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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 118 di giovedì 14 novembre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,05.

  ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Bonifazi, Cariello, Cirielli, Dambruoso, Damiano, Fico, Fontanelli, Gebhard, Migliore, Pes e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,08).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (A.C. 1670-A) (ore 9,09).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito la discussione del disegno di legge n. 1670-A: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
  Ricordo che nella seduta di ieri è iniziato l'esame degli emendamenti ed è stato, da ultimo, respinto l'emendamento Duranti 1.3.

(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 1670-A)

  PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A della seduta del 7 novembre 2013 – A.C. 1670-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A della seduta del 7 novembre 2013 – A.C. 1670-A).
  Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli Pag. 2del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A – A.C. 1670-A).
  Dovremmo adesso passare all'emendamento Duranti 1.205.
  Nessuno chiedendo di intervenire per dichiarazione di voto, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 9,30.

  La seduta, sospesa alle 9,10, è ripresa alle 9,30.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Duranti 1.205, sul quale le Commissioni, il Governo e il relatore di minoranza hanno espresso un parere contrario.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, vorrei illustrare questo emendamento. Proponiamo al comma 1 dell'articolo 1 di sostituire le parole «31 dicembre 2013» con «31 ottobre 2013», diminuendo conseguentemente la spesa da 124.536.000 a 41.512.000 euro. È un modo per testimoniare, ancora una volta, la nostra contrarietà a questa parte del decreto sulle missioni internazionali che intende prorogare la nostra missione in Afghanistan.
  Non è semplice per noi fare questa battaglia di opposizione, perché corriamo il rischio che le nostre parole scivolino come l'acqua sulle pietre. Io, invece, vorrei proporre al Parlamento una riflessione molto semplice: è ora di un bilancio generale di quella che è stata la guerra in Afghanistan.
  Da 12 anni noi abbiamo un'armata che sulla carta sarebbe invincibile, perché composta da tutti i Paesi più forti, militarmente ed economicamente, del mondo, eppure tutto possiamo dire tranne che questa guerra è stata vinta. E potremmo allargare lo sguardo anche un po’ più oltre la missione delle forze occidentali in Afghanistan, perché quel Paese è in guerra praticamente in modo ininterrotto da 34 anni, prima contro i sovietici, con l'invasione dell'Afghanistan nel 1979, Paese satellite dell'Unione sovietica; poi, dopo la ritirata dell'Armata rossa, con la guerra civile, che ha insanguinato per anni il Paese, tra i mujahidin e i talebani; poi, dopo l'attentato terribile dell'11 settembre, con l'intervento occidentale. Praticamente 34 anni ininterrotti di guerra, che hanno prodotto fame, povertà, centinaia di migliaia di morti e di invalidi permanenti, con un'economia praticamente distrutta. L'Afghanistan è agli ultimi posti per reddito pro capite fra tutti i Paesi del mondo.
  Vorrei proporvi un solo esempio: gli Stati Uniti, che sopportano il peso finanziario più grande della presenza in Afghanistan, spendono ogni anno qualcosa come 55 miliardi di dollari; tutti gli aiuti che noi abbiamo dato contro la povertà e per lo sviluppo economico dell'Afghanistan in 12 anni assommano complessivamente a 50 miliardi di dollari. Cioè, per ogni dollaro utilizzato per la pace e contro la povertà, gli Stati Uniti ne spendono dieci per la guerra. E questa guerra non l'hanno neanche vinta, perché noi siamo in presenza di un Paese piegato su se stesso, in cui l'unica alternativa per i giovani afgani è o fare i soldati con la guerriglia, o fare i soldati insieme agli occidentali, oppure proporre la morte. Perché in Afghanistan si produce il 93 per cento di tutti gli oppiacei del mondo. E quella produzione, che quando l'Armata rossa si ritirò dall'Afghanistan era di 200 tonnellate, è arrivata a 8.200 tonnellate di oppiacei e di eroina.
  Quindi un enorme serbatoio del narcotraffico del mondo. Il Presidente Putin ha calcolato che solo l'anno scorso in Russia sono morti 30 mila giovani a causa dell'esportazione di oppio e di eroina dall'Afghanistan. E allora basta con l'intervento in Afghanistan, noi chiediamo la fine dell'intervento in Afghanistan.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORDANO. Signor Presidente, io penso sia utile, nel continuare la nostra discussione riprendendola, ricordare perché la stiamo affrontando così. Pag. 3Noi stiamo affrontando la discussione in questo modo perché il Governo non mette il Parlamento nella condizione di poter sviluppare una propria decisione singolarmente e su ogni missione.
  Il nostro gruppo sta ricordando all'Aula e al Governo che non tutte le missioni sono uguali, che su ogni missione il Parlamento dovrebbe poter decidere comprendendone i fini, comprendendone i mezzi, comprendendone i limiti anche di tempo.
  Sull'Afghanistan abbiamo detto, e diremo ancora di più nel tempo. Noi siamo qui evidentemente per ristabilire una verità. La prima: lì c’è una guerra che dura da 12 anni, il cui bilancio, come giustamente diceva il collega Melilla, potrebbe esser già fatto. La seconda: qui c’è una questione di verità e di ruoli da ristabilire, ristabilendo la centralità del Parlamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, chiediamo di ridurre la spesa, appunto a 41.512.000 euro, perché vogliamo sostanzialmente prevedere il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan. Come è stato detto è una missione fallita, fallita con morti, con disordini, fallita dal punto di vista politico; fallita dal punto di vista della democrazia, fallita dal punto di vista della repressione del terrorismo e anche del commercio, come anche è stato già ampiamente ricordato dal collega Melilla, riguardo al mercato dell'oppio e dei narcotraffici.
  Il traffico di oppio, che anzi sta proliferando con questa missione, sta crescendo e sta finanziando il terrorismo internazionale. Via subito dall'Afghanistan.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Basilio. Ne ha facoltà.

  TATIANA BASILIO. Signor Presidente, con questo emendamento, chiedendo di ridurre gli stanziamenti dell'articolo 1 e spostando queste somme all'articolo 5, comma 1, si vuole sicuramente spostare l'attenzione alle iniziative di cooperazione allo sviluppo, e per questo motivo dichiariamo il nostro voto favorevole su questo emendamento.
  Sviluppo che non deve essere inteso come un'occidentalizzazione, parole di due illustri generali che abbiamo udito io e la mia collega, Emanuela Corda, una sera che ci siamo recate in ambasciata per un convegno. Ma deve essere un aiuto ai cittadini afgani che devono avere la libertà di essere, la libertà di poter ricostruire la propria storia, di poter iniziare da un nuovo capitolo.
  Perché, Presidente, solo noi abbiamo il potere di permettere che la ricostruzione di un popolo inizi nuovamente da zero, ovviamente tornando a casa nostra e riportando i militari a casa, in Italia e nelle nazioni da cui provengono.
  Tutto ciò non vuol dire abbandonare questi popoli a se stessi, dobbiamo assicurare loro il miglioramento delle condizioni di vita, dobbiamo dare un sostegno alla ricostruzione civile, alla ricostruzione di questi popoli che da troppo tempo sono, a nostro avviso, occupati, perché quando si portano militari non si portano fiori ma si porta comunque un'occupazione agli occhi dei cittadini afgani.
  Questo aiuto alla cooperazione dovremmo portarlo non solo in Afghanistan ma anche in altri Paesi: in Iraq, in Mali, in Libia, in Pakistan, Siria, Somalia, Myanmar, perché in quest'Aula non si deve parlare solo di Afghanistan.
  Voglio leggervi alcuni dati che possono essere significativi: il World Food Programme ha comunicato, proprio qualche giorno fa, che il 60 per cento dei bambini afgani soffre di malnutrizione.
  Sempre il World Food Programme comunica di aver lavorato a lungo in Afghanistan insieme ad un certo numero di altri Paesi della regione dell'Asia meridionale. Da questa dichiarazione emerge che gli investimenti nella sicurezza alimentare da parte dei Governi nazionali e della comunità internazionale nel suo insieme sono Pag. 4estremamente limitati. Mi domando quindi di nuovo: portiamo i militari o portiamo aiuto e cooperazione ?
  La situazione delle donne afgane rimane drammatica, e ribadisco drammatica: nel 2009, cercando di garantirsi sostegno elettorale, la comunità sciita e il Governo di Karzai vara una legge che prevede l'impossibilità per le donne sciite di rifiutare i rapporti sessuali con il marito, di recarsi liberamente dal medico, a scuola o al lavoro senza il permesso del proprio coniuge; e questa è la libertà che noi abbiamo portato in 12 anni di occupazione, o di missione di pace come la vogliamo chiamare ? Sempre queste donne si suicidano dandosi fuoco: sono donne costrette a matrimoni forzati, donne ripudiate dalla famiglia se vittime di stupro, perché sono motivo di vergogna; e questo è sempre motivo di civilizzazione e di progresso, secondo noi.
  Altro dato: i droni USA uccidono sempre più civili in Afghanistan. Dati del 2012 ci dicono che le Forze armate statunitensi e la CIA hanno accresciuto notevolmente il numero di attacchi in Afghanistan mediante l'utilizzo di aerei senza piloti, uccidendo molti più civili dell'anno precedente: secondo quanto rilevato dalla missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, l'UNAMA, lo scorso anno sono stati lanciati con i droni 506 bombardamenti, il 72 per cento in più di quanto verificatosi nell'anno 2011, quando gli attacchi furono 294. L’escalation è stata confermata dal comando centrale della US Air Force, che ha specificato come nel 2012 i droni sono stati utilizzati nel 12 per cento degli attacchi aerei, mentre l'anno precedente ciò era avvenuto solo nel 5 per cento dei casi: e questa, sempre secondo noi, sarebbe la nostra missione di pace, la missione di pace che portano gli Stati Uniti, gli italiani, tutti gli altri Paesi che sono in Afghanistan.
  Questo nuovo rifinanziamento, Presidente, prevede quindi lo stanziamento di 266 milioni di euro, circa un terzo di quelli già stanziati per i nove mesi precedenti; e io domando a quest'Aula: dove vogliamo andare ? Verso un mondo di bombe e di chiusura verso ciò che è diverso, di missili, di cannoni, di aerei ultratecnologici, o verso il riarmo della cultura e della ricerca ?
  Io faccio in quest'Aula un appello che arriva da un militare, quando si è trattato del decreto-legge cultura, che ci ha scritto: mettiamo i libri nei nostri cannoni, e smettiamola con queste armi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, come altri prima di me hanno detto, questo emendamento prevede un anticipo della fine della missione in Afghanistan al 31 ottobre, un conseguente risparmio e lo storno di queste risorse a favore della cooperazione.
  Ma vorrei far notare che questo emendamento la dice lunga su come funzionano i lavori di questo Parlamento, su qual è il rapporto tra il Governo e il Parlamento, sulla funzione dei decreti-legge, che sono sempre più frequenti nella nostra attività. Perché questo emendamento prevede che la missione in Afghanistan finisca il 31 ottobre, cioè una data che è già stata superata. Il precedente decreto di proroga scadeva il 30 settembre, avremmo avuto tutto il modo di discuterne per il tempo e con la calma necessaria. Noi consideriamo comunque in questo modo finita quella missione, finanziamo fino a quella data e mettiamo anche le risorse utili a garantire che il ritorno dei militari sia fatto in piena sicurezza. Per questo chiediamo all'Aula di votare a favore.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, anche stamattina... Intanto le chiedo gentilmente, Presidente, se può chiedere all'Aula un po’ di silenzio.

  PRESIDENTE. Sì, ha ragione. Se è possibile, colleghi, abbassate il tono della voce. Grazie.

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  DONATELLA DURANTI. E poi per dire che stiamo discutendo da qualche giorno di una questione che è importante, che è significativa per il Paese e per le politiche di difesa e la politica estera dell'Italia; eppure mi sembra che ci sia una grande distrazione, sia in quest'Aula, in questi giorni, nei giorni in cui abbiamo cominciato a discutere gli emendamenti, ma anche durante la discussione generale.
  Lo diceva prima il collega Fratoianni, avremmo avuto il tempo di affrontare con serietà il tema delle missioni e della loro proroga, eppure non è stato possibile. Anche nella discussione sulle linee generali c’è stata grande disattenzione, e questo provvedimento viene considerato evidentemente un provvedimento qualsiasi. Per noi non è così.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  DONATELLA DURANTI. Pensiamo che anche il gruppo interparlamentare per la pace, che si è costituito all'inizio di questa legislatura, abbia creato aspettative. Le ha create dentro quest'Aula e le ha create fuori. A loro, ai parlamentari del gruppo per la pace, chiediamo di esprimersi, di dare un contributo a questa nostra discussione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, con questo emendamento destiniamo le risorse previste per il rifinanziamento della guerra in Afghanistan ai fondi per la cooperazione allo sviluppo, che sono costantemente insufficienti, perché chiaramente i soldi per fare la guerra ci sono, e in abbondanza. È invece sulla cooperazione, l'istruzione e la formazione che questo Governo piange miseria. Ma poco si conosce la miseria, perché se la si conoscesse veramente oggi non ci proporreste questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, vorrei sottolineare l'importanza di questo emendamento, emendamento che propone di far cessare la nostra missione in Afghanistan e di destinare i soldi risparmiati agli interventi per la cooperazione allo sviluppo. Credo che questo sia un fatto molto importante, perché la cooperazione è una di quelle modalità di intervento attraverso le quali si può effettivamente promuovere la pace e prevenire i conflitti. Il nostro Paese troppo poco ha fatto in questa direzione. Come ricordava la collega Costantino, in questi anni i fondi per la cooperazione sono stati falcidiati e abbiamo bisogno di dare più risorse alla cooperazione, ridurre le spese militari e in questo modo promuovere politiche di pace e una politica estera capace di prevenire i conflitti. Credo che questa sia la priorità del Paese e per questo motivo chiediamo di sostenere questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, l'intervento internazionale in Afghanistan è già costato 75 mila vittime civili ed altre è presumibile che verranno in questi anni. Io credo che questa cifra costituisca più di ogni altra la narrazione di quello che è successo in Afghanistan. È il racconto del fallimento di una missione durata per troppo tempo, perseguita attraverso il più nobili intenti, ma mascherando quelli peggiori, del controllo di un'area, e non della pacificazione di un'area. In Afghanistan c’è un Paese che è stato spappolato da decenni e decenni di guerra e occupazioni militari. Io credo che sia l'ora di cominciare una nuova politica per l'Afghanistan e, se realmente si vuole mettere pace in quella terra, se veramente si vuole ricostruire società civile e le condizioni per Pag. 6una società democratica, forse sarebbe l'ora di ripensare a ciò che l'Europa e a ciò che il mondo ha fatto nel secondo dopoguerra, quando, invece che costringere in un'oppressione solamente militare alcune nazioni, fu pensata una strategia che allora venne criticata, eppure si rivelò vincente per una parte dell'Europa, come il piano Marshall.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, questo emendamento ci dà la possibilità di parlare di spese militari. Io vorrei dare qualche dato numerico che ci viene da una fonte, il SIPRI, dal 2012, che ci dice che – pensate un po’ – nel 2009 la spesa mondiale in armamenti era di 1.531 miliardi di dollari, che poi è salita fino al 2012, fino ad arrivare a 1.753 miliardi di dollari. L'Italia è nella top ten delle nazioni europee, anzi mondiali, per le spese militari. Siamo nella top ten mondiale per le spese militari, quando per la scuola siamo ultimi, quando per libertà di informazione siamo ultimi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Siamo ultimi in tutto, praticamente...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIUSEPPE BRESCIA. ...tranne che per spese militari, dove siamo, addirittura, tra i primi dieci al mondo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, come è già stato detto da molti colleghi deputati in quest'Aula, con questo emendamento si chiede una cosa molto semplice: si chiede il ritiro immediato delle nostre truppe dall'Afghanistan. È talmente chiaro che dovrebbe essere capito da tutti, ma quello su cui mi voglio soffermare per un minuto è il fatto che noi lo chiediamo con valenza retroattiva, lo chiediamo al 31 ottobre 2013. Questo ci impone di fare chiarezza anche davanti agli elettori, perché la chiarezza è un dovere della politica. I cittadini italiani hanno il diritto di capire sempre gli atti che noi mettiamo in campo e potrebbero credere, diciamo così, che un partito politico che chiede il ritiro delle truppe ad una data anteriore a quella della discussione sia un partito politico impazzito. Non è così, non è così ! Questo è frutto della scelta di lavorare per decreto in questo Parlamento, di imporre una discussione che non è chiara: è su un articolo unico, ci impedisce di discutere e la responsabilità di questo la porta esclusivamente il Governo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Quaranta. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, siamo a più di dieci anni della missione NATO: per la guerra in Afghanistan abbiamo speso qualcosa come 6 miliardi di euro; per la cooperazione, invece, pochi spiccioli. Eppure, il nostro ruolo doveva essere lo sviluppo della democrazia, lo sviluppo del Paese, la tutela dei più deboli. Tutto questo non è stato fatto, vi sono difficoltà persino nella distribuzione degli aiuti umanitari.
  E allora, con questo emendamento, riportiamo al centro la cooperazione come unica arma per la risoluzione dei conflitti, per il miglioramento di vita delle persone, e quindi invitiamo tutti a mettersi una mano sulla coscienza, a capire che così non si può andare avanti e che ci vuole una svolta, e lo continueremo a dire tutta la mattina, sperando di fare breccia nelle coscienze di quelli che sono seduti in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gallinella. Ne ha facoltà.

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  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, l'emendamento Duranti 1.205 ci chiede di spostare delle risorse verso la cooperazione. Ora, al di là dell'aspetto puramente teorico, perché tutti quanti noi siamo contro la guerra, però capiamo che anche per il ritiro delle truppe bisogna investire dei soldi, anche perché questo decreto vuole prorogare di altri tre mesi le missioni, il mio dubbio – quindi è un chiarimento tecnico, una nota tecnica: magari, se qualcuno ce lo potesse spiegare, la Ragioneria dello Stato, non lo so – e il problema è che si parla di soldi. Da 124 milioni di euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan si vuole passare a 41 milioni e, rispettivamente, sulla cooperazione, si vuole passare da 23 milioni a 106 milioni di euro.
  Io mi chiedo e vorrei sapere, prima di poter votare questo emendamento, come sono stati fatti questi conti. Quindi, credo che sia una nota utile, per tutta l'Aula, per poter votare questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, credo che il nostro Paese, negli anni della crisi, abbia rinunciato a molte cose, a dare una seria istruzione ai propri giovani, a dotarsi di un piano industriale, a garantire servizi adeguati per tutti, ma non rinuncia, negli anni della crisi, alla propria velleità di stare in Afghanistan. Questo è il tratto che ci viene da questo decreto-legge, questa volontà, questa pervicacia di stare in un luogo con una modalità inutile e infruttuosa, come i risultati di questi anni hanno dimostrato.
  Ebbene, cosa succede in un momento di crisi ? Si qualifica la spesa e il senso di questo emendamento è appunto quello di qualificare la spesa, dirottando le risorse da una modalità inutile e infruttuosa, come quella di stare con i militari, alla cooperazione internazionale, contrapporre la guerra alla pace, la morte e i tanti lutti che abbiamo visto in Afghanistan con la vita. Questo è il senso del nostro emendamento e su questo richiamiamo quest'Aula a riflettere.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, da piccolo gruppo, siamo abituati ad avere solo piccoli successi. Ne abbiamo avuto ieri uno, avendo portato il «Ministro della guerra» – così lo chiamo – in Aula. Egli ha annunciato dei ritiri dall'Afghanistan, però non ci bastano. Vogliamo una data certa del ritiro completo, così come ha fatto, per esempio, la Germania, che ha annunciato per il febbraio prossimo il ritiro completo delle sue truppe dall'Afghanistan.
  Noi scimmiottiamo in tante cose la grande Germania. Perché non in questa ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, il senso di questo emendamento è perché noi prendiamo atto che c’è un Afghanistan che dopo dodici anni di intervento occidentale si presenta ancora come un Paese sanitariamente, socialmente, culturalmente ed economicamente molto arretrato. Le morti continuano ad essere all'ordine del giorno e nella maggior parte della popolazione prevalgono povertà e disperazione. Noi non pensiamo che l'intervento militare potrà mai trasformarsi in un processo politico e, siccome è nostra granitica convinzione, invece, che i processi politici vadano costruiti con le popolazioni attraverso l'integrazione e una cooperazione sana, seria e controllata, noi chiediamo di spostare i fondi sulla cooperazione e di toglierli dall'intervento militare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

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  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, con questo emendamento entriamo un po’ nel vivo della discussione, nel vivo della trattazione degli emendamenti di Sinistra Ecologia Libertà. Cadono le accuse rivolte al nostro gruppo, in quanto Sinistra Ecologia Libertà non vuole rinunciare alla politica internazionale del nostro Paese, non vuole rinunciare al ruolo che riteniamo l'Italia possa avere sul piano internazionale. Semmai chiediamo lo spostamento delle risorse dedicate alla missione militare in Afghanistan verso la cooperazione internazionale e verso le stesse popolazioni afgane. Mi ricollego un po’ ad una argomentazione avviata ieri in occasione di un altro emendamento che non ho potuto concludere. Come spiegato in X Commissione in occasione del decreto ministeriale sul programma pluriennale di investimenti in materia di sviluppo tecnologico nel settore aeronautico, noi chiediamo che la stessa tecnologia che oggi viene utilizzata a scopo bellico sia spostata alla protezione civile e, per quanto riguarda la discussione odierna, alle missioni di pace su mandato dell'ONU.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi insistiamo, come vede, insistiamo nel chiedere che si venga via dall'Afghanistan e che il 30 per cento delle risorse risparmiate venga utilizzato in cooperazione, perché vorremmo chiedere – e vorremmo però avere delle risposte – se le promesse con le quali ISAF è stata costruita siano state rispettate. Qual è il tasso di corruzione in Afghanistan ? Il burqa alle donne è rimasto, ce l'hanno ancora o è aumentata la pressione talebana ? E il tasso di istruzione, quell'80 per cento di analfabetismo ? E il tasso di povertà ? ISAF non ha inciso minimamente su tutto questo. La pace richiede cooperazione, non guerra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zan. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO ZAN. Signor Presidente, questo emendamento è davvero importante, perché rappresenta il vero snodo sulla partecipazione dell'Italia alla missione in Afghanistan. Ricordo che il Viceministro Pistelli ha detto in quest'Aula che non c’è nulla di sbagliato in questo decreto e che occorre fare esercizio di senso di responsabilità. In sostanza, il Governo ci viene a dire che chi non vota a favore di questo decreto è un irresponsabile, che ci si dovrebbe comportare non come un giovane idealista contrapposto ad un anziano che fa esercizio di realismo, ma come un responsabile. Bene, vorrei ricordare a tutti i colleghi e al Governo che come opposizione facciamo pienamente esercizio di responsabilità, volendo discutere non solo l'impianto generale delle missioni, ma anche le realtà di ciascuna di queste missioni, e la nostra missione in Afghanistan si è rivelata un fallimento. Vanno da subito ritirati i nostri militari (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, chiaramente rientro nel discorso dell'emendamento che, ricordo, è l'emendamento Duranti 1.205. Si può essere d'accordo con il decidere di togliere stanziamenti dalla missione in Afghanistan per portarli nella cooperazione, però c’è un problema.
  Se guardiamo nelle specifiche dell'articolo 5, comma 1, in cui vengono stanziati 23 milioni 600 mila euro per la cooperazione, non ci sono le specifiche di dove andranno questi soldi, cioè noi non sappiamo che progetti verranno fatti e quale sarà la durata.

  PRESIDENTE. Deputata Spadoni, concluda.

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  MARIA EDERA SPADONI. Credo che sia importante comunque che ci sia trasparenza in questo e spero vivamente che ci sarà nel prossimo decreto-legge, nella prossima proroga che vedremo l'anno prossimo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, questo è esattamente il tipo di emendamento che va nella direzione che noi in realtà auspichiamo per l'intero decreto-legge, ovvero quella famosa inversione di tendenza del 2 per cento in cooperazione e del 98 per cento in missioni, che ribadiamo da diversi giorni ormai. Quindi, si toglierebbero soldi alle missioni per darle alla cooperazione.
  Ricordo che secondo gli accordi siglati al Consiglio europeo di Barcellona del 2002, il Paese dovrebbe investire lo 0,7 per cento del rapporto tra la quota in cooperazione e il PIL, e invece ad oggi investiamo lo 0,13 per cento. Nel 2006 era previsto l'arrivo addirittura allo 0,3 per cento e noi siamo nel 2013, quindi con cinque anni di ritardo, e siamo ancora allo 0,13. Credo che, come accettiamo le divisioni dell'Europa in termini di austerity e di pressione fiscale, dovremmo anche accettarle in termini di cooperazione. Questo dovrebbe essere un primo passo importante.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, noi abbiamo snocciolato una serie di numeri e una serie di proposte con questo emendamento, tra le quali noi ne indichiamo una: per ogni euro risparmiato dalla missione in Afghanistan, il 30 per cento deve andare in cooperazione. Tuttavia, proprio perché siamo qui impegnati in una battaglia parlamentare e abbiamo avuto soltanto la possibilità di confrontarci per appena mezz'ora ieri con il Ministro ed assistiamo, apprezzandolo, alla presenza costante del sottosegretario Alfano, chiediamo ad Alfano di intervenire, di dire la sua, di dare un contributo a questa discussione. Sottosegretario, parli ! Intervenga sul merito delle questioni !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Airaudo. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, visto che la Giunta per il Regolamento non ha avuto tempo di riunirsi per chiarire i dubbi dell'onorevole Rosato, io parlo in dissenso dal mio gruppo, perché il mio gruppo si ostina ad indicare dove si possono trovare i soldi per altre iniziative, mentre questo Governo ha chiaramente intenzione di proseguire il finanziamento della missione in Afghanistan e di non portare via i nostri soldati, come avrebbe già dovuto fare, da quel teatro.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, anche io intervengo leggermente in dissenso dalla dichiarazione di voto che abbiamo fatto, perché voglio un attimo capire bene quanto stiamo tagliando i fondi alla missione in Afghanistan, che sicuramente ci trova completamente in accordo sul fatto che tutti i militari debbano rientrare quanto prima da una guerra inutile. È chiaro che questi fondi poi debbano essere utilizzati in maniera razionale e giusta e spostati sulla cooperazione internazionale. Però, come ripeto, vorrei capire bene qual è l'ammontare della cifra che appunto verrà spostata in cooperazione internazionale. Sicuramente l'Italia soffre di un gap veramente importante su quello che è il finanziamento per la cooperazione, che tra l'altro anche un piccolo mercato potrebbe essere per la microimpresa.
  Andiamo quindi ad investire in maniera maggiore sulla cooperazione. Sarebbe un ottimo auspicio andare via dall'Afghanistan quanto prima.

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal gruppo, e vorrei per una volta che il Parlamento non ascoltasse la prima potenza mondiale, che ha portato e ha fatto partire questo conflitto, ovvero gli Stati Uniti, ma la seconda potenza mondiale.
  Il 15 febbraio 2003 in tutto il mondo si svolsero manifestazioni contro la guerra senza «se» e senza «ma»: erano 110 milioni di donne in 600 città. Il The New York Times titolò che quel popolo della pace, quel popolo non violento era la seconda potenza mondiale, una forza internazionale che si esprimeva in tutti i Paesi. Per una volta, io chiedo a questo Parlamento di ascoltare la seconda potenza mondiale e non i tecnocrati, i Governi e gli Stati Uniti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io ieri ho sentito in quest'Aula alcune parole con cui si diceva che le strategie vanno decise insieme, quindi bisognava entrare insieme e uscire insieme. Dicevamo che questo emendamento, in linea di principio, è assolutamente condivisibile e io non sono in questo caso per le scelte di gruppo.
  Io vorrei che l'Italia divenisse un faro per gli altri Paesi, dove magari il 98 per cento delle risorse è speso in cooperazione e solo il 2 per cento nelle missioni che evidentemente in qualche modo sono necessarie. Noi potremmo essere veramente un esempio per tutti gli altri Paesi. Vorremmo poter essere davvero una guida per gli altri Paesi. È possibile un mondo diverso: noi siamo qui a rappresentare questa possibilità e vorremmo che anche tutti gli altri parlamentari ci credessero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Carinelli. Ne ha facoltà.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, questo emendamento chiede di spostare dei fondi maggiori per la cooperazione. Allora, io prima di decidere ho pensato di andare a vedere quanto in Italia destiniamo già alla cooperazione e ho visto che in questi tredici anni l'Italia ha destinato agli aiuti pubblici allo sviluppo circa lo 0,2 per cento del PIL, attestandosi in fondo a tutte le classifiche, oltretutto peggiorando anche quella che è la media europea.
  Infatti, in un generale trend negativo, che nel 2012 ha visto una contrazione del 4 per cento dei contributi a livello mondiale e del 7,4 per cento a livello europeo, il nostro Paese è riuscito persino a fare peggio. Infatti, nel 2012 si è registrato un meno 36 per cento dell'impegno totale, pari allo 0,13 per cento, circa un miliardo e mezzo di dollari in meno rispetto all'anno precedente.
  Io credo che il fatto che stiamo diminuendo i fondi alla cooperazione sia molto grave e ci dovrebbe profondamente far riflettere.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, c’è una cosa su cui ho forti dubbi in merito a questo emendamento: «modificare» la data della fine missione al 31 ottobre 2013, ovvero quindici giorni fa, mi dà una certa assurdità logica, cioè io non capisco il fondamento. Infatti, ritengo molto più congruente, in realtà, l'emendamento successivo che almeno dà una data al 30 novembre, quando forse si spera questo decreto missioni sarà approvato in via definitiva.
  Ed è proprio l'apposizione di tale data retroattiva quasi che sinceramente non mi convince. Non ho sentito neanche le motivazioni da parte del mio gruppo in merito a questo dilemma e vorrei capire meglio anche dai colleghi di SEL che Pag. 11hanno presentato l'emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato L'Abbate. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, io vorrei tranquillizzare i miei colleghi e i colleghi di SEL, perché in quest'Aula si parla sempre di pace, si parla di aiuti, si parla di sviluppo, di esportazione della democrazia e dei diritti, quindi sicuramente l'Aula voterà favorevolmente a questo emendamento, che porta lo spostamento di soldi dalla guerra in Afghanistan alla cooperazione.
  Quindi, non si capisce il perché un emendamento di buon senso non debba essere votato da tutta l'Aula, dato che ci si riempie sempre la bocca di questi sani principi. Io voglio tranquillizzare, quindi, il mio gruppo e anche i colleghi di SEL perché sono certo che l'Aula voterà favorevolmente questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Colonnese. Ne ha facoltà.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, io in realtà ho sempre grossi dubbi, perché non so a che fini, cioè si parla di cooperazione, ma in che senso ? Noi sappiamo che in Italia la cooperazione non è mai stata gestita in modo adeguato, si è sempre pensato di più alle missioni di guerra anziché aiutare i popoli con sostentamenti reali. Allora io vorrei capire bene. Finalmente si parla di guerra in quest'Aula, si parla di Afghanistan cercando di risolvere la questione. Quindi io aspetto gli altri interventi per farmi un'idea. Intanto non so se voglio votare in maniera favorevole, perché non riesco a capire come vengono stabiliti, come vengono richiesti, in che modo e in che termini si parla di cooperazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, io vorrei ricordare che non si riesce a fare la pace finanziando la guerra e spostare le risorse dalla missione in Afghanistan alla cooperazione internazionale significa per esempio il fatto che si possano vaccinare contro la malaria centinaia di migliaia di persone. Voi dovete sapere che oggi il vaccino contro la malaria costa un dollaro per un adulto e mezzo dollaro per un bambino. Pensate con queste risorse quante vite noi potremmo salvare. La cooperazione significa fare scuole professionali, significa fare pozzi d'acqua, la cooperazione significa fare laboratori medici, la possibilità per milioni di persone di poter vivere. Questa è la lotta per la pace, è per questo che noi proponiamo questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cristian Iannuzzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, con questo emendamento si sposta una parte dei fondi destinati a rifinanziare le missioni di guerra a favore di iniziative di cooperazione internazionale.
  Un signore qualche anno fa, in un discorso, espresse queste parole: «L'Italia a mio avviso deve essere nel mondo portatrice di pace. Si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello di tutti i popoli delle terre. Questa è la strada, la strada della pace che noi dobbiamo seguire». Queste parole furono pronunciate il 9 luglio 1978 in seduta comune di Camera e Senato da un signore che si chiamava Sandro Pertini e questo Parlamento, con le sue scelte, questa maggioranza e questo Governo non Pag. 12stanno onorando la sua memoria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Nicola Bianchi. Ne ha facoltà.

  NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, la ratio di questo emendamento è quella appunto di aumentare i fondi alla cooperazione. È un emendamento appunto di buon senso, è un emendamento che noi invitiamo a votare tutti insieme, perché comunque, come già precedentemente detto nei miei interventi, il 2 per cento per la cooperazione è veramente una percentuale ridicola, che un Paese come l'Italia deve sicuramente rivedere. Ebbene, noi siamo qua comunque a rappresentare i cittadini, che dicono basta, basta a queste guerre, basta alle missioni militari mascherate da missioni di pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

  FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, io vorrei fare una profonda riflessione su questo emendamento Duranti 1.205. È una riflessione per lo spostamento ai fondi della cooperazione di 80 milioni di euro: l'intero decreto missioni costa 266 milioni di euro e l'intero contingente in Afghanistan, fino ad oggi, è costato 5 miliardi di euro, quasi 5 miliardi. Ecco, io vorrei fare un semplice conto: visto che procedere all'istruzione di un bambino in Afghanistan costa all'incirca 300 euro, io vorrei porre all'attenzione dell'intera Aula il fatto che con questi soldi, con 5 miliardi di euro, noi potevamo andare a produrre istruzione in un anno per 17 milioni di bambini o di ragazzi afgani.
  Io credo che l'istruzione e la cultura siano la vera libertà dei popoli e se noi vogliamo portare libertà in un Paese estero come l'Afghanistan dobbiamo innanzitutto portare cultura ed istruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, è già stato ricordato appunto come la guerra all'oppio sia miseramente fallita dopo questa guerra. Sono stati spesi miliardi, ma i risultati sono veramente più che deludenti. Penso solo a un commento. La squadra dello United Nations Office on Drugs and Crime ha presentato pochi giorni fa il suo rapporto annuale sull'oppio afgano con un commento, che riporto da Il Messaggero, veramente amaro del presidente dell'associazione afgana per la giustizia che ci dice che se agli agricoltori non si offre altra alternativa finanziaria, nessun servizio, nessun modo per uscire dalla povertà, continueranno a coltivare il papavero da oppio. Ora in questo Paese manca il servizio civile, mancano alternative. Se non si danno loro queste alternative, continueranno a coltivare oppio e questo è inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, sempre per spiegare ai cittadini che ci ascoltano perché sono tanti quelli che seguono le attività del Parlamento che questo è un decreto-legge in cui si parla di guerra in Afghanistan, missione in Libia, missione «Active Endeavour», militari sulle navi, basi militari italiane a Gibuti e del diplomatico che dovrebbe essere inviato a Gaziantep. Tutta una serie di missioni militari, quindi, all'estero che questo Governo vuole continuare a finanziare. D'altra parte, noi, come opposizione, stiamo cercando con una serie di emendamenti di spostare in maniera però razionale e ragionata i finanziamenti alla cooperazione e alle politiche di pace perché Pag. 13secondo noi l'unico fronte dove si può e si deve finanziare è proprio quello della pace. E bisogna farlo con raziocinio, pensando non solo a finanziare le politiche future di pace e di cooperazione, ma anche pensando al rientro dei nostri militari e in particolare...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  DALILA NESCI. ... non possiamo che chiedere con forza il rientro dei nostri militari dalla guerra in Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Vita. Ne ha facoltà.

  GIULIA DI VITA. Signor Presidente, io mi trovo fondamentalmente d'accordo con lo spirito di questo emendamento, però devo dire che condivido le perplessità che sono state precedentemente espresse sia dalla collega Spadoni che dalla collega Colonnese perché ad esempio quando noi abbiamo affrontato il tema del femminicidio – tra l'altro, ricordiamo che il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne – abbiamo audito diverse associazioni che si occupano appunto di cooperazione internazionale che denunciavano proprio questo, ossia dicevano che i sistemi e i programmi per aiutare le donne nei Paesi appunto in cui ce n’è bisogno ci sono, ma non ci sono invece i fondi. E se noi andiamo un attimo a controllare appunto di che somme parliamo, vediamo come per esempio in Afghanistan per il programma di aiuto all'imprenditoria femminile e all'emancipazione abbiamo dei fondi che non arrivano nemmeno al milione di euro, mentre...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  GIULIA DI VITA. Sì, concludo dicendo che, appunto, l'intento è molto condivisibile. L'importante è scendere nel dettaglio ovvero cosa dobbiamo fare con queste missioni di cooperazione internazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Rosa. Ne ha facoltà.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, con questo emendamento noi chiediamo di spostare alla cooperazione internazionale i fondi dedicati alla missione, però mi chiedo, in parziale dissenso, se non è il caso di spostare parte di questi fondi anche su opere per il territorio italiano. Infatti, noi possiamo pensare di andare ad aiutare sicuramente altri popoli più sfortunati per costruire scuole, come diceva il deputato Zaratti, però molto spesso ci troviamo ad avere anche noi dei problemi di scuole sul nostro territorio. Andiamo, quindi, anche a rivedere la nostra situazione perché non possiamo essere di aiuto ad altri Paesi senza avere la possibilità di agire sul nostro di Paese.
  Abbiamo una situazione drammatica e pensiamo, invece, di andare ad aiutare altri. Vediamo di aiutare anche noi stessi e di pensare anche al nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Nuti. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, siccome questo emendamento parla di cooperazione e alcuni colleghi avevano dubbi su cosa significa bene il termine «cooperazione», volevo chiarire, quindi, che gli obiettivi generali della cooperazione italiana allo sviluppo e i principi guida cui essa si ispira sono quelli fissati anche nel quadro di accordi e decisioni assunte a livello internazionale e comunitario.
   La Dichiarazione del Millennio approvata nel 2000 da 186 Capi di Stato e di Governo nel corso della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite stabilisce l'obiettivo centrale del dimezzamento della povertà assoluta entro il 2015. Tale obiettivo si articola in otto Pag. 14finalità e le elenco: lotta alla povertà e alla fame; educazione di base universale; eliminazione delle disparità tra i sessi; riduzione della mortalità infantile; miglioramento della salute materna; lotta contro l'AIDS...

  PRESIDENTE. Deputato Nuti, concluda.

  RICCARDO NUTI. Sì... e le altre malattie infettive; protezione dell'ambiente e creazione di un partenariato globale per lo sviluppo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Benedetto. Ne ha facoltà.

  CHIARA DI BENEDETTO. Signor Presidente, il collega Nuti mi ha preceduto nell'elenco degli obiettivi della cooperazione. Mi soffermerò di più su uno dei principali obiettivi, ovvero quello della riduzione della povertà. È l'obiettivo centrale della cooperazione italiana perseguito, da un lato, con gli stanziamenti assegnati dalla legge di stabilità e, dall'altro lato, mediante gli accordi bilaterali di cancellazione o conversione del debito, impegnando i Paesi in via di sviluppo beneficiari a destinare le risorse liberate dalla cancellazione all'attuazione di un programma nazionale di riduzione della povertà. La cooperazione italiana si conforma a linee guida coerenti con quelle approvate nell'aprile 2001 dai Paesi dell'OCSE.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Signor Presidente, credo di condividere l'emendamento proposto da SEL, specie laddove, parlando di cooperazione, si pensi anche a cercare di ridurre la coltivazione dell'oppio in Afghanistan che sembra essere raddoppiata nel giro di dodici anni e addirittura, secondo un rapporto annuale dell'ufficio dell'ONU, le superfici coltivate ad oppio sono salite da 154 mila ettari nel 2012 a 209 mila nel 2013, più che nel 2007.
  Tra l'altro di questo oppio i principali consumatori siano proprio noi, l'Occidente. Quindi mi viene un po’ da ridere nel pensare che noi andiamo a fare una guerra in Afghanistan e poi chiediamo che questi soldi vengano utilizzati per la cooperazione e non interveniamo, invece, in quelli che sono i principali fautori di un mercato e di una coltivazione, quella dell'oppio e il mercato della droga, di cui in un certo modo l'Occidente è responsabile.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lupo. Ne ha facoltà.

  LOREDANA LUPO. Signor Presidente, questo emendamento mi sembra di buon senso: mira soltanto a spostare soldi alla cooperazione e mi sembra ovvio che, a chiunque senta una cosa del genere, venga naturale votare a favore. È il minimo.
  Soprattutto volevo dire all'onorevole De Rosa, che poco fa sottolineava il fatto che il nostro Paese ha delle forti difficoltà e noi continuiamo a spostare i soldi da altre parti: questo quantitativo di denaro mi sembra il minimo spostarlo lì, perché in realtà noi siamo anche andati a fare dei danni e, quindi, dobbiamo materialmente, come Paese che è stato lì in missioni di guerra, andare a pagare le nostre responsabilità. Quindi la cooperazione servirà per migliorare quello che noi stessi abbiamo danneggiato. Quindi, come minimo, voterei a favore.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mantero. Ne ha facoltà.

  MATTEO MANTERO. Signor Presidente, a questo punto, sono un po’ confuso, quindi, non so se sono io in dissenso con il mio gruppo o il mio gruppo è in dissenso con me. Ciò nonostante, volevo far notare che questo emendamento va semplicemente ad aumentare la cifra che viene stanziata per quanto riguarda la Pag. 15ricostruzione e il miglioramento delle condizioni di vita di vari Paesi. In questo momento, si stanziano solamente 23 milioni di euro a favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Paesi limitrofi. Praticamente, andremmo a stanziare una cifra inferiore ai 2 milioni di euro per ognuno di questi Paesi. Quindi, riuscire ad intervenire per la ricostruzione e il miglioramento delle condizioni di vita per questi Paesi con cifre così basse è una presa in giro.
  L'emendamento chiede di aumentare questa cifra e portarla a 106 milioni di euro, quindi, mi sembra assolutamente corretto e adeguato: per ciò chiedo a tutti di votare a favore.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, volevo tornare sul tema dei fondi per la cooperazione internazionale che stanno continuando a calare: si continuano a fare tagli lineari, mentre, invece, bisognerebbe tagliare solo su alcuni settori, quindi, non «a pioggia», ma tagliare sugli sprechi e investire sul resto.
  Ricordo i numeri di questa guerra, questa guerra che viene sempre dipinta come missione di pace: in questa guerra hanno perso la vita varie decine di soldati italiani e oltre 70 mila civili. Ricordo il prezzo di questa guerra, che, fino ad ora, è costata circa 4,5 miliardi di euro. Questo denaro si sarebbe potuto usare diversamente, ad esempio, per le piccole e medie imprese, per la scuola, oppure per la sanità.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MICHELE DELL'ORCO. Inoltre, mentre la cooperazione è al collasso, molti professionisti privati vengono mandati in missione all'estero con indennità da diplomatici pagate con fondi pubblici: tutto questo è inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, stavo riflettendo, su questo emendamento, sul concetto di cooperazione: bisognerebbe anche, forse, fare un'osservazione degli altri Stati e, in particolare, degli Stati Uniti. È interessante vedere il Memorial, costruito sul luogo della terribile strage dell'11 settembre; Memorial che, per esempio, è stato commissionato all'architetto Arad, dopo un concorso di idee tra 5 mila progetti. Quindi, c’è stata una grande partecipazione popolare, c’è, comunque, un forte nazionalismo in quel popolo, che andrebbe imitato più che altre cose, che loro, forse, si possono permettere, perché, per esempio, hanno un interesse sul loro debito pubblico ben diverso dal nostro. Quando saremo un po’ più forti economicamente, forse, potremo pensare anche ad altro.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, grazie per la mia opportunità di intervenire su questo emendamento, in parziale contrarietà alle intenzioni di voto del mio gruppo, perché è un emendamento, sicuramente, le cui intenzioni sono buone, sono condivisibili: spostare 300 milioni di euro da una missione di guerra alla cooperazione internazionale, perché si ritiene che la cooperazione internazionale possa dare dei risultati migliori. Tuttavia, forse, sarebbero necessarie delle considerazioni che anticipino queste scelte. Per esempio, leggo, da un rapporto del 2010, che l'Italia non possiede un sistema e una procedura predefinita per valutare l'opportunità della partecipazione ad una missione.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  RICCARDO FRACCARO. Gli interventi dei contingenti italiani vengono decisi e Pag. 16discussi caso per caso, senza essere inseriti in una strategia complessiva e sono, quindi, pesantemente influenzati da fattori contingenti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Cancelleri. Ne ha facoltà.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, pur condividendo il fine dell'emendamento e consapevole che il nostro Paese sta attraversando un periodo di profonda crisi, pur essendo favorevole alla destinazione di fondi verso ambiti più utili e favorevoli anche alla crescita del Paese – e, quindi, parlo della cooperazione – piuttosto che verso qualcosa di totalmente distruttivo – e parlo della guerra, perché è giusto chiamare le cose con il loro vero nome –, premesso tutto questo, credo che mi asterrò, poiché ritengo che la percentuale destinata alla cooperazione sia ancora troppo bassa. Quindi, auspico un voto favorevole verso un emendamento più incisivo.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Ciprini. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, intervengo sull'emendamento per associazioni libere. Si usa sempre l'espressione «missioni di pace» per nascondere obiettivi di guerra spesso a difesa dei pozzi di petrolio. Le missioni di cosiddetta pace si associano alla cosiddetta follia da guerra e alla sindrome traumatica da stress ovvero la malattia mentale che può colpire i soldati al rientro dalle missioni di guerra. Tra i sintomi: flashback e memorie intrusive, ritmi di sonno-veglia alterati, congelamento delle emozioni, stato di allerta costante e vite senza progettualità. Fonti di inchiesta giornalistica dicono che, rispetto ad altri Paesi, in Italia il fenomeno è molto sottodimensionato; c’è da capire se tale fenomeno non è stato adeguatamente rilevato, oppure è stato occultato.
  Eppure le persone esposte alle morti violente sono a forte rischio di sviluppare questa sintomatologia. Mi piacerebbe, quindi, che la politica, oltre che di risorse finanziarie da destinare alle missioni e da spostare alla cooperazione, si occupasse soprattutto di risorse umane e di benessere psicologico dei propri soldati.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Massimiliano Bernini. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente e colleghi, sarò brevissimo. Albert Einstein, riguardo ai tentativi di umanizzare le regole della guerra, disse: «La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire». Ora, in quest'Assemblea ci riempiamo spesso la bocca di citazioni colte come questa, ma per una sola volta cerchiamo di passare dalle parole ai fatti.
  Appoggiare quest'emendamento significa dare compimento alle parole di Albert Einstein e di tutti i grandi della Terra che si sono spesi per la pace, riconoscendo il loro ruolo di guide dell'umanità.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, mi collego a quanto precedentemente detto sulle citazioni colte, anche perché la questione qua è spostare soldi da una guerra alla costruzione della pace per quanto riguarda l'emendamento. Anche perché continuare a lasciare i militari in Afghanistan richiama un po’ il motto latino «si vis pacem, para bellum». Una locuzione latina – magari conviene approfondire – che forse molti non sanno non è contenuta così letteralmente in nessuna citazione, ma che deriva da una frase di uno scrittore, Vegezio, uno scrittore oltretutto probabilmente cristiano della tarda latinità e che letteralmente era così: «Ergo qui desiderat pacem, praeparet bellum». Letteralmente dunque: chi aspira alla Pag. 17pace, prepari la guerra. Una citazione che era contenuta anche già in Cicerone e Nepote, che Vegezio appunto riprende, e dalla quale poi è stata estrapolata «si vis pacem, para bellum».

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Barbanti. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, volevo esprimere il mio dissenso dal gruppo, poiché va benissimo togliere dei fondi a delle missioni di guerra; la destinazione, per quanto nobile possa essere quella individuata dall'emendamento, suppongo che sia, dal mio punto di vista, non del tutto corretta. Preferirei destinare quei fondi, ad esempio, agli esodati, ai tanti esodati che abbiamo e che non riescono ad arrivare a fine mese, alla bonfica della stazione dei carabinieri di Crotone che vivono attualmente sul cubilot, alla bonifica della Terra dei fuochi, in Campania, soldi che possono essere destinati ai terremotati per la ricostruzione dei loro immobili sottratti da eventi sismici o idrogeologici, oppure ai trasporti nella mia terra, in Calabria, dove ancora abbiamo delle vetture sulle ferrovie che si muovono ancora con il diesel e non abbiamo una rete elettrificata piuttosto che strade che non sono degne di questo nome.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, mi dissocio fortemente dalla dichiarazione di voto favorevole che il mio gruppo parlamentare, poco fa, ha rilasciato, perché non capisco e continuo a non capire come mai si voglia entrare nel merito di un provvedimento il cui esame inizia in Consiglio dei ministri a metà settembre e sul quale, su richiesta dello stesso Presidente del Consiglio e di altri Ministri, tra cui il Ministro della difesa, viene richiesta una posticipazione della votazione del Consiglio dei ministri che, difatti, viene deliberata dopo più di due settimane. La mia considerazione e il mio voto contrario, nonostante il dibattito che sta andando avanti, è di metodo, perché se un provvedimento che parte dal Consiglio dei ministri viene bloccato e rimandato a dopo tre settimane, mi domando dove si trovi quella situazione di straordinaria necessità ed urgenza che l'articolo 77 della Costituzione prevede.

  PRESIDENTE. Deputato Toninelli, concluda.

  DANILO TONINELLI. Se poi a ciò aggiungiamo il fatto che vengono inserite alcune missioni che, evidentemente, hanno una certa autonomia, una propria vita rispetto ad altre – sottolineo, quindi, questa disomogeneità costante e continuata propria dei decreti-legge –, mi domando come non vi sia la volontà di far decadere questo decreto-legge, visto che la Presidenza non ha ricevuto richieste di spacchettarlo, dando unità ad ogni singola missione...

  PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Toninelli.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, questo emendamento cerca di spostare più risorse possibili verso la cooperazione. Ritengo che sia doveroso provare a fare questo tentativo, anche perché ormai è noto che il nostro Paese non sta navigando in ottime acque, anzi, neanche in decenti acque, forse non c’è neanche più acqua. Il problema è che dovremmo capire come finanziare queste missioni e, veramente, se questa è una priorità per il nostro Paese, perché oggi come oggi in questo Paese non possiamo permetterci di non avere un supporto adeguato alle scuole, all'infanzia, alle famiglie, alla produzione. Continuiamo a parlare di dare fondi a missioni militari all'estero e non abbiamo un piano di rilancio industriale che possa risollevare Pag. 18le sorti di questo Paese. Iniziamo a occuparci degli altri in termini di cooperazione e basta missioni militari all'estero.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vignaroli. Ne ha facoltà.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, anch'io sono tendenzialmente favorevole all'emendamento Duranti 1.205, anche se ho qualche dubbio sulla cifra stanziata. Di certo, noi siamo contro la guerra in Afghanistan e ho il piacere di citare le parole di padre Zanotelli: «Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie ? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d'arma ? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l'Iveco-FIAT, la Oto Melara, l'Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano ? Come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici ?». Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l'Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie, per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per un'egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici; poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Businarolo. Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, se cooperazione vuol dire operare insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune, in quest'ottica transnazionale la cooperazione è quell'insieme di relazioni che un Paese, e tutti i soggetti che al suo interno operano, intrattengono con un altro Paese, generalmente riconosciuto come in via di sviluppo. È a partire dal secondo dopoguerra, appunto, con la nascita del sistema onusiano, che il concetto di cooperazione internazionale si sviluppa a livello mondiale.
  Lavorare nel mondo della cooperazione comporta, comunque, l'occupazione nelle voci di bilancio pubblico di spese. Sembra quindi opportuno spostare voci di bilancio come queste all'interno delle spese della cooperazione internazionale.
  Perché la cooperazione internazionale si pone otto obiettivi, che sono: sradicare la povertà estrema e la fame; rendere universale l'istruzione primaria; eliminare la disparità tra i sessi; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'HIV, l'AIDS e le altre malattie infettive; proteggere l'ambiente; creare un partenariato mondiale per lo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Agostinelli. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, vorrei porre l'attenzione su quella che è l'attività italiana per quanto riguarda la cooperazione. Qual è, quindi, l'impegno della cooperazione italiana in tre Paesi in particolare, Afghanistan, Pakistan e Myanmar ? Nell'ottobre 2012 è stata creata una task force per dar seguito agli impegni del Governo italiano in materia di cooperazione allo sviluppo in Afghanistan, Pakistan e Myanmar. Nei Paesi che sono stati affidati alla task force il quadro di sviluppo presenta significativi aspetti di complessità, dovuti principalmente alla perdurante situazione critica in Afghanistan e Pakistan o, nel caso del Myanmar, alla fase di riforma attraversata dal Paese. Con riferimento a tali problematiche, nelle linee guida della cooperazione per il triennio 2013-2015, i tre Paesi sono stati considerati prioritari. La task force, voglio sottolineare, è una struttura agile, dedicata specificamente alla gestione e al coordinamento dei programmi italiani di sostegno allo sviluppo dei tre Paesi. La task force era stata considerata come lo strumento più opportuno per permettere un'eccessiva presenza italiana.

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  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Io mi auguro che i soldi vengano spostati dalla missione in Afghanistan alla cooperazione. Però mi auguro anche che i soldi destinati alla cooperazione siano...

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, io vorrei dire ai miei colleghi – soprattutto a Vignaroli, che ha svolto un intervento in cui ha sottolineato la sua poca fiducia verso il Governo – che sono in dubbio in questo momento: abbiate un po’ più di fiducia nel Governo. Se il Governo decide di tagliare la cooperazione, ci sarà un motivo, vorrà dire che la cooperazione non serve e che invece serve molto di più mettere questi soldi a sostegno di quelle aziende che proprio il mio collega citava, perché lo stato di crisi perenne che questo Paese sta vivendo è davanti agli occhi di tutti. Lo sappiamo, le imprese stanno soffocando, la tassazione è sempre più pesante. Insomma, io credo che si debba avere più fiducia in questo Governo, che prende queste scelte coraggiose in momenti così difficili. Di sicuro non è facile scegliere tra l'una e l'altra cosa, però, ad un certo punto, bisogna guardare un po’ ai propri interessi e a quelli degli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Marzana. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Signor Presidente, quanto alla guerra, che è la più grande e pomposa delle azioni umane, mi piacerebbe sapere se vogliamo servircene come prova di qualche nostra prerogativa o al contrario come testimonianza della nostra debolezza e imperfezione. Queste sono le parole di Mantaigne per descrivere la guerra. Io, attraverso queste parole, vorrei indurre una riflessione in tutti i colleghi presenti in Aula. E se riflettono attentamente possono sicuramente arrivare alla conclusione che la guerra corrisponde ad un'azione di debolezza, mentre un'azione di coraggio è rappresentata dalla cooperazione. Quindi, invito a riflettere tutti su questi aspetti e sulle conseguenze che possono portare le azioni che si intraprendono e che cosa nascondono dietro: debolezza o coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Alberti. Ne ha facoltà.

  FERDINANDO ALBERTI. Signor Presidente, mi ricollego al discorso che faceva la collega Castelli. In questi quattro, cinque mesi in Commissione difesa abbiamo avuto modo di audire diversi rappresentanti delle varie industrie della guerra italiana, i quali ci sono venuti a dire che costruire armi e mezzi di distruzione di massa serve per creare PIL, per creare lavoro, per creare posti di lavoro, per creare progresso e sviluppo. Quindi, alla fine, io voterò in dissenso rispetto al mio gruppo. Dobbiamo andare nei vari scenari internazionali di guerra, perché dobbiamo creare PIL, sviluppo e posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dell'Osso. Ne ha facoltà.

  MATTEO DALL'OSSO. Dall'Osso con la «a».

  PRESIDENTE. Dall'Osso !

  MATTEO DALL'OSSO. Grazie. Gliel'ho detto semplicemente perché ho letto, in diversi resoconti fatti dalla Camera, il mio nome con la «e» al posto della «a».

  PRESIDENTE. Può capitare, vada avanti.

Pag. 20

  MATTEO DALL'OSSO. Sì, lo so, assolutamente, ma siccome ho rifiutato 30 all'università per questa ragione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...

  PRESIDENTE. Le ricordo che stiamo discutendo dell'emendamento Duranti 1.205.

  MATTEO DALL'OSSO. Lo so, lo so, ci tenevo particolarmente. Comunque per riagganciare il discorso di prima, sul PIL, che la guerra produca PIL, è ovvio, è evidente; io non capisco come si possa anche solo pensare di proporre questi temi in una Assemblea dove qui... cioè... qui rappresentiamo l'Italia e parliamo di guerra, guerra-morte, morte-guerra.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  MATTEO DALL'OSSO. Missione di pace, missione di guerra, guerra-missione di pace, non lo so, io non capisco...

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Parentela. Ne ha facoltà.

  PAOLO PARENTELA. Signor Presidente, in merito a questo emendamento io volevo concentrare l'attenzione sul fatto, mi sono documentato e ho cercato di documentarmi, soprattutto sulla questione delle vittime delle mine. Si parla di una vittima ogni 20 minuti, migliaia delle quali sono bambini; ho letto articoli agghiaccianti che parlano di decine di Paesi interessati, si ipotizza addirittura che per sminare l'Afghanistan all'attuale ritmo ci vorranno altri 4.300 anni. Non so quanto sia affidabile il dato, ma ho pensato che la nostra civiltà in questo pianeta esiste praticamente da 4.300 anni. Quindi, l'uomo ha impiegato migliaia di anni per costruire una civiltà che è stata capace di riempire un Paese di armi che possono distruggere la vita a migliaia di bambini, e per ripulire questo Paese ci vogliono migliaia di anni.
  Fino alla metà degli anni Novanta il nostro Paese risultava addirittura il primo produttore al mondo di mine. Quindi, mi chiedo...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  PAOLO PARENTELA. Mi stavo chiedendo, e concludo, ma pensiamo ogni tanto a che tipo di società stiamo vivendo ? E quale società vogliamo in futuro ?

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duranti 1.205, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tartaglione, Vacca, Vecchio, Vitelli, Marchi, Decaro, Fossati, Del Grosso, Lenzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  451   
   Votanti  446   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  224   
    Hanno votato  113    
    Hanno votato no  333    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Duranti ed altri 1.207.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, noi non ignoriamo in alcuna maniera la delicatezza della situazione in Afghanistan e comprendiamo quanto sia complesso oggi ipotizzare un ritiro dei contingenti internazionali.Pag. 21
  È complessa, perché si rischia di precipitare in pochi mesi nella condizione ex ante, con i talebani accovacciati sul confine pakistano, pronti a riprendere il potere e ad imporre nuovamente il Medioevo. Ma sono i dati che provengono dalla società civile, il tasso di analfabetismo, le cifre della violenza sulle donne, sulla corruzione, sulla produzione di oppio, a dirci che da quel Medioevo l'Afghanistan non è mai uscito, a raccontare della caducità dei pochi risultati ottenuti in 12 anni di missione, a testimoniare che le armi non costruiscono mai la pace, e tantomeno una pace duratura.
  Signor Presidente, onorevole sottosegretario Alfano, che ancora una volta ringrazio per la presenza in quest'Aula, a differenza del nostro Ministro della difesa, del nostro Ministro degli affari esteri: questa missione si stima sia costata al nostro paese oltre 5 miliardi di euro, una cifra enorme. E vede, signor Presidente, il punto per noi non è soltanto l'entità della cifra, nemmeno se tutti conosciamo la fatica a tenere insieme una società sconquassata dalla crisi economica e dalla povertà come la nostra. Il punto è il modo nel quale quelle risorse vengono spese; e ciò che ci interessa sono i risultati ottenuti, che troviamo davvero modesti e poco durevoli.
  Noi non crediamo che il ruolo del nostro Paese possa essere quello di chi si rinchiude nei confini nazionali e si disinteressa dei destini dei popoli e dei diritti umani. Non siamo per una politica estera «pezzente» e fatta con il piglio dei ragionieri e dei contabili. Chiediamo invece che le risorse vengano spese per la finalità della pace, e per la rinascita economica, sociale e culturale dei popoli e di quel Paese. Ed è perciò che ricordiamo che la quota parte di Piano Marshall spettante alla Germania dal 1948 al 1951 – in tre anni, non in dodici anni – fu di circa 1 miliardo e mezzo di dollari. Quel miliardo e mezzo pose le basi economiche, sociali e culturali del Paese più ricco e prospero d'Europa; i nostri 5 miliardi e mezzo lasciano esattamente la situazione preesistente. Serve, urgentemente serve un cambio di strategia: quella strategia per noi si chiama pace e cooperazione civile (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, io riprendo le parole di Piras, che non sono un semplice appello: sono una constatazione di cosa è accaduto in questi anni, il tentativo di costruire un bilancio; e la capacità della politica di riappropriarsi di parole fondamentali, come quella che noi abbiamo pronunciato più volte: la cooperazione, la necessità di optare per una scelta, spostare i fondi lì, perché è da lì che può ripartire una ricostruzione. E lo dico qui in quest'Aula, perché avverto una sofferenza molto forte: guardando il sottosegretario Alfano, soffro per l'impossibilità che questo Governo possa offrirci una risposta. Governo, rispondici ! Dacci la possibilità di comprendere in questo momento quali saranno le scelte per il futuro in Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, lo abbiamo detto molte volte in questi due giorni, lo diremo ancora: la guerra non è una condizione che ci cade in testa, ma è una scelta; così come la pace non è una condizione dello spirito, ma è una politica. Ed è questo il motivo per cui noi testardamente continuiamo a chiedere a questo Parlamento, a questo Governo, al sottosegretario, che pazientemente ci ascolta ormai da un giorno e mezzo, di dirci qualche parola chiara sulla strategia di questo Paese, su come intende uscire da questa condizione imbarazzante nella quale siamo impaludati da ormai più di dieci anni. E per questo con questo emendamento, come con molti dei successivi, Pag. 22chiediamo, se non ce l'abbiam fatta prima, di spostare un po’ più avanti, ma comunque di ridurre il tempo della nostra permanenza in Afghanistan, e per questa via di contribuire a quel riequilibrio nella distribuzione delle risorse, che appunto dice di una politica, e non di una condizione di impotenza, quale quella in cui noi, e tutti coloro che pensano che la guerra sia un orrore da cui liberarsi, si sentono imprigionati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, quello che stiamo compiendo noi credo che sia un fallo di ostruzione, di quella buona ostruzione che si verifica quando in un momento concitato qualcuno si mette in mezzo a due litiganti affinché male non accada, né all'uno né all'altro, perché prima o poi ci sarà il tempo in quest'Aula per un bilancio, il bilancio delle guerre annunciate come vinte, celebrate sulle portaerei o nelle basi militari o in patria e poi rivelatesi sconfitte. Ci sarà il tempo per un bilancio, per ragionare e per vedere quali semi queste nostre campagne, queste nostre missioni, hanno lasciato per il futuro. Magari questa è l'occasione per cominciare a farlo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, il 7 ottobre di dodici anni fa iniziava la guerra in Afghanistan e dodici anni dopo non solo il terrorismo non è stato sconfitto, ma le condizioni di vita degli afgani sono drasticamente peggiorate. Vedete, noi siamo convinti che non ci sia da ricostruire, in Afghanistan, solo la pace. Occorre innanzitutto una descrizione chiara, se volete anche feroce nelle parole, che quello che è stato fatto in Afghanistan non è stato portare la democrazia, magari anche attraverso le bombe, ma è stata una guerra, quindi iniziando a chiamare le cose con il loro nome e per come stanno. In secondo luogo, riportare la pace per noi significa anche negare in maniera totale la guerra, ma c’è anche da ricostruire un'idea di politica estera sana e virtuosa di un Paese che, come l'Italia, si vuole considerare civile. E soprattutto c’è da ricostruire un popolo afgano, che con la nostra guerra, di cui noi siamo responsabili, abbiamo massacrato e distrutto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, io penso che con questo emendamento noi diamo una risposta anche alle tante sollecitazioni che ci vengono dalle organizzazioni pacifiste – penso alla Tavola della pace, alla Rete disarmo, a Sbilanciamoci, a tutte le associazione raccolte nella rete di Afgana – che in questi anni ci hanno chiesto di porre uno stop a questa missione e di destinare questi fondi alla cooperazione e allo sviluppo. Credo che la sollecitazione di queste organizzazioni, che tra l'altro hanno organizzato un'importante rete di associazioni di società civile in Afghanistan, sia ciò che questa Camera dovrebbe raccogliere e riprendere. Pensiamo che con questo emendamento noi diamo una risposta a questa sollecitazione, una sollecitazione che ci viene dagli operatori di pace, da chi condivide ogni giorno le sofferenze con le vittime della guerra. Ed è per questo che noi pensiamo che questo emendamento vada approvato a beneficio della popolazione afgana.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, cari colleghi, un altro buon motivo per andarcene subito dall'Afghanistan è quello di tutelare i nostri soldati da un possibile fuoco amico. Cosa intendo per fuoco Pag. 23amico ? Io vorrei che la Camera, il Parlamento, fosse consapevole del fatto che in Afghanistan sono state vendute a forze ancora sconosciute dell'Afghanistan armi italiane, con un traffico illegale di armi italiane provenienti dalla provincia di Roma per quasi 5 milioni di euro. Ecco, io penso che i nostri soldati non abbiano e non sentano il bisogno di essere feriti e magari ammazzati da armi prodotte dai nostri produttori nazionali e, come il Ministro Mauro ha negato, esportate tramite la fiera bellica che noi portiamo in giro con la Cavour.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, “Dall'11 settembre il mondo è cambiato ed ora le nostre paure più profonde ci assillano, tuttavia sono convinta che un'azione militare non potrà prevenire nuovi atti di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti.
  Questo voto è difficile per me, ma qualcuno di noi, in quest'Aula, oggi, deve appellarsi alla moderazione”. Così diceva Barbara Lee, nel suo voto contrario alla dichiarazione di guerra, al Congresso degli Stati Uniti. Io, invece, qui, non mi voglio appellare alla vostra moderazione, espressione che non mi si addice, ma sicuramente al buonsenso, e, purtroppo, sembrerebbe che in quest'Aula ve ne sia veramente molto poco (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORDANO. Signor Presidente, io vorrei scuotere le coscienze dei tanti parlamentari che, come me, hanno aderito – voglio pensare con sincerità – al gruppo interparlamentare per la pace. Vorrei ricordare loro che non si può essere pacifisti solo fuori da quella porta, perché il pacifismo è una politica, è il segno di una tendenza di pensiero, di convinzioni.
  Vorrei scuotere le loro coscienze, perché mettano quel gesto a disposizione e a vantaggio di una politica nuova per questo Paese, a vantaggio della cooperazione, a vantaggio della costruzione della pace nelle aree in cui abbiamo non esportato democrazia, ma portato bombe, guerra e, purtroppo, molte morti. Dovremmo fare, tutti quanti, un nuovo esame di coscienza, guardarci in faccia e cambiare le politiche di fondo di questo Paese su queste importantissime materie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, ricordo che siamo all'emendamento Duranti 1.207.

  PRESIDENTE. Grazie.

  MARIA EDERA SPADONI. Prego. Magari, non tutti siamo al corrente di dove siamo, a volte capita. Questo emendamento cosa chiede ? Più o meno, la struttura è la stessa dell'emendamento Duranti 1.205. La differenza è che quello che chiede, fondamentalmente, è che, al comma 1 dell'articolo 1, si tolgano determinati fondi, sempre per la missione in Afghanistan, e vengano dati alla cooperazione. Più o meno, vi è una differenza di 43 milioni di euro, che verrebbero dati alla cooperazione e tolti dalla missione in Afghanistan. Ora, in linea di principio, potremmo anche essere d'accordo con questo; poi, mi rendo conto che, con riferimento alla cooperazione, al momento, non abbiamo elementi per capire effettivamente dove vanno questi soldi.
  Vorrei ricordare che nel sito della DGCS, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, viene messa proprio anche la scheda dell'Afghanistan. Io ho più volte richiesto, sia al dottor Cantini, che è il direttore della Direzione generale Pag. 24per la cooperazione allo sviluppo, sia al Governo, in molte audizioni, una relazione dettagliata della situazione della cooperazione italiana, cioè dove siamo, cosa stiamo facendo, che progetti stiamo portando avanti.
  Al momento, le informazioni che abbiamo sono aggiornate al 2011: non abbiamo altre informazioni dettagliate su quello che stiamo facendo. Io sono stata in delegazione in Afghanistan qualche mese fa e abbiamo visto alcuni progetti. Alcuni possono essere condivisibili – vi è stato un bel progetto sull’empowerment delle donne a Kabul, chiamato “Il giardino delle donne”, che era molto interessante –, altri ci piacevano un po’ meno, perché ribadisco il fatto che, comunque, ci ritroviamo, dal 2007, a stanziare un tot di milioni di euro per una strada, che da Kabul porta a Bimar. Al momento, abbiamo stanziato, fino ad oggi, più o meno 120 milioni per più o meno 156 chilometri di strada.
  Al momento questa strada è stata fatta solo per metà. Non si sa esattamente quando finirà. Siamo partiti nel 2007 e probabilmente finiremo nel 2015, però ancora non si sa. Quindi, mi chiedo in che modo vengono stanziati i fondi per la cooperazione. Leggo, sempre sul sito del DGCS, che facciamo vari progetti (formazione, informazione, sanità, governo e società, trasporti e infrastrutture, economia e finanza, agricoltura e pesca, industria e artigianato, genere, minori, aiuti alimentari, multisettoriale), però – ripeto – questo sito è aggiornato al 2011. Quindi, io come posso sapere esattamente dove vanno questi stanziamenti, dove vanno questi soldi ? Io vorrei che andassero per raggiungere gli Obiettivi del Millennio, che – ricordo – dovremmo raggiungere il prossimo anno. Siamo ancora lontani, però alcuni passi avanti nel corso di questi tredici anni sono stati fatti. Vorrei che andassero per rafforzare il ruolo delle donne, vorrei che andassero per combattere la mortalità infantile, vorrei che andassero alle popolazioni che ancora non hanno accesso all'acqua.
  Io credo, quindi, che il nostro voto sarà un voto di astensione, proprio perché non abbiamo elementi per capire in che modo concretamente questi aiuti potranno, appunto, aiutare le popolazioni all'interno della cooperazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vecchio. Ne ha facoltà.

  ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, vorrei intervenire per annunciare il mio voto a favore di questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Perché ? Perché il mio paese è stato colpito da una immane tragedia a causa della guerra in Afghanistan: la giornalista Maria Grazia Cutuli in Afghanistan ha perso la vita. Io la conoscevo, era nata nel mio paese. Il Corriere della Sera e la sua famiglia hanno creato una fondazione a lei intestata. C’è un premio giornalistico a lei intestato. Abbiamo realizzato in Afghanistan, in collaborazione tra la mia associazione e la fondazione, una scuola, abbiamo finanziato una biblioteca, e vedere quelle immagini mi ha molto emozionato. Adesso, ascoltando questi discorsi, ascoltando questi interventi, ascoltando interventi di guerra e di pace, io credo che la cosa migliore da fare, come poco fa ha detto un deputato, sia finanziare scuole, finanziare istruzione (Applausi di deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia e dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà), finanziare movimenti autentici per la pace, non mandare soldati e bombe. Credo che questo sia il merito che dovremmo ascriverci e per questo io voterò a favore di questo emendamento e anche dei successivi, se ce ne saranno (Applausi di deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia e dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, io intanto apprezzo moltissimo – vorrei dirlo Pag. 25a tutti – l'intervento che mi ha preceduto dell'onorevole Vecchio e approfitto di avere la parola per proporre una domanda al sottosegretario Alfano che ha il merito di essere qui con noi dall'inizio della discussione. Lo stesso merito non ce l'ha il Ministro Mauro. La domanda che vorrei che il sottosegretario ascoltasse è la seguente: perché ci volete costringere a votare contro la missione UNIFIL ?
  Noi vogliamo due decreti-legge, in modo da poter distinguere il nostro voto. Noi non abbiamo ancora capito perché questo non è possibile. Un Governo che decreta continuamente, fa molti decreti e non ci spiega – quantomeno spiegare la ragione – perché non possiamo votare a favore di UNIFIL. Ne vantaggerebbe l'immagine del nostro Paese, per esempio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, nel mio precedente intervento ho parlato del fatto che in Afghanistan per la cooperazione internazionale si spende una cifra esigua.
  Ricordo quando vennero quindici donne afgane e pakistane in Abruzzo, con il volto sfigurato dall'acido, che noi facemmo venire nel quadro di un progetto di cooperazione internazionale. Appena le vidi, mi tremarono le vene dei polsi, perché lo spettacolo era veramente impietoso. Praticamente non avevano più il naso, non avevano le guance, erano state oltraggiate dai loro mariti. Con pochi soldi le facemmo operare ed assistere dal reparto di chirurgia plastica dell'ospedale de L'Aquila. Poi per alcuni mesi le ospitammo a Paganica, vicino L'Aquila, ed impararono a fare le parrucchiere...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIANNI MELILLA. ... e tornarono in Pakistan ed in Afghanistan con un lavoro. Questo si dovrebbe fare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, ieri il Ministro Mauro nella sua relazione, per quanto fumosa, ci ha dato alcuni tratti e alcuni tratti anche semantici. Ci ha detto: il prossimo anno il Governo si dovrà porre il problema del ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Il problema ? Il problema è perché stiamo lì, perché ci stiamo da troppo tempo, cosa ci siamo andati a fare e le ragioni per cui siamo andati a farle e le menzogne sulle quali ci siamo imbevuti in questi anni per giustificare questo tipo di missione !
  Ebbene io credo che il significato stia proprio in qualche intervento precedente che ha voluto con più attenzione addentrarsi in questa materia, che non è materia, è una modalità di fare ostruzionismo, di portare delle ragioni. La contrapposizione è proprio questa, tra ciò che è ricostruzione, cooperazione, senso vero della democrazia, della libertà e dei diritti e quello che, invece, porta semplicemente guerra, morte e distruzione. È questo il senso dei nostri emendamenti ed è questo il senso della nostra battaglia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, intanto voglio ringraziare l'onorevole Vecchio perché ha in qualche maniera risposto all'appello, che abbiamo fatto da questi banchi, che anche altri deputati ed altre deputate finalmente intervengano in questo dibattito, che noi consideriamo assai significativo non solo perché stiamo decidendo questioni importanti per il nostro Paese, ma perché ci sono associazioni ed organizzazioni che ci ascoltano e che vorrebbero una risposta, una risposta in termini di pace.
  L'onorevole Vecchio ha detto che stamattina ha sentito parlare di guerra e di pace.

Pag. 26

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  DONATELLA DURANTI. Sì, noi abbiamo utilizzato il termine «guerra» molto spesso, ma voglio ricordare le parole del Presidente Barack Obama. Quando ha deciso per il ritiro delle truppe statunitensi nel 2014, ha detto: il ritiro delle truppe ...

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, sono passati dodici anni da quando è iniziata la missione Enduring Freedom, sono passati dodici anni ed è giusto che questo Parlamento possa fare un bilancio di che cosa è successo in Afghanistan durante tutto questo periodo.
  È decuplicata la produzione dell'oppio, che molto spesso arriva sotto forma di eroina nelle nostre città; sono morti più di 75 mila civili; 5,5 miliardi di euro abbiamo speso per questa missione e il terrorismo internazionale, che era l'obiettivo principale, non solo non è stato sconfitto, ma ha esteso il suo campo di azione e oggi minaccia sempre di più l'Occidente.
  Ecco, io penso che noi avremmo dovuto spendere meglio quelle risorse e se oggi è il tempo di fare un bilancio, questo bilancio è per noi negativo e questo dibattito serve a dirlo al Paese, oltre che a questo Parlamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Colonnese. Ne ha facoltà.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, io purtroppo non sono d'accordo con la collega Spadoni. Secondo me astenersi su questo emendamento non è la cosa giusta da fare. Dobbiamo votare, invece, in maniera positiva, perché noi dobbiamo sempre ricordarci che stiamo parlando di una guerra, quindi di capire prima di tutto cosa fare, qual è la cosa giusta da fare.
  La cosa giusta da fare è ritirare le truppe e cercare di utilizzare i fondi in modo positivo. Il modo positivo è quello che ha indicato il collega Vecchio, in dissenso poi con il relatore del decreto.
  Quindi, io in questo momento credo che dobbiamo pensare al bene e a quello che è giusto fare. Noi siamo qui per fare le cose giuste, quindi la cosa giusta è utilizzare i soldi in maniera diversa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, intervengo per esprimere il mio voto favorevole a questo emendamento. Vorrei dire che sono sicuramente felice che, ad esempio, il collega Andrea Vecchio ha espresso lo stesso parere. Chiederei a lui di sensibilizzare anche il suo gruppo in tal senso, visto che il relatore di questo decreto appartiene al suo gruppo e, quindi, probabilmente riusciremmo ad avere qualche voto in più su questi emendamenti e potremmo cambiare e incidere su questo decreto, che com’è non ci piace.
  Lo abbiamo detto diverse volte: crediamo che la cooperazione debba essere il cardine della nostra azione internazionale, perché è un po’ il fiore all'occhiello dell'Italia e ci viene riconosciuta da tutto il mondo. Notiamo in modo drammatico questa inversione di tendenza per il Paese, che ci vede sempre più orientati alle missioni e sempre meno alla cooperazione. Non è questo che dobbiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, l'emendamento 1.207 è simile al precedente, l'emendamento 1.205, solo che viene rimodulato un po’ nella spesa, quindi sicuramente è un motivo in più per votarlo. Io voterò in modo favorevole e Pag. 27chiedo poi, soprattutto al Partito Democratico, che ieri ha detto, diversamente da quello che ha detto alle elezioni, che vuole continuare a fare la guerra, che votando questo emendamento si può un po’ ripulire la coscienza, anche davanti ai propri elettori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, ieri quando ho intravisto il Ministro Mauro, che ringrazio per averci dedicato cinque minuti del suo importante tempo – del resto, tra uno spot sugli F-35 e un altro, evidentemente il Parlamento non sta in cima alla lista dei suoi impegni –, mi sarei aspettato che questo Ministro facesse un'autocritica dell'intervento italiano in Afghanistan, perché quell'intervento militare – non solo quello italiano, ma quello anche degli alleati – non ha centrato nessuno degli obiettivi strategici che si era posto: un'autocritica che servisse fondamentalmente a mettere fine a questa missione. E, invece, il buon Ministro, con i suoi cinque minuti dedicati al Parlamento, ci è venuto a dire che nel 2015 ci saranno ancora 800 militari italiani in Afghanistan. Credo che sia inaccettabile.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, io voglio esprimere parere diverso rispetto a quello del gruppo, perché io ho intenzione di votare in modo favorevole a questo emendamento.
  Voglio in questa occasione ringraziare il deputato, il collega Vecchio di Scelta Civica che ci dà una grande lezione di coraggio. Dà questa lezione di coraggio soprattutto alla maggioranza, perché lui dimostra di poter votare al di fuori degli schemi partitici. Il suo partito, il suo movimento voterà in modo diverso.
  Io so che all'interno del Partito Democratico ci sono tante persone di sinistra, oltre che democristiani, e io chiedo proprio a quelle persone di votare in modo diverso e di votare in modo favorevole a questi emendamenti, perché per dodici anni hanno detto che questa guerra era sbagliata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Adesso hanno l'opportunità di dimostrare che quelle non erano solo parole. Possono finalmente essere coerenti e votare, quindi, in modo favorevole a questo emendamento.
  Quindi, questo mio intervento è un invito a tutti i ragazzi, a tutti i giovani miei coetanei del PD a votare in modo contrario a quello del loro partito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, io oltre a dire che voterò favorevolmente, quindi in dissenso dal mio gruppo, vorrei affrontare il tema dal punto di vista culturale. Io ricordo che, all'inizio della guerra in Afghanistan, ci fu un bombardamento mediatico sulla condizione delle donne in Afghanistan. C'erano cartelloni, in giro per la città, in cui si mostravano le condizioni che vedevano le donne in Afghanistan coi burqa totali che coprivano la loro immagine. Oggi in Afghanistan ci sono ancora tante donne coperte dal burqa e scopriamo che in realtà non è stata l'invasione degli Stati Uniti, non è stato l'intervento militare a portare sollievo in questo caso alle donne, quindi a smarcarsi da una condizione di privazione e comunque di violenza, bensì è stata la capacità di queste donne di...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  LUIGI GALLO. ... accreditarsi e quindi è stata la cultura, è stata la formazione, è stato il lavoro. Quindi se investiamo in quel senso liberiamo veramente le donne, se investiamo con le armi no (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 28

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Grande. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente, l'Afghanistan in base ad uno studio della TrustLaw, un'associazione della Reuters Foundation Service, viene considerato come uno dei Paesi più pericolosi nel quale vivere da un punto di vista di genere, quindi per le donne è uno dei Paesi più pericolosi. Una delle caratteristiche culturali di questo Paese prevede il matrimonio con i minori e in particolar modo per quanto riguarda le donne. In base ad uno studio dell'Unicef tra le donne tra i 20 e i 24 anni che sono sposate attualmente ben il 15 per cento si è sposata prima dei 15 anni. Ebbene, varie associazioni ritengono che prima dei 15 anni una ragazza non sia né fisicamente né emotivamente pronta per sposarsi. Pertanto ritengo appunto doveroso votare in maniera contraria rispetto al mio gruppo, quindi in maniera favorevole, perché ritengo che soldi, fondi per la cooperazione siano molto più importanti per una situazione di questo tipo rispetto alle nostre missioni militari.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, secondo me dobbiamo votare in maniera favorevole a questo emendamento, perché dobbiamo fare di tutto per spostare questi fondi dalla missione militare in Afghanistan alla cooperazione. Quindi utilizziamo anche questo emendamento, poi nei successivi emendamenti del MoVimento 5 Stelle magari destinandoli in maniera più precisa ad una specifica politica di pace.
  Negli scorsi interventi che ho fatto ho parlato della partecipazione italiana a questa invasione dell'Afghanistan, che è ed è stata illegittima dal punto di vista del diritto internazionale, ma anche fallimentare dal punto di vista umanitario, perché abbiamo bruciato enormi risorse in questi 11 anni per dispiegare le nostre truppe, quindi di fatto fare una guerra, perché – dovete saperlo – il 98 per cento delle spese è stato dedicato appunto a questo e solo il 2 per cento all'aiuto delle popolazioni. Quindi è chiaro...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  DALILA NESCI. ... che non si trattava di una missione di pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Saluto a nome di tutta l'Assemblea l'onorevole Denis Becirovic, Presidente della Camera dei rappresentanti della Bosnia-Erzegovina, che sta assistendo ai lavori dell'Aula dalla tribuna del pubblico (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Spessotto. Ne ha facoltà.

  ARIANNA SPESSOTTO. Signor Presidente, io volevo ultimare l'intervento su un emendamento molto simile, che ieri non ho potuto ultimare.
  Stavo parlando appunto di cooperazione allo sviluppo, dei fondi che dedichiamo alla cooperazione allo sviluppo. Le ultime statistiche dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico pongono l'Italia agli ultimi posti nella classifica dei Paesi donatori per l'aiuto pubblico allo sviluppo. Nel 2009 solo lo 0,16 per cento del PIL interno è stato dedicato alla cooperazione allo sviluppo, molto lontano dall'obiettivo dello 0,5 per cento entro il 2010 e dello 0,7 per cento entro il 2015, cui l'Italia ha più volte aderito insieme agli altri Paesi industrializzati. E a quanto pare la posizione dell'Italia in questa classifica è purtroppo destinata a regredire ulteriormente.
  Vorrei poi ricordare che nel vertice NATO tenuto a novembre del 2010 a Lisbona si è deciso di ritirare i militari dall'Afghanistan entro il 2014, però la Francia ha anticipato tutti in questo settore e, infatti, ha deciso di ritirare il suo contingente portando a casa le truppe da combattimento già nel 2012, esempio che Pag. 29avremmo dovuto seguire anche noi allora, ma che siamo sempre in tempo a seguire oggi.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  ARIANNA SPESSOTTO. Io voterò favorevolmente a questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, questo è un altro emendamento concentrato nel tentativo di anticipare il termine della missione in Afghanistan con un risparmio di risorse.
  Come ho già detto prima, il nostro non vuole essere un ritiro dalle responsabilità internazionali del Paese, ma tutt'altro, come dimostreranno poi i prossimi emendamenti.
  Il vero problema, Presidente, è il ripiegamento del diritto internazionale dai propri strumenti, la rinuncia dei propri istituti alle ragioni della guerra. Ieri il Ministro della difesa ci ha rassicurato che il gruppo navale della Cavour, in missione in Africa, non ha fra i propri obiettivi la vendita di armi. Eppure è innegabile che il comparto armiero mantiene un ruolo rilevante nella nostra economia. Il nostro Paese esporta armamenti. Fra gli strumenti a cui il diritto internazionale ha abdicato vi è lo strumento dell'embargo delle armi, oggi ridotto ad uno strumento di politica internazionale verso qualche regime...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  LUIGI LACQUANITI. ... un tempo era invece uno strumento per la soluzione pacifica dei conflitti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

  FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, solo per apporre il mio voto favorevole a questo emendamento che considero veramente importante. Però vorrei far notare anche uno stato di confusione che in molti interventi è presente. La confusione deriva da definire missioni di pace e missioni di guerra spesso la stessa cosa. E questo è sicuramente un male comune. La confusione nasce anche sui numeri stessi. Ho sentito alcuni deputati parlare di 75 mila persone vittime civili, altri 275 mila; altri di spostamenti di fondi per la cooperazione di 80 milioni di euro, altri 300 milioni; altri di 5 miliardi e mezzo di euro e altri ancora di 4 miliardi e mezzo del costo totale della nostra missione in Afghanistan. La mia proposta è di togliere qualsiasi stato di confusione mentale e finalmente di poter terminare qualsiasi tipo di missione e passare i nostri investimenti nei confronti di fondi per la cooperazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, voglio ricordare alcuni stanziamenti che sono stati fatti: 266 milioni di euro per guerre al fronte e solo 23 milioni di euro in cooperazione. Tutto questo non è possibile. E l'Italia è da sempre in prima linea nello sviluppo dei Paesi colpiti da guerre e tragedie. Mentre l'Italia continua ad andare a fondo, solo per la missione in Afghanistan i Governi del modello unico PD e PdL hanno buttato circa 5 miliardi di euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Con questi miliardi, cosa avremmo potuto fare ? Penso all'impresa, alla forte tassazione. Avremmo potuto agire sul cuneo fiscale e sull'IRAP. Si cambia il nome alle tasse per fare campagna elettorale, ICI, IMU, TRISE. Tutto cambia, nulla cambia. Tutto questo è ridicolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Scagliusi. Ne ha facoltà.

Pag. 30

  EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, il gruppo del MoVimento 5 Stelle come prima azione in questa Camera, soprattutto per la Commissione esteri, ha presentato una mozione di ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Noi proponevamo una exit strategy per ritirare queste truppe. Attualmente attendiamo ancora che venga calendarizzata, sia in Commissione che in Aula.
  Noi in questi dieci giorni stiamo lottando, sempre per questo obiettivo, su questo decreto-legge. Abbiamo proposto emendamenti per ritirare le truppe dall'estero e per garantirne un ritorno adeguato, stanziando quindi anche i fondi per il ritiro di queste truppe.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,32)

  EMANUELE SCAGLIUSI. Infatti, pensiamo che non si debbano aggiungere altri morti ai cinquantatré che sono già morti in missione in Afghanistan.
  In questo decreto-legge vengono stanziati 266 milioni per le guerre e solamente 23 milioni per la cooperazione internazionale: una sproporzione inaudita se pensiamo che il rapporto è di circa il 10 per cento. Soprattutto se consideriamo che l'Italia è sempre stata in prima fila per quanto riguarda la cooperazione e per lo sviluppo di questi Paesi...

  PRESIDENTE. Grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, anzitutto ringrazio il gruppo per il momento di riflessione che sta concedendo a quest'Aula e l'importanza di tale momento di riflessione mi ha permesso, ad esempio, di approfondire un tema che, in realtà, mi ha creato ulteriori dubbi, non certo certezze, e che riguarda il problema dell'acqua in Afghanistan. Un problema colossale, non tanto perché in Afghanistan non ci sia acqua, anzi ce n’è in quantità abbondante, dalle ricerche che ho potuto condurre in queste giornate di riflessione, ma perché presenta problemi di utilizzabilità, nel senso che è ricca di batteri ed ha una eccessiva salinità. Non sono riuscito a concludere il ragionamento, ma magari lo farò con il prossimo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brugnerotto. Ne ha facoltà.

  MARCO BRUGNEROTTO. Signor Presidente, vorrei semplicemente ricordare una delle tante vittime di queste inutili missioni di pace, finte missioni di pace e, invece, vere e proprie missioni di guerra. Matteo Vanzan, classe 1981, è un mio concittadino. Giovane volontario dalle bellissime qualità morali e professionali, comandato in missione in terra irachena nell'ambito dell'operazione «Antica Babilonia», si prodigava con grande professionalità ed efficacia per l'assolvimento della missione. Il 16 maggio 2004, impegnato nella rischiosa attività di vigilanza presso la base italiana Libeccio dislocata nella periferia di Nassiriya, era sottoposto ad attacchi da parte di elementi ostili, veniva investito mortalmente dalle schegge di una granata di mortaio esplosa nei pressi della sua postazione.
  Matteo Vanzan era un ragazzo che potrebbe essere tranquillamente nostro fratello o figlio di qualcuno di tutti voi: basta missioni di guerra in Afghanistan...

  PRESIDENTE. Grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Vita. Ne ha facoltà.

  GIULIA DI VITA. Signor Presidente, anche a costo di risultare noiosa, vorrei ritornare all'esempio che facevo precedentemente riguardo ai programmi di cooperazione internazionale rivolti al tema della violenza sulle donne e, tra l'altro, mi fa molto piacere che il tema sia stato sollevato anche dal collega Gallo. Il mio timore Pag. 31è quello che nella giornata del 25 novembre, come dicevo poc'anzi la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la politica riprenderà a fare la solita passerella per dimostrare quanto siamo vicini alle donne, salvo poi autosmentirci qui in Aula quando poi approviamo decreti-legge, per così dire, bizzarri.
  Vorrei quindi riportare le parole di alcune donne libiche che, invece, sostengono quanto sia importante l'apporto italiano: «Credo che l'Italia sia il Paese che ci può aiutare di più. Le nostre storie si sono intrecciate. Inoltre viviamo tutte sulle sponde del Mediterraneo. È giusto che si apra un dialogo...

  PRESIDENTE. Grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

  MATTEO DALL'OSSO. Signor Presidente, mi coglie a sproposito perché praticamente dopo tutti questi interventi non sapevo che opinione farmi. Alla fine, cioè, è la domanda ad essere sbagliata. Qui ci chiediamo se diminuire il finanziamento per l'impiego dei nostri militari all'estero. Ma stiamo scherzando: per la guerra ? Ma tutti a casa ! Tutti, tutti, tutti a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nicola Bianchi. Ne ha facoltà.

  NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, io intervengo in dissenso dalla collega Spadoni, perché la ratio di questo emendamento, come del precedente, è di buon senso e, quindi, annuncio il mio voto favorevole.
  Inoltre, volevo porre l'accento sulla criticità di questo decreto-legge, che, appunto, mette l'ennesima pezza, una pezza che ci costa 266 milioni per tre mesi, quando noi, in realtà, abbiamo bisogno di una legge-quadro che faccia chiarezza su quello che vogliamo fare sulle missioni, su come vogliamo gestire i nostri interventi all'estero.
  Concludo dicendo che, comunque, noi siamo contrari alla guerra.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tacconi. Ne ha facoltà.

  ALESSIO TACCONI. Signor Presidente, come il mio collega precedentemente ha detto, anch'io intervengo in dissenso dalla mia collega Spadoni e annuncio il mio voto favorevole a questo emendamento.
  Visto che questo emendamento fa particolare riferimento all'articolo 5 di questo provvedimento, volevo sottolineare come sia indispensabile un aumento dei fondi per il sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ALESSIO TACCONI. Volevo però ancor di più sottolineare come questo articolo già prevede che si possano destinare delle risorse ad iniziative di cooperazione in altre aree di crisi e si può, quindi, costituire strutture operative temporanee per assicurare la costruzione di attività ed organizzazioni...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tacconi.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Terzoni. Ne ha facoltà.

  PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, io insisto ancora con Mauro: perché non è qua. Allora io mi dico: vedo Letta e tutto il resto dei Ministri che vanno in televisione, mentre non sono qui a lavorare. Ora, io voglio capire se il Governo ha la stessa idea del senatore Silvio Berlusconi, che considera il popolo italiano come dei bambini che hanno dieci anni, neanche tanto svegli, e quindi, pensa di Pag. 32andare in televisione e che, andando in televisione, tutto il popolo sia contento del lavoro che svolgono, mentre, nella realtà, non sono neanche qui a svolgere il loro lavoro.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PATRIZIA TERZONI. Quindi, per l'ennesima volta, chiedo che Mauro sia presente qui in quest'Aula, oppure, se non c’è lui, che venga direttamente Letta o, se proprio non si può, Franceschini, visto che, in teoria, è colui che si dovrebbe occupare del rapporto tra Parlamento e Governo, perché, altrimenti, avanti così non si può andare. A questo punto, chiedo di sospendere l'Aula, quindi, faccio un appello al delegato della...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Terzoni.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nuti. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, il MoVimento 5 Stelle lo chiede da sempre, è stata una delle prime azioni del gruppo in Parlamento: è stata la richiesta del ritiro immediato delle truppe con un'adeguata exit strategy. Da quasi dieci giorni, stiamo lottando per far rientrare i nostri soldati in patria al sicuro e dalle loro famiglie. Non vogliamo aggiungere morti ai 53 già sacrificati per una missione inutile.
  Il fondo di stanziamento di 266 milioni di euro in guerre a fronte di 23 milioni per la cooperazione ferisce la tradizione italiana, da sempre in prima linea nello sviluppo dei Paesi colpiti da guerre e tragedie.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  RICCARDO NUTI. E a ciò aggiungo che, quando il collega Vecchio interviene a favore della pace e contro la guerra, io mi domando: ma perché gli altri colleghi degli altri partiti vogliono continuare ad avallare questo sistema, che produce morte anziché benessere e non benessere...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Nuti.
  Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «G. Mazzini» di Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, intervengo per invitare il sottosegretario Alfano, che ringrazio per essere presente, a superare la timidezza che lui ha nei confronti di quest'Aula e dei nostri interventi.
  Qua gli onorevoli che stanno intervenendo fanno proposte, propongono soluzioni, chiedono risposte. Visto che lei ha l'onore e l'onere di rappresentare il Governo, per favore dialoghi con noi, dialoghi con questa Assemblea, sennò cosa sta a fare qui ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, con questo provvedimento il Ministro Mauro ci chiama a votare su un importo di circa un milione e mezzo a giornata per la crociata in Afghanistan. Le cifre in assoluto non dicono niente, vanno raffrontate.
  L'Italia per l'emergenza del tifone delle Filippine ha speso un milione, un misero milioncino, il 50 per cento in meno in tutto fino adesso. Con questo importo l'Italia è la maglia nera tra i Paesi chiamiamoli «sviluppati». La piccola Irlanda lo supera in questo e addirittura la CEI, la Conferenza Episcopale, dell'8 per mille ha destinato 3 milioni, tre volte tanto lo Stato italiano, a questa tragedia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

Pag. 33

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, relativamente a questo emendamento anch'io, in dissonanza rispetto a quello che la collega Spadoni aveva chiarito nel suo intervento, ritengo di dover votare positivamente.
  Voglio elencare semplicemente due numeri che, in maniera molto cruda, fanno presente quella che è la situazione dal 7 ottobre 2001 in Afghanistan. Al momento quella che era un'azione di pace ha prodotto 3.228 morti tra i militari. Forse i militari, più o meno, sapevano il rischio al quale andavano incontro, però i civili no. Probabilmente stime, diciamo così, per difetto parlano di oltre 3.000 morti tra i cittadini, di cui molti tra bambini e donne.
  Allora, Presidente, sono qui a chiedermi quanto ancora dobbiamo attendere perché l'Italia si tiri fuori da questo che è un assassinio di massa e quanto ancora può valere una singola vita rispetto a quello che stiamo facendo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fantinati. Ne ha facoltà.

  MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, il mio intervento è per dissociarmi da quanto espresso dall'onorevole deputata Spadoni. Io però vorrei riflettere più che su concetti, mi piacerebbe appoggiarli a dei numeri. Non si può mantenere una pace, aiutare un Paese con le armi, bisogna assolutamente mantenere un Paese con gli aiuti, ma gli aiuti debbono essere ponderati, devono essere controllati.
  Do due numeri: tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale, ma una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afgana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti donatori europei e americani intendono destinare sono stati presi e dati...

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io volevo richiamare l'attenzione di questa Assemblea sulla difesa della Costituzione. Ma non la nostra Costituzione, visto che abbiamo avuto testimonianza che questi partiti in qualche modo l'hanno ignorata più volte, quanto quella della Repubblica islamica dell'Afghanistan. Perché noi siamo andati lì dicendo che c'erano i Talebani, che distruggevano la loro storia, i loro monumenti, che imponevano alle donne il burqa. Ebbene, ci sono state due elezioni, nel 2004 e nel 2009, è una Repubblica, è uno Stato sovrano. Cosa ci stiamo ancora a fare in quel Paese ? Io lo dico anche per i ragazzi che ci ascoltano dalle tribune: rispettiamo almeno una Costituzione, anche se non è la nostra.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Siccome stiamo «scivolando» sulla Costituzione islamica, ricordo sempre a tutti che stiamo parlando dell'emendamento Duranti 1.207, che prevede una riduzione di spesa, ma lo dico semplicemente perché ci aiuta. Grazie.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, la ringrazio per la dovuta precisazione. Innanzitutto volevo dire che precedentemente ho votato in dissenso dal gruppo, astenendomi, proprio perché ritenevo che fosse un errore porre una data antecedente alla effettiva votazione di questo decreto-legge. In realtà, in questo momento voglio votare altresì in dissenso rispetto alla posizione della mia collega Spadoni, proprio perché il nuovo emendamento non prevede una data antecedente, ma prevede, sì, una riduzione di spesa e quindi lo valuto in maniera molto positiva. È per questo che voterò in maniera favorevole, come spero voti tutta l'Aula.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gagnarli. Ne ha facoltà.

Pag. 34

  CHIARA GAGNARLI. Signor Presidente, vorrei commentare questo emendamento con le parole di uno scrittore, Massimo Fini, che parla di «guerra democratica»: le guerre democratiche che i nostri Governi più o meno sotto banco hanno fatto digerire ai Parlamenti, forzando la Costituzione, con la scusa della crociata contro il terrorismo internazionale. Risultato: una vera e propria infamia, senza neppure la tragica consolazione della verità. Pretendiamo di fare la guerra per il bene di coloro che bombardiamo, uccidiamo, assassiniamo, devastiamo. È una specie di Santa inquisizione planetaria e quello che è intollerabile è l'ipocrisia. La guerra democratica è un conflitto-fantasma non dichiarato, negato persino dal nome bugiardo che lo nasconde. Missioni umanitarie, difesa dei diritti umani, il nemico è sempre un criminale o un terrorista.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, questa volta non vorrò fare degli approfondimenti etimologici sulle parole che riguardano questo emendamento, ma annuncio innanzitutto il voto in dissenso rispetto al mio gruppo perché approvo questo emendamento. Approfitto, anche, in quanto insegnante, della presenza degli alunni e dei ragazzi nelle tribune per chiedere loro – non pretendo di essere come il Papa che chiede di portare una carezza a casa – di portare un messaggio che sarebbe questo: mentre i partiti PD e PdL principalmente sono pronti a tagliare al loro futuro, cioè alla scuola e all'istruzione, non vogliono, invece, tagliare, anzi, aumentano, i fondi per le missioni militari e per le guerre che vengono condotte all'estero. Quindi, che i ragazzi sappiano quello che non arriva tramite i giornali e cioè che i partiti, PD e PdL, tagliano all'istruzione, come hanno fatto in questi anni, ma non tagliano alle missioni militari all'estero.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duranti 1.207, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Duranti, Agostini Luciano, Palma...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  450   
   Maggioranza  226   
    Hanno votato  118    
    Hanno votato no  332.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Rosato e Distaso hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Dobbiamo ora passare ad una serie di emendamenti a scalare, da Piras 1.4 a Fava 1.33, vale a dire emendamenti che nella parte principale si differenziano tra di loro esclusivamente per variazioni a scalare di date. In base all'articolo 85, comma 8, del Regolamento, come applicato nella prassi assolutamente costante, la Presidenza porrà in votazione il primo emendamento Piras 1.4, a pagina 2, e due emendamenti intermedi Piras 1.12, alle pagina 5 e 6, e Scotto 1.19, a pagina 8, e l'ultimo emendamento della serie Fava 1.33, a pagina 14, dichiarando assorbiti gli altri.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, con questa serie di emendamenti, a questo punto devo dire, non più solo con l'emendamento Piras 1.4, chiediamo il ritiro anticipato delle nostre truppe dall'Afghanistan e chiediamo di poter utilizzare le risorse risparmiate per progetti di cooperazione civile, e trasformazione della missione militare in missione civile. Noi chiediamo lo spostamento di queste risorse al comma 1 dell'articolo 5. Voglio Pag. 35ricordare che il comma 1 dell'articolo 5 recita: «Per iniziative di cooperazione volte ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e il sostegno alla ricostruzione civile in favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Paesi ad essi limitrofi è autorizzata (...) la spesa di euro 23.600.000 (...)».
  Allora, io credo davvero che 23.600.000 euro per il miglioramento delle condizioni di questi popoli sia davvero una cifra irrisoria, una cifra che non servirà assolutamente e non garantirà alcun miglioramento delle condizioni di vita. Ed è per questo che vi chiediamo di votare a favore di questo nostro pacchetto di emendamenti, per aumentare le risorse al comma 1 dell'articolo 5.
  Noi vogliamo approfittare di questa serie di emendamenti anche per porre un tema: in queste ore, ieri e oggi, abbiamo parlato di cooperazione civile, di cooperazione e sviluppo, di missione civile, però non abbiamo riflettuto a sufficienza, secondo me, sulle modalità operative che oggi sono in atto in Afghanistan come in altri Paesi, e che riguardano, appunto, la cooperazione civile. Le modalità operative sono denominate civil military cooperation, che è una modalità operativa che lega l'intervento militare a quello umanitario, subordinando l'intervento umanitario all'intervento militare, il primo al secondo. Con i civil military cooperation i militari hanno un ruolo di guida e hanno un ruolo determinante anche nelle attività di cooperazione civile e di cooperazione allo sviluppo.
  In questi anni – è dal 1999 che è in atto questa modalità operativa da parte della NATO – si è sviluppato un dibattito tra gli operatori umanitari. Gli operatori umanitari chiedono e ci chiedono che finalmente questa modalità operativa venga soppressa, che non sia più in uso. Lo chiedono perché evidenziano tutta la difficoltà che hanno avuto in questi anni a portare a termine operazioni di cooperazione civile, perché appunto questo dispositivo subordina la loro attività a quella militare.
  Voglio ricordare che le associazioni e le organizzazioni umanitarie hanno una modalità di lavoro completamente differente: lavorano in rete, hanno collegamenti di livello internazionale, continentale, nazionale e persino locale, e hanno, appunto, modalità di approccio e anche di comprensione dei processi politici in atto nei diversi Paesi che sono ovviamente differenti da quelli dei militari. Per cui io credo – e concludo, Presidente – che dobbiamo riportare al centro della nostra discussione intanto la necessità di investire più risorse nella cooperazione civile e nella cooperazione allo sviluppo, ma anche di portare al centro la discussione, su quali sono le modalità operative che devono avere gli operatori umanitari e le attività umanitarie nei Paesi in conflitto o in post-conflitto.
  Così come è stato sino ad adesso con i civil military cooperation, gli operatori umanitari ci raccontano che hanno avuto grandi difficoltà e spesso la loro attività è stata vanificata invece dalle esigenze dell'intervento militare che, come dicevo, ha un ruolo determinante rispetto all'intervento umanitario.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, con questo emendamento e con i seguenti noi proponiamo, a scalare, una riduzione dei tempi della missione in Afghanistan e la conseguente redistribuzione delle risorse. Io voglio, diciamo, concentrarmi su un aspetto che oggi non abbiamo toccato, ma che mi pare coinvolto da questo dibattito; quando quotidianamente commentiamo l'andamento dei flussi migratori, in particolare di quelli che riguardano i profughi, i profughi di guerra, chi viene nel nostro Paese a chiedere asilo, ci sono parti politiche che ricordano a noi, a quelli che parlano della necessità di investire nell'accoglienza, che bisognerebbe aiutare chi scappa dalle guerre in loco. Ecco, per aiutarli in modo più efficace forse sarebbe l'ora di smettere di investire Pag. 36in armi, in missioni militari, in guerre che non fanno altro che aumentare la disperazione di quei popoli e di investire lì, in politiche di pace, innanzitutto dando più risorse alla cooperazione internazionale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, abbiamo visto che i nostri emendamenti sono stati considerati, essendo a scalare, emendamenti fotocopia. E però questi emendamenti in realtà interpretano, diciamo, un sentimento, una angoscia, che è quella di chi chiede una scelta sulle date del ritiro. Non è un fatto secondario, né un fatto strumentale, è un orientamento per favorire le politiche della pace e per dare un segnale alla popolazione e ai militari di certezza nei tempi. Noi lo chiediamo di nuovo, caro Presidente, chiediamo una risposta al sottosegretario Alfano. Non è più il tempo di tacere.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, noi siamo favorevoli a questa serie di emendamenti che sono stati accorpati, perché comunque la direzione è quella di eliminare queste missioni che noi non condividiamo. Per motivare questa scelta anche ribadisco un concetto che per noi è importante, ovvero cosa potremmo fare con questi soldi.
  Con questi soldi, ad esempio, in cooperazione potremmo utilizzarli per il microcredito. Ora io non so quanti di voi conoscano le teorie di Muhammad Yunus, che ha vinto anche un premio Nobel nel 2006 per la sua teoria sul microcredito. Il microcredito in che cosa consiste ? Siccome uno dei più grandi problemi per l'accesso allo sviluppo nei Paesi del Terzo e Quarto mondo, è l'accesso al credito, perché chiaramente le banche, questo succede anche in Italia quindi figuratevi in quei Paesi, non garantiscono una elargizione di fondi se non si ha una copertura, il microcredito si fonda sul principio che io ti do a disposizione una piccolissima quota, una piccolissima elargizione economica che ti permette di avviare la tua attività, te la garantisco, cioè parliamo di cifre intorno ai 100 dollari, quindi veramente basse, per le quali non c’è una grave impossibilità, diciamo, di recuperare il credito, perché non è chiaramente un problema su 100 dollari.
  Questo si dà come credito e in garanzia si chiede soltanto che si vada a chiedere il credito in più persone, quindi con più progetti da avviare, e ci sia un legame sostanzialmente di fiducia tra queste persone, quindi per lo più sono parenti, oppure membri dello stesso villaggio. Questo fa sì che io ottengo il credito e mi viene data una scadenza: entro quella data dovrai darci indietro il credito che ti abbiamo elargito, altrimenti la persona che è venuta con te non potrà avere il credito per la sua attività. Questo innesca un meccanismo virtuoso, di responsabilità all'interno dei villaggi, delle comunità.
  Tra l'altro aggiungo che, specialmente nei villaggi africani, ad esempio il concetto di comunità e di solidarietà nella comunità stessa è un concetto molto, molto più intrinseco rispetto a quello che noi abbiamo perso con la speculazione e mettendo la finanza prima di ogni altra cosa. Di conseguenza – ve lo dico per esperienza diretta – in Africa, ad esempio, con piccole elargizioni di 100 dollari si riesce a fare un forno dove otto donne possono produrre pane, e quindi restituire poi il debito avendo creato un'attività, e questo l'ho visto direttamente: questo fa sì che questo meccanismo virtuoso si inneschi realmente.
  Ora io chiedo, fatevi un semplice conto: abbiamo speso 5 miliardi in Afghanistan in circa 12 anni. Mettiamo semplicemente che un 30 per cento di questi 5 miliardi fosse stato investito in cooperazione, prendete questa cifra e dividetela per cento dollari: avete ottenuto una serie di progetti di microcredito che avrebbero permesso a tantissime donne – e mi riferisco a loro in particolare, perché anche questo deriva Pag. 37dalla conoscenza un po’ che ho dell'Africa, le donne lì sono esattamente quelle che portano avanti i villaggi – di avviare le loro microattività, avrebbero potuto creare il benessere in quei villaggi; che non è certamente il nostro, e dico «per fortuna», perché il nostro concetto di benessere è abbastanza distorto, avrebbero creato quella quota base di benessere che avrebbe permesso loro di migliorare le sorti del proprio villaggio e di non dover cercare fortuna altrove. Quando dico «fortuna altrove», mi riferisco ad esempio alla migrazione massiccia che c’è dai villaggi rurali nell'area del Katanga per andare, ad esempio, a Lubumbashi o a Kinshasa, che sono le due città più importanti in quelle zone del Congo; oppure, se facciamo lo stesso ragionamento in larga scala, possiamo pensare a queste persone che vanno via da lì e non vanno a Lubumbashi o a Kinshasa, ma vengono in Europa, vengono in Italia, e poi ci lamentiamo quando morirono nelle carrette del mare.
  Quindi, mi chiedo: vogliamo mantenere e continuare ad alimentare questo meccanismo, perverso, dell'attuazione del nostro benessere a scapito altrui, o vogliamo iniziare a pensare, ad esempio, a progetti di microcredito finanziati in cooperazione internazionale, e quindi a migliorare le basi del benessere dei Paesi con cui facciamo partenariati sempre più folli dal punto di vista economico, ma mai positivi in termini di benessere di quei popoli ? Questo è un punto sul quale dovremmo interrogarci tutti, perché è facilissimo, come dicevano prima alcuni colleghi, uscire da quest'Aula e definirsi pacifisti, definirsi attivisti della cooperazione internazionale; ma quando si ignorano concetti base, come appunto il microcredito, come lo sviluppo sostenibile e come lo sviluppo e l’empowerment femminile, questo non si può mai raggiungere. Riflettiamo quindi su queste cose e votiamo di conseguenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, con questo emendamento, e con gli altri, quelli a seguire, chiedevamo e chiediamo il ritiro anticipato delle nostre truppe; e soprattutto chiediamo l'utilizzo delle risorse in più per iniziative di cooperazione, soprattutto a sostegno della ricostruzione. Noi chiediamo che vengano inserite le somme in più al comma 1 dell'articolo 5.
  La mia collega prima ha riportato una cifra, che è quella di 23 milioni 600 mila euro. Purtroppo è veramente difficile immaginare di fare cooperazione con una cifra così piccola; a maggior ragione, ripetiamo, quando la presunzione e l'ambizione è quella di andare a fare cooperazione ed integrazione in una realtà che abbiamo già distrutto con la guerra.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, con i nostri emendamenti in sequenza noi abbiamo un obiettivo: subito fuori le truppe dall'Afghanistan e subito ricominciamo a ricostruire un Paese. Ce lo dicono due fonti: la Banca Mondiale dice che il prodotto interno lordo dell'Afghanistan è al 95 per cento dipendente da aiuti esterni; Amnesty International ci dice che c’è un aumento in questi anni esponenziale della violazione dei diritti umani. Entrambe queste cose ci parlano di un Paese da ricostruire ! Non le truppe, via le truppe: iniziamo subito a dare una mano con missione civile sulla ricostruzione del Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, noi abbiamo un grande sogno: il fatto che il nostro Paese possa diventare davvero un grande Paese di pace, esportatore di pace, e non esportatore di armi. Non vogliamo più vedere le nostre navi che vanno in giro per il mondo a cercare Pag. 38di piazzare un po’ di sistemi d'arma; invece vorremmo davvero che i soldi per la cooperazione internazionale potessero dare aiuto a quelle popolazioni, a quei nostri fratelli al di là del mare, che soffrono costantemente.
  Questo è l'obiettivo che noi ci poniamo con questo emendamento e con gli altri che stiamo presentando, la speranza cioè di avere quelle risorse necessarie per sostenere i popoli in via di sviluppo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, cari colleghi, è bene sapere che è opportuno andarsene dall'Afghanistan immediatamente e non spendere più un soldo per questa avventura militare, anche per via dello sfruttamento che viene fatto nei confronti dei minori in Afghanistan. Ma da chi ? Dalle Forze armate afgane, che noi in questo momento siamo là, così ci viene detto dai vertici militari e dal Ministro Mauro, per addestrare, cioè nelle Forze armate afgane vengono utilizzati minori e spesso sono soggetti ad abusi sessuali.
  Questo per noi non è tollerabile e non può essere tollerabile per uno Stato democratico e civile come l'Italia. Dobbiamo andarcene via subito con le forze militari. Per cui occorre impegnare risorse perché questi ragazzini, anziché finire nel vortice della schiavitù militare, finiscano invece in un vortice virtuoso, quello della crescita, quello dell'educazione, della possibilità di creare una propria famiglia, quello della democrazia, dell'accesso a spazi di democrazia. È su questo che vogliamo che vengano messe appunto le risorse della cooperazione internazionale. È per questo motivo che con questo emendamento e con tutta una serie di altri emendamenti chiediamo di aumentare le risorse e di portare via i nostri soldati immediatamente dall'Afghanistan, anche perché stiamo avendo un ruolo veramente brutto nell'ambito della relazione con le Forze armate afgane, che non hanno nulla di democratico, come è ben risaputo dai nostri vertici militari.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, più di duemila anni fa a poca distanza da qui, dove noi oggi sediamo, nel Senato della Repubblica romana Catone il censore soleva ripetere alla fine di ogni orazione la solita frase: «Carthago delenda est», Cartagine deve essere distrutta. Ora io, nonostante questa breve distanza che ci separa, credo in realtà e sono certo di non appartenere né alla storia né alla cultura che animava Catone nel pronunciare quelle parole, ma di appartenere invece ad una storia e ad una cultura che ha un altro imperativo. Il nostro imperativo è: la guerra deve essere fuori dalla storia; mettiamo la guerra fuori dalla storia. Ed è per questo che anch'io, come tutti i miei compagni, vi ripeteremo la stessa domanda da qui alla fine: ma perché siamo in Afghanistan e perché continuiamo ad impegnarci in operazioni belliche ? Voi una risposta non ce la sapete dare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, sempre parlando di questo emendamento, prima è stato detto che si è favorevoli a questo emendamento. A me però sorge un dubbio, nel senso che, se è giusto il contenuto, quindi il ritiro delle truppe da ISAF ed Eupol, però in questo emendamento non si parla di una exit strategy e basicamente pensare che i nostri ragazzi in Afghanistan possano ritornare il 15 novembre non mi sembra fattibile al momento. Quindi, io annuncio il mio voto di astensione perché, pur condividendone il contenuto, credo che non sia attuabile, data appunto la data così vicina.

Pag. 39

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, a leggere il rapporto di Amnesty International, ci sono dei fatti abbastanza evidenti. Il rapporto ci dice che il popolo afgano ha continuato a subire gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario dopo più di dieci anni, da quando gli USA e i loro alleati hanno destituito il regime dei talebani.
  L'accesso alle cure sanitarie, all'istruzione e agli aiuti umanitari è stato peggiorato, in particolare nel sud e nel sud-est del Paese, a causa dell’escalation del conflitto armato tra le forze afgane, le forze internazionali, i talebani e altri gruppi armati.
  Le violazioni legate al conflitto sono aumentate nel nord e nell'ovest dell'Afghanistan, zone considerate, in precedenza, relativamente sicure. Quindi, cosa ci venite a raccontare ? Cosa c’è da stabilizzare ? Una situazione che va costantemente peggiorando ? Va posto un termine a tutto ciò: la pace si fa con la cooperazione internazionale, non aumentando i conflitti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei che su questi emendamenti, in qualche modo, si esprimessero anche i colleghi di PD, PdL e Scelta Civica, perché i vostri elettori vogliono sapere cosa pensate al riguardo (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà) e non è giusto condurre così questa discussione tanto seria e importante.
  Rispetto all'emendamento, in effetti, concordo con la collega Spadoni: non possiamo pretendere di ritirare le truppe entro il 15 novembre 2013, sarebbe proprio inattuabile. Perciò chiediamo, con i successivi emendamenti, di predisporre un'adeguata exit strategy, cioè entro il 31 dicembre 2013. Questo sarebbe possibile, proprio perché questo decreto diventa attuabile e operativo il 10 dicembre. Quindi, il minimo che si può fare è renderlo operativo da quella data e, ovviamente, entro il 31 dicembre, favorire questo rientro dei militari italiani dall'Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, vorrei insistere sul fatto che vi è un problema numerico. Nella tabella allegata all'articolo 1 del decreto, cioè quell'articolo che la maggioranza e il Governo non ci hanno consentito di trattare in maniera separata, missione per missione, sono riportate 25 voci di spesa e 24 cifre allegate di presenze militari in riduzione o in aumento.
  Per ISAF, in Afghanistan, si prevede una riduzione nell'ultimo trimestre di una presenza di 200 soldati, più 100 vanno nella missione nei Balcani, meno 430 nelle missioni Atalanta e Ocean Shield e più 54 nel Corno d'Africa. Ora, chiedo al sottosegretario Alfano di darci una risposta: sono 200 in meno, in Afghanistan, come c’è scritto qui, e sono atti ufficiali, o sono 486 in meno, come ci ha detto ieri il Ministro Mauro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, in Afghanistan vi è anche chi fa cose diverse. Emergency, dal dicembre 1999 al 30 giugno 2013, ha curato in Afghanistan 3.775.000 persone nei tre centri chirurgici di Anabah, nel Panshir, di Kabul e di Lashkar-gah, nel centro di maternità del Panshir e nei tanti posti di primo soccorso. Si sono fatte cifre sui morti in Afghanistan: le cifre, purtroppo, sono molto più Pag. 40alte. In 34 anni di conflitti, in Afghanistan, sono morte un milione e mezzo di persone e vi sono stati 4 milioni di profughi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Basilio. Ne ha facoltà.

  TATIANA BASILIO. Signor Presidente, quest'ultimo decreto rappresenta un curioso, quanto imbarazzante, incidente politico. Nel travagliato iter che ha avuto, è giunto, infatti, in clamoroso ritardo, per effettiva mancanza di copertura economica, ma, soprattutto, io direi, per manifestata incapacità politica.
  Il nostro dibattito in Aula, così prolungato, direi che è in funzione di poter dare le informazioni necessarie al Governo per fargli comprendere che questo rifinanziamento deve volgere verso il rientro delle truppe – ovviamente, un inizio – e verso lo sviluppo alla cooperazione. Lo sviluppo e il cambiamento si portano – voglio ricordare all'Aula – amplificando la cultura e non investendo in armamenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colonnese. Ne ha facoltà.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, io stranamente sono di nuovo in dissenso con la collega Spadoni e con la collega Nesci, ma semplicemente perché io penso che stiamo parlando di programmazione. Parliamone in modo pacifista. Iniziamo a considerare che il 15 novembre può essere una data opportuna per iniziare a parlare del rientro dei nostri militari. I nostri militari sono dei ragazzi che sono buttati in territorio di guerra e non solo vivono l'ipocrisia di ritenere di essere in missione di pace, ma sono anche quei ragazzi che devono presidiare i centri di accoglienza, i CARA, i CIE, dei posti in cui le nostre missioni di pace portano l'accoglienza ai rifugiati. Ora, si dovrebbe considerare che cosa significa «accoglienza». Quindi io voterò in maniera positiva.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, voto positivo ovviamente anche da parte nostra. A me è dispiaciuto particolarmente che ci sia stata «scippata» dalla Presidenza questa scalata di date del possibile ritiro delle truppe dall'Afghanistan. A me sarebbe capitato di calendarizzarlo il 4 dicembre, che è la giornata di Santa Barbara. Santa Barbara è la patrona delle persone esposte al rischio di morte immediata, e sarebbe stata una coincidenza felice e simbolica (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Purtroppo...

  PRESIDENTE. Ha ancora 20 secondi, onorevole Kronbichler. Prego. Le volevo anche dire – e approfitto, non volevo interromperla perché capisco che l'intervento è di un minuto e non la voglio interrompere – che l'affermazione che la Presidenza «ha scippato» mi sembra francamente fuori luogo. La Presidenza applica il Regolamento in base alle norme del Regolamento e alla prassi consolidata. La parola «scippo» prevede una volontà della Presidenza che non è, le posso garantire, da parte mia e da parte tutti gli altri Vicepresidenti e della Presidente della Camera, minimamente nelle nostre intenzioni.

  FLORIAN KRONBICHLER. Prendo atto e mi scuso della parola. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORDANO. Signor Presidente, immagino che nella lingua del collega che mi ha preceduto «scippo» significhi «compresso», da parte della Presidenza, i tempi della discussione.

Pag. 41

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giordano.

  GIANCARLO GIORDANO. È evidente che il mio appello di prima è rimasto inascoltato. Vorrei insistere. Vorrei sentirsi levare le voci dei tanti colleghi che hanno aderito al gruppo pacifista in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle ). Vorrei sentirsi levare le voci di chi con sincerità – mi rivolgo soprattutto ai tanti colleghi del PD che lo hanno fatto – ha aderito a quel gruppo e di chi, facendo quel gesto, ha fatto una scelta di linea. Diventi un comportamento politico ! Diventi un voto favorevole a questi emendamenti !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carinelli. Ne ha facoltà.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, con questo emendamento si chiede che le truppe rientrino dal 15 novembre 2013, cioè domani. Io sono sicuramente favorevole a questo, perché la guerra in Afghanistan – perché di guerra si tratta – deve terminare prima possibile. Cinquantatrè soldati italiani sono già morti in Afghanistan e più di cento sono i feriti. Ancora più di tremila soldati italiani si trovano in Afghanistan. Se consideriamo la coalizione nel suo complesso, più di tremila sono i caduti dal 2001 ad oggi. Io credo che questo contributo di vittime sia veramente assurdo. Per questo io sono sicuramente favorevole al rientro immediato. Devo però anche considerare che gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto mi hanno fatto riflettere su quanto sia attuabile un rientro immediato e su quanto invece bisogna ragionare sulla exit strategy. Per cui ascolterò con piacere i colleghi che mi...

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, io mi scuso con gli altri colleghi perché mi rendo conto che deve essere pesante ascoltare in continuazione più o meno sempre gli stessi interventi. Per noi però sarebbero bastati veramente pochi minuti per dire che quello che si sta commettendo dentro questo decreto è veramente una cosa, eufemisticamente, sbagliata. Siamo però costretti a dover continuare a ripetere che le nostre truppe in Afghanistan non hanno nessun motivo di continuare a starci, e che bisogna invece investire in cooperazione, in istruzione e in formazione.
  A noi bastavano pochi minuti e invece le ore che, per così dire, sono state dedicate dal Ministro Mauro non basteranno per riuscire a spiegare la posizione di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, vorrei avvalorare gli argomenti che i miei colleghi hanno portato in sostegno a questo emendamento.
  È un emendamento che ci farebbe risparmiare tanti soldi soprattutto rispetto ad un contesto che è quello delle spese militari nel nostro Paese, che sono arrivate ormai a 23 miliardi 600 milioni di euro, una cifra enorme.
  Crediamo che la riduzione delle spese militari, grazie anche alla fine della missione in Afghanistan, potrebbe servire a mettere in campo misure e provvedimenti contro la crisi. Risparmiare sulla difesa per investire in misure contro la crisi è la priorità che noi oggi abbiamo, ed è per questo che speriamo che questo emendamento venga approvato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, vorrei chiarire alla collega che diceva Pag. 42che i nostri elettori, gli elettori del Popolo della Libertà, erano ansiosi di ascoltare quale fosse il nostro parere circa questo decreto-legge.
  Devo dire che noi lasciamo volutamente con il fiato sospeso, perché oltre ad essere deputati incapaci siamo anche terribilmente sadici e, quindi, vedranno all'ultimo come voteremo, si caleranno così la voglia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, relativamente all'emendamento Piras 1.4 dei colleghi di SEL, penso che voterò contrario e non tanto per il merito dell'emendamento, in quanto anche io vorrei che subito la guerra finisse e tutte le nostre truppe ritornassero in patria, perché ne abbiamo bisogno anche noi e, a mio avviso, siamo in guerra anche noi all'interno del nostro Paese. Ma il problema è un problema tecnico, perché oggi siamo al 14, domani è il 15, quindi tecnicamente sulla prima parte penso sia difficile intervenire. Invece mi trova particolarmente favorevole la seconda parte dell'emendamento, in quanto i soldi del risparmio della missione vengono versati alla cooperazione.
  Poi, visto che l'onorevole Bianconi ha detto cosa ne pensa il PdL, mi farebbe piacere sapere anche che cosa ne pensa Forza Italia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, noi vorremmo in quest'Aula fare una discussione anche con il Governo. Ringrazio il sottosegretario Alfano che è stato qui con noi in questi due giorni, però abbiamo qualche dubbio in questa discussione, anche perché abbiamo visto come in questi giorni, ma anche in questi mesi, il Ministro Mauro ha dato risposte incerte, spesso contraddittorie rispetto a quello di cui stiamo discutendo qua.
  Lo abbiamo visto nella vicenda degli F-35, dove questo Parlamento aveva impegnato il Governo a non fare ulteriori acquisizioni senza che se ne discutesse e invece il Ministro Mauro ci ha spiegato che le acquisizioni ulteriori sono già state fatte, e che non era vero che era obbligatorio. Lo abbiamo visto con la vicenda dei numeri, che non tornano rispetto alla missione in Afghanistan.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ERASMO PALAZZOTTO. Ecco, a noi piacerebbe sapere almeno questo alla fine di questo dibattito. Il 31 dicembre torneranno a casa 200 uomini o 486...

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

  SILVIA BENEDETTI. Signor Presidente, in merito a questo emendamento io sono un po’ perplessa per una questione, a parte la tempistica. Mi viene il dubbio, nel senso che quando noi proponiamo il ritiro delle truppe dall'Afghanistan sappiamo anche che contemporaneamente è già in programma l'operazione Resolute Support, che è un'operazione di proseguimento della presenza dei nostri militari in Afghanistan. Allora io mi domando se questo emendamento non sia un'ennesima presa in giro. Io vorrei che questo emendamento venisse preso eventualmente sul serio, al di là appunto della questione della tempistica, che magari non è propriamente attuabile.
  Poi, se fosse attuabile appunto, vorrei che in tema di cooperazione si riflettesse molto nell'ambito dell'agricoltura. Perché ?
  Perché, ad esempio, in Afghanistan c’è un sistema di irrigazione vecchio di 3 mila anni, si chiama karez, ed è un sistema che ha consentito all'Afghanistan di mantenere comunque un'agricoltura fiorente nonostante il clima (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...

Pag. 43

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, destinare risorse alla cooperazione può essere molto importante, perché ci sono tre forme di interessamento nei confronti degli Stati esteri: l'interessamento militare, l'interessamento industriale e l'interessamento civile. In alcune nazioni citate dai colleghi di SEL, che potrebbero beneficiare dei fondi, di sicuro ci sono stati interventi militari, di sicuro ci sono interventi industriali, fatti prima dall'Europa e adesso, in particolare, dalla Cina, per cui analizzare il fenomeno e spingersi magari verso interventi civili porterebbe anche a limitare probabilmente i fenomeni di necessità di immigrazione nel nostro Paese. Potremmo iniziare a pensare di risolvere problemi molto gravi come quelli che abbiamo visto a Lampedusa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Massimiliano Bernini. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, colleghi, voglio dichiarare il mio voto contrario rispetto al parere del mio gruppo. Quindi, voterò favorevolmente a questo emendamento per tutte le ragioni che sono state espresse in quest'Aula, in questa sede a difesa della pace, che può essere garantita solo attraverso una buona e responsabile cooperazione internazionale.
  E, affinché la cooperazione possa essere ben fatta, deve essere programmata, deve fornire mezzi, lavoro e produzione alle popolazioni e gestita dai soggetti locali. Per questo le maggiori risorse previste nell'emendamento sono assolutamente necessarie e doverose se abbiamo a cuore la pace e il progresso dei popoli.
  Sul sito di Emergency – lo ricordava un collega –, ad esempio, c’è il bilancio di tutte le azioni umanitarie con i relativi costi, esigui – direi – se confrontati con i costi di missili, bombe, aerei eccetera. Visionare questi siti internet penso che possa essere per tutti noi – concludo Presidente – fonte di grande ispirazione. Ritiriamo le truppe il prima possibile e diamo spazio alla cooperazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, intanto volevo esprimerle il mio apprezzamento per come sta conducendo e volevo ovviamente giustificare il collega Kronbichler, che non intendeva sicuramente criticare il rigore con cui lei gestisce questi nostri lavori.
  Ma non ho ancora sentito il Governo rispondere alle nostre domande. Credo che il sottosegretario debba farci vedere che ha la voce e la parola, almeno per difendere il suo Governo, se ne è in grado (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, ha proprio ragione il mio collega Giordano quando chiede gli interventi dei colleghi del PD che si sono iscritti all'intergruppo parlamentare per la pace. E ha ragione pure il mio collega Di Battista quando dice che il PD è peggio del PdL, perché il PdL almeno ha una coerenza nella sua linea di scarsezza politica e culturale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), mentre il PD vive di ipocrisia, va sempre in giro a dire che è contro la guerra, è contro le missioni, è contro gli F-35 e si iscrive pure all'intergruppo parlamentare, e poi in Aula vota sempre al contrario di quello che dice sia in campagna elettorale che nei gruppi parlamentari. Complimenti ! Complimenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, ovviamente sono d'accordo con quello poc'anzi espresso dal collega Brescia. Rispetto all'emendamento, pur avendo una logica, quindi pur condividendo il fatto che occorra immediatamente ritirarci dall'Afghanistan, ricordo all'Aula – lo ricorderò sempre – che è la guerra più lunga dalla Seconda guerra mondiale in poi ed è una guerra che avete perso, voi che l'avete fatta. Voi che l'avete fatta l'avete persa. Però obiettivamente non ci sono – mi rivolgo ai colleghi di SEL – i tempi tecnici per ritirarci entro il 15 novembre. È solamente questa la ragione per la quale, in dissenso dal capogruppo della Commissione affari esteri Manlio Di Stefano, ho deciso di astenermi su questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Simone Valente. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, io voglio intervenire in dissenso a quello che diceva l'onorevole Costantino, il quale ha detto che spesso si sentono cose ripetitive e molti ripetono gli stessi concetti. Io non sono di questa idea, ma per due semplici motivi: il primo è perché penso che ognuno appunto possa liberamente esprimere la propria opinione ed anzi invito tutti ad alzarsi in piedi e ad esporla.
  Il secondo motivo è una domanda che mi pongo: io mi chiedo che cosa sapranno i cittadini di tutto questo, cosa si scriverà sui giornali e che cosa si dirà nei telegiornali. E allora mi dico: ripetiamo e ribadiamo i nostri concetti, ripetiamo che l'Italia ripudia la guerra, continuiamo a dirlo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, io in dissenso dal mio gruppo mi asterrò, perché le date che vengono proposte in questi emendamenti non sono ragionevoli.
  Ma visto che c’è stata una dinamica di ragionamento su quella che è stata poi la posizione finale sulla votazione di questo emendamento, vorrei ragionare su quali sono le dinamiche che avvengono nell'accettare di votare o meno, dalla parte di alcune formazioni politiche come quella del PD, contro la propria volontà, cioè io spesso vedo che si asserisce un concetto e poi nei fatti si fa il contrario. Allora mi chiedo se il concetto di assertività è conosciuto dal Partito Democratico: fare quello che si pensa. Infatti in pratica la scusa che ci viene sempre sollevata è che non è mai colpa personale, è sempre un problema della Commissione...

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.

  FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, solo per dirle questo: le faccio anche io i complimenti per la tenuta dell'Aula e volevo chiederle una cortesia, un gesto importante; se volesse condividere lo sciopero della fame che lei porta avanti in questi giorni nei confronti della modifica della legge elettorale, se potesse essere uno sciopero della fame condiviso anche su queste tematiche che oggi portiamo avanti, cioè il tentativo di riuscire finalmente a trasformare queste missioni di pace, cioè queste che sono missioni di guerra in missioni di pace. Quindi le chiedo, quando lei tratta appunto lo sciopero della fame per le tematiche della legge elettorale, di porre l'attenzione su tematiche che possono riguardare anche le nostre missioni di pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

Pag. 45

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io non sono tanto in dissenso con il gruppo sulla data e sui problemi tecnici del rientro dall'Afghanistan delle nostre truppe, quanto sulla destinazione dei fondi che eventualmente verrebbero risparmiati. Io solleciterei quasi il partito di SEL a destinare questi fondi al Partito Democratico, visto che suoi illustri esponenti dicevano che gli F-35 erano destinati a spegnere gli incendi o che non derogavano alla Costituzione. Ecco, io forse credo che l'investimento in cultura andrebbe fatto prima in Italia e poi anche fuori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piras 1.4, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Sorial... Stumpo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  447   
   Votanti  362   
   Astenuti   85   
   Maggioranza  182   
    Hanno votato  31    
    Hanno votato no  331    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Carfagna e Boccuzzi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e la deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Piras 1.12.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, onorevoli deputate e deputati, signori del Governo, come vedete questi primi emendamenti di Sinistra Ecologia Libertà tentano di spostare le risorse che il decreto-legge riserva alla missione in Afghanistan verso le iniziative di cooperazione allo sviluppo cui fa riferimento l'articolo 5. Quanto è maggiormente anticipato il termine previsto per la conclusione della missione in Afghanistan, tanto maggiore il risparmio di denaro pubblico da traslare alle iniziative di cooperazione per il reale miglioramento delle condizioni di vita di quelle popolazioni e per la ricostruzione civile. Lo dico anche in risposta al «tutti a casa» che qui qualcuno stamattina ha ripetuto. Noi non siamo per il «tutti a casa», noi siamo per una diversa presenza dei nostri soldati. Del resto, la collega Duranti, nella discussione sulle linee generali, ha segnato in maniera molto precisa la distinzione fra le missioni di peacekeeping per il mantenimento della pace, con un mandato preciso dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, e le altre missioni, quello dove l'uso della forza non è solo remoto, non è solo eventuale. Vi è un'evidente differenza fra il modo in cui sono state impiegate le nostre Forze armate in Afghanistan e il modo in cui sono state impiegate in Libano, appunto una democrazia che pretenderemmo di portare sulle ali dei nostri cacciabombardieri. Dunque, il ritiro delle missioni militari non deve significare disimpegno dal nostro impegno internazionale.
  L'occasione mi è utile, signor Presidente, per ricordare una missione di peacekeeping dimenticata, degli eroi dimenticati proprio nell'anniversario del loro sacrificio. Era il 1961 e il nostro Paese era impegnato per conto delle Nazioni Unite nell'ex Congo belga che la politica colonialista di un Paese europeo, dopo decenni di sfruttamento delle risorse naturali, aveva abbandonato al proprio destino. La guerra civile che ne era scaturita aveva spinto l'ONU ad intervenire. Un'operazione talmente aliena da intenti bellici che i nostri soldati quel 12 novembre 1961, quando atterrarono a Kindu per un'operazione Pag. 46di routine, si trovavano assurdamente disarmati. Caduti nelle mani di una delle tante fazioni ribelli attive in quella zona, vennero torturati e trucidati. Io voglio ricordare quei nomi, non per spirito di contrapposizione, ma per onorare quei soldati morti in un'operazione di pace sotto il mandato delle Nazioni Unite. Penso che l'intera Assemblea possa condividere questo intento. Quei nostri soldati erano: Onorio De Luca, Filippo Di Giovanni, Armando Fabi, Giulio Garbati, Giorgio Gonelli, Antonio Mamone, Martano Marcacci, Nazzareno Quadrumani, Francesco Paga, Amedeo Parmeggiani, Silvestro Possenti, Francesco Remotti, Nicola Stigliani. Li ricordiamo con riconoscenza, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Con questo emendamento Sinistra Ecologia Libertà non chiede il disimpegno dai teatri di guerra, non chiede il disimpegno dall'Afghanistan, ma chiede una diversa nostra presenza, un maggiore e rinnovato impegno per quelle popolazioni che sia realmente ispirato alla ricerca della riconciliazione degli afgani e alla ricostruzione del Paese. L'altra politica, quella delle armi, non ha condotto a nulla (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giancarlo Giordano. Ne ha facoltà.

  GIANCARLO GIORDANO. Signor Presidente, vorrei riportare in questa discussione le parole che, per molti in quest'Aula, sono più importanti di quanto lo siano le parole di Papa Francesco per i cattolici. Le leggo: «Serve una larga mobilitazione delle coscienze e delle energie innanzitutto morali per far fronte alle sfide che investono l'intera comunità internazionale. Innanzitutto quella di ristabilire e preservare la pace. Firmato: Giorgio Napolitano». Non vorrei che il nostro Presidente fosse ascoltato solo quando esercita moral suasion su altre questioni. Vorrei che fosse sempre ascoltato da questa'Aula.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, un appunto: ho sentito che oggi ha sbagliato qualche nome, forse è il caso di tornare a mangiare qualcosina... magari è arrivato il momento...

  PRESIDENTE. Vorrei dire a lei e agli altri colleghi che io ovviamente da qui non posso replicare a nessuno, però suggerirei di stare sull'emendamento.

  CARLO SIBILIA. Era solo una battuta per stemperare il clima di pesantezza che si sta creando con questi interventi. Tornando all'emendamento, annuncio da parte mia il voto favorevole a questo emendamento proposto da un altro gruppo parlamentare, perché ritengo che sia una logica giusta quella di voler rientrare dall'Afghanistan nella maniera più veloce possibile, naturalmente.
  Dico questo perché tra l'altro mi piacerebbe anche avere un commento da parte dei deputati del PD sul tema. Grazie a Dio ho la possibilità, nel fine settimana, di incontrare... siccome non abbiamo i circoli, non abbiamo strutture di partito, giro le piazze, mi capita di andare in qualche gazebo, soprattutto l'ultima settimana sono stato in Basilicata perché ci saranno le elezioni regionali il 17 e il 18 novembre. Mi capita di incontrare tantissimi ex-elettori del PD delusi che fondamentalmente non capiscono alcuni comportamenti del loro partito, di quello che era il loro partito durante questa legislatura. Ad esempio, una delle cose che non hanno capito è perché non abbiano votato Rodotà come Presidente della Repubblica.
  Un'altra delle cose che non hanno capito è per quale motivo non abbiano votato a favore della mozione che appunto lei, Presidente Giachetti, aveva proposto per modificare la legge elettorale. Quindi non capiscono perché il loro partito non voglia modificare la legge elettorale.
  E un'altra cosa che non hanno capito è perché hanno votato a favore dell'acquisto Pag. 47degli F-35, cacciabombardieri in un programma che ci va a costare circa 50 miliardi di euro nel momento in cui il Paese è stato trascinato, proprio da loro, in una crisi economica senza precedenti. Quindi questi sono gli appunti che vengono fatti tutti i giorni nelle piazze.
  Allora mi domando per quale motivo oggi, dal momento che stiamo parlando di rientrare dall'Afghanistan, per quale motivo il PD non si esprime a favore di questo tipo di soluzione, anche perché dovrebbero giustificare anche questo comportamento ai loro elettori. Infatti, durante la campagna elettorale, avevano detto che in qualche modo sarebbero rientrati, che lo avrebbero fatto e, invece, sembra che quello che si va a votare sia in totale contrasto con le promesse fatte in campagna elettorale. Però chiaramente chi ancora vota queste persone evidentemente è abituato a questo genere di ipocrisie. Tra l'altro non capirebbero neanche perché si continua a tenere la stessa linea, cioè quella che ci ha portato in Afghanistan, cioè quella di Berlusconi, perché è il Governo Berlusconi che ci ha trascinato in Afghanistan in questa guerra inutile.
  Pertanto dico, dal mio punto di vista, che oggi il mio dito e il dito di tutte le persone che oggi votano in quest'Aula pesa tantissimo, pesa come un macigno perché, in realtà, ogni volta che si propone una sorta di rientro ogni puntino verde che dice «sì» al rientro su quel tabellone è potenzialmente una vita che si vuole mettere al sicuro, la vita dei nostri militari che, in realtà, sono lì a rischiare per un motivo che non ci è ancora chiaro. Non abbiamo ancora capito per quale motivo, dopo dodici anni di fallimento totale della missione ISAF, siamo ancora in Afghanistan.
  Quindi, quando andiamo a votare, facciamolo con questo senso di responsabilità, perché, come hanno detto già altri miei colleghi, non aggiungiamo altri sacrifici, altre morti a quelle che già abbiamo avuto. I 53 soldati deceduti durante la guerra in Afghanistan non sono un numero fittizio: sono persone che avevano una famiglia a casa e che, in realtà, oggi, non hanno un motivo per cui essere morti; non è neanche per la patria, perché non stiamo avendo nessun beneficio, non stiamo difendendo nessuno: a noi l'Afghanistan non ci ha mai attaccato.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  CARLO SIBILIA. Quindi, io invito veramente tutti quelli che si mettevano, qualche anno fa, alla testa di cortei pacifisti ad alzarsi, magari anche in Aula, e avere il coraggio di dissentire su posizioni che, ormai, sono assuefatte tra PdL, PD e Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, la stanchezza con cui si trascina questa mattina il dibattito non è figlia del nostro ostruzionismo, ma è figlia dell'afasia del Governo, di lei, signor sottosegretario, che fino ad ora, nonostante le nostre continue invocazioni, ha deciso di non proferire parola. È un problema. Noi non abbiamo l'ambizione di avere il monopolio delle politiche della pace, ma vorremmo avere almeno l'ambizione, e coltivarla, di essere ascoltati. Invece, le vostre scelte rischiano ulteriormente, in questo Parlamento, di far naufragare un'opportunità: quella di discutere seriamente dei soldi da investire nella cooperazione, e non più nelle politiche di guerra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, perché questo dibattito è a senso unico, ma nei pochi sprazzi in cui non lo è stato, spesso mi è sembrato di scorgere un tentativo: quello di far passare queste nostre posizioni per la figura di un antimilitarismo caricaturale, ma non è così. Pag. 48Qui si sta solo dicendo che non tutte le spese per la difesa sono uguali, che non tutte le missioni sono uguali. Il baricentro dei nostri interessi nazionali si è spostato negli ultimi anni, semmai ha lambito quei luoghi lontani, dove ci siamo impegnati in missioni da cui riusciamo con fatica a ritirarci. Di questo non si vuole prendere atto e si impegna, anzi, il Paese in spese che lo vincoleranno ancora per molti anni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zan. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO ZAN. Signor Presidente, io su questo emendamento voglio soffermarmi su un dato, ovvero che non c’è un dibattito nel Paese sulle scelte politiche che vedono impegnati i nostri militari. L'abbiamo detto più volte in quest'Aula: gli italiani sono contrari al rifinanziamento delle missioni militari all'estero. Perché ? Perché mi pare evidente: c’è un Paese in difficoltà, gli italiani stanno male, i pensionati hanno un potere d'acquisto molto basso, ci sono molti cassintegrati che non vedranno rifinanziata la cassa integrazione; insomma, in un Paese in difficoltà come il nostro, il rifinanziamento delle missioni militari all'estero rappresenta non una priorità.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ALESSANDRO ZAN. Sarebbero molto più contenti gli italiani – e qui il nostro emendamento –, se si potessero finanziare le azioni di cooperazione internazionale, di cooperazione allo sviluppo, che sono gli strumenti che noi abbiamo per metterci in connessione con un popolo...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zan.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, prendiamo atto che la stragrande maggioranza, anzi, tutta l'Aula, non vota i nostri emendamenti. E pur nel religioso rispetto che abbiamo di tutte le posizioni, chiediamo, poi, però, di evitarci frasi di cordoglio sul web; chiediamo di evitarci scene come donazioni ad Amnesty International, a Emergency, o vedere alcune colleghe e alcuni colleghi con la spilletta di Emergency appesa alla giacca; chiediamo di evitarci di vedere drappi neri impostati; chiediamo di evitarci, magari per chi ci crede, di andare in chiesa a recitare l'eterno riposo, quando, poi, all'interno di quest'Aula, continuano tutti a non votare per il ritiro delle nostre truppe (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Presidente, colleghi, l'articolo 5 di questo decreto, relativo alle iniziative di cooperazione e sviluppo, prevede che siano promossi interventi con particolare riguardo a programmi aventi tra gli obiettivi la prevenzione della violenza sulle donne, la tutela dei loro diritti e la promozione del lavoro femminile. È anche per questo che noi chiediamo di incrementare questo capitolo di spesa togliendo i soldi, il denaro alle armi, ma questa cooperazione ha la possibilità di dare un intervento concreto allo sviluppo e alla tutela delle donne in Afghanistan, cosa che oggi non sta avvenendo, la maggioranza – dico, la maggioranza – delle donne afgane tutt'oggi subisce violenza. Di conseguenza è lì che dobbiamo chiedere di intervenire e spendere i nostri soldi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, questo emendamento, l'1.12, è molto simile ai precedenti, io voterò favorevole perché, comunque sia, il ritiro entro il 23 novembre potrebbe essere, o almeno cominciare a ritirare le truppe Pag. 49entro il 23 novembre, potrebbe essere già fattibile, se è organizzato bene. Io ho fatto un rapido conto perché sulla seconda parte dell'emendamento si dice che i soldi risparmiati possono essere reinvestiti. Quindi, anticipando di 38 giorni, 31 dicembre-28 novembre, considerando che c’è una spesa di circa 200 milioni di euro previsti in questo decreto, per tre mesi – e io ho fatto 90 giorni – si potrebbero risparmiare circa 90 milioni di euro, che è una bella cifra, che sulla cooperazione potrebbe essere utilizzata appunto per opere in campo agricolo, piuttosto che per la piccola e media impresa, piuttosto che per comprare cibo o vestiti per coloro che hanno bisogno e per un Paese che ha necessità...

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Gallinella.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, intervengo per parlare delle missioni, per parlare della nostra permanenza in Afghanistan noi dobbiamo spezzettare i nostri interventi, un minuto per un minuto, e non fare una discussione complessiva, ma almeno noi parliamo e il Governo tace, afono su questa materia. Una materia che nell'opinione pubblica è ben chiara: noi iniziammo quel percorso, se ricordate, con i drappi arcobaleno appesi alle finestre e ai balconi di mezza Italia, con le manifestazioni per la pace, un largo consenso nel non andare a intraprendere quella strada. Noi parliamo e vogliamo riportare non i temi folcloristici, ma sul concreto, sulle cose reali di quello che vuol dire la nostra permanenza in Afghanistan, una presenza che risulta fallimentare – non lo diciamo solo noi –, una presenza che andrebbe mitigata, invece, con altre modalità, e migliorata in altre modalità, ed è per questo che vi continuiamo a sfidare sul tema della cooperazione internazionale, perché questa è l'unica vera soluzione per portare la pace e la democrazia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, anche io ringrazio il sottosegretario Alfano per la sua presenza qui, e credo anch'io che forse il Governo avrebbe dovuto, avrebbe potuto in queste ore parlare con il Parlamento, interloquire sulle questioni che noi stiamo ponendo. Però, credo che avremmo bisogno di un altro interlocutore. Noi, con questo emendamento e con quelli precedenti, abbiamo posto il tema dello spostamento delle risorse sulla cooperazione internazionale, la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione civile. Allora, credo che qui stamattina dovrebbe esserci anche un ministro o meglio una ministra o qualcuno in sua rappresentanza, visto che la ministra Bonino il giorno dopo il suo insediamento ha garantito a tutti noi e a tutte noi un impegno massimo sullo sviluppo della cooperazione internazionale nel nostro Paese, e quindi anche da lei...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duranti.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, la guerra è una delle cose più brutte che ci sono nella storia dell'umanità ed è abbastanza paradossale che una discussione su questo argomento, nel Parlamento italiano si svolga così a senso unico.
  Penso che su questo argomento ci sarebbe stata la necessità di un coinvolgimento di tutte le forze politiche che esprimessero con chiarezza il loro punto di vista. Così non è stato, ma io credo che il detto: se vuoi la pace, prepara la pace, sia la stella polare sulla quale noi ci dovremmo orientare. Vorrei ricordare che anche il Senato della Repubblica romana quando doveva mandare le legioni a combattere, prendeva una posizione chiara. Penso che anche il nostro Parlamento Pag. 50dovrebbe avere, quanto meno, il diritto di poter decidere che cosa fanno le nostre legioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, la logica che sovrintende il nostro nuovo e ipotetico modello di difesa è iscritta negli auspici del Consiglio supremo di difesa che si è riunito qualche settimana fa e che dice che la nuova struttura delle Forze armate deve riflettere un quadro compiuto e condiviso degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo delle capacità della difesa, razionalmente fondato sugli scenari di crisi e di impiego nelle missioni internazionali e sui rischi e le minacce a cui il nostro Paese e l'Unione europea devono far fronte. Questa è la logica che noi avremmo voluto discutere anche chiedendo ciò che non ci è stato concesso e cioè lo spacchettamento della discussione, in maniera tale da poter mettere in luce che cos’è la missione in Afghanistan, che cos’è la missione in Libano e potere esprimere essenzialmente solo questo, il nostro parere diversificato sulle logiche che sovrintendono le due missioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, ho detto prima che avrei reiterato a questa Camera la domanda sul perché della nostra presenza in Afghanistan; lo faccio, lo faccio perché credo che la risposta sia dovuta non tanto a me, ma al popolo italiano, a dodici anni di distanza dall'inizio di quella missione. Dodici anni non sono pochi e io credo che qui dentro tutti ricordino gli esordi di quella guerra, tutti ricordino l'11 settembre, gli attentati terroristici, ricordino la teoria sciagurata della guerra infinita di Bush, ricordino le manifestazioni pacifiste, molti per avervi partecipato, anche se forse lo hanno dimenticato e le tradiscono oggi con il loro voto, ma su quello che sia successo in questi dodici anni chi sa qualcosa ? Al di là del conteggio tragico dei morti che ci ha accompagnato, chi sa qualcosa ? Per cosa votate oggi ?

  PRESIDENTE. Sto per dare la parola all'onorevole Buttiglione, ma solo perché ci si possa organizzare per fare in modo che chi è fuori, se lo ritiene, entri in Aula, vi informo che dopo l'onorevole Buttiglione parleranno l'onorevole Nardi, l'onorevole Di Battista e poi procederemo al voto con il quale concluderemo questa parte dei lavori della mattina.
  Quindi, ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, voterò contro questo emendamento come ho votato contro quelli precedenti e contro quelli successivi. Ho sentito numerosi appelli: come mai il Governo, ma anche la maggioranza non risponde ? Cari amici, il Governo e la maggioranza non rispondono perché voi state facendo dell'ostruzionismo e gli argomenti non acquistano forza per il fatto di essere ripetuti. Per quel poco di discussione argomentata che poteva aver luogo in questa sede, ne abbiamo già parlato nei giorni precedenti e abbiamo detto, grosso modo, a prescindere da qualunque argomentazione si faccia su se la guerra in Afghanistan fosse giusta o sbagliata, che è evidente che andarsene via adesso, tutto in una volta, rafforza il terrorismo e abbandona milioni di afgani nelle mani di un nemico che è intenzionato a non risparmiare nessuno. Saremmo complici degli assassini e di una strage che riguarderebbe centinaia di migliaia di persone in Afghanistan. Mi sembra un buon motivo per non andarsene o per non andarsene prima di aver creato condizioni le quali permettano ad un Governo afgano più o meno legittimo di impedire che la strage abbia luogo. Questo è il nocciolo della questione.
  Abbiamo sbagliato ad andare in Afghanistan ? Forse. Non sono entusiasta neanch'io di quella decisione, ma il problema, Pag. 51adesso, è andarsene senza mettere il coltello nelle mani dei carnefici. Non ho sentito in tutte le vostre argomentazioni una parola spesa su questo problema, che peraltro mi sembra di non secondaria importanza.
  È evidente, tornando all'argomento precedente, che chi fa ostruzionismo vorrebbe che il Governo e la maggioranza gli rispondessero perché vuole perdere tempo e quindi si perderebbe più tempo.
  Siccome gli argomenti addotti non hanno carattere di novità, non vedo motivo di dare loro ulteriori risposte. In questo modo, condannandoci al silenzio, quantomeno riduciamo la perdita di tempo. Questo per ricordare alcune regole fondamentali delle strategie parlamentari. Voi potete dire quello che volete, ne avete diritto, ma non ingannate voi stessi. Non pensate che ripetendo gli argomenti questi acquistino forza; non pensate che chi tace taccia perché non ha argomenti.

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Giulio Cesare» di Sabaudia, Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nardi. Ne ha facoltà.

  MARTINA NARDI. Signor Presidente, noi qui non stiamo facendo ostruzionismo, stiamo facendo «interposizione pacifica» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Stiamo dicendo a voi e al Paese che voi state facendo ostruzionismo, perché ci avete impedito di discutere missione per missione, perché avete impedito al Paese di conoscere la posizione politica del Parlamento missione per missione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  E non accettiamo che una battaglia politica – ripeto, di «interposizione pacifica» – venga scambiata con una becera opposizione, così com’è stata descritta. Ci avevate raccontato, ce l'avevano detto in tutte le salse, che la missione non sarebbe stata una guerra, ma sarebbe stata l'esportazione della democrazia. Quale democrazia ? Dov’è la democrazia ? La democrazia si fa con la cooperazione internazionale, si sta portando acqua, portando bibite...

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, tramite lei, rispondo al collega Buttiglione. Da chi è stato in Parlamento per tanti anni e non ha fatto nulla contro la guerra in Afghanistan, la guerra in Iraq, il fiscal compact, il MES, il taglio delle pensioni, la questione degli esodati, il Porcellum e tutte le indecenti leggi ad personam che lei ha votato per il condannato Berlusconi, se permette, da lei lezioni di morale e di come si conduce la battaglia relativa all'opposizione non le accettiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per quanto riguarda l'emendamento in questione, come sempre siamo d'accordo con la ratio. Tra l'altro, io mi scuso con i colleghi di SEL, perché l'altro giorno in un intervento – me lo ha fatto notare Scotto – ho parlato del Partito Comunista di allora che sostenne l'intervento in Afghanistan: ho sbagliato io e grazie a voi ho capito il mio errore. Grazie. Dicevo che mi asterrò su questo emendamento, perché non ci sono i tempi tecnici per uscire dall'Afghanistan, dove non dovevamo entrare, collega Buttiglione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piras 1.12, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Garavini, Rostellato, Gigli, D'Ambrosio, Schullian, Artini, Brescia...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 52
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  449   
   Votanti  360   
   Astenuti   89   
   Maggioranza  181   
    Hanno votato   29    
    Hanno votato no  331.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marcon ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, colleghi, che riprenderà nella seduta di martedì 19 novembre, dopo l'esame delle mozioni in materia di diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Dovremmo ora sospendere la seduta per consentire la predisposizione delle cabine di votazione. Faccio presente che hanno chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori sei deputati. La Presidenza consentirà lo svolgimento di tali interventi, tuttavia, desidero chiarire fin d'ora che, qualora dovessero pervenire ulteriori richieste, al fine di rispettare l'orario fissato per la votazione per schede, sarò costretto a rinviare tutti gli interventi al termine della seduta pomeridiana.
  Resta inteso che svolgendosi ora la fase degli interventi di fine seduta, gli stessi non potranno avere luogo al termine della discussione sulle linee generali del decreto-legge in materia di riequilibrio della finanza pubblica. Cioè, per essere chiari: se sono solo questi sei, possiamo farli adesso, e così evitiamo di rinviarli a questa sera, se invece sono di più rinviamo tutto a questa sera e adesso consentiamo la predisposizione delle cabine. Siamo d'accordo ? Non ci sono altre richieste, bene.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,05).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il deputato Diego Crivellari. Ne ha facoltà per due minuti.

  DIEGO CRIVELLARI. Signor Presidente, è notizia di qualche giorno fa la condanna a morte...

  PRESIDENTE. Aspetti onorevole Crivellari. Colleghi, vi pregherei, se ritenete di uscire dall'Aula, di consentire all'onorevole Crivellari di parlare. Grazie.

  DIEGO CRIVELLARI. Signor Presidente, è notizia di qualche giorno fa la condanna a morte – così infatti recitava testualmente il comunicato firmato dalla sedicente «Brigata Nera Romolo Gori» e recapitato presso la redazione di un quotidiano locale di Rovigo – per il giudice polesano Carlo Negri, minaccia estesa anche un sindacalista della CGIL di Rovigo e a un dipendente della Regione Veneto.
  Un atto farneticante, che tuttavia non può essere sottovalutato né taciuto, perché questo gesto richiama nei suoi toni aggressivi e chiaramente intimidatori e nelle modalità uno dei periodi più oscuri della storia recente di questo Paese.
  Di delirio squadrista hanno parlato ripetutamente gli organi di stampa della mia provincia. Un delirio che deve essere arginato, una provocazione inaccettabile. Il compito di tutti noi, il compito delle istituzioni, ad ogni livello, deve essere quello di vigilare affinché nessun rigurgito di stampo fascista possa più trovare emuli e terreno fertile nella nostra società.
  Peraltro, apprendiamo anche in queste ore che la città di Rovigo è stata interessata anche dalle perquisizioni che hanno riguardato le indagini sulla rinascita del movimento neonazista Stormfront. La memoria di quanti sacrificarono la propria vita per la legalità, il rispetto profondo per chi lottò in prima persona per la nostra democrazia antifascista, contro il terrorismo, devono farci ricordare l'importanza di isolare subito, l'importanza di perseguire e condannare nel modo più fermo, senza ambiguità, chiunque si ispiri ad un tragico passato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

Pag. 53

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, questa mattina per la prima volta Papa Francesco ha varcato la soglia del Quirinale, ha ricambiato la visita del luglio scorso del Presidente Napolitano, diverso il cerimoniale sul colle.
  Ringraziamo il Presidente Napolitano e Papa Francesco perché ci aiutano ad alzare gli occhi. Politica alta e politica bassa: se guardiamo in alto al colle Quirinale di questa mattina possiamo scegliere per le cose vere e per la «politica alta». La «politica alta» è quella che aiuta a guardare in basso, a vedere le sofferenze della povera gente, quello che non si vede, gli invisibili, gli inapparenti.
  La politica alta è quella che non guarda solo a se stessa, solo a se stessi. Cerimoniale più semplice perché due energie spirituali possano incontrarsi più in profondità, alla presenza di una rappresentanza di italiani comuni e speciali, quelli che si occupano degli altri con intelligenza, allegria, lungimiranza.
  Gli italiani e l'Italia non autoreferenziali, quelli che pensano al bene comune e che sono un bene comune.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARIO MARAZZITI. Ho ancora due minuti, Presidente ?

  PRESIDENTE. No, ha ancora dieci secondi, onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI. Allora volevo semplicemente dire che ringrazio Papa Francesco, e ringrazio il Presidente della Repubblica Napolitano, che ci impegnano e ci insegnano che è possibile una «politica alta» e non autoreferenziale, come quella che saremmo tenuti a vivere (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, innanzitutto mi associo ai ringraziamenti a Papa Francesco provenienti dal collega Marazziti.
  Oggi sono emerse da alcune indagini giornalistiche nuove questioni sull’affaire Cancellieri-Ligresti. È emerso che ci sono stati nuovi contatti tra il Ministro e la famiglia Ligresti, e sembra anche tra il figlio del Ministro, Piergiorgio Peluso, e membri della famiglia Ligresti. Di questi nuovi contatti il Ministro non ci ha riferito qui in Aula, e a quanto pare non ha riferito neanche all'autorità giudiziaria. Invitiamo pertanto anche il procuratore Caselli a verificare la testimonianza del Ministro, perché si vede che anche lui nella sua lettera non si era reso conto che vi erano dei nuovi tabulati che indicavano nuove – per così dire – interferenze tra il Ministro della giustizia e la famiglia Ligresti. Qui rinnovo l'invito al Ministro Cancellieri, eventualmente di chiarire anche via lettera (non chiedo di riferire in Aula, visto che se ne discuterà direttamente il 21 novembre) questi nuovi rapporti, cosa si sono detti il Ministro Cancellieri e Antonino Ligresti, fratello di Salvatore Ligresti, il giorno prima della testimonianza del Ministro davanti la procura di Torino. Sarebbe molto interessante da parte di tutti, e invito che facciano le stesse domande al Ministro i membri della maggioranza, che appoggiano questo Governo e questo Ministro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  FRANCESCO RIBAUDO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO RIBAUDO. Signor Presidente, intervengo perché, come sapete, come avete letto dalla stampa, ieri c’è stato un incidente bruttissimo sulla Palermo-Sciacca: ha visto perire una famiglia intera, cinque persone di cui una mamma e due bambini. Ma non voglio stimolare a questo Parlamento la pietas umana: non Pag. 54serve, l'avrà fatto già la stampa. Intervengo perché lo Stato deve, ha il dovere di fermare la morte su queste strade.
  Vi dico di che si tratta, e perché lo Stato c'entra. La Palermo-Sciacca è una strada che è stata progettata nel 1950, è stata aperta nel 1997; una strada che si chiama «a scorrimento veloce», ma di fatto non ha niente di veloce, perché è una strada strettissima, pericolosissima: ha visto perire in questi anni centinaia di persone, parliamo di 200 e passa morti. Ebbene, noi dobbiamo – lo Stato il Parlamento, l'ANAS, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – intervenire, dobbiamo fermare questa strage. In questo momento, alcuni sindaci di quell'area hanno organizzato delle manifestazioni.
  Presidente, le devo dire un'altra cosa: questa strada quando è stata aperta, proprio perché attraversava tre province, le province di Palermo, Agrigento e Trapani, era stata chiamata «la strada della liberazione», perché quei paesi effettivamente avevano difficoltà a collegarsi con la città; oggi quella è definita «la strada della morte» ! E noi tutti insieme, le istituzioni, dovranno fare la propria parte. Io domani incontrerò l'ANAS, ma incontrerò anche il Ministro Lupi perché si possa intervenire immediatamente. Dobbiamo fermare a tutti i costi queste stragi !

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, in questi giorni si è dato il via libera all'autostrada Orte-Mestre da parte del CIPE. Il progetto, resuscitato nonostante i costi proibitivi, viene ripresentato: con ottimismo si dice infatti che i lavori partiranno tra due anni e saranno completati nel 2021. Il progetto costerà 10 miliardi di euro, 4 in più del progetto del ponte sullo Stretto di Messina.
  Tutto sarà pagato con il project financing, ma alla fine dalle casse statali uscirà una cifra di uguale entità a favore dei realizzatori. Il solito project financing all'italiana ! Questo debito peserà sulle casse dello Stato per almeno un quindicennio. I cittadini abituati a viaggiare su questa tratta senza pagare alcunché, dovranno invece abituarsi a un pedaggio che per cinquant'anni finirà alle casse della società concessionaria dell'opera. I 2 miliardi iniziali necessari per far partire i lavori sono stati promessi ai futuri realizzatori con un abbuono della stessa cifra sulle tasse delle imprese valido per quindici-venti anni. I soldi necessari per realizzare l'opera saranno anticipati dalle banche con interessi che dovrà pagare lo Stato italiano.
  Ma veniamo alla parte più interessante della questione: il noto politico, costruttore e finanziere, Vito Bonsignore, avrà diritto di prelazione su questo progetto. Da quanto ci perviene dalla stampa, Bonsignore è uno dei protagonisti della Tangentopoli di vent'anni fa. È un condannato in via definitiva a due anni per corruzione e turbativa d'asta ed è presente nella lista dei cittadini italiani esportatori di capitali all'estero.
  Probabilmente è per questo curriculum che è ben inserito nella politica. Infatti è fondatore dell'UdC ed è vicepresidente del Partito Popolare al Parlamento europeo. La ciliegina sulla torta è la sua vicinanza con il Ministro Lupi. Dopo questi dettagli capiamo la celerità del CIPE nell'approvare un'opera che ormai era insabbiata. Il Governo ha dichiarato che quest'opera è un intervento che rientra nei corridoi europei del progetto network transeuropeo dei trasporti. Ci hanno fatto quindi credere che la Orte-Mestre è un'infrastruttura strategica il cui iter sarebbe in discesa.

  PRESIDENTE. Onorevole De Rosa, concluda. Ha esaurito il tempo.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, concludo. Altreconomia ha chiesto maggiori informazioni alla Commissione europea, che ha risposto che questa opera non fa parte dei corridoi europei. Ci chiediamo perché il Ministero abbia dichiarato informazioni false e fuorvianti su un progetto così impattante e Pag. 55costoso per il nostro Paese. Annuncio che abbiamo presentato un'interrogazione al riguardo per fare chiarezza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Culotta. Ne ha facoltà.

  MAGDA CULOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le minacce di morte pronunciate dal carcere Opera di Milano dal capo di Cosa Nostra nei confronti del procuratore Di Matteo e di tutti i PM che seguono la trattativa Stato-mafia fanno scattare una nuova allerta a Palermo, in Sicilia, in tutto il Paese. Una allerta che ci rimanda al passato, risvegliando in tutti noi la consapevolezza che tanto è stato fatto per combattere la criminalità organizzata, ma tanto resta ancora da fare. Da parlamentari non possiamo di certo limitarci ad esternare la nostra solidarietà agli uomini a cui tali minacce sono state rivolte. Dobbiamo chiedere con forza al Governo di mettere in campo tutte le misure necessarie a dimostrare loro il massimo della vicinanza e a garantirne la sicurezza. Oggi in un'intervista su la Repubblica il PM Di Matteo assicura che non ha alcuna intenzione di lasciare la sua città, perché in quella terra ci sono tanti cittadini che condividono un sogno di giustizia e di verità, una verità che riguarda tutti e a cui tutte le istituzioni devono tendere senza paura e infingimenti. Ed è bello poter prima pensare e poi dire al PM Di Matteo e a tutti coloro che quotidianamente si battono per la nostra libertà che nella ricerca di questa e di tutte le verità noi non siamo indifferenti e loro non sono uomini soli.

Per un richiamo al Regolamento (ore 13,18).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al Regolamento l'onorevole Di Salvo. Mi dice a quale articolo, onorevole, per favore ?

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, articolo 118, informativa urgente del Governo.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Presidente, noi siamo molto preoccupati per le sorti di Nadia Tolokonnikova. È una delle componenti delle Pussy Riot. I giornali ci dicono che si troverebbe in quarantena in Siberia. Il Governo sovietico non dice nulla di più. Noi chiediamo che la Ministra Bonino venga a riferire in Aula su questo argomento.

  PRESIDENTE. Onorevole Di Salvo, trasferiremo ovviamente la sua richiesta al Governo.
  Sospendiamo la seduta, che riprenderà, a questo punto, alle 13,40, perché, colleghi, avremmo dovuto riprendere alle 13,30, ma abbiamo trascorso questi dieci minuti di interventi in «coda». Quindi, la seduta riprenderà alle 13,40 con la votazione per schede per l'elezione di un componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 13,45.

Votazione per schede per l'elezione di un componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione per schede per l'elezione di un componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Ricordo che il professor Maurizio Dècina, eletto dalla Camera dei deputati componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella seduta del 6 giugno 2012, si è dimesso da tale incarico il 4 settembre 2013.
  A norma dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, come modificato dall'articolo 1, comma 2-bis, sesto periodo, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62, «in caso di (...) dimissioni (...) di un commissario, la Camera competente procede all'elezione di Pag. 56un nuovo commissario che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorità».
  Ricordo altresì che, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, della legge 14 novembre 1995, n. 481, richiamato dall'articolo 1, comma 5, della legge n. 249 del 1997, i componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore.
  Ciascun deputato riceverà una scheda (di colore giallo) sulla quale potrà indicare un solo nominativo. Le schede recanti più di un nominativo saranno dichiarate nulle.
  Risulterà eletto colui che otterrà il maggiore numero di voti.
  Passiamo alla votazione.
  Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
  Indìco la votazione segreta per schede e invito i deputati segretari a dare inizio alla chiama.
  (Segue la votazione).

  Se nessun altro deve votare, dichiaro chiusa la votazione.
  Invito i deputati segretari a procedere allo spoglio delle schede.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 per la lettura del risultato delle votazioni e per la discussione sulle linee generali del decreto-legge in materia di finanza pubblica.

  La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa alle 16.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Berretta, Boccia, Brunetta, Caparini, Dambruoso, Di Lello, Epifani, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Gebhard, Alberto Giorgetti, La Russa, Leone, Ravetto, Sani, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Proclamazione del risultato della votazione per l'elezione di un componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (ore 16,02).

  PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione per l'elezione di un componente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

   Presenti e votanti  459   

  Hanno ottenuto voti: Nicita 297; Di Martino 89.

   Voti dispersi   14   
   Schede bianche   29   
   Schede nulle   30.

  Proclamo eletto il professor Antonio Nicita, con le congratulazioni della Presidenza.

  Hanno preso parte alla votazione:

  Deputati:

  Abrignani Ignazio
  Adornato Ferdinando
  Agostinelli Donatella
  Agostini Luciano
  Agostini Roberta
  Airaudo Giorgio
  Albanella Luisella
  Alberti Dino
  Alfano Gioacchino
  Alfreider Daniel
  Amato MariaPag. 57
  Amendola Vincenzo
  Amoddio Sofia
  Anzaldi Michele
  Argentin Ileana
  Arlotti Tiziano
  Artini Massimo
  Ascani Anna
  Attaguile Angelo
  Baldassarre Marco
  Barbanti Sebastiano
  Bargero Cristina
  Baruffi Davide
  Basilio Tatiana
  Basso Lorenzo
  Battelli Sergio
  Bazoli Alfredo
  Bellanova Teresa
  Benamati Gianluca
  Benedetti Silvia
  Beni Paolo
  Bergamini Deborah
  Berlinghieri Marina
  Bernini Massimiliano
  Bernini Paolo
  Berretta Giuseppe
  Bersani Pier Luigi
  Bianchi Dorina
  Bianchi Mariastella
  Bianchi Nicola
  Biasotti Sandro
  Biffoni Matteo
  Bindi Rosy
  Binetti Paola
  Bini Caterina
  Biondelli Franca
  Blazina Tamara
  Bobba Luigi
  Boccadutri Sergio
  Boccia Francesco
  Boccuzzi Antonio
  Bolognesi Paolo
  Bonaccorsi Lorenza
  Bonafè Simona
  Bonavitacola Fulvio
  Bonomo Francesca
  Bordo Franco
  Borghesi Stefano
  Borghi Enrico
  Boschi Maria Elena
  Bosco Antonino
  Bossa Luisa
  Braga Chiara
  Bragantini Matteo
  Bragantini Paola
  Brandolin Giorgio
  Bratti Alessandro
  Brescia Giuseppe
  Bressa Gianclaudio
  Brugnerotto Marco
  Brunetta Renato
  Bruno Franco
  Bruno Bossio Vincenza
  Burtone Giovanni Mario Salvino
  Busin Filippo
  Businarolo Francesca
  Busto Mirko
  Buttiglione Rocco
  Calabrò Raffaele
  Campana Micaela
  Cancelleri Azzurra Pia Maria
  Caon Roberto
  Caparini Davide
  Capelli Roberto
  Capodicasa Angelo
  Capone Salvatore
  Capozzolo Sabrina
  Carbone Ernesto
  Cardinale Daniela
  Carella Renzo
  Carfagna Maria Rosaria
  Carinelli Paola
  Carnevali Elena
  Carocci Mara
  Carra Marco
  Carrescia Piergiorgio
  Caruso Mario
  Casati Ezio Primo
  Casellato Floriana
  Caso Vincenzo
  Cassano Franco
  Castelli Laura
  Castiello Giuseppina
  Castricone Antonio
  Catalano Ivan
  Catania Mario
  Causi Marco
  Causin Andrea
  Cecconi Andrea
  Cenni Susanna
  Cesaro Antimo
  Cesaro Luigi
  Chaouki Khalid
  Chiarelli Gianfranco Giovanni
  Chimienti SilviaPag. 58
  Cicu Salvatore
  Cimbro Eleonora
  Cimmino Luciano
  Ciprini Tiziana
  Coccia Laura
  Colaninno Matteo
  Colonnese Vega
  Cominardi Claudio
  Cominelli Miriam
  Coppola Paolo
  Coscia Maria
  Costa Enrico
  Costantino Celeste
  Cova Paolo
  Covello Stefania
  Cozzolino Emanuele
  Crimì Filippo
  Crippa Davide
  Crivellari Diego
  Culotta Magda
  Currò Tommaso
  Dadone Fabiana
  Daga Federica
  D'Agostino Angelo Antonio
  Dallai Luigi
  Dal Moro Gian Pietro
  D'Ambrosio Giuseppe
  Dambruoso Stefano
  D'Arienzo Vincenzo
  Decaro Antonio
  Del Basso De Caro Umberto
  Del Grosso Daniele
  Della Valle Ivan
  Dell'Orco Michele
  De Lorenzis Diego
  De Maria Andrea
  De Menech Roger
  De Micheli Paola
  De Mita Giuseppe
  De Rosa Massimo Felice
  Di Battista Alessandro
  Di Benedetto Chiara
  Di Lello Marco
  Di Maio Luigi
  Di Maio Marco
  D'Incà Federico
  D'Incecco Vittoria
  Di Salvo Titti
  Distaso Antonio
  Di Stefano Manlio
  Di Stefano Marco
  Di Vita Giulia
  Donati Marco
  D'Ottavio Umberto
  Duranti Donatella
  D'Uva Francesco
  Epifani Ettore Guglielmo
  Ermini David
  Fabbri Marilena
  Faenzi Monica
  Famiglietti Luigi
  Fantinati Mattia
  Fanucci Edoardo
  Faraone Davide
  Farina Daniele
  Farina Gianni
  Fauttilli Federico
  Fedi Marco
  Fedriga Massimiliano
  Ferraresi Vittorio
  Ferrari Alan
  Ferro Andrea
  Fiano Emanuele
  Fico Roberto
  Fiorio Massimo
  Fioroni Giuseppe
  Fitzgerald Nissoli Fucsia
  Fontana Cinzia Maria
  Fontana Gregorio
  Fontanelli Paolo
  Fossati Filippo
  Fraccaro Riccardo
  Fragomeli Gian Mario
  Fregolent Silvia
  Fucci Benedetto Francesco
  Gadda Maria Chiara
  Gagnarli Chiara
  Galati Giuseppe
  Galgano Adriana
  Galli Giampaolo
  Gallinella Filippo
  Gallo Luigi
  Gallo Riccardo
  Galperti Guido
  Gandolfi Paolo
  Garavini Laura
  Garofalo Vincenzo
  Garofani Francesco Saverio
  Gasbarra Enrico
  Gebhard Renate
  Gentiloni Silveri Paolo
  Ghizzoni Manuela
  Giacobbe Anna
  Giacomelli AntonelloPag. 59
  Giacomoni Sestino
  Gigli Gian Luigi
  Ginato Federico
  Ginefra Dario
  Ginoble Tommaso
  Giordano Giancarlo
  Giordano Silvia
  Giorgetti Alberto
  Giorgis Andrea
  Giuliani Fabrizia
  Gnecchi Marialuisa
  Grande Marta
  Grassi Gero
  Gregori Monica
  Gribaudo Chiara
  Grillo Giulia
  Grimoldi Paolo
  Guerini Giuseppe
  Guerini Lorenzo
  Guerra Mauro
  Guidesi Guido
  Gullo Maria Tindara
  Gutgeld Itzhak Yoram
  Iacono Maria
  Iannuzzi Cristian
  Iannuzzi Tino
  Impegno Leonardo
  Incerti Antonella
  Invernizzi Cristian
  Kronbichler Florian
  L'Abbate Giuseppe
  Lacquaniti Luigi
  Laforgia Francesco
  Lainati Giorgio
  La Marca Francesca
  Lattuca Enzo
  Lavagno Fabio
  Lenzi Donata
  Leva Danilo
  Librandi Gianfranco
  Lodolini Emanuele
  Lorefice Marialucia
  Losacco Alberto
  Lupo Loredana
  Madia Maria Anna
  Maestri Patrizia
  Magorno Ernesto
  Malisani Gianna
  Malpezzi Simona Flavia
  Manciulli Andrea
  Manfredi Massimiliano
  Mannino Claudia
  Mantero Matteo
  Marantelli Daniele
  Marazziti Mario
  Marchetti Marco
  Marchi Maino
  Marcolin Marco
  Marcon Giulio
  Marguerettaz Rudi Franco
  Mariani Raffaella
  Mariano Elisa
  Marotta Antonio
  Marroni Umberto
  Martella Andrea
  Martelli Giovanna
  Martino Pierdomenico
  Marzana Maria
  Matarrelli Toni
  Mattiello Davide
  Mauri Matteo
  Mazziotti Di Celso Andrea
  Mazzoli Alessandro
  Melilla Generoso
  Melilli Fabio
  Meloni Marco
  Meta Michele Pompeo
  Miccoli Marco
  Micillo Salvatore
  Minardo Antonino
  Mognato Michele
  Molea Bruno
  Molteni Nicola
  Monaco Francesco
  Monchiero Giovanni
  Montroni Daniele
  Morani Alessia
  Morassut Roberto
  Mosca Alessia Maria
  Moscatt Antonino
  Mottola Giovanni Carlo Francesco
  Mucci Mara
  Murer Delia
  Naccarato Alessandro
  Nardella Dario
  Nardi Martina
  Narduolo Giulia
  Nastri Gaetano
  Nesci Dalila
  Nesi Edoardo
  Nicchi Marisa
  Nicoletti Michele
  Nuti Riccardo
  Oliverio Nicodemo NazzarenoPag. 60
  Orfini Matteo
  Ottobre Mauro
  Pagani Alberto
  Pagano Alessandro
  Paglia Giovanni
  Palazzotto Erasmo
  Palese Rocco
  Palma Giovanna
  Palmieri Antonio
  Palmizio Elio Massimo
  Pannarale Annalisa
  Paolucci Massimo
  Parentela Paolo
  Parisi Massimo
  Parrini Dario
  Pastorelli Oreste
  Pelillo Michele
  Pellegrino Serena
  Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
  Pesco Daniele
  Petitti Emma
  Petraroli Cosimo
  Petrenga Giovanna
  Petrini Paolo
  Piccoli Nardelli Flavia
  Piccolo Salvatore
  Picierno Pina
  Piepoli Gaetano
  Pilozzi Nazzareno
  Pini Gianluca
  Pini Giuditta
  Pinna Paola
  Piras Michele
  Pisano Girolamo
  Piso Vincenzo
  Pizzolante Sergio
  Plangger Albrecht
  Polverini Renata
  Porta Fabio
  Prataviera Emanuele
  Prestigiacomo Stefania
  Prodani Aris
  Quaranta Stefano
  Quartapelle Procopio Lia
  Quintarelli Giuseppe Stefano
  Rabino Mariano
  Raciti Fausto
  Rampi Roberto
  Ravetto Laura
  Ribaudo Francesco
  Ricciatti Lara
  Richetti Matteo
  Rigoni Andrea
  Rizzetto Walter
  Roccella Eugenia
  Rocchi Maria Grazia
  Romano Francesco Saverio
  Romano Paolo Nicolò
  Rondini Marco
  Rosato Ettore
  Rossi Domenico
  Rossomando Anna
  Rostan Michela
  Rostellato Gessica
  Rotondi Gianfranco
  Rubinato Simonetta
  Rughetti Angelo
  Russo Paolo
  Sanga Giovanni
  Sani Luca
  Sanna Giovanna
  Sannicandro Arcangelo
  Santerini Milena
  Sarti Giulia
  Savino Sandra
  Sberna Mario
  Scagliusi Emanuele
  Scalfarotto Ivan
  Scanu Gian Piero
  Schullian Manfred
  Scopelliti Rosanna
  Scuvera Chiara
  Segoni Samuele
  Senaldi Angelo
  Sibilia Carlo
  Simoni Elisa
  Sisto Francesco Paolo
  Sorial Girgis Giorgio
  Sottanelli Giulio Cesare
  Spadoni Maria Edera
  Speranza Roberto
  Spessotto Arianna
  Squeri Luca
  Stumpo Nicola
  Tacconi Alessio
  Tancredi Paolo
  Taranto Luigi
  Taricco Mino
  Tartaglione Assunta
  Tentori Veronica
  Terrosi Alessandra
  Terzoni Patrizia
  Tidei Marietta
  Tofalo AngeloPag. 61
  Toninelli Danilo
  Totaro Achille
  Tripiedi Davide
  Tullo Mario
  Turco Tancredi
  Vacca Gianluca
  Vaccaro Guglielmo
  Valente Simone
  Valente Valeria
  Valiante Simone
  Vallascas Andrea
  Vargiu Pierpaolo
  Vazio Franco
  Vecchio Andrea
  Vella Paolo
  Velo Silvia
  Venittelli Laura
  Ventricelli Liliana
  Verini Walter
  Vezzali Maria Valentina
  Vignaroli Stefano
  Villarosa Alessio
  Villecco Calipari Rosa Maria
  Vitelli Paolo
  Zampa Sandra
  Zan Alessandro
  Zanetti Enrico
  Zanin Giorgio
  Zaratti Filiberto
  Zardini Diego
  Zoggia Davide
  Zolezzi Alberto

  Sono in missione:

  Alfano Angelino
  Alli Paolo
  Amici Sesa
  Archi Bruno
  Baldelli Simone
  Balduzzi Renato
  Baretta Pier Paolo
  Bocci Gianpiero
  Bonifazi Francesco
  Bordo Michele
  Bray Massimo
  Capezzone Daniele
  Cariello Francesco
  Carrozza Maria Chiara
  Casero Luigi
  Castiglione Giuseppe
  Censore Bruno
  Cicchitto Fabrizio
  Cirielli Edmondo
  D'Alia Giampiero
  Damiano Cesare
  De Girolamo Nunzia
  Dellai Lorenzo
  Dell'Aringa Carlo
  Di Gioia Lello
  Fassina Stefano
  Ferranti Donatella
  Formisano Aniello
  Franceschini Dario
  Frusone Luca
  Galan Giancarlo
  Giachetti Roberto
  Giorgetti Giancarlo
  Gozi Sandro
  Kyenge Cecile
  Legnini Giovanni
  Letta Enrico
  Lombardi Roberta
  Lorenzin Beatrice
  Lupi Maurizio
  Martino Antonio
  Meloni Giorgia
  Merlo Ricardo Antonio
  Migliore Gennaro
  Mogherini Federica
  Moretto Sara
  Orlando Andrea
  Pes Caterina
  Pisicchio Pino
  Pistelli Lapo
  Portas Giacomo Antonio
  Realacci Ermete
  Santelli Jole
  Sereni Marina
  Tabacci Bruno
  Tinagli Irene

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione (A.C. 1690-A) (ore 16,03).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1690-A: Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante Pag. 62misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1690-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Melilli.

  FABIO MELILLI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, colleghi, com’è noto, il provvedimento che stiamo esaminando si è reso necessario per contenere il deficit di bilancio 2013 entro un valore non superiore al 3 per cento del PIL, e le misure previste migliorano di 1,6 miliardi di euro l'indebitamento netto. In tal modo si produce una correzione di 0,1 punti percentuali di PIL, che consente di posizionare tale saldo al 3 per cento, anziché al 3,1 cui si sarebbe attestato in assenza dell'intervento correttivo effettuato dal provvedimento.
  L'importo di 1,6 miliardi di euro viene reperito in questo modo: si inasprisce il Patto di stabilità interno per gli enti locali, disposto all'articolo 2, per 540 milioni (l'inasprimento è accompagnato da una norma programmatica che tende a prefigurare un alleggerimento nel 2014 per i comuni, alleggerimento che, tra l'altro, si sta verificando almeno nel disegno di legge presentato dal Governo sul Patto di stabilità); la costituzione di accantonamenti indisponibili delle spese relative alle missioni di ciascun Ministero, ai sensi del comma 1 dell'articolo 3 in esame, per 590 milioni; l'utilizzo, tramite il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, di quota parte delle risorse iscritte in conto residui per l'anno 2013 e non ancora erogate del Fondo per la tutela dell'ambiente, per 35 milioni; infine, un programma di dismissioni immobiliari, da adottare con procedure a legislazione vigente, da realizzare entro l'anno, che dovrà generare entrate per 525 milioni. Il provvedimento reca, inoltre, altre disposizioni in materia di finanza locale, di pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni territoriali, nonché, infine, misure volte a fronteggiare le esigenze indotte dal fenomeno dell'immigrazione.
  Nello specifico, l'articolo 1 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ed istituisce un Fondo immigrazione con una dotazione di 190 milioni di euro sempre per l'anno 2013. Le somme dei fondi non utilizzate nell'esercizio in corso potranno essere comunque utilizzate per l'anno successivo. Per la copertura dei 210 milioni di euro si provvede, per 90 milioni, dal Fondo rimpatri, per 70 milioni dalle entrate dell'INPS derivanti dalla regolarizzazione degli immigrati e per 50 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura. Sottolineo che con la disposizione di cui al comma 2 si intende privilegiare una gestione dell'emergenza esclusivamente attraverso le strutture ordinarie dell'amministrazione, cioè la gestione delle risorse è affidata al Ministro dell'interno.
  Nel corso dell'esame in sede referente, il Governo ha assicurato la sussistenza delle effettive disponibilità, a precisa richiesta della Commissione bilancio, delle predette risorse, nonché la possibilità che quelle residue possano garantire, senza bisogno di eventuali rifinanziamenti, il perseguimento delle finalità alle quali sono istituzionalmente destinate. Con un emendamento approvato all'unanimità dalla Commissione bilancio, è stata prevista la presentazione, entro il 31 marzo 2014, di una relazione informativa al Parlamento da parte del Ministro dell'interno, Pag. 63che dovrà riferire al Parlamento sullo stato di utilizzo e sugli effettivi impieghi delle risorse assegnate al Fondo per l'immigrazione.
  Con riferimento all'articolo 2, segnalo che i commi da 1 a 4 prevedono un aumento delle disponibilità del Fondo di solidarietà comunale per il 2013.
  L'importo complessivo del Fondo, che viene aumentato, è di 120 milioni di euro. È prevista, naturalmente, la copertura finanziaria reperendo risorse, quanto a 30 milioni di euro a valere sul Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi ed esigibili, relativamente alla Sezione enti locali, e quanto a 90 milioni di euro mediante la riduzione del contributo assegnato alle regioni per l'attivazione del cosiddetto patto regionale verticalizzato ed incentivato, e con questo si utilizza la parte del contributo non attribuito alle regioni Puglia e Molise.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto il comma 4-bis dell'articolo 2, che contiene una novella all'articolo 6-bis del decreto-legge n. 43 del 2013, che reca una deroga al Patto di stabilità interno per l'anno 2013, in relazione ai fondi stanziati per la ricostruzione e il ripristino dei danni causati dal sisma del 2002 in Molise, per un importo complessivo pari a 15 milioni di euro. Si è così ovviato a una difficoltà della regione Molise, che non riusciva ad utilizzare i fondi e aveva necessità naturalmente di una norma chiarificatrice.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto il comma 4-ter dell'articolo 2, che attribuisce per l'anno 2013 agli enti locali – ad ulteriore integrazione – altre risorse e cioè: una quota parte delle risorse versate all'entrata del bilancio dello Stato e resesi disponibili mediante la riassegnazione alla spesa che non risultano necessarie nell'anno 2013 per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali; risorse derivanti dalle minori occorrenze di spesa che sono connesse naturalmente alla gestione dell'albo medesimo. E naturalmente una norma specifica che indica che le relative risorse da attribuire agli enti locali saranno quantificate dallo stesso Ministero dell'interno.
  Il comma 5 dell'articolo 2, relativo alla disciplina del Patto di stabilità interno per gli enti locali, inasprisce, per l'anno 2013, come abbiamo già detto, i vincoli del Patto di stabilità interno, ed aumenta il contributo finanziario richiesto, nell'ambito del Patto, a ciascun ente, sospendendo l'applicazione del sistema di virtuosità, al fine di ripartire in modo diverso gli obiettivi finanziari del Patto tra gli enti medesimi. L'inasprimento dei vincoli del Patto di stabilità per gli enti locali determina naturalmente un miglioramento dell'indebitamento netto e del fabbisogno di un importo pari a 450 milioni di euro per il 2013. Come indicato nella relazione tecnica, la norma in esame, incrementando le percentuali per il calcolo dei saldi-obiettivo e non riattribuendo spazi finanziari così determinati determina un miglioramento dell'indebitamento netto e del fabbisogno per un importo, ripeto, pari a 450 milioni di euro.
  Il comma in esame, inserendo il comma 2-ter, introduce poi una norma programmatica finalizzata a favorire ed incentivare gli investimenti degli enti locali, prevedendo che, nell'ambito della manovra di finanza pubblica e in coerenza con gli obiettivi programmatici, agli enti locali potranno essere attribuiti nel 2014 spazi finanziari a valere sul Patto di stabilità interno. Ho già fatto notare che peraltro il Governo nel disegno di legge di stabilità ha previsto 1 miliardo di euro per incentivare, per aumentare gli spazi finanziari disponibili a favore degli enti locali per il Patto di stabilità.
  Resta confermata l'applicazione delle misure premiali previste per gli enti locali che partecipano alla sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo n. 118 del 2011, sull'armonizzazione dei bilanci, che prevede per questi enti un miglioramento di 20 milioni di euro degli obiettivi del Patto 2013, tramite la riduzione delle percentuali da applicare alla spesa corrente, da ripartirsi sulla base di Pag. 64specifico decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sentita la Conferenza unificata.
  Le disposizioni recate dal comma 6 sono finalizzate a consentire alle regioni sottoposte a un piano di rientro dal disavanzo sanitario, in caso di riduzione strutturale del disavanzo, di evitare le massimizzazioni delle aliquote dell'IRAP e dell'addizionale regionale IRPEF. Tenuto fermo che una quota parte del gettito relativo deve essere finalizzata alla copertura del disavanzo, per la restante parte di quota del gettito la regione potrà disporre la riduzione delle aliquote anche a destinazioni e a finalità extrasanitarie. Da questo punto di vista la Commissione bilancio ha modificato la norma, sostanzialmente disponendo che le regioni che utilizzano il Fondo per finalità extrasanitarie possano utilizzarlo soltanto per migliorare le condizioni di pagamento alle imprese, come da decreto-legge n. 35, per servizi pubblici locali. Allo stesso modo la Commissione ha ritenuto di dover inserire un'altra disposizione, perché ritiene che debbano essere considerati, ai fini dell'assegnazione delle anticipazioni di liquidità, anche i debiti fuori bilancio relativi al trasporto pubblico regionale.
  Il comma 8 dell'articolo 2 introduce una modifica ai termini di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, ai fini dell'applicazione dell'istituto della cosiddetta «definizione agevolata» nei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile, che proprio tale ultima disposizione ha esteso oltre le previsioni originarie. In particolare, la disposizione in esame proroga al 4 novembre 2013 il termine del 15 ottobre fissato come data ultima per la presentazione della richiesta di definizione agevolata e riduce da 15 a 7 giorni il termine entro il quale la sezione d'appello delibera in camera di consiglio. Resta fermo che, in caso di accoglimento, il giudice determina con decreto la somma dovuta in misura non inferiore a quella richiesta, stabilendo il termine perentorio per il versamento entro il 15 novembre 2013.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato inserito il comma 8-bis dell'articolo 2, che autorizza il Ministero dell'interno a non procedere ad assegnazioni finanziarie a favore di singoli enti locali e viceversa, cioè anche a recuperi o detrazioni di risorse a carico di singoli enti locali, nel caso in cui la somma complessiva sia inferiore a 12 euro (questo per motivi evidenti: perché la spesa sarebbe sicuramente superiore all'introito per il Ministero o per gli enti locali, quindi è una norma di semplificazione).
  L'articolo 3 reca le disposizioni volte a consentire nel 2013 il rientro dallo scostamento dagli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni entro il limite del 3 per cento del PIL, definito in sede europea.
  A tal fine, il comma 1 dispone che siano accantonate e rese indisponibili le disponibilità di competenza e di cassa relative alle missioni di spesa del bilancio dello Stato di ciascun Ministero, secondo alcuni importi definiti, che assommano complessivamente e producono un miglioramento dell'indebitamento netto di 590 milioni nel 2013.
  Il comma 2 specifica che le quote di risorse accantonate costituiscono economia di bilancio al termine dell'esercizio.
  Il comma 4 dispone che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dal comma 1 si provvede attraverso l'utilizzo di 249 milioni nel 2014 del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
  Il comma 5 stabilisce che le somme iscritte nel conto residui per l'anno 2013 sul Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio sono versate per l'importo di 45 milioni di euro all'entrata del bilancio dello Stato per il medesimo anno.
  Si ricorda che la correzione dei conti pubblici viene assicurata anche mediante un programma di dismissioni immobiliari, che dovrebbe assicurare entrate per il 2013 pari a 525 milioni di euro, cui si fa Pag. 65menzione nella relazione tecnica, anche se non vi sono disposizioni adeguate nel provvedimento. In proposito vorrei ricordare però che, nel corso dell'esame in sede referente, il Governo ha chiarito che nello scorso mese di settembre, in considerazione della tempistica e delle finalità sottese all'operazione – che deve essere naturalmente molto rapida per il raggiungimento degli effetti sui saldi di finanza pubblica nel corrente anno –, è stato espresso il nulla osta all'avvio delle attività propedeutiche alla dismissione da parte dell'Agenzia del demanio, mediante il coinvolgimento diretto o indiretto della Cassa depositi e prestiti, attesa la disponibilità manifestata in tal senso dalla stessa Cassa, e che il ruolo che la Cassa depositi e prestiti dovrà sicuramente, quasi sicuramente, svolgere è quello di anticipare, entro il corrente anno, la liquidità necessaria a finanziare l'operazione.
  In conclusione, nell'esprimere una valutazione positiva sul provvedimento in esame, ne auspico la rapida approvazione (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Guidesi.

  GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente e colleghi, il decreto che andiamo a discutere, il n. 120, si occupa di almeno due argomenti di grande rilievo, apportando per entrambi modifiche significative, tanto da essere stato subito ribattezzato tra gli addetti ai lavori come «manovrina», una piccola manovra discussa un po’ all'ombra della sorella maggiore, la legge di stabilità, in discussione contemporaneamente al Senato, che occupa le pagine economiche dei media, mentre questo decreto, in silenzio, provoca non pochi e non poco duraturi danni ai comuni ed alla buona gestione dei fondi pubblici.
  Non capiamo bene quale sia la ratio che ha portato il Governo in questi mesi, come fa anche nel decreto in esame, a proporre decreti che sistematicamente accostano tra loro temi forti e assolutamente disomogenei tra loro, ratio che non può essere altra della volontà di creare un po’ di confusione, di gettare fumo negli occhi, lasciando però anche in eredità al futuro un corpus normativo schizofrenico, incoerente, incerto e contraddittorio, ed in questo modo alimentando, anziché risolvendo, l'incertezza normativa che è uno dei grandi mali di questo Paese, facendo felici forse solo legulei, azzeccagarbugli e burocrati di professione.
  Abbiamo assistito alla ricorrente accoppiata IMU-ammortizzatori sociali, ora inauguriamo il duetto immigrazione-finanza locale. Forse che ciascuno di questi argomenti non sia abbastanza importante da essere trattato singolarmente, ma con consapevolezza, e non con misure raffazzonate e corrette nel successivo decreto d'urgenza. Dal nostro punto di vista questo decreto è assolutamente da bocciare.
  L'articolo 1 crea dal nulla un fondo di 190 milioni per il 2013 per far fronte alle problematiche derivanti dall'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale. Di questo fondo, eccetto che sia gestito dal Ministero dell'interno, non si sa nulla, non ci viene detto a chi andranno questi soldi, per svolgere quali attività, con quali obiettivi, e come sarà effettuata la verifica o il controllo dei fondi impiegati. L'elemento che ulteriormente suscita perplessità è che di quei 190 milioni, ben 95 costituiranno oneri per il personale; considerando che il decreto è del 15 ottobre, parrebbe che in due mesi e mezzo verrà spesa una simile cifra per pagare non si sa quale personale, scelto con quali criteri, con quale inquadramento e per fare cosa. Sul punto la relazione tecnica è assolutamente vaga, limitandosi a parafrasare il dispositivo non dà conto di quante unità e per quale inquadramento contrattuale sia stata calcolata una cifra così ingente. Il fondo non è connesso ad alcuna procedura di emergenza e pare caratterizzarsi come permanente. Dunque avremo d'ora in poi un fondo con ingenti disponibilità e dalle vaghe destinazioni.
  Tra i vari emendamenti che il nostro gruppo ha presentato e che sono stati tutti respinti senza un adeguato approfondimento, ce n'erano alcuni tesi almeno ad Pag. 66arginare la libertà di spesa del fondo. Cito, su tutti, almeno la previsione che la ripartizione del fondo avesse per destinatari gli enti locali, anche per verificare in questo modo eventuali assunzioni di personale. Mi sembra richiesta di buon senso quella tesa a fare sì che il denaro pubblico sia destinato a enti pubblici, che li gestiscono con regole certe, previste dalla legge.
  Ciò che contestiamo inoltre è come la copertura di un «nebuloso» fondo per gli immigrati sia stata trovata: svuotando il Fondo rimpatri (90 milioni su cento), istituito dal cosiddetto «decreto sicurezza» dell'allora Ministro dell'interno e alimentato con la tassa sui permessi di soggiorno; utilizzando i fondi derivanti dall'ultima sanatoria di immigrati clandestini del 2012, fondi che dovrebbero restare all'INPS per pagare i contributi pensionistici relativi alla regolarizzazione; infine, con un'azione a nostro avviso immorale oltre che scorretta, attingendo al fondo unificato per le vittime di reati mafiosi, di fenomeni estorsivi e dell'usura, che è a sua volta alimentato con un prelievo erariale su tutte le assicurazioni (incendi, auto, responsabilità civile) stipulati in Italia, pagato cioè da tutti i cittadini in virtù del nobile fine cui dovrebbe essere dedicato. Questo decreto-legge, in breve, si «abbevera» della tassa sui permessi di soggiorno, tanto criticata da una parte della sinistra, la fa propria per finanziare il fondo immigrati e contemporaneamente preclude qualsiasi azione di rimpatrio, le uniche attività che, insieme ai respingimenti direttamente operati sulle coste di partenza, avevano posto un argine all'immigrazione clandestina e scoraggiato le partenze, vere e uniche cause delle tragedie in mare.
  La nostra proposta di utilizzare almeno in parte i fondi per gli immigrati per aiutare i comuni nelle attività a favore della sicurezza, come la videosorveglianza e le altre possibili azioni per la tutela dei cittadini rispetto alla criminalità, non sono state nemmeno ammesse alla discussione; allo stesso modo non è stata ammessa la possibilità di coperture alternative: si vuole fare un fondo per immigrati al prezzo di togliere il fondamento di qualunque rimpatrio e del risarcimento alle vittime di mafia. Svuotare questi fondi è sbagliato e colpevole, ci sono molte altre risorse da aggredire, le pensioni d'oro e tanti altri privilegi. L'idea di attingere a questi fondi però non è piaciuta a questa maggioranza di Governo e la lettura è duplice: c’è il preciso disegno di non effettuare più alcun rimpatrio e c’è la volontà di non toccare determinati privilegi.
  L'articolo 2 costituisce la prova dell'ipocrisia con la quale questo Governo, ed in particolare la sua componente di sinistra, affronta la questione degli enti locali.
  Se sul territorio e sulla stampa si proclamano vicini agli amministratori locali, condannando la rigidità del Patto e i tagli di bilancio, al momento di approvare questo decreto non hanno esitato, invece, ad inasprire il Patto, in maniera brutale, a fine anno e a bilanci già scritti.
  L'articolo 2 del decreto fa confluire nel Fondo di solidarietà comunale 120 milioni, che non sono stati usati dai comuni per pagare i propri debiti, ai sensi del decreto n. 35 del 2013. Questi soldi non riguardano i comuni virtuosi, che non avevano bisogno di prestiti ma di spazi finanziari per utilizzare i propri attivi di cassa. Si tratta, invece, dei fondi che i comuni privi di cassa propria avrebbero dovuto prendere in prestito dalla Cassa depositi e prestiti, pagarvi un interesse, procedere al pagamento dei propri debiti e poi restituirli. Occorre, dunque, chiedersi perché questi 120 milioni siano avanzati, posto che certamente non tutte le amministrazioni hanno saldato i propri passivi. Probabilmente, molti comuni non hanno chiesto i fondi per raggiunti limiti di indebitamento o per non pagare poi i relativi interessi.
  I 120 milioni, con il decreto in esame, sono stati redistribuiti tra tutti i comuni creando, però, l'ennesima sovrapposizione normativa e incertezza giuridica. Infatti, dal Fondo di solidarietà comunale sono già stati pagati due acconti ai comuni, sulla base di due interventi legislativi diversi. Ma, mentre si aggiungono questi 120 Pag. 67milioni e contestualmente si ripartiscono gli stessi, restano fermi sul Fondo più di due miliardi e mezzo, che servirebbero ai comuni per chiudere almeno i bilanci preventivi al 30 novembre, ma che non sono stati ancora ripartiti e non si sa, al momento, in che termini ciò avverrà. Questi fondi in più sono inutilizzabili da parte dei comuni virtuosi, poiché costituiscono entrate escluse dal Patto di stabilità.
  La cosa più grave è che il decreto inasprisce a fine anno i coefficienti di patto per l'anno in corso. Come è ovvio che sia, al di là della deprecabilità della scelta in sé, i comuni hanno, a questo punto dell'anno, già effettuato le proprie scelte di bilancio e, quindi, la «stretta» richiesta non potrà che tramutarsi in rinvii dei pagamenti all'esercizio successivo. In sostanza, dopo un anno nel quale abbiamo affannosamente cercato – e a caro prezzo – di porre un argine ai debiti non pagati dalla pubblica amministrazione, con un colpo da maestro di fine anno li obblighiamo a creare nuovi debiti, in una spirale senza soluzione. Ciò non bastasse, questa «manovrina» cancella tout court il meccanismo premiante cosiddetto «di virtuosità», l'unico elemento intelligente e premiante per i virtuosi del Patto di stabilità, che sta uccidendo tutti gli enti locali.
  Questa duplice mannaia sui comuni serve per ricavare contabilmente 450 milioni da imputare al rispetto del vincolo di indebitamento netto della pubblica amministrazione stipulato in sede Europea – in totale servono 1 miliardo e 600 milioni –, con cui concorrono tagli ai ministeri e 525 milioni, da trovare entro la fine dell'anno, in dismissioni immobiliari. La cosa grave è che, stante il meccanismo della virtuosità che avrebbe imputato ai non virtuosi i benefici ottenuti dai comuni virtuosi con saldo zero per il comparto, di fatto il peso dei 450 milioni del vincolo europeo ricade solo ed esclusivamente sui comuni virtuosi, con una decisione presa a 15 giorni dalla chiusura dei bilanci e a due mesi dalla fine dell'esercizio finanziario.
  Questo è esattamente il contrario di quanto noi abbiamo sempre sostenuto e proposto, anche in questo provvedimento con emendamenti mirati e ragionevoli innanzitutto, tentando di mantenere il meccanismo della virtuosità e tenendo i comuni bene amministrati fuori dalle manovre compensative per coprire i buchi della mala gestione dello Stato e, poi, cercando di dare respiro ulteriore agli enti locali, che sono la vera prima linea nell'affrontare il disagio sociale delle persone derivante dalla crisi economica. Abbiamo proposto di tenere fuori dal Patto almeno i piccoli comuni, quelli fino a 5 mila abitanti. Non è certo un problema di copertura questa volta, ma di pura volontà politica. Il Fondo immigrazione era più che capiente per coprire l'esclusione dal Patto per i comuni piccoli almeno per il 2013. Evidentemente, tra le due opzioni il Governo ha scelto gli immigrati.
  Infine, dopo essere stata scongiurata in diversi provvedimenti, anche per la denuncia nostra, in questo decreto il Governo ha inserito anche la possibilità di pagare, con i fondi stanziati per i debiti della pubblica amministrazione, anche i debiti fuori bilancio, sanando e premiando, ancora una volta, la condotta di amministratori irresponsabili e scorretti.
  La lettura dell'atteggiamento di Governo e maggioranza riguardo a questo decreto sono, dunque, paradigmatici dell'intera linea politica che li sta guidando.
  A noi che chiediamo maggiori tutele e sicurezze, si risponde favorendo l'uscita dal carcere dei detenuti. Se chiediamo spazi di manovra per i comuni per aiutare le nostre famiglie in difficoltà, si risponde investendo quei soldi in un fondo per clandestini ed immigrati. Ai richiami persino accorati dei nostri esponenti a favore di una soluzione allo scandalo degli esodati si oppone la tutela ad oltranza dei pensionati d'oro. Questo, a dir nostro, è l'ennesimo provvedimento che premia i cattivi amministratori, che favorisce la spesa pubblica irresponsabile, che rende difficile il pagamento dei debitori, e dunque delle imprese e dei loro lavoratori, che mette immigrati e clandestini al primo posto. Non possiamo dunque condividere la relazione favorevole della Commissione. Intendiamo tuttavia insistere anche in Assemblea Pag. 68per modificare, con i nostri emendamenti, un testo che riteniamo sbagliato, ma ancora migliorabile. Per tale motivo non presenteremo un testo alternativo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, colleghi e colleghe, ci troviamo questa sera ad affrontare la discussione sul decreto-legge n. 120 del 2013, un decreto-legge che, come molti altri provvedimenti in questi mesi, è un provvedimento «miscellanea», direi un provvedimento zibaldone, stante il fatto che è un provvedimento di pochi articoli, di tre articoli, e quindi ovviamente è uno zibaldone in piccolo. Lo zibaldone in grande è stato il cosiddetto decreto-legge del fare, che conteneva, come sappiamo, tante misure molto eterogenee, con scarsa coerenza le une con le altre, e questo rende difficile anche per il Parlamento, in particolare in questo caso per le forze di opposizione, dare un giudizio univoco, perché si tratta di misure diverse, alcune che contengono elementi di positività ed altre che giudichiamo in modo negativo.
  Vi sono materie disomogenee che presuppongono quindi valutazioni diverse e materie disomogenee che sono state inserite in questo decreto-legge sulla base di un'esigenza, quella che veniva ricordata dall'onorevole Melilli all'inizio del suo intervento, ossia l'esigenza di riportare il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento, come ci chiede l'Europa.
  Tra l'altro, quella che è la principale causa di questo decreto-legge è trattata nell'ultimo articolo di questo decreto-legge e io la affronterò alla fine del mio breve intervento. Dicevo che ci sono temi diversi. L'articolo 1, come veniva ricordato, tratta il tema dell'immigrazione, degli interventi necessari per far fronte all'afflusso straordinario di cittadini immigrati, di stranieri, nel nostro territorio. Ci sono misure che sembrano andare in una direzione positiva, come nel caso dei 20 milioni stanziati per i minori non accompagnati. Ricordo però che i comuni ci chiedono un intervento ben più significativo, a fronte delle migliaia di minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro territorio. Poi ci sono 190 milioni destinati a far fronte all'afflusso straordinario di stranieri nel nostro Paese.
  Qui ci sono alcuni punti critici che vorrei sottolineare. Il primo è che non è chiaro, come già veniva ricordato, quale sarà l'impiego effettivo di questi fondi rispetto agli obiettivi e agli interventi che si pensa di affrontare. C’è una forte quota di questi fondi, soprattutto relativamente ai 190 milioni destinati al personale. Non si capisce ad esempio se una parte di questi fondi sarà destinata a degli interventi che noi non condividiamo, in particolare l'operazione mare nostrum e al rafforzamento dei centri di identificazione e di espulsione, un tema che noi vorremmo approfondire e sul quale vorremmo anche una risposta del Governo rispetto all'utilizzo di questi fondi.
  Riteniamo che avere preso, per finanziare questi interventi, 50 milioni dal fondo di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso sia sbagliato, sia una decisione che noi critichiamo e che giudichiamo in modo negativo, come giudichiamo in modo negativo che, mentre si stanziano fondi per l'immigrazione con questo decreto, nei precedenti provvedimenti presentati dal Governo e approvati dal Parlamento, dalla maggioranza che sostiene questo Governo, si siano «presi» circa 70 milioni di euro dei 150 destinati all'8 per mille di competenza statale.
  Ricordo che, in base a un regolamento approvato dalla prima Commissione, la Commissione speciale istituita in attesa che si costituissero le Commissioni permanenti, era stato deciso che una quota ben definita, ovvero il 25 per cento dei Pag. 69fondi derivanti dall'8 per mille, fosse destinata a misure relative al tema degli interventi per i richiedenti asilo e per i rifugiati.
  Quindi, da una parte, mettiamo dei soldi per gli interventi che riguardano l'immigrazione, ma, in questi mesi, in realtà, ne abbiamo tolti molti di milioni a quegli interventi, previsti dalla parte di competenza statale di gestione del fondo dell'8 per mille, che riguardavano proprio l'inclusione e l'integrazione dei rifugiati. Il secondo articolo ha a che vedere, come veniva ricordato, con gli interventi sulla finanza degli enti territoriali.
  Rilevo che, anche qui, vi è una sorta di schizofrenia: da una parte, con un decreto che è in discussione a poche settimane dalla fine dell'anno, si va a un inasprimento del Patto di stabilità, creando non poche difficoltà e non pochi problemi ai comuni e agli enti locali, e, dall'altra, si prevede, con la legge di stabilità, di allentare il Patto di stabilità.
  Una schizofrenia che mette insieme inasprimento e allentamento dei vincoli del Patto di stabilità, a distanza di poche settimane. Rileviamo come tutto questo sia molto negativo, come è molto negativo il fatto che, per finanziare, come dirò dopo, il rientro sotto il 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL, vengano tagliati 35 milioni al fondo per le piccole opere, che è un fondo utilizzato dai comuni e dagli enti locali per realizzare interventi che vanno dalla manutenzione del territorio ad altri interventi relativi all'edilizia scolastica e al benessere delle comunità locali: ciò mentre si interviene in questa direzione.
  D'altronde, anche rispetto all'articolo 3, si prevede una riduzione di 450 milioni dalle spese dei comuni per far rientrare nel 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL; quindi, anche qui, vi sono delle contraddizioni e delle schizofrenie che noi vogliamo evidenziare e sottolineare. Arrivo all'articolo 3, e su questo concludo, l'articolo che riguarda l'aspetto principale di questo provvedimento, di questo decreto, cioè le disposizioni finanziarie volte ad assicurare il rientro nei parametri europei, e in particolare il rientro del rapporto tra deficit e PIL sotto il 3 per cento.
  Intanto, vogliamo rilevare come, ancora una volta, l'ottimismo, un po’ di maniera, manifestato da esponenti del Governo nei mesi scorsi sia stato puntualmente sconfessato dai dati e da quello che poi, in realtà, è successo, ovvero lo sforamento della soglia del 3 per cento, come chi ha fatto parte della Commissione speciale, insediatasi prima della formazione delle Commissioni permanenti, aveva detto e aveva previsto.
  D'altro canto, critichiamo il modo attraverso il quale vengono «presi» i soldi per fare questa operazione di correzione dei conti pubblici, per stare sotto il 3 per cento – alcune partite finanziarie le ho già evidenziate prima: le piccole opere, le spese per i comuni – e poi, e su questo concludo, critichiamo la filosofia che sta dietro questa disciplina un po’ stupida dei parametri e dei vincoli che l'Europa, in qualche modo, si è posta e pone al nostro Paese.
  Noi pensiamo che bisognerebbe avere più coraggio per, in qualche modo, rompere i vincoli e i paletti di questa impostazione. Intanto, riteniamo che i soldi potevano essere presi in altro modo, dalla riduzione delle spese militari alla riduzione delle spese per le grandi opere, a una serie di interventi riguardanti gli sprechi della pubblica amministrazione.
  Potremmo fare un elenco molto lungo. Ma poi critichiamo – come dicevo prima e su questo concludo – la filosofia generale che il nostro Governo non ha l'intenzione di mettere in discussione. A parole, sì, perché il Primo Ministro Letta ha ricordato in sede europea come sia necessario puntare sulla crescita e anche molti altri esponenti di Governi di Paesi europei fanno affermazioni di questo tipo; dall'altra parte però, nella concreta pratica delle decisioni che vengono assunte, siamo ligi e disciplinati a una impostazione che è completamente sbagliata e che ha portato alla depressione economica dell'Europa, ha portato all'aumento della disoccupazione, ha portato a una maggiore difficoltà delle Pag. 70nostre imprese, delle imprese europee, delle imprese di molti Paesi europei, e ha sostanzialmente portato l'Europa su una strada sbagliata.
  Quindi, noi pensiamo che aver destinato un miliardo e 600 milioni per una correzione dello 0,1 per cento del PIL per stare dentro il 3 per cento – eravamo al 3,1 per cento – sia stata una scelta, secondo noi, sbagliata. Potevamo in qualche modo riconcordare e avviare con la Commissione europea e con le istituzioni europee un dialogo per permettere al nostro Paese di sforare, e noi riteniamo anzi che questa impostazione andrebbe ribadita nei prossimi mesi per avere in qualche modo una maggiore elasticità, un maggiore allentamento di questi vincoli da, ripeto, ricontrattare, riconcordare con le istituzioni europee – in modo tale da permettere di finanziare la crescita, di finanziare interventi per l'economia e permettere di sostenere interventi per l'occupazione. Stante questa situazione, infatti, io penso che non ci siano le condizioni per avere strumenti economici e finanziari nel 2014 per fare uscire il Paese dalla crisi e per fare uscire l'Europa dalla depressione economica in cui si trova. Per cui, io penso che si è persa un'occasione per affrontare questo tema in Europa e per, attraverso una decisione coraggiosa, riaprire il dibattito per andare in una direzione diversa da quella che l'Europa, le istituzioni europee, la burocrazia europea, ci ha imposto in questi mesi.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Parrini. Ne ha facoltà.

  DARIO PARRINI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, io ovviamente esprimo in primo luogo approvazione per la relazione che ha illustrato qui l'onorevole Melilli e colgo l'occasione di una riflessione su questo provvedimento per mettere in luce le cose più convincenti in esso contenute, e per fare anche delle considerazioni sulle parti di questo provvedimento su cui è importante che continuiamo a ragionare, sia nella discussione in Aula sia nelle prossime settimane. Mi riferisco soprattutto alle conseguenze sulla finanza degli enti locali e, in particolare, dei comuni.
  Io credo che dobbiamo in primo luogo avere cognizione dell'importanza di tenere il deficit di bilancio delle pubbliche amministrazioni italiane sotto il livello del 3 per cento in rapporto al prodotto interno lordo. Facciamo un sacrificio importante per raggiungere questo risultato, ma non ci può mancare la consapevolezza che le possibilità di sfruttare margini di manovra molto utili per misure anticicliche nel 2014 sono legate alla capacità nostra di rispettare questo vincolo che abbiamo contratto con le autorità europea, con i nostri partner a livello continentale. È vero che altri Paesi – segnatamente Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Paesi Bassi – hanno avuto con le istituzioni europee la possibilità di ottenere slittamenti in avanti del rispetto del vincolo del 3 per cento.
  Credo che anche a questo prima facesse implicito riferimento l'onorevole Marcon. Altrettanto vero è che noi non dobbiamo mai dimenticare che la particolarità del nostro Paese ha a che fare con un debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo che – ahime ! –, nonostante sia aumentato anche negli altri Paesi, è nel nostro caso eccezionalmente più elevato e ci pone in una situazione del tutto originale e priva di eguali tra i grandi Paesi dell'Unione europea.
  Io credo che sia giusto, in occasione di questo tipo di provvedimenti, dire ciò che si pensa dell'assetto generale e delle regole della finanza pubblica in Europa e credo anche che sia giunto il momento di porre all'ordine del giorno, anche con più forza di quanto non si sia fatto fino ad oggi, il problema, la questione di un mutamento di queste regole.
  Sappiamo che ci sono tante svolte da realizzare, sia nel campo della politica monetaria, con un orientamento più espansivo della politica monetaria della Banca centrale e anche con una revisione degli statuti che regolano l'attività della Banca centrale stessa, in modo da dare pari dignità all'obiettivo della crescita rispetto a quello che ha oggi, il mantenimento Pag. 71della stabilità dei prezzi. Sappiamo – credo tutti – che dobbiamo batterci per una più incisiva politica di bilancio federale, a cui corrisponda anche una unione di bilancio tra i Paesi membri dell'Unione, perché è evidente che la possibilità di attuare politiche anticicliche e di fare investimenti che possano rimettere in moto l'economia europea, che oggi batte «pesantemente in testa», sono anche legate a un maggior attivismo del livello federale dell'Unione. Quindi, politiche più comunitarie e meno intergovernative sono una necessità indubbia. Credo che una riflessione, in occasione di provvedimenti come questo, dobbiamo farla anche sulla opportunità di introdurre la golden rule, cioè un trattamento diverso ai fini del calcolo deficit-PIL degli investimenti produttivi.
  Detto tutto ciò, la particolare fragilità del nostro Paese ci pone nella necessità di stare sotto il limite del 3 per cento, di dimostrare che sappiamo tenere in ordine i nostri conti, per poi poter avere – come dicevo all'inizio – più spazio a partire dall'anno prossimo per dare impulsi alla crescita. Mi sembra che l'accoglimento positivo che in questi giorni c’è stato da parte delle autorità europee, della Commissione in particolare, rispetto allo sforzo che abbiamo fatto e anche la disponibilità a fare in Italia un vertice sulle politiche per il sostegno all'occupazione giovanile siano altrettanti riconoscimenti al valore delle iniziative intraprese e della serietà con cui si è cercato di portare avanti un lavoro di correzione dei nostri conti.
  Venendo ai dettagli del provvedimento, io penso che si debba mettere in luce che forse, per la prima volta da molto tempo a questa parte, l'entità dell'aggiustamento non ricade in misura quasi esclusiva sugli enti locali, e segnatamente sui comuni, ma è importante la quota di aggiustamento che va in capo ai Ministeri. Noi sappiamo che, in questi anni, la correzione della finanza pubblica, le varie manovre di tipo restrittivo che sono state poste in atto per rispettare gli obiettivi di bilancio che caratterizzavano la nostra finanza pubblica sono state in gran parte sopportate dal livello delle amministrazioni locali, e in particolare dal livello dei comuni. Il sacrificio chiesto ai comuni è stato pesantissimo; a ciò ha corrisposto anche una capacità dei comuni di razionalizzare la propria spesa, di tenere a freno la spesa corrente, di limitare l'indebitamento, della quale forse non c’è sufficiente consapevolezza nel nostro Paese, che invece dovremmo aver tutti più chiara.
  Io penso che, invece, ci siano sui livelli centrali dello Stato maggiori margini per effettuare delle riduzioni di spesa che abbiano carattere possibilmente selettivo, non indiscriminato e che sia stato giusto dare questo tipo di segnale in occasione di questa manovra di correzione dei conti pubblici.
  È una correzione che certo giunge in extremis e che, come è stato anche detto durante questo dibattito, inevitabilmente e indubbiamente produce degli effetti anche che destano preoccupazione sugli enti locali e sui comuni. Noi sappiamo che nel mese di novembre il bilancio dei comuni ha ormai una rigidità estrema. Questo provvedimento, quindi, giunge quasi alla fine dell'esercizio e ai comuni stessi chiede, in termini di riduzione dei trasferimenti e anche per altre ragioni, uno sforzo di non poco conto che noi sappiamo, anche da quello che possiamo capire grazie al rapporto costante che molti di noi hanno con i municipi italiani, essere assolutamente uno sforzo di grande rilievo.
  Ci sono comuni che potrebbero essere costretti ad agire sulla fiscalità in maniera retroattiva per compensare la riduzione di fondi che vengono a subire. Altri comuni rischiano un aumento di fragilità molto preoccupante dei loro bilanci. Io credo – ne abbiamo discusso anche in Commissione – che si debba esplorare fino in fondo e con grande rapidità la possibilità di attuare provvedimenti anche d'urgenza che possano entrare in vigore da qui alla fine dell'anno per poter parzialmente sollevare le amministrazioni comunali dall'effetto degli ultimi provvedimenti, magari – e questa è un'idea, un suggerimento che ci permettiamo di avanzare –, anche sfruttando Pag. 72quel margine che viene dal non completo sfruttamento delle somme che sono state iscritte a bilancio per onorare i pagamenti della pubblica amministrazione di debiti dovuti al settore privato. In quel caso sappiamo che si agisce sulla competenza e che qualche margine c’è. Potrebbe essere l'occasione per ridurre l'impatto sul livello delle amministrazioni municipali che, come dicevo prima, è senz'altro un impatto di notevole entità e il cui effetto non può essere sminuito.
  Io credo anche – e mi avvio a concludere – che, sempre per parlare di ciò che avviene a livello municipale, sia da fare una riflessione, in primo luogo sull'importanza legata al fatto che una parte della correzione avviene attraverso alienazioni per oltre 525 milioni di euro con un ruolo ovviamente decisivo della Cassa depositi e prestiti. Forse allo stesso modo in cui a livello nazionale noi facciamo sì che l'alienazione di beni immobili possa essere utilizzata per il miglioramento del saldo del Patto di stabilità, dovremmo come dicevo interrogarci sulla possibilità che un'analoga possibilità di manovra a quella utilizzata a livello centrale possa essere utilizzata anche a livello locale dove, invece, al momento le alienazioni immobiliari costituiscono elemento che permette l'importantissima riduzione del debito delle amministrazioni, ma che non sono rilevanti ai fini del miglioramento del saldo del Patto di stabilità che, ovviamente, insieme alla carenza di liquidità legata a ragioni che conosciamo, rappresenta per i comuni in questo momento la principale fonte di preoccupazione.
  Tuttavia, pur con questi rilievi, credo che questo provvedimento sia importante e sia giusto. Penso che noi, se davvero vogliamo che sia a portata di mano una ripresa della nostra economia nel 2014, non possiamo abbassare la guardia sul fronte dei conti pubblici. Dobbiamo anche ricordarci che, se siamo stati costretti a fare questa manovra correttiva, è perché le stime di crescita del PIL in Italia sono state oggetto di una revisione, sia da parte del Governo, sia da parte dell'Istituto nazionale di statistica e, purtroppo, di una revisione al ribasso perché la nostra economia è calata di più di quello che pensavamo sarebbe successo a inizio anno.
  Proprio oggi l'ISTAT ha pubblicato le stime sull'ultimo trimestre. Abbiamo avuto ancora un segno meno, dello 0,1 per cento, rispetto al trimestre precedente e rappresentiamo, tra i grandi Paesi europei, ancora una cenerentola sia per l'andamento sul trimestre precedente sia per il decremento di PIL già acquisito per l'anno in corso e sia purtroppo, insieme alla Spagna, per la previsione sul 2014, perché le ultime stime indicano la previsione di crescita del PIL in Italia nel 2014 al più 0,4 per cento così come avverrà, secondo EUROSTAT, per la Spagna mentre altri grandi Paesi, la Germania e il Regno Unito, vedono previsioni di aumento del PIL abbastanza tranquillamente al di sopra dell'1 per cento.
  È, quindi, chiaro che parte della nostra fragilità, oltre alla natura e alla rigidità dei nostri conti pubblici, ha a che fare con una scarsa capacità fin qui di sostenere la crescita, elemento indispensabile anche per non dover continuamente rivedere in corso d'opera gli stanziamenti di spesa e l'organizzazione del nostro bilancio.
  Quindi è con questo auspicio che si fanno provvedimenti del genere; cioè con la speranza che si possano porre su binari di grande stabilità le decisioni fondamentali che andranno prese nelle prossime settimane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fauttilli. Ne ha facoltà.

  FEDERICO FAUTTILLI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, sottosegretario, nelle settimane passate la stampa e i media tutti hanno informato in modo quasi insistente l'opinione pubblica, come è successo anche in altre occasioni per problematiche simili, sulla capacità o l'incapacità del Governo di mantenere l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni al di sotto del 3 per cento.
  Appena il Governo, consapevole del rischio reale di non raggiungere tale obiettivo Pag. 73richiesto dall'Europa ma soprattutto necessitato di rendere credibile la sua azione, è intervenuto per mantenere l'impegno assunto, è calato il silenzio più totale. Da dedurre, quindi, che era una notizia il mancato raggiungimento dell'obiettivo e non è stata più una notizia averlo raggiunto. Ma tant’è. La politica, peraltro, dentro e fuori la maggioranza, discute sul valore della stabilità ed è sufficiente garantire questo status per giustificare la vita di un Governo, un Governo sostenuto da un'alleanza tra forze politiche disomogenee e alternative, quindi un Governo anomalo democraticamente inteso ? Certo che no. Sicuramente la stabilità è la condizione necessaria per realizzare ciò che a tutti noi, forze di maggioranza e di minoranze, almeno spero, sta a cuore, ovvero la crescita dell'economia del nostro Paese. Sì, la crescita che, senza stabilità, non sarebbe possibile, e per realizzare la crescita occorre anche non oltrepassare il 3 per cento ovvero tenere i conti a posto e i bilanci a pareggio.
  Il decreto-legge in esame origina da queste esigenze, quindi da un'esigenza indifferibile, quella volta a consentire nel 2013 il rientro dallo scostamento dagli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni entro il limite del 3 per cento del PIL definiti in sede europea.
  Nelle conclusioni della relazione tecnica ma anche nella relazione appena letta dall'onorevole Melilli, si evidenzia che le risorse necessarie al rientro dallo scostamento dello 0,1 per cento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2013 rispetto appunto al limite del 3 per cento del PIL, ammonta a circa un miliardo e 600 milioni di euro in termini appunto di indebitamento netto.
  Ricordo che questo decreto-legge fu emanato proprio per consentire al Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni di presentarsi ai partner, alla riunione del Fondo monetario internazionale e dell'Ecofin dei primi di ottobre, con i conti nuovamente a posto.
  Le coperture abbiamo inteso come sono state reperite: 450 milioni tramite l'inasprimento del Patto di stabilità interno per gli enti locali; la costituzione di un accantonamento indisponibile delle spese relative alle missioni di ciascun Ministero per circa 590 milioni; l'utilizzo, tramite il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di quota parte delle risorse iscritte in conto residui per l'anno 2013 e ancora non erogate, del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio per circa 35 milioni, nonché un programma di dismissioni immobiliari per 525 milioni.
  Ho voluto ricordare di nuovo queste cifre, perché, per la prima volta, il Governo interviene non prevalentemente per le coperture impegnando i fondi statali invece che quelli degli enti locali, ma, addirittura, per i due terzi, rispetto a un terzo in cui questi fondi sono stati recepiti dagli enti locali con l'inasprimento del Patto di stabilità.
  D'altronde, dopo l'importante successo della chiusura della procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia, che va diviso tra tutti gli italiani, e anche l'azione dei precedenti Governi, sarebbe stato un vero dramma mandare tutto all'aria. Ma, purtroppo, non è finita qui, perché Bruxelles ci invita, comunque, a lavorare sui conti per centrare il pareggio del 2014, diminuire il debito e riformare, soprattutto, lavoro, giustizia, scuola e fisco e proseguendo con più determinazione sulla spending review.
  Ricordo che la procedura per deficit eccessivo era stata aperta nei confronti dell'Italia nel 2009, dopo che i conti pubblici avevano sforato il tetto del 3 per cento del rapporto deficit-PIL fissato dai parametri di Maastricht. Restiamo, quindi, dei sorvegliati speciali, ma siamo convinti anche a proseguire nell'impegno di rispettare gli obblighi assunti in sede europea e di applicare il programma sul quale il Parlamento ha votato la fiducia a questo Governo. Per questo dobbiamo ancora assicurare un aggiustamento dei conti per centrare il pareggio di bilancio strutturale del 2014 e una diminuzione regolare dell'alto debito pubblico.Pag. 74
  Ma tornando al decreto-legge, riteniamo anche di dover sottolineare quanto previsto per l'immigrazione. Infatti, negli ultimi mesi, si è registrato un forte aumento dell'afflusso di cittadini stranieri nel territorio nazionale, soprattutto via mare, e si sono verificati diversi incidenti, culminati nei tragici naufragi avvenuti il 3 e l'11 ottobre del 2013 al largo di Lampedusa, con moltissime vittime tra i migranti.
  Quindi, condividiamo la norma che incrementa la dotazione del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati nel decreto e la norma che crea un fondo ad hoc finalizzato all'adozione degli interventi per fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale, ed anche l'aumento delle disponibilità del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2013 per un importo complessivo di 120 milioni. Certo, ci rendiamo conto che non è questa la cifra che viene richiesta dai comuni, ma riteniamo che questo già sia un primo passo importante verso la domanda pressante che i comuni fanno nei confronti del Governo.
  In conclusione, desidero anche sottolineare l'emendamento presentato da Scelta Civica al comma 6 dell'articolo 2. I meccanismi dei piani di rientro previsti dalla legge finanziaria del 2005 dovevano avere carattere transitorio per far fronte a situazioni di disavanzo sanitario regionale a carattere emergenziale. Il numero delle regioni in piano di rientro è cresciuto nel corso degli anni e attualmente esse sono otto: Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia, Piemonte e Puglia.
  Ne è conseguito un aumento della pressione fiscale regionale, attraverso maggiorazioni alle addizionali IRPEF e IRAP. L'articolo 2, comma 6, appunto, del decreto-legge, interviene in modo condivisibile su questo assetto consentendo alle regioni di ridurre tali addizionali, sebbene a seguito di una complessa procedura di verifica. Inoltre, l'attuale formulazione presenta alcune incongruenze che rischiano di vanificare l'efficacia della norma; infatti, rende possibile che le regioni scelgano di non procedere, pur ricorrendone le condizioni, a tali riduzioni fiscali, in pregiudizio, soprattutto, di cittadini e imprese. Pertanto, la nostra proposta di modifica puntava a far sì che al migliore andamento dei conti sanitari potesse conseguire, in modo univoco, una riduzione paritetica delle addizionali regionali IRPEF e IRAP.
  Il correttivo proposto, quindi, era volto ad evitare che gli incrementi delle addizionali potessero diventare strutturali. Nel dettaglio, avevamo proposto di rendere obbligatoria e non facoltativa la riduzione delle addizionali in presenza dei presupposti previsti dalla norma e di escludere che l'avanzo riscontrato nei conti sanitari potesse essere impiegato, piuttosto che alla riduzione delle imposte, a finalità extrasanitarie. Rispetto a questa proposta di emendamento abbiamo accettato la riformulazione che ci è stata proposta dal Governo, che prevede di impegnare gli incrementi che si realizzano in servizi di urgenza comunali e alle imprese, in un tempo, però, determinato.
  Quindi, per tutte queste considerazioni, esprimiamo un parere positivo sia alla relazione presentata dal relatore che alla conversione in legge di questo decreto-legge.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Currò. Ne ha facoltà.

  TOMMASO CURRÒ. Signor Presidente, carissimi colleghi, il decreto-legge n. 120 del 2013 segna il passo conclusivo del percorso finanziario relativo all'esercizio 2013. Un passo importante, direi, dunque, considerato che questo reca misure volte a consentire, in conformità, appunto, ai parametri dettati dall'Unione europea, il contenimento del disavanzo di bilancio entro un valore non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo, come già sottolineato praticamente da tutti i relatori. Ricorderete peraltro quando, a fine settembre, in occasione dell'esame del DEF, già il Governo, nella persona del Ministro Saccomanni, aveva ribadito l'importanza e l'intenzione di correggere questo parametro, Pag. 75e quindi di effettuare questa correzione dello 0,1 per cento del PIL, il che poi ha effettivamente comportato una manovra da 1,6 miliardi. Come è stata effettuata questa manovra è già stato sottolineato dai miei colleghi; io sintetizzo i punti: 450 milioni di euro verranno recuperati dall'inasprimento del Patto di stabilità interno degli enti locali; 590 milioni di euro attraverso la costituzione di accantonamenti delle spese per le missioni di ciascun Ministero; altri 525 milioni di euro poi saranno resi disponibili attraverso un non ben specificato programma di dismissioni immobiliari da realizzare entro l'anno.
  Devo dire, cari colleghi, che il provvedimento in esame, per ciò che mi riguarda, è scivolato via in Commissione un po’ rapidamente, ma, come anche sottolineava qualche altro collega poc'anzi, quasi non ci siamo neanche accorti di averne esaurito il percorso in Commissione. L'impressione che ho avuto è stata proprio come quella che si ha per una medicina amara che deve essere assunta comunque e rispetto alla quale non puoi proprio sottrarti, giacché te l'ha ordinata il medico; e allora, pur con l'animo triste, non puoi che risolverti nel prendere tale medicina nel più breve tempo possibile, non avendo alternative valide alla cura della tua salute. Quindi, volendo rimanere in tema di metafora, qui il medico in questione è rappresentato dall'Unione europea, il malato è l'Italia, la ricetta per la malattia è il Patto di stabilità e crescita.
  Il Patto di stabilità – mi soffermo su questo strumento – è il meccanismo che ha l'obiettivo di distribuire sui diversi livelli della pubblica amministrazione il carico derivante dalla necessità del rispetto dei vincoli finanziari imposti a livello europeo, coinvolgendo, dunque, in tale sforzo anche le amministrazioni locali. Per ottemperare a queste funzioni la struttura del vincolo interno riproduce esattamente quella del Patto esterno replicando tal quale il modello di relazione tra l'Unione ed i Paesi membri. Il primo spunto di critica dunque sorge rispetto alla domanda su quale sia la necessità di adottare internamente lo stesso identico strumento. Sul perché cioè si debba necessariamente concepire tal quale il vincolo interno così come è stato strutturato a livello europeo e predisposto nel subordinare gli Stati nazionali a precise politiche di bilancio.
  Quindi, colleghi, il mio ragionamento adesso si vuole un po’ estendere alla questione di politica e uscire un pochino dal commento specifico degli articoli del provvedimento.
  Io ritengo che possano esistere, invece, modi diversi di concepire un vincolo di condivisione della responsabilità finanziaria. Solo una visione a dir poco acritica non ci consentirebbe di ragionare, appunto, su questo tema. Fin troppo spesso abbandoniamo il campo della riflessione politica perché riteniamo ormai acquisiti – anzi su di essi non abbiamo mai posto sufficiente attenzione – certi principi di natura economico-finanziaria.
  Dobbiamo riappropriarcene invece. E allora tale riflessione politica parte innanzitutto dallo stato delle considerazioni che gran parte degli amministratori fanno rispetto agli effetti dell'applicazione di questo strumento. Sussiste una generale convinzione della totale inadeguatezza dello strumento rispetto soprattutto alla sua reale efficacia nell'aiutare a risolvere i problemi connessi alla crisi, nell'agevolare i processi di pagamento dei debiti, nel consentire ai comuni di effettuare quelle spese irrinunciabili che sono gli investimenti, importantissimi per agevolare i processi di sviluppo del territorio e di adempiere pertanto ad una delle funzioni istituzionali degli enti locali. Una grande responsabilità è, a tale proposito, attribuibile al criterio del saldo di competenza mista. Il saldo-obiettivo è sostanzialmente calcolato senza alcuna distinzione tra saldo di parte corrente e saldo di parte capitale.
  Senza entrare profondamente nei dettagli, da ciò ne consegue che, essendo una parte consistente delle spese rappresentate proprio da investimenti in opere pubbliche, ed essendo la parte capitale del saldo connessa alle iscrizioni di cassa, molte Pag. 76opere già finanziate oppure già avviate ma non completate o anche completate, non possono essere pagate a causa del vincolo di spesa. Ecco come, ad esempio, in questa ottica possa essere calato il problema del pagamento dei debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni, per i quali, visto l'ammontare enorme ormai raggiunto, è dovuto intervenire il Governo precedente con l'emanazione di un apposito decreto, il famoso decreto n. 35 sui 40 miliardi di euro, appunto.
  Della sua totale irrazionalità ce ne accorgiamo anche soffermando l'attenzione proprio sul decreto che abbiamo in esame, allorché all'articolo 2 si predispone un trasferimento a titolo integrativo del Fondo di solidarietà comunale, il cui scopo è quello di attuare un meccanismo perequativo delle differenze di base imponibile IMU. Secondo l'opinione di molti, insito nel meccanismo di trasferimento di tali risorse, posto che la riscossione del tributo è a carico dei comuni, risulterebbe un continuo trasferimento di risorse al comparto statale da quello decentrato dello Stato nel cammino verso il pareggio di bilancio. Insomma, semplificando il ragionamento, questo lo vediamo anche dal comma 2 dello stesso articolo, laddove è espressamente previsto che i trasferimenti a titolo di integrazione perequativa non saranno considerati tra le entrate finali ai fini del Patto di stabilità interno.
  In sostanza, a ben vedere, i comuni riscuotono l'intero tributo e iscrivono all'entrata del bilancio la parte di propria competenza, ma poi, al momento della valutazione del saldo con lo Stato, quest'ultimo, nella restituzione di quanto già spettante, non tiene conto di tali somme ai fini del saldo-obiettivo del Patto di stabilità.
  In altre parole, lo strumento testé citato non ribalta sulle amministrazioni locali la stessa grandezza che invece lo Stato rende rilevante in sede europea, scaricando sugli enti decentrati i sacrifici che l'amministrazione centrale non vuole o non riesce a fare. Quindi, ricapitolando: il vincolo è, a mio avviso, studiato per trasformare di fatto un ente pubblico in un'azienda privata. Puoi finanziare la tua spesa solo con l'attivo del conto economico di fatto.
  E allora, o riduci la spesa, quindi minori servizi, minori investimenti, oppure aumenti le entrate: maggiori tasse, tariffe, tributi di ogni genere e di ogni natura. Questo per la parte corrente, mentre sul fronte capitale potresti anche operare attraverso svendite ed alienazioni patrimoniali per inseguire il saldo-obiettivo. Ma nemmeno lì stai tranquillo, perché hai vigente il criterio di cassa e non è pertanto sufficiente mettere all'asta un immobile pubblico e trovare un acquirente, il che genererebbe soltanto l'accertamento dell'entrata, quindi darebbe il solo presupposto giuridico per la riscossione e non la riscossione in sé, cioè l'incasso, cioè la valutazione in positivo sul vincolo del Patto.
  Un po’ una follia, insomma ! Gli effetti del Patto di stabilità, così per come è concepito, connotano di fatto questo strumento non già come un mezzo per realizzare politiche economiche nel solco di un processo di integrazione europeo, ma come mezzo per l'adozione obbligatoria da parte degli Stati di una ed una sola politica economica: quella di matrice neoliberista. C’è una bella differenza, signori, in termini di riappropriazione di una sovranità perduta.
  Il Patto interno quindi deve essere uno strumento, a mio avviso, che invece di sottrarre ancora di più sovranità nazionale, cosa che attualmente fa per le ragioni che vi ho appena descritto, conceda possibilità ai Governi di intraprendere iniziative contro la crisi, un modello flessibile di Patto che sostituisca quello attuale, rigido ed impietoso, e che consenta di assecondare gli andamenti fisiologici del ciclo economico attivando meccanismi di incentivazione della spesa quando il PIL attuale si discosta, al ribasso, da quello potenziale e viceversa contrastandola quando si ha sovrapproduzione. Questo è un periodo in cui tutti parlano di riforma, ma io ritengo che nessuno si sia soffermato su questo aspetto, adottare cioè una riforma di natura economica proprio in Pag. 77un momento di crisi. Sarebbe rivoluzionario da questo punto di vista, io ritengo.
  E adesso torniamo al provvedimento. Il testo prevede anche misure, dicevamo, volte a fronteggiare la crisi migratoria che ha visto molti comuni, soprattutto del Sud, e le strutture delle diverse prefetture, impegnati in uno sforzo onorabile nell'accoglimento dei cittadini stranieri a tutti i livelli. Sono previsti 20 milioni per il Fondo per i minori non accompagnati, e questo mi fa piacere, altri 190 sono predisposti per il superamento della gestione emergenziale aperta nel 2011 e chiusasi formalmente a fine 2012.
  Ebbene, faccio notare che già in un decreto di agosto, e questo è un fatto rilevante, di quest'anno erano già state stanziate risorse per circa 250 milioni. Queste risorse, e vorrei anche un attimo rispondere al collega Guidesi che forse è andato via, erano già state stanziate originariamente con il decreto n. 95 del luglio 2012 nella somma complessiva di 495 milioni di euro; a metà 2012, si riscontra che ne sono stati spesi 246.213.862. Spese devo dire tutte dettagliate e che in gran parte sono andate a tutti quegli enti che hanno operato nella crisi emergenziale cosiddetta ENA (Emergenza Nord Africa). I restanti 248.786.138 euro sono stati versati ad agosto allo stato di previsione dell'entrata del Ministero dell'interno. Oggi il Ministero riceve altri 190 milioni e allora, a parte il fatto di sottolineare che non sempre durante questa gestione emergenziale si è avuta possibilità di accedere con semplicità ai dettagli delle spese sostenute, io ho approfondito il tema proprio perché adesso immagino dove andranno ad essere destinati questi ultimi fondi stanziati.
  Mi riferisco, con ciò, alla gestione effettiva del fenomeno, che da una parte vede l'impegno della Marina militare con il dispositivo «Mare nostrum», dall'altra vede ancora i meccanismi di un sistema ispirato alle politiche di sicurezza pubblica anziché a quelle umanitarie e alle relative politiche di accoglimento sostanziale dei diritti internazionalmente riconosciuti.
  Allora a fronte di ciò esprimo una critica. Su questo punto cari colleghi, infatti, ad inizio ottobre insieme ad altri colleghi di altri partiti avevamo preso un impegno serio andando a Lampedusa; impegno che ha coinvolto anche direttamente il Presidente del Consiglio.
  Devo dire che i 210 milioni complessivi sono evidentemente la risposta sua a quell'impegno assunto. Però, tuttavia, non si può dare una valutazione positiva del fatto che a copertura di tali nuovi e maggiori oneri si provvederà a drenare risorse dal Fondo che alimenta le attività istruttorie per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno, quando sappiamo benissimo quali difficoltà ormai vivono i cittadini che di straniero hanno ormai ben poco perché sono integrati e lavorano nel nostro, anzi, nel loro Paese.
  Cito a tale proposito il caso assurdo di Nadia Sbitri, la campionessa pattinatrice emiliana di origine marocchina che è stata esclusa dal team che rappresenterà l'Italia a Taiwan per colpa di un titolo di cittadinanza che purtroppo non arriva, perché la burocrazia è contro di lei. E allora non posso esprimere un giudizio positivo neanche rispetto alla riduzione di spesa sul capitolo del Fondo per le vittime della mafia, dell'usura e del racket, quando sappiamo bene che tali risorse sono ormai l'unico strumento per difendere commercianti ed imprenditori da un fenomeno malavitoso che anche in ragione del bisogno di credito che la crisi ha acuito, produce centinaia di migliaia di vittime, a fronte di un numero di denunce che raggiunge, sapete quanto ? Qualche migliaio su tutto il territorio.
  E allora anche qui, pur non esprimendo un giudizio in merito al residuo sul Fondo, che pure c’è, perché sono andato a controllarlo, diciamo che lo strumento non funziona, ecco perché ci sono le risorse. Allora bisogna cambiare lo strumento, è naturale. Non è la domanda di quel sostegno da parte dello Stato che manca; non arriva perché lo strumento non funziona, dovremmo modificarlo.
  Esistono comuni che, a parte quello di Lampedusa, che ha vissuto la crisi in Pag. 78grandissima parte sulle proprie spalle, hanno addirittura contratto debiti per aver assunto la decisione di accogliere parte dei cittadini stranieri e questo, a mio avviso, richiederebbe da parte del Governo, del relatore e della maggioranza intera una maggiore concretezza nel rispondere ai bisogni a ciò connessi.
  E sapete a cosa mi sto riferendo. Me lo auguro appunto per gli emendamenti che arriveranno che sono, anche da parte nostra, finalizzati a trasferire parte di quelle risorse alla gestione dei comuni oppure a interventi sui comuni. Quindi concludo il mio intervento augurandomi che poi nella fase di discussione degli articoli e degli emendamenti ci sia una maggiore apertura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento all'esame dell'Assemblea contiene, com’è noto, misure urgenti finalizzate al contenimento del deficit di bilancio per l'esercizio finanziario 2013, calcolato entro la soglia del 3 per cento del PIL. Gli interventi previsti si rendono pertanto necessari per migliorare di circa 1,6 miliardi di euro l'indebitamento netto, producendo una correzione di 0,1 punti percentuali di PIL che consenta di posizionare il saldo al 3 per cento, anziché al 3,1 per cento, del prodotto interno lordo, cui si sarebbe attestato in assenza di intervento correttivo effettuato dal presente decreto-legge.
  A tal fine le risorse finanziarie derivanti dalla necessità di dare attuazione alle disposizioni della cosiddetta «manovrina» per la copertura dell'importo di 1,6 miliardi di euro, secondo quanto risulta dalla relazione tecnica, sono reperite mediante un inasprimento del Patto di stabilità interno degli enti locali, indicato nell'articolo 2, pari a 450 milioni di euro, attraverso la composizione di accantonamenti indisponibili delle spese relative alle missioni di ciascun Ministero che risultano essere, ai sensi dell'articolo 3, pari a 590 milioni di euro, tramite l'utilizzo del versamento all'entrata del bilancio dello Stato di quota parte delle risorse iscritte in conto residui per l'anno 2013, e non ancora erogate, del Fondo per la tutela dell'ambiente per 35 milioni di euro, disposto dallo stesso articolo 3, ed infine per mezzo di un programma di dismissioni immobiliari da adottare con procedura a legislazione vigente da realizzare entro l'anno, che dovrà generare entrate per 525 milioni di euro.
  Le disposizioni che contemplano le misure del decreto-legge prevedono inoltre ulteriori interventi in materia di finanza locale, di pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni territoriali, nonché norme volte a fronteggiare le esigenze indotte dal fenomeno dell'immigrazione.
  La «manovrina», onorevoli colleghi, rappresenta un provvedimento, per quanto ridotto, con l'evidente e manifestata finalità di rassicurare essenzialmente la Commissione europea, che ha chiesto al nostro Paese di chiudere questo esercizio 2013 rispettando il fatidico tetto del 3 per cento a legislazione invariata. Conseguentemente il Governo, con un provvedimento specifico e separato, ha voluto pertanto mettere in sicurezza i conti pubblici al di fuori della più complessa legge di stabilità, attualmente all'esame della Commissione bilancio del Senato.
  In tale ambito il disegno di legge di conversione a mio avviso è volto ad appagare le continue – direi – insistenze e diffidenze di Bruxelles, la cui lente è sempre vigile e costantemente attenta – in maniera così chiaramente guardinga sull'andamento dei conti pubblici e più in generale sullo stato di salute dell'economia del nostro Paese – a focalizzare l'attenzione sull'Italia, sottolineando l'esigenza di compensare un modesto scostamento dello 0,1, esonerando al contrario da analoghi ed ulteriori interventi correttivi, finalizzati a riportare il deficit nominale al 3 per cento, partner europei quali Cipro, Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Francia, il cui sforamento risulta essere pertanto superiore a quello italiano, per i quali sono stati attribuiti nuovi metodi di calcolo dei Pag. 79deficit strutturali, stabiliti dai tecnici europei, che consentiranno ad essi di beneficiare di un lasso di tempo maggiore per rientrare nei parametri deficit/PIL previsti dal trattato di Maastricht. Si tratta infatti di nuovi margini di flessibilità stabiliti dalla Commissione europea, definiti sulla base degli effetti recessivi, in particolare sulla disoccupazione che le politiche economiche basate troppo sull’austerity hanno provocato in ampie parti dell'Eurozona, con i Paesi che ho precedentemente rilevato ma che non contempla l'Italia, nonostante le evidenti difficoltà in termini di crescita e di competitività, nonché delle percentuali dei livelli occupazionali così preoccupanti per il 2014. Le previsioni indicano che la disoccupazione salirà ancora al 12,4 per cento, mentre per quella giovanile purtroppo siamo ad oltre il 40 per cento nel nostro Paese, le cui caratteristiche negative ci accomunano, attraverso i dati numerici riportati, con i medesimi partner europei.
  Ricordo, inoltre, come l'Italia, in particolare a partire dall'inizio della scorsa legislatura, con i due Governi, nonostante la costante retorica della sinistra e di altri Paesi europei così diffidenti, primo fra tutti la Germania, abbia intrapreso un percorso, rigoroso e determinato, di risanamento dei conti pubblici, all'interno di un contesto internazionale senza precedenti, caratterizzato da una crisi economica globale e dalle turbolenze dei mercati finanziari, il cui senso di responsabilità dei Governi precedenti, all'interno dei vincoli così stringenti dell'Unione europea, ha reso possibile approvare il six pact, con particolare riferimento al rientro progressivo del debito pubblico, e la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, consentendo, tra l'altro, di approvare sotto la guida del Governo Monti il fiscal compact e la legge rafforzata che qualifica i vincoli derivanti dall'inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione.
  Pertanto, signor Presidente, onorevoli colleghi, i cosiddetti «compiti a casa» negli ultimi anni il nostro Paese li ha fatti con impegno, anche attraverso le medicine amare ingoiate dal cosiddetto Governo dei tecnici che, pur di rientrare e di centrare gli obiettivi di pareggio di bilancio e i vincoli comunitari e corrispondere alle attese dei mercati, ha innalzato notevolmente la pressione fiscale nel corso degli ultimi 16 mesi in cui ha governato il Paese, raggiungendo livelli record mai registrati in precedenza, anziché intervenire sul versante della crescita e della riduzione della spesa pubblica, attraverso misure di razionalizzazione e di contenimento delle spese superflue ed inefficienti, definite oramai nel linguaggio comune come spending review.
  Ciononostante, a Bruxelles e nel Nord Europa il nostro Paese continua ad essere guardato con titubanza e pregiudizio, come uno studente a cui è stata affibbiata addosso una cattiva fama che non riesce a fare dimenticare. Per quanto l'Italia compia, infatti, ogni sforzo per agganciarsi alla ripresa globale in corso da mesi e migliorare i livelli di competitività e di sviluppo del sistema Paese, appare sempre più evidente, da ripetuti segnali di scetticismo delle istituzioni comunitarie, essere perennemente relegata tra gli ultimi della classe ovvero, più o meno, come la Grecia e Cipro.
  In tale ambito, tuttavia, occorre rilevare altresì come, nonostante la grande liquidità presente sui mercati contribuisca oggi a mantenere bassi i livelli dello spread, l'economia italiana permane in uno stato estremamente debole e i tentennamenti e le incertezze che emergono dal Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito delle scelte da operare per la politica economica, in particolare quella sulla tassazione immobiliare e dei servizi degli enti locali, certamente non aiutano ad immettere nelle famiglie e nelle imprese quell'iniezione di fiducia e di ottimismo che si attendono da mesi.
  Le incertezze sui numeri e sulle regole sul rinvio dell'IMU e sui continui cambiamenti da parte del Governo sul contenuto della legge di stabilità e sui settori su cui intervenire, a cui si aggiungono le titubanze relative all'entità delle aliquote dei tributi e quelle relative alle scelte fiscali che i comuni attendono di conoscere, Pag. 80stanno infatti determinando un ingorgo tra tasse e scadenze, che rende instabile il quadro generale della macchina amministrativa e fiscale del Paese, che dovrebbe portare nelle casse pubbliche almeno 115-120 miliardi di euro entro fine anno, attraverso 22 appuntamenti, in circa 50 giorni a disposizione, che certamente non incoraggiano il nostro Paese e i cittadini verso la tanta auspicata ripresa e, anzi, alimentano dubbi e insicurezze tra le famiglie e le imprese non determinando, pertanto, i presupposti per il rilancio della domanda interna.
  Certamente, il Governo con il decreto-legge oggi in discussione ha messo in sicurezza il disavanzo pubblico con una manovra, come ho ricordato in precedenza, di dimensioni molto contenute. Non sono state introdotte nuove tasse, ma ritengo che i tagli e le dismissioni previste dal provvedimento all'esame siano interventi frutto soprattutto della perenne emergenza italiana, tanto da suscitare, a mio avviso, qualche piccolo dubbio. La cosiddetta «manovrina» prevede, infatti, la vendita del patrimonio immobiliare pubblico – per fortuna contenuta e pari a 525 milioni di euro – per ridurre il disavanzo, anziché abbassare il debito. L'auspicio, pertanto, è che nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità vi siano ulteriori segnali diversi da quelli attuali, che dimostrino coraggiosamente un'inversione di rotta attraverso una decisa spending review nell'ambito delle ormai più che note sacche di sprechi e di inefficienze della pubblica amministrazione, calcolata in circa 100 miliardi di euro – quella potenzialmente aggredibile –, così come opportunamente e splendidamente evidenziato dallo studio del professor Giarda.
  Il risanamento della finanza pubblica, occorre ribadirlo nuovamente, deve essere attuato agendo prevalentemente sul lato della spesa piuttosto che sul versante delle entrate, al fine di attenuare l'effetto recessivo della manovre finanziarie degli anni precedenti, attuate in tempi estremamente brevi, che hanno determinato, come già evidenziato, un incremento intollerabile della pressione fiscale e i cui effetti hanno, di fatto, ostacolato la stessa competitività del nostro sistema produttivo, già fortemente colpito da ormai oltre cinque anni di calo della domanda interna.
  Pertanto, signor Presidente, onorevoli colleghi, l'intervento correttivo predisposto dal Governo sembra avere le dimensioni minime indispensabili solo se l'economia non rallenterà più del previsto e se i versamenti fiscali di novembre, così come ho ricordato, daranno i risultati attesi dal Ministero dell'economia e delle finanze. Solo così la «manovrina» sarà sufficiente.
  Diversamente, entro dicembre, ritengo che il Governo dovrà procedere ad una nuova correzione. Aggiungo inoltre come, a partire dalla ripresa dalla pausa estiva, l'operato dell'Esecutivo è apparso altalenante e abbia confermato come i conti pubblici siano in uno stato di estrema rigidità, alimentando i dubbi sull'efficacia espansiva concreta delle misure di rilancio dell'economia che lo stesso Presidente del Consiglio Letta, a più riprese, anche e soprattutto nelle sedi internazionali, ha affermato.
  Pertanto, alla più che evidente percezione di una maggiore instabilità nel prossimo futuro per i consumi e di una solida ripresa dell'economia reale, che non si riesce a rinsaldare tra i consumatori e le imprese, serve a mio avviso, così come più volte evidenziato, una coraggiosa spending review, accompagnata da una leggera forzatura sul fronte del deficit, per utilizzare un margine più ampio nel 2014. Si tratterebbe in sostanza, a mio avviso, di una piccola deroga al percorso di rientro concordato con Bruxelles, fermo restando l'obiettivo di non sforare i target previsti per l'avanzo primario e l'indebitamento netto strutturale, calcolato escludendo gli effetti del ciclo economico e le misure temporanee.
  A ciò occorre affiancare misure in grado di prevedere l'esclusione delle risorse relative al cofinanziamento europeo dei fondi strutturali e del Fondo per lo sviluppo e la coesione dal Patto di stabilità interno almeno per 8 miliardi nel biennio 2014-2015, 3,5 miliardi nel 2014 e 4,5 nel Pag. 812015, nonché un'azione rigorosa in ambito europeo in grado di rivedere il meccanismo della macrocondizionalità, che definisce le nuove regole per i fondi strutturali europei 2014-2020 – sono le uniche risorse che veramente abbiamo per investimenti e per la crescita nei prossimi anni – che rischia di essere punitivo per i Paesi più deboli, proprio mentre diventano sempre più evidenti le dinamiche in conseguenza del rigore eccessivo sulla crescita.
  Soltanto in questo modo, a mio avviso, sarà possibile concentrare il più possibile le risorse nel prossimo biennio 2014-2015, rendendo a tal fine decisamente più consistente l'impatto sull'economia nel primo anno di applicazione dell'operazione di taglio del cuneo fiscale. Diversamente, a mio avviso, appare francamente improbabile che con le cifre proposte dal Governo e indicate all'interno della nota di aggiornamento del DEF si riesca ad imprimere la tanto auspicata scossa.
  Risulta sempre più impellente una consistente operazione di spending review. Come ho rilevato più volte nel corso del mio intervento, a mio avviso, determinerebbe nel breve periodo un dividendo certamente positivo e importante, promuovendo la crescita nell'ambito di un disegno riformatore coerente e sistematico per sciogliere i nodi che soffocano la capacità competitiva dell'economia italiana. Aggredire i nodi strutturali della nostra spesa pubblica è una questione morale ineludibile, oltre che etica, che attiene ai meccanismi che governano il consenso anche nel nostro Paese. Pertanto, il compito che spetta al neo commissario Carlo Cottarelli è tutt'altro che agevole, come dimostra il sostanziale fallimento dei tentativi condotti dal Governo Monti, che ha reso pressoché obbligato il ricorso a tagli lineari o semi lineari, come dimostrato.
  Il Presidente del Consiglio Letta il 2 ottobre al Senato, chiedendo la fiducia, disse che il Governo avrebbe posto al centro dell'azione di bilancio la revisione della spesa pubblica, così come ribadito anche qui alla Camera, senza tagli lineari, ma con accortezza, attenzione e competenza, attraverso la nomina del suesposto commissario con durata triennale. Gli auspici – anche per i poteri legislativi conferiti al commissario dal cosiddetto decreto-legge del fare, che sono poteri sovraordinati addirittura al Governo – sono che possa effettivamente riuscire nell'impresa.
  Pertanto, signor Presidente, concludo il mio intervento dichiarando il voto favorevole del PdL anche al decreto-legge – è fin troppo evidente che bisogna correggere i conti – che contiene misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica, nonché in materia di immigrazione, per senso di responsabilità del mio partito all'interno della coalizione di maggioranza, sebbene, come ho avuto modo di esprimere nel corso del mio intervento, rilevo seri e rilevanti problemi nella metodologia e nell'impostazione degli ultimi provvedimenti presentati al Parlamento da parte del Governo, sia nell'ambito delle disposizioni contenute nei disegni di legge di conversione, che nella pianificazione dell'impianto del disegno di legge di stabilità per il 2014 all'esame del Senato.
  Se non si aggiunge una massiccia dose di benzina al motore, sarà arduo e difficile che si riesca a conseguire quell'incremento dell'1 per cento del PIL nel 2014 inserito dal Governo nella nota di aggiornamento al DEF. Certamente gli effetti della legge di stabilità sono considerati nel triennio grazie ai 24,6 miliardi di euro mobilitati su un totale di 27,3 miliardi di interventi, ma il primo anno di vigenza del nuovo corso è decisivo. Pertanto, in sede di esame parlamentare della legge di stabilità, potrebbe essere non irrilevante lanciare importanti e decisivi messaggi in questa direzione, cioè per la ripresa economica del nostro Paese e della stabilità contabile.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Moscatt. Ne ha facoltà.

  ANTONINO MOSCATT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, io limiterò l'interesse del mio intervento alla trattazione dell'articolo 1, ovvero alle misure legate all'immigrazione. Lo farò perché penso e immagino che, all'interno di questo decreto-legge, proprio questo Pag. 82articolo rappresenti uno sforzo importante di questo Governo, rappresenti il mantenimento di un impegno preso all'indomani di parole che sono state espresse in quest'Aula e fuori da quest'Aula. Non citerò la tragedia di Lampedusa, che poi appartiene anche al territorio da cui vengo. Vorrei andare oltre, vorrei parlare di ciò che sta succedendo e dell'impegno che questo Governo, attraverso questo decreto-legge, attraverso questo articolo, si sta assumendo.
  Per citare alcuni numeri, al 30 settembre 2013 risultano, secondo il monitoraggio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 7.821 minori stranieri non accompagnati, 6.228 presenti e 1.593 irreperibili. A questo, l'opinione pubblica, questo Parlamento, le associazioni, i comuni, hanno chiesto risposte, hanno chiesto risorse, hanno chiesto interventi. Li hanno chiesti in maniera forte, li hanno chiesti in maniera rapida, e a questo, attraverso l'introduzione, lo stanziamento dei 20 milioni di euro previsti al comma 1 dell'articolo 1, il Governo risponde, e risponde in maniera seria, in maniera concreta.
  Quindi, non più gesti simbolici, ma fatti; non più parole, ma stanziamenti, che servono proprio agli enti locali, servono proprio a quei territori che in prima linea operano nel settore immigrazione, che in prima linea operano a fianco di tutto un mondo che ruota intorno ai minori stranieri, per migliorare e per rendere ancora possibili i propri servizi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ROBERTO GIACHETTI (ore 17,30)

  ANTONINO MOSCATT. È chiaro, condivido alcune perplessità rispetto al fatto che in molti comuni, ancora oggi, si sconta il gap di mancati pagamenti verso le associazioni, verso le associazioni del terzo settore, verso le categorie che operano nel settore, ma sono convinto che, su questo tema, il Governo, nella sua fase attuativa, provvederà a fare un monitoraggio dei debiti degli anni pregressi che le pubbliche amministrazioni ancora hanno e provvederà ad intervenire.
  Ma lo stanziamento di 20 milioni di euro rappresenta già un primo e importante segnale per gli enti che operano nel settore e, soprattutto, rappresenta uno stanziamento importante per quei comuni che devono gestire il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati. Accanto a questo vi è tutta la situazione legata agli sbarchi, accanto a questo vi è tutta la situazione legata ai nuovi accessi, accanto a questo vi è tutta la situazione di cui si è parlato in questi giorni, le cifre enormi di migranti che arrivano nel nostro territorio, le cifre enormi di migranti che arrivano sulle nostre coste.
  A questo il Governo risponde con un atto non simbolico, ma concreto: lo stanziamento di 190 milioni di euro, destinati proprio all'accoglienza, destinati proprio a un fondo immigrazione che serva proprio per meglio interpretare e per meglio incidere sul fenomeno dell'immigrazione. Quindi, ritengo che in questo provvedimento, grazie a questo articolo, questo Governo riesca finalmente a dare un segnale forte. Vedete, non è un segnale isolato, non parliamo di un provvedimento emergenziale fine a se stesso, di un provvedimento una tantum, frutto semplicemente dell'aspetto emozionale, frutto semplicemente di parole che dovevano poi avere, al loro seguito, dei fatti.
  Parliamo di una politica che questo Governo sta mettendo in piedi, una politica importante, che è legata complessivamente al fenomeno migratorio. Parliamo di provvedimenti che si susseguono uno dietro l'altro e che danno il segnale di come questo Governo, su queste tematiche, voglia incidere e voglia creare prospettiva, voglia incidere e voglia, in maniera sistemica, non vedere più l'immigrazione come un problema, ma come un fenomeno da interpretare, come un fenomeno da cogliere, da snocciolare e da portare anche al tavolo europeo.
  E così è stato fatto. E così è stato fatto in maniera importante da questo Governo. Dicevo, fa parte di un insieme di provvedimenti: ad esempio, il decreto-legge n. 76 del 2013 che introduce alcune misure volte a semplificare i procedimenti relativi all'accesso Pag. 83al lavoro degli stranieri non comunitari; l'estensione, ad esempio, grazie al citato «decreto lavoro», agli stranieri soggiornanti per motivi di studio che abbiano conseguito la laurea, della possibilità, una volta scaduto il permesso di soggiorno, di chiedere il permesso di soggiorno per attesa di occupazione; la legge di delegazione europea 2013 recante l'autorizzazione all'emanazione di un decreto legislativo per il recepimento della direttiva finalizzata a semplificare le procedure di ingresso e soggiorno a fini lavorativi dei cittadini dei Paesi terzi; l'estensione prevista nel decreto in materia di istruzione del limite massimo di durata del permesso di soggiorno per la frequenza di corsi di studio e formazione; l'articolo 4 del decreto-legge n. 93 del 2013 sul contrasto alla violenza di genere che introduce nel testo unico in materia di immigrazione l'articolo 18-bis, che prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime straniere di atti di violenza in ambito domestico; il decreto legislativo in questi giorni in discussione per il recepimento della direttiva 2011/51/UE, che estende il diritto all'ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai titolari di protezione internazionale, attraverso la modifica della direttiva 2003/109/CE. A ciò si aggiunge infine, come dicevo prima, l'impegno da tutti auspicato affinché sia l'Europa a occuparsi di questo fenomeno, concretizzato già il 22 ottobre dal Presidente del Consiglio quando ha reso comunicazione alla Camera, in vista del Consiglio europeo, dell'importanza di questa tematica e del suo lavoro nel Consiglio europeo, e confermato ancora di più il 23 ottobre 2013 quando il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui flussi migratori diretta a realizzare un approccio coordinato basato sulla solidarietà e sulla responsabilità e sostenuto da strumenti comuni a livello della comunità europea, anche al fine di evitare il ripetersi dei tragici eventi che si sono verificati in questi giorni.
  Quindi, sono tutti tasselli, certo, ma di un mosaico importante, un mosaico dove emerge in maniera lucida, in maniera forte, un'idea di politica innovativa sui temi dell'immigrazione, e che non lascia dubbi rispetto alla volontà di questo Governo su questi temi.
  Per questo tengo in questo mio intervento a soffermarmi su questo articolo, perché poi altrimenti rischiamo di far passare alcuni provvedimenti, alcuni atti di questo Governo, come cose scontate, con l'idea che «sì, va bene, ci sono, ma si poteva fare ancora di più». Questi sono impegni importanti, sono impegni seri. E siamo convinti anche rispetto ad alcune perplessità che si sono manifestate e che probabilmente in alcuni casi si manifesteranno nell'arco di questa discussione rispetto alle modalità attuative, rispetto alle modalità attuative di spesa e al piano strategico dell'investimento di questi fondi riguardo a cui il Governo farà bene attenzione attraverso i propri dipartimenti a capire le priorità: ad esempio immaginare un potenziamento dei centri SPRAR, immaginare una strutturazione e una istituzionalizzazione dei centri di immediata accoglienza umanitaria, utili a sostituire le strutture di accoglienza precarie e deficitarie, a immaginare, ad esempio, l'investimento di parte di questi fondi per la creazione di un servizio di primo soccorso qualificato, umanitario da un punto di vista sanitario e sociale, che possa intervenire al momento degli sbarchi e che possa essere quello strumento che permetta un'accoglienza nel rispetto dei diritti umani.
  Tutte queste cose ci fanno ben sperare per il futuro. Ci fanno ben sperare anche per l'impegno di questo Governo, come dicevo prima, a immaginare una politica dell'immigrazione che non sia fatta solo di dati e di numeri, ma che contenga in sé l'aspetto umano, l'aspetto sociale. È chiaro che ci fanno ben sperare con l'auspicio importante che in questo Parlamento, con la sensibilità che ha questo Parlamento e con la sensibilità che ha questo Governo, si possa immaginare la proposizione, la lavorazione di un testo unico, di una legge-quadro sull'immigrazione per il futuro, Pag. 84che possa essere strumento laboratoriale per l'intera Europa per l'interpretazione complessiva del fenomeno.
  Quindi, accogliamo, come Partito Democratico, le proposte di questo Governo come proposte innovative importanti su questo decreto per questo articolo sull'immigrazione ed auspichiamo che questo sia un altro tassello di quel mosaico che veda l'Italia in prima linea per le sperimentazioni di buone pratiche a livello europeo e internazionale per l'accoglienza e il rispetto della dignità umana e l'interpretazione in maniera nuova del fenomeno migratorio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brugnerotto. Ne ha facoltà. Prima, però, consentitemi di salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale di Chions in provincia di Pordenone che assistono ai nostri lavori (Applausi).

  MARCO BRUGNEROTTO. Gentili colleghi, onorevole Presidente, con questo mio intervento voglio porre l'attenzione dell'Assemblea sull'ennesimo tentativo del Governo di fare cassa dismettendo una parte dell'immenso patrimonio dello Stato, rappresentato da edifici, terreni e fabbricati presenti in ogni angolo della Penisola. Gli esempi sono ormai ricorrenti e ripetuti, tanto che risalgono già al secolo scorso.
  Il primo tentativo fu addirittura di Guido Carli, Ministro del tesoro nei primi anni Novanta, che progettò di creare una società per azioni, la Immobiliare Italia Spa, in cui far confluire una parte del patrimonio pubblico da vendere. Il progetto, però, non partì e fu accantonato a data da destinarsi. Poi fu la volta del primo Governo Prodi (1996), che creò un'apposita Commissione per studiare come dismettere il tesoretto dello Stato costituito da edifici e palazzi con varie destinazioni. Anche in questo caso il progetto naufragò miseramente. La previsione era di ricavare nel breve almeno mille miliardi di vecchie lire e, in realtà, i proventi incassati furono assai ridotti e ben lontani dalle previsioni.
  Nell'ultimo decennio un'altra maxi vendita di immobili è stata messa in cantiere dall'allora Ministro dell'economia Tremonti. Il 2001 e il 2002 furono, infatti, gli anni in cui ci furono le cartolarizzazioni attraverso le società veicolo SCIP 1 e SCIP 2 (così denominate), che collocarono nel mercato titoli finanziari garantiti dalla futura vendita di immobili pubblici. Nel complesso, anche queste operazioni non diedero gli effetti sperati. Con SCIP 2, addirittura, i ricavi delle vendite furono di soli 3,6 miliardi di euro a fronte di un patrimonio di quasi il doppio, 7,8 miliardi. Inoltre – assurdo ! –, qualche anno più tardi lo Stato dovette persino rimborsare una cifra di 1,7 miliardi di euro per ripianare i debiti contratti dalla stessa SCIP 2.
  Sempre nel decennio scorso ci fu un ulteriore tentativo di vendere il tesoretto pubblico con la creazione di un'altra società per azioni, la Patrimonio Spa, poi liquidata nel 2011. Pure in questo caso il risultato fu modesto, con la sola creazione del fondo immobiliare «Patrimonio 1» che ha ricevuto il conferimento di immobili statali per un valore di poco superiore ai 700 milioni di euro.
  Dopo altri interventi minori, messi in atto sia dai Governi di centrosinistra che dai Governi di centrodestra, si è giunti a un piano ideato nel 2012 da Grilli, Ministro dell'economia del Governo Monti, che prevedeva la vendita di immobili pubblici per 15, anche 20, miliardi di euro all'anno nell'arco di un decennio. Si trattava di un programma molto ambizioso che, però, è stato accantonato ed è rimasto semplicemente sulla carta.
  Ho voluto fare questo excursus per far rilevare come, alla luce dell'esperienza degli ultimi vent'anni, tutti i tentativi di privatizzare il mattone di Stato hanno prodotto risultati mediocri e insufficienti, raccogliendo soltanto briciole o poco di più. Come se non bastasse, negli ultimi Pag. 85anni si è aggiunta pure la forte contrazione del mercato del credito, che, da un lato, rende la vita difficile a chi vuole effettivamente acquistare un immobile e, dall'altro, vista la fase di crisi del settore immobiliare, rischia di far svendere – e non vendere – il patrimonio immobiliare statale o, peggio ancora, di fare gli interessi di lobby o speculatori vari del settore.
  Ed oggi siamo di fronte all'ennesimo tentativo di fare cassa al fine di rientrare nei famosi «parametri di Maastricht» – primo pensiero di ogni italiano la mattina ! –, visto lo sforamento di circa 1,6 miliardi di euro del rapporto deficit/PIL, cercando di reperire circa 500 milioni di euro – 525 milioni appunto – da queste nuove dismissioni. Questo ricorso sistematico alla svendita del patrimonio pubblico, effettuato sempre nei casi di urgenza e difficoltà economiche e finanziarie, denota la inadeguatezza di politiche serie, invece di cercare di invertire l'aumento del debito, iniziando a ridurre gli sprechi che denunciamo da sempre.
  Tale tentativo poi sarebbe verosimile se almeno si fossero cambiate nel frattempo le condizioni e i presupposti per poterlo realizzare agevolmente. Viene, infatti, specificato dallo stesso Ministero, rispondendo a una richiesta nostra, della V Commissione (Bilancio) di cui sono membro, che le dismissioni avverranno secondo la procedura già utilizzata in occasione di analoghe operazioni, che si sta provvedendo a selezionare il portafoglio immobiliare interessato.
  Ecco, io vorrei sapere, noi vorremmo sapere, quali sono i criteri utilizzati per selezionare i beni da alienare, chi decide ed in base a che cosa e, soprattutto, perché utilizzare sempre la Cassa depositi e prestiti. Il Ministero precisa, infatti, che, in considerazione della tempistica, è stato espresso il nulla osta all'avvio di procedure di dismissione da parte dell'Agenzia del demanio mediante il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti. Ed ecco il nodo dolente. Questa operazione, a nostro avviso, è assai discutibile. Faccio notare che negli anni, nei vari processi di privatizzazione, si è operato un ricorso sistematico alla Cassa depositi e prestiti, per esempio nel coinvolgimento nelle varie operazioni di dismissione di quote di partecipazione come nel caso di Ansaldo Energia, Fintecna, SACE e altre operazioni, fino ai ventilati auspici di un intervento nell'affare Telecom con il tentativo di separare la rete da far acquistare appunto alla Cassa depositi e prestiti. A nostro avviso, questo è un aspetto molto preoccupante perché si utilizzano i risparmi degli italiani. La Cassa depositi e prestiti, infatti, gestisce il risparmio postale, circa 260 miliardi di euro, che è costituito dai depositi della maggior parte delle famiglie italiane, dei piccoli e piccolissimi risparmiatori. Ecco, questo ci sembra un classico assalto alla dirigenza.
  Bisogna evitare che la Cassa depositi e prestiti diventi strumentale ad operazioni di emergenza, una specie di serbatoio, una specie di salvadanaio da cui attingere per porre rimedio ai vari disastri industriali ed economici del Paese. Ma bisogna evitare soprattutto, come già accennato, il ricorso sistematico alla svendita del patrimonio pubblico solo per fare cassa, operando sempre in condizioni di urgenza, e mettere in campo, invece, una programmazione ed una politica più seria con l'attuazione di provvedimenti che abbiano alla base un carattere strutturale e che cambino realmente il sistema Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giampaolo Galli. Ne ha facoltà.

  GIAMPAOLO GALLI. Signor Presidente, colleghi, il provvedimento che oggi esaminiamo si propone di correggere il disavanzo per il 2013 di 1,6 miliardi di euro, ossia lo 0,1 per cento del PIL, dal 3,1 al 3 per cento. Dal punto di vista macroeconomico, ossia degli effetti sui moltiplicatori del PIL e dell'occupazione, stiamo parlando di una quantità che non esito a definire non rilevante, anche se, come nella discussione tutti i colleghi hanno detto, ci possono essere rilevanti effetti su singoli comparti dell'economia e della società italiana.Pag. 86
  Il decreto-legge pone una questione di qualche rilievo e di principio, che è stata sollevata in questa discussione, cioè perché l'Italia debba rispettare esattamente il 3 per cento e non possa sconfinare di un pur modesto 0,1 per cento. Il giudizio secondo cui questo pur modesto sconfinamento non sarebbe opportuno è la ragione che ha indotto il Governo a presentare questo decreto-legge. È l'unica ragione per cui ce ne stiamo occupando. Di questo, dunque, occorre parlare e di questo in effetti hanno parlato in particolare le opposizioni oggi. La risposta semplice, ma forse non l'unica a questo quesito, è che il 3 per cento costituisce un impegno con l'Europa. Questo è un dato reale alla luce del fatto che pochi mesi fa, il 29 maggio scorso, la Commissione europea aveva tolto l'Italia dalla lista dei sorvegliati speciali in relazione alla procedura dei disavanzi eccessivi sulla base della considerazione che l'Italia aveva conseguito il 3 per cento nel 2012 e si era formalmente impegnata a conseguire quello stesso obiettivo nel 2013, malgrado la pesante recessione in atto.
  Va detto che questo è avvenuto dopo continue revisioni verso l'alto dell'obiettivo per il 2013 che, per quanto in gran parte e a mio avviso giustificate dalla recessione, non hanno giovato alla credibilità dell'Italia. Non è vero che solo altri Paesi abbiano ottenuto i cosiddetti sconti. Io vorrei ricordare che nel settembre 2011 l'obiettivo per il 2013 era il pareggio di bilancio (aggiornamento al DEF del settembre 2011). Pareggio nominale di bilancio, non corretto per il ciclo.
  Poi, di correzione in correzione, l'obiettivo è salito allo 0,5 nell'aprile 2012, all'1,8 nel settembre 2012, al 2,9 nell'aprile di quest'anno, al 3,1 nel settembre 2013. Questa sequenza di revisioni verso l'alto da 0 a 3,1, pur giustificate dalla recessione, era però difficile da sostenere ulteriormente senza intaccare la credibilità del processo di risanamento avviato nel 2011, processo di risanamento che sta mostrando i suoi effetti positivi proprio in questi giorni. I tassi di interesse stanno toccando livelli molto bassi e, in qualche caso, addirittura siamo ai minimi storici. Il fatto che ci sia una regola europea è dunque un fattore decisivo per spiegare le ragioni di questo decreto-legge. Vorrei però dire che quasi tutti i Paesi e non solo l'Europa ma tutte le aree del mondo, dopo le esperienze negative degli anni Settanta-Ottanta, si sono date delle regole tipicamente, comunque spesso di rango costituzionale per la gestione dei bilanci pubblici.
  Anche negli Stati Uniti, come abbiamo visto nelle ultime settimane, ci sono regole molto cogenti, come ha mostrato tutta la vicenda del cosiddetto shut down, ovvero della chiusura degli uffici pubblici.
  Dunque non vi è nulla di speciale nel fatto che l'Europa abbia delle regole. I Paesi est europei e anche alcuni Paesi dell'Unione europea hanno regole più stringenti di quelle che l'Unione europea impone comunque a tutti i suoi membri e tipicamente le regole prevedono dei margini di flessibilità come quelli che noi abbiamo utilizzato dal 2011 ad oggi, ma anche, per ovvi motivi, dei limiti superiori non valicabili.
  La questione cruciale naturalmente è se queste regole debbano valere anche in una situazione di gravissima recessione come quella che stiamo attraversando. Io su questo tema troppo ampio farò un'unica considerazione e chiudo.
  Credo che occorra fare una distinzione molto chiara. Un conto è dire che l'Unione europea nel suo complesso deve prevedere una politica di bilancio meno restrittiva e che l'onere dell'aggiustamento debba ricadere principalmente sui Paesi più solidi e con un surplus nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti e, quindi, essenzialmente sulla Germania. Questa è la posizione che ha espresso nei giorni scorsi il Ministero del tesoro degli Stati Uniti. Questa è la questione su cui oggi stesso apprendiamo è aperta una procedura da parte della Commissione europea. Questo è il tema delle politiche di bilancio a livello europeo.
  Tutt'altra questione è se i Paesi strutturalmente in deficit, che comunque hanno sperimentato difficoltà notevoli, come l'Italia negli ultimi anni, debbano fare politiche espansive. Questa posizione, Pag. 87che io sappia, non è stata seriamente sostenuta da nessuno a livello internazionale; è vero che c’è un ampio dibattito sulla questione cosiddetta dei moltiplicatori. È vero che secondo un recente lavoro, molto pubblicizzato e fatto per conto della Commissione europea, i moltiplicatori possono essere tali da rendere conveniente un'espansione del bilancio anche dal punto di vista degli effetti sul rapporto debito/PIL. Ma è anche vero che questo stesso lavoro ampiamente citato, come tutti gli altri lavori seri che ho visto sull'argomento, sostengono l'ovvio e cioè che ciò vale fino a che l'espansione di bilancio non provochi una caduta di fiducia e quindi un aumento dei tassi di interesse necessari per indurre il mercato ad acquistare quantità crescenti di titoli del debito pubblico. A quel punto il valore del moltiplicatore diventa negativo anche perché, come l'esperienza dimostra, dopo eventi di questa natura, cioè perdita di fiducia, che spesso è assolutamente repentina, il rischio è quello di essere costretti a fare successivamente manovre ancor più restrittive che vanificherebbero gli effetti di un eventuale moltiplicatore positivo.
  Quindi, e concludo davvero, una politica di bilancio prudente, quale quella che sta seguendo il Governo Letta, è in realtà la più utile, la più appropriata per creare le condizioni favorevoli alla ripresa economica. A nessun Governo piace fare politiche di bilancio rigorose. La disciplina non paga dal punto di vista politico. Chi la esercita perde popolarità e indubbiamente si logora in qualche misura nell'opinione pubblica.
  Non c’è dubbio che se il Governo venisse meno alle sue responsabilità e attuasse politiche meno responsabili avrebbe molto più consenso e molte meno critiche.
  Credo, quindi, sia giusto spendere – e io, comunque, ritengo giusto spendere – una parola di plauso per un Governo che, nel mezzo di tutte le difficoltà che conosciamo, rinuncia ai facili consensi ed esercita quel senso di responsabilità che tutti noi siamo chiamati oggi a riconfermare in quest'Aula, votando questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto magistrale «Gonzaga» di Chieti, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1690-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza e il relatore di minoranza rinunziano alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio ovviamente i colleghi che hanno portato il loro contributo a questa discussione sulle linee generali sul provvedimento al nostro esame, un provvedimento che, come è stato ricordato, e rinominato anche in gergo tecnico «manovrina», aveva l'obiettivo di recuperare questi 1,6 miliardi per ridurre l'indebitamento netto di 0,1 punti percentuali del PIL. Credo che già in questo, come è stato ricordato, vi sia un primo elemento di valutazione ampio su una strategia del Governo, che prevede, prima di tutto, la volontà di controllare la spesa e di mantenere gli obiettivi in sede europea.
  Come da più interventi mi pare sia stato sottolineato, c’è un tema generale, che riguarda le strategie di politica economica e il rapporto con l'Europa, che emerge all'interno di questo dibattito e, ovviamente, su un provvedimento che, tutto sommato, ha una portata che non è evidentemente particolarmente ampia – si tratta di 1,6 miliardi all'interno di un percorso di correzione e, quindi, strutturalmente una correzione abbastanza ridotta –, ma che porta in sé tutte le considerazioni che, mi permetto di dire ai Pag. 88colleghi che hanno una lunga esperienza anche in quest'Aula, è un dibattito che si trascina ormai da anni, e che ritorna su questioni che sono, ormai, all'interno del contesto istituzionale, delle considerazioni che non risultano mai sufficientemente consolidate.
  Il Governo vuole ribadire innanzitutto la determinazione nel mantenere gli impegni in sede europea, proprio perché – condivido molto le considerazioni dell'ultimo intervento – è evidente che oggi c’è, comunque, una regola complessiva – con riferimento alla quale l'Italia ha deciso, pur nella difficoltà, di voler mantenere un percorso di pieno impegno e di convergenza – che, con razionalità e con responsabilità, deve essere discussa in sede europea, per vedere dove ci sono margini per poter svolgere iniziative comuni che possano essere considerate virtuose.
  Virtuose su cosa ? È evidente che il tema del controllo della spesa deve essere, in qualche misura, anche separato rispetto al concetto della ripresa. Dico questo, perché sono state citate scelte di altri Paesi che hanno sostanzialmente fatto spallucce o richiesto deroghe rispetto agli obiettivi del recupero dell'indebitamento, che è un tema che si è discusso, anche in parte, nel nostro Paese, che ritorna: in fondo, sforare dello 0,1, dello 0,2, dello 0,3 per cento cosa sarà mai ? L'importante è superare il momento. È evidente che sforare significa, al di là della regola europea, creare una zeppa aggiuntiva alla potenzialità del Paese di agganciare una ripresa che tarda a venire, ma che certamente non viene favorita da una spesa che è sostanzialmente e in buona misura ancora improduttiva.
  La spesa improduttiva va, evidentemente, controllata, va ridotta progressivamente. Molti interventi si sono concentrati, io credo, più che mai correttamente, sugli spazi di recupero su quella spesa che oggi risulta essere ancora una spesa che il Governo, lo Stato, nelle sue dinamiche, a legislazione vigente e con le iniziative che abbiamo adottato anche in questi ultimi tempi, non riesce ancora a portare in un controllo adeguato al valore della crescita del prodotto interno lordo.
  Allora, a nostro avviso, il tema non è tanto fare riferimento o meno alle esperienze di altri Paesi, che in condizioni emergenziali sicuramente peggiori e più gravi delle nostre, hanno deciso di adottare procedure straordinarie perché in difficoltà ad intervenire anche con procedure ordinarie, non dimentichiamolo. Non c’è motivo, oggi, per andare verso un'analogia tra la situazione italiana e quella portoghese o quella greca; non dobbiamo nemmeno dare tale idea – questa ovviamente è un'idea del Governo – ai mercati, laddove c’è stato fra l'altro un collocamento straordinario e positivo, per fortuna e per il lavoro costante che viene svolto per poter supportare il collocamento del debito, che ha portato dei risultati che sono ad oggi straordinari rispetto ai percorsi e alle scelte pregresse. Non dobbiamo dimenticare che l'effetto sui tassi, lo raccontavo, oggi, in Commissione bilancio a fronte di un'interrogazione che è stata svolta nel question-time proprio su questo argomento, ha toccato dei livelli che possiamo considerare veramente interessanti, veramente positivi, ed oggi ci troviamo complessivamente ad avere un debito che non ha problemi di collocamento, trova interesse sul mercato anche in misura superiore a quello che noi proponiamo in termini di titoli di Stato.
  Allora, come dicevo, la svolta non è tanto nella riflessione per quanto importante su alcuni punti che sono stati sottolineati dai vari interventi. È evidente che esiste un Patto di stabilità che agisce, oggi, sugli enti locali e che è stato stressato da questo intervento che aveva l'obiettivo esclusivamente di riportarci all'interno della linea del 3 per cento e che inesorabilmente – come tutti gli interventi, chiamiamoli così, di «fine anno», in una fase comunque complicata di Governo, dalle dinamiche di spesa in crescita evidentemente negativa – ha portato a determinare ovviamente degli effetti complessivamente iniqui. Di questo ne siamo consapevoli. È un pannicello caldo il miliardo di Pag. 89euro nella legge di stabilità come mi pare fosse stato sostenuto da qualcuno ? Può darsi; intanto si tratta di un'iniziativa vera, di un miliardo di euro, che potrà produrre investimenti sul territorio che oggi rappresentano un elemento di spinta e che va in sintonia con le scelte che sono state adottate dal Governo in materia di pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Unica, vera iniziativa straordinaria, rilevante, che spesso dimentichiamo se non perché prima ho citato la possibilità di scontare gli effetti, però io credo che sia virtuoso come l'Europa, rispetto al passato, decida di valutare le scelte adottate dal Paese in funzione dei risultati. Noi scrivevamo prima leggi finanziarie, leggi di stabilità, dove a volte facevamo riferimento alla lotta all'evasione. Ma la lotta all'evasione veniva interpretata come una quantità che noi impostavamo, in fase preventiva, e che serviva per coprire poi le scelte; sappiamo molto bene che questa lotta all'evasione poi non sortiva gli effetti sperati. È corretto o è sbagliato che l'Europa chieda l'esito della lotta all'evasione a copertura degli interventi ? Personalmente, per quello che mi riguarda, ma è anche la linea del Governo in questo caso, il Governo ritiene che questa sia una scelta corretta, perché dobbiamo essere consapevoli del fatto che possiamo valutare come copertura e consolidamento degli obiettivi di bilancio le poste che davvero si vanno a realizzare. Questo deve essere un elemento di stimolo. Sappiamo la difficoltà della chiusura di tutti questi aspetti che sono stati prima ricordati e ho apprezzato anche il senso di responsabilità da parte dei colleghi che in Commissione hanno proposto anche delle modifiche emendative su alcuni degli argomenti che sono stati toccati da questo intervento che sono sostanzialmente migliorativi e non vanno a toccare, ovviamente, le quantità macro che rappresentano complessivamente questa «manovrina». Se ci sarà ancora un minimo spazio in Aula lo vagliamo nei prossimi giorni; il Governo si è preso l'impegno di verificare se da qui a martedì c’è ancora qualche spazio, però mi permetterei di dire che la scelta adottata dall'Europa è una scelta che deve spingere noi ad avere un'azione molto più forte su alcune grandi questioni. La prima grande questione la ricordo, è stata già prima ricordata: la politica di revisione della spesa pubblica. Anche qui, è possibile continuare a ragionare con affermazioni di principio generali ? Cioè, dobbiamo risparmiare e quindi adottiamo le scelte di spending review che ci consentano di ottenere un risparmio di spesa ? Certo, in linea generale è un principio corretto.
  Però, se voi andate a vedere le altre esperienze europee – non serve che le ricordi a chi ha evidentemente molta più cognizione del sottoscritto e molta più preparazione in merito – l'esempio più chiaro, dal quale noi abbiamo anche codificato il termine, è quello inglese, dove le politiche di revisione della spesa sono in funzione di obiettivi. Credo che la maggioranza, non solo nella legge di stabilità, ma soprattutto nel 2014 – e mi auguro che ovviamente anche l'opposizione dia stimoli significativi, come ha dato anche in questi ultimi tempi –, dovrà, a mio avviso, concentrarsi sugli obiettivi che si vogliono dare alla revisione delle politiche di spesa pubblica, perché senza obiettivi diventa difficile riuscire a identificare con chiarezza quali poste possono essere riviste in termini di allocazione della spesa.
  Su questo vorrei fare anche una battuta che può sembrare una provocazione, ma è evidente che se non c’è un obiettivo, e quindi di destinazione delle risorse che si risparmiano da un'altra parte, anche «lo stipendio o l'assegnazione di risorse che non è per forza produttiva» ha un valore per la persona che lo utilizza comunque per un contesto che è quello di una domanda ordinaria, normale all'interno del Paese. Quindi, possiamo dire che in senso assoluto è spesa improduttiva ? No. Dobbiamo migliorare evidentemente la finalizzazione di queste risorse, perché siano risorse virtuose. Bisogna definire dove, però. Tant’è vero che tutte le esperienze legate alla spending review sono finalizzate a obiettivi che il Governo pone. Perché questa considerazione ? Perché si aggancia ad altre che sono state espresse Pag. 90e che riguardano le critiche sulla «poca ambizione», lo dico tra virgolette, legata allo sviluppo e quindi all'aggancio della ripresa. Le energie che noi possiamo recuperare da una corretta azione, che potrà svolgere, come mi auguro, il commissario Cottarelli con poteri straordinari, devono essere finalizzate a quelli che sono obiettivi che vengono dati ovviamente dalle forze di maggioranza dal confronto in Parlamento, e che siano virtuosi per il Paese. Lì si possono trarre le risorse sulla base delle quali decidere quali sono i filoni che possono far riprendere vigore a una ripresa che stenta comunque ad arrivare, che viene confermata con un dibattito di percentuali, ma che comunque comincia ad accennarsi e che si intravedrà in modo evidente nel 2014, in modo più vigoroso nel 2015.
  Fare diventare questo una ripresina o una ripresa dipenderà dalle scelte che noi andiamo ad adottare. L'altra leva fondamentale, a mio avviso, è quella della delega fiscale, su cui c’è la possibilità di poter intervenire per andare verso un percorso di riequilibrio complessivo, all'insegna di una maggiore equità e di una forma di imposizione che sia più stringente rispetto alla congiuntura attuale ed a un mondo che oggi rappresenta un livello di competitività molto forte e che quindi ha bisogno anche di un'impostazione fiscale che sia da una parte sì, come è stato ricordato da tutti, più leggera, in funzione ovviamente della disponibilità degli spazi di bilancio che avremo, ma allo stesso tempo che sia più equa e più congrua, più efficace. Quindi, delega fiscale, politiche legate alla spending review e l'altra leva è quella del Patto di stabilità interno. Condivido il fatto che sia arrivato il momento di uscire da interventi che mettano in difficoltà gli enti locali negli ultimi giorni, con proroghe ulteriori che riguardano, drammatiche, i bilanci preventivi e cambiamenti per quello che riguarda anche gli aspetti di natura fiscale. Infatti, non dobbiamo dimenticare che noi continuiamo ogni anno a mettere in difficoltà i comuni e gli enti locali nella misura in cui andiamo a sostituire parti di forme di imposizione, parti di sovranità impositiva: una volta lo Stato, in talune situazioni si riducono o si allargano i margini su cui le amministrazioni locali possono intervenire. Questo va fatto in un contesto in cui passa definitivamente il principio del costo standard. Questo riguarda ovviamente le autonomie locali dei comuni, ma riguarda anche in modo assolutamente evidente le regioni e, all'interno delle regioni, un altro grande aggregato su cui manteniamo complessivamente un'ambiguità di strategia – lo dico anche questa con provocazione all'interno della maggioranza – che è tutta la quantità dei cosiddetti consumi intermedi. Anche all'interno dei consumi intermedi ci sono degli spazi di manovra importanti.
  Nella misura in cui affermiamo che i servizi fondamentali alla persona non devono essere interrotti ma ne va proseguita l'erogazione, dobbiamo lavorare verificando dove ci sono dei possibili sprechi che evidentemente ci sono e che invece di fornire servizi alla persona determinano inefficienza nei servizi e sperpero di risorse pubbliche.
  Questo combinato disposto, io credo, di elementi ci consentirà di liberare energie nel 2014 e di poter proseguire su questa strada mi auguro anche negli anni successivi e di non dover vedere una rincorsa continua a possibili manovre di correzione rispetto a quelli che sono gli obiettivi che vengono indicati in sede di leggi di stabilità, non solo annuali ma anche pluriennali, e vengono identificati per macro aree nel Documento di economia e finanze.
  Detto questo, questa manovra ovviamente risente delle sue debolezze, che sono state tutte ricordate, per certi versi anche, a mio avviso, enfatizzate in modo eccessivo ma, voglio dire, il Governo è qui per recepire gli stimoli e ovviamente cercare di migliorare questa manovra che ha tutte le caratteristiche delle inefficienze legate alle congiunture di fine anno che dimostrano, nella loro potenzialità, degli effetti che sono molto stretti dal punto di vista della capacità di poter utilizzare Pag. 91poste in modo, diciamo così, progressivo, effetti che si possano applicare diluendoli nel tempo.
  Viviamo in questo contesto e credo sia stato già un merito riuscire a prevedere, per oltre due terzi di questo intervento, delle forme di risparmio nelle amministrazioni centrali sostanzialmente rispetto all'impatto che c’è stato comunque sugli enti locali.
  Quindi ringrazio di questo dibattito, mi auguro che nel corso della valutazione degli emendamenti ci sia ancora qualche piccolo spazio per poter eventualmente migliorare qualcosa di questa manovra.

  PRESIDENTE. Abbiamo così concluso.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti, anche gli alunni che stanno continuando a seguire la seduta. Siamo in attesa di avere le comunicazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo che si è riunita poco fa per rimodulare il calendario dei lavori della prossima settimana.
  A questo punto, se non abbiamo notizie immediate, possiamo sospendere la seduta e la riprendiamo tra cinque minuti per dare lettura della comunicazione relativa ai lavori della settimana prossima.
  Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 18,13.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuta la seguente rimodulazione del calendario dei lavori dell'Aula.

  Mercoledì 20 novembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

  ore 9-10,30

  Informativa urgente del Governo sulla questione del cosiddetto Datagate.

  ore 10,30-15

  Discussione della mozione Colletti ed altri n. 1-00230 di sfiducia individuale nei confronti del ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri.

  ore 15-16

  Question time.

  a partire dalle ore 16

  Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1690 – Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione (da inviare al Senato – scadenza: 14 dicembre 2013).

  Seguito dell'esame di altri argomenti previsti in precedenza e non conclusi.

  Giovedì 21 novembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

  ore 9,30

  Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1690 – Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione (da inviare al Senato – scadenza: 14 dicembre 2013).

  Seguito dell'esame di argomenti previsti nella giornata di martedì 19 e non conclusi.

  ore 13,30

  Votazione per schede per l'elezione di componenti della Commissione di vigilanza della Cassa depositi e prestiti.

Pag. 92

  ore 16

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  Si è altresì convenuto di modificare la ripartizione dei tempi precedentemente stabilita per la discussione della mozione di sfiducia individuale. Tale ripartizione, come modificata, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

  Martedì 19 novembre le votazioni avranno inizio a partire dalle ore 13.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 15 novembre 2013, alle 9:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 18,15.

Pag. 93

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00230

Mozione n. 1-00230 - Sfiducia ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 4 ore e 25 minuti (*).

Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento e tempi tecnici 1 ora e 15 minuti
Interventi a titolo personale 15 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 20 minuti
 Partito Democratico 10 minuti
 MoVimento 5 Stelle 10 minuti
 Popolo della Libertà – Berlusconi
 Presidente
10 minuti
 Scelta civica per l'Italia 10 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 10 minuti
 Lega Nord e Autonomie 10 minuti
 Fratelli d'Italia 10 minuti
 Misto: 10 minuti
  Centro Democratico 3 minuti
  Minoranze linguistiche 3 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero 2 minuti
  Socialisti italiani 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per gruppo per le dichiarazioni di voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1670-A - em. 1.205 451 446 5 224 113 333 72 Resp.
2 Nom. em. 1.207 450 450 226 118 332 70 Resp.
3 Nom. em. 1.4 447 362 85 182 31 331 69 Resp.
4 Nom. em. 1.12 449 360 89 181 29 331 67 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.