Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 195 di venerdì 21 marzo 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,05.

  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a partire dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 9,10).

  PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

Testo sostituito con errata corrige volante   ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge:
  GIOVANNI RUFINI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono misure per assicurare il pieno rispetto dei diritti umani da parte delle Forze di polizia e l'introduzione del reato di tortura (587) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
  FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
   agevolazioni per chi ha debiti tributari (588) – alla VI Commissione (Finanze);
   misure per valorizzare la cultura napoletana (589) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'istituzione di corsi di alfabetizzazione per italiani e stranieri (590) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'istituzione del Garante per l'informazione (591) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'introduzione di norme in materia di presentazione delle petizioni ai comuni e alle regioni (592) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   l'adozione di un provvedimento di condono edilizio in Campania (593) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   interventi per la bonifica dello scolmatore Fiumarella nel territorio del comune di Grazzanise (Caserta) (594) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   misure per garantire il diritto allo studio e combattere l'abbandono scolastico (595) – alla VII Commissione (Cultura);
   MARSILIO ZANCANARO, da Fonzaso (Belluno), chiede misure per la piena applicazione del principio di pari dignitàsociale Pag. 2dei cittadini (596) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MARINO SAVINA, da Roma, chiede:
   che non si proceda alle privatizzazioni previste dal Governo Letta e interventi a sostegno dei settori economici strategici (597) – alla V Commissione (Bilancio);
   nuove norme in materia di responsabilità del conducente e del proprietario in caso di mancata revisione del veicolo (598) – alla IX Commissione (Trasporti);
  MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
   il ripristino della profilassi contro la tubercolosi nelle scuole dell'obbligo (599) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   la riduzione delle imposte per coloro che risiedono in aree mal collegate con le reti autostradale e ferroviaria (600) – alla VI Commissione (Finanze);
  BONIFACIO SARACINO, da San Giorgio a Cremano (Napoli), chiede l'esenzione delle pensioni privilegiate ordinarie da ogni imposizione fiscale (601) – alla VI Commissione (Finanze);
  WANDA GUIDO, da Penna in Teverina (Terni), chiede iniziative per la fuoriuscita dell'Italia dall'euro (602) – alla V Commissione (Bilancio);
  TIZIANO FRANGINI, da Grosseto, chiede la sollecita approvazione della proposta di legge in materia di disposizioni temporanee concernenti il calendario scolastico per lo svolgimento delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado (atto Camera n. 1585) (603) – alla VII Commissione (Cultura);
  FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:
   misure per favorire l'acquisto della cittadinanza da parte degli immigrati e il loro inserimento sociale e lavorativo (604) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   misure a sostegno delle popolazioni rom e sinti (605) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   interventi diversi per promuovere il turismo (606) – alla X Commissione (Attività produttive);
   il trasferimento a soggetti pubblici della proprietà delle banche (607) – alla VI Commissione (Finanze);
   la concessione di un assegno una tantum ai parlamentari (608) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   che l'accesso ai centri urbani sia consentito solo ai mezzi pubblici elettrici e alle biciclette (609) – alla IX Commissione (Trasporti);
   norme per promuovere il lavoro a domicilio (610) – alla XI Commissione (Lavoro);
   l'introduzione dell'obbligo di installare pannelli solari per la produzione di energia elettrica nei condomini (611) – alla X Commissione (Attività produttive);
   misure per promuovere l'artigianato artistico (612) – alla X Commissione (Attività produttive);
  GIORGIO CREMASCHI, da Brescia, e numerosissimi altri cittadini chiedono l'indizione di un referendum di indirizzo sulle misure economico-sociali di austerità previste nella normativa europea e nazionale (613) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  RAFFAELE AGLIATA, da Napoli, e numerosissimi altri cittadini chiedono interventi a tutela della cosiddetta «terra dei fuochi», per la bonifica dei terreni inquinati e la lotta contro lo smaltimento illegale di rifiuti, nonché l'interruzione dei lavori per la realizzazione di un nuovo inceneritore e norme più stringenti in materia di inquinamento elettromagnetico (614) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Pag. 3
  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge:
  GIOVANNI RUFINI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono misure per assicurare il pieno rispetto dei diritti umani da parte delle Forze di polizia e l'introduzione del reato di tortura (587) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
  FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
   agevolazioni per chi ha debiti tributari (588) – alla VI Commissione (Finanze);
   misure per valorizzare la cultura napoletana (589) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'istituzione di corsi di alfabetizzazione per italiani e stranieri (590) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'istituzione del Garante per l'informazione (591) – alla VII Commissione (Cultura);
   l'introduzione di norme in materia di presentazione delle petizioni ai comuni e alle regioni (592) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   l'adozione di un provvedimento di condono edilizio in Campania (593) – alla VIII Commissione (Ambiente);

   interventi per la bonifica dello scolmatore Fiumarella nel territorio del comune di Grazzanise (Caserta) (594) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   misure per garantire il diritto allo studio e combattere l'abbandono scolastico (595) – alla VII Commissione (Cultura);
   MARSILIO ZANCANARO, da Fonzaso (Belluno), chiede misure per la piena applicazione del principio di pari dignitàsociale Pag. 2dei cittadini (596) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MARINO SAVINA, da Roma, chiede:
   che non si proceda alle privatizzazioni previste dal Governo Letta e interventi a sostegno dei settori economici strategici (597) – alla V Commissione (Bilancio);
   nuove norme in materia di responsabilità del conducente e del proprietario in caso di mancata revisione del veicolo (598) – alla IX Commissione (Trasporti);
  MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
   il ripristino della profilassi contro la tubercolosi nelle scuole dell'obbligo (599) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   la riduzione delle imposte per coloro che risiedono in aree mal collegate con le reti autostradale e ferroviaria (600) – alla VI Commissione (Finanze);
  BONIFACIO SARACINO, da San Giorgio a Cremano (Napoli), chiede l'esenzione delle pensioni privilegiate ordinarie da ogni imposizione fiscale (601) – alla VI Commissione (Finanze);
  WANDA GUIDO, da Penna in Teverina (Terni), chiede iniziative per la fuoriuscita dell'Italia dall'euro (602) – alla V Commissione (Bilancio);
  TIZIANA FRANGINI, da Grosseto, chiede la sollecita approvazione della proposta di legge in materia di disposizioni temporanee concernenti il calendario scolastico per lo svolgimento delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado (atto Camera n. 1585) (603) – alla VII Commissione (Cultura);
  FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:
   misure per favorire l'acquisto della cittadinanza da parte degli immigrati e il loro inserimento sociale e lavorativo (604) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   misure a sostegno delle popolazioni rom e sinti (605) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   interventi diversi per promuovere il turismo (606) – alla X Commissione (Attività produttive);
   il trasferimento a soggetti pubblici della proprietà delle banche (607) – alla VI Commissione (Finanze);
   la concessione di un assegno una tantum ai parlamentari (608) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   che l'accesso ai centri urbani sia consentito solo ai mezzi pubblici elettrici e alle biciclette (609) – alla IX Commissione (Trasporti);
   norme per promuovere il lavoro a domicilio (610) – alla XI Commissione (Lavoro);
   l'introduzione dell'obbligo di installare pannelli solari per la produzione di energia elettrica nei condomini (611) – alla X Commissione (Attività produttive);
   misure per promuovere l'artigianato artistico (612) – alla X Commissione (Attività produttive);
  GIORGIO CREMASCHI, da Brescia, e numerosissimi altri cittadini chiedono l'indizione di un referendum di indirizzo sulle misure economico-sociali di austerità previste nella normativa europea e nazionale (613) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  RAFFAELE AGLIATA, da Napoli, e numerosissimi altri cittadini chiedono interventi a tutela della cosiddetta «terra dei fuochi», per la bonifica dei terreni inquinati e la lotta contro lo smaltimento illegale di rifiuti, nonché l'interruzione dei lavori per la realizzazione di un nuovo inceneritore e norme più stringenti in materia di inquinamento elettromagnetico (614) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Pag. 3

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito all'attività e ai limiti di intervento delle strutture statali adibite al monitoraggio dell'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Piemonte – n. 2-00463)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Monchiero n. 2-00463, concernente chiarimenti in merito all'attività e ai limiti di intervento delle strutture statali adibite al monitoraggio dell'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Piemonte (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Giovanni Monchiero se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, intervengo per una brevissima illustrazione, anche perché sono lieto che a rispondere ci sia il sottosegretario di Stato al Ministero della salute, proprio perché l'interpellanza urgente intende evidenziare come di fatto la programmazione sanitaria sia ampiamente sottratta al Ministero della salute e venga gestita su altri tavoli.
  Lo scopo di questa interpellanza urgente è proprio quello di evidenziare un'anomalia che sta accadendo nella regione Piemonte, dove con l'indizione delle prossime elezioni chiaramente la giunta regionale si sente ed è sostanzialmente delegittimata, ma nonostante questo, perché le elezioni si svolgeranno tra due mesi, i tecnici che la regione Piemonte ha accolto volontariamente – ma il volontariamente richiederebbe almeno le virgolette – agiscono in un settore molto delicato qual è quello degli atti aziendali. L'atto aziendale è il documento con il quale si definisce la struttura dell'azienda sanitaria e gli interventi sono fatti con una logica che personalmente non condivido ma che, purtroppo, è ampiamente praticata e la quale, appunto, richiederebbe qualche ripensamento, cioè la logica dei tagli lineari su delle strutture complesse, che se si trasformassero in tagli complessivi delle strutture di offerta potrebbero avere una loro logica in una politica di contenimento dei costi; ma, poiché si traducono solo nel taglio della figura apicale, alla fine il risparmio è insignificante, ma i danni alle logiche di governo interne delle aziende rischiano di essere irreversibili.
  Io volevo, appunto, sollecitare un intervento del Ministro della salute per chiarire questo tipo di politiche.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli, in merito alla politica di spending review in sanità, si sottolinea che i provvedimenti di cosiddetta revisione della spesa rappresentano un insieme di misure adottate dal Governo per ridurre le inefficienze in tutti i settori della pubblica amministrazione. Pertanto, anche a prescindere dalla sottoscrizione di accordi tra il Ministero della salute, dell'economia e delle finanze e le regioni per l'approvazione di piani di rientro, tutti i servizi sanitari regionali, come è noto, sono stati oggetto di specifiche manovre di contenimento, con particolare riferimento alla gestione del personale e all'acquisto di beni e servizi, che sono stati i campi sui quali queste manovre si sono applicate, come sa bene l'onorevole Monchiero anche per la sua esperienza personale, particolarmente.
  A tale riguardo e relativamente al tema dei cosiddetti «tagli lineari», che vengono indicati nell'interpellanza urgente, negli ultimi anni, anche attraverso la sanità, si ricorda che il programma di revisione della spesa, che è stato presentato proprio dal commissario Cottarelli in questi giorni, si concentra sulla necessità di operare una Pag. 4spending review nella logica dell'appropriatezza e della riduzione degli sprechi in sanità.
  Grazie ad una specifica mappatura degli ambiti in cui è possibile intervenire, potranno essere documentati, oltre che un miglioramento dei conti, anche una concreta riqualificazione dei servizi a favore dei cittadini.
  Queste misure confluiranno nel nuovo Patto per la salute, a dimostrazione che il programma di revisione della spesa e questo strumento di programmazione sanitaria seguono il medesimo filo conduttore e perseguono lo stesso obiettivo: l'appropriatezza e l'investimento dei risparmi raggiunti all'interno dello stesso sistema sanitario.
  Per quanto riguarda specificamente la regione Piemonte, la stessa ha sottoscritto, in data 29 luglio 2010, con il Ministero della salute e con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'accordo per l'approvazione di un piano di riqualificazione, riorganizzazione e individuazione degli interventi per il perseguimento dell'equilibrio economico ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, la legge finanziaria 2005, al fine di ottenere la riattribuzione del maggior finanziamento previsto per il 2004.
  Il 22 aprile 2011 è stata adottata la versione definitiva dell’addendum al piano di rientro, che prevede i vari interventi di riqualificazione del sistema sanitario, tra i quali i seguenti obiettivi generali: nuovo Servizio sanitario regionale e riorganizzazione delle rete assistenziali; personale; farmaceutica territoriale ed ospedaliera; assistenza integrativa e protesica; acquisizione di altri beni e servizi; privati; progetti regionali nell'ambito del riordino del sistema.
  Il 3 aprile 2012, il consiglio regionale della regione Piemonte ha modificato l'assetto dell'organizzazione sanitaria regionale, approvando il piano del Servizio sanitario regionale 2012-2015 e istituendo le aree sovrazonali per l'erogazione di assistenza e le federazioni sovrazonali per la parte cosiddetta «logistico-amministrativa». Nel corso della riunione di verifica del 4 aprile 2013, i Tavoli preposti hanno preso atto della richiesta regionale di cui all'articolo 15, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012, come convertito in legge n. 135 del 2012, in merito alla prosecuzione del cosiddetto piano di rientro mediante la predisposizione di un programma operativo per il triennio 2013-2015.
  Con delibera del 30 dicembre 2013, la giunta regionale del Piemonte ha approvato il Programma operativo 2013-2015, con il quale si è impegnata, tra l'altro, a superare per via legislativa l'esperienza delle federazioni sovrazonali a partire dal 1o gennaio 2014, unitamente al passaggio delle relative competenze. Per quanto attiene al ruolo svolto dai rappresentanti ministeriali, che è uno dei punti indicati nell'interpellanza, si ritiene opportuno evidenziare quanto segue. I piani di rientro dal disavanzo regionale sono stati attivati, ai sensi della legge n. 311 del 2004, in varie regioni a partire dal 28 febbraio 2007.
  La legge finanziaria per il 2005 e l'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 hanno previsto il ricorso a forme di affiancamento, da parte del Governo centrale, alle regioni che hanno sottoscritto gli accordi contenenti i piani di rientro. La legge finanziaria 2007 ha introdotto operativamente l'attività di affiancamento delle regioni che hanno sottoscritto l'accordo comprensivo di piani di rientro, con la previsione che lo stesso fosse assicurato dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del cosiddetto sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria.
  Quest'ultimo, nella sua funzione di affiancamento alle regioni in piano di rientro, propone, attraverso il monitoraggio di sistema, di analizzare l'evoluzione dei sistemi sanitari regionali, al fine di verificare l'attuazione delle manovre previste dai piani, sia sui livelli essenziali di assistenza che sul contenimento dei costi.
  Il monitoraggio di sistema si realizza attraverso l'implementazione di indicatori in grado di esprimere l'evoluzione del Pag. 5sistema nel suo complesso in termini di: garanzia dei livelli essenziali di assistenza; equilibrio economico-finanziario del settore sanitario; impatto sulle condizioni sanitarie e sociosanitarie più rilevanti a livello regionale. Per quanto riguarda la richiamata necessità di «rinnovare il patto con gli operatori del settore», indicata nell'interpellanza, sono in corso trattative tra il Ministero della salute e gli esponenti regionali finalizzate alla concertazione del nuovo Patto della salute, proprio al fine di garantire una migliore efficienza dei sistemi sanitari in tutto il territorio nazionale.
  In merito alla problematica delineata nell'interpellanza in esame, la regione Piemonte ha precisato che si avvale dell'affiancamento dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, l'Agenas, per l'attuazione dei Programmi operativi 2013-2015, in quanto funzione prevista come istituzionale per le regioni in piano di rientro. I provvedimenti di indirizzo e di programmazione sono adottati dalla giunta regionale, anche tenendo conto delle attività di supporto tecnico fornite dall'Agenas.
  La sanità piemontese ha iniziato il percorso del piano di rientro nel 2010, a causa di criticità nei rapporti finanziari tra regione e aziende sanitarie. Il fatto di avere raggiunto, nel 2013, l'equilibrio di bilancio e di aver programmato, per il biennio 2014-2015, l'azzeramento dell'integrazione regionale alla quota derivante dal riparto del Fondo sanitario nazionale rappresentano sicuramente risultati apprezzabili.
  Se a questi si aggiunge la forte riduzione dei tempi di pagamento ai fornitori, grazie alle risorse rese disponibili dal decreto-legge n. 35 del 2013, convertito con la legge n. 64 dello stesso anno, il quadro che ne deriva, sotto il profilo economico-finanziario, è certamente, in questa fase, tranquillizzante rispetto al recente passato. La sanità piemontese appare una sanità di qualità, come dimostrano il Piano nazionale degli esiti, la griglia dei livelli essenziali di assistenza e altri documenti che sono stati elaborati da enti terzi rispetto ad una valutazione della stessa sanità della regione piemontese.

  PRESIDENTE. Il deputato Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, in gran parte sì, anche perché i risultati del Piemonte, di cui ero a conoscenza, sono oggettivamente importanti e mi fa piacere che sia stato riconosciuto anche ora. Non condivido invece – ma è un rilievo parziale – l'entusiasmo per la spending review prodotta dal commissario Bondi, che in sanità non ha dato risultati apprezzabili, anche perché era concettualmente errata.
  Ecco, io vorrei solo rappresentare al sottosegretario l'invito a non ripetere i medesimi errori e a costruire dei meccanismi di rientro dei costi che siano più razionali e più aderenti alla realtà della sanità, che è molto diversa dal resto della pubblica amministrazione di questo Paese. È l'unico settore della pubblica amministrazione che viene considerato efficiente dagli enti valutatori esterni al nostro Paese e credo che questa complessiva efficienza del sistema debba essere un punto di partenza ineludibile quando si producono politiche di contenimento dei costi. Grazie, comunque al sottosegretario per la sua cortesia.

(Iniziative di competenza volte a garantire la realizzazione della tratta Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo, nell'ambito del progetto di potenziamento infrastrutturale della linea ferroviaria Palermo-Messina – n. 2-00435)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Culotta n. 2-00435, concernente iniziative di competenza volte a garantire la realizzazione della tratta Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo, nell'ambito del progetto di potenziamento infrastrutturale della linea ferroviaria Palermo-Messina (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 6
  Chiedo alla deputata Culotta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MAGDA CULOTTA. Signor Presidente, intendo illustrare nelle parti principali questa interpellanza e intanto ringrazio il sottosegretario. La questione che intendiamo rappresentare in quest'Aula oggi, e capire quali possano essere le risposte del Governo, riguarda la tratta Palermo-Messina, nello specifico il raddoppio ferroviario Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono, che è totalmente finanziato, con un investimento di 960 milioni di euro e l'opera è cantierabile già dal 2004.
  Nel mese di ottobre 2005 viene affidato l'appalto del I lotto, la tratta Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo, dal committente al contraente generale, per circa 420 milioni di euro.
  Nel mese di novembre 2005, Italferr procedeva agli espropri per pubblica utilità delle aree necessarie alla «realizzazione del tratto Ogliastrillo-Castelbuono tra il chilometro 62+900 e il chilometro 74+876 (lotto II)».
  La conclusione dei lavori doveva avvenire, come da programma, entro la fine del 2010; ma, in realtà, una prima proroga ha fatto slittare i lavori sul finire del 2012.
  Ad oggi, per quanto concerne il primo lotto risultano realizzati soltanto il 52 per cento dei lavori rispetto al totale. Il resto è tuttora in corso di realizzazione e procede con estrema lentezza, soprattutto se consideriamo che per un periodo, nello specifico dalla metà del 2011 alla metà del 2013, si è vissuta addirittura una fase di totale arresto delle attività. Ovviamente il secondo lotto non ha ancora avuto nessun avvio.
  Il protrarsi delle attività ed il rallentamento attuale hanno comportato chiaramente danni e disagi sul territorio interessato.
  Intanto si lamenta la mancata realizzazione delle opere connesse alla realizzazione del doppio binario previste dal progetto e finalizzate alla difesa dei luoghi: parliamo di messa in sicurezza da eventuali allagamenti dei sottopassi esistenti, regimentazione delle acque e realizzazione del ponte sul torrente Roccella, con la conseguente riapertura al transito della strada che costeggia sul lato nord l'asse ferroviario, così come tutta la viabilità di progetto.
  Occorre puntualizzare che quel territorio è anche ad elevato rischio idrogeologico, tant’è che eventi meteorologici insistenti, anche di non eccezionale entità, hanno procurato danni ingenti, isolando intere zone con rischi chiaramente per la popolazione e anche per tutti i flussi turistici che arrivano in quell'area. Infatti, quello è un territorio in cui sono presenti numerose strutture ricettive alberghiere, che offrono circa 5.000 posti letto.
  È presente il centro operativo di emergenza della Croce rossa italiana, che è allocato presso il centro assistenziale di pronto intervento, di proprietà del Ministero dell'interno e gestito dalla prefettura di Palermo, che dovrebbe assicurare il concorso negli interventi di protezione civile su base nazionale e che, in caso di calamità – per questo dovrebbe assicurare, dato lo stato delle cose –, potrebbe addirittura essere impossibilitata a prestare soccorso alla popolazione. È chiaro da questa disamina, quindi, comprendere che l'elevata vocazione turistica dell'area, con la presenza in essa di opere non ultimate, è fortemente danneggiata. La viabilità stradale è completamente danneggiata a causa, appunto, del traffico di mezzi pesanti e, quindi, questo si va ad aggiungere alla perdita di immagine.
  I sindaci dei comuni interessati fino ad oggi non hanno assolutamente messo in atto delle azioni proprie volte alla progettazione, al reperimento di risorse e finanziamenti per la realizzazione di opere ritenute indispensabili per la sicurezza di quel territorio e delle popolazioni in esso residenti, proprio per la fiducia riposta nei confronti degli impegni assunti, sia dal committente, che dal contraente generale. I disagi che continua a subire la popolazione di questo territorio per la mancata realizzazione sono stati, inoltre, oggetto di un atto stragiudiziale del 23 luglio 2013 notificato a Rete Ferroviaria Italiana Spa, Pag. 7Italferr Spa e Cefalù 20, senza, però, addivenire mai a concrete soluzioni o all'assunzione di precisi impegni circa la tempistica con cui dovrebbero realizzarsi. Risulta fortemente preoccupante il contenzioso tra il committente e il contraente generale, alla luce anche del provvedimento, da parte di Cefalù 20, di licenziare ulteriori 46 lavoratori, un ulteriore dramma sociale per un territorio che vive già una difficile situazione occupazionale. Tali provvedimenti si inseriscono in una politica, da parte del contraente generale, di riduzione al minimo delle maestranze per realizzare i restanti lavori attraverso subappalti.
  Si intende, quindi, chiedere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti cosa intenda porre in essere per chiarire l'effettiva situazione nei rapporti tra il contraente generale e la committenza e, più che mai, garantire la definizione di tempi certi per l'esecuzione dei lavori non ancora conclusi, incluse le opere di messa in sicurezza dei territori in cui il progetto ricade.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso de Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, in relazione ai quesiti posti dall'onorevole interpellante, sono state assunte dettagliate informazioni presso la società Rete Ferroviaria Italiana. Com’è noto, il progetto definitivo relativo al raddoppio del binario nel tratto compreso tra Fiumetorto e Castelbuono è articolato in due lotti separati. Il primo lotto concerne il raddoppio ferroviario del tratto Fiumetorto-Cefalù-Ogliastrillo ed è di circa 20 chilometri; il secondo lotto riguarda il raddoppio ferroviario del rimanente tratto Cefalù-Ogliastrillo-Castelbuono ed è di circa 12 chilometri. Il progetto definitivo del primo lotto, comprendente i comuni di Termini Imerese, Campofelice e Lascari, fu approvato da Rete Ferroviaria Italiana con delibera n. 153 del 12 ottobre 2004 e con successiva delibera n. 168 del 1o luglio 2005, quest'ultima riferita ad operazioni di sistemazione idraulica.
  Ad eccezione di una nuova galleria di circa 4 chilometri, che ricade prevalentemente nel territorio del comune di Cefalù, e di un tratto di variante, la cosiddetta «variante Himera», resasi necessaria nei primi 4,5 chilometri circa, per via dello straordinario ritrovamento archeologico riconducibile al V secolo avanti Cristo, il progetto del primo lotto prevede essenzialmente la realizzazione del raddoppio in affiancamento alla linea esistente, evitando in questo modo la costituzione di un'ulteriore segregazione del territorio nei comuni interessati di Campofelice e Lascari. Proprio in questa tratta è previsto il potenziamento dei collegamenti tra il territorio posto a monte della ferrovia con quello a valle della stessa, con adeguamenti delle opere di attraversamento già esistenti (due per ciascun comune) e la realizzazione di ulteriori attraversamenti viari (ben cinque nel comune di Campofelice e uno in quello di Lascari). In particolare, i due sottovia, ubicati nel comune di Campofelice di Roccella, derivano da richieste avanzate dai rappresentanti del comune stesso in sede di conferenza dei servizi.
  Relativamente alle opere idrauliche di regimazione delle acque superficiali della piana (i cosiddetti canali idraulici), il progetto autorizzato in sede di Conferenza dei servizi, prevede il potenziamento degli attraversamenti idraulici esistenti e la realizzazione di nuovi canali, al fine di adeguare la rete idraulica di drenaggio alle variazioni territoriali intervenute successivamente alla costruzione della linea esistente.
  Successivamente, è stato necessario apportare una variante alle suddette opere idrauliche a causa dell'inaspettata ed intensa urbanizzazione del territorio, intervenuta dopo l'approvazione del progetto in Conferenza dei servizi, prevalentemente nel comune di Campofelice di Roccella, sia a monte che nell'area a valle della linea ferroviaria, con continue edificazioni di Pag. 8abitazioni e soprattutto strutture a carattere turistico-ricettivo, cui non si accompagnava alcuna implementazione di carattere idraulico.
  Sebbene nel tratto di raddoppio, che va dalla fine della variante Himera alla stazione di Campofelice di Roccella, il secondo binario sia stato progettato, come detto, in affiancamento a quello esistente, senza alterare sostanzialmente l'assetto idrogeologico preesistente, di fronte ad un così evidente inurbamento delle aree attraversate, il contraente generale si è visto costretto a redigere un progetto alternativo dei canali di scolo che limitasse gli espropri e le necessarie demolizioni delle nuove strutture, pur garantendo il regolare deflusso delle acque verso mare e, quindi, migliorando sostanzialmente le condizioni attuali, giudicabili critiche a prescindere dal raddoppio ferroviario in corso di realizzazione.
  Lo studio idraulico prevede la risistemazione del reticolo idrografico in corrispondenza degli attraversamenti con la linea ed a valle della stessa fino al mare, così da assicurare un regolare deflusso delle acque, senza che la linea stessa costituisse un ostacolo allo scorrimento idrico superficiale fino al mare.
  Per i canali interrati (tombati), da realizzarsi nei pressi di zone industriali o fortemente urbanizzate, è stato previsto di realizzare pozzetti di ispezione posti al più ogni 30 metri; sui corsi d'acqua secondari, il progetto prevede l'adeguamento idraulico dei tombini ferroviari allo scopo di consentire il transito della portata, con un grado di riempimento massimo del 70 per cento. Rete Ferroviaria ha comunque evidenziato l'estrema difficoltà, nel suo complesso, di tale progetto idraulico, condizionato sia dalle condizioni morfologiche del territorio, che non permettono elevate pendenze, sia dalla forte antropizzazione degli ultimi anni, che ha condotto a nuove e numerose lottizzazioni sorte principalmente a scopo turistico, che vincolano notevolmente la posizione e l'inserimento stesso dei canali.
  Come è noto all'onorevole interpellante, il territorio sul quale deve essere realizzata l'opera in questione è ad alto rischio idrogeologico: secondo il piano di assetto idrogeologico (PAI, edizione 2004 e successivi aggiornamenti) redatto dall'assessorato regionale della Sicilia, tutte le aree prossime al tratto di linea ferroviaria in esame risultano classificate al più elevato livello di pericolosità («alta», P3) e a rischio prevalentemente «molto elevato» (R4) e in minima parte «elevato» (R3).
  Al riguardo, Rete Ferroviaria ritiene che con i nuovi canali previsti nell'ambito del raddoppio, ancora non realizzati, si ridimensioneranno tali livelli. Il progetto in parola prevede, infatti, il miglioramento del livello di sicurezza del territorio coinvolto dalla costruzione dell'opera ferroviaria in merito ai rischi paventati, come dimostrato da tutta la documentazione di assenso emessa dagli enti preposti, incluso il comune di Campofelice.
  Quanto ai paventati rischi riguardanti gli allagamenti dei sottopassi esistenti manifestati dall'amministrazione comunale, Rete Ferroviaria informa che la copiosa corrispondenza pregressa ha reso prova della totale estraneità della committenza rispetto alle cause che determinano gli allagamenti, da ricercare, invero, nella inadeguata attività di manutenzione degli impianti di sollevamento presenti nei sottopassi, la cui competenza è a carico degli enti gestori della viabilità comunale.
  Nel corso dei numerosi incontri tenutisi sul tema, a cui hanno partecipato anche i rappresentanti della prefettura, della Protezione civile e della Soprintendenza ai beni paesaggistici, durante i quali l'amministrazione comunale di Campofelice di Roccella ha anche proposto la realizzazione di un cavalcaferrovia, in sostituzione di un sottovia previsto dal progetto del raddoppio ferroviario, è stato più volte chiarito che, essendo il progetto regolarmente assentito da tutti gli enti interessati (compreso il comune), era opportuno che lo stesso si facesse parte attiva nella predisposizione della progettazione definitiva del sovrapasso, corredata di tutte le autorizzazioni necessarie rilasciate dagli enti territorialmente competenti. Ferrovie si dichiarava tuttavia disponibile a far proprio Pag. 9l'intervento, una volta verificato che non determinasse «peggioramento della funzionalità, durabilità, manutenibilità e sicurezza delle opere», attraverso una variante utile «a ridurre il tempo o il costo di realizzazione delle opere» (articolo 176, comma 5, lettera b), del codice degli appalti).
  Infine, con riferimento al menzionato stallo dei lavori, Rete Ferroviaria Italiana ha fatto presente che si sta adoperando per mettere in atto ogni azione, nel rispetto delle norme di legge e delle pattuizioni contrattuali, finalizzata a favorire una pronta e sostanziale velocizzazione delle attività esecutive, che il contraente dovrà impegnarsi a portare a termine avvalendosi di terzi affidatari o facendo leva sulle proprie maestranze, nel modo che riterrà più opportuno ed economicamente sostenibile.
  Quanto ai riflessi occupazionali, nelle more, per dare continuità ai lavori, la committenza fa presente di aver obbligato il contraente generale a sospendere la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223 del 1991, attualmente in corso, sino alla constatazione della piena operatività dei lavori oggetto dei nuovi affidamenti.
  Nel concludere, informo che l'attivazione del raddoppio della tratta Fiumetorto-Lascari è prevista entro la fine del 2014, mentre il completamento fino ad Ogliastrillo è previsto entro il 2015, ed infine, relativamente al raddoppio della tratta tra Ogliastrillo e Castelbuono, è stato completato il progetto esecutivo, a cura dell'appaltatore.

  PRESIDENTE. La deputata Culotta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MAGDA CULOTTA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario anche per la puntualità e la precisione della risposta, che chiaramente ha vagliato tutti i passaggi che fin qui si sono susseguiti nella redazione, nelle varianti e, quindi, nella realizzazione di questo progetto, che chiaramente è un progetto importante di mobilità per una regione, la Sicilia, la quale sicuramente vive – questo non devo spiegarlo a lei che, come me, è meridionale – una velocità diversa rispetto a tante altre regioni italiane. Quindi, il fatto che si siano verificati in tutto questo tempo dei rallentamenti, che pur ci stanno nella realizzazione di opere così importanti, ha chiaramente creato una serie di disagi che abbiamo rappresentato nell'interpellanza e che, comunque, lei ha citato nella sua risposta.
  Mi auguro che si riesca in tempi utili a concludere questi lavori, anche perché ci sono e si registrano già dei ritardi su quello che è il primo lotto e che si concluderà nel territorio di Castelbuono Pollina, anche quello un tratto molto, molto atteso per la strategicità dell'opera e chiaramente anche per l'importanza che rappresenterebbe nel risvolto occupazionale e in quello di ricaduta occupazionale sul comprensorio.
  Quindi, la ringrazio e mi auguro che i tempi che sono stati citati nella risposta a questa interpellanza vengano rispettati e che, quindi, si possa arrivare in quei tempi alla definizione dell'opera e di tutte le opere correlate, che abbiamo detto essere principali e fondamentali per la sicurezza delle popolazioni ivi residenti, ma soprattutto anche di tutto il grande flusso turistico che si presenta in quell'area. Ne abbiamo davvero parecchio bisogno.

(Elementi e iniziative in merito al rinnovo dei vertici di società direttamente o indirettamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze – n. 2-00458)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vallascas ed altri n. 2-00458, concernente elementi e iniziative in merito al rinnovo dei vertici di società direttamente o indirettamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Vallascas se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

Pag. 10

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, voglio illustrare l'interpellanza e dare seguito alla risposta.
  Spettabile Ministro, come riportato nelle premesse dell'interpellanza in discussione, nel mese di maggio del corrente anno si rimetterà in moto la macchina delle nomine dei vertici delle società direttamente o indirettamente partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Pensi un po’ che incredibile opportunità le si offre, signor Ministro: lei fa parte di un Governo che, a sentire le dichiarazioni del suo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dovrebbe rottamare la vecchia dirigenza per sostituirla con una più competente, efficiente, motivata, attenta all'interesse dello Stato e, quindi, dei cittadini, che, come tutti noi sappiamo, sono i proprietari di quelle società di cui voi vi accingete a rinnovare i vertici.
  Lei, che solo da pochi giorni si è insediato al Ministero, avrà l'occasione di rinnovare, di ringiovanire 49 consigli e 60 collegi sindacali, ovvero ben 600 dirigenti. Finalmente, potrà fare piazza pulita di personaggi indagati e condannati, pagati due o tre volte quanto gli già strapagati vertici di imprese private ben più grandi.
  A questo proposito, le ricordo qualche nome: Scaroni, amministratore delegato di ENI, al suo terzo mandato, vanta un curriculum veramente eccezionale, che le vado a leggere. Nel 1996, patteggiò la pena di un anno per tangenti versate al Partito socialista italiano all'epoca di Tangentopoli. Nel 2006, viene processato e condannato dal tribunale di Adria in qualità di amministratore delegato dell'Enel per aver inquinato il territorio del delta del Po con la centrale di Porto Tolle; sentenza, poi, confermata il 12 gennaio del 2011 dalla Corte di cassazione penale di Roma, chiamata ad esprimersi in via definitiva sui reati contestati ad Enel relativamente alla gestione dell'impianto di Polesine Camerini negli anni passati. La Cassazione accolse i ricorsi dei movimenti ambientalisti e respinse quelli dei direttori di centrale, annullando la sentenza della corte d'appello di Venezia, nella parte in cui escludeva la responsabilità penale per gli amministratori delegati, e accogliendo invece quanto stabilito dal giudice di primo grado ad Adria nel marzo del 2006, ritenendo, dunque, che i responsabili per i reati contestati fossero sia i direttori di centrale che gli amministratori delegati dell'epoca dei fatti, Franco Tatò e Paolo Scaroni.
  Dal 2012, il signor Scaroni è indagato per corruzione internazionale in relazione a presunte tangenti pagate a esponenti governativi algerini. A gennaio 2014, nel processo Enel-bis, a seguito della sentenza del 2011, il pubblico ministero Emanuela Fasolato, nel processo in corso a Rovigo, ha depositato le richieste di pena per dieci funzionari Enel accusati di disastro ambientale per l'omessa installazione di apparecchi, al fine di prevenire il deterioramento dell'ambiente circostante e l'aumento delle malattie respiratorie nei bambini, evidenziato anche dall'Istituto tumori Veneto. Per Franco Tatò sono stati richiesti sette anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici; per Paolo Scaroni, cinque anni e tre mesi, e interdizione perpetua. Per Fulvio Conti, attuale amministratore delegato di Enel, richiesti tre anni, più cinque di interdizione. Può una persona di questo spessore – Paolo Scaroni – non avere un adeguato compenso ? Questo signore oggi viene retribuito con oltre 5 milioni di euro all'anno e pare che passi parte del suo tempo, così almeno risulta dalle intercettazioni telefoniche, a consultarsi telefonicamente con il faccendiere Bisignani, coinvolto nell'inchiesta P4 della procura della Repubblica di Napoli.
  Sempre sui compensi, il suo collega e successore all'Enel, Fulvio Conti, ha invece percepito 4 milioni e 370 mila euro, con un balzo del 40 per cento in più rispetto a quanto, dedotte alcune voci di competenza, gli era stato accordato in precedenza. E che dire degli altri intoccabili che hanno occupato le poltrone delle aziende di Stato, come Sarmi, dodici anni alle Poste, Cattaneo, nove anni a Terna, più tre passati alla RAI, Masi di CONSIP, Mazzei del Poligrafico dello Stato, Moretti delle Ferrovie dello Stato ?Pag. 11
  Le chiedo, signor sottosegretario, a lei che viene dalla entusiasta schiera dei rottamatori – certo, per ora solo a chiacchiere –, di dimostrare con i fatti che si possono riformare, dandogli nuovi indirizzi funzionali e senso industriale, aziende che nemmeno i loro proprietari, gli italiani, conoscono; organizzazioni che, spesso, sono doppioni di doppioni, che svolgono attività già di competenza di altre aziende di Stato o, magari, inutili e fatiscenti, come ARCUS, Istituto Luce-Cinecittà, Italia lavoro, SOGIN, SOSE, Studiare Sviluppo, L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa.
  Gli italiani chiedono un cambiamento politico ed economico, che faccia uscire il Paese da questa situazione. Il Governo tutto e lei, Ministro Padoan, deve dare prova coi fatti: rottami i dirigenti. Potremo così tutti noi, per il suo tramite, finalmente avvalerci e rendere operative le indicazioni del Comitato di garanzia per le nomine, istituito il 24 gennaio 2013 dall'ex Ministro Saccomanni, al quale sono pervenuti nei mesi scorsi, da parte delle incaricate società di headhunters, «Spencer Stuart» e «Korn Ferry», i curriculum vitae dei potenziali candidati all'assunzione dei ruoli apicali che dovranno essere ricoperti in qualità di presidente, amministratore delegato e consigliere di amministrazione delle società controllate dallo Stato. Speriamo almeno di aver speso bene i soldi finiti nelle tasche di queste società dai nomi squisitamente anglosassoni. Evidentemente, in Italia, non esiste nessuno in grado di svolgere lo stesso lavoro con imparzialità e competenza.
  Ma c’è un particolare che ci sfugge, signor sottosegretario. È il silenzio tombale che avvolge nel mistero le manovre attorno a queste nomine. Nessuno ne parla e chi lo fa spesso tira a indovinare, dal momento che nessuna discussione pubblica, nessuna informazione ai cittadini viene fatta trapelare sulla questione. Non vorremo ritrovarci, ancora una volta, a rivivere le stesse dinamiche da manuale Cencelli; ricordo infatti che le aziende di Stato o le controllate non sono solo quelle più importanti citate, ma rappresentano un sottobosco di governo di proporzioni titaniche, come testimonia il Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche al 31 dicembre 2011, edito, nel dicembre del 2013, dal suo stesso Ministero; rappresentano un interessante spaccato della giungla inestricabile di contenitori usato spesso dai partiti per parcheggiare in posti, profumatamente pagati con le tasse degli italiani, i trombati elettorali, gli amici ai quali restituire un favore, gli amici e i parenti degli amici, i fiancheggiatori parlamentari e chi più ne ha più ne sistemi ! Il meglio della spesa improduttiva dello Stato. Poi ci si chiede come mai ci sia bisogno di bloccare per gli anni a venire l'adeguamento delle retribuzioni degli impiegati pubblici. Dopo questi sperperi è logico che non restino soldi per chi effettivamente lavora e tira la carretta di questo Paese, prigioniero dei partiti e delle decisioni prese senza il consenso elettorale dei cittadini. Esattamente come la nomina del suo Governo, signor sottosegretario.
  Avendo dunque sentore di quel rumore assordante che fa il silenzio sulle nomine, abbiamo ritenuto opportuno chiedere al Ministro e a lei, signor sottosegretario, se sia intenzione sua e del suo Governo assumere ogni utile iniziativa al fine di pervenire alle richieste di cui alle domande poste in calce all'interpellanza in oggetto.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Umberto Del Basso de Caro ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti. Signor Presidente, il Ministro dell'economia e delle finanze del precedente Governo ha adottato, il 24 giugno 2013, una direttiva che fornisce al Dipartimento del Tesoro i criteri di eleggibilità e gli indirizzi da osservare nelle procedure di selezione dei componenti degli organi di amministrazione delle società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero.Pag. 12
  Tale direttiva dà risposta alle sollecitazioni provenienti dal Parlamento e, in particolare, alla mozione approvata ad ampia maggioranza dal Senato il 19 giugno 2013. La direttiva rafforza i requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti agli amministratori e individua le tappe di un processo trasparente ed oggettivo di valutazione di tali requisiti, preliminare alla designazione dei candidati da parte del Ministro, nell'ambito delle sue funzioni di indirizzo politico-amministrativo.
  Il 24 giugno 2013, il Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore ha altresì provveduto a nominare i componenti del Comitato di garanzia, composto da persone di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza in materia giuridica ed economica, al quale la direttiva attribuisce il compito di fornire un parere favorevole sul rispetto dei requisiti di eleggibilità dei candidati designati e delle procedure seguite per la loro individuazione.
  Alla luce di quanto sopra esposto, il Governo conferma la propria volontà di applicare criteri e procedure indicati nella suddetta direttiva; la procedura, peraltro, è stata già avviata per le società quotate controllate dal Ministero per le quali è imminente la scadenza del termine di presentazione delle liste.

  PRESIDENTE. Il deputato Vallascas ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, innanzitutto mi rivolgo a lei perché voglio far rilevare che il Governo deve rispettare il Parlamento e i suoi rappresentanti; non è possibile che su un'interpellanza di questo tipo non ci sia un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze. Nessuno è qui presente; mi chiedo dove siano i tre sottosegretari e i due Viceministri. Invito pertanto la Presidenza a richiamare il Governo a essere più rispettoso del Parlamento.

  PRESIDENTE. Il Governo è presente in Aula.

  ANDREA VALLASCAS. Non il Ministro dell'economia e delle finanze o i sottosegretari, come le ho appena ricordato.
  L'interpellanza in questione tratta un argomento importante e delicato: ben 600 nomine presso gli organi di amministrazione e di controllo delle società partecipate dello Stato, le quali rappresentano il motore della politica economica del Paese. Noi del gruppo MoVimento 5 Stelle vorremmo che la scelta dei manager pubblici fosse basata sulla professionalità e competenza e non, come è stato in tutti questi anni, su criteri di mera spartizione di poltrone tra partiti politici e gruppi di potere. La mancata presenza del Ministero dell'economia e delle finanze, oggi, è la dimostrazione che cambiano i Governi ma i comportamenti sono sempre gli stessi.
  È evidente che sulle nomine delle società pubbliche si regge la stabilità del Governo Renzi, che dovrà usare anche il cosiddetto manuale Cencelli e probabilmente riconfermare per l'ennesima volta amministratori delegati come Scaroni, Conti, Sarmi e tanti altri, non per meritocrazia ma solo per accontentare i gruppi finanziari e bancari che sostengono il giovane Governo Renzi.
  Noi sull'argomento comunque ritorneremo ben presto in quanto abbiamo depositato una mozione che indirizza il Governo sui criteri di scelta degli amministratori delle società partecipate dallo Stato e avremo l'onore di avere i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze a risponderci e testare se il Governo Renzi rappresenta la vera novità o la continuità di Monti e Letta, ma pensiamo più probabilmente sia quest'ultima.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'istituto comprensivo statale Via Nitti di Roma e dell'istituto tecnico industriale Alessandro Rossi di Vicenza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Pag. 13

(Iniziative volte a tutelare gli inquilini destinatari dei benefici previsti dalle disposizioni del decreto legislativo n. 23 del 2011 dichiarate illegittime dalla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2014 – n. 2-00460)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Piazzoni n. 2-00460, concernente iniziative volte a tutelare gli inquilini destinatari dei benefici previsti dalle disposizioni del decreto legislativo n. 23 del 2011 dichiarate illegittime dalla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2014 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Piazzoni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, un rapido riassunto di quanto purtroppo accaduto il 14 marzo 2014, soltanto pochi giorni fa. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo n. 223 del 2011. Quest'articolo, questi commi prevedevano vantaggi per i locatari che registravano contratti di affitto in nero. La motivazione della sentenza risiede in un eccesso di delega: secondo la Corte i contenuti del decreto legislativo sono andati oltre i principi e i criteri direttivi fissati nella legge delega, violando pertanto l'articolo 76 della Costituzione.
  In particolare, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disposizione che riguarda la cedolare secca sui contratti di locazione. Questi commi stabilivano dei vantaggi per l'inquilino che procedeva alla registrazione nei casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato entro il termine previsto dalla legge, quando in esso era indicato un importo inferiore a quello reale, oppure quando, al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito. Quindi, un provvedimento che andava nella direzione di una forte lotta all'evasione fiscale.
  Questi vantaggi consistevano nel fissare la durata della locazione in quattro anni più quattro, a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, e nel ridurre il canone annuo in misura pari al triplo della rendita catastale, un importo che generalmente è del 70-80 per cento inferiore ai valori di mercato. La sentenza della Corte ha effetto retroattivo e, conseguentemente, diventano nulli i contratti che sono stati registrati dagli inquilini o dai funzionari del fisco a partire già dal 6 giugno 2011.
  Si stima che le persone interessate da questo grave provvedimento siano forse 500 mila; noi chiediamo al Governo proprio di quantificare quanti sono e quante potrebbero essere le persone colpite da questa sentenza e soprattutto chiediamo che venga predisposta l'idea, proprio magari anche in occasione di questo piano casa tante volte ormai annunciato dal Governo, per poter effettivamente porre rimedio, perché innanzitutto un altro colpo alla credibilità dello Stato di diritto proprio non ci voleva. Lo Stato ha accompagnato, ha spinto le persone a potersi fidare della possibilità di denunciare in qualche modo i proprietari che affittavano case – sono circa 950 mila, stiamo parlando di numeri grandissimi – persone che naturalmente considerano la possibilità di locare la propria abitazione senza registrare il contratto d'affitto e quindi senza pagare delle tasse.
  In questa situazione è veramente difficile stabilire cosa può succedere, i tribunali potranno essere intasati di richieste per poter poi capire dove cadono gli oneri di quei contratti che diventano nulli, di quei corrispettivi che non sono stati pagati. Paradossalmente ci potremmo trovare nella situazione di persone che hanno subito un tentativo di evasione fiscale e che devono risarcire chi ha tentato l'evasione fiscale. In tutto questo probabilmente bisogna capire quali possono essere le norme che possano intervenire per sanare questa situazione, pensare anche ad un fondo che possa essere finalizzato a sostenere gli oneri che naturalmente sarebbero solo a carico degli inquilini, cosa che da questo punto di vista è assolutamente inaccettabile.Pag. 14
  Per questo interpelliamo il Governo per sapere quali provvedimenti urgenti intenda assumere per porre rimedio a questa situazione.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli interpellanti rilevano che, in data 14 marzo 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo, per eccesso di delega, l'articolo 3, commi 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 8 e 9 del predetto decreto legislativo, dichiarate incostituzionali dalla Consulta, stabiliscono una particolare disciplina dei contratti di locazione di beni immobili ad uso abitativo non registrati, registrati a canone inferiore e dei comodati fittizi.
  In particolare, il citato comma 8 dispone che, nel caso in cui un contratto di locazione di immobili ad uso abitativo venga registrato tardivamente, trovi applicazione la seguente disciplina: «a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.»
  Il comma 9 dello stesso articolo 3, stabilisce che le disposizioni del comma 8 «si applicano anche ai casi in cui: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio».
  Gli interpellanti riferiscono che la sentenza della Corte costituzionale di cui trattasi produce l'effetto di rendere nulli, a partire dal 6 giugno 2011, i contratti registrati per i quali si è reso applicabile il regime di cui ai citati commi 8 e 9 del richiamato decreto legislativo n. 23 del 2011. Da ciò deriverebbe che i soggetti interessati potrebbero essere «costretti a pagare ai proprietari, con gli interessi, la parte del canone che hanno risparmiato». Gli interpellanti di conseguenza chiedono «se non si ritenga urgente assumere iniziative per giungere a una quantificazione dei soggetti potenzialmente interessati dalla sopra detta sentenza, e per stimare l'entità complessiva del danno che potrebbe mettere sul lastrico centinaia di migliaia di persone». Chiedono, altresì, «quali conseguenti immediate iniziative si intendano adottare per evitare che i pesanti effetti della sentenza ricadano su centinaia di migliaia di inquilini». A tale fine chiedono di valutare, «in particolare, la possibilità di istituire un apposito fondo finalizzato a sostenere gli oneri che attualmente sarebbero solo a carico degli inquilini».
  Con riferimento ai soggetti potenzialmente interessati dagli effetti della suddetta sentenza, si fa presente che i dati richiesti non sono immediatamente desumibili dalle banche dati dell'Agenzia delle entrate. Occorre, quindi, richiedere al partner tecnologico lo sviluppo di una specifica procedura di elaborazione dati. Si rappresenta, pertanto, che pur dando massima priorità alla richiesta, tenuto conto dei tempi tecnici di realizzazione della procedura informatica, i dati potranno essere disponibili non prima del 15 aprile 2014.
  Da ultimo, si rappresenta che la richiesta degli onorevoli interpellanti di eventuali iniziative volte all'istituzione di un fondo finalizzato a sostenere gli oneri posti a carico degli inquilini, impregiudicate le valutazioni di carattere politico, non può essere, allo stato, presa in considerazione se, come sopra evidenziato, non vengono prima acquisiti i dati afferenti Pag. 15i soggetti potenzialmente interessati dagli effetti della sentenza di cui si è fatto cenno.

  PRESIDENTE. La deputata Piazzoni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, onestamente non sono soddisfatta perché, per quanto possa assolutamente comprendere la necessità di un periodo di tempo per trovare i dati, credo che il Governo potrebbe quanto meno impegnarsi, in considerazione di ciò che è abbastanza ovvio, cioè che l'errore – a prescindere dal fatto che è stato fatto da un Governo diverso da questo – ricade comunque sulla responsabilità dell'istituzione e non può certo ricadere sulla responsabilità dei cittadini che, come è ovvio, nelle leggi credono e di conseguenza applicano i dettami normativi che hanno a disposizione.
  Insistiamo – abbiamo già avuto modo più volte di porre questa questione e devo dire che siamo rimasti molto, molto inascoltati – sul fatto che il dramma dell'emergenza abitativa dovrebbe essere la priorità in questo Paese. Infatti, tutte le altre misure che ruotano attorno all'idea di rilanciare la nostra economia e di dare un po’ di fiato alle persone che hanno redditi bassi, tutto questo è fortemente penalizzato da una situazione in cui il bene primario, la casa, grava sui redditi in maniera incredibile.
  Tutto ciò si innesta dentro una situazione di abitudine diffusissima all'evasione. La questione degli affitti in nero non solo è grave perché porta tantissime persone, che possono finalmente accedere alla possibilità di affittare una casa, nella condizione di non avere diritti, di essere alla mercé di qualsiasi decisione da parte del proprietario, ma anche perché sottrae alle casse dello Stato un'incredibile quantità di risorse. Come può non essere questa la priorità ?
  Quella norma è stata una delle poche norme che andava nella direzione di mettere effettivamente un freno a questa pessima abitudine e a questo danno per lo Stato.
  Pensiamo che non possa essere eluso il fatto che, proprio adesso che ci si appresta a varare un piano casa – che ancora non conosciamo e che ci riserviamo di valutare successivamente, ma che, da quello che già sappiamo, da quello che è stato presentato nelle conferenze stampa, ci pare molto insufficiente –, esso, tuttavia, può essere veramente reso in larga parte inutile se, contemporaneamente, non si considerano gli effetti di questa sentenza.
  Quindi, insistiamo sul fatto che, al più presto, anche noi cercheremo di porre in essere strumenti e provvedimenti che possano impegnare il Governo, perché è inammissibile ed inaccettabile che centinaia di migliaia di cittadini possano trovarsi, da un giorno all'altro, senza sapere che cosa sarà di loro, della loro famiglia. Perché questo provvedimento – lo ripeto – incide non soltanto sulle possibilità economiche, ma anche sulla possibilità stessa di avere una casa. E tutti sappiamo che cosa significhi non avere una casa. Poi ci troviamo di fronte a provvedimenti dell'autorità giudiziaria spesso neanche concordati con le amministrazioni, che si trovano ormai senza strumenti, ci troviamo di fronte a bambini, famiglie intere buttati in mezzo a una strada e ovviamente considerati degli illegali.
  Se tutto questo non è una priorità per il Governo, qualsiasi altra idea o tentativo di realizzare un rinnovamento o di far uscire davvero gli italiani da una situazione insostenibile diventano veramente velleitari.
  Quindi, vi invitiamo ad avere un'accelerazione forte su questa quantificazione e poi, però, a non lasciare che le cose proseguano come se nulla fosse, lasciando centinaia di migliaia di cittadini da soli di fronte a un errore che è stato fatto da parte di un Governo.

(Elementi in ordine ai risparmi attesi dal processo di revisione della spesa pubblica – n. 2-00461)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Cozzolino n. 2-00461, concernente Pag. 16elementi in ordine ai risparmi attesi dal processo di revisione della spesa pubblica (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Lombardi se intenda illustrare l'interpellanza Cozzolino n. 2-00461, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, prima di procedere all'illustrazione di questa interpellanza, vorrei sottolineare che in questo atto di sindacato ispettivo noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo potuto fare ben poco, perché ci siamo limitati a porre due quesiti che chiudono l'interpellanza, ma il corpo di essa, tutte le premesse di cui si compone sono farina del sacco del Governo, praticamente. Infatti, non sono altro che le tante, troppe e, purtroppo, per ora solo parole che sono state pronunciate da molteplici esponenti del Governo in tema di spending review dal 12 marzo scorso praticamente fino a ieri.
  Questa interpellanza, come in un mosaico, non fa che ricomporre tutte le tessere, mettendole in un ordine cronologico. Purtroppo, il disegno che ne viene fuori è un punto interrogativo gigante che denota una clamorosa e preoccupante confusione da parte del Governo.
  Partiamo dunque dalla giornata del 12 marzo, quel mercoledì che molti avevano ribattezzato preventivamente «mercoledì da leoni», in vista del fantasmagorico Consiglio dei ministri del Governo Renzi che, a giudicare dalle anticipazioni, avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme e, invece, a noi pare che si sia limitato a fare molto fumo, fumo nero come quello che esce dal Conclave quando ancora non si è eletto il Papa.
  Prima di questo Consiglio dei ministri, un paio di ore prima, un signore si è recato in Senato, in Commissione bilancio, per svolgere un'audizione. Ora, questo signore, non è un signore qualsiasi, ma è Carlo Cottarelli, commissario del Governo per la revisione della spesa pubblica. E in Senato, prima ai componenti della Commissione bilancio e poi ai giornalisti fuori, dichiara, in merito ai risparmi attesi per il 2014 e per il triennio fino al 2016, quanto segue (cito l'ANSA): credo che sui 3 miliardi si possa fare, ma dipende da quando si comincia. Se le misure fossero state avviate da inizio anno, il risparmio sarebbe stato intorno ai 7 miliardi. Ma la stima è di 18 miliardi per il 2015 e di 34 per il 2016.
  Dunque, per il commissario alla spending review la previsione per il 2014 è di 3 miliardi, trattabili, ovviamente, al ribasso. Nello stesso giorno, intorno alle 17, il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, scende nella sala stampa di Palazzo Chigi e si appresta a illustrare i provvedimenti, con tanto di slide, assunti in Consiglio dei ministri. Una conferenza stampa alla quale, se dovessimo dare un titolo, dovremmo prendere a prestito una vecchia pubblicità di successo che diceva: potevamo stupirvi con effetti speciali, e infatti lo stiamo facendo perché di concreto in mano abbiamo ben poco.
  Il Presidente del Consiglio, nel pronunciare il «discorso del pesce rosso», dichiara che i risparmi attesi dalla spending review per il 2014 sono 7 miliardi, quindi tra Cottarelli nel pomeriggio e Renzi in prima serata ballano circa 4 miliardi di euro. Niente male, visto che teoricamente queste risorse servirebbero ad andare a coprire spese certe, quindi coperture finanziarie di future spese certe.
  Fin dal giorno seguente, poi, gli esponenti del Governo che intervengono sul tema forniscono un diluvio di cifre, ovviamente ognuna rigorosamente diversa dalle altre. Limitandoci a una sintesi di quelle più significative, il 14 marzo il sottosegretario Baretta dichiara in una intervista: «Cottarelli prevede di recuperare 34 miliardi di euro in tre anni. Quest'anno saranno dai 5 ai 7» e poi prosegue «anche noi facciamo i conti sui 3» – sui 3 che il giorno prima infatti aveva precedentemente annunciato Cottarelli – «per quanto» – prosegue Baretta – «ovviamente speriamo che siano di più».
  Dunque, il sottosegretario, che pure in tema di bilancio è persona obbiettivamente autorevole, come dimostrano i suoi trascorsi nelle precedenti legislature in Pag. 17Commissione bilancio qui alla Camera, da un lato, dice una cosa diversa da quella detta da Cottarelli e i 3 miliardi a scendere diventano tra i 5 e i 7 e, dall'altro, introduce la categoria della speranza nell'ambito dei conti pubblici e della revisione della spesa. Fantastico !
  Tra il 15 e il 16 di marzo, molti quotidiani escono con anticipazioni non ufficiali sui tagli che colpiranno le forze dell'ordine, su quelli che si spera colpiranno gli F35 e, più in generale, tutte le Forze armate e via di questo passo.
  Essendo quanto sopra estremamente preoccupante poiché, almeno per quanto attiene alle dichiarazioni pubbliche del Presidente del Consiglio e di altri esponenti di Governo, i risparmi ottenuti dal processo di revisione della spesa per quest'anno, per il 2014, e per i seguenti dovrebbero essere utilizzati come copertura finanziaria di rilevanti provvedimenti di politica economica che il Governo ha annunciato di voler varare, ma che ancora ad oggi non abbiamo visto, le chiedo quale sia il dato, tra i tanti forniti in questi giorni, ufficiale e certo, che il Governo conta di ottenere in merito ai risparmi attesi per l'anno 2014 dal processo di revisione della spesa, utilizzabili quindi come copertura finanziaria di spese certe annunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri nella conferenza stampa del 12 marzo scorso.
  In più, le chiedo se i risparmi attesi da questo processo di revisione della spesa, nei saldi per il triennio 2014-2016, dal piano elaborato dal commissario Cottarelli siano da considerarsi aggiuntivi ai 14,8 miliardi già accantonati a seguito di norme di legge in vigore, che andavano ad offrire coperture per norme di legge già in vigore del precedente Governo.
  Sottosegretario, con la sua risposta la pregherei anche di farci quel disegnino che ci chiarisca le idee su quanti soldi ad oggi il Governo ufficialmente conta di ottenere dalla spending review e che ritiene di utilizzare come copertura finanziaria per i prossimi provvedimenti, quel disegnino che il Presidente Renzi, con quella – potremmo dire – spocchia che lo contraddistingue, aveva annunciato a un mio collega nel corso della sua informativa.
  In attesa di quel disegnino, io, per il MoVimento 5 Stelle, faccio idealmente dono a lei e al Presidente Renzi di un altro disegno: la vignetta di Giannelli, pubblicata ieri dal Corriere della Sera. In quella vignetta c’è Renzi, travestito da Mandrake, che rivolgendosi a un perplesso Lothar, con le sembianze di Padoan, gli dice: «Stai tranquillo, tanto le coperture le troviamo».

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso de Caro, ha facoltà di rispondere.

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, come correttamente evidenziato dagli stessi onorevoli interpellanti, il cosiddetto «piano Cottarelli» è un documento non ancora ufficializzato dal Governo, redatto sulla base di stime e valutazioni molto complesse, che coinvolgono un numero assai rilevante di centri di spesa.
  Tuttavia, va rilevato, innanzitutto, che non vi è alcun disallineamento tra tale documento e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, riportate nel testo dell'interpellanza: in entrambi l'obiettivo di risparmio, per l'intero anno 2014, è fissato in 7 miliardi di euro, mentre importi minori sono riferiti alla sola parte residua dell'anno in corso e si basano dichiaratamente su valutazioni prudenziali. Mi riferisco, in particolare, ai 3 miliardi di euro citati dal commissario Cottarelli nel corso della sua audizione al Senato, dato che comunque, riferendosi per l'appunto alla parte residua del 2014, non va giustapposto ai 7 miliardi di cui sopra, bensì ai 5 miliardi del «piano Cottarelli» per il medesimo periodo.
  Esiste, quindi, per l'anno in corso, un range tra i 3 e i 5 miliardi su 8 mesi all'interno del quale, come precisato dallo stesso dottor Cottarelli nella sua replica dinanzi alla Commissione bilancio del Senato, spetterà al Governo, come è ovvio Pag. 18che sia, decidere dove posizionarsi. In tali decisioni, come ha ribadito solo mercoledì scorso il Presidente del Consiglio in quest'Aula, il Parlamento sarà pienamente coinvolto, nelle sedi e con le modalità opportune.
  Riguardo al secondo quesito dell'interpellanza, cioè se i risparmi siano da considerarsi aggiuntivi rispetto ai 14,8 miliardi di euro già accantonati, occorre precisare che non è corretto parlare di 14,8 miliardi già accantonati. Esistono, per il 2016, 1,8 miliardi, destinati a evitare tagli lineari, e 7 miliardi da utilizzare per clausole di salvaguardia, cioè per evitare aumenti di tasse. Il totale dei risparmi per i quali risulta già individuata una destinazione è, dunque, pari a 8,8 miliardi.
  La somma di 14,8 miliardi, ripresa da diversi organi di stampa, comprende anche 6 miliardi di euro di maggiori spese che, secondo il più volte citato «piano Cottarelli», si determinerebbero in uno scenario a politiche invariate. Anche in questo caso, dunque, una valutazione compiuta delle risorse, che sarà possibile destinare a misure di altra natura, deve necessariamente essere rinviata ad una fase più avanzata di definizione degli interventi di revisione della spesa da parte del Governo.

  PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Cozzolino n. 2-00461, di cui è cofirmataria.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, in realtà non ci possiamo dichiarare soddisfatti poiché, tra l'altro, il Regolamento della Camera prevede che le interpellanze urgenti vengano depositate il martedì. Io nella mia esposizione precedente non ho potuto tenere contro, tra l'altro, delle ultime dichiarazioni, anche di ieri e dell'altro ieri, se non di questa mattina, perché il quadro si ingarbuglia ancora di più.
  Il 18 marzo i principali quotidiani escono riportando uno specchietto riassuntivo del «piano Cottarelli». Poiché in quello specchietto si prevede anche un taglio delle pensioni, nel giro di poche ore, ovviamente, si scatena un mezzo putiferio. Ma la cosa curiosa è che il primo ad intervenire sul punto è proprio Palazzo Chigi, dichiarando alle agenzie che quanto riportato dai quotidiani era una bozza del piano sulla spending review e non la versione definitiva.
  Nel frattempo, però, Cottarelli torna in Senato, sempre in Commissione bilancio, per terminare l'audizione avviata la settimana prima. Se il suo documento è una bozza, come ripetuto più volte da Palazzo Chigi e come ha anche affermato il sottosegretario nella risposta, allora di che ha parlato in Senato alla Commissione bilancio ?
  Di ipotesi, come quando il sabato mattina i giornali escono con la formazione di calcio ipotetica del giorno dopo ? Forse è proprio perché si tratta di una semplice bozza che lo stesso commissario, il 18 marzo, in Commissione bilancio, cambia versione rispetto a una settimana prima – forse perché vi era stata la bagarre mediatica – rispetto ai risparmi attesi per il 2014, che da 3 miliardi a scendere schizzano a 5 miliardi. Non male in soli otto giorni !
  Se poi volessimo essere un po’ cattivi, potremmo sottolineare che il sottosegretario Delrio, il 19 marzo, prima cita i risparmi previsti dal piano Cottarelli in un'intervista al Corriere della Sera, anche se, nel dare il dato, sbaglia di due miliardi, in quanto Delrio parla di 32 contro i 34 che il piano prevede nel 2016, e poi, nel pomeriggio, dichiara alle agenzie che il piano, però, è una semplice bozza, e dunque va preso con le molle. Siamo, cioè, ai numeri in libertà.
  Lungi dall'intento di darvi credito, ma solo per fare un rapido excursus della famigerata bozza, citiamo ciò che lì dichiara il commissario per la spending review: «Il nuovo modo di gestire la spesa non stravolge il welfare state». Si tratta, tuttavia, di una mera affermazione programmatica, se si considera che la gran parte dei tagli avvengono soprattutto nei settori della sanità e delle pensioni.Pag. 19
  Infatti, la cura Cottarelli si sintetizza così: 3,8 miliardi in tre anni da previdenza e assistenza. Nel mirino la carne viva del ceto medio-basso del Paese, colpito in quelle fasi particolari della vita in cui ha più bisogno di aiuto, in cui ha più bisogno della presenza di uno Stato accanto a sé. Tanto per iniziare, si prevede un contributo temporaneo per le pensioni più alte, che Cottarelli indica in quelle superiori a 26 mila euro lordi annui, cioè circa 1500 euro al mese netti.
  In prima linea, poi, vi è il blocco dell'indicizzazione all'inflazione delle pensioni (già Monti sterilizzò gli assegni oltre i 1400 euro): i risparmi previsti dal piano per il biennio 2015-2016 fanno pensare ad una nuova perdita del potere di acquisto per il ceto medio che, a occhio e croce, non pensiamo gradirà provvedimenti del genere.
  L'altra partita di carattere sociale riguarda gli invalidi, dal morbo di Alzheimer alle altre terribili disabilità. La proposta è quella di cancellare l'indennità per chi ha redditi di 30 mila euro lordi oppure arriva a 45 mila sommando coniuge e figli. Un settore dove si deve camminare con i piedi di piombo, perché i servizi sono carenti, le badanti costano e anche una famiglia del ceto medio può cadere nella disperazione di fronte alle spese per l'assistenza di un non autosufficiente.
  Anche vedove e orfani di guerra dovranno pagare il loro ticket al piano Cottarelli: dalla revisione delle pensioni del secondo conflitto mondiale si cercherà di raccogliere 800 milioni in tre anni. Forse, l'intervento arriverà troppo tardi: la vedova ventenne di un disperso in Russia oggi ha circa 90 anni e già prende una pensione parametrata al reddito. Nel mirino anche le pensioni di reversibilità, cioè la quota di pensione che riscuote la vedova alla morte del marito.
  L'altra categoria debole è quella delle donne: altro che quote rosa ! Il progetto è quello di elevare l'età contributiva per andare in pensione di anzianità da 41 a 42 anni. Le donne che hanno storie previdenziali frammentarie, alternate con lavori casalinghi, dovranno attendere anche di più. Colpire le pensioni, perché chi ne usufruisce risparmia troppo, non consuma, conserva i soldi per lasciarli ai nipotini e al PIL non serve: questo è il messaggio che noi leggiamo in questo piano di tagli al welfare.
  Nella sua bozza, poi, Cottarelli ha annunciato risparmi per la sanità pubblica, i cui bilanci sono già in asfissia, per 3 miliardi in tre anni: che fine faranno quei risparmi ? Tutto dovrà essere concordato con le regioni e con i governatori, ma il commissario si limita a rilanciare la panacea dei costi standard. Se poi andiamo a guardare le norme di legge già in vigore, scopriamo che, delle risorse attese dalla spending review, ben 14 miliardi sono già destinati.
  Tradotto dal burocratese al linguaggio corrente, significa che, se i risparmi ottenuti, totali, grazie alla revisione della spesa, saranno 20 miliardi, i soldi che potranno essere utilizzati per finanziare i provvedimenti che il Governo deve ancora varare, e cioè tutti quelli annunciati da Renzi, ammonteranno a soli 6 miliardi, perché gli altri 14 sono già vincolati da norme di legge già in vigore. Un problema non da poco, che il Governo sembra ignorare.
  Peraltro, la legge di stabilità parla chiaro: qualora entro la data del 1o gennaio 2015 non siano stati approvati i provvedimenti sui tagli di spesa necessari, il Governo dovrà far scattare, prima del 15 gennaio, un corrispondente innalzamento della pressione fiscale, sotto forma di aumento di aliquote o accise e riduzione di detrazioni. Forse, invece di pensare solo a ridurre la spesa pubblica, sarebbe necessaria una revisione della sua composizione per aumentarne la produttività.
  Certo, questo sarebbe possibile solo se, anziché rinviare al Def per la versione definitiva del piano, come lo stesso Cottarelli ha fatto, vi fossero delle coperture finanziarie certe per i provvedimenti di spesa annunciati dal Presidente del Consiglio, basate su un bilancio statale coordinato con quello degli enti regionali e locali.Pag. 20
  È evidente la mancanza del progetto Paese in questi interventi. Nell'Italia che abbiamo in mente noi, come in una famiglia, quello che serve, quando si parla di spesa pubblica, è prima di tutto rendere operativo, e non solo su carta, il processo di omogeneizzazione delle classi di spesa dei bilanci dell'amministrazione centrale e di quella periferica; una volta individuate, a conclusione di questo processo, le voci di spesa, analizzate nella loro completezza e capito finalmente dove si annidano gli sprechi, allora sì occorre rendere permanenti i processi della sua revisione e uscire finalmente dalla solita ottica dell'emergenza.
  Infine, l'incarico di Cottarelli ha carattere straordinario e al momento non è chiaro né chi è responsabile dell'implementazione delle misure identificate né chi – valutando gli effetti del piano appena presentato – avrà il compito di ripetere l'operazione nei prossimi anni.
  Quello che serve è, insomma, rendere permanenti i processi di revisione della spesa e uscire, ancora una volta, dalla solita ottica dell'emergenza.
  Signor sottosegretario, il quadro che abbiamo tentato di ricostruire è drammaticamente preoccupante, perché è evidente che ad oggi ci troviamo davanti a «Fiumi di parole», per citare una canzone del passato, che però in questo caso ha prodotto Renzi, che pure nel suo discorso di insediamento aveva citato i Jalisse per dire che lui sarebbe stato diverso e i «Fiumi di parole» non li avrebbe fatti più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Elementi in merito alla compatibilità con la normativa dell'Unione europea dei trasferimenti pubblici a Poste italiane spa per il trattamento di quiescenza del personale ed iniziative per una piena liberalizzazione del settore postale – n. 2-00464)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galan ed altri n. 2-00464, concernente elementi in merito alla compatibilità con la normativa dell'Unione europea dei trasferimenti pubblici a Poste italiane spa per il trattamento di quiescenza del personale ed iniziative per una piena liberalizzazione del settore postale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Giancarlo Galan se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIANCARLO GALAN. Signor Presidente, ringrazio intanto i signori del Governo per l'attenzione.
  Parliamo di Poste. Fra i progetti e gli annunci del Governo c’è quello di porre sul mercato, di quotare in Borsa Poste italiane. Buona idea, probabilmente. Però io, da cittadino qualsiasi, da risparmiatore che metta due lire, che compri qualche azione delle Poste italiane, sono andato a vedermi un po’ i bilanci dello Stato, lo stato di questo colosso. Bella azienda: 24 miliardi di fatturato di cui, tuttavia, soltanto 4,6 provengono dal settore storico dei servizi postali e commerciali. Tutto il resto deriva da qualcos'altro: 13,8 miliardi vengono dai servizi assicurativi (con il gigante Poste Vita), 5,3 miliardi dai servizi finanziari (attraverso Bancoposta Fondi).
  Il gruppo, oltretutto, controlla una corposa lista di società attive nella telefonia, nei fondi immobiliari, nella digitalizzazione della pubblica amministrazione, e adesso si è anche lanciato nel business del trasporto aereo, ovvero nell'ennesima operazione di salvataggio di Alitalia, fatta questa volta non con fondi privati ma con fondi pubblici, dei cittadini.
  Non male, per uno Stato che dovrebbe appartenere al mondo occidentale, che dichiara di aver fatto passi indietro nel settore economico da decenni e che vanta, fra i suoi Ministri dell'industria, molti sedicenti cosiddetti liberalizzatori. Non male. Ma come è noto – come è noto perché è dichiarato da istituti di ricerca, e dalla stessa Corte dei conti – Poste ha potuto usufruire, in questi anni, e la bontà del bilancio evidentemente risente proprio di questo, di una peculiare posizione di privilegio e di vantaggio competitivo in diversi segmenti del mercato, in tre in particolare.
  Primo: l'ex monopolista Poste gode di un beneficio fiscale senza uguali in Europa. Pag. 21Vale a dire, l'esenzione del pagamento dell'IVA per tutto quello che riguarda la posta massiva, che è la parte più importante del mercato. Stiamo parlando di bollette, fatture, miliardi di spedizioni ai cittadini italiani. Questo nonostante, sia la Corte di giustizia dell'Unione europea con una sentenza del 2009, sia l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato italiana, abbiano sostanzialmente rilevato l'illegittimità di tale asimmetria legislativa. I concorrenti pagano l'IVA e Poste italiane non la paga. Qualcuno ci dovrà spiegare perché, possibilmente prima della quotazione in Borsa, perché se la quotiamo in Borsa, compriamo le azioni e dopo si toglie questo privilegio, beh, insomma, forse i cittadini italiani prendono una fregatura.
  Secondo: Poste italiane gode di molti rimborsi. Una serie di rimborsi corposa su alcuni prodotti postali speciali, tipo la posta elettorale, i servizi editoriali, gli invii in capo alle ONLUS, per un totale di circa 320 milioni di euro.
  Ma arriviamo a quello che è più grave, più grave se non altro per l'assoluta incongruenza con le normative europee e più grave anche per l'importo e per la palese illegittimità. Dal 2008 al 2013 è difficile leggere il bilancio dello Stato; alcune poste sono immediatamente per simmetria rilevabili nei bilanci di Poste, rispetto al difficilissimo corposo bilancio dello Stato italiano; altre passano per vie indirette e sono più difficili da individuare. Ma non c’è dubbio che fra le spese obbligatorie, nel capitolo 1620 del bilancio dello Stato, ci siano alcuni soldi destinati a Poste italiane. Questi soldi dei cittadini italiani ammontano, con regolarità impressionante, che desta tanti sospetti, a 810 milioni di euro all'anno nel periodo dal 2009 al 2010 e a 990 milioni di euro, un miliardo di euro all'anno, con impressionante regolarità, dal 2011 al 2013. Questa assoluta costanza è palesemente motivo di sospetto perché, per definizione, le poste di quiescenza sono irregolari. Muoiono, invecchiano, vanno in quiescenza nuovi lavoratori. Per definizione, il capitolo relativo al trattamento di quiescenza in un'azienda è variabile. Qui c’è un'assoluta simmetria, perpetua per gli anni, il che desta forti sospetti, e cioè che questo sia un aiuto dato dal cittadino italiano a un'azienda e, quindi, l'ennesimo privilegio.
  Tra l'altro, tutto questo non piace affatto all'Europa, alla quale ci assoggettiamo quando ci fa comodo, ma alla quale occorrerà anche rispondere. Non c’è nessuna risposta in questo rilievo. Io voglio ricordare al Governo che vuole vendere Poste italiane che, per venderle ad un livello decente, occorrerà dare qualche spiegazione, all'Europa prima e, poi, anche ai cittadini italiani.
  La Commissione europea, quando un caso analogo colpì l'Inghilterra, chiese spiegazioni e contestò 9 miliardi di sterline. Altro che se chiese un'indagine approfondita ! E il Commissario Almunia ha dichiarato, pochissimo tempo fa, che è necessaria un'indagine approfondita sulla vicenda, lamentandosi del fatto che i servizi della Commissione europea non siano mai stati informati sulla tipologia di quei trasferimenti dal bilancio dello Stato al bilancio di Poste italiane.
  Non dimentichiamo un'altra risposta che dovete ai cittadini italiani e non a me, che riguarda il motivo per cui un concorrente deve pagare l'IVA sulla posta massiva (bollette e fatture), mentre Poste italiane è esonerata da questo incarico. Non ci vuole un grande genio per porre in attivo i bilanci di una società che gode di questi privilegi. Per davvero, non serve un grande genio. Un mediocre manager ce la fa benissimo, non pagando l'IVA e avendo un miliardo di euro di trasferimenti nel Fondo pensioni.
  Queste sono le risposte che il Governo deve, non a me, ma deve ai cittadini italiani. Ed è per questo che abbiamo chiesto queste risposte al Governo con questa interpellanza urgente.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso de Caro, ha facoltà di rispondere.

Pag. 22

  UMBERTO DEL BASSO de CARO, Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00464 l'onorevole Galan ed altri pongono quesiti in ordine al soggetto fornitore del servizio postale universale in Italia.
  Al riguardo, sentita la società Poste Italiane, si fa presente quanto segue.
  Con riferimento al trasferimento di fondi pubblici per il trattamento pensionistico dei dipendenti postali, è necessario premettere che nel 1994, a seguito della trasformazione dell'amministrazione postale in ente pubblico economico, l'IPOST diviene l'ente previdenziale di tutto il personale dipendente dell'Ente Poste Italiane. Nel 1997, la legge finanziaria n. 449 del 1997, all'articolo 53, conferma le competenze istituzionali dell'IPOST quale ente previdenziale del personale postale, nonostante la trasformazione dell'ente pubblico economico «Poste Italiane» nella società per azioni «Poste Italiane Spa». Nel 2010, il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010, ha soppresso l'IPOST ed ha trasferito le sue funzioni all'INPS.
  Successivamente alla trasformazione dell'amministrazione postale in ente pubblico economico, l'IPOST provvedeva – in via esclusiva – alla erogazione del trattamento previdenziale di tutto il personale dipendente del suddetto ente.
  In particolare, ai fini del trattamento previdenziale ed assistenziale degli ex dipendenti postelegrafonici sussisteva la differenziazione tra personale dei cosiddetti ruoli tradizionali (uffici provinciali, direzioni provinciali, compartimentali e centrali) e personale dei ruoli cosiddetti ULA (uffici locali e agenzie). Al personale appartenente alla prima categoria provvedeva, fino al 1994, il Ministero del tesoro, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973. Al personale applicato ai ruoli cosiddetti ULA le prestazioni pensionistiche venivano erogate dall'IPOST, ente pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi del Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1417 del 1967, e regolamentato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1505 del 1968.
  Pertanto, una parte significativa dei trattamenti di quiescenza erogati dall'IPOST facevano riferimento anche al personale proveniente dai ruoli della pubblica amministrazione ed al cui trattamento previdenziale provvedeva in precedenza il Ministero del tesoro.
  In relazione a tale situazione, per compensare la parte del trattamento di quiescenza del personale di competenza del Ministero del tesoro, quest'ultimo continua ad effettuare versamenti all'ente previdenziale competente, ossia all'IPOST e, successivamente alla data della sua soppressione, all'INPS, come espressamente previsto dall'articolo 6, comma 7, della legge n. 71 del 1994 che, testualmente, recita «a decorrere dalla predetta data (1o agosto 1994) l'onere relativo al trattamento di quiescenza e di previdenza (del personale dipendente dell'Ente Poste Italiane) sarà ripartito tra il Ministero del tesoro, l'INPDAP e l'Istituto Postelegrafonici, in misura proporzionale alla durata del servizio prestato presso l'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e l'Ente Poste Italiane».
  Per quanto concerne l'esenzione IVA sulla posta massiva, contrariamente a quanto sostenuto nell'interpellanza in esame, in ambito europeo non costituisce un'eccezione, ma un obbligo previsto dalle normative comunitarie in relazione alla natura universale del servizio. L'esenzione IVA del servizio postale universale, infatti, è espressamente stabilita – come obbligo per lo Stato membro – dall'articolo 132, comma 1, lettera a), della direttiva IVA 2006/112/CE (Direttiva IVA).
  Di conseguenza, Poste Italiane applica la normativa comunitaria, nonché quella nazionale prevedendo al riguardo l'obbligo di esenzione dall'IVA per tutti i servizi postali universali inclusa la posta massiva che, secondo la normativa nazionale vigente, è ricompresa nel servizio postale universale.Pag. 23
  In particolare, la normativa attuale – punto n. 16) del primo comma dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 – prevede l'esenzione da IVA per «le prestazioni del servizio postale universale, nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a queste accessorie, effettuate dai soggetti obbligati ad assicurarne l'esecuzione».
  La norma citata è stata così modificata dall'articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, per adeguare l'ordinamento interno all'articolo 132, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE, così come interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 23 aprile 2009, causa C-357/07, TNT Post UK.
  In particolare, la Corte di giustizia, in tale sentenza, ha riconosciuto non già che il servizio di posta massiva sia da assoggettare all'IVA, ma, al contrario, che devono essere esentati dall'IVA i soli servizi postali universali. Pertanto, l'esenzione può applicarsi anche per il servizio di posta massiva, ove questo rientri nel servizio universale.
  L'esenzione in questione è prevista perché il fornitore del servizio postale universale (la sentenza cita ovviamente Royal Mail, la posta inglese) «a causa degli obblighi (...) derivanti dalla licenza di cui è titolare e connessi al suo status di prestatore del servizio universale, esegue prestazioni postali in un contesto normativo sostanzialmente diverso da quello in cui le effettua un operatore come la TNT Post».
  L'esenzione ha dunque «l'obiettivo di favorire alcune attività di interesse pubblico», cioè «di offrire ad un costo ridotto servizi postali rispondenti ai bisogni essenziali della popolazione», vale a dire, appunto, i servizi universali, di cui la posta massiva, nella vigente normativa, fa parte. La suddetta esenzione, invece, «non si applica alle prestazioni di servizi né alle cessioni di beni accessori a dette prestazioni le cui condizioni siano state negoziate individualmente».
  Occorre, inoltre, precisare che numerosi fornitori del servizio universale in ambito UE, e molti in ambito extra UE, offrono il prodotto posta massiva nell'ambito del servizio postale universale.
  Va, inoltre, precisato che non è possibile porre sullo stesso piano la «posta massiva» e il «servizio negoziato individualmente», perché la Corte di giustizia non si esprime mai in tal senso ed al contrario riconosce che l'esenzione deve essere applicata a tutti i servizi che i fornitori del servizio universale – intendendosi per tali tutti gli «operatori, pubblici o privati (vedi, in tal senso, la sentenza Commissione contro Germania, punto 16), che si obbligano ad offrire servizi postali rispondenti ai bisogni della popolazione e, quindi, in pratica ad assicurare in uno Stato membro la totalità o una parte del servizio postale universale, quale definito dall'articolo 3 della direttiva 97/67» (la sentenza citata è la C107/84) – si obbligano a fornire in quanto tali.
  La posta massiva, rientrando nel perimetro del servizio universale cui sono connessi tutti i relativi obblighi (vedasi, da ultimo, la delibera 20 giugno 2013 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che rivede le condizioni generali di servizio per la posta massiva), è quindi soggetta ad esenzione. Che la suddetta esenzione possa poi essere applicata alla posta massiva è stato esplicitamente chiarito dall'Avvocato generale nella sua opinione sulla causa C-357/07 TNT Post UK, oggetto della sentenza della Corte di giustizia.
  La Direttiva IVA, che impone l'esenzione, si applica nell'ambito dell'Unione europea. In tale ambito la posta massiva risulta esente in moltissimi Stati membri (Austria, Belgio, Francia, Danimarca, Grecia, Irlanda, Islanda, Norvegia, Portogallo, Romania e Spagna) e dipende dall'inclusione o meno della stessa nell'ambito del servizio postale universale. Unico Stato membro in cui l'IVA si applica sempre, quindi anche ai prodotti rientranti nel servizio postale universale, è la Svezia, che, per tale ragione, è soggetta a procedura di infrazione comunitaria.Pag. 24
  Infine, va altresì precisato che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), nelle conclusioni del suo provvedimento, non ha affatto stabilito che l'IVA debba essere applicata alla posta massiva. La pronuncia riguarda, semmai, il trattamento IVA di alcune particolari offerte, quelle che contemplano la negoziazione tra le parti. Peraltro, Poste Italiane ha comunicato di essere in procinto di impugnare in Consiglio di Stato la decisione del Tar Lazio sezione I del 7 febbraio 2014.
  Relativamente agli oneri sostenuti dallo Stato per le compensazioni a parziale copertura dell'onere di servizio universale, si fa presente che il complesso degli obblighi di servizio universale genera, in Italia, un onere rilevante a causa di condizioni strutturali sfavorevoli, sia sul fronte della domanda che dell'offerta, tali da non consentire l'azzeramento dell'onere stesso.
  In particolare, i ricavi del servizio postale universale risultano strutturalmente inferiori rispetto ai costi per effetto, principalmente, del basso livello dei consumi postali, come testimoniato dall'esiguo numero di invii postali pro capite rispetto agli altri principali Paesi europei. Peraltro, i costi del servizio universale presentano un alto livello assoluto ed un'elevata incidenza della componente fissa, connessa al mantenimento della rete, per effetto della particolare conformazione geografica del territorio nazionale (le cui zone montuose risultano particolarmente estese) e di aspetti di natura demografico-territoriale (la bassa densità abitativa e il basso grado di urbanizzazione, rispetto ad altri principali Paesi europei).
  Con riferimento specifico alle compensazioni finanziarie erogate a favore di Poste italiane per lo svolgimento del servizio universale, occorre considerare che, storicamente, tali compensazioni sono sempre risultate ampiamente inferiori all'entità dell'onere consuntivato dall'azienda e, più in particolare, pari a circa la metà della perdita derivante dagli obblighi di servizio universale. Da ciò consegue che, storicamente, il conto economico di Poste italiane è gravato da un onere improprio, pari ad alcune centinaia di milioni di euro l'anno, a causa della sottocompensazione dell'onere di servizio universale.
  In ogni caso, le compensazioni erogate a Poste italiane per la fornitura del servizio universale – già a partire dal 1994, anno di istituzione dell'ente Poste italiane, e fino a tutto il 2011 – sono state considerate dalla Commissione europea compatibili con il mercato interno in quanto coerenti con il quadro normativo comunitario e non distorsive della concorrenza e del mercato. La Commissione, in particolare, ha certificato, per ciascun anno del periodo considerato, l'assenza di sovracompensazioni rispetto all'onere effettivamente sopportato da Poste italiane.
  Riguardo, invece, ai trasferimenti di Stato relativi alle integrazioni tariffarie per i prodotti editoriali, no profit e profit, a partire dal mese di aprile 2010 sono state sospese le integrazioni tariffarie a favore degli editori e del settore no profit.
  Inoltre, le agevolazioni tariffarie cosiddette indirette sono, evidentemente, istituite a vantaggio dei mittenti beneficiari.

  PRESIDENTE. Il deputato Galan ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIANCARLO GALAN. Signor Presidente, io non solo non sono soddisfatto, sono, per certi versi, sconcertato dalla risposta, molto completa, molto di più di quella data a tanti giornali che, nei tempi recenti – solo nei tempi recenti –, hanno chiesto una spiegazione. I potenti – immagino – mezzi comunicativi di un'azienda con 24 miliardi di fatturato hanno prodotto una risposta a tali quesiti, che ho portato quest'oggi alla Camera dei deputati, solo su un quotidiano: Libero. Solo. Stranamente. Soltanto Libero ha pubblicato la replica, sia pure in forma ridotta rispetto a quella odierna, di Poste italiane. Strano, perché altri quotidiani importanti – il Giornale, il Fatto Quotidiano, Bloomberg, per citarne soltanto alcuni –, la stampa avevano sollevato gli Pag. 25stessi interrogativi, a cui oggi – questa è una buona funzione – il Governo ha dato una risposta.
  Però, signor sottosegretario, a parte la cortesia formale, a parte la lunghezza delle argomentazioni che lei ha proposto e che le hanno preparato, come giustamente avviene, lei non ha risposto a due cose fondamentali: la storia dell'IPOST e del trattamento pensionistico dei dipendenti di Poste, la conosciamo tutti, è nota, è arcinota; però, lei non ci ha spiegato perché è lo Stato italiano che dà all'INPS 990 milioni all'anno – quasi un miliardo – e non è l'azienda. Questo avviene solo per Poste italiane. Questo lei non ce l'ha detto e non ci ha detto, soprattutto, che, probabilmente, come è avvenuto per l'Inghilterra, l'Europa questa cosa non la giustifica.
  Allora, se qualcuno comperasse domani le azioni di Poste italiane e dopodomani l'azienda si vedesse obbligata a sottostare alle normative che vigono in tutto il mercato, queste sì, europee, forse quel cittadino italiano si sentirà appartenente al mitico parco buoi di coloro che comprano le azioni e poi qualcun altro decide sulla sorte dei suoi investimenti.
  Ma, ancora più sconcertante, mi scusi, è la seconda parte della sua risposta, dove lei ha argomentato tutto imperniando il suo ragionamento su un concetto: quello che la posta massiva rientra nel concetto di servizio universale; non è così. Mi permetta di dire cos’è, non stiamo parlando della lettera o della cartolina che il parente negli Stati Uniti deve far recapitare al suo amico o a sua moglie a Pantelleria o a Roccapietra, sperduta nelle Dolomiti bellunesi; non stiamo parlando di questo, stiamo parlando di miliardi e miliardi di fatture, bollette che vanno a tutti i cittadini italiani.
  La posta universale è una cosa, gli oneri che derivano dai servizi più costosi sono una cosa, ma non sono le bollette, e ben difficilmente io credo che l'Unione europea potrà accettare; anche perché la posizione dell'Unione europea è scritta negli atti, non è un'opinione ed è questa: l'esenzione IVA sui servizi postali non si applica a quei servizi che rispondono ad esigenze specifiche delle aziende perché non sono fornite nell'interesse pubblico. E aggiunge: in ogni caso i servizi i cui termini sono stati oggetto di negoziati individuali tra operatore postale e imprese sono pertanto esclusi dal campo di applicazione dell'esenzione, anche se rientranti nel perimetro del servizio universale.
  Signor sottosegretario, questa non è un'opinione, non è un parere, questo è un atto firmato dalla direzione generale fiscalità e unione doganale della Commissione europea. Le ripeto, non stiamo parlando della lettera del cittadino da mandare alle isole Eolie in periodo di tempesta di mare, stiamo parlando di invio di posta massiva da parte di grandi aziende alle famiglie italiane.
  L'Antitrust, d'altra parte, ha chiesto a Poste di applicare l'IVA sulla posta massiva, l'ha chiesto l'Antitrust italiano. Il TAR ha dato ragione all'Antitrust. Adesso, ci sarà evidentemente il ricorso, ma ho paura che la Commissione europea abbia confermato questa linea.
  Ecco perché serve più chiarezza, più trasparenza sull'intera vicenda di Poste italiane e anche, se mi è consentito, sul salvataggio, ennesimo, di Alitalia con soldi di Poste italiane che sono, in larga misura, soldi provenienti dalle tasche dei cittadini. Ecco perché serve sempre grande chiarezza, nei confronti non dell'interpellante, ma nei confronti del popolo italiano che si prepara ancora una volta a mettere le mani nelle sue tasche per fornire l'ennesimo aiuto a uno Stato che forse, per la poca chiarezza, lo merita assai poco.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto Villa Flaminia di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Iniziative volte alla verifica degli effetti sulla salute pubblica e sull'ambiente dell'attività della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure-Quiliano – n. 2-00457)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fiorio n. 2-00457, concernente Pag. 26iniziative volte alla verifica degli effetti sulla salute pubblica e sull'ambiente dell'attività della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure-Quiliano (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Massimo Fiorio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, l'interpellanza riguarda le vicende drammatiche e, per certi versi, clamorose legate alla centrale termoelettrica di Vado Ligure.
  La procura di Savona, che da tempo indaga sulle emissioni della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure, ha chiesto ed ottenuto il sequestro dell'impianto. I carabinieri del NOE hanno infatti notificato ai dirigenti dell'impianto il sequestro e si sono avviate le operazioni di spegnimento dei due gruppi a carbone che alimentano la centrale. Il giudice per le indagini preliminari ha deciso il sì alla richiesta della procura, la richiesta è stata decisa in seguito alle verifiche che sono state effettuate dai consulenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del mare e della procura. Dagli accertamenti svolti sarebbe emerso, in particolare, il mancato rispetto di alcuni limiti imposti dall'Autorizzazione integrata ambientale.
  Oltre al superamento di alcuni limiti imposti dall'autorizzazione integrata ambientale, il sequestro sarebbe scattato anche per l'assenza del «sistema di monitoraggio a camino», che avrebbe dovuto essere realizzato entro il 14 settembre dell'anno scorso.
  Il GIP spiega nell'ordinanza che la centrale potrà ripartire solo dopo che si sarà messa in regola introducendo tecnologie adeguate. L'ordinanza con cui il GIP ha disposto il sequestro della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure parla di nesso di causalità tra le emissioni, le morti e le patologie. E la prova del disastro ambientale doloso con conseguenza sulla salute dei cittadini starebbe nella rarefazione dei licheni e nell'aumento delle malattie. Nell'ordinanza di sequestro viene spiegato che gli impianti sono sempre stati usati al massimo, senza prendere i dovuti accorgimenti contro le emissioni, nonostante la vetustà dei gruppi.
  Il giudice sottolinea che negli anni la società ha manifestato l'intenzione di mettersi in regola, ma ciò non è stato fatto. Nell'ordinanza si evidenzia anche che considerato l'impatto sociale dell'impianto, i gruppi potranno tornare a produrre energia «se si ricorrerà alle migliori tecnologie in grado di limitare le emissioni e di stare nei limiti delle prescrizioni». Finora si dice al palazzo di giustizia di Savona che qualcosa è stato fatto, ma è come se fossero stati solo specchietti per attirare le allodole.
  Le dichiarazioni di Tirreno Power sono improntate al mantenimento della produzione nel rispetto della legge, difendendo il suo diritto di fare impresa in modo responsabile. Sull'attività di Tirreno Power sono due i filoni d'inchiesta, uno per disastro ambientale e uno per omicidio colposo. Ci sono dati che, secondo quanto rilevato dalla procura, sarebbero – tutti da verificare – alquanto gravi. I fumi della centrale hanno causato, secondo i dati, più di 400 morti tra il 2000 e il 2007. Per il procuratore Granero la centrale avrebbe causato anche tra i 1.700 e i 2.000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e 450 bambini sarebbero stati ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012.
  Alcune settimane fa la procura aveva acquisito un verbale dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del Ministero dell'Ambiente, redatto durante una visita di routine.
  La regione Liguria aveva già segnalato inottemperanze e inosservanze alle prescrizioni dell'AIA che hanno motivato il provvedimento. Tali rilievi sono contenuti in un verbale di Ispra dopo una visita fatta insieme ai tecnici di Arpal alla centrale. In questo senso il Dipartimento ambiente della regione Liguria aveva già precedentemente segnalato in una serie di comunicazioni al Ministero dell'ambiente in cui Pag. 27si chiedeva di verificare l'esistenza di inadempienze ambientali sull'AIA stessa.
  Il punto ora è come costringere l'azienda a rispettare i limiti di emissioni imposti dalla legge, garantendo l'occupazione. Per questo chiediamo che azienda e istituzioni provino a costruire un percorso condiviso per la tutela dell'ambiente e dei posti di lavoro. Chiediamo quindi chiarimenti circa l'attestazione effettiva e certa degli effetti sulla salute dei cittadini e sull'ambiente e di chiarire quali strumenti il Governo intenda mettere in campo per la tutela dell'occupazione e dei posti di lavoro. Più il tempo passa, maggiore è il rischio che i problemi si accumulino e diventino di difficile soluzione. Tutti temono per il proprio posto di lavoro, in particolare coloro che, in caso di licenziamento, rischiano di non usufruire di tutele e ammortizzatori sociali.
  C’è un'altra questione che chiediamo al Governo di chiarire, è quella relativa ad un altro filone di indagini e sul quale indaga la Direzione distrettuale antimafia di Genova che, ipotizzando il reato di smaltimento illecito di rifiuti, ha già indagato nei mesi scorsi una decina di persone. Le ceneri derivanti dal processo di combustione sarebbero state caricate su Tir e smaltite, secondo quanto indicato da resoconti giornalistici, in alcune aree del sud Piemonte, nelle aree tra astigiano e del cuneese. La conclusione delle indagini porterà a fare luce sull'esatta localizzazione dei siti, trasformati in enormi crateri, scavati in aperta campagna fino a dieci metri di profondità e poi ricoperti di terra.
  Chiediamo però che il Governo riferisca sull'eventuale pericolosità, sotto il profilo ambientale e della salute dei cittadini, del materiale smaltito. Si tratterebbe sia di ceneri nere, derivanti dalla combustione diretta del carbone, che di ceneri bianche, risultato dell'abbattimento dell'anidride solforosa mediante calce.
  Serve capire qual è il quantitativo complessivo delle ceneri scaricate nei crateri (cioè quante tonnellate), da quanto tempo i rifiuti sono stati interrati e se ci sono pericoli per le falde acquifere. Gli scarti della centrale elettrica sono considerati rifiuti speciali, non pericolosi se smaltiti in impianti autorizzati, ma in questo caso siamo in presenza di materiali scaricati senza alcuna precauzione ambientale. Gli unici a trarre beneficio dal traffico illecito sono stati coloro che hanno risparmiato sui costi di smaltimento negli impianti specializzati o che hanno contribuito a smaltirli in modo illecito.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia, Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, la centrale termoelettrica in questione, di proprietà della Tirreno Power Spa è attualmente costituita da due sezioni tradizionali (VL3 e VL4) da 300 megawatt ciascuna, alimentate a carbone, alle quali si aggiunge una sezione a ciclo combinato (VL5) da 760 megawatt elettrici alimentata a gas metano.
  Il 5 marzo 2012, il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato la Tirreno Power Spa a realizzare presso la stessa centrale una nuova sezione alimentata a carbone, denominata VL6 e caratterizzata da una potenza elettrica di 460 megawatt.
  Il succitato provvedimento autorizzativo è stato rilasciato secondo i dettami della legge n. 55 del 2002, a seguito di un complesso procedimento amministrativo che ha visto il coinvolgimento degli enti locali, quali regione e comuni territorialmente interessati, nonché delle amministrazioni statali poste a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini che, nell'ambito del procedimento, hanno espresso le proprie valutazioni in merito all'iniziativa e alla sua compatibilità con il territorio. Condizioni imprescindibili per il rilascio del titolo autorizzativo sono state: una valutazione della compatibilità ambientale favorevole e una positiva intesa regionale.
  L'autorizzazione concessa dal Ministero dello sviluppo economico, il 5 marzo 2012, ha riguardato esclusivamente l'installazione Pag. 28di una nuova sezione presso la centrale in questione, modificando, quindi, il sito produttivo di Vado Ligure, dal punto di vista impiantistico e, naturalmente, variandone il valore della potenza installata, mentre per quanto attiene le modalità di esercizio è intervenuto il Ministero dell'ambiente con proprio decreto di «Autorizzazione integrata ambientale» (AIA).
  Circa le azioni poste in essere dal Ministero dell'Ambiente al fine di assicurare la corretta e tempestiva attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata con decreto del 14 dicembre 2012, occorre ricordare, preliminarmente, che l'AIA ha stabilito una puntuale tempistica relativamente agli interventi necessari ai fini del contenimento delle emissioni convogliate in atmosfera, da attuare sulla esistente sezione VL3 o VL4 della centrale, da adeguare alle «migliori tecniche disponibili» essendo la vigenza dell'AIA stessa pari a otto anni, oppure da fermare prima del rifacimento integrale. È stato stabilito inoltre che, all'entrata in esercizio del nuovo gruppo VL6 e del gruppo VL3 (o VL4) adeguato alle migliori tecniche disponibili, il restante gruppo a carbone avrebbe dovuto arrestare l'esercizio.
  Ciò premesso, si osserva che le verifiche connesse all'effettivo impatto ambientale che la centrale ha sul territorio circostante non interessano esclusivamente il Ministero dell'Ambiente quale autorità preposta al rilascio dell'AIA, ma devono necessariamente coinvolgere tutti i soggetti pubblici titolari di specifici poteri in materia di tutela dell'ambiente e della salute.
  Infatti, la tempistica di ammodernamento degli impianti, è stata definita, in sede di istruttoria di AIA, anche con l'accordo dei sindaci dei comuni di Vado Ligure e Quiliano. Entrambi hanno dato atto in Conferenza dei servizi che tutte le richieste formulate e che riguardavano la tutela della salute erano state accolte; dunque, il parere negativo, a cui si riferiscono gli interpellanti, era confermato esclusivamente per ragioni non attinenti ai profili sanitari.
  È bene ricordare comunque che, ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in presenza di circostanze sopravvenute successivamente al rilascio dell'AIA, il sindaco può chiedere in ogni momento al Ministero di verificare la necessità di riesaminare l'AIA, così come analoga possibilità di richiedere il riesame dell'AIA spetta, a norma dell'articolo 29-octies, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, alle altre amministrazioni competenti in materia ambientale. Finora – è bene precisare – nulla è pervenuto al Ministero in tal senso.
  Si deve comunque sottolineare che il Ministero dell'ambiente ha sempre esercitato le proprie competenze relativamente alla verifica della corretta attuazione dell'AIA in questione, sia ai fini del rispetto della tempistica di adeguamento della centrale alle migliori tecniche disponibili, sia riguardo ad altri aspetti oggetto di segnalazione da parte dell'autorità di controllo trattandosi peraltro di azioni già avviate prima dell'adozione del sequestro degli impianti da parte della magistratura.
  Infatti per quanto riguarda i tempi di realizzazione del nuovo gruppo a carbone, cosiddetto VL6, pur trattandosi di profili distinti da quelli che paiono aver motivato l'intervento della magistratura, in data 14 marzo 2014 il gestore è stato diffidato a provvedere all'avvio dei relativi lavori entro 30 giorni, con l'avvertenza che il mancato rispetto del crono-programma si configurerebbe come mancata ottemperanza dell'AIA, con conseguente applicazione di quanto previsto articolo 29-decies, comma 9, lettera b) del decreto legislativo n. 152 del 2006, ossia la sospensione dell'esercizio delle parti di impianto – in questo caso le sezioni VL3 e VL4 – il cui esercizio è autorizzato soltanto nelle more della realizzazione della nuova sezione ed a condizione del rispetto del crono-programma dei relativi interventi.
  Analogamente, per quanto attiene alle risultanze delle attività di controllo svolte da Ispra ed Arpa Liguria presso l'impianto, che hanno evidenziato il superamento del limite riferito al parametro cromo e ai relativi composti, in data 17 marzo ultimo scorso, il gestore è stato Pag. 29diffidato ad effettuare quanto richiesto dall'autorità di controllo nei tempi da questa segnalati, comunicando successivamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quanto messo in atto.
  In relazione alle iniziative intraprese dalla procura della Repubblica di Savona, a cui si fa riferimento nell'interpellanza, si informa che il precedente Governo, attraverso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha chiesto al procuratore della Repubblica di Savona di acquisire, in via riservata, la perizia ambientale e la perizia epidemiologica disposte da detta procura. Previa debita autorizzazione della procura, ha poi trasmesso tali perizie al Ministro della salute e al presidente della regione Liguria al fine di una possibile richiesta di riesame dell'AIA da parte di questi ultimi.
  È noto che in data 11 marzo 2014 il giudice per le indagini preliminari di Savona, su richiesta della procura della Repubblica omonima, ha disposto il sequestro preventivo dei gruppi VL3 e VL4 della centrale termoelettrica Tirreno Power Spa, ipotizzando per alcuni dirigenti della stessa i reati, di cui agli articoli 110 e 434 del codice penale: in concorso fra loro dirigevano e gestivano la centrale termoelettrica a combustibili fossili Tirreno Power, utilizzando i gruppi a carbone VL3 e VL4 – cito ovviamente l'ordinanza – in violazione delle prescrizioni imposte nei provvedimenti autorizzativi e con valori emissivi nettamente superiori a quelli resi possibili dalle migliori tecniche disponibili, sia prima che dopo il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, nonostante i dati in possesso della società documentassero già un diffuso danno all'ambiente circostante. Prosegue invece il funzionamento dell'unità a ciclo combinato denominato VL5, a gas naturale.
  Inoltre, circa la richiesta di indicazione da parte del Governo di più precise linee di programmazione e di indirizzo sulle prospettive nazionali in materia di produzione di energia, si fa presente che il quadro programmatico in materia di produzione di energia è stato delineato nella cosiddetta SEN, la Strategia energetica nazionale, che ha previsto, ferma restando la politica di diffusione delle fonti rinnovabili, il mantenimento dell'attuale quota di produzione a carbone, nel rispetto ovviamente delle norme in materia ambientale e di tutela della salute.
  L'Istituto superiore di sanità, su richiesta del Ministero della salute, ha provveduto ad analizzare i dati di «mortalità per causa» rilasciati dall'ISTAT nel periodo 2003-2010 – esclusi i dati del biennio 2004 e 2005 che l'ISTAT non ha ancora reso disponibili – per uomini e donne di tutte le età, residenti nel comune di Vado Ligure.
  Dall'analisi dei dati, condotta con la metodologia del progetto «Sentieri», risulta che la mortalità generale della popolazione residente nel comune di Vado Ligure non si discosta, in entrambi i generi, da quella della popolazione della regione Liguria.
  L'istituto ha riferito che, essendo la centrale termoelettrica in questione collocata in un sito localizzato nei comuni di Vado Ligure e di Quiliano, le cui emissioni in aria possono interessare parzialmente anche il territorio di Savona, sarebbe appropriato svolgere uno studio microgeografico ad un livello di aggregazione sub-comunale (ad esempio considerando le sezioni censuarie) che, non essendo disponibile presso l'ISS, potrebbe essere svolto dalle istituzioni a livello territoriale locali.
  A tale riguardo, si segnala che, nell'ottobre 2012, la regione Liguria ha istituito un Osservatorio regionale salute-ambiente, relativo alla centrale termoelettrica di Vado Ligure-Quiliano, cui partecipano anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ISPRA, l'Istituto superiore di sanità, i comuni di Quiliano e Vado Ligure, la regione Liguria, la provincia di Savona, l'assessorato alla sanità regionale, l'ASL 2 e l'ARPA Liguria.
  Nell'ultima riunione dell'Osservatorio è stata accolta, relativamente agli aspetti sanitari, la proposta di realizzare un monitoraggio prospettico nell'area interessata dalle ricadute della centrale, ritenendo che tale strumento possa fornire negli anni Pag. 30futuri elementi certi sullo stato di salute, valutando mortalità e patologie della «coorte residenziale», ossia della cittadinanza/anno stanziale nei comuni di Vado, Quiliano e nelle zone di Savona, passibili di ricaduta degli effetti della centrale.
  Circa quanto aggiunto dal collega, onorevole Fiorio nella sua illustrazione riguardo alla richiesta di notizie del trasporto delle polveri nelle province piemontesi, che è solo accennata in questa interpellanza urgente, suggerirei eventualmente l'opportunità di presentare apposita interpellanza per consentire al Ministero, che ovviamente è disponibile, di fornire puntuale risposta.
  Circa le preoccupazioni palesate dagli interpellanti sull'eventuale intervento di sostegno al reddito per i lavoratori interessati (circa 700 tra dipendenti della centrale e quelli impiegati nell'indotto connesso), il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che ad oggi la società non ha presentato alcuna istanza di ammissione ai trattamenti di integrazione salariale.
  Ovviamente aggiungo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sarà parte attiva all'interno del Governo affinché su questa materia si avvii un percorso complessivo, che coinvolga il Governo nel complesso, con l'obiettivo di lavorare affinché i temi legati al rispetto delle leggi, alla tutela ambientale e alla tutela della salute dei cittadini trovino una loro composizione con le comprensibili e condivise preoccupazioni riguardo all'occupazione dei lavoratori diretti dell'azienda, ma anche dell'indotto che da essa è interessato.

  PRESIDENTE. La deputata Giacobbe ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Fiorio n. 2-00457, di cui è cofirmataria.

  ANNA GIACOBBE. Signor Presidente, ringrazio la sottosegretaria, onorevole Velo. La tempestività ed i contenuti della risposta all'interpellanza testimoniano l'attenzione del Governo alle questioni sollevate, un'attenzione assolutamente necessaria per affrontare una vicenda che, come si vede, è complessa e per la quale confermiamo l'esigenza di un monitoraggio e di un intervento a livello interministeriale, così come è stato riconosciuto utile poco fa.
  L'intervento della magistratura, che da tempo ha avviato un procedimento nei confronti della Tirreno Power, rende ulteriormente delicata e tesa quella situazione.
  Le istituzioni locali e le forze sociali hanno inoltrato, per il tramite della dottoressa Basilicata, prefetto di Savona, una richiesta d'incontro ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, e successivamente anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui, anche in questa occasione, sollecitiamo la convocazione.
  Per la evidente situazione di emergenza e la presenza di forti tensioni sociali, ci permettiamo di indicare nella partecipazione dei Ministeri interessati all'incontro, già fissato dalle forze locali presso la prefettura di Savona il 25 marzo prossimo, la soluzione più appropriata, o in alternativa l'individuazione di un'altra data, ma da comunicare entro quella giornata.
  Le notizie sulle condizioni di salute della popolazione contenute nelle perizie che hanno motivato l'avvio dell'indagine della procura, da un lato, e le conseguenze sul lavoro di centinaia di persone del fermo degli impianti disposto dal GIP, dall'altro, richiedono un salto di qualità nell'azione delle istituzioni a tutti i livelli. Gli accordi e le autorizzazioni, a suo tempo rilasciate, non sono più una cornice sufficiente a dare risposte né all'allarme per le condizioni ambientali, né alle questioni produttive ed occupazionali. È interesse di tutti, e in particolare di chi vive e lavora in quelle zone, che il modo in cui si uscirà dall'emergenza possa aprire una stagione nuova.
  Per quanto riguarda le competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si osserva che le diffide cui si fa riferimento sono comunque state notificate a sequestro avvenuto. Ma, in ogni caso, il sollecito ad avviare i lavori di realizzazione del gruppo VL6, Pag. 31questione richiamata anche nelle motivazioni dell'intervento della magistratura, conferma che l'obiettivo perseguito – e questo lo condividiamo – è l'investimento sui nuovi impianti come modo per ridurre l'impatto ambientale entro limiti garantiti dall'applicazione delle migliori tecnologie disponibili e, insieme, per rendere economicamente sostenibile quell'insediamento.
  Da una parte, dunque, è importante che le inadempienze dell'azienda siano segnalate e sanzionate; dall'altra, occorre verificare le reali intenzioni dell'azienda stessa, non solo nell'immediato, per rispondere a quanto intimato dal GIP per consentire la ripresa dell'attività degli impianti sequestrati, ma anche in prospettiva, cioè verificare se le inadempienze denunciate non siano legate ad un disimpegno rispetto agli accordi complessivamente stipulati e, in definitiva, se l'azienda non sia più interessata a quell'investimento, o non più in grado di attuarlo, per la situazione finanziaria e dei rapporti tra i soci, molto difficile.
  Per questo, anche la conferma dei contenuti della SEN non è sufficiente a garantire che quel sito potrà continuare ad esistere. Da qui la richiesta che il Governo affronti la questione non solo come «notaio», diciamo così, dell'osservanza o meno delle prescrizioni da parte dell'azienda, ma scegliendo di essere parte attiva affinché lì possa continuare ad esserci un impianto di produzione di energia, economicamente sostenibile e ambientalmente compatibile.
  Sempre a proposito della SEN, si fa presente che i tempi di adeguamento agli obiettivi di riduzione delle emissioni, previsti per la centrale di Vado Quiliano, sono molto più ravvicinati rispetto a quelli previsti per l'insieme degli impianti di vecchia concezione alimentati a carbone; così come, per le particolari condizioni del sito, i livelli di emissione richiesti per quell'insediamento sono più restrittivi che altrove. E, tuttavia, questo non è considerato sufficiente per garantire ai territori, in cui un impianto di quel tipo è collocato, la sicurezza di vivere in condizioni ambientali e sanitarie accettabili.
  Preme sottolineare che i comuni di Vado Ligure e Quiliano, al di là delle modalità con cui sono intervenuti nei confronti della procedura di AIA, hanno agito proprio con l'intento di tutelare la salute dei propri cittadini. Se i ricorsi sono stati utilizzati dall'azienda come alibi per i ritardi nella realizzazione degli interventi previsti nella AIA stessa, ciò è avvenuto in modo strumentale rispetto a un'evidente intenzione di procrastinare gli investimenti o eludere le prescrizioni. A questo proposito, osserviamo anche che la tempistica stabilita dall'AIA ha subito ritardi, essenzialmente per ragioni che attengono a inadempienze dell'azienda, ma anche per i tempi delle procedure delle conferenze dei servizi, nel caso, ad esempio, della copertura del parco carbone, che è una delle questioni sollevate nel decreto di sequestro ma è tuttora giacente presso il Ministero dello sviluppo economico.
  Inoltre, per attestare con assoluta certezza e validità scientifica i reali effetti sulla salute pubblica e sull'ambiente delle attività complessive della centrale termoelettrica di Vado, apprezziamo che l'attività dell'Osservatorio regionale salute sia ritenuta strumento in grado di fornire, negli anni futuri, elementi certi. Occorre anche, tuttavia, che sulla situazione pregressa sia fatta chiarezza (la risposta cita l'analisi condotta dall'Istituto superiore di sanità con la metodologia del progetto «Sentieri»). In particolare, se si ritiene appropriato svolgere, come è stato detto, uno studio micro-geografico, questo programma deve essere dettagliato nelle metodologie, dall'Istituto superiore di sanità, e finanziato, affinché gli enti a livello territoriale lo possano realizzare. E ancora, in caso si riscontri, per ragioni che attengono all'attività passata della centrale o ad altre fonti di inquinamento presenti in quella zona, una condizione sanitaria più critica che altrove, il sistema sanitario nazionale dovrebbe provvedere con interventi adeguati.
  Infine, intervengo in merito agli strumenti per la tutela dell'occupazione e del reddito di tutti i lavoratori coinvolti. Nei prossimi giorni sarà chiarito con quali Pag. 32tempi e modi e, quindi, con quale esito per i lavoratori, potrà o meno riprendere l'attività dei gruppi ora sotto sequestro. In questa fase i lavoratori sono stati posti in ferie. In particolare, si sottolinea che per una parte preponderante si tratta di lavoratori delle ditte in appalto, una parte delle quali non hanno accesso agli strumenti di integrazione salariale, se non per quelli in deroga. Sono aziende che, peraltro, non sarebbero in grado di anticipare l'integrazione salariale.
  In ogni caso, si ritiene che per un periodo non breve potrebbero verificarsi cali significativi dei carichi di lavoro. Sarà la magistratura a decidere le condizioni e i tempi per una ripartenza dei gruppi fermi. È necessario che questo sia accompagnato dalla certezza di coperture sufficienti per la continuità di lavoro e di reddito di tutte le lavoratrici e i lavoratori coinvolti.
  Per quanto riguarda la questione dello smaltimento delle ceneri, essa desta forti preoccupazioni, evidentemente, nei territori interessati delle province piemontesi. Fatta salva l'azione della magistratura, è necessario che le istituzioni preposte si mettano nelle condizioni di verificare l'esistenza e la consistenza di questo fenomeno e di agire ciascuna secondo le proprie competenze.
  In conclusione, per le questioni relative al funzionamento della centrale, riteniamo di poterci dichiarare soddisfatti, con le precisazioni che abbiamo richiesto e nel momento in cui sarà fissata la data dell'incontro cui si è fatto riferimento. Per le questioni relative allo smaltimento delle ceneri, non potremmo considerarci soddisfatti, ma prendiamo atto dell'indicazione dell'onorevole Velo di produrre ulteriori atti, e questo faremo.

(Iniziative normative volte a garantire la sopravvivenza dei consorzi tra enti locali per la gestione dei servizi socio-assistenziali – n. 2-00436)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Borghi ed altri n. 2-00436, concernente iniziative normative volte a garantire la sopravvivenza dei consorzi tra enti locali per la gestione dei servizi socio-assistenziali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Borghi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, intendo illustrarla.
  L'interpellanza urgente che il gruppo del Partito Democratico ha presentato in questa occasione riguarda una funzione molto delicata e molto importante che i comuni italiani esercitano e svolgono, la funzione socio-assistenziale, che, com’è noto, è regolata dalla legge n. 328 del 2000, la cosiddetta legge Turco, che è una legge che ha ben funzionato.
  Infatti, essa ha restituito ai comuni le funzioni di indirizzo e di controllo, togliendole alle deleghe e alle originarie ASL, e quindi alla burocrazia regionale, e attribuendo al livello istituzionale più vicino al cittadino, cioè al comune, e quindi garantendo uno stretto raccordo con le comunità locali, una funzione così delicata. I comuni, dentro il percorso della logica di efficienza, di efficacia e di economicità, si sono dati una struttura sugli enti gestori, legandosi, peraltro, ad una strumentazione istituzionale che, come noto, è piuttosto articolata e che, nel corso di queste ore, sta conoscendo, per impulso e iniziativa anche del Partito Democratico, una sua giusta e doverosa razionalizzazione, nel quadro del cosiddetto disegno di legge Delrio.
  Dicevo che i comuni hanno utilizzato gli strumenti dell'associazionismo intercomunale e, fra questi strumenti, hanno dato vita agli enti gestori e ai consorzi dei servizi socio-assistenziali, che predispongono ed erogano i servizi per rimuovere e superare i bisogni e le difficoltà attraverso gli strumenti dei cosiddetti piani di zona.
  Sono servizi molto delicati, dicevo, perché sono coinvolte le famiglie: parliamo di fasce di popolazione molto significative – bambini, giovani, disabili, adulti, anziani – con prestazioni nelle aree socio-assistenziali. Pag. 33Scorrendo i capitoli, capiamo la complessità e la delicatezza di queste attività: assistenza economica, assistenza domiciliare, tutela dei minori incapienti, assistenza educativa per i disabili e i disabili sensoriali. Tali enti svolgono anche funzioni nell'area socio-sanitaria: la lunga assistenza domiciliare, la non autosufficienza e la disabilità, le adozioni e gli affidi, i centri diurni, gli affidamenti dei minori.
  Insomma, una materia delicatissima, nella quale si sono aggiunte le difficoltà di questi ultimi tempi, perché i dati ci dicono che sono nettamente aumentate, nel corso di questi ultimi anni, le richieste di aiuto e di prestazione. In alcuni casi, gli enti gestori, i consorzi, si sono visti raddoppiate le richieste di un loro intervento, in presenza di un aumento dei tagli, e quindi di una diminuzione dei trasferimenti.
  Del resto, come non poteva essere così, visto che i casi di nuove povertà, l'aumento delle mobilità, delle casse integrazioni, delle separazioni, l'aumento della popolazione compresa nella fascia di vulnerabilità a rischio povertà, l'aumento del disagio minorile e l'insorgenza di nuove patologie – pensiamo solo al tema dei videogiochi, che hanno ripercussioni sociali sulle famiglie, oltre che sanitarie – non potevano che scaricare tutte queste situazioni sul tavolo dei sindaci, e i sindaci non potevano che trasferirle sul tavolo degli enti gestori.
  Bene, in questa situazione oggettivamente complicata, da un lato, contraddistinta da un aumento dei bisogni e da una richiesta di maggiori prestazioni e, dall'altro, da una diminuzione delle risorse messe a disposizione, in questo quadro, nella legge di stabilità registriamo un intervento che non facciamo fatica a definire in tackle scivolato, che fa cadere il settore nella confusione normativa più assoluta.
  Anche qui giova ricordare un breve excursus di quello che è accaduto nel corso di questi ultimi anni: la forma di gestione consortile doveva essere superata in applicazione della legge finanziaria del 2010, che aveva disposto la soppressione dei consorzi di funzione per il contenimento della spesa pubblica. Da lì è partito tutto un excursus fatto di ricorsi al TAR, di pronunce della Corte dei conti, di leggi regionali, di richieste interpretative alle associazioni delle autonomie locali, che ha portato, alla fine di tutto questo percorso, alla legge n. 122 del 2010, che ha sostanzialmente rimesso ordine nel settore, stabilendo due principi fondamentali.
  Il primo, in omaggio al contenimento della spesa pubblica, abolendo tutte le indennità di carica per gli amministratori e i gettoni di presenza per la presenza nelle assemblee, quindi con un costo della politica pari a zero all'interno di questi enti.
  Il secondo principio è stato la non applicazione, alle istituzioni che gestiscono servizi in materia socio-assistenziale, educativa e culturale, di questa disposizione legata alla soppressione dei consorzi di funzione. Ora ritorniamo, con una sorta di gioco dell'oca, alla casella del «via». E verrebbe da chiedersi, signor sottosegretario, perché. Verrebbe anche da chiedersi: «e da chi ?» in questa situazione.
  Però il punto chiave, dal nostro punto di vista, è un altro, cioè noi dobbiamo garantire la continuità al sistema e diciamo al Governo che serve molta cautela, nel momento in cui si decide di intervenire su questi versanti, perché il rischio, in questo caso, non è far venir meno qualche festival del cinema; il rischio è l'interruzione di servizi essenziali per le persone, e per le persone più deboli. E il rischio è anche quello dell'aumento dei costi, perché questa vicenda ci insegna un principio che dovrebbe essere esteso anche ad altri campi, in queste settimane di spending review, e cioè che smontare, interrompere e rimontare costa più che trasformare.
  Peraltro, questa è una materia che è già stata normata dalla medesima legge n. 122 del 2010, attribuendo ai comuni la funzione fondamentale del servizio sociale e stabilendo che i comuni la dovranno esercitare sotto forma di convenzione o di unioni. E non a caso, per applicare questa disposizione, serve un quadro ordinato e coerente di disposizioni normative, che questa Camera ha già licenziato nello Pag. 34scorso dicembre e che il Senato in queste ore sta licenziando all'interno del cosiddetto disegno di legge Delrio.
  Per questo motivo, quindi, noi chiediamo al Governo un intervento immediato per eliminare questa soppressione, non per mantenere lo status quo: noi chiediamo di mantenere l'attuale situazione non in funzione del congelamento dell'attuale situazione, ma per accompagnare il processo di riforma dell'esercizio associato delle funzioni comunali, con particolare riferimento a questa delicata questione, senza cesure, senza incertezze, senza interruzioni del servizio, che andrebbero certamente a scapito degli utenti, e degli utenti delle fasce di popolazione più deboli della nostra Repubblica.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, l'onorevole Borghi pone all'attenzione del Governo gli effetti che le disposizioni introdotte dalla legge di stabilità per il 2014 hanno determinato sui consorzi socio-assistenziali.
  Come ricordato dall'onorevole interpellante, la legge n. 328 del 2000 prevede, ai fini della gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali, la costituzione di ambiti territoriali, di norma coincidenti con i distretti socio-sanitari già esistenti, centrati sull'esercizio associato tra i comuni delle funzioni sociali. Tra gli strumenti per favorire il riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la citata legge n. 328 del 2000 aveva previsto la definizione dei piani di zona, adottati attraverso accordi di programma tra i comuni associati, d'intesa con le aziende sanitarie locali e in coerenza con i piani regionali.
  La programmazione sociale e socio-sanitaria risulta, dunque, articolata a livello locale attraverso associazioni interistituzionali previste dalla richiamata legge quadro del 2000. Peraltro, nel corso degli anni questa articolazione territoriale si è progressivamente consolidata e rafforzata. Il decreto-legge n. 95 del 2012, sulla spending review, nel prevedere l'obbligo per le regioni e gli enti locali di sopprimere i consorzi di funzioni tra gli enti locali, introdotto per la prima volta dalla legge n. 191 del 2009, aveva tuttavia escluso da tale obbligo gli enti e le istituzioni che gestiscono i servizi socio-assistenziali. Successivamente, la legge di stabilità per il 2014 ha invece rimosso tale esclusione con la conseguenza che le misure di razionalizzazione introdotte per garantire il contenimento della spesa pubblica trovano adesso applicazione anche con riferimento ai consorzi socio-assistenziali.
  Evidentemente, l'intervento operato dalla legge n. 147 del 2013 non ha certamente la finalità di mettere in discussione il sistema integrato di interventi e servizi sociali delineato ed introdotto dalla legge quadro sull'assistenza n. 328 del 2000. E, tuttavia, occorrerà individuare, in particolare a livello territoriale, le modalità più idonee per garantire, sulla base della legislazione vigente, l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali individuando, a tal fine, nuovi strumenti e modelli organizzativi coerenti con i principi indicati dalla legge n. 328 del 2000 e nel rispetto degli attuali vincoli di finanza pubblica.
  Nel prendere atto delle determinazioni assunte dal Parlamento con la recente approvazione delle disposizioni innanzi richiamate, vorrei tuttavia confermare la più ampia disponibilità del Ministero che rappresento a valutare soluzioni normative che, nella direzione auspicata dall'onorevole interpellante, consentano di garantire nuovamente l'esistenza dei consorzi socio-assistenziali. In tal senso, occorrerà verificare se le misure di contenimento adottate abbiano finora prodotto riduzioni di spesa per valutare eventuali soluzioni alternative ai risparmi già conseguiti.

  PRESIDENTE. Il deputato Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, la risposta della sottosegretario Bellanova, Pag. 35che ringrazio per la cortesia, va nel senso di quanto da noi sollecitato e, quindi, attendiamo di sapere in un confronto con il Governo quale possa essere lo strumento normativo che il Parlamento affronterà nel corso delle prossime settimane all'interno del quale porre mano alla modifica e, quindi, concretizzare l'ampia disponibilità che in questa sede è stata formulata.
  Due piccole chiose rispetto alle osservazioni fatte dal Governo in questo contesto. Certamente, vi possono essere ulteriori margini per la ridefinizione del quadro di efficienza della spesa pubblica su questo versante. In particolare, noi siamo dell'opinione che il processo di messa a regime del futuro disegno di legge Delrio, con l'articolazione delle nuove unioni dei comuni possa, da un lato, assicurare la permanenza del costo zero per quanto riguarda il costo della politica nell'esercizio di questo tipo di funzioni e, dall'altro, garantire una maggiore efficienza e una maggiore integrazione del personale ad esso preposto.
  Vogliamo sottolineare un principio, però, che questa riorganizzazione debba consentire lo spostamento di risorse dal versante della spesa in conto personale alla spesa in conto servizi. Dobbiamo diminuire le spese di natura burocratica, le spese legate al funzionamento della macchina, per aumentare le spese legate alle prestazioni e non diminuire complessivamente, secondo la logica del taglio lineare, il capitolo del servizio sociale e socio-assistenziale, perché questo non configurerebbe un quadro di efficienza, ma, al contrario, si configurerebbe come una diminuzione delle prestazioni.
  Quindi è lungo questo versante che riteniamo sia importante tale disponibilità, perché ci consente di non interrompere le attuali modalità gestionali e di portarle ulteriormente ad una successiva ed evoluta fase di evoluzione e di efficienza.
  L'altro aspetto è di carattere più generale ed è legato alle scelte che la politica compie su questo versante. Noi crediamo di dover fare appello al Governo affinché situazioni che si sono verificate in tale circostanza non si abbiano più a verificare e cioè che non si debbano riscontrare, all'interno delle leggi di bilancio, interventi che attengono alla riorganizzazione istituzionale del nostro Paese e, nel caso significativo, alla riorganizzazione del tessuto comunale, proprio perché la storia di questi anni ci dimostra che questa è una modalità errata. Riteniamo, quindi, che il Governo debba anche aprire un focus di estrema attenzione sulle modalità con le quali la struttura burocratica ministeriale, nel corso di questi anni, ha provato a influenzare vari Governi lungo questa modalità e questa metodologia che si è rivelata inefficace e dal punto di vista della spesa e dal punto di vista della riorganizzazione istituzionale.

(Iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali degli stabilimenti Carapelli di Inveruno (Milano) e di Tavernelle Val di Pesa (Firenze) – n. 2-00442)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro n. 2-00442, concernente iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali degli stabilimenti Carapelli di Inveruno (Milano) e di Tavernelle Val di Pesa (Firenze) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELEONORA CIMBRO. Signor Presidente, sottosegretario, l'interpellanza ha per oggetto la situazione dell'azienda olearia toscana Carapelli Firenze Spa che controlla anche i marchi Bertolli e Sasso e che fa capo al gruppo spagnolo Deoleo. Di fatto la storia dell'azienda ha radici antiche. L'azienda nasce nel 1990, quando i fratelli Salazar, insieme ad altri investitori, acquisiscono il controllo della Grupo Industrial Arana, importante azienda alimentare spagnola. In seguito vengono rilevate altre società sempre del settore alimentare. Da lì prende avvio la vita della SOS Arana Alimentación.
  Il processo di espansione prosegue tra il 1994 e il 2000 con l'acquisizione di Pag. 36aziende nazionali e, a quel punto, la società assume la denominazione sociale di Grupo SOS Cuétara nel 2001. Si susseguono poi altre acquisizioni importanti: 2004 Minerva oli Sasso – Stabilimento di Voghera (costo 50 milioni); nel 2006 Carapelli – Stabilimento di Tavarnelle Val di Pesa (FI) (costo 130 milioni); all'inizio del 2007 Marchio Friol acquisito da Unilever (costo 33 milioni); nel 2008 l'annuncio dell'acquisizione del marchio Bertolli – Stabilimento di Inveruno (in provincia di Milano) da Unilever. Il marchio Bertolli verrà ceduto solo in licenza da Unilever al gruppo.
  Di fatto, in quel momento, il gruppo spagnolo detiene, quindi, cinque marchi italiani importanti di olio di oliva (Bertolli, Carapelli, Sasso, Dante e San Giorgio) e marchi italiani di olio di semi (Giglio oro-Carapelli, Friol e Maya). I tre stabilimenti italiani (Inveruno, Tavarnelle Val di Pesa e Voghera) confezionano indifferentemente tutti i marchi. Con la particolarità per lo stabilimento di Inveruno, in provincia di Milano, che è in grado di effettuare anche la trasformazione dell'olio lampante ad olio di oliva raffinato e dell'olio di semi grezzo ad olio di semi raffinato.
  Nel corso del 2009, si verificano una serie di problemi che portano al crollo del valore delle azioni del gruppo del 60 per cento. La società matura dunque un debito di 1 miliardo e 600 milioni e, ad ottobre dello stesso anno, il nuovo consiglio di amministrazione presenta un piano alle banche per ridurre il debito.
  Da questo momento inizia una serie di interventi sulla azienda: si fanno investimenti, disinvestimenti con l'obiettivo di ridurre il debito e all'inizio del 2011 il debito si riduce di 800 milioni a seguito delle operazioni effettuate.
  Nel 2011 si effettua un ampliamento di capitale di 200 milioni e si decide di vendere il settore riso all'azienda Ebro. Un uomo di fiducia di Ebro, Carbò, diventa il nuovo amministratore delegato del gruppo, che assume denominazione sociale Grupo Deoleo. Il debito si riduce di circa 1 miliardo di euro.
  A maggio del 2011, si apre su Inveruno una mobilità, che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro solo su base volontaria. Nell'ottobre 2011, l'azienda annuncia la chiusura dello stabilimento di Voghera, avvenuta, poi, alla fine del 2012, a seguito di una razionalizzazione dell'assetto organizzativo societario, che prevede l'assorbimento dei volumi dello stabilimento di Voghera da parte dello stabilimento di Inveruno, più moderno e competitivo. Una parte dei lavoratori, più precisamente 42 unità, viene trasferita con alcune linee di produzione allo stabilimento di Inveruno. Quindi, alla fine del 2012, viene chiuso lo stabilimento di Voghera e parte dei lavoratori dello stabilimento di Voghera vengono trasferiti nello stabilimento di Inveruno. Non solo.
  Nel corso del 2011, oltre alla chiusura dello stabilimento di Voghera assistiamo al dirottamento di parte della produzione destinata agli Stati Uniti dallo stabilimento di Inveruno a quello spagnolo di Alcolea e al trasferimento in Spagna di una nuova torre di raffinazione, costruita l'anno precedente ad Inveruno e, quindi, viene smantellata la torre di torrefazione di Inveruno; e, sempre nel 2012, l'amministratore delegato Carbò annuncia il progetto del gruppo di ridurre il numero dei propri stabilimenti da quattro – due italiani e due spagnoli – a due, possibilmente, poi, vedendo di mantenerne uno in Italia e uno in Spagna.
  Alla fine del 2012, si apre una nuova procedura di mobilità sugli stabilimenti italiani a seguito di un'impennata dei costi della materia prima. Al termine della stessa, 18 lavoratori (14 su Inveruno e 4 su Tavarnelle Val di Pesa), pressoché tutti impiegati, entreranno in cassa integrazione straordinaria senza possibilità di reintegro.
  Nel 2013, si effettua la vendita dello stabilimento spagnolo e si verificano contatti con Fusi, proprietario dell'azienda Castel del Chianti, per la vendita dello stabilimento di Tavarnelle Val di Pesa. Questa, però, non giunge a conclusione.
  A seguito di un crollo delle vendite nei primi mesi del 2013, si apre una procedura Pag. 37di mobilità che, nel mese di ottobre, coinvolge 45 lavoratori, pressoché tutti operai, dei due stabilimenti italiani: 40 su Inveruno e 5 su Tavarnelle Val di Pesa. Attualmente, sono in cassa integrazione straordinaria 7 lavoratori nell'ambito della procedura aperta a gennaio 2013 (un lavoratore è stato reintegrato in azienda e sei, invece si sono ricollocati) e 27 lavoratori nell'ambito della procedura aperta ad ottobre 2013 (33 lavoratori dei 40 originari sono stati messi in cassa integrazione straordinaria: di questi un lavoratore si è ricollocato e 5 sono reintegrati in azienda). Quindi, sono attualmente 34 i lavoratori in cassa integrazione straordinaria.
  A seguito di queste decisioni, è evidente che è stata posta la questione all'azienda da parte di chi ci rappresenta sul territorio, è stato fatto un dibattito importante anche presso il consiglio comunale di Inveruno, e l'azienda spiega che la decisione è stata assunta a causa della crisi economica, della crescita del costo delle materie prime e dell'incremento dei prezzi al dettaglio. Ma non poco deve incidere sulla situazione economica anche il debito, che oggi pare ammontare a 600 milioni di euro.
  I marchi italiani, Carapelli, Bertolli e Sasso, tutti controllati dal colosso spagnolo, in realtà hanno allargato la loro presenza in cinquanta Stati – recentemente sono state inaugurate nuove filiali in Cina, India e Malesia –, confermando la Deoleo leader mondiale degli oli di oliva in bottiglia.
  A ciò si aggiunge – questo è emerso anche nel dibattito che è stato fatto presso il consiglio comunale di Inveruno – il tema dell'assenza di un piano industriale capace di tutelare gli attuali livelli di occupazione. E le attuali scelte della multinazionale spagnola rischiano di incidere negativamente sul futuro di un pezzo importante dell'industria agroalimentare italiana, attualmente controllata da soggetti stranieri con evidenti impatti negativi sul livello occupazionale.
  Questa è la fotografia e la storia, in breve anche, di questo gruppo e della decisione da parte dell'azienda di delocalizzare di fatto la produzione dall'Italia alla Spagna e ad altre parti del mondo, con evidenti ripercussioni non soltanto sui livelli occupazionali, ma anche sui livelli di produzione.
  Per questo, si chiede ai Ministeri di convocare il prima possibile un incontro con le rappresentanze sindacali dell'azienda Carapelli Firenze Spa di Inveruno e Tavarnelle Val di Pesa e le strutture sindacali di riferimento.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, l'atto parlamentare dell'onorevole Cimbro è inerente alla situazione produttiva ed occupazionale della Carapelli Firenze Spa, azienda operante nel settore degli oli vegetali, con sede legale ed unità produttiva in Tavarnelle Val di Pesa (Firenze) ed altra unità produttiva in Inveruno (Milano).
  La predetta società ha usufruito – nel periodo dal 28 gennaio 2013 al 27 gennaio 2014 – del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale nei confronti di 28 lavoratori, di cui 11 impiegati presso la sede di Tavarnelle e 17 presso quella di Inveruno. A causa del perdurare della situazione di crisi, la società ha richiesto ai competenti uffici del Ministero che rappresento un ampliamento del personale sottoposto al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per ulteriori 45 unità lavorative, di cui 40 impiegate presso la sede di Inveruno e 5 presso quella di Tavarnelle Val di Pesa. Informo, al riguardo, che il relativo decreto di autorizzazione risulta essere in corso di emissione.
  Il 5 novembre dello scorso anno, all'approssimarsi della scadenza del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, la società ha dato avvio, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, ad una procedura di licenziamento collettivo per complessivi 56 lavoratori Pag. 38impiegati presso i due siti produttivi. Tale decisione era stata essenzialmente determinata dalla rilevante diminuzione dei volumi di vendita subiti dalla società a causa della grave crisi economica che, com’è noto, ha colpito tutti i settori merceologici, compreso quello degli oli vegetali.
  Lo scorso 22 gennaio, a seguito della conclusione, con esito negativo, della cosiddetta fase sindacale della procedura di licenziamento collettivo, i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori venivano convocati presso i competenti uffici del Ministero che rappresento per l'espletamento della successiva fase amministrativa. Nel corso dell'incontro, in particolare, i referenti aziendali – dopo aver evidenziato le ragioni sottese all'avvio della procedura – hanno rappresentato come l'attuazione del piano di risanamento aziendale adottato durante il periodo di CIGS, ha consentito all'azienda di gestire utilmente solo parte del personale sospeso.
  Pertanto, in considerazione dell'impossibilità, da parte della società, di usufruire degli altri strumenti di sostegno al reddito previsti dalla legislazione ordinaria, le Parti hanno individuato nella CIG in deroga l'unico strumento utilizzabile ai fini di non vanificare le iniziative intraprese con il piano di risanamento, consentendo in tal modo la salvaguardia di una parte dei livelli occupazionali e il riposizionamento della società sul mercato di riferimento.
  All'esito dell'incontro, le parti hanno sottoscritto un verbale di accordo con il quale la Carapelli Firenze Spa si impegnava, ai sensi della legge n. 92 del 2012, a presentare istanza per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga in favore di un numero massimo di 55 unità lavorative, sospese a zero ore e senza possibilità di rotazione, relativamente al periodo dal 28 gennaio 2014 al 27 aprile 2014.
  In attuazione del predetto accordo, la società ha provveduto a richiedere l'intervento degli ammortizzatori sociali in deroga nei confronti di 41 lavoratori, di cui 8 impiegati presso la sede di Tavarnelle Val di Pesa e 33 presso quella di Inveruno. Preciso, in proposito, che l'istanza di autorizzazione risulta essere, allo stato, in corso di istruttoria presso la competente Direzione generale del Ministero che rappresento.
  Riguardo, poi, alla procedura di licenziamento collettivo, in precedenza avviata dalla società, faccio presente che l'accordo dello scorso 22 gennaio ha precisato che la stessa potrà interessare 49 unità lavorative, nell'ambito del numero massimo dei profili professionali dichiarati in esubero in ciascuna unità produttiva e che il licenziamento e la conseguente mobilità potranno riguardare solo quei lavoratori che non manifesteranno opposizione.
  L'accordo ha, infine, previsto – a decorrere dal 28 gennaio – una serie di incontri a livello locale attraverso i quali le parti potranno monitorare costantemente l'andamento della cassa integrazione guadagni in deroga e l'evoluzione della situazione occupazionale.
  Informo, al riguardo, che un nuovo incontro è fissato per il prossimo 28 marzo presso la sede di Confindustria di Firenze.
  Tanto premesso, con riferimento a quanto richiesto dal deputato europeo Panzeri nell'atto parlamentare dello scorso 11 febbraio, i vertici aziendali della Carapelli Spa hanno precisato che la costituzione di un tavolo europeo con le rappresentanze sindacali e l'intervento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione non sono stati possibili in quanto la società non presenta i requisiti minimi dimensionali previsti a tal fine dalla normativa europea.
  In tale contesto sono in condizione di assicurare la massima attenzione da parte dell'amministrazione che rappresento in ordine alle vicende aziendali in esame e di garantire la più ampia disponibilità ad aprire, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico espressamente interpellato sulla questione, un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte al fine di individuare le soluzioni più idonee alla tutela delle prospettive produttive dell'azienda Pag. 39e alla salvaguardia dei livelli occupazionali, tenuto anche conto degli strumenti di tutela finora attivati e di quelli in corso di attivazione.

  PRESIDENTE. La deputata Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ELEONORA CIMBRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, lei ha anticipato anche una parte di questa interpellanza che appunto richiamava l'interrogazione che è stata presentata in Commissione, al Parlamento europeo, dall'europarlamentare Panzeri, che andava proprio nella direzione di comprendere se c'erano gli estremi per attingere al Fondo di adeguamento alla globalizzazione.
  Oggi noi apprendiamo che questo non è possibile e quindi la soluzione governativa, intergovernativa, che si prospettava potesse essere perseguita a livello europeo, non potrà essere avviata. Però io credo che la questione dell'azienda Carapelli ponga, in realtà, un interrogativo più profondo che riguarda il Governo italiano sulla questione del made in Italy nel settore non solo agroalimentare ma anche in tutti quei settori in cui l'Italia ha sicuramente un valore aggiunto.
  Quindi, io auspico che, da qui in avanti, si possa, all'interno di questo Parlamento, ragionare seriamente sulla questione per evitare che ci siano delle aziende che, pur rispettando la normativa, avendo acquisito dei marchi italiani, di fatto continuano a delocalizzare la produzione a detrimento di quelli che sono i livelli occupazionali e anche la qualità della produzione che viene fatta in Italia.
  Quindi, io mi ritengo soddisfatta anche per il percorso che il sottosegretario ha voluto delineare con questa risposta – non a caso questa interpellanza non era rivolta solo al Ministero del lavoro ma anche al Ministero dello sviluppo economico – perché ritengo che sia assolutamente fondamentale che, su un tema così importante, ci sia un pieno coinvolgimento del Ministero dello sviluppo economico e che si cerchi, evidentemente in un quadro di crisi generale che pone continui ostacoli, di ragionare non soltanto sul tema emergenziale per il mantenimento dei livelli occupazionali, ma facendo una riflessione più ampia e profonda sul tema del rilancio economico in Italia, soprattutto in quei settori dove siamo leader a livello mondiale.
  Quindi, io continuerò, insieme ai parlamentari che hanno sottoscritto questa interpellanza e di concerto con tutte le istituzioni a livello territoriale che da subito si sono mosse sul tema della Carapelli, in particolare per lo stabilimento di Inveruno ma anche per lo stabilimento di Firenze, a monitorare la situazione. Siamo disponibili per una completa collaborazione, quindi, tentando di fare anche da trait d'union tra il territorio e il Governo, perché è evidente che la mancanza, per esempio, di un piano industriale che possa dare delle indicazioni più precise su come intenda muoversi la Carapelli credo sia un vulnus che debba essere risanato. Infatti, se non si ha una visione complessiva e soprattutto non si tenta di dare un futuro non solo alla situazione italiana ma all'azienda nel suo complesso, con tutte le sedi che non sono solo in Italia ma anche in Spagna, credo che continueremo sempre a ragionare attraverso una politica dei piccoli passi che purtroppo porta a questa situazione di frammentazione e di incertezza.
  Ovviamente, il primo pensiero va ai tanti lavoratori che nel corso di questi anni hanno perso il lavoro, persone anche di cinquant'anni che difficilmente possono essere ricollocate e che non hanno la possibilità di reinventarsi un altro mestiere. Credo, quindi, che da questo punto di vista la priorità sia quella di mantenere il più possibile una situazione di tranquillità per questi lavoratori, padri di famiglia, madri di famiglia, che da un giorno all'altro si sono trovati in una situazione davvero drammatica.
  Detto questo, ribadisco la disponibilità a seguire questo percorso, anche agganciandomi ad un percorso che è già stato avviato nella Commissione agricoltura sul tema dei marchi del made in Italy, perché Pag. 40credo che, oltre a questo primo step, che riguarda i livelli occupazionali, poi una visione complessiva su questi temi debba essere la priorità di questo Parlamento e di questo Governo.

(Iniziative per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere – n. 2-00454)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marzano n. 2-00454, concernente iniziative per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Marzano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, lo scopo di questa interpellanza è cercare di sapere dal Governo come intenda portare avanti gli impegni che sono stati presi per cercare di prevenire e di contrastare le discriminazioni legate all'identità di genere e all'orientamento sessuale.
  Si tratta, quindi, di cercare di capire come il Governo voglia dare attuazione alla strategia LGBT 2013-2015, soprattutto per quanto riguarda l'asse scuola-educazione e, quindi, come intenda promuovere una cultura del dialogo, come intenda promuovere il rispetto delle differenze, di tutte le differenze, in maniera trasversale, non soltanto per quanto riguarda le discriminazioni razziali, ma anche e soprattutto – dato il periodo complesso – per quanto riguarda le discriminazioni di genere e le discriminazioni legate all'orientamento sessuale.
  Poche parole per ricordare la situazione nella quale ci troviamo noi in Italia, e anche poche parole per ricordare che cos’è questa strategia LGBT 2013-2015. Cominciamo con la situazione italiana: conosciamo tutti la situazione in cui vivono tante e tanti concittadini, è una situazione assolutamente drammatica. Ci sono alcune persone che, semplicemente perché trans e/o omosessuali, vengono discriminate, vengono insultate, vengono emarginate rispetto ai diritti cui tutti dovrebbero avere accesso, proprio per garantire l'uguaglianza che è salvaguardata anche dalla nostra Costituzione.
  Sappiamo tutti che esistono una serie di situazioni che fanno sì che non tutti e non tutte i cittadini e le cittadine dello Stato italiano hanno accesso agli stessi diritti, ed alcuni semplicemente perché omosessuali, perché transessuali. Da questo punto di vista, a me spiace dirlo, ma l'Italia in Europa fa la figura dell'ultima della classe, a differenza di tanti altri Paesi europei, basti pensare alla Francia, alla Germania, all'Inghilterra. Non solo non esiste la possibilità, per esempio, per gli omosessuali di potersi sposare o di potersi unire in forma civile, ma non esiste nemmeno ancora una legge contro l'omofobia e contro la transfobia.
  Con questo non voglio dire che, per quanto riguarda per esempio la Francia – una situazione che io conosco bene per esserci vissuta quindici anni –, tutti siano favorevoli, per esempio, al matrimonio allargato o anche alle coppie omosessuali o all'adozione. Anzi, ci sono state delle manifestazioni, basti pensare l'anno scorso a «La manif pour tous», che peraltro sta avendo anche una serie di ripercussioni in Italia con il movimento delle «Sentinelle», che potrebbe essere l'oggetto di una prossima interpellanza. Ma, nonostante tutto, Hollande con il Governo francese è andato avanti: una delle promesse che era stata fatta in campagna elettorale era quella di allargare il matrimonio; ebbene, l'anno scorso, nel 2013, questa legge è stata fatta. Certo la situazione era diversa, avevano già il PACS, che risale al 1999, e c'era già una legge importante contro l'omofobia e contro la transfobia del 2004.
  Ma com’è possibile che in Italia ancora non riusciamo ad avere una legge (lasciamo perdere la questione delle unioni civili per il momento perché sarà il passaggio successivo) contro l'omofobia e la transfobia ? Nel senso che è stata approvata Pag. 41alla Camera una proposta di legge, tra l'altro molto diversa rispetto al semplice allargamento che si voleva fare della legge Mancino e comunque questa proposta di legge si trova oggi impantanata al Senato.
  Io ho veramente la sensazione che manchi la volontà, da parte anche del nostro Governo, di capire l'urgenza di leggi di questo tipo. Allora, si invoca l'importanza della libertà di espressione, della libertà di opinione; certo, libertà fondamentali, ma cosa c'entrano gli insulti che ricevono delle persone semplicemente perché omosessuali, semplicemente perché trans ? Qui c’è un problema di fondo: non si capisce la differenza che esiste tra libertà di espressione e insulto. L'insulto è una forma di hate speech, discorso dell'odio, come ci insegnano i Paesi anglosassoni, come sappiamo bene in Francia, come si sa in Germania. Ora, l’hate speech non è un modo di esprimere un'opinione, è un modo di utilizzare il linguaggio per fare qualcosa; con l’hate speech, con il discorso dell'odio, si vuole far male, si vuole far tacere la persona, si agisce, è un atto linguistico, non c'entra nulla con l'espressione della libertà, con l'espressione di un'opinione diversa.
  Altro punto: si invoca l'esistenza di una tolleranza italiana che sarebbe presente nei confronti delle persone omosessuali e delle persone transessuali. Niente di più falso. Ci sono dei dati che dimostrano che il 96 per cento delle persone LGBT riferisce di aver subito almeno insulti, e restiamo semplicemente a livello di espressioni linguistiche, per non parlare di atti quotidiani di violenza anche fisica che queste persone subiscono.
  Si parla di una legge inutile e pericolosa, addirittura si parla di una possibile discriminazione degli eterosessuali, ma verrebbe da dire che, a questo punto, le parole non hanno più un senso; d'altra parte, come si è visto nel recente dibattito che abbiamo avuto proprio in questa Aula sulla legge contro l'omofobia e la transfobia, ci sono stati alcuni colleghi incapaci di fare una distinzione semplicemente tra il concetto di sesso, il concetto di genere, il concetto di orientamento sessuale, e qui si vede l'importanza di un'educazione, perché se non si hanno le basi per affrontare questo tipo di discorsi è difficile poi anche resistere, opporsi alle discriminazioni.
  Ora, all'interno di questo panorama, in cui sembra che il nostro Parlamento non riesca ad approvare delle leggi importanti, avevamo qualcosa, e questo qualcosa era la strategia portata avanti dal Ministro Fornero, che aveva all'epoca la delega alle pari opportunità, la quale con un decreto ministeriale ha adottato nel 2013 la strategia nazionale LGBT, a cui faccio riferimento proprio nell'interpellanza.
  Un impegno, quindi, preso a livello europeo dopo aver assegnato all'UNAR, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, anche l'attuazione di un programma di prevenzione e di contrasto per le discriminazioni legate all'orientamento sessuale e alle identità di genere. Quindi, un piano trasversale per combattere ogni tipo di discriminazione.
  L'UNAR, a partire da quel momento, ha cominciato ad occuparsi direttamente di questa strategia. La situazione attuale è che esistono delle risorse, la strategia è stata portata avanti, ci sono quattro assi: l'asse educazione-scuola, l'asse lavoro, l'asse media, l'asse sicurezza.
  Io, in questa interpellanza, mi riferisco soprattutto all'asse educazione-scuola, e per quale motivo ? Perché ho la sensazione che in realtà si stia assistendo in questo momento a un arresto, come se la strategia LGBT 2013-2015 non interessasse più il nostro Governo.
  Con una circolare, datata 20 marzo, quindi ieri, apprendo che il Governo ha annullato le giornate di formazione che erano state fissate per il 25 e il 26 marzo. Questo è un atto esplicito che mostra la volontà o la mancanza di volontà da parte del Governo di attuare questa strategia di prevenzione, perché si trattava effettivamente di giornate di formazione per poi poter avere una ricaduta a livello di formazione all'interno delle scuole.
  Allora, sottosegretario, che cosa sta succedendo ? Perché questa battuta d'arresto ? Stiamo tornando indietro ? Ancora ? Perché non potenziare l'UNAR, l'Ufficio Pag. 42nazionale antidiscriminazioni razziali ? Io sono convinta che il sottosegretario è molto sensibile a questi temi.
  Io però mi chiedo: come mai, cosa intende fare il Governo anche rispetto alle deleghe alle pari opportunità che per il momento non sono state ancora date e che sono direttamente in gioco quando si parla di tematiche di questo tipo ?
  Ora, io capisco perfettamente che ci sono tante urgenze nel nostro Paese; le interpellanze che abbiamo sentito parlavano di crisi occupazionale e di persone che non arrivano alla fine del mese, e sono tutti impegni presi dal nostro Governo per cambiare la situazione in Italia. Quello che mi chiedo però è come mai, nonostante queste urgenze siano reali ed effettive, altre urgenze vengano dimenticate. Perché ci sono delle persone a cui si risponde sempre nello stesso modo ? Perché le persone omosessuali e le persone transessuali devono da anni sentirsi rispondere che non è il buon momento ? Quando sarà il buon momento ? Se ci si limita semplicemente, con tutte le difficoltà legate al caso, ad affrontare le urgenze economiche, quando ci si occuperà delle urgenze dei diritti ? Quando l'Italia riuscirà a cercare di non essere più l'ultima della classe in Europa ?

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Teresa Bellanova, ha facoltà di rispondere.

  TERESA BELLANOVA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, la strategia nazionale per il contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere 2013-2015, definita all'interno del programma promosso dal Consiglio d'Europa e approvata con decreto ministeriale del 19 aprile 2013, consta di un piano pluriennale programmatico di azioni relative a quattro ambiti strategici di intervento, individuati sulla base dell'analisi della maggiori criticità quali: l'educazione e istruzione, il lavoro, la sicurezza e le carceri, i media e la comunicazione. Per ognuno di questi assi sono stati indicati i relativi obiettivi e le misure specifiche da mettere in campo per promuovere la parità di trattamento delle persone LGBT.
  La strategia rappresenta, pertanto, uno strumento di supporto delle politiche nazionali e locali nella materia in questione, nel rispetto degli obblighi assunti a livello internazionale ed europeo. In questa ottica, si è deciso di limitare il campo di azione alle misure attuabili a legislazione vigente.
  Per ciò che concerne l'attuazione della strategia, l'Ufficio UNAR operante presso il Dipartimento per le pari opportunità, in qualità di focalpoint nazionale della strategia, ha avviato una serie di azioni relative ai diversi assi prioritari.
  A sostegno della strategia, il Dipartimento per le pari opportunità ha sottoscritto, in data 19 dicembre 2012, un protocollo d'intesa e, in data 6 giugno 2013, il relativo accordo di collaborazione, con il comune di Torino, in qualità di segreteria nazionale della Rete READY (Rete nazionale delle Pubbliche Amministrazioni contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) per la realizzazione delle attività previste.
  Nell'ambito del citato accordo, è prevista la realizzazione di percorsi innovativi di formazione sulle tematiche della discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere, destinati alle figure apicali delle amministrazioni centrali e locali nei tre assi dell'educazione e istruzione: lavoro, sicurezza e carceri. Tali attività saranno realizzate a partire già dall'entrante primavera 2014.
  La formazione sarà condotta seguendo due diverse fasi temporali: la prima fase consiste nell'organizzazione di seminari a livello nazionale rivolti alle figure apicali delle amministrazioni centrali e delle loro articolazioni regionali; la seconda fase invece riguarderà la formazione delle figure apicali a livello regionale, provinciale e comunale mediante progetti pilota a livello territoriale (macroregionale). Si è scelto di coinvolgere in tali percorsi i vertici delle diverse amministrazioni pubbliche in quanto centri decisori in grado di orientare, a propria volta, progettualità ed Pag. 43azioni formative a cascata negli ambiti di competenza. Tali interventi si avvarranno della collaborazione tra amministrazioni centrali, amministrazioni locali, partner della rete READY e associazioni LGBT del gruppo nazionale di lavoro, con l'obiettivo di costruire e realizzare modelli di sperimentazione replicabili.
  Per ciò che attiene all'ambito educazione e istruzione, la formazione avrà l'obiettivo di fornire elementi di conoscenza ai partecipanti sui temi dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere e di presentare strumenti concettuali e operativi per creare contesti inclusivi, con particolare riferimento ai temi del bullismo omofobico e transfobico, nonché di riflettere sulle pratiche professionali. Per questo, in data 18 dicembre 2013, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato apposita circolare a tutti gli uffici scolastici regionali.
  I seminari formativi a livello nazionale, in collaborazione con le amministrazioni centrali competenti, saranno realizzati a Roma secondo il seguente calendario: asse sicurezza, in collaborazione con l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori – Ministero dell'interno: 2 e 3 aprile, 15 e 16 aprile prossimi venturi; asse lavoro, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il coinvolgimento delle parti sociali: 20 e 21 maggio prossimi venturi; asse educazione e istruzione, in collaborazione con il MIUR: da pianificare a breve.
  Il citato accordo prevede, per l'asse media e comunicazione, la realizzazione di una piattaforma web istituzionale di supporto agli addetti ai lavori e di informazione alla cittadinanza, attraverso la messa a disposizione di materiale documentale e bibliografico, anche in formato multimediale, di strumenti e modelli di intervento, di materiali didattici e buone pratiche.
  Sempre nell'ambito dell'asse media e comunicazione, si rappresenta che, a partire dal mese di ottobre 2013, il Dipartimento per le pari opportunità e l'UNAR hanno realizzato un progetto di informazione, formazione e sensibilizzazione, finanziato dal Consiglio d'Europa, rivolto ai giornalisti, ai fini di favorire una informazione corretta sulle tematiche LGBT. Nell'ambito del progetto sono stati realizzati quattro seminari nazionali rivolti a giornalisti professionisti e uffici stampa istituzionali, in collaborazione con l'agenzia «Redattore Sociale». I seminari, che si sono tenuti nel mese di ottobre 2013 nelle città di Milano, Roma, Napoli e Palermo, hanno ottenuto il patrocinio dell'ordine nazionale dei giornalisti e degli ordini regionali competenti nonché della Federazione nazionale della stampa italiana, ed hanno visto la partecipazione, in qualità di relatori, di giornalisti professionisti, docenti universitari, esperti della materia. Il progetto ha previsto, inoltre, moduli di formazione nelle scuole di giornalismo italiane riconosciute dall'ordine dei giornalisti sulle tematiche LGBT.
  Al termine del ciclo dei seminari nazionali, sono state redatte e pubblicate le linee guida per un'informazione rispettosa delle persone LGBT, quale utile strumento di ausilio e supporto per operatori dell'informazione (giornalisti professionisti e uffici stampa istituzionali) interessati ad una trattazione corretta sui media delle tematiche riguardanti le persone LGBT. Tali linee guida, prive di qualsiasi carattere di cogenza o vincolatività, sono state corredate da un glossario, a cura della rete READY, già pubblicato all'interno della «strategia nazionale LGBT».
  Inoltre, in attuazione del protocollo d'intesa tra il Ministro pro tempore con delega alle pari opportunità e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rinnovato il 30 gennaio 2013, ogni anno è previsto lo svolgimento delle attività della «Settimana nazionale contro ogni forma di violenza e discriminazione», che coinvolge studenti, docenti e famiglie delle scuole di ogni ordine e grado del territorio nazionale. Le attività includono specifici interventi di sensibilizzazione e formazione per il contrasto delle diverse forme di bullismo, compreso il bullismo a sfondo omofobico e transfobico, e sono realizzate in collaborazione con le istituzioni scolastiche e le associazioni. In occasione dell'ultima edizione della Settimana Pag. 44nazionale, è stata lanciata il 9 ottobre 2013, alla presenza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Viceministro delegato alle pari opportunità, la campagna informativa «Tante diversità, uguali diritti» del MIUR e del Dipartimento per le pari opportunità.
  Si tratta di un'ampia campagna informativa sulle pari opportunità e sulla lotta contro le discriminazioni e la violenza, composta da cinque fascicoli informativi nei quali vengono affrontate specifiche tematiche, quali l'inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali, l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, il contrasto al bullismo e al cyber-bullismo, l'uguaglianza di genere, l'omofobia.
  In attuazione del citato protocollo, è stato di recente siglato, il 30 dicembre 2013, un accordo di collaborazione con il MIUR e si sta provvedendo ad elaborare il Piano delle attività comuni, in previsione della prossima edizione della Settimana nazionale. Si evidenzia, infine, che, in attuazione degli obiettivi strategici e delle misure della Strategia, il Dipartimento per le pari opportunità, mediante l'UNAR, ha avviato le attività per la realizzazione di due progetti pilota a livello nazionale sulla specifica condizione delle persone transgender.
  Il primo, in attuazione di quanto previsto nell'asse sicurezza e carceri, riguarda le condizioni delle persone transgender nelle carceri (condizioni di vita, accesso alla salute, rapporti con gli operatori penitenziari e con la popolazione dei detenuti) e prevede corsi di formazione sulle tematiche LGBT e specifici servizi di assistenza psicologica e sanitaria. Il secondo, in attuazione di quanto previsto nell'asse lavoro, è finalizzato al sostegno delle persone transgender nel processo di transizione e all'inclusione socio-lavorativa.

  PRESIDENTE. La deputata Marzano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per la disponibilità e per la ricchezza di informazioni che mi ha fornito. Io, però, non riesco a dichiararmi soddisfatta e cerco di spiegarmi.
  Lei è stata molto esaustiva per quanto riguarda una serie di assi della strategia LGBT, in particolar modo per l'asse lavoro, per l'asse sicurezza e per l'asse media, mi sembra non soltanto rispetto a ciò che è stato fatto, perché lei ha anche dato una serie di informazioni su ciò che si intende fare.
  Allora, ho notato – ho preso appunti –, per quanto riguarda l'asse sicurezza, che saranno organizzate delle giornate il 2 e il 3 aprile; per quanto riguarda il lavoro, il 20 e 21 maggio; per quanto riguarda i media, mi sembra che si stia andando avanti per quanto riguarda un'informazione che sia corretta. Il problema è che, però, per quanto concerne l'oggetto specifico della mia interpellanza, cioè l'asse educazione-istruzione, le informazioni che lei mi ha dato non sono affatto soddisfacenti: riguardano il passato e non il futuro. Lei ha parlato di date molto precise per quanto riguarda gli altri assi, mentre, parlando dell'asse educazione-istruzione, lei mi dice che ci saranno giornate da pianificare a breve.
  «Giornate da pianificare a breve» è una di quelle espressioni molto vaghe che vogliono dire tutto e niente al tempo stesso, soprattutto se, come è vero – lo avevo già detto nel momento in cui stavo illustrando l'interpellanza –, vi è stata nella giornata di ieri una comunicazione, una circolare emanata dal Governo, in cui si annullavano le giornate di formazione del 25 e del 26 marzo.
  Allora, sentire dire che verranno pianificate a breve delle attività e, al tempo stesso, sapere che ieri sono state annullate le giornate del 25 e del 26 marzo, è qualcosa che mi lascia perplessa. Ma continuiamo, perché vi sono anche altri elementi di criticità che riscontro.
  Per esempio, nessun riferimento è stato fatto a quello che si chiama il prodotto Beck, cioè quel prodotto che era stato chiesto dal Dipartimento per le pari opportunità, dall'UNAR, per poter effettivamente Pag. 45utilizzare e avere degli strumenti critici per portare avanti un discorso contro le discriminazioni all'interno delle scuole. L'istituto Beck aveva creato un opuscolo: questo opuscolo non è stato mai distribuito alle scuole. Credo che noi siamo ancora in attesa, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di un accordo, nonostante il Dipartimento per le pari opportunità avesse riferito all'istituto Beck di essere completamente soddisfatto del prodotto in questione.
  Allora, io mi chiedo qual è effettivamente la direzione che questo Governo intende prendere. Intende portare avanti realmente un programma di formazione, sapendo che io mi riferisco ad un rapporto che è stato fatto, una ricerca realizzata dall'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Unione europea ? Questa ricerca è stata effettuata nel 2012. Io mi limito a dare qualche dato: il 96 per cento delle persone LGBT riferisce di sentire commenti e scherzi denigratori; il 91 per cento è confrontato ad un linguaggio offensivo; il 79 per cento è confrontato ad espressioni di odio (l’hate speech a cui facevo riferimento prima). Ma soprattutto il dato interessante, per me, è che il 96 per cento delle persone LGBT si sentirebbe a suo agio se nelle scuole venisse promosso efficacemente il rispetto.
  Ora io lo ripeto, anche se rischio di essere noiosa e ripetitiva: lei mi ha parlato in maniera molto dettagliata di strategie per quanto riguarda gli altri assi (sicurezza, lavoro, media). Ma l'asse formazione, che è il più importante, perché tutto nasce da lì, quell'asse sembra lasciato da parte, come se si cedesse poi, in fondo, ad una serie di critiche, pur non capendo cosa c’è alla base di queste discriminazioni, non capendo nemmeno il significato del termine stesso «orientamento sessuale». Infatti, noi ci troviamo di fronte a questo paradosso: colleghi, qui, parlamentari, durante i dibattiti, confondevano il concetto di orientamento sessuale con il concetto di identità di genere.
  Allora, noi abbiamo un vero problema culturale. È per questo che mi chiedo che fine ha fatto il prodotto Beck, che fine fa la formazione diretta degli insegnanti, che devono spiegare ai nostri bambini, ai nostri ragazzi, alle nostre ragazze, alle nostre bambine, da subito, il fatto che essere attirati da persone dello stesso sesso non è qualcosa contro natura, è un'altra modalità di essere al mondo. Io chiedo questo alle scuole e lo chiedo come attuazione di questa strategia LGBT.
  Allora, sottosegretario, la ringrazio ancora una volta per tutte le informazioni che lei ci ha dato, ma inviterei veramente il Governo, da un lato, ad attribuire le deleghe per le pari opportunità, perché le tematiche sono particolarmente complesse, ce ne sono tante, e, dall'altro lato, invito anche il Ministero dell'istruzione a farsi carico di questa tematica fondamentale, sapendo che per prevenire noi dobbiamo diffondere la cultura. E l'unico modo per diffondere la cultura è quello di insegnare a trovare le parole per dire le cose. È soltanto nel momento in cui si insegna a trovare le parole per dire le cose che noi possiamo permettere di resistere a chi è sottoposto a gesti e a parole di discriminazione, possiamo quindi insegnare loro a resistere. Noi abbiamo un problema di resistenza, di accettazione, di tolleranza, e, da questo punto di vista, io spero veramente che si riuscirà a far uscire l'Italia da questa condizione di ultima della classe in Europa.

(Intendimenti circa la sospensione delle procedure di attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie nelle otto sedi di tribunale individuate dal decreto ministeriale del 13 settembre 2013 – n. 2-00410)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Andrea Romano n. 2-00410, concernente intendimenti circa la sospensione delle procedure di attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie nelle otto sedi di tribunale individuate dal decreto ministeriale del 13 settembre 2013 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Monchiero se intenda illustrare l'interpellanza di cui è Pag. 46cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, illustro brevissimamente, anche perché l'interpellanza è piuttosto datata e perfettamente a conoscenza del sottosegretario. Aggiungerei soltanto che gli eventi successivi a questa interpellanza non segnalano nessun cambiamento rispetto alle aspettative che in essa sono illustrate.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nel rispondere all'interpellanza è opportuno preliminarmente puntualizzare che il Ministro della giustizia, con il DM 13 settembre 2013, ha disposto, in attuazione dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, ed acquisiti i pareri dei presidenti di tribunale dei consigli giudiziari e dei consigli forensi interessati, l'utilizzazione degli immobili, già adibiti a servizio di otto uffici giudiziari soppressi, a beneficio degli uffici giudiziari accorpanti. Ho fatto questa premessa perché tra questi uffici giudiziari c’è anche il tribunale di Alba. Tale utilizzazione potrà avere luogo, per il periodo strettamente necessario allo smaltimento dell'arretrato e in ogni caso per non oltre due anni, in presenza di specifiche ragioni organizzative o funzionali. Il decreto ministeriale 13 settembre 2013 è, pertanto, un provvedimento volto a favorire l'attuazione della riforma essendo diretto a risolvere, per alcune sedi giudiziarie, le problematiche derivanti dalla provvisoria carenza di spazi da destinare ad usi giudiziari presso le sedi accorpanti.
  Con riferimento al caso in esame, il Ministro ha autorizzato, per il periodo strettamente necessario allo smaltimento delle cause arretrate pendenti alla data del 13 settembre 2013 in materia civile, di lavoro, di previdenza e di assistenza obbligatoria, e comunque non superiore a due anni, l'utilizzo al servizio del tribunale di Asti dei locali già ospitanti il tribunale di Alba, individuato sulla base di un criterio oggettivo consistente nell'avere, il suo circondario, un bacino di utenza superiore a 180 mila abitanti. In un primo momento il presidente del tribunale di Asti ha comunicato a questo Ministero di non avere più necessità di utilizzare i locali del tribunale di Alba avendo individuato, tramite contatti con il sindaco di Asti, altri locali. Scusate, ma ripercorro i vari passaggi per far comprendere l'operato del Ministero della giustizia e anche l'attenzione sulla base, appunto, delle istanze che provenivano dal capo dell'ufficio giudiziario accorpante che era quello di Asti. Peraltro, in un momento successivo, in data 14 febbraio 2014, il presidente del tribunale di Asti, che è appunto il tribunale che ha accorpato l'ex tribunale di Alba, sentito il sindaco di Alba e considerato il verbale dell'assemblea straordinaria del Consiglio dell'ordine forense di Alba dell'11 febbraio 2014, ha deciso di disporre il differimento della chiusura del presidio di Alba fino al 16 giugno 2014, per la trattazione delle cause suddette, in modo da rendere possibile il totale esaurimento nella sede di Alba del contenzioso già pendente alla data del 13 settembre 2013, che era la data indicata originariamente dal decreto legislativo.
  Sotto un profilo squisitamente giuridico, evidenzio che il decreto ministeriale del 13 settembre 2013 costituisce un atto amministrativo di carattere generale che è espressione di potestà amministrativa di cura degli interessi pubblici avente natura autorizzatoria. I provvedimenti di temporaneo utilizzo dei locali degli uffici soppressi a servizio degli uffici accorpanti devono intendersi espressione di una procedura, non di carattere eccezionale, bensì ordinaria, fondandosi su una specifica fattispecie prevista dal legislatore delegato per consentire, nel periodo di transizione, una migliore funzionalità degli uffici interessati. L'autorizzazione concessa dal citato decreto si limita, però, a riconoscere Pag. 47al capo dell'ufficio giudiziario accorpante la facoltà di utilizzare i locali già sede dell'ufficio giudiziario soppresso.
  Tale facoltà non concreta un obbligo e rientra nei normali poteri organizzatori riservati ai capi degli uffici giudiziari.
  La tesi, che ho cercato di esporre fino a questo momento, è quella sostenuta da questo Ministero nell'ambito dei giudizi celebrati innanzi agli organi di giustizia amministrativa aditi sulla questione ed ha trovato puntuale riscontro in alcune pronunce dei tribunali amministrativi regionali: cito, ad esempio, il TAR Liguria, su una fattispecie concernente la soppressione del tribunale di Sanremo, laddove il giudice ha affermato che il decreto ministeriale adottato sulla base dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012 « (...) non comporta l'obbligo del beneficiario di avvalersi delle facoltà da esso previste».
  Pertanto, allo stato, non vi sono motivi per ritenere che le determinazioni assunte dal presidente del tribunale di Asti non siano conformi alla disciplina contenuta nell'articolo 8 già ampiamente citato.
  Per quanto concerne l'altro profilo evidenziato nell'interpellanza, quello relativo alle procedure per il trasferimento del personale amministrativo in servizio presso i predetti uffici giudiziari, evidenzio quanto segue.
  A decorrere dal 14 settembre 2013 (data in cui è divenuto efficace il citato decreto ministeriale), il tribunale di Asti ha assorbito, non solo le competenze, ma anche il personale amministrativo dell'ufficio di Alba: da tale data, il personale già in servizio ad Alba (parlo di 23 dipendenti di ruolo) è confluito ex lege, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del citato decreto legislativo n. 155 del 2012, nell'organico del tribunale accorpante (Asti), incrementandone le presenze complessive. Nel contempo, in funzione di detto accorpamento, la dotazione organica prevista per il tribunale di Asti è stata aumentata, con decreto ministeriale 25 aprile 2013, da 37 a 71 unità. Allo stato, nel tribunale di Asti sono in servizio 62 risorse umane complessive (ivi comprese le unità già in servizio ad Alba) con una scopertura pari al 12,68 per cento.
  Peraltro, si è anche provveduto a dettare le necessarie disposizioni per garantire il funzionamento dei servizi giudiziari in quei locali di quegli uffici giudiziari che, pur essendo stati accorpati ad altri uffici, continuano ad essere utilizzati temporaneamente per lo smaltimento delle cause pendenti (così come sta avvenendo per Alba sulla base dell'ultimo provvedimento del presidente del tribunale di Asti del 14 febbraio scorso). A tal fine, il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia ha disposto, in data 6 settembre 2013, che la dirigenza dell'ufficio accorpante individuasse, nell'ambito della dotazione organica complessiva, il numero di dipendenti da assegnare alle articolazioni territoriali per le quali era stato ottenuto il decreto autorizzativo. Nella medesima direttiva, si è anche precisato che l'immobile «mantenuto» diviene un'articolazione dell'ufficio accorpante e pertanto, nel caso in esame, le unità di personale assegnate temporaneamente presso l'edificio di Alba restano formalmente incardinate nella dotazione organica del tribunale di Asti.
  In tale contesto e contemporaneamente, sono state dettate le altre indispensabili disposizioni, ovviamente valevoli per tutto il territorio nazionale, finalizzate a redistribuire il personale tra gli uffici interessati dalla riforma ed a garantire il diritto di coloro che hanno perso la loro sede di lavoro (perché soppressa) a scegliere, nell'ambito del distretto di appartenenza, una nuova sede, anche tra quelle diverse dall'ufficio accorpante purché aventi dei posti vacanti. In particolare, in funzione della revisione della geografia giudiziaria, è stato sottoscritto, tra l'amministrazione e le organizzazioni sindacali, l'accordo del 9 ottobre 2012, che prevede una serie di procedure volte a redistribuire le risorse umane, alla luce del nuovo assetto degli uffici sul territorio.
  Ai sensi di tale accordo, il Ministero ha pubblicato, il 15 ottobre 2012, un interpello distrettuale riservato al personale Pag. 48perdente posto negli uffici soppressi affinché potesse scegliere, nell'ambito del distretto di appartenenza e tra le sedi dove vi erano posti vacanti, una nuova sede di lavoro più rispondente alle proprie esigenze. Successivamente, tenuto conto del notevole lasso di tempo trascorso dalla pubblicazione del predetto interpello, si è reso necessario, in occasione della notifica del provvedimento di trasferimento agli interessati, avvenuta il 26 febbraio 2014, assegnare ai dipendenti coinvolti, di tutto il territorio nazionale, un termine di tre giorni per eventuali revoche. Tale termine è stato individuato in analogia con quello previsto dall'articolo 7 dell'accordo del 27 marzo 2007 per le procedure ordinarie di trasferimento a domanda. All'esito dell'interpello anzidetto e per quanto è di interesse alla presente interpellanza, sette dipendenti già in servizio ad Alba hanno ottenuto il trasferimento ad altri uffici del distretto di Torino ed hanno assunto servizio nei nuovi uffici il 17 marzo 2014. Nel contempo, entro la medesima data, due unità sono entrate a far parte dell'organico del tribunale di Asti, provenienti da altri uffici giudiziari.
  Peraltro, per non compromettere il funzionamento dei servizi tuttora operativi negli immobili per i quali è stato autorizzato l'utilizzo (nel caso specifico Alba), con direttiva dell'11 marzo 2014 il capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia ha invitato gli organi di vertice distrettuale a disporre, previa intesa con i presidenti dei tribunali interessati, che il personale amministrativo ora trasferito rimanga in servizio, sulla base di appositi provvedimenti di applicazione, negli uffici di provenienza continuativamente fino al termine di funzionamento della vecchia sede di lavoro. In tal modo, sono state contemperate e salvaguardate le opposte esigenze, da un lato, dei dipendenti, che vedono così garantito il loro diritto al trasferimento e, dall'altro, quelle dell'amministrazione, che deve continuare ad assicurare il funzionamento delle strutture giudiziarie ancora aperte.
  In conclusione, i provvedimenti adottati dal presidente del tribunale di Asti non appaiono in contrasto con la normativa vigente e le disposizioni di questa amministrazione relative al trasferimento del personale amministrativo hanno cercato di attuare, nei limiti delle risorse disponibili, un equilibrato e legittimo contemperamento degli interessi coinvolti anche al fine di dare attuazione alla riforma della geografia giudiziaria.
  Naturalmente, le competenti articolazioni del Ministero continueranno a monitorare – e questo è l'impegno che voglio risottolineare e ribadire all'onorevole Monchiero – l'attuazione della riforma per l'effettiva realizzazione degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione nell'organizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale e dunque anche per quanto riguarda – nello specifico – gli uffici oggetto dell'interpellanza.
  Verranno seguiti costantemente gli effetti della riforma e verrà valutata nel prossimo futuro l'eventuale necessità di interventi correttivi entro i termini previsti dalla legge delega, tenendo nel massimo conto i contributi che vorranno fornire le forze politiche e tutti i soggetti interessati.
  Mi scuso se mi sono dilungato, però era necessario ricostruire tutti i passaggi ministeriali dando atto, appunto, che occorre da una parte tutelare i diritti dei lavoratori e dall'altra garantire il funzionamento dell'ufficio e, proprio alla luce del provvedimento ministeriale, è giusto che anche presso l'ufficio giudiziario di Alba si salvaguardi il funzionamento nei limiti del decreto che è stato emanato dal Ministro.

  PRESIDENTE. Il deputato Monchiero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, ovviamente no, ma devo riconoscere che l'impegno assunto nell'ultima frase del sottosegretario va nella direzione che noi – nel senso di rappresentanti delle aree interessate a queste operazioni, in particolare, degli otto tribunali oggetto del decreto del 13 settembre – auspicavamo.
  Signor sottosegretario, la riforma parte da principi in gran parte condivisibili, ma Pag. 49come spesso accade, contiene qualche piccolo errore, qualche incidente di percorso. Il decreto del 13 settembre, individuando otto tribunali degni di una particolare monitorizzazione, lasciava aperta la speranza che si volessero correggere questi evidenti errori di percorso.
  Io immagino che la volontà politica del Ministro e dei sottosegretari vada in questa direzione, che è stata, però, ostacolata nell'ultimo anno dall'apparato burocratico, che si è mosso nella difesa totale del proprio precedente operato. Questa incapacità della nostra burocrazia di correggere anche i propri errori quando sono assolutamente evidenti, rimane uno dei punti di debolezza del nostro Paese.
  Questa è una vicenda emblematica, signor sottosegretario: io spero che, poiché la vicenda è emblematica, si voglia, nei termini previsti dalla legge delega, giungere ad una effettiva correzione di qualcuna di queste sviste del nostro programmatore. Grazie comunque per la cortese risposta.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Savini-San Giuseppe» di Teramo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Elementi ed iniziative in merito a gravi episodi di maltrattamento di detenuti presso gli istituti penitenziari, con particolare riferimento al carcere di Poggioreale – n. 2-00407)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Morani n. 2-00407, concernente elementi ed iniziative in merito a gravi episodi di maltrattamento di detenuti presso gli istituti penitenziari, con particolare riferimento al carcere di Poggioreale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Marzano se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, come lei sa, l'oggetto di questa interpellanza è quello di sollecitare l'attenzione del Governo su un fenomeno inquietante. Sono state fatte una serie di inchieste e ci si è resi conto che, in poco più di un decennio, ci sono stati ben 2.230 detenuti morti. Certo, alcuni di questi detenuti sono morti di morte naturale; ma molte – troppe – sono morti che sono legate a suicidi, sono morti che sono legate a violenze subite all'interno delle carceri, sono morti legate a fenomeni di malasanità. È noto il caso del carcere di Napoli, Poggioreale, dove violenze e pestaggi hanno addirittura obbligato la magistratura ad aprire un'inchiesta.
  L'oggetto di questa interpellanza è per sapere se il Governo è a conoscenza di questo tipo di fenomeni, sottosegretario Ferri, e cercare di capire anche cosa il Governo intenda fare non soltanto per contrastare ex post questo tipo di fenomeni, ma, soprattutto, per prevenire queste situazioni, per evitarle; e, quindi, quali sono le azioni concrete che possono essere portate avanti dal Governo per garantire il rispetto dei più elementari diritti umani dei detenuti. Perché, certo, un detenuto si trova in prigione per scontare una pena, ma non per questo perde ogni diritto, anzi, in quanto persona, i diritti fondamentali devono essere protetti, devono essere tutelati.
  Lei sa meglio di me che la situazione delle carceri italiane è una situazione molto precaria, ce lo ha ricordato ultimamente la Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha anche condannato l'Italia per la situazione grave in cui si trova: sovraffollamento delle carceri, sofferenze fisiche e psichiche dei prigionieri.
  Lei, anche qui, sa meglio di me, sottosegretario, che il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio. Lei sa meglio di me che ci sono molte obiezioni che vengono fatte sulla necessità della certezza della pena – non cerchiamo di tornare adesso su elementi di base della filosofia del diritto –, ma la domanda che io faccio al Governo, ribadendo domande che sono state già Pag. 50fatte al Governo più volte è: di quale pena stiamo parlando ? Non c’è possibilità anche di pene alternative ?
  Non sarebbe il momento di arrivare, anche in Italia, a riformare il sistema della giustizia per arrivare a incarnare una vera e propria nuova filosofia della pena ? Io so che l'impegno da parte del Governo, da parte del Ministero della giustizia, va in questo senso, da un certo numero di mesi; era stato cominciato dal precedente Ministro e viene continuato dall'attuale Ministro Orlando. Sappiamo che già in Aula, se non la settimana prossima, fra due settimane, dovrebbe arrivare la proposta di legge sulla messa alla prova.
  Io però chiedo al Governo quali misure puntuali intenda prendere su un altro versante, cioè per quanto riguarda la formazione e la sensibilizzazione della polizia penitenziaria. Ancora una volta, rischio di ripetermi anche rispetto ad altri interventi, io sono profondamente convinta che l'unico modo per prevenire, e quindi non soltanto punire e constatare ex post situazioni di degrado, sia quello di insistere sulla formazione del personale che lavora nelle carceri per cercare di far capire che non è perché una persona si trova in carcere per scontare una pena che perde determinati diritti che sono, poi, i diritti fondamentali di ogni essere umano.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, devo dire che l'onorevole Marzano, in maniera sempre incisiva, efficace e brillante, ha esposto un problema serio a cui il Governo presta grande attenzione, e lo sta facendo con il massimo impegno. Lunedì il Ministro della giustizia volerà a Bruxelles proprio a parlare di questo tema, quello del sovraffollamento carcerario, e a dare le risposte che l'Europa ci chiede, che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha già indicato, e che necessitano di provvedimenti concreti. La strada che stiamo percorrendo è la strada giusta, è una strada che guarda verso diverse prospettive e soluzioni. Sono più misure che, insieme, dovrebbero arrivare a portare a quel risultato che è quello di risolvere il problema che ormai tutti chiamiamo del sovraffollamento carcerario.
  Alcune delle soluzioni – e bisogna darne atto a questo Parlamento, alla Camera, Senato, siamo ora in terza lettura – le ha trovate la politica in sede legislativa dando delle soluzioni. L'onorevole Marzano ha già citato la messa alla prova, in quel provvedimento è prevista una seria depenalizzazione, ci sarà la sospensione del procedimento per gli irreperibili, ma soprattutto l'istituto della messa alla prova, che è un istituto che noi recepiamo dal processo minorile e che funziona, sta funzionando e ha funzionato nel processo minorile, e che dovrebbe, da una parte garantire la certezza della pena, dall'altra garantire la rieducazione del condannato e quindi seguire quello che la nostra Carta costituzionale, all'articolo 27, ci indica.
  Questo però non ci deve esimere dal vigilare, dal controllare e dal seguire con la massima attenzione quello che avviene all'interno degli istituti penitenziari e, quindi, riguardo a questo nell'interpellanza si citano quattro casi specifici sui quali, oggi, voglio rispondere ai deputati che li hanno evidenziati e premettere che è importante garantire i diritti umani. Ha ragione l'onorevole Marzano, i diritti umani e le dignità umana devono essere garantiti anche a chi è ristretto nei nostri istituti; deve essere garantita non solo la dignità umana, ma anche il diritto alla salute. Noi però dobbiamo anche valorizzare quello che c’è di positivo, quando si parla di diritto alla salute, cioè i presidi sanitari all'avanguardia, molto importanti, che esistono anche all'interno delle nostre strutture penitenziarie, oppure la sinergia che c’è con le regioni.
  Perché poi quando si parla di Servizio sanitario nazionale – sapete meglio di me – la competenza è regionale, quindi ci sono dei protocolli davvero molto efficaci anche con le regioni, in particolare in alcune zone, che comunque cercano di contribuire e di garantire il diritto alla Pag. 51salute a chi è arrestato, da una parte. Dall'altra, però dobbiamo anche garantire i diritti di chi lavora all'interno degli istituti, pensiamo agli educatori, agli psicologi, alla polizia penitenziaria, perché quando si parla, ahimè, di morti all'interno degli istituti noi dobbiamo riflettere e talvolta anche fare autocritica per migliorare, però dobbiamo pensare anche a chi si toglie la vita, perché ci sono le morti naturali e poi ci sono purtroppo quelli che si tolgono la vita e purtroppo, se andiamo a vedere, è capitato non solo a chi è detenuto, ma anche a diversi agenti di polizia penitenziaria. Quindi questo è un quadro di fronte al quale dobbiamo davvero tutti insieme, Governo e forze politiche, trovare delle soluzioni e garantire i diritti di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, hanno a che fare con il nostro circuito penitenziario.
  Si citano alcuni episodi specifici nell'interpellanza a cui voglio rispondere, rappresentando però preliminarmente che dai dati in possesso del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria risulta che nell'ultimo decennio 2003-2013 si sono registrati – sono numeri che ci devono far riflettere – 1.671 episodi di decesso, di cui 581 casi di suicidio e 1.090 casi di morte naturale. I dati indicati nell'interpellanza parlavano di 2.230, in realtà sono dati che non trovano riscontro perché i dati esatti sono questi che sto indicando.
  La video-inchiesta citata dagli interpellanti riguarda poi quattro casi specifici. Il primo è quello di Marcello Lonzi, morto nel carcere di Livorno nel 2003. Su di esso risultano avviate due inchieste penali, rispettivamente dalla procura della Repubblica di Livorno e dalla procura della Repubblica di Genova, su richiesta della madre del detenuto. Queste indagini si sono concluse entrambe con l'archiviazione. Anche l'Amministrazione penitenziaria ha effettuato un'indagine e da essa non sono emerse responsabilità a carico degli operatori penitenziari, perché la morte è risultata essere avvenuta per cause naturali.
  Le risultanze degli esami autoptici disposti dall'autorità giudiziaria hanno escluso la causa violenta del decesso, essendo stato accertato che le caratteristiche morfologiche e la peculiare disposizione delle tre ferite lacero-contuse presenti al volto, cito testualmente, «fanno fondatamente ritenere che esse si siano contemporaneamente prodotte a seguito dell'urto violento contro una superficie spigolosa», mentre «le alterazioni riscontrate a livello del cuore sono di per sé più che sufficienti a suffragare l'ipotesi di una morte naturale cardiaca. La morte del Lonzi è da attribuire ad evento naturale, con maggiore probabilità, ad una aritmia maligna, che ha determinato la insufficiente irrorazione cerebrale, cui ha fatto seguito una brusca perdita di coscienza del soggetto, che in tal modo è andato ad urtare frontalmente contro lo stipite della porta della cella senza aver avuto il tempo di mettere in atto alcun meccanismo di difesa». Ho citato quello che risulta nelle perizie e negli atti giudiziari.
  Il secondo episodio riguarda la morte di Federico Perna – già ho risposto in Parlamento su un'altra interpellanza che riguardava questo caso –, morte avvenuta l'8 novembre 2013 presso il carcere di Napoli Poggioreale. Secondo il referto redatto nell'immediatezza dal sanitario del pronto soccorso interno al penitenziario, sarebbe avvenuta per «sospetto ictus». Risulta, inoltre, che durante la detenzione il Perna era stato seguito con regolarità sia dai sanitari che dal SERT, in quanto ex tossicodipendente, e dalla copia del diario clinico e della cartella di osservazione si evince, con riferimento all'ultimo periodo detentivo trascorso a Poggioreale dal 13 luglio 2013 alla data del decesso, che 31 erano stati gli interventi sanitari effettuati nei suoi confronti.
  Inoltre, nel precedente periodo di detenzione presso l'istituto di Napoli Secondigliano, dal 7 agosto 2012 al 12 luglio 2013, era stato visitato ben 85 volte da vari medici generici e specialistici. Pertanto, allo stato, risulta che la causa della morte di Federico Perna è stata un ictus a carico di una persona che da tempo si trovava in precarie condizioni di salute. Si deve, però, attendere, per verificare più approfonditamente Pag. 52la correttezza di questi primi accertamenti, il definitivo completamento delle indagini preliminari ancora in corso e coperte dal segreto. Di più, quindi, non posso dire e non so, perché c’è il segreto.
  Il terzo caso riguarda il decesso di Carlo Saturno, avvenuto il 7 aprile 2011 nell'istituto penitenziario di Bari. Le indagini ispettive svolte hanno escluso la commissione di abusi o azioni violente da parte del personale di polizia penitenziaria ai danni del detenuto. L'assenza di condotte abusive è stata confermata dagli esiti delle indagini effettuate dalla procura della Repubblica e dall'esame autoptico che ha escluso la presenza di lesioni sul corpo del detenuto, confermando l'ipotesi del suicidio per soffocamento.
  Il quarto episodio descritto nella video-inchiesta, verificatosi presso l'istituto di Asti, vede, invece, il personale di polizia penitenziaria coinvolto in fatti di violenza in danno di detenuti. Il relativo procedimento penale, instaurato nei confronti di quattro appartenenti alla polizia penitenziaria per maltrattamenti ai danni di un detenuto, si è concluso con la prescrizione. Essendo tuttavia stati accertati i fatti in sede penale, il personale è stato perseguito disciplinarmente e punito con l'irrogazione, per due agenti, della sanzione grave della destituzione e, per gli altri due, della sanzione della sospensione dal servizio per sei mesi.
  Quanto poi all'affermazione, contenuta nella video-inchiesta, di celle dove si verificherebbero delle violenze, in particolare relativamente al richiamo della presenza di una «cella zero» presso l'istituto penitenziario di Napoli Poggioreale, si rappresenta che sono in corso indagini giudiziarie ed amministrative, volte non solo ad accertare le cause del decesso del detenuto Perna ma, alla luce delle denunce nel frattempo pervenute da ex detenuti e dal Garante dei diritti dei detenuti della Campania, anche a verificare la regolarità della gestione della popolazione ivi detenuta.
  Ciò chiarito sugli specifici fatti richiamati nell'interpellanza, non va comunque trascurata la complessità del sistema penitenziario che soffre, purtroppo, di rilevanti criticità, dovute al sovraffollamento, alle carenze degli organici, alla vetustà di molte strutture, a situazioni conflittuali e a tensioni non sempre di facile gestione.
  A tale riguardo, si evidenzia che di recente sono state adottate importanti misure organizzative, volte alla costruzione di un nuovo modello di detenzione, fondato sulla differenziazione dei circuiti regionali – e questo è molto importante – e sull'adozione della cosiddetta sorveglianza dinamica.
  Tale modello, distinguendo le strutture penitenziarie per tipologia detentiva, prevede la redistribuzione dei detenuti aventi caratteristiche simili, con conseguenti percorsi trattamentali ad hoc e l'adozione, nei confronti dei detenuti appartenenti al circuito ordinario, di un sistema che contempla l'apertura degli spazi per un minimo di otto ore giornaliere, apertura che, da un lato, consente di stemperare le tensioni derivanti da una forzata permanenza in cella e, dall'altro, consente agli operatori penitenziari, grazie alla maggiore presenza dei detenuti in spazi ed ambienti comuni, di acquisire una più approfondita conoscenza della persona. È importante anche ai fini del monitoraggio di eventuali situazioni di rischio, con il valore aggiunto di una maggiore sicurezza degli ambienti detentivi e di una riqualificazione del lavoro della polizia penitenziaria.
  Questo nuovo modello organizzativo, che migliora le condizioni sia detentive che operative, sembra sortire gli effetti sperati, considerato che i dati sugli eventi critici risultano complessivamente in diminuzione. Questo modello, quindi, basato appunto sul controllo e sulla sicurezza all'interno, ma nello stesso tempo sulla possibilità di dare più spazio a chi vive all'interno delle celle, uno spazio inteso anche come tempo fuori dalla cella, risulta un modello nuovo ed efficace.
  Infine, quanto all'opportunità richiamata dagli interpellanti di rendere gli istituti di pena più trasparenti e garantire il rispetto dei più elementari diritti dei Pag. 53detenuti, si rappresenta che l'ordinamento penitenziario non solo prevede un organo indipendente, rappresentato dalla magistratura di sorveglianza, che vigila sull'organizzazione degli istituti penitenziari e sulla corretta esecuzione della pena, ma, all'articolo 67, riconosce ad una molteplicità di figure istituzionali, terze rispetto all'amministrazione penitenziaria, di visitare liberamente gli istituti penitenziari. Di recente l'elenco di tali figure istituzionali è stato integrato con l'inserimento del Garante dei diritti dei detenuti. In particolare, il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, ha istituito la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che va, tra l'altro, ad aggiungersi ad altre figure già esistenti, che sono quelle dei garanti territoriali, e tra i cui compiti – e parlo dei compiti della figura del nuovo Garante nazionale dei diritti dei detenuti – vi è quello di vigilare affinché l'esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati e dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale sia attuata in conformità ai principi stabiliti dalla Costituzione ed alle Convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall'Italia nonché alle norme dell'ordinamento giuridico interno.

  PRESIDENTE. La deputata Marzano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Morani ed altri n. 2-00407, di cui è cofirmataria.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, sottosegretario Ferri, la sua risposta è stata molto precisa, molto dettagliata e quindi la ringrazio particolarmente per tutte le informazioni che ci ha fornito. È difficile dichiararsi soddisfatti in maniera secca, nel senso che io sono naturalmente soddisfatta della sua risposta, perché precisa, puntuale e riguarda effettivamente i casi citati nell'interpellanza. Al tempo stesso mi potrò dichiarare del tutto soddisfatta nel momento in cui vedrò cambiare realmente la situazione nelle carceri, ma questo naturalmente non dipende dalla sua risposta, dipende da una serie di decisioni.
  Apprezzo particolarmente la questione affrontata con il decreto-legge del dicembre 2013, l'istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Mi sembra molto interessante il nuovo modello organizzativo di differenziazione e di sorveglianza dinamica. Io mi permetterei solo di sollevare un piccolo dubbio, nel senso che bisogna stare attenti tante volte a non focalizzarsi solo sul contenitore, ma anche sui contenuti. Quando si parla di modelli organizzativi noi siamo sempre sulla «forma» e poco sulla «sostanza». Il vero problema è che c’è un problema di una sofferenza diffusa. Lei ha fatto bene a ricordare i suicidi che ci sono e che caratterizzano anche il personale penitenziario. Sono dei suicidi che hanno luogo troppo spesso in vari ambiti lavorativi; è un malessere diffuso. Le cifre che lei ci ha dato parlano di 581 suicidi in carcere: sono effettivamente una cifra molto elevata.
  Quello che io mi limito ad aggiungere per esortare lei, il Ministro e il Ministero è una esortazione a lavorare anche in collaborazione con gli altri Ministeri. E mi riferisco, ancora una volta, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Noi abbiamo un problema in Italia che è un problema di formazione. Nel momento in cui non si rispettano determinati diritti vuol dire che c’è un problema, nel senso che non si sa bene con chi si ha a che fare. La figura del detenuto è una figura particolare, perché si tratta di una persona che ha commesso una serie di delitti, di crimini, talvolta anche gravi, ma non per questo perde la dignità che caratterizza la persona. Quando io dico che noi abbiamo bisogno di un programma puntuale e concreto non mi riferisco soltanto all'organizzazione dello spazio, all'organizzazione di nuovi modelli, alla presenza della figura del Garante, ma io insisto anche molto sull'importanza di un nuovo modo di formare il personale che lavora nelle carceri. Infatti, sono questioni umane e se noi non formiamo l'umanità anche di chi lavora nelle carceri, probabilmente Pag. 54le tensioni non verranno risolte anche nel momento in cui ci sarà una nuova organizzazione degli spazi.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 24 marzo 2014, alle 11,30:

  1. – Discussione della proposta di legge:
   BURTONE ed altri; VENDOLA ed altri; FRANCESCO SANNA ed altri; MICILLO ed altri: Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 204-251-328-923-B).
  — Relatore: Mattiello, per la maggioranza; Chiarelli, di minoranza.

  2. – Discussione della proposta di legge:
   FERRANTI ed altri; COSTA: Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 331-927-B).
  — Relatori: Ferranti, per la maggioranza; Molteni, di minoranza.

  3. – Discussione della mozione Chimienti ed altri n. 1-00341 concernente iniziative per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento al comparto scuola.

  4. – Discussione delle mozioni Molea ed altri n. 1-00327 e Lacquaniti ed altri n. 1-00388 concernenti iniziative a sostegno del settore del turismo.

  5. – Discussione delle mozioni Sarro e Brunetta n. 1-00387 e De Girolamo n. 1-00389 concernenti iniziative in relazione ai recenti terremoti che hanno colpito alcune aree della regione Campania e la provincia di Campobasso.

  La seduta termina alle 13,05.