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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 198 di mercoledì 26 marzo 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 10,05.

  DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bellanova, Michele Bordo, Brunetta, D'Incà, Damiano, De Girolamo, Fontanelli, Giachetti, La Russa, Merlo, Migliore, Pes, Portas, Ravetto e Speranza sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 10,35.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,35.

Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti della deputata Michela Vittoria Brambilla nella sua qualità di Ministro senza portafoglio per il turismo, pro tempore (Doc. IV-bis, n. 1-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti della deputata Michela Vittoria Brambilla nella sua qualità di Ministro senza portafoglio per il turismo, pro tempore, per i reati di cui agli articoli 48, 81, comma 1, 314, primo e secondo capoverso, e 323 del codice penale.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  La Giunta propone che l'autorizzazione a procedere in giudizio sia negata, reputando che l'inquisita abbia agito per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo.
  Il presidente della Giunta ha comunicato alla Presidenza che l'incarico di riferire all'Assemblea è stato conferito al deputato Daniele Farina, in sostituzione Pag. 2del relatore originariamente designato. Si intende che ne acquisisca la relazione.

(Discussione – Doc. IV-bis, n. 1-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Daniele Farina.

  DANIELE FARINA, Relatore. Signor Presidente, come da lei preannunziato, la Giunta per le autorizzazioni riferisce sulla domanda di autorizzazione a procedere in giudizio avanzata nei confronti di Michela Vittoria Brambilla, all'epoca Ministro del turismo. Ringrazio il collega Rossi, che ho sostituito nell'ultimo miglio, in quanto passato ad altro e superiore incarico.
  Questo procedimento origina da una notitia criminis che la procura della Repubblica di Milano riceve dalla procura di Lecco, tratta da un esposto-denuncia in cui si cita un articolo del giornale Il fatto quotidiano del 9 novembre 2010. In esso si riportano due episodi in cui il Ministro avrebbe fatto uso – in ipotesi, violando la direttiva 25 luglio 2008 della Presidenza del Consiglio, che disciplina i voli di Stato – di un elicottero dell'Arma dei carabinieri con destinazione, rispettivamente, a Piazzola sul Brenta e Rimini, e ritorno al luogo di partenza, nei pressi della sua residenza.
  Ad avviso del collegio, il cosiddetto Tribunale dei Ministri, dunque, nel caso in esame, difettavano i due presupposti applicativi della direttiva: la finalità di tutela del soggetto trasportato e l'inderogabilità del trasporto aereo per l'espletamento dei compiti istituzionali. Tuttavia, va ricordato che opposta è stata invece la posizione della procura della Repubblica, cui spetta un primo vaglio dell'istruttoria processuale che poi ha svolto il collegio inquirente. La procura, investita del compito di esprimere il parere sull'eventuale prosecuzione del procedimento ovvero sulla sua archiviazione, si è espressa in modo netto e inequivocabile per l'archiviazione.
  La Giunta si è soffermata, in particolare, su due deduzioni del Tribunale dei Ministri ritenute decisive. La prima riguarda l'asserita insussistenza di qualsivoglia impegno istituzionale del Ministro presso il luogo di partenza e di rientro, nelle date in cui ha usufruito del servizio di voli di Stato. La seconda si riferisce alla descrizione della condotta del Ministro, che avrebbe consapevolmente approfittato dell'assoluta assenza di controlli di merito sulla sua istanza di uso dell'elicottero dell'Arma dei carabinieri. Gli atti processuali difensivi hanno in verità inteso assolvere all'onere della prova, dimostrando, in modo inoppugnabile, le finalità istituzionali di entrambi i trasferimenti.
  La Giunta per le autorizzazioni si è inoltre soffermata sulla deduzione del collegio secondo cui dalle indagini preliminari sarebbe emerso che, nella prassi, alcuna istruttoria di merito sul rispetto dei parametri imposti dalla direttiva sul trasposto aereo di Stato del 25 luglio 2008 veniva realmente svolta. Invero, su quest'ultimo punto, le audizioni dei numerosi funzionari delle diverse strutture ministeriali hanno – ciascuno per l'ambito di propria competenza – precisato la natura tecnica dell'istruttoria svolta in conformità alla disciplina allora vigente in materia di autorizzazione al trasporto di esponenti del Governo con mezzi di Stato.
  Svolti questi due approfondimenti e questi due accertamenti, per i profili di competenza, la Giunta per le autorizzazioni rileva che, nel caso di specie, la procedura autorizzatoria si è svolta in modo completo e si è compiuto il vaglio di merito delle istanze del Ministro.
  Pertanto, la Giunta ha deliberato a larga maggioranza di proporre all'Assemblea il diniego dell'autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianfranco Chiarielli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, magari, se dopo Pag. 3un anno, si ricorda di pronunziare «Chiarelli»...

  PRESIDENTE. Io pronuncio quello che mi scrivono. Comunque, lei ha ragione, ma qui c’è scritto «Chiarielli». Me ne scuso, ma ho letto esattamente quello che avevo...
  Prego, onorevole Chiarelli.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Colleghi, il collega Farina ha esplicitato l'iter che ha seguito nella Giunta per le autorizzazioni il caso dell'onorevole Brambilla, cioè sostanzialmente vi è stata una richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero, impugnata – diciamo così – dal Tribunale dei Ministri, con la quale chiedeva approfondimenti in ordine ai due voli fatti all'epoca dall'onorevole Brambilla quando la stessa era Ministro della Repubblica.
  Vi è stato anche un dato strano, che in Giunta è stato anche sviscerato ma è emerso, ossia le informative e le testimonianze da parte di coloro che facevano parte della segreteria del Ministro nonché di coloro che collaboravano con la stessa hanno da sempre e da subito confermato che il Ministro Brambilla aveva avuto in quelle occasioni degli impegni istituzionali.
  Oltretutto, vi è un dato che questa Assemblea è necessario sappia: qualsiasi autorizzazione ai Ministri per poter usufruire dei voli di Stato viene rilasciata solo su decisione che spetta al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Per cui, qualsiasi volo di Stato che venga richiesto da parte dei Ministri dello Stato italiano, è sottoposto al placet del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Così è stato; lo è stato anche per l'onorevole Brambilla, la quale ha dimostrato che aveva due impegni istituzionali; pertanto, l'unico modo per poterli espletare e raggiungerli e l'unico modo, peraltro, per poter non gravare il Governo italiano e lo Stato di ulteriori costi era quello di beneficiare dell'uso di quei due elicotteri. Sono state depositate delle memorie ed è stata svolta un'ampia discussione, per cui si è arrivati al convincimento di tutti del diniego dell'autorizzazione richiesta dal Tribunale dei Ministri.
  Vi è anche un altro dato importante, che poi è la regola. Sostanzialmente, è stata fatta un'indagine, con cura dei particolari, vi sono state le autorizzazioni, la stessa onorevole Brambilla si è resa parte diligente nel depositare una memoria dettagliata di tutti i loro movimenti. Non si comprende perché qualcuno avrebbe addirittura pensato di invertire l'onere della prova, quasi a volere dimostrare esattamente il contrario, e che quest'onere doveva spettare alla parte inquisita.
  Per cui, sulla base di queste considerazioni il gruppo di Forza Italia voterà «no» sulla richiesta di rinvio a giudizio.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
  Prendo atto che il relatore, deputato Daniele Farina, non intende intervenire in sede di replica.

(Dichiarazioni di voto – Doc. IV-bis, n. 1-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Paola Carinelli. Ne ha facoltà.
  Colleghi, fate un po’ di silenzio, perché c’è molto brusio in Aula, un po’ troppo. Prego, onorevole Carinelli.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, la ex Ministra Brambilla è accusata di peculato e abuso d'ufficio per avere usato un elicottero di Stato, quindi pagato con i soldi dei cittadini per fini personali. Il tutto nasce da un privato cittadino, che si è posto una semplice domanda: perché l'elicottero ? Considerando che la Ministra ha a disposizione macchina di servizio e autista, perché usare l'elicottero ? Considerando che si può muovere liberamente su tutto il suolo italiano con voli di linea, con treni di ogni sorta e pure con la macchina di servizio e l'autista, perché usare l'elicottero ? Perché l'elicottero e non altri mezzi più convenienti ?Pag. 4
  Sa, Presidente, c’è una normativa che regola l'uso dei voli di Stato, quindi anche gli elicotteri. La normativa prevede che si possono usare voli di Stato solo ed esclusivamente se sussistono criteri di economicità e inderogabilità. In pratica, secondo questa normativa, per potere usare un aereo o un elicottero di Stato bisogna dimostrare che l'urgenza giustifica l'uso di quel mezzo e bisogna anche dimostrare che non ci siano altri mezzi più economici per quello spostamento. Quando è stato chiesto alla Ministra quali fossero questi motivi inderogabili, soprattutto per il rientro, e quale urgenza avesse fatto optare la Ministra per l'elicottero, non ha risposto, non ha saputo dire quali erano questi motivi. A volte le domande più semplici sono le più difficili a cui rispondere.
  Per fortuna, le indagini, sì, che hanno dato delle risposte. Dalle indagini, infatti, emerge che non ci sono testimonianze di impegni istituzionali, in particolare nel luogo di partenza e di rientro e, altro fatto grave, dalle indagini emerge che nessuno controllava i motivi per cui si richiedevano i voli di Stato. Nella memoria depositata dalla Ministra stessa, infatti, troviamo scritto – quindi sono parole della Ministra – che «il riferimento agli impegni istituzionali nel luogo di partenza era pleonastico, in quanto mai in nessuna occasione è stato chiesto ad alcun Ministro di documentare o dettagliare eventuali impegni nel luogo di imbarco o di rientro». In pratica, la Ministra stessa ha ammesso che nessuno chiedeva spiegazioni, cosa peraltro ammessa anche da altri testimoni. Infatti, quando nell'indagine si è cercato di capire chi doveva controllare, è partito uno scaricabarile tipicamente italiano. L'ufficio voli dice che il loro era solo un ruolo tecnico, che le autorizzazioni spettavano al segretario generale; il segretario generale dice che il suo era solo un controllo formale e che la valutazione spettava al sottosegretario di Stato, cioè a Gianni Letta; il sottosegretario di Stato ha certo ben altre cose da seguire che non timbrare richieste, per cui di fatto nessuno ha controllato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  La Ministra ora sostiene che, siccome all'epoca non le hanno chiesto niente, allora non è tenuta neanche ora a portare prove. Cioè, siccome l'ufficio all'epoca non ha controllato, non ha chiesto spiegazioni, allora, lei è tenuta a non darle né prima né ora. Cioè, ma che ragionamento è ? La macchina amministrativa ha sicuramente le sue colpe e spero vivamente che questo caso sia l'occasione per rivedere la catena di controllo, ma questo non solleva la Ministra dalle sue responsabilità. Il fatto che l'ufficio non controllasse non è una scusa, anzi semmai è un'aggravante, perché chi fa richiesta di qualcosa senza averne i requisiti, contando sul fatto che non ci sono controlli, è doppiamente in torto. La Ministra sapeva che non c'erano controlli e non solo non ha denunciato la cosa ma ne ha anche approfittato. È un po’ come un finto cieco, uno che, sapendo che all'ufficio non fanno controlli, richiede la pensione di invalidità, anche sapendo di non averne diritto.
  Certo, l'ufficio sbaglia a non fare controlli, ma sbaglia anche chi fa una richiesta senza averne i requisiti. Sbaglia, ed è un truffatore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Ministra, lo sa quanto costano questi suoi giretti in elicottero ? Settemila euro a tratta ! Moltiplichiamo questa cifra per tutti i voli che, con ragionevole dubbio, in questi anni sono stati richiesti indebitamente e accordati senza controlli, e facciamo poi i conti: settemila euro a tratta !
  Durante l'esame in Giunta, vi abbiamo fatto notare che si potevano usare altri mezzi, più economici. Nulla, non è questo il punto, ci avete detto. Vi abbiamo fatto notare che era giusto che il processo facesse il suo corso, che non si bloccasse davanti all'immunità parlamentare, e invece avete votato tutti, tutti, per coprire i capricci della Ministra; tutti l'avete giustificata e coperta, tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Forse perché, non si sa mai, prima o poi sarà capitato a tutti voi di trovarvi nella stessa situazione ? Sapete che c’è ? Di questo passo, gli elicotteri li dovrete usare, Pag. 5ma per scappare dalla gente che vi vuole prendere a calci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e le studentesse dell'Istituto comprensivo «Cattaneo-Dall'Aglio», di Castelnovo ne’ Monti, in provincia di Reggio Emilia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antonio Leone. Ne ha facoltà.

  ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo brevemente per una dichiarazione di voto rispetto ad una richiesta che è fondata, a nostro avviso, assolutamente sul nulla, ed è fondata anche su una serie di equivoci in materia di prove, di modalità di fornitura delle prove e in materia anche di destinazioni e di partenze.
  Infatti, la cosa strana di quello che accade in questa vicenda è che vi è un'istruttoria, che è stata fatta dal collegio inquirente – mi riferisco, naturalmente, al collegio instaurato presso il Tribunale dei ministri – che viene portata all'attenzione della procura per il primo vaglio e la procura chiede l'archiviazione rispetto alle imputazioni che sono state sollevate. Il collegio insiste, e insiste su due punti che poi vengono smentiti, che sono inesatti, per non usare altre parole, rispetto al punto di partenza e al punto di arrivo degli elicotteri, confondendo quella che, invece, è la destinazione degli impegni istituzionali che erano alla base del trasferimento dell'allora Ministra Brambilla.
  Queste due prove sono state assolutamente fornite, sono agli atti, e risulta benissimo che gli impegni istituzionali posti alla base dei due trasferimenti sono stati dimostrati; e a nulla può valere il fatto che il collegio abbia reiterato la richiesta, ignorando completamente, con un gioco addirittura subdolo, devo dire, il capo di imputazione, cambiato all'ultimo momento, nel momento in cui viene fatta la richiesta.
  Per cui, il voto del Nuovo Centrodestra non può essere in linea con quelle che sono argomentazioni generiche e di natura demagogica e populista, ma, sulla scorta di atti che sono stati conclamati rispetto ai capi di imputazione, va assolutamente respinta la richiesta del collegio inquirente, e in tal senso andrà il voto, in favore, naturalmente, della relazione dettagliatissima che è stata portata all'attenzione dell'Aula, del Nuovo Centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gea Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Per l'Italia voterà in linea con quanto deliberato dalla Giunta per le autorizzazioni in merito alla domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Michela Brambilla, all'epoca dei fatti Ministro per il turismo.
  Secondo l'esposto-denuncia, l'allora Ministro avrebbe violato la direttiva che disciplina il trasporto aereo di Stato, non sussistendo né le esigenze di tutela del soggetto trasportato né l'inderogabilità per poter svolgere i propri compiti istituzionali.
  Certamente può averci sorpreso quanto è emerso dalla relazione dell'organo inquirente, che cioè nessun organo deputato ha effettuato una reale istruttoria sul rispetto dei parametri richiesti dalla direttiva del 25 luglio 2008 della Presidenza del Consiglio. Tuttavia, come rilevato dalla procura di Milano, che si era già espressa peraltro per l'archiviazione del procedimento, in assenza di tale istruttoria, l'attestazione del capo di gabinetto risulterebbe di per sé già idonea a escludere la sussistenza del reato contestato di peculato ed abuso d'ufficio.
  Si deve inoltre rilevare che gli atti processuali dimostrano in maniera inequivocabile e inoppugnabile le finalità istituzionali e che nessuno dei soggetti auditi ha reso dichiarazioni contraddittorie al riguardo. Inoltre, non sono state acquisite o richieste direttamente all'ex Ministro le informazioni ritenute rilevanti, come sarebbe Pag. 6stato opportuno fare. Infine, da un punto di vista tecnico, la decisione utile in materia di autorizzazione al trasporto di esponenti del Governo con mezzi di Stato spetta al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che non risulta essere stato ascoltato nell'ambito delle indagini.
  Queste, in estrema sintesi, le motivazioni che ci inducono a confermare la proposta della Giunta per le autorizzazioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, intanto voglio premettere che noi riteniamo che la questione dei voli di Stato necessiti della massima attenzione e pensiamo che questa sia una di quelle occasioni in cui il rigore e l'austerità debbano essere usati assolutamente, senza nessun dubbio.
  Da questo punto di vista, voglio ricordare che fu per primo il Governo Prodi a introdurre i criteri di economicità e a prevedere che per questo tipo di voli fossero usati i mezzi militari. Successivamente intervennero direttive e, ancora successivamente, con il Governo Monti, furono introdotti criteri ancora più restrittivi, nel 2011, in materia di parametri e controlli.
  Noi pensiamo che vi sia ancora molta strada da fare e che si debba fare ancora molta strada, ma oggi noi discutiamo d'altro. All'epoca dei fatti vigeva la direttiva 25 luglio 2008 della Presidenza del Consiglio, che stabiliva che ci deve essere l'inderogabilità del trasporto aereo per l'espletamento dei compiti istituzionali. Come è già stato ricordato, il punto su cui dovevamo discutere era se questi controlli fossero stati effettuati. Era una procedura complessa, che prevede non un rimpallo, com’è stato detto con un po’ – mi si perdonerà – di superficialità, ma controlli che si distinguono. Si tratta di controlli tecnici, ovvero se il mezzo è adeguato, se è adeguato alle distanze, se è adeguato anche da altri punti di vista – per esempio, in una certa stagione non può essere usato l'elicottero – e quant'altro, e dell'ultimo controllo di natura politico-amministrativa, che chiude la procedura, che è del delegato della Presidenza del Consiglio, ed anch'esso è stato fatto. Quindi, primo punto, tutti i controlli sono stati effettuati e l'autorizzazione è stata data, cosa che non avviene in automatico, perché sono stati esibiti molti casi di autorizzazioni non date.
  Su questo materiale la procura della Repubblica ha concluso chiedendo l'archiviazione. Noi condividiamo le conclusioni a cui è arrivata la procura della Repubblica, che ha detto che tutti i controlli erano stati fatti e verificati e che la procedura era corretta e, soprattutto, che nessun elemento negli atti offre spunto per ritenere che vi siano elementi in contrario rispetto all'unica cosa da verificare, cioè inderogabilità e sussistenza degli impegni istituzionali. Ripeto, sulla base di queste risultanze la procura della Repubblica ha chiesto l'archiviazione.
  Noi riteniamo condivisibili queste motivazioni, che sono state articolate e ben argomentate, e riteniamo un'altra cosa che voglio dire in questa sede. Non dobbiamo usare i processi penali per attuare programmi politici, a noi spetta un altro compito, di attuarli noi i programmi politici. Su questo siamo molto impegnati.
  E devo dire che le ultime azioni del Governo presieduto da Matteo Renzi stanno dimostrando molto concretamente ed esplicitamente quali sono le azioni per una riduzione delle spese che riguardano tutta la politica. E vorrei, quindi, dire ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che le cose si cambiano se non le si condividono. Impegniamoci tutti in questo e lasciamo ai processi il loro ruolo, che è garanzia per tutti, persone offese ed imputati (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
  Non essendo stati presentati ordini del giorno intesi a formulare proposte in difformità Pag. 7dalle conclusioni della Giunta, ai sensi del comma 2 dell'articolo 18-ter del Regolamento, porrò in votazione la proposta della Giunta, che è quella di negare l'autorizzazione a procedere in giudizio, reputandosi, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 1989, che l'inquisita abbia agito per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo.
  Ricordo che, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, per l'approvazione della proposta è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.
  Avverto che, ai sensi dell'articolo 18-ter, comma 7, del Regolamento, la proposta di diniego dell'autorizzazione si intenderà respinta – e quindi l'autorizzazione si intenderà concessa – qualora non consegua la predetta maggioranza assoluta.
  Avverto altresì che, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del Regolamento, si procederà con scrutinio segreto, trattandosi di votazione riguardante persone, come precisato dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 7 marzo 2002.
  Chiedo ai colleghi di fare un minimo di attenzione. Preciso che chi vuole negare l'autorizzazione a procedere deve votare «sì», chi vuole, invece, concedere l'autorizzazione a procedere deve votare «no».

(Votazione – Doc. IV-bis, n. 1-A)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di negare l'autorizzazione a procedere in giudizio.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Lomonte, Catania, Berlinghieri, Gigli, Del Grosso, Rondini.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  480   
   Maggioranza assoluta dei      
   componenti l'Assemblea  316   
    Voti favorevoli  363    
    Voti contrari  117).    

  Salutiamo gli studenti, le studentesse e gli insegnanti dell'istituto di istruzione superiore Carlo Ubertini, di Caluso, in provincia di Torino, che assistono ai nostri lavori (Applausi).

Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche nei confronti di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 5-A) (ore 11,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche nei confronti di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti.
  Lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 25 marzo 2014.
  La Giunta propone di concedere l'autorizzazione.

(Esame – Doc. IV, n. 5-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di parlare la relatrice, deputata Paola Carinelli. Si può accomodare al banco, se ritiene.

  PAOLA CARINELLI, Relatore. Signora Presidente, se per lei non è un problema posso anche fare la relazione da qui.

  PRESIDENTE. D'accordo. Prego.

Pag. 8

  PAOLA CARINELLI, Relatore. La Giunta per le autorizzazioni riferisce su una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche nei confronti di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti e, invece, dell'attuale senatore Antonio Milo, che sono accusati di associazione a delinquere e di concorso nei reati di falso ideologico e di truffa, caratterizzati dal vincolo della continuazione.
  L'autorità giudiziaria afferma che le indagini svolte finora avrebbero evidenziato il rilascio di documenti attestanti l'effettuazione di prestazioni fisioterapiche presso un centro di fisioterapia che risulterebbe da tempo chiuso e dismesso. In questo quadro – si legge nel provvedimento del pubblico ministero – sono stati acquisiti elementi che inducono a ritenere come anche parlamentari della Repubblica si siano fatti rilasciare numerosi documenti, appunto asseritamente falsi, quali certificati e fatture, a fronte di prestazioni fisioterapiche in realtà mai espletate e mai fruite. Ciò al fine di ottenere, verosimilmente, i corrispondenti rimborsi dal servizio di assistenza sanitaria dei deputati.
  La pubblica accusa formula quindi la richiesta, alla Camera ed al Senato, di autorizzare l'acquisizione dei tabulati telefonici inerenti alle utenze in uso agli indagati, comprese le informazioni inerenti al local positioning contenute nei tabulati medesimi.
  La Giunta per le autorizzazioni della Camera ha dedicato all'esame di tale richiesta varie sedute ed ha acquisito agli atti, avendone formulato esplicita richiesta, anche ulteriori documenti trasmessi dall'autorità giudiziaria l'11 marzo 2014. Il soggetto interessato, invece, non ha inteso avvalersi della facoltà di fornire alla Giunta ulteriori chiarimenti.
  La Giunta ha ritenuto necessario soffermarsi preliminarmente sulla valutazione di due questioni concernenti la propria competenza ad esaminare la domanda in titolo.
  La prima sorge in relazione alla posizione del senatore Milo, nei cui confronti la procura della Repubblica richiede di acquisire i tabulati sia per il periodo in cui era deputato, sia per il periodo successivo, in cui è divenuto membro del Senato.
  La seconda si pone invece in relazione alla posizione di Marco Pugliese, nei cui confronti la richiesta di acquisire i tabulati riguarda sia il periodo in cui era deputato, sia il periodo in cui era cessato dal mandato.
  Con riferimento alla prima problematica, quella della posizione del senatore Milo, la Giunta è pervenuta alla decisione di dichiarare l'incompetenza di questo ramo del Parlamento a valutare la richiesta, evidentemente rientrante nell'esclusiva sfera delle attribuzioni del Senato.
  A supporto di tale scelta, milita in primo luogo l'interpretazione testuale della disposizione normativa. Infatti l'articolo 4 della legge n. 140 prevede che la richiesta sia rivolta alla Camera alla quale il soggetto appartiene. Dunque l'esame della richiesta riferita a Milo, pur riguardando anche il periodo in cui era membro della Camera, spetta al ramo del Parlamento di cui egli è attualmente membro.
  Pertanto la Giunta per le autorizzazioni all'unanimità ha deliberato, nella seduta del 20 marzo 2014, di restituire all'autorità giudiziaria gli atti, limitatamente alla posizione del senatore Milo.
  Per quanto riguarda invece la posizione di Pugliese, la Giunta ha ritenuto di precisare ulteriormente il proprio ambito di attribuzioni. In primo luogo si è ribadito che, essendo stato il Pugliese deputato fino al 14 marzo 2013, i dati relativi al suo traffico telefonico per il periodo successivo, nel quale quindi non era più deputato, sono sicuramente acquisibili dall'autorità giudiziaria senza alcuna preventiva autorizzazione.
  Per il periodo antecedente, la Giunta si è interrogata sul potere del Parlamento di autorizzare l'acquisizione di tabulati per utenze nella disponibilità di un soggetto che non è più membro delle Camere.
  Al riguardo, non soccorre l'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, che si limita ad inserire l'acquisizione di tabulati nel novero di quei provvedimenti la cui esecuzione è subordinata ad «autorizzazione Pag. 9preventiva» solo se il destinatario possiede lo status di parlamentare al momento della richiesta. L'acquisizione di tabulati si differenzia però, rispetto agli altri provvedimenti indicati dall'articolo 4, in quanto presenta la particolarità che la sua attuale esecuzione si riverbera sul passato.
  Come ha precisato la stessa Corte costituzionale, «è notorio, infatti, che i tabulati consentono di apprendere e individuare non solo tutti i contatti con altre utenze e la loro collocazione temporale, ma – se si tratta di apparecchi mobili – anche il cosiddetto tracciamento, vale a dire le localizzazioni e gli spostamenti dei soggetti detentori dell'apparecchio».
  Nel corso dell'esame svolto in Giunta, sono stati ritenuti decisivi due elementi che depongono in senso favorevole alla competenza del Parlamento sulla richiesta in oggetto.
  Il primo elemento è di adesione all'interpretazione dell'organo giudiziario richiedente, che ha inteso applicare la disposizione nel senso che occorre l'autorizzazione parlamentare, basandosi sulla qualifica di parlamentare dell'indagato nel periodo cui i tabulati si riferiscono.
  Il secondo elemento interpretativo è di carattere sistematico.
  Il citato articolo 6 della legge n. 140 del 2003 prevede testualmente che se le intercettazioni o i tabulati siano stati acquisiti durante lo svolgimento del mandato parlamentare e, dunque, indirettamente, occorre l'autorizzazione parlamentare per il loro uso processuale, anche se l'interessato non è più membro del Parlamento. In altri termini, qualora i tabulati siano stati acquisiti aliunde nel fascicolo processuale e il giudice per le indagini preliminari ne ritenesse necessario l'uso processuale, questi sarebbe tenuto a chiedere la relativa autorizzazione parlamentare, ai sensi del citato articolo 6, comma 2.
  Per tali ragioni, la Giunta ha ritenuto sussistere la propria competenza ad esaminare nel merito la domanda riferita all'onorevole Pugliese. La Giunta è poi passata ad esaminare il merito della domanda di autorizzazione.
  Gli elementi addotti dall'autorità giudiziaria a supporto della richiesta sono stati esaminati alla luce delle pronunce della Corte costituzionale. Infatti, già nella sentenza n. 188 del 2010 la suprema Corte aveva precisato che l'atto da autorizzare deve essere assistito da un criterio di necessità, motivata in termini di non implausibilità, che l'autorità giudiziaria è chiamata a valutare. E la Camera deve, inoltre, poter rilevare che non ci sia alcun intento persecutorio. Spetta, quindi, all'autorità giudiziaria richiedente la valutazione circa la sussistenza in concreto di tale necessità, mentre spetta al Parlamento verificare che la richiesta sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia dunque pretestuosa.
  La Camera deve, quindi, accertare che il giudice abbia indicato gli elementi su cui la richiesta si fonda, ovvero le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili, la loro attitudine a far sorgere la necessità di quanto si chiede e che l'asserita necessità dell'atto sia motivata in termini di non implausibilità.
  Nel caso di specie, la richiesta della procura e le annotazioni di Polizia giudiziaria acquisite agli atti evidenziano la sussistenza di elementi che riscontrano l'ipotesi investigativa e, dunque, la necessità processuale di avvalersi di questo peculiare mezzo di ricerca della prova. Pertanto, la Giunta ha proposto all'unanimità la concessione della richiesta di autorizzazione, con l'avvertenza che essa riguarda solo il periodo in cui il Pugliese era deputato, non essendovi alcuna competenza parlamentare per il periodo successivo, cioè dal 15 marzo 2013 al 31 dicembre 2013 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Longo. Ne ha facoltà.

  PIERO LONGO. Signor Presidente, signore e signori della Camera e rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, io voterò in Pag. 10difformità a quanto la Giunta ha ritenuto di votare all'unanimità. La ragione è molto semplice: secondo quanto previsto dall'ordinamento, passato al vaglio ripetutamente dalla Corte costituzionale, intanto si può intervenire sulla vita privata di un soggetto attraverso l'acquisizione di tabulati che, come sappiamo benissimo, non riguardano soltanto le chiamate ricevute e le chiamate in uscita, ma che riguardano anche la posizione e la tracciabilità del soggetto.
  Ebbene, in questo contesto normativo, si dice e si dice giustamente che il giudice deve motivare la necessità di questa richiesta. Allora, qui c’è un giro di parole che è cominciato anche dalla Corte costituzionale, la quale ha detto, chissà perché, usando un'endiadi, che questa richiesta sulla necessità debba essere motivata in termini di non implausibilità. Allora, se deve essere espressa in termini di non implausibilità, l'italiano vuole che sia plausibile la richiesta. E la richiesta sulla plausibilità riguarda il soggetto che si vuole toccare nella sua privacy e la necessità investigativa. Guardate, nella stessa relazione, per quanto noi abbiamo a disposizione, che cosa si dice ? Avrebbe evidenziato il rilascio di documenti attestanti l'effettuazione di prestazioni fisioterapiche presso un centro di fisioterapia che risulterebbe da tempo chiuso e dismesso. Non si fa nemmeno riferimento all'ex deputato di cui stiamo parlando, Marco Pugliese. L'ipotesi è che si sono fatti rilasciare numerosi documenti, appunto asseritamente falsi, quali certificati e fatture.
  E ciò al fine di ottenere, verosimilmente, cioè non ha neanche accertato un tanto, dei rimborsi. Allora, qui è non plausibile la richiesta sotto il profilo, intanto, della necessaria specificazione nei confronti di Pugliese, e non è plausibile in quanto la necessità sapete da dove viene ritenuta con questa richiesta, che è del tutto autoconferente ? L'autorità giudiziaria ha integrato la domanda con due informative della Polizia giudiziaria, nelle quali – in particolare, in quella del 24 dicembre 2013 – si manifesta l'esigenza di acquisire i tabulati telefonici in ragione di evidenze investigative, e le evidenze investigative non sono necessità di usare questo strumento per l'indagine. Allora, cambiamo tutto e diciamo che una volta che l'autorità giudiziaria ritiene necessario intervenire sulla libertà personale, in realtà, di un deputato o di un rappresentante del Parlamento, ebbene, noi, di fronte a questa richiesta, ci fermiamo così: l'autorità giudiziaria dice che è necessario e se lo dice l'autorità giudiziaria, che è necessario, chi siamo noi per negarlo ? Io voterò contro l'autorizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sofia Amoddio. Ne ha facoltà.

  SOFIA AMODDIO. Signor Presidente, signori colleghi, io esprimo dichiarazione di voto, anche a nome del gruppo del PD, affinché la Camera voti a favore per l'autorizzazione all'acquisizione dei tabulati telefonici inerenti le utenze di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti.
  Vorrei spendere due parole sul perché noi ci occupiamo in Giunta anche di questi procedimenti: fino ai primi anni Novanta esisteva l'immunità parlamentare, successivamente si è passati ad un sistema nel quale le garanzie nei confronti di tutti i deputati non sono totali ed assolute, ma devono necessariamente essere legate all'esercizio della funzione parlamentare. Da un lato, quindi, occorre evitare in tutti i modi che l'esercizio della funzione parlamentare sia influenzato dagli altri poteri dello Stato, in questo caso dal potere giudiziario, dall'altro occorre, però, garantire un principio costituzionale che ogni cittadino è uguale di fronte alla legge, quindi anche noi parlamentari.
  Nel 2003, con la legge n. 140, si è proceduto ad una sintesi tra questi due grandi principi e in ogni caso si sono stabiliti dei principi omologati per i quali, quando ci sono dei sospetti di reato o un'indagine a carico di un parlamentare, occorre il parere della Giunta per le autorizzazioni della Camera a cui il parlamentare Pag. 11appartiene. Occorre, quindi, che la Giunta verifichi, come in questo caso, se nell'esercizio dell'azione giudiziaria non sussista un intento persecutorio, in questo caso a carico del parlamentare Pugliese.
  La procura di Napoli in questo caso ha iniziato un'indagine penale nella quale ha evidenziato che presso un centro di fisioterapia venivano rilasciate diverse ricevute di pagamento attestanti prestazioni fisioterapiche, ottenute anche da diversi parlamentari: in realtà, prestazioni mai espletate perché il centro risultava da tempo chiuso e dismesso. La magistratura, quindi, ha ipotizzato i reati di truffa, di associazione a delinquere e di falso nei confronti del senatore Milo e di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti.
  La procura, quindi, basandosi su due informative di Polizia giudiziaria, ha richiesto alla Camera l'autorizzazione ad acquisire i tabulati telefonici dell'utenza di Marco Pugliese dal 4 marzo 2013 al 31 dicembre 2013, ovvero – lo specifico – per il periodo in cui il Pugliese era stato deputato e anche per il periodo successivo in cui aveva cessato il suo mandato. Io voglio specificare che non si tratta dell'utilizzo di intercettazioni telefoniche, cioè non si tratta dell'utilizzo di colloqui intercorrenti tra il deputato e altri soggetti, ma semplicemente si tratta di tabulati dai quali si evince l'utenza, ossia a chi è intestata l'utenza del chiamante e a chi è intestata l'utenza del chiamato, e si individuano tutti i contatti di ogni indagato con le altre utenze telefoniche, la data delle chiamate effettuate e ricevute, la localizzazione dei soggetti che dialogano, nonché gli spostamenti di questi soggetti detentori degli apparecchi telefonici.
  La Giunta ha ritenuto la propria competenza, la competenza della Camera dei deputati, solo nei confronti del deputato Marco Pugliese, mentre per la richiesta del senatore Milo ha ritenuto la competenza dell'altro ramo del Parlamento. Ha ritenuto, altresì, di autorizzare l'acquisizione del traffico telefonico a carico di Marco Pugliese fino al 14 marzo 2013, cioè fino alla data in cui Marco Pugliese ha cessato il suo mandato, mentre tutti gli altri tabulati registrati in data successiva possono essere acquisiti dalla magistratura autonomamente, senza nessuna autorizzazione della Camera.
  Nel caso in esame, la Giunta ha ritenuto che sussistono tutti i presupposti della normativa – la legge n. 140 del 2003 e la sentenza della Corte costituzionale n. 188 del 2010 –, in quanto l'autorità giudiziaria, Presidente e signori colleghi, ha dimostrato che è necessario acquisire la documentazione, cioè i tabulati, e non sussiste alcun intento persecutorio. La richiesta della procura, infatti, è suffragata dalle annotazioni della Polizia giudiziaria e si riscontra l'ipotesi investigativa e, pertanto, la necessità di utilizzare questi elementi di prova, cioè i tabulati. Spetterà, poi, alla magistratura, ovviamente, capire se il Pugliese era responsabile o meno.
  Quindi, invito tutti i colleghi parlamentari a votare per la concessione della richiesta di autorizzazione all'acquisizione dei tabulati telefonici, ripeto, inerenti le utenze di Marco Pugliese solo per il periodo in cui Marco Pugliese è stato deputato della Camera, ovvero fino al 15 marzo 2013, non essendo la Camera competente per il periodo successivo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ. Signor Presidente, la relazione della Giunta per le autorizzazioni, in merito alla domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati – come ricordava la collega Amoddio – di comunicazioni telefoniche nei confronti di Marco Pugliese, è nell'ambito di un procedimento penale promosso dalla procura di Napoli, che ipotizza nei confronti del deputato il reato di associazione a delinquere (articolo 416 del codice penale) e di concorso nei reati di falso ideologico e di truffa.
  L'autorità giudiziaria richiedente afferma che le indagini svolte finora avrebbero evidenziato il rilascio di documenti attestanti l'effettuazione di prestazioni fisioterapiche Pag. 12presso un centro che risulterebbe addirittura da tempo chiuso e dismesso, al fine di ottenere i corrispondenti rimborsi dal servizio di assistenza sanitaria dei deputati. Gli elementi addotti dall'autorità giudiziaria a supporto della richiesta sono stati esaminati tenendo presenti le pronunce della Corte costituzionale su simili richieste, con un'evidente interpretazione diversa da quella fatta dall'avvocato Longo.
  Nel caso di specie, la richiesta della procura e le annotazioni di Polizia giudiziaria acquisite agli atti evidenziano la sussistenza di elementi che riscontrano l'ipotesi investigativa e, dunque, la necessità processuale di avvalersi di questo peculiare mezzo di ricerca della prova. La richiesta dell'autorità è ben motivata e tale da far proporre dalla Giunta, all'unanimità, la concessione della richiesta di autorizzazione, con l'avvertenza che essa riguarda il solo periodo in cui Pugliese era deputato, non essendovi alcuna competenza parlamentare per il periodo successivo. Su tale deliberazione della Giunta esprimo il voto favorevole del gruppo Per l'Italia.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione – Doc. IV, n. 5-A)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Prego i colleghi di prendere posto.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di concedere l'autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche nei confronti di Marco Pugliese, deputato all'epoca dei fatti.
  Ricordo che chi intende concedere l'autorizzazione deve votare «sì» e chi intende negarla deve votare «no».
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lo Monte, Vitelli, Gregori, Dellai, Nicchi, Ginoble, Scopelliti, Rizzo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  478   
   Votanti  463   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
 458    
    Hanno votato
no   5).    

  (La deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (A.C. 2208) (Per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate) (ore 11,28).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Cominardi ed altri n. 1 e Migliore ed altri n. 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2208), presentate, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, al disegno di legge n. 2208: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.
  A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà ai sensi dell'articolo Pag. 1396-bis comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  Il deputato Cominardi ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

  CLAUDIO COMINARDI. Signora Presidente, i sottoscrittori del presente atto esprimono una critica radicale al metodo con il quale viene affrontato il tema del lavoro nel nostro Paese.
  A ben vedere il Governo, che già opera in misura sempre più rilevante, se non quasi esclusivamente, attraverso la decretazione d'urgenza, ignora i principi sui quali il nostro sistema sociale e produttivo è stato disegnato dai Padri costituenti. È davanti agli occhi di tutti come l'articolo 3 della Costituzione sia oramai divenuto, nell'interpretazione dei Governi precedenti e, purtroppo, anche di quest'ultimo, nulla più che un paragrafo di lettura dotta, svuotato e mortificato, alla prova dei fatti, dei suoi preziosi contenuti.
  Non vi è altra giustificazione all'emanazione del decreto-legge in esame allorquando, a conti fatti, l'improcrastinabile bisogno di investire sul lavoratore e sulla formazione viene raggirato già all'articolo 1 attraverso l'emanazione di misure di «semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine» che, di fatto, incoraggiano l'uso della medesima tipologia contrattuale a tempo, quale unica forma contrattuale da effettivamente utilizzare. Viene infatti modificato l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 2001, fonte di regolamentazione del contratto a termine. In particolare, viene eliminato l'obbligo di indicare nel contratto di lavoro a termine le esigenze di carattere tecnico, organizzativo e produttivo che hanno indotto il datore di lavoro ad apporre una scadenza al contratto.
  Viene, dunque, soppresso l'obbligo di specificare la causale (la motivazione specifica) nel corpo del contratto di lavoro. È consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro, di durata non superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso tra un datore di lavoro utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, ex articolo 20 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Viene introdotto per la prima volta il limite numerico legale quale condizione di utilizzo del contratto a termine. Nello specifico, la nuova disposizione introduce un requisito percentuale generale pari al 20 per cento dell'organico complessivo del datore di lavoro per la stipulazione dei contratti a termine.
  È pertanto evidente la volontà del Governo di inglobare la precarietà all'interno di una formula contrattuale più estesa temporalmente, ma del tutto priva di ingredienti che lascino presagire l'obiettivo della stabilità nel lavoro o il tangibile perseguimento del già richiamato dettato di cui all'articolo 3 della Costituzione, che qui vale la pena di richiamare: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
  Una seria riflessione sul tema della retribuzione o, meglio, sulla definizione dei trattamenti contrattuali dei lavoratori subordinati appare quanto mai fondamentale oggi, soprattutto se si guarda all'attuale contesto economico e sociale di crisi dell'economia globale e dell'occupazione, il cui effetto è quello di produrre una corrente svalutazione dell'elemento lavoro e della retribuzione ad esso collegata. Tali fattori sono invece ritenuti essenziali nella prospettiva delineata dai Costituenti, il primo, inteso come strumento di sviluppo individuale e di progresso sociale, la seconda, connaturata all'esigenza fondamentale del cittadino lavoratore di condurre Pag. 14un'esistenza in cui trova spazio la realizzazione delle proprie aspettative di vita, non solo materiali.
  Il richiamo alla mancata considerazione dell'articolo 3 della Costituzione non risulta quindi pleonastico, anzi, a parere dei sottoscrittori del presente atto, i principi di partecipazione, libertà, uguaglianza e sviluppo della persona umana dovrebbero continuare a rappresentare in modo concreto ed effettivo l'orientamento della nostra società, costretta negli ultimi anni a piegarsi ai diktat dell'oligarchia bancaria con la penosa conseguenza di gravi lacerazioni ad un tessuto sociale dove il lavoro ed il lavoratore non sono più stati posti al centro della scena, ma sono risultati ridotti a semplice appendice di meccanismi economico-finanziari ben lontani dal rispetto della dignità dell'individuo.
  Del pari, perplessità sorgono guardando all'articolo 2 del decreto, laddove esso reca disposizioni in materia di «Semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato», con la previsione, e non già più l'obbligo, del datore di lavoro, di avvalersi in via integrativa dell'offerta formativa pubblica o con la prevista abrogazione dell'obbligo di forma scritta per i piani formativi individuali, o ancora con riferimento al contratto di apprendistato, nella ambigua parte in cui viene prevista, per la qualifica e per il diploma professionale (soggetti tra i 15 e i 25 anni), una retribuzione che tiene conto delle ore effettivamente prestate e delle ore di formazione nella misura del 35 per cento in relazione al monte ore complessivo. Quest'ultima previsione, lo si ribadisce, ambigua, stride in ogni caso con le previsioni di cui all'articolo 36 della Costituzione, con particolare riferimento al principio di sufficienza della retribuzione; a tal proposito vale la pena di denunciare gli enormi squilibri nella redistribuzione dei redditi nel nostro Paese, che nel decreto vengono tralasciati ed ignorati, continuando ad alimentare forti divari che sarebbe stato opportuno colmare.
  Peraltro, il Presidente del Consiglio dei ministri ha posto la questione lavoro al centro di una campagna mediatica senza precedenti che avrebbe dovuto presupporre una inversione di tendenza rispetto alle politiche del lavoro degli ultimi anni, ancorché nulla di tutto ciò si legga nel decreto in esame che, viceversa, a parere dei sottoscrittori del presente atto, alimenta l'aggravarsi di un trend che conduce vieppiù a forme di precarizzazione e riduzione del reddito.
  Il decreto-legge in esame non appare nemmeno in grado, all'articolo 4, di raggiungere l'obiettivo prefissato: semplificazione in materia di documento di regolarità contributiva (DURC) senza adagiarsi sull'istituto della delega; infatti, i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze dovranno adottare, sentiti INPS ed INAIL, un decreto che a sua volta dovrà raggiungere l'obiettivo della «dematerializzazione» del DURC. Appare evidente come un piccolo e reale sforzo del Governo avrebbe consentito l'immediata efficacia del portato di una disposizione tendente a «sburocratizzare» e che invece viene inserita nel testo senza che essa – e non sarebbe stato difficile – dispieghi immediati effetti.
  Perplessità suscita anche l'articolo 5, il quale stabilisce che, con decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze vengano fissati i criteri per individuare le aziende eventi diritto a sgravio contributivo, allorquando si avvalgano dei contratti di solidarietà. A tal proposito va ricordato che l'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 510 del 1996 già prevede, a favore dei datori di lavoro che stipulano contratti di solidarietà accompagnati dalla cassa integrazione straordinaria, una riduzione dell'ammontare dei contributi dovuti per i lavoratori per i quali sia stata pattuita una riduzione dell'orario di lavoro superiore al 20 per cento. Si deve perciò evidenziare che le predette agevolazioni, già previste stabilmente dal 1996, sono in realtà subordinate alla presenza, nel Fondo per l'occupazione, di risorse allo scopo preordinate e che pertanto non attribuiscono alla misura il carattere strutturale e risolutivo del quale invece si Pag. 15sentiva la necessità. Inoltre la facilitazione in esame è limitata alle imprese di grandi dimensioni che possono contare su un intervento economico pubblico che compensa in buona parte i lavoratori delle quote di retribuzione perse a seguito della riduzione dell'orario. Il Governo esclude ancora una volta le piccole e medie realtà imprenditoriali, che rappresentano il tessuto connettivo dell'economia nazionale, dall'adozione di misure in loro favore per superare il grave stato di crisi in cui versano. Al contrario, la questione da affrontare immediatamente doveva appunto essere quella relativa alle tipologie di imprese più deboli e che costituiscono il tessuto connettivo della nostra economia, piccole e medie.
  Altresì lascia perplessi il ricorso sistematico e reiterato alla decretazione d'urgenza se si considera come sia solo di qualche mese fa l'emanazione di altro decreto-legge in materia di lavoro, proposto dall'allora Ministro Giovannini; invero, ad avviso dei sottoscrittori della presente pregiudiziale, più acconcia sarebbe la predisposizione di una vera riforma del lavoro che prenda concretamente in esame i bisogni dei lavoratori e delle aziende, affrontando le problematiche in modo complessivo e strutturale e che non agisca per il tramite o della decretazione d'urgenza o dell'istituto della delega. Queste ultime, infatti, sono prassi che producono rattoppi, non solo criticabili nel merito – vedi il caso relativo al presente decreto – ma vieppiù criticabili sul piano del metodo che risulta appalesarsi come più rispondente a criteri propagandistici che non ad un serio e realistico programma produttivo di una reale inversione di tendenza.
  A pena di anacronismo, non è possibile riscontrare i necessari e straordinari requisiti della straordinarietà e dell'urgenza che, soli, autorizzano il Governo a ricorrere, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, allo strumento della decretazione d'urgenza e ciò – è da sottolineare – non per l'assenza di urgenza di interventi relativi alle tematiche occupazionali, quanto per il pedissequo ricorso – già in questa legislatura – a provvedimenti tampone che continuano ad esautorare il Parlamento delle prerogative ad esso proprie. Il decreto-legge in esame non appare rispondente nemmeno ai requisiti stringenti in ordine alla leggibilità, alla trasparenza e alla sistematizzazione delle norme, in quanto la gran parte dei passaggi normativi risulta indecifrabile, un mero e oscuro elenco di automatici rinvii ad altra data di termini legislativi, differiti senza adeguata motivazione.
  È diritto fondamentale del cittadino, e rispetto del suo diritto, che il Governo adempia ai propri compiti, in particolare quando si tratta di settori determinanti della vita sociale quale quello che ci occupa. Considerato che, come già evidenziato in premessa, il presente decreto-legge integra criticità con riguardo ai presupposti di costituzionalità (articoli 3 e 36), si deliberi di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2208.

  PRESIDENTE. Il deputato Airaudo ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Migliore ed altri n. 2.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, questo decreto-legge dimostra che non sempre la velocità è una buona consigliera, consente forse di fare qualche tweet e di prendere qualche titolo sui giornali o nei telegiornali della sera ma forse, prima di decidere, bisogna ascoltare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 11,40).

  GIORGIO AIRAUDO. Ascoltare e conoscere, e noi cercheremo di farci ascoltare e di farvi conoscere, a partire dalla pregiudiziale di costituzionalità che stiamo presentando e nel prosieguo di una discussione parlamentare che deve porre rimedio alla vostra fretta, per evitare che ne patiscano i lavoratori, che non siano illusi gli ormai sette milioni di nostri concittadini e concittadine che sono disoccupati o non cercano più lavoro, per non parlare di altri due milioni che, pur facendo Pag. 16più di un lavoro, non raggiungono un reddito dignitoso sufficiente a mantenere il loro nucleo famigliare, anche per evitare che voi danneggiate le imprese, che rischiano per la vostra fretta nuove e più diffuse incertezze e un aumento di quei contenziosi giudiziari che voi ideologicamente pensate di superare scaricando sui lavoratori l'onere della prova.
  È dall'inizio di questa legislatura che chiediamo che i Governi che si sono succeduti – due – affrontino e aggrediscano l'emergenza della disoccupazione, giovanile e non solo, visto il crescere dei lavoratori ultraquarantacinquenni in cerca di lavoro, con una pensione che sempre più si allontana per le sciagurate decisioni prese con la riforma Fornero.
  Vi chiediamo che si mobilitino risorse pubbliche, che si facciano scelte tagliando gli F35 e le spese militari – e facendolo, non annunciandolo – e tagliando quelle grandi opere inutili come la TAV Torino-Lione. Ed è per questa ragione che guardiamo sempre con attenzione a tutte le proposte e le azioni che si propongono di intervenire a favore della domanda di lavoro e ci aspettiamo, e ci aspettavamo, che gli appunti del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, diventassero, diventando esso Presidente del Consiglio, un piano organico per il lavoro, a favore dei lavoratori, a sostegno delle imprese che investono e creano lavoro in Italia e non la prosecuzione di quelle politiche di liberalizzazione e di austerità che scaricano sui lavoratori la possibilità di trovare un lavoro, svalutando lavoro, prestazione lavorativa e impoverendo il sistema delle imprese italiane attraverso questa svalutazione.
  Il decreto-legge del 20 marzo 2014 n. 34, liberalizzando i contratti a termine, divenuti ora acausali, estende il precariato a tutti i lavoratori, giovani e anziani, che troveranno o cambieranno lavoro. Infatti, nel testo del decreto-legge non si distingue più tra primo contratto a termine e contratti successivi tra le stesse parti, non si richiede più nessuna causale obiettiva, né per il contratto e neanche per le sue proroghe o i suoi rinnovi. Il contratto a termine dunque si può utilizzare sempre per tutti, senza spiegare nulla del perché, e senza collegamento a nessuna esigenza, né temporanea, né strutturale, così come sempre si possono utilizzare i contratti di somministrazione, che diventano così null'altro che contratti a termine indiretti.
  I 36 mesi che avete posto come limite si ritorcono contro i lavoratori perché diventano un lungo periodo di prova senza tutele, vista la frammentazione degli otto rinnovi e vista l'esistenza nei contratti nazionali di periodi di prova – quindi la prova è già normata e già garantita – e non c’è bisogno di costruirne una così generalizzata.
  Il limite del tetto del 20 per cento dei lavoratori che un'azienda può assumere con contratti a tempo determinato, che voi avete posto sul complesso degli occupati, è più teorico che reale. Il decreto alza il tetto già previsto dai contratti collettivi, che in media sta tra il 10 e il 15 per cento dell'organico, limite che peraltro – e dovreste saperlo, se aveste ascoltato e aveste sentito gli interessati lo sapreste – non ha mai funzionato giacché le aziende e i centri dell'impiego tengono riservati e non accessibili i dati e dovevate conoscere questo elemento.
  Le disposizioni del decreto-legge sono poi in evidente contrasto con la normativa europea sui contratti a termine (direttiva n. 70 del 1999) la quale fu recepita proprio dal decreto legge n. 368 del 2001, che ora questo vostro decreto stravolge e devasta. La direttiva europea richiede infatti ragioni obiettive, ma voi avete tolto qualunque ragione, obiettiva e non, per la stipula di un contratto a termine, o almeno per le sue proroghe, o almeno per i suoi rinnovi, e impedisce con una clausola di non regresso peggioramenti della disciplina di recezione della stessa direttiva.
  Quindi, è proprio quel decreto-legge, il n. 368 del 2001, con cui emergono evidenti motivi di incostituzionalità per violazione innanzitutto degli articoli 2 e 4 della nostra Costituzione, che tutelano i diritti fondamentali dei lavoratori e anche per l'irragionevolezza che questo decreto induce nel sistema dei rapporti di lavoro. Pag. 17Infatti, il contratto a tempo indeterminato viene ancora proclamato da voi forma comune di rapporto di lavoro, dalle premesse dello stesso decreto-legge n. 368 del 2001 che resta, ma poi, al contrario, viene incentivato al massimo, con la cancellazione della causalità, proprio il contratto a termine.
  In simili contraddizioni, all'interno della stessa legge, la Corte di solito ravvisa motivi di incostituzionalità. Fate confliggere delle vostre leggi, delle nostre leggi ! Così come sono scritte, le disposizioni decreto-legge verrebbero peraltro impugnate – sappiatelo – in ogni sede giudiziaria, dalla Corte di giustizia europea alla nostra Corte costituzionale.
  Ma sappiate che anche i normali giudici del lavoro potranno addirittura disapplicare semplicemente queste norme, contrarie a precise previsioni del diritto europeo. Il rischio concreto è che voi inneschiate un contenzioso giudiziario, fitto e accanito, in ogni tribunale del lavoro d'Italia, esattamente il contrario di ciò che, con un eccesso di velocità, comunicate. Questo è anche a danno, quindi, di quel sistema delle imprese, un po’ povero, che si riduce alla competizione sul costo del lavoro e alla svalutazione dei diritti dei lavoratori e che non può certo aggredire la disoccupazione del Paese.
  Le contraddizioni poi proseguono. Nel Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2014 sono stati approvati due distinti e contraddittori provvedimenti: da un lato, una proposta di legge-delega, su cui avremo tempo e discuteremo – e vi assicuro che discuteremo molto –, che propugna un contratto a tutele crescenti; poi un decreto-legge, questo, che stabilisce nei fatti periodi di prova lunghissimi – i 36 mesi –, perché questo diventa il contratto a termine. Lo strumento della legge-delega è stato utilizzato dal Governo per semplificare e riordinare le diverse figure contrattuali, introducendo, eventualmente in via sperimentale, un contratto a tutela crescente per i lavoratori coinvolti.
  Con il decreto, invece, è possibile assumere per otto volte, nell'arco di tre anni, un lavoratore con un contratto a tempo determinato di quattro, cinque mesi. Una norma di questo tipo di fatto introduce un periodo di prova di tre anni a cui si sommerebbero, semmai arrivasse in porto il decreto-legge per un contratto unico a tutele crescenti, quegli altri tre anni. Cioè, voi volete mettere in prova per sei anni un lavoratore, in un Paese in cui i contratti di lavoro durano quindici anni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Metà della media lavorativa ! È irrazionale. Troppa fretta, Presidente del Consiglio Renzi, troppa fretta. Governare non è un tweet, è qualcosa di più serio e prevede l'ascolto.
  Il contratto di lavoro a tutele crescenti, come vi ho provato a dimostrare, ha esattamente la filosofia opposta: ridurre le barriere, unificare laddove oggi c’è segmentazione, mentre voi, con il contratto a termine, segmentate, frammentate, allungate, frapponete, incrementando lo spacchettamento e la spaccatura del mondo del lavoro, dividendo a metà il mercato del lavoro italiano.
  Le disposizioni del decreto-legge citate rendono improponibile la previsione della legge-delega che introduce il contratto a tutele crescenti. O uno o l'altro. Non fate finta di discutere del contratto a tutele crescenti. L'avete affossato e cancellato con questa norma, che è l'unica norma che non c'era negli appunti del job act e che, invece, è diventata fatto del Governo Renzi sul lavoro. Quindi, c’è una contraddizione da risolvere. Noi proviamo a iniziare a farvela risolvere dall'atto che abbiamo presentato oggi. È incostituzionale ciò che voi ci proponete. Accettate serenamente di avere sbagliato per eccesso di fretta. Votate la questione pregiudiziale di costituzionalità e affrontiamo sul serio il problema del lavoro e delle imprese di queste Paese, che non ha bisogno di improvvisazioni e di spettacolarizzazione, ma ha bisogno di fatti e presto. Siete in ritardo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Miccoli. Ne ha facoltà.

Pag. 18

  MARCO MICCOLI. Signor Presidente, c’è da dire, in premessa, che le questioni pregiudiziali presentate con riferimento al decreto-legge n. 34 del 2014, soprattutto quelle esposte adesso dal collega di SEL, mettono in luce una serie di aspetti problematici del provvedimento, sicuramente meritevoli di approfondimento ma che potranno e dovranno essere opportunamente considerati in sede di esame del provvedimento da parte della Commissione lavoro prima e da parte dell'Assemblea poi, sede nella quale, vorrei sottolineare, il Partito Democratico, e credo tutte le altre forze politiche, non si sottrarranno nel dare il contributo ad una discussione che è sicuramente delicata, discussione che non potrà essere elusa, data la sua importanza. Proprio per questa sua importanza, Presidente, noi ci auguriamo che questa discussione possa essere, appunto, completata anche prima dal confronto e poi dal contributo con tutte le forze sociali.
  Gli aspetti contenuti nelle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate, tuttavia, non costituiscono elementi preclusivi dell'esame del provvedimento, né rappresentano criticità con riguardo ai presupposti di costituzionalità, come paventato nella questione proposta dal MoVimento 5 Stelle.
  Per quanto attiene quest'ultima, osservo preliminarmente che i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione possono ritenersi senz'altro sussistenti, in quanto il decreto muove dall'esigenza di modificare nell'immediatezza la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e del contratto di apprendistato, al fine di generare nuova occupazione, in particolare quella giovanile, semplificando, altresì, le modalità attraverso le quali viene favorito l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro.
  Particolarmente urgenti, inoltre, sono anche l'intervento di semplificazione relativo alla «smaterializzazione» del DURC e quello in materia di contratti di solidarietà, che incrementa sensibilmente le risorse destinate per tale finalità a decorrere dal presente esercizio finanziario. Quanto ai riferimenti agli articoli 3 e 36 della Costituzione, in particolare per quanto attiene all'adeguatezza della retribuzione, occorre considerare, con riferimento al contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, che le previsioni del decreto stabiliscono che, ai fini della retribuzione, si tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate, in considerazione delle peculiarità proprie di tale contratto.
  In ogni caso, cosa fondamentale, deve considerarsi che il decreto fa salva, al riguardo, l'autonomia della contrattazione collettiva. La questione presentata dai colleghi di SEL, invece, evidenzierebbe che le disposizioni del decreto-legge sarebbero in evidente contrasto con la normativa europea sui contratti a termine, e in particolare con la direttiva 1999/70/CE, che fu recepita con il decreto legislativo n. 368 del 2001. Qui bisogna, però, segnalare, al riguardo, che proprio in particolare la clausola n. 5 dell'accordo quadro dispone che, per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri dovranno introdurre una o più misure – non tutte, quindi – relative alle ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti, alla durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, al numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
  La giurisprudenza comunitaria ha quindi interpretato in senso non restrittivo le misure indicate dalla clausola n. 5 dell'accordo, osservando come esse configurano un obiettivo generale consistente nella prevenzione di abusi, lasciando agli Stati membri ampia libertà di scelta dei mezzi per conseguirlo. In particolare, ripeto, la clausola n. 5 non impone l'adozione di tutte le misure elencate, ma semplicemente l'adozione effettiva e vincolante di almeno una di esse.
  L'eliminazione della causale per i contratti a termine non configura un contrasto con la normativa vigente. Prevede, comunque, misure volte alla prevenzione Pag. 19di abusi, quali la durata massima totale dei contratti a termine successivi e la sanzione delle trasformazioni in contratto a tempo indeterminato, cui si aggiungono quelle introdotte dal decreto-legge in esame: numero massimo di otto proroghe e limite quantitativo alla stipula dei contratti a termine da parte di uno stesso datore di lavoro pari al 20 per cento dell'organico complessivo.
  Quanto, invece, alla coerenza delle disposizioni contenute nel decreto, in particolare quelle relative al contratto di lavoro a termine, con quelle previste nel disegno di legge delega, come veniva ricordato, approvato dal Consiglio dei ministri del 12 marzo scorso, relativo al contratto unico a tutele crescenti, credo che, anche in questo caso, si tratti di un tema meritevole di approfondimento in sede di esame del merito del provvedimento, laddove si potranno, e si dovranno, io credo, valutare eventuali forme di coordinamento, per evitare possibili discrasie e contraddizioni. Non si tratta, tuttavia, di questioni tali da precludere l'ulteriore esame del disegno di legge.

  PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

  MARCO MICCOLI. Insomma, Presidente – vado a concludere – alcuni degli argomenti utilizzati, che, a nostro giudizio, non costituiscono in alcun modo elementi di incostituzionalità o di contraddizione con le normative europee, costituiscono, però, un oggetto di confronto, che, nel merito della discussione, va sicuramente intrapreso.
  Se l'intento del legislatore è quello di confermare il principio in base al quale, come è chiaramente scritto in premessa del decreto, il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, allo stesso tempo, il fatto di produrre un aumento dell'utilizzo del contratto a tempo determinato e dell'apprendistato, a discapito di contratti che contengano oggettivamente meno tutele, va favorito. E se si deve discutere di numeri, perché di questo si tratta, relativi alla durata massima del contratto, al numero di possibili rinnovi, se il tema è quello che riguarda la possibilità di garantire...

  PRESIDENTE. Concluda.

  MARCO MICCOLI. ...la formazione per gli apprendisti, allora si faccia una discussione nel merito, a partire proprio dalla Commissione lavoro. Siamo certi che quella discussione noi sapremo garantirla...

  PRESIDENTE. Concluda, per favore.

  MARCO MICCOLI. ...ma senza scomodare la Costituzione e l'Europa. L'articolo 3 della Costituzione, Presidente, ogni giorno viene calpestato.
  Viene calpestato nei finti stage che servono per mascherare lo sfruttamento dei nostri giovani, dove esistono delle partite IVA finte.

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Miccoli, lei ha concluso il suo tempo.

  MARCO MICCOLI. Noi accetteremo questa sfida. Il Partito Democratico per questi motivi preannunzia il voto contrario su queste pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti della Scuola secondaria di primo grado «Giuseppe De Nittis» di Barletta e, insieme a loro, salutiamo anche i giovani del «Forum di Grottolella» in provincia di Avellino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Fedriga: prendo atto che vi rinunzia. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Piepoli, che però non è dei nostri...
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, noi come Nuovo Centrodestra voteremo contro le pregiudiziali di costituzionalità Pag. 20presentate, perché è del tutto evidente che questo è un provvedimento che presenta caratteri d'urgenza, perché la situazione occupazionale è una situazione di grande emergenza. Noi abbiamo perso nell'ultimo anno oltre un milione di posti di lavoro e soprattutto c’è stata una crescita drammatica della disoccupazione giovanile. Questo dipende certamente dalla crisi, dalla situazione dei mercati, dalla crisi dell'Italia e dell'Europa, ma dipende anche dal fatto che alcuni strumenti della legge, alcune regole che noi abbiamo varato qualche anno fa, e penso alla legge Fornero, hanno comportato, con le rigidità inserite sulle assunzioni in entrata, un problema di arretramento del livello di occupazione. Noi sappiamo che non si crea occupazione con le leggi e tanto meno con i decreti; sappiamo che l'occupazione la creano le imprese, la crea il mercato, la crea la crescita economica e, quindi, non è che, con le leggi si crea occupazione, però alcune volte, con le leggi, con le norme eccessivamente rigide e non collegate alle necessità delle imprese e del mercato, queste norme possono distruggere occupazione ed è quello che è successo nell'ultimo anno e mezzo. Quindi, cambiare le norme della legge Fornero, le norme sull'apprendistato, le norme sui contratti a termine, le norme sul DURC, è assolutamente necessario e urgente, perché si tratta di semplificare la vita delle imprese che pure in una situazione così drammatica decidono di assumere. Ora il valore dell'urgenza sta anche nel fatto che già in queste ore, in questi giorni, stanno succedendo cose positive. C’è già una reazione delle imprese dopo pochi giorni dalla presentazione del decreto-legge. È notizia di ieri che l'ENEL con le nuove norme ha deciso di assumere 600 nuovi apprendisti e questo è quello che sta succedendo in molte aziende italiane. Quindi, vanno respinte le pregiudiziali di costituzionalità, perché questa è una materia che richiede grande urgenza, grande tempestività, grande velocità nelle risposte e questo decreto-legge ha questa funzione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli ma anche lui non è presente.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Balduzzi. Ne ha facoltà.

  RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, queste questioni pregiudiziali da una parte sollevano un problema più generale, cioè il senso di una questione pregiudiziale in presenza di argomenti che tendono di più ad andare a discutere il merito specifico del provvedimento che non il rapporto tra il parametro costituzionale e il provvedimento stesso, dall'altra ha un profilo, invece, di interesse.
  Vengo al primo punto: richiamare l'articolo 3, secondo comma, e gli articoli 36 e 77. Sembrano richiami a parametri che non calzano esattamente nel caso di specie. Qui si tratta di una potestà che certamente è del legislatore, su un tema la cui emergenza è sulla bocca, nella consapevolezza e nello spirito di tutti. È molto difficile potere, su questo punto, invocare l'articolo 77. D'altra parte, l'articolo 3, comma 2, che pure è oggetto di una lunga considerazione in una delle questioni pregiudiziali, è qualche cosa che serve nella misura in cui, una volta che ci sono limitazioni e discriminazioni, va a consentire e rafforzare la possibilità che certe discriminazioni servano comunque per realizzare finalità positive. Difficilmente potrebbe essere utilizzato come parametro da parte del giudice costituzionale in un caso di specie.
  Volevo invece dedicare – Scelta Civica su questo punto è molto interessata e lo dico soprattutto al collega Airaudo che ha fatto un appassionato intervento – uno spazio più specifico alla questione del contrasto con la direttiva 1999/70/CE. Infatti, da questo punto di vista, il problema esiste, ma questo non dovrebbe essere una ragione per immaginare l'incostituzionalità dell'intero provvedimento. Il problema esiste rispetto ai contenuti dell'accordo recepito nella direttiva 1999/70/CE e poi rispetto anche al decreto legislativo, che noi abbiamo due anni dopo fatto nostro, di recepimento della direttiva nell'ordinamento Pag. 21italiano. Però, da questo punto di vista, come gruppo di Scelta Civica assicuriamo il pieno intendimento a lavorare nel merito di quella clausola, perché anche per noi la scelta del decreto-legge di immaginare una limitazione delle tutele in ordine ai contratti a termine e una loro generica e indiscriminata casualità, va a toccare il profilo posto dalla direttiva. Il problema esiste, però invitiamo tutta l'Assemblea – e in particolare chi ha sottolineato con più forza questo profilo – a valutare se non sia un problema causato da una certa rigidità della discussione, che in questi anni abbiamo svolto, tra contratto a tempo determinato e contratto a tempo indeterminato e, cioè, se non ci sia la necessità di ragionare un poco più pacatamente su quella che è l'impostazione – voi la conoscete – del progetto di legge Tinagli e altri, che abbiamo anche presentato in questo ramo del Parlamento, che va a rafforzare comunque le tutele del contratto a termine, nella misura in cui noi immaginiamo e facciamo proprio un contratto a tempo indeterminato a protezione progressiva e tutela crescente. Altrimenti, le limitazioni nella concretezza dei rapporti di lavori, che sono ben note a molti di noi – a tutti noi direi, ma soprattutto a chi ha fatto con più forza questo discorso – finiscono, nei fatti, per impedire e, anche se noi continuiamo a proclamare che la forma comune è il contratto a tempo indeterminato, di fatto, noi creiamo una situazione in cui svantaggiamo i nostri giovani.
  Per riuscire a bilanciare queste due posizioni, noi invitiamo a riflettere se non sia proprio il caso di approfondire quella piccola nostra proposta, presentata al Senato e anche alla Camera, che mette insieme la tutela crescente e una protezione progressiva sull'indeterminato alla necessità di una tutela – tra virgolette – «minima» o meglio essenziale del contratto a termine. Sotto questo profilo, verrebbe superato il vulnus di non conformità alla direttiva e nello stesso tempo probabilmente verremo a creare davvero dei posti di lavoro veri e a dare una speranza ai nostri giovani.
  Mentre esprimo il voto evidentemente contrario – perché questo travolgerebbe l'intero provvedimento – da parte di Scelta Civica, invito a ragionare su questa disponibilità che abbiamo ribadito (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Passiamo ai voti. Invito i colleghi a prendere posto.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Cominardi ed altri n. 1 e Migliore ed altri n. 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Capezzone, Saltamartini, De Micheli, Bolognesi, Berlinghieri, Ventricelli, Ferro, Pellegrino, Migliore, Cesaro, Zaccagnini.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  463   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
 133    
    Hanno votato
no  330).    

  (Il deputato Fossati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

Seguito della discussione della proposta di legge: Burtone ed altri; Vendola ed altri; Francesco Sanna ed altri; Micillo ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 204-251-328-923-B) (ore 12,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato dalla Camera e modificata dal Senato, Pag. 22d'iniziativa dei deputati Burtone ed altri; Vendola ed altri; Francesco Sanna ed altri; Micillo ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso.

(Esame e votazione di una questione pregiudiziale – A.C. 204-B ed abbinate)

  PRESIDENTE. Ricordo che nella seduta del 24 marzo 2014 è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta ed altri n. 1, non preannunciata in sede di Conferenza dei presidenti dei gruppi.
  Avverto che i tempi per l'esame della questione pregiudiziale di costituzionalità sono computati nell'ambito del contingentamento relativo alla discussione sulle linee generali.
  Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 del Regolamento, la questione pregiudiziale di costituzionalità può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
  L'onorevole Francesco Paolo Sisto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Brunetta ed altri n. 1.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, preliminare alla illustrazione della questione è stabilire un dato: Forza Italia è stato il partito che meglio ha combattuto le mafie con dei risultati assolutamente straordinari e numericamente inoppugnabili (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Sicché nessuno immagini, neanche per un attimo, che la battaglia per una norma conforme alla Costituzione sul piano dei principi possa essere scambiata, neanche ipoteticamente, con un locus minoris resistentiae, con una debolezza nei confronti di una lotta alle mafie, che noi abbiamo sempre sostenuto come uno dei parametri principali della nostra lotta politica.
  Questa è una premessa, Presidente, ineliminabile per comprendere l'ambito in cui questa questione è proposta, perché ricorderò che la formulazione che la Camera ha licenziato dell'articolo 416-ter, scambio elettorale politico-mafioso, è stata accompagnata da un applauso corale di quest'Aula in cui tutti, con una standing ovation, abbiamo salutato uno strumento che abbiamo ritenuto, tutti, capace di combattere efficacemente le mafie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
  Che cosa è cambiato ? Che cosa è cambiato ? È cambiato tutto sul piano tecnico-giuridico. Infatti, uno strumento per combattere le mafie è diventato, nella formulazione ignobile del Senato, uno strumento liberticida, capace, per la sua genericità e incapacità di afferrare condotte specifiche, di far sì che soggetti non colpevoli possano essere coinvolti nella peggiore situazione che possa capitare a un non colpevole: un'indagine di matrice penale a sfondo mafioso.
  Allora, poiché in questo Paese le indagini contano molto di più delle sentenze, la tipicità della norma non è soltanto uno strumento astratto di conformità alla Costituzione, ma è uno strumento concreto di tutela della libertà dei cittadini con la domanda incessante, come in questo caso, se le slabbrature del Senato siano o meno capaci di tenere rispetto ai principi costituzionali.
  E vengo rapidamente al merito: è chiaro che la norma del 16 luglio 2013 aveva un suo equilibrio; si raccordava al termine «procacciamento» di voti, accompagnato da un avverbio, «consapevolmente», perché qui, nello scambio elettorale politico mafioso – lo dico a tutti i colleghi: fin dall'inizio saremo martellanti sul punto – non basta l'evento dello scambio, ci vuole la certezza, che un qualsivoglia politico deve avere, di interfacciarsi con un soggetto certamente appartenente ad una cosca mafiosa o ad una famiglia mafiosa. Questa certezza deve essere un elemento costitutivo della fattispecie e quel «consapevolmente», checché se ne voglia Pag. 23dire, aveva proprio lo scopo di rafforzare la certezza, che qualsiasi politico dovesse avere, di scambiare la propria attività, la propria – diciamo così – capacità di essere politico, con voti che provenivano, provenivano, con certezza dalle mafie.
  La formulazione del Senato non solo ha indebolito tutto questo, ma ha introdotto la promessa di procurare voti. Voi capite bene che la promessa è una condotta fortemente anticipata rispetto al procacciamento e che fa sì che possa valere, nella fase delle indagini, un terribile morbo del processo: basta la parola, cioè basterà la parola di un qualsiasi soggetto per innescare un meccanismo perverso, punito oggi con questa scellerata norma da 7 a 12 anni di reclusione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) e questo è un dato che noi non possiamo sottacere e dobbiamo necessariamente denunciare, dal primo all'ultimo secondo in quest'Aula, che dovrà discutere di questo provvedimento.
  Presidente, se la gravità indiziaria potrà essere desunta, con questa formulazione, soltanto dalle parole – quando dico gravità indiziaria chi si occupa di diritto penale sa che la gravità indiziaria è il presupposto per applicare una misura cautelare – allora questa labilità, con l'introduzione della promessa, si sposa con il «consapevolmente» soppresso, che viola clamorosamente non solo l'articolo 3 della Costituzione, sulla parità di fronte alla legge, ma soprattutto l'articolo 25, secondo comma, con riferimento all'articolo 1 del codice penale, che esige che le fattispecie siano determinate: chiare e specifiche. Infatti sia ben chiaro: la condotta determinata consente di punire i colpevoli ed esclude, per quanto possibile, che soggetti innocenti – o non colpevoli, per dirla con la Costituzione – possano essere coinvolti in questo tipo di ipotesi. La determinatezza è un patrimonio che noi non possiamo sperperare in onore della piazza, della pancia e dell'esigenza di accontentare qualcuno che esige delle norme, prescindendo dalla loro conformità alla Costituzione. Quando introduciamo delle norme penali, l'illegalità, l'illiceità e le mafie si combattono con la legalità, con norme penali, non con norme ampie, che danno alle procure il potere di intervenire sulla politica, con grande larghezza e con grande disponibilità, che si chiama arbitrio.
  L'eliminazione del «consapevolmente», signor Presidente, viola l'articolo 25, capoverso, della Costituzione, perché il soggetto deve avere piena cognizione dell'appartenenza all'associazione mafiosa di chi procaccia voti. Parimenti, il procacciamento consentiva di punire anche la promessa, ma nelle forme del tentativo, che essendo «atti idonei diretti in modo inequivoco», dava sostanza alla promessa, cioè non era la promessa qualsiasi, ma la promessa che derivasse da atti idonei ed inequivoci. Allora, io credo che in quel procacciamento fosse già compresa la promessa, sicché introdurre la promessa ed eliminare il «consapevolmente» amplia, in modo non consentito dalla Costituzione, questo parametro, perché il risultato è quello poi, se si fa riferimento al principio di offensività, che la promessa risulta completamente sprovvista delle caratteristiche della concretezza, dell'idoneità e dell'inequivocità, ma risulta una parola affidata semplicemente alle parole, e credo che il passaggio non sia costituzionalmente compatibile.
  Le sanzioni: la sanzione è stata passata da 4 a 10 anni e da 7 a 12, in linea con il 416-bis, pur in presenza di una condotta sicuramente diversa. E qui le sentenze della Corte costituzionale – la n. 50 del 1980 e... scusate, c’è n’è un altra che devo necessariamente citare, ma mi perdonerete per questa omissione – stabiliscono che, indubitabilmente, la pena deve essere commisurata alla tipologia di condotta, per un principio di ragionevolezza della sanzione.
  Un altro passaggio che dà l'idea della catastrofe normativa di questo 416-ter: danaro o qualunque altra utilità. Leggo dalla formula del Senato: «in cambio dell'erogazione di danaro o di qualunque altra utilità». La vecchia formula era: «di altra utilità». Che vuol dire «qualunque Pag. 24altra utilità» ? Una utilità interna ? Una utilità sentimentale ? Può non essere una utilità se non nella rappresentazione soggettiva di chi contesta il reato ? Danaro o altra utilità significa altra utilità in linea con la patrimonializzazione dell'utilità. Se noi diciamo «qualunque altra utilità», ampliamo in maniera inammissibile l'oggetto del mercimonio dello scambio. E questo è un altro passaggio che non è conforme agli articoli 25 e 27 della Costituzione.
  Ma la parte più tragica di questa norma, ammesso che ci sia il peggio del peggio, è quando si fa riferimento alla disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione, con una doppia pretesa, una arrogante, ossia quella di voler conchiudere in questa definizione il concorso esterno in associazione mafiosa. Meglio la giurisprudenza, meglio tenersi le sezioni unite che questa formulazione assolutamente incontrollabile. La parola «disponibilità» – e mi rivolgo al quidam, a chiunque sappia che cosa vuol dire disponibilità – è una parola che non ha un significato terrestre. Significa soggettiva ? Oggettiva ? Rilevata da che ? Come è determinata ? Disponibilità a soddisfare, è una propensione ? È un'accettazione ? Voi capite bene che siamo di fronte ad un'illazione di carattere tipico ben lontana dai principi della Costituzione. E disponibilità a soddisfare interessi o esigenze. E qual è la differenza fra interessi ed esigenze ? Dirà la Corte costituzionale che la riserva assoluta di legge in materia penale deve evitare che il giudice assuma un ruolo creativo, come in questo caso. Il pubblico ministero diventa creatore di fattispecie. E vi aggiungo: non soltanto il pubblico ministero. Infatti, è difficile pensare che una cosca mafiosa che voglia eliminare un politico scomodo utilizzi questo sistema per eliminarlo e per far fuori chi, invece, combatte le mafie. Qui è facilissimo, basta che un soggetto riferisca di avere appreso, di aver visto, di aver sentito che un politico ha dato un'ipotetica disponibilità, magari in un comizio elettorale, con qualcuno che gli viene presentato, per cui questo soggetto diventa automaticamente iscritto, indagato, nel modello 21 dalla Direzione investigativa antimafia, con tutto quello che ne può scaturire.
  Io credo che la coscienza di tutti debba escludere che esistano, non norme penali in bianco, ma norme penali da arbitro in bianco, cioè che possano in qualche maniera autorizzare, e dalla parte della legalità, ma, soprattutto, dalla parte della criminalità, a predisporre dei piani che possano eliminare politici scomodi.
  Ma, Presidente, la violazione del principio di determinatezza deve fare il paio con una violazione del principio di indeterminatezza della fattispecie, con espressioni vaghe, come la Corte ha detto, nella sentenza n. 364 del 1988, sia sotto il profilo della chiarezza della formulazione, ma, soprattutto, del principio di offensività. E mi avvio, Presidente, alla conclusione.

  PRESIDENTE. No, no, concluda, il tempo è scaduto.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. La prova è la cartina di tornasole del funzionamento del principio di determinatezza. Io credo che, trattandosi di scambio elettorale di voto, il voto è un contratto, è un qualche cosa che un cittadino ti dà in cambio della meritevolezza del voto stesso. Allora, se il principio è così democraticamente importante, io credo che noi abbiamo l'obbligo, proprio per l'importanza del ruolo del voto, di predisporre una tutela penalistica seria, severa ed importante, ma che non costituisca un'arma contro il voto stesso e che non determini le procure a stabilire chi fa politica e chi non deve fare politica, e le cosche a stabilire chi può fare e chi non deve fare politica. Noi insistiamo, Presidente, perché questa norma sia sottoposta all'Aula, perché sia dichiarata incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piepoli. Ne ha facoltà.

Pag. 25

  GAETANO PIEPOLI. Signor Presidente, illustri colleghi, a nome dei Popolari per l'Italia dichiaro il voto contrario alla pregiudiziale di costituzionalità perché il patriottismo costituzionale non è una bandiera politica che funziona a giorni alterni in relazione alle singole situazioni. Noi crediamo, quindi, che questo provvedimento, che ha sicuramente delle debolezze tecniche, vada sottratto a questo gioco. Ecco perché noi siamo contrari a ritenere che possa essere tutto ricoperto da un eventuale dubbio di costituzionalità. Infatti, la fragilità di questo provvedimento, come noi abbiamo sostenuto anche in Commissione giustizia, è una fragilità di merito.
  E io invito, poi, i colleghi, tutti, a farsene carico. Ma questo prescinde da un tentativo di spostare, su un piano fondamentalmente eccentrico rispetto ai temi di cui noi oggi ci occupiamo, la dinamica del provvedimento stesso. Vorrei dire che qui noi siamo chiamati, da un canto, a rinnovare una scelta che abbiamo fatto coralmente allorché abbiamo licenziato il provvedimento l'anno scorso, e che abbiamo fatto perché abbiamo dato un fondamento tecnico serio e adeguato alla discrezionalità etico-politica del legislatore su domande che, dalla società italiana, ci vengono, perché la lotta alla criminalità organizzata e alla mafia non sia un mero fatto simbolico, ma sia un impegno costante anche con strumenti giuridici. Però, nello stesso tempo, inviterei anche, proprio in nome di questa freddezza, i miei colleghi, i nostri colleghi, a rivedere debolezze che possono a loro volta, nel futuro, pregiudicare l'efficacia di questo strumento e, quindi, anche, in un certo qual modo, produrre un effetto capovolto rispetto all'intenzionalità stessa del legislatore. Vorrei en passant dire che c'era una sede, che era la Commissione affari costituzionali, in cui questi dubbi potevano emergere e non sono emersi, mi paiono assolutamente tardivi e, quindi, mi paiono anche ultronei per il loro connotato politico rispetto alla discussione che stiamo affrontando.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Claudio Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, vorrei tranquillizzare l'onorevole Sisto: questo dibattito e questa norma non devono diventare una bacheca alla quale ciascuno debba appendere le proprie medagliette. Lo dico anche preoccupato dal tono di certa pubblicistica che sta accompagnando questa discussione. Leggo oggi, su un giornale particolarmente vicino alle ragioni del centrodestra, in un solo articolo, espressioni come: manettari, antimafia chiodata, fronte giustizialista, cultura del sospetto, trombonismo moralista. Non credo che di questo si tratti, né credo che questo disegno di legge abbia – come dice l'onorevole Brunetta – una vocazione eversiva. Colma un vuoto antico – e questo va detto – colma un vuoto che in questo Parlamento ci trasciniamo, con reticenza e ipocrisia, dal 1992, quando una norma di legge suggerita dai magistrati palermitani ancora vivi e che prevedeva di allargare lo scambio elettorale anche ad altre utilità, non soltanto al denaro, venne bocciata da quest'Aula, esattamente come nel 1980 era stata bocciata la legge La Torre, dopo che era stato ucciso Pio La Torre, perché si riteneva anche in quel caso che quella legge fosse un eccessivo pregiudizio alle ragioni della difesa e che anche quella legge potesse avere carattere eversivo. La storia ci insegna che cosa è stata quella legge e quanto sia stata utile per il nostro Paese.
  Questa norma interviene per censurare un'area grigia rispetto alla quale, fino adesso, si sono registrate troppe tolleranze tra mafia e politica. Appellarsi alla Costituzione dopo vent'anni di attesa mi sembra un comportamento poco elegante. Evitare di affrontare la discussione e l'approvazione di questa norma, oggi, anche alla vigilia di una campagna elettorale per le amministrative che rischierà di censire altri comportamenti che questa norma vuole punire, anche questo ci sembra un atteggiamento di reticenza insopportabile.
  Venendo nel merito, nei pochi minuti che mi restano, l'onorevole Sisto parla di Pag. 26«consapevole» accettazione: questo avverbio viene ritenuto un avverbio necessario. La lotta alla mafia, colleghi, non si fa in punta d'avverbio, e mi sembra che parlare di «consapevole» per un reato doloso sia una sgrammaticatura giuridica. Qualunque utilità: espressione troppo generica. Vogliamo fare un elenco, vogliamo raccogliere la storia degli ultimi trent'anni per vedere di quante utilità si è nutrita la mafia per costruire un rapporto di subalternità con la politica ? Abbiamo bisogno dell'elenco nominativo di tutto ciò che è stato pagato – e che non era denaro corrente – alla mafia per ottenere appoggio elettorale ? O la nostra fantasia, il nostro buon senso e la nostra esperienza sono più che sufficienti per ritenere che in questa espressione – qualunque utilità – c’è anche la storia dolente di questo Paese ? È il paradigma mafioso, colleghi ! L'intimidazione prescinde dalla violenza, la collusione elettorale prescinde dal denaro.
  È un paradigma mafioso in cui offrire rispetto, dare disponibilità è il prezzo che richiede la mafia. E arriviamo all'ultimo punto: la disponibilità, signor Presidente, a soddisfare interessi o esigenze della mafia. Anche questo viene ritenuto generico. La nostra esperienza, colleghi, ci porta a pensare che la disponibilità abbia una dimensione assolutamente concreta, fortemente materiale, perché quella disponibilità fotografa un rapporto di convenienza. In quella disponibilità, nel vocabolario mafioso, c’è il reclutamento, c’è l'obbedienza, c’è la capacità di essere a disposizione per ogni futura o presente necessità della cosca mafiosa. E quando quella disponibilità viene meno, anche se non c’è stata dazione di denaro, sappiamo come reagisce la mafia: i delitti di Ignazio Salvo, di Salvo Lima ci raccontano quanto sia importante tener fede al patto di disponibilità.
  Questa norma azzera, lo sappiamo, i margini di tolleranza che certa politica – questa volta sì – consapevolmente ha mantenuto con le organizzazioni mafiose durante questi anni. Quanti incontri abbiamo derubricato a peccato veniale di comportamento ? Quante strette di mano hanno suggellato e celebrato carriere politiche ed elettorali ? Quanti elenchi dobbiamo fare perché tutto questo entri finalmente in una norma di legge ?

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  CLAUDIO FAVA. Concludo, signor Presidente, il collega Mattiello, che è il relatore, dice giustamente che questo è un messaggio severo; è un messaggio severo, ripeto, perché dolorosa è stata la storia di questo Paese. Vogliamo derubricare questo dolore ad una pregiudiziale di costituzionalità ? Sarebbe un atto di reticenza politica: è la ragione per cui il mio gruppo voterà contro questa pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, Scelta Civica voterà contro la pregiudiziale di costituzionalità, perché noi riteniamo che il processo di approvazione di questo provvedimento debba andare avanti: come è stato detto, colma un vuoto importante nel nostro sistema giuridico.
  Detto questo, esistono sicuramente dei problemi nel modo in cui è stata riscritta la norma. Noi non siamo d'accordo con la posizione dell'onorevole Sisto sul tema della consapevolezza, perché, trattandosi di reato doloso, come è stato appena detto, il problema della consapevolezza, a nostro modo di vedere, non è un tema, in questo caso, che possa mettere a rischio la costituzionalità della norma, se i giudici la interpreteranno razionalmente.
  Diversa è la posizione per quel che riguarda, invece, il tema della disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze, perché qui, invece – su questo dissento dall'onorevole Fava –, la norma è di una vaghezza eccessiva. Noi abbiamo già chiesto di tornare in Commissione per ridiscutere Pag. 27questo testo. E lo abbiamo chiesto non perché riteniamo eversiva la norma o perché pensiamo che si stia cercando di aiutare derive giustizialiste o forcaiole, ma perché, quando si interviene nel diritto penale, bisogna avere l'assoluta certezza che le norme che si approvano, poi, superino il vaglio delle eccezioni di costituzionalità che sicuramente arriveranno.
  E anche nell'interesse di chi vuole combattere la mafia, di chi vuole evitare che si verifichino questi fenomeni, bisogna evitare che un giorno arrivi una pronuncia della Corte che, magari, basandosi su un'interpretazione eccessivamente estensiva di un giudice di merito o di legittimità, dica che questa norma è incostituzionale. Perché noi oggi ragioniamo sempre nell'ottica che quando si fa una norma penale eccessivamente vaga o eccessivamente estesa, il rischio è l'errore giudiziario in danno dell'innocente.
  Se si violano i principi dettati della Costituzione e si arriva ad una pronuncia di incostituzionalità, l'effetto è che perde efficacia l'azione penale; si rischia, per non aver voluto elaborare un testo più preciso. Un concetto come la disponibilità, che sicuramente dal punto di vista sociale ha una sua rilevanza e connotazione ma da un punto di vista giuridico è abbastanza difficile da qualificare, se venisse considerato insufficiente a soddisfare i principi della nostra Costituzione in materia di tassatività della norma penale, il risultato sarebbe che i mafiosi uscirebbero, non sarebbe quello di reprimere il fenomeno del voto di scambio. Quindi, il nostro invito è di andare avanti nel lavoro sulla legge.
  I tempi per approvare la legge, anche con nuovo esame in Commissione rapido per migliorare il testo, esistono anche per arrivare ad una approvazione prima delle elezioni. Io ho letto dichiarazioni, soprattutto del PD, della presidente Bindi e di altri che dicono: ci vuole un segnale, ci vuole un segnale prima delle elezioni. Verissimo, i tempi per dare il segnale ci sono, ma il miglior segnale che questo Parlamento può dare è quello di arrivare con una norma che non dia adito a dubbi interpretativi, che non abbia in sé dei rischi di incostituzionalità e che, quindi, quando applicata colpisca il fenomeno del voto di scambio, lo colpisca duramente e definitivamente senza il rischio che dopo qualche anno coloro che sono stati condannati sulla base di quella norma escano, inclusi quelli che il reato lo hanno commesso davvero (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.

  ANTONIO LEONE. Signor Presidente, questa vicenda, quella dello scambio elettorale politico-mafioso, ha veramente qualcosa di surreale per come è andata la navetta tra Camera e Senato, e mette in rilievo proprio quelle patologie del sistema bicamerale che, – finalmente, sta entrando nella testa di tutti, – va sicuramente corretto. Il testo licenziato dalla Camera in prima lettura venne salutato, lo ricordo, da tutti, all'epoca, come un ottimo punto di equilibrio, un equilibrio raggiunto faticosamente grazie anche al lavoro svolto dalla presidente Ferranti e da tutte le altre forze politiche. Il Senato, invece, ci ha rimandato un testo che sembra sbilanciato più in favore di un generalizzato «favor punendi» sacrificando – bisogna dirlo, ma è già stato messo in rilievo, anche prima di me, dal collega Sisto – anche principi come la certezza e la tassatività della fattispecie penale, che chi mastica un po’ di diritto dovrebbe avere sempre come caposaldo mai scalfibile.
  Sotto la pressione di quanti sono animati più da spinte giacobine e forse soltanto da scarsa dimestichezza con il diritto, il testo ora all'esame della Camera presenta una descrizione della fattispecie penale più indeterminata, forse più adatta agli slogan della comunicazione di massa che al codice penale da applicare nelle aule del tribunale. Dico questo perché sta venendo fuori una sorta di contrapposizione quasi tra «mafia sì e mafia no» il che non deve assolutamente essere, nella valutazione di questo provvedimento. In particolare, la condotta illecita viene ora Pag. 28qualificata dalla accettazione della promessa di procurare voti, scomparendo il riferimento alla consapevolezza dell'accettazione, ritenuto evidentemente superfluo dal Senato ma che invece, a mio avviso, serviva a rimarcare la necessaria qualificazione dolosa del comportamento che integra il reato. Non è la questione di averlo qualificato o meno o di dirlo che si tratta di un reato doloso, è la trasformazione non nella effettuazione, ma nella promessa. È questo il nodo sul quale si attaglia la parola «consapevolezza» da noi introdotta ed eliminata dal Senato.
  In cambio, la fattispecie è stata integrata da un riferimento, questo sì ridondante, che è quello di «a qualunque altra utilità». Diciamo a buon peso, insomma, in buona sostanza, non si individua in maniera molto, ma molto specifica, ma si dice «a qualunque altra utilità». Chi deve stabilire quale sia questa qualunque altra utilità lo lascio alla vostra immaginazione. È inoltre previsto che il reato ricorra anche quando in cambio della promessa di voti sia data disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa con una formulazione che sembra veramente piuttosto generica ed indeterminata.
  È stata poi anticipata la soglia della punibilità alla promessa di procurare voti che pone evidenti problemi sul piano probatorio essendo elemento molto difficile, o forse molto facile, da provare a seconda della sensibilità dell'organo inquirente, per usare un eufemismo. Rispetto alla scelta della Camera sono state, infine, inasprite le sanzioni equiparandole a quelle stabilite per l'articolo 416-bis, equiparando così a livello sanzionatorio fattispecie che sono invece diversamente graduate sul piano della loro gravità.
  Insomma, il testo è peggiorato in termini di indeterminatezza e genericità del reato, irragionevolezza delle sanzioni, equivocità della formulazione normativa, con tutto quello che ne consegue o potrebbe conseguirne in termini di garanzia dei cittadini e di certezza del diritto.
  Il gruppo del Nuovo Centrodestra che pure aveva convintamente partecipato al lavoro di scrittura non può ora accettare questo stravolgimento. Per questo, e rivolgo una sorta di appello alle forze politiche e al loro buonsenso per una rimeditazione della norma, oggi noi ci asterremo, come segnale anche per questo appello che rivolgo a tutte le altre forze politiche, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta nell'auspicio di poter tornare a votare a favore nel voto finale una volta approvate le necessarie modifiche.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto tecnico «Heinrich Kunter» di Bolzano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Francesco Sanna. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO SANNA. Signor Presidente, colleghi, in attesa che i libri di storia registrino i meriti di Forza Italia e di ciascuno di noi nella lotta alla mafia, oggi fa bene chi dice un «no» chiaro e grande alla pregiudiziale di costituzionalità che Forza Italia ha presentato sulla modifica del 416-ter.
  Dirò anche che mi sembra del tutto abnorme ciò di cui ho appreso e cioè di una richiesta di voto segreto su un tema così limpido e così chiaro: quello del dichiarare, il Parlamento, la sua opinione circa la conformità a Costituzione di una norma che si accinge a valutare nel massimo della sua libertà.
  È il caso allora di precisare cosa dice questa disposizione che impensierisce tanti al punto di dire che siamo fuori dalla Costituzione e dal costruirci sopra una sorta di terrorismo psicologico interpretativo del tutto fuori luogo.
  C’è alla base di questa preoccupazione, secondo me, l'idea di un uomo politico più prossimo, direi, ad un «ingenuotto» signore che passa e non si accorge di cosa avviene nel suo paese. Un personaggio a cui suggerirei caldamente di non avvicinarsi al momento elettorale perché non è nemmeno in grado di rappresentare bene le istanze e le esigenze del suo popolo. Questo personaggio non dovrebbe accorgersi Pag. 29– quando vi si siede a pranzo, quando negozia voti, avendo dall'altra parte del tavolo forse un signore con la coppola e la lupara, ma forse anche un signore ben vestito – non dovrebbe accorgersi, ma questa qualità dovrà provare l'accusa, che si tratta di una persona che rappresenta un'associazione di tipo mafioso. Tale associazione si avvale della «forza di intimidazione del vincolo associativo, della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti, di servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per gli altri ovvero per impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali».
  Io faccio un accordo con questo signore e non mi accorgo di quello che ho davanti ? Io tratto con un mafioso che mi promette, non due lecca lecca e le caramelle o un pacco regalo per la signora, ma mi promette voti in questo determinato mandamento, in questo determinato quartiere e questi voti non sono i voti della sua cosca – perché il 416-ter non punisce questa condotta – sono i voti che questa organizzazione ricercherà con la forza della intimidazione, come è sua caratteristica.
  Quindi per sussistere il reato mi devo accorgere che negozio con un criminale? Certamente sì, ma non nelle forme della probatio diabolica che, nell'interpretazione del collega Sisto e di altri, ci sono state qui raccontate. Basta il dolo diretto che la norma già contiene. Quindi, colleghi tranquillità, non stiamo facendo retate tra poveri candidati, non stiamo esponendo ingenui candidati all'amministrazione del paese, alle patrie galere per reati di mafia.
  Quindi cosa rimane di questa costruzione, della pregiudiziale ? Si contesta l'introduzione della qualunque altra utilità! È vero, questo «qualunque» non deriva dal cognome di quel famoso personaggio comico, Cetto, la Qualunque che rappresenta comunque un tipo di politico che noi non dovremmo in nessun modo tutelare, rappresenta semplicemente la ripetizione di una disposizione che esiste in una norma penale elettorale dal 1957; il delitto si chiama corruzione elettorale. Non l'abbiamo sollevata nei confronti di questa norma la questione di costituzionalità ? No, non l'ha assolutamente sollevata nessuno perché dobbiamo tutelare un principio di ordine pubblico democratico: il non inquinamento del voto.
  Cosa aggiungiamo rispetto a quanto avevamo già detto ? Secondo me era implicito nel testo passato il 15 luglio qui alla Camera, ma formalmente aggiungiamo l'asservimento della funzione pubblica come possibile oggetto del mercimonio tra la mafia e il candidato alla carica pubblica. Non ritengo vi sia un problema di determinatezza della norma. Questa va interpretata dando, come ci dice la Corte costituzionale, un senso compiuto della norma, non isolando quindi disponibilità da interesse della mafia e tutto il resto.
  Per questi motivi, colleghi, chiediamo un voto chiaro e trasparente, un «no» alla pregiudiziale di costituzionalità. Oltre alla questione sulla determinatezza delle norme c’è quella della determinazione politica che dobbiamo avere nella loro approvazione e il dovere di rispondere a queste tre piccole domande: vogliamo asciugarla la zona grigia ? Vogliamo più efficientemente combattere qualsiasi intreccio tra criminalità organizzata e amministrazione pubblica ?

  PRESIDENTE. Concluda.

  FRANCESCO SANNA. Vogliamo cacciare la mafia dalle istituzioni ? Noi diciamo «sì» con grande determinazione e non è che subiamo una stretta normativa ma la provochiamo perché la nostra politica non subisce ma promuove, per la sua credibilità e per la difesa della sua autenticità, l'introduzione di queste norme nuove e utili. Sappiamo cosa fare se crediamo in questi valori costituzionali: votare «no» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 30

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, poche parole, pochi minuti per ribadire la posizione della Lega, che è sempre stata estremamente chiara e coerente, sia su questa proposta di legge, tanto alla Camera quanto al Senato, sia rispetto ad una posizione storica della Lega nei confronti della lotta alla criminalità organizzata e alle mafie che affonda le sue origini sin dall'ottimo lavoro e dall'impegno nella precedente legislatura di colui il quale può essere considerato il vero artefice di quei risultati che venivano prima riconosciuti e riscontrati dagli amici di Forza Italia che sono intervenuti, ovvero l'ex Ministro dell'interno Roberto Maroni.
  Presidente, poche parole per ribadire in modo chiaro e inequivocabile che la Lega voterà convintamente contro questa pregiudiziale di costituzionalità, votiamo convintamente contro nel presupposto e nella necessità che questa proposta di legge continui il proprio percorso qua alla Camera e qua si concluda in tempi rapidi e certi, perché questo è ciò che ci chiede il Paese, questo è ciò che ci chiedono i cittadini nel rispetto della necessità di poter cancellare quella zona grigia, oscura nel rapporto tra politica e mafia.
  Noi crediamo esattamente il contrario di quanto è stato detto poc'anzi da alcuni colleghi, cioè che sino ad oggi abbiamo perso probabilmente tempo. Io voglio ricordare che la Camera ha approvato, in tempi estremamente rapidi, questa proposta di legge di modifica del 416-ter. Voglio altresì ricordare che tutte le forze politiche, esattamente un anno fa in campagna elettorale, di fronte ad una campagna di sostegno alla modifica del 416-ter, si sono impegnate affinché in tempi rapidi si giungesse all'approvazione di questa modifica sullo scambio elettorale politico-mafioso, fissandosi un tempo certo e definito: i famosi cento giorni. Ebbene, la Camera ha adempiuto in maniera corretta e seria a questo impegno su un testo – come è già stato da tutti ricordato – estremamente equilibrato, trovando un punto di caduta rispetto alle esigenze e ai tecnicismi giuridici che sono stati poc'anzi citati tale per cui questa proposta di legge è stata approvata alla Camera all'unanimità con il consenso e con il concorso di tutte le forze politiche.
  Al Senato abbiamo assistito a delle modifiche tecniche e strutturali – come è stato abbondantemente ricordato precedentemente –, modifiche che hanno cambiato sensibilmente il testo del disegno di legge. Quale dei due testi è il migliore ? Credo che oggi il grave errore che questo Parlamento potrebbe fare sarebbe quello di discettare su due disegni di legge. Credo che invece il Parlamento e le singole forze politiche debbano assumersi la responsabilità con un voto sulla pregiudiziale di costituzionalità e sul complesso del disegno di legge, un voto di responsabilità di fronte ai cittadini, anche per riaffermare – perché io mi metto sempre nei panni di coloro i quali ci stanno ascoltando – un senso di credibilità della politica. Se noi oggi fermassimo questo disegno di legge, la politica e i partiti politici perderebbero la faccia davanti ai cittadini onesti che chiedono alla politica un gesto di grande responsabilità.
  Presidente, questo lo dico soprattutto con riferimento al seguente fatto, ed è l'unico accenno che faccio: voglio ricordare che l'allora Ministro dell'interno, Roberto Maroni, che intervenne molto efficacemente sul tema della lotta alla criminalità organizzata, intervenne con efficacia coinvolgendo e cercando il consenso di tutte le forze politiche, in modo particolare delle forze politiche che all'epoca erano all'opposizione. Perché ? Perché la lotta alla mafia e la lotta alla criminalità organizzata non ha colore politico: gli steccati politici nella lotta alla mafia e nella lotta alla criminalità organizzata devono essere superati.
  La Lega considera questo disegno di legge un tassello importante, importantissimo, che va nella direzione giusta; pertanto ribadiamo un «no» convinto e determinato alla pregiudiziale di costituzionalità e un «sì» altrettanto convinto e determinato all'approvazione rapida e in Pag. 31tempi certi di questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, innanzitutto annuncio il voto contrario alla pregiudiziale di costituzionalità del gruppo del MoVimento 5 Stelle. In questo caso, abbiamo visto che il bicameralismo perfetto ha funzionato; ha funzionato perché il Senato è stato in realtà più saggio della Camera nella redazione della norma in oggetto. Noi avevamo provato anche qui alla Camera con alcuni emendamenti – erano nove o dieci emendamenti – a modificare la norma e a modificarla proprio come l'ha modificata il Senato. Infatti, il Senato ha tolto la parola «consapevolmente», e il collega Sisto, nella pregiudiziale di costituzionalità, si duole del fatto che sia stato eliminato questo avverbio. Ma ci sembra inutile – come già avevamo spiegato –, infatti, già nella norma è insito il dolo specifico e quindi non si vede perché bisognava insistere su questo avverbio.
  Inoltre, questa non è la prima norma che richiede – come tutte le norme, d'altra parte – al giudice un'interpretazione parametrata al fatto in concreto. Inoltre, ricordo che, sebbene la norma attualmente vigente preveda solo il denaro nello scambio, in realtà già parte della giurisprudenza, considerata la negligenza e l'inerzia del Parlamento, ha provveduto ad ampliare lo spettro della norma inserendo anche altre utilità, come appalti o posti di lavoro. Questo perché la prima norma votata si era rivelata, così com'era stata scritta, abbastanza inutile per prevenire tali fenomeni di scambio tra la politica e le organizzazioni criminali.
  Però, dobbiamo parlare anche della «promessa», ovvero della anticipazione del reato. Per fortuna, vi è stata questa anticipazione del reato, ovvero il configurare tale reato quasi come un delitto tentato, anche perché, in realtà, il problema principale era dimostrare in concreto che vi fosse stato materialmente lo scambio di voti dentro le urne. Come tutti sappiamo, è molto difficile dimostrare tale scambio nella segretezza del voto e, pertanto, questo reato sarebbe stato impossibile da perseguire.
  Parliamo anche della disponibilità. Ma davvero noi non vogliamo andare a colpire il politico o l'emissario del politico che in cambio di voti si mette a disposizione dell'organizzazione mafiosa ? Questa disponibilità presuppone quasi una subordinazione o, addirittura, una società con l'organizzazione mafiosa, al fine dello scambio dei voti.
  Invero, ci sembra saggio, in questo caso, il comportamento del Senato, anche perché noi dobbiamo, come dicevano giustamente dei colleghi in precedenza, diradare quella zona grigia che ancora è presente in Italia e in alcune parti del Paese. Attenzione, perché non è solo il Sud ma è anche il Nord, è anche la Liguria, è anche il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, come vediamo dalle cronache di tutti i giorni e come vediamo anche dalle richieste di scioglimento dei consigli comunali. Questo fenomeno è presente in tutta Italia. Nessun paese, nessuna regione può dirsi esclusa da questo fenomeno ed è per questo che dobbiamo votare al più presto questa norma. Io spero vivamente, come speravamo, perché è già passato un anno da quando siamo entrati in questo Parlamento, che venga votata già questa settimana o la prossima, così da potere dare la possibilità alla giustizia di verificare quello che succederà nelle prossime elezioni europee, comunali e regionali, in Piemonte ed Abruzzo, ed è la cosa più necessaria.
  Troppo spesso quest'Aula, nel passato, ha spuntato le armi della giustizia, con dolo ma anche con colpa e negligenza. Noi in questo caso diciamo finalmente che la giustizia potrà fare il suo corso, dicendo che noi non siamo più disponibili a cambiare questa norma ora. Potremmo in futuro ripensarla, in base a quello che ci dirà la giurisprudenza e in base a quello che vedremo che accadrà nelle aule dei tribunali. Quest'Aula è fatta apposta, eventualmente, Pag. 32per cambiare o riparametrare delle locuzioni che sono state inserite forse troppo frettolosamente. Non lo sappiamo ancora. Verificheremo e vedremo, come è giusto che sia, però quest'Aula ora deve votare convintamente «no» su questa pregiudiziale e dovrà votare convintamente a favore di questa norma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il mio è un intervento volto a lasciare a verbale, come si dice, la posizione della componente che io rappresento, che si muove nella direzione di non accogliere la pregiudiziale di costituzionalità. Questo non significa che il lavoro fatto dal Senato non abbia potuto rappresentare una condizione peggiorativa rispetto all'impianto originario che la Camera aveva deliberato, peraltro con un consenso tale da rendere quell'impianto particolarmente accettato. Questo non significa che non si debba tornare in Commissione o, comunque, anche in quest'Aula a lavorare su alcuni profili.
  Molti colleghi sono intervenuti nel merito e io posso solo fare riferimento ai loro interventi. L'onorevole Piepoli e l'onorevole Leone hanno detto cose che condivido abbastanza, soprattutto con riferimento a una certa vaghezza che circonfonde alcune fattispecie di reati. Ma tutto questo non può giustificare l'accoglimento di una pregiudiziale di costituzionalità.
  L'impianto non è contrario alla Costituzione: è sicuramente da rivedere e, probabilmente, va ispirato al lavoro fatto dalla Camera dei deputati, rimuovendo alcune distonie che, invece, sono venute fuori al Senato. Credo che non debba aggiungere altro, perché il contenuto politico della nostra determinazione è, credo, sufficientemente chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, credo che questa mattina il Parlamento stia perdendo una bella occasione; una bella occasione che avevamo dimostrato di cogliere qualche mese fa, quando, grazie a un lavoro, devo dire, svolto soprattutto dalle forze di maggioranza, dal PD in primis, ma anche da altre parti della politica parlamentare – penso a SEL, penso all'allora PdL, un po’ a tutti –, avevamo raggiunto un testo che, evidentemente, era frutto non di un compromesso, ma di una serie di valutazioni che derivavano, più che dal punto di vista giuridico, anche dal punto di vista politico.
  Era stato un fatto positivo che il Parlamento, all'unanimità, avesse votato una nuova norma che dava strumenti più incisivi alla magistratura, alle forze dell'ordine, per contrastare un fenomeno che è certamente assai preoccupante, che va affrontato – è stato detto bene da alcuni colleghi – con determinazione. Tuttavia, invece, il Senato, con una serie di interventi, oggi porta, di fatto, il Parlamento a dividersi, quasi come se vi fossero forze politiche che vogliono contrastare e combattere la mafia ed altre forze politiche che, invece, sono colluse con la mafia.
  Ricordo, purtroppo, a noi tutti che i collusi con la mafia, negli anni, anche negli ultimi, sono stati un po’ di tutti i colori e credo che il problema sia non la generica collusione della politica con la mafia, perché, quando si finisce con il dire queste cose, significa che tutti sono responsabili, ma nessuno lo è. La responsabilità penale – lo ricordo, è un principio di civiltà giuridica – è personale e noi abbiamo il dovere di fornire strumenti giuridici idonei a contrastare questo fenomeno assai pericoloso.
  Oggi Forza Italia pone un problema in punto di diritto, rispetto al quale, per certi versi, posso essere anche d'accordo; per altri non lo sono, perché, parliamoci chiaro, dal punto di vista semantico e giuridico, effettivamente, il termine «consapevolezza», che noi abbiamo inserito in Pag. 33prima lettura, potrebbe essere ultroneo, perché è chiaro che una persona non può essere punita se non ha la consapevolezza di parlare con un mafioso o con un emissario di un mafioso. Sarebbe un caso di responsabilità oggettiva impensabile.
  Ma è vero, come giustamente ha ricordato Forza Italia, che, se noi andiamo a verificare, vi sono non solo persone che sono state indagate per mafia e poi, dopo pochi mesi, scagionate con tante scuse, ma anche molte persone che sono finite in galera e sono state poi assolte dal tribunale, dopo essere state in galera anzitempo, con un Parlamento che parla, giustamente, di ridurre la carcerazione dopo la condanna a ultimo espediente per contrastare la criminalità.
  Allora le preoccupazioni c'erano, ed ecco perché la Camera, all'unanimità, aveva accettato quell'avverbio «consapevolmente». Così come sembra strano che si voglia far passare come la scoperta dell'acqua calda il fatto che accettare la promessa sia un fatto disdicevole moralmente e penalmente. Infatti, nel nostro codice vi è il delitto tentato come forma di civiltà giuridica; per cui, anche questa preoccupazione ulteriore, aggiunta dal Senato, è un errore.
  E d'altro canto, è ultronea, mi scusi la delicatezza dell'argomento, la disponibilità a soddisfare gli interessi, che è evidente che rappresenta in sé un problema insito nel reato. D'altro canto, per chi si preoccupa, è chiaro che gli interessi sono interessi illegittimi e non certamente di altro tipo. Così come lo sarebbe, alla stessa maniera, qualunque utilità, perché un'altra utilità già intrinsecamente contiene la valenza che dà l'opportunità giusta di perseguire qualunque comportamento di collusione anche nelle zone grigie.
  In definitiva, purtroppo sappiamo che nella nostra società l'indagine è già una condanna, per l'uso che ne fanno anche i mezzi di informazione e purtroppo per l'uso che ne facciamo anche noi in politica. Per cui sarebbe una cosa saggia che questa Camera approfondisse il tema rapidamente, che approvasse la norma, ma consentisse un approfondimento su una serie di errori giuridici e politici che non soltanto dividono la Camera dei deputati, ma rischiano di creare un problema maggiore di quello che si vuole risolvere, di perseguire non già i colpevoli di collusione con la mafia, ma di mettere in galera in maniera sbagliata molti innocenti.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
  Passiamo al voto.
  Avverto che è stata avanzata, ai sensi dell'articolo 50, comma 2, del Regolamento, dal gruppo Forza Italia, richiesta di votazione a scrutinio segreto. Ricordo preliminarmente che il voto sulle questioni pregiudiziali, potendo determinare la reiezione dell'intero provvedimento ed avendo, in tal caso, natura di deliberazione definitiva sul merito, deve essere effettuato con le stesse modalità adottabili per la votazione finale del progetto di legge. La richiesta di scrutinio segreto può essere accolta. Al riguardo ricordo che il provvedimento in esame, composto da un articolo unico, novella l'articolo 416-ter del codice penale, recante la fattispecie di scambio elettorale politico-mafioso, intervenendo, in particolare, sulle condotte penalmente rilevanti e sulle pene. La Giunta per il Regolamento, nella seduta del 7 marzo 2002, ha stabilito che: «per quanto riguarda le norme che (...) modificano fattispecie di reato (...) si conferma l'indirizzo interpretativo secondo cui, incidendo le medesime sul principio di legalità di all'articolo 25 della Costituzione (...) lo scrutinio segreto è da ritenersi ammissibile».
  Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta ed altri n. 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Zardini, Pagano, Piccoli Nardelli, Cicu...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 34
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  480   
   Votanti  471   
   Astenuti    9   
   Maggioranza  236   
    Voti favorevoli   92    
    Voti contrari  379    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Le deputate Argentin e Valeria Valente hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere il voto).

  Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, noi adesso dovremmo procedere con il seguito dell'esame di questo provvedimento e poi successivamente passare al seguito dell'esame della proposta di legge sulla messa alla prova. Come i colleghi sanno, un arcaico Regolamento ci impedisce di contingentare i tempi su questi due provvedimenti.
  Sono provvedimenti su cui – come è stato illustrato in maniera approfondita, sia in fase di discussione sulle linee generali, dai colleghi Ermini e Mattiello, sia in fase di dichiarazioni di voto sulla questione pregiudiziale dal collega Sanna – il nostro gruppo parlamentare intende andare avanti con rapidità per consentire finalmente a due norme veramente importanti di entrare in vigore.
  Ma, come ricordavo, un arcaico Regolamento non consente il contingentamento dei tempi in questa fase, contingentamento che è possibile solo dalla prossima settimana, a cominciare dal 1o aprile.
  Ci sono 61 iscritti di Forza Italia, abbiamo sentito le dichiarazioni di voto anche di altri gruppi, ci sono state presentate mille proposte emendative e sul provvedimento successivo tutto il gruppo della Lega Nord si è iscritto a parlare con analoga operazione sulle proposte emendative.
  Quindi, con il rammarico di dover discutere per l'ennesima volta di un Regolamento della Camera che impedisce il funzionamento regolare di questa istituzione, chiediamo il rinvio dell'esame del provvedimento alla prossima settimana, concordando nella Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani alle ore 14, un loro rapido iter per consentire finalmente al Parlamento di approvarli.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rosato. Il Regolamento appunto permette il regolamento, il funzionamento regolare della Camera.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su che cosa ? È stata avanzata questa proposta. Se non ho capito male, onorevole Rosato, lei propone di rinviare ad altra seduta il seguito della discussione sia della proposta di legge in materia di scambio elettorale politico-mafioso sia di quella sulla messa alla prova.

  ETTORE ROSATO. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Perfetto. Allora, onorevole Fedriga, intende intervenire su questa proposta ? Io darei la parola ad un oratore a favore e ad uno contro. Immagino che l'onorevole Fedriga intenda intervenire contro.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Commenti).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Ho alzato per primo la mano (Commenti) !

  PRESIDENTE. Allora, vista la rilevanza del tema, possiamo anche dare la parola ad un deputato per gruppo, però è di tutta evidenza (Commenti del deputato Sisto). ..

  PRESIDENTE. Onorevole, abbia pazienza.Pag. 35
  Prego, intanto intervenga, onorevole Fedriga.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, intervengo solamente per fare presente che l'arcaico Regolamento di cui parla il collega Rosato è quell'arcaico Regolamento che permette anche al Governo di porre la fiducia, come è successo più volte, e sopprimere la discussione in quest'Aula costantemente da parte della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Quindi, io modererei le parole, quando più volte si è compressa, sia con la fiducia, sia con l'interruzione delle discussioni in quest'Aula, sia con la tattica del rinvio al mese successivo, la possibilità alle opposizioni di entrare nel merito dei provvedimenti.
  Voglio ricordare che, per esempio, il provvedimento sulla messa alla prova comprende anche quel passaggio – che ovviamente ha anche acceso un dibattito di fronte all'opinione pubblica – sul reato di immigrazione clandestina. Io capisco che la crisi di onnipotenza del Presidente del Consiglio – che ha coinvolto evidentemente i colleghi del Partito Democratico, i quali invece basavano sul dibattito democratico la loro azione politica, almeno a parole – comporti la volontà totale di tarpare le ali a qualsiasi approfondimento di questi provvedimenti. Però, dire anche che il Regolamento è arcaico, quando noi tentiamo semplicemente di migliorare la norma, cercando di evitare dei danni che verrebbero creati – e sono sotto gli occhi di tutti i danni alla sicurezza dei nostri cittadini derivanti dai diversi provvedimenti svuota-carceri –, io credo che sia una mancanza di rispetto verso quest'Aula.
  Quindi, noi voteremo contro questa proposta, chiedendo di approfondire in quest'Aula i due provvedimenti. Siamo disposti a discutere e dico già e preannunzio alla maggioranza che, se accetteranno qualche nostro suggerimento di miglioramento, come l'eliminazione del passaggio sul reato di immigrazione clandestina, noi siamo disposti a rinunciare a molti dei nostri interventi.

  PRESIDENTE. La Presidenza darà la parola a un deputato per gruppo. Poi, se ci sono gruppi che intendono «asciugare» i tempi, avranno la libertà di non intervenire. Però, ai gruppi che chiedono di intervenire, io darò la parla, vista la rilevanza della questione posta.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, sono davvero sorpreso, perché è prerogativa di quest'Aula, quando c’è la possibilità come oggi di non forzare il dibattito, utilizzare il contingentamento quando si rientra nei tempi del contingentamento. Ma chiedere un rinvio per impedire il dibattito e poter utilizzare il contingentamento io lo trovo – scusate il termine – ipocrita, perché quante volte noi abbiamo chiesto di poter discutere i provvedimenti e non c’è stato mai il tempo ? Quante volte, su provvedimenti così importanti, noi abbiamo chiesto la disponibilità, anche in Commissione (e i colleghi del MoVimento 5 Stelle mi sono testimoni della fatica per recuperare i tempi di discussione) ? Oggi, che abbiamo la possibilità di discutere, si chiede un rinvio per poi utilizzare il contingentamento e, quindi, ridurre, inibire, impedire al Parlamento di discutere temi così rilevanti per la libertà dei cittadini, sia l'uno che l'altro provvedimento.
  Presidente, noi denunciamo un atteggiamento culturale inspiegabile, retrogrado e in antitesi con quel Regolamento che si vuole vetusto. Infatti, il Regolamento oggi ci consente una discussione e, invece, si approfitta di una clausola regolamentare vetusta in un modo culturale di porsi vetusto in quest'Aula per impedire una discussione. Noi voteremo a favore, Presidente, nella consapevolezza che questa manovra tende ad impedire il dibattito, ma noi non la ostacoleremo. Denunciamo soltanto la sua matrice assolutamente incompatibile con gli strumenti della democrazia Pag. 36parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, a me pare di assistere al teatro dell'assurdo qui dentro. Il presidente Sisto, che con la velocità della luce ha portato in Aula un provvedimento importante come la legge elettorale, ora dice che si deve discutere, discutere, discutere (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà). Dall'altro lato, abbiamo il PD che, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, aveva detto: «Vogliamo andare veloci come dei treni sul provvedimento sullo scambio elettorale politico-mafioso» e ora chiede il rinvio alla settimana prossima senza alcun motivo. Noi siamo gli unici, come sempre, coerenti con le nostre posizioni. Vogliamo che si discuta subito, che si vada avanti. Vediamo di cosa sono capaci: hanno minacciato di fare ostruzionismo, vediamo se sono in grado di farlo come lo facciamo noi del MoVimento 5 Stelle. Siamo pronti alla battaglia parlamentare su questi temi (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, prendiamo atto anche noi che ci sono argomenti votabili e disponibili per quest'Aula, per i quali la discussione è bene che sia vasta e articolata, e altri che vanno ridotti, come è successo a molti di noi in occasione della legge elettorale, a 28 secondi cronometrati a intervento, perché quella legge andava costruita e discussa in altri luoghi non istituzionali e questo Parlamento era soltanto notaio di scelte che altri e altrove avevano fatto.
  Detto questo, noi votiamo contro la proposta di rinviare ad altra data la discussione, perché pensiamo che l'ostruzionismo parlamentare sia una facoltà e un'opportunità che sta nel diritto dei gruppi parlamentari, come nel dovere di ogni gruppo parlamentare sta anche la responsabilità di decidere su cosa fare ostruzionismo. E ci piace che, di fronte al Paese, Forza Italia, con mille emendamenti, decida di fare ostruzionismo per calendarizzare mille volte più in là questa proposta di legge sull'articolo 416-ter e per evitare che questa norma abbia luce dopo vent'anni di attesa in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, la nostra istituzione e tutte le omologhe istituzioni, in tutte le forme democratiche del mondo, in qualche caso anche in quelle in cui la democrazia stenta a prevalere, hanno una caratteristica comune, in qualunque lingua: una Camera come questa, un suo omologo, si chiama Parlamento, non si chiama «votificio». Si chiama Parlamento perché, da che mondo è mondo, ci si attende che in un'istituzione come questa le forze politiche, i rappresentanti del popolo, coloro che sono eletti con qualunque norma elettorale in rappresentanza dei cittadini, abbiano il modo di confrontarsi, di discutere, di valutare, di cercare di trovare le sintesi tra posizioni diverse sui diversi argomenti sui quali è investita l'attività delle Aule parlamentari.
  Ora; io credo sia assolutamente curiosa la richiesta, esplicita ai limiti dell'assenza del senso della vergogna, avanzata dall'amico onorevole Rosato, il quale ha chiaramente espresso – facendo riferimento ad un Regolamento cinico e baro, di cui non sto a ripetere, perché ben lo ha fatto prima di me il collega Fedriga, quali e quanti strumenti a supporto della maggioranza questo Regolamento cinico e baro attualmente riconosca – ed esplicitamente detto che è meglio non procedere all'esame di due provvedimenti di legge calendarizzati, perché, non essendovi oggi Pag. 37la possibilità di tacitare gli interventi con il contingentamento dei tempi, potrebbe prolungare troppo la discussione, ossia il parlare, ossia il fare esattamente quell'atto specifico per il quale il posto in cui ci troviamo si chiama Parlamento e non «votificio». La qual cosa potrebbe addirittura avere un senso se, dietro a questo provvedimento, nell'ordine del giorno per il quale il Parlamento è convocato questa settimana, ci fossero tali e tanti provvedimenti di indubbia necessità ed urgenza da far prevalere la volontà di acquisire quegli atti alla legislazione nazionale e di attendere la settimana prossima, per poi provvedere all'esame ed alla conversione dei due progetti di legge che si intende in questo senso rimandare con una tempistica contingentata.
  Il problema però è che io leggo, onorevole Rosato – e sono convinto che lo ha fatto anche lei –, che l'ordine del giorno, per la centonovantottesima seduta pubblica, convocata per mercoledì 26 marzo, prevede, dopo i punti che abbiamo già esaminato e dopo i due progetti di legge che ella, onorevole Rosato, vuole rimandare perché ci sarebbe troppo tempo per parlarne, una serie di mozioni. Ora io non voglio dilungarmi in aggettivazioni improvvide od impopolari, ma diciamo che le mozioni sono quelle cose che possono esistere o non esistere e non se ne accorge nessuno: una mozione non si nega a nessuno, come un ordine del giorno al termine di una conversione.
  Quindi, stiamo dicendo che, per paura che il Parlamento faccia il suo lavoro e cioè usi queste giornate in cui è convocato per parlare, per discutere e per confrontarsi su due progetti di legge su cui, in piena legittimità, le forze politiche possono e devono avere delle sensibilità differenti, oggi, mercoledì, ore 13,20, dopo aver fatto quattro votazioni, impegniamo il resto dell'attività parlamentare, nel corso di questa settimana, per esaminare quattro mozioni. Allora diteci subito che possiamo andarcene a casa, così almeno facciamo a meno di spendere dei soldi pubblici per le diarie, per lo stazionamento a Roma e quant'altro. Se invece vogliamo essere seri, restituiamo al Parlamento la dignità del parlare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, noi avevamo chiesto in Conferenza dei presidenti di gruppo il ritorno in Commissione di questo provvedimento, perché riteniamo – e poco prima lo ha esposto molto efficacemente il collega Mazziotti – che esso, nel passaggio al Senato, sia stato peggiorato rispetto alla versione che avevamo invece approvato alla Camera.
  Noi avevamo chiesto il rinvio in Commissione perché questo provvedimento fosse migliorato e potessimo avere la possibilità di ritoccarlo, migliorandolo, al di là anche della carica troppo ideologica che si è accumulata intorno ad esso, essendo anche questo un passaggio che riguarderà e riguarda alcuni fondamentali diritti democratici e riguarda anche le modalità con cui si svolgono in questo Paese l'esercizio della politica e la raccolta del consenso. Proprio perché riteniamo che questo provvedimento debba e possa essere migliorato, avevamo chiesto il ritorno in Commissione.
  Purtroppo questo non è stato possibile, però vorremmo che se ne discutesse con efficacia e dunque, di fronte alla richiesta di provvedere ad un'agenda che ci permetta efficacemente di esaminare le proposte di modifica e le proposte di miglioramento, noi voteremo a favore, perché la nostra esperienza in questi mesi ci ha insegnato per l'ennesima volta che le pratiche di ostruzionismo possono servire alle forze politiche che le propongono, però raramente servono a migliorare provvedimenti che invece hanno bisogno, come in questo caso, di essere migliorati. Per questo, voteremo a favore (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

Pag. 38

  ANTONIO LEONE. Signor Presidente, debbo dire che chi dà dell'ipocrita a Rosato sbaglia perché Rosato ha detto chiaramente qual è l'obiettivo, ossia quello di rinviare alla prossima settimana, senza metterci neanche un dito oggi, per far sì che quel provvedimento poi passi sotto le forche caudine del contingentamento. Se non sbaglio, è stato questo, e nel pacchetto, oltre a questo, c'era anche la richiesta per la proposta di legge sulla messa alla prova. Non è, quindi, un ipocrita. Ha detto candidamente, con la faccia angelica, la verità su quello che voleva. Io avrei capito se avesse detto, invece: noi vogliamo rinviarla alla prossima settimana perché, nel frattempo, viste le contrapposizioni che ci sono su questa norma, vogliamo cercare di trovare un accordo su alcuni punti che sono già venuti fuori, non solo in Commissione, ma anche nell'illustrazione e nelle dichiarazioni di voto sulle pregiudiziali. In quel caso, sarebbe stata ipocrisia, se avesse avuto un retropensiero.
  Pertanto, io, a nome del mio gruppo, vi dico che sicuramente voteremo il rinvio, ma vorrei, collega Rosato, che questo rinvio non fosse finalizzato ad un trucchetto regolamentare, ma fosse finalizzato, visto quello che è venuto fuori dall'Aula oggi su questo provvedimento, alla possibilità di cambiarlo, alla possibilità di ritrovare un'unità, come vi è stata la prima volta che è stato votato in quest'Aula, per portare a termine quel provvedimento che tutti vogliono. Infatti, non c’è chi è per la mafia e chi è contro la mafia. Tutti vogliono quel provvedimento, ma vogliono un provvedimento che sia giusto e non una nefandezza da un punto di vista tecnico-giuridico (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei cominciare ricordando, a me stesso prima che a chiunque altro, che questo Regolamento della Camera è stato approvato – mi correggano gli uffici se sbaglio – nel 1971. E quella riforma regolamentare fu l'inizio di quello che è stato considerato il processo attraverso il quale in Italia si sono mescolati i ruoli di maggioranza e di opposizione ed in cui è diventato impossibile governare contro un'effettiva opposizione. L'inizio, quindi, del consociativismo italiano. Vorrei ricordarlo soprattutto a quei colleghi i quali in questo momento conducono una nobile battaglia in difesa del diritto del Parlamento di parlare, parlare, parlare, senza decidere mai, o decidendo raramente, una volta ogni tanto, il meno possibile e nel tempo più lontano possibile.
  Questo cosa dice ? Dice che una riforma regolamentare andrebbe fatta, e andrebbe fatta rapidamente. Certo, nel 1996, o nel 1997, non mi ricordo, c’è stata una riforma regolamentare...

  PRESIDENTE. 1997.

  ROCCO BUTTIGLIONE. ...ma non ha tagliato le basi di una visione, che è la visione di un Parlamento tendenzialmente unanime, che non può far passare nessun provvedimento veramente importante se non all'unanimità.
  È per questo che io capisco le ragioni del collega del PD che ha proposto, non, come avrebbe dovuto fare già da molto tempo, una vera riforma parlamentare, sulla quale confrontarsi seriamente per capire che tipo di Parlamento vogliamo. Infatti, non si possono fare le riforme istituzionali senza raccordarle con le riforme del Regolamento parlamentare. E noi fino ad ora non abbiamo un'idea chiara di quale Regolamento parlamentare vogliamo. Tuttavia, per tentare di affrontare in modo empirico una situazione oggettivamente difficile, mi pare una proposta di buonsenso nella quale non vedo elementi liberticidi, a meno che non si sposi, soprattutto alla mia sinistra, che poi è la destra politica, con una dottrina consociativista contro la quale, peraltro, la destra italiana negli anni recenti si è drammaticamente ribellata.
  E, allora, rimandiamo pure l'esame di questo provvedimento, esaminiamo le mozioni Pag. 39all'ordine del giorno. Dovrei aggiungere che alla riforma del 1971 si è aggiunta una tradizione interpretativa straordinariamente lassista. Dovunque è possibile piegare la riforma in modo da garantire all'opposizione spazi ulteriori, questo viene fatto, salvo la tagliola infausta che, però, diventa uno strumento di necessità per far fronte alle difficoltà. Salvo il voto di fiducia, che, nell'assenza di un percorso che garantisca al Governo la possibilità di approvare in tempi certi i provvedimenti, diventa un ricorso di necessità. La necessità è data dalla struttura dei Regolamenti parlamentari, non dalle emergenze del Paese, come purtroppo anche la Corte costituzionale ha dovuto riconoscere in più di una occasione.
  E allora, mettiamo mano davvero alla riforma del Regolamento e per il momento cerchiamo di cavarcela con espedienti, che a me non piacciono molto, come quello che recentemente è stato suggerito. Rimandiamo l'esame di questo provvedimento e passiamo alle mozioni.

  PRESIDENTE. Essendo intervenuti tutti i gruppi che ne hanno fatto richiesta, a questo punto io...

  PIERO LONGO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Longo, su che cosa ?

  PIERO LONGO. Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

  PIERO LONGO. Lei mi dovrà scusare, signor Presidente, grazie di avermi dato la parola. Provengo dall'altro ramo del Parlamento e non ho dimestichezza con gli usi e costumi di quest'Aula...

  PRESIDENTE. Però, onorevole Longo, mi dica su che cosa...

  PIERO LONGO. No, un momento, è un richiamo al Regolamento... ha fretta ? Mi dica...

  PRESIDENTE. No, no, però insomma, siamo qui...

  PIERO LONGO. Siamo al punto 4 dell'ordine del giorno: seguito della discussione della proposta di legge in materia di scambio elettorale politico mafioso. Lei ha recepito, interpretandola, una richiesta del collega del PD, dicendo: discutiamo del rinvio di questo provvedimento e anche di quello che viene dopo, e cioè del punto 5. Ora, questo al Senato non si poteva fare. Si può fare alla Camera una votazione congiunta su due punti dell'ordine del giorno diversi quando siamo all'interno della discussione di uno di essi ? Se «sì», va benissimo. Vorrei sapere questo, se ha un po’ di tempo per spiegarlo.

  PRESIDENTE. La proposta di rinvio è fatta sui due punti, se c’è una richiesta di votazione per parti separate dei due punti differentemente, si può fare, diversamente rimane la richiesta di votazione su questi due punti. Quindi, così è: se non vi sono richieste di votazioni separate, la richiesta, essendo unica, si vota in maniera unitaria.
  Passiamo, dunque, ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinviare ad altra seduta il seguito della discussione delle proposte di legge in materia di scambio elettorale politico-mafioso ed in materia di messa alla prova. La relativa calendarizzazione sarà stabilita dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani, alle ore 14.

  (È approvata).

  La Camera approva per 152 voti di differenza.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e, a partire dalle ore 16, con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per un efficace utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio Pag. 40d'Europa e per favorire l'integrazione tra tali risorse e quelle dell'Unione europea.

  La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

(Iniziative per sviluppare l'informatizzazione e la digitalizzazione e per l'attuazione dell'Agenda digitale – n. 3-00705)

  PRESIDENTE. La deputata Bergamini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00705, concernente iniziative per sviluppare l'informatizzazione e la digitalizzazione e per l'attuazione dell'Agenda digitale (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, rivolgo questa interrogazione al Ministro dello sviluppo economico. La mia interrogazione concerne, come dicevate, l'Agenda digitale o, meglio, la piena attuazione dell'Agenda digitale. Dal Governo Monti in avanti, i primi Ministri che si sono succeduti hanno più volte detto che l'Agenda digitale è uno dei punti cardine per lo sviluppo e la modernizzazione del nostro Paese, che vale più di una manovra economica in termini di creazione di posti di lavoro, di sburocratizzazione e di possibilità di sviluppo delle nostre piccole e medie imprese. Tuttavia, il piano della nostra Agenda digitale, al momento, dei cinquantacinque adempimenti necessari per diventare realtà ne registra come compiuti soltanto diciassette. E per ventuno di quelli che ancora non sono avvenuti, ormai, i termini sono scaduti. Vogliamo sapere se il Governo intende prendere una posizione e portare a compimento questo piano strategico così importante.

  PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere.

  FEDERICA GUIDI, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, io ringrazio l'onorevole Bergamini e condivido pienamente lo spirito di questa interrogazione, evidenziando l'importanza dell'attuazione dell'Agenda digitale quale volano per lo sviluppo economico del nostro Paese. Noi siamo consapevoli, il Governo è consapevole dei ritardi nell'attuazione dei provvedimenti in materia di Agenda digitale e l'impegno sarà massimo per sbloccare il processo di digitalizzazione a vantaggio dei nostri cittadini e, come lei ha detto, soprattutto, anche delle piccole e medie imprese.
  Per quanto riguarda il profilo infrastrutturale, che è quello che, come lei sa, è di più diretta competenza del mio Ministero, ci sono vari profili di interesse. Le infrastrutture digitali sono senz'altro le autostrade del futuro e il mercato da solo, purtroppo, non è in grado di coprire capillarmente le esigenze del territorio. Le aree cosiddette a fallimento di mercato, cioè quelle in cui gli operatori di rete non hanno probabilmente interesse ad investire, superano di gran lunga il 50 per cento del Paese. In altre parole, senza un intervento pubblico a sostegno avremmo due Italie a velocità distinte e una sarebbe inevitabilmente esclusa dalla competizione globale, perché non sarebbe connessa al servizio di almeno 30 megabit al secondo. Dunque, l'impegno del mio Ministero è di portare a termine certamente i piani infrastrutturali già avviati, e questo è un impegno prioritario.
  Grazie al Piano nazionale a banda larga attuato dal Ministero dello sviluppo Pag. 41economico, ricordo anche che il digital divide di prima generazione – quindi, parliamo di almeno due megabit al secondo – è stato quasi completamente risolto ed è stato inoltre definito un Piano strategico banda ultra larga, ai sensi della legge n. 111 del 2011, e approvato dalla Commissione europea. Qui si definiscono sostanzialmente tre modelli di intervento pubblico, che variano a seconda delle modalità di coinvolgimento degli operatori privati nel pieno rispetto della neutralità tecnologica e, più in generale, degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato in materia di banda larga. Il Piano è già stato attuato nelle regioni del sud a valere sui fondi comunitari 2007-2013 e, non appena disponibili, vi confluiranno i fondi europei 2014-2020, nonché anche parte del Fondo per lo sviluppo e la coesione in corso di programmazione.
  In coerenza con il decreto «Destinazione Italia» e con la strategia indicata dall'accordo di partenariato europeo, stiamo definendo soluzioni per colmare il grave cultural divide nazionale e si tratta di misure volte ad incrementare l'uso dell’e-commerce, anche transfrontaliero, e a garantire la sicurezza informatica, privilegiando, al contempo, soluzioni di cloud computing e, soprattutto, a sviluppare competenze digitali che nel 2015, secondo i dati della Commissione europea, saranno richieste per il 90 per cento delle attività.
  Dunque, una seria politica di digitalizzazione, sia sul versante delle infrastrutture sia su quello dei servizi, supportata da una governance snella ed immediatamente operativa, credo anch'io sia la chiave per lo sviluppo economico del nostro Paese.

  PRESIDENTE. La deputata Bergamini ha facoltà di replicare.

  DEBORAH BERGAMINI. Signora Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta, risposta della quale sono parzialmente soddisfatta; naturalmente apprendo con favore l'intenzione di terminare i piani infrastrutturali che sono necessari alla piena implementazione dell'Agenda digitale. Sappiamo bene che quello è uno scoglio importante per lo sviluppo dell'Agenda. Prendo atto anche del fatto che da parte di questo Governo c’è un impegno – tra l'altro, preso non più tardi del 19 marzo scorso dal Presidente del Consiglio Renzi che tra l'altro, ha detto di voler organizzare un importante evento, proprio in Italia, dei 28 Paesi – proprio sul tema dell'Agenda digitale, ma la questione qui è che ne abbiamo parlato tante volte in quest'Aula dell'implementazione e del completamento, tuttavia l'implementazione e il completamento tardano ad arrivare, e il rischio è che a forza di parlare di Agenda digitale si finisca per trasformarla in una «leggenda» digitale. Non ce lo possiamo più permettere perché noi sappiamo molto bene che anche in termini di lotta alla burocrazia imperante e conseguentemente anche di corruzione – perché dobbiamo tenere presente anche questo elemento – noi non potremo più prescindere dalla piena attuazione del piano di Agenda digitale. E non potremo farlo anche perché il problema del nostro Paese è una crescita estremamente lenta, anzi negativa negli ultimi anni, come ci dicono i dati, e se noi non riusciremo a recuperare, a mettere in condizione le piccole e medie imprese, che sono il tessuto economico vero del nostro Paese di essere competitive e di superare quel ritardo rispetto ai competitor europei che è anche causato dai nostri ritardi in termini proprio di digitalizzazione e di e-commerce – lei Ministro lo citava poco fa – noi non faremo un servizio al nostro Paese. Continueremo a combattere, a fare i compiti a casa, a imporre rigore, ma non faremo crescere la produttività, e di quello abbiamo bisogno come del pane.

(Iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento Askoll di Castell'Alfero in provincia di Asti – n. 3-00706)

  PRESIDENTE. Il deputato Paolo Nicolò Romano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00706 concernente iniziative Pag. 42volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento Askoll di Castell'Alfero in provincia di Asti (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signora Presidente, in questo preciso istante centinaia di lavoratori e lavoratrici della Askoll P&C di Castell'Alfero in provincia di Asti stanno presidiando lo stabilimento per protestare contro la decisione dell'azienda di procedere alla sua definitiva chiusura. Questo, a fronte di accordi precedentemente firmati tra azienda e sindacati, volti al rilancio delle attività del sito che sono stati unilateralmente disattesi dalla parte datoriale. Duecentoventitré lavoratori dal 7 giugno prossimo saranno senza lavoro. A nulla sono serviti gli incentivi economici promossi dalla regione Piemonte, la riduzione degli oneri contributivi per i contratti di solidarietà e la disponibilità dei lavoratori e delle lavoratrici a nuovi ulteriori sacrifici. L'azienda si è mostrata rigida su tutti i punti, non accettando nessun confronto nel merito dei dati tecnici ed economici esibiti dalle istituzioni e dalle parti sociali poiché ha già deciso di spostare la produzione in Slovacchia. Pertanto chiedo al Ministro, che sappiamo di delocalizzazioni se ne intende, quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Castell'Alfero così da salvaguardare un sito di eccellenza internazionale nella progettazione e produzione di motori elettrici.

  PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere.

  FEDERICA GUIDI, Ministro dello sviluppo economico. Signora Presidente, la crisi aziendale della Askoll di Castell'Alfero si è manifestata, secondo quanto è stato dichiarato anche dai vertici aziendali, a causa della forte riduzione dei volumi produttivi e del progressivo trasferimento delle produzioni e dei principali clienti, soprattutto clienti, nei Paesi low cost e della sempre più aggressiva concorrenza da parte di produttori asiatici capaci di produrre il medesimo prodotto a prezzi più bassi rispetto a quelli del sito citato. La società aveva già avviato nel 2009 un piano di ristrutturazione per rendere maggiormente competitiva l'azienda grazie a interventi da realizzare nello stabilimento per oltre sette milioni di euro. Nell'ambito di tale piano, si prevedeva di rendere lo stabilimento piemontese un centro di competenza delle piattaforme a motore destinate alla produzione del motore BPM Askoll Motor. Tuttavia, nonostante i citati investimenti si è mantenuto un perdurante stato di difficoltà. Tale situazione è nota a tutte le parti coinvolte ed è stata affrontata attraverso un accordo sindacale del 3 marzo 2012 e successivamente con un ulteriore accordo sottoscritto in data 5 giugno 2012 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
   Ciò premesso, all'inizio di quest'anno le organizzazioni sindacali hanno interessato il Ministero dello sviluppo economico circa le criticità produttive e occupazionali del sito in questione anche a seguito della comunicazione del licenziamento collettivo il 25 febbraio scorso.
  Di conseguenza, il Ministero ha attivato un confronto istituzionale tra tutte le parti coinvolte. Nell'ambito degli incontri tenutisi al Ministero dello sviluppo economico, l'azienda ha dichiarato che lo stabilimento ha riportato negli ultimi anni perdite costanti.
  Inizialmente, la stessa aveva dato la propria disponibilità ad accogliere la richiesta del Ministero di sospendere la procedura di mobilità purché fosse ripresa la produzione. Successivamente, nonostante la disponibilità prospettata dalla regione Piemonte, oltre che dal Ministero, il management ha ribadito la propria decisione di chiusura sottolineando che essa è stata determinata da una situazione di insostenibilità economica dello stabilimento.
  Il Ministero dello sviluppo economico, unitamente alle istituzioni presenti, ribadendo la propria contrarietà alla decisione di chiusura, ha preso atto della decisione Pag. 43aziendale di ritenere vano qualsiasi tentativo di approfondimento alla luce delle disponibilità istituzionali. Il tavolo dunque rimane aperto e verrà aggiornato a breve per seguire l'evolversi della situazione.
  Quello che posso aggiungere è che, non solo il Ministero che rappresento, ma anch'io personalmente, per l'esperienza maturata in un settore che è quello del manifatturiero, le posso garantire che tutto il mio impegno personale, non solo del Ministero, verrà posto nel tentativo di cercare di mantenere al massimo l'occupazione in questo caso, come in tanti altri che purtroppo al Ministero abbiamo.

  PRESIDENTE. Il deputato Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signora Presidente, signora Ministro, non posso ritenermi soddisfatto della sua risposta.
  La ragione per cui noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo deciso di sollevare all'attenzione nazionale il caso specifico della Askoll di Castell'Alfero è perché essa rappresenta in maniera cristallina un utilizzo fraudolento dello strumento della delocalizzazione produttiva. L'ex Ceset di Castell'Alfero è sempre stata leader nel mondo nella produzione di motori elettrici per applicazioni domestiche, e potrebbe esserlo anche per la mobilità sostenibile; invece, acquistata nel 2009 dalla holding Askoll Spa, insieme all'altro stabilimento di Moncalieri, appartenenti entrambi al gruppo americano della Emerson appliance motors europe, nel giro di pochi anni, sono stati drasticamente ridimensionati, al punto che il sito di Moncalieri è stato chiuso nel 2011 e analoga sorte spetta il prossimo giugno a quello di Castell'Alfero, lasciando a casa quindi più di 600 persone.
  Mi chiedo perché acquistare gli stabilimenti industriali, se l'intenzione sia poi di chiuderli. Semplice: l'obiettivo è togliere di mezzo un potenziale competitore e appropriarsi di conoscenze, competenze e tecnologie da trasferire all'estero.
  Quello che dico non è frutto di un'opinione personale, ma di una tesi che trova riscontro in un documento riservato, che è stato reso fortunatamente pubblico da alcuni organi di stampa, relativo ad un piano per la chiusura dello stabilimento di Castell'Alfero, redatto già in tempi non sospetti, che evidenziava la volontà, da tempo maturata dai vertici aziendali, di delocalizzare all'estero la sua produzione.
  Entrambe le chiusure quindi sono in realtà parte di una strategia preordinata, partita dai più alti livelli aziendali, volta a delocalizzare all'estero conoscenze, competenze e tecnologia italiane. Ebbene, questo modo fraudolento di operare a danno del Paese e dei suoi lavoratori non possiamo più tollerarlo. La desertificazione del tessuto produttivo nel nostro Paese è ormai un fenomeno che ha raggiunto dimensioni allarmanti. Non c’è solo la fuga dei cervelli, ma anche quella delle imprese e lei, signora Ministro, di questo se ne intende, visto che è stata definita la «Ministra delle delocalizzazioni».
  Per questo motivo, noi del MoVimento 5 Stelle non possiamo avere nessuna fiducia del suo operato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Chiarimenti in merito ai requisiti per l'accesso al pensionamento dei dipendenti di enti non commerciali operanti in aree disagiate nel settore della sanità privata e con organico superiore a 1800 unità lavorative – n. 3-00707)

  PRESIDENTE. Il deputato Matarrese ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00707, concernente chiarimenti in merito ai requisiti per l'accesso al pensionamento dei dipendenti di enti non commerciali operanti in aree disagiate nel settore della sanità privata e con organico superiore a 1.800 unità lavorative (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, l'interrogazione ha ad oggetto un chiarimento normativo utile e assai importante per dirimere una questione, che Pag. 44ha anche delle implicazioni sociali, che riguarda un istituto ecclesiastico che svolge attività sanitaria di particolare rilevanza e importanza nel territorio di Bari, in particolare nella provincia di Bisceglie, che ha avviato nel febbraio del 2013 una procedura di licenziamento concordata con il Ministero per 548 unità, col presupposto della legge n. 289 del 2002 che, per questi particolari enti che non svolgono attività profit, quindi svolgono attività no profit nella sanità, in particolare privata, in condizione di disagio economico generalizzato, come purtroppo è nella mia regione, che è appunto la Puglia, possono godere dei trattamenti di indennità per mobilità per 66 mesi e quindi a un successivo pensionamento all'età di sessant'anni, previ trent'anni di contributi.
  L'introduzione della legge Fornero è chiaro che ha alzato questi limiti, quindi rendendo incompatibile il presupposto...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

  SALVATORE MATARRESE. Quindi, si chiede quale sia la norma da applicare per consentire l'accompagnamento dalla mobilità al pensionamento, al fine di evitare ripercussioni sociali a persone che si troveranno di fatto senza reddito.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Matarrese, l'interrogazione riguarda la possibilità per i lavoratori dipendenti di enti non commerciali operanti nel settore della sanità privata in aree disagiate e collocati in mobilità, ai sensi dell'articolo 41, comma 7, della legge n. 289 del 2002, di accedere al pensionamento sulla base dei requisiti stabiliti dall'articolo 11 della legge n. 724 del 1994, più favorevoli rispetto a quelli stabiliti dalla cosiddetta riforma Fornero.
  Con questa disposizione il legislatore ha inteso riconoscere ad enti non commerciali operanti nel settore della sanità privata in aree disagiate la possibilità che al personale dichiarato in esubero possano applicarsi specifici istituti finalizzati al reinserimento lavorativo. Al riguardo, faccio presente che sulla questione il Ministero che rappresento si è già pronunciato con la risposta ad un interpello del 19 ottobre 2012, n. 30, in cui ha espressamente chiarito che i lavoratori destinatari del trattamento di mobilità di cui all'articolo 41, comma 7, della legge n. 289 del 2002, al fine di conseguire il diritto ai trattamenti pensionistici, devono perfezionare i requisiti sulla base della disciplina dettata per la generalità dei lavoratori dipendenti. Inoltre, occorre considerare che sotto la vigenza della legge n. 289 del 2002 la disciplina di trattamenti pensionistici per la generalità dei lavoratori trova la propria fonte normativa nell'articolo 59, comma 6, della legge n. 449 del 1997, fatta eccezione per i lavoratori cosiddetti precoci, i quali, ai fini pensionistici, possono vantare solo il requisito contributivo.
  Da quanto detto discende che la categoria dei lavoratori in mobilità non può essere considerata come categoria a carattere speciale ai fini della disciplina per l'accesso alla pensione. Di conseguenza, anche i lavoratori destinatari delle indennità di mobilità, ai sensi dell'articolo 41, comma 7, della legge n. 289 del 2002, devono perfezionare i requisiti pensionistici sulla base della disciplina dettata per la generalità dei lavoratori dipendenti.
  Tanto premesso, riguardo alla vicenda relativa ai lavoratori della «Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza» cui fa specifico riferimento l'onorevole interrogante, faccio presente che con l'accordo del 22 febbraio 2013 le parti sociali, al fine di evitare conseguenze traumatiche per i livelli occupazionali della congregazione, hanno convenuto di gestire i dichiarati esuberi attraverso il ricorso ad un contratto di solidarietà di tipo difensivo e all'istituto della mobilità incentivata, anche al fine di conseguire la maturazione dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico.Pag. 45
  In conclusione, aggiungo che la disciplina di cui al più volte citato articolo 41 subisce una deroga nei confronti di quei lavoratori collocati in mobilità che possano dimostrare il possesso di specifici requisiti previsti dalle misure di salvaguardia adottate a seguito della riforma pensionistica del 2011 e il cui pensionamento può quindi avvenire sulla base della normativa antecedente alla riforma Fornero.

  PRESIDENTE. Il deputato Matarrese ha facoltà di replicare.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio, reputo la risposta esaustiva, se non altro per aver fatto chiarezza su un coacervo di situazioni che avevano creato un disagio a livello locale, perché molti lavoratori non sapevano più in quali fattispecie si trovavano, anche se mi pare di capire che molti di essi, con l'innalzamento del livello pensionistico, probabilmente si troveranno a un'età avanzata senza lavoro. Questo è l'aspetto più negativo della vicenda, anche se la chiarezza, molto spesso, in queste logiche di norme così complicate, finisce per diventare triste per i lavoratori. Ne prendiamo atto; alla soddisfazione per la risposta c’è il rammarico per il contenuto della risposta stessa.

(Iniziative in materia di riforma del mercato del lavoro – n. 3-00708)

  PRESIDENTE. La deputata Titti Di Salvo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00708, concernente iniziative in materia di riforma del mercato del lavoro (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, signori Ministri, una domanda al Governo e a lei signor Ministro, per capire il senso della direzione di marcia vero del Governo sulle politiche del lavoro. Infatti, voi avete scelto il passo lento del disegno di legge per parlare di riordino delle 45 forme di tipologie contrattuali che oggi esistono nel mercato del lavoro e il passo della marcia veloce per parlare di un decreto che va, secondo noi, in senso totalmente contrario: non riordina ma aggiunge precarietà.
  La domanda è: qual è la direzione di marcia vera che il Governo vuole intraprendere sulla necessità, a nostro avviso, di contrastare la precarietà e agire sul valore del lavoro, che è l'unica risorsa dell'impresa vera, come sanno, immagino, le imprese sane che si misurano con questo tema ? Soltanto il valore del lavoro aiuta un'impresa a competere, non la precarietà. Lo dice anche l'OCSE.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, come è già ricordato nel testo dell'interrogazione, nella riunione del 12 marzo 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato due importanti provvedimenti in materia di occupazione i cui contenuti vanno considerati in modo complementare in ragione degli obiettivi che, su diversi versanti, il Governo intende perseguire per rilanciare l'occupazione nel nostro Paese.
  In particolare, il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri e già entrato in vigore, che proprio oggi inizia il suo iter di conversione alla Camera dei deputati, è un provvedimento urgente che si compone di soli 6 articoli, con il quale il Governo intende dare una risposta immediata alle difficoltà del nostro tessuto produttivo e occupazionale.
  In questa sede, per stare al tema posto dall'onorevole interrogante, mi limiterò a illustrare le semplificazioni introdotte per il contratto di lavoro a termine. Obiettivo delle misure di semplificazione contenute nel decreto-legge è quello di superare alcune rigidità che, nella pratica applicazione, avevano reso poco agevole il ricorso a queste due forme contrattuali penalizzando l'occupazione. In particolare, per quanto attiene al contratto di lavoro a termine, il decreto interviene eliminando il requisito della cosiddetta «causale» per Pag. 46poter accedere a tale forma contrattuale ovvero per poter prorogare la durata di un contratto a termine già in essere prima della sua scadenza. Si è inteso in tal modo rimuovere un elemento che si era rivelato molto spesso di difficile individuazione al punto da diventare origine di un diffuso contenzioso giudiziario tra le parti, che ha finito per rendere oltremodo incerta la reale fisionomia di questo strumento contrattuale.
  Per quanto attiene alla possibilità di prorogare la durata del contratto a termine nell'arco di un triennio, occorre considerare che il decreto-legge è intervenuto unicamente sull'istituto della proroga del contratto a tempo determinato prevedendo che questo tipo di rapporto possa essere prorogato fino ad un massimo di otto volte, a condizione che ci si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato e che venga rispettata la durata complessiva del rapporto già stabilito in 36 mesi.
  Nessuna modifica invece il decreto apporta alla disciplina del rinnovo del nuovo contratto a termine già scaduto, che continua ad essere regolata dalle disposizioni del decreto legislativo n. 368 del 2001.
  L'altro provvedimento in materia di occupazione, approvato sempre nella riunione del Consiglio dei ministri del 12 marzo, è invece costituito da un disegno di legge che attribuisce al Governo apposite deleghe – 5 per la precisione – in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione. Tra queste deleghe rientra quella volta a riformare e semplificare le tipologie contrattuali attualmente previste, nella prospettiva di dotare finalmente il nostro sistema di un insieme omogeneo di norme volte a regolare in modo più semplice e coerente i diversi istituti contrattuali.
  In considerazione della delicatezza delle questioni oggetto di intervento, il Governo ha ritenuto che lo strumento della delega legislativa potesse meglio assicurare la necessaria valutazione delle diverse misure da adottare, anche attraverso un confronto costruttivo con le parti sociali e tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ferma restando la responsabilità ultima del Governo in ordine alle scelte che verranno adottate.

  PRESIDENTE. La deputata Di Salvo ha facoltà di replicare.

  TITTI DI SALVO. Signor Ministro, noi non abbiamo trovato nelle sue parole la risposta alle nostre domande. Però c’è una notizia: il rapporto costruttivo con le parti sociali, e questa è una notizia positiva che accogliamo volentieri. Invece sul resto troviamo esattamente invertito l'ordine dei fattori, cioè il problema del mercato del lavoro italiano, il cui riordino non crea occupazione perché non si crea occupazione con le regole, è la precarietà che, anche se poca, è sempre un problema. Questo è il punto.
  Allora, l'urgenza sta nel riordinare il mercato del lavoro nel senso di eliminare la precarietà, che non è un fattore competitivo di qualità, non è in quel modo che le aziende possono competere. Dice l'OCSE – lo dicevo già prima – che la precarietà abbassa la produttività di sistema e delle imprese. Ora, l'urgenza sta lì. Inserire nel disegno di legge, quindi con un percorso più lento, un riordino, peraltro finalizzato a un contratto unico che ha tre anni di prova, diciamo così, e, contemporaneamente, mettere l'urgenza sui contratti a termine, che sono la modalità prevalente di assunzione con rinnovi possibili per 36 mesi, vuol dire, in un mercato del lavoro in cui la durata media di un rapporto di lavoro è di 15 anni, 6 anni di prova su un rapporto di lavoro che mediatamente ne dura 15.
  A nostro avviso, è il contrario di ciò che serve, non solo alle persone, ma ad un'impresa sana, per competere. Noi pensiamo che qui stia l'errore, cioè che ci sia un'ambiguità politica di fondo che spiega poi i due sensi differenti. A nostro avviso, i due disegni di legge sono ispirati da visioni differenti e l'ambiguità di fondo sta esattamente Pag. 47nel pensare che invece bisogna dare un segnale che è quello di incentivare l'uso dei contratti a termine, cioè l'uso dell'arbitrio nei rapporti di lavoro come scelta vincente.
  Noi pensiamo sia un errore; per questo siamo totalmente contrari e per questo non siamo assolutamente soddisfatti della sua risposta, ma lei questo se lo sarà già immaginato avendo noi stamattina presentato la pregiudiziale di costituzionalità esattamente sul contratto a termine (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte ad attuare la «staffetta generazionale» per favorire l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro – n. 3-00709)

  PRESIDENTE. Il deputato Formisano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00709, concernente iniziative volte ad attuare la «staffetta generazionale» per favorire l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, Ministro, nell'annunciare l'interrogazione il Presidente ha parlato di «staffetta generazionale», un termine che a noi sta a cuore. Noi di Centro Democratico siamo riusciti – e di questo vi potete avvantaggiare – ad ottenere una mozione votata dall'intero Parlamento, questo Parlamento, a giugno dell'anno scorso, circa tutte le iniziative idonee per realizzare la staffetta generazionale e, in corso di esame della legge di stabilità dell'anno scorso, abbiamo anche ottenuto che questo Parlamento all'unanimità approvasse un ordine del giorno in tale direzione. Qual è il presupposto, Ministro ? Che con il costo di un lavoratore sessantenne e, quindi, magari pensionabile pre-Fornero si possono pagare due giovani venticinquenni. Si parte da questo assunto, che non è creazione di nuovo lavoro ma sarebbe creazione sicuramente di nuova economia per il Paese.
  Abbiamo acquisito qualche timida apertura in tale direzione dalla Ministra Madia ieri, però vorremmo capire, rispetto a quella che è la strada spianata che il Parlamento vi ha dato su questo istituto, cosa intende fare questo Governo, che ci pare cominci a muovere bene i primi passi ma occorre però che agli italiani diciamo in concreto se, come e quando ci saranno questi nuovi posti di lavoro.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Formisano, vorrei ribadire che il tema della disoccupazione, in particolare il tema della disoccupazione giovanile, riveste un'assoluta centralità nell'agenda del Governo. Com’è noto, infatti, è appena entrato in vigore il decreto-legge n. 34 con il quale sono state introdotte disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione. Inoltre, sempre nell'ambito degli interventi volti a incrementare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, il Governo, di concerto con le regioni, ha intrapreso azioni concrete volte all'attivazione della «garanzia giovani», che permetterà di offrire a giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni un percorso di formazione, di apprendistato, un tirocinio o un rapporto di lavoro entro quattro mesi dal termine degli studi o dall'ultimo rapporto di lavoro.
  Per quanto concerne lo specifico tema della staffetta generazionale, ricordo che il Ministero del lavoro, con decreto direttoriale del 19 ottobre del 2012, ha già promosso l'iniziativa sperimentale, finanziata con le risorse assegnate alle regioni nell'ambito del progetto realizzato da Italia Lavoro, «Azione di sistema Welfare to work per le politiche di reimpiego 2012-2014», alla quale sono stati destinati più di 40 milioni di euro proprio al fine di introdurre un meccanismo di staffetta generazionale. Con questa iniziativa si è voluto promuovere l'inserimento lavorativo dei giovani privi di occupazione attraverso Pag. 48l'attivazione di un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato parallelamente al mantenimento nella stessa azienda di lavoratori anziani over 50 titolari di un contratto a tempo pieno che si trovano nella necessità di continuare a prestare la propria attività lavorativa per raggiungere i requisiti pensionistici.
  In questi casi, il meccanismo della staffetta prevede che il lavoratore anziano accetti volontariamente la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in part-time, a fronte del riconoscimento di una integrazione contributiva a titolo di contribuzione volontaria, versata dalla regione o dalla provincia autonoma all'INPS, la quale servirà a garantire la copertura integrale del delta contributivo che si verrà a determinare per effetto della trasformazione del contratto di lavoro. Contestualmente, attraverso l'assunzione del giovane lavoratore si determina un saldo occupazionale positivo.
  Per quanto riguarda le modalità per l'utilizzo delle risorse, preciso che le regioni e le province autonome attivano intese con l'INPS per la quantificazione dell'onere finanziario e per le comunicazioni dei soggetti beneficiari dell'integrazione contributiva volontaria, provvedendo al trasferimento all'INPS dei contributi previdenziali aggiuntivi in favore del lavoratore anziano, ciò al fine di garantire a quest'ultimo un livello di copertura pensionistica adeguato. Inoltre, le stesse regioni e province autonome comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e a Italia Lavoro gli importi che ritengono di destinare a tale intervento. Vorrei altresì ricordare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di assicurare la necessaria coerenza con l'attuazione della sperimentazione, ha emanato, nell'aprile 2013, apposite linee guida.
  In conclusione, vorrei ribadire l'impegno del Governo a seguire con la massima attenzione l'attuazione della sperimentazione in corso, al fine di poterne valutare gli effetti complessivamente prodotti in vista di un'eventuale estensione a tutto il territorio nazionale dello strumento della staffetta generazionale.

  PRESIDENTE. Il deputato Formisano ha facoltà di replicare.

  ANIELLO FORMISANO. Grazie Presidente, grazie anche a lei, Ministro, perché finalmente cominciano a venire dati certi e non enunciazioni di principio. È chiaro che di fronte a due pronunciamenti autorevoli del Parlamento voi avete veramente una strada spianata. Peraltro, è di questi giorni la notizia che in Germania, per esempio, stanno incentivando un prepensionamento, stanno mettendo un po’ di soldini, come mano pubblica, per creare occupazione lavorativa per i giovani. Voglio dire che su queste cose – e mi pare, però, che voi vi stiate muovendo bene, almeno i primi passi vanno in questa direzione – non abbiate paura. Troverete non solo il Parlamento con voi, ma gli italiani con voi.
  Io sono espressione di una parte dell'Italia che su queste vicende, drammaticamente e quotidianamente, vive i suoi problemi e, quindi, quando riusciamo a dire, come stiamo facendo adesso, che c’è una risposta per i nostri giovani, soprattutto quelli del Sud, in qualche modo ridiamo la speranza di credere in istituzioni sane, che riescono a dare risposte ai problemi concreti dei cittadini.
  Le voglio dire una cosa, perché vi chiederei un po’ di attenzione. Quello che noi stiamo tentando di fare, come mano pubblica, le banche lo stanno già facendo da due anni. Stanno prepensionando un sessantenne e stanno assumendo un venticinquenne, il più delle volte figlio. Ovviamente, in queste condizioni chi ci guadagna è solo la banca, perché riduce della metà uno stipendio, ma sempre un lavoratore è. Io non so quale possa essere lo strumento attraverso il quale, invece, fare le cose, che lei diceva, estendibili a tutto il territorio nazionale. Se il risparmio ci deve essere per l'istituto privato, ci sia, ma che questo serva a implementare la presenza numerica al lavoro.Pag. 49
  Quindi, concludo, grazie per il tempo in più, Presidente. Su queste cose noi deputati di Centro Democratico saremo particolarmente attenti, perché pensiamo che queste siano le cose che consentiranno all'Italia a piè pari di superare la fase di difficoltà, che credo sia alle nostre spalle. La interrogheremo ancora, perché vorremo rendere edotti gli italiani dei passi successivi e, soprattutto, delle scadenze e delle date in cui si vedranno i frutti. Grazie e buon lavoro.

(Iniziative in materia di trattamento fiscale e previdenziale dei lavoratori frontalieri – n. 3-00710)

  PRESIDENTE. Il deputato Pizzolante ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00710, concernente iniziative in materia di trattamento fiscale e previdenziale dei lavoratori frontalieri (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, signor Ministro, sulla questione dei frontalieri noi abbiamo approvato, pochi mesi fa qui in Aula, una mozione con l'obiettivo di ridefinire lo status dei frontalieri ed uno statuto ad hoc per il lavoro frontaliero, che non ha avuto ancora seguito. Poi, abbiamo approvato, invece positivamente, la franchigia per i frontalieri nella legge di stabilità. Rimane aperta la questione, prevista nella Convenzione con la Repubblica di San Marino, di una legge ordinaria per il lavoro frontaliero per i lavoratori di San Marino. Ci sono su questo tema delle iniziative di legge parlamentari e volevo sapere cosa intende fare il Governo, anche in attuazione del Protocollo con San Marino, sulla finalità della legge ordinaria.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, qui ci soffermiamo sul tema della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 21 marzo 2002, e il relativo protocollo di modifica del 13 giugno 2012, entrambi ratificati dalla legge del 19 luglio 2013, n. 88.
  Queste norme non contengono disposizioni in materia previdenziale, bensì soltanto in materia tributaria, essendo rivolte ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e a prevenire le frodi fiscali. Il tema sollevato dall'onorevole Pizzolante fa quindi riferimento a misure di carattere fiscale che non rientrano nelle dirette competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulle quali mi limiterò a riportare le informazioni fornite dal Ministero dell'economia e dall'Agenzia delle entrate.
  In primo luogo, occorre considerare che, per quanto attiene alla materia tributaria, il citato Protocollo di modifica della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino stabilisce tra l'altro che la Repubblica italiana assoggetterà a tassazione il reddito lordo dei lavoratori frontalieri residenti in Italia conseguito nella Repubblica di San Marino con le modalità che saranno stabilite con legge ordinaria e che quest'ultima potrà determinare una quota del reddito lordo dei lavoratori frontalieri esenti da imposta in Italia.
  Peraltro il trattamento fiscale dei redditi di lavoro dipendente prestato all'estero in zona di frontiera è stato recentemente disciplinato dalla legge di stabilità per il 2014, articolo 1, comma 175, il quale prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, il reddito da lavoro dipendente prestato all'estero in zona di frontiera o in altri Paesi limitrofi al territorio nazionale, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto tra soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano, concorre a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente 6.700 euro. Tale disposizione, che rende permanente l'esenzione Pag. 50di 6.700 euro, già prevista in via transitoria da precedenti provvedimenti normativi, si applica anche ai lavoratori frontalieri residenti in Italia per il reddito di lavoro dipendente conseguito nella Repubblica di San Marino e costituisce, quindi, una misura che dà attuazione a quanto previsto dal citato Protocollo di modifica della Convenzione.
  Vorrei richiamare, inoltre, la delega al Governo per la revisione del sistema fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, che all'articolo 12 reca un criterio di delega in materia di revisione della disciplina impositiva, riguardante tra l'altro il regime dei lavoratori all'estero e dei lavoratori frontalieri.
  Vorrei segnalare, infine, sulla base degli elementi forniti dal Ministero degli affari esteri, che la Repubblica di San Marino, con l'approvazione della legge n. 166 del 2013, ha esteso anche ai lavoratori frontalieri, alle stesse condizioni previste per i lavoratori residenti a San Marino, la possibilità di dedurre dalla propria base imponibile le spese per l'acquisto di beni e servizi effettuati nel territorio sammarinese con un tetto massimo di 9 mila euro di oneri deducibili sulla base di idonea certificazione di spesa.

  PRESIDENTE. Il deputato Pizzolante ha facoltà di replicare.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta del Ministro perché la questione che ho posto riguarda prima di tutto il tema della mozione, in cui è prevista la possibilità di lavorare sulla ridefinizione dello status del lavoro frontaliero e, nello stesso tempo, sullo statuto del lavoro frontaliero – questo riguarda tutti i lavoratori italiani –, e poi nello specifico, in questo quadro, è previsto nella Convenzione con San Marino il demando ad una legge ordinaria sul lavoro frontaliero che preveda gli aspetti fiscali, che solo parzialmente sono stati definiti nella legge di stabilità, e gli aspetti di carattere previdenziale e di status del rapporto di lavoro del lavoratore frontaliero a San Marino.
  Quindi, la risposta non è esaustiva, per noi non si esaurisce la questione della legge ordinaria prevista dalla Convenzione nell'emendamento sulla franchigia della legge di stabilità. Quindi, sono totalmente insoddisfatto. Ci sono dei progetti di legge, mio personale e dell'onorevole Arlotti, depositati in Parlamento, che dovranno avere il loro corso, che sono finalizzati a quello che sto dicendo io e non a quello che dicono gli uffici sul fatto che la questione della Convenzione e della legge ordinaria si esaurisca in quanto previsto nella legge di stabilità. Quindi, sono del tutto insoddisfatto.

(Iniziative a sostegno dei cittadini colpiti dalla crisi economica, anche attraverso l'individuazione delle risorse necessarie tra quelle destinate all'assistenza degli extracomunitari – n. 3-00711)

  PRESIDENTE. Il deputato Fedriga ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00711, concernente iniziative a sostegno dei cittadini colpiti dalla crisi economica, anche attraverso l'individuazione delle risorse necessarie tra quelle destinate all'assistenza degli extracomunitari (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, Ministro, siamo fortemente preoccupati per la politica sull'immigrazione che sta portando avanti questo Governo, non soltanto dal punto di vista sociale, e quindi per l'impatto dei grandi numeri che abbiamo visto da inizio anno – ricordo, dieci volte maggiori rispetto allo scorso anno –, ma anche per l'impatto economico che gli stessi hanno sulle casse dello Stato. Questo vuole dire distogliere risorse da interventi che riteniamo prioritari per il nostro Paese, prima di tutti quelli sul lavoro e quelli per affrontare la crisi occupazionale.
  Quindi, Ministro, le chiediamo se lei non ritenga opportuno farsi promotore di un'iniziativa al fine del riconoscimento ufficiale delle vittime della crisi economica, Pag. 51anche individuando le risorse all'interno di quelle destinate all'assistenza per gli extracomunitari, sulla base del principio di dare priorità ai cittadini del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Fedriga, con il quesito si chiede di valutare la tipologia e le modalità di intervento a fronte dei gravi problemi che la crisi ha scaricato sulle diverse categorie sociali del nostro Paese. A questo proposito, vorrei preliminarmente chiarire alcuni aspetti messi in evidenza nell'interrogazione relativi agli interventi che il nostro Paese garantisce ai cittadini stranieri presenti nel nostro territorio.
  Non possiamo, infatti, dimenticare che, ai sensi del Testo unico sull'immigrazione, allo straniero comunque presente nel territorio nazionale o alla frontiera, sono garantiti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Peraltro, la normativa comunitaria e internazionale in materia di asilo, recepita dal legislatore nazionale, prevede la predisposizione di idonee misure di accoglienza e di assistenza per i richiedenti asilo presenti nel territorio nazionale che non dispongono di propri mezzi di sussistenza. La stessa Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che i diritti che la nostra Costituzione proclama inviolabili spettano ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani.
  Sulla base di tali premesse, vorrei precisare che, in un percorso che ci vede tutti impegnati a costruire un tessuto sociale più coeso e solidale, non possiamo considerare in modo contrapposto tra loro diverse categorie di persone che, seppur per ragioni diverse, si trovano a vivere in una condizione di fragilità. In tal senso, appaiono evidenti gli sforzi compiuti finora non solo da questo Governo, ma anche dai precedenti Esecutivi, di dare risposte ai diversi gruppi sociali fortemente colpiti dalla perdurante crisi economica, e, ciononostante, la necessità di misurarsi, come noto, con disponibilità di risorse finanziarie limitate.
  Ferma restando, quindi, la doverosità di questi interventi, è evidente l'impegno del Governo nella realizzazione di ogni sforzo volto a proteggere quanti hanno subito l'impatto della crisi finanziaria negli anni. Mi riferisco, in primo luogo, alle risorse che abbiamo destinato al finanziamento degli ammortizzatori sociali come risposta alla difficoltà del nostro tessuto occupazionale e allo sforzo di questo Governo di reperire le risorse per il pagamento della cassa integrazione in deroga per tutto il 2014, e ancora, a diverse misure di salvaguardia – al momento, cinque complessivamente – finora adottate per assicurare protezione alle varie platee dei lavoratori maggiormente penalizzati dalla riforma pensionistica del 2011. Analogamente, potremmo citare gli aiuti alle imprese che abbiamo cercato di attivare con gli ultimi provvedimenti del nostro Governo.
  Da ultimo, vorrei ricordare che, nel corso del secondo semestre 2013, è partita in 12 città italiane con più di 250 mila abitanti la sperimentazione della cosiddetta «nuova carta acquisti» prevista dall'articolo 60 del decreto-legge n. 5 del 2012. Lungo questo percorso va ricordato, infine, che la legge di stabilità 2014 ha destinato 40 milioni di euro per un triennio affinché questa misura sperimentale, denominata «sostegno per l'inclusione attiva», possa essere progressivamente estesa a tutto il territorio nazionale quale misura nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale.
  Noi pensiamo che il complesso di queste misure sia quanto oggi il nostro Paese può fare, e vuole fare, a difesa dei cittadini che sono stati pesantemente colpiti da questa crisi.

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  PRESIDENTE. Il deputato Fedriga ha facoltà di replicare.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Ministro forse nella risposta che le hanno scritto non ci si rende conto dei dati reali, dei numeri reali, del costo dell'immigrazione clandestina, ma glieli voglio ricordare io visto che il Governo li tiene scientificamente nascosti: 190 milioni di euro all'anno per l'operazione Mare Nostrum che va a prendere clandestini per portarli sul nostro territorio; un miliardo e 400 milioni il costo diretto dell'immigrazione; un miliardo il costo base per i detenuti stranieri. Stimando poi il numero degli arrivi di quest'anno proiettati su base annuale e considerando quanto il Governo ha scelto di fare, ovvero di far alloggiare queste persone anche in strutture ricettive da più di 100 euro al giorno, si raggiungono 4 miliardi di euro all'anno. Inoltre, la notizia fresca è che il Governo vuole dare 20 euro al giorno – regalati – ad ogni detenuto, altri 500 milioni di euro all'anno. Se sommiamo le spese sanitarie per gli immigrati, le spese per ricorsi e atti giudiziari, le spese per l'assistenza, le spese accessorie, si potrebbero superare tranquillamente i 10 miliardi di euro all'anno. E lei ieri è venuto in Commissione lavoro a dire che non sono ancora state recepite e trovate le risorse per la cassa integrazione in deroga. Voi ancora non avete dato le coperture per gli esodati, provvedimento che avremo la prossima settimana in quest'Aula. Riteniamo inaccettabili le risposte di giustificazione che vorrebbero dire che è giusto regalare 15 euro al giorno per la tessera del telefono per i richiedenti asilo, che poi, ricordiamo, sono solamente meno del 10 per cento di coloro che arrivano clandestinamente nel nostro territorio.
  Ministro, in questo momento servono scelte coraggiose, la Lega Nord vuole portare avanti una scelta coraggiosa che è una scelta di buon senso ovvero dire con chiarezza: prima la nostra gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

(Chiarimenti in merito all'erogazione di pensioni di invalidità in relazione ai tagli annunciati dal Governo in ordine alla spesa pubblica – n. 3-00712)

  PRESIDENTE. La deputata Lenzi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Argentin ed altri n. 3-00712, concernente chiarimenti in merito all'erogazione di pensioni di invalidità in relazione ai tagli annunciati dal Governo in ordine alla spesa pubblica (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

  DONATA LENZI. Signor Presidente, faccio riferimento alle notizie di stampa relative a quello che ha comunicato il quarto Commissario alla spending review, il dottor Cottarelli, che per la quarta volta mette nel mirino l'area della disabilità, colpendo un settore dove la gente certo è in notevolissime difficoltà e che rappresenta una delle pochissime provvidenze che ha il nostro Paese, che è uno di quelli in Europa che meno interviene a sostegno della disabilità.
  È dal 2008 che noi facciamo verifiche con il piano straordinario di verifica nei confronti dei titolari delle invalidità: nel 2008 sono state 200 mila e 200 mila nel 2009, 350 mila nel 2010, salgono a 500 mila nel 2011. Noi abbiamo fatto i conti, secondo cui alla fine sono 800 mila le persone che sono state sottoposte a verifica. Vorremmo capire che cosa c’è ancora da controllare e se è proprio necessario sottoporre ad una tortura ancora persone che sono in condizione di disabilità e quali risultati ci sono.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere.

  GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti chiedono di conoscere, rispetto alle notizie diffuse, le eventuali modifiche delle disposizioni concernenti criteri per la concessione della pensioni d'invalidità e delle indennità di Pag. 53accompagnamento, e chiedono inoltre di conoscere quali siano i risultati e i relativi costi sostenuti dall'INPS per la campagna straordinaria di verifica contro i cosiddetti falsi invalidi.
  Preliminarmente, faccio presente che l'indennità di accompagnamento, disciplinata dalla legge n. 18 del 1980, è un istituto introdotto dal legislatore per sostenere tutti coloro che si trovano nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o che non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita abbisognano di una assistenza continua. Tale indennità, così come a suo tempo concepita dal legislatore, è irrogata al solo titolo della minorazione e non è quindi sottoposta alla cosiddetta prova dei mezzi.
  Pertanto, nel precisare che allo stato non vi sono ipotesi di modifica dei criteri di concessione di tali misure di sostegno, vorrei precisare che eventuali decisioni in materia andranno rimesse alla collegiale valutazione del Governo e non, quindi, del tecnico che ha predisposto una scheda di analisi ma che, da questo punto di vista, non produce esiti nel senso di una modifica della situazione, ciò se si considera che interventi di questo tipo non possono essere realizzati unicamente nell'ottica del contenimento della spesa pubblica, in quanto si correrebbe il concreto rischio di privare molte persone in condizioni di gravi disabilità e le loro famiglie dell'unico strumento di sostegno attualmente previsto dal nostro ordinamento. Non può essere infatti sottovalutato il fatto che allo stato tale strumento risulta essere sostitutivo di una serie di misure di presa in carico di natura universalistica, la cui erogazione risulta ancora molto carente nel nostro Paese rispetto ai più comuni standard internazionali. Per quanto concerne quindi questo punto non ci sono atti che modifichino la situazione in essere.
  Per quanto concerne il secondo quesito posto nel presente atto parlamentare, faccio presente che l'INPS ha precisato che il piano di verifiche straordinarie concernenti la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile attuato dal 2009 al 2013 su circa 700.000 beneficiari di prestazioni assistenziali ha dimostrato come, in circa il 23 per cento dei casi, il requisito sanitario per il diritto a suo tempo accertato non era più attuale, risultando quindi privo della necessaria connotazione medico-legale di permanenza.
  L'Istituto ha inoltre rilevato percentuali di non permanenza dei requisiti sanitari, sostanzialmente difformi tra le diverse aree geografiche, a dimostrazione di una disomogeneità valutativa al momento dell'originario riconoscimento. L'impegno fondamentale dell'INPS è proprio quello di omogeneizzare ed oggettivizzare maggiormente, sul piano nazionale, le valutazioni connesse al riconoscimento dell'indennità.
  Per quanto concerne più nello specifico i risparmi conseguenti alle attività di verifica straordinarie nel periodo 2010-2013, derivanti esclusivamente da revoche di prestazioni, l'Istituto nazionale ha fatto sapere che gli stessi si attestano ad oltre 250 milioni di euro. Per quanto concerne i costi sostenuti per le verifiche, l'INPS ha fatto sapere che la spesa media annua per l'impiego del personale esterno nel periodo 2010-2013 è stato quantificato in circa 23 milioni di euro.

  PRESIDENTE. La deputata Argentin ha facoltà di replicare.

  ILEANA ARGENTIN. Signor Ministro e signora Presidente, a nome del PD possiamo senz'altro ritenerci soddisfatti del fatto che il Governo non prenderà in esame la possibilità di fare tagli su nessuna forma, quindi, di indennità di accompagno, né tanto meno di pensioni, per quanto mi pare di aver capito, Ministro, che tra le sue parole ci fosse in qualche modo la possibilità che questo taglio fosse rivisto in qualche modo dal Governo. Voglio sperare che non ci sia però nessuna possibilità che questo avvenga, anche perché non sono qui a rappresentare nessuna associazione né tanto meno grandi associazioni, ma singoli individui che, attraverso queste notizie, hanno vissuto tremendi Pag. 54momenti di allarmismo. Infatti lei capisce che vivere di disabilità non è una roba facile, né tanto meno ci si può render conto che si prendono poco più di 500 euro per un assegno di accompagno e che questi devono essere sostitutivi, in questo Paese, di centinaia di carenze di assistenze e soprattutto per quanto riguarda non solo l'assistenza, ma la quotidianità, per le famiglie è senz'altro un gravissimo problema.
  Pertanto, con la convinzione che questo Governo non faccia tagli di nessun tipo, appunto dopo aver sentito le sue parole, io la ringrazio e le dico però: attenzione all'INPS, perché vede, è giusto che non ci siano i falsi invalidi, ma non è giusto che ci sia una folle caccia alle streghe, perché quando uno è disabile è disabile e se ha una patologia cronica gli rimane. Non è possibile che ci fate fare il giro delle sette chiese per fare visite di ogni tipo, ripetendo sempre le stesse cose. Va bene per molti utenti ma, mi creda, per molti genitori è estenuante, anche perché i genitori delle persone disabili, come altri genitori, invecchiano ed hanno difficoltà ad accompagnare avanti e indietro, per le Asl e per le strutture, persone con deficit molto gravi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Tempi per l'adozione dei decreti attuativi della legge recante «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» – n. 3-00713)

  PRESIDENTE. Il deputato Fauttilli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00713, concernente tempi per l'adozione dei decreti attuativi della legge recante «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  FEDERICO FAUTTILLI. Signor Presidente, colleghi, Ministro, la presente interrogazione, infatti, interessa la problematica normativa non risolta, almeno fino ad oggi, inerente il made in Italy alimentare. Infatti, a distanza di tre anni dalla sua entrata in vigore, non sono stati ancora emanati i decreti attuativi della legge n. 4 del 2011, recante, appunto, le disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari. Si stima che il 33 per cento della produzione complessiva dei prodotti alimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio made in Italy contenga materie prime straniere. Infatti, secondo una ricerca della Coldiretti, addirittura due prosciutti su tre provengono da maiali allevati all'estero e tre cartoni di latte a lunga scadenza su quattro sono importati, senza contare la pasta ottenuta da grano di indefinita provenienza e il concentrato di pomodoro cinese. E l'elenco potrebbe ancora continuare.

  PRESIDENTE. Lei purtroppo ha finito il tempo, onorevole Fauttilli. Deve concludere.

  FEDERICO FAUTTILLI. Quello che noi chiediamo, Ministro, è se non ritenga di procedere, senza ulteriori ritardi, all'emanazione dei suddetti decreti attuativi per garantire la salute dei consumatori e per tutelare l'industria agroalimentare italiana.

  PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha facoltà di rispondere.

  MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, ringrazio per il quesito. Desidero, innanzitutto, sottolineare come la questione dell'etichettatura e dell'origine dei prodotti agroalimentari è e sarà assolutamente centrale nell'azione del mio Ministero a tutela del made in Italy agroalimentare di qualità. Non possiamo, tuttavia, dimenticare la cornice giuridica nella quale ci muoviamo e in particolare i vincoli derivanti dalla nostra appartenenza all'Unione europea, che ha adottato normative in materia non sempre coerenti con gli stessi interessi italiani che noi intendiamo invece difendere Pag. 55e ribadire. È, tuttavia, in quella sede che noi dobbiamo condurre le nostre battaglie in difesa dei nostri prodotti se vogliamo che esse sortiscano effettivamente gli effetti sperati.
  Mi preme ricordare qui la mozione Sani ed altri, approvata all'unanimità dalla Camera il 14 gennaio scorso, con il parere favorevole del Governo, che ha impegnato il Governo medesimo ad adoperarsi al fine di adottare, compatibilmente con la normativa europea, i decreti ministeriali di attuazione dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari.
  Ribadisco, quindi, l'impegno del Governo in questo senso, precisando che, naturalmente, l'attuazione dovrà avvenire nel rispetto della direttiva n. 98/34/CE, modificando, a livello di progetto, i decreti attuativi sulla legge per l'etichettatura. Sottolineo, peraltro, il percorso di progressiva attuazione delle nuove disposizioni in materia di indicazione del Paese di origine e del luogo di provenienza, di cui all'articolo 26 del regolamento n. 1169 del 2011, che si concluderà alla fine di quest'anno e renderà più agevole anche il percorso di attuazione della stessa legge n. 4 del 2011.
  Inoltre, sempre alla fine di quest'anno, entreranno in vigore le disposizioni di cui all'articolo 39 del citato regolamento che prevedono la possibilità, per gli Stati membri, di dotarsi di un maggiore dettaglio del sistema di etichettatura, introducendo ulteriori disposizioni in particolare per ciò che attiene l'indicazione obbligatoria del Paese di origine e del luogo di provenienza degli alimenti, ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza. Con l'entrata in vigore di queste disposizioni, il Governo e il Parlamento avranno, dunque, ulteriori ed efficaci strumenti per difendere la qualità dei prodotti italiani, per procedere ad una piena attuazione della legge n. 4 del 2011 in un quadro di compatibilità con il diritto dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. Il deputato Fauttilli ha facoltà di replicare.

  FEDERICO FAUTTILLI. Signor Presidente, signor Ministro, io mi ritengo soddisfatto parzialmente, perché ci rendiamo conto di quali siano i vincoli europei, anche se c’è da sottolineare che c’è stata anche una risoluzione dell'Europarlamento votata recentemente, che ha ribadito che l'obbligo relativo ad un'etichettatura chiara ed esaustiva sull'origine è essenziale e può contribuire a contrastare le frodi, promuovendo una maggiore trasparenza lungo la catena di approvvigionamento alimentare. Quindi, diciamo che da parte dell'Europa le posizioni non sono del tutto omogenee. Credo che questa ultima risoluzione dell'Europarlamento sia estremamente importante affinché una legge nazionale faccia sì che sia possibile da parte del Governo emanare decreti attuativi.
  Per cui, noi chiediamo che questo impegno che lei oggi qui ha ribadito da parte del Governo di promuovere un'azione decisiva e determinante affinché questi decreti vengano attuati sia portata avanti nei prossimi mesi. Ancora una volta, torniamo a ribadire, a nome – lo ribadisco io – del gruppo Popolari per l'Italia, che siamo convinti che siano necessarie sia la prevenzione che la repressione, ma che sia necessario soprattutto che questi decreti attuativi della legge n. 4 del 2011 vengano urgentemente emanati a tutela, appunto, della salute dei consumatori ed anche della nostra produzione agricola (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

(Chiarimenti in merito alla mappatura dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura – n. 3-00714)

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00714, concernente chiarimenti in merito alla mappatura dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

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  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Ministro, signor Presidente, il problema della «Terra dei fuochi» per la regione Campania è un problema ovviamente conosciuto e la competenza del suo Ministero è particolarmente significativa in ordine sia al controllo dei prodotti agroalimentari, ma anche, ovviamente, alla tutela della filiera industriale, alimentare e dell'agricoltura.
  Il decreto interministeriale, che è in corso di pubblicazione, che ovviamente fa riferimento al decreto-legge n. 136, prevede una serie di interventi e stabilisce anche delle modalità per quello che riguarda i tempi di esecuzione. Voglio ricordare che i terreni per i quali è stata chiesta una ulteriore analisi sono stati individuati attraverso la procedura del telerilevamento.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Questo, ovviamente, ha dato una probabile genericità di mappatura del rischio e, conseguentemente, il pericolo che vi sia il mancato rispetto dei tempi per quello che riguarda le analisi che, poi, sui terreni dovranno essere portate avanti è certamente qualcosa di significativo.

  PRESIDENTE. Ha finito il tempo, onorevole, deve concludere.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Quindi, le chiedo se il decreto interministeriale, che è in corso di approvazione, possa tenere conto delle diverse gradualità di rischio dei terreni che sono stati individuati.

  PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha facoltà di rispondere.

  MAURIZIO MARTINA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, ringrazio per l'interrogazione. In merito, ritengo innanzitutto opportuno ricordare che il cosiddetto decreto sulla «Terra dei fuochi», convertito con modificazioni dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, prevede espressamente, all'articolo 1, che lo svolgimento delle eventuali indagini dirette ivi indicate, nel caso in cui non sia possibile procedere ad un'immediata interdizione dall'uso agricolo, debba avvenire nei 90 giorni successivi all'emanazione del decreto interministeriale e che le indicazioni del gruppo di lavoro sulla tempistica delle indagini da effettuare erano note ai Ministri che, sulla base della normativa vigente, non potevano che prevederne il rispetto.
  Tuttavia, in ragione della complessità del numero di accertamenti da svolgere e al fine di garantire il massimo scrupolo nell'indagine, reputo necessario riflettere, come ho già detto pubblicamente, sull'opportunità di una modifica normativa che consenta, sulla base dell'ordine di priorità e di rischio evidenziati nella relazione e recepiti dal decreto, anche tempistiche diverse a seconda degli approfondimenti necessari.
  Tali modifiche potranno comunque tenere conto della stima che il gruppo di lavoro coordinato da Agea, alla luce del numero di particelle ricomprese nelle categorie 2a, 2b, 3, 4 e 5, fornirà in merito al numero di indagini analitiche dirette da effettuare sui terreni interessati. Il tutto al fine di stabilire dei termini che contemperino la rapidità delle indagini da effettuare a partire proprio dai siti ricompresi nelle categorie con il rischio più alto.
  Tengo in modo particolare, poi, a sottolineare che il lavoro fatto fino ad oggi sulla base dei dati esistenti, anche se non può essere considerato definitivo, costituisce un'importante base di partenza per le indagini in loco e per arrivare, finalmente, ad una soluzione chiara sulla Terra dei fuochi.
  Per la prima volta c’è un piano di azione e questo è solo l'inizio; e c’è una nuova fase che ci darà la possibilità di continuare questa attività di controllo e di approfondirla. Del resto, oltre ad aver disposto su tutti i siti sospetti indagini dirette da effettuare nei prossimi 90 Pag. 57giorni, abbiamo vietato, a tutela dei cittadini, la vendita di frutta e verdura prodotte in quelle aree.
  Entro il 10 aprile, poi, con ulteriore direttiva, di intesa con il presidente della regione Campania, individueremo gli altri comuni sui quali fare ispezioni basate prima sui dati disponibili e poi sulle iniziative dirette sul terreno.
  In conclusione, ritengo che il Governo debba proporre delle integrazioni al decreto-legge rese necessarie proprio dall'importante lavoro che è stato condotto in questi mesi, prevedendo eventualmente la riapertura dei termini per le indagini in loco per tutti i siti oggi coperti dal segreto istruttorio e inasprendo le norme sulla confisca dei beni per quei soggetti che hanno tratto profitto devastando il territorio.
  Bisogna poi favorire il completamento della rete infrastrutturale irrigua per consentire l'allacciamento di tutti i terreni alle acque sicure e controllate provenienti dai consorzi pubblici. È un procedimento lungo e complesso, ma per la prima volta noi abbiamo un'agenda definita, degli impegni chiari e la massima attenzione del Governo.

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di replicare.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, la ringrazio per la disponibilità, che il Governo ha esplicitato oggi, a modificare l'aspetto normativo del decreto-legge. Il gruppo al quale appartengo, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, ha votato a favore della conversione del decreto-legge e quindi della legge. Ciò ovviamente non toglie che alcune modifiche sono assolutamente necessarie, tenendo conto che c’è in gioco la realtà di una filiera, quella agroalimentare, che in Campania è una filiera di altissima qualità e che oggi viene, certamente, colpita da una genericità di accuse che, invece, deve essere assolutamente cancellata, proprio per evitare che gli agricoltori che si comportano in maniera positiva, e sono la stragrande maggioranza, possano essere confusi.
  A tale riguardo, e quindi in attesa delle modifiche normative che possano individuare le priorità di intervento, e anche evitare che ci si fidi solo o esclusivamente del telerilevamento per le analisi che sono state effettuate – e chi ne parla sa che in alcuni casi le analisi compiute con quel sistema sono assolutamente fallaci –, mi permetto di sottolineare un elemento che fa parte di una mia proposta di legge, quello della caratterizzazione della certificazione di qualità dei suoli agricoli.
  Se noi accedessimo all'idea di una certificazione di qualità dei suoli agricoli, sarebbe possibile arrivare anche alla etichettatura dei prodotti. Io ne ho fatto oggetto di un provvedimento, i suoi uffici sono certamente nelle condizioni di poterlo ritrovare. Potrebbe essere anche quello inserito all'interno di un suo prossimo provvedimento come elemento aggiuntivo, lo ripeto, per evitare che si parli solo dei terreni inquinati. Probabilmente, partendo al contrario, questa è la proposta che come Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale facciamo non solo per la Campania ma per tutto il territorio nazionale, attraverso la certificazione di qualità dei fondi a uso agricolo potrà arrivare una risposta in positivo anche in tema di valorizzazione dei prodotti campani ed italiani.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Saluto gli alunni e le alunne dell'Istituto comprensivo Sarria-Monti di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,15 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per un efficace utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e per favorire l'integrazione tra tali risorse e quelle dell'Unione europea.

  La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,15.

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Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Baretta, Bindi, Biondelli, Bobba, Michele Bordo, Brunetta, Capezzone, Cicchitto, Cirielli, Damiano, De Girolamo, Dellai, Epifani, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Leone, Merlo, Migliore, Pes, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Andrea Romano, Schullian, Sisto, Speranza, Tabacci, Velo e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00217, Schirò ed altri n.1-00345, Pannarale ed altri n. 1-00353, Gianluca Pini ed altri n. 1-00359, Colonnese ed altri n. 1-00361, Galgano ed altri n. 1-00366 e Berlinghieri ed altri n. 1-00384 concernenti iniziative per un efficace utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e per favorire l'integrazione tra tali risorse e quelle dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Bergamini ed altri n. 1-00217 (Nuova formulazione), Schirò ed altri n. 1-00345, Pannarale ed altri n. 1-00353, Gianluca Pini ed altri n. 1-00359, Colonnese ed altri n. 1-00361, Galgano ed altri n. 1-00366 e Berlinghieri ed altri n. 1-00384 concernenti iniziative per un efficace utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e per favorire l'integrazione tra tali risorse e quelle dell'Unione europea (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di giovedì 20 marzo 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con le mozioni da lei ricordate si impegna il Governo ad incrementare l'operatività della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa nel nostro Paese.
  Al riguardo, sentito anche il Ministero degli affari esteri, si fa presente che dal 1956 il Consiglio d'Europa si è dotato di uno strumento finanziario, divenuto negli anni la Banca di sviluppo dell'organizzazione (CEB). L'Italia, come Francia e Germania, detiene il 17 per cento del capitale e svolge, dunque, un ruolo centrale nel processo decisionale in considerazione del sistema di voto previsto. Nel 2012 l'Italia ha anche partecipato all'aumento di capitale della Banca.
  Tra le linee operative di azione della CEB figura lo sviluppo di infrastrutture pubbliche a vocazione sociale nel campo dell'istruzione, della sanità, nonché per servizi pubblici amministrativi, giudiziari e penitenziari. Pertanto, nell'attuale contesto economico, sarebbe auspicabile un suo intervento nei settori dell'accoglienza dei migranti, del sistema edilizio scolastico e carcerario e dell'integrazione delle popolazioni rom. Tuttavia, l'ultimo progetto significativo di sviluppo della Banca in Italia, pari a 120 milioni di euro, per la costruzione di alloggi di edilizia popolare nella provincia di Catania, risale al biennio 2007-2009.
  Finora, dunque, è mancato nella nostra pubblica amministrazione un coordinamento in grado di contattare ed orientare i soggetti potenzialmente interessati ai finanziamenti, in quanto la CEB finanzia i progetti tramite prestiti agevolati, ma non li prepara.Pag. 59
  Proprio nell'ottica di promuovere ed attrarre progetti sociali finanziabili, la rappresentanza d'Italia a Strasburgo ha promosso una serie di riunioni delle nostre amministrazioni potenzialmente interessate e della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
  Le autorità nazionali continueranno, come si sta facendo peraltro con la BEI, a promuovere iniziative volte ad ottenere i finanziamenti nei settori di intervento rientranti nell'ambito delle competenze e degli obiettivi della CEB.
  In proposito, si fa presente che, nel corso del 2013, si sono tenute numerose riunioni presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con gli altri Ministeri, e anche con la presenza di rappresentanti della CEB, al fine di riavviare una adeguata operatività della Banca in Italia.
  Risulta, inoltre, che la CEB ha avviato contatti con il Ministero degli affari esteri per discutere soluzioni sul problema sia del sovraffollamento nelle carceri italiane che su quello riguardante i centri di identificazione ed espulsione.
  In proposito, si fa presente che il decreto-legge n. 104 del 2013, convertito nella legge n. 128 del 2013, all'articolo 10 prevede, al fine di favorire interventi per l'edilizia scolastica e universitaria, la possibilità per le regioni di stipulare mutui con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato. Detta norma è attualmente in corso di attuazione. In proposito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato istituito il capitolo n. 7106 «Contributi alle regioni per oneri di ammortamento mutui per l'edilizia scolastica» con uno stanziamento di euro 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2044.
  La necessità di intervenire con urgenza nel settore del risanamento dell'edilizia scolastica è fortemente avvertita anche dal Governo in carica, che ha manifestato l'intenzione di assicurare la rapida realizzazione dei progetti già in più occasioni. Tra il 2011 e 2013 la CEB ha approvato 11 progetti per un totale di 515 milioni intermediati da banche italiane, destinati ai Paesi obiettivo dell'Europa dell'Est, e recentemente è stato approvato un piccolo, ma significativo intervento destinato all'Italia, costituito da un finanziamento di 6 milioni di euro per un progetto altamente sociale nel campo del microcredito.
  In relazione a quanto fin qui esposto, si esprime quindi parere favorevole all'accoglimento delle mozioni, in particolar modo nella parte in cui impegnano il Governo ad una migliore conoscenza dei potenziali fruitori dell'attività dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e degli strumenti finanziari che offre, in quanto le risorse in questione risultano finora effettivamente utilizzate al di sotto delle possibilità del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Pertanto, sottosegretario Zanetti, se non abbiamo capito male, il parere del Governo è favorevole su tutte le mozioni.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, signor Presidente.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro, ma non è in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il preambolo dello Statuto del Consiglio d'Europa, sottoscritto dagli Stati fondatori a Londra il 5 maggio del 1949, recita: «Persuasi che il rassodamento della pace nella giustizia e nella cooperazione internazionale è di interesse vitale alla difesa della società umana e della civiltà», e poco più in basso prosegue: «convinti che per tutelare, far progressivamente trionfare questo ideale e per promuovere il progresso sociale ed economico Pag. 60è necessaria un'unione stretta tra i Paesi europei che sono animati dai medesimi sentimenti». Poi, nel 1956, il Consiglio fonderà una banca con una vocazione esclusivamente sociale, per poter avere uno strumento adeguato alla promozione della propria politica di solidarietà, la Banca di sviluppo appunto.
  Gli eventi politici che hanno caratterizzato l'Europa alla fine del secolo scorso le hanno permesso di esprimere la sua vocazione; certo i fatti recenti, ad esempio dell'Ucraina, i più recenti quindi, ci inducono a riflettere. Gli scambi economici e finanziari con l'Europa dell'Est si sono sicuramente intensificati, ma vi è stato un adeguato progresso in entrata e in uscita dei diritti umani ? L'opzione politica che ha impegnato gli Stati nella liberazione da regimi totalitari è stata utilizzata unilateralmente per il solo sviluppo economico, a detrimento di uno sviluppo del rispetto della dignità del diritto e dell'identità culturale di uomini che hanno contribuito e continuano a contribuire al modellamento dell'identità europea.
  Il mondo sta attraversando ancora oggi una grave crisi economica e finanziaria, ma proprio questa condizione deve permettere alla Banca di mostrare la sua originalità, contribuendo al rafforzamento dell'integrazione sociale, alla protezione dell'ambiente e allo sviluppo di infrastrutture pubbliche a vocazione sociale.
  Questo è il principale, se non l'unico, capitale che è opportuno salvaguardare ed è questo il compito finale e la teleologia della politica e nient'altro; spesso, presi da troppi tecnicismi e «mediatezze», lo dimentichiamo.
  A questo proposito, riguardo allo spirito del mondo, proprio oggi abbiamo potuto leggere una bella dichiarazione del Presidente della BCE, Draghi: «Dietro i prezzi ci sono le persone, il loro benessere e abbiamo in mente questo quando prendiamo le nostre decisioni».
  Non abbiamo dubbi che il Presidente Draghi abbia un osservatorio privilegiato e sia un interprete autorevole dello spirito del nostro tempo. Con le dovute differenze, il Presidente ci ricorda un punto di vista che temo venga sottovalutato. Ovviamente, la BCE deve incoraggiare i consumi e il credito e permettere che questo giro virtuoso funzioni, ma la partita di giro si chiude, secondo il desiderio, le parole e gli statuti – come abbiamo visto – dei padri fondatori, con la redistribuzione.
  E qui torniamo alla CEB, e sono sicura che questa sia una di quelle mozioni e uno di quei temi che raccolgono l'attenzione e il consenso di tutte le forze parlamentari.
  Abbiamo constatato come le enormi potenzialità della Banca o sono state sottovalutate o non sono state sfruttate adeguatamente in Italia dai soggetti di riferimento. Credo ciò dipenda anche dalla scarsa conoscenza, se non dal pregiudizio, o peggio dalla sfiducia riposta nelle istituzioni europee. Quindi, a maggior ragione, riteniamo utile questa discussione e che si arrivi ad un voto, non solo favorevole, ma ampiamente condiviso, sulle mozioni presentate.
  Ricordo che la mission della Banca è quella di contribuire alla realizzazione di progetti di investimento di carattere sociale finalizzati a rafforzare l'integrazione sociale, la gestione ambientale e a sostenere infrastrutture pubbliche a vocazione sociale e le micro, piccole e medie imprese. A differenza di altre istituzioni, non ha quindi oggetto e finalità di tipo economico-finanziario o alleanze di tipo militare. Ripeto: è un'istituzione che pone al centro dei suoi interventi i bisogni delle persone sia materiali che culturali, ma legati ad un'unica visione, che è quella fondativa dell'Europa unita.
  Con l'approssimarsi delle elezioni europee, questo tema è più che mai attuale, tenuto conto delle spinte populiste e antieuropeiste che stanno animando il dibattito pre-elettorale. In questo clima di sfiducia se non di aperta denigrazione delle istituzioni comunitarie, quelle come la CEB contribuiscono alla rimotivazione di quella corsa verso gli Stati uniti europei ai quali molti di noi oggi presenti qui in Aula sono fortemente legati. L'implementazione costante delle impegnative richieste al Governo – ricordo che le mozioni sono state presentate il giorno in cui si riuniva il Pag. 61Consiglio europeo e che sono di estrema semplicità e di buonsenso – domanda il pieno sfruttamento delle opportunità offerte; ricordo soltanto le emergenze carcerarie, le adozioni internazionali, il dissesto idrogeologico, l'emergenza scolastica, l'integrazione di tutte le minoranze presenti sul nostro territorio.
  Ricordo anche che, così come per i fondi strutturali, lo spreco assoluto di queste opportunità, che non sono regalie, beninteso, ma un modo di pianificare una società progredita, ci lascia indietro nel panorama europeo. Riavvicinando quanti, delusi o scettici, guardano alle istituzioni europee come a qualcosa di lontano dai loro veri bisogni e dalle loro aspettative, sta a noi, classe dirigente, rilanciare quel progetto nel segno del progresso e della solidarietà. È nella nostra disponibilità dimostrare che esiste anche un'altra Europa, che non è quella della fredda burocrazia ma un'Europa che si preoccupa di migliorare le condizioni di quanti versano in uno stato di bisogno, magari migliorandone e snellendone le procedure di impiego degli strumenti.
  Annuncio il voto favorevole del gruppo Per l'Italia su tutte le mozioni presentate, conformemente al parere espresso dal Governo, sperando che questo possa contribuire ad uscire dallo stallo politico e dalla crisi economica e sociale e dare uno slancio al progetto di un'Europa più forte (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la nostra mozione è volta ad impegnare il Governo – e qui ringrazio il sottosegretario che ha espresso parere favorevole –, in quanto esso è diretto interlocutore della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, affinché sostenga presso la stessa dei progetti destinati alla realizzazione delle finalità della Banca e l'impiego delle relative risorse, soprattutto nel nostro Paese.
  Inoltre, per noi è fondamentale che il Governo si faccia promotore di una campagna informativa nazionale, orientata ai soggetti potenzialmente destinatari dei finanziamenti, relativa agli strumenti e alle opportunità derivanti dall'azione della Banca sviluppo del Consiglio d'Europa. È altresì importante che si faccia promotore presso la stessa, nonché presso le istituzioni comunitarie e gli organismi finanziari comunitari, anche attraverso una revisione dei meccanismi e delle finalità di intervento, dell'urgenza di finanziare direttamente nel nostro Paese interventi straordinari per la ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, per il contenimento del rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza del territorio, nonché per l'edilizia scolastica e per l'edilizia carceraria.
  Quindi, secondo noi questi sono impegni inderogabili che siamo contenti il Governo abbia accettato con il parere favorevole alla nostra mozione. Riteniamo che la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa sia un'ente che debba essere maggiormente utilizzato soprattutto da un Paese, come il nostro, che ricordo ne è uno dei principali soci. Infatti, l'Italia ha aderito anche all'ultimo aumento di capitale per un importo complessivo di oltre 366 milioni di euro e detiene una quota del capitale di circa 915 milioni di euro. Il nostro Paese, quindi, insieme a Francia e Germania, è uno dei maggiori azionisti, con il 16,77 per cento del capitale sottoscritto. Quindi, riteniamo essere più che mai importante e fondamentale utilizzare anche questo strumento affinché vengano date delle risposte a problemi gravi e concreti, come appunto il problema dell'edilizia scolastica, quello dell'edilizia carceraria, e anche e soprattutto per quegli interventi straordinari che si rendono necessari a seguito del dissesto idrogeologico.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alla fine del 2013 l'Italia doveva ancora spendere 29 miliardi Pag. 62dei fondi europei che le spettavano, quasi 3 volte l'importo della legge di stabilità. I dati dicono anche che spendiamo la metà dei fondi europei a disposizione per la ricerca rispetto a Francia e Germania e che i fondi che non spendiamo vanno a favore della ricerca di altre nazioni europee. E l'Italia e’ il terzo contributore netto del bilancio dell'Unione Europea.
  Significa, quindi, che contribuiamo di più di quanto riceviamo e che non riusciamo neanche a spendere tutto quello che riceviamo. L'Italia è anche il terzo sottoscrittore del capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa. La banca e’ partecipata da 41 Paesi europei e ha l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita nelle regioni più svantaggiate. Finanzia quindi progetti di rilevanza sociale o che facciano fronte a situazioni di emergenza. Le aree di intervento sono: il rafforzamento dell'integrazione sociale; la gestione dell'ambiente; il sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale; il supporto alle micro, piccole e medie imprese.
  È veramente molto difficile riuscire a parlare in questo...

  PRESIDENTE. Lo so, onorevole, è molto difficile ma quando lei si ferma, come vede, si crea il silenzio. Poi, appena lei riprende a parlare, ricomincia il bisbiglio, quindi sono esattamente...

  ADRIANA GALGANO. Allora taccio per sempre !

  PRESIDENTE. No... Colleghi, parlate più piano, parlate sottovoce. Prego, onorevole Galgano.

  ADRIANA GALGANO. Grazie. Vista sia la situazione di crisi economica più grave in Italia rispetto ad altri Paesi sia i disastri naturali e ambientali che hanno colpito in modo doloroso sempre il nostro Paese, sarebbe stato lecito aspettarsi di ottenere dalla Banca di sviluppo europeo il finanziamento di progetti in Italia, e invece sono tre anni che la Banca non finanzia progetti nel nostro Paese.
  Non solo non abbiamo progetti finanziati ma quando, come nel 2012, abbiamo partecipato all'aumento del capitale della Banca, è aumentato il nostro debito e il nostro deficit e si è ridotta così la possibilità di avere la flessibilità che chiediamo per utilizzare risorse pubbliche per fare investimenti strategici in Italia.
  È importante, dunque, che prendiamo consapevolezza che l'Europa non è solo austerità ma è anche opportunità. Il nostro Paese ha fatto notevoli sacrifici e ha avuto successo nel rientrare nei parametri stabiliti dal fiscal compact, e questo avrebbe avuto conseguenze molto meno pesanti se nel contempo fossimo stati capaci di usufruire anche delle opportunità che l'Europa offre.
  Usufruire delle opportunità ci deve adesso vedere impegnati e molto determinati. Ce lo chiedono le famiglie in difficoltà, i giovani che non riescono a trovare lavoro, le aziende che soffrono. Vi chiediamo quindi di votare a favore della nostra mozione, che impegna il Governo ad avviare approfondimenti con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, al fine di verificare la possibilità di interventi straordinari in Italia rivolti, in particolare, all'edilizia scolastica e carceraria, alla salvaguardia del patrimonio storico e culturale, alla prevenzione di catastrofi naturali e alla protezione del territorio, oltre che allo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese e ai contratti di riallocazione dei lavoratori licenziati.
  Chiediamo l'impegno ad adottare misure per promuovere presso le nostre istituzioni, nazionali e locali, la conoscenza delle opportunità che la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa offre. Chiediamo che si favorisca il coordinamento delle risorse dell'Unione europea con gli stanziamenti della Banca di sviluppo e altri strumenti finanziari internazionali, e di adoperarsi affinché i contributi alla Banca di sviluppo nonché a fondi e meccanismi di assistenza finanziaria costituiti nell'ambito dell'Unione europea o di altre organizzazioni sovranazionali e internazionali versati da Stati membri, in particolare ove essi si trovino in situazione Pag. 63di recessione o abbiano un elevato indebitamento, non siano computati ai fini del calcolo delle soglie previste per il deficit e il debito pubblico dal Patto di stabilità e crescita.
  Dichiariamo anche, conformemente al parere del Governo, il voto favorevole alle altre mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Zanetti, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa è una delle più antiche istituzioni finanziarie a vocazione europea e l'unica orientata esclusivamente al sociale. È il principale braccio operativo del Consiglio d'Europa per gli interventi di coesione sociale e per il sostegno delle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale sempre in ambito europeo.
  Per venire alle questioni sollevate dalla mozione, firmata da diversi colleghi del Nuovo Centrodestra, occorre sottolineare che l'Italia non è solo membro fondatore di questa istituzione meritoria ma è anche tra i maggiori finanziatori azionisti, con il 16,77 per cento di quota capitale detenuta per un ammontare di oltre 915 milioni di euro. L'ultimo contributo del nostro Paese al capitale della CEB, così comunemente ricordata, fa capo alla legge n. 117 del 2012 ed è consistito in una somma di 366 milioni di euro. Questa somma costituisce l'apporto italiano ad una richiesta di ampliamento di risorse avanzata dalla banca. Nella relazione introduttiva del relativo disegno di legge è scritto che la CEB è chiamata ad uno sforzo straordinario che riesca ad assicurare il rispetto del proprio mandato statutario-sociale, a fronte delle difficili sfide dell'attuale contesto economico e finanziario internazionale, che implicano una crescita importante della domanda di prestiti da parte dei Paesi membri.
  Se c’è un appunto che possiamo fare a quella legge, è il seguente: è vero che la sottoscrizione della quota capitale è a chiamata e non comporta esborsi finanziari effettivi se non nel caso in cui si verifichino determinate condizioni, tuttavia il Governo Monti ha optato per una copertura nell'ambito del programma incentivi alle imprese per interventi di sostegno per l'anno 2012 e per gli anni successivi. Su questo vorrei osservare però due cose: in primo luogo, gli incentivi alle imprese sono già oggetto di revisione in sede di spending review, in secondo luogo, non è un bel segnale da mandare alle imprese perché vorrebbe dire che da uno dei settori dell'economia nazionale maggiormente in crisi vengono prelevate risorse per sostenere interventi di coesione europea che praticamente dal 2011 non riguardano l'Italia. Ecco perché il nostro gruppo sta valutando di impegnare il Governo a modificare anche le modalità di copertura della legge n. 117, oltre a diversi impegni che la mozione mette in risalto.
  Quanto all'assenza di progetti approvati e di finanziamenti destinati all'Italia, nella mozione ricordiamo che dal 2011, su un importo complessivo di 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati, solo 16 milioni, cioè lo 0,9 per cento, hanno riguardato il nostro Paese. Analogamente, dei 28 progetti approvati nel 2012, per un totale di 1.798 milioni di euro, nessuno ha riguardato l'Italia. Lo stesso è accaduto nel 2013, salvo un progetto da 6 milioni destinato al microcredito in favore degli immigrati.
  Vorrei aggiungere anche un'altra osservazione, che rende chiaro come siano rilevanti e urgenti gli impegni che chiediamo di adottare con questa mozione. La discussione sulle linee generali di quel disegno di legge che ricordavo prima si tenne il 30 maggio, pochi giorni dopo il terremoto in Emilia. In quell'occasione il governatore della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa si rivolse alle autorità italiane con un messaggio, letto dal membro del Governo all'Assemblea, di quel tenore che vorrei ricordare: «Apprendo con dispiacere la tragedia che è avvenuta in Emilia-Romagna e vi manifesto la nostra intera disponibilità a studiare con priorità ogni domanda di finanziamento Pag. 64che ci sarà rivolta, al fine di poter contribuire a rimediare alle conseguenze materiali di questo avvenimento tragico». Per gli interventi in Emilia l'Italia avrebbe potuto chiedere finanziamenti per 300 milioni di euro a tassi inferiori a quelli della Banca europea per gli investimenti. Non ci risulta – e i dati che sono riportati nella mozione vanno in questo senso – che questo sia accaduto.
  Aggiungo che la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa finanzia interventi nell'ambito dell'edilizia carceraria o scolastica, due settori che sono certamente sensibili nel nostro Paese. Del resto, ci si è posti, come istituto, l'obiettivo strategico, per la programmazione 2014-2016, dell'affiancamento degli Stati membri dell'Unione europea per un migliore utilizzo dei fondi strutturali europei, a cominciare dal Fondo sociale, nell'ambito del quale la gran parte delle risorse sarà distribuita in base alle esigenze regionali e non nazionali, tenendo in questo modo conto delle differenze, anche profonde, tra i livelli di benessere presenti all'interno di uno stesso Stato.
  Di qui la principale delle richieste di impegno al Governo contenute nella nostra mozione, cioè che la definizione delle aree prioritarie sia e venga basata sui confini regionali e non nazionali, come ricordavo prima. È per questo che noi invitiamo i colleghi tutti a condividere, e così apprezziamo l'intervento del Governo, la nostra mozione e, quindi, votando la nostra mozione così come il Nuovo Centrodestra.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e le studentesse del liceo socio-psico-pedagogico «Don Quirico Punzi» di Cisternino, in provincia di Brindisi, che sono sulle tribune, insieme agli studenti e alle studentesse del liceo artistico «De Fabris» di Nove, in provincia di Vicenza, anche loro con noi in tribuna (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Annalisa Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, deputate e deputati, Governo, molto è già stato detto su questa mozione nella discussione sulle linee generali e in modo puntuale è stata posta l'attenzione su quanto le istituzioni europee e gli strumenti collegati, se conosciuti, se indagati nelle loro potenzialità, se adeguatamente utilizzati, possano essere un'opportunità grande per un'Europa più democratica e più giusta nella distribuzione delle risorse e delle possibilità.
  Come ho già avuto modo di ricordare nel mio intervento nella discussione sulle linee generali, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa opera da ben 58 anni su un terreno ideale, precipuo, privilegiato, quello nato dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, quello della solidarietà, quello dell'inalienabilità della dignità e del benessere delle vite delle persone, un terreno che oggi è percorso in Europa da troppe contraddizioni, da troppe disuguaglianze e ritardi, un terreno che da troppi anni è inaridito da una crisi profonda e strutturale e da politiche valutarie rigoriste, che hanno contrapposto vincoli e stabilità dei bilanci ad ogni possibilità di crescita sociale ed occupazionale equa e sostenibile.
  Ecco perché parlare di Banca di sviluppo in quest'Aula rappresenta un'occasione, perché questa istituzione, che è così poco nota, si occupa con finanziamenti mirati e, sotto forma di prestiti, di settori che sarebbero fondamentali per aggredire quella distanza sempre più grande tra diritti formalmente riconosciuti e diritti che non sono mai completamente acquisiti in Europa e nel nostro Paese e che piuttosto si stanno trasformando via via in privilegi.
  Penso a quel diritto al lavoro, condizione fondamentale per essere persone libere ed autonome, che si scontra giorno dopo giorno con un tasso insostenibile di disoccupazione giovanile e con un tessuto di piccole e medie imprese che dovrebbero assicurare la parte maggiore di occupazione, ma che oggi, in assenza di investimenti mirati, registrano perdite superiori a quella che è la media europea. Penso al diritto costituzionale a preservare integralmente la propria dignità anche quando si Pag. 65viene reclusi e, per contro, a quella realtà disperante di carceri disumane sovraffollate e fatiscenti, contenitori anonimi di cemento e di muri scrostati, assolutamente invisibili, come sappiamo, alla politica e al mondo reale.
  Penso al diritto ad apprendere, a conoscere, a indagare, a ripensare il futuro da parte di studenti e studentesse in ambienti che siano belli, che siano adeguati, sani, sicuri, e a quella che invece è la condizione difficile degli edifici scolastici, bisognosi per il 40 per cento di interventi di manutenzione urgente; e ancora alle condizioni vaste e diffuse di dissesto idrogeologico per l'82 per cento o ancora alle porzioni di territorio avvelenate nella loro ricchezza agricola e alimentare da criminalità e traffici illeciti, e ancora tutte le fragilità sociali, come un sistema di seconda accoglienza assolutamente lesivo anche del diritto dell'Unione europea che produce «strutturalmente» rifugiati senza tetto.
  Bene, di tutto questo, proprio di questo, dovrebbe e potrebbe occuparsi la Banca di sviluppo, se fosse opportunamente valorizzata e utilizzata, innanzitutto dal Governo e da una rete di istituzioni e di enti locali adeguatamente messi nella condizione di poter accedere pienamente a strumenti e finanziamenti per progetti di coesione sociale. E la mozione di Sinistra Ecologia Libertà punta proprio a questo: impegna il Governo ad attivarsi per promuovere conoscenze e fornire adeguata assistenza presso tutti i soggetti che possano essere destinatari dei finanziamenti della Banca come ulteriore importante strumento per la riduzione della disoccupazione giovanile, per il miglioramento e la riqualificazione delle strutture scolastiche e carcerarie, di quelle per rifugiati e senzatetto, che sono incompatibili con ogni fondamento costituzionale, per la bonifica di quelle parti di Paese aggredite nella loro sicurezza alimentare e nella salute dei cittadini e delle cittadine.
  Anche questo lo abbiamo detto in discussione generale: non pensiamo francamente che l'attività e le funzioni della Banca possano sostituirsi all'assenza di politiche di Governo strategiche e lungimiranti in fatto di lavoro e di lotta alla disoccupazione, di formazione avanzata, di riqualificazione edilizia e di rigenerazione ambientale.
  La fotografia cupa della realtà sociale e occupazionale, attraverso peraltro quei dati che tutti ormai snocciolano con grande rapidità da maggioranza ad opposizione, è l'esito, in realtà, lo sappiamo bene, di politiche inadeguate, sbagliate, antisociali. E la Banca di sviluppo sarebbe un piccolissimo supporto, ma troppo spesso in questo Paese, che ha così tanto bisogno di risorse e progettualità, ci si inceppa. Ci si ferma davanti all'incapacità di accedere agli strumenti, di utilizzarli in modo appropriato, consapevole, intelligente. Questo accade per molte regioni, ad esempio, con i fondi strutturali, per quelle regioni non virtuose, che spesso non riescono ad accedere agli strumenti per poter aprirsi ai finanziamenti quando invece, diciamo, non sono sottoposte a quella morsa del Patto di stabilità che pressa le quote di cofinanziamento. E questo accade anche per la Banca di sviluppo. Basti pensare che nonostante – è stato ricordato negli interventi precedenti – l'Italia concorra per quasi il 17 per cento, insieme a Francia e Germania, al capitale, negli ultimi tre anni – l'ha ricordato anche il sottosegretario – a parte sei ridicoli milioni per un progetto di accesso al credito, nessun progetto italiano è stato finanziato dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa.
  Eppure, questa fase socioeconomica così complicata renderebbe vitale la crescita costante di questa domanda di prestiti da parte di Paesi che sono sempre più «strozzati» dalle esigenze sorde della finanza. Ed è vero – abbiamo ricordato anche questo in sede di discussione sulle linee generali – che il piano di sviluppo, in realtà, destina il 60 per cento dei suoi 5 miliardi e 400 milioni ai Paesi dell'est cui la Banca da sempre dedica particolare attenzione, ma è altrettanto vero che il resto delle risorse potrebbe servire, anche nel nostro Paese, a promuovere progetti importanti di coesione sociale, di promozione Pag. 66occupazionale e valorizzazione ambientale, sostenibile solo se la conoscenza delle possibilità e degli strumenti fosse ben curata e distribuita.
  Allora, bene l'appoggio del Governo a tutte le mozioni, purché nessuno culli l'idea che si debba privilegiare il nostro Paese in contrapposizione ad altri. Abbiamo, piuttosto, bisogno di distribuire conoscenza per un uso consapevole ed efficace degli strumenti. La Banca stessa, peraltro, nel suo piano, prevede, come abbiamo già ricordato, di offrire assistenza tecnica, intellettuale e professionale per la realizzazione di questi progetti. I progetti potrebbe essere tanti, sull'infrastrutturazione culturale, sulla digitalizzazione, sulla riqualificazione urbana, sulla rigenerazione ambientale, davvero tanti.
  Noi voteremo a favore delle mozioni. Chiediamo al Governo, però, di fare ogni sforzo perché si mobilitino le migliori energie per diffondere informazione, competenza e capacità progettuale, ad esempio attraverso corsi di formazione e di aggiornamento, workshop, mediante strutture ministeriali dedicate. È, cioè, necessario che uno sforzo coinvolga le competenze e i territori, e favorisca un dialogo proficuo tra i vari livelli di governo.
  È, soprattutto, necessario, dal nostro punto di vista, che il Governo, questa volta, dopo questa articolata discussione cominciata in sede di discussione sulle linee generali, nella prima giornata, assicuri questo impegno forte e reale, affinché la promozione e la condivisione di idee, di strategie e di iniziative possa mettere in moto un processo virtuoso di progettualità e innovazione, che faccia bene al nostro Paese e, ovviamente, ad un'Europa differente (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Saluto le studentesse e gli studenti dell'Istituto comprensivo statale «Teverola» di Teverola, in provincia di Caserta, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bergamini. Ne ha facoltà.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, credo che sia molto importante che oggi, in Aula, si discutano e si votino queste mozioni. Lo dico perché qui in Aula di banche si parla poco, e di banche internazionali ancora meno, è rarissimo che ce ne occupiamo. Ma non mi riferisco solo a questo: voglio anche dire che, quando il Parlamento decide di comprendere alcuni meccanismi che non sono proprio chiari, magari fa qualche atto di sindacato ispettivo, allora, poi, anche quando si parla di banche, si scoprono cose interessanti, molto interessanti, e qualche volta anche delle potenzialità.
  Così almeno mi sembra che questo emerga dal dibattito che stiamo tenendo, e ringrazio per l'attenzione il sottosegretario Zanetti, sulla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa. Perché faccio questa premessa ? Perché, e ringrazio il Governo per averne preso atto, è emersa, nel rapporto tra il nostro Paese, tra le istituzioni nazionali, e questa Banca importante – ci ritorno tra poco –, una sorta di mancanza di collaborazione o, forse, mancanza di conoscenza reciproca o mancanza di coordinamento – uso le sue parole, sottosegretario –, che è un po’ paradigmatica del rapporto tra le istituzioni europee, le istituzioni comunitarie, e i singoli Stati nazionali.
  Lo dico perché stiamo affrontando questo dibattito in un momento molto particolare, in cui ci avviciniamo a un turno elettorale europeo, in cui il dibattito sul rapporto, sulla vicinanza o lontananza delle istituzioni europee rispetto alle necessità e alle esigenze dei cittadini europei, è un dibattito al centro dell'agenda nazionale.
  E qui, proprio nella vicenda della Banca dello sviluppo del Consiglio d'Europa, abbiamo un paradigma di come le cose funzionino male; questo può spiegare, in qualche modo, anche la crescente disaffezione dei cittadini europei rispetto alle istituzioni europee e di come queste, però, potrebbero funzionare meglio.
  Ecco perché dicevo che intravediamo una potenzialità che mi sembra anche il Governo finalmente abbia colto. Lo dico Pag. 67perché questa Banca, della quale si parla pochissimo in Italia, è una delle più antiche istituzioni finanziarie europee; ha una vocazione sociale, finanzia progetti di investimento sociale ed ha l'Italia – è stato già ricordato da diversi colleghi che mi hanno proceduto – tra i suoi maggiori azionisti, insieme ad altri due grandi Paesi dell'Europa: la Francia e la Germania.
  È grazie al lavoro della delegazione italiana al Consiglio d'Europa che abbiamo scoperto che è ormai dal 2009 che questa Banca, che noi contribuiamo a finanziare in modo pesante, non retrocede niente al nostro Paese; ma niente non è esatto, quasi niente al nostro Paese. Lo ricordo rapidamente – e già stato fatto, ma repetita iuvant – il nostro Paese è azionista quasi al 17 per cento del capitale sottoscritto, quindi ha una quota importante. L'ultimo progetto di sviluppo in Italia della Banca risale al 2009, ma, cosa che ancora più ci deve far riflettere, tra il 2011 e il 2013 sono stati approvati 11 progetti che figurano a favore dell'Italia, ma l'importo di questi progetti, che è anche importante perché supera il mezzo miliardo di euro, in realtà non è arrivato in Italia, ma è stato dato a favore di sussidiarie di banche italiane che hanno impiegato questo denaro in Paesi dell'Europa dell'est e dell'Europa centrale.
  Poi, lo ricordava prima il collega Bernardo, vi è stato un microfinanziamento di soli sei milioni di euro a favore di un altro intermediario finanziario attivo a livello nazionale specializzato nel microcredito a favore di immigrati. Dunque, questo ci fa capire che probabilmente qualcosa va aggiustato nel funzionamento di questa Banca. Qualcosa va aggiustato naturalmente a beneficio di tutti i Paesi che ne sono azionisti senza fare discriminazioni – per carità – però qualcosa va aggiustato.
  Il senso della mozione che Forza Italia ha presentato è proprio questo, un senso propositivo. Innanzitutto quello di cercare – visto che questa Banca è un po’ vecchiotta, perché è stata istituita nel 1956 – di aggiornarne un po’ i criteri di intervento, che oggi sono massimamente identificati secondo una base geografica. Forse nel 1956 questo era il criterio giusto, laddove si identificava il benessere nell'Occidente dell'Europa, il malessere nell'Oriente dell'Europa, ma oggi è superato e forse potrebbe essere sostituito da un criterio diverso: quello di privilegiare una strategia di intervento per aree tematiche non per aree geografiche.
  Faccio il caso del nostro Paese: noi scontiamo problemi di mancanza di fondi soprattutto per quello che riguarda l'edilizia scolastica e l'edilizia carceraria che sono due nei veri, conclamati – se ne è occupato anche il Presidente del Consiglio Renzi di recente – del mal funzionamento del nostro Paese. Dunque, in questo senso la CEB sarebbe una perfetta partner per le nostre esigenze, però questo lo si può fare se ci si focalizza per aree tematiche.
  Un altro aspetto, che mi sembra altrettanto importante, perché il nostro Paese non propone di modificare lo statuto di questa Banca affinché finalmente questa Banca la smetta di erogare finanziamenti diretti agli Stati, che diretti non sono, perché usufruisce di banche private ? E anche questo ci ricorda qualcosa, il fatto che dall'Europa il denaro negli Stati arrivi attraverso l'intermediazione di banche private. Perché questo ? Perché non saltiamo direttamente, non mettiamo nelle condizioni gli Stati membri, dunque gli azionisti di questa Banca, di poter usufruire di finanziamenti davvero diretti che vadano direttamente a istituzioni ed enti pubblici saltando l'intermediazione di banche private che non ci sembra necessaria ? Credo che già con questi due interventi noi saremmo in grado di raddrizzare e rendere più efficace il lavoro che questa Banca – lo ribadisco non molto conosciuta in Italia – può e deve fare a vantaggio di tutti i sui Paesi membri. Lo Stato italiano, in particolare il Governo italiano ha l'opportunità di fare un intervento forte, di prendere una posizione forte in questa direzione e di rendere più utile questa struttura, che noi paghiamo, agli interessi degli Stati nazionali.
  Ecco perché dicevo che tutto questo è paradigmatico: perché abbiamo proprio trovato un caso di non eccellente funzionamento Pag. 68nei rapporti tra Stati nazionali ed istituzioni europee, come dicevo prima, che però possono essere migliorati. Io prendo atto delle parole del sottosegretario, che ha detto che effettivamente c’è stato un mancato coordinamento anche delle istituzioni e degli enti nazionali, non è che sia colpa della CEB quanto è avvenuto. Probabilmente è mancata, da parte nostra, una buona sinergia, una buona capacità e questo vale anche per tanti altri aspetti relativamente alle potenzialità che ci vengono date dalla nostra partecipazione all'Unione europea: parlavano i colleghi poco fa anche di come non siamo capaci di utilizzare i fondi strutturali, per esempio, i fondi sociali.
  Allora abbiamo l'opportunità, qui, di cambiare passo. Quindi, io accolgo con favore il fatto che il Governo ne abbia acquisito e mostrato consapevolezza; apprendo con favore che è stato preso un impegno a fare in modo che le nostre suggestioni e i nostri suggerimenti possano diventare realtà, ed esprimo pertanto parere favorevole naturalmente alla mozione che ho firmato per Forza Italia ed anche alle altre mozioni degli altri partiti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barbanti. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa oggi si occupa prevalentemente di edilizia sociale, istruzione, sanità, prevenzione e rimedio alle catastrofi naturali e ultimamente anche di rifugiati, ritornando, con questo nuovo obiettivo, alla originaria ragione sociale.
  Di recente, il consiglio di amministrazione ha approvato all'unanimità il nuovo piano per lo sviluppo della CEB 2014-2016, nelle cui linee guida è previsto uno sviluppo sociale sostenibile in tre ambiti: il rafforzamento dell'integrazione sociale, la gestione dell'ambiente, il sostegno delle infrastrutture a vocazione sociale ed il sostegno alle piccole, micro e medie imprese.
  In un momento come quello attuale, in cui le nostre scuole cadono letteralmente a pezzi e molte sono prive anche delle dotazioni minime utili all'insegnamento ed alla vivibilità (e mi riferisco alla tanto citata carta igienica, ai gessetti, addirittura ai cancellini, giusto per fare qualche esempio, e sono cose purtroppo tristemente reali), in cui l'imbarazzante situazione carceraria ci obbliga a ricorrere a strumenti che poco hanno a che fare con uno Stato di diritto (leggasi indulto, amnistie e strumenti vari), in cui il nostro territorio, per colpa anche della scelleratezza di alcuni amministratori locali che hanno consentito una cementificazione selvaggia, è vittima con facilità delle calamità naturali (e mi riferisco ad alluvioni, allagamenti, frane) che mettono a repentaglio la sicurezza dei nostri cittadini, in cui è forte il disagio sociale dovuto al fenomeno dell'immigrazione, da un lato quella legale, che non ha purtroppo i presidi di integrazione necessari, e dall'altro quella irregolare, che manca di prevenzione e di risoluzione, e, infine, in cui le nostre piccole e medie imprese muoiono letteralmente sotto i colpi del credit crunch o quelle poche fortunate che riescono a ricevere un po’ di credito devono sottostare a costi elevatissimi, che disincentivano l'investimento in quell'innovazione che può essere una strada per una ritrovata competitività e quindi sopravvivenza dell'impresa stessa e del sistema economico nazionale.
  Dicevo: in un momento come questo, l'ausilio di una banca, che ha proprio questi capitoli di investimento come mission aziendale, dovrebbe essere una vera e propria manna dal cielo. E soldi ce ne sono davvero tanti, come anche hanno fatto presente alcuni colleghi prima di me. Pensate che nel decennio 2002-2011 sono stati approvati progetti per oltre 21 miliardi di euro ed erogati oltre 16 miliardi di prestiti. Volete sapere quanti di questi miliardi sono stati utilizzati dalla nostra nazione ? Allora, il consiglio di amministrazione Pag. 69della CEB ha approvato prestiti a favore dell'Italia per un volume totale di 1,9 miliardi di euro, il 9 per cento, di cui 1,6 soltanto già erogati e principalmente a favore di piccole e medie imprese, per interventi di ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, nel campo dell'istruzione, della sanità, delle infrastrutture locali, ma anche a favore di interventi sul patrimonio storico, nell'edilizia sociale e aiuti a favore di rifugiati e migranti.
  Però stiamo parlando del passato remoto, parliamo di un decennio trascorso.
  Guardiamo, invece, al passato recente, in cui notiamo che l'ultimo progetto di sviluppo della Banca in Italia risale al biennio 2007-2009. Addirittura, nel 2011, su 2,11 miliardi di euro di progetti approvati, nessuno coinvolgeva l'Italia, e su 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati, solo 16 milioni di euro, lo 0,9 per cento, riguardava il nostro Paese. Analogamente, dei 28 progetti approvati dal 2012 al consiglio di amministrazione della CEB, per un totale di quasi 2 miliardi di euro, nessuno riguardava l'Italia. Nel novembre 2013 è stato approvato un progetto di soli 6 milioni di euro. Quindi, stiamo parlando del nulla, occasioni perse, in un momento per giunta così difficile.
  Ma la cosa ancora più triste è il grado di partecipazione dell'Italia in questo veicolo. La CEB di recente ha approvato un aumento di capitale che ha visto salire quindi a 5 miliardi e mezzo di euro il suo capitale. In questa operazione ha partecipato anche l'Italia con una cifra pari a quasi 400 milioni di euro, portando quindi la sua quota a 915 milioni di euro, quasi un miliardo. Sia chiaro, l'operazione è senza obbligo di versamento immediato in quanto la sottoscrizione del capitale è a chiamata e non comporta, quindi, esborsi finanziari. Purtuttavia, si tratta di soldi accantonati e impegnati. L'Italia, insieme alla Francia e alla Germania, è quindi il maggiore azionista della Banca. A fine 2012 deteniamo il 16,77 per cento. Quindi, deteniamo il 16 per cento e lo 0,9 per cento ci prendiamo.
  Il dato di fatto evidenzia come negli ultimi anni il nostro Paese non ha usufruito dei prestiti provenienti dalla CEB. Noi, purtroppo, scontiamo la tradizionale incapacità di accedere a tutti i vari sistemi di finanziamento da parte dell'Unione europea per progetti che stanno a cuore a noi e che sono necessari al nostro Paese. La scontiamo e forse fa parte della nostra inefficienza come sistema Paese. Il risultato, però, è inaccettabile: paghiamo per non avere nulla in cambio. Le banche italiane prendono denaro dalla CEB per investirlo, però, attraverso i loro sussidiari, in Paesi che non sono l'Italia. Lo spirito di solidarietà all'interno dell'Europa non va messo minimamente in discussione e il nostro Paese nel corso dei decenni ha dato una grandissima prova di sé in questo senso. Ma è evidente che ci sia qualcosa che non funziona. Si deve cercare di imporre, laddove concordato, dei miglioramenti al funzionamento di questa Banca che, peraltro, sembra ben funzionare, ma non per noi. Eppure l'Italia, come abbiamo visto, può vantare una forte partecipazione, anche di diritto di voto, e continua a svolgere pure un ruolo centrale nel processo decisionale. In quanto azionista della CEB, l'Italia partecipa alle riunioni degli organi di governo della Banca stessa con rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri.
  In questo aspetto, l'uomo chiave per l'Italia della CEB è il dottor Nunzio Guglielmino, ex quasi tutto. È stato direttore generale del Tesoro, alla rappresentanza italiana a Bruxelles, alla BEI, CDP, Poste, commissione Trattato di Maastricht, Europa Gestioni Immobiliari. Attualmente, il dottor Nunzio Guglielmino ricopre la carica di vicegovernatore della CEB dal 2000, quindi da ben 14 anni, confermato con quasi tutti i Governi. Alla CEB tutto cambia e lui resta lì. A lui, e mi rivolgo a lui, dovrebbe spettare il compito di facilitare l'afflusso di risorse verso la nostra nazione e di avere un sano occhio di riguardo verso la sua patria. I soldi che dà alle nostre banche li facesse utilizzare sul nostro territorio. Alla luce di ciò, quindi, qualunque iniziativa tendente a rendere note le potenzialità che ci vengono offerte da questa Banca, a promuoverne la conoscenza Pag. 70presso le istituzioni, a renderne trasparente l'operato, a promuovere progetti che tutelino le fasce più deboli della popolazione, ad indirizzare l'operato per aree tematiche e non solo territoriali, a rafforzare gli investimenti previsti da statuto, non può che vedere il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Berlinghieri. Ne ha facoltà.

  MARINA BERLINGHIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crescita mondiale, sorretta prevalentemente dalle economie emergenti, ha evidenziato negli ultimi anni una sensibile riduzione che si è palesata drammatica in alcune aree del nostro continente. I Paesi dell'area dell'euro hanno evidenziato addirittura una crescita negativa e, come rileva il rapporto Svimez 2013, il PIL è fortemente diminuito, soprattutto nel sud Europa, in Grecia, in Portogallo e in Spagna. In Italia la recessione ha colpito l'economia più che nel resto d'Europa con un meno 2,4 per cento.
  Giustamente, il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio hanno più volte sottolineato come l'Europa non possa più sottrarsi alla sfida dello sviluppo e della crescita economica, come precondizioni per dare risposte concrete ed efficaci ai bisogni di chi è stato chiamato soprattutto a contribuire, in termini di tagli e sacrifici, ai programmi di risanamento e di rigore finanziario decisi dalle Banche centrali.
  Poiché la politica del puro rigore finanziario rischia di soffocare il progetto di un'Europa capace di implementare adeguati standard di occupazione, istruzione, inclusione e coesione sociale, è fondamentale che i Governi nazionali e le istituzioni politiche europee assumano iniziative positive capaci di imprimere uno shock benefico all'economia e, nel contempo, di rafforzare la coesione sociale, un asset immateriale non misurabile con indici finanziari, ma in realtà strategico per creare quel clima di convivenza serena e di fiducia che costituisce un presupposto essenziale perché un sistema economico possa funzionare correttamente e creare ricchezza.
  Occorre utilizzare leve finanziarie capaci di incentivare prospettive di investimento, sviluppo e crescita, come le banche multilaterali e, in particolare, alcune banche di sviluppo e di investimento o a vocazione sociale, operanti specificamente in ambito europeo, anche con la partecipazione del nostro Paese al loro capitale.
  Le mozioni che oggi discutiamo hanno come oggetto la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, come è già stato detto, una banca multilaterale dalle peculiari finalità sociali, istituita nel 1956 con la denominazione «Fondo per lo sviluppo sociale del Consiglio d'Europa» e dal 1999 rinominata, appunto, «Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa». Stiamo parlando di uno strumento chiave delle azioni di solidarietà europea: la CEB supporta, infatti, i suoi Stati membri nel conseguire politiche orientate alla crescita sostenibile ed equa e contribuisce alla realizzazione di progetti di investimento sociale, attraverso tre linee principali di intervento settoriale: il rafforzamento dell'integrazione sociale, la gestione ambientale e il sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale.
  La CEB, che attualmente conta quaranta Stati membri, dalla Turchia all'Islanda e dal Portogallo alla Georgia, ha potenziato negli ultimi anni la cooperazione con le maggiori istituzioni europee, in particolare con la Commissione europea e con altre banche regionali e istituzioni finanziarie multilaterali. È opportuno richiamare il ruolo che le banche europee dovranno svolgere alla luce delle sfide impegnative che l'Europa è chiamata ad affrontare nei prossimi anni. Con la comunicazione «Strategia Europa 2020», la Commissione europea ha definito una strategia ambiziosa che punta a realizzare un'economia europea intelligente, sostenibile e inclusiva caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.Pag. 71
  Tuttavia, la riduzione della spesa complessiva delle risorse del bilancio europeo, congiuntamente alle politiche di contenimento dei bilanci a livello nazionale, rischia di mettere in seria difficoltà il perseguimento degli stessi obiettivi (con le cosiddette «iniziative faro») della Strategia Europa 2020, con il rischio che in molti Stati membri, tra cui l'Italia, si aggravi la situazione di spirale di recessione-depressione che ha caratterizzato in questi anni lo scenario economico.
  È evidente che il peggioramento della situazione economica e sociale interna a molti Stati membri, in particolare della fascia del Sud Europa, in assenza di interventi mirati, potrebbe compromettere in futuro la partecipazione degli Stati medesimi alla CEB, indebolendone la solidità finanziaria, pregiudicando quantità e qualità degli interventi improntati all'integrazione nelle aree di crisi in ambito europeo.
  Va sottolineato che l'Italia è tra i Paesi membri più importanti della CEB – è tra i cosiddetti «Grandi pagatori» – in quanto detiene, al pari della Francia e della Germania, una quota percentuale di partecipazione al capitale della CEB pari a circa l'11 per cento. Il nostro Paese ha sottoscritto tutti gli aumenti di capitale della CEB per continuare a svolgere un ruolo centrale nei processi decisionali, mantenendo inalterata la misura della sua partecipazione e il diritto di voto.
  Se, dunque, il nostro Paese si è rivelato virtuoso e responsabile nel sostenere gli oneri di partecipazione al capitale della CEB, non altrettanto, però, si può dire circa la capacità di cogliere, soprattutto negli ultimi anni, le opportunità offerte dalla Banca, al punto che nel 2013 non risultano richieste di finanziamenti per progetti provenienti dall'Italia.
  Proprio per questo motivo, annunciamo con convinzione il voto del gruppo del PD sulle mozioni che impegnano il Governo ad attivarsi su alcuni obiettivi ben precisi. Sindacati, associazioni industriali e categorie economiche ribadiscono ogni giorno la necessità di far ripartire l'economia creando lavoro; ecco perché la mozione sollecita in primo luogo il Governo ad assumere e promuovere ogni iniziativa utile a favorire ed accrescere l'utilizzo da parte del nostro Paese degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla CEB. Si tratta di interventi atti a favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, il mantenimento in vita di piccole, micro e medie imprese attraverso l'apertura di specifiche linee di credito, tanto più necessarie e vitali per il nostro sistema economico alla luce delle difficoltà che le nostre imprese, non solo quelle piccole, incontrano in tema di accesso al credito. Altrettanto essenziali sono il sostegno all'integrazione sociale e gli interventi infrastrutturali a vocazione sociale e ambientale.
  Impegniamo inoltre il Governo a promuovere il coordinamento dei diversi strumenti di leva finanziaria disponibili all'interno dell'Unione europea, intensificando le sinergie e le iniziative congiunte tra le diverse banche europee di garanzia e di investimento, sostenendo ed estendendo alcune forme pilota di garanzia per incoraggiare le banche a erogare prestiti alle piccole e medie imprese e alle medie imprese «innovative». È questo, secondo noi, un punto molto importante, anche alla luce del fondamentale contributo alla crescita e allo sviluppo che può essere assicurato, tra gli altri istituti con cui la CEB è chiamata a realizzare sinergie, dalla BEI, che nel 2013 ha sostenuto dal punto di vista finanziario in Italia progetti del valore totale di circa 30 miliardi; ne hanno beneficiato oltre 8 mila 400 piccole e medie imprese, che hanno ricevuto finanziamenti per 3,3 miliardi di euro, pari al 34 per cento del totale.
  La BEI è intervenuta su energia, telecomunicazioni e trasporti, industria, acqua e sanità, ha sostenuto progetti di ricerca e di sviluppo e per l'ammodernamento infrastrutturale del nostro Paese, compreso lo sviluppo della banda larga. Sono stati avviati anche nuovi settori di attività, tra cui il primo finanziamento del social housing in Italia, in favore di progetti di edilizia sociale e di «abitare equo»; si tratta, quindi, di passi in avanti importanti, Pag. 72ma è necessario rafforzare l'uso di tali strumenti finanziari per sfruttarne pienamente le potenzialità.
  Per tutti questi motivi, ribadisco il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico sulle mozioni in oggetto.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Invito i colleghi a prendere posto così da non tenere troppo aperte le votazioni. Se i colleghi si avvicinano al proprio posto, facciamo prima a fare le votazioni.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bergamini ed altri n. 1-00217 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Berlinghieri, Palma, Montroni, Famiglietti, Gianni Farina, Rizzetto, Ravetto, Roccella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  410   
   Maggioranza  206   
    Hanno votato
 410).    

  (Le deputate Cardinale e Bruno Bossio hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Schirò ed altri n. 1-00345, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Hanno votato tutti i colleghi ? Chiarelli... Sanna... Spadoni... Gasparini... Maestri... D'Ottavio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
   (Presenti e votanti  417   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato
 417).    

  (Le deputate Giovanna Sanna, Cardinale e Bruno Bossio hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pannarale ed altri n. 1-00353, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno... Berlinghieri... Folino... Zardini... Vecchio... Monchiero... Bianchi Stella... Zardini ancora non riesce a votare... Bruno Bossio... Rampi... Lorini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  425   
   Maggioranza  213   
    Hanno votato
 424    
    Hanno votato
no   1).    

  (La deputata Bruno Bossio ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole e i deputati Gadda, Cardinale e Biffoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00359, in Pag. 73quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino... Brandolin... Orfini... Fossati... Carrozza... Campana...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  436   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 436).    

  (I deputati Gadda, Biffoni e Bruno Bossio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Colonnese ed altri n. 1-00361, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Berlinghieri, Piccoli Nardelli, Guidesi, Russo, Gigli, Monchiero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  440   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 439    
    Hanno votato
no    1).    

  (I deputati Gadda e Biffoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Galgano ed altri n. 1-00366, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Brandolin, Folino, Gigli, Marti, Kronbichler, Marroni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  442   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato
 442).    

  (I deputati Tripiedi, Gadda, Biffoni e Bossa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Berlinghieri ed altri n. 1-00384, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Berlinghieri, Paris, Piccoli Nardelli, Rabino, Mazziotti Di Celso, Spadoni, Russo...

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17,30)

  ...Locatelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  451   
   Votanti  371   
   Astenuti   80   
   Maggioranza  186   
    Hanno votato
 371).    

  (I deputati Distaso, Biffoni e Bossa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Pag. 74

Seguito della discussione delle mozioni Castelli ed altri n. 1-00348, Marcon ed altri n. 1-00362, Guidesi ed altri n. 1-00363, Giorgia Meloni ed altri n. 1-00372 e Marchi ed altri n. 1-00386 concernenti lo scostamento dai parametri europei in materia di deficit pubblico (ore 17,31).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Castelli ed altri n. 1-00348, Marcon ed altri n. 1-00362 (Nuova formulazione), Guidesi ed altri n. 1-00363, Giorgia Meloni ed altri n. 1-00372 e Marchi ed altri n. 1-00386, concernenti lo scostamento dai parametri europei in materia di deficit pubblico.
  Ricordo che nella seduta di giovedì 20 marzo 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, le mozioni ora in votazione toccano i temi degli obiettivi di finanza pubblica, dei parametri di bilancio e della sempre difficile «quadra» tra le esigenze di rigore nei conti e di crescita economica.
  Al riguardo sappiamo bene tutti come in Europa il dibattito sul coordinamento delle politiche economiche ha avuto particolare impulso nel 2010, cioè in concomitanza con l'aggravarsi della crisi e la definizione dei primi programmi di assistenza finanziaria.
  Non vi è dubbio che, in un contesto del genere, di fronte a uno scenario così complesso, talune delle risposte che si è cercato di dare possano essere state poi connotate da un eccesso opposto di rigidità.
  Io evito di ripercorrere i vari passaggi che hanno caratterizzato questi ultimi 2-3 anni, con i vari interventi, dal six pack al two pack, tutti peraltro ricordati anche nel testo delle diverse mozioni presentate, seppur con una chiave di lettura con diverso grado di condivisibilità, e vado direttamente a quello che è il punto per quanto riguarda il Governo.
  Il Governo ribadisce, anche in questa sede, l'impegno ad utilizzare tutti gli strumenti consentiti all'interno del quadro normativo esistente per ottenere una maggiore flessibilità nel percorso di raggiungimento degli obiettivi di medio termine e, più in generale, per coniugare la disciplina di bilancio con il perseguimento di misure volte a promuovere la crescita, l'occupazione e le altre priorità menzionate anche nelle mozioni. Però, appunto, un impegno che riguarda comunque il rispetto del quadro normativo esistente e l'impegno a lavorare per ottenere ulteriore flessibilità rispetto a quella che oggi il quadro normativo esistente consente.
  Motivo per cui, come criterio nell'esprimere i pareri che ora vado a dare nel dettaglio rispetto alle mozioni, non intendiamo dare parere favorevole a quelle che, al di fuori delle premesse doverose del rispetto delle regole esistenti e poi di un impegno al cambiamento delle regole stesse, propongono viceversa di discostarsi in modo più o meno temporaneo tout court dagli obiettivi programmatici di medio termine.
  Detto questo, vado a esprimere i pareri relativamente alle singole mozioni presentate.
  Sulle mozioni Castelli ed altri n. 1-00348 e Marcon ed altri n. 1-00362 (Nuova formulazione) il parere è contrario.
  Sulla mozione Guidesi ed altri n. 1-00363, per quanto attiene agli impegni, il parere è favorevole, a condizione che, nel terzo capoverso del dispositivo, le parole «ad attuare» siano sostituite dalle parole «a valutare», altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Sulla premessa ?

Pag. 75

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sulla premessa il parere è contrario.
  Sulla mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00372, anche qui, il parere è contrario sulla premessa; quanto agli impegni, il parere è favorevole a condizione che sia espunto il primo capoverso del dispositivo (quindi, il parere è favorevole sul secondo e terzo capoverso del dispositivo), altrimenti il parere è contrario.
  Infine, sulla mozione Marchi ed altri n. 1-00386 il parere è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, stiamo vivendo un momento particolare della vita economica e sociale del nostro Paese ed è chiaro che queste mozioni hanno un senso non soltanto di carattere economico, ma anche di carattere politico, e cioè quello di far capire che, nei prossimi mesi, nel prossimo anno, sicuramente non ci sarà la crescita che era stata paventata con i documenti di programmazione economica e finanziaria. Ci sarà una crescita inferiore, cioè ormai gli istituti stanno determinando lo 0,6 per cento; non abbiamo quindi la possibilità reale di intervenire su un processo virtuoso che è quello dello sviluppo, che è quello di rimettere in moto l'economia, che è quello di creare le condizioni perché si possa determinare un'occupazione aggiuntiva in una situazione di grande drammaticità.
  Abbiamo quindi la necessità – da questo punto di vista ne siamo profondamente convinti – di dare una scossa in positivo alla politica economica, alla politica degli investimenti, di fare in modo, in buona sostanza, che in questo Paese si possano ricreare le condizioni per determinare la crescita dello stesso.
  È chiaro anche che gli interventi che sono stati sostanzialmente annunciati dal Presidente del Consiglio vanno nella direzione giusta, cioè quella di rimettere in moto l'economia di questo Paese, sburocratizzare questo Paese, fare in modo che tutti i vincoli che questo Paese ha possano essere sostanzialmente superati.
  Il problema vero è come: come possiamo determinare una condizione diversa. Ed è per questo che noi siamo profondamente convinti che vi è la necessità di intervenire a livello di Unione europea perché si vada a determinare quella condizione per cui, pur mantenendo in ordine i conti pubblici, si possa realizzare quella elasticità per ridare vitalità e ossigeno, per rimettere in moto l'economia e quindi far crescere questo Paese.
  Siamo convinti che bisogna rivedere alcuni meccanismi, tra cui per esempio il fiscal compact. Eravamo fortemente contrari già da molto tempo ad inserire in Costituzione il cosiddetto pareggio di bilancio, siamo in sostanza favorevoli – questo lo dico con grande determinazione – sia sulla prima parte di cui parlavo prima, cioè gli interventi necessari che il Presidente del Consiglio ha sottolineato nella sua relazione programmatica, ma nello stesso tempo, per quello che ci riguarda, noi voteremo a favore della mozione che hanno presentato i colleghi di SEL.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Taglialatela, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il gruppo Per l'Italia si adeguerà alle indicazioni date dal Governo, che ci sembrano molto ragionevoli.
  Ci sembra che alcune o molte delle mozioni presentate abbiano alcune premesse che non corrispondono alla realtà. Questo Paese è vissuto a lungo con un Pag. 76modello di sviluppo centrato sulla spesa pubblica. La spesa pubblica rafforza il mercato interno, crea una forza di consumo la quale incita le imprese italiane a produrre di più, a investire di più, ad assumere, e in questo modo l'economia del Paese cammina. Potremmo dire che sono delle premesse di tipo keynesiano.
  Da molto tempo queste premesse hanno perso il consenso generale che avevano una volta, non per ragioni teoriche ma per ragioni molto pratiche: in un mondo globalizzato, in cui la Cina fa le cose che prima facevamo noi, in cui noi importiamo un sacco di cose da Paesi più poveri di noi, che hanno costi del lavoro molto più bassi dei nostri, quello che accade è che l'effetto di moltiplicatore, calcolato a suo tempo da Kahn e che è il presupposto delle politiche keynesiane, non c’è più o c’è poco. Moltiplicatore significa che, per ogni lira che lo Stato spende per sostenere la domanda interna, per rafforzare il mercato interno, tra i consumi, gli investimenti che vengono provocati e così via, alla fine ci sono 3 lire. Con l'aumento delle entrate fiscali lo Stato recupera i soldi che all'inizio ha messo lì, a debito. Oggi, per ogni lira ne rientrano al massimo 1,5, 1,6, 1,7 e il risultato è che il debito aumenta, e abbiamo un debito che non può essere aumentato ulteriormente.
  Non è l'Europa la causa della crisi italiana: vogliamo dircelo con chiarezza ? Se l'Europa ci avesse lasciati liberi di indebitarci, come noi volentieri avremmo fatto, i mercati ci avrebbero negato la possibilità di approvvigionarci, il nostro debito pubblico ci avrebbe trascinati a fondo, lo Stato italiano avrebbe fatto fallimento, i nostri patrimoni sarebbero stati distrutti dall'inflazione, il potere d'acquisto delle nostre famiglie sarebbe stato azzerato. Occorre partire dalla coscienza di questa realtà, che dipende dalla crisi finanziaria ma non solo, perché dipende da un mondo che è cambiato, un mondo in cui i cinesi lavorano e non muoiono più di fame, non hanno più il comunismo, hanno il loro turbo-capitalismo con il quale ci fanno competizione. Chi non parte dal riconoscimento di questo stato di fatto si colloca fuori dalla realtà.
  Non è l'Europa che ha provocato la crisi, sono i mercati che a un certo punto non ci davano più credito, sono i mercati che a un certo punto per darci i soldi volevano quattro volte i tassi di interesse che chiedevano ad un Paese ben amministrato. Siamo arrivati a pagare tassi d'interesse vicini all'8 per cento. Quale Paese può reggere con tassi d'interesse vicini all'8 per cento ?
  Non è l'Europa, è il debito. Non è l'Europa, è la situazione mondiale. Non è l'Europa, è la globalizzazione. L'Europa ci ha aiutati, un po’ avaramente, ma ci ha aiutati.
  Non è vero che il problema è il 3 per cento. Non è vero che il fiscal compact ci obbliga a manovre dell'ordine di 50 miliardi di euro. È una balla ! Il rientro dal nostro debito pubblico eccessivo come si realizza ? Si realizza immaginando una crescita dell'1 per cento e un'inflazione del 2 per cento. Due punti di inflazione e un punto di crescita reale significa tre punti di crescita nominale. Se il PIL cresce di tre punti, automaticamente il rapporto debito/PIL cade di tre punti (lo ha detto di recente anche Visco).
  Non propagandiamo queste fandonie, le quali hanno soltanto la funzione di gettare discredito sulle istituzioni italiane, sulle istituzioni europee e di demoralizzare gli italiani. E se non abbiamo un punto di crescita reale ? Esistono meccanismi ammortizzatori i quali faranno in modo che il rientro venga reso più lento.
  Invece, signor Presidente, vorrei rivendicare qui il fatto che il primo a dire che il Patto di Maastricht era stupido sono stato io, subendo a suo tempo anche un intervento del Governo Schröder presso il Governo Berlusconi per tapparmi la bocca. Perché è stupido ? Perché noi abbiamo bisogno di una comune politica economica europea. Perché questi patti hanno tentato di sostituire l'esistenza di una comune politica economica europea e noi abbiamo bisogno di una comune politica economica europea.Pag. 77
  Quindi, l'obiettivo dell'unificazione politica, di una crescita dell'unione politica dell'Europa, è la condizione anche per avere una politica economica intelligente, che non potrà mai essere quella dello «spendi e spandi» o del «tassa e spendi», che qualcuno in quest'Aula magari vedrebbe volentieri, ma che può essere più intelligente e più flessibile dei parametri fissi che abbiamo adesso.
  Ma per essere flessibili bisogna avere interiorizzato la cultura della stabilità e la preoccupazione mia è che noi, classe politica responsabile in Italia, dobbiamo interiorizzare la cultura della stabilità. Se l'avremo interiorizzata, i nostri partner europei non staranno a guardare un «virgola uno» o un «virgola due» in meno o in più. Ma finché dubitano – e gli diamo ragione di dubitare – della nostra cultura della stabilità, saranno molto attenti ad ogni smarginatura rispetto alla lettera dei patti.
  Vorrei invitare il Governo a chiedere, intanto, di utilizzare tutti i margini di flessibilità che ci sono, e che sono maggiori di quello che si crede (sono stati negoziati già dal Governo Letta), il cofinanziamento dei programmi europei per ridurre il divario di sviluppo fra le regioni. Credo che si potrebbe aggiungere il cofinanziamento delle iniziative della Banca europea per gli investimenti. Lì non c’è il sospetto che l'Italia bari travestendo spesa corrente da spesa per investimenti. Sono programmi che hanno il bollo della Banca europea per gli investimenti e su questi possiamo chiedere, concentrandoli soprattutto in quelle aree che rendono più competitivo il Paese. Perché l'Italia si sta salvando oggi grazie allo sforzo eroico dei nostri lavoratori e delle nostre imprese, che hanno aumentato drammaticamente le esportazioni italiane, e la ripresa è trainata dalle esportazioni. Il nuovo modello di domani non potrà essere il modello di un Paese che è trainato dalla domanda interna e dalla spesa pubblica. Dobbiamo rianimare la domanda interna, ma il Paese sarà trainato, se andrà avanti, dalle esportazioni.
  Dobbiamo chiedere, in sede europea però, che altri Paesi facciano quelle politiche keynesiane che noi non possiamo fare. La Germania sta accumulando degli avanzi eccessivi. Lascino più soldi in tasca ai lavoratori tedeschi; saranno contenti i lavoratori tedeschi e anche i lavoratori italiani, perché i lavoratori tedeschi con più soldi in tasca compreranno anche più merci italiane. Questa è politica comune europea. È una visione sistemica europea.
  Dovremmo agire perché questo venga realizzato, dobbiamo insistere perché si vada avanti con il patto di crescita, di cui ora si è parlato. Dobbiamo tornare a parlare di mutualizzazione del debito. Sì lo so bene: è una bestemmia. Fino a ieri era una bestemmia, oggi forse non lo è, perché chi mutualizzerebbe mai il debito, cioè chi accetterebbe di garantire il debito di un altro Paese che sta facendo fallimento ? Ma il debito di un Paese che ha mostrato di saper riprendere in mano il controllo dei suoi conti pubblici, che ha dimostrato di avere l'energia, il coraggio, la decisione, la capacità di rimettersi in carreggiata, con quel Paese, di mutualizzazione del debito si può parlare, una mutualizzazione del debito non tanto per il passato, per garantire debiti passati, ma per trovare le risorse per lo sviluppo, per alimentare un grande piano per l'infrastrutturazione materiale e immateriale dell'Europa, per fare davvero dell'Europa la più grande economia della conoscenza che ci sia al mondo, riprendendo il programma di Lisbona.
  Il 23 e 24 marzo del 2000, a Lisbona, in Consiglio europeo, abbiamo detto tutte le cose giuste e poi non le abbiamo fatte. Perché noi diamo un futuro ai nostri figli se impariamo a fare le cose che i cinesi non sanno fare. Se non tentiamo di proteggere delle imprese che sono morte davanti alla concorrenza di Paesi che hanno costi del lavoro tanto più bassi, ma entriamo in settori nuovi dove loro non ci sono e che richiedono un elevato livello di conoscenza scientifica, di innovazione, di sviluppo: le nanotecnologie, le biotecnologie, i nuovi materiali, le nuove fonti di Pag. 78energia e il completamento di una rivoluzione informatica che è lungi dall'aver dato tutto quello che poteva dare.
  Su questo si faccia sentire il Governo in Europa. Se parliamo questo linguaggio, ci ascolteranno. Se andiamo a chiedere di poter sforare per fare più spesa pubblica interna, per fare più spesa corrente, per fare più spesa clientelare, ma anche per fare più spesa sociale, che è giusta, ma dobbiamo pagarcela da soli, non possiamo mica pensare che ce la paghino gli altri... Se andremo a parlare il linguaggio della coerenza, il linguaggio del coraggio, il linguaggio di chi è convinto delle proprie capacità e chiede di essere aiutato a mettere in valore la grande forza che possiede, ci ascolteranno e sarà un bene per l'Italia e un bene per l'Europa. L'orizzonte non può essere altro che andare avanti verso il completamento dell'unità politica dell'Europa.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Guidesi, salutiamo studenti e insegnanti della Scuola secondaria di primo grado Leonardo da Vinci di Cordenons, in provincia di Pordenone, che assistono ai nostri lavori (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, innanzitutto per dirle che accettiamo negli impegni la riformulazione che ha proposto il sottosegretario, però le chiediamo altresì di far votare per parti separate la nostra mozione, cioè premesse ed impegni distintamente. È ovvio, mi sembra scontato anche rispetto ai contenuti della nostra mozione, che io sia esattamente nella posizione contraria rispetto a quella di chi mi ha preceduto, perché io parto dalle parole di colui che è stato citato anche da chi mi ha preceduto.
  Il Governatore della banca d'Italia Visco oggi dice una cosa molto semplice. Il Governatore della Banca d'Italia dice che noi saremo in grado di rispettare i vincoli che ci ha imposto l'Unione europea solo ed esclusivamente se questo Paese sarà intorno a un 3 per cento di prodotto interno lordo. Così riuscirà a rispondere alla stabilizzazione dei vincoli di bilancio, così riuscirà a rispondere al rientro in parte del debito pubblico, cosa che noi dubitiamo ugualmente. Ma la domanda è: oggi questo Paese fa il tre per cento di prodotto interno lordo ? E la risposta è «no». Questo Paese vive una crisi gravissima e a volte, sentendo gli interventi rispetto a questo argomento qui in Aula, pensiamo che qualcuno non si renda conto della situazione di disagio sociale ed economico che vivono i cittadini.
  Cittadini che non arrivano alla terza settimana, giovani che non trovano un posto di lavoro, cinquantenni in mobilità o cassintegrati che, dopo la chiusura della loro azienda, non riescono più a reinserirsi nel mondo del lavoro, banche che non fanno credito, nonostante l'Europa gli presti i soldi con un tasso di interesse abbastanza basso, e così via. In tutto questo, il bilancio dello Stato, preso atto dei vincoli europei e cercando di rispettarli, o, perlomeno, tentando di rispettare il limite del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL (fin qui lo abbiamo sempre fatto), continua ad aumentare il proprio debito pubblico.
  E, nonostante questo, il Paese non è in grado di sostenere né la crescita occupazionale né, tanto meno, la conclamata domanda interna, e quindi i consumi, e quindi il nuovo giro economico; semplicisticamente, il giro di soldi all'interno del Paese, dell'economia interna. Questo è ovvio che provochi stagnazione e poi recessione, e adesso una crisi sociale evidente. Allora noi non siamo qui a dire solo ed esclusivamente di chi è la responsabilità, perché per noi un pezzo di quella responsabilità è, innanzitutto, di chi questo debito pubblico, per la gran parte, lo ha creato, di quella parte politica che ha rappresentato questo Paese e che viveva di politiche economiche e di scelte decisionali facendo debito pubblico.
  Questo noi abbiamo ereditato, principalmente questo. Ma dopo non possiamo dirci che è stato il mercato globalizzato, che i tempi sono cambiati e così via, perché, posto che i tempi sono cambiati, e Pag. 79tutti, mi sembra, ce ne rendiamo perfettamente conto, la verità è che, finché in Europa i vincoli, i trattati, i bilanci, le regole monetarie e di politica monetaria ed economica sono scritti da burocrati che non si rendono conto dello stato reale dell'economia, noi, questa situazione, non saremo in grado di cambiarla.
  Vi è un dato preciso – torno alle parole del Governatore della Banca d'Italia – per cui oggi questo Paese, non facendo il 3 per cento di prodotto interno lordo, non è in grado né di rispettare i vincoli imposti dall'Unione europea, cioè l'abbassamento del debito pubblico, e quindi il fiscal compact, né, probabilmente, di rispettare il limite del rapporto deficit/PIL, ma non è, soprattutto, in grado di far ricrescere l'economia reale, e quindi i consumi interni, di aiutare le aziende e di creare occupazione.
  Mantenendo questi vincoli e questa impostazione, questo Paese arriva al default; arriva al default iniziando dall'economia reale, perché questa è la situazione di disagio che vi è in questo Paese. E non dire queste cose vuole dire mentire, non dire queste cose vuole dire non sapere che un giovane, oggi, non può trovare un'occupazione, non dire queste cose vuole dire che chi è in cassa integrazione, è a capo di una famiglia monoreddito e vive in affitto non è in grado di vivere, non è in grado di mangiare, perché questa è la situazione. Allora noi chiediamo al Governo di impegnarsi a cambiare questa situazione, a cambiare i vincoli imposti dall'Unione europea, a ritrattarli, perché, se non si farà questo, non solo i cittadini non arriveranno alla terza settimana, ma non inizieranno neanche la prima, tra un po’. Questa è la situazione reale di questo Paese.
  Per cui, concludo dicendo che non è solo una questione di responsabilità, non è solo una questione di cause, ma oggi è una questione di soluzioni. E noi le soluzioni le possiamo trovare, se poi si faranno le scelte giuste, attingendo, ovviamente, ad un pacchetto di liquidità ed economia, che oggi non c’è perché quei vincoli non ci danno la possibilità. Quindi, noi chiediamo al Governo di fare meno parole, di fare meno comunicazione, di fare meno attività pubblicitaria da campagna elettorale, ma di andare nell'Unione europea a dire esattamente come stanno le cose.
  Noi non siamo disposti a far morire di fame i nostri cittadini per quattro burocrati che non conoscono la situazione reale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Questo lo dico a tutti, compreso l'onorevole Buttiglione che mi ha preceduto prima, perché possiamo avere anche una visione romantica dell'Unione europea, ma prima di tutto dobbiamo pensare ai nostri cittadini, che oggi sono alla fame. Questa è la questione.
  Concludo, dicendo di essere profondamente sorpreso dalla mozione che ha presentato il Partito Democratico, perché è una mozione che non dà impegni al Governo ed è la stessa identica mozione che avevate presentato nei primi mesi del Governo Letta, e dopo questi mesi di legislatura, nonostante sia cambiato il Governo, la situazione reale non è certo migliorata; e non rendersi conto che serve qualcosa in più oggi vuol dire tradire i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie)

  PRESIDENTE. Onorevole Guidesi, per non perdere tempo durante la votazione, la Presidenza ha recepito la sua indicazione di procedere alla votazione per parti separate tra premessa e dispositivo; io le chiedo, poiché è stata proposta la riformulazione del terzo capoverso, accetta questa riformulazione ?

  GUIDO GUIDESI. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Perfetto, quindi poi procederemo in questa maniera.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Librandi. Ne ha facoltà, con la preghiera, colleghi, di tenere basso il tono della voce; visto che ci sono ancora alcuni interventi prima del voto, chi deve parlare con altri colleghi, se può farlo fuori, aiuta l'oratore.

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  GIANFRANCO LIBRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustrissimo sottosegretario, la discussione sugli argomenti proposti dai colleghi delle forze di opposizione muove da un equivoco di fondo, che esista una contrapposizione tra rigore e crescita, come se il primo inibisse la seconda o come se la crescita avesse bisogno di finanze pubbliche «allegre» o comunque in deficit per realizzarsi. Tale contrapposizione non esiste, così come non esiste alcuna correlazione tra l'euro e la crisi economica italiana. C’è chi vuole trascinare il confronto politico elettorale dei prossimi due mesi sul campo della demagogia, in uno sterile dibattito «3 per cento sì, 3 per cento no», o «euro sì o euro no». Faremmo un cattivo servizio all'opinione pubblica e alle istituzioni, mentre è opportuno dare un senso più ampio alla questione fissando alcuni paletti.
  Primo: con la sua introduzione l'euro aveva rappresentato una straordinaria occasione di risanamento e crescita che l'Italia non ha colto. Dopo l'ingresso nell'euro, nel 1999, i tassi di interesse sul debito si ridussero moltissimo perché l'Italia non soffriva più del rischio di cambio dovuto ad una moneta debole come la lira. Nel 1996, il debito costava l'11,5 per cento del PIL; questo costo scese sotto il 6 per cento dopo l'ingresso nella moneta unica. Godemmo di un enorme «tesoretto», un risparmio di circa 700 miliardi in 12 anni. Avremmo dovuto approfittare di quelle risorse per ridurre il debito, per investimenti infrastrutturali, per tagliare le tasse, per il welfare e la formazione.
  La Germania ha utilizzato gli anni 2000 per una profonda conversione produttiva di cui oggi vediamo gli effetti. Noi abbiamo sprecato un'occasione storica, invece di ridursi, la spesa pubblica, al netto degli interessi, è salita di più del 6 per cento del PIL, dal 39,6 per cento del 2000 al 43 per cento nel 2003, fino al 46 per cento di oggi. Chi abusa del termine neoliberismo dovrebbe guardare a questa evenienza. Dal 2000 in poi sono andati fuori controllo alcuni centri cruciali di costo, in primis la spesa previdenziale, rimessa in carreggiata solo dal Governo Monti, poi la spesa sanitaria regionale, diventata il principale strumento di clientelismo di certa politica. Abbiamo purtroppo dimostrato che non appena ci torna un po’ di respiro e di tempo ci adagiamo, è questo che l'Europa, le istituzioni internazionali, gli investitori e i risparmiatori temono; come dare loro torto ? L'Italia non è in crisi per colpa dell'Europa, l'Italia è in crisi per colpa dell'Italia.
  Secondo elemento: nessuno, certamente non questo Governo, ha mai considerato la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/PIL come un feticcio ideologico. Ha ragione chi dice, citando studi economici, che non vi è alcuna evidenza empirica che assegni a quel numero, il 3 per cento, un significato assoluto.
  È così, d'altronde: nemmeno il 4, il 6 o l'8 per cento avrebbero un significato cogente. Più che il numero vale il principio della credibilità di un Governo. Chi investe nel debito pubblico italiano confida sul rispetto degli impegni assunti da parte dello Stato italiano. Il 3 per cento è un impegno, come è un impegno ripagare il debito. Se solo si incrinasse la fiducia dei creditori, i tassi di interesse salirebbero vertiginosamente e l'Italia non sarebbe in grado di onorare un debito pubblico superiore al 130 per cento del PIL.
  Le parole credito e credibilità hanno la stessa radice etimologica. Un Paese altamente indebitato, che ogni settimana emette titoli per molti miliardi, non può permettersi il ritorno di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Lo sforamento del 3 per cento potrebbe essere l'effetto di politiche di riforma altamente credibili ed efficaci per una crescita della produttività, non un obiettivo in sé. Su questo si fonda la visione del Governo Renzi e, per quanto ci riguarda, l'adesione convinta di Scelta Civica ed il suo ruolo attivo.
  Terzo elemento: Bruxelles ha accordato alcune deroghe, rinvii al rientro del 3 per cento a Paesi come Spagna, Francia, Belgio, ma non all'Italia. Anzi, la Commissione e la BCE hanno consigliato prudenzialmente all'Italia di restare saldamente Pag. 81sotto il 3 per cento, possibilmente avvicinandosi al 2 per cento. La mozione Marcon critica questa disparità di trattamento, ma noi riteniamo che l'esame delle condizioni di stabilità, di produttività e competitività dei diversi Paesi non può che giungere a ricette differenziate, perché diverse sono le condizioni. Il 3 per cento diventerebbe stupido, come disse Romano Prodi, proprio se non venisse modulato in base alle circostanze.
  L'Italia purtroppo ha bassi margini di flessibilità al momento. Sebbene abbiamo accumulato avanzi primari per 21 degli ultimi 22 anni, con uno sforzo senza precedenti, che ha certamente causato stress all'economia reale, purtroppo il livello del nostro debito pubblico è estremamente preoccupante e non possiamo permetterci di andare oltre. Siamo al 130 per cento del PIL. La Spagna è ancora all'80 per cento circa, per fare un esempio.
  Deve riprendere una riflessione seria sulle possibili politiche di privatizzazione di asset pubblici non strategici e meglio valorizzabili sul mercato (un esempio: le società dei servizi pubblici locali, la romana Acea e le sue consorelle in giro per l'Italia): di questo non vi è purtroppo traccia nelle mozioni.
  Quarto elemento: chi difende il rispetto del 3 per cento non è contrario alle diverse politiche che le mozioni includono negli impegni al Governo, dalla minore tassazione del lavoro proposta da Meloni alle politiche per l'innovazione contenute in quella dell'onorevole Marcon, fino alla revisione del Patto di stabilità interna evocato dalla Lega Nord. C’è però da intendersi: quando si parla genericamente di austerità, o pensiamo che la parità tra entrate e uscite sia un valore prezioso per uno Stato sano, oppure crediamo che lo Stato italiano possa permettersi ancora di spendere più di quanto incassa. Questa seconda opzione, che nei decenni passati è stata ampiamente utilizzata, oggi è impossibile, se l'Italia vuole restare solvibile.
  In un contesto di pareggio di bilancio obbligato, oltre che moralmente doveroso, il tema diventa allora quello della qualità della spesa, anche a parità di importo complessivo. Si può forse negare che vi siano moltissimi margini di trasformazione di spese improduttive in spese più efficaci ? La spesa sociale, ad esempio, merita ancora un riequilibrio tra previdenza e spesa per ammortizzatori sociali: troppo alta la prima e troppo bassa la seconda.
  Nell'ambito dell'istruzione paghiamo poco gli insegnanti e sprechiamo molte risorse nella macchina amministrativa.
  C’è da disboscare il campo dei sussidi alle imprese, in cambio di detassazione e investimenti in innovazione, tecnologia, ambiente.
  Concludo: dopo la buona notizia del via libera della Corte tedesca al fondo salva Stati, dobbiamo sederci attorno ad un tavolo con i partner europei e dire loro: «Riformiamo la governance europea, facciamo un passo in avanti verso l'unione fiscale». Non è giusto che l'Europa intera resti sospesa alle decisioni di un giudice di Karlsruhe, occorre maggiore democrazia europea. Ma dobbiamo giocare in attacco, non in difesa. Cari colleghi, dobbiamo essere onesti con i cittadini.
  Vogliamo che l'Italia torni il Paese della lira debole, esposta alla speculazione e all'inflazione ? Vogliamo il deprezzamento delle nostre case e dei nostri patrimoni ? Da imprenditore che esporta vi dico che il vantaggio di una svalutazione competitiva svanisce in pochi mesi, mentre una moneta solida e affermata nel mondo è un vantaggio enorme per chi produce e investe. L'economia mondiale parla in euro, dollaro, yen e yuan, non serve un marengo padano. Questa visione è purtroppo assente dall'impostazione generale delle mozioni presentate dai colleghi di SEL, Lega Nord, Fratelli d'Italia e MoVimento 5 Stelle, seppure alcuni singoli impegni da essi proposti, scevri dall'errato approccio ideologico che traspare dalle relative premesse, ci trovano d'accordo.
  Per queste ragioni, annuncio il voto contrario di Scelta Civica per l'Italia alle mozioni del MoVimento 5 Stelle e di SEL e il voto favorevole a quelle della Lega Nord e di Fratelli d'Italia, nei limiti degli Pag. 82impegni accolti anche dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi e colleghe, da troppo tempo si discute dell'anacronismo e dell'insostenibilità dei parametri del Patto di stabilità e ora del fiscal compact. Potremmo qui fare l'antologia di tutte le dichiarazioni di ex Presidenti del Consiglio, di ex Ministri dell'economia e delle finanze, di ex Presidenti della Commissione europea e del Parlamento europeo che definiscono senza senso, arbitrari, stupidi e insostenibili questi parametri. Anche l'attuale Presidente del Consiglio ha definito anacronistici questi parametri, eppure si continua come sempre in una politica suicida che alimenta la disoccupazione e la depressione economica della produzione. È questa una politica economica che pensa non ci sia bisogno di politica industriale perché intanto ci pensa il mercato; è questa una politica economica che pensa che non ci sia bisogno di una politica del lavoro perché basta la liberalizzazione del mercato del lavoro; è questa una politica economica che pone il problema prevalente, cioè pensa che la causa della crisi sia quella del debito pubblico, ma non si accorge che sono i mercati finanziari che nel 2007 hanno originato questa crisi. In questi anni, invece di fare il contropelo ai mercati finanziari, gli abbiamo lisciato il pelo, facendogli tanti regali, esentandoli dalle regole, salvandoli con i soldi pubblici. E anche la futura Unione interbancaria rischia di essere un pannicello caldo se non interviene sulla separazione tra banche commerciali e banche d'affari.
  Le ricette sono sempre le solite, sempre quelle: liberalizzazioni a tutto spiano, ma nell'interesse del mercato, non della società, a favore di nuovi monopoli privati e non della concorrenza. E, per parafrasare Joyce, questo è un liberismo che ha per motto: libera volpe in libero pollaio. Ma noi invece oggi abbiamo bisogno di più politica economica, di maggiori regole, di maggiore intervento pubblico. E come ha ricordato il collega Stefano Fassina, è una balla quella che noi abbiamo una spesa pubblica più alta di altri Paesi europei. Anzi, è inferiore alla media europea per l'innovazione e la ricerca, per l'istruzione, per il lavoro, per la famiglia, per gli investimenti pubblici, per il welfare. Il problema è il debito, si dice, ma le politiche di austerità hanno fatto aumentare il debito in sei anni di 30 punti in Europa e di 15 punti in Italia negli ultimi tre anni. E queste stesse politiche hanno fatto salire a 27 milioni di persone il numero di disoccupati e hanno causato il crollo del PIL quasi dappertutto e in Italia del 9 per cento rispetto al 2007.
  L'austerità non è altro che la continuazione del neoliberismo con altri mezzi. E quelli che il Nobel per l'economia Paul Krugman definisce gli austerici, ovvero gli isterici dell'austerità, hanno continuato a violare le regole del buonsenso portandoci in questo tunnel senza uscita. È più facile ridurre le spese durante una fase di crescita che in un periodo di crisi, quando bisogna fare investimenti per rilanciare la domanda e intervenire sui consumi. In questi anni ci si è affidati al mercato e alla sua efficienza. Sì, la stessa efficienza dimostrata dai mercati finanziari nel 2007 e nel 2008. Di questa efficienza facciamo volentieri a meno. In questi anni è aumentata la spesa pubblica. È aumentata perché si sono usati soldi pubblici per salvare le banche private e perché la spesa per il debito è cresciuta per la crisi economica e la diminuzione delle entrate. Si è pensato di risolvere il problema semplicemente riducendo le spese, mentre dovevamo aumentare le entrate puntando sul rilancio dell'economia e degli investimenti.
  Ci siamo affidati completamente al mercato, sbagliando. Possiamo discutere di quale economia di mercato abbiamo bisogno, ma non abbiamo certo bisogno di una società di mercato e, per dirla con Karl Polanyi, è il mercato a dover essere Pag. 83incorporato nella società, e non viceversa. Ecco perché noi rifiutiamo l'impostazione, la filosofia, nonché i dispositivi concreti del fiscal compact e del Patto di stabilità. Noi diciamo al nostro Premier che non può dire in quest'Aula che il vincolo del 3 per cento è anacronistico e, poi, anzi, prima, davanti alla Merkel, professare obbedienza al mantra del fiscal compact.
  Serve maggiore coerenza, proprio quella che noi proponiamo con la nostra mozione. Noi, in modo molto moderato, proponiamo uno scostamento dal 3 per cento per gli investimenti per l'istruzione, l'innovazione, la sanità e il welfare; uno scostamento che, nel medio periodo, non produce più debito, ma maggiore crescita e, quindi, entrate. Noi proponiamo che l'Italia, in sede europea, si faccia promotrice di una politica monetaria più aggressiva della BCE, rispetto sia al dollaro che al rilancio della spesa per gli investimenti. Vorrei dire all'onorevole Buttiglione che non so se il moltiplicatore della spesa pubblica non è più quello di una volta: di certo, il moltiplicatore dell’austerity è nullo, zero, anzi, meno di zero, è solo un moltiplicatore di disoccupazione.
  Serve, allora, un piano organico e finalizzato all'emissione di eurobond per un green New Deal e per il lavoro. È il lavoro che deve tornare al centro, altrimenti, non avremo nemmeno più la possibilità di ridurre il debito. Dobbiamo capovolgere le priorità in Europa: il lavoro e non le banche, gli investimenti pubblici e non la riduzione della spesa sociale, l'intervento pubblico e non il mercato.
  Durante la discussione sulle linee generali, l'onorevole Galli ha detto che è facile criticare l'austerità, è un gioco facile, a buon mercato. Già, ma io vorrei assicurarle che è molto più difficile scalzare, direi incrinare l'ottusità ideologica di quelli che, in questi anni, hanno promosso, appoggiato e propugnato politiche di austerità mettendo a repentaglio l'Europa. Per il problema del debito, noi vogliamo sostenere la proposta di Alexis Tsipras di una conferenza europea per la ristrutturazione del debito attraverso una riduzione sostenibile, una mutualizzazione, grazie ad un accresciuto bilancio europeo, che sia da garanzia anche per la rinegoziazione su base trentennale con l'emissione di titoli di Stato.
  Infine, per il prossimo semestre di Presidenza italiana, noi chiediamo al nostro Governo che si faccia promotore di due iniziative. La prima: una proposta di revisione radicale dei trattati e dei regolamenti che regolano il Patto di stabilità e di crescita. Noi possiamo fare la nostra parte rivedendo radicalmente – noi abbiamo chiesto l'abolizione, ma rivedendo radicalmente, almeno – la modifica dell'articolo 81 della Costituzione per permettere lo scostamento dal 3 per cento per gli investimenti nel rapporto deficit-PIL (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). La seconda, una proposta, da definire nei prossimi mesi in previsione della mid-term review del bilancio europeo, che vada in due direzioni: aumento sensibile del bilancio europeo, anche con strumenti di fiscalità comunitaria, e accrescimento della parte del bilancio europeo destinato alle politiche di coesione, di sviluppo e di crescita.
  L'Europa ha bisogno subito di quattro medicine: la fine dell'austerità, maggiore democrazia, maggiori regole ai mercati finanziari ed un New Deal sociale, democratico, ecologico, capace di creare lavoro e dare fiato alle imprese. Intervenire sullo scostamento dal 3 per cento dei parametri del Patto di stabilità è un modo per correggere le politiche sbagliate che in questi anni hanno creato depressione economica e squilibri macroeconomici tra le diverse aree regionali. Questo intervento sul 3 per cento fa bene all'Europa e fa bene all'Italia.
  Le politiche di austerità – e concludo – e il fondamentalismo di mercato hanno alimentato e continuano ad alimentare i populismi e le destre. Dopo le emergenze economica e del lavoro dobbiamo evitare un'emergenza democratica in Europa. Ecco perché dobbiamo cambiare strada e prendere la strada della bistrattata, troppo bistrattata Strategia Europa 2020 e di un New Deal sociale, ecologico ed economico. Rimettere in discussione questi vincoli così Pag. 84anacronistici è un modo per incamminarsi su questa strada, ed è per questo che vi invitiamo a votare la mozione di SEL (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà. Chiedo ai colleghi sotto di lei di fare silenzio.

  ROCCO PALESE. Grazie Presidente, parlano di altro, chiaramente.

  PRESIDENTE. Ho capito, si vede. Prego.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente.
  Appena una settimana fa, l'Aula ha discusso più o meno delle stesse cose e degli stessi problemi alla presenza del Presidente del Consiglio e, onde evitare di replicare un po’ le stesse argomentazioni e gli stessi impegni, Forza Italia ha deciso, sì, di dare il proprio contributo alla discussione, ma non ha presentato alcuna mozione.
  Io penso che emerga dalla discussione, ma anche da quello che accade al di fuori del nostro Paese, che, giorno dopo giorno, soprattutto, si è perso il concetto di Europa, anche qui dentro, anche in quest'Aula; noi vediamo l'Europa come se fosse un terzo soggetto, cioè un altro soggetto. L'Europa siamo noi ! Così pure, in riferimento ai comportamenti degli Stati membri, pian piano si è scivolati fuori da un discorso sempre unitario importante che doveva essere l'Europa dei popoli, la costruzione dell'integrazione in tutte le sue parti, la crescita equilibrata di democrazia, di diritti, ma anche di doveri all'interno della correzione degli squilibri nelle varie parti: tutto questo pian piano si è perso. I vari Capi di Stato vanno in Europa quando si fanno le riunioni dell'ECOFIN, quando si fanno le riunioni dei ventotto, dei dodici e quant'altro, e dopo si fanno le conferenze stampa per dire: noi abbiamo ottenuto questo, il nostro Paese ha ottenuto questo, si è fatto questo e quant'altro. Nessuno più che parli e che dica: l'Europa, l'Europa ha determinato e ha scelto questa strada e questo binario.
  La storia è molto semplice, perché non c’è dubbio che in tutti questi anni il primo sforzo è cambiare l'Europa, ritornare alle origini, non fosse altro che per il rispetto dei padri dell'Europa che sono stati i costituenti veri e per il rispetto di tutti gli italiani; in questo caso noi parliamo di uno Stato membro e socio fondatore dell'Europa, tra i primi sei Stati che l'hanno fondata, rispetto anche all'altra evoluzione che si è determinata nel contesto di tutti i sacrifici che hanno fatto gli italiani per poter stare in Europa, per poter stare nell'euro con tutte le varie manovre finanziarie.
  Noi riteniamo che la strada giusta che l'Europa deve intraprendere sia quella della solidarietà, quella della Costituzione, l'Europa di De Gasperi, l'Europa di Kohl, di Mitterrand, l'Europa di Jacques Delors; il 1993 fu un anno fondamentale per la costruzione dell'Europa, in cui si crearono tutte le definizioni del trattato di Maastricht con il famoso Patto di stabilità e crescita.
  E la dizione del Patto di stabilità e crescita non fu un fatto solamente casuale in tutto quel contesto, perché ci fu una lotta dura. L'Italia, insieme alla Francia, insieme a Delors, impose che ci fosse anche la crescita, ma che cosa è successo nel frattempo ? Proprio per responsabilità degli Stati membri... Ma in questo caso noi dobbiamo ritornare nella nostra situazione domestica, che cos’è successo in questi anni per cui, dopo vent'anni e più purtroppo noi non abbiamo neanche la stabilità finanziaria, meno che mai la crescita ? È questa la responsabilità, oppure sono responsabili le politiche che l'Europa ha instaurato nel tempo ? Sì, forse sì, probabilmente c’è anche qualche errore, quello di voler continuare a tenere la BCE per il controllo dell'inflazione; mi sembra che sia una cosa ormai fuori dal tempo, perché poi non riusciamo a difenderci dall'aggressione dei mercati, dall'aggressione che riguarda un po’ tutto il resto.
  Torno sulla situazione domestica a bomba, perché riporto un particolare di Pag. 85quando si discuteva del Trattato di Maastricht e mi fa piacere ricordarlo perché rimanga agli atti. Sta per essere pubblicato un libro su Guido Carli in cui c’è un'intervista del Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, che all'epoca, nel 1992, era direttore generale del Ministero del tesoro, con Guido Carli – tutti e due erano in Banca d'Italia –, Ministro del tesoro del Governo Andreotti; e già in questa intervista Draghi dice in maniera chiara che in quei giorni andava due volte alla settimana a Bruxelles per poter far parte del tavolo dove si discuteva il Trattato di Maastricht e che tutti i vincoli, tutte le clausole, tutte le situazioni che venivano effettuate già nel 1992, nel contempo, erano totalmente diverse e opposte a quella che era la politica economica e finanziaria del Governo dell'epoca, esattamente opposta.
  Quindi nel nostro paese si sbaglia, e si sbaglia già dal 1992, dalla creazione. È fin troppo evidente che ci sono state poi le manovre finanziarie con 400 miliardi, negli anni, di vecchie lire, di manovre finanziarie dal 1992 al 1999, che hanno consentito l'ingresso in Europa e la creazione dell'euro, della moneta unica. E la moneta unica fa perdere sovranità nazionale, non c’è dubbio, questo è un dato acquisito. Non sto qui a dire i vantaggi dell'euro, oppure che le cose non sono state gestite a regola d'arte per quanto riguarda il cambio o rispetto all'interno del paese, nel quale c’è stato un dimezzamento del valore d'acquisto; sono cose che certamente noi sappiamo in tutto e per tutto. Si chiede di modificare i parametri, lo dovrà fare l'Europa. Noi al Presidente del Consiglio lo abbiamo chiesto, noi possiamo fare questo ? Dopo un minuto che cerchiamo di attuare gli adempimenti che noi stessi abbiamo sottoscritto e fatto.
  Siamo usciti dalla procedura di infrazione non molto tempo fa dicendo e impegnandoci a determinare modifiche e riforme del mercato del lavoro, della competitività, con la riduzione del perimetro dello Stato, l'abbattimento della pressione fiscale, la giustizia, le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Ad oggi non abbiamo fatto nulla, non c’è un atto credibile con il quale noi possiamo andare a dire in Europa che stiamo facendo le riforme, per poter determinare gli aspetti principali di modifica, per poter far sì che ci sia una flessibilità, per far sì che possa essere innescato un processo di crescita e quant'altro. D'altro canto, per altri motivi, anche il rigore attuato nel contesto della inadempienza che ha l'Europa... perché se è vero che c’è il patto di stabilità, c’è anche il patto di Maastricht che parla di patto di stabilità e crescita e l'Europa, a onor del vero, sulla situazione della crescita non sta facendo niente. Quello è ciò su cui noi dobbiamo cercare di concentrarci al massimo, in una situazione di riferimento in cui il Governo italiano dovrebbe andare esclusivamente a sensibilizzare anche altri Stati in un contesto di accordo. Viviamo nell'assurdità; non possiamo pretendere flessibilità... non facciamo le riforme, i soldi degli italiani, che il nostro Paese versa per la costruzione del bilancio europeo, che poi vengono addirittura assegnati anche in misura inferiore rispetto a quelli che noi versiamo, non riusciamo a spenderli, mi riferisco ai fondi strutturali. Non possiamo pretendere dall'Europa che ci sia una clemenza o chissà che cosa, oppure la critichiamo e diciamo che tutte le responsabilità e le colpe, che comunque ci sono rispetto alla politica di rigore e alla mancanza di crescita dell'Europa, sono loro, della Merkel e quant'altro. No, la responsabilità è soprattutto nostra, perché non spendendo i fondi strutturali entro il 2015, si rischia, sul programma 2007-2013, di perderli; cioè le regioni dell'obiettivo 1, in particolare quelle del Sud, che hanno necessità di poter aumentare lo sviluppo e la produttività rispetto anche ad un aumento possibile del prodotto interno lordo – ed è per questo motivo ci sono i fondi strutturali – non li spendono. 12 miliardi di euro entro il 2015 dovrebbero essere spesi e ancora non c’è traccia della possibilità di farlo. Probabilmente verranno anche definanziati e torneranno agli altri paesi.
  In tutto questo contesto, io mi accontenterei e chiederei in Europa che ci fosse Pag. 86un programma serio relativo al periodo 2014 – 2020, perché le uniche risorse vere che ha il nostro paese, le uniche risorse vere che ha a disposizione il Governo, sono i 117 miliardi di euro dei fondi strutturali che sono per gli investimenti e per la crescita. Le altre sono situazioni aleatorie. E guarda caso quel programma molto aleatorio e superficiale predisposto dall'ex ministro e dal Governo sul 2014-2020 è stato censurato dalla Commissione europea con 45 pagine di osservazioni.
  Si è creata cioè un'agenzia fantasma che dovrebbe risolvere i problemi e nessuno ne sa più niente. Quindi, noi aggraviamo questa situazione. Io penso, invece, che le responsabilità del Governo siano tante. Mettiamoci a posto, dopodiché andiamo a chiedere anche la deroga per il Patto di stabilità, con ciò, Presidente, mi avvio alla conclusione, proprio...

  PRESIDENTE. Presidente Palese, apprezzo l'entusiasmo, però, concluda perché abbiamo superato il tempo.

  ROCCO PALESE. Sto concludendo, Presidente, dicevo, che è fondamentale che sul Patto di stabilità ci sia l'esclusione per l'utilizzo di questi fondi nel contesto degli investimenti che debbono essere fatti. Quella, sì, è una lotta che noi ci sentiamo di appoggiare, di sollecitare perché solo facendo in questa maniera dimostreremo serietà, in particolare del nostro Paese e possibilità e interesse dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Palese. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, oggi parliamo di una regola che l'Europa ci ha imposto e che vari Governi italiani, da Monti a Letta, hanno sottoscritto ed avallato senza fiatare. È la famigerata regola del 3 per cento che ci impone un vincolo stringente, ovvero il rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo di uno Stato non può superare il 3 per cento, altrimenti si aprirebbe nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione per inadempimento dello Stato ad una norma che istituisce l'Unione europea.
  La soglia del 3 per cento è stata elaborata negli anni Ottanta da uno sconosciuto funzionario francese del Governo di François Mitterrand; successivamente questa regola venne scelta come criterio per l'accesso all'Unione monetaria europea, poi, attraverso un Protocollo, entrò a far parte del Trattato di Maastricht nel 1992. Nel 1997 è rientrata nel Patto di stabilità ed inasprita più tardi dal Fiscal compact, tradotta nel pareggio di bilancio, inserito in Costituzione nel 2012 ed in vigore da quest'anno. Da oltre venti anni, quindi, il limite del 3 per cento è un vincolo oramai strutturale nelle scelte pubbliche. I media ci hanno riportato tante volte che dobbiamo rispettare gli impegni, che non possiamo sforare il tetto del 3 per cento altrimenti saranno guai.
  Oramai nei burocrati è imperante l'idea che se non viene rispettato dagli Stati il vincolo del 3 per cento, l'Unione europea sia destinata a frantumarsi: arriveranno catastrofi, minacce di ogni specie; dunque, uno spettro si aggira per l'Europa. Questo dicono i media, questo dicono i politici; ma la verità è che le conseguenze, che i cittadini dovrebbero subire se fossero costretti a rispettare questo vincolo, sarebbero ben peggiori: aumento delle tasse e zero servizi.
  Se andiamo a vedere la legge, essa dice tutt'altra cosa; la legge n. 243 del 2012, approvata in seguito agli impegni presi con il Fiscal compact, prevede che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico, cioè scostamenti dai limiti europei, sono consentiti in caso di eventi eccezionali quali, ad esempio, periodi di grave recessione economica o gravi crisi finanziarie. Il che è proprio quello che stiamo vivendo.
  Per chi volesse controllare mi riferisco ai commi 1 e 2 dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, che, ripeto, dicono: scostamenti dai limiti europei sono consentiti Pag. 87in caso di eventi eccezionali, quali, per esempio, periodo di grave recessione economica o gravi crisi finanziarie. Attenzione, poi, perché nel successivo comma 3 si spiega anche come agire, cioè cosa il Governo debba fare nel caso ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dai limiti imposti dall'Europa. Questo dice la legge.
  Perciò invitiamo i cittadini a non credere ciecamente alle informazioni diffuse per generare in loro solo terrore e disperazione. È fondamentale, invece, controllare, così come abbiamo fatto noi. E ad ulteriore dimostrazione che sforare i limiti europei è possibile, ricordo che altri Stati lo hanno già fatto. Ad esempio, nel 2003 il Commissario dell'Unione europea, Pedro Solbes, avanzò una proposta appoggiata ai tempi da Austria, Finlandia, Olanda e Spagna, ovvero quella di applicare sanzioni a carico di Germania e Francia per deficit eccessivo. Il Ministro dell'economia e delle finanze tedesco, Heichel, insieme al collega francese, Mer, sottoscrissero una dichiarazione d'intenti non vincolante, per cui i due Paesi, Germania e Francia, si impegnarono ai tempi per i successivi due anni, secondo le loro forze, condizionando il rientro nel parametro ad una crescita sufficiente del PIL.
  Il Consiglio dell'Unione europea che si occupa di economia e finanza, l'Ecofin, sospese la procedura di applicazione di sanzioni a carico di Germania e Francia. Dunque, se l'hanno già fatto Germania e Francia – ci chiediamo –, perché non possiamo farlo anche noi ? I Governi italiani, invece, non ci hanno neanche provato e non hanno mai chiesto lo sforamento. Ecco perché oggi siamo qui davanti al Governo a chiedere: è o non è, questo periodo, un periodo di grave recessione economica o grave crisi finanziaria, che permetterebbe quindi lo sforamento del 3 per cento ? È o non è necessario spendere soldi per gli investimenti ? È o non è il capo di questo Governo che poche settimane fa ha detto che il 3 per cento si può sforare ? È o non è il caso che smettiate di dare soldi alle banche, alle lobby, agli amici degli amici ? Dovranno suicidarsi altri imprenditori perché vi rendiate conto che è ora di dare i soldi ai cittadini piuttosto che ai truffatori autorizzati di banche e quartierini ? Per quanto ancora andrete avanti facendo finta di niente ? Vi stiamo dando una possibilità: sforiamo il 3 per cento, aiutiamo le famiglie e le imprese, ora, adesso. Signor Renzi, lo faccia adesso; da qualche parte ci ascolteranno. Non ci saranno altri appelli e non ci saranno altre scuse. Il dramma di milioni di italiani attende risposte e non il voto di un Governo senza idee e senza coraggio. Andiamo oltre, oltre questo vincolo assurdo e diamo sostegno ai cittadini e alle imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Francesco Cariello. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, gentili colleghi, oggi dobbiamo rivolgerci ai cittadini che ascoltano questa discussione, perché è a loro che quest'Aula deve sempre riferire. I cittadini, appunto, in questo periodo, sono animati da un profondo dibattito e si chiedono – noi riportiamo la loro voce –; cos’è questo 3 per cento di cui si parla tanto ? È un rapporto limite che mette in relazione l'indebitamento netto di uno Stato con il prodotto interno lordo, anno su anno. Bene, questo limite, cittadini, condiziona l'operato di tutti i Governi dell'Unione europea; i cittadini si chiedono quindi: può un numero, un semplice parametro, incidere nella nostra vita quotidiana ? Certo, gli rispondiamo. Questo limite regola la spesa pubblica, ovvero la quantità di denaro che lo Stato, attraverso i propri amministratori, spende o investe per i cittadini che lo compongono.
  Quindi, lo Stato, oltre che non essere padrone della moneta che ha adottato, perché la riceve in prestito dalla BCE, non ha nemmeno la piena autonomia o la libertà di manovra su come la deve spendere. Ciascuno Stato membro dell'Unione europea si muove in uno spazio limitato con delle regole preordinate, quindi gli Pag. 88Stati membri dell'Unione europea sono diventati come una macchina programmata a distanza, un robot. Chiunque sieda nel Ministero dell'economia eseguirà dei comandi prestabiliti tutti scritti in un regolamento, come un automa. Quindi, essendo un sistema preordinato, gli effetti sociali di ogni manovra saranno sempre gli stessi finché non cambierà l'automatismo che li regola; come in un sistema robotizzato, appunto. Gli effetti sono chiaramente negativi e su questo siamo tutti d'accordo; uno su tutti: il tasso di disoccupazione, che non arresta la sua crescita.
  Veniamo quindi a questa regola e al parametro con cui abbiamo programmato questo giocattolino. L'ideatore stesso della regola afferma che quel limite nasceva dalle circostanze del periodo in cui fu pensato, ovvero gli anni Ottanta. In quelle circostanze, appunto, gli Stati europei più avanzati economicamente, Francia e Germania, avevano una crescita media del 5 per cento e il tasso di inflazione si attestava intorno al 2 per cento. Pertanto gli Stati potevano avere un deficit di bilancio annuale fino al 3 per cento senza correre il rischio di aumentare lo stock totale del debito, che all'epoca si aggirava appunto intorno al 60 per cento. Ed ecco le regole. Quindi, dietro questo limite si cela un principio che consiste nella facoltà di uno Stato di poter prendere in prestito denaro per il proprio funzionamento fino al punto in cui il sistema produttivo del proprio Paese sia in grado di ripagare il costo del denaro preso in prestito senza dover accumulare altro debito anno su anno.
  Quel numero, quindi, era valido negli anni ’80 per mantenere i livelli di debito accumulato fino a quegli anni, ma oggi la domanda è: quel rapporto è ancoro valido ? Deve necessariamente essere lo stesso per tutti i Paesi ? Se siamo tutti d'accordo sul principio direi che la regola è scritta male e deve essere cancellata.
  Abbiamo seguito con molta attenzione i discorsi che i nostri colleghi hanno fatto su questo tema durante la discussione generale. SEL ha utilizzato il verbo «cambiare» riferendosi alle regole e ponendo appunto delle condizioni di scorporamento degli investimenti senza le quali il verbo diventa «superare» il limite. La Lega Nord suggerisce addirittura di negoziare il superamento dei limiti per effettuare investimenti condividendo l'illegittimità democratica di certi regolamenti. Il PD addirittura dice che esiste un consenso più ampio del solito su questo tema, utilizzando il verbo «contemperare» che significa far coesistere due posizioni antitetiche che sono la stabilità e la crescita e che rappresenta, appunto, lo specchio della continua antitesi interna al partito soprattutto sulle questioni europee. Comunque mi sembra di capire che tale posizione confermi l'incompatibilità di tali limiti con l'attuale stato dell'economia. Forza Italia, pur non avendo presentato alcuna mozione, definisce il Patto di stabilità e crescita un grande problema, assumendosi la responsabilità di averlo sottoscritto e, quasi con rassegnazione, vorrebbe meglio qualificare la spesa pubblica per limitare il danno. Scelta Civica conferma anch'essa la convergenza sul tema degli investimenti e delle misure di rilancio indicate nelle varie mozioni ritenendole meritorie ed opportune, ma difende a spada tratta il 3 per cento perché dice che non ci sono margini per spendere di più di quanto si incassa.
  Noi del MoVimento 5 Stelle ribadiamo la necessità di ampliare gli spazi di manovra per la spesa per investimenti sottolineando che i parametri imposti sono illegittimi e che basterebbe recedere dai vincoli con il consenso del Parlamento per rilanciare lo sviluppo del Paese.
  Vista questa notevole convergenza di intenti dichiarati in discussione generale sono fermamente convinto che questo Parlamento possa, in questo momento, raggiungere concretamente una larga condivisione su un tema importante come quello del rapporto deficit/PIL e mettere nelle mani di questo Governo un indirizzo molto forte in vista del prossimo semestre europeo.
  Premesso che tutte le parti in causa condividono l'obiettivo prioritario che è la decrescita del tasso di disoccupazione, si può affermare che ci sono ampi margini di Pag. 89consenso sulla necessità di reperire quanti più fondi possibili per gli investimenti utili al Paese. La tendenza ad utilizzare al massimo la capacità di manovra è condivisa da tutti, dobbiamo solo intenderci sul come vogliamo farlo.
  È stata più volte e da più parti evocata la cosiddetta golden rule: spieghiamo anche in questo caso ai cittadini di cosa parliamo, giusto per essere comprensibili. La «regola d'oro» prevede che uno Stato possa destinare alla spesa per investimenti risorse anche facendo debito a patto che il rendimento di tali investimenti ripaghi almeno gli oneri totali del debito stesso. Il dibattito in Europa è abbastanza vivo, ma una reale intesa su questo tema in sede di Consiglio europeo non credo sia mai stata raggiunta e diciamo che ognuno la pensa e la utilizza come meglio crede. In realtà, a nostro avviso, si dovrebbe partire proprio da questo principio per cercare le soluzioni all'attuale periodo di crisi economica. Ma il problema dov’è ? La qualità della spesa pubblica può essere valutata in relazione al contributo che essa fornisce al raggiungimento degli obiettivi di politica di bilancio ed in particolare di uno sviluppo sostenibile nel lungo termine. Gli investimenti sono considerati una categoria di spesa pubblica favorevole alla crescita perché contribuiscono all'accumulo dello stock di capitale nell'economia e soprattutto creano un ambiente favorevole all'investimento privato.
  Quindi il legame tra investimenti pubblici e crescita economica, pur supportato dalla teoria economica, risulta difficile dalla parte della valutazione pratica ed è su questo che ci dobbiamo concentrare, sul tasso di rendimento degli investimenti come indicatore della capacità di un progetto di generare, in futuro, un flusso di cassa sufficiente a rimborsare e remunerare il finanziamento impiegato per la realizzazione. Quindi il vero problema consiste nel fatto che i Parlamenti nazionali e quello europeo non riescono a trovare un'intesa valida per tutti gli Stati sugli strumenti e i modelli che permettono di definire la produttività dell'investimento. Se il Parlamento tutto trovasse un'intesa su questi strumenti e sui metodi che simulano gli effetti della manovra, la valutazione dei provvedimenti si concentrerebbe solo sui suoi effetti.
  Quindi il Parlamento dovrebbe esprimersi sugli effetti dei provvedimenti appunto urgenti varati dal Governo; chi viene in quest'Aula deve occuparsi di esporre la propria proposta, la norma che sottende alla stessa e chiarire in maniera inequivocabile gli effetti di quella norma attraverso l'utilizzo dei dati elaborati con strumenti e modelli condivisi da tutti, e dobbiamo condividere i dati. E poiché l'intesa sugli obiettivi è evidente, vagliare i provvedimenti a quel punto sarebbe veramente un lavoro semplicissimo.
  In questo momento si sta creando l'Ufficio parlamentare di bilancio. Tale ufficio, recentemente istituito, è un organismo destinato a svolgere un'analisi sui temi di finanza pubblica perché deve condividere con le istituzioni l'obiettivo e rappresentare con maggiore trasparenza il bilancio pubblico ai fini della sostenibilità della finanza pubblica. Questa istituzione in fase di attivazione deve avere caratteristiche precise: l'indipendenza delle autorità di politica fiscale, la cosiddetta «non-partisanship», la trasparenza e l’accountability. Questa parola significa rendicontazione, ma è di difficile interpretazione in Italia perché significa responsabilità rispetto agli esiti, rispetto agli stakeolders cioè i portatori di interesse di quella responsabilità, cioè i cittadini e la politica.
  Quindi, concludo Presidente, in poche parole il Parlamento si deve confrontare sulla regole e sui metodi e decidere in base agli effetti che una norma produce, altrimenti in quest'Aula ci diremo sempre cose simili ma con parole diverse, dure e a volte anche offensive, ma gli italiani non avranno mai giovamento. In Italia ormai ci sono più idoli che leader politici, perché i cittadini sono stati abituati a idolatrare piuttosto che a credere nei principi. In questo momento l'Italia non ha bisogno di leader o di idoli, nessuno è indispensabile, non lo siamo noi, non lo è nessuno, né in Parlamento né al Governo. Gli italiani vogliono riacquistare la libertà e la dignità Pag. 90di uomini capaci di costruirsi un proprio futuro da soli. Noi possiamo solo ascoltarli e permettere loro di cogliere tutte le opportunità realizzabili. Il Presidente del Consiglio deve dire a questo Parlamento chi ha svolto quei calcoli con i quali lui è venuto a presentare attraverso power point tutte le sue manovre, ma sulla base di quali ipotesi e soprattutto in che misura ogni singola manovra produce sviluppo per il nostro Paese, non farsi grande solo per una presentazione. Il Parlamento deve poi valutare la consistenza di quelle ipotesi e di quel modello, si deve confrontare su quello e votare con la piena consapevolezza degli effetti di tali norme, altrimenti noi non riusciremo mai a stabilire con quali effetti noi facciamo le norme.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FRANCESCO CARIELLO. Annunciamo pertanto il nostro voto favorevole alla nostra mozione, alle mozioni Marcon n. 1-00362, Guidesi n. 1-00363 e Giorgia Meloni n. 1-00372 e contrario alla mozione Marchi n. 1-00386.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà. Essendo l'ultimo intervento, invito i colleghi a cominciare a prendere posto.

  MAINO MARCHI. Signor Presidente, credo che gli ultimi interventi abbiano contribuito a dare una risposta ad una domanda, cioè perché dopo che all'inizio di gennaio abbiamo avuto una discussione su mozioni – la prima presentata dal MoVimento 5 Stelle sul fiscal compact, ricordo anche un po’ lo spettacolo che ci fu in quell'occasione con la lista di proscrizione, i nomi di tutti i deputati che avevano votato nella precedente legislatura i vari atti europei – dopo quel dibattito e dopo i dibattiti sulla partecipazione del Governo agli appuntamenti europei più importanti – anche la scorsa settimana abbiamo avuto un'occasione in questo senso con la presenza del Presidente del Consiglio – e perché nel momento in cui fra poche settimane, in aprile, c’è la scadenza del DEF e quindi avremo di fronte un nuovo e aggiornato quadro programmatico che ci farà capire anche come sarà possibile assumere le decisioni che riguardano il taglio del cuneo fiscale e le politiche economiche più importanti che il Governo vuole portare avanti, perché questo dibattito oggi sul 3 per cento ? La risposta mi sembra sia venuta.
  È il tentativo di portare in questa sede la campagna elettorale sulle europee, con dibattiti anche ripetitivi. È stato il motivo per cui fino all'ultimo abbiamo pensato se fosse opportuno o meno proporre una mozione. Poi, abbiamo ritenuto che fosse opportuno farlo, anche se certamente non con grandi novità, visto, appunto, le risoluzioni e le mozioni presentate le scorse settimane (e una anche la settimana scorsa).
  Io voglio ricordare qui che il Governo, che ringrazio per il parere espresso sulla nostra mozione, ha espresso in vari momenti l'esigenza di cambiare le politiche economiche europee, mentre si opera per cambiare e per fare le riforme in Italia, e di cambiare le politiche economiche europee nel senso di indirizzarle allo sviluppo e all'occupazione, tenendo conto che il risultato delle politiche degli ultimi anni certamente non ha prodotto fino in fondo gli obiettivi che si volevano produrre. C’è stata una stabilizzazione dei bilanci dei vari Paesi europei, si è affrontato il tema dello spread, ma dal punto di vista dell'occupazione e dello sviluppo certamente quella cura non dà la risposta ai problemi dell'Europa. Quindi, cambiamento e rafforzamento dell'unità politica, della governance, dell'assetto istituzionale che vada verso gli Stati uniti d'Europa. Queste cose sono state dette in vari momenti.
  Nello stesso tempo, io credo che ci sia da richiamare tutti all'esigenza di considerare le condizioni oggettive soprattutto Pag. 91del nostro Paese e, in particolare, la questione del debito pubblico italiano, che non è stato causato dall'Europa, che ha altre cause, che è più elevato di altri Paesi, che va ridotto sia agendo sul denominatore e, quindi, sulla crescita, sul PIL, ma anche sul numeratore.
  Se per gli altri Paesi il 3 per cento, ad esempio, potrebbe anche essere un limite facilmente superabile, senza gravissimi effetti sulla loro condizione di finanza pubblica, per l'Italia è un po’ diverso, perché quando facciamo il confronto con gli altri Paesi europei diciamo sempre che spendiamo meno rispetto al PIL su una voce, su un'altra, ma poi arriviamo ad una, che è quella degli interessi sul debito pubblico, dove spendiamo più degli altri. Quindi, questo problema ce lo dobbiamo porre, quello di cercare di ridurre il debito pubblico rispetto al PIL.
  Il livello del nostro debito pubblico, dicevo, è stato causato dalle politiche prima dell'ingresso nell'euro. È stato ridotto in termini percentuali in riferimento al PIL solo quando ha governato il centrosinistra in questo Paese ed è stato ridotto facendo contemporaneamente politiche sociali e politiche industriali. È aumentato sempre o lo hanno lasciato aumentato rispetto a come l'hanno trovato i vari Governi Berlusconi, di cui faceva parte anche la Lega Nord. Poi devo dire che negli ultimi anni certamente c’è stato un eccessivo rigore in campo europeo che ha contribuito ad aumentarlo, nonostante poi anche in Italia ci siano stati anni di sforamento del 3 per cento. Ci siamo dati l'obiettivo, invece, di rientrare per avere più possibilità di flessibilità nell'utilizzo degli spazi che l'Europa può mettere a disposizione se si è al di sotto del 3 per cento. Però, è indubbio che la cura ha depresso il PIL, la vita delle imprese, l'occupazione, la condizione di vita delle famiglie.
  Quindi, ci vuole un nuovo equilibrio. Dobbiamo ricercare un nuovo equilibrio in Italia e in Europa, perché solo con l'austerità si rischia di andare verso il fallimento del progetto europeo. Un nuovo equilibrio che sia in grado di rianimare l'economia, aiutare la competitività delle imprese e del sistema nel suo complesso e le esportazioni, ma anche rianimare la domanda interna, investire sulla conoscenza e investire anche su un'altra questione, quella dell'equità sociale, che è una questione di valori morali ma è anche una questione economica, perché se si impoverisce la maggior parte della popolazione c’è un riflesso negativo anche sull'economia.
  E su questo mi pare che ci sia un impegno pieno del Governo italiano per quel che ci riguarda, sapendo però che gran parte della partita si gioca in Europa e per questo occorre avere una piattaforma. Certo è la stessa – ci ha fatta rilevare la Lega – di qualche mozione fa, perché sugli obiettivi europei non è che abbiamo fin qui ottenuto dei grandi risultati e bisogna insistere.
  Bisogna insistere sulle cose che riteniamo essenziali, mentre invece io credo che ci siano novità rilevanti che sono state enunciate dal Governo Renzi sull'azione interna e – ripeto – il DEF sarà la sede e l'occasione per definirle compiutamente.
  Quali sono questi obiettivi che abbiamo ribadito ? Tenere insieme stabilità della finanza pubblica e politiche per la crescita, quindi usare tutti i margini di flessibilità. Però bisogna avere la consapevolezza che già la questione di andare oltre il 2,6 per cento è una questione che ha fatto parlare di braccio di ferro in questi giorni. Quindi, credo che questo sia il primo obiettivo: usare quella maggiore flessibilità verso il 3 per cento, che sta dentro il 3 per cento, che ci può aiutare a raggiungere gli obiettivi che saranno definiti con il DEF.
  Ritengo che sia inutile oggi porsi obiettivi più elevati senza avere alle spalle cambiamenti delle politiche delle regole europee, che vanno rispettate finché ci sono, però agendo per cambiarle. Il superamento del 3 per cento non può essere una decisione unilaterale.
  E poi le politiche europee: mutualizzazione dei debiti sovrani. Io credo che con gli spread ridimensionati nei vari Paesi questo sia un obiettivo che si può oggi Pag. 92riproporre con più forza rispetto certamente alla fase che abbiamo avuto dal 2011 in avanti. La creazione di una autonoma capacità fiscale nell'eurozona e quindi, ad esempio, la tassa sulle transazioni finanziarie, l'emissione di titoli per finanziare i grandi progetti europei, e quindi gli euro project bond, la golden rule, quindi la possibilità che una parte degli investimenti non sia considerata all'interno del Patto di stabilità, e meccanismi anti ciclici del bilancio europeo, a partire dal bilancio europeo, che deve avere più peso, a favore dei sussidi per disoccupazione e per il sostegno alle politiche per l'occupazione, e un aggiustamento più equilibrato tra i Paesi in deficit e i Paesi in surplus.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MAINO MARCHI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Io credo che siano obiettivi raggiungibili, visto che ho detto all'inizio che questa è una sede in cui si parla delle politiche europee, se vince il PSE, non se vincono i populismi di varia natura, perché c’è sempre uno più a nord, c’è sempre uno più nazionalista, c’è sempre uno più populista.
  Per costruire pace e sviluppo in un grande continente, ci vuole non una somma di egoismi, ma un nuovo grande pensiero che voglia riformare l'Europa, non distruggerla con le fuoriuscite dall'euro, ma renderla più forte e migliore per i cittadini con una politica che rafforzi solidarietà e coesione, senza cui nessun Paese europeo ha davanti a sé prospettive di benessere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
  Prima di passare ai voti però salutiamo studenti e insegnanti dell'istituto statale Valle Seriana di Gazzaniga in provincia di Bergamo, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Invito i colleghi a prendere posto. Come da prassi le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Castelli ed altri n. 1-00348, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Polverini, Ravetto, Oliverio, Campana...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  475   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato
 133    
    Hanno votato
no  342).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marcon ed altri n. 1-00362 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Spadoni, Pastorelli, L'Abbate...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  456   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 115    
    Hanno votato
no  341).    

  (La deputata Terzoni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo alla votazione della mozione Guidesi ed altri n. 1-00363.Pag. 93
  Avverto che i presentatori della mozione hanno accolto la riformulazione proposta del Governo riferita al dispositivo. Contestualmente, hanno chiesto la votazione della mozione per parti separate, nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario. Sarà, dunque, posto in votazione dapprima il dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, e quindi la premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Guidesi ed altri n. 1-00363, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fitto, Giammanco, Oliverio, Costantino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  477   
   Votanti  476   
   Astenuti   1   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 474    
    Hanno votato
no   2).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Guidesi ed altri n. 1-00363, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Berlinghieri, Carrozza...ci siamo ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  474   
   Votanti  473   
   Astenuti   1   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato
 175    
    Hanno votato
no  298).    

  Passiamo alla votazione della mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00372.
  Avverto che i presentatori della mozione non accolgono la riformulazione proposta dal Governo, e quindi il parere del Governo si intende contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00372, per le parti non assorbite dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Bianconi, credo che l'onorevole Palese apprezzerà l'esortazione, però ormai abbiamo capito che lei lo sostiene a spada tratta. Onorevoli Chiarelli, Cera, Cariello, Merlo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  473   
   Votanti  443   
   Astenuti   30   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato
 142    
    Hanno votato
no  301).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Marchi ed altri n. 1-00386, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Capelli, Patriarca...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 94
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  473   
   Votanti  435   
   Astenuti  38   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
 301    
    Hanno votato
no  134).    

  (Il deputato Giancarlo Giorgetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

Seguito della discussione delle mozioni Brunetta ed altri n. 1-00290, Roberta Agostini ed altri n. 1-00273, Vezzali ed altri n. 1-00319, Prataviera ed altri n. 1-00379, Dorina Bianchi n. 1-00381 e Santerini ed altri n. 1-00393 concernenti iniziative per promuovere la parità di genere nel settore dello sport (ore 19,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Brunetta ed altri n. 1-00290, Roberta Agostini ed altri n. 1-00273, Vezzali ed altri n. 1-00319, Prataviera ed altri n. 1-00379, Dorina Bianchi n. 1-00381 e Santerini ed altri n. 1-00393 concernenti iniziative per promuovere la parità di genere nel settore dello sport (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di giovedì 20 marzo 2014, è stata presentata la mozione Santerini ed altri n.1-00393, che è stata già iscritta all'ordine del giorno.
  Avverto altresì che è stata presentata la risoluzione Locatelli ed altri n. 6-00061 (Vedi l'allegato A – Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.
  Avverto, infine, che è stata testé presentata la mozione Roberta Agostini, Centemero, Scopelliti, Vezzali, Santerini, Matteo Bragantini, Pellegrino, Locatelli ed altri n. 1-00409 (Vedi l'allegato A – Mozioni), il cui testo è in distribuzione e, contestualmente, sono state ritirate le mozioni all'ordine del giorno e la risoluzione presentata.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il sottosegretario di Stato, Sesa Amici, che esprimerà altresì il parere, a questo punto, sulla mozione Roberta Agostini, Centemero, Scopelliti, Vezzali, Santerini, Matteo Bragantini, Pellegrino, Locatelli ed altri n. 1-00409.
  Cortesemente, diamo la possibilità al Governo di intervenire in un clima civile, colleghi per favore.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, è del tutto evidente che, dopo un intero pomeriggio passato a discutere e a votare le mozioni, mi atterrò ad una serie di riflessioni molto brevi per dare la possibilità di valutare con attenzione un fatto che per il Governo, e mio personale, è di grande soddisfazione: il fatto che, dopo la discussione sulle linee generali, sia stato possibile presentare un'unica mozione su un tema che proprio per la sua importanza, emersa nella discussione sulle linee generali, avrebbe meritato da parte di quest'Aula un approfondimento assai più significativo. Significativo soprattutto perché interviene su un argomento che è la natura dello sport come luogo nel quale si esprimono un nuovo linguaggio di socialità, atteggiamenti collettivi e individuali che possono permettere, in una situazione di dinamismo, di vedere proprio nell'articolazione dello sport una delle espressioni più alte con cui si può incoraggiare un fenomeno di socialità, dello sport come diritto e di accessibilità allo sport per tutti. Un valore straordinario dal punto di vista sociale, culturale ed economico.
  Credo che alla base di questa mozione ci fosse non solo il riconoscimento della felice intuizione già avvenuta nel 1985 da parte dell'Unione italiana sport per tutti (UISP) di favorire una carta dei diritti delle donne nello sport, poi approvata nel 1987.
  Dopo quegli anni, ci sono ancora voluti trent'anni per testimoniare una questione di principio, quella della possibilità che Pag. 95perlomeno nello sport – farò una battuta finale solo su questo – venisse posta attenzione sulla possibilità che l'accesso fosse sul serio un diritto inalienabile per uomini e per donne e su come dentro la struttura che contiene le articolazioni delle associazioni sportive, il CONI, le associazioni sportive dilettantistiche e quelle professionali, si producevano nel corso degli anni elementi oggettivi, discriminatori non solo nell'accesso ma nella stessa remunerazione economica di atleti e atlete.
  Dentro questo c'era però al fondo un'idea sbagliata e per favorire la partecipazione anche delle donne alle attività sportive nulla faceva la politica, nulla facevano le istituzioni, perché si confacesse, sul piano dell'urbanistica, della capacità dei centri sportivi, di accogliere questo elemento, che era sì di differenza, ma anche di ricchezza dentro ad una pratica di così ampio e impegnativo valore simbolico.
  Io quindi credo che abbiamo fatto bene ed hanno fatto bene tutti i gruppi politici di quest'aula a trovare la forza, la volontà di determinare una mozione unitaria, perché questa mozione, che è stata ripresentata sempre dall'UISP il 25 maggio del 2011 e che si inserisce nella Strategia europea dei diritti per lo sport e sul piano europeo, chiede oggi che essa venga approvata e sostanziata completamente dal Parlamento europeo.
  Il Governo italiano su questo ha fatto già alcuni primi passi importanti, ma non sono sufficienti, tant’è vero che, ad esempio, l'11 giugno del 2013 il Ministro per le pari opportunità e il presidente del CONI hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per il contrasto delle discriminazioni di genere attraverso lo sport e la promozione di pari opportunità.
  Vorrei ricordare inoltre che, anche in attuazione di un protocollo, il dipartimento pari opportunità ha promosso una ricerca sul contrasto alle discriminazioni di genere e per orientamento sessuale nello sport e che quindi si inserisce nel quadro di molteplici direttive comunitarie in materia. Questa ricerca è destinata a fotografare la realtà italiana relativa al rapporto fra donne, sport e pari opportunità, sia all'interno delle istituzioni sportive che nell'accesso alla pratica sportiva a tutti i livelli e proporre concrete linee di azione al dipartimento pari opportunità, a tutte le istituzioni sportive. Obiettivo è il contrasto delle discriminazioni di genere nello sport, la parità di accesso alla pratica sportiva a tutti i livelli, la promozione di una reale parità di genere nei luoghi decisionali, la lotta agli stereotipi nel mondo lo sport.
  E vorrei ricordare che nel dibattito generale c’è stato un intervento molto significativo, quello della collega Coccia, la quale ha spiegato come, nella parità di genere, esista non solo una differenza di genere appunto, ma anche una condizione, quella della disabilità, che diventa invece lo strumento anche per affrontare e superare una serie di barriere. Credo che quell'intervento possa essere la testimonianza più credibile non solo della petizione che lo sport crea inclusione e tende ad abbattere le esclusioni.
  Proprio per questo è significativo il fatto che noi ci troviamo a discutere di un argomento in cui il valore della presenza e della pratica sportiva delle donne ancora una volta non viene riconosciuto, perché i livelli dirigenziali vedono una leadership tutta maschile e testimoniano anche del fatto che oggi questa tendenza a fare sport attiene anche ad un elemento dello sviluppo della persona umana, della salute e del benessere e proprio per questo vede alcuni sport (ad esempio le danze, il fitness), di grande partecipazione femminile, ma che hanno però un elemento di diseguaglianza di fondo insopportabile. Lo ha ricordato ad esempio il collega Fossati, con altri colleghi. Qual è il fatto ? Che quello sport, così praticato in maniera molto numerosa dalle donne, è uno sport che si fa a pagamento, perché si fa nelle palestre private e quindi viene meno una funzione, che è quella anche da parte dello Stato e delle sue organizzazioni territoriali, di dare invece conto di un diritto, che Pag. 96deve essere un diritto per tutti e quindi anche indirizzare linee politiche concrete per sviluppare questa tematica.
  E proprio alla luce di queste brevissime riflessioni, siccome è in via di definizione il piano nazionale per la promozione dell'attività sportiva, piano nazionale da parte anche del Governo, io credo che sia giusto far raccogliere all'interno di questa mozione gli elementi significativi che potranno arricchire il piano.
  Però, al contempo, occorre fare in modo che il Governo – e per questo è un parere ovviamente favorevole alla mozione unitaria – si attivi in tutte le sedi europee ed internazionali perché questa volta l'obiettivo di vedere affermata la nuova Carta dei diritti delle donne nello sport, con il superamento anche delle discriminazioni, possa essere salutato come una nuova strategia europea a favore di alcuni principi che rimuovono degli ostacoli. Se questa disciplina dell'inclusione avviene nello sport, credo che, a maggior ragione, dopo questo atto così straordinario fatto dai gruppi parlamentari di quest'Aula, possa ripetersi, non solo nel campo dello sport, ma anche nel campo dell'economia e soprattutto della politica. Facciamo in modo che anche questo sia un segnale che arrivi molto chiaro e nitido perché ciò che si muove in modo innovativo nella società non veda la politica sorda o miope rispetto ai grandi obiettivi di una parità effettiva tra uomini e donne. Quindi, parere favorevole alla mozione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, la Carta dei diritti delle donne nello sport è in attesa di essere approvata dal Parlamento europeo da diciotto anni. Era il 1987 quando la Carta dell'unione italiana sport per tutti fu trasformata nella risoluzione delle donne nello sport, un primo passo per riconoscere ufficialmente le pari opportunità tra uomini e donne nel mondo sportivo, al quale, però, non ne sono seguiti altri e difatti stiamo ancora attendendo. Nonostante i progressi degli ultimi decenni, i dati a disposizione concordano sul fatto che quello dello sport resta un mondo prevalentemente maschile dove la parità di genere è ben lontana dall'essere raggiunta. Dal piano nazionale qui citato per la promozione dell'attività sportiva emerge che la popolazione che non esercita alcuno sport è pari al 40 per cento, percentuale che sale, però, al 44 per cento se si fa riferimento alla sola popolazione femminile, mentre la percentuale delle donne che praticano in modo continuativo un'attività sportiva è pari al 26 per cento. Gli uomini, invece, sono al 39 per cento, quindi il 50 per cento in più.
  Ad un avvio precoce nella pratica sportiva simile, comune a bambini e a bambine, si contrappone, con il passare degli anni nella vita delle persone, la difficoltà per le donne a continuare in questa pratica perché subentrano gli impegni familiari e poi nascono i figli. E le donne sono penalizzate anche a livello dilettantistico, per gli impegni familiari e per quelli lavorativi, che non consentono di avere spazi liberi e spazi da dedicare a se stesse, sia per ragioni economiche, sia per la carenza di strutture facilmente raggiungibili – ancora una volta è questione di tempo –, sia – e questo è tragicamente ridicolo – per il divieto di accesso ad alcuni circoli sportivi. Infatti, esistono ancora circoli sportivi in cui l'accesso è consentito solo agli uomini. Eppure, siamo nel terzo millennio. Una penalizzazione che diviene ancora più evidente a livello professionale perché all'interno delle organizzazioni sportive sono poche le donne che occupano posizioni direttive e sono spesso tutti maschi i dirigenti di federazioni in cui, magari in proporzione ridotte, però le donne sono presenti. Non solo, i contratti, i livelli retributivi, le tutele appaiono così diversi, a svantaggio delle donne, da far apparire il mondo del lavoro produttivo come il paradiso della parità, ma sappiamo bene che non è così.Pag. 97
  Infine, nello sport si sente ancora parlare di inclinazioni naturali delle donne che tengono le donne lontane dalle posizioni di vertice, dall'agonismo ai massimi livelli, dalle responsabilità, oppure che le orientano verso i ruoli in cui riescono meglio. Il cammino da compiere per la piena parità di genere e per la piena parità tra uomini e donne è ancora molto lungo, ma speriamo che l'approvazione di questa mozione unitaria, per la quale annunciamo il voto favorevole dei socialisti, possa farci compiere un altro piccolo, ma importante passo avanti.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Maietta rinunzia all'intervento. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando parliamo di donne parliamo di uguaglianza, di differenza, di competenze e di diritti. Lo sport è uno dei campi in cui si parla, però, meno di parità di opportunità, anche se non è meno importante. È curioso, anzi, osservare che lo sport è la possibilità di esprimersi col corpo, di giocare, di mettere alla prova il proprio fisico. E sappiamo che la donna è stata spesso nel tempo identificata con la fisicità. Eppure, lo sport è stato ed è spesso più maschile che femminile. Questo avviene anche se in Italia, ad esempio, abbiamo avuto atlete donne che hanno conquistato titoli mondiali ed hanno dato prova di coraggio, costanza, spirito di sacrificio. Penso tra le tante a Valentina Vezzali, che ha così bene rappresentato l'Italia nel mondo. Qui in Parlamento, vorrei citare anche Laura Coccia, che si batte per promuovere un sport sociale, per tutti.
  La Carta europea dei diritti delle donne nello sport, oggi attende un'approvazione: intende favorire la leadership, l'educazione nello sport fondato sulla parità di genere, tenendo conto dei media e del loro impatto culturale, il riconoscimento di incarichi dirigenziali nei gruppi sportivi, senza alcuna discriminazione.
  Nel marzo 2013, il Parlamento europeo ha individuato nell'attività sportiva una risorsa importante per la salute e per il superamento degli stereotipi di genere. Infatti, esistono stereotipi anche e, forse, in modo particolare, nello sport: l'armonia è per le donne, la forza per gli uomini, la competitività è un valore maschile, l'idea che lo sport non sia adatto alle donne perché le virilizza troppo; c’è, poi, stata, e c’è la resistenza al mostrare il corpo in modo naturale quando, poi, paradossalmente, deve essere invece esibito ampiamente come richiamo sessuale, e così via.
  Quindi, mentre la pratica sportiva femminile si è progressivamente diffusa con maggiore velocità rispetto a quella maschile, in particolare tra le bambine e nella fascia tra i 60 e 65 anni, mentre cresce il numero delle atlete che gareggiano, nonostante questo, tra i praticanti dell'attività sportiva in modo continuativo le donne sono sempre molto meno dei coetanei maschi. E, soprattutto, le donne, quasi per la metà, sono sedentarie, e lo sono perché attribuiscono la responsabilità della mancata pratica sportiva alla mancanza di tempo: le donne italiane in modo particolare rispetto alla media europea. Certo, perché lavorano spesso più degli uomini, ma impiegano il tempo libero in attività di cura della famiglia, dei figli, degli anziani, dei disabili.
  Paradossalmente quindi, lo sport, che è il più grande e potente fattore e strumento di integrazione sociale, rischia di escludere proprio le donne. E anche nello sport, come nella politica, nel mondo dell'impresa o dei servizi, il problema oggi, nelle società sviluppate – lo abbiamo visto nel dibattito sulla legge elettorale –, non è solo garantire i diritti di base, ma la promozione della leadership. Infatti, nella pratica e nelle istituzioni sportive persiste una evidente segregazione verticale: in particolare, le donne non sono presenti, se non raramente, in ruoli direttivi né in ruoli tecnici, come arbitri e come allenatori.
  Inoltre – e concludo –, la maggiore diffusione dello sport tra le donne non deve essere vista solo nelle gare vere e proprie. Penso, ad esempio, ai gruppi sportivi, di tifo, insomma alle tifoserie, che Pag. 98spesso mostrano il volto più violento, aggressivo e razzista dello sport. È lecito domandarsi e sperare che l'ingresso delle donne possa contribuire a restituire allo sport il suo vero volto, quello del divertimento, della prova, dello spirito di squadra.
  Per questo, il gruppo Per l'Italia è particolarmente favorevole all'approvazione della mozione unitaria che stiamo discutendo, convinti che la parità di opportunità nello sport e la promozione delle donne, anche nei ruoli direttivi, sia un valore che vada fortemente coltivato (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caon. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAON. Signor Presidente, occorre dire che bisogna anche un po’ stare attenti perché, perseverando così, ho paura che poi le donne vadano a finire in una riserva e questo noi non lo vogliamo. Noi vogliamo che le donne siano alla pari degli uomini e tutto questo nasce da un sistema culturale che va coltivato, come ho già detto, dal principio, dall'asilo in poi. Noi veniamo fuori sicuramente da una storia che non porta a questo, però dobbiamo fare questo sforzo perché qui parliamo di uguaglianza e lealtà sportiva, due principi su cui si basa lo sport che non possono venir meno per alcun motivo, qui parliamo dell'importanza riconosciuta allo sport nella società come forma di educazione, di socialità, di rispetto delle regole e degli avversari di entrambi i sessi. Qui parliamo di riconoscere alle persone pari opportunità nei diversi ambiti nel mondo dello sport, siano queste persone, uomini o donne e, lo ripeto, per far sì che questa forza dentro la nostra società civile possa partire dobbiamo investire naturalmente nella cultura delle scuole che è basilare perché dire a una persona di ottant'anni: devi fare qualcosa altro, devi recepire la novità, penso sia veramente difficile; perciò il grande sforzo che il nostro Governo, tramite anche l'Europa, deve fare è riuscire a portare sempre ai massimi livelli lo sforzo perché questo venga assorbito da parte della nostra comunità.

  PRESIDENTE. Onorevole Caon, la ringrazio, anche per la brevitas.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

  MARIA VALENTINA VEZZALI. Signor Presidente, colleghi, colleghe, la parità di genere tra uomini e donne rappresenta un diritto fondamentale che deve essere innanzitutto messo in atto dalle istituzioni, includendo l'obbligo di eliminare ogni forma di discriminazione anche per quanto attiene allo sport.
  Occorre tenere conto ed affrontare le discriminazioni, superando gli ostacoli e i pregiudizi, quali l'etnia, la lingua, la religione, le opinioni politiche, la disabilità, l'età, l'orientamento sessuale o lo stato economico e sociale. La partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini in ogni ambito decisionale è una conditio sine qua non della società democratica; è perciò fondamentale adottare tutte le misure necessarie e le opportune strategie per promuovere una rappresentanza e una partecipazione equilibrata dei due sessi.
  L'eliminazione degli stereotipi sessuali è indispensabile per l'avvio di politiche di genere. Deve essere presa in considerazione l'elaborazione di metodi e di strumenti che non comportino una disparità nei ruoli delle donne e degli uomini sia in campo politico, economico, sociale e culturale che nello sport. Nel luglio del 1997, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite definiva così il concetto dell'integrazione di genere: «L'integrazione delle questioni di genere consiste nel valutare le implicazioni delle donne e degli uomini in ogni azione pianificata che comprende la legislazione, le procedure o i programmi in tutti gli ambiti e a tutti livelli». Questa strategia permette di integrare i pregiudizi e le esperienze delle donne e degli uomini verso l'attuazione, il controllo e la valutazione delle procedure e dei programmi in tutti gli ambiti politici, economici e societari, affinché ne possano beneficiare in maniera paritaria.Pag. 99
  Il concetto di integrazione passa anche attraverso piani d'azione e programmi adeguatamente finanziati quali strumenti necessari a far progredire la parità anche nello sport. Principi sui quali vertono gli articoli che si trovano nella terza parte della Carta europea dei diritti delle donne nello sport. Il Governo e noi, colleghe e colleghi, dobbiamo impegnarci ad adottare misure specifiche per mettere in pratica le disposizioni della Carta europea delle donne nello sport, al fine di renderla effettiva e di rispettarne gli impegni.
  Il ruolo sociale dello sport nelle politiche comunitarie e nell'ordinamento sportivo italiano deve garantire il diritto alla parità di genere e non alla discriminazione. Gli interventi che la Commissione e il Parlamento europeo hanno promosso in questi anni nell'ambito specifico dei diritti delle donne e, in particolare, delle atlete nello sport, partono dal Libro bianco sullo sport presentato dalla Commissione europea nel luglio del 2007; un'importante iniziativa che segna la prima volta in cui tale organismo si occupa in modo così ampio delle questioni legate allo sport.
  Nel Libro Bianco si afferma espressamente che, per la parità tra donne e uomini, la Commissione incoraggerà l'integrazione delle questioni di genere in tutte le attività concernenti lo sport, con un interesse specifico delle donne immigrate appartenenti a minoranze etniche, per l'accesso alle posizioni di vertice, per azioni finalizzate a offrire opportunità di carriera sportiva e giornalistica. Infatti, il Parlamento europeo osserva che la partecipazione di genere nello sport si scontra con gli stessi ostacoli esistenti nei settori politici, economici e sociali, chiedendo in tal senso agli Stati membri, di sensibilizzare le associazioni e le autorità sportive a disposizioni statutarie che garantiscano una rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini a tutti i livelli.
  Va evidenziato quanto il nostro Paese non tenga adeguatamente in considerazione l'aspetto dei diritti delle donne non solo in ambito sportivo. Ricordo gli ultimi avvenimenti politici che tanto hanno appassionato i nostri colleghi uomini in riferimento alla riforma della legge elettorale e la parità di genere.
  Ma ora parliamo di sport, e mi preme evidenziare che se un Governo, e noi che rappresentiamo il paese, non comprendiamo che la cultura e il valore di quest'ultimo si distinguono anche per come considera e valorizza il genere femminile, non saremo mai in grado di rappresentare in ugual misura i cittadini.
  Dopo tali premesse vorrei inoltre porre una domanda al Presidente Renzi su un passaggio fondamentale: caro Presidente, dal suo insediamento, siamo ancora in attesa di un interlocutore istituzionale al Governo che possa adeguatamente predisporre azioni politiche per valorizzare lo sport. Avremo mai il piacere di poterci confrontare sui temi e il valore che lo sport può dare al nostro Paese, oppure dobbiamo restare il fanalino di coda in Europa ?
  In particolare, con il documento, si sottolinea che l'obiettivo delle pari opportunità è quello di sopprimere le barriere tra sport detto “maschile” e sport detto “femminile”, favorendo un'apertura effettiva delle discipline sportive ai due sessi, permettendo a ogni ragazza e a ogni ragazzo di esercitare l'attività fisica in base alla propria scelta e promuovendo, altresì, l'integrazione delle donne portatrici di handicap nello sport. Ricordo infatti, che anche nella risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2007 sul Ruolo dello sport nell'educazione, si è affermata l'esigenza, per gli Stati membri, di incrementare la partecipazione delle ragazze alle attività sportive.
  Per quanto riguarda la salute delle atlete, il Parlamento europeo nuovamente ricorda il diritto inalienabile alla maternità delle sportive e chiede che sia punito ogni atto lesivo di tale libertà. Tuttavia, va ricordato come nell'ordinamento sportivo italiano soltanto di recente si è pervenuto al riconoscimento della tutela sportiva delle atlete in maternità. Infatti, nel 2007 il Coni, nei Principi fondamentali degli statuti federali, all'articolo 29 ha disposto che le federazioni sportive nazionali delle Pag. 100discipline sportive associate debbano garantire la tutela della posizione sportiva delle atlete madri in attività per tutto il periodo della maternità fino al loro rientro all'attività agonistica, mantenendo il rapporto con la società sportiva di appartenenza e la tutela del merito sportivo acquisito con la conservazione del punteggio maturato nelle classifiche federali, compatibilmente con le relative disposizioni di carattere internazionale e con la specificità della disciplina sportiva praticata.
  Inoltre, una particolare attenzione deve essere prestata alla salute fisica e psichica delle adolescenti che partecipano a competizioni di alto livello, valutando con estrema cura gli effetti che determinati impegni possono avere sulla salute riproduttiva e sul loro sviluppo fisico e mentale, onde garantire che, in nessun caso, producano effetti contrari all'importante ruolo educativo dello sport.
  Colleghe e colleghi, concludo chiedendo di votare a favore della mozione unitaria con la convinzione che se un Paese valorizza le donne in tutti gli ambiti, compresi quelli sportivi, è sicuramente un Paese migliore !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il sottosegretario, che abbiamo ascoltato con attenzione, ricordando l'attualità e anche gli argomenti di cui tanto si parla come sistema-Paese sulla ribalta e nel rapporto che si ha con l'Europa, non soltanto dal punta di vista dei temi di politica economica, ma anche di quelli che riguardano argomenti come quelli relativi allo sport, alla parità di genere – vista anche l'attualità più recente in altri settori –, e soprattutto mettendo in evidenza che forse, come iniziativa, avremmo potuto immaginare di sostenere in un'unica mozione quello che riguardava, ad esempio, la Banca di sviluppo del Consiglio europeo, ha evidenziato come forse questa sarebbe potuta essere un'altra occasione di immaginare un percorso che vedesse una convergenza sulla stessa mozione, discutendo sui contenuti che però portano il Governo a condividerle tutte quante. Forse sarebbe bene avere un Paese unito su argomenti delicati come quelli che andiamo a trattare e abbiamo già trattato oggi, ma che stiamo anche per affrontare nel corso di questi minuti, su un tema delicato come è lo sport, su quello che quello è accaduto nel corso degli anni, su quella Carta dei diritti richiamata in più occasioni sapendo bene che cosa significhi il tema dello sport nell'aggregare, nel mettere assieme al di là di barriere, che non sono soltanto strutturali o di carattere geografico, ma anche di tipo religioso, anche all'interno di un sistema quale quello socio-politico come invece può essere lo sport nel momento in cui si va al di là dei confini.
  Allora, quella parità di genere cui ci riporta la Carta dei diritti, le cui evoluzioni si sono susseguite nel corso degli anni, arrivando anche a quelle più recenti, ci porta a dire che una visione comune nei riguardi del genere femminile, nel rapporto di parità uomo-donna, si traduce in fatti concreti. Significa, da una parte, riguardo alle organizzazioni sportive, le associazioni presenti sul territorio, gli enti federali riconosciuti dal Governo italiano, che la fotografia che ci viene offerta non è certamente quella di una parità, ma di una disparità dei generi in termini di dimensione, in termini di ruolo, anche all'interno delle cariche elettive, direttive, e non soltanto, perché un altro aspetto che ci viene segnalato è anche quello di carattere retributivo. Sorprende ai giorni nostri che cose come queste si possano ancora verificare.
  Allora il segnale che credo – e mi avvio alla conclusione – si voglia dare nella comunione di intenti rispetto alle mozioni che abbiamo tutti quanti, come formazioni politiche, elaborato e presentato, con la condivisione da parte del Governo, mi auguro che sia di auspicio nel recepire quella Carta dei diritti, anche più recente dal punto di vista dell'approvazione. E se siamo tutti d'accordo su quello che lo Pag. 101sport può fare nel mettere assieme – come dicevo all'inizio dell'intervento – realtà, aree geografiche, modelli, che possono essere anche distanti dal nostro, allora accogliamo quegli aspetti positivi e diamo quella forza necessaria al Governo e al Paese perché si arrivi ad una parità vera tra i generi, che si riscontri in quello che è il sistema organizzativo all'interno dello sport e si dia quello slancio di cui il Paese ha bisogno, soprattutto riguardo alla parità di genere, che significa parità uomo-donna.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Serena Pellegrino. Ne ha facoltà. Invito i colleghi davanti al banco dell'onorevole Pellegrino, se possono, a liberare l'emiciclo, grazie.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, il senso di questa mozione è inserito all'interno di un prezioso strumento più volte ricordato: la Carta europea dei diritti delle donne nello sport, redatta nel 1985, ma ancora attualissima, perché purtroppo è in parte inascoltata. Esiste e persiste, infatti, una grave disparità numerica tra uomini e donne nello sport dovuta a grandi barriere culturali che tutt'oggi impediscono un reale coinvolgimento delle atlete. Parliamo di un coinvolgimento delle donne che riguarda anche ruoli, posizioni di vertice e leadership all'interno di enti, federazioni, società sportive e del superamento delle forme di discriminazione culturali, religiose e relative all'orientamento sessuale, al tema della multiculturalità e della disabilità.
  Questa mozione esplicita un assunto semplice: donne e uomini di età differenti e diverse provenienze sociali e culturali devono avere le stesse opportunità di praticare sport.
  Dagli anni ’80 in poi la partecipazione delle donne è sicuramente aumentata così come è cresciuto anche il numero delle discipline praticate, nonostante sussista ancora un grosso divario negli sport considerati solo e soltanto maschili. E anche a livello professionistico e amatoriale, se entriamo nel merito dei numeri, possiamo notare come nella fascia tra i 25 e i 50 anni si registrino tanti abbandoni. Le donne diventano madri, mogli, figlie, lavoratrici: continua così ad essere sempre molto difficile per le donne conciliare tempi e ruoli con la pratica sportiva. Pure le atlete di alto livello hanno problemi connessi sia al loro desiderio di maternità che alla conciliazione con i tempi di allenamento.
  Come abbiamo più volte affermato noi di SEL, la qualità di una società si misura dando pari diritti a tutte le persone. Pensate a quanto ritardo in Italia ci sia ancora sull'attenzione agli spazi dello sport: spogliatoi, aree comuni e palestre non rispondono per niente alle aspettative delle donne. È importante, quindi, ottenere anche maggiore flessibilità nelle strutture sportive, facendo in modo di conciliare i tempi di lavoro e lo sport con la maternità. La crescita del numero di donne provenienti da altre culture e religioni, inoltre, richiede che lo sport ripensi e adatti gli impianti sportivi, rispondendo così delle nuove esigenze.
  È importante sottolineare come, sulla leadership, le donne non abbiano le stesse opportunità di partecipare ai processi decisionali. Questo vale anche nell'intero sistema dello sport, dove ancora oggi non vengono sostenute reti di supporto di donne dirigenti. Tutte le società, infatti, sono strutturate secondo una mentalità maschile, in termini di articolazione e tempo. Le donne continuano così ad essere sottorappresentate nelle organizzazioni e nelle federazioni. In questi anni ci sono state diverse iniziative promosse dalle federazioni sportive, purtroppo però non hanno rimosso le barriere che impediscono alle donne di avere accesso ai ruoli dirigenziali. Attualmente – dice la Uisp – il 17 per cento dei dirigenti del Comitato olimpico internazionale sono donne e la media percentuale di presenza femminile nella direzione di 70 Federazioni sportive internazionali è meno del 10 per cento; inammissibile. Di queste federazioni, il 29 Pag. 102per cento non ha neanche una donna nell'esecutivo. Sono solo 5 le federazioni che hanno una presidente donna.
  Ma le buone pratiche europee sul tema non mancano. Basti pensare alla Francia, dove nel Judo sono stabilite delle regole federali ad ogni livello per riservare posti alle donne nel sistema dirigenziale. In Norvegia le pari opportunità sono garantite da una precisa legge che stabilisce che ogni sesso debba essere rappresentato con almeno il 40 per cento quando un organismo pubblico elegge comitati, direttivi e consigli.
  Un altro tema riguarda la persistenza di stereotipi di genere e la discriminazione contro le persone a causa del proprio orientamento sessuale. Pratica inaccettabile a tutti i livelli e anche, quindi, in tutti gli sport. Noi di SEL riteniamo che debba essere posta maggiore attenzione ai diritti delle persone all'interno delle società, nelle federazioni e associazioni sportive, rispettando la dignità e i bisogni di tutte e di tutti e che questo non venga delegato alla buona volontà individuale. Pregevoli sono in questo senso le campagne fatte contro l'omofobia da parte di alcune squadre di rugby, ma sono solo gocce nel mare se non si affronta strutturalmente questo fenomeno.
  In ultimo va sottolineato che come in altri settori anche nello sport siamo davanti ad una strumentalizzazione dell'immagine femminile. Uno sport dominato dalla mentalità maschile nel proporre anche le notizie.
  Le donne, tranne che per le vittorie olimpiche, non sono mai nelle prime pagine dei giornali e soprattutto rigettiamo il fatto che la descrizione delle atlete venga fatta utilizzando termini legati all'aspetto esteriore: bellezza, eleganza, espressività, sensualità. Anche i media non danno il giusto rilievo alle competizioni femminili e di fatto oscurano la crescita della partecipazione delle donne nel mondo sportivo. Insomma, lo sport ha un potenziale enorme, ovvero quello di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall'età, sesso e origine sociale. Ed è compito dello Stato rimuovere tutte le barriere che ancora oggi impediscono a tante cittadine e cittadini di praticare sport.
  Con questa mozione noi chiediamo al Governo di impegnarsi a dare valore alla pratica dello sport da parte delle donne, promuovendo e garantendo la rappresentanza di genere negli organismi dirigenziali e decisionali delle organizzazioni sportive. L'idea di una campagna per la promozione e l'adozione della Carta europea dei diritti delle donne nello sport è il punto di partenza di tutta una serie di iniziative che possano incoraggiare la partecipazione delle donne alla pratica sportiva, una partecipazione quindi, signor Presidente, che includa finalmente bambine, ragazze, donne: atlete dei successi italiani del futuro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione unificata che sarà posta in votazione deve rappresentare per il Governo e per questa Camera un ulteriore momento di riflessione in merito alla promozione e alla tutela della parità di genere. In questo caso, parliamo della parità di genere nel mondo dello sport, ovvero di una realtà molto importante per i cittadini di ogni età, perché lo sport aiuta a superare le barriere sociali e a mettere in contatto persone indipendentemente dal genere, dalla razza, dall'età, dalla disabilità, dalla religione, dalle convinzioni personali, dalla provenienza sociale ed economica.
  Nonostante il sempre più crescente valore riconosciuto alle pratiche sportive, risulta ancora persistente una forte segregazione verticale delle donne nello sport, specie all'interno delle organizzazioni sportive dove mancano in maniera preoccupante le donne che occupano posizioni direttive e sono spesso tutti di genere maschile i dirigenti di federazioni in cui le donne praticanti sono presenti anche se in posizioni e in proporzioni ridotte. Permangono Pag. 103delle differenze in termini di pari opportunità, sia per quanto riguarda il coinvolgimento delle donne in ruoli e posizioni di vertice e di leadership all'interno degli enti, delle federazioni e delle società sportive, sia per la persistenza di stereotipi di genere nella stessa pratica sportiva. Anche nelle fasce tecniche (arbitri e allenatori) se guardate con attenzione nella composizione di genere, rivelano ambiti dove le donne sono presenti in modo frastagliato ed in misura minore di quanto ci si potrebbe aspettare sulla base della semplice composizione della platea dei praticanti.
  Dietro la tradizionale separazione tra uomini e donne nella pratica dello sport riappare, inoltre, in maniera prepotente, lo spettro della diversa retribuzione a parità di lavoro che, almeno formalmente ed esplicitamente, in molti ambiti di lavoro non è praticabile e che invece divide drasticamente e per iscritto il destino di due atleti differenti solo nel genere.
  Come è stato più volte denunciato, inoltre, la gran parte degli atleti svolge attività lavorativa in forma – si potrebbe dire – atipica, senza cioè la copertura di contratti collettivi e comunque fuori dalle normali tutele del lavoro dipendente. Questa atipicità diviene drammatica quando a farne le spese sono le donne che troppo spesso sottoscrivono con i club contratti di natura privata che non ne tutelano condizioni e aspettative, essendo, peraltro, assente nelle società sportive femminili la soglia di passaggio dall'attività professionale a quella professionistica. Sull'argomento, peraltro, non esistono informazioni chiare, ed è per questo che si avverte sempre di più la necessità di maggiore attenzione in materia specialmente da parte delle istituzioni interessate.
  Nel 2011, infatti, la Commissione europea ha adottato una strategia per sviluppare la dimensione europea dello sport. L'Unione europea, in particolare, ha incoraggiato i 28 Stati membri a proporre iniziative che avrebbero ricorso allo sport per migliorare l'inclusione sociale.
  Più di recente, la relazione del novembre 2011 della Commissione europea sulla dimensione europea dello sport ricorda che lo sport contribuisce alla realizzazione degli obiettivi strategici dell'Unione europea, poiché pone in rilievo valori pedagogici e culturali fondamentali.
  In questo contesto, assume quindi particolare rilevanza l'aspetto educativo, proprio perché lo sport costituisce un vettore di integrazione nella misura in cui si rivolge a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione. Uomini e donne di qualunque età devono avere lo stesso diritto di praticare diversi sport e sviluppare competenze nel campo dello studio dello sport. Entrambi i sessi devono essere in grado di sviluppare il proprio impegno sportivo, lungo tutto l'arco della vita. Gli insegnanti di educazione fisica, gli allenatori e altre figure professionali che lavorano all'interno di diverse agenzie formative devono avere coscienza delle discriminazioni di genere nello sport e devono adottare e implementare i principi dell'uguaglianza di genere.
  La Carta europea dei diritti delle donne nello sport, approvata nell'ambito del progetto «Olympia» e presentata al Parlamento europeo il 25 maggio 2011, dà un fondamentale apporto alla diffusione delle buone pratiche nello sport e alla promozione delle pari opportunità nei diversi ambiti che interessano lo sport, come la pratica sportiva, la formazione e la ricerca, l'informazione e la comunicazione, la leadership. La Carta europea dei diritti delle donne nello sport ha, inoltre, il pregio ulteriore di muovere i suoi passi dall'esperienza diretta di un gruppo di esperti di organizzazioni sportive governative e non governative.
  È importante, quindi, che sia recepita nell'ordinamento italiano, predisponendo tutte quelle iniziative economiche e normative necessarie affinché vi sia un'effettiva promozione delle pari opportunità nella pratica sportiva.
  Inoltre, con la nostra mozione – con la mozione appunto che poi è stata unificata – chiediamo al Governo di attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee, affinché sia dato alla Carta europea dei diritti delle donne nello sport un adeguato seguito.Pag. 104
  Il voto di Forza Italia è, quindi, un voto a favore di un impegno del Governo finalizzato a promuovere tutti gli strumenti in grado di stimolare la partecipazione femminile alle varie discipline sportive e ai processi decisionali e tutte le possibili iniziative volte ad incoraggiare una reale parità di genere nei board dirigenziali degli organismi federali delle varie discipline sportive.
  È nostro preciso dovere porre in essere, dunque, tutte le opportune iniziative, anche normative, per ridurre il gender pay gap tra atleti di sesso diverso e per implementare ogni forma di tutela possibile ai fini di una paritaria contrattualizzazione, senza discriminazioni legate al genere, anche incentivando il riconoscimento nelle competenti sedi del professionismo sportivo delle donne. (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiara Di Benedetto. Ne ha facoltà.

  CHIARA DI BENEDETTO. Signor Presidente, ci troviamo oggi qui per la fase finale dell'esame delle mozioni riguardanti la parità di genere nello sport. Ciò avviene a pochissimi giorni di distanza dal passaggio alla Camera della legge elettorale e, quindi, anche dell'esito della votazione sugli emendamenti che riguardavano la parità di genere nelle liste elettorali.
  Ci sorprende più che mai la puntualità con cui siano stati calendarizzati questi provvedimenti, che riguardano la stessa tematica, anche se in un campo differente, ovvero quello dello sport, proprio all'apertura della campagna elettorale per le elezioni europee.
  Ci sorge, quindi, il dubbio che la probabile approvazione di queste mozioni, questo testo unico, sia, da una parte, un modo per recuperare la strafalcione sulla parità di genere bocciata nella legge elettorale e, dall'altra, un facile slogan da spendere in vista delle suddette elezioni europee.
  Ebbene, Presidente, saremo costretti a ribadire come per il Movimento 5 Stelle cercare di sanare il problema della presenza delle donne, sia in ambito politico, sia sportivo, sia lavorativo o in qualsiasi altro settore, con un semplice atto parlamentare sia un tentativo vano, soprattutto perché quando questi atti sono delle mozioni consideriamo questa iniziativa ipocrita e inutile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Infatti dalla data di insediamento di questo Parlamento, a dicembre 2013, sono state approvate trentasei mozioni da questo Parlamento. Questo era ovviamente fino a dicembre 2013. Ma quanti impegni questo Governo ha mantenuto ? Quante sono state le mozioni che il Parlamento ha approvato e che sono state inserite in provvedimenti o in decreti ? Glielo diciamo noi: nessuna. Nessuna di queste mozioni è stata attuata ed è stata trasformata in un provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Presidente, questo Parlamento e gli stessi firmatari delle mozioni questo lo sanno benissimo. Paradossalmente, si rischia di sminuire il senso della mozione stessa e dell'impegno che si richiede al Governo. È come riempire di belle parole, però vuote, questa Aula e poi far scivolare nel dimenticatoio tutti questi buoni propositi. Si rischia, cioè, di ridurre tutto ad un mero spot elettorale.
  Il MoVimento 5 Stelle si è sempre posto in maniera critica rispetto a questo genere di provvedimenti, ma nello stesso tempo riconosciamo il principio, indubbiamente condivisibile, di permettere libero accesso e pari diritti nelle attività sportive, così come in qualsiasi altro tipo di attività, a chiunque, indipendentemente dal sesso, dall'etnia, dall'orientamento sessuale, dall'identità di genere, dalla condizione di disabilità, eccetera.
  A tal proposito, ci preme sottolineare, ad esempio, come le audizioni proprio in commissione Cultura sul tema dello sport e disabilità, a quanto pare non abbiano portato a molto, visto che nessuna delle mozioni fa riferimento in maniera esplicita a questo tema. E dire che proprio il Piano d'azione sulla disabilità, adottato dal vostro Consiglio dei ministri pochi mesi fa, Pag. 105segnala, tra gli altri, i casi di pluridiscriminazione subita dalle donne disabili, discriminate sia in quanto donne che in quanto persone disabili. Che altro serve per dimostrare come queste mozioni siano soltanto degli slogan elettorali dipinti di rosa ? (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per tutte queste ragioni, dichiaro il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

  ROBERTA AGOSTINI. Signor Presidente, colleghi, mi dispiace constatare che ogni volta che in quest'Aula si discute di temi relativi alla parità di genere il MoVimento 5 Stelle dichiara che ci vorrebbe ben altro. Quando si discute di legge elettorale ci vorrebbe ben altro, quando si discute di dimissioni in bianco ci vorrebbe ben altro, quando si discute di una mozione sulla parità di genere nello sport ci vorrebbe ben altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Capisco, anche io penso che ci vorrebbero molte cose, però cominciamo a farle, proviamo a partire mettendo un piedi avanti all'altro e per questo siamo qua.
  Allora, noi chiediamo una cosa molto semplice con questa mozione, che abbiamo voluto unificata con quelle di tanti gruppi politici che erano state presentate: che sia riconosciuta la parità di diritti tra uomini e donne nello sport.
  Lo sport è un grande, un grandissimo, campo dell'esperienza umana: ci si mette in gioco, si sperimentano i propri limiti, le proprie possibilità; è una grande occasione di socializzazione, di confronto, per tutte le età, le culture, per tutte le provenienze. E anche l'educazione allo sport è educazione al rispetto, educazione alle differenze.
  Lo sport è economia nel nostro Paese. C’è un volume, una sfera di affari, molto consistente, e molto rilevante che gira intorno allo sport. E lo sport è una grandissima rete sociale. Sono innumerevoli, centinaia di migliaia, gli impianti sportivi, i luoghi associativi dove le persone si incontrano e fanno sport.
  Allora, proprio per questo grande valore sociale, culturale ed economico della pratica sportiva, noi chiediamo che siano rimossi quei tanti, quei troppi ostacoli che ancora impediscono un accesso paritario tra uomini e donne. Impediscono di avere una parità di trattamento nelle carriere sportive, per esempio, e di accedere ai vertici delle federazioni.
  Dagli ultimi dati ISTAT si evince che nel 2011 pratica sport il 25,5 per cento della popolazione femminile, contro il 38,6 della popolazione maschile.
  La quota dei praticanti è sistematicamente inferiore per le donne in quasi tutte le fasce di età, tranne per la fascia di età che va dai tre ai cinque anni. Mentre negli ultimi anni la pratica sportiva è aumentata tra la popolazione italiana, anche se rimane bassa nella media europea, il divario tra uomini e donne è rimasto lo stesso. Poi vi è il tema del professionismo sportivo: sono le federazioni, secondo la legge del 1981, a decidere chi è professionista e chi non è professionista. Lo sono gli atleti del calcio, del basket, del ciclismo, del motociclismo, del golf.
  In Italia, come ci ha ricordato Laura Coccia nel suo intervento, non esistono atlete professioniste o quasi: sono per lo più dilettanti, che godono di semplici rimborsi spese e il cui status, appunto, di dilettanti a rimborso spese mette a rischio diritti fondamentali, ad esempio legati alla maternità, oltre al fatto che molti premi sono, di fatto, inferiori a quelli maschili.
  Dall'altra parte, sono rarissime le federazioni presiedute da una donna e vi è una loro scarsa presenza complessiva nei vertici, sia in Italia che in Europa. La Carta europea dei diritti delle donne nello sport è il primo tentativo di ottenere il pieno riconoscimento di diritti uguali. È stata proposta nel 1985, è stata trasformata in risoluzione dal Parlamento europeo nel 1987 e poi è stata riattualizzata, riaggiornata, è stata discussa, votata, presa a modello in tante città grandi e piccole Pag. 106del nostro Paese, grazie al lavoro che la Uisp, tanti enti di promozione sportiva e tante associazioni sportive hanno fatto sul nostro territorio.
  La Carta, come dice bene Filippo Fossati, e ce lo ha ricordato nel suo intervento, non è un semplice elenco dei diritti, ma è un elenco di azioni, è uno strumento politico e culturale su diverse aree di intervento: la leadership nelle federazioni; l'educazione allo sport; lo stesso diritto a praticare sport diversi e a rompere degli stereotipi e delle barriere che schematizzano tra gli sport per maschietti e gli sport per femminucce e per i bambini; il rapporto tra lo sport e i media, affinché i media propongano un'immagine positiva della pratica sportiva al femminile e non venga sempre e costantemente considerata come una pratica di serie B. Oppure, il diritto ad essere spettatrici e tifose, anche; le stesse opportunità di sviluppare tifo e passione sportiva.
  Quindi, concludendo, Presidente, credo che, in questi anni che ci separano, in questi 30 anni dalla prima approvazione della Carta dei diritti delle donne nello sport, vi sia stata una sempre maggiore diffusione della consapevolezza del nesso tra sport e salute, sport e socializzazione e benessere sociale; però, dall'altro, gli ostacoli oggettivi nelle risposte ad esigenze sempre più diffuse e diverse non sono stati rimossi.
  Basterebbe che i comuni – e le vecchie province, adesso le province non più, però i comuni sì – si dotassero dello strumento del bilancio di genere per comprendere che la maggior parte delle risorse impiegate per lo sport viene destinata ad attività e impianti tradizionalmente rivolti a un pubblico maschile. Si fa l'impianto di calcetto, mentre scarseggia l'attenzione verso attività, ad esempio come il fitness, che hanno registrato un boom di presenza femminile, e le donne se lo sono pagato, perché sono per lo più impianti privati; oppure vi è la questione della possibilità di orari flessibili, venendo incontro alle esigenze di conciliazione, che sono tra gli ostacoli maggiori rispetto alla diffusione della pratica sportiva tra le donne.
  Chiediamo di provare a rompere alcuni vecchi stereotipi, alcune routine di chi guarda alla società italiana e non vede che vengono avanti nuove esigenze e anche nuove possibilità. Quindi, chiediamo al Governo – lo ringraziamo, ringraziamo la sottosegretaria Amici per il suo intervento – di cogliere la portata di innovazione contenuta nella Carta e nella mozione che oggi discutiamo e voteremo, di attivarsi per promuovere politiche concrete e di favorire una cultura nuova e diversa, affinché, anche nel nostro ordinamento, nell'ordinamento italiano e nell'ordinamento delle federazioni sportive, questi principi possano essere recepiti.
  Dunque, da qui, un convinto voto favorevole del Partito Democratico per questa mozione ed un ringraziamento davvero di cuore a tutti quegli uomini e a tutte quelle donne che in questi anni hanno portato avanti sul territorio del nostro Paese una concezione e una pratica di sport per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fossati. Ne ha facoltà.

  FILIPPO FOSSATI. Signor Presidente, impegno tre minuti perché ho partecipato all'avvio di questa bella storia da presidente dell'Unione italiana sport per tutti e ho visto crescere il consenso nelle istituzioni Europee, l'idea della non discriminazione nello sport, attraverso la Carta dei diritti, diventare una priorità della Commissione europea, grazie al lavoro vero, duro di donne e uomini, un impegno di associazioni e movimenti della società civile europea, dello sport e del volontariato, della cultura.
  Ora il valore della Carta, delle questioni che pone, viene assunto unitariamente dal Parlamento di cui faccio parte, nel Paese più assente dal dibattito europeo sullo sport, e sono quindi di questo particolarmente soddisfatto.
  Già è stato detto tutto dalle donne intervenute. Solo un tema: ieri è stata resa nota la ricerca Eurobarometro sullo sport Pag. 107che ogni tanto fa il punto della situazione. Dal 2009 al 2013 è diminuita la pratica sportiva in Europa. Di più in Italia, di più fra le donne. Alla domanda «perché ?», le risposte, che crescono nei questionari dopo quattro anni in Italia e molto sopra la media europea, sono: uno, far sport è troppo caro; due, non ho tempo; tre, il tipo di sport che trovo intorno a me è troppo competitivo. E così si fa il vuoto fra le donne dai sedici ai quaranta anni, mentre gli uomini continuano.
  Il risultato, alla fine, è che la sedentarietà assoluta italiana è clamorosamente fra le più alte d'Europa. È un dato di inciviltà di un Paese, associato alla solitudine, alla marginalità, all'infelicità, alla diffusione di patologie cronicizzanti che sono un peso economico enorme per il Paese e il suo sistema sanitario.
  Ma, infine, il Parlamento oggi, stasera parla di sport, non succede spesso. Lo Stato non ha funzioni, se le è tolte nel 1942 addirittura, quando lo sport era un lusso dei ricchi o l'esposizione della potenza della razza e della nazione.
  Oggi sport e attività fisica sono qualcosa di profondamente diverso, sono vita di un Paese, esprimono, lo abbiamo sentito nel dibattito, valori e diritti, sono fatti importanti per la vita delle persone e la salute delle città, sono un motore di integrazione e di relazione fra diversi, principio negato ma decisivo dell'educazione delle persone. Sono un fatto economico che vale il 2 per cento del PIL e qualche milione di esperienze di lavoro.
  Bene, l'impegno che chiediamo oggi al Governo, attuare la Carta, promuoverla, domani sarà: basta deleghe. L'impegno sarà quello di riprendere in mano la materia sportiva, farne politiche pubbliche, leggi, riforme, sostegno alle centinaia di miglia di volontari delle associazioni sportive, ritorno dell'educazione fisica nelle scuole primarie. Insomma una strategia, una politica. È il Governo della svolta ? I cittadini dello sport la attendono, la svolta, da troppo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Roberta Agostini, Centemero, Scopelliti, Vezzali, Santerini, Matteo Bragantini, Pellegrino, Locatelli ed altri n. 1-00409, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).
  Brandolin ? Berlinghieri ? Businarolo ? Folino ? Sibilia ? Boccia ? Rotta ? Terzoni ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  358   
   Votanti  286   
   Astenuti   72   
   Maggioranza  144   
    Hanno votato
 285    
    Hanno votato
no    1).    

  (I deputati Zampa, Capodicasa e Zan hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20,05).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo solo per informare la Presidenza e naturalmente chiedere il suo assenso su un accordo tra i gruppi che prevede che domani noi trattiamo...

Pag. 108

  PRESIDENTE. Colleghi, magari facciamo attenzione: forse può interessare quello che trattiamo domani. Prego onorevole Rosato.

  ETTORE ROSATO. ... la mozione a prima firma Chimienti e le seguenti sulla stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento al comparto scuola, e la mozione Sarro e Brunetta e le altre collegate, relative ai recenti terremoti che hanno colpito alcune province della Campania e di Campobasso, posticipando alla settimana successiva gli altri punti all'ordine del giorno.

  PRESIDENTE. Quindi le mozioni sul turismo, ovviamente. Invito i colleghi a valutare il fatto che se ci fossero obiezioni la Presidenza porrà in votazione questa proposta.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, io non ho nulla contro questa proposta, ma mi sembrava di ricordare che in un'era geologica passata esisteva un organo che si chiamava Conferenza dei presidenti di gruppo, in cui si definiva l'ordine del giorno dell'Aula. Esiste ancora questo organo ?

  PRESIDENTE. La Presidenza ha notizia di sì.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Mi pare una procedura un po’ inusuale.

  PRESIDENTE. È convocata per domani alle ore 14 e tra l'altro dovrà occuparsi anche della calendarizzazione della mozione...

  ROCCO BUTTIGLIONE. E non può essere convocata prima, in modo da discutere il problema in Conferenza dei presidenti di gruppo, cosa più appropriata che farlo in Aula ?

  PRESIDENTE. Presidente Buttiglione, io apprezzo la sua ricerca anche ontologica della Conferenza dei presidenti di gruppo, che abbiamo preso atto esistere ed essere in vita e in buona salute, peraltro convocata nella giornata di domani. È di tutta evidenza che l'onorevole Rosato fa presente all'Aula un accordo già intercorso tra i gruppi per l'ordine del giorno di domani, sul quale permangono due punti all'ordine del giorno, mentre il terzo viene rinviato ad altra seduta. A questo punto, al pari dei due punti rinviati questa mattina, sarà la Conferenza dei presidenti di gruppo di domani, fissata già per le ore 14, a dover definire il calendario e quindi quando porre in calendario questi due provvedimenti. Quindi la Conferenza dei presidenti di gruppo, appunto viva e vegeta, si occuperà anche di questo tema.

  FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, è di questi giorni la notizia di cronaca relativa al fatto che molte regioni (il Friuli oggi, le Marche la settimana passata) hanno fatto dei piani contro gli OGM. Ora io voglio ricordare a quest'Aula che noi a luglio abbiamo votato all'unanimità una mozione che impegnava il Governo anche a valutare la possibilità di attivarsi per la clausola di salvaguardia. Quindi, a seguito di questa mozione, è seguito un decreto che vieta la coltivazione degli OGM, ma adesso si rischia pure che questo possa essere ritirato dal TAR e siamo proprio in periodo di semina.
  Ora però ci giungono anche notizie: noi abbiamo un po’ studiato anche la situazione europea ed abbiamo visto che la Germania, il Ministro tedesco dell'agricoltura, Ilse Aigner, ha attivato la clausola di salvaguardia, allegando alla stessa della documentazione scientifica che richiama il Pag. 109danneggiamento alla salute da parte degli OGM. Quindi chiediamo che il Ministro dell'agricoltura Martina, dell'ambiente Galletti e della salute Lorenzin si attivino, perché hanno già il mandato del Parlamento per fare in modo, anche reperendo la stessa documentazione scientifica – perché la salute vale sia in Germania che in Italia – per attivarsi anche presso il nostro Paese. Infatti, il Parlamento è d'accordo e gli italiani sono d'accordo per attivare la clausola di salvaguardia. Io quindi chiedo che la attivino quanto prima e, se fosse possibile, potessero venire in Parlamento per riferire su come procedere, anche perché la semina si sta apprestando.
  Quindi, tramite lei, Presidente, chiedo che sia trasmessa questa notizia. Per noi è importante, per il Parlamento è importante, per la biodiversità italiana è importante e per tutti i cittadini è molto importante. Non c’è altro da fare, quindi, che appellarsi alla clausola di salvaguardia perché tecnicamente è possibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Onorevole Gallinella, di fatto, quindi, è una richiesta di informativa la sua.

  PIA ELDA LOCATELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, molto rapidamente per sollecitare una risposta ad un'interrogazione a risposta scritta che ho presentato cinque mesi fa, esattamente il 31 ottobre 2013, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro della salute, e che si riferisce alla diga sul torrente Alaco, che è in provincia di Catanzaro e Vibo Valentia. È un caso che presenta moltissime criticità ed è l'emblema di sprechi e inefficienze perché era stata stimata nel 1970 per 15 miliardi di lire ed è lievitata a 160 miliardi. Ma quello che voglio evidenziare e la richiesta di urgenza è questa: le sue acque rappresentano un potenziale pericolo per la salute della popolazione. Mille criticità, ne segnalo due: l'invaso della diga non è idoneo al contenimento dell'acqua destinata a potabilizzazione per la presenza di tassi di ferro e manganese; e, poi, perché non è mai stato adeguatamente bonificato. Non solo, girano degli strani camion e tra questi anche i camion di una società, la Coccimiglio di Amantea, che era già stata rinviata a giudizio per avere interrato rifiuti tossici e radioattivi nella valle del fiume Oliva. Allora, c’è bisogno di una risposta urgente perché la domanda chiede se non si ritenga urgente ed utile intervenire subito per accertare la situazione ed eventualmente prendere provvedimenti. C’è di mezzo la salute della popolazione di quei comuni. Le chiedo, quindi, di sollecitare una risposta a questa interrogazione.

  PRESIDENTE. Onorevole Locatelli, la Presidenza solleciterà al Governo il suo atto di sindacato ispettivo.

  MARIALUCIA LOREFICE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIALUCIA LOREFICE. Signor Presidente, in tempi non sospetti – era il 10 ottobre 2013 – abbiamo depositato un'interrogazione sul caso Avastin-Lucentis, sul quale naturalmente non abbiamo ricevuto risposta. Adesso, a distanza di tempo, a pronunciarsi è stata l'Antitrust. Con una storica sentenza ha sanzionato Roche e Novartis con una multa di 180 milioni di euro. La scorsa settimana, con il nostro question time, speravamo di avere una risposta chiara che mettesse case farmaceutiche ed AIFA di fronte alle loro responsabilità, ma così non è stato. Sappiamo come vanno queste cose: le case farmaceutiche perseguono solo il loro profitto, mentre l'AIFA, che regola le politiche del farmaco, che dovrebbe sviluppare una politica a sostegno del Servizio sanitario nazionale, e che dovrebbe garantire farmaci Pag. 110sicuri, innovativi e meno costosi possibile, si rivela incapace e complice delle lobby del farmaco e sempre – e sottolineo sempre – a discapito dei cittadini. Consce del potere che detengono, hanno messo in campo tutta una serie di manovre per influenzare, sia la politica, che i cittadini. Novartis, infatti, ha mandato ai parlamentari una lettera che il collega Matteo Dall'Osso ha subito messo in rete; poi, non contenta, ha comprato pagine in vari quotidiani nazionali dove, con l'intento di spiegare le sue motivazioni, influenza in realtà i cittadini. L'AIFA dal canto suo difendere le lobby e se stessa, dicendo che la spesa per Lucentis è inferiore a quella di altre nazioni europee.
  Vede, signor Presidente, qui non si tratta di soldi, si tratta di evidenze scientifiche e di lavori internazionali pubblicati che dimostrano la validità dell'Avastin. Il Ministero della salute e il Governo devono difendere la salute dei cittadini, non essere complici di poteri forti che in un sistema come il nostro, in cui è solo il denaro che conta, antepongono benefici economici alla salute, rallentando lo sviluppo scientifico nella cura delle malattie, perché la malattia per loro è un business e guarire non conviene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Anche nel suo caso, la Presidenza si fa carico del sollecito dell'atto di sindacato ispettivo che lei ha presentato.

  MIRKO BUSTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, io vorrei prendere spunto dalla vicenda della dottoressa Michela De Petris che, proprio in questi giorni, è finita sui giornali creando un vero e proprio caso mediatico.
  La dottoressa De Petris, che è una dietologa esperta nella terapia nutrizionale del paziente oncologico e anche esperta in alimentazione vegetariana e vegana, ha parlato durante una recente trasmissione de Le Iene del caso di un uomo guarito da un tumore al cervello dopo aver adottato un'alimentazione a base vegetale, tendenzialmente crudista, eliminando, quindi, carne, pesce, uova e derivati del latte. Questo è bastato per farle ritenere – come ha affermato nelle dichiarazioni recenti – che la decisione di non rinnovarle il contratto da parte dell'ospedale San Raffaele di Milano dipendesse dall'aver diffuso pubblicamente il successo delle sue terapie alimentari. Ammesso che la situazione sia andata davvero in questo modo, ci chiediamo se queste idee fuori dalla prassi medica e queste terapie facciano di lei un personaggio scomodo per l'ospedale e per l’establishment.
  Eppure, molti studi scientifici ed internazionali confermano una correlazione tra dieta vegana, vegetariana e l'incidenza dei tumori. Cito alcuni risultati di studi internazionali: la dieta vegana mostra un effetto statisticamente significativo sulla diminuzione dell'incidenza di tutti i tumori (questo è uno studio del 2013); la dieta vegetariana presenta un diminuito rischio per i tumori dell'apparato gastrointestinale. Del resto, «fa che il cibo sia la tua medicina», diceva Ippocrate, appunto, padre della medicina, però nel 370 Avanti Cristo.
  E, allora, perché tanta fatica a riconoscere l'importanza della dieta, almeno come integrazione alla cura delle malattie ? Ad essere maligni, si potrebbe pensare che integrare le terapie antitumorali con la dieta possa intaccare gli interessi dell'industria farmaceutica, che su questi farmaci e sulle lunghe degenze prospera e guadagna. La salute non è un diritto di tutti, ma un affare di pochi, mi chiedo ?

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MIRKO BUSTO. Gli italiani che hanno scelto stili di vita vegetariani e vegani sono 7 milioni, eppure, in Italia, portare avanti scelte alternative è ancora un cammino poco agevole: pensiamo, ad esempio, alla poca possibilità di scelta delle mense pubbliche. Chi governa questo Paese dovrebbe prestare più attenzione alle scelte dei Pag. 111cittadini, specie quando adottano stili di vita più sostenibili per ambiente e salute umana.
  Concludo. «Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l'evoluzione verso una dieta vegetariana»: lo diceva un certo Albert Einstein (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PAOLO BERNINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, in queste ore e in questi giorni, è in visita nel nostro Paese il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Da ormai diversi mesi, le relazioni internazionali tra il nostro Paese, ma più in generale tra Europa e USA, sono state messe in seria discussione dalle rivelazioni dell'ormai famoso Edward Snowden, che ha smascherato un sistema di potere costruito dalla National Security Agency (NSA), che aveva un sistema di controllo di potere, dato che, al giorno d'oggi, chi controlla i dati ha il vero potere in mano.
  Milioni di telefonate registrate dalla NSA per conto del Governo degli Stati Uniti ai danni degli alleati europei sono fatti di gravità inaudita, che anche i Governi europei come quello tedesco della Merkel hanno duramente condannato. È un peccato notare che, come all'epoca, Letta non ebbe la stessa prontezza di seguire la Merkel su questa linea dura, come invece la seguiva sulla politica di austerity che ha inflitto agli italiani. Non voglio dilungarmi su come e quando la NSA rubava dati dai social network, dai telefoni cellulari e dai cavi della rete Internet europea ai danni dei cittadini dell'Unione. Arrivo al punto.
  Obama, per la prima volta dallo scandalo NSA, il più grave scandalo internazionale che ha coinvolto la sua amministrazione, è venuto a farci visita in Italia. Vorremmo, quindi, chiedere a lei, Presidente, che si faccia carico di riportare al Presidente Renzi, che incontrerà Obama, la richiesta di scuse da parte del Presidente degli Stati Uniti verso il nostro Paese per le gravi violazioni compiute ai danni della privacy dei cittadini e delle aziende italiane. Inoltre, vorrei sollecitare la discussione della mozione presentata ormai otto mesi fa, in cui si chiedeva di discutere dell'asilo politico di Edward Snowden, visto che non riteniamo che la Russia possa garantire l'informatore più ricercato d'America: perché, come sappiamo, la Russia di Putin non brilla per la difesa dei diritti civili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda le richieste al Presidente del Consiglio, non è la Presidenza lo strumento, però, evidentemente, le sue affermazioni restano a verbale.
  Per quanto riguarda la discussione dell'eventuale mozione che ella ha sollecitato, è evidente che questo fa parte di quanto dispone la Conferenza dei presidenti di gruppo e, quindi, può chiedere al suo gruppo di farsene portavoce in quella sede. Comunque, la ringrazio.

  SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, sarò telegrafica, intervengo per correggere un intervento fatto ieri sera il cui contenuto confermo assolutamente e che è relativo all'Armenia, ma in un lapsus ho indicato un periodo cronologico errato, mi riferivo ad aprile, e quindi volevo correggere, da questo punto di vista, l'intervento pronunciato ieri sera in chiusura.

  GIANLUCA VACCA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, intervengo per portare a conoscenza dell'Aula una notizia che è apparsa oggi su una vicenda che già è stata richiamata più volte in quest'Aula, la mega discarica abusiva di Bussi in Abruzzo, la più grande discarica chimica d'Europa.Pag. 112
  La notizia di oggi è che l'Istituto superiore di sanità ha certificato che le persone contaminate per anni a loro insaputa, che hanno bevuto quell'acqua profondamente inquinata, sono circa settecentomila, settecentomila persone, comprese scuole e ospedali. Un dato allarmante non nuovo per chi segue queste vicende, lo sapevamo benissimo, consideriamo che i pozzi sono chiusi, adesso, quindi non c’è un rischio per l'acqua potabile che viene nei rubinetti degli abruzzesi, però il sito è ancora da bonificare, le falde sono ancora inquinate sotto e c’è bisogno di un intervento urgente principalmente del Ministero. Cinquanta milioni di euro sono stati stanziati, ma non sono stati ancora spesi, tranne pochissimi euro e ricordiamo che occorrerebbero 600 milioni di euro per una bonifica integrale di tutto il sito e noi non abbiamo ancora speso neanche i primi 50 milioni di euro. Allora rinnoviamo il nostro appello a che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare faccia di tutto per avviare immediatamente i primi interventi di bonifica del sito e si adoperi quanto prima per avviare e stanziare ulteriori fondi ovviamente considerando il fatto che in Italia vige ancora il principio «chi inquina paga», quindi il grosso dovrà essere fatto da Montedison e dai proprietari dei siti che hanno contribuito all'inquinamento.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Vacca. Il tema che lei tocca è certamente molto rilevante. L'appello che lei fa resta agli atti, pur tuttavia le ricordo sempre la facoltà di presentare, su questo e su altri temi, atti di sindacato ispettivo, anche alla luce delle nuove vicende emerse.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 27 marzo 2014, alle 9,30:

  1. – Seguito della discussione delle mozioni Chimienti ed altri n. 1-00341, Buonanno ed altri n. 1-00398, Santerini ed altri n. 1-00399, Centemero ed altri n. 1-00400, Giancarlo Giordano ed altri n. 1-00407 e Coscia ed altri n. 1-00408 concernenti iniziative per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento al comparto scuola.

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Sarro e Brunetta n. 1-00387, De Girolamo e Calabrò n. 1-00389, Colonnese ed altri n. 1-00403, Scotto ed altri n. 1-00404 e Tartaglione ed altri n. 1-00410 concernenti iniziative in relazione ai recenti terremoti che hanno colpito alcune aree della regione Campania e la provincia di Campobasso.

  La seduta termina alle 20,25.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO FRANCESCO CARIELLO SU MOZIONI CONCERNENTI LO SCOSTAMENTO DAI PARAMETRI EUROPEI IN MATERIA DI DEFICIT PUBBLICO

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie Presidente, gentili colleghi mi rivolgo ai cittadini che ascoltano le attività parlamentari perché è a loro che quest'aula deve sempre riferire.
  I cittadini appunto si chiedono: ma cos’è il 3% di cui si parla tanto ?
  È un rapporto limite che mette in relazione l'indebitamento netto di uno Stato con il prodotto interno lordo anno su anno. Questo limite condiziona l'operato dei governi dell'Unione Europea.
  I cittadini si chiedono anche: può un numero incidere nella nostra vita quotidiana ? Certo, questo limite regola la spesa pubblica. Ovvero la quantità di denaro che lo Stato (attraverso i propri amministratori) spende o investe per i cittadini che lo compongono. Quindi lo Stato, oltre che non essere padrone della moneta che ha Pag. 113adottato, perché la riceve in prestito dalla BCE, non ha nemmeno piena autonomia o libertà di manovra su come deve spendere. Ciascuno Stato membro della UE si muove in uno spazio limitato con delle regole preordinate. Quindi gli Stati membri dell'UE sono diventati come una macchina programmata a distanza, un robot.
  Chiunque sieda nel Ministero dell'economia eseguirà dei comandi prestabiliti da un regolamento.
  Essendo un sistema preordinato, gli effetti sociali di ogni manovra saranno sempre gli stessi finché non cambia l'automatismo che li regola, come in un sistema robotizzato. Gli effetti sono chiaramente negativi e su questi dati siamo tutti d'accordo: uno su tutti il tasso di disoccupazione non arresta la sua crescita.
  Veniamo adesso alla regola e quindi al parametro con cui abbiamo programmato questo giocattolo.
  L'ideatore della stessa regola afferma che quel limite nasceva dalle «circostanze» del periodo in cui fu pensato, ovvero gli anni 80. In quelle circostanze appunto, gli stati europei più avanzati economicamente (Francia e Germania) avevano una crescita media del 5% e il tasso di inflazione si attestava intorno al 2%. Pertanto gli Stati potevano avere un deficit di bilancio annuale fino al 3% del PIL senza correre il rischio di aumentare lo stock totale del debito che all'epoca si aggirava intorno al 60% del PIL.
  Quindi dietro questo limite in realtà si cela un principio che consiste nella facoltà di uno Stato di poter prendere in prestito denaro per il funzionamento dello Stato, fino al punto che il sistema produttivo del proprio paese sia in grado di ripagare il costo del denaro preso in prestito senza dover accumulare altro debito anno su anno. Quel numero quindi era valido negli anni Ottanta per mantenere i livelli di debito accumulato fino a quegli anni.
  Ma oggi la domanda è: quel rapporto è ancora valido ?
  Deve necessariamente essere lo stesso per tutti i paesi ?
  Se siamo tutti d'accordo sul principio direi che la regola è scritta male e deve essere cancellata.
  Abbiamo seguito con molta attenzione come si sono espresse le forze politiche su questo tema durante la discussione generale.
  SEL ha utilizzato il verbo «cambiare» riferendosi alle regole ponendo delle condizioni di scorporamento degli investimenti senza le quali il verbo diventa «superare» il limite.
  La Lega suggerisce di «negoziare» il superamento dei limiti per effettuare investimenti condividendo l'illegittimità democratica di certi regolamenti.
  Il PD oltre a confermare che esiste un consenso «più ampio del solito» su questo tema utilizza il verbo «contemperare» che significa far coesistere due posizioni antitetiche che sono la stabilità dei conti e la crescita, e che rappresenta lo specchio della continua antitesi interna al partito, soprattutto sulle questioni europee. Comunque mi sembra di capire che tale posizione confermi l'incompatibilità dei limiti con l'attuale stato della economia.
  FI pur non avendo presentato alcuna mozione definisce il PSC «un grande problema» assumendosi la responsabilità di averlo sottoscritto e quasi con rassegnazione vorrebbe meglio «qualificare» la spesa pubblica per limitare il danno.
  SCPI conferma anch'essa la convergenza sul tema degli investimenti e delle misure di rilancio indicate nelle varie mozioni ritenendole «meritorie e opportune» ma difende il 3% dicendo che non ci sono margini per spendere di più di quanto si incassa.
  Noi del M5S ribadiamo la necessità di ampliare gli spazi di manovra per la spesa per investimenti, sottolineando che i parametri imposti sono illegittimi e basterebbe recedere dai vincoli con il consenso del Parlamento, per rilanciare lo sviluppo del paese.
  Vista questa notevole convergenza di intenti dichiarata in discussione generale, sono fermamente convinto che questo Parlamento Pag. 114possa in questo momento raggiungere concretamente una larga condivisione su un tema importante come quello del rapporto deficit/PIL e mettere nelle mani di questo Governo un indirizzo molto forte in vista del prossimo Semestre europeo.
  Il Governo ha una grande opportunità in questo momento.
  L'opportunità di cogliere un mandato con un larghissimo consenso parlamentare per affrontare il prossimo Semestre europeo e con l'obiettivo di riscrivere una nuova pagina della Comunità Europea.
  Premesso che tutte le parti in causa condividono l'obiettivo prioritario che è la crescita del tasso di occupazione, si può affermare che ci sono ampi margini di consenso sulla necessità di reperire quanti più fondi possibili per gli investimenti utili al paese.
  La tendenza ad utilizzare al max la capacità di manovra è condivisa da tutti direi.
  Dobbiamo solo intenderci sul come vogliamo farlo.
  È stata più volte evocata da più parti la cosiddetta golden rule. Spieghiamo anche in questo caso ai cittadini di cosa parliamo, giusto per essere comprensibili.
  La regola d'oro prevede che uno Stato possa destinare alla spesa per investimenti risorse anche facendo debito a patto che il rendimento di tali investimenti ripaghi almeno gli oneri totali del debito stesso.
  Il dibattito in Europa è abbastanza vivo, ma una reale intesa su questo tema in sede di Consiglio europeo non credo si sia mai raggiunta. Diciamo che ognuno la pensa e la utilizza come meglio crede. In realtà a nostro avviso si dovrebbe partire proprio da questo principio per cercare le soluzioni all'attuale periodo di crisi economica.
  La qualità della spesa pubblica può essere valutata in relazione al contributo che essa fornisce al raggiungimento degli obiettivi della politica di bilancio, e in particolare di uno sviluppo sostenibile nel lungo termine. Gli investimenti sono considerati una categoria di spesa pubblica favorevole alla crescita perché contribuiscono all'accumulo dello stock di capitale dell'economia, soprattutto nelle fasi di contrazione del credito. Gli investimenti pubblici, inoltre, creano un ambiente favorevole all'investimento privato.
  Il legame tra investimenti pubblici e crescita economica, pur supportato dalla teoria economica, risulta però difficilmente valutabile in pratica, principalmente a causa della difficoltà di stima del tasso di rendimento dei singoli progetti. Il tasso di rendimento è importante quale indicatore della capacità del progetto di generare in futuro un flusso di cassa sufficiente a rimborsare e remunerare il finanziamento impiegato per la sua realizzazione. Bisognerebbe evitare di investire oggi in progetti con tasso di rendimento basso o addirittura nullo, poiché questo richiederebbe in futuro riduzioni di spesa o aumenti di imposte necessari a rimborsare il debito contratto.
  Ragioni di equità intergenerazionale impongono, quindi, la realizzazione, da parte delle generazioni attuali, di progetti con un significativo tasso di rendimento.
  Questa è la ragione principale, secondo la Commissione europea, per la quale l'introduzione di una golden rule che escluda la spesa pubblica per investimenti dal saldo rilevante ai fini delle regole di bilancio europee è stata più volte proposta ma mai introdotta.
  Quindi il vero problema consiste nel fatto che i Parlamenti nazionali e quello europeo non riescono a trovare un'intesa valida per tutti gli Stati membri sugli strumenti ed i modelli che permettano di definire la produttività di un investimento.
  Se il Parlamento «tutto» trovasse un'intesa sugli strumenti ed i metodi che simulano gli effetti di una manovra la valutazione dei provvedimenti si concentrerebbe solo sugli effetti.
  Il Parlamento si dovrebbe esprimere sugli effetti dei provvedimenti urgenti varati dal Governo. Chi viene in quest'aula deve occuparsi di esporre la propria proposta, Pag. 115la norma che sottende alla stessa e chiarire in maniera inequivocabile gli effetti di ogni singola norma, attraverso l'utilizzo dei dati elaborati con strumenti e modelli condivisi da tutti.
  E poiché l'intesa sugli obiettivi è evidente (cioè creare lavoro), vagliare i provvedimenti che generano lavoro sarebbe più semplice.
  In questo momento è fondamentale il ruolo che svolgerà il nascente Ufficio Parlamentare di Bilancio.
  Tale ufficio, recentemente istituito dalla legge n. 243 del 2012, è un organismo destinato a svolgere analisi sui temi della finanza pubblica. Condivide con istituzioni simili l'obiettivo di promuovere una maggiore trasparenza del bilancio pubblico ai fini della sostenibilità della finanza pubblica. Questa istituzione in fase di attivazione nel nostro Paese, deve avere caratteristiche precise: l'indipendenza dalle autorità di politica fiscale (no-partisanship), la trasparenza e l’accountability.
  Accountability è una parola inglese che non ha un esatto equivalente in italiano. La si può tradurre con «rendicontazione» o con «responsabilità rispetto agli esiti».
  Nell'accezione più generale, essa indica l'obbligo di render conto a chi vi è interessato (stakeholders) in questo caso la politica ed i cittadini, dei risultati della propria azione in un certo ambito.
  Per lo svolgimento delle funzioni assegnate i membri di questo ufficio devono dimostrare una elevatissima competenza tecnica e produrre analisi di indiscussa qualità, in grado di superare positivamente l'esame dell'opinione pubblica e degli operatori specializzati.
  Ma soprattutto fornire alla politica gli strumenti e le valutazioni necessarie a vagliare gli effetti delle norme su cui il Parlamento è chiamato ad esprimersi.
  Nell'ambito dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) un gruppo di lavoro ha elaborato un elenco di principi che dovrebbero ispirare la costituzione e l'attività di queste istituzioni. Sono stati definiti nove punti: condivisione dei valori di riferimento da parte di tutto lo spettro politico (local ownership); indipendenza e non-partisanship (che viene chiaramente distinta dalla bi-partisanship); funzioni elencate dalla legge, ma con autonoma capacità di definire il proprio programma di lavoro, in connessione con il processo di bilancio; risorse stabili, adeguate alle funzioni assegnate; accountability verso il Parlamento, prevista nel rispetto dell'indipendenza funzionale dell'organismo; accesso all'informazione rilevante; trasparenza nello svolgimento della propria attività, con adeguata pubblicità delle proprie analisi e rapporti; capacità di comunicazione, con la stampa la società civile e gli altri soggetti di riferimento; valutazione esterna delle proprie analisi.
  In poche parole il Parlamento deve confrontarsi sulle regole e sui metodi e decidere in base agli effetti che una norma produce. Deve inoltre, intendersi a priori sui dati condivisi dall'UPB e dagli enti tecnici. La politica non deve utilizzare dichiarazioni estemporanee degli uffici tecnici in maniera opportunistica per il semplice gioco delle parti.
  Soprattutto un Presidente del Consiglio non può venire in quest'aula a sbandierare una presentazione power point come la soluzione ai problemi dell'Italia. Deve utilizzare semmai la stessa tecnica per spiegare in modo efficace su quali basi di dati e con quali metodi ha simulato l'efficacia di certe manovre. Con quali istituzioni autorevoli ha condiviso certe valutazioni. Il Parlamento deve discuterle e porre le questioni di fiducia e le proprie valutazioni sui calcoli effettuati non esprimere le proprie opinioni sulla capacità verbale e paraverbale di chi espone un programma.
  Il Presidente del Consiglio dei ministri deve dire a questo Parlamento chi ha svolto quei calcoli, con quali strumenti, sulla base di quali ipotesi ma soprattutto in che misura ogni singola manovra produce sviluppo per il nostro paese.
  Il Parlamento deve poi valutare la consistenza delle ipotesi e del modello.
  Si deve confrontare su quello e votare con la piena consapevolezza degli effetti di tali norme.
  Altrimenti in quest'aula ci diremo sempre cose simili con parole diverse, dure e Pag. 116a volte anche offensive ma gli italiani non ne avranno mai giovamento.
  In Italia ormai ci sono più idoli che leader politici. Perché i cittadini sono stati abituati a idolatrare piuttosto che credere nei principi.
  In questo momento l'Italia non ha più bisogno degli idoli.
  Nessuno è indispensabile, non lo siamo noi e non lo è nessun altro né in Parlamento né nel Governo.
  Gli italiani vogliono riacquistare la libertà e la dignità di uomini capaci di costruirsi un proprio futuro, da soli !
  Noi possiamo solo ascoltarli e permettere loro di cogliere tutte le opportunità realizzabili all'interno della società civile e nel rispetto delle regole dello Stato.
  Annunciamo pertanto il nostro voto favorevole alla nostra mozione ed alle mozioni Marcon, Guidesi, Meloni e voto contrario alla mozione Marchi.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Segr Doc. IV-bis, n. 1-A 480 480 316 363 117 45 Appr.
2 Nom. Doc. IV-b, n. 5-A 478 463 15 232 458 5 44 Appr.
3 Nom. Ddl 2208 - Quest. preg n. 1 e 2 463 463 232 133 330 44 Resp.
4 Segr Pdl 204 e ab.-B-quest.preg.cost. 1 480 471 9 236 92 379 40 Resp.
5 Nom. Moz. Bergamini e a. 1-217 n.f. 410 410 206 410 67 Appr.
6 Nom. Moz. Schirò e a. 1-345 417 417 209 417 67 Appr.
7 Nom. Moz. Pannarale e a. 1-353 425 425 213 424 1 66 Appr.
8 Nom. Moz. Pini Gianluca e a. 1-359 436 436 219 436 66 Appr.
9 Nom. Moz. Colonnese e a. 1-361 440 440 221 439 1 66 Appr.
10 Nom. Moz. Galgano e a. 1-366 442 442 222 442 65 Appr.
11 Nom. Moz. Berlinghieri e a. 1-384 451 371 80 186 371 65 Appr.
12 Nom. Moz. Castelli e a. 1-348 475 475 238 133 342 60 Resp.
13 Nom. Moz. Marcon e a. 1-362 n.f. 472 456 16 229 115 341 60 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Moz. Guidesi e a. 1-363 I p. rif. 477 476 1 239 474 2 60 Appr.
15 Nom. Moz. Guidesi e a. 1-363 II p. 474 473 1 237 175 298 60 Resp.
16 Nom. Moz. Meloni Giorgia e a. 1-372 473 443 30 222 142 301 60 Resp.
17 Nom. Moz. Marchi e a. 1-386 473 435 38 218 301 134 60 Appr.
18 Nom. Moz. Agostini Roberta e a. 1-409 358 286 72 144 285 1 60 Appr.