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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 214 di giovedì 17 aprile 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. Invito l'onorevole Coppola, facente funzione di segretario, a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  PAOLO COPPOLA, Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Balduzzi, Bindi, Michele Bordo, Brunetta, Dambruoso, Dellai, Epifani, Fontanelli, Fraccaro, Merlo, Migliore, Pes, Pisicchio, Realacci, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,38).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Realacci ed altri; Bratti ed altri; De Rosa ed altri: Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (A.C. 68-110-1945-A) (ore 9,38).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Realacci ed altri; Bratti ed altri; De Rosa ed altri: Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
  Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 68-110-1945-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, sin dall'inizio di questa legislatura il tema del territorio, della sua integrità geomorfologica e ambientale, è stato al Pag. 2centro del dibattito. In particolare i parlamentari socialisti, a nome dei quali parlo in questo momento, si sono impegnati con determinazione in ordine alle problematiche ambientali ed ecologiche che da anni affliggono questo Paese. Le calamità naturali verificatesi in questi ultimi anni su tutto il territorio nazionale, l'elevata densità abitativa, la mancanza di una rete di controlli sistemici e coordinati in materia di inquinamento derivante dall'attività industriale in esso presenti, ci consegnano un quadro fortemente critico, se non drammatico. Un quadro...

  PRESIDENTE. Onorevole Pastorelli, concluda.

  ORESTE PASTORELLI. Ho cinque minuti, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Onorevole Pasterelli, io leggo quello che gli uffici scrivono in base al Regolamento.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, ma non ho preso parte alla discussione sulle linee generali.

  PRESIDENTE. Onorevole Pastorelli, lei ha due minuti e li stiamo trascorrendo.

  ORESTE PASTORELLI. Va bene, signor Presidente. Si tratta di un quadro rispetto al quale i problemi del nostro dissesto idrogeologico e dell'inquinamento ambientale si pongono come inevitabili conseguenze. Il presente disegno di legge rispetto al quale esprimo un convinto voto favorevole è dunque un primo passo verso la comprensione e la risoluzione dei complessi problemi legati all'ambiente essendo ancora necessario un grande sforzo di questo Parlamento circa il riconoscimento del valore strategico dell'agricoltura come presidio del territorio. E per questo i deputati socialisti esprimono parere favorevole al presente provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Onorevole Pastorelli, mi dispiace, ma purtroppo i tempi sono così. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, noi dei Popolari Per l'Italia riteniamo questo provvedimento per la prima volta esaustivo nell'impegno anche da parte dello Stato in un settore che sicuramente andava rimodulato e che con questa legge è stato perfettamente rimodulato. Siamo contenti che abbiamo trovato l'unanimità su questo provvedimento e pertanto esprimiamo il nostro voto favorevole perché il provvedimento vada subito in esecuzione (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, quanto tempo ho ?

  PRESIDENTE. 10 minuti.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, il presente provvedimento vede una larga convergenza tra tutte le forze politiche ed è stato elaborato dalla VIII Commissione in modo pressoché unanime con l'attiva collaborazione e lo spirito costruttivo da parte di tutti i gruppi all'interno della Commissione, sia ovviamente quelli di maggioranza, che di opposizione.
  Ciò perché si tratta di un testo che rappresenta l'oggettiva volontà di tutti noi di correggere alcune note distorsioni del sistema attuale riguardo alla protezione ambientale del nostro Paese e di ammodernare e riordinare la disciplina legislativa delle agenzie ambientali. Si tratta, infatti, di una normativa che oramai risale al 1994 ed è diventata ormai palesemente superata dalle sopravvenute normative comunitarie e da altre norme nazionali, che hanno profondamente modificato il diritto ambientale e riformato l'amministrazione pubblica. Oramai è riconosciuto da tutti il Pag. 3ruolo fondamentale delle politiche ambientali nello sviluppo economico del Paese.
  Nell'epoca di informatizzazione in cui ci troviamo a vivere oggi non è più possibile avere frammentazioni nel reporting ambientale o divergenze nella qualità e completezza dei dati ambientali tra le varie aree del Paese. In questo quadro, presenta notevole rilevanza la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali sul modello del Sistema sanitario nazionale, considerati come il livello qualitativo e quantitativo di attività che devono essere garantite in modo omogeneo sul piano nazionale da parte delle agenzie, secondo i dettami costituzionali sulla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'articolo 117.
  Il sistema di protezione ambientale introdotto da questo provvedimento svolge, infatti, un autonomo ruolo, un ruolo di tipo tecnico-scientifico e non è più un mero braccio operativo delle amministrazioni pubbliche, alle quali era ricondotta la vigilanza. È stato, infatti, ottenuto un rafforzamento dei profili di autonomia funzionale e di indipendenza organizzativa del sistema delle agenzie ambientali, che si presenta come un sistema a rete, di carattere federale, pur restando comunque sotto la vigilanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto riguarda l'ISPRA, e delle regioni, per quanto riguarda invece le ARPA.
  Il nostro gruppo, come Lega Nord, condivide soprattutto lo scopo primario del provvedimento, che è quello di garantire un'articolata ma omogenea disciplina per le attività delle ARPA e porre fine alla situazione attualmente esistente nelle diverse aree del Paese, anche sul piano normativo, che, a oggi vede, alcune ARPA svolgere controlli serrati e applicare delle norme particolarmente rigide a operatori e impianti, mentre altre addirittura chiudere non uno, ma due occhi davanti ad evidenti situazioni illegittime e dannose per l'ambiente e per la salute dei cittadini. Ovviamente indovinate voi tra nord e sud dove sono le prime e dove sono le seconde.
  Riteniamo, pertanto, il provvedimento fondamentale per restituire credibilità tra i cittadini sul sistema dei controlli ambientali e riaccendere la fiducia delle popolazioni verso le istituzioni, attraverso l'applicazione di norme certe e di limiti ambientali omogenei su tutto il territorio, garantiti da organismi scientifici, autorevoli e non legati in tutto e per tutto all'amministrazione politica di turno. Sappiamo – basta vedere i conti pubblici – che in alcune aree del Paese le amministrazioni politiche di tutti i colori politici sono virtuose, in altre lo sono sicuramente un po’ meno.
  Riteniamo punti qualificanti del provvedimento la certezza delle regole per il finanziamento delle attività delle agenzie, anche con una parte tra lo 0,6 e lo 0,8 del Fondo sanitario nazionale; i criteri trasparenti per la nomina dei vertici dell'ISPRA e delle agenzie; la separazione netta tra l'incarico dei direttori e tutte le altre cariche elettive; il sistema informativo nazionale ambientale a rete, che garantisce l'accesso dei cittadini ai dati e alle informazioni ambientali: una rete nazionale di collaboratori accreditati di elevata specializzazione. Il nostro gruppo condivide, inoltre, il netto divieto previsto per l'attività di consulenza in favore di soggetti privati su materie sottoposte a vigilanza da parte del sistema nazionale a rete, per evitare situazioni di conflitto di interessi anche solo potenziale.
  Ciò anche per porre fine ad una prassi, oggi permessa, che vede le ARPA svolgere attività di studio e di elaborazione dati anche a fini delle valutazioni ambientali delle opere per gli stessi soggetti sottoposti alla loro vigilanza.
  Un altro aspetto di garanzia rappresenta il principio di rotazione del personale delle ARPA, con compiti e funzioni di polizia giudiziaria, l'esecuzione delle visite nei singoli siti o impianti, finalizzata ad assicurare la terzietà dell'intervento ispettivo e l'imparzialità del giudizio.
  Il presente provvedimento rappresenta un nuovo metodo per gestire e pianificare Pag. 4l'azione pubblica in materia ambientale, non più come emergenza ma in un'ottica di prevenzione, basata su un supporto tecnico-scientifico certo, assicurato dalla rete delle agenzie e dall'ISPRA, che svolge ricerche, monitoraggi, controlli e studi applicativi per la conoscenza dell'ambiente e del territorio, anche con riferimento alla prevenzione dei rischi geologici ed idrogeologici – di cui anche ieri, in quest'aula, stavamo parlando – e quindi, inevitabilmente, per una gestione più sostenibile del territorio e delle sue risorse.
  Il gruppo della Lega Nord e Autonomie voterà pertanto a favore del presente provvedimento, ritenendolo un opportunità per il Paese e un contrasto verso le inefficienze che, in certe aree del Paese, abbiamo visto fino ad oggi e che hanno causato parecchi danni di carattere ambientale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Onorevole Matarrese, le chiedo scusa, ma prima di darle la parola il Presidente deve chiedere scusa all'onorevole Pastorelli, perché non mi ero reso conto che effettivamente, non essendo intervenuto nell'ambito della discussione generale, aveva un tempo maggiore. Quindi prego l'onorevole Pastorelli di riprendere la parola per i residui tre minuti che indebitamente gli avevo tolto.

  ORESTE PASTORELLI. Grazie, Presidente. I problemi del dissesto idrogeologico e dell'inquinamento ambientale, come da me più volte segnalato anche in sede di sindacato ispettivo, la salubrità dei territori, la loro messa in sicurezza, il loro utilizzo razionale e coscienzioso sono tutti obiettivi raggiungibili soltanto attraverso un complesso di misure a medio e lungo termine. In tal senso la ricerca, la conoscenza tecnica-scientifica dei territori e delle complessità di questi è il punto di partenza di un lungo percorso verso il recupero e la tutela del nostro paesaggio, come peraltro la nostra Costituzione ci impone di fare. L'istituzione di un sistema nazionale di coordinamento delle agenzie regionali, così come l'implementazione delle funzioni di monitoraggio e ricerca dell'ISPRA, costituisce dunque quella valorizzazione della ricerca di cui il Paese aveva bisogno.
  La realizzazione di un sistema coordinato di analisi e studio della peculiarità del territorio nazionale rappresenta, infatti, l'unica via d'uscita da quella logica dell'emergenza alla quale siamo rimasti legati da troppo tempo. La prevenzione passa attraverso la conoscenza, la cura e la valorizzazione quotidiana del suolo ed è questa la direzione intrapresa dal disegno di legge che ci accingiamo a votare, ma occorre anche avvertire che quello di oggi rischia di essere un passo in avanti sterile, se non accompagnato da una serie di politiche che tutelino a trecentosessanta gradi il territorio, considerandolo fonte di ricchezza per tutta la collettività.
  A tal riguardo, le proposte legislative e le altre iniziative di cui, insieme agli altri onorevoli colleghi del Partito Socialista, mi sono fatto promotore, sono sempre andate nella direzione di un minor consumo del suolo e della valorizzazione di un'agricoltura ecosostenibile come strumento di salvaguardia del territorio sotto il profilo della sua integrità ambientale e idrogeologica.
  Ci si augura quindi che su tali disegni, come su altri analoghi presentati dalle altre forze politiche, si concentri l'attenzione di quest'Aula, essendo in gioco lo stesso futuro delle prossime generazioni.
  Rinnovo il voto favorevole dei deputati socialisti al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Pastorelli, comunque lei è autorizzato, d'altra parte come l'onorevole Cera, se ritiene, a lasciare agli atti l'integrale testo del suo intervento.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il testo unificato delle Pag. 5proposte di legge che abbiamo portato avanti in Commissione e che esaminiamo oggi in Aula ha una particolare rilevanza perché rivolge la sua attenzione all'ambiente e ai controlli che vengono fatti nei confronti dell'ambiente e soprattutto tende, anche in maniera organizzativa, a dare una funzione organica a tutti gli enti preposti sul territorio a questa attività di monitoraggio preventivo, di controllo e di attività preventiva sulle attività umane, antropiche, ma anche industriali. Ed è importante che vengano attribuite precise funzioni di coordinamento all'ISPRA, sotto la regia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e all'ARPA, sotto la tutela delle regioni, anche se Scelta Civica per l'Italia aveva evidenziato questo aspetto come una criticità perché sappiamo benissimo le difficoltà di enti gestiti a livello regionale di coordinarsi con enti di livello nazionale che operano su tutto il territorio. Questo, forse, è il vulnus di questa legge, ma noi la interpretiamo in senso positivo perché è la prima volta che si interviene a livello legislativo per porre un'organizzazione razionale. Ci auguriamo, quindi, che nel futuro si possa arrivare ad un'organizzazione integrale che parta dal Ministero e che abbia una funzione di controllo omogenea e lineare su tutti i territori. Infatti, le difficoltà e i diversi criteri di applicazione non sono dovuti alla latitudine, come qualcuno vuol fare intendere in una solita logica di discriminazione dei territori, ma sono fondamentalmente legati alle diverse specializzazioni e alle diverse attitudini che sui territori riscontriamo di questi organi di controllo per come sono organizzati, per come sono nati e per come sono stati creati nella formazione di queste attività a livello regionale. Crediamo, inoltre, sia importante che, anche dal punto di vista economico, vengano date delle certezze di finanziamento all'attività dell'ISPRA, così come alle regioni che attingono dal fondo sanitario in percentuale le risorse per poter andare avanti. La disponibilità di risorse per questi enti è un elemento fondamentale per l'indipendenza della propria azione e per l'efficacia e la costanza di azione sui territori. È anche importante che si crei un consiglio del sistema nazionale che metta, appunto, l'ISPRA come elemento di coordinamento con tutte le rappresentanze e le ARPA proprio perché si possano avere momenti di confronto, di indirizzo e di attività comune sull'intero territorio nazionale.
  Ribadiamo, quindi, che la tutela dell'ambiente può essere efficace ed efficiente se c’è un sistema organizzato e organico che consenta allo Stato di potere essere attento. Ed è importante che questo sistema nazionale abbia anche la funzione di segnalare al Governo e al Ministero l'opportunità di interventi legislativi. Noi, nella nostra attività di Commissione, nei problemi più importanti, come quello dell'Ilva, abbiamo verificato una grande difficoltà a stabilire le competenze reciproche dell'ARPA e dell'ISPRA nelle attività di controllo sul territorio, e, quindi, anche da qui è nata forte la spinta, a livello di Commissione, con un grande afflato comune, a portare avanti questo provvedimento che ci ha visto fondamentalmente tutti concordi sull'opportunità e si è fatto davvero un buon lavoro in Commissione. Davvero, quindi, si approva un provvedimento che ha una grande condivisione da tutte le parti politiche. Scelta Civica per l'Italia, quindi, dichiara voto favorevole su questo provvedimento ed auspica che sempre di più nel prossimo processo legislativo ci possa essere un'integrazione e un efficace controllo dello Stato su tutte le attività industriali e non che hanno a che fare con l'ambiente perché l'ambiente è una risorsa per questo Paese, è una risorsa da tutelare, da preservare, ma che non sia ostacolo allo sviluppo e alla produzione di questo Paese che ha necessità anche di produrre reddito e alimentare fortemente l'economia. Ribadisco, quindi, che Scelta Civica per l'Italia dichiara voto favorevole su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alli. Ne ha facoltà.

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  PAOLO ALLI. Signor Presidente, il gruppo del Nuovo Centrodestra voterà a favore di questo provvedimento importante che ha molti significati politici. È un provvedimento che può essere pensato in termini prevalentemente tecnici, ma non è così. Non è così per una serie di ragioni. Innanzitutto, perché il tema dell'ambiente è oggi in cima alle preoccupazioni dei nostri cittadini e, allora, la politica, come cura della polis, deve per forza tener conto che una razionalizzazione del sistema dei controlli ambientali va incontro alla sensibilità comune ormai diffusa nei nostri cittadini rispetto al fatto che l'ambiente, la cura dell'ambiente, la tutela dell'ambiente siano un valore in cima alle priorità di ciascuno di noi. Alcune immagini recenti di una bellissima Pechino con una nuvola di smog, con valori di polveri sottili che superano di centinaia di volte i limiti ammessi, è un segnale e un simbolo che ha colpito molto i nostri cittadini.
  Noi ovviamente siamo molto più avanti nella cura dell'ambiente, ma è essenziale, come dicevo, che tutto questo si basi su un efficiente sistema dei controlli, perché il controllo è la chiave di volta per poter garantire il rispetto di normative che altrimenti resterebbero sulla carta. Le agenzie per la protezione ambientale hanno, da questo punto di vista, un ruolo fondamentale: le persone che lavorano in questo sistema complesso sono persone alle quali è richiesta preparazione tecnica, una capacità di continuo aggiornamento scientifico, ma anche una dedizione, perché questo è un lavoro che molto spesso va incontro a situazioni imprevedibili e che richiede una disponibilità 24 ore su 24 da parte dei responsabili delle agenzie e da parte del personale, nonché, ovviamente, una forte capacità di assunzione di responsabilità, perché esistono procedure molto complesse all'interno delle quali il ruolo delle agenzie per l'ambiente ha un'importanza sempre crescente. Alle agenzie viene chiesto di essere elementi di garanzia, elementi di terzietà, da un lato rispetto agli interessi privati e dall'altro rispetto a qualsiasi forma di invadenza della politica.
  Un altro elemento, a mio parere molto importante, che riveste un significato politico rilevante è il fatto che il sistema delle agenzie, il sistema di protezione dell'ambiente è fortemente basato su una collaborazione tra lo Stato centrale e le regioni. Un regionalismo sano è un valore aggiunto per il Paese. Quindi, giusta la scelta della proposta di legge di creare un sistema che non sia centralistico, ma che sia «a rete», dove il coordinamento centrale realizzato dall'istituto ISPRA tenda a valorizzare e rafforzare le realtà presenti sul territorio. È un approccio moderno, è un approccio di sistema, che integra in modo efficace i sistemi informatici e informativi, quindi favorendo la condivisione dei dati e della conoscenza, che, dal punto di vista tecnico-scientifico, sono fondamentali per un approccio corretto ai temi ambientali, così come è positiva la logica di messa in rete dei laboratori accreditati, che è un servizio che si fa all'intero sistema economico nazionale.
  In questo disegno complesso, che richiederà certamente tempo e buona volontà per andare a regime, ISPRA svolge un ruolo fondamentale, quindi che ben venga la valorizzazione di questo istituto. Noi siamo, peraltro, consapevoli che la convivenza all'interno di ISPRA di funzioni di controllo e di coordinamento delle agenzie regionali e al tempo stesso di attività di pura ricerca ha creato e crea qualche difficoltà, più di una difficoltà. È questo il senso dell'ordine del giorno che abbiamo presentato, invitando il Governo – nella riorganizzazione, prevista dal testo della proposta legge, dell'istituto e anche nella riscrittura e nell'adeguamento dello statuto di ISPRA – a rafforzare le funzioni tecnico-scientifiche e di coordinamento, piuttosto che insistere sul tema della ricerca, che certamente è importante, ma che vede già molti altri soggetti attivi su questo fronte.
  Quindi, è importante che ISPRA diventi sempre più il centro di questa rete molto articolata sul territorio, che è costituita, appunto, dalle agenzie regionali, per le quali vengono sciolti alcuni nodi e introdotti alcuni criteri importanti, a partire Pag. 7dall'introduzione del concetto di meritocrazia nella scelta del personale ispettivo. Il personale ispettivo dev'essere competente, dev'essere esperto, dev'essere equilibrato, quindi ben venga l'affermazione di questo criterio per tutte le agenzie regionali. Anche in questo caso resta qualche criticità, per esempio sul tema, già affrontato prima di me e del mio intervento, delle attività che le ARPA svolgono in conto terzi per altri soggetti. La proposta di legge è molto chiara rispetto all'evitare qualsiasi conflitto di interesse, anche potenziale.
  Tuttavia, noi crediamo che sia necessario – è questo il senso anche di un altro ordine del giorno che abbiamo presentato – che, in accordo con la Conferenza Stato-regioni, venga definita dettagliatamente una serie di tipologie di attività che possono essere svolte dalle agenzie regionali, nei relativi limiti e ambiti di applicazione, per evitare che ogni agenzia regionale abbia una propria interpretazione di questa direttiva, peraltro molto precisa. Questo va nella direzione di evitare qualsiasi conflitto di interesse e di garantire, quindi, quella terzietà che è alla base di questo sistema.
  Qualche problema resta, ovviamente, sul tema del finanziamento delle agenzie. È chiaro che siano in epoca di spending review, in un'epoca nella quale è necessario che tutti diano il proprio contributo a contenere le spese della pubblica amministrazione, noi però siamo convinti che le tematiche ambientali debbano essere affrontate non con l'accetta dei tagli lineari, ma in modo ragionevole. Quindi, certamente, molto si può razionalizzare, molto si può risparmiare, però l'importante è che non valga la regola del risparmiare costi quel che costi, perché, in questo caso, i costi che si avrebbero per i danni all'ambiente sarebbero molto superiori ai risparmi che si possono fare in prima battuta.
  Da questo punto di vista, la segnalazione che abbiamo fatto attraverso un altro ordine del giorno della necessità di garantire comunque il finanziamento dei LEPTA, questo concetto innovativo di livelli essenziali per la protezione dell'ambiente – un po’ i LEA dell'ambiente – è assolutamente indispensabile, perché noi non possiamo, da una parte, imporre dei livelli minimi di tutela dell'ambiente e, dall'altra parte, non mettere a disposizione le risorse per garantirli.
  Infine, crediamo che sia possibile, a partire da questo provvedimento, cominciare a pensare ad una riorganizzazione più complessiva delle funzioni amministrative in campo ambientale che, come ben sappiamo, sono ripartite su una pluralità di soggetti, con sovrapposizioni e talora confusioni di ruoli, che non favoriscono la razionalizzazione e l'efficacia a favore dei cittadini e del sistema produttivo. Quindi – e anche qui abbiamo presentato un ordine del giorno in questo senso –, il Governo dovrebbe cominciare a pensare alla possibilità di interventi, anche utilizzando le competenze e le capacità delle agenzie ambientali per arrivare auspicabilmente ad un unico ente quale soggetto amministrativo competente, in particolare ai fini dall'autorizzazione dei controlli. Certo, questo è un percorso più lungo, ma noi auspichiamo che si possa iniziare a muoversi in questa direzione.
  L'ultimo elemento che, anche in questo caso, riveste un significato politico importante è la larga maggioranza, che abbiamo visto anche nelle votazioni di ieri e che auspichiamo si realizzi anche oggi nel voto finale, che dimostra come su provvedimenti importanti e lasciando in secondo piano un approccio eccessivamente ideologico sia possibile convergere in modo molto ampio. Questo, ovviamente, è un auspicio anche per la messa a regime di questo provvedimento importante, sul quale, come ripeto, il Nuovo Centrodestra voterà favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, con l'approvazione di questo provvedimento Pag. 8oggi in esame, il Parlamento compie un altro importante passo nel campo della salvaguardia ambientale e della tutela della salute dei cittadini. Qui, alla Camera, sono passati pochi mesi dall'esame della normativa, d'iniziativa parlamentare, che inserisce nel codice penale i reati contro l'ambiente.
  A questa riforma di civiltà, attesa da più di vent'anni, ma che attende ancora la seconda lettura al Senato – e noi ci auguriamo che sia presto –, oggi segue questa proposta di legge, che istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (il così chiamato ISPRA).
  Anche in questo caso, si tratta di una legge attesa da tempo, per la quale si era lavorato nelle scorse legislature, senza però giungere ad un'approvazione definitiva. Infatti, la legge che andiamo ad approvare risponde alla necessità, particolarmente sentita, di una riforma del settore del cosiddetto «Sistema delle agenzie ambientali», comprese quelle regionali, con l'obiettivo di raggiungere una maggiore efficienza e di creare una struttura più funzionale e con un adeguato sistema di condivisione delle informazioni ambientali.
  Le stesse agenzie regionali hanno manifestato questa esigenza; quindi, l'esigenza di una riforma organica, finalizzata al rilancio del Sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente, oltre che alla garanzia della sua funzionalità, efficacia ed economicità.
  L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, la così chiamata ANPA, è stata istituita, con la legge n. 61 del 1994, ben venti anni fa, a seguito della felice intuizione dell'associazione ambientalista Amici della Terra che promosse, nel 1993, un referendum attraverso il quale 1'83 per cento degli italiani votò favorevolmente per togliere le mansioni di controllo sull'ambiente alle strutture e organizzazioni sanitarie, al fine di costituire autonome e specifiche agenzie di controllo ambientale.
  La legge del 1994 che istituiva l'Agenzia nazionale e riorganizzava il sistema dei controlli ambientali prevedeva anche la successiva istituzione delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA). La loro istituzione, però, ha avuto un lasso di tempo piuttosto lungo. L'ultima Agenzia regionale di controllo ambientale, infatti, è stata istituita più di dieci anni dopo, addirittura nel 2006, il che, lasciatecelo dire, è significativo delle resistenze, se non delle colpevoli negligenze, che, a livello locale, hanno incontrato i temi della salvaguardia e dei controlli ambientali. Nel 1999, l'ANPA è stata mutata in Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e, nel 2008, è stato istituito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, al quale sono state assegnate le funzioni e le risorse dell'APAT, dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare.
  L'avere riunito in un unico istituto i tre principali enti che si occupano di ambiente in Italia non ha però risolto alcune importanti problematiche che sono emerse in questi venti anni di attività. Le esigenze, che sono sempre più emerse nel tempo, riguardano in particolare: quelle di rendere le attività delle agenzie sempre più efficaci, sia sul piano della diffusione e della loro maggiore omogeneità sul territorio nazionale, sia sul piano tecnico e dell'innovazione; la necessità di una risposta più adeguata al crescente e giustificato aumento della domanda di controllo ambientale e sanitario e di prestazioni tecniche; un maggiore rafforzamento delle attività di monitoraggio ambientale e territoriale; la necessità di rafforzare lo scambio delle informazioni in materia, a vantaggio dei cittadini, rendendo disponibile il quadro completo dei dati ambientali.
  Inoltre, ciascuna regione, nella propria autonomia, ha istituito la propria agenzia ambientale, in modo differenziato e sicuramente non omogeneo, per cui il panorama nazionale risulta essere composito, con agenzie che hanno diversi compiti, diverse funzioni, diverse organizzazioni e, anche, diverse dimensioni relative.Pag. 9
  Come ha giustamente rilevato il relatore del provvedimento, l'onorevole Zaratti, a vent'anni di distanza dall'istituzione dell'ANPA, le agenzie di protezione ambientale costituiscono un patrimonio importante di strutture, di competenze professionali e tecnologiche acquisite attraverso lo studio, l'analisi, il monitoraggio e il controllo dei dati ambientali. Però è urgente e necessario omogeneizzare gli interventi delle diverse agenzie ambientali...signor Presidente, chiederei la cortesia ai nostri colleghi del MoVimento 5 Stelle di fare un po’ di silenzio perché sinceramente...

  PRESIDENTE. Colleghi, gentilmente (Commenti del deputato Christian Iannuzzi). ..onorevole Christian Iannuzzi mantenga la calma, per favore ! Siamo all'inizio della mattinata, quindi mantenga la calma... e chi sta parlando ha tutto il diritto di poter parlare come tutti gli altri oratori senza sentire il brusio sotto. E la Presidenza ha il dovere di farlo rispettare. E non continui con quei gesti ! Ha capito ? Prego, onorevole Pellegrino.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie, Presidente. Sono infatti significativi i dati forniti pochi giorni fa in occasione della dodicesima conferenza del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente: nel nord Italia, ogni operatore delle agenzie di protezione ambientale è al servizio di 5.300 cittadini, al sud di 7.800, al centro di 7.300, numeri molto importanti. Ogni addetto ai monitoraggi ambientali sul campo presidia, al nord, 131 chilometri quadrati di territorio, al sud, deve presidiarne 345, e sappiamo le emergenze del sud. A fronte di questi dati, e per assicurare omogeneità ed efficacia all'esercizio dell'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente, riteniamo perciò utile l'approvazione veloce, immediata, anche nella lettura successiva, di questo provvedimento, con cui si istituisce e disciplina il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, del quale faranno parte l'ISPRA e le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
  Al Sistema nazionale verrà affidata un'articolata serie di funzioni: indirizzo, coordinamento tecnico, controllo, monitoraggio, ricerca, consulenza tecnica e formazione.
  Verranno istituiti i livelli essenziali di prestazioni tecniche ambientali, attraverso cui introdurre strumenti di garanzia di uniformità e di omogeneità dell'azione delle agenzie. I LEPTA – così vengono chiamati – costituiscono gli standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantiti in modo omogeneo a livello nazionale per quanto riguarda la materia ambientale, rappresentano quindi il livello minimo delle attività che il Sistema nazionale è tenuto a garantire in modo omogeneo, anche ai fini del perseguimento degli obiettivi di prevenzione collettiva previsti dai livelli essenziali di tutela sanitaria. A tal fine, quindi, verranno fissati gli standard funzionali e operativi delle agenzie ambientali.
  Per quanto riguarda l'ISPRA, ferme restando le funzioni ad esso attribuite attualmente, avrà un ruolo di coordinamento del sistema nazionale e svolgerà funzioni tecniche; e con il concorso delle agenzie regionali ed in logica di rete, adotterà norme tecniche vincolanti per il sistema in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell'informazione ambientale. Insomma sarà una forma organica di controllo. L'ISPRA, quindi, determinerà i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, che costituiscono gli standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantiti in modo omogeneo a livello nazionale.
  Con questa legge verrà anche istituito il sistema informativo nazionale ambientale (SINA). Si avvarrà di poli territoriali costituiti da punti focali regionali, cui concorreranno i sistemi informativi regionali ambientali, che costituiranno la rete informativa nazionale ambientale denominata Sinanet. Però, tocca ora allo Stato italiano rispondere efficacemente ad una sempre maggiore domanda di verifica ambientale e sanitaria, perché è vitale, anche nei controlli ambientali, ricostruire quel Pag. 10livello di fiducia tra i cittadini e le istituzioni che molte volte è purtroppo mancato.

  PRESIDENTE. Concluda.

  SERENA PELLEGRINO. Concludo. Lungo e ben noto è l'elenco dei disastri ambientali, delle fabbriche dei veleni, delle aree irrimediabilmente inquinate del nostro Paese, che potevano essere evitate o anche solo arginate con una maggiore e più efficace presenza di controlli a monte e che invece hanno visto una modalità purtroppo omissiva e qualche volta – me lo lasci dire – connivente da parte delle istituzioni pubbliche e anche delle agenzie di controllo. D'altronde, in un quadro generale di semplificazione nelle procedure autorizzative, i controlli ambientali diventeranno sempre più indispensabili, in modo da evitare che la deregolamentazione diventi in realtà elusione delle norme antinquinamento poste a presidio della collettività. Con questa legge si punta a ridare quindi certezze ai cittadini – quindi noi vogliamo l'applicazione –, ma anche alle imprese, che potranno utilizzare come vantaggio competitivo le loro positive performance ambientali.
  È per queste ragioni il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà voterà a favore di questo provvedimento, perché contiamo di riordinare, potenziare e rendere trasparenti i controlli e la protezione ambientale a beneficio dell'ecosistema e della salute di tutti i cittadini del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vella. Ne ha facoltà.

  PAOLO VELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, la tutela dell'ambiente è un argomento di notevole rilevanza nel nostro Paese ed è proprio questo lo scopo della presente proposta di legge, che istituisce un Sistema nazionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente. Vorrei ricordare che è stata proprio Forza Italia a volere riunire, nel 2008, in un unico istituto, il Sistema nazionale delle agenzie ambientali; e questo non è altro che un secondo passaggio. L'Istituto superiore per la protezione della ricerca ambientale è stato istituito dall'articolo 28 del decreto-legge n. 112 del 2008 e viene ora ad assorbire le funzioni e le risorse dei tre enti contestualmente soppressi: l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare. Obiettivo principale del provvedimento era il risparmio che si riusciva a realizzare grazie alla razionalizzazione amministrativa e alla riduzione degli organi degli enti soppressi.
  È stato emanato il decreto del Ministro dell'ambiente n. 123 del 2010, in base al quale si provvede alle finalità istituzionali dell'ISPRA mediante i seguenti mezzi: un contributo annuale dello Stato; le risorse provenienti da amministrazioni ed enti pubblici e privati, nonché da organizzazioni internazionali; i proventi di beni costituenti il patrimonio o derivanti dallo sfruttamento economico di eventuali brevetti e invenzioni; i proventi derivanti da promozioni, vendite di servizi e prodotti, consulenze e collaborazioni, diffusione di pubblicazioni.
  Il suddetto decreto ministeriale ha, inoltre, stabilito di inquadrare il personale del ruolo dei tre enti soppressi nel ruolo dell'ISPRA mantenendone inalterato lo stato giuridico ed economico. Per quanto riguarda le risorse pubbliche destinate all'ISPRA, si segnala che l'Istituto è finanziato annualmente nella legge di stabilità.
  L'ISPRA fa parte di un sistema a rete, il Sistema delle agenzie ambientali, che conta oggi la presenza sul territorio nazionale di 21 tra Agenzie regionali e provinciali costituite con apposita legge regionale.
  È evidente che siamo di fronte ad un esempio di sistema federativo consolidato, in cui l'ISPRA ne garantisce la coesione. Ricordo in proposito che l'articolo 15 del decreto ministeriale n. 123 del 2010, recante disposizioni di organizzazione dell'ISPRA, Pag. 11prevede, al fine di promuovere lo sviluppo del sistema nazionale delle Agenzie e dei controlli in materia ambientale, coordinato dall'ISPRA, che presso quest'ultimo operi il Consiglio federale, presieduto dal Presidente dell'ISPRA e composto dal direttore generale e dai legali rappresentanti delle ARPA. Le esigenze di semplificazione amministrativa devono comunque contemperarsi con esigenze di salvaguardia della tutela ambientale attraverso un rafforzamento del sistema dei controlli, in modo da evitare che la semplificazione diventi strumentale a forme di elusione della normativa a tutela dell'ambiente.
  Il provvedimento che stiamo discutendo in questa sede, che otterrà il voto favorevole del gruppo parlamentare di Forza Italia cui appartengo, istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, formato dall'Istituto nazionale per la protezione e la ricerca ambientale e dalle Agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome e comprende norme che istituiscono e disciplinano il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente.
  Tra le funzioni dell'ISPRA è compresa anche la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali. Questi ultimi costituiscono standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantiti in modo omogeneo a livello nazionale e rappresentano il parametro di riferimento obbligatorio per la definizione dei piani di attività delle Agenzie al fine di garantire l'omogenea attività del Sistema nazionale. Quest'ultimo è titolare di un'articolata serie di funzioni: indirizzo, coordinamento tecnico, controllo, monitoraggio, ricerca, consulenza tecnica e formazione.
  L'ISPRA è importante perché riesce ad adeguare la propria struttura organizzativa e tecnica al perseguimento degli obiettivi di cui al provvedimento in esame. Predispone, inoltre, il programma triennale delle attività del Sistema nazionale, individuando le principali linee di intervento finalizzate ad assicurare il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni tecnico ambientali.
  Le Agenzie svolgono le attività istituzionali tecniche e di controllo obbligatorie necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA nei rispettivi territori di competenza. Possono svolgere attività istituzionali obbligatorie ulteriori, a valere sugli specifici finanziamenti.
  Il provvedimento in oggetto stabilisce le modalità di finanziamento dell'ISPRA e delle Agenzie con riferimento alle funzioni svolte e ivi previste, ad integrazione delle risorse del fondo ordinario previsto per lo svolgimento delle attività istituzionali dell'ISPRA. L'attività degli organismi operanti nel Sistema nazionale è vincolata – in base al testo in esame – dalla definizione di livelli essenziali delle prestazioni in materia ambientale, ai quali vengono commisurati i finanziamenti da erogare ai medesimi organismi da parte dello Stato e delle regioni. Non essendo prevista alcuna clausola che subordini la definizione di tali nuovi livelli a specifici massimali di spesa, non appare predeterminabile il relativo impatto sui saldi di finanza pubblica.
  Ma importante è definire anche la competenza nella materia della tutela ambientale: ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, è attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. La Corte costituzionale ha peraltro chiarito che non costituisce una materia in senso proprio, ma piuttosto un valore costituzionalmente protetto, cui corrisponde una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delimitata, ma connessa e intrecciata con altri interessi. All'ISPRA, vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono attribuite fondamentali funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico del Sistema nazionale, tra le quali la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali, la predisposizione del programma triennale delle attività del Sistema nazionale e l'adozione di norme tecniche e vincolanti per il Sistema nazionale.Pag. 12
  Colleghi, è dunque necessario mettere in evidenza come il provvedimento in esame proponga, quindi, un efficace e necessario riordino delle Agenzie per la protezione dell'ambiente, rafforzando e rendendo trasparente il sistema dei controlli ambientali in Italia, dando certezza ai cittadini ed alle imprese, difendendo l'ambiente e la salute, producendo un'economia più avanzata, pulita e competitiva. Il nostro Paese non può infatti più sottrarsi dall'attuazione di una corretta ed efficace politica ambientale, che non può prescindere da un sistema di soggetti istituzionali autorevoli e indipendenti.
  È per questo che il gruppo parlamentare di Forza Italia voterà a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busto. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, l'onorevole Matarrese di Scelta Civica ha avuto un piccolo lapsus freudiano poco fa: si è riferito a queste proposte di legge come a un decreto, a un decreto-legge. Nulla di male, è un errore banale, succede, tra l'altro mi pare anche un chiaro segno dell'assuefazione di quest'Aula al modo di lavorare, che è pessimo e contrario alla Costituzione, che è quello di usare decreti-legge come strumento ordinario per fare le leggi.
  Per fortuna il provvedimento, di cui parliamo oggi, la legge sulle Agenzie ambientali, ha un'altra storia. Innanzitutto nasce in Parlamento, come dovrebbe essere secondo la Costituzione – il Parlamento legifera – e nasce da un ottimo lavoro in Commissione, dove si è riusciti a lavorare e a ragionare nel merito e dove si è arrivati a concordare un testo unico, partendo da alcune proposte di legge, tra cui una del MoVimento 5 Stelle, che poi è stata in gran parte incorporata nel testo finale.
  Allora mi viene in mente che forse i padri costituenti l'avevano vista giusta: il Parlamento è il luogo dove è possibile conciliare le diverse visioni politiche in un confronto sereno e libero da interessi meschini, come quelli elettorali, personali e quelli di partito. Quindi, il Parlamento è il luogo dove è possibile raggiungere l'equilibrio necessario, perché le leggi siano utili a tutti i cittadini, invece che a pochi cittadini.
  Questa legge è sicuramente un ottimo passo avanti nell'organizzazione delle Agenzie per la protezione dell'ambiente, una riorganizzazione e una legittimazione attese da troppo tempo e che finalmente arrivano in Aula anche grazie al lavoro propositivo del MoVimento 5 Stelle. Ricordo anche la nostra proposta sui reati ambientali, che dopo diciassette anni di attesa si sta finalmente concretizzando. Allora, perché nelle televisioni, sui giornali, sentiamo tanto spesso questi attacchi strumentali, che ci additano come quelli che sanno solo dire di «no» ? Il MoVimento dice sempre e solo «no» quando vengono messi da parte gli interessi dei cittadini e portati avanti gli interessi di pochi, dei partiti, delle lobby, delle banche, del sistema marcio e corrotto che ha trascinato questo Paese nel baratro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Noi siamo cittadini prestati alle istituzioni, non politici di professione. Il nostro contributo ai lavori di questo Parlamento è portare le nostre competenze e le competenze dei cittadini che lavorano con noi facendo rete, una rete di competenze, dove ciascuno mette a disposizione il proprio sapere per contribuire gratuitamente al bene comune. Lo ribadisco questo perché è difficile, per noi cittadini, rispondere ad una schiera di comparse televisive che fa disinformazione in TV a tutte le ore, spesso evitando di fare invece il proprio lavoro, per il quale è pagata dai cittadini: stare nel Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Venendo alla proposta, il MoVimento fa quello che dice sull'ambiente e abbiamo delle idee chiare, anzi chiarissime. Le Agenzie ambientali e i reati ambientali hanno una forte correlazione: da una Pag. 13parte il controllo, dall'altra la pena. In Italia questo mancava del tutto per quanto riguarda i reati ambientali o era carente a causa di riforme fatte a metà, se parliamo delle Agenzie ambientali. Se riusciremo a portare a compimento queste due leggi di iniziativa parlamentare avremo fatto il nostro compito e, forse, anche una parte della storia di questo Paese. Con il nostro impegno siamo riusciti in ciò in cui molti Governi hanno fallito: fare delle norme che tutelino l'ambiente e allo stesso tempo puniscano chi non lo rispetta. Questo vuol dire essere visionari o dei pazzi ? Forse vuol dire solo avere del buonsenso, quello che abbiamo detto avremmo portato in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). ARPA e ISPRA devono diventare enti che stanno dalla parte del cittadino, che agiscono per tutelare la salute, l'ambiente e il territorio, il vero patrimonio dello Stato. I dati diventeranno pubblici e consultabili da tutti i cittadini o associazioni.
  Nonostante tutto questo e nonostante il buon lavoro, abbiamo lo stesso delle preoccupazioni perché continuiamo a sentire la parola «semplificazione» echeggiare in questi palazzi: «semplificare». Però si può semplificare, si può semplificare l'approccio eccessivamente burocratico, su questo siamo d'accordo, ma ci vuole una controparte, e la controparte qual è ? Sono i controlli. Si può semplificare se esiste un sistema di controlli, giusto peso che controbilanci la semplificazione. Se noi non facciamo questo, stiamo sbagliando strada e se voi non farete questo, troverete le nostre barricate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Semplificare senza regole serve solo ai furbi e agli approfittatori, che ben conoscete e che alle volte siedono in questi stessi banchi.
  Noi con la nostra proposta abbiamo presentato un sistema agenziale delle Agenzie ambientali ancora più indipendente della politica, basato sull'esperienza e sulla professionalità.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, abbassiamo un po’ il tono della voce !

  MIRKO BUSTO. Un sistema per fare controlli e ricerca applicata volto alla tutela dell'ambiente, del territorio e, in via indiretta, della salute. Spesso la politica pretende di essere sopra la scienza, sopra i dati empirici che gli studi mettono sul piatto. Avremmo voluto Agenzie indipendenti e autonome che svolgessero controlli anche sulle scelte politiche in materia di ambiente, analizzando dal punto di vista tecnico le conseguenze sul territorio delle scelte fatte in questi palazzi. Purtroppo, non siamo riusciti a raggiungere pienamente la visione che abbiamo espresso, però abbiamo migliorato molto il testo, molta parte della nostra proposta è stata presa in considerazione e, a testimonianza di questo, oggi non vedrete dei nostri emendamenti. Questo è un forte messaggio che, quando il Parlamento lavora per come è chiamato a lavorare, noi siamo pronti a collaborare e a portare il nostro contributo. Se voi continuerete a lavorare con la decretazione d'urgenza, fatta in questa maniera disdicevole, a dir poco, noi vi faremo le barricate.
  Avremmo voluto una visione d'insieme, una visione al futuro per quanto riguarda i finanziamenti; un ente tecnico-scientifico e di controllo deve poter contare su fondi certi ed adeguati per essere messo in grado di operare, altrimenti possiamo fare le leggi più belle del mondo ma rimarranno inapplicate. Poi c’è un altro problema: i soldi. Quando noi andiamo a vedere i bilanci perché dobbiamo cercare i soldi, troviamo sempre una porta chiusa. Una porta chiusa se parliamo di ambiente e ricerca, mentre le porte sembrano sempre spalancate quando si parla di grandi opere, inutili spesso. Con una minima capacità di visione, si sarebbe potuto facilmente arrivare alla conclusione che investire di più in controlli porta spese inferiori per rimediare ai danni, per rimediare ai danni sulla salute umana. Quindi, alla fine, noi cittadini vi stiamo dicendo e diciamo ai cittadini là fuori: riprendiamoci questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

Pag. 14

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Segoni. Ne ha facoltà.

  SAMUELE SEGONI. Signor Presidente, il MoVimento 5 Stelle voterà convintamente «sì» a questa proposta di legge e, come avete visto, non ha presentato che pochissimi emendamenti. Qual è il motivo di questa scelta ? Ci siamo forse venduti ? Sicuramente no, è molto più semplice il motivo, è che il testo che votiamo recepisce anche una nostra proposta di legge ed in Commissione, in particolare all'interno del Comitato ristretto informale, sono state accettate praticamente tutte le nostre proposte.
  Ad esempio, con riguardo alle figure di coordinamento della rete delle Agenzie, abbiamo inserito dei vincoli affinché venga effettuata a costo zero, ovvero senza emolumenti, rimborsi o gettoni aggiuntivi; e abbiamo introdotto dei vincoli per cui le figure, come i direttori generali e i presidenti, debbano essere necessariamente figure di rilievo per competenza tecnico-scientifica e prive di conflitti con altre cariche. Sostanzialmente, grazie a noi avremo una direzione capace e senza spese pazze, quindi competenza senza casta per una volta: mi sembra un ottimo risultato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Inoltre, visto che la struttura delle Agenzie ambientali è organizzata con un sistema a rete, ci siamo preoccupati di andare oltre e di estendere la rete delle Agenzie e dei controlli ambientali anche oltre; infatti, abbiamo contribuito a rafforzare la collaborazione e l'integrazione di ISPRA e delle ARPA con altri enti e organi dello Stato, di ricerca e non; siamo stati però contemporaneamente attenti a non inserire degli spiragli per far infiltrare interessi personali ed infatti, per quanto riguarda la rete dei laboratori, abbiamo introdotto dei vincoli per ridurre al minimo il ricorso a laboratori esterni, che ben si potrebbero prestare a consulenze o ad altri favori.
  Inoltre, siamo riusciti a fare in modo che le altre forze politiche accettassero la nostra visione di una rete delle Agenzie che fosse un'eccellenza al servizio del Paese. Ci siamo impuntati e, a dispetto dei testi base che volevano l'ISPRA come organo puramente tecnico, abbiamo imposto che continuasse a fare anche ricerca applicata, proprio perché potesse sviluppare sempre sistemi di eccellenza all'avanguardia.
  Inoltre, abbiamo inserito degli indirizzi per far tendere il Sistema delle agenzie ai massimi standard tecnico-scientifici internazionali. Il motivo è evidente: se i tecnici devono andare a monitorare, per esempio, l'inquinamento dell'aria, noi vogliamo che lo facciano con i sistemi più all'avanguardia e più efficaci che ci siano, perché devono andare a scoprire le magagne del Paese, non a nasconderle. Inoltre, un adeguamento costante degli standard di servizio in base alle criticità ambientali emerse durante i consueti rapporti annuali. A cosa servirebbe altrimenti conoscere le criticità, se non predisponiamo adeguate contromisure ?
  Inoltre, nell'ottica di creare un database di dati ambientali, abbiamo fatto in modo che i dati ambientali fossero pienamente accessibili e fruibili a chiunque, soprattutto ai semplici cittadini, che attualmente ci chiedono sempre insistentemente aiuto per avere accesso agli atti perché loro, da semplici cittadini, rimbalzano nel muro di gomma della burocrazia.
  Quindi, l'eccellenza tecnico-scientifica deve essere al servizio del Paese, dove Paese significa i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Poi, come precedentemente sottolineato anche dal mio collega Busto, questa riforma delle Agenzie fa il paio con i procedimenti sui reati ambientali: infatti, ha ben poco senso inasprire le pene ambientali se poi manca il controllo che scopre i reati, ed ecco che abbiamo contribuito a rafforzare il carattere di vigilanza e di ispezione, inserendo anche il potere di predisporre sanzioni, e soprattutto abbiamo fatto in modo che il personale ispettivo possa essere attivato anche da segnalazioni dei cittadini, cosa che attualmente non avviene in tutte le regioni.Pag. 15
  Inoltre, un ultimo punto che mi preme sottolineare è che abbiamo fatto in modo che ISPRA possa essere uno strumento per poter fare una migliore pianificazione territoriale; quindi, ISPRA continuerà con i suoi compiti statutari, come il monitoraggio del consumo del suolo e della sua cementificazione, l'aggiornamento della carta geologica d'Italia e l'aggiornamento della mappatura e del censimento dei fenomeni franosi italiani, tutte cose molto tecniche, ma che sono indispensabili per un'adeguata pianificazione territoriale.
  Ora, perché è scoppiato questo idillio in Commissione ? Semplicemente, secondo me, perché nelle principali forze politiche impegnate nel Comitato ristretto abbiamo trovato delle persone con un'impostazione meno ideologica e più tecnica – ciò anche nelle altre forze politiche – interessate come noi ad analizzare il problema nel merito, concentrate quindi sul merito e sui temi, non tanto sulle posizioni ideologiche. Insomma, ci sembra di aver applicato in Commissione il «metodo 5 Stelle» ed è stato un piacere collaborare con tali persone: una delle rare volte in cui mi sono sentito loro collega. Non scambiatela per una apertura, assolutamente: il «metodo 5 Stelle» è differente e rende la politica semplicissima...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Segoni. Colleghi, posso chiedervi per favore di abbassare un po’ il tono della voce !

  SAMUELE SEGONI. Capisco che l'Aula possa essere turbata da queste affermazioni.
  Il metodo del MoVimento 5 Stelle, dicevo, è differente e rende la politica semplicissima. Non si fa nessuna alleanza su basi politiche e dobbiamo semplicemente dire «sì» a cose buone e «no» a cose cattive, dove il buono e il cattivo viene deciso in base alle ricadute sui cittadini. Qui mi preme fare un ulteriore distinguo, perché ogni forza politica fa riferimento alle sue lobby e il MoVimento 5 Stelle non fa eccezione. Anche noi lavoriamo per una lobby: la lobby dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In Commissione, come dicevo, siamo riusciti a fare lavorare anche gli altri con questa visione. Quindi, non vogliamo essere alleati, vogliamo soltanto portarvi a lavorare sempre con questo metodo e con questa prospettiva, e se tra qualche anno una qualsiasi forza politica, che adesso purtroppo non vedo al di fuori del MoVimento 5 Stelle, ci dovesse dimostrare – e non promettere, ma dimostrare – che sa governare l'Italia nell'interesse dei cittadini, allora ce ne andremo, spontaneamente, e cederemo volentieri il passo, perché il nostro compito è proprio questo. Noi siamo come il sapone: il nostro compito è lavare via tutto lo sporco e poi dissolversi, lasciando soltanto pulito e profumo di fresco (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, noi ringraziamo per questo lavoro che il MoVimento 5 Stelle ci ha fatto fare in Commissione, ma vorrei ricordare che la riforma di cui stiamo discutendo è sul tappeto da otto anni e nasce molto, molto prima della stessa nascita del MoVimento 5 Stelle. Quindi, ne apprezziamo sicuramente il contributo, ma vorrei riportare nella normalità la discussione e il lavoro che è stato fatto.
  Come Partito Democratico, noi sosteniamo da tempo una semplificazione normativa che riduca i margini di discrezionalità e di incertezza per le imprese. La riforma del sistema dei controlli delle Agenzie e dell'ISPRA e l'introduzione nel codice penale dei delitti contro l'ambiente sono le tre condizioni necessarie non solo per contrastare l'illegalità ambientale, ma per tutelare le imprese più innovative e per garantire al nostro Paese uno sviluppo di qualità.
  Si aggiunga che la crescente preoccupazione dei cittadini riguardo al tema ambiente e salute richiede una risposta da parte delle istituzioni al passo con i tempi. Conoscenza, trasparenza, professionalità, Pag. 16sono caratteristiche fondamentali per cui la gente possa riconoscere negli organi tecnici quella autorevolezza indispensabile per avere fiducia e per sentirsi tutelata nel bene supremo che è la propria salute.
  La costruzione di fatto di un sistema delle Agenzie di protezione ambientale diventa, quindi, una priorità assoluta. La loro costituzione, con la legge n. 61 del 1994, ha segnato un traguardo importante, ma ora diventa indispensabile andare oltre.
  Non partiamo da zero. Già oggi le Agenzie e l'ISPRA contano oltre duecento sedi al servizio del Paese, 600 mila campioni analizzati ogni anno, quasi 100 mila operazioni tra ispezioni e sopralluoghi, oltre 73 mila istruttorie e pareri, più di 11 mila operatori coinvolti. Sono numeri importanti.
  Aumentano le attività e diminuiscono i costi per il cittadino. Nel 2012 le Agenzie regionali hanno ricevuto 563 milioni di euro di finanziamento pubblico da parte di regioni e province, l'80 per cento circa dal Fondo sanitario regionale. Numeri, dicevo, importanti, ma che non garantiscono un'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale dei controlli necessari. Le Agenzie del sud sono sicuramente le più in difficoltà, nonostante spesso le emergenze ambientali riguardino proprio quelle regioni: l'Ilva di Taranto, la Terra dei fuochi, l'Isochimica, Bellolampo, Malagrotta, Bussi, tutti casi di cui spesso ci siamo occupati in quest'Aula.
  Con questo provvedimento si dà finalmente al Paese un'organizzazione efficace ed efficiente del sistema dei controlli. Non si tratta solo di verificare il rispetto delle norme, di assoluta importanza...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Bratti. Colleghi, vale per l'onorevole Bratti quello che è valso per tutti coloro che sono intervenuti finora. Abbassate, per favore, un po’ il tono della voce. Prego.

  ALESSANDRO BRATTI. ...si intende anche quella complessa attività di monitoraggio e raccolta dati che serve per migliorare il grado di conoscenza dei numerosi fattori ambientali. Si tratta per il decisore politico, cioè noi, di avere a disposizione dati certi, scientificamente validati, prodotti da organismi tecnici autonomi, che consentano di decidere al meglio per il bene delle nostre comunità.
  Non c’è territorio oggi nel Paese dove, rispetto alla costruzione di un qualsiasi tipo di impianto, non vi sia conflittualità sociale, una conflittualità spesso dovuta alla scarsa fiducia dei cittadini verso le istituzioni politiche e amministrative, ma anche verso quelle tecniche, sempre più accusate di essere asservite alle decisioni della politica.
  Nel provvedimento che andiamo a votare noi cerchiamo di dare più autonomia alle Agenzie e all'ISPRA, definiamo in maniera chiara il rapporto fra controllore e controllato, chiediamo più professionalità a chi dovrà dirigere queste organizzazioni che, pur rimanendo strutture tecniche strumentali, formuleranno pareri che saranno vincolanti per le autorità competenti.
  Si costruisce un vero e proprio sistema a rete coordinato dall'ISPRA. Rimane la completa autonomia dei livelli regionali e si realizzano sinergie fra gli enti, che oggi sono lasciate alla buona volontà delle persone.
  Si mettono in rete i numerosi laboratori provinciali, si integrano le specializzazioni tecniche maturate all'interno delle singole Agenzie. Si determinano dei livelli di prestazione tecnica ambientale uniformi per tutto il territorio nazionale, per cui vengono definiti dei livelli di tutela ambientale di base uguali da Aosta a Mazara del Vallo. Questo è difatti il cuore del provvedimento: garantire che un inceneritore sia controllato tre volte...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bratti, almeno i colleghi che sono dietro l'onorevole Bratti, se gentilmente possono abbassare il tono della voce.

  ALESSANDRO BRATTI. Dicevo: garantire che un inceneritore sia controllato tre volte all'anno, ovunque esso si trovi, definire procedure autorizzative uguali per Pag. 17la stessa tipologia di impianti significa non solo far bene all'ambiente, ma evitare anche una sorta di dumping industriale, per cui vi sono luoghi, a parità di legislazione, dove alcune attività inquinanti possono proliferare e altri in cui questo non è permesso.
  Avremo finalmente un sistema i cui dati forniti siano considerati ufficiali. Troppo spesso si citano per convenienze, a volte strumentali, numeri che provengono dagli organismi o professionisti più vari. Le Agenzie regionali trovano in questo schema più autonomia, integrano le conoscenze. Già oggi in queste organizzazioni abbiamo eccellenze di grande livello scientifico.
  In questi giorni si parla molto dei risultati del panel di esperti che, sotto l'egida delle Nazioni Unite, ci segnalano la drammaticità dei cambiamenti climatici. Alcuni di questi studiosi operano all'interno del sistema delle Agenzie e dell'ISPRA. Grazie a questo sistema abbiamo una rete di allerta per le radiazioni nucleari di grande efficacia e centri funzionali del sistema di protezione civile che forniscono dati, gestiscono le reti, i livelli dei fiumi, la qualità delle acque superficiali e profonde. Ora, tutte queste eccellenze potranno essere definitivamente messe in rete. Anche l'ISPRA in questo disegno assume un ruolo più importante: non solo supporto tecnico ai Ministeri, ma perno di un sistema nazionale.
  Abbiamo discusso molto riguardo alla necessità di mantenere accanto alle funzioni tecniche quelle di ricerca. Tanti sono i ricercatori all'interno di ISPRA e tante sono le ricerche che hanno permesso di attivare processi virtuosi. La nostra idea è che ricerca e attività tecnica siano due facce della stessa moneta: ricerca che serve a sviluppare nuove tecniche di monitoraggio, nuovi sistemi di analisi, nuove metodologie di controllo, una ricerca finalizzata, che vede anche il concorso di altri enti quali l'università, il CNR, l'ENEA, le NGO.
  Un'attenzione particolare merita il tema ambiente e salute: il rispetto dei limiti ambientali e un efficiente sistema di controlli sono, di fatto, attività di prevenzione sanitaria. Questa è la ragione per cui sempre più stretta dovrà essere la collaborazione tra il sistema e l'Istituto superiore di sanità.
  Vedete, nel provvedimento sulla Terra dei fuochi abbiamo stanziato ingenti risorse sugli screening sanitari. Era un intervento doveroso anche per rispetto delle richieste della gente di quei territori, ma non c’è dubbio che, se una parte di quelle risorse le avessimo dedicate alle attività di prevenzione, avremmo preso una decisione giusta.
  Alcuni nodi rimangono irrisolti, lo sappiamo: il rapporto tra magistratura e sistema, passando dal tema degli ufficiali di polizia giudiziaria alla carenza di personale nel sud, la qualità di alcune attività che non sono all'altezza della richiesta dei cittadini, la carenza dei finanziamenti adeguati. Ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che oggi, dopo circa otto anni, costruiamo in questo Paese un sistema per la protezione ambientale più forte, dando una organizzazione moderna e innovativa in grado di affrontare le complesse sfide che i tempi attuali ci impongono.
  Un altro importante tassello verso la costruzione di un Paese più moderno, che finalmente consideri l'ambiente non solo il principale bene comune da tutelare, ma anche una grande opportunità per ritornare a crescere. Queste, signor Presidente, sono le ragioni che ci portano ad esprimere un voto favorevole sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare il presidente della VIII Commissione, Ermete Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, intervengo solo per un ringraziamento non rituale al relatore, ai tanti colleghi della Commissione di tutti gruppi che hanno Pag. 18fornito un contributo a questo provvedimento e agli uffici.
  Voglio dire solo una cosa: è raro che in quest'Aula un provvedimento così importante abbia maggioranze così ampie. Si è visto ieri e si vedrà anche oggi (sì è capito dalle dichiarazioni di voto). Dietro questo c’è un gran lavoro. Diceva Hemingway che il genio è un per cento ispirazione e 99 per cento traspirazione. V’è tanta traspirazione dietro questo provvedimento, ci auguriamo che il Senato in questo caso, come nel caso dei crimini contro l'ambiente, migliori i provvedimenti e li porti presto a compimento (Applausi).

(Coordinamento formale – A.C. 68-110-1945-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 68-110-1945-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge nn. 68-110-1945-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tartaglione, Scuvera, Stumpo, Nicchi, Zardini, Dellai, Spadoni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  «Realacci ed altri; Bratti ed altri; De Rosa ed altri: Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale» (68-110-1945-A):

   Presenti e votanti  403   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  403.

  La Camera approva (Applausi – Vedi votazioni).

  (I deputati Boccuzzi, Santerini e Marcon hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Sospendiamo a questo punto la seduta per cinque minuti.
  Alla ripresa della seduta avrà luogo la discussione sul Documento di economia e finanza 2014.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 11.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Discussione del Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2014.
  Avverto che i tempi risultano necessariamente rimodulati, tenendo conto dell'articolazione dei lavori stabilita nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri.
  Ricordo che il procedimento si svolgerà secondo le modalità previste dall'articolo 118-bis del Regolamento, in base a quanto stabilito nel parere della Giunta per il Regolamento del 14 luglio 2010.
  Avverto, inoltre, che, sulla base di una lettera inviata dal presidente della Commissione bilancio, la Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri ha preso atto che parte integrante del Documento di economia e finanza è costituita dalla relazione prevista dall'articolo 6, comma 3, della Pag. 19legge n. 243 del 2012, con cui il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione a discostarsi dagli obiettivi programmatici, impegnandosi comunque a conseguire gli obiettivi medesimi entro l'orizzonte temporale del DEF.
  Sempre ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, la deliberazione delle Camere che autorizza lo scostamento deve essere approvata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
  Alla luce delle indicazioni procedurali, su cui ha convenuto all'unanimità la Commissione bilancio, la Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri ha stabilito che l'esame del DEF si concluderà con l'approvazione di due distinti atti di indirizzo: il primo concernente l'autorizzazione allo scostamento dagli obiettivi programmatici e l'approvazione del piano di rientro, da votare a maggioranza assoluta; il secondo, presentato ai sensi dell'articolo 118-bis del Regolamento, concernente il Documento di economia e finanza nel suo complesso, da votare a maggioranza semplice, sulla base degli esiti della precedente deliberazione.
  Avverto, altresì, che nella serata di ieri la Ministra per i rapporti con il Parlamento ha trasmesso copia delle comunicazioni formali intercorse tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Commissione europea in merito al Documento di economia e finanza.
  Per quanto riguarda lo svolgimento della seduta odierna, come stabilito in occasione della citata riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, l'Assemblea, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, procederà alla discussione, nel corso della quale dovranno essere presentate sia le risoluzioni riferite alla relazione che quelle relative al DEF. Interverrà, quindi, in sede di replica, il rappresentante del Governo, che dovrà esprimere il parere sulle risoluzioni riferite alla relazione ed indicare quale risoluzione relativa al DEF intenda accettare.
  A partire dalle ore 14, si svolgeranno le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta. Dopo lo svolgimento delle dichiarazioni di voto si procederà ai voti, secondo le modalità precedentemente indicate.

(Discussione – Doc. LVII, n. 2)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di parlare il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan. Prego, Ministro Padoan.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, buongiorno.
  Il Documento di economia e finanza, approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana, testimonia la volontà del Governo di perseguire una strategia su tre cardini principali: dare sostegno nel breve periodo alla ripresa, che è ancora nascente, attraverso sgravi fiscali alle famiglie, il pagamento dei debiti commerciali e investimenti pubblici; far riacquistare competitività e sostenere la crescita attraverso misure strutturali e il taglio del cuneo fiscale; mantenere credibilità e disciplina nei conti pubblici per limitare il costo del debito.
  A partire dal 2009, cioè dall'inizio della crisi dei subprime, e durante il 2012 e il 2013, l'economia italiana è stata interessata da una fase di profonda e prolungata recessione. Dal punto di picco della fine del 2007 ad oggi, la crisi ha causato una perdita di PIL cumulato pari a circa 9 punti percentuali. Nel solo biennio 2012-2013, la crescita potenziale si è ridotta, rispettivamente, dello 0,7 e dello 0,4 per cento. Nonostante la forte contrazione del prodotto potenziale, il gap tra la crescita osservata e quella potenziale ha fatto registrare valori particolarmente negativi.
  Secondo le previsioni invernali della Commissione europea, il gap è stato pari al 4,3 per cento del prodotto potenziale nel 2013, molto vicino al valore di minimo dal 1965 ad oggi ed inferiore al livello considerato rappresentativo, cioè quel livello Pag. 20che, secondo la metodologia della Commissione, dovrebbe prevalere in condizioni cicliche normali.
  Nonostante i segnali di ripresa delineatisi nell'anno in corso, anche nel 2014 il gap rimarrà particolarmente negativo ed al di sotto del livello considerato rappresentativo. La ripresa economica ancora fragile si associa a condizioni di liquidità delle imprese ancora lontane da livelli accettabili. Allo stesso tempo, la situazione del mercato del lavoro rimane molto difficile.
  Alla luce di tali considerazioni, il Governo ritiene che le condizioni macroeconomiche e finanziarie richiedano di riconsiderare il profilo dell'avvicinamento all'obiettivo di medio periodo, rappresentato dal pareggio di bilancio in termini strutturali. Il Governo ha già illustrato nei dettagli e con un cronoprogramma preciso come intenda far fronte al perdurare delle condizioni cicliche avverse, attraverso azioni di stimolo a breve (come il pagamento dei debiti residui da parte della pubblica amministrazione) e con azioni di riforma strutturale.
  In questa sede vorrei quindi non ripetere quanto è stato indicato in dettaglio nel Documento di economia e finanza. Vorrei invece brevemente descrivere le ragioni che hanno condotto il Governo a chiedere il voto a maggioranza assoluta. L'esigenza di dotare gli enti pubblici delle risorse necessarie all'attuazione di interventi che si intende adottare determina un incremento del saldo netto da finanziare di circa 20 miliardi nel solo 2014 e del fabbisogno complessivo delle amministrazioni pubbliche di circa 13 miliardi nello stesso anno, da cui consegue un corrispondente incremento del debito pubblico. Una parte dell'incremento del saldo netto da finanziare è connesso con operazioni di ristrutturazione del debito regionale, assistite dallo Stato, che consentiranno alle regioni di modificare il profilo temporale degli oneri per il rimborso dei debiti, anche in relazione al quale dovrà essere raggiunto il livello delle emissioni nette. Data la natura straordinaria dell'intervento per l'accelerazione dei pagamenti sui debiti della PA, non si determinano effetti permanenti sugli altri saldi di finanza pubblica.
  Il pagamento della componente residua dei debiti pregressi della pubblica amministrazione ha la finalità di mitigare le restrizioni sulla liquidità comuni a molte imprese. Inoltre, l'intervento non si limiterà al solo rimborso dei debiti commerciali in essere, ma abbrevierà i tempi di pagamento in linea con le regole europee, dando luogo a effetti positivi di riduzione delle barriere all'entrata, come stimato recentemente dalla Commissione europea.
  Per favorire il pagamento dei debiti residui della pubblica amministrazione il Governo intende avvalersi della procedura degli eventi eccezionali prevista dall'articolo 6 della legge n. 243 del 2012.
  Tale normativa prevede che, in presenza di eventi eccezionali, il Governo, qualora ritenga indispensabile discostarsi dagli obiettivi programmatici, sentita la Commissione europea, presenti al Parlamento una relazione e una specifica richiesta di autorizzazione, in cui sia indicata l'entità e la durata dello scostamento, nonché sia definito un piano di rientro che permetta di convergere verso l'obiettivo di medio periodo.
  La deliberazione di ciascuna Camera, con la quale si autorizza lo scostamento dagli obiettivi programmatici, deve essere votata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
  A questo fine, sottopongo alla vostra attenzione la relazione sull'indebitamento del debito pubblico contenuta nel capitolo 3 della sezione 1 del Documento di economia e finanza.
  Questa relazione chiarisce quale sia la strategia complessiva del Governo: come ricordavo, oltre a contrastare gli effetti avversi della recessione mediante il pagamento dei debiti pregressi, si intende favorire il ritorno dell'economia sul sentiero sostenuto di crescita potenziale. A questo fine, il Governo si è impegnato ad approvare rapidamente un pacchetto di riforme strutturali, la cui portata ed effetti sono descritti in dettaglio nel piano nazionale di riforma.Pag. 21
  L'articolo 3, comma 4, della legge n. 243 del 2012, in linea con i regolamenti europei, prevede esplicitamente una forma di flessibilità sul calendario di convergenza verso l'obiettivo di medio periodo, in presenza di importanti riforme strutturali che producano un impatto positivo sul bilancio di medio periodo e sulla sostenibilità di medio e lungo termine delle finanze pubbliche, attraverso un aumento della crescita potenziale.
  Tali riforme sono valutate dalla Commissione europea con riferimento alla loro coerenza con gli orientamenti europei di politica economica, inclusi quelli recentemente messi in evidenza nel processo di in-depth review relativo alla procedura per squilibri macroeconomici. In presenza di importanti riforme strutturali, è possibile deviare temporaneamente dal percorso di convergenza verso l'obiettivo di medio periodo. La deviazione temporanea è consentita a condizione che sia mantenuto un opportuno margine di sicurezza rispetto al valore di riferimento del rapporto deficit/PIL e che la posizione di bilancio ritorni all'obiettivo di medio periodo entro il periodo coperto dal Programma di stabilità.
  Nel corso del 2014, la riduzione del saldo strutturale sarà di 0,2 punti percentuali di PIL, in luogo della riduzione di 0,5 punti richiesta dal Patto di stabilità e crescita per i Paesi che si trovano ancora distanti dal proprio obiettivo di medio periodo. Il rallentamento della convergenza verso l'obiettivo di medio periodo del 2014 viene compensato dall'impegno del Governo, a partire dal 2015, ad attuare un piano di rientro che permetta di raggiungere pienamente l'obiettivo nel 2016. Nel 2015 il disavanzo strutturale ricomincerebbe a diminuire di 0,5 punti percentuali grazie a una manovra di consolidamento finanziata dalla riduzione di spesa pari a 0,3 punti percentuali di PIL sull'avanzo primario. Il pareggio di bilancio in termini strutturali verrebbe conseguito pienamente nel 2016 e sarebbe mantenuto lungo tutto l'orizzonte di programmazione, sino al 2018.
  Complementare al piano di rientro è anche un importante programma di privatizzazioni che prevede dismissioni di attività dello Stato per circa 0,7 punti percentuali del PIL nel triennio 2014-2017. Le misure correttive programmate per i prossimi anni e il piano di dismissioni previsto assicurano, già dal prossimo anno, il rapido rientro del maggior rapporto debito pubblico/PIL conseguente all'ulteriore pagamento dei debiti pregressi. Il profilo programmatico del rapporto debito/PIL rispetta così la regola sul percorso di convergenza del debito verso il parametro europeo del 60 per cento già a partire dal 2015.
  Per questo motivo, il Governo chiede al Parlamento il voto a maggioranza assoluta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Misiani.

  ANTONIO MISIANI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevole colleghi, il Documento di economia e finanza costituisce il principale strumento di programmazione della politica economica e di bilancio del nostro Paese. Enuncia le modalità e la tempistica attraverso cui l'Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici. Enuncia le modalità e le azioni con le quali vogliamo perseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020.
  Il Documento si compone di tre sezioni: la prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità; la seconda contiene l'analisi e le tendenze della finanza pubblica; nella terza sezione viene riportato il Programma nazionale di riforma, che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali delineati dalla strategia Europa 2020 a cui facevo riferimento in precedenza.
  Il Programma di stabilità evidenzia come nel 2014 la crescita mondiale, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, dovrebbe toccare il 3,6 per cento. La situazione è diversa nella zona Pag. 22euro, che viene da due anni consecutivi di riduzione del prodotto interno lordo. Il PIL dovrebbe crescere nell'anno in corso dell'1,2 per cento. La disoccupazione ha appena toccato il 12,1 per cento. Hanno pesato su questa performance inferiore all'economia mondiale le politiche fiscali restrittive e le difficoltà di aumentare l'offerta di credito alle imprese, nonostante la politica monetaria espansiva adottata dalla BCE.
  L'Europa, signor Presidente, ha affrontato una crisi che nasceva nel settore privato con una dura e simultanea correzione dei conti pubblici che ha comportato, nell'insieme della zona euro, la recessione a cui facevo riferimento e nei Paesi periferici dell'Eurozona un arretramento economico e sociale particolarmente pesante. A cinque anni di distanza dall'inizio di questa crisi, è in atto tra gli economisti, tra i Governi, tra le istituzioni finanziarie internazionali, una riflessione critica su queste politiche di austerità di cui dobbiamo necessariamente tenere conto nel momento in cui andiamo a delineare il piano di politica economica e sociale del Governo.
  Nel 2014 il PIL della zona euro dovrebbe aumentare dell'1,2 per cento, ma il quadro rimane ancora problematico. Dal luglio del 2012, dal discorso del Governatore Draghi sul futuro dell'euro, i pericoli di disgregazione della zona euro si sono molto attenuati, i mercati ne hanno preso atto e gli spread si sono ridotti di molto, però la ripresa si prospetta debole e nei primi mesi del 2014 emergono preoccupanti segnali di deflazione. La BCE ha dichiarato di essere pronta ad attivare misure non convenzionali di politica monetaria, ma ciò che appare oggi più che mai necessario è un cambio di rotta della politica economica europea, finalizzandola con molta più determinazione rispetto al passato allo sviluppo sostenibile e alla creazione di nuova occupazione.
  In Italia, nel 2013 il PIL si è ridotto dell'1,9 per cento, la recessione, che era iniziata nella seconda metà del 2011, si è fermata nell'ultimo trimestre del 2013, ma l'Italia esce dalla peggiore crisi del dopoguerra in condizioni estremamente difficili. In sei anni, la disoccupazione è raddoppiata, la povertà assoluta è raddoppiata, abbiamo perso un quarto della produzione industriale, 9 punti di PIL e i consumi delle famiglie in termini reali sono scesi di oltre il 10 per cento. Nel 2013 il nostro Paese è uscito dalla procedura per i disavanzi eccessivi, e siamo usciti dalla procedura dopo cinque anni di manovre assai severe, che hanno comportato una correzione di quasi 8 punti di PIL dell'indebitamento netto. Nel 2013 il debito pubblico ha, però, toccato il 132,6 per cento del PIL, con un aumento, tenendo conto degli aiuti ai Paesi in difficoltà della zona economica e monetaria, di 25,8 punti rispetto al 2007, e noi chiudiamo il 2013 con una pressione fiscale, con la spesa primaria corrente vicina ai massimi storici e con gli investimenti pubblici vicini, ahinoi, al minimo di sempre.
  L'Italia, signor Presidente, è stata investita dalla crisi come le altre economie avanzate, ma ha sofferto conseguenze negative più accentuate e prolungate. Hanno pesato i gravi ritardi strutturali del nostro Paese, i fattori di arretratezza che hanno portato la crescita italiana ad un livello inferiore alla media europea già alla metà degli anni Novanta; e sono ritardi che hanno reso più faticoso l'adattamento del Paese alla globalizzazione e alla rivoluzione tecnologica, più gravi le ricadute economiche e sociali della crisi, più duro l'impatto delle politiche di austerità decise a livello europeo.
  Per tutti questi motivi è necessaria, in questa fase storica, non solo la svolta delle politiche a livello europeo che chiediamo, ma anche un piano, un intervento ampio e coraggioso, nel nostro Paese, che consolidi i risultati raggiunti sul fronte del risanamento dei conti pubblici, ma che affronti con decisione i nodi strutturali a cui facevo riferimento in precedenza, sia dal lato della domanda aggregata, rilanciando consumi e investimenti, che dal lato dell'offerta, migliorando la produttività e, quindi, la competitività del nostro sistema produttivo.Pag. 23
  Per il 2014, le stime di crescita sono pari allo 0,8 per cento, inferiori a quelle della nota di aggiornamento, a causa del persistere della restrizione creditizia al settore privato. La crescita, secondo il DEF, dovrebbe accelerare dal 2015 in avanti. Sono previsioni in linea con quelle dei maggiori istituti finanziari internazionali e che non tengono, peraltro, conto dei possibili effetti delle riforme programmate dal Governo, che dovrebbero giungere – secondo stime contenute nel Documento di economia e finanza – a 2,2 punti cumulati di crescita in più da qui al 2018. L'indebitamento netto nel 2013 si è attestato al 3 per cento del PIL, un valore pari a quello programmato. L'avanzo primario è stato pari al 2,2 per cento.
  Il DEF, rispetto alla nota di ottobre, rivede in senso moderatamente peggiorativo le previsioni sull'andamento tendenziale dell'indebitamento netto. L'avanzo primario è previsto in aumento dal 2,2 per cento del 2013 fino al 5 per cento del 2018. Tutto ciò comporta un percorso di risanamento più graduale di quello previsto a suo tempo dalla nota di aggiornamento del DEF 2013. L'indebitamento strutturale, pari allo 0,8 per cento del 2013, arriva vicino al pareggio già nel 2015, perché il dato è pari allo 0,1 per cento, e arriva al pieno pareggio nel 2016, mentre la nota lo prevedeva nel 2015.
  Si tratta, come ha già detto il Ministro, di una deviazione temporanea dall'obiettivo di medio termine in questione – il pieno pareggio di bilancio –, atteso che la variazione strutturale dell'indebitamento netto prevista per il triennio 2014-2016 determina un'evoluzione positiva del saldo strutturale in esame, che, appunto, passa dallo 0,6 nel 2014, allo 0,1 nel 2015, per raggiungere il pareggio nel 2016.
  Il rallentamento di questo percorso di convergenza al pareggio di bilancio strutturale risponde anche all'intenzione del Governo di procedere con azioni decise e di riforma, che contribuiscano a migliorare il prodotto potenziale della nostra economia e comportino, nel medio periodo, un miglioramento della posizione di bilancio in termini strutturali, con un conseguente miglioramento della sostenibilità delle finanze pubbliche.
  A questo riguardo, ricordo che, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, in caso di scostamenti temporanei dal saldo strutturale degli obiettivi programmatici in presenza di eventi eccezionali, tra i quali sono contemplati anche i periodi di grave recessione economica, il Governo, appunto, qualora ritenga necessario discostarsi da tali obiettivi – come ha enunciato poc'anzi il Ministro –, sentita la Commissione europea, presenta alle Camere una relazione, che è contenuta nel DEF, e una specifica autorizzazione, in cui si è indicata l'entità e la durata dello scostamento e si è definito un piano di rientro. La deliberazione con cui ciascuna Camera approva lo scostamento e approva il piano di rientro deve essere approvata a maggioranza assoluta dei propri componenti, come è stato ricordato.
  In questo quadro, il Governo ha presentato una relazione, con il Capitolo III del programma di stabilità del DEF, mediante il quale, appunto, il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione a discostarsi dagli obiettivi programmatici e si impegna a ritornare sull'obiettivo di medio periodo, entro l'orizzonte temporale del DEF, nel 2016, con un piano di rientro apposito che coincide con il profilo programmatico delineato dal Documento. Abbiamo tutti preso atto della corrispondenza che vi è stata tra il Ministro dell'economia e delle finanze e Governo e la Commissione europea e, quindi, ci sono le condizioni per procedere ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012.
  Per quanto riguarda l'evoluzione del rapporto debito/PIL che, come ricordavo, ha toccato il 132,6 per cento del 2013, il DEF programma un'ulteriore crescita nell'anno in corso al 134,9 e un successivo calo dal 2015 in avanti, fino a scendere al 120,5 per cento nel 2018. È un percorso impegnativo, ambizioso, indubbiamente, la cui fattibilità dipende da tre elementi: la riduzione dei tassi di interesse sui titoli del debito, e l'evoluzione degli spread da questo punto di vista è confortante, nonché Pag. 24anche l'impostazione di politica monetaria della BCE; la maggiore crescita nominale dell'economia; il rafforzamento dell'avanzo primario che, come abbiamo detto, nella sua versione tendenziale, è destinato a salire fino al 5 per cento nel 2018.
  In relazione al rispetto della regola europea del debito, nel 2014-2015, è necessario un ulteriore aggiustamento strutturale dello 0,5 per cento rispetto al quadro a legislazione vigente nel primo anno e dello 0,6 per cento nel secondo. Il Governo, però, ritiene che il citato piano di rientro sia sufficiente a compensare l'aumento dello stock del debito pubblico dovuto al pagamento di ulteriori 13 miliardi di debiti pregressi della pubblica amministrazione e a garantire il rispetto della regola del debito nel 2015, tenendo conto che, in favore del rispetto della regola del debito, operano anche i numerosi fattori rilevanti presenti nel caso italiano.
  Il Programma nazionale di riforme (PNR), da un lato, verifica le riforme intraprese dopo il PNR dell'anno scorso, dall'altro, prospetta, come ricordavo, l'agenda degli interventi per il futuro funzionali alla strategia «Europa 2020» e recepisce le indicazioni dell'Unione europea contenute nell'analisi annuale della crescita per il 2014, nonché nel rapporto annuale sugli squilibri macroeconomici.
  La prima parte del PNR, come è noto, illustra gli interventi da compiere dal 2014 in poi. È un piano di riforme, signor Presidente, molto ambizioso e impegnativo: c’è l'indicazione delle tempistiche di attuazione che evidenza, in proposito, di varare buona parte delle riforme strutturali entro l'anno in corso. I presupposti di questo ambizioso piano di riforme sono le riforme istituzionali, quella della legge elettorale e quelle costituzionali tese al superamento del bicameralismo perfetto e alla revisione del Titolo V.
  Il PNR indica quattro strategie di politica economica, la prima è la riduzione del cuneo fiscale e contributivo e dell'IRAP che è, me lo lasci dire, signor Presidente, il più grande intervento di riduzione della pressione fiscale nel nostro Paese da molti anni a questa parte; è un intervento che potrà avere effetti strutturali di stimolo al mercato del lavoro, di stimolo della domanda, di riduzione della povertà, e andrà posta, naturalmente, nel momento in cui si apriranno ulteriori spazi finanziari, l'estensione delle categorie beneficiarie di questo intervento di riduzione della pressione fiscale.
  Il secondo elemento di strategia di politica economica è l'incremento degli investimenti pubblici attraverso l'allentamento del Patto di stabilità interno, un uso dei fondi europei più efficace rispetto al passato, gli interventi per l'edilizia scolastica, per il riassetto idrogeologico, la sfida di Expo; c’è un passaggio chiave per rilanciare gli investimenti pubblici che è la revisione strutturale del Patto interno di stabilità degli enti locali che, finora, non solo ha frenato, ma ha portato al crollo degli investimenti pubblici promossi a livello comunale.
  La terza strategia riguarda il miglioramento della competitività del sistema delle imprese italiane. La quarta, ma non certo ultima in ordine di importanza, è lo stanziamento di ulteriori 13 miliardi di euro per il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione, che è un grande intervento di stimolo dell'economia che segue lo stanziamento di 47 miliardi di euro già deciso per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. È apprezzabile che il PNR preveda, a fianco di questo stanziamento, la messa a regime di un nuovo sistema di regolamentazione e monitoraggio per mandare a regime, appunto, la nuova direttiva europea sul pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione.
  A queste strategie di politica economica si accompagnano azioni volte a modificare i contesti socio-economici e giuridici nel cui ambito devono svolgersi queste strategie. Sono quattro gli ambiti principali: il mercato del lavoro, e conoscete i contenuti del decreto-legge da una parte, sul tempo determinato e sull'apprendistato, e del disegno di legge delegata di riordino dei contratti di lavoro, degli ammortizzatori Pag. 25sociali, infatti è in atto una discussione parlamentare importante sotto questo profilo; la riforma della pubblica amministrazione; la riforma del sistema fiscale, attuando la delega che è stata varata recentemente dal Parlamento; gli interventi in materia di giustizia e sicurezza. Il PNR individua, infine, ulteriori criticità, delineando possibili linee di intervento sugli altri ambiti delle politiche pubbliche del nostro Paese; di tutti gli interventi viene specificata la tempistica di attuazione, ed è un'apprezzabile atto di trasparenza.
  Il PNR, infine, offre tre indicazioni per quanto riguarda le risorse per finanziare questo ambizioso piano di riforme e i paletti che pone sono: il rispetto dei vincoli europei, come ricordavo in precedenza, l'intervento di spending review, di revisione della spesa con obiettivi di risparmio complessivi di 4 miliardi e mezzo di euro per l'anno in corso, di 17 miliardi di euro nel 2015, di 32 miliardi di euro a decorrere dal 2016 e un programma di privatizzazioni destinato a produrre entrate pari allo 0,7 per cento del PIL annuale, nel triennio 2014 – 2016.
  La seconda parte del PNR illustra le riforme introdotte nel periodo di riferimento previsto dal semestre europeo, illustra il percorso compiuto dal PNR dell'anno scorso, e non entriamo nel dettaglio per motivi di tempo, e poi il PNR contiene una valutazione preliminare degli effetti macro che ricordavo in precedenza.
  Signor Presidente, nell'esprimere una valutazione complessivamente positiva di questo Documento di economia e finanza, vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula su alcuni aspetti che, a mio avviso, potrebbero utilmente integrare le iniziative previste nell'ambito del documento. Si dovrebbe, a mio parere, tenendo conto di quella che è stata la discussione nella Commissione bilancio e nelle altre Commissioni che hanno esaminato il Documento, ribadire con forza, in sede europea, la necessità di una svolta della politica economica, finalizzando la politica economica europea al rilancio della domanda aggregata e confermando la scelta di poter utilizzare, fermo restando il rispetto degli impegni assunti, le clausole di flessibilità rese disponibili dal Patto di stabilità e crescita, soprattutto, finalizzandole al rilancio degli investimenti pubblici che, come ricordavo, sono crollati ai minimi. C’è il tema di selezionare gli interventi di revisione della spesa, in modo da evitare che i tagli producano effetti recessivi, e la Commissione europea ha indicato con chiarezza i settori decisivi per la crescita futura della nostra economia che noi chiediamo vengano salvaguardati: dall'istruzione all'università, alla garanzia dei LEA nel sistema sanitario, agli investimenti pubblici naturalmente, ai servizi per l'impiego.
  Chiediamo di individuare, per quanto riguarda la riforma del sistema previdenziale, una soluzione al problema degli esodati, al problema dei lavoratori della scuola cosiddetti «quota 96» e di valutare l'idea di reintrodurre elementi di flessibilità nel percorso di uscita verso il pensionamento, come peraltro ha prospettato il Ministro del lavoro, Poletti.
  Chiediamo di destinare eventuali entrate aggiuntive del piano di privatizzazione rispetto al quadro programmatico ad alcune finalità, quali il finanziamento di un piano straordinario per l'occupazione giovanile e investimenti per il riassetto idrogeologico e l'edilizia scolastica; chiediamo di intensificare l'azione di contrasto dell'evasione fiscale, favorendo l'adempimento spontaneo da parte dei contribuenti degli obblighi e incentivando i sistemi di pagamento tracciabili – la fatturazione elettronica – e lavorando per una maggiore cooperazione internazionale che permetta di spazzare via finalmente i paradisi fiscali a livello globale, che tante risorse sottraggono al nostro erario e a quelli delle economie avanzate.
  Signor Presidente, ho concluso. L'Italia, come ricordavo, esce dalla peggiore recessione dal dopoguerra. Per rilanciare lo sviluppo, uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, serve discontinuità; serve discontinuità a livello europeo, serve discontinuità a livello nazionale. La discontinuità di questo DEF, di questo Documento di economia e finanza, Pag. 26sta innanzitutto nel progetto di riforma che delinea per il Paese. È scritta nero su bianco, nel programma nazionale di riforma, la prospettiva di un radicale cambiamento economico e sociale e istituzionale del nostro Paese e per la prima volta vengono esplicitate le tempistiche di attuazione. Avremo modo di discutere in Parlamento – lo stiamo già facendo – la qualità, la portata e i contenuti di questi progetti di riforma, però io credo che ci siano le condizioni per un cambio di passo nel nostro Paese. Non è una sfida da poco – me lo lasci dire – in un Paese che le riforme, a parole, le ha sempre invocate, salvo ostacolarle in nome di interessi particolari; non è cosa da poco in un Paese che le riforme la ha approvate in Parlamento, salvo «impantanarle» nella palude dei regolamenti attuativi; non è una sfida da poco in un Paese che le riforme le ha varate, ma ne ha rinviato spesso l'effettiva entrata in vigore a colpi di decreti milleproroghe.
  È necessario cambiare passo, lo dobbiamo al nostro Paese, lo dobbiamo agli italiani. Sta a noi affrontare questa sfida con il confronto in sede parlamentare, con la discussione, tenendo conto della ricchezza della pluralità delle opinioni che si esprimono in quest'Aula, ma assumendoci la responsabilità di fare sintesi e di decidere nell'interesse degli italiani. Vi ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputata Laura Castelli.

  LAURA CASTELLI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, oggi chiedo scusa perché, rispettando pure le istituzioni, credo che oggi sia necessario spiegare ai cittadini che cosa accade, e spiegarlo con parole semplici, perché abbiamo notato come in questi ultimi vent'anni di politica italiana le parole nascoste dietro al tecnicismo abbiano confuso e inebriato cittadini che di fatto non capiscono che cosa accade. E questo è un altro esempio, perché nella nostra relazione facciamo la cronostoria di quello che è accaduto, che è importante per chi da casa, per fortuna, ci ascolta, ascolta questo Parlamento con attenzione, perché grazie al cielo i cittadini hanno ricominciato ad interessarsi di questo genere di manifestazione della politica.
  È necessario ripartire dall'inizio e ricordare che qualche giorno dopo l'insediamento del nuovo Governo Renzi, il 7 marzo, la Commissione europea, insieme al Parlamento europeo e al Consiglio d'Europa discutono di un documento molto importante che ancora ad oggi non è arrivato a questo Parlamento e che ancora ad oggi nessun membro del Governo si è degnato di spiegarci.
  Perché partire da questo documento ? Perché parla dei Paesi in squilibrio di bilancio, quelli che hanno problemi maggiori rispetto ad altri Paesi e che proprio per questa problematica rischiano, rischiano più degli altri.
  Perché qui si parla tanto di essere europeisti, c’è la corsa a chi è più europeista di un altro e ovviamente viene messo alla gogna chi definisce questa Europa un'Europa che non ci rappresenta, che non rappresenta una comunità. Quindi, che succede ? Questo Documento dice due cose importanti: dice che nel mese di maggio 2014 si farà un altro controllo sui conti pubblici italiani perché, se non torneranno ad essere quelli che la «Trojka» vuole, nel mese di giugno ci saranno delle imposizioni calate direttamente dall'Europa sul nostro Paese, e non saranno consigli per gli acquisti, saranno imposizioni. Ora noi ci chiediamo come è stato possibile che un Parlamento non sia venuto a conoscenza di questo Documento, certo trovabile on line nel sito del Parlamento europeo: ma perché questo Paese non ha parlato di questo Documento ?
  E poi c’è un altro documento che questo Paese si sta scordando, questa classe politica si sta scordando: quello che dimostra che non è vero che la recessione è finita, che siamo davanti a un andamento così chiamato a «W», che non è vero che è finita la recessione e il nostro Paese ricomincerà a camminare da solo Pag. 27con le proprie gambe. È un'illusione, e allora, come al solito, questa classe politica illude chi sta fuori e purtroppo, a causa delle parole tecniche un po’ incipriate, non capisce che cosa accade.
  Noi l'abbiamo spiegato bene nella nostra relazione, non è per nulla così. Poi abbiamo avuto il colpo di scena della richiesta di sforamento rispetto ai parametri di pareggio di bilancio. È curioso; è curioso perché meno di un mese fa a questo Parlamento è stato chiesto, con una mozione, la stessa cosa, ed è una mozione del MoVimento 5 Stelle con la quale si chiedeva di applicare la stessa legge per discostarsi da quei parametri, impossibili, perché, aspettando di andare in Europa il MoVimento 5 Stelle e tentare di abolire il fiscal compact, ci prova, ci prova ad utilizzare le leggi che questo Parlamento ha fatto, il famoso articolo 7, quello che permette a un Paese in recessione, in crisi economica, in crisi ambientale di alzare la testa e dire: «per un po’, per qualche anno, ci discostiamo da questi parametri, impossibili».
  Ma c’è una cosa che nessuno ha letto, e che nessuno vuole leggere: che non basta andare in Europa e chiedere uno sforamento, che magari questo Governo ha ottenuto per Dio solo sa quale ragione e qualcun altro, qualche altro Governo precedente, non ha ottenuto, in anni precedenti. Bisogna fare un piano di rientro, il cosiddetto piano di rientro, e allora diventa inammissibile considerare il Documento di economia e finanza un piano di rientro atto a risollevare le sorti di questo Paese, perché non è programmatico, non ha dentro un piano industriale, non ha dentro un piano energetico, ha quattro riforme che sono state costruite, ma mai portate avanti da un dibattito politico.
  Seguiranno dei decreti, e quando li vedremo questi decreti ? Allora, cosa bisogna fare ? Un'altra delega in bianco, dopo averci impiccato con il fiscal compact e tutta la marea di altri meccanismi, dobbiamo dare un'altra delega in bianco, per convincerci che questo genere di Governo riuscirà con uno scostamento di un anno a risollevare le sorti ?
  E poi la cosa buffa è leggere la lettera, perché sinceramente noi non abbiamo spinto per avere in mano la lettera, ma ringrazio chi l'ha fatto perché leggerla è stato davvero interessante. Intanto la data: 16 aprile, il giorno dopo l'audizione del Ministro. E poi, il contenuto: noi ci discostiamo per pagare i debiti della pubblica amministrazione. Ora, non è per mettere il dito nella piaga, ma sempre in questo Parlamento c’è qualcuno che le cose che questo Governo continua a chiedere con questo scostamento le ha già chieste più volte, e voi – questo Parlamento, questa maggioranza e questo Governo – avete votato «no». Allora, quando c'era il decreto n. 35 sui debiti della pubblica amministrazione, il MoVimento 5 Stelle aveva proposto di pagarli tutti, mettendoci le coperture; oppure, sulla legge di stabilità, parlava di IRAP, di abbattimento dell'IRAP e questo Parlamento e questo Governo hanno votato contro.
  Ora, inventatevi tutte le ragioni degli scostamenti, ma non dimenticatevi – cosa che invece sembra che questo Governo abbia fatto – che l'articolo 11 della stessa legge che voi vi siete ricordati di avere scritto parla di allentamento dei Patti di stabilità interni, regioni, enti locali. Nel DEF si fa un lieve riferimento a un probabile successivo allentamento del Patto di stabilità interno degli enti locali, ma non basta, perché noi come Parlamento tentiamo di allentare il cappio al collo, ma lo lasciamo, lo lasciamo ben tirato agli enti locali ed alle regioni, che non riusciranno a far fronte alle cose che voi gli chiedete, che sono già pienamente impiccati.
  Allora io credo, noi crediamo, che questo articolo 11 non sia pienamente rispettato con il DEF, con le cose che voi promettete di fare sugli enti locali. Di certo non date il necessario aiuto, anche per quel principio di sussidiarietà che qui ognuno usa a piacimento, per cui gli enti non avranno nessun aiuto. Voi rallentate il patto di bilancio, ma non allentate la sofferenza dei comuni e degli enti locali, e questo è inammissibile.Pag. 28
  È una bugia che si raggiungerà pienamente l'obiettivo che la vostra Europa vuole nel 2016 e lo vedremo, perché saremo qui, e lo vedremo tutti. Mi dispiace che il Ministro sia andato via, perché volevo guardarlo negli occhi mentre dicevo queste frasi, perché magari tra due anni ci rivedremo e ci guarderemo negli occhi. Allora, guardo quelli di Baretta, va bene: se lo ricordi questo momento, perché io sono certa che nel 2016 non sarà cambiato nulla e che questo DEF, che questo scostamento sarà solo servito per fare quelle quattro cose, che per motivi di mera campagna elettorale, qualcuno continua a chiedere e cercare di fare.
  Concluderò dando solo la definizione di una parola, che è «incaprettare»: nel gergo della mafia significa legare mani e piedi dietro la schiena con una corda che passa anche intorno al collo, così da provocare una morte per auto-strangolamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Rocco Palese.

  ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le recenti comunicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze rese nella sede delle Commissioni bilancio riunite hanno rafforzato le perplessità avanzate fin dall'inizio dal gruppo parlamentare di Forza Italia in merito alla strategia seguita dal Governo nell'impostare il DEF quale base dei successivi sviluppi di politica economica e finanziaria.
  Il Ministro Padoan ha informato il Parlamento circa la sua tardiva decisione di rinviare alla Commissione europea notifica formale per ottenere il rinvio di un anno del pareggio di bilancio, spostando il termine relativo dal 2014 al 2015. Evidenziamo, in primo luogo, che tutto ciò è stato formalizzato esattamente dopo che Forza Italia ha posto il problema e, in secondo luogo, che è un fatto gravissimo per il Paese che, nel primo anno in cui si attua la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, modifica da noi ritenuta provvidenziale per la tutela dei conti pubblici e l'unità economica del Paese, se ne chieda subito la deroga. Penso che sia un brutto e cattivo bigliettino da visita nei confronti dell'Europa, se si vuole poi avere comprensione in termini di flessibilità e quant'altro. Infatti tutte, tutte le regole serie che in questo Paese vengono a fatica approvate vengono esclusivamente derogate e vedremo anche qualche esempio eclatante nel prosieguo dell'intervento.
  Preliminarmente, si evidenziano perplessità circa la procedura seguita. Il comma 3 dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, infatti, che la Commissione europea debba essere sentita prima, e non dopo la presentazione della relazione con cui si aggiornano gli obiettivi programmatici di finanza pubblica. La ratio è evidente: prima di poter decidere con la maggioranza assoluta richiesta dalla stessa norma, il Parlamento doveva essere messo in grado di valutare le conseguenze di quella decisione e i pericoli a cui si espone e si espongono i conti pubblici del Paese.
  È infatti evidente che, qualora la Commissione non fosse stata d'accordo – questo sappiamo dalla lettera che si capirà, forse il 2 giugno, se sarà approvata, se non sarà approvata, se sarà approvata con prescrizioni e così via – con la proposta di rinvio, la conseguenza sarebbe stata l'apertura di una nuova procedura d'infrazione, con tutte le conseguenze del caso. E comunque, anche quello che il Governo propone non è altro che una procedura di auto-infrazione, perché si propone lo slittamento e si propone, nello stesso momento, un nuovo piano di rientro. Cioè, da soli stiamo di nuovo cercando di governarci indipendentemente da quello che dice l'Europa. Per cosa ? Per un'ipotetica crescita ? Per un qualcosa che non si riesce a capire veramente.
  Il Governo ha invece inserito direttamente la relazione nel DEF, realizzando una commistione impropria. Nel quadro programmatico – si veda la pagina 1 – il deficit strutturale previsto si riduce dallo 0,6 del 2014 (quindi in deroga dai parametri Pag. 29europei) allo 0,1 nel 2015, dando conto, in tal modo, della manovra di rientro che si intende perseguire. Probabilmente, il Governo riproporrà le stesse cifre in un documento più specifico – l'eventuale piano di rientro, che ancora non conosciamo, se non disegnato su tanti annunci e appunti che ci sono stati –, ma si tratterà solo di una semplice formalità, dal momento che le sottostanti scelte sono già contenute.
  Che si sia trattato di un errore non solo procedurale è, quindi, evidente. L'aver inviato la suddetta notifica formale in un momento diverso rispetto a quando previsto dalla relativa normativa introduce elementi d'ambiguità. Nella comunicazione, infatti, si accenna solo ad un'eventualità, oppure si comunica una decisione già presa da parte del Parlamento ? Nel primo caso si tratterebbe di un elemento propedeutico ad una decisione che spetta, in via esclusiva, al Parlamento. Nel secondo, invece, di una vera e propria esautorazione dell'unico organo legittimato ad operare, vale a dire lo stesso Parlamento. La norma, in proposito, è estremamente chiara, quando postula che «la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento ed approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti».
  In coerenza con questi presupposti, il gruppo Forza Italia, nella sua risoluzione, ha quindi proposto una cosa semplice: mantenere il più stretto raccordo con la Commissione europea al fine di evitare che dalla valutazione – che ancora deve avvenire – da parte di quest'ultima del DEF e del piano di rientro, prevista per il 2 giugno 2014, possa scaturire la proposta al Consiglio europeo di aprire una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese a causa delle divergenti politiche economiche prospettate dal Governo italiano rispetto alle preoccupazioni manifestate in diverse occasioni, da ultimo lo scorso 5 marzo, dalla Commissione europea.
  Se il parere della Commissione fosse malauguratamente negativo, il Parlamento sarebbe posto nella difficile condizione di assumersi la responsabilità di una politica finanziaria in grado di tradursi in una procedura d'infrazione. Quest'ultima verrebbe proposta dalla Commissione al Consiglio europeo, secondo le procedure previste dal noto Regolamento UE n. 1175/2011, proposta che non potrebbe che ricalcare l'eventuale parere negativo, reso in precedenza.
  Del resto la stessa Commissione aveva, in precedenza, manifestato una forte preoccupazione per la situazione italiana. Nel suo comunicato al Parlamento europeo, al Consiglio europeo ed all'Eurogruppo del 5 marzo 2014, aveva già classificato il nostro Paese tra coloro che scontavano «uno squilibrio grave», tale da incidere, ai sensi dell'articolo 2 del Regolamento UE n. 1176/2011, sul «corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria».
  Avvertimento che avrebbe richiesto una maggiore prudenza ed il rispetto puntuale delle procedure, tanto più se si considera che intenzione del Governo non è solo quella di rinviare la necessaria manovra d'aggiustamento dei conti pubblici, ma di utilizzare possibili nuove risorse per abbattere, a fini elettoralistici, il carico fiscale a favore di un limitato gruppo di contribuenti. Per cui, questo secondo step della politica finanziaria non potrebbe che essere qualificato come una «manovra in deficit», che avrebbe come contropartita il rinvio di un anno del conseguimento del pareggio di bilancio, con quali conseguenze da parte del giudizio della Commissione è fin troppo facile prevedere.
  Nel valutare il potenziale contrasto esistente tra le valutazioni del Governo italiano e quelle della Commissione, è bene ricordare che tutti i parametri sensibili previsti sono in rotta di collisione. Il primo dato da porre in evidenza è quello della possibile crescita. Nel DEF, in aperto contrasto con quanto previsto da tutti gli organismi internazionali, il tasso di sviluppo è indicato nello 0,8 per cento per il 2014 e nell'1,3 per cento per il 2015, mentre per la Commissione la previsione è dello 0,6 per cento nel 2013 e dell'1,2 per l'anno successivo.Pag. 30
  Ma è soprattutto sulle altre grandezze sensibili, oggetto del Six e del Two Pack, che le divergenze diventano incolmabili.
  Le diversità di valutazione riguardano, nell'ordine, l'andamento del deficit strutturale, la dinamica del PIL e infine la regola della spesa per il 2014. Le diverse proiezioni di questi aggregati per il 2014 e il 2015 lasciano intravedere una sottostante valutazione sulla situazione finanziaria del Paese addirittura opposta. Favorevole quella del Governo, che considera l'eccesso di deficit strutturale, lo 0,6 per cento del PIL, puramente accidentale e pertanto riconducibile ad un evento eccezionale in grado di innescare la procedura «salvifica» di cui al Regolamento dell'Unione europea n. 1177/2011, che si è poi tradotto nell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Critica quella della Commissione, che considera invece questo squilibrio permanente e di conseguenza in aperta violazione delle regole di cui al Regolamento dell'Unione europea n. 1175/2011, a loro volta confluite nell'articolo 8 della legge precedentemente richiamata.
  La valutazione di questo dato nei documenti italiani è stata piuttosto incerta. Di conseguenza, in corso d'anno, il dato è più volte variato convergendo alla fine con le valutazioni della Commissione europea. Le esperienze precedenti purtroppo dicono questo e in effetti noi abbiamo un deficit strutturale che nel 2012 era pari a meno 0,9, nel 2013 pari allo zero, nel 2014 meno 0,2 e nel 2015 meno 0,4. La nota di aggiornamento, poi, invece, è andata a finire con un 2012 che registra un aumento da meno 0,9 a meno 1,3, nel 2013 meno 0,4, nel 2014 meno 0,3.
  Pertanto, noi riteniamo che anche l'andamento del debito sia assolutamente da censurare in riferimento a questi aspetti, e riteniamo che sostanzialmente debba essere evidenziato che esistono profonde divergenze di vedute tra la Commissione europea e il Governo italiano circa lo stato della finanza pubblica e l'evoluzione del ciclo. Queste divergenze devono essere appianate in un confronto serrato prima di assumere decisioni che rischiano di aggravare la situazione finanziaria italiana esponendo il Paese al rischio di infrazione.
  Pur limitandoci a considerare le diverse previsioni sul disavanzo strutturale e sulla regola della spesa, la manovra correttiva dovrebbe essere nell'ordine di circa 7 miliardi, in grado cioè di assorbire completamente gli ipotetici vantaggi della spending review per il 2013 e, a tal proposito, noi evidenziamo al Parlamento, Forza Italia evidenza con forza che ci sono grandi perplessità sul problema delle entrate e delle coperture eventuali previste rispetto alla situazione vera e reale. Le entrate sono sovrastimate e una tantum – questa è la grande nostra preoccupazione – perché le plusvalenze sulla Banca d'Italia sono una tantum e non sono strutturali; per la spending review si sa solo delle conferenze stampa continue...

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Mi avvio alla conclusione, Presidente.

  PRESIDENTE. La ringrazio.

  ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Conferenze stampa continue che il commissario Cottarelli purtroppo continua a fare senza decisioni per il Paese. Sarebbe sufficiente che il Governo attuasse e verificasse la spending review del decreto-legge n. 95, convertito in legge, del 2012, del Governo Monti. Quella spending review è tutta inattuata.

  PRESIDENTE. Concluda, concluda, onorevole Palese.

  ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Immaginiamoci se il Governo è in grado di fare questo. Più il gettito IVA dei debiti della pubblica amministrazione, che è una tantum. Ciò è del tutto aleatorio, anche se, come cittadino italiano, io non auguro e non auspico che ci possa essere un errore sulla crescita del PIL; comunque, c’è un'incognita rispetto a tutto questo.Pag. 31
  Circa le riforme – mi avvio alla conclusione –, se ne annunciano tante, ma la speranza è che, se si debbono fare rispetto alla riduzione della spesa, come sono state fatte quelle delle province, è meglio che non si faccia niente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, signor Viceministro, onorevoli colleghi, il relatore per la maggioranza intervenuto poco fa ha parlato di discontinuità, ma in questo Documento noi, sinceramente – e non siamo i soli –, di discontinuità ne vediamo molto poca. Anche illustri esponenti del PD stesso hanno avuto modo di scrivere – non solo di dire, ma anche di scrivere pubblicamente – questa percezione.
  La situazione che traspare da questo Documento, dal DEF 2014, su cui oggi siamo chiamati a confrontarci, ci mette di fronte a responsabilità e scelte ben precise. È una situazione, quella che stiamo vivendo, molto difficile e delicata nella sua enorme complessità.
  Cercheremo di essere più semplici possibile, ma emergono dei dati sul cui significato si registra, ormai, una generale convergenza di opinioni. Tutti, bene o male, siamo d'accordo sul fatto che la disoccupazione oramai si sta trasformando in un fenomeno cronico, se non destinato a crescere, come ha avuto modo di scrivere il Governo in questo Documento, e da sola questa dovrebbe costituire la cartina tornasole che sancisce la definitiva crisi; la messa in crisi e anche in discussione di un modello che poteva fallire perché fondato sull'idea, che si è rivelata assolutamente presuntuosa e anche fatale, secondo la quale i limiti, i vincoli uguali per tutti in Europa, imposti dal centro, provocano virtuosi processi di allineamento di realtà economiche tra loro quanto mai distanti e diverse. Realtà molto diverse proprio per la loro disomogeneità, che richiederebbero approcci differenziati e continui aggiustamenti non una volta l'anno, ma aggiustamenti ad hoc in ragione proprio dei cambiamenti che nel frattempo si registrano nell'economia mondiale.
  La conseguenza dei provvedimenti di Maastricht e del fiscal compact, l'abbiamo visto bene lo scorso anno e lo vediamo ancora adesso con il nuovo Governo del cosiddetto “divo Renzi”, non può che essere la concessione di deroghe ai tempi del raggiungimento degli obiettivi di rientro del deficit. Ed è una presa d'atto che la cura, quale risulta dal Protocollo adottato, non solo non migliora lo stato del paziente ma sta rischiando, nei fatti, di farlo morire. Perché ? Perché noi stiamo adottando una cura che è fatale, che è basata sulle politiche di austerity, perché il rispetto dei limiti esterni di bilancio imposti dall'Unione europea, ottenuti soprattutto con l'inasprimento della pressione fiscale, ha originato la riduzione dei consumi e degli investimenti, innescando una spirale che mette a rischio la possibilità di crescita e la conseguente stabilizzazione dello stock del debito nel medio termine.
  Nel frattempo, il fiscal compact ci imporrà una riduzione del debito di 40 miliardi di euro annui, ogni anno. Dunque, dal 2016 dovremmo trovare – non si sa come – 40 miliardi di euro in più da destinare ai vincoli del Trattato, e 40 miliardi per vent'anni sono una cifra enorme, una cifra spaventosa che non credo siamo in grado di sostenere.
  Nel frattempo, il Meccanismo europeo di stabilità, che è il Fondo salva-Stati, ha una capacità finanziaria di 700 miliardi, per cui noi compartecipiamo per 125 miliardi, cioè circa il 18 per cento o poco meno, 15 dei quali verranno versati proprio tra quest'anno e il prossimo, mentre gli altri 100 devono essere garantiti; e questo per aiutare Paesi come la Grecia e la Spagna, rispetto ai quali le banche hanno già speso 100 miliardi per la loro sopravvivenza. Quindi, a fronte di questi numeri, di questi 125 miliardi che devono essere garantiti, appunto, per il rispetto del Patto, i 7 miliardi promessi per i nostri lavoratori, ammesso che siano garantiti nei Pag. 32fatti e non vengano poi prelevati magari aumentando anche il bollo auto, appaiono molto, molto pochi.
  Come ha avuto modo di dire lo scorso anno, in occasione della discussione del DEF 2013, il mio collega Busin, che vorrei citare, il rischio è quello dell'isteresi, a volere utilizzare un termine ben noto ai fisici, o ereditarietà, cioè un danno economico permanente, non rimediabile, neanche nel momento in cui si verifichi un ciclo economico favorevole in piena ripresa. È questo il rischio che noi stiamo vivendo, cioè di provocare un danno che non sia poi più rimarginabile.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  EMANUELE PRATAVIERA. Noi dal Governo ci saremmo aspettati in questo DEF un'azione più decisa da parte del Premier autoincaricato Renzi, soprattutto per passare dalle parole ai fatti, quando parla di Europa, in particolare relativamente a tre temi.
  In primo luogo, una vera discontinuità, cioè la rinegoziazione in sede europea di una revisione dei Trattati, in particolare per ciò che riguarda la moneta unica, la politica monetaria e le politiche fiscali europee, anche valutando l'opportunità di recedere dall'area euro.
  In secondo luogo, una rendicontazione del costo complessivo che hanno le operazioni come Mare Nostrum e la gestione dei migranti nel nostro Paese, imponendo veramente che quei costi siano condivisi nei fatti e non con continui rinvii, come è stato fatto lo scorso anno con il Governo Letta e anche quest'anno con Renzi, per quanto riguarda i vincoli e il reciproco rispetto con i partner europei.
  In terzo luogo, attivarsi veramente con quei «poveri cristi» che lavorano e i disperati che voi avete provocato con la riforma Fornero...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Prataviera.

  EMANUELE PRATAVIERA. ...in particolare, gli esodati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, questo Documento di economia e finanza, che noi voteremo, però non ci piace. Non ci piace per ragioni politiche e culturali.
  La prima ragione politica e culturale è che bisogna rivendicare il fatto che le politiche di austerità hanno funzionato. Hanno avuto dei costi pesanti, ma hanno funzionato. E se noi non spieghiamo al Paese la drammaticità del pericolo davanti al quale l'Europa e l'Italia si sono trovate, è ovvio che poi ascoltiamo interventi come qualcuno di quelli che abbiamo sentito in quest'Aula, in cui sembra che tutti i mali siano il risultato della cattiveria del Governo, che ha deciso di fare le manovre, o dell'Europa che ha imposto di fare le manovre, non dei mercati internazionali, che ci stavano mandando in bancarotta, non della caduta di competitività delle imprese italiane, che non riuscivano più a vendere all'estero.
  No, tutto questo non c'entra. Andrebbe spiegato: la politica ha il dovere di fare le cose giuste, ma anche il dovere di spiegare quello che fa, e questo nel DEF manca. E anche all'interno della maggioranza si sentono voci le quali non capiscono che il mondo è cambiato. Abbiamo fatto, per merito dell'impresa italiana, dei lavoratori e degli imprenditori italiani, ai quali andrebbe detta una forte parola di ringraziamento, un'operazione straordinaria. Un Paese che ha dovuto comprimere i consumi interni si salva per lo straordinario successo delle nostre esportazioni. Le imprese italiane hanno creato la possibilità di questa ripresa, tenue, esile, ma sana, sana perché non trainata dalla spesa interna. L'idea di ritornare a un modello di sviluppo trainato dalla spesa interna non è possibile.
  Detto ciò, io mi aspetterei anche un'altra cosa, ma questo implica forse un cambiamento di struttura del DEF. Mi aspetterei una critica dell'Europa, perché questa Europa non ci piace. Ha dei torti, Pag. 33che non sono ovviamente quelli che le vengono rimproverati da chi pensa che basti stampare moneta per essere tutti più felici; la distribuiamo a tutti in modo da essere più contenti (Commenti del deputato Bianconi). Questo è quello che ha detto qualcuno qua dentro, qualcuno per esempio che continua a dire che dobbiamo fare le manovre di 40 miliardi l'anno per rientrare. Non è vero: la storia del 3 per cento sapete cosa vuol dire ? Vuol dire che, se abbiamo una crescita dell'uno per cento e un'inflazione del 2 per cento, noi mantenendo il bilancio in ordine automaticamente riduciamo il debito della portata opportuna.
  A questo proposito, ricordo che è stata una buona cosa, anche se fatta in un modo un po’ pasticciato e confuso, aver accelerato il pagamento del nostro debito. Dobbiamo criticare l'Europa, dobbiamo dire all'Europa che alcune cose che ieri non si potevano fare, perché non c'era fiducia, oggi che la fiducia ce la meritiamo, si devono poter fare. Prima fra tutte i project bonds, un grande progetto europeo per fare dell'Europa l'area più importante e più forte di economia della conoscenza del mondo. È lì, nel marzo del 2000, che l'Europa si è fermata, quando da Lisbona abbiamo detto tutte le cose giuste e poi non le abbiamo fatte. Bisogna riprendere quel progetto, ed è bene che il Governo italiano sia protagonista nel nostro semestre di Presidenza per riprendere in mano quel progetto (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signora Presidente, signor Ministro, abbiamo ascoltato con molta attenzione le sue parole. Noi non condividiamo il Documento di economia e finanza, certo non sottovalutiamo alcune scelte importanti, significative, ma comunque parziali.
  Innanzitutto, ci sembra importante la scelta di spostare il pareggio del bilancio strutturale al 2016 e, quindi, di stare nei vincoli di finanza pubblica posti dall'Europa, che noi non accettiamo, anche attraverso alcune misure espansive.
  Apprezziamo il cambiamento nelle politiche fiscali a partire dai provvedimenti di sostegno al lavoro, così come apprezziamo l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie al 26 per cento, compreso l'aumento dell'imposizione legale legata alla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia riconsiderate plusvalenze. Così come ci sembra positivo istituire un tetto alle retribuzioni dei manager pubblici. Ma tutto ciò non basta.
  Sinistra Ecologia Libertà ritiene che la crisi vada superata con una politica economica espansiva anticiclica di livello europeo e nazionale, che intervenga sulla domanda effettiva e strutturalmente sulla qualità dell'offerta produttiva. Sarebbe necessario, secondo noi, un grande piano del lavoro, così come propone la CGIL, di impostazione rooseveltiana e keynesiana. Non sarebbe una proposta rivoluzionaria visto che negli Stati Uniti d'America Obama ha fortemente puntato su un piano di investimenti pubblici in innovazione, green economy, infrastrutture, reti energetiche, edilizia sostenibile, politica industriale.
  In questo DEF non c’è traccia di programmi di creazione diretta di lavoro in funzione di beni comuni, di beni sociali e ambientali. Anzi, il ruolo pubblico dello Stato nell'economia è ridimensionato con meno investimenti pubblici, meno spesa sociale e contenimento del lavoro pubblico, e contemporaneamente si auspica un avanzamento del mercato, la spasmodica ricerca della concorrenza, la domanda estera, la fiducia nei capitali privati e nella finanza internazionale. Si è, cioè, dentro la logica delle politiche dell'austerità.
  Non c’è traccia di una riforma del sistema finanziario o bancario, pensiamo alla tassa sulle transazioni finanziarie, alla separazione netta tra banche di risparmio e banche di affari.
  Bisognerebbe chiedere con forza la modifica dei trattati europei a partire dal Pag. 34fiscal compact. Solo così, secondo noi, possono ripartire la crescita e l'occupazione.
  Si sottovaluta il dramma del lavoro: nel 2007 il tasso di disoccupazione in Italia era al 6,1 per cento, ora è ben oltre il 12 per cento e crescerà ancora (solo nel 2018 il Governo pensa di riportarlo all'11 per cento), e così il tasso di disoccupazione giovanile, che è ormai al 43,5 per cento. Se anche nei prossimi anni la crescita dovesse attestarsi ai ritmi previsti da questo DEF, il livello di occupazione precrisi del 2007 si recupererebbe solo nel 2025, cioè tra 11 anni torneremo a quello che eravamo nel 2007.
  La scelta di competere sui costi e non sullo sviluppo si trova nella modesta proiezione del tasso medio annuo di variazione della produttività, nella riduzione del costo del lavoro in termini reali e nel programmatico contenimento dell'inflazione del costo del lavoro per unità di prodotto, malgrado i tanti richiami internazionali sul rischio di deflazione con le conseguenti ricadute negative sul debito pubblico e sull'occupazione.
  Oggi in Italia abbiamo 4,8 milioni di persone che vivono nella povertà assoluta e altri 9,5 milioni di persone in povertà relativa. Sono disoccupati, lavoratori precari, esodati, cassaintegrati, povera gente, piccoli imprenditori massacrati dalla crisi e dalla radicale caduta dei consumi. In assenza di nuova domanda pubblica e rinnovata capacità produttiva, il rischio è di restare nella crisi di domanda, nella condanna alla bassa produttività e nella trappola del vincolo estero, costretti alle importazioni per sostenere i consumi e alle esportazioni per non diminuire la domanda aggregata.
  Nel DEF non c’è una svolta di politica industriale, né risorse adeguate per il sostegno dell'innovazione e della ricerca.
  L'Italia vive una crisi nella crisi, che viene da lontano e che ha caratterizzato il declino dell'economia italiana già molti anni prima della crisi internazionale. Per questo, è evidente che senza crescita e nuova occupazione i conti non torneranno a posto, i conti non solo economici e finanziari, ma soprattutto i conti sociali.
  La finanza pubblica, il debito pubblico, il deficit pubblico si misurano in rapporto al prodotto interno lordo, cioè in ragione della crescita, e noi dal 2007 ad oggi abbiamo perso il 9 per cento del nostro prodotto interno lordo. La sostenibilità del bilancio dello Stato dipende – per noi – dalla capacità di crescita dell'economia nazionale e di occupare più lavoratori. La centralità del lavoro nelle scelte di politica economica può rispondere ai vuoti della domanda effettiva di cui soffre l'economia italiana e può consentirci di uscire dalla crisi riparando le debolezze strutturali del sistema del Paese.
  Creare lavoro, dunque, per un nuovo paradigma finalizzato allo sviluppo, all'allargamento della base industriale, rinnovata e modernizzata, a specializzare in senso produttivo il nostro Paese all'equità distributiva. Il vostro DEF, per questo, non ci convince e voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, vorrei concentrare questo poco tempo in discussione generale che mi è concesso su un'analisi dei dati economici che vengono fuori dal DEF e dalla situazione congiunturale; dati economici che poi sono la giustificazione a una serie di questioni poste nel dibattito dalle opposizioni, prima di tutto la deroga al pareggio di bilancio con l'allungamento degli obiettivi di medio termine, chiesta dal Governo, e, in secondo luogo, le osservazioni fatte sugli squilibri macroeconomici nel corso del coordinamento ex ante delle politiche economiche da parte dell'Unione europea.
  I dati economici, dunque, rispetto ai quali il Governo Renzi si trova ad operare, sono francamente drammatici. Il PIL dell'Italia nel 2013 ha registrato una contrazione dell'1,9 per cento, molto più alta di quella della media europea, a fronte della Pag. 35contrazione del 2,4 per cento registrata ancora nel 2012. Dal 2007 – è stato detto – la recessione ha comportato una riduzione del PIL di 9 punti.
  Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF stima per l'anno 2014 un'ulteriore contrazione dell'occupazione dello 0,2 per cento rispetto al 2013, anno in cui l'occupazione si è ridotta dell'1,9 per cento. L'ISTAT segnala che, tra il 2012 e il 2013, l'occupazione italiana è calata di 478 mila unità, scendendo a 22 milioni e 420 mila. Dal 2008 al 2013, la perdita di posti di lavoro è stata di quasi un milione di occupati, con differenze territoriali che si sono amplificate nel Mezzogiorno, nel quale, rispetto al 2008, si è registrato un calo del 9 per cento di occupati, contro il 2,4 del nord. Dal febbraio 2007 il rapporto tra disoccupati e forze di lavoro è passato dal 5,9 al 13 per cento, con un milione e 850 mila disoccupati in più. Secondo i dati forniti dall'ufficio studi di Confcommercio, nel solo mese di febbraio 2014 il numero di occupati è sceso di 39 mila unità.
  Confindustria, in audizione, ha confermato che i danni che la recessione ha inferto al settore industriale sono stati devastanti. Il livello di produzione è ancora inferiore di quasi il 24 per cento, in alcuni settori di oltre un terzo, rispetto ai picchi pre-crisi. Dal 2007, circa 91 mila imprese manifatturiere hanno cessato l'attività, al netto di quelle che nel frattempo sono state avviate.
  Tra il 2007 e il 2013, il PIL italiano è sceso di oltre il 9 per cento ed è tornato ai livelli del 2000. Il reddito per abitante è crollato del 10,9 per cento ed è ora vicino ai valori del 1996. Nel periodo 2007-2013 emerge, inoltre, una forte diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie, pari al 10,4 per cento.
  Nel 2013 il rapporto debito-PIL dell'Italia è stato pari al 132,5 per cento, dal 127 per cento del 2012. Il Fondo monetario internazionale, il 9 aprile, ha rivisto al rialzo le stime del rapporto debito-PIL dell'Italia del 2014 e 2015. Per quest'anno, il rapporto debito-PIL è previsto al 134,5 per cento, con un aumento di 1,4 punti rispetto alle precedenti stime. Nel 2015 si prevede un calo al 133,1, sempre in aumento di 1,3 punti rispetto alla precedente stima.
  Si tratta di stime leggermente più ottimistiche di quelle addirittura formulate dal Governo nel DEF. Finalmente, dall'ultimo trimestre del 2014 si registra una lieve inversione di tendenza, consolidatasi nel primo trimestre di quest'anno, con uno 0,2 per cento di crescita; secondo quanto illustrato nel DEF, la revisione al ribasso della crescita è attribuibile, nel breve periodo, al persistere della restrizione del credito al settore privato.
  È chiaro che questi dati giustificano – come ho detto all'inizio, Presidente – innanzitutto la richiesta alla Commissione, ma al Parlamento, di una proroga del perseguimento degli obiettivi di medio termine, spostandoli di una annualità, cioè del famoso pareggio di bilancio, non imposto dall'Europa, ma imposto dalla nostra Costituzione, e soprattutto giustificano l'attenzione posta dall'Unione europea nella sua relazione, dopo che, nel novembre di quest'anno, in un quadro che va in parallelo al semestre europeo... Io non capisco molta della polemica che è stata fatta anche in Aula dal MoVimento 5 Stelle sulla forma: è stata seguita una procedura ben codificata da parte della Commissione sul coordinamento delle politiche economiche ex ante, che ha portato, ahimè, l'Italia ad un'osservazione molto pesante rispetto ai suoi squilibri macroeconomici, che derivano un po’ dalla sintesi dei dati che ho letto.
  Il Programma nazionale di riforme ed il programma di stabilità contenuti nel Documento di economia e finanza hanno proprio il compito, anche formale, di inserirsi all'interno del percorso del semestre europeo, ma anche di dare risposte formali alla proposta del Governo italiano su un piano di rientro rispetto a questi squilibri macroeconomici.
  Da questo punto di vista, il Programma nazionale di riforme, sintetizzando, riporta i risultati dell'analisi di impatto sul bilancio dello Stato nel 2013-2018 in termini di maggiori e minori entrate e maggiori e minori spese. In particolare, a Pag. 36seguito del piano di riforme, a cui dobbiamo dare credito, il PIL risulterebbe aumentato di 0,3 punti percentuali nel 2014 rispetto allo scenario di base, 0,8 punti nel 2015, fino ad arrivare, gradualmente, nel 2018 ad un livello di 2,4 punti percentuali di incremento rispetto allo scenario di base, che prevede una crescita dell'1,7 per cento.
  È chiaro che tali previsioni si basano su misure su cui, in questo momento, è importante la credibilità del Governo rispetto al Parlamento; non devo dettagliarle. Ad esempio, la spending review, che prevede un risparmio a scalare da 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015, 32 miliardi nel 2016: è chiaro che non si vedono ancora le misure di dettaglio che porteranno a questi risparmi, ma abbiamo ascoltato in Commissione il commissario Cottarelli, abbiamo apprezzato la competenza e la precisione del lavoro che sta svolgendo. Tra l'altro, ci ha elencato le varie fasi della spending review: la riduzione dell'IRAP, la riduzione dell'IRPEF.
  Presidente – e finisco –, appunto perché è fondamentale la credibilità del Governo che sta attuando queste misure – e mi rivolgo anche al sottosegretario Baretta –, mi preoccupa quello che sta succedendo in questo momento, che è successo in queste ore in Commissione lavoro, dove c’è stato un cedimento rispetto alla politica impostata già nel piano nazionale di riforme. Noi del Nuovo Centrodestra siamo per il mantenimento del testo del decreto lavoro, che secondo noi costituisce il primo tassello per il piano di rientro rispetto alle osservazioni europee ed anche all'attuazione del piano nazionale di riforma.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signora Presidente, il documento che oggi è oggetto della nostra discussione porta con sé una straordinaria e lodevole novità rispetto a documenti analoghi dagli anni precedenti. Per la prima volta, le misure non vengono finanziate attraverso il solito aumento di accise o imposte sui consumi, ma, al contrario, attraverso una revisione della spesa articolata su otto capitoli di tagli strutturali, oltre all'aggravio fiscale sulle rendite finanziarie, facendo finalmente pagare di più a chi fa soldi con soldi e non con lavoro. E per chi fa lavoro, una riduzione IRAP, cioè la tassa più ottusa che ci possa essere in un Paese con una disoccupazione alle stelle. Le cose stanno cambiando e non possiamo che compiacercene.
  Sin dai primi giorni del suo insediamento, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che le risorse da utilizzare per l'abbattimento del cuneo fiscale sarebbero state destinate a favore delle famiglie. Anche questa è una novità assoluta in un Paese che ha per decenni utilizzato la cellula fondamentale della società come spugna da spremere, come animale da soma, come vittima sacrificale per fronteggiare i buchi generati dalla corruzione, dall'evasione e dall'elusione fiscale, dalla malasanità, dalla burocrazia elefantiaca, arrogante e bulimica, dall'ignavia di una classe politica per troppo tempo indegna del ruolo che avrebbe dovuto rivestire.
  Questo Paese per anni ha scaricato sui figli, l'unico vero futuro sul quale si può sperare, tutte le sue pecche, arrivando al punto di punire sistematicamente chi aveva il coraggio, la gioia e la generosità di mettere al mondo i bambini. Non a caso ormai in Italia dobbiamo parlare di vero e proprio incubo demografico. Non si sentono più voci di bimbi nei giardinetti, le altalene vengono mosse solo dal vento, le culle ospitano bambole. Anni di aborti, incentivi culturali o fiscali a chi non genererà mai figli, perché le unioni hanno vantaggi fiscali inimmaginabili rispetto alle coppie unite in matrimonio. Svilimento dei ruoli paterni e materni e, appunto, punizioni fiscali e tributarie nei confronti di chi genera, accoglie, educa, cresce il futuro, ci hanno portato ad essere il Paese più vecchio, decrepito, triste, senza figli, di tutto il panorama occidentale.
  Siamo, dunque, grati al Governo per aver messo nero su bianco l'abbattimento del cuneo fiscale a favore delle famiglie. Tuttavia, perché le risorse siano realmente Pag. 37destinate secondo principi di equità, giustizia e lungimiranza, è necessario che gli interventi più consistenti vadano a favore di chi ne ha effettivamente più bisogno, vale a dire coloro che hanno carichi familiari.
  È per questo che il gruppo Popolari per l'Italia ha chiesto con forza e ottenuto, con immediata condivisione da parte dei partiti di maggioranza, l'inserimento in risoluzione dell'attenzione ai carichi familiari.
  Non solo, dunque, equità verticale, cioè chiunque prende meno di 1.500 euro, ma anche equità orizzontale, cioè quante bocche vengono sfamate da quei 1.500 euro. Due partner, entrambi con reddito lordo di 25 mila euro, riceverebbero due quattordicesime. Una famiglia monoreddito composta da cinque persone con reddito di 1.600 euro netti non riceverebbe nulla. Potevamo fare ancora questo errore, questa somma ingiustizia nei confronti dei figli ? No.
  Se le cose stanno cambiando davvero finalmente, il passo più evidente del cambiamento passa dalle famiglie e dai figli. Gli obiettivi dell'intervento a favore delle famiglie si raggiungono, dunque, pienamente solo se si tiene conto dei carichi familiari dei contribuenti. Gli strumenti sono semplici e, quindi, facilmente applicabili. Una divisione degli 80 euro ad personam, per esempio 20 euro pro capite, o un aumento alla quota di stipendio netto per ridurre il cuneo in base alle persone che vivono con quello stipendio. Senza assolutamente dimenticare gli incapienti, ai quali pure dovrà essere destinato un bonus in base al numero dei componenti il nucleo familiare. Stiamo parlando di ben quattro milioni di lavoratori, per la maggior parte famiglie monoreddito con figli e, in particolare, famiglie numerose, oppure madri lavoratrici part-time con figli a carico, che già ora non possono detrarre nemmeno le spese medico-scolastiche. Equità e giustizia, ma anche lungimiranza, sguardo al futuro e alla speranza lo impongono.
  Se il Governo farà questo, forse per la prima volta daremo speranza anche a quel 50 per cento di minori residenti nel Mezzogiorno che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa. Glielo dobbiamo, lo dobbiamo a loro, ai nostri figli, al nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, il Documento di economia e finanza che oggi discutiamo costituisce sicuramente un punto di svolta nell'approccio ai problemi economici, nel senso che è la prima volta che è prevista una vera riduzione fiscale e che questa riduzione è accompagnata direttamente da un taglio della spesa.
  Viene dopo qualche decina d'anni, un ventennio di spese e tasse insieme, di spesa pubblica eccessiva, e due o tre anni di sacrifici resi necessari proprio da quella spesa e da quella gestione della nostra economia da parte di Governi di centrodestra e centrosinistra. Non è sorprendente che abbiamo sentito in queste ore contestazioni e accuse di tutti i tipi da parte soprattutto del centrodestra.
  Infatti, è chiaro che, per chi ha propagandato una rivoluzione liberale e ha finito per tassare e spendere più di chiunque altro, sprecando tra l'altro benefici finanziari dell'euro e finendo per mandare in crisi il Paese, questo tipo di intervento, questo tipo di approccio alla politica economica, questa prima riduzione delle tasse sono una sconfitta totale di un progetto. Quindi, è abbastanza normale – le accuse sono state anche comiche – accusare di marketing il Governo quando si è stati coloro che hanno fatto una campagna elettorale facendo le finte cartelle di Equitalia sulla restituzione dell'IMU: è abbastanza comico per l'appunto. Lo stesso, accusare il Governo di avere avviato la procedura per il rinvio del pareggio di bilancio, da parte di chi ha sempre sostenuto che non ci si doveva inchinare ai parametri, ma bisogna gestirli e avere un approccio più coraggioso: ebbene, qui l'approccio è più coraggioso, perché ci si prende un rischio a fronte di una crescita Pag. 38prevista come moderata, prudenzialmente, per non sforare le previsioni, come si è già fatto. Si sceglie, comunque, un approccio che richiede un recupero nei prossimi anni e, quindi, il Governo ha messo la faccia su un progetto sicuramente ambizioso.
  Dall'altro lato, sono arrivate critiche da sinistra: l'onorevole Fassina in Commissione e oggi il collega di Sel, che continuano a invocare maggiore spesa pubblica. Abbiamo già dato, nel senso che le politiche di spesa sono state già fatte e il risultato è il debito pubblico che ci ha portati sull'orlo del fallimento e un sistema che ha perso di competitività in maniera tragica. Non è ricominciando a spendere in maniera generalizzata che si può pensare di risolvere i problemi. Lo si può fare con nuovi investimenti, e su quelli bisogna lavorare, ma nel frattempo bisogna attaccare la spesa improduttiva.
  Restando sui temi delle critiche che abbiamo sentito e risentito per l'ennesima volta – sono diventati 40 adesso i miliardi di euro di tagli richiesti dal fiscal compact – da parte dei colleghi della Lega, tutta l'area no euro ci ha abbastanza ammorbati con questo tema per anni. Io speravo che con il DEF, che chiarisce finalmente che la storia dei 50 miliardi di euro non è vera, l'avessimo finita. L'abbiamo risentita. Io invito ad andare a leggere quello che c’è scritto, a leggersi i regolamenti, i trattati e le leggi, prima di parlare, perché francamente sta diventando una discussione stucchevole.
  Quindi, nel merito, l'approccio del documento è sicuramente positivo, le critiche che si sono sentite sono legittime ma, in buona parte, a nostro giudizio, infondate. È importante, però, proprio perché la crescita prevista è labile e per il fatto che l'economia, come il Ministro ha riconosciuto, è sicuramente fragile in questo momento, che il piano di privatizzazione e di tagli della spesa venga portato avanti con decisione, perché altrimenti ci sarebbe il rischio di manovre correttive e di nuove tasse. Oggi sui giornali si parla di possibili interventi sui redditi: ecco, quelli per fortuna non sono previsti nel DEF, sarebbero molto discutibili, perché un discorso è dire taglio le spese e abbatto la pressione fiscale sui meno abbienti, un discorso diverso sarebbe abbatto la pressione fiscale sui meno abbienti per alzarla su qualcun altro.
  Quindi, privatizzazioni e tagli alla spesa sono gli elementi chiave di questa manovra e in questo senso, per parlare di due punti che a nostro modo di vedere sono forse un po’ critici, servirebbe forse più coraggio su due aspetti: il primo, di cui abbiamo già più volte discusso, è quello delle partecipate agli enti locali. Sono trattate rapidamente nell'ambito della discussione della spending review, non sono trattate affatto nelle privatizzazioni. Ora, ci sono decine di migliaia di partecipazioni agli enti locali in società che fanno cose che col servizio pubblico hanno pochissimo a che vedere. A prescindere dal fatto che perdano o no, ci sono già legislazioni che prevedono lo scioglimento di quelle che perdono, le altre, se valgono qualcosa, andrebbero vendute per abbattere il debito. Non ha nessun senso che ci siano partecipazioni a migliaia in agenzie di viaggi, società di noleggio, società immobiliari: i dati del Ministero dell'economia e delle finanze sono impressionanti. Ecco, non credo che neanche il più keynesiano degli economisti potrebbe giustificare il fatto che lo Stato faccia l'agenzia di viaggio o l'agenzia di noleggio. Credo che siano semplicemente dei retaggi di un approccio della politica totalmente sbagliato, spesso fonte di clientele, sicuramente fonte di costi inutili e bisognerebbe intervenire drasticamente.
  Anche sul patrimonio immobiliare credo che si potrebbe fare di più. Il DEF dice che gli immobili che non sono utilizzati dallo Stato dovrebbero essere prima trasferiti agli enti locali, poi valorizzati e poi ceduti. Ecco, io credo che così ci vorranno anni, se non decenni, per dismetterli. L'approccio corretto, a mio modo di vedere, sarebbe quello che lo Stato, magari intervenendo con delle norme, gestisse direttamente la dismissione di questi immobili e poi, magari, trasferisse agli enti locali i proventi per Pag. 39abbatterne il debito: si otterrebbe lo stesso risultato, ma magari non si perderebbero quattro o cinque anni.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. L'ultimo tema che, forse, richiede un approfondimento sono le liberalizzazioni, perché lì il Governo ha detto francamente poco.
  Quindi, concludendo, il giudizio è sicuramente positivo sulla decisione del Governo, su quello che il Governo ha deciso di fare, incluso il rinvio del pareggio di bilancio, perché pagare i debiti della pubblica amministrazione è fondamentale, però servono, a nostro giudizio, più coraggio, più energia e più ambizione nei piani di privatizzazione e di taglio della spesa. Questi sono i tratti caratteristici del Governo: è il momento di esprimerli, perché, altrimenti, si rischia di mettere in difficoltà tutto il piano e di dover, poi, ricorrere a degli interventi, come quelli che ho citato sulle tasse o i tagli della spesa lineari o interventi frettolosi, che nessuno di noi vuole che arrivino (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

  ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, collega Baretta, onorevoli colleghi, la nostra valutazione espressa in modo molto puntuale da parte del relatore di minoranza, il collega Rocco Palese, che ha evidenziato in maniera molto chiara tutti gli aspetti di criticità che il gruppo di Forza Italia ravvisa in questo Documento di economia e finanza, merita, io credo, qualche ulteriore approfondimento, riflessione o sottolineatura che vorrei fare in sede di discussione sulle linee generali e che rappresenta alcuni elementi di criticità che noi riteniamo il Governo debba prendere in serissima considerazione.
  Innanzitutto, rivendichiamo il merito di aver fatto parte della chiarezza che era necessaria alla luce di un'azione che consideriamo assolutamente grave nei confronti del Paese e che riguarda l'attivazione di una procedura straordinaria relativamente alla deroga del pareggio di bilancio. Noi abbiamo lavorato, cari colleghi, negli anni scorsi, con grande determinazione per arrivare ad inserire in sede costituzionale e all'interno, quindi, della nostra Carta fondamentale, l'obiettivo comunque del pareggio di bilancio; abbiamo deciso di aderire a quelli che sono parametri europei, che rappresentano una cornice di movimento fondamentale di tutta l'area a cui appartiene il nostro Paese e, improvvisamente, nel giro di un paio di giorni, viene formalizzata una procedura straordinaria per derogare a questo obiettivo.
  Una procedura straordinaria che dimostra, a nostro modo di vedere, una serie di incertezze. Incertezze di merito: ricordo al sottosegretario Baretta che il Ministro Padoan, all'interno di questa lettera, a nostro avviso, ha commesso almeno tre errori. Il primo, è quello relativo al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, in quanto era già stato riconosciuto, come lei ricorda, come fattore attenuante in sede di valutazione della conformità del bilancio dello Stato con i criteri di deficit e debito del Patto di stabilità e di crescita, lo scorso 18 marzo 2013, in una famosa dichiarazione congiunta del Commissario per gli affari economici Rehn e il Vicepresidente Antonio Tajani, in cui si era autorizzato il pagamento, nel biennio 2013-2014, di 40 miliardi di debiti della pubblica amministrazione. Ad oggi, se aggiungiamo i 23,5 che erano stati già pagati e 13 di addizionali non ci siamo ancora. E, quindi, la giustificazione che è stata adottata pubblicamente in merito a questa lettera ci lascia quanto meno perplessi.
  Secondo aspetto: nella lettera inviata ieri dal Ministro alla Commissione europea non c’è spiegazione dettagliata del piano di rientro verso l'obiettivo programmatico, che viene, quindi, di fatto differito. Ed è evidente che, alla luce del peggioramento dei saldi di finanza pubblica, che appare nel DEF, e del rinvio di ogni valutazione su quest'ultimo da parte della Pag. 40Commissione europea al prossimo 2 giugno, sarà difficile giustificare il decreto che è in fase di varo e che viene annunciato per domani; ma su questo tornerò dopo.
  Terzo aspetto: le comunicazioni nei confronti, ovviamente, della Commissione europea, così come emerso anche da colleghi che mi hanno anticipato, non possono essere considerate, in qualche modo, un atto di cortesia istituzionale. Si tratta di una procedura codificata: elemento che è stato, a nostro modo di vedere, vanificato proprio nell'audizione del ministro Padoan, che, il 15 aprile dice che è stata inviata notifica formale, quando, poi, la lettera porta la data del 16 di aprile.
  Insomma, non è per fare quelli che vanno in cerca del pelo nell'uovo, ma è sostanziale un elemento di incertezza complessiva che dà la dimostrazione, in particolar modo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di un modo di condurre in questa fase e che va a dimostrare una serie di questioni che, a nostro modo di vedere, penalizzano il Paese e mettono in grave incertezza la tenuta dei conti pubblici per i prossimi mesi e gonfiano evidentemente di preoccupazioni quelle che sono aspettative europee nei nostri confronti che rischiano di essere vanificate.
  Vengo al primo aspetto: è evidente che c’è una netta inversione di tendenza; insomma, abbiamo lavorato in questi mesi e in questi anni – e ringrazio vivamente tutti gli italiani che hanno contribuito in questa grave situazione di difficoltà, mettendo mano al portafoglio, in una condizione di ristrettezza economica e con una disoccupazione che è cresciuta in misura significativa – abbiamo sostenuto un percorso che prevedeva un progressivo miglioramento dei conti pubblici, improvvisamente abbiamo un passaggio che invece è un'inversione di tendenza sostanziale, perché al di là degli annunci, signor Presidente, nella sostanza noi non abbiamo avuto ancora provvedimenti che dimostrino concretamente quale sia la linea di azione del Governo. Abbiamo avuto una serie di impegni, una serie di annunci, ma questa serie di impegni e di annunci dovrà trovare concretezza con, evidentemente, gli interventi puntuali che ci aspettiamo.
  Oltre all'inversione di tendenza grave che dimostra che l'Italia comincia a cedere sul percorso del risanamento dei conti pubblici, abbiamo un dubbio che questo tipo di percorso serva per coprire una difficoltà reale su cui il Presidente del Consiglio ha già messo le mani avanti. Egli ha detto: sfido i gufi, per quello che riguarda i provvedimenti che il Consiglio dei ministri dovrà varare, in teoria, nelle prossime ore, ma la nostra impressione è che saranno, colleghi, provvedimenti in buona parte in deficit, cioè si lavorerà sostanzialmente non con delle coperture che siano considerate idonee ad un percorso virtuoso di ripresa, ma che punteranno quasi esclusivamente sullo scoperto, uno degli argomenti che evidentemente abbiamo cercato di contrastare in tutti questi anni. Quindi la grande novità della Presidenza Renzi è sostanzialmente una serie di impegni che pagherà Pantalone. Cari colleghi, come pagherà, Pantalone ? Noi su questo abbiamo evidentemente una visione molto diversa dal Presidente del Consiglio, dal Ministro Padoan, perché basta andare a vedere una delle tabelle, non voglio citare i tanti numeri che sono stati prima ricordati, a me interessa la sostanza politica: se andiamo a vedere l'effetto sul PIL delle misure programmate sul 2014 andremo a vedere che l'aspettativa dell'azione programmatica porta a dei risultati che sono irrisori. Cominciamo a definire con chiarezza quelli che sono percorsi che non producono effetti significativi di crescita sul PIL. Insomma, sul 2014 la stima degli importanti interventi annunciati dovrebbe determinare con uno 0,2 per cento della riforma del mercato del lavoro un effetto complessivo sul PIL di crescita, pensate un po’, «stimato» dello 0,3 per cento; sul 2015 si dice dello 0,6 per cento; insomma, politiche di crescita che non ci sono.
  Ciò alla luce del fatto, anche, che la prospettiva delle entrate, lo dico al sottosegretario Baretta che ha grande attenzione su questo argomenti, è evidente che è largamente sopravvalutata. Ci sono dei Pag. 41settori su cui le stime che sono state inserite sono evidentemente sovradimensionate di alcuni miliardi di euro rispetto all'andamento dei conti per il 2014 e, quindi, si può già dire con certezza che questo 0,3 per cento sicuramente non verrà raggiunto e lo 0,6 per cento con grande difficoltà dovrà essere evidentemente costruito, ma credo che sarà quanto meno una percentuale più bassa.
  Allora che cosa sta avvenendo, colleghi ? Sta avvenendo un'azione di un Governo che punta a una ridistribuzione del reddito differente rispetto a quelli che sono i ceti sociali fondamentali del nostro Paese, che sono maggioranza nel nostro Paese e, attraverso la riforma fiscale, se verrà portata avanti così come annunciato, un intervento che va sostanzialmente a colpire i patrimoni, sia quello che riguarda la tassazione finanziaria, che evidentemente va a «lavorare» là dove ci sono elementi di transazione che evidentemente appartengono soprattutto ad alcune fasce ed alcune categorie, così come per quello che riguarda la proprietà, evidentemente i diritti immobiliari.
  Così come per quello che riguarda i depositi bancari piuttosto che evidentemente una redistribuzione del reddito con un tetto elevato con vari provvedimenti annunciati che vanno a colpire le fasce medio-alte del settore pubblico piuttosto che i dirigenti. Insomma, l'idea è, al contrario di quello che vuole rappresentare Renzi in tutti i suoi passaggi, di una revisione verso il basso. Noi non stiamo premiando il merito, collega Baretta e Presidente Boldrini; qui non si sta facendo un lavoro sul merito per premiare l'Italia che cresce, per premiare l'Italia che lavora, per premiare che l'Italia che investe. No, noi stiamo lavorando attraverso questo DEF per cercare in una condizione di crisi di mantenere comunque un percorso che veda la redistribuzione a vantaggio di alcune fasce sociali indebolendo il percorso di crescita del Paese. Allora, Presidente, saranno altri gli appuntamenti dove noi andremo a stanare il Governo, ovviamente sul percorso della crescita. Questo Documento di economia e finanza ci preoccupa; ci preoccupa perché i conti pubblici non sono in ordine, perché si utilizzano elementi informativi che non sono pieni e non sono trasparenti per andare a coprire un intervento in deficit che verrà fatto nelle prossime ore attraverso un intervento che va a colpire alcune fasce sociali, quelle che hanno tenuto in piedi il Paese fino ad oggi; non dà gli strumenti per la crescita. Noi vi sfideremo su questo terreno, non con un'opposizione sterile finalizzata esclusivamente a bloccare i provvedimenti ma a migliorarli sul terreno dello sviluppo.

  PRESIDENTE. Concluda.

  ALBERTO GIORGETTI. Concludo Presidente. Oggi in Italia lo sviluppo non «si aggancia» e questi provvedimenti e questo DEF dimostrano che lo sviluppo con il Governo Renzi non verrà agganciato nemmeno nei prossimi mesi. Pertanto il nostro è un voto favorevole ad una risoluzione alternativa, che dimostra un disegno alternativo di sviluppo per il Paese, contro la risoluzione proposta dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Popolo della libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Cariello. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, vogliamo rappresentare la nostra opinione su questo Documento di economia e finanza ivi inclusa anche la relazione sulla deroga al pareggio di bilancio cominciando da una valutazione ascoltata, audita in Commissione dalla Corte dei conti. Vogliamo e teniamo a ribadire quali sono le valutazioni critiche che la Corte ha avuto modo di esprimere frequentemente, non solo sul DEF in diverse audizioni fatte in Commissione bilancio. C’è la tendenza da parte del Governo a presentare quadri macroeconomici di finanza pubblica fondati su ipotesi tendenzialmente troppo favorevoli, queste sono le valutazioni critiche della Corte dei conti, e dunque – Pag. 42precisa – di difficile realizzabilità. Bene, è su questo che noi dobbiamo fondare la valutazione, perché – aggiunge la Corte dei conti – vi è mancanza di integrazione effettiva tra il programma di stabilità e il programma di riforme che sono contenute entrambe in questo documento programmatico. Quindi, secondo la Corte dei conti non c’è un'effettiva azione di equilibrio e di interconnessione tra questi due programmi. Con il programma di stabilità si vanno a rispettare i vincoli imposti, i quali noi siamo assolutamente d'accordo nel cancellarli – non a derogarli, a cancellarli – e poi si fa un programma nazionale di riforma che non tiene conto delle reali condizioni del Paese.
  Quindi, fondamentalmente oggi il Governo ci chiede di esprimerci su due relazioni, con una si chiede deroga al pareggio di bilancio, che è stato pensato raggiungibile nel 2015 ma per il quale in effetti, nonostante tutte le misure di austerità, oggi il Governo prende coscienza che è impossibile raggiungere e quindi ci chiede deroga. Questo devono capire i cittadini: oggi stiamo derogando all'impianto fondamentale che ha determinato le politiche economiche del nostro Paese dal 2011 fino ad oggi. Quindi, oggi noi chiediamo deroga a quell'impianto. Quindi, l'austerità non è nemmeno servita a raggiungere quegli obiettivi, li stiamo addirittura spostando in avanti.
  Quindi significa altri due anni nelle stesse condizioni, con cui il Governo, i Governi precedenti ci hanno portato alla attuale condizione.
  Cos'altro viene inserito in questa relazione, su cui il Governo chiede di esprimersi ? Questa relazione è basata fondamentalmente su un piano di rientro, perché la deroga è una metodologia di tipo formale, visto che c’è una legge dello Stato che noi dobbiamo rispettare: dobbiamo esprimerci a maggioranza assoluta, tra l'altro. Ma quella relazione contiene un piano di rientro; un piano di rientro che, ribadiamolo, è basato su due concetti fondamentali: uno, il piano di dismissioni; due, una serie di misure programmatiche che fanno parte di quell'agenda dei sogni e dei proclami che il Presidente del Consiglio e l'attuale Governo stanno ormai diffondendo nel nostro Paese. Non le vorrei citare tutte, perché poi fondamentalmente la parte principale di questo impianto di rientro è determinata dalla spending review, ma ci sono altre misure che ci vedono fortemente critici nelle modalità con cui almeno il Governo ha prospettato di raggiungere certi obiettivi.
  Vi faccio un esempio: l'aumento delle detrazioni IRPEF sui redditi da lavoro dipendente. Bene: credere che questa maggiore detrazione messa nelle tasche degli italiani possa realmente determinare una crescita o una variazione sensibile nel nostro PIL è pura follia, perché, dati alla mano, questo incremento, seppur magari tanto pubblicizzato, non produrrà un reale incremento dell'occupazione: produrrà semplicemente un aumento del consumo dei beni, che tra l'altro questa nazione compra prevalentemente dall'estero. Quindi, non sarà nemmeno utile a migliorare la domanda interna del nostro Paese, perché compriamo fondamentalmente beni dall'estero: quindi poca occupazione, domanda interna comunque stabile, se non ridotta. Quindi gli effetti saranno ancora limitati sulla reale economia del nostro Paese !
  Mentre, di contro, si fa un programma di stabilità che prevede ancora un inasprimento della pressione fiscale dichiarata ancora in questo DEF, e quindi periodi di austerità ancora uguali ai precedenti. Stiamo semplicemente – ripeto – spostando in avanti quello che si doveva ottenere da quest'anno in poi. Quindi dobbiamo, e abbiamo il dovere, di dire ai cittadini che il nostro Paese per altri due anni vivrà periodi di recessione, perché dire che il PIL cresce dello 0,6-0,7, lo «zero virgola» di cui parlava il Presidente del Consiglio, non significa essere usciti dalla crisi.
  Abbiamo chiarito quindi la premessa, questo aspetto; ma ora veniamo ai dati. È chiaro l'impianto della finanza pubblica italiana di questo DEF, perlomeno lo dobbiamo far comprendere in maniera semplice agli italiani. L'avanzo primario del Pag. 43nostro Paese ormai è in netto terreno positivo, ed è in netto aumento: cioè questo Paese ha più entrate di quante ne spende per i cittadini. Questo dev'essere chiaro. Ma cosa ne facciamo di questo avanzo primario ? Questo avanzo primario lo utilizziamo prevalentemente per pagare gli interessi sul nostro debito ! Addirittura portiamo l'avanzo primario al 2018 al più 5 per cento, e poi andiamo in giro agli italiani a dire che non ci sono soldi: per fare il reddito di cittadinanza, per fare misure reali di investimento nei territori locali; e quindi c’è questo mantra: ce lo chiede l'Europa. No ! Ce lo chiede il nostro debito, ce lo chiedono i creditori del nostro debito: è questo il reale disperdere del denaro pubblico italiano. Quindi è al debito che dobbiamo guardare, e capire qual è la risposta che abbiamo, che questo Governo intende programmaticamente dare al debito, ma che non c’è in questo DEF. Tant’è che nel 2014 il debito è ancora in aumento: tocchiamo quote pari al 135 per cento, quasi.
  Quindi oggi lo stiamo derogando, ma nel Fiscal compact era anche previsto che dovessimo pagare, dal pareggio di bilancio in poi, un ventesimo della quota eccedente il 60 per cento del nostro debito.
  Quindi, che s'intende fare per ridurre drasticamente questo debito, ristrutturarlo in maniera sostanziale  ? Dobbiamo anche dire agli italiani che nello scorso anno sono entrati in vigore due regolamenti, il cosiddetto two pack, che includono il famoso European redention found, non ancora così famoso, il Fondo di redenzione, che non è che siamo a Pasqua e si chiama così perché siamo in periodo pasquale, ma è di redenzione per i creditori. In questo fondo l'Italia verserà la quota eccedente il 60 per cento e poi sarà richiesto, attraverso le manovre economiche di ogni singolo anno, di pagarne la quota parte, ma pena il prelievo coercitivo da parte del Fondo di quelli che sono i beni della nazione. Ecco, il programma di dismissione servirà a pagare quelle quote. Quindi i gioielli di famiglia del nostro Paese saranno svenduti per ottemperare ad un obbligo, al fiscal compact, perché tutto di là deriva, ecco perché noi ne chiediamo la completa cancellazione visto che ancora non è stato armonizzato nel Trattato sul funzionamento della Unione europea. Questa è un'altra informazione che va data ai cittadini perché il fiscal compact è ancora un accordo intergovernativo e non è ancora un trattato dell'Unione europea o perlomeno non è stato armonizzato e incluso in quel Trattato. Quindi è fondamentale.
  Poi, si è giustificato questa relazione alla Comunità europea e comunque ai cittadini; perché si è fondato tutto l'impianto ? Per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Bene, dire che noi pagheremo i debiti della pubblica amministrazione facendo altro debito è una farsa, questo è il problema. Poi non riusciamo nemmeno a traguardare quello che era l'obiettivo inserito nelle slide del nostro Presidente del Consiglio; si era detto in quella sede che avremmo pagato tutti i debiti della pubblica amministrazione e invece quest'anno noi andiamo ad aggiungere solo 13 miliardi a quel percorso già iniziato col decreto-legge n. 35. Quindi, un'altra bugia, tipica renziana.
  Ma cosa si vuole utilizzare per «aggiungere» invece programmaticamente ? Qualche traccia nel DEF c’è: si vuole, nel programma nazionale di riforme, includere, per quel pagamento a lungo termine, ma non quest'anno, la Cassa depositi e prestiti e il sistema bancario, quindi mettere ancora in circolo denaro attraverso i finanzieri per pagare i debiti pregressi. Come lo paghiamo ? Lo paghiamo con la liquidità della Cassa depositi e prestiti, ma mettendo a garanzia ancora i tributi locali dei cittadini, quindi alla fine, poiché con il decreto enti locali stiamo addirittura dando minore poteri alla Corte dei conti e stiamo anche mettendo in atto delle sanatorie per gli amministratori che hanno portato i comuni in dissesto, praticamente stiamo dicendo che copri quel debito pregresso che avevi accumulato con altro debito e se fai male il tuo lavoro ci sarà anche una sanatoria. Questo è il concetto, alla fine chi pagherà tutto questo ? I cittadini sempre, con i tributi locali che Pag. 44sono in continuo aumento e la TASI, inserita in aumento nel decreto enti locali, è una dimostrazione.
  Bene, il debito, ricordiamo ancora, che è determinato principalmente dalle amministrazioni centrali e non dalle amministrazioni locali e invece con l'impianto generale viene sempre scaricato, col Patto di stabilità interno, sugli enti locali.
  Noi vogliamo oggi lanciare un messaggio ben preciso in questa sede: se deroga volete, deroga sia, ma che sia anche per il Patto di stabilità interno perché la stessa legge n. 243 prevede all'articolo 11 un allentamento del Patto di stabilità lì dove le Camere dovessero esprimersi in deroga all'articolo 6. E chiedo al sottosegretario Baretta di dare una risposta su questo argomento perché i sindaci e gli enti locali aspettano una risposta perché oggi il Parlamento si sta esprimendo su una deroga molto importante, loro si aspettano che quella deroga venga trasferita in «basso» con la possibilità di assicurare i servizi ai cittadini e con la possibilità di fare investimenti sull'economia reale di questo Paese.

  PRESIDENTE. Concluda, per favore.

  FRANCESCO CARIELLO. Se questo è l'impianto, è questo l'auspicio che noi chiediamo, e naturalmente voteremo contro entrambe le risoluzioni.
  Infatti il piano di rientro non è un libro dei sogni, ed è basato su valutazioni errate, ma noi ribadiamo la nostra linea, che va cancellato completamente il fiscal compact e tutte le regole che da esso derivano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, pur nel tempo di pochi giorni abbiamo avuto la possibilità di un intenso lavoro sul DEF con le audizioni. Il primo giudizio che ho sentito esprimere nel corso delle audizioni è che siamo di fronte ad un cambiamento, ma non alla svolta necessaria per il Paese.
  Già un giudizio di riconoscimento di cambiamento è di per sé positivo, essendo pervenuto da un'organizzazione sindacale che in questi anni non ha certo risparmiato giudizi critici e severi nei confronti dei vari Governi che si sono succeduti. Però io credo che si possa partire da quel giudizio per affermare qualcosa di più.
  Siamo di fronte con questo DEF a un forte cambiamento, che avvia una svolta nella politica economica del Paese. Il cambiamento più significativo – voglio partire da qui – è che questa volta non si scrive più, come abbiamo fatto per diversi anni, che verranno in futuro destinate risorse alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo – in soldoni alla riduzione delle tasse sul lavoro, intendendo per lavoro sia il lavoro dipendente che quello autonomo, che è l'attività d'impresa – e non verranno più destinati i futuri proventi della lotta all'evasione fiscale oppure le future maggiori entrate. Andiamo oltre anche ad un intervento immediato, significativo, rilevante per la finanzia pubblica, ma purtroppo non del tutto significativo per i destinatari, come quello di 2 miliardi 600 milioni fatto con la legge di stabilità, tanto che in essa si è previsto un fondo, alimentato in vari modi, per ulteriori significativi interventi.
  Nella legge di stabilità per il 2014 avevamo introdotto una novità: non si sarebbe aspettata la fine dell'anno, la prossima legge di stabilità, ma già nel DEF avremmo dovuto individuare la dimensione degli interventi da fare nel 2014. C'erano senz'altro scetticismi di varia natura sul mantenimento di questo impegno e invece quegli scetticismi ora sono smentiti.
  Qui c’è il cambiamento più forte, che è anche una svolta. Il Governo dice alle Camere: datemi il via libera sul DEF e già nei prossimi giorni vareremo il decreto-legge per i tagli alle tasse sul lavoro per i prossimi mesi del 2014 e lo faremo in una misura che non ha precedenti.Pag. 45
  Ricordo che il più consistente intervento sul cuneo fiscale lo fece il Governo Prodi nella legge finanziaria 2007 e valeva meno della metà di questo. Il Governo dice due altre cose: interverremo a favore delle imprese, riducendo l'IRAP e finanziando questa riduzione con l'aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, determinando cioè uno spostamento della pressione fiscale dal lavoro e l'impresa verso la finanza; ma l'intervento più consistente lo faremo verso i lavoratori dipendenti a più basso reddito, cercando forme che coinvolgano anche gli incapienti. Qui vi è il più rilevante intervento nel segno dell'equità, certamente almeno dell'ultimo decennio se non oltre, quindi giustizia sociale, ma che ha anche una valenza economica, perché destinato a favorire la ripresa della domanda interna, consumi e investimenti, che è stata in questi anni l'elemento di maggiore fragilità dell'economia italiana.
  Le imprese che esportano vanno sostenute, ma non si può vivere solo di esportazioni. Bisogna rivitalizzare il mercato interno, sapendo certo che, se il sistema produttivo è poco competitivo, questo può tradursi in un aumento delle importazioni. Tutto questo ci dice che non basta intervenire sul lato della domanda e, però, sulla domanda bisogna intervenire.
  Lo sottolineo anche rispetto alla critica che questo taglio delle tasse sul lavoro non coinvolge i lavoratori autonomi a basso reddito, la cui esistenza ormai dovrebbe essere evidente a tutti, cioè che ci sono lavoratori autonomi anche a basso reddito. Se non esistessero, non avremmo un così alto numero di imprese che chiudono, tutti i giorni purtroppo. Ma a loro diciamo due cose, una che riguarda anche i pensionati. Nella risoluzione di maggioranza impegniamo il Governo a valutare la possibilità di estendere queste misure anche ai pensionati e ai lavoratori autonomi a basso reddito, ma è evidente che già lo sforzo previsto è molto consistente e non sarà facile andare oltre, anche se ce lo poniamo come obiettivo. La seconda cosa riguarda i lavoratori autonomi, diciamo perché tante imprese hanno chiuso ? Per tre ragioni: i mancati pagamenti della pubblica amministrazione, la restrizione del credito, la caduta dei consumi. Sui pagamenti nel 2013 si è avviato un forte intervento che nel DEF vogliamo consolidare, sia per chiudere le partite al 31 dicembre 2012, sia per costruire condizioni di normalità per il presente e il futuro, e vuol dire altri 13 miliardi oltre ai 47 già stanziati, quindi andiamo a 60 miliardi e quindi anche questo è giustamente uno dei motivi della richiesta che poi viene fatta dal Governo all'Unione europea, perché andiamo oltre quello stanziamento complessivo.
  Sul credito, in legge di stabilità abbiamo delineato il sistema nazionale di garanzia per il credito alle piccole e medie imprese che va realizzato e potenziato. Per i consumi, solo mettendo più soldi in busta paga ai lavoratori dipendenti a più basso reddito potremo ricostruire una clima di fiducia e una condizione concreta perché i consumi riprendano – sono calati perché gli italiani hanno avuto meno soldi in tasca – e se riprendono i primi beneficiari saranno le imprese del commercio, dei pubblici esercizi e dell'artigianato e quindi indirettamente i soldi che il Governo mette nelle tasche dei lavoratori dipendenti arrivano anche nelle tasche dei lavoratori autonomi.
  Ci sono altri aspetti per i quali siamo di fronte a un forte cambiamento che abbiamo svolto, il primo riguarda il nostro rapporto con l'Europa. Vi è senz'altro una continuità nello schema con cui si fanno le previsioni macroeconomiche e sappiamo che quello schema ha portato in Italia e in Europa a sbagliare molte, se non tutte, le previsioni, quindi occorrerà agire sapendo che possono essere stati definiti scenari che almeno in parte probabilmente non si avvereranno. Non credo però che la politica dell'Italia verso l'Europa sia paragonabile a quella di alcuni anni fa, in primo luogo per la maggiore credibilità che abbiamo acquisito ma soprattutto perché abbiamo fatto atti concreti per cambiarne se non la regole almeno l'interpretazione delle stesse. Ha cominciato il Governo Monti alla fine della sua vita con il provvedimento sul pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, un provvedimento Pag. 46che si è fatto anche se ha provocato contemporaneamente, pure in misure diverse, aumento del debito e aumento del deficit, motivi per cui in passato si sosteneva l'impossibilità di tale atto. Ma questo è stato fatto, nel 2013. Ha continuato il Governo Letta con l'azione per riutilizzare i margini di flessibilità derivanti dall'uscita dalla procedura per deficit eccessivo, soprattutto vorrei sottolineare che oggi non abbiamo all'ordine del giorno solo il DEF nel suo formato classico, non vi saranno solo risoluzioni sul DEF in discussione, c’è anche una risoluzione che autorizza il Governo a dare attuazione a quanto previsto nel DEF relativamente allo scostamento di un anno per il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio. Mi dispiace che Forza Italia, almeno nei giorni scorsi, abbia portato la discussione soprattutto su un aspetto formale, la lettera del Governo all'Unione europea. Era del tutto scontata l'esistenza di una lettera di cui il Ministro dell'economia e finanze aveva dato riscontro in audizione nelle Commissioni bilancio di Camera e Senato. Penso che ci si debba concentrare sulla sostanza, sostanza con due risvolti: la famosa legge sul pareggio di bilancio previsto dall'articolo 81 della Costituzione e modificato nella scorsa legislatura non è così rigida, l'origine di tutti i mali, come spesso la si dipinge. È un equilibrio tra entrate e spese, più che un pareggio, ed è un equilibrio che deve considerare l'andamento dell'economia.
  È un segnale importante che il Governo si avvalga degli elementi di flessibilità previsti dalla legge, in una fase economica che vede la fine della recessione ma una ripresa debole, che ha bisogno di sostegni e non di essere ammazzata in culla con eccessiva rigidità.
  È un segnale importante, perché vuol dire che l'austerità, che ha connaturato le politiche europee, va superata con politiche che mettano al centro la crescita, certamente, senza indulgere in «finanza allegra», soprattutto in un Paese che ha il debito pubblico della dimensione di quello italiano. Ma vorrei sottolineare che, a differenza di quello che ha detto la relatrice di minoranza, questa richiesta e questa previsione che fa il Governo non è la stessa cosa che era prevista nella mozione del MoVimento 5 Stelle di qualche settimana fa. Lì si era proposto di superare il 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, che non è oggetto della richiesta dell'Italia di cui oggi discutiamo e, d'altra parte, non si capirebbe, se fosse la stessa cosa, perché poi il MoVimento 5 Stelle voterà contro (vota contro perché non è la stessa cosa). Quindi, tutto questo noi lo diciamo direttamente all'Unione europea.
  L'Italia avrà da luglio la guida dell'Unione per il secondo semestre. Ci siamo già espressi ripetutamente su come devono cambiare le politiche europee al fine di tenere insieme la stabilità delle finanze pubbliche con misure per la crescita e per l'occupazione, soprattutto giovanile, per il contrasto della povertà e della discriminazione sociale. Abbiamo parlato di proseguire la marcia per un'autentica unione economica e monetaria, di meccanismi per la mutualizzazione del debito sovrano dei Paesi dell'area dell'euro, anche con forme per cui ogni Paese paghi la propria quota di interessi, perché nessuno intende scaricare su altri quello che deve essere l'onere a suo carico, ma è un'altra cosa se l'insieme del debito sovrano fosse gestito unitariamente.
  Vuol dire autonomia fiscale dell'eurozona, attraverso l'emissione di titoli per finanziare grandi progetti, ma penso anche a ciò che potrebbe significare, da questo punto di vista, la tassa sulle transazioni finanziarie; vuol dire la golden rule, togliere alcuni investimenti dai parametri del Patto di stabilità e crescita, farlo diventare meno stupido; vuol dire meccanismi di finanziamento dei sussidi per la disoccupazione e per il sostegno all'occupazione, in particolare giovanile, così come per finanziare infrastrutture. Infine, aggiustamenti della finanza pubblica più equilibrati tra i Paesi in deficit e in Paesi in surplus nella loro struttura economica.
  Ecco, noi stiamo qui, noi stiamo su queste cose; non idee balzane, come la fuoriuscita dall'euro, con cui gli italiani si troverebbero svalorizzati i loro risparmi e Pag. 47tutto il sistema si indebolirebbe, ma una politica di cambiamento dell'Europa, portata avanti non isolatamente, ma nell'ambito di una forza politica, il PSE, che ha l'ambizione di essere la prima forza politica europea nella quale il Partito Democratico ha un peso molto rilevante. Un'Europa che può stare tra i grandi, avere un ruolo di protagonista mondiale, solo se agisce come una vera unione, magari come gli Stati uniti d'Europa, perché nessuno Stato da solo potrà essere nel prossimo futuro tra i grandi, tra quelli che hanno il PIL più rilevante.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 13,07).

  MAINO MARCHI. Ho detto cambiamento, ma non «finanza allegra». Lo dimostra il fatto che il cuore della manovra del DEF, la riduzione delle tasse sul lavoro, viene finanziato in primo luogo con la spending review. Una vera revisione della spesa, non tagli lineari. C’è un percorso in atto, che fa ogni giorno un passo avanti. Nel DEF alcuni aspetti sono già delineati. Molto è da definire, lo sappiamo, a partire dai 4 miliardi e mezzo che dovranno essere reperiti nel 2014. La misura degli obiettivi è imponente. Sono comprensibili i timori sull'impatto che possono provocare, considerando che siamo un Paese che ha già visto per anni ridursi la spesa pubblica primaria.
  C’è, però, un cambiamento netto rispetto al passato. Tremonti ha fatto enormi tagli, soprattutto in due direzioni: la scuola, l'università, la ricerca, la formazione, cioè l'elemento essenziale per la competitività delle diverse economie nazionali. Con la cultura si mangia, a differenza di quello che è stato sostenuto. Il secondo era per le regioni e gli enti locali, vanificando tutto il processo e il percorso sul federalismo fiscale.
  Ora un primo elemento di discontinuità c’è.
  Tutto ciò che riguarda la conoscenza non sarà oggetto di riduzioni di spesa, anzi sarà il principale settore su cui si investirà, una scelta politica chiara e forte. E per quanto riguarda le regioni e gli enti locali essi saranno oggetto delle riforme costituzionali. Abbiamo già cominciato con un primo percorso sulle province, ma è previsto anche ulteriormente. Poi un percorso per il Patto di stabilità interno che vada verso il suo superamento con il pareggio di bilancio, una fiscalità comunale che seppur tra numerosi aggiustamenti vada nel senso di una autonomia finanziaria che si è indebolita con la sbagliatissima scelta di abolizione dell'ICI prima casa assunta nel 2008, interventi sui trasferimenti che si basino sempre più sui costi, i fabbisogni standard, sui LEA e sui LEP, insieme a non lasciare soli i comuni che sono in dissesto o a rischio di dissesto a causa delle politiche nazionali di questi anni verso la finanza locale.
  Quindi la discontinuità c’è, ma noi sottolineiamo che la revisione della spesa deve essere condotta evitando tagli che producano effetti recessivi e nei settori decisivi per lo sviluppo. Parliamo sempre appunto di scuole e formazione, ma anche di servizi per l'impiego, sicurezza. E sulla sanità, settore delicatissimo, deve andare nel senso della razionalizzazione dell'acquisto di beni e di servizi, deve utilizzare costi standard e rispettare i LEA.
  Abbiamo fatto un'indagine conoscitiva sulla sanità, da cui è emerso il danno che è stato prodotto con tagli lineari. Quindi vanno evitati tagli alla cieca o politiche sui ticket che producano effetti distorsivi. Quindi condivisione degli obiettivi, ma attenzione a come si realizzano. Nessuna delega tecnica. La revisione strutturale della spesa chiama in causa la politica, l'esigenza di riforme condotte dalla politica. E deve significare che l'equità, la giustizia sociale e la lotta alla povertà aumentano, non diminuiscono.
  Torno al punto di partenza, quel giudizio di cambiamento ma non di svolta nel corso delle audizioni, motivato per la mancanza di rilancio degli investimenti pubblici, di politiche industriali e di piano straordinario per l'occupazione. Il relatore per la maggioranza, onorevole Misiani, ha già illustrato come questi temi sono invece Pag. 48centrali nel DEF: per gli investimenti, attraverso il superamento graduale del Patto di stabilità interno, l'uso dei fondi europei, quindi una grande attenzione su questo tema, perché questa è la risorsa principale che avremo a disposizione per gli investimenti nei prossimi anni; gli interventi sull'edilizia scolastica in gran parte già finanziati; quelli sull'assetto idrogeologico invece in buona parte da finanziare e quelli sull'Expo, anche questi già finanziati. Ma anche politiche industriali, quegli interventi sul lato dell'offerta sia quelli sul fisco, non solo quelli che ho citato, ma anche l'attuazione della delega fiscale, i pagamenti della pubblica amministrazione, il sostegno alla conoscenza e, quindi, alla ricerca, le politiche energetiche per l'edilizia.
  Penso agli interventi già finanziati, già previsti per quanto riguarda le detrazioni fiscali, la green economy: abbiamo un atto, un collegato alla legge di stabilità, proprio su questo tema. E poi, per la competitività del Paese, le riforme istituzionali, la riforma della pubblica amministrazione, la riforma della giustizia civile non sono elementi separati, sono elementi che vanno ad incidere direttamente sulla competitività del Paese. E sul piano dell'occupazione giovanile, è partito l'intervento «Garanzia per i giovani», ci sono le misure per la riforma del lavoro.
  Sappiamo che le regole non bastano a creare lavoro, ma tutto ciò che ho detto prima su investimenti e politiche per lo sviluppo hanno effetti sull'occupazione. È comunque un campo che ha bisogno di ulteriori interventi – lo diceva il relatore – se vi saranno più entrate di quanto previsto dalle privatizzazioni devono, a nostro avviso, essere destinate ad un piano straordinario per l'occupazione giovanile, al riassetto idrogeologico, all'edilizia scolastica.
  Altri due aspetti della nostra risoluzione che hanno una valenza economica ed una valenza sul piano dell'equità voglio richiamare. Il primo è il contrasto all'evasione fiscale, quindi tracciabilità, meno contante, fatturazione elettronica, cooperazione internazionale contro i paradisi fiscali e il segreto bancario, e il secondo è rivisitare la riforma previdenziale, risolvendo il problema degli esodati, quello dei lavoratori della scuola cosiddetti quota 96, introducendo meccanismi di flessibilità nel sistema e anche risolvendo il problema della ricongiunzione, che è nato per uno dei decreti-legge fatti dal Ministro Tremonti nel 2010.
  Quindi, Presidente, questo non è solo un Documento di economia e finanza di cambiamento è, a mio avviso, di svolta che richiede un grande lavoro delle istituzioni, del Parlamento e del Governo, per le riforme strutturali e anche di attenzione forte per i passaggi più difficili per la sua attuazione che noi non ci nascondiamo, ma crediamo sia una sfida da portare avanti con forza. È un DEF che caratterizza la politica economica del Governo Renzi e che ha il convinto sostegno del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare, a titolo personale, il deputato Currò. Ne ha facoltà per due minuti.

  TOMMASO CURRÒ. Signor Presidente, colgo questa opportunità, di questi due minuti, per illustrare uno dei punti che ritengo essere qualificanti dei dispositivi di impegno della nostra relazione di minoranza al DEF. Il punto riguarda la disciplina del Fondo di ammortamento dei titoli di Stato, in particolare rispetto a quella norma che sostanzialmente vincola il Governo a destinare le risorse rivenienti dai processi di alienazione, di dismissione di partecipazioni statali a questo Fondo con la finalità, con la destinazione di riduzione del debito pubblico attraverso l'acquisto di titoli sul mercato secondario. Ebbene questa, a mio avviso, è una norma che ottempera in pieno a quelle che sono le visioni di austerity di cui fino ad oggi abbiamo ampiamente discusso e che provengono da una concezione dell'Europa.
  Dal punto di vista del principio la misura tutto sommato è condivisibile perché il principio sostanzialmente è molto semplice: riduco partite di attivo patrimoniale Pag. 49per ridurre le partite di parte passiva. Tuttavia sul piano strettamente logico, secondo me, questa misura toglie spazi di sovranità ai Governi e ai Parlamenti nazionali, perché lo stesso obiettivo può essere raggiunto agendo anche sul lato degli investimenti. Quindi, non soltanto andando ad operare attraverso una riduzione del debito, ma riequilibrando e, quindi, producendo lo stesso effetto netto sul lato dell'attivo.
  In che modo ? Voglio spiegare meglio questa misura. Sostanzialmente l'obiettivo è molto semplice: ridurre il rapporto debito/PIL. Attualmente questa disciplina, così vincolata, obbliga ad operare soltanto attraverso la riduzione del debito non lasciando alcuna possibilità, invece, di aumentare il PIL. L'effetto che si produce è esattamente lo stesso, signori. Quindi riflettiamo su questa misura, sulla possibilità cioè di revisione di questa norma così rigoristica perché, soprattutto in momenti recessivi, è giusto intervenire dal lato del debito, ma altrettanto giusto è intervenire sulle spese in conto capitale che possono rilanciare il PIL ottenendo gli stessi effetti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Risoluzioni – Doc. LVII, n. 2)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le seguenti risoluzioni riferite alla Relazione di cui all'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, che sono in distribuzione: Marchi, Tancredi, Librandi, De Mita e Tabacci n. 6-00064, Brescia ed altri n. 6-00070 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).
  Avverto, altresì, che sono state presentate le seguenti risoluzioni relative al Documento di economia e finanza, che sono in distribuzione: Brunetta n. 6-00065, Speranza, De Girolamo, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio e Di Lello n. 6-00066, Guidesi ed altri n. 6-00067, Migliore ed altri n. 6-00068, Catalano n. 6-00069 e Brescia ed altri n. 6-00071 (vedi l'allegato A – Risoluzioni).

(Repliche dei relatori e del Governo – Doc. LVII, n. 2)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza, deputato Misiani, rinuncia alla replica.
  Prendo atto, altresì, che i relatori di minoranza, deputati Castelli e Palese, non sono presenti in Aula.
  Ha facoltà di replicare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, che invito ad esprimere il parere sulle risoluzioni riferite alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, nonché a dichiarare quale risoluzione intenda accettare con riferimento al Documento di economia e finanza.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la relazione dell'onorevole Misiani per la maggioranza e l'intervento poco fa dell'onorevole Marchi hanno ben esaurientemente espresso qual è il contenuto del Documento di economia e finanza e i suoi intenti programmatici e questo mi esime, quindi, dal ripeterli e dal riproporli alla discussione, essendo ben noti. Mi limito, quindi, ad alcune osservazioni e ad alcune risposte a quesiti e osservazioni critiche che sono emersi questa mattina.
  Innanzitutto, constato che il dibattito, la polemica sul metodo, che ieri aveva animato fortemente gli animi, questa mattina si è fortunatamente attenuata, anche perché – come sappiamo – quando ci si attacca ostinatamente al metodo è perché si è scarsi nel merito, mentre, invece, quello di cui noi abbiamo bisogno è una discussione sui contenuti, anche differenti ovviamente, come è ovvio che sia.
  L'onorevole Castelli ci ha chiesto di usare tutti parole semplici per spiegare la situazione. Ebbene, proverò a farlo anch'io con un linguaggio che tutti gli italiani sono Pag. 50in grado di capire. La malattia della nostra economia è ancora seria. Non c’è dubbio, non lo neghiamo, lo affermiamo. Ne siamo talmente convinti che i dati sulla disoccupazione ci preoccupano e li abbiamo considerati come un quadro di emergenza necessario per intervenire, non solo da parte del Governo italiano, ma anche da parte delle strategie europee. Ne siamo così convinti che abbiamo persino ridimensionato, senza artifizi, il dato sulla crescita del PIL, che è un elemento molto rilevante della preoccupazione che noi abbiamo.
  Ma questa malattia, che è ancora seria, presenta veri elementi di miglioramento. Si stanno vedendo, sono ancora fragili, come ha detto anche questa mattina il Ministro, ma sono sensibili. E la terapia che noi stiamo proponendo ci farà guarire. Questo è il messaggio ed è l'atteggiamento del Governo, anche con queste misure che sta prendendo in questi giorni.
  Allora, è in questo delicato equilibrio – che bisogna aver presente – tra una malattia seria e le prospettive evidenti e possibili di guarigione, che si colloca anche la discussione, che questa mattina è stata fatta in Aula, del rapporto tra austerità, sacrifici e cambiamento di linea. Ha ragione l'onorevole Buttiglione che vi ha fatto riferimento. Non c’è dubbio che l'austerità è servita innanzitutto ad evitare il tracollo. Lo ricordava anche l'onorevole Melilla quanto hanno pagato i cittadini, gli italiani, i lavoratori, le imprese per evitare che il tracollo fosse drammatico e irreversibile e lo hanno fatto con sacrifici di austerità e di rigore molto forti. Ma è altrettanto evidente che una strategia esclusivamente basata sull'austerità non coglie la seconda parte del problema e cioè quella delle terapie per guarire, per crescere rapidamente, per sviluppare la crescita, soprattutto in ordine alla disoccupazione e alla disoccupazione giovanile.
  Ecco, la scelta che oggi il Governo fa, avendo ben presente quanto è accaduto in questi anni e i sacrifici che sono stati fatti per far sì che non crollasse il sistema economico e sociale italiano, è quella di collocarsi su questo versante: imprimere oggi strategie che non sono più esclusivamente affidate a linee di rigore e di austerità, alle quali pur non rinunciamo, per incidere, invece, rapidamente sulle prospettive di crescita economica e sociale. E da qui, allora, le scelte che compiamo: innanzitutto – non c’è dubbio – mantenimento e risanamento dei conti pubblici. Guai a rinunciare a questa prospettiva !
  Il fatto che noi concludiamo il 2013 con il riconoscimento esplicito, da parte di tutti gli organismi, con il mantenimento del deficit all'interno del 3 per cento è un risultato importante. Ci ha consentito di uscire dalla procedura di infrazione, e vorrei dire all'onorevole Palese che proprio questo è quello che ci garantisce dai rischi che lui ha prospettato e cioè che noi possiamo ricadere ancora in situazioni di questo tipo. Non a caso abbiamo attestato i vincoli dell'indebitamento più bassi, rispettando, quindi, quanto ci è stato detto finora dalla Comunità.
  Noi siamo un Paese virtuoso, forse tra i più virtuosi dell'Europa, nella capacità di rientrare dalle nostre difficoltà.
  Ma abbiamo un debito pesante, tra i più pesanti d'Europa e questo è bene averlo presente.
  La virtuosità non ci risolve, da sola, il problema del debito e, quindi, avere un occhio al mantenimento ed al risanamento dei conti pubblici è fondamentale.
  E, in questo senso, voglio anche dire che la preoccupazione comprensibile, molto diffusa per i problemi che ci propone il fiscal compact, è direttamente collegata alla capacità di crescita del Paese. Veniva ricordato questa mattina e lo ha ricordato anche il Governatore della Banca d'Italia pochi giorni fa: sappiamo che c’è un rapporto diretto tra il peso delle difficoltà che ci sono imposte dalle regole europee e la nostra capacità di crescita. Se noi abbiamo un trend di crescita costante e significativo e siamo ancora indietro rispetto a questo obiettivo, non dobbiamo avere paura delle regole del rientro. Siamo in grado di affrontarle, siamo in grado di affrontarle abbastanza con una capacità collettiva di farcela.Pag. 51
  Allora, la questione non è l'abolizione del fiscal compact, perché il fatto che il fiscal compact sparisca non è che fa sparire il nostro debito pubblico. Il nostro 136 per cento ce l'abbiamo comunque e ridurre dal 136 per cento a prospettive accettabili per poter reggere la nostra economia è un obiettivo che ci dobbiamo porre noi, che si deve porre il popolo italiano, l'Italia, indipendentemente dai vincoli europei, i quali ci aiutano e siamo in grado di affrontarli con serenità se siamo più in grado di crescere.
  E in questo senso voglio dire – perché si sta in queste ore anche giornalisticamente ingenerando un approccio che è bene correggere – che la linea di revisione della spesa pubblica, la spending review, non è esclusivamente una questione di coperture ad altri provvedimenti. Certo che serve a coprire provvedimenti espansivi, come il decreto che pensiamo di fare domani, ma la linea di revisione della spesa pubblica è un pezzo di strategia fondamentale per risanare i conti pubblici senza ricorrere all'aumento ulteriore delle tasse, senza ricorrere all'imposizione fiscale.
  Ecco che allora questo va considerato in quest'ottica: non riduciamo il dibattito sulla spesa pubblica nel senso di semplicemente prevedere quanta ne serve per coprire altre manovre. Certamente serve anche a questo, ma innanzitutto è una strategia di rientro dalle nostre difficoltà, di risanamento dei conti pubblici, scegliendo una linea complicata, seria, impegnativa, ma che è alternativa ad una linea che abbiamo visto essere ormai esaurita ed impraticabile, che è quella dell'imposizione fiscale aggiuntiva.
  In quest'ottica è anche un elemento di redistribuzione e allora un altro elemento di scelta, mentre si mantiene l'attenzione seria ai conti pubblici, è immettere medicine in questo corpo che sta guarendo, ma che è ancora a rischio di malattie, immettere medicine evidenti, misurabili: i pagamenti della pubblica amministrazione lo sono, sono riconosciuti da tutti, lo sono stati anche in questo anno.
  Ebbene, allora è curioso che su questo noi vediamo, da un lato, critiche perché facciamo poco e, poi, critiche perché, nel momento in cui lo facciamo, dobbiamo ricorrere agli strumenti che servono a sostenerlo. Noi abbiamo già erogato 22 miliardi quest'anno e gli effetti si vedono non solo nei pur timidi segnali di ripresa economica, ma anche per il rientro possibile che questo ha nelle casse dello Stato per la parte di rientro dell'IVA. Ne abbiamo già ipotizzati 25 e stiamo decidendo di aggiungerne altri 13, che sono la vera motivazione dello scostamento richiesto e che tra poco chiediamo che sia approvato.
  Dobbiamo essere chiari su questo punto, perché anche la polemica politica deve essere fondata su dei dati, su dei chiarimenti.
  Le ragioni per le quali noi ipotizziamo un possibile scostamento sono legate al fatto che vogliamo aumentare la dose di questa medicina a favore della crescita, cioè i 13 miliardi aggiuntivi per quanto riguarda i pagamenti.
  E voglio dire all'onorevole Giorgetti, che ben conosce le regole europee: lui sa che, innanzitutto, quando noi facemmo la discussione in questo Parlamento sul pareggio di bilancio, il Parlamento italiano ha corretto l'impostazione originaria che anche dalla sua parte politica veniva e, cioè, quella del pareggio anno per anno, introducendo una visione più equilibrata, tant’è che l'articolo 81 della Costituzione non usa la parola «pareggio», ma usa le parole «equilibrio di bilancio tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». La possibilità di scostare, quindi, per avvenimenti eccezionali e collegata a provvedimenti che abbiano finalità è esattamente il risultato di una scelta che il nostro Paese ha fatto.
  Da questo punto di vista, allora, come ha ricordato questa mattina il Ministro Padoan, esiste il piano di risanamento. Sta esattamente dentro il DEF, come veniva ricordato. Ma voglio dirlo con una battuta: 30 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica nell'arco di due anni, sono o non sono un piano di rientro e un piano di risanamento ? Io penso, quindi, che sia Pag. 52importante avere chiari questi elementi. È evidente che oltre a questo c’è anche la riduzione e l'allentamento del peso fiscale a favore dell'impresa e del lavoro ed è l'oggetto, quindi non mi dilungo, dell'intervento che si farà nelle prossime ore.
  Ma c’è anche la questione dell'allentamento dei vincoli del Patto di stabilità che qui è stata toccata anche dal collega Cariello. È bene essere chiari su questo. Innanzitutto, già quest'anno, con la legge di stabilità, i comuni possono utilizzare un miliardo di euro di allentamento del Patto. Sappiamo che a disposizione ci sono anche un miliardo e 600 milioni ulteriori per l'utilizzo di piani di intervento per il dissesto idrogeologico. Ma la domanda che ci dobbiamo fare – e in questo senso accolgo la riflessione e la voglio portare ulteriormente avanti – è se a questo punto la questione che si pone al dibattito del Parlamento e anche governativo non sia proprio il superamento del Patto di stabilità. Ma, attenzione, il superamento del Patto di stabilità sarà possibile in tempi ragionevolmente brevi proprio se riusciamo ad introdurre il concetto del pareggio di bilancio in tutte le articolazioni dello Stato, perché la realizzazione del pareggio di bilancio rende del tutto ininfluente il mantenimento di un Patto di stabilità così come oggi è strutturato. Delle due l'una, quindi. Io propendo per scegliere la strada che ci avvii più rapidamente possibile al superamento del Patto di stabilità perché questo libererebbe energie.
  Infine, abbiamo posto all'Europa, come pezzo di una strategia di crescita, una revisione della propria strategia. Come sapete, il Presidente del Consiglio ha detto in maniera esplicita: noi non chiediamo all'Europa di cambiare linea per noi, chiediamo all'Europa di cambiare linea per se stessa. Infatti, oggi è necessario che sia l'intero continente europeo a dare segnali di coerenza rispetto a una linea di tendenza che anche il nostro Paese sta portando avanti, forse in maniera anticipata. Siamo i più virtuosi in termini di rientro, siamo efficaci nelle scelte e nelle terapie.
  Concludendo, allora, signor Presidente, questa è esattamente la differenza tra quel danno irreversibile di cui ha parlato l'onorevole Prataviera e, invece, questo miglioramento irreversibile che il Governo sta portando avanti e sta applicando in queste situazioni.
  È con queste motivazioni, signor Presidente, che io do parere favorevole sulle risoluzioni Marchi, Tancredi, Librandi, De Mita, Tabacci n. 6-00064 e Speranza, De Girolamo, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Di Lello n. 6-00066 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Poiché in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è stato stabilito che le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto abbiano luogo con ripresa televisiva diretta a partire dalle ore 14, sospendo a questo punto la seduta fino a tale ora.

  La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Baretta, Biondelli, Michele Bordo, Brescia, Brunetta, Dellai, Ferranti, Fico, Formisano, Giancarlo Giorgetti, Pannarale, Pes, Ravetto, Realacci, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 53

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto – Doc. LVII, n. 2)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lello Di Gioia. Prego, onorevole Di Gioia, ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, noi Socialisti voteremo a favore della risoluzione di maggioranza perché riteniamo che in questo documento di economia e finanza, per la prima volta, non si discute di ulteriore tassazione, e vi sono elementi importanti di riforme strutturali, che abbiamo sempre chiesto ai Governi precedenti e che in questo documento di economia e finanza sono fortemente presenti. Ci fa specie soprattutto ascoltare l'opposizione – e mi riferisco a Forza Italia – quando contesta questo documento sapendo quali danni sono stati realizzati con i Governi Berlusconi-Tremonti e che oggi, ovviamente, stiamo vivendo con grande drammaticità. C’è la ripresa, un minimo di ripresa. Abbiamo necessità di incentivare questa ripresa, abbiamo necessità di intervenire, appunto, su quegli elementi distorsivi che non consentono la ripresa del nostro Paese e, quindi, l'accelerazione del sistema economico e occupazionale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LELLO DI GIOIA. Mi avvio alle conclusioni.
  Noi pensiamo che sia opportuno intervenire in settori della pubblica amministrazione, come è stato già fatto nella riforma dello Stato. Bisogna, però, sottolineare con grande preoccupazione che in questo documento non si parla del Mezzogiorno d'Italia. E mi permetterò e ci permettiamo anche di sottolineare con grande convinzione che questo Governo deve cominciare ad usare quelli che sono, per esempio, i fondi pensione, sia essi negoziali, aperti, chiusi e delle casse, perché questi vengono ad essere usati negli altri Paesi europei, finanziando attività produttive di altri Paesi in concorrenza con il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  LELLO DI GIOIA. Dobbiamo, in buona sostanza, fare in modo che la finanza diventi virtuosa e guardi con interesse a quello che è lo sviluppo delle attività produttive reali del nostro Paese. In questo modo – e concludo – siamo convinti di dare risposte positive per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI))

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato onorevole Bruno Tabacci Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, il documento di economia e finanza 2014 cade in un passaggio strategico per il Paese, sia economico che politico. La crisi sembra ad una svolta, attesa e sospirata, ma la ripresa è fragile e incerta, specie nel nostro Paese. C’è un intreccio tra questo DEF di speranza e il rilancio dell'Europa a poco più di due mesi dall'inizio del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea.
  È giusto caratterizzare l'azione del Governo con un'impostazione alta, che tenga insieme crescita e occupazione dopo i deludenti effetti originati dalla rassegnazione del binomio rigore-deflazione. La prova che si vuole cambiare è data dall'impegno su un programma di riforme strutturali profonde – dalle istituzioni al lavoro, dalla semplificazione della pubblica amministrazione alla qualità della nostra spesa pubblica – e la ripresa sostenuta da sgravi fiscali ai cittadini più deboli e alle imprese.Pag. 54
  Su queste scelte di cambiare pagina noi ci giochiamo tutto. Questo progetto serve anche all'Europa, che ha necessità di utilizzare la spinta di ottimismo e di passione del Presidente Renzi per rimotivare l'europeismo e limitare gli effetti di uno scetticismo distruttivo. Ed è stato giusto porre la questione del rinvio del pareggio strutturale di bilancio, un modo per mettere le carte in tavola e per condizionare positivamente le proposte di raccomandazioni fiscali ed economiche che l'Esecutivo dell'Europa varerà il 2 giugno prossimo.
  In questo modo, l'Italia ha avviato concretamente la rimodulazione dei tempi di correzione strutturale, ma i critici di oggi non sostenevano che questo Governo prendeva ordini dalla Merkel e andava in Europa con il cappello in mano ? E, allora, perché menare scandalo, se il Governo si pone il problema di diluire gli effetti del fiscal compact ? Non era quello che si voleva fare ? Ritardando il pareggio si punta a rallentare il ritmo di rientro del debito, così come fissato dal fiscal compact. Passaggio stretto, che ha bisogno per raggiungere l'obiettivo di un grande programma riformatore e di una svolta congiunturale, che tenga, appunto, insieme crescita e occupazione. Questo è lo spirito di questo Documento di economia e finanza.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  BRUNO TABACCI. Siamo consapevoli che uno spazio diverso o alternativo non c’è e restiamo fiduciosi che il voto del Parlamento di oggi metta in condizione il Governo domani di porre in essere quelle misure annunciate, che hanno suscitato attese e speranze. Questo è lo spazio fiducioso del consenso politico espresso dal Centro Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ottobre. Ne ha facoltà.

  MAURO OTTOBRE. Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, i deputati della Südtiroler Volkspartei e del PATT voteranno la risoluzione presentata dalla maggioranza in merito al DEF 2014. Condividiamo le prospettive di fondo assunte dal Governo con il DEF e i provvedimenti di riforma: consolidamento fiscale e dei conti sostenibili e accelerazione delle riforme strutturali per determinare e sostenere la crescita. Auspichiamo e giudichiamo importante che il DEF ritenga necessari, entro i parametri europei, interventi flessibili in ordine al Patto di stabilità e di crescita, al fine di consentire maggiori investimenti pubblici produttivi.
  Il Documento di economia e finanza per il 2014 presenta, in coerenza con tali obiettivi, un programma vincolante di interventi, la cui concreta attuazione debba avvenire entro tempi certi per determinare una forte competitività del nostro sistema Paese nel pieno rispetto dei vincoli di finanza pubblica e, in primo luogo, dell'obiettivo di pareggio di bilancio. Riteniamo importante che sia parte strutturale del DEF il suo Programma nazionale di riforme relativo ad istituzioni, economia e lavoro, individuati come settori fondamentali di intervento e che tale programma sia ritenuto determinante per la ripresa dell'economia italiana.
  In questa prospettiva, riteniamo essenziale l'impostazione degli obiettivi connessi al processo di revisione della spesa, che prevede risparmi pari a 4,5 miliardi per il 2014, fino a 17 per il 2015 e 32 per il 2016, destinati, prioritariamente, a ridurre il cuneo fiscale, al fine di sostenere i redditi familiari e abbassare gli oneri alle imprese.
  Condividiamo l'attuazione di un programma di privatizzazione, in particolare, con la valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Giudichiamo fondamentale l'impegno assunto dal Governo per il completamento del pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione, anche ai fini di una riduzione del debito pubblico. Valutiamo positivamente le misure di semplificazione del rapporto fra imprese e amministrazione, Pag. 55consideriamo prioritari gli indirizzi strutturali assunti per il lavoro, in cui la maggiore flessibilità sia orientata verso forme contrattuali e tutela progressiva. Apprezziamo la prevista riforma della pubblica amministrazione e le misure di semplificazione burocratica.
  Nel breve periodo riteniamo di particolare rilievo l'aumento del fondo di garanzia con 670 milioni di euro di risorse aggiuntive nel 2014 per le piccole e medie imprese e, su un piano più generale, la previsione di un nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali al fine di incentivare gli investimenti previsti dalle politiche di coesione. È certamente decisivo che tutto ciò avvenga entro una prospettiva di consolidamento dei conti pubblici e, dunque, di stabilità di bilancio per un Paese come l'Italia che presenta una situazione di elevato debito pubblico. Sotto questo profilo, tuttavia, riteniamo che il Governo debba avviare una profonda e innovativa discussione in ordine al fiscal compact, così come adottato dal nostro Paese e, quindi, al percorso di riduzione del debito pubblico (Applausi di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Massimo Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signora Presidente, il nuovo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si era presentato all'attenzione e, anche, perché non riconoscerlo, alla simpatia degli italiani, come una specie di nuovo supereroe in grado di stimolare l'attenzione e il credito di tutti con una roboante conferenza stampa ricca di effetti speciali, nel corso della quale si era manifestato come l'uomo capace di riportare l'Italia in Europa a testa alta, capace di imporre delle rinegoziazioni, capace finalmente di far tornare l'interesse nazionale in capo agli obiettivi del Governo, un uomo capace di rinnovare e modernizzare le istituzioni, un uomo che parlava un linguaggio nuovo, fresco. Sono bastate poche settimane per trasformare il supereroe, come dire, onorevole Presidente, nel terzo componente dei Jalisse, non so se tornano alla memoria i due cantanti che avevano quel simpatico motivetto: Fiumi di parole; perché ci ha riempito di parole il Presidente Renzi e ha riempito di parole il Parlamento.
  Eccolo qui, il Documento economico e finanziario, millecinquecentotre pagine scritte perfettamente, come nei casi precedenti, in totale linguaggio burocratese, scritto dai funzionari di questo o di quel Ministero in forme assolutamente illeggibili ai più, un documento curiosamente privo – e questa è una notizia che prima o poi troverà una motivazione – della firma di accompagnamento del Ministro dell'economia e delle finanze – è un documento che porta solo la firma di Renzi e non quella del Ministro Padoan – ed è un documento nello stesso stile e nella stessa trafila burocratica dei documenti dei Ministri che lo hanno preceduto, del Governo Monti e del Governo Letta.
  Tutto come prima, salvo che sono peggiorati i dati essenziali che sono contenuti in questo documento. È peggiorato il rapporto d'indebitamento, è aumentata la pressione fiscale sia pure di qualche decimo di punto, ma dal 43,4 per cento siamo passati al 44 per cento di pressione fiscale sui redditi. È diminuita la stima di crescita, che pure già era stata corretta in diminuzione dal precedente Governo Letta, dall'1,1 per cento allo 0,8 per cento. In mezzo a questo documento vecchio una tentata truffa e una serie di fandonie. La tentata truffa è quella furberia che è stata scoperta ieri di inserire lo slittamento di un anno del pareggio di bilancio dal 2015 al 2016, non fatto per acquisire delle risorse necessarie e importanti per fare degli investimenti che possano sviluppare l'economia, ma semplicemente per adeguare qualche correttivo contabile e quindi senza nessun effetto benefico, ma con il rischio potenziale che l'Europa ci dica di no, facendoci fare l'ennesima brutta figura o, addirittura, ci commini qualche sanzione e senza che questo abbia rappresentato l'opportunità da parte del Governo di mettere le Camere in condizione di conoscere la lettera di presentazione all'Europa Pag. 56che abbiamo dovuto scoprire ieri come se fosse un documento nascosto chi sa per quale sotterfugio. Questa è la tentata truffa e per quanto riguarda le fandonie scelgo solo fior da fiore, onorevole Presidente, perché davvero tutto il documento dice delle bugie. Dice delle bugie sul taglio della spesa, sul quale conosciamo solo l'effetto dei bisticci tra le comunicazioni del Presidente del Consiglio e i dati che, invece, timidamente cerca di esporre il Ministro dell'economia e delle finanze, ma senza che ci sia una capacità di individuare puntualmente dove quei presunti 4 miliardi e mezzo di tagli della spesa pubblica possono essere determinati a beneficio dell'equilibrio dei conti economici.
  C’è una bugia nel taglio del cuneo fiscale: già abbiamo scoperto che gli 80 euro che Superman aveva garantito nella sua roboante conferenza stampa si sono ridotti a 65 euro al mese, nel migliore dei casi. Questo non perché lo dice Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale ma perché lo dichiara l'ISTAT nella sua audizione in Commissione bilancio. In cambio, però, gli stessi cittadini che avranno al massimo 65 euro al mese in più si vedranno rincarata la bolletta energetica, si vedranno rincarato soprattutto il prelievo per il possesso della propria abitazione, perché si pagherà di più di IMU. È addirittura scritto in modo esplicito in questo Documento di economia e finanza in cui testualmente si dice che c’è un aumento delle entrate tributarie per effetto dei provvedimenti di riordino delle tassazioni immobiliari, il che si che si paga di più sulla casa, tradotto in italiano corrente dal burocratese.
  Delle bugie sulle privatizzazioni, in cui si dichiara di voler vendere delle quote minoritarie. Ora, uno studente al primo anno di una qualunque facoltà di economia, anche la più scalcagnata, sa che per valorizzare una partecipazione devi vendere le quote di maggioranza di qualche gioiello, perché vendere qualche quota minoritaria ti fa tirare a casa quattro spiccioli senza valorizzare la tua partecipazione. Allora, abbia coraggio, se lei deve essere il nuovo, Presidente Renzi, tenga in capo la totalità delle partecipazioni degli obiettivi strategici, tenga in capo ENI, ENEL, Finmeccanica, per il resto venda tutto, come hanno fatto nel resto nel modo. Privatizzi le Poste, privatizzi le Ferrovie ! Già, le Ferrovie, mi viene da pensare che poi tutta questa volontà di essere nuovo si è persa nel momento in cui si doveva discutere sul rinnovo delle nomine. Che senso ha avuto spostare il più grande tecnico di treni che esista in Europa, l'ingegner Moretti, contro il quale si poteva discutere per la polemica che era nata sul suo emolumento e si poteva anche decidere di cacciarlo perché volevamo rappresentare il nuovo e non volevamo i vecchi amministratori ? Ma spostare il più grande tecnico di treni che esista in Europa da Ferrovie dello Stato a Finmeccanica lascia troppo il dubbio che si tratti di un'operazione in cui si voleva rinnovare ma Moretti è troppo carico di segreti di questo Stato per potergli dare fastidio fino in fondo, quindi è meglio metterlo in un posto dove il suo emolumento può continuare a portarselo a casa. Dall'altra parte, lo si sposta da un'azienda in cui aveva dimostrato una fortissima capacità concorrenziale magari nella speranza di fare un favore a qualche investitore privato che cerca di fare concorrenza a uno dei pochi gioielli pubblici che esistano in Italia. Ogni riferimento, per esempio, all'amico del Presidente nel Consiglio, dottor Luca di Montezemolo, è puramente voluto. Fandonie sul credito; non si parla delle banche. Dopo una serie di regali gli si fa il finto fastidio di aumentare leggermente la pressione fiscale su un regalo che hanno avuto delle quote di partecipazione della Banca d'Italia ! Perché non provi, Presidente Renzi, se davvero hai il coraggio con il quale ti eri presentato, a seguire la proposta di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale e a riprodurre in Italia quella norma che separa le banche di investimento dalle banche commerciali, per fare piazza pulita dai retropensieri di come vengono risolte all'interno dei consigli di amministrazione delle banche le metodologie di utilizzo dei risparmi delle famiglie e delle imprese ? Pag. 57Fandonie sul fisco, in cui non si fa cenno al passaggio, pure previsto nel DEF, dalla tassazione sul lavoro alla tassazione dei consumi. Fandonie sulle riforme: si dice che finalmente l'Europa ci guarda con attenzione perché abbiamo riformato la legge elettorale. Ma a chi le va a raccontare queste fandonie ? L'Europa sarebbe interessata ad un nuovo corso dell'Italia perché ci stiamo dando – e non è ancora detto che ci riuscirete – una legge elettorale che conferma le liste bloccate e il superpremio di maggioranza, che la Consulta ha appena utilizzato come argomenti per smontare il Porcellum. Ma chi pensate di prendere in giro ? Il tema è che quello che manca e che manca totalmente è qualsiasi voglia e qualsiasi determinazione di cambiare radicalmente il peso specifico dell'Italia in Europa, di rinegoziare le condizioni, di prendere atto e far prendere atto che quell'Europa che si voleva costruire dei popoli e delle nazioni non si è mai avverata e che la scorciatoia che è stata intrapresa dieci anni fa di superare l'incapacità politica imponendo un'unione monetaria ha finito per produrre dei risultati ancora peggiori dei punti di partenza. Si sono ampliate le distanze tra Paesi e Paesi che fanno parte dell'Unione europea.
  Che senso ha oggi riproporre ancora le politiche di rigore, il blocco della spesa, il pareggio di bilancio, il Fiscal compact ?

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. L'obbligo di pagare 50 miliardi l'anno per rientrare del debito pubblico senza utilizzare le risorse che possono derivare dalle privatizzazioni portano a morte certa. Insomma, un giudizio totalmente negativo – e concludo, Presidente –, soprattutto per le speranze con le quali l’enfant prodige aveva illuso gli italiani con la sua roboante conferenza stampa di apertura. Da enfant prodige a un Pinocchio già omologato con il peggior sistema di sempre (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guido Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, oggi ci troviamo qua in questa giornata con una lunga discussione non solo sul DEF, sul Documento di programmazione finanziaria, ma anche e soprattutto con la proposta del Governo, che abbiamo conosciuto in queste ultime due settimane, di posticipare il pareggio di bilancio di questo Stato. Posticipare il pareggio di bilancio di questo Stato dopo che il Presidente del Consiglio si era presentato qui, alle Camere, dicendo che avrebbe rispettato i vincoli trattati e concordati con l'Unione europea, cosa che non ha fatto; e oggi è la prima mancanza, o il primo cambio di idee rispetto a quando si è presentato. E lo fa dopo aver fatto un giro in Unione europea da altri Presidenti del Consiglio di altri Stati, chiedendo alcuni svincoli, una ritrattazione dei vincoli imposti dal punto di vista di bilancio. Non l'ha ottenuta, e oggi è vero, utilizza una norma di flessibilità dal punto di vista del pareggio di bilancio, o dell'obiettivo di pareggio di bilancio, una norma inserita a suo tempo dal centrodestra.
  Ma quello che noi non condividiamo non è il non rispetto dei vincoli dell'Unione europea: noi li contrastiamo, li abbiamo contrastati e li contrasteremo sempre; come abbiamo contrastato, perché oggi siamo in questa situazione soprattutto per quei vincoli, e soprattutto per quel clima di austerità che il Governo Monti ha imposto a tutto il Paese uccidendo l'economia reale negli ultimi due anni.
  Però questa scelta doveva avere come conseguenza un'operazione di coraggio, un'operazione di coraggio che rispondesse al vostro programma elettorale: parlo dell'abrogazione della legge Fornero e di un piano dell'occupazione forte, cosa che non c’è. Lo diciamo a chi ci ascolta in quest'Aula: nel documento che voi avete predisposto la disoccupazione aumenterà ancora quest'anno, e questa è la risposta che Pag. 58voi date dal punto di vista della gestione economica ai cittadini ed al loro disagio sociale.
  E poi c’è un piano di investimenti specifico ? Non c’è, non lo vediamo. Parlate di riforme strutturali ? Ma le vostre riforme strutturali non sono altro che una gestione ordinaria del bilancio e delle scelte ordinarie che fa questo Paese per provvedere ai servizi dati ai cittadini. Non avete un piano di investimento, non decidete su cosa puntare dal punto di vista industriale ed economico in questo Paese, quali sono le scelte che voi fate. E poi, tanto avete parlato di spending review, dei tagli che farete: ma noi non sappiamo ancora adesso se saranno tagli strutturali, se la detrazione che voi fate, il bonus che voi date ai cittadini di 80 euro, tanto speso dal Presidente del Consiglio – bonus che, qui ve lo diciamo, sarà totalmente prosciugato dall'aumento delle imposte locali sulla casa che voi avete deciso, perché voi avete fatto una patrimoniale vera e propria sull'abitazione principale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) – sarà un’una tantum o sarà una misura strutturale, perché voi dite di coprirla con 4 miliardi e mezzo che derivano dalla spending review, dal taglio delle spese, delle spese pubbliche.
  Ma quale taglio delle spese pubbliche ? Ad oggi noi non lo conosciamo. Il Governatore della Banca d'Italia ha detto, circa due settimane fa, che per provvedere al rispetto dei vincoli imposti dalla Unione europea per arrivare al pareggio di bilancio, il prodotto interno lordo di questo Paese dovrebbe girare intorno al 3 per cento. Le vostre previsioni non ci portano a questo 3 per cento e allora oggi questa è una situazione che noi ritroveremo l'anno prossimo e anche tra due anni. Ci dite che i consumi interni aumenteranno e noi oggi vi chiediamo: come faranno ad aumentare i consumi interni se aumenterà anche la disoccupazione, per cui ci sarà meno possibilità di domanda da parte dei cittadini ?
  Ci avete parlato di privatizzazioni, noi non sappiamo quali volete fare, che tipo di privatizzazioni fate e soprattutto quanto indotto porteranno ed è previsto da quelle privatizzazioni. Qualcuno vi ha chiesto di utilizzare – nel caso in cui non arriverete al limite del rapporto deficit/PIL del 3 per cento ma riuscirete a stare più bassi, cioè arriverete al 2,6, come previsto – quello 0,4 per cento per dare vigore all'economia. Voi avete detto che non lo utilizzerete, invece noi pensiamo che utilizzerete anche quello.
  Vedete, oggi siamo al culmine un po’ della vostra falsa comunicazione, e parlo soprattutto di quella del Presidente del Consiglio, perché voi avete utilizzato lo spread che nessuno in questo Paese, nessun cittadino, conosceva – magari non era conosciuto neanche da qualche economista – come scusa per arrivare al Governo di questo Paese in un momento dove comunque l'economia reale non stava male come adesso che quel rapporto è diminuito. E quel rapporto è diminuito, non perché come fate voi, perché voi fate una mera valutazione del tasso di interesse dei titoli nazionali italiani, ma perché è cambiato il tasso di interesse dei titoli tedeschi, ed è per quel motivo che è diminuito quel rapporto. Nonostante questo l'economia reale non è cambiata, è continuata a peggiorare, sono aumentate le tasse, è aumentata la disoccupazione, è aumentata la spesa pubblica in questi anni ed è aumentato e continua ad aumentare il debito pubblico.
  E noi, quando voi parlate di riforme strutturali, pensiamo alla applicazione del federalismo fiscale, condiviso a suo tempo da tutti ma che voi non avete il coraggio di applicare, non avete il coraggio di applicare quei decreti, perché la strumentalizzazione che viene fatta sulle imposte locali è dovuta – lo sapete benissimo anche voi – alla non applicazione del federalismo fiscale.
  Ci dite che una delle riforme che cambierà questo Paese dal punto di vista economico è la legge elettorale, non pensate che qualcuno vi possa credere; come nessuno vi crede oggi quando parlate di riforme, di taglio del Senato, di riforma del Titolo V, quando nel 2006 voi avete bocciato la devolution, che avrebbe cambiato Pag. 59realmente questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Vedete, noi siamo contro, oggi, le vostre scelte per due motivi principali: il primo è che a voi manca un reale coraggio, un reale coraggio di affrontare l'Unione europea e di affrontarne i vincoli, un reale coraggio per far partire un piano reale per l'occupazione e per l'economia reale di questo Paese. I vostri Documenti finanziari non cambieranno questa situazione, l'economia reale sarà stabile e sarà comunque purtroppo negativa, come negativa sarà la disoccupazione.
  Oltre a mancarvi il coraggio, vi diciamo, in tutta franchezza, che vi manca la chiarezza, perché oggi voi utilizzate solo ed esclusivamente, sull'esempio del vostro nuovo Presidente del Consiglio, titoli per ottenere magari un risultato elettorale alle elezioni. Parlate di abbassamento delle tasse e non è vero. Parlate di detrazioni e non è vero. Parlate di tantissime cose che non rispecchiano la realtà. Quando vedremo i numeri affronteremo la questione direttamente e dimostreremo che voi state mistificando la realtà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Mita. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE DE MITA. Signor Presidente, la prima considerazione di premessa nella lettura e nel commento del documento di programmazione è che questo, tutto sommato, è il primo atto programmatico di questo Governo, il che segnala la condizione inusuale nella quale noi ci troviamo.
  Il Governo, per certi versi, ha chiesto la fiducia su una petizione di principio, evocando il cambiamento, ma non indicando soluzioni puntuali. Questo sollecita un di più di attenzione, perché l'indicazione degli obiettivi ambiziosi è assolutamente condivisibile e la ricerca delle soluzioni per il raggiungimento di questi obiettivi è il dato più incerto e quello sul quale noi dovremmo concentrare i nostri sforzi. Le stesse riserve che sono state espresse sulla vicenda delle coperture segnalano il rischio di questo cortocircuito, che potrebbe portare ad una sorta di eterogenesi dei fini e, cioè, che si vada alla ricerca di una soluzione, ma non si riesca a trovare la soluzione.
  I pilastri del Documento, così com’è, sono stati indicati dal Ministro, li riteniamo condivisibili: l'individuazione di misure a supporto della ripresa, il recupero della competitività del nostro sistema economico-produttivo, il rafforzamento della disciplina dei conti pubblici e anche gli strumenti, l'intervento in materia di revisione della spesa, l'allungamento di un anno del piano di rientro, che per certi versi allude ad un'applicazione meno ottusa dell'approccio sulla contabilità pubblica, e anche un intervento sulla tassazione tutto sommato ragionato. Sono i risultati e gli obiettivi a breve che segnalano una poca chiarezza dal punto di vista gerarchico e sono l'aspetto più insidioso, perché rischiano di trasferire l'idea che non ci sia una visione generale. Certo, gli interventi fatti hanno un rilievo – in materia di IRPEF sui redditi più bassi, in materia di IRAP per le imprese, l'indicazione di una serie di riforme strutturali – però, messi così, non definiscono una nuova gerarchia degli interventi. Risultano essere più interventi di natura episodica e non danno un quadro definito.
  Se noi mettiamo a confronto l'intervento degli 80 euro in più sui redditi più bassi ed il fatto che non si risolva una questione che definirei dolorosa, come quella dei dipendenti della scuola «quota 96», è il segno di come le misure che vengono adottate, non ricomponendo tutte le questioni dentro una visione gerarchica, finiscono più per sollecitare umori, e gli umori sollecitati, sia quelli in positivo che quelli in negativo, rischiano di determinare un aumento dei conflitti sull'ipotesi di cambiamento prospettata.
  Allora io ritengo che del DEF vada colto più l'aspetto programmatico e vadano messi insieme dei punti per cogliere gli elementi che in chiave storica possono offrire un'ipotesi di lettura della crisi e di conseguente soluzione adeguata. Infatti, se Pag. 60noi riflettiamo, nel corso di questi anni siamo passati da una lettura emotiva, che riteneva che la crisi non esistesse, ad un'altra lettura che ha ritenuto che la crisi esistesse troppo, al punto da intervenire con una rigidità contabile, che oggettivamente ha compresso i diritti sociali ed i diritti di cittadinanza dei cittadini.
  Allora, per evitare questa torsione su soluzioni acausali, io proverei a fare questa descrizione, che considera tre fatti simbolicamente, anche se in una lettura che può apparire banalizzata ma che, a mio avviso, può offrire una rappresentazione storica adeguata: in primo luogo il rapporto debito-PIL del nostro Paese all'inizio degli anni Settanta era inferiore al 40 per cento; il debito pubblico dall'inizio della crisi ha smesso di crescere, anzi, per certi versi si è ridotto in termini reali; il saldo primario del nostro Paese, unico insieme alla Germania, è positivo.
  Cosa trasferiscono questi fatti ? Che lo sbilanciamento dei conti è dentro un passaggio storico, il passaggio storico che si consuma dall'inizio degli anni Settanta alla fine degli anni Novanta nel quale nel nostro Paese è esplosa la dimensione dei diritti individuali senza più una lettura gerarchica e il vero torto della politica non è stato quello di aver avuto i cattivi e i corrotti, ma di aver avuto un sistema politico che nel suo complesso, piuttosto che rimettere in ordine le domande dei cittadini dentro una scala gerarchica, le ha rincorse tutte, legittimandole. Questo ha determinato l'esplosione della spesa pubblica e, tutto sommato, una tolleranza nei confronti dell'evasione fiscale. Noi abbiamo avuto un universalismo dei diritti, quello riconosciuto nella nostra Costituzione, che poi si è trasferito in un universalismo della spesa, come se spendere a fronte di qualunque richiesta fosse il modo per tutelare i diritti delle persone, e questo ha trasformato la cultura del lavoro in «cultura del posto», il sistema pensionistico non più agganciato alla contribuzione, ma come una sorta di rendita finanziaria e ha ridotto la produttività del nostro Paese nella condizione in cui ci troviamo. Tutto questo è stato indolore in una fase espansiva dell'economia, quando l'economia è andata in crisi noi abbiamo ceduto, ma la responsabilità non va individuata nel sistema economico e quindi ritenere che le soluzioni economiche o di bilancio siano la soluzione, ma nel comprendere la radice storica di questo fenomeno.
  Allora, io suggerirei – ma credo che questo non sia solo un suggerimento, questo è il nostro dovere – di fissare due punti che diano una lettura consapevole non solo al Documento che approviamo oggi, ma anche ai prossimi atti del Governo, perché senza una lettura consapevole della condizione storica che ha determinato i problemi del presente noi non veniamo fuori. Anche sulla questione delle riforme, non si può fare riferimento al fatto che non sono state attuate senza comprenderne le ragioni, non sono state attuate o sono rimaste ferme perché le soluzioni individuate rispondevano ad esigenze di comunicazione nei confronti della pubblica opinione, ma ci rendiamo conto che la stessa forza politica nel giro di dieci anni ci chiede di modificare due volte il Titolo V della nostra Costituzione ? Vuol dire che il punto non è sulla risposta, ma se si è capita la domanda.
  Allora, le questioni, a mio avviso, sono due, la prima è riperimetrare l'ambito di intervento pubblico, che significa rigerarchizzare i diritti e bilanciare i diritti dentro una dinamica dei doveri. Chi ha di più deve dare di più, e non regge l'idea che ognuno possa avanzare una pretesa per sé, perché il punto è ricomporre un patto sociale. Per questo noi non dobbiamo eccitare la pubblica opinione, noi dobbiamo fare in modo che il popolo partecipi a questo processo di cambiamento perché questo processo di cambiamento impone a ciascuno di noi la cessione di qualcosa, ma a fronte di ottenere qualcosa. Vorrei dire a chi fa il portabandiera del cambiamento che non basta fare le cose per contrastare il populismo, occorre fare le cose bene per contrastare il populismo, perché fare le cose per fronteggiare la demagogia è Pag. 61quello che abbiamo fatto negli ultimi vent'anni ed è quello che ha determinato la situazione attuale.
  L'altro aspetto è cogliere che è cambiato il paradigma economico e noi non possiamo concentrarci solo su un ragionamento confinato sulle innovazioni di processo o di prodotto, noi dobbiamo far emergere nuovi fattori produttivi e la circostanza che sul provvedimento «destinazione Italia» si sonnecchi nell'emanazione dei regolamenti attuativi mi dà ancora di più l'idea che ci siano tanti interventi, fatti anche bene, ma senza capirne le ragioni e la lettura di fondo che in essi va posta.
  Allora, concludendo, noi riteniamo che vada colta la dimensione dei diritti nella loro evoluzione storica, non possiamo confinarci soltanto ad una lettura in termini economici, noi cogliamo le novità che ci sono, però vorremmo che fossimo tutti consapevoli che queste novità sono ancora allo stato embrionale.
  Se non si compongono dentro un disegno di riconciliazione sociale nel rapporto tra la pubblica opinione e le istituzioni, noi non riusciremo ad andare da nessuna parte, anzi, l'eccitazione dell'idea del cambiamento, con l'illusione che ne consegue, se non darà risposte concrete rischia di determinare un'involuzione della crisi (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, le parole con le quali noi leggiamo questo DEF, con le quali questa maggioranza si presenta al Paese sono crescita, tasse e lavoro. Sono le parole con le quali questo Governo e questa maggioranza varano quello che è, di fatto, il primo atto di politica economica, perché noi cominciamo, con questo DEF, a misurare la nostra capacità di dare risposte al Paese e anche, come dire, a quello che sarà il giudizio che riceveremo dagli elettori, da parte di una maggioranza che è formata da forze politiche diverse ma unite da alcuni obiettivi fondamentali, tra cui uno in particolare, quello di cui parliamo oggi, che è il tentativo di sanare la devastante malattia economica italiana, una malattia dalla quale non siamo ancora usciti, come correttamente ha riconosciuto il Governo anche questa mattina, presentando una previsione di crescita del PIL che è molto contenuta, purtroppo, ancora per il 2014. È una malattia dalla quale usciremo solo se sapremo completare il lavoro che è stato avviato già dalla fine del 2011, prima con il Governo Monti e poi con il Governo Letta.
  Un'altra parola è ricorsa molte volte questa mattina: austerità. Noi crediamo che l'austerità non sia stata e non sia ancora oggi una religione, un atto di fede. È stata una medicina amarissima, per carità, che abbiamo dovuto prendere per evitare che la casa bruciasse, quella casa che era stata devastata, dobbiamo ricordarlo – e lo ha fatto prima di me il collega Mazziotti Di Celso –, da politiche allegre, ma autolesionistiche, di tassazione e spesa pubblica, che avevano realizzato coloro che, tra l'altro, si erano presentati agli italiani con l'impegno a liberare le energie vitali di questo Paese, ma che invece di liberare le energie vitali erano riusciti quasi ad ammazzarlo il Paese.

  MAURIZIO BIANCONI. Senti chi parla !

  ANDREA ROMANO. Gli italiani hanno preso quella medicina, hanno preso quella medicina gli italiani. Ne hanno pagato un prezzo altissimo e oggi hanno il diritto di avere una ricompensa, in termini di riforme radicali e coraggiose. Per questo oggi completare quel lavoro significa, per questo Governo e per questa maggioranza, non avere altra alternativa se non quella di imprimere all'Italia una scossa radicale fatta di riforme.
  Abbiamo parlato anche di Europa, questa mattina. Ma l'idea di un'Europa matrigna e autoritaria, che ci impedisce di crescere, che ci impedirebbe di crescere, è un'idea che non solo è profondamente falsa, ma è anche gravemente dannosa nei Pag. 62confronti dei nostri stessi concittadini. È infatti falso e dannoso, a nostro parere, illudere gli italiani dicendo che il loro benessere aumenterebbe se uscissimo dall'euro e se uscissimo dalla moneta unica. È vero, secondo noi, esattamente il contrario, come abbiamo, tra l'altro, imparato a scuola: quando eravamo piccoli il modo giusto per avere voti migliori non era uscire dalla classe, ma fare meglio dei nostri compagni di classe.
  Oggi il modo giusto e necessario per gli italiani di rimettere in moto l'economia non è chiudere le frontiere e, magari, passare dall'euro al marengo padano, ma è fare le riforme meglio di quanto non abbiano saputo fare i nostri vicini europei. Dovremmo e dovremo fare meglio della Germania, per esempio, nel campo delle riforme del mercato del lavoro; fare meglio della Gran Bretagna, nel campo delle liberalizzazioni; fare meglio della Francia, nel governo della pubblica amministrazione e nel rapporto tra centro e periferia. Solo così l'Italia aumenterà concretamente la propria importanza in Europa e solo così aumenteremo o proveremo ad aumentare il benessere dei nostri concittadini.
  Questo DEF, che oggi discutiamo e votiamo, avvia, di fatto, un programma di riforme coraggioso e ambizioso. Lo fa, in particolare, in campo fiscale, dove per la prima volta, da molti anni, si introduce una diminuzione, piccola, per carità, ma comunque significativa, della pressione fiscale su chi lavora e su chi produce lavoro. È ancora poco, ma la direzione è assolutamente quella giusta. Lo fa questo DEF in termini di discontinuità nel campo del sostegno ai consumi, che ricevono un po’ di quell'ossigeno indispensabile non solo a respirare ma anche a riattivare il circuito commerciale e produttivo. Lo fa, infine, proseguendo nella politica di restituzione dei debiti della pubblica amministrazione che fu già avviata dal Governo Monti, perché i debiti si pagano soprattutto quando quei debiti vengono fatti dallo Stato.
  Il tema del lavoro è un po’ più complicato. Voglio soffermarmi, Presidente, in conclusione, su questo aspetto, perché certamente l'annuncio di una discontinuità sulle politiche del lavoro c’è nel DEF ma deve, a nostro parere, essere resa ancora più evidente nell'azione concreta del Governo in questi prossimi giorni.
  Sono infatti di questa mattina notizie che ci preoccupano – vogliamo dirlo chiaramente – e che vogliamo credere che siano smentite già nelle prossime ore. Mi riferisco al rischio di passi indietro nella disciplina dei contratti a termine, rispetto tra l'altro a quanto è contenuto in questo stesso DEF e, dunque, al rischio di ripristino di vincoli burocratici e, quindi, di aggravi rispetto a quanto annuncia questo DEF, ovvero alla riduzione degli ostacoli alla continuità nei contratti a termine. Riduzione degli ostacoli che è una buona misura in sé, destinata ad aumentare l'occupazione giovanile ed a preparare il terreno per misure ancora più coraggiose per superare il dualismo che affligge gravemente il mercato del lavoro italiano. Misure più coraggiose che devono essere ancora adottate e che noi lavoreremo perché siano adottate. In particolare, ne voglio citare una: l'adozione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per tutti i nuovi assunti, che è quella che servirebbe ed è quella che Scelta Civica propone da tempo.
  Nel DEF si fa cenno a questa misura, sebbene di passaggio, ma è assolutamente questa la direzione nella quale dobbiamo muoverci. Per questo, voglio ripeterlo ancora una volta, le notizie di questa mattina – mi riferisco a quanto è accaduto nella Commissione lavoro – ci preoccupano e vogliamo davvero sperare che la direzione di marcia nella quale si muoverà questa maggioranza e questo Governo sia di segno radicalmente diverso da quanto è accaduto questa mattina.
  Perché, colleghi, se il focolaio più pericoloso, all'interno della malattia economica italiana, è la lontananza dal lavoro di milioni di giovani, noi abbiamo un dovere tra i tanti doveri, che è quello di rendere più facile possibile l'assunzione di giovani, più facile possibile il loro avvicinarsi al lavoro, più facile possibile la conoscenza Pag. 63reciproca tra giovani e impresa. E questo non si ottiene mettendo altri ostacoli ai contratti a termine, come quelli – lo voglio ripetere a costo di essere ripetitivo – che questa mattina una parte della maggioranza ha voluto introdurre contro l'opinione di una altra parte della maggioranza. Ma si ottiene accompagnando alla semplificazione di questi contratti l'adozione di politiche ancora più coraggiose per ridurre finalmente il dualismo che affligge il mercato del lavoro italiano. Su questo noi tutti saremo giudicati e su questo in particolare Scelta Civica concentrerà la propria voce nella maggioranza di Governo. Lo vogliamo ribadire oggi, mentre approviamo con convinzione il Documento di economia e finanza (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, i dati economici rispetto ai quali il Governo Renzi si trova oggi ad operare sono francamente drammatici. Ne sintetizzo alcuni, avendo già oggi in discussione sulle linee generali indugiato ampiamente su situazioni più di dettaglio.
  Dal 2007 la recessione ha comportato una riduzione del PIL di nove punti percentuali. Dal 2008 al 2013 la perdita di posti di lavoro è stata di quasi un milione di occupati. Dal febbraio 2007 il rapporto tra disoccupati e forze di lavoro è passato dal 5,9 al 13 per cento, con un milione 850 mila disoccupati in più. Il livello di produzione è ancora inferiore di quasi il 24 per cento e in alcuni settori di oltre un terzo rispetto ai picchi pre-crisi.
  Il reddito per abitante è crollato del 10,9 per cento ed è ora vicino ai valori del 1996. Nel periodo 2007-2013 emerge una forte diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie pari al 10,4 per cento nell'intero periodo, con un crollo nel 2012 di meno 4,7 e un ulteriore diminuzione nel 2013. Nel 2013 il rapporto debito-PIL dell'Italia è stato pari al 132,5 per cento, dal 127 per cento del 2012. L'ABI, audita in Commissione, evidenzia un dato che anche in termini generali deve destare forte preoccupazione: il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell'8,5 per cento a febbraio 2014; era al 6,5 solo un anno fa e al 2,8 a fine 2007. Si tratta, dunque, di un altro sintomo del crescente, anche troppo rapidamente crescente, malessere economico-finanziario delle imprese, in particolare delle PMI.
  Nel Documento che stiamo esaminando nel 2014 le stime di crescita del PIL italiano sono fissate a più 0,8 per cento, quindi un'inversione di tendenza, al ribasso però rispetto alla crescita dell'1,1 prevista a ottobre 2013. Tuttavia, il Governo ha anche precisato che su questo versante si è mosso con previsioni prudenziali. Per gli anni successivi, senza considerare l'impatto delle misure sulle quali oggi impegneremo il Governo, si prevede una crescita del PIL nel 2015 pari all'1,3 e all'1,7 in media nel triennio successivo.
  Il programma nazionale di riforme, contenuto centrale del Documento di economia e finanza, riporta i risultati dell'analisi d'impatto sul bilancio dello Stato negli anni 2013-2018 in termini di maggiori o minori entrate e maggiori e minori spese. In particolare, a seguito del Piano delle riforme il PIL risulterebbe aumentato di 0,3 punti percentuali nel 2014, rispetto allo scenario di base, 0,8 punti nel 2015, per raggiungere gradualmente nel 2018 un livello d 2,4 punti percentuali più elevato rispetto allo scenario di base che prevedrebbe una crescita già dell'1,7 per cento.
  La spending review determinerebbe, rispetto allo scenario di base, un impatto cumulato nel 2018 sul PIL pari a meno 0,1 punti percentuali, 0,2 punti sugli investimenti fissi lordi, pari a meno 0,6 punti. Con la spending review si prevede un risparmio di 4,5 miliardi nel 2014, di 17 miliardi nel 2015 e di 32 miliardi a decorrere dal 2016.
  Il Governo si è impegnato su queste cifre e secondo il commissario Cottarelli, Pag. 64audito in Commissione, le riforme per la riorganizzazione della presenza territoriale dello Stato che costituiscono una seconda fase della spending richiedono un ulteriore lavoro e approfondimento nel corso dell'estate, ma dovrebbero essere pronte per la legge di stabilità per il 2015-2016.
  La terza fase riguarda la trasformazione della revisione della spesa da procedura ad hoc a parte integrante della preparazione del bilancio dello Stato. Per il commissario gli effetti economici registrati nel DEF relativi alla spending sono stati prudenzialmente limitati in termini di efficientamento del sistema nel medio periodo, ma gli effetti possono essere ben più alti.
  La riduzione del 10 per cento dell'IRAP genererebbe un effetto cumulato nel 2018 di 0,1 punti percentuali sul PIL, di 0,2 punti rispettivamente sui consumi privati e sugli investimenti fissi lordi. Anche in termini di occupazione l'impatto sarebbe di solo 0,1 punti nel triennio 2016-2018. In relazione al sistema delle imprese, in particolare delle PMI, il Ministro Guidi ha segnalato che il DEF contiene un ampio rifinanziamento del Fondo per le PMI: 670 milioni in più nel 2014 e 2 miliardi tra il 2014-2016.
  Per prevenire le sofferenze finanziarie delle imprese lo scorso anno, sempre sul Fondo di garanzia, sono state fatte 80 mila operazioni, con circa 11 miliardi di credito garantito. Il Governo sta dedicando massima attenzione ai problemi delle PMI a partire dall'incasso di crediti fino alla pressione fiscale.
  Nel DEF – voglio ricordarlo – si dà ulteriore slancio al pagamento dei debiti commerciali arretrati da parte delle amministrazioni pubbliche con ulteriori 13 miliardi di euro, in aggiunta ai 47 già stanziati tra il 2013 e il 2014.
  Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF stima per l'anno 2014 un'ulteriore contrazione dell'occupazione dello 0,2 per cento. Una ripresa dell'occupazione è attesa soltanto a partire dal 2015. Sotto questo aspetto il Programma nazionale di riforme spiega che il Governo è impegnato a realizzare un'organica riforma del mercato del lavoro, richiamando in primo luogo il recente decreto-legge n. 34 del 2014 e il disegno di legge di delega governativa presentato al Senato.
  Su questo, signor Presidente, il Nuovo Centrodestra esprime il suo forte disappunto sulla mancata tenuta della maggioranza, con riferimento alle modifiche al decreto n. 34 che riguardano in particolare la riforma del contratto a termine e dell'apprendistato. Il Nuovo Centrodestra esprime il suo dissenso sulla reintroduzione del tetto alle assunzioni obbligatorie a tempo indeterminato pari al 20 per cento degli apprendisti avviati al lavoro. Si tratta di un disincentivo grave per le aziende che finiranno per non assumere. Secondo la norma approvata gli apprendisti dovranno poi essere confermati a tempo indeterminato, a prescindere dal percorso formativo e di apprendistato. I contratti di apprendistato in Italia, a differenza della Germania, sono poco utilizzati, nonostante l'incentivazione contributiva, perché ritenuti troppo complicati e di incerta applicazione. Anche la previsione che le ore di formazione aggiuntiva possono essere prestate solo dagli enti pubblici di formazione delle regioni è sbagliata e soprattutto in odore di bocciatura comunitaria. La formazione deve essere fatta come pretende l'Europa; ma perché non dall'azienda o dai privati ? Signor Presidente, lo dico al Governo, un annacquamento degli obiettivi alla base del decreto-legge lavoro sarebbe un grave passo falso, tale da compromettere tutta la credibilità del Piano nazionale di riforme. Perciò questo è un invito forte: i nostri rappresentanti in Commissione hanno votato contro queste modifiche al testo originario del decreto-legge.
  Chiediamo un approfondimento forte al Governo perché si possano ripristinare le misure originarie.
  A partire da maggio 2014 i dipendenti che percepiscono oggi fino a 1.500 euro mensili conseguiranno un guadagno in busta paga di circa 80 euro mensili. L'intervento si sostanzia in un aumento delle detrazioni per lavoro dipendente che coinvolge Pag. 65i lavoratori dipendenti con reddito lordo inferiore a 25 mila euro, circa 10 milioni di persone, le quali riceverebbero in busta paga un ammontare di circa mille euro netti annui a persona. Avremmo una perdita di gettito di 6 miliardi di euro nel 2014 e di 10 negli anni successivi.
  E qui un'altra battaglia del Nuovo Centrodestra, che ha chiesto già dai primi giorni di vita del Governo che l'intervento fiscale sull'Irpef fosse esteso al popolo delle partite IVA, degli autonomi e dei liberi professionisti, tenendo conto dei medesimi limiti di reddito. In accordo con la maggioranza, tale previsione è stata aggiunta – e questo ci fa piacere – nella risoluzione che sarà sottoposta all'approvazione dell'Assemblea. Si tratta di una misura che intende favorire il lavoro autonomo, in particolare quello giovanile. Nel 2013 si sono aperte 527 mila partite IVA, di queste il 78 per cento sono relative a persone fisiche e il 50 per cento è costituito da giovani sotto i 35 anni. Considerato il tasso di disoccupazione giovanile del 42 per cento, si tratta di numeri considerevoli. Il Nuovo Centrodestra considera, pertanto, sacrosanto difendere queste persone, che sono giovani o imprenditori, con un reddito equiparabile a quello dei lavoratori dipendenti.
  Peraltro, è nelle intenzioni dell'Esecutivo – e il Nuovo Centrodestra ne è lieto – un alleggerimento sia in termini di maggiore semplificazione degli adempimenti sia in termini di forfetizzazione di quanto dovrebbero versare gli autonomi. Lo strumento per attuare questa forfetizzazione potrebbe essere – siamo d'accordo – la delega fiscale.
  In questo quadro, Presidente, non ha bisogno di ulteriori giustificazioni la Relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, riguardo allo scostamento dall'obiettivo di medio periodo. Dico anche agli amici, colleghi del MoVimento 5 Stelle, che non si può essere contro il pareggio di bilancio in Costituzione e anche contro quando poi si chiedono le deroghe per lo scostamento: è un atteggiamento contraddittorio.
  È logico che ci troviamo in una situazione straordinaria, continuativa, che rientra nel caso dell'articolo 6. E, quindi, il Nuovo Centrodestra voterà a favore della prima risoluzione che porta allo scostamento di un anno dagli obiettivi di medio termine. Ma voteremo a favore anche della risoluzione del DEF, perché contiene alcuni dei punti del nostro programma e perché soprattutto si inserisce, oltre che nella procedura del semestre europeo, in un momento in cui l'Unione europea ci segnala disequilibri macroeconomici difficili. Ebbene, il piano nazionale di riforme e il programma di stabilità contenuti in questo DEF costituiscono anche i passaggi importanti per il piano di rientro da questi disequilibri che la Commissione oggi ci segnala (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giulio Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi e colleghe, il DEF che discutiamo oggi è un Documento per certi versi rituale, sicuramente rinunciatario e in continuità e in coerenza con le politiche di austerità dell'Unione europea che abbiamo subito in questi anni.
  Nonostante alcune novità, anche importanti, che l'ottimo intervento del collega Gianni Melilla ha sottolineato e che riguardano alcuni aspetti delle riduzioni fiscali delle rendite, è un Documento ambiguo e reticente, che mette la polvere sotto il tappeto ed è un Documento ingannevole perché prospetta ipotesi di crescita del PIL irrealistiche e non verificate. È un Documento dalle coperture traballanti, come ci ha fatto capire la Corte dei conti in audizione, tutte da verificare e soprattutto quando esamineremo la legge di stabilità dovremo dare certezza e continuità a queste misure e non crediamo che queste risorse siano state ancora individuate.
  Nel DEF non c’è una politica della domanda, non c’è una politica industriale, non c’è un piano di investimenti pubblici Pag. 66capace di far ripartire la crescita e l'economia reale. Per certi versi, è un DEF senza qualità.
  In modo roboante, qualche tempo fa, il Ministro Poletti ha annunciato che con i nuovi provvedimenti di precarizzazione del mercato del lavoro e con la youth guarantee avremmo creato 900 mila posti di lavoro, non un milione perché porta male.
  Poi Renzi, con una battuta, quando sono usciti i dati ISTAT che avvertivano che la disoccupazione era salita al 13 per cento, ha promesso che in pochi mesi – poi si è corretto: in pochi anni – l'avrebbe riportata al 10 per cento. Ma dove sono questi posti di lavoro ? Perché, a parte battute e promesse un po’ improvvide, nel DEF si dice che quest'anno la disoccupazione aumenta e nei prossimi 2 anni non scenderà sotto il 12 per cento.
  Inoltre, la previsione del DEF – la previsione che il PIL aumenterà nei prossimi anni del 2,2 per cento grazie a questi provvedimenti di ulteriore di flessibilizzazione del mercato del lavoro – è pura fantasia, una fantasia che nemmeno l'ISTAT, in audizione in Commissione bilancio, ha voluto avvalorare ed ha voluto sostenere.
  SEL concorda con le valutazioni della CGIL, quando dice che il DEF manca di un disegno organico allo sviluppo dell'Italia e non rappresenta la risposta alla crisi di cui il Paese avrebbe bisogno. Il DEF di Renzi è la sintesi di quel liberismo temperato, un po’ smart, fondato su quei quattro assi che ancora la CGIL ci ha ricordato nell'audizione: la precarizzazione del lavoro, la privatizzazione, la riduzione del ruolo dello Stato ed il taglio della spesa sociale.
  E per la sanità, dire – come si dice nel DEF – che il nostro sistema sanitario sarà organizzato sulla modulazione delle prestazioni a chi ha veramente bisogno è un'ambiguità tremenda, che mette in discussione i LEA e, in qualche modo, mette in discussione l'universalità del sistema sanitario. È una frase che già abbiamo sentito dalla Thatcher quando voleva affossare il servizio sanitario inglese.
  Il coraggio di Renzi si è fermato al cospetto della Merkel e la stupidità del fiscal compact è diventata subito molto intelligente, così il Premier non si è schiodato dal 2,6 per cento del rapporto deficit-PIL. Avrebbe potuto utilizzare, come molti avevano suggerito, tutto il margine, fino al 3 per cento, ed investire così le risorse disponibili sugli investimenti e sulle misure contro la crisi, ma non ha avuto il coraggio di mettere in discussione le politiche di austerità. E alcune delle misure, alcune riforme di sistema che nel DEF vengono citate, sono una iattura: è una iattura la riforma elettorale che riduce la rappresentanza e la democrazia, è una iattura la riforma del mercato del lavoro che riduce diritti e salari, è una iattura la riduzione della spesa per la sanità, la scuola ed il welfare.
  Inoltre, vorrei ricordare che nel DEF, nella parte sul programma nazionale di riforme, noi ci «diamo» la strategia Europa 2020 che dovremo rispettare, visto che tra l'altro andremo a presiedere il semestre europeo tra poco. Ebbene, la strategia Europa 2020 ci chiede di raggiungere il 3 per cento del PIL per ricerca ed innovazione e con il DEF noi rispondiamo che al massimo arriveremo all'1,5.
  Ancora: Europa 2020 ci chiede di portare al 10 per cento la percentuale dell'abbandono scolastico. Ma cosa gli risponde il DEF ? Al massimo arriveremo al 17 per cento.
  L'Europa 2020 ci chiede di raggiungere il 30 per cento di laureati per avere un'economia competitiva. Cosa risponde il DEF ? Che al massimo arriveremo al 22 per cento.
  Il fiscal compact Renzi lo rispetta, ma il social compact non sembra molto nei suoi pensieri.
  Nel DEF, poi, c’è la prefigurazione della misura che porterà 80 euro in più al mese in busta paga (naturalmente a chi ce l'ha, perché chi non ha una busta paga questi soldi non li vedrà: penso ai disoccupati ed ai pensionati). Questo è un fatto importante che noi non vogliamo sottovalutare, quindi è importante che una parte del Pag. 67Paese abbia un po’ più di reddito disponibile, ma ci sono sei «ma» che io vorrei segnalare.
  Il primo «ma»: il 40 per cento dei benefici della riduzione IRPEF se lo mangia l'aumento della Tasi; un altro 40 per cento di benefici IRPEF, forse anche di più, sarà rosicchiato dalla prevista cancellazione delle detrazioni per il coniuge a carico; terzo punto: per i dipendenti pubblici il guadagno è relativo, perché negli scorsi cinque anni hanno avuto il blocco contrattuale, lo avranno per altri 3 e probabilmente per altri 3 ancora e, quindi, sarà più quello che ci rimettono che quello che ci guadagnano; quarto: al momento è una misura una tantum e non si capisce come si troveranno i soldi nel 2015; quinto: come ci ha ricordato l'ISTAT in audizione in Commissione bilancio, il 40 per cento dei beneficiari andrà ai due quinti dei redditi più alti, solo il 12 per cento al quinto dei redditi più bassi, un'impostazione non progressiva ma regressiva; sesto: come ci ha ricordato il collega Stefano Fassina in Commissione bilancio, un taglio delle tasse finanziato con il taglio della spesa non dà alcun contributo alla domanda ed alla crescita, come d'altronde è ben evidenziato dalle previsioni del DEF.
  Inoltre – e qui è ancora la Corte dei conti e farcelo capire – le coperture del DEF sono traballanti. Con la prossima legge di stabilità serviranno almeno 16 miliardi di euro, forse 20, per garantire gli impegni di Renzi nel 2015, oltre a garantire i provvedimenti che si trovano nella legge di stabilità.
  Non si sa come si troveranno questi soldi. Non certo con la crescita, forse con altri tagli alla scuola e alla sanità per le quali, ricordo, il DEF prevede che nei prossimi quindici anni ci sia un calo, come percentuale rispetto al PIL, dello 0,5 per cento per entrambi i settori.
  A tutto ciò vanno aggiunti i molti miliardi di euro che ci serviranno per rispettare i vincoli europei. A Renzi per il momento serve un DEF per il 25 maggio e un DEF che guarda al futuro del Paese noi non lo vediamo. Se avesse guardato al futuro del Paese, avrebbe dovuto fare un DEF capace di mettere al centro la questione della ridiscussione delle politiche di austerità, quindi archiviandole, e programmare un piano di politiche e di investimenti pubblici capaci di creare lavoro e rilanciare l'economia del Paese. Questo coraggio Renzi non l'ha avuto e in questo DEF c’è un po’ di ombra della Merkel e anche un pizzico di alcuni Ministri delle larghe intese del passato.
  Per questo motivo noi diciamo «no» a questo DEF e non voteremo la risoluzione della maggioranza proponendo una nostra risoluzione alternativa.
  Daremo, invece, voto favorevole alla risoluzione che chiede di far slittare di un anno il pareggio di bilancio. È un voto «tecnico» al dispositivo perché, comunque, non condividiamo quanto stabilito nel piano di rientro previsto dal DEF e non condividiamo, del resto, come si è capito, la filosofia, l'impostazione e molte delle misure ivi contenute. Un anno in più senza l'obbligo del pareggio di bilancio è una cosa buona per il Paese. Speriamo che in quest'anno Renzi si faccia venire il coraggio che non ha avuto in questi mesi.
  Vorrei ricordare, però, ai colleghi del PD e di Forza Italia che la richiesta di questo rinvio è anche il segno del gravissimo errore che avete fatto quando, con le norme sul pareggio di bilancio da voi votate, avete voluto una misura che sta mettendo in difficoltà il nostro Paese. L'avete voluta anche nella nostra Costituzione. Una scelta sbagliata che continuate a sostenere.
  Il nostro voto allo slittamento di un anno del pareggio di bilancio non è tanto un segno di disponibilità verso questo Governo, è un segno di disponibilità verso il Paese. L'avremmo fatto con qualsiasi altro Governo ce l'avesse proposto. E, d'altronde, che disponibilità potremmo avere verso un Governo che con la legge elettorale riduce gli spazi della democrazia e della rappresentanza di questo Paese; che con il decreto sul lavoro riduce i diritti a milioni di lavoratori; che con i suoi continui rinvii e con solo dichiarazioni continua ad avallare una spesa di 14 Pag. 68miliardi di euro per gli F35; che con le sue misure e con le sue scelte nel DEF riduce le risorse per la sanità e per la scuola; che continua a rinviare la soluzione degli errori della legge Fornero, in primis quello di quota 96, dei macchinisti dei treni e naturalmente degli esodati ?
  Chiudo: la nostra posizione continuerà ad essere pragmatica e costruttiva, ma sarà dura verso un Governo che giudichiamo inadeguato all'emergenza del Paese, privo di una visione lungimirante che anche con questo DEF dimostra di non avere. Un DEF, ripeto, senza qualità e con molti annunci, con molte promesse, con qualche misura che può avere un impatto, ma privo di quelle misure sostanziali che servono al Paese per uscire dalla crisi. Per questo voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brunetta. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, intanto mi lasci stigmatizzare la non presenza del Ministro Padoan in quest'Aula durante il dibattito e durante queste dichiarazioni di voto. Penso non sia segno di rispetto per il Parlamento venire qui, fare una scarna relazione e poi andarsene. Comportamento, del resto, tenuto anche al Senato. Su un documento così importante, così decisivo per la vita del nostro Paese, dei nostri rapporti con l'Europa, ha questo atteggiamento di disprezzo «in fondo» per quest'Aula. Quindi, chiedo a lei, signora Presidente, se lo ritiene, di farsi interprete di questa amarezza rispetto alla correttezza dei rapporti istituzionali per la mancanza del Ministro Padoan qui oggi. Al Senato, sarà poi il Presidente del Senato a decidere cosa dire.
  Mi faccia dire poi un'altra cosa in premessa. Apprendo dalle agenzie di stampa che il DEF è stato approvato al Senato con 156 voti di maggioranza, laddove invece la risoluzione sullo scostamento, altro documento non affatto di carattere tecnico ma assolutamente politico, è stato approvato con 170 voti, con una maggioranza, se c’è stata, risicata da parte del Governo – e forse non c’è stata – e con l'aiuto di una decina di voti da parte delle «sedicenti» opposizioni o di alcune opposizioni. Il che vuol dire che, di fatto, il Governo non ha la maggioranza assoluta in una Camera del Parlamento, in una Camera delle nostre Assemblee. Al Senato 160-161 voti per quanto riguarda la risoluzione sullo scostamento, 156 voti per quanto riguarda il DEF. Questo la dice lunga sullo stato di salute di questo Governo e di questa maggioranza. Se su questo tema così decisivo il Governo non ha la maggioranza, immaginiamoci cosa potrà succedere sulla riforma elettorale e sulla riforma dello stesso Senato e del Titolo V o dell'abrogazione del CNEL.
  Questa come premessa per stabilire lo stato comatoso di questa maggioranza e di questo Governo: stato comatoso che si evince anche da un'altra valutazione, signora Presidente. Noi siamo bombardati quotidianamente dal Presidente del Consiglio in una sorta di bolla mediatica sulle «magnifiche sorti e progressive» della sua politica economica e della sua politica di riforme.
  Secondo il Presidente del Consiglio, gli 80 euro in busta paga, in termini di riduzione del cuneo fiscale, sono stati già distribuiti almeno sette-otto volte: cosa che tutti sanno non essere vera anche perché il Governo si sta arrabattando, sta impazzendo per trovare le relative coperture. Eppure, nell'opinione pubblica, i 70-80 euro sono già stati consegnati e distribuiti.
  Tutti ricordano la conferenza stampa del Presidente del Consiglio – quella dei pesciolini – in cui diceva che le coperture erano il doppio di quelle necessarie. Da quello che sappiamo, ad oggi, non esiste ancora un testo di decreto-legge per quanto riguarda la riduzione del cuneo e non esiste alcuna indicazione puntuale e precisa sulla spending review e sulle singole tipologie di taglio dello stesso cuneo. Non esiste assolutamente nulla. Questo per quanto riguarda la parte pesciolini.Pag. 69
  Per quanto riguarda la situazione delle riforme istituzionali, sappiamo tutti che la riforma elettorale era considerata da questo Governo prioritaria non solo per rispondere alla sentenza della Corte costituzionale ma anche per dare una struttura strategica di stabilità alle istituzioni del nostro Paese. Bene, questa riforma elettorale è insabbiata al Senato da oltre cinque settimane e forse sarà approvata nell'autunno. Anche questo è un fatto estremamente grave perché l'impegno del segretario del PD prima e del Presidente del Consiglio poi è stato assolutamente vanificato.
  Come appare altrettanto insabbiata la riforma del Senato che doveva essere approvata al più presto (entro il 25 maggio è stato detto in tutte le forme e in tutti i modi), salvo che la maggioranza, il Partito Democratico è ad oggi assolutamente diviso sulla stessa, che tra l'altro sta ottenendo critiche feroci da tutto il mondo non solo accademico ma dei costituzionalisti in quanto, è stato detto da più parti, scritta malissimo e con gravissimi profili di incostituzionalità. Pertanto, anche la riforma del Senato è ancora in mente Dei.
  Per non parlare poi delle altre riforme, signora Presidente, che è in altre faccende affaccendata in questo momento. Per non parlare delle altre riforme: parlo della riforma della pubblica amministrazione, che doveva essere approvata entro il mese di aprile, di cui non si sa assolutamente nulla e che attendiamo fiduciosi che venga presentata, che venga illustrata, ma di cui non si sa assolutamente nulla. Così come la riforma della giustizia, così come la riforma del mercato del lavoro di cui si sa qualcosa perché è stata divisa in due parti: un decreto minimalista Poletti che sta peggiorando di giorno in giorno, sotto l'assalto dei conservatori del Partito Democratico, e una legge delega che è stata depositata ma che, a detta dello stesso Poletti, sarà approvata nel 2015.
  Doveva essere il Jobs Act il cuore centrale della risposta del nuovo Governo ai problemi della disoccupazione: ne parleremo nel 2015.
  Tutto questo non sarebbe così importante nella discussione di oggi, se il Piano nazionale delle riforme non fosse parte centrale dei documenti che andiamo ad approvare oggi con le risoluzioni relative. Anche perché il Ministro Padoan ha detto, sbagliando – e mi dispiace che non sia qui presente, perché è un errore da «matita blu» –, che il combinato disposto dal Piano nazionale delle riforme consentirà all'Italia di avere la necessaria flessibilità per quanto riguarda i limiti di bilancio. Eh no, Presidente Renzi e Ministro Padoan: non basta annunciare le riforme, occorre attuarle e occorre avviarle una volta approvate e, solo a riforme avviate, si potrà discutere con l'Europa, trattare con l'Europa la flessibilizzazione dei vincoli di bilancio.
  Quindi, siamo dentro a una bolla mediatica di illusioni, che porta questo Governo a «vendere» cose che non ha affatto acquisito, a venderle agli italiani attraverso la televisione, attraverso le conferenze stampa e attraverso le chiacchiere giornaliere del Presidente del Consiglio; ma noi pensiamo che questa televendita da parte del Presidente Renzi non funzionerà con l'Europa.
  E qui viene il caso della famosa lettera, che ci viene comunicata la sera di martedì in sede di audizione in Commissione bilancio. In quell'occasione, il Ministro Padoan tira fuori questa lettera inviata alla Commissione europea, salvo che sappiamo che, quella sera stessa, la lettera non era stata affatto inviata, ma, se l'ha inviata, l'ha fatto il giorno seguente, dopo insistenze molto intense da parte di questo ramo del Parlamento. Il che vuol dire che il Ministro Padoan ha mentito al Parlamento, dicendo di avere ottemperato ad una prescrizione di legge di rango costituzionale, dicendo di avere notificato alla Commissione europea la lettera, salvo non averlo fatto, perché la lettera ha la data del giorno seguente.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  RENATO BRUNETTA. Ne deriva, signora Presidente, che questo Governo e Pag. 70questa maggioranza sono in stato comatoso, sono in confusione mentale, sono in una perenne vendita di illusioni; vendita di illusioni che non potrà che far male a questo Paese, che non potrà che far male alla finanza pubblica di questo Paese. Anche perché se i dati dell'economia italiana – come sappiamo, quelli relativi all'occupazione, quelli relativi alla disoccupazione, quelli relativi al PIL, quelli relativi ai consumi – sono disastrosi, non si capisce come il Governo, domani, potrà emanare un decreto totalmente scoperto, in deficit, semplicemente per «comprarsi» il consenso alle prossime elezioni europee. Questa è una forma di «laurismo»: Achille Lauro, che dava una scarpa ai propri elettori, salvo dargli la seconda scarpa una volta vinte le elezioni.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  RENATO BRUNETTA. Questo non è accettabile e per questa ragione, signora Presidente, indico il voto negativo tanto sulla risoluzione sul DEF, quanto sulla risoluzione sullo scostamento. Questo perché la «televendita delle illusioni» fa male al nostro Paese, fa male alla nostra credibilità, fa male alla nostra gente. È ora di dire basta a questa televendita (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sorial. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie, onorevole Boldrini. Se questo fosse un DEF, parlerebbe di come programmare la politica economica e di bilancio del Paese in maniera realistica per il bene dei cittadini e per evitare realmente altre morti; userebbe parole facili per spiegare ai cittadini, che sono i veri lettori di questo Documento, cosa programma per loro, magari, con l'introduzione di belle parole, come reddito di cittadinanza, cancellazione delle cartelle esattoriali o vita. Ma questo DEF non parla di vita, questo DEF parla di PIL, di golden rules, di debito, di inganni: parole difficili per nascondere, in realtà, crude realtà, come sempre.
  La nuda realtà è che vi fregate, anche, sulle vostre parole, annunciate crescita, ma non c’è crescita, annunciate un ottimo PIL, ma questo cala, e allora mi chiedo: volete giocare sporco, volete le cose difficili ? Ve le servo. Per l'Italia la situazione che prospettate è drammatica, il PIL diminuisce, la Commissione europea prevede un tasso di crescita pari allo 0,6 per cento, mentre la Francia crescerà dell'1 per cento, la Germania dell'1,8 per cento, la Spagna dell'1 per cento, il Regno Unito del 2,5 per cento, tutto scritto da voi. Oltre al DEF vi piace il deficit, l'ulteriore regola europea che impone che l'indebitamento netto della pubblica amministrazione non debba superare il 3 per cento del PIL, quante frottole anche qui.
  Poi, avete dichiarato, in questi mesi, tutto ed il contrario di tutto. Il 17 marzo dalla Merkel avete ricevuto tanti elogi; guarda un po’, tutto come da tradizione, quando Angela Merkel incontrò i Premier italiani fu una pioggia di elogi, fu così anche per Mario Monti, fu così per Enrico Letta, che naturalmente, abbiamo visto, hanno risollevato il Paese; ed anche Renzi, uguale uguale, ha perfino promesso un'osservanza del vincolo europeo sul tetto del rapporto deficit-PIL del 3 per cento. Eppure, all'epoca delle primarie proprio lui dimostrava spirito battagliero, pronto a rinegoziare le condizioni di Maastricht, proprio come sta facendo adesso nell'ennesima televendita elettorale, promettendo sforamento per fini di voto di scambio, quello che piace tanto a voi, tra l'altro; ma poi, si sa, è già pronto ad essere bacchettato da Angela. A ognuno dite quello che vuole sentirsi dire, in funzione del risultato elettorale del momento. Ma i vostri volti non mentono, le vostre storie sono conosciute. Siete voi che avete portato il Paese in questa situazione disastrosa a furia di promesse non mantenute e di giochini elettorali, ma alla fine vi fate sempre comandare a bacchetta.
  Se non è così, secondo voi, guardiamo Padoan, guardiamo il Ministro, l'arguto Pag. 71scrittore di questo DEF, direttore esecutivo, per l'Italia, del Fondo monetario internazionale dal 2001 al 2005, con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est; Grecia e Portogallo, guarda caso: ancora due e fa poker e l'Italia la sta mettendo già sul binario del fallimento. Padoan, grandissimo interprete ed attuatore dell’austerity, l'austerità, la politica economica secondo cui la buona politica di bilancio dello Stato si ottiene attraverso la riduzione dei servizi pubblici e l'aumento delle imposte. Complimenti per la perfidia ! È stato vicesegretario dell'OCSE, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il prestigioso organismo che non ha mai, proprio mai, mai, mai sbagliato una previsione economica... magari ! Una sua lungimirante dichiarazione: la riforma Fornero è stata un passo importante per la risoluzione dei problemi dell'Italia... la Fornero... va bene, grazie Padoan.
  Ma i complimenti non vengono da me, non lo dico io, se fossi un DEF non lo farei; lo dice un signorotto, lo dice un premio Nobel per l'economia, Paul Krugman: certe volte gli economisti – dice – che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli, altre volte danno consigli ancora peggiori, altre volte lavorano all'OCSE, benvenuto Padoan (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Lei, Padoan era responsabile dell'Argentina per conto degli «intellettuali» del Fondo monetario internazionale nell'anno di grazia in cui il Paese sudamericano dichiarò il default, sempre più vicini al poker. Molto vicino a Massimo D'Alema, è stato direttore della Fondazione Italiani Europei, una delle tante fondazione della politica politicante, foraggiata anche da gente come Calisto Tanzi, patron della Parmalat, legalmente per carità, ma voi, si sa, le leggi le fate proprio a vostro uso e consumo. Insomma, un emissario dell'Europa messo lì proprio dall'Europa, con il benestare del PD e di Renzi, per controllarci attraverso le regole europee che ci hanno ammazzato, messo lì per controllare i nostri soldi e quindi le nostre vite. I soliti banchieri, Renzi come Letta, Monti come Berlusconi, chiacchiere a vuoto in casa propria e silenzio rassegnato di fronte agli ordini presi a capo chino dai tecnocrati dell'Europa.
  Avete tolto ogni prospettiva dignitosa e accettabile per il futuro di intere generazioni di italiani. Siete proprio sicuri, tutti voi, siete sicuri che morire settant'anni fa sotto l'ideologia perversa che ci fossero dei cittadini superiori ad altri sia tanto diverso, in realtà, dalla morte di chi oggi è costretto a cancellare la propria vita per estinguere un debito causato, magari, da chi si sente così superiore, come voi, da poter decidere per la sorte altrui, bivaccando in vizi, stravizi e sperperi, se non con la pretesa folle di essere chiamato con titoli che lo elevano al di sopra di qualsiasi altro suddito, cari «onorevoli» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti del deputato D'Ottavio) ? Secondo me, caro onorevole che mi sta urlando contro, è la stessa identica cosa, uguale, uguale, paro, paro.
  Allora, votiamo contro questo DEF – che pronunciato in inglese, in realtà, se lei lo sa, che mi ha urlato, vuol dire morte; pronunciato in inglese, scritto in inglese in questo modo –, che abbatte gli investimenti pubblici e con una disoccupazione che non cala. Noi votiamo contro un DEF che vede ancora salire la pressione fiscale e non vede calare il debito. È semplice, noi votiamo contro l'ennesimo DEF che nasconde l’austerity finanziaria dietro un paravento di promesse a vuoto. Il nostro voto, però, in realtà, visto che votiamo contro la morte, sarà per la vita – life, in inglese, è molto più semplice da dire –, perché il nostro voto sarà favorevole alla riduzione del 30 per cento delle indennità elettive. A questo noi votiamo «sì».
  Il nostro voto sarà per la soppressione dell'assegno di fine mandato per i parlamentari in carica: a questo noi votiamo «sì»; alla rimozione di ostacoli economici e procedurali che si frappongono fra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia: noi a questo votiamo «sì»; all'abbandono in via definitiva del programma per la produzione e l'acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter, Pag. 72F-35: a questo noi votiamo «sì»; al contratto di lavoro a tempo indeterminato quale rapporto di lavoro ordinario: a questo noi votiamo «sì»; al reddito di cittadinanza – il reddito di cittadinanza ! –, non solo socialmente necessario ma utile come sostegno alla domanda: a questo noi votiamo «sì»; all'adozione di misure finalizzate a riconoscere il diritto all'abitare e riqualificare il patrimonio immobiliare per uso abitativo: a questo noi votiamo «sì»; a riconfermare gli obiettivi sulla raccolta differenziata dei rifiuti ed alle iniziative di sostegno agli enti locali per il raggiungimento degli stessi, a questo noi votiamo «sì»; alla sospensione e all'annullamento di tutte le privatizzazioni che voi state facendo, come quella di Poste Spa ed ENAV Spa: a questo noi votiamo «sì»; al pagamento di tutti i debiti della pubblica amministrazione: a questo noi votiamo «sì»; alla difesa dei consumatori e della produzione nazionale: a questo noi votiamo «sì»; a una cosa, che è importante, vorrei che anche voi votaste «sì»: l'abolizione di uno strumento di morte, l'abolizione totale ed immediata di Equitalia. Noi a questo votiamo «sì» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Voglio che anche voi votiate «sì», perché queste che mostro, magari non le conoscete, ma sono cartelle esattoriali. A vivere nei vostri paradisi magari qualcuno di voi non le ha mai viste, ma queste sono cartelle esattoriali, signora onorevole Boldrini. Queste cartelle esattoriali sono oggi la morte per milioni di cittadini, quindi da subito Equitalia si può abolire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi abbiamo portato la proposta di legge: è da firmare subito, è da calendarizzare. Avete calendarizzato e chiuso decreti per le banche in pochi giorni; questo si può fare in pochi giorni. Allora, Ministri, Viceministri, sottosegretari, maggioranza, voi che siete qui presenti, non dite «no» alla abolizione di Equitalia, calendarizzatela, potete farlo subito. La settimana prossima potrebbe arrivare in Aula e potremmo cancellare questo strumento di morte. Non dite «no», lo faccia anche lei, Presidente Boldrini, che ne ha l'opportunità.
  Noi votiamo «sì» a tutte queste proposte e soprattutto il MoVimento 5 Stelle andrà in Europa – ebbene «sì» – per far saltare tutti i trattati come il fiscal compact, per modificare veramente le golden rules, per modificare questi trattati che ci stanno togliendo la vita. Andremo in Europa per rappresentare i cittadini e per rimettere il loro futuro nelle loro mani e non nelle vostre, togliendolo dalle mani di tutti coloro che si sono macchiati, anche nel 2014, di crimini contro l'umanità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lorenzo Guerini. Ne ha facoltà.

  LORENZO GUERINI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, con il voto di oggi sul Documento di economia e finanza presentato dal Governo abbiamo l'occasione di dare una svolta importante alla situazione economica del nostro Paese. Abbiamo l'occasione di dichiarare chiusa la stagione della sola austerità e di far camminare l'Italia sul sentiero certamente impervio e impegnativo della ripresa e della crescita. La crisi non è ancora alle nostre spalle, lo sappiamo. Nelle nostre città e nelle nostre comunità continua a mordere la carne viva di famiglie, imprese e cittadini.
  Ma oggi è il momento di concentrare tutti i nostri sforzi, tutte le nostre risorse sulla crescita e sull'occupazione, soprattutto quella delle generazioni più giovani. I dati drammatici che gli istituti di statistica ci hanno messo a disposizione ci dicono che il tempo è finito, che serve una scossa profonda, reale ed efficace.
  Il punto è se continuiamo a giocare in difesa, per inseguire senza scelte una ripresa fragile, come ci ha detto il Ministro Padoan questa mattina, o proviamo a fare uno scatto in avanti e a giocare in attacco, a dare una prospettiva e una spinta più forte ai segnali di ripresa. Il DEF va in Pag. 73questa direzione: inquadra l'insieme delle riforme presentate dal Presidente del Consiglio alle Camere all'atto dell'insediamento del Governo, definendo obiettivi, azioni e scadenze entro le quali ottenere risultati.
  Ma questo DEF non è solo una somma di misure economiche, comunque singolarmente decisive e di svolta rispetto al passato letto nel suo complesso, è un vero e proprio progetto per l'Italia, un progetto che scommette sulle sue grandi energie e comincia a liberarle. E si concentra prima di tutto sulle fasce che hanno più subito gli effetti della crisi, e lo fa mettendo in campo la più corposa operazione di redistribuzione degli ultimi anni: 10 miliardi di euro attraverso il taglio dell'IRPEF vengono restituiti a chi ha un reddito medio-basso, mettendo in piedi un'imponente operazione di equità fiscale e di sostegno alla domanda. E lo fa aggredendo finalmente, concretamente la spesa improduttiva: non la spesa sociale o per servizi, la spesa improduttiva, che non produce né migliori servizi ai cittadini né crescita economica, e lo fa aggredendo sprechi e privilegi ingiustificati. E non mette le celeberrime mani in tasca agli italiani: se mai ci mette euro.
  Ci vuole ben altro, si sente dire da chi probabilmente non ha la percezione di cosa significhi mantenere una famiglia con meno di 1.500 euro al mese e si trova ad aggiungerne quasi 1.000 netti in un anno, e non una tantum (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Mio padre faceva l'operaio, e io so cosa vuole dire ! Ma lo sappiamo, il benaltrismo è una malattia che ha condizionato da lungo tempo la politica italiana: peccato che nel frattempo non abbia prodotto grandi risultati. Non ci sono illusioni, presidente Brunetta, così come non c’è una maggioranza comatosa: comatosa era solo la situazione in cui ci avete lasciato l'Italia quando avete finito di governare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Questo DEF ha l'ambizione di essere strategico e strutturale. Il programma nazionale di riforma, accanto alla grande sfida della riforma delle istituzioni, il superamento del bicameralismo e il Titolo V, mette in campo quattro strategie di politica economica: il taglio dell'IRPEF sui redditi medio-bassi (10 miliardi di euro, come appena detto, a regime), il miglioramento della competitività delle imprese con la riduzione dell'IRAP e l'abbattimento del costo dell'energia per le imprese, l'incremento degli investimenti pubblici attraverso l'allentamento del Patto di stabilità, che per molto tempo ha strangolato la capacità di investimento dei nostri comuni e degli enti locali, attraverso un migliore utilizzo dei fondi europei, attraverso gli interventi straordinari sull'edilizia scolastica, sul dissesto idrogeologico, sull'Expo. Ed il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione: 13 miliardi di euro, che si aggiungono ai 47 già previsti e che immetteranno liquidità nel sistema delle nostre imprese. Ad esse si accompagnano azioni volte a modificare i contesti socio-economici e giuridici in cui queste strategie si devono svolgere: mercato del lavoro, riforma della pubblica amministrazione, sistema fiscale attraverso l'attuazione della delega, giustizia e sicurezza.
  Tutto questo, questo Documento è la nuova carta di identità dell'Italia che presentiamo in Europa, e con la quale ci apprestiamo a guidare il semestre europeo. È un documento serio, che si pone obiettivi ambiziosi ma vuole farlo nel rispetto dei nostri impegni: non perché ce lo chiede l'Europa, ma perché ce lo chiede il nostro futuro, perché ce lo chiedono gli uomini e le donne del nostro Paese. Perché ce lo chiedono soprattutto i giovani, come ci ha ricordato ancora una volta con parole chiare ed autorevoli il Presidente della Repubblica pochi giorni fa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Abbiamo questa ambizione e crediamo che, con le riforme strutturali messe in campo e la gestione equilibrata e sostenibile dei conti pubblici, sia una ambizione alla nostra portata. Un'ambizione che vogliamo portare anche nel dibattito che accompagnerà la definizione di una nuova Pag. 74strategia europea per la crescita e il lavoro perché solo passando da lì, dalla scelta per una nuova strategia, l'Europa potrà essere sempre di più l'orizzonte di speranza che è alla sua origine. Finora, in questi ultimi anni, non sempre è stato così; il semestre italiano può essere l'occasione per cominciare a cambiare, a partire proprio dal nostro coraggio e dalla nostra credibilità. L'Europa ha bisogno anche dell'Italia per diventare una Europa diversa e l'Italia sarà protagonista essenziale in Europa perché, grazie a tutto ciò che è contenuto in questo DEF e al lavoro dei Governi precedenti, sta già diventando un Paese più solido, più competitivo, più equilibrato. Non ci nascondiamo le tante fragilità della nostra situazione economica, dobbiamo continuare ad essere vigili, prudenti, assennati, perché non siamo fuori dai rischi.
  Scommettiamo però sulle nostre potenzialità, che troppe volte rimangono inespresse, sulle nostre qualità che ci vengono riconosciute nel mondo ma che noi per primi non sappiamo sfruttare e valorizzare appieno. Scommettiamo sulla nostra capacità imprenditoriale, sulle migliaia di imprese che innovano e sono protagoniste nel mondo, sulle grandi qualità dei lavoratori italiani che tra mille difficoltà resistono e fanno grande il nostro Paese.
  Dobbiamo aiutarli, essere al loro fianco, non ostacolarli e dobbiamo avere l'attenzione privilegiata a chi il lavoro non lo trova, a chi l'ha perso, a chi non lo cerca nemmeno più, prima di tutto dando l'esempio attraverso un sostanziale dimagrimento della politica e delle istituzioni, diventando più sobri e attaccando gli sprechi. C’è bisogno che tutti diano il loro contributo, a partire da chi in questi anni la crisi l'ha subita un po’ di meno, quando non vi ha guadagnato.
  Noi scommettiamo sul fatto che con il contributo di tutti l'Italia ce la può fare, anche grazie alle misure concrete che il Governo sta attuando. Si capisce il fastidio di chi vede un Governo che promette e poi mantiene, e anche velocemente, gli impegni. Questa mattina ci sono stati annunciati tanti «sì», fino ad oggi nel vostro vocabolario noi abbiamo sentito solo dire «no» a tutto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Certo, si prova un certo imbarazzo quando ci si trova di fronte a decisioni che sono oggettivamente utili e servono ad aiutare la vita quotidiana dei cittadini, e soprattutto di quelli che la crisi l'hanno più subita. Si prova un certo imbarazzo a dire «no» per sfizio, così, tanto per cambiare una volta, anche una sola volta, provate a dire «sì», magari vi sentirete meglio, magari sarete meno nervosi e sicuramente sarete un po’ più utili al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Presidente, colleghi, con il Documento di economia e finanza si apre una nuova stagione per l'Italia: da oggi in poi sarà compito del Governo e del Parlamento attuare rapidamente le importanti riforme in esso contenute. Il Partito Democratico e il gruppo parlamentare non faranno mancare il loro sostegno e il loro contributo, anche dialettico quando serve, perché il piano ambizioso che oggi ci diamo sia attuato al meglio nei tempi più rapidi. Cerchiamo di avere più fiducia in noi stessi, diamo una speranza a chi ogni giorno fa vivere l'Italia, diamo loro gli strumenti per mettere in campo tutte le straordinarie potenzialità di cui sono capaci. Questo compete alle nostre responsabilità, oggi possiamo seriamente cominciare a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni – Doc. LVII, n. 2)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, De Mita e Tabacci n. 6-00064 riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012, con il parere favorevole del Governo.
  Ricordo che, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 Pag. 75del 2012, per l'approvazione di tale risoluzione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Camera.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cuperlo, Pinna...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  491   
   Votanti  487   
   Astenuti    4   
   Maggioranza assoluta dei      
    componenti  316   
    Hanno votato  373    
    Hanno votato no   114    

  La Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto – Vedi votazioni).

  (I deputati Tripiedi e Cominardi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Colleghi, a seguito dell'approvazione della risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, De Mita e Tabacci n. 6-00064 risulta preclusa la risoluzione Brescia ed altri n. 6-00070.
  Essendo stati approvati l'autorizzazione allo scostamento dagli obiettivi programmatici e il relativo piano di rientro, pongo in votazione la risoluzione Speranza, De Girolamo, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio e Di Lello n. 6-00066, riferita al Documento di economia e finanza 2014 nel suo complesso, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Brandolin, Di Lello, Ravetto, Abrignani, Berlinghieri, D'Arienzo, Cicchitto, Gigli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti   491   
   Maggioranza   246   
    Hanno votato  348    
    Hanno votato no   143.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Tripiedi e Cominardi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Sono così precluse le restanti risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza.

Annunzio della convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo per la sua costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo è convocata per giovedì 24 aprile 2014, alle ore 9, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,45).

  MARISA NICCHI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, per favore.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, colgo l'occasione per dare gli auguri di buona Pasqua ai colleghi e alle colleghe, ma voglio ricordare che la Pasqua non è serena per tutti. A Piombino sta per avvenire un fatto doloroso, grave. Siamo alla fase immediatamente precedente allo spegnimento dell'altoforno, che provocherà una enorme crisi sociale in quell'area e in tutta la Toscana.Pag. 76
  È un dato di fatto che ipotecherà lo sviluppo della siderurgia italiana, è una perdita inaccettabile. Piombino è la storia d'Italia, chiudere la Lucchini è un crimine storico. La tradizione siderurgica di Piombino risale agli etruschi e non è la chiusura dell'ennesima azienda, dolorosa, tra le altre, per questa crisi feroce che noi vogliamo affrontare con più giustizia. Si distrugge lì un patrimonio storico immenso che ha fatto la storia del nostro Paese, si dissipa una grande cultura di lavoro, una risorsa democratica. Piombino deve vivere, vivere per i suoi lavoratori, per le famiglie dei lavoratori e per il futuro dell'industria italiana del nostro Paese.
  La siderurgia è fondamentale perché è il primo anello della catena industriale, che ha bisogno di acciaio per tutta la filiera produttiva. È importante la siderurgia come sono importanti i treni, la produzione di materiale rotabile, visto che in Toscana un'altra grande azienda strategica, l'Ansaldo, sta per chiudere ed è in crisi. C’è troppo silenzio sul piano nazionale in merito alla politica industriale e gli ultimi Governi italiani hanno lasciato in balia del mercato il destino della Lucchini.
  È arrivato il momento di invertire la rotta, perché, colleghe e colleghi, a Piombino sta per aprirsi una fase drammatica mai vista. È indispensabile garantire il futuro dell'azienda e dei suoi due mila lavoratori con l'indotto; il Governo deve firmare il più rapidamente possibile lo schema di accordo di programma e dare indispensabili risorse per gli ammortizzatori sociali. Piombino non ha bisogno però di sussistenza, ha bisogno di un progetto per il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  DIEGO CRIVELLARI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO CRIVELLARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo intervento si aggiunge ad altri che, in questi giorni, stanno sollevando con forza di fronte al Paese e alla pubblica opinione la questione delle seconde generazioni.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, si può avere un po’ di silenzio in quest'Aula ?

  DIEGO CRIVELLARI. Una questione che tocca la vita di migliaia di persone, la vita di migliaia di giovani in Italia, e che rappresenta certamente lo specchio di una realtà complessa e contraddittoria, che ad oggi non consente a queste persone di potersi dire, di potersi sentire e soprattutto di poter essere a pieno titolo cittadini. Una questione di democrazia, una questione di civiltà, una grande questione pubblica, che riguarda tutte e tutti.
  In una società giusta, come ha scritto il grande filosofo americano John Rawls, uno dei massimi teorici del liberalismo contemporaneo, si devono dare per scontate eguali libertà di cittadinanza. Ne consegue che la politica, il Parlamento italiano non possono rimanere sordi, non possono rimanere inerti.
  La storia che voglio raccontare è la storia di Sandra Zhang. Sandra è nata a Firenze il 18 gennaio 1994 ed oggi vive ad Adria, la seconda città del Polesine, dove ha frequentato il liceo linguistico fino al 2012. Sandra non è mai stata in Cina, parla perfettamente italiano e parla anche, con amiche e amici, il dialetto veneto, con quella particolare cadenza che è tipica di quelle zone, che sono anche le mie. Ci scrive Sandra: «Anche se sono nata in Italia, anche se l'italiano è la mia lingua, per richiedere la cittadinanza devo avere dieci anni di residenza continuativa, cosa non sempre facile da dimostrare quando, come nel mio caso, i genitori si spostano parecchio per lavoro, cambiando città. C’è poi il problema del reddito, quello dell'inserimento a scuola e nel mondo del lavoro, tra mille difficoltà e con pochi strumenti a disposizione per potersi effettivamente integrare. C’è il problema della burocrazia e delle tante incomprensioni che si creano, avendo a che fare con l'universo burocratico: le lunghe attese, le speranze frustrate, la paura di non poter rinnovare permessi Pag. 77e documenti per un semplice disguido, per un ritardo, per una dimenticanza. Io mi sento cittadina italiana, mi sento già cittadina dentro, però spesso avverto questo senso di rifiuto verso di me, verso di noi. Non posso votare. Non posso esercitare molti diritti. Da studente non potevo andare in gita con i miei compagni di classe perché i documenti che mi venivano rilasciati non erano validi per l'espatrio. Oggi più passa il tempo, più aumenta il mio senso di insicurezza, addirittura il senso di isolamento, il timore di una discriminazione talvolta strisciante, sottile, come quella che ti accompagna quando sei in cerca di un lavoro e – lo senti – vieni comunque percepita dalle persone con cui hai a che fare come qualcosa di altro, come qualcosa di diverso».

  PRESIDENTE. Concluda, per favore.

  DIEGO CRIVELLARI. Queste le parole di Sandra Zhang.
  Io credo che i temi della cittadinanza siano un banco di prova fondamentale per la nostra democrazia e, specialmente, un banco di prova che ci può fare comprendere quale direzione essa possa prendere nei prossimi anni: la strada dell'inclusione...

  PRESIDENTE. Concluda.

  DIEGO CRIVELLARI. ...o quella della chiusura, dell'esclusione, dell'ossessione identitaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PAOLO BERNINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, qualche giorno fa è uscito un video, frutto di un'investigazione da parte di Animal Equality, organizzazione internazionale per i diritti animali, in cui vi sono immagini molto crude e forti, che raccontano la macellazione degli agnelli che finiranno nei piatti degli italiani per il pranzo pasquale. Il materiale, raccolto all'interno del documento, espone la reale situazione degli allevamenti e della macellazione di questi cuccioli di pochi mesi e non riporta casi isolati.
  Quando ho visto il video, non sono riuscito a trattenere le lacrime, perché ha contenuti di violenza esplicita. Nonostante questo, dovrebbe essere visto da tutti, perché bisogna essere consapevoli degli effetti delle proprie scelte alimentari. Le scene sono state riprese in Italia e raccontano quello che accade abitualmente a questi cuccioli indifesi, ammassati l'uno sull'altro e tenuti lontani dalle loro madri. Issati per le zampe, insieme agli altri agnelli, vengono pesati e poi caricati sul camion diretto al macello, a volte lontano centinaia di chilometri, il loro ultimo viaggio. All'arrivo vengono ammassati in fila, spaesati e apparentemente storditi per poter essere poi sgozzati. In molti casi l'ingranaggio della morte si inceppa e, senza nessuna pietà, vengono uccisi ancora coscienti.
  Io mi chiedo: ma tutto questo è ancora accettabile ? Perché per una tradizione dobbiamo generare così tanta violenza ? Che poi questa tradizione deriva dalla religione. L'agnello, secondo il cristianesimo, è simbolo di purezza, semplicità e innocenza. Molte volte Gesù Cristo è simboleggiato da questo animale, nel ruolo di vittima sacrificale per i peccati commessi dall'umanità. Nel 2014 non abbiamo ancora capito che i nostri peccati non vengono perdonati uccidendo altri esseri viventi ?
  Quello che possiamo fare per migliorare il mondo intorno a noi è compiere buone azioni. Quindi, per festeggiare questa Pasqua vi consiglio di prediligere un'alimentazione vegetale e, come disse Arthur Schopenhauer, «la pietà per ogni essere vivente è la prima valida garanzia per il buon comportamento dell'uomo» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  LUIGI GALLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Grazie, collega Boldrini.Pag. 78
  Oggi sono rientrato in Parlamento dopo dieci giorni di sospensione, insieme ad altri colleghi, e sto qui a chiedermi come sia possibile che ci siano ancora cittadini italiani che accettino un Paese al contrario: chi difende la Costituzione, le regole democratiche, che non prevedono la ghigliottina, chi denuncia i soprusi verso i cittadini, chi si riduce lo stipendio e restituisce 4 milioni e mezzo alle piccole e medie imprese, chi rifiuta e lascia allo Stato 42 milioni di euro di rimborsi elettorali, chi per coerenza non ha mai partecipato a nessuna lezione provinciale, chi fa solo due mandati e non è attaccato alla poltrona, chi invece di farsi dieci giorni di ferie e stare con la famiglia decide di contrastare un regime mediatico e stare tutti i giorni nelle piazze, con cinque tappe in un solo giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), chi riesce a far diventare legge cento proposte di buonsenso solo con il ricatto del «costruzionismo», chi denuncia nomi e cognomi di lobbisti, immobiliaristi, mafiosi, indagati e condannati, viene insultato ora dopo ora da tutte le trasmissioni televisive e da tutti i giornalisti, tranne rare eccezioni.
  Nello stesso Paese diventa un fatto che il fondatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, è condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, che il delinquente Berlusconi lo definisce eroe, che Cosentino, esponente di spicco della Campania del centrodestra è in carcere perché risulta vicino ai Casalesi, che si sono occupati di sversare anche i rifiuti tossici in Campania. E in questo Paese le forze dell'ordine per vent'anni sono state alle dipendenze di delinquenti, collusi con la mafia e la camorra. In questo Paese TV e giornali trattano il delinquente Berlusconi con i guanti di velluto e, se il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio lo incontrano come se fosse un cittadino rispettabile, posso solo considerarli collusi con chi delinque, con chi è condannato per mafia e indagato per camorra. Non ci sono chiacchiere che tengano.
  In questo stato di cose, possiamo andare avanti solo con la forza dei cittadini e se c’è ancora qualche parlamentare con coscienza dovrebbe dimettersi dai partiti che fanno questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 18 aprile 2014, alle 9:

  Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
   Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (C. 2208-A).
  — Relatori: Dell'Aringa, per la maggioranza; Fedriga, di minoranza.

  La seduta termina alle 15,55.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI ORESTE PASTORELLI E ANGELO CERA SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 68-110-1945-A

  ORESTE PASTORELLI. Onorevole Presidente, sin dall'inizio di questa legislatura, il tema del territorio, della sua integrità geo-morfologica e ambientale, è stato al centro del dibattito: in particolare, i parlamentari socialisti, a nome dei quali parlo in questo momento, si sono impegnati con determinazione in ordine alle problematiche ambientali ed ecologiche che da anni affliggono questo Paese.
  Le calamità naturali verificatesi in questi ultimi anni su tutto il territorio nazionale, l'elevata densità abitativa, la mancanza di una rete di controlli sistemici e coordinati in materia di inquinamento Pag. 79derivante dalle attività industriali in esso presenti, ci consegnano un quadro fortemente critico se non drammatico.
  Un quadro rispetto al quale i problemi del dissesto idrogeologico e dell'inquinamento ambientale si pongono come inevitabili conseguenze.
  Come più volte da me segnalato, anche in sede di sindacato ispettivo, la salubrità dei territori, la loro messa in sicurezza, il loro utilizzo razionale e coscienzioso, sono tutti obiettivi raggiungibili soltanto attraverso un complesso di misure a medio e lungo termine.
  In tal senso la ricerca, la conoscenza tecnico-scientifica dei territori e delle complessità di questi, è il punto di partenza di un lungo percorso verso il recupero e la tutela del nostro paesaggio, come peraltro la nostra Costituzione ci impone di fare.
  L'istituzione di un Sistema nazionale di coordinamento delle agenzie regionali, così come l'implementazione delle funzioni di monitoraggio e ricerca dell'ISPRA costituisce, dunque, quella valorizzazione della ricerca di cui il Paese aveva bisogno da tempo.
  La realizzazione di un sistema coordinato di analisi e studio delle peculiarità del territorio nazionale rappresenta, infatti, l'unica via di uscita da quella «logica dell'emergenza» alla quale siamo rimasti legati per troppo tempo. La prevenzione passa attraverso la conoscenza, la cura e la valorizzazione «quotidiana» del suolo, ed è questa direzione intrapresa dal disegno di legge che ci accingiamo a votare.
  Ma occorre anche avvertire che quello di oggi rischia di essere un passo in avanti «sterile», se non accompagnato da una serie di politiche che tutelino a 360 gradi il territorio, considerandolo una fonte di ricchezza di tutta la collettività.
  A tal riguardo, le proposte legislative e le altre iniziative di cui, insieme agli altri onorevoli colleghi del Partito socialista, mi sono fatto promotore sono sempre andate nella direzione di un minore consumo del suolo e della valorizzazione di una agricoltura eco-sostenibile, come strumento di salvaguardia del territorio sotto il profilo della sua integrità ambientale e idrogeologica. Ci si augura, quindi, che su tali disegni, come su altri analoghi presentati dalle altre forze politiche, si concentri l'attenzione di quest'Aula, essendo in gioco, lo stesso futuro delle prossime generazioni.
  Il presente disegno di legge, rispetto al quale esprimo un convinto voto favorevole, è dunque un primo passo verso la comprensione e la risoluzione dei complessi problemi legati all'ambiente, essendo ancora necessario un grande sforzo di questo Parlamento circa il riconoscimento del valore strategico dell'agricoltura come presidio del territorio.

  ANGELO CERA. Onorevoli colleghi, a distanza di quasi venti anni la politica interviene in materia di politiche ambientali andando a definire ed attualizzare un percorso iniziato con la legge n. 61 del 1994, naturale corollario di quel referendum che portò allo scorporo delle funzioni in materia di controllo ambientale da quelle svolte fino ad allora dalle strutture sanitarie.
  Con questo provvedimento diamo seguito ad una necessaria manutenzione di un sistema e di una struttura che pur presentando risultati lusinghieri in termini di ispezioni, sopralluoghi e controlli necessitavano di una sorta di «tagliando», soprattutto in termini di omogeneità territoriale.
  Non si è trattato di un ridimensionamento, anzi, quanto di un intervento tendente a rafforzare il sistema, ed è da rimarcare il fatto che questo rafforzamento sia avvenuto su iniziative parlamentari, che hanno portato alla elaborazione di un testo ampiamente condiviso, al termine di un approfondito dibattito ed una attenta attività istruttoria, senza la mannaia dei tempi che sarebbe stata imposta da una eventuale decretazione d'urgenza.
  Con questo testo andiamo ad istituire il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, di cui fanno parte l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale Pag. 80e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano per la protezione dell'ambiente.
  Un testo, arricchito del contributo di istituzioni, associazioni ambientaliste, del settore sanitario e delle attività produttive, che introduce novità sostanziali ed organizzative all'interno di un già collaudato Sistema nazionale delle Agenzia per la protezione dell'ambiente.
  In un'epoca in cui la domanda di un più puntuale controllo ambientale da parte di cittadini e delle istituzioni europee, è sempre più crescente era naturale apportare i necessari aggiornamenti per assicurare una più incisiva azione del controllo da parte delle istituzioni pubbliche della qualità dell'ambiente e del livello di protezione sanitaria garantita.
  Da oggi si arricchiscono i compiti affidati al Sistema nazionale delle agenzie per la protezione dell'ambiente e si va anche a ridisegnare il ruolo e le funzioni dell'ISPRA, via via integrate nel corso della discussione in Commissione, soprattutto in materia di indirizzo e di coordinamento.
  Onorevoli Colleghi, in questi mesi ci siamo occupati dell'ILVA, delle vecchie e delle nuove Terre dei fuochi e dei disastri derivanti dal dissesto idrogeologico, a dimostrazione di come le grandi emergenze siano di estrema attualità in questo nostro Paese e di quanto fosse necessaria una rivisitazione ed il rafforzamento dei controlli ambientali quale contributo fondamentale per la tutela della salute e della incolumità dei cittadini e per le stesse finanze dello Stato, costretto ad intervenire sempre dopo, con un dispendio di risorse superiore a quello necessario alla attività di prevenzione.
  Per raggiungere tale scopo, per ottenere cioè un sistema di controllo e di agenzie più incisivo, serviva, come detto, una calibratura della natura e delle funzioni dell'ISPRA, più indirizzata verso mansioni di ispezione ed intervento a monte dei processi decisionali che investono l'ambiente, senza per questo tralasciare l'importante attività di ricerca, raccolta dati e coordinamento delle diverse agenzie.
  Con questo provvedimento si è cercato anche di mettere un po’ d'ordine in un sistema che appariva un po’ troppo disomogeneo per effetto dell'istituzione in ogni regione di una propria agenzia ambientale con compiti, funzioni, organizzazioni e dimensioni diverse tra loro.
  Questa disomogeneità che inizialmente poteva anche apparire un elemento di forza, oggi rappresenta un limite che andava, più che rimosso, inquadrato in un contesto più generale, consentendo allo Stato di poter dare ai cittadini risposta univoche su problematiche identiche.
  Tale operazione, oltre alla fissazione normativa delle funzioni del Sistema nazionale, sarà garantita soprattutto dalla determinazione di livelli essenziali di prestazioni tecnico-ambientali che garantiranno l'omogeneizzazione degli interventi in tutte le regioni italiane, assicurando a tutti i cittadini italiani lo stesso livello e la stessa qualità di prestazioni in campo ambientale, ai fini del perseguimento degli obiettivi di prevenzione collettiva previsti dai livelli essenziali di assistenza sanitaria, livelli che andranno ovviamente aggiornati in funzione delle emergenze e delle esigenze specifiche del territorio nazionale e comunque con cadenza non superiore a cinque anni.
  Onorevoli Colleghi, per le ragioni su esposte il Gruppo Per l'Italia voterà convintamente a favore di questo provvedimento che vuole dare certezza e sicurezza ai cittadini e alle imprese, a tutela della salute e dell'ambiente attraverso un più omogeneo, efficace, trasparente e razionale sistema dei controlli ambientali nel nostro Paese.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 3)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. TU pdl 68 e ab.-A - voto finale 403 403 202 403 64 Appr.
2 Nom. Doc. LVII, 2 -Ris.Marchi e a. 6-64 491 487 4 316 373 114 31 Appr.
3 Nom. Risoluz. Speranza e a. n. 6-00066 491 491 246 348 143 30 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.