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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 173 di giovedì 13 febbraio 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO, Segretario f.f., legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito alla mancata partecipazione del Ministro per l'integrazione ad una manifestazione prevista a Brescia il 28 settembre 2013 – n. 2-00405)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00405, concernente chiarimenti in merito alla mancata partecipazione del Ministro per l'integrazione ad una manifestazione prevista a Brescia il 28 settembre 2013 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Rondini se intenda l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, nell'interpellanza urgente abbiamo premesso che il Ministro senza portafoglio per l'integrazione era atteso il 28 settembre scorso a Brescia, dove avrebbe dovuto prendere parte alla manifestazione «Brescia incontra il Mondo», organizzata nella locale parrocchia di Santa Maria in Silva. Il Ministro ha invece rinunciato a parteciparvi, costringendo i promotori di «Brescia incontra il Mondo» ad annullare l'iniziativa.
  Stando a ricostruzioni a suo tempo pubblicate da organi di stampa e basate su indiscrezioni attribuite allo staff del Ministro, la rinuncia sarebbe stata riconducibile a raccomandazioni provenienti da non meglio precisati organi del governo locale, causate da temuti problemi di ordine pubblico, a loro volta legate a preannunciate dimostrazioni concomitanti indette dal movimento Forza Nuova e dai centri sociali.
  Rispondendo in Parlamento ad un'interrogazione a risposta immediata presentata sulla vicenda, il 23 ottobre 2013, il Ministro Kyenge imputava invece la sua assenza a difficoltà dovute all'accavallarsi di altri impegni, peraltro non meglio specificati, attribuendo all'iniziativa autonoma di un suo «fantasioso collaboratore», Paolo Carletti, l'invio di una lettera di giustificazioni, immotivatamente allarmistica agli organizzatori di «Brescia incontra Pag. 2il Mondo». Lo stesso Paolo Carletti, successivamente all'intervento del Ministro in Parlamento, avrebbe rassegnato le proprie dimissioni dallo staff del Ministro.
  Il 4 febbraio 2014, il medesimo Carletti ha ribadito però la sua versione dei fatti, aggiungendo che la Kyenge avrebbe rinunciato alla propria presenza in seguito a pressioni esercitate dal sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, di cui sussisterebbe traccia indiretta in una mail inviata da Giovanna Benini, responsabile del Forum immigrazione del Partito Democratico, alla segreteria del Ministro per l'integrazione.
  Nella sua comunicazione al Ministro Kyenge in effetti Giovanna Benini farebbe espresso riferimento ad una telefonata ricevuta dal sindaco Del Bono diretta ad ottenere la cancellazione delle iniziative a ragione delle manifestazioni concomitanti indette da Forza Nuova e dai centri sociali.
  Il Ministro avrebbe infine annullato la propria partecipazione con una nota ufficiale in cui erano espressamente menzionate questioni di ordine pubblico.
  Noi chiediamo di conoscere quale sia l'esatta ragione che ha indotto il Ministro per l'integrazione a non partecipare il 28 settembre scorso a Brescia alla manifestazione «Brescia incontra il mondo», organizzata nella locale parrocchia di Santa Maria in Silva e se tale ragione sia esattamente quella affermata alla Camera dei deputati il 23 ottobre in risposta ad un'interrogazione a risposta immediata.

  PRESIDENTE. La Ministra per l'integrazione, Cécile Kyenge, ha facoltà di rispondere.

  CÉCILE KYENGE, Ministro per l'integrazione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi viene chiesto di spiegare quale sia l'esatta ragione che mi ha indotto a non partecipare il 28 settembre 2013 a Brescia ad una manifestazione, organizzata nella parrocchia di Santa Maria in Silva.
  Desidero innanzitutto far presente che sullo stesso identico argomento ho risposto in questa Assemblea il 23 ottobre scorso. Confermo il contenuto del mio intervento in quella occasione ed oggi, avendo maggior tempo a disposizione, intendo specificare ogni passaggio.
  Il 20 settembre, la mia segreteria comunica definitivamente agli organizzatori bresciani la mia impossibilità a partecipare all'evento per reali «impegni istituzionali».
  Questa comunicazione derivava da una mia precisa indicazione data al mio ufficio, durante una pausa dei lavori di una sessione dell'ONU a cui ero stata invitata a New York il 10 settembre. Avevo assunto questa decisione perché, consultando l'agenda, avevo notato la presenza di concomitanti impegni. Il primo, la sera di venerdì 27 a Torre del Greco, su invito del collega Formisano, all'ultimo minuto annullato a causa della convocazione di una importante riunione serale del Consiglio dei ministri, e che comunque mi avrebbe tenuto impegnata anche la mattina successiva per il rientro. Il secondo, nel pomeriggio del 28 a San Felice in Provincia di Modena, organizzato, tra l'altro, da quel comune e dedicato alla inaugurazione in particolare di giardini attrezzati per l'infanzia nel post-terremoto dell'Emilia. Ricordo ai colleghi interroganti che sono un parlamentare di quei luoghi, dove ho pure la residenza.
  Per me, l'intera vicenda è tutta qui e non esistono dietrologie. In proposito, ricordo che il 10 e 11 gennaio sono stata a Brescia per una serie di iniziative con le forze politiche, con le istituzioni, il volontariato e l'associazionismo.
  Sono stata poi resa consapevole della corrispondenza informale in merito all'opportunità di evitare per motivi di ordine pubblico la mia partecipazione all'evento «Brescia incontra il mondo». Mi era subito sembrata una oggettiva esagerazione quella di provare a lasciarmi intendere che, a Brescia, non era assicurato l'ordine pubblico, che la questura sconsigliasse la mia presenza e che un Ministro addirittura non potesse entrare in città o dovesse temere per la propria incolumità.
  Spero sia definitivamente chiaro che questa abnorme informazione non mi ha influenzato, perché, viceversa, sono certa Pag. 3che la prefettura e le forze di polizia, a cui rinnovo la mia considerazione, mi avrebbero avvertito di eventuali pericoli, e ciò non era accaduto. Un Ministro deve sempre e solo dare credito a fonti autorevoli e soprattutto affidabili, e non mi sembra questo il caso.
  Mi auguro che gli onorevoli interroganti comprendano le ragioni ora illustrate. Vengo adesso alle vicende successive che sono intervenute, e di cui sono vittima e non causa.
  Nei giorni successivi al 28 settembre, giorno in cui a Brescia era previsto l'evento, da Palazzo Chigi agli organizzatori è pervenuta una lettera di giustificazione delle mie scelte priva di ogni plausibile fondamento e che ha determinato un immotivato allarme sociale, per il quale rinnovo le mie scuse.
  In sintesi, riferisco che la lettera di giustificazione, redatta e sottoscritta dal signor Paolo Carletti, della mia mancata partecipazione all'iniziativa bresciana è avvenuta riaprendo una questione per me ormai ampiamente superata. Il signor Paolo Carletti ha isolatamente operato, senza tener informato qualcuno ad iniziare dalla mia persona, appropriandosi del carteggio ed utilizzando motivazioni – ormai è chiaro – da me ritenute non attendibili. Il signor Paolo Carletti ha realizzato e diffuso carta, documenti e logo della Presidenza del Consiglio dei ministri, attribuendosi la inesistente qualifica di «Capo Segreteria della Ministra per l'integrazione».
  Successivamente il signor Paolo Carletti ha sottratto carte dagli archivi dei miei uffici e ne ha diffuso ad arte alcune, suscitando nuovamente polemiche ed allarme in ambito bresciano, come d'altronde questa interpellanza conferma.
  Come atto di ultima ma risultata infondata considerazione, al signor Paolo Carletti, anche per venire incontro a sue ripetute suppliche, ho dato la possibilità di dimettersi, anziché essere prontamente rimosso. Il rapporto di servizio è cessato il 31 ottobre 2013 ed era iniziato il precedente 1o agosto.
  Non ho ancora capito perché il signor Paolo Carletti abbia adottato quella iniziativa personale, aggravandola poco dopo mentre era ancora in servizio con almeno un'intervista telefonica non autorizzata ad una televisione locale e, di recente, con altre interviste e con l'ingannevole diffusione di documenti, in discussione oggi in quest'Aula.
  Tardivamente sono venuta a conoscenza delle azioni del signor Paolo Carletti che, ancora una volta, voglio assolutamente condannare, a fronte peraltro della grave sottrazione e mirata pubblicità di carte d'ufficio, in dispregio delle regole di comportamento dei dipendenti pubblici.
  Sento il bisogno di informare che, oltre ad aver dato direttive affinché episodi del genere non possano e non debbano mai più ripetersi, con ulteriore rammarico sarà mia cura fare svolgere un'indagine accurata sui possibili eventuali ulteriori guasti causati dalla presenza del signor Paolo Carletti nei miei uffici. I dubbi su cosa altro abbia potuto o possa ancora compiere diventano, mio malgrado, molteplici.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che trapeli tutta la mia amarezza e dispiacere per questa spiacevole e oltraggiosa vicenda e la mia profonda delusione per avere fatto affidamento su un collaboratore che, purtroppo, si è rivelato essere né adeguato né responsabile. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Marco Rondini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, no signor Ministro, noi non siamo soddisfatti. Più che amarezza, dalla sua risposta emerge una sorta di ambiguità, perché le indiscrezioni e le parole di un suo collaboratore, che oggi lei liquida velocemente, ci raccontano di una realtà diversa.
  Signora Ministro, diventa difficile non trovare un parallelo tra l'ambiguità della sua risposta e la posizione, che è anch'essa ambigua, della sua azione come Ministro, ambiguità dettata dal fatto che lei è Ministro Pag. 4di un Governo italiano e dovrebbe rappresentare le speranze e le istanze delle comunità che hanno fatto, generazione dopo generazione, la storia della penisola. Ed invece così non è. Lei svolge egregiamente il ruolo di chi persegue l'obiettivo di garantire il «diritto all'invasione». Lei è uno degli esecutori materiali di quella sorta di suicidio felicemente assistito della nostra identità, che rientra nei piani di chi ritiene che siamo tutti cittadini del mondo e che persegue tenacemente l'annullamento delle diverse culture, che vorrebbe vedere ridotte a reperto storico da museo.
  La sua azione all'interno di questo Governo è ambigua, come lo è la sua risposta e tradisce la vocazione a rispondere a linee che poco o nulla hanno a che fare con la realtà, quella realtà che torna e ritorna e che è avvertita dall'azione politica della sinistra culturale e politica, giacobina, come nemica. Se l'analisi e la diagnosi non sono conformi o mal si conciliano con la realtà tanto peggio per la realtà. Di questo assunto ordine morale sono colorate le tragedie che hanno portato agli olocausti compiuti dalla sinistra comunista quando e dove governava nel secolo scorso.
  Oggi la sinistra è funzionale ai piani di annientamento delle diversità e delle identità. È significativo che il Governo Letta nato, come il Governo Monti, per mettersi al servizio dell'Unione europea, sia formato anche da Ministri, come lei, propensi al disprezzo della nostra identità. L'Unione europea è il tramite a quell'omologazione dei popoli che è indispensabile a un Governo mondiale, per ottenere una massa di individui tutti uguali. Bisogna eliminare le differenze dei popoli d'Europa, annullare la ricchezza delle loro lingue, della loro arte e del loro patrimonio storico. Mai in nessun tempo l'essere umano è stato considerato un nulla, una tabula rasa. È il suolo, sul quale si trova casualmente a nascere, ad assegnare nome e identità, come vorrebbe invece lei, signora Ministro, dando la cittadinanza a tutti coloro i quali nascono in Italia, in linea con il programma, come dicevo prima, di suicidio felicemente assistito di cui lei è esecutore materiale.
  Vede, noi speriamo di non consegnare un futuro allucinante alle prossime generazioni, quel futuro che è ben descritto, a tinte fosche, negli scritti di un'antropologa intelligente e capace quale è Ida Magli. Lei ci ricorda e ci mette in allarme e ci dice quali caratteristiche presenterà quella parte geografica del mondo che corrisponde all'Europa, in particolare all'Europa occidentale, verso la metà del 2000, cioè verso il 2050. Si può affermare, con quasi assoluta certezza, che la cultura che oggi siamo soliti indicare con il nome di «occidentale» e che la caratterizza sarà quasi del tutto scomparsa. Si può anche presumere che il processo di estinzione avverrà molto rapidamente. Il motivo è evidente: le culture vivono attraverso gli uomini che ne sono portatori.
  Verso il 2050 l'Europa sarà abitata da un gran numero di africani, insieme a gruppi di media consistenza di cinesi e di mediorientali, a causa della continua e massiccia immigrazione dall'Africa e dall'Oriente e dell'altissima prolificità di queste popolazioni, superiore in genere di almeno cinque volte a quella degli europei. La morte dell'Italia è già in atto soprattutto per questo, perché nessuno combatte per farla vivere, persino perché nessuno la piange. È contro natura, contro la realtà dei sentimenti umani, ma è così. Stiamo morendo nel tripudio generale con una specie di – a lei devo questa definizione – di suicidio felicemente assistito dei nostri stessi leader, governanti e giornalisti. Non per nulla – lei conclude – l'idea del suicidio assistito è nata proprio in Occidente. Ebbene, questo futuro a tinte fosche noi speriamo di non vederlo mai realizzato, anche e nonostante l'azione di un Governo come questo, e anche e nonostante l'azione pervicace di un Ministro come lei, un Ministro che, come ho detto prima, dovrebbe rappresentare le istanze e le speranze della comunità che abitano la penisola italica e non il diritto all'invasione, diritto che lei invece cerca di imporre. Progetto che porta avanti attraverso Pag. 5appunto proposte come quella dell'eliminazione dello ius sanguinis e l'introduzione dello ius soli.
  Chiudo, ricordandole le parole di Sartori che le diceva che lei aveva scoperto che il nostro è un Paese meticcio. Se lo Stato italiano le dà i soldi – le ricordava Sartori, ma la invito anch'io – si compri un dizionarietto e scoprirà che «meticcio» significa persona nata da genitori di razze o etnie diverse. Per esempio il Brasile è un Paese molto meticcio, ma l'Italia proprio no.
  La saggezza contadina insegnava: moglie e buoi dei paesi tuoi. Ecco questo è un messaggio, il futuro che noi vorremmo consegnare alle prossime e nuove generazioni, non una realtà dove non esiste più senso di appartenenza ad una comunità, perché è stata cancellata la nostra identità a causa di flussi migratori che nulla portano di buono a questa nostra società. E ne sono piene le cronache di quanto arricchiscono gli immigrati il nostro senso di appartenenza ad una comunità, cioè il nostro senso di pace civile. Ogni giorno la cronaca ci racconta di episodi poco edificanti di cui spesso, sempre e solo e soltanto, sono autori gli immigrati, che tra l'altro sono portatori di culture dove il rispetto per la vita umana è pari quasi a zero.
  La ringrazio, signor Ministro, signor Ministro di un Ministero della cui utilità francamente non ravvisiamo assolutamente la necessità. Altre erano le necessità di questo Paese, forse magari dare risposte a quelle migliaia di disoccupati che sono in cerca di un posto di lavoro, non soluzioni aberranti come quella dell'introduzione dello ius soli.

Annunzio di un'informativa urgente del Governo.

  PRESIDENTE. Avverto che nella giornata odierna avrà luogo, a partire dalle ore 14, lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui più recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India.

Si riprende svolgimento di interpellanze urgenti.

(Tempi e modalità di attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato – n. 2-00400)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00400, concernente tempi e modalità di attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza, per quindici minuti, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, intendo illustrarla. Signor Presidente, signor Viceministro, mi rivolgo di nuovo al Governo, come tra l'altro avevo già annunciato dopo aver discusso il medesimo tema in questa Aula lo scorso 10 gennaio, sempre attraverso la presentazione di un'interpellanza urgente. Intendo infatti nuovamente affrontare una questione su cui si discute ormai da anni, da diverso tempo, ma che non ha mai trovato, non ha ancora trovato, una risposta soddisfacente né è stata accompagnata da misure di attuazione concrete, quella della pubblicazione degli stipendi erogati dalla società concessionaria del servizio pubblico radio televisivo, la RAI.
  Già nello scorso mese di gennaio avevo posto all'attenzione dell'Esecutivo, nello specifico nelle persone del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Ministri competenti, la necessità di attuare la norma presente all'interno dell'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, il cosiddetto «decreto pubblica amministra-zione», convertito dalle Camere nel mese di ottobre.Pag. 6
  La norma citata, infatti, estende definitivamente alla RAI la cosiddetta total disclosure, vale a dire la piena trasparenza, prevedendo per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo l'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze tutti i dati relativi ai contratti individuali di lavoro dipendente e autonomo. A questo punto, non vi sono più dubbi: l'inadempienza della RAI, su questo punto specifico, è evidente.
  Tra l'altro, anche l'attuale contratto di servizio 2010-2012, tuttora in vigenza e in regime di prorogatio, all'articolo 27, comma 7, reca la previsione secondo la quale la RAI deve pubblicare gli stipendi percepiti dai dipendenti e dai collaboratori, nonché informazioni sui costi della programmazione del servizio pubblico. Tuttavia, non si è mai dato corso alle modalità applicative dell'obbligo in questione.
  In risposta alla mia interpellanza, presentata nel corso della seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati di venerdì 10 gennaio 2014, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, in relazione alla concreta attuazione della disposizione contenuta nel «decreto pubblica amministrazione», ha fatto presente che: «il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha già predisposto una prima bozza di documento di lavoro per la definizione delle procedure di acquisizione dei dati utili a soddisfare le necessità informative previste dalla norma, che, peraltro, riguarda una pluralità di soggetti».
  Il sottosegretario Legnini ha poi dichiarato che: «sulla base di tale bozza di documenti, nella giornata del 9 gennaio 2014» – cioè un giorno prima dell'interpellanza urgente – «è stata svolta la prima riunione di coordinamento tra rappresentanti del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio con il quale è stato avviato il percorso attuativo della norma per verificare le modalità di rilevazione più idonee all'interno del suddetto sistema conoscitivo, che, comunque, con riferimento alla RAI, in ordine alla quale la norma prescrive l'acquisizione di informazioni di maggior dettaglio (ovvero il costo annuo dei singoli rapporti di lavoro), richiederà una specifica modalità di trattazione». Il sottosegretario Legnini ha, infine, sottolineato che: «successivamente, per la piena operatività della norma, si può provvedere ad implementare il sistema informativo Sico (Sistema conoscitivo del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche) e a svolgere tutte le attività propedeutiche all'avvio della rilevazione, che sarà realizzata senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato». In conclusione, il sottosegretario ha precisato che: «la disciplina normativa che è stata puntualmente richiamata sarà attuata, come è doveroso fare, entro i tempi tecnici strettamente necessari e con le procedure che sono state richiamate».
  Quindi, riconoscimento della normativa e un preciso impegno di puntuale attuazione della norma in questione. Le parole del sottosegretario sono state chiarissime e non lasciano spazio a dubbi: la normativa sarà attuata. Tuttavia, ad oggi, non risulta al sottoscritto alcuna novità rispetto a quanto affermato dal sottosegretario Legnini lo scorso gennaio. Predisporre le modalità di attuazione della citata disposizione di legge è un elemento fondamentale, perché il tema esige grande chiarezza e massima trasparenza, soprattutto nei riguardi dell'opinione pubblica e dei cittadini che contribuiscono al finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo attraverso il canone.
  Gli obblighi normativi per la televisione di Stato sono evidenti. Pertanto, è nostro assoluto dovere andare avanti con decisione e determinazione nella battaglia per la trasparenza. Per questo, mi rivolgo di nuovo al Governo e a lei, Viceministro, per sapere a che punto sia il percorso attuativo della disposizione presente all'interno del decreto sulla razionalizzazione nella pubblica amministrazione, quali siano le novità rispetto a quanto annunciato dal sottosegretario Legnini, quali misure siano state assunte e quali si intendano assumere Pag. 7con urgenza al fine di dare piena e immediata attuazione alle previsioni normative in tema di trasparenza che riguardano la RAI, per dare finalmente avvio alla pubblicazione dei dati sui singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
  Penso che il Governo debba dare a questo punto una definitiva risposta. Non saranno accettati altri ritardi, altre dilazioni temporali o altri pretesti. Ne va della dignità del Parlamento, ne va della dignità del Governo, e tutto questo ovviamente sarà puntualmente riportato all'opinione pubblica.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente in questione, l'onorevole Brunetta chiede notizie sul percorso attuativo della disposizione prevista dall'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e chiede quali misure si intendano assumere in ordine all'obbligo di comunicazione previsto per la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo al fine di dare avvio alla pubblicazione dei singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
  A riguardo, nell'assicurare l'impegno del Governo ad una rapida attuazione della nuova normativa, si fa presente che il Ministero dell'economia e delle finanze, congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica, in attuazione delle disposizioni sopra richiamate, ha provveduto a richiedere alla RAI la trasmissione dei dati previsti nei tempi più brevi consentiti, e comunque non oltre il 31 marzo 2014.
  A tal proposito occorre in primo luogo evidenziare, per quanto riguarda il periodo da considerare ai fini della rilevazione, che la norma fa riferimento al costo annuo del personale, e pertanto, come avviene per tutte le amministrazioni pubbliche, anche per le società partecipate, compresa la RAI, la rilevazione dovrà necessariamente riguardare anche l'ultima annualità trascorsa, ossia attualmente il 2013.
  Quanto ai dati richiesti al fine di dare attuazione alla norma in questione, è stata condotta un'analisi dei contratti applicati al personale, onde desumere informazioni di massima utili a strutturare la rilevazione. È stata inoltre esaminata la Determinazione e relazione della Sezione di controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della RAI per l'esercizio 2010, che costituisce il risultato del controllo che la Corte dei conti è tenuta ad effettuare sulla RAI Spa ai sensi del DPCM del 10 marzo 2010.
  Considerato il vasto universo di riferimento, essendo i soli dipendenti dell'azienda circa 12 mila, si è convenuto con il Dipartimento della funzione pubblica di raccogliere informazioni con differente livello di dettaglio a seconda della tipologia del personale. Per il personale non dirigente, che costituisce la maggior parte della dotazione complessiva del personale, verranno raccolte informazioni aggregate a livello di singolo profilo professionale, riferite al numero di persone di servizio al 31 dicembre dell'anno di riferimento e alla spesa complessivamente sostenuta per ciascun profilo. Nel caso del personale non dirigente, infatti, le disposizioni contrattuali regolano completamente la retribuzione dei dipendenti ed appare quindi superflua l'acquisizione del livello di dettaglio del singolo individuo. Tali informazioni verranno acquisite mantenendo separate quelle relative al personale a tempo indeterminato e quelle relative al personale a tempo determinato.
  Con riferimento alla dirigenza, invece, sarà mantenuto il dettaglio del singolo rapporto di lavoro, con l'individuazione della retribuzione annuale lorda, senza tuttavia indicare i soggetti interessati, ma individuando con un codice univoco che l'azienda dovrà conservare associandolo ai nominativi. Tale specifica acquisizione varrà anche per i giornalisti che hanno un profilo assimilabile a quello della dirigenza, Pag. 8mentre per quelli al di sotto di tale profilo si procederà come per il resto dei dipendenti.
  Differenti sono, invece, le problematiche connesse al lavoro non subordinato, il cui universo di riferimento è calcolato nell'ordine di migliaia. In particolare, si è manifestata in molti casi l'impossibilità di costituire dei raggruppamenti omogenei di personale in base alla prestazione professionale, atteso che questa frequentemente può essere comunque comune a più tipologie pur riferita allo stesso soggetto. È stata quindi individuata una modalità di rilevazione simile a quella che sarà utilizzata per il personale dipendente. Il criterio individuato per segnalare anche il personale con contratto di lavoro autonomo è stato quello delle classi retributive. Prendendo a riferimento il livello minimo che appare verosimilmente per la retribuzione della dirigenza, pari a 80 mila euro annui lordi, sono state stabilite quattro fasce di compensi annui lordi del dipendente (fino a diecimila, da diecimila a trentamila, da trentamila a cinquantamila, da cinquantamila a ottantamila) per le quali dovrà essere indicato il numero di soggetti che ha percepito nell'anno un compenso complessivo compreso all'interno della fascia, l'importo complessivo erogato a tutti i soggetti appartenenti alla fascia, il numero medio di prestazioni che hanno dato luogo a compensi.
  Per i soggetti che in termini annui hanno percepito compensi superiori alla soglia individuata di 80 mila euro, la richiesta è stata invece individuale e comporterà per ogni singolo individuo il nome, il numero delle prestazioni e l'importo totale che è stato corrisposto nell'anno.
  Nel frattempo, per poter rispondere in modo dettagliato alla richiesta e permettere la pubblicazione di questi dati, il Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto comunque opportuno richiedere ed acquisire l'avviso dell'Autorità garante della privacy e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato su alcuni aspetti interpretativi della norma. All'Autorità garante della protezione dei dati personale è stato richiesto di valutare se i dati possono essere raccolti, trattati nominativamente e per singolo rapporto, e successivamente pubblicati nella stessa forma. All'Autorità garante della concorrenza e del mercato è stata invece la richiesta la valutazione delle conseguenze che l'eventuale pubblicazione delle citate informazioni, specialmente quelle prospettiche, possano determinare in relazione alle implicazioni di carattere concorrenziale connesse.

  PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, mi sento preso in giro dal Governo. Denuncio uno scandalo in quest'Aula e denuncio anche una confusione mentale all'interno del Governo che, per quanto se ne sa, ha ancora poche ore di vita. Però in quest'Aula mi corre l'obbligo di denunciare questo scandalo.
  Il sottosegretario Legnini, un mese fa, ha dichiarato la piena condivisione e l'attuazione immediata delle norme di legge e il Viceministro pro tempore Casero ci rappresenta che questo non è ancora avvenuto, che c’è una data, non so da chi definita, il 31 marzo, come data ultima – ma non era questo che la legge prevedeva –, ci indica una serie di modalità che non sono previste dalla legge (classi di reddito e altro) e ci indica soprattutto – la cosa più inaccettabile e devo dire insultante nei confronti di quest'Aula – una richiesta di parere alle autorità garanti della privacy e della concorrenza. Ma la legge è la legge e la legge va rispettata. Il dibattito sulla privacy e sulla concorrenza è già stato fatto negli anni passati ed era stato risolto in maniera assolutamente positiva e trasparente, quando ne chiesi, io, come Ministro per la pubblica amministrazione competente, e ci fu il nulla osta da parte del Garante della privacy, non essendo necessario il parere dell’Authority della concorrenza, in quanto la RAI, come concessionaria di servizio pubblico, non era, per così dire, assimilabile alle altre società di mercato.Pag. 9
  Io vedo nella risposta del Viceministro Casero un insulto al legislatore, a questo ramo del Parlamento e all'opinione pubblica, tendente a difendere pervicacemente l'opacità della RAI, della concessionaria pubblica, insulto inaccettabile che deve essere denunciato all'opinione pubblica. Questo stato di cose non può durare a lungo. Mi farò garante nei confronti del Presidente del Consiglio e nei confronti del Presidente della Repubblica di questo comportamento assolutamente opaco, assolutamente inaccettabile e ricordo al Viceministro Casero che sono previste sanzioni per l'inadempienza rispetto alle leggi precedenti, circa la trasparenza, sanzioni previste dalla Corte dei conti, che riguardano, appunto, l'inadempienza nella pubblicazione di dati di tutte le pubbliche amministrazioni e anche della società concessionaria.
  Denuncio il comportamento – ripeto – insultante nei confronti del Parlamento da parte del Governo.
  Non è accettabile che un Governo, per quanto morente, per quanto allo sbando, per quanto alla fine della propria attività, si possa comportare in questa maniera di fronte al Parlamento.
  In tutti i modi denuncerò quanto detto dal Viceministro Casero all'opinione pubblica e alle autorità di controllo. Non è possibile che si contravvenga in questa maniera a un insieme di normative dello Stato, con relativa e puntuale determinazione.
  Cosa ne penserà il sottosegretario Legnini, che onestamente aveva preso degli impegni nei confronti del Governo ? Un Governo che manca di parola, che manca di onore nei confronti dei suoi impegni, presi in questa stessa Aula. Una sola parola: vergogna !

(Elementi e iniziative di competenza in relazione alla recente vicenda giudiziaria che ha coinvolto l'ex presidente dell'INPS – n. 2-00388)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldassarre ed altri n. 2-00388, concernente elementi e iniziative di competenza in relazione alla recente vicenda giudiziaria che ha coinvolto l'ex presidente dell'INPS (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Baldassarre se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARCO BALDASSARRE. Signor Presidente, discuto ora questa interpellanza urgente, ormai vecchia di due settimane, nella quale, tra l'altro chiedevo anche le dimissioni di Mastrapasqua, ma è già passato. Quindi, la argomenterò con aggiornamenti che ci sono stati nel frattempo.
  L'INPS è il più grande ente previdenziale europeo, con un bilancio inferiore solo a quello dello Stato, pari a circa 760 miliardi di euro l'anno. Con il decreto-legge n. 78 del 2010 si procede a sopprimere il consiglio di amministrazione, accentrando il potere tutto nelle mani di un'unica persona: il presidente Antonio Mastrapasqua, sul quale torneremo più tardi.
  Con il decreto-legge n. 201 del 2011, il decreto-legge «Salva Italia», si accorporano INPDAP e ENPALS all'INPS. Nasce il nuovo super INPS, che si accolla il buco di bilancio dell'ex INPDAP e si ritrova con un disavanzo pari a circa 12 miliardi di euro, in quanto per anni la pubblica amministrazione non ha versato i contributi previdenziali ai propri dipendenti, sia a livello centrale che a livello locale.
  È il 22 marzo 2013 quando Antonio Mastrapasqua scrive all'ex Ministro del lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero e all'ex Ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli per informarli che la situazione dell'istituto non è per nulla tranquilla e che c’è bisogno dell'intervento dello Stato per risanare la drastica situazione del bilancio INPS. Il patrimonio netto è sufficiente a sostenere non oltre tre esercizi. Tradotto vuol dire che, se lo Stato non interviene, l'INPS potrà assicurare l'erogazione delle pensioni solo fino al 2015. Ma tutto tace.
  A novembre 2013 ripete l'avviso al Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giovannini, ribadito Pag. 10durante l'audizione in Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali pubblici. Ma per Saccomanni è tutto ok. Era solo un falso allarme.
  Torniamo su Antonio Mastrapasqua; anzi, su Antonio, la moglie Maria Giovanna Basile e il fratello Pietro Mastrapasqua. Sì, perché per capirci qualcosa bisogna parlare di una vera e propria dinasty. Infatti, ci troviamo alcuni incroci particolari. La moglie è sindaco in RAI, RAI Cinema e RAI Way, che produce film con la Fandango nel 2013, di cui, casualmente, Antonio Mastrapasqua era sindaco.
  Poi ci troviamo lo strano caso della Metro C di Roma, la più grande opera pubblica italiana mai realizzata, con un costo di 3 miliardi e mezzo di euro circa. Bene, in questa vicenda viene indagato l'ex presidente di EUR Spa Mancini. Casualmente sindaco di EUR Spa era Antonio Mastrapasqua. Andando avanti nella vicenda vediamo che si aggiudicano un appalto di 16 milioni di euro due società. Una è ATI, fatta dal Consorzio stabile Roma 2000, e l'altra è la Marcantonio Spa, della quale, anche qui casualmente, era sindaco la moglie di Mastrapasqua, Maria Giovanna Basile.
  Succede che la magistratura indagando scopre che la Marcantonio Spa ha subappaltato lavori ad alcune società, tra cui la Tripodi trasporti, la Favesa, società di Giovanni Tripodi del clan mafioso calabrese. Quindi, blocca tutto.
  Andando avanti vediamo comunque che, sempre in famiglia, sia Antonio che la moglie sono nel consorzio Lottomatica nel quale, tra le varie società che ne fanno parte, c’è anche la Telcos Spa, della quale sempre Antonio e la moglie sono presidente e sindaco supplente nel 2005. Telcos Spa ha un capitale sociale in Almaviva. Almaviva, guarda caso, gestisce il call center di INPS. Sempre questi strani incroci, che sicuramente sono tutti casuali. E, poi, ci troviamo alcuni altri incroci dentro tutte le società che fanno parte di ACI e ACI Global tra la moglie di Mastrapasqua e il fratello Pietro Mastrapasqua. Sempre per puro caso.
  Arriviamo alla questione dell'Ospedale Israelitico di Roma. Che succede ? Succede che il Mastrapasqua direttore generale dell'Ospedale Israelitico di Roma ha dei crediti verso la regione Lazio per delle cartelle «gonfiate». Il quotidiano la Repubblica quantifica in 12.164 le schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio finalizzate all'ottenimento di 13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti, cui si sommano 71,3 milioni di euro di presunto vantaggio patrimoniale. Ebbene, appunto, l'Ospedale Israelitico aveva dei crediti verso la regione Lazio che doveva rimborsargli queste cartelle «gonfiate». Contemporaneamente, aveva anche dei debiti verso l'INPS perché l'Ospedale Israelitico non pagava i contributi ai propri dipendenti. E, quindi, qui c’è uno strano magheggio tra il Mastrapasqua direttore dell'Ospedale Israelitico e il Mastrapasqua presidente dell'INPS effettuando un compenso tra crediti e addebiti e portando la regione Lazio a versare all'INPS quello che doveva all'Ospedale Israelitico. Su questo sta indagando la magistratura.
  Qui ci sarebbe anche da chiedere perché è stata sospesa la cartella esattoriale di Equitalia nei confronti dell'Ospedale Israelitico di Roma. Questo di solito non avviene con tutte le aziende italiane che subiscono la crisi purtroppo. La Repubblica online del 27 gennaio ci informa che l'accordo con la regione Lazio era stato proposto da un dirigente, noto con il cognome di Romano, e poi approvato dalla governatrice Polverini nel suo ruolo di commissario ad acta per il deficit della sanità del Lazio, anche se erano state avanzate riserve forti da parte dei rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute presenti al tavolo tecnico. Ripeto, il Ministero dell'economia e delle finanze era contrario.
  Proprio in questi giorni c’è una notizia apparsa sul sito del Corriere della Sera che riguarda ancora il nostro amico Antonio Mastrapasqua perché, a quanto pare, non gli bastavano gli scandali che lo riguardavano per l'Ospedale Israelitico. No, salta fuori che è indagato a Roma insieme a Marco Tronchetti Provera e Alfredo Romeo Pag. 11per aver affittato 13 mila palazzi di INPS a tre società di gestione private senza nessun bando di gara. E salta fuori che Alfredo Romeo era già stato arrestato per un giro di appalti truccati nel marzo 2010 a Napoli e la sua società, la Romeo Gestioni Spa, continua tuttora a gestire una parte del patrimonio immobiliare di INPS. Tutto questo ha portato a una perdita di 100 milioni di euro solo tra il 2008 e il 2011. Possibile che nessuno si sia mai fatto delle domande ? Che nessuno, organi di vigilanza, direttore generale, revisori dei conti, i Ministri, prima Fornero e poi Giovannini, si sia mai accorto di nulla ? Volete farci credere che nessuno ne era a conoscenza ?
  E di tutta questa storia una cosa è chiara, che le dimissioni di Mastrapasqua da presidente dell'INPS, da vicepresidente di Equitalia e da presidente di Idea Fimit Sgr è solo uno specchietto per le allodole. Abbiamo sentito il Presidente Letta, o quasi ex Presidente, ed il Ministro Giovannini chiedere massima chiarezza nel rispetto dei cittadini e maggiore trasparenza sul caso Mastrapasqua, come se il problema principale fosse il numero di poltrone che occupava. Lo sappiamo benissimo che il vero problema è che questa vicenda è lo specchio dell'Italia: favori, appalti ad amici di amici, magari anche arrestati o collusi con la mafia, speculazione, giochi di interesse, una gigante parentopoli. E chissà chi c’è dietro tutto questo. Visto che si parla di parenti, forse lo zio di qualcuno ?
  Ebbene, chiedo al Ministro se la decisione dell'accettazione in compensazione da parte dell'INPS dei crediti anomali dell'Ospedale Israelitico, in considerazione della rilevanza della cifra, sia stata vagliata o meno dal direttore generale, dai revisore dei conti, dal CIV, dagli altri organismi di vigilanza dell'INPS e da consulenti esterni.
  Chiedo al Ministro se intenda fare luce sulla presunta compensazione crediti-debiti effettuata dall'Ospedale israelitico di Roma. Chiedo se il Ministro sia in possesso di un report relativo ai controlli effettuati dagli organi di vigilanza. Avrei voluto chiedere al Ministro se non sia l'ora di intervenire seriamente ad una riforma della governance dell'istituto, magari permettendo alla Camera di calendarizzare le proposte di legge depositate, come quella di Damiano visto che il PD in quei giorni la pubblicizzava sui giornali facendo vedere che se ne era già occupato, invece di intervenire con l'ennesimo decreto-legge di urgenza in modo da ristabilire un consiglio di amministrazione e rendere incompatibile il ruolo di presidente con una qualsiasi altra carica e di impedire un Mastrapasqua 2. Ma leggo sui giornali che il nuovo decreto in arrivo è già stato firmato ieri. Quindi, questa domanda avrei dovuto farla prima.
  Chiedo al Ministro se per la nomina del prossimo presidente, e non mi riferisco a quella di questi giorni del commissario straordinario, intenda introdurre il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti o, perlomeno, della Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali pubblici.

  PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con l'articolata interpellanza urgente presentata dall'onorevole Baldassarre vengono poste numerose e rilevanti questioni in merito all'assetto organizzativo e funzionale del principale ente previdenziale italiano, con particolare riguardo: al cumulo di incarichi del dottor Antonio Mastrapasqua, ex presidente dell'INPS, all'opportunità di introdurre incompatibilità per la figura del presidente dell'INPS, alla necessità di rivedere la governance degli enti previdenziali ed assicurativi pubblici, alla vicenda della cessione dei crediti da parte dell'Ospedale israelitico nei confronti dell'INPS.
  Quanto al primo aspetto è ormai nota l'evoluzione della questione segnalata dall'onorevole interpellante: la scorsa settimana il Consiglio dei ministri ha adottato un disegno di legge in tema di incompatibilità per le posizioni di vertice dei principali enti pubblici nazionali volta ad Pag. 12affrontare secondo un'ottica sistematica molte delle criticità evidenziate.
  Alcuni giorni dopo, il presidente Mastrapasqua ha ritenuto di rassegnare le sue dimissioni – accolte dal Governo – ed è stata avviata la procedura per la nomina di un commissario straordinario, individuato nella persona del professor Vittorio Conti.
  Il professor Conti gestirà l'INPS con i poteri attribuiti al presidente, fino alla definizione del processo normativo per la revisione della governance degli enti previdenziali e assicurativi pubblici e alla nomina del nuovo titolare, comunque non oltre il 30 settembre 2014.
  Le iniziative del Governo in materia non si sono limitate alla presentazione del richiamato disegno di legge in tema di incompatibilità (al quale è stata peraltro garantita la procedura d'urgenza).
  Segnalo infatti che il Ministro Giovannini sta accelerando la riflessione sulla governance degli enti previdenziali e assicurativi pubblici, anticipando i tempi illustrati in occasione dell'audizione sulla riforma della governance degli enti previdenziali e assicurativi pubblici presso la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale lo scorso 4 dicembre 2013.
  In tale occasione il Ministro ha rappresentato che il problema della governance avrebbe potuto essere utilmente affrontato dal mese di marzo 2014, periodo entro il quale si sarebbe dovuto definire il piano di riassetto organizzativo e funzionale dell'INPS, in attuazione delle previsioni contenute nell'articolo 21, comma 7, del decreto-legge cosiddetto «salva-Italia».
  In tal senso il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha previsto di incontrare le parti sociali, in qualità di stakeholder, e le forze politiche al fine di confrontarsi sul tema della riforma della governance dell'INAIL e dell'INPS.
  Si tratta di un impegno che lo stesso Ministro Giovannini ha ribadito dinanzi all'Assemblea della Camera nella giornata di ieri, confermando la volontà di procedere in tempi brevi a presentare proposte concrete in tema di riforma della governance dell'istituto.
  Infine, con riguardo alle notizie relative alla vicenda giudiziaria che vede coinvolto il presidente dell'INPS in qualità di direttore generale dell'Ospedale Israelitico, essendo la documentazione oggetto di indagine da parte della magistratura, non si è al momento in condizione di conoscerne tutti i contenuti, se non quelli riportati dagli organi di informazione, già ampiamente a conoscenza dell'interpellante.
  Occorre, quindi, attendere gli esiti del lavoro della magistratura requirente. Sottolineo, comunque, che le condotte contestate al presidente Mastrapasqua nella duplice, concomitante veste, attengono profili (quali quelli relativi alla compensazione dei debiti con i crediti verso la pubblica amministrazione) diversi da quelli sui quali il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è chiamato ad esercitare la propria vigilanza istituzionale.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Giovanni Battista Rubini» di Romano di Lombardia in provincia di Bergamo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  L'onorevole Baldassarre ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MARCO BALDASSARRE. Ovviamente no, perché sto ancora aspettando una risposta, signor Presidente. Dunque, iniziamo: viene detto che la magistratura si sta occupando del caso. Io ho chiesto se gli organi interni dell'INPS, quindi gli organi di vigilanza, il direttore generale, fossero a conoscenza: per questo non c’è bisogno della magistratura, ma semplicemente di un colloquio tra il Ministro e gli organi stessi dell'INPS. Va bene.
  Poi, per quanto riguarda la riforma della governance, non c'era bisogno di aspettare che uscisse fuori lo scandalo dell'ospedale Israelitico, tanto è vero che, già nella scorsa legislatura, in quest'Aula è passata una mozione in merito proprio a questo, per non Pag. 13accentrare tutto il potere in mano ad una persona. Se non bastasse, la stessa soluzione era anche stata richiesta dalla Corte dei conti nella relazione annuale sugli enti di previdenza pubblici. Quindi, sono tutte cose già conosciute da mesi, da anni, anche dalla scorsa legislatura, nulla di nuovo. Quindi, no, non sono soddisfatto.
  Poi vediamo il nuovo commissario straordinario, Vittorio Conti. Io non so, non mi convince: Vittorio Conti, ex Consob nel periodo dei «risparmi traditi», ex Banca Intesa, passando per Bankitalia, con nessuna esperienza professionale nel campo della previdenza. Ecco, questa persona ora avrà pieni poteri, come quelli del presidente fino alla nomina di un nuovo presidente, e la cosa sinceramente ci preoccupa abbastanza, ossia che un'altra volta l'INPS sia in mano ad una persona, e poi in mano ad un banchiere ! Non era meglio scegliere una persona che non avesse nulla a che vedere con poteri forti, con banche e con altro ? Non era meglio scegliere una persona tranquilla, trasparente e pulita, al di fuori magari dei partiti, non era meglio ?
  Ci chiediamo questo, dato che, appunto, l'INPS sta praticamente per fallire. Lo ha detto ben due volte – come dicevo prima – lo stesso Mastrapasqua: questa sua richiesta di aiuto totalmente ignorata dai Ministri, prima Fornero e poi Saccomanni. Quindi, non capisco cosa stiamo facendo, sinceramente. È come se stessimo portando l'INPS sull'orlo dell'oblio, come se non lo fosse già. Quindi, staremo a vedere, continueremo a stare con il fiato sul collo sulla questione INPS e non molleremo mai (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative a tutela dei minori «fuori famiglia», con particolare riferimento alla valorizzazione dell'istituto dell'affido temporaneo ed ai controlli sulle strutture di accoglienza di tipo familiare – n. 2-00373)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brambilla n. 2-00373, concernente iniziative a tutela dei minori «fuori famiglia», con particolare riferimento alla valorizzazione dell'istituto dell'affido temporaneo ed ai controlli sulle strutture di accoglienza di tipo familiare (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  L'onorevole Brambilla ha facoltà di illustrare la sua interpellanza per quindici minuti. Preciso che, visti i tempi e il numero delle interpellanze, fermo restando il diritto di tutti i colleghi di utilizzare tutto il tempo a loro disposizione, io inviterei i colleghi ad una sintesi in maniera tale da poter permettere di svolgere il maggior numero di interpellanze nell'arco della giornata.
  Prendo atto che l'onorevole Brambilla non intende illustrare la sua interpellanza e si riserva di intervenire in sede di replica, quindi daremo direttamente la parola al Viceministro Guerra per la risposta, giacché tanto il testo dell'interpellanza è noto.
  Il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, ha dunque facoltà di rispondere.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, la collocazione dell'interpellante è un po’ scomoda, nel senso che devo volgerle le spalle e mi spiace...

  MICHELA VITTORIA BRAMBILLA. Mi metto qua, Viceministro.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. La ringrazio molto. Con il presente atto parlamentare l'onorevole Brambilla richiama l'attenzione del Governo sul fenomeno dei bambini e degli adolescenti fuori dalla famiglia d'origine, ovverosia sui minori che sono in affidamento familiare (a singoli, a famiglia e parenti) o sono accolti nei servizi residenziali presenti sul territorio nazionale.
  Voglio al riguardo precisare che il Ministero che rappresento, in accordo con le regioni e le province autonome, provvede annualmente a rilevare l'ampiezza del fenomeno. Attualmente sono in fase di ultimazione i dati che si riferiscono all'anno Pag. 142012; mentre sono disponibili quelli relativi all'anno 2011, pubblicati online sul sito del Ministero.
  Nel 2011 il numero dei bambini accolti nelle strutture residenziali risulta pari a 14.991, mentre quelli in affidamento familiare sono 14.397, confermando la sostanziale equa distribuzione tra affidamento familiare e servizi residenziali.
  Di grande peso nel collocamento nei servizi residenziali è la presenza straniera. Circa un bambino su tre è di cittadinanza straniera, incidenza che quantifica la più macroscopica trasformazione che l'operatività dei servizi ha dovuto affrontare nell'ultimo decennio, soprattutto in quelle regioni in cui si registrano i valori massimi di tale incidenza: Marche (48 per cento), Toscana (41 per cento) e Lombardia (36 per cento).
  L'ampia presenza di bambini e adolescenti stranieri nei servizi residenziali è frutto anche dell'elevato numero di minori stranieri non accompagnati, che trovano accoglienza quasi esclusivamente nei servizi residenziali; a livello medio nazionale, il 51 per cento dei minori stranieri accolti nei servizi residenziali è, appunto, non accompagnato.
  Pur sottolineando che il fenomeno dell'accoglienza dei fuori dalla famiglia di origine, numericamente parlando, è negli ultimi anni entrato in una fase di stabilità, dalle evidenze emerge che mentre per la componente con cittadinanza italiana i servizi privilegiano l'affidamento familiare, in crescita rispetto al passato, la mancata decrescita dei collocamenti in comunità familiari si può spiegare soprattutto alla luce delle difficoltà e dell'emergenzialità della presa in carico dei minori stranieri non accompagnati.
  Per quanto riguarda i costi dell'accoglienza, infine, l'indagine campionaria del 2010 ha rilevato che la retta giornaliera per le comunità può essere unica (52 per cento dei casi) o differenziata (nel restante 48 per cento), in base alle caratteristiche del servizio offerto e del minore accolto, secondo criteri previsti dalla regolamentazione comunale. Nel primo caso, la media giornaliera nazionale si attesta intorno ai 79 euro, mentre nel caso di rette differenziate, la forbice si attesta mediamente tra 71 euro e 99 euro.
  Il Ministero che rappresento, inoltre, ha avviato il progetto sperimentale SINBA (Sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e della loro famiglia), il quale si inserisce nell'ambito delle attività già promosse dal Ministero medesimo ai fini della realizzazione del Sistema informativo dei servizi sociali (SISS). Quest'ultimo, come specificato dalla legge n. 328 del 2000, consente di «assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali» e permette di «disporre tempestivamente dei dati ed informazioni necessarie alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali».
  SINBA, inizialmente rivolto alle regioni aderenti, è stato pienamente integrato nel casellario dell'assistenza, di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che è in fase di definizione.
  Accanto alle richiamate attività di monitoraggio e nel quadro del dettato normativo della legge n. 149 del 2001, che tutela il diritto del minore alla crescita e all'educazione nella propria famiglia, il Ministero che rappresento ha anche finanziato ed avviato il progetto PIPPI (Programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione), che mira a prevenire l'allontanamento dei minori dalle famiglie fragili o a rendere tale allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo, facilitando i processi di riunificazione familiare.
  Il Programma, promosso nel 2010, e proposto come sperimentazione pilota a tutte le quindici città riservatarie ai sensi della legge n. 285 del 1997, è il risultato di una collaborazione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Laboratorio di ricerca ed intervento in educazione familiare dell'università di Padova ed i servizi sociali, nello specifico, quelli di protezione e tutela dei minori di dieci delle quindici città riservatarie. PIPPI è Pag. 15rivolto ad un numero limitato di nuclei familiari con figli in età 0-16 anni a grave rischio di allontanamento, che sono stati coinvolti in maniera continua e stabile per un arco temporale di 24 mesi; lo stesso ha previsto anche specifiche attività formative per realizzare équipe in grado di attuare interventi multidisciplinari ed integrati.
  Per favorire la realizzazione degli obiettivi richiamati, il progetto PIPPI ha contribuito a realizzare sul territorio reti di intervento che hanno portato al coinvolgimento delle altre filiere amministrative – scuola, ASL –, nonché del privato sociale.
  Il Programma è stato implementato su un certo numero di famiglie target. Sono state poi selezionate, in ciascuna città, famiglie cosiddette di controllo, con caratteristiche simili a quelle target, ma prese in carico secondo i modelli ordinari di intervento. Riguardo al dato sugli allontanamenti, tra le famiglie target è riconoscibile un solo caso di allontanamento su 122, mentre per le famiglie di controllo, in totale, 9 bambini su 37 (cioè, il 19 per cento) sono dichiarati dai referenti come allontanati dato l'aumento del rischio.
  Dalle risposte relative agli indicatori di sintesi per le famiglie target e per le famiglie di controllo si è evidenziato come 8 delle 89 famiglie di PIPPI attualmente non siano più nella presa in carico, mentre delle 35 famiglie di controllo nessuna risulta essere uscita dalla presa in carico; è poi possibile notare una maggiore percentuale di bambini per i quali è riconoscibile un alleggerimento degli interventi (50 per cento per le famiglie target, 35 per cento per le famiglie di controllo). Inoltre, le famiglie di controllo riconoscono un 55 per cento di situazioni che sono peggiorate, contro 1'8 per cento delle famiglie target. I risultati raggiunti dalla prima fase della sperimentazione del Programma sono pubblicati nel n. 24 dei Quaderni della ricerca sociale, disponibile sul sito del Ministero.
  Il programma PIPPI è proseguito nel 2013, anche in ragione, appunto, di questo successo riconosciuto, con il coinvolgimento di nove città riservatarie con l'intento di perseguire due obiettivi fondamentali: il consolidamento delle competenze acquisite dagli operatori già coinvolti nella prima parte del programma sperimentale ed una presa in carico di nuove famiglie target; l'ampliamento finalizzato alla formazione di nuovi operatori al modello PIPPI ed all'estensione progressiva del modello stesso all'intero territorio della città, con il coinvolgimento attivo di alcuni operatori che hanno preso parte alla prima sperimentazione di PIPPI nella formazione di diverse équipe precedentemente non coinvolte.
  In considerazione dei risultati positivi della sperimentazione, il Ministero che rappresento ha inteso estendere per il 2014 e il 2015 il progetto a tutto il territorio nazionale. Nell'ultima parte del 2013 è stata data la possibilità con avviso pubblico a tutte le regioni di aderire alla sperimentazione, selezionando un determinato numero di ambiti sul proprio territorio; l'iniziativa è stata favorevolmente accolta, posto che 18 regioni hanno aderito, selezionando complessivamente cinquanta ambiti.
  Per quanto riguarda le strutture, nessun censimento degli istituti residenziali di accoglienza dei minori, ad oggi, è stato attuato, anche in ragione delle articolate e diverse competenze regionali in materia e dell'assenza di un organo di coordinamento nazionale. Non si dispone, pertanto, di una completa mappatura su tutto il territorio nazionale delle strutture, contenente le indicazioni relative alla qualità dei servizi offerti, dei progetti proposti, dei criteri di selezione del personale impiegato.
  Il Dipartimento della giustizia minorile, con circolare n. 1 del 18 marzo 2013 recante: «Modelli di intervento e revisione dell'organizzazione e dell'operatività del sistema dei servizi minorili della giustizia», ha disposto che i centri di giustizia minorile compiano, nell'ambito territoriale di propria pertinenza, un attento monitoraggio delle comunità socio-educative e terapeutiche utilizzate per il collocamento in comunità dei minori autori di reato.Pag. 16
  Con riferimento alla necessità di assumere rigorosi meccanismi di controllo, ispezione e vigilanza sulle strutture che accolgono minori, si fa presente che gli stessi sono già previsti dalla normativa vigente. Infatti la legge n. 184 del 1983, modificata dalla legge n. 149 del 2001 stabilisce, da un lato, che il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni disponga rigorosi controlli all'interno delle strutture, dall'altro, che il servizio sociale locale, in caso di affidamento di un minore ad una famiglia affidataria o ad una comunità di tipo familiare, è responsabile del programma di assistenza e ha l'obbligo di vigilanza e di informare il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni di ogni evento di particolare rilevanza, nonché di presentare una relazione semestrale sull'andamento del predetto programma. Inoltre, in base a quanto previsto dalla legge n. 328 del 2000, la vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti autorizzati e accreditati spetta ai Comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni e quest'ultime possono esercitare poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali inadempienti.
  Poteri di vigilanza e di controllo sono conferiti anche al Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, che è stato istituito con la legge n. 112 del 2011, che può accedere a dati e informazioni relativi ai minori, nonché procedere a visite ed a ispezioni presso strutture pubbliche o private ove siano presenti i minori. Anche i Garanti regionali dell'infanzia e dell'adolescenza presenti in diverse regioni svolgono le medesime attività a livello locale.
  Il Ministero che rappresento, inoltre, sta avviando una cabina di regia con gli enti locali interessati per definire linee guida finalizzate ad ottimizzare l'accoglienza dei bambini nelle comunità. Il potere di disporre ispezioni amministrative per verificare la sussistenza delle condizioni igieniche e sanitarie delle strutture è attribuito agli organi territoriali competenti alla vigilanza sulle stesse, mentre le ispezioni dirette a verificare l'eventuale commissione di condotte costituenti reato sono disposte dall'autorità giudiziaria e delegate agli organi o ai servizi di polizia giudiziaria competenti per territorio. Per quanto riguarda, invece, i quesiti sulla trasparenza della gestione dei fondi pubblici stanziati per l'accoglienza dei minori nelle strutture residenziali e sulla ridefinizione dei ruoli e delle competenze dei giudici tutelari e degli assistenti sociali, gli stessi non rientrano nei profili di competenza del Ministero.
  L'onorevole interpellante, inoltre, interroga il Governo in merito all'eventuale avvio di indagini a seguito delle – cito testualmente – «numerose denunce nelle quali si segnalavano negligenze e condotte asseritamente illecite degli operatori». Il Ministero della giustizia, nel precisare che segnalazioni di carenze igienico-sanitarie o di condotte illecite poste in essere dai responsabili e dagli operatori delle strutture di accoglienza potrebbero riguardare ciascuna procura della Repubblica, ha reso noto che all'esito delle indagini relative alla cooperativa Il Forteto – richiamata nel testo dell'interpellanza – è stato emesso il decreto che dispone il giudizio nei confronti di Rodolfo Fiesoli e altri 22 imputati per il reato di maltrattamenti e per il solo Fiesoli anche per i delitti di violenza privata e di violenza sessuale. Il dibattimento è stato aperto il 14 ottobre 2013 e all'udienza del 10 gennaio scorso è iniziato l'esame dei numerosi testimoni.
  Da ultimo, con riferimento all'interrogativo che pone la necessità di avviare una più ampia tutela dei minori in difficoltà con misure strategiche ed iniziative normative, alcune di queste misure (sostegno alla genitorialità nelle famiglie fragili e prevenzione dell'allontanamento dalla famiglia; promozione dell'affidamento familiare e potenziamento dei servizi dedicati; interventi sulle strutture di accoglienza residenziale per minori; creazione di un sistema informativo nazionale sui bambini fuori famiglia) sono state già previste nel precedente «Terzo Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva», adottato con decreto del Presidente Pag. 17della Repubblica del 21 gennaio 2011. Spetterà comunque al nuovo Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, attualmente in fase di ricostituzione, individuare nella predisposizione del nuovo Piano le misure più efficaci per garantire la tutela dei minori in difficoltà.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti del Liceo «Catullo» di Monterotondo, in provincia di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  L'onorevole Brambilla ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MICHELA VITTORIA BRAMBILLA. Signor Presidente, signor Viceministro, onorevoli colleghi, devo dire che pur apprezzando assolutamente le parole del Viceministro Guerra, che so bene avere grande sensibilità su questi temi – è stata anche audita in Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, portando un importante contributo sul tema della povertà –, però, guardando quello che è un quadro generale di sostanziale sottovalutazione da parte dell'Esecutivo dei problemi dell'infanzia e dell'adolescenza e dei giovani, non posso considerarmi soddisfatta. Come è noto, in una risoluzione del 2009, le Nazioni Unite impegnano gli Stati, con ogni mezzo, finanziario, psicologico e organizzativo, a preservare il rapporto del minore con la sua famiglia di origine, ad impedire che il bambino ne debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro, dettando criteri ben precisi sull'affidamento temporaneo, quali che il minore sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza attuale, che si ponga attenzione a che il minore non sia oggetto di abuso o di sfruttamento, che l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famiglia il più presto possibile. Poi, che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allontanamento del minore, che i motivi di ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori della famiglia e che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente familiare rispetto a l'istituto, soprattutto sotto i tre anni di età.
  In tutti i casi, comunque, si richiede il coinvolgimento del minore nelle decisioni che lo riguardano. Ho voluto ricordare questi passaggi proprio perché di questo tema molto si parla, tante sono le segnalazioni che noi abbiamo avuto e ritenevo importante rifissare i punti che comunque governano quello che è l'allontanamento dei minori dalla famiglia. Ciò perché, nel nostro Paese, il fenomeno dei piccoli fuori famiglia ha assunto dimensioni rilevanti; il Viceministro Guerra ha ben delineato le proporzioni, cioè il numero dei bambini e degli adolescenti coinvolti, anche in termini di spesa pubblica. Quindi, le case famiglia dove i minori sono normalmente accolti nella fase pre-affidataria meritano una particolare attenzione e devono essere oggetto di adeguati e frequenti controlli sotto tutti i profili, a nostro giudizio maggiori di quelli fino ad oggi messi in atto. Mi riferisco, ad esempio, alla conformità igienico-sanitaria delle strutture a cui ci si riferisce, mi riferisco alle condizioni dei bambini e degli adolescenti ospitati e, appunto, alla congruità delle rette. Ciò perché il Viceministro Guerra ha tracciato due linee di rette standard, ma noi abbiamo visto sul territorio, anche in seguito a relazioni di varie associazioni ed enti ONLUS, che questi purtroppo sono confini che non sempre sono rispettati e quindi arriviamo anche a sentir parlare di diverse centinaia di euro. Tutto questo non lo diciamo per amore di polemica, ma perché come parlamentari – e penso in particolare, ripeto, alla Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza – siamo davvero sommersi da segnalazioni relative a cose che non funzionano – e uso a bella posta questa espressione generica – in strutture di accoglienza per minori.
  Nel nostro sistema, purtroppo, la frammentazione delle competenze favorisce un po’ lo scaricabarile e la disattenzione, quindi crea lo spazio per abusi anche intollerabili; alcuni sono proprio emersi in questi anni e, si ricordava, sono stati duramente censurati e sanzionati. Sono Pag. 18ancora più odiosi perché riguardano i soggetti più deboli di tutti: i minori senza difesa. Di fronte, quindi, a un'emergenza che riguarda migliaia di bambini, riteniamo che il Governo, nel suo complesso, non sia stato sufficientemente attivo, anche per quanto riguarda la raccolta degli elementi conoscitivi necessari per intervenire in maniera efficace sull'universo delle case-famiglia, nel quale la mancanza di trasparenza, troppo spesso, e di un sistema di efficace standardizzazione e controllo impedisce poi di dare il positivo risalto, invece, alle esperienze migliori e, quello che più conta, di chiudere subito tutte le strutture che non sono all'altezza o sono gestite senza troppi scrupoli come un business qualsiasi; e abbiamo visto questo succedere.
  Non voglio dilungarmi, signor Presidente. Aggiungo soltanto che ieri pomeriggio il Premier Letta, nella presentazione del suo Impegno per l'Italia, ha annunciato di voler mettere l'infanzia in cima all'agenda di Governo. Devo dire che lo ritengo sorprendente, dato che il suo Esecutivo ha tagliato al livello più basso della storia il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, privando 15 grandi città italiane delle risorse necessarie per attuare politiche di inclusione sociale. Nonostante le sollecitazioni provenienti da tutti i gruppi politici, di maggioranza e opposizione, non ha mai elaborato un piano organico per la lotta contro la povertà minorile, né si è preoccupato del gap formativo dei nostri giovani rispetto ai coetanei europei. In Congo è stato poi protagonista di una vera e propria disfatta diplomatica, di cui hanno fatto le spese 26 famiglie italiane che aspettano ancora di poter abbracciare nel nostro Paese i loro bimbi adottivi, e poi potrei continuare.
  In conclusione, ritengo che invece di fare proclami sull'infanzia, il Premier Letta farebbe bene a cominciare col restituire a bambini e adolescenti italiani i fondi che ha loro scippato; e mi auguro soltanto di vedere effettivamente realizzate o quanto meno delineate, nell'annunciato Piano nazionale di azione per l'infanzia e l'adolescenza, incisive misure strategiche ed iniziative normative per la tutela dei minori fuori famiglia, anche di revisione dell'attuale quadro costituzionale di ripartizione delle competenze. Occorrere difendere i minori in difficoltà, vigilare sulla qualità della spesa, redistribuire le risorse sul territorio, e soprattutto ridare dignità all'istituto dell'affido; e ritengo occorra farlo presto.

(Iniziative, anche normative, volte a garantire alle scuole nuove convenzioni di cassa con le banche che riducano al minimo i costi di gestione – n. 2-00374)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano n. 2-00374, concernente iniziative, anche normative, volte a garantire alle scuole nuove convenzioni di cassa con le banche che riducano al minimo i costi di gestione (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, intendo presentarla, grazie. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, le istituzioni scolastiche hanno l'obbligo di appoggiarsi ad una banca cassiera alla quale confluiscono le entrate derivanti dai contributi volontari dei genitori e dai contributi degli enti locali. Prima dell'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012, i conti bancari dove confluivano tali somme erano normalissimi conti correnti, nei quali i fondi rimanevano nella disponibilità delle scuole e non vi era alcun costo per la tenuta di tali conti. Le banche erano motivate e interessate alla gestione di tali conti, e spesso offrivano piccoli incentivi economici per ottenere l'incarico.
  La legge n. 135 del 2012 ha cambiato tale sistema: ora le scuole hanno l'obbligo di versare ogni 15 giorni, mediante la banca cassiera, tutti i fondi presenti nel proprio conto corrente alla Banca d'Italia. Non è più conveniente quindi per le banche offrire alle scuole questo tipo di conto, e soprattutto ce ne sono sempre meno disposte a farlo.Pag. 19
  Fino allo scorso anno il conto tesoreria degli istituti scolastici era a costo zero; anzi, la Banca offriva anche un piccolo contributo alle scuole. Dall'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012, il costo del conto è diventato molto gravoso: 2 mila-3 mila euro annui, e tali somme vengono necessariamente detratte dai fondi per il funzionamento delle scuole, già insufficienti a coprire spese indispensabili, che vanno dall'acquisto di materiali per la segreteria e detergenti per la pulizia delle scuole, alla famosa carta igienica.
  Il risultato è, per ogni scuola di ordine e grado, un notevole esborso di denaro che ricade ingiustamente sulle scuole stesse, sempre più impoverite dai continui tagli e costrette a far fronte a tali spese attraverso i versamenti volontari dei genitori. Considerato inoltre che tecnicamente la strada dei consorzi, suggerita dalla circolare del Ministero dell'istruzione, non è una soluzione percorribile a breve, poiché i contratti in essere tra istituti bancari e scuole non scadono tutti allo stesso momento, non è assolutamente sicuro, poi, che le banche assicurino condizioni molto più convenienti in caso di consorzi; e se diverse scuole, che hanno fondi di entità molto diverse tra di loro, li facessero confluire in un unico conto corrente, si originerebbero problemi pratici e contabili di ogni tipo che porterebbero al caos.
  Le chiediamo quindi quali iniziative anche di tipo legislativo si ritengono necessarie per eliminare un costo gravoso e inutile per le scuole di ogni ordine e grado e stipulare nuove convenzioni di cassa con le banche, che riducano al minimo i costi di gestione, al fine di non incidere più sulle loro già scarsissime risorse.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, ricordo innanzitutto che già prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, che ha assegnato le scuole statali al sistema della tesoreria unica, le stesse sostenevano spese legate alla gestione del conto corrente bancario o postale in cui erano depositate le disponibilità finanziarie. L'entità di tali spese, così come le altre condizioni del servizio offerto dalle banche, variavano notevolmente, dal momento che ciascuna scuola provvedeva autonomamente a sottoscrivere una propria convenzione con l'istituto bancario.
  La modifica del sistema di gestione della liquidità, che comunque presuppone l'individuazione di un istituto bancario a cui ciascuna scuola deve appoggiarsi, può aver comportato una revisione delle condizioni contrattuali applicate dai medesimi istituti. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è preoccupato di evitare che il passaggio al sistema di tesoreria unica si traducesse in un aggravio di spese a carico delle scuole.
  In primo luogo, si è modificata la convenzione quadro con l'Associazione bancaria italiana e Poste italiane Spa, sviluppando e aggiornando alcuni servizi a favore delle scuole. Tra le innovazioni più significative, ricordo il passaggio della durata della convenzione da tre a quattro anni e l'indicazione di precise regole per quanto riguarda i costi, tra le quali l'unicità della spesa per il servizio di gestione e di tenuta del conto, la gratuità delle operazioni relative a stipendi e rimborsi ai dipendenti e l'introduzione di un modello informatico standard per i mandati di pagamento che consentirà di semplificare le operazioni, con conseguente abbattimento dei costi.
  Particolare attenzione è stata poi prestata alla definizione delle modalità per la scelta degli istituti bancari. Con le istruzioni che hanno accompagnato la suddetta convenzione quadro, le scuole sono state invitate a svolgere la gara per la scelta del contraente attraverso forme di aggregazione, quali le reti di scuole, che consentono di ottenere migliori condizioni contrattuali.
  Il Ministero ha fornito dettagliate indicazioni al riguardo, predisponendo anche i relativi schemi delle convenzioni di Pag. 20cassa. Il riscontro effettuato dal Ministero sulle convenzioni concluse ad esito di gare realizzate attraverso questo sistema ha mostrato che non vi è stato alcun aumento dei costi di gestione rispetto al passato e che anzi, in alcune situazioni, tali costi sono addirittura pari a zero.

  PRESIDENTE. L'onorevole Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, grazie per la risposta, ma non sono assolutamente soddisfatta. Ovviamente l'interpellanza urgente l'abbiamo prodotta su evidenze di scuole, che ci hanno documentato quanto spendevano prima e quanto spendevano adesso.
  Inoltre, le stesse scuole ci hanno documentato che la convenzione che è stata fatta, evidentemente, come lei ci ha riferito, dal Ministero è stata attivata per un grandissimo numero di operazioni che non sono assolutamente necessarie. Quindi, in relazione a quanto lei ci ha sottolineato e evidenziato noi provvederemo a fornire una documentazione di quanto le abbiamo segnalato, in modo che possiamo pensare di fare qualcosa ovviamente per le scuole.
  Le faccio un esempio: alcune delle scuole che ci hanno presentato i conti hanno ventimila euro di spese complessive per gli studenti; togliere il 15 per cento di queste spese per conti bancari è veramente qualcosa che grida vendetta perché è molto più importante investire questi soldi per gli studenti, anziché per le banche.

(Intendimenti per una revisione dei criteri di valutazione per l'abilitazione scientifica nazionale nel settore «storia della medicina», valorizzando maggiormente la produzione non bibliometrica dei candidati e rivalutando il ruolo dei pareri pro veritate – n. 2-00394)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Binetti n. 2-00394, concernente intendimenti per una revisione dei criteri di valutazione per l'abilitazione scientifica nazionale nel settore «storia della medicina», valorizzando maggiormente la produzione non bibliometrica dei candidati e rivalutando il ruolo dei pareri pro veritate (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
  Ricordo che abbiamo un numero importante di interpellanze urgenti e, fermo restando il pieno diritto di ciascun deputato di utilizzare tutti i tempi a propria disposizione, è di tutta evidenza che una sintesi è gradita per permettere alla Presidenza di potere svolgere tutte le interpellanze urgenti previste oggi all'ordine del giorno che, altrimenti, slitterebbero a data da destinarsi.
  Prego, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, la normativa in oggetto introduce una nuova modalità di reclutamento del personale docente, basata sul raggiungimento del requisito dell'abilitazione scientifica e tale valutazione viene svolta da commissioni nazionali e attesta la qualificazione scientifica dei candidati.
  Ora, noi abbiamo inteso interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, premesso che il settore scientifico disciplinare Med/02, storia della medicina, va assumendo una crescente rilevanza nella ricerca e nella didattica del corso di studio della facoltà di medicina e chirurgia, sia per gli studenti del corso di laurea di medicina sia per quelli delle professioni sanitarie, proprio per alcune sue prerogative culturali, che costituiscono l'interfaccia umanistica della facoltà. Vi si trasmettono, infatti, conoscenze e competenze nell'area di bioetica, di pedagogia medica, di paleopatologia museologia medica, di epistemologia medica e di storia della sanità e della medicina veterinaria.
  Nonostante tutto ciò, il settore Med/02 dispone attualmente di soli sette professori di prima fascia, destinati nel prossimo triennio a ridursi a tre, per l'imminente pensionamento di quattro di essi e per questo nelle recenti abilitazioni scientifiche Pag. 21nazionali 2012 è stato incluso nel raggruppamento 06/A2 (patologia generale e patologia clinica).
  Cosa succede ? Che questo settore scientifico disciplinare da una fortissima valenza di stampo umanistico converge in un settore scientifico disciplinare a forte impatto sperimentale. Per cui, mentre nell'area specifica della patologia generale e della patologia clinica la produzione scientifica è caratterizzata da una produzione con una valutazione quantitativa molto alta, anche per il tipo di riviste sulle quali vengono pubblicate le ricerche, per quello che riguarda l'area del settore a cui fa riferimento più specificamente il Med/02, è prevalente la pubblicazione su riviste che non hanno lo stesso tipo di impact factor e, invece, hanno tratti analoghi a quelli che caratterizzano le discipline di tipo umanistico.
  Per tutto questo, come è noto nell'interpellanza urgente che abbiamo presentato, per queste persone è stato richiesto un parere pro veritate. La cosa singolare di questa tornata è stata che il parere pro veritate, emesso dai due docenti che avrebbero, in qualche modo, dovuto assumere le ragioni interne di questo settore per promuoverne lo sviluppo attraverso un'adeguata valorizzazione della produzione scientifica dei candidati, ha espresso valori sistematicamente negativi; non ha agito da, chiamiamolo così, avvocato difensore di un piccolo settore all'interno di un settore ben più ampio, ma ha assunto, invece, più un ruolo quasi da pubblico ministero.
  Ora, a noi sembra che l'importanza che la storia della medicina ha nel corso di laurea in medicina – voglio dire che in questo settore confluisce gran parte di quella che è per esempio la docenza della bioetica e, quindi, la riflessione su cui tutti gli studenti vengono invitati ad analizzare problemi spesso inediti – corre il rischio di essere sostanzialmente cancellata, cioè viene cancellato un sapere perché vengono cancellate anche le presenze accademiche adeguate a trasmettere questo sapere e a farsene garanti rispetto agli studenti.
  Allora, tutto questo nasce da un doppio equivoco, quindi: da un lato, da un equivoco sugli indicatori sui quali vengono valutati i docenti e, dall'altro, anche evidentemente da uno sbilanciamento che non rende possibile che il parere pro veritate venga affidato a persone che hanno espresso un giudizio radicalmente negativo rispetto a tutta la classe dei docenti, a tutta la classe dei potenziali colleghi. È una circostanza che merita davvero una risposta chiara e forte da parte del Ministro.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, la conclusione della prima tornata dell'abilitazione scientifica nazionale è un risultato importante che consente di fare ripartire il reclutamento dei docenti universitari dopo alcuni anni di interruzione. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è ben disposta a valutare l'opportunità di interventi correttiva alla disciplina.
  Esula però dalle attribuzioni del Ministero il compito di valutare l'operato delle singole commissioni né è previsto che il Ministro possa disporre la revisione delle valutazioni ipotizzata dagli onorevoli interpellanti. Devo quindi limitarmi a fornire alcune informazioni sull'operato della commissione esaminatrice per l'abilitazione per il settore scientifico disciplinare Med/02, storia della medicina.
  Per quanto riguarda il meccanismo delle mediane, l'Anvur ha pubblicato mediane specifiche per tale settore, il cui valore è molto inferiore rispetto a quelle del settore concorsuale di riferimento. Tali mediane sono state utilizzate dalla commissione esaminatrice e ciò ha consentito di applicare ai candidati parametri più favorevoli in ragione delle peculiarità appunto del settore scientifico disciplinare in questione. Ricordo poi che, ai sensi di quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 76 del 7 giugno 2012, il superamento delle mediane non ha un valore necessariamente Pag. 22vincolante sulla valutazione finale. Le commissioni esaminatrici hanno infatti la facoltà di conferire l'abilitazione scientifica ai candidati che, pur non superando le mediane, conseguono un giudizio di merito positivo. Così è avvenuto anche nel caso di specie.
  Quanto ai pareri pro veritate di cui si è avvalsa la commissione nel formulare le valutazioni, si tratta di una possibilità prevista dalla legge n. 240 del 2010 e disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 14 settembre dell'anno successivo, il 2011. Nel caso di specie, la commissione ha deciso di avvalersi del parere di esperti esterni in ragione delle peculiarità del settore scientifico disciplinare al quale nessuno dei commissari professori del settore concorsuale di riferimento 06/A2 apparteneva. Gli esperti interpellati sono gli unici due professori di prima fascia del settore scientifico disciplinare in questione che potevano essere sorteggiati tra i componenti della commissione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di replicare.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, non sono soddisfatta e vorrei spiegare le tre ragioni per cui non lo sono. Il primo motivo è che è vero che il Ministero non entra nelle valutazioni delle singole commissioni, ma il Ministero ha aperto già ventotto posizioni di prolungamento dei termini da parte delle commissioni perché ci sono stati molti candidati nelle diverse commissioni che hanno chiesto di avere dei procedimenti di autotutela.
  Questo vuol dire che il Ministero deve interrogarsi su ventotto commissioni che in qualche modo esprimono un disagio che i candidati hanno documentato punto per punto. Qualcosa il Ministero dovrà anche fare. Questo in generale. Nel concreto bisogna dare atto che il Ministero ha messo in atto un sistema di documentazione dei dati assolutamente trasparente, per cui chiunque, compreso un funzionario del Ministero della pubblica istruzione, può andare sui siti e leggere uno ad uno questi pareri, che è esattamente quello che ho fatto anche io, e rendersi conto di alcune delle peculiarità.
  Mi permetta, signor sottosegretario, di fare presente – perlomeno potrei citarne molte perché sono tutte degne di nota e tutte, in qualche modo, degne di essere prese in considerazione – le peculiarità di persone che hanno ricevuto un parere negativo. Cito per esempio un caso: la professoressa Donatella Lippi di Firenze, associato di storia della medicina, la quale aveva una produzione che raggiungeva le tre mediane. In un contesto in cui lei stessa ha detto che le mediane sono difficili da raggiungere, questa candidata aveva le tre mediane. Questa candidata ha presentato una documentazione dei suoi lavori, che in qualche modo dà ragione di una collocazione rispetto agli indici quantitativi totalmente adeguata. Pur tuttavia, ciò che, in qualche modo, le viene imputato è una mancanza di documentazione per quanto riguarda la partecipazione a comitati editoriali di riviste, con riferimento alla quale molta della documentazione è rappresentata in forma di autocertificazione. C’è una sorta, come dire, di arrampicamento sugli specchi per giustificare un parere negativo.
  Ma c’è di più, Presidente, c’è per esempio il parere di una delle candidate che fortunatamente poi ha avuto parere positivo dall'intera commissione.
  Mi riferisco, per esempio, alla candidata Stefania Fortuna, che è nota per essere la traduttrice di tutta l'intera opera di Galeno, la migliore traduttrice per quello che riguarda la storia della medicina antica – non sto qui a dire l'importanza del valore di questo lavoro –, che aveva avuto parere negativo dai propri esperti del settore pro veritate e che, fortunatamente, la commissione ha ritenuto, invece, di apprezzare e di valorizzare, tra l'altro proprio per lo specifico contributo sotto il profilo culturale.
  Ma vi è anche un'altra cosa: per esempio, il candidato Salvatore Leone, che aveva presentato una doppia domanda, sia la domanda per essere nella prima fascia sia la domanda per la seconda fascia. Pag. 23Nella prima fascia viene semplicemente liquidato con un giudizio negativo, ma, nella seconda fascia, si dà un parere che entra nella specifica valutazione delle motivazioni del candidato, e lei non potrà escludere che vi possa essere una punta di autentica faziosità e parzialità.
  Leggo: «Applicando nella formulazione del presente parere i criteri illustrati nel documento appositamente prodotto e inviato alla commissione, si rileva che la produzione scientifica del candidato è di limitata originalità, trattandosi di contributi e studi che impostano» – attenzione ! – «le questioni bioetiche nel contesto di una prevedibile posizione» – prevedibile, poi, bontà sua ! – «teologico-speculativa e, in ultima istanza, religiosa. La portata degli studi del candidato è circoscritta all'ambito nazionale (...)», e poi va ancora avanti.
  Qui si entra, addirittura, nella valutazione delle motivazioni della scelta bioetica del candidato. Ora, non vi è dubbio che, assumendo la personalità, la posizione, le idee, le pubblicazioni scientifiche – è noto tutto di tutti: fortunatamente, il mondo accademico ha una sua trasparenza, che è una sua eloquenza –, abbiamo davanti un giudicante, che ha una posizione ideologica molto precisa, che si permette di giudicare, non nel merito della qualità scientifica, ma nel merito dell'impostazione di valori, un altro candidato.
  Come vede, signor sottosegretario, che il Ministero dica che non rientra nelle sue competenze valutare una delle operazioni gigantesche che esso ha messo in atto in questo momento... È vero, ha fatto ripartire i concorsi universitari, cosa ottima ed eccellente; è anche vero che poi, nel decreto milleproroghe, probabilmente, saremo chiamati ad approvare anche il prolungamento di oltre due anni di queste idoneità, rendendo ulteriormente difficile, poi, l'accesso, come sempre succede in questi casi, ad altri candidati, ma di questo ne riparleremo intervenendo sul decreto milleproroghe.
  Ma quello che mi interessa dire è che non ci si può lavare le mani, perché i giudizi sono tutti là, sono tutti espliciti, sono tutti noti. È nota a tutti la radicale negatività dei giudizi avuti, è nota la contraddittorietà, perché la candidata Lippi aveva le tre mediane, la candidata Fortuna è nota a livello internazionale per questa gigantesca opera di traduzione filologica – di fatto, insegna storia della medicina in virtù della storia della medicina antica: potremmo dire che, rispetto a tematiche diverse, potrebbe avere una preparazione diversa, ma è così – e poi vi è il candidato Salvatore Leone, tanto per non fare un esempio.
  Per non dire nulla di altri candidati, tipo, per esempio, la candidata Maria Grazia Albano, per la quale non è stato espresso il giudizio pro veritate perché, nel settore scientifico-disciplinare Med/02 – storia della medicina, è compreso anche quello di didattica medica, pedagogia medica. Lì i due esperti hanno ritenuto di non essere esperti di questo, e quindi non hanno espresso un giudizio, ma su quale base ?
  Allora, il Ministro e il Ministero non possono, davanti alla più importante operazione di rinnovamento nella selezione dei docenti universitari delle università italiane, escludere la valutazione di contesto, di principio. È un fatto di giustizia, anche perché questi dati, insisto, sono accessibili a tutti. È veramente, devo dire, un database eccezionale quello che avete messo in piedi: uno clicca là sopra e può sapere non che cosa ha detto la commissione, ma cosa ha detto ogni singolo commissario. Quindi, è possibile risalire, è possibile anche ricavare delle linee di tendenza.
  Voglio vedere, da questo punto di vista, che cosa si farà nella prossima tornata. Torneremo davvero agli stessi pareri pro veritate ? Lasceremo davvero che un settore scientifico-disciplinare così piccolo venga totalmente cancellato ? Io non lo so, non lo ritengo opportuno. Non lo ritengo opportuno perché, nel caso specifico, la storia della medicina è storia del pensiero della medicina, è storia del pensiero di coloro che hanno fatto la medicina, ma è anche la storia di quella straordinaria capacità di costruire teorie attraverso la Pag. 24correzione sistematica degli errori; ma la storia della medicina è anche, in questo momento, l'ambito concorsuale o l'ambito disciplinare al quale afferiscono le competenze di bioetica, e lei lo ha visto, non ho citato a caso quel giudizio.
  Cosa vogliamo fare ? Vogliamo riorientare tutte le interpretazioni bioetiche in una chiave soltanto ? Vogliamo dire che ogni interpretazione della bioetica che in qualche modo tiene conto di un assetto di valori non merita di essere preso in considerazione ? Dove vogliamo andare ? Dove vogliamo portare la nostra classe di medici, di ricercatori e di scienziati ? No, io credo che il Ministero debba prendere una posizione, debba valutare le cose: ha tutte le carte, ha tutti i mezzi, ha tutte le possibilità per poterlo fare, e noi riteniamo che lo debba fare in rispetto di un sapere che è un sapere strutturale, forte ed importante nell'ambito di una Facoltà come quella di medicina che, voglio dire al Ministro, è ogni giorno, per motivi diversi, nell'occhio del ciclone.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Binetti, anche per la sintesi.

(Iniziative volte alla stabilizzazione dell'istituto del 5 per mille – n. 2-00362)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bobba ed altri n. 2-00362, concernente iniziative volte alla stabilizzazione dell'istituto del 5 per mille (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Eduardo Patriarca se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  EDOARDO PATRIARCA. Signor Presidente, illustrerò l'interpellanza per alcuni minuti, davvero rispettando la sua raccomandazione.

  PRESIDENTE. Prego, prego, ci mancherebbe !

  EDOARDO PATRIARCA. Un gruppo di parlamentari – Bobba, Patriarca ed altri – hanno riproposto nuovamente al Governo un'interpellanza sul 5 per mille, nonostante numerosi ordini del giorno approvati soltanto alcuni mesi fa, e nonostante gli emendamenti alla legge finanziaria 2014, sistematicamente bocciati in sede poi di approvazione. E dunque per quale motivo riproponiamo un'interpellanza urgente per il 5 per mille ? Cosa ci ha spinto a riproporre il tema ? Direi che il dato nuovo, importante e significativo è la relazione che la Corte dei conti ha prodotto il 5 dicembre, proprio concernente la destinazione e gestione del 5 per mille.
  Questa relazione, direi molto dettagliata, conferma quanto più volte ribadito in Aula e quanto tanto più volte ribadito dalle organizzazioni della società civile, raccogliendo soltanto nel mese di dicembre quasi diecimila firme. In pratica, in breve, in sintesi, la Corte dei conti ripropone «paro paro» – mi si passi questo termine – i punti di questa piattaforma che alcuni parlamentari, e direi, le associazioni non-profit hanno ormai proposto da alcuni mesi. Li elenco brevemente e mi avvio alla conclusione: la stabilizzazione del cinque per mille; l'abrogazione del tetto fissato nella legge di stabilità di 400 milioni; la richiesta di garantire e migliorare la trasparenza, la razionalizzazione e la diffusione dei dati; la concentrazione temporale dei pagamenti; la creazione di un database unico pubblico con i dati provenienti dall'Agenzia delle entrate, dalla Camera di commercio e altri enti; l'eliminazione delle lungaggini e dell'eccessiva laboriosità sulla rendicontazione relativa alla distribuzione del 5 per mille; la necessità – anche questo è un altro punto più volte ribadito da noi colleghi parlamentari – di rideterminare la categoria dei beneficiari, stabilendo una soglia sotto la quale gli enti perdono il beneficio spettante alle organizzazioni destinatarie; la questione dell'attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva, un problema posto parecchie volte, che fa sì che alcuni enti – e questo è un dato evidente a tutti noi – possono raccogliere Pag. 25il favore di optanti abbienti e, in tal modo, ottengono anche, nonostante un numero basso di scelte, somme assai rilevanti; e ancora una volta, infine – e davvero concludo – la necessità di una particolare e urgente attività di controllo e di garanzia su quanto accade in questo universo del 5 per mille. Molte critiche, molte richieste di chiarimento oggi sono all'ordine del giorno e ci domandiamo, ancora una volta, se non sia urgente e necessario ristabilire e ricostituire una authority per il terzo settore, – e concludo – proprio alla luce dell'articolo 4 della delega fiscale, in cui si ripropone questo tema. In considerazione quindi di questi dati, Sottosegretario, alla luce della relazione della Corte dei conti, noi chiediamo al Governo come intenda procedere, auspicando segnali chiari e forti in tempi brevi.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato Marco Rossi-Doria ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo a nome, ovviamente, del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Con il documento in esame, gli onorevoli interpellanti chiedono idonee iniziative volte: alla stabilizzazione dell'istituto ed all'abrogazione del tetto fissato dall'articolo 1, comma 205, della legge 27 dicembre 2014, n. 147 (legge di stabilità 2014), pari a 400 milioni di euro; alla razionalizzazione dei dati informativi; alla concentrazione temporale dei pagamenti, nonché alla semplificazione delle procedure amministrative.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente quanto segue. Preliminarmente, si osserva che la stabilizzazione dell'istituto è presupposto per programmare eventuali investimenti per lo sviluppo delle procedure informatiche e dello scambio di flussi informativi con le altre amministrazioni coinvolte, idonee a superare le criticità nella gestione dell'erogazione delle somme ai soggetti beneficiari.
  Tuttavia appare chiaro che la stabilizzazione della misura agevolativa, auspicata dagli onorevoli interpellanti, è suscettibile di recare oneri a carico del bilancio dello Stato che necessitano l'individuazione di idonei e permanenti mezzi di copertura. A tal riguardo si osserva che nel disegno di legge di delega fiscale (A. S. 1058), di recente licenziato dal Senato della Repubblica ed ora all'esame della Camera dei deputati, è prevista la razionalizzazione e la stabilizzazione dell'istituto della destinazione del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti, a valere sulle maggiori entrate ovvero delle minori spese, realizzate anche con l'attuazione della complessiva riformulazione della disciplina delle spese fiscali.
  Anche l'abrogazione del menzionato tetto di 400 milioni è suscettibile di recare un aggravio di spesa per la pubblica amministrazione, stimato nell'ordine di 30 milioni di euro, per il quale è necessario reperire idonee risorse per la copertura finanziaria.
  In merito alla semplificazione delle procedure di erogazione, l'Agenzia evidenzia che i decreti di attuazione del beneficio del 5 per mille, da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio del ministri del 23 aprile 2010, stabiliscono i tempi e le modalità per l'attribuzione degli adempimenti a carico sia delle pubbliche amministrazioni interessate sia dei soggetti che intendono accedere al beneficio.
  In base alle disposizioni dei suddetti decreti l'Agenzia delle entrate procede alla pubblicazione, distinta per ciascuna tipologia di appartenenza, degli elenchi degli enti iscritti e successivamente di quello dei soggetti ammessi e di quello dei soggetti esclusi dal riparto.
  Come richiesto dalla Corte dei Conti nella deliberazione n. 14/2013/G, citata appunto dagli onorevoli interpellanti, a partire dalle prossime pubblicazioni, l'Agenzia delle entrate inserirà nell'elenco degli enti ammessi e di quelli esclusi i dati degli importi complessivi percepiti dagli enti presenti in più categorie, al fine di rendere note le somme spettanti anche in forma aggregata.Pag. 26
  Per quanto riguarda la pubblicazione di un database pubblico contenente dati provenienti dalle diverse amministrazioni, non prevista dai decreti di attuazione dell'istituto del 5 per mille, si fa presente che la sua creazione coinvolge una pluralità di enti ed implica valutazioni di interesse di un più ampio contesto amministrativo.
  Infine, in merito all'inserimento di una soglia minima al di sotto della quale non procedere al pagamento del contributo, si segnala che l'articolo 11, comma 7, del citato decreto del Presidente del Consiglio del 23 aprile 2010, stabilisce che – cito – «Per ragioni di economicità amministrativa, non verranno erogate le somme di importo complessivo inferiore a 12 euro, in coerenza con le indicazioni contenute nell'articolo 25, della legge 27 dicembre 2002, n. 289».
  L'introduzione di un'ulteriore soglia minima nonché l'individuazione di un importo massimo oltre il quale non effettuare l'erogazione del contributo richiede, quindi, un intervento in sede normativa.
  I dati relativi alle scelte relative – perdonatemi la ripetizione – al 5 per mille, a partire dall'anno di introduzione della normativa in argomento e fino al 2009, evidenziano una crescita tendenziale, fatta eccezione per l'anno 2007, sia per quanto riguarda le frequenze che per quanto concerne gli importi. L'ammontare totale degli importi supera il tetto dei 400 milioni di euro, nel 2008, per 15,7 milioni di euro e, nel 2009, per 20 milioni di euro.

  PRESIDENTE. L'onorevole Luigi Bobba ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'istituto superiore Via Domizia Lucilla di Roma. Prego, onorevole Bobba.

  LUIGI BOBBA. Signor Presidente, come ha già ricordato l'onorevole Patriarca, su questo tema siamo intervenuti più e più volte durante questa e anche durante la scorsa legislatura e, peraltro, siamo sempre ancora, anche nella risposta del Governo, ai buoni propositi. Però di buoni propositi è lastricata la strada dell'inferno, nel senso che è auspicabile sicuramente che il Governo provveda e alla stabilizzazione e alla rimozione del tetto, a seguito della delega fiscale che sarà all'esame finale della Camera proprio nelle prossime settimane e che contiene una specifica norma che, in base ai risparmi realizzati dall'articolo 4 della stessa norma, questi risparmi devono essere finalizzati esclusivamente alla stabilizzazione e alla rimozione del tetto che riguarda il 5 per mille. Quindi, l'impegno che chiedo al Governo è che non appena, nelle prossime settimane, la Camera licenzierà definitivamente la delega fiscale, uno dei primi decreti attuativi sia proprio relativo a questa misura da lungo attesa e che, peraltro, vede anche diverse proposte di legge mai giunte a conclusione.
  In secondo luogo, è vero che ci sono decreti specifici che determinano i tempi di elaborazione dei dati da parte dell'amministrazione di erogazione dei contributi spettanti ai diversi enti. Ahimè, però, come sottolinea la Corte dei conti, i tempi non sono mai rispettati. E questo era uno dei punti della nostra interpellanza.
  In terzo luogo, sul tema del database pubblico, è vero che non c’è una specifica norma che dispone che venga realizzato questo, ma, anche in questo caso, le osservazioni della Corte fanno evidenziare che dati plurimi in capo a diversi soggetti che entrano nella gestione, nell'erogazione dei contributi fa sì che non ci sia un quadro trasparente e chiaro. E siccome si tratta di soldi che i cittadini destinano a enti no profit o comunque a finalità di carattere non lucrativo, credo che questa trasparenza debba essere un elemento necessario. Quindi, nulla impedisce al Governo di emanare una specifica disposizione di carattere regolamentare per poter realizzare questo database pubblico.
  Infine, in tema della soglia minima, il sottosegretario Rossi Doria parla di una necessità di un intervento normativo. In questo caso ci muoviamo su un terreno un po’ al limite: se sia necessario o meno un intervento di tipo normativo o sia sufficiente un intervento anche solo attraverso un decreto. Certamente quella soglia minima, che oggi è fissata nei 12 euro, è Pag. 27evidentemente troppo bassa e comunque il costo amministrativo di ciò che accade nella realizzazione delle erogazioni è sicuramente più elevato.
  In più, il dato che ha evidenziato la Corte, che ci sono più di mille enti che sono abilitati e iscritti all'albo degli enti beneficiari e che non ricevono neppure un euro, dice, insomma, che la procedura contiene degli elementi di vischiosità e di costo amministrativo del tutto inutile, che di fatto vanno a sottrarre risorse che potrebbero essere, invece, destinate utilmente agli scopi previsti dalla legge.
  Insomma, credo che sia assolutamente necessaria l'applicazione della delega. Ho visto che nei giorni scorsi in prima pagina su Il Corriere della Sera un giornalista importante è incorso in una lettura direi superficiale, direi perfino rozza, perché dice che in questi anni, da quando è stato istituito l'istituto del 5 per mille, vi sarebbero stati 21 interventi normativi. Peccato che siano stati 21 regolamenti e non interventi normativi. Quindi, concludo, dicendo che, da un lato, servirebbe una chiarificazione normativa e la base nella delega fiscale c’è già e si tratta solo di attuarla.
  Dall'altro lato credo che il Governo sui problemi che abbiamo indicato – database, tempi, soglia minima o soglia massima – potrebbe utilmente intervenire anche attraverso semplicemente dei decreti. Credo che sia urgente farlo soprattutto perché sono ormai quasi due terzi i contribuenti che hanno aderito a questo meccanismo e credo che le istituzioni debbano essere rispettose delle scelte che i contribuenti fanno, contribuenti che in qualche modo vogliono migliorare la vita sociale e la vita di tutti attraverso questa opportunità che le norme concedono di sostenere finalità o enti senza finalità lucrativa.

(Elementi in merito alla situazione economica e patrimoniale della Croce Rossa Italiana, anche in riferimento al numero e alle retribuzioni dei dipendenti – n. 2-00377)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00377, concernente elementi in merito alla situazione economica e patrimoniale della Croce Rossa Italiana, anche in riferimento al numero e alle retribuzioni dei dipendenti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Rondini se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica. Se intende illustrare, ricordo l'appello che ho fatto. Prego.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, le recenti vicende relative alla Croce Rossa Italiana sembrano confermare che l'ente si trovi in una situazione di profondo disordine organizzativo, contabile e finanziario. Dal 1980 la Croce Rossa Italiana è stata soggetta a lunghi periodi di commissariamento, durante il quale le mansioni di competenza degli organi ordinari sono state svolte da diversi commissari straordinari di nomina governativa e per lunghi periodi non sono stati presentati bilanci. Solo negli ultimi anni la dirigenza ha provato a fornire un quadro più oggettivo della situazione finanziaria e patrimoniale dell'ente, che resta però fortemente lacunosa. Il 27 gennaio 2013 Francesco Rocca ha assunto la carica di presidente nazionale, in seguito alle elezioni svolte nell'assemblea nazionale dell'organizzazione, chiudendo la fase di commissariamento.
  Con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si è sancito che dal 1o gennaio 2014 le funzioni esercitate dall'Associazione italiana della Croce Rossa passano alla costituenda Associazione della Croce Rossa Italiana, che diverrà a tutti gli effetti un soggetto di diritto privato. L'attuale Croce Rossa Italiana è, pertanto, posta in liquidazione dal 1o gennaio 2014. Un articolo de Il Sole 24 Ore, datato 5 febbraio 2013, ha messo in luce che la Croce Rossa Italiana si avvale dell'attività di 150 mila volontari, che operano gratuitamente, mentre all'inizio del 2013 i dipendenti della Croce Rossa Italiana erano quantificati in 4 mila unità. Ogni anno lo Stato italiano ha sorretto i conti dell'associazione umanitaria e di assistenza con circa 180 milioni di euro. Pag. 28Nonostante i quasi 2 miliardi di euro immessi dallo Stato nei bilanci dell'ente dal 2005 a oggi, la Croce Rossa ha registrato un disavanzo di 14 milioni di euro nel 2011 e di 9 milioni di euro nel 2010. Imponente è il buco della Croce Rossa Italiana nella regione Lazio, dove il disavanzo è stato di 26 milioni di euro nel 2011, dopo il buco di 16 milioni di euro registrato nel 2010.
  Nel 2010 un'inchiesta di Report ha evidenziato la presenza di un patrimonio immobiliare sommerso della Croce Rossa Italiana. Non si tratta solo di terreni edificabili di valore, ma anche di edifici. In proposito, una funzionaria dell'ente ha in quel periodo affermato che esisterebbero almeno 68 immobili sottratti al fisco. C’è, quindi, il forte sospetto che i dati pubblicati sul sito della Croce Rossa non siano completi. Il recente riordino organizzativo rischia di aprire una stagione di svendita del patrimonio della Croce Rossa Italiana, con l'unico scopo di far cassa.
  Quale sia l'entità della situazione debitoria aggiornata della Croce Rossa Italiana e quali i dati relativi al patrimonio immobiliare, al numero di volontari e dipendenti, suddivisi per regione, e agli emolumenti del comitato centrale dell'ente, questa è la domanda che poniamo al Governo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, anche qui intervengo a nome del Ministero della salute. Si risponde all'interpellanza in esame sulla base dei dati e degli elementi acquisiti presso la Croce Rossa Italiana.
  La Croce Rossa italiana, in questi ultimi trentatré anni, come è stato ricordato, è stata commissariata per oltre venticinque. L'ultimo commissariamento, da ottobre 2008 a gennaio 2013 è stato affidato all'avvocato Francesco Rocca che, il 27 gennaio 2013, è stato eletto presidente nazionale dell'ente dei volontari della Croce Rossa Italiana costituita secondo quanto previsto dallo statuto C.R.I., nonché dal decreto legislativo n. 178 del 2013 di riorganizzazione della C.R.I.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 11,30)

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Uno degli obiettivi prioritari dell'amministrazione, dal 2008, è stato quello di intraprendere un percorso di risanamento amministrativo-contabile ed, in particolare, di porre fine al cronico, gravissimo ritardo nell'approvazione nei termini di legge dei conti consuntivi che aveva determinato lunghi periodi di commissariamento e costituiva la naturale conseguenza di un sistema di governance disorganizzato e impossibilitato a funzionare, come riconosciuto anche dalla Corte dei conti.
  Il risanamento intrapreso ha portato la gestione ad approvare i bilanci consuntivi 2005-2006, 2007-2008, 2009-2010, 2011-2012 nonché all'approvazione nei termini di legge del bilancio di previsione 2012, 2013, 2014; importante risultato menzionato anche dalla Corte dei conti nella relazione al Parlamento.
  Per la prima volta, dopo trentadue anni, nel 2012, è stato approvato il conto consuntivo consolidato nei termini di legge ed il rispetto dei termini è proseguito anche nel 2013. La Corte dei conti – sezione controllo enti – ha potuto così procedere alla predisposizione delle relazioni conclusive sulla gestione della Croce Rossa Italiana e ad inviarle regolarmente al Parlamento.
  La Croce Rossa Italiana ritiene, pertanto, che sia stato raggiunto dalla gestione attuale l'obiettivo di riportare il bilancio alla normalità e che la situazione finanziaria e patrimoniale dell'ente non è in alcun modo lacunosa, bensì ha consentito l'approvazione di tutti i bilanci, come certificato dal collegio dei revisori dei conti dai Ministeri vigilanti e dalla Corte dei conti.Pag. 29
  Tutto questo tenendo presente che la Croce Rossa Italiana, fino al 31 dicembre 2013, comprendeva il comitato centrale, 20 comitati regionali, 2 comitati provinciali autonomi delle province di Trento e Bolzano, 100 comitati provinciali e circa 600 comitati locali, ciascuno dotato di autonomia di bilancio e organizzativa.
  Ogni unità redige, in osservanza del decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003, il bilancio di previsione, il rendiconto e gli eventuali atti di assestamento e variazione, li trasmette al comitato regionale, che aggrega il bilancio in ambito regionale e lo inoltra al comitato centrale. Il comitato centrale aggrega i bilanci regionali, di previsione e consuntivi e li trasmette ai Dicasteri vigilanti con il parere del collegio unico dei revisori dei conti.
  Da ciò discende che un'eventuale anomalia concernente una unità territoriale si ripercuote su quelle sovraordinate e, da ultimo, sul Comitato Centrale.
  Peraltro, l'apparato amministrativo della Croce Rossa Italiana è caratterizzato da una carenza di figure professionali apicali e dirigenziali. In particolare, la Croce Rossa Italiana ha oggi in servizio n. 17 dirigenti di II fascia, a fronte di una dotazione organica che ne prevede 25, con un rapporto dipendenti/dirigenti che si sta oramai avvicinando alla soglia di un dirigente ogni 230 dipendenti, a cui va aggiunto il carico di lavoro dovuto alle attività amministrative per i circa 150.000 volontari. L'ente è, altresì, caratterizzato da una fortissima carenza di personale con titolo di studio accademico e percorsi professionali adeguati.
  Gli interventi operati nella recente gestione hanno sanato la maggior parte dei problemi derivanti dal passato, come riportato nelle ultime relazioni annuali della Corte dei Conti. Inoltre, il Ministero dell'economia e delle finanze ha affermato nell'anno 2012 che «... l'ente ha posto in essere tutte le iniziative utili per la risoluzione delle problematiche emerse»; pertanto la situazione attuale è trasparente e chiara, anche se estremamente complessa.
  La legge 30 ottobre 2013. n. 125 ha lasciato inalterato il programma di privatizzazione della struttura territoriale della Croce Rossa Italiana (sedi provinciali e locali), mantenendo temporaneamente una struttura centrale pubblica (comitato centrale, comitati regionali, comitati delle due province autonome), al fine di consentire una transizione più ordinata verso la privatizzazione, salvaguardando, inoltre, il preminente interesse pubblico ad avere una società di Croce Rossa molto attiva nel sostegno alle fasce più disagiate della popolazione, specie in un momento di rilevante difficoltà socio-economica.
  Il parziale rinvio è stato determinato essenzialmente dal mancato completamento degli atti necessari al processo di privatizzazione previsto dal decreto legislativo n. 178 del 2012, in particolare in materia di personale civile e militare, e di gestione del patrimonio, che richiedono tavoli di confronto con i competenti Ministeri.
  In conformità a quanto previsto dal decreto legislativo n. 178 del 2012, la Croce Rossa Italiana ha dato avvio, dal 1o gennaio 2014, alla gestione separata, nella quale confluiscono i residui attivi derivanti da crediti la cui causa giuridica si sia verificata entro il 31 dicembre 2011; i residui passivi derivanti dai debiti la cui causa giuridica si sia verifica entro il 31 dicembre 2011; le entrate derivanti dall'alienazione degli immobili.
  Tutto ciò al fine di effettuare una puntuale verifica delle cifre creditorie e debitorie riportate nelle scritture contabili delle unità territoriali e del comitato centrale, necessarie nella definizione dei rapporti attivi e passivi in essere tra comitato centrale e unità territoriali.
  Relativamente ai 150 mila volontari della Croce Rossa Italiana, si segnala che l'attuale gestione ha effettuato una razionalizzazione del sistema delle componenti volontaristiche, ridotte da sei a tre: corpo militare, corpo delle infermiere volontarie e volontari CRI.
  Quanto ai dipendenti della Croce Rossa Italiana, oltre alla già menzionata carenza di personale apicale e dirigenziale, è da Pag. 30segnalare che il Dipartimento della funzione pubblica ha espresso apprezzamenti per le misure adottate dall'ente in ossequio alle disposizioni normative, riducendo del 20 per cento la spesa complessiva relativa alle dotazioni organiche del personale non dirigenziale.
  L'ente ha provveduto a regolarizzare e a certificare tutti i fondi relativi al personale medico, professionista e dirigenziale (bloccati all'anno 2002) e quelli relativi al personale appartenente alle aree professionali.
  Relativamente al personale militare, l'attuale gestione ha applicato tutte le raccomandazioni formulate nella relazione conclusiva dell'ispezione amministrativo-contabile promossa dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Inoltre, come richiesto dalle autorità vigilanti, il numero dei componenti militari si è costantemente ridotto dal 2008 al 2014.
  Premesso che i contributi totali dello Stato alla Croce Rossa Italiana dal 2005 al 2013 ammontano ad euro 1.561.158.924,56, relativamente alle risultanze finanziarie consolidate, si rappresenta quanto segue: nell'anno 2010 le risultanze finanziarie complessive sono determinate dal disavanzo delle unità territoriali (euro 9.537.284) ed un avanzo del comitato centrale pari ad euro 272.302. I disavanzi delle unità territoriali hanno trovato copertura mediante l'utilizzo degli avanzi di amministrazione delle unità territoriali stesse e, pertanto, non hanno costituito un aggravio per il bilancio del comitato centrale, che non è dovuto intervenire per ripianarli; nell'anno 2011 le risultanze finanziarie consolidate complessive sono determinate dal disavanzo delle unità territoriali (euro 6.554.770,78) e dal disavanzo del comitato centrale (euro 7.431.073,64).
  I disavanzi delle unità territoriali hanno trovato anche, nell'anno 2011, copertura mediante l'utilizzo degli avanzi di amministrazione delle unità territoriali stesse. Per quanto riguarda il disavanzo del comitato centrale, si rappresenta che il bilancio di previsione per l'esercizio 2011 del comitato centrale era stato approvato in pareggio, mediante l'utilizzo di quota parte dell'avanzo di amministrazione pari ad euro 17.018.404.
  Il patrimonio immobiliare della Croce Rossa Italiana è un complesso sia di beni appartenenti all'ente ed indisponibili per destinazione, in quanto destinati allo svolgimento di attività istituzionali della Croce Rossa nella sua articolazione centrale e territoriale, sia di beni patrimoniali disponibili, generalmente produttivi di reddito per l'ente.
  Nel 2009 il Commissario straordinario ha emanato linee guida per la gestione del patrimonio immobiliare, con lo scopo di migliorare e razionalizzare la capacità organizzativa e gestionale dell'amministrazione, realizzando il sistema informatizzato per il controllo strategico e di gestione del patrimonio immobiliare e migliorando la fruizione del patrimonio.
  Ad oggi si segnalano i seguenti interventi: stato patrimoniale regolarmente approvato nei termini di legge; ricognizione di ogni fabbricato ed ogni terreno in tutti i comitati, distinguendo quelli con vincolo modale; ricognizione dello stato di manutenzione ordinaria e straordinaria; rispetto di tutti gli adempimenti di legge; fascicolo di fabbricato; banca dati delle locazioni attive e passive; patrimonio non disponibile, piano di vendita e piano di valorizzazione.
  In relazione a quanto rappresentato nell'inchiesta giornalistica condotta da Report, non esiste alcun patrimonio sommerso della Croce rossa italiana, nel senso che l'intero stato patrimoniale dell'ente deve essere riepilogato in sede di stesura di bilancio e puntualmente descritto nella dichiarazione dei redditi.
  Infatti, a seguito della trasmissione dell'inchiesta giornalistica citata nell'interpellanza, una verifica ispettiva disposta dal Ministero dell'economia e delle finanze ha potuto constatare che non risultano cespiti immobiliari non dichiarati ai fini fiscali e non iscritti nell'anagrafe patrimoniale dell'ente; tutti i dati, inoltre, sono stati pubblicati Pag. 31nel sito istituzionale CRI, alla voce «Trasparenza, valutazione e merito» fino ad aprile 2013.
  Per quanto riguarda la situazione amministrativa dell'esercizio aggiornata al 31 dicembre 2012, si registra per il comitato centrale un avanzo di amministrazione pari a euro 71.320.878,42 e per il consolidato pari a euro 116.768.360.
  In merito al patrimonio immobiliare CRI, al 31 dicembre 2013, risultano 1.020 cespiti relativi a fabbricati, 430 cespiti relativi a terreni e 232 locazioni attive immobiliari (i dati completi sono pubblicati nel sito istituzionale dell'ente).
  Nel 2012, i volontari della CRI erano 178.046, di cui 151.877 soci attivi. I dipendenti della CRI, al 22 gennaio 2014, sono 3.898.
  Quanto agli emolumenti del comitato centrale dell'ente, la spesa complessiva del personale relativa al 2012, ammonta ad euro 143.703.047,53, di cui, nello specifico, gli emolumenti sono pari ad euro 129.851.413,24.

  PRESIDENTE. Il deputato Rondini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Giancarlo Giorgetti n. 2-00377, di cui è cofirmatario.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, diciamo che non siamo soddisfatti: non siamo soddisfatti, intanto, perché, comunque, il Governo risponde parzialmente ai quesiti che noi gli abbiamo posto. In particolare, avevamo chiesto anche di riferire il numero di volontari e dipendenti suddivisi per regione, informazione che non ci è stata trasmessa.
  Per quanto riguarda le rassicurazioni sull'attività che è stata svolta per cercare di sanare una situazione che nel corso degli anni aveva veramente dell'incredibile, diciamo che la situazione è stata risanata anche e, soprattutto, grazie agli aiuti di Stato che, nel corso degli anni, ha sicuramente ripianato parte dei debiti che erano stati accumulati dalla Croce rossa italiana. Noi riteniamo che, però, sia importante riuscire ad avere il dato relativo al numero dei dipendenti suddivisi per regione.
  Inoltre, per concludere, noi ci auguriamo che al più presto venga garantito questo passaggio della Croce rossa, che dovrebbe diventare a tutti gli effetti – fermo restando il ruolo importante che ha rivestito storicamente – un soggetto di diritto privato nel più breve tempo possibile. Questo per mettere al riparo, per dare la garanzia che un soggetto privato quale dovrebbe essere, poi, non goda più di aiuti di Stato, che sembrano andare, invece, nella direzione di garantire comunque a qualcuno un posto di lavoro.

(Elementi ed iniziative di competenza per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità in ambito sanitario, in particolare in relazione alla recente inchiesta sulla ASL di Benevento – n. 2-00395)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dadone n. 2-00395, concernente elementi ed iniziative di competenza per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità in ambito sanitario, in particolare in relazione alla recente inchiesta sulla ASL di Benevento (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Dadone se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FABIANA DADONE. Signora Presidente, la gestione della sanità nel Sud ed in particolare in Campania è stata sempre e solamente clientelare. Se provate ad ascoltare chi lavora in sanità vi dirà che il rispetto delle regole, la giustizia, il senso del dovere, la meritocrazia, abitavano molto lontano da quelle strutture. Questa non è una valutazione politica di uno di noi del MoVimento 5 Stelle, non si tratta neppure di una battuta al tavolino di un bar sport di chissà quale città, è la frase che ho estratto dal resoconto della Camera dei deputati recante data 17 gennaio 2014 e si tratta delle parole uscite dalla bocca dell'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ma andiamo con ordine.Pag. 32
  I lavori di questa Assemblea sono ripresi ad inizio anno con l'ennesima inchiesta che ha interessato esponenti di primissima fascia del Governo in carica ed, in generale, delle forze politiche della maggioranza. In ordine all'inchiesta sulla ASL di Benevento, infatti, i cittadini sono venuti a conoscenza di una serie di incontri, possiamo dirlo, clandestini, tra l'ormai ex Ministro Nunzia De Girolamo, all'epoca deputata e responsabile provinciale del PdL, insieme ai vertici dell'Azienda sanitaria locale e a persone di sua fiducia, dove si affrontavano questioni che riguardavano l'appalto per i servizi di 118, ubicazione di presidi e strutture ASL e controlli. Travolta dallo scandalo, l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, si decise a venire in Aula in data 17 gennaio per rispondere a due interpellanze in merito. Non paga della già splendida figura che aveva fatto il nostro Paese, con, tra l'altro, una disinvoltura non da poco giunse a raffigurare tutta la questione della corruzione in ambito sanitario e a profferire le parole che ho ricordato all'inizio dell'illustrazione e che ci tengo a rileggere: «La gestione della sanità nel Sud, ed in particolare, in Campania, è da sempre e solamente clientelare. Se provate ad ascoltare chi lavora in sanità vi dirà che il rispetto delle regole, la giustizia, il senso del dovere e la meritocrazia abitavano molto lontano da quelle strutture». Forse dovremmo ringraziare l'ex Ministro De Girolamo perché con questo coming out ci poteva permettere di evitare di studiare la relazione di Transparency International Italia intitolata: «Sanità malata».
  Noi ovviamente l'abbiamo comunque studiata e la riassumo brevemente: sostanzialmente si individuano cinque categorie in cui la corruzione prolifera: sono le nomine, la farmaceutica, gli appalti di beni e servizi, la sanità privata e la negligenza medica. Si è chiaramente rilevato in questi studi come il sistema sanitario venga trasformato dalla politica in un serbatoio di voti, merce di scambio le nomine a direttore generale, a direttore sanitario, primari e così via.
  Allarmante è stato anche il rapporto dell'Istituto per la promozione dell'etica in sanità che ha calcolato i costi della corruzione nella sanità per i cittadini pari a 10 miliardi di euro l'anno. Nel solo 2012 nel comparto farmaceutico-sanitario sono state segnalate all'autorità giudiziaria ben 4.136 persone, arrestate 173, la metà per reati di corruzione, peculato e truffa e secondo i NAS queste segnalazioni rappresentano solo il 10 per cento di tutti i casi reali, quindi, un quadro veramente sconsolante. Era previsto che tutte le Aziende sanitarie italiane dovessero rispettare entro il 31 gennaio i tre principali parametri per la trasparenza previsti dalla legge n. 190 del 2012 e quindi: la nomina dei responsabili locali anticorruzione, la pubblicazione online del piano triennale anticorruzione e l'informazione ai sensi della trasparenza dei vertici degli organi.
  Da quando abbiamo depositato questa interpellanza abbiamo constatato con una certa soddisfazione che sul sito del Ministero della salute effettivamente è comparso il piano triennale anticorruzione ed è stato pubblicato online anche il relativo piano per la trasparenza. Resta il fatto che ci saremmo aspettati che il Ministro stigmatizzasse le parole della propria collega. Devo essere onesta: con stupore e sorpresa, ma anche con un po’ di amarezza, abbiamo constatato che il Ministro Lorenzin fino ad oggi non si è espressa riguardo a queste parole. Per cui, il senso dell'interpellanza è proprio chiedere, ovviamente, non solo di prendere posizione su questa materia, ma cosa intende fare relativamente alla situazione non solo dell'ASL di Benevento, ma di tutte le ASL, per limitare la corruzione.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, anche qui tengo a dire che leggo a nome del Ministero della salute. Nella regione Campania, la struttura Pag. 33commissariale nel programma operativo 2013-2015 del 2 ottobre 2013 ha previsto, tra le specifiche azioni programmate, l'attuazione delle disposizioni previste dalla normativa anticorruzione contenuta nella legge n. 190 del 2012. Inoltre, all'interno del citato programma la struttura commissariale dichiara di ritenere necessario che la regione promuova e garantisca, in maniera uniforme su tutto il territorio regionale, azioni mirate in coerenza con le indicazioni nazionali. A tal fine, è prevista l'attivazione di corsi di formazione rivolti a tutto il management del SSR ed ai referenti aziendali dell'anticorruzione, entro il 31 dicembre 2014. Più in generale, si assicura che il tema della corruzione in sanità è attualmente oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero, in quanto la nostra sanità richiede un cambiamento reale e strutturale e ciò deve contemplare una rieducazione ai valori etici. Il Ministero della salute si sta impegnando per permettere al sistema di funzionare al meglio. Per prevenire l'illegalità occorre agire sui fattori di rischio e accanto alla realizzazione delle previsioni contenute nella legge n. 190 del 2012 il Ministero della salute ne ha individuate altre molto rilevanti e per ciascuna ha posto in essere una strategia definita e specifica.
  In primo luogo: trasparenza. Un'amministrazione trasparente è un'amministrazione educata al comportamento legittimo. Grazie al progetto «Portale della trasparenza dei servizi per la salute» il Ministero si è impegnato a realizzare un sistema più completo e più rispondente alle esigenze di trasparenza e a promuovere un nuovo metodo di comunicazione tra l'istituzione e il cittadino.
  In secondo luogo: analisi degli sprechi e monitoraggio dell'appropriatezza. Il Ministero sta promuovendo numerose azioni e strategie orientate all'utilizzo etico delle risorse e al miglioramento della riduzione degli sprechi, attraverso un programma di revisione e aggiornamento della struttura gestionale e della governance, così da consentire una riduzione complessiva della spesa senza pregiudicare il livello di qualità delle prestazioni e la competitività dell'industria del nostro Paese. Le azioni oggetto di implementazione hanno come scopo il rafforzamento del monitoraggio dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e dei livelli essenziali di assistenza (attività, funzioni, struttura, regolamentazione interna, modalità attraverso cui si svolgono i processi organizzativi). Parallelamente, il Ministero è impegnato con il programma di revisione della spesa, così da poter conseguire risparmi di spesa distribuiti nel periodo 2014-2016. Tra i principali ambiti presi in esame, va ricordata l'individuazione di standard qualitativi e di costo per i servizi appaltati; la razionalizzazione degli acquisti; la razionalizzazione scorte-logistiche; la razionalizzazione e sostenibilità dei consumi energetici; gli interventi su farmaci e dispositivi medici; la valutazione delle tecnologie sanitarie per il governo dell'innovazione e il disinvestimento selettivo; l'appropriatezza d'uso delle apparecchiature; l'appropriatezza delle indagini diagnostiche e dei percorsi diagnostico-terapeutici; l'appropriatezza dei ricoveri ospedalieri e dell'accesso in Pronto soccorso; la revisione della struttura della governance del Ministero e degli enti vigilati. A tal riguardo è stato creato uno specifico tavolo finalizzato alla prevenzione della corruzione.
  In terzo luogo, promozione della formazione e della cultura del merito. Relativamente alle scelte che riguardano la gestione della sanità e alle interferenze del sistema politico, è necessario promuovere una maturazione culturale del sistema politico, che deve privilegiare il merito nella selezione dei professionisti, soprattutto di quelli che sono chiamati a dirigere i massimi livelli di governance del Servizio sanitario.
  Il Ministero della salute sta focalizzando l'attenzione sulla formazione di coloro che sono chiamati a gestire le risorse economiche e finanziarie, attraverso la promozione dell'utilizzo etico delle risorse, la promozione dell'etica dei professionisti sanitari, la cultura della legalità attraverso l'interiorizzazione da parte delle aziende sanitarie di modelli organizzativi idonei a Pag. 34prevenire comportamenti illeciti, nonché la promozione della cultura del merito. È necessario che i manager e tutti coloro che sono chiamati a dirigere i massimi livelli di governance del Servizio sanitario possiedano assolutamente un curriculum formativo e professionale ed un background esperienziale idonei e compatibili con il delicato ruolo, soprattutto in questo momento così complesso e critico.

  PRESIDENTE. La deputata Dadone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, no, non siamo affatto soddisfatti. Se da un lato siamo amareggiati del silenzio che c’è stato fino ad oggi, quello che ci amareggia ancor più non è tanto il fatto che non sia stata applicata la legge n. 190 del 2012, perché in maniera asettica è stata applicata; quello che è mancato è veramente vedere applicata la tutela e la salvaguardia dei diritti della salute come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, e come auspichiamo che dovrebbe essere fatto, come vorremmo che fosse stato, perlomeno.
  Purtroppo ad oggi non risulta che ci siano relazioni ufficiali da parte del Ministero sullo status di adempimento alla legge n. 190 del 2012 da parte delle ASL. Per fortuna però ci sono associazioni esterne, come «Riparte il futuro» che ringraziamo per il lavoro svolto, che ha allestito sul suo proprio sito web una sezione che è dedicata al monitoraggio dell'applicazione della legge n. 190 anticorruzione. Da questo loro osservatorio abbiamo potuto notare come la media di applicazione della legge sia circa l'83 per cento: immagino che il Governo lo ritenga un risultato del tutto apprezzabile; d'altronde, sapete come si dice, siamo in Italia e c’è anche il detto «chi si accontenta gode».
  Ma se anche volessimo accontentarci all'italiana maniera, non ci riterremmo comunque soddisfatti, non possiamo ritenerci soddisfatti, perché ci sono tantissime ASL che sono al di sotto di questa media. Prendiamo il Lazio al 69 per cento di applicazione della legge n. 190, le Marche al 60, la Calabria al 47, e fanalino di coda proprio la Campania, che è diventata celebre per lo scandalo, che vede applicare solo il 33 per cento degli adempimenti della legge n. 190, ovverosia la pubblicazione del piano triennale anticorruzione, del piano per la trasparenza e dei curricula e relative informazioni inerenti ai dirigenti generali, direttore amministrativo, nonché la nomina e la relativa documentazione sul responsabile locale della prevenzione e corruzione.
  Di tutte le ASL, quella più tristemente famosa purtroppo è quella di Benevento, che si trova al 23 per cento di attuazione, ma dietro di lei persino Napoli 1, che si trova all'11 per cento di applicazione della legge n. 190.
  Nel particolare, con riguardo all'ASL di Benevento, rileviamo che ad oggi la figura del responsabile locale anticorruzione non è stata individuata e neppure nominata; sono assenti anche sul sito web il piano anticorruzione e quello sulla trasparenza e così pure i curricula del direttore generale e di quello amministrativo. Ma qui viene il bello, che vi facciamo notare con una nota del 16 dicembre 2013: il direttore generale, il dottor Michele Rossi, con delibera n. 307 ha disposto, in attesa della nomina del responsabile locale anticorruzione, che fosse lo stesso direttore generale a svolgere quelle funzioni; quindi praticamente si è autonominato, è veramente il massimo. Questo tra l'altro, oltre ad essere eticamente poco corretto, è in netto contrasto col comma 2 della circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento funzione pubblica n. 1 del 25 gennaio 2013.
  Quindi, ricapitolando: il Ministro Lorenzin nulla ha detto relativamente alle frasi uscite dalla bocca della collega De Girolamo. Non ha neppure preso in considerazione la necessità di intervenire con un'azione maggiormente forte, soprattutto in un'ASL come quella di Benevento, o nei confronti delle ASL che non siano state in grado di adempiere alla legge n. 190. Per cui cogliamo, colgo a nome dei miei colleghi Pag. 35l'occasione per consigliarle di inserire il rispetto e soprattutto l'effettivo svolgimento degli adempimenti della legge n. 190, nonché del relativo piano anticorruzione come condizione propedeutica alla definizione del nuovo piano per la salute in discussione in queste settimane. Comunque porgo un complimento vivo e sentito al Governo, ma in particolare al Ministro Lorenzin, perché ha saputo rispettare la legge pur non facendola applicare. I cittadini italiani soprattutto ringraziano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte ad implementare gli strumenti per il ritrovamento di minori – n. 2-00365)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Boccadutri n. 2-00365, concernente Iniziative volte ad implementare gli strumenti per il ritrovamento di minori (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Boccadutri se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, colleghe deputate, colleghi deputati, egregi sottosegretari, non citerò qui ovviamente i dati che sono riportati nell'interpellanza, anche per brevità dell'intervento.
  Quello della scomparsa dei bambini e dei minori è un fenomeno che ci rattrista molto e credo che il Parlamento debba essere vicino alle famiglie che ogni anno ne sono colpite con immenso dolore e lo debba fare non in modo irrituale, ma affrontando in modo deciso questo tema.
   Dai dati riportati nell'interpellanza, si può desumere la chiara urgenza di istituire in Italia misure d'azione più efficaci rispetto a quelle vigenti. È vero anche che gran parte di questi bambini scomparsi rientrano, secondo le fonti di Polizia giudiziaria, nella categoria degli allontanamenti volontari o delle sottrazioni operate da genitori non affidatari, ma circa il 20 per cento delle segnalazioni ricevute dalla Polizia di Stato si traduce in una scomparsa effettiva, si tratterebbe di circa 200 minori effettivamente scomparsi nel 2012 e di circa 140 minori scomparsi nei primi sei mesi del 2013. Credo che siano pur nell'esiguità del numero assoluto, dati enormi.
  Vi è un alto rischio che i suddetti minori siano oggetto di sequestri, omicidi, violenze e crimini aberranti, tanto più gravi se si considera l'età delle vittime. Nonostante nell'anno 2007 è stato istituito dalla Commissione europea il numero di emergenza 116000, riservato alle linee speciali per la segnalazione di bambini scomparsi, il fenomeno è ancora allarmante. La sensibilizzazione che ha portato inoltre all'introduzione della giornata internazionale dei bambini scomparsi il 25 maggio, seppure di grande importanza, non è stata certamente risolutiva.
  Il Parlamento italiano prima, e il Dipartimento della pubblica sicurezza poi, hanno assunto delle misure per contrastare il fenomeno: sono stati creati degli uffici minori presso le divisioni anticrimine di ogni questura, con compiti di pronto soccorso per le esigenze dei minori e delle famiglie in difficoltà e nel 1998, presso le squadre mobili, sono state istituite la sezioni specializzate nelle indagini sui reati in danno di minori; a livello centrale è stato istituita un'apposita unità organizzativa, collocata nell'ambito della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato – servizio centrale operativo, con il compito di monitorare le fenomenologie criminali nelle quali siano coinvolti minori, sia vittime, che autori di reato, con lo scopo quindi di elaborare successivamente incisive strategie di contrasto. È stato creato anche un sito Internet, che pubblica le foto di bambini scomparsi, dietro richiesta dei genitori, o del genitore, o di chi ne fa le veci, o anche dell'autorità giudiziaria.
  Credo tuttavia che vi siano ancora degli spazi per migliorare l'efficienza della nostra Polizia. In altri Paesi al mondo sono stati creati sistemi innovativi particolarmente efficaci per il ritrovamento dei Pag. 36bambini scomparsi. Tra questi, l'Amber Alert, esteso in tutto il territorio degli Stati Uniti a partire dal 2002, quindi adottato nel 2006 dalla Francia, nel 2008 dai Paesi Bassi, nel 2009 dall'Irlanda. Si tratta di una procedura computerizzata, che quindi utilizza le nuove tecnologie, in virtù della quale si diffonde sul territorio nazionale l'informazione relativa alla scomparsa dei minori attraverso tutti i media elettronici disponibili, il sistema radiotelevisivo, di telefonia mobile, la segnaletica stradale elettronica, comunicazione che potrebbero essere implementata estendendola alle paline elettroniche dei bus, anche quella negli orari elettronici degli aeroporti e delle stazioni ferroviarie, e delle comunicazioni pubblicitarie elettroniche scorrevoli di stadio o di altri luoghi pubblici. È noto infatti che le azioni intraprese nelle primissime ore dalla scomparsa e anche le azioni investigative sono spesso risolutive rispetto al caso.
  Quindi azioni concrete come questa credo possano aiutare le forze dell'ordine nel loro lavoro e possano anche ridare speranza a famiglie che, dall'oggi al domani, si vedono proiettate nel più tremendo e drammatico degli incubi, quello di perdere il loro bambino.
  Vorrei ascoltare su questo il parere del Governo e sapere quali iniziative intenda intraprendere sul punto.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno, l'onorevole Boccadutri richiama l'attenzione del Governo sull'allarmante fenomeno, indiscutibilmente in crescita, della scomparsa di minori e chiede quali misure si intendano assumere al riguardo, valutando alla fine l'opportunità di introdurre, anche nel nostro Paese, il sistema dell'Amber Alert, che tanti buoni frutti ha dato negli Stati Uniti.
  Innanzitutto, voglio assicurare che il Ministro dell'Interno segue da tempo con particolare attenzione tutte le problematiche connesse ai fenomeni sociali che vedono coinvolti i minori, adottando anche soluzioni organizzative in grado di fornire adeguate risposte a queste esigenze. In questa direzione – come pure ricordato dagli onorevoli interpellanti – sono stati costituiti degli uffici minori e sezioni specializzate per le indagini sullo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori.
  A livello centrale – lo ricordava lo stesso interpellante – presso il Dipartimento di pubblica sicurezza è operativa la sezione minori, che svolge un'azione di monitoraggio e di impulso delle attività preventive e investigative degli organi territoriali. È, inoltre, attivo un apposito sito per la ricerca dei bambini scomparsi, che consente di mettere on line i dati anagrafici, foto e ogni altra notizia utile per le ricerche. È stata inoltre istituita, presso il Ministero degli affari esteri, una task force interministeriale sulla sottrazione internazionale di minori. Tra le iniziative di partenariato con associazioni private, volevo evidenziare il protocollo siglato con Telefono Azzurro, grazie al quale le telefonate di allerta per la scomparsa dei minori sono immediatamente smistate all'ufficio di polizia competente per territorio.
  È da tenere presente, inoltre, che è intervenuta, votata dal Parlamento, la legge 14 novembre 2012, n. 203, che reca, per l'appunto, disposizioni per la ricerca delle persone scomparse, e che ha introdotto ulteriori misure per contrastare il fenomeno della scomparsa di persone, con particolare riguardo proprio ai minori.
  Voglio precisare, a questo proposito, che a livello provinciale il coordinamento delle ricerche è affidato ai prefetti, in base alla ora ricordata normativa, ai quali deve essere fornita la comunicazione della scomparsa per l'adozione delle iniziative di competenza, da intraprendere anche con il concorso degli enti locali, del corpo nazionale dei vigili del fuoco, del sistema Pag. 37di protezione civile, delle associazioni del volontariato sociale e di altri enti, anche privati, presenti sul territorio.
  Inoltre, il tempestivo e diretto coinvolgimento del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, da parte dei prefetti, consente di organizzare e di monitorare la situazione a livello centrale, quindi a livello nazionale, caso per caso, con riferimento all'andamento delle attività a sostegno delle operazioni in corso. Lo stesso commissario, sin dalla sua istituzione nel 2007, ha favorito la predisposizione di apposite pianificazioni provinciali, diramando specifiche linee guida volte a favorire le ricerche, con particolare riguardo alle persone più vulnerabili e, quindi, tra queste i minori.
  Il dato relativo agli allontanamenti dei minori, in aumento, come già ricordavamo prima, anche nell'ultimo anno, impone il continuo aggiornamento, ovviamente, delle tecniche di ricerca. In questa logica, nell'ambito del progetto «Italian child abduction alert system» è stata firmata, nel 2011, una convenzione per la realizzazione di un dispositivo di diffusione dell'allarme in caso di scomparsa di minore, che prevede il coinvolgimento dei vertici delle cinque forze di polizia, di Formez, di alcune reti radiotelevisive, di gestori delle reti stradali ed autostradali e società di trasporto, degli editori di siti Internet e gestori telefonici, degli operatori dei servizi di ristorazione e retail autostradali, nonché di Telefono Azzurro. Il sistema, che è operativo dal mese di agosto 2013, presso la Direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno, prevede un'azione coordinata, allo scopo di favorire la massima diffusione, a livello nazionale, di elementi informativi utili per le ricerche.
  L’alert viene attivato, su input dell'autorità giudiziaria, quando si teme per l'incolumità del minore scomparso, affinché chiunque sia in possesso di notizie utili possa immediatamente avvisare le autorità competenti. In pratica viene diffuso, a livello nazionale o in un determinato territorio, un messaggio contenente informazioni sulla scomparsa, veicolandolo attraverso i mass media e ogni altra organizzazione in grado di effettuare rapide comunicazioni. La polizia di Stato ha attivato tale dispositivo lo scorso 7 gennaio su input della questura di Sondrio per il rintraccio di una minore allontanatasi da casa dopo aver lasciato un biglietto in cui manifestava intenti suicidi. La giovane è stata ritrovata alcune ore dopo, grazie alla segnalazione di una conoscente a testimonianza, quindi, della effettiva utilità del sistema e anche della sua efficacia, se posso aggiungere.
  L'indubbio rilievo sociale dell'iniziativa, ispirata al modello americano «Amber Alert», come ricordavamo prima, che ha già avuto ottimi risultati in altri Paesi, può dunque costituire una tappa significativa per l'attività di ricerca nonché di prevenzione degli abusi e delle violenze nei confronti dei minori, proprio nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti.

  PRESIDENTE. Il deputato Boccadutri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, egregio sottosegretario, colleghe deputate e deputati, io ringrazio davvero il Governo per questa risposta. Ovviamente mi ritengo soddisfatto. È anche importante ragionare sugli importanti risultati raggiunti e spesso rendere appunto pubbliche anche azioni come queste, perché, come si capisce, la sorte dei più piccoli sta a cuore a ciascuno dei cittadini italiani e il fatto che il Governo si dimostri attivo è importante per le famiglie che stanno vivendo questi drammi, per la collettività e per questa istituzione. Credo che questo investimento economico, perché si tratta anche di questo, sia molto sentito nel Paese ed è molto importante che questo sia stato fatto. Tra l'altro, qui siamo venuti a conoscenza anche di cose di cui nel corso della predisposizione della mia interpellanza non avevo cognizione. Quindi sono anche certo che in questo modo ci saranno migliaia di famiglie che si sentiranno meno sole. Davvero mi sento soddisfatto e ringrazio ancora il Governo per l'azione svolta.

Pag. 38

(Elementi in merito alle minacce rivolte ad un esponente del Partito Democratico da parte di esponenti del cosiddetto movimento No Tav ed iniziative volte a garantire la libertà di espressione – n. 2-00380)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fiano n. 2-00380, concernente elementi in merito alle minacce rivolte ad un esponente del Partito Democratico da parte di esponenti del cosiddetto movimento No Tav ed iniziative volte a garantire la libertà di espressione (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Fregolent se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SILVIA FREGOLENT. Signor Presidente, gentile rappresentante del Governo, premesso che: nella giornata di lunedì 13 gennaio 2014, il senatore Stefano Esposito, da sempre in prima linea nel denunciare le violenze di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav, ha trovato sul pianerottolo di fronte alla propria abitazione tre bottiglie molotov, accompagnate da un biglietto a lui diretto con la minaccia esplicita circa la possibilità di essere ucciso qualora non fosse tornato a lavorare in prefettura; che nel medesimo biglietto rivendicativo si faceva riferimento al fatto che la sua scorta non fosse in grado di proteggerlo e si offriva prova del fatto che il senatore è costantemente pedinato attraverso un riferimento esplicito ad un incontro ai giardinetti con il giornalista de La Stampa, Massimo Numa, anche lui da anni oggetto della rabbia di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav, che nell'ottobre 2013 si è visto recapitare un pacco bomba e che recentemente ha scoperto di essere anche lui pedinato e filmato sin dall'estate del 2011; che contemporaneamente, un presunto esponente del sopracitato movimento, Oscar Wolf, avrebbe minacciato di morte, via facebook, i sindaci di Susa e Chiomonte, favorevoli all'opera, e avrebbe definito le Brigate Rosse come «un'associazione che si batteva per il bene del mondo»; che il tribunale della libertà ha nel frattempo confermato le accuse contro quattro No Tav arrestati per aver partecipato ad un assalto al cantiere di Chiomonte e, secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, avrebbero avallato la tesi dei pubblici ministeri in merito al fatto che si sarebbe trattato non di semplice violenza, ma di veri e propri atti di terrorismo; che in occasione della manifestazione che si è tenuta a Roma nel mese di novembre 2013, si era assistito ad una vera e propria aggressione da parte dei cosiddetti militanti No Tav alla sede nazionale del Partito Democratico, in via sant'Andrea delle Fratte, e successivamente presso il circolo del Partito Democratico in via dei Giubbonari a Roma, mentre è della scorsa settimana la notizia circa l'aggressione e gli atti vandalici compiuti ai danni di circoli del Partito democratico sia di Milano che di Torino; che l'articolo 49 della Costituzione prevede che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, e pertanto l'attacco ad una sede di partito equivale ad un attacco all'intera democrazia del nostro Paese, che fa degenerare il legittimo diritto all'espressione pacifica di un dissenso politico in una inaccettabile aggressione fisica e verbale a danno di semplici cittadini, solo perché militanti di un partito politico; che a fronte di questa preoccupante escalation di violenze e minacce ad opera di una frangia del cosiddetto movimento No Tav, la frangia violenta, si sollevano inquietanti e angosciose domande e, di fatto, ribadiscono in questo momento la necessità che tutte le forze politiche contribuiscano ad isolare e respingere ogni forma di violenza, separando il diritto al dissenso dal respingimento di ogni traccia di eversione: per questo gli interpellanti chiedono al Ministro se non ritenga che i fatti riportati, sulla base della loro gravità e frequenza, siano l'indice dell'esistenza di un vero e proprio disegno eversivo strutturato contro politici, giornalisti, partiti e lo stesso Stato di competenza, quale sia il livello di Pag. 39articolazione e di pericolosità di questi nuclei, e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per garantire che tutti i cittadini, qualunque sia la loro professione, abbiano ancora il diritto di esprimere democraticamente le proprie opinioni, di fare informazione e di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare liberamente la politica nazionale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il cantiere di Chiomonte ha da tempo catalizzato l'attenzione e l'attivismo degli oppositori alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. Con ricorrenza pressoché ciclica, come già, in qualche maniera, ricordava l'interpellante, si susseguono episodi di violenza e di intimidazione, attribuibili, verosimilmente, a gruppi, frange o anche infiltrati, ovviamente, in un movimento che in larga parte, invece, fa solo manifestazione di libero pensiero, o contigui, addirittura, all'area antagonista e anarco-insurrezionalista.
  In Val di Susa si assiste spesso a vere e proprie azioni di guerriglia, che, tuttavia, non potranno, ovviamente, mai intimidire le istituzioni democratiche dello Stato rispetto agli obiettivi che lo Stato stesso si è dato. L'azione di contrasto delle forze dell'ordine, portata avanti con determinazione e, devo dire, con continuità, ha consentito, nel tempo, l'individuazione, la denuncia e, in qualche caso, l'arresto degli autori dei reati in danno di aziende, privati, esercizi ricettivi ed altre imprese impegnate con varia valenza nelle attività dell'area di interesse strategico-nazionale TAV.
  Basti pensare che, a seguito delle attività investigative condotte nel quadro della campagna no TAV, la DIGOS della questura di Torino ha finora operato 51 arresti, denunciato 624 persone, eseguito 53 provvedimenti cautelari, 94 fogli di via obbligatori e 25 espulsioni di stranieri, anche comunitari. Particolare rilievo ha assunto, di recente, l'inchiesta sfociata nell'arresto di quattro noti esponenti del movimento anarco-insurrezionalista, imputati di attentato con finalità di terrorismo per l'attacco al cantiere avvenuto il 14 maggio scorso.
  Ricordo, infine, che la capillare attività di contrasto delle forze dell'ordine ha condotto al rinvio a giudizio di 52 persone, tutte ritenute responsabili dei disordini e delle violenze avvenute nell'estate del 2011 presso, appunto, il cantiere di Chiomonte che ho dianzi rammentato. Va anche sottolineato che sempre più di frequente il web è utilizzato per diffondere comunicati dal tono minatorio nei confronti di soggetti a vario titolo ritenuti coinvolti nella realizzazione dell'opera o nelle attività di indagine, perché sono arrivati anche direttamente ai soggetti che investigavano. A tale proposito, è stato identificato l'autore di alcuni comunicati minatori, comparsi sui social network, indirizzati nei confronti dei sindaci di Susa e di Chiomonte.
  Posso assicurare che sono state ulteriormente sensibilizzate le misure di vigilanza già in atto nei confronti degli amministratori locali interessati a seguito delle valutazioni svolte dal comitato provinciale per l'ordine e sicurezza pubblica, che, ovviamente, è l'unico che è deputato a fare questo tipo di valutazione. Come ricordato nell'interpellanza, dopo gli episodi di violenza, anche recenti, nei confronti di sedi romane del Partito Democratico, si è assistito ad altri atti vandalici in danno di alcune sedi dello stesso partito, ed in particolare a quelle milanesi e torinesi, da parte di sedicenti aderenti al movimento no TAV e di sodalizi di matrice anarco-antagonista gravitanti nella medesima area.
  Gli inquirenti ritengono che tali episodi potrebbero essere una conseguenza dell'arresto di esponenti della medesima area insurrezionalista-anarchica, verificatosi in altre parti del territorio nazionale. Gli episodi di danneggiamento sono stati tutti segnalati, ovviamente, alla competente autorità giudiziaria e, nel contempo, è stata Pag. 40intensificata l'attività di prevenzione e vigilanza di polizia nei confronti delle sedi del Partito Democratico. Più specificamente per quanto riguarda la pozione del senatore Esposito, devo dire che il senatore è da tempo oggetto di attenzioni ostili da parte dell'ala più radicale del movimento antagonista per le sue posizioni a favore dell'opera, come ricordava l'interpellanza.
  Uno degli episodi di intimidazione più inquietanti risale allo scorso 13 gennaio, quando sono state rinvenute tre bottiglie incendiarie, integre, sul pianerottolo dell'abitazione del parlamentare e una missiva di tono minatorio nella cassetta postale. A seguito di questi fatti, che sono stati portati immediatamente, ovviamente, all'attenzione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che segue costantemente la situazione, sono stati ulteriormente sensibilizzati i dispositivi di vigilanza e di protezione ravvicinata. Analogamente si è proceduto per il giornalista de La Stampa, Massimo Numa, che è anch'egli oggetto di analoga attenzione da parte dei soggetti che ho prima rammentato.
  Il personale della Questura di Torino inoltre ha effettuato un sopralluogo presso l'abitazione del parlamentare per implementare l'apparato di videosorveglianza e quindi aumentare il tasso di sicurezza nei confronti di quest'ultimo.
  Posso assicurare che l'attenzione del Governo ovviamente, nel continuare a seguire la vicenda sulle gravi questioni richiamate dall'onorevole Fiano e dagli altri interpellanti, è massima e che le autorità di pubblica sicurezza continueranno a fronteggiare con vigore gli episodi di intimidazione, rivolgendo una costante attenzione all'azione preventiva.
  La convinzione del Governo è ovviamente che la libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di dissenso rappresentano aspetti fondamentali della convivenza politica civile, purché ovviamente non si traducano in atti di violenza o di intimidazione che vanno severamente perseguiti.

  PRESIDENTE. Il deputato Fiano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, ovviamente noi sapevamo e sappiamo che le Forze dell'ordine, la magistratura – e di questo siamo certamente soddisfatti nella risposta del sottosegretario – hanno cognizione della situazione venutasi a creare nel Paese, in particolare in Piemonte, per via di alcune delle attività del movimento no TAV o di una parte di esso, di quelle attività che fuoriescono dalla modalità consueta con la quale in democrazia si dimostra il proprio dissenso, che è la modalità pacifica, quella istituzionale o quella anche delle manifestazioni consentite, ma che in alcun modo possono consentire elementi di violenza.
  Noi abbiamo presentato questa interpellanza (diversi parlamentari del Partito Democratico) non solo – qui lo vogliamo confermare – per sottoscrivere la nostra solidarietà a Stefano Esposito per gli attacchi di cui è stato ed è oggetto in ragione delle proprie idee, e non solo per il fatto che il Partito Democratico ha dato il proprio assenso alla realizzazione di quell'opera di cui trattasi, ma anche perché c’è, al fondo della nostra interpellanza, una domanda più radicale che non riguarda solo se le Forze dell'ordine siano o no state in grado sin qui...conosciamo il lavoro che il sottosegretario ha citato, i numerosi interventi della magistratura, i processi che hanno già portato a condanne, gli ultimi arresti, tutti elementi molto significativi di attività investigativa e di interdizione delle attività violente di questi nuclei. La domanda più di fondo, che personalmente vorrei esprimere anche a nome degli altri interpellanti, è: c’è in questi episodi che qui abbiamo ricordato il nucleo di una nuova attività paraterroristica che per alcuni versi possa ricordare altre stagioni già vissute dal nostro Paese, nelle quali qualcuno ha criminalmente ritenuto che esistessero scorciatoie al legittimo dibattito politico delle idee, scorciatoie violente, e per questo terroristiche ? Pag. 41E c’è in questi nuclei che sono oggetto dell'attenzione delle Forze dell'ordine e della magistratura – che hanno già portato a significativi risultati –, c’è in queste frange il nucleo di un'organizzazione che abbia queste caratteristiche ? Dobbiamo esprimere una preoccupazione che vada al di là dell'intervento puntuale che c’è stato, della solidarietà per le persone – non solo Stefano Esposito, penso anche al giornalista Massimo Numa – che sono state oggetto di attenzioni ? Penso all'episodio che ha ricordato l'onorevole Fregolent, e cioè che al giornalista Massimo Numa sia stato recapitato un video che ne ritrae le attività private, nel corso di più di un anno, e quindi un'attività – si soleva dire al tempo delle Brigate Rosse – di indagine perseguita con una, diciamo, fattispecie sostanzialmente professionale. C’è in questi elementi – che compaiono ovviamente anche nell'episodio delle bottiglie molotov ritrovate sul pianerottolo dell'abitazione del senatore Esposito, come anche nelle lettere minatorie che riportano dettagliate attività dei succitati Esposito e Numa – qualcosa che ricordi quello che noi speravamo di aver sepolto per sempre, cioè un'attività paraterroristica organizzata, strutturata, con lo scopo di seminare il terrore o di interdire il democratico esercizio dell'opinione in questo Paese ?
  Questa è la domanda complessiva che sottende alla nostra interpellanza, al di là del fatto che ci riteniamo soddisfatti delle numerose attività di investigazione e di repressione e della magistratura, che qui sono state citate dal Governo. Questa è la domanda.
  Un tempo l'attività terroristica aveva in sé, per così dire, un terribile e drammatico disegno rivoluzionario e violento, che muoveva da idee che venivano da lontano: pensavano di sovvertire l'ordine democratico con la violenza per organizzare un altro sistema sociale. Qui non saprei neanche dire se, da quella vicenda della no TAV, emerga un disegno antagonistico che abbia quel tipo di portata. Pur tuttavia, alcuni segnali sono arrivati in quest'ultimo periodo, episodi specifici che abbiamo voluto citare e portare all'attenzione del Governo e del Parlamento – il Governo ovviamente ne era già a conoscenza con attenzione – e lo abbiamo voluto fare perché nessuno un domani possa dire: non c'eravamo accorti, non avevamo capito.
  Sono segnali gravi quelli che il Paese ha ricevuto, per fortuna per adesso circoscritti e va posta su di essi la massima attenzione, non solo per l'incolumità delle persone che ne sono state oggetto, parlamentari o meno, partiti o meno, come lo è il nostro partito, ma anche perché in essi dobbiamo applicare la lungimiranza che un tempo, con l'accordo di tutte le forze democratiche oltre che delle forze dell'ordine e della magistratura, portò a sconfiggere il terrorismo.

(Elementi ed iniziative in ordine alla consistenza e all'utilizzo delle risorse del Fondo unico giustizia – n. 2-00361)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Costa n. 2-00361, concernente elementi ed iniziative in ordine alla consistenza e all'utilizzo delle risorse del Fondo unico giustizia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Comunico che per le vie brevi il deputato Pagano ha fatto sapere che non intende illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario e che si riserva di intervenire in sede di replica.
  Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha quindi facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, con il documento ispettivo in esame, gli interpellanti chiedono di conoscere: a quanto ammonti l'attuale consistenza del Fondo Unico Giustizia (FUG); quali somme e verso quali destinazioni siano state erogate dal 1o gennaio 2012 ad oggi; quali sono gli ostacoli e come si immagina di superarli, che impediscono la piena utilizzazione delle risorse finanziarie del Fondo.
  In relazione al primo quesito, in attesa del consolidamento dei dati della chiusura Pag. 42contabile di fine anno – che saranno inseriti nel Rendiconto annuale della gestione del FUG, da approvare entro il 30 aprile 2014, ai sensi dell'articolo 6, comma 5, del decreto ministeriale n. 127 del 2009 – la stima più aggiornata attualmente disponibile è quella alla data del 30 novembre 2013, alla quale la consistenza del FUG era, al netto di circa 415 milioni di risorse sequestrate e non confiscate – già versate comunque nel tempo allo Stato in esecuzione del citato articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181 – di circa 978 milioni di risorse liquide e di circa 2,1 miliardi di risorse non liquide.
  Occorre preliminarmente indicare di seguito i motivi per i quali non si provvede alla immediata devoluzione degli interi importi, principalmente legati a quanto la normativa attuale consente.
  Nel Fondo Unico Giustizia, infatti, confluiscono risorse sequestrate, che, in quanto tali, non sono di proprietà dello Stato, poiché il FUG è un Fondo ad incertam personam, nel quale le risorse giacciono fin quando un nuovo provvedimento dell'autorità giudiziaria non ne disponga la confisca e quindi il dissequestro. Pertanto, è soltanto per effetto di un'eventuale successiva sentenza di condanna passata in giudicato e di un provvedimento di confisca che le risorse fuoriescono dal FUG e possono essere acquisite al patrimonio dello Stato.
  Tecnicamente, quindi, soltanto una volta disposta e comunicata la confisca dal competente ufficio giudiziario, Equitalia giustizia è in grado di versare le somme confiscate al bilancio dello Stato, al quale è inoltre versata una quota delle risorse sequestrate disponibili per massa, determinata annualmente con decreto ministeriale, in base a criteri statistici e con modalità rotativa, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del già citato decreto-legge n. 143 del 2008.
  In proposito si rappresenta che i proventi connessi ai sequestri, per loro natura, non dovrebbero potere essere versati al bilancio dello Stato, a causa della loro provvisorietà e del fatto che potrebbero essere restituiti al titolare originario, in caso di revoca della misura.
  Viene presentata una tabella e adesso sintetizzerò i dati, comunicati da Equitalia Giustizia, delle somme versate al bilancio dello Stato nel 2012 e nel 2013.
  I versamenti allo Stato per provvedimenti dell'autorità giudiziaria – quindi, confische –, che vengono poi automaticamente versati, sono 82.478.000 euro circa nel 2012 e 75.026.000 euro nel 2013, per un totale nel biennio 2012-2013 di circa 157.504.000 euro.
  I versamenti allo Stato per somme sequestrate ex articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 143 del 2008, quindi quelli sequestrati e in parte versati con i criteri statistici, sono 72.280.000 euro nel 2012, non c’è ancora la cifra per il 2013.
  I versamenti allo Stato per utile della gestione finanziaria del FUG sono 14.422.000 euro nel 2012 e 23.058.000 euro nel 2013.
  In relazione alle destinazioni, a partire dall'anno 2012, come chiedeva l'interpellante, si indicano i dati forniti dal Ministero dell'interno e dal Ministero della giustizia.
  Le somme, per quanto riguarda il Ministero dell'interno, nel 2012 sono 37.294.000 euro, di cui spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza 29.413.000 euro e, nel 2013, 35.417.000 euro, di cui spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza 24.000.000 di euro.
  Per il Ministero della giustizia le somme iscritte al capitolo 1537, afferenti al FUG, sono, per il 2012, 24.000.000 di euro e per il 2013, anche relativamente all'ultimo bimestre 2012, sono 28.400.000 euro.
  Per completezza, si deve anche considerare che, per entrambi gli esercizi finanziari 2011 e 2012, le assegnazioni sono state fatte al netto degli oneri indicati dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010, relativo alle agevolazioni fiscali per la mediazione civile, per un totale di circa 20.300.000 euro.
  Le risorse sono state sempre impiegate per far fronte alle spese di funzionamento Pag. 43dell'amministrazione, e, dunque, per le esigenze strutturali di efficiente funzionamento dell'organizzazione giudiziaria nel suo complesso.
  Quanto agli ostacoli che impediscono l'integrale sfruttamento delle risorse del Fondo, essi sono stati ampiamente verificati in seno ad un tavolo tecnico coordinato lo scorso anno dal Ministero dell'economia e delle finanze, all'esito del quale si è convenuto sull'impossibilità di una utilizzazione proficua delle risorse finanziarie del FUG mediante l'alienazione della relativa componente titoli.
  Il tema della vendibilità dei titoli sequestrati impatta, quindi, da un lato, con la necessità di tutelare le posizioni giuridiche soggettive degli imputati non condannati con sentenza definitiva – quindi rientriamo nel campo delle somme sequestrate e non confiscate – e, dall'altro, con quella di verificare le modalità di restituzione delle somme ricavate dalla vendita dei titoli già sequestrati, nel caso di dissequestro. Estremamente complessa appare, a monte, la stessa selezione dei titoli vendibili e la determinazione del prezzo di vendita, di talché è stata ipotizzata la vendita dei soli titoli quotati, considerato che, per quelli non quotati, la congruità del prezzo di vendita sarebbe contestabile per definizione, con conseguenti elevati rischi di contenzioso, in caso di successivo dissequestro.
  Da ultimo, deve precisarsi che la normativa vigente (articolo 6, comma 21-quinquies, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, e articolo 10, comma 21, del decreto legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 11 del 2011) ha subordinato la possibilità di vendita degli strumenti finanziari sequestrati all'adozione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio, che ne avrebbe dovuto determinare termini e modalità. Tale decreto, per tutte le difficoltà operative, che sono state sopra menzionate e che riguardano le norme contenute nella legge, non è ancora stato attuato.

  PRESIDENTE. Il deputato Pagano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Costa n. 2-00361.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, io personalmente apprezzo lo sforzo che è stato consumato nell'intervento del Viceministro, che, da questo punto di vista, si è limitato ad enunciare tutti i dati che evidentemente gli sono stati forniti dai tecnici del Mef.
  Però le perplessità ovviamente rimangono per cui, al di là della soddisfazione della risposta tecnica che attiene al quesito, ci sono degli elementi che sicuramente devono essere oggetto di approfondimento e probabilmente non basteranno questi pochi minuti a disposizione perché questo possa accadere. Tuttavia, anche per l'attenzione che c’è su questo argomento, è indispensabile che il Governo prenda piena conoscenza di questa vicenda. Una triste vicenda su cui per anni pochi hanno parlato, nessuno è mai intervenuto in maniera concreta e fattiva. Lo dico anche per le cronache e per coloro che ci stanno ascoltando e, che sono molti, Presidente, coloro che sono dietro agli schermi in questo momento, soprattutto forze dell'ordine, sindacati di polizia e carabinieri sono attenti e ne vogliono sapere di più. La legge su questa materia, la legge sul FUG, nasce nel 2008 e prevede che il 2 per cento delle somme rimanga nelle casse del Ministero dell'economia e delle finanze, il 49 per cento vada ad alimentare le poste del Ministero della giustizia e un altro 49 per cento al Ministero dell'interno. Per cui, in un contesto come il nostro estremamente complicato, con una carenza notevole di risorse finanziarie, è evidente che ci si aspettava e ci si aspetta una grande risposta da parte della gestione del FUG, risposta che, invece, lascia tutti un po’ delusi.
  Ecco perché è indispensabile puntare l'attenzione e il riflettore su questa storia. Infatti, è evidente che se fino ad oggi non è successo nulla di buono nella gestione del FUG ciò è avvenuto per distrazione o disattenzione. Non si era compreso che nel Pag. 44FUG c’è una portata di flussi finanziari imponente, fondi che con un maggiore senso di responsabilità da parte di chi li gestisce – il riferimento è, ovviamente, ai tecnici che hanno in carico queste risorse – avrebbero portato ad altri risultati. Io penso che su questa cosa dobbiamo operare e intervenire. Pensi, Presidente, che al 1o agosto 2012 – questo è l'ultimo dato ufficiale prima dell'interpellanza di oggi, mia e del mio gruppo – di fatto sostanzialmente i fondi che erano a disposizione erano di circa 2 miliardi e 212 milioni di euro, adesso ne abbiamo tre. C’è stato un incremento notevole, a dimostrazione di un'attività intensa, in materia di sequestro dei patrimoni mafiosi. Rimane il fatto stesso che ci siano 978 milioni di euro e due miliardi e 200 milioni di euro in titoli per un totale di tre miliardi di euro il che, la dice lunga sul fatto che la gestione di questo fondo è stata inadeguata e oggi sicuramente deve essere immaginata una politica, non dico più aggressiva, perché questo non attiene ai livelli di prudenza che si devono avere in queste cose, però con una modalità di tipo diverso. Infatti, il denaro contante oggi è lì ed è a disposizione. È chiaro che non viene messo a disposizione per le spese in conto capitale perché non potrebbe essere diversamente, né potrebbe essere utilizzato per assunzioni di forze di polizia perché ci vorrebbe una copertura pluriennale. Tuttavia è evidente che le spese correnti, quelle sì, abbiamo la necessità di finanziarle. Si pensi che oggi le forze di polizia sono con mezzi vetusti; si pensi che gli affitti delle caserme su cui insistono le nostre forze dell'ordine il più delle volte non vengono soddisfatti nei pagamenti, con tutto quello che ne consegue. Si pensi anche a tutto quello che anticipano costantemente – sono note che si leggono sui giornali – le forze dell'ordine per cercare di venire incontro alle spese correnti (giubbotti o macchine ferme senza benzina). Il fatto stesso che siano arrivati ai Ministeri pochi milioni di euro in cinque anni, perché la sommatoria dei dati messi a disposizione – vado un po’ a spanne con il dato precedente – non arriva a 300 milioni di euro, la dice lunga sul fatto che certamente questa misura che è stata concepita per dare possibilità concrete di finanza fresca alle forze dell'ordine e al Ministero della giustizia, non ha raggiunto la mission.
  Questo ovviamente non ci deve far passare il fenomeno sotto un profilo statistico o sotto un profilo della presa d'atto. No, non può essere così. Non può essere perché ci sono miliardi di milioni di euro che sono lì, che giacciono inutilizzati, per cui, al di là della giusta prudenza quello che riusciamo a capire in questo momento è che ci sono dei livelli di responsabilità che non vengono pienamente realizzati. Il che è gravissimo !
  Da qui, quindi, la necessità di un processo di attenzione, di una capacità reale da parte del Governo di intervenire. Questo almeno vuole essere il senso di questa interpellanza urgente. Pensi un po’ che oggi ci sono anche delle polemiche diffuse da parte di giornali importanti che si stanno dedicando a questa vicenda perché evidentemente c’è qualcosa che non va e c’è una sorta di eccessiva e tacita non volontà (mettiamola così, usiamo un eufemismo) di non essere trasparenti su questa vicenda. E ancora una volta, sottolineo, non mi riferisco al Governo. Mi riferisco a chi gestisce queste risorse, quindi ai tecnici che evidentemente hanno in capo risorse ingenti su cui hanno voglia di parlare poco. Il fatto stesso che per arrivare anche a questa risposta si sia voluta una interpellanza urgente la dice lunga che c’è qualcosa che non va.
  Per non parlare della gestione dei patrimoni, è evidente che anche lì bisogna che il Governo punti l'attenzione. I patrimoni sono ben altra cosa rispetto al Fondo unico giustizia perché attengono a un livello dinamico di gestione. Stiamo parlando di aziende, stiamo parlando di immobili: quelli sì che realmente necessitano di una visione molto più larga e molto più attenta. Però lì stanno nascendo altri tipi di polemiche, signor Viceministro. Penso che le cronache dei giornali ormai cominciano ad arrivare a livelli alti, non sono più trafiletti ma cominciano a diventare vere e proprie inchieste, nei quali Pag. 45cominciano a dubitare su una gestione che, anche in quel caso, non va bene. Un patrimonio di 30 miliardi di euro che è stato sequestrato: sì, d'accordo, non è confiscato, è sequestrato, però che di questi, soltanto il 15 per cento è utilizzato ci turba. E soprattutto (questo è un dato su cui vorrei puntare l'attenzione) è un patrimonio che costa tantissimo in termini di gestione. Infatti c’è una polemica che ormai sta nascendo anche sugli amministratori giudiziari che, a quanto pare, lucrano risorse e guadagnano somme ingenti. Questo penso che sia qualcosa su cui bisognerà che il Governo metta mano perché, a fronte di tante responsabilità, è giusto che si abbiano giusti compensi è altrettanto giusto che devono esserci anche giusti risultati economici. Perché se poi si va a vedere che i risultati gestionali di questi patrimoni sequestrati sono assolutamente inadeguati; patrimoni che si sono letteralmente sgonfiati, che sono implosi, vuol dire che le gestioni sono pessime, a fronte di tutto questo, i compensi sono stratosferici nell'ordine di decine di milioni di euro, ovviamente nelle dimensioni complessive. Fa specie questo e su questo certamente bisogna stare attenti. Quindi, come vede, stiamo parlando di un problema serio su cui certamente io mostro soddisfazione per quanto riguarda la risposta che è arrivata perché ci serve a mettere finalmente una lente di ingrandimento su un microdato che era stato sottovalutato dai più e che, invece, necessitava di grande attenzione. Noi oggi abbiamo difficoltà enormi per far sì che le nostre forze dell'ordine, le nostre straordinarie forze dell'ordine abbiano risposte adeguate e certamente la risposta non può essere quella a cui finora abbiamo assistito in questi cinque anni. Abbiamo oggi uno specchio abbastanza ampio di valutazione; non sono passati cinque mesi, non sono passati due anni per cui non si può sentir dire che ancora dobbiamo vedere i risultati. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Noi riteniamo assolutamente inadeguata questa gestione tecnocratica. La vediamo inadeguata anche dal punto di vista delle responsabilità. Ritengo che sia arrivato il momento che il Governo ci metta mano che, da oggi in avanti, nell'interesse della sicurezza dei cittadini e nell'interesse delle forze dell'ordine, carabinieri e polizia, noi non possiamo più stare con le mani in mano.
  Noi abbiamo oggi l'esigenza di dare risposte. I soldi ci sono, non è pensabile che in cinque anni arrivino 300 milioni di euro, mi consenta di dire, a fronte di 3 miliardi di euro, mi verrebbe troppa voglia di fare uno screening che ovviamente non attiene a livello di chi parla, né di questo Parlamento, ma sicuramente il Governo ha l'interesse a farlo. Molto vorremmo sapere su questa liquidità che invece non viene messa a disposizione. Insomma, mi pare di poter dire che c’è «carne sul fuoco» a sufficienza per far sì che, finalmente, una volta su tutte, su questo argomento si intervenga concretamente.
  Per tutto il resto, per tutto quel che riguarda l'aspetto politico, gli interpellanti confermano la soddisfazione per la risposta.

(Intendimenti circa la possibilità di una revisione della normativa IMU relativamente agli enti non commerciali e del modello di tassazione previsto – n. 2-00404)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Beni n. 2-00404, concernente intendimenti circa la possibilità di una revisione della normativa IMU relativamente agli enti non commerciali e del modello di tassazione previsto (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Beni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO BENI. Signor Presidente, signor Viceministro, prendo solo pochi minuti per illustrare – al di là delle motivazioni tecniche che sono riportate in premessa dell'interpellanza e che non ripeto – le ragioni di ordine politico e, vorrei dire, di buonsenso che, a mio parere, dovrebbero indurre il Governo ad intervenire con urgenza per porre rimedio alle incongruenze Pag. 46e alle difficoltà di attuazione che si sono determinate in merito all'imposizione IMU sugli immobili degli enti no profit. Si tratta di ragioni che, del resto, avevo già illustrato in un mio ordine del giorno del giugno scorso, che lo stesso Governo aveva accolto favorevolmente, senza che, però, a questo sia finora seguito alcun fatto concreto.
  In estrema sintesi, la questione: fin dall'epoca della vecchia ICI – quindi, il 1992 – fu prevista una specifica esenzione dell'imposta per gli immobili degli enti non commerciali adibiti ad attività senza fine di lucro, di utilità sociale, assistenziale, previdenziale, sanitarie, culturali, ricreative, sportive, eccetera. Il decreto legislativo n. 23 del marzo 2011 trasferisce integralmente anche nel campo di applicazione dell'IMU quelle esenzioni già previste ai fini dell'ICI: esenzioni, si badi bene, circoscritte solo agli immobili destinati esclusivamente a quelle attività e subordinate a precisi requisiti che gli enti devono avere, come il divieto di distribuire utili, l'obbligo di reinvestire eventuali proventi per gli scopi istituzionali, la trasparenza di gestione, la democrazia interna, eccetera.
  Quindi, fin qui, è tutto chiaro e lineare, se non fosse intervenuto – e qui sta il problema – con il decreto-legge n. 1 del 2012 del Governo Monti, un ulteriore vincolo, sicuramente concepito nel lodevole intento di rendere più stringente la norma e quindi di prevenire eventuali abusi, che però ha finito, invece, per rendere tutta la materia più confusa e opinabile. Quel testo, infatti, da un lato, conferma le esenzioni per le attività citate e, dall'altro, le subordina alla condizione che quelle attività vengano svolte «con modalità non commerciali», introducendo una nozione delle modalità inedita per il nostro ordinamento, non rilevabile nelle norme civilistiche né fiscali consolidate.
  Oltretutto, solo a fine anno – quindi ben oltre la scadenza della prima rata e a ridosso della seconda – il Governo fornì le interpretazioni che avrebbe dovuto dare a maggio, ma ancora in modo insufficiente a chiarire molti dubbi. Per esempio, in quel testo – decreto ministeriale n. 200 del novembre 2012 – si faceva riferimento alla nozione di concorrenza di mercato, che in realtà non ha ragion d'essere applicata al mondo del no profit, in cui le eventuali attività economiche sono indirizzate solo al conseguimento dei fini istituzionali e fuori da ogni logica di profitto.
  Questo improprio riferimento al mercato sovverte le regole consolidate relative al rapporto fra socio e associazione, alla distinzione tra attività istituzionali e commerciali di questi enti. La conseguenza, in tre parole, è che alcune attività di questi enti, tuttora riconosciute come non imponibili dalle norme vigenti, tanto ai fini delle imposte sul reddito, quanto ai fini dell'IVA, sembrerebbero diventarlo ai fini dell'IMU.
  Ora, è evidente che questa situazione, se non sanata, rischia di produrre diffusa materia di contenzioso a danno dell'erario, oltre che mettere in seria difficoltà centinaia di realtà del terzo settore, paralizzando le attività sociali che esse svolgono e gli stessi beneficiari di tali attività. Stiamo parlando – ed è l'ultima cosa che voglio dire – di un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese, che mobilita grandi energie di volontariato, che fornisce alle comunità locali servizi di importanza vitale, dalle mense sociali ai dormitori, all'assistenza dei disabili, alla cura degli anziani, alla protezione civile, alla difesa del patrimonio culturale, dei centri di aggregazione e di socialità. È un mondo che ogni giorno contribuisce ad arginare il disagio sociale in questa fase particolarmente difficile per la vita del Paese e che merita di essere sostenuto, merita di essere incentivato, non certo penalizzato.
  Questo mondo, io credo, non chiede privilegi: rivendica semplicemente regole chiare ed eque a cui attenersi e, soprattutto, rivendica certezza delle regole. Rischiare di incorrere in errori, in inadempienze solo perché le norme non sono chiare, non va bene mai, perché lede il principio di leale collaborazione fra lo Stato e il contribuente; ma è ancora più ingiusto quando va a penalizzare proprio chi ogni giorno si spende volontariamente Pag. 47per il bene comune, per il bene del Paese. Da qui la richiesta Governo di mettere fine allo stato di incertezza che si è determinato e di ripristinare criteri chiari e trasparenti in materia di esenzione dall'IMU per gli enti non commerciali che ne hanno diritto.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, con il documento ispettivo, gli interpellanti hanno chiesto di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rendere esecutivi gli impegni assunti dal Governo con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/1012-A/6 nella seduta del 18 giugno 2013, affinché gli enti non commerciali siano tenuti al pagamento dell'IMU solo per gli immobili (o porzioni di essi) effettivamente destinati ad attività commerciali e con modalità coerenti con i presupposti della tassazione delle attività svolte dai medesimi enti in ambito di reddito e di IVA.
  In particolare, nel documento in oggetto, vengono evidenziate, le criticità legate alla nozione di «non commercialità» nonché alla farraginosità del meccanismo di tassazione delineato dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, che è stato modificato nel tempo. Al riguardo, il Dipartimento delle finanze ha rappresentato che, con la decisione del 19 dicembre 2012 relativa all'aiuto di Stato, la Commissione europea, con riferimento all'esenzione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i), del citato decreto legislativo, si è pronunciata in materia di IMU, riconoscendo che: «l'esenzione dall'IMU, concessa ad enti non commerciali che svolgono negli immobili esclusivamente le attività elencate all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato».
Secondo la Commissione, le disposizioni concernenti l'applicazione all'IMU dell'esenzione in parola esprimono in modo chiaro che detta esenzione può essere garantita solo se negli immobili considerati non vengono svolte attività commerciali. Per determinare il carattere non economico di un'attività, ai sensi della giurisprudenza dell'Unione, occorre esaminare la natura, lo scopo e le norme che regolano tale attività. Il fatto che alcune attività possano essere qualificate come «sociali» non basta ad escluderne la natura economica.
  La Commissione, quindi, nella decisione in commento si è soffermata sul disposto concetto di «modalità non commerciali». In base a tale disposizione, le attività istituzionali sono considerate svolte con modalità non commerciali quando: 1) sono prive di scopo di lucro; 2) per loro natura, conformemente al diritto dell'Unione europea, non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono uno scopo di lucro; 3) costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
  Ciò posto, il Dipartimento evidenzia che la disciplina dell'esenzione in argomento si è conformata ai canoni e ai principi di stampo comunitari suesposti, pur presentando innegabili specificità, le quali, quindi, valgono a diversificarla dalle altre imposte, menzionate nell'interpellanza, che non hanno carattere reale come l'IMU e che, dunque, impongono uno stretto collegamento con l'immobile e la parte dello stesso in cui si svolgono effettivamente e con modalità non commerciali le attività meritevoli previste dalla legge.
  In questo contesto, l'insieme delle disposizioni che disciplinano l'applicazione dell'esenzione risulta oggettivamente complesso, ma non per questo farraginoso. Infatti, in occasione della predisposizione dell'apposito modello di dichiarazione IMU per gli enti non commerciali, il Dipartimento ha elaborato, in maniera approfondita e dettagliata, le relative istruzioni, anche in collaborazione con le parti interessate, al fine di assicurare una corretta applicazione delle regole dirette al calcolo del beneficio in questione.
  Devo dire poi all'interpellante che in sede di discussione della delega fiscale, sia Pag. 48alla Camera che al Senato, c’è stato un preciso impegno del Governo ad intervenire complessivamente sulla valutazione e ridefinizione della tassazione degli enti no profit. È un'attività che, come giustamente diceva l'interpellante, è diventata fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese e per tutta una serie di aspetti sociali che in assenza di questi enti no profit non verrebbero fatti o verrebbero fatti in misura minimale. Quindi, c’è un impegno del Governo, accogliendo l'auspicio dell'interpellante, ad intervenire per specificare meglio – sia in questo campo, ma anche più complessivamente per gli enti no profit e, quindi, anche per gli altri tipi di reddito – una definizione più precisa e più dettagliata che, tenendo conto di queste disposizioni comunitarie, possa comunque adeguare queste disposizioni alla realtà italiana che è una realtà, in alcuni casi, diversa da quella di altri Paesi europei ed è una realtà che il Governo, ma direi l'intero Parlamento, visto come si è discusso in sede di delega fiscale, ritiene che debba essere stimolata, debba essere aiutata e debba essere spinta per il beneficio comune. Quindi, il Governo prende l'auspicio di quello che è stato detto dall'interpellante, non solamente per il campo IMU, ma complessivamente per tutti i campi no profit e c’è un impegno, nei prossimi mesi, in sede di attuazione della delega o in sede di procedimenti specifici, ad intervenire sul campo in questione.

  PRESIDENTE. Il deputato Baruffi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Beni n. 2-00404, di cui è cofirmatario.

  DAVIDE BARUFFI. Signora Presidente, signor Viceministro, ci dichiariamo non soddisfatti della risposta: a fronte di enunciazioni di principio che condividiamo e anche dell'impegno che il Governo si assume nel riesaminare nel complesso la normativa in materia di tassazione di questa parte significativa e sensibile dell'attività sociale del nostro Paese, la declinazione non è coerente e ribadiamo come si sta mettendo questo universo di soggetti di associazionismo in una condizione di incertezza che si trascina anche sugli enti locali. Quanto lamentato dall'interpellante, dal collega Beni, viene rappresentato anche dagli stessi comuni che si trovano nella condizione spiacevole di non poter dare indicazioni puntuali e precise rispetto ad un proprio tributo ai soggetti dell'imposta.
  Sono anche preoccupato rispetto all'impegno che è stato enunciato perché può certamente avere uno sbocco positivo, io confido che in materia fiscale, quando si procederà attraverso la delega assegnata al Governo, si faccia bene attenzione a consultare ed interpellare i soggetti coinvolti in questo caso, ma il rischio è quello di trascinare quello che noi consideriamo un errore introdotto in materia di tassazione degli immobili anche sulla tassazione del resto dei redditi, a partire dall'impresa fino a quella sul valore aggiunto. Infatti se passasse il concetto per il quale la natura, lo scopo e le norme, come richiamato, si misureranno d'ora in poi con queste modalità non commerciali, c’è il rischio di estendere questo problema anche al resto della tassazione.
  Siamo quindi non soddisfatti perché portiamo a casa una parola non di certezza per i soggetti che si sono rivolti a noi e che si sono rivolti al Governo; ancora una volta assistiamo ad un rinvio, ad una sede che è anche fisiologica, ne prendo atto, glielo riconosco, Viceministro, quindi da questo punto di vista la correttezza c’è senz'altro, ma che lascia non solo i dubbi da cui siamo partiti, ma ne carica anche di altri. Credo che questo sia un errore politico che il Governo sta commettendo e chiudo con le parole con cui l'onorevole Beni ha cominciato: ci sono ragioni che io considero di buonsenso, questa naturalmente è una considerazione di ordine personale e partigiana, ma ci sono ragioni di ordine politico invece oggettive che spingerebbero a dare garanzie e certezza alla norma che oggi non si riscontra e noi per il terzo anno consecutivo, 2012, 2013, quest'anno è il 2014, consegneremo a questo settore ancora una volta un quadro di Pag. 49incertezza. Credo che non stiamo facendo un buon servizio né al no profit, né agli enti locali.

(Intendimenti in relazione alla vicenda della nomina del commissario dell'autorità portuale di Cagliari e in ordine all'assetto delle autorità portuali – n. 2-00375)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Liuzzi n. 2-00375, concernente intendimenti in relazione alla vicenda della nomina del commissario dell'autorità portuale di Cagliari e in ordine all'assetto delle autorità portuali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Liuzzi se intenda illustrare la sua interpellanza.

  MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, oggi siamo qui per interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in relazione alle nomine delle autorità portuali, che in questi mesi, in sede di Commissione trasporti, hanno destato fortissime perplessità. Le autorità portuali da venti anni hanno compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza. Precedentemente, tali compiti e ruoli erano svolti con competenza e senza costi aggiuntivi dalle Capitanerie di porto.
  Il presidente dell'autorità portuale ed i commissari straordinari, ove nominati, hanno sostanzialmente competenze equivalenti. Data l'importanza di questo organo di controllo, già soltanto a rigor di logica, ci si aspetterebbe che la dirigenza delle autorità sia basata su criteri che vadano a premiare meritocrazia, competenza, professionalità. Le presidenze di questi enti pubblici sono molto ambite sia per quello che devono gestire (appalti pubblici, infrastrutture), sia anche per il compenso che percepiscono: circa 250 mila euro annui, più ovviamente benefici vari.
  In questi mesi abbiamo assistito ad un susseguirsi di numerose nomine di presidenti e commissari, persone che nulla avevano a che fare con materie marittime e portuali o che mai avevano sfiorato l'ambito lavorativo dei porti. Nomine basate evidentemente su logiche clientelari e politiche, soprattutto. Ma facciamo degli esempi.
  Iniziamo con la nomina di Fedele Sanciu a commissario straordinario dell'autorità portuale del nord Sardegna ed ex presidente della provincia di Olbia-Tempio, ex consigliere regionale, ex senatore non rieletto in questa legislatura. Ormai disoccupato da ruoli politici, arriva per lui l'incarico di commissario straordinario dell'autorità portuale. Fedele Sanciu non rispetta il requisito della legge n. 84 del 1994, che prevede che i presidenti abbiano massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale: non solo Sanciu possiede soltanto la licenza media, ma non ha nessuna competenza in materia.
  Insomma, parrebbe che per fare il presidente di un'autorità portuale e percepire uno stipendio da super dirigente non sia necessario avere alcuna competenza, bensì essere stato un politico. Ma andiamo avanti.
  Nomina di Riccardo Villari come presidente dell'autorità portuale di Napoli. Medico di professione, parlamentare navigato con ben quattro legislature alle spalle, ha lavorato in Commissioni che si occupavano di cultura, lavori pubblici e comunicazioni, sanità e criminalità organizzata. Anche per lui nessuna comprovata esperienza nel settore di nomina, tanto da valutare negativamente la sua elezione la stessa Commissione trasporti della Camera in data 23 ottobre 2013. Tale risultato, però, è stato raggiunto solo per ragioni di mera rivalsa politica. Infatti, Villari, espulso dal PD per non aver accettato di dare le dimissioni da presidente della vigilanza RAI, è attualmente un senatore in quota PdL.
  Passiamo alla nomina a Presidente di Lorenzo Forcieri all'autorità portuale di La Spezia. In questo caso la ragione dell'incompatibilità Pag. 50va ricercata nell'articolo 4 del decreto legislativo dell'8 aprile 2013 – mai reso attuativo – che prevede l'inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione pubblica. Forcieri, a tal proposito, è attualmente presidente del distretto ligure delle tecnologie marine. Anch'egli ha una discreta carriera politica alle spalle: è stato sindaco di Sarzana, provincia di La Spezia, dal giugno 1989 al maggio 1994; senatore dal 1992 al 2006, eletto nel collegio di La Spezia, consigliere provinciale di La Spezia dal 2002 al 2007. Quindi, una carriera politica abbastanza lunga.
  Veniamo infine a Piergiorgio Massidda, che è il caso di studio più interessante. Ex commissario dell'autorità portuale di Cagliari, la nomina più clamorosa, in quanto totalmente fuorilegge, e, a nostro avviso, surreale.
  Ex parlamentare del PdL per ben quattro legislature, Massidda detiene attualmente un vero e proprio record: nominato due anni fa presidente dell'Autorità portuale di Cagliari, il 26 settembre scorso aveva visto la sua designazione annullata da una sentenza del Consiglio di Stato, in quanto non possedeva i requisiti minimi di competenza. Avendo dunque la poltrona vacante, il Ministro Lupi cosa decide di fare ? In barba a qualsiasi senso del ridicolo decide di nominarlo commissario straordinario dell'autorità portuale di cui, come presidente, era stato giudicato incompetente !
  Cito: «Per la sua storia personale, non poteva avere certo conseguito la massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale ed era carente in radice del requisito prescritto dalla legge, per cui doveva probabilmente la sua nomina alle sue capacità politico-relazionali. In sostanza, non solo possedeva titoli di studio del tutto estranei alla materia, ma nella sua pluriennale esperienza parlamentare si era sempre interessato delle materie direttamente o indirettamente affini, giustamente, alle sue capacità professionali». Quanto appena detto e citato non sono parole nostre, del MoVimento 5 Stelle, ma della sentenza del Consiglio di Stato: una sentenza considerata carta straccia dal suo Ministero.
  Dopo questo clamoroso caso, con i miei colleghi abbiamo deciso di depositare una risoluzione in Commissione trasporti a prima firma del collega Bianchi, per impegnare il Governo a revocare la nomina di un Commissario dell'autorità portuale di Cagliari. In tale circostanza lei, signor sottosegretario, ha dichiarato che «il dottor Massidda aveva già avviato una serie di iniziative volte allo sviluppo del porto di Cagliari, per cui si è ritenuto che il medesimo dovesse assumere l'incarico straordinario di commissario dell'autorità portuale di Cagliari, potendo egli, più di chiunque altro, fornire la necessaria continuità nell'azione amministrativa dell'ente. Del resto, la particolare situazione di crisi economica in cui versa l'ambito territoriale di riferimento, e gli effetti negativi che sicuramente si sarebbero manifestati sul contesto produttivo e occupazionale e portuale a seguito dell'interruzione, hanno imposto la conferma del dottor Massidda quale commissario straordinario dell'autorità portuale. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto di conferire al dottor Massidda soltanto poteri di ordinaria amministrazione indifferibili ed urgenti, non potendosi ovviamente consentire soluzioni di continuità nell'attività amministrativa ordinaria, che sicuramente determinerebbero grave pregiudizio alla funzionalità dell'ente».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 13,05)

  MIRELLA LIUZZI. Ecco: da queste parole si ammette scandalosamente che a seguito di una nomina politica come presidente, gli effetti hanno reso necessario il perpetuarsi della nomina a Commissario straordinario, dando come al solito la colpa alla crisi e alle emergenze, tanto per Pag. 51cambiare. Nelle ultime settimane la nomina di Massidda, a fronte di numerose sollecitazioni partite grazie alla risoluzione del MoVimento 5 Stelle e alla conferma della sentenza del Consiglio di Stato, è stata revocata, e ha reso ancora più clamoroso ed evidente lo sbaglio effettuato dal Ministro.
  A conclusione di tutto, vorrei sottolineare i soldi che passano per l'autorità portuale di Cagliari. Parliamo di cifre esorbitanti: 53 milioni da spendere entro il 2016 per opere pubbliche nei porti del nord Sardegna e 120 in quello di Cagliari, 60 milioni transitati nel 2012 dalle casse dei porti del nord dell'isola e più del doppio a Cagliari.
  Chiediamo in questa occasione al Governo due cose: la prima, che dovrebbe essere fondamentale, ovvero il rispetto delle leggi; la seconda è la coerenza. È inaccettabile sia il caso specifico di Massidda, sia il perpetrarsi di nomine politiche alla presidenza delle autorità portuali come quelle oggi esposte. Se questo continuerà ad essere l'orientamento del Governo, sempre che non cambi nelle prossime ore, che si abbia almeno il coraggio di cambiare i procedimenti di nomina, inserendo chiaramente che i presidenti delle autorità portuali devono almeno avere dieci anni di carriera politica alle spalle: in modo tale che i cittadini sappiano che le autorità portuali sono un «poltronificio» per i politici trombati, rispecchiando quella che è in realtà la realtà dei fatti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, in relazione ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti ritengo opportuno ripercorrere preliminarmente il quadro di riferimento relativo alla nomina del dottor Massidda.
  Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 23 settembre 2011 n. 338, il dottor Massidda veniva nominato presidente dell'autorità portuale di Cagliari. Successivamente, con sentenza n. 4768 del 2013 il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il citato decreto n. 338 del 2011 e la nota con la quale la regione Sardegna aveva espresso la prevista intesa sul nominativo del dottor Massidda.
  Avverso la citata sentenza n. 4768/2013 è stato proposto ricorso in Corte di cassazione. In tale quadro, al fine di garantire la continuità della normale gestione dell'ente, nelle more della procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge n. 84 del 1994, n. 26, e considerato che il dottor Massidda aveva già avviato una serie di iniziative volte allo sviluppo del porto di Cagliari, il medesimo veniva nominato, con decreto MIT del 26 novembre 2013, commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari a decorrere dalla data della notifica del provvedimento medesimo e per un periodo non superiore a sei mesi, fatto comunque salvo l'esito del contenzioso in essere avverso la citata sentenza del Consiglio di Stato.
  Con decreto monocratico n. 5100/2013 del 20 dicembre 2013 del presidente della quarta sezione del Consiglio di Stato veniva respinta l'istanza, avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'adozione di misure cautelari ai fini della sospensione della suddetta sentenza n. 4768/2013.
  Conseguentemente, nelle more della pronunzia definitiva sulla istanza cautelare, non potendosi consentire soluzioni di continuità nell'attività amministrativa ordinaria che avrebbero potuto determinare grave pregiudizio alla funzionalità dell'autorità portuale di Cagliari, con successivo decreto MIT, del 27 dicembre 2013, venivano conferiti al commissario straordinario dottor Massidda i soli poteri di ordinaria amministrazione indifferibili ed urgenti fino alla decisione definitiva dell'istanza cautelare ovvero fino alla nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Cagliari, il cui procedimento era stato già avviato il 27 novembre 2013.Pag. 52
  Con ordinanza n. 364/2014, depositata in segreteria il 29 gennaio 2014, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha respinto l'istanza di misure cautelari per la sospensione della citata sentenza n. 4768/2013.
  Tuttavia, a tale data, non risultavano ancora pervenute, nonostante i ripetuti solleciti, le designazioni degli enti pubblici di cui al citato articolo 8 della legge n. 84 del 1994, ai fini della nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Cagliari.
  Pertanto, nel pieno rispetto delle decisioni dell'organo giurisdizionale, con decreto MIT del 29 gennaio 2014, è stata disposta la revoca del mandato commissariale del dottor Massidda.
  Con il medesimo decreto, considerata la necessità di dover comunque assicurare senza soluzione di continuità la regolare attività amministrativa di detta autorità portuale fino alla definitiva pronunzia della Corte di cassazione, si è provveduto a nominare, considerate le professionalità possedute e la profonda esperienza maturata nel settore portuale, il capitano di vascello Vincenzo Di Marco, direttore marittimo e comandante del porto di Cagliari, commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari.
  Il suddetto commissario straordinario è preposto alla gestione dell'ente fino all'esito dei rimedi giurisdizionali avverso la sentenza n. 4768/2013, ovvero per il periodo strettamente necessario al completamento del procedimento di rinnovo della presidenza dell'autorità stessa e, comunque, per un lasso temporale non superiore a sei mesi.
  Per quanto attiene poi al secondo tema trattato nell'interpellanza, relativo all'efficienza complessiva dell'attuale assetto istituzionale della portualità, si conferma l'opportunità e la necessità – più volte ribadita in questi mesi – di una riforma che dovrà includere anche i due aspetti posti nei quesiti conclusivi degli onorevoli interpellanti, quello del numero delle autorità portuali e quello dei criteri di nomina dei presidenti.
  Il tema, che, insieme ad altri, ha carattere di priorità nelle strategie di crescita economica del Paese, merita di essere affrontato con spirito innovativo e coinvolgendo attivamente la complessa rete di organismi amministrativi, imprenditoriali e di rappresentanza dei lavoratori che operano nei porti e intorno ai porti. In tal senso, il Ministro dei trasporti si è fatto promotore di una serie di iniziative di consultazione, che sono tutt'ora in corso.
  Tuttavia, occorre sottolineare come – data la complessità della materia e degli interessi in campo, nonché la rilevanza istituzionale dei soggetti statali e territoriali a vario titolo coinvolti – qualunque iniziativa di riforma proposta dal Governo possa trarre giovamento da un coordinamento stretto, pur nella distinzione dei rispettivi ruoli, con quanto finora acquisito dal Parlamento nel corso del procedimento di revisione (A.S. 370 e 120) della legge quadro di settore (la legge 28 gennaio 1994, n. 84), attualmente in corso presso l'VIII Commissione del Senato.
  È proprio per rafforzare il processo di riforma già messo in moto dalle iniziative richiamate, oltre che per un doveroso riconoscimento del valore del lavoro parlamentare in corso, che il Ministro ha avviato, proprio in questi giorni, una verifica ravvicinata e di dettaglio delle innovazioni normative all'esame, con particolare riferimento ai due temi suddetti delle aggregazioni e sinergie fra autorità portuali e del ruolo e delle funzioni di tali organi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Nicola Bianchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Liuzzi n. 2-00375, di cui è cofirmatario.

  NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, ovviamente noi non ci riteniamo soddisfatti della risposta, anche perché è una risposta parziale e inconcludente a nostro avviso. È inconcludente perché si continua a non rispondere e quando lo si fa lo si fa in maniera superficiale e appunto inadatta, nel senso che soprattutto sulla vicenda di Sanciu in merito ad una mia precedente interrogazione in Commissione, dove appunto chiedevo quali fossero Pag. 53le competenze dell'ex senatore, lei, sottosegretario, rispondeva «che nel concludere, mi preme evidenziare che in ogni caso il senatore Sanciu risulta in possesso delle competenze che lo rendono idoneo a ricoprire l'incarico commissariale di cui trattasi». Quindi, risponde alla mia domanda dicendomi che in realtà ha le competenze, senza elencare le competenze.
  La sua candidatura alla nomina di presidente dell'autorità portuale, da parte degli enti locali interessati, costituisce la riprova che lo stesso è dotato delle caratteristiche previste dal menzionato articolo 8. Quindi, cosa fa ? Utilizza come scudo il discorso degli enti locali, mentre sappiamo benissimo che gli enti locali indicano delle nomine in base sempre all'appartenenza politica. Sappiamo benissimo che il «governatore», quindi chi governa la regione Sardegna, appartiene allo stesso partito dell'ex senatore. Quindi, è anche ridicola la cosa.
  Un'altra cosa che mi preme sottolineare è che, comunque, fondamentalmente le domande che noi ponevamo in questa interpellanza urgente erano molto semplici e fondamentalmente erano tre. Queste domande lei praticamente le ha schivate, le ha dribblate dicendo che comunque al Senato si sta già parlando della legge, ma noi nello specifico volevamo delle soluzioni un po’ più dettagliate. È troppo semplice e riduttivo dire: «Sì, ok, al Senato si sta già trattando la legge». Ma, nello specifico, soprattutto sul taglio delle autorità che non possiedono i requisiti previsti dalla legge, come ad esempio il porto di Manfredonia, cosa vuole fare ? Come ha intenzione di gestire la cosa il Ministro ? Soprattutto, la criticità forte è rivedere i criteri di nomina delle autorità portuali, al fine di garantire una maggiore competenza e una capacità gestionale dei porti. Sappiamo benissimo che l'autorità portuale, come ha già evidenziato la collega, ha un'attività molto, molto critica, un'attività molto importante nella quale girano molti, molti soldi. Quindi, mettere, inserire e nominare delle persone che hanno delle competenze, che riescono a gestire e soprattutto a programmare, utilizzando nel modo migliore questo soldi, va a vantaggio di tutta la comunità.
  Concludo dicendo che questo Paese se va male va male anche a causa di queste nomine, perché vengono utilizzati questi apparati, diciamo, pubblici per dare dei posti di lavoro a dei politici che non sono stati eletti e per noi questa cosa è gravissima e veramente va denunciata.

  PRESIDENTE. Grazie per la sintesi, onorevole Nicola Bianchi.
  Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo statale «Sandro Pertini» di Magliano Sabina, in provincia di Rieti (Applausi).

(Iniziative per l'incremento della sicurezza stradale sulla variante Aurelia – n. 2-00392)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Velo n. 2-00392, concernente iniziative per l'incremento della sicurezza stradale sulla variante Aurelia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Velo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SILVIA VELO. Signor Presidente, signor sottosegretario, lo scorso 30 gennaio c’è stato un terribile incidente lungo la variante Aurelia, tra l'uscita della galleria e lo svincolo di San Vincenzo sud. Un'auto sotto la pioggia battente è sbandata, infilandosi nel varco del muretto divisorio della variante. Ha invaso l'altra corsia proprio mentre stava arrivando un grosso camion e, nell'impatto che si è avuto, c’è stata la morte di una donna e della figlia presenti sul veicolo.
  Questo incidente gravissimo è l'ultimo e probabilmente il più grave di una serie di episodi che mettono drammaticamente in evidenza il tema della sicurezza stradale e della pericolosità dell'arteria variante Aurelia legata al cattivo stato di manutenzione della strada stessa. Come lei sa, la variante Aurelia è l'asse viario che collega Pag. 54Rosignano all'uscita del tratto dell'autostrada tirrenica con Civitavecchia, l'unico asse viario, un asse per cui è previsto l'adeguamento e la trasformazione in autostrada. I territori hanno lavorato insieme alla regione e al Governo alla predisposizione di questo progetto con molte difficoltà, con molti punti interrogativi, ma sostanzialmente con una condivisione degli enti locali e della regione insieme al Governo sulla necessità di questa trasformazione.
  Resta il fatto, però, che nel frattempo vanno garantite le condizioni di sicurezza ai cittadini che attraversano quel tratto di strada statale, l'unico, come ho detto prima, di collegamento tirrenico tra nord e sud. E chiunque percorra quel tratto – io lo faccio spesso – non può che testimoniarle le condizioni drammatiche in cui quel tratto di strada tra l'uscita della autostrada Rosignano e l'imbocco del tratto esistente di autostrada a nord di Civitavecchia si trovano manto stradale, segnaletica orizzontale e verticale. È chiaro che nelle condizioni di maltempo la situazione diventa ancora più pericolosa, perché fenomeni di aquaplaning portano a sbandamenti, a uscite di carreggiata e, nel caso specifico, purtroppo anche ad un tratto di strada priva del new jersey e quindi allo sbandamento nella corsia opposta. Ora io non so se le cattive condizioni di manutenzione siano dovute al fatto che si è in attesa di questi lavori di adeguamento. Non lo so e francamente credo che le motivazioni siano anche poco rilevanti. Quello che è invece rilevante è un impegno urgente del Governo per ripristinare le condizioni di sicurezza.
  Proprio in questi giorni ANAS ha replicato alla mia interrogazione, ma anche a quanto sollevato da colleghi del MoVimento 5 Stelle sul tema, segnalando che sono stati eseguiti lavori di manutenzione e di messa in sicurezza per 25 milioni. Io vorrei che il Governo verificasse in quali opere sono stati spesi questi soldi, a quanti chilometri di rifacimento di asfalto corrispondono e verificasse se possibile con i propri tecnici di persona le condizioni che io denuncio con forza in questa interpellanza. Soprattutto chiedo al Governo di farsi carico di un intervento immediato e consistente, perché il tratto disastrato e dissestato è piuttosto consistente, perché non accada più niente come quello che è accaduto nelle settimane scorse.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti, in relazione al tragico incidente del 30 gennaio scorso sulla variante Aurelia, che è costato la vita a due persone, chiedono quale sia lo stato degli interventi di manutenzione di detto asse viario. Al riguardo, sono state assunte informazioni presso ANAS, la quale ha fatto presente di aver effettuato prontamente dei sopralluoghi con proprio personale tecnico, in particolare sul tratto dove si è verificato il violento incidente. ANAS fa presente che dal 2005 ad oggi sono stati eseguiti lavori per la sicurezza, il miglioramento funzionale e la manutenzione straordinaria, per circa 850 mila euro e che risultano programmati interventi, per un valore di circa 4 milioni di euro, necessari per l'adeguamento, l'allineamento e il ripristino delle barriere di sicurezza, nonché per il rifacimento dell'intera pavimentazione stradale.
  Segnalo, infine, che la galleria San Carlo, citata dagli onorevoli interpellanti, sarà oggetto di lavori di adeguamento degli impianti tecnologici, ai sensi del decreto legislativo n. 264 del 2006, per un importo di circa 3 milioni.
  Riguardo, poi, alla possibilità di destinare parte dei fondi di cui all'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013, così come modificato dall'articolo 1, comma 70, della legge n. 147 del 2013, per la variante Aurelia, devo, purtroppo, informare che gli stessi sono stati già destinati ad uno specifico programma di interventi individuato da ANAS e già approvato con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 7 agosto 2013.Pag. 55
  Allo stato, in assenza di ulteriori risorse, assicuro che, qualora fossero individuate eventuali economie relative alla realizzazione dei lavori previsti nel suddetto programma, sarà possibile interessare l'ANAS al fine di valutare l'opportunità di prevedere il finanziamento degli interventi per la messa in sicurezza del tratto stradale oggetto dell'interpellanza.

  PRESIDENTE. L'onorevole Velo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SILVIA VELO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, ma lo invito ad andare oltre le relazioni tecniche che gli fornisce l'ANAS e a svolgere appieno il suo ruolo di sottosegretario e membro del Governo, insieme al Ministro Lupi. Vede, lei ci ha portato qui, in Aula, alcune cifre: 850 mila euro dal 2005 ad oggi sono niente, 4 milioni di euro di lavori programmati, e non realizzati, sono niente, e hanno, come conseguenza, il fatto che la strada sia completamente dissestata.
  La risposta che ANAS ci fornisce, in realtà, conferma la denuncia che io, i colleghi, gli enti locali e i cittadini hanno fatto in questi giorni e in queste settimane. Quindi, colgo l'occasione per chiedere, su questo, un'iniziativa al Governo, perché non abbia la responsabilità di doversi trovare nuovamente in una situazione drammatica come quella che stiamo denunciando oggi.
  Vi è bisogno di un intervento politico, di direzione politica del Governo, su ANAS, perché essa relazioni e rendiconti meglio al Governo le priorità e il modo in cui le risorse stanziate dal Governo vengono impegnate, su quali strade e con quali priorità, mettendo al primo posto la sicurezza dei cittadini.
  Quindi, mi riservo di ritornare al più presto sull'argomento, sperando che dal Governo arrivi una risposta più politica e meno tecnica. Colgo, poi, l'occasione, qui, per ribadire una mia richiesta al Governo, che ho fatto in questi giorni in Commissione trasporti. La faccio in una fase abbastanza concitata della politica nazionale, ma noi siamo all'inizio di un percorso di dismissioni azionarie da parte dello Stato (40 per cento di Poste e 40 per cento di ENAV già deliberate).
  L'indicazione data dal Governo e prevista dalla legge è di impiegare queste risorse nella riduzione del debito. Noi crediamo che sia una scelta sbagliata e crediamo che l'insistenza che il Ministro Saccomanni ha manifestato in questa direzione, ancora ieri, al Senato, sia un errore. Si parla di 8-10 miliardi, che, investiti per la riduzione di un debito che ammonta a 2 mila miliardi, avrebbero un effetto praticamente nullo.
  Se, invece, più utilmente, fossero impiegati in investimenti, come quello della manutenzione delle strade, ma aggiungo il rischio del dissesto idrogeologico e un adeguato «piano casa», potrebbero dare, in termini di crescita economica, di occupazione, di posti di lavoro e di sicurezza dei cittadini, molte più risposte, anche in termini di miglioramento del deficit pubblico, che non, appunto, una semplice destinazione alla riduzione del debito. E colgo l'occasione – lo farò in ogni circostanza – per cercare di convincere il Governo ad andare in questa direzione.

(Intendimenti circa il rispetto del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, con particolare riferimento alla realizzazione del progetto di «Auto – o Superstrada Alemagna» – n. 2-00393)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Migliore n. 2-00393, concernente intendimenti circa il rispetto del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, con particolare riferimento alla realizzazione del progetto di «Auto – o Superstrada Alemagna» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Kronbichler se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, egregio Ministro, cari colleghi, la Pag. 56mia interpellanza, anzi, la sua risposta ad essa, signor Ministro, rischia di arrivare forse un poco fuori tempo. Non sarebbe poi colpa mia, che l'ho depositata in tempo, e spero che il Ministro – pur essendo adesso con un poco di ritardo – sappia rimediare a situazioni eventualmente compromesse.
  Nel frattempo è scaduta, appunto, una data importante, che fu il 6 febbraio scorso. Si sono mosse le diplomazie austriache, anche quella italiana, se non addirittura quella tedesca. L'Italia, da ultimo fra i Paesi interessati, con legge 7 febbraio 2013 ha ratificato il Protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi in materia di trasporti. Nella stessa occasione, però, la Camera dei deputati, ha approvato un ordine del giorno. Noi qui tendiamo a relativizzare un poco il peso degli ordini del giorno perché – lo ho imparato qui, in questo breve lasso di tempo da che sono qui – si dice che «un ordine del giorno non si nega a nessuno». Però questo ordine del giorno ha reso una cosiddetta dichiarazione interpretativa, il cui obiettivo è sostanzialmente quello di esautorare il suddetto Protocollo.
  È inconfondibile l'obiettivo del provvedimento, o meglio di quell'ordine del giorno approvato, sponsorizzato in modo per niente velato dalla rappresentanza di categoria degli autotrasportatori. L'obiettivo è non ostacolare la realizzazione del progetto di collegare il Veneto mediante strade di grande comunicazione con l'area economica a nord delle Alpi, nota sotto il nome di Autostrada o Superstrada Alemagna, al momento già realizzata fino a Pieve di Cadore circa.
  Se anche realizzata solo sul territorio italiano avrebbe come effetto un massiccio indotto di traffico di merci e di persone sulle reti stradali all'interno dell'arco alpino e oltre. A nostro avviso, una simile dichiarazione interpretativa è da qualificare una riserva indebita. Non si può voler far parte di un accordo internazionale per sostenere, allo stesso momento, di interpretare che, nel punto centrale dell'accordo, io continuo a comportarmi come mi pare.
  È indispensabile una chiara presa di posizione in merito da parte del Governo, in quanto fu proprio la questione Alemagna ad avere dato, all'epoca, lo spunto per arrivare al Protocollo dei trasporti all'interno della Convenzione internazionale.
  Lasciando questo punto, in ultimo faccio una richiesta al Governo, anzi lo supplico, diciamo così: potrebbe rimediare il Ministro, in rappresentanza del Governo, alle nostre ansie, ai dubbi, alle speculazioni, alle illazioni e alle voci, dichiarando che quella trasversale Alemagna-Venezia-Monaco di Baviera non intende farla realizzare.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono l'attenzione sugli adempimenti relativi al Protocollo trasporti, firmato a Lucerna il 31 ottobre 2000, ratificato dall'Italia con legge n. 196 del 2012 e depositato a Vienna il 7 febbraio 2013.
  Come già evidenziato nell'interpellanza, ritengo utile precisare che la dichiarazione interpretativa depositata dall'Italia, a seguito dell'ordine del giorno Stefani n. 9/5465/1, riferito all'articolo 11 (trasporto su strada) del citato Protocollo, è stata già oggetto di dubbi da parte sia dell'Austria che della Germania.
  Sulla base delle informazioni assunte anche presso il Ministero degli affari esteri, evidenzio che le relative ambasciate, infatti, il 27 novembre hanno presentato due note verbali di identico contenuto. In particolare, nell'interrogarsi se vi fosse da parte dell'Italia una riserva formale all'applicazione del Protocollo, è stata chiesta rassicurazione circa la reale volontà di dare attuazione allo stesso.
  E proprio in tale direzione, lo scorso 13 gennaio, dalle risultanze di una riunione tecnica tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è già stata Pag. 57fornita una risposta alle ambasciate di Austria e di Germania, tramite una norma di linguaggio comune, successivamente trasposta nel testo di note verbali, datate 30 gennaio ultimo scorso.
  Attraverso tali note verbali, è stata confermata la volontà italiana di dare applicazione al protocollo ed è stato chiarito che la dichiarazione interpretativa relativa alla possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano non entra in contraddizione con il testo dell'articolo 11 del Protocollo, ma tiene solo in debito conto la conformazione geografica del nostro Paese.
  D'altronde, sul presupposto di una interpretazione rispettosa e coerente del Protocollo e dell’acquis comunitario che discende dalla sua applicazione, si è chiarito che lo stesso processo di ratifica del Protocollo e le diverse azioni promosse a favore della ratifica da parte dell'Unione europea non possono che comprovare l'atteggiamento inequivocabile dell'Italia.
  Devo far presente, inoltre, che in parallelo alla trasmissione di detta nota verbale di risposta, il 3 febbraio scorso è pervenuta una dichiarazione dell'Austria nella quale, proprio in risposta alla sopra citata dichiarazione interpretativa italiana depositata contestualmente allo strumento di ratifica, si conferma che il Governo della Repubblica d'Austria ha preso nota che con la prima frase della sua dichiarazione l'Italia non intende escludere o modificare l'efficacia giuridica di disposizioni contrattuali del Protocollo trasporti, ma che considera la propria dichiarazione del tutto in sintonia con la dizione dell'articolo 11 e che si riferisce solo al traffico interalpino, ma non transalpino. Sulla base di queste spiegazioni l'Austria conviene che la piena validità della disposizione di base del Protocollo, articolo 11, comma 1, non è inficiata dalla dichiarazione interpretativa italiana.
  La stessa Austria, nell'ultima parte della nota verbale, ha precisato che, dando seguito a tale interpretazione, la propria dichiarazione, che va considerata alla stregua di una mera obiezione, non si oppone alla piena entrata in vigore del Protocollo tra i due Paesi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Florian Kronbichler ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Migliore n. 2-00393.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, signor Ministro, non sono proprio soddisfatto del tutto. In questo caso ci troviamo di fronte ad una prosa diplomatica. Ho sottomano anche questo scambio di corrispondenza. Ci si rassicura a vicenda, come si fa in diplomazia – retorica tra amici –, però poi ambedue le parti restano ferme sulle proprie posizioni. Superandosi in elogi reciproci, fanno capire che l'altra parte può avere non capito.
  L'Austria dice che, in caso l'Italia stia ferma sulla sua dichiarazione interpretativa, l'Austria dovrebbe intendere la sua lettera come una opposizione. E questa è stata depositata in questi termini, un anno fa, cioè un anno dalla ratifica della Convenzione.
  Il nostro Ministero degli esteri che cosa dice esattamente ? Dice esattamente, in questo punto, nel terzo capoverso, che noi possiamo costruire grandi strade, non transalpine, ma fino al confine della patria. E se tutti gli Stati della Convenzione delle Alpi dicessero questa stessa cosa ? Se tutti costruissero fino al confine del proprio Paese ? Insomma, qui ci stiamo prendendo un po’ in giro, penso. Comunque io confido in una interpretazione leale e ringrazio.

(Chiarimenti in merito alla circolazione di container nel corridoio scandinavo-mediterraneo, nell'ambito dello sviluppo della rete transeuropea dei trasporti – n. 2-00406)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vecchio ed altri n. 2-00406, concernente chiarimenti in merito alla circolazione di container nel corridoio scandinavo-mediterraneo, nell'ambito dello sviluppo Pag. 58della rete transeuropea dei trasporti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Vecchio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per essere qui. Provo un grande imbarazzo a parlare in quest'Aula «affollatissima». Se non fossimo io e lei qua parleremmo a nessuno...

  PRESIDENTE. La conforto, onorevole Vecchio, c’è anche il Presidente se serve.

  ANDREA VECCHIO. Sì, non era per mancanza di rispetto verso di lei, signor Presidente. Lei ha il dovere di stare qua.

  PRESIDENTE. Anche il piacere, se vuole. Comunque prego, continui.

  ANDREA VECCHIO. Se ha inteso le mie parole come una mancanza di rispetto, faccio ammenda.
  Questa interpellanza nasce dal desiderio di dare voce a quella parte del popolo italiano che negli ultimi anni è stata abbandonata. Mi riferisco al popolo dell'Italia meridionale.
  Nel 2010, con il regolamento n. 913/2010 l'Unione europea ha introdotto dei corridoi merci. Per ognuno di questi corridoi l'Unione europea ha istituito una cabina unica. Con la risoluzione del 19 novembre 2013, i corridoi merci sono stati aggiornati. Il Sud Italia sarà compreso nel corridoio merci numero 3. L'Italia ha già nominato i propri rappresentanti della cabina di regia del corridoio merci numero 3. I container che transiteranno nei corridoi merci hanno altezze standard stabilite internazionalmente. Allo scopo di migliorare il carico per singolo container si è diffuso l'uso, per il traffico marittimo, di un container definito «high cube», poco più alto del tradizionale. La percentuale di «high cube» che circola via mare è in crescita. Le linee ferroviarie merci vengono classificate in base alle altezze delle gallerie in cui passano i container. Le linee PC45 servono per il trasporto dell’«high cube». La mappa delle linee, presente nel sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mostra che da Nord arrivano sino a Napoli-Salerno, mentre il Sud è escluso. A Gioia Tauro, esistendo un importante porto, una certa quantità di container in arrivo è di tipo marittimo «high cube», e necessita, quindi, di gallerie PC45. Tuttavia, come sopra evidenziato, non esistono queste gallerie. La Sicilia, regione nella quale si trovano diversi importanti porti, tra cui quello di Augusta, classificato come «core» dall'Unione europea, non ha attualmente alcun percorso per i container «high cube».
  Quali documenti ufficiali hanno finora prodotto il comitato esecutivo e il comitato di gestione del corridoio merci numero 3 ? Con riferimento al registro infrastrutture, la banca dati recentemente istituita da RFI, quanti sono i chilometri di gallerie del corridoio merci numero 3 al di sotto del parametro P45, in particolare da Augusta a Napoli-Salerno ? Come transiteranno i container «high cube» dal porto di Augusta verso il Nord del corridoio merci numero 3, nonché i container «high cube» da Gioia Tauro a Napoli ? Cosa intende fare il Governo per dotare i territori citati di adeguate infrastrutture atte al trasporto merci nel secolo ventunesimo nonché nel terzo millennio ?

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, in relazione ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti inerenti il corridoio ferroviario merci numero 3 (Scandinavia-Mediterraneo), devo preliminarmente precisare che l’one stop shop, individuato nell'interpellanza quale cabina unica alla quale chi vuole organizzare un treno merci dovrà rivolgersi, ai sensi del regolamento n. 913/2010/UE sarà istituito dal management board (il comitato di gestione) nei tempi opportuni al fine di garantire l'assegnazione di capacità per l'orario di servizio 2016. Pertanto, in considerazione Pag. 59del fatto che il corridoio merci numero 3 sarà attivo per il 2015, il comitato esecutivo e quello di gestione del corridoio non hanno ad oggi prodotto alcun documento pubblico. Al riguardo, preciso che, sul modello degli altri corridoi in fase di più avanzato sviluppo, saranno prodotti e resi pubblici tutti i documenti previsti dalla normativa europea di riferimento. Devo, altresì, far presente che il regolamento n. 913/2010/UE non attribuisce all’executive board poteri riguardanti la definizione e la gestione degli investimenti infrastrutturali né le decisioni del comitato possono in alcun modo generare oneri e obblighi finanziari per gli Stati membri ivi rappresentati.
  I compiti dell’executive board sono infatti limitati a fissare gli obiettivi generali, ad assicurare la supervisione e ad approvare il piano di implementazione preparato dai gestori ferroviari del corridoio così come definiti dall'articolo 8 del regolamento medesimo.
  In merito al comitato di gestione del corridoio merci n. 3 Scandinavia-Mediterraneo, ufficialmente costituito nell'ottobre 2012, RFI (Rete Ferroviaria Italiana) ha evidenziato che trattasi di organo decisionale del corridoio relativamente alle attività dei gestori dell'infrastruttura.
  Le attività finora svolte dal comitato di gestione sono così riassumibili: definizione delle regole di funzionamento e delle modalità decisionali nell'ambito del medesimo comitato; definizione e attivazione della struttura organizzativa finalizzata a completare gli adempimenti previsti dal regolamento europeo; affidamento dello studio di trasporto di corridoio; partecipazione al bando di finanziamento europeo per la copertura parziale delle spese da sostenere per rendere operativo il corridoio entro il 2015; creazione dei gruppi consultivi del corridoio previsti dall'articolo 8 del citato regolamento n. 913/2010.
  Con riferimento alle regole di funzionamento e alle modalità decisionali è stato sottoscritto dagli amministratori delegati dei 7 gestori dell'infrastruttura coinvolti nella governance di corridoio un accordo.
  Per quanto riguarda, invece, la definizione e l'attivazione della struttura organizzativa del corridoio allego agli atti un prospetto.

  PRESIDENTE. Onorevole Girlanda, mi perdoni, non si possono allegare agli atti prospetti. Può mandarlo per conoscenza all'interpellante ma non possono essere allegati.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Va bene, lo consegno all'onorevole Vecchio.
  Devo evidenziare, inoltre, che il comitato di gestione ha avviato lo studio di trasporto di corridoio, il cui completamento è previsto per il mese di settembre 2014 ed è stato ottenuto un finanziamento europeo di 1.287.000 euro per il periodo marzo 2013-dicembre 2015 a copertura delle spese di istituzione del corridoio ferroviario (Finanziamento 2012-EU-9403l-S).
  Inoltre, sono stati già istituiti i gruppi consultivi dei terminalisti e delle imprese ferroviarie aventi un interesse commerciale sul corridoio. Due incontri sono stati finora organizzati in Germania ed in Svezia. Un terzo incontro è pianificato in Italia nel mese di aprile 2014.
  Per quanto riguarda, poi, gli altri quesiti posti dagli onorevoli interpellanti è doveroso premettere che, allo stato attuale, il porto di Augusta – non collegato su ferro – è interessato dal traffico «liquido» e Gioia Tauro svolge la funzione di transhipment. Entrambi non presentano traffico di «high cube».
Pertanto, interventi di adeguamento prestazionale finalizzati al transito di tipologie di traffico merci differenti dalle attuali verranno pianificati in relazione all'evoluzione quali-quantitativa della domanda.
  Le sezioni italiane del corridoio merci 3, definite in via preliminare, si estendono per circa 3323 km, di cui il 45 per cento circa su tratte con codifica al di sotto del PC 45.
  In particolare, la relazione Augusta – Napoli (scalo di Maddaloni/Marcianise) (circa 583 km) presenta attualmente il 79 Pag. 60per cento delle tratte codificate a sagoma inferiore a PC 45.
  RFI fa presente, altresì, di aver messo a punto un piano di adeguamento a sagoma delle principali direttrici di traffico della rete, che verrà implementato in relazione alle disponibilità di risorse finanziarie nazionali e comunitarie e allo sviluppo della domanda di traffico merci di grandi dimensioni (maggiore o uguale a PC 45). Nel frattempo, l'eventuale domanda di trasporto «high cube» fra i porti del sud ed il nord Italia/valichi alpini, potrà essere soddisfatta nel predetto scenario di evoluzione della rete mediante l'instradamento sugli itinerari alternativi del corridoio merci.

  PRESIDENTE. L'onorevole Vecchio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, è uso che l'interpellante si dichiari sempre insoddisfatto e, purtroppo, anch'io mi devo adeguare a questo uso perché dalle sue parole traggo la convinzione della mia insoddisfazione. Lei ha citato più volte RFI come la fonte delle informazioni, la fonte decisionale del traffico e della rete ferroviaria italiana.
  Io ritengo che la fonte decisionale dovrebbe essere il Parlamento italiano, il Governo italiano, che dovrebbe dare impulso e indicazioni a RFI su dove localizzare gli investimenti, su cosa fare nella rete ferroviaria italiana. Non è concepibile che sia lasciato a RFI il potere decisionale di stabilire dove, come e quando allocare gli investimenti. Il Governo deve avere la capacità e il Parlamento deve assumersi la responsabilità di guidare RFI, e non lasciare RFI come un centro di potere estraneo rispetto a questo Parlamento e a questo Governo.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
  Sospendo ora la seduta, che riprenderà alle ore 14 con l'informativa urgente del Governo sui più recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India.

  La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 14,05.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sui più recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India (ore 14,06).

  PRESIDENTE. Come preannunciato questa mattina, passiamo ora allo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui più recenti sviluppi della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri, Emma Bonino.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati e onorevoli deputate, martedì, due giorni fa, di fronte alle Commissioni congiunte affari esteri e difesa di Camera e Senato, avevo riferito di aver costruito una solidarietà solida in ambito Unione europea e di aver aperto – cito – un canale che speriamo maturi velocemente sia in Pag. 61ambito NATO che in ambito Nazioni Unite, sempre tenuto conto che non è così scontato avere solidarietà internazionale. In effetti, in ambito europeo questa unità si è riconfermata ieri con il nuovo intervento dell'Alto rappresentante, Catherine Ashton, dopo quello del Presidente Barroso, di fronte alla Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo ed è stata altresì confermata con le due lettere che l'Alto rappresentante ha inviato ieri sia al Ministro degli esteri indiano, Khurshid, sia al National security advisor.
  Per quanto riguarda la NATO, abbiamo avuto proprio ieri la riconferma da parte del Segretario generale di condivisione delle nostre preoccupazioni e dei nostri allarmi per quanto riguarda l'impatto che la vicenda dei nostri due marò può avere sull'intero impianto delle operazioni antipirateria.
  Sicché, la risposta fornita sempre martedì ad un giornalista dal Segretario generale delle Nazioni Unite, secondo cui sarebbe preferibile una trattazione sul piano bilaterale della questione dei fucilieri di Marina, piuttosto che con il coinvolgimento delle Nazioni Unite, pur non essendo nuova nella sostanza, ha sollevato in me e in tutti voi grande rammarico e fortissime perplessità. La reazione del Segretario generale ha certo seguito meccanicamente la tradizione dell'approccio delle Nazioni Unite nei casi di controversia giudiziaria tra due Stati membri importanti, ma forse facendo prevalere in questa reazione una malintesa preoccupazione di equidistanza fra due membri importanti delle Nazioni Unite piuttosto che la dovuta attenzione alle questioni giuridiche e di principio sollevate dall'Italia.
  Perché il punto è che il SUA Act, o l'uso del SUA Act come base giuridica per il capo di imputazione ha modificato sensibilmente i termini della questione già complessa e troppo lunga di suo. Mi permetto di rilevare al riguardo – e lo faccio con tutto il rispetto che l'Italia porta al sistema delle Nazioni Unite e che mi ha peraltro vista sempre personalmente in prima linea in sua difesa – che affermare in un caso come questo, e a questo punto, che si tratti di una disputa tra Stati è un truismo irrilevante. E la ragione mi sembra chiara: ci sono molteplici convenzioni sul terrorismo sottoscritte in sede Nazioni Unite e ci sono, inoltre, risoluzioni del Consiglio di sicurezza alla base delle operazioni antipirateria in corso, cui noi partecipiamo e cui partecipavano i nostri marò.
  Queste risoluzioni e queste convenzioni hanno alla base non solo l'esigenza condivisa di condurre efficacemente la lotta alla pirateria e al terrorismo, ma anche quella non meno importante di prevenire interpretazioni abusive o divergenti della definizione di «terrorismo» o «terrorista». Si fa spesso un uso generoso, oltre che abusivo, di queste nozioni, ed è bene che ci sia una sorveglianza multilaterale sul modo di interpretare e di applicare le legislazioni in questa materia.
  Inoltre, non siamo più soli ad evocare queste preoccupazioni. L'Unione europea, a seguito del Consiglio affari esteri di lunedì, è scesa in campo per sostenere l'Italia a fronte della minaccia di un uso abusivo di un quadro giuridico che rischia di mettere a repentaglio l'intera azione internazionale contro la pirateria.
  Anche da questo punto di vista, la reazione del Segretario generale mi sembra lasci a desiderare, perché su questo punto specifico non si tratta più di una divergenza o di una disputa tra due membri delle Nazioni Unite, ma di una massa critica di Stati, inclusi quattro membri del Consiglio di sicurezza (di cui due permanenti), che solleva un problema di principio fondamentale.
  È a partire da queste considerazioni che nella giornata di ieri, su mia precisa istruzione, il nostro ambasciatore ha avuto un incontro con il Segretario generale Ban Ki-moon. Il nostro ambasciatore ha espresso la preoccupazione e il rammarico del Governo, del Parlamento, di tutte le istituzioni e del popolo italiano, condivisi dall'Unione europea e dalla NATO, in merito alle ripercussioni negative che un'eventuale applicazione della legge antiterrorismo avrebbe potuto avere sulle nostre azioni comuni contro la pirateria. Il Pag. 62Segretario generale ha prestato attenzione a quanto illustrato dal nostro rappresentante e nella serata di ieri ho poi avuto un contatto personale con il Segretario generale per ribadire la nostra posizione. Ne ho ottenuto comprensione e assicurazione di una successiva azione sua nei confronti delle autorità indiane.
  Onorevoli deputati e deputate, l'Italia ha sempre coerentemente sostenuto che la questione dei fucilieri trascende l'ambito dei rapporti bilaterali, perché riguarda il rispetto del diritto internazionale, tra cui i principi della libertà di navigazione, della giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera, dell'immunità degli agenti che svolgono funzioni ufficiali in rappresentanza di Stati sovrani e l'impegno della comunità internazionale nella lotta contro la pirateria. Ribadisco infatti che i nostri fucilieri erano inquadrati in una missione antipirateria conformemente al diritto internazionale, alle pertinenti decisioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alla legislazione attuativa della disciplina internazionale antipirateria, come il Governo ha affermato nei consessi internazionali. Da parte nostra perciò si è sempre contestata la legittimità della giurisdizione dei giudici indiani e si è sostenuto in più occasioni che la stessa viene esercitata in violazione delle convenzioni delle Nazioni Unite sul diritto internazionale e del mare e delle regole consuetudinarie sull'immunità funzionale degli organi dello Stato. È proprio su questi punti che, dopo la richiesta di applicazione del SUA Act, abbiamo ulteriormente alzato il tiro nella nostra pressione nei confronti dell'organismo onusiano e, mentre sin da gennaio avevamo voluto rappresentare anche l'aspetto dei diritti umani con una nostra azione nei confronti dell'Alto commissario, signora Pillay, con la quale rimango in contatto e che incontrerò prossimamente a Ginevra, a partire dal profilarsi del SUA Act abbiamo svolto un'azione forte, convinti come siamo che questo elemento trascenda totalmente l'ambito bilaterale. Tra l'altro, ieri si è tenuta anche a New York una riunione straordinaria di coordinamento a livello dei 28 Paesi dell'Unione europea, promossa a seguito di un colloquio telefonico che ho avuto con il mio omologo greco Venizelos, presidente di turno dell'Unione europea. Dalla riunione è emersa una piena adesione e un'incondizionata solidarietà ed è stato convenuto di fare d'urgenza un nuovo passo su Ban Ki-moon, che sarà effettuato dalla delegazione dell'Unione europea, dalla Grecia e da noi nelle prossime ore. Rimane evidente che il tipo di pressione esercitata sia in via bilaterale che in via multilaterale verrà valutata e ponderata anche alla luce delle risultanze dell'udienza del 18 febbraio prossimo venturo. L'Alto commissario Katherine Ashton sarà comunque a New York domani a colloquio con il Segretario Ban Ki-moon e risolleverà il caso.
  Onorevoli senatori, questi i fatti fin qui... scusate stavo al Senato questa mattina Onorevoli deputate e deputati, credo che sia di fronte a tutti la delicatezza e la complessità della situazione, ma mi preme ricordare che oggi la questione bilaterale invocata non si pone proprio più. Oggi abbiamo ottenuto il coinvolgimento dell'Unione europea e della NATO. Non è più, non può più essere un rapporto confinato a dispute bilaterali, perché sono in gioco principi di fondo dello Stato di diritto, l'applicazione delle convenzioni antiterrorismo e di due risoluzioni del Consiglio di sicurezza che hanno autorizzato sia l'operazione Ocean Shield che l'operazione dell'Unione europea Atlanta. Continueremo su questa strada, convinti come siamo che il nostro obbligo prioritario, comunque siano state le vicende e le operazioni dei mesi e dei due anni precedenti, sia quello di riportare in Italia in dignità i nostri due marò. Vi ringrazio (Applausi).

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Gian Piero Scanu. Ne ha facoltà.

  GIAN PIERO SCANU. Signor Presidente, signora Ministro, l'informativa che Pag. 63ha appena reso al Parlamento, al nostro gruppo, appare esaustiva, seria e onesta come sempre, e a noi pare anche che all'interno delle cose che ha detto possa trovarsi, se non proprio la soluzione, almeno un barlume di speranza, da ricercare con la buona politica. Ci ha ricordato, signora Ministro, che le missioni alle quali il nostro Paese partecipa sono missioni targate, se possiamo dire così, NATO e Unione europea. Entrambe le missioni, lei stessa ce l'ha ricordato, si sono potute formare e sviluppare non solo sulla base di postulati precisi originati da risoluzioni emanate dalle Nazioni Unite, ma in qualche modo sono state anche autorizzate dalle Nazioni Unite. Dunque, il ruolo delle Nazioni Unite relativamente a queste due missioni, che, è vero, hanno altra targa, ma sono l'espressione di una fonte originaria ben precisa e ben definita, non può essere relegato a quello che il Segretario generale – e lei ha ricordato anche questo – ha ritenuto di dover dire. Si tratta – ci ha detto – di una questione che riguarda i due Paesi: che riguarda l'India e che riguarda l'Italia.
  Il ruolo delle Nazioni Unite è e dovrebbe essere, signora Ministro, assolutamente diverso. Allora, piuttosto che ripiegarci su atteggiamenti passivi o peggio ancora su atteggiamenti ritorsivi, io credo che il nostro Paese dovrebbe rilanciare l'iniziativa politica e dovrebbe trovare la forza – una forza che discende dal diritto e che origina anche questa da un dovere etico, prima ancora che politico – di mettere le Nazioni Unite di fronte alle proprie responsabilità. Non chiediamo coperture funzionali e strumentali, chiediamo che, in conseguenza delle posizione espresse in risoluzioni, mozioni e successivamente in autorizzazioni, le Nazioni Unite riconoscano come proprie quelle missioni. Dunque, che si pianti la bandiera dell'ONU in entrambe le missioni e che si ponga fine a quello che è al di là, forse, dell'intenzione del Segretario generale, che rischia di sembrare uno scaricabarile. Noi non rincorreremo, come Partito Democratico, coloro che legittimamente ritengono di dover proporre il ritiro del nostro Paese dalle missioni. C’è chi si spinge fino a chiedere il ritiro del nostro Paese dalle missioni internazionali, aggiungendo torto al torto, perpetuando, di sicuro involontariamente, ma ineluttabilmente, una situazione di crisi che andrebbe a svantaggio, a danno, di quelle povere popolazioni rispetto alle quali cerchiamo di svolgere un'azione di peacekeeping. Ma non intendiamo neppure lasciarci suggestionare dalla gravità della crisi arrivando al punto di dire: chiudiamo le due missioni internazionali. No, noi rilanciamo e pretendiamo che la politica, ai vari livelli, ottenga le risposte che le Nazioni Unite debbono dare. Lei non è adusa ad unire alla sua ben nota gentilezza un atteggiamento timido. Dunque, con la determinazione, con la forza dei fatti, questa volta davvero, sì, con la dignità che la situazione comporta e richiede, il nostro Paese levi la propria voce, faccia in modo che l'Unione europea unisca la propria voce a quella del nostro Paese, in maniera tale che quello delle Nazioni Unite non sia soltanto un ruolo di suggeritore, ma viceversa diventi ruolo di chi, conseguentemente alle proprie buone ragioni, sa assumersi anche le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Daniele Del Grosso. Ne ha facoltà.

  DANIELE DEL GROSSO. Signor Presidente, Ministro, questo Governo ha fallito miseramente su questa vicenda; ma non solo questo Governo: prima il Governo Monti e oggi il Governo Letta. Anzi, le dirò di più, non sappiamo nemmeno più a chi rivolgerci: attualmente, sembrerebbe di avere due Premier, abbiamo il Premier Letta e il Premier Renzi, ma, in realtà, noi non sappiamo più a chi rivolgere le nostre proposte; e quindi è ora che il Partito Democratico prenda una decisione su che cosa fare.
  Inoltre, le voglio dire che l'Italia, purtroppo, non è più credibile a livello internazionale: è stato dimostrato in questi giorni attraverso le dichiarazioni del Segretario Pag. 64generale dell'ONU, con riferimento a ciò che le ha detto. Ha affermato di risolvere questa vicenda come una situazione bilaterale, quindi dobbiamo vedercela da soli. Adesso c’è stato un piccolo «rimpasto» anche su questa dichiarazione, ma, in realtà, questo è quello che pensa l'ONU di noi oggi. Nonostante questo, l'Italia continua ad investire circa 3 milioni di euro al giorno per l'Afghanistan; e ciò è ridicolo, perché noi non siamo in grado di tutelare i nostri militari in missioni di pace, se le vogliamo chiamare missioni di pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È una situazione da rivedere completamente, e decidete a chi far rivedere questa situazione: se a Renzi o a Letta, perché questa è una situazione ridicola.
  Noi l'altro giorno in Commissione vi abbiamo fatto una proposta, perché il 5 Stelle è uscito fuori con una proposta concreta sulla vicenda dei marò: quella di dire all'ONU e a tutti i Paesi dell'Unione europea di ritirare i propri ambasciatori dell'India, perché questo vuol dire fare pressione ! Altrimenti facciamo solo chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Questo Governo sta facendo solo chiacchiere !
  Sono passati ben due anni dall'inizio di questa vicenda, e non è stato risolto nulla. È stato istituito un ambasciatore italiano, Staffan De Mistura, che ad oggi purtroppo non ci ha dato risultati: anche lui è andato lì puntualmente solo a fare chiacchiere, perché questa situazione non ha trovato una svolta ! Oltretutto abbiamo presentato un'interrogazione su De Mistura, perché vogliamo sapere quant’è costato tenerlo lì: c’è un Governo che dovrebbe occuparsi di questa vicenda, non un ambasciatore. L'unica iniziativa parlamentare finora che si è adottata è stata quella proposta dal 5 Stelle: siamo stati noi a dire di recarci in India, abbiamo noi minacciato di andare in India da soli e voi ci avete seguito. È stata istituita una missione, una missione congiunta di Camera e Senato, ma semplicemente perché noi abbiamo detto di recarci in India.
  Ministro, non so sinceramente se lei è in grado o meno di affrontare questo problema, glielo dico in tutta sincerità: perché lei è stata unicamente tempestiva in questi giorni. Una settimana prima di andare in India con la missione, lei ha dichiarato tra le varie opzioni quella di chiudere i rapporti commerciali con l'India: sinceramente una dichiarazione che ci lascia a bocca aperta una settimana prima di partire. E mentre ci trovavamo lì in India, lei ha fatto un'altra dichiarazione, che era quella di ritirare il nostro ambasciatore; e lo va a dire... No, scusi, anzi, meglio ancora, questo l'ha fatto dopo: mentre eravamo in India lei ha attaccato La Russa per la legge che è stata fatta nel 2011. Io su quella legge avevo già attaccato circa tre mesi fa: c'era tempo per farlo prima, non si attacca su quella legge mostrando la debolezza di un Paese proprio mentre noi ci troviamo lì. E poi qualche giorno fa lei è passata di nuovo all'attacco, dicendo di voler forse ritirare il nostro ambasciatore italiano in India: queste sono state le sue parole, le abbiamo lette sui giornali; e io qualche giorno fa, le ho proposto semplicemente di far ritirare tutti gli ambasciatori europei dall'India; perché è solo così che si fa una pressione forte: facciamo vedere che l'Italia vale a livello internazionale.
  Non si può andare avanti così, è ridicolo. È una situazione ridicola quella che avete creato. Avete fatto una marea di errori da due anni a questa parte. Non si è trovata una soluzione a questi errori. I responsabili dovranno venir fuori: non so se sarà fatto con una Commissione di inchiesta, che solitamente serve soltanto ad insabbiare; ma vogliamo che le teste di queste persone cadano a terra, perché sono i responsabili della vicenda legata a questi due ragazzi.
  Io la invito a pensare a questi due ragazzi come se fossero i suoi figli; sono due persone che sono recluse in un'ambasciata, in India, non possono vedere le loro moglie, anzi, le vedano soltanto quando in realtà loro possono recarsi in visita in India, non possono lavorare per quello che hanno sempre fatto, per combattere Pag. 65la pirateria. Noi siamo uno Stato attualmente accusato di terrorismo, siete riusciti a far accusare l'Italia di terrorismo, io non so cos'altro siete in grado di fare con questa situazione in mano, state facendo delle cose assurde e mentre cerchiamo di risolvere una situazione così grave, troviamo il Partito Democratico al cui interno si litiga per una poltrona. Questo è davvero vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signor Presidente, signora Ministro, colleghi, voglio innanzitutto cogliere anche questa occasione per manifestare i sentimenti miei personali e del mio gruppo, della Commissione difesa ma soprattutto del Parlamento di saluto, vicinanza e sostegno a Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che stanno affrontando (Applausi), signora Ministro, con onore una difficile vicenda della quale loro non hanno alcuna responsabilità se non quella di aver partecipato per incarico del nostro Paese ad una missione internazionale anti-pirateria condivisa da organismi sovranazionali. La stanno affrontando con grande senso di responsabilità, di attaccamento alla Patria, alla bandiera, alla Marina, al nostro Stato, al nostro Governo, al nostro Parlamento, al Presidente della Repubblica e a tutte le autorità istituzionali che hanno mostrato, chi prima e chi dopo, sino a questi giorni di prendere a cuore una vicenda che riguarda innanzitutto loro, le loro vite, le vite delle loro famiglie ma che naturalmente riguarda anche il nostro Paese, la credibilità internazionale del nostro Paese e, come ha dichiarato anche – ha fatto bene lei a ricordarlo – l'Alto commissario, anche l'evolversi stesso e la possibilità stessa che ci sia una lotta anti-pirateria internazionale.
  Da questo punto di vista, lo dico senza spirito polemico, è evidente, signora Ministro, che se questo interrogativo viene sollevato a livello internazionale dovremmo porcerlo anche noi, non come elemento ritorsivo o vendicativo ma come elemento serio e responsabile di riflessione nell'interesse del nostro Paese, della comunità internazionale e degli altri militari che sono tuttora impegnati in questi missioni, una riflessione che andrà fatta nel momento opportuno, che però non è tanto distante perché il decreto-legge sul rinnovo delle missioni internazionali andrà tra poco in Aula al Senato e poi verrà alla Camera.
  Io non ho difficoltà, signora Ministro, a dire che il suo Governo ha ereditato questo dossier e non ho difficoltà anche a dire che dei risultati sono stati raggiunti: l'internazionalizzazione del caso, le dichiarazioni alle quali lei ha fatto riferimento del presidente Barroso, dell'Alto commissario Ashton ma anche del Segretario generale della NATO Rasmussen, non c’è dubbio che sono il risultato di una pressione politica e istituzionale che tutti insieme abbiamo compiuto, Governo, Parlamento, forze politiche e che, da questo punto di vista, è giusto anche rivendicare che se siamo riusciti a ottenere questo interesse e queste dichiarazioni, che sono importanti, credo che queste debbano valere nelle nostre relazioni.
  Poi c’è un dato nuovo, la settimana scorsa l'India – perché l'accusa indiana corrisponde all'autorità politica indiana – ha chiesto l'applicazione di un capo di imputazione e per il nostro Paese, non solo per i due fucili di marina, è del tutto inaccettabile anche solo che venga ipotizzato che possano essere perseguiti in base alla Convenzione internazionale e all'applicazione indiana della legge anti-pirateria e anti-terrorismo. Ciò colloca la vicenda in un quadro del tutto nuovo e, ripeto, per noi inaccettabile. Io capisco anche che il Governo abbia intrapreso le strade internazionali, cercando di conciliarle anche con il realismo politico della situazione che i nostri due fucilieri di Marina si trovano ad affrontare in India, però ricordo che il 4 dicembre scorso il Parlamento all'unanimità ha votato un documento, un atto di indirizzo, che il Governo ha condiviso, che impegnava il Governo a due cose: la prima, naturalmente, mettere in atto delle misure immediate Pag. 66affinché i nostri fucilieri di Marina possano rientrare con onore nel nostro Paese e, l'altra, adoperarsi affinché vi sia la soluzione della vicenda nell'ambito e nel rispetto delle norme del diritto internazionale. Ecco, io so che è stata convocata per domani la riunione a Palazzo Chigi, non voglio entrare nelle vicende del nuovo Governo, vecchio Governo, perché anche su questo occorre un senso di responsabilità che noi vogliamo continuare ad avere; io credo però che la linea rossa che il Governo stesso e il rappresentante De Mistura avevano definito sia stata superata, e quando una linea che si auto-impone viene superata, occorre una reazione.
  Io credo che sia passato il momento per cui il Governo o, meglio ancora, l'Unione europea debbano intraprendere prima del 18 la strada del ricorso alle sedi internazionali, che possono essere il tribunale del mare di Amburgo o la stessa sede delle Nazioni Unite, alle quali, peraltro, lei già si è rivolta sotto l'aspetto importante dei diritti umani.
  Credo che questo vada fatto e vada fatto prima del 18, in omaggio a quel voto e a quell'indirizzo che il Parlamento ha dato. Ho già detto a lei, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica che forza maggiore può pretendere di avere un Governo, che è quella di un Parlamento unanime alle sue spalle, che su questo lo sostiene, che gli indica una strada e gli promette sostegno su quella strada, che è quella del rispetto delle norme del diritto internazionale.
  Quindi concludo, Presidente, dicendo che io mi aspetto che nelle prossime ore questa strada venga intrapresa. Le dichiarazioni sono utili, sono importanti, le abbiamo accolte e registrate con soddisfazione, ma ora occorre passare dalle utili dichiarazioni agli atti concreti e gli atti concreti sono dimostrare alla comunità internazionale e all'India che noi ormai, essendo stata superata quella linea rossa ed essendo inaccettabile per noi l'ipotesi di applicazione della legge antipirateria ai nostri militari, abbiamo intrapreso la strada del rispetto del diritto internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, io penso che dobbiamo evitare di fare un dibattito ipocrita, lo dico ai colleghi. Io vorrei ricordare a questo Parlamento la prima, la primissima informativa. Sono passati dieci mesi e ricordo che all'epoca c'era un Ministro che scelse di scappare di fronte a una situazione estremamente difficile che si era aperta sulla vicenda dei due fucilieri, dopo avere prodotto un palleggio con l'India che ha fortemente indebolito la causa che noi unitariamente, come Parlamento, abbiamo provato a portare avanti in questi mesi, perché bisogna sempre avere una riserva di memoria quando si affrontano queste questioni e mai immaginare che si ricominci sempre da capo.
  È stato difficile ricostruire un tessuto di relazioni e provare a mettere in campo un'iniziativa che desse la possibilità all'Unione europea di incontrarsi su una posizione che fosse quella del rispetto del diritto internazionale. Dunque, noi dovremmo provare a muoverci in quel solco e su quel solco provare a dire, come è stato detto e come dobbiamo dire con forza (ha ragione il presidente Vito) di qui al 18, che le Nazioni Unite debbono battere un colpo, perché non è immaginabile avere una posizione, come dire, pilatesca di fronte ad una questione che ha attraversato l'opinione pubblica italiana e quella indiana e che sta determinando, in queste ore, una difficoltà molto forte nel nostro Paese.
  Io comprendo le parole del deputato Scanu quando dice che l'accusa che viene avanzata all'interno del SUA Act, cioè l'idea che si siano violate le leggi antipirateria, per un grande Paese come l'Italia non debba fare discendere automaticamente una posizione che ci porta a uscire da alcune missione, nelle specifico le missioni antipirateria. Tuttavia, io penso che Pag. 67su questo terreno probabilmente alzare la voce in maniera più forte, come è stato fatto – e nelle prossime ore ancora di più –, può aiutare a sbloccare la situazione, perché, se noi abbiamo sempre detto che l'Italia era fondamentale in questi luoghi, perché si faceva carico di emergenze internazionali e quelle emergenze avevano un, come dire, legame stretto rispetto all'autorevolezza che il nostro Paese poteva esercitare in alcuni luoghi, innanzitutto nei consessi sovranazionali, dobbiamo fare valere questo aspetto.
  Così come credo abbiamo la necessità – e chiudo – di dire una parola di verità anche qui rispetto alla missione che noi abbiamo nelle prossime ore e il Paese deve essere, da questo punto di vista, unito e solidale con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ma insomma, quando avremo chiuso questa vicenda dei marò, positivamente come tutti quanti auspichiamo, possiamo riaprire una discussione vera e autentica rispetto alla legislazione, rispetto al corto circuito che si è aperto, che poi è all'origine di questo incidente drammatico che ha determinato una situazione da cui abbiamo difficoltà a cavarci fuori ? Non voglio fare, come dire, l'elenco degli errori, non voglio attribuire responsabilità, non voglio politicizzare la questione, voglio dire che un Paese come l'Italia non può immaginare di avere i militari nelle imbarcazioni private nel momento in cui c’è una catena di comando che non funziona o che rischia di non funzionare.

  PRESIDENTE. Onorevole Scotto, concluda.

  ARTURO SCOTTO. Allora io credo che su questo terreno abbiamo la necessità
– e chiudo davvero – di fare un'analisi e di prendere delle decisioni. Ci sono cose che spettano ai consessi internazionali e l'Italia deve andare unita a pretenderle, ma ci sono anche scelte che spettano a noi, che spettano a questo Parlamento e vanno messe all'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Ministro, innanzitutto la ringraziamo per la sua tempestiva presenza in Aula per la quale sento il dovere di ringraziarla a nome del gruppo che rappresento. Ci consente di intervenire su una questione estremamente delicata, complessa e di rilevantissima importanza per il nostro Paese, come sinceramente opportuna ci è sembrata la pausa di riflessione che in Senato è stata presa riguardo al decreto-legge per le missioni all'estero. Dopo due anni inutilmente trascorsi in attesa di una giusta soluzione del problema, oggi ci troviamo di fronte a due elementi essenziali che ne drammatizzano i possibili esiti: la richiesta della pubblica accusa indiana di processare i due marò per atti di violenza terroristica e la dichiarazione, sinceramente, come dire, assolutamente inaccettabile del Segretario generale dell'ONU che relega nell'ambito delle controversie bilaterali tra due Paesi una questione che di bilaterale ha ben poco, anzi direi assolutamente nulla, risultando essa, la vicenda in questione, di più ampia e vasta portata.
  La richiesta di Delhi, basata sul SUA Act per atti di violenza terroristica, è un fatto nuovo ed inaccettabile, non solo e non tanto per il nostro Paese, ma anche e soprattutto per la comunità internazionale, nonostante l'esclusione – e ci mancherebbe – della condanna a morte.
  Tutta questa vicenda ha tutta una serie di situazioni che noi riteniamo assolutamente inaccettabili: inaccettabile utilizzo della magistratura indiana della legge antiterrorismo, inaccettabile che si debba aspettare due anni per sapere il capo di imputazione, inaccettabile che due nostri militari sotto mandato internazionale, di cui peraltro fruisce anche l'India, vengano accusati di atti terroristici o vengano comunque sia giudicati sulla base di una legge anti terrorismo, inaccettabile il fatto che tutto avvenga per fatti avvenuti in acque internazionali, inaccettabile perché questa vicenda rischia di essere devastante Pag. 68per il pericolosissimo precedente che può costituire, come – e permettetemi di dire anche questo – è inaccettabile che il sistema Paese nel suo complesso su questa vicenda oggi si divida.
  Avremo modo di tornare a tempo debito sulla gestione di un fatto, di questo fatto, così increscioso. Auspichiamo pertanto, ritornando all'India, che la Corte suprema indiana, conscia della richiesta di incredibili sanzioni e della strumentalità che ha caratterizzato fino ad ora l'atteggiamento del Governo indiano per motivi di politica interna, sappia dare respiro al concetto di rispetto della legalità internazionale. La vicenda infatti non è assolutamente riconducibile nell'ambito bilaterale poc'anzi ricordato, elemento peraltro suffragato dalle reazioni ai massimi livelli da parte dell'Unione europea e della stessa Nato rispetto all’escalation giudiziaria.
  I rappresentanti diplomatici dei Paesi dell'Unione europea e degli Stati Uniti ci hanno espresso infatti la piena solidarietà dei loro Governi nel corso della stessa visita che abbiano effettuato a Delhi a fine gennaio. Ci ha stupito e rammaricato – non voglio usare il termine «indignato» perché magari sarebbe troppo forte – la dichiarazione del Segretario generale dell'ONU, che sembra aver decisamente dimenticato le numerose risoluzioni per la lotta alla pirateria, sia del Consiglio di sicurezza che dell'Assemblea generale a partire dalla n. 1950, sono state assunte dal Ministro Bonino e dalla Presidenza dell'Unione europea.
  Insomma, auspichiamo che ci possa essere in questo ambito, veramente per non creare precedenti incresciosi, un'immediata correzione di rotta. Desidero ricordare che il tragico incidente si è verificato nell'ambito di una missione di sorveglianza volta a garantire la sicurezza dei flussi commerciali anche a salvaguardia della stessa India. Questo fa assumere a questa vicenda veramente un aspetto ancora più paradossale. I nostri marò erano pertanto impegnati, come in tante altre parti del mondo, nel pieno adempimento di un mandato internazionale.
  Per tale motivo, non intendiamo sottrarli ad un giusto processo, ma chiediamo che il giudizio avvenga sulla base del principio dell'immunità funzionale da parte della competente giurisdizione.
  Al riguardo, ci sarà un versante nazionale da approfondire appena possibile, con particolare riferimento alla catena di comando e alle regole di ingaggio. Riteniamo comunque che l'India non possa sottrarsi al rispetto del diritto internazionale, non può essere sciolta da vincoli di diritto. Nel momento stesso in cui la Corte suprema non dovesse prendere atto di tale elementare esigenza, risulta essenziale ed improcrastinabile il ricorso alle istanze internazionali, dal tribunale di Amburgo alla Corte de L'Aia.
  Termino. Dobbiamo anche registrare rispetto a queste nostre richieste sicuramente da parte di questo Governo un atteggiamento più incisivo e più determinato rispetto a tutta questa incresciosa vicenda, ma non basta. Dobbiamo proseguire e intensificare i nostri sforzi...

  PRESIDENTE. Concluda.

  VINCENZO PISO. ...perché vogliamo il rientro in Italia dei due fucilieri. Questo riteniamo l'obiettivo pressante sul piano umanitario e sul piano del diritto internazionale. Sono elementi che non possono diventare ostaggi delle questioni politico-giudiziarie che coinvolgono l'India, né delle incertezze e titubanze proposte dalle procedure internazionali stesse.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rabino. Ne ha facoltà.

  MARIANO RABINO. Signora Presidente, signor Ministro, colleghi, siamo al cospetto di una vicenda ormai indefinibile nei contorni e nei contenuti che, se non colpisse in modo drammatico i nostri due soldati italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, potremmo definire ormai tra il tragico e il grottesco.
  È stucchevole, ma non più tollerabile, la condizione dei nostri due marò, vittime da quasi due anni di battaglie legali che Pag. 69hanno fatto da drammatica cornice alla controversa vicenda iniziata il 15 febbraio del 2012.
  Per inciso – è bene ricordarlo – l'impegno italiano contro la pirateria vede in campo oltre 500 uomini, 50 milioni di euro di risorse finanziarie impiegate ogni anno, con militari e mezzi, risorse finanziarie pure in Pakistan, Albania, Iraq, Somalia, Sudan, Libia e aree di confine.
  Il nostro Paese – giova ricordarlo – ha pagato un pesante tributo di sangue per missioni di pace, missioni antiterrorismo e controllo dei mari, con una spesa ogni anno di oltre un miliardo 400 milioni di euro. Le Forze armate, le nostre Forze armate sono impegnate in 22 Paesi, con 7 mila effettivi, tra militari, carabinieri, poliziotti, guardie penitenziarie e personale tecnico. In questo, sono impegnati i nostri soldati e in questo quadro si inserisce la vicenda dei nostri soldati Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Sono passati due anni: è da allora che i nostri due fucilieri del reggimento San Marco sono, a vario titolo, detenuti in India e la reazione dell'Italia è stata fin troppo misurata. Ai nostri due soldati sono state concesse due licenze, che lasciavano sperare in una rapida e favorevole soluzione, ma poi sono stati rispediti in India e messi agli arresti domiciliari, presso la sede dell'ambasciata italiana, sì, ma con l'obbligo di firmare i registri di presenza fuori dalla sede diplomatica.
  Ci sono stati rinvii e anche passi falsi, si è detto, da ambo le parti. L'Italia, giustamente, ha aperto un fronte a livello internazionale affinché i due marò possano avere un giusto processo e, al tempo stesso, non sia danneggiata la posizione internazionale del nostro Paese. Ci siamo presentati pazienti e collaborativi davanti alla Corte suprema e alla comunità internazionale, come il Paese che difende i diritti umani e contro l'eventuale minaccia della pena capitale, per chiedere un processo in tempi brevi.
  Non è bastato, non è stato così ! Ci aspettavamo che i nostri militari ritornassero a casa...

  IGNAZIO LA RUSSA. Erano tornati e li avete rimandati voi !

  MARIANO RABINO. ...e invece l'unica svolta nella vicenda è la richiesta, ahimè, dell'accusa di incriminare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in base alla legge antiterrorismo indiana...

  IGNAZIO LA RUSSA. Vergogna !

  PRESIDENTE. Onorevole La Russa, onorevole La Russa, per favore !

  MARIANO RABINO. ...la Sua Act, la legge...

  IGNAZIO LA RUSSA. Almeno abbiate il buon gusto di non parlare !

  PRESIDENTE. Onorevole La Russa, onorevole La Russa, non mi costringa a richiamarla ! Onorevole La Russa, onorevole La Russa, la richiamo all'ordine (Commenti del deputato La Russa) ! Onorevole La Russa, l'ho già richiamata all'ordine. La smetta ! Prego, onorevole Rabino.

  MARIANO RABINO. ...in base alla legge antiterrorismo indiana, la Sua Act, la legge antipirateria indiana, concepita, come è stato riferito anche dall'avvocato di difesa, per i pirati, e non per i militari.
  Tutto ciò, come dichiarato anche dal Commissario europeo per le relazioni esterne della UE, Catherine Ashton, equivale a designare l'Italia alla stregua di un Paese terrorista. Siamo indignati, oltraggiati, oltre che feriti, perché non saremmo dovuti arrivare a questo punto. I nostri soldati sono stati messi in carcere per 100 giorni, la loro vicenda è stata sottovalutata e considerata di poco peso, risolvibile in tempi rapidi.
  Oggi, dopo il ritorno dall'India dei nostri parlamentari e del Ministro della difesa, per una valutazione collettiva del Governo delle varie opzioni sul tappeto, dopo il ricorso all'Alto commissario per i diritti umani dell'ONU da parte del Ministro Bonino – glielo riconosciamo – per Pag. 70un'evidente violazione dei diritti umani, ci sentiamo dire da Ban Ki-moon che è meglio che la questione venga affrontata bilateralmente, piuttosto che con il coinvolgimento delle Nazioni Unite.
  Queste sono affermazioni gravi, che, fortunatamente, sollecitato, provocato, condizionato dal Governo italiano, Ban Ki-moon ha poi corretto. Abbiamo, fino ad oggi, manifestato tutta la pazienza necessaria affinché le operazioni fossero condotte nel rispetto di relazioni internazionali amichevoli con gli altri Paesi, ma dare dei terroristi ai nostri soldati è oltraggioso, irriverente e inaccettabile: lede la dignità dei nostri militari italiani, lede la dignità di noi tutti, cittadini italiani, cittadini italiani europei.
  Non è quello che i nostri soldati meritano, non è la risposta che si aspettano da noi. Sarebbe una vergogna abbandonare i nostri militari alla giustizia di un altro Paese che anche solo lontanamente possa prendere in considerazione l'applicazione di una legge antiterrorismo a dei militari. In questo, pretendiamo, dunque, da un Paese come il nostro, la capacità e l'autorevolezza di proteggere i militari, i propri militari, anche in casi malaugurati come questo, caratterizzati da possibili errori, per quanto non voluti, e provocati da chi, nell'adempimento dei propri doveri di soldato, si trova in missione, lontano dai propri cari, lontano dalla propria famiglia.

  PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

  MARIANO RABINO. Vado alla conclusione, Presidente. Sarebbe ancora più grave, oggi, se i nostri due soldati si ritrovassero anche privi di quel sostegno, di quella solidarietà, di cui l'Italia è stata sempre prodiga in patria, ma spesso – non vorremmo trovarci nelle condizioni di dover dire – non trattata, purtroppo, alla stessa stregua all'estero.
  Signor Ministro, le riconosciamo uno sforzo importante, deciso, determinato e senza indulgenti e comodi sconti, ma ci troviamo, ormai, di fronte ad un caso di gravità eccezionale.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MARIANO RABINO. Al cospetto di mali estremi, urgono estremi rimedi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Ministro Bonino, se questa era un'informativa alle Camere, direi che è stata una pessima informativa, perché essa presuppone, appunto, che siano date delle informazioni, sulle quali, poi, elaborare, eventualmente, degli sviluppi politici. Invece, in questa sua brevissima nota, letta uguale tanto al Senato quanto alla Camera, direi che sono stati molti di più i silenzi delle informazioni che ci ha reso.
  Vede, sarebbe stata credibile un'informativa, per esempio – almeno qui avrebbe avuto credibilità il suo ruolo, visto che, sul piano internazionale, dopo la legnata che ha preso in sede ONU, penso che, purtroppo, visto che lei ne aveva di credibilità, qualcosa o tanto sia andato perso –, almeno qui sarebbe stata credibile, visto che lei non era al Governo all'epoca in cui venne combinato per primo questo enorme pasticcio di far entrare in porto la nave, se almeno ci avesse detto, poi, conseguentemente, chi e perché aveva rispedito in India, una volta che erano tornati in Italia, i due fucilieri.
  Infatti, a noi vengono tanti dubbi, tanti dubbi. Non vogliamo fare delle ricostruzioni particolari – ci sarà tempo chiaramente –, però almeno, anche per fugare tanti dubbi nell'opinione pubblica, magari, visto che l'onestà intellettuale gliel'ho sempre riconosciuta, sarebbe stato opportuno in questa sede e a poche ore da un'udienza delicatissima che si terrà a Delhi, che lei almeno ci avesse detto se effettivamente era per proteggere delle commesse, poi puntualmente perse, o se era per tutelare gli interessi di qualche gruppo industriale.
  Perché, vede, a quella decisione funesta, presa nel Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, stranamente quella volta lì era presente anche il Ministro dello sviluppo economico, caso Pag. 71abbastanza singolare. Sì, Ministro, certo, quando è stata presa l'ultima decisione e per questo le chiedevo, visto che lei non era direttamente coinvolta, almeno di far sapere ai cittadini quali sono stati i motivi per cui abbiamo rispedito in India, lasciandoli ostaggi politici in un altro Paese – perché questo sono in questo momento –, i due fucilieri.
  Questo non lo ha fatto e, a questo punto, la sua informativa suona molto come una resa, una resa nei confronti dei poteri politici indiani, poteri politici che tanto il Governo Monti quanto il suo Governo....Io capisco che lei è entrata qui come Ministro e non sa se quando uscirà sarà ancora Ministro o meno, perché sono in corso delle riunioni abbastanza delicate, però al momento lo è e quindi, come Ministro, almeno aveva l'obbligo di renderci partecipi di una cosa: che la persona che avete incaricato non è un campione «di diplomazia», ma uno «scarto» della diplomazia, perché era al Governo nel momento in cui è successo il pasticcio e voi lo avete incaricato come commissario straordinario.
  Immagino la credibilità che abbiamo perso nei confronti degli indiani, quando dicono: «Ma come ? Ci mandano lo stesso uomo che ha combinato il pasticcio, che era al Governo quando è successo il pasticcio !». Ma sa da dove nasce anche la scarsa credibilità della persona che voi avete indicato ? Nasce dal fatto che non è mai stato in grado di comprendere la complessità del sistema indiano. Voi avete trattato l'India come un amicone, il solito modo di fare italiano della «pacca sulle spalle», e questi sono i risultati.
  Non solo, li avete addirittura peggiorati, i risultati, perché se prima c'era solo ed esclusivamente un problema di persone bloccate e del loro status molto particolare, adesso avete aggiunto anche – e su questo ci state marciando e questo lo ritengo indegno, ci state marciando sul fatto che ci sia l'applicazione della legge antiterrorismo – la questione antiterrorismo. A me, personalmente, glielo dico molto chiaramente, Ministro, non interessa nulla della questione antiterrorismo in questa fase. A me non interessa se i marò verranno incriminati o meno da un tribunale di Nuova Delhi per la legge antiterrorismo o per un'altra legge, perché non è un fatto che possano rischiare vent'anni o dieci anni. Questi noi non li possiamo non tutelare dal fatto che potrebbero essere colpevoli di innocenza. Noi dobbiamo prendere atto di un'altra cosa: queste persone, se hanno fatto qualcosa di sbagliato, lo hanno fatto mentre erano nello svolgimento delle loro funzioni come militari, in acque internazionali, su una nave italiana. Questo dovete fare !
  E il fatto di ricorrere solo informalmente all'ONU e non chiedere l'applicazione – cosa che non avete fatto in dieci mesi – della legge del mare di Amburgo, questo vi rende colpevoli, questo vi rende deboli, questo rende la sua informativa e tutta la sua azione politica sul caso dei marò una resa. Perché è ora di smetterla di parlare in maniera informale per poi essere smentiti il giorno dopo, come da Ban Ki-moon.
  Noi dobbiamo fare in modo che se queste persone, se questi due ragazzi hanno sbagliato qualcosa, hanno sbagliato e devono essere processati in Italia, non in India. È questo che voi dovete fare, ma è questo che voi non avete fatto ! E soprattutto, voi continuate a coprire i veri motivi per cui qualcuno ha «venduto» questi due ragazzi, per interessi economici, all'India, durante il precedente Governo e voi avete continuato in quel solco lì. Non ce lo ha detto e lei, ripeto, ha compiuto una resa che le peserà come un'onta per tutto il resto della sua carriera politica.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lorenzo Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signor Presidente, signor Ministro, noi apprezziamo la sua informativa, apprezziamo il lavoro che lei, il Ministro della difesa e l'intero Governo state conducendo in questa fase di questa vicenda. Diciamo che certamente una cosa è fuori discussione, che la condotta italiana in questi due anni non è sempre stata eccellente, per così dire: dalla prima Pag. 72decisione dell'armatore di portare la nave in porto, fino al ritardo con il quale le autorità italiane hanno coinvolto nella vicenda l'Europa e la comunità internazionale, passando attraverso la poco commendevole decisione di dimettersi del suo predecessore Ministro Terzi.
  Tuttavia, nel ribadire l'apprezzamento nostro nei confronti delle scelte, delle decisioni da ultimo assunte da lei e dal Ministro della difesa e dal Governo, noi diciamo che questo non è il momento delle recriminazioni. Questo è il momento dell'unità del nostro Paese. E mi permetterei di dire anche, sentendo il dibattito anche di queste ultime ore, è il momento dei nervi saldi, perché così si comporta un grande Paese democratico.
  Occorre evitare soprattutto le strumentalizzazioni, le provocazioni inutili in chiave di politica nazionale. Subiamo i condizionamenti di una vicenda politica interna all'India, vediamo di non aggiungere anche quelli della politica interna del nostro Paese. Occorre anche evitare battute di «bassa lega» – per così dire, non a caso –, quali quelle sentite questa mattina nell'Aula del Senato. Occorre anche evitare – io credo, noi crediamo – patetiche richieste di esibizioni muscolari, come quelle di chi invoca la rottura dei rapporti diplomatici con l'India. Oppure, ancora occorre evitare di ipotizzare, anche solo lontanamente, che un grande Paese come il nostro possa risolvere, o avesse potuto risolvere, questa delicata questione venendo meno alla parola data, che era quella del rientro in India dei nostri due marò, i quali hanno detto ripetutamente che intendono ritornare in Italia con onore e non con disonore, dando – io credo – ai tanti Soloni dentro e fuori quest'Aula una grande lezione di stile e di correttezza.
  Tutto questo va evitato. Noi riteniamo che il Governo debba continuare a lavorare in direzione, primo, di chiedere che sia accertato che l'India non è competente in questo caso, per il fatto che la vicenda è avvenuta in acque internazionali. Secondo, riteniamo che il Governo debba invocare l'immunità funzionale per i nostri due militari, perché essi esercitavano la loro attività in una missione svolta in nome dello Stato italiano, in coerenza con le risoluzioni delle Nazioni Unite. E per questa ragione invitiamo il Governo a perseguire, a continuare a lavorare perché sia individuata la sede di un arbitrato internazionale in una delle molte forme previste dall'ordinamento.
  In più, noi riteniamo che il Governo debba operare e continuare ad operare affinché, nelle more di queste procedure auspicate di tipo internazionale, i nostri due militari possano essere riportati nel loro Paese. E invitiamo il Governo, come già il Ministro ha fatto, secondo quanto ci ha riferito, a chiarire al Segretario generale dell'ONU che non si tratta affatto di una questione bilaterale, che si tratta, invece, di una questione di natura internazionale. E noi diciamo anche che, ove questo non fosse acclarato, certo sorgerebbero dubbi, dubbi molto gravi, sulla opportunità di continuare questo tipo di missioni antipirateria.
  Invitiamo, inoltre, il Governo a continuare ad operare per rafforzare il consenso dell'Unione europea, della NATO, della comunità internazionale, soprattutto per contestare l'assurda pretesa da parte dell'India di applicare una legge che ha come oggetto la materia dell'antiterrorismo, benché senza la richiesta dell'applicazione della pena capitale.
  Vorrei concludere, signor Presidente, dicendo che c’è un compito del Governo, che è titolare dell'azione diplomatica, e c’è un compito della politica e del Parlamento. Noi valutiamo positivamente la missione parlamentare che si è recata in India.
  Valutiamo positivamente anche il fatto che i nostri parlamentari utilizzino tutte le sedi parlamentari internazionali per far presente questo nostro problema. Oggi stesso, presso l'assemblea parlamentare dell'OSCE, a Vienna, il nostro collega, onorevole Rossi, ha posto questa questione ed ha chiesto la solidarietà di tutti i Paesi lì rappresentati.
  Mi pare che questa sia la strada: lavorare insieme, con sobrietà e serietà, Governo Pag. 73nel suo campo, Parlamento nel suo, per ottenere una rapida risoluzione dignitosa di questa difficile vicenda (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, stupirò il Ministro perché non userò toni alti. Cercherò di essere il più possibile calmo e concludente, di fronte ad una vicenda che mi indigna profondamente, così come mi indignano profondamente le parole di alcuni colleghi che ho sentito. Ho sentito risuonare nuovamente – era un po’ – proprio adesso, da Dellai, la parola «sobrietà».
  Dovevano essere ubriachi quando li hanno rimandati in India. Doveva essere ubriaco Monti – e faceva parte anche lui di quel partito – quando si fece fotografare strumentalmente con attorno i due Marò, prima di cambiare idea e rimandarli nelle fauci del sistema indiano, che prevede la pena di morte, mentre giustamente teniamo in Italia fior di delinquenti di ogni Paese, perché nel loro Paese è in ipotesi prevista la pena di morte. Dovevano essere ubriachi.
  Ma non siamo ubriachi noi. Siamo peggio: disinteressati. Questa è la verità. Questo è un rito. Se ne sono già andati alcuni di quelli che hanno parlato. E risuonerà ancora l'invito che mi fecero due anni fa, quando cercai di dire, assieme al mio partito – e in quel momento ero nel Popolo della Libertà, il più grande partito che c'era in quest'Aula, o che era stato il più grande – che bisognava internazionalizzare la vicenda e che bisognava soprattutto mobilitare l'intero sistema italiano, perché solo con il forte sostegno di una mobilitazione popolare, degli apparati industriali, dei partiti politici, degli ambienti intellettuali, l'Italia avrebbe potuto, se avesse voluto, andare nelle sedi internazionali e chiedere non la solidarietà generica, che non si nega a nessuno, ma chiedere interventi risolutivi perché i due Marò tornassero in Italia.
  Mi si disse, dalle più alte sfere in giù: «La Russa, per carità, non alzare i toni. Non creiamo, non fate manifestazioni, non parlate di candidature. Non dite niente, perché da un giorno all'altro stanno per tornare e potreste pregiudicare tutto». Io, responsabilmente, con i miei amici, ho abbassato i toni. Per mesi, mesi e mesi abbiamo aspettato. Fin quando qualcuno si è accorto che era un errore madornale averli rinviati, dopo che erano venuti qui. Tutto si aspettavano gli indiani, tranne che noi li rimandassimo in India. Tutto si aspettavano.
  Qualcuno ora si è accorto che rischiano la pena di morte. La situazione peggiora. Sono stati – e questa è la novità, non è che c’è un rinvio – formalmente incriminati per il reato di terrorismo, con la Sua Act: questo è già avvenuto. Si dice: rischiano dieci anni. Non è vero. Un ragazzo al primo anno di università sa che se l'imputazione è di una legge, la norma all'interno della legge, nel corso del processo, può essere benissimo cambiata. Quindi oggi ancora rischiano.
  Ma se anche non rischiassero, il vero problema, onorevole Ministro, è che lei è in assoluta continuità con il Governo Monti: avete mantenuto anche lo stesso, inadeguato – non voglio dire altro, visti i risultati – De Mistura, inadeguato. Quello avete fatto: c'era De Mistura, avete lasciato De Mistura. C'era una linea burocratico-giudiziaria, avete lasciato la stessa linea burocratico-giudiziaria. Non avete fino ad oggi cambiato una sola virgola di quello che era.
  Adesso si dice: «stiamo cercando disperatamente di». Intanto, c’è un dato: voi, non Monti, lei – c’è una sua dichiarazione, se vuole gliela leggo; la Bonino disse: «Né colpevoli, né innocenti, per verità giudiziaria è ragionevole attendere processo» – avete accettato di abbandonare la tesi principale, cioè che l'India non ha diritto di processare i nostri militari. Sa l'altra prova qual è ? Avete fatto interrogare in Italia, dalla magistratura indiana, gli altri due marò. E come «sì» ? Ma che diritto hanno di interrogarli se noi neghiamo alla base ? Allora, siccome io non Pag. 74voglio fare critiche senza dire la soluzione, la soluzione è la stessa che vi abbiamo chiesto da tempo: dovete trasformare questa vicenda da una questione burocratico-giudiziaria in una questione di dignità nazionale; dovete trasformare il vostro lento, disinteressato modo di procedere in una mobilitazione generale del popolo italiano, delle strutture economiche italiane. Dovete dire adesso a Passera – che, secondo l'ex Ministro, quello che ebbe il coraggio di dimettersi, Giulio Terzi di Sant'Agata, è insieme a Monti il responsabile, per motivi ignobili, del ritorno dei marò in India – che noi italiani siamo pronti a fare scelte radicali, a uscire, non dalla missione, forse vedremo, ma a dare i tempi: entro un mese si esce dalla prima missione, entro due mesi dalla seconda, entro tre mesi dalla terza. Si impedisce l'accordo Unione europea-India sul trattato commerciale.

  PRESIDENTE. Concluda.

  IGNAZIO LA RUSSA. Ho quasi finito, mi faccia dire. Si manda a casa il console indiano di Milano che ha negato il visto a un parlamentare europeo italiano con mille scuse. Lo si rispedisce in India ! Abbiate un po’ di dignità, abbiate un po’ di voglia ! Ministro, l'unica annotazione un po’ polemica che faccio nei suoi confronti, ma non è una battuta...

  PRESIDENTE. Concluda, però, presidente La Russa, siamo un minuto e mezzo oltre.

  IGNAZIO LA RUSSA. ...io vorrei – ho finito – che lei ci mettesse lo stesso impegno con cui lecitamente, per me sbagliando, ha sempre sostenuto che fosse giusto gridare: «marijuana libera», nel dire oggi: «marò liberi». È una speranza che posso avere ? Grazie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, signora Ministra, in questa vicenda c’è stata molta demagogia, troppa, qualche errore e ritardi iniziali e troppi appelli retorici alla patria e all'Italia. Siamo tutti patrioti, facile dirlo, ma cosa vuol dire essere patrioti in questa vicenda complessa e sempre più intricata ? Noi socialisti riteniamo che significhi sostenere tutti insieme uniti gli sforzi della Ministra Bonino impegnata a riportare a casa i due fucilieri con onore e dignità. Un Paese unito dà forza alla sua azione, Ministra Bonino. Dividersi polemicamente significa dare forza all'India, alla classe dirigente indiana che sta usando questa vicenda per logiche elettorali interne. Inaccettabile quello che sta facendo l'India, non condivisibile il comportamento del Segretario generale delle Nazioni Unite che, dietro una pretesa terzietà, può celare forse una logica geopolitica. Ovviamente, spero di sbagliarmi.
  Il lavoro della Ministra Bonino per costruire una solida solidarietà internazionale non è stato facile né scontato. Tutti sappiamo che l'India è un Paese dalle molte relazioni, ma questo lavoro ha dato frutti. La NATO e l'Unione europea sono al nostro fianco e le parole dell'Alto rappresentante Ashton sulle conseguenze enormi dell'azione indiana riassumono la fermezza della posizione UE. Sappiamo anche, purtroppo, che non sempre le ragioni del diritto, del diritto internazionale e dei diritti umani, prevalgono sulle logiche di convenienza, in qualsiasi campo la convenienza si manifesti. Noi ci fidiamo di lei, signora Ministra, e apprezziamo il suo impegno. Dignità e richiesta del rispetto del diritto sono i due principi che hanno guidato la sua paziente azione.
  Confermando entrambi, la invitiamo, Ministra Bonino, come abbiamo già detto al Senato, ad andare avanti anche prevedendo azioni taglienti, decisioni taglienti come la sospensione – non usiamo la parola ritiro – la sospensione della nostra partecipazione alle missioni antipirateria come strumento di affermazione sia della nostra dignità sul piano internazionale sia del rispetto del diritto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-PSI-PLI).

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  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Discussione del disegno di legge: S. 1214 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (A.C. 2027) (ore 15,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2027: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
  Ricordo che nella seduta del 6 febbraio 2014 sono state respinte le questioni pregiudiziali Matteo Bragantini ed altri n. 1, Dadone e da altri n. 2 e Brunetta ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2027)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore di maggioranza, deputato D'Attorre.

  ALFREDO D'ATTORRE, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, il decreto-legge all'ordine del giorno reca la proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Il contenuto è illustrato nella relazione che consegno. Mi limito qui, in sede di esposizione, a ricordare che la I Commissione ha avviato l'esame del disegno di legge di conversione nella seduta del 5 febbraio scorso proseguendo la discussione generale nella giornata successiva. Nella seduta del 12 febbraio, in cui sono state esaminate le proposte emendative presentate, si è tenuto conto dell'esigenza di non apportare modifiche ulteriori rispetto al testo, oltre quella già approvata dal Senato, al fine essenzialmente di non mettere a rischio la conversione del provvedimento visti i tempi ristretti a disposizione. In conseguenza di questo orientamento molti gruppi parlamentari hanno ritirato gli emendamenti presentati e la Commissione ha respinto tutte le altre proposte emendative presentate.
  Con riferimento ai pareri espressi dalle competenti Commissioni in sede consultiva, ricordo che le Commissioni II, IV, VI e XI hanno espresso parere favorevole. Le Commissioni VII, IX, XII e XIII, nonché la Commissione parlamentare per le questioni regionali, hanno espresso parere favorevole con osservazioni. La Commissione VIII ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni. Le Commissioni X e XIV hanno espresso parere favorevole con condizione. Il Comitato per la legislazione ha espresso parere con condizioni e osservazioni mentre la V Commissione ha ritenuto di esprimere il proprio parere direttamente per l'Assemblea.
  In proposito, pur nella consapevolezza della rilevanza delle questioni poste nei pareri espressi dalle competenti Commissioni in sede consultiva e soprattutto del parere del Comitato per la legislazione, faccio presente che la I Commissione, alla luce dell'esigenza di non apportare modifiche al testo approvato dal Senato, ha ritenuto di non poter recepire i rilievi espressi, pur riservandosi di tenerne in debita considerazione i contenuti.
  Riguardo al contenuto più di dettaglio delle disposizioni di proroga, faccio riferimento alla relazione scritta che consegno e che descrive il contenuto dei diversi articoli. Mi limito solo ad osservare, in conclusione, che il provvedimento reca anche alcune disposizioni che non recano proroga di termini.Pag. 76
  In particolare l'articolo 6, ai commi 4-6, differisce di un anno il termine di conservazione ai fini della perenzione amministrativa delle somme relative al progetto bandiera denominato «Super B Factory» inserito nel programma nazionale di ricerca 2011-2013 nel limite di 40.357.750 euro in relazione a ciascun esercizio di provenienza delle stesse somme.
  L'articolo 8, comma 2, dispone per l'anno 2014 il finanziamento pari a 13 milioni di euro in favore della società Italia Lavoro Spa.
  L'articolo 9, comma 9, prevede la facoltà di utilizzo di specifiche risorse anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
  L'articolo 9, comma 13, dispone che, nelle more del perfezionamento della revisione delle strutture organizzative dei Ministeri previste dall'articolo 2, comma 10-ter, del decreto-legge n. 95 del 2012, le amministrazioni sono autorizzate a gestire le risorse ad esse assegnate secondo la precedente struttura del bilancio dello stato.
  Infine, l'articolo 9, comma 14, integra la formulazione dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, ripristinando l'equipollenza, ai fini delle iscrizioni al registro dei revisori legali, tra gli esami per l'iscrizione alle sezioni A e B dell'albo dei commercialisti ed esperti contabili e il nuovo esame di idoneità professionale per l'abilitazione all'esercizio della revisione legale. Rimane, tuttavia, obbligatorio a tali fini il completamento del periodo di tirocinio triennale previsto dal decreto legislativo n. 39 del 2010, stante la diversa disciplina che per i dottori commercialisti, così come per le altre professioni regolamentate, stabilisce in diciotto mesi la durata massima del tirocinio.
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, Cristian Invernizzi. Ma dal banco dei nove è meglio, onorevole Invernizzi, prego.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il testo approvato dalla maggioranza nelle Commissioni non può ritenersi in alcun modo soddisfacente. Al Governo è mancato il coraggio di lasciarsi alle spalle la prassi legislativa sbagliata, incostituzionale e improduttiva della reiterazione, anno dopo anno, del decreto tristemente noto con il nome di «milleproroghe». Questo modo di legiferare è inquietante, è un modo disorganico che non consente un'analisi puntuale, che impedisce a noi parlamentari di svolgere il nostro lavoro, che non fa onore ad un Governo che si era presentato ai cittadini come nuovo, anche rispetto ai metodi che avrebbe utilizzato per portare avanti la propria mission.
  Il presente decreto-legge si compone di 14 articoli contenenti proroghe di termini legislativi. Sono prorogati i termini in materia di assunzioni, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nel decreto sono contenute proroghe concernenti alcune procedure di competenza del Ministero dell'interno in materia di infrastrutture e trasporti, nel settore delle politiche agricole, alimentari e forestali, come pure in quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Un decreto-legge nel quale si affrontano i temi più disparati, che vanno dalle assunzioni, dall'organizzazione e dal funzionamento della pubblica amministrazione, alle operazioni di rimozione del relitto della nave «Costa concordia» all'Isola del Giglio, dai corsi di formazione per addetti al salvataggio in acqua, al possibile impiego delle guardie giurate in servizio antipirateria sulle navi.
  Il decreto in esame trova giustificazione solo nella necessità di correggere errori, compensare ritardi e mancate decisioni. L'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta apertamente con i contenuti dell'articolo 15 della legge Pag. 77n. 400 del 1988, di diretta attuazione costituzionale dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il decreto-legge in esame, invece, accomuna una serie di disposizioni che incidono in modo rilevante sui più disparati settori pubblici e privati. È un provvedimento totalmente disomogeneo, occasionale: esattamente l'opposto di quello che dovrebbe essere un decreto-legge.
  Questo provvedimento, caratterizzato inoltre dalla presenza di norme provvisorie, temporanee, sperimentali, di mere proroghe, incorpora già all'origine la previsione di successivi interventi integrativi correttivi o comunque a regime, che confliggono con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione. Una prassi che non condividiamo e che non è più possibile sostenere in questo Paese.
  Parliamo cioè di norme di legge che dovevano essere fatte rispettare ben prima nei tempi e che spesso arrivano alla scadenza semplicemente perché lo stesso Governo non ha saputo adottare i decreti attuativi o comunque le norme di riferimento nei tempi dovuti, trovandoci sempre, noi, nell'urgenza di dover rincorrere e mettere le toppe per cercare di sopperire a dei danni.
  Questo è un sistema che non possiamo più accettare e, sebbene venga ormai considerata una prassi consolidata nel modo di operare, certamente non si può fare di quella che è una grave stortura dell'iter normativo una regola. Il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. A ciò concorre anche l'imposizione di termini temporali insufficienti per l'esame parlamentare, per l'attività emendativa da parte dei parlamentari e l'esame con modalità che precludono un approfondimento consapevole da parte del Parlamento stesso. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza come normale prassi legislativa, utilizzato dall'attuale Governo e che riprende una modalità introdotta dai precedenti, e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce da un lato un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari.
  Non si tratta, però, colleghi, soltanto di un problema di valutazione sui requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che vogliamo fare, ma sull'articolato stesso, nel merito del provvedimento. Ci troviamo, infatti, di fronte ad un corpo normativo complesso e farraginoso, che sembra non avere né capo né coda, e ad un provvedimento che non ha una struttura organica e non presenta nemmeno un senso nello sviluppo del proprio contenuto. Questo spiega i motivi della contrarietà di fondo che vogliamo mantenere.
  All'interno di questo articolato ci sono disposizioni che oltre ad essere manifestamente incostituzionali, perché totalmente prive dei requisiti della necessità ed urgenza, appaiono anche irragionevoli, per non dire folli. Una tra tutte è la proroga della gestione commissariale per l'attuazione degli interventi di riqualificazione successivi ai terremoti del 1980 e del 1981. Stiamo parlando del terremoto del 1980, e la disposizione inserita in questo coacervo di norme non solo prevede un'ulteriore proroga dell'attività del commissario e della data per la presentazione della relazione conclusiva, ormai a 34 anni di distanza dal terremoto, ma prevede anche il finanziamento dell'attività svolta per un ulteriore anno, con 100 mila euro a carico della disponibilità della contabilità speciale, intestata al commissario ad acta. Tale commissario, nominato con decreto del Ministero delle attività produttive, il 21 Pag. 78febbraio 2003 (ricordiamo le date 1980, 2003, oggi siamo nel 2014), doveva chiudere le pendenze in essere, affidare le opere ferme e consegnare i beni e i rapporti alle amministrazioni individuate, secondo le ordinarie competenze. Inoltre, alla stessa data il commissario doveva presentare ai Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e trasporti una relazione conclusiva dell'attività svolta.
  Come si fa, quindi, oggi nel 2014, senza provare un profondo senso di vergogna, a continuare a prorogare e finanziare l'attività del Commissario ? Come si fa a giustificare queste disposizioni dinnanzi ai cittadini sempre più vessati da un'imposizione fiscale folle, giustificata dalla necessità di far fronte alla crisi economica internazionale che ha pesantemente colpito il nostro Paese ? Come si fa a giustificare tali sprechi dinnanzi alle famiglie che si sono trovate a fare i conti con una riforma delle pensioni come quella varata dalla signora Fornero ?
  Andando, in conclusione, ad analizzare le singole disposizioni normative, è necessario evidenziare come nell'esame del provvedimento al Senato, sono state accolte alcune proposte emendative del gruppo parlamentare della Lega Nord, che se pur, ovviamente, non hanno migliorato il testo nella sua complessità, quanto meno hanno introdotto disposizioni utili a rendere l'articolato più razionale e in alcuni casi hanno portato benefici diretti per i cittadini e per le piccole e medie imprese. Ad esempio, abbiamo contribuito al prolungamento dell'adeguamento della normativa antincendio per le strutture alberghiere più piccole e a prevedere agevolazioni fiscali in ambito di efficientamento energetico per le ristrutturazioni edilizie. Ci fa piacere poi che sia stato accolto un emendamento che riguarda le nuove costruzioni e ristrutturazioni, relativo all'innalzamento della copertura del fabbisogno termico dal 20 al 35 per cento. Questo dà una boccata d'ossigeno ad un settore, quello dell'edilizia, che è stato piegato da una crisi senza precedenti, da normative assurde e da una burocrazia eccessiva.
  Con ciò intendo dire che la nostra non è una posizione critica e di negatività per partito preso, ma fondata sul fatto che – lo ribadisco – ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento che, pur non presentando i requisiti di straordinarietà ed urgenza, il Governo invece impone di adottare in tutta fretta, sostenuto dai partiti di maggioranza, perché per sua negligenza, carenza o inerzia non ha saputo provvedere in tempo a risolvere le necessità di alcuni settori.
  Benché abbiamo cercato di migliorare il testo in maniera responsabile, là dove abbiamo potuto, nell'insieme riteniamo questo modo di legiferare inaccettabile.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento, reduce da numerosi tentativi di miglioramento nelle Commissioni, è profondamente difettoso nella struttura, dal momento che, innanzitutto, è totalmente illegittimo nella sua formulazione costituzionale, mancando completamente dei presupposti di costituzionalità. Non sussistono assolutamente i requisiti che rendono ammissibile la decretazione d'urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione, né le norme che costituiscono il corpo del provvedimento sono conformi a quanto richiesto sotto il profilo dell'omogeneità dei contenuti della delibera legislativa, imposta anch'essa dall'articolo 15, terzo comma, della legge n. 400 del 1988. È recentissimo l'ennesimo intervento in questo senso da parte della Corte costituzionale, cioè di violazione dell'articolo 77 della Costituzione della cosiddetta legge Fini-Giovanardi; proprio recentissimo, perché le motivazioni sono state espresse in quel senso.
  Inoltre, si tratta di un decreto-legge reiterato: un decreto-legge che contiene previsioni e disposizioni di un precedente decreto-legge non convertito, anzi, occorre Pag. 79sottolineare, ritirato dal Governo. Questo fa un bella differenza sostanziale, perché non c'erano le condizioni dal punto di vista del merito e dei presupposti costituzionali e politici per portarlo avanti. La reiterazione viola palesemente la Costituzione ed è illegittima, come evidenziato più volte negli anni dalla Corte. Dagli anni Ottanta quest'organo istituzionale, con una giurisprudenza consolidata, ha contrastato la pratica, tipica di una vecchia politica, tipicamente da Prima Repubblica, della reiterazione dei decreti-legge e ha dirottato i decreti-legge reiterati su altri strumenti, come il decreto-legislativo o il regolamento di delegificazione. Nonostante le intenzioni e gli impegni in senso contrario, questo Governo, tuttavia, persiste nell'utilizzare la decretazione come canale preferenziale di attuazione del proprio indirizzo politico, in totale spregio delle prerogative del Parlamento. Come indicato espressamente dal Presidente della Repubblica, con lettera del 1o luglio 2009, provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione, sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. Il richiamo del Presidente della Repubblica è stato altresì rafforzato attraverso la lettera inviata al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e al Presidente del Consiglio, lo scorso 27 dicembre 2013, per sollecitare massimo rigore nel decidere l'ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge nel corso del loro esame in Parlamento e, in aggiunta, c’è stata anche l'iniziativa, con lettera scritta dal Presidente della Camera, Boldrini, che di recente ha quasi diffidato il Governo nell'utilizzare in maniera molto prolissa la decretazione d'urgenza.
  Chiediamoci, allora, cosa i cittadini possono comprendere dall'emanazione di atti normativi di questo tipo, che sono raggruppati sotto la formula «proroga di termini», ma che contengono norme eterogenee, così come anche adesso ha affermato in maniera onesta il relatore per la maggioranza, e che contribuiscono a creare un quadro normativo assolutamente confusionario, che rende incomprensibili le disposizioni, non solo per qualsiasi operatore, ma anche per tutti i cittadini, che devono poter capire cosa venga approvato in Parlamento. Non c’è assolutamente certezza giuridica e manca il rispetto di quella che dovrebbe essere la volontà popolare, perché il Governo, con questo atto di imperio che fa, portando per l'ennesima volta in Aula un decreto-legge di questo tipo, come ho già sottolineato, palesemente incostituzionale, quindi riprendendo il contenuto di un decreto non convertito, manifesta assoluto dispregio del ruolo e delle prerogative del Parlamento e dei cittadini.
  Le materie di questo decreto non potranno mai considerarsi avvinte da quel nesso oggettivo o funzionale richiesto dalla Corte costituzionale affinché il contenuto di un provvedimento d'urgenza possa ragionevolmente considerarsi unitario e non oggetto di reiterazione, perché il semplice inserimento di disposizioni nel corpo di un decreto-legge non vale a conferire alle disposizioni stesse il carattere dell'urgenza e a legarle con un vincolo funzionale.
  Alcune delle novità che hanno ottenuto il via libera del Senato sono recuperabili, come l'estensione della possibilità per gli italiani residenti all'estero, ma contribuenti in Italia, di fruire delle detrazioni per carichi familiari; è altresì condivisibile il via libera anche alla proroga per tre anni dell'accorpamento dei tribunali dell'Abruzzo. Nel corso dell'esame in Commissione affari costituzionali al Senato sono state inoltre accolte diverse proposte emendative del gruppo Forza Italia, una prima ha prorogato al 31 dicembre 2015 il termine per la redazione del Testo unico delle disposizioni concernenti i compiti e le funzioni da attribuire alle Capitanerie di porto – Guardia costiera, al fine di realizzare una semplificazione e una razionalizzazione delle stesse, adeguandone la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione. Si è rinviato al 1o luglio 2014 la normativa per quanto concerne la tracciabilità del latte mediante l'introduzione dell'obbligo di separazione delle linee di produzione della mozzarella di Pag. 80bufala campana DOC da quelle di altri tipi di formaggio, allo scopo di garantire la tracciabilità della materia prima e la genuinità del prodotto finale e, nel contempo, tutelare i consumatori e i produttori campani onesti. È stata inoltre accolta la proposta di Forza Italia di una proroga dal 1o gennaio 2014 al 1o gennaio 2015 del termine per la decorrenza iniziale della futura revisione della remunerazione della filiera distributiva del farmaco, che stabilisce l'anticipazione dell'entrata in vigore della normativa nell'eventualità in cui nel frattempo sia stata raggiunta l'intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni.
  Da parte nostra siamo inoltre riusciti a scongiurare l'elevazione al 27 per cento della tassazione sul capital gain conseguito con operazioni concluse nell'arco di quarantotto ore, così come previsto da un emendamento inizialmente approvato in Commissione al Senato. Si è dunque evitata l'ennesima norma demagogica e populista, del tutto inattuabile, che rende evidente la straordinaria incompetenza e la superficialità con cui la classe politica italiana sottovaluta temi delicati come quello della finanza e della Borsa. Il mercato finanziario italiano è infatti già penalizzato da una tassazione che a livello europeo e mondiale non trova eguali. Pensare di invertire il trend negativo fintantoché la Borsa verrà considerata dalla classe politica non un motore di sviluppo e di competitività del Paese, ma soltanto lo spazio virtuale ove «spennare» gli speculatori finanziari, è irrisorio. Evidenzio questo punto rivolgendomi anche al segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, che dell'aumento della tassazione delle rendite finanziarie ha fatto nelle scorse settimane un proprio cavallo di battaglia. Si rischia infatti di affossare definitivamente questo settore dell'economia, che naviga già in cattive acque.
  Le novità introdotte dal Senato per rendere il provvedimento più presentabile non sono particolarmente convincenti. È slittato di un anno l'adeguamento di utilizzo di fonti rinnovabili nel caso di edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti. Si è prorogato al 30 giugno 2014 l'obbligo di utilizzo della centrale unica di committenza per i piccoli comuni. Si equiparano i dottori commercialisti e i revisori contabili, purché i primi abbiano sostenuto il previsto tirocinio obbligatorio, evitando quindi ai primi di sostenere un esame di idoneità ad hoc per iscriversi all'albo dei revisori e facendo slittare a fine 2014 l'esercizio dell'attività di consulenza finanziaria anche senza iscrizione all'albo e l'attività delle sezioni della Commissione tributaria centrale. E che dire della proroga di un anno – ormai un classico del «milleproroghe» – del pacchetto di interventi ad hoc per assunzioni e concorsi del comparto difesa e sicurezza, intervento su misura anche per i compensi corrisposti ai componenti degli organi collegiali dalle pubbliche amministrazioni e delle Authority ? E dello slittamento a maggio 2014 dei poteri del commissario ad acta per il terremoto dell'Irpinia ? E l'ennesimo rinvio dell'esecuzione degli sfratti per finita locazione ? È vero che è limitato a determinate categorie, che si trovano in condizione di particolare disagio sociale, ma la norma di fatto incide nel settore edilizio, già colpito da una crisi gravissima, peraltro oggi gravato da una tassazione del tutto insostenibile, con pesanti riflessi anche sul piano dell'occupazione.
  Altra misura deprecabile e non condivisibile è l'incremento della farraginosità del sistema giudiziario dovuto allo slittamento dei tempi previsti da alcune norme in materia di magistratura onoraria. Non possiamo che augurarci che tale proroga, sino al 31 dicembre 2015, sia finalmente l'ultima e che nel frattempo si possa arrivare a una riforma organica della magistratura onoraria, che potrà, una volta per tutte, consentire lo smaltimento delle tante cause civili pendenti. La proroga di sei mesi dell'obbligo per commercianti e professionisti di accettare per legge il pagamento mediante bancomat e moneta elettronica e l'obbligo per i professionisti e per alcune categorie di esercenti di utilizzare il bancomat per pagamenti superiori ai 30 euro, rappresenta Pag. 81poi un ennesimo fardello pesante, che si aggiunge ai già gravosi oneri economici e organizzativi per i cittadini.
  Va peraltro ricordato che, nonostante esista una norma che prevede la gratuità delle transazioni di importo superiore ai 100 euro effettuate con carta di credito presso i distributori di carburanti, le banche hanno ben pensato di aggirare la legge, sostituendo la commissione sulle singole transazioni con l'introduzione di un canone d'affitto dei POS. È questo il rapporto di forza che il Governo intende avallare ed estendere ?
  Per tornare, poi, al tema di cosa è salito dal «salva Roma» al «milleproroghe», si evidenziano le misure sulla vendita degli immobili pubblici, la social card e la ripartizione della dote per le province.
  Interventi, poi, che non hanno assolutamente i requisiti della necessità e urgenza, oltre che carenti del carattere di straordinarietà, sono infine: la proroga della validità delle graduatorie delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e del termine per la riorganizzazione dei Ministeri che, in attesa della definizione delle procedure di mobilità, proroga di un anno il termine per l'assegnazione temporanea del personale non dirigenziale e, con modifiche apportate dal Senato, in attesa del completamento del piano di rientro della situazione di esubero, del personale non dirigenziale impiegato presso l'INPS, in deroga alle regole sulla mobilità e alla limitazione del personale comandato; la proroga del termine per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per una ridefinizione del sistema di regole per il funzionamento di bilancio delle università.
  In conclusione, annuncio che per questi numerosi motivi il giudizio del gruppo di Forza Italia è contrario e negativo rispetto a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, illustre collega al Governo, amici, così numerosi presenti in quest'Aula, credo che riflettere ancora una volta su un decreto possa segnare forse quello che è il maggiore auspicio di tutti noi in un momento così difficile come quello che sta vivendo la vita parlamentare e politica italiana in questi giorni e in queste ore.
  L'auspicio più forte che noi esprimiamo è quello che si ponga un freno definitivo alla decretazione d'urgenza e che si ritorni davvero a parlare il linguaggio tranquillo, sereno e corredato da una maggiore possibilità d'intervento da parte di tutti noi nella costruzione di un sistema di leggi che risponda davvero ai bisogni dei cittadini più di quanto l'urgenza del decreto non lasci pensare.
  Di fatto, anche in questo caso il decreto «milleproroghe» è un rito che di anno in anno si ripete per compensare errori di prospettiva, previsioni che non si sono avverate, speranze sospese e impegni rinnovati o non rinnovati. La premessa di questo disegno di legge non motiva specificatamente i requisiti di urgenza e di necessità delle disposizioni che vi sono contenute, ma sottolinea, comunque, la straordinaria necessità di provvedere alla proroga nei termini previsti, per garantire efficacia ed efficienza all'azione amministrativa. Io mi soffermerò soltanto sui passaggi che in qualche modo richiamano maggiormente la Commissione affari sociali ai cui lavori partecipo.
  Intanto, il primo punto è all'articolo 1, comma 14-bis. È stato inserito nel corso dell'esame presso il Senato e consente la proroga fino al 31 marzo 2015 dei contratti a tempo determinato di diritto privato per l'attribuzione di funzioni dirigenziali, stipulati dall'AIFA con personale tecnico o altamente qualificato. Tali contratti erano stati già prorogati fino al 31 ottobre 2014 dal decreto-legge n. 101 del 31 agosto 2013, quello che recava «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni».
  Evidentemente, non siamo riusciti a razionalizzare realmente fino in fondo se dobbiamo intervenire ora. La disposizione proroga difatti un termine differito da Pag. 82pochi mesi e, comunque, lo proroga molto prima della sua scadenza, quasi per ratificare una sorta di diffidenza nella possibilità di giungere a una soluzione nell'arco dei prossimi sei mesi. I contratti di cui si chiede l'ulteriore proroga sono quelli previsti fin dall'epoca della creazione dell'AIFA, quando venivano trasferiti all'AIFA le unità di personale assegnate agli uffici della Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici del Ministero della salute. Allora il personale trasferito non poteva superare il 60 per cento del personale in servizio, ma prevedeva anche che l'AIFA potesse assumere, in relazione a particolari e motivate esigenze, nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, personale tecnico o altamente qualificato con contratti a tempo determinato di diritto privato.
  Ora è evidente che se io debbo assumere delle persone con un alto profilo di competenze non è così semplice né sostituirle né in qualche modo mandarle a casa senza avere riprogettato razionalmente l'intera filiera dei processi che caratterizzano i lavori in un ente così importante per tutti noi come l'Agenzia del farmaco.
  L'affidamento di incarichi dirigenziali a termine a soggetti esterni all'Aifa può essere effettuato entro il limite delle 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quegli appartenenti alla seconda fascia e non può prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale, e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali.
  Ancora una volta appare come ci sia questa sorta di schizofrenia nel momento di progettare delle cose e poi nel momento di realizzarle. Evidentemente tutto ciò che sembra sensato nel momento della progettazione risulta impossibile poi successivamente, nel momento dell'attuazione, per cui bisogna ricorrere a norme, come dire, come suona esattamente questo decreto-legge, di proroga.
  Un altro punto su cui mi interessa chiamare l'attenzione è, all'articolo 7, il comma 1, quello che riguarda il nuovo sistema di remunerazione della filiera del farmaco. La disposizione è stata modificata nel corso dell'esame in sede referente presso il Senato. Il testo originario del decreto poneva il 1o gennaio del 2015 come termine nel quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva. Il termine originariamente fissato al 1o gennaio 2013, e quindi come si vede spostato di due anni, al 1o gennaio 2015, era già stato posticipato dalla legge di stabilità 2013 al 31 dicembre 2013. È proprio un mille-proroghe che di anno in anno sembra allungare i propri tempi con il passo dei dodici mesi. Era necessario un decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF e previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base dei seguenti criteri: l'estensione della tracciabilità e del controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci, la possibilità di introdurre una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta ad una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco, tutto ciò in modo da garantire, stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico, una riduzione della spesa per il Sistema sanitario nazionale. Con l'entrata in vigore del nuovo metodo di remunerazione perdono di efficacia, infatti, le disposizioni che prevedono l'imposizione di sconti o di trattenute su quanto dovuto alle farmacie per l'erogazione in regime di Sistema sanitario nazionale. Con il nuovo metodo di remunerazione sono rideterminate le percentuali delle farmacie, le quote di spettanza ai grossisti e ai farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci di classe A, interamente rimborsati dalla Sistema sanitario nazionale. Tale rideterminazione abbassa la quota dei grossisti al 3 per cento, prima era al 6,5 per cento, portando quella dei farmacisti al 30,35 per cento, mentre prima era del 26,7 per cento, da intendersi come quota minima a questi spettante. Come si vede, si è spostato l'asse dall'interesse che poteva avere maggiormente il grossista, un interesse chiaramente di natura prevalentemente ed esclusivamente economico, all'interesse del Pag. 83farmacista, che è quello che, oltre a svolgere una funzione meramente, come dire, di vendita del farmaco, svolge anche una funzione estremamente importante nella relazione con il pubblico. E questo è un tempo – potremmo dire il famoso tempo B – che non ha un tempo di remunerazione immediata. Non è il tempo della transazione economica: tu compri e io vendo. Questo è il tempo proprio dedicato a quella educazione che ha nella salute del cittadino il suo bene maggiore.
  Sempre all'articolo 7, c’è il comma 1-bis, che riguarda l'aggiornamento del nomenclatore tariffario dei dispositivi medici: la proroga dal 31 maggio 2013 al 30 giugno 2014 dell'aggiornamento del nomenclatore tariffario e dei dispositivi medici di cui all'articolo 11 del decreto n. 332 del 1999. L'intervento normativo è attuato intervenendo sull'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge n. 158 del 2012.
  Il servizio sanitario nazionale garantisce alle persone riconosciute invalide, o in attesa di riconoscimento dell'invalidità, le prestazioni sanitarie che comportano l'erogazione di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell'ambito di un progetto riabilitativo individuale volto alla prevenzione, alla correzione e alla compensazione di menomazioni o disabilità funzionali conseguenti a patologie o lesioni, al potenziamento delle abilità residue, nonché alla promozione dell'autonomia dell'assistito.
  Si tratta di ausili per terapia e addestramento che includono ausili per la cura e la protezione personale, per la mobilità personale, per la cura della casa, adattamenti per la casa e per gli uffici, per comunicazione, informazione o segnalazione, per manovrare oggetti o dispositivi, per le attività di tempo libero.
  L'evoluzione tecnologica rende indispensabile la revisione del nomenclatore tariffario per rispondere meglio alle esigenze di chi ne ha bisogno e, per ciò stesso, ne ha diritto. Cambiano i modelli dei presidi, cambiano i costi, cambia la loro manutenzione, ma soprattutto cambiano i bisogni dei pazienti in termini di tempistica, ma anche in termini di qualità e di vita attesa. Penso, per esempio, ad una notizia che la settimana scorsa è stata un po’ su tutti i giornali e ha occupato anche il suo spazio nei telegiornali, della sostituzione dell'arto, che non solo svolge una funzione motoria, ma questa protesi ha anche la capacità di permettere al paziente di sentire, di sentire il peso degli oggetti, di avere proprio la dimensione di un rapporto diretto, non mediato soltanto dalla protesi. Questo richiede una sofisticazione di questi apparecchi, che indubbiamente allarga l'area delle esigenze dei pazienti, estende la sfera dei loro desideri, per poter compensare sempre meglio quelli che sono i loro deficit personali.
  Anche a questi desideri, che poi costituiscono il volano dello sviluppo tecnico-scientifico noi possiamo e dobbiamo cercare di dare una risposta adeguata nei tempi giusti e questa risposta non può che passare attraverso l'aggiornamento del nomenclatore.
  I dispositivi indicati negli elenchi del tariffario sono erogabili fino al 31 dicembre 2001. Entro tale data, il Ministro della salute avrebbe dovuto ridefinire la disciplina dell'assistenza protesica e le tariffe massime da corrispondere ai soggetti erogatori dei dispositivi di cui all'elenco 1 del nomenclatore. I successivi aggiornamenti del nomenclatore tariffario sarebbero dovuti intervenire periodicamente, con cadenza massima triennale, ma sappiamo tutti che non è stato così.
  Il decreto-legge n. 158 del 2012 prevede anch'esso l'aggiornamento del tariffario del 2001. Lo prevede, lo prevede come un desiderio, lo prevede come un impegno, tant’è vero che vale la pena ricordare quanto detto dal Ministro della salute nel corso del question time del 13 novembre 2013 alla Camera dei deputati: «Nel corso delle audizioni tenutesi presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato» – stiamo parlando quindi di diritti umani, non è nemmeno la Commissione affari sociali – «in data 31 luglio 2013, ho già avuto occasione di fornire Pag. 84tutti i chiarimenti circa le difficoltà emerse durante l'iter per l'aggiornamento del nomenclatore tariffario».
  In quella occasione, il Ministro segnalò la necessità di aggiornare il nomenclatore per garantire ai pazienti la disponibilità di protesi, ortesi ed ausili più adeguati alle loro esigenze e a quelle dei loro familiari. Il progetto di aggiornamento del nomenclatore prevedeva una serie di iniziative innovative, sia nel settore dei dispositivi medici monouso, sia per l'assistenza protesica nel suo complesso, ma è ovvio che aggiornare il nomenclatore includa un aumento degli oneri a carico del sistema sanitario nazionale, aumento che è stato stimato in circa 321 milioni di euro annui. La spesa ha indotto il MEF a dare un parere negativo, già nel 2010, e ha determinato lo stop dell'iter di approvazione. Forse il fatto che la legge di stabilità per il 2014 non preveda riduzioni al Fondo sanitario nazionale rende possibile individuare la necessaria copertura finanziaria, ed è questo il nostro auspicio.
  Proprio perché non ci sono stati tagli quest'anno alla salute – e speriamo che non ce ne siano nel prossimo sviluppo – riteniamo che potrebbe essere la volta buona per l'aggiornamento di questo nomenclatore fermo da anni, sottolineo dal 2001. Più volte è stata ribadita la necessità di un aggiornamento sempre stoppato dal MEF, ma questa forse potrebbe essere la volta buona e noi ci auguriamo che questa proroga consenta davvero di dare una risposta positiva alle esigenze che da tanti pazienti vengono ripetutamente ribadite.
  Inserire il progetto di aggiornamento dell'attuale nomenclatore tariffario delle protesi per i soggetti disabili nella prossima iniziativa di politica sanitaria, qual è il Patto per la salute 2013-2015, deve diventare una priorità per tutto il sistema Paese, come ogni volta dovrebbe accadere quando ci si rivolge ai bisogni delle persone più fragili, di quelle con maggiore difficoltà.
  Un altro punto del decreto milleproroghe che mi interessa sottolineare, sempre all'articolo 7, comma 1-ter, è quello che pone un termine agli accreditamenti provvisori delle strutture socio-sanitarie; quelle, soprattutto, che, ovviamente, non abbiano ottenuto un accreditamento definitivo. Il comma 1-ter dell'articolo, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, dispone la cessazione degli accreditamenti provvisori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private, nonché degli stabilimenti termali, qualora non avessero ricevuto, entro i termini previsti, l'accreditamento definitivo.
  In particolare, si stabilisce che le regioni garantiscano che dal 31 ottobre 2014, invece che dal 1o gennaio 2013, come è attualmente previsto – termine che sarebbe già scaduto, posto che ci troviamo al 13 di febbraio –, cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie non confermati dagli accreditamenti definitivi. Qualora entro la data indicata le regioni non provvedano, il Consiglio dei ministri nomina il presidente della regione o altro soggetto commissario ad acta, ai fini dell'adozione dei predetti provvedimenti.
  La normativa nazionale configura l'accreditamento come uno strumento di selezione dei soggetti erogatori per conto del Servizio sanitario nazionale. L'individuazione dei requisiti, la definizione delle procedure e delle modalità di verifica e di controllo è stata demandata alle regioni e comporta, quindi, una differente evoluzione dei percorsi normativi e l'adozione di diverse modalità di implementazione. Mi fa piacere segnalare che questa normativa è il decreto legislativo n. 502 del 1992: ai tempi era Ministro l'onorevole Bindi ed è da allora che questa norma, di anno in anno, va incontro a processi di proroga.
  Soltanto le strutture così autorizzate, di fatto, possono essere accreditate dalla regione, e quindi possono godere dei vantaggi tipici delle strutture accreditate, che sono quelli di cui in prima persona, poi, si avvalgono i cittadini attraverso un sistema, come quello del Servizio sanitario nazionale, che prevede un'assistenza universale e gratuita per tutti. La concessione dell'accreditamento è dunque subordinata al possesso di ulteriori requisiti e alla funzionalità Pag. 85rispetto agli indirizzi di programmazione regionale, nonché alla verifica dell'attività svolta e dei risultati ottenuti.
  Nel marzo 2010, il Ministero della salute e la Conferenza delle regioni e province autonome hanno affidato all'Agenas il compito di individuare elementi di qualità da condividere nel sistema di garanzia (autorizzazione/accreditamento). La legge finanziaria successiva, in attuazione del Patto della salute, ha previsto il passaggio all'accreditamento definitivo in determinati termini e modalità, disponendo, in particolare, che le regioni adottino provvedimenti per garantire che dal 1o gennaio 2013 – quello, per intenderci, che stiamo spostando al 2014 – cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture sanitarie e socio-sanitarie.
  Questo ci dà la misura di questa attesa, da quanto tempo si protrae e come questo non ci deve far pensare che stiamo semplicemente prevedendo una proroga di un anno. Che cosa ci vuole a concedere un anno in più a queste strutture ! Il tema è che la concessione dell'anno in più, in questo caso specifico e su questo punto specifico, si trascina da oltre vent'anni.
  L'articolo 8, fortunatamente, tra le varie cose che prevede, reca anche una modifica dei termini in tema di consegna per via telematica dei certificati medici relativi alla maternità, e questo lo possiamo considerare come un oggettivo snellimento delle procedure per quello che riguarda la gestione della maternità, e quindi un aiuto alle donne, soprattutto in termini di conciliazione dei tempi famiglia/lavoro.
  Ma è all'articolo 9 che troviamo uno dei punti di maggiore interesse del decreto milleproroghe: avrebbe dovuto essere nel famoso decreto «salva Roma», e invece lo troviamo qui, ed è quello riguarda la social card. Il comma 15, infatti, parla della carta acquisti: nelle more dell'espletamento della procedura di gara per l'individuazione del gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti, il contratto stipulato il 24 marzo 2010 per la gestione del predetto servizio integrato viene prorogato.
  Questo è il punto più debole di questo sistema, a parte, poi, le considerazioni positive che possiamo fare sulla social card, comprese le sue zone di luce e di ombra. Ma il fatto è che si chiede la proroga senza fissare alcuna data ! Forse è questo quello a cui faceva riferimento il relatore di maggioranza, quando diceva che la Commissione affari sociali ha recepito con parere favorevole questo decreto, ma ha posto un'osservazione; l'osservazione esplicita, chiara e netta è proprio quella che riguarda il termine da proporre perché veramente venga effettuata questa gara. Attualmente, l'ente gestore è l'ente Poste.
  L'articolo 9, comma 15, dispone un finanziamento di 35 milioni per il proseguimento nell'ultimo bimestre del 2013 del programma Carta acquisti e l'avvio della fase sperimentale della carta, coperto con la dotazione del cosiddetto Fondo per gli esodati. La carta acquisti, a legislazione vigente, viene concessa ai richiedenti con cittadinanza italiana che versano in condizioni di maggiore disagio economico ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto di età uguale o superiore a 65 anni, o con bambini di età inferiore ai tre anni (come si vede, le giovani coppie e gli anziani).
  La carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi. Nel 2012 è stato stabilito l'avvio di una fase di sperimentazione della carta della durata di un anno nei comuni con più di 250 mila abitanti, sottolineando l'obiettivo di utilizzare la carta acquisti come strumento di contrasto alla povertà assoluta tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno.
  Segnalo ancora che noi parliamo di povertà assoluta e delle fasce di maggiore bisogno e stiamo parlando di 40 euro al mese, stiamo parlando di poco più di un euro al giorno, il costo di un caffè. I beneficiari sono individuati dai comuni sulla base del reddito ISEE del nucleo familiare di appartenenza e di ulteriori parametri patrimoniali. Questo forse dà Pag. 86ragione del perché ci siamo battuti tanto, tanto spesso, con tanta insistenza su quello che è il metodo di registrazione ISEE. Ci è stato detto tante volte che l'ISEE è semplicemente un descrittore di certe situazioni, ma non c’è dubbio che, a seconda di come descrive le situazioni, quelle famose famiglie in condizione di povertà estrema potranno avere diritto ai 40 euro mensili o non averne diritto.
  Le famiglie beneficiarie devono contare almeno un componente di età minore dei 18 anni. Fra i beneficiari sono compresi anche i cittadini di altri Stati in condizione, anche loro, di bisogno estremo purché in possesso del permesso di soggiorno. Il beneficio parte da un valore minimo di 231 euro al mese per i nuclei con due persone, fino un valore massimo di 404 euro se la famiglia ha cinque o più componenti. Successivamente, è stata estesa la sperimentazione della nuova social card anche ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015.
  La sperimentazione costituisce l'avvio del programma di promozione dell'inclusione sociale. Noi ci auguriamo che chiunque governerà questo Paese immagini che la promozione dell'inclusione sociale possa avere necessità un po’ più specifiche, un po’ più marcate, un po’ più chiare, un po’ più incisive. L'estensione dei possibili beneficiari della carta acquisti ordinaria anche ai cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno ed evidentemente in condizioni economiche drammatiche è stata necessaria perché altrimenti l'Unione europea avrebbe intrapreso nei nostri confronti una procedura di infrazione per la quale già siamo stati penalizzati.
  Ed è così che finalmente un finanziamento ulteriore per il 2014 pari a 250 milioni di euro consente, unitamente ai 40 milioni all'anno stanziati per il triennio 2014-2016, di raggiungere un ammontare di risorse sufficienti ad estendere la sperimentazione della carta per l'inclusione a tutto il territorio nazionale. Ho già detto della necessità che la gara, che in qualche modo preveda di stabilire il gestore con modalità più trasparenti, abbia davvero un termine, e in questo termine possa essere esplicitata questa gara.
  Su questo disegno di legge frutto del decreto-legge cosiddetto milleproroghe è stato inserito al Senato un altro passaggio e la presenza qui al tavolo del Governo del sottosegretario all'istruzione, onorevole Galletti, mi permette di voler sottolineare anche questo passaggio.
  Il comma 6-bis dell'articolo 6 recita: «La validità delle idoneità conseguite» – stiamo parlando dell'abilitazione scientifica nazionale su cui, giusto questa mattina, ponevo una interpellanza urgente al Ministro della pubblica istruzione, alla presenza del sottosegretario Marco Rossi-Doria – «ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, è prorogata di due anni dalla data di scadenza del quinto anno dal loro conseguimento». Cosa vuol dire questo ? Che coloro che hanno ricevuto l'abilitazione scientifica nazionale quest'anno – e questa mattina facevamo riferimento al fatto che, su tutti i settori scientifico-disciplinari, una trentina di loro ha già innescato delle procedure di autotutela, perché si ritiene insoddisfatta della valutazione, in quanto ritiene che i parametri contenuti nel disegno di legge non siano stati rispettati fino in fondo – queste persone trovano davanti a sé una abilitazione di sette anni.
  Ma il valore di un'abilitazione è anche strettamente collegato al rigore dei criteri con cui questa abilitazione sia stata conseguita, al livello di competenza che sia stata sanzionata. Ma il livello di competenza va misurato in due modi. C’è il livello di competenza riconosciuto e non posseduto dal candidato, ma c’è anche, invece, – ed è forse ancora più triste – il livello di competenza posseduto dal candidato e non riconosciuto dalla commissione.
  Ecco, io credo che proprio nel momento in cui il Governo – e nella fattispecie il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – richiede questo allungamento del valore nel tempo dell'idoneità ha il dovere di verificare che l'abilitazione scientifica nazionale sia stata Pag. 87riconosciuta su una base realmente meritocratica, sulla base del rispetto dei criteri e sulla base di quelle che sono le legittime osservazioni che i singoli candidati stanno facendo arrivare al Ministro.
  Non ci si può limitare a dire: «Questo non è competenza del Ministro. Il Ministro fa le regole, dopodiché le commissioni le applicano». Non è sufficiente. Infatti, quando, come nel caso di questa mattina, noi avevamo davvero una commissione che aveva praticamente espresso parere negativo su tutti i candidati, forse il Ministro ha il dovere morale, il dovere anche accademico però di verificare, posto proprio che lui ritiene legittimo estendere la durata e la validità di questa abilitazione e, quindi, deve garantire che a tutti coloro che hanno diritto sia concessa (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, colleghi, rimandare è un verbo tatuato sulla cotenna di questo Governo, che oltrepassa ogni forma di democrazia con pallonetti continui alla funzione legislativa del Parlamento e nessun rispetto per le cittadine e i cittadini italiani. Rimandare diventa, così, imprescindibile. Addirittura è tanto importante da essere stato istituzionalizzato attraverso una legge che ormai è un appuntamento fisso per il Parlamento, il «mille proroghe».
  Il decreto-legge è arrivato alla Camera blindato, a causa dell'imbuto legislativo determinato dalla scadenza degli altri provvedimenti omologhi, del concomitante disaccordo sulla riforma del sistema elettorale nonché delle prove di desistenza del Governo in carica.
  Rimandare è la coerenza degli occupatori abusivi del Parlamento. E la cotenna si ispessisce. Una cotenna si trasforma intorno al corpo dei politici di professione che ci rende sordi. Non ascoltate, non avete mai ascoltato la cittadinanza e ancor più nell'indifferenza della cecità, perché la vostra immagine nello specchio non viene considerata. E tiriamo dritti, e tirate dritti come una TAV improponibile, come un'Expo che è risultata complice di colletti bianchi e corruzione.
  E allora, confondiamo le tracce: un cavillo di qua, un rimando di là, citazione della lettera, del comma, dell'articolo, del decreto che rimanda all'altro decreto, come fosse una tempesta perfetta che accomoda, ormai da decenni, una politica basata sull'emergenza, sul fare girare quattrini senza una prospettiva di futuro, come fosse un dipinto piatto del Medioevo.
  Possiamo con franchezza dichiarare che tutte le norme contenute in questo «mille proroghe» sono limpide ? O che sono tutte improcrastinabili ? O che sono indispensabili ? O che esse fanno parte di un articolato omogeneo ? Con estrema sincerità, dico di no. Infatti, abbiamo delle ambiguità. In merito alla questione morale, vorrei citare Enrico Berlinguer: «La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico».
  L'altra ambiguità è la questione costituzionale, perché qui ci sono molte ragioni incostituzionali. Ecco il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di differenti termini previsti da disposizioni legislative, per molteplici e chiare questioni di incostituzionalità. Esso manca di specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo, nonché di straordinaria necessità ed urgenza e provvisorietà. Infatti, il «mille proroghe» è in sostanza un decreto-legge che, dietro la sospensione e la risoluzione di disposizioni di legge, anche molto risalenti nel tempo, nasconde l'inefficacia, l'inefficienza e la parzialità della pubblica amministrazione, oltre all'assenza continua di una prospettiva futura.
  La parola omogeneità si trasforma in eterogeneità, come per magia, e con estrema facilità si oltrepassa la Costituzione italiana.
  In questo decreto noi abbiamo la prova provata di questo Frankenstein che viene Pag. 88cucito insieme ad ogni anno e a cui ogni anno ridiamo vita, pur sapendo che esso è costituito da pezzi di pelle morta.
  Specificità e coerenza: il provvedimento è privo di queste caratteristiche. Le materie toccate sono: assunzioni, organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, interventi emergenziali, infrastrutture e trasporti, l'agricoltura, l'istruzione, la salute, il lavoro, le politiche sociali, l'economia e finanza, l'ambiente, eccetera. Tutto sotto l'ombra dei requisiti dell'urgenza: il Governo trasforma un'attività straordinaria in un'ordinaria attività di normazione, confondendo e invertendo in una direzione potere esecutivo e legislativo. Il Governo, trasforma esponenzialmente i provvedimenti attuativi con norme vigenti non adottati e/o mai applicati, desertificando il Parlamento dalle sue funzioni. La proroga diventa urgenza. Così forse si creerà un'altra urgenza, l'anno prossimo, per mantenere il Paese sotto uno stato di shock di protezione perenne. Così è urgente disporre la proroga della gestione commissariale per l'attuazione degli interventi di riqualificazione inerenti ai terremoti del 1980-81. Un anno dopo, l'Italia aveva vinto la terza coppa del mondo ai mondiali e c'era Pertini: credo che sicuramente non sarebbe contento, in questo momento, di che cosa siamo diventati e di che cosa sono diventate le istituzioni legislative.
  È urgente finanziare con 13 milioni di euro la Società italiana lavoro Spa, riducendo, a copertura di questo costo, il fondo sociale per l'occupazione e la formazione. È urgente rimandare di altri sei mesi la dismissione della sede del MIUR, sita in Piazzale Kennedy. È urgente la proroga della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari: chiusura rinviata al 2017. Come se non si sapesse – mi sembra che fosse marzo o aprile che fosse passato quel decreto in cui si imponeva l'immediata chiusura degli ex ospedali psichiatrici – anzi, ben sapendo che non si sarebbe potuta disporre questa chiusura, perché non c'era una situazione che potesse prendere in carico le circa 500 persone in Italia che sarebbero praticamente state riallocate o semplicemente dismesse sui territori, con conseguente presa in carico delle ASL.
  Ricordiamo, rispetto alla chiusura degli ex ospedali psichiatrici, che era prevista una semplice dismissione, quindi praticamente stiamo parlando di strutture che hanno «desertificato» le loro 500 persone, quelle che il magistrato riteneva non più pericolose dal punto di vista sociale – erano quelle che potevano uscire immediatamente – e praticamente rimanevano al loro interno solo quelle che il magistrato riteneva ancora socialmente pericolose.
  Ma andiamo avanti: urgentissima è un'altra questione, in molti casi molto risalente nel tempo, in materia di sanità. Un esempio per tutti, il nomenclatore tariffario: non viene aggiornato da circa 13 anni, la sua storia è inaccettabile, dato il settore e le categorie di persone che colpisce. Si tratta dell'elenco delle protesi e degli ausili sanitari che il Servizio sanitario riconosce e paga per le persone che stanno male o molto male. Come hanno già esposto alcuni miei colleghi prima, il nomenclatore tariffario è qualche cosa che, non essendo mai stato aggiornato, costringe chi ne dovrebbe beneficiare, di fatto, a fare delle dichiarazioni omissive o non idonee ai fini dell'ottenimento dei benefici relativi all'erogazione, al finanziamento ed al rimborso di queste protesi e degli ausili sanitari. Quindi non c’è mai stata – ed anche questo dovrebbe far riflettere – in 13 anni un'istituzione, un'istituzione legislativa e mai nemmeno governativa, che abbia mai fatto una presa in carico di questo nomenclatore tariffario, che è a disposizione e dovrebbe servire le persone che in Italia hanno i maggiori problemi in termini proprio di qualità di vita.
  Questo Parlamento non se ne è mai più occupato. E andiamo avanti dai, con l'urgenza e con la proroga, dai bagnini alle mozzarelle. Sono state fatte slittare di un anno le assegnazioni temporanee del personale non dirigenziale impiegato presso l'INPS, riconosciuta un'ulteriore proroga al 31 marzo 2015 del termine entro il quale l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia Pag. 89delle entrate e l'Agenzia del territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti. Quindi, in questo caso il Governo fa delle leggi in cui fa credere alla cittadinanza di avere erogato del denaro per assunzioni in determinati enti e, poi, di fatto, mancano i decreti attuativi. Non vengono fatti questi decreti attuativi e, quindi, abbiamo ancora una volta il grande inganno del cittadino perché vengono riempiti i giornali sul fatto che il Governo fa, crea delle leggi, ma di fatto rimangono ferme. Come prima è stato fatto riferimento al decreto Balduzzi, molte di quelle norme sono completamente inattuate, per quanto alcune siano assolutamente buone. Stiamo scherzando ? Questa cotenna rende indifferenti verso la cittadinanza, consumando con proroghe la vita di tutte e tutti gli esseri umani dell'Italia.
  In conclusione, quello che posso dire è che i milleproroghe stanno alla pubblica amministrazione come i condoni o le sanatorie stanno ai contribuenti, incentivano a violare le regole, in attesa o aspettativa del perdono che tanto verrà, con l'aggravante che al mancato adempimento non conseguirà nessuna sanzione né accertamento di responsabilità per gli uffici pubblici ed i loro dirigenti. Un po’ come una routine, un po’ come la non sanzione mai data ai lobbisti-mafiosi e ai distributori di patologie: gli sceicchi del gioco d'azzardo. Sollazzatevi, quindi, con questa ultima proroga a tre cifre, il countdown della vostra estinzione in questo momento è alle porte. Ormai, se non l'avete capito, siamo di fronte a un bivio: da una parte la corruzione e il consumo di suolo e l'aggravarsi delle condizioni di salute, con nuove patologie derivanti dall'inquinamento, dall'altra un modo nuovo di riappropriarci del buon senso, delle istituzioni, dell'onestà e dell'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanetti. Ne ha facoltà.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, un Paese che approva ogni anno un decreto definito milleproroghe dice già così molto del degrado ormai strutturale in cui versa la qualità della sua legislazione. Voglio, però, focalizzare questo mio intervento su una specifica disposizione di questo variopinto e variegato provvedimento. Una disposizione che rappresenta un importante successo per le migliaia di giovani aspiranti dottori commercialisti e revisori legali che, da un anno a questa parte, hanno dovuto convivere con un piccolo grande incubo per chi, all'esito di un lungo percorso di studi e formazione, scalpita giustamente per poter iniziare la propria attività professionale. Un incubo che ha avuto prima le fattezze della materiale impossibilità di accedere al registro dei revisori legali e poi quelle del dover sostenere due distinti esami di accesso, uno all'albo dei dottori commercialisti e uno al registro dei revisori legali, nonostante già nel 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avesse chiarito, con un dettagliato parere scritto, che l'esame di Stato per diventare dottore commercialista comprende già tutte le materie richieste dalla prova d'accesso al registro dei revisori legali.
  Grazie al comma 14 dell'articolo 9 di questo decreto-legge, tutti questi problemi sono finalmente superati, perché viene ripristinata, con una norma non meramente transitoria, bensì a regime, l'equipollenza dell'esame di Stato per dottore commercialista ai fini dell'iscrizione nel registro dei revisori legali. Basta, dunque, inaccessibilità del registro, in attesa dell'emanazione dei regolamenti che devono disciplinare la specifica prova di accesso al registro dei revisori legali; e addio anche al rischio di inutile, assurda, illogica duplicazione di esami, costi, tempi morti di attesa e tutte quelle cose che rendono ancora più lontani i giovani professionisti dalla possibilità di poter cominciare a competere sui propri mercati professionali di riferimento.
  Ci voleva tanto per arrivare ad un esito così palesemente di buonsenso, logico e ragionevole, da apparire tutto sommato scontato e banale ? Ebbene, a conti fatti, possiamo dire che, anche se non avrebbe Pag. 90dovuto volerci tanto, c’è invece voluto tantissimo. Una fatica incredibile. Perché non era d'accordo il Governo ? No: il Governo anzi ha giocato un ruolo fondamentale a favore, con il fattivo contributo del Viceministro dell'economia Stefano Fassina che, anche dopo le sue dimissioni da Viceministro, ha proseguito la sua preziosa opera di interessamento nella sua qualità di autorevole e ascoltato esponente del PD, ed anche con il fattivo contributo del sottosegretario per la giustizia Giuseppe Berretta.
  Allora, una fatica incredibile perché non erano d'accordo i partiti di maggioranza ? Nemmeno. Il PD, grazie appunto all'onorevole Fassina, ha sempre assecondato il processo. E così pure il Nuovo Centrodestra, grazie alla costante attenzione dell'onorevole Alessandro Pagano. Non parliamo poi di Scelta Civica, posto che l'intero processo è stato avviato da una interrogazione parlamentare del sottoscritto al MEF ancora lo scorso autunno.
  Allora, è stata l'opposizione a fare le barricate, in odio a ragazzi di venticinque, trent'anni che ambiscono solo a poter provare a guadagnarsi la pagnotta nel sempre più precario mondo delle libere professioni ? Ancora acqua. Dal Movimento 5 Stelle dell'onorevole Carla Ruocco, a Sinistra Ecologia Libertà dell'onorevole Paglia, passando per Forza Italia del senatore Andrea Mandelli e per la Lega Nord e Autonomie dell'onorevole Borghesi, tutti – tutti – hanno convenuto sull'opportunità di dare una mano a questi giovani, appurato che c'erano le indispensabili condizioni di quadro normativo per poterlo fare senza alcun tipo di forzatura altrimenti inaccettabile. Ed infatti la normativa consente di prevedere equipollenze in presenza delle necessarie condizioni e, relativamente ai commercialisti, queste necessarie condizioni erano state considerate sussistenti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  E quindi ? Perché tanta fatica nei lavori di Commissione ad ogni lettura dell'iter di conversione del decreto-legge ? La faccio breve: perché la cosa non andava a genio agli uffici del MEF e, per solidarietà interburocratica, a quelli del Ministero della giustizia. I pareri contrari e gli intoppi sono fioccati ad ogni passaggio. Una idiosincrasia all'equipollenza per i giovani aspiranti commercialisti, quella degli uffici del MEF, francamente tanto meno comprensibile – e, aggiungo, tanto meno tollerabile – se si considera che nel regolamento varato da quegli stessi uffici era stata viceversa normata, a determinate condizioni, l'equipollenza per i funzionari stessi del Ministero.
  Abbastanza seccante, no ? Sono fermamente convinto che i Ministeri siano pieni di valentissimi funzionari e sono altrettanto convinto che la burocrazia vada rispettata nella sua autonomia e nella sua funzione. Autonomia e funzione che riguardano però il piano tecnico dell'applicazione delle norme e della loro coerenza, non quello della valutazione politica dell'opportunità della loro introduzione.
  Questa vicenda dell'equipollenza è stata paradigmatica non già di una politica che non rispetta la burocrazia, ma semmai di una certa burocrazia che cerca di non rispettare la politica. Solo che, una volta tanto, la politica ha saputo farsi rispettare. E, nel pieno rispetto del quadro normativo nazionale e comunitario, ha compiuto scelte rispondenti agli impegni che aveva assunto con tanti giovani, invece che rassegnarsi a scelte appiattite su obiettivi di quieto vivere con uffici che avevano tutt'altre priorità. Queste, pur nel loro piccolissimo, sono le storie di buona politica che possono riconciliare i cittadini con chi si propone di rappresentarli nelle istituzioni. Se la politica fa la politica, con competenza e coraggio, e la burocrazia fa la burocrazia, senza essere asservita, ma con spirito di servizio, allora una speranza di rimettere in pista questo Paese c’è. Se viceversa la burocrazia fa essa politica e la politica accetta, per incompetenza o viltà, di essere mera lettrice acritica delle carte che le vengono poste sotto gli occhi, allora di speranze non ce ne sono invece più. Scelta Civica è nata proprio per questo: per portare in politica una massiccia dose di competenza e coraggio, polarizzando e rafforzando queste qualità che sono Pag. 91senz'altro presenti anche in altri movimenti politici, ma che, diciamo così, sono state in questi ultimi anni lasciate in posizioni di sostanziale emarginazione ed isolamento.
  Per fare una politica libera, del resto, non basta essere uomini liberi, servono anche spazi liberi.
  Nel formulare il mio più sincero in bocca al lupo ai tanti giovani che nei prossimi mesi ed anni potranno cominciare la loro avventura professionale prima e con meno ostacoli, grazie a questo decreto, chiudo con un ringraziamento sentito a chi, anche fuori dal Parlamento, ha fatto un prezioso gioco di sponda per arrivare a questo risultato, spiegando con pazienza al legislatore – cioè, tutti noi – l'inconsistenza di molte obiezioni fintamente tecniche, perché squisitamente politiche.
  Penso, in particolare, all'ex presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Claudio Siciliotti, al commissario del Consiglio nazionale dei commercialisti, Giancarlo Laurini, al direttore generale del Consiglio nazionale dei commercialisti, Francesca Maione, e alla Giunta nazionale dell'Unione giovani dottori commercialisti.
  In una Italia in cui, generalmente, tutti coloro i quali sono dentro ad un recinto cercano per lo più di fortificarlo e renderlo il più difficilmente accessibile per chi sta fuori, devo dire che è stato bello, ed anche molto indicativo di una categoria spesso troppo bistrattata, vedere paradossalmente proprio i commercialisti in prima linea per rendere più facile ai giovani l'entrata nel loro mercato professionale. Un positivo esempio di come politica e società civile, se insieme, invece che contrapposte, possono essere quei protagonisti del cambiamento di cui il Paese ha più che mai bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti del Liceo «Giotto Ulivi» di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

  EMANUELE COZZOLINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, intanto, saluto la mia scuola, la «Giotto Ulivi» è stata la mia scuola.

  PRESIDENTE. Non a caso ! Non è che c’è il suo zampino nella presenza ?

  EMANUELE COZZOLINO. No, signor Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori, in quanto manca il relatore sul provvedimento. Quindi, chiedo di sospendere la seduta.

  PRESIDENTE. L'onorevole D'Attorre non è in Aula ? Allora sospendiamo la seduta, ha ragione lei. Però l'intervento è per richiamo al Regolamento, non sull'ordine dei lavori.
  La seduta è sospesa e riprenderà appena si appalesa il relatore.

  La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 16,35.

  PRESIDENTE. La seduta è ripresa con tanto di relatore.
  Salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto tecnico commerciale Bonelli di Cuneo, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Florian Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Cerchiamo di recuperare qui un resto di quella discussione che si sarebbe dovuta fare in Commissione, ma dove non ce ne fu data l'occasione, avendo la maggioranza blindato il testo così come passatogli dal Senato. Un testo di decreto-legge che non merita di diventare legge. È diventata abitudine di questo governo – ed è, o era, una delle sue peculiarità, se non delle più serie, sicuramente delle più originali – quella di chiamare i suoi decreti-legge con nomi molto fantasiosi, amabili, nomi che invece di farci capire qualcosa sul contenuto, Pag. 92lo camuffano appositamente. Ha speso molto in cosmetica, questo Governo. Il bilancio è diventato la legge di stabilità, un po’ di investimenti il decreto del «fare», diverse vere leggi ribollite il «salva Roma» e il «Destinazione Italia». Ora siamo al «milleproroghe». Ed è come un cambio di rotta nel vocabolario governativo. Per una volta tanto si chiama per nome quello che contiene e non quello che si vuole nascondere, no, anzi, proprio quello che si voleva nascondere.
  Chi chiama «milleproroghe», se anche solo in gergo, una propria legge, è già reo confesso, «milleproroghe» non è un decreto omnibus, sarebbe un eufemismo. È un treno di mille vagoni con altrettanti ciechi passeggeri. Non c’è niente di organico in questo decreto-legge, eccetto il mero decorso del tempo. Se il Presidente del Consiglio dei ministri sotto le feste natalizie, su imposizione del Presidente della Repubblica, ha ritirato il decreto-legge cosiddetto «salva Roma» a causa della eterogeneità delle norme ivi contenute, è illogica e contraddittoria la conseguenza che ne ha tratto: la messa in vigore del presente «milleproroghe» che prorogava circa 60 termini in scadenza solo al 31 dicembre dell'anno scorso. Se era eterogeneo il «salva Roma», il «milleproroghe» lo è mille volte tanto. È l'ammissione della capitolazione totale ed esplicita del fronte del principio del buon governo. Questo decreto-legge è la prova dell'incapacità di programmare. L'ammissione che i termini posti nelle leggi non sono da prendere sul serio, sono numeri al vento, in libera uscita. È la prova che dati e date non sono certe, ma delle opinioni. «Milleproroghe» è una dichiarazione di capitolazione.
  Il decreto-legge in esame non corrisponde nemmeno ai requisiti stringenti in ordine alla leggibilità, alla trasparenza e alla sistematizzazione delle norme. Gran parte delle norme sono indecifrabili, tanti deferimenti non sono neanche motivati.
  Tutta la normativa si rivela più o meno un elenco di automatici rinvii ad altra data di termini legislativi. E chi è abituato a leggere vi capisce: ignorata la vecchia data, non sarà da prendere sul serio nemmeno quella futura. È una riabilitazione d'ufficio del «chissene», fesso chi ci crede.
  Noi di Sinistra Ecologia Libertà esprimiamo il nostro assoluto dissenso e una critica di fondo al metodo di questa continua ed arbitraria proroga di adempimenti di legge, all'inerzia dei responsabili, alla lunghezza dei procedimenti amministrativi e alla apparente spregiudicatezza con cui tale situazione ci viene presentata come normale ed inevitabile.
  Questo decreto, più di altri, è la dimostrazione di quanto urge occuparci della qualità della legislazione. Se numeri e date non sono più perentori, ma optional, ogni riforma istituzionale si rende ridicola. Tanto, non ci crede più nessuno. Se tutto è prorogabile, niente è più certo. Faccio alcuni esempi. Molte delle proroghe concesse con questo provvedimento, sono palesemente funzionali al tentativo di non applicare le norme che il Parlamento ha stabilito, come l'articolo 4, per esempio, sul quale è stato accolto un nostro emendamento soppressivo, al Senato: non otteneva così la settima o forse ottava proroga della emanazione di un regolamento che riguardava il servizio di noleggio con conducente. Vi sono anche dei tentativi portati a compimento, perché il prorogare l'attuazione delle norme e il non promulgare i regolamenti sono segno di operazioni che tendono a sterilizzare completamente le norme approvate dal Parlamento. C’è l'esempio riguardante la produzione della mozzarella. Ci troviamo di fronte a ben sei rinvii nell'applicazione, perché, evidentemente, da parte dell'apparato ministeriale vi è il tentativo, che viene portato sempre a compimento, di non applicare le norme che pure sono state indicate e votate dal Parlamento. Inutile elencare troppo. Arriveremo a mille e una proroghe, appunto. Ed è inevitabile che ci siano pure delle proroghe necessarie, utili, intelligenti, indispensabili, specie in situazioni di emergenza e di crisi in generale.
  Noi abbiamo proposto degli emendamenti e ne riproporremmo in Aula anche in forma di ordini del giorno – perché ci Pag. 93è stato impedito di farlo in Commissione – che chiedono certe proroghe, a favore dei più deboli della società, a favore della natura, della salvaguardia del paesaggio e per risanare situazioni di emergenza. Ma tutto ciò non giustifica che l'eccezione diventi normalità, sistematicamente, di pronto soccorso, ordinaria amministrazione. Ci sono, quindi, casi in cui c’è bisogno di approvare delle proroghe, ma per la maggior parte esse sono frutto di inerzia, negligenza, se non di cattive intenzioni. Questo decreto, per la maggior parte è frutto dell'incapacità di attuare le leggi, a volte addirittura per dolo, e quasi sempre di un cattivo rapporto fra norma e realtà, ovvero fra politica ed istituzioni da una parte e la vita e i bisogni dei cittadini dall'altra.
  La nostra collega capogruppo di SEL al Senato, Loredana De Petris, in proposito, ha proposto di nominare in futuro un Ministero per l'attuazione delle leggi. Speriamo che l'abbia buttata sull'ironico, ma non c’è motivo di scherzare, anche se il momento si presterebbe. Come già annunciato, ripresenteremo i nostri emendamenti bocciati in Commissione, così come gli ordini del giorno saranno tanti e seri.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, sottosegretario Galletti, alcune brevissime considerazioni, capendo quanto alcuni colleghi, ma direi un po’ tutti quanti, stanno vivendo in queste ore, quindi anche comprendendo il relatore per la maggioranza, onorevole D'Attorre, rispetto ad un argomento certamente importante, qual è quello che noi affrontiamo con il «milleproroghe», ma allo stesso tempo quello che poi riguarda il futuro del nostro Paese al di fuori di quest'Aula. Ciò anche perché sul «milleproroghe», così comunemente chiamato e la cui liturgia, il cui rito, si ripete di anno in anno, indipendentemente dalla maglietta che ognuno di noi indossa come formazione politica, laddove si trovi, al Governo o all'opposizione, si invertono le parti, con quello che uno poi, purtroppo, si trova anche a dover recitare, perché, a seconda della responsabilità, si trova a giustificare la ragione per cui questo decreto debba essere approvato, o piuttosto trovando soluzioni diverse.
  Mi pare anche che, guardando i colleghi con i quali c’è una storia anche datata, a livello locale, laddove questo decreto-legge investe la dimensione anche locale, degli enti locali, sappiamo bene che alcune delle modifiche sostanziali vadano fatte, ovviamente bene sarebbe che non arrivassimo a questo provvedimento puntualmente, ma poi comunque accade. Speriamo che quello che tutti quanti noi, ma soprattutto il Paese, attende di un nuovo inizio rispetto a quello che stiamo vivendo in queste ore possa anche riguardare, come auspicio rivolto a noi stessi, anche la formula delle regole interne al sistema parlamentare.
  Solo alcune considerazioni rispetto alla posizione che io esprimo come Nuovo Centrodestra verso l'approvazione di questo decreto-legge, alcuni temi estremamente delicati che noi riteniamo tali e che riguardano uno dei diversi punti all'interno del decreto-legge stesso. Uno è in relazione al personale dell'amministrazione centrale, dell'amministrazione pubblica soprattutto nell'ambito delle forze di polizia e quindi di sicurezza per il nostro Paese e dei Vigili del fuoco, l'importanza da una parte di allargare e allungare le assunzioni di personale a tempo indeterminato e, laddove siano a tempo determinato, tenuto conto delle esigenze che il nostro Paese ha in diverse aree geografiche, possa quindi vedere una soddisfazione che vada al di là anche in termini di risposta ad un tema delicato qual è quello del lavoro e delle persone più giovani ma anche meno giovani.
  Un altro tema riguarda ad esempio il mondo dell'università e della ricerca, anche qui parliamo di proroghe di termini per quello che riguarda l'aspetto relativo all'assunzione a tempo indeterminato ma anche a tempo determinato. Noi lo sappiamo bene perché sono d'attualità alcuni dei provvedimenti approvati proprio recentemente, Pag. 94penso ad esempio a «destinazione Italia», quando noi, quindi il Governo, abbiamo deciso di stanziare risorse anche attraverso la forma del credito d'imposta in materia di innovazione e di ricerca da trasferire e da assegnare alle aziende, quindi pensare su un argomento come questo, laddove si parla di fuga dei cervelli dal nostro Paese in altra direzione, ebbene questo è lo spirito con cui noi parliamo di proroga rispetto alle assunzioni e ai bandi di concorso.
  Altri punti riguardano l'aspetto contabile delle amministrazioni centrali, per appostare alcune delle risorse nella direzione che è più propria rispetto a chi governa a seconda delle competenze, dando quindi la possibilità ai Ministeri di lavorare rispetto anche a nuove esigenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
  Andando alla conclusione, un tema ulteriormente delicato riguarda la giustizia e le professioni regolamentate, mi riferisco al mandato dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari, anche in questo noi abbiamo e sentiamo la necessità di quella necessaria proroga che porti almeno alla fine di questo anno, soprattutto per misure che noi riteniamo fondamentali in materia di giustizia.
  Concludo davvero dicendo che un'altra delle cose riguarda alcune aree del Paese purtroppo sottoposte a tragedie che si sono rivelate anche umane – mi riferisco alle alluvioni anche più recenti in alcune parti della nostra Italia – e su questo argomento noi condividiamo il fatto che ci sia, in alcune aree, in quelle zone colpite, quell'aspetto che era la sperimentazione delle aree a burocrazia zero e la possibilità di attingere a risorse che potevano e possono portare a un sostegno al mondo delle imprese ma soprattutto dei cittadini, quindi è per queste ragioni che noi diciamo che questo decreto-legge va approvato con lo spirito di una modifica vera, il cui rito però ci porta a dire che di anno in anno diciamo queste cose nella speranza che però accada davvero.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Emanuele Cozzolino. Prendo atto che non è in Aula; s'intende che vi abbia rinunciato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, è evidente a tutti noi che parliamo questa sera, nell'Aula della Camera dei deputati, sapendo che sono in corso avvenimenti politici che hanno una rilevanza e che, ovviamente, non riguardano il merito delle cose che stiamo qui per discutere e approvare, ma pur tuttavia non possono non influenzare la complessiva vicenda politica.
  Io voglio dire pochissime cose e non rubare molti minuti ai colleghi e all'Aula. Vorrei dire, innanzitutto, che noi ci troviamo di fronte ad un decreto cosiddetto «milleproroghe». È un provvedimento che normalmente viene elaborato ogni anno in fine d'anno e che esso stesso, per sua natura ovviamente, è un'anomalia legislativa, anche se serve e necessita per porre rimedio a problematiche che non hanno spesso un'origine politica o di carenza di Governo, ma derivano da una situazione che è bene fotografare, nel senso che vi sono accumuli di ritardo che non dipendono in questo caso dal Governo, scadenze e provvedimenti che vanno rinnovati.
  Vi è, in generale, una questione che io volevo sottolineare questa sera, che è l'uso della decretazione d'urgenza, non dico per questo caso specifico, non sto parlando nello specifico di questo Governo, ma più in generale di un elemento simbolico del difficile rapporto di funzionamento legislativo nella relazione tra il Parlamento ed il Governo. Io penso a questo proposito, tra l'altro, che la stagione delle riforme, che mi auguro porteremo avanti con forza e che porterà il Paese ad una modifica di funzionamento delle proprie istituzioni che ci possa fare uscire dal bicameralismo perfetto e che determini nuove normative elettorali in grado di produrre maggioranze compiuti, certe e stabili, produca anche un avanzamento nella possibilità che il processo legislativo veda meno decretazioni di urgenza e più attività legislativa pura da parte del Parlamento.Pag. 95
  In più – e qui vado a concludere, Presidente – vi è l'annosa questione della eterogeneità dei contenuti dei decreti, che è stata oggetto anche di rilievi in quest'Aula di incostituzionalità da parte di forze dell'opposizione, alle quali noi abbiamo nel merito spiegato e specificato che non era proprio questo il caso del decreto che porti con sé rilievi di incostituzionalità dovuti ad una eterogeneità dei contenuti di merito. Non lo è perché questo è un provvedimento che serve a sanare necessità del Paese, di molte rappresentanze del Paese, per specifiche questioni che debbono essere oggetto di risoluzione legislativa, pena problemi più gravi, e devono essere fatte proprio in conclusione dei lavori dell'anno o, come è nel nostro caso adesso, all'inizio dell'anno successivo.
  Per questo e ovviamente per le ragioni di merito che qui il relatore del provvedimento, onorevole D'Attorre, ha spiegato e che in toto condivido, nonché per le ragioni per cui abbiamo respinto in quest'Aula i motivi di incostituzionalità che erano sottoposti alla nostra attenzione da forze dell'opposizione, noi daremo su questo decreto cosiddetto «milleproroghe» il nostro voto favorevole.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2027)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, onorevole D'Attorre.

  ALFREDO D'ATTORRE, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, mi associo anche io alla considerazione sulle circostanze del tutto peculiari in cui avviene questo dibattito, che ha fatto emergere certo i profili di criticità di questo provvedimento, ma insieme anche le ragioni di necessità e di urgenza che sostengono una sua sollecita approvazione, auspicabilmente senza il suo ritorno al Senato. Per questo auspico che, a partire dalle votazioni previste nella giornata di domani, si possa procedere in questa direzione.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore di minoranza e il Governo rinunciano alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani, a partire dalle ore 9,30.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 14 febbraio 2014, alle 9,30:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1214 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (C. 2027).
  – Relatori: D'Attorre, per la maggioranza; Invernizzi, di minoranza.

  La seduta termina alle 17.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ALFREDO D'ATTORRE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2027

  ALFREDO D'ATTORRE, Relatore per la maggioranza. Onorevoli colleghi, il decreto-legge all'ordine del giorno reca la proroga di termini previsti da diverse disposizioni legislative.
  Prima di passare all'illustrazione del contenuto, ricordo che la I Commissione ha avviato l'esame del disegno di legge di conversione nella seduta del 5 febbraio scorso, proseguendo la discussione generale nella giornata successiva. Nella seduta del 12 febbraio, in cui sono state esaminate le proposte emendative presentate, si è tenuto conto Pag. 96dell'esigenza di non apportare modifiche ulteriori al testo rispetto a quelle già approvate dal Senato, per non mettere a rischio la conversione del provvedimento visti i ristretti tempi a disposizione. Di conseguenza, molti gruppi parlamentari hanno ritirato gli emendamenti presentati e la Commissione ha respinto tutti le altre proposte emendative presentate.
  Per quanto riguarda i pareri espressi dalle competenti Commissioni in sede consultiva, ricordo che le Commissioni II, IV, VI e XI hanno espresso parere favorevole; le Commissioni VII, IX, XII, XIII nonché la Commissione parlamentare per le questioni regionali hanno espresso parere favorevole con osservazioni; la Commissione VIII ha espresso parere favorevole con condizione e osservazioni; le Commissioni X e XIV hanno espresso parere favorevole con condizione.
  Il Comitato per la legislazione ha espresso parere con condizioni e osservazioni mentre la V Commissione ha ritenuto di esprimere il proprio parere direttamente per l'Assemblea.
  In proposito, pur nella consapevolezza della rilevanza delle questioni poste nei pareri espressi dalle competenti Commissioni in sede consultiva e nel parere del Comitato per la legislazione, faccio presente che la I Commissione – alla luce dell'esigenza di non apportare modifiche al testo approvato dal Senato – ha ritenuto di non poter recepire i rilievi espressi, pur riservandosi di tenerne in debita considerazione i contenuti.
  Passando ad illustrare nel dettaglio i contenuti del provvedimento in esame, ricordo che un primo gruppo di disposizioni proroga alcuni termini in materia di assunzioni, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
  In particolare, l'articolo 1, comma 1, proroga per tutto il 2014 la disposizione che limita l'accesso con concorso alla qualifica di capo squadra e alla qualifica di capo reparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rispettivamente ai vigili del fuoco coordinatori e ai capi squadra esperti, tramite valutazione per soli titoli e non anche per esami.
  L'articolo 1, comma 2, riguarda il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso determinati organismi e proroga a tutto il 2014 la disposizione che prevede che: la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resti (nei limiti delle risorse disponibili) a carico dell'amministrazione di appartenenza; non vengano imputati all'amministrazione di destinazione il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativo al suddetto personale; non sia applicabile il limite di 5 unità di personale di livello dirigenziale che può essere collocato in posizione di comando o fuori ruolo contemporaneamente.
  L'articolo 1, comma 3, dispone che le assegnazioni temporanee del personale non dirigenziale presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e presso l'INPS, fatta eccezione per il personale del comparto scuola, possono essere «prorogate» di un anno.
  L'articolo 1, commi 4 e 5, proroga al 31 dicembre 2014 sia il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato in specifiche amministrazioni pubbliche, sia le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013 adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle percentuali del turn over previste dalla legislazione vigente. Viene inoltre prorogata al 30 giugno 2015 l'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate.
  L'articolo 1, commi 6 e 7 (quest'ultimo soppresso nel corso dell'esame del Senato), proroga al 28 febbraio 2014 i termini per l'adozione dei regolamenti di organizzazione dei ministeri previsti dalla spending review e ampliano il campo di intervento oggettivo dei medesimi.
  L'articolo 1, comma 8, novellando il Codice dell'ordinamento militare, pospone di un ulteriore anno, dal 2014 al 2015, l'applicazione della disciplina sull'aspettativa per riduzione di quadri (ARQ) nei Pag. 97ruoli speciale e tecnico-logistico dell'Arma dei Carabinieri prevista dall'articolo 907 del Codice, che prevede che le eccedenze nei gradi di colonnello o generale dei ruoli di tali ruoli siano eliminate con il collocamento in aspettativa per riduzione quadri.
  L'articolo 1, comma 9, proroga al 30 giugno 2014 il termine per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale ridefinire, per il triennio 2014-2016, la disciplina per l'individuazione della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato nelle università.
  L'articolo 1, comma 10, proroga al 31 dicembre 2014 il limite ai compensi corrisposti dalle pubbliche amministrazioni a componenti di organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo in base al quale gli stessi compensi non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, diminuiti del 10 per cento.
  L'articolo 1, commi 11 e 12, prevede che fino al 2018 le modalità per la promozione a colonnello e la relativa determinazione delle aliquote di valutazione degli ufficiali del ruolo speciale del Corpo della Guardia di finanza continuano ad essere fissate con determinazione del Comandante Generale, mentre per il passaggio degli ufficiali del ruolo normale al grado di maggiore continuano ad applicarsi sino al 2016 i requisiti attualmente vigenti in luogo di quelli indicati nel decreto legislativo n. 69 del 2001.
  L'articolo 1, comma 13, differisce al 1o gennaio 2015 l'applicazione delle disposizioni in materia di riduzione dei costi degli apparati amministrativi contenute nell'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, per le federazioni sportive e le discipline sportive associate iscritte al CONI.
  L'articolo 1, comma 14, proroga al 31 dicembre 2014 il termine entro cui le Agenzie fiscali sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali, da indire entro il 30 giugno 2014, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, prorogando, nel frattempo gli incarichi già attribuiti.
  L'articolo 1, comma 14-bis, proroga fino al 31 marzo 2015 i contratti stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per l'attribuzione di funzioni dirigenziali.
  Un secondo gruppo di misure proroga termini relativi a interventi emergenziali.
  Si tratta dell'articolo 2, comma 1, che proroga al 31 luglio 2014 gli effetti delle disposizioni delle ordinanze del Presidente del Consiglio del Ministri relative alle operazioni di rimozione del relitto della Costa Concordia dal territorio dell'isola del Giglio, i cui oneri gravano sulle risorse già previste per la copertura finanziaria dalle medesime ordinanze del Presidente del Consiglio.
  L'articolo 2, commi 2 e 2-bis, proroga al 31 dicembre 2014 il termine di conclusione delle opere e dell'incarico di commissario ad acta relativamente agli interventi per la ricostruzione, nei comuni delle regioni della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981, prevedendo altresì la conferma del compenso previsto, pari a 100.000 euro anche per l'anno 2014.
  L'articolo 2, comma 2-ter, proroga la gestione commissariale siciliana nel settore dei rifiuti urbani, limitatamente ad alcune precise attività indicate dalla medesima norma, prevalentemente localizzate nel territorio di Palermo.
  L'articolo 2, comma 3, proroga di quattro mesi l'incarico – in scadenza il 31 dicembre 2013 – del Commissario liquidatore della Gestione denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo», in liquidazione coatta amministrativa.
  L'articolo 2, comma 4, proroga al 31 dicembre 2014 alcuni termini riguardanti i territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012: la lettera a) posticipa di un anno la data limite di entrata in esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili al fine di accedere alle incentivazioni; Pag. 98la lettera b) posticipa di un anno l'applicazione in via sperimentale della disciplina delle zone a burocrazia zero.
  L'articolo 2, comma 5, proroga fino al 31 marzo 2014 il termine per la rendicontazione delle contabilità speciali intestate al cessato ufficio del Commissario delegato per la Ricostruzione dei territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.
  L'articolo 2, commi 6 e 7, autorizza l'ulteriore prosecuzione dell'impiego nei servizi di vigilanza e protezione del territorio del Comune de L'Aquila in funzione anticrimine, in concorso con le Forze di polizia, di un contingente di personale militare.
  L'articolo 2, comma 8, proroga di un anno il periodo per la restituzione del debito per quota capitale relativo ai finanziamenti concessi per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi da parte dei contribuenti interessati dal sisma del maggio 2012 titolari di redditi di impresa (inclusi quelli di impresa commerciale), di reddito di lavoro autonomo, esercenti attività agricole alle condizioni previste, titolari di reddito di lavoro dipendente proprietari di unità immobiliare adibita ad abitazione principale alle condizioni previste.
  Alcune disposizioni sono finalizzate a prorogare termini in materia di giustizia e professioni regolamentate.
  L'articolo 2-bis modifica la disciplina della legge di stabilità 2014 (Legge n. 247 del 2013) prorogando il mandato dei giudici onorari di tribunale (GOT) e dei vice procuratori onorari (VPO), anche se in scadenza entro il 31 dicembre 2014 e il mandato dei giudici di pace, anche se in scadenza entro il 31 dicembre 2015 (anziché entro il 31 dicembre 2014).
  L'articolo 3-bis differisce di ulteriori tre anni (dal 13 settembre 2015 al 13 settembre 2018) il termine di efficacia delle modifiche delle circoscrizioni giudiziarie de L'Aquila e Chieti, nonché delle relative sedi distaccate, stabilito dall'articolo 11, comma 3, del D.Lgs n. 155 del 2012, di riforma della geografia giudiziaria.
  L'articolo 9, comma 1, proroga al 30 giugno 2014 il termine per continuare ad esercitare l'attività di consulenza in materia di investimento, nelle more dell'attuazione della normativa relativa all'albo delle persone fisiche consulenti finanziari, gestito dalla CONSOB, previsto dal D.Lgs. n. 164/2007 (decreto legislativo di recepimento della c.d. norme europee «Mifid»).
  Seguono, inoltre, disposizioni di proroga di termini di competenza del Ministero dell'interno, quali l'articolo 3, comma 1, che conferma per l'anno 2014 l'applicazione delle misure previste dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004, concernenti l'ipotesi di scioglimento dei consigli degli enti locali per mancata approvazione del bilancio nei termini previsti e l'attribuzione al Prefetto dei relativi poteri sostitutivi ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.
  Inoltre, l'articolo 3, comma 1-bis, proroga al 30 giugno 2014 il termine a decorrere dal quale i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti devono obbligatoriamente affidare ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture. In considerazione dell'avvenuta entrata in vigore del citato obbligo, vengono fatti salvi i bandi e gli avvisi di gara pubblicati dal 1o gennaio 2014 fino all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  L'articolo 3, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 il termine entro il quale è ammesso l'impiego di guardie giurate nel contrasto alla pirateria a bordo delle navi mercantili italiane in acque internazionali, ancorché non abbiano ancora frequentato i corsi tecnico-pratici previsti dalla legge.
  L'articolo 3, comma 3, posticipa al 30 giugno 2014 il termine di decorrenza dell'applicazione anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia delle disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive.Pag. 99
  L'articolo 3, comma 4, interviene sulle risorse finanziarie recate dalle leggi che istituiscono le nuove province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004), destinate alla costituzione degli uffici periferici dell'amministrazione dello Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di completare gli interventi. In particolare, proroga, novellando l'articolo 3, comma 5 del decreto-legge n. 194 del 2009, al 31 dicembre 2014 il termine per il mantenimento delle predette contabilità speciali.
  Numerose disposizioni intervengono a prorogare termini in materia di infrastrutture e trasporti.
  L'articolo 4, comma 1, proroga al 30 giugno 2014 il termine per l'emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che disciplini i corsi di formazione per addetti al salvamento acquatico.
  L'articolo 4, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014 la facoltà concessa al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire con proprio decreto l'aggiornamento dell'importo dei diritti aeroportuali al tasso d'inflazione programmato, nelle more delle stipule dei contratti di programma tra Ministero e società di gestione aeroportuale.
  L'articolo 4, comma 2-bis, proroga di oltre 2 anni (dal 31 marzo 2014 al 30 novembre 2016, data indicata dalla norma come termine di ultimazione dei lavori) la durata della gestione commissariale della «Galleria Pavoncelli», disciplinata dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 2010.
  L'articolo 4, comma 3, differisce al 31 dicembre 2014 il termine per l'applicazione della disposizione (articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2011), in base alla quale alle autoscuole è consentito, secondo criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di demandare, integralmente o parzialmente, la formazione dei conducenti per il conseguimento di tutte le categorie di patenti, anche speciali, fatta eccezione per quella di categoria B e dei documenti di abilitazione e di qualificazione professionale, a un centro di istruzione automobilistica, costituito da più autoscuole consorziate.
  L'articolo 4, comma 4, soppresso nel corso dell'esame al Senato, proroga al 31 dicembre 2014 il termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti recante le disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente, nonché gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi.
  L'articolo 4, comma 4-bis, proroga al 30 giugno 2014 la maggiore tolleranza (pari al 50%) prevista per la congruità del rapporto tra la cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature tecniche e il costo del personale dipendente, effettuata in sede di verifica triennale per la certificazione obbligatoria da parte delle società organismi di attestazione (SOA), verso le ditte che partecipano alle gare d'appalto per l'esecuzione di lavori pubblici.
  L'articolo 4, commi 5 e 6, proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2014, la possibilità, per il contraente generale, di dimostrare, ai fini della sua qualificazione, il possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica ed organizzativa mediante la presentazione, anche a mezzo di copia conforme, di certificati rilasciati dalle speciali società organismi di attestazione (SOA).
  L'articolo 4, comma 7, prevede l'ulteriore proroga, per un periodo non superiore a dodici mesi, dei termini per l'adeguamento degli impianti funiviari ai requisiti costruttivi previsti dal decreto ministeriale 2 gennaio 1985.
  L'articolo 4, comma 8, proroga di ulteriori 6 mesi, quindi fino al 30 giugno 2014, il termine di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo situati nei comuni capoluogo di provincia, o in comuni confinanti con popolazione Pag. 100superiore a 10.000 abitanti, o nei comuni «ad alta tensione abitativa», in favore delle cosiddette fasce deboli della popolazione. Lo stesso comma dispone in merito alla copertura dei relativi oneri, a carico del Fondo per interventi strutturali di politica economica, quantificati in 1,7 milioni di euro per il 2015.
  L'articolo 4, comma 8-bis, prevede la proroga al 31 dicembre 2016 del termine per la ratifica degli Accordi di programma finalizzati alla rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
  L'articolo 4, commi da 8-ter a 8-quinquies, differisce al 31 dicembre 2014 il termine per l'emanazione del regolamento governativo di riforma delle Capitanerie di porto e provvedono al rifinanziamento delle autorizzazioni di spesa destinate al corpo delle Capitanerie di porto di cui all'articolo 2, commi 98 e 99, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007).
  L'articolo 4-bis proroga di un anno alcuni termini relativi agli obblighi di installazione di impianti a fonti rinnovabili negli edifici nuovi e in quelli sottoposti a ristrutturazioni rilevanti.
  L'articolo 9 comma 15-ter, proroga dal 1o gennaio 2013 al 1o luglio 2014 il termine per l'acquisizione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario, per le procedure disciplinate dal Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, da effettuarsi esclusivamente con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), istituita presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.
  L'articolo 5 proroga due termini in materia di agricoltura.
  Il comma 1 posticipa al 1o gennaio 2014 il termine a decorrere dal quale la produzione della «mozzarella di bufala campana» deve essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari.
  Il comma 2 proroga i termini previsti per l'emanazione di un decreto ministeriale che dovrà introdurre l'obbligo di revisione delle macchine agricole soggette ad immatricolazione. In particolare, viene spostato dal 28 febbraio 2013 al 30 giugno 2014 il termine per l'emanazione del decreto e dal 1o gennaio 2014 al 1o gennaio 2015 il termine a partire dal quale si deve procedere alla revisione.
  L'articolo 6, proroga alcuni termini in materia di istruzione, università e ricerca.
  Il comma 1 proroga al 30 giugno 2014 il termine per la dismissione della sede del MIUR di piazzale Kennedy a Roma e per la risoluzione del relativo contratto di locazione.
  Il comma 2 proroga al 1o gennaio 2015 il termine per l'introduzione, da parte delle università, del sistema di contabilità economico-patrimoniale e del bilancio unico d'ateneo, nonché dei sistemi e delle procedure di contabilità analitica.
  Il comma 3 proroga al 30 giugno 2014 il termine per l'affidamento dei lavori finalizzati alla riqualificazione e alla messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali – di cui all'articolo 18, commi da 8-ter a 8-sexies, del decreto-legge n. 69 del 2013 (Legge n. 98 del 2013) – per le regioni nelle quali l'autorità giudiziaria ha sospeso gli effetti delle graduatorie propedeutiche all'assegnazione delle risorse agli enti locali proprietari degli immobili.
  L'articolo 6, comma 6-bis, dispone che le idoneità conseguite a seguito delle procedure di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore universitari, di cui alla Legge n. 210 del 1998, sono valide per ulteriori 2 anni dalla data di scadenza del quinto anno dal loro conseguimento.
  In materia di salute intervengono le seguenti disposizioni di proroga termini.
  L'articolo 7, comma 1, proroga al 1o gennaio 2015 il termine entro il quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco (distributori intermedi e farmacie).
  L'articolo 7, comma 1-bis, proroga al 30 giugno 2014 il termine per l'aggiornamento Pag. 101del Nomenclatore tariffario dei dispositivi medici previsto dall'articolo 5 del D.L n. 158 del 2012.
  L'articolo 7, comma 1-ter, prevede che le Regioni provvedano ad adottare provvedimenti diretti a garantire che dal 31 ottobre 2014 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie nonché degli stabilimenti termali, non confermati dagli accreditamenti definitivi.
  Rilevano poi disposizioni di proroga di termini in materia di lavoro e politiche sociali.
  L'articolo 8, comma 1, modifica alcuni termini in tema di consegna, per via telematica, dei certificati medici relativi alla maternità.
  L'articolo 8, comma 2-bis, proroga il termine relativo all'adeguamento dei fondi di solidarietà sperimentali di settore alle disposizioni della legge n. 92 del 2012.
  L'articolo 8, comma 2-ter, dispone la proroga per il 2014 di quanto previsto dall'articolo 70, comma i, del D.Lgs. n. 276 del 2003, in base al quale i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possano svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo annuo.
  Diverse disposizioni intervengono a prorogare termini in materia economica e finanziaria.
  L'articolo 9, comma 2, proroga al 31 dicembre 2014 il termine per l'esaurimento del contenzioso tributario pendente dinanzi alla Commissione tributaria centrale concernente ricorsi iscritti a ruolo in primo grado da oltre io anni, per i quali l'amministrazione finanziaria dello Stato risulti soccombente nei primi due gradi di giudizio.
  L'articolo 9, comma 3, proroga al 31 dicembre 2014 la disciplina derogatoria disposta dall'articolo 8, comma 30, del decreto-legge n. 201 del 2011, concernente il regime di opponibilità della cessione del credito, quale garanzia da fornire alla Banca d'Italia per finanziamenti alle banche.
  L'articolo 9, commi 4 e 5, proroga i termini per l'esercizio dei poteri di controllo della Banca d'Italia sugli agenti ed i mediatori creditizi disposti dall'articolo 128-decies, commi 3, 4 e 4-bis, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
  L'articolo 9, comma 6, proroga al 30 giugno 2014 il termine per l'adozione del decreto del Ministero dello sviluppo economico per la determinazione della tassazione applicabile ai combustibili impiegati negli impianti cogenerativi (produzione combinata di energia elettrica e calore).
  L'articolo 9, comma 7, reca la proroga di un anno, al 31 dicembre 2014, dei termini per l'adozione del regolamento concernente la revisione delle disposizioni sull'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici nonché per l'adozione del decreto del Ministro dell'economia per l'individuazione di uno schema tipo di bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società partecipate ed altri organismi controllati, di cui al D.Lgs. n. 91 del 2011, ai fini dell'armonizzazione dei sistemi contabili delle Pubblica Amministrazione.
  L'articolo 9, comma 8, posticipa di un anno il termine per l'avvio dell'attività di sperimentazione finalizzata all'armonizzazione degli schemi contabili delle Pubblica Amministrazione di cui all'articolo 25, comma 1, del D.Lgs. n. 91 del 2011, che viene fissato a partire dal 2015.
  L'articolo 9, comma 8-bis, dispone che, per le regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano e per gli enti locali ubicati nei relativi territori, sono prorogati di 12 mesi i termini – previsti dall'articolo 38, comma 1, del D.Lgs. n. 118 del 2011 – a decorrere dai quali trova applicazione la disciplina in materia di armonizzazione dei bilanci e degli schemi contabili degli enti territoriali, di cui al medesimo D.Lgs. n. 118 del 2011. Dunque, per le Regioni a Statuto speciale, per le province autonome e per gli enti locali ivi ubicati la predetta disciplina trova applicazione a decorrere dall'anno 2016, anziché a decorrere dall'anno 2015.Pag. 102
  L'articolo 9, commi 10-13, reca la proroga di termini in materia contabile. Il comma 10 è volto a prorogare anche negli esercizi finanziari 2014 e 2015 la facoltà per le Amministrazioni centrali di effettuare rimodulazioni delle dotazioni finanziarie tra le missioni di spesa di ciascuno stato di previsione, con riferimento alle spese rimodulabili del bilancio. Il comma 11 proroga all'anno 2014 la norma – contenuta nell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge n. 95 del 2012 – che autorizza ad effettuare, con decreto del Ministro competente, da comunicare al Parlamento ed alla Corte dei conti, in ciascun stato di previsione della spesa, tra capitoli, variazioni compensative di sola cassa, fatta eccezione per i pagamenti effettuati mediante l'emissione di ruoli di spesa fissa. Il comma 12 estende temporalmente l'esercizio della facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze di prolungare di un anno i termini di conservazione in bilancio dei residui passivi relativi a spese in conto capitale anche per gli esercizi finanziari 2013 e 2014.
  L'articolo 9, comma 15, dispone un finanziamento di 35 milioni per il proseguimento, nell'ultimo bimestre del 2013, del Programma Carta acquisti ordinaria e l'avvio della fase sperimentale della Carta. Nelle more dell'espletamento della procedura di gara per l'individuazione del gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti, viene prorogato il contratto in essere, fino al perfezionamento del contratto con il nuovo gestore.
  L'articolo 9, comma 15-bis, differisce dal 1o gennaio 2014 al 30 giugno 2014 il termine a decorrere dal quale le imprese ed i professionisti che effettuano vendita di prodotti e prestazione di servizi sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati con carte di debito (bancomat).
  L'articolo 9, comma 15-quater, proroga all'anno 2014 la detrazione fiscale per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti. La suddetta detrazione fiscale non rileva ai fini della determinazione dell'acconto d'imposta sul reddito delle persone fisiche da versare per l'anno 2014. Il comma 15-quinquies provvede alla copertura del relativo onere.
  L'articolo 10 dispone una serie di proroghe in materia di rifiuti. Il comma 1 proroga al 31 dicembre 2014 il termine di entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con PCI (potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/Kg. Il comma 2 proroga al 30 giugno 2014 il termine della fase transitoria durante le quale, nel territorio della Regione Campania, i comuni continuano a svolgere le attività di gestione dei rifiuti (raccolta, spazzamento, ecc.). Il comma 3 proroga al 30 giugno 2014 il termine entro il quale gli impianti di compostaggio in esercizio sul territorio nazionale possono, per le esigenze della regione Campania, aumentare la propria autorizzata capacità ricettiva e di trattamento sino all'8%. Il comma 3-bis proroga al 31 dicembre 2014 la durata della disciplina emergenziale nel settore della tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione in atto nel territorio della Regione Puglia. Il comma 3-ter dispone che dalle proroghe stabilite dall'articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  L'articolo 11 proroga al 31 dicembre 2014 il termine fissato per l'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto e in possesso dei requisiti indicati dalla norma stessa. Viene altresì prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dell'interno finalizzato all'aggiornamento e alla semplificazione (in particolare per le strutture fino a 50 posti letto) della normativa antincendio cui adeguarsi (decreto ministeriale 9 aprile 1994).
  L'articolo 12 proroga di un anno, al 31 dicembre 2014, il termine previsto dall'articolo 43, comma 12, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (decreto legislativo n. 177/2005), relativo al divieto di partecipazioni incrociate tra editoria, televisione e comunicazioni elettroniche nel Sistema integrato delle comunicazioni (SIC).Pag. 103
  L'articolo 13 deroga le disposizioni sulla cessazione al 31 dicembre 2013 degli affidamenti di servizi pubblici locali non conformi alle prescrizioni dell'articolo 34 del decreto-legge n. 179 del 2012 e interviene sull'istituzione degli enti di governo degli ambiti ottimali di gestione dei servizi, che doveva essere effettuata entro il 30 giugno 2012. Gli affidamenti non conformi ai requisiti individuati in sede europea cessano al 31 dicembre 2014.
  Infine, vi sono alcune disposizioni che non recano proroga di termini.
  L'articolo 6, commi 4-6, differisce di un anno il termine di conservazione ai fini della perenzione amministrativa delle somme – relative al progetto bandiera denominato «Super B Factory» inserito nel Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013 – nel limite di 40.357.750 euro e in relazione a ciascun esercizio di provenienza delle stesse somme. Pertanto, il predetto importo è mantenuto in bilancio e versato all'entrata per 22.000.000 euro nell'anno 2014 e per 18.357.750 euro nell'anno 2015, ai fini della riassegnazione, nei medesimi anni, al Fondo per il finanziamento ordinario delle Università statali.
  L'articolo 8, comma 2, dispone, per l'anno 2014, il finanziamento, pari a 13 milioni di euro, in favore della società Italia Lavoro S.p.A.
  L'articolo 9, comma 9, prevede la facoltà di utilizzo di specifiche risorse anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
  L'articolo 9, comma 13, dispone che, nelle more del perfezionamento della revisione delle strutture organizzative dei Ministeri prevista dall'articolo 2, comma 10-ter, del decreto-legge n. 95 del 2012, le amministrazioni sono autorizzate a gestire le risorse ad esse assegnate secondo la precedente struttura del bilancio dello Stato.
  L'articolo 9, comma 14, integra la formulazione dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 39 del 2010 (di attuazione della Direttiva 2006/43/CE sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati) – ripristinando l'equipollenza, ai fini dell'iscrizione al Registro dei revisori legali tra gli esami per l'iscrizione alle sezioni A e B dell'albo dei commercialisti ed esperti contabili ed il nuovo esame di idoneità professionale per l'abilitazione all'esercizio della revisione legale. Rimane tuttavia obbligatorio, a tali fini, il completamento del periodo di tirocinio triennale previsto dal D.Lgs. n. 39 del 2010, stante la diversa disciplina che, per i dottori commercialisti (come per le altre professioni regolamentate), stabilisce in diciotto mesi la durata massima del tirocinio.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta dell'11 febbraio 2014:
   a pagina 24, seconda colonna, quintultima riga, le parole «con il seguente nuovo titolo» si intendono soppresse;
   a pagina 25, prima riga, dopo le parole «del gas,» aggiungere le seguenti «per la riduzione dei premi RC-auto,».

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