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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 154 di venerdì 17 gennaio 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,10.

  MANFRED SCHULLIAN, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bindi, Michele Bordo, Brunetta, Dambruoso, Di Lello, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,11).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative in ordine alla situazione della gestione del ciclo dei rifiuti a Roma e nel Lazio, in particolare alla luce delle recenti inchieste giudiziarie – n. 2-00368)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vignaroli n. 2-00368, concernente iniziative in ordine alla situazione della gestione del ciclo dei rifiuti a Roma e nel Lazio, in particolare alla luce delle recenti inchieste giudiziarie (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Vignaroli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio per la consueta disponibilità. Ancora una volta mi trovo qui a parlare del disastro in materia di rifiuti nel Lazio, e per farlo ho la necessità di esporre i molti fatti accaduti.
  Innanzitutto, nella mia regione, si è quasi sempre utilizzato l'istituto del commissariamento in materia di rifiuti: questo metodo disastroso fu abbandonato solo nel 2008 e, dopo ben nove anni, l'assunzione delle funzioni tornò agli enti competenti, ovvero regione, provincia e comune, salvo poi riattivarlo nel 2011.
  Il giudizio su questi anni di commissariamento nel Lazio fu bene espresso nella relazione della Commissione rifiuti della scorsa legislatura con una sola parola: «fallimento». Fallimentare perché si è sempre ricorso allo smaltimento in discarica come primo metodo, anziché privilegiare il riciclo. D'altronde, il commissariamento Pag. 2ha permesso alla politica tutta di non assumersi delle responsabilità scomode e affidare tutto ai commissari che, in virtù dei loro poteri speciali, potevano derogare alle direttive europee e italiane.
  Ricordo ancora una volta a voi tutti che, nel giugno 2011, la Commissione europea riavviò la procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, perché all'interno della discarica di Malagrotta veniva smaltito il rifiuto tal quale, in violazione della direttiva 1999/31/CE. Questo ammonimento, a marzo 2013, ha comportato il deferimento del nostro Paese alla Corte di giustizia europea. Dunque, solo pochi mesi dopo l'avviso dell'Unione europea, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011 venne dichiarato lo stato d'emergenza nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2013 e, finalmente, grazie alla Comunità europea, lei, Ministro, chiuse Malagrotta e si rese necessario trovare un sito alternativo. Sottolineo «grazie all'Europa» e non a chi ha sempre governato, in particolare, in regione.
  Con l'ordinanza n. 3963 del 6 settembre 2011, il Presidente del Consiglio, Berlusconi, nominò il prefetto di Roma, Pecoraro, commissario per il superamento della situazione di emergenza, attribuendogli il gravoso compito, che, ripeto ancora una volta, la politica non intendeva avocare a sé, di garantire, con poteri straordinari, l'individuazione e la realizzazione di una o più discariche provvisorie, nonché l'ampliamento di discariche preesistenti e la costruzione di un nuovo impianto TMB. Il 24 ottobre 2011, Pecoraro individuò quali siti alternativi a Malagrotta: Corcolle e Quadro Alto, nel comune di Riano.
  Per quanto riguarda Corcolle, il Mibac si dimostrò da subito contrario alla scelta di questo sito, motivando la contrarietà in ragione alla vicinanza a Villa Adriana, patrimonio culturale Unesco. L'8 marzo 2012, fu indetta la conferenza dei servizi per l'approvazione del progetto della discarica affidata alla Cidiemme Srl. Alla conferenza parteciparono: il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione, l'ARPA, il comune di Roma, la soprintendenza per i beni archeologici, la provincia, l'Autorità di bacino del fiume Tevere, l'Acea ed ingegneri. Nel corso della conferenza dei servizi, in molti espressero parere contrario. Ad oggi mi viene da pensare – supportato anche dalla recente inchiesta che ha portato agli arresti – che questo sito fu scartato non solo perché vicino a Villa Adriana, ma soprattutto perché non era proprietà di Cerroni.
  Voglio soffermarmi su Riano. Il sito di Quadro Alto è una gigantesca cava di tufo di ben 50 ettari, nella quale, ovviamente, sarebbe stato sversato tal quale. La circostanza più curiosa è che Quadro Alto fu comprato da Cerroni il 13 ottobre 2011, ovvero, casualmente, pochi giorni dopo l'annuncio della scelta di Pecoraro. Il contratto di compravendita prevedeva che nella cava, solo se nei prossimi dieci anni si fosse costruita una discarica per rifiuti, chi vendeva avrebbe preso una percentuale sulle tonnellate di immondizia sversate. Insomma, Cerroni comprava a costo zero, perché sa che, se non potrà andare a Monti dell'Ortaccio, che è il suo vero e reale obiettivo, guadagnerà su Riano.
  Subito dopo la conferenza dei servizi e vista la girandola intorno a sé dei siti, fu richiesto da Pecoraro l'interessamento del Ministro Clini, che convocò, nel marzo 2012, l'allora governatrice del Lazio, Polverini, il sindaco di Roma, Alemanno, il presidente della provincia, Zingaretti, e il commissario Pecoraro, chiedendo loro un'effettiva collaborazione per acquisire tutti i dati relativi a ciascun sito individuato dalla regione, in modo tale da mettere in evidenza la fattibilità della realizzazione degli impianti.
  Il 25 maggio 2012, il commissario Pecoraro rassegnava le sue dimissioni a seguito dei profili di inadeguatezza emersi sulle aree di Corcolle e Riano. Entrambi i siti vennero considerati dal Ministro Clini inidonei a divenire discariche. Alla luce di quello che sta emergendo dalle inchieste dei magistrati mi viene da pensare che fu indotto a dimettersi, oltre che per la sua Pag. 3incapacità, anche perché aveva osato scegliere Corcolle, sito non riconducibile a Cerroni.
  Il 31 maggio 2012 la Commissione europea inviò all'Italia un parere motivato rispetto alla procedura d'infrazione su Malagrotta. Un documento durissimo in cui la Commissione contestava alla Polverini, oltre le inutili ordinanze di proroga alla discarica, soprattutto la mancata messa a regime dei quattro impianti TMB e la non costruzione di altri impianti.
  Il 3 luglio del 2012 la Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti approvava la sua seconda relazione sul Lazio e denunciava diverse questioni. Visto che le diverse amministrazioni precedenti non avevano agito concretamente per avviare un ciclo virtuoso dei rifiuti, si era consolidato il potere di alcuni che avevano approfittato delle mancanze della politica per ingrassare il proprio business. Secondo la Commissione, quindi, l'emergenza non era affatto imprevista. L'organismo parlamentare d'inchiesta esaminò nel particolare anche il decreto di nomina del commissario straordinario, evidenziando come il prefetto di Roma avesse compiuto le sue scelte affidandosi in via prioritaria solo al documento di analisi preliminare redatto dalla regione Lazio. Per il sito di Riano, il siting della regione, sul quale si basò Pecoraro, altro non era che un semplice «copia-incolla» (errori ortografici compresi) del progetto presentato da Cerroni nel 2009 su Quadro Alto.
  Il 27 maggio 2012, l'ex prefetto Sottile, già commissario per i rifiuti nella regione Calabria con esiti, a nostro avviso, non proprio felici, fu nominato commissario delegato ai rifiuti per la provincia di Roma. Il primo atto di Sottile fu quello di proporre, quale sito idoneo per la realizzazione di una discarica temporanea, l'invaso di Pian dell'Olmo, anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel siting della regione Lazio ed anche questo nella disponibilità di Cerroni, così come comprovato dalla VIA presentata dal Colari nel 2009.
  Il sito distava solo pochi metri dall'invaso di Riano, già ritenuto inidoneo dal Ministro Clini.
  Il 27 giugno, con decreto del Ministero, veniva, da lei Ministro, prorogata la nomina del dottor Sottile fino alla data del 7 gennaio 2014; il decreto ampliò addirittura i poteri commissariali.
  Il 10 agosto 2012, il consorzio Colari, di proprietà dell'avvocato Cerroni, come da copione, presentava l'istanza per la realizzazione di una nuova discarica per rifiuti speciali sita in località Monti dell'Ortaccio, a pochi metri dalla discarica di Malagrotta.
  Sottile, subito dopo aver scartato Pian dell'Olmo, decise che Monti dell'Ortaccio era il sito adatto per sostituire Malagrotta, ed infatti il 23 agosto 2012 disponeva che l'ufficio commissariale assumesse la competenza per il procedimento AIA di Monti dell'Ortaccio, indicendo la conferenza dei servizi con le amministrazioni competenti.
  Anche qui voglio soffermarmi: Sottile sceglie Monti dell'Ortaccio, sempre di Cerroni e a pochi metri da Malagrotta, nonostante in molti avessero già espresso pareri negativi.
  Il 24 settembre 2012, durante la conferenza di servizi, gli enti istituzionali interpellati resero pareri scritti negativi, in merito alle soluzioni su Monti dell'Ortaccio fornite dal Colari. Ciò nonostante il 27 dicembre 2012 il commissario Sottile firmava l'AIA, autorizzando Monti dell'Ortaccio a divenire nel breve periodo la nuova discarica di Roma.
  Le non superate osservazioni emerse in conferenza di servizi costringevano Sottile ad imporre nell'AIA diverse prescrizioni. Tra tutte, quella di subordinare il conferimento dei rifiuti nella discarica alla presentazione di un modello idrogeologico redatto dalle università o da un ente pubblico, su di un'area, sufficientemente vasta, da includere i corpi idrici recettori e tutte le fonti di inquinamento potenziali, dai quali risultasse l'assenza del pericolo di inquinamento della falda.
  Ricordiamoci che il commissario ha il potere di bypassare le regole, e questo non piace nemmeno all'Europa. In questo caso Pag. 4l'autorizzazione AIA veniva rilasciata dal commissario senza aver superato la necessaria procedura di VIA.
  Viste le rimostranze da parte dei cittadini residenti di Malagrotta, che da molti anni vedono calpestato il loro diritto alla salute, e considerando la procedura anomala, alcuni senatori del MoVimento 5 Stelle chiedevano il 17 settembre 2013 di audire in Commissione ambiente il commissario Sottile, per conoscere la ragione della scelta di un sito già dichiarato inidoneo. Durante detta audizione, Sottile ammetteva candidamente: «Dei sette siti, l'unico che alla fine delle nostre rapide istruttorie ci sembrò idoneo, è stato quello di Monti dell'Ortaccio, che non ha incontrato l'adesione di alcun ente territoriale. È stata una decisione che io ho preso in solitaria».
  Identica dichiarazione il commissario rilasciava in regione. Anche al giornalista del Fatto Quotidiano che gli chiedeva come mai avesse scelto Monti dell'Ortaccio il commissario rispondeva: «Perché mi fido del privato». Non vi sembra assurdo che un funzionario pubblico dica una cosa del genere ? Nei mesi successivi si veniva a conoscenza che alcune associazioni di cittadini avevano impugnato al Tar l'AIA emessa. Dalla stampa si apprendeva che lo studio in realtà era concluso da agosto 2013, anche se le autorità preposte dichiaravano di non esserne a conoscenza. Questo studio condotto dall'università La Sapienza di Roma spinse gli autori a concludere che non si poteva affermare l'assenza del pericolo di inquinamento della falda acquifera attorno all'erigenda discarica; dunque, ancora una volta veniva confermato quanto denunciato dai cittadini.
  Questa cronistoria dimostra senza ombra di dubbio che la gestione commissariale sia stata sempre fallimentare e onerosa per i contribuenti, ed inoltre che la scellerata gestione abbia sempre favorito il monopolista Cerroni. Il 9 gennaio 2014 i NOE, coordinati dalla procura della Repubblica di Roma, procedono all'arresto di sette persone, tra cui Manlio Cerroni. Questi i reati che avrebbero commesso: associazione a delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, attività di gestione dei rifiuti non autorizzata, frode nelle pubbliche forniture, truffa in danno di enti pubblici e falsità, deviazione delle acque, realizzazione di opere urbanistiche in assenza di permesso.
  Che dire, onorevoli colleghi, non pensate che siano accuse gravissime ? Oltre ai sette arrestati, altre quattordici persone – ma potrebbero aumentare – hanno ricevuto un avviso di garanzia, e molti di questi sono dirigenti regionali. I profili illeciti emersi dalla magistratura sono riconducibili: alla gestione dell'impianto di raccolta e trattamento dei rifiuti di Albano Laziale e agli imbrogli sul CDR prodotto nell'impianto e smaltito in discarica; al termovalorizzatore di Albano Laziale (il commissario speciale, allora Marrazzo, dava fuori tempo massimo la possibilità al Consorzio CO.E.MA., nato dall'unione tra Cerroni, AMA e ACEA, di costruire un nuovo inceneritore e di usufruire dei famosi «CIP 6»); alla realizzazione di un invaso per una discarica in località Monti dell'Ortaccio, come dicevo prima (il gruppo Colari operava una trasformazione urbanistica in assenza di qualunque autorizzazione, smaltendo inoltre illecitamente circa 3 milioni di metri cubi di terra da scavo, facendo entrare nelle tasche di Cerroni ben 8 milioni di euro); all'attribuzione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze nei comuni di Anzio e Nettuno (con la complicità di funzionari della pubblica amministrazione che fecero in modo che la società Rida Ambiente concorrente del Colari non potesse lavorare).
  In definitiva, illustri colleghi, l'ordinanza coercitiva ci dice che Cerroni e la sua rete hanno compiuto fatti di inaudita gravità. Voglio sottolineare che la distorsione del sistema di gestione dei rifiuti nel Lazio determinata dal «modello Cerroni» era evidente ben prima del provvedimento della magistratura dei giorni scorsi, le denunce e le azioni di cittadini, associazioni e comitati avevano già messo in luce le profonde anomalie che si celavano dietro il regime monopolistico creato con la Pag. 5complicità della pubblica amministrazione. Sempre nel provvedimento della magistratura viene effettuata una ricostruzione storica della gestione dei rifiuti nella Capitale, evidenziando in modo chiaro il singolare raccordo pubblico-privato, tutto a vantaggio del secondo. Preoccupa che gli amministratori e le forze politiche che si sono succedute non si siano rese conto della gravità di una situazione che ha portato la regione Lazio ad essere una delle meno virtuose nel campo della gestione dei rifiuti.
  Alla luce di quanto emerso da questa indagine penale, chiediamo di sapere: in che modo il Governo intenda affrontare il gravissimo problema evidenziato, e se intenda assumere iniziative dirette a rinnovare lo stato di emergenza e dunque a nominare un nuovo commissario o a riconfermare il dottor Sottile; se il Governo sia in grado di dire quanto sia costata al cittadino contribuente l'inefficiente struttura commissariale; come intenda agire affinché l'attività degli impianti (TMB) sia comunque garantita in modo qualitativo e non quantitativo, onde evitare la definitiva condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia europea; come intenda agire il Governo rispetto ai fatti riportati nell'ordinanza, emessa dal giudice per le indagini preliminari Battistini, innanzitutto in merito al danno ambientale e morale che molti cittadini del Lazio hanno dovuto subire, dovuto ad enormi responsabilità delle amministrazioni locali, e che la gestione commissariale dei rifiuti non è stata in grado di risolvere; se sia noto quali siano le ragioni per le quali le copiose richieste di accesso agli atti non abbiano avuto esito positivo con gli enti gestori, che si sono spesso trincerati dietro un inaccettabile quanto arrogante silenzio; se il Governo intenda fornire dettagliati elementi sul sistema dei rifiuti laziale, sia attraverso un quadro delle aree e degli impianti, sia cercando di quantificare il danno economico ed ambientale che le scelte sulla gestione dei rifiuti hanno causato all'intera collettività.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, per quanto indicato nell'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Vignaroli e altri, sembra anzitutto doverosa una precisazione rispetto alla puntuale ricostruzione delle vicende pregresse concernenti le problematiche della gestione dei rifiuti del Lazio, contenuta nell'interpellanza.
  Per fare fronte a dette problematiche è stato originariamente utilizzato lo strumento del commissariamento mediante ordinanze di protezione civile, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992: sulla base della dichiarazione di emergenza nel settore dei rifiuti della regione Lazio, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, è stata adottata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 settembre 2011, n. 3963, che ha nominato commissario il prefetto di Roma nella persona del prefetto Pecoraro. A seguito delle dimissioni del prefetto Pecoraro, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 27 gennaio 2012, a firma del Presidente Monti, è stato nominato il commissario prefetto Sottile.
  Il comma 1-bis, introdotto nel citato articolo 5, ha poi previsto un limite massimo di durata per detta ordinanza. È, quindi, sopravvenuto l'articolo 1, comma 358, della legge n. 228 del 2012, che ha specificatamente preso in considerazione la perdurante situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma, e al dichiarato fine di non determinare soluzioni di continuità nelle azioni in corso per il superamento di tale criticità, ha previsto la nomina di un commissario, che provvedesse in via sostitutiva degli enti competenti in via ordinaria.
  In base a detta normativa, con decreto ministeriale 3 gennaio 2013, il Ministro Clini ha nominato commissario il prefetto Pag. 6a riposo Sottile. I poteri del commissario sono stati prorogati e precisati, con decreto ministeriale 25 marzo 2013, dallo stesso Ministro Clini e, subentrato il Governo Letta, con il decreto ministeriale in data 27 giugno 2013, modificato con decreto ministeriale 30 settembre 2013.
  L'autorizzazione integrata ambientale regionale in data 27 settembre 2012 per il sito di Monti dell'Ortaccio, risulta rilasciata dal commissario Sottile sulla base dei poteri attribuitigli dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 2011 e sulla base dell'incarico conferito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 maggio 2012.
  Evidentemente, dunque, l'intera sequenza procedimentale, che ha condotto al rilascio di detta autorizzazione, risulta effettuata in epoca largamente antecedente l'assunzione del mandato ministeriale da parte mia e con riferimento ad un contesto istituzionale e ad un quadro conoscitivo ben diversi da quello attuale.
  D'altro canto, il decreto ministeriale 27 giugno 2013 non ha disposto un ampliamento acritico dei poteri commissariali, bensì ha individuato un modo più puntuale ed aggiornato di utilizzare le attività commissariali che, in quel momento, si riteneva potessero contribuire ad avviare alla normalità la gestione dei rifiuti nell'area metropolitana. Si tratta: della prosecuzione delle azioni necessarie per assicurare che gli impianti di TMB possano operare al 100 per cento della loro capacità autorizzata; dell'utilizzo dell'impianto di tritovagliatura di Rocca Cencia; dell'utilizzo, ove strettamente necessario a causa della mancanza di alternative, degli altri impianti di TMB presenti in ambito regionale, mediante atti negoziali, di espropriazione o mediante requisizione; dell'autorizzazione alla realizzazione e gestione delle discariche per lo smaltimento dei rifiuti urbani nonché di impianti per il trattamento di rifiuto urbano indifferenziato e differenziato, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e tecnica di settore; dell'individuazione di una soluzione di una discarica alternativa a Malagrotta.
  Riguardo a detto ultimo aspetto, il decreto ministeriale 27 giugno 2013, per tener conto delle generali esigenze di trasparenza, partecipazione e leale collaborazione tra i livelli istituzionali, ha dato luogo ad una procedimentalizzazione dell'esercizio dei poteri sostitutivi del commissario, attribuendo al commissario il compito di effettuare quelle valutazioni tecnico-discrezionali che in via ordinaria non erano state effettuate, e di proporre conseguentemente le soluzioni opportune, prevedendo in ordine ad esse l'acquisizione delle valutazioni delle amministrazioni territoriali, regione, provincia e comune, rappresentative delle comunità su cui ricadono gli effetti delle relative decisioni, e riservando comunque ad un ulteriore decreto ministeriale l'approvazione definitiva di tale soluzione.
  Non è superfluo, per questo e a questo punto, sottolineare che quanto disposto dal decreto ministeriale 27 giugno 2013 è risultato niente affatto gradito al consorzio Colari, tanto che ha provveduto ad impugnare il provvedimento dinanzi al TAR del Lazio, chiedendone l'annullamento. Il Colari, con detto ricorso, lamenta, in sostanza, che il decreto ministeriale 27 giugno 2013 non abbia tenuto debitamente conto proprio dell'esistenza dell'autorizzazione integrata ambientale per ubicare una discarica nel sito di Roma/Monti dell'Ortaccio, oltre che della pendenza di procedimenti autorizzatori, ad iniziativa dello stesso Colari, per localizzare discariche negli altri siti di sua proprietà di Riano/Quadro Alto e di Roma/Pian dell'Olmo.
  E non è superfluo neppure ricordare, io credo, che, durante il mio mandato e nell'ambito dell'ultima gestione commissariale, in data 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta è stata definitivamente chiusa ai conferimenti; inoltre, è stato raggiunto il risultato che tutti i rifiuti prodotti dai comuni di Roma Capitale, Fiumicino e Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano, vengono ora interamente trattati in impianti autorizzati ubicati Pag. 7nella regione Lazio, prima di venire avviati a smaltimento. Questo è il punto su cui insiste la procedura di infrazione.
  Il commissario Sottile ha presentato una proposta di localizzazione di una nuova discarica provvisoria, in località Falcognana, ove conferire la frazione organica stabilizzata e i residui del trattamento dei rifiuti, effettuato negli impianti autorizzati ubicati nella regione.
  Nel frattempo il comune di Roma ha definito una soluzione di smaltimento alternativa: infatti, in esito a tale procedura di evidenza pubblica, l'AMA ha affidato a terzi l'appalto per il trasporto e lo smaltimento fuori regione degli scarti di lavorazione e della frazione organica stabilizzata, che residuano dal trattamento dei rifiuti indifferenziati, effettuato negli impianti autorizzati ubicati nella regione, a partire dall'ottobre 2013.
  Insomma, da un lato, si è avviata la possibilità di utilizzare in via provvisoria la discarica di Falcognana, ma come via principale si è percorsa la strada di provare a trovare una allocazione dei rifiuti che non rendesse necessario l'utilizzo della discarica di servizio, peraltro non giunta al compimento del procedimento autorizzativo. Fortunatamente, la via prioritaria è stata quella che ha portato a buon fine, non rendendo a questo punto necessaria l'attivazione di una discarica di servizio.
  La gestione commissariale è scaduta il 7 gennaio 2014. A questo punto, sull'opportunità di prolungare il regime di commissariamento, con un diverso, o con lo stesso, commissario, sto approfondendo le valutazioni con il comune di Roma, la regione Lazio e la provincia di Roma.
  Ritengo, però, che in base al profilo che ritengo debba avere il nuovo commissario, si debba andare ad individuare una figura che abbia requisiti oggettivamente diversi, ove però – lo ripeto – si dovesse andare alla soluzione commissariale. Io ho posto alcune questioni rispetto a tale ipotesi.
  Infatti, la situazione odierna di fatto è infatti diversa rispetto a due anni e mezzo fa, quando venne istituita la gestione commissariale. È aumentata significativamente negli ultimi sei mesi la quota di raccolta differenziata, che si sta avvicinando al 40 per cento, e l'incremento dei prossimi due anni dovrebbe portarla a oltre il 60 per cento. Dopo più di trenta anni è stata inoltre definitivamente chiusa, come ricordavo, la discarica di Malagrotta, la più grande discarica d'Europa. Sul piano politico sono state superate le divergenze tra diverse istituzioni, che nel recente passato hanno fortemente penalizzato la gestione del ciclo dei rifiuti e la possibilità di trovare soluzioni condivise.
  Si stanno valutando le esigenze residue che giustifichino il ricorso a poteri commissariali, con una gestione che abbia caratteristiche diverse dalla precedente per oggetto e finalità, entro limiti assai più contenuti di quanto finora previsto. Il nuovo commissario, ove individuato e ove previsto, non potrà che essere un mero attuatore delle decisioni degli enti locali. Sarà quindi un facilitatore, un acceleratore delle procedure e soprattutto non sarà lui a dover individuare il sito per la discarica di servizio.
  Siamo, quindi, in una situazione in cui stiamo valutando le cose e le valutazioni in atto riguardano ulteriori misure necessarie per garantire la piena operatività degli impianti esistenti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti, e comunque il coordinamento dell'attività degli impianti di TMB comunali e regionali, per conseguire una capacità complessiva nel trattamento dei rifiuti tale da poter fronteggiare anche le situazioni di picco o di temporanea inutilizzabilità per guasti e disfunzioni tecniche.
  È per questo che, prima di assumere la decisione in ordine alla proposta di proseguire con l'utilizzo dell'istituto commissariale, ho chiesto alla regione e al comune di indicare con precisione qual è l'indicazione strategica in ordine all'individuazione degli impianti e quali sono le linee programmatorie con le quali si vuole uscire dalla fase emergenziale. È mia intenzione, infatti, subordinare la disponibilità a valutare l'ipotesi di un nuovo commissariamento alla presentazione di una programmazione concordata tra regione e comune sul piano rifiuti, alla garanzia di Pag. 8un ulteriore significativo incremento della raccolta differenziata ed a specifiche indicazioni riguardo il supporto industriale a tali obiettivi.
  Su tali tematiche sono programmati incontri anche nei prossimi giorni, per proseguire il confronto coinvolgendo tutte le istituzioni competenti. In ordine ai costi pregressi della struttura commissariale, il Ministero è in attesa di ricevere una rendicontazione analitica della gestione cessata. Tutte le richieste di accesso pervenute da più parti (associazioni, cittadini, parlamentari) al Ministero in ordine alle problematiche in questione risultano evase, talvolta non appena ottenuti dal commissario gli atti e le informazioni richieste e non immediatamente disponibili.
  In particolare, le richieste del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle della XIV e dell'VIII Commissione della Camera in data 25 luglio 2013 e 8 agosto 2013 sono state riscontrate con nota 44864, in data 13 settembre 2013; quella a firma del presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle al Senato in data 16 settembre 2013 è stata riscontrata con nota protocollata 49010, in data 29 ottobre 2013.
  Infine, per quanto riguarda i danni ambientali che dovessero emergere come conseguenza di scelte ed inerzie registrate in passato nella gestione dei rifiuti nel Lazio, il Ministero dell'ambiente valuterà, alla luce degli sviluppi dell'indagine penale, la costituzione di parte civile nel processo penale e, comunque, chiederà ai responsabili il ristoro dei pregiudizi che verranno accertati.
  Per la quantificazione del danno ambientale ho conferito mandato all'ISPRA. In questa fase, gli uffici del Ministero sono a disposizione della magistratura inquirente per fornire ogni elemento utile in proprio possesso all'accertamento dei fatti e delle responsabilità soggettive.

  PRESIDENTE. Il deputato Vignaroli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, signor Ministro, innanzitutto, visto che le amministrazioni locali hanno bisogno, come dice lei, di una «stampella», di un facilitatore, mi rivolgo agli amministratori locali e gli chiedo: dove eravate, voi, partiti al potere, che nel corso di questi anni avete governato il Lazio ? Cosa avete fatto per interrompere lo strapotere di Cerroni ?
  Ve lo dico io: nulla ! E ve lo dice anche la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo, che, l'anno scorso, abbiamo accompagnato in giro per i siti laziali e che ha contestato – parole testuali – «il comportamento irresponsabile delle cosiddette autorità responsabili». E ve lo dice anche la procedura di infrazione europea, che non riguarda, però, Ministro, solo Malagrotta, ma anche altre discariche laziali.
  Va riconosciuto il merito al Ministro di avere chiuso la discarica di Malagrotta, ma, sia ben chiaro, tale impegno è semplicemente la conseguenza della spada di Damocle della multa che l'Europa poteva affibbiarci. Stiamo parlando di ben 500 mila euro al giorno, che metterebbero in ginocchio qualsiasi amministrazione.
  Ai soldi non si comanda ! Dei cittadini, però, della Valle Galeria, di Albano, di Guidonia, di Fiumicino, di Riano, di Corcolle, di Colleferro – potrei continuare –, dei cittadini in generale e del loro sacrosanto diritto alla salute vi è mai importato nulla ? Di mettere in atto una reale gestione virtuosa dei rifiuti vi siete mai occupati ? La risposta è no, mai, e questo lo dimostrano i fatti. La procedura di infrazione europea è stata avviata solo grazie ai cittadini che, scontrandosi con l'indifferenza della classe politica italiana, si sono rivolti a Bruxelles.
  Cittadini liberi che spesso nelle dinamiche di controllo territoriale, venivano sorvegliati dai partiti affinché non dessero troppo fastidio allo status quo e non scavassero troppo nel marcio. Senza l'Europa e la magistratura, supportata dai cittadini di Malagrotta e Albano in particolare, i partiti avrebbero continuato a permettere questo scempio.Pag. 9
  Era chiaro da sempre che delegare la gestione dei rifiuti ad un unico privato e monopolista, sanciva la morte dello Stato. Ma questo faceva comodo ai partiti, ingrassava le tasche del monopolista e condannava i cittadini !
  Noi del MoVimento 5 Stelle crediamo nelle gerarchie sancite dall'Europa, in primis la riduzione a monte dei rifiuti e il riutilizzo, e su questo, tranne un generico e vuoto piano di riduzione dei rifiuti presentato recentemente dal Ministero dell'ambiente (tra l'altro è un obbligo europeo), tranne questo, nulla è mai stato messo in pratica.
  Passando al riciclo, la politica laziale ha sempre e solo detto a mo’ di slogan: bisogna fare la differenziata. Stop. Innanzitutto, non è vero che arriveremo al 40, dal Testo unico ambientale dovremmo già oggi essere al 65 per cento.
  Differenziata però non è sinonimo di riciclo. Il monopolio privato fondato sulle discariche e in parte sui «cancrovalorizzatori» ha tarpato le ali a tutte le piccole e medie imprese che vogliono investire negli impianti di preselezione e separazione del multimateriale differenziato, per poi riciclarlo effettivamente (sorvolo sul monopolio del Conai). Questo piccolo esercito di imprese e lavoratori, invece, creerebbe un indotto in tutto il territorio laziale. Questa tipologia di imprese non riesce a farsi strada, ed ora, alla luce dei fatti accaduti, con l'arresto di Cerroni, tutti possono immaginare il perché.
  Se Roma oggi per magia passasse al 100 per cento di raccolta differenziata, non sapremmo dove mettere questa montagna. Se si fossero spesi denari per costruire impianti, in primis di compostaggio, il rifiuto umido, che collocato in discarica marcisce, al contrario in un impianto di compostaggio si trasformerebbe in compost fertile. Ma Roma ha un solo impianto che al massimo può trattare un quarto del rifiuto umido prodotto.
  Il riciclo di materia, secondo noi del MoVimento 5 Stelle, è la sola via da seguire. Questo non ci stancheremo mai di dirlo. Ce lo dice anche una recente risoluzione europea: entro il 2020 non si potranno più bruciare o interrare rifiuti biodegradabili o riciclabili e, se faceste come me, che metto la mano dentro l'immondizia tutti i giorni e vivo a rifiuti zero, vi accorgereste che gran parte dei rifiuti è prodotta inutilmente, oppure è materiale riciclabile. Il resto basterebbe non produrlo, produrlo diversamente o metterlo in discariche di servizio, dopo però un adeguato trattamento.
  Se questo pretrattamento fosse avvenuto correttamente (si ricorda, Ministro le foto che le ho portato delle buste che finivano come tal quale ?) e se ci fossero stati amministratori onesti a vigilare, ora di sicuro a Malagrotta non ci sarebbero gabbiani ed inquinamento.
  Questi impianti fino a poco tempo fa lavoravano poco e male. Ora, grazie alla procedura di infrazione, devono lavorare tanto e quindi comunque male, perché sono a pieno regime e totalmente insufficienti.
  A maggio mi incontrai con lei, Ministro, facendole presente che la Comunità Europea ne aveva verificato il mal funzionamento e che il tritovagliatore di Rocca Cencia, tanto caro a Cerroni e allo stesso Sottile (ovvero il commissario che si fida di Cerroni e che lei ha nominato), non rispetta i parametri di pretrattamento stabiliti a livello europeo. Lei Ministro, finalmente, il 6 agosto, fu costretto a ribadirlo in una circolare. Ringraziandola le chiesi: «E quindi come lo rimpiazziamo ?». E ora lei mi sta dicendo che punterà anche su quello.
  Poi sollevammo la questione degli altri TMB di cui si conoscono, purtroppo solo dati quantitativi, ma non qualitativi. Infatti l'inchiesta giudiziaria lo rileva.
  Mi permetto di chiedere al Ministro se sono state fatte le valutazioni analitiche sull'indice respirometrico, sia statico che dinamico, che, per chi non lo sapesse, è una misurazione attestante l'effettiva stabilizzazione del rifiuto umido prima di entrare in discarica.
  Quando il MoVimento 5 Stelle sarà al Governo – mi permetto di aggiungere – oltre a stabilizzare il rifiuto umido da conferire in discarica, questi impianti di Pag. 10TMB saranno finalizzati, con poche modifiche tecniche, non a produrre CDR di bassa qualità, come abbiamo visto, ma a recuperare ulteriormente materia da avviare alla fabbrica dei materiali per il riciclo.
  E, infine, voglio soffermarmi sulla questione dei controlli pubblici. Non mi soffermo sull'episodio che mi è accaduto quando ho chiamato i vigili per del fumo che usciva da quegli impianti, però ho fatto delle considerazioni.
  A Malagrotta, come dicevo prima, ci sono molti impianti ravvicinati con piani di emergenza separati che non tengono conto delle vicinanze l'uno dall'altro. Basterebbe un incidente ad uno di questi per innescare una reazione a catena devastante, con conseguenze drammatiche, senza un vero protocollo operativo consolidato sulle emergenze ambientali.
  In realtà, nel caso di un problema, gli operatori che ricevono le segnalazioni dei cittadini dovrebbero chiamare l'ARPA (cosa che non è stata fatta), che ha un servizio h24 pagato da noi cittadini. L'ARPA sì che può valutare se c’è un inquinamento in atto o meno e se in quel fumo ci sono degli inquinanti.
  Oltre le procedure per le emergenze che dovrebbero riguardare anche i cittadini (Seveso vi ricorda qualcosa ? E Malagrotta ne sa qualcosa di impianti a rischio di incidente), oltre a questo, ci dovrebbero essere delle centraline pubbliche che monitorizzino costantemente tutta l'area e se ne informassero i cittadini che ormai hanno paura. Hanno paura per trent'anni di indifferenza, signor Ministro. Lo dovete a questi cittadini, questi cittadini che subiscono uno Stato morto.
  Decidete voi se far morire definitivamente lo Stato e la politica, se continuare a stare a disposizione dei benefattori oppure tornare a tutelare i cittadini.
  Probabilmente questa inchiesta cadrà nel dimenticatoio mediatico, ma noi continueremo a vigilare e a denunciare, sempre ! Abbiamo già in mano carte molto interessanti sul capping di Malagrotta e il «cancrovalorizzatore» annesso (già sotto sequestro e mai avviato). Faremo una mozione a lei, Ministro, così ci rivedremo presto, e sarà un piacere. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Chiarimenti in merito a vicende emerse da un'indagine giudiziaria, relativa alla ASL di Benevento, nelle quali risulta coinvolta l'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed iniziative di competenza per attuare la spending review – n. 2-00371)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Oliverio n. 2-00371, concernente chiarimenti in merito a vicende emerse da un'indagine giudiziaria, relativa alla ASL di Benevento, nelle quali risulta coinvolta l'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed iniziative di competenza per attuare la spending review (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Nicodemo Nazzareno Oliverio se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signora Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, negli ultimi giorni, la pubblicazione di intercettazioni ambientali non autorizzate, a seguito di un'inchiesta sulla ASL di Benevento che coinvolge l'ex direttore sanitario, dottor Felice Pisapia, ora sottoposto a un provvedimento di dimora obbligatoria a Salerno, ha rivelato l'esistenza di una serie di incontri con i vertici dell'azienda sanitaria locale e persone di fiducia dell'attuale Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Nunzia De Girolamo, all'epoca deputato e responsabile provinciale del Popolo della Libertà, in cui l'attuale Ministro affrontava alcune questioni riguardanti l'appalto per il servizio 118, l'ubicazione di presidi e strutture della ASL, i controlli da effettuare in alcuni ospedali e addirittura le nomine in alcune istituzioni.Pag. 11
  Ci risulta, per onore del vero, che il dottor Felice Pisapia è indagato per truffa e peculato ai danni dell'azienda sanitaria e a favore di alcuni imprenditori. Con le registrazioni clandestine, il dottor Pisapia vorrebbe dimostrare di essere stato solo uno degli ingranaggi di un sistema di potere. Ad oggi, agli atti, non emerge nulla di penalmente rilevante a carico del Ministro De Girolamo.
  Signora Presidente, le cronache giornalistiche continuano a fornire ricostruzioni, indiscrezioni, rivelazioni secondo le quali questa vicenda assumerebbe il profilo di un complicato intrigo dal quale vorremmo tenerci distanti. Tuttavia, qualora le circostanze messe in luce dalle registrazioni venissero confermate dalle indagini, emergerebbero comportamenti decisamente inopportuni dal punto di vista politico e ciò, a maggior ragione, se lo sconfinamento, non giustificabile in alcun modo, avviene in un settore delicatissimo come quello della sanità pubblica destinato, secondo quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione, a tutelare la salute dei cittadini.
  Il giudice per le indagini preliminari, Flavio Cusani, competente della vicende giudiziaria, parla dell'esistenza di «un direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni forma di legge che si occupava in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell'ASL».
  Signora Presidente, non riteniamo opportuno, proprio perché siamo in questa sede, entrare nel merito di una discussione sui possibili risvolti giudiziari di questa vicenda. Non è nostro compito. Sono aspetti la cui competenza è affidata ad altri organi dello Stato, ai quali confermiamo – come sempre – la nostra piena fiducia.
  In quest'Aula vogliamo solo sottolineare l'altro lato della medaglia, ovvero gli aspetti politici e comportamentali, che contraddistinguono la condotta dell'onorevole De Girolamo, attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, e l'ambito nel quale si svolge la sua attività politica. Ed è in quest'ambiente che può svolgersi, per esempio, la dichiarazione di totale sottomissione del direttore generale della ASL di Benevento, dottor Michele Rossi: «Nunzia, non resterò un secondo su quell'ASL se non per te e con te, perché io la nomina l'ho chiesta a te, tu me l'hai data ed è giusto che ci sia un riscontro».
  Comprendo tutto ed è senz'altro vero che un colloquio tra semplici cittadini non può e non deve essere registrato senza il consenso degli interessati. Ma lo spaccato che emerge da questa intercettazione fa ritenere che il Ministro, quando era semplice parlamentare, assumeva atteggiamenti che l'opinione pubblica giustamente vive con rabbia e sente come grave ferita alla giustizia e alla correttezza del funzionamento della pubblica amministrazione.
  Competenza, sobrietà, rigore, trasparenza, merito: su queste direttrici va ricostruita la credibilità di una politica a servizio delle istituzioni e dei cittadini. Ed è a questo impegno che richiamiamo il Ministro, anche rispetto alla responsabilità di Governo che oggi ricopre.
  Negli scorsi mesi il Parlamento, attraverso la Commissione agricoltura della Camera dei deputati, ha, in più di un'occasione, con atti formali, richiamato il Ministro ad un forte impegno istituzionale per riordinare le modalità organizzative e operative delle strutture ministeriali, degli enti e delle società controllate, attraverso prevalentemente la valorizzazione delle risorse interne e il conferimento degli incarichi e delle consulenze a soggetti esterni all'amministrazione.
  Ciò nonostante, da notizie di stampa arriva la conferma di una moltiplicazione degli incarichi negli enti e nelle società vigilate dal Ministero e una discutibile gestione dei commissariamenti dei diversi enti, per non parlare del significativo numero di assunzioni e consulenze che sono state disposte in questi mesi di permanenza al Ministero.
  Alla luce di tutto ciò, vogliamo sapere quali siano le valutazioni del Ministro interpellato sulle vicende descritte e quali siano state le motivazioni che hanno determinato il suo intervento poco trasparente Pag. 12nelle specifiche questioni, contribuendo ad orientare – a quanto pare – anche importanti decisioni di interesse pubblico riguardanti l'organizzazione dell'ASL di Benevento. Chiediamo, inoltre, di conoscere le azioni promosse dal Ministro per adeguarsi agli standard richiesti dallo stesso Governo per attuare la spending review, evitando nomine ed altre assunzioni.
  Signora Presidente, prendiamo atto che il Ministro oggi non risulta indagato dalla magistratura, all'azione della quale – ripeto – guardiamo tutti con rispetto e fiducia. E, tuttavia, bisogna aggiungere che è altrettanto importante la concezione del potere, la dignità e l'onore dell'istituzione, vorrei dire, il dovere ai limiti della politica, soprattutto oggi che la politica ha perso credibilità e autorevolezza, soprattutto al sud, dove il potere della politica e dei partiti ha spesso dilagato rispetto al suo alveo e alle sue responsabilità, occupando la società anche negli spazi che dovevano e devono essere lasciati alla libertà e all'autonomia dei corpi intermedi e dei cittadini.
  La cattiva politica ha finito per trasformare i diritti in favori, ha sostituito al merito e alla competenza la fedeltà o le amicizie. Parliamo in questo caso di scelte che investono questioni decisive per la vita delle persone, come la sanità pubblica.
  Ma il discorso ha una valenza più generale. Riguarda, come ho detto, il modo in cui si concepisce e si usa il potere ed è una questione che ci interpella tutti, tutti noi.
  Parlo da uomo del sud e da politico meridionale e chiedo al Ministro, attraverso lei, signora Presidente, di riflettere non solo sull'opportunità e sullo stile di certe sue azioni o di certe sue parole, ma sulla necessità di affermare che la politica dovrebbe offrire una testimonianza diversa, profondamente diversa da certe consuetudini del passato, radicalmente diversa dalle cattive abitudini spartitorie, clientelari, familistiche, che ne hanno consumato e logorato la credibilità, a Benevento come a Roma. È soprattutto su questo che il Partito Democratico esige grande consapevolezza e coerenza (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ha facoltà di rispondere.

  NUNZIA DE GIROLAMO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vengo qui con spirito di grande serenità per riferire ai rappresentanti del popolo italiano sulle circostanze e sulle informazioni (Il deputato Franco Bordo espone un cartello recante la scritta: «Agricoltura ? No grazie. Mi occupo di bar e ASL»)...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole De Girolamo. Deve riporre quel cartello, onorevole Franco Bordo: la richiamo e chiedo ai commessi di togliere il cartello (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Prego, Ministro.

  NUNZIA DE GIROLAMO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Vengo qui con spirito di grande serenità per riferire ai rappresentanti del popolo italiano sulle circostanze e sulle informazioni in mio possesso su quanto pubblicato dai giornali in questi giorni, nei quali la mia vita di politico, di persona e di donna è stata travolta da un linciaggio e da un accanimento senza precedenti.
  Vengo qui con la determinazione di spiegare a voi, rivolgendomi ad ognuno di voi, i motivi per i quali mai, mai e poi mai, ho abusato del mio ruolo di deputato e mai, mai e poi mai, ho violato la legge e la Costituzione sulla quale ha giurato fedeltà.
  Vengo qui con la forza della mia pulizia interiore per affermare la difesa dell'unico patrimonio che ho a parte la mia famiglia, il mio onore, la mia dignità, la mia onestà. Il mio riserbo dei primi giorni, da alcuni scambiato per imbarazzo, è stato in realtà dettato dal rispetto che ho per il lavoro che la magistratura sta svolgendo e per il quale nutro da sempre una considerazione Pag. 13quasi sacra nella certezza che la giustizia e la verità trionfano sempre.
  E così, con la coscienza in pace, pur con il cuore in subbuglio per una vicenda che definire kafkiana è ampiamente riduttivo, parto proprio dal riassunto di ciò di cui stiamo parlando. Già, perché a leggere le ricostruzioni dei giornali sembra che sotto inchiesta ci sia finita io, invece la realtà è ben diversa. E per questo ringrazio l'interpellante, per aver precisato che io non sono indagata, che è indagato il Pisapia e che le intercettazioni sono abusive.
  Il 27 dicembre quattro imprenditori sono finiti agli arresti domiciliari e due dirigenti della ASL di Benevento sono stati colpiti da provvedimenti cautelari, oltre al sequestro di beni di proprietà degli indagati per un valore complessivo di circa un milione e mezzo di euro. L'accusa per tutti è di truffa aggravata e continuata in concorso e peculato ai danni della pubblica amministrazione.
  Le indagini della finanza, della Guardia di finanza, hanno preso il via a seguito di una documentazione e di una denuncia presentata in procura dal direttore generale dell'ASL di Benevento, Michele Rossi, in relazione alle emissioni di decine di mandati di pagamento irregolari per almeno 700 mila euro. Gli altri due provvedimenti cautelari sono stati notificati a Felice Pisapia, già direttore amministrativo e responsabile finanziario della ASL, ed a Federico Russo, dirigente del servizio farmaceutico della ASL di Benevento.
  Secondo una nota del procuratore di Benevento, Giuseppe Maddalena, accadeva che venissero addebitate alla ASL prestazioni mai eseguite, con conseguente illecita distrazione dei fondi pubblici. Tali condotte truffaldine risultavano poste in essere dagli imprenditori privati indagati in concorso con Pisapia e Russo, compiacenti funzionari pubblici. Parallelamente a tali gravi condotte emergevano inoltre ulteriori fatti penalmente rilevanti (peculato), posti in essere dai predetti funzionari, consistenti nella distrazione di beni acquistati con denaro pubblico, destinati a finalità private del tutto estranee alle attività istituzionali dell'azienda.
  Nell'ordinanza della misura cautelare il GIP ha riconosciuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di tutti gli indagati, soffermandosi sulla pericolosità dei soggetti coinvolti nella vicenda e sulla loro capacità e attitudine delinquenziale. In particolare, si descrive lo spessore delinquenziale di Pisapia che già dal 17 dicembre 2012 era stato rimosso dall'incarico e che aveva tentato di difendersi utilizzando la stampa locale – dopo essere stato rimosso, appunto dall'incarico – cercando di apparire come vittima di una macchinazione ordita ai suoi danni. Questo è quanto riportato dalle agenzie di stampa: mai, mai e poi mai il mio nome è coinvolto nella truffa ai danni dell'ASL di Benevento che riguarda altre persone, una delle quali ha costruito il dossier abusivo e illegittimo su di me, frutto di un complotto ordito ai miei danni. Ho scoperto, infatti, che uno dei funzionari raggiunto da misura cautelare aveva realizzato attività di spionaggio e dossieraggio illegali vietati dalla legge a mio danno nel corso di incontri tenuti nel mio domicilio privato di Benevento. Stiamo quindi parlando di conversazione di un parlamentare, esattamente un parlamentare come voi nell'esercizio delle sue funzioni. A nessuno sfugge che, sia l'acquisizione che la diffusione di conversazioni parlamentari deve essere autorizzata dalla Camera di appartenenza e che il domicilio di un deputato e di un senatore è inviolabile previa autorizzazione della stessa Camera. Lascio alla magistratura il compito di stabilire l'ammissibilità dei contenuti delle conversazioni nelle quali ci sono espressioni poco eleganti come riportato dalla stampa, ma potrebbero esserci anche conversazioni politiche ed istituzionali sulle quali il legislatore ha inteso fornire ai membri del Parlamento una sorta di difesa dagli abusi e dalle ritorsioni.
  Questo dibattito, ricordiamolo, trae origine da un'attività illecita, da un fatto che costituisce reato, sia nella fase di registrazione di riunioni private che in quella Pag. 14della diffusione del materiale captato da chi era già indagato: mi sembra che tutto questo il legislatore lo aveva previsto e si è verificato. Ai miei danni si è scatenata una ritorsione mediatica da parte di chi ha cercato di sfuggire alle proprie responsabilità verso la giustizia tramite la diffusione di conversazioni vietate dalla legge, ma poiché considero le prerogative dello status di parlamentare come una garanzia al nostro operato e non come un privilegio in questo momento accantono tutto ciò che potrebbe giovarmi in una difesa eventuale di qualsiasi tipo e desidero rivolgermi a voi con lo spirito e l'anima più onesti possibile.
  Non considero questa Camera come un'arena dove si combattono nemici e amici, alleati e avversari, penso che questa sia la casa degli italiani e che gli italiani debbano sapere sempre e comunque la verità, ma preservando sempre e comunque i principi fondamentali della libertà dell'uomo, quali la libertà di pensiero e di parola.
  Invece, sottopongo alla vostra autorevole riflessione quanto sta accadendo in queste ore, nelle quali c’è una politica fuori dalla politica, un'inchiesta fuori dall'inchiesta e tutta l'impalcatura dello Stato democratico viene sovvertita da manovratori occulti.
  Vi invito a meditare, al di là di ciò che pensate sulla mia persona. Stiamo esaminando due situazioni assolutamente diverse, c’è un livello giudiziario sul quale indaga la magistratura, alla quale io mi affido. C’è però poi un livello politico e cioè il contenuto di dichiarazioni private espresse in un contesto privato: può esserci, mi domando e vi domando, un'autorità etica in grado di giudicare sul livello gergale delle nostre espressioni all'interno delle nostre abitazioni private o delle mura delle nostre segreterie politiche ?
  Io sono pronta a dichiararvi totale onestà, ma gradirei che analoga onestà intellettuale fosse manifestata non solo dai membri del Parlamento, ma anche da ciascun italiano. Per quanto noi eletti nella più alta espressione democratica abbiamo senz'altro il dovere di essere all'altezza del mandato ricevuto.
  È avvenuto che io abbia tenuto riunioni nel mio domicilio a Benevento; in quel periodo allattavo mia figlia e soffrivo di una particolare patologia post parto che mi costringeva ad evitare frequenti spostamenti, come da certificati e da documentazione che io consegnerò all'onorevole Nicodemo.
  Come mio dovere di parlamentare della zona, ero stata interessata a numerosi problemi in ambito sanitario e avevo deciso di discuterne con i responsabili dell'azienda sanitaria esercitando il mio diritto e dovere di segnalare questioni e cercare di trovarne le soluzioni. Di tutti gli argomenti di carattere generale esaminati – e, cioè, miglioramento del servizio, tutela delle fasce deboli, rafforzamento della garanzia per i lavoratori precari –, ovviamente, non si è parlato sui giornali.
  Ma era proprio questo il tema delle nostre conversazioni ? No: sono state estrapolate, private, dal loro contesto originario, una serie di espressioni che, collegate fra loro, costituiscono un suggestivo richiamo giornalistico, ma non sono la verità. Il mosaico si vede nel suo insieme, non si può giudicare dalle singole tessere: ci possiamo trovare dinnanzi ad un immane capolavoro se guardiamo l'immagine finale, ma possiamo anche stabilire che si tratta di una brutta opera, se la guardiamo parzialmente o a pezzi, così com’è avvenuto.
  Ma poiché ho detto che mi sarei sottoposta a questo esercizio di verità con umiltà, ma anche di forza e di determinazione nel difendere i miei valori e la mia onestà, metto da parte ogni forma di garanzia che la legge mi offrirebbe e sono pronta adesso a chiarire, punto su punto, tutti i passaggi sui quali sono stata processata sui giornali, senza essere sottoposta ad indagini da parte della magistratura.
  Partiamo dalla frase sui controlli che mi è stata addebitata sempre dalla stampa, come una sorta di tentativo di condizionamento. È bene precisare subito che il Pag. 15bar e l'ospedale non hanno mai ricevuto su mia pressione alcun controllo della struttura dell'ASL. La mia era una battuta, del tutto decontestualizzata, legata ad altre vicende che, in quel momento, stavano interessando la struttura ospedaliera e che creavano disagio sociale. Quando un politico o un rappresentante istituzionale è tempestato da chiamate di lavoratori che si lamentano, da operatori che scrivono note e chiedono incontro, è ovvio che nel privato della propria dimora possa lasciarsi andare ad affermazioni che non avrebbe mai fatto in pubblico o in un'altra sede.
  Per quanto riguarda i controlli, invece, dei NAS dei carabinieri, che non dipendono dall'ASL e che sono arrivati dopo cinque mesi dall'incontro di luglio 2012 illegalmente captato, qualcuno abbia il coraggio di dire che li ho inviati io. Chi lo insinua, si assumerà la totale responsabilità di una simile calunnia. Esprimo per questi attacchi solidarietà all'Arma dei carabinieri, fortemente screditata da alcune testate giornalistiche che sicuramente ne risponderanno nelle sedi competenti. A tutti gli uomini dell'Arma, che, quotidianamente, si prodigano per la sicurezza degli italiani, rivolgo la mia gratitudine, solidarietà e stima.
  Non so chi ha mandato quei controlli, ma leggendo un'intervista dell'avvocato Roberto Prozzo, legale del direttore generale, Rossi, mi sembra di capire che un eventuale addebito al gestore uscente in merito alla conduzione dell'attività avrebbe consentito alla struttura di evitare il pagamento della relativa indennità di avviamento. D'altra parte, non avevo alcun motivo di scacciare un Liguori con un altro Liguori, visto che, già dal mese di aprile 2012, è cioè prima delle conversazioni, il Fatebenefratelli aveva intimato il rilascio dell'esercizio commerciale per decorrenza dei termini contrattuali. Ricordo ancora una volta che le registrazioni abusive risalgono, invece, al luglio 2012. E, comunque, l'attuale gestore ha presentato un'offerta ritenuta economicamente più vantaggiosa, rispetto a quella di un altro concorrente, da parte del Fatebenefratelli, che, ricordiamolo, è una sua struttura privata, come evidenziato dagli amministratori della struttura stessa.
  In una terra devastata dalla camorra, dalle ruberie di milioni e milioni di euro, dalle infiltrazioni mafiose, dalla connivenza con i clan da parte di anime belle, che oggi si indignano per le parolacce del Ministro, dalle omertà piccole e grandi, dalla costruzione di dossier e calunnie per inquinare il sistema democratico, in questa terra, dove da anni mi batto, anche a rischio della mia incolumità personale e – oggi, me ne rendo drammaticamente conto – anche della mia reputazione, desta scandalo che un deputato abbia chiesto informazioni sul bar dello zio, che di questo bar era amministratore da trent'anni.
  Già, semplici informazioni, visto che il dirigente dell'ospedale – peraltro, lo ripeto, privato – ha dichiarato di non aver subito nessuna pressione da me e di aver assegnato il servizio semplicemente su una valutazione di un'offerta economicamente migliore. E comunque, io non ho esercitato nessuna pressione né direttamente né tantomeno indirettamente.
  Veniamo alle dislocazioni territoriali. Io, accusata di manovrare l'ASL per fini elettoralistici e personali ? Mai bugia fu più grossa, anche perché, visto l'attuale sistema elettorale, sganciato da ogni forma di preferenza per il singolo candidato alla Camera, non vi sarebbe stato alcun bisogno di 100 voti in più o di 100 voti in meno per determinare la mia elezione. Viceversa, ho ascoltato sempre con molta attenzione le sollecitazioni provenienti dalla cittadinanza affinché si migliorasse il sistema sanitario, che nel territorio sannita è sempre stato al di sotto degli standard nazionali.
  L'ho fatto ancor prima che il manager Rossi arrivasse alla guida dell'ASL, quando nel 2008, da rappresentante di questa Assemblea democraticamente eletta, presentai un'interrogazione all'allora Ministro della salute, Ferruccio Fazio, per chiedergli un intervento teso ad aprire la struttura sanitaria di San Bartolomeo in Galdo, di cui si parla nelle registrazioni pubblicate dalla stampa. San Bartolomeo in Pag. 16Galdo è una cittadina del Fortore, distante 80 chilometri da Benevento, al confine tra la Campania, la Puglia e il Molise. Una struttura costata 50 miliardi di lire, mai aperta, nonostante due leggi regionali campane ne prevedessero l'attivazione. Ho combattuto per la gente, per il popolo che in quel martoriato Fortore moriva anche per l'assenza di un'ambulanza. Basta cercare il caso di una donna in quei giorni morta d'infarto o parto.
  Ora in quella struttura è localizzato un PSA, pronto soccorso attivo, che, a differenza di dove era allocato prima, ha triplicato i suoi interventi. Questa è la chiara ed inequivocabile dimostrazione di come quel territorio necessitava di un'assistenza che non aveva.
  Se avere evitato altri morti è una colpa, colleghi, vi chiedo scusa. Ma sinceramente, se mi pento per alcune espressioni colorite, usate però in un contesto privato, non mi pento di aver lavorato per aiutare la gente che chiedeva ad alta voce maggiore assistenza sanitaria.
  Ho seguito ad esempio la vicenda della chiusura dell'ospedale di Cerreto Sannita, altra bella cittadina della provincia di Benevento, che, insieme ad un intero territorio, è rimasta sguarnita dell'assistenza sanitaria e ancora oggi chiede maggiore tutela.
  Così come ho chiesto notizia del dislocamento sul territorio dei SAUT, punti dove sono allocate le autoambulanze per l'emergenza 118, che, come dimostrano le continue lamentele provenienti dal territorio – e potremmo prendere la cartina della provincia di Benevento per verificarlo – necessitavano di una rivisitazione, una rivisitazione che non c’è mai stata.
  Ho, inoltre, sollecitato, sempre nelle funzioni di deputato rappresentante del territorio, una maggiore attenzione in relazione ad alcune strutture che l'ASL aveva in fitto a prezzi esorbitanti e sulle quali aveva ricevuto diverse lettere di cittadini, nonché su una scandalosa vicenda di un altro stabile dell'ASL comprato a cifre milionarie e ora abbandonato.
  Insomma, ho seguito sul territorio tante vicende che mi venivano poste da amministratori e cittadini, ma sempre e soltanto nell'interesse esclusivo della buona sanità, dei cittadini e giammai per interessi personali o elettorali.
  Di fronte a tali inequivocabili azioni politiche, i riferimenti da me riservati a qualche sindaco, tra l'altro nel privato della mia abitazione, non possono essere intese se non come mere espressioni ironiche, decontestualizzate dal ragionamento.
  Mai e poi mai avrei immaginato, ed i fatti lo dimostrano, di orientare scelte per altri scopi se non per l'interesse pubblico. Addirittura mi hanno accusato di aver fatto telefonate per togliere una multa dell'ASL a un rivenditore di mozzarelle. Non ho mai fatto alcuna telefonata per annullare una sanzione. Non mi sono mai interessata all'ormai nota vicenda delle «mozzarelle di Benevento»; i relativi controlli, infatti, sono stati effettuati congiuntamente dall'ASL e dalla Guardia di finanza e i relativi atti sono stati trasmessi immediatamente alla procura della Repubblica.
  Sarei stata così influente, dunque, da condizionare e controllare l'operato dei NAS, della Guardia di finanza, della ASL ? La mancanza di influenza del cosiddetto «direttorio» la si dimostra con quello che è accaduto dopo le conversazioni illecitamente carpite; infatti, la posizione del titolare del negozio di mozzarelle si è addirittura aggravata, visto che a distanza di un mese – cioè in data 10 settembre – gli viene regolarmente notificata la sanzione amministrativa e ad oggi è sottoposto ad un procedimento penale. Aggredirmi, nonostante io non sappia nulla, credo che rappresenti un accanimento ingiustificato e senza precedenti.
  Questo accanimento è ancora più evidente laddove mi si accusa di avere interferito con gli incarichi dirigenziali dell'ASL: non ho mai indicato dirigenti medici o professionisti da nominare, anche perché chi dice ciò è poco informato, o ancor peggio in malafede. La ASL di Benevento, con la guida di Rossi, ha ridotto Pag. 17la pianta organica dei primari, quindi non vi erano primari da fare. Respingo, quindi, con fermezza anche ogni allusione in merito a presunti miei interessamenti, seppur per interposta persona, finalizzati a favorire la nomina del dottor Molinaro, con il quale peraltro, in merito alle sue ambizioni professionali, non mi sono mai e poi mai confrontata. Fra l'altro, dalla rassegna stampa dell'altro ieri, noi tutti abbiamo avuto modo di apprendere gli esatti contorni di questa vicenda. Lo stesso dottor Molinaro, infatti, ha chiarito con un comunicato che la questione riguarda un contenzioso ancora pendente dinanzi all'autorità giudiziaria amministrativa fra lui e la ASL, in cui l'avvocato Papa risulta essere difensore del predetto dirigente sanitario.
  D'altra parte anche il professor Di Salvo, all'epoca commissario straordinario della ASL, ha categoricamente escluso ai giornalisti che lo hanno intervistato ogni forma di mio personale interessamento alla vicenda. Non vedo pertanto di cosa io debba rispondere, considerato anche che non è mai stato mio costume assumere informazioni dai miei collaboratori sulle questioni specifiche attinenti alle loro rispettive attività professionali, nel caso di specie attività professionale di avvocato. Posso quindi ribadire con estrema serenità di non aver mai sponsorizzato alcun incarico, nello specifico ai vertici dell'ASL e, più in generale, in qualsiasi struttura sanitaria pubblica. Certo, non posso negare che mi sia stato da più parti richiesto, anche da persone autorevoli, di intervenire per far attribuire incarichi nelle strutture sanitarie a parenti, amici, compagne, mogli, fratelli: ho sempre detto «no», e forse oggi mi fanno pagare anche questo.
  Relativamente alla questione concernente l'appalto del 118, pago ancora una volta lo scotto di aver cercato di dare risposte alle pressioni sociali provenienti dai lavoratori del settore che da mesi protestavano in quanto non erano pagati dalla ATI, affidataria del servizio. Sarebbe stato sufficiente scorrere la rassegna stampa locale dell'epoca per avere contezza del fatto che nel luglio 2012 erano in atto numerose iniziative di protesta da parte dei predetti lavoratori, che ho incontrato diverse volte nella sede del mio partito di Benevento poiché rivendicavano da mesi retribuzioni non pagate da parte di questa famosa ATI Sanit-Modisan. Mi riferivano inoltre che la detta Sanit minacciava di interrompere il servizio, ritenendo che il corrispettivo non fosse adeguato all'entità dell'appalto. L'unico modo pertanto per scongiurare l'interruzione del servizio e per allentare la tensione sociale dei lavoratori era quello di procedere ad un nuovo affidamento che avrebbe consentito il cosiddetto passaggio di cantiere, ossia l'assorbimento del personale del gestore uscente da parte del nuovo gestore aggiudicatario. Tuttavia, erano evidenziati ostacoli giuridici all'espletamento immediato di una nuova gara, fondati sulla circostanza che la regione Campania, con delibera del commissario ad acta n. 57 del giugno 2012, aveva da poco disposto la creazione del DIE, Dipartimento integrato dell'emergenza.
  In base a quanto riferitomi, infatti, con tale atto la regione aveva imposto all'ASL e alla Azienda ospedaliera «Rummo» di dare vita, entro pochi mesi, alla creazione di un unico centro decisionale, il DIE appunto, alla dipendenza di ambedue le aziende, con la funzione di riorganizzare la rete emergenziale e di inglobare, quindi, anche le funzioni del servizio 118.
  Conseguentemente, si riteneva che non fosse giuridicamente ipotizzabile in quel momento una gara del servizio del 118 da parte della sola ASL, presupponendo detta gara un affidamento per un arco temporale sufficientemente lungo, incompatibile con la propedeutica necessità di definire l'intera rete emergenziale la cui competenza, però, era stata affidata alle regioni, all'istituendo DIE e non all'ASL. Nell'ambito di questa complessa problematica, sia in termini sociali che giuridici, si inserisce la discussione in questo finalizzata esclusivamente a trovare una soluzione per fare fronte alle più volte minacciate interruzioni del servizio e alle rivendicazioni non solo economiche dei lavoratori interessati.Pag. 18
  In definitiva, quindi, si è trattata di una semplice ma sentita discussione su tematiche di carattere tecnico, per risolvere annosi ed urgenti problemi sociali. Peraltro, il signor Pisapia, già in data 23 giugno 2012, ossia un mese prima delle riunioni in questione, 23 luglio 2012, aveva autonomamente assunto un provvedimento, con cui prorogava l'affidamento del servizio fino al 31 dicembre. Questo dimostra come costui sia venuto in casa mia munito di registratore, consapevole di avere fatto la proroga, al solo fine di provocare una discussione da utilizzare successivamente per coprire le sue attività delinquenziali. Con fermezza e fierezza posso escludere che nell'arco dell'intera discussione io abbia mai fatto riferimento, direttamente o indirettamente, ad interessi di natura privatistica o espresso favoritismi per una ditta piuttosto che per un'altra. Tutto questo dimostra che non esiste nessun direttorio politico-partitico.
  Ringrazio gli interpellanti per avere sollevato anche la questione del controllo sugli enti vigilati dal Ministero e sulle nomine da me effettuate in questi mesi di Governo. Innanzitutto, sottolineo come i commissariamenti da me disposti sono stati effettuati nel pieno rispetto della legalità e del ruolo di vigilanza che la normativa vigente assegna al Ministero, con particolare riferimenti ai casi di AGEA e INEA.
  In linea generale, ricordo che l'articolo 13 del decreto legislativo n. 419 del 1999, nel prevedere la revisione statutaria degli enti pubblici nazionali, ha previsto, fra l'altro, la ridefinizione dei poteri di vigilanza secondo criteri idonei a garantire l'effettiva autonomia dell'ente, ferma restando l'attribuzione all'autorità di vigilanza del potere di approvazione dei bilanci e dei rendiconti nonché, per gli enti finanziati in misura prevalente con trasferimenti a carico dei bilanci pubblici, di approvazione dei programmi di attività.
  L'affidamento di incarichi e consulenze nell'ambito dei predetti enti rientra, quindi, nella sfera di autonomia amministrativa rispetto all'autorità politica, cui è affidata la vigilanza, ed è rimessa, secondo gli statuti e le norme applicabili, a ciascun ente, ai competenti organismi di valutazione preposti proprio a tale finalità. Il potere di vigilanza del Ministero si concretizza, dunque, principalmente, in un controllo sui bilanci dell'ente volto ad assicurare, come ha affermato anche la giurisprudenza amministrativa, tutte le finalità di legge e statutarie dell'ente. Proprio in ragione di tale potere la stessa giurisprudenza – da ultimo il TAR Lazio, con sentenza n. 529 del 2012, riguardante proprio il precedente commissariamento di AGEA – ha evidenziato come, allorché l'organo vigilante riscontri un non funzionamento degli organi di gestione degli enti vigilati, è principio generale, che non necessita di specifica attribuzione legislativa, il potere-dovere di sostituire tali organi in via straordinaria, a mezzo di un proprio commissario, fino a quando non sia reso possibile il rinnovo dei medesimi organi secondo le norme statutarie o di legge che li disciplinano.
  Nel caso dell'AGEA ricordo che il direttore generale, nominato dal mio predecessore, nell'annunciare le sue dimissioni aveva denunciato colpevoli trascuratezze e pregiudizievoli attenzioni.
  Del resto la situazione dell'Agenzia è stata anche oggetto della relazione depositata dalla Corte dei conti il 7 maggio 2013, nella quale la Corte, per gli esercizi dal 2009 al 2011, ha espresso giudizi di inefficienza e di inefficacia nei riguardi dell'attività dell'Agenzia stessa, sottolineando peraltro come gli impegni assunti dall'Agenzia nel corso degli anni si siano rivelati poco credibili e attendibili. La materia è stata, inoltre, oggetto di un atto di sindacato ispettivo, presentato proprio da un autorevole esponente del Partito Democratico, la senatrice Pignedoli.
  Ricordo come tali carenze gestionali abbiano portato alla perdita di ingenti quote di finanziamenti europei, oltre alla annosa questione della gestione delle quote latte. Di fronte a tali evidenze non ho potuto che esercitare il potere che lo stesso statuto dell'AGEA, all'articolo 19, attribuisce al Ministro vigilante, cioè proporre al Presidente del Consiglio il commissariamento Pag. 19dell'ente, individuando nel generale della Guardia di finanza Giovanni Mainolfi la persona più appropriata per svolgere il delicato incarico; un incarico che il generale sta svolgendo con grande scrupolo e rigore, ed ha consegnato, proprio in vista dell'odierno confronto parlamentare, un fascicolo, che chiedo di poter mettere a disposizione anch'esso dei collegi, in cui si evidenziano tutte le pesanti irregolarità riscontrate nella gestione dell'Agenzia e rispetto alle quali ho lavorato, fin dal primo giorno del mio insediamento, per trovare soluzioni nel più rigoroso rispetto della legalità.
  In tale prospettiva e in coerenza con tale indirizzo, la corrente gestione commissariale ha reputato prioritario affrontare subito le problematiche già sul tappeto, e quindi, parallelamente, si è intervenuti sul versante di molteplici fronti che interessano AGEA e i rapporti della stessa AGEA e delle controllate, in particolare SIN Spa.
  Sotto il primo profilo, si è dovuto interagire con la Guardia di finanza, che, come è noto, agli inizi di ottobre ha dato avvio ad un'indagine su tutto il territorio nazionale che ha interessato tutti i centri di assistenza dell'agricoltura, e che in un primo momento ha portato AGEA a sospendere i pagamenti dell'acconto della domanda unica per un importo di 300 milioni di euro.
  Tale sospensione si è resa necessaria a seguito di quanto comunicato dalla Guardia di finanza, in quanto sussistevano molteplici problematiche in merito alla legittimità dell'erogazione.
  Con l'OLAF si è confrontato in merito ad un'indagine circa una problematica, riguardante alcune decine di milioni di euro, concernente il registro dei debitori. Tale criticità non è disgiunta da un'altra di più ampia e generale portata che ha visto il commissario AGEA disporre che intervenisse l'autorità giudiziaria ordinaria e la procura presso la Corte dei conti per una vicenda relativa a ben 192 milioni di euro di debiti, di cui ben 42 già prescritti, non contabilizzati nell'apposito registro dei debitori. Si è sempre occupato e ha interagito con la procura della Repubblica di Roma per una vicenda connessa al rapporto di lavoro del signor Paolo Gulinelli, il quale, come noto da fonti aperte, beneficia di un contratto di lavoro da dirigente che gli garantisce una posizione di particolare e straordinario privilegio.
  Sotto il secondo profilo, si è provveduto a ripristinare la funzionalità degli organi amministrativi di SIN Spa, in relazione al contenzioso interno tra SIN e i soci privati in merito ad una relazione di collaudo generale delle attività svolte; ad interessare l'Avvocatura generale dello Stato in merito alla legittimità dello stesso, da un lato, e a commissionare un audit generale al CNR, dall'altro, per definire in termini più netti possibili, una volta per tutte, una querelle che si trascina ormai da due anni. Si è dato mandato ad un legale per approntare una azione di responsabilità nei confronti del management di SIN Spa per l'attività di governo aziendale svolta dalla sua nascita sino alla metà del 2012. Si è inoltre istituito un organismo di trasparenza e di garanzia dell'azione amministrativa dell'azione del commissario costituito da magistrati designati dal Consiglio superiore della magistratura, dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei conti e dalla Avvocatura generale dello Stato.
  Si è proceduto ad approntare convenzioni per la collaborazione e lo scambio di informazioni con la Guardia di finanza, con l'Arma dei carabinieri, con la Polizia di Stato, con il Corpo forestale dello Stato e con la Direzione nazionale antimafia e ad istituire un gruppo di lavoro per la tracciatura delle procedure di iscrizione nel registro dei debitori.
  Tale attività è stata recentemente conclusa e il risultato è stato già inoltrato ai competenti organi della Commissione di Bruxelles per la condivisione.
  A tale attività seguirà, anche alla luce della nuova PAC 2014-2020, l'allineamento delle procedure informatiche del SIAN. Ad istituire, altresì, un organismo di audit con compiti anche di monitoraggio delle attività e delle procedure in essere nell'ambito di Agea; ad istituire apposito numero verde, con relativo regolamento, nell'ottica Pag. 20della migliore prossimità del servizio all'utente; ad interessare l'Avvocatura generale dello Stato a fronte della parcella pervenuta da un professionista di circa 6 milioni di euro per un'attività di consulenza i cui contorni destano qualche perplessità, anche in merito alle modalità di conferimento del predetto incarico; a richiedere alle controllate la presentazione dei budget per il 2014, anche nella considerazione che Sin, per il 2013, non ha provveduto affatto ad adempiere a tale incombenza; ad anticipare il secondo acconto della domanda unica per la regione Sardegna, colpita dalla recente alluvione, per un ammontare di 19,9 milioni di euro.
  Un accordo, inoltre, di collaborazione con l'INPS; un accordo con il Ministero dell'interno per superare le criticità in materia di certificazione antimafia e ad emanare disposizioni, nell'ottica della spending review, per incidere sui costi di gestione delle controllate.
  Con riferimento alla Sin, faccio presente che, in relazione all'emergere di notizie di stampa in merito alla gestione della società, con nota del capo di gabinetto dello scorso 7 gennaio è stato chiesto ai competenti uffici dell'amministrazione del Ministero, in coerenza con gli obiettivi di efficienza e di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche, un'analitica informazione sulle problematiche riscontrate nella gestione di Sin.
  In merito, invece, al recente commissariamento di INEA, alla luce dei principi generali sopra richiamati sulla responsabilità del Ministro vigilante, all'inizio dell'attuale legislatura vi sono state numerose segnalazioni e interrogazioni parlamentari che evidenziano presunte irregolarità gestionali all'interno dell'Istituto nazionale di economia agraria, INEA.
  Fra le altre, ricordo l'interrogazione a risposta scritta del 15 maggio 2013 da parte dell'onorevole Madia, che sollecitava la predisposizione di una verifica ispettiva finalizzata a far luce sul continuo ricorso a consulenze esterne e a verificare nel dettaglio tutte le consulenze affidate senza alcuna richiesta di fabbisogno espressa dai dirigenti dell'INEA, valutandone la congruenza sia in termini scientifici che di compenso.
  Sulla base di tale segnalazione, come è noto, ho proceduto dapprima con la nomina di una commissione di indagine volta ad accertare la fondatezza di questi rilievi. L'esito dell'attività ispettiva ha confermato l'esistenza di reiterate irregolarità gestionali ed anche una culpa in vigilando del CdA, che ha reso necessario avviare il procedimento di commissariamento, che, sulla base di un'istruttoria e conseguente proposta del dipartimento preposto alla vigilanza sull'ente, si è conclusa con l'adozione del relativo decreto di nomina a commissario straordinario di Giovanni Cannata, già rettore dell'Università degli studi del Molise e professore di economia e politica agraria.
  In relazione, poi, al quesito sulla determinazione con la quale il Ministero intende procedere alla rigorosa applicazione dei principi della spending review, quest'ultima costituisce sicuramente uno degli obiettivi primari che intendo perseguire. Peraltro, sono già al lavoro con l'intera struttura, mediante tavoli di lavoro tematici, per individuare al più presto strategie che consentano una significativa razionalizzazione dei costi, senza, però, sacrificare la qualità dei servizi, e, nella convinzione che sul tema molto si possa e si debba fare in relazione agli enti vigilati dal Ministero, colgo l'occasione per annunciare che, nel disegno collegato alla legge di stabilità 2014, che mi accingo a sottoporre al Consiglio dei ministri, sarà contenuta una proposta di accorpamento molto coraggiosa, in linea con le proposte di legge già presentate in Parlamento.
  Quanto alla valorizzazione delle professionalità interne, nel corso del mio mandato la copertura di posizioni dirigenziali delle direzioni generali è sempre stata effettuata mediante interpelli pubblici, conclusi con il conferimento degli incarichi esclusivamente a dirigenti interni, nell'ottica, da me condivisa, di dare un riconoscimento al merito e all'esperienza.
  Con riferimento infine agli incarichi di diretta collaborazione, desidero evidenziare Pag. 21come essi si fondano, tenendo conto delle competenze, su un rapporto di natura esclusivamente fiduciaria rispetto al Ministro al fine di supportarlo nell'azione politica e istituzionale, come è ovvio che sia, e che decadono con il decadere del Ministro. E non vado indietro negli anni e nei Ministeri per sapere i rapporti di diretta collaborazione a chi sono affidati, a quale città appartengono o a quale regione.
  Mi sarei augurata che la stampa avesse riservato ai risultati ottenuti nell'esercizio delle funzioni di Governo la stessa rilevanza mediatica riscossa dalle registrazioni abusive, dai pettegolezzi, dagli attacchi pretestuosi e personali di cui sono vittima da settimane. Su questo lavoro sarebbe stato utile e interessante lo stesso grado di approfondimento riservato al presunto scandalo-complotto.
  A titolo puramente esemplificativo, e non esaustivo, mi riferisco: alla battaglia sostenuta e vinta in collaborazione con le Aule parlamentari per la sospensione del pagamento della rata di giugno 2013 dell'IMU per i terreni e i fabbricati rurali e per la definitiva eliminazione della tassa per gli agricoltori professionali; all'eliminazione dell'IMU per il 2014 sui fabbricati rurali e alla fissazione dell'aliquota Tasi ad un massimo dell'1 per mille; all'introduzione delle misure relative al sostegno per l'insediamento dei giovani in agricoltura; alle agevolazioni a sostegno della piccola proprietà contadina; all'importantissimo ripristino della possibilità per le società agricole di optare per la determinazione del reddito su base catastale, anziché in base al bilancio; alla possibilità di utilizzare anche nel settore agricolo il 5 per cento delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione per consentire interventi di emergenza con finalità di sviluppo; agli specifici stanziamenti di risorse in favore del Fondo per l'acquisto di derrate alimentari per gli indigenti; alle misure di sostegno economico adottate per specifici comparti, come quello bieticolo-saccarifero; al rifinanziamento, anche in vista di Expo2015 e al fine di sostenere lo sviluppo e la competitività del settore agricolo e alimentare nazionale, della legge n. 499 del 1999; agli interventi a sostegno del settore fitosanitario; allo stanziamento per il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga al settore pesca; al recentissimo decreto sulla Terra dei fuochi; agli interventi a sostegno del settore della meccanizzazione agricola; alle misure adottate per il contenimento del consumo del suolo; ai ripetuti interventi a difesa della qualità dei prodotti italiani e per la lotta alla contraffazione e difesa del made in Italy, argomento sul quale, da ultimo, si è registrata l'approvazione di una misura unitaria alla Camera dei deputati. Analogamente, ma in entrambi i rami del Parlamento, è stata approvata la mozione relativa agli interventi in materia di OGM. Siamo il primo Ministero ad aver portato a termine la nuova programmazione dei fondi strutturali europei, attraverso l'accordo con le regioni sul riparto del Fondo per lo sviluppo rurale.
  Questi i principali interventi che rivendico con orgoglio, ottenuti negli scorsi mesi di Governo, a dimostrazione del ruolo di centralità acquisito in questo periodo dall'agricoltura e dal comparto agro-alimentare italiano, grazie alla sinergia, allo sforzo, all'impegno costante mio personale, del Ministero, del Parlamento, con l'interlocuzione proficua con tutti gli operatori e le associazioni di settore.
  Tanto è ancora da fare, ma permettetemi di rivendicare dinanzi a voi i risultati ottenuti e l'impegno profuso. Non voglio convincervi, ma voglio, con questo esercizio di verità, sentirmi libera, sì, libera di poter affermare ad alta voce quanto vi dicevo all'inizio. E voglio che negli anni a venire mia figlia, leggendo ciò che è stato scritto in questi giorni, possa andare a testa alta e affermare che mai, mai e poi mai sua madre ha abusato del ruolo di deputato, e mai, mai e poi mai ha violato la legge e la Costituzione sulla quale ha giurato fedeltà, e ancora mai, mai e poi mai ha calpestato quella bandiera alla quale si inchina ogni mattina quando entra nel suo ufficio.
  Ciò che è accaduto a me, potrebbe accadere a tutti voi, a ognuno di voi e ad Pag. 22ogni italiano. Ma la legge è legge, e va applicata per tutti, nel bene e nel male. Non ho mai segnalato ditte o primari, non ho mai abusato della mia posizione, non ho mai interferito con le decisioni della dirigenza della ASL. E non so se sia un caso che l'avvocato del Pisapia abbia rinunciato addirittura alla difesa del suo assistito subito dopo lo scoop del TG5.
  La gestione della sanità nel Sud, in particolare in Campania, è sempre stata e solamente clientelare. Se provate ad ascoltare chi ha lavorato in sanità vi dirà che il rispetto delle regole, la giustizia, il senso del dovere, la meritocrazia abitavano molto lontano da quelle strutture perché tutto questo ha sempre subito l'ingerenza del potere politico. I personaggi che quel potere hanno detenuto e che ancora detengono credo che non abbiamo alcuna intenzione di mollare la presa. Infatti, non vogliono stare a guardare, e questa storia dimostra che non hanno guardato.
  Ma chi in questi giorni, commentando le suggestioni ricostruite da alcuni articoli, spara addosso a me, lo sa che sta facendo il loro gioco, sa che tutto questo potrebbe far tornare le cose esattamente come erano prima. Invece, chi sa ed è venuto da me a denunciare o raccontare fatti, cose, circostanze, nomi, eccetera, eccetera, a volte, che, stesso a me, sembravano surreali, abbia il coraggio di parlare e di cambiare le cose. Chi conosce la verità non si sottragga a collaborare con la magistratura e con chi la verità la sta cercando nell'interesse del bene pubblico.
  Sono convinta di tutto questo e lo sono con la coscienza tranquilla di chi, nell'unico interesse di preservare la propria dignità, si trova oggi invece vilipeso ed esposto alla pubblica gogna, violato finanche nei rapporti familiari, sentimentali, privatissimi, siamo arrivati addirittura all'esegesi della parolaccia sulla bocca di una donna, quasi si trattasse di una formula diversa rispetto a quella di un uomo. Ho fiducia nella magistratura e sono pronta a qualsiasi forma di collaborazione. Respingo con tutte le forze che ho in corpo anche il semplice sospetto che io abbia potuto agire illecitamente.
  Rivendico la difesa della mia persona e mi permetto di invitarvi a riflettere su quanto avvenuto, che dovrebbe insegnarci a mantenere sempre ferma la scala dei valori e a non confondere mai le vittime con i carnefici. Vi ringrazio per l'attenzione che mi avete riservato (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra e di deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Il deputato De Maria ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Oliverio n. 2-00371, di cui è cofirmatario.

  ANDREA DE MARIA. Signor Presidente, signora Ministro, prendiamo atto delle sue dichiarazioni, delle sue considerazioni di oggi. Devo dirle che vogliamo confermare le ragioni che ci hanno spinto a presentare la nostra interpellanza. Vi sono zone d'ombra, motivi di perplessità e preoccupazione che andranno ulteriormente approfonditi.
  Per situazioni molto meno rilevanti quella che era una sua collega, peraltro iscritta al PD, penso ad Josefa Idem, ha compiuto a suo tempo un gesto importante e doloroso di sensibilità e responsabilità. È bene che questo dibattito si svolga nella sede propria, il Parlamento. Per questo il gruppo del Partito Democratico ha presentato l'interpellanza cui lei ha risposto oggi. Certo, c’è il legittimo ruolo dei mezzi di informazione ma è il Parlamento che deve assumere pienamente la sua centralità. Apprezziamo quindi il fatto che lei abbia tempestivamente risposto all'iniziativa che abbiamo assunto venendo a riferire in Aula.
  La nostra attenzione resta alta e valuteremo con serietà e senza pregiudizi quanto ci ha detto oggi. Saremo molto esigenti riferendoci a principi per noi fondamentali di rigore, serietà, sobrietà che devono sempre caratterizzare il comportamento di tutti coloro che sono chiamati a ricoprire ruoli di responsabilità nelle nostre istituzioni (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 23

(Chiarimenti in merito alla vicenda di abusive registrazioni ai danni dell'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, e iniziative conseguenti – n. 2-00370)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Costa n. 2-00370, concernente chiarimenti in merito alla vicenda di abusive registrazioni ai danni dell'onorevole Nunzia De Girolamo, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, e iniziative conseguenti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Costa se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ENRICO COSTA. Signor Presidente, signor Ministro, lei nella risposta alla precedente interpellanza ha dato delle valutazioni e delle indicazioni nel merito e lo ha fatto in modo puntuale ed esauriente. Ma in questa vicenda è essenziale soffermarsi sul metodo.
  La nostra interpellanza, signor Ministro, parte dal presupposto che, nel nostro Paese, prima di tutto vengono i principi che la Costituzione indica. A questa dobbiamo ispirarci, a questa dobbiamo guardare quando assumiamo decisioni, ma anche quando assumiamo posizioni politiche. La nostra Costituzione ci dice che la libertà e la riservatezza delle comunicazioni sono inviolabili e per noi questo principio di libertà deve essere applicato a tutti. Se le vicende occorse a lei, Ministro, avessero riguardato un collega di un diverso schieramento noi la penseremmo nello stesso identico modo (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra). Per qualcun altro, invece, ci devono essere due pesi e due misure. Per noi si tratta di applicare le basi del diritto, applicare la Costituzione e rispettare una persona, un cittadino che ha visto la sua libertà sfregiata da un vile atto di spionaggio domestico.
  Voglio usare le parole di una persona che, dopo aver utilizzato determinati strumenti con una «spregiudicatezza», lo dico tra virgolette, oggi è tornato con i piedi per terra. Mi riferisco al sindaco di Napoli, De Magistris, che ha detto, quando è toccato a lui esserne vittima, che registrare un colloquio è uno degli atti più ignobili dell'essere umano. Ma se le persone ignobili, disinvolte, spregiudicate a questo mondo non mancano, queste andrebbero isolate, censurate, punite, non certo sfruttate strumentalmente per costruire dal nulla casi mediatici e poi politici fondati sul nulla.
  Ebbene, quello che abbiamo avuto modo di comprendere in questa vicenda è che la Carta costituzionale qualcuno l'ha messa sotto i piedi e per una bieca speculazione mediatico-politica. Visto il suo ruolo istituzionale, signor Ministro, ha travolto tutti i paletti, non solo del buon senso, non solo del garantismo, non solo dell'etica, ma soprattutto dello Stato di diritto.
  In questa vicenda, abbiamo un soggetto senza scrupoli, che vuole alzare una cortina fumogena per distogliere l'attenzione dalle sue malefatte. O meglio, che tenta di colpire lei, Ministro, sperando che questo lo aiuti a farla franca. Chi è questo personaggio ? Un uomo accusato di peculato, una serie di truffe, di aver distribuito milioni di euro di denaro pubblico a soggetti che non ne avevano diritto. Un uomo che dalle cronache si è rivelato complottista a 360 gradi, capace di appiccare l'incendio, ma anche di essere il primo ad accorrere per spegnerlo, ma anche viceversa. Un personaggio che – le cronache di questi giorni lo testimoniano –, per evidenti e torbide manovre ancora oscure, contatta lei per rivelarle un complotto ordito ai suoi danni. Fa i nomi dei complottisti, disegna la trama e gli obiettivi. Lei, Ministro, reagisce in modo sereno, non ha nulla da nascondere, non ha scheletri nell'armadio: in sintesi, non se lo fila proprio e tira dritto per la sua strada. È stato un maldestro tentativo di captatio benevolentiae non andato a buon fine.
  Ma ecco che quel personaggio mesi dopo viene colto con le mani nel sacco, viene accusato di gravi reati e gli viene applicata una misura cautelare. Prontissimo, Pag. 24spregiudicatissimo, gioca il tutto per tutto e punta a distogliere da sé l'interesse dei magistrati, regalando loro dialoghi d'archivio ben selezionati, registrati in una casa privata e – chissà – magari manipolati a dovere.
  Ma perché questi dialoghi avrebbero dovuto sviare l'attenzione ? Perché la padrona di casa, la vittima dell'intercettazione abusiva è il Ministro Nunzia De Girolamo.
  Di fronte a questo metodo barbaro il merito – comunque totalmente insussistente – passa in secondo piano: stralci di conversazioni di repertorio, rubate nel salotto di casa, usate per celare le proprie malefatte. In qualunque Paese civile, passato il vaglio giudiziario, quelle bobine sarebbero finite nel cestino della spazzatura. Invece, sono finite sulle colonne dei giornali, sono state vivisezionate, criticate, sviluppate, giudicate dagli esperti della materia – e in questo non intendo esperti di rifiuti –, da persone che non vedevano l'ora di scaricare un po’ di veleno represso nei confronti del Ministro e sono state catapultate addirittura in una mozione di sfiducia.
  Conclusione della storia: nessun rilievo penale per Nunzia De Girolamo ma tanti avvoltoi all'orizzonte, un caso gonfiato come un pallone, giornali a nozze con mozziconi di trascrizioni, una lotta politica dai contorni tribali, il chiaro disegno di qualcuno di colpire Nunzia De Girolamo per indebolire il Governo. Quello che noi chiediamo è di tutelare le basi del diritto da uno sfregio che, per le modalità con cui è stata colpita lei, è stato inferto alla nostra Carta costituzionale.
  Quanto al merito non c’è nulla. Ebbene, ieri mattina ho letto che è stato tirato in ballo proprio da quel personaggio spregiudicato, che qualcuno, chi è stato tirato in ballo da quel personaggio spregiudicato, ha definito «patacche» le accuse che lo riguardavano. Un pataccaro, quindi, questo complottista, ma non quando parla di Nunzia De Girolamo ! Un pataccaro a giorni alterni ? Dov’è finito il garantismo di quel collega, di cui ha fatto sfoggio tante volte in quest'Aula durante il periodo di tangentopoli ? Dov’è finita l'indignazione per i processi mediatici tante volte denunciati in quest'Aula ? Il garantista indignato, oggi, i processi mediatici li promuove e sfrutta la scia di complottisti di professione. Convinzioni e convenienze: beato chi è capace di tutto.
  Noi abbiamo una sola linea, quella del garantismo, quella della libertà, quella del giudizio politico di merito, una linea che si afferma con ancora maggiore passione quando riguarda un avversario politico (Applausi dei deputati dei gruppi Nuovo Centrodestra e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ha facoltà di rispondere.

  NUNZIA DE GIROLAMO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, il dibattito di oggi, al quale non mi sono affatto sottratta e che anzi ho fortemente voluto perché ritengo di avere il dovere e il diritto di affrontare in quest'Aula la questione che mi vede da giorni processata sulle prime pagine dei giornali, pur in assenza di qualsiasi procedimento disposto dall'autorità giudiziaria, investe aspetti particolarmente delicati e sensibili, non solo evidentemente per la sottoscritta, ma per l'idea stessa che abbiamo della nostra società, della convivenza civile tra i cittadini e delle nostre istituzioni democratiche.
  Da cittadina evidenzio come esista ormai da tempo l'esigenza, sottolineata anche dal Garante per la protezione dei dati personali, di coniugare non al ribasso, ma al punto più alto, diritto di cronaca e dignità della persona, evitando quel giornalismo di trascrizione, che spesso finisce per violare gravemente la vita privata delle persone in modo a volte irreparabile.
  Esiste ed è del tutto evidente, anche in virtù di tutta una serie di nuove tecnologie comunicative, la necessità di affermare il giusto bilanciamento tra libertà di stampa e diritto alla riservatezza. Il caso nel quale mi trovo mio malgrado coinvolta lo dimostra Pag. 25in maniera evidente. Non si tratta di un aspetto marginale o di un cavillo difensivo: è una questione di civiltà, prima ancora che una questione politica. Si tratta di capire se davvero vogliamo vivere in una sorta di «Grande Fratello» onnipresente e onnicomprensivo, nel quale la sfera individuale, personale, privata di ognuno di noi debba essere definitivamente cancellata.
  Dove finisce l'interesse pubblico in virtù del quale si può annullare la dignità personale e la dimensione privata di ciascuno di noi ? Esiste o no la necessità di interrogarsi circa il rispetto del principio di essenzialità dell'informazione, quale presupposto fondamentale del corretto bilanciamento tra dignità della persona e diritto di cronaca ? Voglio tralasciare il fatto che la conversazione pubblicata, che ha dato via a questa gogna e giostra mediatica, è stata registrata da una persona che risulta indagata. La valutazione nel caso di specie sulla liceità delle registrazioni furtive e della loro pubblicazione, soprattutto perché precedentemente acquisite all'interno di un procedimento penale, deve essere rimessa all'autorità giurisdizionale.
  È per tali motivi che ho dato incarico ai miei legali di portare la vicenda nell'alveo del diritto attraverso gli strumenti di tutela che la legge ci riconosce. Dobbiamo, invece, chiederci in generale – e ringrazio gli interpellanti per avere posto questo tema così delicato – se esista ancora o no un diritto alla riservatezza e se esso debba esistere o meno. Dovremmo, in altre parole, domandarci se è ammissibile l'idea che la dimensione pubblica possa sovrastare ed annullare del tutto quella privata di ognuno di noi. Non posso non ricordare che un'impostazione del genere, ossia la totale egemonia della sfera pubblica, è tipica di un'esaltazione giacobina che ha prodotto nel passato effetti devastanti.
  In altri termini è legittimo che una persona, per quanto pubblicamente esposta, subisca a casa propria una registrazione fraudolenta e già predeterminata alla diffusione mediatica, perché di questo stiamo parlando, e non vi sia alcuno strumento per evitare la divulgazione mediatica stessa ? Ed in tale valutazione non si può non tenere conto del fatto che la registrazione, ad opera di un privato, senza quindi neppure le garanzie procedimentali che disciplinano le intercettazioni da parte dell'autorità giudiziaria, si prestano fin troppo facilmente a manipolazioni che finiscono per alterarne la genuinità dei contenuti. Orbene, è pacifico che alla data di quelle abusive registrazioni il Pisapia era già stato denunciato dal dottor Rossi, direttore generale dell'ASL, e qui appare evidente a tutti che quelle registrazioni erano finalizzate ad essere esclusivamente utilizzate per delegittimare lo stesso direttore generale, e non solo.
  A me pare sinceramente che sia obbligo di ognuno di noi fare in modo di evitare che un cittadino debba vivere in una società in cui sia possibile e lecito che la propria sfera personale sia così volgarmente violentata. A maggior ragione una riflessione va fatta con riferimento allo status di parlamentare. Le guarentigie volute dal costituente nei confronti del parlamentare non sono un privilegio ma una forma di garanzia tesa ad evitare che l'azione politica di chi rappresenta l'intera nazione possa essere ostacolata o neutralizzata dall'utilizzo improprio di strumenti giuridici normalmente ammessi. Orbene, se i costituenti, la cui integrità morale e il cui spessore etico non possono essere messi in discussione, hanno ritenuto necessario, già nel lontano 1947, salvaguardare l'acquisizione segreta di conversazioni o comunicazioni del parlamentare, finanche da parte dell'autorità giudiziaria, senza un preventivo controllo teso ad evitarne un uso strumentalizzato e deviato, mi chiedo, e vi chiedo, come possa ritenersi lecito che un parlamentare venga furtivamente registrato in casa propria da parte di un qualsiasi soggetto, e che ancor più il contenuto di quelle registrazioni, della cui integrità non vi è alcuna garanzia, venga diffuso in modo incontrollato e parziale.Pag. 26
  Di fronte a questo interrogativo, qualcuno oggi, in questa autorevole Assemblea, potrà trovare conveniente mettere la testa sotto la sabbia o voltarsi dall'altra parte, pur di infrangere la mia onorabilità ed integrità di persona prima e di parlamentare poi. Ma noi tutti dovremmo prima o poi assumerci la responsabilità di salvaguardare l'attività di tanti onesti parlamentari che vogliono veramente riappropriarsi dell'alto ruolo che la Costituzione gli riconosce, rispetto ai tanti poteri occulti che vogliono invece fare in modo che ciò non avvenga.
  Per quanto infine concerne le azioni personali che intendo intraprendere per tutelare la mia persona dal linguaggio mediatico a cui sono stata sottoposta a causa della divulgazione in modo parziale e strumentale del contenuto di registrazioni fraudolentemente conseguite, ribadisco di aver incaricato i miei legali affinché predispongano un esposto da inoltrare alla magistratura e al Garante della privacy, confidando in un loro fattivo e deciso intervento. Grazie. (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Grazie Ministra. La deputata Barbara Saltamartini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza di cui è cofirmataria.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, signor Ministro, io non solo sono soddisfatta della risposta che lei ha dato all'interpellanza presentata dal mio gruppo politico, ma la ringrazio. La ringrazio perché lei in quest'Aula oggi non ha fatto venir meno la dignità di una donna che fa politica, la dignità di una donna che in questo momento ha l'onore ma anche l'onere di ricoprire un importante incarico istituzionale e soprattutto la dignità di un soggetto politico che in quest'Aula, senza alcuna remora e senza alcun dubbio, ha dichiarato e ha accertato quanto realmente è successo e a quale linciaggio mediatico violentissimo è stata sottoposta sulla base del nulla, sulla base di qualcosa che è stato rubato, sulla base di qualcosa che è stato preso di nascosto e teso solo ed esclusivamente a screditare la sua onorabilità e la sua dignità di donna che fa politica.
  E io la ringrazio, signor Ministro, perché lei, oggi, nel rispondere alla nostra interpellanza ha voluto cogliere un aspetto fondamentale per la vita delle istituzioni democratiche, facendo ben capire che sarebbe arrivato il momento di impegnarsi finalmente tutti insieme per risolvere un grave vulnus a cui tutti noi siamo sottoposti, ossia quello di aver ceduto tutti noi ad una politica, che mi piace definire «del buco della serratura», da cui all'interno e all'esterno di queste aule, spesso e volentieri, si vuole ricorrere per inficiare il bene che si fa soprattutto quando si ricoprono importantissimi incarichi istituzionali come il suo e, soprattutto, quando, magari, qualche avversario politico, non sapendo come eliminare l'antagonista, cerca di ricorrere a questi vili, ignobili, indecenti strumenti pur di affossare l'altro.
  E io, signor Ministro, devo anche dirle che da donna sono rimasta colpita da questa vicenda. La violenza con cui si è voluti entrare attraverso questo linciaggio mediatico e anche politico nella sua vita privata è da condannare. E mi sarei aspettata, signor Ministro, che in quest'Aula anche altre donne prendessero la parola in questi giorni, magari anche con un comunicato stampa di solidarietà: perché quello che le hanno fatto e la violenza, appunto, con cui sono entrati nella sua vita privata gridano vendetta.
  Non dovremmo tacere queste cose, perché, guardate, quello che è successo in questo caso al Ministro De Girolamo, quello che è successo sulla falsariga di questo episodio a tante altre persone che sono oggi in quest'Aula e che ci sono state negli anni passati, credo che dovrebbe farci riflettere molto attentamente; dovrebbe farci riflettere sulla legislazione che dovremmo andare a migliorare; dovrebbe farci riflettere sull'uso ignobile che si fa in molte sedi di queste intercettazioni e, in particolare, di quelle rubate, perché queste sono registrazioni rubate, cosa, tra l'altro, ben diversa da altri tipi di intercettazioni; dovrebbe costringere ognuno di noi ad Pag. 27immaginare, nel momento in cui abbiamo scelto di fare politica, che noi vogliamo vivere in una società in cui non viene minata la convivenza civile tra di noi: vorremmo vivere in una società dove ancora si ha la libertà di poter parlare in casa propria, senza avere la preoccupazione che qualcuno, un lestofante o, come è successo in questo caso, una persona che è già stata richiamata dalla giustizia a rispondere dei propri fatti, possa rivelare all'esterno il proprio contenuto.
  Allora, signor Ministro, credo che lei oggi, nel rispondere ad entrambe le interpellanze, abbia chiarito che è evidente che questo caso ha mostrato una rilevanza non penale; è evidente che non c’è neanche una rilevanza sul piano politico. Quindi, mi permetta, a nome di tutto il mio gruppo parlamentare, a nome del centrodestra, di invitarla ad andare avanti, con orgoglio, a testa alta, per evitare che questo torbido, indecente intrigo colpisca lei come donna, come politico, ma, soprattutto, colpisca lei e, quindi il Governo, oscurando l'azione che fino ad oggi è stata messa in campo e, soprattutto ed in particolare, le tante cose fatte dal suo Ministero, nel corso di questi mesi del suo mandato, che hanno dato dignità a tutto il comparto dell'agricoltura italiana e che hanno fatto sì anche che tante delle cose che avevamo promesso prima di entrare in questo Parlamento fossero fatte e ad esse fossero date le risposte.
  Signor Ministro, oggi credo che questa Aula, ancora una volta, abbia avuto la possibilità di comprendere quanto male possa fare alla democrazia, alla politica, l'utilizzo di strumenti indegni che andrebbero distrutti e che invece, purtroppo, una certa stampa e un certo modo di fare politica, che la mia generazione, che la nostra generazione, cara Nunzia, vuole rimandare al mittente, devono cambiare.
  È su questa base che io credo che questa Aula, soprattutto perché è un'Aula giovane, un'Aula in cui tanti nuovi ragazzi e ragazze, giovani donne e giovani uomini, hanno voglia di dare un contributo per voltare finalmente pagina, dovrebbe rispondere unanimemente, con una sola voce: vada avanti, Ministro, abbiamo fiducia in lei, ma soprattutto nella sua azione politica (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

(Chiarimenti in merito alla vicenda delle quote latte, con particolare riferimento alle modalità di calcolo della produzione nazionale – n. 2-00360)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cova n. 2-00360, concernente chiarimenti in merito alla vicenda delle quote latte, con particolare riferimento alle modalità di calcolo della produzione nazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Paolo Cova se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la nostra interpellanza urgente sul tema delle quote latte affronta una vicenda complessa che si sta trascinando da trent'anni in Italia e che ha interessato e interessa migliaia di allevatori e aziende agricole.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 11,10)

  PAOLO COVA. Io, in tutti questi anni, ho avuto modo di leggere diversi resoconti, diverse storie su questa vicenda. Mi interessa riaffrontare ancora questo tema proprio perché stiamo parlando di un alimento, il latte, che è un prodotto agroalimentare italiano di pregio, e quando viene trasformato produce prodotti tipici italiani invidiati e copiati in tutto il mondo, per cui stiamo parlando di un prodotto e di un alimento veramente importante.
  Dico anche che quest'Aula e le Commissioni della Camera hanno affrontato più volte questo tema e più volte altri onorevoli si sono cimentati su questo argomento. Forse non sono l'ultimo in ordine temporale che lo affronta, ma ho la Pag. 28certezza che non sarò l'ultimo che ne parlerà in questa Aula, proprio perché è un tema che ha interessato tantissimo il mondo dell'agricoltura.
  Devo anche confessare che per me è un tema che ho vissuto sulla mia pelle per la mia attività professionale; è una vicenda che per me è fatta di volti, di persone in carne ed ossa che in questi anni hanno chiuso la propria attività, perché non potevano pagare le multe o non riuscivano a comperare le quote o ad affittarle. È fatta di tutti quegli agricoltori e allevatori che io vedo quasi quotidianamente e che ho visto quasi quotidianamente nel loro lavoro e che volevano avere delle certezze e delle prospettive per la propria attività.
  Ho visto anche direttamente, e toccato con mano, cosa ha prodotto il regime delle quote latte nelle nostre aziende agricole. Le continue incertezze sul futuro produttivo, i continui cambi delle normative e la sua applicazione, la mancanza di un parametro certo da cui partire: è stata tutta una schizofrenia che ha condizionato un settore produttivo primario per il nostro agroalimentare italiano.
  Allora, con questa interpellanza vogliamo almeno chiarire alcuni punti di questa vicenda, punti che secondo me non sono ancora chiari. Serve una chiarezza però che è distinta dalle responsabilità penali e da ogni azione giudiziaria che è stata già intrapresa o che verrà intrapresa nei prossimi mesi o nei prossimi anni, non lo so io questo. Spetta ad altri organi dello Stato svolgere questo ruolo.
  Io voglio solo fare chiarezza in questa Aula su alcuni dati; voglio anche ribadire con forza che è importante conoscere e far conoscere quanto è avvenuto e dare chiarezza sui tanti numeri espressi, anche per rasserenare il mondo degli allevatori.
  Voglio anche dire che il mondo degli allevatori si è trovato diviso su questa vicenda; c’è stato uno scontro molto forte e posizioni anche completamente diverse.
  C’è chi ha deciso di ricorrere, c’è chi ha deciso di pagare le multe, c’è chi ha deciso di affittare, di comprare le quote. Qualcuno ha deciso di chiudere. Non sono allora qui a difendere una parte contro l'altra, o a giustificare le posizioni di uno e non dell'altro: credo che sia necessario – e questo è un mio giudizio personale – per i singoli allevatori pacificarsi con questa vicenda e cercare di ottenere chiarezza per quanto è avvenuto negli anni scorsi.
  In merito all'interpellanza, sono stati forniti numeri e dati che sono circolati. Sono stati enormi, sono stati dati tantissimi numeri. Però è mancata una verifica di corrispondenza dei numeri dichiarati secondo me. Non c’è stata corrispondenza, ad esempio, sul modello L1, il modello in cui si dichiara la produzione del latte e il numero dei capi. Perché nell'interpellanza voglio sapere quanto è il numero dei capi e perché questo è fondamentale. Faccio un esempio banale: sapere quanti sono i capi presenti ci può far capire effettivamente la produzione che è stata realizzata, se l'Italia in tutti questi vent'anni ha splafonato realmente o non ha splafonato. Un pollo ha solo due cosce, non può averne tre. Per cui, se io so i numeri dei capi, approssimativamente posso sapere quanto latte abbiamo prodotto. Possiamo avere una coscia un po’ più grossa o una coscia un po’ più piccola; però il latte prodotto sarà quello in base al numero dei capi.
  Fino all'istituzione dell'anagrafe bovina avvenuta nel 2003-2004, i dati del numero dei capi era solo riprodotto sul modello L1, che veniva a certificare la produzione. Il numero dei capi, il numero degli allevamenti e il latte prodotto era dichiarato dagli stessi allevatori: essi stessi confermavano e dichiaravano quanto latte producevano e, contemporaneamente, quanti capi producevano quel latte. Questo è un dato che ha alterato e che potrebbe aver alterato il mercato delle quote, perché ogni singolo allevatore alla fine poteva dichiarare che quella quota era corrispondente al numero dei capi.
  Ma perché doveva avvenire questo ? Ma perché dovrebbe avvenire anche questo ? Faccio un esempio semplice: è quello dei contributi PAC. Ogni singolo allevatore ha preso dei contributi PAC a partire dal 2003, inizialmente sulla quota prodotta e poi come titolo dal 2005 al 2006. Allora, avere una quota superiore e avere una Pag. 29produzione superiore portava ad avere un contributo PAC superiore. Questo è un danno e una truffa nei confronti dello Stato !
  Faccio un esempio, per andare a specificare perché sono importanti i numeri. Se vado a prendere i dati dei numeri dei capi (guardate, l'ho fatto proprio a caso), smarriti o denunciati, alla Banca dati nazionale, dati ufficiali, dichiarati dalle ASL, nel 2003, in Sicilia abbiamo 13.082 capi spariti o rubati. Sono andato poi a fare il raffronto in regione Lombardia nel 2003: sono stati smarriti o rubati 513 capi. Nel 2013, l'ultimo anno, in Lombardia sono stati smarriti e rubati 47 capi; in regione Sicilia 10.060. Faccio questo confronto per dire: la regione Lombardia è la regione che produce il 40 per cento del latte italiano, è la regione che ha il maggior numero di capi bovini; e scopro che alla fine i capi persi sono 47 nel 2013 e 513 nel 2003.
  Faccio, allora, un esempio: avere 13 mila capi in più o 13 mila capi in meno, il conto è molto semplice. Con un contributo per ogni capo che viene dato ad ogni litro di 4 centesimi, con 15 mila capi possiamo avere alla fine un contributo PAC di quasi 4 milioni 200 mila euro.
  Allora stiamo parlando di numeri ridicoli: 13 mila capi, 10 mila capi, 15 mila capi. Nell'ordinanza del GIP si parla di 300 mila capi alterati. L'altro motivo per cui è importante – potrebbe essere stato alterato il dato e potrebbe significare veramente una truffa – è stato il fatto che giustificare questo splafonamento in questi anni ha portato che il valore delle quote e di chi le possedeva, anche senza produrre, avessero un valore maggiore. Io ho visto in Lombardia, una quota latte, un litro, veniva venduto a 1.600 lire, veniva affittato a 600 lire, per l'acquisto di 1.000 quintali voleva dire 160 milioni delle vecchie lire, o 60 milioni delle vecchie lire. Sono cifre. Allora dichiarare, come potrebbe essere avvenuto, un numero superiore di capi, può aver creato questo problema.
  Successivamente, dopo il 2003-2004, è stata istituita la banca dati nazionale, io credo che su questo non sia stato fatto un incrocio con questi dati o per lo meno l'incrocio è stato fatto, però bisogna arrivare a determinare su quali capi noi andiamo a valutare la produzione italiana, perché per poter andare a produrre servono delle bovine, bovine da latte, allora devono essere fissati dei criteri. Io ho visto che su questo c’è stato anche uno scontro fra quanto dichiarato nella relazione del Comando dei carabinieri, Agea e lo stesso Ministero, che hanno risposto nelle Commissioni preposte. Allora io devo fare questa valutazione e anche noi nella richiesta abbiamo chiesto espressamente di sapere i capi bovini presenti nelle nostre aziende agricole da 28 a 120 mesi. Ma perché questo ? Mi dispiace entrare nel tecnico, ma i bovini, le manze, le manzette vengono ingravidate intorno ai 19 mesi, 9 mesi per la gravidanza arrivano a 28 mesi, mediamente in Italia le vacche fanno 2,7 parti nella loro carriera produttiva. Io voglio stare largo, facciamo tre anni. Il periodo di interparto, cioè fra un parto e l'altro, mediamente in Italia è di 14-15 mesi. La somma di tutto questo è 73 mesi.
  Nella nostra interrogazione, come aveva chiesto giustamente anche il Comando dei carabinieri, vogliamo sapere i dati delle bovine presenti dai 28 mesi (cioè 19 più 9) fino a 120 mesi, per stare proprio larghi. Ho detto prima che mediamente una bovina termina la propria attività produttiva intorno ai 73 mesi, arrivare a dichiarare fino a 120 mesi è già stato un numero ampio, ma allora perché è stato messo nei dati dichiarati in questo famoso algoritmo 999 mesi ? Perché recuperare 300 mila capi bovini in più ? Perché è stato fatto tutto questo ?
  Mi sembra importante leggere quello che è stato dichiarato – che riporto nella mia interpellanza – da parte del GIP, la dottoressa Proto: «È evidente che ciò determina significative differenze nel calcolo della produzione nazionale di latte sulla scorta di tali criteri rispetto ai criteri che tengano conto del reale potenziale di produttività di latte dell'animale». Vuol dire che aumentare il numero dei capi ha consentito di aumentare il numero della produzione nazionale. Questo secondo me Pag. 30è un fatto che ci deve preoccupare, deve essere fatto effettivamente un riscontro, proprio perché senza il numero dei capi presenti questo comporta dei problemi. Allora, come ho detto prima, 300 mila capi in più di produzione comportano un'omissione di contributi PAC per questi 300 mila capi in più.
  Proviamo ad andare a immaginare: 300 mila capi, con una media di 70 quintali a vacca, possiamo arrivare a 21 milioni di quintali. Lascio a voi il calcolo e la cifra, se pensiamo che per ogni titolo aziendale si prendono quasi 4 euro a quintale.
  Allora, dietro a questo ci può essere stata una truffa nell'alterazione. Sì, ci può essere stata una truffa, una truffa ai danni della UE per recuperare questi contributi PAC. C’è stato anche splafondamento, che ha aumentato il valore delle quote e che ha portato a un valore, dell'affitto e della vendita della quota, enormemente superiore. Per cui, chi aveva delle quote e non aveva i capi comunque si è mantenuto questo titolo. Allora, questo titolo ha portato un beneficio diretto e indiretto a chi lo ha fatto.
  Mi fermo. Vado a concludere anche sulla situazione, nell'interpellanza, delle 1.539 aziende che risultano, nell'indagine presentata dai carabinieri, con titolo di produzione quota, cioè con una quota assegnata ma senza modello L1 con presenza di latte. Sono 1.539 aziende per quasi 400 mila quintali di latte. Queste aziende hanno preso dei contributi. Perché a queste aziende non è stato revocato ? Io credo che su questo lo Stato e il Ministero debbano fare chiarezza, nei confronti dei propri cittadini, nei confronti dei propri allevatori e di un settore produttivo altamente importante per la nostra nazione.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.
  Prima, però, salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo «Via Oratorio Damasiano» di Roma (Applausi). Prego, sottosegretario.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in relazione all'interpellanza urgente riguardante il settore lattiero-caseario, con particolare riferimento alle annate produttive 1995-2013 e alla relativa titolarità delle quote, ritengo innanzitutto opportuno rammentare brevemente che l'attività amministrativa di controllo del settore è demandata, in base alle disposizioni normative vigenti sin dal 1992, alle regioni e province autonome e che l'ex Aima, ora Agea, ha competenze inerenti il calcolo automatico del prelievo supplementare, degli eventuali programmi di abbandono e della gestione del sistema informativo centrale.
  Le regioni provvedono, ad inizio campagna, all'assegnazione di quota ai produttori, all'attività di gestione e controllo del regime delle quote in corso di campagna produttiva, così come al controllo del versamento del prelievo imputato. L'Agea provvede, secondo le disposizioni normative, al calcolo del prelievo supplementare ed alla sua imputazione ai soggetti eccedentari, per il tramite delle ditte acquirenti interessate nonché a fine campagna lattiera effettua il calcolo della restituzione, di cui alla legge n. 119 del 2013.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 11,25)

  Premesso ciò, rispondo sulla base della relazione informativa fornita da Agea, quale agenzia nazionale competente agli adempimenti sopra sintetizzati, riportando – ad inquadramento delle problematiche connesse all'argomento oggetto dell'interpellanza – funzioni ed esiti delle commissioni che hanno svolto negli anni gli accertamenti, avvalendosi di personale ispettivo specializzato dei Carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato.
  La prima commissione governativa di indagine sulle quote latte venne istituita con il compito di individuare i fenomeni di Pag. 31irregolare gestione ai vari livelli, indicare proposte operative e completare il controllo straordinario della produzione nazionale di latte nei periodi 1995-1996 e 1996-1997 e ha concluso il mandato nell'agosto 1997. Per proseguire le verifiche ed esaminare altresì i contratti di circolazione anomala delle quote latte, venne successivamente istituita una commissione ministeriale, che concluse i lavori nel gennaio 1998 ed eseguì controlli incrociati anche sul biennio 1993-1994.
  In esito finale ai lavori, la commissione segnalò altresì l'esigenza di prevedere strumenti normativi, strumenti amministrativi ed informatici idonei a consentire il ricalcolo delle quote e delle produzioni per il periodo del 1995-1996 e del 1997-1998, all'epoca non presenti nella normativa nazionale.
  Con la legge n. 5 del 1998 vennero, pertanto, introdotti precisi obblighi a carico dell'Agenzia per gli interventi nel mercato agricolo (Aima – ex Eima cui è subentrata poi Agea) e delle regioni e province autonome, nonché fu istituita una specifica commissione di garanzia per vigilare sugli adempimenti posti per l'attuazione della legge stessa.
  Tale commissione, attivata nel gennaio 1998, con il compito di verificare la conformità alla legislazione vigente delle operazioni per la determinazione della quantità di latte prodotto e commercializzato nei periodi 1995-96 e 1996-97 e l'aggiornamento delle relative quote spettanti, ha concluso il mandato nel febbraio 1999.
  Le commissioni predette hanno, dunque, esaminato imponenti quantità di documenti, verificando a tappeto istanze di riesame ed atti connessi ed hanno contribuito alla messa a punto di un sistema di controllo prima assolutamente assente nella gestione del regime delle quote latte in Italia.
  Nel 2002, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, venne istituita la Commissione per la verifica e l'accertamento dello stato della commercializzazione del latte e dei prodotti lattieri da parte dei produttori e degli acquirenti – cosiddetta Commissione accertamento della «stalla Italia» – con il compito di verificare – sempre avvalendosi del Comando dei carabinieri, della Guardia di finanza e del Corpo forestale dello Stato – la congruenza della produzione del latte in stalla rispetto alla consistenza di stalle certificate dall'anagrafe zootecnica, con particolare attenzione al fenomeno del cosiddetto «latte in nero».
  La Commissione ha, pertanto, individuato le metodologie di calcolo e di controllo che sono state recepite nella legge n. 119 del 2003, consentendone poi l'applicazione da parte delle amministrazioni competenti a decorrere dal periodo 2006-2007.
  La Commissione, sulla base dell'analisi di rischio prodotta, diretta ad individuare situazioni di mancata o eccessiva dichiarazione, ha anche eseguito controlli diretti in stalla e presso i primi acquirenti, accertando latte prodotto e non dichiarato per circa 15 mila tonnellate e latte dichiarato e non prodotto per circa 240 tonnellate.
  Nella relazione conclusiva del marzo 2003, la Commissione ha riferito che i controlli hanno consentito di certificare la potenzialità produttiva della «stalla Italia» verificando, a livello nazionale, la consistenza del patrimonio bovino da latte e, conseguentemente, la compatibilità in termini quantitativi rispetto alla produzione dichiarata nella campagna di commercializzazione 2001-2002, avendo in particolare accertato che, a fronte di 1 milione 804 mila capi dichiarati in produzione tramite i modelli L1, nelle stalle sono presenti almeno 2 milioni 77 mila capi potenzialmente in grado di produrre latte.
  La situazione risultante dai dati elaborati dalla Commissione ha evidenziato che nelle stalle italiane è presente un patrimonio di vacche sufficiente a giustificare le produzioni dichiarate, per una resa media complessiva per capo di 6,079 tonnellate l'anno, e ha permesso l'adozione negli anni successivi del metodo di controllo validamente utilizzato.
  Nel giugno 2009, con decreto ministeriale venne istituita un'ulteriore Commissione, Pag. 32la Commissione accertamento del tenore di grasso, con il compito dell'accertamento, ai fini della determinazione del contenuto di materia grassa del latte in base alla normativa, della correttezza del metodo di calcolo adottato con particolare riferimento ai dati utilizzati.
  La Commissione ha operato fino al mese di gennaio 2010 e nella relazione conclusiva ha anche affermato la correttezza del metodo e dei dati utilizzati da Agea, con particolare riferimento alle disposizioni della legge n. 33 del 1999, riguardante le assegnazioni aggiuntive, tenendo altresì conto delle modifiche delle percentuali di rettifica introdotte dal Regolamento n. 258 del 2009 a partire dal periodo 2009-2010.
  Inoltre, la Commissione ha ritenuto idonea la modulistica e le note esplicative per le dichiarazioni di fine periodo per il regime consegne, poiché dal periodo 2004-2005, in coerenza con la normativa nazionale, prevede la dichiarazione del solo latte acquistato e commercializzato nel corso del periodo e non più anche dell'equivalente latte.
  La relazione sui dati, citata dagli interroganti, ovvero l'analisi condotta dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e alimentari, nel segnalare talune situazioni di non piena coerenza tra le banche dati ufficiali ha sostanzialmente ribadito l'opportunità di ulteriori approfondimenti per appurare l'adeguatezza delle procedure, considerato che da queste dipende il computo del quantitativo di latte prodotto ogni anno e di conseguenza l'esubero complessivo nazionale.
  In proposito, l'Agea rende noto che dagli approfondimenti finora effettuati non emerge nessun elemento oggettivo nuovo in base al quale possa essere messa in discussione la validità di quanto svolto negli anni scorsi e che la produzione italiana è quella risultante dai dati inviati alla Commissione europea. Ciò premesso, negli ultimi otto anni la produzione nazionale, dichiarata e riscontrata tramite le fatture, risulta stabilmente attestata intorno agli 11 milioni di tonnellate (consegne alle latterie e vendite dirette), con un'oscillazione percentuale inferiore al 4 per cento, ed è palese che negli ultimi due periodi di produzione, grazie all'aumento di quota nazionale accordato all'Italia nel 2009, non si è riscontrato un esubero produttivo nazionale complessivo e, di conseguenza, della specifica campagna lattiera 2009/2010.
  L'indeterminatezza ipotizzata sull'effettiva consistenza dei capi bovini da latte è supposizione che mette in dubbio l'efficacia della rete di funzioni in materia di quote latte ripartite, secondo le competenze rispettive, tra regioni, province autonome, AGEA, servizi del SIAN, dell'anagrafe nazionale bovina e dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali. Sullo specifico tema del numero delle vacche in lattazione, si specifica e si precisa che, in materia di presenza dei capi in stalla, l'AGEA applicava, come previsto dal decreto ministeriale del 31 luglio 2003, l'algoritmo messo a punto dalla citata commissione istituita nel 2002, che, avendo riscontrato una non completa affidabilità dell'anagrafe bovina, aveva previsto un limite all'età delle vacche fino a 120 mesi, oltre il quale non risultava corretto considerarle ai fini della verifica di compatibilità del latte prodotto.
  Successivamente, con decisione n. C(2006) 350 del 13 febbraio 2006, la Commissione europea ha determinato che «la base di dati italiana per i bovini è riconosciuta pienamente operativa a decorrere dal 1o aprile 2006», attestando, di conseguenza, il valore certificatorio dei dati dell'anagrafe nazionale bovina. Con questo riconoscimento, sostenuto dalle garanzie in materia di controlli fornite dal Ministero della salute, è affermata la piena valenza delle informazioni circa l'esistenza in vita delle vacche da latte come registrate nell'anagrafe bovina e, pertanto, nell'ambito del gruppo tecnico regioni/AGEA è stata decisa la rimozione del predetto limite, a decorrere dalla campagna 2007/2008.
  Per quanto riguarda il numero delle vacche in lattazione, AGEA riferisce, altresì, che, da verifiche effettuate, è emerso che la consistenza delle vacche da latte Pag. 33nella Banca Dati Nazionale non ha subito variazioni di rilievo tra il periodo di applicazione del citato algoritmo (120 mesi) e quello successivo in cui è stato variato il limite di età dei capi bovini (999 mesi), preso a base per la verifica di compatibilità delle produzioni.
  Tale variazione dell'algoritmo ha consentito di ricomprendere nel patrimonio vacche da latte circa 60 mila capi, di età compresa tra i 10 anni ed i 15 anni, che, diversamente, non sarebbero stati considerati ai fini della verifica della compatibilità delle produzioni. AGEA fa presente, inoltre, che il calcolo di fine periodo sulla presenza o meno di esubero produttivo a livello nazionale e successivamente a livello individuale, nel caso sia presente, viene effettuato in base alla dichiarazione annuale di fine periodo delle produzioni conferite, previa sottoscrizione del primo acquirente e con controfirma del produttore interessato, così come previsto per legge.
  L'algoritmo è, invece, applicato, sempre in base alla legge n. 119 del 2003, ad ogni singola azienda, previa predisposizione di apposito elenco inviato alle regioni competenti volto anche alla verifica presso le stalle della veridicità e compatibilità dei conferimenti mensilmente effettuati presso il primo acquirente rispetto agli animali da latte detenuti in stalla.
  È, invece, di pertinenza dei veterinari l'aggiornamento mensile della banca dati degli animali in azienda (Ministero della salute – banca dati nazionale di Teramo), in riferimento ai controlli funzionali che svolgono periodicamente presso ogni singola stalla. Si tratta quindi di due aspetti, che Agea segnala, privi di attinenza tra loro. L'aggiornamento dell'algoritmo agisce sulla Banca Dati Nazionale del Ministero della salute presso Teramo e non sulla banca dati latte di AGEA.
  AGEA segnala, in proposito, che la Corte dei conti, nel corso dell'adunanza di novembre 2013, non ha ritenuto di approfondire la questione in quanto marginale e non rientrante nell'iter di valutazione sulla contabilizzazione delle produzioni ai fini della verifica della presenza di un esubero di produzione lattiera nazionale.
  I dati di gestione del regime quote latte sono, inoltre, costantemente monitorati e trasmessi alla Commissione europea che esercita costanti controlli operati anche con visite ispettive sul nostro territorio nazionale.
  In sintesi, sulla base di quanto riferito da AGEA, risulta quanto segue: i capi in attività, rilevabili dalla Banca Dati Nazionale, per le campagne 2005-2006 e 2006-2007, prima dell'eliminazione del blocco dell'algoritmo, erano rispettivamente 1.696.593 e 1.616.552, mentre per il 2007-2008 e 2008-2009, dopo che il blocco era stato eliminato, i capi risultanti ad AGEA, rilevabili dalla Banca Dati Nazionale, erano rispettivamente 1.697.050 e 1.662.246.
  Per quanto riguarda la produzione AGEA, analogamente, riferisce che per la campagna 2005-2006 si è attestata a 11,127 mila tonnellate e per la campagna 2006-2007 a circa 11,107. Per la campagna 2007-2008 la produzione si è attestata a 11,106 mila tonnellate, mentre per la campagna 2008-2009 si è attestata a 10.896 mila tonnellate.
  L'analisi dei dati eseguita permette di rappresentare l'incidenza dei capi con età superiore a 120 mesi. Per le 34.857 aziende produttrici che hanno consegnato latte nel primo semestre della campagna lattiera 2010-2011 (aprile-settembre 2010), i capi in produzione – che non superano i 120 mesi, calcolati sommando i giorni di presenza in stalla e dividendo il risultato per i 183 giorni del primo semestre – ammontano a 1.493.383 unità, mentre i capi che al 30 settembre 2010 hanno superato i 120 mesi ammontano a 53.197 unità. Per quanto riguarda i capi oltre i 120 mesi di età, rilevabili dalla Banca Dati Nazionale, essi sono ripartiti nel seguente modo: i capi oltre i 120 mesi di età presenti in stalla al 30 settembre 2010 erano: 10.918 fino 10,5 anni di età; 11.119 fino a 11 anni di età; 6.564 fino a 11,5 anni di età; 6.438 fino a 12 anni di età; 3.645 fino a 12,5 anni di età; 3.957 fino a Pag. 3413 anni di età; 2.171 fino a 13,5 anni di età; 2.358 fino a 14 anni di età; 1.289 fino a 14,5 anni di età; 1.348 fino a 15 anni di età; 3.390 oltre i 15 anni di età. Per quanto riguarda i capi con età superiore a 15 anni, sono distribuiti per anno di nascita nel modo seguente: 1995 n. 1.323; 1994 n. 839; 1993 n. 510; 1992 n. 307; 1991 n. 160; 1990 n. 114; 1989 n. 60; 1988 n. 34; 1987 n. 15; 1985 n. 6; nati nel 1984 n. 5; 1983 n. 1; 1982 n. 2; 1981 n. 2; nati nel 1970 n. 1.

  PRESIDENTE. Il deputato Cova ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO COVA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per lo sforzo nella risposta. Devo dirle che io ho avuto modo di leggere le relazioni e posso dire che forse personalmente possono apparire ineccepibili sotto il profilo dei risultati. Io però lavoro in agricoltura e alcune considerazioni le posso fare perché le vedo. Quando mi si viene a dire che i calcoli sulla produzione vengono fatti su 69 quintali per anno, e su questo, devo dire, è stata la discussione tra Ministero, Agea e comando dei Carabinieri – non si può produrre più del 10 per cento –, io in questa discussione non voglio entrare, perché io stesso ho delle aziende agricole che producono più latte rispetto alla media AIA.
  Il problema è un altro, che forse è sfuggito: nel calcolare la media, la media di produzione di una vacca, ognuno di noi viene a dire che una vacca produce 84 quintali mediamente all'anno. Il problema è che una vacca non partorisce una volta all'anno. Una vacca partorisce, come ho detto prima, ogni 15 mesi. Questo cosa vuol dire ? Che una vacca fa 84 quintali il primo anno, ma il secondo anno non ne fa 84, ne farà molto meno.
  Quando mi viene detto che la produzione di 69 quintali all'anno – 6,9 tonnellate, come mi è stato detto – non sono 6,9 tonnellate all'anno, sono meno, perché una vacca non produce quel latte tutto l'anno, c’è un periodo di interparto, chiunque di noi nelle stalle lo sa. La produzione è inferiore. Allora la produzione per il numero delle vacche non fa tornare il numero.
  Questo è un dato su cui forse bisogna riflettere, questa riflessione non è stata fatta quando si è discusso.
  Inoltre voglio dire che io non eccepisco, nella sua risposta, sui dati che ci dà la Banca Dati Nazionale del numero e della presenza dei capi bovini.
  Il problema è poi nell'elaborazione, perché la relazione del 2009 viene a dire che il metodo è corretto, i dati sono sbagliati, perché se io cambio l'algoritmo non è che non cambio niente, io le vacche ce le ho in Italia. In Italia, nel 2009, c'erano un milione seicentomila e oltre vacche. C'erano, ma quante realmente erano in produzione ?
  Guardi, io mi sono tolto una curiosità: prima di entrare in quest'aula sono andato nella Banca Dati Nazionale, sono andato a vedere quante bovine ci sono in regione Lombardia sopra i 120 mesi.
  Il problema è che ci sono le vacche da carne, ci sono razze pezzate rosse, ognuno di noi sa che queste vacche ci sono.
  Le vacche da carne mediamente non fanno 69 quintali all'anno.
  Allora, quando io devo andare a determinare la produzione, lo devo fare su dei dati reali, le vacche che sono realmente presenti.
  Mi permetto anche di fare un'altra osservazione, che riguarda il fatto che questa competenza di revocare le quote non è delle regioni. La revoca delle quote è di competenza dell'AGEA. C’è una circolare emanata dall'AGEA, la circolare n. DPAU 4507 del 14 giugno 2004, che dice che la revoca delle quote spetta ad AGEA, è di competenza sua. E la verifica. Questo è stato fatto ? Non lo so, cioè questo mi lascia molto dei dubbi.
  Guardi, alla fine di questa interpellanza io devo dire che non mi ritengo soddisfatto. Non mi ritengo soddisfatto perché credo che non sia stata svolta una funzione di controllo e la funzione di controllo doveva essere svolta da questo Stato, che doveva dare garanzie ai propri allevatori. Pag. 35AGEA aveva questa funzione: chi era lì doveva controllare. Spetterà forse alla magistratura e spetta anzi credo alla magistratura fare chiarezza su questo, perché non è possibile che alcuni allevatori, migliaia e migliaia di agricoltori, abbiano subito questo danno, che tutto il comparto agricolo abbia subito questo danno, proprio perché sono stati, credo, alterati questi dati.
  Io non ho risposta. Mi viene risposto quello che ho letto dalle varie relazioni: metodo corretto, dati incerti.
  È lo stesso GIP a chiedere di andare avanti, perché modificare i dati di 300 mila vacche – l'ho detto prima – comporta anche un danno alla Ue sui contributi, un meccanismo che è avvenuto ed avviene. Lo sappiamo benissimo, in Italia è già avvenuto altre volte che ci fosse questo danno per percepire dei contributi PAC che non erano dovuti.
  Io spero veramente che si possa arrivare almeno a dirlo con chiarezza, perché ci sono ancora allevatori che stanno pagando queste multe e non ce ne possiamo lavare le mani.
  Io credo che questo Stato non se ne possa lavare le mani dicendo: «È colpa di qualcuno, hanno sbagliato». Deve assumersene anche la responsabilità, se qualcuno dei propri funzionari non ha svolto la propria funzione di controllo.
  C’è qualcuno che sta pagando, qualcuno che non riceve contributi PAC a compensazione delle multe che non ha pagato e – mi spiace dirlo – qualcuno che ha comprato e affittato in tutti questi anni delle quote e che non vedrà mai più valorizzato il proprio intervento.

(Elementi e iniziative in merito alle procedure per la selezione ed il reclutamento del personale dipendente presso l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta – n. 2-00333)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tidei n. 2-00333, concernente elementi e iniziative in merito alle procedure per la selezione ed il reclutamento del personale dipendente presso l'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Marietta Tidei se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARIETTA TIDEI. Signora Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'interpellanza verte su alcune decine di assunzioni effettuate dall'autorità portuale di Civitavecchia senza concorso né alcun tipo di selezione pubblica.
  La legge istitutiva delle autorità portuali in Italia, la legge n. 84 del 1994, definisce le autorità portuali come enti «con personalità giuridica di diritto pubblico». La natura giuridica delle autorità portuali, a seguito di ampio dibattito giurisprudenziale, che ne confermava a più riprese la natura di enti pubblici, è stata definita anche attraverso un'esplicita disposizione interpretativa del legislatore che, con l'articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, acclarava definitivamente per legge la natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità portuali. Essendo, quindi, definita in maniera incontrovertibile la natura di ente pubblico, in materia di selezione e reclutamento di personale, risultava pacifico come le autorità portuali dovessero rispettare l'articolo 97 della Costituzione e il disposto di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  Tale impostazione era più volte confermata dai tribunali amministrativi, che ribadivano come per il reclutamento del personale le autorità portuali avrebbero dovuto rispettare le disposizioni di cui all'articolo 35 e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001 (si veda la sentenza del TAR di Catania n. 02251 del 2009 e la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana n. 134 del 2011).
  Numerose autorità portuali procedevano, quindi, a selezionare e reclutare il personale secondo le procedure di «pubblica e trasparente selezione» prescritte dall'articolo 97 della Costituzione.Pag. 36
  L'associazione delle autorità portuali Assoporti, presieduta dal dottor Pasqualino Monti, presidente della stessa autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, pubblicava sul proprio sito internet le procedure di selezione e reclutamento del personale delle singole autorità portuali aderenti all'associazione. La stessa Assoporti, in una nota dell'agosto 2010, comunicava all'autorità portuale di Genova che la stabilizzazione di un proprio dipendente, assunto a tempo determinato, non era possibile perché l'assunzione a tempo determinato non era avvenuta tramite procedura di concorso pubblico e, a supporto di tale tesi, allegava il parere formulato dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, reso nel 2009 a un'autorità portuale italiana che chiedeva proprio la possibilità di stabilizzare la posizione di un proprio dipendente assunto a tempo determinato.
  Con nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'8 novembre 2011, a firma del direttore generale dei porti, dottor Caliendo, fu autorizzato all'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta un aumento della pianta organica da 85 a 114 unità, perché il comitato portuale aveva richiesto di ampliare la pianta organica da 85 a 138 unità, più 3 ulteriori dirigenti. La nota, altresì, raccomandava di espletare – e cito testualmente – «procedure concorsuali selettive ad evidenza pubblica nel rispetto del principio della trasparenza e delle vigenti norme in materia».
  L'autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta procedeva, a seguito dell'ampliamento della propria pianta organica, ad alcune decine di assunzioni per le quali non si ha traccia di procedure ad evidenza pubblica o comunque di selezioni che, nel rispetto della legge, garantissero alla stessa autorità l'individuazione delle migliori professionalità disponibili. Si registravano chiaramente polemiche sugli organi di stampa relative a queste assunzioni perché le assunzioni avvenivano tutte a chiamata diretta, pur in vigenza delle leggi richiamate e in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, che impone a tutti gli enti pubblici – a tutta la pubblica amministrazione, per la verità – le assunzioni tramite concorso, nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato sinteticamente; elementi che, pertanto, non potevano essere ignorati dai responsabili dell'autorità portuale di Civitavecchia, se non a causa di gravissima negligenza ed incompetenza professionale.
  Chiaramente c'era un incremento della spesa per il personale dipendente, a seguito delle assunzioni, che può essere stimato in alcuni milioni di euro.
  Premesso ciò, io chiedo quali siano gli orientamenti dei ministri interpellati e se, verificate le procedure per la selezione ed il reclutamento del personale dipendente presso l'autorità portuale di Civitavecchia, non ritengano opportuno: inoltrare gli eventuali esiti di tali verifiche alla procura regionale per il Lazio della Corte dei conti per poter accertare l'eventuale danno erariale in merito all'irregolare selezione e reclutamento del personale; avviare un'indagine amministrativa interna per individuare i motivi della condotta dell'autorità portuale di Civitavecchia, informando dell'esito, ove necessario, le autorità competenti; imporre all'autorità portuale di Civitavecchia, l'adozione di strumenti e di procedure in grado di permettere il rispetto della disciplina vigente in materia di reclutamento e di selezione del personale dipendente.
  Aggiungo, signor sottosegretario, che la gran parte delle autorità portuali in Italia – forse tutte, direi – assumono personale attraverso bandi pubblici, attraverso selezioni pubbliche, tant’è che, se si va su Google e si digita «autorità portuali» e «assunzioni», vengono fuori i bandi di Genova Trieste, Livorno, Piombino, Ravenna e tutte le altre e quando si parla di Civitavecchia, invece, vengono fuori solo nuove polemiche e non risulta nessun bando.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti.Pag. 37Signora Presidente, ritengo necessario ripercorrere il quadro giuridico di riferimento che disciplina le autorità portuali.
  Le autorità portuali sono state istituite ai sensi dell'articolo 6, comma 1 della legge n. 84 del 1994 e godono, ai sensi del successivo comma 2 del citato articolo 1, di personalità giuridica di diritto pubblico e sono dotate di autonomia amministrativa.
  Il medesimo articolo 6, comma 2, della legge n. 84 del 1994, dispone che alle stesse non si applicano le disposizioni di cui alla legge n. 70 del 1975 nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 29 del 1993, sostituito dal decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Inoltre, proprio la legge n. 84 del 1994, all'articolo 10, comma 6, individua non solo la natura privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle autorità portuali, ma anche lo strumento con il quale regolarlo: il rapporto di lavoro del personale della segreteria tecnico operativa è di diritto privato ed è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro.
Anche il Dipartimento della funzione pubblica, con nota n. 42535 del 23 ottobre 2012, in relazione all'applicabilità delle disposizioni in tema di riduzione degli organici delle autorità portuali (articolo 34 della legge n. 289 del 2002), nel riconoscere la natura privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti delle autorità portuali evidenzia, tra l'altro, che la citata legge n. 84 del 1994 detta per le medesime autorità una disciplina che si configura del tutto tipica e speciale.
  Ricordo, inoltre, che il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore, da ultimo quello sottoscritto in data 22 dicembre 2008, valido per il periodo 2009-2012, ad oggi in corso di rinnovo, all'articolo 2, nella nota aggiuntiva, prevede che l'assunzione del personale per le autorità portuali sia effettuata in conformità alle vigenti disposizioni di legge in materia di impiego privato. Essa può aver luogo mediante selezione per titoli e/o per esami, ovvero per chiamata diretta in caso di particolari esigenze, avuto riguardo alle caratteristiche professionali e specificità delle funzioni da ricoprire, con criteri aziendalmente stabiliti.
  In tale quadro, l'autorità portuale di Civitavecchia ha rappresentato che le due diverse procedure di reclutamento rispondono ad esigenze diverse, giacché la prima soluzione, nel rispetto dei criteri dell'evidenza pubblica, si presta principalmente alla ricerca di personale con caratteristiche e preparazione non specifiche da adibire prevalentemente a mansioni di concetto o ausiliarie, mentre la seconda, come previsto nell'indicata nota aggiuntiva, costituisce lo strumento ideale per acquisire professionalità con preparazione ed esperienza specifica, spesso provenienti dal settore della portualità o da amministrazioni operanti nel campo marittimo.
  Va peraltro aggiunto che non risulta che il Collegio dei revisori dei conti abbia ritenuto di dover sollevare obiezioni circa i profili di legittimità e quelli contabili delle assunzioni di cui trattasi.
  Ad ogni modo, anche al fine di eliminare la situazione di incertezza come determinatasi in relazione al suindicato quadro normativo e alle decisioni giurisprudenziali citati dagli onorevoli interpellanti, assicuro che il Governo provvederà a fornire alle autorità portuali le indicazioni necessarie affinché sia sempre garantito il pieno rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza, imparzialità in sede di reclutamento del personale, anche alla luce degli approfondimenti in corso relativi alla corretta applicazione della normativa in materia di reclutamento di personale da parte delle autorità portuali.

  PRESIDENTE. La deputata Tidei ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARIETTA TIDEI. Signora Presidente, signor sottosegretario, non posso che dichiararmi insoddisfatta della risposta del Governo. Mi fa piacere che darete indicazioni all'autorità portuale per dopo, ma dalla risposta capisco anche perché il Ministero ci ha messo più di un mese a rispondere, rinviando la risposta per ben Pag. 38due volte. Lo dico con rammarico perché credevo che il Ministero e i tecnici dell'ufficio legislativo non si prestassero a confezionare una risposta palesemente in contraddizione con la Costituzione, prima di tutto, che all'articolo 97 prevede che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, ma poi anche alla legge, alle sentenze del TAR, del Consiglio di Stato che già in casi analoghi si sono espressi, ribadendo il principio che nelle pubbliche amministrazioni si accede per concorso pubblico. L'autorità portuale, checché lei ne dica, sottosegretario, non è una azienda privata, è un'ente pubblico non economico, e lo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso la direzione generale per i porti, in occasione dell'autorizzazione all'ampliamento della pianta organica dell'ente, ha raccomandato – cito testualmente quindi, il dottor Caliendo, che è il direttore generale della direzione per i porti – per quanto riguarda le assunzioni, anche a tempo determinato: l'espletamento di procedure concorsuali selettive di evidenza pubblica deve avvenire nel rispetto del principio della trasparenza e delle vigenti norme in materia.
  Allora, qui le cose sono due: o il direttore della direzione generale Caliendo ha sempre sbagliato, raccomandando a tutte le autorità portuali di fare concorsi e selezioni pubbliche, oppure stanno sbagliando i tecnici del vostro ufficio legislativo. Allora significa che o ce n’è uno di troppo, oppure che qualcuno non sa, o non vuole fare sul lavoro, oppure, mi azzardo a dire, subisce le pressioni di qualche barone. Non mi soddisfa il tentativo maldestro che il Ministero fa per assolvere il presidente dell'attività portuale di Civitavecchia, attualmente anche presidente di Assoporti.
  Capisco che riconoscere che il presidente di Assoporti ha violato le norme sulle assunzioni farebbe fare allo stesso una gran brutta figura di fronte agli associati che lui rappresenta e che, contrariamente a lui, si attengono alla legge e alla Costituzione nella selezione del personale.
  Come dicevo prima, se su Google si digita «autorità portuale» e «assunzioni», vengono fuori i bandi di concorso e di selezione pubblica di Ravenna, Trieste, Genova, Palermo, Brindisi, Napoli, Ancona, La Spezia, Livorno, Piombino e tutte le altre autorità portuali. Pensa davvero che se si potesse assumere per chiamata diretta tutti gli altri presidenti avrebbero bandito concorsi ? Ma chi vogliamo prendere in giro, mi scusi, sottosegretario ?
  Credo, tra l'altro, che una gran brutta figura la stia facendo anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; tra l'altro le vorrei far notare che queste assunzioni non sono sempre di altissimo profilo, è chiaro ? Perché se parliamo di impiegati di concetto o di videoterminalisti, queste chiaramente non è che siano proprio tutte probabili figure nella società portuali o cose simili, quindi si sta parlando di assunzioni a chiamata diretta avvenute per tutto il personale, di alto profilo e, le assicuro, anche per profili molto, molto più bassi. Allora come dicevo, il Ministero, sostenendo la possibilità di assumere a chiamata diretta per l'autorità portuale, si esprime anche in palese contraddizione anche con quanto dichiarato dalla stessa autorità direzione generale per i porti, dallo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, come dicevo prima, ha più volte raccomandato l'espletamento di procedure concorsuali, ma anche con quanto sostenuto dal dipartimento della funzione pubblica. Infatti, lei cita una nota del 2012, io invece le cito qualcosa di cui lei dovrebbe essere conoscenza e che è una nota inviata all'autorità portuale proprio a seguito della mia interpellanza. Posso solo immaginare, caro sottosegretario, che il dipartimento della funzione pubblica, anche a voi abbia espresso un parere del genere o quanto meno che vada nello stesso senso della nota scritta all'autorità portuale subito dopo la mia interpellanza. Il dipartimento della funzione pubblica contesta punto per punto proprio le cose che lei sta dicendo, che evidentemente era l'autodifesa del presidente Pag. 39dell'autorità portuale, autodifesa che vedo essere stata fatta propria dalla MIT.
  Sostiene che il fatto che il rapporto di lavoro dei dipendenti abbia natura privatistica – io se vuole gliela do, la nota, ma lei ce l'ha, sottosegretario, come ce l'hanno i funzionari dell'ufficio legislativo del Ministero – non comporta che il reclutamento di personale possa avvenire con modalità diverse da quelle previste per l'accesso alle amministrazioni pubbliche, attesa la natura di ente pubblico non economico della stessa autorità.
  Nella stessa lettera e immagino anche nel parere fornito all'ufficio legislativo del MIT, il Dipartimento della funzione pubblica evidenza che non risultano presenti nell'ordinamento giuridico disposizioni legislative di deroga all'articolo 97 della Costituzione in riferimento alle autorità portuali. E, sempre nella stessa nota, il Dipartimento della funzione pubblica scrive all'autorità portuale che la previsione dell'articolo 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994, secondo cui il lavoro del personale delle autorità portuali è regolato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, non prevede che gli stessi contratti possano disciplinare la materia di reclutamento, su cui vi è una riserva assoluta di legge secondo l'articolo 97 della Costituzione.
  Aggiungo – sempre dalla nota dello stesso Dipartimento della funzione pubblica inviata proprio a dicembre all'autorità portuale e, quindi, credo, anche a voi – che, pertanto, la previsione sopra richiamata, contenuta nella nota aggiuntiva all'articolo 2 del contratto nazionale delle autorità portuali è illegittima – questo lo dice il Dipartimento della funzione pubblica a dicembre di quest'anno –, sia in quanto interviene su materia riservata alla legge – quindi, non è che un contratto nazionale di lavoro può derogare alla legge – sia in quanto manca di una normativa legislativa che consenta alle autorità portuali di derogare al principio costituzionale dell'accesso al pubblico impiego tramite concorso. Dai principi sopra espressi, le amministrazioni pubbliche, quali sono le autorità portuali, non possono prescindere.
  Allora io dico: ma se in questa direzione va la Costituzione innanzitutto, va la legge, va il Dipartimento della funzione pubblica e va la vostra stessa Direzione generale porti che raccomanda a tutte le autorità e anche all'autorità portuale di Civitavecchia di espletare procedure concorsuali ad evidenza pubblica per il reclutamento del personale anche a tempo determinato, la vostra risposta va in altro senso. Secondo l'ufficio legislativo del MIT, un contratto nazionale di lavoro non solo deroga alle leggi, non solo le sentenze non valgono nulla, ma deroga addirittura agli articoli costituzionali, la Costituzione. Io mi chiedo: ma questa gerarchia delle fonti chi gliel'ha insegnata ? Dove hanno studiato questi funzionari ?
  Ritengo vergognosa – le dico la verità –, oltre che giuridicamente infondata, la tesi che avete portato in Aula, e annuncio fin da ora una richiesta di accesso agli atti per conoscere tutti gli elementi forniti dai vari soggetti interpellati da me, che erano anche il Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, oltre che il MEF e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ma anche da voi, anche dal vostro ufficio legislativo. Tutti gli elementi: voglio proprio chiedere un accesso agli atti su tutti gli elementi che hanno portato il vostro ufficio legislativo a confezionare questo bel parere.
  Perché se è vero, come penso, che molte amministrazioni si siano espresse nel senso dell'illegittimità delle assunzioni senza concorso, vorrei capire se l'ufficio legislativo del MIT non abbia commesso addirittura un falso nello stilare la risposta che oggi lei legge in Aula. E io dico che ci vorrebbe un po’ anche di senso della vergogna, mi creda, sottosegretario, perché sono sicura che su questa risposta, più che gli elementi giuridici, abbiano influito quelle odiose prodizioni di qualche Ercole, di qualche barone che sta all'interno del Ministero da trent'anni e che, forse, pensa che mentre ai dipendenti pubblici si possa bloccare la retribuzione, si possano chiedere Pag. 40sacrifici enormi, mentre agli enti locali si possano chiedere sacrifici per concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, ad alcune articolazioni dello Stato, come alcune autorità portuali, non si possa chiedere nulla.
  Si tratta di autorità portuali che, in alcuni casi, sono delle vere e propri enclave, dove si assume per amicizia, senza concorso. Lo stesso presidente Monti – questo glielo porti al Ministro – è stato assunto a trent'anni come direttore dell'area amministrativa dell'ente, senza nessuna esperienza professionale pregressa. Questo è quello che c’è sul suo curriculum, cioè quello che è pubblicato sul sito dell'autorità portuale. Chiaramente, uno che è stato assunto a tempo indeterminato senza concorso, immagino che non si faccia scrupoli di assumere tanti altri senza concorso. Lo porti, lo porti il curriculum al Ministro, perché è interessante.
  Si tratta di autorità portuali che gestiscono ingenti fondi pubblici, che dovrebbero perseguire fini pubblici e che contravvengono...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARIETTA TIDEI. ... ai più elementari obblighi di trasparenza – ho quasi finito, Presidente, mi scusi – nella loro azione, oltre che alla legge n. 33 del 2013, relativa proprio della trasparenza. Perché, vede, se giustamente alla politica e ai politici si chiede di essere trasparenti, anche a chi rappresenta lo Stato nelle sue varie articolazioni e gestisce ingenti fondi pubblici bisognerebbe richiedere di essere altrettanto trasparenti.
  Almeno da parte del Ministero ci sia un po’ di serietà su queste cose; io – ripeto – non solo farò la richiesta di accesso agli atti, ma mi riservo di mandare il tutto alla Procura della Corte dei conti e alla Procura della Repubblica, perché ritengo che abbiate confezionato una risposta che giuridicamente non sta né in cielo né in terra e che probabilmente sia stata influenzata da qualche altra motivazione.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MARIETTA TIDEI. Allora, come si può pensare di avallare disparità di trattamento tra enti ed enti ? Perché ci sono tante autorità portuali che fanno i concorsi. Soprattutto, come si fa a pensare di cambiare il Paese se non si ha il coraggio di censurare comportamenti tanto vergognosi ? Mi sembra che già con Cagliari il Ministero, sulle autorità portuali, abbia fatto una gran brutta figura. Io spererei che il Ministero non la faccia anche su questo.

(Iniziative urgenti volte al completamento definitivo dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria – n. 2-00367)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Censore n. 2-00367, concernente iniziative urgenti volte al completamento definitivo dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Bruno Censore se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  BRUNO CENSORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, senza usare troppi giri di parole, diciamolo chiaramente: la Salerno-Reggio Calabria è ormai diventata il simbolo negativo dei ritardi di questo Paese, l'emblema delle tante promesse fatte e mai mantenute che, oltre a trasmettere al mondo l'immagine di un Paese degli sprechi e dell'inefficienza, ha fortemente compromesso e impedito il decollo e lo sviluppo delle aree interessate.
  Eppure, mi sia permesso di ricordarlo, nel 2001, approvata la cosiddetta «legge obiettivo», la data per la conclusione dei lavori fu fissata inizialmente nel 2005; poi al 1o gennaio del 2008, poi ancora al 1o gennaio 2012 e infine al 31 dicembre 2013. Ma siamo nel 2014 e i lavori ancora continuano.
  Nonostante i proclami e le rassicurazioni, la realtà è inoppugnabile e purtroppo sotto gli occhi di tutti: la Salerno-Reggio Calabria resta una eterna incompiuta. Dal 2001 ad oggi sono stati realizzati Pag. 41appena 230 chilometri di tracciato di cui 100 già iniziati nel 2002. Insomma, appare evidente che il bilancio è poco lusinghiero, stante il fatto che, dati alla mano, su 233 chilometri da far partire con la «legge obiettivo», dopo dodici anni di annunci restano da completare ancora 103 chilometri di autostrada: 25 chilometri di tracciato, che dovevano essere terminati entro il 2013, sono ancora interessati dai cantieri; 58 chilometri restano ancora da finanziare e 20 chilometri restano da completare per situazioni di crisi delle imprese che si sono aggiudicate l'appalto.
  A ciò si aggiungano poi la lievitazione dei costi nella realizzazione dell'opera e i contraccolpi per il Mezzogiorno e la Calabria che hanno dovuto pagare in termini di immagine e di mancato sviluppo con ripercussioni anche sulle imprese locali che, a differenza dei lucrosi vantaggi per le grandi imprese del Nord, sono state destinatarie delle briciole e spesso utilizzate come pretesto per giustificare gli elevatissimi costi non preventivati e notevoli e ingiustificati ritardi.
  Ravvisata, pertanto, l'esigenza di andare oltre i reclami e le rassicurazioni, poi puntualmente smentite dai fatti, credo sia indispensabile che il Governo fornisca anzitutto adeguata e puntuale informativa al Parlamento in relazione all'entità delle risorse finanziarie che sono state impegnate nell'ultimo decennio per corrispondere gli importi richiesti dal saldo di atti transattivi, lodi arbitrari, sentenze extragiudiziali, contenziosi e riserve intentate dalle imprese appaltatrici nella conduzione dei lavori di competenza dell'ANAS nel territorio calabrese.
  Al contempo, consapevole che il completamento dell'opera, divenuta ormai l'emblema del ritardo del Meridione, non può più aspettare, chiedo al Governo di assumere impegni concreti finalizzati a definire in tempi brevi l’iter conclusivo dei lavori della Salerno-Reggio Calabria, nell'esclusivo interesse del Mezzogiorno e della Calabria che da tanti anni aspettano l'agognata modernizzazione infrastrutturale e un segno di attenzione che possa diventare un viatico per fatti più concreti, legati finalmente a circostanze reali e tangibili.
  Quanto al tentativo da parte del presidente dell'ANAS Pietro Ciucci, che ha inteso rispondere alle puntuali e reiterate denunce da parte di legittimi rappresentanti del popolo – indipendentemente se rappresentano tutto o parte di un partito – attraverso un'intervista tesa a sminuire le responsabilità dell'ANAS nella costruzione della Salerno-Reggio Calabria e di altre importanti infrastrutture calabresi – fra queste, cito, perché ne sono particolarmente legato, la «Trasversale delle serre» – su cui né mai il presidente, né un suo delegato hanno avvertito la necessità o il dovere di rispondere, anche per chiarire i termini della questione a sindaci e amministratori locali che più volte in riunioni largamente partecipate attraverso la stampa hanno denunciato i ritardi nella costruzione dell'opera o umilmente hanno chiesto lumi sul perché l'infrastruttura non andava avanti.
  Voglio fermamente affermare che la tardiva intervista-risposta è un'offesa all'intelligenza dei calabresi, non ci sono giustificazioni che reggono, né alibi di varia natura come la complessità dell'opera, l'orografia del territorio o il numero elevato di ponti e gallerie rispetto ai ritardi, ai silenzi, alle inefficienze e all'ingente somma di denaro che sino ad oggi è stata spesa per la costruzione di questa opera.
  L'ANAS dovrebbe risarcire i cittadini per i danni provocati ai territori in termini di mancato sviluppo, basta guardare ad alcune grandi opere, opere complesse costruite in Europa o in altre nazioni – ne cito qualcuna, il tunnel sotto la Manica, il ponte che collega Malmö con Copenaghen, un ponte costruito in mare aperto – per avere una comparazione dei tempi con la Salerno-Reggio Calabria.
  Mi fermo qui, voglio ascoltare cosa dice il Governo, comunque voglio dire al Presidente che noi continueremo in questa opera di vigilanza con più incisività, nell'interesse precipuo del nostro Paese, perché la Salerno-Reggio Calabria non interessa Pag. 42solo alla Calabria, ma riguarda la modernizzazione dell'Italia, come rappresentanti del popolo, per l'amore che nutriamo per la nostra terra e perché vogliamo un'Italia diversa.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, con riferimento ai quesiti posti, sono state assunte dettagliate informazioni presso la società ANAS.
  Gli onorevoli interpellanti rilevano che ANAS in diverse circostanze ha assunto l'impegno, più volte ribadito, anche in occasione dell'incontro tenutosi presso il Parlamento europeo, di completare i lavori in corso sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria entro il 31 dicembre 2013. Al riguardo ANAS riferisce di aver precisato in diverse circostanze che, per difficoltà tecniche sopravvenute relative allo scavo di tre gallerie, 12 chilometri sarebbero stati completati nei primi mesi del 2014, trattandosi di lavori in larghissima parte fuori sede e che, limitatamente a 3 chilometri, detti lavori avrebbero comportato, per tre o quattro mesi, un doppio senso di circolazione su carreggiata unica.
  Alla data del 31 dicembre 2011 i lavori in corso interessavano 110 chilometri, suddivisi in quindici cantieri. Nel corso del 2013, prima dell'esodo estivo, sono stati aperti al traffico 47 chilometri con l'obiettivo di aprire, entro la fine del medesimo anno, ulteriori 21 chilometri di nuova autostrada. A partire dall'ultimo esodo estivo, sono stati effettivamente aperti 8 chilometri rispetto ai 21 previsti e, complessivamente, nel biennio 2011-2012, sono stati aperti al traffico 85 chilometri di nuova autostrada e chiusi otto cantieri.
  Pertanto, al 31 dicembre 2013 la situazione è la seguente: chilometri 330 (previsti 343) ultimati e aperti al traffico; chilometri 10 da sottoporre a lavori di restyling; chilometri 25 (previsti 12) con lavoro in corso, suddivisi in 7 cantieri; chilometri 20, intervento appaltato con progettazione esecutiva in corso.
  ANAS informa che mancano, come risultato al 31 dicembre 2013, 13 chilometri che non è stato possibile completare per la crisi finanziaria di alcune imprese, operanti in 4 cantieri attualmente aperti, che sono state costrette prima a rallentare i lavori e successivamente ad interrompere le attività. Nonostante le difficoltà rilevate, nei prossimi mesi di marzo e di aprile sarà aperto al traffico il tratto Mileto-Località Candidoni nonché l'intera carreggiata nord del lotto Lamezia Terme-Torrente Randace. ANAS, inoltre, conferma l'impegno per il riavvio dei lavori sui cantieri sospesi nell'ambito delle procedure relative al concordato preventivo in corso. Complessivamente i lavori in corso alla data del 31 dicembre 2013 saranno completati con gradualità nel 2014, tenendo anche conto della necessaria soluzione dei problemi economici-finanziari delle imprese esecutrici.
  Ad oggi l'importo finanziato risulta essere di 7,4 miliardi di euro. L'ammontare del contenzioso pagato è inferiore al 10 per cento dell'importo totale dei lavori e riguarda, prevalentemente, il riconoscimento di maggiori opere che incrementano il valore patrimoniale della nuova infrastruttura.
  Per la completa ricostruzione della nuova autostrada mancano, al di là dei lavori in corso e in fase di avvio, i finanziamenti relativi a 58 chilometri di autostrada, suddivisi in 5 macrolotti, e alcuni svincoli. Tutti i lavori sono progettati e l'investimento totale richiesto risulta nell'ordine di circa 3 miliardi di euro. Tuttavia, ANAS si è detta pronta ad adottare misure e progetti alternativi, al fine di ridurre i costi complessivi dell'opera. I chilometri non ammodernati sono comunque percorribili su due carreggiate a doppia corsia per senso di marcia.
  Come è noto, la legge di stabilità per il 2014 ha finanziato un lotto per 340 milioni, in Calabria, dal viadotto Stupino ad Altilia (macrolotto 4, parte 2, secondo stralcio), per 6 chilometri, che si saldano al tratto già ammodernato e inaugurato definitivamente nel 2013. Questo tratto è stato ritenuto prioritario, per la sua collocazione Pag. 43in continuità con quello già esistente e i delicati profili di sicurezza dell'utenza e di instabilità del territorio. Anche questo lotto è interamente progettato e le procedure approvative sono in avanzato stato di definizione. A breve, entro il prossimo mese di febbraio, ANAS procederà alla pubblicazione del bando di gara.
  I risultati raggiunti, 85 chilometri di nuova autostrada in due anni, possono ritenersi apprezzabili, considerata l'imponenza dei cantieri (nel 2013 la produzione complessiva è stata di 750 milioni di Euro), la difficoltà tecnico-ingegneristica dei lavori, nonché l'aggravarsi della situazione finanziaria delle imprese coinvolte.
  Concludo ricordando che la nuova Salerno-Reggio Calabria è un'autostrada realizzata ex novo, in presenza di traffico, con un tracciato prevalentemente di montagna, che prevede ben 200 gallerie e 500 tra ponti e viadotti, il cui costo per chilometro si aggira attorno ai 20 milioni di euro, ovvero, tra i più bassi, in assoluto, sui tratti autostradali comparabili in tutta Europa.

  PRESIDENTE. La deputata Bruno Bossio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Censore n. 2-00367, di cui è cofirmataria.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signora Presidente, grazie onorevoli colleghi, devo dire che purtroppo la relazione del sottosegretario non è stata soddisfacente. Non ha aggiunto nulla alle cose, purtroppo, che già conoscevamo. Rimaniamo ancora sostanzialmente in una situazione vaga e sostanzialmente irresponsabile rispetto a una terra che, in questo momento, ha negato il diritto al trasporto più complessivamente, sia a livello di strade, sia a livello di ferrovie e di tutto il resto.
  Ma, per restare a questo tema della Salerno-Reggio Calabria, non è stato affrontato dal sottosegretario, mi sembra minimamente, quello che era chiesto nell'interpellanza urgente, cioè sapere puntualmente quali sono stati i contenuti e le cifre di un contenzioso che, per quel che ci riguarda, per esempio ha visto nel 2011-2012 riconoscere all'impresa Impregilo Condotte ben 307 milioni di euro di contenzioso, a fronte di una soluzione che si poteva avere qualche anno prima molto, molto più bassa.
  Quindi noi abbiamo assistito a sprechi che hanno leso l'immagine della nostra regione, senza avere di contro nessun servizio. Per questo, io credo sia necessario – e lo chiederemo in Commissione – di avere una audizione e di sentire il dottor Ciucci, che venga a spiegarci direttamente le cose che purtroppo oggi non abbiamo potuto sentire.

(Problematiche riguardanti l'attivazione dei cosiddetti percorsi formativi abilitanti speciali – n. 2-00366)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Carocci n. 2-00366, concernente problematiche riguardanti l'attivazione dei cosiddetti percorsi formativi abilitanti speciali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Malpezzi se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, molto brevemente, perché noi ci troviamo di fronte ad un decreto del MIUR del 25 marzo 2013, il n. 81, che ha modificato quello del 10 settembre 2010, il n. 249, con il quale è stato istituito il percorso formativo speciale PAS, per consentire il conseguimento dell'abilitazione ai docenti precari con almeno tre anni di servizio che ne fossero ancora sprovvisti. Poi, con decreto del dirigente generale del 25 luglio 2013, si è dato via ai PAS per l'anno accademico in corso.
  Gli aspiranti sono stati 68 mila 892, con forti variazioni nelle diverse classi di abilitazione. Sono state previste procedure ad hoc per la distribuzione nelle università dei partecipanti e alle stesse è stata data facoltà di provvedere, se necessario – quindi proprio alle università –, ad una Pag. 44rimodulazione al massimo triennale dei corsi o anche a forme di aggregazione a livello regionale o interregionale. Però ecco noi ci troviamo di fronte ad una situazione che invece è completamente paralizzata.
  In alcune regioni l'elevato numero dei candidati ha costretto a scaglionare gli aspiranti in tre anni, per cui solo alcune classi di concorso potranno accedere quest'anno al corso, e quindi può verificarsi che, all'aggiornamento delle graduatorie previsto per il 2014, i candidati che avranno accesso ai corsi solo nei prossimi anni non avranno conseguito quella abilitazione che invece in regioni limitrofe è stata consentita, quindi non garantendo una omogeneità di trattamento.
  In alcune regioni sono inoltre presenti più università ed è quindi possibile spostarsi laddove vengono attivati i PAS per la propria classe di concorso, ma dove è presente un'unica università questa opportunità non è possibile e oltretutto gli aspiranti hanno dovuto scegliere la regione in cui frequentare i corsi prima di poter conoscere l'offerta formativa che le università di quelle regioni avrebbero attivato. Allora, vi sono dei docenti che sono risultati idonei ad una specifica classe di concorso che non potranno parteciparvi perché nella propria regione non è stato attivato il corso corrispondente.
  Ancora, la maggior parte delle università è indisponibile all'attivazione dei corsi per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria, per le lingue straniere, per la riconversione sul sostegno delle classi di concorso in esubero, ed alcuni dipartimenti dell'Università La Sapienza hanno specificato, attraverso degli avvisi pubblici, che i PAS non saranno attivati, eppure c’è un decreto.
  Ancora aggiungo: la conferenza dei direttori di conservatorio ha avanzato dei dubbi, forse legittimi, sulla liceità del decreto istitutivo, ed ha chiesto chiarimenti al MIUR. Ora, ad oggi, questi chiarimenti non risultano essere pervenuti. Anche noi siamo in attesa per sapere se sono leciti o meno e pertanto l'attivazione per la classe A077 è stata sospesa e, di conseguenza, risulta sospesa anche quella di altre classi di concorso, la A031 e la A032, che hanno alcune attività formative in comune con la A077.
  Allora, ecco, ci risulta la presenza di numerose criticità, di numerose incertezze e di possibili sperequazioni tra ambiti territoriali, nonché tra ambiti disciplinari, che rischiano di compromettere l'applicazione della normativa, il sereno svolgimento dei corsi e l'eguale opportunità di accesso ai corsi stessi, all'abilitazione, alle graduatorie, e chiaramente noi abbiamo anche paura e temiamo possibili futuri contenziosi.
  Ora, a fronte di tali problemi e disomogeneità, chiediamo al Ministero quali procedure, di intesa con le università, si intendano intraprendere per garantire ai docenti interessati pari diritti ed opportunità su tutto il territorio nazionale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disciplinato la procedura di avvio dei percorsi abilitanti speciali, detti PAS, oltre che con il decreto n. 58 del 2013, richiamato dall'onorevole interpellante, anche con un successivo provvedimento, il decreto dipartimentale n. 45 del 2013, con il quale sono state introdotte alcune regole volte proprio ad affrontare gli specifici problemi di articolazione dell'offerta formativa sul territorio illustrati nell'interpellanza.
  Tale ultimo provvedimento stabilisce, in particolare, i criteri per la distribuzione dei candidati per il caso in cui il loro numero sia eccessivo rispetto alla capacità ricettiva degli atenei e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica della regione o, al contrario, sia insufficiente a giustificare l'attivazione di un percorso specifico.
  Questi criteri integrano quelli già previsti dal citato decreto n. 58 del 2013, che Pag. 45già contempla una serie di strumenti di concertazione tra i soggetti deputati all'attivazione dei PAS per l'individuazione delle sedi dove si svolgeranno i corsi, per l'eventuale organizzazione degli stessi a livello provinciale, regionale o interregionale e per l'attivazione di attività didattiche comuni e trasversali a più corsi, soprattutto nelle aree che non registrino un numero di iscritti sufficiente per l'attivazione di corsi autonomi.
  Gli uffici del Ministero, nei limiti consentiti dall'autonomia delle singole sedi universitarie, hanno incoraggiato l'utilizzo di tali strumenti per assicurare la razionale e omogenea distribuzione sul territorio, auspicata dall'onorevole interpellante. Quanto all'avvio dei PAS, le procedure propedeutiche sono in via di ultimazione. Al fine di completare con la massima sollecitudine gli adempimenti residui, il Ministero ha disposto la riapertura della banca dati per l'aggiornamento delle indicazioni relative all'offerta formativa annuale e pluriennale da parte delle università.
  Detta banca dati è già attiva (con scadenza fissata per il prossimo 23 gennaio, come comunicato con apposita nota a firma congiunta dei capi dipartimento per l'istruzione e per l'università, l'AFAM e la ricerca) per i percorsi inerenti le scienze della formazione primaria citati, essendo stato raggiunto un accordo con la Conferenza dei rettori.
  Per le altre classi, la banca dati verrà riaperta la prossima settimana. Espletata anche questa fase, si potrà procedere all'adozione dei provvedimenti di autorizzazione per l'attivazione dei corsi. Si sta valutando l'ipotesi di adottare provvedimenti autorizzativi distinti a livello regionale, in modo da poter tempestivamente avviare i corsi nelle università ricadenti nel territorio di una regione per la quale il competente ufficio scolastico ha ultimato le procedure propedeutiche. In ogni caso, il meccanismo è in fase di finalizzazione.
  Quanto alla valutazione del servizio espletato nell'anno scolastico 2012/2013 ai fini dell'accesso ai corsi stessi, è in corso la procedura di modifica del decreto ministeriale n. 249 del 2010, finalizzata a consentirla. La competente direzione generale del MIUR, peraltro, ha già fornito chiare indicazioni con la nota del 23 ottobre 2013, indirizzata a tutti gli uffici scolastici regionali.
  Quanto, infine, alla classe concorso A077 – «strumento musicale», giova ricordare che il decreto ministeriale n. 81 del 2013, che ha modificato il regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, introducendo, appunto, i PAS, ha stabilito i requisiti per l'accesso a tali percorsi, senza porre alcuna limitazione di classi di concorso.

  PRESIDENTE. La deputata Malpezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatta, e il «parzialmente» deriva dal fatto che, chiaramente, sono contenta di sapere – ma ne avevamo la certezza – che il Ministero stesse lavorando, perché, comunque, si è trovato di fronte ad un problema non provocato da esso, ma da una serie di situazioni che si sono verificate nelle diverse università, che, a loro volta, si sono trovate a vivere una situazione non semplice.
  Detto questo, però, rimane ancora un problema molto grande. Lei ci ha rassicurato che la prossima settimana i punti nodali dovrebbero essere sciolti. Noi siamo preoccupati per questi docenti, appunto, che si devono iscrivere in tutte le regioni e nelle regioni più congestionate, una tra tutte la Liguria. Vorrei capire ancora la situazione del Lazio e attenderemo: su questo punto ritorneremo non dico all'attacco, ma monitoreremo la situazione.
  È chiaro, però, che anche la situazione dei PAS, e quindi la scelta che è stata fatta per permettere questa abilitazione non è una scelta sufficiente. Abbiamo un sistema di reclutamento che sta affogando. Noi l'abbiamo già chiesto con forza, sappiamo che il Ministero ci sta lavorando e anche come Partito Democratico stiamo preparando una proposta sul reclutamento, che Pag. 46si possa finalmente mettere ordine a tutto questo. I nostri insegnanti e soprattutto i nostri laureati hanno bisogno di risposte che siano chiare e certe. In questo caso ce lo chiedevano i PAS. Ci sono ancora i «tieffini» che ci stanno chiedendo di dare risposte anche a loro, rispetto alla loro possibile graduatoria e a quale punteggio ricevere.
  Abbiamo una partita molto importante da giocare nei prossimi mesi. Io so che il Ministero è attento su questo e voglio ribadire che anche il Partito Democratico inizierà proprio questa attenta valutazione sul sistema di reclutamento, dati i tagli che sono stati portati avanti dalla «riforma Gelmini», data la paralisi che negli ultimi anni ha immobilizzato e bloccato la scuola soprattutto per quanto riguarda le assunzioni. È arrivata davvero la stagione, una nuova stagione, in cui è necessario riorganizzare la materia anche a lunga distanza, e di questa riorganizzazione vi è una necessità che è veramente fondamentale.

(Compatibilità con il quadro normativo costituzionale ed internazionale del documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» adottato dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, e delle connesse iniziative poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – n. 2-00369)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gigli n. 2-00369, concernente compatibilità con il quadro normativo costituzionale ed internazionale del documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» adottato dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, e delle connesse iniziative poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Gigli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, sottosegretario Rossi-Doria, colleghi, l'UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, l'ente governativo istituito all'interno della Presidenza del Consiglio, Dipartimento per le pari opportunità, ha approvato il 29 aprile 2013 il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», relativo al periodo di applicazione 2013-2015.
  Il documento, che contiene le linee guida per l'applicazione dei principi contenuti nella raccomandazione n. 5 del 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere, è stato adottato successivamente alle dimissioni del Governo Monti ed in regime di ordinaria amministrazione, senza essere stato sottoposto alla valutazione e al dibattito parlamentare e dopo, peraltro, che il precedente Governo aveva espressamente ritenuto non opportuno assumere alcun provvedimento in materia.
  È particolarmente grave che il documento sia stato adottato omettendo la consultazione di tutte le parti sociali interessate, con specifico riguardo ai genitori ed ai docenti, violando in tal modo non solo il principio ribadito alla pagina 16 dello stesso documento circa la necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie», ma violando inoltre il principio previsto nella stessa raccomandazione n. 5 del 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa – di cui pure è emanazione – nella parte in cui invita espressamente gli Stati membri, nel momento in cui si adoperano a «predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d'azione per promuovere l'uguaglianza e la sicurezza e garantire l'accesso a formazioni adeguate o a supporti e Pag. 47strumenti pedagogici appropriati per combattere la discriminazione», a «tenere conto del diritto dei genitori di curare l'educazione dei propri figli».
  In realtà, come si evince dal decreto di costituzione del gruppo nazionale di lavoro emanato in data 20 dicembre 2012, nessuna associazione familiare è stata coinvolta, così come nessuna associazione professionale dei docenti, mentre si è ritenuto di limitare la partecipazione al gruppo di lavoro a ben ventinove – lo ripeto: ventinove – associazioni LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender).
  Il medesimo documento contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1. Asse Educazione e Istruzione) per diffondere la teoria del gender nelle scuole, attraverso anche rimaneggiamenti dei curricula scolastici, attuando misure, che devono comprendere «la comunicazione di informazioni oggettive sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere».
  Il documento dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali prevede espressamente, tra l'altro, l'obiettivo strategico di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT», di «garantire un ambiente scolastico sicuro e gay friendly», di «favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni».
  Il documento UNAR intende anche «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all'orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali». Ciò anche attraverso la valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze, anche per rafforzare il legame con le reti (LGBT) locali, lo sottolineo. Prevede, inoltre, la consultazione delle associazioni LGBT, così come avviene per il tema del contrasto della violenza sulle donne, nonché l'accreditamento delle associazioni LGBT, presso il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, fino a diventare veri e propri enti di formazione. Parlavo poc'anzi dell'obiettivo dell'UNAR di promuovere l’empowerment ed abbiamo ben visto, dagli esempi precedenti, come questo termine anglosassone, volutamente ambiguo, sottolinea sì, da un lato, la crescita degli individui e dei gruppi, ma accenna e strizza l'occhio anche all'aumento del potere delle lobby LGBT (empowerment).
  Andando avanti con il documento UNAR, sottolineo, inoltre, che esso prevede il coinvolgimento degli uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti, altro bel termine anglosassone per coprire una velata minaccia di sanzione disciplinare a carico dei docenti dissidenti. Prevede, altresì, la predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali, un probabile ma inaccettabile riferimento ai tentativi di sostituire l'indicazione della paternità e maternità con i termini di genitore 1 e 2, attualmente in voga. Prevede anche l'arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio, un linguaggio che si vuole sempre e comunque politically correct. Prevede, infine, la realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT, sullo sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente, sull'educazione affettivo-sessuale, sulla conoscenza delle nuove realtà familiari, formazione che dovrà essere rivolta – si sottolinea – non Pag. 48solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi dei crediti formativi, così saranno incentivati a partecipare), ma anche a tutto il personale non docente della scuola (compreso il personale amministrativo, i bidelli, eccetera).
  Vengo ora al Ministero che lei, sottosegretario, rappresenta. Il MIUR, dal canto suo, ha aderito alle sollecitazioni dell'UNAR avviando una campagna informativa attraverso la pubblicazione di sussidi didattici, come quello «Tante diversità. Uguali diritti», l'attivazione del sito noisiamopari.it all'interno del sito del MIUR, oltre che l'attivazione, già nel 2013, di percorsi formativi sulle tematiche LGBT destinati per ora alle figure apicali delle amministrazioni centrali e locali dipendenti dal MIUR.
  A nostro avviso il documento UNAR e le azioni con le quali il MIUR sta dando seguito ad esso non appaiono rispettosi delle «Linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa», diramate dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella non lontana data del 22 novembre 2012, laddove queste istruzioni, queste linee di indirizzo prevedono il diritto dei genitori alla corresponsabilità educativa e costituiscono, quindi, un'oggettiva violazione delle disposizioni dell'articolo 30 della Costituzione italiana, che garantisce e tutela il diritto dei genitori ad educare i propri figli secondo il proprio sistema di valori, espropriando di fatto la famiglia, l'ambito privilegiato e naturale del processo educativo del bambino o dell'adolescente, dal compito di formazione in campo sessuale e disconoscendo il fatto che la stessa famiglia rappresenta l'ambiente più idoneo ad assolvere l'obbligo di assicurare una graduale educazione alla vita sessuale in maniera prudente, armonica e senza particolari traumi.
  A nostro avviso – e mi avvio a concludere – sia il documento che la sua modalità di attuazione si pongono, infine, in palese contrasto anche con l'articolo 18 e con l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Il primo di questi due articoli garantisce la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell'educazione, mentre il secondo attribuisce ai genitori il diritto di priorità nella scelta dell'educazione da impartire ai propri figli.
  Sulla base di queste considerazioni, anche a nome dei colleghi cofirmatari, compreso il mio capogruppo, chiedo, dunque, al rappresentante del Governo se non intenda approfondire l'effettiva conformità del documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», relativo al periodo 2013-2015, e delle azioni messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto alla ratio del nostro quadro costituzionale, delle convenzioni universali ed anche alla ratio del quadro normativo che abbiamo richiamato in premessa.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, ringrazio l'interpellante. Rispondo all'interpellanza nei limiti dell'attribuzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Preliminarmente, per quanto riguarda le modalità di adozione e di attuazione della «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», riferisco quanto comunicato dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio: il documento in questione è stato elaborato da un tavolo interistituzionale, al quale hanno preso parte le amministrazioni interessate, le parti sociali e le associazioni coinvolte sulla materia, coadiuvato da un apposito gruppo di lavoro.
  La fase di attuazione del documento menzionato riguarda, invece, direttamente Pag. 49le attribuzioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che io qui rappresento, e delle istituzioni scolastiche. A tale riguardo, è stata giustamente segnalata dall'onorevole interpellante la necessità di coinvolgimento delle associazioni dei genitori e dei docenti e sono state altrettanto correttamente richiamate le linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori e la corresponsabilità educativa.
  Le azioni intraprese dal Ministero per dare attuazione ai principi della strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale sono coerenti con tali linee guida. Vorrei precisare innanzitutto che la campagna informativa, alla quale l'onorevole interpellante ha fatto riferimento, non riguarda esclusivamente l'omofobia – seguo io stesso questa campagna – trattandosi di una più ampia campagna informativa sulle pari opportunità e sulla lotta contro la discriminazione e la violenza. Il materiale didattico riferito all'omofobia costituisce uno dei cinque fascicoli informativi nei quali vengono affrontate anche ulteriori tematiche, quali l'inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali, l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, il contrasto al bullismo e al cyber-bullismo. Tale materiale è stato predisposto con il pieno coinvolgimento del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Quanto al portale noisiamopari.it, esso è nato nell'anno 2012 per sostenere gli interventi sulle pari opportunità e sulla lotta contro la discriminazione. Lo stesso offre spunti di riflessione su temi quali la violenza sulle donne, la discriminazione di razza e di religione, oltre che sull'omofobia.
  Osservo, in secondo luogo, che le iniziative menzionate non intendono in alcun modo sostituire l'educazione impartita dalle famiglie o limitarne il ruolo, essendo volte piuttosto ad integrare e ad agevolare lo svolgimento delle insostituibili funzioni educative delle famiglie stesse.
  Riferisco, infine, che il Ministero ha avviato una collaborazione con l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, sottoscrivendo uno specifico protocollo d'intesa che prevede espressamente il coinvolgimento delle parti interessate, ivi comprese le Associazioni dei genitori appartenenti a detto Forum Nazionale delle Associazioni dei genitori della scuola, su tutte le iniziative che verranno poste in essere nell'ambito di tale collaborazione.

  PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, ma non sono per nulla soddisfatto, mi consenta.
  Noi abbiamo qui oggi di fronte, ovvero si sta sviluppandosi sotto i nostri occhi, un'azione «a tenaglia» per imporre all'opinione pubblica di questo Paese l'ideologia del gender, un'ideologia che da un lato mira a introdurre una sorta di reato di opinione per tenere buona poi l'opinione pubblica, ma dall'altro si avvale di strumenti persuasivi – e anche di persuasione, per così dire, molto invogliante – che mirano a produrre lo stesso identico effetto: la diffusione dell'ideologia del gender.
  L'UNAR, per farle un esempio, in queste sue pubblicazioni che il Ministero, che lei egregiamente rappresenta, in qualche modo poi dopo traduce e sponsorizza all'interno del mondo della scuola, ritiene – glielo cito tra virgolette – che «gli incitamenti all'odio e alla discriminazione occupano ancora uno spazio rilevante nelle dichiarazioni provenienti da autorità pubbliche e rappresentanti delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche, e sono veicolate costantemente dai giornali italiani». Ma che cosa sia poi questo odio ce lo spiega meglio appresso. Non è solo l'insulto oppure la discriminazione reale a segnalare l'odio: è anche quello che loro chiamano incitamento all'odio attraverso la propaganda di idee o di messaggi o attraverso la negazione o il ridimensionamento di fatti o eventi storici, se è finalizzato a gettare discredito. In pratica, nella sostanza, bisogna Pag. 50stare attenti a quello che si dice per non essere tacciati di odio, anche se uno non ne aveva la benché minima intenzione.
  L'UNAR pubblica, valorizza e diffonde slogan come quello secondo cui – cito tra virgolette – «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l'omosessualità, persino nel mondo animale». Non sarebbe, pertanto, corretto a questo punto parlare di famiglia tradizionale – ci dice l'UNAR – intesa come famiglia naturale, mentre, secondo lo stesso ente, si può e si deve parlare di matrimoni, riferiti alle convivenze omosessuali.
  Appoggiandosi poi sulla Corte europea dei diritti dell'uomo, l'UNAR propaganda il diritto degli omosessuali ad essere genitori, arrivando a spacciare per studi scientifici delle dichiarazioni di società professionali come l’American psychoanalytic association e l’American academy of pediatrics, che – come è normale – vengono adottate a maggioranza non per esigenze di natura scientifica, ma per esigenze di natura ideologica che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica. L'UNAR poi si è preoccupata di sostenere il politically correct anche condizionando i giornali organizzando una serie di seminari per spiegare ai giornalisti come devono parlare. Quindi, ha tenuto dei veri e propri corsi di rieducazione per giornalisti, un solo esempio: quando due omosessuali maschi pretendono di avere figli, possono farlo a questo mondo solo attraverso l'adozione, lì dove permessa, oppure – forzando le leggi della natura – ricorrendo alla fecondazione artificiale. Anche questa, tuttavia, non ha bisogno solo di una donatrice di ovuli, ma anche di un utero in affitto.
  Questo termine, noti bene, «utero in affitto», era un tempo accettabile anche per il movimento femminista che rifiutava giustamente una concezione della donna come incubatrice per conto terzi. La terminologia inoltre suonava di condanna per l'implicito sfruttamento della donna il cui utero diventava oggetto della locazione. Oggi per il pensiero unico le stesse pratiche debbono essere rivalutate e ridefinite in modo politically correct. Pertanto, secondo l'UNAR – così dice ai giornalisti –, non si può parlare di utero in affitto, terminologia fortemente sconsigliata, ma piuttosto di gestazione di sostegno oppure di gestazione per altri, in tal modo da sfruttamento neocoloniale delle donne dei Paesi in via di sviluppo l'utero in affitto si trasforma per il linguaggio politically correct in un gesto di puro altruismo.
  Forse non tutti ricordano cos'era il Minculpop, che non è una parolaccia, ma il Ministero della cultura popolare del regime fascista. Oggi, a mio avviso, il Dipartimento delle pari opportunità, attraverso l'UNAR, si sta trasformando lentamente sull'ideologia del gender in una sorta di nuovo Minculpop. Nel programma di rieducazione dei giornalisti il Minculpop dell'UNAR manifesta chiaramente il suo pensiero quando parla del contraddittorio. Alla voce «contraddittorio», l'UNAR sostiene che – cito testualmente – «quando si parla di tematiche LGBT, è frequente che giornali e televisioni istituiscano un contraddittorio: se c’è chi difende i diritti delle persone LGBT si dovrà dare voce anche a chi è contrario. Questo però non è affatto ovvio». Che questo sia il metodo del contraddittorio adottato da questo ente di Stato e, più in generale, la visione della democrazia del confronto che l'UNAR sostiene lo dimostra peraltro il modo stesso in cui è stato costruito il documento, per il quale – come è stato detto – sono state consultate e riportate in elenco 29 associazioni LGBT e nessuna associazione delle famiglie, signor sottosegretario, nessuna associazione delle famiglie. Siamo di fronte a quello che si chiama, secondo il Papa, «pensiero unico del progressismo adolescenziale», il Papa che, proprio questa mattina, mentre tutti gli tirano la giacchetta per dirgli da che parte deve andare, è arrivato ad ammonirci di non cercare la normalità – potremmo dire l'omologazione – sentendo le parole della moda. Ecco, il mio fondato timore, signor sottosegretario, è che questo pensiero unico, il contrario del pensiero critico che la scuola dovrebbe promuovere, stia penetrando anche nella scuola e stia espropriando Pag. 51lentamente il ruolo educativo delle famiglie. Tra i vari documenti che lei ha citato e che io ho letto con attenzione – so benissimo che ve ne sono alcuni assolutamente accettabili, penso a quello sul bullismo, sugli immigrati, nessuno di noi si sogna di dire cose diverse –, ve ne sono alcuni, come questo sull'omofobia, che sono fortemente controversi e a me risulta che riguardo a questo le associazioni delle famiglie non siano state interpellate.
  Pertanto, oggi la sua risposta, signor sottosegretario, non contribuisce a tranquillizzare le mie preoccupazioni che sono le preoccupazioni anche di ampi settori dell'opinione pubblica italiana, penso con terrore ad un processo di indottrinamento, come ho detto, fatto anche di crediti e di obblighi a partecipare.

(Iniziative di competenza per collocare nella città di Nassiriya una targa o un cippo in memoria delle vittime della strage del 12 novembre 2003 – n. 2-00350)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00350, concernente iniziative di competenza per collocare nella città di Nassiriya una targa o un cippo in memoria delle vittime della strage del 12 novembre 2003 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Marcolin se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, com’è noto a tutti voi, il 12 novembre del 2013 ricorreva il decimo anniversario della strage di Nassiriya, in cui perirono dodici carabinieri, cinque militari dell'Esercito e due cineoperatori civili, nostri connazionali, oltre a nove sfortunati passanti iracheni. La data è di grande importanza simbolica, tanto è vero che è stata scelta per commemorare, ogni anno, tutti i militari del nostro Paese periti nel corso delle numerose missioni internazionali cui le Forze armate hanno preso parte in questo dopoguerra.
  La nostra interpellanza urgente prende le mosse da una constatazione. Quasi ovunque, militari del nostro Paese in missione all'estero sono stati uccisi: targhe e cippi ne commemorano il sacrificio. Chiunque sia stato in Afghanistan ha, ad esempio, avuto modo di vedere quante ve ne siano nelle nostre basi ISAF di Kabul ed Herat. Di contro, nulla pare ricordare a Nassiriya quanto accadde alla base «Maestrale», a dispetto delle condizioni di sicurezza soddisfacenti che contraddistinguono attualmente la città e l'intera provincia del Dhi Qar, da cui ci ritirammo in buon ordine nell'estate del 2006.
  Noi riteniamo che un simbolo fisico del tributo di sangue pagato dal nostro Paese a Nassiriya sia, invece, doveroso, e pensiamo altresì che possa rivelarsi utile anche alla promozione degli interessi economici della Repubblica nella zona, notoriamente ricca di giacimenti petroliferi e per questo gradita a suo tempo dal nostro Governo come area dove portare il nostro contributo alla stabilizzazione ed alla ricostruzione dell'Iraq. Si ricorderà infatti dagli abitanti e dalle autorità di Nassiriya ciò che il nostro Paese fece per la loro città.
  Per queste ragioni, chiediamo oggi perché il Governo non abbia ancora pensato di poter e dover onorare il sacrificio delle vittime di Nassiriya, collocando, anche nella città irachena in cui ebbe luogo, una targa o un cippo alla loro memoria. Auspichiamo che vi si possa provvedere al più presto.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo agli interpellanti a nome del Ministro della difesa. In primo luogo, si rassicurano gli onorevoli interpellanti riguardo al fatto Pag. 52che si è già provveduto recentemente a collocare nella capitale irachena un monumento alla memoria dei caduti di Nassiriya.
  Infatti, lo scorso 12 novembre 2013, nel corso di una cerimonia per commemorare appunto il decennale di tale terribile evento, è stato inaugurato a Baghdad, all'interno dell'ambasciata d'Italia, un prestigioso monumento che riproduce un sigillo sumero con incisi i nomi dei caduti anche in caratteri cuneiformi.
  Si è deciso di scegliere, come ubicazione più sicura, l'atrio dell'ambasciata d'Italia ove collocare un monumento che potesse essere visto da chiunque vi faccia ingresso, in quanto la perdurante situazione di insicurezza nella regione, ove attualmente, come in larga parte di quel Paese, imperversano ancora formazioni terroristiche jihadiste, che hanno riportato l'Iraq ad un alto livello di tensione, ne sconsigliavano la collocazione in un posto diverso.
  Non essendo, infatti, rimasto in quella zona alcun presidio italiano, civile o militare, qualunque monumento sarebbe rimasto privo della opportuna cura ed attenzione e, quindi, esposto a possibili atti vandalici e di vilipendio da parte delle milizie terroristiche.

  PRESIDENTE. Il deputato Marcolin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, chiaramente sono parzialmente soddisfatto, perché io credo che luoghi simbolo debbano essere ricordati; credo che uno Stato e un Governo possano e debbano intrattenere dei rapporti diplomatici con un Paese che ci ha visti veramente partecipi, con questo popolo, proprio per ricostruire quella democrazia che forse ancora oggi è distante. Quindi, con chi ha contribuito proprio ad instaurare questo regime di democrazia, ora riconoscere quel luogo con una targa, con un cippo o qualsivoglia segno permanente proprio nella città e al di fuori della nostra ambasciata, penso che sia un atto dovuto a chi ha dato questo alto sacrificio. Quindi penso ai nostri soldati, ai nostri concittadini che sono morti a causa di un atto vile compiuto da un kamikaze, e non vorrei che poi fosse magari ricordato il kamikaze come un eroe.
  Penso che questo sia doveroso, sia per i nostri uomini sia per le nostre famiglie: tramandare proprio il valore che noi abbiamo voluto portare a questa gente – un valore di solidarietà –, ricordando che comunque il sacrificio dei nostri militari e dei nostri civili in quel luogo diventi proprio, come abbiamo fatto commemorandolo nel decennale, un luogo simbolo per tutte le missioni di pace. Quindi, per far ritrovare la democrazia in quei luoghi dove la democrazia non c’è e aiutando i popoli nel loro habitat naturale, proprio per creare delle situazioni dove loro possano convivere tranquillamente.

(Iniziative di competenza al fine di superare il blocco degli stipendi nei confronti di tutti i dipendenti di Equitalia Spa e delle società di riscossione dalla stessa controllate – n. 2-00326)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Zanetti ed altri n. 2-00326, concernente iniziative di competenza al fine di superare il blocco degli stipendi nei confronti di tutti i dipendenti di Equitalia Spa e delle società di riscossione dalla stessa controllate (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Zanetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, mi riservo di replicare dopo aver ascoltato la risposta del sottosegretario.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zanetti, quindi diamo subito la parola al sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, per la risposta.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca.Pag. 53Signor Presidente, rispondo ovviamente a nome del Ministero dell'economia e delle finanze. Con il documento in esame, gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere quali iniziative si intendono assumere per assicurare ai dipendenti del Gruppo Equitalia l'applicazione della stessa disciplina vigente per i dipendenti delle società Sogei e Consip (società interamente possedute dal Ministero dell'economia e delle finanze) in tema di blocchi stipendiali disposti dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  Al riguardo, Equitalia S.p.a. ritiene opportuno, per quanto di competenza, precisare quanto segue. L'articolo 9, comma 1, del citato decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha stabilito che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010.
  Successivamente, l'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha disposto che «a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1 – sono le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni –, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011».
  Conseguentemente, per il solo anno 2013, si verificava, come segnalato dagli onorevoli interpellanti, una sovrapposizione tra il blocco delle retribuzioni stabilito dal citato decreto-legge n. 78 del 2010 e quello successivamente previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012. L'asserita criticità applicativa è stata superata dal decreto del Presidente del Consiglio del ministri del 6 aprile 2013, che ha esplicitamente escluso il Gruppo Equitalia dall'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 4, 9, 10 e 11 dell'articolo 4 del citato decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012.
  Pertanto, Equitalia sottolinea che l'assunto interpretativo prospettato dagli interpellanti, in base al quale l'esclusione del Gruppo Equitalia (così come di Sogei e Consip) dall'applicazione delle disposizioni previste dall'articolo 4, comma 11, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, farebbe venire meno, quantomeno per l'anno 2013, il blocco degli stipendi, non deve ritenersi condivisibile in quanto tale blocco trova la sua fonte normativa nel menzionato articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, che è tuttora vigente e che non è stato abrogato dalle accennate disposizioni successive.
  Infatti, il citato articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 impone il blocco stipendiale di cui trattasi con riguardo al trattamento economico erogato ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione «ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196». Tale ultima disposizione demanda all'ISTAT la ricognizione delle amministrazioni pubbliche attraverso apposito provvedimento da pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre di ogni anno. Nel comunicato del 24 luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2010, n. 271, l'ISTAT annovera tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione il Gruppo Equitalia, includendovi anche le società controllate consolidate secondo il «metodo integrale».
  Da ultimo, deve segnalarsi che, ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente Pag. 54della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, le disposizioni recate dal citato articolo 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sono state ulteriormente prorogate fino al 31 dicembre 2014.

  PRESIDENTE. Il deputato Enrico Zanetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, sono sicuramente soddisfatto per il livello di dettaglio normativo posto a base della risposta stessa, che ovviamente mi riservo di esaminare ulteriormente. Resto comunque perplesso perché, da quello che comprendo, si ritiene quindi di fatto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2013 è carta straccia, perché nell'istante in cui la rimozione del blocco stipendiale per i dipendenti di Equitalia, ivi prevista, non troverebbe applicazione per il 2013, perché comunque c’è la norma nel 2010, e di nuovo non troverebbe applicazione, da quello che mi sembra di capire, nemmeno per il 2014, perché la norma comunque continua ad operare, di fatto quel decreto è stato emesso per nulla. Io mi chiedo qual è il senso, anche in termini di costruzione e di elaborazione normativa, di creare situazioni così incresciose.
  Chi parla è assolutamente convinto della necessità che il contenimento della spesa pubblica passi anche attraverso una fase dolorosa, difficile ma inevitabile, di contenimento della spesa per stipendi.
  Però, viene emanato un provvedimento importante come un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che dice chiaramente, dalla lettura dello stesso, che la finalità è quella di escludere un comparto dall'applicazione del blocco stipendiale, peraltro un comparto che trovo corretto che venga escluso più di tanti altri, perché ricordiamoci sempre che Equitalia e i suoi tanti lavoratori sparsi su tutto il territorio svolgono un'attività particolarmente ingrata e di notevole complessità nel rapporto con i cittadini, molto, ma molto, ma molto di più di quanto non fanno molti altri dipendenti dell'apparato pubblico, a cominciare da quelli di queste altre società, cito Sogei e Consip, rispetto ai quali, invece, non vi è nessun dubbio circa il fatto che il blocco stipendiale non debba operare. Francamente troverei del tutto logico che semmai questi ultimi non avessero il beneficio e ce l'avessero i dipendenti di Equitalia, ripeto, proprio per il diverso livello di esposizione e anche di ingratitudine del compito che questi ultimi hanno nei confronti dei cittadini e del pubblico.
  Quindi, ribadisco, io approfondirò ulteriormente i contenuti di una risposta che è molto dettagliata e da questo punto di vista apprezzabile, rimane però un dato di fatto, e cioè un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2013 che ha stabilito in modo chiarissimo che deve intendersi esclusa dall'applicazione del blocco stipendiale l'area Equitalia, quindi i dipendenti del gruppo Equitalia, e noi qui oggi, invece, rispondiamo che per una serie di motivazioni elaborate sul piano giuridico quel blocco si applica tale e quale. Credo veramente che sia così che si creino i presupposti per una disaffezione complessiva da parte dei cittadini della capacità di legiferare da parte dello Stato, della coerenza tra provvedimenti che vengono emanati e conseguenze degli stessi, ed è un qualcosa che deve trovare quanto prima un'inversione di tendenza. Io seguirò ancora questa vicenda perché, lo ripeto, voglio a questo punto capire qual è l'effetto pratico di questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, perché allo stato sembrerebbe un effetto, quindi, pari a zero. Ritengo invece che un effetto non solo debba averlo, ma anche, in termini interpretativi, possa averlo.
  Per cui, ribadisco, essendo la questione a questo punto in termini giuridici da approfondire, rinvio a successivi approfondimenti da parte anche del sottoscritto e degli uffici legislativi del nostro gruppo; non lascerò comunque cadere la cosa, perché nel merito mi sembra evidente che si stia perpetrando nei confronti dei dipendenti Pag. 55del gruppo Equitalia un'ingiustizia che si palesa come tale, nella misura in cui c’è un provvedimento della Repubblica italiana che dice chiaramente che si vuol fare una data cosa, che poi non viene fatta sulla base di rinvii normativi arzigogolati, dando una prevalenza della forma sulla sostanza che se è sicuramente, algidamente comprensibile in termini giuridici, è veramente difficile da sopportare in termini di equità sostanziale.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Costa e Pagano – n. 2-00361)

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Costa e Pagano n. 2-00361. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.
  È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Per fatto personale (ore 13,15).

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO. Chiedo di parlare per fatto personale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO. Signor Presidente, io ho ascoltato l'intervento del Ministro De Girolamo e, per la verità, per quanto mi riguarda mi è parso del tutto generico ed elusivo. Qualche piccolissima precisazione con riferimento al tema, naturalmente. La prima questione: le intercettazioni, di cui si è parlato diffusamente, non sono abusive per la potente ragione che non sono intercettazioni. Si tratta di trascrizione di conversazioni tra presenti, pacificamente ammissibili dal codice di rito – articoli 234 e seguenti – non come atti ma come documenti. Centinaia di processi si sono svolti e sono stati definiti con questo metodo. Potrà essere anche censurabile de iure condendo, ma de iure condito è questo.
  La seconda questione: vi è un tentativo di «avvelenamento dei pozzi» che mi riguarda, anche se stamane in Aula il Ministro si è guardato bene dall'evocare le mie generalità complete. Ma, quando ha fatto riferimento alla trasmissione del TG5 di due giorni fa, quella trasmissione conteneva un riferimento alla mia persona. Naturalmente, si tratta di un de relato de relato, posto che si tratta di un audiofile pervenuto al TG5 in forma anonima, come dichiarato dal direttore di quella testata giornalistica, Mimun. Non si sa bene chi l'abbia registrato, posto che è una conversazione tra due persone presenti. Una è certamente il Pisapia, l'altra è certamente l'attuale Ministro. Non sappiamo bene chi abbia registrato chi. Per la verità, da profano della materia e ascoltando quella registrazione, mi è parso molto più netto e nitido il tenore delle parole pronunziate dal Ministro. In genere, sono più nette e nitide le parole pronunciate da chi registra. È quanto ho appreso anche ieri sera dalla trasmissione di Santoro, che si era preoccupato di acquisire quella registrazione che a lui è stata negata, perché si è detto che era nella disponibilità dei difensori dell'onorevole De Girolamo.
  Terza questione: la registrazione del 30 novembre 2012 interviene quando il sottoscritto non è parlamentare, quando il Ministro De Girolamo non è Ministro e quando vi è la XVI legislatura repubblicana. Quindi, siamo fuori contesto. Siamo, però, in quel contesto di registrazioni, perché le registrazioni cui ha fatto riferimento in Aula il Ministro sono di luglio, del 23 e 30 luglio del 2012.
  Ora, ci si chiede: ma questo Pisapia è un mascalzone ? Io non lo so, signor Presidente. So che è stato nominato dalla De Girolamo, al pari del direttore generale della ASL. Questo è certo. Poi, che sia un mascalzone lo diranno evidentemente i giudici; non i pubblici ministeri, non io, ma il giudice, ha scritto...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  UMBERTO DEL BASSO DE CARO. Ha ragione, Presidente, ho finito... ha scritto: Pag. 56«Trattasi di un comitato elettorale-partitico-politico insediato al di fuori della ASL». Non si riferisce certamente né al PD né alla mia persona.
  Concludo, Presidente, perché ho abusato già della sua cortesia. Anche quel ripetuto ed ipocrita richiamo alla fiducia assoluta nella magistratura è una fiducia intermittente, perché a marzo 2013 era a Milano, davanti alla procura della Repubblica di Milano, a portare solidarietà a Berlusconi per il «processo Ruby», insieme ad altri del suo allora partito. Questo è il profilo.
  Naturalmente interverrò, se me ne sarà data la opportunità, in occasione del dibattito sulla mozione di sfiducia, presentata ma non ancora calendarizzata.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 20 gennaio 2014, alle 12:

  1. – Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   REALACCI ed altri; MICILLO ed altri; PELLEGRINO ed altri: Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente (C. 342-957-1814-A).
Relatori: Bazoli e Micillo.

  2. – Discussione della mozione Andrea Romano ed altri n. 1-00168 concernente iniziative per la riforma della normativa in materia di diritti d'autore e per la disciplina del relativo mercato.

  La seduta termina alle 13,20.

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