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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 182 di martedì 4 marzo 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10,10.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 febbraio 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aiello, Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Baretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'acqua, Boschi, Brunetta, Caparini, Casero, Centemero, Cicchitto, Cirielli, D'Incà, D'Uva, Dambruoso, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fava, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Legnini, Lorenzin, Lupi, Mattiello, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nuti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Andrea Romano, Sani, Santerini, Sarti, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Vecchio e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna
  I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della nomina di Sottosegretari di Stato.

  PRESIDENTE. Invito la deputata segretaria a dare lettura di ulteriori comunicazioni all'Assemblea.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretario, legge:
  Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato, in data 28 febbraio scorso, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato i seguenti Sottosegretari di Stato: alla Presidenza del Consiglio dei Ministri: on. dott.ssa Maria Teresa Amici; on. Gianclaudio Bressa; on. dott. Sandro Gozi; on. dott. Luca Lotti; sen. dott. Domenico Minniti, detto Marco; sen. Luciano Pizzetti; on. dott. Angelo Rughetti; on. dott. Ivan Scalfarotto; agli Affari esteri: on. dott. Lapo Pistelli; sen. dott. Benedetto Della Vedova; dott. Mario Giro; all'Interno: sen. dott. Filippo Bubbico; on. dott. Gianpiero Bocci; dott. Domenico Manzione; alla Giustizia: on. dott. Enrico Costa; dott. Cosimo Maria Ferri; alla Difesa: on. dott. Gioacchino Alfano; on. dott. Domenico Rossi; all'Economia e alle finanze: on. dott. Luigi Casero; dott. Enrico Morando; on. Pier Paolo Baretta; on. avv. Giovanni Legnini; on. dott. Enrico Zanetti; allo Sviluppo economico: dott. Carlo Calenda; prof. Claudio De Vincenti; on. Antonello Giacomelli; sen. dott.ssa Simona Vicari; alle Politiche agricole alimentari e forestali: sen. prof. Andrea Olivero; on. Giuseppe Castiglione; all'Ambiente e alla tutela del territorio e del mare: sig.ra Barbara Degani; on. dott.ssa Silvia Velo; Pag. 2alle Infrastrutture e ai trasporti: sen. Riccardo Nencini; on. avv. Umberto Del Basso de Caro; sen. dott. Antonio Gentile; al Lavoro e alle politiche sociali: on. Teresa Bellanova; on. Franca Biondelli; on. dott. Luigi Bobba; sen. dott. Massimo Cassano; all'Istruzione, all'università e alla ricerca: sen. Angela D'Onghia; ing. Roberto Reggi; dott. Gabriele Toccafondi; ai Beni e alle attività culturali e al turismo: dott.ssa Francesca Barracciu; on. dott.ssa Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua Buitoni; alla Salute: dott. Vito De Filippo.
  Firmato: Matteo Renzi, 4 marzo 2014».

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretario, legge:
   Il Presidente del Senato, con lettera in data 28 febbraio 2014, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV Commissione (Difesa):
   S. 1248. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n. 2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione» (A.C. 2149) – Parere delle Commissioni I, Il (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIV.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione della relazione della II Commissione (Giustizia) sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 (Doc. XVI, n. 1) (ore 10,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della II Commissione (Giustizia) sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 (Doc. XVI, n. 1).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 febbraio 2014.
  Avverto altresì che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione sulle linee generali – Doc. XVI, n. 1)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Ha facoltà di intervenire la relatrice e presidente della II Commissione, deputata Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fenomeno del sovraffollamento carcerario rappresenta una situazione connotata dalla compromissione dei diritti fondamentali dei detenuti, riconosciuta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a partire dalla sentenza del 16 luglio 2009, che ha sancito la violazione, appunto per effetto del citato sovraffollamento, dell'articolo 3 della CEDU che prevede il divieto di pene e trattamenti inumani e degradanti. Ne è derivata poi la proposizione di una mole di ricorsi individuali, di recente si stimano circa 3 mila, contro lo Stato italiano a fronte della quale vi è stata un'altra importante sentenza contro l'Italia, Pag. 3la sentenza del 8 gennaio 2013 Torregiani ed altri, resa sui ricorsi riuniti presentati da sette detenuti che, riscontrando ancora una volta la violazione dell'articolo 3 della Convenzione, ha stabilito come equa soddisfazione somme variabili dai 10.000 ai 22.500 euro ciascuno. Essendo stato però il procedimento definito secondo la procedura della cosiddetta «sentenza pilota», la Corte europea ha assegnato allo Stato un anno come termine entro il quale deve procedere all'adozione di misure necessarie a porre rimedio a quella constatata violazione dell'articolo 3 e, in medio tempore, ha sospeso la trattazione dei residui ricorsi in materia, riservandosi appunto di dichiararli irricevibili e di cancellarli dal ruolo a seguito dell'ottemperanza da parte dello Stato italiano. Il termine annuale ha cominciato a decorrere il 28 maggio 2013 e quindi scadrà per l'Italia il 28 maggio 2014.
  Il 7 ottobre 2013 il Presidente della Repubblica, nell'esercizio della facoltà prevista dall'articolo 87, comma 2, della Costituzione, sulla questione carceraria ha appunto inviato un messaggio alle Camere e la Commissione giustizia, per incarico della Conferenza dei presidenti di gruppo, ha svolto un approfondimento su quelle tematiche e, all'esito, ha presentato una specifica relazione alla Presidenza, datata appunto 29 novembre, cui integralmente mi riporto.
  Vorrei qui sintetizzare qualche ulteriore riflessione, anche perché nelle more – nel tempo appunto dal 29 novembre ad oggi – vi sono state anche delle evoluzioni degli interventi legislativi. Vorrei segnalare che nel frattempo è sopraggiunta anche un'altra sentenza, la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2013, che dichiarando l'inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale dell'articolo 147 del codice penale, ha però nel corpo della motivazione riaffermato l'intollerabilità della situazione attuale perché il carattere inderogabile del principio dell'umanità del trattamento rende necessaria «la sollecita introduzione di misure specificamente mirate a farla cessare».
  Questa ulteriore riflessione che pongo all'attenzione del Parlamento e della Camera riguarda in particolare i rimedi di carattere strutturale e tiene conto delle ulteriori tappe compiute dall'iter parlamentare e degli ulteriori dati acquisiti, perché se è vero che un intervento combinato sui sistemi penali, processuali e dell'ordinamento penitenziario richiede del tempo, mentre l'attuale situazione non può protrarsi ulteriormente, è vero anche che il Parlamento non è stato a guardare, ma ha portato avanti riforme comunque destinate a produrre effetti stabili e definitivi.
  Quindi, con riferimento, Presidente e onorevoli colleghi, a ciascun paragrafo della relazione depositata, che avete avuto la possibilità di leggere, ho ritenuto importante anche segnalare gli ulteriori interventi che sono stati fatti. In particolare, con riferimento ai paragrafi che attengono all'innovazione di carattere strutturale, ai paragrafi 2.1 e 2.1.1, che riguarda l'introduzione di meccanismi di probation, al 2.1.2, «pene detentive non carcerarie», segnalo che la Commissione giustizia sta procedendo all'esame degli emendamenti alla proposta di legge A.C. 331-927-B, già approvata dalla Camera in prima lettura il 4 luglio scorso, modificata al Senato il 21 gennaio scorso, che contiene tre importanti innovazioni di carattere strutturale, citate nel messaggio del Presidente della Repubblica. In particolare: l'introduzione dell'istituto della messa alla prova nel processo penale, due deleghe al Governo, una per l'introduzione della pena detentiva non carceraria applicabile del giudice di merito, l'altra per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e la depenalizzazione di alcune fattispecie. In più, un quarto provvedimento, che pure pone al riparo l'Italia da un'altra procedura di infrazione, che riguarda la disciplina del processo a carico degli imputati irreperibili.
  Si concluderà a breve – mi auguro – anche in relazione alla calendarizzazione che dovrà fare la Conferenza dei presidenti di gruppo, un processo legislativo complesso, ricco di contenuti, il cui iter Pag. 4aveva preso inizio già nella scorsa legislatura e che consentirà di mettere a regime riforme di sistema di notevole impatto e portata innovativa, sia sul sovraffollamento carcerario, sia sulla deflazione del carico dei processi penali, con importanti effetti positivi in termini di durata dei tempi del processo penale. Certamente, è necessario, proprio per rispettare la scadenza di un anno fissata dalla Corte europea, un ulteriore sforzo – come dicevo prima – da parte del Parlamento nella calendarizzazione e nell'approvazione in Aula del provvedimento legislativo, e successivamente da parte del Governo nell'esercizio delle deleghe e nella conseguente attuazione organizzativa di nuove forme di recupero sociale mediante una profonda riorganizzazione ed il potenziamento degli uffici dell'esecuzione penale esterna per porre in essere una concreta azione di controllo e sostegno nella gestione dell'esecuzione penale in conformità di quanto prescritto proprio dalla Corte al punto 22 della sentenza Torreggiani.
  Vi è poi un altro punto che abbiamo affrontato in Commissione giustizia nell'approfondimento che ci è stato delegato, quello che riguarda la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere. L'approfondimento ha evidenziato la necessità di ridurre l'ambito applicativo della custodia cautelare in carcere. Attualmente, infatti, i detenuti in attesa di giudizio di primo grado sono 11.241, un numero che, secondo i dati che ci sono stati forniti dal presidente Tamburino, capo del DAP, con la nota del 10 gennaio 2014, acquisita nel corso di un'indagine conoscitiva portata avanti dalla Commissione, rappresenta il 18 per cento del totale dei detenuti che, al 13 gennaio 2014, era pari a 62.187.
  Nel frattempo, vorrei ricordare che – ma credo che il ricordo sia recente da parte di tutti – la Camera ha approvato, il 9 gennaio 2014, in Aula il testo, A.C. 631, riguardante la riforma della custodia cautelare in carcere, con soli 13 voti contrari. Il testo è al Senato ed è certo che l'approvazione in tempi brevi della riforma, che mira a individuare la custodia cautelare in carcere come extrema ratio e che prevede tra l'altro il possibile cumulo tra pene coercitive e pene interdittive, con un maggior rigore motivazionale del giudice nella scelta e applicazione della misura cautelare, consentirebbe di avere effetti immediati, consistenti, duraturi sul sovraffollamento carcerario.
  È stato poi recentemente, dopo il deposito della nostra relazione del novembre, convertito in legge il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, diretto proprio ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario. In particolare alcuni punti sono essenziali al completamento del quadro istruttorio. Mi riferisco appunto alla questione relativa alla fattispecie autonoma di reato connessa alla normativa in materia di stupefacenti, in particolare riferita al cosiddetto piccolo spaccio, questione rilevante anche in un'ottica di riduzione del sovraffollamento carcerario, che ha visto oggettivamente un'impennata proprio a causa di un irrigidimento della normativa a seguito della legge cosiddetta Fini-Giovanardi, la quale tra l'altro nel frattempo è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 32 del 2014, che ha – inutile dirlo, credo – sostanziali ed importanti ricadute sul sistema, tenuto conto anche del principio che implica l'applicazione della norma penale più favorevole al reo.
  Nella relazione della Commissione veniva fatto oggettivo riferimento anche, all'esito di una relazione che era stata fatta dal Ministro della giustizia, al fatto e alla necessità di trasformare la circostanza attenuante prevista dalla legge Fini-Giovanardi riferita al piccolo spaccio, in titolo autonomo di reato, in quanto era funzionale ad evitare che in caso di concorso di circostanze aggravanti, il riconoscimento dell'equivalenza tra circostanze di segno opposto portasse ad applicare per fatti di modesta offensività la pena indicata dal primo comma, cioè la pena da sei a vent'anni di carcere, anziché quella comminata dal quinto comma prevista all'epoca solo come attenuante, quindi da uno a sei anni. E si era verificato oggettivamente Pag. 5che la spiccata tendenza alla recidiva di tali soggetti dediti al piccolo spaccio, che sono il più delle volte consumatori, e la conseguente applicazione dei relativi istituti, avevano determinato sino ad oggi una accresciuta presenza in termini sia quantitativi che percentuali di tossicodipendenti all'interno delle carceri italiane. Al 26 luglio 2013 i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti erano 23.456, pari al 36,80 per cento del totale, di cui 8.486 in stato di custodia cautelare e 14.970 in espiazione pena. Il decreto-legge del dicembre 2013 che abbiamo appena convertito – quindi è legge dello Stato – ha trasformato il comma quinto dell'articolo 73 in una fattispecie autonoma di reato, dando rilievo al piccolo spaccio. Notevoli, come ho detto prima, sono le conseguenze in chiave di riduzione dei termini di prescrizione del reato – da venti sono passati a sei anni – di quelli di durata massima della custodia cautelare e ovviamente anche in sede di esecuzione della pena, anche per i definitivi. Nel frattempo, come ho ripetuto, è intervenuta anche la Corte costituzionale. Appare quindi del tutto evidente che spetta ora al Parlamento – e in Commissione giustizia alla Camera è già in fase avanzata l'esame di alcune proposte di legge in materia di stupefacenti – verificare se sia opportuno o meno intervenire nuovamente sulla normativa degli stupefacenti valutando se dover riscrivere le fattispecie penali sulla base della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti.
  Ritornando al decreto-legge e agli interventi quindi approvati dal Parlamento, che vanno ad integrare questo contesto della relazione di novembre, è stato anche abrogato il quinto comma dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, che prevedeva che l'affidamento in prova al servizio sociale di tossicodipendenti e alcoldipendenti non potesse essere concesso più di due volte. L'istituto era stato introdotto nel 2006 e riguardava i soggetti tossicodipendenti e alcoldipendenti sottoposti a pena detentiva. L'innovazione è espressione di una accresciuta attenzione al recupero attraverso la terapia, sia pure con l'avvertenza che il favore per un più intenso ricorso all'istituto rischia di restare lettera morta se non ci sono paralleli interventi corredati dal necessario sostegno finanziario, volti ad ampliare la disponibilità di posti nelle strutture residenziali presso le quali più delle volte si svolgono i programmi terapeutici di recupero.
  Sul punto, signora Presidente, signori colleghi, voglio segnalare che in sede di approvazione della legge di stabilità del 2014 è stato approvato all'unanimità l'ordine del giorno n. 9/1865-A/266 che «impegna il Governo» e lo rappresento qui anche ai sottosegretari, per il Ministro, «a individuare risorse finanziarie aggiuntive per l'anno 2014 finalizzate, mediante specifiche e vincolanti intese Stato-regioni, all'incremento ed all'effettiva applicazione dei trattamenti alternativi al carcere per i detenuti tossicodipendenti, con particolare attenzione anche ai percorsi alternativi all'ingresso in carcere per gli imputati tossicodipendenti sottoposti a processo per direttissima», e questo è il virgolettato del dispositivo dell'ordine del giorno, quindi di un impegno che è stato assunto in un contesto molto particolare e qualificante, che è la legge di stabilità.
  Ora, un dato che può essere significativo è che alla data del 31 ottobre 2013 risultavano in affidamento terapeutico, ex articolo 94 nel Testo unico, un totale di 2.858 condannati tossico e alcoldipendenti. Tra questi, 94 provengono dallo stato di libertà e 1894 dalla detenzione domiciliare. Un altro dato significativo ai fini di valutare gli effetti sul sovraffollamento carcerario di siffatto intervento normativo – quello che ha abrogato il divieto di concedere per più di due volte l'affidamento terapeutico – è quello riportato nella relazione illustrativa del decreto-legge che abbiamo approvato, dove si evidenzia che sulla base dei dati ISTAT, gli ingressi in carcere di tossicodipendenti nel 2011 sono stati pari a 22.432; i detenuti tossicodipendenti al 31 dicembre dello stesso anno erano 16.364, pari al 24 per Pag. 6cento sul totale di 66.897 presenze, ovviamente riportate al 2011. Già oggi siamo scesi a 62 mila.
  Vi è stata poi un'altra misura strutturale importante che abbiamo appena approvato proprio per confermare quel segnale, che avevo indicato prima, che il Parlamento non è stato con le mani in mano in questo periodo, e che è quella della stabilizzazione della sanzione detentiva dell'esecuzione della pena presso il domicilio. La previsione di poter scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, che sia anche residua di maggiore pena, era stata introdotta dalla legge n. 199 del 2010. La previsione aveva avuto una positiva applicazione, tanto che dalle statistiche fornite dal Ministro della giustizia al 30 novembre 2013 risultava un'applicazione con uscite dal carcere di 12.741 persone che hanno scontato, non in libertà, ma l'ultimo periodo ai domiciliari, con scarse revoche e quindi con un buon esito di questa misura. Questa intuizione che si ebbe nella precedente legislatura e che vide maggioranza e opposizione convergere su questa prima applicazione che riguardava la necessità di creare le misure alternative al carcere – e sappiamo che la prima sentenza di condanna dell'Italia era del 2009, e questo provvedimento fu assunto nel 2010 – questo istituto, era però a tempo: scadeva il 31 dicembre 2013. Ora, con l'intervento strutturale che è stato compiuto, questa misura è entrata a far parte del nostro sistema penitenziario a regime.
  Altre modifiche, che si connettono ai paragrafi di approfondimento della Commissione giustizia, in particolare al paragrafo che riguarda l'espiazione della pena nel paese di origine, il 2.1.4, sono state toccate sempre dal decreto-legge di dicembre, dalle modifiche in materia di espulsione dei detenuti stranieri. Proprio l'articolo 6 del decreto-legge ha novellato l'articolo 16 del Testo unico dell'immigrazione intervenendo in particolare sull'istituto dell'espulsione dello straniero a titolo di misura alternativa alla detenzione; in forza del quale lo straniero detenuto, identificato, che si trovi in una delle condizioni indicate dall'articolo 13, comma 2 – quindi, ingresso clandestino, permanenza nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno, appartenenza ad una delle categorie di persone pericolose – e che debba espiare una pena detentiva anche residua non superiore a due anni è obbligatoriamente espulso.
  Il decreto ha avuto poi la finalità di ampliare la possibile espulsione, perché vi erano dei reati che escludevano l'espulsione. E questo decreto, quindi la legge che lo ha convertito, ha ampliato l'ambito di applicazione dell'espulsione – quindi, il ritorno nel Paese d'origine a scontare la pena – anche a chi è stato condannato per rapina o estorsione aggravata, e già questo consentirebbe di espellere un significativo numero di detenuti stranieri, stimato dagli uffici ministeriali – questo risulta dalla relazione al decreto-legge – in 1.300 unità.
  Sempre il decreto-legge, quindi la legge di conversione, ha previsto altre importanti novità, che vanno direttamente a toccare le tematiche del messaggio del Presidente della Repubblica. In sintesi, come regola generale la prescrizione da parte del giudice nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari del cosiddetto braccialetto elettronico e il ricorso allo strumento dell'applicazione della detenzione domiciliare; una procedura semplificata nella trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza; più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo – era un altro dei punti per i quali eravamo stati condannati –, in via amministrativa e davanti alla magistratura di sorveglianza, prevedendo addirittura una procedura di ottemperanza nel caso in cui sia leso un diritto fondamentale del detenuto e l'amministrazione non dia seguito spontaneamente alla decisione del magistrato di sorveglianza; si passa da tre a quattro anni nei limiti di pena per l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale; introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da quarantacinque a settantacinque giorni a semestre, ad eccezione dei reati più gravi previsti dall'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento Pag. 7penitenziario, la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria; l'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; il differimento del termine di adozione dei regolamenti sugli specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese, le cooperative sociali che assumono detenuti, intervenendo, quindi, sul fondamentale tema del lavoro dei detenuti come espressione del recupero e, quindi, dell'attuazione del principio dell'articolo 27 della Costituzione.
  Infine, con riferimento ai capitoli che sempre nella relazione della Commissione abbiamo dedicato ai rimedi straordinari, pure toccati dal messaggio del Presidente della Repubblica, amnistia e indulto senza dubbio rappresentano provvedimenti di immediato impatto deflattivo, ma implicano da parte del Parlamento e delle forze politiche un'assunzione di responsabilità politica di cui bisogna essere consapevoli. La Commissione al riguardo – e rinvio al punto 2.3 – si è limitata a fornire dati di valutazione anche in rapporto agli aspetti messi in evidenza dal messaggio del Presidente della Repubblica, in particolare per ciò che riguarda recidiva – e, quindi, rientro dopo gli atti di clemenza – e delitti connotati dalla violenza alle persone.
  Dunque, nella relazione trovate, signora Presidente, signori parlamentari, l'attenzione focalizzata sulle statistiche relative ai rientri dei beneficiari dell'indulto del 2006, che – come ricordo, ma ricordo soltanto a me stessa – non fu accompagnato da un provvedimento di amnistia, e sull'analisi dell'attuale popolazione carceraria, sulla base della tipologia del reato, da cui emerge come i reati per i quali si registra una maggiore presenza in carcere, scaglionata per residui di pena, sono, oltre alla produzione e spaccio di stupefacenti – su cui ho già ampiamente illustrato anche sulle effettive conseguenze di provvedimenti che sono stati sia emanati dal Parlamento sia frutto della incostituzionalità della sentenza della Corte – poi ci sono reati di rapina, furto, ricettazione, estorsione, violenza sessuale, omicidio. Resta da segnalare che al Senato su questo punto la Commissione giustizia ha avviato, a far data dal 15 ottobre 2013, l'esame di progetti in materia di concessione di amnistia e indulto.
  Conchiudo, Presidente con un auspicio: a conclusione di questa disamina di interventi normativi fatti sinora, mi sento di dire che sicuramente siamo sulla buona strada, con misure strutturali in linea anche con i più recenti studi empirici, secondo i quali, per ridurre il rischio di recidiva e l'effetto delle «porte girevoli», occorre piuttosto puntare su misure alternative alla detenzione. È però vero che siamo sulla buona strada, soprattutto è chiaro che il legislatore ha inteso superare l'ottica degli interventi emergenziali....

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore. Sto conchiudendo, Presidente L'auspicio, anche come presidente della Commissione giustizia, è che si possa, entro il mese di marzo, portare a compimento, sia alla Camera sia al Senato, l'iter legislativo dei due provvedimenti di iniziativa parlamentare: riforma della custodia cautelare, detenzione domiciliare e messa alla prova e subito dopo, entro il mese di aprile, al massimo il mese di aprile, avere, da parte del Ministro della giustizia, un quadro complessivo ed effettivo dell'applicazione dei vari interventi normativi posti in essere in questa prima fase di legislatura e di incidenza sulle cause del sovraffollamento carcerario. Un monitoraggio serio, a cui non ci si può non sottoporre per individuare i punti critici che abbisognano ancora di interventi e che ci consenta di superare a fronte alta quella gravissima, insopportabile accusa che l'Europa ha mosso al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Morani. Ne ha facoltà.

  ALESSIA MORANI. Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la relazione sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente Pag. 8della Repubblica, Napolitano, trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 ci fornisce delle chiare indicazioni sugli indirizzi percorsi e sulle strade che dovremo intraprendere per dare una risposta strutturale e di lungo periodo alla situazione delle carceri italiane.
  Ormai l'abbiamo detto più volte: la sentenza Torreggiani ci pone in una situazione di illegalità nel quadro europeo. L'Italia è uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea e per noi è intollerabile essere accusati di tortura e trattamenti disumani e degradanti. E purtroppo non sono episodi isolati, ma la Corte di Strasburgo ci ha detto che sono un problema sistemico, risultante da un malfunzionamento cronico, proprio del sistema penitenziario italiano. Abbiamo fino al 28 maggio per porre rimedio a questa situazione, poi arriveranno a pioggia centinaia di ricorsi per ottenere i risarcimenti. Secondo gli ultimi dati che sono a nostra disposizione, nelle 206 carceri italiane ci sono circa 62 mila detenuti, a fronte di una capienza di 47.600 posti. Moltiplicando la cifra del risarcimento per i circa 20 mila detenuti in eccesso si otterrebbe una somma enorme, che oggi peserebbe sul bilancio dello Stato in maniera incredibile.
  Ovviamente, gentile Presidente, la situazione drammatica in cui versano tanti detenuti nel nostro Paese non può essere considerata esclusivamente nei termini di una questione economica e di bilancio dello Stato, ma deve essere invece un dovere, morale, che ci impegni tutti, nessuna forza politica esclusa.
  In questi mesi di lavoro, tutte le istituzioni hanno sempre tenuto conto di questo dramma, cercando di affrontarlo in maniera efficace, bilanciando i diritti della popolazione carceraria con i diritti delle vittime dei reati. Purtroppo, dopo anni di legislazione carcerocentrica e di una perenne campagna elettorale demagogicamente incentrata sulla sicurezza, ora siamo costretti ad operare in emergenza. Proprio al fine di riportare il dibattito parlamentare alla sua funzione di elaborazione di indirizzi politici, vorrei, prima di passare all'analisi dell'ottima relazione della presidente Ferranti, fare una piccola premessa sul concetto stesso di pena e del modo di espletarla. L'articolo 27 della nostra Costituzione, al terzo comma, stabilisce il principio della finalità rieducativa della pena. La pena non è una vendetta. L'obiettivo della pena è fornire al condannato gli strumenti necessari per reinserirsi nella società, rispettando le regole fondamentali della convivenza civile.
  Perché ciò accada, è necessario che la pena rispetti la dignità del condannato. Per questo, nella nostra Costituzione sono vietati i trattamenti contrari al senso di umanità. Si deve, però, specificare la non coincidenza del concetto di rieducazione, che viene da molti associato all'utopia della perfettibilità dell'uomo, con il concetto, invece più realistico, di risocializzazione. Ecco, appunto, risocializzazione. Questo concetto ci offre la possibilità di analizzare la pena nella sua utilità, anche per la società. Risocializzazione significa ricomporre e riparare il danno che il reo ha commesso nei confronti della vittima e, quindi, della collettività tutta, e, allo stesso tempo, dargli l'opportunità di riscattare la propria vita una volta scontata la pena. Per poter cambiare, però, occorre dare alle persone gli strumenti e i modi per poterlo fare. Ma c’è un dato di cui dobbiamo tener conto oltre a questo: la gran parte dei detenuti proviene dalle regioni più povere dell'Italia, circa il 35 per cento è straniero, molti, moltissimi sono tossicodipendenti. Crediamo davvero che per i reati di minore gravità qualche mese in più trascorso negli istituti di pena possa aiutare queste persone a non ricadere nella trappola del carcere ? Vogliamo veramente che lo Stato si arrenda alla constatazione che esistono persone che non potranno mai essere recuperate e reintrodotte alla vita sociale ? Vogliamo veramente inseguire una concezione della pena che riproduce, in un circolo vizioso, criminalità e reati ? Personalmente, io credo di no. Credo che ci siano reati che necessitino una punizione forte, fortissima, e inflessibile e altri che, invece, sarebbe Pag. 9meglio affrontare con una visione rieducativa, tesa al recupero della persona e alla riparazione del danno.
  Gentili colleghi, scopo dello Stato è quello di garantire la sicurezza dei suoi cittadini e per farlo la pena deve avere un carattere rieducativo. Il carcere non può avere come effetto altra delinquenza, non può essere una delle cause della delinquenza. Purtroppo, i dati contenuti nella relazione parlano chiaro: dei 66 mila detenuti presenti al 30 giugno 2013, solo 28 mila, il 42,9 per cento, erano alla prima carcerazione; il restante 57 per cento tornava in carcere dopo esserci già stato. La verità è che il costo sociale del carcere è altissimo. Il carcere, infatti, è una macchina costosa, che alimenta se stessa, crea la propria domanda, indifferente al proprio fallimento. Del resto, nelle nostre carceri i detenuti hanno pochissimi spazi per la socializzazione e per il lavoro, hanno pochissimi contatti con la società esterna. Come possiamo pensare che, una volta usciti, possano essere reintrodotti alla vita sociale quando vivono reclusi, a non fare niente, a stretto contatto con altri criminali ? Partendo da questa premessa, arrivo dunque alle mie considerazioni in merito alla relazione della presidente Ferranti. Abbiamo approvato, nel primo anno di legislatura, con un lavoro costante e rigoroso, numerosi strumenti per ridurre la popolazione carceraria in maniera tale da ottemperare alle disposizioni della Corte europea per i diritti dell'uomo ed evitare l'ignominia di dover risarcire i nostri stessi detenuti per averli condannati a condizioni inumane. Questi strumenti, dati gli elementi fornitici dal DAP e dal Ministero della giustizia, dovrebbero essere sufficienti. Alcuni provvedimenti sono già entrati in vigore, altri attendono l'approvazione delle Camere. Il tempo, però, sta per scadere e alcune disposizioni necessitano di qualche mese per produrre dei risultati effettivi sulla riduzione del numero dei detenuti. I colleghi del Senato lo sanno e spero vogliano darvi la giusta priorità e mi riferisco in particolare al provvedimento sulla custodia cautelare in carcere. Lo ricordo prima a me stessa e ai colleghi che sono qui presenti, che il 40 per cento dei detenuti sono in carcerazione preventiva ed è una situazione intollerabile.
  Il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio, ci ha indicato tre possibili strade per affrontare questo problema: quella della riduzione del numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale, quella dell'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari e quella del ricorso a rimedi straordinari come amnistia ed indulto.
  Il Partito Democratico ha scelto di percorrere in via prioritaria le prime due strade. Questo non perché siamo ideologicamente contrari a provvedimenti di clemenza, ma perché riteniamo questi provvedimenti inefficaci. Ad esempio, per quanto riguarda l'indulto del 2006, è stato riscontrato che la popolazione carceraria è tornata al dato di partenza, prima dello scadere del terzo anno dal provvedimento di clemenza. Anche in questo caso, infatti, bisogna sempre tenere a mente il nostro obiettivo ultimo: quello di far sì che chi esce dal carcere non vi rientri. E abbiamo scelto di percorrere la via delle riforme, perché il ricorso ai provvedimenti di clemenza è un alibi per la politica, che non vuole decidere, non vuole prendersi una responsabilità.
  Abbiamo scelto – dicevo – le prime due strade, predisponendo interventi mirati a modificare strutturalmente la situazione carceraria del nostro Paese e ad ampliare la capienza degli istituti di pena. Rientrano nella prima categoria: i provvedimenti tesi a introdurre meccanismi di probation e di pene detentive non carcerarie; il provvedimento, che ora è in esame al Senato, sulla riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere; gli interventi relativi all'espiazione della pena nel Paese di origine per i detenuti stranieri, alla liberazione anticipata speciale e all'innalzamento dell'affidamento in prova per i tossicodipendenti da tre a quattro anni; la stabilizzazione della misura introdotta dall'ex Ministro Severino, con cui si prevede la detenzione domiciliare Pag. 10per gli ultimi diciotto mesi di pena; l'attenuazione degli effetti della recidiva su alcuni tipi di reato e la depenalizzazione di reati la cui pena sarebbe più efficacemente risolvibile in una sanzione pecuniaria.
  Sull'altro versante, quello dell'ampliamento della capienza complessiva degli istituti penitenziari, si è andati avanti, dando impulso al piano carceri, rilanciando con il decreto-legge n. 78 del 2013. In Commissione giustizia abbiamo audito il Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, il prefetto Sinesio, al fine di acquisire i dati relativi all'incremento dei posti detentivi. I dati che ci ha fornito sono incoraggianti ed arriveranno a breve moltissimi nuovi posti.
  Detto ciò, gentile Presidente ed onorevoli colleghi, esistono ancora grandi margini di miglioramento nelle azioni politiche con le quali intendiamo affrontare, non l'emergenza carceraria, bensì la questione carceraria.
  Primo: è fondamentale rendere effettiva la nuova misura – prevista dal decreto-legge sui diritti dei detenuti convertito qualche settimana fa – dell'espiazione della pena nel Paese di origine per i detenuti stranieri. Ricordo di nuovo che la percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è del 35 per cento: quindi, da un lato, è necessario porsi, nei confronti dei detenuti comunitari, un problema di snellimento delle procedure di omologazione da parte delle autorità comunitarie, mentre, da parte delle autorità straniere, è necessario che le condanne emesse in Italia possano essere poi scontate nei Paesi di origine. Questo istituto può costituire uno strumento molto utile ed idoneo a produrre effetti positivi per gli stranieri, che, nella maggioranza dei casi, sono destinati al trattamento inumano dei centri di identificazione ed espulsione (CIE), finalizzato alla successiva espulsione amministrativa, con un effetto di duplicazione degli interventi restrittivi della libertà personale.
  Secondo: bisogna rivedere – anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della «Fini-Giovanardi» – la normativa sullo spaccio, sull'uso di droghe leggere e sulle tossicodipendenze. Il 23 per cento dei detenuti sono dipendenti da droga e solo un terzo viene affidato ai servizi sanitari per l'assistenza e la cura delle tossicodipendenze.
  Terzo: porre fine all'incertezza sull'ordinamento professionale della dirigenza penitenziaria, che da quasi otto anni non trova compiuta definizione, con un primo contratto nazionale di lavoro.
  Quarto, e lo dico al sottosegretario Ferri, al Viceministro Costa che sono presenti in Aula: risorse, risorse e risorse. Risorse per i servizi per le tossicodipendenze (SerT), che curano i tossicodipendenti, perché non dare speranza a questi cittadini significa abbandonarli al circolo vizioso «droga-carcere-povertà».
  Risorse per il lavoro in carcere, perché serve ai detenuti per la rieducazione, perché la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie ha bisogno del lavoro dei detenuti e perché un detenuto che lavora, nell'80 per cento dei casi, non commette nuovamente un reato: perché il lavoro è l'unico grande strumento con cui si realizza la libertà dell'uomo.
  Risorse per gli assistenti sociali e per gli educatori che, oggi, sono in numero assai inferiore alle reali necessità e perché sono fondamentali nella strutturazione della pena come rieducazione e non come vendetta sociale.
  Risorse per la polizia penitenziaria, in continua carenza di organico e oberata di lavoro, di un lavoro stressante ed usurante.
  Risorse – e concludo – per ampliare e professionalizzare il personale degli uffici di esecuzione penale esterna: perché potenziare le pene alternative al carcere e privare gli uffici di personale è la via maestra per il fallimento di ogni riforma di questo tipo.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ALESSIA MORANI. Infine, credo che la sfida più importante che ci aspetta sia di tipo culturale: riportare al centro dell'esecuzione Pag. 11della pena la persona, la sua dimensione umana, la sua possibilità di cambiamento, perché ogni volta che una donna o un uomo tornano a delinquere è una sconfitta per tutta la società. Ecco, io penso che dovremo riappropriarci di questa consapevolezza e di questa responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Egregia Presidente, egregi colleghi, voglio esprimere innanzitutto il mio personale apprezzamento al Presidente della Repubblica per aver fatto uso di una prerogativa di cui il Presidente della Repubblica non si avvalgono frequentemente: e mi riferisco, appunto, alla prerogativa di inviare messaggi al Parlamento. Se noi ripercorriamo la storia repubblicana, vedremo che rari sono tali casi. Ma l'apprezzamento va anche al fatto che ha colto un problema estremamente grave, che affligge la comunità e il popolo italiano e di cui la politica per tanto tempo non ha preso effettiva e profonda coscienza.
  Il Presidente della Repubblica ha mostrato grande sensibilità, perché è un problema che assilla la fascia più debole della nostra società e ci ha ricordato che noi, come Parlamento, abbiamo un dovere politico, un dovere giuridico e un dovere morale di intervenire sul problema del sovraffollamento delle carceri.
  Un problema politico, perché, dal modo in cui organizziamo la privazione della libertà dei cittadini condannati, dal modo in cui gestiamo le carceri, diamo l'idea di che tipo di società intendiamo disegnare. E, in effetti, gli umili, i carcerati, sono diventati una sorta di luogo, di terra di nessuno in questi anni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,05)

  ARCANGELO SANNICANDRO. Badate, sono appena passati cinquant'anni da quando il carcere era ritenuto un luogo estraneo alla società. Nell'epoca prerepubblicana, il carcere era un luogo avulso dalla società: i detenuti non avevano alcuna dignità, tant’è che erano indicati – non lo dimentichiamo – con un numero sulla casacca che dovevano indossare. Ricorderete tutti la difficoltà di alcuni celebri detenuti nelle carceri fasciste di mettersi in contatto con la società esterna per leggere un giornale, per avere la copia di un libro. Con la Repubblica, il carcere doveva diventare un luogo in cui erano detenuti i cittadini che avevano infranto la legge e non qualcosa di diverso dai cittadini stessi. Per ciò noi abbiamo il dovere politico di interessarci di questo ambito della nostra comunità, proprio perché da ciò si misura la considerazione che noi abbiamo della società che vogliamo.
  Ma abbiamo anche un dovere giuridico: è stato ricordato già a sufficienza che la Corte europea dei diritti dell'uomo ci ha condannato e ci tiene sotto osservazione da parecchio tempo, proprio perché il modo in cui noi trattiamo i cittadini detenuti è un modo che è condannato da tutte le dichiarazioni di salvaguardia dei diritti umani e dalla stessa nostra Costituzione, come è stato ricordato.
  Il Presidente della Repubblica dice che abbiamo anche un dovere morale, perché nel legiferare su questa materia si manifesta anche il senso morale che noi abbiamo, e ci ha anche rammentato l'insegnamento cristiano che dovremmo sempre tenere presente. Ora, devo dare atto alla Camera dei deputati, in particolare alla nostra Camera e alla Commissione giustizia, di essere stata sensibile, da tempo anteriore addirittura al messaggio del Presidente della Repubblica, a queste tematiche; basta esaminare la datazione dei provvedimenti all'esame del Parlamento oppure del Senato della Repubblica. Ora, abbiamo lavorato intensamente in quella Commissione, non devo ripetere quanto, con dovizia di particolari e di dati, ha illustrato la presidente Ferranti, vi annoierei semplicemente; voglio semmai sprecare, utilizzare i pochi minuti che ho a disposizione per dire che sì, dobbiamo Pag. 12intervenire sulle carceri, contro il sovraffollamento, con misure strutturali, non trascurando che il Presidente della Repubblica ha anche invocato provvedimenti straordinari che non possiamo esorcizzare con argomentazioni insostenibili, ma voglio soprattutto ricordare che ci sono questioni che vanno al di là della contingenza e sono le questioni culturali, perché in Italia vige un panpenalismo che deve essere combattuto. Noi abbiamo la cultura del diritto penale massimo, che dovremmo invece sostituire con il diritto penale minimo, tanto per usare le parole di un noto giurista garantista ancora, come dire, per fortuna, vivente che scrive ancora su libri e giornali. Ora, se non modifichiamo questo approccio alle problematiche noi non ne usciamo, ritorneremo sempre a discutere di questi problemi.
  Voglio ricordarvi che, quando il Presidente della Repubblica ha inviato il messaggio alle Camere, si è levata una canea, è proprio il caso di usare il termine giusto, nei confronti del contenuto del suo messaggio che veramente rende onore al coraggio del Presidente della Repubblica, perché è, come dire, dai tempi di Cesare Beccaria che non ci si vuole arrendere all'idea di un nuovo diritto penale, di un nuovo diritto processuale e penale; d'altra parte, il famoso libello «Dei delitti e delle pene», non dimentichiamo che, due anni dopo che vide la luce, fu inserito nei libri all'indice, proprio perché distingueva tra peccato e reato. Ora, quella cultura non è mai morta, è sempre convissuta con le dottrine più illuminate, più libertarie e continua ancora oggi a essere massicciamente presente, non soltanto nella cultura spicciola del popolo italiano, ma anche, addirittura, in giornali che del giustizialismo hanno fatto la loro ragion d'essere, così come purtroppo vi sono ancora partiti che hanno fatto del carcere una questione identitaria. Ora, se non sconfiggeremo questo tipo di cultura, questo problema, io temo, ahimè, che noi ce lo ritroveremo davanti ben presto.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell'onorevole Ferranti, che io apprezzo, mi consente di concentrare la mia attenzione su alcuni aspetti e non sul quadro, diciamo così, organico e generale. Devo dire che il messaggio del Presidente della Repubblica, messaggio assolutamente apprezzabile, ci pone di fronte ad un primo imbarazzante interrogativo e cioè se il nostro Paese si adegua alle richieste che provengono dall'Europa solo per quello che riguarda la parte più stringente della politica economica, il riferimento è ai parametri del 3 per cento del deficit e così via mentre, invece, è totalmente inadempiente per ciò che riguarda le richieste di civiltà che attengono poi proprio alla qualità del nostro modo di essere; nelle sentenze che vengono richiamate si arriva al punto di ipotizzare che, sostanzialmente, noi arriviamo al limite della tortura per quello che riguarda il comportamento che la nostra struttura carceraria viene ad avere rispetto ai detenuti.
  E questa denuncia dell'Europa, che tra l'altro ci dà delle date molto stringenti – se non ricordo male, quella del 14 maggio 2014 – ci pone un problema ancora più drammatico, perché noi abbiamo alle spalle un dettato costituzionale, l'articolo 27, che io vorrei richiamare qua e citare, perché questo articolo 27 ha, rispetto alla nostra situazione concreta, un dettato rivoluzionario, e in parte anche utopico. Recita l'articolo 27, che, per carità, tutti i colleghi conoscono: «La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
  Queste poche frasi ci danno la percezione più precisa della lontananza e del distacco sia da quello che ci dice l'Europa, sia da quello che ci dice il dettato costituzionale rispetto alla autentica realtà carceraria. Realtà carceraria reale che io vorrei riportare nelle agghiaccianti frasi che ci ha lasciato una persona che si è suicidata in carcere, Gabriele Cagliari, il Pag. 13quale lasciò scritto: «Ci trattano veramente non come persone ma come cani, ricacciati ogni volta al canile». Questa espressione, dei cani e del canile, riflette profondamente la struttura e la realtà carceraria con la quale noi dobbiamo fare i conti.
  Rispetto a questo, pur prendendo atto della precisa rievocazione di tutti i tentativi e delle iniziative messe in atto dalla Camera e dal Senato di cui ha dato atto l'onorevole Ferranti, noi un'autocritica, sia chi ha governato per 12 anni come il centrodestra, sia chi ha governato per 8, dobbiamo farla, e un'autocritica molto profonda. Un'autocritica che deve anche andare al nocciolo duro dello scontro che c’è stato sulla giustizia nel corso di questi anni, e che ha impedito riforme incisive che poi si riflettono profondamente nei tre nodi che anche quantitativamente, oltre che qualitativamente pesano in modo profondo sulla situazione carceraria. Noi abbiamo avuto uno scontro nel quale da una parte c'erano le cosiddette leggi ad personam, ma le leggi ad personam, onorevoli colleghi, rispondevano a loro volta a delle sentenze contra personam nei confronti di Berlusconi in primo luogo, e nei confronti di altre realtà, che hanno fatto sì che noi abbiamo avuto una dialettica profondamente abnorme che ha colpito nel profondo la qualità del dibattito politico nel nostro Paese, e ancora di più la capacità di riforma del sistema carcerario, da parte del provvedimento. Ogni qual volta noi abbiamo tentato di fare qualche riforma, avevamo contro i cronisti giudiziari, della Repubblica, del Corriere della Sera, della Stampa, dell’Unità e così via, che richiamavano quel pool di cronisti giudiziari che ha lavorato negli anni di Mani pulite in stretto raccordo con il pool dei pubblici ministeri. Ogni volta quei cronisti giudiziari intervenivano e dicevano: questo provvedimento va a vantaggio di Berlusconi, per cui questa riforma o quest'altra non si può fare.
  Ebbene, o noi riusciamo a disinnescare questo meccanismo e a fare tutti un'autocritica profonda, oppure con l'ordinaria amministrazione credo che non ci misuriamo con questo che è un autentico dramma e, per altro verso, una infamia della nostra società che colpisce la responsabilità di tutti quanti, quale che sia la posizione politica che noi abbiamo.
  Noi dobbiamo misurarci con le tre questioni che colpiscono di più nell'analisi della situazione: la dilatazione della custodia cautelare, il trattamento che è stato fatto per quello che riguarda lo spaccio di modiche quantità di stupefacenti e, la terza questione, la durata dei processi. Questi assetti si riflettono sulle caratteristiche della popolazione carceraria, di gente in attesa del primo giudizio o di persone in attesa del giudizio definitivo. La custodia cautelare ha avuto un grande sviluppo e dalle tre ragioni giuridiche, che la motivano si è dilatata perché è diventata uno strumento di confessione. Questa è stata la grande intuizione di quel genio giuridico – che è stato ed è Antonio Di Pietro, che ha usato a suo tempo abbondantemente la custodia cautelare per ottenere la confessione. E da lì, da quel nocciolo duro poi c’è stato un uso della custodia cautelare che è andato al di là delle motivazioni politiche, si è dilatato anche in un'altra direzione: la custodia cautelare come sentenza anticipata. Perché nella società dell'immagine nella quale noi viviamo se io sommo insieme la custodia cautelare e la denuncia da parte dei giornali, la sentenza è di fatto anticipata; poi tra cinque anni quella persona potrà essere assolta, ma a quel punto la sua personalità, la sua onorabilità è finita e la sentenza assolutoria arriva dopo che quella sentenza anticipata ha ucciso la personalità e la onorabilità di quella persona.
  La seconda vicenda sulla quale va fatta una riflessione, non in termini ideologici, è quella della dilatazione della pena per quello che riguarda la produzione e lo spaccio di droghe, il nodo dei tossicodipendenti è un problema enorme. Su questo io credo, senza concessioni al permissivismo, tuttavia una riflessione va fatta perché non c’è dubbio che molto spesso noi utilizziamo il carcere nei confronti di persone che invece dovrebbero stare in Pag. 14ben altre strutture. Si tratta di persone che dovrebbero andare in altre strutture perché sono dei malati e non dei delinquenti. Quindi questo è un punto di riflessione che va al di là di una dialettica che c’è stata nella differenziazione delle pene per quello che riguarda le droghe leggere e le droghe pesanti. Ma, al di là degli schematismi, che poi arrivano pure al punto estremo della liberalizzazione della droga. Questo è un nodo con il quale ci si deve misurare.
  Il terzo pronto, attiene alla durata dei processi che fanno sì che noi abbiamo almeno un 40 per cento di gente che sta in carcere o in attesa del primo processo o in attesa del processo definitivo. Ecco la cosa è così seria e grave, che a mio avviso tutti e sei gli strumenti ipotizzati nel discorso del Presidente della Repubblica vanno presi in considerazione. Gli ultimi due riguardano il ricorso a strumenti straordinari quali l'indulto e quale l'amnistia.
  Per quello che ci riguarda noi non ci spaventiamo rispetto anche a queste due misure perché, guardate, o si fa un salto di qualità rispetto alla realtà carceraria, oppure da qui a qualche tempo celebreremo un altro dibattito di questo tipo per un altro messaggio di un Presidente della Repubblica e manifesteremo in questo modo le colpe e le responsabilità che abbiamo che vanno superate con tutti i mezzi, quelli ordinari e quelli straordinari (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caon. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAON. Signor Presidente, innanzitutto i complimenti al sottosegretario Ferri per la sua riconferma e un benvenuto naturalmente al Viceministro e al sottosegretario.
  Ultimamente, nell'affrontare la questione carceraria, viene posta al centro di ogni dibattito una particolare attenzione sulla cosiddetta sentenza Torreggiani, approvata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo l'8 gennaio 2013. Il procedimento dinnanzi alla Corte, che ha preso avvio dal ricorso di alcuni detenuti negli istituti di pena di Busto Arsizio e Piacenza, si era concluso con una sentenza che aveva fissato in un anno il termine entro il quale l'Italia avrebbe dovuto risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. La Corte CEDU ha adottato la procedura pilota proprio al fine di far fronte all'aumentato numero dei suoi giudizi in corso sulla medesima materia e per la stessa violazione. La Corte ha infatti affermato che «la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone» e che «la situazione constatata nel caso di specie è costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione», in particolare con l'articolo 3 che vieta trattamenti inumani e degradanti.
  Nonostante la sentenza Torreggiani risalga a un anno fa e il termine, ossia il 28 maggio 2014, ormai sia in scadenza, il problema ancora oggi rimane drammatico per i detenuti ma anche per gli agenti che quotidianamente prestano il proprio servizio in condizioni di disagio e pericolo. La sentenza non fa che prendere atto di ciò che è notorio, lo dicono i numeri: al 31 dicembre 2013 a fronte di una capienza regolare di 47.709, i detenuti presenti nelle nostre carceri sono ben 62.536, di cui però 21.854 stranieri.
  Ciò che quindi interessa del messaggio del Presidente della Repubblica e delle politiche in materia poste in essere per iniziativa del Ministero della giustizia o parlamentare, non sono tanto i dati relativi al sovraffollamento carcerario, quanto i rimedi adottati o proposti. Nel dibattito in corso però pari attenzione deve essere garantita anche ai bisogni e alle esigenze dei cittadini, soprattutto di quelli che hanno subito un reato, che sono fuori dal carcere ma che portano in sé tracce altrettanto indelebili dei crimini di cui sono state vittime. Ci sono diritti e principi, Pag. 15come quello della certezza della pena, che non posso essere dimenticati e sacrificati in nome di altri diritti, occorre sempre valutare e trovare quella soluzione che garantisca il pieno rispetto di entrambi. Nel messaggio vengono individuati specifici rimedi, suddivisi in tre gruppi: in primo luogo, la riduzione del numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale; in secondo luogo, l'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari; in terzo luogo, il ricorso a rimedi straordinari.
  Il primo gruppo, ossia le innovazioni di carattere strutturale, viene a sua volta suddiviso in ulteriori sei punti (introduzione di meccanismi, pene detentive non carcerarie, riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, espiazione della pena nel Paese di origine, attenuazione degli effetti della recidiva, depenalizzazione), su alcuni dei quali, ci viene detto, incidono proposte di legge che si trovano attualmente all'esame di uno o dei due rami del Parlamento. A ben vedere, di questi, tutto si sta facendo meno che attuare l'esecuzione della pena per i detenuti stranieri nei paesi di origine. Nel messaggio si rilevano le difficoltà che a livello internazionale si incontrano nel dare seguito agli accordi internazionali che consentirebbero, almeno per i reati meno gravi, di far espiare la pena all'estero. Benché la popolazione carceraria straniera sia quasi poco meno del 40 per cento, nel corso del 2012 solo 131 detenuti stranieri sono stati trasferiti nel proprio Paese, mentre nei primi sei mesi del 2013 il numero è di 82 trasferimenti.
  Nel corso dell'audizione del 17 ottobre, il Ministro della giustizia ha dichiarato che sono in avanzata fase di elaborazione alcune proposte di modifica della normativa in materia di espulsioni dei detenuti stranieri autori di reati non gravi. Ebbene, a questi provvedimenti si avrebbe dovuto dare precedenza anziché a indulti mascherati come lo «svuotacarceri» o il «salvadelinquenti».
  Io voglio solo completare, caro sottosegretario: è il quarto «svuotacarceri» che stiamo portando avanti, con questo mettiamo anche l'indulto.
  La pena qui in Italia è solo una cosa, è una pena fatta a porta girevole. Non possiamo dare la possibilità a queste persone di avere una giustizia con la porta girevole anche perché a quelle forze di polizia che tutti i giorni devono stare per strada non garantiamo il giusto lavoro, non diamo importanza al loro lavoro.
  Perciò si metta una mano alla coscienza: più carceri e meno delinquenti per la strada !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi oggi interveniamo sul tema della questione carceraria, così come ci viene consegnata dalla sentenza Torreggiani.
  Ora, la questione è questa: discutiamo di questo in senso numerico, cioè la questione del sovraffollamento è una questione prettamente numerica, o invece – come io credo – non solo per la lettera delle locuzioni usate nella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, ma anche proprio per il contenuto complessivo, si discute delle condizioni disumane che vengono denunciate con riferimento alle nostre carceri ? È quindi una questione sulla pena, su come la pena viene espiata, è una questione quindi più complessa e articolata, perché altrimenti basterebbe intervenire semplicemente sul dato numerico, cosa che si può anche fare, pensando – come qualcuno pensa – che basta costruire più carceri.
  Non pensiamo che sia così perché il riferimento alla inumanità del trattamento non è solo una questione numerica e ci induce ad una riflessione sulla pena, sull'istituto della pena da espiare, che consegue ad una condanna, ad una pronunzia di responsabilità e sulla funzione della pena. Vorrei dire che nel nostro Paese, a parte l'appello retorico a Beccaria, da Beccaria in poi, abbiamo fatto un po’ di Pag. 16interruzioni su questo tipo di riflessione. Quindi, la questione è sull'efficacia, sull'effettività, sulla certezza della pena e sulla sua utilità. Sono scollegati questi concetti ? Li dobbiamo trattare separatamente ? Dobbiamo – come dire – stare in quello che è un po’ il pendolo che ha seguito il legislatore in questo ultimo ventennio, tra derive securitarie, tutela della collettività e invece un'attenzione al trattamento che sembra andare in opposizione ? Questi concetti sono – come io ritengo – assolutamente collegati.
  Allora, voglio, da questo punto di vista, cogliere e sottolineare un aspetto che è stato evidenziato nella relazione della presidente Ferranti e cioè il carattere di innovazione al quale noi siamo chiamati, se questi sono i riferimenti, che è presente direi nei numerosi provvedimenti legislativi, in gran parte di iniziativa parlamentare, che sono stati non solo discussi, ma approvati proprio in questa Camera del Parlamento.
  Allora, direi che la questione è anche quella di rimettere ordine metodologico e di impostare il nostro intervento, con una razionalizzazione e con una scelta di campo. Che cosa intendo ? Intendo innanzitutto restituzione delle funzioni originarie ai nostri vari istituti e cioè quella che è la custodia cautelare, con una funzione davvero cautelare e non di anticipazione della pena, e quella che è la funzione del processo, che è quella di accertare innanzitutto le responsabilità. Poi, da questo punto di vista, separare l'altro concetto, che invece è quello della pena più adeguata, che consegue al tipo di responsabilità.
  E quindi una personalizzazione della pena che invece è assolutamente estranea a quello che è il giudizio di merito che deve condurre ad una pronuncia di responsabilità. Quindi, riprendere questo tipo di impostazione. Sullo sfondo di questa impostazione sta la questione più generale, che è stata con grande rigore ripresa in questi ultimissimi giorni – alla ripresa, diciamo, di una rinnovata azione di Governo – che è quella dei tempi del processo. Allora, se questo è vero, in questo senso parliamo di interventi strutturali e in questo senso io penso che l'indagine conoscitiva che abbiamo fatto in Commissione giustizia ci deve dare delle indicazioni, cioè non è semplicemente una enunciazione di tipo statistico, ma dobbiamo noi coglierla per un'analisi del fenomeno per indirizzare i nostri interventi. Molti dati sono già stati citati e poi comunque sono tutti contenuti nella relazione.
  Voglio citarne due per tutti. Il primo: al primo posto della tipicizzazione dei reati per cui vi sono persone detenute in carcere c’è quello dei reati attinenti alla legge per gli stupefacenti, cioè stiamo parlando di 8.657 detenuti, il 19 per cento dei detenuti è detenuto per custodia cautelare in attesa ancora del primo grado di giudizio, a cui si aggiunge un ulteriore 19 per cento. Ecco, questi sono dati di cui occorre tener conto e noi in qualche modo ne abbiamo ovviamente tenuto conto, anche con una serie di interventi che sono stati citati, che vanno nel senso di questi interventi strutturali che tengono conto di che cosa ? Innanzitutto di un trattamento alternativo al carcere che deve essere una extrema ratio, con l'individuazione di trattamenti alternativi che non sono applicati automaticamente, ma che fanno riferimento ad un percorso di recupero che noi introduciamo addirittura anche nella cognizione, ad esempio, con l'istituto della messa alla prova.
  Seconda questione: eliminazione degli automatismi, sotto una duplice veste. Primo: eliminazione o attenuazione degli automatismi che erano stati introdotti con la ex Cirielli, che escludeva dai trattamenti alternativi, senza nessuna valutazione della situazione in concreto, chi avesse commesso più di un reato, anche magari un reato non grave. Una ulteriore questione: non automatismo nell'applicazione di questi benefici, per i quali noi, diciamo, con una certa caparbietà, prevediamo sempre un percorso giurisdizionale. Altra questione: ampliamento di tutti questi trattamenti che tengono conto di questo percorso. Molti sono stati citati e sono, a partire dalla liberazione anticipata, che è Pag. 17stata ampliata a settantacinque giorni, seppure per un periodo limitato, l'affidamento in prova, le detenzioni domiciliari, la messa alla prova e quant'altro, tutto questo è sempre accompagnato e alla fine di un percorso di valutazione di tutti gli elementi che riguardano il percorso della persona che è in regime di detenzione. In questo senso e in questa prospettiva, sta dentro anche la questione delle vittime del reato e delle persone offese che viene più volte citata. Infatti, possiamo pensare, in questo carattere innovativo, che affrontare il tema della pena detentiva non esclusivamente come pena detentiva in carcere, ma come un percorso in evoluzione, sia un qualcosa che non solo è attento a non ferire chi è già stato ferito dalla commissione di un reato, ma è anche attento a un percorso di riparazione insieme alla persona offesa, che è la maggiore garanzia e tutela che le persone offese appunto chiedono ?

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ANNA ROSSOMANDO. E con riferimento – sto concludendo – alla recidiva possiamo dire che il problema non è solo di eliminare gli automatismi, ma di evitare che ci siano ulteriori recidive ?
  È un tema che ci dobbiamo e ci possiamo porre ? Concludo, Presidente, e raccolgo anche un po’ l'appello a riprendere un discorso sulla giustizia finalmente libero dallo scontro che è stato foriero di non buoni interventi in questo ultimo ventennio. È stata una stagione che non soltanto ha visto le leggi ad personam, ma ha visto anche numerosi pacchetti sicurezza che sono all'origine di questo sovraffollamento carcerario.
  Possiamo inaugurare una nuova stagione scevra dalla retorica e da proclami che non conducono a nessun risultato e possiamo riprendere una nuova stagione in tema di diritti di tutti, non soltanto di chi commette un reato e ha diritto a un trattamento umano, ma diritti delle vittime che possono essere e debbono essere tutelati insieme. Questo è esattamente il nostro compito: non fare provvedimenti soltanto numerici, ma provvedimenti che stanno in un progetto che riguarda la società.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marotta. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, l'argomento che ci occupa oggi è di estrema importanza, affidato al messaggio che il Presidente della Repubblica ha ritenuto di rivolgere a queste Camere. Anche la presenza del Governo, nella persona del viceministro Costa e del sottosegretario Ferri, sta a dimostrare l'importanza dell'argomento. Approfitto – un inciso – per fare gli auguri a Costa e a Ferri per un loro ottimo lavoro: ce n’è bisogno, specialmente nella giustizia.
  Da che cosa parte questo messaggio del Presidente ? Parte da un dato di fatto, un dato concreto a cui bisogna fare riferimento: la famosa sentenza della Corte europea che dal 28 maggio, ferme restando le cose – e allo stato non è cambiato molto –, obbligherà l'Italia ad intervenire economicamente perché avremo una serie di sentenze sfavorevoli a cui dovremo far fronte, in questo momento in cui viviamo una crisi che non sta a me qui definire e rilevare, è sotto gli occhi di tutti.
  Questa è l'ennesima emergenza che si presenta in Italia: il sovraffollamento delle carceri. È di un'emergenza però pericolosissima perché questo sovraffollamento genera nel sistema di detenzione conseguenze gravissime sulla qualità della vita delle persone, i detenuti, sull'igiene nella quale vivono le carceri italiane, sulla sicurezza, e soprattutto sui programmi di rieducazione, che sono tutti elementi che se non affrontiamo seriamente e in maniera strutturale, molto probabilmente non usciremo mai da questa emergenza.
  Ci vengono sottoposte alcune soluzioni già intraprese. Faccio riferimento alla relazione della presidente Ferranti. Si tratta di soluzioni che abbiamo visto, riguardano la riduzione dei detenuti attraverso delle innovazioni di carattere strutturale. Non ve le ripeterò. Le conoscete tutte. Ma sono Pag. 18delle innovazioni che hanno un raggio di azione limitato, anzi direi limitatissimo, rispetto a quello che è il dramma del sovraffollamento: 65 mila unità nelle carceri, che ne possono recepire un terzo in meno.
  Si è intervenuti in vario modo. Sono stati qui richiamati tutti i provvedimenti, importantissimi, che però non affrontano in maniera risolutiva il drammatico problema che viviamo.
  E da qui nasce il messaggio del Presidente della Repubblica. Riguardo agli interventi che stiamo facendo – e che pure stiamo facendo – sul piano della riduzione dei detenuti o sul piano dei nuovi insediamenti carcerari, il famoso «piano carceri», basterebbe fare una riflessione, e voi la fate prima di me. Come è possibile risolvere il problema dando uno sguardo a quelle che sono le statistiche ? Infatti, se noi attraverso il «piano carceri» riusciamo, nei prossimi dieci anni, ad aumentare la capienza di 2 mila detenuti l'anno, è questo un numero tale da essere proporzionato ai nuovi ingressi che abbiamo ? Andiamo avanti, ma lo squilibrio ci sarà sempre. Infatti, il problema non è trovare mille posti, perché per quei mille, 2 mila o 5 mila abbiamo risolto il problema. Il problema è far camminare in parallelo quelli che sono i nuovi ingressi in carcere con i posti che le carceri offrono.
  E allora il primo problema che io voglio sottolineare è che viviamo in uno strano sistema di disequilibrio, per cui con la terza soluzione che ci sottopone il Presidente della Repubblica, vale a dire l'intervento straordinario dovuto all'amnistia e all'indulto, noi interveniamo su che cosa ? Su chi è in espiazione di pena. E allora, raffrontiamo quelle che sono le presenze in carcere. Se abbiamo che un terzo delle presenze è in attesa di giudizio – un terzo – e noi vogliamo intervenire su chi è in espiazione della pena, già partiamo con il piede sbagliato. Infatti, molto probabilmente, anzi sicuramente, il nostro problema è intervenire sulla carcerazione preventiva, non certo sull'esecuzione della pena. Ecco perché dico che l'amnistia e l'indulto sono provvedimenti purtroppo emergenziali. Però, siamo in questa emergenza da quarant'anni, perché ogni tre anni, fino al 1990, c’è stata un'amnistia. Quindi, vuol dire che sostanzialmente noi questo problema lo rinviamo. E allora, io dico al Governo, ma dico al Parlamento: è arrivato il momento di affrontarlo seriamente.
  Il problema non è l'amnistia e l'indulto, che in questo momento rappresentano una soluzione tampone. Il problema è non trovarci tra cinque anni, tra quattro anni o tra dieci anni nelle stesse situazioni. E allora –, prendo spunto da quello che diceva l'onorevole Cicchitto, – è arrivato il momento ? Voi pensate che questa guerra fredda tra magistratura e politica possa finire, possa iniziare una stagione nuova ? È questo il momento ? Oggi noi, dopo questo provvedimento, abbiamo iscritta all'ordine del giorno la modifica della legge elettorale, sulla quale pare che ci sia un accordo che un po’ attraversa tutto il Parlamento. E allora, se è possibile trovare un accordo sulla legge elettorale, perché non è possibile affrontare seriamente e una volta per tutte il problema giustizia in Italia ? Altrimenti, resteremo sempre vittime di questi problemi. Purtroppo non li risolviamo con il provvedimento tampone, che pure è dovuto. È chiaro che noi oggi diciamo che l'amnistia e l'indulto sono le uniche soluzioni possibili che abbiamo per evitare che il 23 maggio incomincino a piovere sullo Stato italiano sentenze di condanna. Però, io voglio essere propositivo. Ecco perché invitavo il Governo a valorizzare questo aspetto e questo momento politico. Infatti, noi possiamo anche intervenire con l'amnistia e con l'indulto, però se lasciamo le cose come stanno molto probabilmente, da qui a un po’ di tempo, questa amnistia ci metterà nelle stesse condizioni in cui siamo ora.
  Ma c’è il problema che sollevano molte parti politiche: l'opinione pubblica è poco propensa ad accettare questo tipo di intervento del legislatore. Perché ? Perché lega la sicurezza alla detenzione. Non c’è nulla di più sbagliato.
  Noi dobbiamo cercare anche un coinvolgimento dei mass media, della stampa, Pag. 19far capire all'opinione pubblica che le due cose viaggiano separate. Il carcere è una scuola di delinquenza così com’è, quindi non ci aiuta questo ragionamento.
  E, allora, che cosa dobbiamo far capire ? Che, quando un soggetto, un cittadino, va a finire in galera perché ha commesso un reato, non è che, se esce un anno prima, non ne commette più. Per quanto riguarda il problema della pena che si finisce di scontare nel 2013 o nel 2014 (dico nel 2013 caso mai abbia usufruito di un anno di condono), non significa che, dal momento che ha ottenuto il condono, ricade nella tentazione di delinquere. Il problema è stabilire interventi seri, volti alla riabilitazione del condannato, ossia creare le condizioni, al di là dell'intervento del legislatore con l'amnistia, per chi si trovi a scontare una pena, di farlo non solo in condizioni di vivibilità migliori (anche perché vi è una serie di indicazioni che provengono dall'Europa), ma soprattutto con la concreta previsione di poter realizzare, successivamente, un tratto della propria vita, reinserendosi nella società. Questo è il problema di fondo che dobbiamo affrontare. Altrimenti è chiaro che discutiamo di tante cose ed è chiaro che tutti hanno ragione. È giusto ? Non è giusto ? L'opinione pubblica è favorevole ? È contraria ? Andiamo alla ricerca di queste situazioni.
  Il problema di fondo è quello di stabilire e di valutare, non solo in questo momento, la possibilità dell'amnistia o dell'indulto, che diventa un'esigenza, ma anche di lavorare per il futuro.
  Vorrei concludere, Presidente, con un'indicazione che ci viene proprio dal Presidente della Repubblica – tenendo conto che questo è il suo messaggio – in questo settore. Che cosa dice il Presidente della Repubblica e a che cosa invita tutte le istituzioni ?Ad una mobilitazione collettiva, ad una ripresa di vigore e di operosità, indispensabili oggi per risalire la china in tutti i settori, ma soprattutto nel settore della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Leva. Ne ha facoltà.

  DANILO LEVA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, il dibattito di oggi cade ad oltre quattro mesi di distanza dal messaggio trasmesso alle Camere dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, un messaggio forte, intenso, che ha posto questo Parlamento di fronte ad argomenti ormai ineludibili, che molto spesso sono stati rimossi e derubricati, considerati scomodi da una politica schiacciata sotto il peso della sua timidezza.
  Quando la classe dirigente di un Paese affida la direzione di marcia e quindi l'orientamento delle proprie scelte all'umore dell'opinione pubblica prevalente in un dato momento storico, rinuncia a giocare sino in fondo la sua partita, abdicando al proprio ruolo ed alla propria funzione.
  È capitato troppo spesso, nella storia di questo Paese, che la propaganda sia stata sostituita alla serietà e la demagogia al senso di responsabilità ed è anche per questa ragione che ringrazio il Presidente Napolitano, non solo per aver acceso i riflettori sulla questione carceraria, ma soprattutto per aver richiamato con le sue parole ciascuno di noi al senso più profondo della propria attività.
  Quando c’è un problema, anche se spinoso, anche se scomodo, la politica non fugge, ma si fa carico delle possibili soluzioni e quindi assume decisioni, sceglie. E le scelte, soprattutto quando attengono al diritto penale, non seguono le pulsioni di cui la società è pervasa, ma seguono i principi e i valori della nostra Costituzione.
  È questa la linea di confine netta tra i demagoghi, concentrati solo sul consenso, e gli uomini delle istituzioni, legati invece al primato del diritto.
  Ebbene, negli istituti penitenziari italiani è sospesa l'applicazione dei principi, è sospesa l'applicazione del diritto.
  Le nostre carceri sono diventate una sorta di girone dantesco in cui la civiltà ha perso la sua ragion d'essere. Non sono Pag. 20degne di una democrazia moderna. Tutto ciò a causa di una crepa nel sistema delle pene che, a poco a poco, nel corso degli anni, è diventata una voragine sempre più profonda, complice una politica disattenta che ha generato ormai uno stato di cose incompatibili, non soltanto con l'articolo 3 della Convenzione europea, ma anche con l'articolo 27 della Costituzione italiana. Ed è proprio per questo che siamo chiamati ad uno scatto d'orgoglio per liberarci da quella connivenza di cui tutti in quest'Aula siamo responsabili nelle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo. Certo, il Parlamento in questi mesi, come ricordava la presidente Ferranti, non è stato a guardare. Abbiamo compiuto significativi passi in avanti. Penso agli interventi legislativi di carattere strutturale che hanno innovato la normativa esistente e che riusciranno ad incidere in maniera significativa sulle cause del sovraffollamento carcerario. La messa alla prova, la nuova disciplina per il processo a carico degli imputati irreperibili incidono sui meccanismi del processo penale. Penso all'introduzione della pena detentiva non carceraria, alla riforma della custodia cautelare, alle innovazioni contenute nel decreto carceri, alle modifiche in materia di espulsione di detenuti stranieri.
  Insomma, una normativa di garanzia a tutela dei soggetti reclusi capace di ampliare la sfera dei diritti senza intaccare il rigore della pena e le esigenze di sicurezza dei cittadini. Un giusto punto di equilibrio. Siamo sicuramente sulla buona strada e abbiamo compiuto sicuramente metà del nostro cammino. Ma tutto questo è sufficiente ? Tutto questo è sufficiente ad allineare alla data del 28 maggio, tra meno di due mesi, i nostri istituti di pena agli standard europei ? È sufficiente ad allineare i nostri istituti di pena alle indicazioni contenute nella sentenza Torreggiani ? Siamo sinceri fino in fondo, io credo di no, perché, da un lato, alcune di quelle misure devono ancora vedere l'approvazione in via definitiva, perché sono nel meccanismo della «navetta», e, dall'altro lato, è vero che consentono finalmente di superare un'ottica puramente emergenziale, ma agiranno pro futuro. E, allora, perché non discutere del ricorso ad un provvedimento straordinario di clemenza ? Discutiamone con serenità, senza derive ideologiche, senza trasformare il dibattito in una semplice occasione per piantare una bandierina e ridurre il tutto ad una banale contrapposizione propagandistica. Tra l'altro, alla luce della sentenza n. 32 del 2014 con cui la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, grazie alle ricadute sul sistema per l'applicazione della norma penale più favorevole al reo, un provvedimento straordinario di clemenza avrebbe sicuramente un impatto minore sulla platea dei beneficiari.
  E io voglio lanciare un appello ai singoli parlamentari perché questa è una questione che va oltre le rigide appartenenze politiche, che attiene alla coscienza di ciascuno di noi. L'appello è quello di estrarre dalle secche del populismo penale il confronto sulla necessità di un provvedimento di clemenza. Il populismo penale è quella dimensione che trasforma il diritto penale in un bieco strumento del consenso. In passato, quando si è ceduto su questo terreno, sono stati compiuti disastri dai quali l'Italia ancora non si riprende, disastri innanzitutto culturali. Siamo costretti a registrare l'imbarbarimento del dibattito politico su questo punto, un imbarbarimento che denota la profonda assenza di cultura giuridica. L'idea, io mi rendo conto più difficile, più complicata, di uno Stato che sappia perdonare, rieducare, recuperare, si è andata via via consumando, lasciando il posto ad una visione della vita cinica, in cui se sbagli, non solo devi pagare, ma lo Stato riscuote anche il tuo futuro come se fosse un inadempimento contrattuale in un normale rapporto tra privati. Questa non è giustizia, è vendetta; non è diritto, ma è inciviltà e ferocia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, riappropriamoci di quei valori su cui è stato costruito il nostro ordinamento giuridico. Sono proprio quei principi, sono proprio Pag. 21quei valori a sottendere l'emanazione di un provvedimento straordinario di clemenza.
  Concludo. Mi rendo conto che significherebbe andare contro corrente. D'altronde, il male della società italiana è oggi rappresentato dalla sua polverizzazione, dalla sua fragilità, un po’ come la sabbia, noi siamo diventati così, e la politica non può rispondere a questo male, utilizzando parole deboli, che hanno solo la leggerezza del vento. La politica ha il dovere di rispondere con la solidità di scelte coraggiose, capaci di imprimere una radicale svolta, innanzitutto sul piano culturale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Edmondo Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, intervengo sul tema, innanzitutto condividendo assolutamente l'analisi fatta dal Presidente della Repubblica, nel senso che è notorio che in Italia ci sia un sistema carcerario vergognoso, con un sovraffollamento intollerabile, con una qualunque mancanza di politica e di politiche adeguate, allo scopo di rendere la pena anche capace di rieducare il reo, capace di farlo reinserire nella società.
  Ovviamente non concordo con la sintesi che il Presidente pone al Parlamento. E soprattutto vi è anche una mancanza completa di visione delle responsabilità di una situazione che tutti dichiarano strutturale: tutti dicono da vent'anni che il nostro sistema è vergognosamente incivile e arretrato, ma tutti i Governi, sia di centrodestra, che di centrosinistra, sia di larghe intese, non hanno posto in essere uno strumento finalizzato alla revisione strutturale delle cause del sovraffollamento carcerario e della mancanza della funzione di rieducazione dei detenuti.
  L'unica cosa che tutti i Governi di centrosinistra o presuntamente di centrodestra hanno fatto, è una serie di «svuota carceri» e altri provvedimenti, che, di fatto, hanno cancellato la certezza della pena. E allora, non è vero che in Italia ci sono troppi detenuti: il sovraffollamento è dovuto al fatto che ci sono pochi posti in carcere rispetto alla media europea. Non è vero che ci sono troppi detenuti perché c’è una legislazione troppo severa; al contrario, è notorio che in Italia, grazie alla cultura di centrosinistra, che pervade anche gli interventi dei presunti partiti di centrodestra (dopo aver sentito Cicchitto del Nuovo Centrodestra e Marotta di Forza Italia, che addirittura scavalcano la Morani a sinistra, lanciando l'idea dell'amnistia e dell'indulto) – ne abbiamo una conferma: una cultura vincente, che fa a pugni con le idee della popolazione, al punto che sentiamo dire in quest'Aula che la classe dirigente dovrebbe portare – come ha detto l'onorevole Leva – alle sorti progressive dell'umanità, ignorando l'opinione pubblica: cioè, in democrazia, non conta il popolo, ma conta la presunta visione di pochi illuminati che, invece, come è notorio, stanno portando l'Italia alla rovina.
  Allora, ben venga tutto quello che si fa per potenziare i servizi sociali, ben vengano interventi per rendere la pena più umana e per renderla tale con i soldi, intervenendo sui servizi sociali, intervenendo in carcere e agevolando l'assunzione dei detenuti, ma è assolutamente grave che lo Stato scarichi la sua incapacità sulle vittime e sui cittadini, mettendo in libertà plurirecidivi, altro che persone che commettono lievi reati: oggi neanche per rapina si rimane in carcere ! Questa è la verità che tutti sanno: siamo l'unico Paese occidentale dove di fatto c’è ormai un'impunità assoluta per i reati.
  E sarebbe facile, perché basterebbe – anziché espellere, come volete fare, i detenuti che commettono gravi reati – farli andare a scontare la pena nei Paesi da cui provengono, perché espellere significa che l'Italia diventa un Paese dove si può liberamente commettere i reati e poi paghiamo loro anche il biglietto per essere cacciati dall'Italia e continuare a fare i delinquenti.
  Bisognerebbe intervenire – questo sì – sulla custodia cautelare e non l'avete voluto fare con coraggio, perché rimangono Pag. 22ancora sacche di incertezza che consentono, comunque, con discrezionalità, ai magistrati di incarcerare persone senza prove certe, senza elementi e condotte chiare, ma sempre su teorie di pericolo che nulla hanno a che vedere con la nostra Costituzione.
  E, poi, vi è il problema delle nuove carceri. Vedete, sulle nuove carceri non si è fatto nulla, sono vent'anni che dite che non ci sono nuove carceri: le avete costruite e, poi, non assumete poliziotti, perché dite che non avete i soldi. Fate commissari straordinari per le carceri che prendono un sacco di denaro pubblico e, come abbiamo, visto fanno anche degli imbrogli e, poi, le carceri rimangono lì ferme.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  EDMONDO CIRIELLI. Avete pensato di fare carceri come si dovrebbe, come l'ordinamento penitenziario prevede per dare diverse possibilità di detenzione in base alla gravità dei reati, e non lo fate.
  Concludo, dicendo che per quanto ci riguarda noi chiediamo al Governo, tra gli impegni, certamente «no» all'amnistia all'indulto, perché scarichiamo sui cittadini le inefficienze dello Stato, ma chiediamo di più: chiediamo una commissione d'inchiesta parlamentare

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  EDMONDO CIRIELLI. Concludo, Presidente. Una commissione d'inchiesta parlamentare per accertare chi ha la responsabilità per la mancata costruzione di nuove carceri, per la mancata apertura, per la riduzione degli organici della polizia penitenziaria, per vedere i Ministri di grazia e giustizia degli ultimi vent'anni, i Ministri dell'economia cosa hanno fatto per risolvere il problema infrastrutturale.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  EDMONDO CIRIELLI. Perché non devono pagare i cittadini italiani di fronte alla Corte europea perché lo Stato è incapace: devono pagare quei Ministri incapaci, che non hanno fatto nulla per cambiare il sistema carcerario (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, i temi sollevati dal messaggio del Presidente della Repubblica del 7 ottobre 2013 sono stati esaminati in II Commissione (Giustizia) e la relativa relazione è stata votata il 28 novembre nella significativa ricorrenza dell'anniversario della morte di Cesare Beccaria, con il voto contrario soltanto di Lega e MoVimento 5 Stelle.
  A distanza di oltre tre mesi, oggi quest'Aula è chiamata a fare il punto sulle iniziative che potrebbero costituire adeguata risposta al messaggio presidenziale. Sembra un tempo lunghissimo. Lo è meno se si considerano il periodo natalizio intercorso e il lungo stallo seguito al famoso tweet #Enricostaisereno.
  Il problema del sovraffollamento, oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, è noto nella sua drammaticità: al 14 ottobre 2013, l'Italia aveva un numero di detenuti pari a oltre 64 mila unità, a fronte di 47.599 posti.
  Oltre all'inciviltà della situazione, indegna della patria del diritto, in linea con una visione della pena di tipo afflittivo e non certo con una sua funzione riabilitativa, questa condizione ha finito per trascinare l'Italia in un contenzioso con l'Europa, fino alla ormai famosa sentenza Torreggiani, i cui effetti incombono sull'Italia anche per le pesanti ripercussioni risarcitorie, nell'ordine di centinaia di milioni di euro.
  Per ridurre il sovraffollamento carcerario, l'Italia può procedere in quattro direzioni. Su almeno tre di esse, dalla data del messaggio presidenziale sono stati compiuti passi concreti in avanti: con il cosiddetto decreto svuota carceri, diventato legge e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 febbraio scorso, è stato esteso il ricorso alla detenzione non carceraria, allargando in alternativa al carcere Pag. 23le possibilità degli arresti domiciliari e la commutazione di pena con l'affidamento in prova ai servizi sociali, oltre ad aumentare da 45 a 75 giorni per semestre lo sconto della durata della pena con lo strumento della liberazione anticipata speciale.
  La seconda direttrice di marcia, che è stata oggetto delle proposte di legge d'iniziativa parlamentare n. 331 e n. 927 – il testo unificato delle due proposte di legge recante la delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie – ha il merito di delegare al Governo il complessivo riordino del sistema delle pene, prevedendo anche la trasformazione di una serie di reati in illeciti amministrativi, con conseguente passaggio dalla pena detentiva alle sanzioni di tipo amministrativo, prevedendo altresì la possibilità di sospensione del processo per una serie di reati con affidamento dell'imputato al servizio sociale e prestazioni di lavoro di pubblica utilità, consistenti in attività non retribuite. Prevede, infine, la non punibilità per la tenuità del fatto o per la non abitualità del comportamento criminoso.
  Questo intervento legislativo, il cui iter dovrebbe presto completarsi, dovrebbe portare, tra l'altro, ad una forte riduzione delle presenze in carcere per piccoli reati legati alle tossicodipendenze, che riguardano quasi il 37 per cento della popolazione carceraria, due terzi della quale in espiazione di pena.
  La terza direttrice di marcia riguarda, invece, gli interventi di edilizia carceraria per la creazione di maggiori e più moderni spazi per i detenuti. Sulla base dei dati emersi durante le audizioni, e riportati nella relazione della II Commissione, si evince che sono ben 12 mila i nuovi posti per la cui realizzazione sarà possibile assegnare i lavori entro il 2016.
  Basterà tutto questo, ci chiediamo, per risolvere i problemi delle carceri italiane ? Probabilmente no. Manca all'appello il quarto intervento necessario: l'uso improprio e talora l'abuso della carcerazione preventiva. L'Italia è tristemente al terzo posto in Europa, dopo Ucraina e Turchia, per numero di detenuti in attesa di primo giudizio ed è al secondo posto per percentuale. Sono, infatti, rispetto al totale della popolazione carceraria, ben 21,1 per cento i detenuti in attesa di giudizio. Non dobbiamo avere timore di affermare senza reticenze che in Italia la carcerazione preventiva è stata ampiamente utilizzata come strumento di indagine e, talora, di vera e propria tortura per estorcere confessioni e per ottenere delazioni.
  Resta l'urgenza posta dalla sentenza Torreggiani rispetto alla quale non dobbiamo avere timore di pensare, seppur come extrema ratio, anche a interventi straordinari come l'indulto e l'amnistia. Diversamente dal passato questi interventi potrebbero permettere davvero di risolvere una volta per tutte il problema, proprio perché associati ai provvedimenti di lungo respiro che ho appena descritto. Gli interventi straordinari potrebbero, inoltre, rispondere alla recente messa in mora della legge Giovanardi-Fini. L'amnistia, infine, avrebbe tra l'altro anche il benefico effetto di produrre una riduzione del carico processuale, dando respiro alla macchina giudiziaria.
  Ci auguriamo che il 2014, anno in cui ricorre il duecentocinquantesimo anniversario della pubblicazione dell'opera fondamentale di Cesare Beccaria « Dei delitti e delle pene », possa essere davvero l'anno di svolta per una maggiore civiltà del sistema carcerario italiano.

  PRESIDENTE. Onorevole Gigli, concluda.

  GIAN LUIGI GIGLI. Sarebbe il modo migliore per celebrare degnamente l'anniversario, nei fatti, nell'ottica di una promozione dei diritti umani e delle persone che sono private della propria libertà e non con vuoti discorsi di circostanza.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Businarolo. Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Grazie Presidente, colleghi, il Presidente della Repubblica, con lettera del 7 ottobre 2013, ha scritto alle Camere per porre con la massima Pag. 24determinazione e concretezza una questione scottante. Nella lettera il Presidente Giorgio Napolitano richiamava l'attenzione delle Camere affinché disponessero immediati rimedi straordinari per ridurre il sovraffollamento delle carceri. Qualche giorno prima, il 28 settembre, durante la visita al carcere di Poggioreale, lo stesso Napolitano aveva affermato: chiedo al Parlamento se ritenga di prendere in considerazione un provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia. In base alla ormai nota sentenza Torreggiani, se l'Italia entro fine marzo 2014 non garantirà ai detenuti condizioni di vita umane, i ricorsi saranno centinaia; se dovessero farlo un numero di detenuti corrispondente agli esuberi rispetto ai posti disponibili l'Italia dovrebbe pagare risarcimenti per oltre 270 milioni di euro. Statistiche periodiche parlano chiaro sul sovraffollamento e la Corte europea cita il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano. Per capire bene cosa significhino i numeri del sovraffollamento carcerario, bisognerebbe provare a stare per ventiquattr'ore al giorno in celle di tre metri per cinque, in sei persone con tre letti a castello. Improvvisamente questo tema sembra che sia diventato un emergenza solo ora, quando invece sappiamo benissimo che il problema si conosce da oltre vent'anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Caro Renzi, lì c’è davvero il dolore della gente, non quello di cui parli tu per ingannarla. È la sofferenza dei detenuti che vivono in condizioni difficili da immaginare per chi non le ha mai viste; queste persone hanno bisogno di risposte concrete e di certezza della pena. Le istituzioni italiane sono miopi di fronte a questo problema e non vogliano assumere una visione di lungo termine.
  Ma entriamo nel merito della relazione della presidente Ferranti, che prende spunto dalle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, dal quale emergono tre gruppi di rimedi specifici: la riduzione del numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale, l'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari, il ricorso a rimedi straordinari, per l'appunto indulto e amnistia.
  Alla Commissione è stato chiesto di chiarire meglio il pensiero del Presidente della Repubblica; tuttavia i dipendenti degli uffici non sapevano bene quale doveva essere l'iter del lavoro in Commissione. Nulla del genere si era mai visto nella storia della Repubblica. Ci si chiedeva: cosa dobbiamo fare ? Facciamo delle audizioni ? Facciamo una relazione di maggioranza ? Una di minoranza ? Dobbiamo votarla in Commissione ? E in Aula ? Una prassi nuova, insomma.
  Ciò che risultava chiaro era però che Giorgio Napolitano ammetteva che due dei tre rimedi da lui proposti avrebbero inciso verosimilmente solo per il futuro. Quindi, consapevole dei numeri del fenomeno del sovraffollamento carcerario, concludeva affermando che solo amnistia e indulto avrebbero potuto risolvere il problema del sovraffollamento nell'immediato. Ma l'articolo 79 della Costituzione prevede che l'amnistia e l'indulto siano concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Non risulta quindi che ciò possa avvenire per sollecitazione o intromissione nell'attività parlamentare del Presidente della Repubblica.
  Donatella Ferranti, nella sua relazione, non si è opposta esplicitamente alle proposte di amnistia e indulto. Noi del MoVimento 5 Stelle siamo invece contrari ad amnistia e indulto, per quatto ordini di motivi. Innanzitutto, non rappresentano una manovra strutturale e sono tesi ad affrontare il problema solo in un'ottica di breve periodo. Infatti alla lunga aggravano la situazione, in quanto fanno sì che il dibattito parlamentare eviti di trovare rimedi duraturi. L'indulto del 2006 produsse senza dubbio un risultato importante: nel giro di un mese i detenuti passarono da 60 mila a 38 mila, al di sotto quindi della capienza regolamentare. Due anni dopo i detenuti ritornarono a essere 55 mila, e oggi, com’è noto, sono 65 mila.
  Siamo contrari ad amnistia e indulto per un motivo psicologico, che impatta su Pag. 25detenuti, cittadini e vittime dei reati: l'immagine di uno Stato che concede continue sanatorie a persone che hanno commesso reati sminuisce il valore deterrente e la credibilità del sistema penale e della giustizia in generale.
  La terza motivazione consiste nell'aumento dei reati nella fase successiva alla concessione dell'indulto, confermato anche dalle statistiche relative ai reati più comuni, come furti, scippi e rapine a mano armata.
  Infine, con risorse finite o insufficienti, il reinserimento sociale dei detenuti avverrebbe solo sulla carta perché nessun ufficio, men che meno i collaboratori e i consulenti penitenziari, né gli uffici locali per l'esecuzione penale esterna potrebbero mai dedicarsi compiutamente alla riabilitazione di circa 20.000 persone. Amnistia e indulto risolvono il problema solo momentaneamente, non risolvono i problemi guardando al futuro. Sono errori degni solo di governanti che hanno un orizzonte e una durata limitata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Secondo Giorgio Napolitano, il sovraffollamento carcerario incide anche sulla possibilità di assicurare effettivi percorsi individualizzati volti al reinserimento sociale dei detenuti. Non possiamo che concordare sul fatto che la pena debba avere una funzione rieducativa, come previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la quale, però, può essere realizzata solo con il valido supporto delle risorse che lavorano nelle strutture carcerarie. Per realizzare questo obiettivo, non sarebbe opportuno assicurare la continuità lavorativa degli esperti psicologi e criminologi ex articolo 80 dell'ordinamento penitenziario, riconoscendone la professionalità e l'esperienza maturata, valutando la possibilità di prorogare le convenzioni stipulate nel 2013 ? Perché, vista la carenza di organico della polizia penitenziaria, non si prevede di modificare il sistema di vigilanza all'interno delle carceri rendendola dinamica ?
  Parliamo poi di stupefacenti. Da poco si è pronunciata la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 32 dello scorso 12 febbraio, che ha dichiarato la illegittimità della legge cosiddetta Fini-Giovanardi, la quale non distingueva le tipologie di stupefacenti in leggeri e pesanti: una legge che per anni ha riempito le carceri italiane. Ora, in forza della citata sentenza, è tornata in vigore la precedente legge sulle droghe, ossia la cosiddetta Iervolino-Vassalli, così come modificata dal referendum del 1993, che abolì il carcere per l'uso personale.
  L'applicazione della suddetta sentenza, getterà le basi per una significativa opera di riduzione dell'affollamento degli istituti penitenziari. Riduzione, che secondo alcune prime stime, potrebbe attestarsi su di un numero di scarcerazioni compreso tra seimila e diecimila, costituendo essa stessa il principale veicolo per risolvere l'emergenza carceraria. Resta, tuttavia, necessario introdurre una completa depenalizzazione del consumo e coltivazione per uso personale di cannabis e derivati.
  Per quanto riguarda poi i detenuti stranieri, questi si attestano sul 35 del cento del totale. Si devono far funzionare gli accordi con i Paesi stranieri e sottoscriverne di nuovi, per regolare i trasferimenti dei detenuti stranieri e prevedere una migliore definizione e automaticità delle sentenze penali di condanna emesse in Italia. È necessario concludere i processi il più velocemente possibile, senza mandare in carcere persone a cui manca solo qualche timbro su un documento, dando ai tribunali le risorse per operare in tale direzione.
  I dati citati bastano per far capire che da gravissima emergenza qual'era, la condizione carceraria in Italia si è trasformata in fenomeno di illegalità permanente. Serve tutt'altra opera di riforma della giustizia. Le Camere non devono essere chiamate a un esercizio legislativo ma a risolvere un problema complessivo di legalità. Giorgio Napolitano insiste su «l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo». Questi spot non ci interessano, perché servono riforme vere del processo civile e del processo penale. Riforme della Giustizia, signori, e non relazioni e risoluzioni Pag. 26su lettere alle Camere del Presidente del Consiglio...ops della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Concludo dicendo che con la risoluzione depositata il MoVimento 5 Stelle si dichiara non corresponsabile degli errori e delle visioni a breve termine di questo Governo e di questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, da sempre i socialisti sono particolarmente sensibili alla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti nella riduzione della popolazione carceraria. Tema, quello delle carceri, per cui l'Italia è stata più volte sanzionata dall'Europa, proprio per le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti. Sull'argomento sono intervenuti sia il Presidente della Repubblica che, anche nello scorso 7 ottobre in un messaggio a Camere riunite, ha sottolineato con sdegno l'intollerabilità della situazione; sia la Corte Costituzionale che, sempre nello scorso ottobre, ha sentenziato l'urgenza di interventi in favore dei diritti dei detenuti.
  Gli obiettivi da perseguire, dunque, sono la diminuzione della popolazione carceraria con misure dirette ad incidere su ingressi ed uscite dalle carceri; il rafforzamento di strumenti per la tutela dei diritti dei detenuti o comunque sottoposte a misure di restrizione della libertà personale, attraverso la previsione di un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza e con l'istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute. Su questo è ben intervenuto il decreto-legge approvato nelle ultime settimane da questo Parlamento e ne siamo orgogliosi, ma non basta. Nel frattempo, un paio di settimane fa, la Consulta ha bocciato la Fini-Giovanardi. Infatti 26.000 detenuti su 65.000, 2 su 5, sono reclusi proprio per violazione di quella legge.
  È dunque necessario l'aggiornamento e il coordinamento normativo del testo unico riguardante gli stupefacenti, con particolare riguardo alla cura, prevenzione e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza.
  Altro tema da non dimenticare è quello del braccialetto elettronico, che fu introdotto con il decreto-legge n. 341 del 24 novembre del 2000, convertito poi con la legge n. 4 del 19 gennaio 2001. La media di utilizzo in dieci anni è stata di dieci braccialetti l'anno a fronte di una spesa di diversi milioni di euro e non si può più continuare così.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione affermando con forza che i socialisti continueranno ad impegnarsi sul tema delle carceri e della difesa dei diritti dei detenuti, chiedendo anche l'attivazione di un'indagine parlamentare che verifichi gli sprechi di risorse pubbliche. Chiedo pertanto un voto favorevole alla risoluzione presentata dai deputati socialisti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annuncio di risoluzioni – Doc. XVI, n. 1)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio n. 6-00049, Brunetta ed altri n. 6-00050, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00051, Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00052, Daniele Farina ed altri n. 6-00053, Colletti ed altri n. 6-00054 e Di Lello ed altri n. 6-00055 che sono in distribuzione.
  Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che invito ad esprimere il parere sulle risoluzioni presentate.

  ENRICO COSTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sulla risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Pag. 27Romano, Dellai, Pisicchio n. 6-00049, che è la risoluzione che approva la relazione a suo tempo approvata dalla Commissione e chiaramente integrata dagli elementi che sono stati presentati dalla presidente Ferranti nella seduta odierna. È chiaro che la relazione approvata all'epoca aveva alcuni elementi anche di prospettiva che poi sono stati completati e colmati con il lavoro parlamentare intercorso nel frattempo. Quindi la completezza del ragionamento è stata posta in essere con l'intervento odierno della presidente Ferranti.
  Il Governo esprime parere contrario sulle altre risoluzioni, sul piano soprattutto del metodo, in particolare del metodo, perché alcune risoluzioni hanno comunque aspetti apprezzabili però fuoriescono dall'oggetto dell'esame parlamentare. Oggetto dell'esame parlamentare sono le tematiche afferenti al messaggio del Capo dello Stato per cui è opportuno soffermarsi su questi aspetti.
  È chiaro che la risoluzione di cui si prospetta l'approvazione, la risoluzione n. 6-00049, tiene conto e assorbe tutti gli elementi apprezzabili o ritenuti apprezzabili da parte del Governo, contenuti anche nelle altre risoluzioni. Quindi parere favorevole sulla risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio n. 6-00049 e invito al ritiro o parere al contrario sulle altre.

(Dichiarazioni di voto – Doc. XVI, n. 1)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, io voglio ribadire quanto abbiamo già espresso in sede discussione dell'argomento. Noi in maniera pregiudiziale non siamo assolutamente contrari a interventi che debbano necessariamente essere finalizzati a risolvere quella che è una vergogna, cioè la situazione del sovraffollamento carcerario, e aggiungo anche una condizione generale collegata alla tutela della salute dei detenuti, soprattutto la mancanza di prospettiva rispetto all'idea di un reinserimento sociale.
  Quello che però non tolleriamo – e lo ribadiamo – è che non si accertino in maniera seria le responsabilità dei governanti che in questi anni non hanno fatto nulla per affrontare la crisi strutturale del sistema carcerario, perché è evidente che sono anni – non voglio neanche andare a vent'anni fa – sono tre o quattro anni che il Governo delle grandi intese di centrodestra centrosinistra, prima PD-PdL, poi PD, PdL e Monti e adesso PD-Nuovo Centrodestra, lamenta questo sovraffollamento carcerario, ma non ha messo in campo un provvedimento per aprire le carceri, le tante carceri che si sono costruite e che non vengono aperte perché si taglia il personale della polizia penitenziaria. Non si è messo un euro per potenziare i servizi sociali, sostanzialmente non si interviene in maniera adeguata per garantire un reinserimento nel mondo del lavoro del detenuto che esce dal carcere, ma semplicemente si è, per legge, deciso che una serie di comportamenti gravi, quali rapine e furti, diventano sostanzialmente comportamenti che non fanno poi arrivare le persone – come è giusto – in carcere.
  Allora, non si fa nulla per eliminare la crisi strutturale del sovraffollamento e voglio ribadirlo: non è vero che in Italia ci sono troppi detenuti. In Italia, ci sono pochi posti in carcere. La media per abitante e per detenuto, a livello europeo, è assai superiore. Noi siamo impreparati perché costa: io mi rendo conto che assumere nuovi poliziotti della polizia penitenziaria costa, mi rendo conto che spendere per i servizi sociali costa, mi rendo conto che aprire nuove carceri costa, ma penso che sia più grave fare tanti processi sempre alle stesse persone. Penso che sia ancora più grave far scontare ai cittadini e alle vittime l'inefficienza dello Stato, perché l'indulto del 2006 – lo dico a Cicchitto e lo dico a Marotta di Forza Italia – ha messo in libertà 20 mila delinquenti e, dopo due anni, nel 2008, da Pag. 2840 mila detenuti siamo tornati nel 2006 a 60 mila, perché erano sempre le stesse persone.
  Allora, io penso che anche uno sconto generalizzato di pena non abbia un effetto rieducativo, perché il delinquente che ha uno sconto di pena si sente quasi giustificato dallo Stato, è una sorta di impunità, dice: «tanto qui in Italia posso fare quello che voglio». Anzi, addirittura, voi per legge volete rendere l'Italia un Paese dove si può delinquere liberamente da parte degli stranieri perché, se vengono poi arrestati, saranno espulsi. Anziché fare accordi con i Paesi stranieri per far scontare in quei Paesi, nei Paesi d'origine, la detenzione agli stranieri, che sono il 30 per cento della popolazione carceraria, li espelliamo.
  Allora, io penso che tutte queste politiche sono, queste sì, demagogiche, che aggraveranno – come stanno aggravando – la situazione della sicurezza dei cittadini, che non è una cosa agitata demagogicamente dalla destra. Io penso che il problema della sicurezza – basta leggere i giornali, basta vedere la TV – sono fatti reali e concreti. Purtroppo, c’è un'impunità dilagante, una criminalità dilagante, che non trova argine da parte dello Stato, anzi, leggiamo da poco che addirittura si vogliono ridurre di 22 mila poliziotti le dotazioni organiche alle forze di polizia nei prossimi anni.
  Allora, aumenta la criminalità, aumenta l'impunità, non si fa nulla per le vittime. L'Unione europea ci ha condannato anche perché non tuteliamo le vittime, ma di questo nessuno parla e invece si fa solo l'analisi, apodittica, in carcere ci sono troppi detenuti. Allora, che facciamo ? Per decreto, cancelliamo i reati, non mettiamo in condizione i delinquenti di comportarsi meglio; no: togliamo per legge la valenza di reato di una serie di comportamenti. Questo credo che sia inammissibile ed inaccettabile.
  Siamo assolutamente contrari all'amnistia e all'indulto, che non risolvono il problema. Costruiamo nuove carceri, mandiamo a scontare all'estero gli stranieri la loro pena, nei loro Paesi di origine ! Incidiamo sulla custodia cautelare, perché l'intervento che avete fatto voi non risolverà il problema assolutamente, complicherà solo burocraticamente il percorso dei magistrati, ma non impedirà – come accade – che circa il 40 per cento delle persone in attesa di giudizio vengano poi assolte.
  Questo atteggiamento non ci porterà da nessuna parte, se non ad un aggravamento della sicurezza dei cittadini, ad una mortificazione delle vittime, ad una frantumazione definitiva del principio di certezza della pena, e non avremo neanche risolto il problema del sovraffollamento carcerario, perché vedrete che con questi provvedimenti nel giro di pochissimo tempo le nostre carceri saranno nuovamente piene di delinquenti. Io penso che il Governo debba cambiare completamente strada e pensare innanzitutto a garantire le vittime e garantire la certezza della pena e garantire la sicurezza per le persone perbene.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, permettetemi, prima di intervenire, di manifestare, a nome del gruppo della Lega e di tutti i parlamentari del movimento che rappresento, la solidarietà del nostro movimento nei confronti di un imprenditore, un imprenditore della provincia di Bergamo, si chiama Antonio Monella, che proprio in questi giorni è stato condannato in via definitiva dalla Corte di cassazione a sei anni e due mesi di carcere e a un risarcimento di 150 mila euro per aver difeso, per avere esercitato il diritto di legittima difesa, nei confronti di una banda di criminali che sono entrati all'interno della propria abitazione. Questo imprenditore è una persona onesta, una persona perbene. Per difendere se stesso, per difendere l'incolumità propria e della propria famiglia, è stato condannato a sei anni di carcere, e oggi rischia di finire in carcere.
  Ebbene, noi tuteliamo le vittime dei reati, coloro i quali subiscono i reati, però Pag. 29noi tuteliamo anche quelle persone che per difendere se stesse e per difendere la propria famiglia da chi commette reati all'interno delle proprie abitazioni poi rischia e viene condannato per il reato di omicidio volontario. Noi quindi esprimiamo solidarietà e vicinanza a questo imprenditore. La Lega, insieme anche ad altre forze politiche sul territorio, ha chiesto al Capo dello Stato, ed è questo il vero messaggio che noi mandiamo in questo momento in cui stiamo discutendo del messaggio del Capo dello Stato; siamo noi che lanciamo un messaggio al Capo dello Stato per chiedere la grazia a questo imprenditore, e mi auguro che da parte del Governo, da parte del Ministro, da parte del Viceministro Costa ci sia vicinanza, solidarietà e sostegno a questa proposta della Lega, perché noi stiamo sempre dalla parte delle vittime, dalla parte di Abele e non di Caino, come abbiamo sentito invece dai dibattiti che abbiamo appena ascoltato.
  Da parte nostra non c’è demagogia, non c’è populismo, ma c’è del sano realismo. E questo lo dico perché cambiano i Governi, sono cambiati negli ultimi tre anni tre Governi, sono cambiati tre Presidenti del Consiglio, sono cambiati i Ministri, sono cambiati i sottosegretari, però notiamo, e notiamo anche alla luce dei pareri che sono stati dati a queste risoluzioni, che l'atteggiamento della maggioranza e l'atteggiamento di questo Parlamento non cambia. Per questo Parlamento e per questo Governo la priorità è rappresentata dagli svuotacarceri, è rappresentata dagli indulti mascherati, è rappresentata dalla necessità di garantire e tutelare i diritti di coloro i quali sono in carcere, e se sono in carcere è perché hanno commesso reati, e se la legge prevede il carcere come sanzione per questi reati è giusto che in carcere ci stiano, e questo Parlamento invece dimostra assoluto menefreghismo e assoluta dimenticanza invece nei confronti di coloro i quali i reati li subiscono, ovvero alle vittime dei reati. Ci pensiamo noi della Lega a dare voce, a dare solidarietà, a dare vicinanza alle persone perbene e alle persone oneste che subiscono i reati.
  Dicevo che sono dieci mesi, dieci mesi, che in quest'Aula parliamo di indulti mascherati, parliamo di svuotacarceri, quattro svuotacarceri, di migliaia di detenuti, migliaia di criminali, migliaia di delinquenti che, grazie alle vostre leggi vergognose, sono stati rimessi in libertà. Quindi, dieci mesi a parlare di carceri, ma zero minuti, zero secondi, a parlare di sicurezza, a parlare di ordine pubblico. E noi questo lo chiediamo, lo pretendiamo: pretendiamo che si parli di sicurezza, pretendiamo che si parli, si difendano non i criminali, non coloro i quali i reati li commettono, ma ad esempio le nostre forze dell'ordine, la nostra polizia, i nostri carabinieri, coloro i quali con difficoltà e sacrificio garantiscono ai cittadini sul territorio la sicurezza e l'ordine pubblico.
  E quindi continuate a pensare, continuate a fare leggi per tutelare i 60 mila che stanno dentro e vi dimenticate invece dei sessanta milioni di cittadini italiani che stanno fuori dal carcere, persone oneste, che rispettano la legge, che si comportano con rigore. È a loro che noi invece dovremmo pensare. Noi della Lega lo facciamo. Voi del Partito Democratico, voi del Governo, neo-Governo, non lo fate e temiamo che non abbiate intenzione di farlo. Per noi viene prima la sicurezza, viene prima la sicurezza e l'ordine pubblico, e lo diciamo soprattutto in questo momento in cui sono prossimi ad essere approvati, nella logica della spending review, nella logica dei tagli, dei piani di razionalizzazione dei presidi di legalità presenti sul territorio. Vi sono dei piani, presso il Ministero dell'interno, per tagliare 267 presidi di legalità, per tagliare i commissariati, per tagliare i presidi della polizia postale, della polizia stradale, della polizia ferroviaria, della squadra nautica, ad esempio, a Como, nel momento in cui c’è bisogno di maggiore sicurezza, c’è bisogno di maggiore richiesta di sicurezza.
  Noi siamo in un Paese in cui assistiamo a un furto in abitazione ogni minuto, in cui i reati, soprattutto i reati predatori, i furti, le rapine, le estorsioni, sono in netto aumento. Nella mia provincia, in provincia di Como, nel 2013 i furti sono aumentati Pag. 30del 113 per cento, a Milano del 30 per cento, a Bologna del 29 per cento. I cittadini hanno bisogno, chiedono maggiore sicurezza, la possibilità di poter vivere all'interno delle proprie abitazioni, all'interno del proprio nucleo familiare con serenità e tranquillità. I sindaci sono esasperati. C’è un senso di esasperazione, di incapacità, da parte dei sindaci, di poter garantire sul proprio territorio ai propri cittadini quei livelli minimi di sicurezza. I sindaci vorrebbero assumere maggiori forze dell'ordine, vorrebbero assumente nuovi vigili urbani, ma non lo possono fare per il patto scellerato, il patto di «stupidità» che impedisce loro di poter fare investimenti per la sicurezza.
  C’è un piano del Governo per poter tagliare non solo 267 commissariati di polizia, ma anche per chiudere 200 caserme dei carabinieri, e la risposta è la risposta del Governo di prima, la risposta del Governo Monti, la risposta del Governo Letta, la risposta del Governo Renzi. Nel discorso del Presidente Renzi non abbiamo sentito una volta citare il tema della sicurezza, non abbiamo sentito una volta citare il tema, il problema, il fenomeno dell'immigrazione clandestina, non abbiamo sentito citare una volta il tema della necessità di garantire alle nostre forze dell'ordine più mezzi, più strumenti, più risorse per poter adempiere meglio e in condizioni migliori e garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Non avete parlato, non avete citato il tema della sicurezza. E la risposta del Governo qual è ? Continuare a chiedere svuotacarceri, continuare ad approvare svuotacarceri e addirittura arrivare a chiedere, come la risoluzione presentata dalla maggioranza a cui il Governo ha dato il proprio assenso, addirittura spingersi fino all'indulto mascherato.
  Ci dite che non ci sono i soldi per le forze dell'ordine, non ci sono i soldi per i nostri agenti, però trovate quindici euro da dare ad ogni immigrato clandestino per le ricariche telefoniche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Non ci sono risorse per la sicurezza, per garantire sicurezza ai cittadini, però i soldi per le ricariche telefoniche non ai migranti, non ai profughi, ma agli immigrati clandestini, li trovate. Non ci sono le risorse per i nostri sindaci per garantire sicurezza, non ci sono risorse per le divise, per le autovetture delle forze di polizia, però avevate trovato cento euro di risarcimento per ogni detenuto in carcere, e trovate i soldi per gli sgravi fiscali alle imprese che assumono detenuti o ex detenuti, come se, in un momento in cui abbiamo una crisi economica e una disoccupazione giovanile oltre il 42 per cento e una disoccupazione generale quasi al 13 per cento, essere stato detenuto o essere detenuto sia un requisito in più per poter avere un lavoro. Vi dovete vergognare !
  Sono dieci mesi che la Lega vi dice che la soluzione non è con gli svuotacarceri, non è con gli indulti mascherati, non è con le depenalizzazioni, non è con le liberazioni anticipate speciali...un vero indulto ! Anche magistrati, che lottano contro la criminalità organizzata, in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, vi hanno fatto notare che i vostri provvedimenti sono dei veri e propri indulti.
  Concludo, Presidente. La Lega dice tre cose: faremo le barricate, faremo qualunque tipo di battaglia politica, nell'Aula parlamentare e fuori, per bloccare qualunque provvedimento di indulto, qualunque provvedimento di amnistia, qualunque atto di clemenza generalizzata nei confronti di chi commette reati.
  Le soluzioni, Viceministro Costa, per affrontare e risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri: spendere i soldi che sono previsti nel Piano carceri, Piano carceri che tra l'altro fece all'epoca, quando lei era in maggioranza con noi della Lega Nord e Ministro della giustizia era allora l'attuale Ministro dell'interno, Angelino Alfano. Spendiamo i soldi per fare le carceri, per costruire nuove carceri, per incrementare le carceri che ci sono e poi facciamo scontare ai 21 mila detenuti stranieri la pena nel proprio Paese d'origine.
  La Lega sull'indulto mascherato, come ha fatto con il Governo Monti, come ha fatto con il Governo Letta, farà anche con Pag. 31il Governo Renzi: sarà battaglia su tutti i fronti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,40).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto – Doc. XVI, n. 1)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gitti. Ne ha facoltà.

  GREGORIO GITTI. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo dei Popolari per l'Italia per annunciare il voto favorevole sulla relazione, presentata a nome della Commissione giustizia, dalla presidente Ferranti, che ringrazio fin da subito per l'appassionato e tenace lavoro.
  Ma intervengo anche per esprimere profonda gratitudine nei confronti del Presidente della Repubblica, perché con il suo messaggio ha testimoniato in ambito europeo che il nostro Paese ha – o meglio, per l'anomalia della sua alta testimonianza dovrebbe avere – una politica del diritto.
  Come si costruisce in un sistema istituzionale una politica del diritto ? L'esempio europeo è, da questo punto di vista, altamente significativo. È da decenni che la Corte di giustizia europea, utilizzando la propria competenza soprattutto in materia di diritti dell'uomo, lavorando soprattutto all'inizio sull'applicazione della Convenzione europea in materia, ha costruito una trama di sentenze e di prese di posizione che hanno allargato il campo, affrontando temi decisivi in materia di tutela dei consumatori in ambito economico, addirittura di tutela degli investitori e dei soci nell'ambito della disciplina del diritto societario. Lo ha fatto dunque anche in ambito privatistico, nell'ambito di rapporti tra privati. Ma soprattutto, nell'ultimo tempo lo ha fatto sempre con maggiore insistenza nell'ambito del diritto penale, costruendo...Presidente, vorrei potere parlare senza essere disturbato da capannelli di colleghi che chiacchierano qui.

  PRESIDENTE. Collega, vada avanti. Ho già richiamato anche prima all'ordine, prego.

  GREGORIO GITTI. Come dicevo, nell'ambito del diritto penale, la Corte di giustizia ha creato i presupposti di decisioni che poi sono state assunte anche da altri organi dell'Unione.
  È questo il punto: una classe politica, quale quella italiana, distratta, poco attenta ad alcune strettoie, ad alcune prese di posizione fondamentali nell'ambito della giurisdizione, sia a livello di Corte costituzionale sia a livello di Cassazione, che non ha saputo dare organicità e sistema ad un ordinamento che risulta sempre più sfrangiato; sfrangiato fra prese di posizione che sono state guidate esclusivamente da un ideologismo giuridico, da un rincorrersi strumentale da parte di un Governo – parlo di un Governo che ha caratterizzato tutti gli ultimi vent'anni, di qualunque colore si tratti – che non ha saputo lavorare, indicando una traiettoria, un obiettivo di politica del diritto in ambito penale.
  Oggi ci troviamo di fronte, ancora una volta, come in altri ambiti – pensiamo a quello finanziario, pensiamo a quello della disciplina del diritto delle imprese –, ad una scorciatoia, ad un collo di bottiglia che ci è imposto in ambito ancora una volta europeo. È una sentenza – la cosiddetta «sentenza Torreggiani», un leading case, che ha deciso su sette ricorsi – che mette il nostro Stato con le spalle al muro, anche dal punto di vista di misure risarcitorie. Ci troviamo a discutere in quest'Aula Pag. 32sotto la pressione di un provvedimento europeo, ancora una volta.
  Abbiamo, però, oggi un'occasione unica, quella di potere rispondere con un'azione finalmente sistematica, ancora una volta forse in modo casuale, poiché abbiamo discusso una proposta di legge – quella che ora sta al Senato con il numero 925 – priva di una delega in materia di depenalizzazione, cosa che, come ricordava la presidente Ferranti, è stata aggiunta nell'ambito del Senato.
  Però, oggi abbiamo davanti a noi la possibilità non solo di innovare nell'ambito del sistema delle sanzioni e delle pene, quindi immaginando di poter avere una pena principale non necessariamente detentiva nell'ambito di una infrastruttura carceraria, ma anche la possibilità – e parlo questa volta, guardando il Governo e l'unico rappresentante che siede oggi qui davanti a me, l'onorevole Costa, oggi Viceministro, e lo saluto e mi congratulo con lui di questo delicato incarico –, di utilizzare oggi, qualora in tempi brevi la Camera dovesse approvare in seconda lettura la proposta di legge n. 925, due importanti deleghe, oltre ovviamente alla definitiva approvazione del sistema della messa in prova e, quindi, della possibile sospensione del procedimento penale, su cui abbiamo fatto un ampio dibattito e una battaglia parlamentare, sui cui contenuti di merito sostanziale non intendo qui ribadire la posizione del mio gruppo, ovviamente favorevole.
  Dicevo, le due deleghe dovrebbero essere esercitate con particolare trasparenza, immaginando un coinvolgimento di esperti accademici e non, reclutati con – ripeto – regole di ingaggio trasparenti, che premino l'effettiva esperienza e l'effettiva dottrina.
  Per poi immaginare un confronto, qualora la riforma del regolamento dovesse passare e prevedere anche una particolare motivazione del parere da rilasciarsi da parte della Commissione competente sull'articolato oggetto del futuro decreto legislativo in attuazione della delega, un effettivo dialogo tra la Commissione governativa ed il Parlamento delegante e responsabile di un parere finale.
  Con riferimento a ciò chiamo il Governo a dare un'autentica e sincera disponibilità.
  Per quanto riguarda infine – e chiudo – il tema della possibile decisione di un provvedimento straordinario di clemenza, io credo che, al di là di quelli che possono essere gli echi, le voci spesso attizzate ed ingigantite ad arte su quella che potrebbe essere un'amnistia, un provvedimento di amnistia realmente selettivo e realmente efficace a risolvere alcuni dei problemi che la Commissione giustizia, anche con una serie di audizioni, ha affrontato e focalizzato, il nostro gruppo sarebbe disponibile ad un confronto, anche – ribadisco – su un provvedimento di clemenza straordinaria, quale anche il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio, ha evocato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, della situazione delle carceri si è già detto molto in tutti gli interventi di questa mattina e non ci ritorno. Vorrei solo notare il fatto che siamo in queste condizioni oggi, dopo così tanto tempo; è sicuramente una sconfitta del Parlamento e della politica il fatto che il primo messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica sia avvenuto per questo. È il segno di un'incapacità di decidere che ha caratterizzato il nostro Parlamento, in questa e nelle precedenti legislature, ed anche, molte volte, è il segno di decisioni sbagliate adottate in passato.
  Comunque sta di fatto che oggi siamo nella situazione che abbiamo discusso più volte: abbiamo 64 mila detenuti, secondo quello che è stato detto, che si ricava dai dati ufficiali, che sono oltre il 30 per cento in più – ed il dato potrebbe anche essere ottimistico – rispetto alla situazione che dovrebbe essere. Questo fa sì che degli interventi siano necessari.Pag. 33
  Come Scelta Civica abbiamo detto più volte che gli interventi devono essere di natura strutturale, devono essere tali da risolvere il problema non una volta, ma definitivamente ed evitare che il tema del sovraffollamento si riproponga immediatamente. In questo senso, la stessa Corte di Strasburgo ha sottolineato come sia necessario introdurre meccanismi per i quali le misure alternative alla detenzione siano la regola rispetto alla detenzione carceraria, che deve essere adottata esclusivamente nelle situazioni più gravi e di maggiore allarme sociale.
  Questo tipo di argomento è stato sottolineato un po’ da tutti i principali organi giurisdizionali, dalla Corte costituzionale nella recente sentenza che ha citato la presidente Ferranti alla Corte dei conti, che ha rilevato, intervenendo sulla situazione del Ministero della giustizia, come la situazione carceraria odierna impedisca di fatto la rieducazione dei condannati richiesta dalla Costituzione.
  Conseguentemente gli interventi sono sicuramente necessari.
  In questo senso si è mosso il Parlamento: il Parlamento ha fatto una serie di interventi, che vanno tutti nella direzione di una riforma strutturale, di riduzione del ricorso alla carcerazione, di stimolo alle misure alternative.
  Sicuramente questi interventi hanno risentito di un vizio della nostra legislazione attuale, cioè di mancanza di coordinamento.
  Sono arrivati alcuni provvedimenti di legge, alcuni parlamentari, altri dal Governo, con talvolta aspetti di incoerenza e di scarso coordinamento. In ogni caso, molti di questi sono stati sicuramente positivi. Uno in particolare era importante ed era quello sulla custodia cautelare. Io sono d'accordo con quello che ha affermato in sede di discussione sulle linee generali l'onorevole Cicchitto, rilevando come la custodia cautelare sia stata in questi anni snaturata e spesso è stata utilizzata anche con finalità non corrette (si parlava di voler far confessare le persone arrestate, eccetera); un po’ meno lo sono, invece, sull'interpretazione politica che è stata data di questa situazione in questi anni dal Popolo della Libertà, del quale l'onorevole Cicchitto ha fatto parte, perché, se guardiamo ad oggi, i dati ufficiali ci dicono che, su 25 mila detenuti in custodia cautelare, 24 mila di oggi, 8 mila sono detenuti per reati in materia di stupefacenti e i detenuti in via cautelare per reati da colletti bianchi, pubblica amministrazione, reati per violazione delle norme a tutela del risparmio e altri reati economici, sono circa 140-145. Il fenomeno dell'arresto per far confessare, quindi, se c’è stato, se è stato un problema grave, in realtà, si è verificato molto più per reati minori che non per i reati dei quali ci siamo occupati sui giornali negli ultimi anni. Per questo sicuramente l'intervento sulla custodia cautelare è importante, ma credo che il sistema vada riformato in generale sotto il profilo della definizione migliore di quelle condotte che debbano essere effettivamente sanzionate col carcere, sia in via cautelare, che in via definitiva.
  E qui vorrei ricollegarmi all'intervento del Capo dello Stato sui rimedi straordinari perché come Scelta Civica per l'Italia abbiamo sottolineato da subito, fin da quando l'intervento del Capo dello Stato è arrivato, che misure di clemenza potevano essere valutate, ma dovevano essere valutate non prima di aver affrontato il tema da un punto di vista strutturale con legislazione sostanziale processuale che evitasse il riproporsi del problema. Questo è avvenuto, il Parlamento ha lavorato e una serie di provvedimenti sono stati approvati, anche se oggi alcuni sono ancora alla Camera e al Senato. E in questo senso io condivido totalmente l'auspicio che ha fatto l'onorevole Ferranti nel presentare la relazione, cioè che si possa concludere l'esame di questi provvedimenti entro il mese di marzo e si possa soprattutto avere dal Governo, entro il mese di aprile, possibilmente il prima possibile, una relazione che descriva gli effetti previsti e quelli effettivi di questi interventi. È chiaro, infatti, che per poter valutare se serva un intervento di clemenza, un'amnistia o un indulto, bisognerà sapere quali Pag. 34sono le prospettive perché noi dovremo tornare e raccontare all'Unione europea qual è la situazione delle nostre carceri per capire se abbiamo o meno superato il problema e avremo bisogno di queste informazioni. Dovremo anche sapere qual è lo stato del piano carceri perché il Ministro Cancellieri aveva parlato di 10 mila nuovi posti entro il 2015, di una serie di interventi. E per poter parlare di un provvedimento di clemenza, bisogna avere un quadro completo, bisogna sapere se stiamo violando no e se violeremo o no le disposizioni internazionali e costituzionali di cui abbiamo parlato tanto. Anche perché esiste un altro principio che va tutelato ed è quello di evitare che, per assicurare il rispetto dei carcerati e una disciplina carceraria civile ed umana, si mettano fuori criminali pericolosi, si aumenti l'allarme sociale e non si tutelino adeguatamente la sicurezza e l'incolumità dei cittadini. Non è un problema ideologico, è un fatto di cultura dello Stato. Noi pensiamo che gli interventi di clemenza vadano calibrati per evitare che poi l'inefficienza dello Stato nel gestire le carceri si scarichi sui cittadini.
  E anche qui, tornando al tema di prima, sui famosi 64 mila detenuti, ce ne sono 23 mila per reati in materia di stupefacenti sulla base di una legge che è stata dichiarata incostituzionale. Il lavoro, quindi, che il Ministero dovrà fare è anche quello, come ha ricordato la collega del MoVimento 5 Stelle prima, di dirci quanti di questi detenuti usciranno perché dovremo sapere se il numero di scarcerazioni conseguenti alla sentenza sarà tale da riportare la situazione quanto meno vicina a quella di legalità.
  Se comunque si decidesse di intervenire con un provvedimento di clemenza, bisognerebbe porre in essere – come è stato fatto recentemente, ad esempio, per la liberazione anticipata – un intervento che tenga conto della gravità e dell'allarme sociale, perché, se si vedono i dati dell'attuale situazione carceraria, i condannati per reati violenti e pericolosi sono circa 30 mila, se si considerano rapine, omicidi, estorsioni, reati per associazione mafiosa e via discorrendo.
  Credo dunque, con riferimento al lavoro del Ministero, che una cosa importante sarebbe quella di portarci dei dati che indichino quali sarebbero gli effetti di provvedimenti di amnistia e di indulto anche rispetto ad una suddivisione per reati, ad esempio indicando – se si considerano le condanne, la pena residua e altri termini di riferimento classici – quei reati che sarebbero inclusi o meno, e mi riferisco al modello adottato sulla liberazione anticipata, ossia interventi giusti per favorire le misure alternative e per ridurre il sovraffollamento carcerario che devono essere calibrati in modo da evitare che si arrivi alla scarcerazione di individui ad alta pericolosità.
  Per questo, confermo il voto favorevole di Scelta Civica sulla relazione della Commissione giustizia di oggi e auspico che gli interventi del Ministro e, soprattutto, la relazione che il Ministero della giustizia ci porterà sugli effetti degli interventi normativi, della sentenza della Corte e di potenziali – ripeto, potenziali – interventi di clemenza generalizzati, possano consentire di adottare delle decisioni informate, anziché dei dibattiti ideologici sul fatto se vi siano indulti mascherati o se si stiano liberando i criminali oppure no.
  Noi dobbiamo arrivare finalmente a prendere una decisione che possa portare, da un lato, a ridurre i casi di custodia – cautelare soprattutto, ma anche definitiva – relativi a reati a bassa pericolosità, ma, dall'altro lato, ad assicurare che le persone che hanno commesso reati gravi e violenti restino in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Leone. Ne ha facoltà.

  ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il messaggio del Presidente della Repubblica, che in effetti fa da sfondo a questa nostra discussione sulla relazione della Commissione giustizia, affronta sicuramente uno Pag. 35dei problemi più drammatici della giustizia italiana, il sovraffollamento carcerario, e, quindi, la situazione di sofferenza che si patisce nelle carceri italiane, legate tra l'altro ad una pena ulteriore, che è quella che ci viene richiamata nella sentenza Torreggiani.
  La relazione approvata dalla Commissione giustizia e illustrata oggi dalla presidente della Commissione, onorevole Ferranti, ha fatto luce su numerose tematiche toccate dal messaggio e che sono alla base – direi quasi in maniera non dico atavica, ma quasi –, quanto meno sono sullo sfondo della necessità di una riforma di questo comparto.
  Debbo dire che un plauso va fatto sicuramente alla presidente e all'intera Commissione per il lavoro svolto. Si tratta, in effetti, non solo di una relazione, ma di un dossier vero e proprio – basta scorrere quella sorta di indice che c’è nella narrazione – che è e sarà sicuramente uno strumento prezioso e un valido strumento di lavoro.
  È indubbio – e direi quasi scontato – che vi sia bisogno di rimedi strutturali, che sono oramai indefettibili: posso ricordare la riforma della disciplina della custodia cautelare in carcere, approvata dalla Camera e all'esame del Senato; posso dire che è intollerabile che nelle carceri si trovino attualmente circa 12 mila detenuti, che non solo non sono stati condannati in via definitiva, ma addirittura non sono stati condannati neanche in primo grado.
  Occorre, quindi, rendere i presupposti ed i criteri applicativi più rigorosi, prevedendo anche gli strumenti che evitino – purtroppo va detto – che il GIP molte volte si appiattisca sulla richiesta del pubblico ministero, lasciando alla misura della custodia cautelare in carcere la natura di estrema ratio da applicare in casi estremamente rigorosi, considerato che si tratta, comunque, di limitare la libertà personale di un individuo non ancora assoggettato a una sentenza di condanna.
  Altro rimedio strutturale e sicuramente di natura estremamente complessa sarebbe una riforma del processo penale volta ad attuare in maniera reale ed effettiva il principio costituzionale della durata ragionevole del processo: naturalmente, mi riferisco sia al processo penale, ma anche e ancor di più al processo civile.
  Vi sono, poi, altri rimedi strutturali ai quali viene fatto riferimento nella relazione della Commissione giustizia, che sicuramente potranno ridurre il numero complessivo dei detenuti, qualora dovessero essere approvati in tempi brevi, come auspico, e dei quali strumenti si è parlato ampiamente sia nella discussione sulle linee generali che nelle dichiarazioni di voto.
  Vi è, tuttavia, una parte del messaggio sulla quale occorre soffermarsi maggiormente: mi sembra che nel corso dei lavori in Commissione, forse, non ci si è soffermati in maniera adeguata su quei rimedi che non sono rimedi strutturali, ma si tratta di rimedi straordinari, quali l'indulto e l'amnistia, a cui fa riferimento in maniera netta – devo dire – e precisa il messaggio del Capo dello Stato. Egli ha espressamente affermato che l'opportunità di adottare congiuntamente indulto ed amnistia deriva dalle diverse caratteristiche dei due strumenti di clemenza. La gravità nella quale versa la realtà carceraria è tale da obbligarci ad affrontare questo tema senza pregiudizi e lasciando i calcoli elettorali ad altri momenti.
  Il Presidente della Repubblica espressamente ricorda come l'indulto avrebbe l'immediato effetto di ridurre considerevolmente la popolazione carceraria, mentre l'amnistia consentirebbe di definire immediatamente numerosi procedimenti per fatti bagatellari, permettendo ai giudici di dedicarsi a procedimenti per reati più gravi e con detenuti in carcerazione preventiva. Non voglio dire con questo che si debba immediatamente procedere all'amnistia e all'indulto, ma che non possiamo sottrarci, come invece mi sembra sia avvenuto, ad un dibattito su questi temi che sia scevro da pregiudizi, avendo anche il coraggio di affrontare quella ostilità agli atti di clemenza che si è, oramai, diffusa nell'opinione pubblica.
  Per usare alcuni termini utilizzati dallo stesso Capo dello Stato nel messaggio, Pag. 36ritengo che abbiamo un imperativo morale e giuridico di assicurare un civile stato di Governo della realtà carceraria, riconsiderando tutte le perplessità relative all'adozione di atti di clemenza generale. Apprezziamo, pertanto – so che il tempo stringe, Presidente –, il messaggio del Presidente della Repubblica, apprezziamo il metodo usato per il confezionamento del dossier e della relazione. Auspichiamo che questo buon lavoro venga fatto anche per altri comparti, senza spinte gradite o non gradite, ma che finalmente il Parlamento si impegni a risolvere, a tentare di risolvere i problemi che permeano un po’ tutta la società italiana. Ed è per questo motivo che noi, in maniera molto convinta, voteremo a favore della risoluzione Speranza ed altri n. 6-00049.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Daniele Farina. Ne ha facoltà. Chiedo di liberare i banchi del Governo, se è possibile, grazie.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà non avrà difficoltà a votare favorevolmente la relazione della Commissione giustizia, perché ne riconosce il lavoro. Inizio dalla fine per spiegare anche perché, tuttavia, presenteremo una risoluzione autonoma da quella.
  Il messaggio del Presidente della Repubblica – è stato ricordato – è del 7 ottobre del 2013; la relazione della Commissione è di fine novembre; oggi siamo agli inizi di marzo: nel frattempo, sono successe cose, direi parecchie. Siamo riusciti perfino a cambiare Governo e a cambiare Ministro. Il messaggio del Presidente della Repubblica su una questione di questo tipo, la questione carceraria, è un gesto forte, ma è anche la misura della straordinaria gravità della situazione. Allora, forse, è utile volgere lo sguardo indietro e provare ad interrogarci, come altre volte abbiamo tentato di fare in quest'Aula, sul motivo, sul perché siamo finiti in questa situazione, com’è stato possibile essere trascinati per le orecchie di fronte alla Corte europea dei diritti dell'uomo, con la famosa sentenza Torreggiani, pluricitata.
  Allora, ricordo a me stesso e a voi che l'articolo 68 della Costituzione stabilisce che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
  Ma questa è un'irresponsabilità giuridica che è cosa assai diversa dall'irresponsabilità politica. Per la situazione in cui siamo precipitati sulle carceri c’è stata una chiara responsabilità politica o, se volete, una politica da irresponsabili. Dal 1999 la sicurezza dei cittadini è diventata materia di campagna elettorale, la cronaca, oggetto di speculazione, di acquisizione del consenso, meglio se cronaca nera. Allora, negli anni, giù una grandinata di modifiche del codice penale e di quello di procedura, che ad agitare una pena massima o un reato nuovo siete stati tutti bravi, direi brevissimi e col senno di poi, a voler veder bene, si potrebbe dire che erano socialmente più pericolosi quelli che facevano quelle leggi, qua dentro, che i cittadini a cui si sarebbero dovute applicare: Fini-Giovanardi, Bossi-Fini, ex Cirielli, l'elenco è straordinariamente lungo. Questa Camera ha lavorato assai sulla giustizia e ancora di più ne ha parlato; se mettiamo in fila le parole svuotacarceri, indulto e amnistia mascherati, ne viene fuori un rotolo di carta straordinariamente voluminoso, ma se poi guardiamo ai dati, dopo tante chiacchiere, le carceri, nonostante lo svuotacarceri 1, svuotacarceri 2, l'amnistia travisata, l'indulto travisato – lo ricordo perché è riecheggiato ancora questa mattina – le carceri non si sono svuotate affatto, o meglio, pochissimo.
  Allora, i colleghi del MoVimento 5 Stelle e i colleghi della Lega Nord, in particolare, da quei dati dovrebbero aver imparato che gli asini non volano, almeno non ancora, perché mentre loro guardavano fissamente il dito, la Corte costituzionale guardava la luna. La pronuncia di incostituzionalità di due settimane fa sulla legge Fini-Giovanardi, il testo unico in materia di stupefacenti, ha conseguenze gigantesche. La politica, ovvero il Parlamento, Pag. 37è stato messo nell'angolo della lavagna, ed è la seconda volta in pochi mesi: le droghe e la legge elettorale, di cui parliamo, guarda caso, nella stessa giornata, oggi, in quest'Aula. Il risultato è, per rimanere in tema, abbastanza lisergico: nel frattempo siamo stati capaci perfino di approvare per decreto-legge la modifica del comma 5 dell'articolo 73 del testo unico con un risultato che forse gli italiani è meglio sappiano per capire l'urgenza e il perché su questo punto presentiamo una risoluzione. Il risultato è che se si fa colletta e si riempie il bagagliaio di una macchina con 300 chili di hashish, a normativa vigente si prendono da due a sei anni, se invece si hanno in tasca quattro canne confezionate, se ne beccano da uno a cinque. Questo non solo è incostituzionale per trascinamento della sentenza, ma è anche abbastanza paradossale.
  Voi non volete l'amnistia e non volete l'indulto; oggi è risuonato chiaro che in quest'Aula non c’è la maggioranza, è scritto anche nelle risoluzioni, quindi abbiate il coraggio di dire a coloro che attendono che non si farà amnistia e non si farà indulto, nonostante sarebbe, forse, oggi, la soluzione più razionale, mettiamola così, con un eufemismo. Non li volete, oggi, con questo dibattito, rispondendo al Presidente della Repubblica, gli avete messo una pietra sopra e la responsabilità è di chi l'ha messo per iscritto e di chi l'ha detto verbalmente. Noi continueremo ad insistere però, invece, in questa direzione ed oggi chiediamo al Governo quanto meno di intervenire urgentemente, di intervenire con un provvedimento, con un decreto-legge, via, diciamolo, chiediamo al Governo di intervenire urgentemente perché la slavina della Corte costituzionale ha lasciato uno sconquasso, lo ha lasciato negli uffici giudiziari, lo lascia nelle carceri e quindi ci vuole un provvedimento urgente che faccia chiarezza sulla materia, poi noi faremo la nostra parte sul tema, scriveremo una nuova legge, un nuovo testo unico sulle droghe all'altezza dei tempi e non legato a quegli sventurati errori di cui siamo stati testimoni e che il Paese ha subito (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, rappresentane del Governo, colleghe e colleghi, ancora una volta ci troviamo ad affrontare un problema, che dovrebbe essere il problema della giustizia, ma ancora una volta ci troviamo a discutere di quello che poteva essere e di quello che non è stato.
  Come gruppo mi piace ribadire che siamo riusciti a ricondurre il tema della giustizia al centro del dibattito politico e parlamentare, e mi auguro che questa sia l'occasione per affrontare e risolvere il problema delle carceri, ma soprattutto quello della giustizia e della sua necessaria riforma e adeguamento.
  Noi abbiamo un Presidente della Repubblica che alcuni mesi fa è intervenuto in maniera incisiva su questo tema; abbiamo un Presidente della Repubblica che da chi governa questo Paese viene spesso considerato nel migliore dei modi. Però, chissà perché, il monito del Presidente della Repubblica su questo tema è stato da chi governa, da questa maggioranza ignorato completamente o dribblato rispetto a quella che è la problematica vera.
  Noi abbiamo un problema di natura anche economica, che deriva da quelle che sono le conseguenze della sentenza Torreggiani, per cui fra qualche mese l'Italia, per la sua inadeguatezza rispetto a quella che è la vivibilità all'interno del sistema carcerario, deve pagare; ma il Presidente della Repubblica è intervenuto non solo facendo riferimento a quella che è la disumanità delle carceri italiane. Noi sappiamo bene che quando si parla di carceri, si parla di giustizia, si parla di riforma complessiva, e qua stamattina non ho sentito nessuno che ha fatto riferimento a questo, ossia a quello che l'articolo 111 della Costituzione prevede, ossia la ragionevole durata del processo; perché se noi Pag. 38non partiamo da una riforma strutturale, che è quella della ragionevole durata del processo, noi arriveremo di qui a dieci anni ad avere problemi ancora superiori rispetto a quello che oggi noi abbiamo.
  E dico questo perché ? Perché il tema delle carceri è un problema che viene da lontano: il problema del sovraffollamento è un problema che ormai si trascina da anni. Il problema di chi è in carcere, e l'abbiamo visto con i dati che sono stati forniti, quindi il 42 per cento in attesa di giudizio, sta a significare che non si può continuare se non vi è una riforma strutturale della giustizia.
  Io non penso che il Governo, che questa maggioranza abbia affrontato questo tema in linea con quanto il presidente Napolitano ci diceva, perché ritengo che si cerchi sempre di fare e di ricorrere a palliativi, di ricorrere sempre a provvedimenti «tampone», di ricorrere sempre a situazioni che possono servire all'occorrenza, ma che comunque non danno quell'idea complessiva che è necessaria per una riforma della giustizia che sia equa e che sia giusta.
  Oggi noi ci troviamo ad affrontare per l'ennesima volta questo problema. Io ricordo che qualche mese fa, prima ancora del monito del Presidente della Repubblica, il nostro gruppo è stato fra i pochi che timidamente, e dico timidamente, invocava un'amnistia e un indulto. Ricordo che erano parole che non potevano dirsi, perché erano riconducibili solo a qualcuno; perché io ritengo che negli ultimi anni in particolare l'ossessione della sinistra su alcune situazioni abbia portato l'Italia, gli italiani e i cittadini in questa situazione veramente di invivibilità.
  Oggi, invece, sento da più parti parlare del fatto che l'amnistia e l'indulto sarebbero stati, possano, potranno diventare una soluzione. Ma quanto lo si affronta radicalmente ? Ma quando, con coerenza e lealtà nei confronti dei cittadini italiani, si affronta in maniera definitiva questo problema ?
  Io colgo l'occasione, come primo intervento Presidente, oggi, del nuovo Governo, di fare gli affettuosi auguri al Viceministro Enrico Costa che conosco bene per la sua serietà, capacità e diligenza, però mi auguro anche che la sua presenza nel Governo porti quel riequilibrio che fino a poco fa non vi era. Noi sappiamo bene che qui non si tratta di un problema che riguarda qualcuno o qualcosa, qua è un problema che riguarda gli italiani, questo è un problema che riguarda tutti i cittadini ed è un problema le cui conseguenze economiche vanno solo ed esclusivamente in danno dei cittadini italiani.
  Io non mi soffermerò sui dati perché penso che siano stati sviscerati nella loro esposizione fatta da chi mi ha preceduto; possiamo solo dire che abbiamo il 50 per cento, quindi 7 mila detenuti, che potranno – secondo una statistica quindi il 50 per cento rispetto ai 14 mila – raggiungere una sentenza di assoluzione, che oggi sono detenuti, non sappiamo da quanto tempo e che, domani, saranno assolti e che ingiustamente hanno riempito le carceri vivendo in questa situazione di disumanità.
  Io, a nome del gruppo, ritengo che forse è arrivato il momento di parlare con chiarezza, con nettezza. Noi abbiamo un vantaggio rispetto a chi governa: noi non abbiamo né ossessioni né abbiamo il problema di una doppia morale. Noi siamo tra quelli che si assumono la responsabilità di quello che dicono con i fatti e documentando. Noi sappiamo bene che tanto l'amnistia che l'indulto possono rappresentare una sconfitta per lo Stato, un fallimento per lo Stato, però senza girarci intorno sappiamo anche che è l'unico rimedio che possa consentire all'Italia e alla giustizia di ripartire in maniera determinata, in maniera diversa.
  D'altronde, noi sappiamo bene che l'amnistia ha l'effetto di non far celebrare i processi, l'amnistia non consente di dare ulteriore carico ai magistrati. Anche se si fosse approvata una legge, se si fosse consentito ai magistrati fuori ruolo di tornare ai propri posti, beh io penso che in ordine alla durata del processo questo senz'altro sarebbe stato importante e sarebbe stato significativo.Pag. 39
  L'indulto; l'indulto altro non è che uno di questi provvedimenti «tampone» che ogni tre mesi questo Parlamento fa. L'indulto altro non è che l'applicazione di una misura di sconto di pena sui tre anni, limitatamente a determinati reati non gravi o non gravissimi, per cui consentirebbe veramente, da un lato, la ripartenza dei processi che riguardano i processi penali e, dall'altro, si potrebbe consentire veramente di alleggerire l'affollamento che vi è nelle carceri. Ed ecco perché è inutile girarci intorno; qua, in questo Parlamento, non si affrontano, caro Viceministro, i nodi veri che la riforma della giustizia con le sue conseguenze ha. Io in questo Parlamento non ho mai sentito dire ad oggi che vi è una necessità di una riforma sostanziale anche del giudizio civile perché le cause durano otto anni, dieci anni, perché non vi sono investitori che vengono in Italia ad effettuare investimenti perché chiaramente temono la lungaggine dei processi.
  Non vi è stato nessun accenno alle prerogative di una categoria, che è quella degli avvocati, noi oggi abbiamo uno sciopero permanente di una categoria che è parte integrante della giustizia...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Però non se ne fa cenno. Questi sono i temi veri su cui dobbiamo discutere ed ecco perché abbiamo presentato una nostra risoluzione, che racchiude quella che è interamente la volontà – ripeto, la volontà e il pensiero – del Presidente della Repubblica, ma che dà così la possibilità di avere una riforma sostanziale, complessiva del sistema giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, colleghi, ancora una volta ci troviamo a parlare di sovraffollamento delle carceri italiane. Nel primo anno di legislatura, la Commissione giustizia si è occupata quasi esclusivamente di questo problema. E allora, perché ce ne occupiamo anche oggi ? È semplice, perché lo ha detto lui, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Qualcuno sentiva l'esigenza di parlarne ancora una volta ? Assolutamente no. In Commissione, fin dal primo giorno, abbiamo individuato nel sovraffollamento delle carceri una priorità, e lo avevamo fatto, udite udite, senza che la vibrante voce del Presidente della Repubblica ci indicasse la via maestra.
  Ma qui vedo sempre meno parlamentari e sempre più sudditi, pronti ad eseguire il comando di chi li tiene ancora in vita.

  PRESIDENTE. Si rivolga con rispetto ai suoi colleghi.

  ALFONSO BONAFEDE. Sì, Presidente. Tutti pronti a scattare, tutti pronti a mettersi sull'attenti, tutti pronti ad esaudire il desiderio di Giorgio Napolitano di essere arbitro e giocatore di una partita in cui, fino all'arrivo del MoVimento 5 Stelle in Parlamento, abbiamo perso sempre e soltanto noi cittadini.
  Abbiamo presentato un piano carceri alternativo e tantissime proposte già esposte dalla collega Businarolo, che ovviamente non sono state nemmeno prese in considerazione. Ma vi chiedo: il problema del sovraffollamento carcerario è davvero l'unico problema in Italia di cui bisogna occuparsi in materia di giustizia ? Perché non occuparci anche di anticorruzione, di falso in bilancio, di prescrizione dei reati, di riforma della giustizia penale e di quella civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Su tutti questi temi il MoVimento 5 Stelle ha già presentato proposte in attesa di calendarizzazione, di quante cose avremmo potuto occuparci in questo primo anno di legislatura ? Tante, ma chissà perché una giustizia che funziona non interessa a questo sistema e a questa classe politica. Abbiamo il coraggio Pag. 40di dire che gli scandali di cui sentiamo parlare ogni giorno dimostrano che se i giudici avessero potuto operare in un sistema giudiziario funzionante, questa classe politica sarebbe stata già rasa al suolo, così come accadde con la Prima Repubblica, e non per strategie di toghe rosse o azzurre, ma semplicemente perché il sistema politico italiano si è alimentato di disonestà e di corruzione.
  Ma, insomma, questi sono problemi che non vi interessano, e così, non appena l'Europa ci richiama con la sentenza Torreggiani, a riportare le carceri ad un livello di minima civiltà, tutti i partiti non credono alle loro orecchie, per una volta non devono nemmeno inventarsi l'urgenza e così, tutte insieme, saltano gioiosi sul carro delle nuova emergenza nazionale e, manco fossero al Carnevale di Viareggio, cominciano a sfilare nelle trasmissioni televisive sbandierando i diritti dei detenuti.

  PRESIDENTE. Chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore. Chiedo di liberare i banchi del Governo, grazie.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Quegli stessi detenuti di cui, dall'indulto di Mastella in poi, non era fregato niente a nessuno. E come accade sempre nella buona tradizione italiana, non c’è nessuno che chieda come si sia arrivati a tanta inciviltà, nessuno che chieda, a parte il MoVimento 5 Stelle, di chi siano le responsabilità. Il sistema adesso è felice perché non si deve occupare di giustizia, c’è l'emergenza carceri, ma c’è un problema di nome MoVimento 5 Stelle, sempre lì a controllare, sempre lì a fare gli eversori e a chiedere una giustizia che funzioni, in cui i disonesti e i criminali paghino per i loro reati e in cui i mafiosi stiano in galera. Come si fa a nascondere all'opinione pubblica la precisa scelta di non risolvere mai nulla e di intervenire con il solito indulto ? Il sistema ha bisogno, a quel punto, di una legittimazione dall'alto, ha bisogno del suo intervento, ha bisogno di Giorgio Napolitano.
  Il Presidente non si fa pregare troppo e, incurante del fatto che il Parlamento si era occupato soltanto di carceri, nell'ottobre scorso manda il messaggio alle Camere per sollecitare, dopo tante belle parole sulle riforme che tutti vorrebbero fare e che nessuno in vent'anni ha mai fatto, a dare al Governo il via libera ad amnistia e indulto. Parentesi: Nella sua doppia veste di capo del CSM e di Presidente della Repubblica, Napolitano avrebbe potuto attivarsi sin dal suo primo insediamento, nel lontano 2006, per spingere ad una risoluzione del problema, magari inviando allora una lettera al Parlamento.
  Secondo il sito ufficiale del Quirinale, invece, dalla data della sua prima elezione, il 10 maggio 2006, ad oggi, Napolitano ha espresso il suo pensiero 966 volte: ebbene, di queste 966, quante volte si è dedicato al tema del sovraffollamento delle carceri ? Fino al 2013 nove volte in sette anni. Poi, improvvisamente, dal 2013, il Capo dello Stato si è espresso ben 7 volte sulla questione, fino addirittura all'ottobre scorso, quando ha inviato il suo unico messaggio alle Camere.
  Lo stesso giorno del messaggio al Parlamento, il MoVimento 5 Stelle esprime il suo «no» chiaro, netto e legittimo in democrazia ad ogni ipotesi di amnistia ed indulto. A quel punto, Napolitano smette definitivamente i già logori panni del garante super partes ed accusa frontalmente il MoVimento 5 Stelle, dicendo: «se ne fregano dei problemi della gente e del Paese». Ma in quale democrazia un Presidente della Repubblica super partes, che abbia un minimo di ritegno istituzionale può accusare un gruppo parlamentare di fregarsene dei problemi del Paese ? E perché poi ? Perché il MoVimento 5 Stelle lavora ogni giorno credendo che la sicurezza dei cittadini onesti, la certezza del diritto e della pena e la legalità siano valori per cui battersi ? Ad ogni modo, il resto è storia nota a tutti.
  Il Governo è partito immediatamente sfornando l'ennesimo, quarto svuotacarceri, con un indulto mascherato di cui si sono accorti tutti tranne i partiti e, ovviamente, il Presidente della Repubblica che, senza alcuna esitazione, ha apposto la sua firma. Ma ecco che nel firmamento della Pag. 41politica nazionale italiana arriva il nuovo che avanza, Pier Matteo Renzi, il figlio politico di Berlusconi, il quale, in una delle tante operazioni di immagine, tra quote rosa e mani in tasca, mostra alle telecamere, casualmente, un foglietto in cui come possibile Ministro della Giustizia, viene indicato il procuratore antimafia Nicola Gratteri. Matteo Renzi non è nuovo ad operazioni del genere...

  PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare un po’ il tono della voce. Non sento l'intervento.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. Aveva fatto una cosa simile Pier Matteo Renzi a Firenze con il compianto giudice Vigna, che aveva nominato consigliere per la sicurezza del Comune, il quale Vigna però, dopo un po’ rinunciò all'incarico rivolgendo a Renzi queste parole: «Non ho mai considerato positivamente chi opta per lo svolgimento di una determinata funzione pubblica come un trampolino di lancio per conseguirne un'altra del tutto diversa».
  Ma passiamo a Gratteri. Cosa pensava Gratteri dell'indulto ? Le sue parole, pronunciate quando era ospite in un liceo per una lezione antimafia, parlano chiaro e ci fanno capire perché non era gradito al Presidente Giorgio Napolitano. Le parole sono queste: «Quel che mi preoccupa è il fatto che si favoriranno i mafiosi, che usciranno prima dal carcere. E quindi si sta creando nella testa della gente il tarlo che alla fine tutto si aggiusta e che per chiunque ci sarà uno sconto della pena». Ed ancora: «La certezza della pena deve essere garantita, non mercanteggiata». Per un attimo comunque abbiamo sperato che, anche solo per motivi di immagine, in mezzo ad una squadra di incompetenti, indagati e riciclati del Governo dello «stai sereno», potesse arrivare un messaggio di vera rottura. E invece chi ci ritroviamo oggi nella squadra del Ministero della giustizia che promuoverà il prossimo indulto ? Al posto del competente magistrato anti ’ndrangheta, ci ritroviamo come Guardasigilli il moderatissimo dalemiano, veltroniamo ed ex Ministro dell'ambiente, Andrea Orlando. Al suo fianco, il Viceministro Enrico Costa, noto per avere contribuito fortemente alla redazione del lodo Alfano, nonché Cosimo Maria Ferri, tecnico nominato sottosegretario da Berlusconi nel Governo Letta, di cui lo stesso Letta aveva chiesto le dimissioni nel momento in cui Berlusconi era passato alla finta opposizione, e ora ripescato e confermato da Pier Matteo Renzi. Risultato: la squadra che si occupa di Giustizia è stata plasmata da Renzi su comando e su ordine di un pregiudicato, condannato in via definitiva ed espulso dal Senato.
  Alla faccia del nuovo e soprattutto del coraggio che un giovane Primo ministro dovrebbe dimostrare nel guidare un Paese allo sfascio.

  PRESIDENTE. Ha un minuto, deve concludere.

  ALFONSO BONAFEDE. Sì, Signor Presidente. Voteremo contro la relazione e invitiamo gli altri gruppi a fare altrettanto ed a votare la nostra risoluzione e che dice «no» all'amnistia, «no» all'indulto, «no» ai rimedi straordinari e «sì» alle soluzioni efficaci e durature. Nel formulare questo invito mi sento però di rivolgere anche un personale auspicio al Presidente Napolitano, affinché possa far recuperare quell'indispensabile carattere di terzietà alla funzione di garanzia più alta che il Parlamento e la Costituzione gli hanno assegnato. Prenderò in prestito le parole di Indro Montanelli, parole che rivolse, al suo insediamento, al Presidente Pertini: «Che Dio le conceda il coraggio, Presidente, di fare le cose che si possono e che si debbono fare; l'umiltà di rinunziare a quelle che si possono ma non si debbono, e a quelle che si debbono ma non si possono fare; e la saggezza di distinguere sempre le une dalle altre».
  Presidente, colleghi, l'amnistia e l'indulto non si possono e non si debbono concedere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 42

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Verini. Ne ha facoltà.
  Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce, perché da qui non riusciamo a sentire l'intervento. Prego.

  WALTER VERINI. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico voterà a favore della relazione che la presidente della Commissione giustizia ha illustrato stamattina sul messaggio del Presidente Napolitano. Io capisco l'ossessione del deputato Bonafede e del suo gruppo nei confronti del Presidente della Repubblica, tuttavia anche da questa sede io mi sento invece di ringraziare il Presidente, perché questo messaggio è relativo alla necessità e all'urgenza di rendere le carceri italiane non quello che in gran parte sono oggi, purtroppo, cioè dei luoghi di abbrutimento, di disumanità e di formazione alla recidiva, di vera e propria formazione alla recidiva, ma renderle dei luoghi di pena e recupero per persone che hanno sbagliato e che debbono saldare i conti con la società. Lo sottolineiamo ancora: noi dobbiamo, abbiamo il dovere di rispondere a questo appello non solo perché se non adempiamo a questo dovere il nostro Paese sarà colpito da sanzioni europee molto pesanti, che potranno ammontare a centinaia di milioni di euro, ma anche per ragioni di umanità e di civiltà...

  PRESIDENTE. Scusi, collega Verini, le blocco il tempo. Io vorrei capire se possiamo rispettare almeno chi interviene. È possibile abbassare il tono della voce ? Prego collega.

  WALTER VERINI. Dicevo quindi ragioni di umanità e civiltà che sono scritte nella nostra Costituzione e nelle nostre coscienze. Lo dobbiamo fare – è giusto ripeterlo – anche per ragioni di sicurezza, sicurezza dei cittadini e della società. Se eliminiamo la piaga del sovraffollamento, se rendiamo gli istituti di pena dei luoghi di recupero dove, mentre si sconta la pena, si impara un mestiere, si frequenta un corso scolastico, si investe in sicurezza, quando quel detenuto avrà finito la reclusione, come ci dicono le esperienze compiute e i dati veri, quasi sicuramente non uscirà un delinquente pronto a compiere altri reati, ma un cittadino che potrà provare a rifarsi una vita nella legalità e nel rispetto della convivenza civile.
  Noi non vogliamo, collega Molteni, delinquenti in giro per le strade, vogliamo città sicure nelle quali non domini la paura e recuperare persone che hanno sbagliato, che hanno pagato le proprie colpe. Vuol dire rispettare davvero i cittadini, le vittime dei reati e la società. Capisco la propaganda, ma c’è un limite. Non si può e non si deve suscitare paura, agitare fantasmi e strumentalizzare, per modeste ragioni elettoralistiche, questi temi. Vedete, io non voglio rinfacciare per esempio alla Lega il fatto che i tagli veri, reali, alle forze di polizia e alle risorse sono avvenute quando Ministro dell'interno era Maroni, e tuttavia voglio fare un appello alla Lega: almeno ricordatevi delle vostre parole. Le cito: «L'emenda e il reintegro del reo nella società sono i criteri cui ci si deve ispirare».
  «Si propone, in questa sede, una misura alternativa alla detenzione, comunque idonea a determinare effetti di riduzione della popolazione carceraria». Erano vostre parole, scritte nel 2002, nella relazione di una proposta di legge – vostra – sul lavoro civico non retribuito. Allora, ricordatevi delle vostre stesse parole, anche perché, come suggeriva Edward Morgan Forster, se non ricordiamo non possiamo migliorare.
  La relazione della presidente Ferranti, gli interventi di Danilo Leva, Anna Rossomando e Alessia Morani sono stati efficaci e incisivi. Qui voglio dire che rispondiamo a un dovere di questo Paese e al messaggio del Presidente, nel modo giusto, con provvedimenti di carattere strutturale. Sono stati ricordati e io li voglio solo citare per titoli: la messa alla prova, la riforma della custodia cautelare, il «decreto carceri» recentemente convertito, con le norme innovative che contiene, la possibilità di espellere i cittadini stranieri identificati e detenuti per pene non Pag. 43superiori a due anni, l'avvio di un piano carceri ancora modesto e significativo, ai quali va aggiunta la sentenza attesa e giusta della Corte costituzionale relativa, come è stato ricordato, alla legge Fini-Giovanardi. Insomma, questi provvedimenti e queste norme rappresentano una risposta significativa, appunto, strutturale alla piaga del sovraffollamento e possono rendere non più centrali le esigenze di provvedimenti clemenziali, che a questo punto obiettivamente rimangono sullo sfondo, senza escluderle.
  Ma qui io voglio dire con chiarezza che trovo inaccettabili e da respingere forme di pregiudizio forcaiolo e di populismo d'accatto nei confronti di queste eventualità, richiamate nello stesso messaggio presidenziale. In questo senso, condivido l'ispirazione dell'intervento del nostro deputato Leva. E qui voglio dire una cosa ai colleghi di 5 Stelle, a proposito di demagogia e populismo. Debbo dire che ho trovato certi toni, in particolare quelli del deputato Bonafede, davvero inaccettabili. Io conosco diversi parlamentari di quel gruppo e voglio credere che certe posizioni forcaiole non siano condivise. Perciò mi permetto di darvi un suggerimento: promuovete anche su questi temi un referendum via web, e forse, come per lo ius soli, la vostra base vi aiuterà ad affermare posizioni fino in fondo civili ed europee. Magari non ci sarà l'autorizzazione di Casaleggio o Grillo, come è avvenuto...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, se è possibile. Grazie.

  WALTER VERINI. Glielo può trasmettere lei, non nel suo ruolo di Presidente. Non ci sarà, dicevo, l'autorizzazione di Casaleggio o Grillo come è avvenuto ieri al povero sindaco di Parma, ma ci potrà essere una autorizzazione più importante, quella della loro coscienza civile.
  Concludo auspicando che il Governo e questo Parlamento insieme a provvedimenti di drastica riduzione del sovraffollamento, trovino la forza, il coraggio, il dovere di investire davvero nel recupero e nella risocializzazione, anche se, la parola socializzazione spesso è sconosciuta, per nascita e ambiente di provenienza, a tanti disgraziati che oggi sono detenuti in carcere. Per questo noi pensiamo a carceri umane, dove vi siano spazi davvero aperti, luoghi dove i detenuti possano socializzare, personale in numero significativo – e qui voglio esprimere solidarietà agli agenti di custodia, che vivono e lavorano in condizioni davvero difficili –, carceri dove vi siano figure di mediatori culturali, assistenti psicologi, volontari, dove si possa fare cultura. Ci sono straordinarie esperienze in alcune carceri civili, ma anche in tante parti d'Italia. Ieri parlavo con il professor Flamini, che insegna ai detenuti, anche a quelli ergastolani ostativi del carcere di Spoleto, e mi raccontava, come avviene per esempio a Rebibbia con Anna Grazia Stammati, esperienze di straordinario valore umano e civile.
  Ecco, noi vogliamo carceri dove i detenuti siano trattati per quelli che sono: uomini che hanno sbagliato, non bestie da restringere in spazi più stretti perfino di quelli delle galline ovaiole, per la cui ristrettezza, nello scorso luglio, la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia.
  Infine, noi non saremo secondi a nessuno. Il Governo appena formato ha annunciato alcuni temi – lo ha già annunciato il Ministro Orlando al lavoro – di riforma della giustizia, di riforma del processo civile, della lotta all'antimafia e temi legati alla prescrizione. Il gruppo del Partito Democratico sarà in prima fila in questa battaglia, non ci faremo certo insegnare da nessuno. Ho sentito in questo dibattito anche toni ed argomenti che non condivido, come quelli di una descrizione di questo ventennio come di una lotta tra magistrati e politica. Non è così. Pure in mezzo ad eccessi, che certo ci sono stati, soprattutto di protagonismo, io credo che in questi anni la magistratura sia stata sotto attacco.
  Ed io voglio dire che discuteremo con tutti, disposti a guardare in avanti e non indietro, a due condizioni, ovvero che tutti rispettino due cose che consideriamo sacre. La prima cosa: il principio secondo Pag. 44cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. La seconda: l'indipendenza della magistratura. Una volta che si rispettano questi problemi, entro questi paletti, noi vogliamo discutere con tutti nell'interesse dei cittadini.
  Ho finito, Presidente, volevo dire questo, auspicando che si possa – per tornare al tema carceri – , come diceva Calamandrei, portare un po’ di luce, umanità, in quel cimitero dei vivi dove c’è tanto buio. Infatti, come dice un signore di cui non è necessario fare il nome perché lo conosce tutto il mondo, l'uomo si può convertire e non bisogna mai disperare della possibilità di cambiare vita. I detenuti sono uomini che hanno sbagliato, ma che hanno diritto alla speranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Votazioni – Doc. XVI, n. 1)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che la risoluzione Di Lello ed altri n. 6-00055 è stata ritirata dai presentatori e che la risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio n. 6-00049 è stata sottoscritta anche dal deputato Di Lello.
  Ricordo che il rappresentante del Governo ha espresso parere favorevole sulla risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Di Lello n. 600049 e un invito al ritiro su tutti gli altri strumenti di indirizzo.
  In assenza di ritiro, il parere del Governo su tali risoluzioni dovrà intendersi contrario.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Passiamo alla risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Di Lello n. 6-00049, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
  Avverto che, a seguito della sua eventuale approvazione, risulterebbe preclusa la risoluzione Colletti ed altri n. 6-00054.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Speranza, Dorina Bianchi, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Di Lello n. 600049, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino... Di Lello non riesce a votare... Rabino non riesce a votare... Rizzetto non riesce a votare... Vitelli... Verini ha votato... chi altro non riesce a votare ? Marzana, Grillo, Dellai... Dellai sta votando... ha votato... Giulia Grillo ancora non riesce a votare... non funziona proprio, adesso arriva un tecnico... De Mita ha votato... C’è qualcun altro che non riesce a votare ? Mi pare tutti, quindi aspettiamo la deputata Grillo e poi chiudiamo. Ci sono dei problemi proprio con la postazione. Sembra che ci siamo... No, problemi tecnici. Magari possiamo farla votare dal banco... sta arrivando l'altra tessera. È un problema di tessera quindi ? Vedremo poi. Catanoso... Ecco, ha votato !
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  474   
   Votanti  432   
   Astenuti   42   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato  325    
    Hanno votato no  107    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo ora, se non vi è il ritiro, alla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00050, sulla quale il Governo ha espresso parere contrario.
  Avverto che, a seguito della sua eventuale approvazione, risulterebbe parzialmente precluso l'ultimo capoverso del dispositivo della risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00051, nonché l'ultimo capoverso del dispositivo della risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00052, nella parte in cui fanno riferimento ai provvedimenti di amnistia e di indulto.
  Passiamo ai voti.Pag. 45
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00050, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carfagna, Calabria, Sanga, Naccarato, Vignali, Carrozza.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  471   
   Votanti  439   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato   40    
    Hanno votato no  399.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00051, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cesa, Dellai, Spadoni, Monchiero, Galperti, Di Salvo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  474   
   Votanti  466   
   Astenuti    8   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato  108    
    Hanno votato no   358.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Le deputate Biancofiore e Giammanco hanno segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimere voto favorevole e la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cirielli e Giorgia Meloni n. 6-00052, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Spadoni, Nissoli Fitzgerald, Gutgeld, Marco Di Stefano, Taricco, Fraccaro, Galperti, Giammanco, Latronico.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  474   
   Votanti  459   
   Astenuti    15   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato  102    
    Hanno votato no   357.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Daniele Farina ed altri n. 6-00053, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giammanco ? Paola Bragantini ? Oliaro ? Lattuca ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  475   
   Votanti  390   
   Astenuti   85   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato   29    
    Hanno votato no  361    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

Pag. 46

  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge in materia elettorale.

  La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 16,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Boccia, Michele Bordo, Cirielli, Dellai, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Leone, Pannarale, Realacci, Andrea Romano, Sani, Scalfarotto e Scopelliti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: D'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1514-1657-1794-1914-1946-1947-1977-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge, d'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
  Ricordo che nella seduta del 31 gennaio 2014 sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità Migliore ed altri n. 1, Dadone ed altri n. 3 e Giorgia Meloni ed altri n. 4 e la questione pregiudiziale di merito Dadone ed altri n. 1, ed è iniziata la discussione sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
  Invito ora la deputata Segretario di Presidenza a dare lettura delle ulteriori comunicazioni all'Assemblea.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge:
  Avverto che la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A – A.C. 3-A ed abbinate).
  Avverto, inoltre, che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito dell'esame è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 febbraio 2014.
  Avverto, inoltre, che nella seduta odierna la Commissione affari costituzionali ha proceduto all'abbinamento delle seguenti ulteriori proposte di legge: n. 1511 Laffranco ed altri, recante «Modifiche ai testi unici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica»; n. 1704 Porta ed altri, recante «Modifiche Pag. 47alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, in materia di esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini italiani temporaneamente domiciliati all'estero».
  Avverto, infine, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, l'articolo aggiuntivo La Russa 2.0320, non previamente presentato in Commissione, che interviene sull'età dell'elettorato passivo dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, materia non trattata nel provvedimento e negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in sede referente.
  La Presidenza non ritiene altresì ammissibili, secondo quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 7 marzo 2002, le seguenti ulteriori proposte emendative:
   La Russa 1.479, non previamente presentato in Commissione, volto a prevedere la decadenza dal mandato parlamentare di coloro che, eletti in una lista, abbandonino il relativo gruppo: si tratta di una previsione che si pone «in manifesto ed evidente contrasto» con il principio di cui all'articolo 67 della Costituzione che stabilisce il divieto di mandato imperativo;
   Dieni 2.39, volto ad abbassare a 18 anni l'elettorato attivo al Senato, materia trattata direttamente dall'articolo 58 della Costituzione, disposizione rispetto alla quale l'emendamento in questione si pone «in manifesto ed evidente contrasto»;
   Pisicchio 2.06, Di Lello 2.09 e Fraccaro 2.07, limitatamente alla parte che disciplina il procedimento presso la Giunta delle elezioni, in quanto si pongono in contrasto con l'autonomia costituzionale delle Camere.
  La Presidenza ha, inoltre, valutato attentamente il contenuto e la struttura degli emendamenti Toninelli 1.2 e 2.9 volti a sostituire, rispettivamente, l'articolo 1 e l'articolo 2 del provvedimento con una pluralità di articoli che prefigurano un nuovo e diverso complessivo sistema elettorale. Tali proposte emendative presentano, sulla base dei precedenti, profili problematici in ordine all'ammissibilità in relazione alla previsione di cui all'articolo 72, primo comma, della Costituzione, in cui si prevede l'approvazione dei progetti di legge articolo per articolo.
  Tuttavia, occorre considerare il fatto che tali proposte emendative sono già state giudicate ammissibili nel corso dell'esame in sede referente e che anche il testo della Commissione, sebbene sia strutturato in commi e non in articoli, si sviluppa in una pluralità di puntuali modifiche alla disciplina elettorale della Camera e del Senato.
  Pur considerando che il deputato Toninelli non risulta relatore di minoranza, è indubbio che le proposte emendative da questi presentate si configurano nella sostanza come testi alternativi.
  La Presidenza, pertanto, senza che ciò costituisca precedente, li ammette in via eccezionale all'esame ed al voto dell'Assemblea.
  Come già comunicato all'Assemblea nella seduta del 31 gennaio, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
  La Presidenza, tuttavia, in considerazione della complessità del provvedimento e al fine di consentire una più ampia valutazione delle questioni, ha ritenuto di ammettere alla discussione ed al voto un numero maggiore di emendamenti, pari al triplo di quelli che sarebbero consentiti, tenendo anche conto di talune limitate ulteriori richieste.
  A tal fine, i gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Lega Nord e Autonomie, Per l'Italia, Fratelli d'Italia e le componenti politiche del gruppo Misto Minoranze Linguistiche, Centro Democratico, Partito Socialista Italiano – Liberali per l'Italia e MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia sono stati invitati a segnalare le proposte emendative da porre comunque in votazione.
  Avverto che gli emendamenti 1.345 e 1.346 devono intendersi a firma Famiglietti.Pag. 48
  Avverto che gli articoli aggiuntivi Pisicchio 2.06 e Migliore 2.08 sono stati sottoscritti dal deputato Civati e che l'articolo aggiuntivo Vargiu 2.0336 è stato sottoscritto dai deputati Bruno Bossio, Toninelli, Dadone, D'Ambrosio, Fraccaro, Dieni, Lombardi, Nuti e Cozzolino.
  Avverto inoltre che la deputata Sandra Zampa ha ritirato la sua firma dal subemendamento Civati 0.1.900.47 ed ha sottoscritto il subemendamento D'Attorre 0.1.900.77.
  Ha chiesto di intervenire il relatore per la maggioranza nonché presidente della Commissione affari costituzionali, deputato Paolo Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e segnalo che in sede di Comitato dei nove tutti i gruppi, con il MoVimento 5 Stelle per ragioni diverse rispetto ad altri, hanno chiesto questa mattina un differimento per poter approfondire gli emendamenti presentati, soprattutto sul motore di ricerca della legge, o meglio volevo dire sul motore di funzionamento della legge, ma, sa, purtroppo la ricerca del consenso elettorale qualche volta si fa anche attraverso il motore. Abbiamo differito alle ore 16 di oggi il Comitato dei nove per consentire il dovuto approfondimento. Chiedo, pertanto, dovendo adesso andare al Comitato dei nove, che sarà un Comitato certamente denso di approfondimenti richiesti proprio dai gruppi, che l'Aula possa congruamente «risentire» della necessità di questo approfondimento su una legge così importante ed essere, quindi, spostata nei tempi almeno fino alle ore 18.

  GIANCARLO GIORGETTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, noi non ci opporremo certamente a questa richiesta, però mi permetta di dire che noi non possiamo non dimenticare che tutto il dibattito, tutta la discussione relativa alla legge elettorale si è svolta con incredibili forzature in Parlamento e nel merito fuori dalle Aule del Parlamento. Questa è la realtà, la sappiamo tutti, la conosciamo tutti. Io le ho scritto anche una lettera, la richiamo qui.
  Non è nostro intendimento e non è mai stato nostro intendimento mettere in atto azioni dilatorie. Però, le forzature che si sono verificate nel corso di tutto l'iter e che hanno impedito – e lo voglio ribadire, anche questa sera, al collega Cristian Invernizzi – di poter votare in I Commissione il mandato al relatore non possono essere sottaciute. Allora, avrei auspicato che il Comitato dei Nove – la Commissione, invece, non ha potuto assolutamente in qualche modo né discutere né votare alcun emendamento – potesse fare gli approfondimenti che evidentemente sono stati fatti fuori di qui. Approfondimenti, peraltro, come quelli della concreta e della logico-sistemica possibilità di applicazione della legge che erano stati a suo tempo debitamente richiesti ed evidenziati in sede di Conferenza dei Capigruppo. Quindi, ben venga questo rinvio. Però, a questo punto, le ragioni delle forzature e del contingentamento dei tempi non hanno più nessuna ragione d'essere poiché vengono poste in essere esattamente dalle forze della cosiddetta maggioranza – non so bene se di Governo o delle riforme – che in qualche modo sostiene questo provvedimento. Noi, quindi, la invitiamo sin d'ora a meditare circa l'opportunità, qualora necessario, di rivedere l'atteggiamento circa i tempi del contingentamento sino a questo momento stabiliti, posto che – ribadisco – in Commissione non si è potuto discutere in alcun modo, mentre un'ampia discussione avviene in stanze neppure troppo lontane dal Parlamento ma che, evidentemente, il Parlamento non sono. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord).

  PRESIDENTE. Rivaluteremo eventualmente i tempi del contingentamento, che ammontano a 22 ore. Nulla toglie che si potrebbero eventualmente aumentare.

Pag. 49

  IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Grazie, Presidente. Presidente, io sono arrivato in ritardo perché ero convocato nella I Commissione dove doveva esserci il Comitato dei Nove. Il Presidente, con abilissima mossa involontaria, invece, ci ha lasciato in I Commissione ed è venuto in Aula. Lui ha il dono dell'ubiquità, noi no, per cui non siamo potuti essere presenti nel momento in cui è stata richiesta...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole La Russa, Ministro Boschi, per favore, è richiesta la sua attenzione.

  IGNAZIO LA RUSSA. Non da me, ministro, per me può fare pure con comodo.

  PRESIDENTE. No, ci sono altri che lo suggerivano. Prego, onorevole La Russa.

  IGNAZIO LA RUSSA. Non abbiamo potuto ascoltare le ragioni per cui viene richiesto questo rinvio, così come non abbiamo potuto ascoltare l'elencazione degli emendamenti dichiarati inammissibili. E qui c’è veramente da sorridere, perché tecnicamente non fa una grinza che alcuni, due emendamenti presentati da Fratelli d'Italia siano stati dichiarati inammissibili perché non discussi preventivamente in Commissione. Questa è la regola; peccato che noi questa volta in Commissione non abbiamo discusso niente; non ci siamo mai riuniti; non ci siamo neanche visti. C'era il problema di incontrarci: quando andavamo, era già finita; quando era finita, noi ci incontravamo con quelli che uscivano del MoVimento 5 Stelle. Adesso ci si dice che gli emendamenti sono inammissibili perché non preventivamente discussi. Ma allora tutti gli emendamenti dovrebbero essere inammissibili, perché nessun emendamento è stato discusso in Commissione.
  Comunque, Presidente, a questo punto siamo riusciti ad arrivare in tempo anche se – il Presidente non me ne vorrà – la prossima volta, se ci avvisa, veniamo anche noi qui ad ascoltare le ragioni del rinvio. Io credo, Presidente, che il rinvio ci possa stare. Sono le ragioni del rinvio che avrei voluto conoscere. Non è possibile che conosciamo la legge elettorale nella sua evoluzione attraverso le agenzie che riferiscono di eventi che avvengono non solo fuori da quest'Aula ma fuori completamente dal Parlamento, e neanche da parte di parlamentari. Lo dico senza scandalizzarmi, ma mi piacerebbe che questo fosse almeno conosciuto dai componenti della Commissione. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole La Russa, le rispondo brevemente. Non si tratta, infatti, di non aver discusso i suoi due emendamenti ma del fatto che questi non erano stati presentati in Commissione.
  Vorrei ora rivolgere un saluto all'Istituto comprensivo statale «Giuseppe Grassi» di Martina Franca (Taranto), che è qui insieme a noi oggi. Oggi, ragazzi, è una giornata importante: si discute la legge elettorale. Ben arrivati ! (Applausi).

  NAZZARENO PILOZZI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, io credo che sia importante sia per la Presidenza della Camera che per tutta quest'Aula sapere che cosa sta accadendo intorno alla discussione sulla legge elettorale. Io vorrei capire come sia possibile, intanto, che alle 16 sia convocata l'Aula e che alle 16 sia convocato anche il Comitato dei nove. Per riunire il Comitato dei nove, si sarebbe dovuto chiedere all'Aula di sospendere i lavori e di convocare il Comitato dei nove. Quindi, è avvenuto che noi eravamo in Commissione in attesa che iniziasse il Comitato dei nove e il presidente della Commissione, invece, era qui a discutere per rinviare la discussione per – immagino – convocare il Comitato dei nove stesso.Pag. 50
  Io credo che ci sia bisogno di maggiore rispetto per i deputati e per tutti i parlamentari e lo dico – io faccio parte del Comitato dei nove della I Commissione – anche per tutti quei colleghi che in queste ore ci chiedono cosa sta avvenendo. Noi ci troviamo assolutamente nella condizione di non saper rispondere, perché noi non sappiamo che cosa si sta discutendo riguardo ad una legge che contempla la democrazia di questo Paese. E noi non sappiamo su quali basi si sta ragionando sulla legge elettorale. Presidente, io lo dico perché qui noi ci siamo sgolati per dire che volevamo una settimana di discussione in Commissione e non c’è stata concessa e, da allora, è successo di tutto, e queste settimane se le sono prese – sono diventate quasi un mese – tutte al di fuori delle sedi istituzionali preposte. E questo non è assolutamente tollerabile.
  Io credo, cara Presidente, che bisogna assolutamente ristabilire un minimo di regole per la discussione di una legge così importante. Se c’è bisogno di dare una sospensione, non ci prendiamo in giro: non si sospende fino alle 18, quando sappiamo che già è stata convocata la riunione di un importante gruppo parlamentare. Quindi, magari, ci diranno che il Comitato dei nove si farà alle 18 meno cinque.
  Io credo che noi dobbiamo assolutamente prenderci il tempo necessario, riunire le istituzioni democratiche e tutte quante le sedi opportune e fare una vera discussione sulla legge elettorale. Perché la legge elettorale non può essere, in questo Paese, ostaggio delle beghe di due o tre persone, casualmente anche fuori dal Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Comunque, è d'accordo per il rinvio al Comitato dei nove ?

  NAZZARENO PILOZZI. Sì, signor Presidente.

  DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, l'esempio della legge elettorale, ovverosia la legge più importante che trasforma i voti in seggi, e di come sta andando il lavoro in Aula rappresenta l'ennesimo fallimento di questo Parlamento, che non ha mai avuto un minuto per trattare, discutere, emendare e, quindi, migliorare all'interno della Commissione nessun articolo e nemmeno un comma. Io confermo, quindi, quanto appena sentito e, in più, cerco di aggiungere altri elementi che vanno a peggiorare il quadro.
  Innanzitutto, non si tratta del primo esempio, perché con il «Porcellum» accadde la medesima cosa, ovverosia un Parlamento svilito, obbligato a ratificare diktat esterni. Per fortuna, in quel momento, però, avvenne con una preponderanza e con una violenza meno drammatica rispetto a quanto sta accadendo ora, in quanto arrivò una proposta dall'esterno una volta sola. In questo caso, invece, il Parlamento è costantemente bloccato, perché si sta attendendo – come, ad esempio, in questi minuti – che, ancora una volta, al di fuori del Parlamento si trovino degli accordi, di cui questo Parlamento non sa nulla e che non avrà un istante per poter discutere e votare.
  Volevo anche ricordarle, Presidente, la prego di ascoltarmi, che le simulazioni, ovverosia quel motore di cui il presidente Sisto pochi minuti fa parlava e che sono probabilmente quell'atto che il Parlamento avrebbe dovuto fare prima di tutto il resto, sono arrivate pochissimi giorni fa e non sono state consegnate ai gruppi parlamentari, ma, a quanto sembra – ripeto e sottolineo, a quanto sembra – sono state consegnate esclusivamente al presidente Sisto, che le ha tenute per sé e non le ha diramate ai gruppi parlamentari, permettendo loro di fare quell'attività importante per i successivi emendamenti.
  Questo è lo stato attuale in cui il Parlamento sta legiferando sulla cosa più importante per il nostro Paese. Lei, che ne è la Presidente, ne deve prendere atto e, forse, per la prima volta, deve prendere Pag. 51decisioni che fanno bene al Parlamento che rappresenta e al Paese tutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Vorrei dire che delle simulazioni ne abbiamo parlato in Conferenza dei presidenti di gruppo; questo punto è stato già chiarito. Il presidente Sisto, da quello che io so, le ha messe a disposizione dei gruppi. Quindi, che lei dica questo non mi sembra che sia supportato dai fatti.

  EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, vorrei dire che non vi è dubbio che noi stiamo trattando una proposta di legge che avrà conseguenze specifiche per la qualità della democrazia in questo Paese e, quindi, ascolto con grande attenzione e rispetto tutte le istanze delle forze di opposizione che si sono espresse qui, perché so che hanno ragione quando rivendicano il massimo possibile di spazio di discussione per le questioni inerenti questo provvedimento. Pur tuttavia, vorrei che noi non dessimo un valore negativo al fatto che esistano rapporti tra i partiti se questi rapporti si traducono poi in emendamenti i cui testi, di proposta di modifica della legge elettorale, noi discuteremo sia nel Comitato dei nove che in quest'Aula, perché il punto sostanziale è che tutti coloro, cioè noi che qua dentro, a diverso titolo, rappresentiamo il popolo italiano, abbiano la possibilità, come è stato, di discutere in quest'Aula o nel Comitato dei nove il testo delle possibili modifiche, sia sulla modalità di relazione tra il provvedimento che voteremo e le successive riforme costituzionali, sia nel merito di funzionamento di questa proposta di legge.
  Credo che occorra essere sempre attenti ai richiami dell'opposizione, perché oggi sono loro opposizione, domani potrà toccare a qualcun altro, ma proprio a questo titolo vorrei collegarmi a quello che ha detto, e mi avvio a concludere signor Presidente, il collega Toninelli dicendogli che, non in sua presenza perché lui era assente, ma in una precedente riunione del Comitato dei nove, a tutti i membri della Commissione che erano presenti è stata distribuita la tabella che riporta l'applicazione dell'algoritmo ai dati elettorali degli ultimi anni – è stata mandata anche per mail, è stata data in carta – e in più tutto ciò è stato pubblicato sul sito della Camera o della Commissione, quindi visibile a tutti. Mi pare che più di così, oggettivamente, su quel punto specifico non si potesse fare. Io penso che avremo modo, nelle prossime ore, nelle prossime giornate di discutere di tutti gli aspetti. Penso anche che debba essere considerato da tutti un valore che tutti abbiamo richiesto – e ho veramente chiuso, Presidente – negli scorsi anni, nelle scorse legislature: se l'accordo che riguarda una proposta di legge elettorale è un accordo che ha avuto bisogno di tanta discussione tra forze che sono diverse tra loro e se questo accordo potrà essere, anche solo su alcuni punti, il più largo possibile. A me pare che questo sia quello che abbiamo fatto fino ad oggi.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo solo per confermare, e mi spiace che il collega Toninelli dica una cosa diversa, che tutto quello che è stato consegnato dall'ufficio studi è stato immediatamente consegnato in Commissione a tutti i componenti della Commissione e poi è stato messo a disposizione sui siti istituzionali. Mi spiace per il disguido fra Comitato dei nove e Aula però, essendo stato il differimento e l'approfondimento richiesto da tutti i gruppi all'unanimità, ritenevo la richiesta formale in Aula semplicemente una comunicazione sull'accordo, lo ripeto, di tutti gruppi nell'ambito della Commissione. Quindi...

  PRESIDENTE. La simulazione...

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  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. No, Presidente, parlavo del differimento in Aula: essendo stato richiesto l'approfondimento da tutti i gruppi, ritenevo che vi fosse semplicità di richiesta nell'ambito dei tempi dell'Aula.

  PRESIDENTE. Inoltre, ritornando sulle simulazioni, queste sono anche presenti sul sito della Camera. Per cui, più chiaro e più disponibile di questo, non so cosa bisogna fare.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, devo dire che anch'io ho diverse perplessità sulle modalità con le quali stiamo andando alla discussione di questa importante proposta di legge.
  Non mi scandalizza che al di fuori delle Aule parlamentari i partiti, svolgendo la loro funzione di aggregazione del consenso e anche di progettazione politica, si incontrino e trovino dei punti di mediazione per aiutare e facilitare il lavoro parlamentare. C’è però un limite che non deve essere superato: essi non possono sostituirsi al Parlamento nella decisione. Possono contribuire ad elaborare proposte, ma il luogo della decisione è il Parlamento, e non possiamo permettere che il Parlamento sia ridotto al ruolo di chi ratifica una decisione già presa al di fuori del Parlamento, tanto che sembra che diventi quasi una formalità e il discuterla e il proporre emendamenti e il votare emendamenti su questa decisione.
  Devo dire che purtroppo l'impressione che si sta un po’ avendo è che il Parlamento sia ridotto a ratificare una decisione. Sui giornali leggiamo che c’è un accordo precedente raggiunto fra i capi di due grandi forze politiche, leggiamo che a certe condizioni questo accordo può forse essere toccato, ad altre condizioni no. Le grandi forze politiche hanno tutto il diritto di fare questo. In quest'Aula però, attraverso i rappresentanti eletti dal popolo che in quest'Aula prendono la parola e dicono: a queste condizioni votiamo a favore, a queste condizioni votiamo contro, a queste condizioni c’è un accordo, a queste condizioni non c’è un accordo; e una gran parte di questo Parlamento, non secondaria, sembra essere tagliata fuori dalla discussione su questo accordo, un accordo che talvolta sembra essere fatto contro di loro.
  Tutto questo non può non destare legittime preoccupazioni, e io, Presidente, la invito, nella strutturazione dei lavori parlamentari, nella definizione dei tempi parlamentari e nella gestione dei lavori in Aula, a non dare nemmeno l'impressione che in realtà quest'Aula sia ridotta al ruolo di chi deve votare sì o no qualcosa che è stata decisa senza la sua partecipazione, e quindi sia ridotto al ruolo di notaio e non di pieno rappresentante della sovranità popolare, come prevede la nostra Costituzione.

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, io ho chiesto la parola esclusivamente perché questo fascicolo, che è il n. 98 del 27 febbraio 2014 dell'ufficio studi, io ce l'ho dal 27 febbraio, ed è anche formulato esattamente come la sua proposta nella Conferenza dei presidenti di gruppo, in riferimento alle simulazioni e all'algoritmo delle elezioni politiche del 2006, del 2008 e del 20013. Quindi, questo è un dato di fatto.
  Il resto, il nostro gruppo è d'accordo sulla richiesta del presidente del Comitato dei nove per la sospensione; e mi permetto sommessamente di evidenziare che, al di là delle legittime motivazioni che sono state espresse in quest'Aula, abbiamo già perso 35 minuti, quindi probabilmente avremo bisogno fino alle 18,30, se c’è la necessità delle 18.

  ROBERTA LOMBARDI. Chiedo di parlare.

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  PRESIDENTE. A che titolo ? Ha già parlato per il suo gruppo il deputato Toninelli.

  ROBERTA LOMBARDI. A titolo personale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, volevo semplicemente specificare – per i colleghi dei partiti che forse, insomma, non sono abituati a delle frontiere tecnologiche come un banale file excel che in qualunque ufficio della vita reale viene usato – che quella che è la nostra richiesta non è una fotografia statica, come può essere un file in formato PDF o uno stampato con dei risultati che andrebbero a fotografare solamente una determinata simulazione a una determinata situazione, ma un file dinamico dove è possibile, introducendo i dati e variando le variabili, andare a configurare degli scenari diversi. Questo è quello che chiediamo per essere sicuri.
  Per quanto riguarda poi il discorso degli accordi fuori che vengono portati all'interno dei palazzi, noi ancora ci scandalizziamo per queste cose – ma si sa noi siamo un po’ naif evidentemente – anche perché poi andiamo nei Comitati dei nove che si liquidano in cinque secondi e dove viene detto che tanto tutti gli emendamenti vengono respinti e, quindi, diventa un pro forma anche quello. Tanto per chiarire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. In ogni caso direi che questi sono temi da sviluppare in sede di Commissione più che di Aula. A questo punto mi pare che abbiamo fatto il giro di tutti i gruppi e, quindi, mi sentirei di confermare la richiesta di...

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, una sola gentilezza. Visto il tempo trascorso proporrei le 18,30 anziché le 18.

  PRESIDENTE. Facciamo 18,15, d'accordo. A dopo colleghi, la seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 18,40.

In ricordo di Nicola Calipari.

  PRESIDENTE. Cari colleghi, un attimo di attenzione, vorrei fare una commemorazione (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e il rappresentante del Governo). Colleghi, a nove anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 4 marzo del 2005 in Iraq, desidero rivolgere un pensiero commosso alla memoria di Nicola Calipari, caduto durante lo svolgimento di una missione finalizzata alla liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, tenuta in ostaggio da un gruppo terroristico. Di Nicola Calipari molti hanno ricordato nel corso di questi anni la brillante intelligenza e la carica di umanità, oltre che la sua riconosciuta professionalità e l'alto senso del dovere. Anche il Presidente della Repubblica, nel conferirgli la medaglia d'oro al valore militare, fece proprio riferimento all'altissima testimonianza di nobili qualità civili, di profondo senso dello Stato e di eroiche virtù militari fino al supremo sacrificio della vita. Il suo esempio va quindi custodito e valorizzato soprattutto a beneficio delle giovani generazioni, come modello di dedizione e servizio a tutela dei principi della nostra Carta costituzionale. Facendo mie le parole utilizzate dalla moglie, la nostra cara collega Rosa Maria, voglio sottolineare come il ricordo di Nicola Calipari ci permette anche di rinnovare qui una ferma condanna per ogni forma di violenza e promuovere la diffusione di una cultura della pace, della solidarietà e del rispetto contro ogni forma di fanatismo. Desidero quindi esprimere a Rosa Maria e ai figli Silvia e Filippo i sentimenti della Pag. 54vicinanza e della solidarietà mia e di tutta la Camera dei deputati (Generali applausi, cui si associa il rappresentante del Governo).
  Ora abbiamo gli interventi di commemorazione di Nicola Calipari, prima di riprendere il seguito della discussione. Chiede di intervenire il deputato Guglielmo Epifani. Prego, ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, l'Italia ha conosciuto il suo nome e il suo volto la sera in cui morì sulla strada verso l'aeroporto di Baghdad coprendo con il suo corpo quello di Giuliana Sgrena il 4 marzo del 2005. Abbiamo scoperto dopo chi fosse e quello che aveva fatto: un uomo, un ragazzo, che dopo la laurea in giurisprudenza era diventato avvocato penalista e aveva fatto parte di un concorso che lo avrebbe portato a diventare funzionario poi dirigente della Polizia per ventitré anni. Trascorse gli anni tra la questura di Genova – erano gli anni del terrorismo, esattamente gli anni in cui le Brigate Rosse assassinavano all'Italsider Guido Rossi – Cosenza e Roma, al Viminale, e fu di nuovo dirigente dell'ufficio stranieri della questura di Roma e dal 2002 al Sismi, alle operazioni estere di ricerca e di spionaggio, e per questo aveva il compito di soprassedere alle operazioni in corso in Iraq. A lui si deve, oltre alla liberazione della Sgrena, quella di due cooperanti, Simona Torretta e Simona Papi, e quella delle tre guardie del corpo privato. Non si poté far nulla, come sappiamo, per Fabrizio Quattrocchi e per il giornalista Enzo Baldoni.
  Era un uomo della polizia e così gli piaceva essere, in prima linea, alla volante, alle squadre mobili, al fronte della lotta contro la criminalità organizzata, che lo avrebbe portato in Australia a disconnettere i tanti fili della ragnatela mafiosa. Un funzionario esemplare, onesto, disinteressato, duro nelle sue convinzioni, che spesso lo misero anche in difficoltà dentro lo stesso corpo della Polizia. Un servitore dello Stato, un uomo profondamente e autenticamente democratico e pieno di rispetto e di umanità, come dimostra il lavoro fatto all'ufficio immigrati della questura di Roma o quando come, sempre a Roma, inventò il numero verde per la protezione degli omosessuali che erano colpiti da delitti efferati in quella stagione e anche dopo.
  Sappiamo come proseguì la vicenda giudiziaria che si aprì dopo la sua morte: un'infinita tela di cose dette e non dette, versioni diverse, quella italiana e quella statunitense, i dubbi, le incertezze, i perché rimasti senza risposta. La sentenza della Cassazione ha posto fine al nodo della giurisdizione e dell'immunità per chi gli sparò, ma non è riuscita, né poteva, a diradare le nebbie e, soprattutto, a chiarire perché andò così e non andò in un altro modo, se fu fatalità, se furono gli equivoci in una zona ad alto rischio di attentati o se fu altro, e, se fu altro, quale altro e perché.
  Ma è certo che, anche per questa assenza di chiarezza, il suo sacrificio assunse e assume il valore di un atto di grande coraggio e dedizione. La medaglia d'oro al valore militare datagli dal Presidente Ciampi ne è, se si vuole, l'ulteriore conferma. A Rosa Maria, la moglie, nostra collega, ai suoi due figli – il più piccolo aveva allora 14 anni –, la partecipazione mia, del gruppo del Partito Democratico, a un dolore che il tempo non ha lenito.
  Non vi sono parole per descrivere drammi umani di questa dimensione, ma ricordarli – lo voglio dire a Rosa – vuole dire condividere anche questo. Le parole che lei ha pronunciato, Presidente Boldrini, sono l'omaggio che il Parlamento, sede della rappresentanza democratica, rinnova verso chi seppe onorare la sua missione fino al sacrificio di sé.
  E ancora, Calipari onora il nostro Mezzogiorno, la sua Calabria: era nato a Reggio Calabria, terra di grandi contraddizioni e terra capace di formare persone che con più forza dovrebbero diventare riferimento, anche morale, per le nuove generazioni e, insieme, patrimonio di un Paese che sappia, in un'etica pubblica rinnovata, bandire ignavia, indifferenza, paura, e sappia rigenerarsi attorno ai Pag. 55valori della legalità e del rispetto delle funzioni e delle responsabilità che si ricoprono.
  Perché so mediare con gli arabi, si chiedeva, e, a chi glielo domandava, Calipari rispondeva così: «Per un motivo molto semplice, perché sono bizantino e sono in terra di bizantinismi». Egli, uomo di Calabria, così interpretava il suo rapporto con la terra e con il popolo nel quale avrebbe avuto la morte (Applausi).

  PAOLO VITELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO VITELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, commemoriamo qui, oggi, a distanza di nove anni, la scomparsa di un uomo, Nicola Calipari, il più importante esponente del Sismi per le operazioni all'estero e medaglia d'oro al valor militare. È importante, oggi, nel giorno del 9o anniversario della sua uccisione, ricordare che la sua tragica morte avvenne a conclusione di una missione di carattere umanitario, una missione nella quale egli aveva dato, come nella maggior parte della sua vita, prova di coraggio, di elevata professionalità, ma, soprattutto, di amore per il prossimo.
  La sua scomparsa è stata una perdita per tutti quanti hanno goduto del suo affetto e per quanti, a partire dai colleghi e dagli altri uomini delle istituzioni, hanno avuto modo di apprezzarne le grandi doti umane e professionali. Era lui il cuore dell’intelligence italiana in Iraq: lo Stato gli delegò la risoluzione delle questioni più spinose, come la trattativa con i rapitori della giornalista italiana, che durò settimane, ma che, alla fine, si concluse con la sua liberazione.
  Calipari era esperto in missioni impossibili e in Iraq aveva condotto la trattativa che ha portato al rilascio delle due volontarie italiane, Simona Pari e Simona Torretta. Sul lavoro era un professionista: preferiva l'intelligenza all'uso della forza. Egli era, sì, un agente dei servizi segreti, il braccio operativo dell’intelligence, che, invece, offre la sua vita per salvare una donna e, soprattutto, quali che fossero le sue personali convinzioni sulla guerra in Iraq, aveva scelto di esserci, e nel modo più rischioso.
  Un uomo che, sacrificandosi per proteggere con il suo corpo quello di Giuliana Sgrena, ha fatto molto di più del suo dovere istituzionale: il suo gesto protettivo è stato istintivo, è stato un dono gratuito. Non possiamo e non vogliamo dimenticare questo pezzo della nostra storia, soprattutto per farlo conoscere ai giovani, ai nostri figli e a quelli che non ne hanno mai sentito parlare.
  La nostra collega Rosa Maria Villecco continua l'impegno nelle istituzioni con grande serietà e determinazione. Per questo voglio personalmente ringraziarla. A lei e ai suoi figli va il nostro affettuoso e particolare pensiero in questo giorno di ricordi e di rinnovato dolore. Che Nicola Calipari rimanga l'esempio del servitore dello Stato che rispetta le istituzioni, un esempio di professionalità e di coerenza, e soprattutto un esempio valido per tutti noi che i doveri nella vita, specie in questo momento, devono essere più importanti dei diritti (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Salvatore Cicu. Ne ha facoltà.

  SALVATORE CICU. Signor Presidente, voglio ricordare la figura di Nicola Calipari, servitore dello Stato italiano, morto in missione a Baghdad il 4 marzo 2005, ucciso ad un posto di blocco americano mentre rientrava in Italia dopo la liberazione della giornalista de il manifesto, Giuliana Sgrena. Lo voglio ricordare attraverso le parole con le quali gli è stata conferita la medaglia d'oro al valor militare: «Nicola Calipari, Capo Dipartimento del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare – già distintosi per avere personalmente condotto molteplici e delicatissime azioni in zona ad altissimo rischio – assumeva il comando dell'operazione volta a liberare la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata da terroristi in Iraq. Prodigandosi con professionalità e generosità, sempre incurante del gravissimo Pag. 56rischio cui consapevolmente si esponeva animato da altissimo senso del dovere, riusciva a conseguire l'obiettivo di restituire la libertà alla vittima del sequestro, mettendola in salvo. Poco prima di raggiungere l'aeroporto di Baghdad, nel momento in cui l'autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno di colpi d'arma da fuoco, con estremo slancio di altruismo faceva scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito».
  Onorevoli colleghi, lo voglio ricordare perché di uomini così, che non si nascondono dietro l'alto incarico che rivestono per tenersi lontani dai pericoli, ma usano il proprio ruolo di cui sono investiti, il proprio importante ruolo di cui sono investiti, per portare a termine le missioni in cui credono a costo di sacrificare la propria vita, non ne esistono molti.
  Il nostro Paese è difeso ogni giorno da persone, da Nicola Calipari. Sono le persone come Nicola a fare la differenza. Nessuno stipendio, nessun alto incarico può valere la propria vita, ma chi crede fermamente nei propri valori e li trasforma nel punto della bussola da seguire, va oltre fino all'estremo sacrificio. Grazie, grazie a Nicola Calipari ! Chi lo ha conosciuto sa che sul lavoro era un perfezionista, preferendo l'intelligenza e la sua passione all'uso della forza. Le sue capacità professionali e umane erano note non solo ai colleghi delle Forze dell'ordine con cui ha lavorato per vent'anni prima di entrare nell’intelligence del Sismi. Mi onoro di aver conosciuto la sua dedizione e il suo spessore umano attraverso anche i racconti intelligenti ed emozionati che ho ascoltato in questi anni sulla sua persona. Episodi della sua vita personale e professionale che mi hanno toccato profondamente e che diventano punto di riferimento anche per me in questo momento.
  Nicola Calipari si è guadagnato sul campo il rispetto e la credibilità che lo hanno accompagnato fino alla sua morte, in quella tragica sera in cui ha fatto scudo con il suo corpo a quello di un ostaggio italiano che aveva liberato. Naturalmente, l'affetto, amicizia e la stima, anche mia personale e del mio intero gruppo vanno a Rosa, che è stata ed è ancora la sua compagna per sempre (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Rosanna Scopelliti. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Signor Presidente, molti lo chiamavano il poliziotto gentile, perché Nicola Calipari, oltre ad essere uno degli uomini di punta dei nostri servizi segreti e a possedere alte doti professionali, era animato da un fortissimo spirito di umanità, di dedizione al bene, quel bene che sopravvive sempre, anche a chi muore. Qualcuno ha detto che chi dà la propria vita per la vita altrui non muore mai, e così è realmente accaduto per un uomo che con il suo gesto siede oggi tra i martiri e gli eroi del nostro Paese.
  Aveva un animo grande Nicola Calipari, dedicava la sua vita alla famiglia, al proprio lavoro. Era dinamico, coraggioso, attraversato sempre da una forte curiosità intellettuale. Era un calabrese e nei lunghi anni trascorsi nella polizia di Stato ha dimostrato sempre il suo valore. Nei servizi segreti, dopo tanti successi, dopo tanti risultati positivi, ha vinto l'ultima battaglia, donando la propria vita per salvare un innocente e liberando il Paese da un ignobile ricatto.
  Ecco, quell'uomo semplice e forte, coraggioso e gentile è ormai nel cuore di tutti gli italiani. E questo sentimento d'amore, anche subito dopo la sua morte, si manifestò con forza e lo raggiunse poi attraverso le mani che il Presidente della Repubblica poggiò con calore e persino con insistenza sulla sua bara avvolta dal tricolore.
  La cronaca si consuma subito – è vero –, ma la storia resta ed è patrimonio di ogni uomo. E noi oggi ricordiamo una pagina di storia del nostro Paese e di un suo cittadino che l'ha scritta. Il momento storico in cui è scritta la vicenda della liberazione di Giuliana Sgrena è quello che vide l'intervento del nostro Paese in Iraq per realizzare gli obiettivi fissati dalla Pag. 57risoluzione dell'ONU. Il coinvolgimento dell'Italia avvenne al termine della fase di guerra: un impegno che, insieme a quello degli alleati, consentì lo svolgimento di elezioni e la formazione di un nuovo Governo in quel martoriato Paese, ma che si realizzò in un imprevedibile e delicato frangente, segnato, in particolare, da atti di terrorismo e di guerriglia. Momenti complessi e pericolosi, nei quali molte nazioni, anche con posizioni di politica estera assai diverse dalle nostre, rimasero coinvolte.
  E l'Italia in quelle circostanze drammatiche e difficilissime seppe operare con capacità e saldezza, ottemperando al meglio ai dettati della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1546 e assicurando la liberazione di tre operatori privati della sicurezza, delle due Simone e di Giuliana Sgrena. I risultati ottenuti dal nostro Paese hanno superato di gran lunga quelli ottenuti dalle altre nazioni e questo grazie a un'intesa forte e determinata di tutte le forze politiche presenti nel nostro Parlamento.
  Il sacrificio, il gesto eroico di Nicola Calipari avvengono proprio in questo contesto. Infatti, proprio nel momento in cui il nostro Governo affida all'impegno di Sismi e Sisde, che sono i nostri due servizi informativi caratterizzati da una grande capacità operativa e lealtà repubblicana, le sorti del nostro lavoro e dei nostri uomini, è proprio qui che il gesto di Nicola Calipari si sublima.
  La medaglia d'oro al valor militare, le tante parole scritte su di lui, i nostri ricordi, persino, non potranno mai e poi mai ripagare quello che Calipari ci ha donato. Ed oggi – lo dico alla nostra collega Rosa – Nicola Calipari è ancora tra di noi, perché – ti assicuro – non c’è separazione definitiva fino a che un uomo è ricordato. E noi Calipari lo ricorderemo sempre. Grazie e grazie anche a te, Rosa (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Emanuele Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'intervento del gruppo della Lega Nord e Autonomie non può che iniziare con un ricordo del coraggio del dottor Nicola Calipari, il coraggio e l'abnegazione che tanti altri uomini e donne, servitori dello Stato, dimostrano tutti i giorni, rischiando la vita e, talvolta, perdendola – ahinoi ! –, non a causa di una pattuglia americana in Iraq, come nel caso di Calipari, ma cercando magari di impedire una rapina ai danni di uno sventurato cittadino in una qualsiasi delle città italiane.
  Occorre ricordare a chiare lettere che la causa di questa morte è stato il rapimento della signora Giuliana Sgrena da parte di terroristi, che probabilmente in passato hanno ucciso al di là di ogni logica, al di là di ogni legittimità derivante da una volontà resistenziale o da una lotta per l'autodeterminazione: assassini e non resistenti, complici di assassini e non combattenti delle libertà.
  Siamo persuasi che da parte di tutti – maggioranza e opposizione – occorre condannare con grande forza gli autori di vili atti di terrorismo. Non possono esservi zone d'ombra o distinguo che mettano in dubbio questa certezza.
  Purtroppo, ciò non è avvenuto con la signora Sgrena, con le due Simone, con le loro dichiarazioni ed affermazioni, che erano di fatto la loro visione del tutto ideologica, che tendeva quasi a giustificare e ad umanizzare gli assassini che le avevano rapite, ribaltando sugli Stati Uniti e sulle nostre truppe, presenti militarmente in Iraq, le responsabilità degli eventi che hanno coinvolto la famiglia di Calipari.
  Questa condanna del terrorismo non avviene per rigidità ideologica o per calcolo politico, ma per la necessità di contrastare, senza «se» e senza «ma», la proliferazione, negli ambienti della sinistra radicale, dei soliti ignoti e idioti che scrivono ancora oggi sui muri delle nostre città, quando ricorre l'anniversario della strage, i primi di novembre, le turpi parole: «10, 100, 1000 Nassiriya».
  Nel ricordare il dottor Nicola Calipari, a nove anni dalla sua morte, non possiamo Pag. 58che ribadire come questa sia stata frutto di una serie di eventi del tutto negativi, rafforzati dall'eccezionalità e dalla pericolosità della situazione ambientale, nonché dalla segretezza della missione compiuta dai nostri apparati di intelligence.
  In conclusione, ci uniamo alla famiglia del dottor Calipari ed alla nostra collega. Il gruppo della Lega Nord rende onore imperituro al dottor Nicola Calipari e a tutti i servitori dello Stato caduti nell'adempimento del loro dovere. Speriamo di non ricordare mai più il testo di un cantautore italiano, che recita: «e chissà che poi non capita che ad uccidermi sia per caso la pallottola amica di un marine» (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente e colleghi, sarebbe facile in questa giornata sollevare dei dubbi, fare delle polemiche sulla tragica vicenda che ha visto l'omicidio e la morte del nostro alto dirigente Nicola Calipari. Tuttavia, credo che sicuramente, nel futuro, bisognerà interrogarsi non soltanto, come è avvenuto allora, giustamente, per rivendicare la propria sovranità nei confronti degli Stati Uniti, ma soprattutto, credo, sulle catene di comando di allora, sulle responsabilità del Governo pro tempore.
  Penso che, in questo momento, la cosa più importante sia non soltanto ricordare l'uomo, come giustamente è stato fatto, ma io direi il poliziotto, una persona che aveva deciso, senza clamori e certamente senza voler essere un eroe, di consacrare la sua vita a fare il proprio dovere e a servire lo Stato, magari tante volte trascurando – come capita a quelle persone che dedicano la vita a servire lo Stato – la famiglia, i propri interessi personali, la propria vita privata.
  Una persona abituata, come è stato detto, a fare senza clamori il proprio dovere. Io non ho avuto la fortuna di conoscerlo, ma, come appartenente alle forze dell'ordine, sapevo bene chi era e quello che aveva fatto come poliziotto e nel ruolo importantissimo che in quel momento rivestiva.
  Credo che si possa onorare al meglio la sua memoria ricordando proprio la funzione che lui, in maniera egregia, fino alle estreme conseguenze, ha rispettato. Ed è l'occasione, per questo Parlamento, per ricordare, se ce ne fosse ancora bisogno, che ci sono tante persone, senza clamore, appartenenti alle forze dell'ordine ed alle Forze armate, che ogni giorno rischiano la vita per difendere la nostra libertà, la nostra sicurezza e spesso, purtroppo, non vengono adeguatamente ricordate nella quotidianità.
  Ecco, penso che questa riflessione farebbe piacere anche a lui e voglio ricordarlo in questa maniera (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, pochi giorni fa ho avuto modo di ascoltare, di mattino presto in televisione, su Rainews24, un'intervista a Giuliana Sgrena, nella quale ripercorreva nei dettagli, anche con grande profondità di analisi, quanto era accaduto quel giorno nel tragico percorso che aveva portato lei e Nicola Calipari verso l'aeroporto di Baghdad. E, ascoltandola, non ho potuto non commuovermi, non solo per quelli che erano stati gli istanti del supremo sacrificio, nei quali Nicola Calipari le aveva fatto da scudo fino ad avvolgerla proprio, a proteggerla abbracciandola, fino a che lei terribilmente avvertì che quella persona che la abbracciava aveva ormai perso la vita, ma soprattutto forse per quello che era accaduto prima, per l'attenzione, per la delicatezza, per la capacità di introspezione psicologica che quest'uomo aveva dimostrato di fronte ad una donna, ad una persona che aveva passato quello che aveva passato la Sgrena durante il periodo di prigionia.
  E, ascoltandola, non ho potuto non riandare con la memoria a quel giorno di nove anni fa quando mi trovai ad andare a casa di Nicola Calipari, a Roma. Ero amico da anni del fratello e, come si fa in queste circostanze di fronte ad una tragedia Pag. 59di quelle proporzioni, andai appunto a far visita alla famiglia. Fu in quell'occasione che conobbi Rosa, che poi avrei ritrovato in quest'Aula come collega, e potei rendermi conto in questa famiglia, che era riunita nel momento del dolore, di come è vero che anche un eroe non nasce a caso. Un eroe nasce perché ci sono un'educazione, dei valori e delle energie che quella famiglia in quel momento stava nettamente esprimendo.
  Vorrei, ma non ne ho il tempo, lei ha già scampanellato, Presidente, dare anche un giudizio su quello che è accaduto, su quella guerra, inutile probabilmente, che ha causato forse più sofferenze che non risolto dei problemi. Una guerra, tuttavia, che, dal lato di chi ha dato la vita, certamente invece ha un grande valore, il valore di chi l'ha offerta per combattere il terrorismo internazionale.
  Di quello che è accaduto poi con il processo non tutto è stato chiaro, ma una cosa almeno – e chiudo – è chiara: finché una terra è in grado di esprimere personaggi di questa statura morale, del livello mostrato nella vita e nella morte da Nicola Calipari, bene, per questa terra, la Calabria e l'Italia, c’è certamente ancora un avvenire, c’è certamente ancora una speranza (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Bernini. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, sono ormai trascorsi nove anni da quella maledetta sera del 4 marzo 2005, quando un'auto dei servizi segreti italiani con a bordo la giornalista Giuliana Sgrena, l'autista Andrea Carpani e Nicola Calipari, venne fatta oggetto di ripetuti colpi d'arma da fuoco, sparati da soldati americani appostati lungo la Route Irish, la strada di collegamento all'aeroporto di Baghdad. La giornalista de il manifesto era stata appena rilasciata dai rapitori, uomini presumibilmente legati alla resistenza irachena più che ad Al Qaeda, a conclusione di una lunga trattativa condotta da Calipari, il cui esito positivo era stato comunicato via telefono sia al Governo di Roma che all'ambasciata italiana.
  Calipari muore da eroe, colpito mortalmente alla testa facendo da scudo con il suo corpo alla giornalista. Anche la Sgrena rimane ferita, così come l'autista Carpani. A sparare con un mitragliatore è Mario Lozano, soldato degli Stati Uniti, anche se con grande probabilità non è stato il solo a sparare. È inquietante non avere ancora risposte chiare sul perché un'auto del Sismi, che avrebbe dovuto godere di una particolare protezione da parte delle forze militari alleate, possa essere stata oggetto di una vera e propria imboscata.
  L'opera di Calipari, che negoziava con la resistenza armata il rilascio dei nostri connazionali, non era gradita agli Stati Uniti ed in particolare all'ambasciatore Negroponte, noto per la guerra sporca fatta negli anni Ottanta in Centro America e ambasciatore dell'ONU quando Colin Powell, al Consiglio di sicurezza, mostrò la famosa fiala che avrebbe dovuto essere la prova dell'esistenza in Iraq di armi di stermino di massa, rivelatasi, come a tutti noto, una palese menzogna.
  Le due inchieste, quella italiana e quella statunitense – c’è da sottolineare – sono in molte parti in contrasto. L'impotenza della magistratura italiana, che ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Lozano, ripropone anche oggi il problema dei trattati che assicurano la non punibilità dei crimini che vengono commessi dai soldati USA, sia nelle zone in cui è in atto un conflitto, come nel caso dell'Iraq, ma anche – va ricordato – in pieno territorio italiano, come dimostrano i fatti del Cermis.
  Nel dare il nostro omaggio a Nicola Calipari e alla sua famiglia, non possiamo non ricordare come l'avventura militare italiana in Iraq venne fatta in disprezzo dell'articolo 11 della Costituzione e senza alcuna copertura dell'ONU e del diritto internazionale. Quella invasione militare ha prodotto decine di migliaia di morti e ha reso quel Paese e il mondo più insicuro ed ingiusto. Noi consideriamo Calipari un eroe del nostro tempo e la sua drammatica vicenda non può e non deve finire nell'oblio. Va ricordata al mondo ma anche a Pag. 60noi stessi, perché simbolo di generosità e sacrificio, valori che nei difficili teatri di guerra ci riportano ad una dimensione più umana (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signora Presidente, non è una commemorazione, è l'occasione per aprire una riflessione politica sugli esiti drammatici di quella guerra. Lo dico ad alcuni colleghi che l'hanno sollevata. Mi viene da citare Antonio Gramsci: spesso la storia insegna, ma non ha scolari.
  Invece, io credo che questo sia il momento per combattere l'oblio, soprattutto sulla vita di un figlio del Mezzogiorno d'Italia, di quello che è stato definito da tanti un servitore dello Stato, di un uomo che quel 4 marzo drammatico, per proteggere una donna che era stata rapita, una giornalista, si gettò sul suo corpo, per evitarle uno shock ulteriore dopo settimane di prigionia drammatiche, e subì due raffiche di mitragliatrice e un colpo alla testa, che lo finirono.
  Nicola Calipari lo ricordiamo come uno degli uomini che questo Stato, che questa Italia ha mandato nei fronti più difficili per svolgere una funzione oscura: quella di trattare, di mediare con coloro con cui nessuno voleva trattare e mediare. Quel servitore fu colpito dal cosiddetto fuoco amico.
  Oggi, dopo tanto tempo – lo diceva il collega Guglielmo Epifani – ancora non è chiara del tutto la dinamica della morte. Resta ancora nella testa degli italiani una verità mutilata, dove una parte di questa non è stata nemmeno risolta dai processi. È probabilmente il compito nostro, il compito di questo Parlamento continuare a cercare, continuare a capire, continuare ad indagare. Perché non basta soltanto ricordare, ma bisogna provare a custodire preziosamente la memoria e l'esempio, e bisogna capire le responsabilità e le azioni che portarono a questa drammatica morte.
  Vogliamo una verità storica, non soltanto di carattere giudiziario. A nome del mio gruppo, per questo, mi unisco a Rosa, di cui conosciamo le qualità straordinarie di deputata e di infaticabile lavoratrice, e alla famiglia, a cui siamo legati caramente (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 19.15).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, poche volte capita di essere latore di una richiesta che viene da tutti i gruppi in Commissione, in Comitato dei nove, in maniera assolutamente unanime, che è quella di avere più tempo per potere esprimere i pareri sugli emendamenti e poter avere, almeno in Comitato dei nove, la possibilità di armonizzare il provvedimento con dei pareri che possano essere anche in qualche modo esaminati compiutamente.
  Io credo che questo sia un sinonimo, Presidente, non di pigrizia, ma del contrario: è un fenomeno di riflessione. Quando, cioè, i gruppi chiedono di poter riflettere meglio sui pareri, questo significa, poi, nell'Aula, maggiore speditezza e, quindi, quella capacità, in qualche maniera, di coniugare con più rapidità la riflessione sugli emendamenti con il voto. È questo lo spirito con cui io le chiedo di consentire a tutti i gruppi che io in questo momento rappresento – perché non si è seduto nessuno al Comitato dei nove – di proseguire la discussione di questo provvedimento nella giornata di domani mattina, magari, non nella primissima mattinata, proprio per consentire una riflessione non solo sulla rimodulazione di taluni emendamenti, come richiesto dai gruppi, ma proprio perché alcuni emendamenti cardine possano essere meglio oggetto di riflessione. Ripeto: non nella prima parte della mattinata, ma sui tempi mi affido, ovviamente, alla saggezza della Presidenza.

  PRESIDENTE. Presidente Sisto, mi auguro che questo si combini con una maggiore Pag. 61speditezza dei lavori di domani, perché noi ci siamo presi un impegno in quest'Aula ed io vorrei portare avanti questo impegno.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Presidente, credo di avere sintonizzato il mio intervento proprio su questa onda: una riflessione nel Comitato dei nove, perché il voto possa essere più spedito ed anche più condiviso, nella buona o nella cattiva sorte, comunque condiviso. Quindi, l'esigenza è quella di un approfondimento nel Comitato dei nove e una votazione certamente più consona all'impegno che tutti abbiamo assunto, io per primo.

  PRESIDENTE. Va bene. Quindi, lei mi chiede domani mattina non prestissimo: significa le 10, le 10,30 ?

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggiorana. Presidente, 10,30 andrebbe bene, grazie (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Colleghi, per favore. Prego.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, prendiamo atto di una situazione estremamente difficile per la discussione di questo provvedimento. Ne capiamo la delicatezza e, proprio perché capiamo la delicatezza di una legge elettorale, abbiamo anche la consapevolezza che nella Commissione – come sa lei meglio di me, avendo preso dei provvedimenti a tal proposito – lo stesso testo non è potuto essere discusso. Non solo.
  Dopo quegli avvenimenti, è successo che con l'intervento del relatore, del presidente Sisto, è stato modificato in modo radicale – e dico radicale – il testo e adesso ci si appresta a modificarlo nuovamente. Diventa estremamente difficile per i colleghi deputati – penso in particolar modo ai membri della I Commissione che non fanno parte del Comitato dei nove – non poter approfondire e valutare una legge che, a detta di tutti i rappresentanti di questo Parlamento, risulta fondamentale – e penso sia palese – per la futura vita democratica di questo Paese.
  A tal fine, quindi, io le propongo formalmente il rinvio in Commissione del testo, affinché si possa fare un lavoro dettagliato – e questo penso che sia una garanzia principalmente per lei in qualità di garante di quest'Aula –, un lavoro approfondito all'interno di questo Parlamento e non, con qualche telefonata, tra le segreterie di partito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Il relatore vuole esprimersi su questa richiesta ?

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, quello che posso dire è che lo stesso rappresentante della Lega nel Comitato dei nove si è espresso favorevolmente al differimento dei lavori a domani mattina. Per carità, prendo atto che è possibile avere una diversa lettura, ma io rappresento in questo momento anche il collega Bragantini che, quando ho chiesto a tutti i gruppi il parere sulla richiesta di differimento, ha espresso parere favorevole. Prendo atto che, invece, il gruppo della Lega ha un parere diverso rispetto a quello del suo esponente in I Commissione.
  Io posso dire che la Commissione stasera ultimerà comunque il parere sugli emendamenti, ma avremo bisogno certamente di qualche ora e anche più. Credo che il lavoro sarà certamente proficuo, come lo è stato nella prima parte della serata. È ovvio che non posso che esprimere parere contrario a questa richiesta formulata dal rappresentante della Lega e non condivisa dallo stesso componente della Lega della Commissione.

  PRESIDENTE. Va bene, allora io direi di concedere al Comitato dei nove il tempo richiesto, poi se domani persistono queste motivazioni, metteremo in votazione questa richiesta, eventualmente.
  Adesso direi di andare avanti...

Pag. 62

  GIANCARLO GIORGETTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORGETTI. Signora Presidente, da quando è partito l'iter di questa proposta di legge elettorale in non so quante volte abbiamo chiesto il rinvio in Commissione. Oggi lo ribadiamo, non abbiamo mai cambiato idea, riteniamo che la Commissione sia il luogo dove il testo avrebbe dovuto formarsi nel confronto dialettico tra le diverse forze politiche. Ora, si vuole surrogare la Commissione con il Comitato dei nove, questo è possibile e si può fare in situazioni di emergenza, mi sembra che su una proposta di legge così importante, però – vogliamo ribadirlo e per questo chiediamo il voto del rinvio in Commissione e sappiamo perfettamente l'esito che avrà questa richiesta – noi continueremo a ribadire che le forzature che sono state fatte, e che devono rimanere agli atti, in qualche modo devono essere un'assunzione di responsabilità politica di chi le ha volute e non un fatto scontato. Va bene ?

  DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Grazie Presidente, riteniamo doveroso che si ponga in votazione la richiesta che è appena stata fatta dalla Lega ovverosia la richiesta più di buon senso che si è ascoltata in quest'Aula in merito ai lavori sulla legge elettorale e cioè di dare inizio, e lo ripeto, inizio, e non riinizio o ripresa, perché l'inizio non c’è mai stato, dei lavori sulla proposta di legge elettorale in Commissione per permettere a questo Parlamento di fare il proprio mestiere ovverosia di emendare e migliorare le leggi. Quindi, innanzitutto le ribadiamo e le confermiamo il voto favorevole che il MoVimento 5 Stelle darà a un ritorno dei lavori in Commissione, a maggior ragione in un momento nel quale si sa, e ancora si sa dalle agenzie di stampa e non dalle Aule di questo Parlamento, né tanto meno dalla Commissione, che è stato trovato un accordo che è a dir poco scandaloso ed assurdo da parte di coloro che fino a ieri urlavano che ci vuole una legge elettorale che garantisca un vincitore la sera stessa delle elezioni. Si sta approvando una proposta di legge elettorale diversa alla Camera rispetto a quella del Senato che garantirà due vincitori differenti e cioè la totale ingovernabilità, alla faccia della coerenza del Partito Democratico. Complimenti per l'incoerenza !

  TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signora Presidente, interveniamo per sostenere la proposta che lei avanzava precedentemente e cioè pensiamo questo: il Comitato dei nove ha chiesto unitariamente tempo fino a domani mattina per capire se quel lavoro è proficuo. Noi pensiamo che nel caso in cui questo non avvenisse, inevitabilmente e già da ora, diciamo che bisogna tornare in Commissione per fare quell'approfondimento che evidentemente non è possibile riservare a affrettati momenti, ma che richiede invece un momento successivo di nuovo in Commissione.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signora Presidente, anche io intervengo per ribadire che invece nel nostro gruppo manteniamo l'impegno che abbiamo assunto in sede di Comitato dei nove, cosa che lei ha ripreso poi nella sua proposta di rinvio a domani mattina, ritenendo che il lavoro del Comitato dei nove è propedeutico e necessario, in un provvedimento che ha una natura fortemente tecnica e carica di contenuti specifici, per arrivare in quest'Aula con la possibilità di affrontare in maniera serena il dibattito. Noi abbiamo già discusso di rinvii in Commissione, di procedure Pag. 63e credo che riaprire questa discussione nuovamente sia un fatto anomalo.
  Però capisco la particolarità del caso, e in particolare la riapertura dei termini delle Commissioni, quindi non ci opponiamo rispetto a questa riproposizione del voto; però la nostra opinione resta analoga a quanto già espresso, e cioè che la Commissione ha fatto il suo lavoro, il Comitato dei nove sta facendo bene il suo lavoro, e quindi è necessario dare il tempo per concludere questa sera e domani mattina, per poi procedere con l'approvazione del provvedimento fin da questa settimana.

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, intervengo per ribadire da parte del gruppo di Forza Italia quello che già abbiamo espresso nel Comitato dei nove: la necessità di interrompere e di riprendere domani mattina, così come richiesto dal presidente Sisto, rispetto ai lavori che ci sono in corso. Noi non riteniamo che possa essere più produttivo il rinvio al momento del testo in Commissione, e riteniamo pure che se la richiesta viene formalizzata, così come è stato formalizzata dal collega Fedriga e dai colleghi della Lega per metterla in votazione questa sera, poi domani mattina non è che ritorniamo sullo stesso argomento: una volta che si decide si decide punto e basta. Anche perché lei aveva dato questa possibilità ma non è stata accolta, e a mio avviso bisogna risolvere il problema subito e in via definitiva.

  ANDREA ROMANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, intervengo brevemente per associarmi alla richiesta del presidente Sisto, aggiungendo una motivazione in più per la quale noi siamo favorevoli a questo: perché speriamo che entro domattina sia chiarito il senso del tema di cui discutiamo da molte ore, ovvero il tema Senato. Perché da questo punto di vista abbiamo solo informazioni di agenzia, che vorremmo ci fossero chiarite a questo punto direttamente dal Governo, come abbiamo già comunicato pochi minuti fa con la voce del nostro collega Balduzzi, relativamente quindi alla sostanza dell'accordo che sarebbe stato raggiunto in relazione alla funzionalità di questa legge, che discuteremo da domani, relativamente al Senato. Speriamo che entro domani anche questo punto venga chiarito, e potremo quindi serenamente discuterne.

  GAETANO PIEPOLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GAETANO PIEPOLI. Signor Presidente, a nome dei Popolari per l'Italia concordiamo con la proposta dei colleghi di SEL: se entro domattina non si trova l'accordo, è chiaro che è necessario un approfondimento in Commissione.

  PRESIDENTE. A me sembrava di aver fatto una proposta di buonsenso, cioè di rimandare a domani la votazione per il rinvio in Commissione. La maggior parte dei gruppi mi pare che sia d'accordo su questo, ma se la Lega insiste a volerlo porre in votazione io non ho nulla in contrario. Quindi lo poniamo in votazione adesso, così poi però non ci torniamo più e continuiamo con i lavori. Sta bene.
  Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione.
  Dichiaro aperta la votazione.

  Onorevoli Vitelli, Ventricelli, Ferraresi, Kyenge, Sibilia..., ancora Sibilia non riesce a votare, Gribaudo..., c’è bisogno di assistenza anche per l'onorevole Kyenge. Ci sono colleghi che non riescono a votare abbiate pazienza..., Gelmini, Roccella, ancora Sibilia, Damiano...

  (La Camera respinge).

Pag. 64

  Il seguito dell'esame è rinviato a domani alle 10,30.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,30).

  FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, prendo la parola per portare all'attenzione del nuovo Presidente del Consiglio e quindi del Governo due tematiche importantissime che sono state oggetto di una nostra interpellanza ed una mozione. Quindi, chiediamo che vengano affrontate in occasione dei prossimi vertici bilaterali del 17 marzo con la Cancelliera Merkel e il 27 marzo con il Presidente Obama.
  Mi riferisco al problema dell'assegnazione dei domini generici da parte di ICANN, ovvero l'Autorità americana che genera il rilascio dei suffissi Internet e quindi del pericolo dello sfruttamento indebito delle denominazioni riconosciute alle nostre produzioni agroalimentari; e poi sul TIPP, ovvero l'accordo di libero scambio USA-UE.
  Nel primo caso, come lei sa, la Cancelliera Merkel si è pronunciata già sulla necessità di una riforma della governance di Internet che guarda a favore della tutela delle denominazioni. Per la questione TIPP, nonostante le rassicurazioni poco chiare che ci sono state date dal Governo in risposta all'interpellanza, riteniamo che ci siano ancora molti aspetti da chiarire e quindi da valutare con attenzione proprio perché gli aspetti legislativi sia dell'Unione europea che degli Stati Uniti sono molto diversi. Noi abbiamo paura che l'importazione dei prodotti, soprattutto nell'agroalimentare, possa creare dei danni alle nostre produzioni. Per questo chiediamo che il Presidente Renzi venga a riferire in Aula o nelle Commissioni competenti prima di questi incontri perché noi non vorremmo subire delle scelte senza che il Parlamento ne abbia preso atto, anche perché già ci siamo espressi – e molte associazioni di categoria si sono espresse – per quanto riguarda la tutela del prodotto italiano.
  Quindi chiediamo che venga a riferire prima di questi incontri.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, si sono tenuti oggi i funerali del maestro Mario Lodi, aveva 92 anni. Tutto il mondo dell'educazione, e non solo italiana, lo ricorda come una delle più luminose figure di pedagogista e scrittore che il nostro Paese possa vantare di aver avuto.
  Mario Lodi è stato un maestro in tutte le accezioni della parola. Ha insegnato dal 1948 al 1978. Ha scritto libri fondamentali sia per la letteratura per ragazzi, come Cipì, La mongolfiera, sia per le buone, concretissime pratiche della pedagogia più innovativa ed efficace, come C’è speranza se questo accade al Vho o Il paese sbagliato.
  Ha contribuito all'organizzazione e alla diffusione del movimento di cooperazione educativa. Ha collaborato con personalità fondamentali nella storia della cultura e dell'educazione, come Gianni Rodari, Italo Calvino, Don Lorenzo Milani, Bruno Munari, Loris Malaguzzi, e nel 1989 è stato insignito della laurea honoris causa in pedagogia dall'università di Bologna e ha fondato a Drizzona, nelle zone di Cremona, sue terre natali, l'associazione di formazione e cultura «Casa delle arti e del gioco», attualmente portata avanti dalla moglie Fiorella e dalle figlie Cosetta e Rossella e anche da un appassionato gruppo di collaboratori e collaboratrici di tutta Italia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 19,35)

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Ecco, queste sono le notizie biografiche che si possono trovare ovunque. Però, noi abbiamo Pag. 65pensato di ricordarlo perché abbiamo ricevuto tutta una serie di messaggi proprio provenienti dalle persone che hanno lavorato con lui, che hanno fondato associazioni ispirandosi a lui. E ne abbiamo scelto uno di questi messaggi, in modo particolare, quello che ci è arrivato da Carlo Ridolfi, della rete di cooperazione educativa «C’è speranza se questo accade a», il quale ci ha lasciato questo messaggio: «Che non gli siano intitolate scuole o, meglio, che non gli siano intitolate scuole prima che le stesse siano rese per certo ambienti sicuri...»

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Concludo. «...accoglienti e colorati, per bambini e bambine che vogliano entrarci sentendosi felici; che non sia ricordato all'entrata di spazi chiusi, riservati ad un presunto divertimento dei bambini e delle bambine...»

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Malpezzi !

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Concludo, assolutamente. «...ma là dove infanzia e adolescenza si possono dispiegare in tutte le potenzialità».
  Non piangiamo perché Mario Lodi è volato via dietro i suoi acquarelli e le musiche che suonava con chitarra e mandolino, ma siamo felici perché la sorte ci ha regalato di vivere nel suo stesso tempo e di poter condividere (Applausi)...

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Malpezzi.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Arlotti. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, il 27 febbraio di quest'anno si è verificato il crollo di una porzione di parete rocciosa sul versante nord-est della rupe su cui sorge la città di San Leo, in provincia di Rimini. Questa città, che è considerata uno dei borghi più belli d'Italia, ha visto il distaccamento di una massa stimata pari a quasi 450 mila metri cubi di roccia.
  San Leo è un borgo antichissimo. Capitale d'Italia sotto Berengario dal 962 al 964, ospitò Dante e San Francesco d'Assisi. Il forte, che sorge sulla rocca di San Leo, dove furono rinchiusi il conte Cagliostro e dove vi morì Felice Orsini, è ancora uno dei più imponenti e dei più importanti a livello nazionale.
  Già nel 2006 e nel 2008 ingenti crolli avevano reso necessari lavori di somma urgenza per un totale di oltre un milione e mezzo. È chiaro che le quantità erano di gran lunga inferiori e, quindi, oggi se ne richiedono molte di più. Questo evento ha fatto sì che siano stati sgombrati dieci alloggi prossimi al fronte della frana, oltre alla caserma dei carabinieri, per un periodo precauzionale di 15 giorni, ed è stato disposto il trasferimento delle scuole d'infanzia e primarie.
  La situazione chiaramente è molto delicata e credo che, da questo punto di vista, sia importante che intervengano con urgenza, con un'azione congiunta, sia il Ministero dei beni e attività culturali e turismo sia quello dell'ambiente e della tutela del territorio, per salvaguardare l'inestimabile patrimonio storico-culturale di San Leo, per mettere in sicurezza il territorio affrontando il dissesto in atto sul versante est della rupe e per garantire alla città e ai suoi abitanti il prosieguo sereno delle attività quotidiane e lavorative, in modo da non compromettere ulteriormente la sopravvivenza di uno dei borghi più belli d'Italia.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà. Prendo atto che l'onorevole Bossa non è in Aula: s'intende che vi abbia rinunciato.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

Pag. 66

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, come già ricordato, domenica 2 marzo è morto a Drizzona, in provincia di Cremona, Mario Lodi, antifascista e pacifista, sincero democratico, maestro elementare, pedagogista e scrittore.
  Fin dal dopoguerra ha unito cultura e impegno civile, insegnamento e osservazione, cercando di eliminare dalla scuola ogni atteggiamento autoritario e di mettere invece al centro il bambino. In breve, divenne il maggiore esponente del movimento di cooperazione educativa, propugnando un'impostazione pedagogica nuova e alternativa alla scuola trasmissiva di nozioni: il testo libero, il calcolo vivente, le attività espressive, la ricerca sul campo, la corrispondenza interscolastica, la stampa a scuola, la scrittura individuale di storie e di veri e propri libri.
  La vita di Mario Lodi ha interpretato culturalmente la ricostruzione dell'Italia sulla pedagogia e sul mondo della scuola attraverso un impegno concreto e quotidiano. In questo contatto quotidiano con i bambini, con la loro osservazione partecipe, Lodi ha ridisegnato il valore educativo della scuola italiana cambiandone aspetti e metodologie.
  È stato autore di decine di libri per bambini diffusi in Italia e all'estero, vincitore di innumerevoli premi. Su iniziativa del Presidente della Repubblica, nel maggio del 2003 viene nominato cavaliere di gran croce dell'ordine al merito della Repubblica italiana.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  FRANCO BORDO. Mario Lodi – e concludo – è stato un grande amico di don Milani. Non è un caso che il sacerdote maestro adottò alcune delle sue tecniche didattiche, soprattutto quella della scrittura collettiva dei testi. Senza Mario Lodi non ci sarebbe Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  FRANCO BORDO. Ancora trenta secondi. Pochi anni fa, parlando di se stesso, il maestro ci disse: non avrei mai pensato di diventare maestro di scuola, volevo fare il falegname, vivere in una segheria tra trance, pialle e sgorbie, il mio modello era Geppetto, l'artigiano di Collodi. Sì, volevo essere come Geppetto con Pinocchio.
  E, allora, grazie maestro Geppetto, grazie maestro Lodi per aver trasformato generazioni di burattini in bambini e uomini veri (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, nei consigli comunali della provincia di Cremona, da cui io provengo, si sta consumando un fatto grave, che non rispetta il referendum sulla gestione dell'acqua pubblica del 2011. Lo denunciano i consiglieri comunali e tutti gli attivisti locali del MoVimento 5 Stelle cremasco. Io mi faccio portavoce delle loro urla inascoltate che si disperdono nelle campagne di una provincia silente come la mia, cioè quella di Cremona.
  Il fatto è avvenuto a Crema poche sere fa durante un acceso consiglio comunale. La storia è la seguente: da alcune settimane lo statuto del nuovo gestore del sistema idrico provinciale sta ruotando all'interno dei vari consigli comunali per essere approvato, emendato o bocciato. A Crema il MoVimento 5 Stelle ha presentato quindici emendamenti aspettandosi un doveroso quanto ovvio dibattito democratico e costruttivo in consiglio. Ma così non è stato.
  La maggioranza di centrosinistra, alla stregua di quella che siede in quest'Aula, ha sentenziato che lo statuto non si tocca perché ciò avrebbe prolungato la fase di approvazione negli altri comuni. In un sol colpo si sono zittiti i cittadini e le associazioni per l'acqua pubblica, estromessi da decisioni importanti su questo tema, e si è violato il referendum sull'acqua del 2011.
  Volevamo migliorare lo statuto soprattutto laddove assegnava le nomine del controllo analogo e dell'apparato decisionale Pag. 67in mano alla provincia, evitando che controllato e controllore coincidessero, come troppo spesso accade in Italia. Ma non abbiamo potuto perché il centrosinistra ci ha detto che non si poteva. Grazie a questo statuto i sindaci avranno un potere decisionale pari a zero su un bene tanto prezioso quanto pubblico come è l'acqua e tutto sarà in mano ad un organo politico come la provincia che deciderà a colpi di maggioranza. La maggioranza di centrosinistra ha estromesso volontariamente i cittadini dall'acqua pubblica affidando la maggioranza degli organi interni alla nuova società gestore alla provincia.
  In sostanza, la politica dell'ente deciderà strategie e investimenti della nostra acqua grazie alla maggioranza dei membri che potrà esprimere (sei su undici) all'interno degli strumenti di controllo. Ancora una volta avete calpestato l'esito del volere cittadino. Insomma, è chiaro: si vuole fare diventare l'acqua un business anche a livello comunale e il cittadino un mero consumatore, che non è titolare della sua proprietà e ciò in spregio di un referendum.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 5 marzo 2014, alle 10,30:

   (ore 10,30 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   D'INIZIATIVA POPOLARE; CIRIELLI; PISICCHIO; BERSANI ed altri; FRANCESCO SAVERIO ROMANO; MIGLIORE ed altri; LENZI; ZAMPA e MARZANO; ZAMPA e GHIZZONI; MARTELLA; FRANCESCO SANNA; BOBBA ed altri; GIACHETTI ed altri; GIORGIA MELONI ed altri; RIGONI ed altri; RIGONI ed altri; NICOLETTI ed altri; MARTELLA ed altri; VARGIU; BURTONE ed altri; BALDUZZI ed altri; LAFFRANCO ed altri; VARGIU; TONINELLI ed altri; PORTA ed altri; ZACCAGNINI ed altri; VALIANTE ed altri; LAURICELLA; MICHELE BORDO; MARCO MELONI ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-A).
  — Relatori: Sisto, per la maggioranza; Matteo Bragantini, Pilozzi e La Russa, di minoranza.

   (ore 15)

  2. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 19,45.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO TIZIANO ARLOTTI SULL'ORDINE DEI LAVORI.

  TIZIANO ARLOTTI. Il 27 febbraio di quest'anno si è verificato il crollo di una porzione di parete rocciosa sul versante nord-est della rupe su cui sorge la città di San Leo, in provincia di Rimini. La massa è stata stimata pari a circa 450.000 metri cubi.
  San Leo è borgo antichissimo, capitale d'Italia sotto Berengario II (962-964), ospitò Dante e S. Francesco d'Assisi. Sulla punta più alta dello sperone su cui sorge San Leo si eleva il Forte, dove furono rinchiusi il Conte di Cagliostro, che vi morì nel 1795, e Felice Orsini (1844). Notevole il patrimonio architettonico conservato a San Leo, tra cui la Pieve preromanica, il Duomo romanico lombardo del sec. XII, il Forte, il Museo di Arte Sacra allestito nel Palazzo Mediceo.
  Già nel 2006 e nel 2008 ingenti crolli avevano reso necessari lavori di somma urgenza per un totale di circa 1 milione e mezzo di euro. È stimabile che per affrontare Pag. 68compiutamente il dissesto in atto sul versante est le cifre in gioco possano oggi proporzionalmente essere ben superiori. Al momento non si possono escludere evoluzioni, soprattutto in relazione ad un fronte apicale di una cinquantina di metri, che manifesta alcune preoccupanti fratture.
  Sono stati sgomberati 10 alloggi prossimi al fronte di frana oltre alla Caserma dei Carabinieri, per un periodo precauzionale di 15 giorni. Quale ulteriore cautela è stato disposto il trasferimento delle scuole dell'infanzia e primaria. La situazione determina un serio danno socio-economico per l'intera comunità leontina, che si regge essenzialmente sul flusso turistico (esercenti, ristoranti, alberghi, affittacamere). La minore capacità di accogliere turisti in Fortezza (al momento raggiungibile solo a piedi) può determinare minori introiti minacciando, per esempio, la continuità delle risorse per i 9 dipendenti della società pubblica che gestisce la Rocca.
  Da quanto esposto, è evidentemente urgente un intervento congiunto, da parte dei Ministeri dei Beni culturali e della Tutela del territorio, per salvaguardare l'inestimabile patrimonio storico-culturale di San Leo, per mettere in sicurezza il territorio affrontando il dissesto in atto sul versante est della rupe, e per garantire alla città e ai suoi abitanti il prosieguo sereno delle attività quotidiane e lavorative, in modo da non compromettere ulteriormente la sopravvivenza di uno dei Borghi più belli d'Italia.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. XVI, n. 1 - Risoluz. 6-00049 474 432 42 217 325 107 53 Appr.
2 Nom. Risoluzione n. 6-00050 471 439 32 220 40 399 52 Resp.
3 Nom. Risoluzione n. 6-00051 474 466 8 234 108 358 52 Resp.
4 Nom. Risoluzione n. 6-00052 474 459 15 230 102 357 52 Resp.
5 Nom. Risoluzione n. 6-00053 475 390 85 196 29 361 52 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.