me, anche al superamento dei tanti squilibri territoriali, che ancora lo indeboliscono.
  Mi pare – e mi avvio a concludere – che il provvedimento approvato dal Governo e ottimizzato dal prezioso lavoro delle Commissioni rappresenti al meglio il nuovo corso del Governo del Paese, di cui il gruppo di cui mi onoro di far parte, è il grande protagonista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2426-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che le due relatrici, la deputata Coscia e la deputata Petitti rinunciano alla replica
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

Pag. 56

  FRANCESCA BARRACCIU, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo. Signora Presidente, onorevoli deputate e onorevoli deputati, intanto la discussione di stamattina ha continuato ad arricchire il dibattito che già si è sviluppato durante i lavori in Commissione e ha posto ancora altri temi che ho ascoltato con molta attenzione e che saranno anche ripresi nel dibattito successivo, quello che si svilupperà la settimana prossima anche quando entreremo nel merito dei singoli articoli.
   Innanzitutto, prima di entrare un po’ più nel merito della discussione che si è sviluppata, vorrei ringraziare le due relatrici del provvedimento e unirmi a loro nel ringraziare le Commissioni di merito per l'eccellente lavoro che è stato svolto in queste due settimane; un lavoro che – come evidenziato anche dagli interventi che si sono succeduti questa mattina – ha beneficiato dell'apporto di tutte le forze politiche, sia della maggioranza, che dell'opposizione. Quindi, un grazie veramente a tutte le forze politiche presenti in Parlamento.
  Il Governo, come sapete, non ha presentato emendamenti e questa è stata una scelta precisa che ha voluto ancora di più sostanziare il significato e il ruolo della collegialità del lavoro politico e legislativo. Non abbiamo presentato emendamenti, lasciando quindi interamente al Parlamento il compito di intervenire sul decreto, nella convinzione, che poi si è trasformata in certezza, ed è una buona convinzione, che il testo sarebbe stato migliorato così come effettivamente è avvenuto.
  Anche per questo motivo, il Governo ha offerto la propria costante collaborazione – e d'altronde, è stato riconosciuto anche questa mattina in quest'Aula, la presenza costante, attenta e precisa del Ministro Franceschini a tutte le sedute delle Commissioni dimostra questo – così come voglio dire da subito che il Ministro presenzierà a tutte le sedute della prossima settimana, fino alla chiusura dell'esame del decreto stesso.
  Dicevo che vi è stato un lavoro collegiale del Parlamento e tra Parlamento e Governo e all'interno del Governo stesso, un lavoro davvero di squadra, come è stato detto questa mattina da alcuni onorevoli deputati.
  Quindi, il risultato di questa proficua collaborazione è che ogni parte politica ha davvero potuto concretamente arricchire il testo, ma soprattutto ha consentito – e di questo siamo appunto grati – a rendere ancora più efficace e più evidente la visione del Governo su turismo e cultura. Mi è dispiaciuto sentire in alcuni interventi più duri, che naturalmente ci stanno nella dialettica politica, rimarcare e accusare il Governo dell'assenza di una visione per ciò che concerne la cultura e il turismo. Naturalmente replico e ribadisco che non è così. La nostra visione è anche già contenuta in maniera chiara proprio in questo decreto, ma sarà ancora più esplicitata negli interventi legislativi che si faranno nel corso della legislatura e nei mesi a venire.
  La visione c’è, emerge ancora di più dal lavoro di affinamento che è stato fatto dal decreto perché questo decreto nasce da questa visione.
  Nasce dalla consapevolezza di quelle che sono state, negli anni, le cause che hanno portato il nostro Paese, dal punto di vista turistico, a scivolare da primo Paese visitato al mondo a quinto Paese al mondo; e nasce anche dalla consapevolezza di quelle che sono state le cause che oggi non rendono possibile ai beni culturali, al nostro grande patrimonio culturale e ambientale, di esplicare tutti gli effetti positivi per il nostro sistema economico e, in modo particolare, quello che oggi ci serve anche per uscire dalla crisi, ed è quello che vogliamo fare. Noi abbiamo ben chiaro che, tra le cause principali su cui questo decreto si concentra, vi sono, come abbiamo sentito spesso, intanto le complicazioni burocratiche e amministrative, che hanno ingessato spesso anche l'attività imprenditoriale in questo settore.
  Una delle cause che ha ingessato questo settore e che lo ha fatto rimanere fermo negli anni, anzi tornare indietro negli anni rispetto alle proprie potenzialità, è stata, come dire, quella cesura ideologica spesso fra pubblico e privato nel contribuire alla Pag. 57valorizzazione e all'utilizzazione positiva del nostro patrimonio. Un'altra causa che ci ha fatto perdere spazi rispetto ad altri Paesi europei e mondiali sul turismo e sulla valorizzazione dei beni culturali è il ritardo nella digitalizzazione del sistema. Un altro elemento negativo, che, quindi, ci consegna dei dati che sono quelli che ci sono stati rimarcati anche stamattina, è la distinzione netta delle politiche nell'approccio a questi due settori tra cultura e beni culturali.
  Ancora, un'altra delle cause principali che non hanno consentito a questi due settori di dare gli effetti che invece tutti noi vogliamo che diano è un sistema di promo-commercializzazione, non inesistente, ma troppo frammentato, che ha stentato in questi anni a fare emergere anche l'immagine e il sistema Italia per quello che invece potrebbe essere.
  Se queste sono le cause, noi, su queste cause – che abbiamo ben compreso, le abbiamo ascoltate, ci siamo anche confrontati non soltanto in Parlamento, ma fuori dal Parlamento con i portatori positivi di interesse in questo settore –, abbiamo costruito e costruiamo la nostra visione, e questo decreto inizia a fornire risposte perché semplifica i procedimenti amministrativi e cerca appunto di semplificare la burocrazia (non ritorno sugli articoli perché li conoscete bene) perché abbatte questo muro che ha tenuto saldamente distinti e contrapposti il pubblico e il privato.
  L’art bonus si collega esattamente a questo e non è vero che è in contrapposizione con quanto aveva portato avanti il Ministro Bray, anzi è una declinazione più precisa di quell'idea di riavvicinamento del pubblico e del privato verso questa che deve essere una responsabilità collettiva nei confronti del patrimonio culturale, che non è soltanto quindi del pubblico, ma deve essere positivamente anche per il privato.
  L'altro tema è quello della digitalizzazione, su cui siamo convinti che si debba investire molto, perché digitalizzare il sistema significa veramente moltiplicare i posti di lavoro e significa davvero dare il contributo preciso alla competitività del nostro sistema turistico; e nel decreto ci sono queste misure. Perché va da sé che l'interconnessione, il combinato disposto tra cultura e turismo lo ha voluto e l'ha riconfermato questo Governo e, come sappiamo, lo ho voluto fortemente il Governo Letta, stabilendo che il turismo non fosse più semplicemente una delega della Presidenza del Consiglio dei ministri ma fosse un Ministero a sé stante. Quindi, è stato come dire non soltanto istituito in maniera precisa, ma collegato a quello che è il suo ambito ottimale, l'altro partner ottimale, rappresentato dai beni culturali, e abbiamo fatto questo.
  Ma i provvedimenti legislativi mettono insieme in interconnessione precisa questi due ambiti, perché il turismo, come abbiamo detto e come riteniamo, è un'industria molto importante, un'industria pulita, e riteniamo che i beni culturali siano una fra le materie prime più importanti di questa industria e che è l'industria – concordo molto con l'onorevole Rampi – che deve, non sfruttare le materie prime, ma far fruttare le materie prime, trasformandole in prodotti che possano essere promo-commercializzati in maniera positiva, che ci aiutino, in questo modo, ad uscire dalla crisi, e ne siamo veramente convinti.
  Siamo convinti che, se vi è una scommessa che l'Italia può fare in questo momento, sia esattamente sul sistema dei beni culturali e del turismo. È una delle scommesse vincenti che l'Italia può fare. Il Presidente Renzi e il Ministro Franceschini ne sono talmente convinti che anche nel semestre europeo questo tema verrà posto al centro, e non soltanto nei sei mesi in cui noi avremo, in cui il Presidente Renzi avrà, la responsabilità di guidare l'Europa.
  Questo è anche dimostrato dal fatto che la necessaria riverifica e modifica della strategia e della politica dell’«Europa 2020» ha tra le sue priorità proprio quella di rimettere al centro la cultura, in modo che essa diventi un pilastro vero e proprio della nuova Europa. Oggi ancora così non è: sappiamo bene che vi è un importante Pag. 58programma europeo, che si chiama «Europa creativa», ma riteniamo che tale programma non sia sufficiente per corrispondere e per inserire e definire la cultura come pilastro della nuova Europa. Su questo punto, l'Italia ha, invece, già definito la sua priorità.
  Insomma, la visione c’è, la visione si intravede ed è declinata già a partire da questo decreto, e noi la rivendichiamo, e la vogliamo rivendicare con forza. Dicevo che voglio ricordare – me lo consenta anche la maggioranza, che ha fatto un grandissimo lavoro – il contributo fornito dalle opposizioni, come dicevo prima, in modo particolare – mi piace ricordarlo – per rafforzare l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione nei settori della cultura e del turismo, così come per avere introdotto l'impegno del Governo ad intravedere azioni sistematiche sul tema del tax refund per i cittadini extra UE. Un impegno che asseconda l'attenzione che il Ministero sta dedicando a questo tema nuovo, delicato e rilevante.
  Ancora, le opposizioni hanno dato un importante contributo anche nel merito della norma sulla Reggia di Caserta, prevedendo uno specifico programma e ruolo chiave per affinare norme sul decoro, in modo da contemperare l'esercizio delle attività commerciali con, naturalmente, la tutela dei beni culturali.
  Ci piace anche dare merito, sempre alle opposizioni, sulla sottolineatura dell'importanza del ruolo dei privati, e quindi il rafforzamento di questo orientamento, che è già presente nel Governo e nella maggioranza. Ancora, è stato molto importante l'apporto anche nel definire meglio i compiti del commissario straordinario della Reggia di Caserta. Insomma, un lavoro davvero importante. Inoltre, le riformulazioni di alcuni articoli che sono state compiute dalle relatrici ritengo che debbano essere ricordate.
  Mi limito qui a menzionare l'articolo 2 su Pompei, nel quale le Commissioni riunite hanno recepito, pressoché integralmente, le indicazioni espresse dalla Commissione lavori pubblici, alla ricerca del difficile equilibrio tra istanze di accelerazione delle procedure e garanzie di trasparenza e legalità; l'articolo 8 sui professionisti nel settore dei beni culturali, gli stessi regolati ora dalla «legge Madia», appena approvata dalle Camere; l'articolo 10 sulla ristrutturazione e sul miglioramento dell'accessibilità degli alberghi e sui distretti turistici.
  Insomma, un lavoro davvero di squadra, di cui siamo veramente molto soddisfatti. Le audizioni condotte hanno, poi, consentito di recepire le giuste sollecitazioni che sono provenute dal mondo esterno, dicevo prima dal mondo imprenditoriale e da tutti coloro che hanno interessi positivi – mi piace dire questo – intorno ai beni culturali e al turismo.
  A questo riguardo, è molto importante e credo che valga la pena il chiarimento, introdotto nell'articolo 1, sull’art bonus, che ha espressamente riconosciuto il credito di imposta per erogazioni liberali effettuate a favore di soggetti concessionari o affidatari di beni culturali pubblici per interventi di restauro sui beni medesimi; quindi, estende e chiarisce ancora di più questa grande possibilità di compartecipazione tra pubblico e privato nella valorizzazione dei nostri beni.
  Molte altre norme che sono state introdotte in fase di conversione e che sono molto importanti potrebbero essere citate, le potrei citare, avremo modo di farlo nel corso dei lavori della prossima settimana.
  Con il riconoscimento del lavoro fatto fin qui dalle Commissioni, penso che sia opportuno anche ricordare adesso – ci tengo a ricordare adesso – alcuni aspetti che sono caratterizzanti di questo decreto-legge e che indirettamente rispondono ad alcune critiche che sono state sollevate questa mattina, alle quali prestiamo molta attenzione, anche al fine di consentire all'Assemblea di contribuire nel miglior modo possibile a proporre ancora emendamenti al testo.
  Il decreto presenta due importanti peculiarità – sono state già sottolineate con diverse sfumature –, che confermano un cambio di passo significativo nelle politiche del Paese in materia di cultura e di turismo. Gli onorevoli Battelli, Abrignani, Pag. 59Rampelli hanno parlato di poche risorse. Noi diciamo che, sì, le risorse non sono quante ne avremmo volute stanziare anche noi molto volentieri, ma sono risorse sane.
  In primo luogo, infatti, il decreto è stato finanziato per intero con risorse a valere sui fondi di investimento del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 17), senza nuove imposte o accise di alcun genere. Credo che questo sia un aspetto da sottolineare, molto importante, perché la cultura e il turismo utilizzano risorse senza sottrarne ad altri settori e, soprattutto, senza sottrarle dalle tasche dei cittadini. Credo che questa sia una cosa molto, molto importante e che solo per questo varrebbe che ci fosse un plauso unanime, anche se capisco che questa è una richiesta troppo grande.
  D'altronde, l’art bonus agisce direttamente sulla leva fiscale, come nei principali Paesi europei. Oggi qui è stato detto più volte, sono state richiamate più volte le esperienze europee e quanto i Paesi europei fanno in questo settore. Questi Paesi hanno fatto tanto proprio lavorando sulla leva fiscale, non lavorando su altro. La leva fiscale è comunque una fonte di investimento pubblico, perché la leva fiscale – sappiamo bene – fa entrare meno soldi nelle casse dello Stato e li lascia evidentemente a disposizione della collettività, in questo caso del sistema dei beni culturali.
  Questo tema lo voglio sottolineare a riprova del serio impegno di investire finalmente in settori così strategici per l'Italia. Il turismo, in particolare, attendeva un intervento legislativo da almeno dieci anni. Lo vogliamo dire: da almeno dieci anni.
  In secondo luogo, per la prima volta i temi della cultura e del turismo sono trattati congiuntamente, come dicevo prima, e questo fa parte della nostra visione, che è nuova, perché sono abbattute barriere ideologiche su questo tema, barriere ideologiche decennali. Lo stiamo facendo con un disegno organico, che corrisponde naturalmente alle nuove competenze attribuite al Ministero. E come, se non sistemiche, possono essere definite misure quali la trasformazione in ente pubblico economico di ENIT, la nuova norma sui musei che mette in pari l'Italia con il resto del mondo, l’art bonus che il Paese attendeva da trent'anni ? Cosa sono se non misure di sistema, come diceva bene l'onorevole Mura poc'anzi ?
  Va detto anche delle misure che sono straordinarie ed urgenti per intervenire su due siti di eccezionale valore culturale per l'umanità intera, non per una regione o una provincia o una sola città, ma per l'umanità intera. E mi riferisco a Pompei e alla Reggia di Caserta. È stato proprio il rispetto di queste due peculiarità, le risorse sane: diciamolo ai cittadini, è importante. Non è importante per il Governo Renzi, per il Ministro Franceschini o per il Partito Democratico o per le forze di maggioranza, è importante per tutto il Parlamento questo messaggio – che sono risorse sane e sono misure di sistema – che sinora ha guidato l'iter di conversione e auspicabilmente ispirerà anche la discussione e la votazione in Assemblea: queste due peculiarità.
  In primo luogo, quindi, l'eccezionalità delle coperture trovate per realizzare gli interventi descritti è stata frutto di un'importante azione del Governo, in particolare del Ministro Franceschini e del Presidente Renzi, d'intesa con il Ministro Padoan, finalizzata a investire in modo consistente in questi settori. La conseguenza, però, è che riguardo a tutte le risorse al momento disponibili e che sono state impiegate in questa fase, considerate quelle che sono state reperite, appare arduo reperire coperture finanziarie aggiuntive per questo decreto-legge. Credo che Governo e Commissioni, con il lavoro che è stato fatto in questi mesi, abbiano raggiunto bene questa consapevolezza, così come la perfetta consapevolezza di come è stato anche complicato arrivare a questo testo, con quelle coperture.
  Quindi, appare arduo reperire coperture finanziarie aggiuntive, e ne è un esempio l'articolo 1, per cui l’art bonus è stato per ora previsto solo per i beni culturali pubblici. Però l'auspicio di tutto il Paese, e certamente il nostro, è che in futuro tale ipotesi possa essere estesa Pag. 60anche ad altre fattispecie. Noi non abbiamo preclusioni. Si tratta di coperture finanziarie e noi speriamo – e stiamo lavorando a questo – che il nostro risanamento anche economico sia tale per cui presto possiamo permetterci molto di più, perché l'apertura culturale e politica su questo è davvero totale. Si può perciò comprendere perché tutti gli emendamenti fin qui approvati sono fatalmente senza maggiori nuovi oneri per la finanza pubblica.
  In secondo luogo, dicevo che il carattere sistemico degli interventi introdotti rende opportuno, perché né coerente né omogeneo con il provvedimento, introdurre misure di carattere localistico o comunque riguardanti specifici istituti, iniziative o parti del territorio, non perché non siano importanti – figuriamoci se non sono importanti ! – ma perché il senso di questo decreto è un altro: è quello di mettere a punto misure di sistema e di guardare in questo momento alle priorità di carattere generale e di interesse generale per il nostro Paese.
  Non è un caso, quindi, che le Commissioni hanno, sì, precisato meglio diverse disposizioni, però hanno anche inserito un nuovo articolo, il 13-bis, sul tax refund, strettamente collegato alle iniziative di sistema intraprese per la promozione del turismo.
  L'auspicio quindi è che i lavori possano proseguire, anche in Assemblea, nel medesimo concreto spirito di collaborazione che ha finora accompagnato le Commissioni, al fine di consentire anche a questa sede di apportare eventuali ulteriori miglioramenti al decreto, cui il Governo, già durante i lavori delle Commissioni, si è dichiarato, come sapete, aperto.
  Un decreto, ripetiamo, che è intervenuto in modo organico, dopo molti anni. A questo proposito, mi sarebbe piaciuto chiedere all'onorevole Rampelli quante volte, in 13 anni della sua esperienza legislativa in quest'Aula, ha potuto parlare di un decreto specifico su cultura e turismo. Mi sarebbe piaciuto chiederglielo. È invece, appunto, un decreto che è intervenuto, in modo organico e dopo molti anni, su settori nevralgici per l'economia e la società del Paese.
  Però, noi non ci culleremo e non intendiamo cullarci sugli allori degli effetti positivi e dei riscontri positivi che questo decreto ha già dentro quest'Aula e all'esterno di quest'Aula, perché nella nostra visione, e per realizzare la nostra visione, quella di cui parlavo all'inizio, sappiamo bene che questo è soltanto un primo passo. Il Ministro sta infatti già predisponendo un disegno di legge in materia di patrimonio culturale, attività culturali e turismo, al fine di riordinare una disciplina ormai troppo frammentata negli anni e di aggiornarla ai più elevati standard internazionali. Infatti è vero: l'Italia non è un bambino, è una bambina, una bambina che va presa per mano con delicatezza e va condotta a cambiare verso anche nell'ambito dei beni culturali e del turismo. E noi, tutti insieme, ce la possiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 15.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 61

(Iniziative di competenza volte a rendere pubbliche ed accessibili tutte le informazioni riguardanti i contratti di sviluppo finanziati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) – n. 2-00602)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tinagli n. 2-00602, concernente iniziative di competenza volte a rendere pubbliche ed accessibili tutte le informazioni riguardanti i contratti di sviluppo finanziati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Tinagli se intenda illustrare la sua interpellanza, per quindici minuti, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  IRENE TINAGLI. Presidente, come anticipato, questa interpellanza urgente è motivata da un'esigenza di informazione e di trasparenza su quelle che sono attività molto importanti nel nostro Paese, ovvero le attività dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, la cosiddetta Invitalia, che in un certo senso è subentrata a Sviluppo Italia. Quindi, Invitalia, come sappiamo, agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese in particolare del Mezzogiorno e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo, favorendo gli investimenti esteri e sostenendo la crescita del sistema produttivo e valorizzando le potenzialità dei territori. In questo quadro Invitalia ha a disposizione, oltre a delle risorse, degli strumenti specifici attraverso i quali interviene per adempiere alla propria mission e ai propri obiettivi. Tra questi strumenti figurano questi contratti di sviluppo che sono agevolazioni istituite nel 2010 e regolamentate dal recente decreto ministeriale 14 febbraio 2014 per la realizzazione di grandi investimenti. Nell'ambito di questi contratti quello che noi abbiamo rilevato e che io stessa nel lungo processo di ricerca per capire quali erano i progetti strategici per lo sviluppo nel nostro territorio in un momento tra l'altro di grave difficoltà e di crisi economica del nostro tessuto produttivo, mi sono accorta e mi sono resa conto che non esistono, non ci sono informazioni dettagliate sui progetti che sono stati finanziati, dove sono reperite queste risorse, come vengono effettivamente investite e soprattutto con quali esiti, con quali risultati.
  Le uniche informazioni che siamo riusciti a reperire sono quelle rese disponibili dai comunicati stampa che l'Agenzia Invitalia stessa pubblica sul proprio sito e distribuisce alle agenzie di stampa ogni qual volta sigli uno di questi contratti. Quindi, ricostruendo dai comunicati stampa, sono emersi nove contratti di sviluppo siglati negli ultimi diciotto mesi, dal gennaio 2013 ad oggi, da Invitalia, di cui quattro in Campania, tre in Sicilia e due in Puglia, per un totale di investimenti attivati di 400 milioni, di cui 166 milioni a titolo di agevolazioni a fondo perduto. E queste appunto sono le uniche informazioni che noi abbiamo.
  In alcuni comunicati si aggiungono informazioni sul presunto impatto occupazionale, ma non vi sono allegati dettagli che giustifichino queste previsioni, non vi sono poi aggiornamenti sullo stato dei lavori nemmeno di quei progetti che siano stati avviati diciotto mesi fa. Adesso è decorso un arco di tempo che consentirebbe anche di fare delle prime valutazioni di impatto di questi progetti e, quindi, abbiamo lamentato e lamentiamo questa totale carenza di informazioni. Tra l'altro, stando ai regolamenti e anche ai sensi già dell'articolo 4 del decreto n. 1 del 1999, l'Agenzia è tenuta a presentare annualmente al Ministero dello sviluppo economico una relazione su tutte le attività svolte ai fini della valutazione di coerenza, efficacia ed economicità e ne riferisce alle Camere. Di questi rapporti annuali degli ultimi anni qui, in Parlamento, noi, almeno io, non sono riuscita a reperirne se non uno, presentato nel luglio 2012, riferito all'anno precedente.
  Da allora non sono più pervenute queste relazioni annuali. Tra l'altro, ai sensi, invece, del più recente regolamento, sono Pag. 62previste anche relazioni semestrali dell'attività di Invitalia che effettivamente potrebbero anche dare maggiori informazioni, più tempestive delle azioni e degli interventi, ma anche di queste relazioni semestrali non abbiamo trovato traccia. Non ne abbiamo trovato traccia nelle Commissioni parlamentari, non ne abbiamo trovato traccia sul sito del Ministero dello sviluppo economico né su quello del MEF o dell'agenzia Invitalia.
  Poi, ci sono anche altri aspetti, chiaramente relativi all'attività di Invitalia, e moltissimi altri strumenti che adesso non cito. Mi sono concentrata sui contratti di sviluppo, perché li reputo uno strumento particolarmente importante, sia per le cifre stanziate sia per il fatto che queste cifre sono, appunto, a fondo perduto e, quindi, si tratta di soldi pubblici erogati, appunto, a fondo perduto. Questa non è una cosa da poco, per l'importanza strategica che questi progetti hanno o dovrebbero avere e, quindi, sarebbe anche utile avere un quadro complessivo di quelle che sono le strategie di sviluppo all'interno delle quali tali progetti sono collocati e, quindi, in che modo il loro finanziamento viene motivato.
  Noi ci siamo concentrati su questo punto, ma ci sono altri aspetti quali, per esempio, anche gli aspetti legati al piano di riordino delle 216 partecipazioni dirette ed indirette che Invitalia aveva al momento dell'entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, la legge finanziaria, in cui si prevedeva, appunto, una razionalizzazione e una dismissione di tali partecipazioni ma di cui non abbiamo più avuto aggiornamenti, a parte quelli contenuti nella suddetta relazione annuale del 2011.
  Quello che io volevo appunto sollecitare e chiedere al Ministero è se non intenda emanare al più presto una direttiva ministeriale o altri atti per rendere pubbliche ed accessibili tutte le informazioni riguardanti i contratti di sviluppo nel momento stesso in cui essi vengono sottoscritti da Invitalia, incluse le analisi in merito alla coerenza industriale e alla validità economica del programma di sviluppo e l'impatto occupazionale del programma stesso. Questo sarebbe uno strumento di trasparenza nei confronti dei cittadini, che penso abbiano diritto a sapere anche come vengono spese le risorse pubbliche nell'ambito delle nostre politiche di sviluppo, ma sarebbe, in modo particolare, uno strumento importante a disposizione del Parlamento e dei parlamentari, che poi devono legiferare anche su altri strumenti relativi a politiche economiche e di sviluppo. Quindi, poter sapere in tempi rapidi come vengono implementati determinati programmi e che tipo di impatto occupazionale hanno ci consente di valutare se determinati interventi funzionano o non funzionano e, quindi, decidere, per esempio, se nei prossimi passi noi possiamo o dobbiamo potenziare degli strumenti oppure modificarli oppure pensarne di nuovi e diversi e di più efficaci.
  Questa richiesta non entra tanto nel merito del singolo progetto finanziato o del singolo strumento anche se – mi consenta di aprire una parentesi – non è facile, in momenti di grande crisi noi stessi come Parlamento, per esempio, ci siamo trovati di fronte a richieste di aziende colpite dal terremoto, che si sono viste negare delle semplici agevolazioni fiscali per potere ricostruire le loro aziende, mentre poi magari si vedono degli interventi molto corposi, che riguardano decine di milioni di finanziamento a fondo perduto, sui quali magari non esistono informazioni relative al piano strategico o all'impatto occupazionale. Quindi, effettivamente ci sono delle difficoltà, anche nel motivare e giustificare alcuni interventi a discapito magari di altri.
  Ma nell'interpellanza urgente non voglio entrare nel merito del singolo intervento. Non è questo l'obiettivo ma, ripeto, semplicemente una richiesta di informazioni, di trasparenza, perché credo che in un momento come questo sia importante per tutti noi sapere quali tipi di strumenti abbiamo a disposizione e poter fare delle valutazioni pragmatiche, concrete e serene su cosa funziona e su cosa non funziona. Ma tutto questo non lo si può fare se non ci sono le informazioni adeguate e se non c’è la possibilità di avere una trasparenza Pag. 63completa su quelli che sono gli interventi dello Stato, attraverso i Ministeri e attraverso i suoi enti come le agenzie pubbliche.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, mi pare utile una premessa, prima di entrare nel merito dell'interpellanza, che riguarda il contesto normativo in cui opera Invitalia. L'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha istituito lo strumento dei contratti di sviluppo, demandando a un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione di criteri, condizioni e modalità per la concessione.
  Tale decreto è stato emanato in data 24 settembre 2010, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, delle politiche agricole, alimentari e forestali, per la semplificazione normativa e del turismo. La stessa norma dà altresì mandato al Mise «di affidare, con le modalità stabilite da apposita convenzione, all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa le funzioni relative alla gestione dell'intervento di cui al presente articolo, comprese quelle relative alla ricezione, alla valutazione ed all'approvazione della domanda di agevolazione, alla stipula del relativo contratto di ammissione, all'erogazione, al controllo ed al monitoraggio dell'agevolazione, alla partecipazione al finanziamento delle eventuali opere infrastrutturali complementari e funzionali all'investimento privato».
  Successivamente, l'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha poi previsto che il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, provvede a ridefinire le modalità e i criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal Ministero dello sviluppo economico, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali. A quest'ultima previsione normativa è stata data attuazione con il decreto ministeriale del 14 febbraio 2014.
  Posto questo quadro normativo ed entrando nel merito delle osservazioni che vengono proposte dall'interpellanza, con particolare riferimento al quesito sul punto a), ovvero se i Ministri non intendano emanare al più presto una direttiva ministeriale volta a rendere pubbliche e accessibili tutte le informazioni riguardanti i contratti di sviluppo nel momento in cui vengono sottoscritti, devo far presente che queste informazioni sono già disponibili, in coerenza con gli obblighi di legge e con l'attenzione dedicata da questa amministrazione a garantire la dovuta trasparenza nell'utilizzo delle risorse pubbliche. I dati relativi ai contratti sottoscritti, in particolare, sono pubblicati nell'apposita sezione del sito istituzionale dell'Agenzia, sezione «Amministrazione trasparente». Sul sito Internet sono riportati dati e informazioni per ogni singolo beneficiario e non in maniera aggregata per ciascun contratto sottoscritto. I dati sono aggiornati trimestralmente e l'ultimo aggiornamento disponibile è al 31 maggio 2014.
  Solo allo scopo di fornire un sintetico aggiornamento, si segnala che i contratti di sviluppo sottoscritti al 30 giugno 2014 sono riportati in un'apposita tabella allegata che, se la Presidente è d'accordo, depositerò insieme alla presente risposta e sono i dati per contratto sottoscritto. Si precisa anche che entro la stessa data sono stati approvati ventinove ulteriori contratti, per un ammontare complessivo di un miliardo e 100 milioni di euro di investimenti attivati e 565 milioni di euro di agevolazioni.Pag. 64
  Attualmente sono in corso di perfezionamento gli adempimenti propedeutici alla stipula: tutti i dati e le informazioni di dettaglio al riguardo saranno pubblicati sul sito Internet dell'Agenzia successivamente alla sottoscrizione dei contratti.
  Per quanto riguarda le osservazioni in merito alla valutazione dei programmi di investimento in termini di validità industriale e di prospettive occupazionali, non posso che ribadire il fatto che la valutazione delle proposte è svolta dall'Agenzia, mediante una rigorosa analisi economico-finanziaria e tecnico-scientifica, secondo i criteri, che prima ho ricordato e letto, dettagliati e pubblicati nell'allegato 4 al decreto ministeriale del 24 settembre 2010 e sulla scorta della documentazione fornita dalle imprese nelle proposte definitive. Con particolare riferimento ai dati previsionali forniti sull'impatto occupazionale dei programmi di investimento, anche questi sono esplicitamente desunti dalla documentazione ufficiale agli atti.
  Con riferimento, invece, al quesito b) - ovvero, «se i Ministri non intendano provvedere ad elaborare al più presto un'aggiornata relazione da presentare al Parlamento sull'operato dell'Agenzia» –, risulta presentata nell'ottobre 2013, da Invitalia, la relazione per l'anno 2011, mentre è in corso di presentazione la relazione relativa all'anno 2012.
  Con riferimento, invece, al quesito c) – ovvero, ”se i Ministri non intendano provvedere alla tempestiva pubblicazione sui siti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e delle finanze della relazione semestrale dovuta da Invitalia –, vorrei rispondere in questo senso. Le informazioni pubblicate sul sito Internet dell'Agenzia, in base alla normativa sulla trasparenza, danno piena contezza al pubblico sulla destinazione delle risorse pubbliche. Le relazioni semestrali previste dal decreto ministeriale hanno, in realtà, una diversa finalità. Si tratta, in buona sostanza, di uno strumento gestionale che, assieme ad altre modalità di controllo, ha lo scopo di consentire al Ministero l'esercizio della sorveglianza sull'operato dell'Agenzia.
  Ancor più nello specifico, in merito alla relazione riguardante l'attività al 30 giugno 2014, a cui l'interpellante si riferisce, devo rappresentare che l'Agenzia ne ha iniziato in questi giorni la predisposizione, essendosi appena concluso il semestre di osservazione.
  Queste mi sembravano le risposte dovute in merito ai quesiti specifici dell'interpellanza della collega Tinagli e di altri colleghi. Tuttavia, se ben capisco il senso dell'interpellanza, nell'illustrazione che ne ha fatto l'onorevole Tinagli, probabilmente occorrerà che il Parlamento, se ritiene, o i colleghi direttamente, mettano in campo altri strumenti per una riflessione complessiva, se questo è il senso, sullo strumento, sul coordinamento e l'efficacia dei diversi strumenti di sostegno attualmente previsti.

  PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Prima di dare la parola alla deputata Irene Tinagli, ricordo a me stessa oltre che a lei, che non è possibile mettere agli atti dei documenti aggiuntivi oltre la risposta già letta dal rappresentante del Governo. Ovviamente, questi materiali possono essere consegnati direttamente all'interpellante e resteranno a disposizione presso gli uffici dell'Assemblea.
  La deputata Tinagli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  IRENE TINAGLI. Signora Presidente, mi dichiaro parzialmente soddisfatta, nel senso che i dati che sono attualmente disponibili li avevo visti e, proprio perché li giudicavo non sufficienti e non adeguati per un'analisi approfondita dell'impatto di tali strumenti, ho ritenuto opportuno fare una richiesta di maggiori informazioni.
  Il problema non è solo avere l'informazione su: è stato stipulato il contratto «x», il giorno tal dei tali, con questa azienda, le abbiamo dato 20 milioni, 10 milioni, l'azienda che ne beneficia è questa e su questa azienda abbiamo tutte le informazioni. Io riconosco che queste informazioni sono presenti, altrimenti non avrei potuto neanche ricostruire la vicenda; anche se – mi complimento perché Pag. 65l'ultimo aggiornamento di questa interpellanza era di pochi giorni fa – mi risultavano nove progetti e in pochi giorni registro che ne sono stati stipulati altri 29: accipicchia, è stato fatto tre volte in pochi giorni quello che è stato fatto in 18 mesi. Quindi, questa è una bella impennata di attività.
  Tuttavia, il problema che volevo sollevare è avere gli strumenti per fare una valutazione sull'effettivo contributo che questi strumenti danno allo sviluppo di un'area in termini, quindi, di valore aggiunto, di occupazione, di indotto. Credo che questo sia un interesse nostro come del Ministero, perché qua ci sono moltissime risorse che vengono impegnate e credo che sia nell'interesse di tutti fare in modo che si impegnino con i massimi risultati, in modo particolare anche in termini occupazionali. Devo dire, e glielo dico anche un po’ per deformazione professionale, visto che prima di arrivare qui lavoravo come ricercatrice di politiche economiche pubbliche e ho lavorato molti anni negli Stati Uniti, dove utilizzavo delle informazioni per valutare l'impatto delle politiche industriali economiche e dell'innovazione, che con i dati che ci sono e che erano disponibili sui siti non avrei potuto condurre nessun tipo di analisi nel mio precedente lavoro.
  Mi rendo conto, come dice lei, che, per esempio, le relazioni semestrali probabilmente contengono un livello di dettaglio di informazioni che per qualche motivo (che magari poi mi potrà spiegare) non è ritenuto opportuno pubblicare sui siti Internet; però credo che quanto meno una relazione al Parlamento e a chi, poi, deve legiferare su dei possibili futuri strumenti potrebbe essere molto utile. Quindi, magari, valutare insieme alla Presidenza e alla presidenza della Commissione attività produttive, per esempio, delle occasioni in cui il Ministero, o la stessa Invitalia, venga in Parlamento a riferire in Commissione sulle attività svolte, fornendo questi dati che possono consentire un'analisi più approfondita, ciò lo riterrei auspicabile.
  Mi permetto di sollecitare, anche, di provare ad inserire questi interventi in piani strategici di ampio respiro per capire in che tipo di filosofia, di intervento a medio e lungo periodo si inseriscono e, quindi, poterne seguire l'iter nel corso del tempo. Penso che, veramente, l'Italia non possa più permettersi di fare delle politiche e degli interventi spot, per quanto ben intenzionati, per quanto rigorosamente valutati. Non volevo mettere in dubbio il rigore e la correttezza delle valutazioni di Invitalia al momento in cui concede queste agevolazioni, ma semplicemente, in una ottica più complessiva delle politiche di sviluppo italiane, cercare di capire l'efficacia di questi strumenti e avere tutti gli elementi per poter eventualmente migliorare i nostri interventi.
  Mi auguro, quindi, che questo possa essere anche un primo passo per valutare una maggiore collaborazione tra Ministero, Invitalia e Commissione parlamentare per aiutare anche noi, che dobbiamo poi legiferare su degli interventi, a pensare, eventualmente, a degli strumenti sia di monitoraggio che di intervento più efficaci.

(Iniziative di competenza volte a fronteggiare «l'emergenza rifiuti» a Reggio Calabria – n. 2-00607)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Costantino n. 2-00607, concernente iniziative di competenza volte a fronteggiare «l'emergenza rifiuti» a Reggio Calabria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Celeste Costantino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  CELESTE COSTANTINO. Signora Presidente, la nostra interpellanza è relativa ad una situazione che definire emergenziale è quasi surreale perché oggi, che indubbiamente ci sono tutti connotati dell'urgenza, sappiamo bene che, in realtà, per come questa si è sviluppata nel corso degli anni, dovremmo contemporaneamente parlare di un problema strutturale.Pag. 66
  Parliamo della gestione della raccolta dei rifiuti nella città di Reggio Calabria. Nella città calabrese, infatti, viene negato quotidianamente ai cittadini il diritto alla salute e all'integrità ambientale. Migliaia di reggini sono costantemente messi di fronte ad un evidente deterioramento della qualità delle loro vite. Sono tanti i punti da chiarire sulla vicenda, in un comune che, ricordiamo, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2012.
  Sicuramente sono diverse le cause che hanno portato a questa vergognosa condizione cittadina: dalla chiusura delle discariche allo scioglimento per infiltrazione mafiosa della società partecipata, la Leonia; dalle proroghe affrettate nel nome della già citata emergenza fino ad aggiungere, oltre al danno, la beffa, con l'aumento considerevole della Tares. Ma veniamo ai fatti.
  Nel novembre 2013 la commissione straordinaria del comune di Reggio Calabria ha affidato, per sei mesi, la conduzione del servizio di igiene urbana all'azienda Avr Spa, una misura adottata dopo che il socio privato presente nella compagine societaria della Leonia, precedentemente affidataria della gestione dei rifiuti, veniva un anno prima sottoposto a informativa interdittiva emessa dalla prefettura. La Leonia successivamente veniva sciolta per infiltrazioni mafiose, lasciando i lavoratori senza stipendi, TFR e ricollocamento professionale. Ma questa è un'altra storia.
  L'affidamento dell'incarico all'Avr Spa avveniva senza bando pubblico ma in maniera diretta, a causa dell'emergenza. Nonostante l'urgenza, però, è bene ricordare che il servizio rimaneva fermo per settimane. L'incarico, comunque, veniva prorogato per ulteriori sei mesi, fino a dicembre 2014, dopo che l'Avr Spa, costituendosi in un'ATI (associazione temporanea di impresa), si aggiudicava il bando pubblico insieme ad una cooperativa di Vibo Valentia, l'Eurocoop, la quale, nelle ultime settimane, è stata travolta da una serie di arresti per truffa allo Stato. Ma anche questa è un'altra storia.
  La raccolta dei rifiuti, insomma, si è di nuovo arenata nell'attesa del certificato antimafia e delle dovute verifiche. Molto probabilmente non sarà rinnovato l'affidamento dei rifiuti all'Avr Spa e per tale motivo i lavoratori sono da giorni in mobilitazione, rallentando ulteriormente lo svolgimento delle mansioni di raccolta e smaltimento.
  In questo contesto, le discariche di Pianopoli, Casignana e Sambatello, in provincia di Reggio Calabria, rimangono chiuse per lunghi periodi per cause sempre diverse e a volte non verificabili: certe volte non riescono ad accogliere i rifiuti di tutti i comuni, altre volte perché gli impianti sono troppo obsoleti e lavorano faticosamente. Insomma, capita spesso che rimangano chiuse perché le tariffe sono troppo elevate per i comuni ed è così che prendono forma quelle immagini, cui abbiamo assistito tristemente, dei camion dell'immondizia in fila per giorni fuori dai cancelli.
  Per tutti questi motivi, soprattutto nelle zone periferiche, si accumulano enormi quantità di rifiuti, che possono essere smaltiti esclusivamente con mezzi pesanti, come ruspe e camion container, pregiudicando così la riuscita della raccolta differenziata.
  La situazione igienico-sanitaria in città è al limite dell'accettabilità: intere strade sono ostruite dai rifiuti e l'arrivo di temperature calde non fa altro che peggiorare la situazione. In alcune zone di Reggio Calabria i rifiuti vengono bruciati e tutto ciò non fa altro che peggiorare la qualità dell'aria e mettere a repentaglio la sicurezza delle cittadine e dei cittadini.
  L'Italia, come ricordiamo tutti, è già stata condannata da Strasburgo per la violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo riguardo alla gestione dei rifiuti in Campania. Lo Stato non può essere esonerato perché affida a terzi, cioè le regioni, la gestione dei rifiuti. Spetta, infatti, alle autorità nazionali adottare misure effettive per rendere concreto il diritto garantito dalla Convenzione. Per questo chiediamo al Governo delle risposte in merito.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, rispetto alle criticità inerenti alla gestione dei rifiuti nella città di Reggio Calabria, premetto che la materia, nel caso di specie, rientra, ai sensi dalla normativa ambientale, nella competenza di regioni ed enti locali.
  In particolare le attività di raccolta dei rifiuti urbani afferiscono alle competenze del comune di Reggio Calabria, mentre sono in capo all'amministrazione regionale quelle relative alla programmazione e alla gestione dei rifiuti nella loro fase residuale di smaltimento.
  Tuttavia, in base a quanto assunto dal Ministero dell'ambiente e secondo quanto riferisce l'amministrazione della città di Reggio Calabria, i disservizi sono da imputare alla periodica e ricorrente interruzione o rallentamento, nel raccogliere i conferimenti, da parte dei gestori degli impianti di competenza regionale e non all'incapacità di raccolta dei rifiuti solidi da parte del comune.
  La capacità di raccolta assicurata dalla azienda Avr Spa, affidataria da parte del comune del servizio di gestione dei rifiuti, subentrata al precedente gestore interdetto per disposizioni antimafia, è stata quasi raddoppiata rispetto a quella garantita dal precedente operatore, nonostante al momento del subentro fosse chiuso l'impianto di Sambatello.
  In caso di impossibilità di conferire presso l'impianto di Sambatello, che funge da mero impianto di stoccaggio, o presso quello di Pianopoli, vengono attivate le misure indicate in un apposito piano previsto dal contratto con la ditta Avr, cui si aggiungono quelle di volta in volta attivate in base alle concrete esigenze.
  Per prevenire i rischi connessi all'igiene e alla salute pubblica, vengono stilati diari giornalieri di programmazione e report consuntivi; raccolti, prioritariamente, i rifiuti presso i siti sensibili (ospedali, cliniche, scuole, punti critici di viabilità); igienizzate le postazioni per i rifiuti solidi urbani più critiche con l'utilizzo di prodotti sanificanti e disinfettanti, previa raccolta dei rifiuti e lo spazzamento dell'area; asperse, in attesa dell'avanzamento del programma di recupero, le postazioni per i rifiuti solidi urbani critiche con prodotti sanificanti.
  Lo stato d'avanzamento del programma di recupero è continuamente monitorato attraverso il servizio di sorveglianza degli addetti alla vigilanza e degli ispettori in forza al settore, le segnalazioni degli agenti della polizia municipale, i contatti continui con la regione, gli impianti ed il gestore, nonché attraverso frequenti riunioni operative.
  Dopo l'adozione dell'ordinanza della Commissione straordinaria del 20 febbraio ultimo scorso, la situazione si stava regolarizzando ma, a causa del fermo dell'impianto di Pianopoli, avvenuto nel mese di maggio per sette giorni, di cui cinque consecutivi, si è riacutizzata.
  Questa situazione è stata rappresentata dal comune alla regione Calabria in data 26 maggio, unitamente alla necessità di poter conferire in discarica, continuativamente per quindici giorni, un quantitativo di rifiuti pari ad almeno 350 tonnellate giornaliere. Anche se l'autorizzazione è stata assentita dal dipartimento regionale a far data dal 2 giugno, per almeno dieci giorni, il 5, 6, 7, 8 e 9 giugno scorsi, il quantitativo massimo che si è potuto conferire è stato di sole 280 tonnellate. A tale fatto è seguito, pertanto, un rallentamento nel programma di superamento della criticità.
  A seguito di una riunione indetta dalla Commissione straordinaria con i vari organi coinvolti (azienda sanitaria provinciale, dirigente del settore politiche ambientali e culturali, il dirigente del settore polizia municipale e il gestore del servizio), il gestore del servizio, il 12 giugno, ha presentato il programma finalizzato alla chiusura dello stato di criticità con l'esaurimento, entro il 17 giugno, degli interventi di primaria necessità, fino a completa bonifica, entro il 19 giugno, delle postazioni che presentano minori criticità.Pag. 68
  Risulta, quindi, che l'attuale raccolta straordinaria è stata eseguita dal gestore del servizio senza oneri aggiuntivi a carico dell'amministrazione. Ad oggi il comune non evidenzia situazioni emergenziali; la raccolta sta procedendo regolarmente – mi riferisco sempre a quanto assunto dalle informazioni dell'amministrazione comunale – è stato potenziato il servizio di spazzamento ed è in corso un programma intensivo di disinfestazione in tutta la città.
  La Società Avr sta svolgendo il servizio per ulteriori due mesi, in attesa che venga definita l'aggiudicazione definitiva della procedura ad evidenza pubblica, in corso presso la stazione unica appaltante della provincia di Reggio Calabria, stante la necessità di procedere, ai sensi di legge, alla verifica di congruità dell'offerta presentata dall'ATI Camassambiente/Eurocoop, risultata anomala.
  Da parte sua, la regione Calabria, verificata la fragilità del sistema impiantistico regionale, emersa già nel mese di febbraio, a seguito di importanti precipitazioni meteorologiche, e di recente a maggio a causa del guasto di un compattatore in uso presso la discarica di Pianopoli, cosa che ha comportato la chiusura temporanea della discarica medesima, rappresenta di aver adottato, con grande difficoltà, una serie di disposizioni in aiuto ai comuni per arginare il pericolo per la salute pubblica e l'ambiente.
  In particolare, sono state adottate ordinanze dal presidente della giunta regionale per far uscire dall'emergenza il comune di Reggio Calabria. La regione segnala altresì che sono stati mantenuti stretti contatti con gli uffici del comune al fine di ricercare, sinergicamente, soluzioni operative utili al mantenimento delle condizioni di normalità di produzione e smaltimento dei rifiuti nel territorio comunale.
  Inoltre, a supporto delle carenze del circuito impiantistico esistente, con la recente legge regionale n. 6 del 2014, è stata introdotta la possibilità, sino al 31 dicembre 2014, di utilizzare anche impianti privati idonei al trattamento dei rifiuti urbani come la discarica di Celico a Cosenza, di proprietà della Miga Srl.

  PRESIDENTE. La deputata Costantino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  CELESTE COSTANTINO. No, io non sono soddisfatta, però la voglio ringraziare comunque perché le assicuro che anche provare a scrivere questa interpellanza è stato complicatissimo. Riuscire ad avere delle informazioni in merito, riuscire a ricostruire e fare un minimo di percorso per poter arrivare qui in Aula e chiedere delle spiegazioni è stato complicatissimo e, ascoltandola, ho comunque avuto degli elementi in più almeno rispetto al merito della ricostruzione della vicenda.
  Poi non posso comunque ritenermi soddisfatta perché è del tutto evidente che quando lei indica – perché è realmente così – che le responsabilità maggiori di questa vicenda vanno imputate alle regioni, perché è loro la responsabilità effettiva, questo vale quando non ci si trova dentro una condizione di reale ed effettiva emergenza e io così la considero la situazione che c’è a Reggio Calabria. Infatti, provengo da quella città, la conosco e ho potuto verificare di persona – quindi, non solo attraverso la stampa o le fotografie e tutta una documentazione che attualmente esiste e che circola in qualsiasi tipo di sito Internet, quindi anche di facile consultazione – il fatto che tutti questi passaggi per risollevare la condizione di quella città, allo stato attuale, non sono applicati o comunque vanno a rilento. Non ho la presunzione di dire di aver potuto verificare tutta la città di Reggio Calabria e la sua provincia, però posso assicurare che in questi giorni di caldo c’è un problema sanitario in corso e che non si vedono quelle misure che venivano ricordate prima dal Governo.
  Poi vorrei anche aprire una nota a margine rispetto alla situazione che ha portato a queste condizioni penose nella città di Reggio Calabria, perché quando si parla di regioni appunto bisogna anche Pag. 69individuare delle responsabilità politiche. Io penso che oggi è necessario individuare nomi e cognomi di chi ha portato al dissesto, prima, di una città e, poi, di una regione: è Giuseppe Scopelliti, l'ex sindaco di Reggio Calabria ed ex presidente della regione Calabria, che ad aprile è stato condannato a sei anni per falso e abuso.
  Penso che la città di Reggio Calabria sia una città in ginocchio proprio a partire dallo scioglimento per mafia e, quindi, da quello che si è riuscito a scoprire rispetto a un verminaio che ancora non è stato completamente decostruito; e non è alla portata dei cittadini capire realmente cosa si è verificato all'interno del comune.
  Però, bisogna che ci sia una corresponsabilità perché se pensiamo che la regione Calabria o quel comune che è tuttora, ancora adesso, commissariato possano farcela da soli, senza che il Governo intervenga in maniera attiva, questo lo leggo come un elemento di assoluto abbandono e come l'idea che in un Paese civile come l'Italia possa esistere un territorio che possa essere completamente gestito dalla ’ndrangheta senza che questo interessi chi è a capo di questo Governo.
  Ora io capisco che tra l'altro Giuseppe Scopelliti, nonostante la condanna, sia stato candidato alle europee da un partito che è in questo momento al Governo, che è il Nuovo Centrodestra, però se noi riuscissimo ad individuare queste responsabilità politiche, non quelle legate alla magistratura e al corso del suo processo che si consumeranno nelle Aule giudiziarie, probabilmente potremmo anche sperare in un futuro diverso per quella città.
  Questo lo dico non solo per chi ha avuto delle responsabilità dirette, quindi per chi ha governato quella città, ma anche per chi colpevolmente è stato in silenzio in questi anni e non è stato capace neanche di opporsi.
  Io, come le dicevo prima, sono nata e cresciuta in quella città, ma non sono stata eletta in Calabria – lo «scherzo» di questa legge elettorale è anche questo –, però mi chiedo e spero soprattutto che i miei cittadini davanti a queste responsabilità politiche e davanti a dei rappresentanti eletti in Calabria che non ha mai discusso di questo problema in questa Aula, riescano a trarre le conseguenze e non li riportino qui, viste e considerate le condizioni in cui li hanno posti.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 luglio 2014, il presidente del gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle, Riccardo Nuti, ha reso noto che è stata eletta vicepresidente vicario – in sostituzione del deputato Giuseppe Brescia – la deputata Paola Carinelli, che assolve anche alla funzione di portavoce del gruppo, secondo quanto previsto dal relativo statuto, ferma restando la titolarità, in capo al deputato Nuti, della carica di presidente del gruppo stesso.
  Con la medesima lettera, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha inoltre reso noto che il deputato Andrea Cecconi è stato eletto vicepresidente, in sostituzione della deputata Paola Carinelli.

Annunzio della presentazione di una questione pregiudiziale.

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, una questione pregiudiziale riferita al disegno di legge n. 2496, di conversione del decreto-legge in materia di rimedi risarcitori per i detenuti e internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
  Tale questione pregiudiziale sarà esaminata e posta in votazione nella seduta di martedì 8 luglio 2014.

Pag. 70

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 7 luglio 2014, alle 15:

  1. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   CANCELLERI ed altri: Soppressione della società Equitalia Spa e trasferimento delle funzioni in materia di riscossione all'Agenzia delle entrate, nonché determinazione del limite massimo degli oneri a carico dei contribuenti nei procedimenti di riscossione (C. 2299-A).
  — Relatori: Pelillo, per la maggioranza; Cancelleri, di minoranza.

  2. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   CAUSI e MISIANI: Modifica all'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario (C. 1752-A).
  — Relatore: Petrini.

  3. – Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:
   FIORIO ed altri; RUSSO e FAENZI; FRANCO BORDO e PALAZZOTTO; ZACCAGNINI ed altri; SCHULLIAN ed altri: Disposizioni in materia di agricoltura sociale (C. 303-760-903-1019-1020-A).
  – Relatore: Covello.

  4. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00524, Fratoianni ed altri n. 1-00525 e Fantinati ed altri n. 1-00526 concernenti iniziative per la tutela del made in Italy.

  La seduta termina alle 15,45.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI MARIA COSCIA ED EMMA PETITTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2426-A

  MARIA COSCIA, Relatore per la VII Commissione. Il decreto-legge n. 83/2014, approvato dal Consiglio dei Ministri n. 17 del 22 maggio 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio e, dunque, è in vigore dal 1o giugno.
  Esso è composto da 18 articoli, suddivisi in 4 titoli, relativi, rispettivamente, alla tutela del patrimonio culturale (artt. 1-8), al supporto dell'accessibilità del settore culturale e turistico (artt. 9-11), all'amministrazione del patrimonio culturale e del turismo (artt. 12-16), alle norme finanziarie e all'entrata in vigore (artt. 17-18). Durante l'esame in sede referente è stato inserito un ulteriore articolo (13-bis).
  Anzitutto, fra le ragioni di straordinaria necessità e urgenza indicate nella premessa del decreto-legge è stata inserita quella di reperire risorse, anche mediante interventi di agevolazione fiscale, per garantire la tutela del patrimonio culturale e lo sviluppo della cultura, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione.
  A tal fine, l'articolo 1 introduce un regime fiscale agevolato per il triennio 2014-2016, sotto forma di credito d'imposta, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo (cosiddetto ART-BONUS). In tal modo, si intende semplificare il sistema di agevolazioni per le erogazioni liberali riguardanti i beni culturali, prevedendo un'unica disciplina per le persone fisiche e le persone giuridiche e, così, superando l'attuale dicotomia che vede la detrazione del 19 per cento per le prime e la deduzione dalla base imponibile per le seconde.
  In particolare, le erogazioni devono perseguire i seguenti scopi: interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; sostegno degli istituti Pag. 71e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (vale a dire, musei, biblioteche e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali); realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.
  I contribuenti potranno usufruire di tale credito nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015 e nella misura del 50 per cento per il 2016. I titolari di reddito di impresa potranno utilizzare il credito di imposta in compensazione.
  Durante l'esame in sede referente è stato previsto che il credito di imposta in compensazione.
  Durante l'esame in sede referente è stato previsto che il credito d'imposta è riconosciuto anche ove le erogazioni per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari degli stessi beni. Al momento non è stato, invece, possibile prevedere un analogo beneficio anche in favore di beni vincolati di proprietà privata o a favore di attività culturali in genere, ma tutti abbiamo auspicato che ciò si renda possibile quando vi sia maggiore disponibilità di risorse.
  Inoltre, sempre in sede referente è stato disposto che le somme così elargite sono versate all'erano e riassegnate allo stato di previsione della spesa dei Mibact per essere utilizzate secondo la loro destinazione e sono state precisate le misure per garantire la pubblicità e la trasparenza: in particolare, è siate prevista la creazione di un apposito portale, gestito dai Mibact, in cui raggruppare tutte le informazioni relative ai soggetti destinatari delle erogazioni, atto stato di conservazione di ciascun bene, agli interventi in atto, alte risorse pubbliche assegnate, all'ente responsabile del bene, alla fruizione.
  L'articolo 2 prevede interventi per accelerare la realizzazione del Grande Progetto Pompei. Nel corso dell'esame in sede referente importanti modifiche sono state apportate relativamente ai poteri e agli obblighi del Direttore generale del Grande Progetto Pompei, in particolare richiamando il rispetto del Protocollo di legalità ed elencando gli obblighi di cui il Direttore deve assicurare l'adempimento nell'affidamento dei contratti e che, delineano le procedure da seguire per la selezione delle imprese e l'aggiudicazione dei contratti medesimi. Ulteriori rilevanti modifiche riguardano la riduzione da 3,5 a 1,5 milioni di euro della soglia per il ricorso alla procedura negoziata per i lavori relativi al beni culturali e la soppressione dell'incremento della soglia delle varianti in corso d'opera per i lavori previsti e della previsione che il responsabile del procedimento può svolgere anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori. È stata, altresì, introdotta la previsione di elevazione dal 2 per cento al 5 per cento della misura della garanzia che il Codice prevede debba essere depositata a corredo dell'offerta.
  Inoltre sempre durante l'esame in sede referente è stato, inoltre, previsto che il Direttore generale di progetto adotta un piano di gestione del rischi e di prevenzione detta corruzione – in coerenza con le previsioni della L. 190/2012 – individuando un responsabile dell'attuazione dello stesso piano, anche scelto fra i membri della segreteria tecnica di progettazione di cui già il decreto-legge prevede la costituzione presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia. La segreteria tecnica è composta da non più di 20 unità di personale, alle quali possono essere conferiti incarichi di collaborazione per la partecipazione alle attività progettuali «e di supporto» al Grande Progetto Pompei.
  Inoltre, l'articolo 2 prevede che il comando presso la struttura di supporto al Direttore generale di progetto – nonché, in base alla modifica apportata durante l'esente In sede referente, presso l'Unità Grande Pompei prevista sempre dall'articolo 1 del decreto-legge 91/2013, – non è assoggettato ad alcun atto autorizzativo da parte dell'amministrazione di appartenenza.Pag. 72
  Ulteriori disposizioni riguardano il Piano strategico per lo sviluppo delle aree a cui si riferisce il piano di gestione del sito Unesco «Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata», di cui all'articolo 1 del decreto-legge 91/2013. In particolare, anche a seguito delle modifiche apportate durante l'esame in sede referente è stato specificato che la proposta del Piano è redatta dall'Unità Grande Pompei. Sulla base delle indicazioni fornite dal Direttore generale di progetto, e approvata dal Comitato di gestione ai sensi degli artt. 14 seguenti della L. 241/1990, che reca la disciplina della conferenza di servizi.
  L'articolo 3 prevede la nomina – che doveva avvenire entro il 1o luglio 2014 – di un commissario straordinario chiamato a predisporre, entro il 31 dicembre 2014, un Progetto di riassegnazione degli spazi dell'intero complesso della Reggia di Caserta, al fine di restituirlo alla sua destinazione culturale, educativa e museale. Durante l'esame in sede referente, in particolare, è stato precisato che il Progetto stabilisce un cronoprogramma relativo alla delocalizzazione graduale delle attività svolte negli spazi e definisce la loro destinazione d'uso.
  In base a quanto comunicato di recente dal Governo in risposta ad una interrogazione, «nel Palazzo Reale, oltre alla Soprintendenza, sono presenti anche altri Enti Pubblici (il Ministero della difesa con Scuola Allievi Specialisti Aeronautica Militare, la Presidenza del Consiglio con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, l'Ente provinciale del turismo, i Corpi speciali dei ROSS e dei NAS, il rettorato della seconda Università degli Studi di Napoli)».
  Per la gestione ordinaria del sito restano ferme le attribuzioni della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etno-antropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta.
  L'articolo 5 reca disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche, modificando in più parti l'articolo 11 del decreto-legge 91/2013.
  Anzitutto, prevede che le fondazioni che hanno presentato il piano di risanamento possono negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali, «nelle more della definizione del procedimento di contrattazione collettiva».
  Inoltre, reca una nuova disciplina per la gestione degli esuberi: in particolare, estende al personale delle fondazioni la disciplina prevista dall'articolo 2, co. 11, lett. a), del decreto-legge 95/2012 in materia di pensionamenti attivabili nei casi di soprannumerarietà all'esito delle riduzioni di organico. Per il personale che risulti poi ancora eccedente, prevede l'assunzione a tempo indeterminato, mediante procedura di mobilità avviata dalla fondazione, da parte della società ALES. Infine, precisa che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni sul pubblico impiego per quanto concerne le verifiche e le relative riduzioni del trattamento economico derivanti dalle assenze per malattia o per infortunio non sul lavoro, per trattamento fondamentale dei dipendenti delle fondazioni si intende il minimo retributivo, gli aumenti periodici di anzianità, gli aumenti di merito e l'indennità di contingenza. Durante l'esame in sede referente è stato previsto che le stesse riduzioni non possono in ogni caso essere superiori al 50 per cento di 1/28 dello stipendio base.
  Un ulteriore gruppo di disposizioni riguarda gli statuti e la governance delle fondazioni.
  In particolare, si proroga (dal 30 giugno 2014) al 31 dicembre 2014 il termine per l'adeguamento degli statuti e si specifica che alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni statutarie si rinnovano gli organi. Per il collegio dei revisori si stabilisce che «continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 14» del D.lgs. 367/1996. Al riguardo, la relazione illustrativa specifica che l'intervento è necessario in quanto allo stato attuale sussiste un dubbio circa la procedura da adottare per conseguire la ricostituzione dell'organo di controllo, ben delineata, invece, dall'articolo 14 del D.lgs. 367/1996.Pag. 73
  Sempre con riferimento alla governance, si dispone la proroga dell'amministrazione straordinaria delle fondazioni lirico-sinfoniche che alla data di entrata in vigore del decreto-legge non abbiano ancora adeguato i propri statuti, fino alla nomina dei nuovi organi.
  Inoltre, si adegua la misura del trattamento economico dei dipendenti, consulenti e collaboratori delle fondazioni, nonché – se previsto – di quello dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo, al limite massimo retributivo previsto per il trattamento economico annuo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni, quantificato, a decorrere dal 1o maggio 2014, in 240.000 euro.
  Con ulteriori disposizioni, si modifica nuovamente la disciplina per l'individuazione delle fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali, sostanzialmente superando le innovazioni introdotte dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, co. 326 e 327, L. 147/2013) e ripristinando, con alcune variazioni, le modalità previste dall'articolo 1 del decreto-legge 64/2010, che viene abrogato.
  In particolare si prevede che, entro il 31 luglio 2014, sono determinati, con decreto interministeriale di natura non regolamentare, i criteri per l'individuazione delle fondazioni che possono dotarsi di forme organizzative speciali. Ancora una volta si fa riferimento alla presenza di evidenti peculiarità concernenti la storia e la cultura operistica e sinfonica italiana, la funzione e la rilevanza internazionale, le capacità produttive, i rilevanti ricavi propri, il significativo e continuativo apporto finanziario di privati.
  La concreta individuazione delle fondazioni in questione è affidata ad un DM da adottare entro il 31 ottobre 2014 ed aggiornare ogni tre anni.
  Inoltre, le fondazioni in questione percepiscono una quota del FUS determinata percentualmente con valenza triennale (a decorrere dal 2015) e contrattano un autonomo contratto di lavoro che regola all'unico livello aziendale tutte le materie che – a livello generale – sono regolate dal CCNL di settore e dagli accordi integrativi aziendali.
  Inoltre, si prevede che le fondazioni in questione adeguano i propri statuti in deroga alle disposizioni che regolano la partecipazione dei soci privati, il consiglio di indirizzo e il sovrintendente.
  Infine, si incrementa di 50 milioni di euro per l'anno 2014 la dotazione del Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti in favore delle fondazioni che erano in situazione di difficoltà alla data di entrata in vigore del decreto-legge 91/2013.
  Con ulteriore previsione inserita nell'articolo 5 si modifica il nome della «Fondazione Teatro dell'Opera di Roma» in Fondazione «Teatro dell'Opera di Roma Capitale».
  L'articolo 6 reca disposizioni in materia di benefici fiscali per la produzione cinematografica e audiovisiva finalizzati, in particolare – come specificato durante l'esame in sede referente – alla crescita del settore anche attraverso l'attrazione di investimenti esteri in Italia.
  In particolare, aumenta (da 5) a 10 milioni di euro il limite massimo del credito di imposta a favore delle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione per film o parti di film girati sul territorio nazionale utilizzando manodopera italiana, ma su commissione di produzioni estere. Il limite massimo è riferito non più alla singola opera filmica, ma alla singola impresa di produzione esecutiva per ciascun periodo di imposta.
  Inoltre, aumenta (da 110) a 115 milioni di euro, a decorrere dal 1o gennaio 2015, la misura del limite complessivo di spesa per la concessione dei crediti d'imposta per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico.
  Infine, differisce (dal 9 gennaio 2014) al 30 giugno 2014 il termine per l'emanazione del decreto interministeriale con il quale devono essere definite le disposizioni applicative della disciplina sui benefici fiscali per la produzione cinematografica e audiovisiva, anche con riferimento ai limiti da assegnare alle due tipologie di produzioni: Pag. 74con riferimento alla prima, introduce, inoltre, il riferimento ad un «particolare riguardo» ai benefici previsti per l'attrazione degli investimenti esteri. Al riguardo segnalo che il 10 giugno scorso il Mibact ha trasmesso la bozza del decreto al MEF e al MISE, ricordando che esso diventerà operativo dopo l'autorizzazione della Commissione UE.
  Durante l'esame in sede referente è stata prevista la concessione di un credito di imposta per gli anni 2015 e 2016, nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per il restauro e adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche. Esso è riservato alle piccole e medie imprese di esercizio cinematografico, purché le sale oggetto degli interventi esistano almeno dal 1o gennaio 1980 e siano dotate di non più di due schermi.
  Il credito di imposta – ripartito in tre quote annuali di pari importo – riconosciuto fino ad un massimo di 100,000 euro e comunque fino all'esaurimento dell'importo massimo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. La disciplina applicativa sarà definita con un decreto interministeriale da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  Infine, sempre in sede referente, è stata introdotta la possibilità di utilizzare entro il 31 dicembre 2015 le somme per la concessione del credito di imposta alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali e alle imprese produttrici di spettacoli di musica dal vivo (di cui all'articolo 7 del decreto-legge 91/2013), non impegnate nel 2014.
  L'articolo 7, innanzitutto, dispone l'introduzione di un nuovo strumento di pianificazione strategica, denominato «Grandi progetti beni culturali». Il Piano, da adottare entro il 31 dicembre di ogni anno, individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici.
  Durante l'esame in sede referente è stato previsto che, ai fini dell'adozione del Piano, è sentita anche la Conferenza unificata. Inoltre, è stata prevista la presentazione annuale di una relazione alle Camere.
  Per attuare gli interventi del Piano è prevista, per il triennio 2014-2016, una apposita autorizzazione di spesa, pari a 5 milioni di euro per il 2014, 30 per il 2015, 50 per il 2016. Dal 1o gennaio 2017 al Piano è destinato il 50 per cento della quota delle risorse per infrastrutture riservata a investimenti in favore dei beni culturali, di cui all'articolo 60, co. 4, della L. 289/2002. Quest'ultimo viene novellato, prevedendo che la quota delle «risorse aggiuntive annualmente previste per infrastruttura», iscritte nello stato di previsione del MIT, specificamente destinata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali, è individuata, dal 2014, in misura pari al 3 per cento.
  In sintesi, rispetto alla normativa previgente, diventa valida a regime la previsione di riservare una quota delle risorse suddette per investimenti in favore di beni culturali e la sua percentuale è univocamente fissata (e non più da individuare in misura «fino al 3 per cento»). Inoltre, è eliminato il tetto massimo di 100 milioni di euro annui.
  L'assegnazione della predetta quota è disposta dal CIPE, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base della finalizzazione derivante da un programma di interventi.
  In sostanza, rispetto alla procedura stabilita dalla normativa previgente, non è più previsto il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Inoltre, l'articolo 7 dispone che, per il triennio 2014-2016, 3 milioni di euro annui provenienti dalla quota riservata per investimenti in favore dei beni culturali sono destinati a finanziare progetti di attività culturali nelle periferie urbane, elaborati da enti locali.Pag. 75
  Un secondo gruppo di disposizioni inserite nell'articolo 7 prevede il rifinanziamento del Fondo Mille giovani per la cultura, per un ammontare di 1 milione di euro per il 2015. La disposizione fa seguito – limitatamente al 2015 – all'impegno assunto dal Governo durante la seduta dell'Assemblea della Camera del 7 agosto 2013 con l'accoglimento dell'ordine del giorno 9/1458/11 volto a prevedere l'adozione di ulteriori iniziative normative per strutturare e finanziare il Fondo su una dimensione triennale.
  Durante l'esame in sede referente; è stata prevista l'adozione «Programma Italia 2019», volto a valorizzare il patrimonio progettuale dei dossier di candidatura delle città italiane a «Capitale europea della cultura 2019». Il Programma – che deve essere adottato con DPCM su proposta dei Mibact e d'intesa con la Conferenza unificata, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto – individua, per ciascuna delle azioni proposte, la copertura finanziaria, anche attraverso il ricorso alle risorse previste dai programmi comunitari per il periodo 2014-2020.
  Inoltre, è stato previsto che annualmente il Consiglio dei Ministri conferisce ad una città Italiana il titolo di «Capitale italiana della cultura», sulla base di una procedura di selezione definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata. Al riguardo segnalo l'opportunità di prevedere il termine per l'adozione del decreto.
  I progetti presentati dalla città designata «Capitale italiana della cultura» hanno natura strategica di rilievo nazionale ai sensi dell'articolo 4 del d.lgs. 88/2011 e sono finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020. Come emerge dalla premessa del parere della V Commissione, il 2019 non è contemplato in quanto in quell'anno una città italiana sarà designata Capitale europea della cultura e i necessari finanziamenti saranno pertanto assicurati dall'Unione europea. (nota per la relatrice: i finanziamenti UE riguarderanno la Capitale europea. Nel testo non si evince che nel 2019 non ci sarà anche una Capitale italiana, in quanto il testo recita che il titolo è conferito «annualmente». Né si intuisce che la città che sarà Capitale europea, sarà anche Capitale italiana).
  A tal fine, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo propone al CIPE i progetti da finanziare. Gli investimenti connessi alla realizzazione dei progetti presentati dalla città designata «Capitale italiana della cultura», finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 – sono esclusi dal salde rilevante al fini del rispetto del patto di stabilità.
  Infine, si è intervenuti sulle disciplina attuativa del finanziamento dei progetti di valorizzazione presentati da comuni con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti per l'attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientati, nonché dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali. In particolare è stato differito al 31 dicembre 2014 il termine (scaduto a marzo 2014) per l'emanazione del decreto ministeriale che deve definire i criteri per l'utilizzo delle risorse e le modalità di attuazione dei relativi interventi. Inoltre, l'emanazione del decreto è stata rimessa non più al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, ma al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per gli affari regionali.
  L'articolo 8, interamente riformulato durante l'esame in sede referente, reca disposizioni per favorire l'occupazione negli istituti e nei luoghi della cultura di appartenenza pubblica. In particolare, prevede che per far fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico, nonché di miglioramento e potenziamento degli interventi di tutela, vigilanza, ispezione, conservazione e valorizzazione dei beni culturali, gli istituti e i luoghi della cultura di Stato, regioni ed enti territoriali Pag. 76possono impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali, di età non superiore a 40 anni, individuati attraverso una procedura selettiva. Dal momento in cui saranno istituiti, presso il Mibact, gli elenchi dei professionisti, i contratti saranno riservati ai soggetti iscritti negli stessi.
  Il riferimento è ai professionisti e agli elenchi previsti dall'A.C. 362-B, approvato definitivamente dalla VII Commissione della Camera il 25 giugno 2014 e in attesa di pubblicazione. Il testo, inserendo l'articolo 9-bis nei d.lgs. 42/2004, prevede che gli interventi operativi di tutela, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali sono affidati alla responsabilità e all'attuazione di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologie applicate ai beni culturali, storici dell'arte.
  Prevede, inoltre, che presso il Mibact saranno istituiti elenchi nazionali nei quali dovranno iscriversi i professionisti – ad eccezione dei restauratori di beni culturali e dei collaboratori restauratori di beni culturali, per i quali restano ferme le previsioni dell'articolo 182 dello stesso d.lgs. 42/2004 – in possesso dei requisiti. Questi ultimi saranno individuati con un decreto interministeriale che dovrà essere adottato, previo parere parlamentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentite le associazioni professionali e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali più rappresentative.
  L'iniziativa è finanziata, per gli istituti e i luoghi della cultura dello Stato, per il (solo) 2015, nei limite di 1,5 milioni di euro.
  La stessa finalità di miglioramento dei servizi di valorizzazione dei luoghi della cultura può essere conseguita, relativamente ai professionisti di età non superiore a 29 anni, attraverso la presentazione di apposite iniziative nell'ambito del servizio nazionale civile, relativamente al settore del patrimonio artistico e culturale.
  L'articolo 12 reca, anzitutto, disposizioni in materia di autorizzazione paesaggistica. In particolare, stabilisce che il termine iniziale di efficacia della stessa autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell'intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio di quest'ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all'interessato. Durante l'esame in sede referente sono state soppresse le disposizioni che modificano il procedimento per il rilascio della stessa autorizzazione.
  Inoltre, l'articolo 12 prevede l'emanazione di un regolamento di delegificazione finalizzato ad ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal decreto del Presidente della Repubblica 139/2010 – con cui è stato disciplinato il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per tale tipologia di interventi – e ad operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni relative all'inapplicabilità della SCIA nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e del silenzio-assenso nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente.
  In materia di procedimenti autorizzatori, durante l'esame in sede referente sono stati inseriti nuovi contenuti.
  In particolare, è stato previsto che per garantire l'imparzialità e il buon andamento dei procedimenti autorizzatori in materia di beni culturali e paesaggistici, i pareri, i nulla osta o gli altri atti di assenso, comunque denominati; espressi dagli organi periferici del Mibact, possono essere riesaminati, d'ufficio o su segnalazione di altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, da parte di apposite Commissioni di garanzia per la tutela dal patrimonio culturale, composte esclusivamente da personale appartenente ai ruoli dello stesso Mibact. Le Commissioni, da costituire a livello regionale o interregionale, saranno disciplinate con il nuovo regolamento di organizzazione del Mibact. Pag. 77Il termine perentorio per il riesame della decisione è di 10 giorni dalla ricezione dell'atto. La procedura si applica anche nell'ipotesi di dissenso espresso in sede di Conferenza del servizi.
  Nelle more dell'approvazione del nuovo regolamento, il potere di riesame attribuito ai comitati regionali di coordinamento di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 233/2007.
  Ulteriori disposizioni introdotte durante l'esame in sede referente riguardano le pubblicazione sul sito del Mibact – nonché, se esistente, su quello dell'organo che ha adottato l'atto – di tutti gli atti aventi rilevanza esterna e dei provvedimenti adottati dagli organi centrali e periferici del Ministero, secondo quanto già previsto dal d.lgs. 33/2013.
  Un ulteriore gruppo di disposizioni recate dall'articolo 12 – anch'esse modificate durante l'esame in sede referente – intende semplificare la riproduzione dei beni culturali e la consultazione degli archivi.
  In particolare, amplia le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali e prevede che alcune operazioni sono libere (e, dunque, non necessitano di preventiva autorizzazione).
  Infine, riduce (da 40) a 30 anni il termine previsto per il versamento della documentazione degli organi dello Stato all'archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato e prevede la libera consultabilità dei documenti versati prima di tale termine.
  L'articolo 14 riguarda l'organizzazione del Mibact. Esso dispone, anzitutto, che il numero complessivo degli uffici dirigenziali generali, centrali e periferici, del Mibact, incluso il Segretario generale, non può essere superiore a 24, dei quali non più di 2 presso il Gabinetto del Ministro. A tal fine, elimina il vincolo relativo al numero degli uffici dirigenziali generali periferici, fissato in 17.
  Al riguardo segnalo che nel DPCM di riorganizzazione del Mibact approvato dal Consiglio dei Ministri n. 4 del 28 febbraio 2014 è prevista l'articolazione in 9 uffici dirigenziali generali centrali e 12 uffici dirigenziali generali regionali, coordinati da un Segretario generale, nonché in 2 uffici dirigenziali generali presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro. In particolare, l'articolo 7 dispone che le Direzioni regionali di Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise, Umbria, sono uffici dirigenziali di livello non generale.
  L'articolo 14 dispone, inoltre, che, a seguito del verificarsi di eventi calamitosi per i quali sia vigente o sia stato deliberato nei dieci anni antecedenti lo stato di emergenza, il Ministro può riorganizzare gli uffici del Ministero operanti nelle aree interessate, per un periodo non superiore a 5 anni, ferma rimanendo la dotazione organica complessiva.
  Infine, modifica la procedura per l'istituzione delle soprintendenze speciali, estendendo la possibilità di costituire soprintendenze speciali tramite «trasformazione» di tutti gli istituti e i luoghi della cultura statali – quindi, anche di aree e parchi archeologici e di complessi monumentali –, nonché, come specificato in sede referente, dei poli museali, oltre che di «uffici» competenti su complessi di beni distinti da eccezionale valore. Inoltre, a tal fine prevede coinvolgimento di altri due dicasteri (economia e finanze, semplificazione e pubblica amministrazione), oltre al Mibact.
  L'articolo 14 dispone, inoltre, che in tali strutture, invece del consiglio di amministrazione, è presente un amministratore unico, da affiancare al soprintendente, dotato di specifiche competenze gestionali e amministrative in materia di valorizzazione del patrimonio culturale.
  Infine, prevede che i poli museali e gli istituti e luoghi della cultura trasformati in soprintendenze dotate di autonomia, di regola, svolgono in forma diretta i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico concernenti i servizi editoriali e di vendita di cataloghi, sussidi audiovisivi e informatici, riproduzioni di beni culturali, nonché i servizi concernenti l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali e di iniziative promozionali.Pag. 78
  Durante l'esame in sede referente, infine, è stato previsto che con il regolamento di riorganizzazione del Mibact sono individuati i poli museali e i luoghi della cultura statali di rilevante interesse nazionale, che costituiscono uffici di livello dirigenziale. I relativi incarichi possono essere conferiti, per una durata da 3 a 5 anni, con procedure di selezione pubblica e in deroga ai contingenti previsti dall'articolo 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 – ma comunque nei limiti delle dotazioni finanziarie destinate a legislazione vigente al personale dirigenziale del Mibact – a soggetti dotati di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura.
  L'articolo 15 ripristina la possibilità di proroga delle assegnazioni temporanee del personale non dirigente del comparto Scuola presso il Mibact – fino al 31 agosto 2015 – e prevede la promozione, da parte dello stesso Ministero, di procedure di mobilità relative a personale non dirigente in servizio presso amministrazioni pubbliche.
  Durante l'esame in sede referente è stato inoltre previsto che al personale di I Area di ruolo del Mibact (personale addetto ai servizi ausiliari) risultante in soprannumero a seguito delle riduzioni organiche previste dal decreto-legge 95/2012 (L. 135/2012) non si applicano le procedure di individuazione dei soprannumeri non riassorbibili entro 3 anni, di conseguente avvio di procedure di mobilità guidata, di impiego a tempo parziale e di eventuale dichiarazione di esubero e che gli eventuali maggiori oneri derivanti dal mantenimento in servizio sono assorbiti rendendo indisponibili nelle dotazioni organiche del personale di II e III Area (cioè, del personale amministrativo-gestionale e tecnico differenziato dalle diverse funzioni svolte e del diversi requisiti, d'accesso) un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario al complesso delle unità in soprannumero nella I Area.
  Infine, per il personale del Mibact è stato ridotto a 3 anni il periodo di permanenza minima obbligatorio nella sede di prima destinazione (in via generale fissato a 5 anni dall'articolo 35, comma 5-bis, del d.lgs. 165/2001). Il limite non è derogabile dalla contrattazione collettiva.
  L'articolo 17, infine, reca la quantificazione degli oneri recati dal provvedimento e indica la relativa copertura finanziaria.
  Durante l'esame in sede referente è stato previsto che il MEF provvede al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni relative al credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura, anche ai fini dell'adozione delle norme recanti misure correttive da adottare in sede di manovra di finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera l), della legge di contabilità nazionale (L. 196/2009).

  EMMA PETITTI, Relatore per la X Commissione. La X Commissione ha valutato positivamente il decreto-legge n. 83 del 2014 perché il Governo ha dato importanti segnali per il turismo italiano, un comparto industriale strategico che ha delle enormi potenzialità di crescita e può dare un contributo fondamentale per lo sviluppo economico ed il lavoro. Negli ultimi anni è stato fatto poco per il turismo perché abbiamo pensato di poter continuare a vivere di rendita, perché siamo «il Bel Paese», quelli del «grande patrimonio». È vero abbiamo delle risorse culturali, ambientali, paesaggistiche straordinarie, ma dobbiamo sapere che ciò non basta per far crescere il nostro turismo, perché negli ultimi anni tutto è cambiato e noi siamo rimasti a contemplare il nostro patrimonio senza darci una strategia adeguata. Alla luce della crescente competizione internazionale, con l'affacciarsi di nuove destinazioni che, a partire dal Mediterraneo, hanno saputo creare prodotti turistici innovativi e a prezzi accessibili, diventa decisiva per l'Italia una strategia adeguata capace di valorizzare il nostro patrimonio e vincere le nuove sfide che si giocano a livello Pag. 79internazionale, per consolidare i mercati tradizionali ed agganciare quelli emergenti.
  Per questo motivo bisogna realizzare un vero e proprio progetto industriale per il turismo che tenga conto dei grandi cambiamenti che hanno interessato il modo di viaggiare, informarsi, scegliere una destinazione. Dobbiamo mettere al centro del nostro progetto il ruolo del consumatore che è sempre più esigente, puntando sulla diversificazione e sulla qualificazione dell'offerta turistica nazionale, sull'innovazione di prodotto, sulle nuove tecnologie. Sempre di più è la domanda che fa l'offerta, non viceversa . È un cambiamento rilevante, amplificato dal ruolo dominante del web, dei social network, dei blog, dove i consumatori si informano, intervengono, partecipano, danno giudizi.
  In vista della modifica del Titolo V della Costituzione e di un disegno di legge di riforma organica annunciato dal governo, sono state date con questo decreto-legge risposte urgenti di notevole importanza in materia di ricettività, mobilità turistica, accessibilità, innovazione tecnologica, razionalizzazione della promozione internazionale e di promo-commercializzazione. Misure che sono state rafforzate.
  Per capire gli obiettivi dei prossimi anni dobbiamo partire da una analisi quantitativa del turismo e delle principali dinamiche di crescita dei flussi internazionali. Nel 2012 per la prima volta nella storia gli arrivi internazionali nel mondo sono stati superiori a 1 miliardo e nel periodo gennaio ottobre 2013 rispetto allo stesso periodo del 2012 si è registrato un aumento degli arrivi internazionali nel mondo del 5 per cento (dati UNWTO – World Tourism Organization – World Tourism Barometer, January 2014) . La tendenza di crescita degli arrivi internazionali nel mondo, intorno al 4 per cento iniziata nel 1980, è prevista fino al 2030 ( WTO, 2011).
  Mentre continuano a crescere gli arrivi internazionali nel mondo, in Italia non riusciamo a raccogliere questa tendenza. Nel 2013, rispetto all'anno precedente, gli arrivi e le presenze internazionali in Italia diminuiscono lievemente: arrivi – 0.2 per cento e presenze -0.3 per cento (fonte Istat – Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi).
  Un aumento importante della spesa dei turisti internazionali in Italia è stata registrata dalla Banca d'Italia. Nel 2013, rispetto all'anno precedente, le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 33.064 milioni, sono aumentate del +3,1 per cento (Fonte Banca d'Italia, Turismo internazionale in Italia, 2013 definitivo).
  Nei mesi gennaio-marzo 2014, rispetto allo stesso periodo del 2013, le spese dei turisti stranieri in Italia per 5.287 milioni di euro sono aumentate del +4.9 per cento. (Fonte Banca d'Italia, Turismo internazionale in Italia, periodo gennaio – marzo 2014).
  L'Italia occupa la quinta posizione nel mondo nella classifica degli arrivi internazionali dopo Francia, Stati Uniti, Cina e Spagna; la sesta posizione per introiti da turismo internazionale dopo Stati Uniti, Spagna, Francia, Cina, Macao (siamo stati superati da Macao da pochissimo tempo).
  Nel 2013 rispetto al 2012 (dati definitivi) gli arrivi degli italiani sono diminuiti del -8 per cento e le presenze del -7.8 per cento (Fonte Istat – Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi).
  I dati registrati nei primi due mesi di gennaio-febbraio 2014 riportano un aumento degli arrivi degli italiani del +1.7 per cento e una diminuzione delle presenze del -0.9 per cento. È stato registrato un lieve aumento degli arrivi degli stranieri del +0.4 per cento e delle presenze +0.7 per cento (Osservatorio nazionale del turismo, elaborazione sudati Istat – Movimento dei clienti negli esercizi ricettivi).
  Nel 2013 il contributo diretto del turismo al PIL è stato pari a 64.8 miliardi di euro (4,2 per cento del PIL) e nel 2014 si prevede che sarà pari a 66.4 per cento miliardi di euro. Nel 2024 si prevede che il contributo diretto del turismo al PIL sarà pari a 83.4 miliardi di euro (4,7 per cento del PIL). Nel 2013 il contributo Pag. 80totale (diretto e indiretto) del turismo al PIL è stato pari a 159.6 miliardi di euro (10,3 per cento del PIL). Nel 2014 sarà pari a 163 miliardi di euro (10.4 per cento del PIL). Secondo le previsioni per il 2024 il contributo diretto e indiretto del turismo al PIL sarà pari a 198.2 miliardi di euro (11,3 per cento del PIL). Nel 2013 gli occupati diretti nel turismo sono stati 1.106,000 (4.9 per cento del totale) e nel 2014 saranno 1.127,500 (circa 5 per cento del totale). Nel 2024 si prevede che gli addetti diretti nel turismo saranno pari a 1.394.000. Nel 2013 il contributo totale del turismo all'occupazione nazionale è stato pari a 2.619,000 (11.6 per cento) e nel 2014 a 2,652,000 (circa 11,9 per cento del totale). Nel 2024 si prevedono 3.094,000 addetti nel turismo, il 13,4 per cento del totale della forza lavoro. (Stime WTTC – World Travel & Tourism Council, Travel & tourism Economic impact 2014 – ITALY).
  Le Commissioni VII e X hanno introdotto notevoli miglioramenti del testo approvato dal Consiglio dei Ministri, senza mutare l'impianto complessivo voluto dal Governo, in un rapporto di collaborazione tra maggioranza e opposizione.
  Con riferimento ai profili di competenza della X Commissione, il testo del decreto legge 83/2014 esaminato dalle Commissioni riunite, contiene diverse misure significative.
  In primo luogo occorre prendere in considerazione le disposizioni volte alla tutela dei siti culturali interessati da rilevanti flussi turistici, con riguardo alle attività commerciali in forma ambulante o su posteggio. L'articolo 4, infatti, integra il Codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di contrastare l'esercizio di attività commerciali e artigianali, in forma ambulante o su posteggio, non compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale. Nel corso dell'esame in sede referente è stata modificata la definizione dell'oggetto della tutela, sostituendosi alla più generica espressione «siti culturali», lo specifico riferimento ai complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti.
  La disposizione interviene sulla disciplina del riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico incompatibili con le esigenza di tutela del patrimonio culturale, provvedendo altresì, tramite una modifica apportata dalle Commissioni, al coordinamento con la disciplina vigente in materia di provvedimenti per il decoro dei competenti uffici del MIBACT. L'elemento innovativo della norma consiste nella facoltà per i competenti uffici territoriali del Ministero d'intesa con i Comuni che effettuano il riesame, di derogare sia alle disposizioni regionali che regolano le modalità di esercizio del commercio su aree pubbliche, sia ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per il commercio su aree pubbliche stabiliti nell'intesa in sede di Conferenza unificata, prevista dall'articolo 70 del D.Lgs. 59/2010 attuativo della cosiddetta «Direttiva Servizi».
  L'articolo 4 disciplina altresì la corresponsione dell'indennizzo, da parte dell'amministrazione procedente, al titolare dell'autorizzazione o concessione in caso di revoca del titolo ed impossibilità di trasferimento dell'attività commerciale in una collocazione alternativa. Una modifica apportata nel corso dell'esame, ha specificato che la collocazione alternativa deve risultare potenzialmente equivalente (e non più ugualmente remunerativa). Un'ulteriore modifica apportata dalle Commissioni concerne il limite massimo dell'ammontare dell'indennizzo, fissato nella media dei ricavi annui dichiarati negli ultimi cinque anni di attività.
  Per quanto riguarda le disposizioni in materia di turismo, il testo contiene una serie di misure volte a rilanciare la competitività del settore.
  Un primo ordine di interventi si sostanzia nell'introduzione di crediti di imposta a favore degli esercizi ricettivi che investono nella digitalizzazione e nella riqualificazione edilizia delle strutture.
  Più in particolare l'articolo 9, concede un credito d'imposta a favore degli esercizi ricettivi singoli o aggregati con servizi extra-ricettivi o ancillari, nella misura del trenta per cento dei costi sostenuti, per Pag. 81investimenti ed attività di sviluppo per la digitalizzazione. Con una modifica apportata nel corso dell'esame in sede referente il periodo di imposta in relazione al quale applicare il beneficio parte dal 2014 (e non più dal 2015) e vale anche per i due anni successivi. Un'ulteriore modifica introdotta estende l'agevolazione alle agenzie di viaggi e ai tour operator specializzati nel turismo incoming per una quota non superiore al 10 per cento delle risorse complessive messe a disposizione.
  L'articolo 10, per migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche, concede alle imprese alberghiere esistenti alla data del 1o gennaio 2012, per il periodo d'imposta in corso al 1o giugno 2014 e per i due successivi, un credito d'imposta nella misura del trenta per cento delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia ed abbattimento delle barriere architettoniche.
  Durante l'esame in Commissione, la norma ha subito significative modifiche e integrazioni.
  Anzitutto, è cambiato l'ambito di applicazione sia soggettivo che oggettivo: il testo originario si riferiva alle strutture ricettive, mentre il testo attuale limita la concessione dell'agevolazione alle sole imprese alberghiere, escludendo pertanto le strutture ricettive che non sono gestite in forma imprenditoriale;
  il testo originario concedeva il credito di imposta, oltre che per interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, per le sole spese relative ad interventi di ristrutturazione edilizia in senso stretto (articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001). Il testo attuale introduce anche le spese per interventi di manutenzione straordinaria nonché di restauro e risanamento conservativo (articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001).
  I limiti massimi complessivi di 20 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019 all'interno dei quali opera il credito d'imposta vengono lasciati invariati.
  Un'ulteriore modifica apportata dalle Commissioni prevede che una quota pari al 10 percento del limite massimo complessivo è destinato, per ciascun anno, alla concessione del credito di imposta in favore delle imprese alberghiere per spese relative ad ulteriori interventi, comprese quelle per l'acquisto di mobili e componenti di arredo da destinarsi in via esclusiva agli immobili oggetto di ristrutturazione edilizia e abbattimento delle barriere architettoniche.
  Con riferimento al decreto attuativo di cui al comma 4, tra i ministri emananti (oltre al MIBACT e il MEF), viene inserito anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Alla Conferenza Stato-regioni viene sostituita per il parere la Conferenza Unificata.
  Per quanto concerne gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, la nuova versione del testo fa riferimento ai principi della «progettazione universale» di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata con legge 18/2009. Anche per promuovere la «progettazione universale», con il nuovo comma 5 si demanda ad un decreto del MIBACT, da emanarsi entro 3 mesi, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l'aggiornamento degli standard minimi e l'uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel, (che sono una tipologia di hotel a proprietà frazionata, dove i singoli proprietari hanno un contratto di management con il gestore), tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali.
  Il nuovo comma 6 interviene sulla disciplina dei distretti turistici, sopprimendo la limitazione per la loro istituzione ai territori costieri; spostando la competenza relativa alla loro istituzione dal Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo; differendo il termine per la delimitazione dei distretti turistici Pag. 82da parte delle Regioni al 31 dicembre 2015 (tale termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2012, era stato prorogato dalla legge finanziaria per il 2013 al 30 giugno 2013); prevedendo la possibilità di realizzare, nell'ambito dei distretti turistici, dei progetti pilota in materia di semplificazione amministrativa e fiscalità; collegandola definizione di distretto turistico con la disciplina delle Zone a burocrazia zero, come deriva dall'articolo 37-bis del decreto-legge 179/2012, ovvero nell'ambito delle attività di sperimentazione di semplificazione amministrativa per le imprese di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 5/2012. La norma specifica che restano escluse dalle misure di semplificazione gli atti di assenso prescritti dal Codice dei beni culturali e paesaggistici; derogando alla disciplina generale delle Zone a burocrazia zero definita dall'articolo 37-bis del decreto-legge 179/2012, che prevede che tali zone non siano soggette a vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico, per applicare le misure di semplificazione e di agevolazione a tutte le aree e gli immobili ricadenti nel distretto turistico, anche se soggetti a vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico (salvi gli atti di assenso di cui al punto precedente) applicando il contratto di rete al settore turistico, con riferimento a particolari obiettivi.
  Il potenziamento della fruibilità del patrimonio culturale e turistico italiano è invece il filo conduttore di disposizioni di diversa natura contenute nel provvedimento in esame.
  In primo luogo le Commissioni hanno introdotto (con i commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 7) nel corso dell'esame una modifica alla disciplina attuativa del finanziamento dei progetti presentati da comuni con una popolazione compresa tra i 5.000 e i 150.000 abitanti per l'attivazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, nonché dei servizi per l'attrattività turistica di specifiche aree territoriali. In particolare si differisce al 31 marzo 2015 (dal 30 giugno 2014) il termine per l'assunzione dell'impegno finanziario contenuto nei progetti presentati dai Comuni. Inoltre si differisce al 31 dicembre 2014 il termine (scaduto a marzo 2014) per l'emanazione del decreto ministeriale che definisce i criteri per l'utilizzo delle risorse e le modalità di attuazione dei relativi interventi. Inoltre l'emanazione del decreto è rimessa non più al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, ma al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per gli affari regionali.
  Ulteriori significative misure che mirano alla fruibilità del patrimonio culturale e turistico italiano, sono contenute nell'articolo 11. Le misure consistono in particolare: nell'adozione di un piano straordinario della mobilità turistica. Nel corso dell'esame presso le Commissioni è state previsto l'obbligo della previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni; nella possibilità di concedere ad uso gratuito immobili pubblici non utilizzati a fini istituzionali, per la promozione di percorsi pedonali ciclabili, equestri, moto turistici, fluviali e ferroviari. Al riguardo le Commissioni sono intervenute per specificare diversi aspetti della disciplina introdotta dal decreto-legge. In primo luogo si è estesa la possibilità di usufruire delle concessioni ad imprese o altre forme associative, costituite in prevalenza da soggetti fino a 40 anni (invece che 35 anni). È stato inoltre specificato che l'assegnazione delle concessioni avviene mediante procedure ad evidenza pubblica nella quale sia riconosciuta adeguata rilevanza agli elementi di sostenibilità ambientale, efficienza energetica e valutazione dell'opportunità turistica. Un'ulteriore modifica riguarda il termine di durata della concessione che viene elevato a nove anni (invece di sette), rinnovabili per altri nove anni, tenendo in considerazione le spese di investimento sostenute. Per le medesime finalità di promozione di percorsi pedonali, ciclabili, equestri, moto turistici, fluviali e ferroviari è stata introdotta da una modifica che estende alle società cooperative la possibilità – prevista dalla disciplina degli incentivi Pag. 83all'autoimprenditorialità – di ottenere mutui agevolati per gli investimenti; nella predisposizione, da parte di regioni ed enti locali, d'intesa con il MIBACT e con il MISE, di progetti per la valorizzazione del paesaggio anche tramite la realizzazione di itinerari turistico-culturali da inserire nei circuiti nazionali di eccellenza e nei percorsi pedonali, ciclabili, equestri etc. Gli itinerari sono finalizzati a migliorare la fruizione pubblica dei siti di interesse culturale e paesaggistico tramite la messa in rete degli stessi. Tale disposizione, inserita nel corso dell'esame presso le Commissioni, specifica altresì che i suddetti progetti di valorizzazione del paesaggio assumono priorità nell'ambito del Piano Strategico nazionale per lo sviluppo del turismo in Italia.
  Una specifica disposizione concerne invece il tema delle guide turistiche, consistendo nel rinvio al 31 ottobre 2014 del termine per l'adozione del decreto per l'individuazione dei siti turistici di particolare interesse nei quali, per le guide turistiche, occorre una speciale abilitazione. Il medesimo decreto dovrà stabilire anche i requisiti necessari per ottenere l'abilitazione stessa.
  Un terzo filone di interventi è ravvisabile nelle misure di semplificazione degli oneri burocratici. In particolare, si prevede la soggezione dell'avvio e dell'esercizio delle relative attività alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) per le strutture turistiche ricettive e per le agenzie di viaggi e turismo (articolo 13). Inoltre, si prevede la convocazione ad parte del MIBACT di apposite conferenze di servizi per semplificare e velocizzare il rilascio di atti autorizzativi di varia natura relativi alla realizzazione di circuiti nazionali di eccellenza (articolo 11, comma 2).
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato inoltre introdotta un'ulteriore misura per la promozione e valorizzazione del settore turistico. L'articolo 13-bis, introdotto dalle Commissioni, istituisce infatti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il MIBACT, un gruppo di lavoro che individui risorse da destinare alla promozione del turismo, attraverso l'individuazione di principi e criteri per la disciplina dei contratti di intermediazione finanziaria Tax free shopping, per la corretta applicazione delle disposizioni relative al contrasto alle frodi relative al rimborso dell'IVA sulle cessioni di beni a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità europea.
  Di evidente rilevanza è infine l'intervento, di cui all'articolo 16, che consiste nel riordino e razionalizzazione dell'ENIT – Agenzia nazionale per il turismo. Gli elementi maggiormente significativi della riforma sono la trasformazione dello stesso ENIT da ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico in ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la contestuale liquidazione di Promuovi Italia S.p.A. Conseguentemente vengono modificate le funzioni e le caratteristiche del nuovo ente, la composizione e le modalità di nomina dei componenti. La fase di transizione è affidata alla gestione di un commissario straordinario.
  Le modifiche apportate nel corso dell'esame in sede referente concernono: la specificazione che tra gli ambiti di intervento del nuovo ente è compresa la commercializzazione dei prodotti enogastronomici; l'attribuzione all'ENIT, anche attraverso il potenziamento del portale Italia.it, della possibilità di realizzare e distribuire la Carta del Turista che consenta mediante strumenti e canali digitali e apposite convenzioni con soggetti pubblici e privati, di effettuare pagamenti a prezzo ridotto per la fruizione integrata di servizi pubblici di trasporto e degli istituti e dei luoghi della cultura; l'inclusione delle Province Autonome oltre che delle Regioni e degli enti locali tra i soggetti con i quali l'ENIT può stipulare convenzioni; l'obbligo per il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel procedimento di nomina di uno dei tre membri del consiglio di amministrazione, di sentire le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative; l'inclusione, tra gli obiettivi da definire nella convenzione a cadenza triennale tra il Ministro dei beni e Pag. 84delle attività culturali e del turismo e il presidente dell'ENIT, del potenziamento e lo sviluppo del portale Italia.it, per l'organizzazione, la promozione e la commercializzazione dell'offerta turistica; l'inclusione di tutto il personale, e non più solo di quello a tempo indeterminato, nel piano di riorganizzazione predisposto dal Commissario, nel quale sono individuate la dotazione organica del nuovo ente e le unità di personale in servizio presso ENIT e Promuovi Italia S.p.A. da assegnare allo stesso; la previsione che il liquidatore della società Promuovi Italia S.p.A. possa stipulare accordi con le società Italia lavoro e Invitalia per il trasferimento presso queste ultime di unità di personale non assegnate al nuovo ENIT.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 303 E ABB., 1753 E 2299

Pdl n. 303 e abb.– Agricoltura sociale

Tempo complessivo: 12 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale: 7 ore;
• seguito dell'esame: 5 ore e 30 minuti.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 15 minuti
Governo 20 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 52 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti 3 ore e 43 minuti
 Partito Democratico 32 minuti 1 ora e 3 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 30 minuti
 Forza Italia – Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 24 minuti
 Nuovo Centrodestra 30 minuti 17 minuti
 Scelta civica per l'Italia 30 minuti 16 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 30 minuti 16 minuti
 Lega Nord e Autonomie 30 minuti 15 minuti
 Per l'Italia 30 minuti 15 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 13 minuti
 Misto: 30 minuti 14 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti 5 minuti
  Centro Democratico 7 minuti 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 7 minuti 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti 3 minuti
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Pdl n. 1752 – Disciplina del prestito vitalizio ipotecario

Tempo complessivo: 12 ore, di cui:
• discussione generale: 7 ore;
• seguito dell'esame: 5 ore.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore 20 minuti 15 minuti
Governo 20 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 8 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 46 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 2 minuti 3 ore e 19 minuti
 Partito Democratico 32 minuti 56 minuti
 MoVimento 5 Stelle 30 minuti 27 minuti
 Forza Italia – Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
30 minuti 21 minuti
 Nuovo Centrodestra 30 minuti 15 minuti
 Scelta civica per l'Italia 30 minuti 15 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 30 minuti 14 minuti
 Lega Nord e Autonomie 30 minuti 13 minuti
 Per l'Italia 30 minuti 13 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 12 minuti
 Misto: 30 minuti 13 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti 4 minuti
  Centro Democratico 7 minuti 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 7 minuti 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti 3 minuti
Pag. 87

Pdl n. 2299 – Soppressione di Equitalia

Tempo complessivo: 13 ore, di cui:

• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;

• seguito dell'esame: 5 ore e 30 minuti.

Discussione generale Seguito dell'esame
Relatore di maggioranza 20 minuti 15 minuti
Relatore di minoranza 10 minuti 10 minuti
Governo 20 minuti 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 12 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 50 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 18 minuti 3 ore e 35 minuti
 Partito Democratico 38 minuti 1 ora e 1 minuto
 MoVimento 5 Stelle 33 minuti 29 minuti
 Forza Italia – Popolo della
 Libertà – Berlusconi Presidente
32 minuti 23 minuti
 Nuovo Centrodestra 31 minuti 16 minuti
 Scelta civica per l'Italia 31 minuti 16 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 31 minuti 15 minuti
 Lega Nord e Autonomie 31 minuti 15 minuti
 Per l'Italia 31 minuti 14 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza
 Nazionale
30 minuti 13 minuti
 Misto: 30 minuti 13 minuti
  Minoranze Linguistiche 9 minuti 4 minuti
  Centro Democratico 7 minuti 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 7 minuti 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti 3 minuti