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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 149 di venerdì 10 gennaio 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Chaouki, Dambruoso, Ferranti, Fontanelli, Ravetto, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte ad incentivare e accrescere l'utilizzo in Italia degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa – n. 2-00327)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bergamini ed altri n. 2-00327, concernente iniziative di competenza volte ad incentivare e accrescere l'utilizzo in Italia degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bergamini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, sul tema cui lei faceva riferimento, la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, avevo già presentato una mozione qualche mese fa. Poi, dopo l'audizione avvenuta lo scorso 3 dicembre presso la delegazione italiana all'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del professor Guglielmino, che è vice governatore della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, ho ritenuto di presentare un'interpellanza al Governo. Penso infatti, anche alla luce delle affermazioni in sede di audizione del professor Guglielmino e in base ai dati che esporrò, che sia assolutamente importante un intervento urgente del Governo affinché il nostro Paese possa tornare a beneficiare della propria partecipazione a questa istituzione finanziaria.
  La Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, che chiamerò CEB, è una banca multilaterale a vocazione esclusivamente Pag. 2sociale, una delle più antiche istituzioni finanziarie internazionali europee. Quando fu creata, sulla base di un accordo parziale tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa – era l'aprile del 1956 – lo scopo prioritario era quello di fornire aiuti finalizzati a risolvere i problemi dei rifugiati. Da allora, il campo d'azione della Banca si è progressivamente esteso ed oggi contribuisce in modo significativo al rafforzamento della coesione sociale in Europa.
  La CEB è uno strumento chiave della politica di solidarietà europea, che, attraverso prestiti, partecipa al finanziamento di progetti sociali, risponde inoltre a condizioni di emergenza, concorre al miglioramento delle condizioni di vita e alla coesione sociale nelle regioni meno avvantaggiate del continente europeo. Questo è uno dei cardini dell'attività politica del Consiglio d'Europa, lo voglio ricordare.
  La Banca accorda i suoi prestiti in Europa e opera aiutando gli Stati membri – attualmente sono quaranta – a perseguire una crescita sostenibile ed equa, finanziando progetti di investimento sociale che sono suddivisi in tre ambiti, stabiliti nel 2006 dal consiglio d'amministrazione della Banca: il primo è il rafforzamento dell'integrazione sociale, il secondo è la gestione ambientale e il terzo è il sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale, e ci torneremo fra poco.
  Nel perseguimento dei suoi fini oggi la Banca interviene in particolare a favore dei ventuno Paesi dell'Europa centrale, orientale e del sud-est che costituiscono, conformemente agli orientamenti strategici del piano di sviluppo 2010-2014, un obiettivo prioritario. Questo a mio parere è un primo elemento di criticità, che voglio sottolineare.
  Nel decennio 2002-2011 sono stati approvati progetti per oltre 21 miliardi di euro ed erogati oltre 16 miliardi di euro di prestiti. Tra i principali Paesi beneficiari vi sono la Polonia, l'Ungheria e la Romania.
  Ora penso che, in un periodo di grave crisi dell'economia reale, quale quello che stiamo attraversando, gli obiettivi prioritari forse non dovrebbero più essere fissati dalla Banca su base geografica, ma su base tematica. È inoltre innegabile che ad oggi alcuni Paesi dell'Europa occidentale si trovano a far fronte a situazioni di crisi più gravi di quelle di altri paesi dell'Europa orientale. La situazione macroeconomica del Portogallo, tanto per fare un esempio, non è certo migliore di quella della Polonia in questo momento. Penso dunque che la Banca dovrebbe adattare i propri obiettivi con elasticità alle nuove priorità e alle nuove necessità del continente europeo. La frattura della coesione sociale, infatti, oggi non segue più un confine facile come quello tra oriente e occidente, ma ha un andamento puntinato su tutto il continente, lo definirei a «macchia di leopardo». L'intervento della Banca, dunque, deve divenire chirurgico, atto ad operare nelle situazioni e nelle aree specifiche di maggior disagio e soprattutto di maggiore necessità.
  Sempre nel decennio 2002-2011 il consiglio d'amministrazione della Banca ha approvato prestiti a favore dell'Italia per un volume totale di 1,9 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi di euro già erogati, principalmente a favore di piccole e medie imprese, per interventi di ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, nonché nel campo dell'istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture locali, ma anche per interventi in favore del patrimonio storico e dell'edilizia sociale nonché aiuti a favore di rifugiati e migranti. Tuttavia, praticamente l'ultimo progetto di sviluppo della Banca in Italia risale al biennio 2007-2009: siamo nel 2014, lo ricordo, anche se non è necessario farlo.
  Nel 2011, su 2,11 miliardi di euro di progetti approvati, nessuno coinvolgeva l'Italia. Su 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati, sempre nello stesso anno, solo 16 milioni di euro, vale a dire lo 0,9 per cento, riguardavano il nostro Paese. Analogamente, dei 28 progetti approvati nel 2012 dal consiglio di amministrazione della Banca, per un totale di 1.798 milioni di euro, nessuno riguardava l'Italia.
  Fra il 2011 e il 2013 sono stati approvati 11 progetti (per un volume di circa Pag. 3mezzo miliardo di euro) a favore di altrettante sussidiarie di banche italiane (Intesa Sanpaolo e Gruppo Unicredit) in Europa centrale, orientale e sudorientale, quindi, non in Italia.
  Nel primo quadrimestre del 2013 la Banca ha approvato undici richieste di finanziamento, per un importo complessivo che supera i 600 milioni di euro. Di questi progetti, due terzi (400 milioni) sono volti a potenziare la coesione sociale e tre a supporto di infrastrutture pubbliche con fini sociali (scuole, centri di ricerca e carceri). Anche in questo caso non vi sono progetti provenienti dal nostro Paese.
  Solo nello scorso mese di novembre è stato approvato un progetto di intervento sul nostro territorio. Si tratta di un finanziamento di appena 6 milioni di euro a favore di PerMicro, intermediario finanziario attivo a livello nazionale con 13 agenzie in 10 regioni e specializzato nel microcredito a favore di immigrati.
  Da questi dati, che ovviamente non sono esaustivi, ma ci danno un'immagine molto chiara, emerge il fatto che negli ultimi anni il nostro Paese non ha usufruito dei prestiti provenienti dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, al cui finanziamento tuttavia contribuisce in maniera a dir poco sostanziosa e questo è avvenuto proprio in un contesto di massima crisi economica nella storia del nostro Paese.
  L'Italia, insieme a Francia e Germania, è il maggiore azionista della Banca: al 31 dicembre 2012 il nostro Paese deteneva il 16,77 per cento del capitale sottoscritto, e per questo l'Italia svolge o dovrebbe svolgere un ruolo centrale nel processo decisionale. In quanto azionista della Banca l'Italia partecipa alle riunioni degli organi di governo della Banca stessa, con rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero degli affari esteri. Credo che in queste sedi i nostri rappresentanti forse dovrebbero rafforzare il loro impegno per promuovere un cambio di rotta nella strategia di azione di questa banca, incentivando già a partire da questo anno programmi di intervento trasversali, basati su specifiche aree tematiche e non più su obiettivi territoriali.
  Penso inoltre che sia quanto mai urgente e necessario promuovere una migliore conoscenza della Banca in Italia, al fine di incentivare, promuovere, accrescere l'utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dagli Stati che ne fanno parte, in particolare attraverso strumenti idonei di orientamento e supporto dei soggetti interessati ai finanziamenti, nonché adoperarsi per rimuovere ogni possibile ostacolo burocratico, amministrativo, formale che possa aggravare o ostacolare le procedure di intervento della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa a favore del nostro Paese.
  I potenziali settori di intervento della Banca riguardano, infatti, aree che rispondono massimamente ad esigenze su cui l'attenzione è particolarmente alta in questo momento nel nostro Paese, anche da parte dell'opinione pubblica: su tutti, il tema della prevenzione delle catastrofi naturali e di protezione e tutela del territorio e gli interventi di ricostruzione; ma poi azioni in favore di rifugiati e migranti, istituti penitenziari (quanto ne stiamo parlando in questi mesi) e infine salvaguardia e protezione del patrimonio storico e culturale del nostro Paese.
  Ritengo dunque per questo che il Governo potrebbe anche avviare approfondimenti con la Banca per verificare la possibilità di procedere ad interventi straordinari in Italia rivolti proprio in particolare all'edilizia scolastica, all'edilizia carceraria, alla salvaguardia del patrimonio storico e culturale e alla prevenzione di catastrofi naturali e protezione del nostro territorio.
  Infine, e concludo, stante il fatto che la Banca non finanzia direttamente i progetti selezionati, ma opera per il tramite di altre banche nazionali, credo che sia necessario valutare se piuttosto il nostro Paese non dovrebbe farsi promotore di un cambiamento degli statuti della Banca, in modo che questa possa in futuro essere in grado di finanziare direttamente le istituzioni Pag. 4e gli enti pubblici senza dover necessariamente ricorrere all'intermediazione di istituti bancari privati.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, ha facoltà di rispondere.

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, con l’ interpellanza urgente n. 2-00327 appena esposta l'onorevole Bergamini ed altri sollecitano, come abbiamo ascoltato, iniziative volte ad incentivare e accrescere l'utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) in Italia: obiettivo che il Governo ovviamente condivide per le motivazioni che sono state analiticamente esposte dall'onorevole interpellante, anche considerando le finalità, come diceva l'onorevole poco fa, qualitativamente molto rilevanti che sono state indicate e che costituiscono l'oggetto degli interventi finanziari da parte di tale banca di sviluppo.
  In merito ai quesiti posti si osserva, in primo luogo, che la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa non promuove progetti ma li finanzia, come la stessa onorevole Bergamini ha chiarito, e che le domande pervenute dall'Italia negli ultimi due anni sono state approvate, seppure privilegiando interventi verso Paesi obiettivo della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) nell'Europa dell'Est, sulla base di orientamenti decisi dal consiglio di direzione della Banca stessa (organismo di indirizzo strategico ove siedono gli ambasciatori presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo). Tra il 2011 e 2013 la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) ha approvato 11 progetti per un totale di euro 515 milioni intermediati da banche italiane nell'Europa dell'Est. Inoltre, un primo tentativo di rilancio di qualità sull'Italia stessa è rappresentato dal finanziamento di 6 milioni di euro per un progetto altamente sociale a favore di PerMicroSpA (Torino) nel campo del microcredito.
  In riferimento al secondo quesito si precisa che si continuerà, come si sta facendo peraltro con la Banca Europea per gli investimenti (BEI), a promuovere iniziative volte ad ottenere i finanziamenti nei settori di intervento rientranti nell'ambito delle competenze e degli obiettivi della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB). In proposito si fa presente che, nel corso del presente anno, si sono tenute numerose riunioni presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con gli altri Ministeri, e anche con la presenza di rappresentanti della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), al fine di riavviare un'adeguata operatività degli interventi che sono stati sollecitati.
  Sul terzo quesito è necessario evidenziare che l'incentivare su base tematiche e non territoriali è una posizione che l'Italia può indicare a livello degli organi della Banca (consiglio di direzione e consiglio d'amministrazione); allo stato prevale un criterio di indirizzo con obiettivi territoriali, e cioè 60 per cento delle operazioni da destinare ai finanziamenti nei Paesi obiettivo dell'Europa dell'Est, come dicevo all'inizio.
  Per quanto concerne il quarto quesito, si segnala che il Governo ha emanato il decreto-legge n. 104 del 2013, convertito dalla legge n. 128 del 2013 che, all'articolo 10, prevede, al fine di favorire interventi per l'edilizia scolastica e universitaria, la possibilità per le regioni di stipulare mutui, con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa. Detta norma è attualmente in corso di attuazione.
  Per quanto attiene, infine, all'ultimo quesito, risulta che la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) ha avviato contatti con il Ministero degli affari esteri per discutere sia il tema del sovraffollamento nelle carceri italiane che quello riguardante i centri di identificazione e espulsione (in particolare le problematiche legate ai minori) per caldeggiare un ruolo progettuale delle autorità preposte e rinnovare la disponibilità della Banca di Pag. 5sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) a finanziare progetti in questi settori in Italia.
  Concludo, ribadendo che le sollecitazioni e le osservazioni che formulava l'onorevole interpellante sono assolutamente condivise dal Governo italiano.

  PRESIDENTE. L'onorevole Bergamini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo per la sua risposta e, dunque, prendo atto della condivisione che ha voluto manifestare nei confronti dei temi sollevati da questa interpellanza. Io mi auguro e faccio davvero una preghiera al rappresentante del Governo in questo senso: che ci sia un impegno strutturato e non discontinuo – prima parlavo di «macchia di leopardo» – su un fronte che, per quella che è la mia esperienza, risulta pressoché sconosciuto alle istituzioni del nostro Paese, perché la funzionalità e la potenzialità della CEB è materia oscura, ignota. Ho fatto un piccolo test, che ovviamente non ha nessuna valenza, ma ho riscontrato che veramente non si conosce neppure l'esistenza di questa possibilità, l'esistenza di questa banca. È compito dello Stato far sì che ciò accada, nel momento in cui noi siamo azionisti di questa banca con ben quasi il 17 per cento e, dunque, paghiamo un costo per partecipare a questa banca e poi non riusciamo minimamente a trarne benefici per le nostre aziende e per il nostro Paese.
  I sei milioni che lei ricordava, signor sottosegretario, sono veramente una goccia nel mare. Io temo che qui vi sia un corto circuito. Noi scontiamo la nostra tradizionale, purtroppo, incapacità di accedere a tutti i vari sistemi di finanziamento da parte dell'Unione europea per progetti che stanno a cuore e che sono necessari nel nostro Paese. La scontiamo e forse fa parte – è un costo che noi dobbiamo pagare – della nostra inefficienza come sistema Paese: anche questa è una formula stra-abusata, ma purtroppo efficace, però non possiamo più permettercelo. Lo stiamo vedendo con i dati economici che ci vengono messi dinanzi agli occhi ogni giorno ormai. Allora, qui si tratta di un'operazione al contrario: noi paghiamo per non avere niente in cambio.
  A me ha colpito molto il fatto che quel poco che ci è arrivato in questi ultimi anni è arrivato dalle banche italiane, che lo hanno utilizzato, tuttavia, per finanziare progetti in Europa orientale. Ora, questa cosa qui ha senso o non ce l'ha ? A me sembra che non ce l'abbia. Noi paghiamo e poi, formalmente, le nostre banche italiane prendono denaro dalla CEB per investirlo, però, attraverso le loro sussidiarie, in Paesi che non sono l'Italia. Per carità, lo spirito di solidarietà all'interno dell'Europa non va messo minimamente in discussione e il nostro Paese, nel corso dei decenni, ha dato grandissima prova di sé in questo senso, ma qui qualcosa non funziona.
  Allora, da una parte, io credo che – e questa è la preghiera che rivolgo al Governo – si debba fare un cambio di passo, si debba cercare di più di imporre, là dove concordato, dei miglioramenti al funzionamento di questa Banca, che peraltro sembra ben funzionare (purtroppo, però, non funziona bene per i nostri interessi nazionali, almeno non negli ultimi anni). Quindi, andare a discutere come rivedere meglio, ecco, il suggerimento, di concentrarsi su criteri tematici e non più geografici, per fare fronte a una situazione oggettiva di crisi di cui il nostro Paese, purtroppo, è uno dei protagonisti in senso negativo.
  Dall'altra parte, forse, dovremmo anche cercare di sistemare un po’ meglio la nostra capacità di rendere note le potenzialità che ci vengono offerte da questa Banca e di promuoverne la conoscenza presso le istituzioni, soprattutto e tanto più alla luce del fatto che questa Banca per statuto ci sta dicendo: noi possiamo finanziare progetti che riguardano calamità naturali – e il nostro Paese ne è attraversato costantemente, purtroppo, da testa a piedi –, edilizia sociale, dunque scuole e carceri (e quante volte noi ci Pag. 6ritroviamo di fronte all'emergenza che riguarda l'edilizia scolastica e l'edilizia carceraria), nonché la salvaguardia, la valorizzazione e il potenziamento delle piccole e medie imprese. Dunque, stiamo parlando di tre elementi cardine della nostra economia, del nostro sviluppo, oppure, se vogliamo dirla e interpretarla dall'altra parte, della recessione che ci sta attraversando. E non ultimo, poi, interventi a favore – lo ricordava poco fa lei, signor sottosegretario – anche, per esempio, dei centri di identificazione per gli immigrati. Quindi, vediamo che proprio il campo di attività di questa banca sembra proprio riflettere perfettamente o quasi perfettamente molte delle priorità, anzi direi delle emergenze, del nostro Paese.
  Dunque, con tutto l'impegno – e io credo che anche la delegazione parlamentare presso il Consiglio d'Europa, di cui ho l'onore di fare parte, potrà collaborare –, perché non studiamo ? Lei ha detto che ci sono state riunioni a Palazzo Chigi che hanno visto rappresentanti dei vari Ministeri interessati e rappresentanti della Banca in oggetto a partecipare per cercare di valutare un ruolo progettuale più forte proprio per quello che riguarda i centri di identificazione e le carceri. Benissimo, però cerchiamo di sistematizzare questo lavoro, perché non possiamo più permetterci di disperdere risorse in questa maniera o, addirittura, di rendere inefficiente, a nostro danno, un processo virtuoso.
  Allora, io do – parlo in questo senso per tutta la delegazione parlamentare del Consiglio d'Europa – anche la disponibilità a coordinarci con il Governo, in modo da far presente questa istanza anche nelle sedi che ci competono, vale a dire all'interno dell'Assemblea plenaria del Consiglio d'Europa, affinché noi non ci dobbiamo più presentare – e ovviamente, l'anno prossimo presenterò analoga interpellanza per verificare lo stato dell'arte – con un quadro della situazione che è oggettivamente umiliante per il nostro Paese.
  Noi finanziamo gli aumenti di capitale della Banca e nulla riusciamo a far tornare nel nostro Paese, lo ripeto, in un contesto di crisi economica, di crisi della nostra economia reale, che ci vede in una difficoltà, ormai, che sta travolgendo tutto il nostro sistema produttivo e il nostro sistema di sviluppo. Quindi, da questo punto di vista, io rimarrò sul tema, continuerò a sollecitare il Governo, nell'attesa di avere una prima seria, sensata inversione di tendenza.

(Iniziative di competenza per la piena attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato – n. 2-00353)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00353, concernente iniziative di competenza per la piena attuazione della normativa in tema di trasparenza della RAI, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, buongiorno signor sottosegretario, con l'interpellanza urgente di cui sono firmatario ho voluto porre all'attenzione del Governo una questione di cui si parla da diverso tempo, ma che non ha mai trovato una risposta soddisfacente accompagnata da misure di attuazione concrete: quella della pubblicazione degli stipendi erogati dalla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, la RAI.
  Anche l'attuale contratto di servizio 2010-2012, tuttora in vigenza in regime di prorogatio, all'articolo 27, comma 7, reca la previsione secondo la quale: «La RAI deve pubblicare gli stipendi percepiti dai dipendenti e dai collaboratori, nonché informazioni sui costi della programmazione di servizio pubblico». Tuttavia, non si è mai dato corso alle modalità applicative dell'obbligo in questione, anche dopo pareri critici di Antitrust e Garante per la privacy.Pag. 7
  Il Garante per la protezione dei dati personali, fin dal parere del 30 giugno 2010, reso proprio alla RAI in ordine alla divulgazione dei dati relativi ai compensi erogati dalla medesima società, ha rammentato che «la normativa di protezione dei dati personali non può ritenersi ostativa alla pubblicazione, da parte della RAI, dei compensi erogati, sempre che risultino essere osservati i principi stabiliti dall'articolo 11 del codice e purché venga osservata la specifica modalità di divulgazione attraverso il sito web».
  Sullo stesso tema si è pronunciata per competenza anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha trasmesso, lo scorso 7 luglio 2010, al Ministero dello sviluppo economico e alla Commissione di vigilanza RAI, una propria segnalazione in merito, sottolineando le implicazioni di carattere concorrenziale, riconoscendo tuttavia l'esigenza di accountability del servizio pubblico radiotelevisivo e l'importanza di assicurare la trasparenza dei costi connessi alla gestione dei servizi pubblici, il cui finanziamento è a carico dei cittadini.
  Il tema è stato però – e questo è il punto nodale, signor sottosegretario – riproposto con forza all'interno di una specifica disposizione normativa prevista all'interno del cosiddetto «decreto PA» approvato lo scorso mese di ottobre, quindi pochi mesi fa. Infatti, la disposizione contenuta all'interno dell'articolo 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, così come modificato dalla legge di conversione 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», ha esteso in maniera inequivoca, definitivamente, alla società concessionaria del servizio pubblico – individuandola per nome – in generale, radiotelevisivo, l'obbligo di comunicare – l'obbligo di comunicare – al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale utilizzato relativamente ai singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
  Non, quindi, solo il costo annuo macro, ma anche relativamente ai singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
  Per la RAI viene, quindi, introdotta una disposizione specifica. Per la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, infatti, che già comunque sarebbe rientrata nell'ambito delle società non quotate partecipate o direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni, e che quindi sarebbe stata comunque soggetta agli obblighi di comunicazione del costo del personale, viene specificato che la comunicazione deve essere relativa ai singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo. A differenza delle altre società che rientrano nella disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, del suddetto decreto-legge convertito in legge, la RAI, quindi, dovrà specificare, in virtù di una precisa norma, il costo dei singoli rapporti di lavoro dipendente e autonomo.
  Quindi, dobbiamo conoscere tutto, da Fazio a Ballarò, ai singoli conduttori, ai grandi giornalisti, ai medi giornalisti, ai presidenti della RAI, ai direttori generali della RAI, ai conduttori, alle star. Si tratta di un onere aggiuntivo per la società concessionaria del servizio pubblico, che però non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per questo motivo l'emendamento approvato dalla Camera dei deputati che ha introdotto tale disposizione ha avuto il nulla osta della Commissione bilancio. Pertanto, alla luce dell'approvazione della citata disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, si chiede ai Ministri interpellati, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e quindi alla Presidenza del Consiglio, quali misure, nell'ambito della propria competenza, intendano assumere con urgenza al fine di dare piena e immediata attuazione alle previsioni normative in tema di trasparenza che riguardano la RAI.
  Siccome, signor sottosegretario, su questo punto c’è stato un muro di gomma da parte della RAI in tutti questi anni, che Pag. 8non ha mai risposto agli obblighi di legge che già erano presenti nella passata normativa, oggi non ci sono più alibi, perché la normativa che ho citato più volte, recente, del mese di ottobre, prevede espressamente, nei confronti della RAI, questo obbligo di trasparenza e di pubblicazione. E non dica la RAI che c’è un problema di mercato, di concorrenza, di riservatezza aziendale e così via, perché la RAI, lo ricordiamo, è soggetto pubblico, destinataria di un canone, e che quindi ha degli obblighi ulteriori, come soggetto pubblico, come società pubblica, nei confronti dei cittadini.
  Grande, poi, è l'attenzione da parte dell'opinione pubblica per gli stipendi delle cosiddette star che tutti i giorni sono presenti sui nostri televisori, sui nostri canali di comunicazione e quindi, quest'obbligo di trasparenza prevale su qualsiasi altra considerazione. Su questo chiederei proprio, alla Presidenza del Consiglio e alla sua sensibilità, in particolare, di dire una parola definitiva, in maniera tale da eliminare qualsiasi comportamento opportunistico ostativo da parte dell'attuale dirigenza RAI, che si è dimostrata assolutamente insensibile e assolutamente refrattaria a rispettare la legge. Non è pensabile che la presidente Tarantola e il direttore Gubitosi in tutti questi mesi abbiano sempre detto di no, anche in maniera insultante, nei confronti del Parlamento, ma soprattutto insultante nei confronti dell'opinione pubblica.
  I dati sugli stipendi, sulle remunerazioni e sui costi dell'intero sistema RAI devono essere pubblicati in base alla legge, rispettando la legge e rispondendo alla grande domanda di trasparenza che viene dall'opinione pubblica. Spero che lei in questa sede, signor sottosegretario – non ne dubito –, dirà una parola definitiva al riguardo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, ha facoltà di rispondere.

  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente appena esposta l'onorevole Brunetta chiede di conoscere, come ha motivatamente esposto, quali misure intendano assumere i Ministri interpellati e anche la Presidenza del Consiglio al fine di dare piena e immediata attuazione alle previsioni normative in tema di trasparenza che riguardano la RAI, in particolare alla luce della recente approvazione della disposizione di legge che è stata diffusamente richiamata.
  Come noto, tale norma, quella contenuta nella legge di conversione del decreto-legge n. 101 del 31 agosto 2013, ha integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che nella precedente formulazione prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal MEF.
  L'intervento operato dal decreto-legge n. 101 del 2013, come diffusamente illustrato dal presidente Brunetta, integra in primo luogo l'ambito soggettivo di riferimento del suddetto articolo 60, estendendo la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione previsto anche alle società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo.
  Detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, andando a specificare che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito Pag. 9ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, come abbiamo ascoltato dall'onorevole interpellante.
  Tali interventi vanno inquadrati all'interno del processo di estensione alle società controllate dalle pubbliche amministrazioni ed a partecipazione pubblica di una serie di obblighi e vincoli in materia di finanza pubblica e trasparenza la cui introduzione ha avuto luogo a partire dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ed è successivamente proseguita con ulteriori misure introdotte con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
  Successivamente, con i commi 39 e 40 dell'articolo unico della legge 6 novembre 2012, n. 190 è stato previsto, oltre che per le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, anche per le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, l'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. In tal modo, il legislatore ha di fatto esteso anche alle aziende ed alle società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici il monitoraggio ed i relativi obblighi informativi previsti dal citato articolo 36.
  In virtù di tale disposizione, pertanto, anche la RAI, in quanto società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al MEF il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri. A tale riguardo, relativamente alla concreta attuazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, faccio presente che il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha già predisposto una prima bozza di documento di lavoro per la definizione delle procedure di acquisizione dei dati utili a soddisfare le necessità informative previste dalla norma che, peraltro, riguarda una pluralità di soggetti.
  Sulla base di tale bozza di documento, nella giornata di ieri, 9 gennaio 2014, è stata svolta la prima riunione di coordinamento tra rappresentati del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio con il quale è stato avviato il percorso attuativo della norma per verificare le modalità di rilevazione più idonee all'interno del suddetto sistema conoscitivo che, comunque, con riferimento alla RAI, in ordine alla quale la norma prescrive l'acquisizione di informazioni di maggior dettaglio (come dicevo, costo annuo dei singoli rapporti di lavoro), richiederà una specifica modalità di trattazione.
  Successivamente, per la piena operatività della norma, si provvederà ad implementare il sistema informativo Sico (Sistema conoscitivo del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche) ed a svolgere tutte le attività propedeutiche all'avvio della rilevazione, che sarà realizzata senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
  In conclusione, la disciplina normativa che è stata puntualmente richiamata sarà attuata, come è doveroso fare, entro i tempi tecnici strettamente necessari e con le procedure che sono state richiamate.

  PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, nel dichiararmi soddisfatto per la risposta del sottosegretario Legnini, vorrei solo aggiungere una clausola, signor sottosegretario, che è quella dei tempi: perché come lei ben sa, come ho ricordato, questa normativa era già presente, ancorché in maniera non così chiara, e a questa normativa, Pag. 10almeno negli ultimi quattro o cinque anni, non è stata data alcuna risposta effettiva da parte della RAI, accampando di volta in volta comitati paritetici che non si sono mai riuniti, o pareri difformi da parte delle authority, pretesti vari che hanno portato alla non trasparenza, e quindi al venir meno del rispetto della legge.
  Oggi voglio essere tranchant su questo punto. Tra qualche settimana ci sarà il Festival di Sanremo, e voglio essere popolare e determinato su questo. Vorrei che, con riferimento a tutto quello che lei ha detto, che io approvo e di cui la ringrazio, vale a dire le modalità, le forme, i meccanismi, i due Dipartimenti, cioè il Dipartimento della funzione pubblica, che ben conosco, come il Dipartimento della ragioneria e così via, che si sono trovati ieri, penso anche in ragione delle interrogazioni e dell'interpellanza urgente di quest'oggi, siano in grado di predisporre le modalità di attuazione della legge tali per cui si possa arrivare nei prossimi giorni, o nelle prossime settimane, ad avere l'esplicitazione dei compensi da parte della RAI come previsto della legge, a partire dai compensi per i conduttori del Festival di Sanremo.
  Questo è un elemento di grande chiarezza e di grande sensibilità per quanto riguarda l'opinione pubblica: un fatto simbolico. E le preannuncio già, signor sottosegretario, che il prossimo mese presenterò un'altra interpellanza urgente, identica a quella che ho già presentato oggi, chiedendo conto di questo, o dandole atto dell'attuazione del suo impegno. Perché il suo impegno ottiene la mia piena approvazione, se solo si realizzerà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.
  So benissimo che non è facile, avendo fatto anch'io il suo mestiere, so benissimo che ci sono ostacoli i più diversi, però l'opinione pubblica non ne può più di questa opacità da parte di una società pubblica che ha il dovere totale della trasparenza. Trasparenza totale è chiesta a quest'Aula, e quest'Aula la sta dando, l'ha data, ai singoli parlamentari, ai singoli uomini di Governo; trasparenza però noi chiediamo a tutti gli enti pubblici, in virtù della legge.
  Per cui, sottosegretario, io la ringrazio. Concordo e sono soddisfatto della sua risposta, con questa clausola di specificazione: aspetto i dati e i risultati così come previsti dalla legge nei prossimi giorni, e le preannuncio già un'altra interpellanza urgente per i primi giorni di febbraio, in maniera tale da poterle dare atto della sua risposta, che io auspico essere positiva.

(Chiarimenti e iniziative in merito alle criticità della gestione della Consip emerse nel corso del programma televisivo Report – n. 2-00357)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Luigi Gallo n. 2-00357, concernente chiarimenti e iniziative in merito alle criticità della gestione della Consip emerse nel corso del programma televisivo «Report» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Gallo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, oggi siamo in quest'Aula a parlare di Consip. Ma cos’è Consip ? Spieghiamolo ai cittadini: è una società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, istituita in origine per gestire le attività informatiche riservate allo Stato in materia di contabilità e finanza pubblica, poi diventata centrale di committenza nazionale, con il fine di razionalizzare gli acquisti nella pubblica amministrazione.
  Questi i fini nobili, ma le sorti progressive del Paese sono purtroppo affidate a logiche di ben altro tipo. Per fortuna in Italia, in un sistema mediocre e di semilibertà dell'informazione, ci sono coraggiosi giornalisti che fanno il vero lavoro rischioso in questo Paese: ricercare la verità. L'inchiesta di «Report», trasmissione del servizio pubblico, mostra, nella vicenda che sto per illustrare, una malata Pag. 11connessione tra poteri politici e affari. Partiamo dalla Campania, la regione da cui provengo, per arrivare in tutta Italia.
  L'inchiesta denuncia il cosiddetto «sistema Romeo», che fa capo all'imprenditore campano Alfredo Romeo, proprietario della Romeo Gestioni, una società di servizi che si è aggiudicata una larga fetta del miliardo e 34 milioni di euro di appalti gestiti da Consip per conto di svariati enti pubblici. Tali servizi riguardano la gestione di pulizia, facchinaggio e manutenzione di enti, quali il Senato della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, comuni, province e regioni, tribunali e altri. Tale sistema si fonderebbe sulla capacità del Romeo, uomo condannato in secondo grado per corruzione in concorso e turbativa d'asta dalla Corte d'appello di Napoli, accusato di tessere strette relazioni con influenti politici locali e nazionali, le quali garantirebbero un occhio di riguardo nei confronti delle società dello stesso Romeo per l'aggiudicazione di alcune gare di appalto.
  Ma chi è Romeo ? Un uomo della Prima Repubblica, definito il «ragazzo d'oro di Napoli», che inizia la sua ascesa negli anni Ottanta come agente immobiliare – mi ricorda qualcuno – e uno dei vecchi amici è Antonio Napoli, del PC di allora, che nel 2000 lo portò come cliente a Reti, la società di comunicazione fondata da Claudio Velardi. Un sodalizio finora mai interrotto: l'uomo ottiene appalti nelle maggiori città d'Italia, Napoli, Venezia, Milano, Firenze e altre ancora. La Global Service di Romeo gestisce servizi per il Quirinale e per il Senato, per una prima commessa di un importo di 22,385 milioni di euro per quattro anni. Il suo rapporto con la politica è sempre stato vivo: dal PCI, al PDS fino ai DS, pronto a sostenere Nomisma, il pensatoio di Romano Prodi allorquando l'ex Premier lanciò un «SOS» per una leggera crisi finanziaria. Ma ad un certo punto Romeo inizia a diversificare le sue cospicue sponsorizzazioni a politici, rivolgendosi un po’ a tutti gli schieramenti. Tra le uscite dalle casse della società del Romeo ci sarebbero: 25 mila euro per sostenere le elezioni politiche di Italo Bocchino, 40 mila euro per Alleanza Nazionale, 50 mila euro per Goffredo Bettini per le elezioni politiche del 2013, 50 mila euro per Francesco Rutelli per le elezioni comunali 2008, 230 mila euro a Nicola Zingaretti per le elezioni provinciali del 2008, 98 mila euro ai Democratici di Sinistra nel 2006, 30 mila euro a Nicola Latorre per le politiche del 2013, 25 mila euro al Centro Democratico, la nuova forza politica che con la sua percentuale ha permesso di avere il premio di maggioranza al centrosinistra, per le politiche del 2013 e 60 mila euro alla fondazione Big Bang nel 2013.
  Tra gli appalti gestiti da Consip che si è aggiudicato c’è quello della sanità pugliese. Il sindaco di Bari asserisce che: «Consip ci aveva messo nelle mani una persona indegna e sotto indagine», riferendosi all'inchiesta della procura di Bari sugli appalti truccati nella sanità, non avendo mezzi per liberarsi del contraente, lamentando che il sistema delle convenzioni non permette agli enti di rivalersi.
  La gestione in autonomia della procedura pubblica, come riferisce alle telecamere il sindaco, ha fatto risparmiare all'ente due milioni di euro rispetto al precedente contratto, a causa del fatto che Consip avrebbe inserito nel pacchetto di forniture alcuni servizi di cui il comune di Bari non necessitava. Ed arriviamo a questo paradosso: in diversi casi, in Italia, le esternalizzazioni sono fallite. L'affidamento di servizi a ditte esterne non fa risparmiare i cittadini, né rende il servizio più efficiente. Sappiamo che ora lei ci dirà che, in media, la Consip ha ridotto i costi. È vero, ma cosa facciamo con le esternalizzazioni che ci costano di più ?
  Parliamo del caso emblematico dei servizi di pulizia nelle scuole: per anni i Governi hanno speso centinaia di milioni in più rispetto ai costi necessari per svolgere lo stesso servizio con personale interno, lavoratori stabilizzati e con pieni diritti. Ora si vuole correre ai ripari, ma è un tentativo disperato, perché non si vuole rinunciare alle esternalizzazioni, Pag. 12non si vuole rinunciare a concedere appalti alle potenti ditte italiane che offrono servizi.
  E così, oggi, ci ritroviamo a continuare a spendere di più. Ce lo dimostrano le continue deroghe rispetto a quello approvato nel «decreto del fare» e i continui rinvii, perché la soluzione delle esternalizzazioni, in questo caso, non riuscirà a garantire, contemporaneamente, qualità del servizio e risparmi di spesa, per non parlare dei diritti dei lavoratori, che vengono massacrati.
  Oggi gli appalti che stanno vincendo le ditte con una quantità di risorse così esigue non riescono a garantire la salubrità dei luoghi pubblici dove mandiamo i nostri figli, le scuole. Ma andiamo avanti con l'inchiesta televisiva, che ci mostra il sistema di una spartizione di grossi appalti pubblici tra cooperative «rosse», imprese amiche della politica e cooperative riconducibili a Comunione e Liberazione.
  Dario Maniglia, presidente della cooperativa Fiorita, condannato per lo scandalo degli appalti delle ASL pugliesi, in un'intercettazione, durante un colloquio con il fratello, a proposito degli appalti gestiti da Consip, afferma che: «Il livello è esattamente quello che abbiamo fatto per 10 anni in Puglia con le ASL» e poi: «Nell'arco di due anni, tre anni, non esisteranno più le gare».
  Sì, perché poi Consip, quando non si raggiunge l'offerta minima che stabilisce, affida in modo diretto la gara alle aziende Consip. Maniglia, intercettato al telefono con il fratello, confessa di essere in «sinergia» con la cooperativa Manutencoop di Bologna, la principale concorrente della cooperativa Fiorita nel campo dei servizi di pulizia, manutenzione e facchinaggio per enti pubblici, come se ci fossero accordi tra soggetti che, invece, dovrebbero concorrere.
  È questo il secondo quesito che le pongo, signor sottosegretario: quali iniziative normative intenda adottare per contrastare il fenomeno degli accordi anticoncorrenziali, cosiddetti «cartelli di imprese», perché, se Consip vuole raggiungere veramente il suo obiettivo di risparmio di spesa, e quindi di risparmio dei soldi dei cittadini, il Ministero deve in tutti i modi ostacolare tali pratiche.
  Parlavamo di Manutencoop: i giornalisti, nell'inchiesta, affermano che la cooperativa, dal 2004, ha speso 350 mila euro per sponsorizzare quei partiti che oggi sono confluiti nel Partito Democratico. La Manutencoop è associata del Consorzio nazionale dei servizi e, nell'ultimo anno, si è aggiudicata tre dei tredici lotti dell'appalto che riguarda la fornitura dei servizi di pulizia per le scuole di tutto il territorio nazionale, mentre altri tre lotti se li è aggiudicati il Consorzio nazionale dei servizi.
  È notizia di questi giorni che la cooperativa si è aggiudicata nuovi appalti dei servizi di pulizia nelle scuole e l'appalto specifico è quello del lotto nove, relativo alle regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto. Sta già producendo enormi disagi, sottosegretario, nei comuni di queste regioni. L'orario dei lavoratori è stato ridotto del 70 per cento. Alcune persone fanno turni di un'ora e 50 minuti, un'ora e mezza o due ore al giorno, per pulire un'intera scuola, con la conseguenza che o i lavoratori devono operare oltre il proprio orario di lavoro, senza retribuzione, per garantire la pulizia degli istituti scolastici frequentati dai nostri figli, o le scuole restano lerce e i sindaci sono costretti a correre ai ripari, chiudendole per disinfestazioni straordinarie, come sta già accadendo.
  Caro sottosegretario, è da giugno che denunciamo che la vostra soluzione non funziona per svariati motivi e anche per i numerosi conflitti sociali che sta facendo nascere in tutta Italia, dove lavoratori che vedono il loro stipendio a 400 euro al mese occupano tangenziali e prefetture.
  Il problema delle esternalizzazioni nella scuola in questa legislatura è stato affrontato inizialmente con l'esame del «decreto del fare»; lì avete espresso un principio di risparmio di spesa che, come MoVimento 5 Stelle, condividiamo: la cifra per i servizi di pulizia nelle scuole non può essere superiore a quella che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore Pag. 13scolastico accantonati per far partire le esternalizzazioni dei servizi di pulizia ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 2009. In relazione a questi ultimi dispone anche che, a decorrere dal medesimo anno scolastico 2013-2014, il numero di posti accantonati non deve essere inferiore a quello dell'anno scolastico 2012-2013. Il limite di spesa annuale è stimato in circa 280 milioni di euro derivante dal prodotto del numero dei posti di collaboratore scolastico accantonati nell'anno scolastico 2012-2013, pari a 11.851, e lo stipendio annuale lordo di un collaboratore scolastico supplente pari 23.581 euro, a fronte di una spesa attuale, cioè quella del 2013, di 390 milioni di euro.
  Il gruppo MoVimento 5 Stelle relativamente a questa disposizione e a quelle successive ha assunto una posizione contraria presentando al riguardo sia emendamenti che ordini del giorno, respinti. In particolare, gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle mirano a ridurre e ad eliminare completamente la possibilità di ricorrere alle esternalizzazioni a vantaggio delle assunzioni dirette dei collaboratori scolastici, in quanto risulta evidente che dalle esternalizzazioni dei servizi non deriva alcun vantaggio economico per le casse dello Stato o degli enti; pertanto, vengono a cadere gli stessi presupposti che giustificherebbero le esternalizzazioni stesse, riconoscendo la possibilità, in deroga rispetto ai titoli di accesso, dell'inserimento in graduatorie di istituto del suddetto personale dipendente delle ditte esterne assunto con contratti di collaborazione in virtù del servizio prestato presso le scuole. Non è possibile che lo Stato per decenni ha adoperato i lavoratori delle ditte esterne sul ruolo ATA e poi possa decidere con l'internalizzazione di liberarsene come stracci consumati. Quindi, o prima non erano adeguati a coprire quel ruolo di collaboratore scolastico con le ditte esterne, cioè o non lo sono mai stati o lo sono.
  Ma andiamo all'ultima parte dell'inchiesta di «Report» e parliamo di Capgemini, amministrata da Maurizio Mondani. In una gara di 4 milioni di euro, che vede protagonista il Ministero dell'economia riguardante la digitalizzazione dei documenti, si chiede che, a partire dalla richiesta della ditta non aggiudicataria a Consip, sia verificata la congruità dei requisiti posseduti dalla Capgemini. L'amministratore delegato di Consip, Domenico Casalino, dà mandato ad un consulente esterno di verificare tali requisiti e quest'ultimo relazionerebbe, a detta del testimone anonimo intervistato nell'inchiesta, negativamente sulla base dei documenti analizzati.
  Casalino, il 28 febbraio 2013, con un atto formale, ha invece dichiarato congrue le prove documentali fornite da Capgemini e firmato il contratto con la stessa. A questo si aggiunge che l'amministratore delegato di Capgemini Italia, Maurizio Mondani, risulta indagato per corruzione privata dalla procura di Milano, secondo la quale avrebbe corrisposto o promesso denaro all'ex presidente della Banca popolare di Milano, Massimo Ponzellini, al fine di favorire la sua società nell'aggiudicazione di crediti e per ricompensarlo per una presunta attività di lobby (lobby, vi ricordate di questa parola ?).
  Tutti questi gravi atti, a nostro avviso, lanciano più di un'ombra – e sto utilizzando un eufemismo – sull'efficacia delle procedure Consip ai danni dell'intera collettività. Sono necessari provvedimenti urgenti da intraprendere anche sul processo di nomina di Consip attivando processi trasparenti e pubblici di selezione, sottraendoli alla volontà politica del suo Ministero, del Ministero dell'economia: troppe sono le indicibili commistioni tra affari e partiti.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, ha facoltà di rispondere, non prima, però, che io abbia salutato, anche a nome vostro, gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Via Tedeschi» di Roma che assistono ai nostri lavori dalla tribuna. Prego, sottosegretario Legnini.

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  GIOVANNI LEGNINI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente appena illustrata dall'onorevole Luigi Gallo, l'onorevole Gallo stesso ed altri hanno posto quesiti multipli in merito alla puntata della trasmissione televisiva «Report» del 2 dicembre scorso, che ha trattato il tema degli appalti pubblici e si è occupata di alcuni appalti aggiudicati dalla Consip Spa, che come è noto è una società partecipata al 100 per cento dal MEF, che opera ai sensi della normativa vigente in qualità di centrale di committenza nazionale per la razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione.
  In merito a quanto esposto dagli interpellanti, la società Consip ha relazionato il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente del Consiglio, fornendo elementi informativi sui contenuti della trasmissione televisiva «Report», ove tra l'altro venivano riportati alcuni accadimenti apparentemente riferiti all'attualità ma in realtà risalenti al 2003, tra cui le intercettazioni telefoniche di tale Dario Maniglia, riportate anche dagli interpellanti ed oggetto di giudizi penali, in cui la società Consip era costituita come parte offesa dal reato e che si sono conclusi senza alcuna condanna di amministratori o dipendenti della Consip medesima.
  Inoltre la stessa società, a fronte di specifiche domande poste dalla redazione della trasmissione «Report», ha fornito nei tempi richiesti dalla medesima redazione le relative risposte, anche se la trasmissione non ne ha dato atto, divulgando così notizie già documentalmente smentite.
  Le domande poste dalla redazione della trasmissione televisiva e le relative risposte fornite dalla società sono state successivamente pubblicate sul sito istituzionale della società medesima all'indirizzo www.consip.it.
  Nella predetta informativa al Ministro dell'economia e delle finanze ed al Presidente del Consiglio e nelle citate risposte pubblicate sul sito della Consip vengono puntualmente confutate le critiche mosse da «Report» alla correttezza dell'operato della società, operato che comunque è costantemente monitorato dai preposti organi del MEF. Va inoltre precisato che le procedure di gara, di cui si fa cenno nell'interpellanza, sono state tutte sottoposte al parere preventivo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e che il contenzioso amministrativo, in quei casi in cui è stato proposto ricorso, si è sempre risolto a favore della società Consip.
  Le medesime procedure vengono inoltre svolte con il più ampio ricorso a sistemi di negoziazione telematica, che contribuiscono a garantire la più ampia trasparenza e tracciabilità delle operazioni.
  Aggiungo in particolare che i soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni sul possesso dei requisiti per la Romeo Gestioni Spa, che viene richiamata dagli interpellanti, non avevano e non hanno, allo stato attuale, sentenze di condanna passate in giudicato e, pertanto, ove la Romeo Gestioni risultasse aggiudicataria di qualunque gara bandita da qualsiasi stazione appaltante, oggi la sentenza a cui «Report» fa riferimento non può precludere l'aggiudicazione della gara.
  In merito alle valutazioni di opportunità sull'esternalizzazione dei servizi, preme preliminarmente sottolineare che ogni scelta in materia compete alle pubbliche amministrazioni interessate ed il ruolo della centrale di committenza nazionale Consip è invece quello di ricercare, attraverso un adeguato confronto competitivo, le migliori condizioni tecniche ed economiche per l'approvvigionamento dei servizi attraverso il mercato.
  Per quanto riguarda i servizi di pulizia delle scuole citati dagli interpellanti e coerentemente con la considerazione sopra esposta, si rammenta che, tenuto conto del previo accantonamento dei posti di collaboratore scolastico e della necessità di mantenere detti accantonamenti, nonché della scadenza dei precedenti appalti per la pulizia delle scuole e della notevole complessità delle relative procedure di gara, il Ministero della istruzione, dell'università Pag. 15e della ricerca coinvolgeva, sulla base delle vigenti disposizioni di legge, la Consip nella realizzazione della necessaria procedura di gara ed invitava gli istituti scolastici a prorogare l'affidamento dei servizi sino alla conclusione della procedura di gara europea curata dalla Consip.
  Si precisa inoltre che una componente rilevante della razionalizzazione della spesa per beni e servizi è costituita dalla centralizzazione dei procedimenti di acquisto su base nazionale e regionale secondo un modello ormai ampiamente diffuso a livello comunitario ed internazionale. Tale approccio consente di ottenere importanti risultati sia dal punto di vista qualitativo che economico. In particolare, nel caso della centrale di committenza Consip, l'ISTAT ha certificato un risparmio medio rispetto ai prezzi di acquisto delle pubbliche amministrazioni del 24 per cento.
  Gli interventi messi in atto dalla società prevedono comunque massimali contenuti, in modo tale da tenere conto della natura e dell'assetto del mercato di fornitura ed al fine di mantenere e salvaguardare la competitività dello stesso. A tale proposito va rilevato che la spesa per beni e servizi transitata attraverso convenzioni bandite dalla Consip è stata inferiore al 10 per cento della spesa della pubblica amministrazione per beni e servizi analoghi. Infine, si fa presente che per quanto riguarda la governance della società Consip, alla stessa è applicata la disposizione di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, secondo cui il consiglio di amministrazione è composto da non più di tre membri, di cui due dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, scelti d'intesa tra le amministrazioni medesime, mentre il terzo membro svolge le funzioni di amministratore delegato.
  La stessa società è inoltre dotata, fin dal 2003, di un modello di organizzazione e gestione e di un organismo di vigilanza, istituito ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, composto da due componenti esterni e da un componente interno. Si soggiunge, inoltre, che la società Consip è sottoposta al controllo della Corte dei conti. Ad ulteriore garanzia di trasparenza, la società ha inoltre istituito la funzione di internal audit e ha nominato il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari.
  Inoltre la Consip, in qualità di società in house del Ministero dell'economia e delle finanze è soggetta, per tutte le funzioni attribuite da statuto, al controllo analogo dell'amministrazione affidante attraverso una propria struttura. Per quanto attiene in particolare alla sua attività di gestione del Programma di razionalizzazione degli acquisti per conto del Ministero medesimo e quindi delle attività ai sensi dell'articolo 26 della legge n. 488 del 1999, è costantemente monitorata dagli uffici competenti dell'amministrazione, sia in fase di definizione del piano delle attività, sia in fase dell'esecuzione dello stesso, pur rimanendo in capo agli organi societari la responsabilità in ordine alle procedure contrattuali, essendo a tutti gli effetti essa stessa amministrazione aggiudicatrice.
  Peraltro, all'esito dei controlli svolti dagli organi a ciò deputati, non risultano illegittimità accertate riguardanti le relative procedure di gara. Nel corso del consiglio d'amministrazione della società Consip, tenutosi in data successiva alla puntata di Report in questione, l'amministratore delegato ha relazionato sulle situazioni di criticità sopra citate, fornendo rassicurazioni sull'infondatezza di ogni addebito.
  Infine, con riferimento alla gara della gestione documentale, non sono attivati contenziosi avverso le deliberazioni di aggiudicazione, e per gli altri appalti citati nella trasmissione relativi al facility management degli uffici, i relativi contenziosi, quando attivati, si sono conclusi con esito favorevole per la Consip.

  PRESIDENTE. L'onorevole Luigi Gallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, sottosegretario, non posso dichiararmi soddisfatto Pag. 16della risposta, visto che a tutti e tre i quesiti il sottosegretario afferma che va tutto bene e bisogna procedere così come già stabilito. Non è possibile restare inerti dinanzi al proliferare di inchieste e connessioni tra affari e partiti, come denunciato da questa interpellanza urgente. La vostra politica, il vostro Governo, sta continuando a marcare un solco di distanza tra l'istituzione e l'etica e la morale politica, continuando così ad inasprire i rapporti con i cittadini, che sono sempre più disgustati da questa inerzia, da questo muro «di gomma», da questa – posso dire – strafottenza, non solo dei problemi dei cittadini, ma di quel rigore etico di cui la politica dovrebbe farsi portatrice.
  I problemi dei cittadini che denunciavo nell'interpellanza sono anche le condizioni di lavoro e, poi, in alcuni casi, l'assenza di reddito o la totale riduzione del reddito. I problemi dei cittadini sono quelli di poter mandare i propri figli in scuole pulite e ci sono altri problemi che adesso non affronterò in questo ambito. Ma dobbiamo riflettere sulle risposte del sottosegretario. Si dice che Dario Maniglia non è stato condannato, cioè non vi è stata condanna per quel processo, però dalle intercettazioni noi sentiamo lui stesso parlare di sinergia con la ditta concorrente, e questo ci dovrebbe comunque far preoccupare, dovrebbe far preoccupare le istituzioni e la Consip che decide su questo. Io le parlo da cittadino, da persona che parla con altre persone che lavorano anche con la pubblica amministrazione e che dicono come funzionano le cose. E se forse non lo sa, ma ne dubito, gliele presento. Le aziende devono caricare il costo di una siringa su Consip; potrebbero caricare il costo reale di quella siringa (50 centesimi), solo che quel costo reale di quella siringa lo vedono anche le altre ditte e, quindi, quando poi si va a fare la gara sul costo di quella siringa, è chiaro che le altre ditte sarebbero in difficoltà a poter procedere a un ribasso reale sul prezzo reale. E quindi si fa cartello: la ditta x mette che la siringa costa 10, la ditta y mette che la siringa costa 15, e di conseguenza vi è un prezzo fasullo. Il risparmio di spesa, come già avevo annunciato nella presentazione dell'interpellanza, c’è stato e noi non lo mettiamo in discussione, però lei poi non risponde quando le dico che per quanto riguarda le esternalizzazioni dei servizi di pulizia, lì non c’è stato risparmio di spesa. È chiaro che la Consip non è responsabile della decisione che viene presa da questo Governo e da questo Parlamento, ma lei è anche sottosegretario del Ministero dell'economia e delle finanze che ha presentato il «decreto del fare», dove vi era quella misura che noi contestiamo e dove noi presentavamo un'alternativa che ci è stata bocciata. Quindi voi continuate a voler spendere di più e a fornire meno qualità nel servizio. Io dico che noi vogliamo far crescere le imprese, il Ministero dell'economia e delle finanze è ottimista – poi non viene mai ai question time, non si sa perché –, però poi con la corruzione sappiamo che vi è una stima di 100 miliardi di euro di costi della corruzione, che sarebbero venti finanziarie. Quando interveniamo sui costi della corruzione ? Perché a pagare sono le imprese oneste, cioè noi facciamo i vantaggi di quelle corrotte, ma a pagare sono le imprese oneste che si trovano sempre di più a chiudere giorno dopo giorno. Oggi i deputati del MoVimento 5 Stelle, Valente e Vacca, della Commissione cultura sono nella città di Mira perché il sindaco di Mira ci ha chiamato e ha dovuto chiudere le sue scuole, perché quello che le ho prima detto a proposito della Manutencoop, la ditta che si è aggiudicata il lotto 9, è reale, cioè i lavoratori devono pulire le scuole in un'ora e mezzo e non ci riescono, non ci riescono a quelle condizioni economiche, non ci potranno mai riuscire. Le scuole sono sporche e il comune ha dovuto chiudere le scuole. Questo succede anche nei comuni limitrofi. Oggi sono lì a denunciare la cosa e a dimostrare che ci troveremo a parlare purtroppo di questo argomento ancora. I lavoratori in questi giorni hanno occupato la prefettura di Venezia per questo problema. Allora, quando non c’è l'inchiesta, lei mi dice che Pag. 17non ci sono problemi, quando c’è l'inchiesta che continua e la condanna definitiva, lo stesso la risposta non cambia.
  Io volevo concludere dicendo che le proposte noi le abbiamo fatte qui in sede istituzionale e abbiamo parlato anche con il Ministro e i capi di gabinetto, ma non c’è la volontà di procedere ad un tavolo di confronto su questo aspetto.
  La avverto che adesso anche i sindaci lanceranno una proposta di apertura di un tavolo di confronto su questo perché poi loro, sui territori, pagano le nostre scelte e arriveranno a chiederci un tavolo su questo. Spero che ci sia un ripensamento da parte del Ministero e si cerchi di affrontare la proposta del MoVimento 5 Stelle che è l'unica che garantirebbe qualità del servizio e risparmio di spesa, i 290 milioni di euro che lo Stato potrebbe spendere con i collaboratori interni, quelli assunti attraverso le graduatorie ATA.

(Chiarimenti in merito al naufragio di un peschereccio carico di profughi siriani affondato tra Lampedusa e Malta l'11 ottobre 2013 – n. 2-00330)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Artini n. 2-00330, concernente chiarimenti in merito al naufragio di un peschereccio carico di profughi siriani affondato tra Lampedusa e Malta l'11 ottobre 2013 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Frusone se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUCA FRUSONE. Signor Presidente, innanzitutto questa interpellanza riguarda i fatti accaduti l'11 ottobre 2013, a 113 chilometri da Lampedusa e a 218 chilometri da Malta. Queste cifre sono importanti da ricordare visto che farò una cronistoria di quello che è accaduto durante quei giorni. Appunto parlo di questo affondamento di un peschereccio che ha portato alla morte di centinaia di profughi siriani tra cui molti bambini. L'interpellanza riguarda più che altro i problemi sorti nell'azione di soccorso e le discordanze che ci sono tra le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti ed i soccorritori. Le peripezie di queste persone sono incredibili. Infatti, dalla ricostruzione dei sopravvissuti, si imbarcano alle dieci di sera del giorno prima. Quasi subito vengono affiancati da una motovedetta e vengono intimati di rientrare in porto. In quel periodo noi avevamo chiesto maggior controllo. Lo scafista, pensando di essere dinanzi ad un tentativo di rapina, mette i motori al massimo e inizia l'inseguimento. Successivamente, dopo ore di inseguimento, prima che il sole albeggiasse, la motovedetta si rifà sotto e inizia a sparare, dapprima nell'acqua e poi sullo scafo, danneggiandolo irrimediabilmente, cercando di uccidere lo scafista. Da questa «pratica» nasce la nostra prima domanda. Visto che ci sono trattati di addestramento e cooperazione militare in merito al soccorso in mare con le Forze armate del luogo, la domanda è semplice: è normale che vengano usate armi contro pescherecci carichi di migranti e soprattutto di bambini ?
  Per il seguito del discorso mi rifaccio all'inchiesta del giornalista Fabrizio Gatti pubblicata su L'espresso. Infatti, successivamente a questo scontro a fuoco, naturalmente unilaterale da parte di questa motovedetta, che tengo a precisare che naturalmente non era italiana, alle ore 11 dal dottor Jammo, primario del reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Aleppo, parte una prima telefonata alla centrale di coordinamento di Roma del comando generale della capitaneria di porto, una struttura della Marina militare, inquadrata nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della Guardia costiera. Questa è l'unica chiamata la cui esistenza è smentita dall'ammiraglio Felice Angrisano e sulla quale la ricostruzione dei fatti non coincide con la dichiarazione del dottor Jammo. Infatti, secondo l'ammiraglio Angrisano, solo alle ore 12,26 dell'11 ottobre «giunge da apparato telefonico satellitare alla centrale operativa una chiamata fortemente disturbata e a tratti incomprensibile. Pag. 18Dopo cinque minuti di tentativi di comunicare la linea cade. L'esperienza maturata induce comunque a contattare, come già fatto in centinaia di casi, il gestore della rete Thuraya che ha sede negli Emirati Arabi Uniti».
  Otto minuti dopo, alle ore 12,39, il dottor Jammo richiama e la telefonata prosegue fino alle ore 12,56. La voce è più comprensibile, tant’è che è possibile descrivere da parte del dottor Jammo la situazione che c’è in quel momento, spiegando quante persone sono all'interno del peschereccio, la situazione in cui si trovano, dove si trovano e anche che ci sono dei feriti a bordo e che la nave sta imbarcando acqua proprio per via di quelle raffiche di mitra di cui ho accennato prima. Questi profughi siriani in realtà erano stati tenuti prigionieri dal 7 al 10 ottobre 2013, in un casolare di Zuwara, in Libia, e da quel posto obbligati a salire a bordo del peschereccio dei fratelli Khaled e Mohamed, noti trafficanti di esseri umani che si sono arricchiti con l'emergenza dei profughi.
  Qui iniziano i problemi perché infatti, anche ignorando la chiamata delle ore 11, non confermata dall'ammiraglio Angrisano, alle ore 13 c’è ancora tutto il tempo per far partire le motovedette e i pattugliatori da Lampedusa e per interessare la nave Libra della Marina militare sui cui radar la nave dei profughi è visibile che, secondo la ricostruzione giornalistica si trova tra le 27 e le 10 miglia; quindi, ipotizzando fossero 10 miglia, a mezz'ora di navigazione, se fossero state 27, con una nave del genere che all'incirca come velocità massima dovrebbe fare 20 nodi, ma dato che comunque è una nave un po’ vetusta mettiamo anche 16-17 nodi, dovrebbe arrivare sul posto in un'ora e mezzo. Quindi, come dicevo, alla velocità massima di un'ora e mezzo di viaggio doveva essere lì. La Libra arriverà, invece, solo alle ore 18, perché soltanto dopo l'affondamento della nave dei profughi il coordinamento di Malta chiede alla centrale operativa di Roma il concorso degli italiani.
  La cosa più imbarazzante è, però la confusione su chi doveva intervenire tra Malta e l'Italia. Alle ore 13 dell'11 ottobre era ancora possibile salvare tutti i naufraghi, ma la centrale operativa di Roma rinunciava all'intervento diretto e passava la richiesta di soccorso a Malta – anche perché la zona Search and rescue (SAR) è, appunto, di competenza maltese – anche se, come ho ribadito prima, la distanza era di 113 chilometri da Lampedusa e di 218 chilometri da Malta, quindi era molto più vicina a Lampedusa che a Malta, nonostante questa zona SAR.
  Nel suo resoconto scritto, l'ammiraglio Angrisano sostiene che «l'unità si trova nell'area di responsabilità di Malta e quella centrale di coordinamento viene pertanto interessata alle 13 dalla centrale operativa della Guardia costiera che comunica di aver anche individuato nella zona due navi mercantili, più prossime alle unità dei migranti, rispettivamente a 25 e 70 miglia».
  Secondo l'inchiesta del giornalista, alle ore 13,34 di quel pomeriggio si nasconderebbe un altro retroscena incredibile. È il momento in cui l'avviso ai naviganti del centro operativo di Roma viene diramato a tutto il mondo: la nota «hydrolant 2545» chiede alle navi in transito di assistere, se possibile, il peschereccio dei profughi: alle navi in transito ma non alla nave Libra. Naturalmente questa è una nota che riguardava anche la nave Libra, anche se la nave, naturalmente, essendo un'unità militare, aspetta un ordine diretto da chi è preposto a fare questo.
  Alle ore 16,22, l'autorità di Malta informa Roma che un proprio aereo ha individuato il peschereccio alla deriva. Alle ore 17,07 sempre da La Valletta avvertono che si è capovolto e chiedono aiuto all'Italia. Soltanto alle ore 17,51 arriva sul posto la prima nave soccorso, il pattugliatore maltese P61, che doveva essere partito, date le distanze e data la velocità di questo pattugliatore, molto tempo prima. Verso le ore 18 si unisce la Libra, ma ormai è troppo tardi. Ed è per questo che sono qui oggi per chiedere determinate cose.Pag. 19
  A questo punto, l'applicazione pedissequa della convenzione di Amburgo nel caso in questione a me risulta inopportuna, proprio per via delle distanze che ci sono tra Lampedusa e Malta e, nonostante questo, ragionevolmente doveva essere tutto sotto il controllo di Lampedusa e, invece, per queste zone SAR, ci troviamo sotto il controllo di Malta.
  Vorremmo sapere perché non siano state impartite – anche alla luce delle ripetute emergenze in quel tratto di mare in quei drammatici giorni – precise istruzioni al coordinamento di Roma del comando generale delle capitanerie di porto, struttura della Marina, inquadrata nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da cui dipende l'attività della Guardia costiera, affinché le richieste di soccorso fossero immediatamente diramate alle unità dislocate a Lampedusa e in pattugliamento in quel tratto di mare.
  Poi naturalmente bisogna interrogarci su questa nota, l’«hydrolant 2545», con cui è stato richiesto il soccorso alle navi in transito e perché non sia stato opportunamente ordinato alla nave Libra di recarsi immediatamente sul luogo.
  E poi ritorno alla prima domanda, quella sulle pratiche utilizzate nelle operazioni di soccorso delle Forze armate libiche, che in questo caso, appunto, avrebbero fatto fuoco contro questo peschereccio.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, io seguirò, leggendo la nota dell'interpellanza rivolta al Ministero della difesa e a quello delle infrastrutture e dei trasporti, perché è ovvio che le riflessioni devono servire non solo a riportare a verità quello che è successo, ma a fare in modo che questo non possa ripetersi.
  Come tutti sanno, le regole internazionali in materia di ricerca e salvataggio delle vite umane in mare discendono dalla Convenzione internazionale di Amburgo, sottoscritta nel lontano 1979, che è stata ratificata in Italia con la legge 2 aprile 1989, n. 147.
  Sul piano attuativo, a livello nazionale, l'organizzazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 662 del 1994, recante il regolamento di attuazione della legge n. 147, attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti il ruolo di autorità nazionale responsabile dell'esecuzione della Convenzione.
  Per effetto delle fonti normative citate, il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo, svolti in ossequio alle previsioni operative del piano SAR, approvato dal Ministro delle infrastrutture il 25 novembre del 1996, autorità in capo alla quale ricade la responsabilità politica delle attività SAR in quelle parti di mare che lei stesso ha citato.
  L'aspetto organizzativo condiviso in ambito internazionale discende dalla Convenzione di Amburgo e prevede la stipula di accordi regionali per la delimitazione tra Stati frontisti e contigui alle rispettive zone SAR, in modo tale da includere, oltre alle rispettive acque territoriali di ogni Paese, porzioni di alto mare, al fine di offrire massima tutela alla vita umana prevedendo, senza soluzione di continuità, una copertura completa degli spazi navigabili con l'individuazione della singola autorità SAR competente.
  L'interazione, continua e ricorrente tra autorità SAR competenti su aree limitrofe, è regolata dal principio secondo il quale, allo scopo di non ingenerare pericolosi vuoti decisionali dovuti all'incertezza su chi debba esercitare il coordinamento, deve poter essere individuato, in ogni circostanza, un unico centro di soccorso, responsabile di coordinare le operazioni per la propria area e al quale sono riservate le scelte operative e le relative pianificazioni, inclusa la richiesta di supporto ad altra autorità SAR, qualora ritenga insufficienti le risorse a propria disposizione.
  In relazione alla ricostruzione degli eventi evidenziata nell'interpellanza, tutta Pag. 20la documentazione inerente – che trova oggetto in quello che è stato detto e, quindi, viene riportata dagli atti della centrale operativa del comando generale del Corpo delle capitanerie di porto che è competente – è stata già integralmente trasmessa, a suo tempo, alla competente autorità giudiziaria inquirente, che è la procura della Repubblica di Agrigento.
  Da tali atti, che comprendono anche le registrazioni telefoniche, emerge che l'organizzazione SAR nazionale ha improntato la propria azione – come del resto suo preciso compito istituzionale – alla tutela della vita umana in mare e ha prestato fattiva collaborazione all'autorità maltese, nelle cui acque di responsabilità si è verificato il sinistro. Quindi, nella fattispecie sono stati mantenuti tutti quegli assetti di sistema che, da tempo collaudati, hanno finora permesso di soccorrere più di 300 mila migranti.
  Si ritiene, inoltre, opportuno sottolineare che, ogniqualvolta il centro di coordinamento maltese, ritenendo insufficienti le risorse a propria disposizione, ha richiesto l'intervento di mezzi a supporto, l'Italia, logicamente, ha prontamente fornito i propri assetti. In particolare, solo nel 2013, gli interventi che noi abbiamo svolto nell'area maltese sono stati quasi cento, precisamente novantotto.
  Con specifico riferimento, infine, ai quesiti posti dagli onorevoli firmatari dell'interpellanza, si rileva che, con riferimento alle considerazioni circa l'applicazione precisa della Convenzione di Amburgo, si osserva che tale strumento internazionale prevede che in ciascuna area SAR vi sia una sola autorità responsabile del coordinamento degli interventi di soccorso, ponendo un insieme di regole non soggette a deroghe discrezionali da parte delle singole autorità SAR che non possono, peraltro, esercitare alcuna supervisione sull'operato degli altri Stati nelle rispettive aree di competenza. Questo sempre per ottimizzare il soccorso.
  L'adesione alla citata Convenzione internazionale non consente ad un'organizzazione nazionale SAR di sostituirsi ad un'altra nella condotta delle operazioni che, peraltro, nel caso di specie erano già in atto.
  Con riferimento al quesito che attiene alle istruzioni che si ritiene dovessero essere fornite al Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, si evidenzia che quest'ultimo opera istituzionalmente quale centro di coordinamento del soccorso marittimo direttamente responsabile per l'area SAR italiana – e ciò in ossequio alle menzionate disposizioni internazionali – secondo le precise modalità operative tradotte nel piano SAR nazionale – modalità, queste, la cui puntuale esecuzione ha consentito e consente tutt'ora di operare con successo nel salvataggio di naufraghi e profughi. In merito alle considerazioni sul contenuto e la valenza della nota hydrolant, si fa presente che la stessa costituisce il rilancio di un messaggio di avviso ai naviganti originariamente trasmesso dal world wide navigational warning service e non già, in tale formulazione, dal centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma. Infatti, il messaggio originato dalla centrale operativa di Roma, nel riportare le informazioni sull'ubicazione dell'unità che richiede assistenza, non reca istruzioni destinate alle navi in transito che avrebbero costituito esclusiva prerogativa del competente centro di coordinamento maltese.
  Quanto al riferimento, infine, alla riferita prassi della marina libica di aprire il fuoco sulle unità dei migranti, nessuna evidenza o informazione risulta esser stata registrata al riguardo agli atti del Comando generale delle capitanerie di porto. Per quanto riguarda, in ultimo, l'attività di nave Libra, si rappresenta che, non appena informata dall'organo competente, che era la centrale operativa del Comando generale delle capitanerie di porto, Guardia costiera, delle attività di ricerca e soccorso in atto a cura del competente centro di coordinamento maltese, per linea di comando, la centrale operativa della Marina militare presso il comando in capo della squadra navale di Roma ha disposto, di propria iniziativa, che nave Libra, a circa 15 miglia nautiche dal Pag. 21natante in difficoltà, dirigesse verso il punto segnalato, impiegando anche il proprio elicottero che, come noto, giungeva sul luogo e avviava le operazioni di soccorso con lancio di salvagenti e zattera.
  Relativamente agli accordi posti in essere tra le Forze armate italiane e quelle libiche, si specifica che è attualmente in essere un memorandum d'intesa tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana e il Ministero della difesa di Libia sulla cooperazione nel settore della Difesa, firmato il 28 maggio 2012, in funzione del quale è stato fornito supporto alle Forze armate e di sicurezza libiche, con attività addestrative e formative prevalentemente mirate alle forze di terra e di polizia militare (ciò a cura dei Carabinieri).
  Poi, il 28 novembre 2013 è stata, altresì, anche in funzione di queste brutte esperienze, firmata un'intesa tecnica tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana e il Ministero della difesa della Libia relativa ad attività di addestramento di personale libico su territorio libico e italiano, funzionale all'addestramento di circa 2 mila unità di forze di terra, in accordo a quanto offerto nell'ambito del Summit G8 che si è svolto il 17-18 giugno 2013.

  PRESIDENTE. L'onorevole Frusone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  LUCA FRUSONE. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, nonostante non sia soddisfatto della risposta. Questa insoddisfazione, però, non nasce da un gioco politico di opposizione tra forze politiche, ma perché effettivamente una vera risposta non c’è stata. Lei sa che le interpellanze, le domande che poniamo, le facciamo per avere risposta e non per cavalcare l'onda emotiva e mediatica, anche perché parliamo di fatti dell'11 ottobre. Se avessimo voluto avere spazio sui giornali avremmo dovuto fare tutto ciò molto tempo fa. Anzi, abbiamo anche permesso il rinvio di questa interpellanza proprio perché ci teniamo ad avere informazioni. Le dico sin da subito che questa è solo la prima di una serie di iniziative su questo tema e quindi ci torneremo più avanti, anche perché il nostro compito è capire. Anzi, un pochino mi ha sollevato la sua premessa quando ha detto, appunto, che queste nostre attività servono proprio per evitare che qualcosa del genere si ripeta.
  In questo caso ci sono stati centinaia di morti. Attraverso il lavoro dei giornalisti, che fino alla fine fanno il loro lavoro, abbiamo conosciuto anche le storie di queste persone. Nonostante una parte di questo Parlamento voglia far passare questi disperati come persone che vengono qui per delinquere, per validare la loro linea ideologica e raccattare ancora qualche voto, in realtà queste persone cercavano un futuro migliore per la loro famiglia. Il dottor Jammo, quello che chiama i soccorsi, era appunto un dottore, primario ad Aleppo, anestesista. Mazen Dahhan, un altro sopravvissuto che, come il dottor Jammo ha perso la famiglia in questo incidente, era un neurochirurgo, entrambi scappati dalla Siria con le loro famiglie, visto che uno dei due era stato anche incarcerato perché voleva fare semplicemente il medico, cioè curare tutti.
  Le loro professionalità li hanno portati ad avere anche lavoro in Libia, ma sappiamo che quel luogo non è sicuro per un libico, figuriamoci per dei siriani. A quel punto hanno tentato di raggiungere la Svezia semplicemente per dare un futuro migliore ai loro figli e per non rischiare di salutarli una mattina quando escono di casa e non rivederli mai più tornare.
  Chi può biasimare un padre di famiglia per una cosa del genere ? Chi non avrebbe fatto la stessa identica cosa ? È per questo che continueremo a porre domande, a chiederci perché una nave che può fare, come ho detto prima, 17 nodi, ha impiegato 4 ore per raggiungere il luogo quando poteva farlo tranquillamente in un'ora e mezza; e soprattutto, perché quella nota, come dicevamo prima, possiamo chiamarla «hydrolant» o possiamo dire che è venuta da qualsiasi parte, che affermava: «assist if is possible», assistere se è possibile ... e penso che una nave incaricata Pag. 22proprio di fare quel lavoro debba appunto «assistere». Con questo non voglio certo colpevolizzare qualcuno, io ho conosciuto i marinai che lavorano nel canale di Sicilia, io ho visto come lavorano. Quelle persone, con un ordine impartito, a costo di distruggere la nave per le vibrazioni, non esiterebbero un attimo a recarsi nel posto indicato.
  Quindi, la mia domanda è sempre la stessa: che cosa non ha funzionato ? Inoltre, successivamente sono sorti anche nuovi fatti da tenere in considerazione. Infatti, il Primo Ministro maltese, Muscat, qualche settimana fa in televisione, ha parlato di una conversazione con il comandante delle Forze armate maltesi il quale gli riferisce che le persone stanno annegando e gli altri non intervengono. A quel punto, si chiedono: «che cosa facciamo ?» ed, allora, lui decide di intervenire. Quindi, chiaramente ci troviamo in una situazione di stallo dove i compiti non sono ben definiti e questi sono i risultati. E ciò porta sempre a farci la stessa domanda: che cosa non ha funzionato in questo momento ? Oggi spendiamo centinaia di milioni per Mare Nostrum; quel giorno, una nave era nelle prossimità del barcone. Perché non è partito subito l'elicottero ? Successivamente è partito per gettare dei salvagenti ma, alle 13, perché non è partito un elicottero ? Un elicottero 27 miglia le fa in pochissimo tempo, poteva anche vedere se si trattava semplicemente di un falso allarme, come ne accadono molti. Quando sono stato su uno di quei pattugliatori, abbiamo ricevuto delle segnalazioni che, alla fine, con l'elicottero, abbiamo visto che non erano vere. Quindi, perché non c’è stato lo stesso scrupolo in un certo senso ?
  Poi lei mi ha parlato anche di Amburgo. Certo, come posso dire, pacta sunt servanda, bisogna rispettare i patti. Ma noi possiamo permetterci la morte di centinaia di bambini per rispettare delle parole scritte su un pezzo di carta ? La zona Sar maltese poi è enorme, spropositata per un'isola di quelle dimensioni. Quindi, anche questo chiedo al Governo: di iniziare a parlare seriamente di queste Sar, di ridefinire queste Sar, perché sinceramente quella zona è sproporzionata per le capacità dell'isola di Malta.
  Poi, ritorno a quel giorno: che cosa non ha funzionato ? Ritorno a quella nota che è stata diramata a tutti. Forse non è arrivata sulla Libra, forse non funzionava il navtex in quel giorno ? Non lo sappiamo, queste sono tutte supposizioni. Però, noi spendiamo 6 miliardi di euro per nuove navi, ma se non funzionava forse quel giorno – ripeto, sono supposizioni –, veramente: non possiamo spendere qualche centinaio di euro per un sistema di comunicazione ? Non lo sappiamo, ripeto sempre, sono delle supposizioni, ma è proprio con questo spirito che siamo venuti oggi. Noi ne abbiamo fatte mille di supposizioni e volevamo semplicemente una risposta.
  Infatti, noi non siamo qui per mettere sotto accusa qualcuno. Siamo qui solamente a porre certe domande, perché semplicemente cerchiamo una cosa che è più grande di me, di lei e di tutta questa Aula: semplicemente la verità. Non lo facciamo per una caccia al colpevole, lo ripeto, ma per capire dove le cose non funzionano, per evitare che tutto questo si possa ripetere, per migliorare queste procedure, per essere veramente le sentinelle del Mediterraneo e preservare al meglio la cosa che è più importante al mondo: la vita in qualsiasi sua forma e in qualsiasi suo genere.

(Intendimenti circa l'estensione delle agevolazioni in materia di «microimpresa» anche alle ditte individuali, alle società di capitali, alle cooperative, alle società di fatto e alle società aventi socio unico – n. 2-00341)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cancelleri n. 2-00341, concernente intendimenti circa l'estensione delle agevolazioni in materia di «microimpresa» anche alle ditte individuali, alle società di capitali, alle cooperative, alle società di fatto e alle società aventi socio unico (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 23
  Chiedo all'onorevole Cancelleri se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, signora sottosegretario, con la presente interpellanza chiediamo di conoscere le intenzioni del Governo circa le future iniziative riguardo l'attività dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Invitalia. La citata agenzia svolge un ruolo importante, in particolare in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, dato che, su mandato del Governo, punta ad accrescere la competitività del Paese, ed in particolare del Mezzogiorno, sostenendo i settori strategici per lo sviluppo dell'economia tramite gli aiuti per l'innovazione e la crescita del sistema produttivo, l'attrazione degli investimenti e la valorizzazione delle potenzialità dei territori, come in Sicilia, in cui proprio Invitalia, insieme a Vodafone, investirà 50 milioni per lo sviluppo della banda larga.
  Per questi motivi, Invitalia risulta essere un valido ed efficace strumento di finanziamento alle imprese e di sviluppo dell'economia; non comprendiamo, quindi, perché porre dei limiti stringenti alle potenzialità dell'Agenzia. Per esempio, negli ultimi anni a livello normativo sono state introdotte delle semplificazioni per le società a responsabilità limitata, facilitandone la costituzione e riducendone i costi dell'avvio: perché allora non estendere le agevolazioni Invitalia anche ad altre fattispecie societarie, come appunto la società a responsabilità limitata semplificata ? Lo sforzo per sostenere la maggiore spesa sarebbe ricambiato dall'enorme beneficio di cui godrebbe la nostra economia. Si chiede quindi un impegno nel breve periodo, per sostenere una politica di ripresa di lungo periodo.
  Inoltre, il 10 per cento del totale dell'investimento è riservato alle spese di ristrutturazione, ma non è chiaro se tra queste siano incluse anche le spese per l'acquisto di pannelli solari, di impianti di geotermia e condizionatori, che andrebbero inclusi poiché permetterebbero alle imprese di ridurre i costi di gestione.
  Tale interpellanza si è resa urgente visto il momento storico in cui viviamo: Invitalia interviene per ampliare la competitività del Paese, che vive soprattutto grazie alle piccole e medie imprese, che oggi sono quelle che più subiscono la crisi e che quindi più di tutti hanno bisogno di un sostegno. Per questi motivi chiediamo se il Governo intenda assumere iniziative al fine di stanziare nuove risorse finanziarie all'Agenzia Invitalia, anche se negli ultimi atti esaminati dal Parlamento, che sono successivi al deposito dell'interpellanza, si è già fatto qualcosa in merito; se intenda estendere le agevolazioni per le microimprese anche alle ditte individuali, alla società di capitali, alle cooperative e alle società di fatto e a socio unico; e se intenda ricomprendere nella quota del 10 per cento del totale dell'investimento per le spese di ristrutturazione anche quelle sostenute per l'acquisto dei pannelli solari, impianti di geotermia e condizionatori. In altri termini, stiamo chiedendo se questo Governo ha interesse, intenzione di aiutare la ripresa economica delle piccole imprese.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rispetto al momento di presentazione dell'interpellanza il Governo oggi è in grado di riferire che le risorse disponibili concernenti le misure agevolative previste dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, non risultano più esaurite. Difatti, nell'ambito delle misure urgenti per l'occupazione giovanile e contro la povertà nel Mezzogiorno, sono stati destinati 80 milioni di euro per gli interventi per l'autoimpiego e l'autoimprenditorialità, di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000, così ripartiti: 26 milioni per il 2013, 26 milioni per il 2014 e 28 milioni per l'anno 2015. Destinatarie delle suddette risorse sono le regioni del Mezzogiorno come definite dal Piano di azione e di coesione, cioè Pag. 24Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
  A ciò può aggiungersi che il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto, con atto convenzionale sottoscritto in data 5 dicembre 2013, a destinare una dotazione aggiuntiva di 18 milioni di euro a valere sulle risorse del Programma operativo interregionale «Attrattori culturali, naturali e turismo», per il finanziamento di iniziative con i vincoli territoriali e tematici propri del suddetto Programma.
  La nuova dotazione finanziaria è concretamente operativa a seguito del comunicato pubblicato dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa nella Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 2013, che ha ripartito i termini per la presentazione delle domande, con decorrenza dal 17 dicembre.
  Per quanto attiene al quesito relativo all'estensione delle agevolazioni per le microimprese, non di diretta competenza del Ministero dello sviluppo economico, allo stato il quadro normativo risulta essere quello rappresentato dagli onorevoli interpellanti. La competenza specifica rispetto alle eventuali iniziative normative sollecitate afferisce al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del lavoro. Il Governo valuterà, ad ogni modo, con attenzione l'opportunità e la possibilità delle auspicate estensioni anche alla luce della loro compatibilità con il complessivo quadro normativo e finanziario.
  Con riferimento, infine, al quesito di cui al punto c), ugualmente non di diretta competenza del Ministero dello sviluppo economico, trattasi di questione interpretativa al momento disciplinata da circolari dell'Agenzia delle entrate. Il Governo si riserva, comunque, di fornire più puntuali elementi di informazione, alla luce dell'acquisizione degli orientamenti degli altri Ministeri competenti, richiesti ma non ancora pervenuti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Cancelleri ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, sì, sono soddisfatta perché, come avevo detto già nella fase di illustrazione, in seguito alla mia interpellanza abbiamo vagliato qui degli atti che appunto andavano verso la direzione che a me e ai miei colleghi interessava e quindi per questo sono soddisfatta e sono contenta che anche il Governo, come il mio gruppo, ritenga Invitalia un valido strumento soprattutto per il Mezzogiorno, ma ormai l'accesso al credito è diventata un'utopia anche per le altre regioni d'Italia.
  Per quanta riguarda gli altri punti, visto che sono di competenza di altri Ministeri, continueremo con la richiesta di informazioni, perché riteniamo che attività come quelle di Invitalia, nonostante delle luci oscure anche nella parte dirigenziale come spesso accade nel nostro Paese, siano comunque una delle attività da sostenere e quindi continueremo sia con la richiesta di informazioni, sia con un'attività, spero anche collaborativa, con il Governo.

(Elementi e iniziative in merito alla vicenda della sottrazione di una minore, cittadina italiana, da parte del padre, cittadino siriano colpito da un mandato di cattura internazionale – n. 2-00342)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Manlio Di Stefano n. 2-00342, concernente elementi e iniziative in merito alla vicenda della sottrazione di una minore, cittadina italiana, da parte del padre, cittadino siriano colpito da un mandato di cattura internazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Manlio Di Stefano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Pistelli qui presente. Intanto un po’ di storia: in data 18 dicembre 2011 a Vimercate il signor Kharat Mohammed, di origine siriana, ex marito della signora Alice Rossini, si reca appunto in casa della signora Rossini e rapisce la loro figlia, Houda Emma Kharat, Pag. 25di soli due anni, e fa perdere le sue tracce. La minore, secondo fonti che non sono giudiziarie bensì semplicemente di origine stampa, si troverebbe vicino ad Aleppo, in Siria.
   Alla luce della vicenda la signora Rossini intraprende chiaramente delle azioni, legate alla Convenzione dell'Aja e ai vari tribunali ai quali si è appellata, che sfociano in alcuni atti, tra i quali un provvedimento di decadenza della potestà genitoriale dell'ex marito, Kharat Mohammed, nei confronti della figlia e poi l'affidamento esclusivo della minore, Houda Emma, in favore della madre. Questi sono i due principali, chiaramente.
  In seguito, per i fatti sui quali procede, la procura della Repubblica emana un decreto di latitanza nei confronti dell'imputato, questo sempre nel 2012, ordina la custodia cautelare in carcere e un mandato di arresto internazionale. Quindi, parliamo di un soggetto che è sotto mandato di arresto internazionale.
  Dopo due anni, durante i quali non si è saputo più nulla e vi è stata solamente, mi viene da dire, da parte del Governo italiano, la piena disponibilità – questo, per carità, va riconosciuto – ad aiutare dal punto di vista logistico e diplomatico la signora Rossini, non si ottiene nulla.
  In questi due anni vi era stata, addirittura, anche la convocazione di un avvocato siriano che dovesse poi aiutare la signora Rossini a svolgere delle pratiche. Non si ottiene nulla. Il 12 novembre 2013 va in onda, sul famoso programma Le iene, un'intervista al signor Kharat. Quindi, sostanzialmente, in appena due settimane da quando si è avviata la ricerca da parte dei giornalisti de Le iene, si riesce non solo a trovare e a localizzare il signor Kharat, e probabilmente la bambina, ma anche, addirittura, a intervistarlo.
  Egli, con candido splendore, conferma tutte le accuse mosse e, in cambio della promessa di far rivedere, nemmeno riavere, la minore alla madre, chiede un passaporto italiano – che, tra l'altro, è una richiesta alquanto insensata, perché, chiaramente, per la legge italiana, si deve avere la cittadinanza italiana per avere un passaporto, ed egli non ce l'ha – e la remissione di tutte le querele a suo nome.
  La cosa incredibile è che questa storia contiene anche dei passaggi di forte preoccupazione di sicurezza nazionale, e li vado a esporre. Il signor Kharat, infatti, conferma di essersi imbarcato su un volo EasyJet diretto ad Atene senza alcun minimo controllo di frontiera – questo lo possiamo dire con tranquillità e con certezza, perché il signor Kharat era sprovvisto di un documento valido – insieme alla bambina, anch'essa sprovvista di un documento, e alla signora Sabrina Colnaghi, che, non sappiamo se in modo conscio o inconscio, risultava la madre della bambina durante questo viaggio; probabilmente, era una cosa concordata.
  Questo è il fattore di preoccupazione nazionale. Vi è anche un altro fattore: la bambina viene portata in un Paese che, come purtroppo sappiamo tutti, è devastato da una guerra civile. Non solo, è un Paese che, per via della sharia, la legge attuata in Siria, non riconosce alla minore alcun tipo di diritto, perché il matrimonio non è stato «trasferito» anche in Siria, e quindi la bambina risulta figlia di un padre non sposato.
  Di conseguenza, è un concepimento extra coniugale e di conseguenza la bambina non ha alcun tipo di diritto in Siria: risulta esclusivamente cittadina italiana. Ora, con memoria del 18 novembre 2013, la signora Rossini chiedeva l'esecuzione di tutte le attività necessarie al rimpatrio della minore e rivolgeva queste richieste sia alla procura della Repubblica sia al Ministero degli affari esteri sia alle autorità italiane interessate alla vicenda, quindi i Ministeri dell'interno e della giustizia, e agli organi internazionali, quindi l'Interpol.
  Noi ci chiediamo, sostanzialmente, con questa interpellanza, intanto come sia stato possibile il fatto che una trasmissione televisiva sia arrivata dove, in due anni, non è arrivata né la Polizia di Stato, né l'Interpol, né l'ambasciata d'Italia a Damasco; come sia possibile che una persona sprovvista di un documento di identità valido – capisco che questa non sia Pag. 26prettamente materia del Ministero degli affari esteri, però, siccome, purtroppo, le interpellanze non si possono fare a un «multi Ministro», mi auguro che lei ci fornisca qualche dettaglio in più, altrimenti ci riserveremo un'interpellanza specifica all'altro Ministro – e con due denunce a carico per violenza domestica e aggressione abbia lasciato l'Italia bypassando ogni controllo; come il Governo intenda intervenire, a fronte delle richieste dell'uomo, per riportare a casa la piccola Houda Emma.
  Queste, sostanzialmente, sono le nostre richieste. Ci tengo a dire che noi chiaramente, oltre a ritenere la bambina in pericolo di vita, essendo in un territorio abbastanza pericoloso in questo momento, ci siamo fatti carico della voce, in realtà, della madre, che, da ormai due anni, vive con l'angoscia di non sapere in che condizioni sia sua figlia: sa che è viva dall'intervista de Le iene, ma non sa null'altro. Quindi, continueremo a monitorare questa questione, speriamo in una stretta collaborazione con il Ministero degli affari esteri e con tutti quegli attori che possano aiutarci in tale caso.

  PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Lapo Pistelli, ha facoltà di rispondere.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, grazie all'onorevole Di Stefano. Come l'onorevole Di Stefano sa, questa vicenda è stata già oggetto di altri atti di sindacato ispettivo al Senato nel corso del 2012 e quindi abbiamo, diciamo, un aggiornamento sul fascicolo. È evidentemente una vicenda che ha profili umanitari molto delicati e, come già Di Stefano ha detto, io in questo caso faccio da porte-parole rispetto a un complesso di competenze che riguardano prevalentemente la giustizia e l'interno perché, come l'onorevole Di Stefano sa, la Farnesina non ha né competenza specifica sulle procedure di collaborazione con le forze di polizia e le magistrature di altri Paesi, e questo è l'ambito in cui si inquadra la questione del mandato di cattura internazionale spiccato nei confronti del cittadino siriano padre della minore, di Houda Emma, né ha competenza – in questo caso è l'interno – per il controllo di frontiera sull'uscita dal Paese.
  A questo purtroppo aggiungo – e questo è l'elemento di aggiornamento reale, diciamo così, per quanto riguarda gli affari esteri – che l'azione in Siria oggi è sostanzialmente resa, diciamo con un eufemismo, complessa a causa della sospensione delle attività dell'ambasciata a Damasco, a partire dal 14 marzo 2012. Quindi, se nel precedente atto, che altro collega pose al Senato, potevamo dire al tempo di avere operato da Damasco e poi successivamente diramato, tramite note verbali e informazioni, alle sedi diplomatiche e consolari dei Paesi limitrofi – ben venti – le informazioni a nostra disposizione, oggi in Siria questo è reso evidentemente molto, molto più complicato.
  Quindi, in questo quadro tengo a sottolineare che la Farnesina, nell'ambito di queste competenze, ha seguito, come ha potuto, fin dall'inizio e con il massimo impegno, la vicenda di Houda Emma, ripeto prima tramite l'ambasciata italiana, quando era aperta, sollecitando le autorità siriane a fornire ogni possibile assistenza e mantenendo i contatti con i legali della signora Rossini, con l'Interpol e con le altre autorità coinvolte, sia italiane che siriane. Successivamente, da quel momento in poi, tramite le ambasciate dei Paesi limitrofi, in particolar modo Turchia, Giordania e Libano.
  Sui punti sollevati, il primo punto, come sia stato possibile che una trasmissione televisiva sia arrivata dove in due anni non è arrivata la polizia di Stato né l'Interpol né l'ambasciata, sull'ambasciata ho già detto. Il secondo punto è come sia possibile che il padre della minore abbia lasciato l'Italia bypassando il controllo. Qui metto insieme, diciamo così, elementi che vengono dal Ministero dell'interno e da quello della giustizia. Dati gli accertamenti che sono stati eseguiti dall'ufficio di polizia di frontiera di Milano Malpensa, presso EasyJet, emerge questa ricostruzione: il 18 dicembre 2011, come richiamato, Pag. 27Mohammed Kharat, cittadino siriano, unitamente alla figlia di due anni, Houda Emma, e alla signora Sabrina Colnaghi, lascia il territorio nazionale diretto ad Atene. In particolare, è accertato che il gruppo si presenta direttamente al gate di imbarco, atteso che le operazioni di web check-in erano state effettuate dall'agenzia di viaggio direttamente il giorno prima ed è la stessa agenzia che aveva provveduto ad emettere i biglietti di sola andata a favore dei due adulti in quanto, come lei sa, i minori sino ai due anni sono soltanto soggetti al pagamento delle tasse aeroportuali. Ulteriori verifiche permettono di accertare che il Kharat in data 17 novembre si era già recato ad Atene, con partenza dallo scalo di Malpensa, facendo rientro il giorno successivo e testando, appunto, la possibilità, con il web check-in, di passare in questo modo.
  Alla luce delle direttive che regolano oggi le modalità di accettazione sui voli con destinazione nei Paesi Schengen, queste consentono ai passeggeri di presentarsi direttamente al gate di imbarco muniti di valido documento di viaggio e di carta di imbarco. Ora, Kharat si è presentato con Houda Emma all'imbarco per il volo di Atene, dove le attività sono poste in essere dal personale della compagnia e dal personale della società di gestione aeroportuale. La piccola Houda Emma al momento dell'imbarco, il 18 dicembre 2011, risulta titolare di una valida carta di identità – valida –, rilasciata dal comune di Cornate D'Adda, con assenso contestuale di entrambi i genitori e di un valido passaporto emesso dalla questura di Milano. Infatti, la madre della minore, la signora Rossini, che voi avete seguito e che noi stiamo seguendo, ha presentato la revoca all'assenso dell'espatrio della bambina presso il commissariato di pubblica sicurezza di Monza il successivo 24 dicembre, cioè 6 giorni dopo che la bambina, con valido documento di identità, era già andata via e avendo il precedente giorno 19, cioè il giorno dopo la partenza della bambina, sporto querela presso la stazione dei carabinieri di Trezzo sull'Adda nei confronti di Kharat per sottrazione, appunto, di minore.
  Dice a questo punto il Ministero della giustizia: su questa vicenda l'autorità centrale, competente ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ha reso noto di aver ricevuto il 21 gennaio 2012 una richiesta di avvio della procedura per il rimpatrio della minore. Due giorni dopo, il 23 gennaio, la stessa autorità ha informato telefonicamente il rappresentante legale della signora Rossini che la procedura convenzionale di rimpatrio non poteva essere attivata, in quanto la Siria non rientra tra gli Stati aderenti alla citata Convenzione dell'Aja del 1980. Dunque, a quel punto, l'autorità centrale ha reso noto che le indagini comunque condotte in Siria per rintracciare la minore – è immaginabile – erano risultate vane, come riportato poi puntualmente dalle informative dell'Interpol.
  Ritorno agli interni. Il 21 aprile 2012 il giudice per le indagini preliminari di Monza emette, nei confronti del padre della minore siriano, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che è stata richiamata, per il reato di sottrazione e trattenimento di minore all'estero – articolo 574-bis del codice penale – nonché, il 2 maggio successivo – siamo sempre nel 2012 – mandato di arresto europeo. Il 10 maggio 2012 il Ministero della giustizia italiano inoltra alle autorità siriane domanda di ricerca e di arresto provvisorio, ai fini estradizionali, sempre nei confronti di Kharat.
  Quindi, prima il tema, come si vede, passa attraverso il tentativo di esperire le procedure dell'Aja e poi, dopo, si arriva ad un mandato di cattura. Si aggiunge che l'Arma dei carabinieri viene delegata, dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Monza, all'espletamento di tutte le necessarie attività investigative, che sono tuttora coperte da segreto istruttorio.
  La vicenda è stata più volte oggetto di discussione e analisi nell'ambito della task Pag. 28force interministeriale che si occupa delle situazioni particolarmente critiche sui minori contesi all'estero. Il servizio per la cooperazione internazionale di polizia ha poi provveduto ad interessare l'esperto per la sicurezza in Ankara, in Turchia, al fine di coinvolgere le autorità turche, in modo che fossero effettuati, se possibile, degli accertamenti mirati all'interno del campo profughi, che si chiama «Bab al-Salam», che è quello sito in località Azaz, in Siria, in prossimità del confine turco. Questo per una ragione, che una bambina rassomigliante a Houda Emma sarebbe stata riconosciuta nel febbraio di quell'anno da due operatori dell'associazione umanitaria «Time4Life», che erano impegnati in attività di assistenza presso il campo profughi che ho appena richiamato e che si erano dunque dichiarati disponibili a collaborare con le autorità italiane per la ricerca della minore.
  Il Ministero a quel punto aveva segnalato al servizio per la cooperazione internazionale di polizia che la madre della bambina aveva riconosciuto durante una trasmissione televisiva, La Storia siamo noi, dal titolo «Siria 2.0: la battaglia di Aleppo», che era andata in onda l'8 ottobre 2012, che sia la figlia sia il padre, Kharat, erano appunto stati inquadrati in questo campo profughi ubicato presso il confine turco. Non è la risposta certa del perché la trasmissione televisiva è andata lì, però a me risulta che anche, appunto, gli operatori umanitari e la madre stessa avevano riconosciuto, in una trasmissione sulla Siria, l'inquadratura della bambina e del padre. Da qui, immagino, che questo sia stato il canale poi seguito anche dall'altra trasmissione televisiva.
  Nello scorso mese di aprile la compagnia dei carabinieri di Vimercate, a seguito dell'indagine svolta e delegata dalla procura di Milano, e sempre con l'ausilio dello stesso servizio, direzione centrale della polizia criminale del servizio per la cooperazione internazionale di polizia, ha appurato che il cittadino siriano Yaser Hazwani, parente di questo catturando, è entrato più volte in territorio turco per poi fare ingresso in Siria, notizia confermata dall'ufficio dell'ambasciata italiana ad Ankara al legale di fiducia della signora Rossini.
  Dunque, appositamente informata, a questo punto l'autorità giudiziaria ha delegato i carabinieri ad acquisire ogni utile informazione circa gli spostamenti di questo signore, di questo Hazwani, dall'Italia alla Turchia, al fine di concordare, per il tramite di questo servizio di cooperazione che ho citato, con le autorità turche un'attività di verifica dei luoghi di destinazione per la ricerca del catturando: se io seguo il parente, arriverò prima o poi anche al padre.
  Questo è quello che è stato fatto e la spiegazione del perché, secondo noi, rimettendo insieme le informazioni, la trasmissione televisiva abbia seguito di fatto altre trasmissioni televisive, cioè questo riconoscimento di immagini fatto da La Storia siamo noi e quello che si è fatto e per quale ragione è stato possibile, nel dicembre di due anni fa sostanzialmente, l'uscita da Milano Malpensa utilizzando questa griglia normativa relativa al web check-in e a documenti di identità al tempo validi, denunciati e revocati soltanto successivamente all'uscita della bambina.
  Punto tre: come intende il Governo a questo punto operare per riportare a casa la piccola. Qui faccio riferimento ad informazioni che sono sostanzialmente del Ministero della giustizia. Il Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia ha trasmesso, il 15 luglio dell'anno scorso ormai, all'omologa autorità di Ankara, in Turchia, ai sensi degli articoli 3 e 7 della Convenzione dell'Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, l'istanza presentata dalla Signora Rossini e finalizzata al rimpatrio della figlia.
  Sulla vicenda la procura della Repubblica presso il tribunale di Monza ci riferisce che è pendente un procedimento penale iscritto in relazione alle reciproche denunce per violazione dell'articolo 574 Pag. 29del codice penale, cioè sottrazione di persone incapaci, presentate reciprocamente fra i due coniugi, Alice Rossini e Mohammed Kharat.
  Nell'ambito di questo procedimento è stata stralciata la posizione della signora Rossini ed è stata fatta richiesta di archiviazione, che è già stata accolta con decreto di archiviazione del GIP nel marzo 2013, mentre a questo punto il signor Kharat, già colpito da misura cautelare in carcere, emessa nell'aprile dell'anno scorso dal GIP presso il tribunale di Monza, latitante, risulta in questo momento rinviato a giudizio davanti al medesimo tribunale. Informo l'onorevole Di Stefano che la prima udienza di questo procedimento è fissata per il 30 gennaio di quest'anno.
  Questo è il quadro fino a qui. È chiaro che tramite la cooperazione fra i due Ministeri, soprattutto a questo punto il Ministero di giustizia e gli omologhi nei Paesi che ho citato, noi rimaniamo alla ricerca sia del padre latitante che della figlia, sapendo però – voi lo comprendete bene – che la criticità della situazione in Siria è in questo momento assolutamente elevatissima. Posso dire che in tutte le nostre articolazioni noi non lasceremo niente di intentato e continueremo a incentivare la cooperazione fra i tre Ministeri per fare ogni possibile sforzo al fine di riportare in Italia la piccola Houda Emma.

  PRESIDENTE. L'onorevole Manlio Di Stefano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, chiaramente ringrazio il Viceministro Pistelli per la dettagliata ricostruzione e mi dichiaro parzialmente soddisfatto, nel senso che chiaramente si apprezza il fatto che la situazione venga monitorata e che la signora possa avere assistenza da parte del Governo italiano. Quello che continua a preoccuparmi è sostanzialmente la facilità con la quale tutto il piano si è compiuto. Nel senso che da quello che mi risulta non mi è sembrato onestamente – poi magari avrò la relazione – troppo chiaro da capire: la bambina aveva questo documento, che però non era valido per l'espatrio. Io sapevo una carta di identità, verificheremo questo chiaramente, poi magari mi darà la relazione, così la rileggo.
  Ma la cosa preoccupante è che mi si dice che sostanzialmente il vulnus è la procedura del check-in elettronico in sostanza, che per me in realtà non dovrebbe compromettere la sicurezza dell'ingresso e dell'uscita da un Paese e dei controlli di frontiera. Quindi, evidentemente, abbiamo dei nuovi canali da andare a controllare, se una procedura aeroportuale permette sostanzialmente l'uscita di una bambina di due anni con il genitore per andare in Siria senza assolutamente alcun controllo particolare.
  Tant’è che lui stesso, il signor Kharat, sapendo di dover fare qualcosa che non era esattamente legale, aveva fatto un test prima di compiere l'atto, quindi evidentemente c’è un vulnus nel nostro sistema frontaliero che va evidentemente monitorato. In questo caso chiaramente non è questo il nodo della mia interpellanza, che appunto serve e deve servire di più a tranquillizzare la signora Rossini. Però, anche lì, va bene che l'ambasciata a Damasco non è più operativa, ma – ribadisco – credo che neanche Le Iene avessero un'ambasciata di riferimento. Di conseguenza, loro hanno agito sostanzialmente; non sono né diplomatici né autorità, quindi non hanno l'assistenza che può avere un'autorità governativa, ma nonostante tutto sono riusciti – tranquillamente mi viene da dire – a trovare il padre e a intervistarlo.
  Quindi, io chiedo: ok che non c’è l'ambasciata, ma possiamo fare qualcosa dal punto di vista della pressione internazionale affinché probabilmente l'Interpol si prenda davvero carico di questa azione e la compia in modo più determinato ? Perché evidentemente, se ci riesce un giornalista, ci poteva riuscire anche l'Interpol Pag. 30con un po’ più di intenzione e di volontà. Non credo che ci dovremmo trovare fra un altro anno a fare l'interrogazione direttamente a Le Iene. Speriamo di farlo con una risposta positiva direttamente al Governo.
  Quindi, noi rimaniamo con questi dubbi, che sicuramente trasmetteremo poi al Ministero dell'interno per quanto riguarda la fase di gestione frontaliera e le chiediamo, in qualità di Ministero degli affari esteri, di continuare ad aggiornare, non dico necessariamente l'Aula, ma il nostro gruppo e la signora – cosa che fate già, immagino – su tutti i progressi che ci saranno. Specialmente chiedo, a nome della signora Rossini e degli avvocati della signora Rossini, di fare pressione sull'Interpol nella ricerca di questa bambina, perché è vero che è stata riconosciuta in un campo profughi, ma è vero anche che l'intervista, a quanto pare, da parte de Le Iene è stata effettivamente al confine turco-siriano, quindi in prossimità del campo profughi di cui parlavamo. Probabilmente, in effetti la bambina, si trova lì, e di conseguenza dovrebbe essere alquanto facile rintracciarla, quanto meno. Poi non sarà magari altrettanto facile riportarla in Italia, nonostante – tengo a ricordare – la bambina abbia esclusiva cittadinanza italiana e quindi in questo momento sia una nostra minore rapita in un altro Paese. Quindi, ok le convenzioni Aia, che non sono siglate dalla Siria, ma qui si aprono tanti altri capitoli di interesse diplomatico tra i due Paese che dovremo portare avanti.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ne approfitto per salutare gli alunni e i docenti della scuola elementare Pablo Neruda di Roma e dell'Istituto comprensivo statale via Soriso di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Grazie per essere qui a seguire i nostri lavori. Oggi siamo in una fase di sindacato ispettivo, quindi partecipano i colleghi deputati che sono presentatori di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti in merito alla recente pubblicazione sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri di Linee guida per un'informazione rispettosa delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender – n. 2-00346)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Roccella ed altri n. 2-00346, concernente chiarimenti in merito alla recente pubblicazione sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri di Linee guida per un'informazione rispettosa delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Roccella se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  EUGENIA ROCCELLA. Signor Presidente, vorrei sottolineare che questa interpellanza è stata firmata da tutto il gruppo del Nuovo Centrodestra ed è stata presentata anche identica al Senato, sempre firmata da tutto il gruppo del Nuovo Centrodestra anche al Senato. Perché questa unanimità ? Perché qui non si tratta, secondo noi, di sostenitori della famiglia o sostenitori delle unioni di fatto, sostenitori di eterosessuali o omosessuali, e non si tratta soprattutto di lotta contro la discriminazione. Qui si tratta di qualcosa che secondo noi dovrebbe unire tutti, cioè del diritto alla liberà di espressione. Noi ci siamo trovati di fronte alla pubblicazione sul sito della Presidenza del Consiglio di un documento prodotto dall'UNAR che dovrebbe essere l'Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali, che è stato fatto in applicazione della direttiva comunitaria 2000/43/CE, e che invece si occupava di tutt'altro e ha prodotto, appunto, questa specie di codice denominato «Linee guide per un'informazione rispettosa delle persone LGBT», ma più che di linee guida si tratta, secondo noi, di un codice di autocensura. Questo senza che nessuna norma di legge abbia previsto l'allargamento delle competenze dell'UNAR anche al tema in questione, cioè alle persone Pag. 31LGBT. Il Viceministro Guerra ha difeso il codice quando ci sono stati alcuni attacchi sulla stampa, non soltanto attacchi politici, ma attacchi di giornalisti, dicendo che si tratta di strumenti per riflettere.
  Ma a me sembra appunto che non si tratta di un strumenti per riflettere, si tratta di un decalogo con un vocabolario che mette al bando vocaboli precisi e lo fa a un livello istituzionale cioè con il potere pervasivo che possono avere strategie, campagne e programmi di questo tipo. Un'iniziativa condotta tra l'altro con il patrocinio dell'ordine dei giornalisti – questo mi stupisce moltissimo essendo io, tra l'altro, una giornalista professionista iscritta all'ordine – e mirata a rilevare le cosiddette scorrettezze anche in rapporti eventuali e additarle evidentemente all'ordine o magari, come è stato scritto sulla stampa, ma di questo chiedo proprio conferma al Viceministro, chiedendo all'ordine di attivare procedimenti sul piano deontologico contro chi contravviene alle linee guida dell'UNAR.
  Dentro queste linee guida c’è una serie di indicazioni che fanno capire in che direzione ci si muove con molta chiarezza: la direzione è l'eufemismo e la censura. La creazione di un vocabolario non solo politicamente corretto, ma che sostanzialmente mascheri la verità finché, come diceva Chesterton, saremo tutti costretti a combattere per affermare delle verità elementari come che l'erba sia verde. Alcune indicazioni sono magari pignole, ma sostanzialmente inoffensive come l'esame dettagliato del genere degli articoli con cui definire i trans oppure sono eufemismi assolutamente accettabili come «lavoratrici del sesso» al posto di altre definizioni che possono suonare offensive. Altre sono volutamente astratte, come il fatto che si chiede di non parlare di adozioni e matrimonio gay e in questo modo si raggiunge una falsa neutralità, cioè si mettono tutte le famiglie sullo stesso piano semantico, annullando ogni differenza perché, a questo punto, il giornalista non può nemmeno segnalare la differenza tra una famiglia composta da due persone dello stesso sesso o una famiglia, invece, composta da persone di differente sesso.
  Mi domando a questo punto anche come si possa accettare la definizione della famiglia contenuta alla nostra Costituzione, cioè come società naturale fondata sul matrimonio. Infatti nel codice la definizione viene considerata scorretta, anche se non si cita la Costituzione, perché l'aggettivo «naturale» va eliminato. C’è un apposito paragrafetto, a pagina 15, se non sbaglio, si considera l'aggettivo «naturale» improponibile.
  Però due punti mi hanno veramente colpito e dico anche scandalizzato. Il primo è la volontà di cancellare la dizione «utero in affitto» quando si parla dei contratti di affitto e compravendita del corpo femminile che riguardano le nuove tecniche di procreazione assistita. Questo lo ritengo davvero grave prima di tutto come donna. Bisogna parlare, invece, di madri surrogate, di gestazione per altri, eccetera. Tutti eufemismi che cancellano in questo caso la semplice verità del mercato che si crea sul corpo della donna ogni volta che si accede a questo tipo di tecniche, cioè sostanzialmente alla fecondazione eterologa. Un mercato che si è creato sul corpo delle donne, trattato da mero contenitore, che chiunque può verificare semplicemente facendo un giro su Internet. Tra l'altro, un mercato che consiste in una forma di sfruttamento grave nei confronti delle donne povere, spesso di Paesi terzi, che ha prodotto anche alcuni morti, soprattutto nel caso dell'ovodonazione e, quindi, dei trattamenti ormonali relativi alla sovrapproduzione di ovociti per le donne che devono vendere questi ovociti sul mercato. Io ho già combattuto contro la falsità del termine bugiardo di ovodonazione perché anche qui non insiste una donazione, neanche di gameti maschili che sarebbe molto più facile, non parliamo di ovociti che richiedono trattamenti ormonali pesanti e un piccolo intervento.
  Si tratta, appunto, di forme di sfruttamento. Tra l'altro, cancellando la dizione «utero in affitto», si vuole negare semplicemente Pag. 32la realtà di questo mercato, che, tra l'altro, vorrei sottolineare al Viceministro, avviene con forti connotazioni razziste. Su questo, forse, probabilmente, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), che avrebbe il compito di vigilare proprio sulle discriminazioni etniche e razziali, potrebbe anche aprire una riflessione, perché gli ovociti delle donne di colore non hanno lo stesso valore sul mercato degli ovociti delle donne bianche.
  La seconda questione che mi ha molto colpito è la teorizzazione dell'assenza di contraddittorio. Questo codice è stato stilato in collaborazione solo con associazioni del mondo LGBT, senza quindi la caratteristica, l'imparzialità, che è chiesta anche che nella norma di legge con cui si è costituito l'UNAR, all'UNAR stesso, ma qui si teorizza proprio l'assenza di contraddittorio. A pagina 19 ci si chiede: ma quando serve il contraddittorio ? Io direi che serve sempre ! Che serve sempre il confronto delle idee, che serve sempre il contraddittorio. E quindi ritengo estremamente pericoloso, per delle linee guida dirette ai giornalisti, che si ritenga che l'assenza di contraddittorio sia un fatto normale e che si possa tranquillamente presentare solo una faccia della medaglia e ignorare l'altra.
  Quindi, noi chiediamo a quale titolo, prima di tutto, l'UNAR si interessi delle persone LGBT, avendo come missione, invece, quella di occuparsi delle discriminazioni di ordine razziale ed etnico; e poi se il Governo appoggi sostanzialmente le tesi contenute in questo documento, visto che non solo l'UNAR agisce all'interno, sotto il controllo della Presidenza del Consiglio, ma che, appunto, il documento è stato pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio.

  PRESIDENTE. La Viceministra del lavoro e delle politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con l'interpellanza presentata dall'onorevole Roccella, si chiede al Governo di illustrare a quale titolo l'UNAR – istituzionalmente deputato a garantire la parità di trattamento e il contrasto delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica – si occupi anche del contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.
  Preliminarmente vorrei ricordare che il contrasto alle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere è materia di competenza del Dipartimento delle pari opportunità, di cui l'UNAR è una articolazione.
  L'articolo 16 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o ottobre 2012 prevede, infatti, che il Dipartimento per le pari opportunità, all'interno del quale opera l'UNAR, cito testualmente «è la struttura di supporto al Presidente che opera nell'area funzionale inerente alla promozione ed al coordinamento delle politiche dei diritti della persona, delle pari opportunità e della parità di trattamento e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere ogni forma e causa di discriminazione.»
  Peraltro, queste funzioni sono state riconfermate nella delega in materia di pari opportunità al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nella quale è previsto che il Ministro sia delegato a – cito ancora testualmente – «promuovere e coordinare le azioni di Governo in tema di diritti umani delle donne e diritti delle persone nonché le azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere tutte le forme di discriminazione per cause direttamente o indirettamente fondate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età, l'orientamento sessuale e l'identità di genere»; «promuovere e coordinare le attività finalizzate all'attuazione del principio di parità di trattamento, pari opportunità e non discriminazione nei confronti delle persone disabili, degli anziani e delle persone LGBT».
  In secondo luogo, va sottolineato che la normativa del 2003, citata dagli onorevoli interpellanti, attribuisce dei compiti all'UNAR. Ciò non impedisce che ulteriori Pag. 33compiti possano essere attribuiti all'ufficio, nell'ambito dell'attività propria del Dipartimento di pari opportunità. In particolare, l'articolo 8 del decreto ministeriale del 4 dicembre 2012, ha riconosciuto all'UNAR la funzione di garantire «l'effettività del principio di parità di trattamento tra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro discriminazioni, nonché di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica».
  Inoltre, le direttive generali per l'azione amministrativa e la gestione del Dipartimento per le pari opportunità per gli anni 2012 e 2013 hanno previsto l'assegnazione all'UNAR dell'obiettivo operativo «Programma di prevenzione e contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e promozione della inclusione sociale delle persone LGBT». L'elaborazione di questo programma, che poi è stato denominato «strategia» è avvenuta attraverso il confronto con le associazioni più rappresentative delle persone LGBT, che sono l'oggetto delle discriminazioni che la strategia intende rimuovere secondo una prassi seguita anche per le altre strategie rivolte a rimuovere altre forme di discriminazione, quali ad esempio quelle fondate su motivazioni di discriminazione etnica o razziale, che sono state messe a punto con il confronto con le associazioni che si occupano di questi temi.
  Voglio sottolineare che la Strategia nazionale LGBT – piano programmatico per il triennio 2013-2015 – rientra negli impegni assunti dal Governo italiano a seguito della sua adozione, con decreto ministeriale del 16 aprile 2013.
  La Strategia, quindi, indica come uno dei quattro assi prioritari di intervento proprio l'asse «media e comunicazione», sottolineando l'importanza del ruolo dei media nella prevenzione e nel contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, in considerazione della potenzialità che i media possono avere, da un lato, nel promuovere la conoscenza dei fatti e dei dati sulla discriminazione, ma, dall'altro, anche, involontariamente, nel veicolarne gli stereotipi. Anche involontariamente: può essere volontario o involontario. È nell'ambito di questo asse che sono state...

  PRESIDENTE. Scusi Viceministro. Colleghi, per favore. Prego.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. È nell'ambito di questo asse che sono state elaborate le «linee guida per un'informazione rispettosa delle persone LGBT». In particolare, queste linee guida sono state redatte nel percorso di attuazione di un progetto finanziato dal Consiglio d'Europa, in attuazione del Programma «Combattere le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», a cui l'Italia ha aderito, in linea con la raccomandazione del 2010, n. 5. Nell'ambito di questo progetto è stato realizzato un ciclo di seminari dal titolo «L'orgoglio e i pregiudizi», patrocinati dalla Federazione nazionale della stampa, oltre che dall'Ordine dei giornalisti. I quattro seminari che si sono tenuti l'ottobre scorso a Milano, Palermo, Napoli e Roma hanno visto un'ampia partecipazione di giornalisti, blogger ed esperti della comunicazione. Da questi seminari è emerso che il linguaggio, da un lato, ha una forza straordinaria nel veicolare gli stereotipi e i pregiudizi, che sono alla base della discriminazione, dall'altro, ha il potere di diffondere messaggi positivi di rispetto ed inclusione sociale che fanno già parte del patrimonio culturale di uno Stato democratico.
  In ragione del forte interesse suscitato dai seminari e dai laboratori svolti nell'ambito del progetto, che porta il logo del Consiglio di Europa, si è deciso di tradurre i risultati ed i punti comuni emersi dal dibattito in un documento che potesse aiutare chiunque desideri affrontare e conoscere i delicati temi LGBT. Le linee guida, quindi, non sono, non vogliono e non potrebbero essere una carta deontologica: sono semplicemente uno strumento di lavoro, il cui scopo è quello di aiutare ad evitare che l'informazione professionale veicoli stereotipi e pregiudizi. Quindi, non Pag. 34c’è nessuna imposizione, nessuna possibilità di fare ricorso all'Ordine, nessuna previsione di multe, di condanne, niente di tutto questo: è uno strumento di lavoro, che è frutto di un confronto seminariale fatto con la stampa, patrocinato dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione della stampa, con il patrocinio del Consiglio d'Europa.
  Il fatto che la stampa abbia accolto esattamente nel senso in cui doveva essere questo strumento, lo ravviso anche nelle parole che sono state dette, scritte dal presidente della Federazione nazionale della stampa, Giovanni Rossi, che, parlando, appunto, delle linee guida, ha sostenuto che «saper trattare questo tema con la necessaria delicatezza e responsabilità, rifuggendo dai luoghi comuni non è una limitazione al libero esercizio dell'attività giornalistica, ma l'espressione di una più alta qualità professionale».
  Aggiungo – non voglio entrare nel merito di ciascuna delle cose che sono scritte nelle linee guida – che non si sostengono delle tesi, si propone un linguaggio, sottolineando come alcuni termini che vengono usati possono risultare offensivi per le persone LGBT. Quindi, anche l'espressione «utero in affitto» e la trattazione che del tema che si fa non è finalizzata a sostenere che la «gestazione d'appoggio» sia una cosa che debba essere legittima o giusta, non ci si pone neppure nell'ambito di questo problema.
  Si sottolinea che il termine «utero in affitto» ha un connotato in sé, come termine utilizzato, offensivo, sia per la donna, che viene appunto ridotta al suo utero, sia per le persone che ritengono di poter ricorrere a questo strumento per perseguire la finalità di avere un figlio. Dopodiché, si può discutere del merito, cioè di quel tipo di attività o di gestazione, ma qui ci si limita a considerare soltanto il problema dal punto di vista del linguaggio. Quindi, il percorso che è stato seguito è un percorso che ha avuto varie validazioni da vari Ministri, quindi anche da vari Governi, e il proposito non è un proposito di indottrinamento, di Minculpop, come molti hanno detto, ma al contrario di servizio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Roccella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  EUGENIA ROCCELLA. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Guerra e mi dispiace dire che non sono soddisfatta, ma non lo sono. Entro un attimo, visto che lo ha fatto il Viceministro, nel merito della questione dell'utero in affitto: non è il termine che è offensivo, è la realtà che è offensiva. Quindi, se si nasconde il termine, cioè se si nasconde attraverso un termine eufemistico la realtà, non si può nemmeno lottare contro questa realtà, non si può nemmeno giudicare questa realtà. Invece, la comunicazione e la professione del giornalista serve a offre elementi di giudizio. Se lei dice che tutto questo deve servire a fornire strumenti di riflessione, rispettare la verità mi sembra fondamentale, quindi dare, offrire, termini che indichino le cose come stanno e non cerchino invece di mascherarle.
  Ma questo è un discorso che potremmo aprire in altra sede. Io vorrei dire, invece, che da quello che dice il Viceministro mi sembra che ci sia un problema su questo allargamento dell'UNAR ad altri scopi, altri compiti e ad altre competenze, perché non c’è, da quello che ho sentito, una norma di pari rango rispetto a quella con cui è stata costituita l'UNAR. Quindi, l'allargamento di competenza mi sembra sostanzialmente illegittimo visto che è stato costituito con un decreto legislativo. Quindi, per allargare i compiti credo serva una norma perlomeno di pari rango. Io penso, invece, che sia fondamentale anche evitare che il Governo venga implicato in temi così delicati e soprattutto che coinvolgono proprio la libertà di espressione. Quindi, non si tratta, come ha detto prima, di dividersi tra chi sostiene la famiglia e chi sostiene le unioni di fatto o chi lotta contro le discriminazioni, perché su quello invece potremo sicuramente trovare dei modi più coinvolgenti per tutti, più condivisi, Pag. 35per lottare contro le discriminazioni, su cui non credo ci sia un disaccordo, assolutamente. Credo che, invece, qui si tratti della libertà di espressione, quindi di tutt'altro tema, e credo che non si faccia la lotta contro le discriminazioni attraverso l'autocensura o attraverso l'invito a censurare. Temo che, invece, in questo decalogo, in queste linee guida di censura sostanzialmente si tratti.

(Iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali presso gli stabilimenti delle aziende STMicroelectronics e Micron presenti in Italia – n. 2-00356)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Tripiedi n. 2-00356, concernente iniziative volte a salvaguardare i livelli occupazionali presso gli stabilimenti delle aziende STMicroelectronics e Micron presenti in Italia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Davide Tripiedi se intenda illustrare la sua interpellanza.

  DAVIDE TRIPIEDI. Signor Presidente, premetto che sono preoccupatissimo per i lavoratori di STM, che è un'azienda multinazionale leader nel settore dello sviluppo e della produzione di semiconduttori su scala mondiale e tra le più importanti al mondo nell'ambito delle memorie non volatili; e siamo orgogliosi che sia un'azienda partecipata dallo Stato che guarda al futuro. In Italia, STM impiega 4.500 dipendenti nel sito di Agrate Brianza, 1.000 a Cornaredo, 4.000 a Catania, 300 divisi tra Napoli, Palermo e Lecce, per un totale di 9.800 dipendenti.
  Nel luglio 2007, presso il Ministero dello sviluppo economico, è stato siglato un protocollo d'intesa nel quale, oltre a prevedere investimenti e dare prospettiva ai siti italiani, si è accompagnata l'operazione di cessione del ramo delle memorie di ST all'alleanza ST-Intel-Francisco Partners dalla quale è nata Numonyx.
  Con tale protocollo il Governo si è fatto garante dell'intera operazione, sia per quanto riguarda la conservazione dei livelli occupazionali, sia per il mantenimento delle attività produttive e di ricerca nel territorio italiano. Nello stesso incontro, il Governo si è impegnato, tramite l'allora Ministro del tesoro, ora Ministro dell'economia e delle finanze, al mantenimento della partecipazione azionaria della STMicroelectronics, controllandola praticamente con lo Stato francese. Nello stesso accordo, ST si è impegnata ad affrontare eventuali problemi occupazionali per il quadriennio successivo, rinnovando tale impegno successivamente alla vendita a Micron presso il Ministero dello sviluppo economico.
  Nel 2008, ST ha acquisito NXP Wireless e poi, con un'alleanza con Ericsson mobile platform, ha formato la società ST-Ericsson con l'obiettivo di diventare numero uno nel settore. Tale operazione ha però portato ad importanti perdite economiche.
  Nel 2010, ST, il Governo italiano e Numonyx decidono di cedere tutte le quote della società in maniera definitiva a Micron, multinazionale americana, che dichiarerà da subito di non voler sfruttare il contratto di programma che prevedeva investimenti al sud e al nord del nostro Paese, evitando così vincoli di permanenza in Italia. Tali operazioni hanno avuto un notevole impatto industriale e un non trascurabile risvolto sul sistema economico del Paese.
  La vendita di Numonyx ha significato cedere a una multinazionale americana un bagaglio tecnologico di brevetti, prodotti all'avanguardia e capacità professionali distribuiti nel più grande e innovativo centro di ricerca tecnologico del Paese situato ad Agrate Brianza, a cui vanno aggiunti i due centri di progettazione di Arzano e di Catania, per un totale di 1.600 lavoratori, di cui 700 ad altissimo profilo professionale.
  Le dirigenze di ST e Numonyx prima e di Micron poi avevano dichiarato di voler garantire lunga vita al settore della ricerca nei siti italiani, grazie anche ad un accordo di programma firmato con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le regioni interessate di Lombardia Pag. 36e Sicilia, che avrebbero dovuto assicurare alla Numonyx-Micron un finanziamento di 180 milioni di euro su generici progetti di ricerca. Tale progetto, così poco definito dalle aziende, a tutt'oggi ha creato la conseguenza di avere oltre mille posti di lavoro a rischio.
  Micron ha annunciato una riduzione del personale del 5 per cento a livello mondiale, equivalente a 1.500 dipendenti circa, che coinvolgerà anche i siti italiani, in particolare quello di Agrate, con la perdita di posti di lavoro di diverse centinaia di dipendenti causata dal calo del fatturato e delle sovrapposizioni determinate dall'acquisto della multinazionale giapponese Elpida che possiede centri avanzatissimi di ricerca e sviluppo in Giappone.
  Micron ha annunciato l'intento di delocalizzare. A livello europeo, l'operazione di acquisizione di NXP e la nascita di ST-Ericsson hanno determinato uno squilibrio occupazionale a favore della Francia che ha visto crescere i dipendenti dell'azienda a 11.000, facendo scendere quelli italiani a 8.500. Lo Stato francese ha adottato, in questi anni, una politica mirata di incentivi al settore della microelettronica, riuscendo a preservare e a rafforzare i progetti nazionali del settore.
  STMicroelectronics, oltre che ad essere una controllata dello Stato francese, lo è anche dello Stato italiano attraverso una partecipazione azionaria del 27,6 per cento; il Governo italiano vorrebbe cedere la quota di STMicroelectronics per 700 milioni di euro. Cedere la quota che attualmente lo Stato italiano possiede significa dirottare milioni di euro di investimenti fuori dall'Italia nei siti presenti in Francia e nel Sud-est asiatico, dove la concorrenza sui costi non ha eguali rispetto a quella di un Paese come il nostro ad alto costo del lavoro, fatto con produzione in assenza, nella maggior parte dei casi, di innovazione.
  Se il Ministro interpellato ritenga opportuno avviare una fase di mediazione nei confronti di STM e Micron per la tutela dei posti di lavoro, coinvolgendo al tempo stesso le istituzioni, a partire da quelle locali, affinché ciascuno per le proprie responsabilità eserciti il proprio ruolo per garantire il mantenimento dell'occupazione in prospettiva futura; e se lo stesso Ministro, a fronte degli intenti di delocalizzazione all'estero di parte della produzione dei diversi siti delle aziende in questione, intenda adottare misure preventive atte ad assicurare un futuro lavorativo certo di tutti i dipendenti italiani attualmente impiegati nelle aziende STM e Micron.

  PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, l'interpellanza è rivolta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dello sviluppo economico; abbiamo quindi acquisito informazioni presso tutti e due i Ministeri. L'interpellanza concerne la situazione aziendale ed occupazionale della STM Srl e della Micron Semiconductor Italia.
  La STM è una nota società italo-francese, partecipata in misura paritaria dai rispettivi Governi nazionali, che opera nel settore della ricerca e produzione di componenti elettronici. La predetta società, avente sede legale ed amministrativa ad Agrate Brianza e unità produttive dislocate sul territorio nazionale, occupa circa 9 mila dipendenti.
  In merito alle vicende societarie, faccio presente che la competente Direzione territoriale del Ministero che rappresento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha evidenziato in primo luogo che negli ultimi tre anni non vi è stato alcun significativo ricorso agli ammortizzatori sociali, a riprova della stabilità dei livelli occupazionali. Soltanto nei primi mesi del 2013 è stata attivata una procedura di cassa integrazione ordinaria che ha interessato poche unità lavorative nello stabilimento di Catania, ma attualmente questa procedura si è già conclusa senza alcun riflesso sull'impiego dei lavoratori.
  Per quanto invece concerne la Micron Srl, società appartenente alla holding statunitense Pag. 37che opera nel settore dei semiconduttori a livello mondiale, è presente in Italia con cinque siti produttivi, al momento ubicati nelle stesse aree utilizzate dalla STM. La Micron Srl è attiva essenzialmente nel mercato delle memorie per dispositivi industriali, fra cui i telefoni cellulari, lettori MP3 e fotocamere digitali. Il competente ufficio territoriale di questo Ministero ha sottolineato che la predetta società sta effettivamente vagliando l'ipotesi di un eventuale trasferimento dell'attività produttiva svolta ad Agrate in altri stabilimenti limitrofi alla medesima sede, motivando questa decisione con la finalità di conseguire minori oneri gestionali.
  In merito alla situazione occupazionale, la Direzione territoriale del lavoro di Milano ha evidenziato che la società ha avviato, nel dicembre 2012, la procedura di mobilità per riduzione di personale ai sensi della legge n. 223 del 1991. Questa procedura, terminata lo scorso 31 dicembre 2013, ha interessato 11 lavoratori nello stabilimento di Agrate e 9 in quello di Catania, ed era articolata sul criterio della non opposizione individuale, che prevedeva la riallocazione del lavoratore interessato alla procedura presso reparti in cui si creavano disponibilità per la cessazione di altri dipendenti. Al termine della procedura gli 11 lavoratori di Agrate hanno ripreso l'attività lavorativa, mentre su Catania 3 unità lavorative sono state riallocate e le restanti 6 sono, al momento, inutilizzate pur rimanendo in forza all'impresa.
  Allo stato la Micron non ha previsto il ricorso agli strumenti di integrazione salariale previsti dalla vigente normativa. Tuttavia, i responsabili aziendali hanno evidenziato che le strategie aziendali sono necessariamente assunte dalla holding americana che controlla la società italiana.
  Il Ministero dello sviluppo economico – che abbiamo appunto interessato della questione – ha fatto sapere che lo scorso 11 dicembre si è svolto un incontro cui hanno partecipato rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, degli enti territoriali e i vertici aziendali, le rappresentanze sindacali dei lavoratori, riguardante la situazione della STM. In tale sede il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico ha chiarito alle organizzazioni sindacali che per il Governo il settore della microelettronica è un settore strategico, non ci sarà disimpegno; in tal senso è già previsto, per il prossimo 23 gennaio, un tavolo di settore sulla microelettronica.
  Ha chiarito anche che la partecipazione in STM è basata su accordi con lo Stato francese, e per modificare la partecipazione italiana occorrerebbe quindi un accordo con la Francia, che non è previsto: non ci saranno infatti modifiche degli accordi in essere, e la partecipazione resterà paritetica con la Francia; qualsiasi modifica non potrebbe che avvenire in accordo con il Governo francese, e se dovessero cambiare le quote cambierebbero in modo paritetico per entrambi gli Stati.
  Da ultimo, nel rilevare che ad oggi – questo è il punto importante per il nostro Ministero – non è stato richiesto dalle parti sociali alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale, posso, però, assicurare la massima attenzione del Ministero che rappresento, unita alla disponibilità ad un confronto con tutte le parti coinvolte, al fine di individuare le soluzioni più idonee per i lavoratori interessati, mettendo in campo tutti gli strumenti previsti dalla normativa vigente a salvaguardia dei livelli occupazionali e delle condizioni reddituali delle persone coinvolte.

  PRESIDENTE. L'onorevole Currò ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Tripiedi n. 2-00356, di cui è cofirmatario.

  TOMMASO CURRÒ. Signor Presidente, noi ci dichiariamo insoddisfatti delle risposte e innanzitutto esprimiamo la nostra solidarietà a tutti quei lavoratori che oggi affrontano le difficoltà appunto connesse alle crisi che sono state oggetto della nostra interpellanza.
  Vorrei dire al Ministro, che la ringrazio innanzitutto per aver ricordato la questione Pag. 38della CIG che è stata fatta a catena nel 2013 e dell'incontro che si è avuto presso il MISE l'11 dicembre. Siamo contenti che adesso, il 23 gennaio, si aprirà un tavolo sul tema della microelettronica e quindi del comparto dei semiconduttori. In merito alla questione che il Ministro sottolineava rispetto alla cessione di queste quote e ai rapporti paritetici con la Francia, devo dire che ciò che preoccupa – non soltanto noi, ma i lavoratori e le sigle sindacali – è il fatto di quali saranno poi le evoluzioni di quelle operazioni. Ci auguriamo appunto che dietro l'ufficialità di queste operazioni non si nascondano e non si annidino poi altri più oscuri e meno chiari interessi e propositi che anche lì abbiano altri risvolti.
  Allora, mi permetta di fare un ragionamento più ampio rispetto a quello che lei ha qui testé sottolineato, perché vede, caro Ministro, il settore ed il comparto della microelettronica è un comparto industriale ed una ricchezza manifatturiera del nostro Paese che a mio avviso e a nostro avviso oggi è sotto-considerata dalla politica. Noi rileviamo una distanza siderale tra la concezione che la politica ha di questo settore, dei potenziali innovativi e tecnologici e, come sottolineava il collega, anche relativi alle risorse umane e al know-how che è impiegato.
  Prendo un attimo adesso traccia del mio discorso e dico che da più parti si odono proclami da parte di esponenti illustri dei partiti di maggioranza inerenti la necessità di porre il lavoro al centro dell'agenda politica. Qui bisogna chiarire il fatto che i cittadini devono aspettarsi dalla politica una chiara e netta posizione in favore dei lavoratori e del lavoro in seno ad un'azienda come la STMicroelectronics. Non si tratta qui di mantenere in piedi posti di lavoro con logiche assistenziali, come si è fatto e si continua a fare anche con altri comparti manifatturieri del nostro Paese e per mantenere anche il nostro tessuto produttivo italiano, ma si tratta di tenere salda in mano al nostro Paese l'opportunità di investire in un settore produttivo di eccellenza, di altissimo profilo per il valore aggiunto dei suoi prodotti. Si tratta di sostenere la crescita, quella famosa crescita di cui tanto teorizzate – ma appunto solo teorizzate – attraverso il lavoro e partendo dal lavoro, nonché da un piano di politiche di sviluppo che possono e devono vedere lo Stato svolgere attivamente il proprio ruolo di indirizzo sulle politiche di investimento delle sue stesse partecipate. Nel settore della microelettronica e nella ST in modo particolare ce n’è l'opportunità, signor Ministro. Diciamolo a chi ci ascolta, cerchiamo di chiarire il quadro: ST rappresenta una società multinazionale sana, che ha saputo fare della sostenibilità socio-economica e ambientale un valore centrale, imponendosi come un soggetto credibile e affidabile che produce ricerca e sviluppo in tecnologie avanzate e che procura sul territorio nazionale notevoli opportunità di sviluppo.
  Non so se ci ricordiamo di cosa stiamo parlando, parliamo di quella storia imprenditoriale, industriale e manageriale la quale, in un periodo in cui era ancora lontana anni luce l'idea che la sostenibilità ambientale potesse essere coniugata con l'idea di profitto, ebbene la ST lo dimostrava al mondo intero e ne suggeriva un modello da adottare per tutti.
  Era il lontano 1997 e da allora ci si aspettava una progressiva crescita del settore nel nostro Paese, che non vi è stata. Al Sud, poi, rappresenta, senza paura di smentita – lo dico con piena chiarezza – la più avanzata e brillante realtà industriale. Un tempo la politica parlava di «questione meridionale» per indicare lo storico problema del mancato sviluppo del Mezzogiorno. Poi, il termine è caduto in disuso, ma la questione è sempre lì, signori. La ripropongo io alla politica, la riproponiamo noi alla politica, in una chiave propositiva e innovativa, la questione meridionale. Esiste una Silicon Valley italiana: si chiama «Etna Valley», un distretto tecnologico che potrebbe essere per il Mezzogiorno e per il Paese intero una via di emancipazione storica.
  Non facciamola morire, per favore ! È un patrimonio di cui andare orgogliosi, signor Viceministro. Il Governo attui ed Pag. 39eserciti le proprie attribuzioni e i propri diritti e poteri partecipativi sociali; incida sulla Regione siciliana, per esempio, in modo serio e immediato. Vi è una latitanza inaccettabile, da questo punto di vista. Indirizzi le politiche di investimento, ponendo a priorità i progetti ed i piani industriali. La invito a far visita ai plant di produzione catanesi e di Agrate: uscirà da lì dentro entusiasta e contribuirà ad avvicinare la politica alla percezione di quella realtà manifatturiera.
  Sa che meraviglia vedere dentro l'azienda, a Catania, le fotografie delle donne degli anni Sessanta che già lavoravano li, perché all'epoca poi l'azienda ebbe un'evoluzione: impiantò i primi plant, negli anni Sessanta si facevano vecchi transistor. Ebbene, queste donne, giovanissime, vivevano una stagione di emancipazione sociale. Attorno a quella realtà industriale, cioè, si viveva un'emancipazione sociale delle donne. Quindi, al Sud, quello rappresentava un faro per lo sviluppo. Oggi noi dobbiamo assolutamente conservare quel patrimonio storico e sociale.
  L'errore che il Governo italiano sta facendo, signori, è quello di non considerare che ST, oltre a quanto detto, è un'azienda che genera utili, che ogni anno apporta dividendi per circa 40 milioni di euro al bilancio dello Stato ed ulteriori milioni di euro in tasse e contributi. Oggi gli intendimenti sono quelli di rinunciare a questa voce di entrata per adempiere agli impegni di cassa del Patto di stabilità ? Occhio, signori, è uno scenario già visto e che presenta profili di rischio sui quali questa forza politica non lesinerà alcuno sforzo di controllo.
  Vi stiamo con il fiato sul collo. I lavoratori dei siti di Agrate, Brianza, Cornaredo, Catania, Napoli, Palermo e Lecce chiedono chiarezza, laddove, e non è circostanza di poco conto, la STMicroelectronics impiega un considerevole numero di dipendenti nelle realtà del Sud Italia, dove altresì, solo attraverso proclami, ma non con i fatti, come dicevo poc'anzi, questo Governo paventa iniziative per il rilancio dell'occupazione. La Commissione europea, signor Viceministro, ha varato una campagna per coordinare gli investimenti pubblici – è questo un punto importantissimo – nel settore della micro e nanoelettronica, il famoso Horizon 2020, con l'obiettivo di espandere la base manifatturiera europea di punta.
  La cosa grave è che, in un momento in cui la UE decide di investire in questo settore 100 miliardi di euro, che si stima possano creare, negli Stati membri, 250 mila nuovi posti di lavoro, noi decidiamo di scendere da questo treno e siamo oggi costretti a discutere di rischi occupazionali in seno ad una realtà aziendale sana e per di più ricca di prospettive, come ho sottolineato, ma non per una crisi di settore – faccio notare che ultime rilevazioni su Micron parlano di rally sui mercati azionari e anche la STMicroelectronics presenta utili di fatturato –, non perché ne sussista alcuna effettiva necessità, ma solo a causa di scelte strategiche che risulterebbero improbe ed illogiche, se non addirittura subordinate a dinamiche estranee agli interessi nazionali, nel momento in cui prevedessero svendite e dismissioni, con relative possibili ricadute sul piano occupazionale per la STMicroelectronics, nonché per il comparto in genere.
  Allora, occorre difendere l'italianità, caro Viceministro, quando già altri Paesi membri lo fanno. Veda Francia e Germania: la Francia difende questo settore, se lo tiene come un gioiello; la Germania, a Dresda, riesce ad attuare politiche di sviluppo eccezionali. Hanno una capacità di attrazione dei capitali che è fantastica. Noi restiamo sempre indietro, non si capisce perché.

  PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

  TOMMASO CURRÒ. Termino, termino, Presidente. La ringrazio. Allora bisogna dare segnali chiari in tal senso; già questo darebbe fiducia ai lavoratori, agli impiegati, alle loro famiglie. Non pensate che abbiano diritto di sentirsi difesi e tutelati dallo Stato ?
  Perché deve sempre giungere loro un messaggio di schiavitù a rigori contabili ? Non lo riusciamo a comprendere questo ? Pag. 40Se siete in buona fede spiegatelo con chiarezza a loro ed a noi. Ed allora, signor Ministro, concludo chiedendo di non sottovalutare l'enorme opportunità che ci si presenta dinanzi garantendo standard occupazionali relativamente al settore veramente strategico e brillante dei semiconduttori e della microelettronica. Sono sicuro che ST saprà cogliere le opportunità che saranno offerte dalle politiche europee di coesione e sviluppo, ma il Governo faccia la sua parte, noi – siccome non possiamo e non dobbiamo perdere questa occasione – vi staremo con il fiato sul collo (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative urgenti in merito alle condizioni dei migranti nel Cento di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa e ad una riforma complessiva dei centri di identificazione ed espulsione e dei centri di accoglienza – n. 2-00355)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fratoianni ed altri n. 2-00355, concernente iniziative urgenti in merito alle condizioni dei migranti nel Cento di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa e ad una riforma complessiva dei centri di identificazione ed espulsione e dei centri di accoglienza (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Migliore se intenda illustrare l'interpellanza Fratoianni n. 2-00355, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, grazie signor sottosegretario, in questo momento ritengo sia assolutamente prioritario che il Governo e il Parlamento intervengano per una modifica complessiva della legislazione vigente riguardo la materia concernente l'afflusso dei migranti, la loro condizione di vita – e spesso di detenzione – sul nostro territorio, la nostra capacità di interpretare questo mutamento epocale che ormai si protrae da molti decenni, alla luce delle esigenze e anche del riconoscimento di uno Stato che dovrebbe ritenersi realmente civile.
  Per questo motivo noi, immediatamente all'indomani di quelle che furono immagini scioccanti riprese dal servizio pubblico nazionale, dal TG2, presentammo questa interpellanza urgente. I motivi di urgenza di questa interpellanza, legati alla condizione del centro di Lampedusa, in parte sono stati affrontati anche dal Governo, e questo lo riconosciamo. Ad ogni modo, all'indomani della più grande strage, almeno tra quelle conosciute, che colpì e funestò il Mar Mediterraneo e che ci portò lì, assieme alla Presidente della Camera Laura Boldrini e ad una delegazione di parlamentari, tra i quali il collega Currò che ha appena parlato, noi verificammo le condizioni davvero intollerabili del centro di Lampedusa. Si tratta di condizioni largamente denunciate e previste che vedevano un sovraffollamento testimoniato solo dopo molti mesi e l'ennesima denuncia sul servizio pubblico nazionale davanti a milioni di cittadine e cittadini offesi e sgomenti rispetto a quello che dovrebbe essere il dovere di uno Stato.
  Per questo motivo io penso che il caso di Lampedusa, rispetto al quale il Governo ha operato un parziale svuotamento – oggi è sostanzialmente al di sotto anche della capacità di accoglienza –, debba essere utilizzato da noi per interrogare il Governo sugli interventi strutturali e permanenti relativamente alla politica di accoglienza. Ovviamente, per quanto ci riguarda, il primo intervento dovrebbe contemplare una revisione complessiva della normativa a partire dalla Bossi-Fini che ha istituito una serie di reati alcuni dei quali si sono aggiunti anche in corso d'opera dopo la prima approvazione: mi riferisco al reato di clandestinità ed alla definizione di una serie di centri concentrazionali che vanno ben al di là dello stesso mandato previsto dalla legge. Si consente ad una serie di appaltatori di gestire questi centri traendone grossi profitti, senza la presenza dei servizi minimi Pag. 41da rendere ai migranti, spesso appena approdati sul nostro territorio dopo faticosi e pericolosi viaggi.
  Noi quindi siamo convinti che si debba trovare un intervento assolutamente strutturale. È necessario chiudere i CIE, basti ricordare anche gli ultimi accadimenti, quelli che hanno visto la rivolta delle bocche cucite a Ponte Galeria e ciò che è accaduto in tanti altri centri. È necessario che non vengano più considerati dei veri e propri ghetti i CARA, come il CARA di Mineo, che è in questo momento con una popolazione stimata di qualche migliaio di persone, oltre al doppio della capacità di accoglienza. È necessario che i centri di accoglienza siano davvero dei centri di prima accoglienza, nei quali la permanenza non possa superare che qualche giorno.
  Quindi, nelle more di una revisione complessiva della materia e anche della legislazione vigente, di una normativa adeguata relativamente al diritto di asilo e alla possibilità di concedere, in una nuova riorganizzazione di queste politiche, anche dei permessi per ricerca di lavoro innanzitutto ai migranti che affluiscono sul nostro territorio, io penso che si debba intervenire sulle condizioni con un monitoraggio, così come è stato fatto a Lampedusa, che non necessiti l'arrivo delle troupe dei TG.
  Peraltro, noi abbiamo fatto nel corso di queste settimane una serie di interventi ed ispezioni a sorpresa e come gruppo di SEL siamo stati presenti in molti centri per denunciare le condizioni che in maniera più eclatante sono state manifestate alla popolazione italiana appunto da quel servizio del TG2. Ed è per questo motivo che io ritengo che non siamo né al sicuro rispetto a quelli che sono i doveri di uno Stato nei confronti di persone che non possono essere detenute – in ragione del fatto che sono migranti magari richiedenti asilo –, ma eventualmente solo identificate, e che si debba essere attenti anche in virtù dei numerosi moniti che sono stati lanciati dalla Commissione europea rispetto alla condizione nei nostri centri, condizione – ripeto – che è ormai al di là di ogni tollerabilità.
  Questo è il motivo per il quale mi rivolgo con grande intensità al Ministero dell'interno, al Ministero per l'integrazione ed in generale a tutto il Governo. Si tratta di una questione che ha pari valore e dignità rispetto alla stessa condizione ormai insopportabile ed inumana nelle carceri italiane. Infatti in questi centri, di fatto, si pratica un regime detentivo e non possono, questi centri, esercitare un regime detentivo, con una serie di limitazioni della libertà personale – al di là di quella di movimento – che non possono essere contemplate in un Paese civile.
  Questo è il motivo per il quale noi la interpelliamo, perché vorremmo che ogni nostra sollecitazione costituisse un incentivo a risolvere i problemi a legislazione vigente e un indirizzo rispetto a quelle che sono le scelte che dovranno essere compiute dal Parlamento in maniera da rivedere tutta la normativa.
  Per questo motivo, peraltro, ritengo che si debba essere molto più incisivi anche al livello europeo. Siamo alla vigilia di un'importante competizione elettorale, come quella delle elezioni europee. Credo che il tema di quale Europa vogliamo sia un tema centrale, che sta a cuore a molte e a molti di noi, in particolare a coloro i quali respingono la crescita dei nazionalismi e del populismo, che si alimenta, come è ben noto, da pulsioni xenofobe. E xenofobe sono le leggi dello Stato italiano, che sono state realizzate in un clima di xenofobia al Governo, clima che io auguro, pur dall'opposizione a questo Governo, possa essere respinto da questo Esecutivo.
  Questo clima, che è stato prima politico e poi normato da leggi dello Stato, oggi deve essere invertito, sia con una campagna all'interno dell'opinione pubblica, che dia il dovuto rispetto alle persone, indipendentemente dalla loro provenienza geografica, sia con la possibilità di intervenire sulla scena europea alla vigilia del delicato semestre europeo alla Presidenza italiana, nel quale noi non ci possiamo presentare né con questa condizione delle Pag. 42carceri – insisto a dirlo – né con la condizione, che registriamo quotidianamente, dei centri di accoglienza, dei centri di identificazione ed espulsione e dei centri per i richiedenti asilo, che sono sul nostro territorio.
  Cosa volete fare ? Questa è la nostra interpellanza. Non ci venga a dire che quello che è stato già fatto a Lampedusa è sufficiente. È meno di quello che era tollerabile, visto che noi avevamo denunciato esattamente le stesse cose immediatamente dopo il grande naufragio dei mesi scorsi. Quindi, ci dica il Governo che intende fare dal punto di vista sistemico, complessivo, stabile, rispetto al nostro Paese. Noi lo chiediamo con pacatezza e con fermezza ed è il motivo per il quale non smetteremo mai di presentare né atti di sindacato ispettivo né proposte di legge né interventi che mirino a sottolineare questo come uno dei punti centrali da cui ripartire per dare dignità non tanto a quelle che sono delle iniziative di un partito, ma alle persone alle quali questa dignità è stata negata e allo Stato, il nostro Stato, che questa dignità l'ha perduta.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Fratoianni, Migliore ed altri – l'onorevole Migliore l'ha appena illustrata – riportano al centro dell'attenzione un episodio che si è verificato a Lampedusa e più in generale, traendo spunto da quello, la situazione dei CIE e dei centri di accoglienza. Per quanto riguarda l'episodio di Lampedusa, la rabbia e l'indignazione per la vicenda, sulla quale aveva già riferito in quest'Aula il Ministro dell'interno, impongono una risposta immediata per evitare che fatti del genere ovviamente abbiano a ripetersi.
  In questa ottica – l'ha già detto il Ministro Alfano e lo ripeto oggi io – è stata immediatamente avviata una procedura di risoluzione della convenzione con la cooperativa affidataria della gestione del Centro per grave inadempienza contrattuale, alla quale farà seguito l'affidamento ad un nuovo gestore, che potrebbe essere individuato in un soggetto di indiscussa capacità e di assoluto prestigio internazionale, come per esempio la Croce Rossa italiana.
  Ovviamente questa strada va verificata dal punto di vista della praticabilità giuridica per l'ottima ragione che, come l'interpellante sa, i centri sono affidati, a seguito di gara d'appalto, a struttura privata e non sono gestiti direttamente dal Ministero dell'interno.
  Nella stessa direzione, però, traendo spunto da quell'episodio, sono state fornite precise indicazioni alle singole prefetture interessate, che sono poi gli organismi deputati al controllo del rispetto dei capitolati, che, per l'appunto, consentano di verificare l'adempimento di tutti gli obblighi cui i privati gestori sono tenuti, affinché, tramite queste indicazioni, di intesa con le organizzazioni umanitarie aderenti al progetto Praesidium, dispongano un piano straordinario di ispezioni più incisive possibilmente di quelle che ci sono state fino ad ora, volte a verificare che nell'espletamento dei servizi erogati agli ospiti delle strutture di accoglienza sia sempre tutelata la dignità dei migranti, nonché garantite le condizioni di sicurezza all'interno dei centri.
  Sotto un profilo più generale – visto che era questo il secondo obiettivo dell'interpellanza – dall'inizio di questa legislatura posso segnalare che sono state avviate molte iniziative sul tema dell'asilo e dell'accoglienza sia sul piano operativo, sia su quello normativo, anche in risposta al massiccio afflusso di migranti verificatosi sulle nostre coste, dal momento che, bene o male, con i numeri bisogna poi in definitiva confrontarsi. In effetti, lo scorso anno sono giunti oltre 43 mila stranieri di cui più di 14 mila sono sbarcati a Lampedusa.
  In particolare, sono state attivate circa 60 strutture temporanee di primissima accoglienza ed è prevista la prossima istituzione, a San Giuliano di Puglia, di un Pag. 43nuovo centro governativo dedicato ai migranti vulnerabili, famiglie e minori in particolare, nel quale potranno essere ospitate fino a 1.000 persone.
  Nei prossimi mesi dovranno pure concludersi i lavori di ristrutturazione del Centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa, iniziati il 10 novembre scorso, che consentiranno di ampliarne la capienza fino a più di 350 posti.
  Queste iniziative avranno positive ripercussioni sulla gestione del Centro, riducendo la possibilità che si verifichino condizioni di sovraffollamento e di eccessiva sollecitazione della ricettività della struttura, come quelle che l'interpellante evidenziava dinanzi.
  In ogni caso voglio ricordare che, nell'ambito del piano dei trasferimenti predisposto dal competente dipartimento del Ministero dell'interno, i cittadini stranieri giunti sull'isola di Lampedusa vengono rapidamente condotti, a mezzo nave o voli charter, verso altri centri e strutture della rete SPRAR dislocati sul territorio nazionale.
  Per quanto riguarda le presenze di immigrati nel Centro, negli ultimi giorni sono stati ospitati diciassette cittadini stranieri. Mi preme sottolineare però che si tratta di cittadini stranieri a disposizione dell'autorità giudiziaria per esigenze processuali, cioè che non si trovano lì per una scelta del Ministro dell'interno o del Ministero dell'interno, bensì per scelte – sulle quali non è possibile da parte nostra interferire – dell'autorità giudiziaria.
  Il cittadino siriano, autore del video trasmesso dagli organi di informazione, si è allontanato arbitrariamente dal Centro nella mattina del 29 dicembre scorso con una nave diretta a Porto Empedocle, mentre nella giornata di ieri tre cittadini di nazionalità eritrea sono stati trasferiti al Centro di Pozzallo dopo aver partecipato a un'udienza presso il Tribunale di Agrigento.
  Attualmente, quindi, in conclusione, presso il Centro di Lampedusa risultano presenti 13 persone, e sono tutte persone a disposizione dell'autorità giudiziaria, come rammentavo prima. Questi migranti, infatti, parteciperanno nelle prossime settimane a due udienze presso il Tribunale di Palermo, a conclusione delle quali saranno accompagnati presso il predetto Centro di Pozzallo.
  Più specificatamente, venendo alle fasi successive alla prima accoglienza e ai percorsi preordinati all'inclusione sociale, mi preme evidenziare gli sforzi, anche finanziari, sostenuti per l'ampliamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, cosiddetto SPRAR. Il Sistema, che garantisce già oggi quasi diecimila posti in accoglienza (erano tremila negli anni scorsi), sarà ulteriormente potenziato fino a raggiungere nel corso del prossimo triennio la non trascurabile cifra di sedicimila posti.
  Gli enti locali restano comunque obbligati a garantire una percentuale di posti aggiuntivi, qualora se ne ravvisi l'esigenza, sulla base di un modello di accoglienza volto sempre più al coinvolgimento attivo e responsabile dei territori.
  In questo contesto, ricordo anche che è stata potenziata la rete delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, con l'istituzione, in aggiunta alle dieci Commissioni esistenti, di sei sezioni, che potranno essere ulteriormente aumentate fino a un massimo di dieci.
  L'impegno del Ministero dell'interno proseguirà con la revisione del capitolato generale di appalto per la gestione dei centri di accoglienza, in un'ottica di razionalizzazione e di miglioramento dei servizi attualmente resi.
  Nel contempo, sarà emanata una direttiva di carattere generale sulle buone prassi individuate dalle organizzazioni umanitarie che curano il monitoraggio sul funzionamento dei centri per immigrati e fornite indicazioni sui correttivi da apportare per una migliore organizzazione dei servizi e ovviamente per rendere la disciplina omogenea su tutto il territorio nazionale, visto che oggi, quando diventa un problema di ordine pubblico, tende ad essere singola per ogni singolo centro.
  Saranno poi rivisti i prezzi posti a base delle gare per l'affidamento della gestione Pag. 44dei centri, anche in rapporto alla loro capienza, al fine di elevare da una parte gli standard dei servizi erogati, dall'altra di consentire di una maggiore partecipazione e – da augurarsi – una partecipazione il più possibile qualificata dei soggetti che poi gestiranno i centri medesimi.
  Voglio anche assicurare che sarà cura del Ministero dell'interno accelerare i tempi di attuazione delle nuove direttive comunitarie in materia di accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale (cosiddetta «direttiva accoglienza») e di procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (cosiddetta «direttiva procedure»). Ciò consentirà di giungere, nel minor tempo possibile, a una definizione più puntuale delle regole che presiedono al sistema di accoglienza italiano, anche con riguardo all'attività di monitoraggio e alla regolamentazione degli accessi ai centri, mediante l'introduzione di norme che semplifichino le procedure di esame delle domande di protezione internazionale, anche al fine evidentemente di accorciare i tempi di permanenza in queste strutture.
  Il Governo è consapevole che i problemi segnalati dagli onorevoli interpellanti vanno affrontati con decisione e intende farlo in questa logica, promuovendo, pur nelle attuali ristrettezze di bilancio, un significativo miglioramento degli standard di accoglienza e un maggior livello di sicurezza degli stranieri e degli operatori dei centri.
  Per quanto riguarda la riforma complessiva dell'intero sistema (sul quale peraltro vi sono state due mozioni con il parere favorevole del Governo approvate in quest'aula che costituiscono un po’ una road map di quelli che saranno i passi successivi) ovviamente le modifiche normative richiedono un percorso normativo di più ampio respiro, in quanto necessitano di un sostanziale contributo da parte di quest'Aula, in considerazione della particolarità della materia, destinata inevitabilmente ad incidere sul delicato equilibrio tra sicurezza e diritti fondamentali della persona.

  PRESIDENTE. L'onorevole Migliore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
  Prima però mi consenta di salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Via Anagni» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Prego, onorevole Migliore.

  GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, signor sottosegretario, no, non sono soddisfatto, non siamo soddisfatti proprio per la conclusione del suo intervento. Lei ha illustrato con metodica precisione quali sono gli interventi che il Governo intende fare e ha ribadito che è in quella logica, cioè nella logica di potenziare le strutture che in questo momento sono delle vere e proprie strutture detentive, dei veri e propri luoghi concentrazionali, che si intende agire. Sarebbe necessario, davvero urgente, visto che voi siete abituati a fare tanti decreti, intervenire su questa materia specifica che non riguarda solo il sistema complessivo dell'accoglienza degli immigrati ma riguarda specificamente la condizione nella quale vengono trattenuti cittadini di provenienza straniera extracomunitaria e sarebbe opportuno che si intervenisse nella via più celere e, quindi, non demandando semplicemente al Parlamento.
  Avete fatto decreti su tutto, su molte questioni che non avevano alcun carattere di urgenza; persino il Presidente della Repubblica vi ha redarguito fino al punto tale che avete ritirato uno di quei decreti, quello cosiddetto salva Roma, che era stato «imbottito» di una serie di misure inutili. Non voglio ripercorrere quella strada. Però cosa c’è di più urgente di persone alle quali viene privato il diritto di essere persone libere e persone alle quali vengono riconosciuti gli standard minimi umanitari sulla base di quella che è la normativa e anche il buonsenso internazionale e nazionale che in questo momento, invece, vengono detenuti in una condizione atroce ? Lei stesso ha ricordato che saranno aperti nuovi centri nei quali si immagina di avere capienze fino a mille persone. Se l'esempio è quello del CARA Pag. 45di Mineo in Sicilia, queste mille diventeranno duemila perché il problema non può essere risolto e affrontato in questi termini. E le do anche un suggerimento e, tramite lei, a tutto il Governo: ci sarebbe un grande risparmio per le nostre casse, per il bilancio dello Stato se si adottasse una politica di accoglienza completamente diversa.
  Molte di queste persone sono qui perché intendono transitare sul nostro territorio, magari per ricongiungersi ad altre persone, loro familiari, che sono in altri Paesi d'Europa. Vi è il fatto che l'Italia è un tramite e il fatto che noi, come Stato, col vostro Governo, non abbiamo fatto nulla rispetto, per esempio, ad un intervento che potesse garantire a queste persone una celere possibilità di attraversamento del nostro territorio, anche in sede europea e anche negoziando – come era stato detto – un sistema di accoglienza a Lampedusa che coinvolgesse gli altri Paesi europei e non solamente che fosse considerato un fatto italiano, aggiungerei io un fatto dei cittadini di Lampedusa e della loro sindaca, che hanno dimostrato una grandissima sensibilità umana, una capacità che il nostro Stato nel suo complesso non è riuscito a dimostrare.
  Se, come giustamente ha detto l’Espresso, l'uomo dell'anno è quella persona che è andata in mare a salvare gli immigrati, che stavano affondando insieme alla loro carretta del mare, se a Natale sono stati ospitati dalle famiglie di Lampedusa, io non capisco per quale motivo lo Stato italiano non provveda non a considerare il sistema di accoglienza dei comuni come utilizzabile nel momento in cui si va in sovranumero, ma a destinare piccoli gruppi, piccoli gruppi anche familiari, ai tanti comuni italiani (sono più di 8 mila) che in questo modo potrebbero dimostrare – e sono sicuro che se ne troverebbero tante di persone di buona volontà, nelle amministrazioni locali e tra le famiglie italiane che più del Governo italiano sarebbero in grado di dimostrare ciò – qual è una buona pratica di accoglienza e qual è il biglietto da visita che l'Italia può mettere in campo rispetto al mondo.
  Perché questi migranti sono cittadini del mondo, sono cittadini del mondo e vanno rispettati per questo. Non hanno fatto nulla e vorrei sapere, visto che lei ha riferito che ci sono, per esempio, ancora a Lampedusa delle persone a disposizione dell'autorità giudiziaria, se per caso queste persone sono incriminate per reato di clandestinità, un reato per il quale si procede d'ufficio e che ha visto, con la vergogna del nostro Paese, i superstiti di un naufragio, che ha visto morire oltre 300 persone e 150 persone sono sopravvissute, ritrovarsi ad essere di fronte a un tribunale, invece che di fronte ad uno Stato che li accogliesse nel momento in cui avevano scampato la morte.
  Questo è il punto rispetto al quale il nostro Stato deve dare una risposta, e parlo dello Stato perché per me questa è una responsabilità che deve essere in capo a tutta la nostra amministrazione: il Parlamento, il Governo, le strutture amministrative. Anche il fatto – che lei giustamente ha ricordato – che questa nostra legge prevede che le strutture di accoglienza siano gestite da privati, ma che cos’è, se non la volontà di esercitare una sorta di rimozione delle responsabilità del nostro Paese ? Intanto si dà a qualcuno, poi bisognerebbe andare a vedere di chi sono queste strutture appaltanti, quali sono le parentele, le amicizie, i motivi per i quali ci sono alcune posizioni e alcune aziende che la fanno da padrone in questo settore in tutta Italia. Ma questo è un altro aspetto, che magari esamineremo in un'altra interrogazione. Ma che cos’è, se non la voglia di liberarsi di questo problema ? Almeno su questo punto dovreste intervenire con urgenza.
  Fallito ! È fallito il sistema di delega alle strutture appaltanti private, è fallito ! Non ce n’è uno, di centro, che voi possiate esibire come un modello. Non ce n’è uno ! E siccome sono ormai tanti e la capacità di accoglienza l'ha detta lei, non è che io devo dimostrare quali sono quelli che vanno male, siete voi che dovete dimostrare Pag. 46quali sono quelli che funzionano e per quale motivo per questi appalti avete la necessità addirittura di vedere tutto il capitolato. Voi avete applicato un dispositivo biopolitico di controllo di rimozione sistematica del problema.
  Prendete le persone, non possono essere inserite nel tessuto sociale e, quindi, devono essere affidate a carcerieri, perché questa è la struttura. Basta andare a parlare proprio con quelle strutture umanitarie a cui lei faceva riferimento. Io ho parlato con quelli del presidio e ci hanno raccontato che la situazione non era sostenibile, che sono sprecati tantissimi soldi all'interno di questa politica che, ormai, è diventata un gigantesco affare, mentre, invece, dovrebbe essere una gigantesca responsabilità.
  Io la sfido: il nostro modello alternativo, che è quello che prevede la chiusura dei CIE e la definizione di altri strumenti per l'identificazione e per consentire a queste persone di avere l'opportunità anche di permanere sul nostro territorio, costerebbe molto, molto, molto meno e, soprattutto, avrebbe un altissimo valore aggiunto rispetto alla dignità delle persone.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GENNARO MIGLIORE. Poi mi lasci dire un'altra cosa, e concludo. Voi dovete affrontare il tema di Frontex, cioè del dispositivo che avete messo, tutto militare e repressivo, che, di fatto, pattuglia le nostre zone. Voglio qui ringraziare i militari, quelli della Guardia costiera, che sono impegnati nel salvare le persone, perché sono uomini di mare e sanno benissimo che non si lascia affogare una persone inerme. Ma il dispositivo è sbagliato, perché bisognava intervenire, come era stato detto e ricordato anche dalla Presidente della Camera, anche con interventi che andavano ad aprire uffici per i richiedenti asilo in territorio libico, garantire passaggi che non fossero affidati a trafficanti di uomini e avere la possibilità di un flusso regolare.
  Lei ha detto che sono arrivati ben 40 mila immigrati. E che cosa sono 40 mila immigrati ? Lo sa quali sono i numeri ? Lo sa meglio di me, perché lei studia, diciamo così, i numeri di altri Paesi dall'osservazione privilegiata del suo Ministero: sono tre, quattro, anche dieci volte tanti. E noi dobbiamo essere in grado di dare una risposta civile, non burocratica, a questa emergenza e – insisto – avete anche gli strumenti per farlo, anche quello della decretazione d'urgenza. I CIE vanno chiusi e vanno rispettate le persone che lì sono detenute.

(Chiarimenti in merito alla nomina di un componente del consiglio d'amministrazione del Formez PA – n. 2-00354)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Andrea Romano n. 2-00354, concernente chiarimenti in merito alla nomina di un componente del consiglio d'amministrazione del Formez PA (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Andrea Romano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, illustrerò questa nostra interpellanza, credo, utilizzando solo una parte del tempo che ci è stato concesso. La nostra richiesta al Governo riguarda il Formez. Il Formez è un'istituzione di nobile storia e di nobilissime funzioni: nacque negli anni Sessanta, nel quadro di una intensa e meritoria attività dello Stato italiano per il rilancio delle pubbliche amministrazioni soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia e, quindi, di supporto anche alle riforme dell'innovazione amministrativa, in quello che doveva essere allora – e per lungo tempo fu – uno strumento essenziale per il buon funzionamento dello Stato e della pubblica amministrazione nel nostro Paese.
  Nel 2010, il Formez, dopo un periodo prolungato di attività, venne ristrutturato attraverso un intervento del Governo volto a renderlo ancora più efficiente, quindi, volto a dotarlo di strumenti più aggiornati Pag. 47rispetto a quelle che erano, negli anni Sessanta, funzioni relative all'Italia e alla pubblica amministrazione italiana di quegli anni – per l'appunto gli anni Sessanta – che, invece, nel decennio che è in corso sono naturalmente cambiate.
  In questo quadro, nel quadro del decreto legislativo del 25 gennaio 2010, n. 6, volto appunto a rilanciare il Formez, venne deciso saggiamente, a nostro parere, che i componenti dell'organismo di governo del Formez, quindi, del consiglio di amministrazione del Formez, dovessero essere scelti due dal Ministero della pubblica amministrazione e due dall'assemblea dei soci del Formez e dovessero essere scelti tra esperti di qualificata professionalità nel settore vocazionale del Formez e, quindi, della formazione e dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
  Nello specifico, mi permetto, Presidente, di citare un passaggio del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n.6. Nello specifico – cito – «i componenti del consiglio di amministrazione di Formez PA sono scelti – recita questo decreto – tra persone di elevata e comprovata professionalità specifica nelle materie di competenza dell'associazione Formez, e dunque – cito ancora –, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato, consiglieri parlamentari, docenti universitari, dirigenti di prima fascia statali, regionali, provinciali o comunali e professionisti che abbiano ricoperto per almeno 10 anni ruoli apicali nelle pubbliche amministrazioni». Questo per quanto attiene al Formez.
  La nostra interpellanza, Presidente, riguarda la decisione presa dal Ministro per la pubblica amministrazione nel settembre scorso, quindi nel settembre 2013, di designare Mauro Libè come membro del consiglio di amministrazione di Formez PA e con questo passaggio di completare l'organigramma apicale dell'associazione Formez PA. Dunque, la domanda che noi rivolgiamo al Governo riguarda, appunto, i criteri per i quali il Ministro ha ritenuto di procedere alla nomina di Mauro Libè in questa funzione, che ho descritto appunto poc'anzi come una funzione che il decreto legislativo che rilancia il Formez definisce in modi – mi pare – molto stringenti, nel senso che personalmente non siamo riusciti a rintracciare, sul sito del Formez o in altre informazioni di pubblico dominio, il profilo professionale, per l'appunto, di Mauro Libè. Ci domandiamo – e questa è la domanda che rivolgiamo al Governo – se si tratti, per l'appunto, dello stesso Mauro Libè che ha svolto in passato una onorevolissima carriera politica, di cui ricordo i principali passaggi: segretario regionale dell'UDC in Emilia Romagna; consigliere, dal 2001, dell'allora Presidente della Camera, l'onorevole Pier Ferdinando Casini; poi, capo della segreteria politica e responsabile degli enti locali dello stesso partito UDC; poi, naturalmente senatore nella XV legislatura; deputato nella XVI legislatura, iscritto al gruppo parlamentare dell'UDC; infine, candidato al Senato, nella circoscrizione Emilia-Romagna, alle elezioni del 24 e 25 febbraio scorso, ma risultato non eletto.
  Se così fosse, onorevole Presidente, ci domandiamo se sia stata, la scelta di Mauro Libè – non ci permettiamo di dire sia stata una cattiva scelta –, una scelta in conflitto con quelli che dovrebbero essere i criteri che ispirano o dovrebbero, a questo punto, ispirare il governo di Formez PA e, nello specifico, la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione. Al di là del dato personale, di cui naturalmente qui non si parla, noi riteniamo che la politica sia naturalmente un mestiere nobile a cui – soprattutto in questo periodo, in cui si tratta di un mestiere un po’ bistrattato, se mi permette la battuta – occorre restituire dignità e prestigio. Noi, a partire dal sottoscritto, che abbiamo l'onore di sedere e di intervenire in quest'Aula, sappiamo quanto sia importante svolgere questa funzione con la massima trasparenza e cercando sempre di conquistare o spesso di riconquistare, a partire dal sottoscritto, la fiducia dei cittadini che ci hanno votato e anche di quelli che non ci hanno votato.
  Però, in questo passaggio così difficile, riteniamo che possa essere un impedimento, Pag. 48un ostacolo a questa riconquista di dignità da parte della politica, fare confusione tra chi politica la fa e chi politica l'ha fatta, come nel caso di Mauro Libè, e, invece, la funzione di governo di organismi, come nel caso di Formez, che sono esplicitamente definiti come organismi il cui governo deve essere affidato a persone che politici non sono e che nemmeno lo sono stati. Riteniamo che, se così si trattasse, se si trattasse appunto dello stesso Libè che ha svolto una onorevole carriera politica, per quanto temporaneamente conclusasi con la non elezione al Senato della Repubblica, si tratterebbe, appunto, di una scelta che potrebbe configurare, noi riteniamo, un detrimento sia alla credibilità del Formez sia, appunto, alla onorabilità della politica in questo Paese.
  Se invece, diversamente – e questa è la seconda domanda che rivolgiamo al Governo –, vi siano nelle motivazioni che hanno portato il Ministro alla nomina di Mauro Libè le intenzioni di rilanciare il Formez, anche attraverso la nomina di Mauro Libè, in quest'ultimo caso domandiamo al Governo di informare il Parlamento di quali sono stati i criteri attraverso i quali si è arrivati alla nomina di Mauro Libè, in base a quali presupposti di curriculum, di professionalità, di precedenti esperienze, si è ritenuto di fare questa scelta escludendo, invece, la scelta di figure, come appunto sono quelle citate dal decreto legislativo del 2010, che hanno evidentemente un profilo del tutto diverso da quello onorevolissimo che invece ricopre e ha svolto l'ex, a questo punto, onorevole Mauro Libè.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il collega Romano nella premessa della illustrazione della sua interpellanza ha ricordato anche la vicenda più complessiva dell'idea che ha sotteso nel 2010 anche una riforma del Formez, istituto molto importante, dentro il quale si erano annidati nel corso del tempo anche alcuni elementi di riflessione sulla stessa sua propria funzione. All'interno di questo ha esplicitato i contenuti delle sua interpellanza, alla quale io oggi rispondo per conto del Ministro competente e che sta alla luce intorno soprattutto ai quesiti di merito posti nella parte finale della sua illustrazione. Ritengo che, proprio alla luce di questo, non sfugga al collega Romano che l'articolo 12 dello statuto di Formez PA disciplina la composizione del consiglio di amministrazione ed è stato modificato a seguito dell'entrata in vigore della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, la quale recava disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.
  Attualmente, infatti, il consiglio di amministrazione di Formez PA è, pertanto, composto, oltre che dal Presidente, dal capo dipartimento della Funzione pubblica e da tre membri, di cui uno designato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e due designati dall'assemblea tra esperti di qualificata professionalità nel settore della formazione e dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
  Nel merito, per quanto riguarda la scelta di Mauro Libè quale membro del consiglio di amministrazione, si è ritenuto in merito alla nomina avvenuta da parte del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione con decreto del 30 luglio 2013, in sostituzione di Alessandra Gasparri, che ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di consigliere a seguito dell'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che tale nomina è stata effettuata in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 4, comma 6-bis, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, che prevede che uno dei membri sia designato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione tra esperti nel settore della formazione e dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni.Pag. 49
  Quanto alle perplessità manifestate dall'onorevole Romano circa le competenze tecniche e professionali di Libè, occorre rilevare che lo stesso è sicuramente, per i profili e le questioni che verranno lette di seguito, in possesso dei requisiti necessari a ricoprire questo incarico. Infatti, è vero, il Libè ha svolto una funzione parlamentare dentro la quale è possibile ravvisare proprio negli atti, nell'esercizio di quella funzione, una attenzione particolare attraverso iniziative legislative in tema di servizi pubblici locali, organizzazione territoriale, innovazione amministrativa, ambientale e sistema energetico, in linea con le azioni strategiche dell'Istituto così come vengono declinate nel suo piano triennale che riguardano non solo la formazione presso gli enti locali, ma anche una propria mission. Proprio all'interno di questo si evidenzia che a Mauro Libè, oltretutto, non è stata conferita alcuna delega operativa né lo stesso percepisce alcun compenso per l'incarico di consigliere, secondo quanto disposto dal succitato articolo 4, comma 6-bis, ai sensi del quale «Ai membri del consiglio di amministrazione non spetta alcun compenso quali componenti del consiglio stesso, fatto salvo il rimborso delle spese documentate».
  È del tutto evidente che nella parte finale della illustrazione del collega Romano si poneva una riflessione ulteriore, che è il secondo quesito di merito che è stato posto nell'interpellanza e che riguarda se alla luce di quello che emerge, anche con riferimento alla modifica dello statuto di Formez, non debba avvenire dentro questa dimensione ulteriori specificazioni di quali funzioni questo organismo deve avere nei confronti di una linea strategica del Governo.
  A tal proposito, ritengo che è giusto esprimere in questa sede che ulteriori elementi di disponibilità a riferire di fronte ad altre iniziative sollecitate dagli interpellanti circa il ruolo del Formez vedranno la disponibilità piena, secondo i principi di leale collaborazione tra il Governo e il Parlamento, e quindi la disponibilità piena del Ministro a rispondere.

  PRESIDENTE. L'onorevole Tinagli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Andrea Romano ed altri n. 2-00354, di cui è cofirmataria.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, noi siamo parzialmente soddisfatti, perché capisco, capiamo che ci sono dei regolamenti, e uno si attiene a far sì che non vengano infranti; però ci poniamo due tipi di problemi.
  Un problema di opportunità politica e di segnali che noi lanciamo ai cittadini. Si tratta di posizioni apicali di organi importanti come il Formez, che – ricordo – sono alta formazione per tutto il nostro personale, dei funzionari degli enti locali, delle regioni, che dovrebbero a nostro avviso ricevere un tipo di servizi di formazione di enti completamente limpidi e avulsi dalle logiche e dalle dinamiche politiche. Quindi, quando si vanno ad inserire lì persone che invece hanno un trascorso politico di qualsiasi tipo, di un partito come di un altro, penso che agli occhi dei cittadini si dia questa impressione, di perpetrare il vecchio vizio delle porte girevoli: si esce da una porta e si rientra dall'altra.
  Il secondo problema che noi ci ponevamo (io anche, in particolare, venendo dal mondo della formazione e dell'università): noi, negli ultimi anni abbiamo cercato, proprio come sistema-Paese, di fare degli sforzi enormi per cercare di innalzare la qualità dei nostri sistemi formativi. Noi oggi imponiamo ai nostri docenti, ai nostri professori universitari di avere non solo una laurea, ma di avere master, di avere dottorati, di fare dei corsi di specializzazione ulteriori, per assicurarci della qualità della formazione che noi offriamo, sia ai nostri giovani che ai nostri funzionari. Non è elegante entrare nei dettagli personali dei curricula delle singole persone; però noi ci auguriamo che anche il Formez, che – ripetevamo – ha un profilo di altissimo livello, possa seguire queste linee guida e assicurarsi, magari anche rivedendo eventualmente un suo statuto, che le persone che ci sono Pag. 50dentro abbiano non solo esperienza sul campo, anzi che magari evitino questo fenomeno delle porte girevoli, ma che abbiano le competenze tecniche, i requisiti, i titoli, a partire dalla laurea, ma non solo, per garantire quella preparazione che è fondamentale per il buon funzionamento della nostra pubblica amministrazione; perché altrimenti noi non faremo mai quel salto di qualità che noi dobbiamo al nostro Paese e ai nostri cittadini.

(Elementi in merito all'ampliamento di una discarica sita nel comune di Torrazza Piemonte (Torino) – n. 2-00349)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bonomo ed altri n. 2-00349, concernente elementi in merito all'ampliamento di una discarica sita nel comune di Torrazza Piemonte (Torino) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Bonomo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCESCA BONOMO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, vorrei portare alla vostra attenzione, in modo particolare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una questione di rilevante importanza per il territorio da cui provengo, la provincia di Torino: che ha un impatto soprattutto per il Canavese, per l'area nord-orientale limitrofa alla provincia di Vercelli, ma che può in realtà ricoprire anche una valenza nazionale, per le ragioni che si evincono dall'interpellanza che sto per illustrarvi.
  Si tratta infatti di un caso che ad un primo sguardo può apparire relativamente piccolo, ma dal quale potrebbero, e per certi versi dovrebbero, derivare alcuni fondamentali chiarimenti normativi, che siano di indirizzo per analoghi casi, presenti e futuri, distribuiti poi su tutto il territorio nazionale. Peraltro, l'argomento è anche di strettissima attualità, sia per le note vicende giudiziarie, che ancora ieri e anche oggi riempiono le cronache, sia perché stiamo affrontando e affronteremo, anche in quest'Aula, un confronto relativo al processo di semplificazione e di chiarimento dei livelli amministrativi. Vengo dunque ad illustrarvi appunto il caso.
  Nel comune di Torrazza Piemonte è sita una discarica per rifiuti speciali, industriali, pericolosi e non, di proprietà della società «La Torrazza Srl», il cui controllo è riconducibile alla impresa multinazionale Green Holding Spa. La sopradetta discarica è formata da 8 celle, di cui 7 sono esaurite ed una, di 360 mila metri cubi, di recente realizzazione. Il volume totale dell'impianto è di 800 mila metri cubi, distribuiti su una superficie complessiva di 150 mila metri quadri. La capacità complessiva di raccolta rifiuti è pari ad 1 milione di tonnellate.
  Nel 1996 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si pronunciò sulla richiesta di conferire 700 mila metri cubi nella cella 8, tramite il decreto di valutazione di impatto ambientale n. 2392 del 22 febbraio 1996, richiesta che è stata poi recepita dalla regione Piemonte con la delibera di giunta regionale 17 gennaio 2000, n. 9-29155, che autorizzava la costruzione dell'ottava vasca, di 346.600 metri cubi.
  Nell'anno seguente, in data 30 ottobre 1997, la provincia di Torino, con una determina dirigenziale, ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale alla discarica per rifiuti non pericolosi nella cella 8, sita in località Fornace Nigra, comune di Torrazza Piemonte e sei anni dopo, con determina del dirigente del servizio pianificazione e gestione rifiuti, bonifiche e sostenibilità ambientale della provincia di Torino del 18 giugno 2013, questa autorizzazione è stata aggiornata autorizzando anche il conferimento di rifiuti pericolosi.
  Il 23 luglio 2013 la società La Torrazza srl ha depositato in provincia di Torino gli elaborati del progetto definitivo di ampliamento della cella n. 8, chiedendo quindi l'autorizzazione a portare nella cella n. 8 94 mila metri cubi di nuovi rifiuti tramite un ampliamento volumetrico realizzato Pag. 51con deposito soprastante ai rifiuti già esistenti. Poiché la discarica in oggetto si trova in un contesto ambientale già degradato per la presenza di numerose cave e nei comuni limitrofi insistono numerose discariche, già la VIA n. 2392 del 22 febbraio 1996 riconosceva la difficoltà di amministrazioni e popolazioni, autorizzando espressamente quindi il conferimento di massimo di 350 mila metri cubi e chiarendo come colmata la vasca in progetto, doveva cessare sul sito l'attività di discarica, punto che era stato poi ribadito anche dalla delibera della giunta regionale del 17 gennaio 2000.
  La provincia di Torino ha comunicato poi le sue intenzioni di nuova interpretazione e rivalutazione della valutazione di impatto ambientale n. 2392 del 1996 al Ministero dell'ambiente con la lettera del 28 novembre 2012, lettera però a cui la provincia di Torino sostiene non sia arrivata risposta, il che sarebbe interpretato come un silenzio-assenso. Il comune di Torrazza Piemonte ed il comune limitrofo di Verolengo hanno ripetutamente richiesto alla provincia di Torino, alla regione Piemonte ed al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quale fosse però la corretta interpretazione della valutazione di impatto ambientale, ritenendo che le prescrizioni a suo tempo previste dallo Stato, e poi confermate dalla regione, configurino poi come illegittimo qualsiasi aumento di volumetria oltre a quello originariamente previsto. A tutt'oggi però non sembra esser arrivata risposta dal Ministero dell'ambiente né alla regione Piemonte, né alla provincia di Torino, che ne aveva fatto domanda, e nemmeno ai comuni di Torrazza Piemonte e Verolengo.
  Per questo appunto la domanda che rivolgo al Governo è quale risposta il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda fornire circa l'interpretazione data dagli uffici della provincia di Torino della dichiarazione di impatto ambientale n. 2392 del 1996 sull'ampliamento appunto della volumetria originariamente prevista. E poi, al caso singolo mi permetterei appunto infine di aggiungere, rivolgendomi anche a lei, signor Presidente, il suggerimento di approfondire comunque la possibilità di individuare una soluzione funzionante ed efficace da applicare poi a casi analoghi e che potrebbe poi essere inserita anche nel dibattito sulla revisione dei livelli amministrativi, sempre nell'ottica di mettere comunque le pubbliche amministrazioni, nelle loro diverse articolazioni, in grado di fornire risposte efficienti, senza tuttavia, ovviamente, travalicare i limiti legislativi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Marco Flavio Cirillo, ha facoltà di rispondere.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00349 presentata dagli onorevoli Bonomo ed altri, concernente la discarica di rifiuti speciali, industriali, pericolosi e non pericolosi, sita nel comune di Torrazza Piemonte in provincia di Torino, si rappresenta quanto segue.
  Nel febbraio 1995 la società «La Torrazza srl» ha presentato al Ministero dell'ambiente la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale per il progetto della predetta discarica e con decreto VIA del 22 febbraio 1996, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986, il Ministero ha espresso parere positivo con prescrizioni.
  Successivamente a tale data, sono intervenute modifiche normative sia in tema di VIA sia in tema di rifiuti, con una nuova ripartizione delle competenze disposte dal decreto legislativo n. 152 del 2006, che ha affidato alle regioni/province le competenze in materia di rifiuti. Questo è bene evidenziarlo, c’è un passaggio per legge, completamente, di competenze.
  Pertanto, con istanza del 26 giugno 2012, la società «La Torrazza Srl» ha presentato alla provincia di Torino, ente delegato dalla regione Piemonte, richiesta di avvio di verifica di assoggettabilità a Pag. 52VIA relativamente al progetto di nuova configurazione morfologica del corpo discarica, con aumento di volumetria presunto di 94.400 metri cubi.
  In seguito a tale fatto, la provincia di Torino, con nota del 28 novembre 2012, ha informato il Ministero dell'ambiente sulla decisione di assoggettare a VIA il progetto definitivo di modifica della discarica in parola, con aumento di volumetria, ritenendo di poter eventualmente rivalutare in sede di procedimento istruttorio le prescrizioni a suo tempo formulate con il decreto VIA n. 2392 del 22 febbraio 1996 suddetto.
  Sempre nella suddetta nota, la stessa provincia faceva presente di rimanere in attesa di un: «eventuale cortese cenno di riscontro alla presente, in assenza del quale si procederà secondo la normativa vigente». Nel ritenere condivisibile e corretto il percorso configurato dalla provincia di Torino, non si è pertanto dato riscontro alla nota suddetta.
  In merito, poi, alla richiesta del comune di Torrazza Piemonte sulla corretta interpretazione della VIA, si ritiene che l'aumento di volumetria della discarica possa considerarsi come modifica impiantistica sostanziale e che, pertanto, come stabilito peraltro dalla provincia di Torino, debba essere sottoposto a procedura di VIA ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni e integrazioni.

  PRESIDENTE. L'onorevole Bonomo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  FRANCESCA BONOMO. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatta perché, finalmente, si chiarisce nel caso specifico chi doveva decidere sull'ampliamento della discarica. Quindi, in questo caso mi pare di capire che la responsabilità della decisione sia della provincia; poi, eventualmente, il Ministero, se aveva delle osservazioni da fare, poteva farle. In assenza di osservazioni, comunque, la competenza è a livello provinciale, a questo punto.
  Resta comunque, al di là del singolo caso, l'opportunità di individuare, comunque di concerto tra Governo e Parlamento, su quali provvedimenti sia utile anche studiare e predisporre – anche alla luce delle esperienze seguite all'introduzione delle norme europee e successivamente alla riforma anche del Titolo V della Costituzione – delle chiarificazioni, anche perché non si ripetano in futuro, soprattutto nel settore delle valutazioni di impatto ambientale, delle ambiguità nel processo decisionale.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 9 gennaio 2014, il presidente del gruppo parlamentare Nuovo Centrodestra ha reso noto che è stata nominata vicepresidente la deputata Dorina Bianchi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 13 gennaio 2014, alle 11:

  1. – Discussione della mozione Airaudo ed altri n. 1-00196 concernente iniziative volte alla salvaguardia dell'interesse nazionale in relazione agli assetti proprietari di aziende di rilevanza strategica per l'economia italiana.

  2. – Discussione della mozione Ciprini ed altri n. 1-00292 concernente iniziative in ambito europeo e nazionale per la revisione dei vincoli derivanti dal Trattato noto come «fiscal compact».

Pag. 53

  3. – Discussione delle mozioni Gigli, Sereni, Cimmino ed altri n. 1-00254, Bobba, Luigi Cesaro, Scotto, Antimo Cesaro, Binetti ed altri n. 1-00058 e Di Salvo ed altri n. 1-00295 concernenti iniziative per il contrasto alla povertà.

  4. – Discussione della proposta di legge:
   MADIA ed altri: Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professioni dei beni culturali (C. 362-A).
  — Relatore: Ghizzoni.

  La seduta termina alle 12,55.