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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 130 di martedì 3 dicembre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 11,50.

  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gozi e Leone sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatre, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,54).

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento di un'informativa urgente del Governo in merito alla vicenda del fermo di numerosi cittadini italiani in occasione della partita di calcio Legia Varsavia-Lazio, disputata a Varsavia il 28 novembre 2013. Ne abbiamo fissato l'inizio, però, per le ore 12 e, quindi, sospendo la seduta per 5 minuti.

  La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12.

Informativa urgente del Governo in merito alla vicenda del fermo di numerosi cittadini italiani in occasione della partita di calcio Legia Varsavia-Lazio, disputata a Varsavia il 28 novembre 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo in merito alla vicenda del fermo di numerosi cittadini italiani in occasione della partita di calcio Legia Varsavia-Lazio, disputata a Varsavia il 28 novembre 2013.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Viceministro degli affari esteri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Viceministro Marta Dassù.

  MARTA DASSÙ, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, vi fornirò, sulla base delle informazioni finora disponibili, una ricostruzione degli eventi accaduti a Varsavia da mercoledì 27 in poi sui quali la Farnesina, attraverso la nostra ambasciata, si è attivata per fornire assistenza ai nostri connazionali.Pag. 2
  Com’è noto tra mercoledì 27 e giovedì 28 novembre sono stati fermati dalla polizia di Varsavia 149 connazionali, che si erano recati nella capitale polacca per assistere all'incontro di calcio tra la squadra della Lazio e il Legia Varsavia, in programma per la sera di giovedì 28 novembre. Un primo gruppo di sedici tifosi è stato fermato nella serata di mercoledì 27 novembre vicino alla stazione centrale, a seguito di scontri con sostenitori della squadra locale e sulla base delle segnalazioni delle telecamere urbane collocate nella zona. Sarebbero state rinvenute, secondo ricostruzioni polacche, armi improprie: mazze, coltelli e un'ascia.
  Nel pomeriggio di giovedì 28 novembre sono stati fermati altri centotrentatré tifosi di nazionalità italiana. Dopo i procedimenti con rito abbreviato, svoltisi sabato 30 novembre, nei confronti dei tifosi in stato di fermo presso diversi commissariati della città, ventidue dei centoquarantanove connazionali sono stati trattenuti mentre tutti gli altri sono stati liberati, alcuni dopo il pagamento di un'ammenda.
  I connazionali trattenuti, accusati di adunata sediziosa e aggressione a pubblico ufficiale, sono stati processati per direttissima e condannati a pene non definitive di alcuni mesi o sottoposti ad indagini preliminari con due mesi di custodia cautelare. Tutti loro potranno presentare appello e richiedere scarcerazione su cauzione. Le famiglie degli interessati sono in queste ore in stretto contatto con i legali.
  Il nostro ambasciatore a Varsavia, Riccardo Guariglia, ha avuto ieri due incontri separati con i sottosegretari polacchi alla giustizia e agli interni per chiedere direttamente spiegazione su tali fatti.
  Con il sottosegretario alla giustizia della Polonia il nostro ambasciatore ha sottolineato con fermezza tutte le difficoltà incontrate e le perplessità raccolte direttamente dai connazionali detenuti, così come da molti di quelli nel frattempo liberati, perplessità sull'andamento delle procedure con rito abbreviato di venerdì pomeriggio e di sabato. Il nostro ambasciatore inoltre ha fatto presente che ci attendiamo che il Dicastero della giustizia si adoperi presso i competenti tribunali e procure affinché siano rilasciati permessi a favore dell'ambasciata e dei parenti a visitare in carcere i connazionali fermati, cosa che per ora è avvenuta solo in parte, e in queste ore il nostro ambasciatore è a colloquio con il Ministro della giustizia e ci riferirà tra poco.
  Con il sottosegretario del Ministero dell'interno, competente per la polizia, sono stati rappresentati tutti gli interrogativi sull'azione di polizia che emergono dalle testimonianze dei fermati. L'ambasciatore ha fatto presente che dai racconti degli interessati risulta effettivamente che un limitato gruppo di tifosi ha usato comportamenti ostili contro le forze dell'ordine polacche. Tuttavia, la maggior parte dei fermati nulla aveva a che vedere con tali atti, ma è stata comunque fermata e tradotta nei commissariati.
  Il nostro ambasciatore ha inoltre riferito ai suoi interlocutori le testimonianze dei fermati, che nella maggior parte dei casi sarebbero stati trattati malissimo, con pochissimo cibo e poca acqua dalle autorità competenti.
  Ha infine fatto presente le critiche dei fermati per le testimonianze asseritamente «inventate», rese da forze di polizia di fronte ai giudici in occasione dei riti abbreviati, sottolineando l'aspettativa italiana che le autorità polacche facciano tempestivamente luce su tutti questi aspetti, fornendoci quanto prima una relazione che chiarisca i contorni di questa grave vicenda.
  La posizione del Governo italiano, come si vede, è di ferma condanna per gli atti di teppismo ovunque essi siano effettuati. Al tempo stesso nutriamo l'aspettativa che un Paese amico e partner com’è la Polonia agisca a tutela dei nostri connazionali.
  Vi riferisco anche, per completezza di informazione, alcune delle opinioni espresse dal sottosegretario all'interno della Polonia, il quale sostiene che l'operato della polizia sia stato conforme alle procedure legali vigenti. Riconoscendo, d'altra parte, che comportamenti al di sotto degli standard consentiti non sono ammessi, il sottosegretario ha ribadito che Pag. 3i cittadini italiani, come in tutti i Paesi UE, sono liberi di rivalersi presso il comandante della polizia competente, che vaglierà attentamente le denunce. Il rappresentante polacco ha, inoltre, ribadito che tutte le prove prodotte dalla polizia sarebbero nelle mani dei giudici e sarebbero ben più ampie dei filmati degli incidenti che sono finora circolati. Tali prove – avrebbe aggiunto il sottosegretario – non potrebbero essere rese pubbliche, ma gli avvocati difensori hanno ampia facoltà di visionarle.
  Per ciò che concerne l'assistenza prestata ai connazionali, l'ambasciata italiana si è attivata non appena ha appreso del primo fermo di mercoledì 27 novembre, informando dei fatti la società sportiva Lazio e mantenendosi in contatto con le locali autorità di polizia anche tramite l'esperto del Ministero dell'interno, vicequestore Mosconi, che è in servizio presso una nostra rappresentanza a Varsavia.
  Giovedì 28 novembre, l'ambasciata ha ottenuto che la polizia garantisse un servizio di scorta per i tifosi che defluivano dallo stadio per evitare ulteriori incidenti. L'ambasciata ha in seguito ottenuto che fosse posticipato l'orario di chiusura degli uffici contabili dei tribunali, così che i connazionali potessero pagare subito eventuali ammende, permettendo loro di ripartire immediatamente. Su nostra insistenza è stata allestita un'apposita cellula di crisi presso la questura di Varsavia. Non c’è dubbio che il numero così vasto di connazionali fermati (149) spiega una parte di questi forti disagi e di questi gravissimi incidenti.
  Oltre a rispondere a numerosissime e continue telefonate da parte di familiari e amici delle persone coinvolte, l'ambasciata ha mantenuto i propri uffici aperti durante il fine settimana, prestando assistenza ai connazionali che venivano via via rilasciati e, a partire dalla giornata di domenica 1o dicembre, è stata fornita assistenza anche a molti connazionali arrivati in Polonia per essere vicini ai loro familiari fermati.
  L'ambasciata ha posto ogni cura affinché i due tifosi ancora detenuti potessero provvedere a nominare subito un avvocato difensore che li assistesse. La maggioranza delle famiglie ha scelto di utilizzare l'avvocato Privitera, che è corrispondente dell'avvocato difensore dei tifosi organizzati dalla società Lazio e che gode a Varsavia di un'ottima reputazione professionale. Lunedì 2 dicembre, in una riunione alla presenza di funzionari dell'ambasciata, il legale ha prospettato ai familiari dei connazionali le azioni legali di tutela, comprensive della richiesta di rimessa in libertà, effettuata stamattina, e le relative tempistiche.
  In questo quadro, che è oggettivamente molto complesso per le numerosissime sollecitazioni che giungevano nello stesso tempo alla nostra rappresentanza, si è anche potuta determinare l'impressione di una presenza non uniforme delle autorità italiane. In questi giorni è stato dato risalto solo a reazioni negative, ma esiste anche una reazione opposta e il dato di fondo è quello colto in una lettera inviata nei giorni scorsi all'ambasciata da uno dei genitori coinvolti, una lettera di cui mi permetto di leggervi uno stralcio.
  Questa persona scrive al vice, al numero due dell'ambasciata: «Ho voluto esprimerle esplicitamente con queste poche righe la gratitudine della mia famiglia, anche perché sono certo non abbia difficoltà ad immaginare come le difficoltà di comunicazione dei giorni passati, di cui anche voi siete stati in qualche modo vittime, sommandosi all'ansia di noi genitori, hanno rischiato di creare un'immagine della vostra attività non aderente alla realtà. Alcune delle dichiarazioni che si possono leggere sui media vanno interpretate alla luce dello stress emotivo a cui tutti noi siamo soggetti in un'esperienza alla quale non eravamo certo preparati».
  È una lettera che cominciava dicendo: «Voglio ringraziare per l'assistenza avuta dall'ambasciata. Sono convinto che i familiari dei ragazzi che stamattina si trovano in ambasciata abbiamo apprezzato il conforto morale ed anche materiale che ci è stato offerto. Contiamo tutti sul vostro Pag. 4appoggio nei giorni futuri per affrontare questa prova con l'aiuto concreto delle nostre istituzioni».
  In questo quadro, il Ministro degli affari esteri, Emma Bonino, che ha seguito da subito personalmente la vicenda, ha avuto ieri un colloquio telefonico con il suo omologo, Sikorski, nel quale ha formalmente chiesto di adoperarsi affinché vengano messi in libertà, anche dietro cauzione in attesa del processo, tutti gli italiani detenuti nel carcere di Varsavia. La signora Ministro ha inoltre chiesto al suo interlocutore di fare chiarezza sull'intera vicenda, fornendo una relazione governativa in merito a modalità e tempistica degli eventi che hanno portato a questa arresti su scala così vasta. Il Ministro Sikorski si è impegnato con il Ministro Bonino a monitorare il caso e ad aggiornarla telefonicamente sui prossimi sviluppi. Oggi il Ministro Sikorski ha anche emesso un comunicato in proposito.
  Nello spirito di solidarietà nei confronti degli italiani arrestati a Varsavia, che il Ministro Bonino ha rappresentato anche al presidente della Lazio, Lotito, una delegazione del Ministero degli affari esteri ha incontrato ieri sera rappresentanti della tifoseria laziale per chiarire meglio le azioni che il Ministro e la Farnesina stanno mettendo in atto per ottenere la scarcerazione più rapida possibile dei nostri connazionali. E questo indubbiamente è il nostro obiettivo di fondo.
  La Farnesina ha analogamente sensibilizzato con continuità anche l'ambasciatore polacco a Roma e continuerà a prestare ogni possibile assistenza ai connazionali e ai loro familiari in stretto contatto con le autorità polacche, con l'obiettivo, appunto – l'ho appena detto –, di una rapida e definitiva soluzione di tutti questi casi.
  In questo contesto, l'attenzione e l'azione del Governo mi sembrano evidenti – e sono qui per ribadirlo –, anche a fronte di una qualche lettura «sportivamente» impegnata nell'autodenigrazione nazionale. Ci basiamo anche sulla disponibilità, assicurataci da vari livelli politici da parte polacca a seguito di nostri passi formali, a favorire in ogni possibile misura l'iter più spedito, per chiarire, in uno spirito di massima trasparenza e collaborazione, i contorni di questo episodio increscioso.
  Noi siamo convinti che lo sport debba essere un'occasione di avvicinamento fra i popoli e non, invece, motivo di tensione o di scontri. In questo confidiamo di poter contare sul pieno sostegno di uno Stato membro dell'Unione europea a noi così vicino per molteplici ragioni.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare il deputato Mario Tullo. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  MARIO TULLO. Signor Presidente, signor Viceministro, prendiamo atto dell'informativa puntuale che lei ci ha fornito. Voglio dire da subito che nessuno in quest'Aula ha intenzione – immagino di interpretare il sentimento di tutti – di difendere tifosi violenti, connazionali che si fossero macchiati di gravi reati in occasione dell'incontro di calcio. Anche nella sua relazione, le autorità polacche ad un certo punto parlano di un limitato numero di tifosi violenti fermati.
  Il problema è proprio qua: la discrepanza tra questo limitato numero di tifosi violenti fermati e il numero eccessivo di quella che è apparsa una vera e propria retata; lei ha fornito indicazioni precise, la Farnesina si è attivata da subito. Abbiamo letto anche quanto hanno scritto le cronache: il padre di un disabile fermato, molte famiglie che erano al seguito della squadra Lazio fermate, perquisite, portate nei commissariati.
  Io credo che vi sia il precedente – che lei ha citato – vicino alla stazione, ma, soprattutto, l'episodio della sera prima all'hotel Varsavia su cui è necessario che anche le autorità polacche facciano chiarezza. In quel caso c’è stata una aggressione da parte dei tifosi polacchi nei confronti dei nostri connazionali che risiedevano Pag. 5in quell'albergo; vi è stata da parte loro una reazione, le autorità giudiziarie polacche stabiliranno di quale natura, ma il giorno dopo – a detta anche della società Lazio – i tifosi italiani hanno chiesto assistenza alla polizia polacca, hanno chiesto di essere accompagnati allo stadio, come avviene normalmente.
  Questa è una premessa per poi chiederle e dire anche una cosa rispetto alla nostra capacità di prevenzione: non solo non c’è stata questa tutela e assistenza per recarsi allo stadio, ma gran parte di quei sostenitori fanno parte di quei centoquaranta, centocinquanta che poi sono stati smistati nei vari commissariati. La stramaggioranza di quelli che rientrano portano con sé una cauzione, pochi euro di multa e il reato di «schiamazzo», immagino rispetto ai cori che hanno fatto inneggiando alla loro squadra, come avviene normalmente quando si va allo stadio.
  Dopo l'intervento della Farnesina è stata anche assicurata – questo è stato riconosciuto anche dalla società Lazio e dagli stessi tifosi che credo ieri sera abbiano incontrato il Ministro Bonino – la possibilità che tutti i fermati potessero essere assistiti da un traduttore in madrelingua italiana. All'inizio non è stato così e, molto probabilmente, alcuni hanno anche firmato carte in assenza di questa assistenza, perché anche intimoriti dall'atteggiamento delle autorità polacche.
  La questione, e mi avvio alla conclusione, credo che lei la ritenga una questione aperta con uno Stato amico con cui vogliamo un chiarimento definitivo. Quindici giorni prima, nella partita di andata, vi erano stati momenti di tensione e di scontro. Ora, l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, che è così attento a volte anche a limitare le trasferte tra i tifosi della Nocerina e della Salernitana, ha preso tutte le precauzioni per prevenire questi atti ? Tutte le volte diciamo, e non siamo degli ipocriti, che è bene il tifo, deve essere un segnale di amicizia, ma poi questi fatti accadono, allora bisogna agire molto sulla prevenzione. Io mi chiedo se, per esempio, l'Osservatorio abbia predisposto un accompagnamento dei tifosi laziali, in particolar modo dei tifosi Ultrà della Lazio, da parte della polizia italiana, perché questo avviene normalmente quando ci sono partite internazionali, dove si avverte la possibilità e il rischio di tensione. Infatti, in questo caso, la funzione dei nostri agenti è una funzione di riduzione del danno, di mediazione di un possibile conflitto, perché a quel punto tra i tifosi italiani e gli altri tifosi ci sono le due polizie che si confrontano, che si parlano e i nostri poliziotti parlano con i tifosi italiani.
  Credo che questa, nella relazione che ho sentito, sia una questione che ci deve far riflettere. Più complessivamente penso che anche questa vicenda, che ha ancora delle lacune e delle ombre, debba finire davvero – mi dice la Presidente che ho ancora un minuto – e ci debba portare a sapere che noi conviviamo con questa tensione quando ci sono queste manifestazioni sportive. Bisogna guardare anche in Italia, a quello che abbiamo fatto in questi trent'anni. Non c’è ombra di dubbio che bisogna agire anche sul terreno della repressione, ma fino ad oggi abbiamo agito solo sul terreno della repressione e non si è agito, invece, sulle questioni che riguardano un dialogo con le tifoserie, anche con quelle che talvolta vengono definite violente.
  Guardate, noi parliamo di questi Ultrà quando fanno delle azioni straordinarie; si pensi che in Liguria sono stati i più grandi testimoni di volontariato nelle giornate drammatiche delle alluvioni, ma ahimè sono le stesse persone che magari, la sera dopo, in una partita possono commettere cose che non ci piacciono.
  Allora, credo che, invece di ragionare sulla tessera del tifoso, strumento che altri hanno già dichiarato non essere fondamentale per risolvere le questioni, servirebbe aprire una stagione di dialogo con le tifoserie, anche con quelle che spesso vengono definite più violente, per cercare di portare fuori quella positività che ci può essere.
  Questo non giustifica ovviamente atti violenti, ma chiediamo che anche chi avesse commesso atti violenti sia trattato Pag. 6nel rispetto del diritto dello Stato italiano, del diritto dello Stato polacco e del diritto internazionale.

  PRESIDENTE. Saluto la delegazione di parlamentari spagnoli, guidata dalla Vice Presidente Dolors Montserrat Montserrat, che sta assistendo ai nostri lavori dalla tribuna del pubblico (Applausi).
  Ha chiesto di parlare il deputato Daniele Del Grosso. Ne ha facoltà.

  DANIELE DEL GROSSO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro per l'informativa che ci ha fornito questa mattina, perché in realtà quello che abbiamo appreso dai giornali in questi giorni è stato molto risicato, nel senso che sappiamo del fermo, che sembra quasi una «retata», ma in realtà non sappiamo che cosa è successo per strada: questo credo sia il punto più importante da andare ad osservare. Infatti, in realtà, questi ragazzi, questi signori, dovevano essere scortati, ma poi il tutto si è tramutato forse in un atto violento, non ne siamo sicuri.
  Comunque, premetto che il MoVimento 5 Stelle condanna ogni azione violenta che si possa verificare, sia negli stadi sia fuori dagli stadi. Però, quello che noi non abbiamo tuttora capito è il susseguirsi degli eventi che si sono verificati. Quindi, vogliamo una maggiore chiarezza, da questo punto di vista. Vogliamo questa chiarezza da parte della polizia polacca, perché è impossibile che un Paese partner come la Polonia, dopo quattro, cinque giorni ancora non ci dia la possibilità di visionare quello che è accaduto. Magari anche osservando i video che, ad oggi, non ci vengono forniti.
  Vogliamo sapere se veramente c’è stata un'azione violenta dei tifosi laziali oppure no. Nonostante questo, a me non sembra di aver sentito dalle televisioni e letto sui giornali che ci siano stati dei feriti, quindi non mi sembra che ci siano stati degli scontri così violenti. Credo, piuttosto, che forse ci sia stata una presa di posizione troppo incisiva da parte della polizia polacca.
  Noi chiediamo ovviamente la scarcerazione immediata dei ventidue ragazzi arrestati; vogliamo che tornino immediatamente in Italia. Non sappiamo ovviamente se saranno sottoposti ad un'ammenda da pagare come gli altri – questo può essere ovviamente verificato tra qualche giorno –, però vogliamo che rientrino immediatamente.
  Vorrei poi rispondere al collega del PD, visto che ha tirato in ballo la tessera del tifoso, e apro una piccola parentesi. La tessera del tifoso è uno strumento che è entrato in vigore nel 2007, ma in realtà non funziona. Non siamo noi a dirlo, perché in realtà è uscito un articolo su La Repubblica – quindi su un giornale che attualmente, a noi del MoVimento 5 Stelle, addirittura forse ci odia – nel quale viene fuori che la tessera del tifoso in realtà non ha limitato gli scontri. Li ha limitati all'interno degli stadi, sì, ma fuori dagli stadi la situazione è peggiorata. Questo lo dicono anche le forze dell'ordine, non lo diciamo solo noi.
  È una situazione che deve essere gestita nella maniera più trasparente possibile. Non dimentichiamoci che la tessera del tifoso non ha riportato le famiglie all'interno degli stadi. Quando si era parlato della tessera del tifoso, nel 2007, l'obiettivo principale era quello di riportare bambini e famiglie a guardare eventi sportivi, ma questo non è accaduto. Anzi, questa stagione della serie A è stata una delle stagioni meno affollate, da parte dei tifosi, negli stadi; quindi, significa che è uno strumento che non serve a nulla. Anzi, io invito il Governo a prendere atto di questa situazione e a riaprire un nuovo discorso sulla tessera del tifoso, perché è vero che abbiamo bisogno di strumenti importanti per limitare la violenza, però la tessera del tifoso non ha limitato la violenza, ha limitato soltanto il diritto di molti a partecipare a eventi sportivi. Infatti, non dimentichiamoci che ci sono tifosi che non possono muoversi dalla propria città per andare a vedere la propria squadra in un'altra città se non posseggono la tessera, e parlo di qualsiasi persona, non parlo dei tifosi violenti.
  Quindi, questo è uno strumento che va rivalutato da zero. Era uno strumento che Pag. 7doveva fornire tutt'altri obiettivi, invece non si è arrivati a nulla: gli scontri sono gli stessi e le forze dell'ordine hanno le stesse difficoltà che c'erano prima del 2007, quindi va rivalutato. Di questo il Governo deve prendere atto.
  Tornando, invece, al discorso dei nostri ventidue connazionali: vogliamo che vengano scarcerati immediatamente; vogliamo che non si vengano a verificare situazioni che spesso viviamo. Non dimentichiamoci che, fino a una settimana fa, avevamo il nostro connazionale D'Alessandro in carcere in Russia, anche se poi, per fortuna, la vicenda si è risolta nella maniera più positiva possibile; non dimentichiamoci che abbiamo due nostri connazionali, i marò, in India. Sono tutte situazioni alle quali l'Italia deve far fronte e deve farlo in maniera più incisiva.
  Ogni volta si perde troppo tempo. Ad oggi già stiamo perdendo troppo tempo, secondo me, nell'individuare quali siano stati gli eventi che hanno coinvolto i nostri tifosi laziali. Quindi, chiediamo che vengano scarcerati immediatamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Luca D'Alessandro. Ne ha facoltà.

  LUCA D'ALESSANDRO. Signor Presidente, Viceministro, ho sentito l'intervento di oggi. Francamente, rimango un po’ interdetto, perché qui siamo in presenza di una vicenda nella quale ci sono stati parecchi ritardi, che sono stati denunciati dagli stessi parenti dei tifosi arrestati.
  Come premessa, chi ha sbagliato deve pagare, e questo è fuor di dubbio e anche Forza Italia condanna qualsiasi episodio di violenza; ma siamo in presenza di una retata vera e propria, con contestazioni anche abbastanza paradossali, perché contestare l'adunata sediziosa a un gruppo di tifosi che, tra l'altro, chiede di essere accompagnato allo stadio è singolare. Ho sentito anche colleghi parlare di schiamazzi: per carità, impedire anche ai tifosi i cori (in questo caso magari possono anche esserci sfottò) è assolutamente pazzesco.
  Sono intervenuto, e intervengo anche adesso, perché al di là della singola lettera di sostegno al Ministero degli affari esteri e all'ambasciata, abbiamo parecchie lamentele di parenti, genitori che si sono sentiti abbandonati: si sono sentiti abbandonati dalla società sportiva Lazio, che con colpevole ritardo si è resa conto del problema; si sono sentiti abbandonati dall'ambasciata, perché segnalo alcune vicende di mancanza di interpreti nei singoli commissariati, di ragazzi che hanno festeggiato il loro diciottesimo compleanno con questa trasferta e si sono trovati per due giorni in una cella senza mangiare, di un ragazzo che si è trovato in una cella con un condannato a 18 anni di carcere per un omicidio, pare. Ci sono stati questi episodi con, non nelle primissime ore, ma almeno nelle prime ventiquattr'ore, una sensazione di completo abbandono.
  Segnalo che abbiamo ricevuto parecchie segnalazioni di parenti e genitori che hanno chiamato la Farnesina e hanno avuto difficoltà ad entrare in contatto con essa, e hanno anche ricevuto risposte particolarmente singolari: sabato, ad una telefonata, è stato risposto «ma oggi è sabato».
  Siamo in presenza di fatti che sono gravi per quanto riguarda il comportamento delle autorità polacche, a fronte di singoli episodi. Il collega del MoVimento 5 Stelle ha correttamente detto che non ci pare che le cronache dei giornali abbiano riferito di scontri violenti per le strade, perché se no, come capita in tutte le partite di calcio, quando questo avviene, viene chiaramente e ampiamente documentato dalle immagini. Non ci sono quindi stati questi episodi così gravi: ci sarà stato qualche fatto sicuramente grave, che va censurato, condannato e chi lo ha commesso deve pagare; c’è stata semmai, a mio parere, una retata preventiva, dove sono stati violati anche i più elementari diritti umani.
  Di fronte a questo comportamento delle autorità polacche, quindi, noi registriamo un riflesso molto lento da parte Pag. 8delle autorità italiane. Noi non chiediamo solo la scarcerazione dei tifosi attualmente detenuti, ma chiediamo una presa di posizione molto più ferma del Governo nei confronti delle autorità polacche, perché fino a prova contraria siamo tutti in Europa, e questo non è un comportamento degno di un Paese europeo.
  Il fatto che siano stati centocinquanta i tifosi fermati non spiega comunque questo tipo di inerzia. Anche perché, se non avessimo avuto questa vicenda relativa al calcio, ma l'avessimo avuta relativamente ad una situazione di vita civile normale, cioè centocinquanta cittadini arrestati un altro Paese, avremmo sicuramente l'Aula molto più piena e sarebbe un caso molto più eclatante. Qui siamo in presenza invece di centocinquanta tifosi, segnatamente della Lazio, e cioè una tifoseria che spesso, molte volte anche a torto, è indicata in modo violento e razzista: cosa falsa, perché è evidente che questa cosa non corrisponde al vero.
  In questo caso abbiamo assistito, per le prime ore, a un comportamento tale come fosse normale che centocinquanta persone fossero ammanettate per strada e trattate come dei criminali comuni.
  Quindi, noi chiediamo una maggiore fermezza da parte del Governo nei confronti del Governo polacco e auspichiamo che questi ritardi non avvengano più in futuro, anche perché, come è stato correttamente detto, questa partita, per il comportamento dei tifosi polacchi in Italia, che non ci pare abbiano ricevuto analogo trattamento, destava comunque un qualche allarme.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rossi. Ne ha facoltà.

  DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, noi prendiamo atto e riconosciamo l'azione del Ministero degli affari esteri in termini positivi. Prendiamo atto di quello che è stato fatto sia dalla Farnesina, sia dall'ambasciatore e da tutti i funzionari, perché anche noi abbiamo fatto le nostre indagini e non ci risultano delle situazioni come quelle esposte dal collega precedentemente, ma ci risulta che ci sia stata un'assistenza continua in una situazione confusa, ma anche numericamente molto elevata, tenuto conto che ha preso a riferimento ben centocinquanta persone.
  È evidente, pertanto, che riteniamo l'azione tempestiva, nei limiti e nella difficoltà del momento; così come non possiamo non ritenere che probabilmente la polizia polacca sia andata forse oltre il lecito. Presumibilmente i presupposti negativi erano dovuti a determinati atteggiamenti che c'erano stati durante la partita Lazio-Legia Varsavia qui a Roma, che forse hanno portato la polizia polacca su strade, a mio avviso, sbagliate. Probabilmente da qualche piccolo scontro è nata quella che potrei definire «una retata preventiva».
  È evidente che dobbiamo chiederci, a nostro avviso – perché così ho capito dalle sue parole –, se possiamo avere alla fine come punto di riferimento unicamente la relazione del Ministero degli interni polacco in merito a quello che effettivamente è avvenuto. Allora, siccome rimarrà sempre il dubbio, ancorché si tratti di un Paese alleato e partner, se tutto quello che ci diranno costituisca l'esatta verità di quello che è successo nella notte fra mercoledì e giovedì, io ritengo che eventualmente dobbiamo prendere spunto da quanto accaduto affinché determinate cose possano essere meglio controllate e monitorate da parte italiana.
  Faccio riferimento a due aspetti, il primo parte da una dichiarazione del presidente della Lazio, che dice: «Ci siamo messi in contatto con le forze dell'ordine locali, non avevamo al seguito quelle italiane. Se ci fossero state, come è successo per i polacchi a Roma, avrebbero allacciato contatti con la polizia di Varsavia e quest'ultima non avrebbe potuto avere comportamenti provocatori e prevaricatori».
  Ora, mi risulta che nell'ambito di un gentlemen's agreement, ma anche nell'ambito del riconoscimento della rispettiva sovranità nazionale, è lo Stato ospitante che invita la polizia dell'altro Paese a seguire i supporter. Ecco, sarebbe il caso, Pag. 9probabilmente, che non rimanesse un invito, ma diventasse una regola, in maniera tale che anche in questo caso avremmo avuto non solo la relazione da parte del Ministero degli interni polacco, ma anche la relazione da parte di personale delle forze di polizia italiane.
  A questo aspetto si unisce il fatto che l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive si avvale di un centro, il quale ha fra i suoi compiti quello di partecipare, in rappresentanza del Ministero dell'interno, a seminari, riunioni, gruppi di esperti e «grandi eventi sportivi in ambito internazionale». Ora, una partita di Europa league può tranquillamente essere definita un grande evento sportivo in ambito internazionale.
  Quindi, se vogliamo prendere una lesson learned da quello che è successo, cerchiamo di fare in modo che i nostri tifosi di qualsiasi squadra vengano seguiti da organismi nazionali, nel momento in cui si recano all'estero, in maniera tale che anche nel nostro interno si possano monitorare le situazioni al di là di quello che ci dirà il Paese ospitante.
  Rimane ovviamente l'obiettivo fondamentale anche per noi di una scarcerazione immediata dei tifosi laziali che ancora si trovano nelle prigioni polacche, non solo per il comportamento tenuto dalla polizia, ma anche evidentemente per ripristinare quella che, secondo noi, è una legalità oltre la quale è andata la polizia polacca (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signora Presidente, signora Viceministro, prendiamo atto con soddisfazione dell'attivarsi del Ministero degli esteri su questa incresciosa vicenda, ma contemporaneamente non possiamo non notare che nei giorni nei quali si sono svolti i fatti, invece, c’è stata una lentezza di reazione da parte della nostra ambasciata e del nostro consolato a Varsavia, tanto che – come denunciano tantissime delle persone interessate che sono tornate in questi giorni nel nostro Paese – c’è stata una difficoltà ad avere l'assistenza necessaria dal punto di vista degli interpreti, dal punto di vista della tutela legale e che molti dei nostri concittadini si sono sentiti abbandonati nelle prime ore e nei primi giorni di questa vicenda.
  Contemporaneamente, la Farnesina e il Ministro Bonino, in queste ore e in questi giorni – così come ci ha riferito la signora Viceministro – invece mi sembra che stiano dando la giusta accelerazione nei rapporti anche con un Paese alleato, come la Polonia, per garantire i diritti dei nostri concittadini.
  Ora io vorrei ricordare, insomma, che in questa vicenda, prima di parlare di violenze e prima di parlare di atti di teppismo, bisognerebbe vedere gli atti concreti. Non mi risulta, da nessun punto di vista, da nessuna cronaca e da nessun resoconto, neanche da quello della polizia polacca, che, nella città di Varsavia, a seguito della presenza dei cittadini italiani, si siano riscontrati danni a cose o persone. È la prima volta che sento parlare di arresti di tifosi in mancanza di feriti, in mancanza di scontri fisici, in mancanza di danni alle vetrine e di danni alle cose. È la prima volta che avvengono così tanti arresti, addirittura in mancanza di qualunque tipo di evento dannoso per persone o cose. Da ciò ne deduco che – diciamo così – l'arresto dei nostri concittadini sia stato, non soltanto preventivo, ma sbagliato da ogni punto di vista.
  Voglio ricordare che quindici giorni prima, in occasione della partita di andata Lazio-Legia Varsavia, ci sono state anche nella nostra città molti incidenti causati da tifosi polacchi presenti nel nostro Paese. Ciononostante – e da questo punto di vista vorrei rivolgere un plauso alle forze dell'ordine italiane – a fronte di notevolissimi danni a vetrine e a cose che ci sono stati in quei giorni, la polizia del nostro Paese ha individuato – io credo – uno o due responsabili che sono stati fermati, peraltro già rilasciati, senza coinvolgere la gran massa di tifosi polacchi.Pag. 10
  Ora, per un concetto e per un principio di reciprocità, sarebbe stato utile e importante che accadesse così anche a Varsavia. Io credo che non sia accaduto negli ultimi anni che ci sia stata una «retata» di tifosi di questa portata.
  Vorrei ricordare che i tifosi – i quali vengono chiamati così per la passione che hanno per il calcio e per la propria squadra del cuore – non sono cittadini di serie b. Non è che il fatto di essere tifoso comporta una diminuzione dei diritti: i diritti sono sempre gli stessi; sono cittadini italiani ed europei presenti in quel Paese, che sono stati arrestati senza nessuna ragione, che sono stati aggrediti dalle forze dell'ordine polacche senza alcuna ragione e senza alcun elemento riscontrabile. Sono stati trattati come criminali, come criminali della peggior specie, persone che pacificamente si erano recate a Varsavia per assistere ad una partita.
  Non solo: il giorno precedente, addirittura, quesiti tifosi sono stati aggrediti nel loro hotel, l'hotel «Varsavia», senza che questo abbia comportato, a quanto mi risulta, alcun arresto da parte dei tifosi polacchi che hanno aggredito e addirittura invaso un hotel per malmenare i nostri connazionali.
  In più, diciamo, a questi nostri concittadini non sono stati neanche riconosciuti i minimi diritti di garanzia di difesa. Secondo le testimonianze che sono state fatte, quindi con nome e cognome da parte dei cittadini interessati, i processi per direttissima si sono svolti in assenza anche di un avvocato di ufficio, alla presenza di un solo giudice e di un interprete di madre lingua polacca e che questi connazionali, spesso giovanissimi e giovani, sono stati costretti a firmare assunzioni di responsabilità inesistenti per essere immediatamente scarcerati.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  FILIBERTO ZARATTI. Vado a concludere Presidente, la ringrazio. Per questo io penso che l'obiettivo principale che noi ci dobbiamo porre in questo momento, signor Viceministro e signora Presidente, è fare rientrare immediatamente in patria tutti i 22 ragazzi, che si trovano ancora nelle carceri per via, io credo, – come risulta dai racconti da «terzo mondo» sulla Polonia, ripeto: da terzo mondo sulla Polonia – di forze dell'ordine della Polonia da terzo mondo. Io credo, dunque, che questi ragazzi abbiano il diritto di tornare in Italia. Ovviamente, se qualcuno è stato responsabile di un atto preciso ne dovrà rispondere, ma credo che questo diritto ai nostri connazionali vada garantito.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barbara Saltamartini. Ne ha facoltà.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, signor Viceministro, io devo dire che finalmente quest'Aula può approfondire quanto è accaduto la settimana scorsa in Polonia, nello specifico a Varsavia. Devo dire, finalmente, che lo riusciamo a fare e credo che questo sia stato possibile anche grazie all'intervento di numerosi parlamentari, anche di differenti partiti, che in quest'Aula hanno sollevato, già dalla giornata di venerdì scorso, attraverso la presentazione di interrogazioni parlamentari – e io, come prima firmataria del gruppo del Nuovo Centrodestra, ne ho depositata una – e attraverso, comunque, comunicati alla stampa, per sollevare e per fare sì che fosse interrotto un silenzio che stava diventando assordante, un silenzio del quale non capivano sinceramente le ragioni. Sono quindi contenta che finalmente oggi si possa discutere nella sede del Parlamento e si possa capire non solo cosa è successo ma, soprattutto, cosa occorre fare per riportare i nostri connazionali, tifosi di una della nostre squadre di calcio, finalmente in Italia.
  Voglio sottolineare alcuni punti Viceministro, perché anche dalla sua relazione è emerso che su alcuni argomenti non c’è ancora una totale chiarezza, ma occorre farla, perché occorre capire esattamente se corrispondono al vero le numerose testimonianze, anche dirette che noi stessi abbiamo ricevuto, circa la totale assenza Pag. 11di difesa dei nostri connazionali chiamati a un processo per direttissima. Chiedo se sia appunto vero che sono stati costretti, in condizioni assolutamente non rispettose della dignità della persona, in un carcere per due giorni, senza cibo e senza acqua; se corrisponda al vero che le donne, presenti e arrestate, sono state fatte spogliare in bagni che definirli tali è già qualcosa e sono state, di fatto, anche costrette ad un'umiliazione personale; se corrisponda al vero che sono stati fermati circa 120 tifosi, che non possono essere sempre considerati violenti soltanto perché hanno una sciarpa al collo e seguono la loro squadra in giro per il mondo; se sono stati fermati senza alcun motivo, quasi in via preventiva; se corrisponda al vero che alcuni di questi nostri ragazzi, le famiglie di questi nostri ragazzi, dei giovani che erano lì, delle donne che erano lì, dei padri di famiglia che erano lì, hanno chiamato più volte la Farnesina e hanno cercato di mettersi in contatto anche con la nostra ambasciata in Polonia e non hanno ricevuto risposta; se sia vero, come diceva qualche altro collega, che addirittura ad alcune chiamate è stato risposto che, siccome era sabato, gli uffici erano chiusi.
  Rispetto a queste situazioni non si può continuare a non ottenere delle risposte. In primo luogo, perché sono coinvolti dei connazionali e, al di là se siano essi tifosi o non tifosi, sta di fatto che ne va della reputazione dell'Italia; in secondo luogo, perché riteniamo ingiusto in questo momento non assistere nel modo migliore anche i ventidue che ancora sono a Varsavia e che in questo momento sono in una condizione di non libertà e di non piena libertà, ma soprattutto perché occorre ribadire un principio: chi sbaglia paga. E su questo non c’è dubbio, quindi, che se c’è qualcuno che ha commesso dei reati è giusto che paghi per il reato commesso, ma se si ritiene che 150 connazionali siano automaticamente dei teppisti, dei violenti, e quindi, in quanto tali, debbano essere presi in ostaggio e trattenuti contro ogni legislazione vigente, contro anche quella norma che prevede la libera circolazione dei cittadini comunitari in territorio europeo, allora credo che abbiamo veramente superato il limite.
  Allora, Viceministro, credo che l'impegno che oggi il Ministero debba assumersi sia quello di far rientrare immediatamente i ventidue cittadini italiani che sono ancora a Varsavia, ma soprattutto credo che il Governo non debba abbassare la guardia perché se la Polonia, se il Governo polacco, se le autorità di polizia polacche hanno sbagliato, credo che qualcuno debba assumersi la propria responsabilità e corrispondere al danno che è avvenuto e che ha visto coinvolte 150 persone, 150 uomini, donne e padri di famiglia, connazionali italiani che è giusto che siano rispettati anche nel resto d'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, Viceministro, abbiamo ascoltato la sua informativa e ovviamente la ringraziamo per essere venuta a riferire in Aula in merito a questi fatti. Alla luce di quanto abbiamo ascoltato, ci pare però che la ricostruzione che è stata fatta risulti ancora una ricostruzione con profonde lacune. Crediamo che vi siano fatti ulteriori che debbano essere accertati e che gli elementi che sono stati portati non riescano a chiarire completamente la vicenda così come si è sviluppata. Probabilmente mancano alcuni elementi ed è il motivo per cui noi chiediamo al Ministero e al Ministro di attivarsi affinché vi sia una ricostruzione chiara e completa dei fatti.
  Da quello che è stato poc'anzi illustrato, si denota che, evidentemente, vi sono stati dei ritardi nell'attivarsi per verificare quanto è accaduto a Varsavia. Rimangono quindi tutta una serie di perplessità rispetto alle quali ovviamente invitiamo il Ministro e il Ministero a chiarire immediatamente.
  Anche da parte nostra, anche da parte della Lega Nord, evidentemente chiediamo e pretendiamo che i ventidue tifosi possano Pag. 12immediatamente essere rimessi in libertà e riportati nel nostro Paese in attesa ovviamente che venga svolto il processo. Evidentemente vi è un principio, che per noi è un principio basilare, tale per cui ovviamente chi sbaglia paga, ma è evidente, anche alla luce di quanto hanno detto i colleghi e alla luce di quanto abbiamo riscontrato in questi giorni sugli organi di informazione, che vi siano stati degli atteggiamenti e degli atti, sia per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti sia per quanto riguarda il trattamento che i nostri concittadini hanno subito, che meritano particolare attenzione, soprattutto da un punto di vista processuale.
  Veniva giustamente ricordato poc'anzi come durante il processo, addirittura nelle fasi iniziali del processo, i ventidue tifosi non siano neppure stati serviti dell'utilizzo di un legale e mancavano traduttori. Quindi, anche le stesse regole processuali che hanno portato alla condanna per processo per direttissima di alcuni nostri connazionali, probabilmente non sono state applicate nel pieno rispetto delle norme processuali minime e indispensabili.
  Quindi crediamo che sia assolutamente necessario fare chiarezza e portare ovviamente degli elementi nuovi e maggiormente chiari su questa vicenda che denota – mi sia consentito di dire – l'ennesima situazione di imbarazzo da parte del nostro Governo e da parte delle nostre ambasciate. E lo dico perché stiamo parlando di ventidue tifosi rispetto ai quali ovviamente serve e deve essere posta da parte del Governo e del Ministro la massima attenzione.
  Però voglio ricordare che, in questi sette mesi, le situazioni di imbarazzo e di impasse che il Governo, rispetto a nostri concittadini, su scenari internazionali, si è trovato a dover affrontare, sono numerose. Voglio cogliere questa occasione della vicenda che riguarda questi 22 tifosi della Lazio per ricordare al Governo, al Viceministro e al Presidente Letta, che noi abbiamo ancora due marò in India che rischiano, addirittura, alla luce di quanto abbiamo letto in questi giorni, la pena di morte. Una vicenda vergognosa, una vicenda che fa perdere quella credibilità internazionale di cui spesso ci si è vantati e che, alla luce di quanto sta accadendo, denota, invece, una totale mancanza di credibilità internazionale da parte del nostro Governo. Non dimentichiamoci – ed è questo l'altro monito che mandiamo al Governo – la vicenda kazaka, un'altra vicenda vergognosa che ha gettato ombre, discredito e disdegno sul nostro Governo.

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  NICOLA MOLTENI. Oltre alla vicenda dei 22 tifosi, voglio ricordare – e concludo, Presidente – che, proprio in questi giorni, le cronache dei giornali portano all'attenzione un altro fatto, un altro fatto gravissimo di una donna italiana che parrebbe essere stata costretta a partorire in Inghilterra e a cui i servizi sociali inglesi hanno sottratto – alla madre – la propria bambina, che non vede da 15 mesi. Noi chiediamo al Governo, quindi, con riferimento al caso specifico, di attivarsi immediatamente per fare chiarezza, avere una ricostruzione chiara e compiuta dei fatti – chi sbaglia, ovviamente, paga –, e di attivarsi affinché i 22 tifosi vengano riportati, ovviamente, in Italia.
  Denotiamo una valutazione, per il momento, assolutamente negativa dell'operato del Ministero e del Governo, in modo particolare sul piano internazionale; un Governo che non solo in ambito nazionale, ma anche in ambito europeo e internazionale, non sta dando credibilità al nostro Paese, anzi, tutt'altro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Saluto i ragazzi e le ragazze, studenti dell'Istituto tecnico commerciale Antonio Maria Jaci di Messina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare la deputata Giorgia Meloni. Ne ha facoltà.

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io penso che quanto è accaduto la scorsa settimana a Varsavia Pag. 13sia semplicemente inaccettabile e che sia, in qualche maniera, un'altra preoccupante spia sul tema della credibilità dello Stato italiano fuori dai confini nazionali. Infatti, colleghi, si può non seguire il calcio, si può non avere simpatia per gli ultras, ma una nazione con uno straccio di dignità non può consentire che 140 cittadini italiani vengano privati della loro libertà, senza difesa legale, senza processo, senz'acqua, senza cibo.
  I nostri organi di stampa hanno, in questi giorni, riportato notizie di ogni genere: si parla di intimidazioni, di soprusi, di violenza privata, di capi di imputazione pretestuosi. Si parla di donne, di minori, addirittura di disabili, che vengono arrestati e tutti imprigionati in una sorta di retata preventiva, senza che vi fosse alcuna distinzione tra i soggetti che avevano eventualmente commesso fatti criminosi e tutti gli altri.
  Infatti, anche Fratelli d'Italia condanna ogni forma di violenza, ma tra le violenze che condanniamo vi è anche il sopruso, vi è anche la violenza di Stato, vi è anche l'abuso di potere. Varrebbe la pena ricordare che poi la stragrande maggioranza di questi italiani sono stati liberati e sono stati costretti a pagare multe, sanzioni, rigorosamente in contanti, autodichiarandosi colpevoli del reato di schiamazzi, sul quale inviterei, sommessamente, l'Aula a fare una valutazione.
  Questa retata preventiva – perché così è stata candidamente definita dal primo consigliere dell'ambasciata italiana a Varsavia, Luca Lepore, che ha anche detto che l'85 per cento circa delle persone coinvolte era totalmente estraneo ai fatti, totalmente innocenti: così è stata definita, è stata definita «retata preventiva» – è stata evidentemente disposta per paura che vi fossero reazioni italiane allo scempio che era stato perpetrato dai tifosi polacchi solo un paio di settimane prima, quando questi ultimi avevano messo a ferro e fuoco la città.
  Segnalo che Il Messaggero aveva titolato: «Panico in centro». Segnalo che nell'articolo de Il Messaggero si parlava – cito testualmente – di decine di poliziotti, blindati, elicotteri per cercare di sedare l'animo dei tifosi che hanno provato a entrare nel Colosseo. Le forze dell'ordine sono riuscite a respingerli, ma il gruppo di tifosi, molti dei quali ubriachi, è fuggito per via di San Gregorio. Poi c’è stato un altro tentativo di entrare al Palatino.
  Tutto questo senza citare le altre centinaia di tifosi che gettavano nel caos la metropolitana di Roma azionando più volte il freno di emergenza e malmenando qualunque italiano che tentasse di fermarli. Ora, io ho rispetto per la nazione polacca, ma nessuno di questi poco civili cittadini polacchi si trova oggi all'interno delle nostre galere, mentre – segnalo sempre a quest'Aula – una ventina di tifosi italiani, mentre noi siamo qui a discutere, è ancora detenuta in un carcere polacco, senza aver mai visto un proprio avvocato e senza essere stata sottoposta a regolare processo.
  La cosa in sé è abbastanza vergognosa. Vi è però una cosa che è più inaccettabile dell'atteggiamento della polizia polacca, ed è l'atteggiamento del Governo italiano. Vede, a monte mi piacerebbe sapere perché non vi fosse – lo hanno chiesto anche altri colleghi – a seguire la trasferta nessun esponente delle forze dell'ordine italiano, come sempre accade in trasferte di questo tipo. Di solito, vi è sempre una rappresentanza della polizia italiana, perché in caso di problemi, ovviamente, la polizia italiana può fare da tramite, può impedire soprusi, può evitare degenerazioni. Chi si è preso la responsabilità di dire che in questo caso non serviva che ci fosse anche una rappresentanza delle nostre forze dell'ordine ? È stato l'Osservatorio, è stato il Viminale ? Lo chiedo al Ministro dell'interno Alfano, lo chiedo al Governo, perché su questo non ci è stata data alcuna risposta. A valle, non posso non notare, Viceministro, come sia stata necessaria la richiesta di Fratelli d'Italia di informativa urgente al Governo per mettere fine all'assordante silenzio delle istituzioni italiane: silenzio del Governo, silenzio del sindaco di Roma, silenzio del Ministro degli esteri. Il Ministro degli esteri ha pensato bene, dopo tre giorni che Pag. 14sono accaduti i fatti, di renderci noto che aveva finalmente telefonato – bontà sua – al Governo polacco. E non ci è chiaro ancora oggi che cosa stia facendo il Governo per chiedere conto di un trattamento inaccettabile e per tutelare i diritti di questi cittadini italiani.
  Noi vogliamo sapere quando i ventidue tifosi ancora detenuti a Varsavia rientreranno in Italia, vogliamo sapere a che titolo vengono detenuti, e vogliamo che il Presidente del Consiglio Letta, che fra due giorni sarà a Varsavia per un vertice bilaterale con il Primo ministro polacco, chieda conto del trattamento che è stato riservato a questi cittadini italiani. Vedete, io credo che dietro questa vicenda si celi una questione più grande – e vado verso la conclusione, Presidente – e cioè la totale assenza di peso specifico dell'Italia all'estero. Ormai sembra che gli Stati esteri facciano a gara a chi riesce a impartirci l'umiliazione più grave: la Francia e il Brasile con la vicenda di Battisti, il Kazakistan che detta ordini ai nostri funzionari, l'ignominia del caso dei nostri marò, il caso della Gran Bretagna che è stato citato dal collega Molteni, adesso anche la Polonia. Praticamente noi consentiamo a tutti di fare qualunque cosa, quando si tratta di parlare con gli italiani.
  Allora vogliamo sapere, e concludo, quando il Governo italiano deciderà di mostrare un qualche interesse per la sorte dei suoi cittadini all'estero, e quand’è che dimostrerà agli italiani e al mondo di saper difendere i diritti e la dignità stessa della sua gente. Avete un'occasione, Viceministro, provate a dimostrarlo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, signora Viceministro, ci chiediamo come sia possibile che in un Paese civile come la Polonia, che fa parte dell'Unione europea, siano stati ignorati, o meglio, calpestati, i diritti di cittadini comunitari. Se infatti nulla si può dire sugli arresti dopo il lancio di sassi da parte di alcuni laziali nei confronti dei poliziotti polacchi, è del tutto arbitraria la decisione della polizia locale di fermare preventivamente i tifosi per evitare disordini: fermati oltre 200 supporter biancocelesti, di cui circa cinquanta rilasciati subito dopo l'identificazione, altri liberati dopo due giorni, una ventina ancora in carcere.
  Uno dei ragazzi coinvolti nel fermo e rimpatriato domenica ci ha raccontato che nella retata sono finiti non solo i tifosi della Lazio, ma anche turisti, anziani, donne, come nel caso di due ragazze toscane portate in questura solo perché italiane. In un primo momento, è stato detto loro che li avrebbero scortati, accompagnati allo stadio, e loro si sono fidati. Invece sono stati condotti in commissariato dove sono stati sottoposti all'alcol test e al droga test. In seguito, sono stati fatti firmare loro dei fogli in lingua polacca e via, in carcere. I ragazzi arrestati, tra cui un po’ di minorenni, sono stati privati di oggetti personali, trasferiti in cella, privati di acqua e cibo per ventisei ore, e la possibilità di andare in bagno era limitata. Non va bene !
  Ho qui il certificato di una copia del capo d'accusa: urla, rumore, ostacoli all'uso del marciapiede; letteralmente, se lo vuole vedere, Viceministra. Allora, non vorremmo che questo fosse un atteggiamento di rivalsa della polizia polacca per quello che è successo il 19 settembre a Roma.
  Quindi, noi chiediamo che la Farnesina esiga che si faccia chiarezza su questo comportamento, che si faccia il possibile perché i ragazzi vengano immediatamente scarcerati e ritornino nel nostro Paese e, mentre condanniamo con fermezza – certo – sempre tutti gli atti di teppismo, noi con la stessa fermezza chiediamo il rispetto di quella che viene definita the rule of law. E lo chiediamo perché la polizia polacca dice di essersi comportata in modo conforme alle procedure legali in vigore. Allora, delle due l'una: o la polizia racconta balle – mi scuso per l'espressione Pag. 15– oppure lì valgono delle procedure legali che non sono quelle dei Paesi europei. Allora noi chiediamo che in questa verifica siano coinvolte anche le istituzioni europee.

  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,01).

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego, massima sintesi.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, sarò velocissimo. Intervengo semplicemente per richiedere, anche a lei, di interessarsi per vedere se c’è la possibilità di spostare il termine per la presentazione degli emendamenti anziché a giovedì a venerdì. Perché ? Capisco la fretta: in capigruppo eravamo d'accordo a non rispettare il Regolamento nel momento in cui dice che i tempi della Commissione dovrebbero essere di dieci giorni e i tempi dell'Aula dovrebbero essere di trenta giorni. Eravamo tutti d'accordo per la fretta del provvedimento, ma il testo di legge invece di arrivare venerdì ci è arrivato lunedì, la relazione tecnica sul maxiemendamento so che sta arrivando, so che è in arrivo l'integrazione, la parte che mancava e verrà distribuita, ma al momento non è nelle nostre mani. Questi sono i documenti della legge di stabilità. Quindi, noi l'abbiamo già fatto in Commissione, se può farsi carico anche lei della questione la ringrazio tanto.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Villarosa. La Presidenza, avendo avuto da lei precedentemente una segnalazione in ordine a questo problema, ha contattato gli uffici e la Ragioneria generale dello Stato fa sapere che la relazione tecnica è in arrivo presso la Camera nel giro di poche ore. Quanto alla questione del termine per la presentazione degli emendamenti, è evidente che la materia è di competenza dei presidenti di Commissione, che comunque terranno conto anche di questa sollecitazione.

Informativa urgente del Governo sul tragico incendio verificatosi in una fabbrica di Prato, che ha causato la morte di sette lavoratori di nazionalità cinese.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul tragico incendio verificatosi in una fabbrica di Prato che ha causato la morte di sette lavoratori di nazionalità cinese.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli deputati, con riferimento ai tragici fatti occorsi a Prato desidero innanzitutto esprimere, anche a nome del Governo, il più sentito cordoglio alle famiglie delle persone coinvolte nel drammatico incidente di domenica scorsa. Si è trattato di una tragedia che ha sacrificato la vita di sette persone innocenti all'interno di un luogo di lavoro. Simili episodi non possono e non devono ripetersi in un Paese la cui Costituzione tutela il lavoratore nella sua integrità fisica e morale, attraverso il riconoscimento di precisi diritti nello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa.
  La triste vicenda di Prato costituisce purtroppo l'ulteriore dimostrazione di Pag. 16quali possono essere le conseguenze di condotte volte a negare le tutele fondamentali dei lavoratori e costituisce, nel contempo, la prova del fatto che non si possa in alcun modo abbassare la guardia – anzi va alzata la guardia – nell'opera di prevenzione e controllo volta ad assicurare il rispetto della normativa di settore.
  Proprio Prato, il cui importante distretto tessile è da tempo caratterizzato dalle peculiari condizioni lavorative che coinvolgono in particolare la comunità di origine cinese, costituisce da tempo uno degli ambiti territoriali più complessi e difficili in cui realizzare quest'azione di prevenzione e controllo, che vede da tempo coinvolti numerosi attori istituzionali.
  Ciò è confermato in primo luogo dal «Patto per Prato sicura 2013» che, rinnovando gli analoghi impegni già sottoscritti nel 2007 e nel 2010, è stato sottoscritto lo scorso 12 ottobre dalle istituzioni locali quali prefettura, regione Toscana, provincia di Prato, comune di Prato, nonché dal Ministero che rappresento, alla presenza del Ministro dell'interno. I protocolli finora stipulati hanno consentito di attivare un'azione sinergica tra tutti gli attori istituzionali presenti sul territorio, quali Polizia di Stato, carabinieri, Guardia di finanza, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, INPS, INAIL, eccetera, da attuarsi attraverso una programmazione a cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati da un tavolo operativo che si riunisce sotto il coordinamento della questura di Prato.
  Considerando in particolare le verifiche su immobili in uso ad imprese, nell'ultimo biennio 2012-2013 sono stati effettuati dal gruppo interforze composto da polizia, carabinieri, Guardia di finanza, vigili urbani, vigili del fuoco, direzione provinciale del lavoro, INPS, INAIL, ASL, Agenzia delle entrate, ASM di Prato e singolarmente dal locale comando dei carabinieri, dai vigili del fuoco, dalla ASL e dall'ufficio provinciale del lavoro in totale 1.571 controlli. Peraltro, io stesso poche settimane fa avevo riferito, proprio a quest'Aula, sul delicato e complesso tema delle condizioni lavorative nel distretto industriale di Prato sottolineando l'impegno che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in tutte le sue articolazioni centrali e periferiche quotidianamente profonde al fine di fronteggiare gli effetti di quella condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento che appena ieri il Presidente Napolitano ha avuto modo di stigmatizzare nel suo messaggio.
  L'impegno del Ministero che rappresento è attestato dagli esiti dell'attività di vigilanza realizzata per iniziativa della direzione territoriale del lavoro in questo territorio. Nel corso del 2012 sono state effettuate 996 ispezioni delle quali circa il 50 per cento hanno coinvolto aziende gestite da cittadini di nazionalità cinese, mentre nel corrente anno sono state finora eseguite 780 ispezioni e anche in questo caso oltre il 50 per cento ha riguardato aziende cinesi. Nel corso del 2012 sono state contestate 1.084 cosiddette maxisanzioni per l'utilizzo di lavoro nero e 674 violazioni sono state finora contestate nel corrente anno. I lavoratori clandestini rinvenuti a lavoro nel corso dello scorso anno sono stati 253, mentre 166 nel corso del 2013. Faccio presente che sono stati adottati 206 provvedimenti di sospensione delle attività produttive nel 2012 e 155 fino allo scorso 31 ottobre.
  Anche allo scopo di sostenere tale specifica azione di vigilanza, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha incrementato il personale ispettivo della direzione territoriale del lavoro di Prato e già a partire dal 2012 ha istituito uno specifico fondo le cui risorse finanziate sono destinate all'utilizzo di interpreti di lingua cinese che possano affiancare il personale ispettivo in tutte le fasi in cui si articola l'attività di vigilanza. Al fine di assicurare massima efficacia alle iniziative programmate, la direzione territoriale di Prato ha avviato da tempo un'intensa e proficua collaborazione, sia con i funzionari ispettivi di INPS e INAIL, che con la polizia municipale di Prato.
  Vorrei anche ricordare che è in fase di perfezionamento un protocollo d'intesa tra la struttura di missione alle dirette dipendenze Pag. 17del Ministro per l'integrazione e la regione Toscana allo scopo di realizzare azioni volte a prevenire fenomeni di sfruttamento lavorativo che coinvolga migranti.
  Venendo alla dinamica dei fatti, nel precisare che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la procura della Repubblica di Prato, dall'informativa che ci è stata trasmessa dai competenti uffici del Ministero dell'interno risulta che, nella mattinata di domenica 1o dicembre ultimo scorso, equipaggi delle volanti, ambulanze e mezzi di soccorso dei vigili del fuoco dei comandi provinciali di Prato e Pistoia si sono recati per la segnalazione di un incendio presso un capannone di grandi dimensioni ubicato a Prato in via Toscana n. 63/5.
  Una volta giunti sul posto gli operatori hanno fin da subito accertato che, all'interno della struttura utilizzata da una ditta tessile a conduzione cinese e adibita al taglio, confezionamento e deposito di tessuti, era divampato, per cause ancora in corso di accertamento, un incendio di vaste proporzioni che aveva coinvolto l'intera area del capannone interessando la maggior parte delle sostanze combustibili ricoverate al suo interno. La struttura, pur avendo destinazione urbanistica di tipo produttivo, veniva utilizzata promiscuamente cioè anche come dimora del personale. Si è infatti constatata la presenza, in adiacenza e superiormente alla vecchia struttura di muratura che ospita l'ufficio e i servizi igienici, di locali adibiti a dormitorio in parte crollati a seguito dell'incendio. Dalle prime sommarie informazioni acquisite al momento dell'intervento la struttura adibita a dormitorio è risultata essere abusiva. Alla fine della giornata di domenica, ad un primo bilancio delle operazioni di soccorso e di recupero, si è registrato un bilancio complessivo di sette vittime (quattro uomini, due donne e una persona di sesso non accertato) e il rinvenimento dei corpi carbonizzati durante le operazioni, coordinate dal locale comando dei vigili del fuoco, avveniva nella parte interna del capannone come detto, adibita abusivamente a dormitorio.
  Sono state altresì tratte in salvo quattro persone: due di queste ricoverate presso il reparto di rianimazione del locale ospedale presentano gravi ustioni e sintomi di intossicazione mentre le altre due persone sono state dimesse a breve.
  Le operazioni di spegnimento sono proseguite per l'intera giornata di domenica e per la notte successiva, anche al fine di mettere in sicurezza la struttura e per consentire la ricerca di eventuali ulteriori elementi probatori utili all'indagine.
  Nel primo pomeriggio della giornata di ieri si sono concluse le operazioni di intervento e di messa in sicurezza dei luoghi da parte del personale dei vigili del fuoco con il sequestro probatorio effettuato a cura del personale dell'ufficio di polizia giudiziaria del comando dei vigili del fuoco di Prato.
  Per quanto attiene all'accertamento di eventuali responsabilità, non vi sono allo stato elementi sufficienti a determinare la causa dell'incendio, salvo il fatto che sembrerebbe essersi propagato e dunque originato dall'interno del capannone. Inoltre si può sin d'ora affermare che nel sito produttivo non venivano rispettate le norme e le misure in materia di sicurezza e di prevenzione incendi, come emerso con immediatezza ad esempio dalla constatazione dell'assenza di uscite di sicurezza e di maniglioni antipanico. Allo stato le indagini sono volte ad accertare il soggetto e i soggetti responsabili della conduzione aziendale.
  È stata intanto individuata la titolare nella persona di Li Jianli di origine cinese, nata l'8 marzo 1969 e che risulta residente a Roma e al momento irreperibile.
  Avviandomi a concludere, voglio ribadire che il tragico episodio di Prato attesta l'esigenza ineludibile di rafforzare ulteriormente le azioni di controllo del territorio già da tempo avviate. Tuttavia ritengo opportuno rivolgere questo mio intervento al più ampio tema della strategia da realizzare per contrastare le diverse forme di illegalità che quotidianamente si registrano sull'intero territorio nazionale. Vorrei ricordare a questo proposito che, nel corso del 2012, le strutture del Ministero Pag. 18del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL hanno complessivamente condotto attività di ispezione su circa 245 mila imprese sull'intero territorio nazionale equivalente al 16 per cento circa delle imprese con addetti, con dipendenti. In questo caso sono state trovate, nel 2012, circa 155 mila imprese irregolari, con 295 mila soggetti lavoratori irregolari di cui 100 mila totalmente in nero.
  Questo per avere un'idea del numero complessivo di ispezioni che solo il Ministero, l'INPS e l'INAIL svolgono, cui si sommano naturalmente le ispezioni delle ASL, dei Vigili del fuoco, della Guardia di finanza e così via.
  Occorre, a mio avviso, avviare una riflessione condivisa e costruttiva, che conduca ad incrementare le risorse assegnate all'attività ispettiva, che purtroppo hanno subito negli anni una costante e sensibile riduzione come conseguenza del più ampio programma di riduzione della spesa pubblica.
  Nel mio incontro con il Commissario alla spending review, Cottarelli, la scorsa settimana avevo proprio segnalato che le risorse per le ispezioni non sono sufficienti e stanno determinando difficoltà a coloro i quali, con grande spirito di servizio e anche con qualche rischio, si impegnano quotidianamente a svolgere queste attività.
  È mio convincimento che, in tempi pur difficili per la finanza pubblica, non si possa e non si debba arretrare sul fronte del contrasto al lavoro irregolare, quale fondamentale principio di civiltà. In tal senso, auspico che, già a partire dal disegno di legge di stabilità, sia possibile incrementare, sulla base di una oculata e sapiente selezione delle priorità d'azione, le risorse necessarie a rendere più capillare e articolata sul territorio l'azione ispettiva, anche quale prezioso deterrente di future condotte non improntate al rispetto della legalità.
  Vorrei anche aggiungere, infine, che il Ministero sta sviluppando, insieme agli altri Ministeri, un sistema informativo complessivo per la prevenzione, che ha avuto una serie di difficoltà negli anni scorsi, perché è un processo che va avanti ormai da anni, ma che speriamo possa portare all'approvazione del provvedimento.
  E vorrei ricordare anche che l'INPS ha, nei mesi scorsi, rilasciato una procedura informatica condivisa con tutti gli operatori proprio sul lavoro irregolare, che consente di seguire nel tempo le persone che vengono scoperte come irregolari, denunciate e che magari, poi, riemergono in altre imprese. Quindi, innovazione tecnologica, miglioramento del coordinamento e maggiori risorse sono, a mio parere, gli interventi che servono per rafforzare questa operazione.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare il deputato Antonello Giacomelli. Ne ha facoltà.

  ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, signor Ministro, sono morte sette persone e, mentre noi parliamo, centinaia, probabilmente migliaia, vivono come loro: bambini, donne, uomini, privati dei loro diritti e sfruttati per produrre ingenti e illeciti arricchimenti. Una ferita aperta per una città come Prato, che ha fatto dell'accoglienza e dell'integrazione di culture, della promozione della persona e della simbiosi tra cultura e lavoro, la cifra della sua identità e della sua crescita.
  La crisi del distretto tessile, il flusso migratorio in gran parte irregolare, eccezionale per la consistenza, e le particolarità che lo accompagnano, sono i fattori principali che hanno determinato una situazione di straordinaria difficoltà, che, aggravata dalla crisi generale del Paese, mette a rischio la tenuta sociale ed economica della comunità civile di Prato.
  Non abbiamo atteso, signor Ministro, questa tragedia per avere consapevolezza che non potevamo farcela da soli, come sempre, peraltro, abbiamo fatto nella nostra storia e come sarebbe nella nostra indole. Da più di quindici anni, sindaci di Pag. 19varie tendenze politiche, amministratori, operatori economici, la Chiesa locale e uomini della cultura lanciano il loro grido d'allarme al Governo nazionale.
  Non tutto è stato vano, alcuni risultati sono stati raggiunti, ci sono state battute d'arresto. Non è ora, però, il momento di recriminazioni o polemiche. È tempo di cambiare passo, è tempo di agire. Ci sono certo compiti e responsabilità ineludibili, che toccano alle istituzioni locali e al sistema economico del distretto, ma è indispensabile e urgente che lo Stato faccia fino in fondo la propria parte.
  Al Presidente Napolitano, che molto più autorevolmente di me lo ha detto con la consueta chiarezza in queste ore, non posso che esprimere la gratitudine profonda, sono certo, di tutta la città.
  Cosa ci aspettiamo, dunque, dal Governo ? Non chiediamo sussidi e prebende: chiediamo politiche serie e coordinate, interventi efficaci all'altezza della gravità della situazione. Chiediamo che diventino fatti concreti le proposte che i parlamentari pratesi – non di una parte politica, ma tutti i parlamentari pratesi – hanno presentato al Governo.
  Chiediamo prima di tutto che siano potenziati i mezzi per i controlli, per il presidio del territorio. Le cifre degli accertamenti e delle ispezioni, che anche lei ha ricordato, fornite in queste ore raccontano di uno sforzo enorme compiuto in particolare nell'ultimo anno. E, tuttavia, proprio queste cifre dicono di come questa attività di controllo, necessaria e da potenziare, sia però insufficiente se lasciata da sola ad arginare il fenomeno.
  Allora, serve che riprendiamo l'intuizione del patto originario per la sicurezza firmato con Prato dal Governo Prodi; servono, cioè, politiche più efficaci di individuazione e di contrasto dei flussi economici irregolari, a partire dal controllo dei money transfer e degli altri più sofisticati meccanismi finanziari.
  Un sistema economico, signor Ministro, che produce ricchezza per centinaia di milioni di euro ogni anno, non si ferma con i controlli nei capannoni; lì si trovano solo gli sfruttati. Bisogna alzare il tiro, colpire chi organizza lo sfruttamento, chi si arricchisce con l'illegalità, qualunque sia l'etnia a cui appartiene. Servono politiche di sostegno al distretto – vorrei dire al distretto legale –, a quella miriade di piccole e piccolissime imprese, a quegli imprenditori, a quegli artigiani che si battono ogni giorno nel rispetto delle regole e che sono tra le eccellenze che ancora rendono Prato importante nel mondo.
  Servono politiche di aiuto al processo di integrazione, un processo mai abbandonato e mai venuto meno, e al sistema sociale; penso, prima di tutto, alla scuola: non siamo all'anno zero. Se ci sono imprenditori di origine cinese iscritti a Confindustria, se ci sono ai vertici delle associazioni artigiane persone di origine cinese, se, in particolare, la seconda generazione mostra interesse e volontà ad inserirsi nel contrasto sociale, vuol dire che scommettere su queste politiche si può e si deve.
  E, poi, servono politiche di relazioni internazionali più efficaci con la Cina e le sue istituzioni e politiche in sede europea, perché il commercio globale non sia sotto il segno della «legge della giungla». Insomma, servono politiche complesse, coordinate, non ci servono né demagogia né propaganda, né le ricette di facili imbonitori.
  Allora, signor Ministro, non si attenda oltre: il Governo può e deve dare subito due segnali importanti. Insedi subito a Palazzo Chigi, presso il Vicepresidente Alfano, il coordinamento delle politiche e degli interventi per il distretto di Prato; e, inoltre, il Presidente Letta riunisca a Prato il prossimo Consiglio dei ministri: venga il Governo, tutto il Governo a dimostrare ai cittadini pratesi che lo Stato non intende venire meno al proprio ruolo e assume su di sé questa che è anche una sfida di civiltà.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANTONELLO GIACOMELLI. Serve, insomma – e concludo –, uno sforzo eccezionale per una situazione che è eccezionale.Pag. 20
  Prato, signor Ministro, è come il paradigma di questo tempo di incertezze e tensioni globalizzate, esposto ai rischi e ai contraccolpi di una logica del profitto che sembra poter travolgere tutto, diritti e regole, legalità e speranza. È tempo che lo Stato reagisca e lo faccia la politica, è tempo di cambiare passo: non attendiamo un'altra tragedia per farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Baldassarre. Ne ha facoltà.

  MARCO BALDASSARRE. Grazie, Presidente. Prato: una strage annunciata, così come lo è la classica maratona dell'ipocrisia, dichiarazioni su dichiarazioni, ma nessuno che si assuma un minimo di responsabilità.
  Dall'interno del capannone dormitorio vengono estratti sette corpi di lavoratori di origine cinese, che stavano riposando su un soppalco abusivo insieme ad altri operai orientali sorpresi dalle fiamme. Prato, un tempo splendente punto di riferimento delle aziende tessili, nel giro di vent'anni ha visto proliferare una miriade di laboratori, dove la manodopera cinese opera in situazioni inaccettabili dal punto di vista dei diritti umani e della sicurezza.
  A Prato non esistono più regole. Lo stesso pubblico ministero Tony dice: «La maggior parte delle aziende sono organizzate così, è il Far West». Se vogliamo impedire che ci siano altre tragedie come quella di Prato, allora cominciamo con l'ammettere che quella tragedia è l'effetto di un'economia malata, ormai lasciata alla sbando e totalmente incurante dei diritti fondamentali degli uomini, cinesi o italiani che siano. Il tutto di fronte ad una classe politica cieca, sorda e muta, quindi complice.
  Ultimamente sempre più spesso si sentono politici parlare in difesa del made in Italy, o di quel che ne resta. Oramai sempre più aziende italiane chiudono o delocalizzano per provare a sopravvivere, aumentando una disoccupazione già alle stelle. Ricordo che il Governo si era impegnato a ridurre il costo del lavoro e il cuneo fiscale nella legge di stabilità. E allora facciamo un atto di coraggio, non una misura fantasma che non beneficerà realmente nessuno. Ed oltre a ricordare, giustamente, i sette lavoratori di origine cinese morti per il profitto di qualche multinazionale, ricordiamo anche quegli imprenditori italiani che si sono tolti la vita perché stretti in una morsa di tasse, di cuneo fiscale e di costo del lavoro ormai insostenibile.
  Veloci, non tutte, le reazioni della classe politica: il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, chiede al Presidente del Consiglio Letta un incontro per definire un accordo di programma per risolvere questa questione, al Ministro Alfano chiede un incontro per far verificare di persona la situazione. Il Ministro Giovannini dichiara di voler predisporre il piano controlli per il 2014. Ci voleva questo perché accadesse ? Il sindaco di Prato, Roberto Cenni, ha indetto il lutto cittadino rivendicando di avere alzato il velo sulla vicenda. Il governatore Rossi si chiede: dove eravamo tutti noi ? Dove eravamo tutti noi ? Caro governatore, è troppo facile fare propaganda adesso, dopo una tragedia da lei definita annunciata. Bene, se era annunciata, voi tutti avete fatto «orecchie da mercante».
  Dove eravate voi ? La situazione di Prato, la conosceva bene lui e la conosceva, altrettanto bene, il sindaco Cenni. Anche la trasmissione Report se ne è occupata nel 2007 con un'inchiesta. Troppo facile, adesso, farsi domande o indire giornate di lutto. Comincino tutti ad assumersi in maniera diretta le proprie responsabilità, non solo a parole, ma coi fatti. Comincino con il dimettersi e lasciare il posto a cittadini che hanno a cuore questo Paese, persone che non aspetteranno la prossima tragedia annunciata prima di fare qualcosa.
  A Prato esiste una realtà lavorativa che ha dell'incredibile: è uno dei più grandi centri di lavoro sommerso d'Europa, dove i lavoratori, gestiti ormai dalla criminalità organizzata, sono costretti a lavorare per quindici ore al giorno in situazioni assurde, disumane. Noi dobbiamo tutelare le Pag. 21aziende e gli imprenditori che pagando con fatica le tasse e gli stipendi dei propri dipendenti regolari e che stanno «tirando per i capelli» questo Paese, ormai finito, morto.
  Ed ecco che puntualmente si ripete il teatrino: governatori, ministri, sindaci si svegliano dal torpore e si incamminano a raccontare la stessa novella nella trasmissione di turno. Un primo piano, un finto volto affranto, un'anima appesantita, una colpa data al proprio avversario politico, un mea culpa falso come una moneta da 3 euro, e via: la coscienza adesso è più leggera.
  La situazione di Prato sta distruggendo il manifatturiero tessile italiano. Qui si lavora tutto il giorno, senza diritti, irregolarmente, senza controlli e nel resto del Paese aziende chiudono per la pressione fiscale. Le aziende chiudono perché non più competitive a confronto di chi, sfruttando il lavoro nero e la clandestinità, può permettersi di mettere sul mercato prodotti a prezzi assurdi senza la ben che minima garanzia del prodotto e dell'incolumità dei lavoratori stessi.
  Concludo segnalando ai vari attori di questo teatrino, altre realtà, come quella di Prato, nelle zone di Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino e Firenze, per dirne solo alcune, dove gli operai, anche lì, dormono a rotazione nelle fabbriche per garantire cicli continui di produzione. Ebbene, una volta tanto proviamo ad agire prima.
  Ministro, noi siamo pronti a collaborare, ma facciamolo seriamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Monica Faenzi. Ne ha facoltà.

  MONICA FAENZI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il Ministro per l'informativa, ma la tragedia avvenuta domenica all'interno dello stabilimento tessile di Prato, gestito da cinesi, ripropone lo sfruttamento dei lavoratori stranieri e richiama alla mente i ritmi delle fabbriche inglesi dell'Ottocento.
  Dal bilancio della strage – che ha causato sette morti e diversi feriti –, che in tanti definiscono annunciata, emerge però un quadro d'insieme costituito da un'illegalità tollerata, spesso per convenienza, il cui fenomeno conferma nel nostro Paese l'esistenza di un mondo parallelo, fatto di lavoro nero, di norme di sicurezza pari a zero e di condizioni di schiavitù inaccettabili.
  Da anni Forza Italia in Toscana ha chiesto un intervento straordinario per ripristinare la legalità a Prato. Non è possibile aspettare la tragedia di turno per poi intervenire a posteriori. Interventi rigorosi volti a ribadire una volta per tutte l'autorità dello Stato, il rispetto e l'osservanza delle leggi in materia di difesa dei diritti umani, dal recupero dell'evasione fiscale alle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, nel «distretto parallelo» cinese devono assolutamente essere rimarcati.
  Nonostante il comune di Prato, con il sindaco Cenni, abbia realizzato in soli cinque anni oltre 1.600 controlli, grazie anche alla collaborazione delle forze dell'ordine, a cui va il nostro plauso, tutto ciò risulta insufficiente.
  Non si tratta, a mio avviso, di stravolgere le regole e le norme esistenti, ma di intervenire in maniera più intransigente nell'applicazione dell'ordinamento giuridico e fiscale: nulla di più di quello che si chiede alle aziende italiane, con la differenza che, mentre nel «distretto parallelo» del tessile di Prato i cinesi muoiono di illegalità e di condizioni di lavoro indecenti, nelle aziende italiane i nostri imprenditori italiani muoiono di tasse e di oppressione fiscale, una disparità di trattamento che produce comunque morte.
  E di fronte a tale tragedia, non ci convince lo stupore e la mobilitazione del presidente della regione Toscana, atteso che il territorio regionale è gestito dalla sinistra da oltre settant'anni – peraltro, in maniera ininterrotta – e che lo stesso Rossi ha ricoperto la carica di assessore alla sanità della regione Toscana per dieci anni, quindi con strumenti di ispezione a carico delle ASL che poteva utilizzare e Pag. 22che ha utilizzato. Oggi non ci può far vedere come rimanga quasi sorpreso di quello che è accaduto.
  A Prato e in tutta la Toscana i parlamentari toscani sono a conoscenza e consapevoli di quello che sta accadendo e non servirà cercare i responsabili, perché è un sistema che deve essere scardinato. Non basterà mettere in galera qualcuno per evitare che un a «mondo parallelo», come le dicevo, che esiste e che tutti conoscono, possa essere tolta la fame attraverso l'arresto di qualche responsabile.
  Occorre interrompere un enorme flusso di denaro, che è pari a 4,5 miliardi di euro, che è gestito interamente dalla criminalità organizzata cinese, che è di dubbia provenienza in termini di legalità e i cui proventi vengono riciclati proprio dalla mafia cinese nel nostro Paese.
  Grazie alle intimidazioni, allo sfruttamento del lavoro clandestino e anche grazie ad una massiccia dose di omertà da parte della comunità cinese insediata ormai da decenni, la tragedia avvenuta a Prato evidenza che la situazione di illegalità spesso conviene a tutti. Si chiudono gli occhi sui morti e sugli sfruttati, senza rendersi conto che così finiscono fuori mercato anche le aziende italiane.
  Il sistema di riciclaggio, consolidato da tempo nel distretto cinese del tessile a Prato e, come dicevo, quantificato in oltre 4 miliardi di euro, ovvero una cifra più alta dell'IMU sulla prima casa e uscita illegalmente dall'Italia nel giro di cinque anni, era già stato scoperto dalla Guardia di finanza lo scorso maggio. È un flusso enorme di denaro, partito in gran parte da imprenditori cinesi e spostato in Cina attraverso i money transfer tra il 2006 e il 2010 e di cui inutilmente si è chiesta l'abolizione, sia nella scorsa legislatura sia in quella attuale, grazie ad una proposta di legge dell'onorevole Bianconi.
  Per questo, onorevoli colleghi, la tragedia di Prato non scoperchia un pentolone di novità e di sorpresa, diciamolo. Tuttavia, esso lancia un grido di allarme a tutti i livelli delle istituzioni locali e nazionali per porre un argine ad un sistema di illegalità tollerata.
  Lo strenuo e costante impegno delle forze dell'ordine non è più sufficiente. Non c’è più tempo da perdere. Forza Italia è del parere che occorra subito una task force in grado di mettere in atto controlli costanti e in forma eccezionale, per arrestare in maniera decisa la criminalità organizzata.
  Noi chiediamo che quel tavolo di sicurezza, che è stato realizzato, cominci però a lavorare, e lo faccia da questa settimana, tra pochi giorni: per questo noi chiediamo un impegno del Ministro Alfano, perché quella di Prato, che è una situazione purtroppo strutturale e che non si combatterà soltanto con la ricerca dei responsabili, possa essere eliminata per sempre. Perché – lo voglio rimarcare – a farne le spese non sono soltanto la comunità dei cinesi, i poveri morti, le famiglie dei morti, ma sono anche gli imprenditori italiani, gli imprenditori toscani, che purtroppo subiscono una concorrenza sleale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Irene Tinagli. Ne ha facoltà.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, nel ricordare questa tragedia terribile, chiaramente c’è un sentimento di tutti noi di grande e profonda tristezza, amarezza, di rabbia; però, ecco, ora vorrei dedicare questi pochi minuti a fare un ragionamento che va un po’ al di là della retorica, e anche delle facili demagogie.
  Questo non è un problema, secondo me, che riguarda solo la questione dei cinesi, perché come ha ricordato anche lei, e come emerge dalle attività di ispezione che vengono condotte in Italia, ci sono delle sacche di illegalità, di mancanza di rispetto dei diritti dei lavoratori in tantissime parti d'Italia: in altre parti, in altre regioni, in altri territori. Possiamo ricordare tantissimi episodi: a me il primo che è venuto in mente domenica è stato quello di Barletta, del 2010, dove quattro donne persero la vita per l'appunto in un maglificio; anche lì si ritornava al settore del tessile. Quindi, qui parliamo davvero di Pag. 23una questione e di un problema di legalità, che riguarda tutti, tutti. Non ci possiamo nascondere dietro a delle ipocrisie !
  Tornando a Prato, vorrei anche ricordare qualche cosa che nessuno vuole mai dire, che nessuno vuole mai ricordare; e lo dico con un po’ di tristezza, ma va detto. Bisogna farsi un'altra domanda: di chi sono quei capannoni ? Perché anche lì ci sono in qualche modo delle responsabilità: tutti sanno quello che accade in quei capannoni, tutti sanno che i cinesi ci dormono, che è tutto abusivo, però nessuno sa mai niente quando si tratta del proprio capannone. Ci sono tantissime agenzie, ex imprenditori che vivono degli affitti di questi capannoni, così come degli affitti delle case, dove i cinesi vivono ammassati, in condizioni di degrado totale. Però di questo non si può mai parlare: due anni fa fu sequestrato – me lo ricordo – un capannone a Prato; quello era di proprietà di un'agenzia immobiliare pratese, 126 mila euro all'anno di affitto !
  Qui non è neanche una questione di legalità: è una questione di corresponsabilità di tutta una comunità, rispetto a quello che succede. Perché non si può sempre denunciare quello che avviene fuori, e chiudere gli occhi su quello che accade in casa nostra. Quindi, è una cultura della legalità, della corresponsabilità di un'intera comunità rispetto a quello che accade lì, lavorare tutti insieme per migliorare le condizioni e capire come poter crescere insieme.
  Tornando al rispetto delle regole e alla cultura della legalità, come giustamente anche lei, signor Ministro, ci ricordava, è anche una questione di controlli, di sanzioni. Ed è giusto ricordare la tremenda mancanza, la carenza di personale, di strumenti, di strutture, per effettuare in maniera efficace questi controlli su tutto il territorio.
  Per cui io sono assolutamente d'accordo con lei, che occorra fare un lavoro importante su questo fronte; però, al di là dello stanziare nuovi fondi, nuove iniziative, ricordiamoci anche che la nostra pubblica amministrazione ha delle eccedenze, degli esuberi in moltissimi comparti che non vengono mai gestiti.
  Proprio in queste settimane la Commissione difesa sta vagliando degli schemi di decreto per mandare praticamente in pensione, in congedo, migliaia e migliaia di unità del personale militare a 50 anni con l'85 per cento dello stipendio: per centinaia di milioni pagheremo delle persone per stare a casa ! Quando poi ci mancano risorse da investire in attività fondamentali per garantire dei servizi come quelli della sicurezza sul lavoro.
  Noi, come Scelta Civica, l'abbiamo detto in ogni occasione, e lo ripetiamo: applichiamo anche le regole che abbiamo ! L'articolo 33 del testo unico sulla pubblica amministrazione riguardo alla gestione del personale in esubero e alle eccedenze non è mai stato applicato.
  Noi possiamo, dobbiamo applicarlo, a maggior ragione adesso nel contesto di crisi economica, di ristrettezze, di spending review; dobbiamo partire da qui, utilizzare meglio le risorse che abbiamo già nella pubblica amministrazione con magari della formazione in più, per adeguarle e renderle pronte per i servizi che possono essere chiamate a fare.
  Ci sono già adesso, all'interno della pubblica amministrazione, all'interno anche del nostro impianto normativo – citavo adesso l'articolo 33 del testo unico – gli strumenti normativi ed economici per già adesso migliorare e rafforzare i servizi di controllo e di ispezione che sono doverosi, ripeto, non solo a Prato ma in tutto il territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, per noi, per questo gruppo, il cordoglio alle famiglie colpite e la solidarietà a tutta la comunità cinese e alla città di Prato, che manifestiamo anche con un segno bianco, il colore del lutto cinese, si accompagna ad una volontà di intervenire per evitare il ripetersi di queste tragedie. Pag. 24Purtroppo abbiamo sentito solo poche cose, scelte non sufficientemente mirate, che potrebbero farci sperare che tutto questo non succeda più.
  Elenchiamo i nostri punti. Servono più ispezioni, non solo su denuncia. Il Ministro ha sottolineato e ci ha portato i dati, certo, di un impegno sicuramente importante, ma al di sotto delle necessità. Voglio citare alcuni dati CGIL: a Prato ci sono cinque ispettori INPS, di cui tre amministrativi, circa dieci ispettori del lavoro e, la cosa più incredibile, un solo ispettore INAIL. Si tratta di un grande distretto industriale e io credo che la volontà che lei ha espresso di incrementare questo personale ispettivo sia importante e noi la raccogliamo; e vediamo se ora, con il disegno di legge di stabilità, si potrà discutere l'emendamento che noi abbiamo presentato per sbloccare il turnover e prevedere mille ispettori in più.
  L'altro punto: serve garantire l'assoluta trasparenza e certificazione sociale di stampo europeo per tutte le aziende che sono a capo di filiere, affinché esse rispondano di tutta la catena produttiva. E occorre, Ministro, lei lo sa bene, applicare coerentemente quei parametri di congruità che servono per misurare e smascherare il lavoro nero.
  Vorrei dire che non ha fondamento l'idea – che ho anche sentito qui, in questa discussione – di due sistemi paralleli; uno schema che è stato usato anche da un'ispirazione xenofoba che presenta i mali da combattere tutti solo da una parte.
  C’è, piuttosto, tra i due possibili sistemi, compenetrazione, ci sono convenienze reciproche, anche sui «diritti del lavoro al ribasso». Grandi e minori firme della moda italiana commissionano lavoro ad aziende cinesi localizzate in Italia per merci che finiscono nel mercato interno. Quindi, ci sono interessi che si intrecciano, è lo stesso meccanismo predatorio della fabbrica bruciata nel Bangladesh oppure di quello ricordato qui, nel nostro Paese, dolente, di Barletta.
  Noi pensiamo che serva una Commissione parlamentare per capire meglio, con funzioni ispettive. Noi pensiamo che serva – lo diceva in qualche modo la collega Tinagli, – più responsabilizzazione dei privati che affittano i capannoni industriali e che devono essere affittati a fini produttivi e non a diversi usi come l'abitazione.
  Quindi serve anche, di conseguenza a questo, aprire, liberare il mercato dell'affitto privato, oggi bloccato dai pregiudizi.
  Se non si vuole che i cinesi dormano nei capannoni, bisogna che trovino casa e, talvolta, non la trovano per pregiudizio.
  Servono misure che favoriscano e accompagnino l'uscita di imprese cinesi dall'illegalità e serve – mi permetta un approfondimento su questo – il sostegno a chi, tra i lavoratori e le lavoratrici, si vuole sottrarre a condizioni di lavoro inumane.
  Voglio ricordare che, per la legge italiana, è la vittima stessa che ha l'onere della denuncia, da sola, senza la tutela del sindacato, il cui ruolo è stato cancellato dal recepimento minimale della direttiva europea n. 52 del 2009 sulla tutela di chi lavora in schiavitù. Chi denuncia perde il lavoro e per la legge «Bossi-Fini» anche il permesso di soggiorno; diventa clandestino e diventa penalmente perseguibile. È l'ennesima dimostrazione della nefandezza di una legge che ha prodotto irregolarità, ricatto, sfruttamento; abolirla non costa niente, ci vuole una scelta politica.
  Colleghe e colleghi, questo però è il momento della vicinanza, dell'abbraccio, di cui ha scritto ieri, in un bell'articolo, Adriano Sofri, un abbraccio non solo sull'onda emotiva; la vicinanza come politica per guardare avanti, per rompere separazioni, per affrontare le ragioni di un distacco.
  Ricordiamo: ci sono tanti problemi che ancora impediscono scambio e reciprocità, però Prato, che è la terza città cinese d'Europa, dopo Parigi e Londra, non è solo paura, quella paura su cui il centrodestra ha speculato e non ha fatto nulla, lo vorrei ricordare alla collega Faenzi. A Prato scorre la vita comune, i bambini cinesi e pratesi vanno a scuola insieme, è un seme da coltivare per una convivenza assolutamente inderogabile. Concludo...

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  PRESIDENTE. Deve concludere. Ha parlato già un minuto in più.

  MARISA NICCHI. Vedete, io penso che, nel futuro, i nostri nipoti, con i tanti coetanei di origine cinese che saranno radicati in Italia, nei libri di storia, non troveranno le tracce di un dibattito politico odierno, di larghe e strette intese, «Finish», «Dash». Di certo, studieranno che il mar Mediterraneo e le frontiere dell'Europa sono cimiteri...

  PRESIDENTE. Onorevole Nicchi, deve concludere.

  MARISA NICCHI. ... che a Rosarno gli immigrati si sono ribellati per essere stati «spremuti» e considerati avanzi e che a Prato migliaia di donne e uomini cinesi lavoravano e dormivano in fabbriche mortali (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Presidente, signor Ministro, colleghi, anche da parte nostra, del Nuovo Centrodestra, il sentimento di vicinanza e cordoglio per le sette vittime e per le loro famiglie, per la comunità cinese in Italia, per la città di Prato.
  Io conosco la Cina, la frequento da un po’ di anni, cerco di studiare questo grande fenomeno di crescita e di sviluppo e, quando sui giornali questa mattina o nei giorni precedenti, ho letto cosa è successo a Prato, in quella fabbrica di Prato, dove vivono lavoratori cinesi che hanno compensi bassissimi e miserabili, che lavorano dodici, quattordici o quindici ore al giorno senza un giorno di riposo, niente ferie e dormono in fabbrica in spazi che sembrano dei loculi, ecco mi è venuta in mente una visita fatta in Cina qualche anno fa, soprattutto nel sud della Cina, nell'area di Canton, dove ho visitato fabbriche in cui i lavoratori cinesi lavoravano quattordici, quindici o sedici ore al giorno con stipendi da fame e dormivano in piccoli loculi, senza vacanze, senza ferie, senza riposo e senza niente.
  Ora, è impressionante che un fenomeno di questo tipo si possa replicare in Occidente, in Europa, in Italia e in casa nostra. Noi non riusciamo, come Italia, a interpretare nel modo giusto una globalizzazione che ha avuto anche i suoi effetti nefasti per alcune parti e per alcuni fenomeni speculativi di concorrenza sleale. Assistiamo a un fenomeno raccapricciante: noi non riusciamo ad andare in Cina, noi non riusciamo ad esportare in Cina la nostra civiltà del lavoro, ma la Cina esporta da noi la sua inciviltà del lavoro.
  È un fenomeno raccapricciante. È un fenomeno ancora più allarmante se pensiamo che, sempre andando in Cina, io ho potuto, fisicamente e da vicino, vedere le evoluzioni che ci sono state in Cina negli ultimissimi anni: sempre meno fabbriche come queste in Cina e sempre meno nell'area di Canton. Nelle grandi città ormai l'organizzazione del lavoro e il lavoro sono cambiati e sono cambiati in meglio dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro e dal punto di vista degli stipendi. Quindi, quel fenomeno osservato qualche anno fa e che oggi noi vediamo anche a Prato, in casa nostra, è un fenomeno che tende gradualmente, troppo lentamente, ad allentarsi e, come dire, a restringersi anche in Cina. Che questo però possa succedere ancora oggi in Italia, nel momento in cui la Cina fa passi in avanti, è assolutamente allarmante.
  Noi non riusciamo ad esportare, come dicevo prima, i nostri modelli, ma importiamo modelli come questo. Tutto questo crea un doppio fenomeno di concorrenza sleale verso le imprese, verso il lavoro e verso i lavoratori ed è allarmante che la concorrenza non ci venga soltanto dall'esterno del Paese, dall'esterno dell'Italia, ma ci venga anche dall'interno e che ci siano aziende e interi distretti industriali che fanno concorrenza alle nostre aziende e ai nostri distretti dall'interno del Paese, città contro città, distretti contro distretti.
  Dicevamo prima dei controlli. È vero, non bisogna dare l'idea che nulla si sia Pag. 26fatto, che nulla si faccia. Molte cose sono state fatte e molte cose si fanno. Però, alcune volte noi assistiamo ad un eccesso di controlli, con controlli che si ripetono e che si moltiplicano in tante nostre attività industriali e commerciali, come gli alberghi e i ristoranti, che nei tre mesi d'estate, per esempio, vedono succedersi il controllo della guardia forestale, della finanza, dell'INPS, dell'INAIL, dell'ASL – penso agli alberghi toscani – e, poi, non si vede quello che succede a Prato.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  SERGIO PIZZOLANTE. Allora, concludo affermando che forse è necessario che l'attività ispettiva sia meglio focalizzata, che meglio si specializzi, che meglio riesca a colpire le tante Prato che ci sono in Italia e che riguardano i lavoratori stranieri ma che spesso riguardano anche tanti lavoratori italiani, costretti a lavorare al ritmo e alle condizioni economiche dei cinesi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Emanuele Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, signor Ministro, sottosegretario, onorevoli colleghi, questa è già stata definita più volte come «l'ennesima strage annunciata» ed è stato l'ennesimo palcoscenico offerto a politici e Ministri per dire la loro su ciò che si dovrebbe fare per evitare quelle morti. Un'occasione a cui ha voluto partecipare anche il Capo dello Stato, che ha espresso ai rappresentanti della comunità cinese di Prato i suoi sentimenti di umana e dolorosa partecipazione. Parole profonde, ma destinate alle persone sbagliate, dal nostro punto di vista. Il Presidente non può pensare che i rappresentanti della comunità cinese non sappiano cosa succede a Prato. È talmente evidente da fare apparire questa tragedia, appunto, una strage annunciata.
  Prato è la città in Europa con il più alto tasso di immigrazione: su 192 mila residenti ben 35 mila sono stranieri, mentre i clandestini sono stimati oscillare tra i 20 e i 40 mila (dipende dalle stagioni). Anche grazie a questo Governo, con leggi firmate dallo stesso Presidente, sono stati tolti poteri di pubblica sicurezza ai sindaci, poteri che erano stati introdotti dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni, proprio per cercare di prevenire queste stragi e tutelare la legalità.
  Certo che il sindaco è stato lasciato solo, ma il presidente della regione non si tiri fuori. Lui avrebbe potuto mandare controlli in quella fabbrica o magari in quella a lato o in quella di fronte per cercare di accertare il rispetto almeno delle norme ambientali o di quelle igienico-sanitarie. E a nessuno è mai venuto in mente di verificare alcuni dati, come ad esempio le sole sedici denunce di infortunio di cinesi all'INPS in tutto il 2012 nel comparto tessile di Prato ? Ora è chiaro a tutti che lo Stato reagirà e lo farà nelle prossime settimane. Ma poi ? Quando la questione si raffredderà le cose torneranno peggio di prima. E perché ? Perché questo è un problema che richiede serietà e determinazione per essere risolto, perché è un argomento scomodo da trattare e perché serve avere ben chiaro quale tipo di società vogliamo. Sono condizioni che questo Governo assolutamente non ha ! Basta pensare che il Ministro per l'integrazione è uscita per andare al bar, anziché assistere a questa discussione.

  PRESIDENTE. Onorevole Prataviera, il Governo è presente e non c’è bisogno di sanzionare le assenze e le presenze, guardiamo l'Aula.

  EMANUELE PRATAVIERA. Ma c’è bisogno che io dica quello che penso, perché è nell'interesse della collettività, Presidente.
  Questi nuovi schiavi sono costretti a produrre magliette con faccine e scritte felici, che saranno acquistate da famiglie che non arrivano a fine mese, ma che devono comunque vestirsi. Oppure di notte, durante le notti, verranno assemblati pezzi per scarpe d'alta moda che saranno calzate da moralisti da salotto e Pag. 27da radical chic. È una realtà che stride e che contrasta con chi produce quel prodotto.
  Il coraggio non sta nel piangere sui morti. Il coraggio nel far politica è lottare contro il sistema di sfruttamento e di schiavitù. Il Ministro Kyenge auspica che i cinesi abbiano il coraggio di uscire e denunciare il racket; ma il Ministro che film ha visto ? Come è possibile che non si renda conto che il sistema mafioso dei cinesi è come quella grata che ha impedito a uno dei sette operai di scappare da quella finestra di quel soppalco che aveva appena sfondato per cercare di mettersi in salvo ? Questa è la realtà. Il coraggio sta nel denunciare questo sistema, come solo la Lega Nord ha sempre fatto, da sola però. In cambio ci avete etichettato come demagoghi, xenofobi e razzisti. In realtà abbiamo solo anticipato i tempi.
  Il problema, cari colleghi, è che non esiste solo Prato. Non si contano nemmeno i tanti monkey business vestiti da cinesi o teste di legno cinesi che alla fine producono miliardi di euro di economia sommersa e parallela: 4,5 per cento, è appena stato detto. Nel territorio nazionale ci sono tante Prato. Non sono solo nelle aree industriali, nei mercati, nelle vie cittadine o nel caffè che bevete la mattina al bar. Quando parlate di evasione fiscale tenete in considerazione anche questo, non solo gli imprenditori a Nord est. Vi prego, aprite gli occhi sul mondo reale, sul Paese che circonda questo palazzo. Una volta asciugate le lacrime chiedevi se non sia giusto lottare per vedere cosa si nasconde dietro la stampa colorata di una maglietta prodotta sulla pelle delle persone. Questo per la Lega Nord è parlare di diritti umani, il resto sono chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Achille Totaro. Ne ha facoltà.

  ACHILLE TOTARO. Signor Presidente, signor Ministro, io proprio giorni fa ho presentato un'interrogazione alla quale lei è venuto a rispondere qui alla Camera sui fatti riguardanti la città di Prato, a dimostrazione che il nostro impegno e la nostra denuncia su questi avvenimenti che si sono poi verificati, tragici, sono antecedenti a quegli avvenimenti, la nostra denuncia parte da lontano ed è stata costante in tutti questi anni. Noi esprimiamo il nostro cordoglio per le povere vittime perché morte in maniera così tragica sul posto di lavoro e ne abbiamo sempre grande rispetto e ci fa stare veramente male quando sappiamo che qualcuno, italiano o non, muore sul posto di lavoro. Al lavoro ci si va per provvedere per sé stessi e per la propria famiglia e non per morire.
  Detto questo, caro Ministro, signori del Governo e colleghi parlamentari, noi però in quest'Aula vogliamo denunciare, io voglio denunciare qui oggi, il fatto che in troppi, con la lacrima sul viso, con le solite sceneggiate, con rappresentanti del governo regionale toscano, che governa la Toscana da settant'anni, con il presidente della regione Toscana, Rossi, che è stato anche assessore alla sanità, si presentano sugli schermi televisivi e fanno le persone colpite da un evento quasi che fosse una catastrofe di carattere naturale.
  Non è così ! Noi, per anni, nel silenzio, abbiamo denunciato quello che sta avvenendo a Prato, il fatto che vi siano migliaia, decine di migliaia di lavoratori clandestini, di persone che vivono in condizioni di precarietà all'interno di strutture fatiscenti e che lavorano 15-16 ore al giorno. Lo feci anche l'altra volta, caro Ministro, nel question time che la riguardava.
  Lo abbiamo denunciato più volte, ma, purtroppo, quelli con la lacrima sul viso, quelli dalla «sceneggiata facile» in queste occasioni, ci hanno risposto, in tutti questi anni, quando noi denunciavamo queste cose, che eravamo razzisti, che eravamo persone xenofobe, ci hanno accusato di ogni male possibile della Terra.
  Essi hanno governato il territorio per decine di anni, il comune, la provincia; i signori della sinistra lo hanno fatto in questi anni, sono loro quelli con la lacrima sul viso, che accusavano tutti quelli che volevano intervenire su questi temi, di Pag. 28razzismo, di xenofobia. Ma questo è stato fatto anche nei confronti del comune di Prato, in questi quattro anni.
  Io vorrei dirle, signor Ministro, che, proprio nel 2011, l'ASL di Prato ha emanato una direttiva dicendo che la priorità nel controllo, per l'ASL, erano i cantieri edili. L'assessore Milone del comune di Prato le ha risposto dicendo: «attenzione, perché a Prato abbiamo altre priorità nel controllo sul lavoro e nei problemi che riguardano il lavoro nero e le condizioni di lavoro dei lavoratori».
  Non gli è stato nemmeno risposto, perché non vi è stata, in questi anni, la volontà politica di intervenire su questi temi. Dobbiamo dirlo con forza, anche ai signori della sinistra, che non hanno fatto niente in questi anni. E tutti quelli che denunciavano quel tipo di situazione, che discrimina e ha discriminato i lavoratori italiani e gli imprenditori italiani in quelle zone, venivano «bollati», dicendogli che facevano della demagogia. No, denunciavamo cose reali, che sanno tutti i pratesi e tutti i toscani.
  Infatti, il fenomeno non è soltanto di Prato, ma si sta espandendo anche in altre aree. Parliamo della provincia di Firenze, della provincia di Prato. Con riferimento a Firenze, dove vi è il «messia» che deve venire a risolvere i problemi del mondo, i problemi ci sono anche nella sua città. Quel signore parla in televisione, ma non fa niente ! Vi è tutto un commercio abusivo e una situazione di esercizi che aprono e chiudono continuamente anche nella città di Firenze, che riguardano lo sfruttamento della prostituzione. Concludo, signor Presidente – mi lasci altri 30 secondi – dicendo che è un sistema che gode di coperture non solo politiche, ma anche di carattere economico.
  Lo dissi già l'altra volta questo fatto: abbiamo istituti di credito che, in questi anni, hanno dato 200 milioni di euro – parliamo di banche importanti – a cittadini cinesi e imprenditori cinesi che denunciavano redditi da 6-8 mila euro l'anno. Lo sapete perché davano queste somme da 200-300 mila euro ciascuno, cose che non vengono date ai cittadini italiani quando chiedono un prestito, quando chiedono dei soldi alla banca ?
  Vengono dati perché dietro vi sono i «soldi al nero». Queste cose, denunciamole ! Dov’è il Ministro Saccomanni ? Venga qualche volta anche in quest'Aula, non frequenti solo altri posti. Questa è l'Aula deputata a rispondere anche su queste cose. Lo chiamiamo a rispondere: perché gli istituti bancari di Prato hanno dato centinaia di migliaia di euro a persone, a imprenditori cinesi, che denunciavano 6-8 mila euro l'anno ? Come è mai possibile ?

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ACHILLE TOTARO. Ce lo vengano a dire, perché, altrimenti, e concludo, le chiacchiere stanno a zero. Noi vogliamo i fatti e i fatti, purtroppo, vanno in un'altra direzione rispetto al discorso che avete fatto della legalità e del rispetto dei diritti delle persone e dei diritti umani, anche per i cittadini cinesi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, sette nuove vittime del lavoro, vittime cinesi del lavoro in Italia. Sono i nuovi proletari che ricordano, per condizioni di lavoro, i nostri migranti in Svizzera, ma forse anche i primissimi meridionali che andavano o che venivano al nord. Andiamo indietro agli anni Cinquanta e forse, addirittura, alla fine dell'Ottocento, ai tempi dei «padroni dalle braghe bianche». Invece, siamo nel 2013. Quando ci occupiamo dei cinesi in Italia, lo facciamo per dire che occupano le nostre strade con i loro negozi, che fanno concorrenza sleale, che comprano tutto, che pare non muoiano mai.
  Quante volte ci siamo sentiti dire «Mai visto un funerale cinese !», dando per scontato che si passino i documenti l'un con l'altro, tanto si somigliano tutti. Forse è vero, forse non tutto, ma c’è tanta verità in questo.Pag. 29
  Il problema è che solo di fronte ad una tragedia come quella di Prato ci rendiamo conto che tanti di loro, la maggior parte di loro, vivono in condizioni di sfruttamento e vivono in condizioni di vita subumane. Ma non è difficile capire la dimensione del lavoro nero di questa realtà e dello sfruttamento. Diceva ieri la Vicepresidente del Senato che basterebbe guardare i consumi elettrici per rendersi conto di cosa succeda in quei capannoni, che sono, sì certo, luoghi di lavoro, ma anche cucine, dormitori ed ora anche tombe.
  Ma erano condizioni conosciute. Io ricordo un servizio del programma Report, di sei anni fa, intitolato «Schiavi del lusso», dove si parlava delle aziende di Prato. Non è successo niente di veramente efficace, se no non sarebbe accaduta la tragedia. Il problema è trovare le soluzioni, ed è veramente difficile, ma in aggiunta alle difficoltà oggettive, a partire dalla impermeabilità della comunità cinese, dobbiamo riconoscere che abbiamo abbassato la guardia. La crisi e la disoccupazione fanno digerire tante cose ai lavoratori e alle lavoratrici italiane, figuriamoci a quelli cinesi.
  Ma siamo nel 2013, a quasi cinquant'anni di distanza dallo Statuto dei lavoratori che noi Socialisti abbiamo voluto fortemente, che noi abbiamo scritto, perché Brodolini era uno di noi, e a qualche cosa saranno ben servite queste lotte sindacali. Ma il sindacato non basta, stretto tra lavoro italiano e lavoro cinese. Serve la collaborazione tra sindacato – concludo – enti locali, Forze dell'ordine, ma anche di associazioni imprenditoriali e aziende che non devono comprare questo lavoro sotto costo, e anche la collaborazione con gli imprenditori e comunità cinesi stesse. Forse lavorando insieme si può arrivare ad un livello di dignità di vita e di lavoro per tutti. L'ILO parla da anni di «decent work», cioè lavoro degno per tutti, cinesi compresi. Proviamo, lavorando tutti quanti insieme, a tentare di far valere questo diritto fondamentale, per tutti, cinesi compresi.

  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.
  Sospendiamo ora la seduta, che riprenderà alle 14,15 con il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

  La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 14,15.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Luigi Di Maio è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatré come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

TESTO AGGIORNATO AL 04 DICEMBRE 2013

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (A.C. 1670-A/R) (ore 14,16).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1670-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative Pag. 30di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
  Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, per il testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni e per gli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni, vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta di ieri – A.C. 1670-A/R).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico A.C. 1670-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo quindi alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati e la deputata socialisti voteranno la fiducia al Governo. Lo faranno per continuare a dotare l'Italia di un Governo, in attesa di discutere del nuovo patto programmatico la prossima settimana. Lo faranno anche in base alle parole che abbiamo ascoltato ieri del Ministro Franceschini, ma soprattutto alle scelte poste in essere dal Governo in questi mesi con un ricorso limitato allo strumento della fiducia e, comunque, sul testo emendato delle Commissioni. Lo faranno, infine, nel merito, perché non rinunciano all'ambizione che il nostro Paese possa essere attivo costruttore di pace e solidarietà nel mondo.
  Detto questo, mi rivolgo al Governo: non tutte le missioni sono uguali e non tutte sono per noi condivisibili in egual misura. Chiediamo, dunque, che le prossime missioni possano essere discusse e votate singolarmente e chiediamo con forza che le nostre missioni ci vedano impegnati sempre di più sul versante civile.
  Ieri, 2 dicembre, il piccolo Stato del Costarica ha celebrato il sessantacinquesimo anniversario della rinuncia all'esercito: un'utopia divenuta realtà, che ha fatto la fortuna di quel Paese in termini di sviluppo, progresso, uguaglianza sociale. È un'utopia che noi socialisti non rinunciamo ad inseguire (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano-Liberali per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mauro Ottobre. Ne ha facoltà.

  MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, i deputati delle Minoranze Linguistiche voteranno a favore della questione di fiducia posta dal Governo sulla conversione in legge del decreto-legge recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
  La questione di fiducia è una decisione priva di alternative, motivata dall'esigenza delle Camere di convertire il decreto entro i tempi dovuti, di impedire, dunque, che da parte delle opposizioni l'ostruzionismo possa prevalere, di dare garanzie e certezze ai militari ed al personale impegnati nelle missioni internazionali.
  È legittimo chiedersi, a nostro giudizio, se in prospettiva futura, in materia di missioni internazionali, occorra confrontarsi in Parlamento al fine di introdurre correzioni alla normativa vigente, che non prevede una disciplina uniforme in ordine alla loro autorizzazione e al loro svolgimento. Pag. 31Nel corso delle precedenti legislature e in quella attuale, com’è evidente, sono stati adottati diversi e numerosi provvedimenti di legge per autorizzare la partecipazione italiana a nuove missioni internazionali e per dare loro la necessaria copertura giuridica e finanziaria. La conseguenza è stata che si è intervenuti più volte, e anche in questa occasione, con carattere di urgenza per il rifinanziamento di missioni vigenti.
  La decisione, in Commissione difesa, di avviare la discussione di una legge quadro sulle missioni internazionali è un passo coerente cui intendiamo contribuire ai fini di una normativa di riferimento. La partecipazione italiana alle missioni di pace è un aspetto essenziale e irrinunciabile della nostra collocazione europea e internazionale. Richiede, dunque, un'importante e attenta riflessione in ordine agli strumenti legislativi che occorre porre in essere, come auspichiamo, entro un quadro generale adeguato alla natura, ai tempi, alle esigenze logistiche ed organizzative, agli obiettivi della nostra presenza ed alle scelte strategiche della politica di difesa del nostro Paese. Per queste ragioni, con la fiducia al Governo ribadiamo le ragioni che abbiamo sostenuto nell'esame di merito del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, componente del Governo, innanzitutto intervengo per annunciare il voto contrario alla questione di fiducia che ha posto il Governo sul decreto-legge di rifinanziamento delle missioni. Lo diciamo con molta amarezza, innanzitutto perché è grave che il Governo abbia posto la questione di fiducia su una vicenda di interesse nazionale, su una vicenda che dovrebbe vedere comunque il Parlamento, al di là delle sue opinioni politiche sul Governo, unito a fianco e alle spalle dei nostri militari. Purtroppo, questo Governo vive di tante contraddizioni, a cominciare da quella che ne ha visto la nascita, mette insieme capre e cavoli, mette insieme il centrodestra e il centrosinistra, tira a campare per sei mesi, e porta poi alle estreme conseguenze una questione di fiducia che, onestamente, erano anni di cui non si ricordava l'apposizione. Il centrodestra in passato, dato che il centrosinistra in Italia da sempre ha una dicotomia politica che non gli consente di offrire una proposta credibile e coerente agli elettori, ha sempre soccorso i Governi del PD in materia di politica estera.
  Rispetto a questa scelta noi rimaniamo veramente basiti sul perché il Governo non abbia saputo, con i numeri che ha, affrontare in maniera adeguata la situazione e si è trovato così di fronte ad un'opposizione sicuramente ostruzionistica, come è diritto da parte di SEL e del MoVimento 5 Stelle. Un Governo incapace di portare a regolare svolgimento la discussione. Per cui, noi rimaniamo assolutamente contrari rispetto a questa questione di fiducia. E siamo contrari proprio perché nel complesso, paradossalmente – sembra un ossimoro –, siamo a favore dell'intervento dell'Italia nelle missioni internazionali volute dall'ONU, quelle di pacificazione, così come anche quelle di intervento militare contro il terrorismo internazionale. Riteniamo che i nostri militari abbiano dimostrato di essere un’élite apprezzata e amata, nel mondo purtroppo spesso più che in Italia, grandi professionisti, uomini di pace, ma anche uomini capaci di rischiare la vita per garantire la nostra sicurezza in Italia. Ciononostante, questo Governo li ha abbandonati.
  La vicenda tragica, che ormai si è trasformata in una farsa, dei nostri marò, sequestrati nel corso di una missione internazionale e abbandonati dal Governo Monti e da questo Governo, conferma quanto quella credibilità internazionale che l'Italia si è conquistata in questi anni, grazie proprio al sacrificio dei nostri uomini, è stata inutilmente sprecata. L'ultima vicenda di nostri connazionali arrestati senza uno straccio di rispetto di norme basilari dello Stato di diritto, che Pag. 32dovrebbe vedere l'Unione europea in Polonia, conferma come questo Esecutivo ormai è allo sbando in Italia e non ha più alcuna credibilità internazionale. Ecco perché noi non possiamo votare, né su questo, né su un altro provvedimento di fiducia che verrà posto dal Governo.
  Nel merito specifico, ovviamente, confermiamo il nostro appoggio alla missione di contrasto al terrorismo internazionale in Afghanistan, una missione dolorosa che è costata tante vite umane e tanti civili innocenti afgani che hanno pagato il trovarsi in mezzo tante volte tra i talebani e la coalizione della NATO, così come i tantissimi soldati di tutti i fronti che sono caduti in questa guerra contro il terrorismo. Ovviamente, un pensiero particolare va ai nostri caduti. E non credo che un passo indietro sulla giustezza e sulla giustizia di quell'intervento contro il terrorismo internazionale sia una cosa che possa far onore alla loro memoria.
  Da questo punto di vista noi confermiamo un sostanziale appoggio e condividiamo una linea di passaggio il più rapido possibile della responsabilità agli afgani. Ovviamente riteniamo strategico l'intervento dell'Italia nei Balcani e segnatamente in Kosovo per la vicenda che vede il contrasto tra i kosovari serbi e i kosovari albanesi. Dobbiamo tutelare anche il cristianesimo in quell'area così come la nostra giusta responsabilità in quell'area storica.
  Allo stesso modo è giusto anche un nostro intervento in Libano rispetto al quale però ci aspettiamo dal Governo un'intensificazione di attività volte a garantire non soltanto la sicurezza materiale ma anche le giuste contromisure perché sappiamo bene che con il conflitto in Siria, la vicenda dell'Iran, che pure sembra andare migliorando, ma comunque tutto quanto si muove sul piano delle relazioni internazionali in quell'area turbolenta, può far diventare rapidamente quello uno scenario di conflitto. Pertanto crediamo che non vada sottovalutato il nostro impegno in quell'area che pure ci vede particolarmente interessati a mantenere la nostra tutela.
  Siamo critici al cento per cento e per questo ci saremmo astenuti nel complesso sul provvedimento seguendo anche la strada indicata da molti colleghi, quella di separare gli interventi per singole missioni e non metterle tutte insieme.
  Sulle missioni nell'oceano indiano: dopo la vicenda dei marò crediamo incredibile che il Governo faccia finta di niente e continui a mandare i militari sulle navi mercantili. Ricordo quante storie e quante proteste a suo tempo fece il PD ma oggi, nell'ottica delle poltrone, è stato folgorato sulla via di Damasco, come si suol dire, e quindi appoggia questa linea. Così com’è sbagliato il nostro intervento che ci costa tanti soldi e ci fa rischiare le vite proprio nell'oceano indiano sul contrasto alla pirateria. L'ONU, la NATO, le coalizioni e l'India stessa, che più volte ha usufruito dei servigi dei nostri militari, devono darci conto di aver ignorato le violazioni del diritto internazionale da parte dell'India. Per questo eravamo orientati ad astenerci sul provvedimento per tutte le motivazioni che ho detto poiché siamo contro in maniera fortemente determinata e sempre più convinti del fallimento di questo Governo Letta, Governo centrodestra-centrosinistra che adesso ha acquisito nuovi oppositori, ma un Governo nato male che sta facendo male e finirà anche peggio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, Governo, la decisione di porre la questione di fiducia sul disegno di legge di conversione del decreto-legge che proroga le missioni è un passo che riteniamo grave, che non condividiamo specialmente nella tempistica e che ci appare come l'esito di una gestione come minimo leggera, se non addirittura incompetente, dell'iter parlamentare di un provvedimento particolarmente delicato. Prima di articolare la posizione del gruppo parlamentare della Lega Nord vale la pena di ricapitolare i punti salienti della vicenda.Pag. 33
  Com’è noto il Governo ha ereditato da quello che lo ha preceduto il compito ingrato di reperire in autunno, entro il 30 settembre per la precisione, le risorse indispensabili ad assicurare la prosecuzione sino alla fine dell'anno dei numerosi interventi delle Forze armate in corso in scenari esteri. Il Governo vi provvede con quattro giorni di ritardo, il 4 ottobre, circostanza in sé non inedita né scandalosa a dire il vero e poi presenta il consueto disegno di legge di conversione in questo ramo del Parlamento in base al criterio dell'alternanza, essendo stato presentato lo stesso al Senato nella scorsa legislatura.
  Lì si trova a fronteggiare dei rilievi di merito che, nel caso della Lega Nord, sfoceranno in una serie di emendamenti ed una relazione di minoranza dagli intenti costruttivi, ma anche in una serrata azione ostruzionistica da parte di altri due gruppi parlamentari. Un fatto anche questo che rientra nella dinamica della politica ed è perfettamente legittimo, a prescindere che si condivida o meno questa modalità operativa dell'azione parlamentare.
  A quel punto, però, si verifica la sorpresa: in quest'aula, molto sottovoce a dire il vero ma comunque in modo percepibile, si inizia a considerare l'idea di lasciar decadere il decreto per presentarne un altro a dicembre con cui sanare ex post gli effetti prodotti dal decreto-legge n. 114 anziché trarre le conclusioni del caso e porre rapidamente la questione di fiducia.
  Non si effettua alcun tentativo di velocizzare le procedure, anzi, al contrario, si blocca quasi interamente l'iter del decreto-legge missioni nell'attività dell'Aula. È su questo elemento che noi oggi desideriamo ragionare seriamente, perché l'accaduto ci pare dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio una scarsa conoscenza da parte di Governo e maggioranza del diritto pubblico del nostro Paese e una grossa mancanza di considerazione degli effetti esterni di una scelta di questo tipo. Infatti, la giurisprudenza della Corte costituzionale – ricordo al Governo – ha censurato molti anni fa, «bollandola» come contraria allo spirito e alla lettera della nostra Carta costituzionale, la prassi in voga nella Prima Repubblica di reiterare i decreti-legge non convertiti entro il prescritto termine dei sessanta giorni. Non è possibile, a livello di Governo e maggioranza, che si ignori un dato così basilare.
  Secondariamente, vi siete mai chiesti che impatto avrebbe avuto sui soldati impegnati in teatri ad alto rischio effettivo e potenziale come l'Afghanistan, il Libano, la Libia e le acque dell'oceano indiano, la decisione, in effetti molto pilatesca, di lasciar decadere questo decreto-legge ? Come si dovrebbe sentire un militare nel leggere che l'autorità politica che lo manda in missione si disinteressa della sua sorte sino al punto di considerare l'idea di lasciar decadere un decreto-legge fondamentale per la sua attività ? E che conclusione avrebbero tratto i loro avversari in campo e in mare ? Ci avete mai pensato ? Noi riteniamo di no. Molti, è certo, avrebbero ritenuto debolissimo il Governo – come lo è nei fatti, in verità non senza qualche ragione – e fragilissimo il consenso politico nel nostro Paese alla scelta di mantenere i soldati schierati in zone pericolose. Non proprio un bel viatico, c’è da dire, e la tentazione di attaccarli, per provocarne il ritiro, sarebbe stata molto, verosimilmente, irresistibile per gli avversari dei soldati italiani di cui poi piangiamo immancabilmente e giustamente le sorti quando qualcuno di loro torna cadavere.
  Non approfondiamo, poi, il tema delle conseguenze sui nostri alleati, cui sicuramente non saranno sfuggite le scene penose di questi giorni, dato che a Roma ci sono ambasciate e media il cui compito istituzionale è proprio raccontare queste cose ai rispettivi Governi ed opinioni pubbliche. Vi siete fatti prendere in giro un'altra volta ! Questo è giocare con la vita di chi avete mandato a rappresentare l'Italia ed al tempo stesso indebolire il ritorno politico «estraibile» dei loro sacrifici. Che senso ha utilizzare i nostri uomini e donne in divisa come pedine nel grande gioco della politica internazionale, se poi il bluff viene scoperto non dai Pag. 34talebani, ma dalle forze delle opposizioni interne al nostro Paese, senza che Governo e maggioranza reagiscano ed esercitino le proprie responsabilità ?
  Onorevoli colleghi, signor Presidente, Governo, questo è il massimo della irresponsabilità e della leggerezza. Proprio per questo motivo, la condotta tenuta in questa circostanza, lungi dal generare fiducia nei confronti del Governo e della sua maggioranza, alimenta in noi, e non solo in noi, un senso di forte imbarazzo e sfiducia nei confronti vostri e del vostro operato. Di qui, l'orientamento del gruppo parlamentare della Lega Nord, che annuncio in questa sede, di negare al Governo, senza «se» e senza «ma», la fiducia che ci chiede. È un gesto che non riguarda l'operato dei soldati e neanche quello dei diplomatici, che invece encomiamo, né quello degli operatori della cooperazione allo sviluppo, sui quali nutriamo qualche riserva in relazione al modo in cui distribuiscono le risorse nel mondo, ma questo è un altro tema. La sfiducia concerne, invece, solo e soltanto il modo in cui è stata gestita la vicenda parlamentare collegata a questo decreto-legge n. 114 del 2013, francamente grottesco e dilettantistico. Vi invitiamo, quindi, a riflettere, colleghi della maggioranza e membri del Governo: siete su una strada non conduce molto lontano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, desidero anzitutto ricordare e ribadire come l'azione dell'Italia e, soprattutto, delle nostre Forze armate nelle missioni internazionali sia sempre stata caratterizzata da un impegno incisivo nella partecipazione del personale militare a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, che ha sortito un generale apprezzamento a livello internazionale in termini di autorevolezza e credibilità del contributo apportato, dando sempre lustro al nostro Paese.
  In questa fase e in questa sede si è, peraltro, chiamati ad approvare una copertura finanziaria di tre mesi rispetto a un'impostazione e a una programmazione che sono già definite e, quindi, l'imperativo in questo momento è quello di dare un messaggio di chiarezza in termini di diritto di vicinanza a livello istituzionale alle nostre Forze armate, che in questo momento aspettano questo tipo di copertura.
  Si tratta, in sostanza, di mantenere la parola data in un quadro nel quale l'Italia ha acquisito nel mondo una forte reputazione di credibilità, proprio grazie ad un certo e corretto modo di intendere gli impegni presi con la partecipazione alle missioni internazionali.
  Certo, c’è l'esigenza che venga predisposta una disciplina organica delle missioni internazionali, che, però, va trattata in un contesto a parte, con esame e dibattito dedicato, quindi, al di fuori dalla mera necessità di approvare una copertura finanziaria di tre mesi. Certamente, la multiformità degli aspetti da sviscerare chiede che siano garantiti termini e tempi adeguati per l'esame da parte del Parlamento, in modo da assicurare in tale sede una valutazione approfondita di tutti gli aspetti.
  Tra le criticità evidenziate da svolgere e chiarire con attenzione vi è stata anche quella di trattare singolarmente ogni missione, nella considerazione, tra l'altro, della necessità di intervenire in modo differente nei vari teatri e di considerare le peculiarità del quadro della missione in Afghanistan che sta entrando in una nuova importante fase, dato che si tratterà di gestire il delicato rientro dei militari, che necessita di un'azione programmata, con risvolti di sicurezza di non poco conto.
  Ed è proprio sul tema dell'Afghanistan, sul quale si è incentrata la discussione in quest'Aula a proposito del cosiddetto decreto missioni, che intendo portare un mio contributo, anche personale, a seguito di una recente missione che ho potuto svolgere con la delegazione di membri dell'Assemblea parlamentare della NATO a Kabul: per quanto per un breve tempo, è stata un'esperienza molto intensa, che mi ha permesso di vedere e di sentire alcuni Pag. 35aspetti che non collimano con quanto ho avuto occasione di ascoltare in quest'Aula durante la discussione.
  Le cose che mi sono sentito dire o che ho constatato insieme alla collega Federica Mogherini in questa missione sono venute fuori da incontri con il vicepresidente del Parlamento afgano, con le Commissioni difesa e esteri del Parlamento stesso, con i rappresentanti delle organizzazioni più importanti della società civile, con i protagonisti militari italiani e stranieri e con il nostro sistema diplomatico. Quindi, persone che, da tempo, da anni, vivono in quel teatro e che hanno dipinto certamente un quadro complesso, anche più complesso di quanto non sia uscito dal dibattito, ma che, ovviamente, mette in evidenza come alcuni aspetti di questo dibattito siano stati certamente strumentali e parziali.
  Dobbiamo ricordare che dopo la missione Enduring Freedom, che era dedicata alla lotta al terrorismo – e che, quindi, ha portato certamente azioni di guerra ed anche distruzione, inimicizia, spirito antioccidentale negli afgani –, la successiva missione ISAF, che si concluderà entro la fine del 2014, è stata invece rivolta ad attività di capacity building e all'avvio della ricostruzione del Paese. Dicevo prima che il ritiro verrà completato entro la fine 2014 e questo basterebbe a dire l'inutilità e la strumentalità di molte delle cose che sono state dette durante questo dibattito: stiamo parlando di una missione che volge al proprio termine.
  È una missione, comunque, nella quale, al di là di episodi isolati legati a tensioni interne, lotte tra fazioni, rigurgiti di terrorismo, l'attenzione è stata spostata dal fare la guerra a fare la pace, a creare le condizioni perché si possa ricostruire un tessuto pacifico e finalmente democratico in un Paese tormentato come l'Afghanistan. Oggi la comunità internazionale lavora per questa ricostruzione e sono presenti cinquanta Paesi. Su questo mi sono molto interrogato, perché o sono tutti i cinquanta Paesi guerrafondai e sono lì per fare la guerra oppure sono lì per un'altra ragione.
  Noi, poi, non siamo soli, non possiamo ragionare soltanto sull'interesse immediato del nostro Paese, perché il nostro Paese è inserito ormai in un mondo, in una comunità internazionale molto vasta, nella quale – come dicevo all'inizio del mio intervento – ci siamo anche guadagnati molta credibilità, proprio partecipando a queste missioni. Però mi hanno colpito alcuni dati, ne cito soltanto qualcuno. Prima dell'insediamento delle forze alleate, in Afghanistan vi era un analfabetismo che sfiorava l'80 per cento e andavano a scuola 800 mila studenti; oggi vanno a scuola 9 milioni e mezzo di studenti.
  Sono stati costruiti 24 mila chilometri di strade, favorendo, finalmente, la comunicazione all'interno di quel Paese tutto montagnoso e desertico; è stata fatta una formazione, da parte delle forze alleate, di un esercito che è finalmente autonomo, di forze di polizia che saranno in grado, a breve, di prendere in mano, completamente, la gestione della sicurezza del proprio Paese. Si sono tenute due elezioni, la terza la prossima primavera, con crescenti garanzie di democrazia in un Paese nel quale le lotte tra fazioni sono ancora molto violente. L'Afghanistan ha un Parlamento con il 30 per cento di donne, un segnale fondamentale, nonostante, anzi, proprio nella situazione di forte discriminazione che ancora permane rispetto alle donne, e che non deriva certamente dalla presenza delle forze occidentali, ma da tradizioni antiche e tribali, che vanno superate. C’è stato un inizio dell'avvio del dialogo tra le varie etnie, la fase più problematica per quel Paese. La pacificazione interna è ancora tutta da realizzare.
  Sono, questi, processi che richiedono decenni, però sono iniziati, pur essendo ancora lontani dall'essere completati, e sono iniziati grazie alla presenza delle forze alleate in quel Paese. È importante, certamente, in questo senso continuare a sostenere le organizzazioni non governative e quindi molti richiami che si sono avuti sulla necessità di incrementare in futuro il sostegno alle ONG sono importanti, però vorrei ricordare che il primo Pag. 36contributo alla ricostruzione viene dalla presenza e dagli investimenti delle forze occidentali; non a caso i Provincial reconstruction team, i team per la ricostruzione delle province, previsti all'interno della missione ISAF, sono quelli che, con strutture dedicate al supporto, al capacity building e alla ricostruzione, stanno contribuendo alla ricostruzione del Paese.
  Nel dialogo avuto con il vicepresidente del Parlamento che è originario della provincia di Herat, la provincia dove sono attive le nostre truppe, il vicepresidente, dopo essersi a lungo dilungato nel descrivere il lavoro fatto dagli italiani, ha concluso con una frase che ci ha commosso, ha detto: gli italiani per noi non sono più stranieri, ma sono fratelli. Ecco, queste sono le testimonianze che vorrei rendere in quest'Aula ai colleghi, perché credo che vadano anche oltre qualsiasi spirito di polemica, peraltro legittima, che le varie forze politiche possono fare.
  Certo, c’è ancora molto da fare in quel Paese, e ora sono gli afgani che ci chiedono di restare, e se ci sarà una nuova missione dopo il 2014, quella che è stata denominata, se ci sarà, Resolute Support, saremo chiamati a contribuirvi. Certo, si farà con condizioni crescenti e più precise riguardo alla democrazia, ai diritti umani e ai diritti delle donne in quel Paese travagliato.
  In conclusione, credo che se vi fu un errore nell'andare in Afghanistan dodici anni fa lo dirà la storia e non la facile demagogia che è aleggiata in quest'Aula durante la discussione. Ma se anche fosse stato un errore, non possiamo farne uno ancora più grosso, oggi, sottraendoci alle nostre responsabilità di contribuire alla ricostruzione di quel Paese. Certo, il tema va affrontato, come dicevo, con grande cautela e con grande razionalità. Le missioni non sono quasi mai un bene, quasi sempre sono un male minore, ma alle volte, anzi, quasi sempre, la politica deve scegliere il male minore.
  Il Parlamento afgano aspetta la Presidente Boldrini per firmare un accordo tra i nostri Parlamenti e un accordo sui diritti delle donne su cui si è molto lavorato. Mi auguro che la Presidente Boldrini ci vada presto, orgogliosa di essere italiana e orgogliosa di presiedere questa Camera.
  Nell'annunciare il voto favorevole alla questione di fiducia da parte del Nuovo Centrodestra sulla conversione in legge del decreto-legge missioni credo, ribadisco che l'amicizia con il popolo afgano potrà essere l'eredità più importante e più nobile del nostro sforzo di questi anni. Un'eredità soprattutto legata e nobilitata dal sacrificio dei nostri 53 connazionali che in Afghanistan hanno lasciato la propria vita.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Donatella Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signora Presidente, colleghe e colleghi, colleghe e colleghi della maggioranza, rappresentanti del Governo, avete assunto una scelta molto grave decidendo di mettere la questione di fiducia sul decreto-legge di rifinanziamento delle missioni e delle operazioni internazionali. Non avete la fiducia del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà.
  State espropriando il Parlamento delle sue prerogative su una materia che è una materia altamente politica; impedite che il dibattito vada avanti e che compiutamente si possano confrontare ipotesi, scelte, indirizzi differenti su un tema fondamentale come questo, dimostrando che non hanno cittadinanza altri punti di vista, che non siete disponibili a restituire al Parlamento la legittimità di discutere della politica estera e di difesa. Lo avete fatto portando il decreto alle Camere in forte ritardo rispetto alla sua scadenza, evidentemente per ridurre i tempi della discussione. Avete utilizzato, ancora una volta, il tentativo di anteporre continuamente il sacrificio – è vero, spesso di sangue – dei militari italiani. La loro sicurezza, lo voglio dire, riguarda tutti noi, ognuno di noi e ognuna di noi. Lo avete fatto per coprire, per evitare la discussione di merito su ogni missione. È un modo veramente assurdo di impedire al Parlamento di pronunciarsi e di informare adeguatamente l'opinione pubblica su ciò che il nostro Paese realizza Pag. 37con lo strumento delle Forze armate e delle missioni militari.
  Le Forze armate italiane partecipano a missioni in giro per il mondo con un mandato, un ordine che è conferito dal Parlamento e dal Governo, ma quell'ordine può essere giusto o sbagliato, può essere criticabile e, secondo noi, può e deve essere contrastato. Durante il dibattito nelle Commissioni di merito e poi in Aula avete finto disponibilità a trovare una sintesi con l'opposizione; avete rifiutato la nostra richiesta di separare le missioni, di presentare più decreti anziché uno solo, con un solo articolo.
  Questo non è un decreto qualsiasi, si tratta del ruolo del nostro Paese nel Mediterraneo, dell'approccio al nodo della pace e della guerra, della risoluzione dei conflitti regionali, dell'applicazione delle disposizioni dello Statuto dell'ONU e della nostra Carta costituzionale. Si tratta dell'impiego di imponenti risorse finanziarie nel momento di maggior crisi sociale ed economica del Paese. Interi strati della società stanno precipitando nella povertà e aumentano le domande di salute e di sostegno sociale, e la scelta che voi operate, invece, va in un altro senso: i soldi li trovate e li utilizzate per partecipare a missioni militari e per aumentare le spese militari.
  No, non siamo d'accordo, non vi daremo la nostra fiducia, non ci impedirete di esperire il nostro dissenso e la nostra indignazione per la scelta che state facendo. Avete dimostrato che chi non è d'accordo non ha il diritto di esprimersi sulle singole missioni. Le avete inserite tutte insieme – ventiquattro – in un unico decreto-legge, impedendoci di valutare e scegliere consapevolmente. Ve lo ripetiamo: le missioni non sono tutte uguali, per natura e obiettivi. Avete rifiutato la nostra richiesta di fare un bilancio dei risultati di missioni quali quella in Afghanistan, che dura da oltre dodici anni. L'Afghanistan non è pacificato, le donne non hanno più sicurezza e diritti, le vittime civili sono oltre 70 mila, migliaia sono i militari morti, fra i quali nostri cinquantatré soldati. Avete eluso il tema della fase che si aprirà in Afghanistan dal 2014 in poi. Gli Stati Uniti d'America rimarranno in quel Paese con circa 12 mila uomini, hanno concluso un accordo bilaterale che consentirà di mantenere e ampliare le loro basi militari. I militari americani avranno compiti non ufficialmente definiti, con la possibilità di svolgere operazioni offensive condotte con caccia e droni senza aviatore. E il ruolo dell'Italia quale sarà ? Anche su questo il Ministro Mauro ci ha dato solo risposte vaghe. Per certo sappiamo che lì rimarranno circa 2 mila soldati italiani, ma non ci è dato sapere per fare cosa.
  La NATO manterrà il suo ruolo di guida nella fase di transizione. Anche da questo punto di vista chiediamo che il Parlamento sia chiamato a discutere del nuovo concetto strategico di questo organismo, in base al quale viene di fatto abbandonato il principio di natura difensiva che presiedeva al Trattato. Non ci avete risposto sulla ragione che ha determinato la scelta di insediare una base militare italiana a Gibuti; avete deciso di avviare l'ennesima operazione militare nel Mediterraneo – l'avete chiamata Mare nostrum – mettendo il Parlamento davanti al fatto compiuto e dimostrandoci che la vostra impostazione – unica – rispetto al tema delle migrazioni e dei migranti è sempre la stessa: una risposta di tipo militare.
  Ripetete il mantra della risposta ai pericoli e alle minacce che derivano dal nuovo quadro globale. Continuate a dire che le missioni e le operazioni internazionali sono ancorate all'articolo 11 della Costituzione. Sostenete con forza che l'Italia deve avere un ruolo negli organismi internazionali.
  Abbiamo sentito per anni difendere l'impiego delle Forze armate e l'uso della forza per sconfiggere il terrorismo e favorire il mantenimento della pace. E allora, vi ricordo cosa dice il Capitolo VI dello Statuto dell'ONU: all'articolo 33 recita che: «Le parti di una controversia, la cui continuazione sia suscettibile di mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, devono perseguirne una soluzione mediante Pag. 38negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, ricorso ad organizzazioni o ad accordi regionali o altri mezzi pacifici di loro scelta».
  E la lotta al terrorismo internazionale, quali risultati ha portato ? Ci sembra che si sia diffuso il terrorismo come un terribile virus contagioso. Non ci rassegniamo all'idea che non si possa decidere di affrontare i drammi del nuovo quadro globale in un altro modo: dobbiamo dare risposta alle richieste di partecipazione e democrazia che vengono dai popoli del Mediterraneo, al grido di masse sterminate che chiedono uguaglianza sociale, lotta alla povertà, affermazione dei diritti umani, a partire da quelli dei bambini e delle donne.
  Si può fare in un altro modo, secondo noi: investiamo nella cooperazione allo sviluppo e alla promozione dei diritti universali. Non crediamo alla funzione emancipatrice del militarismo umanitario praticato dall'Occidente in nome dei diritti dell'uomo: si tratta di nodi culturali che si sono sedimentati, e che noi riteniamo disastrosi. Bisogna mettere in atto e sviluppare una politica di pace, di diplomazia, di cooperazione volta a disinnescare «mine vaganti» che attentano alla libertà, alla sicurezza e alla convivenza tra i popoli.
  Ma anche da questo punto di vista, non avete accolto la nostra richiesta di destinare maggiori risorse alla cooperazione: avete previsto poco, o troppo poco. Voteremo contro. Non avrete la nostra fiducia, e ci troverete sempre pronti a rappresentare il nostro punto di vista, le nostre richieste e la nostra contrarietà a missioni militari e di guerra. Lavoreremo alla legge quadro sulle missioni internazionali, che finalmente è stata calendarizzata. Continueremo a chiedervi di calendarizzare una nuova legge sulla cooperazione internazionale. Saremo sempre lì, a ricordarvi che l'Italia ripudia la guerra. Saremo sempre lì a ricordarvi che questo Paese è un Paese che soffre, e voi invece spostate le risorse, quelle che ci sono e quelle che potreste recuperare, sulle spese militari e sulle missioni di guerra: non rispondete al grido di aiuto del popolo italiano. E continueremo ricordarvi e a svelare l'imbroglio: siamo presenti nei teatri di guerra e di conflitto armato, partecipiamo ad operazioni combat, ma qui, in questo Parlamento, non si può dire. Voi non lo volete dire: per questo non avete la nostra fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mario Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, deputati, membri del Governo, come sappiamo siamo chiamati ad approvare la proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione in zone difficili del nostro pianeta.
  Il Parlamento, le Commissioni, l'Aula si sono in realtà espressi in maniera approfondita su questo tema, anche se vorremmo riuscire ad intervenire in maniera preventiva sulla nuova legge quadro, sul nuovo, non più, decreto missioni.
  Abbiamo già sottolineato come il cosiddetto decreto missioni, che qui va a sanare la necessità di mantenere gli impegni e il patto che il Paese ha preso e siglato con quanti, anzitutto i nostri soldati, in zone difficili, sono impegnati in azioni di peacekeeping, Statebuilding e di umanizzazione dei conflitti, dal momento che si tratta di coprire l'impegno finanziario degli ultimi tre mesi di esercizio su azioni in corso, rappresenta da tempo un momento centrale del dibattito sulle linee guida della nostra politica estera. Abbiamo chiesto in proposito – il Governo si è detto disponibile – che per il 2014 questa riflessione venga anticipata e che vi possa essere tutto lo spazio per il Parlamento per una disamina preventiva, attenta, dell'intera azione di politica estera nazionale sulle missioni internazionali, quindi davvero Pag. 39una legge quadro sulle missioni internazionali del nostro Paese, come pure l'avvio della sistemazione definitiva dell'intera materia legislativa in tema di cooperazione internazionale, con la calendarizzazione del disegno di legge ad essa relativo.
  Le forze politiche hanno trovato un accordo nelle Commissioni difesa ed esteri in questo senso e il Governo si è detto favorevole a questo percorso. Un ripensamento delle missioni internazionali infatti è legato al mutamento stesso dei concetti e della realtà della sicurezza globale, dove si incrociano mutazioni geopolitiche mondiali, come la grande transizione araba e mediterranea, le crisi di istituzioni democratiche e dei sistemi di governance, le migrazioni mondiali, di dimensioni non più congiunturali, le disuguaglianze, la malnutrizione, la povertà, la rottura di equilibri decennali o secolari di intere regioni del mondo. L'Italia in questo gioca da anni, in maniera convinta, un ruolo significativo nelle missioni multilaterali per la riduzione dell'instabilità internazionale, con un ruolo e un metodo capace più di altri Paesi di coniugare le relazioni civili e militari, le missioni integrate e di supporto della pace, le attività umanitarie come perno del lavoro di sicurezza, di favorire le popolazioni civili in aree critiche del mondo, fino ad aver affermato in ambito internazionale un modello italiano apprezzato e preferito da molte popolazioni colpite da guerre civili e conflitti.
  Non siamo qui per discutere se è stato giusto, molti anni fa, iniziare l'avventura in Afghanistan, ma siamo qui per dire, per esempio, che il caso libanese, all'interno di una molteplicità di interventi italiani nel mondo, ha fatto dell'Italia, con altri interventi, il Paese in proporzione – per le nostre dimensioni – più impegnato a livello mondiale in questo comprehensive approach, soprattutto nel cosiddetto Mediterraneo allargato, e rappresenta una tipologia esemplare e utile in aree strategiche del pianeta. Allora, noi non siamo chiamati a dire pace o guerra; noi siamo chiamati ad esprimere la fiducia al Governo su questo. Stiamo parlando di impegni internazionali, multilaterali che vedono l'Italia come soggetto credibile in un concerto di impegno internazionale dal Corno d'Africa alla riva sud del Mediterraneo e del ruolo dell'Italia, leale, all'interno della NATO, dell'ONU e dell'Unione europea.
  Per questo riteniamo che siano da accogliere le richieste del Governo e gli impegni già presi per una più ampia discussione parlamentare per il futuro impegno di politica estera e le future missioni internazionali, abbiamo ascoltato questo impegno del Ministro Franceschini per l'anno che si aprirà a breve e pensiamo che sia da rinnovare la fiducia al Governo presieduto da Enrico Letta. Siamo di fronte – concludo – ad un passaggio necessario, legato alla nostra lealtà internazionale su impegni già presi e già assolti; utilizzare il passaggio del decreto missioni per rimettere in discussione l'azione del Governo ci appare e ci apparirebbe pretestuoso e irrispettoso per il lavoro complesso che, in una fase di grande instabilità politica, con responsabilità e disponibilità d'azione del Parlamento, vede impegnato il Governo. Il nostro Paese di tutto ha bisogno piuttosto che di un'ulteriore dose di tensione e ha bisogno di confermare, con responsabilità, a livello internazionale, la affidabilità e la efficacia che l'Italia, anche in anni di forti spinte contrapposte e di «bipolarismo muscolare», si è guadagnata sul campo e sul difficile terreno delle missioni internazionali.
  Per questo voteremo a favore. Senso di responsabilità è un messaggio, anche per il Paese, ed è per noi una scelta politica. Per questo il gruppo di Scelta Civica per l'Italia voterà la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con le missioni internazionali l'Italia svolge un ruolo importante nello scenario internazionale, un Pag. 40ruolo che rappresenta un punto fermo della politica di difesa e di sicurezza del nostro Paese e che ci vede in aree geopolitiche complesse, le quali, con l'impegno e la preparazione delle nostre Forze armate e di polizia e anche di soggetti che fanno cooperazione, contribuiamo a stabilizzare e a condurre verso processi di democrazia e di sviluppo; si tratta di un impegno che rappresenta una sostanziale continuità della nostra politica estera, quindi una continuazione di credibilità e affidabilità del nostro Paese sullo scenario internazionale.
  In particolare, il provvedimento all'esame della Camera rifinanzia le missioni internazionali nelle aree di crisi, dove sono impegnati i contingenti italiani e gli interventi di cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei processi di ricostruzione, nonché la partecipazione italiana alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace, ovvero le missioni ISAF ed Eupol in Afghanistan, la partecipazione del contingente italiano in Libano, missione UNIFIL, la prosecuzione della presenza militare italiana nei Balcani, la prosecuzione delle missioni dell'Unione europea in Somalia, nel Corno d'Africa e nell'Oceano indiano, la partecipazione alla missione dell'Unione europea in Libia, EUBAM.
  L'Italia ha partecipato, negli ultimi venti anni, a oltre 130 missioni militari all'estero, sia in ambito NATO, che in ambito Unione europea, che in ambito ONU.
  Si tratta ora di consolidare e arricchire questo percorso con le iniziative di assistenza, ma soprattutto di capacità di organizzazione che si potranno realizzare nel contesto di tutti i Paesi citati.
   Il nostro contributo agli sforzi della comunità internazionale per promuovere la pace e la sicurezza collettiva è di fondamentale importanza e questo nostro sforzo è ancora più necessario nel momento in cui la crisi economica e finanziaria alimenta, a livello globale, tensioni politiche e sociali così gravi e in cui emergono, ancora più fortemente, rischi di instabilità anche ai confini del nostro Paese.
  Assicurare il nostro apporto a missioni dell'ONU, della NATO e dell'Unione europea è di interesse nazionale per l'Italia, non solo perché è il modo migliore per alimentare la nostra sicurezza, ma anche per rafforzare una gestione multilaterale della crisi in uno spirito di piena condivisione internazionale dello sforzo.
  La nostra partecipazione, con piena lealtà verso gli alleati, alle operazioni in scenari di crisi, sostiene anche la credibilità internazionale del nostro Paese. Quanto più lealmente ci assumiamo le nostre responsabilità, tanto più riusciamo a condizionare le scelte di quegli organismi multilaterali sulla cui crescita e consolidamento stiamo investendo per rafforzare la nostra sicurezza nazionale e collettiva.
  Il nostro Paese è chiamato ad essere protagonista in più dimensioni, europea, atlantica, meridionale, mediterranea e globale. Sono ambiti in cui il nostro contributo all'azione della comunità internazionale ha permesso di raccogliere frutti significativi.
  Pensiamo ai Balcani, dove Paesi importanti che, fino a dieci anni fa, erano colpiti da tensioni e instabilità, sono oggi diventati contributori di sicurezza. Albania e Croazia sono oggi membri della NATO (la Croazia a breve diventerà il ventottesimo Stato membro dell'Unione europea) e così la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro, l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia contribuiscono alla missione ISAF in Afghanistan. La consapevolezza di questi risultati ci deve spingere a proseguire i nostri impegni in aree di importanza cruciale, come il Libano e l'Afghanistan e ad affrontare le nuove sfide, legate in particolare ai fenomeni in corso nel Mediterraneo e nel Corno d'Africa.
  Il decreto-legge oggi in esame, quello che stiamo discutendo oggi in Aula, adottato ai primi di ottobre, proroga per tre mesi, sino al 31 dicembre 2013, la nostra partecipazione alle missioni internazionali di pace. Come sempre, però, nel decreto, Pag. 41compaiono norme che non prorogano le missioni, ma ne disciplinano altri aspetti, attinenti il trattamento del personale, così come sono eterogenei rispetto al provvedimento, anche se comprensibili nel merito, gli stanziamenti a favore delle associazioni combattentistiche.
  Ad oggi, in pratica, sono circa 6 mila i militari italiani impegnati in 32 missioni che si svolgono in 18 Paesi. Tutte le missioni alle quali partecipiamo sono state deliberate in sede ONU o Unione europea. Sono, inoltre, finanziati anche interventi per la cooperazione e per lo sviluppo e per la ricostruzione civile di quei Paesi. La parte maggiore del contingente è in Afghanistan, ma si registra una drastica riduzione del nostro personale, oggi meno di 3 mila unità a fronte delle 4 mila del 2012. Siamo in una fase di transizione della missione che si concluderà, come è auspicabile, il 31 dicembre 2014, con il passaggio ad una fase completa di addestramento delle forze di sicurezza afghane.
  Sono tutti impegni onerosi, sia come risorse umane sia come risorse economiche. Ne siamo consapevoli, ma rappresentano ormai una consolidata e qualificata componente della nostra politica estera che viene riconosciuta e apprezzata a livello internazionale. La partecipazione alle missioni internazionali costituisce, quindi, un punto qualificante della nostra politica estera, che ha assicurato negli anni evidenti ricadute positive per il nostro Paese in termini di visibilità, prestigio e considerazione, grazie alle responsabilità che abbiamo deciso di assumerci in diversi teatri di crisi, anche di grande delicatezza.
  Un punto qualificante su cui Forza Italia non può e non vuole certo tirarsi indietro. Quello che, però, Forza Italia ha fatto è una presa di distanza nei confronti di un Governo, per molte ragioni esplicitate, in particolare, nei giorni scorsi; giorni che hanno visto l'approvazione al Senato in prima lettura di un disegno di stabilità sconcertante, frammentato, con ben poca sostanza e palesemente non in grado di fare uscire il Paese dalla recessione. Quindi, ha tolto la propria fiducia al Governo. Oggi, dunque, non possiamo esprimere un voto favorevole, perché il voto è indirizzato al Governo e all'operato del Governo e non al provvedimento in esame, che Forza Italia invece sostiene convintamente. Questo Governo non merita la nostra fiducia. Pertanto, esprimo a nome del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, Governo, Ministro Mauro, Ministro Franceschini, noi la fiducia non ve la daremo mai: scordatevela ! Non siete credibili. Fate finta di abolire l'IMU ma alzate le tasse sulla benzina. Vi vantate di avere abolito il finanziamento pubblico ai partiti, ma in realtà continuate a mettere le mani nelle tasche degli italiani. Oltretutto, pochi giorni fa la Corte dei conti ha sollevato la questione di costituzionalità di fronte alla Corte costituzionale per tutte le leggi sui rimborsi ai partiti approvate dopo i referendum del 1993, esattamente quello che noi e soltanto noi del MoVimento 5 Stelle diciamo da anni.
  La fiducia non ve la daremo mai perché non vi occupate di lavoro, perché ci avete «svenduto» all'Europa, perché siete il Governo del nulla mischiato con il niente, dell'immobilismo lugubre, delle collusioni con le concessionarie delle slot machine, il Governo del galleggiamento ingannatore, del meschino tirare a campare, un Governo drammaticamente staccato dalla realtà. Sembrate i violinisti sul Titanic che continuano a suonare mentre la nave affonda, ma almeno loro lo facevano per dignità e rispetto per i passeggeri. Voi la dignità l'avete irrimediabilmente perduta sui sentieri delle vostre carriere politiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Noi la fiducia non ve la daremo ancora di più per la tragica politica estera che portate avanti. Pensiamo ai marò lasciati Pag. 42«marcire» in India perché non siamo più un Paese credibile. Non abbiamo alcun peso a livello internazionale e abbiamo paura che battere i pugni sul tavolo indiano possa mettere in pericolo le commesse delle nostre multinazionali. Lo abbiamo detto mesi fa: gli interessi non sono più importanti delle vite delle persone, signori Ministri ! Se è possibile liberare i banchi del Governo, cortesemente. Presidente... Presidente, se è possibile liberare i banchi del Governo.

  PRESIDENTE. Scusate, Ministri. Presidente Vito.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Pensiamo al caso Shalabayeva. Eravamo il Paese dell'accoglienza e ora siamo quello dell'espulsione. Una donna e una bimba consegnate nelle mani di un Governo dittatoriale, tutto in nome della realpolitik, delle connessioni che Nazarbayev fa non soltanto con Berlusconi. Berlusconi è stato per troppe volte l'alibi di qualcun altro. Quell'espulsione è stata ed è una vergogna e Alfano continua a sedere su quella poltrona, placido, tranquillo, sicuro di essere un intoccabile, ma si sbaglia il Ministro Alfano.
  Eravamo il Paese di San Francesco d'Assisi che andò in missione diplomatica – potremmo dire – a dialogare con il sultano d'Egitto ed ora siamo il Paese che vuole, in nome di una sudditanza senza precedenti nei confronti dell'alleato americano, risolvere le controversie internazionali con le bombe, violando di fatto l'articolo 11 della nostra Costituzione. In Afghanistan continuiamo a combattere una guerra che non è nostra, una guerra illegale, ingiusta, assurda, che ci è costata vite umane, vite di valorosi soldati italiani e di civili afgani, che ci è costata 5 miliardi di euro, 2,5 milioni di euro al giorno. Voi, per la tragedia che ha appena colpito la Sardegna, avete stanziato nel disegno di legge di stabilità 103 milioni di euro; 103 milioni di euro li spendiamo in quarantuno giorni di guerra in Afghanistan, e in quel Paese stiamo combattendo da oltre 3.800 giorni; è la guerra più lunga dalla seconda guerra mondiale in poi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Eravamo il Paese di Enrico Mattei e della sua politica in favore della sovranità energetica, ora siamo il Paese di Scaroni e delle sue tangenti. Mi dispiace che la Presidente Boldrini sia assente, non ho avuto più la possibilità di intervenire con lei presente in Aula da quando abbiamo avuto quel diverbio. Mi sarebbe piaciuto sapere da lei – lei che è sempre attenta a stigmatizzare quello che, a parer suo, non è istituzionalmente decoroso – se sia istituzionalmente decoroso che un noto «patteggiatore di tangenti», come l'attuale amministratore delegato di ENI Scaroni, possa occupare quel posto e guadagnare circa 6 milioni di euro all'anno. Perché non interviene al riguardo ? Lei che spesso ci delizia con dichiarazioni squisitamente politiche dovrebbe intervenire anche su queste questioni. Questi sono gli esempi che separano i cittadini dalle istituzioni e che indeboliscono la Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Non ho citato ENI a caso. Oggi l'ENI – basta pensare ancora una volta al caso Shalabayeva – è il vero ministro degli esteri italiano; è un ente potentissimo controllato da interessi privati e non dallo Stato, è un asset strategico che questo Governo vuole svendere per continuare a vivacchiare senza idee, senza prospettive, senza un progetto, almeno per un po’.
  Ministri, chi vi ha autorizzato a vendere i beni comuni ? Chi vi credete di essere per farlo ? Adesso, tramite lei Presidente, mi rivolgo a tutti i colleghi degli altri partiti che sono malpancisti, gli esponenti del «vorrei ma non posso», che, dietro una colonna del palazzo, ci confidano di essere d'accordo con il MoVimento 5 Stelle, che Alfano non è degno di essere il Ministro dell'interno, che la Cancellieri doveva essere sfiduciata. Mi rivolgo a tutti coloro che si lamentano ma non agiscono, mettono agli atti disagi vari ma votano sempre come gli viene indicato dal Governo stesso: ma come diavolo fate a continuare a dare fiducia ad un Governo Pag. 43del genere ? Come fate a dormire la notte ? Possibile che una poltrona valga tutto questo ? Possibile che dei soldi, dei maledettissimi soldi valgano la possibilità di incidere positivamente sulle vite dei cittadini italiani ? (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Oggi questo Governo non ha più alibi, non ha scuse, questa maggioranza non ha scuse, neppure può più sbandierare la spauracchio di Berlusconi, non avete più alibi. Vi sfidiamo, come MoVimento 5 Stelle, ad approvare immediatamente una legge sul conflitto di interessi. Vediamo se ora ne sarete capaci. Vi sfidiamo, ma siamo sicuri che non lo farete mai. Vi ha fatto comodo dare tutte le colpe a Berlusconi, vi ha fatto comodo. Avete fatto credere al popolo italiano che il conflitto di interessi ce l'avesse soltanto lui e invece no: la cosiddetta sinistra è coinvolta con tutte le scarpe (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Oggi, Presidente, è tempo di azzerare tutto e ripartire, di sfiduciare questo Governo, sperando che conseguentemente il Presidente Napolitano abbia la dignità e l'amore di patria di fare un passo indietro.
  Ora mi rivolgo sempre, attraverso lei Presidente, a tutti i cittadini italiani: siamo stanchi, lo so, siamo sfiniti, non ne possiamo più. I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia. I partiti di oggi sono soprattutto «macchine di potere e di clientela», gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti. Sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sottoboss. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal Governo, hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RAI, alcuni grandi giornali. Sono macchine di potere che si muovono soltanto quando è in gioco il potere, seggi in comune, seggi in Parlamento, Governo centrale e governi locali, Ministeri, sottosegretariati, assessorati, banche, enti. Queste sono parole di Berlinguer. Tutto questo lo sappiamo bene, ne siamo coscienti, ma adesso dobbiamo andare oltre, oltre la sana e ingiusta indignazione, oltre la rabbia, oltre le lamentele continue. Basta, non servono più o meglio non sono più sufficienti. Oggi occorre un'ondata di partecipazione nuova, uno tsunami di interesse alla politica, occorre riprenderci le istituzioni, liberarle, occorre democraticamente e in modo non violento cospirare. Dobbiamo partecipare alla vita politica, votare non basta più. Partecipiamo con chiunque, mica soltanto con il MoVimento 5 Stelle, ma partecipiamo alla vita politica, perché è l'assenza di partecipazione ad aver generato i mostri degli ultimi trent'anni.
  Oltretutto, la politica è la più alta attività che un essere umano possa fare. Il cambiamento è dietro l'angolo, un'ondata democratica è partita e non si arresta. Dobbiamo solo insistere, dobbiamo informarci meglio, essere curiosi, mettere in discussione il pensiero dominante, a cominciare da questa Europa.
  Dobbiamo aprire gli occhi: la Repubblica è piena di corrotti, corruttori, di «ominicchi», di collusi, di condannati, è piena di mediocri. Lo sappiamo, basta, non serve nemmeno più ricordarlo. Dobbiamo soltanto aprire gli occhi, dipende soltanto da noi. Basta aprire gli occhi per non vedervi più, per non vedervi più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vincenzo Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Signora Presidente, deputati e deputate, signori del Governo, il decreto-legge su cui oggi il Governo pone la fiducia è decisivo per l'impegno dell'Italia in scenari al di fuori dei confini, dei nostri confini, dove la pace e i diritti umani non sono una certezza per centinaia di migliaia di persone. Un impegno, tengo a sottolinearlo, che rinnoviamo, animati da un sentimento di solidarietà, nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, applicato nella sua interezza, Pag. 44degli impegni internazionali assunti con le risoluzioni delle Nazioni Unite, che sono la pietra angolare per il nostro operato nel mondo, come abbiamo dimostrato anche nella crisi siriana, incluso il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite.
  Abbiamo discusso per settimane con le opposizioni, con cui abbiamo anche trovato elementi di comunanza nel testo, per modificarlo, per rendere l'impegno dei nostri militari e dei cooperanti più vicino alle aspirazioni emerse nel dibattito, ma gli obblighi e le scadenze non meritano un rinvio e, soprattutto, non merita un rinvio dare sicurezza al lavoro gravoso di tanti cittadini impegnati all'estero.
  Va dato merito anche a lei, Vicepresidente Sereni, per quanto ha fatto negli ultimi giorni, ospitando anche una delegazione di ministre e parlamentari afgane, accompagnate da cooperanti italiani, che hanno narrato a noi, a volte nella disattenzione, quello che succede in quell'intricato scenario, che in più di dieci anni ha visto il sacrificio di 53 connazionali; da ultima, per tutti, ricordiamo Barbara De Anna, scomparsa nel giugno scorso.
  Lo dico soprattutto ai gruppi delle opposizioni: noi abbiamo preso atto del dibattito e con rispetto abbiamo guardato alle proposte. Abbiamo guardato a ciò che si proponeva e abbiamo cercato di ragionare insieme, ma un'obiezione di premessa la devo fare, perché si può discutere sul come, delle finalità, di un nuovo dialogo con i nostri partner su soluzioni alternative, ma il dovere alla solidarietà internazionale nei Balcani, in Medio Oriente, in Africa e in Asia è uno sforzo che rende vivo il messaggio della Costituzione e non può essere svilito da una contabilità tutta interna, parametrata solo ai nostri soldi e ai nostri bisogni, perché i bisogni più lontani e ben lontani sono quelli di chi non ha pace, non ha dignità e non ha il diritto a sapere e a sperare in un futuro migliore.
  Caro deputato Di Battista, è un'obiezione di premessa, perché, qualora anche noi facessimo calcoli interni, decidessimo di isolarci dal mondo, i conflitti e i movimenti conseguenti di migliaia di uomini e donne non meriterebbero né voltafaccia e nemmeno ciniche teorie della non ingerenza. Noi veniamo da un'altra storia, i nostri valori sono nella radice dell'Unione europea, che non è lettera straccia, non è carta straccia.
  Per questo, mi permetto di rivolgere anche un pensiero alle migliaia di persone che sono in piazza a Kiev e testimoniano la forza straordinaria di un'idea di pace e di progresso sociale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per questo, e lo dico con rispetto alle opposizioni, anche convertendo questo decreto-legge e votandolo in questo modo, vorrei che ci soffermassimo un attimo sulla vocazione geopolitica del nostro Paese, perché negli ultimi mesi lo scenario vicino e lontano rispetto a noi sta cambiando; offre nuovi rischi e nuove opportunità e non dobbiamo fare l'errore di discutere sulle missioni e sulla nostra proiezione di solidarietà con vecchi linguaggi e vecchi stereotipi.
  Vecchie guerre fredde stanno terminando e anche la nozione di «guerra civile» si arricchisce di caratteri inediti e più drammatici. Quello che è successo il 24 novembre a Ginevra, con l'Iran, sulla proliferazione nucleare, apre nuovi scenari: apre nuovi scenari sulla «guerra per procura» in Siria, apre nuovi scenari per quanto riguarda un esodo biblico che sta toccando il Mare Nostrum, in cui dispieghiamo una missione per la salvezza di vite innocenti.
  È uno scenario che cambia, cambia vicino a noi dopo le rivoluzioni arabe ed il ritorno a reazioni non democratiche, come in Egitto o a rischi umanitari in termini di sicurezza in Libia, come ci ha testimoniato in Commissione esteri il Primo Ministro libico Zeidan poche settimane fa. Ma quello che cambia – e lo dico perché non c’è sudditanza – è che cambiano anche le alleanze e le missioni delle organizzazioni sovranazionali guardano ad altri scenari e in questo contesto, senza le protezioni e le alleanze di una volta, noi siamo più coinvolti come Paese e siamo più chiamati ad un senso di responsabilità e solidarietà.Pag. 45
  Guardate, non sto divagando – lo dico all'onorevole Duranti – non voglio divagare dal decreto. E sappiamo benissimo che sul comma 1 dell'articolo 1, riguardante la missione ISAF in Afghanistan, si è concentrata in larga parte l'attenzione e la critica delle opposizioni. Non voglio sottacere le differenze di principio o le analisi che ci hanno diviso in passato, ma vorrei che iniziassimo a ragionare adesso, che la missione sta terminando, come è stato deciso, nel 2014, su un'analisi comune per i prossimi anni. E lo dico perché sarà una missione «no combat» e perché questo Parlamento dovrà discutere come aiutiamo in termini di cooperazione e sicurezza, nei termini di quelle che sono le richieste che ci fa il popolo afgano; una discussione preventiva che aiuti il nostro Governo a scegliere meglio.
  Io non credo che ci faccia bene, in un contesto che cambia – cambiano alleanze, cambiano gli scenari e il Mediterraneo è sempre di più sottoposto a nuove e difficili sfide –, che questo Parlamento, nel riproporre dibattiti sulla nostra proiezione internazionale, usi linguaggi vecchi. È il Mediterraneo che riguarda noi, perché siamo la frontiera geopolitica della difficoltà europea e riguarda quello che farà il Governo nel prossimo semestre europeo, cercando non solo di far girare lo sguardo da politiche economiche dell’austerity, ma di far girare lo sguardo dell'Europa verso l'unico confine, verso l'unico confine che riguarda il suo destino ma soprattutto riguarda il destino di persone che soffrono perché sono coinvolte in conflitti civili.
  In definitiva, care deputate e deputati – lo dico ai signori del Governo – l'impegno nel votare questa fiducia è anche legato ad una richiesta: un cambio su quella che è la nostra vocazione geopolitica, perché gli accordi di Ginevra ci chiedono anche questo, di chiedere con forza gli Stati Uniti d'Europa, ma, allo stesso tempo, di dotarci, noi, anche di una nuova visuale e di nuovi strumenti, perché vanno bene 23 milioni in più nella cooperazione internazionale, ma sappiamo bene che alcune riforme di questo «Governo di servizio» toccano la politica estera e di difesa comune.
  La Commissione esteri e difesa ha insediato una riforma dello strumento missioni ed è necessario, sempre nel 2014, nel rispetto della legge n. 244, approfondire strumenti di verifica e rapporti di performance, così come hanno auspicato anche le opposizioni nel convertire questo decreto, perché nella politica estera e di difesa un Governo di servizio, come quello di Enrico Letta, è chiamato a riforme, non solo a giocare in un nuovo mondo e ad unire l'Europa in una nuova politica estera e di difesa comune. Spesso ci siamo adagiati in alleanze e vincoli esterni che ci hanno risolto dai compiti, ma quei compiti che spesso altri guardavano e tutelavano noi, oggi noi li dobbiamo chiedere e li dobbiamo chiedere innanzitutto all'Unione europea.
  Noi vogliamo riforme, vogliamo riforme in questo passaggio, riforme dello strumento della missione ma anche definire un diverso modello organizzativo delle Forze armate, come dicevo rispettando la legge n. 244 e adeguando il nostro strumento a un cambiamento epocale, quello dei nostri confini. E una riforma strutturale di questo Governo sarà anche l'organizzazione e la riforma della legge n. 49 del 1987, perché noi sappiamo che un giusto equilibrio tra spese militari e civili sarà la prospettiva del nostro impegno di solidarietà. Servono meccanismi rapidi, efficienti, per portare cooperazione e per dare una mano a quei giovanissimi che sono impegnati in ogni scenario.
  Vedi, caro deputato Di Battista, mi permetto: io ho ascoltato la tua prosa, ma direi che su questi grandi temi un grande Paese cerca di ragionare insieme, perché un grande Paese, quando si proietta all'estero e guarda con solidarietà ai gravi malanni di questa nuova epoca globale, cerca anche di scegliere.
  Io rispetto le differenze, ma mi viene in testa una frase di Kennedy, a cinquant'anni dalla sua morte, quando diceva: «Concentriamo il nostro impegno su un'idea di pace più concreta e raggiungibile, Pag. 46affidata non a un'improvvisa rivoluzione della natura umana, ma a una graduale evoluzione delle nostre istituzioni».
  È un lavoro complicato, difficile dei cooperanti, di chi si impegna per la pace, ma un Paese deve starvi dietro, deve cercare di avere una sua vocazione e chiedere un'altra Europa e, soprattutto, sapere che la sua missione oggi si incontra negli angoli di Hebron, di Herat, nel Corno d'Africa e noi siamo visti come un Paese non belligerante, disponibile a tendere una mano, a costruire un'altra e possibile soluzione.
  Sappiamo bene che a chiacchiere – e finisco – non esiste una politica di prestigio internazionale, perché il prestigio è sempre conseguenza di una politica, di alcune scelte. Noi oggi votando questa fiducia non solo sosteniamo l'impegno di solidarietà all'estero nel rispetto dell'articolo 11 e delle risoluzioni delle Nazioni Unite, ma chiediamo a questo Parlamento, forze di maggioranza e di opposizione, anche di discutere di come questo nostro Paese, in un mondo che cambia, ritrova funzione, prestigio e, soprattutto, tanta solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia. Poiché la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito che la votazione per appello nominale sulla questione di fiducia abbia inizio a partire dalle ore 16,15, sospendo la seduta fino a tale ora.

  La seduta, sospesa alle 15,30, è ripresa alle 16,15.

(Votazione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 1670-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione per appello nominale dell'articolo unico del disegno di legge n. 1670-A/R, di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
  Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
  Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
  Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
  (Segue il sorteggio).

  La chiama avrà inizio dal deputato Nastri.
  Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
  (Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17,20).

  (Segue la chiama).

  PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge n. 1670-A/R, di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sulla cui approvazione senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

   Presenti  570   
   Votanti  569   
   Astenuti   1   
   Maggioranza  285   
    Hanno risposto  360    
    Hanno risposto no  209.    Pag. 47
  La Camera approva.

  Si intendono pertanto respinte tutte le proposte emendative presentate.

  Hanno risposto sì:
   Adornato Ferdinando
   Agostini Luciano
   Agostini Roberta
   Albanella Luisella
   Alfano Gioacchino
   Alli Paolo
   Amato Maria
   Amendola Vincenzo
   Amici Sesa
   Amoddio Sofia
   Antezza Maria
   Anzaldi Michele
   Argentin Ileana
   Arlotti Tiziano
   Ascani Anna
   Balduzzi Renato
   Baretta Pier Paolo
   Bargero Cristina
   Baruffi Davide
   Basso Lorenzo
   Battaglia Demetrio
   Bazoli Alfredo
   Bellanova Teresa
   Benamati Gianluca
   Beni Paolo
   Berlinghieri Marina
   Bernardo Maurizio
   Berretta Giuseppe
   Bersani Pier Luigi
   Bianchi Dorina
   Bianchi Mariastella
   Biffoni Matteo
   Bindi Rosy
   Binetti Paola
   Bini Caterina
   Biondelli Franca
   Blazina Tamara
   Bobba Luigi
   Bocci Gianpiero
   Boccia Francesco
   Boccuzzi Antonio
   Bolognesi Paolo
   Bombassei Alberto
   Bonaccorsi Lorenza
   Bonafè Simona
   Bonavitacola Fulvio
   Bonifazi Francesco
   Bonomo Francesca
   Bordo Michele
   Borghi Enrico
   Boschi Maria Elena
   Bosco Antonino
   Bossa Luisa
   Braga Chiara
   Bragantini Paola
   Brandolin Giorgio
   Bratti Alessandro
   Bray Massimo
   Bressa Gianclaudio
   Bruno Franco
   Bruno Bossio Vincenza
   Burtone Giovanni Mario Salvino
   Buttiglione Rocco
   Calabrò Raffaele
   Campana Micaela
   Cani Emanuele
   Capodicasa Angelo
   Capone Salvatore
   Capozzolo Sabrina
   Capua Ilaria
   Carbone Ernesto
   Cardinale Daniela
   Carella Renzo
   Carnevali Elena
   Carocci Mara
   Carra Marco
   Carrescia Piergiorgio
   Caruso Mario
   Casati Ezio Primo
   Casellato Floriana
   Casero Luigi
   Cassano Franco
   Castricone Antonio
   Catania Mario
   Causi Marco
   Cenni Susanna
   Cera Angelo
   Cesa Lorenzo
   Cesaro Antimo
   Chaouki Khalid
   Cicchitto Fabrizio
   Cimbro Eleonora
   Cimmino Luciano
   Coccia Laura
   Colaninno Matteo
   Cominelli Miriam
   Coppola PaoloPag. 48
   Coscia Maria
   Costa Enrico
   Cova Paolo
   Covello Stefania
   Crimì Filippo
   Crivellari Diego
   Culotta Magda
   Cuperlo Giovanni
   D'Agostino Angelo Antonio
   D'Alia Giampiero
   Dallai Luigi
   Dal Moro Gian Pietro
   Dambruoso Stefano
   Damiano Cesare
   D'Arienzo Vincenzo
   D'Attorre Alfredo
   Decaro Antonio
   De Girolamo Nunzia
   Del Basso De Caro Umberto
   Dellai Lorenzo
   De Maria Andrea
   De Menech Roger
   De Micheli Paola
   De Mita Giuseppe
   Di Gioia Lello
   Di Lello Marco
   Di Maio Marco
   D'Incecco Vittoria
   Di Stefano Marco
   Donati Marco
   D'Ottavio Umberto
   Epifani Ettore Guglielmo
   Ermini David
   Fabbri Marilena
   Famiglietti Luigi
   Fanucci Edoardo
   Faraone Davide
   Farina Gianni
   Fassina Stefano
   Fedi Marco
   Ferranti Donatella
   Ferrari Alan
   Ferro Andrea
   Fiano Emanuele
   Fiorio Massimo
   Fioroni Giuseppe
   Fitzgerald Nissoli Fucsia
   Folino Vincenzo
   Fontana Cinzia Maria
   Fontanelli Paolo
   Formisano Aniello
   Fossati Filippo
   Fragomeli Gian Mario
   Franceschini Dario
   Fregolent Silvia
   Gadda Maria Chiara
   Galgano Adriana
   Galli Carlo
   Galli Giampaolo
   Galperti Guido
   Gandolfi Paolo
   Garavini Laura
   Garofalo Vincenzo
   Garofani Francesco Saverio
   Gasbarra Enrico
   Gasparini Daniela Matilde Maria
   Gebhard Renate
   Gelli Federico
   Genovese Francantonio
   Gentiloni Silveri Paolo
   Ghizzoni Manuela
   Giachetti Roberto
   Giacobbe Anna
   Giacomelli Antonello
   Gigli Gian Luigi
   Ginato Federico
   Ginefra Dario
   Ginoble Tommaso
   Giorgetti Alberto
   Giorgis Andrea
   Gitti Gregorio
   Giuliani Fabrizia
   Giulietti Giampiero
   Gnecchi Marialuisa
   Gozi Sandro
   Grassi Gero
   Gregori Monica
   Gribaudo Chiara
   Guerini Giuseppe
   Guerini Lorenzo
   Guerra Mauro
   Gullo Maria Tindara
   Gutgeld Itzhak Yoram
   Iacono Maria
   Iannuzzi Tino
   Impegno Leonardo
   Incerti Antonella
   Iori Vanna
   Kyenge Cécile
   Laforgia Francesco
   La Marca Francesca
   Lattuca Enzo
   Lauricella Giuseppe
   Legnini GiovanniPag. 49
   Lenzi Donata
   Leone Antonio
   Letta Enrico
   Leva Danilo
   Librandi Gianfranco
   Locatelli Pia Elda
   Lodolini Emanuele
   Lo Monte Carmelo
   Losacco Alberto
   Lotti Luca
   Lupi Maurizio
   Madia Maria Anna
   Maestri Patrizia
   Magorno Ernesto
   Malisani Gianna
   Malpezzi Simona Flavia
   Manfredi Massimiliano
   Manzi Irene
   Marantelli Daniele
   Marazziti Mario
   Marchetti Marco
   Marchi Maino
   Marguerettaz Rudi Franco
   Mariani Raffaella
   Mariano Elisa
   Marrocu Siro
   Marroni Umberto
   Martella Andrea
   Martelli Giovanna
   Martino Pierdomenico
   Marzano Michela
   Matarrese Salvatore
   Mattiello Davide
   Mauri Matteo
   Mazziotti Di Celso Andrea
   Mazzoli Alessandro
   Melilli Fabio
   Meloni Marco
   Meta Michele Pompeo
   Miccoli Marco
   Minardo Antonino
   Miotto Anna Margherita
   Misiani Antonio
   Misuraca Dore
   Mognato Michele
   Monaco Francesco
   Monchiero Giovanni
   Mongiello Colomba
   Montroni Daniele
   Morani Alessia
   Moretti Alessandra
   Moretto Sara
   Mosca Alessia Maria
   Moscatt Antonino
   Mura Romina
   Murer Delia
   Naccarato Alessandro
   Nardella Dario
   Nesi Edoardo
   Nicoletti Michele
   Oliverio Nicodemo Nazzareno
   Orfini Matteo
   Orlando Andrea
   Ottobre Mauro
   Pagani Alberto
   Pagano Alessandro
   Palma Giovanna
   Paris Valentina
   Parrini Dario
   Pastorelli Oreste
   Pastorino Luca
   Patriarca Edoardo
   Pelillo Michele
   Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
   Pes Caterina
   Petitti Emma
   Petrini Paolo
   Piccione Teresa
   Piccoli Nardelli Flavia
   Piccolo Salvatore
   Piccone Filippo
   Picierno Pina
   Piepoli Gaetano
   Pini Giuditta
   Pisicchio Pino
   Piso Vincenzo
   Pizzolante Sergio
   Plangger Albrecht
   Pollastrini Barbara
   Porta Fabio
   Portas Giacomo Antonio
   Preziosi Ernesto
   Quartapelle Procopio Lia
   Rabino Mariano
   Raciti Fausto
   Rampi Roberto
   Realacci Ermete
   Ribaudo Francesco
   Richetti Matteo
   Rigoni Andrea
   Roccella Eugenia
   Rocchi Maria Grazia
   Romano Andrea
   Rosato EttorePag. 50
   Rossi Domenico
   Rossomando Anna
   Rostan Michela
   Rotta Alessia
   Rubinato Simonetta
   Rughetti Angelo
   Sammarco Gianfranco
   Sanga Giovanni
   Sani Luca
   Sanna Francesco
   Sanna Giovanna
   Santerini Milena
   Sberna Mario
   Sbrollini Daniela
   Scalfarotto Ivan
   Scanu Gian Piero
   Schirò Gea
   Schullian Manfred
   Scopelliti Rosanna
   Scuvera Chiara
   Senaldi Angelo
   Simoni Elisa
   Sottanelli Giulio Cesare
   Speranza Roberto
   Stumpo Nicola
   Tabacci Bruno
   Tancredi Paolo
   Taranto Luigi
   Taricco Mino
   Tartaglione Assunta
   Tentori Veronica
   Terrosi Alessandra
   Tidei Marietta
   Tinagli Irene
   Tullo Mario
   Vaccaro Guglielmo
   Valente Valeria
   Valiante Simone
   Vargiu Pierpaolo
   Vazio Franco
   Vecchio Andrea
   Velo Silvia
   Venittelli Laura
   Ventricelli Liliana
   Verini Walter
   Vezzali Maria Valentina
   Vignali Raffaello
   Villecco Calipari Rosa Maria
   Vitelli Paolo
   Zampa Sandra
   Zanetti Enrico
   Zanin Giorgio
   Zappulla Giuseppe
   Zardini Diego
   Zoggia Davide

  Hanno risposto no:
   Abrignani Ignazio
   Agostinelli Donatella
   Aiello Ferdinando
   Airaudo Giorgio
   Alberti Dino
   Allasia Stefano
   Artini Massimo
   Baldassarre Marco
   Baldelli Simone
   Barbanti Sebastiano
   Baroni Massimo Enrico
   Basilio Tatiana
   Battelli Sergio
   Bechis Eleonora
   Bergamini Deborah
   Bernini Massimiliano
   Bernini Paolo
   Bianchi Nicola
   Biancofiore Michaela
   Bianconi Maurizio
   Biasotti Sandro
   Boccadutri Sergio
   Bonafede Alfonso
   Bordo Franco
   Borghesi Stefano
   Bossi Umberto
   Bragantini Matteo
   Brescia Giuseppe
   Brugnerotto Marco
   Brunetta Renato
   Buonanno Gianluca
   Busin Filippo
   Businarolo Francesca
   Busto Mirko
   Calabria Annagrazia
   Cancelleri Azzurra Pia Maria
   Caon Roberto
   Caparini Davide
   Capelli Roberto
   Capezzone Daniele
   Carfagna Maria Rosaria
   Cariello Francesco
   Carinelli Paola
   Caso Vincenzo
   Castelli Laura
   Castiello Giuseppina
   Catalano IvanPag. 51
   Cecconi Andrea
   Centemero Elena
   Cesaro Luigi
   Chiarelli Gianfranco Giovanni
   Chimienti Silvia
   Ciprini Tiziana
   Cirielli Edmondo
   Colletti Andrea
   Colonnese Vega
   Cominardi Claudio
   Corda Emanuela
   Corsaro Massimo Enrico
   Costantino Celeste
   Cozzolino Emanuele
   Crimi Rocco
   Crippa Davide
   Currò Tommaso
   Dadone Fabiana
   Daga Federica
   D'Alessandro Luca
   Dall'Osso Matteo
   D'Ambrosio Giuseppe
   Del Grosso Daniele
   Della Valle Ivan
   Dell'Orco Michele
   De Lorenzis Diego
   De Rosa Massimo Felice
   Di Battista Alessandro
   Dieni Federica
   D'Incà Federico
   Di Salvo Titti
   Distaso Antonio
   Di Stefano Fabrizio
   Di Stefano Manlio
   Di Vita Giulia
   Duranti Donatella
   Faenzi Monica
   Fantinati Mattia
   Farina Daniele
   Fava Claudio
   Ferrara Ciccio
   Ferraresi Vittorio
   Fico Roberto
   Fitto Raffaele
   Fontana Gregorio
   Fraccaro Riccardo
   Fratoianni Nicola
   Frusone Luca
   Fucci Benedetto Francesco
   Gagnarli Chiara
   Galan Giancarlo
   Galati Giuseppe
   Gallinella Filippo
   Gallo Luigi
   Gallo Riccardo
   Garnero Santanchè Daniela
   Gelmini Mariastella
   Giacomoni Sestino
   Giammanco Gabriella
   Giordano Giancarlo
   Giorgetti Giancarlo
   Grande Marta
   Grillo Giulia
   Grimoldi Paolo
   Iannuzzi Cristian
   Invernizzi Cristian
   Kronbichler Florian
   L'Abbate Giuseppe
   Lacquaniti Luigi
   Laffranco Pietro
   Lainati Giorgio
   La Russa Ignazio
   Lavagno Fabio
   Liuzzi Mirella
   Lorefice Marialucia
   Lupo Loredana
   Maietta Pasquale
   Mantero Matteo
   Marcon Giulio
   Marotta Antonio
   Martino Antonio
   Marzana Maria
   Melilla Generoso
   Meloni Giorgia
   Micillo Salvatore
   Migliore Gennaro
   Milanato Lorena
   Molteni Nicola
   Mottola Giovanni Carlo Francesco
   Mucci Mara
   Nardi Martina
   Nastri Gaetano
   Nesci Dalila
   Nicchi Marisa
   Nuti Riccardo
   Paglia Giovanni
   Palese Rocco
   Palmieri Antonio
   Palmizio Elio Massimo
   Pannarale Annalisa
   Parentela Paolo
   Parisi Massimo
   Pellegrino Serena
   Pesco DanielePag. 52
   Petraroli Cosimo
   Petrenga Giovanna
   Piazzoni Ileana Cathia
   Picchi Guglielmo
   Pilozzi Nazzareno
   Pini Gianluca
   Pinna Paola
   Piras Michele
   Pisano Girolamo
   Placido Antonio
   Polidori Catia
   Polverini Renata
   Prataviera Emanuele
   Prestigiacomo Stefania
   Quaranta Stefano
   Ragosta Michele
   Rampelli Fabio
   Ravetto Laura
   Ricciatti Lara
   Rizzetto Walter
   Rizzo Gianluca
   Romano Paolo Nicolò
   Romele Giuseppe
   Rondini Marco
   Rostellato Gessica
   Rotondi Gianfranco
   Ruocco Carla
   Russo Paolo
   Sannicandro Arcangelo
   Sarro Carlo
   Sarti Giulia
   Savino Elvira
   Savino Sandra
   Scagliusi Emanuele
   Scotto Arturo
   Segoni Samuele
   Sorial Girgis Giorgio
   Spadoni Maria Edera
   Spessotto Arianna
   Squeri Luca
   Tacconi Alessio
   Taglialatela Marcello
   Terzoni Patrizia
   Tofalo Angelo
   Toninelli Danilo
   Totaro Achille
   Tripiedi Davide
   Turco Tancredi
   Vacca Gianluca
   Valente Simone
   Vallascas Andrea
   Vella Paolo
   Vignaroli Stefano
   Villarosa Alessio
   Vito Elio
   Zan Alessandro
   Zaratti Filiberto
   Zolezzi Alberto

  Si sono astenuti:
   Attaguile Angelo

  Sono in missione:
   Alfreider Daniel
   Archi Bruno
   Borletti Dell'Acqua Buitoni Ilaria    Carla Anna
   Brambilla Michela Vittoria
   Carrozza Maria Chiara
   Castiglione Giuseppe
   Causin Andrea
   Censore Bruno
   Dell'Aringa Carlo
   Di Maio Luigi
   Guidesi Guido
   Lombardi Roberta
   Lorenzin Beatrice
   Manciulli Andrea
   Mannino Claudia
   Merlo Ricardo Antonio
   Mogherini Federica
   Pistelli Lapo
   Santelli Jole
   Sereni Marina
   Valentini Valentino

  PRESIDENTE. Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma dopo l'esame degli ordini del giorno si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno – A.C. 1670-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 1670-A/R).
  Ricordo che, come stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, nella Pag. 53seduta odierna si procederà all'illustrazione degli ordini del giorno e all'espressione del parere da parte del rappresentante del Governo.
  Avverto che l'ordine del giorno n. 9/1670-A-R/10 deve intendersi a prima firma Di Salvo e che l'ordine del giorno n. 9/1670-A-R/32 deve intendersi a prima firma Piazzoni.
  Avverto altresì che sono in distribuzione la versione corretta dell'ordine del giorno Prataviera n. 9/1670-A-R/71 e quella dell'ordine del giorno Allasia n. 9/1670-A-R/78.
  Avverto, infine, che la Presidenza ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, non ritiene ammissibili, in quanto riferiti a materie del tutto estranee rispetto a quelle recate dal provvedimento i seguenti ordini del giorno: Totaro n. 9/1670-A-R/51, volto a prevedere che le compagnie di navigazione aerea assicurino agli organi di polizia giudiziaria la consultazione tempestiva dei dati individuali dei passeggeri e delle merci, in quanto riproduce il contenuto di una proposta emendativa già dichiarata inammissibile; Catanoso Genoese n. 9/1670-A-R/63, relativo all'utilizzo delle graduatorie degli idonei nei concorsi svolti negli anni 2010, 2011 e 2012 per la nomina dei nuovi sovrintendenti della Polizia di Stato.
  L'onorevole Elio Vito ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1670-A-R/1.

  ELIO VITO. Signor Presidente, In realtà l'ordine del giorno è a mia prima firma, ma è a firma di rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari della Commissione difesa e del Parlamento. Né sarebbe potuto essere diversamente, signor Presidente e onorevoli colleghi, perché non avrei presentato un ordine del giorno su una vicenda così delicata, che è quella che riguarda la ancora ingiusta detenzione da 350 giorni dei nostri due fucilieri di marina in India, se non fossi stato certo della unanimità dei consensi in Parlamento.
  Perché una cosa è certa, Presidente, il Parlamento su questa vicenda non può dividersi. Lo deve ai nostri due fucilieri di marina, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, che con onore, dignità, senso dello Stato e di appartenenza alle Forze armate stanno affrontando una situazione difficile e dolorosa, per loro e per le loro famiglie, famiglie alle quali il Parlamento attraverso il voto di questo ordine del giorno deve testimoniare la propria vicinanza, la propria solidarietà e deve anche impegnare il Governo, che già tanto sta facendo, a fare di più affinché possa essere assicurato il rapido rientro in Italia dei due fucilieri di marina, anche in condizioni di onore e, mi permetto di aggiungere, Signor Presidente, anche di piena libertà. Dicevo che questo è il primo voto e quindi domani sentiremo il parere del rappresentante del Governo, ma sono certo, conoscendone la sensibilità, che anche il Governo lo condividerà. Si tratta del primo voto che il Parlamento dà su questa delicata e tormentata vicenda e credo che questo voto rappresenti l'occasione, non solo per il nostro Parlamento, ma anche per il nostro Paese, di dimostrare al mondo intero – non solo agli amici indiani, ma al mondo intero – che quando sono in gioco questioni che riguardano la dignità nazionale, la rappresentanza dei nostri interessi all'estero, ma soprattutto la difesa dei valori che sono stati, e sono incarnati dai nostri militari impegnati nelle missioni militari per la pace e dai nostri due fucilieri di marina, il Parlamento – dicevo – è unanime. Guai a dividersi su questo, guai a vedere strumentalizzare, per interessi di parte o di partito, questa vicenda. L'intento dell'ordine del giorno, che ho inteso così illustrare, è proprio quello di avere un voto unanime che dia forza al Governo, al Parlamento, al Paese, ma soprattutto che dia ancora ulteriore consapevolezza ai nostri due militari della vicinanza del Parlamento e di tutte le forze politiche.
  Sono convinto, signor Presidente e colleghi, che anche domani mattina, quando saremo chiamati a votare l'ordine del giorno, il Parlamento saprà esprimere questo voto di vicinanza, di solidarietà, ma anche di impegno per il Governo, con lo stesso orgoglio, con la stessa dignità, con lo stesso senso di responsabilità e di appartenenza Pag. 54che ci stanno letteralmente insegnando Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che, non essendo previste altre votazioni per lo svolgimento dei nostri lavori, chi non fosse interessato ad ascoltare o a illustrare gli ordini del giorno può andare a parlare fuori dall'Aula.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Grosso. Ne ha facoltà.
  Constato l'assenza dell'onorevole Del Grosso: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.
  Constato l'assenza anche dell'onorevole Sorial: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Sibilia. Ne ha facoltà.
  Constato l'assenza anche dell'onorevole Sibilia: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stefano, che invece è presente in Aula. Ne ha facoltà.
  Prendo atto che rinunzia.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Tacconi. Ne ha facoltà.
  Prendo atto che rinunzia.
  Facciamo così: io ve li leggo tutti e voi mi dite quelli che intendono intervenire. Prendo atto che rinunciano tutti, con l'unica eccezione dell'onorevole Gallinella.
  L'onorevole Gallinella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1670-A-R/69.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, l'ordine del giorno parla del ruolo dei nuclei militari di protezione, in quanto l'Italia è l'unico Paese europeo che imbarca militari su mercantili che transitano in acque a rischio come la Somalia, il golfo di Aden, il Mar Rosso, il Mar Arabico, l'Oceano indiano e l'Oman. Questo non era possibile fino al 2010, poi c’è stato un intervento dell'allora Ministro della difesa Ignazio La Russa, in accordo con la compagnia degli armatori, e questo fatto ha creato non pochi problemi. Non a caso, abbiamo appena sentito il caso dei marò. Per questo noi, con questo emendamento, vogliamo invitare il Governo a riflettere su questa normativa.

  PRESIDENTE. Onorevole Gallinella, è un ordine del giorno.

  FILIPPO GALLINELLA. Sì chiaramente. L'idea era proprio questa, di rivedere questa normativa, in modo tale che queste situazioni non si presentino più e, nel caso in cui servisse un servizio di protezione, come succede per gli altri Paesi, occorre a nostro avviso rivolgersi a compagnie private. Quindi, mi auguro che il Parlamento domani voti a favore.

  PRESIDENTE. L'onorevole Ciprini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1670-A-R/64.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, il tema delle missioni militari offre un valido esempio della «politica dell'ipocrisia» e del paradosso dei contrari, della politica che usa termini socialmente desiderabili per coprire realtà drammaticamente miserabili. Una volta c'era il Ministro della guerra, oggi quello della difesa. Una volte c'erano le campagne di guerra, oggi le missioni di pace ed è meglio usare la parola Forze armate al posto di esercito e militare al posto di soldato. Ed è tutto un fiorire di peace keeping, peace enforcement, prevenzione di conflitto, peace building, peace making, per indicare nel linguaggio della forma un insieme di attività diplomatiche di mediazione, negoziazione e di sanzione, attività militari di garanzia della sicurezza di spiegamento preventivo, tese a porre fine al conflitto e stabilire la pace. Un bel giro di parole per significare guerra, spesso difesa di pozzi di petrolio. Si manomettono le parole, ma non cambia la sostanza. Spesso chi va per compiere missioni di peace keeping si ritrova in strade piene di brandelli di corpi e di carne. E allora, capita che un militare di ritorno da una missione di pace possa portare con sé le foto dei corpi mutilati, per paura di non essere creduto. Le persone Pag. 55esposte alle morti violente e improvvise sono a rischio di sviluppare reazioni traumatiche e problematiche psicologiche rilevanti, come la sindrome post traumatica da stress, o grande trauma, o matti di guerra. Sono quelle persone che vivono come rapite dalla memoria di quello che gli è successo. Rivivono quel momento con continui flashback e memorie intrusive, sviluppano uno stato di allerta costante e scattano a ogni minimo stimolo, fino a diventare anaffettivi e a prendere le distanze dai rapporti interpersonali; sono vite sospese, senza affetti e senza progettualità. Negli Stati Uniti i militari che ne sono vittima vanno dal 20 al 40 per cento. In Olanda e in Norvegia attorno al 5 per cento, nel Regno Unito intorno al 4 per cento. Clochard, carcerati, malati: questo è il destino di molti ex soldati.
  In Italia le forze armate ammettono l'esistenza di due o tre casi l'anno, davvero troppo pochi; eppure, la strutturazione della psiche occidentale è simile e pertanto non può esistere una popolazione più immune delle altre.
  In Italia il fenomeno è sottostimato, non adeguatamente rilevato, o meglio, forse, occultato. Dati inesistenti, ma sofferenza autentica. Pertanto, per svolgere queste particolari attività, è necessario un «equipaggiamento psicologico», oltre che tecnico, ed è cura delle Forze armate promuovere la salute psicologica del proprio personale.
  Con il presente ordine del giorno si impegna il Governo ad adottare misure volte alla rilevazione, prevenzione e monitoraggio e alla cura del rischio del disturbo da stress post traumatico del personale militare coinvolto in missioni, anche attraverso la predisposizione di adeguati interventi di supporto psicologico e di sostegno programmato e individuale, nonché formazione e addestramento che tengano conto anche degli aspetti emotivi e relazionali del personale operante in tali contesti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Nessuno altro chiedendo di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere i pareri.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Vito n. 9/1670-A-R/1, Amendola n. 9/1670-A-R/2 e Giacomelli n. 9/1670-A-R/3.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zanin n. 9/1670-A-R/4, (Ulteriore nuova formulazione), purché riformulato nel senso di premettere, ad entrambi i capoversi del dispositivo, le seguenti parole: «a valutare l'opportunità di».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Sannicandro n. 9/1670-A-R/5, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Daniele Farina n. 9/1670-A-R/6, purché riformulato nel senso di sopprimere nel dispositivo, dopo la parola: «prevedere», le seguenti parole: «un'integrazione normativa tesa ad introdurre», e poi il resto rimane lo stesso.
  Il Governo esprime parere favorevole ed accoglie come raccomandazione, gli ordini del giorno Marcon n. 9/1670-A-R/7 e Aiello n. 9/1670-A-R/8. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Duranti n. 9/1670-A-R/9, purché riformulato nel senso di aggiungere nel dispositivo, dopo le parole: «sia garantita», le seguenti parole: «all'intervento umanitario delle istituzioni e delle ONG italiane piena autonomia e indipendenza dall'operatività del contingente militare italiano e dalla componente militare della missione ISAF, ricorrendo soltanto in specifiche condizioni, come ultima ratio, a mezzi e competenze militari in supporto delle operazioni umanitarie di prima emergenza e sempre nel rispetto delle norme e istruzioni in materia di sicurezza delle competenti autorità del Governo». Il resto del periodo viene soppresso.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno n. 9/1670-A-R/10, che adesso è a prima firma dell'onorevole Di Salvo, purché riformulato con due piccole correzioni. Nelle premesse, la risoluzione Pag. 56è la n. 1325 e non la n. 1324. Nel dispositivo, invece, si propone di aggiungere, dopo le parole: «ONU ed EU», anche la parola «NATO».

  PRESIDENTE. Onorevole Alfano, si intende che le correzioni sono riformulazioni. Giusto ?

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. No, in questo caso sono proprio delle correzioni. Anzi, non sono neanche indispensabili, l'ordine del giorno può anche rimanere così. Sembrano errori di battitura, perché la risoluzione n. 1324...

  PRESIDENTE. Noi dobbiamo capire se vi sono riformulazioni o l'ordine del giorno viene accolto.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. L'ordine del giorno viene accolto con queste riformulazioni.

  PRESIDENTE. Va bene.

Testo sostituito con l'errata corrige del 04 DICEMBRE 2013   GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Pannarale n. 9/1670-A-R/11, (Nuova formulazione), mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Quaranta n. 9/1670-A-R/12, purché riformulato nel senso di premettere nel dispositivo le parole: «a valutare l'opportunità di» e poi, alla fine, dopo le parole: «separati decreti-legge», si propone di aggiungere le seguenti parole: «ovvero articoli distinti». Questa è una questione molto dibattuta e quindi queste sono le proposte che il Governo intende formulare per un parere favorevole.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Kronbichler n. 9/1670-A-R/13, purché riformulato nel senso di eliminare il terzo capoverso delle premesse, che comincia con le parole: «suddette missioni», mentre, per quanto riguarda il dispositivo, si propone di aggiungere le seguenti parole: «a continuare a sostenere le riflessioni in atto sui prossimi scenari post ISAF, favorendone un'ampia condivisione internazionale», eliminando tutto il resto.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Placido n. 9/1670-A-R/14, purché sia riformulato nel senso di aggiungere nel dispositivo, dopo la parola: «utilizzando» la seguente: «anche» e di sopprimere le parole da: «piuttosto che» fino alla fine del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Paglia n. 9/1670-A-R/15, purché sia riformulato nel senso di sopprimere le premesse e di sostituire il contenuto del dispositivo con le parole: «a rilanciare la cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, valutando le modalità di attuazione», eliminando tutto il resto. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ferrara n. 9/1670-A-R/16, purché sia riformulato nel senso di aggiungere, nel primo capoverso del dispositivo, dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato» (...); di sostituire, nel secondo capoverso, le parole: «ad intraprendere» con le seguenti: «a continuare a sostenere (...)»; di sostituire, nel terzo capoverso, le parole: «a porre in essere» con le seguenti: «a continuare a sostenere»; le parole: «che possano permettere alle» con le parole: «delle Nazioni Unite» e le parole: «e al nostro Paese di dare un contributo per vigilare sulla» con le seguenti: «mirate a garantire (...)». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lacquaniti n. 9/1670-A-R/17, purché sia riformulato nel senso di sopprimere il primo capoverso del dispositivo ed aggiungere, nel secondo capoverso, dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, Pag. 57dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lavagno n. 9/1670-A-R/18, purché sia riformulato nel senso di premettere nel dispositivo le parole: «a sostenere gli sforzi internazionali per l'attuazione degli»; di sopprimere le parole da: «a porre» fino a: «in concreto gli»; di sopprimere le parole da: «visto l'impegno dell'Italia» fino a: «del nord del Paese»; di aggiungere a questo periodo: «ed assicurare il rientro dei profughi in patria e la più ampia partecipazione elettorale», sopprimendo il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Palazzotto n. 9/1670-A-R/19, purché sia riformulato nel senso di aggiungere nel dispositivo dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)»; di sopprimere il secondo capoverso; di sostituire, nel terzo capoverso, le parole: «a rivedere, avviando» con le seguenti: «a valutare l'opportunità, quando ne ricorreranno le condizioni, di avviare (...)»; di sostituire, nel quarto capoverso, le parole: «ad avviare» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di avviare (...)»; la parola: «destinando» con le seguenti: «che preveda risorse (...)» e le parole: «che preveda forme» con le seguenti: «nel quadro del sistema (...)» e di sopprimere le parole: «ed altre forme diverse dall'asilo, come la protezione sussidiaria, la protezione umanitaria». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Melilla n. 9/1670-A-R/20, purché sia riformulato nel senso di aggiungere, nel primo capoverso del dispositivo, dopo le parole: «a riferire», le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)»; di sostituire il contenuto del secondo capoverso con le parole: «a continuare a cooperare insieme alle competenti istanze internazionali, in particolare UE e UA, ed in un quadro ONU, ai fini di una pacifica soluzione del conflitto di Abyei, in attuazione delle disposizioni del Comprehensive Peace Agreement »; di sopprimere l'ultimo capoverso.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nardi 9/1670-A-R/21, se il dispositivo viene così riformulato: eliminare il primo capoverso; nel secondo, sostituire le parole: «promuovere iniziative volte ad assicurare» con le parole: «continuare ad operare di concerto con l'UE e l'UA e nel quadro delle Nazioni Unite, al fine di assicurare». Il periodo prosegue con le parole: «la sovranità del popolo e dello Stato del Sudan del sud sulle proprie materie prime, come il petrolio». Aggiungere poi: «e tutelarne il diritto a disporne liberamente e conformemente ai propri obiettivi di sviluppo, senza indebite interferenze», eliminando le parole: «delle potenze occidentali». Nel capoverso successivo, sostituire le parole: «ad accertarsi e dimostrare che la», con le seguenti: «a continuare ad operare affinché la missione (...)» e poi il periodo prosegue; sostituire: «stabilizzazione» con: «preservazione (...)», continuando poi fino alle parole: «i due Stati del Sudan», aggiungendo infine le parole: «e non condizionata da interessi derivanti»; si eliminano quindi le parole: «senza conflitti di interessi neocolonialisti dati dalla ingente», mentre la parte successiva rimane, ossia: «dalla presenza di giacimenti di petrolio».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nicchi 9/1670-A-R/22, purché il dispositivo sia così riformulato: aggiungere, nel primo capoverso, dopo le parole: «a riferire», le parole: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo Pag. 58fino alla fine; nel secondo capoverso, sostituire le parole: «ad esporre» con le seguenti: «a continuare a promuovere (...)»; eliminare, dopo «il 2014», le parole: «le linee guida per una» e togliere ancora: «relativa a tutto il», aggiungendo la parola: «per il» e quindi poi il periodo rimane lo stesso, sostituendo infine la parola: «che affronti» con: «affrontando».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Scotto 9/1670-A-R/23 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Airaudo 9/1670-A-R/24 (nuova formulazione).
  Sull'ordine del giorno Fava 9/1670-A-R/25, che coincide con l'ordine del giorno Baldassarre 9/1670-A-R/66, il Governo esprime parere favorevole purché così riformulato: nelle premesse riportare l'affermazione che la missione ISAF è in fase di esaurimento, quindi togliendo tutta la parte della premessa, modificando il dispositivo come segue: «ad adottare e comunicare al Parlamento, entro il 31 gennaio 2014, la pianificazione delle operazioni necessarie per la cessazione, entro il 31 dicembre 2014, delle attività militari connesse con la missione ISAF, nel rispetto degli accordi internazionali ed in coerenza con le determinazioni dell'alleanza».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Piras 9/1670-A-R/26 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Giancarlo Giordano 9/1670-A-R/27 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Boccadutri 9/1670-A-R/28, purché così riformulato: aggiungere al primo capoverso le parole: «a valutare l'opportunità di proporre» in sede internazionale ed aggiungere ancora: «di intesa con l'autorità locali» e quindi poi il periodo va bene; bisogna eliminare il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Franco Bordo 9/1670-A-R/29, purché così riformulato: eliminare la premessa e nell'impegno togliere la parola: «definitivo» come aggettivo applicato alla parola «bilancio» e togliere l'ultima parte del periodo, aggiungendo solo le parole: «delle modalità di continuazione del sostegno e supporto alla popolazione kosovara».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Fratoianni 9/1670-A-R/30 (nuova formulazione), purché così riformulato: nell'impegno bisogna sostituire con le parole: «a continuare a sostenere una soluzione» con le parole: «a farsi portatore di un'operazione civile e», rimanendo poi le parole: «diplomatica di pacificazione del contesto libico» e eliminare tutto il resto del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Costantino 9/1670-A-R/31 (nuova formulazione), purché così riformulato: nell'impegno bisogna sostituire il primo capoverso con le parole: «a continuare a monitorare la situazione libica in vista del rafforzamento della sicurezza del paese» ed eliminare il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Piazzoni – non è più a prima firma Di Salvo – n. 9/1670-A-R/32 (Nuova formulazione), mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pilozzi n. 9/1670-A-R/33, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sostituire le parole: «a riferire con un'informativa» con le seguenti: «a comunicare al Parlamento informazioni» e poi prosegue. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pellegrino n. 9/1670-A-R/34, purché l'impegno sia riformulato nel modo seguente: eliminare le parole fino «ad una» e aggiungere: «a continuare a tenere il Parlamento informato sulla» e poi prosegue «riforma e riorganizzazione (...)»; sostituire l'espressione: «che tenga» con la parola: «tenendo (...)»; togliere, alla fine, il riferimento alla norma, ossia eliminare l'espressione: «a partire dalla n. 832».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ricciatti n. 9/1670-A-R/35, purché il dispositivo sia riformulato Pag. 59nel modo seguente: sostituire la parola: «mancanza» con la seguente: «predisposizione».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zan n. 9/1670-A-R/36 con diverse riformulazioni. Nelle premesse, nel terzo periodo, dopo le parole: «tra l'Esercito libero siriano» sostituire le parole: «le forze fondamentaliste» con le seguenti: «le forze di ispirazione kaidista»; aggiungere: «il PYD è legato al PKK di Ocalan» e «dispone di proprie milizie»; togliere: «il fronte curdo si è coalizzato lo scorso luglio»; poi dopo la parola: «controlla» aggiungere la seguente: «militarmente»; infine, nel periodo successivo, dopo la parola: «milizie» sostituire la parola: «islamiste» con la seguente: «kaidiste». Mentre, nel dispositivo, Presidente, bisogna correggere l'ultimo periodo. Dopo le parole: «a far sì» sostituire le parole: «le forze non violente siriane» con le seguenti: «i movimenti non violenti siriani»; poi, proseguendo, sostituire l'espressione: «adeguato all'interno» con la seguente: «adeguato nella preparazione della conferenza di Ginevra 2».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zaratti n. 9/1670-A-R/37, con la seguente riformulazione: togliere l'ultimo periodo che parte da «che rispetti», fino alla fine. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ragosta n. 9/1670-A-R/38, con la seguente riformulazione: nell'ultima parte del periodo, sostituire le parole: «tutte le forze non violente siriane» con le seguenti: «tutti i movimenti non violenti siriani». Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Migliore n. 9/1670-A-R/39, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: aggiungere: «a riferire, nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo. Nel periodo successivo, sostituire le parole: «ad adottare iniziative» con le seguenti: «a continuare a sostenere iniziative a livello europeo ed internazionale». Poi prosegue il periodo: «anche in vista del semestre di Presidenza italiana dell'UE nel 2014» e va tolto da: «affinché si possa attivare» fino a: «per arrivare alla» aggiungendo, alla fine del periodo le parole: «il processo negoziale di» pace tra i due popoli. Poi bisogna togliere l'ultimo periodo. Purtroppo, per venire incontro alle esigenze dei proponenti, abbiamo cercato di fare riformulazioni per un parere favorevole.
   Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Matarrelli n. 9/1670-A-R/40, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sostituire le parole: «con un'informativa dettagliata» con le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo fino ad arrivare a: «anche in relazione» dove, invece delle parole: «alle patologie», inserire le seguenti: «al monitoraggio delle patologie». E poi il resto rimane uguale.
  Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Mogherini n. 9/1670-A-R/41 e Nastri n. 9/1670-A-R/42, mentre l'ordine del giorno Rampelli n. 9/1670-A-R/43 in effetti richiama l'ordine del giorno accolto Vito n. 9/1670-A-R/1, quindi noi invitiamo al ritiro o comunque ad una riformulazione che coincida con quella espressa sull'ordine del giorno Vito n. 9/1670-A-R/1.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/1670-A-R/44.
  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Pannarale n. 9/1670-A-R/11, (Nuova formulazione), mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Quaranta n. 9/1670-A-R/12, purché riformulato nel senso di premettere nel dispositivo le parole: «a valutare l'opportunità di» e poi, alla fine, dopo le parole: «separati decreti-legge», si propone di aggiungere le seguenti parole: «ovvero articoli distinti». Questa è una questione molto dibattuta e quindi queste sono le proposte che il Governo intende formulare per un parere favorevole.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Kronbichler n. 9/1670-A-R/13, purché riformulato nel senso di eliminare il terzo capoverso delle premesse, che comincia con le parole: «suddette missioni», mentre, per quanto riguarda il dispositivo, si propone di aggiungere le seguenti parole: «a continuare a sostenere le riflessioni in atto sui prossimi scenari post ISAF, favorendone un'ampia condivisione internazionale», eliminando tutto il resto.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Placido n. 9/1670-A-R/14, purché sia riformulato nel senso di aggiungere nel dispositivo, dopo la parola: «utilizzando» la seguente: «anche» e di sopprimere le parole da: «piuttosto che» fino alla fine del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Paglia n. 9/1670-A-R/15, purché sia riformulato nel senso di sopprimere le premesse e di sostituire il contenuto del dispositivo con le parole: «a rilanciare la cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, valutando le modalità di attuazione», eliminando tutto il resto. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ferrara n. 9/1670-A-R/16, purché sia riformulato nel senso di aggiungere, nel primo capoverso del dispositivo, dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato» (...); di sostituire, nel secondo capoverso, le parole: «ad intraprendere» con le seguenti: «a continuare a sostenere (...)»; di sostituire, nel terzo capoverso, le parole: «a porre in essere» con le seguenti: «a continuare a sostenere»; le parole: «che possano permettere alle» con le parole: «delle Nazioni Unite» e le parole: «e al nostro Paese di dare un contributo per vigilare sulla» con le seguenti: «mirate a garantire (...)». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lacquaniti n. 9/1670-A-R/17, purché sia riformulato nel senso di sopprimere il primo capoverso del dispositivo ed aggiungere, nel secondo capoverso, dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, Pag. 57dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lavagno n. 9/1670-A-R/18, purché sia riformulato nel senso di premettere nel dispositivo le parole: «a sostenere gli sforzi internazionali per l'attuazione degli»; di sopprimere le parole da: «a porre» fino a: «in concreto gli»; di sopprimere le parole da: «visto l'impegno dell'Italia» fino a: «del nord del Paese»; di aggiungere a questo periodo: «ed assicurare il rientro dei profughi in patria e la più ampia partecipazione elettorale», sopprimendo il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Palazzotto n. 9/1670-A-R/19, purché sia riformulato nel senso di aggiungere nel dispositivo dopo le parole: «a riferire» le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)»; di sopprimere il secondo capoverso; di sostituire, nel terzo capoverso, le parole: «a rivedere, avviando» con le seguenti: «a valutare l'opportunità, quando ne ricorreranno le condizioni, di avviare (...)»; di sostituire, nel quarto capoverso, le parole: «ad avviare» con le seguenti: «a valutare l'opportunità di avviare (...)»; la parola: «destinando» con le seguenti: «che preveda risorse (...)» e le parole: «che preveda forme» con le seguenti: «nel quadro del sistema (...)» e di sopprimere le parole: «ed altre forme diverse dall'asilo, come la protezione sussidiaria, la protezione umanitaria». Il resto del periodo rimane invariato.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Melilla n. 9/1670-A-R/20, purché sia riformulato nel senso di aggiungere, nel primo capoverso del dispositivo, dopo le parole: «a riferire», le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)»; di sostituire il contenuto del secondo capoverso con le parole: «a continuare a cooperare insieme alle competenti istanze internazionali, in particolare UE e UA, ed in un quadro ONU, ai fini di una pacifica soluzione del conflitto di Abyei, in attuazione delle disposizioni del Comprehensive Peace Agreement »; di sopprimere l'ultimo capoverso.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nardi 9/1670-A-R/21, se il dispositivo viene così riformulato: eliminare il primo capoverso; nel secondo, sostituire le parole: «promuovere iniziative volte ad assicurare» con le parole: «continuare ad operare di concerto con l'UE e l'UA e nel quadro delle Nazioni Unite, al fine di assicurare». Il periodo prosegue con le parole: «la sovranità del popolo e dello Stato del Sudan del sud sulle proprie materie prime, come il petrolio». Aggiungere poi: «e tutelarne il diritto a disporne liberamente e conformemente ai propri obiettivi di sviluppo, senza indebite interferenze», eliminando le parole: «delle potenze occidentali». Nel capoverso successivo, sostituire le parole: «ad accertarsi e dimostrare che la», con le seguenti: «a continuare ad operare affinché la missione (...)» e poi il periodo prosegue; sostituire: «stabilizzazione» con: «preservazione (...)», continuando poi fino alle parole: «i due Stati del Sudan», aggiungendo infine le parole: «e non condizionata da interessi derivanti»; si eliminano quindi le parole: «senza conflitti di interessi neocolonialisti dati dalla ingente», mentre la parte successiva rimane, ossia: «dalla presenza di giacimenti di petrolio».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Nicchi 9/1670-A-R/22, purché il dispositivo sia così riformulato: aggiungere, nel primo capoverso, dopo le parole: «a riferire», le parole: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo Pag. 58fino alla fine; nel secondo capoverso, sostituire le parole: «ad esporre» con le seguenti: «a continuare a promuovere (...)»; eliminare, dopo «il 2014», le parole: «le linee guida per una» e togliere ancora: «relativa a tutto il», aggiungendo la parola: «per il» e quindi poi il periodo rimane lo stesso, sostituendo infine la parola: «che affronti» con: «affrontando».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Scotto 9/1670-A-R/23 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Airaudo 9/1670-A-R/24 (nuova formulazione).
  Sull'ordine del giorno Fava 9/1670-A-R/25, che coincide con l'ordine del giorno Baldassarre 9/1670-A-R/66, il Governo esprime parere favorevole purché così riformulato: nelle premesse riportare l'affermazione che la missione ISAF è in fase di esaurimento, quindi togliendo tutta la parte della premessa, modificando il dispositivo come segue: «ad adottare e comunicare al Parlamento, entro il 31 gennaio 2014, la pianificazione delle operazioni necessarie per la cessazione, entro il 31 dicembre 2014, delle attività militari connesse con la missione ISAF, nel rispetto degli accordi internazionali ed in coerenza con le determinazioni dell'alleanza».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Piras 9/1670-A-R/26 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Giancarlo Giordano 9/1670-A-R/27 (nuova formulazione).
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Boccadutri 9/1670-A-R/28, purché così riformulato: aggiungere al primo capoverso le parole: «a valutare l'opportunità di proporre» in sede internazionale ed aggiungere ancora: «di intesa con l'autorità locali» e quindi poi il periodo va bene; bisogna eliminare il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Franco Bordo 9/1670-A-R/29, purché così riformulato: eliminare la premessa e nell'impegno togliere la parola: «definitivo» come aggettivo applicato alla parola «bilancio» e togliere l'ultima parte del periodo, aggiungendo solo le parole: «delle modalità di continuazione del sostegno e supporto alla popolazione kosovara».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Fratoianni 9/1670-A-R/30 (nuova formulazione), purché così riformulato: nell'impegno bisogna sostituire con le parole: «a continuare a sostenere una soluzione» con le parole: «a farsi portatore di un'operazione civile e», rimanendo poi le parole: «diplomatica di pacificazione del contesto libico» e eliminare tutto il resto del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Costantino 9/1670-A-R/31 (nuova formulazione), purché così riformulato: nell'impegno bisogna sostituire il primo capoverso con le parole: «a continuare a monitorare la situazione libica in vista del rafforzamento della sicurezza del paese» ed eliminare il capoverso successivo.
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Piazzoni – non è più a prima firma Di Salvo – n. 9/1670-A-R/32 (Nuova formulazione), mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pilozzi n. 9/1670-A-R/33, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sostituire le parole: «a riferire con un'informativa» con le seguenti: «a comunicare al Parlamento informazioni» e poi prosegue. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pellegrino n. 9/1670-A-R/34, purché l'impegno sia riformulato nel modo seguente: eliminare le parole fino «ad una» e aggiungere: «a continuare a tenere il Parlamento informato sulla» e poi prosegue «riforma e riorganizzazione (...)»; sostituire l'espressione: «che tenga» con la parola: «tenendo (...)»; togliere, alla fine, il riferimento alla norma, ossia eliminare l'espressione: «a partire dalla n. 832».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ricciatti n. 9/1670-A-R/35, purché il dispositivo sia riformulato Pag. 59nel modo seguente: sostituire la parola: «mancanza» con la seguente: «predisposizione».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zan n. 9/1670-A-R/36 con diverse riformulazioni. Nelle premesse, nel terzo periodo, dopo le parole: «tra l'Esercito libero siriano» sostituire le parole: «le forze fondamentaliste» con le seguenti: «le forze di ispirazione kaidista»; aggiungere: «il PYD è legato al PKK di Ocalan» e «dispone di proprie milizie»; togliere: «il fronte curdo si è coalizzato lo scorso luglio»; poi dopo la parola: «controlla» aggiungere la seguente: «militarmente»; infine, nel periodo successivo, dopo la parola: «milizie» sostituire la parola: «islamiste» con la seguente: «kaidiste». Mentre, nel dispositivo, Presidente, bisogna correggere l'ultimo periodo. Dopo le parole: «a far sì» sostituire le parole: «le forze non violente siriane» con le seguenti: «i movimenti non violenti siriani»; poi, proseguendo, sostituire l'espressione: «adeguato all'interno» con la seguente: «adeguato nella preparazione della conferenza di Ginevra 2».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zaratti n. 9/1670-A-R/37, con la seguente riformulazione: togliere l'ultimo periodo che parte da «che rispetti», fino alla fine. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ragosta n. 9/1670-A-R/38, con la seguente riformulazione: nell'ultima parte del periodo, sostituire le parole: «tutte le forze non violente siriane» con le seguenti: «tutti i movimenti non violenti siriani». Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Migliore n. 9/1670-A-R/39, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: aggiungere: «a riferire, nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo. Nel periodo successivo, sostituire con le parole: «ad adottare iniziative a livello europeo ed internazionale» le seguenti: «a continuare a sostenere». Poi prosegue il periodo: «anche in vista del semestre di Presidenza italiana dell'UE nel 2014» e va tolto da: «affinché si possa attivare» fino a: «per arrivare alla» aggiungendo, alla fine del periodo le parole: «il processo negoziale di» pace tra i due popoli. Poi bisogna togliere l'ultimo periodo. Purtroppo, per venire incontro alle esigenze dei proponenti, abbiamo cercato di fare riformulazioni per un parere favorevole.
   Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Matarrelli n. 9/1670-A-R/40, purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sostituire le parole: «con un'informativa dettagliata» con le seguenti: «nell'ambito della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, in modo specifico e dettagliato (...)» e poi prosegue il periodo fino ad arrivare a: «anche in relazione» dove, invece delle parole: «alle patologie», inserire le seguenti: «al monitoraggio delle patologie». E poi il resto rimane uguale.
  Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Mogherini n. 9/1670-A-R/41 e Nastri n. 9/1670-A-R/42, mentre l'ordine del giorno Rampelli n. 9/1670-A-R/43 in effetti richiama l'ordine del giorno accolto Vito n. 9/1670-A-R/1, quindi noi invitiamo al ritiro o comunque ad una riformulazione che coincida con quella espressa sull'ordine del giorno Vito n. 9/1670-A-R/1.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/1670-A-R/44.

  PRESIDENTE. Onorevole Alfano, le chiedo scusa. Ci sono due indicazioni diverse: sull'ordine del giorno Rampelli n. 9/1670-A-R/43 il parere è contrario o c’è una riformulazione ?

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Preciso: così come è riportato l'ordine del giorno, il parere è contrario. Poiché lo spirito è sempre quello che è stato richiamato dall'onorevole Pag. 60Vito, il Governo è disponibile ad accettarlo con una riformulazione che coincida con quello che è riportato nell'ordine del giorno Vito n. 9/1670-A-R/1 che tra l'altro hanno firmato...

  PRESIDENTE. Quindi è accolto con riformulazione se riformulato in maniera identica all'ordine del giorno dell'onorevole Vito.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Esatto, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Ovviamente, su tutti gli ordini del giorno sul quale il parere è favorevole con riformulazione se non c’è la riformulazione...

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Del Grosso n. 9/1670-A-R/45 purché sia soppresso il secondo periodo del dispositivo da «a favorire» fino a «BERS» e sia sostituito con: «a favorire costantemente l'aggiornamento del sito con riferimenti a link ai siti web della IAI e dell'InCE con particolare riferimento al Trust fund dell'InCE presso la BERS».
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine giorno Spadoni n. 9/1670-A-R/46.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/1670-A-R/46 è a prima firma Sorial.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Va bene. Il Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Sibilia n. 9/1670-A-R/47 e Manlio Di Stefano n. 9/1670-A-R/48.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Tacconi n. 9/1670-A-R/49 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: dopo le parole: «a prevedere, a partire dal prossimo decreto di proroga delle missioni», aggiungere le parole: «un aumento delle quota delle risorse da destinare agli interventi di cooperazione, anche nel settore dell'assistenza sanitaria», mentre il periodo successivo viene soppresso.
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Di Battista n. 9/1670-A-R/50.
  L'ordine del giorno Totaro n. 9/1670-A-R/51 è inammissibile.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Grande n. 9/1670-A-R/52 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sopprimere «a presentare al» e aggiungere «a continuare a tenere informato il Parlamento»; sopprimere «in tempi brevi»; proseguire «sul disegno di legge che aggiorna»; sopprimere « riveda radicalmente» e poi il periodo resta identico.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Brescia n. 9/1670-A-R/53 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «a continuare a monitorare in sede di Unione europea» (sopprimendo «a richiedere» che era la prima ipotesi); sopprimere «la revoca della decisione» fino a «congelamento d'inserire»; mentre bisogna aggiungere «la questione della presenza di» e proseguire il periodo fino alla fine.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Basilio n. 9/1670-A-R/54 purché sia riformulato nel modo seguente: nella premessa sopprimere la parola «trasparenti» e aggiungere la parola: «comprensibili»; nel dispositivo aggiungere «ad assumere iniziative intese a riorganizzare, in riferimento ai teatri operativi in cui si svolgono le missioni internazionali, i criteri», sopprimendo «accesso» aggiungendo «determinazione dell’»; bisogna sopprimere «tali» poi prosegue; bisogna sopprimere «tre»; proseguire «fasce»; bisogna sopprimere «di rischio sulle quali tarare la consistenza delle stesse» e quindi aggiungere, invece, «di valore crescente in ragione del corrispondente grado di disagio ambientale». Il periodo successivo va soppresso.
  Il Governo esprime favorevole sull'ordine del giorno Rizzo n. 9/1670-A-R/55 purché sia riformulato nel modo seguente: nel dispositivo aggiungere «a valutare l'opportunità Pag. 61di» e poi proseguire il primo periodo, mentre il periodo successivo va soppresso.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Alberti n. 9/1670-A-R/56.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Corda n. 9/1670-A-R/57 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: sopprimere le parole da «a presentare» fino a «Gibuti» e aggiungere «a riferire in merito all'accordo tecnico con il Governo della Repubblica di Gibuti relativo» e poi il periodo prosegue e rimane anche il periodo successivo.
  Il Governo chiede che l'ordine del giorno Frusone n. 9/1670-A-R/58 sia ritirato o, comunque, il Governo esprime parere contrario perché in effetti la missione è in corso quindi.
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Brescia n. 9/1670-A-R/59.

  PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno n. 9/1670-A-R/59 è a prima firma dell'onorevole D'Uva.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Va bene.
  Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Tofalo n. 9/1670-A-R/60, però, in questo caso, signor Presidente, il Governo invita al ritiro, perché, in effetti, la missione a cui fa riferimento l'ordine del giorno è già terminata.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Scagliusi n. 9/1670-A-R/61, a condizione che sia riformulato sostituendo il dispositivo con il seguente: «a continuare ad attivarsi nell'ambito delle Nazioni Unite e in seno all'Unione europea – a partire dal semestre di Presidenza italiana – per favorire per quanto possibile il raggiungimento al più presto di un piano di riunificazione di Cipro».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Artini n. 9/1670-A-R/62, con la seguente riformulazione. L'impegno cambia e diventa: «ad adoperarsi attraverso la missione diplomatica di cui al comma 2 dell'articolo 6 anche per ottenere dalla Turchia e dalla regione autonoma curda l'apertura dei valichi per consentire il passaggio degli aiuti umanitari».

  PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Catanoso Genoese n. 9/1670-A-R/63 è inammissibile.

  GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Ciprini n. 9/1670-A-R/64. Noi proponiamo questa riformulazione, ma non è necessaria, per dare al testo maggiore chiarezza. Nel dispositivo sostituire le parole da: «ad adottare efficaci misure», fino alla parola «natura», con le parole: «a rafforzare le misure».
  L'ordine del giorno Spadoni n. 9/1670-A-R/65, in effetti, coincide con l'ordine del giorno Molteni n. 9/1670-A-R/72. Il Governo esprime parere favorevole con questa riformulazione: eliminare tutta la premessa, quindi, passando al dispositivo, che diventa il seguente: «a continuare a svolgere con determinazione, di concerto con i partner internazionali, tutti i passi necessari volti ad ottenere dal Governo afgano conferma delle rassicurazioni già fornite dal Ministro della giustizia circa il fatto che una pratica arcaica e feroce quale la lapidazione non venga introdotta nel codice penale».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Baldassarre n. 9/1670-A-R/66, a condizione che venga riformulato, sostituendo la premessa con la seguente: «preso atto che la missione ISAF è in fase di esaurimento »; e sostituendo il dispositivo con il seguente: «ad adottare e comunicare al Parlamento, entro il 31 gennaio 2014, la pianificazione delle operazioni necessarie per la cessazione, entro il 31 dicembre 2014, delle attività militari connesse con la missione ISAF, nel rispetto degli accordi internazionali e in coerenza con le determinazioni dell'alleanza».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Adornato n. 9/1670-A-R/67,Pag. 62 mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Paolo Bernini n. 9/1670-A-R/68, a condizione che il dispositivo sia riformulato, inserendo dopo la parola: «Gibuti», le parole: «a valutare l'opportunità di».
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Gallinella n. 9/1670-A-R/69, a condizione che il dispositivo sia riformulato, eliminando le parole da: «nel senso di» fino alla fine del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Binetti n. 9/1670-A-R/70, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Prataviera n. 9/1670-A-R/71 (versione corretta), a condizione che il dispositivo sia riformulato, aggiungendo le parole: «a valutare l'adozione di eventuali misure». Bisogna eliminare le parole: «a prefigurare il ritiro del contingente inviato in Afghanistan a partire dal 1o gennaio 2014», proseguendo da «qualora» fino «il prossimo aprile» ed eliminando tutto il resto del periodo.
  Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Molteni n. 9/1670-A-R/72, a condizione che il dispositivo sia sostituito con il seguente: «a continuare a svolgere con determinazione, di concerto con i partner internazionali, tutti i passi necessari volti ad ottenere dal Governo afgano conferma delle rassicurazioni già fornite dal Ministro della giustizia circa il fatto che una pratica arcaica e feroce quale la lapidazione non venga introdotta nel codice penale».
  Ordine del giorno Borghesi n. 9/1670-A-R/73, il parere è favorevole con questa riformulazione: nel dispositivo togliere la parola: «meglio», dopo: «programmare» e aggiungere: «per quanto possibile»; poi il periodo prosegue fino ad arrivare a: «prosecuzione», dove bisogna aggiungere: «al fine di» e togliere: «con l'obbiettivo di restaurare la pratica di»; poi il periodo rimane lo stesso fino alla fine.
  Ordine del giorno Guidesi n. 9/1670-A-R/74, il parere è favorevole con questa riformulazione: nel dispositivo aggiungere: «a valutare l'opportunità di».
  Ordine del giorno Invernizzi n. 9/1670-A-R/75, il parere è contrario.
  Ordine del giorno Marcolin n. 9/1670-A-R/76, il parere è favorevole con questa riformulazione: aggiungere nel dispositivo: «compatibilmente con le disponibilità finanziarie», poi rimane il periodo: «ad offrire un contributo maggiore alla stabilizzazione in Libia» ed eliminando tutto il resto del periodo.
  Ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/1670-A-R/77, il parere è contrario, mentre sull'ordine del giorno Allasia n. 9/1670-A-R/78 (versione corretta) il parere è favorevole.
  Il parere è contrario sugli ordini del giorno Busin n. 9/1670-A-R/79, Gianluca Pini n. 9/1670-A-R/80, Grimoldi n. 9/1670-A-R/81 e Fedriga n. 9/1670-A-R/82.
  Ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1670-A-R/83, il parere è favorevole con questa riformulazione: eliminare nella premessa il periodo che inizia con: «esprimendo interesse per le indiscrezioni (...)», tutto questo periodo deve andare via, e nel dispositivo bisogna aggiungere: «a valutare il livello di partecipazione in UNIFIL II, alla luce dell'evoluzione del quadro strategico internazionale»; quindi, viene eliminato il dispositivo che era previsto prima.
  Ordine del giorno Rondini n. 9/1670-A-R/84, il parere è favorevole con questa riformulazione: nel dispositivo eliminare l'ultima parte del periodo partendo da: «anche appoggiando (...)» fino a: «serbi».
  Ordine del giorno Caparini n. 9/1670-A-R/85, il parere è favorevole con questa riformulazione: nel dispositivo aggiungere: «a valutare la possibilità di modulare la»; togliere: «considerare il ritiro della» e quindi proseguire con: «componente italiana (...)» e poi rimane lo stesso fino alla fine.
  Ordine del giorno Caon n. 9/1670-A-R/86, il parere è contrario, mentre è favorevole sugli ordini del giorno Bossi n. 9/1670-A-R/87 e Buonanno n. 9/1670-A-R/88.

  PRESIDENTE. Sottosegretario Alfano, la ringrazio non tanto per la sintesi quanto per lo sforzo – diciamo – letterario di riscrittura di buona parte degli ordini del giorno rispetto alla quale spero Pag. 63che i colleghi abbiano preso buona nota e facciano riferimento anche al resoconto stenografico, altrimenti domani i nostri tempi di seduta sono a rischio.
  Come già preannunciato, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30 con l'esame degli ordini del giorno e a partire dalle ore 12 con lo svolgimento, con ripresa televisiva diretta, delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto. Seguirà il voto finale.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,45).

  MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, intervengo per segnalare un articolo de il Fatto Quotidiano di lunedì 2 dicembre. L'articolo fa riferimento ad un fatto gravissimo avvenuto quindici mesi fa in Inghilterra, nella contea dell'Essex, e riguarda una donna italiana incinta in viaggio di lavoro a cui hanno tolto il proprio neonato. La donna era arrivata in Inghilterra e in seguito ad un attacco di panico ha chiamato la Polizia che l'ha conseguentemente portata in ospedale, poi risultato essere una struttura psichiatrica. Dopo cinque settimane in corsia sarebbe stata sedata e le avrebbero fatto un intervento di parto cesareo sottraendo poi la neonata. La bambina che ora ha quindici mesi è sempre affidata ai servizi sociali inglesi. La donna ha richiesto la sua bambina al giudice della Corte suprema di Chelmsford che, invece, ne ha disposto l'adozione. Questo è un fatto gravissimo e senza precedenti. Una donna italiana rimane segregata in una struttura psichiatrica e dopo cinque settimane, senza informare né lei, né i familiari, viene sedata e sottoposta ad un parto cesareo.
  Ricordo in Aula le seguenti Convenzioni internazionali: Patto internazionale sui diritti civili e politici: Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana.
  Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Convenzione internazionale sui diritti sull'infanzia: gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari.
  Ora, ci chiediamo: il Governo italiano ha preso in considerazione di ricordare al Governo inglese le seguenti Convenzioni o è rimasto a sonnecchiare ? Perché in questo caso stiamo parlando di una donna i cui diritti sono stati violati e la cui vicenda è stata messa sotto silenzio per quindici mesi. Poi ci ritroviamo in quest'Aula a parlare di diritti delle donne e di lotta alla violenza contro le donne. Si chiede, quindi, che il Ministro Bonino venga a riferire immediatamente in Parlamento per verificare: se il Governo italiano fosse stato informato del fatto; se sì, perché non ha informato il Parlamento di questo fatto gravissimo; e se i servizi sociali inglesi avessero informato quelli italiani e i familiari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Spadoni. La Presidenza prende atto della richiesta al Governo e ricorda che comunque è sempre possibile, a tal proposito, presentare atti di sindacato ispettivo.

  PAOLA CARINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, sappiamo che la settimana prossima ci sarà in Aula il Primo Ministro Letta per un'informativa sul semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea. In pratica, Letta ci informerà di quello che il Governo italiano intende fare nel prossimo semestre Pag. 64di Presidenza. Apprendiamo, però, da fonti di stampa, che c’è a Roma, questa settimana, Van Rompuy, il Presidente del Consiglio europeo e, quindi, di fatto, il numero uno dell'Unione europea. Visto che il semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea di fatto lo dirigerà lui, chiediamo che venga lui, Van Rompuy, insieme o al posto di Letta, in Aula, in Parlamento, la settimana prossima a riferire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sì, mi pare piuttosto difficile. Ad ogni buon conto, prendiamo atto del suo intervento.

  ANTONINO MOSCATT. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANTONINO MOSCATT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per condividere con quest'Aula un fatto triste, brutto, che è successo in provincia di Agrigento e in particolare ad Agrigento. Nella notte tra il 29 e il 30 novembre, si presume militanti di Forza Nuova, hanno lasciato dei manichini davanti al museo archeologico di Agrigento. Erano dei manichini cosparsi di vernice rossa a simboleggiare dei morti ammazzati, e su quei manichini vi erano dei volantini con dei simboli di Forza Nuova e con delle frasi che inneggiavano contro la Ministra Kyenge, che proprio in quei giorni doveva ritirare lì il premio «Telamone per la pace» 2013.
  Sono degli atti che non solo umiliano la democrazia complessivamente, ma mi permetto di dire che hanno ferito ed offeso un territorio, quello della provincia di Agrigento, quello della città di Agrigento e della comunità agrigentina, che ha dimostrato e dimostra ogni giorno quanto sia grande la sua generosità, quanto sia grande il suo senso di accoglienza, il suo senso di solidarietà.
  A nome mio, come figlio di quella terra, come parlamentare a nome del gruppo del Partito Democratico, esprimo la condanna forte contro la violenza e quel gesto vergognoso, che è un gesto di stampo e di matrice palesata e palese: fascista e razzista ! Contro quel gesto esprimiamo e chiediamo che la Presidenza si esprima con grande condanna. Inoltre, mi permetto – e concludo –, a nome della comunità agrigentina, di esprimere grande apprezzamento, vicinanza e amicizia alla Ministra Kyenge, invitandola a ritornare nella nostra provincia, dove potrà vedere quanto grande è la stima nei suoi confronti, per la persona e per il lavoro che sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Moscat. Ovviamente tutti i gesti di intolleranza e di accusa violenta sono da condannare.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, «no» sarebbe stato ed è il mio voto sulla fiducia che oggi è stata posta in quest'Aula. E quasi quasi il disguido che non mi ha consentito di essere presente alla votazione mi obbliga in qualche maniera a prendere la parola e mi dà la possibilità di motivare il mio voto, analogamente a quanto è accaduto per tutto il gruppo di Forza Italia, con un riferimento all'articolo 94 della Costituzione e 116 del Regolamento, dove è il Governo che pone la fiducia. E quindi, quando il Governo pone la fiducia, è ben possibile un voto distinto fra la fiducia al Governo e il provvedimento.
  Ebbene, in questo momento il mio gruppo, Forza Italia, esprime nei confronti di questo Governo, com’è notorio, un giudizio che è di Governo tremolante, zoppicante, qualche volta addirittura opaco; ma soprattutto, per usare un'espressione Pag. 65mediaticamente efficace, tirato da troppe corde e con cinghie sempre più strette.

  PRESIDENTE. La invito a concludere

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Ho l'impressione che questo «tira e molla» da una parte e dall'altra sia proprio il segnale di un Governo che in qualche maniera manifesta la sua inidoneità, legge di stabilità in prima fila, a governare questo Paese. Ecco la ragione per cui allineo con molta consapevolezza di primus inter pares il mio «no» a tutti quelli del mio gruppo.

  GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, volevo sottolineare una cosa che ho visto domenica sera nel programma di Fabio Fazio, Che tempo che fa, dove la comica travestita Luciana Littizzetto, travestita da componente politico, ovviamente associato alla sinistra, ha fatto una serie di affermazioni contro il governatore del Piemonte che, a mio giudizio, meritano una censura; non solo: anche una sospensione dal programma di questa persona, che ha fatto delle affermazioni molto gravi senza neanche acclarare la situazione, dove non c’è neppure un rinvio a giudizio e c’è solo la chiusura dell'indagine e quello che ha detto l'ha letto sui giornali in maniera, diciamo così, abbastanza confusa.
  Voglio allora ricordare a questa signora, visto che ha fatto anche sventolare cinque euro ricordando al governatore che è stato votato dai piemontesi, che gli compra lei la tessera telefonica, che io gliene sventolo anche dieci, e che si deve comprare il Tantum verde, si sciacqua la bocca che a forza di fare il lacchè della sinistra ha perso ogni sua componente satirica. Perché a questo punto, mi chiedo, non ha parlato della Bresso e di quello che è successo alla Bresso, di Errani ? Non ha parlato del PD ? Non ha mai parlato di nessuno, di Penati, di Marrazzo ?
  La satira politica che fa la RAI coi soldi pubblici, di questa pagata milioni di euro, questa persona, non la fa mai ? È una cosa normale secondo lei, signor Presidente ? È una cosa normale secondo lei, signor Presidente, che questa persona, che prende i soldi dalle Coop e fa la pubblicità, «La Coop siamo noi», però i soldi se li prende lei, a fior di centinaia di migliaia di euro alla volta; questa persona qua, è possibile che dev'essere pagata coi soldi pubblici ?

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIANLUCA BUONANNO. Poi magari va anche al Festival di Sanremo e le diamo ancora altri soldi pubblici. La signora Littizzetto dev'essere sospesa dalla RAI e si deve vergognare di quello che ha detto perché non ha nessuna prova di quello che ha detto; e se la giustizia italiana è quella che se si legge sul giornale qualcosa rispetto ad un governatore, si possano dare dei giudizi del genere su una rete pubblica, allora qui non siamo più in Italia ma siamo alla Corea del Nord.
  Se poi lei vuole che su RAI Tre a Chi l'ha visto mettano Fidel Castro, la Littizzetto sta da Fazio e qualcun altro da qualche altra parte, va bene.

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIANLUCA BUONANNO. Se la sinistra ha deciso che la RAI ormai è diventata luogo di campagna elettorale, allora l'abbiamo capito; ma io per quanto riguarda la Littizzetto, quello che voglio fare, è che se continuerà a lavorare per la RAI pagata coi soldi pubblici, allora a quel punto andrò anch'io a cercarla e a dare i miei giudizi su una persona del genere.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Buonanno. Le ricordo anche – lei è un parlamentare non nuovo a quest'Aula – che esiste la Commissione di vigilanza, dove ella se intende può presentare atti di sindacato ispettivo. Pag. 66
  A questo punto essendo terminati gli iscritti a parlare sull'ordine dei lavori...

  ROBERTO FICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Signor Presidente, giusto perché ha nominato la Commissione di vigilanza, sono costretto a intervenire. Quindi, per presentare un quesito a risposta scritta alla RAI sulla questione che il deputato Buonanno ha appena detto, bisogna fare in questo modo: scriva il quesito, lo dia al senatore Centinaio, lo firmate insieme e come presidenza lo inoltreremo alla RAI.

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Fico, anche per il momento didattico.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 4 dicembre 2013, alle 9,30:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 1670-A/R).
  – Relatori: Manciulli (per la III Commissione) e Rossi (per la IV Commissione), per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  (ore 15)

  2. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  (ore 16)

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Morassut ed altri n. 1-00011, Lombardi ed altri n. 1-00092, Piazzoni ed altri n. 1-00149, Antimo Cesaro ed altri n. 1-00246, Fedriga ed altri n. 1-00252, Costa ed altri n. 1-00261 e Santerini ed altri n. 1-00275 concernenti iniziative in merito alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali.

  4. – Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità e delle questioni sospensive presentate):
   S. 884 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline», fatto ad Atene il 13 febbraio 2013 (Approvato dal Senato) (C. 1710).
  – Relatori: Amendola, per la maggioranza; Sibilia, di minoranza.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Fratoianni ed altri n. 1-00190, Zampa ed altri n. 1-00156, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00266, Costa ed altri n. 1-00267, Toninelli ed altri n. 1-00269, Marazziti ed altri n. 1-00270 e Palese ed altri n. 1-00271 concernenti iniziative in ordine alla disciplina dell'ingresso, del soggiorno e dell'allontanamento dei cittadini stranieri, con particolare riferimento alla problematica dei centri di identificazione ed espulsione.

  6. – Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità e della questione sospensiva presentate):
   Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (C. 1542-A).
   e delle abbinate proposte di legge: MELILLI; GUERRA ed altri (C. 1408-1737).Pag. 67
  – Relatori: Bressa, per la maggioranza; Matteo Bragantini, di minoranza.

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Sorial ed altri n. 1-00194, Giorgia Meloni ed altri n. 1-00255, Di Salvo ed altri n. 1-00256, Tinagli ed altri n. 1-00257, Gnecchi ed altri n. 1-00258, Fedriga ed altri n. 1-00259 e Pizzolante ed altri n. 1-00260 concernenti iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo.

  La seduta termina alle 19.