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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 111 di martedì 5 novembre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,40.

  PRESIDENTE. Poiché entrambi i deputati segretari di Presidenza di turno non possono essere presenti a causa di un ritardo dei rispettivi mezzi di trasporto, invito il deputato Vincenzo Amendola a svolgere le relative funzioni e a dare lettura del processo verbale.

  VINCENZO AMENDOLA, Segretario f. f., legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alli, Baretta, Bindi, Bonifazi, Caparini, Capezzone, Dambruoso, Epifani, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Galan, Gozi, Leone, Meta, Mogherini, Ravetto, Rigoni e Villarosa sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interrogazioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

(Iniziative per tutelare la libertà religiosa e la sicurezza dei cristiani in Turchia – n. 3-00031)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Pagano n. 3-00031, concernente iniziative per tutelare la libertà religiosa e la sicurezza dei cristiani in Turchia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il Viceministro degli affari esteri, Lapo Pistelli, ha facoltà di rispondere.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, innanzitutto desidero scusarmi con l'onorevole Pagano perché questa risposta viene con un qualche ritardo – come purtroppo capita tante volte agli strumenti di sindacato ispettivo –, anche se il passaggio del tempo non è stato inutile, nel senso che questo ci permette di fare il punto dell'evoluzione che si è verificata sull'argomento oggetto dell'interrogazione, che ha come fuoco la libertà di culto, la sicurezza dei cristiani in Turchia, ma prende le mosse da alcuni episodi specifici che accaddero alla fine del mese di aprile di quest'anno e prende spunto da alcune informazioni riportate dai siti turchi relative ad alcune intenzioni annunciate dal Governo turco sulla trasformazione di alcuni luoghi di culto cristiani in luoghi di culto islamici. Questo permette, dunque, di aggiornare su entrambe le questioni.Pag. 2
  L'attacco ai danni della chiesa di Astasehir Yeni Umut Kilisesi di Istanbul, che è accaduto il 27 aprile 2013, è stato indubbiamente – come riportato dall'interrogazione – un atto deprecabile. Diciamo da parte nostra che le autorità turche si sono immediatamente attivate, investendo prontamente del caso gli organi di polizia locali.
  In termini generali, negli ultimi dieci anni, la Turchia ha compiuto grandi passi in avanti sul tema della tolleranza delle minoranze religiose e della libertà di culto, così come riconosciuto, da ultimo proprio poche settimane fa, dai progress report annuali che vengono stilati dalla Commissione europea. Una conferma importante di questo atteggiamento proviene invece dalla riapertura di importanti centri religiosi che erano chiusi in passato; cito, uno per tutti, la Chiesa armeno-ortodossa di Akdamar, nella città di Van, chiesa millenaria e di riferimento per quel culto.
  Il Governo turco, inoltre, ha recentemente approvato una legge che consente ai minori appartenenti alle minoranze armena, greca ed ebraica in Turchia di frequentare le proprie scuole.
  Un'ulteriore riprova – anche se questo non viene citato esplicitamente dall'interrogante – dei progressi compiuti nel campo della libertà di religione deriva da un'altra recente normativa che consente il recupero della proprietà privata da parte di istituzioni religiose che in passato invece avevano ricevuto provvedimenti di nazionalizzazione e di confisca. Cito anche in questo caso un esempio: è l'esempio della positiva conclusione della vicenda di un altro monastero, quello cristiano-siriaco di Mor Gabriele con la decisione del Governo di restituire il terreno confiscato.
  Per la prima volta, nel 2012 i rappresentanti delle minoranze religiose sono stati invitati in Parlamento a esprimere le proprie opinioni sul processo aperto di riforma costituzionale e devo dire che lo stesso Patriarca greco-ortodosso di Istanbul, Bartolomeo I, ha avuto modo di esprimere un giudizio di miglioramento nell'arco degli ultimi dieci anni del dialogo che egli intrattiene con le autorità turche.
  Ovviamente, come abbiamo visto nelle vicende di questo ultimo anno, questo tipo di percorso non è un percorso lineare, è un percorso che ha degli alti e dei bassi, ha delle accelerazioni e dei passi indietro. Ci sono, dunque, ancora criticità legate ad alcuni esempi che sono stati citati dall'onorevole Pagano e, quindi, la tendenza a convertire al culto islamico alcuni luoghi di culto in precedenza dedicati ad altre religioni. C’è sicuramente l'esempio citato, quello della ex Chiesa greco-ortodossa di Hagia Sofia a Trabzon, che è stata aperta al culto islamico il luglio scorso, ma devo anche dire rispetto alle preoccupazioni dell'onorevole Pagano che la decisione ultima delle autorità turche è stata quella di mantenere il complesso aperto come museo, fuori dagli orari di preghiera, mantenendo la vocazione precedente a questa decisione. Cosa che io trovo più importante, per quanto riguarda la storica basilica di Hagia Sofia di Istanbul, che costituiva larga parte dell'interrogazione, il Primo Ministro Erdogan ha invece chiarito che il complesso non sarà trasformato in luogo di culto islamico.
  Alla luce di questi fatti, in generale noi continuiamo a seguire non soltanto il tema generale della libertà di culto e, in particolar modo, della libertà dei cristiani in quel Paese, ma in molti altri Paesi dove le situazioni, come l'onorevole Pagano sa, sono veramente complicate – e mi riferisco ad alcuni Paesi soprattutto dell'Africa sahariana e subsahariana – ma continuiamo a seguire anche quanto questo tema della libertà più complessiva abbia pure inciso sulle dinamiche di contestazione avvenute in Turchia nell'ultimo anno. Su questo, il Ministro Bonino si è più volte espressa in quest'Aula e nelle audizioni nelle Commissioni esteri e difesa.
  Da parte nostra – ultimo punto – noi riteniamo, però, anche se questo non è un tema che è sotteso nell'interrogazione dell'onorevole Pagano, ma che ci tengo a ribadire in questa sede, che il processo di avvicinamento graduale della Turchia all'Unione europea resta lo strumento più importante che noi abbiamo per poter Pag. 3positivamente, diciamo così, condizionare e dialogare con le autorità turche perché è uno strumento che ci permette di incoraggiare le autorità turche da una posizione appunto ufficiale bilaterale e multilaterale ad adottare i cambiamenti necessari per adeguare le loro istituzioni e la loro normativa al quadro nazionale degli standard europei, ivi compresa la Carta dei diritti fondamentali, evidentemente cornice entro la quale anche la libertà di culto e di religione troverebbe un suo naturale completamento.
  Da questo punto di vista, dunque, abbiamo auspicato invece nei recenti incontri del Consiglio affari esteri europeo che al più presto si possa aprire il negoziato con la Turchia sui capitoli 23 e 24 che sono quelli relativi ai diritti fondamentali e alla giustizia perché è questo il modo che noi abbiamo, non soltanto da italiani, ma da europei, per operare un confronto quotidiano e concreto con le autorità turche su questi temi.

  PRESIDENTE. Il deputato Pagano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Ha 5 minuti, deputato.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, grazie e grazie soprattutto al Viceministro perché stiamo apprezzando il Governo per la sensibilità mostrata e per il modo con cui, ovviamente, anche se in ritardo, è venuto a porgere questa importante risposta. Mi consentirà, però, Viceministro, di dire che il tema è da affrontare in maniera diversa. Sentire da parte del Governo che la Turchia abbia fatto dei passi in avanti nell'ambito della tolleranza religiosa mi lascia, mi consenta, un po’ perplesso.
  Noi siamo amici della Turchia, lo consideriamo veramente un Paese che vive costruttivamente le dinamiche economiche e sociali in sinergia con il nostro, però non mi pare di avere colto negli ultimi anni questo indirizzo di crescita nella tolleranza religiosa, cosa che, invece, il Governo sembrerebbe avere accettato. E lo dico non in maniera polemica.
  Il fatto che il Governo turco abbia restituito qualche bene confiscato alle comunità cristiane non ci deve fare gioire più di tanto in considerazione del fatto che la Turchia ha una politica aggressiva nei confronti delle realtà cristiane. Le posso citare due dati che sono assolutamente certi e con fonti assolutamente incontrovertibili. AsiaNews io penso che oggi sia il massimo della informazione a livello mondiale a proposito della cristianofobia, cioè delle persecuzioni che i cristiani ricevono nel mondo. E all'interno di queste dinamiche e di queste informazioni, perché il giornale elettronico è assolutamente informato, ci sono poi anche degli aspetti che attengono alla geopolitica e che sono propedeutici rispetto alle persecuzioni. Guardi, il dato che mi sento di citare è con riferimento all'isola di Cipro. Lei sa che nel nord dell'isola è avvenuta una vera e propria colonizzazione da parte di 300 mila coloni dell'Anatolia che hanno sostituito i 200 mila ciprioti, tutti cristiani costretti alla fuga in un brutto clima di minacce. I turchi dell'Anatolia invece sono tutti musulmani. Come dicevo la fonte è assolutamente fuori da ogni ragionamento.
  Il Ministro degli esteri turco, Ahmet Davutoglu, ammette che Cipro è fondamentale nei progetti geopolitici del Mediterraneo da parte della Turchia. E che l'operazione sia non soltanto di geopolitica ma anche di tipo cristianofobico lo conferma il fatto che lì sono state costruite moschee, trasformate chiese cattoliche in moschee. Si è trattato di un processo di islamizzazione, un processo che non è soltanto religioso ma è anche culturale.
  Stessa identica operazione sta avvenendo anche in Albania. Il fatto poi che non ci si debba dimenticare di martiri che sono stati trucidati in Turchia negli ultimi anni – l'ultimo riferimento è a monsignor Santoro – non deve farci sottovalutare la vicenda e non farci vedere il tutto in termini benevoli. Noi abbiamo il dovere di essere molto attenti. Proprio l'altro giorno Il Corriere della Sera faceva presente che l'attenzione nei confronti di un Paese deriva solo ed esclusivamente dal fatto che Pag. 4i mass media siano attenti a quelle realtà. Per cui, per esempio, tutti parlano di Gaza, ma nessuno, ad esempio, parla di quello che succede in Siria. Proprio l'altro giorno il 21 ottobre...

  PRESIDENTE. Onorevole Pagano, concluda.

  ALESSANDRO PAGANO. ... un ultimo minuto. Signor Presidente, il 21 ottobre, dopo che l'esercito regolare ha riconquistato una zona di quel territorio, sono state trovate trenta persone uccise dalle milizie siriane (una logica che conosciamo bene perché le lotte religiose, dalla Spagna del ’36 per arrivare ai giorni d'oggi, hanno sempre visto nel cristiano una forma di rivalsa politica e religiosa). I funerali sono stati celebrati nell'occasione dal vescovo di quella città. Questo per dire cosa ? Per dire che anche in quell'area la Turchia non è immune da responsabilità in quanto sta appoggiando le milizie siriane. Per dire che il fenomeno della cristianofobia in Turchia non può esser sottovalutato.
  Nella scorsa legislatura abbiamo approvato una mozione all'unanimità sulla cristianofobia, lei lo ricorderà perché è stato attento partecipe anche di quel dibattito. Abbiamo il dovere di stare attenti !
  La Turchia non è un Paese qualsiasi. Il fenomeno di radicalizzazione dei processi di odio nei confronti dei cristiani si sta concretamente manifestando. Ritengo che il Governo debba mettere in moto e in atto tutte quelle iniziative che mostrino sensibilità, attenzione e partecipazione al fenomeno.

(Elementi ed iniziative in merito alla possibilità di assicurare il servizio ferroviario di alta velocità per la tratta Roma-Arezzo – n. 3-00105)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Donati n. 3-00105, concernente elementi ed iniziative in merito alla possibilità di assicurare il servizio ferroviario di alta velocità per la tratta Roma-Arezzo (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, con riferimento a quanto evidenziato dagli onorevoli interroganti occorre premettere che la caratteristica dei treni oggetto di contratto di servizio pubblico, stipulato tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Trenitalia è quella di non essere economicamente sostenibili da parte di Trenitalia e, pertanto, i Ministeri contraenti, nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel piano economico-finanziario inserito nel contratto stesso.
  Il contratto di servizio, valido per il 2009-2014, è orientato a tutelare la mobilità ferroviaria dei passeggeri nella media e lunga percorrenza nazionale, sovvenzionando i collegamenti intercity sia diurni che notturni, considerati a tal fine necessari.
  In particolare, con l'attuale orario, in vigore dal 9 giugno 2013, l'offerta di media/lunga percorrenza tra Arezzo e Roma è costituita da dodici treni intercity, un treno frecciarossa, due intercity notte e un intercity periodico della domenica.
  A questi, si aggiungono otto coppie di treni regionali veloci (sedici treni) che giornalmente effettuano il servizio tra Arezzo e la capitale (e viceversa).
  Per quanto concerne, invece, i servizi delle «frecce» («frecciarossa», «frecciargento» e «frecciabianca»), ricordo che questi sono effettuati da Trenitalia in regime di mercato (non ricevendo alcun corrispettivo pubblico) e, sostenendosi esclusivamente attraverso i ricavi da traffico, sono programmati sulla base di valutazioni di carattere commerciale.
  In particolare, i treni «frecciarossa» e «frecciargento» della dorsale vengono tutti instradati sulla linea «direttissima» e non effettuano fermate intermedie tra Roma e Firenze, ad eccezione del «frecciarossa» 9501 Bologna-Napoli (con Pag. 5fermata prevista ad Arezzo alle 7.23), il cui servizio (di primo mattino) non rientra nel sistema di cadenzamento orario vigente sulla relazione.
  Tengo, infine, ad evidenziare che dal 16 settembre 2013 anche la coppia di euronight 234/235 Roma-Vienna/Monaco e viceversa, effettua la fermata anche ad Arezzo.
  In particolare, l’euronight 234 in partenza da Roma Termini alle ore 19.12, con arrivo ad Arezzo alle ore 21.20, costituisce una ulteriore alternativa per il rientro serale da Roma.
  Infine, per quanto riguarda gli eventuali aspetti afferenti al trasporto locale, trattandosi nel caso di specie di mobilità pendolare, si fa presente che la stessa è assicurata principalmente dal servizio regionale, la cui programmazione e gestione compete alle singole regioni – nel caso di cui trattasi, alla regione Toscana – i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da un contratto di servizio, nell'ambito del quale vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalla regione stessa.
  In ogni caso, ferma restante la competenza regionale nell'ambito della programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale e dei servizi ferroviari regionali è, tuttavia, evidente la necessità di un coordinamento tra le regioni e lo Stato, al fine di definire gli interventi da realizzare in relazione alla programmazione medesima.
  In tale ottica, l'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, nel sostituire l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, ha previsto, a decorrere dal 2013, l'istituzione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del TPL, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario; tale norma ha, infatti, lo scopo di incentivare le regioni a riprogrammare i servizi secondo criteri oggettivi ed uniformi a livello nazionale, di efficientamento e razionalizzazione, criteri questi definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013, emanato ai sensi del comma 3 del citato articolo 16-bis.
  L'applicazione di tali criteri, superando la cristallizzazione dei servizi storici e della spesa storica, consentirà la progressiva rispondenza tra offerta e domanda di trasporto.
  La corretta riprogrammazione, inoltre, risolverà, almeno parzialmente, le lamentate carenze di risorse di parte corrente, in quanto le «sacche» di inefficienza saranno eliminate o quanto meno ridotte, consentendo così l'ottimale utilizzo delle risorse finanziarie disponibili.
  In tale quadro, la riprogrammazione dei servizi effettuata dalla regione diventa, pertanto, elemento essenziale per verificare, in termini concreti, le ipotesi di riorganizzazione e sviluppo del trasporto ferroviario sul territorio toscano e, nel contempo, per permettere alla regione di valutare e proporre la modalità di trasporto più idonea.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal canto suo, avrà cura di verificare gli effetti prodotti dalla corretta programmazione, avvalendosi anche dell'Osservatorio sulle politiche del TPL, di cui alla legge n. 244 del 2007, attivato solo nel 2011 a causa della carenza di risorse necessarie per il suo funzionamento.
  Ricordo, da ultimo, che il disegno di legge di stabilità 2014, all'esame del Parlamento, oltre alle risorse di cui al predetto Fondo nazionale, dispone l'incremento del Fondo per il miglioramento della mobilità dei pendolari, pari a 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma e a 200 milioni di euro, per l'anno 2014, da destinare all'acquisto di materiale rotabile ferroviario.

  PRESIDENTE. Il deputato Donati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Ha cinque minuti di tempo.

  MARCO DONATI. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario per la disponibilità, però mi consenta alcune valutazioni rispetto alla soddisfazione o meno per l'interrogazione e in merito alla sua risposta.Pag. 6
  Il territorio della provincia di Arezzo è stato negli anni condizionato anche dalla presenza dell'infrastruttura stessa, che lo taglia verticalmente e lo divide sostanzialmente in due. Quindi, negli anni, è un territorio che ha anche «subito» in parte le infrastrutture. Negli anni, però, progressivamente, i collegamenti si sono via via ridotti. È un territorio anche caratterizzato da una straordinaria vivacità economica; è probabilmente, insieme alla provincia di Prato, la provincia della Toscana che ha la più alta propensione all’export e anche un tessuto manifatturiero vivacissimo, che, in questi mesi e anni di grande difficoltà, sta invece dimostrando anche segnali positivi, che guardano all'estero e all’export e che fanno sì che questa provincia sia, però, oggi, difficilmente raggiungibile da trasporti non solo su gomma, ma anche di altro tipo, ferroviario in primis, che è oggetto dell'interrogazione che le ho sottoposto.
  Chiaramente, è necessario anche in futuro fare valutazioni differenti. Spesso Trenitalia, quindi il gestore, fa valutazioni di carattere numerico, che non prendono per esempio in considerazione proprio la vivacità di un territorio e il fatto che necessiti anche di essere raggiunto per motivi di carattere economico, turistico: sono altre valutazioni che le faccio sempre nell'interrogazione.
  Ricordo anche che Arezzo è il terzo polo fieristico della Toscana, che si è sviluppato grazie a un investimento pubblico notevole e che, quindi, ospiterà nei prossimi anni, oltre che i consueti appuntamenti felici nazionali che promuovono aziende, anche iniziative imprenditoriali che verranno e che hanno rilievo particolare non solo per il territorio di Arezzo, ma anche per il sistema Paese.
  Quindi, queste caratteristiche mi portano a fare una serie di considerazioni, e non solo, circa il fatto che, forse, va rivisto anche il modello con cui le tratte ferroviarie vengono individuate. Giustamente, il sottosegretario ha fatto riferimento al contratto di servizio, però, l'intervento nei prossimi mesi da parte del Governo rispetto a questo è straordinariamente importante. Tra l'altro, ho depositato un'altra interpellanza urgente, anche a mio nome (io sono il secondo firmatario), riguardo alla questione degli intercity, nella speranza di scongiurare il taglio anche degli altri treni, che in parte ha citato il sottosegretario nella risposta, che, invece, da indiscrezioni, sembrano oggi essere nuovamente a rischio. Quindi, sono tratte che oggi consentono ai pendolari di raggiungere la città di Arezzo.
  Tra l'altro, permane anche un'altra problematica, che era oggetto dell'interrogazione: oggi, un cittadino che utilizza il treno da Arezzo verso Roma è sottoposto a sostenere un oneroso costo di abbonamento, ad esempio, per il treno eurostar che la mattina raggiunge la capitale; inoltre, questo costo non viene diminuito per il ritorno, che, invece, viene effettuato spesso attraverso treni interregionali, come, appunto, gli intercity o, addirittura, regionali veloci. Quindi, c’è anche questa incongruenza su cui, in futuro, credo che il Governo debba intervenire rispetto al gestore, perché si rischia, altrimenti, di far utilizzare un abbonamento particolarmente oneroso sull'alta velocità, che, però, al ritorno non comprende automatico e identico servizio.
  Quindi, le valutazioni che il sottosegretario ha fatto sono in parte condivisibili. Non mi ritengo totalmente soddisfatto, perché questo è un tema annoso e, quindi, chiedo al Governo, nei prossimi anni, di monitorare e tentare di verificare il più possibile e, laddove è possibile, intervenire anche nei confronti del gestore.

(Iniziative volte a garantire adeguate infrastrutture per la viabilità della Valle Trompia – n. 3-00282)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Gitti n. 3-00282, concernente iniziative volte a garantire adeguate infrastrutture per la viabilità della Valle Trompia (Vedi l'allegato A – Interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.

Pag. 7

  ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, l'onorevole interrogante porta all'attenzione le diverse problematiche connesse all'attuale viabilità nel territorio della Val Trompia. In merito alla realizzazione dell'autostrada, come ho già avuto modo di riferire nel corso di un recente question time in VIII Commissione alla Camera dei deputati, informo che la Convenzione vigente con Brescia-Verona-Vicenza-Padova Spa prevede l'erogazione di un contributo, da parte della concessionaria ad ANAS di 258.590.571 euro. Tale erogazione, in particolare, è disciplinata nell'allegato N della Convenzione medesima.
  Tengo ad evidenziare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha seguito con attenzione l'evolversi della questione connessa alla realizzazione dell'infrastruttura in argomento. In base a quanto recentemente concordato, evidenzio gli impegni che ANAS e Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova hanno assunto al riguardo.
  In particolare, ANAS anticiperà le somme necessarie a coprire le spese relative agli espropri e alla rimozione delle interferenze, fino ad un importo massimo di 17,6 milioni di euro, al fine di poter procedere alla consegna delle aree all'impresa aggiudicataria dei lavori.
  La società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova, a sua volta, rimborserà le predette somme entro e non oltre il 15 dicembre 2013; qualora alla predetta data, pur a seguito dell'aggiornamento del piano economico-finanziario, non sia intervenuta l'erogazione dei finanziamenti necessari, la concessionaria si è impegnata ad individuare, congiuntamente con ANAS, un nuovo termine che, in ogni caso, non dovrà tassativamente andare oltre il 30 giugno 2015, data ultima entro la quale dovrà essere approvato, da parte dei competenti organi, il progetto definitivo della Valdastico Nord. La medesima società, inoltre, riconoscerà ad ANAS, al momento del rimborso, gli interessi maturati a tale data sull'importo da quest'ultima anticipato, al costo di provvista.
  Pertanto, non posso che confermare che, alla luce dei citati impegni, recentemente formalizzati, risulta chiara la volontà di giungere, nei tempi più brevi tecnicamente occorrenti, alla realizzazione dell'autostrada della Valle Trompia, a beneficio dei territori che la stessa andrà a servire, superando con ciò tutte le problematiche cui fa riferimento l'onorevole interrogante.

  PRESIDENTE. Il deputato Gitti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  GREGORIO GITTI. Signora Presidente, ringrazio il sottosegretario, che con chiarezza ha ammesso che esiste un nodo vero su questa infrastruttura, che da troppo tempo è stata annunciata e che – oggi ascoltiamo – non è ancora nemmeno in stato di avanzamento con riferimento agli atti preliminari della realizzazione. Ciò perché il tema è quello della condizione alla concessione, e quindi del prolungamento della concessione fino al 2026, ad Autostrada Brescia-Padova Spa, legata ad un progetto definitivo relativo al raccordo fra Trentino e Valdastico.
  Da questo punto di vista, raccomanderei al Governo di avere un ruolo proattivo con riferimento a tutti gli enti locali, quindi alla provincia di Trento e alla concessionaria, per sbloccare in via definitiva l'annosa vicenda della concessione, che è stata fatta oggetto anche di una disamina a livello europeo, ma superata.
  Il punto vero è che non credo sia sufficiente immaginare di risolvere i problemi della circolazione del traffico in uno dei distretti industriali più importanti della provincia di Brescia, come appunto quello della Valle Trompia, forse il più importante, in questo momento, dal punto di vista dei ricavi e al contributo PIL lombardo e nazionale.
  Da questo punto di vista mi ha parzialmente soddisfatto l'esame e l'illustrazione di quanto è stato fatto in modo concreto da parte del Governo e dell'ANAS, in merito alle attività preliminari. Non ho capito bene a che punto queste Pag. 8attività siano state oggetto di pianificazione delle spese e non mi è chiaro sulla base di quale accordo preciso si fondi il raccordo tra la concessionaria e l'ANAS, sull'anticipazione delle stesse perché gli allegati che sono stati citati, appunto, immaginavano tempistiche e ruoli diversi. È proprio l'accordo sulla modifica dei termini e delle condizioni che credo tutti i cittadini bresciani, e del territorio in particolare, abbiano necessità di capire e di apprezzare con trasparenza.
  Apprendiamo oggi che le trattative in corso sposteranno queste attività ancora una volta lontano nel tempo, al 30 giugno 2015, se non ho capito male. È un punto, questo, che politicamente non soddisfa minimamente l'interrogante.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 12 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale, con particolare riferimento alla situazione nella cosiddetta Terra dei fuochi.

  La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 12.

Seguito della discussione delle mozioni Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150, Labriola ed altri n. 1-00171, Migliore ed altri n. 1-00198, Rostan ed altri n. 1-00098, Picierno ed altri n. 1-00203, Antimo Cesaro ed altri n. 1-00211, Formisano e Pisicchio n. 1-00228, Russo ed altri n. 1-00229 e Grimoldi ed altri n. 1-00231 concernenti iniziative per la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale, con particolare riferimento alla situazione nella cosiddetta Terra dei fuochi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150 (Nuova formulazione), Labriola ed altri n. 1-00171, Migliore ed altri n. 1-00198, Rostan ed altri n. 1-00098, Picierno ed altri n. 1-00203, Antimo Cesaro ed altri n. 1-00211 (Nuova formulazione), Formisano e Pisicchio n. 1-00228, Russo ed altri n. 1-00229 e Grimoldi ed altri n. 1-00231, concernenti iniziative per la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale, con particolare riferimento alla situazione nella cosiddetta Terra dei fuochi (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di lunedì 4 novembre 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
  Avverto che è stata testé presentata la mozione Speranza ed altri n. 1-00233, il cui testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni), e contestualmente le mozioni Rostan ed altri n. 1-00098 e Picierno ed altri n. 1-00203 sono state ritirate dai presentatori.
  Prima di dare la parola al rappresentante del Governo, saluto gli studenti del Liceo scientifico statale «Galileo Galilei» di Spadafora, in provincia di Messina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Marco Flavio Cirillo.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, chiedo solo qualche minuto per riordinare i documenti.

  PRESIDENTE. Va bene, attendiamo un attimo. Poiché il rappresentante del Governo ha bisogno di qualche minuto, intanto do il preavviso per le votazioni elettroniche.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.Pag. 9
  Sospendo la seduta per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 12,15.

Si riprende la discussione.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, grazie della pausa tecnica, che è servita a ordinare queste carte. Le mozioni sono tante, il tema è quanto mai attuale e importantissimo e pertanto iniziamo dalla prima, che è la mozione Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150 (Nuova formulazione).

  PRESIDENTE. Deve parlare più vicino al microfono. Ecco, perfetto.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Esprimerò pareri relativamente ai capoversi del dispositivo. Quindi, in questo caso...

  PRESIDENTE. Scusi, sottosegretario Cirillo: credo di interpretare che il parere del Governo è differente tra le premesse e il dispositivo; lei, però, mi deve dare il parere anche sulle premesse.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Le premesse sono accoglibili, il dispositivo va corretto e quindi riformulato. Non tutto, ovviamente; pertanto inizierò dalla lettera a) del dispositivo, e a seguire per ognuno indicherò cosa è accoglibile totalmente, cosa non accoglibile e cosa riformulato.
  La lettera a) è accoglibile se riformulata nel seguente modo: «a valutare la sussistenza dei presupposti per una riclassificazione dell'area, che a legislazione vigente non può essere classificata come SIN date le caratteristiche dell'area priva di connotati industriali, dunque previa necessaria modifica legislativa».
  La lettera b) è accoglibile.
  La lettera c) è accoglibile se riformulata come segue: «ad attuare attraverso l'impiego delle forze dell'ordine un adeguato controllo del territorio».
  La lettera d) non è accoglibile.
  La lettera e) è accoglibile se riformulata come segue: «a vigilare affinché vengano intrapresi dall'amministrazione regionale attualmente competente gli interventi ambientali improrogabili sul territorio campano».
  La lettera f) è accoglibile.
  La lettera g) è accoglibile.
  La lettera h) è accoglibile se riformulata come segue: «a promuovere la massima collaborazione, anche attraverso l'ausilio dell'ISPRA, per le attività di monitoraggio, controllo e caratterizzazione dei siti, affinché si giunga ad una rapida bonifica dei territori inquinati».
  La lettera i) è accoglibile.
  Poi abbiamo la mozione Labriola ed altri n. 1-00171.
  Le premesse sono sempre accoglibili; per il dispositivo, anche qui userò lo stesso criterio, anche se il dispositivo non ha paragrafi, ma indicherò i commi.

  PRESIDENTE. Andiamo per capoversi...

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Capoversi, benissimo.
  Quindi, al dispositivo, dopo «impegna il Governo», il primo capoverso «ad attivare e aumentare le risorse finanziarie pubbliche...» è accoglibile se riformulato come segue: «compatibilmente con i vincoli di bilancio, ad attivarsi per accedere ai fondi comunitari al fine di dare maggiore impulso al settore delle bonifiche». Quindi la riformulazione è in questo senso.
  Il capoverso successivo, «ad elaborare un piano nazionale (...)», non è accoglibile.Pag. 10
  Il terzo capoverso, «ad adottare un piano di sorveglianza sanitaria (...)», è accoglibile.
  Il quarto capoverso è accoglibile.
  Il quinto capoverso, «a definire in accordo con gli enti locali coinvolti (...)», è accoglibile se riformulato nel seguente modo: «a definire, in accordo con gli enti locali interessati, in maniera concreta i tempi e le strategie di utilizzo di adeguati stanziamenti previsti per l'eventuale bonifica dei siti potenzialmente inquinati nelle aree dei poligoni di tiro, definendo un ulteriore implemento delle risorse previste, anche per consentire un maggiore sviluppo economico nelle aree interessate».
  Sono parole che vengono inserite all'interno del capoverso stesso. L'ultimo è accoglibile.

  PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Migliore ed altri n. 1-00198.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Le premesse sono sempre accoglibili, il dispositivo accoglibile se riformulato nel seguente modo il primo capoverso: «a collaborare con le istituzioni locali affinché si proceda alla rapida e completa bonifica delle aree comprese nei siti di interesse nazionale in Campania, nonché a favorire in tempi brevi, per quanto di competenza...».

  PRESIDENTE. Mi scusi sottosegretario Cirillo, la riformulazione di quale capoverso è ?

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il primo.

  PRESIDENTE. Del primo dunque.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Quello che inizia con «a procedere alla rapida», noi diciamo «a collaborare con le istituzioni locali affinché si proceda alla rapida...».
  Il capoverso successivo è accoglibile, il capoverso ancora successivo è accoglibile, quello ancora successivo accoglibile, mentre il capoverso che inizia con «a rendere pubblici i nominativi» accoglibile se così riformulato: «a rendere pubblici nell'ambito della legislazione vigente i nominativi delle società coinvolte a qualsiasi titolo nella produzione (...)».

  PRESIDENTE. Va bene.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il capoverso successivo, che inizia con «a nominare, come richiesto già da tempo (...)» è accoglibile, e gli altri due paragrafi sono accoglibili.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo all'unica mozione sostitutiva delle mozioni Rostan ed altri n. 1-00098 e Picierno ed altri n. 1-00203...

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, la facciamo per ultima ?

  PRESIDENTE. Va bene. Passiamo alla mozione Antimo Cesaro ed altri n. 1-00211 (Nuova formulazione).

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Anche qui, nel dispositivo, perché la parte in premessa è sempre accoglibile, il primo capoverso «a rendere operativo un tavolo interministeriale (...)» è accoglibile, il secondo capoverso è non accoglibile, il terzo capoverso è non accoglibile, il quarto «a vigilare, attivando (...)» è accoglibile, il quinto è accoglibile, il sesto è accoglibile, il settimo è accoglibile, l'ottavo è accoglibile, il nono e decimo sono accoglibili.

  PRESIDENTE. Passiamo alla mozione Formisano e Pisicchio n. 1-00228.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Pag. 11Benissimo, anche qui nel dispositivo introduciamo delle modifiche nel primo capoverso, che inizia con «a proseguire sulla linea indicata dal Ministro dell'ambiente (...)», quindi è accoglibile se così riformulato: «a proseguire sulla linea indicata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in risposta alle interrogazioni a risposta immediata del gruppo Misto-Centro Democratico del 24 luglio e del 16 ottobre 2013 (...)» fin qui tutto uguale. Poi dopo le parole «nelle quali si annunciava la volontà di modificare» aggiungiamo: «nei tempi compatibili con un necessario approfondimento normativo con gli altri Ministeri interessati, interno e giustizia, la legislazione in campo» e via di seguito.
  Per il resto è tutto accoglibile.

  PRESIDENTE. Perfetto, grazie. Passiamo ora alla mozione Russo ed altri n. 1-00229.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. La premessa è tutta accoglibile, in questo caso nel dispositivo la lettera a) è accoglibile, la lettera b) è accoglibile, la lettera c) è accoglibile, la lettera d) non è accoglibile...

  PRESIDENTE. Quindi sulla lettera d) il parere è contrario.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. La lettera e) è accolta.
  Il Governo accoglie la lettera f) del dispositivo con la seguente riformulazione: «a vigilare con gli organi preposti sulla gestione degli appalti per le attività di bonifica e ripristino dei siti inquinati ai fini di rendere tale sistema impermeabile alle organizzazioni criminali». Il Governo propone questa riformulazione.
  Il Governo accoglie la lettera g) del dispositivo con la seguente riformulazione: «a valutare l'opportunità di istituire un comitato» e via di seguito.
  Il Governo accoglie la lettera h) con la seguente riformulazione: «a verificare la possibilità di utilizzare le risorse derivanti dai beni confiscati» e via di seguito.
  Il Governo accoglie le lettere i) ed l).
  Il Governo accoglie la lettera m) del dispositivo con la seguente riformulazione: «introdurre il reato di disastro ambientale nel codice penale, se non già ricompreso in quello di disastro innominato».
  Il Governo accoglie, infine, la lettera n) del dispositivo.

  PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sulla mozione Grimoldi e altri n. 1-00231 ?

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il Governo accoglie il primo capoverso del dispositivo. Il Governo accoglie il secondo capoverso del dispositivo con una riformulazione. Io leggerò il testo della riformulazione per intero, ma sono state inserite soltanto delle parole che spiegano meglio il senso del capoverso stesso. La riformulazione è la seguente: «al di là dei proventi derivanti dalle transazione con le imprese, a programmare e ad attivare, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, finanziamenti pluriennali da parte dello Stato per i trentotto siti».
  Il Governo accoglie il terzo, il quarto e il quinto capoverso del dispositivo.
  Il Governo non accoglie il sesto capoverso del dispositivo e accoglie il settimo con la seguente riformulazione: «a garantire la rapida utilizzazione dei proventi derivanti dalle transazione già concluse in favore degli interventi» e via di seguito.
  Il Governo accoglie i capoversi ottavo, nono, decimo e undicesimo del dispositivo. Il Governo accoglie il dodicesimo capoverso del dispositivo, con la seguente riformulazione: «ad intensificare i controlli da parte dello Stato sul traffico illecito di rifiuti e sulla criminalità organizzata». Infine, il Governo accoglie il tredicesimo ed il quattordicesimo capoverso del dispositivo.

  PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sulla mozione Speranza ed altri n. 1-00233, derivante dall'unificazione delle mozioni Rostan ed altri n. 1-00098 e Picierno ed altri n. 1-00203 ?

Pag. 12

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Il Governo accoglie tutte le premesse della mozione e, per quanto riguarda il dispositivo, il Governo accoglie i primi quattro capoversi del dispositivo. Il Governo accoglie il quinto capoverso del dispositivo, se riformulato nel seguente modo: «ad assumere tutte le iniziative economiche, compatibilmente con le risorse di bilancio e normative» e così via.
  Il Governo accoglie i due capoversi successivi.
  Il Governo accoglie il capoverso successivo che inizia con le parole «a definire, a seguito delle operazioni».
  Il Governo accoglie il capoverso successivo, che inizia con le parole «a farsi promotore di una modifica (...)», a condizione che sia riformulato nel senso di: «a valutare l'opportunità di farsi promotore di una modifica (...)». Quindi, inseriamo una riformulazione.
  Il Governo accoglie il capoverso successivo, che inizia con le parole «ad avviare ogni iniziativa (...)».
  Infine, il Governo accoglie gli ultimi tre capoversi del dispositivo della mozione.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Per le mozioni per le quali ha espresso il parere separatamente per ciascun capoverso, la Presidenza deve intendere, quindi, che nel loro complesso il parere è favorevole, a condizione che siano modificate le parti per le quali il Governo ha proposto riformulazioni e soppresse le parti sulle quali il Governo ha espresso parere contrario.
  Successivamente su questo parleranno i proponenti.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcello Taglialatela. Ne ha facoltà. Prendo atto che è assente; s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà. Colleghi, chi rimane in Aula bisogna che faccia silenzio. Adesso iniziano le dichiarazioni di voto. Lasciamo che i colleghi che prendono la parola possano esprimere la loro dichiarazione di voto. Prego, deputato Grimoldi.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, premesso che il problema ambientale determinato dalla presenza dei siti inquinati di interesse nazionale, i cosiddetti SIN, ha assunto nel tempo dimensioni tali da generare una forte tensione tra i cittadini, e le dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, ex cassiere del clan dei casalesi, in gran parte smantellato dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi, nel territorio campano e del basso Lazio, hanno suscitato timore e sconcerto nella popolazione, anche per il pericolo di contaminazione dei terreni agricoli e per la diffusione degli inquinanti cancerogeni nella catena alimentare dei prodotti smistati e venduti poi su tutto il territorio nazionale.
  La locuzione «Terra dei fuochi» individua una vasta area situata nel Meridione, tra le province di Napoli e Caserta, caratterizzata dalla presenza di roghi di rifiuti sversati illegalmente sul territorio e deriva dalla frase utilizzata da Roberto Saviano nel libro Gomorra, come titolo dell'undicesimo e ultimo capitolo.
  Nei giorni 1 e 2 novembre le notizie ampiamente diffuse dai mass media rivelano che nell'ambito dell'indagine coordinata dai magistrati della procura di Napoli nord i carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia di Casal di Principe hanno deferito in stato di libertà 13 persone per lo sversamento illecito di rifiuti, mentre altre due persone sono state tratte in arresto in flagranza di reato per incendio di rifiuti. L'indagine, nel corso della quale sono state utilizzate telecamere investigative nascoste, che riprendevano in un sito del comune di Casal di Principe, interessato dal fenomeno dello sversamento Pag. 13illecito dei rifiuti, i cosiddetti «roghi tossici», ha permesso di individuare le persone dedite all'attività illecita di sversamento di rifiuti da parte, per esempio, di operai del settore edile che sversavano materiale di risulta, di elettrotecnici che scaricavano sul sito apparati elettronici non funzionanti, di operai che esercitavano abusivamente la raccolta di rifiuti presso esercizi di ristorazione, ma anche di donne, madri di famiglia, che abbandonavano per strada rifiuti solidi urbani. Tali notizie allarmanti, che non coinvolgono solo la criminalità organizzata, ma anche dei normali cittadini, rivelano un fenomeno esteso e radicato nel malcostume e nell'inconsapevolezza diffusa tra la popolazione di alcuni territori per i danni provocati alla salute pubblica.
  La tematica delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale, i SIN, costituisce senza dubbio una problematica complessa, sia per l'estensione di questi siti, circa il 3 per cento del territorio nazionale, sia per la gravità delle tipologie di contaminazione e per la correlata necessità di investire notevoli risorse, private e pubbliche, per ripristinare lo stato di sicurezza, sia per il fatto che si tratta spesso di contaminazioni avvenute in date storiche e, quindi, determinate spesso da attività e produttori non più presenti in questi siti.
  I siti inquinati di interesse nazionale nel nostro Paese sono cinquantasette e sono dislocati su tutto il territorio nazionale, però di questi cinquantasette circa una ventina sono nel Sud e invece quaranta sono nel Centro-nord. Sono per esempio in Piemonte a Balangero, a Casale Monferrato, dove c'era la maggior produzione europea di Eternit, a Serravalle Scrivia, a Pieve Vergonte, tra Piemonte e Liguria, a Cengio e a Saliceto, nella stessa Valle d'Aosta, a Imarese, in Lombardia, a Cerro al Lambro, San Zenone al Lambro, Pioltello, Rodano, Cologno Monzese e Sesto San Giovanni, a Brescia, a Castegnato e a Passirano, a Broni nel pavese e a Mantova per il polo chimico; e poi nella stessa Bolzano e nella stessa Trento, e ancora a Venezia, a Porto Marghera e in Friuli Venezia Giulia nella laguna di Grado e Marano e nella stessa città di Trieste, poi ancora in Liguria ad Arenzano e a Cogoleto, a La Spezia e a Lerici; in Emilia-Romagna, a Fidenza, a Salsomaggiore Terme, a Sassuolo e a Scandiano; in Toscana, a Carrara, a Massa, a Livorno, a Piombino, di cui abbiamo parlato qualche mese fa, a Orbetello; in Umbria, a Terni, e nelle Marche a Falconara Marittima e ancora a Civitanova Marche, a Porto Sant'Elpidio e a Sant'Elpidio a mare. Questo per dire che questi siti inquinati, al di là del clamore mediatico, non sono soltanto concentrati nella Terra dei fuochi, ma ce ne sono cinquantasette, e quindi gli eventuali interventi devono essere commisurati a tutte le emergenze, emergenze che se vogliamo dargli anche un ordine cronologico – io vengo dalla provincia di Monza e Brianza –, nel mio territorio c’è per esempio l'annosa questione di Seveso e della diossina, che aspetta risposte, qualcuno dice da quarant'anni, qualcuno dice da sessanta, dipende da quando iniziamo a contare lo sversamento della diossina o da quando è successo il fatto di cronaca terribile dello sversamento vero e proprio. Quindi ci sono realtà che aspettano da quaranta, cinquanta o sessanta anni un intervento da parte dello Stato per creare le bonifiche e, con il decreto n. 471 del 1999 e poi con il decreto legislativo n. 152 del 2006, sono state individuate le aree da inserire nel programma nazionale di bonifica come siti di bonifica di interesse nazionale sulla base delle caratteristiche del sito inquinato, della quantità e della pericolosità degli inquinanti presenti, dell'impatto in termini di rischio sanitario ed ecologico sull'ambiente circostante.
  Molti siti di interesse nazionale sono stati definiti sulla base della presenza dei grandi agglomerati industriali che hanno avviato l'attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta, i quali sono concentrati quasi esclusivamente nel nord del Paese. È stato fatto poi lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio inquinamento, iniziato nel 2007 e completato nel 2010, condotto e finanziato nell'ambito del programma Pag. 14strategico ed ambientale del Ministero della salute, e ha condotto un'analisi sulla mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di questi luoghi di smaltimento e poi dei rifiuti industriali pericolosi che presentavano un quadro di contaminazione ambientale di rischio sanitario tale da aver determinato il riconoscimento appunto nella categoria dei SIN. Lo studio ha preso in considerazione quarantaquattro dei cinquanta siti definiti SIN, oggi compresi nel programma nazionale di bonifica. Ebbene, si rileva il seguente profilo di mortalità: eccesso tra il 10 e il 15 per cento della mortalità generale per tutti i tumori di entrambi i generi, eccesso di circa il 30 per cento della mortalità per tumore al polmone per entrambi i generi, eccesso in entrambi i generi dei decessi per tumore della pleura, eccesso compreso tra il 50 per cento degli uomini e il 40 per cento delle donne di eccessi per malattie respiratorie acute, eccesso di circa il 15 per cento tra gli uomini e il 40 per cento delle donne di mortalità per malattie dell'apparato digerente e incremento di circa il 5 per cento dei decessi per la mortalità del sistema circolatorio, soprattutto tra gli uomini. Quindi è una vera e propria emergenza nazionale che crea questo tipo di problemi e di tematiche drammatiche sulla mortalità dei cittadini.
  I comuni e le regioni sono stati costretti ad affrontare quotidianamente problematiche legate ai siti inquinati, che spesso non risultano perimetrati come di interesse nazionale, ma arrecano ugualmente danni o pericoli di danno alla salute della popolazione, e spesso le amministrazioni sono costrette ad anticipare risorse o addirittura intervenire a favore della messa in sicurezza dei luoghi a garanzia della popolazione qualora i soggetti abbiano causato il danno ambientale e non risultano più presenti nei siti.
  So che il sottosegretario se ne intende, avendo fatto l'amministratore locale. Occorrono interventi urgenti indirizzati a portare a termine gli interventi di bonifica a costi sostenibili e con criteri procedurali certi, sbloccare i progetti di investimento, rilanciando le aree industriali, e porre a carico delle aziende responsabili dell'inquinamento i costi della ripartizione del danno ambientale, valorizzando gli interventi di riparazione posti in essere.
  I problemi più rilevanti attengono alla gestione della contaminazione delle falde e delle aree esterne ai siti industriali, in quanto occorre individuare il soggetto o i soggetti responsabili dell'inquinamento, tenendo conto della storia del sito, e delle responsabilità e del coinvolgimento dei diversi operatori che negli ultimi anni hanno gestito questi siti.
  La situazione si presenta alquanto critica per le imprese, che, a causa di lunghissime procedure di autorizzazione, spesso vedono bloccati cospicui investimenti industriali, importantissimi per il rilancio industriale delle aree. A fianco di tali problematiche...

  PRESIDENTE. Onorevole, concluda.

  PAOLO GRIMOLDI. Un minuto e concludo, salto l'ultima premessa. Nel dispositivo io accolgo quanto da lei riformulato. Mi lasci fare due osservazioni. La prima è che nella sua riformulazione mi ha cassato la cosiddetta nota dolente sul Sistri. Mi viene da sorridere perché, a parole, tutto il Parlamento, compreso soprattutto il Governo, si è detto critico sul Sistri, e sappiamo bene che si fa fatica ad applicare il Sistri al nord, mettendo in seria difficoltà le aziende che raccolgono i rifiuti al nord, dove vi è una certa eccellenza in questa tematica, figuriamoci al sud, dove già sappiamo che alla Campania è stata data la deroga per non utilizzare il sistema Sistri dall'inizio, perché già è un delirio oggi, figuriamoci se dovessero applicare il Sistri nella regione Campania.
  La seconda osservazione che faccio è che, leggendo le altre mozioni delle altre formazioni politiche, la nostra verte sul sottolineare che i siti da bonificare nel nostro Paese sono numerosi e non vi è soltanto, sulla spinta dalla scia mediatica, la cosiddetta Terra dei fuochi. Quindi, noi annunciamo il voto favorevole alla mozione del gruppo Misto, perché, leggendola, condividiamo le tematiche esposte, Pag. 15secondo cui vi sono tanti siti che vanno bonificati, tra cui, per esempio, anche Taranto, di cui abbiamo parlato qualche mese fa.
  Quindi, non si possono fare mozioni dicendo che siamo tutti emotivamente coinvolti da quanto riportato dai mass media, e oggi pensare soltanto alla Terra dei fuochi, dimenticandoci chi, magari, aspetta da 60 anni i soldi per la bonifica, come Seveso, il Monferrato o i tanti siti produttivi del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Grimoldi.

  PAOLO GRIMOLDI. Invece, sulle altre mozioni, che questa sensibilità non ce l'hanno, ma si lasciano trascinare dal solo aspetto emotivo, annunciamo parere contrario.
  Ultima nota: vi è una mozione del PD che propone, addirittura, di dare compiti di polizia giudiziaria all'ARPA. Scusate, in questo Paese abbiamo – ho perso il conto – non so quanti corpi di polizia. Ci manca solo di istituire anche il corpo di polizia dell'ARPA e abbiamo fatto l’en plein (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Penso che si possa risolvere il problema senza l'istituzione di un ennesimo corpo di polizia, e quindi faccio presente la questione ai colleghi del PD, perché so che in tanti la pensano come me.

  PRESIDENTE. Saluto le studentesse e gli studenti dell'Istituto istruzione superiore «San Benedetto» di Borgo Piave, Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signora Presidente, nulla accade mai per caso nel nostro Paese, nemmeno la vicenda passata alla cronaca come il disastro della Terra dei fuochi. Non si tratta di un terremoto, né di una calamità naturale: è il testamento olografo di una politica che ha dichiarato fallimento, che è stata impotente, debole, ignava nella migliore delle ipotesi.
  Nella peggiore, si è rivelata opaca, collusa, connivente. Stamane possiamo imboccare la strada dell'autoassoluzione collettiva, scegliendo l'opzione unanime di intervenire per bonificare un territorio devastato, ferito e stuprato dal dominio incontrastato della camorra.
  Tuttavia, se lo considerassimo un passaggio rituale verremmo meno a una funzione di ricostruzione storica delle ragioni per cui siamo arrivati qui, a doverci domandare come sia stato possibile costringere un'intera comunità a dover scegliere tra benessere e salute: un bivio drammatico che delinea un modello di sviluppo fondato sullo sfruttamento irresponsabile del suolo, sulla deturpazione di un paesaggio piegato dal ciclo abusivo del cemento, sulla scarsa capacità del sistema imprenditoriale di produrre lavoro stabile e dignitoso. Torna l'evocazione di una questione meridionale irrisolta, dove un capitalismo di rapina, a tratti colonialista, decide di smaltire i propri rifiuti laddove è più facile aggirare le regole e non sottoporsi al giudizio di un'opinione pubblica solida e vigile.
  Non è necessario richiamare qui Giustino Fortunato, quando scrive che tra il Nord e il Sud della penisola esiste una grande sproporzione nel campo delle attività umane, della vita collettiva, nella misura e nel genere delle produzioni, per capire quanto sia stato facile penetrare in una terra di conquista facendone una discarica a cielo aperto, un luogo da avvelenare senza pagare dazi sociali e collezionando profitti infiniti.
  Siamo di fronte a un problema che interroga la qualità della nostra democrazia, il nostro patto nazionale, il senso stesso del processo unitario dal 1861 ad oggi. Interroga noi meridionali, che abbiamo abbassato la testa dinnanzi ai somministratori di veleni, e noi militanti contro la camorra, che non abbiamo saputo vedere il salto di qualità di una criminalità trasformatasi in holding della morte. Ed oggi assistiamo stupiti alla spoon river di Pag. 16tanti defunti per tumore, che ci descrivono dall'oltretomba le loro biografie spezzate, le loro vite tagliate a metà, le loro speranze interrotte soltanto per la colpa di essere nati lì, in quel territorio, in quel maledetto «triangolo della morte».
  Eppure, non tutti sono stati zitti, non tutti sono stati fermi di fronte all'avanzare di quelle truppe di occupazione militare che portavano il nome di Schiavone, Bidognetti, Alfieri, Di Lauro. La desecretazione dei verbali della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, in cui il pentito Carmine Schiavone rivela la natura e il traffico illecito dei rifiuti, è un atto di rilievo storico. Voglio ringraziare a nome di tutto il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà la Presidente Laura Boldrini e l'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati: nel Paese dove aspettiamo ancora la verità su Ustica, su Bologna, su Via D'Amelio, il vostro gesto ha contribuito a diradare la nebbia su uno dei tanti misteri della Repubblica, di una Repubblica precipitata in una lunga notte popolata dai professionisti dell'occultamento e della sottovalutazione.
  Chi si è opposto è stato considerato talvolta pazzo e visionario o disfattista. Ho qui un documento del 30 giugno 1988 del Partito Comunista italiano di Casal di Principe, in cui si denunciava alle autorità del territorio (sindaco, prefetto, presidente dell'USL e Ministro dell'ambiente) la presenza di traffici singolari presso cave private, dove si sversavano rifiuti speciali capaci di danneggiare la falda acquifera e il sistema idrico indispensabile per centinaia di agricoltori. Nessun eroismo, nessuna aspirazione al martirio, ma l'obiettivo di battersi per l'integrità della propria terra. Sono gli stessi siti individuati nella deposizione di Schiavone. Qualche volta, Presidente, la politica è arrivata anche prima della magistratura.
  Non potremo restituire loro i venticinque anni persi, ma dare di nuovo senso a una Repubblica capace di ricongiungere la parola «giustizia» con il diritto a una vita dignitosa.
  Questo sì, questo glielo dobbiamo. Deve essere il nostro tormento, la nostra missione politica e morale. Lo dobbiamo fare con atti conseguenti, visibili, efficaci. Va bene, va bene il decreto. Inaspriamo le pene per chi inquina e per i loro mandanti, ma mettiamo in campo anche misure che diano il segno di una svolta autentica: istituire un fondo unico alimentato con risorse regionali, nazionali ed europee per il risanamento ambientale e produttivo; utilizziamo i proventi dei beni confiscati per far pagare a chi ha inquinato il costo delle bonifiche; salvaguardiamo l'agricoltura campana, le sue eccellenze, riconvertendola in no food laddove ci sono siti inquinati; istituiamo un registro tumori e uno studio epidemiologico sul nesso inquinamento-malattie. Cara Ministra Beatrice Lorenzin, i morti per tumore non sono dovuti ad una cattiva alimentazione, ma sono dovuti all'inquinamento; rafforziamo la magistratura, un piano di cura per il territorio, un nuovo piano regionale dei rifiuti che la smetta con la logica dell'incenerimento.
  La storia ha un peso. Sull'emergenza si ricostruiscono vecchi e nuovi assetti di potere. Non torniamo al tempo delle leggi speciali dove la presunta efficienza ha infranto il principio di legalità e ha affidato alla discrezionalità la soluzione delle crisi. Abbiamo bisogno di normalità, di immediatezza delle risposte e di rispetto delle regole. Laddove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva, caro Presidente. Proviamo a dimostrarlo, per il Sud e per tutti quanti noi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, approfitto di questi pochi minuti per sottoporre all'attenzione dell'Aula alcune riflessioni e qualche considerazione a latere estrapolandole dalla mozione che insieme a molti colleghi di Scelta Civica per l'Italia ho sottoscritto e presentato in merito alla bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale, con particolare riferimento alla drammatica situazione Pag. 17determinatasi nella cosiddetta Terra dei fuochi. Quali sono le azioni concrete che riteniamo indispensabili il Governo assuma ? Indicherò otto priorità e preciso che si tratta di un semplice elenco di priorità cui ciascun collega firmatario di altre mozioni sullo stesso tema ha aggiunto le sue personali urgenze.
  Primo: procedere rapidamente ad un programma di completa bonifica dei siti di interesse nazionale, anche rimuovendo cumuli e in qualche caso montagne di rifiuti ancora presenti sui nostri territori riservando, ovviamente, particolare attenzione e priorità alle aree della cosiddetta Terra dei fuochi. Si è spesso parlato, signora Presidente, nel nostro Paese di grandi opere. Ebbene, esiste forse un'opera più meritoria, più significativa, più grande di quella finalizzata a restituire dignità a territori martoriati che negli anni sono divenuti terra di nessuno mettendo a repentaglio la credibilità e in qualche caso la stessa sovranità dello Stato ?
  Secondo: vigilare attivando all'uopo le forze di polizia e di intelligence per scongiurare il pericolo che gli improcrastinabili interventi di bonifica non siano eventualmente affidati a ditte in alcun modo riconducibili, direttamente o indirettamente, a persone o ambienti legati alla criminalità organizzata.
  Terzo: completare la mappatura dei terreni inquinati al fine di consentire la conversione in aree no food dei siti contaminati, non escludendo la loro destinazione ad aree produttive ad alta sostenibilità ambientale.
  Quarto: assumere iniziative finalizzate a dare rapido e puntuale riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, anche alla luce del clamore mediatico suscitato dalle testimonianze emerse in forza della recente desecretazione degli atti. E ciò anche al fine di prevenire allarmismi generalizzati, una vera e propria psicosi che rischia di minare il settore agroalimentare e il turismo in Campania.
  Non è infatti tollerabile che un generico quanto superficiale marchio di infamia bolli le nostre terre. L'eccellenza dei nostri prodotti agricoli è d'altra parte certificata da continui e attenti controlli. La loro tracciabilità, che deve essere assicurata, può garantire la bontà del prodotto e rassicurare i consumatori sul piano locale, nazionale e internazionale.
  Quinto: assumere iniziative per la celere istituzione in ogni regione di registri utili al monitoraggio dell'incidenza patologica dell'inquinamento, coordinando e rendendo omogenee in tutto il territorio nazionale le procedure di acquisizione e lettura dei dati da rendere poi disponibili attraverso un'adeguata e trasparente divulgazione scientifica. Nell'area della Terra dei fuochi si è coniato un nuovo termine per tentare di compendiare in una parola l'immane catastrofe: biocidio, una parola che sintetizza lo scempio contro la natura, il paesaggio, la salute umana ed animale.
  Sesto: intensificare e potenziare i controlli sul territorio in modo da far cessare il criminale e illecito sversamento di rifiuti tossici adottando, da un lato, una politica di inasprimento delle pene per i reati ambientali, tendenzialmente da assimilarsi a quelli di stampo mafioso o terroristico, dall'altro affidando all'Avvocatura dello Stato il procedimento di costituzione di parte civile nei processi in corso per il relativo risarcimento del danno.
  Settimo: rendere operativo un tavolo interministeriale aperto ai contributi di associazioni, comitati civici, personalità indipendenti del mondo scientifico e rappresentanti degli enti locali, che funga da cabina di regia degli interventi e, infine, accompagnare un'azione repressiva con un'attività di formazione, informazione e prevenzione.
  In quest'ottica non è pensabile prescindere da uno stringente rapporto con le scuole, con le università e con gli enti locali, in primis i comuni che, organi territoriali di prossimità, sono costretti quotidianamente a far fronte alle emergenze. Preciso che nei siti di interesse nazionale risiede una popolazione di circa 9 milioni di abitanti distribuita in 300 comuni. Di questi circa 90 comuni sono in Campania dall'area vesuviana al litorale domizio, dall'agro aversano al litorale flegreo, Pag. 18dall'agro nolano al territorio atellano. Peraltro, gli interventi destinati alla prevenzione dei roghi dei traffici illeciti dei rifiuti non sarà possibile fino a quando non si consentirà ai comuni di destinare risorse economiche adeguate agli interventi in ambito ambientale. In quest'ottica mi fa piacere evidenziare che ho depositato qualche settimana fa una proposta di legge per rendere obbligatorio l'insegnamento dell'educazione ambientale nelle scuole. Molti colleghi di Scelta Civica ma anche di altre forze politiche hanno sostenuto con entusiasmo la proposta. È un segnale, ma non basta. Per fare tutto quanto esposto occorrono risorse e tempo. Tanto denaro e troppo tempo: non abbiamo né l'uno né l'altro.
  In merito alla disponibilità di risorse farò riferimento ad un'ultima priorità: predisporre adeguate risorse finanziarie pubbliche per dare inizio concretamente ad un piano nazionale per le bonifiche che in base ad un cronoprogramma anche pluriennale determini la puntuale tempistica degli interventi.
  L'impegno che il Governo non ha ritenuto di accogliere faceva riferimento al prossimo disegno di legge di stabilità. Ebbene a Napoli si dice, signora Presidente, «senza soldi non è possibile cantare le messe» e, quindi, senza le necessarie risorse come riusciremo a fronteggiare questa emergenza ? Aggiungo quindi un suggerimento che prendo a prestito da una proposta dei magistrati Ardituro e Cantone: utilizzare...

  PRESIDENTE. Onorevole Cesaro, pregherei i colleghi che non hanno intenzione di ascoltare almeno di stare zitti perché c’è un brusio insopportabile e non si sente davvero nulla oppure di uscire se proprio non hanno intenzione di seguire. Prego, concluda.

  ANTIMO CESARO. La ringrazio molto, Presidente, perché è un tema veramente avvertito e, dunque, meriterebbe una straordinaria attenzione, come quest'Aula – spero – possa riservare.
  Quindi, come dicevo, predisporre adeguate risorse prendendo a prestito una proposta dei magistrati Ardituro e Cantone: utilizzare i beni confiscati ai clan per avviare il risanamento ambientale, a cominciare dalle bonifiche dei territori avvelenati per decenni proprio dalla criminalità organizzata. Sarebbe una felice applicazione dell'aureo principio: «chi inquina, paghi» e renderebbe immediatamente disponibili un po’ di risorse, oltre ovviamente ad attingere ai fondi strutturali europei e a quelli della coesione territoriale. Su questo, tra poco, ascolteremo il Ministro Trigilia.
  Circa il tempo, sarò drastico: non ne abbiamo più. La nostra gente, la gente della Terra dei fuochi muore di tumore. Il paesaggio e, con esso, i famosi quattro elementi di medievale memoria risultano, in molte aree della Campania, irrimediabilmente compromessi. Terra dei fuochi è una triste metafora che rende a tutti causticamente evidente lo scempio di un territorio violentato dalla combustione criminale di materiali eterogenei e pericolosi: incendi, che sprigionano fumi tossici, impregnati di diossine e nanoparticelle, che ammorbano l'aria di miasmi che la rendono quasi irrespirabile...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANTIMO CESARO. ... fumi tossici, che ricadendo al suolo compromettono la salubrità delle colture con l'immissione nella catena alimentare di un'enorme quantità di inquinanti.
  È una lotta contro il tempo, si diceva poco sopra. Ce la faremo ? Certo non possiamo permetterci di perdere la speranza, abbandonarci alla rassegnazione e al fatalismo. Non c’è più spazio per la retorica e per discussioni accademiche. Occorre agire e fare presto. «Fate presto» fu il titolo che Il Mattino riservò alla sua edizione straordinaria all'indomani del terremoto del 1980. Non possiamo permettere che ancora una volta la retorica prevalga sull'azione concreta. Mi spiego: sarebbe intollerabile che alle mozioni presentate, discusse e approvate in quest'Aula Pag. 19non corrispondano provvedimenti efficaci, seri e tempestivi da parte del Governo. «Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur», diceva Tito Livio...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ANTIMO CESARO. Non abbiamo motivo di dubitare delle intenzioni del Governo, per cui Scelta Civica per l'Italia voterà convintamente le mozioni di cui il Governo ha inteso accogliere le istanze, pur nelle riformulazioni prospettate (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e le studentesse dell'Istituto di istruzione superiore «Amedeo di Savoia» di Popoli, in provincia di Pescara: ben arrivati qui a Roma in questa Istituzione (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.

  PAOLO RUSSO. Signor Presidente, di cosa parliamo ? Parliamo di due province: quella di Napoli e quella di Caserta. Parliamo più o meno di sessanta comuni. Parliamo di 2 milioni di abitanti. Parliamo di una striscia di terra lunga 70 e passa chilometri. Parliamo di 6 mila roghi di rifiuti in un anno. Parliamo di criminalità, certo, ma parliamo anche di incuria, di incapacità gestionale nel sistema del ciclo integrato dei rifiuti, ma parliamo anche di aziende che lavorano in nero e smaltiscono i rifiuti in nero. Parliamo anche di tombamenti, di interramenti, di sversamenti abusivi di rifiuti, che pur prodotti dal sistema industriale, non si ritrovano nelle forme ordinarie di smaltimento. Parliamo di criminalità organizzata senza alcun dubbio, di camorra, ma anche di quella imprenditoria senza scrupoli, che, nel desiderio e nell'interesse di massimizzare i profitti, chiude gli occhi sul fronte delle sensibilità e delle tutele ambientali.
  Parliamo di rifiuti che vengono dal nord, nella naturale direttrice nord-sud ormai storica, ma parliamo anche di rifiuti speciali prodotti in quel territorio e smaltiti illecitamente. Si tratta di una tragedia biblica da affrontare, come hanno sollecitato il Presidente Napolitano e il presidente Caldoro, con un'organica cornice normativa nazionale. Una norma che vorremmo fosse varata quanto prima, se possibile, dal Governo, emendata qui in Parlamento, una norma che consenta, da una parte, la delimitazione delle aree food e, dall'altra parte, la delimitazione, la certificazione delle aree no food, magari, utilizzate in chiave di sensibilità ambientale per attività di bonifica, di fitobonifica, di biobonifica.
  Per fare tutto questo è indispensabile, è necessario un monitoraggio attento di tutte le matrici e presto è necessario non soltanto in alcune aree, ma in tutto questo territorio, procedere in questa direzione. Ma è necessario anche che il sito domizio-flegreo ritorni ad essere quello che era: un sito di interesse di carattere nazionale per poter accedere non soltanto a provvidenze, ma anche a normative che consentano una più celere bonifica di quelle aree. Inoltre, è utile mettere in campo un piano Marshall per le bonifiche. Da dove partiremo ? Con quale modello partiremo ? Sarà indispensabile predisporre una griglia scientifica, che consenta di individuare le priorità, che consenta di attivare procedure e modelli, che consenta, insomma, di indicare anche quale debba essere, dal punto di vista tecnico-scientifico, l'approccio a quel modello, a quell'attività di bonifica.
  Inoltre, vorremmo che ci fosse una struttura centrale che garantisca, così com’è stato fatto per l'Expo 2015, quella impermeabilità indispensabile alle organizzazioni criminali, per evitare di incorrere nella beffa che chi ha inquinato provvede anche alle attività di bonifica o a disinquinare. Ma, poi, vorremmo sapere non soltanto qual è lo stato di salute di quei territori attraverso le matrici ambientali; vorremmo sapere anche qual è lo stato di salute di chi li abita, attraverso uno screening attento di tipo epidemiologico, introducendo, per esempio, la valutazione di impatto sanitario; una valutazione che potrebbe consentire davvero di Pag. 20chiudere il cerchio su quella tutela che è ambientale da una parte, ma che è di salute, dall'altra.
  E, poi, quelle aree stanno subendo una discriminazione, un danno senza dimensioni dal punto di vista delle prospettive di impresa nella filiera agroalimentare campana. Credo che sia necessario che il Paese tutto faccia proprio questo allarme per far sì che non solo non ci siano discriminazioni, ma non ci siano nemmeno atti di sciacallaggio, come proprio in queste ore vado leggendo, con primarie ditte nazionali che si apprestano nel tentativo disperato e incerto a tentare di ottenere risultati di mercato, danneggiando la prospettiva d'impresa di aziende importanti del sud di quella regione.
  Poi, c’è da disegnare meglio le fattispecie penali per far sì, attraverso quelle sollecitazioni che provengono proprio dal mondo dei tutori dell'ordine, che meglio si attaglino le norme alle esigenze di indagine.
  Ma, poi, se pensiamo di bonificare o di valutare lo stato di salute di chi abita lì senza pensare che prioritariamente bisogna presidiare e pattugliare il territorio, affidandoci, magari, anche, alle Forze armate per far sì che non continuino quegli sversamenti, è evidente che se non facciamo questo diventa tutto inutile. Poi bisogna meglio coordinare le forze di polizia, i carabinieri, la polizia, la Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato, le polizie locali; tutti devono avere la mission comune di presidiare e pattugliare quel territorio per renderlo davvero impermeabile ad altri sversamenti. Ancora, c’è da mettere in campo un comitato scientifico di alta sorveglianza attraverso il quale ogni cittadino abbia sempre la certezza che non vi sono indicazioni politiche, ma che sono scelte di natura tecnica, di natura scientifica. Bisogna fare in modo che in questo comitato vi sia anche una partecipazione degli enti locali alle scelte ed al controllo sociale, attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini. Con quali risorse fare tutto questo ? Con quelle derivanti dalle confische per mafia nei confronti delle organizzazioni criminali, con quelle derivanti dal fondo di sviluppo e coesione locale e nazionale, ma dovremo essere certi che quelle risorse siano utilizzate o sia possibile utilizzarle al di fuori del Patto di stabilità; peraltro, si tratta di misure già previste nel caso di eventi sismici e di eventi calamitosi.

  PRESIDENTE. Deputato Russo, concluda.

  PAOLO RUSSO. Mi avvio a concludere, signora Presidente. Proprio ieri, Bassolino ed altri ventotto cittadini sono stati assolti sul piano della responsabilità penale; altra cosa è la responsabilità politica, quella rimane tutta, di quel Governo che sottrasse le risorse e destinò le risorse, proprio delle attività di bonifica, per una gestione funambolica, clientelare ed allegra del ciclo dei rifiuti, fatto del nulla e dietro quel nulla c'era il nulla; altro che presunti pentiti che sento ascoltati in queste ore come fossero il punto di riferimento di tutti. Come dicono magistrati, quel pentito è uscito dal programma di protezione e lancia segnali inquietanti trasversali e biechi, minacciando, sembra proprio, quei valorosi magistrati che allora bene indagarono e verificarono e oggi, ancora, continuano ad indagare sulla criminalità, sulla camorra e sui rifiuti. Questa vicenda sarà la cifra etica di questo Parlamento e di questo Governo. Non occorre solo bonificare o risarcire in chiave ambientale, ma anche restituire dignità ad un popolo offeso e dileggiato, appestato, privato della speranza del futuro da ecocriminali senza scrupoli e senza anima, dall'incuria e dalle cattive gestioni che hanno rubato il nostro futuro.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Roberto Fico. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Signora Presidente, oggi in quest'Aula non parlo solo a nome del mio gruppo parlamentare, ma desidero essere portavoce di chi, in Campania, negli ultimi decenni, ha combattuto una guerra Pag. 21estenuante, una guerra tuttora in atto, che in un Paese che si vuole democratico e civile non dovrebbe esistere.
  In Campania i cittadini informati lottano ogni giorno, e non da mesi, ma da anni, per la tutela della salute e dell'ambiente; diritti e valori violentati da organizzazioni camorristiche, istituzioni irresponsabili, industrie del Nord Italia e del Nord Europa che, per ragioni di convenienza e profitto, non hanno avuto scrupoli a utilizzare questa regione come discarica abusiva che è arrivata ad inghiottire oltre tre milioni di tonnellate di rifiuti tossici. Cittadini fino ad oggi lasciati soli sia da chi doveva tutelarli, lo Stato, sia da chi doveva aiutarli ad abbattere quei muri di omertà e di connivenza su questa tragedia, penso ai mezzi di informazione, che tranne che per pochi e sparuti esempi, sono stati refrattari alle grida di aiuto che dai cittadini si levavano.
  Oggi è arrivato il momento di abbattere quei muri, una volta e per tutte.
  Il campo di battaglia, che è divenuto il territorio campano, è attraversato da eroi senza titoli altisonanti, eroi infaticabili che, in trincee improvvisate, hanno denunciato il vergognoso delitto perpetrato ai danni di un popolo e di una terra.
  Nella cosiddetta Terra dei fuochi si muore di tumore più che in altre regioni italiane a causa del mai ostacolato sversamento di rifiuti nocivi, scarti di diverse provenienze costantemente poi bruciati per occultarne la presenza. Aria, acqua, terra in un attimo inquinati. Una popolazione condannata ad ammalarsi e a morire. Nelle scuole, nei comitati, nelle piazze, negli uffici i cittadini campani hanno fatto ascoltare la loro voce e sono le loro parole, la loro rabbia, la loro indignazione, il loro impegno in difesa della propria terra, che vorrei che provaste un attimo qui a immaginare adesso, testimonianza di coraggio e serietà, una lezione di dignità che andrebbe seguita e valorizzata da tutti.
  Appena hanno saputo, appena hanno capito cosa stava accadendo, i cittadini campani si sono mobilitati, hanno lottato per i propri diritti, hanno fatto rete. Hanno voluto e vogliono cambiare le cose, non arrendendosi al disastro consumatosi davanti ai loro occhi e sfidando, inascoltati, i blocchi di potere. L'aver saputo, l'aver preso coscienza di doversi spendere per salvare quella che con orgoglio definiamo ancora la «Campania felix», ha cambiato la vita di molti. Ha cambiato la vita di Marco, Pino, Fabiana, Vega, Salvatore, Livia, Carlos, Francesca, Stefania, Luigi, Doriana, Vilma, Francesco, Mariano, Ettore, Angela e tantissimi altri. Alcuni di loro li vedete oggi qui seduti in Parlamento, in questa Aula, gli altri continuano a lottare nella nostra terra. Io, come i miei colleghi, siamo in Parlamento per rappresentare tutti loro e per portare avanti una battaglia nata in riunioni, manifestazioni, istanze avanzate sul territorio, che oggi approdano sul gradino più alto delle istituzioni di questo Paese.
  I cittadini campani non si sono comportati come chi, pur sapendo e pur avendo tutti i poteri e gli strumenti per porre fine a questo scempio, si è nascosto dietro il segreto, una parola che suona come una corazza, un'armatura indegna tra chi avrebbe avuto il dovere e l'onore di tutelare la collettività e quella stessa collettività.
  Oggi siamo in Parlamento per mettere all'angolo l'ipocrisia di cui si sono nutriti e si nutrono in questo preciso istante i partiti, che per decenni hanno amministrato la regione Campania, le province di Napoli e Caserta, nonché i comuni della «Terra dei fuochi» e hanno avuto i loro referenti nelle Camere e al Governo e che, pur sapendo, non hanno fatto nulla.
  Erano la maggioranza e non sono intervenuti in alcun modo, erano l'opposizione e non hanno denunciato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Se in questi giorni è caduto l'ignobile velo di segretezza sulle dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone e se stiamo discutendo qui adesso della non più procrastinabile bonifica dei territori inquinati, è perché i cittadini sono entrati in Parlamento. E sia in questa assemblea, che sui territori, i cittadini dovranno continuare a Pag. 22pretendere una reazione immediata del Governo affinché venga posta la parola fine a tutto questo, mentre tuttora le campagne napoletane e casertane sono ancora disseminate di roghi tossici. Noi saremo vigili sempre, sempre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Questo è un problema nazionale, nessuno pensi di relegarlo alla sola regione Campania. C’è un Paese intero che deve indignarsi e che deve agire. Non è, infatti, accettabile che la sopravvivenza di un sistema produttivo che fa capo a una parte del Paese sia pagata dall'affossamento di una parte della filiera agroalimentare, unica al mondo, di una regione di quello stesso Paese.
  La politica ha svenduto tutto sino ad arrivare a svendere se stessa e la propria anima. È questa la terribile verità: avete privatizzato la politica e vi siete venduti l'anima (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Oggi sarà il coraggio di milioni di cittadini a restituire la dignità di questo Paese, noi sapremo andare e sapremo guardare oltre e voi sarete soltanto un terribile ricordo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luigi Di Maio. Ne ha facoltà.

  LUIGI DI MAIO. Signor Presidente, colleghi deputati, cittadini campani. Oggi è il 5 novembre 2013, sono passati 20 anni da quando è iniziato il commissariato ai rifiuti in Regione Campania, il porcellino salvadanaio dei partiti di prima e seconda Repubblica, l'albero della cuccagna degli ultimi 20 anni, l'isola felice per serbatoi di voti e tessere fantasma.
  Sono passati sedici anni dal 1997, quando un pentito di camorra venne qui in Parlamento a dire in quali zone della Campania aveva sotterrato i rifiuti tossici di mezza Europa, spiegandovi pure quanti voti spostava e quali sindaci vi ha fatto eleggere, in quali comuni e in quali anni, quando, insieme ai rifiuti, avete preferito lasciare sotterrata anche la verità.
  Oggi è il 5 novembre 2013, sono passati ormai dieci anni da quando i primi gruppi di cittadini organizzati vi hanno portato in regione, provincia e comuni i piani alternativi di gestione dei rifiuti: quelli che non piacevano all'Impregilo di Romiti e quindi coerentemente non piacevano neanche a voi; quei piani che di solito ritirava al posto vostro un poliziotto in assetto antisommossa.
  Sono passati quattro anni dal 2009, quando la Marina militare americana ha commissionato e pubblicato uno studio sull'acqua e l'aria nella Terra dei fuochi, uno studio che si è concluso con l'ordine ai suoi militari di non vivere assolutamente in alcune zone della Campania e il divieto categorico di bere acqua di falda.
  Oggi è il 5 novembre del 2013, sono passati solo cento giorni dall'ultima volta che un Ministro di questa Repubblica è venuto in Campania a prenderci in giro, dicendoci che il 40 per cento in più di patologie tumorali è dovuto ai cattivi stili di vita ! Troppe patatine fritte, evidentemente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Sono passati almeno vent'anni da quando sapete e non avete fatto nulla per cercare di fermare il genocidio campano, il genocidio della mia terra: una terra sempre all'avanguardia politica. È qui che sono state sperimentate le prime forme di larghe intese tra PD e PdL; un esperimento riuscito benissimo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, non a caso c’è un disastro ambientale in atto. La regione dove gli antenati di Letta e Alfano furono Bassolino e Cosentino, Cozzolino e Martusciello, dove alla sinistra i consorzi di bacino, alla destra i trasporti su gomma e la sanità sempre a De Mita, come nella Prima Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Una regione dove maggioranza e opposizione non esistevano, dove da cittadino ho sempre visto i partiti come la stessa cosa, dove «uniti nella monnezza» è stato il motto per interi lustri. Una regione in cui le tessere dei partiti valevano un posto nella nettezza urbana.Pag. 23
  Lo stesso Ministro Orlando, che oggi non è presente – e me ne rammarico –, è stato commissario del Partito Democratico in Campania: il partito in cui, per fare il candidato sindaco di Napoli Andrea Cozzolino, si pagavano 5 euro ai cinesi, per farli votare alla primarie nel 2011 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e lui stesso rinunciò alla candidatura dopo averlo scoperto. A giudicare dai fatti di questi giorni, poi, devo dire che le tariffe hanno subito l'adeguamento all'inflazione, per quanto riguarda le tessere.
  Quel partito in cui lei, Ministro, il Ministro Orlando, da commissario non ha mai avuto il coraggio di cacciare a calci nel sedere i responsabili di quel disastro, che anzi tutt'ora spadroneggiano con tessere e correnti. Ricordo a me stesso che una settimana fa in un solo giorno, in un solo comune della provincia di Napoli, sono state rilasciate 200 tessere di partito: un'esplosione di partecipazione, devo dire !
  Una terra dove per risolvere l'emergenza rifiuti la Iervolino e Bassolino spendevano milioni di euro nei call center, salvo poi essere condannati per danno erariale. La terra in cui la verità ce l’è dovuta venire a dire un camorrista e dove invece la politica ha taciuto per decenni. Dove io da cittadino venivo pestato ad un convegno del PD per aver rivolto una domanda ad uno degli assessori regionali di allora (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): c’è il video su youtube, se volete !
  La giornata di oggi è un evento storico per la Campania. Quei cittadini che avete fatto manganellare fuori le discariche, che avete deriso nei comizi pubblici, nonostante volessero solo proporvi delle alternative, che avete deriso nei comizi pubblici, che avete sempre apostrofato come qualunquisti, fascisti, inconcludenti; quei cittadini sono arrivati in Parlamento e hanno avuto la forza di portare la «Terra dei fuochi» al centro del dibattito parlamentare, nel calendario dei lavori, in quota opposizione e in solo quattro mesi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! A testimonianza che il problema di questo Parlamento non sono i regolamenti o la Costituzione, ma solo la volontà politica di affrontare dei temi e questa mozione è solo l'inizio !
  Domando a tutti i parlamentari campani, di medio e lungo corso, quelli che sono qui solo da vent'anni o solo da cinque anni: quanto ci vorrà ancora perché voi calendarizziate in quota di maggioranza questi temi all'interno del dibattito parlamentare ?
  Noi ci siamo riusciti in quattro mesi perché i nostri colleghi del gruppo parlamentare hanno ritenuto primario questo tema, importante questo tema. Voi, ai vostri partiti, quando lo spiegate che stanno morendo 4 milioni di persone in Campania (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Oggi noi con questa mozione impegniamo il Governo a prendere subito determinate misure per risanare quella che una volta era la «Campania felix» e per una volta magari utilizzerete i decreti-legge finalmente come dice il dettato costituzionale, per necessità ed urgenza. Lo facciamo con una determinata convinzione, però, che noi di voi, purtroppo, non ci fidiamo neanche un po’; e neanche più un soldo dovrà essere speso senza il controllo di quei cittadini che per anni hanno bussato alle vostre porte per avvisarvi del genocidio in atto.
  Istituzione di un Comitato ministeriale di controllo sui fondi per le bonifiche e la sorveglianza, fatto da comitati, associazioni e personalità scientifiche: è un punto imprescindibile, porteremo i cittadini lì dove avete tenuto segreti e ombre negli ultimi vent'anni. Sono le condizioni dei cittadini campani, che di voi ormai non si fidano più e che ritengono i responsabili politici di questo disastro semplicemente degli assassini (Prolungati applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghi. Ne ha facoltà. Aspettiamo un attimo. Prego, deputato Borghi.

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  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, crediamo che ci sia da interrogarsi – e lo scopo dell'iniziativa parlamentare che il Partito Democratico ha assunto in queste giornate su questo tema porta alla necessità di fornire una risposta a questo interrogativo – su cosa realmente ci sia dietro questo fenomeno che ha toccato e tocca tre regioni d'Italia come la Campania, come il basso Lazio, come addirittura il Molise.
  I numeri che sono stati ricordati in quest'Aula sono impressionanti: solo dal 1o gennaio 2012 al 1o agosto 2013 oltre 6 mila roghi, 3.049 in provincia di Napoli, 2.085 in provincia di Caserta, 2 mila i siti inquinati; negli ultimi cinque anni, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura in queste aree, oltre mille sequestri e 205 arresti, che corrispondono al 30 per cento del totale nazionale per questo tipo di reati. Il tutto in una cornice di incremento delle patologie tumorali, che fanno parlare di autentico avvelenamento di massa, all'interno di un fenomeno che, come è stato ricordato, procede da almeno venticinque anni e che ha coniato parole come «ecomafia», come il traffico dei rifiuti sotto l'egida del controllo camorristico, che ha visto rifiuti tossici seppelliti e stoccati nei campi, nelle cave, sotto terra.
  Ora dobbiamo interrogarci su cosa c’è dietro questo fenomeno di smaltimento costante ed illegale di rifiuti, che ha provocato un inquinamento di prodotti e di filiere agroalimentari in uno dei distretti più significativi della produzione agroalimentare italiana, rispetto al quale dobbiamo porre grande attenzione per evitare di fare di ogni erba un fascio e di compromettere complessivamente un comparto tra i più importanti e promettenti anche dal punto di vista del made in Italy. Dobbiamo interrogarci per capire cosa c’è dietro questo fenomeno, che sarebbe ingiusto, che sarebbe riduttivo, che sarebbe fuorviante derubricare come sola vicenda locale o regionale, perché nella «Terra dei fuochi» – in quest'Aula bisogna iniziare a dirlo – si specchia infatti l'ipocrisia e il cinismo guicciardiniano del «particulare» grazie al quale essa è diventata lo sversatoio dei rifiuti illegali di tutta Italia e anche del resto d'Europa.
  E che cosa c’è ancora dietro un fenomeno che, secondo la Commissione parlamentare di inchiesta della XVI legislatura, è testimonianza che il mondo su questi temi non è nato oggi e non per iniziativa degli ultimi arrivati ? Il danno ambientale che si è prodotto è stato incalcolabile ed è stato stimato graverà sulle generazioni future con un picco di affetti addirittura tra cinquant'anni.
  Come si vede, tali questioni vanno al di là della semplice speculazione o dello slogan dell'ultimo momento, perché verrebbe addirittura da rispolverare Nietzsche e il suo concetto di «cattiva coscienza», signor Presidente, laddove egli definiva la cattiva coscienza come la disposizione dell'uomo a rivolgere contro se stesso un naturale istinto di crudeltà, per spiegare tutto ciò.
  È in atto una grave malattia sociale, che riteniamo generata da una sorta di presentismo, che non concepisce più ieri e non vuole concepire il domani e che non ritiene che possano esistere in queste terre beni comuni da essere condivisi oggi per le generazioni di domani, come l'aria pulita, come l'acqua pura, come i cibi sani.
  Ebbene, noi diciamo, signor Presidente, signori del Governo, come Partito Democratico, che lo Stato non può attendere la fine della cattiva coscienza come prodotto del rimorso o del pentimento dei singoli. Questa azione sul piano morale è pure essenziale ed indispensabile. Qui vogliamo ricordare in proposito l'opera di tanti operatori culturali e religiosi, uno per tutti Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, che, tra i primi, ha denunciato il patto scellerato tra camorra, imprenditori, politica e mala politica e che ha incontrato lo scorso mese di settembre il Capo dello Stato in quella realtà...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Borghi, pregherei i colleghi che stanno rientrando perché si avvicina il momento della Pag. 25votazione, di tenere basso il volume della voce, perché, anche in questo caso, si fa fatica a seguire l'intervento dell'onorevole Borghi.

  ENRICO BORGHI. La ringrazio, signor Presidente. Dicevo: lo Stato non può attendere, lo Stato non deve attendere e l'iniziativa parlamentare con la quale oggi, in forma più possibile larga e unitaria, il Parlamento si esprime, dice che lo Stato da oggi non si gira più dall'altra parte e che, da oggi, lo Stato predispone idonee misure.
  Noi, come Partito Democratico, vogliamo dire con chiarezza che, da oggi, si cambia pagina e che si cambia direzione e vogliamo ricordare, lontano da strumentalizzazioni, ma per amore di verità, che l'azione del Governo, in particolare del Ministro dell'ambiente, si è sostanziata non tanto in passerelle televisive o in presenze che possono far comodo in sede televisiva, ma con la presenza innanzitutto e con le risposte a tutti gli atti di sindacato ispettivo che, in questa legislatura, sono stati compiuti e con la presenza nei territori e si esprimerà – noi lo sosterremo nei prossimi giorni – con un'azione specifica sugli eco-reati, adottando norme straordinarie ed eccezionali che comportano l'esigenza di rispondere ad un problema straordinario ed eccezionale.
  Così come riteniamo positiva la task-force intergovernativa, attivata dal Ministro Alfano, che prevede piani di intervento, di prevenzione e di controllo. Dentro queste mozioni, che sono state illustrate qui – e ringrazio in proposito, in particolare, il lavoro fatto dai colleghi Rostan e Picierno – abbiamo parlato di proposte concrete, non di slogan per risolvere questo problema, come ad esempio la riconversione dei terreni compromessi in una logica no food, come un tema che noi rilanciamo in questa sede: l'esigenza dell'impiego delle risorse del Fondo unico della giustizia anche per dare il segnale morale che i soldi che derivano dalle confische devono essere impegnati per sanare i danni provocati dall'azione malavitosa, come il rilancio delle azioni di bonifica, perché crediamo, signor Presidente, dentro la necessaria azione di interruzione di questa «cattiva coscienza» e di recupero di una positiva coscienza che sia la premessa per la costruzione di una buona politica, che abbia ragione Papa Francesco quando ci ha richiamati al fatto che colui che isola la propria coscienza dal proprio cammino non conosce l'allegria sostenuta dalla speranza.
  La politica deve tornare a dare speranza alla «Terra dei fuochi» e il nostro dovere è quello di interpretarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Labriola. Ne ha facoltà, per due minuti.

  VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è il primo passo. Molta strada dobbiamo ancora fare, dovendoci ricordare che l'economia è un mezzo, uno strumento, ma c’è un prezzo da pagare e la vita non ha prezzo.
  A Taranto, come in molte zone d'Italia, sta succedendo proprio questo: si paga con la vita. Il rapporto è stato invertito e i cittadini sono stati usati per decenni come carburante da bruciare nel motore dell'economia. È arrivato il momento di rimettere le cose a posto.
  Sono rammaricata che non sia stato accolto il piano nazionale delle bonifiche, perché di fronte all'evidente disastro ambientale e sanitario causato fino ad ora, nell'imminenza dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea per il mancato rispetto della legislazione vigente e, con ogni probabilità, in prossimità di una catastrofe occupazionale, causata dalla crisi internazionale dell'acciaio, per l'impossibilità di stare dietro ai costi della cosiddetta «ambientalizzazione», e della mancata offerta di valide alternative, chi ha dimostrato la propria inefficienza, la propria incapacità di guardare oltre il proprio naso, il proprio ottuso e crudele cinismo e, in alcuni casi, persino la propria collusione con il Pag. 26malaffare dovrebbe farsi da parte e lasciare il posto a gente più capace, dotata di senso etico e che guardi al bene comune, chiedendo un forte segnale al Ministro della salute per cambiare questa consuetudine e tendenza.
  I SIN sono malati, noi ci stiamo ammalando, i nostri figli si ammaleranno. Il Governo non può rimanere inerte. Io non conosco bene la Costituzione e non mi vergogno a dirlo. Sono qui anche per imparare e per capire e, se posso, per aiutare chi mi ha eletto in questo Parlamento, ma un articolo lo ricordo bene: è l'articolo 32: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (...). La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». A Taranto questo diritto è stato violato.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà, per due minuti.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, oggi è una giornata dedicata a un problema che molti conoscevano e tanti hanno fatto finta di dimenticare. I verbali, secretati dal 1997, oggi sono stati resi pubblici, ma è evidente che erano già pubblici a coloro i quali hanno indagato e che potevano intervenire non solo e non tanto sotto l'aspetto penale ma, anche e soprattutto, per la questione che riguarda la salute dei cittadini. C’è da chiedersi il motivo per il quale tanto tempo sia passato senza che nulla sia stato fatto a tutela della salute dei cittadini e anche a tutela del territorio e di tutto ciò che sul territorio deve vivere e crescere: l'economia, le città, la speranza di vita.
  In questo lungo periodo è stata operata una serie di interventi: interrogazioni parlamentari, tante, anche da parte del sottoscritto, ma azioni vere e reali da parte dei Governi che si sono succeduti sul tema specifico non ce ne sono state. Quindi, io chiedo che, oltre e dopo la discussione parlamentare che oggi abbiamo la possibilità di sviluppare, vi sia un'azione concreta del Governo, che si occupi di un'emergenza per fare in modo che di emergenze sul lato ambientale e su quello che riguarda la salute dei cittadini non ce ne siano più.
  Oggi c’è un dibattito parlamentare all'indomani di una sentenza di assoluzione. Non voglio entrare nel merito delle questioni, ma ciò che certamente non potrà essere mai assolta è la coscienza di quanti sapevano e non sono intervenuti, al di là dell'aspetto penale. Questo gli italiani e, in modo particolare, i campani chiedono !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Capelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, cercherò di sintetizzare in due minuti un intervento che avrebbe sicuramente necessità di un approfondimento maggiore, ma questo è il prezzo che si paga per appartenere ad una piccola componente del gruppo Misto.
  Devo dire che in qualche modo mi intrometto in questa discussione sulle bonifiche – sono firmatario di due mozioni, che comunque hanno raccolto la sensibilità del Governo – ma io credo che questa sia l'occasione anche per parlare dei siti inquinati in generale. Certo parte dall'emergenza della Terra dei fuochi, ma già da tempo – e mi rivolgo ai colleghi campani e a quanti nel loro territorio sono interessati da questo tumore delle bonifiche in Italia, e dei siti inquinati – vorrei ricordare, come ho già fatto in quest'Aula precedentemente, che in Sardegna, la mia regione, abbiamo l'area contaminata più vasta d'Italia, 445 mila ettari contaminati, esattamente 100 mila in più della Campania, ma – ahimè – la voce, anche mia, quella della politica, della Sardegna è molto più debole rispetto alla voce di un territorio così vasto, così popoloso, come la Campania, al quale va tutto il mio rispetto e tutto il mio sostegno sulle iniziative e sulle mozioni presentate.Pag. 27
  Ma vorrei ricordare per l'ennesima volta che dobbiamo smetterla di non considerare quelle che ho già definito le periferie dell'impero: 445 mila ettari di contaminazione in quella – permettetemi – che è la più bella isola del Mediterraneo e fra le più belle del mondo, che dovrebbe investire nel turismo e nell'ambiente e che dovrebbe richiamare l'attenzione del Governo.

  PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Capelli.

  ROBERTO CAPELLI. Sto concludendo, Presidente. Devo anche riconoscere che non può essere questo Governo il responsabile di questi decenni di sfascio del territorio ambientale del nostro Paese. È un Governo che si è affacciato da sei mesi a raccogliere la sfida di poter fare un buon lavoro per risanare soprattutto quei territori che meritano rispetto ambientale. Non farò il «rifuggo dalla politica» che fa politica parlando male della politica; io voglio dare fiducia a tutte quelle azioni che possono correggere gli errori del passato, ma con un avvertimento ben chiaro, non dimenticate la periferia dell'impero, che è numericamente poco rilevante ma che purtroppo, viste la sviste dei Governi che si sono succeduti, sempre di più si allontana dall'unità del Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo per una precisazione su una delle formulazioni. Prego, sottosegretario.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ci riferiamo alla mozione Russo n. 1-00229: alla lettera d), il Governo rivede il parere da non accoglibile ad accolto se riformulato, aggiungendo le parole: a valutare l'opportunità di. Poi segue il testo così com’è descritto.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Russo accetta la riformulazione.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Avverto che i presentatori della mozione Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150 non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative alle lettere a), c), d), e) e h) del primo capoverso del dispositivo della mozione, pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario limitatamente a tali parti.
  Avverto altresì che è stata chiesta la votazione per parti separate di tale mozione, nel senso di votare distintamente le parti su cui Governo ha espresso parere favorevole da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario. Credo che sia chiaro a chi ha ascoltato.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150 (Nuova formulazione), ad eccezione delle lettere a), c), d), e) e h) del primo capoverso del dispositivo, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Leva...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  461   
   Votanti  459   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
 442    
    Hanno votato
no   17).    

  (Le deputate Argentin e Nicchi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pag. 28Luigi Di Maio ed altri n. 1-00150, (Nuova formulazione), limitatamente alle lettere a), c) d), e) e h) del primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piepoli, Terzoni, Malpezzi, Giacomelli, Balduzzi, Locatelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  467   
   Astenuti  2   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato
 129    
    Hanno votato
no  338).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Labriola ed altri n. 1-00171, come riformulata su richiesta del Governo, su cui Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Beni, Capelli, Gasparini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  468   
   Votanti  378   
   Astenuti  90   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 377    
    Hanno votato
no    1).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole)

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Migliore ed altri n. 1-00198, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Berlinghieri, Bombassei, Gutgeld...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  381   
   Astenuti   91   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato
 364    
    Hanno votato
no   17).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Antimo Cesaro ed altri n. 1-00211 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Totaro, Giacomelli, Leva, Vignali...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  473   
   Votanti  383   
   Astenuti  90   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato
 366    
    Hanno votato
no   17).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Formisano e Pisicchio n. 1-00228, come Pag. 29riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori, Berlinghieri.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  382   
   Astenuti  90   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato
 365    
    Hanno votato
no   17).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Russo ed altri n. 1-00229, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori, Gutgeld, Oliaro, Ginoble, Albanella.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  379   
   Astenuti  93   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 334    
    Hanno votato
no   45).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grimoldi ed altri n. 1-00231, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Frusone.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  379   
   Astenuti  93   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 351    
    Hanno votato
no   28).    

  (I deputati Marazziti, Fossati e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza ed altri n. 1-00233, come riformulata su richiesta del Governo e per le parti non assorbite e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gutgeld, Pilozzi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  470   
   Votanti  382   
   Astenuti  88   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato
 366    
    Hanno votato
no   16).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

Pag. 30

Dichiarazione di urgenza della proposta di legge n. 327

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Dichiarazione di urgenza della proposta di legge n. 327. I colleghi alla mia destra sono particolarmente potenti nella voce. Deputato Bianconi, per favore.
  Comunico che, a norma dell'articolo 69, comma 1, del Regolamento, è stata richiesta dal gruppo Partito Democratico la dichiarazione di urgenza per la proposta di legge n. 327, recante: Disciplina organica del diritto di asilo, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, nonché disposizioni di attuazione delle direttive 2003/9/CE, 2005/85/CE e 2011/95/UE.
  Su questa richiesta, a norma dell'articolo 69, comma 2, del Regolamento, non essendo stata raggiunta in sede di Conferenza dei Presidenti di gruppo la maggioranza dei tre quarti dei componenti della Camera, l'Assemblea è chiamata a deliberare con votazione palese mediante procedimento elettronico con registrazione dei nomi.
  Sulla dichiarazione di urgenza, a norma dell'articolo 41 del Regolamento, è consentito l'intervento ad un oratore contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno. Ha chiesto di parlare contro il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, nessuno, ovviamente, intende, come gli struzzi, mettere la testa sotto la sabbia e non capire che sicuramente esiste una tragedia, un'emergenza umanitaria sulla sponda del Mediterraneo che è una problematica sicuramente internazionale prima ancora che europea e, ancora prima, italiana. Ma noi riteniamo che questo non c'entri nulla con la legge sull'asilo. È una legge che oggi non funziona, come tante leggi in Italia. Anche quelle sulla cittadinanza sicuramente danno, per esempio, ai cittadini stranieri l'opportunità, dopo un certo numero di anni che vivono sul territorio nazionale, di richiedere la cittadinanza italiana, eppure gli uffici, la burocrazia dello Stato è incapace di affrontare la questione in tempi sufficientemente seri. Lo stesso avviene anche sul diritto d'asilo. Noi riteniamo che su questo argomento, come su tanti altri, sia necessario discutere approfonditamente.
  E, d'altro canto, soprattutto su un tema così delicato che è quello dell'ingresso, della permanenza, della richiesta del diritto di asilo, che investe anche l'organizzazione sociale dell'Italia in un momento drammatico dove sono milioni le persone che premono alla porta, dal nord Africa, dalla Siria, dal Medio Oriente, riteniamo che sia assolutamente sbagliato in primo luogo intervenire sull'onda emotiva di questioni che nulla hanno a che vedere con la legge sull'asilo. Infatti, penso che veramente si dovrebbe vergognare chi strumentalizza la morte di povere persone ingannate da scafisti messi in libertà spesso proprio dalle autorità italiane dopo essere stati arrestati per traffico di esseri umani. Strumentalizzare questa morte per cambiare in quattro e quattr'otto, senza far discutere in maniera adeguata le Commissioni e il Parlamento riteniamo che sia un fatto assolutamente fuorviante, sbagliato e scorretto. E, d'altro canto, se guardiamo la prassi parlamentare nelle legislature del passato sull'urgenza per affrontare i provvedimenti, l'articolo di cui parliamo è stato attivato un paio di volte per legislatura. Adesso, in pochi mesi, per questioni manifestamente ideologiche, non dico politiche, abbiamo accelerato l'iter, conculcando l'Aula, impedendo al Parlamento e alle Commissioni di affrontare i provvedimenti.
  Quindi, io dico ai colleghi del PD di discutere in maniera laica, in maniera anche rapida, senza infingimenti, senza ostruzionismi, su questo tema come su tanti altri, ma diamo l'opportunità al Parlamento di poter discutere. Noi per quanto ci riguarda riteniamo che l'Italia stia già facendo il massimo per quello che può con la sua situazione finanziaria per accogliere i profughi. Addirittura, ci stiamo sostituendo agli scafisti perché mandiamo le Pag. 31navi della Marina a fare i traghettatori. In Italia poi non abbiamo risorse finanziarie. Siamo una nazione che è investita da una crisi economica incredibile. Non riusciamo a pensare ai nostri giovani e non penso che ci possiamo fare carico di tutti i problemi del mondo, problemi che dovrebbero affrontare l'ONU e l'Unione europea con maggiore serietà. Il Governo si impegni piuttosto per fare intervenire l'Unione europea su questa tematica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Giacomelli. Ne ha facoltà.

  ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, temo che il collega Cirielli non abbia ben presente l'argomento di cui stiamo parlando.
  Non si tratta di affrontare ora complessivamente il tema del dramma dei flussi migratori, che pure è tema che ci interessa e su cui altre qualificate iniziative abbiamo in atto. La questione qui è più precisa e determinata. L'articolo 10 della nostra Costituzione stabilisce che: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio di libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Ecco, questo articolo è rimasto inattuato. Le condizioni non sono mai state stabilite. Viviamo questa come una condizione di ritardo drammatico e umiliante. Noi ci siamo in genere adeguati a prescrizioni degli organismi internazionali senza che mai il nostro Paese si sia dato in tema di asilo, tema qualificante per uno Stato che voglia dirsi democratico, una normativa organica.
  A chi ci dice che è un tema che riguarda la dimensione europea, noi rispondiamo che siamo d'accordo. Non è un caso che pochi giorni fa si sia svolta la riunione di tutti i capigruppo dei partiti progressisti europei, voluta e promossa proprio dal presidente del gruppo del PD, Roberto Speranza, su questo tema. Ma prima di armonizzare le normative in tema di diritto d'asilo bisogna che queste esistano, ed è umiliante andare a coordinare e armonizzare le normative di altri, mentre il nostro Paese ancora non è in grado di varare la propria.
  Ma a questo ritardo storico si aggiunge un'altra considerazione a cui non voglio sfuggire. Il dramma della situazione che stiamo vivendo rende inevitabile, rende urgente l'intervento del Parlamento. Sempre meno i motivi dei flussi migratori riguardano la situazione economica e sempre di più, purtroppo, condizioni di guerra o di sfruttamento che danno titolo e diritto ad asilo e protezione internazionale. C’è un dato drammatico che scuote la coscienza di tutti e che certo noi sentiamo interpella la nostra. La maggior parte delle centinaia di persone inghiottite dal mare nella recente tragedia di Lampedusa si trovava nella condizione di poter chiedere e ottenere asilo politico e protezione internazionale. Allora noi pensiamo, signor Presidente, che l'emozione di quelle ore non può fermarsi ai commenti televisivi o alle dichiarazioni di maniera. Le istituzioni, il Parlamento devono fare fino in fondo la propria parte, e la propria parte è quella di legiferare. In questo senso va anche il richiamo fermo e commosso del Presidente Napolitano dopo quella tragedia, quando ha richiamato il Parlamento ad affrontare il nodo ineludibile dell'asilo politico.
  Signor Presidente, i nostri giorni sono segnati fin troppo da valutazioni di opportunità politica di corto respiro. Oggi la Camera dei deputati ha l'occasione di una scelta importante e noi ci auguriamo largamente condivisa. A chi ci dice ci sono cose più importanti, noi rispondiamo che il diritto di ogni persona alla libertà per noi è sempre prioritario e rispondiamo che non c’è nel mondo oggi una divisione tra le questioni vicine che riguardano la nostra vita e quelle lontane.
  La vera distinzione è quella che faceva Don Milani quando richiamava la distinzione tra il motto fascista «me ne frego» e quello «I care» degli americani migliori, «mi importa, mi sta a cuore». Ecco a noi che siamo consapevoli dell'importanza Pag. 32dello spread tra i titoli di Stato, sta a cuore lo spread della civiltà e per questo siamo disposti a batterci e per questo chiediamo di votare oggi l'urgenza di questa norma di legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla dichiarazione di urgenza della proposta di legge n. 327: Disciplina organica del diritto di asilo, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, nonché disposizioni di attuazione delle direttive 2003/9/CE, 2005/85/CE e 2011/95/UE.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Carrescia... Leva... Bragantini Paola... Spadoni... Gnecchi... Spadoni ancora non riesce a votare...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  446   
   Votanti  327   
   Astenuti  119   
   Maggioranza  164   
    Hanno votato
 299    
    Hanno votato
no   28).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e la deputata Corda ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi).

  A seguito della dichiarazione di urgenza testé deliberata, il termine per la Commissione per riferire in Assemblea è ridotto alla metà, a norma dell'articolo 81, comma 2, del Regolamento.
  Colleghi, adesso c’è un'altra votazione.

Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzo di conversazioni e comunicazioni nei confronti di Francesco Proietti Cosimi (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV, n. 4-A) (ore 14,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzo di conversazioni e comunicazioni nei confronti di Francesco Proietti Cosimi (deputato all'epoca dei fatti). (Doc. IV, n. 4-A).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  La Giunta propone di negare l'autorizzazione richiesta.

(Discussione – Doc. IV, n. 4-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Domenico Rossi.

  DOMENICO ROSSI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta per le autorizzazioni riferisce, per mio tramite, su una domanda di autorizzazione all'utilizzo di conversazioni e comunicazioni nei confronti di Francesco Proietti Cosimi, all'epoca dei fatti deputato.
  La domanda proviene dal giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale di Roma, nell'ambito del procedimento penale che si svolge su più versanti e nei confronti di una pluralità di soggetti. Con specifico riferimento alla posizione di Proietti Cosimi, l'indagine è diretta all'accertamento di fatti inerenti a capi di imputazione di diversa natura: bancarotta fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti, nonché violazione delle norme sul finanziamento dei partiti e dei soggetti politici.
  La Giunta ha dedicato all'esame della richiesta varie sedute ed ha acquisito agli atti anche una memoria prodotta dal diretto interessato, che, peraltro, non si è avvalso della facoltà di intervenire in prima persona nei lavori della Giunta.Pag. 33
  Ricordo che la Giunta per le autorizzazioni non si esprime in merito alla fondatezza o meno delle accuse mosse all'indagato, fatto che costituisce esclusivo oggetto di esame in sede giurisdizionale. Le valutazioni dell'organo parlamentare, cioè della Giunta, sono infatti concentrate sugli elementi prodotti dall'autorità giudiziaria, in funzione della proposta motivata sulla concessione, ovvero sul diniego, della autorizzazione all'utilizzo in sede processuale di comunicazioni e conversazioni di Proietti Cosimi, captate durante il periodo in cui egli era deputato.
  L'ordinanza del GIP formula la suddetta richiesta in quanto condivide l'istanza del pubblico ministero circa la necessità di utilizzare in sede processuale – data la loro rilevanza – dieci conversazioni e comunicazioni telefoniche cui ha partecipato l'ex deputato Proietti Cosimi...

  PRESIDENTE. C’è molto brusio. Il deputato Rossi sarebbe dovuto scendere al banco del Comitato di nove in qualità di relatore, però per il momento sta lì al suo banco. Concluda, prego.

  DOMENICO ROSSI, Relatore. ...svoltesi tra il 16 aprile 2012 e il 25 maggio 2012, su utenze intestate ad altri soggetti, a lui legati da rapporti familiari (in particolare, la figlia e il nipote). Il contenuto di queste comunicazioni assumerebbe rilevanza in quanto testimonia il diretto interesse del parlamentare nelle vicende che sono legate alla procedura fallimentare di una società, in cui il nipote è amministratore unico e il Proietti si interessa alla liquidazione del residuo attivo da parte del curatore fallimentare.
  Secondo le valutazioni dell'autorità giudiziaria, egli avrebbe esercitato dunque un'attività gestionale diretta sulla società e sulle relative risorse, a fronte di riscontrate gravi irregolarità contabili della medesima società e, soprattutto, dell'assenza di giustificazione delle somme di denaro ad essa versate, nonché di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
  L'attenzione della Giunta si è mossa per esaminare questo tipo di intercettazioni, che vengono denominate intercettazioni «indirette», e si è mossa nel solco delle posizioni espresse dal giudice costituzionale circa il giudizio sul loro carattere occasionale, casuale e fortuito. Questo giudizio – come chiarito dalla Corte Costituzionale – si forma in base alla verifica non della titolarità o della disponibilità dell'utenza captata, ma della «direzione dell'atto d'indagine». Se quest'ultimo è volto, nel concreto, ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare, l'intercettazione non autorizzata è illegittima. Se l'indagine non è invece indirizzata verso il parlamentare, non occorre la preventiva autorizzazione parlamentare, in quanto appunto si tratta di conversazioni captate in modo occasionale. La Corte precisa anche che non può escludersi un sopravvenuto mutamento di obiettivi dell'indagine. Ovviamente, quando ciò avviene, cessa la casualità ed evidentemente le comunicazioni diventerebbero mirate, necessitando, pertanto, dell'autorizzazione parlamentare.
  La Giunta non ha potuto esimersi dal rilevare come, nel caso concreto, siano emersi elementi che concretizzano il forte sospetto di una avvenuta elusione della garanzia costituzionale posta a protezione delle comunicazioni dei membri del Parlamento.
  Al riguardo, si sono assunti a parametro di valutazione gli elementi significativi per affermare o escludere la casualità dell'intercettazione. In particolare, i rapporti intercorrenti tra il parlamentare e i terzi sottoposti a intercettazione; il numero delle conversazioni intercorse tra il terzo e il parlamentare; l'arco di tempo durante il quale si è svolta l'attività di captazione.
  Con riferimento agli ambiti che sono stati illustrati, nell'ordinanza del giudice si legge che appare «innegabile che la captazione delle conversazioni del parlamentare sia stata solo indiretta (...) e casuale». Peraltro, queste affermazioni dell'autorità giudiziaria sono state revocate in dubbio nel corso del dibattito in Giunta per le autorizzazioni: in particolare, non si è condivisa la formulazione del giudizio relativo Pag. 34alla posizione del Proietti Cosimi nell'indagine che, in ossequio allo spirito delle norme e della loro interpretazione giurisprudenziale, deve avvenire ex ante, cioè avuto riguardo alle risultanze processuali che risultavano disponibili al momento in cui è stata autorizzata l'attività di intercettazione delle utenze di stretti parenti dell'ex parlamentare.
  In prima battuta, si è osservato che, ponendo sotto controllo le utenze di strettissimi parenti, quali la figlia e il nipote, vi era una certezza quasi assoluta di incorrere in comunicazioni cui avrebbe partecipato il parlamentare. Sebbene la previsione di questa sicura intromissione non basti a configurare un'elusione del dettato costituzionale, la stessa Corte Costituzionale ha ammesso che, nel caso vi sia l'elevata probabilità che le intercettazioni disposte in un procedimento finiscano comunque per captarne le comunicazioni, il sospetto dell'elusione della garanzia è più forte. Ciò in quanto comunque, l'ingresso del parlamentare – già preventivamente raggiunto da indizi di reità – nell'area di ascolto evoca con maggiore immediatezza, nell'autorità giudiziaria, la prospettiva che la prosecuzione dell'attività di intercettazione su utenze altrui servirà a captare comunicazioni di un membro del Parlamento. Nel caso di specie, l'autorità procedente avrebbe dovuto porsi il dubbio circa l'effettiva direzione degli atti di indagine che in quel momento si intendevano realizzare.
  La convinzione nei membri della Giunta che la pubblica accusa fosse nelle condizioni di effettuare ex ante un giudizio di possibile illegittima intromissione nella sfera comunicativa del parlamentare, è maturata anche sulla base della documentazione richiesta dalla Giunta e acquisita nel corso dell'esame.
  In particolare, è agli atti che in data antecedente alla richiesta di porre sotto controllo le utenze della figlia e del nipote del Proietti Cosimi, la polizia giudiziaria fosse a conoscenza di contenuti di notizie di stampa che riguardavano l'allora parlamentare e, in particolare, ciò è esplicitato in una informativa del nucleo della Guardia di finanza, cui viene opportunamente allegato l'articolo di stampa dove, nell'ambito di un'inchiesta pubblicata dal settimanale Panorama, viene fatto riferimento ad apparati di natura politica riferibili a Proietti Cosimi Francesco. È apparso pertanto assolutamente singolare che, nonostante l'articolo di stampa in questione, che entra nel fascicolo processuale, si riferisse a rapporti sospetti del Proietti Cosimi, l'attività di indagine andò a mirare ad altro esponente politico, mentre formalmente il parlamentare veniva iscritto nel registro degli indagati solo dopo più di un anno e solo dopo averne accertato le conversazioni oggetto della richiesta.
  Va messo anche in luce che nel dibattito svolto in Giunta l'ampiezza delle attività di captazione in connessione con la «necessità» e la «rilevanza» ha posto in rilievo che il tempo che intercorre tra la prima e l'ultima delle conversazioni è talmente elevato, nonché che le varie intercettazioni hanno posto fin da subito eventuali collegamenti tra il parlamentare e la società. Da un lato, l'interesse dell'ex deputato alla procedura di liquidazione della società ed al residuo attivo sono pertanto intuibili fin dall'inizio, secondariamente, se è così, si sarebbe dovuta attivare da subito la procedura di cui alla legge n. 140 del 2003 interrompendo le intercettazioni. Dall'altro, anche la richiesta non sembra adeguatamente motivata in quanto, mentre il giudice ci sottolinea la rilevanza del giudizio di tale elemento probatorio, nella realtà, la richiesta della somma di denaro da parte di Proietti Cosimi è assolutamente risibile in rapporto al volume di affari stimato della medesima società.
  In sostanza, e mi avvio a concludere, la Giunta per le autorizzazioni, pur avendo esaminato in maniera obiettiva e approfondita l'istanza, ritiene che non ci siano gli elementi per formare un giudizio negativo circa l'assenza di ogni intento persecutorio o strumentale della richiesta, né quello, per così dire, positivo, circa la necessità dell'utilizzazione di conversazioni e comunicazioni nei confronti di Pag. 35Francesco Proietti Cosimi. Pertanto, la Giunta per le autorizzazioni ha deliberato a maggioranza nel senso di proporre all'Assemblea di non concedere l'autorizzazione oggetto della richiesta giudiziale. Ringrazio tutti coloro che sono stati a sentirmi.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Dichiarazioni di voto – Doc. IV, n. 4-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giuseppe D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signora Presidente, mentre il dibattito politico è, oramai, monopolizzato dall'ipotesi di salvataggio di Berlusconi e dalla possibilità di trovare quelle che sono le larghe intese, tra favorevoli e contrari, falchi e colombe, ed ogni altro volatile possibile e immaginabile, l'accordo bipartisan, invece, mi sembra che oramai, riguardo il «frena magistrati», sia stato già raggiunto. Infatti, quasi tutti sono stati favorevoli a dire no all'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni per l'ex deputato Francesco Proietti Cosimi che, lo ricordo, è lo storico braccio destro di Gianfranco Fini.
  Se in quest'Aula passerà la proposta della Giunta per le autorizzazioni, l'ex parlamentare avrà poco da temere dall'inchiesta della Procura di Roma che lo vede indagato per bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false per operazioni inesistenti e finanziamento illecito ai partiti. Le intercettazioni telefoniche ritenute determinanti dagli inquirenti finiranno nel tritacarte e non so perché, Presidente, queste intercettazioni che terminano nel tritacarte mi ricordano il Quirinale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Su tale eventualità, il PD, il PdL, Scelta Civica e Fratelli d'Italia vedo che hanno trovato un'intesa ineguagliabile.
  Il motivo principale ? Ci dicono che la Guardia di finanza stava indagando su parenti stretti dell'onorevole e gli investigatori, secondo la Giunta, dovevano immaginare che prima o poi avrebbero intercettato anche Proietti. Gli inquirenti avrebbero dovuto, per tale ragione, chiedere prima l'autorizzazione al Parlamento.
  Prima di fare ogni valutazione, Presidente, voglio spiegare ai colleghi ed ai cittadini di chi e cosa stiamo parlando. Stiamo parlando di Francesco Cosimi Proietti, 62 anni – per gli amici Checchino –, ben presto diventato amico di Gianfranco Fini, diventato collaboratore, segretario particolare e infine ha ottenuto un posto alla Camera con An e, nella scorsa legislatura, ancora nel PdL.
  Aver seguito, però, il capo in FLI ha poi fatto cadere in disgrazia anche Cosimi Proietti, rimasto purtroppo fuori dal Parlamento e a questo riguardo, Presidente, vorrei ricordare questa cosa magari a coloro che si professano «diversamente berlusconiani».
  Francesco Cosimi Proietti, come il collega Amedeo Laboccetta, all'impegno politico ha inoltre unito rapporti stretti anche con Francesco Corallo. Francesco Corallo, magari per chi non lo sapesse, è il «re delle slot machine», al timone della Bplus Giocolegale Ltd, un colosso del settore, con un giro d'affari da 30 miliardi di euro annui, tirata in ballo nell’affaire monegasco.
  Nel mirino della Procura sono finiti i rapporti proprio con la Bplus, tra fatture considerate false e utilizzate da Corallo per evadere il Fisco. Per gli inquirenti, il politico – oramai ex politico – insieme alla figlia e al nipote, sarebbe responsabile di bancarotta, avendo distratto oltre due milioni di euro dalla Ke.Is Media Comunicazione srl, società di comunicazione e spettacolo dichiarata fallita nel 2010, e di emissione di fatture false per operazioni inesistenti, utili alla Bplus, alla Sisal, e alla Ldm Comunicazioni per evadere il Fisco. Da tali società, per gli inquirenti, l'ex deputato avrebbe ricevuto la bellezza di 468 mila euro.Pag. 36
  Determinanti, secondo l'accusa, alcune conversazioni telefoniche, intercettate dai finanzieri lo scorso anno, mentre controllavano i telefoni della figlia e del nipote del parlamentare, e dalle quali emergerebbe, Presidente, il diretto coinvolgimento del politico nei fatti contestati. A fine maggio il Gip romano Luciano Imperiali ha, appunto, chiesto alla Camera l'autorizzazione a utilizzare le intercettazioni. Ma questa Aula, come al solito, ha risposto: niente da fare. Addirittura, senza troppo clamore, durante il mese di agosto, non si è concessa l'autorizzazione a procedere.
  Ed allora, Presidente, a questa Aula rivolgo, ad esempio, alcune semplici domande: bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false per operazioni inesistenti, finanziamento illecito ai partiti, non vi bastano come motivazioni per procedere ? Un cittadino con tali accuse avrebbe le stesse garanzie ? Avrebbe le garanzie che voi state estendendo anche ai parenti di un parlamentare ? Altro che ridurre i privilegi della casta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Presidente, è ancora soltanto un caso il fatto che ci ritroviamo in questa Aula a parlare di pericolosi incroci tra politici e società di gioco d'azzardo ? Ed è sempre un caso che poi le stesse società di gioco d'azzardo ottengano da voi sconti scandalosi sulle loro evasioni fiscali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Presidente, da presidente della Giunta delle elezioni, che sappiamo essere organismo di garanzia ma anche organo giudicante composto dal giudicato stesso, posso dirle che queste situazioni rappresentano lo scandalo vero di questa politica ormai avvitata su stessa e incapace di ripulirsi e rinnovarsi e perciò diventata giudice di se stessa.
  Vorrei concludere con un appello a ritornare sui vostri passi. A lasciare alla Giustizia il suo corso. Ma so che tutto ciò che sto dicendo, anche in questo momento, vista l'attenzione nell'Aula, cadrà nel vuoto. Ma ricordate colleghi che i cittadini sono fuori da questa Aula, i cittadini quelli veri, e che la rabbia continua a montare contro la casta della quale voi fate parte. Il MoVimento 5 Stelle rappresenta una manifestazione democratica di questa rabbia che speriamo resti sempre in questi binari pacifici perché la violenza, lo ricordiamo, è la sconfitta dell'intelligenza.
  Ma allora Presidente, qui concludo, non sulla decadenza di Berlusconi come chiedono i pericolosi pennuti del PdL, ma sull'autorizzazione all'uso delle intercettazioni dell'uomo qualunque Proietti siamo noi del MoVimento 5 Stelle a chiedere di andare a nuove elezioni, anche perché questa cosa la chiediamo affinché i cittadini possano, e qui sottolineo questi termini Presidente, pacificamente, tranquillamente, quietamente, serenamente, placidamente e bonariamente mandarvi tutti a casa ! (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, anche per brevità dei nostri lavori, non spiegherò le ali lungo le correnti ascendenti della rabbia popolare o con una serie di verbalizzazioni sulla decadenza di Silvio Berlusconi, il PdL, la maggioranza, il Governo e altro. Ciò non vuol dire che questo nostro atto, che arriva oggi al voto dell'Aula, non sia stato esaminato con grande attenzione.
  Ricordo che noi non siamo chiamati ad un giudizio di merito: questo non ci chiede la legge, non ci chiede l'articolo 68 della Costituzione, non ci chiede la legge n. 140 del 2003, ci chiede altro. Mi piacerebbe quindi che le arringhe da pubblico ministero che si sentono in quest'Aula fossero però, se devono proprio essere fatte, sempre. La scorsa settimana abbiamo esaminato un provvedimento che coinvolgeva il collega Formisano, che coinvolgeva il signor Borriello e Nicola Cosentino: non ho sentito una parola di questo sindacato ispettivo, che forse avrebbe avuto parecchio merito di essere fatta. Mi limito semplicemente a constatare che il forte Pag. 37sospetto di attività elusiva degli articoli di legge e di Costituzione che ho ricordato, che il relatore ha posto nella sua relazione, io sinceramente non li ho riscontrati: forse, tutt'al più, un lieve sospetto, ma non tale da negare l'autorizzazione all'uso dell'intercettazione alla magistratura. Ed è pertanto in favore di questa autorizzazione che il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà si esprimerà e contro il parere del relatore.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione – Doc. IV, n. 4-A)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di negare l'autorizzazione all'utilizzo di conversazioni e comunicazioni nei confronti di Francesco Proietti Cosimi, deputato all'epoca dei fatti.
  Preciso che chi intende negare l'autorizzazione deve votare «sì», cioè a favore della relazione della Giunta, mentre chi intende concederla deve votare «no», quindi contro la relazione della Giunta qui illustrata dal deputato Rossi.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Vignaroli, Ruocco, Marguerettaz...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  403   
   Votanti  368   
   Astenuti   35   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato
 251    
    Hanno votato
no  117).    

   (I deputati Argentin, Valeria Valente e Capodicasa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Sull'ordine dei lavori (ore 14,25).

  LUCA LOTTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUCA LOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono uno tra i 123 deputati di questa legislatura che è nato dopo il 5 novembre 1977: uno su cinque tra di noi è dunque venuto al mondo dopo che Giorgio La Pira proprio quel giorno ci lasciava, in un sabato senza vespri a Firenze. Può suonare strano dunque che sia uno di questi 123, anziché un collega più autorevole ed esperto, a chiedere di ricordare oggi in quest'Aula il professor La Pira, l'onorevole La Pira, il sottosegretario La Pira.
  Ma pensandoci bene non c’è niente di strano, anzi !
  Alcuni di noi si sono avvicinati alla politica proprio grazie alla testimonianza straordinaria di personalità come La Pira, che amava i giovani e la loro educazione alla vita sociale e politica. Scriverà in un periodo di grandi turbolenze, in uno di quei crinali della storia cui spesso faceva riferimento, che i giovani sono come le rondini, la libertà li attrae.
  Definire La Pira non è difficile, è impossibile. Studioso, professore, ribelle contro il nazifascismo, costituente, sottosegretario al lavoro, sindaco, profeta di pace del Medio Oriente, fino al Vietnam. Visionario e concreto, capace di spaziare dalla pace di Abramo fino alla Centrale del latte, per dare un bicchiere ai bambini del dopoguerra. Uomo di fede quasi mistica, organizzatore instancabile di occasioni di dialogo, La Pira è semplicemente unico. Un santo per chi crede nel processo di beatificazione, un santino per chi lo cita, visto che oramai va di moda. Un sindaco per la Firenze della ricostruzione, dal 1951 al 1965.
  Ho avuto la fortuna di lavorare per quattro anni in quel Palazzo Vecchio in cui La Pira faticava e mi piace pensare che, grazie alla sua disponibilità, signor Presidente, e a quella dei colleghi, oggi Pag. 38Montecitorio dialoghi con Firenze, ricordando uno dei figli più illustri della cultura e della politica italiana. Forse non tutti i 123 deputati di questa legislatura hanno avuto la fortuna di incrociare gli scritti ed i pensieri di La Pira; mi piace pensare che, anche incoraggiati dal suo esempio, possiamo ricordarlo nel modo più bello, non con i convegni ma con la qualità del nostro servizio (Applausi).

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Vi prego della brevità, perché l'Ufficio di Presidenza sta aspettando noi per riunirsi.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, ringrazio il collega che molto opportunamente ha ricordato Giorgio La Pira e voglio dire una parola in ricordo di un amico degli anni della mia giovinezza, come poteva essere amico un ragazzino, come ero io allora, di un uomo già grande, famoso, uno dei padri della Costituzione, siciliano, questo fiorentino straordinario nato a Pozzallo in Sicilia. Ragioniere, e ne era orgoglioso. Poi divenne un grande professore di diritto romano, fu uno di quelli che esaltarono la scienza romanistica italiana, ma la sua formazione non era classica, era un ragioniere. Io ricordo che, una volta, parlando con me, se ne vantava, io gli dicevo, ma come ? Si parlava della vicenda famosa del Pignone, del Nuovo Pignone di Firenze, quando lui intervenne e alcuni hanno raccontato la storia in un modo anche caricaturale, impegnando in tutti i modi Mattei e Fanfani a far intervenire l'Eni per salvare questa fabbrica fiorentina, salvando così il pane di qualche migliaio di lavoratori fiorentini.
  È sempre stato accusato di statalismo, di non vedere le ragioni dell'economia. Lui mi diceva: «Ma no, non è vero, io sono un ragioniere, io sapevo benissimo che quella fabbrica avrebbe prodotto ottimi profitti per chi l'avesse presa. Il mio era un ragionamento umano ed economico perché devono tornare i conti dello Stato, devono tornare i conti delle fabbriche e devono tornare anche i conti delle famiglie e la politica deve fare in modo che tutti questi conti possano tornare insieme». E io gli domandai: «Ma professore –, perché si chiamava professore, bisognava chiamarlo professore –, ma come faceva lei a saperlo e invece tutti gli esperti economici non lo sapevano ? E lui mi disse: perché io amo Firenze, perché io conosco quegli uomini, so come sono bravi, io ho fiducia e speranza in quegli uomini e solo chi ama riesce a vedere la verità».
  Ecco, con queste parole vorrei ricordarlo, un grande italiano, un grande politico e un grande professore – oggi i professori non hanno molta buona fama –, un uomo che ha amato appassionatamente l'Italia (Applausi).

  PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 17,30 con l'informativa urgente del Ministro della Giustizia sulla vicenda di Giulia Maria Ligresti. Successivamente avrà luogo la discussione sulle linee generali del decreto-legge recante proroga delle missioni internazionali.

  La seduta, sospesa alle 14,35, è ripresa alle 17,35.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Bressa, Caparini, Dambruoso, Fico, Gebhard, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gitti, Gozi, Leone, Lombardi, Melilla, Nicoletti, Pisicchio, Realacci e Toninelli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta Pag. 39dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Ministro della giustizia sulla vicenda di Giulia Maria Ligresti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Ministro della giustizia sulla vicenda di Giulia Maria Ligresti.
  Dopo l'intervento del Ministro della giustizia interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro della giustizia)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra della giustizia, Anna Maria Cancellieri.

  ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Gentile Presidente, onorevoli deputati, mi accingo a riferire a quest'Aula appena rientrata dal mio impegno a Strasburgo, dove ho illustrato, ricevendone ampio apprezzamento, le iniziative del Governo per superare l'emergenza carceraria e l'esecuzione della nota sentenza di condanna sul caso Torreggiani. In questi giorni sono stati posti diversi interrogativi in relazione al mio operato come Ministro della giustizia, cui se ne sono aggiunti altri che riguardano il mio percorso personale e professionale. Nel rispetto del Parlamento, credo sia essenziale offrire, innanzitutto, una ricostruzione completa dei fatti, che possa consentire il formarsi di un'opinione obiettiva sui miei comportamenti.
  Sempre per l'assoluta considerazione che riservo a quest'Aula e ai suoi rappresentanti, prima ancora che mi venisse concessa l'opportunità di intervenire in questa sede, ho ritenuto doveroso scrivere, in data 31 ottobre, una lettera ai Presidenti dei gruppi, nella stesse ore in cui i media iniziavano ad occuparsi della vicenda di cui riferirò tra poco, manifestando la mia totale disponibilità a ricostruire nel dettaglio l'accaduto. Mi permetto solo di anticipare che, come avrete modo di constatare, a differenza di quanto è stato riportato da alcuni mezzi di informazione, non ho mai sollecitato nei confronti degli organi competenti la scarcerazione della signora Giulia Ligresti, né ho indotto nessun altro ad assumere iniziative in tal senso.
  Veniamo ai fatti. Il 17 luglio 2013 viene eseguita una misura cautelare nei confronti di Salvatore Ligresti e delle figlie Jonella e Giulia; ed è riferita a questo episodio una mia telefonata privata, che è stata resa nota in questi giorni e della quale parlerò più ampiamente in seguito. Con riferimento, invece, alla specifica vicenda giudiziaria e penitenziaria che ha riguardato Giulia Ligresti, ne riassumo la scansione temporale, come riferita dalla stessa procura di Torino.
  Il 2 agosto è stata depositata da Giulia Ligresti istanza di cosiddetto patteggiamento. Nella stessa data, la procura di Torino ha espresso parere favorevole su tale richiesta, nonché sull'ulteriore istanza volta ad ottenere gli arresti domiciliari. Il 7 agosto il GIP respinge l'istanza di applicazione degli arresti domiciliari in sostituzione della custodia cautelare in carcere. Il 14 agosto la direttrice del carcere di Vercelli riceve una relazione della psicologa di quel carcere e la trasmette agli uffici giudiziari di Torino.
  Il 19 agosto il procuratore Vittorio Nessi – lo stesso magistrato da cui sono stata poi ascoltata il 22 agosto come persona informata dei fatti – affida al medico legale il compito di visitare Giulia Ligresti. Il 27 agosto il medico incaricato dalla procura conclude i suoi accertamenti affermando che, sebbene non risulti una condizione di perentoria incompatibilità, la permanenza in carcere costituisce un concreto danno per la salute del soggetto. Sempre il 27 agosto, alla luce della predetta consulenza, viene depositata una Pag. 40nuova istanza volta a ottenere gli arresti domiciliari, il giorno dopo concessi dal GIP.
  La ricostruzione dei fatti mette in evidenza un aspetto che dovrebbe risultare dirimente, secondo ogni onesta coscienza, a fondare una valutazione seria e pacata sulla correttezza della mia condotta sia dal punto di vista amministrativo che politico e, cioè, che la scarcerazione di Giulia Ligresti non è avvenuta a seguito o per effetto di una mia pressione o per una mia ingerenza – che mai vi è stata, né è stata mai semplicemente concepita – ma per un'indipendente decisione della magistratura torinese, la quale più volte, per bocca del suo vertice, ha chiarito in maniera limpida e inequivocabile come la concessione degli arresti domiciliari alla Ligresti sia stata frutto di un'autonoma valutazione della procura, scevra da influenze e condizionamenti; in altre parole, senza che mai vi sia stato da parte di nessuno il ben che minimo tentativo di indirizzare l'esito di quella importante decisione, esito che è risultato favorevole all'imputata solo perché – lo ribadisco – l'applicazione libera e coscienziosa delle regole ha così voluto.
  Si è molto ironizzato sulla mia affermazione riguardo al carattere umanitario delle preoccupazioni che mi hanno spinto a chiedere notizie sul fatto che il trattamento carcerario di Giulia Ligresti tenesse conto delle sue delicate condizioni di salute. Mi sia consentita tuttavia una precisazione, solo apparentemente di carattere personale. Per mia formazione culturale e per mio orientamento libertario, ho sempre ritenuto che la questione della pena del carcere e della sua umanizzazione fosse il pilastro su cui edificare il sistema espiativo in una nazione degna di essere considerata civile.
  La nostra Costituzione naturalmente ci richiama a questo obbligo fondamentale e sento sulla mia pelle, fin dal momento in cui mi è stato riservato l'onore di rivestire l'incarico di Ministro della giustizia, il dovere di tener fede a un proposito di giustizia sostanziale valido per ogni donna e per ogni uomo il cui accidentato percorso di vita lo porti, almeno una volta, a incrociare il carcere. Si dirà: ma non tutti hanno la possibilità di bussare alla porta del Ministro della giustizia; a non tutti è data la facoltà di farsi ascoltare, di poter esprimere un disagio autentico, nella speranza che qualcuno lo raccolga e se ne faccia interprete.
  È vero, non tutti hanno la possibilità di diretto contatto e nessuno più di me ne ha l'acuta e desolante percezione e posso garantire sul mio onore che nessuno più di me avverte questa disparità di situazioni in tutta la sua dolorosa ingiustizia. Di fronte ad una popolazione carceraria di più di 64 mila persone, di cui ben il 25 per cento è in custodia cautelare, è difficile essere vicini a tutti, come si vorrebbe. Però non è vero che il destino delle singole persone viene a dipendere da circostanze fortuite occasionali. Non posso far correre l'idea che il sistema penitenziario italiano non sia invece già strutturato per rispondere, pur nelle innegabili e oggettive difficoltà, in maniera puntuale e seria a segnalazioni che, in qualunque modo, facciano emergere l'esistenza di situazioni particolarmente critiche per il detenuto.
  Quando dico «in qualunque modo» voglio proprio dire che le segnalazioni possono provenire sia dall'interno della struttura carceraria, che si attiva in relazione a fatti precisi o a indicatori d'allarme, sia dall'esterno del carcere o dell'amministrazione penitenziaria in virtù del prodigarsi di familiari o di persone vicine al detenuto o, ancora, per iniziative di associazioni di volontariato sociale, di organismi di garanzia o anche di singoli parlamentari.
  È opportuno sapere che di queste segnalazioni spesso mi faccio carico personalmente in un colloquio quasi quotidiano con i vertici dell'Amministrazione penitenziaria, divenuto una consuetudine nella mia giornata di lavoro. È altrettanto importante sapere che all'interno del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria opera da qualche anno un'apposita struttura alle dipendenze e sotto la diretta responsabilità di uno dei due vice capo Dipartimento, cui è attribuito il compito di vigilare sull'integrità psico-fisica del detenuto Pag. 41e la sua incolumità, stimolando e controllando l'attività dei singoli istituiti carcerari. Risponde a un dato di realtà che, da quando è stata messa in campo una rete più strutturata di vero e proprio monitoraggio sistematico delle situazioni più difficili, si è registrata una sensibile flessione degli eventi critici in generale e dei suicidi in particolare, fenomeno che adesso è tuttavia inaccettabilmente alto.
  Come ho già detto, ogni vita che si spegne nel corso della detenzione è una sconfitta per lo Stato e per il sistema penitenziario. Io ne sento tutto il peso e, proprio per questo, come ormai molti sanno, ho dedicato una parte rilevante del mio impegno di Guardasigilli al «problema carceri», inteso, soprattutto, come miglioramento delle condizioni di vita del detenuto, in quello spirito di umanizzazione e di adeguamento del sistema penitenziario alle previsioni costituzionali e a quelle europee basate sulla finalità rieducativa della pena.
  Il recente messaggio alle Camere del Presidente Napolitano, incentrato proprio sull'emergenza carceraria, è stato la conferma più autorevole dell'importanza del tema e costituisce per me uno stimolo fondamentale per continuare sulla strada intrapresa. Ieri e oggi, a Strasburgo, questa linea del Governo ha riscosso, come ho anticipato in apertura, ampia condivisione, sia da parte del Consiglio d'Europa sia della Corte europea dei diritti dell'uomo, che hanno riconosciuto la serietà dell'impegno del nostro Paese, delle misure già adottate e di quelle programmate.
  Quando pervengono al sistema penitenziario le comunicazioni alle quali ho fatto cenno, nessuno si chiede se dietro di esse ci sia un nome importante o influente. È importante più di tutto e prima di ogni altra cosa accertare la fondatezza della segnalazione. Questo è avvenuto anche nella vicenda della signora Ligresti. Le sue condizioni critiche, come in seguito ho appreso, erano infatti note al Dipartimento prima ancora che io ne facessi cenno ai vice capi dipartimento e il carcere di Vercelli aveva già autonomamente approntato tutte le misure finalizzate ad assicurare la salute e l'incolumità della detenuta.
  Corrisponde, dunque, a una distorta visione dei fatti dire che la vicenda di Giulia Ligresti abbia avuto un trattamento differenziato e privilegiato, diverso da quello che sarebbe naturalmente spettato ad un qualunque altro detenuto. Sento, però, l'esigenza di tornare su un tema già accennato, che è tra i più delicati, perché offende più di ogni altro il mio onore, adombrando opacità di comportamenti o, peggio, vere e proprie distorsioni e deviazioni dai canoni di imparzialità e di correttezza istituzionale.
  In altre parole, sarei venuta meno ai miei doveri di ufficio. Non è mio costume difendermi utilizzando le parole di altri, ma non posso non ricordare, ancora una volta, le ripetute affermazioni del procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, secondo il quale, testualmente, «tutte le risultanze del fascicolo del procedimento relativo a Giulia Ligresti testimoniano in modo univoco e incontrovertibile che la concessione degli arresti domiciliari è avvenuta esclusivamente in base alla convergenza di decisive circostanze obiettive: le condizioni di salute verificate con consulenza medico-legale e l'intervenuta richiesta di patteggiamento da parte dell'imputata, risalente al 2 agosto, e perciò di molto antecedente le conversazioni telefoniche oggetto delle notizie. Ne deriva – cito sempre le parole del procuratore Caselli – che sarebbe arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari a circostanze esterne di qualunque natura».
  A riprova di questo, intendo ribadire che il medico dell'istituto di Vercelli, già il 12 agosto, segnalò al direttore la gravità delle condizioni di salute di Giulia Ligresti. Il direttore, in data 14 agosto, trasmise la relazione all'autorità giudiziaria di Torino. Le mie conversazioni con i due vice capi del DAP sono del 19 agosto, cioè di 5 giorni successive rispetto all'iniziativa intrapresa dai medici del carcere di Vercelli.Pag. 42
  Questa semplice scansione temporale degli eventi dimostra come nessun collegamento, a differenza di quanto da taluni ipotizzato, vi possa essere tra il mio comportamento e l'iniziativa assunta dal carcere. Peraltro, la mia comunicazione con i vertici del DAP si è limitata esclusivamente alla trasmissione di un'informazione relativa alle condizioni critiche di salute di una detenuta che si trovava in custodia cautelare.
  Non voglio eludere, certamente, un tema su cui sento di dover dare delle spiegazioni, ed è precisamente quello dei miei rapporti con la famiglia Ligresti, che, secondo alcune illazioni, sarebbero state la causa vera del mio intervento.
  Sono stata e sono amica di Antonino Ligresti, conoscenza maturata durante la mia lunga permanenza a Milano, per ragioni del tutto estranee alla mia attività professionale. In nessun modo la mia carriera è stata mai influenzata né da questi né da altri rapporti personali. È questa la ragione per la quale voglio oggi assicurare che sono e desidero essere considerata come una persona libera, che non ha contratto debiti di riconoscenza a cui non sarebbe in condizione di sottrarsi.
  Anche mio figlio, Piergiorgio Peluso, è stato indebitamente trascinato in questa vicenda e, per quanto sia sgradevole toccare un argomento su cui non posso non sentirmi emotivamente coinvolta, avverto anche qui di dover dare un chiarimento ineludibile. Il suo incarico nell'ambito della società FonSai è frutto esclusivamente della pregressa esperienza nel mondo bancario e finanziario. Tengo a sottolineare anche che mio figlio riceve l'offerta di lavoro da Fonsai il 25 maggio 2011 e, nel successivo mese di giugno, inizia il suo rapporto di lavoro con la stessa società. In quel periodo io avevo già cessato le funzioni di commissario straordinario presso il comune di Bologna ed ero una tranquilla signora in pensione, che mai avrebbe pensato di poter diventare Ministro dell'interno nel successivo novembre. Quanto alla valutazione del suo lavoro in FonSai, rinvio alla lettura degli atti del processo in corso presso l'autorità giudiziaria di Torino.
  Vengo ora alla «famosa» telefonata del 17 luglio. Con quella telefonata alla signora Gabriella Fragni, intendevo manifestare un sentimento di umana vicinanza a una persona che si era venuta a trovare in una situazione di eccezionale emotività per l'arresto di tutti i familiari. Le espressioni da me usate in quel contesto erano, dunque, finalizzate a creare empatia con una persona profondamente prostrata per l'accaduto.
  Mi rendo conto che alcune espressioni usate in quella telefonata possano aver ingenerato dei dubbi sul senso delle mie parole. Mi dispiace che sia stato così e mi rammarico di aver fatto prevalere i sentimenti sul doveroso distacco che il ruolo di Ministro avrebbe forse dovuto imporre. Ma l'unico modo che ho per dimostrare che il senso di quelle parole fu realmente quello che vi ho ora descritto, è invitarvi ad analizzare il mio comportamento successivo a quella telefonata.
  Dopo quel contatto non ho assunto e non avrei assunto alcuna mia iniziativa se non fossi stata raggiunta dalle informazioni, con le modalità che ho già richiamato, dell'aggravarsi delle condizioni di salute di Giulia Ligresti. Posso serenamente affermare di aver agito, sia pure d'istinto, senza mai derogare dai miei doveri di Ministro e senza che la conoscenza di alcuni componenti della famiglia Ligresti condizionasse il mio operato. Ho agito esattamente nello stesso modo in cui mi sono comportata in molti altri casi. Non ho bisogno di farne l'elenco. Sono tanti ed anonimi, più di cento solo negli ultimi mesi. Sono tutti agli atti degli uffici a disposizione per chi li volesse visionare.
  Infine, anche oggi sulla stampa sono apparse notizie relative ad ulteriori, presunti, favoritismi per il trasferimento della detenuta Jonella Ligresti. Preciso che, dalle verifiche condotte presso il DAP, emerge con chiarezza l'assoluta linearità delle procedure seguite, ivi compreso il Pag. 43nulla osta dell'autorità giudiziaria competente. Mai – dico mai – sono intervenuta su questo caso.
  Sono grata a questa Aula di avermi concesso l'opportunità di poter finalmente offrire una versione completa dell'intera vicenda. Da questi miei chiarimenti spero che emerga l'uniformità e la coerenza della mia condotta. Non ho artificiosamente distinto, né ho tentato di farlo, il Ministro dalla persona. Sono stata me stessa in ogni momento.
  Non posso nascondere di essere addolorata dall'uso che si è fatto di questa storia e di essere sinceramente rammaricata per il clamore che ne è scaturito, determinando, anche per un fattore emotivo, una situazione della quale mai avrei voluto essere causa. Considero la fiducia del Parlamento decisiva per la prosecuzione del mio incarico di Ministro. Il Governo ha, infatti, in cantiere, diversi ed importanti provvedimenti sul fronte della giustizia, tutti molto delicati e complessi e che richiedono una forte intesa tra l'Esecutivo e il Parlamento per essere portati a termine.
  Non voglio essere di intralcio a questo percorso e, pertanto, non esiterò a fare un passo indietro se, dal confronto di oggi, dovessi avvertire che è venuta meno o si è incrinata la stima istituzionale, su cui ritengo che debbano poggiarsi le basi di ogni mandato ministeriale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia e di deputati del gruppo Misto).

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare il deputato Speranza. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, signora Ministro, la Corte europea dei diritti dell'uomo afferma che l'Italia viola i diritti dei detenuti e ci invita a porre rimedio al sovraffollamento strutturale delle carceri: 66 mila 271 detenuti reclusi, a fronte di una capienza di 45 mila 568 posti. Inoltre, l'Italia detiene il record odioso della custodia cautelare: circa 15 mila persone scontano da innocenti mesi, e a volte anni, di pena anticipata. In Italia il tasso di detenuti in custodia cautelare è decisamente alto, 42 per cento; Inghilterra e Germania sono al 16 per cento.
  Chi patisce il carcere vive in istituti in buona parte risalenti a uno o due secoli fa, il personale penitenziario è insufficiente, il diritto alla salute dei detenuti è rimasto troppo spesso solo sulla carta. Noi non siamo indifferenti al disagio in cui spesso vivono migliaia di detenuti, condizioni spesso disumane, non degne di un grande Paese civile come l'Italia. È anche per i detenuti e per le loro famiglie che abbiamo ritenuto necessario questo chiarimento alle Camere.
  Ministro, comprendiamo quel sentimento di umanità che l'ha mossa nell'interessamento al caso di Giulia Ligresti, che nulla ha a che vedere con il caso Ruby, a cui pure qualcuno ha provato impropriamente a paragonare questa vicenda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quello che abbiamo chiesto fin dall'inizio è di fare chiarezza sui reali motivi del suo intervento perché, se è vero che nessuna interferenza è stata esercitata dal Guardasigilli sul magistrato – e a tal proposito sono chiarissime le affermazioni del procuratore Caselli –, è altrettanto vero che le sue parole, pronunciate in quella telefonata del 17 luglio, avevano lasciato molti dubbi e ci sono parse, sinceramente, inopportune, come lei stessa, oggi, ha ammesso. Era indispensabile chiarire quanto accaduto perché, Ministro, è sbagliato parlare di «metodo Boffo» quando Parlamento e opinione pubblica chiedono trasparenza. Era suo dovere, come ha fatto, venire qui e argomentare le sue ragioni, non basta certo l'intervista a chi siede tra questi banchi. Abbiamo il dovere insieme di difendere le istituzioni che rappresentiamo. Ora che il chiarimento c’è stato, impegniamo la politica a dare risposte concrete perché casi Ligresti, Pag. 44come quello Cucchi, ben più grave e drammatico, e tanti altri non si ripetano.
  Il messaggio che oggi deve uscire da qui è che la politica non è lo strumento che aiuta i potenti, che distingue cittadini di serie A e cittadini di serie B. Per questo dobbiamo costruire un sistema penitenziario capace di attivarsi automaticamente nei casi di emergenza, a prescindere dalla sensibilità individuale di ciascuno di noi. I suoi numerosi interventi sono apprezzabili, ma servono risposte di sistema.
  Usciamo da quest'Aula con l'impegno di affrontare provvedimenti importanti in materia di giustizia, che possano raccogliere il senso più alto del messaggio del Presidente Napolitano, anche se necessario – e noi lo crediamo – con una sessione parlamentare apposita dopo la legge di stabilità. Modifica della custodia cautelare, riscrittura della Fini-Giovanardi, perché 16 mila tossicodipendenti in carcere rappresentano una sconfitta per le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), superamento della Bossi-Fini e dei pacchetti di sicurezza Maroni, che tutto hanno prodotto tranne che sicurezza, abolizione della ex Cirielli e, infine, nell'ottica di una ridefinizione complessiva delle pene, credo personalmente, ne sono convinto, che sia giusta l'abrogazione dell'ergastolo, seguendo la bellissima lezione di Aldo Moro. Da lungo tempo il Partito Democratico invoca una vera riforma della giustizia, chiedendo a tutte le forze politiche, e in particolar modo al PdL, di guardare a questa necessità a prescindere dai problemi e dagli interessi di uno solo.
  Il sistema della giustizia così com’è non regge più.
  Ministro, la credibilità e l'indipendenza del nostro agire sono alla base del patto tra eletti ed elettori. La fiducia riposta in chi si occupa della cosa pubblica è un bene intangibile, indispensabile, che mai dovrebbe essere messo in discussione e che si rinnova ogni volta, ogni volta che agiamo nell'interesse collettivo, come insieme ci stiamo ancora, con convinzione, impegnando a fare oggi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, Ministro, come ci aspettavamo non c’è stato nessun chiarimento riguardo al vero motivo per cui siamo qui adesso. Noi siamo qui per ridare un barlume di dignità alla politica italiana, quella dignità che i cittadini invocano da anni per poter ricominciare a credere che questo Paese possa avere un futuro e una prospettiva che vadano oltre e al di là di caste, conoscenze politiche e personali, al di là di quei rapporti che, intrecciando le sorti del Paese con le dinamiche degli amici degli amici, hanno portato al più drammatico esito finale: l'esistenza di cittadini di serie A e di serie, non B, non C, ma di serie Z. I primi – per capirsi – sono quelli che hanno il suo numero di cellulare.
  Questo è il valore della sua democrazia e di chi la sosterrà oggi in un dibattito ipocrita, di basso livello tra il PdL, che oggi si sente improvvisamente ringalluzzito per le pressioni fatte a suo tempo sulla questura di Milano, e il PD dall'altra parte, che oggi la giustifica e la difende, ma è ovvio che, se quelle intercettazioni riguardassero Silvio Berlusconi, starebbero tutti a stracciarsi le vesti.
  Lei viene qui a riportare dati e porta come scudo il rispetto delle procedure che hanno portato alla scarcerazione di Giulia Ligresti, ma questi dati – certamente interessanti e da approfondire – non toccano il nodo principale della questione e non si tratta di un nodo giudiziario, né tanto meno procedurale, qui il nodo è politico. Qui è in discussione il concetto stesso di giustizia.
  Lei non vuole capire la gravità della sua telefonata alla compagna di don Totò Ligresti, pregiudicato per tangenti, una telefonata in cui, quando la signora Fragni le dice che Salvatore non sarà stato uno stinco di santo ma così no, così non è giusto, lei risponde che così no, effettivamente Pag. 45così non è giusto. Ora, perché non ci spiega cosa non è giusto. Ce lo spieghi, non è giusto che siano stati arrestati tre membri – il quarto è latitante in Svizzera – di una famiglia accusata di avere creato un buco di bilancio di circa 600 milioni di euro ai danni di migliaia di piccoli risparmiatori ? Lo dica a quei piccoli risparmiatori che non è giusto. Forse non erano state giuste le modalità di arresto ? Cosa doveva fare l'autorità giudiziaria ? Farle una telefonata per chiedere se potevano disturbare la famiglia Ligresti ?
  Mossa da questo senso di sua ingiustizia, piuttosto che fare un riferimento al Ligresti latitante, magari per dirgli di venire a rispondere alla giustizia italiana, lei promette alla signora Fragni che si sarebbe messa a disposizione della famiglia Ligresti, secondo fatto gravissimo. Lei non può, lei non deve promettere un impegno personale a favore di amici suoi che la contattano telefonicamente. L'immagine che qui dobbiamo avere in mente oggi è quella della fila alla posta: c’è chi fa la fila e chi fa il giro e va direttamente dall'amico direttore, magari per mandare una raccomandata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi da quale parte stiamo ? Lei non può e non deve promettere un impegno personale, perché l'imparzialità è un valore sancito dalla Costituzione, così come l'uguaglianza di tutti i cittadini, a prescindere dalle condizioni personali e sociali.
  Terzo fatto gravissimo: l'evidente conflitto di interesse che vede coinvolta la sua famiglia, perché – vede – c’è un problema se la richiesta proviene dalla famiglia che ha pagato a suo figlio una buonuscita di 3 milioni e mezzo di euro l'anno prima.
  Lei richiama con ipocrisia il fatto umanitario e addirittura il sovraffollamento delle carceri, fingendo di non capire che non c'entra nulla con quello di cui stiamo parlando. Il fatto umanitario non può essere l'alibi per le corsie preferenziali, perché l'umanità è di tutti e non può diventare un privilegio di pochi. Cosa diciamo alla ragazza di origini domenicane detenuta nello stesso carcere di Vercelli che soffre di anoressia ? E a tutti gli altri detenuti che soffrono nelle carceri cosa diciamo ? Gli diamo il suo numero di cellulare ?
  Quarto fatto gravissimo: il contatto con il DAP. In che modo pensava di sensibilizzare i vice capi del DAP ? A cosa doveva servire la segnalazione ?
  Le procedure erano già state attivate, lo ha detto lei. Tutto stava andando come doveva andare. La verità è che noi oggi, tutti insieme, abbiamo il dovere politico di sognare un Paese in cui quando la signora Fragni chiama il Ministro Cancellieri per una richiesta di aiuto, quest'ultima risponde: mi dispiace personalmente, ma sono il Ministro della giustizia della Repubblica italiana. Io sono il Ministro di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Lei ha detto che chi l'accusa è bugiardo e ignorante. Le intercettazioni esistono e sicuramente quelle non dicono bugie. Ignoranti ? C’è una cosa che certamente ignoriamo, il motivo per cui lei non abbia ancora deciso di dimettersi. Lei non deve dare solo le sue giustificazioni in quest'Aula; lei oggi deve chiedere più semplicemente scusa a tutti gli italiani e con onore, questa volta sì, dimettersi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Brunetta. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, signora Ministro, che Paese è questo in cui si mette sotto accusa ora il Ministro della giustizia e prima un Presidente del Consiglio che, obbedendo allo stesso sentimento di umanità (Commenti dei deputati del MoVimento 5 Stelle), senza cui il lavoro politico sarebbe un affare miserabile...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, sta parlando il collega.

  RENATO BRUNETTA. ... alzano il telefono e cercano di salvare una vita o di scongiurare un sopruso ? Una persona soffriva e nessuna custodia cautelare, sia essa Pag. 46giustificata o meno, deve poter mettere a rischio la salute e la vita. Quando un politico, per qualunque via, venga a conoscenza di un caso, come quello della signora Giulia Ligresti, ha il dovere di muovere le leve che sono legittimamente nella sua disponibilità. E la prima leva è il telefono, senza tanto pensarci su e senza, mi consenta signora Ministro, alcun rammarico. Lo dice il buonsenso, lo esige la nostra cultura giuridica e la nostra umanità. Chi di noi deputati, avendo notizia di una situazione del genere, non avrebbe informato il DAP, telefonato al Ministro o al sottosegretario, scritto un'interrogazione o un'interpellanza ? Che Paese è questo in cui si offende impunemente la reputazione delle persone ? In cui si manipola il senso di telefonate innocenti, le si pubblica dopo intercettazioni illegittime e le si trasforma in oggetto di ludibrio politico ? Capita oggi al Ministro Cancellieri, a cui va oggi la nostra umana simpatia, il nostro rispetto, la nostra solidarietà e la nostra fiducia; è capitato ieri, e senza che dinanzi a questo si sia levata una voce istituzionale di difesa, al Presidente del Consiglio Berlusconi.
  Signora Ministro, non si faccia intimidire, resti e faccia ancora dieci, cento, mille telefonate, anzi 12.350, quante sono oggi le persone in carcere per custodia cautelare. Bene ha fatto il Ministro ad agire per vie brevi, sottoponendo il caso alla dirigenza del DAP, suggerendo una strada di umanità e buonsenso, non interferendo con la magistratura. Non poteva farlo, tanto meno con quella di Milano. Che Paese è questo se un Ministro deve ringraziare la buona sorte per non essere capitata sotto il rito ambrosiano ? Una persona stava male, che fa un Ministro ? Deve esercitare la pietas, non ci sono deroghe. E povero Paese quello dove uno deve avere paura di essere semplicemente se stesso e compassionevole. Questa pietas non fa distinzioni di persone e non può discriminare nessuno, nemmeno quelli che godono cattiva fama presso i veri padroni del vapore, neanche quando c’è un Ligresti odiatissimo da De Benedetti e, dunque, dai suoi giornalisti. Abbiamo letto la Repubblica e come le sue firme pretendano di dettare la morale alle coscienze. Lei ha fatto bene ad essere umanamente imprudente e buona. Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica ricorda che, attualmente, nelle carceri, il 38 per cento dei circa 65 mila reclusi è, secondo Costituzione, innocente. Sapendo che circa il 40 per cento di essi sarà alla fine assolto, significa che circa 10 mila sono i detenuti che ex post avranno subito un'ingiusta privazione della libertà. Questo è lo scandalo, non la sua telefonata.
  Che Paese è questo in cui oggi noi ci riuniamo a giudicare una persona che ha tentato di alleviare una condizione di sofferenza invece che esaminare come e quando siano state ingiustamente applicate le manette ? Per questa sua telefonata, ella, signor Ministro, ha dovuto rispondere alla procura di Torino che le ha chiesto spiegazioni e le spiegazioni sono state accolte e la certezza che lei non abbia calpestato i suoi doveri è stata ribadita pubblicamente dal procuratore Caselli.
  Il funzionario cui lei si è rivolta ha detto di non aver subito pressioni indebite e di non avere agito successivamente né per induzione né per costrizione, garantendo di avere registrato la segnalazione nell'ambito del pieno rispetto della sua autonomia.
  Tutto questo suscita un paragone che si impone, presidente Speranza, ictu oculi, come dicono gli avvocati, con quanto avvenne il 27 maggio 2010. Anche in quel caso i funzionari dello Stato hanno negato induzioni e costrizioni ma non mi dilungo oltre. In quel caso la procura e poi il tribunale di Milano hanno agito però con la potenza di una locomotiva dalle grandi ruote rosse. Per questo rinnovando la nostra fiducia al Ministro Cancellieri, nello stesso tempo alziamo qui, forte e chiara, la richiesta che in questo caso emerge con prepotenza: la necessità della riforma della giustizia che investa la questione della custodia cautelare e delle intercettazioni e della condizione carceraria.
  Che Paese è questo se non cambia questo stato di cose che urlano contro la coscienza civile ? Sarebbe un Paese in cui Pag. 47non merita di vivere e, invece, noi vogliamo viverci e cambiarlo, renderlo più giusto e più buono (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente - Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signora Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, non neghiamo che alcune espressioni così come riportate sulla stampa usate in colloqui privati, poi resi pubblici, tra il Ministro Cancellieri e i familiari di una persona detenuta, abbiano fatto sorgere interrogativi di opportunità anche in relazione al particolare momento nel quale il Paese vive. Questi interrogativi, peraltro, da commisurare alla reputazione di imparzialità e correttezza istituzionale universalmente riconosciuta al Ministro, hanno richiesto giustamente una valutazione sul piano giuridico, etico e politico. Ebbene, sotto il profilo giuridico, sembra insussistente qualsiasi dubbio di illegittimità o illiceità del comportamento del Ministro. In nessun momento sembra aver violato norme penali o amministrative o avere esorbitato dai sui poteri, essendosi attivato attraverso i canali ufficiali del suo Dicastero senza alcuna indebita pressione, senza alcuna invasione di campo in ambito giudiziario.
  Non meno importante in secondo luogo è la valutazione sul profilo etico. Il nostro Paese peraltro ha un rapporto piuttosto strano con l'etica, una dimensione normalmente sconosciuta, sovente irrisa e tuttavia, di tanto in tanto, evocata come lavacro collettivo, solitamente usata come clava contro i comportamenti altrui.
  Per noi comunque l'aspetto etico non è meno rilevante di quello strettamente giuridico.
  Se il Ministro avesse posto in essere o sollecitato decisioni di favore per un singolo detenuto al di fuori delle procedure consuete, anche se non in violazione delle leggi, si porrebbe una rilevante questione etica. Ma con tutta evidenza non è questo il caso del Ministro Cancellieri, che ha dato seguito alla segnalazione di cui si discute con le stesse modalità utilizzate in tantissimi altri casi analoghi.
  Lo ha fatto con una partecipazione emotiva particolare dovuta alla conoscenza diretta della famiglia interessata ? È senz'altro così, ma può essere questo un ragionevole motivo di censura sul piano etico ? Lo ha fatto forse senza tenere conto che molte moltissime altre persone stanno soffrendo nelle carceri italiane e nessuno si occupa in modo specifico di loro ? Noi non lo crediamo affatto. Il Ministro Cancellieri ha dimostrato di pensare e di agire per superare con logica di sistema l'emergenza carceri sin dall'inizio del suo mandato ministeriale.
    E, in ogni caso, la risposta migliore l'abbiamo letta oggi sul Corriere della Sera, a firma di don Gino Rigoldi, cappellano del «Beccaria», il quale, riferendosi al Ministro, così scrive: «Sarà per i miei quarant'anni passati a cercare di aiutare i ragazzi del carcere, sarà perché, come lei, non sono riuscito a dare una mano a tutti, ma mi sento molto più vicino ai suoi limiti che non a quella sconfinata volontà di potenza che mi sembra animare i critici del Ministro».
  In terzo luogo, si pone anche una valutazione di tipo politico, soprattutto dopo la posizione espressa in modo chiaro e netto dal Presidente del Consiglio, che noi abbiamo apprezzato e condiviso. Non sfugge a nessuno il fatto che su questa vicenda si scaricano varie tensioni che in comune hanno una sola cosa: mandare a casa questo Governo prima che a livello nazionale ed europeo si raggiungano risultati tali da rendere improponibile il ricorso al voto in tempi brevissimi. In altre parole, prima che si consolidi proprio quello scenario di stabilità politica, di credibilità e di ripresa che rappresenta il vero interesse del Paese, ma che, evidentemente, non coincide con gli interessi di alcune parti del gioco tra e dentro i partiti.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LORENZO DELLAI. Ma gli interessi in gioco che noi vogliamo tutelare sono piuttosto Pag. 48quelli delle famiglie, delle imprese, che hanno bisogno di stabilità politica e di coesione e sono anche quelli dei detenuti e dei lavoratori delle carceri, spesso, costretti a vivere e ad operare in condizioni contrarie ad ogni principio di umanità. Questo dovrebbe essere il vero motivo di scandalo in un Paese civile, non il comportamento del Ministro oggetto di questo dibattito. Ma vediamo che molti leader politici, come si è notato anche recentemente non senza sorprese, su questo terreno annusano l'aria e preferiscono cavalcare gli umori, piuttosto che stimolare in modo responsabile la riflessione dell'opinione pubblica.
  Signor Ministro della giustizia, il suo intervento di oggi ha confermato la nostra valutazione e ci ha fornito ulteriori elementi per assicurare il nostro sostegno alla sua persona e al suo Governo. Chiediamo, dunque, a lei di proseguire il suo lavoro, perché la ricostruzione dei fatti dimostra la sua correttezza ed è del tutto fuori luogo l'accostamento improprio con altre telefonate, che hanno portata morale, civile e giuridica ben diversa.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  LORENZO DELLAI. E chiediamo, infine, Presidente Letta, di continuare a considerare che tra le questioni di emergenza per il Paese non è in secondo piano quella della giustizia; la giustizia nella sua più organica concezione, dalla cultura della legalità, alla piena attuazione del principio del giusto processo, fino ad una politica carceraria...

  PRESIDENTE. Concluda.

  LORENZO DELLAI. ... ispirata ai criteri di umanità e di recupero sociale per tutti, ricchi e poveri, italiani e stranieri, vip e poveri cristi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, signor Primo Ministro, signora Ministra di grazia e giustizia, questa nostra discussione – l'hanno detto molti colleghi – è necessaria, è necessaria di fronte a questo Parlamento, ma soprattutto è necessaria di fronte al Paese, perché qui non è in discussione, signora Ministra, la sua onorabilità. Lei, come ci ha detto anche il procuratore Caselli, non ha commesso alcun reato; lei ha svolto telefonate che rivendica come parte del suo ufficio e, al tempo stesso, ascrive al suo diritto di umanità. Il secondo – il diritto di umanità – è certamente suo, ma il primo – l'ufficio – appartiene alla Repubblica.
  Noi sappiamo che nelle nostre carceri il diritto alla salute e l'eguaglianza di fronte alla legge sono, di fatto, spesso calpestati. Si è trasmessa al Paese, in questa occasione, l'idea che questo diritto e questa eguaglianza negati abbiano avuto o possano avere diverse velocità. Glielo abbiamo chiesto pochi minuti fa nell'Aula del Senato, lo ripetiamo oggi: non è un caso che comuni, province e regioni abbiano da tempo istituito figure di garanti per i diritti dei detenuti, che mancano totalmente, invece, a livello nazionale. Ci sembra maturo il momento per questo, volto anche a fugare ogni futura ombra del suo o dell'altrui dicastero.
  Noi siamo di fronte ad una scadenza – lo ha ricordato lei all'inizio, e lo ha ricordato qualche collega dai banchi del PD – che vale dieci volte le mozioni di sfiducia che qua possono essere presentate da chi oggi si preoccupa dei cittadini detenuti e però ha votato contro ad ogni emendamento, ha votato contro ogni provvedimento teso a modificare la situazione nelle carceri (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Questo non lo dico io, ma lo dicono e lo affermano gli atti di questa Camera dei deputati. Sto parlando della sentenza Torreggiani, Torreggiani ed altri contro l'Italia, della Corte europea dei diritti dell'uomo. Ci sono sette mesi di tempo (maggio 2014) per chiudere la forbice tra capienza regolamentare e numero di detenuti. Quella è la vera mozione di sfiducia per lei e per Pag. 49questo Governo ! Se lei ritiene di non poter superare quella mozione di maggio per il clima che si è venuto a determinare in relazione a questa vicenda, noi le chiediamo di lasciare ora, perché il tempo nelle carceri è scaduto da tempo. Sinistra Ecologia Libertà è all'opposizione di questo Governo, ma allo stesso tempo le diciamo che ci troverà ad ogni incrocio ove passa la strada che ci conduce fuori dal medioevo carcerario nel quale siamo ritornati. Ma questa situazione, l'attuale, ha precise responsabilità. Venivano ricordati dei nomi che hanno assunto una valenza ormai simbolica: Fini, Bossi, Giovanardi, Cirielli. Non sono eventi metereologici accaduti per caso nella storia di questo Paese, ma rappresentano, anzi, il Pantheon dell'orrore giuridico che si è visto in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Su questo, signora Ministro – e chiudo –, su questo specifico, che è il punto vero della nostra discussione, abbiamo sentito poco, ancora troppo poco (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, Ministro Cancellieri, il 17 ottobre, durante una sua audizione in Commissione giustizia alla Camera sul problema delle carceri, incalzata dalle opposizioni, così si difendeva: a poche cose io tengo, ma l'onore è più sacro di tutto. Una frase che ha evidenziato il valore istituzionale della sua figura grazie alla quale si è guadagnata in questi anni il rispetto umano e personale di molti, anche degli avversari politici. Sono passate tre settimane da quella audizione e oggi, Ministro, con questa informativa è propria la sua onorabilità, etica, morale e politica, che è chiamata a difendere e a tentare di giustificare da una vicenda, anzi da un intreccio privato e familiare poco trasparente, che sta creando imbarazzi e divisioni nel Governo, nella maggioranza, nel Paese e soprattutto nella credibilità del funzionamento del sistema giustizia. Proprio per quell'onore a cui quotidianamente si appella, lei, Ministro, aveva il dovere anzi l'obbligo di chiarire questa vicenda. Anzi, aveva l'obbligo di essere convincente, di fugare ogni minimo dubbio e ogni legittimo sospetto. Aveva il dovere di chiarire l'opacità e l'ambiguità che in queste circostanze si è venuta a creare tra il suo ruolo pubblico di Ministro e la sua sfera privata. Aspetti, quello pubblico e quello privato, che purtroppo si sono mescolati e intrecciati alimentando sospetti e polemiche. Aveva il dovere di chiarire il senso delle telefonate intercettate e intercorse con la famiglia Ligresti. In particolare, Ministro, come anche lei ha ricordato, la telefonata del 17 luglio, che lei ha fatto nell'immediatezza degli arresti, esattamente il giorno stesso in cui venivano eseguiti gli arresti della famiglia Ligresti; un'affermazione grave e decisamente inopportuna. Più semplicemente, Ministro, doveva chiarire che non vi fossero condizionamenti e soggezioni alcune sul suo operato da parte della famiglia Ligresti, amica da quarant'anni.
  Questi erano i quesiti, questi erano i nodi che andavano sciolti, e ascoltando la sua informativa le dico che le pezze giustificative che ha portato sono deboli, sono carenti, le ombre purtroppo rimangono.
  Ministro, il fatto che abbia sensibilizzato al DAP la situazione di Giulia Ligresti, e poi altri 110 casi simili, non depone a suo favore, se il Ministro della giustizia deve attivarsi e telefonare personalmente all'amministrazione penitenziaria per sensibilizzare lo stato di salute di un detenuto questa è la conferma triste e drammatica che la prima persona che ha la consapevolezza che il sistema non funziona è il Ministro stesso. Che bisogno ha il Ministro della giustizia di chiamare il DAP se la decisione sulla scarcerazione la prende il magistrato ? Delle due l'una Ministro: o il Ministro non si fida dell'amministrazione penitenziaria della giustizia oppure non si fida dei magistrati chiamati a decidere sulla scarcerazione. Entrambe le circostanze sarebbero comunque gravi. Ancora, Ministro, le chiediamo una cortesia: anziché fare 111 telefonate per la sorte dei detenuti, perché non ha fatto una telefonata, Pag. 50almeno una telefonata, anche alle vittime dei reati che magari soffrono o sono in depressione tanto quanto un detenuto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Il problema delle carceri, Ministro, cogliamo l'occasione di ribadirglielo, non si risolve con gli indulti, non si risolve con le amnistie e con gli atti di clemenza generalizzati e nemmeno con gli indulti mascherati come avete fatto con i provvedimenti di «svuota carceri».
  Esistono i detenuti e con loro i diritti che vanno necessariamente e doverosamente tutelati, ma esistono anche le persone offese, di cui nessuno mai si interessa. Il senso di umanità, e magari anche di solidarietà, Ministro, dovrebbe esserci non solo per i detenuti ma anche per le vittime dei reati. Ministro, una telefonata in meno a Caino e magari una telefonata in più ad Abele (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Concludo, Ministro. Al netto di questa vicenda per la Lega quello che rimane è il giudizio di totale bocciatura politica e di fallimento senza appello e senza «ma» dell'operato del Governo e il suo in materia di giustizia. Dopo sette mesi, e concludo, nessuna riforma della giustizia è stata avviata, nessun miglioramento del funzionamento dell'efficientamento del sistema giustizia è stato portato avanti. Avete proposto e approvato con la vostra maggioranza solo «svuotacarceri» e indulti mascherati, esattamente il contrario di quello che chiede un Paese che crede ancora nel valore dell'onore. Per questi motivi, Ministro, la Lega le chiede di fare un passo indietro (Applausi e congratulazioni dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, Ministro Cancellieri, devo dire che siamo sinceramente frastornati da questo episodio perché da un lato potrebbe sembrare, come il Ministro ha descritto, un gesto umanitario, un gesto di sensibilità verso la popolazione carceraria e il suo diritto ad una detenzione rispettosa della persona. Abbiamo ascoltato, abbiamo appreso dalle sue dichiarazioni il suo punto di vista. Dall'altro dobbiamo constatare che non tutti i detenuti, nelle condizioni e anche in condizioni più gravi di Giulia Maria Ligresti, hanno avuto i propri casi segnalati al DAP.
  È vero, lei oggi ha portato una lista di 100 analoghi episodi di cui si sarebbe occupata ma la lista è lunga, molto più lunga di quella che lei ha portato. La lista della realtà supera la lista dei casi di cui si è potuta occupare direttamente. Quindi quanto meno possiamo concludere che il suo è stato un gesto assolutamente inopportuno, perché un Ministro della Repubblica dovrebbe avere a cuore lo stato di salute della popolazione carceraria in quanto tale e avrebbe, ha le competenze, i poteri soprattutto per poter intervenire in maniera efficace sul sistema carcerario in quanto tale con delle riforme che definiamo, con degli sciogli lingua autentici perché è da qualche decennio che se ne parla, strutturali.
  Invece poche settimane fa ci siamo trovati qui a discutere del secondo provvedimento «svuotacarceri», abbiamo ascoltato l'appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che in qualche maniera indirizzava il Governo e la maggioranza – provvedimento parlamentare, quindi tutto il Parlamento – verso un provvedimento di amnistia; abbiamo ascoltato anche le sue dichiarazioni in ordine ad un possibile indulto, o indultino, all'amnistia stessa dopo l'appello del Capo dello Stato. Abbiamo 15 mila detenuti in attesa di giudizio, quindi non colpevoli, che soffrono nelle patrie galere senza che qualcuno abbia deciso – il suo Governo, lei Ministro, da un punto di vista politico, per quelle che sono, ripeto, le sue competenze, i suoi poteri – in quasi due anni di attività all'interno dell'Esecutivo di occuparsi in via ampia della detenzione cautelare, magari cercando di inventare e applicare una legge che possa valere per tutti, anche per coloro i quali non hanno santi in paradiso, anche per coloro i quali, Pag. 51come dicevano altri colleghi, non detengono il numero di cellulare di alcun Ministro della Repubblica.
  Non perché sia sbagliato, una volta venuti a conoscenza di un caso che abbisogna anche di cure e attenzioni umane, occuparsene: l'importante è farlo nel giusto modo. A nostro giudizio, per esempio, un giusto modo sarebbe stato quello, oltre che l'aspetto di carattere politico su cui mi sono già intrattenuto, di rendere pubblico questo intervento, di non nasconderlo. Perché se la questione è una questione valevole da un punto di vista generale, come esempio su cui intervenire, sarebbe stato utile fare come hanno fatto tante altre persone: ci sono gruppi, partiti politici che addirittura sventolano un'autentica bandiera dal punto di vista delle materie che stiamo qui trattando oggi; quindi sarebbe stato magari più semplice, piuttosto che aggrovigliarsi in una conversazione che poi è finita sulle pagine dei giornali, e che ha indotto a imbarazzi, a sospetti, ad un clima che sinceramente non ci piace.
  Quindi, Ministro Cancellieri, noi riteniamo che questa faccenda complessivamente sia stata gestita da lei, e anche dal suo Governo, in maniera bislacca e comunque davvero poco convincente. Riteniamo sia stato inopportuno il suo intervento.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABIO RAMPELLI. Riteniamo che sicuramente il suo comportamento sia censurabile, ma il nostro giudizio politico è un giudizio totalmente negativo rispetto al suo operato e ai mille nodi che ancora non sono stati sciolti, ma neppure affrontati lontanamente; e che riescono a trovare una sola forma, ovviamente punitiva nei confronti delle vittime, delle famiglie delle vittime dei reati, che è quella dell'indulgenza, che è quella dell'amnistia, che è quella che demolisce la certezza della pena, che è quella dell'indulto, che è quella degli «svuotacarceri», dei decreti improvvisati, che non affrontano la materia delle pene alternative, dei lavori di pubblica utilità, che non affrontano comunque il problema del giusto processo, e quindi anche della necessità di accorciare, abbreviare il più possibile. Lei è il Ministro della giustizia, non dell'ingiustizia, quindi di questo dovrebbe occuparsi; e dovrebbe occuparsene in nome e per conto dell'intera comunità nazionale, nessuno escluso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, signor Ministro, nel riconfermarle la mia fiducia personale e politica, anche a nome dei deputati del Centro Democratico, la esorto a continuare nel suo impegno, nella consapevolezza che nella sua posizione sarebbe stata più facile la via delle dimissioni.
  Ma non avrebbero senso di fronte ai chiarimenti che ella ha potuto fornire al Parlamento e alla ricostruzione dei fatti. Mi pare che il suo rapporto istituzionale con il DAP e il rispetto del ruolo di autonomia della magistratura eviti qualsiasi accostamento con altre vicende che si vorrebbero simili, ma che erano e sono profondamente diverse.
  L'imparzialità si coltiva e si persegue con la definizione di procedure che operano nel pieno rispetto della legge, ed è opportuno, eventualmente, che queste siano rese più sicure e più efficaci. Ma quando, malgrado queste procedure, emergono casi limitati sui quali si possono attivare le iniziative più diverse, verificate nella fondatezza, iniziative che integrano il ruolo delle autorità a tutela della integrità fisica e morale della popolazione carceraria – qui è stato ricordato che moltissimi sono in attesa di giudizio – allora, in questi casi, è necessario che esse continuino ad essere attivate, e il Ministro ne è garante.
  Il fatto che si sia occupata di decine di casi – come lei, qui, ha detto al Parlamento – dimostra, da un lato, sensibilità, ma anche e soprattutto la capacità di interpretare appieno il ruolo di Ministro della giustizia. Di questi casi lei, appunto, Pag. 52ha dovuto occuparsi ed era suo dovere farlo. Non ho trovato furbizia o malizia nelle sue parole, vi ho trovato trasparenza, e questo mi conferma nella fiducia.
  Ora deve continuare un'azione coerente sul tema delle carceri, anche alla luce dell'intervento specifico del Presidente Napolitano. È giusto farlo, e non solo per ragioni umanitarie. Il Parlamento non potrà non farsene carico. Così – e ho concluso – come sul tema più ampio della giustizia, presidio del principio di uguaglianza tra i cittadini. Abbiamo tutti bisogno di un impegno serio su questo fronte così delicato. Buon lavoro, signor Ministro (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio dei ministri, signora Ministro, noi abbiamo valutato e ascoltato con grande attenzione le sue dichiarazioni, qui, in Aula, questa sera, e le abbiamo apprezzate. Abbiamo rivisto la sua storia fatta di professionalità, di capacità, di onestà e di umanità. Noi socialisti non ci vergogniamo dell'umanità, siamo convinti che c’è bisogno di avere umanità.
  È per questo che le chiediamo con forza di andare avanti, perché i problemi della giustizia sono tanti e bisogna risolverli: 25 mila, come giustamente lei diceva, sono coloro i quali si trovano in custodia cautelare. Abbiamo bisogno di una riforma della custodia cautelare, abbiamo bisogno di una riforma forte della giustizia che dia più garanzia ai cittadini e soprattutto ai cittadini più deboli. Abbiamo bisogno di fare in modo che definitivamente si possano dividere quelli che sono i poteri degli inquirenti dai poteri dei giudicanti.
  In buona sostanza, abbiamo bisogno di una giustizia più giusta e lei ha le capacità, le possibilità di poter intervenire in questa direzione. In buona sostanza, noi crediamo che, oggi più che mai, quello che lei ha fatto vada nella direzione giusta perché si possa determinare la condizione non solo di svuotare le carceri, ma anche di dare dignità all'interno delle carceri. Per questo – e concludo – noi socialisti la invitiamo con forza ad andare avanti con quello che sempre ha fatto, con la sua dignità, con la sua professionalità, con la sua onestà, ma soprattutto con grande umanità (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI) e Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente. Prima di passare al prossimo punto all'ordine del giorno, sospendo la seduta per dieci minuti.

  La seduta, sospesa alle 18,40, è ripresa alle 19.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (A.C. 1670-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1670-A: Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

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(Discussione sulle linee generali – A.C. 1670-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la IV Commissione (Difesa), deputato Domenico Rossi, anche a nome del relatore per la maggioranza per la III Commissione (Affari esteri).

  DOMENICO ROSSI, Relatore per la maggioranza per la IV Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche a nome del relatore della III Commissione, come ricordava la Presidente, oggi in missione a Bruxelles assieme al presidente Vito per una riunione interparlamentare in vista del Consiglio europeo straordinario sulla difesa, esprimerò la relazione in merito al provvedimento.
  Desidero innanzitutto evidenziare che il provvedimento in esame oggi ha una validità temporale molto limitata – di tre mesi, dal 1 ottobre al 31 dicembre 2013 – e si pone pertanto come naturale continuazione del precedente provvedimento di finanziamento delle missioni – valido per nove mesi fino al 30 settembre –, delle attività connesse alla presenza italiana nelle missioni internazionali e nelle iniziative di cooperazione. In sostanza ci troviamo di fronte quasi ad una sorta di atto parlamentare dovuto, tenuto conto che le missioni e le attività di cooperazione sono già in atto dal 1o ottobre.
  È una situazione che, come è emerso durante il dibattito svolto nelle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa, occorre evitare; ed è auspicabile il ripristino a partire dal 2014 della cadenza annuale dell'intervento di proroga del finanziamento delle missioni. Un decreto annuale è indispensabile per conferire stabilità, continuità e prevedibilità all'azione italiana in tale ambito, sia per quanto concerne i profili militari sia per quanto riguarda quelli di cooperazione civile. Profili militari e cooperazione civile sono entrambi i due assetti di assoluto rilievo che caratterizzano il sistema Paese.
  Alle nostre missioni internazionali militari è ormai riconosciuto un elevatissimo livello di professionalità raggiunto dal nostro strumento militare, vengono sostanzialmente equiparate a quelle dei nostri maggiori partner internazionali e vengono riconosciute come tali rilevanti da tutta la comunità internazionale. Non può essere infatti disconosciuto l'impegno e i risultati di circa 6 mila militari, uomini e donne, impegnati ad oggi in diciotto Paesi e in ben trentadue missioni. A queste missioni è affidato quotidianamente un ruolo di alta rappresentanza del nostro Paese, che integra e corrobora lo sforzo dispiegato sul piano politico e diplomatico nelle diverse sedi multilaterali in cui sono assunte le decisioni sui singoli interventi. A tal proposito desidero solamente ribadire che tutte le missioni che il decreto in esame rifinanzia sono solidamente fondate su atti giuridici deliberati in sede ONU o Unione europea e dunque pienamente inserite nella cornice dell'articolo 11 della nostra Costituzione.
  Un'ultima considerazione generale ritengo doveroso svolgere per dare risalto alla tendenza crescente nel tempo dei finanziamenti destinati agli interventi di cooperazione allo sviluppo e alla ricostruzione civile, infatti l'impegno finanziario per il 2013 è sicuramente superiore a quanto accaduto negli anni precedenti.
  Oltre al compiacimento per la destinazione di maggiori risorse finanziarie a favore delle popolazioni colpite da guerre e da gravi crisi umanitarie, l'andamento descritto rappresenta una giusta remunerazione, sul piano politico e militare, per l'impegno profuso negli anni dall'Italia a sostegno della comunità internazionale nei diversi teatri di crisi. Si dimostra così che Pag. 54a standard crescenti di pace e di sicurezza corrispondono investimenti più cospicui nel campo civile, con marginalità positive in termini sia di consolidamento ulteriore del quadro di stabilità, sia di sviluppo economico e sociale dei contesti regionali e locali.
  Per ultimo, sottolineo come la permanenza o l'invio di contingenti militari nelle missioni internazionali non può non procedere in sintonia con lo sviluppo della cooperazione civile, poggiandosi sui seguenti tre momenti fondamentali: la realizzazione di una cornice di sicurezza, ove questa sia necessaria per consentire alla cooperazione civile di poter sviluppare i suoi interventi; la presenza di accordi internazionali finalizzati al mantenimento della pace fra le nazioni; e, infine, il conseguimento di una situazione di normalizzazione nella vita di un Paese, ovvero il ripristino degli elementi fondamentali della democrazia.
  Fatta questa premessa, per entrare nel merito è evidente che le due principali missioni rimangono quella afgana e quella del Libano. Partendo dall'Afghanistan, che rappresenta la missione più rilevante, sia sotto il profilo dell'impegno sia per quanto riguarda il risalto politico, è evidente il calo sia dell'impegno finanziario sia dell'impegno numerico del contingente italiano, passato da 4 mila unità del 2012 a circa 2.900 unità attuali. Ricordo che l'impegno della comunità internazionale in favore dell'Afghanistan sta vivendo nell'anno in corso la sua fase forse più importante, denominata di transition, vale a dire di progressivo rilascio delle piene responsabilità alle autorità nazionali afgane, a premesse della conclusione della missione ISAF. Per il post 2014 occorrerà, invece, determinare le forme e la quantità del sostegno alle forze di sicurezza afgane.
  Come intuibile conseguenza della crisi siriana tuttora in atto, appaiono incrementate, anche se in misura lieve, le risorse finanziarie per la missione Unifil in Libano. La presenza militare si attesta sulle 1.100 unità già presenti nel 2012, cui devono aggiungersi le 240 unità di personale a bordo del cacciatorpediniere «Doria», che opera a supporto del contingente italiano presso Unifil. Ricordo che l'impegno in Unifil comprende anche l'impiego di unità navali nell'ambito del maritime task force, autorizzato dall'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012, per il controllo delle acque prospicienti il Libano, che in questa fase ha il compito di agevolare il dispiegamento delle Forze armate libanesi nel sud del Libano fino al confine con Israele, e di assicurare condizioni di pace e di sicurezza favorevoli al movimento del personale dell'ONU e dei convogli umanitari e prevenendo il traffico illegale di armi lungo le linee di confine.
  Con riguardo alle altre missioni, segnalo l'aumento dell'impegno finanziario per la partecipazione di personale militare relativo alle missioni nei Balcani, alle missioni dell'Unione europea denominate «EUTM Somalia» ed «EUCAP Nestor», nonché nell'ambito delle ulteriori iniziative nel Corno d'Africa e nell'Oceano indiano occidentale e alla missione EUCAP Sahel Niger in Africa subsahariana, che cresce in modo significativo al fine di sostenere oltre alla missione del Niger anche quella in Mali. Infine, il nuovo impegno rappresentato dalla partecipazione alla missione delle Nazioni Unite in Mali denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali, di cui alla risoluzione n. 2100 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
  Presidente, se fosse possibile, appena, appena...

  PRESIDENTE. Colleghi, non siete obbligati, ovviamente, a rimanere in Aula ad ascoltare. Però, siete vivamente pregati di non fare rumore. Prego, onorevole Rossi.

  DOMENICO ROSSI, Relatore per la maggioranza per la IV Commissione. Appare, altresì, significativo alla luce dei drammatici eventi di queste settimane, anche l'aumento degli stanziamenti per quanto riguarda le missioni relative alla Libia, sia per quanto riguarda la Guardia di finanza sia per quanto riguarda la polizia di Stato. Sono sostegni alle autorità libiche per una gestione più integrata delle Pag. 55frontiere. In tal senso va anche un emendamento approvato dalle Commissioni, in cui è stato previsto che gli ufficiali del ruolo normale del Corpo della guardia di finanza, in possesso di specifiche specializzazioni e documentate esperienze professionali nel settore aeronavale, possano transitare, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nel ruolo aeronavale del medesimo corpo.
  Rimangono sostanzialmente confermati gli importi relativi alle missioni nell'area mediorientale (Rafah EUBAM), al conflitto israelopalestinese (Hebron ed EUPOL COPPS), al contrasto alla pirateria (Active Endeavour ed Ocean Shield e Atalanta) e in Georgia.
  Nel testo approvato dal Consiglio dei ministri non figurava, inoltre, la proroga degli stanziamenti destinati alle attività di cooperazione civile da parte dei contingenti militari a favore delle missioni in atto nei Balcani, in Libano, in Afghanistan e nel Corno d'Africa. Tale emendamento è stato approvato e inserito nel testo poiché, favorendo le relazioni locali, incrementa indirettamente la sicurezza dei nostri militari.
  Rappresenta, invece, una novità – cui ha contribuito in un certo senso la Commissione difesa attraverso un'osservazione formulata in occasione dell'esame del disegno di legge di assestamento per l'anno finanziario 2012 – la previsione di cui al comma 25, che autorizza il Ministero della difesa per l'anno 2013 ad erogare contributi in favore delle associazioni combattentistiche, di cui all'articolo 2195 del decreto legislativo n. 66 del 2010. Il contributo inizialmente previsto, pari a 674 mila euro, è stato incrementato in fase emendativa ad un milione di euro ed è stato inserito un apposito riferimento affinché la rendicontazione fosse alla massima trasparenza possibile sull'utilizzo di tali somme.
  Il provvedimento, come per il passato, contiene norme di riferimento generale. Si va da norme che riguardano la disciplina attinente al personale, in particolare l'articolo 2, che detta disposizioni che sostanzialmente riproducono quelle attualmente vigenti, fatte salve alcune precisazioni rispetto al computo dell'indennità di missione, alle disposizioni in materia penale. Queste disposizioni confermano la disciplina per i reati commessi nei territori o nell'alto mare in cui si svolgono le missioni internazionali e gli interventi umanitari.
  L'articolo 4, infine, reca disposizioni in materia contabile che rinviano integralmente alla disciplina già vigente riferita alle missioni internazionali. Venendo al Capo II del decreto-legge, mi preme in primo luogo ribadire che il 2013, come già detto, si caratterizza complessivamente per un significativo incremento rispetto all'anno scorso degli stanziamenti per iniziative a carattere civile, poiché si passa dai 120,5 milioni di euro del 2012 ai 132,9 milioni stanziati complessivamente nel corso di quest'anno. Proseguono in particolare, come previsto dall'articolo 5, comma 1, le iniziative di cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione ed il sostegno alla ricostruzione civile in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan e Sud Sudan, nonché in Paesi ad essi limitrofi, per le quali si prevede uno stanziamento di 23 milioni di euro per l'ultimo trimestre dell'anno.
  Ricordo che a tale proposito la legge di stabilità 2013 ha previsto per la cooperazione lo stanziamento di 228 milioni di euro per il 2013. Le previsioni assestate al 2013 registrano per i diciassette capitoli della cooperazione a dono un incremento di circa 35 milioni di euro. In relazione alla iniziative per lo sviluppo dell'Afghanistan, i finanziamenti chiesti per l'ultimo trimestre del 2013 sono indirizzati a dare seguito agli impegni di mantenimento del livello di cooperazione allo sviluppo assunti dall'Italia nelle conferenze internazionali di Bonn e Tokyo.
  Particolare rilievo assume l'autorizzazione, per il quarto trimestre 2013, di una spesa di circa 4 milioni di euro, destinata agli interventi a sostegno della ricostruzione e stabilizzazione in Paesi in situazione di fragilità, conflitto o post-conflitto.
  Larga parte di tale allocazione è destinata all'OPAC, cioè all'Organizzazione per Pag. 56la proibizione delle armi chimiche, per la messa in sicurezza e l'eliminazione del programma chimico siriano, mentre i restanti stanziamenti riguardano l'erogazione di borse di studio per studenti siriani, nonché contributi per il finanziamento di campagne archeologiche in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria.
  Il comma 3 autorizza una spesa di 800 mila euro per garantire il contributo italiano al Tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano.
  Il comma 4 autorizza, fino al 31 dicembre 2013, la spesa di 600 mila euro per la partecipazione italiana al Fondo fiduciario della NATO destinato al sostegno dell'Esercito nazionale afgano, nonché al Fondo del Consiglio NATO-Russia destinato al settore elicotteristico, nonché al Fondo fiduciario NATO Serbia IV, finalizzato alla distruzione delle munizioni convenzionali ed esplosivi in eccedenza, e al Fondo fiduciario NATO Moldova III, per la distruzione di pesticidi e agenti chimici pericolosi.
  Per il periodo 1o ottobre – 31 dicembre 2013, il comma 5 autorizza una spesa di 151.600 euro per assicurare la partecipazione dell'Italia, attraverso esperti nazionali, alle attività civili di peacekeeping e di diplomazia preventiva ed ai progetti di cooperazione promossi dall'OSCE.
  Il comma 6 integra di 1.500.000 euro, nell'arco temporale che va dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013, gli stanziamenti già assegnati per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell'Africa subsahariana.
  Il comma 7 autorizza la spesa di 1,15 milioni di euro per la partecipazione italiana alla Fondazione Iniziativa Adriatico-Ionica.
  Il comma 8 autorizza la prosecuzione degli interventi operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani e delle strutture della rete diplomatica nei territori ad elevato rischio e nei Paesi in situazione di conflitto e post-conflitto.
  Il comma 9 rafforza, infine, le misure di sicurezza attiva, passiva e informatica delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari situate in aree ad alta conflittualità.
  Segnalo anche l'accoglimento in sede referente di alcuni emendamenti volti a finalizzare parte dei fondi della cooperazione allo sviluppo a favore delle donne, dei loro diritti e del lavoro femminile, nonché a richiamare i principi dell'OCSE e gli Obiettivi di sviluppo del millennio dell'ONU.
  È stata, inoltre, rafforzata la capacità di controllo del Parlamento, prevedendo la trasmissione dei decreti ministeriali relativi all'individuazione di ulteriori aree di crisi.
  Infine, l'articolo 8 reca le disposizioni relative alla copertura finanziaria, da cui si evince un onere complessivo pari a 266.127.614 euro, di cui il Ministero della difesa risulta destinatario per complessivi 218 milioni euro, cui devono aggiungersi 1.860.862 euro per l'impiego di forze di polizia, 2.895.192 euro per la Guardia di finanza e circa 4 milioni di euro per l'AISE.
  Ai fini di un raffronto, nei primi nove mesi l'impegno complessivo, pari a 935.471.703 di euro, vedeva 853 milioni di euro relativi alle operazioni militari, di cui 832 milioni specificatamente relativi alla presenza delle Forze armate, 11 milioni per le attività delle forze di polizia e 10 milioni per l'AISE. In sostanza, l'impegno militare risulta diminuito.
  Concludendo, desidero evidenziare che la logica di straordinaria necessità e urgenza sottesa al provvedimento in esame, che, come rilevato all'inizio di questa mia esposizione, contribuisce a connotarlo come una sorta di adempimento dovuto da parte del Parlamento, rafforza in modo determinante, a mio avviso, gli argomenti a sostegno di un suo positivo e celere iter di esame.
  Questa riflessione va però di pari passo con quella relativa alla necessità e anche all'urgenza di dare seguito alle iniziative legislative finalizzate a prevedere una disciplina stabile per la partecipazione delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali. Occorre cioè dare il massimo Pag. 57sostegno affinché possano realizzarsi le condizioni per una approvazione in questa legislatura di un corpus normativo di cornice alla materia, per l'appunto di una legge-quadro sulle missioni internazionali e di una legge-quadro sulla cooperazione: rappresenterebbero un percorso coerente con il ruolo del Parlamento e con l'esperienza maturata in questi anni, e conferirebbero trasparenza e certezza ad una materia di eccezionale importanza per le Forze armate e per tutto il Paese. A ciò si aggiunge l'esigenza di assicurare un'adeguata informazione al Parlamento al fine di poter svolgere appieno il proprio ruolo attraverso valutazioni più approfondite, nonché di prevedere per il prossimo decreto di proroga una durata annuale, assicurando così ai nostri militari all'estero il sostegno derivante dalla stabilità, continuità e prevedibilità dell'azione del nostro Paese.
  In sintesi, nel ribadire l'esigenza di leggi-quadro, di un provvedimento futuro di durata annuale, e di una informazione programmatica e continua, alla luce di quanto fin qui esposto, auspico una condivisione il più possibile ampia da parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione sul merito complessivo del provvedimento, soprattutto in considerazione dell'esigenza di procedere il più speditamente possibile alla conversione in legge del decreto-legge in titolo, per scongiurare soluzioni di continuità e incertezze interpretative che si possono tradurre in una condizione di maggiore insicurezza per i nostri militari e cooperanti all'estero, soprattutto in vista delle decisioni già assunte rispetto al progressivo disimpegno dalle aree interessate da maggiore instabilità, e in vista delle decisioni che il Governo italiano si accinge ad assumere per affrontare l'emergenza in atto nel Mediterraneo.
  Concludo ringraziando ovviamente tutti i colleghi di tutti i gruppi per il contributo che hanno dato per poter licenziare in Commissione il provvedimento. Ringrazio anche i gruppi che comunque si sono contraddistinti per una grande dialettica, perché la dialettica è il sale della democrazia.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Gianluca Pini.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 114 in esame, recante l'ennesima proroga delle missioni internazionali e delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e stabilizzazione, pone alcuni problemi sui quali riteniamo opportuno promuovere una riflessione approfondita nel merito.
  Va innanzitutto stigmatizzata la circostanza che quest'anno si sia dovuto ricorrere a due successivi decreti-legge per assicurare la permanenza delle truppe del nostro Paese nei numerosi teatri in cui sono coinvolte, a dispetto del fatto che fosse noto fin dall'inizio del 2013 che gli interventi non sarebbero certamente cessati il 30 settembre di quest'anno. Non vi era quindi certezza in merito ai cespiti a cui attingere per coprire tutte le spese e, si è detto, il Governo in carica non intendeva vincolare la libertà di azione di quello che sarebbe nato dalle elezioni. Purtroppo però in questo modo di procedere si ravvisa un pericolo importante per chi è impiegato, per i soldati che sono dispiegati in aree a rischio operativo, rischio che non di rado è elevato. Si reputa opportuno sollevare la questione adesso, in occasione dell'esame di questo Atto Camera, anche perché pare necessario tornare rapidamente ad una forma più organica di programmazione e gestione degli interventi oltremare delle Forze armate.
  A quanto è dato di capire, invece, si starebbe adesso stabilendo un precedente pericoloso, anche in vista del prossimo esercizio finanziario, per il quale – così risulta – si sarebbe in procinto di stanziare Pag. 58765 milioni di euro – stando almeno alle disposizione del disegno di legge di stabilità – che sono una cifra chiaramente insufficiente a fronteggiare le esigenze previste per il 2014, anche in previsione di un'eventuale riduzione del dispiegamento di uomini.
  Quindi, programmazione e gestione più ordinata delle operazioni all'estero per noi significano essenzialmente selezionare gli interventi secondo l'effettiva capacità finanziaria di sostenerli nell'arco dell'anno, tenendo ovviamente conto dell'importanza degli obiettivi perseguibili attraverso il loro svolgimento.
  Da tempo, del resto, si insiste in Parlamento sull'opportunità di una drastica selezione degli impegni, che ponga fine alla loro disordinata moltiplicazione e dispersione, che spesso si traducono in un'inutile parcellizzazione delle iniziative, che accresce le spese senza recare alcun dividendo politico. Non è purtroppo una novità ma una costante ricorrente nel modo in cui il nostro ordinamento si rapporta all'uso del proprio strumento militare, non di rado ridotto alla stregua di una mera pedina impiegata per mostrar bandiera, senza eccessiva considerazione degli interessi effettivamente in gioco, della loro importanza relativa e del rapporto costi-benefici insito in ogni scelta di impiego. Il decreto-legge in esame di cui è chiesta la conversione in quest'Aula, non si distacca purtroppo da questa tradizione. È stata quindi persa una preziosa occasione per avviare una spending review vera anche in questo campo.
  L'insieme degli interventi rinnovati fino alla fine dell'anno è obiettivamente impressionante, anche se si osserva una riduzione degli uomini e delle donne inviati all'estero, riduzione appena apprezzabile devo aggiungere. Ci sono ancora militari in Africa, Asia ed Europa, nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'Oceano indiano. Il quesito se non si stia per caso esagerando non è quindi per noi fuori luogo. In alcuni casi si tratta presidi pressoché insignificanti dal punto di vista tecnico-operativo e questi sì che sono secondo noi degli enormi sprechi. Si pensi ai 16 uomini inviati sotto tre insegne differenti nei territori dell'autorità nazionale palestinese o ai 4 osservatori attribuiti alla UNFICYP, la forza ONU a Cipro, o ancora ai 4 militari con i quali partecipiamo alla EUMM in Georgia, avviata nel lontano 2008. Servono davvero ? Cosa portano in termini concreti al Paese queste missioni ?
  Poi ci sono le operazioni di maggiore importanza. Si considerano in particolare l'ISAF e le missioni accessorie che vedono unità delle Forze Armate impiegate nel difficile compito di stabilizzare l'Afghanistan. All'origine la loro partecipazione a questo sforzo rappresentava uno dei contributi più significativi dati alla grande campagna contro il terrorismo transnazionale di matrice jihadista, avviato dopo i fatti dell'11 settembre 2001. Ma il senso della missione internazionale è nel frattempo mutato, e lo sappiamo bene tutti, così come sono mutati gli orientamenti generali dell'amministrazione americana, soprattutto con l'avvento del Presidente Obama, e merita chiedersi se davvero valga ancora la pena di mantenere sul suolo afgano migliaia di soldati – 2.900 ad oggi –, con una prospettiva di riduzione contenuta nel 2014 a 2.000, mentre è in atto un ritiro che coinvolge molti importanti alleati, alcuni dei quali – come la Francia e i Paesi Bassi – hanno già lasciato il tormentato Paese centro-asiatico.
  L'interrogativo circa l'opportunità di andare avanti è reso adesso anche più urgente dalla circostanza che in Afghanistan non si tratta più di sconfiggere i talebani, con cui anzi vuole ormai negoziare lo stesso Governo di Kabul, che sta addirittura chiedendo al Pakistan di liberare i dirigenti catturati negli scorsi anni, ma soltanto di salvare le apparenze.
  L'opinione pubblica merita di sapere che nelle aree già restituite alla responsabilità delle Forze di sicurezza afgane la guerriglia la fa ormai da padrona. È accaduto sia a Bala Murghab che nel Gulistan, tenuti al prezzo di un pesante tributo di sangue del tutto vanificato. E non passa giorno senza che dalla regione occidentale afgana giungano cattive notizie Pag. 59sotto il punto di vista della sicurezza locale. Lo stesso governatore di Herat, un tempo la città più sicura dell'intero Afghanistan, ha recentemente gettato la spugna, abbandonando il proprio incarico. Di tale triste situazione una delegazione parlamentare – della quale facevo parte – ha potuto direttamente rendersi conto, visitando recentemente Herat proprio nel giorno in cui veniva attaccato il locale Consolato statunitense.
  Quanto al Libano, la partecipazione all'UNIFIL 2 si è di fatto trasformata in una vulnerabilità strategica, come abbiamo più volte ribadito in quest'Aula, come è emerso in occasione dei recenti sviluppi della crisi siriana, né la diplomazia italiana pare aver tratto finora particolare giovamento dalla presenza dei soldati schierati a sud del fiume Litani.
  Al contrario, il Governo risulta essere stato escluso da recenti importanti incontri internazionali, cui ha preso invece parte il generale Paolo Serra in quanto attualmente alla testa dei caschi blu. C’è anche altro a suscitare perplessità, ad esempio la circostanza che la scheda tecnica allegata dal Governo al provvedimento non contempli la presenza di una componente navale, mentre è noto che dal 10 ottobre l'Italia partecipa all'UNIFIL 2 anche con il cacciatorpediniere lanciamissili «Andrea Doria» che ha un equipaggio di 195 uomini. E qui vorremmo chiedere in qualche modo al Governo di darne conto in maniera compiuta ed esplicita all'Aula.
  Suscitano invece minori dubbi altri interventi che andrò ad elencare molto brevemente, come la partecipazione alla lotta anti pirateria, per quanto sia stata indirettamente all'origine dell'imbarazzante vicenda dei marò che ci vede contrapposti all'India e, soprattutto, il complesso delle misure pensate per assistere la Libia nel difficile percorso verso la stabilizzazione. E, oltre alla stabilizzazione, il connesso ripristino di adeguate capacità locali di controllo dei flussi migratori. Sorprende, peraltro, che manchi nel complesso delle operazioni autorizzate dal decreto-legge la missione «Mare sicuro» o «Mare Nostrum», come pare sia stata ridenominata, invece funzionale al fondamentale obiettivo di rafforzare la dissuasione dei flussi migratori clandestini che fanno solo la fortuna di imprenditori privi di scrupoli, mafie, armatori di vere e proprie flotte di imbarcazioni a perdere, la cui fragilità è all'origine delle tragedie di cui è testimone l'isola di Lampedusa e l'Europa intera.
  Dovrebbe conseguentemente essere considerata una distribuzione alternativa delle risorse militari che vengono attualmente impiegate fuori dai confini per privilegiare gli interventi che paiono maggiormente in grado di soddisfare interessi più immediati e concreti, possibilmente insieme ai partner europei, e magari valorizzando la cooperazione navale con il dispositivo comunitario noto come Frontex, cui potrebbe esser assicurato, altresì, un maggiore contributo, dopo essere stato ipotizzato anche il rafforzamento della nostra presenza in Libia, del resto sollecitata in vario modo anche dagli Stati Uniti e altresì utile anche sotto il profilo del soddisfacimento delle esigenze della politica energetica. I dispositivi già presenti sul suolo libico sono certamente un passo nella direzione giusta, e questo lo riconosciamo, ancorché però molto timidi, sia quello interamente nazionale, che quello inserito nell'EUBAM Libya. Sarebbe però da raccomandare uno sforzo maggiore, anche liberando risorse da interventi concorrenti che paiono molto meno indispensabili.
  Occorre ricordare a questo proposito come, nell'anno precedente alla guerra sfociata nella deposizione del regime del colonnello Gheddafi, l'accordo bilaterale stretto con Tripoli avesse portato ad una riduzione dell'88 per cento degli sbarchi sulle coste del nostro Paese e ad una riduzione del 98 per cento nel numero di quelli avvenuti a Lampedusa, Linosa e Lampione. Secondo altre fonti, sempre nel 2010, i morti accertati per annegamento nel canale di Sicilia sarebbero inoltre scesi da 425 a 20, prima di risalire, alla fine del 2011, anno delle primavere arabe, a 1.822. Per noi, quindi, il controllo dei flussi migratori illegali tra le due sponde del Pag. 60Mediterraneo, pilastro essenziale di una politica che mira a salvaguardare l'inclusione della Repubblica nell'area Schengen, postula, altresì, la pratica di una politica della cooperazione allo sviluppo più generosa...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Ho quasi finito. È un altro elemento che dovrebbe indurre a ripensare in futuro all'allocazione delle nostre risorse e poi a possibili impieghi alternativi. Infine, se pare necessario stanziare fondi al finanziamento delle iniziative imposte dal dovere di assistere i nostri connazionali in pericolo all'estero, sembra non meno indispensabile porre alcuni limiti alle modalità di utilizzarli, chiarendo, ad esempio, che in nessun caso potranno essere pagati riscatti per ottenere la liberazione di cittadini che venissero eventualmente catturati da gruppi di terroristi o di criminali comuni.
  Concludo, Presidente. Ci sono altre ragioni che rimangono agli atti della relazione che chiedo di pubblicarla in calce al resoconto della seduta odierna (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti). Concludo dicendo che, per queste ragioni, rimaniamo critici e insoddisfatti sull'impostazione del decreto-legge all'esame. Tuttavia, ne auspichiamo un miglioramento con l'approvazione dei nostri emendamenti. E per questo motivo non abbiamo ritenuto necessario presentare un testo alternativo.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione. È iscritto a parlare il deputato Lattuca. Ne ha facoltà.

  ENZO LATTUCA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il rischio, quando ci si occupa di politica internazionale, è sempre quello, nel nostro Paese, di farlo – e non di rado accade – in termini strumentali e al fine di alimentare sterili polemiche interne.
  Se vi è, invece, un tema sul quale occorrerebbe esercitare uno sforzo, un impegno particolare per individuare grandi direttrici, linee d'azione condivise, questo è proprio quello della politica estera e di difesa, in particolare quando il Paese è chiamato a partecipare a prove impegnative al servizio della sicurezza e della pace, prove che comportano l'impegno diretto dei nostri militari e che li espongono a rischi molto seri.
  Mi preme iniziare questo intervento, riconoscendo quello che è stato un ampio confronto in Commissione e spero che la premessa di come si è svolto il lavoro in Commissione sia confermata dai lavori dell'Aula che iniziano questa sera. Un testo non blindato. C’è stato in Commissione un lavoro proficuo con disponibilità all'ascolto reciproco anche nell'asprezza delle differenti posizioni. C’è stata una disponibilità da parte della maggioranza alla ricerca del compromesso, all'accoglimento di emendamenti dei gruppi di minoranza, emendamenti sostanziali e non accolti solo per ragioni simboliche. C’è rammarico che questo riconoscimento fino ad ora non ci sia stato da parte di tutti ma c’è la speranza che in queste ore si riesca a portare avanti anche nei lavori d'Aula quel confronto che si è avuto in Commissione.
  Mi preme allo stesso tempo, come nota di metodo, mettere in luce quelli che sono i limiti, dal punto di vista normativo, dello strumento del decreto-legge missioni. Sappiamo tutti che questo decreto-legge si inserisce in un contesto normativo che vede l'assenza di una legge-quadro, una legge che consente di approfondire gli aspetti più interessanti delle singole missioni anche a prescindere dal momento e dalla scelta del loro rifinanziamento.
  Sappiamo, inoltre, che il decreto trimestrale che ci accingiamo a discutere ed approvare non ha in questo caso quel periodo di riferimento, ovvero i 12 mesi, che sarebbe quanto meno auspicabile e che noi auspichiamo torni ad essere il periodo di riferimento per il prossimo anno, per il 2014. Questo è un paradosso che vede una nostra instabilità politica Pag. 61interna di questi anni, di fronte al nuovo disordine mondiale e, quindi, un indebolimento di quello che può essere il potenziale nostro ruolo. Il decreto-legge è sicuramente, dal punto di vista del rango in cui si inserisce nel sistema delle fonti, strumento normativo idoneo a disciplinare la materia. Ma la necessità di una legge-quadro che coinvolga le Camere, come dicevo prima, sin nella fase di approfondimento delle singole missioni e non solo nella fase di finanziamento o rifinanziamento, proroga del finanziamento; la necessità dicevo di una legge-quadro e di un coinvolgimento più profondo delle Camere serve ad invertire l'affermazione di un principio, un principio scritto e sintetizzato con un brocardo latino: inter arma silent leges, nel contesto bellico tacciono le leggi. Noi a questo brocardo in qualche modo ci vogliamo ribellare, vogliamo che il nostro tessuto normativo sia pieno di una disciplina, di una legge-quadro che metta ordine al ruolo dell'Italia nelle missioni internazionali. Tali missioni internazionali non possono essere semplificate e non sono esclusivamente missioni militari. Le missioni militari all'interno di questo decreto-legge, all'interno di questo contesto sono solo una delle dimensioni, certamente una dimensione essenziale ma una delle dimensioni all'interno del ruolo che il nostro Paese svolge nelle aree di crisi.
  Il primo elemento di merito proprio a questo riguardo che vorrei sottolineare è quello del cosiddetto comprehensive approach, un approccio integrato di forme di intervento civile e militare, di cooperazione allo sviluppo, di azione diplomatica, politica, economica e parlamentare.
  Il secondo elemento è la peculiarità del nostro impegno in chiave militare: l'Italia può vantare di essere uno dei pochi Paesi che ancora con forza ed energia, risorse, contribuisce in modo significativo alle operazioni militari delle Nazioni Unite. L'egida dell'ONU non è da questo punto di vista per noi una fuga dalle responsabilità ma la ricerca organica e continua di soluzioni alternative all'uso della forza e di legittimazione massima sul piano giuridico e politico.
  Una legittimazione, signor Presidente, che non esiterei a definire costituzionale e mi piace in questa sede rileggere l'articolo 11 che spesso viene citato ma che, forse, non da tutti è stato letto fino in fondo, che così recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
  E anche se nel 1948 ancora non era così costituita l'Organizzazione delle Nazioni Unite, così come la conosciamo, è evidente che l'ONU sia, appunto, l'organizzazione internazionale a cui fa riferimento l'articolo 11 della nostra Costituzione.
  Dicevo, fondamentale per noi è la legittimazione, la legittimità dell'intervento militare, lo ius ad bellum, quindi, che il nostro Paese decide di cedere ad un'organizzazione internazionale come l'ONU e, dall'altro punto di vista, lo ius in bello e l'egida dell'ONU è altresì garanzia di senso di giustizia e di multilateralismo nelle finalità e nelle modalità di esercizio dell'intervento armato. Si tratta, in questo caso, di missioni di peace keeping, di keep and forcing, di peace and forcing, di conflict management estranee a logiche unilaterali, che pure hanno caratterizzato conflitti di questo inizio del secolo, come, ad esempio, quello iracheno.
  Entrando nel merito delle principali missioni che vengono rifinanziate con questo decreto-legge, vorrei citare sicuramente quella più rilevante dal punto di vista del contingente italiano, la missione in Afghanistan. C’è in atto un processo di transizione, che, purtroppo, vede ancora grandi difficoltà nel garantire da parte delle forze di sicurezza afghane una stabilità della situazione; sappiamo che, a giugno, la NATO ha approvato una nuova missione, che ha una portata più ristretta rispetto a quella precedente e che il 2014 sarà per l'Afghanistan uno spartiacque fondamentale, Pag. 62fondamentale per il passaggio di consegne tra le forze internazionali e le forze di sicurezza afghane, fondamentale per la nuova missione NATO e fondamentale per l'accordo bilaterale sullo status dei militari che garantirà o meno l'assistenza militare che pensiamo sia giusto garantire alle forze di sicurezza afghane.
  Siamo preoccupati per i ritardi nei preparativi delle elezioni del 2014 in Afghanistan e siamo convinti, però, che, insieme alla comunità internazionale, e non unilateralmente, si possa affrontare e si possano aiutare le popolazioni afghane a uscire da questa difficile situazione. Una seconda missione – mi limiterò a questa, Presidente – che voglio citare è quella UNIFIL in Libano. La delicatezza, com’è noto, è legata alla drammatica evoluzione degli avvenimenti in Siria, alla partecipazione di hezbollah, e non solo, al conflitto siriano, direttamente e non direttamente; ai 700 mila rifugiati siriani che si trovano in questo momento in Libano, e non è difficile immaginare quello che può essere l'impatto in un territorio così piccolo di 700 mila rifugiati; mi riferisco altresì agli scontri che, durante cinque giorni del mese di giugno a Sidone, hanno dimostrato l'incapacità delle forze armate nazionali a rispondere con efficacia all'instabilità del Paese. La criticità è sicuramente maggiore per gli avvenimenti in Siria: il contingente UNIFIL e il nostro contingente sono esposti a rischi maggiori, e per noi questo non può che essere motivo di preoccupazione e di attenzione; allo stesso tempo, rivendichiamo la lungimiranza dell'intervento UNIFIL, pensato ai tempi del secondo Governo Prodi.
   Secondo punto significativo è l'incremento, nell'anno 2013, degli stanziamenti per le iniziative a carattere civile. Lo dicevo prima, non solo interventi militari, ma anche a carattere civile: si registra un passaggio da 120 milioni a 132 milioni, con un aumento del 10 per cento. Significativo è l'impegno economico conforme agli impegni presi dal Governo al G20 di San Pietroburgo, conforme anche agli accordi di Bonn e di Kyoto, sulla cooperazione allo sviluppo, dal punto di vista della quantità di risorse che vengono messe a disposizione. Richiamo per l'ennesima volta qui, il nostro appello, come gruppo del Partito Democratico, alle Commissioni, al Parlamento, al Governo a prendere seriamente in considerazione e ad attuare l'iter necessario per una legge di riforma del sistema della cooperazione allo sviluppo. Infine, il supporto anche economico alla sicurezza delle nostre rappresentanze diplomatiche, che per il nostro gruppo non costituisce uno spreco, ma il riconoscimento di una funzione fondamentale, un'azione politico-diplomatica come strumento alternativo alla risoluzione dei conflitti.
  Soffermarsi esclusivamente, Presidente, sul contenuto prescrittivo del decreto significherebbe però limitarsi a guardare il dito, perdendo di vista la luna. Oggi più che mai è infatti necessario un ripensamento globale delle missioni internazionali, poiché sono i concetti stessi di crisi e di sicurezza globale ad essere completamente mutati. Oggi più che mai l'Italia rischia di scontare – e noi vogliamo scongiurare che questo accada – la fragilità del suo sistema politico istituzionale, anche in questo delicato ambito della politica internazionale. Se vogliamo davvero tornare alla centralità del Parlamento dobbiamo pensare ad una valutazione dello scenario più complessiva, una valutazione più profonda, un impegno che il Parlamento deve prendere in questo senso insieme al Governo. Basti l'esempio delle nostre missioni militari e civili in Afghanistan e Libano, la situazione in Libia: non sono considerabili, tutte queste missioni, questi interventi, queste nostre presenze, al di fuori del contesto del mare Mediterraneo. Allora, l'Italia, se vuole tornare ad avere un ruolo, l'Italia in Europa, l'Italia con l'Europa, deve spostare la propria attenzione e concentrarla sul Mediterraneo. È positivo l'impegno verso una maturazione del nostro Paese, capace di portare a raggiungere l'obiettivo di consolidare la nostra presenza, la nostra visione, italiana ed europea, rispetto al mondo e in particolare rispetto all'area mediterranea, in chiave geopolitica e geostrategica. Infine, Pag. 63Presidente, mi consenta una valutazione intorno al concetto di guerra. In Commissione, nonostante il lavoro proficuo che abbiamo fatto, da qualcuno è stato fatto intendere che c’è qualcuno che ama la pace e qualcuno che ama la guerra. Allora, utilizzando le parole di uno studioso, Michael Walzer, voglio condividere con lei e con l'Aula questo concetto: anche il Partito Democratico, senza nessuna esclusione, condivide quello che è un ideale, l'ideale di un mondo dove la politica sostituisca la guerra e le forme non violente di lotta sostituiscano l'uso della forza. Siamo in questo senso per la pace, operiamo perché le condizioni per questa sostituzione, dalla forza alla politica, un giorno si possano realizzare. E un giorno, forse, si potranno realizzare, ma siamo pure consapevoli che vi sono forme di tirannia, di aggressione, di dominazione, a cui è necessario opporsi, e opporsi con la forza, perché non c’è nel breve periodo nessun altro modo di opporvisi, e non è possibile sopportarle e non è possibile tollerarle neanche per un breve periodo. La giustizia richiede che il ricorso alla forza sia legittimo soltanto qualora tutte le alternative ragionevoli che abbiano qualche possibilità di successo siano state esaurite. Allora, il sostegno del gruppo del Partito Democratico alla proposta del Governo c’è, ma insieme a questo sostegno c’è la volontà, ogni qual volta si discuta di missioni internazionali e di missioni militari, di andare alla ricerca di questo senso della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Emanuela Corda. Ne ha facoltà.

  EMANUELA CORDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato attentamente gli interventi, specialmente l'ultimo, del collega Lattuca. Mi ha colpito molto la parte in cui ha enunciato l'importanza del ruolo che gioca l'Italia nello scenario internazionale, soprattutto sul tema delle missioni. Ecco, il MoVimento 5 Stelle vorrebbe in questo senso che l'Italia giocasse un ruolo fondamentale nella direzione della pace. Questo lo ribadiamo, ci teniamo a ribadirlo, lo ribadiremo sempre in tutte le sedi, perché quello è il modello di difesa al quale noi auspichiamo, un modello che vada veramente verso la difesa e non verso l'offesa. Ciò perché quello che si evince dalle spese ingenti, che comunque aumentano di anno in anno in questo comparto, è che gli investimenti sugli armamenti abbiano sempre una netta priorità, per esempio, sulla cooperazione o anche sugli interventi di ricostruzione. Tutto questo è gravissimo e inaccettabile. Soltanto un 2 per cento degli investimenti è destinato alla cooperazione, ed è una miseria.
  Quindi riteniamo assolutamente assurdo anche «farsi belli» continuando a dire che l'Italia sia paladina dei diritti umani, perché è vero che siamo un Paese con un grande cuore però, a nostro avviso, non lo stiamo dimostrando fino in fondo. Tra l'altro, anche questo non voler disciplinare la materia in modo serio come noi più volte abbiamo chiesto, ovvero per esempio con una legge quadro, anche questo denota un non voler affrontare i problemi in modo serio, in modo concreto; il continuare ad utilizzare questa decretazione di urgenza per gestire il discorso delle missioni internazionali è assolutamente vergognoso e inaccettabile. Perché ciò accade da sempre e quindi non ci stiamo svegliando oggi chiedendo una disciplina seria e concreta su questo tema, perché la mancanza appunto di questa disciplina ci impedisce di individuare quelli che sono gli obiettivi che effettivamente intendiamo raggiungere, ma anche e soprattutto le risorse che dovrebbero essere impiegate per queste missioni, e dove vogliamo andare, soprattutto, e che cosa vogliamo fare, perché alla fine tutto questo è avvolto da una nebulosa che non è dato comunque scoprire. Tutto questo sempre in mancanza della famosa legge che nessuno pare abbia intenzione di fare anche se il collega Rossi prima si è dimostrato comunque disponibile, ho sentito che c’è una certa volontà; mi auguro sia così perché anche in passato se ne è parlato, ma fino ad oggi non è stato fatto assolutamente nulla.Pag. 64
  Consentitemi, prima di entrare nel merito del provvedimento, di fare una piccola divagazione, giusto per chiarire il perché ci ostiniamo a definire i nostri intenti «pacifisti» anche parlando appunto del cosiddetto decreto-legge missioni, perché queste vengono definite missioni di pace ma in realtà non lo sono, perché comunque vi vengono utilizzati armamenti a lungo braccio, armamenti estremamente offensivi, cacciabombardieri, blindati. Questi non sono, come dire, degli armamenti finalizzati prioritariamente alla difesa dei popoli inermi ma piuttosto, appunto, alla offesa.
  Innanzitutto vorrei farvi presente che se oggi il MoVimento 5 Stelle si trova qui in Aula a discutere di questi temi, è proprio perché una larga parte degli italiani si è stancata di delegare il suo futuro ad una politica inconcludente, e rimarco l'inadeguatezza delle leggi, anzi l'inesistenza delle leggi sempre in riferimento alla legge quadro. Noi siamo quegli italiani che intendono riprendere in mano il proprio futuro. Sarà banale ma è così. Proveniamo da quella famosa e bistrattata società civile che, non trovando più ascolto in coloro che dovrebbero rappresentare le istituzioni, ha deciso di portare avanti un progetto di cambiamento, un sogno di rievoluzione di una società decadente. E questo è ormai evidente a tutti. In tutta onestà non ci sentiamo migliori degli altri. Spesso i rappresentanti degli altri partiti ci accusano di essere presuntuosi scambiando in taluni casi l'innocenza e il fervore della gioventù – perché comunque tra le nostre file ci sono tantissimi giovani alla prima esperienza politica –; venendo tacciati di supponenza ostentata. Al contrario capita spesso di sentirci fuori posto in questi luoghi ovattati e non so se questo capiti ad altri nelle file dei partiti, di pensare addirittura che sia tutta una battaglia persa, una lotta contro i mulini a vento; è una brutta sensazione però purtroppo ci capita di avvertirla abbastanza spesso.
  Appunto noi siamo in lotta contro i mulini a vento, in questo teatrino dove il gattopardesco «cambiare tutto per non cambiare nulla» sembra essere il filo conduttore di ogni ragionamento. Con gli avversari politici che non offrono mai, se non in rarissimi casi isolati, uno spiraglio al confronto su temi concreti e sulla risoluzione delle reali problematiche del Paese. Fino a pochi mesi fa noi portavoce del MoVimento 5 Stelle eravamo semplici cittadini, vittime della disinformazione di Stato che non fornisce i veri dati, non consente un vero giudizio critico ma va avanti attraverso slogan. Voi mi direte: cosa c'entra con il decreto missioni ? E io vi dico che c'entra moltissimo perché se gli italiani fossero a conoscenza di tutto quello che accade qua dentro probabilmente tutto sarebbe già cambiato e molte di queste persone oggi non sarebbero qui presenti.
  Uno degli slogan a cui siamo stati abituati per decenni è che non ci sono i soldi. Mancano le risorse per la scuola ? Non ci sono i soldi ! Viene tagliata la sanità ? Non ci sono i soldi ! Come si può immaginare di alzare le pensioni minime, o addirittura di dare un reddito di cittadinanza se mancano sempre i soldi ? Tutti i Governi che si sono succeduti negli anni passati ci hanno sempre fatto il lavaggio del cervello con questo slogan, ma i cittadini hanno iniziato a capire che si trattava di una menzogna, di un semplice paravento.
  Basti pensare che quando si parla di spese militari, invece, chissà perché i soldi non mancano mai: si trovano sempre sotto il cuscino. Ogni discussione e obiezione legittima su questo tema viene praticamente stroncata sul nascere, perché questo è un argomento tabù. Le spese militari non si toccano; il resto del Paese può invece tranquillamente andare a rotoli. Questo sembrerebbe il messaggio: almeno, così lo avevamo sempre percepito da cittadini comuni, e così lo stiamo percependo oggi da parlamentari, nell'affrontare specifiche tematiche, soprattutto nella Commissione difesa, di cui io faccio parte insieme ai colleghi.
  Oggi in questa sede vorremmo davvero essere ascoltati e far arrivare il nostro messaggio forte e chiaro, nella speranza Pag. 65che qualcosa si muova davvero; e chissà, magari che passi anche miracolosamente qualche nostro emendamento ! Questo sarebbe auspicabile, anche perché, ribadisco, non ci sentiamo superiori a nessuno, e davvero vorremmo discutere apertamente con i nostri interlocutori politici per trovare insieme le giuste soluzioni ai problemi del Paese, a partire da questo decreto-legge cosiddetto missioni. Vorremmo davvero che la politica tornasse al suo ruolo originario, al servizio dei cittadini, e non delle solite lobby o comitati d'affari, che nulla hanno a che fare con il bene comune.
  In quest'ottica si supererebbe anche il problema tra maggioranza e opposizione, verso una collaborazione proficua che superi l'interesse particolare e anche il limite ideologico. Sarebbe tutto molto bello, insomma, se solo ci fosse la volontà di cambiare questo status quo; e io ve lo chiedo oggi, cambiamolo tutti insieme ! Siamo in attesa di un vostro cenno.
  Siamo degli ingenui sognatori se ci domandiamo come sia possibile in un momento drammatico per il Paese investire montagne di denari nell'industria bellica ? Perché di questo stiamo parlando: quelle che da sempre siamo abituati a definire «missioni di pace», non sono nient'altro che interventi militari motivati da ragioni che non trovano riscontro logico nella realtà, almeno nella maggior parte dei casi.
  Almeno, non in quella che viene raccontata ai cittadini: i conti, insomma, non tornano. Questa è la semplice verità: perché comunque non saremo dei politici esperti, però i conti li sappiamo fare. Non siamo degli ignoranti ! Possiamo pensare di discutere serenamente con gli altri partiti anche di questi temi, senza che la discussione sia necessariamente svilita dall'idea che il MoVimento 5 Stelle voglia semplicemente disintegrare un sistema ?
  Noi non vogliamo distruggere e basta, così come i media asserviti ad un certo potere politico-partitico vorrebbero far intendere. Noi vogliamo ricostruire ciò che altri hanno distrutto, e lo vogliamo fare insieme a chi davvero vuole perseguire questo obiettivo. Vogliamo ad esempio discutere di un nuovo modello di difesa, che non contempli più l'aggressione dei popoli inermi per scopi economici e di strategia geopolitica. Per fare questo serve il contributo di tutti, ma ancor prima l'onestà intellettuale di ammettere dinanzi ai cittadini che la direzione nella quale ci dirigiamo da ormai da troppo tempo è quella sbagliata.
  Non credo sia un'onta ammettere di aver sbagliato: anzi, credo sia un grande esempio di dignità, e anche di forza ! Chiedo quindi in questa sede a tutti i partiti, soprattutto ai partiti di maggioranza, di fare un atto di coraggio e cercare di venire incontro anche alle opposizioni, perché penso che da parte nostra ci sia tutta la volontà di collaborare per migliorare a questo punto questo decreto-legge; visto che comunque siamo contrari, l'abbiamo già detto e l'abbiamo già ribadito, ma siamo disponibili comunque almeno a migliorarlo in quelle parti che sono migliorabili.
  Se dobbiamo parlare delle missioni nello specifico, è emblematica la situazione in Afghanistan. È una missione infinita, così come ad oggi infinito è il numero di vittime di parte civile e militare. Potrei dare qualche numero, senza entrare troppo nello specifico, ma quasi 13 anni di guerra in Afghanistan hanno provocato finora la morte di quasi 70 mila esseri umani ! Tantissimi civili, ma anche militari: 3 mila militari soldati della NATO, oltre 50 vittime del nostro contingente. Possiamo fermare questa barbarie, e lo dovremmo fare subito.
  Parliamo di vittime, ovviamente, a causa dei bombardamenti, ma non abbiamo calcolato che questa guerra sta provocando danni ingenti anche per quanto riguarda gli sfollati, tutti coloro che hanno perso una casa, che non sanno più dove andare a vivere, che non hanno di che sfamarsi. Questa emergenza umanitaria l'abbiamo creata anche noi, con la nostra presenza in Afghanistan, una presenza che non accenna comunque ad arrestarsi.Pag. 66
  Purtroppo, su questo punto, il Ministro Mauro è stato davvero poco rassicurante nell'ultima audizione al Senato, con il Ministro Bonino, affermando che le truppe non saranno ritirate neppure entro il 2014, così come si era fatto intendere fino a ieri. La domanda è, dunque: se, come hanno affermato i vari capi di Stato maggiore delle Forze armate, la missione in Afghanistan ha registrato ottimi risultati, come mai ci si avvia verso una fase politica di estrema incertezza, laddove le prossime elezioni presidenziali potrebbero mettere al potere qualche non ben precisato criminale di guerra ?
  Quindi, non siamo stati neppure capaci assistere il Governo afgano durante questi lunghi anni. Il Governo afgano, infatti, non è stato capace di mettere a processo uno solo di questi criminali, comandanti delle milizie che si sono resi veramente partecipi di odiosi crimini contro l'umanità. La Costituzione afgana – lo ricordiamo – vieta che si possano candidare dei personaggi che abbiano avuto a che fare con crimini contro l'umanità. Quale è stato il nostro ruolo in questi lunghi tredici anni ? Cosa abbiamo fatto ? Quali sono questi ottimi risultati della missione in Afghanistan, a parte le perdite umane, civili e militari ?
  Per chiunque sia contrario, per principio ed etica, alla guerra, questa missione dovrebbe essere fermata subito. Ma anche guardando cinicamente ai risultati e agli obiettivi centrati, come si può non ammettere che si tratti di un autentico fallimento ? Detto ciò, cosa ci costringe ancora in questo insensato perseverare ? Si continua, infatti, a dire che le truppe saranno ridotte, però non si capisce quando verranno ritirate definitivamente.
  Noi avevamo presentato un emendamento nel quale chiedevamo che al 31 dicembre fossero ritirate tutte le truppe, quindi dando anche la possibilità, con questa proroga del rifinanziamento, di avere dei denari da investire per il ritiro, ma anche quell'emendamento è stato respinto. Abbiamo proposto il ritiro del 50 per cento del contingente, ma anche quella proposta emendativa è stata respinta. Io penso che si possa trovare comunque un punto di incontro, anche in questo senso, sull'Afghanistan, magari discutendone ancora tra noi, trovando delle soluzioni comuni. Sono sicura che anche tra le fila dei partiti ci siano delle persone di buonsenso che ripudiano la guerra e che comunque vogliono seguire alla lettera il dettato della nostra Costituzione.
  Penso che ciò sia condivisibile da tutti e che non si tratti di un argomento del MoVimento 5 Stelle, piuttosto che di SEL, di Scelta Civica o del PD. Nessuno è proprietario di un tema o di un principio, però siamo tutti portatori di un qualcosa di positivo qui dentro, al di là delle posizioni ideologiche che comunque ci sono. Noi non abbiamo una posizione ideologica, cerchiamo di portare avanti le idee, tuttavia capiamo che tra le fila degli altri partiti ci sia comunque un credo politico, anche in taluni casi «rispettoso». Forse è giunto il momento di abbandonare quel credo politico e di capire che, dinanzi a voi, ci sono degli interlocutori seri, dei cittadini che non hanno alcuna preclusione mentale nei confronti di chi la pensa diversamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il punto è: vogliamo fare veramente gli interessi dei cittadini, si o no ? Se vogliamo ragionare sui fatti, allora dobbiamo ragionare solo su questo, liberandoci dalle nostre ideologie. Tornando al provvedimento, vi è un altro problema, ossia che il decreto-legge in esame è arrivato in estremo ritardo. Ciò denota l'incapacità politica di questa maggioranza e anche la sua insicurezza, perché il via libera al decreto-legge doveva essere dato proprio nei giorni in cui vi è stata la minaccia di crisi di Governo.
  Riteniamo assurdo che siano stati lasciati per circa dieci giorni i nostri militari privi delle coperture giuridiche, politiche ed economiche per il fatto che comunque la maggioranza non riusciva a stare in piedi neanche con il Vinavil. Questa sinceramente è una cosa inaccettabile, perché comunque la politica deve andare avanti, il Paese deve andare avanti, non si può piegare dinnanzi alle esigenze dei processi Pag. 67di un singolo o alle strategie dei partiti. È questo il dato importante sul quale dovremmo confrontarci tutti.
  Abbiamo parlato di denari e abbiamo capito che, come ho già ribadito, le spese militari ovviamente sono molto care un po’ a tutti, probabilmente perché trascinano interessi particolari. In tutta onestà questi interessi dovrebbero con coraggio essere messi da parte una volta tanto, una volta tanto, qualcuno dovrebbe mettersi in gioco e rischiare qualcosa, abbandonare quelle promesse fatte da decenni, quell'intrigo di ragnatele, di corruttele che caratterizzano la politica di questo Paese. Solo così potremo veramente raggiungere dei risultati tutti insieme, perché i risultati non si raggiungono con le contrapposizioni ed è sbagliato dire che il MoVimento 5 Stelle sta qui a fare soltanto opposizione spicciola, fine a sé stessa, perché noi stiamo tentando di lavorare veramente sui provvedimenti. Pensiamo veramente di aver presentato, anche sul decreto missioni, degli emendamenti di buonsenso, ma il fatto che tutti questi emendamenti, condivisi anche per esempio con SEL, vengano respinti strumentalmente e arbitrariamente, in virtù di una posizione ideologica diversa – perché a questo punto non si spiega perché anche per esempio gli emendamenti sulla trasparenza, quelli più banali, siano stati respinti al mittente – denota un'incapacità proprio di interloquire con gli avversari politici. È brutta la parola avversario politico, perché effettivamente in Europa di solito maggioranza e opposizioni riescono a collaborare nell'interesse del Paese, non si capisce perché in Italia ciò non avvenga. Evidentemente gli interessi elettorali prevalgono sempre sul bene del Paese.
  Questa deriva va fermata e va fermata oggi, noi ci aspettiamo davvero un segnale, un segnale forte, da parte dei partiti perché noi abbiamo presentato delle proposte che riteniamo siano condivisibili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Tra le tante missioni presenti in questo decreto c’è anche un curioso regalo alla Repubblica di Gibuti, qualcuno dirà: 4 autoblindi dati in concessione gratuita alla Repubblica di Gibuti. Qualcuno dirà sì però sono quattro soldi perché effettivamente sono poco più di 190 mila euro, se non erro, e sono un'inezia rispetto ai costi della missione in Afghanistan, quasi il 40 per cento dell'intero ammontare complessivo di ciò che si investe per le altre missioni, però qual è il dato veramente allarmante ? Che questa regalia alla Repubblica di Gibuti cela un vero e proprio scandalo che definisce quello che è veramente l'esautoramento del Parlamento, il Parlamento è stato del tutto scavalcato perché a Gibuti si sta costruendo una base militare, cioè l'Italia sta costruendo una base militare in uno Stato sovrano. Allora noi ci domandiamo: dov’è il trattato che sancisce questo patto ? Il Parlamento ha ratificato questo trattato ? A noi non risulta, tra l'altro noi abbiamo già presentato due interrogazioni su questo tema, alla prima il Governo è stato a dir poco evanescente, non ha dato risposte se non comunque definire l'importanza di quell'area del Corno d'Africa geostrategica, dell'importanza di quell'area proprio per le nostre attività nel mondo, attività soprattutto finalizzate a scongiurare il fenomeno della pirateria.
  Ecco, anche questo sinceramente ci ha lasciati perplessi perché poi, in data 23 ottobre 2013, il capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, avrebbe inaugurato questa famosa base militare italiana di Gibuti. Secondo le dichiarazioni dello stesso ammiraglio, si tratterebbe della prima vera base logistica operativa fuori dai confini nazionali, con un'infrastruttura di ben cinque ettari di superficie che ospita i primi cento militari, che saliranno a 300 entro la fine dell'anno quando la base sarà pienamente operativa.
  Sempre secondo le dichiarazioni di Binelli Mantelli, la base sarà il quartiere generale dei marò impegnati nella protezione dei cargo dagli attacchi dei pirati, ma anche la base di team di forze speciali pronte a vari tipi d'interventi, dall'antiterrorismo alla liberazione di ostaggi. Attualmente il comando della base sarebbe affidato ad un colonnello, grado evidentemente Pag. 68troppo elevato per essere un semplice punto di appoggio logistico (quindi, già la prima incongruenza). Nella risposta ad una precedente interrogazione il sottosegretario Alfano aveva affermato testualmente che «la base sarebbe servita ad ospitare personale militare costantemente pronto all'imbarco e all'impiego nonché alla connessa e necessaria struttura info-operativa di supporto e di sicurezza destinata ad assicurare una complessiva maggiore efficacia delle azioni di contrasto al fenomeno della pirateria», così come già vi ho accennato. Nessun cenno, invece, alla programmata presenza di unità delle forze speciali, come invece lascia intendere l'ammiraglio Binelli Mantelli e come si evince dal numero di 300 militari presenti a Gibuti, considerando che i nuclei militari di protezione della Marina militare sono una decina e sono composti da sei uomini ciascuno.
  Allora, io mi domando: cioè, ma noi stiamo contrastando il fenomeno della pirateria o stiamo giocando a Risiko ? Perché è questo quello che si evince (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e perché noi stiamo giocando veramente non solo con la vita delle persone, ma anche con l'intelligenza dei cittadini e stiamo andando a occupare uno Stato sovrano. Cioè, sinceramente non so se voi troviate questa cosa scandalosa, ma penso che se il nostro emendamento su questo tema non sarà accolto allora veramente ci sarà da fare un bel baccano mediatico e mi aspetto che lo facciano anche gli stessi militanti degli altri partiti, perché mi meraviglio che non si sentano offesi da questo non essere mai consultati nelle decisioni importanti che riguardano il nostro Paese, ma anche la vita delle persone nello specifico. Invece, noi pretendiamo di essere cittadini del mondo ma alla fine ci stiamo rinchiudendo nelle nostre piccole stanzucce, senza pensare ai danni che stiamo facendo, che stiamo facendo ai nostri figli, al futuro dei nostri figli, ai figli degli altri, perché i cittadini di Gibuti non sono cittadini di serie B. I cittadini afghani sono cittadini come noi. Questa è la globalizzazione che dovremmo diffondere e non solo vendere i cellulari o le tv al plasma ai popoli in via di sviluppo, perché se questo è il concetto di evoluzione che voi andate millantando sinceramente è legittimo da parte del MoVimento 5 Stelle non condividerlo e criticarlo fermamente.
  Tra gli altri punti a nostro avviso fondamentali da, come dire, correggere – perché a questo punto si parla solo di correggere – in questo «decreto missioni» c’è anche il discorso Libia. Noi vorremmo dare un po’ più di spazio alle organizzazioni umanitarie e consentire al personale civile di intervenire direttamente sui territori e non solo al personale militare, perché dobbiamo ricordare, sempre in quest'Aula e ci duole doverlo fare di continuo visto che in tanti avete la memoria corta, che in Libia esistono dei veri e propri campi di concentramento, perché di questo si tratta. Non sono centri di prima di accoglienza ! In quei campi libici la gente muore e non so se vi ricordate che noi fino a poco tempo fa abbiamo fatto affari con il signor Gheddafi, per poi ripudiarlo, quando c’è stato l'intervento in Libia, e ce ne siamo lavati le mani altamente.
  Quindi, vi dico: abbiate veramente un moto d'orgoglio, un briciolo d'onestà e cerchiamo di lavorare insieme a questo provvedimento e di migliorarlo. Potrebbe veramente diventare la notizia di domani. Ma, vi immaginate ? Finalmente maggioranza e opposizione ottengono un grande risultato sul «decreto missioni» ! Potremmo veramente lavorare insieme (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, ve lo chiedo e ve lo chiede il MoVimento 5 Stelle, ma non come movimento politico. Ve lo chiedono i cittadini, perché noi qui dentro ci sentiamo cittadini, non ci sentiamo paladini di chissà quale causa oppure esseri umani posti su un livello superiore agli altri.
  Noi abbiamo i nostri difetti, abbiamo la nostra quotidianità, le nostre vite, ovviamente con i nostri problemi. Siamo esattamente uguali a voi, abbiamo la stessa dignità e riconosciamo anche a voi una dignità, però gradiremmo che, proprio Pag. 69attraverso il confronto, questa dignità venisse fuori e che i valori di noi tutti fossero messi in campo e che domani noi potessimo davvero dare alla stampa un qualcosa di serio di cui parlare e che la stampa non dovesse parlare solo di sirene, perché non ci interessano queste cose, vi abbiamo preso in giro su questo e non ve ne siete accorti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), proprio per denunciare il fatto che la stampa racconta balle.
  E di quello di cui si parla qua dentro non si fa menzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché noi qui abbiamo portato tanti provvedimenti, abbiamo denunciato delle vergogne e di quello non parlate. L'abbiamo fatto apposta e vi abbiamo preso in giro perché ci sono cascati tutti i media. Allora io dico: se domani ci dovessimo mettere d'accordo e fare una cosa del genere tutti insieme, io mi aspetterei veramente a questo punto articoli sui giornali di tutto il mondo. Allora cosa vogliamo fare ? Vogliamo continuare a prenderci in giro, a non parlare delle cose serie e continuare a soggiacere a questa stampa, a questi media miseri che non raccontano la verità oppure gli vogliamo dare una verità nuova, una verità che ci vede protagonisti tutti insieme di un cambiamento vero e io direi epocale, un cambiamento che può partire qui dentro, da quest'Aula, un luogo che noi rispettiamo, che noi onoriamo, ed è per questo che molte volte ci adiriamo e a volte magari alziamo i toni, ma non lo facciamo certo perché siamo dei violenti; lo facciamo perché noi ovviamente siamo arrabbiati.
  È una brutta parola, però è vero: siamo arrabbiati. Siamo arrabbiati perché non capiamo il motivo per cui sulle cose importanti voi non vogliate lavorare con il MoVimento 5 Stelle, che ha la stessa vostra dignità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché noi abbiamo preso nove milioni di voti. Ci sono dei cittadini che ci hanno seguiti, che hanno lavorato con noi, noi siamo cittadini e – lo ripeto – riconosciamo la dignità anche ai cittadini che fanno parte dei partiti. Però se non ci dimostrerete veramente di voler lavorare con noi, allora saremo costretti domani a dire ancora una volta che i partiti fanno solo gli interessi della casta, delle lobby e di pochi e non fanno gli interessi dei cittadini. Non costringeteci a farlo di nuovo, perché questo significa prendere in giro le persone e offendere l'intelligenza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cera. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo brevemente, ma con assoluta convinzione, su questo disegno di legge di conversione, che rifinanzia le missioni che sono in corso, oltre alle iniziative concernenti la cooperazione internazionale, che sono importanti e fondamentali, alle quali non possiamo assolutamente sottrarci. Si tratta di un provvedimento che ribadisce la volontà politica dell'Italia di essere presente laddove è necessario ristabilire o supportare processi di pace, legalità e ricostruzione delle istituzioni. Siamo quindi portatori di pace e vigili assertori delle libertà di tutti. L'assalto al centro commerciale di Nairobi, che ha fatto sessantasette vittime civili, o il recente assassinio dei giornalisti francesi nel Mali dimostrano che non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia perché il terrorismo è ancora vivo e pronto a colpire. Occorre quindi mantenere il nostro impegno su quella linea di lotta e fermezza al terrorismo nel mondo e contro tutte le azioni che mirano alla sua destabilizzazione, anche in questa fase difficile e delicata per la congiuntura finanziaria ed economica che l'Europa in generale e l'Italia in particolare stanno vivendo.
  Nel corso delle annuali proroghe di questo provvedimento è sempre stato sottolineato come fosse auspicabile conferire stabilità, continuità e prevedibilità all'azione italiana in tale ambito, sia per quanto concerne i profili militari sia per quanto concerne quelli di cooperazione Pag. 70civile, invece di procedere ad una mera reiterazione.
  Questo anche per non minimizzare l'immagine che il nostro Paese, in termini di credibilità e autorevolezza internazionale, si è costruita nel corso degli anni grazie alla professionalità di donne e uomini impegnati quotidianamente per il ripristino e il mantenimento di condizioni di pace e sicurezza in tutte le aree di crisi in cui ne è stato deciso l'impiego.
  Ricordo a me stesso e all'Aula che stiamo parlando di circa 6 mila militari, impegnati, ad oggi, in 18 Paesi e in ben 32 missioni e a cui è affidato un ruolo delicato, ma, al tempo stesso, di alta rappresentanza del nostro Paese; un ruolo che ha reso evidente negli anni l'elevatissimo grado di professionalità raggiunto dal nostro strumento militare, sostanzialmente equiparato a quello dei nostri maggiori partner internazionali e universalmente riconosciuto come tale dalla comunità internazionale.
  È di tutta evidenza, quindi, che, nell'auspicarci una rapida conclusione dell'iter del provvedimento, non possiamo esimerci dal ribadire che si debba accelerare anche nel dare seguito alle iniziative legislative finalizzate a una stabilizzazione delle norme di carattere ordinamentale attinenti a profili di natura giuridico-economica, che, allo stato attuale, abbisognano di essere di volta in volta confermate dai decreti-legge di rifinanziamento delle missioni, anche se il ruolo dell'Italia è riconosciuto a livello internazionale anche a prescindere dall'entità delle risorse stanziate.
  Tra i diversi scenari di crisi, un discorso a parte merita quella che sta attraversando la Libia, come dimostra la vicenda del sequestro e del rilascio lampo del Primo Ministro Zeidan. In tale contesto, l'aspetto preoccupante è che le sue coste sono oramai senza controllo e sono diventate il punto di uscita dei grandi flussi migratori provenienti anche dall'Africa subsahariana, composti da sudanesi, eritrei e nigeriani (basta vedere le rotte utilizzate).
  Su questo punto, per gestire la gravissima crisi determinata dalla presenza di un numero molto elevato di richiedenti asilo o migranti che dal nord Africa tentano con ogni mezzo di raggiungere le coste dell'Europa, il Governo si è mosso con celerità con l'operazione umanitaria che abbiamo battezzato «Mare Nostrum», che vede operative in quel braccio di mare unità navali e assetti che normalmente non vengono impiegati, in attesa che venga rafforzato il sistema Frontex.
  Concludo segnalando che nel decreto-legge, oltre alla componente militare e civile, troviamo anche l'impegno umanitario in Siria del Governo preso al G20 di San Pietroburgo, pari a 50 milioni di dollari, corrispondenti a 38 milioni di euro, di cui una parte sarà ricavata dai 23,6 milioni di euro previsti in questo decreto-legge.
  Per concludere, l'augurio è che presto il Governo finanzi la parte residuale di questo importante impegno umanitario. Sappiamo che attraversiamo un momento difficile, ma non possiamo lasciare solo chi ha bisogno di un aiuto e di amore, e ciò che legiferiamo oggi è proprio un atto di amore verso il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signora Presidente, vorrei iniziare con una frase molto bella contenuta nelle «Lettere contro la guerra» di Tiziano Terzani: «Con quel che sta succedendo nel mondo, la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna. Questa impressione che tutto era cambiato mi colpì immediatamente. Allora io dico: fermiamoci, riflettiamo, prendiamo conoscenza, proviamo a salvarci. Nessun altro può farlo per noi.».
  E tocca a noi, tocca a questo Parlamento affrontare una discussione fondamentale non in maniera rituale, ripetitiva, come abbiamo fatto nel corso degli ultimi anni. Guardate, nella discussione che abbiamo affrontato in Commissione, lunga, a Pag. 71tratti aspra, e indubbiamente complessa, ricca di spunti, abbiamo omesso una questione fondamentale, che questa forma di decreto costringeva tutti quanti noi a discutere al netto della verità, di una analisi reale rispetto allo stato delle missioni, rispetto alla loro efficacia, rispetto al loro destino. E invece siamo di nuovo qui a discutere un decreto di rifinanziamento delle missioni, seppure trimestrale, come abbiamo sempre fatto. «Trimestrale: che sarà !. Sono solo tre mesi. Poi vediamo il prossimo.» Noi vogliamo vedere ora le scelte che vorrà fare la maggioranza rispetto al destino di 6 mila militari nei fronti di guerra e rispetto al destino di tantissimi civili che nel corso degli ultimi anni hanno subito le politiche di guerra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  E lo voglio dire qui, in maniera forte, chiara, netta: non riteniamo accettabile per questo Parlamento che passi il principio: o bere o affogare. Ci ribelliamo a questa formula che nel corso degli ultimi anni ha costretto questo Paese, sulle grandi strategie internazionali, a discutere in maniera provinciale, supina, priva di autonomia e priva di capacità di intervento.
  Ho ascoltato nel corso degli ultimi giorni, anche nella discussione che è avvenuta qui dentro, che chi si opponeva a questo decreto, tutto sommato, faceva propaganda a buon mercato. Vi domando: è una scelta propagandistica la richiesta di poter discutere separatamente la missione ISAF e la missione Unifil Libano ? Sono la stessa cosa ? Lo chiedo agli autorevoli esponenti della maggioranza. E la nostra presenza nei Balcani, difficile, ultradecennale, che ha incrociato l'intervento militare e l'intervento civile, è la stessa cosa di Active Endeavour nel Mediterraneo militarizzato ? Ci avete costretto a discutere tutto in un solo articolo. Nemmeno un articolo per missione ! Come se fosse tutto sullo stesso piano ! Non è esattamente così. E la propaganda nel corso delle ultime settimane l'ho sentita da altri fronti. L'ho sentita, ad esempio, da una pubblicità – la dico qui, perché la sento – promossa dalla Lockheed. Abbiamo letto le smentite e anche le querele che sono partite dal Ministero della difesa, ma credo che la Lockheed abbia preso in parola il Ministro Mauro quando nel corso delle settimane precedenti ha detto che per amare la pace bisogna armare la pace: una bestemmia lessicale e politica (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle) !
  E abbiamo avuto addirittura l'illusione che il Ministro Mauro vivesse una condizione scissa della propria personalità e del proprio ruolo. Mi passi la forzatura, ricordo un bellissimo film di cui è protagonista un attore americano, Nicolas Cage, Lord of war: una vita tranquilla alla superficie e una grande capacità di mercato sulle armi nei Paesi più sottosviluppati e più disperati. Lord of war non è una singola personalità, Lord of war è il nostro Paese, che annuncia le missioni di pace ed è uno dei primi a trafficare le armi presso i Paesi che vivono una condizione di guerra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Li abbiamo armati noi nel corso degli ultimi anni molto spesso.
  E ho sentito molta propaganda anche dalle parole del Capo della Marina militare, il quale candidamente, non solo nelle audizioni ufficiali, ma addirittura attraverso i comunicati stampa ha detto che bisogna reintervenire per aumentare i fondi e i soldi per le navi da guerra, perché giustamente dopo gli F-35 bisogna fare il bis. E chiedo a questo Parlamento e ai sinceri democratici che sono dentro questo Parlamento: è mai immaginabile che la linea politica di un Parlamento e le spese che esso deve compiere, deve appostare all'interno del bilancio dello Stato debbano passare attraverso i suggerimenti delle Forze armate ? Dov’è l'autonomia ? Dov’è la capacità di programmare le scelte strategiche di un Paese ? È un destino che la Finmeccanica e la Fincantieri debbano andare esclusivamente nella direzione del militare e non invece scommettere sul civile ?
  Noi su questo terreno dobbiamo fare un esame vero. Noi siamo un Paese che Pag. 72spende complessivamente 26 miliardi di euro l'anno nel settore militare: non sono solo i soldi che teniamo dentro a un decreto, sono i soldi che sono ovunque diffusi. Questi 26 miliardi fanno 70 milioni di euro al giorno. Siamo il decimo Paese mondiale per spese militari. Io vorrei che il mio Paese fosse il decimo per tassi di uguaglianza, vorrei che fosse il decimo per il sapere, vorrei che fosse il decimo per i diritti civili, vorrei che fosse il decimo per le libertà, non solo per le guerre e per le spese militari.
  Allora, proviamo tutti insieme a fare un'analisi un po’ più serena rispetto alle sfide che attraverseranno questo Paese oggi e nel futuro. Guardate, la discussione di oggi non dev'essere rituale perché appartiene ai prossimi mesi, al destino che dovrà avere una missione importante come quella dell'Afghanistan, che è figlia di un'altra stagione del mondo. È figlia di quella stagione in cui qualcuno teorizzò la guerra preventiva, è figlia di quella stagione in cui qualcuno pensò che la lotta al terrorismo si faceva con i bombardamenti e con l'occupazione militare di quei Paesi. Il risultato dopo dodici anni è che non si è stabilizzato quasi nulla e il rischio concreto che all'indomani della fine della missione ISAF si possa determinare una situazione di ulteriore destabilizzazione di quel Paese è estremamente concreto.
  Di fronte a questi dati dovremmo fare un bilancio, non esclusivamente ripetere le scelte. Sono trascorsi più di dodici anni da quella missione, uno dei conflitti più lunghi, più controversi, sanguinosi. Ci hanno lasciato la vita 3.000 soldati della coalizione, 53 soldati italiani – a quei 53 soldati italiani Sinistra Ecologia Libertà vuole portare un ricordo vero, non formale, sentito, perché sono i figli di scelte sbagliate che abbiamo compiuto – e oltre 70.000 civili afgani. Soltanto nel 2011, in base a un rapporto dell'UNICEF, in Afghanistan sono stati uccisi o feriti a causa del conflitto 1.756 bambini: una media di 4,8 bambini al giorno.
  Sempre nello stesso anno, sempre in quel 2011, 316 tra bambini e ragazzi sotto i 18 anni di età sono stati reclutati nelle fasi del conflitto tra le parti, in particolare dai gruppi armati dell'opposizione. Abbiamo avuto una missione che ha schierato nel tempo 130 mila soldati stranieri, 4 mila dei quali italiani, ed è costata all'Italia 5 miliardi e mezzo di euro, di cui soltanto 217 mila, caro Ministro, caro Viceministro Giro, soltanto 217 mila destinati alla cooperazione e agli aiuti allo sviluppo civile. Se questo è il punto, un Paese grande, che non sceglie la strada della reticenza, che non sceglie la strada della ripetizione, che sceglie di approfondire, di studiare e di correggere, che prova ad intervenire in maniera chirurgica nelle situazioni di conflitto o di post conflitto, farebbe un bilancio, opererebbe una scelta. Per i dati di un Paese che è il ventiduesimo per PIL pro capite (500 dollari), primo Paese per rifugiati secondo i dati dell'UNHCR (3 milioni), il secondo Paese per richiesta di asilo ai Paesi industrializzati, il quarto Paese per età media. Se sono questi i dati, non è più il tempo di rinviare una discussione, ma è il tempo di farla qui.
  E, guardate, la discussione che noi chiediamo, che chiedono le opposizioni, e chiede Sinistra Ecologia Libertà, è una discussione vera, approfondita, senza limiti temporali. E i limiti temporali non possono essere dettati da una scadenza di un decreto-legge, perché la scadenza di un decreto-legge è nei fatti una tagliola e non riesce a programmare le scelte che dovremmo fare nel futuro. E lo dico qui perché conosciamo quella realtà e ci siamo confrontati con le tante associazioni. Oggi, ad esempio, abbiamo audito in Commissione esteri ActionAid che ci raccontava della situazione drammatica delle donne in Afghanistan, tutt'altro che risolta. E abbiamo ascoltato le reti, come Afgana, che chiedeva, oltre ad un intervento militare, un intervento della cooperazione più solido. Noi la accettiamo quella proposta, quella proposta che dice che per ogni euro risparmiato dalla missione in Afghanistan, il 30 per cento deve andare in cooperazione, deve andare in aiuti allo sviluppo, deve andare in rafforzamento della giustizia, delle istituzioni democratiche, Pag. 73dei diritti dei bambini, dei diritti delle donne, dei diritti della popolazione offesa.
  E dovremmo avere allo stesso tempo la capacità di fare un esame rispetto a quelle che sono state le scelte offensive del nostro Paese. Noi non siamo stati lì esclusivamente a presidiare un territorio, perché altrimenti mentiremmo a noi stessi e mentiremmo al Parlamento italiano. Noi lì ci siamo andati con gli elicotteri «Predator», ci siamo andati con strumenti offensivi. Non siamo andati in una missione di pace, siamo andati in una missione di guerra. Vorremmo che almeno nella dizione questo elemento di verità venisse reintrodotto. È così, noi abbiamo chiesto e lo chiediamo tuttora in maniera solenne, non formale, sentita, autentica, perché frutto delle battaglie che abbiamo fatto nel corso di questi anni, da diverse postazioni, dentro o fuori al Parlamento. Noi non siamo dei neofiti del pacifismo, non siamo pacifisti soltanto quando si devono contare gli scontrini al corpo diplomatico di questo Paese. Noi siamo convinti che le scelte che si sono fatte sono state errate e vanno cambiate. E lo dico perché, se andiamo a vedere un'analisi dell'università americana di Chicago, commissionata dalla fondazione «Clinton», non da una pericolosa organizzazione pacifista, il costo delle guerre post 11 settembre è stato di seimila miliardi di dollari.
  E quando sentiamo che la NATO non pubblicherà più le statistiche sulla guerra in Afghanistan, ci domandiamo se c’è trasparenza dentro il dibattito che stiamo facendo. Se questi sono i punti, noi chiediamo ora lo spacchettamento della missione in Afghanistan rispetto alle altre. Lo chiediamo ora e lo chiediamo accanto ad altre missioni che, a nostro avviso, vanno riviste profondamente. Non possiamo più immaginare che, dopo dodici anni, la missione Active Endeavour nel Mediterraneo, contro il terrorismo, anche quella frutto dell'11 settembre, rimanga lì senza che ne conosciamo i risultati, senza che ne conosciamo gli effetti, senza che sappiamo che funzione abbia avuto.
  Noi abbiamo esplorato in passato altri metodi. L'Italia è stata un Paese grande anche sul terreno della politica estera, della diplomazia, quando è riuscito a costruire una missione multilaterale sotto l'egida dell'ONU come UNIFIL. E abbiamo avuto gli effetti di stabilizzazione di quelle realtà. Siamo stati un Paese grande quando in quest'ultimo frangente, di fronte al rischio che il mondo precipitasse di nuovo nel baratro della guerra, abbiamo scelto sulla Siria la via più complicata, quella diplomatica, quella di esperire tutti i percorsi affinché ci fosse la possibilità di un disarmo, di un disarmo delle armi chimiche, di una possibilità di un intervento strutturale in quel teatro per aiutare le popolazioni civili a liberarsi dall'incubo della guerra e per aiutare il mondo a non scegliere la strada di un intervento che avrebbe avuto effetti catastrofici in tutta la regione, coinvolgendo molteplici players regionali e probabilmente determinato nel Medio Oriente un caos gigantesco. Noi siamo stati un grande Paese quando per tante volte siamo stati capifila per spingere la comunità internazionale ad intervenire nel conflitto israelo-palestinese. Siamo stati un grande Paese quando abbiamo scelto di votare a favore del seggio all'ONU per l'Autorità nazionale palestinese. Questo grande Paese ha oggi l'autonomia e la forza per poter scegliere di rinunciare ad alcune missioni che si sono rivelate fallimentari.
  E questo grande Paese ha anche la possibilità, l'autorevolezza e il diritto di parlare un linguaggio un po’ più chiaro anche rispetto alla drammatica vicenda libica. Guardate che qui si è consumato un intervento che ha avuto degli effetti destabilizzanti. Si parla di una somalizzazione della Libia. Oggi è difficile calcolare il numero di fazioni che si confrontano in quel teatro, fazioni armate dal chiaro indirizzo jiahadista e terrorista. Quel territorio è diventato, come dire, una sorta di carta moschicida dove si scaricano tante delle contraddizioni del Medio Oriente e dove si scaricano moltissimi elementi pericolosi per la stabilità di quella regione. Oggi noi scegliamo la strada di EUBAM e di Cirene. Vorremo capire con estrema chiarezza quali sono le regole di ingaggio Pag. 74perché se l'Italia dovesse avventurarsi dentro una missione che porta ad una scelta di disarmo rischieremmo di entrare in un nuovo Vietnam. E invece la stabilizzazione deve essere politica. Deve esserci uno sforzo della comunità internazionale, deve esserci un impegno corale. Non possiamo trovarci di fronte a scelte unilaterali, al G8 che dice: cara Italia, vai avanti dopo che la Francia e l'Inghilterra hanno provocato questo caos.
  E allora, se questi sono i punti, se è vero quello che abbiamo detto rispetto al decreto-legge, se è vero che questo decreto-legge, per quanto ci siano degli elementi importanti, i soldi sulla cooperazione, qualcosa in più, è troppo poco. Troppo poco rispetto ad un Paese che spende lo 0,19 per cento del proprio prodotto interno lordo in aiuti allo sviluppo e dovremmo stare molto più su, allo 0,7 secondo gli «Obiettivi del millennio».
  Abbiamo scelto la strada di un investimento sulla cooperazione in questo decreto. Benissimo. Basta ? Possiamo immaginare che già ora ci siano altre risorse che vanno lì, magari tagliando le missioni ? Possiamo immaginare già da ora di dare una dimensione di forza al nostro Paese, anziché di debolezza ?
  Possiamo dire, cominciare a dire una parola un po’ più chiara rispetto alla missione Mare nostrum, il grande assente dentro un decreto minestrone, che è un decreto omnibus, dove c’è tutto ? Quella missione per oggettive ragioni temporali non c’è, ma è il grande convitato di pietra. Possiamo avere dal Ministro, anziché qualche velina, qualche informazione un po’ più completa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? Perché l'abbiamo già visto Mare nostrum in altri passaggi della storia italiana. Abbiamo soltanto l'idea di reagire a quel dramma enorme di Lampedusa esclusivamente militarizzando il Mediterraneo e, magari, poi, alla chetichella, facendo arrivare l'ambasciatore dell'Eritrea, uno Stato dittatoriale, ai funerali dei tanti morti che sono avvenuti lì, nel mar Mediterraneo ?
  Oppure abbiamo la possibilità come Paese di fare una scelta diversa sul Mediterraneo, di promuovere un lavoro insieme alle ONG, insieme alla cooperazione, insieme alle associazioni, provando a farle lavorare rispetto alla mediazione, rispetto alla capacità lì di insistere e di costruire luoghi della diplomazia ? Lì, in loco, e provando a cambiare i trattati sulla Libia, che sono originati dagli accordi inconfessabili che anche il nostro Paese ha stipulato con il dittatore Gheddafi quando andava bene a tutti, inizialmente, e dopo, quando andava bene all'Italia e a tutte le cancellerie europee.
  E allora, se questi sono i punti, proviamoci, proviamo a fare uno sforzo qui. Ci hanno detto che ci stavamo predisponendo a fare ostruzionismo parlamentare, che non è una bestemmia: l'ostruzionismo non è uno sport, è una fatica, è una fatica di documentazione, di ricerca, di approfondimento nel merito delle questioni; è un tentativo, anche corale, di costruire una posizione, facendo partecipare il Parlamento. Ed ha anche degli obiettivi: quello di cambiare i decreti-legge profondamente e di evitare che succeda mai più quello che sta succedendo ora. Che il prossimo decreto-legge sulle missioni non sia soltanto uno, ma ce ne sia più di uno, in modo tale che il Parlamento possa discutere in maniera diversa sull'Afghanistan, su UNIFIL e sulle altre missioni. E, allo stesso tempo, l'ostruzionismo non è una pratica testimoniale: è una pratica che prova a mettere in campo un'iniziativa nuova, diversa, in questo Parlamento e in questo Paese, per provare ad accendere i riflettori rispetto a quello che, nel silenzio, è passato nel corso dell'ultimo quinquennio, dove le larghe intese sulle missioni militari erano ben precedenti alle larghe intese di fatto che si erano determinate con il Governo Monti e, successivamente, con il Governo Letta.
  Ma, guardate, noi non faremo ostruzionismo: noi faremo interposizione pacifica per cambiare il senso di questo decreto-legge, perché l'ostruzionismo parlamentare, caro sottosegretario Giro e caro sottosegretario Alfano, l'avete fatto voi del Governo, portandoci questo decreto-legge come un pacchetto chiuso e inemendabile Pag. 75e impedendoci come Parlamento di discuterlo e di modificarlo. Ci vediamo in questi giorni per discutere e provare a cambiare questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni) !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Deborah Bergamini. Ne ha facoltà.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, arriva in Aula e stiamo dibattendo...

  PRESIDENTE. Conteniamo l'entusiasmo a sinistra ? No, non conteniamo.

  DEBORAH BERGAMINI. Forse è dovuto al mio intervento. Speriamo.

  PRESIDENTE. Colleghi, lasciate parlare la deputata Bergamini. Prego, Bergamini.

  DEBORAH BERGAMINI. Dicevo, giunge finalmente in sede di discussione sulle linee generali in Aula la conversione in legge del decreto-legge sulla proroga delle missioni internazionali, delle nostre missioni di pace. Io voglio iniziare questo mio intervento – che, premetto, sarà più breve di quello dei colleghi che mi hanno preceduto – innanzitutto con una annotazione – consentitemelo – storica, ma brevissima, ovvero con la voglia di ricordare che l'Italia ha partecipato negli ultimi 20 anni a oltre 130 missioni militari all'estero, sia in ambito NATO, che in ambito Unione europea, che in ambito ONU. Non lo ricordo a caso, lo ricordo perché nel corso degli anni l'attenzione dell'opinione pubblica su quello che riguarda la nostra strategia di peacekeeping internazionale ha avuto modulazioni diverse. Oggi, quando si parla di missioni di peacekeeping da parte del nostro Paese ci si concentra in particolare su due aspetti: da una parte – e lo abbiamo sentito in molti interventi che mi hanno preceduto – sulla necessità di una razionalizzazione di tutto quello che è lo strumento militare, e dall'altra sulla selvaggia necessità di procedere a un taglio di spesa. E spesso, quando noi parliamo di missioni militari del nostro Paese, immediatamente arriva il sillogismo della necessità di contenere e di tagliare le spese.
  Questi due elementi sono stati due elementi cardine anche della discussione di questo provvedimento in sede di Commissione, una discussione che a mio parere è stata utilissima, proficua, illuminante sotto molti aspetti, anche credo per quello che riguarda i rappresentanti di Governo che vi hanno partecipato. Sono sicura che non mi smentiranno. Perché ? Perché molti sono stati gli aspetti dibattuti in grande profondità, che sono emersi: una richiesta assolutamente auspicabile di una maggiore trasparenza, di una maggiore rendicontazione di tutto quello che riguarda le nostre missioni di peacekeeping, un maggiore – ribadito più volte – coinvolgimento del Parlamento, una maggiore esigenza di un'informazione che sia più costante, programmatica, strategica, condivisa, trasparente essa stessa, una più generale approfondita analisi su quale sia lo stato della nostra azione di cooperazione allo sviluppo (da tempo sappiamo molto bene quale sia la necessità di rivedere tutto questo comparto).
  Elementi importanti, utili per tutti i gruppi parlamentari che hanno preso parte al dibattito, ma debbo aggiungere – e lo voglio fare qui – che è ancora timido, invece, il dibattito su un altro elemento cardine, che è quello del senso che vogliamo dare al futuro delle nostre missioni di peacekeeping, del nostro impegno all'estero in questo senso, ovvero su quali siano gli interessi che vengono tutelati o promossi dalla partecipazione del nostro Paese alle missioni internazionali; interessi che possono essere elencati nelle tre grandi categorie e che adesso dirò, non per ordine di importanza, ci tengo a sottolinearlo.
  Il primo è sicuramente il contrasto e/o la prevenzione di minacce alla sicurezza nazionale, minacce anche di natura non convenzionale o asimmetriche come il terrorismo o la pirateria internazionale.
  Un secondo elemento è la stabilizzazione militare e politica di aree geograficamente Pag. 76o funzionalmente importanti per i nostri interessi, per gli interessi nazionali di sicurezza, per gli interessi nazionali di natura economica, energetica e di contrasto all'immigrazione clandestina.
  Terzo, ma non ultimo per importanza, come dicevo, un contributo convinto agli sforzi internazionali verso l'assistenza umanitaria e la protezione dei diritti umani, strada la più auspicabile sicuramente per costruire una vera stabilità in aree di conflitto o in aree di crisi.
  Nel valutare quanto la partecipazione italiana a una missione abbia tutelato un determinato interesse nazionale, basterebbe chiedersi, facendo un processo al contrario, e ogni tanto provando a chiedersi che cosa sarebbe accaduto verosimilmente se in tale o in talaltra situazione l'Italia avesse dato forfait, se avesse deciso di non partecipare.
  Questo è un esercizio non puramente stilistico che non facciamo mai, che non fa parte del dibattito nazionale sul tema del peacekeeping e che invece è un elemento qualificativo. Domande come questa che pongo, appunto, trovano ben di rado ospitalità nel dibattito nazionale; si omette spesso di dare valutazioni di tipo strategico, di tipo complessivo, di tipo complesso perché complesse sono le questioni legate alla nostra attività di peacekeeping sulla presenza italiana in un determinato teatro operativo, teatro di conflitto, teatro di crisi. Allora che cosa succede ? Forse è una forma di pudore il non parlare di questo tema ? O una forma di ipocrisia ? O una forma di eccessiva semplificazione ? Una forma che in qualche caso potrebbe essere anche di superficialità ? Fatto sta che spesso per giustificare, per rispondere al perché noi partecipiamo a missioni di peacekeeping all'estero si usa un argomento alquanto banale, ovvero che ci viene chiesto di farlo da parte dei consessi internazionali – siano essi l'ONU, l'Unione europea o la Nato –, ci viene chiesto di farlo e noi eseguiamo, perché facendo parte di un consesso internazionale ci sono delle regole, ci sono degli impegni che noi prendiamo e che dobbiamo mantenere.
  Dunque un vincolo. Ecco io credo che sarebbe un grave errore, non sarebbe giusto nei confronti del lavoro che ogni giorno viene svolto dai nostri uomini e dalle nostre donne impegnate nelle missioni di peacekeeping, limitarci a questa banale, strumentale a volte, lettura del perché il nostro Paese continua con convinzione a ritenere positivo il suo bilancio per quello che riguarda la sua esperienza di peacekeeping e perché ritiene che sia necessario continuare a partecipare a queste missioni.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  DEBORAH BERGAMINI. Ho già esaurito il tempo ?

  PRESIDENTE. Il suo gruppo mi aveva indicato sette minuti.

  DEBORAH BERGAMINI. Posso allungare di due minuti, Presidente ?

  PRESIDENTE. Va bene, prego.

  DEBORAH BERGAMINI. Mi collego a quanto già detto in interventi precedenti, è vero che la predisposizione di una legge quadro che disciplini questo ambito di attività, importante, prioritaria e strategica del nostro Paese, è quanto mai necessaria anche per evitare quello che il collega Scotto richiamava prima, una sorta di «decreto minestrone» che contiene norme che non fanno parte della materia trattata e che tuttavia ci rientrano.
  Questo credo che sarebbe un atto che riconoscerebbe l'importanza e il valore strategico proprio delle nostre missioni, della nostra partecipazione all'attività di peacekeeping.
  Ho ricordato prima che i patti si mantengono, dunque la partecipazione e il nostro ruolo all'interno dei consessi internazionali. Questo non significa che l'Italia debba essere passivamente data per scontata nel suo ruolo, non significa che il nostro Paese debba automaticamente in ogni missione che viene decisa altrove Pag. 77essere presente e partecipare in forze. Ci guardiamo bene dal dare una valutazione di questo genere.
  Riteniamo però che si possa e si debba valutare per ogni missione se, quanto e come contribuire in modo strategicamente collegato agli interessi nazionali, agli interessi del nostro Paese, agli interessi appunto nazionali in gioco e alle dinamiche europee e transatlantiche, tenendo presente, con grande chiarezza, che oggi gli scenari geopolitici mutano con una rapidità e una complessità che sarebbero state impensabili soltanto pochi anni fa e noi dobbiamo farci carico di questo cambiamento e di questa accelerazione. E lo facciamo anche attraverso l'impegno di informarci e di svolgere messe a punto periodiche reali, non di facciata, sullo stato delle nostre missioni di peacekeeping.
  Infine, e ho terminato, si può e si deve far valere nelle organizzazioni multilaterali di nostro riferimento ciò che l'Italia ha fatto e fa nelle missioni internazionali, è un riconoscimento che ci viene dato a livello internazionale, per contribuire a promuovere o almeno a tutelare la posizione italiana nei vari dossier sui tavoli internazionali.
  Come dicevo, questa è una posizione che noi ci siamo guadagnati, che ci viene riconosciuta, un riconoscimento che viene dato alla nostra capacità, alla nostra professionalità nello svolgere il ruolo di peacekeeping da parte dei nostri uomini e delle nostre donne.
  Vent'anni di missioni italiane all'estero sono un patrimonio ampiamente riconosciuto, un bilancio positivo e costituiscono uno strumento importante non soltanto per la politica di difesa ma anche per l'attualizzazione di nuove strategie di politica estera: un'esperienza maturata che deve servirci, che deve esserci preziosa per orientare, in futuro,scelte che siano consapevoli, efficaci e condivise da questo Parlamento.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, è con una certa amarezza che prendo la parola, perché vediamo che – né il Governo, né nessun gruppo, neanche il PdL, nel momento in cui si parla di missioni internazionali lo fa – si omette e si tace sul fatto che nel corso delle missioni internazionali autorizzate dall'ONU l'Italia ha subito l'offesa dei cittadini italiani: sono stati sequestrati per un fatto accaduto in acque internazionali e con l'immunità diplomatica calpestata da parte di un Paese, che peraltro fa parte del consesso internazionale, l'India ma si comporta ancora con una mentalità chiaramente lontana dal rispetto delle norme di diritto internazionale. È un fatto grave: mi dispiace molto dover ripetere e ribadire questo aspetto, e ne parlerò ancora, perché questo fa cambiare il nostro atteggiamento.
  Sia ben chiaro: noi sappiamo bene che la «missione internazionale» madre di cui si è discusso, quella in Afghanistan, è una missione tristemente necessaria; e tuttavia è una missione che è costata moltissimo, quasi cinque miliardi di euro, e che, per una gestione maldestra dei nostri alleati americani, spesso ha fatto danni gravi, compresi quelli più estremi anche di tanti civili che non possono essere banalizzati come vittime collaterali. Così come non bisogna dimenticare i 53 nostri caduti, ma i tanti caduti: credo che quando si parla di persone, è evidente che l'Italia può avere una sensibilità particolare per i militari che noi abbiamo mandato, ma ogni vita umana che si perde, a prescindere dalla giustezza o meno, la nazionalità, questo deve rappresentare un elemento di riflessione. Così come costruire un decreto-legge di rifinanziamento con una sorta di ambaradan di tante norme rappresenta ancora la volontà di mantenere poco chiara e poco trasparente l'azione del Governo rispetto al Parlamento.
  E tuttavia, gli ultimi attentati gravi accaduti in Kenya, così come in altre parti del mondo, dimostrano che il terrorismo internazionale è ancora attivo, e che solo grazie a queste missioni l'Italia e l'Occidente sono riusciti a mantenere lontano dai nostri confini nazionali gravi episodi di violenza. L'allarme è sempre alto; i nostri Pag. 78militari sappiamo che sono certamente a combattere e a difendere la pace nel mondo, ma sono a combattere e a difendere la sicurezza nazionale.
  Possiamo dire e possiamo affermare che i nostri caduti non sono caduti invano: sono caduti per la sicurezza e la garanzia dei nostri concittadini, in patria così come nel resto del mondo. Ormai con la globalizzazione c’è chi va in vacanza, c’è chi è in giro per lavoro, c’è chi risiede all'estero, e quindi la lotta contro il terrorismo deve continuare. E d'altro canto, sappiamo bene che di fronte al nostro mare la situazione è incandescente: in Libano ci ha spinto una missione importante, che vede un grande successo da parte del nostro contingente; così come al di là dell'Adriatico, nei Balcani la nostra missione, prima in Bosnia e adesso in Kosovo, rappresenta un elemento non soltanto di pace e di sicurezza per quelle popolazioni sventurate e sfortunate, ma rappresenta un elemento di sicurezza e di serenità per i nostri confini e proprio per il nostro territorio.
  Sono quindi dell'opinione, come gruppo, che queste missioni devono continuare. L'Italia, più che mantenere il suo ruolo, come qualche volta viene detto, di partecipazione attiva deve garantire la propria sicurezza: siccome non siamo un Paese che è in grado di difendersi da solo, e siccome non siamo una nazione che ritiene che in questo mondo si debba stare da soli, l'idea di partecipare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, alla NATO, all'Unione europea, significa anche assumersi certi oneri, e ovviamente significa anche partecipare a missioni di stabilizzazione della pace, a missioni di lotta e di contrasto al terrorismo internazionale.
  Tutto ciò ci è ben chiaro ma rimane allo stesso modo chiara la vergogna che i nostri alleati si sono girati dall'altra parte quando, nel corso della missione in Corno d'Africa contro la pirateria internazionale, due nostri militari sono stati sequestrati. Sono stati sequestrati per un fatto dubbio accaduto, quindi bisognerà vedere se è vero o falso; abbiamo un ministro degli esteri che si permette di dire che sono sotto processo e noi non sappiamo se sono colpevoli o innocenti, dimenticando che il diritto internazionale e la missione stessa della partecipazione ai consessi internazionali con truppe implica il riconoscimento della giurisdizione domestica. In altre parole, ben venga un processo per accertare se ci sono responsabilità ma i nostri marò dovevano essere processati in Italia. Il fatto è accaduto in acque internazionali ed i due militari sono stati inviati dall'Italia, non andati volontariamente a fare quello che facevano, per una missione voluta dall'ONU: sono stati invitati, dapprima subdolamente ad entrare nel porto in India e poi sequestrati, io direi proprio rapiti con la forza e con la minaccia e chissà magari anche con il consiglio da parte di qualche diplomatico italiano. Poi voglio continuare: le pressione, le intimidazioni contro il nostro ambasciatore, in un silenzio assordante da parte del Governo. Allora, rispetto a tutto ciò, noi come gruppo di centro-destra nazionale, di Fratelli d'Italia, non possiamo sostenere acriticamente il comportamento del Governo e di questa maggioranza; per ora ci limiteremo all'astensione sul decreto di finanziamento delle missioni proprio perché almeno avremmo dovuto per dignità e per amor patrio interrompere l'operazione Ocean Shield e Atalanta e quella in Corno d'Africa. Certamente non possiamo continuare come stiamo facendo persino a proteggere gli interessi dell'India, persino a salvare marinai indiani, mentre l'India sequestra e tiene illegalmente due nostri militari che abbiamo mandato a difendere la pace, anche gli interessi indiani contro il terrorismo internazionale in quei mari. Certamente, se nel prossimo decreto di rifinanziamento saranno comprese ancora queste operazioni militari, se, con riferimento al prossimo decreto di rifinanziamento, a gennaio, i nostri militari saranno ancora abbandonati (forse sono anche stati inviati con l'inganno e la violenza morale, probabilmente anche da parte di qualche altro ministro e altri funzionari, perché ricordo che, quando sono stati consegnati, è stato fatto illegalmente; un cittadino Pag. 79infatti può essere consegnato ad un paese straniero solo tramite l'estradizione, invece in quel caso li si è convinti spontaneamente come è apparso sui giornali a tornare in India), se ci sarà ancora questa illegittima detenzione, se ci sarà ancora la presenza di queste tre operazioni nell'oceano indiano, nel Corno d'Africa, nel prossimo decreto di rifinanziamento il gruppo di Fratelli d'Italia dovrà per forza votare contro, per protestare contro questa vergogna e contro questa debolezza del Governo italiano.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, com’è noto, nel corso degli anni sono stati numerosi i provvedimenti d'urgenza esaminati per autorizzare o prorogare gli interventi militari all'estero. Ed in molte circostanze la Lega non ha fatto mancare il proprio supporto.
  La Lega Nord, infatti, non è pregiudizialmente contraria alle missioni internazionali delle Forze Armate in quanto tali, ma discrimina, valutandone nel merito l'opportunità, momento per momento, alla luce di due parametri fondamentali: gli interessi perseguiti concretamente dai singoli interventi e la loro compatibilità con le condizioni generali della finanza pubblica.
  La partecipazione alla campagna contro il terrorismo transnazionale di matrice jihadista è stata ad esempio sostenuta anche quando le perdite crescenti la rendevano via via più impopolare ed il supporto della Lega non è mancato specialmente quando lo imponeva la responsabilità connessa all'esercizio delle funzioni di Governo.
  Muoviamo oggi da questa premessa per argomentare la nostra decisione, già formalizzata nelle Commissioni esteri e difesa, di votare contro la conversione in legge del secondo decreto con il quale quest'autunno si dispone la proroga delle numerose operazioni in corso all'estero.
  I nostri rilievi critici sono oggi riconducibili a due ordini di ragioni, sulle quali ci si soffermerà brevemente. Al primo livello, contestiamo la tempistica del ricorso alla decretazione d'urgenza: che senso ha, in presenza di interventi di lunga durata, prevedere all'inizio dell'anno un finanziamento che copre le operazioni solo fino alla fine di settembre e poi correre alla disperata, alla fine dell'esercizio finanziario, con un provvedimento ad hoc solo per gli ultimi tre mesi ? Capiamo molte cose: l'incertezza gravante sull'andamento del prodotto interno lordo all'inizio dell'anno, ad esempio, e la permanente speranza che arrivino sorprese positive, che invece, ahimè, non si concretizzano mai. E comprendiamo persino la presunta volontà dei Ministri del Governo Monti di non legare le mani ai loro successori.
  Tuttavia, a quanto ci è dato riscontrare dalla lettura delle norme in itinere contenute nel disegno di legge di stabilità, ora al vaglio del Senato, pare che questo espediente stia per diventare parte integrante di una tecnica permanente. È chiaro a tutti, infatti, che non basteranno i 765 milioni stanziati per il prossimo anno a coprire le esigenze del 2014 e che anche l'anno prossimo si farà come adesso, emanando un decreto legge dopo l'estate per arrivare fino alla fine dell'anno.
  A nostro avviso, questo metodo è inopportuno e foriero di rischi per le Forze armate, i soldati che mandiamo su teatri spesso assai rischiosi. Rappresenta inoltre un serio problema per i pianificatori, che hanno bisogno di ragionevoli certezze. Per questo, intendiamo stigmatizzare la procedura e chiedere il suo superamento, segnalando nel modo più forte possibile la nostra contrarietà.
  Veniamo quindi al merito delle missioni prorogate, rispetto al quale abbiamo altri dubbi. Notiamo a questo riguardo come persista la perniciosa tendenza a disperdere le scarse energie di cui disponiamo su una gran quantità di aree geografiche, già altre volte criticata in quest'Aula ed anche da altri gruppi parlamentari.
  Onorevoli colleghi, Signor Presidente, rappresentanti del Governo: quando i soldi Pag. 80scarseggiano, si fanno delle scelte. Si identificano delle priorità e si tagliano i rami secchi. Dovremmo farlo anche in relazione alle missioni, che sono troppe, disperse in mille rivoli e spesso parcellizzate in contingenti che non possono garantire al Paese nessun ritorno politico. Cosa danno, in termini di interessi, distaccamenti di tre, quattro, cinque, anche dieci militari inviati in uno Stato lontano ? Nulla. Per lo meno, dimostrateci che sbagliamo.
  Poi abbiamo nel provvedimento interventi che noi ritenevamo non condivisibili sin dall'inizio, come quello in Libano, che ora rappresenta addirittura una vulnerabilità strategica per il nostro Paese, di cui limita la libertà di scelta. Tutti ricorderanno qui come al recente summit del G20 svoltosi a San Pietroburgo, il Presidente del Consiglio Enrico Letta avesse apposto la propria firma ad un documento che di fatto poneva la nostra Repubblica nello schieramento degli Stati disponibili ad appoggiare una campagna di bombardamenti contro il regime di Damasco. Fortunatamente, non se ne è fatto poi nulla, ma se si fosse passati ai fatti, i nostri soldati di Unifil II si sarebbero trovati alla mercé di Hezbollah. Anche per questo, noi abbiamo chiesto già nelle Commissioni di considerarne il ritiro e ci accingiamo a fare altrettanto nell'Aula, per finanziare invece interventi di più immediato interesse per la nostra opinione pubblica, giustamente sgomenta di fronte alle tragedie legate all'immigrazione clandestina.
  Parliamo di Mare nostrum, di cui nel decreto non vi è traccia, ed anche degli interventi internazionali e sotto bandiera dell'UE in Libia, che invece ci sono e che potrebbero essere opportunamente rafforzati come prima linea di difesa rispetto agli sbarchi, magari anche comprendendo quell'intervento aero-elettronico di cui abbiamo appreso dal Primo Ministro libico, grazie al quotidiano tripolino in lingua inglese, Libya Herald, e di cui qui invece non si sa nulla.
  Poi, il costosissimo Afghanistan, che da solo rappresenta praticamente la metà dei costi dei nostri interventi militari all'estero. È da tempo che riteniamo esaurita la funzione della nostra presenza in quel Paese e sono ormai molti gli alleati che hanno già lasciato quel teatro: pensiamo agli olandesi e ai francesi, ad esempio, o anche agli spagnoli, cui proprio in questi giorni si sono aggiunti gli australiani, che se ne andranno entro Natale. Non proprio delle «mammole», ma nazioni di tradizioni che, è il caso dell'Australia, certo non possono essere accusate di essere poco leali verso gli Stati Uniti.
  Gli stessi americani non paiono avere le idee troppo chiare sul da farsi. Però, ci sono alcuni dati che fanno pensare. Il contingente statunitense è stato dimezzato, passando dal massimo di centomila uomini schierati in Afghanistan agli attuali 51 mila, che potrebbero scendere a 5 mila a fine 2014. Nel frattempo, si tratta con i talebani. Lo hanno fatto gli stessi americani, lo fa il Governo di Hamid Karzai, che chiede al Pakistan di liberare i capi politico-militari della guerriglia per poterci discutere ed invitarli a reintegrarsi.
  Noi vorremmo sapere in queste circostanze quale sia il piano del Governo italiano, anche perché temiamo che non ce ne sia uno. Se in Afghanistan si apre al ritorno dei talebani al potere, anche in coalizione, lasciamo i nostri militari a proteggere un Governo partecipato da queste persone che abbiamo a ragione dipinto come il male assoluto ? Cosa diremo alle famiglie dei caduti ? Occorre riflettere. Per questo, avremmo voluto vedere già in questo decreto un più forte e rapido ridimensionamento del nostro contingente schierato ad Herat, tanto più che i rischi stanno aumentando. Dove i nostri hanno già ceduto il controllo ai loro colleghi afghani, come a Bala Murghab e nel Gulistan, i talebani sono infatti tornati a farla da padroni. Shindand è sotto attacco quasi quotidianamente. E dalla stampa americana sappiamo che Herat è la città più «drogata» d'Afghanistan. Forte è la sensazione che laggiù stiamo ormai perdendo uomini, denaro e risorse per un teatro che non è ritenuto più importante nemmeno dagli americani. Non possiamo essere più realisti del re !Pag. 81
  Il nostro giudizio su altri interventi, come quelli che hanno a che fare con la lotta antipirateria, è certo più morbido. Ma anche per questa ragione riteniamo che proprio la distribuzione complessiva degli sforzi e la loro dimensione totale debbano essere presto riviste, con una specie di spending review che raggiunga anche questo settore.
  Proprio per questo motivo, la Lega Nord esprime oggi scetticismo, manifesta dei dubbi, propone degli emendamenti correttivi e si prepara a segnalare la propria contrarietà a questo provvedimento, nella speranza che almeno il prossimo anno si proceda diversamente. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Edera Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione oggi in Aula interviene a prorogare le missioni internazionali dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013. Premetto che il termine della precedente proroga era il 30 settembre. Il decreto è entrato in vigore il 10 ottobre e, pertanto, ha avuto un effetto retroattivo per i nove giorni del ritardo a causa della mancanza di copertura economica ma, soprattutto, dell'incapacità politica del Governo. Tecnicamente, dunque, è giusto parlare di proroga o, forse, è meglio il differimento dei termini. Vista l'urgenza causata dal ritardo del Governo, inoltre, nel decreto non è presente l'analisi d'impatto della regolamentazione – AIR –, esclusa ai sensi dell'articolo 14, comma 8, della legge 28 novembre 2005, n. 246.
  È bene precisare che qualsiasi decreto-legge per definizione è un atto normativo adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo.
  Quindi mi chiedo se per ogni decreto si possa essere giustificati ad essere esenti dall'elaborazione di questa importante analisi. Anche il Comitato per la legislazione ha ritenuto non omogenee alcune disposizioni, come l'articolo 7, comma 3, che interviene in materia di trattamento economico del personale militare comandato presso l'Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento (UAMA). Infatti il decreto-legge, all'articolo 7, comma 3, che ripartisce tra i Ministeri degli affari esteri e della difesa gli oneri per la corresponsione del trattamento economico al personale militare comandato presso l'Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento, erroneamente inserisce tale disposizione nell'ambito dell'articolo 30 della legge n. 185 del 1990, rubricato «distacco di personale», in luogo dell'articolo 7-bis della stessa legge, rubricato «Ministero degli affari esteri – Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento», in difformità peraltro con quanto indicato nella relazione illustrativa di accompagnamento al decreto-legge. Entrando nel dettaglio dell'esame, si prevede lo stanziamento di circa 266 milioni di euro, circa un terzo di quelli già stanziati per i nove mesi precedenti, 935 milioni circa. Come sappiamo è composto da nove articoli, suddivisi in tre Capi per aree tematiche. Il Capo I è composto da quattro articoli e riguarda disposizioni relative alle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia. In particolare, l'articolo 1 è composto da ben ventiquattro commi riguardanti le specifiche missioni e il comma 25 tratta l'erogazione dei contributi alle associazioni combattentistiche. Il Capo II prevede invece disposizioni in materia di iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Gli articoli 5, 6 e 7 trattano in particolare di iniziative di cooperazione allo sviluppo. Il Capo III, infine, con gli articoli 8 e 9, riguarda le disposizioni concernenti la copertura finanziaria del provvedimento e la sua entrata in vigore. Uno dei numerosi aspetti critici di questo decreto-legge è l'aver ancora una volta incluso le missioni in un unico articolo, senza una degna suddivisione per singola missione per capirne ed individuarne le ragioni con i relativi costi. In una fase critica dal punto di vista economico, è Pag. 82nostro dovere evitare inutili sprechi e concentrare gli interventi in particolari zone, anche per rendere possibile comunque al Parlamento di valutare ogni singola missione. Come ben sappiamo, non tutte le missioni sono uguali. Ci sono missioni che potrebbero in qualche modo vedere l'operato degli italiani in modo positivo e ci sono invece altre missioni, come per esempio quella dell'Afghanistan, che in dieci anni – in cui siamo stati appunto in Afghanistan – non hanno portato al momento a nessun risultato. Quindi, già avere un decreto e non poterlo spacchettare rende molto complicato riuscire comunque a dare una valutazione delle singole missioni.
  Mi soffermerei sulla parte relativa alla cooperazione allo sviluppo, di competenza della Commissione affari esteri e comunitari. Dal provvedimento nel suo complesso risulta comunque evidente lo squilibrio tra i fondi destinati alle missioni di pace, se di pace si può parlare, e i fondi destinati agli interventi di cooperazione allo sviluppo e al sostegno dei popoli coinvolti in collaborazione con le organizzazioni internazionali: un misero 2 per cento. Sempre in questo decreto, abbiamo notato che vengono stanziati moltissimi fondi per missioni militari quando invece viene fatto poco nei confronti della cooperazione. Io credo che per la cooperazione dovrebbe prima di tutto essere stanziato di più e dovrebbe anche essere monitorata e bisognerebbe proprio cambiare la linea politica, che vuol dire che i Paesi devono essere aiutati aiutando i popoli direttamente in questi Paesi e non in qualche modo portando missioni militari che – ripeto – nella maggior parte dei casi non hanno portato a nessun beneficio. Quindi, quello che mi chiedo è: cosa andiamo a fare in determinati Paesi, visto che comunque la situazione – e qua rientro appunto nel discorso dell'Afghanistan – non è assolutamente cambiata ? Non c’è un miglioramento della situazione della popolazione civile e ci troviamo comunque a non riuscire ad avere un controllo effettivo sul territorio.
  L'Afghanistan ci è costato in questi anni tantissimo, sia in termini di vite umane che anche in termini di fondi, e non abbiamo raggiunto nessun risultato concreto. Quindi, noi stiamo continuando a finanziare una missione che, al momento, non ha portato a nulla.
  La domanda è veramente perché ci ritroviamo ancora in un territorio senza avere portato a casa, comunque, dei risultati concreti. Io credo che il Governo dovrebbe veramente farsi delle domande – non soltanto questo Governo, ma anche i Governi precedenti – proprio per capire la motivazione di essere stati in un Paese e non aver contribuito effettivamente a nessun miglioramento.
  Tornando alla cooperazione, forse si ha un'errata visione della cooperazione stessa. È superficiale dire che bisogna pensare solo al proprio Paese, dato il momento di crisi. L'aiuto sostenibile allo sviluppo serve tanto ai Paesi in via di sviluppo quanto a noi. Voglio ricordare le tragedie degli sbarchi, recenti e non. Dobbiamo risolvere il problema alla radice con una nuova politica di cooperazione internazionale, perché dare ai Paesi in via di sviluppo non significa togliere qualcosa al nostro Paese, ma investire per il benessere reciproco, comune.
  Qui ritorna il discorso dei finanziamenti: se noi facciamo vedere ai cittadini che investiamo soltanto in opere militari e non investiamo in cooperazione, in qualche modo sottovalutiamo quello che la cooperazione può effettivamente fare nei Paesi in via di sviluppo. Se, invece, in qualche modo, mettessimo il focus sulla cooperazione, facendo anche capire che, se le persone stanno meglio lì, in qualche modo risolviamo anche un problema qui, probabilmente potremmo anche riuscire ad avere più fondi per la cooperazione.
  Però, è importante, effettivamente, mettere un focus su questo, e non soltanto sulla questione dei militari, perché altrimenti viene visto soltanto come uno spreco di denaro pubblico, che, alla fine, non porta fattivamente a nulla. La solidarietà internazionale non è solo una questione caritativa, ma deve assumere Pag. 83sempre di più la connotazione di un vero e proprio dovere giuridico, e, al tempo stesso, rappresenta anche un investimento in un mondo più giusto, e quindi più sicuro.
  Il termine «cooperazione» implica un'interazione tra due soggetti per il raggiungimento di uno scopo, che in questo caso è proprio lo sviluppo. Il termine «cooperazione» implica, quindi, che il processo di sviluppo non deve e non può essere promosso e realizzato unilateralmente. I soggetti coinvolti devono provenire dai Paesi più ricchi, in virtù del principio di solidarietà, ma devono essere coinvolti anche i soggetti che appartengono al Paese beneficiario, sia per poter individuare al meglio gli interventi da realizzare sia per garantire che detti interventi siano duraturi e rispettosi della cultura locale.
  E qui mi viene in mente di nuovo l'Afghanistan, in cui stiamo cercando di fare questa strada, più o meno da sette anni, che da Kabul porta a Bimar, e non si capisce per quale motivo vi sia questa strada infinita, che in verità è di 156 chilometri e che ancora non riusciamo a finire.
  Io ricordo che sono stati fatti dei bandi, è stato coinvolto il Governo afgano, ma chi effettivamente lavora per costruire questa strada infinita – almeno a livello tempistico, risulta infinita – non sono gli afgani, ma altre società. Allora mi chiedo: se noi apriamo dei bandi, facciamo vincere questi bandi a delle società esterne, costruiamo la strada e facciamo vedere agli afgani quanto siamo bravi e buoni, alla fine gli afgani che cosa hanno, in qualche modo, imparato ?
  Cosa abbiamo dato loro, a parte una strada ? Questo tipo di ragionamento fa sì che comunque le altre popolazioni, in qualche modo, debbano sempre essere dipendenti da noi. Noi facciamo dei miglioramenti, però, dopo, noi non insegniamo, non abbiamo effettivamente investito, per esempio, in istruzione.
  Non si investe in istruzione, però si investe, per esempio, nel far sì che l'aeroporto di Herat sia effettivamente funzionale, e anche lì si investono soldi. Però, ripeto: qual è la priorità ? La priorità è che vi sia un aeroporto a Herat, in cui aerei, militari e non, possano atterrare, oppure la priorità è che vi sia effettivamente un cambiamento, e quindi si riesca a far sì che gli afgani possano, in un futuro, costruire le proprie strade ? Probabilmente, dovremmo riflettere anche su questo.
  La sostenibilità quindi è la base. Ogni individuo, secondo questo approccio, deve essere messo in condizione di condurre una vita sana, di acquisire competenze e di accedere alle risorse necessarie per condurre una vita degna e per contribuire allo sviluppo del suo Paese, secondo i principi di uguaglianza, sostenibilità, partecipazione e produttività.
  Tornando al decreto, al comma 1 dell'articolo 5 vengono stanziati 23 milioni 600 mila euro per il miglioramento delle condizioni di vita di varie popolazioni, tra cui Afghanistan, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan e Paesi limitrofi. Qui è ancora palese la genericità del provvedimento. Ora, io mi ritrovo un articolo 5 in cui non ci sono specifiche tecniche e vengono stanziati 23 milioni 600 mila euro non si capisce a chi, non si capisce per ogni Paese quanto viene stanziato, che progetti vogliono essere fatti e per quanto tempo questi progetti vogliono essere fatti. Io ho richiesto più volte una relazione sia al direttore del DGCS, Cantini, che anche in audizioni nel Comitato cooperazione e sviluppo, Obiettivi del Millennio; una relazione dettagliata su dove siamo arrivati con la cooperazione. Ecco, io questa relazione ancora non l'ho ricevuta. Quello che sappiamo è come è andata la cooperazione italiana nel 2011. Ora, io mi chiedo: noi stiamo stanziando un tot di milioni di euro, non sappiamo dove vanno, non sappiamo che tipo di progetti vengono fatti e ci ritroviamo comunque sempre in questa specie di nebulosa, dove i dati non si trovano perché è complicato averli, dove abbiamo un sito del DGCS, cioè del Dipartimento generale cooperazione e sviluppo, che è ancora al 2011, in cui non abbiamo assolutamente nessun tipo di informazione. Quindi, visto Pag. 84che noi rappresentiamo i cittadini, io credo che ai cittadini farebbe piacere oltre che sapere le specifiche tecniche di ogni singola missione, anche sapere dove vanno questi soldi della cooperazione, e in questo modo probabilmente, ripeto, la visione della cooperazione sarebbe diversa.
  Ricordo gli otto Obiettivi del Millennio al cui raggiungimento dovrebbe contribuire anche la cooperazione italiana allo sviluppo: sradicare la povertà estrema, rendere universale l'educazione primaria, promuovere l'eguaglianza di genere e l’enpowerment delle donne, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'AIDS, la malaria e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare una partnership globale per lo sviluppo. Ora, di questi punti, alcuni stanno facendo dei passi avanti, altri un po’ meno. Per quanto riguarda l’enpowerment delle donne, sempre in Afghanistan siamo andati a vedere il famoso Giardino delle donne. Il problema è che abbiamo visto otto donne che ci spiegavano in che modo era migliorata la loro vita grazie, appunto, agli aiuti della cooperazione, ma poi non si è vista nessuna struttura. Abbiamo parlato in un giardino, appunto, il Giardino delle donne. Mi sarebbe piaciuto vedere la struttura. Purtroppo sembra ci siano stati dei problemi alla struttura stessa, però sarei molto interessata anche ad avere testimonianza della struttura in cui queste donne sono state formate.
  Continuando l'esame del provvedimento, l'articolo 6 riguarda il sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Consta di 11 commi, in ognuno dei quali si specifica un particolare impegno economico corrispondente ad una particolare operazione internazionale di sostegno. Vorrei soffermarmi sul comma 2, che definisce lo stanziamento di 139 mila euro per l'invio di un diplomatico nell'area turco-siriana. Non ci è chiaro innanzitutto il ruolo di questo funzionario, che non andrebbe inserito nel decreto perché comporta una lunga discussione sugli obiettivi politici dell'Italia in fatto di politica internazionale. Questo funzionario dovrebbe interloquire con la fondazione «Amici della Siria ». Dovrebbe stare per tre mesi per un costo, come dicevo prima, di 139 mila euro al confine tra Turchia e Siria, comunque in territorio turco. Non si capisce esattamente in che cosa dovrebbe interloquire, visto che «Amici della Siria» è un insieme di Paesi – di cui, appunto, fa parte anche l'Italia – che, diciamo, hanno più volte sostenuto l'aiuto militare ai ribelli.
  Quindi, abbiamo, da una parte, il Ministro Bonino che si adeguava ed era d'accordo con le direttive delle Nazioni Unite in cui si prevedeva che non ci fosse nessun tipo di aiuto militare a nessuno e, dall'altra, poi ci ritroviamo ad essere in un gruppo – appunto questo gruppo «Amici della Siria» – che, invece, più volte ha ribadito il fatto che bisognerebbe aiutare militarmente i ribelli. Quindi, anche qui ci ritroviamo comunque con un funzionario, che ha un costo abbastanza elevato per questi tre mesi, che dovrebbe interloquire con questo gruppo. Chiaramente abbiamo dei dubbi su questo comma, molti.
  Il comma 7 definisce lo stanziamento di 1.150.000 euro per l'iniziativa IAI, Iniziativa Adriatica Ionica, finalizzato al rafforzamento della partecipazione italiana alla cooperazione nell'area. I fondi verranno gestiti dalla BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) e dal Fondo InCE. Noi ci chiediamo esattamente questa IAI cosa faccia, visto che non abbiamo nessun tipo di report e non sappiamo esattamente al momento cosa abbia fatto e ci ritroviamo comunque a stanziare 1.150.000 euro per un'iniziativa di cui non abbiamo nessun tipo di dato. Quindi, anche questo sarebbe interessante da capire.
  Sto per concludere. L'articolo 7 delimita il regime degli interventi cui il decreto si applica. In particolare è prevista, al fine di assicurare il necessario coordinamento delle azioni e degli interventi, sia sotto il profilo politico che organizzativo-funzionale, la costituzione di strutture operative temporanee mediante uno o più Pag. 85decreti ministeriali non regolamentari e senza oneri per il bilancio dello Stato.
  Sono previste alcune disposizioni derogatorie, già presenti nei precedenti provvedimenti di proroga, considerate indispensabili, a parere del Governo, anche alla luce delle difficoltà e delle criticità riscontrate nella realizzazione delle attività e degli interventi programmati nell'ambito dei precedenti decreti, in tema di: conferimento di incarichi di consulenza a enti e organismi specializzati; personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso di specifiche professionalità; destinatari dell'attività di cooperazione e di sostegno ai processi di stabilizzazione; personale estraneo alla pubblica amministrazione in qualità di osservatore di pace per conto dell'OSCE con la partecipazione alla gestione civile delle crisi per conto dell'Unione europea.
  Concludendo, questa proroga non ci piace. Non ci piace perché prima di tutto non abbiamo la possibilità di avere un'idea e di poter dare un'opinione sulle singole missioni. Quindi, come al solito, ci ritroviamo un decreto con dentro tante cose che deve per forza essere approvato in toto e non può essere spacchettato. Abbiamo dubbi su alcune parti, quindi gli emendamenti che abbiamo proposto riguardano proprio alcuni commi su cui abbiamo particolari dubbi. E chiaramente, in linea generale, ci sono alcuni punti che proprio non vogliamo: i nostri ragazzi in Afghanistan devono ritornare indietro. L'Afghanistan non ha portato al momento a niente e, quindi, chiaramente su questo noi ci batteremo sicuramente molto, perché riteniamo che i militari che sono attualmente operativi in Afghanistan debbano ritornare a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, interrompiamo a questo punto i lavori. Il seguito della discussione sulle linee generali e l'ulteriore seguito dell'esame del decreto-legge in materia di missioni internazionali avranno luogo domani dopo l'esame del conto consuntivo e del progetto di bilancio della Camera dei deputati.

Sull'ordine dei lavori (ore 21,35).

  SIMONE VALENTE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, il 4 novembre 2011 una terribile alluvione causò a Genova l'esondazione dei torrenti Bisagno e Fereggiano, nonché la piena dei torrenti Sturla, Scrivia ed Entella. Quella mattina il Fereggiano diventò un'onda distruttiva che travolse tutto.
  Case ed attività commerciali furono spazzate via in pochi attimi. Sei persone, tra cui due bambini, persero la vita. Non basta commemorare le vittime, la politica deve agire. Cosa è cambiato oggi da allora ? Dopo le lacrime del presidente Burlando, l'ex sindaco Vincenzi, Ministri e parlamentari vari, poco si è fatto. Oggi i torrenti liguri ancora sono delle potenziali bombe d'acqua. La colpa, però, non è della natura. Queste colpe dobbiamo cercarle un po’ più in là, proprio nei piagnistei dei politici locali e nazionali tanto bravi a disperarsi delle tragedie e a fare annunci, quanto a fare scelte politiche indirizzate verso il danneggiamento dell'ambiente a danno dei cittadini. Il modo per evitare nuovi disastri esiste e si chiama manutenzione del territorio. Non servono canali scolmatori, nuovi argini, briglie o casse di espansione che verrebbero realizzati minimo entro il 2019. Il torrente è oggi in gran parte tombato sotto la città e questo è il punto cruciale. E questo l'abbiamo visto noi parlamentari del MoVimento 5 Stelle sabato scorso visitando questi luoghi.
  La piena del novembre 2011 era di 1.200 metri cubi al secondo, a fronte della portata del torrente che corrisponde a 500 metri cubi al secondo. Solo una delle tognature presenti nel tratto terminale risulta appena verificata sulla piena cinquantennale, mentre i manufatti di attraversamento non superano questa verifica. Ormai è risaputo, i bacini idrici devono essere progettati e verificati per la piena duecentennale. Questo, però, non può bastare. Pag. 86Senza la pulizia e la manutenzione dei corridoi fluviali, senza fermare la cementificazione selvaggia e senza fare subito politiche di delocalizzazione degli edifici in zone a rischio, i cittadini non potranno essere al sicuro.

  PRESIDENTE. Onorevole Valente, ha concluso il suo tempo. L'ha superato soprattutto. Concluda, grazie.

  SIMONE VALENTE. Sì, concludo assolutamente, dicendo che Genova si rimboccò le maniche e si rialzò da sola, ma senza gli interventi di manutenzione e tutela del territorio è destinata a subire ciclicamente la stessa sorte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  NICOLA STUMPO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Due minuti anche lei.

  NICOLA STUMPO. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi, 5 novembre, a venti anni da quando fu istituito il commissariato dei rifiuti in Campania, l'onorevole Di Maio ha voluto cogliere l'occasione per fare un po’ di propaganda a buon mercato su un tema così delicato e serio come quello dei rifiuti in Campania. Conosciamo le finalità di un simile intervento: mostrare muscoli, alzare la voce, alimentare polveroni e apparire sui social network. Le nostre preoccupazioni, invece, sono sempre state altre, rivolte alla serietà dei problemi e anche alla difficoltà di affrontarli e risolverli. Mai, tuttavia, anche quando non avevamo responsabilità di governo nazionale o locale, abbiamo affrontato questi temi con la superficialità e l'arroganza dimostrata oggi dall'onorevole Di Maio. Si è confuso persino ciò che, per serietà verso le nostre popolazioni e in particolare per quelle della Campania, che con tanta apprensione oggi guardano al tema, va tenuto separato: una cosa sono i rifiuti tossici dei traffici malavitosi e altra cosa sono i siti e i luoghi occupati dai rifiuti solidi urbani.
  C’è bisogno di un grande piano di bonifiche che deve riguardare l'intero territorio, ma guai a non fare distinzione e presentare un pezzo così vasto e importante del territorio del nostro Paese come inquinato e destinato ad ineluttabile destino. Un piano di bonifiche per la Terra dei fuochi che lo Stato deve favorire, anche attraverso strumenti e risorse speciali, ma che deve innanzitutto vedere la regione Campania protagonista, con le risorse europee disponibili. Una pianificazione seria e un intervento immediato rapido ed efficace, anche attraverso l'impiego delle proprie risorse strumentali. Serietà, dunque, sapendo che il tema non è semplice da affrontare. Mi avvio a concludere. Serietà, innanzitutto, sapendo che si tratta di affrontare questioni sulle quali molti si facevano maestri o professori. Il dato vero è che ieri il tribunale di Napoli, dopo sette lunghi anni, ha assolto Bassolino, a cui va il nostro sincero compiacimento, e a tutti gli altri imputati perché il fatto non sussiste.
  Vede, Presidente, tra le altre cose l'onorevole Di Maio oggi ha parlato di troppe cose che non conosce: i congressi, le primarie, la democrazia. La prego, glielo consigli, provi ad esercitarsi ancora un po’ su questi temi.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  NICOLA STUMPO. Non bastano alcuni «mi piace» su Facebook per capire che la fatica della democrazia è veramente tanta. Attendiamo con serenità di confrontarci nel merito dei provvedimenti e per questo ringraziamo il Ministro Orlando, per il lavoro che sta facendo, nella speranza di riscontrare la necessità di predisporre nei confronti... (Il Presidente autorizza sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto della seduta di considerazioni integrative dell'intervento).

  PRESIDENTE. Grazie.

  CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

Pag. 87

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, semplicemente intervengo perché devo difendere questo vile, vigliacco attacco nei confronti di un deputato che in questo momento è assente e al quale il PD avrebbe potuto tranquillamente rispondere a seguito del suo intervento in Aula, dal momento che è intervenuto subito dopo il deputato Di Maio.
  Non sto ad entrare nel merito perché evidentemente Stumpo e chi ha parlato e anche oggi in Aula, Borghi, non sono deputati campani, non capiscono qual è esattamente la situazione e parlano semplicemente per ignoranza e sentito dire. Questo è molto grave dal mio punto di vista e mi ferisce come cittadino campano.
  Anzitutto vorrei anche dire che le cose che ha detto Di Maio sono tutte dimostrabili e verificabili. Una di esse faceva riferimento ad un attacco che lui ha ricevuto quando era un semplice cittadino che andava nei congressi del PD a rivolgere delle domande. Lui è stato picchiato, è stato aggredito all'interno di questo congresso da alcuni deputati regionali, da alcuni militanti regionali della Campania. Questo video è su Youtube e chiedo magari ai deputati del PD di andare a verificare con i loro occhi. Penso che per fare una discussione seria forse è il caso che si abbassino un attimo i toni, si abbassi un po’ la cresta e la testa per i danni che avete fatto alla regione Campania (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  VINCENZO AMENDOLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. È l'ultimo intervento qualsiasi cosa lei dica, però la prego di non dire cose che suscitano altri interventi.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Ci fidiamo di Amendola ma, se nomina qualcuno, rispondiamo.

  PRESIDENTE. Cercate di intendere. Abbiamo capito che c’è un dibattito da fare sulla Campania ma non mi pare né il luogo né l'orario adatto. Deputato Amendola, mi affido alla sua saggezza.

  VINCENZO AMENDOLA. Signor Presidente, credo che anche lo spirito dell'intervento dell'onorevole Stumpo così come le comunicazioni stampa che abbiamo fatto noi oggi non erano per animare polemiche con gli assenti, premesso che gli assenti in quest'Aula purtroppo non sono benvenuti. Il punto che io ribadisco è che noi come Partito Democratico, anche nella vicenda ventennale del ciclo integrato dei rifiuti così come nella lotta contro le ecomafie, non ci siamo mai sottratti nella battaglia, nella denuncia e anche nella responsabilità politica a partire dai massimi dirigenti del nostro partito come dall'ex presidente della regione Antonio Bassolino. Mai ci siamo ritirati dalle responsabilità politiche di fronte ai cittadini.
  Quello che noi contestiamo degli interventi fatti oggi, e soprattutto del Vicepresidente Di Maio, è non comprendere anzitutto le assoluzioni della magistratura, che vanno sottolineate perché restituiscono anche l'onore di persone che sono state coinvolte in procedimenti giudiziari e condannate prima della condanna o dell'assoluzione come in questo caso e, secondo punto, che su questa tragedia delle ecomafie e di un ventennale abuso da parte della criminalità del territorio dobbiamo essere tutti uniti anche a sostenere il Governo e il Ministro Orlando sta facendo atti importantissimi come quello che è in procinto di fare per quanto riguarda interventi rapidi nel territorio. Quindi non è un punto di polemica. Noi la polemica non l'abbiamo mai voluta. L'abbiamo subita oggi e penso che sia un buon modo di procedere in questo Parlamento stare al merito degli atti, degli interventi del Governo e anche di ridare onore politico, almeno quando viene sancito nelle aule dei tribunali, alle persone che hanno subito e che sono state anche processate pubblicamente per tanto tempo.
  Il PD non si è mai sottratto alla responsabilità politica e chiediamo a tutti di Pag. 88non farlo adesso che sono dentro le aule di questo Parlamento.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 6 novembre 2013, alle 10:

  (ore 10 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione congiunta dei documenti:
   Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n. 1).

   Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 2).

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali e il seguito dell'esame):
   Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 1670-A).
  — Relatori: Manciulli (per la III Commissione) e Rossi (per la IV Commissione), per la maggioranza; Gianluca Pini, di minoranza.

  (ore 15)

  3. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 21,45.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GIANLUCA PINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1670-A

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Onorevoli colleghi ! Il disegno di legge di conversione del decreto-legge 114/ 2013 recante l'ennesima proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di Polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, pone alcuni problemi sui quali è opportuno promuovere una riflessione approfondita.
  Va innanzitutto stigmatizzata la circostanza che quest'anno si sia dovuto ricorrere a due successivi decreti-legge per assicurare la permanenza delle truppe del nostro Paese nei numerosi teatri in cui sono coinvolte, a dispetto del fatto che fosse noto sin dall'inizio del 2013 che gli interventi non sarebbero certamente cessati il 30 settembre scorso.
  Non vi era certezza in merito ai cespiti cui attingere per coprire tutte le spese e, si è detto, il Governo in carica non intendeva vincolare la libertà d'azione di quello che sarebbe nato dalle elezioni.
  Ma in questo modo di procedere si ravvisa un pericolo importante per i soldati dispiegati in aree a rischio operativo non di rado elevato. E si reputa opportuno sollevare la questione adesso, in occasione dell'esame dell'Atto Camera 1670, anche perché appare necessario tornare rapidamente ad una forma più organica di programmazione e gestione degli interventi oltremare delle Forze Armate. A quanto è dato di capire, invece, si starebbe adesso stabilendo un precedente anche in vista del prossimo esercizio finanziario, per il quale risulta si sarebbe in procinto di stanziare 765 milioni di euro, stando almeno alle disposizioni del disegno di legge di Stabilità all'esame del Senato: una Pag. 89cifra chiaramente insufficiente a fronteggiare le esigenze previste per il 2014.
  Programmazione e gestione più ordinata delle operazioni all'estero significano essenzialmente selezionare gli interventi secondo l'effettiva capacità finanziaria di sostenerli nell'arco dell'anno, tenendo ovviamente conto dell'importanza degli obiettivi perseguibili attraverso il loro svolgimento.
  Da tempo, del resto, si insiste in Parlamento sull'opportunità di una drastica selezione degli impegni, che ponga fine alla loro disordinata moltiplicazione e dispersione, che spesso si traducono in un'inutile parcellizzazione delle iniziative, che accresce le spese senza recare alcun dividendo politico. Non è purtroppo una novità, ma una costante ricorrente nel modo in cui il nostro ordinamento si rapporta all'uso del proprio strumento militare, non di rado ridotto alla stregua di una mera pedina impiegata per mostrar bandiera, senza eccessiva considerazione degli interessi effettivamente in gioco, della loro importanza relativa e del rapporto costo-benefici insito in ogni scelta di impegno.
  Il decreto-legge 114/2013 di cui è chiesta la conversione in quest'Aula non si distacca purtroppo da questa tradizione. È stata quindi persa una preziosa occasione per avviare una Spending Review anche in questo campo.
  L'insieme degli interventi rinnovati fino alla fine dell'anno è obiettivamente impressionante, anche se si osserva una riduzione degli uomini e delle donne inviati all'estero. Ci sono ancora militari in Africa, Asia ed Europa, nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano. Il quesito se non si stia per caso esagerando non è quindi fuori luogo.
  In taluni casi, si tratta di presidi pressoché insignificanti dal punto di vista tecnico-operativo: si pensi ai 16 uomini inviati sotto tre insegne differenti nei territori dell'Autorità Nazionale Palestinese o ai quattro osservatori attribuiti all'UNFI-CYP, la forza Onu in Cipro, o, ancora, ai quattro militari con i quali partecipiamo alla EUMM Georgia, avviata nel lontano 2008. Servono davvero ? Cosa portano in termini concreti al Paese ?
  Poi, ci sono le operazioni di maggior importanza. Si considerino, in particolare, l'ISAF e le missioni accessorie che vedono unità delle Forze Armate impegnate nel difficile compito di stabilizzare l'Afghanistan. All'origine, la loro partecipazione a questo sforzo rappresentava uno dei contributi più significativi dati alla grande campagna contro il terrorismo transnazionale di matrice jihadista avviata dopo i fatti dell'11 settembre 2001. Ma il senso della missione internazionale è nel frattempo mutato, insieme agli orientamenti generali dell'Amministrazione Obama, e merita chiedersi se davvero valga ancora la pena di mantenere sul suolo afghano migliaia di soldati – 2.900 attualmente, con una prospettiva di riduzione contenuta nel 2014 a 2.000 – mentre è in atto un ritiro che coinvolge molti importanti alleati, alcuni dei quali, come la Francia e i Paesi Bassi, hanno già lasciato il tormentato Paese centro-asiatico. L'interrogativo circa l'opportunità di andare avanti è reso adesso anche più urgente dalla circostanza che in Afghanistan non si tratta più di sconfiggere i Talebani, con cui anzi vuol ormai negoziare lo stesso Governo di Kabul, che sta addirittura chiedendo al Pakistan di liberarne i dirigenti catturati negli scorsi anni, ma soltanto di salvare le apparenze.
  L'opinione pubblica merita di sapere che nelle aree già restituite alla responsabilità delle Forze di Sicurezza Afghane la guerriglia la fa ormai da padrona: è accaduto sia a Bala Murghab che nel Gulistan, tenuti al prezzo di un pesante tributo di sangue del tutto vanificato, e non passa giorno senza che dalla regione occidentale afghana giungano cattive notizie sotto il punto di vista della sicurezza locale. Lo stesso Governatore di Herat, un tempo la città più sicura dell'intero Afghanistan, ha recentemente gettato la spugna, abbandonando il proprio incarico. Di tale triste situazione, una delegazione parlamentare ha potuto direttamente rendersi Pag. 90conto, visitando recentemente Herat proprio nel giorno in cui veniva attaccato il locale Consolato statunitense.
  Quanto al Libano, la partecipazione all'UNIFIL II si è di fatto trasformata in una vulnerabilità strategica, come è emerso in occasione dei recenti sviluppi della crisi siriana. Né la diplomazia italiana pare aver tratto finora particolare giovamento dalla presenza dei soldati schierati a sud del fiume Litani: al contrario, il Governo risulta esser stato escluso da recenti importanti incontri internazionali cui ha preso invece parte il generale Paolo Serra, in quanto attualmente alla testa dei caschi blu. C’è anche altro a suscitare perplessità: ad esempio, la circostanza che la scheda tecnica allegata dal Governo al provvedimento non contempli la presenza di una componente navale, mentre è noto che dal 10 ottobre l'Italia partecipa all'UNIFIL II anche con il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria, che ha un equipaggio di 195 uomini.
  Suscitano invece minori dubbi altri interventi, come la partecipazione alla lotta antipirateria, per quanto sia stata indirettamente all'origine dell'imbarazzante vicenda dei marò, che ci vede contrapposti all'India e, soprattutto, il complesso delle misure pensate per assistere la Libia nel difficile percorso verso la stabilizzazione ed il connesso ripristino di adeguate capacità locali di controllo dei flussi migratori.
  Sorprende peraltro che manchi nel complesso delle operazioni autorizzate dal decreto 114/2013 la missione MARE SICURO (o MARE NOSTRUM, come pare sia stata ridenominata, con scelta particolarmente infelice dal punto di vista della sensibilità storica), invece funzionale al fondamentale obiettivo di rafforzare la dissuasione dei flussi migratori clandestini che fanno solo la fortuna di imprenditori privi di scrupoli, armatori di vere e proprie flotte di imbarcazioni «a perdere», la cui fragilità è all'origine delle tragedie di cui è testimone l'isola di Lampedusa.
  Dovrebbe conseguentemente essere considerata una distribuzione alternativa delle risorse militari che vengono attualmente impiegate fuori dai confini, per privilegiare gli interventi che paiono maggiormente in grado di soddisfare interessi più immediati e concreti, possibilmente insieme ai partners europei e magari valorizzando la cooperazione navale con il dispositivo comunitario noto come FRONTEX, cui potrebbe essere assicurata altresì un maggiore contributo.
  Dovrebbe essere ipotizzato anche il rafforzamento della nostra presenza in Libia, che è del resto sollecitata in vario modo anche dagli Stati Uniti ed è altresì utile anche sotto il profilo del soddisfacimento delle esigenze della politica energetica.
  I dispositivi già presenti sul suolo libico sono certamente un passo nella direzione giusta, ancorché timido: sia quello interamente nazionale che quello inserito nella EUBAM LIBYA. Sarebbe però da raccomandare uno sforzo maggiore, anche liberando risorse da interventi concorrenti che paiono molto meno indispensabili. Occorre ricordare a questo proposito come, nell'anno precedente alla guerra sfociata nella deposizione del regime del colonnello Gheddafi, l'accordo bilaterale stretto con Tripoli avesse portato ad una riduzione dell'88 per cento negli sbarchi sulle coste del nostro Paese e ad una del 98 per cento nel numero di quelli avvenuti a Lampedusa, Linosa e Lampione. Secondo altre fonti, sempre nel 2010, i morti accertati per annegamento nel Canale di Sicilia sarebbero inoltre scesi da 425 a 20, prima di risalire nel 2011, anno delle Primavere Arabe, a 1.822.
  Il controllo dei flussi migratori illegali tra le due sponde del Mediterraneo, pilastro essenziale di una politica che miri a salvaguardare l'inclusione della Repubblica nell'area Schengen, postula altresì la pratica di una politica della cooperazione allo sviluppo più generosa, altro elemento che dovrebbe indurre a ripensare in futuro l'allocazione delle nostre risorse tra i possibili impieghi alternativi disponibili.
  Infine, se pare necessario stanziare fondi al finanziamento delle iniziative imposte dal dovere di assistere i nostri connazionali in pericolo all'estero, sembra Pag. 91non meno indispensabile porre alcuni limiti alle modalità di utilizzarli, chiarendo ad esempio che in nessun caso potranno esser pagati riscatti per ottenere la liberazione di cittadini che venissero eventualmente catturati da gruppi terroristi o di criminali comuni.
  Di qui, e dal complesso di tutte le considerazioni che precedono, l'invito all'Assemblea a respingere l'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto 114/2013.
  Non si intende con ciò in alcun modo delegittimare l'azione dei servitori dello Stato chiamati ogni giorno ad esporsi personalmente a causa di scelte politiche di Governo e Parlamento che dovrebbero esser considerate sempre rivedibili al mutare delle circostanze.
  Al contrario, si vuole invece promuovere una meditazione più profonda sul modo migliore di valorizzarne i sacrifici, in particolare accelerando il ripiegamento dall'Afghanistan, disponendo il ritiro dal Libano ed investendo di più negli interventi a più direttamente collegabili al perseguimento degli interessi ritenuti fondamentali dall'opinione pubblica.
  Per le ragioni sopraesposte, rimaniamo critici ed insoddisfatti sull'impostazione del decreto-legge all'esame. Tuttavia, auspichiamo un miglioramento del provvedimento con l'approvazione dei nostri emendamenti e, per questo motivo, non abbiamo ritenuto necessario presentare un testo alternativo.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO NICOLA STUMPO SULL'ORDINE DEI LAVORI.

  NICOLA STUMPO. Al Ministro Orlando va il nostro ringraziamento per la solerzia con la quale ha assunto il problema sin dal suo insediamento, a partire dal contributo che ha già fornito alla Regione Campania nel rapporto con la Commissione Europea, per le azioni che già sono state promosse col tavolo della sicurezza nazionale e per il lavoro che gli uffici ministeriali stanno già portando avanti.
  Attendiamo con serenità di confrontarci nel merito dei provvedimenti nella speranza di riscontrare la necessaria predisposizione al confronto per contribuire insieme a migliorare le sorti della Campania.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 11)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Di Maio L. e a 1-150 p.I 461 459 2 230 442 17 71 Appr.
2 Nom. Moz. Di Maio L. e a 1-150 p.II 469 467 2 234 129 338 70 Resp.
3 Nom. Moz. Labriola e a 1-171 rif. 468 378 90 190 377 1 70 Appr.
4 Nom. Moz. Migliore e a 1-198 rif. 472 381 91 191 364 17 70 Appr.
5 Nom. Moz. Cesaro A. e a 1-211 rif. 473 383 90 192 366 17 70 Appr.
6 Nom. Moz.Formisano-Pisicchio 1-228 rif. 472 382 90 192 365 17 70 Appr.
7 Nom. Moz. Russo e a 1-229 rif. 472 379 93 190 334 45 70 Appr.
8 Nom. Moz. Grimoldi e a 1-231 rif. 472 379 93 190 351 28 70 Appr.
9 Nom. Moz. Speranza e a 1-233 rif. 470 382 88 192 366 16 70 Appr.
10 Nom. Pdl 327 – Richiesta dich. urgenza 446 327 119 164 299 28 70 Appr.
11 Nom. Doc. IV, n. 4-A 403 368 35 185 251 117 69 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.