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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 102 di martedì 22 ottobre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 ottobre 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Capezzone, Cirielli, Epifani, Fico, Gregorio Fontana, Fraccaro, La Russa, Leone, Meta, Pes, Schullian e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 24 e 25 ottobre 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 24 e 25 ottobre 2013.
  Lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta di lunedì 21 ottobre 2013.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, in quest'Aula più volte negli ultimi mesi abbiamo parlato dell'Europa che non basta, abbiamo parlato dell'Europa presa dentro le proprie contraddizioni; abbiamo parlato dell'Europa che ha smarrito la sua anima in balia di discussioni interminabili su procedure, veti, acronimi incomprensibili ai cittadini. Abbiamo parlato dell'Europa che la parola «solidarietà» ce l'ha scritta, sì, nei Trattati, ma che poi non riesce ad esercitarla quando uno dei propri Stati membri è in difficoltà.
  Il Consiglio europeo che si apre il 24 e 25 ottobre a Bruxelles sarà l'occasione per iniziare a discutere di un'Europa diversa. Lo sarà per le questioni che il Consiglio aveva stabilito sin dal marzo scorso di porre in agenda: l'economia digitale, l'innovazione, l'unione economica e bancaria, temi centrali per risvegliare le energie dell'economia europea e per provare a riattivare la crescita che non c’è e di cui c’è bisogno.Pag. 2
  Ma lo sarà a maggior ragione perché, nella sala del Consiglio, entreranno per la prima volta il dolore, la morte, il senso di frustrazione e vergogna che la tragedia di Lampedusa ha recato e continua a recare con sé.
  Dinanzi a quel dramma non possiamo conformarci a quella «globalizzazione dell'indifferenza» sulla quale da Papa Francesco sono giunte parole durissime e appropriate. Ancor di più non possiamo consentire che essa si trasformi nell'europeizzazione dell'indifferenza.
  L'Europa per la sua stessa storia, per le sue più profonde e nobili ragioni fondative non può stare a guardare: se lo fa, l'Europa muore. Muore insieme alle centinaia di uomini, donne, bambini che perdono la loro vita mentre cercano un'occasione di salvezza o di riscatto lontani, drammaticamente lontani, dalla propria casa e dal proprio Paese.
  L'Unione è stata distante per troppi anni. Oggi inizia a non esserlo più forse. Qualche giorno fa il Presidente della Commissione Barroso e la commissaria Malmström sono venuti a Lampedusa e hanno deciso di mobilitare da subito fondi supplementari per il 2013. Sono grato a loro, alla loro visita e al loro impegno, così come sono grato al Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, per aver accolto la richiesta italiana di porre la gestione dell'immigrazione nel Mediterraneo in cima alla priorità di questo Consiglio europeo in modo improvviso. Mi auguro che a tali decisioni seguano atti immediati.
  L'impegno del Governo italiano sarà tutto indirizzato in questo senso.
  Onorevoli deputati, dunque, l'agenda che ci apprestiamo a discutere a Bruxelles sarà varia e molto articolata. Cinque i punti: economia digitale, innovazione, unione economica e monetaria, politiche economiche e sociali e, prima di tutto, immigrazione.
  Parto da qui, da ciò che ci sta più a cuore. I fatti e i numeri del dramma che si consuma nel Mediterraneo sono purtroppo noti. Non ammettono esitazioni, non consentono ulteriori indugi. Da subito abbiamo rafforzato le operazioni di pattugliamento e di salvezza lanciando la missione militare e umanitaria Mare Nostrum. L'Italia si è assunta fino in fondo la sua responsabilità prima ancora di qualunque decisione europea. Fatemi dire che è così che fa un grande Paese, un grande Paese che nel Mediterraneo ha grandi responsabilità come l'Italia.
  Ogni sforzo diplomatico o militare necessita, comunque, della collaborazione degli altri Stati europei e di quelli mediterranei in particolare. Siamo per questo in stretto contatto innanzitutto con Francia e Spagna, proprio con l'intento di mettere a punto una posizione condivisa da sostenere al Consiglio e con lo stesso scopo ieri ho incontrato, qui a Roma, il Primo Ministro greco Samaras e, a breve, mi recherò a Malta per incontrare il Primo Ministro Joseph Muscat.
  Ciò che, tuttavia, ancora manca è la consapevolezza che tutta l'Unione, non soltanto i Paesi del Mediterraneo, debba avvertire questa emergenza come la propria emergenza, questo problema come il proprio problema europeo. Le coste siciliane e l'isola di Lampedusa non sono la periferia italiana, sono l'avamposto del continente, la frontiera comune e violata, il primo lembo di Europa.
  Porteremo al Consiglio la testimonianza diretta, spaventosa, di quanto accade oggi nel Mediterraneo, con un pensiero molto netto: nessuno si illuda che queste tragedie siano episodi occasionali o destinati a esaurirsi con l'arrivo del cattivo tempo. Sono l'epilogo di una fuga di massa, una fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla violenza, dal terrorismo, dalla mancanza di un orizzonte di sopravvivenza. Sono la conseguenza della prospettiva incerta, e per certi versi tradita, delle primavere arabe. Nessuno da solo può farcela.
  Ogni volta che avviene quanto accaduto nelle settimane scorse, la campana suona per tutti: per l'Europa unita e per ciascuno dei suoi Stati membri, anche il più lontano del Mediterraneo. Di fronte a tutto questo dobbiamo avere la forza di rifuggire dalle soluzioni semplicistiche, dalle banalizzazioni di cui troppo spesso si nutre il Pag. 3dibattito pubblico. Dobbiamo dimostrare la saggezza di distinguere tra risposte immediate, in funzione dell'emergenza, come abbiamo fatto con l'operazione Mare Nostrum, e prospettive di medio e lungo termine.
  In termini più semplici, alcune azioni concrete possono e devono essere decise subito dall'Italia e dall'Europa. Altri cambiamenti necessitano, invece, di più tempo per essere davvero efficaci. Distinguere le une dagli altri e modulare le rispettive risposte attiene alla leadership politica italiana ed europea.
  Per tutti questi motivi, chiederemo al Consiglio di giovedì e venerdì, intanto, quattro impegni precisi.
  In primo luogo, il riconoscimento che il dramma di Lampedusa e delle coste mediterranee è questione europea. Per evitarne il ripetersi l'Europa deve assolutamente fare di più, ciò nello spirito di responsabilità comune e solidarietà stabilito dall'articolo 80 del Trattato. Non è una tecnicalità, non è un formalismo. Se si riconosce questo, le conseguenze poi sono conseguenze concrete, quelle alle quali noi teniamo di più.
  Secondo punto: misure immediate per mettere in atto la rete europea di sorveglianza delle frontiere esterne, Eurosur, la data del 2 dicembre, e rafforzare soprattutto l'operatività di Frontex, con l'avvio di una grande operazione nel Mediterraneo e l'aumento delle risorse stanziate dagli Stati membri. A questo proposito, permettetemi pubblicamente qui di ringraziare la Slovenia, che ha messo a disposizione una propria nave per l'operazione Mare Nostrum, e la Finlandia, che ha fatto lo stesso. Segnali incoraggianti da Paesi piccoli dell'Unione europea, ma che dimostrano come la solidarietà, quando viene messa in campo, è un fatto concreto e importante. L'Europa dei popoli esiste, si costruisce anche così, attraverso l'assunzione matura e consapevole delle responsabilità.
  In terzo luogo, chiediamo che la task force Italia-Commissione, che sarà costituita giovedì, aperta agli Stati membri interessati, elabori un piano d'azione per la gestione dell'emergenza migratoria nel Mediterraneo in questa crisi, che contempli il rafforzamento di Frontex, la lotta alla tratta degli esseri umani, la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, la gestione soprattutto dell'emergenza dei minori non accompagnati, che rappresenta per noi, oggi, il dramma più grande dentro un dramma ancora più grande.
  Queste proposte devono essere rapidamente presentate al Consiglio europeo per far sì che il Consiglio europeo di dicembre, quello della fine di questo semestre, possa tradurle in decisioni rapide e operative.
  Quarto punto: vogliamo che l'Unione europea investa tutto il suo peso politico nel dialogo con gli Stati vicini del Mediterraneo, per integrare le questioni migratorie negli accordi di cooperazione, concludere partenariati per la mobilità e la sicurezza con gli Stati della sponda sud, favorire il ritorno e il reinsediamento dei migranti nei Paesi di origine e di transito.
  Al di là delle misure specifiche e immediate, è evidente a tutti che il dramma che stiamo vivendo esige una riflessione generale sulle politiche comuni di asilo e di immigrazione dell'Unione. Sono adeguate queste politiche ? Io credo di no. In che modo possiamo migliorarle è un imperativo centrale e urgente: farà parte questo tema del semestre di Presidenza italiano e, prima di quello italiano, di quello greco. Proprio ieri, all'incontro con il Primo ministro Samaras, abbiamo messo a punto un gruppo congiunto che gestirà insieme le due Presidenze greca e italiana per far sì che il 2014 sia l'anno in cui il tema della svolta sulle politiche migratorie entri nell'agenda europea con fatti che consentano quella svolta che è assolutamente necessaria.
  Mediterraneo e politiche di asilo e immigrazione saranno il centro delle politiche di questo 2014. Per quanto ci riguarda, questa è una delle questioni essenziali che pongo: la pongo all'attenzione di questo Parlamento, non soltanto in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì, la pongo anche e, soprattutto, in vista dell'agenda che insieme, Parlamento e Governo, dobbiamo mettere a punto Pag. 4nella sessione dell'Assemblea parlamentare che avremo nei prossimi mesi sull'agenda del nostro semestre. La volontà del Governo c’è tutta, per noi questa è una grande priorità, deve essere la grande priorità del 2014; la discussione giovedì e venerdì sarà decisiva per mettere sui binari giusti questa discussione e non accetteremo a Bruxelles compromessi al ribasso.
  Tornando agli altri temi dell'agenda del Consiglio europeo, l'altro capitolo – lo citavo prima –, che era il capitolo che, in un primo tempo, rappresentava sicuramente il tema principale dell'agenda, prima dell'irruzione della questione immigrazione, è quello dell'economia digitale. Questa era, orientativamente e preventivamente, la questione chiave del Consiglio europeo. È la prima volta che l'Unione affronta la materia con un simile grado di solennità. A Bruxelles, ce ne occuperemo giovedì e venerdì in quattro declinazioni: il mercato realmente unico delle telecomunicazioni, cosa che non è mai accaduta, non esiste ancora ed è fondamentale, invece, che accada; il tema dell’e-commerce e dei nuovi servizi on-line; il tema della generazione di posti di lavoro attraverso lo sviluppo delle nuove competenze; il tema della riforma strutturale della pubblica amministrazione attraverso l'economia digitale.
  Parto dal primo aspetto: le telecomunicazioni. Vent'anni fa, l'Europa aveva una leadership assolutamente marcata e insostituibile nel settore della telefonia mobile. Ne è scaturita una lunga fase di crescita, di crescita della domanda e di crescita degli investimenti. Oggi, invece, il settore è in grandissima sofferenza in tutta Europa: la saturazione del mercato, il venir meno delle condizioni indispensabili per mantenere un livello adeguato di investimenti. Allo stesso tempo, la forte accelerazione dei servizi digitali in tutti i settori dell'economia – dai servizi all'industria, alla logistica – lascia presagire nuovi spazi di crescita.
  Perché questo chiaroscuro ? Perché la regolamentazione europea ha aperto i mercati nazionali, ma abbiamo ancora ventotto mercati con regole, regolatori e prassi amministrative diversi. Non ci fermiamo più – è vero – alle frontiere per esibire un passaporto, ma riceviamo un sms che ci annuncia che dobbiamo cambiare operatore a pagare il roaming per il cambio della frontiera. Gli Stati Uniti hanno quattro operatori, la Cina ne ha tre, l'Europa ne ha cento. Il costo della «non Europa» in questo campo è cifrato, all'incirca, in 110 miliardi di euro l'anno di costi in più per il consumatore e di assenza di competitività rispetto a un tema sul quale la dimensione di scala è, invece, decisiva, come veniva citato prima nel paragone con la Cina e con gli Stati Uniti.
  La base di discussione sarà, quindi, pacchetto «Connected continent» presentato dalla Commissione europea. Esso contiene un'ambiziosa proposta di regolamento per il completamento del mercato unico delle telecomunicazioni. Su questo tema l'Italia si farà portatrice di un messaggio di fiducia e stimolo, che possa portare a raggiungere una visione condivisa del futuro digitale per l'Europa.
  Si tratta di sposare definitivamente la prospettiva di un vero mercato unico delle telecomunicazioni con gestione europea di licenze, con gestione europea dello spettro, tenendo conto delle situazioni nazionali e delle necessità di promuovere gli investimenti, i diritti dei consumatori omogenei su prezzi e standard qualitativi e, in prospettiva, un regolatore unico sovranazionale. Le infrastrutture digitali e logiche devono naturalmente poggiarsi su infrastrutture fisiche; ci batteremo affinché le fonti di finanziamento europeo, a partire dai fondi strutturali, e della Connecting Europe Facility siano orientate maggiormente verso la costruzione delle reti a banda larga e ultra larga.
  L'altro grande versante, lo citavo prima, è quello del commercio on-line. In questo campo c’è un potenziale ancora largamente non sfruttato in Europa e, soprattutto, purtroppo, in Italia. Noi ci adopereremo affinché dal Consiglio europeo arrivi un messaggio forte, chiaro, sulla necessità di superare quei colli di bottiglia che impediscono il decollo dei servizi del Pag. 5commercio on-line, a partire dalla facilitazione dei pagamenti elettronici e dalla maggiore protezione dei consumatori. Su questo terreno saranno discusse anche due questioni molto delicate, la protezione dei dati personali, necessaria anche alla luce delle rivelazioni relative ad operazioni di ascolto delle comunicazioni elettroniche, e la tassazione degli operatori Internet transnazionali.
  Affronteremo, inoltre, i nodi nel ritardo europeo nelle competenze digitali di giovani, imprese e pubblica amministrazione. Sono le persone e i saperi le gambe su cui poggiare il mondo digitale del futuro. Noi crediamo nell'importanza di questa dimensione come dimostrano i fondi stanziati nel decreto-legge sulle scuole in materia di wireless negli edifici scolastici. Dobbiamo essere chiari, questa è una battaglia per creare occupazione. Nei prossimi due anni senza competenze adeguate potremmo avere quasi un milione di posti di lavoro non coperti nel digitale, un paradosso, un paradosso assolutamente intollerabile.
  Infine, l'Agenda digitale è la principale riforma strutturale della pubblica amministrazione, è la scossa per restituire efficienza ai servizi, ridurre i costi, attenuare i divari tra i cittadini. In questo, Agenda digitale italiana ed europea sono assolutamente allineate. Dal punto di vista nazionale nei mesi scorsi il Governo ha impresso un nuovo impulso all'Agenda digitale, consegnando una regia unitaria alla Presidenza del Consiglio e nominando un commissario nella persona di Francesco Caio. Porterò questa esperienza al Consiglio europeo perché la stessa trasformazione deve avvenire anche a livello europeo. Standard minimi comuni di digitalizzazione dei servizi pubblici e privati, infrastrutture digitali interoperabili a livello europeo significano andare verso una vera unione digitale basata sulla cittadinanza digitale europea.
  Il terzo argomento del Consiglio sarà, come dicevo prima, il tema dell'innovazione, punto di partenza, è chiaro; l'Europa è ricca di potenzialità, ha una straordinaria tradizione di ricerca eppure perdiamo terreno nel confronto globale. Il Consiglio dovrà dare un segnale che ricerca e innovazione non possono essere sacrificate sull'altare della sola austerity e dei tagli; è una scelta suicida che mortifica proprio le fonti da cui possiamo tirar fuori crescita e crescita futura. Vogliamo quindi un'inversione di tendenza a livello europeo e a livello nazionale.
  L'altro nodo è quello della capacità di trasformare il potenziale scientifico e intellettuale europeo in prodotti e servizi effettivamente commerciabili. Oggi questo non accade, vi sono ostacoli burocratici, limiti del regime della proprietà intellettuale, difficoltà nell'accesso al finanziamento. Dal Consiglio europeo deve arrivare l'impulso ad un uso più coordinato di tutti gli impegni finanziari europei esistenti.
  L'altro più importante punto è il completamento dello spazio europeo per la ricerca. L'obiettivo è realizzare un'area senza frontiere entro il 2014. Per questo è necessario un cambio di passo come hanno invocato, nel documento presentato al Parlamento europeo, due autorevoli parlamentari italiani, Amalia Sartori e Luigi Berlinguer che hanno chiesto una Maastricht della ricerca, secondo la felice formula ricordata anche oggi in un loro articolo su Il Sole 24 Ore. Tutto questo non vuol dire forzare dall'alto una costruzione artificiale, ma costruire le condizioni minime affinché la ricerca europea esca dai recinti nazionali.
  Mobilità dei ricercatori, portabilità dei diritti previdenziali e pensionistici dei ricercatori, portabilità dei finanziamenti, accesso aperto ai risultati ottenuti con finanziamenti pubblici, maggiore interazione tra i 28 centri di ricerca nazionale, su questi temi ci batteremo a partire dal Consiglio, ma su questi abbiamo intenzione di scommettere nel nostro semestre di Presidenza dell'Unione europea.
  Infine, il completamento dell'unione economica e monetaria. Quella di giovedì e venerdì sarà una tappa intermedia. Secondo lo schema concordato a giugno, la discussione si concentrerà sull'unione economica e soprattutto sull'unione bancaria, nonché sulla dimensione sociale dell'unione Pag. 6monetaria. Il Consiglio europeo tornerà su tutti e quattro i capitoli a dicembre, quando dovranno arrivare decisioni concrete, e ovviamente avremo modo di ridiscuterne in quest'Aula prima del Consiglio europeo di dicembre, come accade alla vigilia di ogni Consiglio europeo. Tuttavia, benché si tratti di un passaggio intermedio quello di giovedì e di venerdì, non voglio minimamente sottovalutarlo, anzi, la zona euro ha bisogno di maggiori convergenze. Se fatte insieme, in modo coordinato, le riforme strutturali nazionali danno effetti maggiori. Invece, con la crisi la divergenza tra le economie e le politiche economiche dentro l'area dell'euro e tra nord e sud Europa è ulteriormente aumentata, per non parlare della differenza, dentro i singoli Paesi, tra le diverse classi sociali. Su questo punto porteremo un messaggio chiaro. Abbiamo uno schema, il semestre europeo, un insieme di regole che stanno dando alcuni buoni risultati. La strada per uscire dalla crisi non è costruire nuove gabbie di procedure, monitoraggi, sanzioni; non è mai stata e mai sarà il modello intergovernativo. La strada per rafforzare la visione unitaria dei problemi è creare un maggiore equilibrio tra quanto è chiesto agli Stati in surplus e quanto chiesto agli Stati in deficit. Ci batteremo perché si vada verso una vera e propria politica economica della zona euro come base per distribuire, tra ciascuno degli Stati membri, lo sforzo di aggiustamento.
  Ribadiremo un orientamento su cui insistiamo da tempo: non può esserci progresso nel rafforzamento della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche nazionali senza la creazione di meccanismi di assistenza finanziaria per facilitare l'attuazione delle riforme strutturali nei Paesi in difficoltà. I sacrifici, la disciplina delle finanze pubbliche sono necessarie, ma sono giustificati e accettabili politicamente e socialmente se poi c’è una ricompensa, una svolta positiva, una prospettiva. Per uscire dalla crisi la via giusta è quella che unisce maggiore responsabilità e maggiore solidarietà.
  Abbiamo inoltre di fronte a noi il meccanismo del completamento dell'unione bancaria. Dopo l'approvazione definitiva del meccanismo unico di vigilanza bancaria, che diventerà operativo tra 12 mesi, il terreno di confronto riguarda oggi la creazione di un sistema di risoluzione unico delle crisi bancarie, come proposto dalla Commissione europea, nel luglio scorso, dopo le decisioni del Consiglio di giugno. Si è aperta una discussione oggi – e questo è un punto cruciale – tra chi vuole un meccanismo di tipo intergovernativo, in cui ogni Stato può porre il veto alle decisioni relative alle sue banche nazionali, e chi, tra cui noi, l'Italia, chiede un meccanismo sovranazionale garantito da un backstop dotato di risorse europee. Il Governo si batterà perché vi sia un chiarimento politico che porti a confermare il calendario concordato al Consiglio europeo del dicembre scorso. La proposta di meccanismo unico di risoluzione dovrà essere adottato entro la fine di questo Parlamento europeo, non spostata ulteriormente in avanti. È inoltre importante che si eliminino gli ostacoli che ancora rimangono all'adozione delle altre proposte legislative. Lo stesso atteggiamento terremo riguardo all'esercizio di valutazione complessiva degli attivi bancari, cui tutte le banche europee della zona euro dovranno sottoporsi nel 2014 affinché la Banca centrale europea possa assumere i nuovi compiti come supervisore unico. Anche qui ricorderemo che occorre mettere in campo strumenti europei, non solo nazionali, per salvaguardare il mercato da inutili crisi di fiducia.
  Vengo infine alla dimensione sociale dell'unione economica e monetaria.
  Il Consiglio farà il primo passo giovedì e venerdì, un primo passo secondo noi molto importante, finalmente. Significa riconoscere l'impatto sociale della crisi a livello europeo su disoccupazione che cresce, povertà che cresce, disuguaglianze che crescono. Queste istanze non sono preoccupazioni di secondo rango rispetto ai target fiscali o alla competitività, vanno assolutamente di pari passo e vanno addirittura messe davanti. L'obiettivo, dunque, Pag. 7è introdurre un nuovo social scoreboard e una maggiore considerazione delle variabili sociali nelle analisi che basano le raccomandazioni rivolte a tutti gli Stati membri, e ciò già a partire dal prossimo ciclo del semestre europeo. Noi crediamo nella necessità di un approccio più equilibrato tra politiche economiche e politiche sociali del lavoro a livello europeo, siamo stati apripista quando abbiamo organizzato qui a Roma la riunione a giugno congiunta dei Ministri dell'economia e del lavoro, insieme, dei quattro grandi Paesi della zona dell'euro. La stessa formula è stata replicata dalla Presidenza russa del G20 di San Pietroburgo: mettere insieme Ministri dell'economia e delle finanze e Ministri del lavoro è la nuova strada con la quale costruire il cuore delle politiche economiche europee.
  Chiudo con un accenno all'ultimo capitolo del Consiglio europeo. Si farà il punto sui progressi compiuti in tre cantieri aperti lo scorso giugno, ne discutemmo quando discutemmo del Consiglio europeo di giugno in questa Aula. Questi tre capitoli stanno molto a cuore a noi, stanno molto a cuore all'Italia: la lotta alla disoccupazione giovanile, innanzitutto; il finanziamento dell'economia reale; la riduzione del peso della regolazione sulle imprese e sui cittadini.
  Sul fronte della disoccupazione giovanile, il Consiglio europeo prenderà atto dello stato di attuazione della Iniziativa europea per l'occupazione, che dovrà essere pienamente operativa entro gennaio 2014 e richiamerà l'attenzione sulla necessità della rapida attuazione della garanzia per i giovani. Su questo il Governo sta ultimando il suo piano nazionale che trasmetterà nei tempi previsti. Intanto, è partito lo schema di incentivazione dell'assunzione di giovani lavoratori, frutto delle decisioni ottenute al Consiglio europeo di giugno e che ha portato, nei primi 20 giorni del click day per l'ottenimento di quei finanziamenti, alla identificazione di 11.800 richieste sul piano nazionale in soli 20 giorni; 11.800 persone, giovani, che grazie a questa iniziativa italiana ed europea avranno una prospettiva di lavoro a tempo indeterminato. Questo rappresenta un segnale che certo è il primo, certo è piccolo, ma 11.800 persone che, grazie a questa iniziativa, riescono ad ottenere un posto di lavoro a tempo indeterminato rappresentano per noi il segno che la strada è quella giusta e che bisogna continuare a batterla.
  Quanto al finanziamento dell'economia, il Consiglio esaminerà lo stato di attuazione dell’Investment Plan for Europe, in particolare l'attuazione delle misure volte al finanziamento delle piccole e medie imprese tramite un blending tra i fondi Bay e le risorse del bilancio dell'Unione, da utilizzare come garanzia.
  Questo Consiglio europeo dunque tratterà un insieme variegato di temi: esiste un filo rosso che li unisce ? Ne suggerisco due: il primo è la concretezza. Secondo l'Eurobarometro, una larga maggioranza degli europei non sa a cosa serve l'Unione europea; il Consiglio deve dimostrare coi fatti che l'Europa si occupa di cose concrete, comprensibili, non di acronimi e concetti astratti e incomprensibili. Cose concrete: dalle tariffe roaming al commercio elettronico; dalla gestione del dramma delle immigrazioni, all'accesso al credito delle imprese; dalla mobilità dei ricercatori alla digitalizzazione della pubblica amministrazione.
  Il secondo filo comune deve essere l'integrazione. Nessuno Stato, oggi, ha la dimensione o la capacità di gestire le sfide di una società globale e complessa, solo insieme noi europei possiamo fare la differenza; che si parli di futuro delle imprese delle telecomunicazioni, di rapporti con i Paesi della «primavera araba», di finanziamento dell'economia, di salvataggio dei migranti, dobbiamo superare gli steccati nazionali ed aprirci alla prospettiva europea.
  Signora Presidente, onorevoli deputati, abbiamo l'occasione di fare questo salto in avanti sin da ora, così come avremo l'occasione l'anno prossimo, con il semestre a guida italiana, di trasformare i passi in avanti compiuti in questi mesi difficili nell'anteprima di una vera e propria rivoluzione nel modo di percepire e vivere l'Europa unita. Mi avete ascoltato accennarne Pag. 8a più riprese, anche in questo intervento: il semestre dell'anno prossimo, della seconda metà dell'anno prossimo, ci darà l'opportunità di essere in prima fila nel costruire un'Europa dei popoli in grado davvero di dimostrare ai propri cittadini di essere il progetto politico più ambizioso, più lungimirante, più concreto dal secondo dopoguerra ad oggi, di tornare a farsi orizzonte di pace, di prosperità, di modernizzazione.
  Vorrei quindi partire da questo dibattito parlamentare per iniziare a mettere a punto le priorità comuni di Parlamento e Governo per la presidenza italiana dell'anno prossimo; ascolterò e ascolteremo con attenzione il dibattito in modo da trovare le indicazioni più utili per la vera e propria agenda del semestre, di cui discuteremo insieme nei mesi prossimi. Dobbiamo arrivare, pronti a questo appuntamento, forti dei tanti sacrifici affrontati negli ultimi anni, fieri del nostro europeismo, purché sia un europeismo fatto della concretezza dei risultati. Gli Stati uniti d'Europa sono il sogno delle nostre generazioni; passo dopo passo, con saggezza, a partire da adesso, preparandoci bene alla gestione del semestre, abbiamo l'opportunità storica di dare corpo e sostanza a questa grande ambizione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica per l'Italia e di deputati del gruppo Misto).

(Annunzio di risoluzioni)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio, Di Lello n. 6-00036, Migliore ed altri n. 6-00037, Gianluca Pini ed altri n. 6-00038 e Colonnese ed altri n. 6-00039. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'Allegato A – Risoluzioni).

(Discussione)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritto a parlare il deputato Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato la sua ampia ed esauriente relazione, della quale mi limiterò a sottolineare qualche aspetto, partendo dalla considerazione che questa, che ormai è diventata una consuetudine, di incontrarsi in quest'Aula a dibattere sulle posizioni che il Governo italiano porterà in sede di Consiglio d'Europa, è certamente un'apprezzabile consuetudine, in quanto il dibattito parlamentare certamente rafforza l'autorevolezza della presenza sua e del Governo in sede europea, anche se questo non basta perché sappiamo bene quanto il nostro Paese debba recuperare il proprio ruolo in Europa con un lavoro duro e costante. Diamo però atto al suo Governo di essere partito con il piede giusto.
  In Europa in realtà vi è chi ha interesse ad una piccola Italia, a un Paese debole e succube delle decisioni di altri, questo non sta bene a noi per la dignità, la forza e la storia che ci contraddistinguono, ma rappresenta anche una visione miope perché un'Italia forte invece rafforza tutta l'Europa. Purtroppo partiamo troppo spesso da posizioni di svantaggio, come sui temi dell'economia digitale e dell'innovazione, dove tutti gli indicatori – dalla percentuale di utilizzo di Internet all'uso delle nuove tecnologie nella pubblica amministrazione, dalla diffusione della banda larga e ultralarga agli investimenti in ricerca e innovazione, ci posizionano agli ultimi posti delle classifiche europee. Sono dati impietosi che dobbiamo impegnarci a migliorare, ma le istituzioni europee devono fare la loro parte per creare le condizioni per un miglioramento di dati che vedono tutta l'Europa a valori insufficienti per reggere alla competizione globale, come ? Ad esempio completando il mercato unico digitale europeo, promuovendo reali sinergie tra pubblico e privato nel settore della digitalizzazione e dell'infrastrutturazione, sostenendo gli investimenti specialmente sulla banda ultralarga e, non ultimo, realizzando Pag. 9azioni di sistema per la protezione dei dati e per la sicurezza dei sistemi digitali, come anche lei ha accennato nel suo intervento.
  Anche nel settore della ricerca e dell'innovazione, dove si rileva un calo generalizzato degli investimenti a livello europeo, l'Unione da un lato deve riflettere su politiche di austerità, che di fatto hanno depresso questi investimenti; dall'altro, deve lavorare per completare quell'area europea della ricerca ancora incompiuta, attraverso il rafforzamento di condizioni che lei ha indicato, come la mobilità dei ricercatori, la portabilità dei finanziamenti, la valorizzazione del merito, l'apertura delle strutture di ricerca europee, specialmente pubbliche, a partenariati che valorizzino le capacità innovative presenti nel sistema, specialmente nelle piccole e medie imprese.
  Mi permetta di focalizzarmi un attimo sul tema delle piccole e medie imprese, per sostenere le quali occorrerà anche che il programma di ricerca «Horizon 2020» sia gestito con minore peso burocratico, sviluppando la positiva intuizione di mettere insieme ricerca e innovazione, che è stata una delle caratteristiche migliori di questo nuovo programma. Le piccole e medie imprese, specie nel nostro Paese, sono molto più capaci di innovazione di quanto possa apparire, se è vero che continuano a restare competitive a livello globale. Ma qui mi permetta un inciso: spesso gli investimenti in innovazione che gli imprenditori realizzano non vengono neppure contabilizzati, perché tale contabilizzazione non porta nessun vantaggio. In questo modo si perde l'evidenza di un importante contributo ai parametri che misurano gli investimenti complessivi in ricerca del nostro Paese. Occorre incentivare gli imprenditori a innovare e a contabilizzare tale innovazione e penso che si debba affrontare il tema di un'adeguata defiscalizzazione degli investimenti in innovazione. Ciò contribuirebbe non poco ad aumentare anche la fiducia degli investitori stranieri nella capacità innovativa del nostro sistema.
  Ricerca e innovazione richiamano, poi, immediatamente il ruolo dei giovani ricercatori, che vanno valorizzati, ma anche il tema di una giovane generazione che affronta una fase difficile in condizione di grande fragilità. L'Unione europea deve fare partire presto e bene le misure previste, come le iniziative europee per i giovani e la youth guarantee. Sappiamo che non sono misure salvifiche, ma costituiscono un segnale importante per il quale lei e il Governo vi siete battuti positivamente. Ora queste misure vanno integrate con un maggiore e migliore utilizzo dei fondi strutturali e con un impegno della Banca europea degli investimenti a sostenere le imprese e a valorizzare i giovani. Da parte italiana, poi, occorrerà che lo Stato e le regioni trovino il modo migliore per finalizzare questi investimenti, evitando guerre tra poveri e inutili distribuzioni a pioggia delle risorse, peraltro non eccessive, a disposizione.
  Non vorrei entrare in merito al tema dell'Unione economica e monetaria, già molto dibattuto. Mi limito a rilevare come sia indispensabile monitorare con attenzione gli avanzamenti del progetto verso una vera politica economica dell'Eurozona, e anche questo Consiglio e quello successivo rappresentano un'opportunità importante in questo senso.
  Come non apprezzare, poi, che si sia messo all'ordine del giorno il tema di una politica comune sull'immigrazione. Lei ha detto molto. Nella sua esposizione ha detto parole condivisibili. La difesa dei confini meridionali dell'Europa, la necessaria solidarietà ai migranti, il tema dei corridoi umanitari, la condivisione delle emergenze purtroppo sempre più frequenti, il rapporto politico con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, costituiscono argomenti troppo importanti per non essere assunti dall'intera Unione e su questo la posizione del nostro Paese dovrà essere forte e decisa come lei ha annunciato.
  Mi permetta, signor Presidente, di concludere con una considerazione generale. Quando in ippica si vuole dare a tutti i cavalli la medesima possibilità di vittoria si ricorre alla gara a handicap, nella quale Pag. 10al cavallo più forte viene assegnato il peso maggiore, mentre i cavalli vengono caricati di pesi via via minori in funzione della loro forza. L'Europa deve decidere se dare a tutti l'opportunità di vincere o almeno di arrivare dignitosamente in fondo alla gara e oggi le regole del gioco non sembrano certamente essere queste, perché i pesi maggiori vengono spesso caricati sulle spalle dei più deboli, al di là delle molte parole sulle politiche di coesione. Il nostro Paese porta pesi dovuti a propri difetti e demeriti storici, a partire dall'enorme debito pubblico, ma anche pesi oggettivi, come nel caso dell'immigrazione, e spesso abbiamo avuto sulle spalle anche pesi di altri, come quando la Germania fece pagare a tutta l'Unione il costo della propria riunificazione salvo dimenticarsene dopo pochi anni.
  L'Europa deve decidere come ripartire i pesi ed i costi reali della crescita e della competitività e non può ridursi ad un approccio burocraticamente scontato. Lasciare per strada i cavalli più deboli non è un vantaggio per nessuno.
  Il nostro Governo ha un compito politicamente fondamentale in questo senso e il semestre italiano di Presidenza – come da lei affermato – è un'opportunità che non possiamo perdere (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri e rappresentanti tutti del Governo, colleghe e colleghi, per portare un contributo alla discussione sulle comunicazioni del Presidente Letta circa il Consiglio europeo del 24 e del 25 ottobre, prendo le mosse dai contenuti salienti di una sua intervista recentemente pubblicata sulle colonne del New York Times. Vi si osserva che, a meno di otto mesi dalle elezioni europee, si corre il rischio di avere un Parlamento con il 25 per cento di eletti tra i movimenti antieuro, o anti Europa. Si corre, insomma, il grosso rischio – cito – di avere il Parlamento europeo più antieuropeo che mai. La conferma dell'entità del rischio è venuta in questi giorni anche da un sondaggio commissionato dal Financial Times, da cui emergono la probabilità che almeno il 19 per cento dei cittadini europei voti per un partito euroscettico e, addirittura, l'auspicio del 52 per cento degli intervistati di una Unione che abbia meno poteri di quanti ne ha ora.
  Questi dati, ed altri ancora tutti convergenti, misurano insomma la profondità della crisi del progetto europeo, come tentativo di costruzione di una risposta democratica alle sfide del tempo della globalizzazione: la crisi cioè di un'Europa allargata, che non ha saputo procedere sul terreno dell'integrazione politica e, insieme, la crisi di una Unione economica e monetaria, senza quella adeguata armonizzazione degli strumenti della politica economica e delle regole fiscali e sociali e senza quell'adeguato bilancio federale che, invece, fin dai rapporti degli anni Settanta, erano stati segnalati come requisiti minimi del progetto europeo. È utile ricordarlo anche alla vigilia del prossimo Consiglio europeo. Di più: è necessario ricordarlo alla vigilia di un vertice europeo, il cui ordine del giorno ricomprende il dibattito tematico su economia, innovazione e servizi, il punto sugli sforzi per promuovere crescita, occupazione e competitività, la valutazione dei lavori in corso su tutti gli elementi costitutivi dell'Unione economica e monetaria rafforzata. Sicché, per contrastare tanto la minaccia del populismo, quanto il minimalismo tecnocratico, davvero occorrerà mettere in campo l'impegno del Governo a far avanzare un riesame – ricorro qui al testo della Nota di aggiornamento del DEF per il 2013 – delle politiche economiche nazionali ed europee per dare rafforzata priorità alla crescita e all'occupazione, un riesame che muove in particolare dalla rilevazioni di effetti reattivi e recessivi dei moltiplicatori fiscali assai più elevati di quanto originariamente stimato in sede internazionale, in relazione agli impatti delle politiche di consolidamento fiscale, e che punti al sostegno Pag. 11della domanda interna, anche ai fini del riequilibrio strutturale tra Paesi in deficit e Paesi in surplus.
  Anche nel confronto europeo serve allora il coraggio responsabile, richiamato in questi giorni dal Presidente della Repubblica, il coraggio consapevole delle ragioni della disciplina dei bilanci pubblici, ma anche della necessità di adottare fin d'ora le scelte utili affinché la legislatura europea 2014-2019 sia la legislatura della crescita. Questa deve essere, in breve, la stella polare per lo stesso orientamento dell'analisi condivisa della situazione economica e per il coordinamento rafforzato delle politiche economiche.
  Per queste ragioni, facendo un cenno soltanto ad alcuni dei principali dossier che verranno affrontati dal prossimo Consiglio europeo, occorre – come ella ha ricordato, signor Presidente – che avanzino scelte concrete e tempestive su temi come l'Unione bancaria e l'Agenda digitale. Particolarmente, in Italia, la riduzione del credito bancario resta infatti pesante; come ha osservato l'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria redatto da Banca d'Italia, essa incide ormai non soltanto su imprese finanziariamente fragili, ma anche su imprese con bilanci solidi. Concorrono a determinarla l'incremento dei crediti in sofferenza, l'accresciuta avversione al rischio da parte delle banche e le esigenze di ricapitalizzazione sulla scorta delle indicazioni provenienti dalle autorità finanziarie e dei regolamenti internazionali.
  Continua ad incidere poi il differenziale tra il rendimento dei titoli di Stato italiani a scadenza decennale rispetto agli equivalenti titoli tedeschi. Si tratta di una situazione critica e tanto più critica e decisiva in una fase di ancora delicatissima transizione dal tempo della recessione più lunga e profonda della storia repubblicana al tempo di ritorno alla crescita.
  Da un chiaro avanzamento del processo di costruzione dell'Unione bancaria può venire un contributo importante alla soluzione del nodo della restrizione creditizia. Può venire perché il sistema di supervisione unico, che ora dovrà essere approvato anche dal Consiglio, risponde alle esigenze di estendere l'adozione delle migliori prassi di vigilanza ed attenua inoltre la dimensione degli interessi nazionali che hanno talora consentito processi di accumulazione di squilibri nei bilanci bancari, innescando il circuito vizioso tra crisi bancaria e crisi dei debiti sovrani. Può venire ancora perché un sistema europeo di risoluzione delle crisi bancarie, in cui dunque la rete di sicurezza di risorse comuni corrisponde ai controlli comuni, contiene lo svantaggio competitivo delle banche operanti nei Paesi con maggiori criticità di finanza pubblica.
  Nel complesso, dunque, un sistema di supervisione bancaria unitario e un sistema europeo di risoluzione delle crisi agevolerebbero sul piano strutturale una più efficace trasmissione della politica monetaria, reagendo a quanto si è registrato nel corso della crisi finanziaria sia in termini di decline in quality da parte dei capitali sia in termini di disallineamento nell'ambito dell'Eurozona del livello dei tassi di interesse a lungo termine e dei tassi sui prestiti bancari.
  Il tempo stringe, perché il sistema unitario di vigilanza bancaria europea dovrebbe debuttare operativamente già nell'autunno del 2014, ma la sua credibilità e la sua efficacia richiedono che sul versante della gestione unitaria delle possibili situazioni di crisi siano chiaramente e per tempo concordate le scelte definite da regole concernenti il meccanismo armonizzato di assicurazione dei depositi e di ruolo dei paracadute finanziari, ossia le modalità di coinvolgimento del settore privato in eventuali processi di ristrutturazione e le modalità di diretta attivazione del meccanismo di stabilità europeo.
  Il tempo stringe, come è noto una simile osservazione può essere a buon diritto formulata anche guardando allo stato di attuazione dell'Agenda digitale europea ed italiana, al punto tale che ella, signor Presidente del Consiglio, ha giustamente sottolineato che il Consiglio europeo di giovedì e venerdì può essere la svolta o la tomba rispetto ai temi che Pag. 12abbiamo davanti, rispetto dunque alla determinazione nel fare avanzare il processo di costruzione di un mercato unico delle telecomunicazioni superando frammentazione normative e regolamentari, secondo un disegno di politica industriale europea consapevole del nesso solidissimo che intercorre tra economia digitale, rafforzamento della competitività e accelerazione della dinamica della crescita e dell'occupazione; nesso tanto solido e virtuoso – sia detto assolutamente non per inciso – da rendere meritevoli di ogni più attenta valutazione le esortazioni venute in questi giorni ad assumere la sfida della questione digitale nei termini di un digital compact tale, per la sua vincolatività, da indurre a forzare le tappe e a utilizzare al meglio le risorse tempo per tempo disponibili.
  Tutta l'Europa deve accelerare, perché ad esempio già oggi il 40 per cento del PIL degli Stati Uniti è generato da imprese che gravitano intorno al sistema internet. Ma deve anzitutto accelerare in Italia, per la copertura della banda ultralarga, per gli utilizzi di internet e per la diffusione dell’e-commerce, ma soprattutto perché, a fronte dell'obiettivo europeo del 50 per cento dei cittadini in grado entro il 2015 di accedere a servizi di e-government, siamo attestati appena al 14 per cento rispetto ad una media europea del 44 per cento. È un aspetto cruciale, perché l'innovazione digitale e organizzativa delle pubbliche amministrazioni è il fattore determinante per l'accrescimento della produttività complessiva e per la definizione di efficaci regole di collaborazione e cooperazione tra iniziativa privata e funzione pubblica, a tutto vantaggio, tra l'altro, di una concreta applicazione del principio fondante dello Small business act, cioè di quel pensare anzitutto in piccolo che certo riecheggerà nei lavori del Consiglio con specifico riferimento al ruolo della BEI, alla riduzione degli oneri normativi e alla valutazione della «direttiva servizi».
  È giusto ricordare che non siamo all'anno zero e sottolineare ad esempio quanto sia ricco, anche nel nostro Paese, il cantiere dei lavori in corso sul tema delle smart cities, ma l'esigenza di coordinamento dei processi, di organizzazione e rafforzamento delle risorse e di rilancio degli investimenti, di formazione diffusa e di diffusione delle tecnologie restano, in Europa ed in Italia, fortissime. Darvi positiva risposta con l'impulso al pacchetto legislativo sul mercato unico digitale ed allo spazio europeo della ricerca per recuperare il tempo perduto sulle frontiere dell'economia e della conoscenza con la mobilitazione dei Fondi Horizon 2020 e Cosme e con una nuova qualità della programmazione dei fondi strutturali, significa anche riconoscere il contributo che proprio dal combinato disposto tra innovazione e servizi può venire all'occupazione dei giovani e in questo modo allo stesso futuro di un progetto in cui, per dirla con la felicissima forma di Garton Ash, Europa torni ad essere per i giovani il nome di un posto migliore. Un futuro – concludo – che intanto innanzitutto richiede che l'Europa si misuri, a partire dalla discussione dell'integrazione dell'ordine del giorno del Consiglio, richiesta ed ottenuta dall'Italia, con il tema delle politiche per l'immigrazione. Vi sono tragedie ulteriori da scongiurare e ragioni umanitarie cui non è più consentito di dare sempre e solo risposte in via emergenziale. Vi è di più: la necessità di un'Europa che, senza arroccamenti, sappia cogliere tutta la portata geopolitica delle correnti migratorie del tempo della globalizzazione, accettandone la sfida e cogliendone le opportunità. Ma qui una volta di più è l'Europa politica che occorre. Qui, anzitutto qui si misurerà, per parafrasare il celeberrimo incipit filosofico cui tanto deve la moderna identità europea, l'uscita dell'Europa dallo stato di minorità che essa deve imputare a se stessa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio... anche se in questo momento... prego. Vede, ascoltando la sua puntuale, ma devo dire abbastanza Pag. 13piatta e noiosa – non si offenda – relazione, mi è venuto ad un certo punto il dubbio che questo Consiglio europeo anziché durare due giorni dovesse durare due mesi, perché ha toccato talmente tanti temi che, anche volendo solo trattarli in maniera superficiale, sicuramente più di due giorni sarebbero necessari. Quello che però lascia un attimo perplessi è il fatto che lei non abbia detto in alcun modo o perlomeno non ha lasciato trasparire in alcun modo, al di là del forzato e doveroso impegno di questo Governo di portare all'attenzione dell'agenda di tutti gli Stati membri il fenomeno dell'immigrazione clandestina, innanzitutto quale sia effettivamente la posizione del Governo in materia; perché vede, noi continuiamo a leggere sulla stampa posizioni e dichiarazioni abbastanza singolari di alcuni, anzi di uno sostanzialmente, membri del suo Governo, mentre l'ultima volta che ufficialmente e formalmente un membro del Governo, al di là di quello che ha detto lei oggi, è venuto in quest'Aula a rendere conto ha detto esattamente l'opposto (parlo del Ministro Alfano).
  Quindi sarebbe buona cosa, ma io sono sicuro che lei, nella sua replica, in qualche modo poi ci renderà conto di quella che è effettivamente la posizione, cioè se è quella di Alfano di difesa strenua dei confini e della legalità o se invece è una posizione molto più aperta, terzomondista e lassista che qualcun altro esprime. Infatti, se si va in un'assise dove ci sono altri 26 Stati membri a discutere e a portare il tema dell'immigrazione clandestina quale tema non solo di questo Stato, ma di tutta l'Europa, bisogna avere le idee chiare.
  L'altra cosa che ci preoccupa e ci preoccupa abbastanza è quando lei ha citato e ha detto testualmente che serve tutto il peso politico dell'Unione europea. Sì, speriamo che sia un peso politico molto più specifico, in termini di pesantezza, rispetto a quello che l'Alto rappresentante Ashton ha dimostrato finora, perché se il peso specifico dell'Unione europea è quello che ha dimostrato proprio in quegli scenari lì, soprattutto durante la fase della «primavera araba», dove si è accorta con tre o quattro settimane di ritardo di quello che stava avvenendo, è chiaro che le premesse non sono delle migliori.
  Però ripeto che per noi, al di là di significarle il fatto che se si vuole andare in Europa, come ha detto lei, a picchiare i pugni sul tavolo per farsi ascoltare e che non servono, come ha ribadito, mezze misure e che non accetterà compromessi al ribasso, bisogna andarci con le idee chiare e non ci sembra che queste idee chiare in materia di immigrazione arrivino da questo Governo, anzi che arrivino e vadano al di fuori dei nostri confini segnali molto confusi di quello che è l'atteggiamento nei confronti della clandestinità e della legalità ai nostri confini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Poi ha citato – e ripeto che noi, purtroppo, contrariamente a voi, abbiamo pochissimo tempo – la questione della crescita, però non ha sfiorato minimamente – o perlomeno io non ho sentito – la questione della «direttiva servizi». Noi abbiamo fatto un passaggio specifico che spero apprezzerà nel dispositivo della nostra risoluzione riguardo a un tema molto particolare e molto sentito in materia di turismo, legato alla «direttiva servizi», e sono certo che lei vorrà in qualche modo affrontarlo. Così come sull'Agenda digitale – e concludo, Presidente – non ha minimamente affrontato quello che è un problema a divenire, cioè quello del negoziato transatlantico sull’e-commerce tra Europa e Stati Uniti. Se noi andiamo lì nuovamente senza affrontare quelle che saranno le sfide del futuro – è un futuro a sei mesi o al massimo a un anno – chiaramente il sistema di e-commerce italiano ed europeo potrà essere anche implementato con tutta la banda larga che vogliamo, ma anche qui la competizione sarà per noi assolutamente soccombente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, oggi noi crediamo che non sia più il tempo Pag. 14di dispensare né richieste, né suggerimenti. Quelli li troverete nella nostra risoluzione che abbiamo presentato in mattinata. Infatti, abbiamo visto che in questi sette mesi il vostro modo di governare è atto esclusivamente al salvataggio delle poltrone, non certo nell'interesse degli italiani. Questo è chiaro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi bisogna mettere in chiaro una cosa, che noi non abbiamo alcun rispetto per il suo inconcludente operato finora e nessuna fiducia per il suo Governo. Questo deve essere chiaro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi chiediamo questo perché crediamo che il suo Governo in realtà sia illegittimo e sovversivo. Illegittimo perché nessuno a febbraio ha votato per il Governo Letta-Berlusconi-Alfano e se il PD avesse detto che questo sarebbe stato il suo Governo in campagna elettorale, probabilmente neanche lei stesso, in un estremo gesto di pudore, si sarebbe votato. E sovversivo perché sappiamo che questo Governo nasce nelle stanze della sua fondazione VeDrò, che nasce nel 2005 e annovera nella partecipazione personaggi come Alfano, il vice Premier, e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi. E ricordiamo che la sua fondazione è sponsorizzata da Autostrade per l'Italia. Mi chiedo se non c’è conflitto di interessi in questo caso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Magari ce lo spieghi. Anche l'Europa parla di corruzione e conflitto di interessi. Magari ce lo spieghi. Ricordo il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Orlando e ricordiamo che gli sponsor della fondazione sono anche ENEL ed ENI, cioè due aziende che dettano la politica estera e la politica ambientale di questo Paese. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Nunzia De Girolamo, parte sempre della fondazione VeDrò. E ricordiamo che tra gli sponsor abbiamo Nestlè e il gruppo Cremonini.
  Quindi, questo è un conflitto di interessi puro e semplice. Inoltre, aggiungiamo la Lorenzin e, ovviamente, il buon vecchio Matteo Renzi e il figlio di Giorgio Napolitano e tanti altri che non starò qui a dire. VeDrò è finanziata dalle lobby delle slot machine alle quali avete condonato almeno 2 miliardi di euro di evasione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Esiste poi in questo quadro una società che si chiama Omniaholding del deputato Colaninno, che oggi non vedo in Aula, che controlla indirettamente Alitalia che, guarda caso, il suo Governo ha dato l'ok a salvare con i soldi della Cassa depositi e prestiti. In altre parole, le piccole e medie imprese italiane non riescono ad avere cento lire dalle banche e poi noi ci permettiamo di salvare Alitalia, un'azienda che perde 1,7 milioni di euro al giorno e noi la salviamo. In altre parole, praticamente salviamo i debiti privati con i soldi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Inoltre, avete svenduto la rete Telecom, altro sponsor della fondazione VeDrò, alla spagnola Telefonica. Nel suo recente viaggio in America lei ha dato la disponibilità a vendere le quote di mercato di Fincantieri e Terna. L'ha detto lei.
  Il 14 ottobre avete istituito l'agenzia Invimit, il cui scopo sarebbe questo: dismettere il patrimonio immobiliare italiano. Vi state vendendo l'Italia, questo state facendo ! E, sostanzialmente, qual è il risultato di questi sacrifici ? Andiamo a leggere le statistiche: le statistiche parlano di 1 italiano su 8 che è povero al limite della soglia di povertà, la disoccupazione giovanile, come lei ha ricordato, supera il 40 per cento, il reddito pro capite è tornato ai livelli del 1997, le piccole e medie imprese non accedono al credito perché i soldi che avete regalato alle banche vengono usati per fare speculazione sui titoli di Stato.
  Inoltre, le voglio mostrare un grafico che ci dice che da gennaio 2013 ad oggi abbiamo dato 50 miliardi di sostegno finanziario ai Paesi dell'Unione. Allora, spiegatemi meglio questo concetto, perché, evidentemente, io sono un cittadino e non l'ho capito bene: quando i soldi bisogna darli alle banche private degli amici degli amici e all'Europa, i soldi si trovano sempre; quando servono per risolvere i Pag. 15problemi dei cittadini, i soldi non si trovano mai. Ma che politica è questa, che politica stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Questi sono dati della Banca d'Italia, non è che me li invento io, il grillino di turno. E non ce ne laviamo le mani come dei Pilato qualunque, perché il Governo del «sicario» Monti è stato sostenuto da tutti voi qui dentro: gente che qui dentro fa finta di combattere l'IMU, la Tares, la service tax e tutte le nuove tasse dai nomi impronunciabili, Trise, Tari – sembrano quasi delle malattie –, che voi avete istituito.
  Questa gente è la stessa che ha votato quei provvedimenti, sono qui dentro, e sono gli stessi che li combattono ! Quindi, quelli che hanno causato i problemi ai cittadini sono gli stessi che dovrebbero risolverli. Ma almeno abbiamo la decenza di non prenderci in giro, almeno questo ! E, dopo la pantomima che avete fatto lei e Berlusconi, fiducia e non fiducia, lei ha dichiarato: un ventennio è finito. Ancora balle, perché mi spieghi come è possibile, allora, che la legge di stabilità sia atterrata prima a Bruxelles, alla Commissione europea, senza neanche passare per Roma.
  Allora licenziamo i Ministri, licenziamo il Parlamento: faccia lei il «ducetto» tecnocrate; almeno risparmiamo tempo e soldi. Questa potrebbe essere una proposta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Per capire che nessun ventennio, in realtà, è finito, basta leggere la risposta alla minaccia, giustissima, dello sciopero da parte dei lavoratori che lei ha dato. Leggo testualmente: bisogna far capire chi comanda in prima, in seconda e in terza battuta.
  Allora glielo diciamo noi chi comanda: i cittadini comandano in prima battuta, i cittadini comandano in seconda battuta e i cittadini comandano in terza battuta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Lei è Esecutivo e deve eseguire ciò che vogliono i cittadini, non quello che ci dice l'Europa o altri per noi, e le assicuro che i cittadini non vogliono vendere l'Italia, questo è certo.
  Lei pose degli obiettivi il 29 aprile, il giorno dell'insediamento del suo Governo. Glieli rammento, magari li ha dimenticati: ridurre le tasse sul lavoro (non mi risulta), rinuncia all'inasprimento dell'IVA (aumentata non meno di 2 settimane fa), reddito minimo per i bisognosi (nessuna misura ci risulta, oggi, in atto), risolvere il problema esodati (purtroppo ancora fermi al palo), più lavoro alle donne, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e delle province (abbiamo approvato una legge-truffa pochi giorni fa), riforma elettorale, auspicando un ritorno al Mattarellum.
  Addirittura, lei si spinse ad auspicare il ritorno al Mattarellum: abbiamo votato in Aula questo provvedimento e lei ha votato al contrario. Quindi, la sua credibilità è zero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Lei in Europa non ci può rappresentare. Inoltre, disse anche che i sacrifici non dovevano farli sempre i soliti noti, ma a noi sembra il contrario.
  Sono passati sette mesi da allora e neanche uno degli obiettivi è stato raggiunto. Se avessimo ancora un Presidente della Repubblica veramente super partes, l'avrebbe già destituita dal suo incarico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, alla luce di tutto questo, io dico che ha sbagliato il mio collega... Mi fa piacere che lei rida: purtroppo le persone sono poco credibili e ridono, giustamente.
  Io direi che, alla luce di quello che abbiamo detto in questa sede, il mio collega Villarosa ha sbagliato a chiamarla «bugiardo», è vero, e ha sbagliato anche il mio collega Fraccaro a chiamarvi «ladri», perché la realtà è che il suo Governo ha svenduto questa Italia per 30 denari. Quindi, l'unico appellativo che meritate è quello di «giuda» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Adriana Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la ringrazio per l'audizione odierna che, in linea di continuità con la Pag. 16prassi inaugurata dal Governo Monti, ribadisce l'importanza del raccordo tra Parlamento e Governo in tutte le fasi di formazione delle decisioni europee. Il Parlamento deve cogliere questa occasione, fornendo indicazioni specifiche al Governo sui punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo. Credo, anzi, che la discussione odierna, riguardando le grandi priorità dell'azione europea, possa contribuire a colmare uno dei più gravi difetti della politica italiana: l'assenza di una visione strategica e di lungo periodo.
  In coerenza con questa impostazione mi soffermerò su alcune questioni specifiche. Uno dei grandi obiettivi dell'Europa è far ripartire l'economia e l'occupazione e, a questo proposito, il Consiglio europeo tratta argomenti importanti. Come ha detto il Presidente Monti molto recentemente, per far funzionare un'economia moderna occorre rimuovere gli ostacoli al suo funzionamento e, quindi, il completamento dell'agenda digitale per il 2015 è sicuramente una priorità. Nel mondo globale un'insufficiente digitalizzazione è un grande ostacolo. A questo proposito, sulla digitalizzazione, occorre segnalare che l'Italia si colloca all'ultimo posto per la diffusione della banda larga ad alta velocità, al penultimo posto per il commercio on line e la percentuale di popolazione che usa regolarmente Internet è al 50 per cento rispetto al 75 per cento degli obiettivi europei e siamo anche all'ultimo posto per l'utilizzo dei servizi pubblici on line.
  Noi in Italia e questo Parlamento deve considerare una priorità il superamento di questa situazione. Non ci sembra una buona decisione la riduzione da 800 a 400 milioni delle risorse FAS da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate né ci sembra sufficiente lo stanziamento di 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del piano nazionale banda larga.
  Abbiamo i Fondi strutturali 2007-2013 da utilizzare ancora che potremmo e dovremmo impiegare parte per il completamento dell'agenda digitale italiana così come potremmo utilizzarli per migliorare le competenze digitali della popolazione visto che si stima che, nel 2015, mancheranno 900 mila figure professionali in questo settore.
  Per l'utilizzo dei fondi è indispensabile far partire velocemente l'Agenzia per la coesione territoriale e per questo chiediamo tutto il suo impegno. A questo proposito abbiamo già chiesto in Commissione politiche dell'Unione europea che il Governo sottoponga alle Camere con urgenza, prima di trasmetterlo alla Commissione europea, il contratto di partenariato con cui sarà definita la prossima programmazione dei Fondi strutturali per l'Italia.
  Se nel digitale abbiamo molto da migliorare, rispetto alla capacità di innovazione siamo, invece, di poco sotto la media europea. Dell'indice che misura la capacità di innovazione di un Paese fa parte il numero di brevetti. Se le Germania, nel 2013, ne ha registrati 33 mila e l'Italia solo 4 mila ci sarà un motivo. A questo proposito, Presidente Letta, le chiediamo che lei e il Governo consideriate con molta attenzione la questione del brevetto unico europeo e come aderirvi. Potrebbe esser un volano per noi oppure un'ulteriore arma di concorrenza impropria in mano all'industria tedesca. Diffondere la cultura del brevetto nel nostro Paese è un imperativo categorico sia nel privato che nel pubblico come nelle università, dove è da favorire la diffusione degli uffici brevetti. Ciò non significa, tuttavia, aderire acriticamente a un brevetto che, sia per le modalità di registrazione sia per la tutela giurisdizionale, sembra favorire indebitamente le imprese dei Paesi di lingua inglese, francese e tedesca.
  Chiediamo che il Consiglio europeo definisca obiettivi e strumenti chiari per assicurare la semplificazione della regolamentazione: un aspetto molto importante per la vita dei cittadini e delle imprese soprattutto per le piccole e medie imprese. Per fare un solo esempio, il Piano europeo dell'acciaio, che è stato da poco pubblicato, calcola in 18 euro a tonnellata di acciaio la maggiorazione di costo dovuta al peso della normativa rispetto ai concorrenti extraeuropei.Pag. 17
  Un altro tema molto importante, che lei ha trattato nella relazione, è la disoccupazione giovanile. Siamo molto d'accordo con la priorità accordata dalla Commissione, nella comunicazione della dimensione sociale della governance economica, alla revisione delle modalità di servizi di ricerca di lavoro. La proposta di Scelta Civica per l'Italia, a questo proposito, è di favorire l'integrazione dei servizi offerti dal pubblico con quelli delle aziende di collocamento private, che, confrontando i dati, hanno molto più successo.
  Rispetto a questo tema, segnalo che noi, onorevoli colleghi, siamo in notevole ritardo rispetto all'esame della comunicazione della Commissione europea «Lavorare insieme per i giovani d'Europa. Invito ad agire contro la disoccupazione giovanile», presentata dalla Commissione europea a maggio e di cui la Commissione lavoro avvierà l'esame solo domani. Ricordo che l'Europa ci chiede di essere pronti per intervenire da gennaio 2014.
  Il caso di questa comunicazione è esemplare in quanto è indice, purtroppo, della scarsa attenzione dimostrata da molte Commissioni di settore verso l'intervento in fase ascendente che finora ha pregiudicato la capacità della Camera di contribuire alla formazione della posizione nazionale. Questo intervento dovrebbe costituire, cari colleghi, la priorità dell'attività parlamentare e non un filone secondario occasionale, subordinato alla discussione di questioni microsettoriali e localistiche. Dobbiamo cogliere la grande disponibilità dimostrata dal Governo e in particolare dal Ministro Moavero per inserire stabilmente la voce Parlamento nel negoziato a livello europeo.
  Infine, un tema molto importante che ci sta molto a cuore: due nostri deputati sono stati a Lampedusa e hanno verificato che le condizioni di vivibilità per gli immigrati sono veramente non da Paese civile e su questo le chiediamo di intervenire molto velocemente. In più, noi le chiediamo di porre con forza il tema dell'emigrazione, che deve diventare un tema europeo e in questo siamo assolutamente in linea con la sua relazione. Le segnaliamo che ci sono due proposte di Scelta Civica per l'Italia molto importanti, ossia la creazione a Lampedusa di un centro di accoglienza europeo per la richiesta di asilo anche in altri Paesi dell'Unione europea, e poi è fondamentale creare un primo canale di migrazione regolare per i profughi di guerra e questo può essere fatto anticipando la possibilità di richiesta di asilo già sulla riva sud del Mediterraneo, prevedendo poi dei convogli sicuri per l'Europa.
  Infine, una considerazione: sentiamo continuamente dire che deve essere allentato il vincolo del 3 per cento posto dall'Europa «matrigna». Desidero ricordare che noi abbiamo ancora da spendere nel quadro della programmazione 2007-2013 fondi europei e nazionali per circa 29 miliardi di euro complessivi che, in ventinove mesi, valgono circa tre volte la finanziaria e che risolverebbero molti problemi. Saper spendere questi soldi: questo è il nostro obiettivo e per farlo dobbiamo fare le riforme di cui continua a parlare il Presidente Monti.
  Caro Presidente, Scelta Civica ha capito il tuo messaggio e ti assicura tutto il suo impegno per portare a termine questa battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, la sua comunicazione riflette la ricchezza dell'agenda del prossimo Consiglio europeo: cinque punti, tutti importanti, a partire dalla priorità delle politiche migratorie e di asilo. Siamo d'accordo sui quattro impegni che lei andrà a chiedere al Consiglio europeo.
  Parlate poi, come secondo punto, del mercato unico digitale, della sua assenza e dei costi di questa assenza: 110 miliardi di euro. Noi, però, vorremmo richiamare altrettanta attenzione su un altro mercato unico, quello delle merci più preziose che abbiamo, il mercato della conoscenza, e parlo del SER, lo Spazio europeo della Pag. 18ricerca, dove i ricercatori e le ricercatrici possono muoversi senza alcuna barriera. Il nostro Paese ha un dovere in più degli altri Paesi per realizzare questo spazio, perché questo progetto porta la paternità italiana di Antonio Ruberti, Rettore dell'università La Sapienza, poi Ministro socialista, poi Commissario europeo della ricerca. Un progetto che lanciò a cavallo degli anni Ottanta-Novanta, che rimase dormiente per un po’ di tempo e poi fu ripreso per un settimo programma quadro delle cui linee guida fui relatrice al Parlamento europeo.
  Con quel programma quadro fu stanziato il 40 per cento in più dei fondi.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PIA ELDA LOCATELLI. Ancora pochi secondi. Allora ci illudevamo che il 3 per cento sarebbe stato una linea raggiungibile di investimento per la ricerca, ma la crisi economica e le politiche di austerità hanno avuto un drastico impatto e sono crollati, per l'investimento pubblico, allo 0,72 per cento del PIL europeo.
  Presidente Letta, noi le chiediamo di realizzare l'inversione di tendenza per la ricerca che è già avviata nel campo dell'istruzione e della cultura e le chiediamo anche di andare in Europa a chiedere la stessa cosa: più fondi per la ricerca e per lo sviluppo. Non è azione velleitaria, ma è politica per la competitività, per lo sviluppo, ma, soprattutto, per l'occupazione giovanile. Puntare sulla ricerca significa dare speranza ai giovani e significa dire che c’è futuro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il Consiglio europeo del 24 e del 25 ottobre, in base all'ordine del giorno provvisorio, discuterà diversi temi nevralgici per definire una strategia di uscita dalla peggiore crisi economica mai conosciuta dalla nostra comunità al di fuori di un evento bellico. Si parlerà di economia digitale, come ha già ricordato lei, signor Presidente, di innovazione, di servizi, di politica economica e sociale, con particolare riferimento alle misure per combattere la disoccupazione giovanile e sostenere le piccole e medie imprese, di futura architettura dell'unione economica e monetaria e delle politiche di immigrazione. Per evidenti limiti di tempo, mi soffermerò esclusivamente su alcune questioni, al fine di mettere in luce quelli che sono, a nostro avviso, i rischi del perpetuare politiche di austerità sin qui sposate con forza negli ultimi due Governi del nostro Paese.
  Pur ritenendo positivo l'inserimento nell'ordine del giorno dei lavori del Consiglio europeo di questioni relative a politiche sociali e, soprattutto, a quelle dell'immigrazione, non possiamo che rilevare come tali temi siano affrontati alla stregua di questioni marginali rispetto alle politiche – quelle sì – centrali di austerità. Come se le misure in materia sociale e di immigrazione fossero dei semplici correttivi alle inevitabili ricadute delle politiche di austerità e non la missione principale di un'entità statuale nazionale o sovranazionale che sia.
  È trascorso un numero di anni sufficientemente lungo da poter esprimere una valutazione oggettiva sull'esito delle politiche di austerità, non solo sulle persone, dove il giudizio è evidentemente drammatico, ma anche sugli stessi sistemi economici. È lo stesso Financial Times, giornale di orientamento non proprio socialista, a dare conto, nell'edizione del 23 settembre 2013, di come la crisi economica continui a distruggere posti lavoro in Europa. Si stima che i disoccupati, alla fine del 2013, saranno 19 milioni nella sola zona euro, oltre 7 milioni in più rispetto al 2008. La crisi occupazionale affligge soprattutto i Paesi periferici dell'unione economica e monetaria europea, dove si verifica anche un aumento eccezionale delle sofferenze bancarie e dei fallimenti aziendali.
  Occorre essere consapevoli che, proseguendo con le politiche di austerità e affidando il riequilibrio alle sole riforme Pag. 19strutturali, il destino dell'Europa sarà segnato. La stretta violenta su entrata e spesa affonderà definitivamente le spese pubbliche d'investimento e quelle produttive, generando effetti depressivi sempre maggiori, sia nel breve che nel medio periodo. Si finirà con il determinare una rottura insanabile nel patto di cittadinanza fra europei, fondato sull'assunzione di un futuro comune di prosperità, di pace e di sicurezza sociale.
  Con la stessa superficialità, si sta affrontando l'altra grande emergenza sociale e umanitaria, quella dell'immigrazione. Non è accettabile assolutamente che, a fronte della drammaticità di tali eventi, come quelli di Lampedusa, il Consiglio europeo si limiti a esprimere profonda tristezza, continuando a considerare l'immigrazione un effetto collaterale di povertà e guerra. Chi continua ad avallare questa visione non ha probabilmente capito a fondo quello che sta accadendo in quell'isola. Le emozioni e i sentimenti sono un privilegio riservato alle persone; quando sono espresse dalle istituzioni diventano un alibi. Le istituzioni hanno il dovere di trovare delle soluzioni.
  Per questo chiediamo al Governo di contrastare con intransigenza le posizioni espresse da alcuni Stati membri che vorrebbero continuare a limitare l'integrazione europea alle sole azioni funzionali ai mercati. Chiediamo, invece, di affermare il carattere prioritario, e non subordinato, degli interventi strutturali in materia sociale.
  Quanto alle politiche sull'immigrazione chiediamo al Governo di sollecitare, in sede di Consiglio europeo, un maggiore impegno di tutti gli Stati membri per il reinsediamento ovvero il trasferimento, con l'assistenza e a seguito di procedure di selezione da parte anche dell'UNHCR, di gruppi di rifugiati dai Paesi di transito o di prima accoglienza agli Stati che offrono programmi di inserimento. Ciò allo scopo di offrire vie legali e sicure di accesso all'Europa per le persone in fuga da guerre e persecuzioni.
  Chiediamo di prevedere la possibilità per i richiedenti asilo di presentare la domanda presso le sedi diplomatiche degli Stati membri nei Paesi di transito e di istituire una figura di coordinatore europeo sul soccorso in mare specializzato in diritto internazionale e dei rifugiati e in diritto internazionale marittimo; una figura in grado di rafforzare i collegamenti, in tale ambito, tra gli Stati membri, i Paesi di transito dei migranti e l'Organizzazione Marittima Internazionale. La risposta più concreta alla profonda crisi che stiamo vivendo non potrà avere la forma di qualche aggiustamento contabile e di un bilancio disastrato.

  PRESIDENTE. Deputata Ricciatti, concluda.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, rispetto anche alle operazioni di Mare Nostrum io mi permetto di ricordarle una data e un evento: la data è quella del 1997 e l'evento è quello dell'affondamento della Kater I Rades nell'Adriatico, da parte della nave della Marina militare Sibilla, che creò 81 morti. Questo come monito affinché sia chiaro che non si può dare a un processo strutturale una risposta militare. Rispetto a questo è evidente che sarà necessario ripartire da un discorso più profondo di distribuzione e razionalizzazione delle risorse, di necessità e di diffusione dei diritti universali, di condivisione di un destino.

  PRESIDENTE. Deputata Ricciatti, concluda.

  LARA RICCIATTI. Mi avvio a concludere; siamo d'accordo con lei, signor Presidente del Consiglio, bisogna costruire una Europa dei popoli, però, mi creda, questo è in grande contraddizione con quello che afferma il suo Ministro dell'interno in base a cui i confini di una nazione sono il valore aggiunto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà)...

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ricciatti.Pag. 20
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio e Di Lello n. 6-00036 il cui testo è ora in distribuzione.

(Replica e parere del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, ringrazio gli onorevoli deputati che hanno preso la parola per intervenire nel merito della discussione dei diversi punti che saranno oggetto del Consiglio europeo e anche per cominciare a mettere in agenda la discussione sul semestre di Presidenza dell'anno prossimo.
  Molte questioni che sono state citate sono le questioni che il Governo condivide come punti essenziali, come punti centrali. Riprendo soprattutto i concetti generali e l'impostazione generale del collega Taranto che condivido pienamente. Un'impostazione generale molto forte rispetto alla quale o l'Italia prende la guida di un percorso di nuovo europeismo basato sulla concretezza delle risposte, basato sulla prospettiva che si riesce a dare oppure tutto quello di cui stiamo parlando sarà assolutamente complesso. Tutto questo non può che avvenire, come lui ha detto, attraverso una forte spinta di Europa politica, perché senza quella le scelte che avremo davanti sono impossibili.
  La gestione del semestre dovrà essere innanzitutto centrata su una forte spinta di maggiore integrazione politica perché o noi diamo, effettivamente, nuove istituzioni, nuova forza alle istituzioni oppure tutto questo sarà complesso, sarà complicato.
  Lo dico anche rispetto a ciò che il collega Alli prima ha sottolineato su questioni molto concrete: le piccole e medie imprese, il tema dei giovani, la questione dei fondi strutturali e soprattutto il fatto che l'Unione deve dare a tutti la possibilità di correre e deve dare a tutti la possibilità di giocare la partita sapendo che questa possibilità di vincere non può che avvenire attraverso una dinamica di questo genere. Questo è il tema che noi stiamo cercando, per esempio al Consiglio di giovedì e venerdì in materia di mercato unico delle telecomunicazioni, di mettere in campo, l'agenda digitale, tutti temi essenziali per creare una competitività che effettivamente riesca a funzionare. A partire anche dalle cose più delicate.
  L'onorevole Galgano ha citato prima la questione del brevetto unico.
  So che è un tema molto delicato, però io posso dirle che stiamo cercando di trovare una soluzione che vada esattamente nella strada da lei auspicata, che non lasci l'Italia in retroguardia, perché se l'Italia fosse in retroguardia su questo tema i rischi di una retroguardia in questo campo sarebbero molto molto preoccupanti.
  Quindi, il tentativo ovviamente è quello di far sì che attorno a una materia come questa si riescano a sviluppare delle scelte a livello europeo e anche delle posizioni italiane che siano in grado di far sì che l'Italia colga tutte le opportunità. Lei ha citato il tema dei fondi strutturali, molti colleghi hanno citato il tema dei fondi strutturali, è sicuramente una delle questioni chiave e essenziali, così come molti altri temi.
  Io ho ascoltato tutti e cerco di prendere atto e di prendere nota di tutte le cose che sono state dette. Onorevole Sibilia, è difficile, tra i vari insulti che lei mi ha rivolto, cercare di trovare dei punti concreti su giovedì e venerdì (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia). Metà del suo intervento è legato al tema di una fondazione che, le comunico, ha deciso autonomamente di chiudere i battenti, proprio per evitare Pag. 21qualunque forma di conflitti di interesse, perché io sono attento al tema dei conflitti di interesse, il che le consentirà la prossima volta di parlare del tema di merito, cioè del Consiglio europeo di cui si parlerà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia). Le aggiungo anche che il Presidente del Consiglio non può essere destituito dal Presidente della Repubblica, ma soltanto da questo Parlamento, che, se vuole, può votare la mozione di sfiducia nei nostri confronti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).
  Ho trovato molto forte il passaggio della collega Locatelli sulle questioni legate al tema della ricerca. Il Consiglio europeo di giovedì e venerdì sarà un Consiglio nel quale su questi temi un passo avanti io credo si potrà fare. Si potrà fare, però, se con tutti, Parlamenti nazionali e Parlamento europeo. Ho citato non a caso il bell'intervento che oggi, su Il Sole 24 Ore, Berlinguer e Sartori – due autorevoli parlamentari europei della delegazione italiana – hanno pubblicato proprio su questo tema. Noi abbiamo bisogno di uno spazio europeo della ricerca, credo che sia essenziale, fondamentale. Credo che sia uno dei temi sui quali dobbiamo lavorare di più. Quindi, trovo assolutamente importante il suo stimolo, il punto che lei ha citato.
  Molti interventi ovviamente hanno toccato la questione delicatissima che noi vogliamo – lo dico alla collega Ricciatti – sia assolutamente il centro del Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Se ne parlerà perché l'Italia ha chiesto e fortemente voluto che se ne parlasse. E credo che se ne dovrà parlare con una forza e uno stimolo, una spinta, che deve affrontare il merito delle questioni.
  Vede, onorevole Pini, capisco tutte le preoccupazioni – ho ascoltato il suo intervento, e capisco anche le sue preoccupazioni –, ma io credo noi dobbiamo togliere, una volta per tutte, la questione dal tema del dibattito immediato di polemica politica nazionale, perché è una vicenda – quella delle grandi migrazioni – che riusciamo ad affrontare con uno sguardo rivolto al dramma che sta vivendo il nord Africa, quello che sta vivendo il Medio Oriente. Oggi incontrerò, riceverò, il Primo Ministro israeliano, domattina il Segretario di Stato americano, sul tema della Siria, sul tema dei due milioni di rifugiati siriani che sono fuori dal loro Paese e vivono in condizioni disperate attorno a loro. Il tema della Libia, il tema dell'Egitto, il tema del Corno d'Africa, tutte questioni che hanno a che fare con uno stravolgimento delle dinamiche che hanno messo in campo, purtroppo, fenomeni migratori che soltanto a livello europeo e con una gestione comune di queste dinamiche possono trovare delle soluzioni.
  In questo senso questo è il tema sul quale io spero che questo Parlamento e questo Governo nei prossimi mesi riescano a trovare delle soluzioni e delle scelte che ci consentano – e termino, signora Presidente, onorevoli colleghi – di essere in grado di far sì che il semestre italiano dell'anno prossimo sia nella tradizione dei grandi semestri che l'Italia ha gestito per fare le svolte europee (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia). Io voglio citare due appuntamenti che nella storia di tutti noi sono rimasti indelebili.
  Sono due appuntamenti che hanno cambiato la storia europea e che sono stati gestiti a partire dall'iniziativa della leadership italiana: 1985, il Consiglio europeo di Milano che dà il via all'Atto unico europeo e il Consiglio europeo del dicembre del 1990, a Roma, che fa fare la svolta verso l'Unione economica e monetaria. Una grande tradizione europeista che noi dobbiamo non soltanto riprendere ma rilanciare per far sì che il semestre di Presidenza dell'anno prossimo sia la base perché l'Europa unita possa effettivamente arrivare. Soltanto con gli Stati Uniti d'Europa noi possiamo affrontare queste grandi sfide che il tempo moderno pone anche al nostro Paese (Applausi dei deputati Pag. 22dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia e di deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia).

  PRESIDENTE. Signor Presidente del Consiglio, dovrebbe per favore darci i pareri sulle risoluzioni.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, per i motivi sopra esposti, esprimo parere favorevole sulla risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio e Di Lello n. 6-00036 (Nuova formulazione), e parere contrario su tutte le altre risoluzioni.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,33).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, bene ha fatto a voler continuare la positiva tradizione del confronto parlamentare sui temi dell'Europa avviata dal suo Governo.
  Con serietà e con realismo vediamo le nubi che avvolgono l'Europa, non le sottovalutiamo, anzi; ma per noi l'Europa è l'unica prospettiva possibile in un mondo sempre più globalizzato ed è bene che il Parlamento cresca in questa consapevolezza e punti ad una Europa federale.
  Vediamo le questioni centrali che lei ha svolto nella sua relazione. Migranti: non c’è solo la fuga dai territori di guerra, c’è una crescente consapevolezza in quelle popolazioni africane dell'intollerabile miseria se paragonata alle propensioni al consumo della vicina Europa, amplificate dai mezzi di informazione. Là, in quei Paesi, si dovrebbe vivere con due dollari al giorno, per avere la dimensione di che cosa stiamo parlando. Il contrasto si può fare in radice, investendo sul loro sviluppo, non è un problema di polizia. Sta facendo più investimenti in Africa la Cina di quanti ne faccia l'Europa. Pini, non chiamiamola «posizione terzomondista» perché rischia di essere velleitaria questa definizione e strumentale; tutt'altro, essa è concreta ed è capace di stendere una rete di sicurezza sui nostri Paesi e sui nostri popoli.
  È necessaria una stretta collaborazione con i Paesi africani, un continente giovane, potenzialmente esplosivo di fronte alle differenze abissali tra Centro Africa e Paesi europei, ed è così vero che di cento immigrati solo dieci si fermano in Italia, gli altri risalgono agli altri Paesi europei.
  Per queste ragioni è bene che l'Europa non consideri Lampedusa un territorio di confine italiano.
  Agenda digitale, pubblica amministrazione, semplificazione e peso sull'efficienza dell'economia: ci vuole un salto di qualità nei servizi digitali. L'Italia è l'ultimo Paese in Europa sulla banda larga ultraveloce, il 14 per cento di copertura delle famiglie rispetto al 54 per cento della media europea a 28.
  Ultimo punto: completamento dell'Unione economica e monetaria, unione bancaria, vigilanza bancaria e risoluzione delle crisi bancarie. Ci vuole un meccanismo sopranazionale, dotato di appositi finanziamenti europei in grado di intervenire rapidamente ed efficacemente.
  I tempi di intervento sono decisivi e anche la qualità della decisioni; lo scandalo come il patteggiamento della JP Morgan, non può far cadere il tema delle Pag. 23responsabilità; abbinare la vigilanza bancaria e la risoluzione delle crisi bancarie ad una società di rating europea: troppi conflitti di interesse in questo delicato campo.
  Penso che questa sia la posizione realistica che lei può portare al Consiglio europeo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Bruno. Ne ha facoltà.

  FRANCO BRUNO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, i deputati della componente MAIE-API voteranno la risoluzione presentata alla quale lei ha dato parere favorevole, perché sono convinti di come lei sta interpretando il ruolo e la funzione internazionale, di come lei sta rappresentando il nostro Paese sullo scenario internazionale e di come lei intende rappresentarlo all'interno dell'Unione europea, sia nell'appuntamento di questa settimana, sia negli appuntamenti che verranno, compreso il semestre italiano.
  Siamo convinti di come lei interpreta la vicenda dell'immigrazione, di come è riuscito a distinguere due momenti, quello dell'emergenza urgente, quello del potenziamento di Frontex, della missione che stiamo già mettendo in atto, e un secondo momento in cui quest'Europa, con questo welfare, se non assume un'altra funzione, un altro ruolo, difficilmente riuscirà a far fronte all'ondata di immigrazione, che tra l'altro è sostanzialmente inarrestabile.
  Così come ci convince anche la sua posizione sul mercato unico delle telecomunicazioni. Speriamo che non si ripeta quello che è successo sul mercato dell'energia, dove un'Europa divisa, un'Europa in cui ognuno cammina per la propria strada, non riesce di fatto a far fronte comune e a trovare soluzioni che rendano complessivamente il mercato europeo più competitivo.
  Infine, Presidente, se mi permette una nota più politica, non si curi degli insulti, continui in questa sua missione, continui il suo rapporto con il Parlamento, vedrà che alla fine fare l'interesse del Paese darà a lei grandi soddisfazioni e a noi tutti la sensazione che si fa qualcosa di utile per la nostra popolazione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, Presidente Letta, colleghi deputati, ho ascoltato la relazione, abbiamo ascoltato la replica in relazione a una tradizione che abbiamo già avuto modo di commentare positivamente e che ci auguriamo possa essere confermata nel corso del tempo. Tuttavia, Presidente, la sensazione, il giudizio, la suggestione – la metta un po’ come preferisce – che noi abbiamo tratto è che lei è come se vivesse in un altro pianeta.
  L'agenda di cui abbiamo parlato oggi qui è un'agenda eccessivamente vincolata alle esigenze dell'Europa, ai suoi ritmi, ai suoi obiettivi, ed è come se prescindesse completamente rispetto a quelle che sono le necessità e le urgenze dell'Italia, è come se vivesse su Marte perché è come se non si fosse accorto che i cittadini italiani – piaccia o meno, non c’è bisogno di esprimere giudizi al riguardo, anche perché con tutta probabilità la penseremmo tutti allo stesso modo – hanno manifestato e coltivato nel corso del tempo, nei confronti dell'Europa, una sorta di ostilità permanente, perché non riescono a capire fino in fondo quale possa essere il beneficio di continuare a stare in Europa esattamente nella maniera che abbiamo potuto interpretare nel corso degli ultimi settant'anni.
  Siamo un Paese fondatore ma è come se non avessimo esattamente i benefici degli altri Paesi fondatori. Certo, abbiamo una situazione di difficoltà che sarà più volte manifestata, un PIL inchiodato da dieci anni e da due anni con un segno negativo davanti, quindi siamo in recessione, abbiamo una disoccupazione galoppante e abbiamo tutti i maggiori e più Pag. 24significativi parametri economici con un segno negativo. Tuttavia, Presidente, ci sono anche delle storture che se non affronta lei, non si capisce bene chi è che dovrebbe affrontarle.
  Nel rapporto con l'Europa non è chiara per esempio la misura anche della contribuzione dell'Italia. Sono soldi che vengono sottratti ai cittadini, alle famiglie, alle imprese, perché vengono trasferiti nel cosiddetto Fondo salva-Stati. E fra quegli Stati in difficoltà non ci sono soltanto il Portogallo e la Grecia, c’è anche la Spagna e in quota parte c’è anche l'Italia. E si vedono questi fondi che comunque transitano nel «salva-Stati» ma che di fatto vengono appoggiati nella Banca centrale europea per una sorta di norma che forse andrebbe anche rivista, perché se la BCE è di fatto un organismo che appartiene agli istituti di credito privati, non si capisce perché dovrebbe gestire i risparmi dei popoli europei.
  La BCE poi che fa ? Trasferisce alle banche centrali, anch'esse private, dei singoli Stati in difficoltà, queste risorse, che vengono sottratte attraverso la pressione fiscale ai popoli europei e, poi, assistiamo – lo diceva il collega Sibilia poco fa – a quelle manifestazioni, che sono anche parte integrante dell'agenda che andrete a discutere nelle prossime ore, all'evento clamoroso di Telefonica, che con i soldi della Banca centrale spagnola, di fatto, fa un investimento e acquisisce Telecom e, quindi, praticamente, quota parte dei contributi dei cittadini italiani serve a consentire a Telefonica, azienda spagnola, di acquisire un asset che viene definito «asset strategico»; lo sarà in misura limitata rispetto all'enfasi che è stata utilizzata in queste settimane, ma comunque certamente il livello di infrastrutturazione delle telecomunicazioni può essere giudicato un asset strategico. Questo è il meccanismo. Se non lo ferma lei, chi lo dovrebbe fermare ? Non certamente chi parla e neanche un qualunque altro deputato. Non lo può fermare un'associazione, un comitato, un corpo intermedio, una categoria produttiva, ancorché organizzata; lo deve fermare il Governo italiano.
   Questi nodi vanno sciolti, così come va sciolto il nodo dei flussi migratori e della loro gestione. Ma va sciolto, Presidente, attraverso la logica del buon senso, non con le chiacchiere, con la demagogia, con l'ideologia, con il falso umanitarismo che è stato messo in campo in maniera stucchevole in queste settimane solo e soltanto a causa delle tragedie di Lampedusa, di Malta, del Canale di Sicilia. Bisogna saper guardare i fatti anche laddove non ci sono immagini raccapriccianti e tragiche come quelle che abbiamo potuto constatare e che ci hanno particolarmente addolorato. Dobbiamo sapere che, per ogni barcone che viene comunque a spiaggiare sulle coste italiane, ce n’é almeno un altro che non vediamo, ma che comunque fa la fine, ahimè, che ha fatto quell'ultimo barcone dei 350 immigrati disperati che si sono consegnati nelle mani degli scafisti e dei mercanti di morte.
  Allora, se vogliamo fare un'azione di salvataggio, questa azione di salvataggio va fatta davanti alle coste libiche, non davanti alle coste di Lampedusa, e la comunità internazionale e l'Europa devono collaborare con tutte le misure possibili per rendere possibile questa azione di contrasto – non con la demagogia che ascoltiamo, soprattutto proveniente dai banchi della sinistra – insieme agli investimenti, insieme all'unico modo che possiamo mettere in campo per evitare che quel fronte, in Medio Oriente, in Nord Africa, ma anche tutto ciò che proviene dal centro dell'Africa piuttosto che dall'est asiatico, possa andare in depauperamento e possa svuotarsi anche in termini di energie fisiche, energie economiche e energie intellettuali. Noi dobbiamo impedire al «terzo mondo» di impoverirsi ulteriormente, dobbiamo fare del nostro meglio, attraverso la politica degli investimenti, attraverso una riforma e un rilancio della cooperazione internazionale, perché riesca a mettersi nella condizione di emanciparsi. Non la voglio fare lunga, Presidente, ma già l'ho detto e lo ripeto: non ci stiamo ad abbassare la testa di fronte a chi fa dei Pag. 25gargarismi autentici rispetto, ad esempio, alla richiesta di abolizione del reato di immigrazione clandestina.
  Noi, se è vero che siamo la porta d'Europa, è come se fossimo una porta girevole, è come se fossimo i portieri di notte in un albergo. C’è bisogno che tutte le stanze dell'albergo siano disponibili a fare accoglienza per smistare una eventuale abolizione dell'immigrazione clandestina e quindi tutto ciò che ne conseguirebbe in termini di flussi eccezionali verso l'Italia. Altrimenti, non sapremmo come gestirli – e già abbiamo difficoltà a farlo – perché, se siamo – come è stato più volte ripetuto – un Paese in difficoltà economica, significa che abbiamo una capacità di svolgere un'azione di volontariato, di beneficenza, di cooperazione, che è limitata, che ha una capienza ben precisa, che noi dobbiamo avere la forza, la lucidità e il senso di responsabilità di misurare e di organizzare. Non possiamo dire – come abbiamo ascoltato qualche giorno fa, in lungo e in largo, anche da esponenti del Governo, o comunque da esponenti della maggioranza che lo sostiene – che, in buona sostanza, attraverso l'artifizio dei corridoi umanitari tutti possono arrivare in Italia senza pagare pegno.
  Questo anche perché voi sapete meglio di me che dentro quei barconi, esattamente come è capitato in altre epoche, non ci sono soltanto bambini, ragazzi volenterosi, donne in maternità. Non ci sono soltanto persone che richiedono asilo perché vengono inibite nel loro diritto di essere uomini e donne liberi a casa loro. Non ci sono solo quelli che scappano dalle guerre, ma ci sono anche i delinquenti, ci sono anche i trafficanti, i trafficanti di organi, i trafficanti di armi, ci sono coloro che appartengono a bande criminali vere e proprie. Noi abbiamo il diritto di fare selezione, a tutela, intanto, delle persone per bene che cercano rifugio in Europa, ma anche a tutela dei cittadini italiani, perché noi dobbiamo difendere il loro altrettanto sacrosanto diritto alla sicurezza.
  Allora – e concludo –, Presidente Letta, una volta tanto la battuta sul «VeDrò» sinceramente mi spaventa, perché se lei dice di avere in buona sostanza consentito o richiesto a «VeDrò» la possibilità di distinguersi significa che lei e «VeDrò» siete stati la stessa cosa. Quindi, ha ragione il collega del MoVimento 5 Stelle ad essere inquieto al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Scusi, Presidente, ma penso che lei abbia fatto uno scivolone. Vada in Europa facendo una cosa facilissima: a rappresentare i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Presidente Letta, ho ascoltato e ho apprezzato di più la sua replica rispetto alla relazione che, ribadisco, è stata molto lunga e per certi versi anche noiosa, ma noiosa nel senso politico del termine non in altri sensi, perché non ha dato nessun tipo di segnale su quelle che sono effettivamente le intenzioni specifiche su ogni singolo tema che questo Governo vuole portare per dare delle soluzioni ai problemi che il Consiglio europeo deve affrontare nei prossimi giorni, giovedì e venerdì.
  Ho ascoltato la sua replica. Però, per il fatto che lei è la quintessenza del «democristianesimo» (non si offenda, insomma, è la sua storia politica che lo dimostra), non ha voluto dare una risposta su quello che, però, è il tema principale che sarà all'ordine del giorno di questo Consiglio europeo, cioè qual è la posizione di questo Governo in materia di immigrazione e, soprattutto, in materia di immigrazione clandestina.
  Io capisco l'imbarazzo nel dovere fare da mediatore fra posizioni che vengono da un partito di centrodestra rispetto a posizioni che vengono da esponenti di un partito di centrosinistra, però il tempo non gioca più a nostro favore e soprattutto anche il rispetto nei confronti di quei morti che tutti quanti abbiamo pianto – Pag. 26tutti – non può più essere posto sul piano dell'equilibrismo politico. Se lei va in Europa, giovedì e venerdì, a trattare il tema dell'immigrazione deve andarci con le idee chiare e le idee chiare su quella che è la linea da tenere non le abbiamo assolutamente ascoltate e, quindi, naturalmente sulla risoluzione di maggioranza noi ci esprimeremo contro.
  Però, siccome – ripeto – il dibattito politico deve servire ad arricchire entrambe le parti, le lascio sul tema dell'immigrazione un'ulteriore considerazione, che va ben oltre quello che lei ha chiamato polemica politica, perché polemica politica non è e lo ho spiegato i motivi prima. Qual è la visione, alla fin fine, che l'Europa intera deve dare in materia di immigrazione e in materia di flussi migratori e soprattutto in materia di regole legate ai flussi migratori ? Le faccio una domanda: merita più o meno o lo stesso rispetto, come riteniamo noi, il clandestino che cercando di attraversare lo stretto, cercando di approdare a Lampedusa annega rispetto alla persona, che magari in Ruanda o da altre parti, viene massacrata da un machete a fronte di un conflitto etnico ? Meritano lo stesso rispetto !
  Allora, l'Europa deve porsi questo come quesito. Ci limitiamo solo ed esclusivamente a lavarci le coscienze davanti alla televisione, facendo operazioni di peace keeping in quel tratto di mare, o vogliamo finalmente mettere in piedi una politica di aiuti veri, concreti ed effettivi nei confronti dell'Africa ? Perché questo probabilmente è il tema che dovrete sviluppare per uscire, come ha detto lei stesso, da quella che potrebbe essere interpretata – ma non lo è – come polemica politica.
  Allora, se lei sarà in grado di fare questo, probabilmente noi plaudiremo a questo suo tentativo. Però per farlo – e torno all'inizio – bisogna che il Governo che lei rappresenta abbia un'idea ben chiara di quale voce vuole portare all'interno del Consiglio europeo.
  Poi, relativamente agli altri temi, torno nuovamente su una questione che non ha affrontato nemmeno nella replica, cioè a questo accordo che è una sorta di libero scambio nell’e-commerce tra la vecchia Europa e il continente americano. Noi possiamo sviluppare quanto vogliamo le infrastrutture che servono a sviluppare il commercio elettronico, il commercio transatlantico – chiamiamolo così –, ma se non mettiamo delle regole facciamo la fine della concorrenza sleale che abbiamo subito e continuiamo a subire da parte del Sud-est asiatico o dell'Asia. Anche questo è un tema che deve essere posto – secondo noi – sul piatto, sul tavolo dell'agenda politica nel prossimo Consiglio europeo, ma è un tema di cui non si trova traccia, perlomeno nella bozza di quello che dovrebbe essere l'ordine del giorno. Quindi le rivolgiamo nuovamente l'invito a sollevare la questione. Poi sarà affrontata in maniera più specifica nel prossimo Consiglio europeo: benissimo, però una volta tanto diamo segnali di coraggio e di capacità politica, di sapere anticipare quelle che saranno le trasformazioni sociali.
  In ultimo – e di questo me ne rammarico – lei ha detto «no» – ma probabilmente questa sì è una posizione più politica che di concretezza – a una proposta che noi le abbiamo fatto all'interno del dispositivo della risoluzione per cercare di risolvere, applicando ed esercitando una delega che già esiste da tre anni, il problema del turismo relativamente alle concessioni demaniali, seguendo lo stesso esempio della Spagna. Lei ha detto di «no»; attenzione, mi auguro che ci sia un ripensamento, non tanto su questa risoluzione ma sul tema specifico, perché la scadenza della prorogatio che ci è stata data, autorizzata dall'Europa, è a mesi – anche se è stata posta nel 2020 ma in realtà quella autorizzata è nel 2015 – e lì sì che si rischia veramente un tracollo in uno dei settori strategici del nostro Paese che, contrariamente a tanti altri, non è delocalizzabile e dà lavoro a tantissime famiglie. Quindi la invitiamo a un'attenzione molto più specifica su questo tema, magari riprendendolo in separata sede (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, noi condividiamo in buona sostanza alcune cose di garbo e di buon senso politico che lei ha detto, ci preoccupa quello che non ha detto. Ci preoccupa lo spirito con cui andrà a questo Consiglio europeo e cioè l'intenzione con cui vorrà davvero porre, in termini definitivi e perentori, alcuni nodi che noi consideriamo necessari affrontare per superare le contraddizioni del processo di integrazione europea.
  Poche ore fa il Presidente della Commissione Barroso ha detto che il 15 novembre c’è il rischio di uno shutdown, cioè non ci sono più soldi. Non ci saranno più soldi per i finanziamenti europei e nemmeno per i fondi strutturali. L'ordine del giorno che lei ci ha proposto ci sembra un controcanto, nel senso che può essere apprezzabile e allo stesso tempo effimero. Apprezzabile nel momento in cui parla come temi centrali delle politiche sociali, dell'immigrazione, della disoccupazione giovanile. In un'Europa che ha visto aumentare del 300 per cento i disoccupati negli ultimi cinque anni arrivando a quasi 20 milioni, in un Paese come il nostro che ogni giorno porta il fardello del 40 per cento di disoccupazione giovanile, la centralità di queste politiche è fondamentale.
  Ma mi sembra effimero questo ordine del giorno se non affronta la contraddizione di fondo, e cioè l'inadeguatezza della governance europea, il modo in cui fino adesso la governance è stata legata all'inasprimento dei vincoli di finanza pubblica e poco ha recuperato dello spirito originario del processo di integrazione europea, che anzitutto voleva superare le enormi disuguaglianze che separavano le varie Europe.
  Lei ha parlato dell'Eurobarometro, del modo in cui i cittadini europei si chiedono a cosa serva questa Europa e chiedono cose concrete. Nella nostra risoluzione – e alcune cose qui rapidamente dirò – alcune cose concrete le proponiamo anche noi, come la centralità del tema dell'immigrazione, e la ringrazio di aver parlato di migranti a fronte di un termine, «clandestini», che è un termine malato, sgradevole e troppo spesso continua ad essere speso in questo Parlamento come se considerassimo quell'umanità nemmeno degna di nome (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). La centralità di queste politiche, che vuol dire, come ricordava la collega Ricciatti, chiedere agli altri Governi europei di permettere che nelle ambasciate dei Paesi di transito si possano cominciare ad esperire le domande per lo status di profugo, per le richieste di asilo politico. E glielo dico con particolare convinzione, soprattutto il giorno dopo uno spettacolo malinconico, molto indecoroso: questi funerali che si sono celebrati ad Agrigento, funerali in cui chi doveva esserci non c'era e chi non doveva esserci c'era. C’è stata una straordinaria passerella alla quale hanno partecipato molti Ministri, molti parlamentari locali, molti consiglieri, molti prefetti, ma non c'erano quelli che dovevano esserci. Non c'erano i morti, queste salme senza nemmeno nome, etichettate con un numero, che hanno avuto diritto ad una sepoltura in una diaspora drammatica, ciascuna in un cimitero diverso. Fanno pensare ad Antigone, che pretende di seppellire il proprio fratello, mentre noi continuiamo a considerarli soltanto dei numeri, i cui funerali vanno celebrati alla memoria, in assenza. Non c'erano i superstiti, quelli che sono sopravvissuti e che non hanno avuto la possibilità di andare a piangere i loro morti, rimasti confinati in quel lager che a Lampedusa è il CIE. Non c'era la popolazione di Lampedusa, che tanto spesso in questi anni si è fatta carico, anche dal punto di vista umano, di fronteggiare l'emergenza con la solidarietà necessaria nei confronti di queste persone.
  Le chiedo, dal punto di vista delle cose concrete, di appoggiare la richiesta dei suoi colleghi francesi, che chiederanno un regolamento sulla privacy che determini finalmente vincoli, regole, limiti precisi, il giorno dopo aver scoperto una cosa che sappiamo da tempo, che è come l'acqua Pag. 28tiepida, e cioè che i programmi dell’intelligence americana hanno ritenuto che, in nome della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo, non esista privacy fuori dagli Stati Uniti e quindi con un'intercettazione massiccia di tutti i dati telefonici e telematici in entrata e in uscita dagli Stati Uniti. Ciò riguarda anche il nostro Paese. L'indignazione del Governo francese, che pretende che l'ambasciatore americano venga a riferire, me la sarei aspettata anche dal nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), che queste cose, signor Presidente, le sa da mesi, come peraltro hanno confermato candidamente anche i nostri interlocutori americani.
  Terzo ed ultimo punto: contrastare la posizione di alcuni Governi, che chiedono che il coordinamento, in questo Consiglio europeo e dopo, avvenga innanzitutto sulle politiche legate al mercato e sull'efficienza della pubblica amministrazione. Lei ha parlato giustamente del semestre europeo, che è un appuntamento importante dal punto di vista della dignità del nostro Paese. Io vorrei che arrivassimo a questo semestre recuperando l'idea spinelliana di un'Europa dei popoli. Ma un'Europa dei popoli è tale soltanto se sarà un'Europa dei diritti, dell'eguaglianza e delle opportunità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Schirò Planeta. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, Ministri e onorevoli colleghi, voglio anzitutto ringraziare il Presidente del Consiglio per aver consolidato la prassi, inaugurata dal Governo Monti, di svolgere, al fine di dare attuazione alla previsione dell'articolo 4 della legge n. 234 del 2012, le comunicazioni in Aula prima delle riunioni del Consiglio europeo. Si tratta non di un passaggio formale e cerimoniale al Parlamento, ma di un passaggio essenziale per assicurare una partecipazione efficace e coerente del nostro Paese alle grandi decisioni dell'Unione. La concentrazione in capo al Consiglio europeo non soltanto di funzioni di indirizzo politico e strategico, ma di fatto delle più importanti scelte legislative dell'Europa, rende infatti fondamentale un raccordo preventivo tra Camere e Governo nel definire una posizione nazionale forte e coerente sui punti all'ordine del giorno di ciascuna riunione.
  Ciò postula, tuttavia, che il dibattito in occasione delle comunicazioni non si riduca, come spesso avvenuto in passato, ad una generica riaffermazione dei grandi obiettivi della politica europea dell'Italia. Occorre, invece, definire orientamenti netti sulle questioni che saranno effettivamente oggetto di decisione da parte del Consiglio europeo. In questa prospettiva intendo richiamare tre punti. Il primo concerne l'Agenda digitale europea. L'attuazione dell'Agenda digitale europea è, al di là di programmi e slogan, il vero snodo fondamentale per rilanciare stabilmente la crescita e l'occupazione in Europa, soprattutto per il nostro Paese che registra pessime performance in questo ambito. Occorre, pertanto, che il Consiglio europeo solleciti con forza la rapida adozione delle proposte legislative collegate al completamento del mercato unico digitale e, in particolare, del pacchetto «Un continente connesso». Credo, pertanto, che il Governo debba adoperarsi per superare le riserve che alcuni Stati membri, tra i quali Spagna e Germania, avrebbero avanzato sulla rapida approvazione di tali proposte invocando la presunta complessità delle proposte in esame.
  Un secondo punto concerne l'unione bancaria. Giustamente la priorità su cui il Consiglio europeo si concentrerà è costituita dalla vigilanza unificata e dal Fondo di risoluzione delle crisi bancarie. Tuttavia, credo che, per il rilancio dell'economia europea e la prevenzione di crisi del credito quali quelle che stiamo sperimentando, sia prioritaria anche una riforma strutturale delle banche volta a separare le attività di deposito, risparmi e finanziamenti alle imprese e famiglie, da quelle di trading ad alto rischio in titoli e derivati, riforma, lo sottolineo, raccomandata anche Pag. 29dal gruppo di lavoro Liikanen e da numerose risoluzioni del Parlamento europeo.
  Un terzo aspetto attiene alla semplificazione della regolamentazione nella riduzione degli oneri da essa derivanti, soprattutto per le piccole e medie imprese. Sono state finora numerose, ma poco efficaci, le iniziative assunte a questo scopo a livello europeo e nazionale. Occorre che il Consiglio europeo indichi con chiarezza obiettivi precisi e vincolanti per una riduzione immediata degli oneri nei settori indicati dalle stesse PMI, quali la disciplina IVA, la sicurezza dei prodotti, il riconoscimento delle qualifiche professionali, la protezione dei dati, i rifiuti, il mercato del lavoro e gli apparecchi di controllo nel settore dei trasporti su strada, nonché gli appalti pubblici.
  Infine, signor Presidente del Consiglio, le diamo atto di un grande risultato politico, particolarmente caro alle corde di Scelta Civica, aver inserito stabilmente il tema dell'immigrazione nell'agenda del Consiglio europeo. Alla luce di queste considerazioni, le comunichiamo il voto favorevole di Scelta Civica per l'Italia alla risoluzione Speranza, Brunetta e Dellai. (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bergamini. Ne ha facoltà.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, voglio innanzitutto esprimerle il mio apprezzamento per il suo intervento in relazione alla riunione del prossimo Consiglio europeo. Ho trovato nelle sue parole una consapevolezza sulla necessità di concretezza che c’è. Lei conosce bene le istituzioni comunitarie e sa quale distanza ci sia tra esse e i popoli europei, una distanza che potrebbe purtroppo diventare incolmabile. Sa che ci sono centinaia di milioni di nostri concittadini europei che spesso non sanno che cosa sia l'Europa, non ne conoscono le gerarchie, le funzioni e a volte neppure gli scopi, e vogliono concretezza. Di temi concreti, molto concreti, per la vita futura dell'Unione europea si discuterà il 24 e il 25 ottobre prossimi: immigrazione – è stato il primo punto che lei ha toccato – Agenda digitale, politica economica e monetaria.
  Parto dal primo tema, ed è importante che lei lo abbia messo in cima all'agenda. Le recenti tragedie avvenute nel mare di Lampedusa hanno riportato alla luce, se ce ne fosse stato bisogno, in modo drammatico, il problema della creazione di una vera unica politica europea in tema di immigrazione, di controllo dei flussi migratori, di politiche di primo intervento per i migranti che approdano sulle coste europee. Nel nord Africa e in Medio Oriente stiamo osservando profondi cambiamenti socio-politici, l'insorgere della stagione araba, la guerra civile in Siria, la fuga di migliaia di vittime da questo deteriorato clima sociale.
  Sono persone costrette a scappare dai loro Paesi di origine, che vengono in Europa in cerca di un futuro e, per farlo, si affidano a trafficanti di uomini, fanno viaggi che spesso si concludono con la morte, a pochi metri di distanza dalle nostre coste. L'Unione europea, in nome del principio di solidarietà sul quale è stata costituita, ha il dovere di dare una risposta univoca, Presidente Letta.
  Nessuno Stato membro può affermare che la prevenzione di quei drammi sia competenza esclusiva di questo o di quel Paese: tutti devono contribuire con il loro impegno. Quindi, è importante che il Governo italiano insista nel portare avanti le sue proposte in tema di immigrazione, sostenendo il rafforzamento di adeguati meccanismi di condivisione di emergenze, come il Frontex. Bisogna chiedere uno stanziamento maggiore in termini di risorse, mezzi e personale, e anche maggiori poteri e un mandato con il quale essi possano operare, verificando l'esistenza di un consenso europeo attorno a un'eventuale revisione del Regolamento di Dublino II, dei criteri di ospitalità e della distribuzione dei rifugiati e richiedenti asilo, dell'istituzione – lei ne ha parlato – di corridoi umanitari nel Mediterraneo, Pag. 30ovvero di procedure di richieste di asilo ex ante, nonché di promuovere l'ulteriore coordinamento e scambio di informazioni satellitari e di intelligence che comincerà con il progetto Eurosur.
  Tutto questo è irrinunciabile, se, come ha detto lei poco fa, l'Europa non vuole smarrire la sua anima, perché l'anima europea è fatta, certo, di disciplina delle finanze pubbliche, di ESM, di six pack, di fiscal compact, di meccanismi di supervisione, ma è fatta anche di carne, di mare che restituisce morti, di Paesi che difendono le frontiere europee ogni giorno e lo fanno portando dignità, solidarietà, umanità a fronte di drammi indicibili. Lo fanno spesso in solitudine, magari guadagnandosi – ed è successo – qualche bacchettata, perché non sono stati abbastanza bravi. Così non può continuare, quindi, bene che finalmente il Mediterraneo sia al centro, come lei ha detto, delle politiche europee per il 2014. Era davvero l'ora che questo avvenisse.
  Altro tema concreto è quello della creazione di un mercato unico digitale europeo, sul quale lei ha insistito molto, entro il 2015 e dello spazio europeo della ricerca entro il 2014. È bene ricordare che le attività di ricerca e sviluppo, così come la dotazione infrastrutturale e tecnologica, sono, in un'economia sempre più globale, tra le maggiori determinanti di successo di un Paese. La lezione che ci proviene dagli Stati Uniti ci dice che, laddove si investono soldi e risorse umane in capitale tecnologico, si ottengono rendimenti di capitale superiori, moltiplicati, e maggiori possibilità di diventare leader nei settori tecnologici. Il mercato delle nuove tecnologie, in costante espansione, offre straordinarie opportunità per creare nuove opportunità di lavoro e di ricchezza all'interno del territorio europeo. Quindi, è importantissimo impostare un'agenda funzionale allo sviluppo dell'economia digitale e noi, purtroppo, siamo indietro. In Italia vi sono 161 telefonini o smartphone ogni 100 abitanti. Significa che siamo digitali, che siamo modernizzati ? Purtroppo no ! Sappiamo, infatti, che siamo sotto la media europea per quello che riguarda infrastrutture di rete, accesso alle reti, competenze digitali, e-commerce, e-government.
  La strada è lunga, però i presupposti sono buoni: il nostro popolo ha una propensione all'innovazione, le nostre aziende, le piccole e medie imprese che fanno il tessuto del nostro benessere, sono naturalmente flessibili, creative, innovative; dunque, possono beneficiare in modo unico delle potenzialità offerte dall’ economia digitale. Vanno aiutate a farlo, a casa nostra e anche in Europa, e per questo il completamento del mercato interno digitale europeo è un elemento chiave.
  Per poter raggiungere questi obiettivi, chiediamo al Governo di sostenere con forza il pacchetto normativo sul tema del mercato unico digitale proposto dalla Commissione europea, anche sfruttando il ricorso alla procedura veloce di approvazione, volta a scongiurare eventuali rinvii. Quanto alla ricerca ed innovazione, sappiamo bene quanto sia difficile trovare le risorse per finanziarla, ma sappiamo anche quanto sia necessario farlo. Occorre andare avanti spediti e, se possibile, impegnarsi anche a spazzare via quelle baronie che, anche in questo ambito, troppo spesso impediscono ai giovani più meritevoli di emergere. A questo proposito, lavoriamo a che la transizione dal mondo dell'istruzione a quello del lavoro sia davvero accompagnata e facilitata dalle politiche attuate, non, per esempio, come la questione degli stage extra-curricolari a pagamento, che sono serviti soltanto a scatenare una concorrenza al ribasso fra studenti ed ex studenti.
  E poi ci vuole davvero uno sforzo collettivo e consapevole per abbattere il fenomeno dei NEET, not in education, employment or training, di quei ragazzi che sono così sfiduciati da non cercare neanche più un lavoro, una collocazione; una comunità in cui i giovani non hanno più speranza è destinata a non avere futuro e attenzione in questo anche alla fuga dei cervelli a cui stiamo assistendo: non ha precedenti. Decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che migrano in Europa, in Nordamerica, nel Pag. 31Far East, coloro che producono valore insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensano di andare via, desiderano emigrare. L'Italia non può diventare una sorta di luogo di saccheggio demografico, dove si vengono a prendere risorse umane qualificate e le si impiegano offrendo loro migliori condizioni in altre zone del mondo.
  Per quello che riguarda, infine, le politiche economiche e sociali, il Consiglio europeo sarà chiamato a valutare lo stato di attuazione del percorso dell'Unione economica e monetaria rafforzata, con uno sguardo particolare al coordinamento delle politiche economiche e alla dimensione sociale, nonché all'andamento dei lavori finalizzati al completamento dell'unione bancaria che prenderà vita grazie all'attuazione del meccanismo unico di vigilanza. Lei lo ha detto, sarà una tappa transitoria, ma molto importante se si vogliono premiare gli sforzi intrapresi dagli Stati membri, in primis il nostro, nel riordinare le loro finanze pubbliche in un'ottica di maggiore responsabilità e sostenibilità.
  La creazione di un'unione bancaria rappresenta un passaggio essenziale per evitare che gravi crisi finanziarie possano ripetersi in futuro e per poter finalmente interrompere il circolo vizioso tra il rischio sovrano e il rischio bancario. Il processo di integrazione delle finanze pubbliche europee non può quindi interrompersi. Deve, se possibile, mirare all'integrazione dei debiti e alla creazione di strumenti finanziari davvero europei per il finanziamento dei programmi di spesa, soprattutto quelli in conto capitale.
  Caro Presidente, questa Europa qui o è o non è: tertium non datur. È nata per superare i particolarismi, gli egoismi nazionali che hanno contraddistinto il nostro Novecento. Questa Europa è riuscita a garantire la pace sul continente, ma questo non è più sufficiente purtroppo. Deve ora essere in grado di offrire ai propri cittadini una visione e una speranza nel futuro. Deve essere un'Europa convinta di avere un comune destino in cui si affrontino collettivamente, direi paritariamente, i problemi che si pongono siano essi umanitari, sociali o economici. Verso questo obiettivo, che lei ha delineato con grande chiarezza, lei ha tutto il nostro sostegno. Tocca a lei il compito di rappresentare gli interessi dell'Italia e degli italiani sapendo di portare con sé al Consiglio europeo l'Italia e gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Carinelli. Ne ha facoltà.

  PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, Presidente Letta, a proposito di quello che ha lei detto prima, volevamo dirle che se per una volta avrà voglia di ascoltare le opposizioni, anzi l'unica opposizione in questo Parlamento, troverà le nostre proposte nella risoluzione che abbiamo presentato: dieci pagine di proposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  A proposito di proposte, partirei da un dato. Secondo i dati di Banca d'Italia abbiamo versato all'Europa 50 miliardi. Noi quei 50 miliardi li avremmo usati un po’ diversamente. Francamente noi quei 50 miliardi li avremmo usati per sostenere le imprese, per aiutare i lavoratori e le famiglie in difficoltà. Non li avremmo regalati all'Europa, per dire che non siamo proprio nelle condizioni per fare i benefattori. Ma che cos’è quest'Europa di cui tanto parliamo e quest'Europa a cui tanto diamo ? Oggi vorrei fare un viaggio con voi dentro a questa Europa, a un'Europa nascosta, quella che c’è dentro ai palazzi di vetro, dietro alle porte scorrevoli, finiti i tappeti rossi. Questo viaggio nell'Europa nascosta non può che non iniziare dai soldi perché lo sappiamo che è intorno ai soldi che tutto gira. E se parliamo di soldi in Europa non possiamo non parlare che di MES. Il MES, questa strana parola, questa sigla di cui poco o niente si parla, ma che in realtà ha una grande importanza, dato che al MES abbiamo dato 15 miliardi di euro (non milioni, miliardi). Il MES, meccanismo europeo di stabilità, a Pag. 32prima vista è un fondo nei quali gli Stati dell'Eurozona versano soldi per aiutare gli Stati in difficoltà.
  Peccato che questi soldi non vengano usati per salvare gli Stati, ma vanno a ripianare i debiti delle banche private. In pratica, il MES è come un club in cui paghi una quota di iscrizione. In questo club i soldi sono gestiti da una dirigenza che poi li usa per fatti propri. Oltretutto, da questo club non si può uscire e se per caso vuoi rivedere i soldi che hai versato devi pagare lauti interessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente Letta, lei domani incontrerà la dirigenza di questo club. Ecco, noi crediamo che sia giunta l'ora di dire alla dirigenza che noi non ci vogliamo più stare in questo club, non ci vogliamo più stare nel MES, perché i soldi non ce li vogliamo mettere, in questo club, perché i soldi li vogliamo usare per l'Italia. Chiaro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Tra fondi e finanziamenti a banche private, abbiamo dato all'Europa, appunto, 50 miliardi di euro – ripeto sempre: non milioni, ma miliardi – e cosa abbiamo ottenuto in cambio dall'Europa ? Imposizione, sacrifici e austerità. Sì, austerità. L'austerità, l'abbiamo visto, ha ridotto il Paese alla fame e voi che siete seduti qui dentro è inutile che fate gli indifferenti, perché l'austerità l'avete voluta voi. L'Europa ve l'ha portata e voi avete acconsentito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché il Governo ha fatto un patto con l'Europa: il patto è che il rapporto deficit-PIL non superi il 3 per cento. In soldoni, che cosa implica questo patto ? Vuol dire che non possiamo spendere. Vuol dire austerità e vuol dire sacrifici, ma è un patto col diavolo. Il patto di stabilità è un patto col diavolo firmato da voi con il sangue dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  A causa di questo patto non possiamo spendere un centesimo. C’è bisogno di spendere per aiutare le piccole e medie imprese ? Nein ! Non si può ! Servirebbe diminuire le tasse sul lavoro e sul reddito per aiutare le famiglie in difficoltà ? Nein ! Non si può ! Ma come non si può ? Non è vero che non si può ! Non è vero che non si può ! Altri Paesi si sono fatti valere e hanno avuto uno sconto sui soldi da dare. Altri paesi hanno spezzato questo patto malefico, ma noi no ! Il nostro Governo ha sempre eseguito gli ordini, senza mai discutere e senza mai obiettare. Basta ! Noi siamo stufi ! Siamo stufi che i sacrifici li dobbiamo fare sempre e solo noi cittadini, mentre alle lobby si «scontano» miliardi. Siamo stufi di dover fare sacrifici senza avere niente in cambio. Siamo stufi di dover sottostare ai diktat che vengono dall'Europa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Presidente Letta, Ministri, dico a voi: per una volta abbiate il coraggio di andare in Europa e far valere le ragioni di noi cittadini. Abbiate il coraggio ! Alzate la testa ! I cittadini italiani non meritano di essere sottomessi in questa maniera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Presidente Letta, lei domani andrà in Europa. Ecco, allora io mi sono immaginata che cosa faremmo noi se fossimo al suo posto, anche perché presto sarà così. Se fossimo noi al suo posto andremmo in Europa – o meglio dalla Germania visto che è la Germania che decide – e diremmo loro che in questo momento non possiamo versare soldi nel MES o Fondo salva Stati, perché quei soldi ci servono per salvare il nostro, di Stato. Noi diremmo all'Europa e alla Germania che il patto è da spezzare, perché l'austerità ci ha fatto a pezzi. Diremmo loro che non possiamo più sopportare altri sacrifici. L'Europa dovrebbe essere un aiuto, non uno strozzino. Questo noi diremmo loro a testa alta, perché, cari Ministri e caro Presidente Letta, è meglio essere cittadini sovrani, come noi, che zerbini, come voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sandro Gozi. Ne ha facoltà.

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  SANDRO GOZI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, io spesso mi chiedo come sia possibile continuare a fare bene il nostro lavoro quotidiano avendo negli occhi un dramma come quello di Lampedusa. No, non possiamo lasciare che il Mediterraneo, il mare d'Europa diventi un enorme cimitero di ignoti. Ad essi è stato tolto anche il minimo di una dignità: il nome, segno di un unico e irripetibile individuo. Sono parole di Claudio Magris, scritte dopo l'ennesimo dramma a Lampedusa. Peccato che siano parole dell'aprile 2011, in memoria di un'altra ecatombe.
  No, l'Italia non può essere lasciata sola in questo momento: Lampedusa è il simbolo di un fallimento collettivo. Siamo d'accordo con lei, signor Presidente del Consiglio, è necessario che l'Europa torni ad essere il luogo della tutela dell'individuo, lo dobbiamo agli ultimi che ci chiedono aiuto, ma anche, e soprattutto, alla nostra storia. Perché l'Europa è nata per tutelare sempre e comunque i diritti fondamentali, i diritti che danno dignità ad ognuno di noi. Ecco perché Lampedusa deve tornare ad essere l'isola di un continente intero, di un'Europa più coerente e più solidale.
  E quando dico Europa, in questo caso, non penso tanto alle istituzioni europee, quanto a vari Governi, al loro egoismo, alla loro miopia. Egoismo e miopia che li hanno portati a negare a Frontex risorse adeguate e vere competenze. Avremo bisogno di una vera Polizia europea delle frontiere: ci ritroviamo ancora con un'agenzia che oggi non riesce neppure a coordinare i vari programmi nazionali di controllo marittimo.
  Ora, però, ci aspettiamo parole coraggiose e atti costruttivi da parte del Consiglio europeo sulla base delle ultime proposte della Commissione. Accogliamo molto positivamente la decisione di inserire l'immigrazione nell'agenda del prossimo vertice, ma non possiamo attendere sino al giugno 2014 per fare concreti passi in avanti. Se non vogliamo rinunciare alla più grande libertà che l'Europa ci abbia portato – la libera circolazione di tutti gli europei –, dobbiamo rapidamente europeizzare la gestione delle frontiere esterne; se non lo facciamo, i populismi xenofobi, gli estremismi antieuropei e gli egoismi che abbiamo appena sentito nell'intervento della collega del MoVimento 5 Stelle, avranno buon gioco nell'alzare vecchie frontiere tra gli Stati europei e nuovi muri di odio e di intolleranza nelle nostra società.
  I Capi di Stato e di Governo potranno dimostrare, giovedì, di avere a cuore l'Europa dei diritti umani e dei cittadini, e non solo quella degli algoritmi finanziari e dei mercati, solo se stabiliranno una tabella di marcia dettagliata negli impegni e serrata nei tempi: nell'immediato, la lotta al traffico di esseri umani, la questione dei minori non accompagnati; in vista delle Presidenze greca e italiana, una vera politica comune dei flussi migratori, dell'integrazione e delle frontiere comuni. Presidente, è legittimo chiedere all'Unione europea di aiutarci ed Eurosur è molto positivo. È giusto invocare, come facciamo anche con la nostra risoluzione di maggioranza, gli strumenti di solidarietà esistenti – lei faceva riferimento all'articolo 80 del Trattato – e proporne nuovi, come i corridoi umanitari.
  Dobbiamo, poi, rilanciare questioni difficili, come la revisione del regolamento «Dublino II» e, soprattutto, dobbiamo fare del Mediterraneo la grande priorità dell'Unione nel semestre italiano di Presidenza nel 2014. Ma anche noi italiani dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e lo stiamo facendo: l'operazione «Mare nostrum» è una decisione importante e il soccorso della scorsa notte di oltre 200 migranti nel canale di Sicilia lo dimostra. Se prendiamo anche altre misure necessarie – noi pensiamo, ad esempio, ad una nuova legge sul diritto d'asilo, alla questione del centro di accoglienza di Lampedusa, su cui la commissaria Malmström ci ha richiamato anche questa mattina, al superamento della legge Bossi-Fini –, saremo ancora più influenti nel pretendere che l'Unione e gli altri Governi si assumano pienamente tutte le loro responsabilità nel Mediterraneo.Pag. 34
  Il prossimo vertice tratterà di un altro tema da cui dipende il nostro futuro: l'agenda digitale. Dobbiamo completare rapidamente il mercato unico digitale delle telecomunicazioni prima della fine del 2015. Certo, occorre realismo, ma questi provvedimenti non possono aspettare ancora. Parliamo di un settore, l'economia digitale, che, assieme ad un vero spazio europeo della ricerca, che lei giustamente ha ricordato, potrebbero contribuire in modo straordinario alla crescita e all'occupazione. Chiediamo, in particolare, con forza, che la Commissione europea renda al più presto operativa la grande coalizione per l'occupazione nel settore digitale.
  Un approccio più coraggioso è fondamentale per nuove e più incisive politiche sociali. La strategia «Europa 20-20» ha riconosciuto una nuova centralità alla politica sociale europea e passi importanti nella lotta contro la disoccupazione giovanile sono già stati compiuti, anche grazie alla forte spinta dell'Italia e, in particolare, al suo impegno personale, Presidente Letta, sin dall'inizio del suo mandato. Affrontare con più coraggio la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria è l'unico modo per recuperare fiducia da parte dei popoli.
  Da giovedì un nuovo approccio è possibile, dobbiamo puntare a un vero riequilibrio tra politiche sociali e politiche economiche, a più flessibilità. Ecco perché dobbiamo opporci alle sanzioni dei cosiddetti accordi contrattuali, contractual arrangements, che vanno nella direzione opposta, di maggiore rigidità. Noi italiani stiamo facendo la nostra parte e continueremo a farla; è ora che anche i nostri partner europei facciano la loro. L'Unione deve essere più coerente con quanto è stato detto e ripetuto negli ultimi mesi se non negli ultimi anni. È mancata la convergenza economica ? Allora dobbiamo rendere operativo molto rapidamente il nuovo strumento di convergenza e di competitività.
  Vogliamo una nuova politica comune degli investimenti ? Allora dobbiamo accelerare l'attuazione del patto per la crescita. Vogliamo una vera politica economica europea ? Allora dobbiamo distinguere tra i Paesi in disavanzo, che devono rafforzare la loro competitività, e quelli in avanzo che devono, in modo proporzionato, aumentare la loro domanda in modo da contribuire alla stabilità e alla crescita della zona euro. Infine, dobbiamo accelerare il processo di unione bancaria. Le crisi spagnola e irlandese ci dovrebbero aver insegnato quali siano i rischi economici e sociali di nuove crisi bancarie; eppure, le divergenze permangono, l'inerzia persiste. A Berlino prima c'erano le elezioni tedesche, poi i negoziati per una grande coalizione, domani, forse, un nuovo ricorso davanti alla Corte di Karlsruhe; Londra dal canto suo vuole rimanere fuori dalle grandi iniziative europee, ma, allo stesso tempo, le vuole orientare e le vuole bloccare. Senza un progresso deciso su questo tema, in senso sovranazionale, l'Europa rimane in mezzo al guado e l'unione monetaria ancora troppo incompleta per essere pienamente credibile.
  Al MoVimento 5 Stelle che ho appena ascoltato dico che l'Europa non si costruisce con l'approccio stile Margaret Thatcher, col bilancino, perché le risorse che mettiamo in comune servono per il bene comune e che se altri Paesi europei avessero, sin dall'inizio della storia dell'Unione, sin dagli anni Cinquanta, seguito queste ricette contro l'Italia, non avremmo mai conosciuto lo sviluppo che il nostro Paese ha conosciuto grazie all'integrazione europea. Seguendo la vostra logica avremmo dovuto lasciare la Grecia al suo destino. Il nazionalismo ha già provocato troppe tragedie nel nostro continente e noi ci batteremo, sempre, contro la vostra chiusura e contro il vostro egoismo.
  Signora Presidente, onorevoli colleghi, la nostra sfida europea è molto complessa; lei, signor Presidente del Consiglio questa mattina si è riferito al filo rosso di questo Consiglio europeo, il nostro filo rosso deve essere sempre la centralità dell'individuo e l'Europa sovranazionale; che si tratti di immigrazione, di politiche digitali, sociali, di crescita, è la nostra priorità. È l'unica via per ritrovare un vero legame tra l'Europa Pag. 35e i cittadini. Non dobbiamo mai dimenticare la dimensione umana dell'Europa, dal primo rifugiato di Lampedusa all'ultimo negoziato di Bruxelles. Anche oggi, infatti, come all'inizio dell'avventura europea non è più tempo di parole vane ma di atti, di atti concreti, di atti costruttivi, di atti coraggiosi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite o non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio e Di Lello n. 6-00036 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gozi, Paris, Cassano, Piepoli, Lainati, Luigi Gallo, Bonifazi, Lotti, Simoni, Rizzetto, Piccione...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  457   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 319    
    Hanno votato
no  138).    

  (I deputati Rubinato, Cuperlo e Portas hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Migliore ed altri n. 6-00037, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Paris, Rampi, Brunetta, Rostan, Binetti, Molea, Rotta, Duranti, Portas, D'Ambrosio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  468   
   Votanti  377   
   Astenuti   91   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato
  32    
    Hanno votato
no  345).    

  (Il deputato Cuperlo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Gianluca Pini ed altri n. 6-00038, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia, Marchi, Capua, Ricciatti, Galgano, Dorina Bianchi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  378   
   Astenuti   91   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  358).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Colonnese ed altri n. 6-00039, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 36

  Ricciatti, Vecchio, Piepoli, Taricco, Benamati, Carella, Malisani, Ermini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  471   
   Votanti  420   
   Astenuti   51   
   Maggioranza  211   
    Hanno votato
  90    
    Hanno votato
no  30)    

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 12,40)

Deliberazione in merito alla ratifica della costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte di Cassazione di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 14 del 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione in merito alla ratifica della costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte di Cassazione di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 14 del 2013.
  Comunico che è stata notificata alla Camera dei deputati, durante il periodo di scioglimento delle Camere, in tempi tali da non consentire l'adozione della procedura ordinaria, l'ordinanza n. 14 del 2013 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'autorità giudiziaria.
  Si tratta del conflitto elevato dalla Corte di Cassazione, relativo all'insindacabilità delle dichiarazioni rese da Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti, nei confronti dei dottori Gian Paolo Cariello, Donato D'Auria e Giovanna Di Donna, magistrati.
  In attuazione di quanto stabilito dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 6 marzo 2013, la Camera dei deputati si è costituita in giudizio in via d'urgenza, nel prescritto termine di venti giorni, con riserva di ratifica della costituzione stessa da parte dell'Ufficio di Presidenza e dell'Assemblea alla ripresa dei lavori parlamentari.
  Nella riunione del 26 giugno 2013 l'Ufficio di Presidenza – preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta della 29 maggio 2013 – ha deliberato di proporre all'Assemblea la ratifica degli atti relativi alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati, adottati in via d'urgenza.
  Sulla proposta di ratifica degli atti relativi alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati, adottati in via d'urgenza, concederò la parola ad un deputato contro e ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento.
  Ha chiesto di parlare contro il deputato Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, è assolutamente opportuno, direi doveroso, che malgrado i problemi che oggi attanagliano la vita dei nostri concittadini, la Camera venga chiamata ad affrontare una questione ben più importante della miseria del nostro Paese, dei suicidi, del lavoro che manca, dell'IMU mascherata e persino della cacciata del condannato brianzolo.
  Questa è una questione che riguarda uno dei più eminenti rappresentanti della Nazione. Dobbiamo decidere se consentire...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, mi scusi un secondo. Prego i colleghi, se riusciamo per cortesia a liberare l'emiciclo. Colleghi, se per cortesia liberiamo l'emiciclo. Chi intende uscire, esca, sapendo che ci sono due interventi e poi si passa al voto. Prego, onorevole Di Battista.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Dobbiamo decidere se consentire la prosecuzione di una vicenda giudiziaria che trae origine da alcune dichiarazioni rese da chi Pag. 37allora era già un astro nascente ed oggi è un faro illuminante di tutta la scena politica italiana. Mi riferisco, Presidente, ad uno dei più eminenti statisti di questo e dello scorso secolo, ad uno dei legislatori più meritevoli di considerazione e rispetto. Mi riferisco, colleghi, ad un novello Licurgo, ad un redivivo Pericle, ad un risorto imperatore Adriano. Mi riferisco, ovviamente, a Maurizio Gasparri.
  Non mi riconosco tra i detrattori, anzi, personalmente ritengo Gasparri un moderno Federico II di Svevia, un nuovo «stupor mundi», universalmente stimato ed apprezzato per le sue doti ed anche per il suo carattere schivo, discreto e modesto. Nato nel 1956, visse nella normalità di una famiglia borghese che prediligeva le uniformi militari e frequentò un normalissimo liceo dove non si mise in luce grazie alla sua naturale modestia. Fu subito cooptato nella vasta schiera dei giornalisti del Secolo d'Italia, con i quali bazzicava i campi sportivi della periferia romana. Successivamente fu cooptato da un suo predecessore, Presidente Baldelli, responsabile del Fronte della Gioventù. Poi, nel 1992, la svolta, fu eletto deputato, quindi, nel ’94, sottosegretario, poi, in seguito, Ministro e poi, ancora, vice capogruppo, capogruppo e poi senatore e oggi vicepresidente del Senato.
  Insomma, con la sua proverbiale modestia, riuscì a compiere uno splendido «cursus honorum», ottenendo riconoscimenti nazionali da personaggi tipo Francesco Storace quando disse che la sua legge, la «Gasparri», non solo non l'aveva scritta, ma non l'aveva neppure letta, o il satrapo di Arcore che lo annoverò tra i suoi più fidati amici, anche se, a quanto sembra, non pensò mai ad invitarlo alle sue cenette eleganti. Ma anche fuori dai nostri confini Gasparri ha goduto di riconoscimenti gratificanti. Gli israeliani di Telit Communications gli riconobbero notevoli doti manageriali, l'egiziano Sawiris lo considerò una sorta di santo benefattore e persino il Presidente Obama, quando apprese di un suo acutissimo giudizio, sospese per qualche anno le ricerche di Bin Laden.
  Anche in privato, Presidente, il Gasparri si è sempre comportato con modestia e con umiltà, senza mai strafare e senza mai voler apparire. Fu l'unico, nella tristissima vicenda del governatore Marrazzo e delle sue frequentazioni, che non volle infierire, che non volle approfittare delle sue disgrazie ed anzi volle rimanere nel buio, in quella zona d'ombra dove si conoscevano poco le strade per raggiungere un vicino ristorante e dove non si conoscevano affatto personaggi tipo Natalie, Jennifer e Brendona.
  Ora questo emerito personaggio dovrebbe essere chiamato a rispondere di sue precedenti dichiarazioni ? Questo grande esponente della Repubblica, che troverà un posto di rilievo nel Pantheon dei Padri della Nazione, dovrebbe essere giudicato per diffamazione nei confronti di qualche magistrato o inquirente che sia, per interviste rilasciate negli anni ? Ma quando mai, Presidente, quando mai !
  Per questo, la decisione del nostro gruppo è stata molto meditata, discussa, sofferta, e con sofferenza votiamo contro la costituzione in giudizio della Camera. Tuttavia avremmo anche potuto votare a favore e consentirgli di continuare intemeratamente ad esprimere giudizi critici e financo offensivi nei confronti di chicchessia, ad una condizione: deve, il senatore Gasparri, impegnarsi nel futuro a tenere chiuso quel pugnetto e non cedere alla tentazione di alzare quel suo ditino medio e rivolgerlo, protetto da un cordone di poliziotti e carabinieri, verso il popolo manifestante. E questo per il suo bene: se il popolo manifestante lo dovesse incontrare in giro senza scorta, non sappiamo se apprezzerebbe quel ditino.
  Il presidente La Russa purtroppo manca, sarebbe dovuto intervenire anche lui, lui che ha vissuto a Milano, che conosce le canzoni di Celentano, milanese anche lui, ed è intimo del Gasparri.
  Lo convinca, La Russa, che tenere il pugnetto chiuso non significa diventare per forza comunista ma solo riuscire a far nascere una carezza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 38

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore la deputata Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, naturalmente noi qui non stiamo discutendo né del percorso personale e politico dell'onorevole Gasparri e neanche della sua vicenda processuale, quindi ci riferiremo alle regole del processo e alle regole procedimentali di questa Camera e delle Camere.
  Stiamo discutendo del fatto che ci sarà comunque una discussione davanti alla Corte costituzionale che è stata chiamata a decidere su un conflitto di attribuzione. Quello che noi oggi dobbiamo decidere è se la Camera dei deputati – premesso che questo giudizio ci sarà a prescindere – dovrà essere presente con un avvocato a difendere una decisione che la Camera dei deputati ha preso, ahimè nel lontano 2001, ma questo attiene ai tempi processuali.
  Quindi, vorrei ricordare ai colleghi che noi non discutiamo nel merito neanche di quella decisione presa su quella insindacabilità, che ha a che vedere con le opinioni espresse dalle quali personalmente mi separa una galassia, un oceano non basta. Noi stiamo discutendo se la Camera dei deputati deve costituirsi per difendere una decisione che fu presa nel 2001 all'unanimità dalla Camera dei deputati, che fu confermata nel merito da due giudici di merito, di primo e di secondo grado, e che oggi è innanzi a noi esclusivamente per il fatto che c’è stata l'impugnazione del procuratore generale; quindi di questo si discute. Però, mi preme sottolineare che il criterio che ci siamo dati è quello di difendere comunque, in linea generale, il principio che le decisioni della Camera vanno difese in sé, non in assoluto – tanto è vero che noi oggi ci esprimiamo con un voto e, tra l'altro, si tratta della ratifica di una decisione già presa – tant’è vero che, in altri casi, ci siamo espressi, come Giunta e come Ufficio di Presidenza, per la non costituzione in giudizio. Si trattava di casi che avevano a che vedere con l'attribuzione di fatti determinati, non dimostrati, che non avevano nessuna attinenza con la funzione del parlamentare. Quindi, io credo – e concludo, signor Presidente – che, poiché noi teniamo al rigore del rispetto delle regole e della legalità, è proprio applicando questo rigore che si possono fare dei distinguo e decidere con molta serenità – e aggiungerei con molta credibilità – quando si tratta invece di negare delle richieste che assumono la valenza di privilegio. Quando si negano queste richieste ? Si è tanto più credibili e si è tanto più sereni se si sono rispettate le regole sempre. Questo è lo Stato di diritto, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta dell'Ufficio di Presidenza di ratifica degli atti relativi alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati, adottati in via d'urgenza.

  Hanno votato tutti ? Ricordo che la votazione è senza registrazione di nomi...
  (È approvata).

  La Camera ha pertanto deliberato di ratificare gli atti relativi alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati, adottati in via d'urgenza.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con l'esame delle mozioni in materia di combustibili solidi secondari.

  La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bressa, Brunetta, Caparini, Castiglione, D'Alia, Dambruoso, Dellai, Di Lello, Luigi Di Maio, Ferranti, Fontanelli, Franceschini, Gebhard, Giancarlo Pag. 39Giorgetti, Giorgis, Gitti, Kyenge, Leone, Letta, Melilla, Merlo, Migliore, Mogherini, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Sani, Speranza, Tabacci e Toninelli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Busto ed altri n. 1-00030, Zan ed altri n. 1-00188, Grimoldi ed altri n. 1-00189 e Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193 concernenti iniziative in materia di utilizzo di alcune tipologie di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici (ore 14,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Busto ed altri n. 1-00030, Zan ed altri n. 1-00188 (Nuova formulazione), Grimoldi ed altri n. 1-00189 e Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193 concernenti iniziative in materia di utilizzo di alcune tipologie di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 17 settembre 2013.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Busto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00030. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, oggi discutiamo questa nostra mozione che parla dei combustibili solidi secondari. Faccio una breve introduzione per spiegare alle persone presenti che cosa sono. Probabilmente molti lo sanno. Si tratta della trasformazione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali, purché non pericolosi, che, attraverso un processo industriale, diventano un sottoprodotto in forza del «decreto Clini» della scorsa legislatura. Noi ci siamo espressi chiaramente in maniera critica rispetto a questo, e lo facciamo sulla base di alcune considerazioni.
  Innanzitutto partiamo da una considerazione ambientale che si basa sull'analisi degli articoli scientifici, che sono gli stessi che sono citati nella mozione della maggioranza, in particolare l'articolo scientifico di Genon e Brizio del 2008, che è l'unico che è espressamente citato. Dall'analisi di questo articolo noi desumiamo che probabilmente la lettura è stata superficiale nel considerare che la combustione di questi combustibili solidi secondari, vale a dire dei rifiuti nei cementifici, sia premiante dal punto di vista della riduzione delle emissioni. In particolare, andiamo a considerare gli effetti globali. Consideriamo infatti le emissioni di gas clima alteranti. Nell'articolo vengono infatti citati una riduzione di 1,61 chilogrammi per ogni chilogrammo di rifiuto combusto, o meglio co-combusto, in un cementificio rispetto al combustibile fossile tradizionale. Ora, bisogna considerare questo aspetto. Innanzitutto – e questo purtroppo è un aspetto tecnico che non a tutti è dato di sapere – le emissioni dal camino di un cementificio non sono in realtà ridotte per due motivi. Il primo motivo è che sappiamo che il potere calorifico del rifiuto è inferiore a quello del carbone, quindi il quantitativo di combustibile tradizionale che viene sostituito viene sostituito insomma da un quantitativo che è 1,6 volte superiore. Quindi c’è un quantitativo maggiore di rifiuti. Secondariamente, c’è da considerare il fatto che le emissioni ci sono, ma non vengono considerate per un artificio di calcolo. Infatti all'interno del rifiuto è presente una frazione organica – per esempio, carta o legname – che viene considerata neutrale dal punto di vista del carbonio e quindi non viene considerata nei conteggi, ma è presente.Pag. 40
  Ora, mi dispiace che in questo momento vi siano poche persone in Aula, perché sarebbe, secondo me, interessante fare presente a tutti quanti che il fatto che le emissioni vi siano, ma non siano conteggiate, non rappresenta un reale miglioramento delle emissioni ambientali di questo tipo di impianti, in particolare dato lo specifico problema che viene affrontato con questo tipo di emissioni, che è il cambiamento climatico. Voi sapete che con il Protocollo di Kyoto sono stati stabiliti dei limiti di emissione, delle riduzioni delle emissioni, ed è stato stabilito di considerare le emissioni con un orizzonte temporale di 100 anni. Questo orizzonte temporale è settato a 100 anni nell'ipotesi che, da qui a 100 anni, noi affronteremo il problema dell'aumento delle emissioni, perché il problema è di non superare la soglia di non ritorno, ovvero la soglia oltre la quale le emissioni nell'atmosfera faranno partire un processo inarrestabile di aumento della temperatura. Questo deve avvenire entro i prossimi 100 anni, perché l'ipotesi considerava il fatto che successivamente noi saremo in grado di meglio trattare o ridurre queste emissioni. Il concetto è quindi questo: la riduzione vi è in teoria, ma nella pratica non vi è, anche perché facciamo un ragionamento consequenziale e consideriamo il fatto che noi sappiamo che aumentare la produzione di cemento, cosa che è molto facile avvenga con questo tipo di intervento – che del resto è ideato per aiutare un'industria, quella del cemento – comporterebbe anche una maggiorazione delle emissioni dovute all'aumento di produzione. Quindi, dal punto di vista della CO2, la nostra analisi ne deduce che le emissioni, in realtà, non sono nette al camino, ma sono solamente teoriche.
  Dall'altro punto di vista, parliamo di effetti locali: come effetti locali intendiamo, per esempio, l'emissione di cloro e zolfo nell'atmosfera e di metalli pesanti. Da questo punto di vista, l'articolo che voi stessi citate dice chiaramente che vi sono degli aumenti delle emissioni di mercurio, di piombo e di cadmio. Tra l'altro, vi è una considerazione da fare: queste emissioni sono trasferite sia nell'atmosfera sia nella matrice del cemento, e questo vuole dire che vengono inglobate nel calcestruzzo che poi finisce nelle nostre case. Ora, voi sapete che devono essere fatti degli studi, che si chiamano studi di rilascio, ovvero il cemento, e poi il calcestruzzo, viene sottoposto a degli studi per il rilascio delle sostanze inquinanti in esso contenute. In merito a queste sostanze, abbiamo, anche lì, esaminato degli studi scientifici, che ci dicono che i rilasci sono funzione della percentuale di sostituzione del rifiuto al posto del combustibile tradizionale. Man mano che noi aumentiamo la percentuale di sostituzione, aumentiamo il rilascio di inquinanti. Tenete presente anche che, comunque, all'atto della demolizione di questi edifici, i rilasci saranno poi consistenti. Immaginatevi quei bei polveroni di fumo che si sono alzati – facciamo l'esempio spettacolare – dalle Torri Gemelle, l'enorme polverone di fumo, di polveri, contenenti sostanze inquinanti, nanoparticelle, particelle di metalli pesanti e via discorrendo. Questo avviene ogni volta che demoliamo o distruggiamo qualche cosa. Quindi, in qualche modo, noi stiamo lasciando un'eredità tossica alle nostre generazioni future con le demolizioni e con un rilascio costante di materiali inquinanti e metalli pesanti nelle nostre case. Quindi, ci prepariamo a nuove malattie.
  Andiamo avanti: teniamo presente, inoltre, che le emissioni nei cementifici in cui si brucia il CSS dipendono dalla composizione del rifiuto stesso. Quindi, vi è un contenuto di azoto, un contenuto di zolfo, di cloro e quello di metalli pesanti, ma noi sappiamo che la concentrazione di questi inquinanti nei rifiuti è eterogenea, è molto variabile. Consideriamo anche che il CSS, come dicevo prima, ha un potere calorifico molto inferiore, e quindi ci vuole maggiore massa. Quindi, più quantitativi, maggiore concentrazione nel quantitativo a parità di massa; per cui, una tonnellata di CSS, rispetto al combustibile tradizionale, presenta più emissioni di metalli pesanti, azoto, zolfo e cloro, ma in più noi dobbiamo prevedere una percentuale aggiuntiva di 1,6, e quindi un ulteriore incremento Pag. 41del 60 per cento. Inoltre, ricordiamo che la norma UNI EN 15359, che è quella che classifica il CSS, lo fa in base soltanto al contenuto di cloro, mercurio e del potere calorifico inferiore. Quindi, vediamo come tutto il contenuto degli altri metalli pesanti non sia monitorato (poi vi dirò meglio questo che cosa comporta).
  Arriviamo poi ai microinquinanti, diossina e furani. Successivamente il mio collega vi spiegherà circa la loro pericolosità per la salute umana. Anche in questo caso vediamo un'analisi superficiale, perché si ritiene che la concentrazione sia comunque inferiore a 0,1 nanogrammi al normal metro cubo, che è il limite imposto dall'Unione europea. Consideriamo però i flussi di massa, perché, cerchiamo di capirci, quando parliamo di emissione al normal metro cubo noi parliamo di una concentrazione. Il problema però sono le emissioni cumulative. Il problema qua, e che viene spesso trascurato, è che si può essere a norma di legge, ma emettere un quantitativo enorme di sostanze inquinanti. E questo è il caso specifico. Un esempio citato nello stesso articolo di Genon e Brizio dice che bruciare 30 grammi di rifiuti in sostituzione del 20 per cento del combustibile fossile in un cementificio produce dieci nanogrammi di diossina e furani. Ora, i dati in nostro possesso dicono che l'estensione ai 59 cementifici provocherebbe un raddoppio nazionale dei quantitativi di diossina emessi. Quindi un raddoppio. Teniamo conto anche che questi impianti sono vicini ai centri abitati, quindi vicini a dove i danni si possono verificare, i danni sulla salute umana, ovviamente.
  Quindi, la nostra conclusione è che leggendo l'articolo che voi citate come fonte in favore della bontà dell'utilizzo dei CSS, a noi dice l'opposto. La produzione e l'utilizzo di CSS sprigiona metalli pesanti e diossina superiori agli ordinari combustibili fossili. Teniamo conto anche di un'altra cosa: questo avviene secondo le condizioni ideali, con perfetta applicazione delle norme tecniche. Ma noi sappiamo che in Italia spesso le cose non vanno esattamente come vorrebbero le norme tecniche. Basti pensare che la cessazione della qualifica di CSS come rifiuto, è determinata da un'autocertificazione dello stesso produttore, un'autocertificazione di conformità della classificazione che autodichiara la percentuale di mercurio e cloro. Ora, ipotizziamo che possa succedere in questo Paese che ci possano essere delle taroccature dei dati o casi in cui questa percentuale non viene affatto controllata, soprattutto in un Paese in cui i controlli ambientali, si sa, non sono sempre completamente efficienti. Quindi, l'assenza di controlli efficaci sulla produzione dei CSS e sulle emissioni al camino espone ed esporrà l'ambiente e la salute pubblica a ulteriori danni.
  Ma poi parliamo del perché noi ci accingiamo a fare questo intervento. Qual è il punto di partenza ? Il punto di partenza è quello dell'industria del cemento. Questo è un Paese in cui l'industria del cemento è in forte calo. Nel 2012 vi è stato un meno 22,1 per cento rispetto al 2011, volumi dimezzati in sette anni, e per il 2013 ci si aspetta un ulteriore scenario di arretramento. Quindi, c’è una richiesta da parte di un'industria, quella dei cementieri, di rilanciare l'edilizia, i progetti infrastrutturali. Ora, il problema di fondo – e anche qui forse manca un po’ un'analisi – è quella che questo Paese ha visto per lunghi anni il record del consumo pro capite di cemento, il record della cementificazione del territorio, il record dell'abusivismo edilizio. È un mercato drogato dall'eccessiva produzione. Ora, noi vogliamo mantenere questa produzione artificialmente, aiutiamo i cementieri, consentendogli di bruciare i rifiuti e di trasformare quello che prima era un costo per l'acquisto del combustibile, in un guadagno. Benissimo. Nel far questo – e capisco il punto di vista – risolviamo anche un problema, quello dei rifiuti. Abbiamo i rifiuti, abbiamo una popolazione che vede sempre di più di cattivo occhio gli inceneritori, e allora cosa facciamo ? Apriamo cinquantanove nuovi inceneritori, che sono i cementifici, spesso vicino ai centri abitati, ma che però sono lì da tempo, e che quindi difficilmente Pag. 42scateneranno un livello di rivolta sociale che si è verificato attorno agli inceneritori. Quindi noi, diciamo così, diluiamo il problema per avere meno reazione della popolazione. La campanella era perché finiva il tempo ?

  PRESIDENTE. No, ha ancora un minuto.

  MIRKO BUSTO. Quindi concludo dicendo che il problema della combustione dei rifiuti è in generale. Noi ci poniamo criticamente rispetto alla combustione, per il semplice fatto che c’è una gerarchia europea dei rifiuti che vede il recupero termico, come pure lo smaltimento, all'ultimo posto.
  Allora, prima di intervenire attuando un elemento di sostituzione rispetto alla combustione negli inceneritori, noi vorremmo vedere delle politiche serie per la riduzione della produzione di rifiuti, per l'aumento del riciclaggio, che pure ha avuto dei passi in avanti. Queste prevedono il fatto che si cominci a ripensare il modo in cui noi produciamo, utilizzando i principi dell'ingegneria industriale e dell'ecodesign, la progettazione ecologica. Questo noi non lo vediamo in questo Paese, vediamo un sistema che è bloccato attorno all'interesse di pochi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Zan, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00188 (nuova formulazione).

  ALESSANDRO ZAN. Signor Presidente, colleghi, Sottosegretario, è certamente un'impresa non semplice cercare di portare all'attenzione della politica istituzionale, vista la scarsa presenza anche in Aula oggi, su questioni che non riguardano la tenuta del Governo, la decadenza dei Silvio Berlusconi e tutto ciò che fa parte delle manovre della scacchiera politica italiana. Un quadro che spesso è desolante e che sicuramente dà una rappresentazione della politica lontana dalla realtà e dalla quotidianità degli italiani.
  Eppure ci si deve concentrare su molte emergenze, prima fra tutte quella di dare impulso alla ripresa economica e alla lotta alla disoccupazione. Ma non si può continuare a far finta che non esistano questioni che ci riguardano tutti da vicino, come quelle ambientali. Qualche giorno fa la stampa riportava che il conto alla rovescia è scattato. Abbiamo davanti dieci anni per evitare la catastrofe climatica – lo continuano a dire tutti ma pare che le istituzioni, anche internazionali, non se ne occupino – e bruceremo i primi sette anni senza impegni obbligatori per metterci al sicuro. Solo nel 2020 dovrebbe entrare in vigore un accordo globale, ancora da definire, per tagliare le emissioni serra. Le cifre del divorzio tra scienza e politica sono contenute nel quinto rapporto che l'IPCC – che è la task force scientifica dell'ONU, che ha vinto il Nobel per la pace – ha reso pubblico pochi giorni fa. Si legge che a livello globale dovremmo dare un taglio immediato e drastico all'uso di combustibili fossili, responsabili, assieme alla produzione di cemento, dell'89 per cento delle emissioni e bloccare la deforestazione che pesa per il rimanente 11 per cento. Ebbene, il punto da sottolineare mi sembra proprio quello che riguarda il divorzio tra scienza e politica. Se non si mette in atto una politica che sappia fare scelte che tutelano l'ambiente, oltre che la salute, ci troveremmo di fronte – come già sta accadendo – a seri rischi di stabilità del nostro ecosistema.
  La questione sollevata dalla mozione che abbiamo presentato è molto chiara. Lo dicono anche i medici per l'ambiente: la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare di diossine e metalli pesanti. Ma va aggiunto che utilizzare i combustibili solidi secondari è dannoso per la salute e soprattutto è superato in quanto esistono moderne tecnologie e soluzioni alternative alla combustione che creano maggiori posti di lavoro e sono più sostenibili a livello economico e ambientale.
  I sostenitori della cocombustione di rifiuti dicono spesso che l'utilizzo di combustibile Pag. 43da rifiuti nei cementifici può consentire una riduzione dell'uso di combustibili fossili e, di conseguenza, una riduzione di produzione di CO2. Ma viene taciuto che un cementificio produce di solito circa il triplo di CO2 rispetto a un inceneritore e viene taciuto che l'utilizzo di combustibili solidi, come quelli che sono in esame oggi, oltre a produrre inquinamento ambientale, peggiora gli attuali livelli di raccolta differenziata dei rifiuti sottraendoli al riciclo e al riuso. Insomma, continuare, Presidente, a bruciare rifiuti, oltre che uno spreco di risorse e un alto costo in termini ambientali, non rispetta le disposizioni europee sul recupero della materia continuando ad ignorare anche le direttive europee, anche dopo la condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia del 19 dicembre dell'anno scorso. Siamo la nazione europea con più cementifici, raggiungendo il 22 per cento del totale degli impianti in Europa, il 22 per cento: è un dato impressionante.
  Dobbiamo cambiare rotta e fare scelte radicalmente diverse, scelte che sappiano guardare alla tutela ambientale e della salute, che siano prese in sintonia con i territori interessati e che guardino ad un nuovo modello di sviluppo. Dobbiamo rendere alla questione ambientale un ruolo di centralità nelle scelte politiche. Mi riferisco anche a ciò che ha detto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in una trasmissione televisiva, dove ha bollato gli inceneritori come impianti dannosi laddove si potrebbe anche in una capitale, in una città come Roma, smaltire i rifiuti in modo sostenibile senza ricorrere ad impianti di incenerimento. Questo ovviamente ci fa ben sperare, ma anche la politica in questo palazzo, in questo Parlamento, deve assumere delle decisioni – e guardo a tal proposito il Governo – per dare un chiaro messaggio su questo tema: non è possibile utilizzare i cementifici per bruciare CSS. Dunque non può continuare ad essere un aspetto secondario su cui intervenire solo quando si creano le emergenze. Dobbiamo agire su più fronti, cambiando radicalmente le politiche energetiche e puntando anche ad un cambiamento negli stili di vita.
  Non vorrei che su questa questione dei CSS ci si piegasse invece più facilmente ad alcune lobby, perdendo di vista il bene comune. Tutti probabilmente i primi firmatari di questa mozione sono stati contattati personalmente dalle lobby dei cementifici per ritornare sui propri passi e rivedere le proprie posizioni. Questo la dice lunga, sottosegretario, su come vi siano delle fortissime pressioni da parte di alcuni settori, da parte di alcuni gruppi di pressione, per evitare che ci sia una reale riconversione ecologica di questi impianti. E per tutto questo un punto vincolante – lo voglio dire in modo chiaro – della nostra mozione è quello di escludere qualunque forma di riconversione dei cementifici in inceneritori: non si risolve così il problema dei rifiuti, non può realizzarsi una guerra tra lobby contrapposte sulla pelle della salute dei cittadini e della tutela ambientale.
  È per questo che noi vi invitiamo a leggere con attenzione la nostra mozione ed a prenderla in considerazione come mozione di riferimento anche per la discussione che verrà fatta da qui ai prossimi interventi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grimoldi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00189. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, noi diciamo subito che condividiamo lo spirito e penso che come gruppo condivideremo anche tutte le mozioni che vanno un po’ nella direzione, per noi primaria, di tutelare la salute dei cittadini. C’è da dire però che ci sono delle puntualizzazioni da fare: prima di tutto perché, se in quest'Aula poi avverrà una mancata condivisione da parte di tutte le forze politiche sulle mozioni presentate, è perché tali mozioni mostrano spesso e volentieri delle posizioni di freno relative alle infrastrutture e sono contrarie a priori alla pratica di bruciare i rifiuti, indipendentemente dal Pag. 44fatto che tale pratica sia utilizzata per il recupero dell'energia termica o elettrica oppure negli inceneritori e nei termovalorizzatori, indipendentemente dal fatto che tale pratica possa essere effettuata in seguito ad un processo di gestione del ciclo dei rifiuti che comunque preveda la raccolta differenziata e il recupero delle materie potenzialmente recuperabili.
  C’è da dire poi una cosa per noi fondamentale: tali mozioni spesso e volentieri creano dell'allarmismo in ordine all'inquinamento, senza tenere conto che i cementifici sono impianti altamente inquinanti, anche a prescindere dal bruciare i cosiddetti CSS. Voglio dire: non è che se un cementificio non brucia i CSS non è inquinante, perché brucerebbe gasolio o carbone, che sono altamente più inquinanti. Quindi va fatto anche un ragionamento in generale sul tipo di emissioni: o noi diciamo in quest'Aula che siamo contrari ai cementifici a priori e vogliamo chiuderli, oppure dire che il cementificio, qualora non bruciasse i CSS non inquinerebbe più è assolutamente demagogico; oppure vogliamo dire che, in un momento in cui l'economia va particolarmente bene, mettere in difficoltà anche i cementifici gioverebbe ulteriormente alle casse dello Stato e all'occupazione.
  Io penso che alcune di queste mozioni, che noi condividiamo comunque perché, come ripeto, la salute del cittadino è primaria, siano, però, altamente demagogiche e quantomeno non conoscano la realtà dei fatti. E mi collego su questo ad una mozione che ha presentato il Partito Democratico, il cui passaggio fondamentale lo condividiamo e, cioè, di prendere spunto da quello che viene fatto all'estero sui cementifici e il trattamento dei CSS. Non ci risulta che all'estero ci sia una moria particolare di persone e i cementifici all'estero utilizzano i CSS. Quindi, al di là delle posizioni del nostro Paese, evidentemente è una pratica diffusa per sfruttare l'energia termica prodotta, per sfruttare l'energia elettrica prodotta e per sfruttarne il valore in quanto non più rifiuto, ma sottoprodotto nei cementifici.
  Quello che contraddistingue, però, la mozione della Lega rispetto alle altre è un passaggio per noi fondamentale e, cioè, che questi CSS vengono realizzati attraverso appunto i rifiuti raccolti. E in questo Paese sappiamo bene che c’è una differenza abissale nella raccolta dei rifiuti. Ci sono regioni e territori particolarmente virtuosi, la cui raccolta differenziata raggiunge punte dell'80-90 per cento e di conseguenza anche i sottoprodotti che vengono poi ricavati dalla raccolta dei rifiuti hanno – passatemi il termine – una qualità assolutamente diversa rispetto a quelli raccolti in altre realtà del Paese. Questa differenza è una differenza per noi sostanziale e nella nostra mozione noi facciamo espressamente riferimento che se, per motivi economici o guardando all'estero, questi CSS vengono utilizzati nei vari impianti, va anche tenuto conto che vi sia un criterio di prossimità considerata la pratica dell'ultimo ventennio che ha visto regioni, vuoi per politici ed amministratori incapaci e inadempienti, che hanno disatteso quelle che dovevano essere le elementari norme sulla raccolta dei rifiuti. Questa pratica di mandarli in altri territori del Paese per noi deve essere assolutamente un qualcosa da superare e da dimenticare.
  Noi ci troviamo nel paradosso che la tassazione è legata alla raccolta dei rifiuti e alla metratura della casa. Siamo nel paradosso perché, come sappiamo, la raccolta dei rifiuti tra nord e sud ha dei numeri abissalmente diversi. Ci sono appunto le regioni del nord, che sono virtuose e che hanno questa raccolta differenziata che arriva all'80-90 per cento. Ci troviamo nel paradosso che, nonostante facciano la raccolta differenziata, al nord la tassa sui rifiuti si paga da sempre, mentre in altre regioni del Paese – non lo dico io, lo dice l'Agenzia delle entrate – l'evasione fiscale, anche in materia di rifiuti, è allarmante. E ci troviamo, tra l'altro, nel paradosso che spesso e volentieri questa tassa sui rifiuti viene calcolata sulla metratura della casa, metratura della casa che al nord non vede praterie di palazzine abusive, mentre in altre zone del Paese, basta vedere i decreti che i vari Pag. 45Governi hanno adottato negli anni, ogni tanto serve fare un bel condono per cercare di regolamentare questi stabili assolutamente abusivi. Beffati tre volte, quindi, i cittadini del nord e pertanto in questa mozione noi mettiamo il criterio di prossimità per evitare che le carenze e le mancanze degli amministratori del sud gravino sui cittadini del nord e, cioè, che, oltre che pagare le tasse, oltre che fare la raccolta differenziata, ci venga spedito poi il rifiuto o il sottoprodotto trattato, ma non di buona qualità, nei termovalorizzatori o negli stabilimenti del nord.
  E concludo ricordando, a livello generale, che l'Italia sotto questo profilo non può permettersi di rimanere indietro rispetto agli altri partner europei dove comunque, grazie alla produzione dei combustibili solidi secondari, appunto perché sottoprodotti, e grazie alle tecnologie ambientali, nuove, che sono state introdotte negli ultimi anni, hanno cessato assolutamente di essere un rifiuto e vengono utilizzati come sottoprodotti in sostituzione dei combustibili convenzionali.
  Quindi, se nel resto d'Europa sfruttano i rifiuti, dobbiamo imparare a farlo anche noi. Per farlo serve però che ci sia un impegno importante da parte delle regioni che, finora, non sono state adempienti e per farlo bisogna pensare a meccanismi di meritocrazia e «di punizione» per gli amministratori che continuano a non fare il proprio dovere anche sul tema della raccolta differenziata.
  Non sta a me ricordare quanti soldi lo Stato centrale ha dovuto sborsare per le emergenze rifiuti, la più famosa di tutte è quella di Napoli, ma anche per altre realtà. In un momento di crisi economica queste mancanze e questi esborsi si fanno ancora più sentire, soprattutto se sono dovuti alla mancanza di capacità da parte di questi amministratori.
  Quindi la nostra mozione chiede al tempo stesso di porre attenzione alla tutela della salute come interesse primario, ma anche di non penalizzare, come al solito, i territori del nord, i cittadini e gli amministratori del nord che si sono comportati, numeri alla mano, in modo meritorio a differenza di altre realtà del Paese che, invece, come al solito, sono state quanto meno lassiste su questo tema e hanno gravato sulle finanze pubbliche, e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze in termini economici ma purtroppo, ahimè più drammatiche, in termini ambientali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carrescia, che illustrerà la mozione Borghi ed altri n. 1-00193, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, le mozioni che sono oggi in discussione sono l'occasione per una seria riflessione su come declinare quell'obiettivo di sviluppo sostenibile che oggi è un patrimonio di tutte le forze politiche. Ma le istituzioni, il Parlamento in primis, sono chiamati a dare risposte concrete, efficaci, coerenti che consentano di coniugare ambiente e sviluppo non come uno slogan, ma come prassi virtuosa e quotidiana che consenta di allineare l'Europa a quei Paesi europei che in questo settore non vivono la nostre criticità.
  Ed è dalle indicazioni dell'Unione europea che dobbiamo partire. Infatti le direttive comunitarie tracciano un percorso virtuoso che parte dalla prevenzione nella produzione dei rifiuti per arrivare allo smaltimento come fase residuale privilegiando il riutilizzo e il recupero. Il labile confine tra rifiuto e non rifiuto o il passaggio da rifiuto a non rifiuto, l’end of waste, è un'altra delicata frontiera sulla quale si gioca il nostro futuro come pure la capacità di saper valorizzare il rifiuto come risorsa senza diminuire le garanzie di tutela della salute e dell'ambiente.
  Ora, l'oggetto materiale delle mozione di oggi – è già stato detto – è il CSS, che è l'acronimo di combustibile solido secondario, che nasce dai rifiuti, che viene prodotto dai rifiuti, che deve rispettare precise e rigorose norme tecniche. Ma il testo unico dell'ambiente puntualizza anche che viene fatta salva l'applicazione Pag. 46dell'articolo 184-ter, quello che reca la cessazione della qualifica di rifiuto, per cui il combustibile solido secondario è classificato come rifiuto speciale, ma non è rifiuto quando soddisfa quelle condizioni.
  Il regolamento del Ministro dell'ambiente del 14 febbraio 2013 stabilisce, nel rispetto degli standard di tutela ambientale e della salute, le condizioni alle quali alcune tipologie di CSS cessano di essere rifiuti e sono da considerare a tutti gli effetti un prodotto. È stato detto che il CSS non diventa un sottoprodotto. No, il CSS non diventa un sottoprodotto, il CSS diventa un prodotto. Cessa di essere un rifiuto. E allora, se non vogliamo fare un dibattito di teoria ambientale, ma un confronto basato sulla realtà di fatto e di diritto dobbiamo essere consapevoli che non tutti i residui di produzione sono rifiuti. In particolare, non costituiscono rifiuti e godono di conseguenza di un regime ad hoc specifico i residui di produzione che perdono la qualifica di rifiuti perché sottoposti ad operazioni di recupero.
  Quindi, in sostanza, in base alle direttive europee alcuni rifiuti cessano di essere tali quando sono sottoposti ad operazioni di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo e soddisfano criteri conformi a determinate condizioni.
  Allora, l'utilizzo del CSS rientra in questo contesto. Il cementificio che va a utilizzare il CSS deve essere in possesso di autorizzazione integrata ambientale, dotata di certificazione di qualità ambientale in base alle normative UNI e, per la produzione di CSS, è bene chiarire che possono essere utilizzati soltanto rifiuti urbani e rifiuti speciali, purché non pericolosi. È una delle traduzioni pratiche della end of waste prevista dall'Unione europea, ma tutto questo per chiarire che quello che può essere utilizzato come combustibile nei cementifici non è un rifiuto, ma è un prodotto, che deriva dal trattamento dei rifiuti non pericolosi urbani e speciali.
  Il nostro Paese vive, in molte realtà, forti criticità nella gestione dei rifiuti, una situazione che chiama in causa la credibilità delle istituzioni del nostro sistema, che ha assunto, però, troppo spesso, come stile la fuga dalle proprie responsabilità, l'acquiescenza a cattive abitudini e il privilegio di scelte ideologiche che sono antitetiche a quello sviluppo sostenibile, un termine che, a volte, soltanto a parole, è patrimonio comune. Allora, non è la paura del nuovo, non è con la dietrologia, non è con la criminalizzazione a priori che si può coniugare ambiente e sviluppo.
  Il processo organizzativo, da un lato, ma culturale, dall'altro, che si sviluppa sulla filiera della prevenzione, riduzione, riuso e riciclo, richiede tempi lunghi, ma richiede anche responsabilità e la capacità, ciascuno nel proprio ruolo, di assumersi le proprie responsabilità e di sapere che siamo un Paese che sta e deve stare in Europa.
  Allora, la domanda che dobbiamo porci è se e a quali condizioni, in quest'ottica di sistema, è preferibile il ricorso ai cementifici, producendo quindi a monte il CSS «prodotto» e non «rifiuto», oppure se è meglio inviare rifiuti non differenziati dopo il loro trattamento direttamente a impianti di incenerimento o di discarica. Anche alcune associazioni ambientaliste ritengono che questa soluzione sia da preferire, quella dell'utilizzo del CSS in cementifici, piuttosto che tendere all'incenerimento tout court. E, allora, non chiudiamoci in schematismi ideologici o in pregiudizi o in posizioni precostituite: se vogliamo essere un Paese moderno, guardiamo all'Europa non a giorni alterni, ma con continuità e con coerenza, e non secondo le convenienze del momento.
  L'utilizzo del CSS nei cementifici è stato riconosciuto, con la recentissima decisione della Commissione europea del 26 marzo di quest'anno, come miglior tecnica disponibile (MTD) o bat (best available techniques).
  Guardiamo allora al resto dell'Europa, che ci dice che la media europea di sostituzione di combustibili tradizionali con combustibili alternativi si attesta al 30 per cento, superando in alcuni Stati anche il 60: la Germania è arrivata a percentuali Pag. 47di sostituzione termica nei propri forni pari al 61 per cento, l'Austria al 50, la Francia al 27, l'Italia è sotto il 10 per cento. Allora, l'utilizzo del CSS è praticato perché è una soluzione che riduce il problema ambientale ed economico delle discariche, diminuisce i quantitativi dei rifiuti degli inceneritori, diminuisce l'impiego di combustibile fossile, che in Italia, peraltro, dobbiamo importare. Nomisma stima che il risparmio sulla bolletta energetica sia di circa 370 milioni all'anno.
  Uno dei timori sollevati in altre mozioni è che l'utilizzo del CSS possa compromettere la raccolta differenziata. Non è così. Non è così, perché le stesse caratteristiche merceologiche che deve avere il CSS richiedono a monte una selezione dei rifiuti. Il processo di produzione del CSS combustibile deve essere visto in sinergia con la raccolta differenziata finalizzata al riciclo, in quanto sono gli stessi requisiti merceologici ai quali deve corrispondere il CSS a renderla necessaria a monte. E gli stessi strumenti, macchinari utilizzati per il CSS combustibile trarrebbero danni dalla presenza, per esempio, di metalli, motivo per cui la raccolta differenziata rappresenta una soluzione integrata e non alternativa, una soluzione da anteporre al processo di produzione del combustibile.
  Ora, dobbiamo guardare al futuro, ma dobbiamo governare il presente. E se vogliamo governare l'immediato futuro, lo dobbiamo fare, ponendo il principio di sostenibilità ambientale con concretezza.
  Il presente ci dice che per ogni tonnellata di rifiuti avviata alla produzione di CSS il 25 per cento deriva da materiali recuperati dalla raccolta differenziata. Il timore poi della sconnessione fra utilizzo di CSS e raccolta differenziata è anche fugato dalla normativa esistente, perché l'articolo 6 del decreto richiama espressamente il testo unico ambientale proprio per evitare che la produzione del combustibile da rifiuto avvenga nel mancato rispetto della gerarchia dei rifiuti.
  Quindi, più che il profilo genetico, rifiuto o prodotto, del CSS, è semmai delicato quello della tutela ambientale e della salute. Dobbiamo chiederci se l'utilizzo di questo prodotto sia o meno una soluzione da preferire all'incenerimento tout court. Come dicevo poc'anzi, la normativa ci dà delle risposte, perché la produzione e l'utilizzo di CSS sono vincolati al rispetto di specifici controlli previsti dal decreto ministeriale. Oltre a questi vincoli l'utilizzo deve rispettare le prescrizioni più restrittive che sono contenute nell'autorizzazione integrata ambientale, perché possono essere utilizzati soltanto da impianti soggetti ad AIA e obbligati al rispetto delle migliori tecnologie possibili.
  Quanto ai dati ambientali, dobbiamo tenere presente che ci sono studi, non soltanto fatti in Italia, ma anche in altri Paesi, ne cito uno del Canada del 2011, che hanno concluso che le emissioni dai camini di CO2, NOx, SO2, metalli, diossine, furani e così via sono generalmente inferiori rispetto alla marcia a combustibili fossili. Quindi, la diversità tra alcuni limiti emissivi previsti per gli inceneritori e i cementifici ci rimanda alla normativa comunitaria. Gli unici limiti che per legge comunitaria e nazionale sono superiori riguardano gli ossidi di azoto, ma cementerie e inceneritori rappresentano due processi industriali completamente diversi.
  Comunque, considerato che la gestione dei rifiuti comporta costi inaccettabili a carico dell'ambiente e delle persone, sarebbe da stolti rinunciare aprioristicamente a ricercare e praticare soluzioni in grado di attenuare se non di eliminare timori e problemi e di migliorare la normativa esistente. Quindi, sia ben chiaro, e lo diciamo nella nostra mozione, che l'utilizzo del CSS non può essere lo strumento per trasformare i cementifici in inceneritori, ma per garantire la possibilità dell'utilizzo di un combustibile alternativo a quello fossile.
  Dire il contrario è un processo alle intenzioni, perché, che i cementifici si possano trasformare in inceneritori è alquanto problematico, perché è sufficiente chiarire che la localizzazione di impianti di gestione dei rifiuti deve rispettare criteri di localizzazione previsti dai piani regionali che, generalmente, sono sempre ostativi alla localizzazione di questi impianti Pag. 48in prossimità dei centri abitati o in aree di pregio. Quindi un moderno e integrato ciclo di gestione dei rifiuti è coniugabile e compatibile con la normativa esistente.
  Quello che noi chiediamo al Governo con la mozione è di tendere a verificare con attenzione la realtà attuale; chiediamo che il Governo si impegni perché questa nuova frontiera di gestione del rifiuto e del CSS non sia subita ma sia un veicolo di sviluppo di una filiera virtuosa. Nella sostanza la nostra mozione richiede con forza e immediatezza una attività di comparazione con le esperienze europee in essere, una attenta analisi e l'approfondimento sugli effetti di ciascuna azione. Chiediamo di fornire indicazioni metodologiche puntuali che richiedono comunque un approccio non ideologico e anche la disponibilità del Governo a cogliere l'impegno ad aggiornare, all'esito dell’iter suggerito, la normativa di settore.
  La mozione impegna il Governo ad avviare approfondimenti tecnici multidisciplinari per verificare se, e a quali condizioni, l'utilizzo nei cementifici del CSS possa determinare rischi per la salute e per l'ambiente con particolare riferimento alle emissioni, al quadro delle emissioni; a fornire un quadro aggiornato della situazione esistente circa i processi autorizzativi; a rendere alle Commissioni parlamentari ogni necessaria informativa sulle verifiche tecniche; ad adottare le iniziative per la modifica del decreto ministeriale n. 22, se necessario.
  A prevedere strumenti di informazione e consultazione in relazione all'utilizzo del CSS nei vari impianti, in luogo dei combustibili tradizionali, e forme di coinvolgimento delle comunità interessate a tali processi, garantendo la completa trasparenza dei processi di autorizzazione e a procedere rapidamente alla costituzione del comitato di vigilanza, che peraltro è previsto dall'articolo 15 del decreto del 2013.
  Mi auguro che l'Aula e il Governo sappiano apprezzare le motivazioni di questa mozione, che coincide con gran parte di altre mozioni precedentemente illustrate, e soprattutto che, poi, il Governo faccia proprie queste indicazioni per un'attenta applicazione della normativa e che onori gli impegni che il Parlamento vorrà dare.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, la gestione rifiuti rappresenta la più grande emergenza ambientale del nostro Paese: quattro regioni italiane – come la Campania, la Sicilia, il Lazio e la Calabria – e quasi un terzo della popolazione nazionale concentrata nelle grandi aree urbane è coinvolta da questo problema. Per questo dico che si parla impropriamente di emergenza, perché emergenza richiama una temporaneità che non corrisponde al lungo perdurare nel tempo di questa situazione.
  Anomalia tutta italiana la prassi dello smaltimento in discarica che rappresenta non soltanto un potenziale rischio ambientale, ma anche un enorme spreco di risorse materiali ed energetiche, quali sono i materiali che possono essere ottenuti dai rifiuti. Per quanto attiene al conferimento in discarica, ancora nel 2010 in Italia veniva conferito il 50 per cento dei rifiuti mentre la media dell'Unione europea è del 37 per cento, la Germania è addirittura all'1 per cento.
  La raccolta differenziata a fine 2012 in Italia ha raggiunto il 39,9 per cento a fronte di un obiettivo previsto del 65 per cento. Non a caso a fine febbraio 2012 l'Italia ha ricevuto una comunicazione di messa in mora da parte della Commissione europea per la presenza sul territorio nazionale di 102 discariche non conformi alla direttiva della Comunità europea che imponeva di adottare entro luglio 2009 misure di chiusura o adeguamento delle stesse.
  La situazione sul territorio è dunque molto grave, centinaia e centinaia di discariche pubbliche – per non parlare del dolente capitolo di quelle illegali – sono esaurite, abbandonate e disseminate ovunque.
  Vista la dimensione del problema e nelle more di una politica che si sviluppi Pag. 49attorno a prevenzione, riduzione, riuso e riciclo, che richiederà tempi non certo brevi, è necessario gestire una fase transitoria che non può prescindere dal ricorso, pur limitato, al recupero energetico tramite la termovalorizzazione.
  D'altro canto è evidente che la realizzazione di nuovi impianti risulta particolarmente complessa e controversa, per questo si è fatta strada l'ipotesi di utilizzare impianti già esistenti in esercizio – come i cementifici – dotati di forni per la cottura del clinker, che è una componente essenziale del cemento, forni alimentati da combustibili fossili che possono essere efficacemente sostituiti da combustibile proveniente dai rifiuti.
  È il caso del combustibile solido secondario, prodotto derivante dal trattamento di alcuni rifiuti, del quale prima il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successivamente il decreto ministeriale n. 22 del febbraio 2013 fissano le caratteristiche e le condizioni di utilizzo in impianti industriali quali i cementifici. In particolare il citato decreto, emanato dall'allora Ministro dell'ambiente Clini, precisa che la produzione e l'utilizzo di determinate tipologie di combustibile solido secondario devono avvenire nel più rigoroso rispetto degli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana. Il decreto citato ha anche definito una specifica disciplina giuridica per regolamentare la produzione e l'utilizzo del combustibile solido secondario in alcuni impianti industriali prescelti che, per garanzie fornite in campo ambientale e tecnico, sono particolarmente idonei a questo fine.
  È opportuno sottolineare però, a questo proposito, che l'utilizzo di combustibile solido secondario è incluso e raccomandato nella lista dell'Unione europea delle migliori tecnologie e tecniche che devono essere impiegate per la gestione ecosostenibile del ciclo produttivo dei cementifici. In Europa, questa è una strada ampiamente praticata: in Olanda e in Germania, ad esempio, i combustibili solidi secondari rappresentano l'83 e il 63 per cento del combustibile utilizzato nei cementifici.
  Tale scelta comporta più benefici: il ridimensionamento del problema ambientale ed economico delle discariche – a questo proposito si ricordi che in Italia il costo annuo della gestione dei rifiuti è cresciuto del 6 per cento – e l'utilizzo di impianti già esistenti; la sostituzione di un combustibile fossile, che dobbiamo importare, con un combustibile alternativo prodotto da noi, il che produce innegabili vantaggi anche dal lato della riduzione dei costi e della bolletta energetica.
  Non riparlerò del problema della raccolta differenziata, che più di un collega ha già trattato e ampiamente spiegato in precedenza, invece voglio richiamare le preoccupazioni emerse riguardo alle eventuali ricadute negative sull'ambiente e sulla salute dalle emissioni conseguenti l'utilizzo dei combustibili solidi secondari nei cementifici, che sono le più serie e non vanno sottovalutate. A questo riguardo, però, sottolineo che i risultati dei più qualificati studi scientifici, anche a livello europeo, sono incoraggianti per quanto riguarda le emissioni dei cementifici rispetto agli inceneritori e l'utilizzo di combustibili solidi secondari.
  Per quanto attiene alla formazione delle diossine, questa dipende dalla presenza di cloro e dalle temperature di combustione. In realtà, nei cementifici, la presenza di cloro nei forni è minima, sia per questioni di processo, sia per rispetto della quantità del prodotto finale.
  In quest'ottica, la mozione da noi firmata si pone il problema ed è lo strumento attraverso il quale si possono dissipare questi dubbi. Quindi, uno dei punti più importanti di questa mozione è la questione che noi poniamo al Governo, vale a dire di effettuare un'approfondita comparazione in merito alle condizioni tecnologiche ed operative che disciplinano l'impegno del combustibile solido secondario in altri Paesi e di avviare approfondimenti tecnici multidisciplinari per verificare se, e a quali condizioni, l'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non determina rischi per la salute e per l'ambiente.

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, la Camera torna ad occuparsi della materia rifiuti, una questione affrontata molte volte in questa Aula, anche attraverso l'istituzione di Commissioni speciali.
  Noi ricordiamo che proprio nel 1995 la Camera dei deputati ha istituito una Commissione parlamentare di inchiesta. Non possiamo però non constatare che, a distanza di quasi vent'anni, nel nostro Paese, i rifiuti continuano ad essere un problema e non una risorsa e voglio sottolineare che è tornato all'onore delle cronache lo scempio perpetrato per decenni ai danni del territorio campano, nella cosiddetta Terra dei fuochi.
  Così, mentre la gestione dei rifiuti in tanta parte del nostro Paese è diventata un affare della criminalità organizzata, constatiamo che, ancora oggi, non si è riusciti ad inserire nel nostro ordinamento giuridico reati quali il disastro e l'inquinamento ambientale, l'alterazione del patrimonio naturale, il traffico illecito di rifiuti, di materiale radioattivo e nucleare. Questo ci fa considerare che il nostro è uno Stato da una parte disarmato e impotente e, dall'altro, incapace di rispettare gli obiettivi che la Comunità europea si è data e che ci ha dato nella gestione dei rifiuti. E nonostante ci venga continuamente richiesto, a livello europeo, di ridurre l'impatto ambientale dei rifiuti, secondo il principio gerarchico delle cosiddette quattro erre, il continuo susseguirsi di proroghe, deroghe, mancati obiettivi e aggiramento delle direttive europee, ci colloca costantemente in prima fila nelle procedure di infrazione e sanzione anche a causa della nostra politica amministrativa e gestione industriale in materia di rifiuti, che continua a oscillare tra discarica e inceneritore con recupero di energia.
  Non possiamo quindi stupirci, signor Presidente, che alla fine del 2012, al seguito del mancato adeguamento della nostra normativa ai principi europei sulla gestione delle discariche, la Comunità europea deferisca l'Italia alla Corte di giustizia per 102 discariche e per favorire la lobby degli inceneritori si trasformino i rifiuti in energie rinnovabili con annessi incentivi.
  Eppure, la direttiva europea parla chiaro: indica chiaramente che l'utilizzo dei rifiuti, come fonte di energia, deve essere valutato come finalità residuale e che il ricorso all'incenerimento va in tutt'altra direzione, sia rispetto alla corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti sia all'incremento della raccolta differenziata e in quest'ottica ogni qualvolta che progettiamo piccoli e grandi opere e che inneschiamo la filiera della produzione di un oggetto dobbiamo mettere attenzione al ciclo di vita dell'opera stessa e iniziare a considerarla all'interno di un ciclo chiuso, dall'edificazione e produzione alla dismissione. È questa la direzione chiaramente indicata dall'Europa.
  Ora, è stato aperto un nuovo capitolo con i combustibili solidi secondari, conosciuti in sigla come CSS. Ma fino a pochi anni fa il CSS era conosciuto come CdR, ovvero combustibile da rifiuto. La sua composizione, però, non è cambiata. Solo che con operazione di maquillage semantico si è evitata la brutta parola di rifiuto. Ricordiamo che il Ministro dell'ambiente Clini, a Camere sciolte lo scorso febbraio, ha stabilito che determinate tipologie di combustibili solidi secondari non fossero più considerate rifiuti e ha trasformato un rifiuto speciale in combustibile, indicando anche quali tipologie di impianti avrebbero potuto utilizzarlo, ovvero cementifici e centrali termoelettriche.
  Appare evidente a tutti che l'uso dei CSS nei cementifici rischia di tradursi in un ulteriore freno all'incremento sia della raccolta differenziata, così come richiesto dalla normativa comunitaria, sia allo sviluppo della filiera industriale del riciclo, sia alla possibilità di un radicamento della cultura ambientale e di un costume civico fondati sull'uso consapevole dei beni, perché così sono i rifiuti: dei beni. Questa operazione per noi, invece, è un vero e Pag. 51proprio regalo all'industria cementiera italiana, che affronta una crisi ormai strutturale.
  Voglio ricordare che nel 2007 in Italia si sono prodotti ben 47,8 milioni di tonnellate di cemento, mentre nel 2012 si è scesi a 26,2. Questo significa una riduzione del 45 per cento, nonostante la normativa che regola il calcolo dei cementi armati negli edifici in zona sismica abbia incrementato i parametri relativi alla necessità di cemento e di acciaio nelle strutture. Il che non significa che il nostro patrimonio edilizio sia più sicuro, perché crolli di edifici nella nostra penisola ci sono stati e continueranno ad esserci, purtroppo troppo frequenti. Significa, invece, che l'Italia, il primo produttore di cemento in Europa, è anche tra i maggiori consumatori nel mondo e chi sostiene che il CSS possa sostituire il carbone, il pet coke, comunemente usati nei forni dei cementifici, perché ha ricadute positive in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e di dipendenza dalle importazioni di fonti di energia fossile dall'estero, noi dichiariamo che, nonostante siano obiettivi importanti, non siamo disposti a barattare la tutela della salute della popolazione e le risorse del nostro pianeta.
  Per questo la nostra mozione chiede di valutare attentamente gli effetti dell'utilizzo del CSS sulla salute pubblica, attraverso studi ambientali ed epidemiologici, e di avviare adeguate forme di monitoraggio delle emissioni assieme ai controlli ambientali e sanitari nei territori su cui insistono tali impianti. In Italia c’è ancora molto, troppo da fare per rendere ambientalmente sostenibile la gestione dei rifiuti.
  Il nostro obiettivo è di avviare al più presto un piano nazionale per una gestione moderna e virtuosa dei rifiuti, cominciando a considerare il rifiuto come un bene da reimmettere in circolazione o restituire alla terra, in modo che possa – e mi passi l'espressione – tornare a digerirlo, rimodulando l'intera filiera, riducendo e ripensando agli imballaggi, migliorando la qualità degli involucri, intendendo per involucro anche un fabbricato edilizio nella sua interezza. È indicativo come a livello locale questi obiettivi trovino sempre più consenso. Ad esempio, il recentissimo piano regionale di gestione dei rifiuti urbani della Puglia prevede una raccolta differenziata spinta e la trasformazione del rifiuto in risorsa. In questa prospettiva la termovalorizzazione risulta una fase residuale e nessun impianto potrà richiedere l'autorizzazione a bruciare rifiuti vantando il lasciapassare preventivo della regione Puglia.
  Un piano, quindi, non subordinato ai cementieri e alle aziende produttrici di energia. E noi ringraziamo i consiglieri Galati e Losappio e anche l'assessore all'ecologia della Puglia, che sono stati capaci di bloccare due cementifici attivi della Puglia dove non è più possibile bruciare CSS. Signor Presidente, questo vuol dire che è possibile. Per noi, quindi – e concludo – è prioritario e urgente promuovere in tempi brevi il percorso di transizione dal vecchio al nuovo sistema di smaltimento, ponendoci come obiettivo la dismissione di inceneritori e discariche una volta per tutte, portando il riciclo al 100 per cento e sostenendo la filiera verso imballaggi e prodotti completamente biocompatibili. Questo non è impossibile. Ricordo che la normativa vigente prevedeva il raggiungimento, al 31 dicembre dell'anno scorso, della raccolta differenziata al 65 per cento, obiettivo che non è stato raggiunto. L'ennesima dimostrazione delle fallimentari politiche ambientali – o meglio, non ambientali –, portate avanti ad oggi nel nostro Paese – e lo ripeteremo fino allo sfinimento – deve perseguire gli obiettivi di riduzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero dei rifiuti, che devono guidare le politiche ambientali ed economiche del nostro Paese, per far diventare finalmente i rifiuti una risorsa pulita e non una maledizione, come è stato fino ad oggi.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dallai. Ne ha facoltà.

  LUIGI DALLAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la premessa alla discussione che Pag. 52stiamo affrontando, premessa che è sempre utile ribadire, è che la raccolta differenziata ed il riciclo sono strumenti imprescindibili per la corretta gestione dei rifiuti e per una riduzione progressiva del materiale di scarto. Tutte le politiche dei Paesi industrializzati vanno in questa direzione; l'Unione europea va in questa direzione. Il concetto stesso di sostenibilità ambientale e di utilizzo razionale delle risorse passa inevitabilmente da un'efficace continuazione di recupero e riutilizzo dei rifiuti. Infatti, in natura il concetto di rifiuto non esiste. Dunque, occorre porsi di fronte alle problematiche inerenti il ciclo ed il riciclo dei rifiuti con l'obiettivo di costruire un migliore modello di relazione fra produzione, utilizzo e smaltimento della materia di scarto. Altra premessa teoricamente ovvia ma praticamente non scontata è che ogni forma di riciclo avvenga in condizione di assoluta e comprovata legalità, senza alcun pericolo per la salute pubblica. È una condizione necessaria ancorché non sufficiente per affrontare gli aspetti tecnici della questione dei combustibili solidi secondari. La questione oggi sul tavolo è quella della trasformazione del materiale rifiuto in materiale che sia consentito riutilizzare in processi industriali, in particolare per la produzione di energia. Non si tratta dunque di aprire un dibattito su quale sia la migliore forma per attuare lo smaltimento dei rifiuti, evito pertanto di addentrarmi nella logica dell’end of waste, perché la materia dello smaltimento dei rifiuti è complessa e assume i caratteri di urgenza tali da sconsigliare approcci ideologici che siano ottimistici oppure rinunciatari.
  L'obiettivo – il nostro comune obiettivo, vorrei dire – è quello di incentivare e massimizzare la raccolta differenziata per il riutilizzo delle materie di scarto, e insieme valutare se sia utile adoperare il materiale che trae origine dai rifiuti per alimentare come combustibile solido secondario i forni di impianti industriali, nella fattispecie di cementifici, a valutare, cioè, se tale processo di combustione sia praticabile e persino preferibile, quando alternativo, a comparabili fonti di inquinanti sul medesimo territorio. Utilizzare cioè un materiale che non è più considerato rifiuto non in virtù di una diversa classificazione semantica, ma a causa di un processo di trasformazione definito da normative precise e condivise in sede comunitaria. La stessa direttiva del Parlamento europeo del 19 novembre 2008 definisce oggetto, ambito di applicazione e definizione del rifiuto quando cessa di essere tale. In particolare, essa indica la necessità di identificare i limiti, i parametri e i valori limite delle sostanze inquinanti. E questi valori limite, soggetti per loro natura ad essere rivisti e aggiornati su basi scientifiche, sono riportati nel decreto ministeriale n. 22 del mese di febbraio scorso. La definizione del CSS, data dai decreti legislativi n. 152 del 2006 e n. 205 del 2010, indica un materiale ottenuto da processi che eliminano i materiali non combustibili, cioè vetro e metalli inerti e la frazione umida, cioè la materia organica. La parte non combustibile dei rifiuti è destinata alla discarica o al riciclaggio. Siamo dunque seguendo lo stesso approccio che abbiamo adottato nel riutilizzo industriale dei materiali che ci sono più familiari, quali carta, vetro, plastica, e che spesso citiamo come processi virtuosi. E così, come per l'utilizzo di questi materiali, dobbiamo attuare politiche volte a promuovere un utilizzo tecnologicamente avanzato anche di materiali che possono essere utilizzati come combustibili secondari, che poi non è molto diverso dal processo di sviluppo tecnologico-industriale che hanno subito i combustibili fossili, al cui utilizzo cerchiamo di porre delle limitazioni.
  Io credo che si debba porre massima attenzione alla possibilità di produrre combustibili secondari che siano efficienti da un punto di vista calorimetrico e sicuri da un punto di vista di emissioni prodotte, che probabilmente si debbano rivedere i parametri emissivi accettati – e nella normativa per i nuovi impianti andiamo in questa direzione – ma che al contempo si dia impulso alla ricerca in questo ambito. L'utilizzo del CSS probabilmente non chiude il ciclo dei rifiuti, come ottimisticamente Pag. 53si potrebbe dire, ma costituisce una possibilità reale per diminuire l'utilizzo dei combustibili fossili, anch'essi inquinanti, ed aumentare le tipologie di riutilizzo virtuoso dei rifiuti in impianti industriali comunque soggetti ai limiti imposti dall'autorizzazione d'impatto ambientale. La produzione di CSS all'interno di normative trasparenti ma restrittive non influisce negativamente sulla tendenziale ricerca a minimizzare la produzione di materiali di scarto e anzi può incentivare la raccolta differenziale classicamente intesa. Ricordava l'onorevole Carrescia che, per ogni tonnellata di rifiuti avviata alla produzione di CSS, circa il 25 per cento è costituito da metalli, vetro e altri materiali che vengono recuperati nelle fasi di separazione, mentre un altro 25 per cento del peso si riduce nelle fasi di essiccazione. Solo il restante dunque diventa CSS. Dunque, come spesso accade, la differenza sta nelle modalità con le quali si opera. Dobbiamo quindi arrenderci all'impossibilità di una produzione trasparente e tecnologicamente avanzata ? La risposta non può che essere negativa. Allora, per dare vita ad un ciclo virtuoso, tale da fugare le giuste preoccupazioni degli abitanti dei territori in cui operano impianti alimentati a CSS, occorrono controlli accurati a monte, quindi sulla produzione del combustibile secondario, ed a valle, quindi sulle emissioni relative ai processi di combustione. Occorre dunque definire per via normativa le percentuali di utilizzo di CSS all'interno della quota complessiva di combustibile utilizzato negli impianti e quote di investimento da destinare alla ricerca per il miglioramento tecnologico del CSS prodotto, commisurate forse alla percentuale di risparmio ottenuto dagli impianti che utilizzino CSS in sostituzione parziale del combustibile primario. Occorre in definitiva orientare la naturale tendenza del mercato a consumare più energia prodotta a costi più bassi e di qualità forse trascurabile verso obiettivi di qualità e di efficienza, perché tanto maggiori sono qualità ed efficienza tanto minore è l'impatto sull'ambiente e sulle nostre condizioni di vita. Questo è ciò che abbiamo scritto e che chiediamo con la mozione presentata in Aula a firma Borghi ed altri. Chiediamo di avviare dunque approfondimenti multidisciplinari per valutare il quadro emissivo dei cementifici che impiegano CSS. Parallelamente, chiediamo di dare impulso al processo di costruzione di un moderno ed efficace sistema di controlli ambientali. Abbiamo progetti di legge all'esame in Commissione ambiente in materia di sistemi di controllo. Ancora una volta ne rileviamo l'urgenza e dunque quanto sia necessario procedere speditamente, perché il funzionamento di impianti potenzialmente inquinanti, come ad esempio quelli alimentati a CSS, può essere consentito solo in presenza di sistemi di monitoraggio e periodico campionamento su materiali biologici nei territori limitrofi a questi impianti. Concludo con l'ovvia considerazione che in un Paese come il nostro, largamente deficitario di cultura scientifica, è necessario che le forze politiche, almeno quelle che si ispirano al reale progresso, si impegnino perché metodologie nuove di approvvigionamento energetico, non prive di criticità, ma potenzialmente utili ad innescare processi virtuosi più ampi del loro stesso utilizzo, siano valutate correttamente secondo canoni accettati dalla comunità internazionale. Noi ci impegniamo a farlo in condivisione con le altre forze politiche e con i cittadini. Noi ci impegniamo a farlo in piena trasparenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, stiamo discutendo la mozione Busto ed altri 1-00030, presentata il 7 maggio. È stato uno dei nostri primi atti presentati in questa legislatura, dimostrando il nostro interesse per il tema della gestione dei rifiuti e il tentativo di migliorare e addirittura ottimizzare la filiera della gestione dei rifiuti. È un impegno sicuramente complesso, però crediamo che il Parlamento, insieme al Governo e a tutta la struttura tecnica che c’è dietro, potrà Pag. 54andare nella direzione giusta. Non è un percorso semplice, ma crediamo che qui dentro ci siano le forze per poter andare nella direzione opportuna.
  La combustione dei rifiuti nei cementifici è stata descritta tecnicamente dal collega Busto: comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare in merito all'emissione di diossine, di composti organici clorurati e di metalli pesanti. La produzione di diossine è direttamente proporzionale al quantitativo di rifiuti bruciati. Le diossine sono interferenti endocrini, influenzano lo sviluppo di varie malattie del sistema endocrino, patologie tiroidee, diabete mellito, infertilità, disturbi autoimmuni.
  Sono state riconosciute cancerogene di prima classe nel 1997 e, insieme ai policlorobifenili, i PCB, costituiscono una classe di 419 composti. I PCB sono stati dichiarati cancerogeni di prima classe pochi mesi fa dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.
  A differenza di quanto prospettano i sostenitori della combustione dei CSS, è stato dimostrato che le alte temperature non sono sufficienti a eliminare le emissioni di diossine, visto che, nonostante il punto di rottura sia a circa 850 gradi, durante le fasi di raffreddamento le molecole di diossina si riaggregano e si riformano, e questo è testimoniato da lavori dell'Università della Louisiana nel 2006 e da più recenti studi canadesi.
  Considerata la particolarità chimica delle diossine, inquinanti liposolubili persistenti per decenni nell'ambiente e nei tessuti biologici, dove si accumulano nel tempo, l'eventuale riduzione quantitativa della concentrazione sarebbe compensata dall'elevato volume emissivo tipico di questi impianti. Nel caso dei microinquinanti (metalli pesanti e diossine), a parità di concentrazione nei fumi, i cementifici emettono volumi di fumi enormemente maggiori rispetto agli inceneritori classici. Si rischierebbe per l'Italia l'emissione aggiuntiva di circa 165 grammi annuali di diossine a norma di legge. Le emissioni totali certificate attualmente sono circa 120 grammi, e quindi si raddoppierebbero le emissioni; in linea teorica, si aprono le porte per una situazione del genere, se tutto il cemento fosse prodotto con CSS.
  Ricordiamo che il flusso di un cementificio è circa 700 mila normal metri cubi ora per 1 milione di t anno. Secondo l'OMS, questo quantitativo totale di diossina sarebbe considerato tollerabile per circa due miliardi di persone, e non per 60 milioni, quanti siamo in Italia.
  Negli USA si è riusciti a ridurre le emissioni di diossine da molti impianti, ma non dai cementifici che utilizzino rifiuti. È oltremodo ottimistico pensare di rispettare la direttiva 75 del 2010, che forse è stata recepita presto per l'Italia, con un ciclo dei rifiuti così arretrato. Questa direttiva imporrebbe di stare sotto a 0.1 nanogrammi per metro cubo lineare, mentre negli Stati Uniti, dopo quasi 20 anni di studi, non scendono sotto a 0.2.
  L'europeismo dobbiamo manifestarlo un pochino in tutti i settori, non solo per quanto riguarda alcuni dati opinabili di economia. Già ora, nelle vicinanze degli inceneritori, vi è un incremento di nascite pretermine e malformazioni fetali: lo dice lo studio Moniter. Nella zona di Mantova si registrano 400 malformazioni ogni 10 mila nascite, laddove pare che siano state sottoposte a combustione le diossine derivate dall'incidente di Seveso; quindi, il doppio della media nazionale laddove vi è stato un inquinamento particolare da diossine.
  Per quanto riguarda le polveri sottili, sono documentate già mortalità per tutte le cause nel breve e nel lungo termine, in particolare per patologie cardiovascolari e respiratorie, ma è anche segnalata un'aumentata incidenza di tumori. Già alcuni anni fa vi erano gli studi del Politecnico di Torino, disponibili già al tempo del decreto Clini, e pochi giorni fa l'associazione internazionale per la ricerca sul cancro ha confermato che i livelli elevati di polveri sottili sono cancerogeni.
  La direttiva 50 del 2008, sempre una direttiva europea, ci impone di stare molto al di sotto dei valori di polveri sottili attuali. E poi vi è il problema delle nanoparticelle, che, più sono piccole, più Pag. 55sono pericolose. Il PM1, che è quello particolarmente emesso dai cementifici e dagli inceneritori, è mille volte più piccolo del PM10: riesce a entrare nel sangue e può causare problemi di tromboembolie. Anche studi dell'Università di Milano dimostrano che chi vive vicino alle autostrade muore più spesso di ictus e di tromboembolie.
  Queste sostanze possono passare nel sangue durante la gravidanza e sono correlate all'aumento di malformazioni in alcune aree. Dopo la combustione, le nanopolveri, a differenza delle diossine, non si riaggregano, e pertanto rimangono fini e dannose. Ci sono anche studi economici che dimostrano fra 200 e 600 miliardi di euro il costo dell'inquinamento da polveri sottili, che sembra causare circa 300 mila decessi all'anno (studi della Commissione europea). Aumentando l'emissione di ossidi di azoto dai cementifici da 200 a 800 milligrammi per metro cubo aumenteremmo gli NOx che sono i principali precursori del particolato secondario, e quindi delle polveri sottili. In molte realtà italiane abbiamo degli sforamenti, anche nel 2013, delle polveri sottili. Ricordiamoci che siamo molto al di sopra dei 25 microgrammi per metro cubo di media annua. Mediamente i valori sono intorno a 30, stabili dal 2008. L'OMS raccomanda 10. Ieri il ministro Orlando è stato a Mantova. Nonostante la crisi, con diecimila posti di lavoro persi in quattro anni, il PM2.5 si avvia sempre a stare sopra i 30 microgrammi per metro cubo.
  I cementifici emettono in Italia circa 21 milioni di tonnellate di CO2. Quindi, se aumentasse la capacità produttiva, aumenterebbe anche l'emissione. I metalli pesanti vengono emessi in quantitativi maggiori. La combustione di una tonnellata di CSS causa un incremento di 421 milligrammi nelle emissioni di mercurio. Il mercurio, tra le altre cose, è neurotossico e sembra ridurre il quoziente intellettivo. Quindi, anche questi dati vanno tenuti in considerazione. C’è un aumento anche nelle emissioni di piombo, di cadmio e di arsenico.
  Gli inceneritori sono molto diffusi e in Italia il maggior numero in Europa, conglobati spesso nel tessuto delle città. Quindi, potrebbe raddoppiare il quantitativo di rifiuti avviati all'incenerimento in Italia, se oggi non riusciamo a porre fine e avviare una moratoria per questo provvedimento. La media dell'Unione europea di raccolta differenziata è più alta della nostra, per cui dobbiamo migliorare assolutamente la filiera. Il CDR , qualcuno ha già detto che già è utilizzato per la produzione di cemento per circa l'8 per cento, ma dobbiamo ricordare che, dall'energia da andare a prendere e con gli studi di life cycle assessment, ci rendiamo conto che è molta più l'energia che si spreca di quanta se ne recuperi utilizzando, appunto, il metodo dei CSS. Per questo noi chiediamo la moratoria del decreto Clini, in modo che si impedisca la conversione dei cementifici in inceneritori, onde evitare che aziende e imprese investano in un settore che potrebbe dimostrarsi incompatibile con l'esigenza di garantire la tutela della salute e dell'ambiente e ci impegniamo invece a promuovere studi scientifici per valutare le effettive emissioni delle sostanze inquinanti, che tengano conto non solo dei funzionamenti degli impianti a regime e in condizione di massima sicurezza, ma dei possibili rischi derivanti da malfunzionamenti, e quindi ad adottare in ogni caso il principio di precauzione e a ristudiare nelle Commissioni competenti – cosa che non è stata fatta con il tempo adeguato nella scorsa legislatura – tutto il materiale che riguarda questo settore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Terzoni. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 15,50).

  PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, i responsabili politici devono costantemente affrontare il dilemma di equilibrare le libertà, i diritti degli individui, Pag. 56delle industrie e delle organizzazioni, con l'esigenza di ridurre i rischi e gli effetti negativi per l'ambiente e per la salute degli esseri umani, degli animali e delle piante. L'individuazione di azioni mirate a ottenere soluzioni proporzionate e non discriminatorie, trasparenti e coerenti deve avvenire sulla base di informazioni particolareggiate e obiettive. Giudicare quale sia un livello di rischio accettabile per la società, costituisce una responsabilità meramente politica. I responsabili, posti di fronte a un rischio inaccettabile, all'incertezza scientifica e alle preoccupazioni della popolazione, hanno il dovere di trovare risposte. Tutti questi fattori devono quindi essere presi in considerazione. La procedura di decisione dovrebbe essere trasparente e dovrebbe coinvolgere tutte le parti interessate quanto più precocemente e quanto più ampiamente possibile.
  Nel caso in cui si ritenga necessario agire, le misure basate sul principio di precauzione dovrebbero tener conto della valutazione dei potenziali vantaggi ed oneri dell'azione o dell'inazione, compresa, ove ciò sia possibile e adeguato, un'analisi economica costi/benefici. L'esame dei vantaggi e degli oneri comporta un confronto fra i costi generali dell'azione e dell'inazione nel breve e nel lungo periodo.
  Non si tratta semplicemente di un'analisi economica costi/benefici, la sua portata è molto più ampia e comprende considerazioni non economiche, quali l'efficacia delle possibili azioni e la loro accettabilità da parte del pubblico. Nell'effettuare tale analisi si dovrà tener conto del principio generale e della giurisprudenza della Corte di giustizia, per cui la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche e questo – ripeto – lo dice la Corte di giustizia.
  Ma come è nato questo provvedimento ? Il 14 febbraio 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS)». Di fatto il citato decreto istituzionalizza l'incenerimento di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici, introducendo l'espediente della dichiarazione di conformità, che permetterebbe ai combustibili solidi secondari di cessare di essere considerati rifiuti.
  Appena tre giorni prima della pubblicazione del decreto, l'11 febbraio 2013, l'VIII Commissione permanente aveva dato parere contrario allo schema di decreto del Presidente della Repubblica. L'VIII Commissione della Camera, nell'esprimere il proprio parere contrario, ha ribadito la necessità di svolgere un approfondimento con adeguate forme di consultazione, ha espresso una chiara preoccupazione per la rilevanza delle conseguenze del provvedimento sul funzionamento del sistema dei cementifici e della tutela ambientale e della gestione dei rifiuti, ha ritenuto indispensabile il coinvolgimento delle regioni e ha chiesto di rinviare alla prossima legislatura – cioè questa – l'adozione del provvedimento in questione.
  Riportiamo a tale proposito due estratti del resoconto della seduta della Commissione ambiente dell'11 febbraio 2013 – quindi molto recente –, durante la quale i colleghi del PD espressero forti perplessità nonché contrarietà all'idea di consentire l'uso dei CSS nei cementifici, colleghi che tutt'oggi siedono qui con noi e che fanno parte della medesima Commissione.
  Si legge che Alessandro Bratti ha illustrato le criticità, legate ai rischi ambientali connessi alla diversità della disciplina sui limiti di emissioni inquinanti vigenti per gli inceneritori, da un lato, e per i cementifici, dall'altro. Elisabetta Zamparutti sostenne che l'uso dei CSS nei cementifici provocherebbe gravi danni in termini di inquinamento ambientale e di peggioramento degli attuali livelli di raccolta differenziata dei rifiuti. Anche il collega Ermete Realacci, attuale presidente della Commissione ambiente, esplicitò profonde perplessità e criticità. Altri perplessità furono allora espresse anche sull'operato del Ministro pro tempore Clini, espressione di un Governo dimissionario, che avrebbe dovuto occuparsi unicamente di questioni ordinarie.Pag. 57
  Tenete a mente queste dichiarazioni perché torneranno utili nel prosieguo dei lavori di questa mozione, nel momento in cui sarà chiaro a tutti il cambio repentino di opinione fondato su non si sa quali dati scientifici. Secondo il nostro gruppo questo atto di indirizzo non risulta conforme né al chiaro indirizzo espresso nelle sedi parlamentari, né alle indicazioni espresse a livello comunitario. Infatti, le sue manovre tendono esplicitamente verso la chiusura del ciclo dei rifiuti con la combustione (l'incenerimento nei cementifici) in netto contrasto con le raccomandazioni del Parlamento europeo.
  Dicevamo quindi: esame dei vantaggi e degli oneri. All'interno di questo bilancio – a nostro avviso – è indispensabile considerare quello che è successo negli ultimi anni nel mercato del cemento. Secondo i dati diffusi da AETEC, Associazione italiana tecnico-economica del cemento, si conferma, anche per il quarto trimestre del 2012, la forte contrazione dei consumi di cemento, pari al 21,7 per cento. Complessivamente il 2012 chiude con un volume di consumi di 25,6 milioni di tonnellate (meno 22,1 per cento rispetto dal 2011). Per il 2013 non si prevedono miglioramenti significativi, in linea con la situazione di stallo che sta interessando il settore delle costruzioni. Per il primo trimestre del 2013 si stima una variazione tendenziale negativa dei consumi di cemento di circa il 15,8 per cento. Non è un caso nemmeno il fatto che la produzione di cemento in Italia dal 2009 al 2012 è passata da 36 milioni a 26 milioni di tonnellate. A fronte di questi dati il potenziamento dei cementifici che potrebbero essere utilizzati come inceneritori di CSS porterà ad un aumento della produzione interna di cemento.
  È chiaro quindi che alla base di tutto c’è solo un interesse di tipo speculativo, che è ancora più evidente se consideriamo le conseguenze dovute al contenuto dell'articolo 5 del «decreto del fare», con il quale si premia questo tipo di smaltimento di rifiuti mediante la concessione dei contributi versati attraverso il sistema del CIP6. Si è messo in moto un piano che sembra essere stato studiato a tavolino e che viene svelato un poco alla volta, nel tentativo di non fare troppo clamore.
  Il primo passo è stato quello di permettere la produzione dei famosi CSS attraverso un restyling dell'acronimo: non più CDR, ossia combustibile da rifiuto, ma combustibile solido secondario, CSS, la cui certificazione di qualità e conformità alle norme ISA è demandata ad un'autocertificazione delle aziende che li producono, un'autocertificazione che oltretutto non tiene conto della provenienza del rifiuto poi trasformato né di eventuale presenza di sostanze radioattive. Occorre porre l'attenzione sul fatto che il CSS potrà provenire da tutta la comunità europea, compresa Polonia e Turchia, e ce lo ritroveremo nel cemento che andrà a costruire le nostre case e le nostre scuole.
  Il secondo passo è stato quello di consentire l'utilizzo dei CSS nei cementifici, dove la produzione del cemento diventa un'attività secondaria a favore del mero smaltimento dei rifiuti.
  Il terzo ed ultimo salto di qualità del progetto è stato concedere contributi a questo processo mediante il sistema del CIP6.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 15,55).

  PATRIZIA TERZONI. La nostra mozione come al solito nasce dalle esigenze dei territori, dalle preoccupazioni espresse dai numerosi comitati nati spontaneamente laddove si sta palesando la trasformazione di cementifici in inceneritori. Sono cittadini preoccupati per la salute dei propri figli, imprenditori agricoli in ansia per le sorti della propria attività. Noi siamo andati da questi comitati e li abbiamo accompagnati durante gli incontri con i rappresentanti delle regioni. In queste occasioni abbiamo assistito alla riproposizione del ricatto in pieno stile Ilva, dove sui piatti della bilancia si contrappone il lavoro alla salute. Ci piacerebbe sapere come sia possibile parlare di tutela dei livelli occupazionali, sapendo poi di Pag. 58mandare gli operai a lavorare in un ambiente dannoso per la loro stessa salute.
  Vorremmo infatti in questa sede smentire uno dei dati riportati nella mozione Borghi, dove si sostiene che l'uso dei CSS aiuterebbe a diminuire le emissioni di sostanze nocive rispetto all'utilizzo dei combustibili fossili: ebbene, riporto qui un esempio concreto per parlare di cifre e non di teoria. Voglio parlarvi del cementificio SACE di Castelraimondo e Gagliole presente nella mia regione, le Marche, nel quale il nuovo piano dei rifiuti prevede di bruciare tutto il CSS prodotto sull'intero territorio regionale. Per poter far questo, trattandosi di una co-combustione, ripeto co-combustione, ossia combustione contemporanea di CSS e di combustibili fossili, sarà necessario aumentare l'uso del pet-coke del 118 per cento, passando da 45.000 tonnellate anno a 100.000 tonnellate anno ! Come si fa a sostenere che le emissioni nocive diminuiranno ? Come si fa a giocare così con i numeri, parlando in maniera astratta di valori parziali ?
  Parlate dell'Europa..., beh vi informiamo che l'Italia è un caso particolare, visto che abbiamo il maggior numero di cementifici e vi informiamo anche che la qualità dei CSS degli altri Paesi è ben diversa, in quanto nel nord Europa utilizzano soprattutto materiale legnoso.
  Parlate di situazione emergenziale dei rifiuti che rende necessario questo sistema di smaltimento. Di chi è la colpa di questa situazione emergenziale ?
  Allora parliamo di tempistiche. La riconversione delle strutture esistenti richiederà anni e l'uso dei CSS è previsto non prima del 2018. È emergenza questa ? E nel frattempo cosa facciamo, visto che niente si sta muovendo sul fronte della diminuzione dei rifiuti, del loro riutilizzo e riciclo ? Le altre risoluzioni parlano dei CSS nei cementifici – ho finito – come l'unica soluzione possibile. Noi sappiamo che non è vero. Noi sappiamo che è l'unica soluzione utile ad accontentare le lobby del cemento, in barba alla salute dei cittadini, e a ripulirvi la coscienza per non aver saputo risolvere il problema dei rifiuti in tutti questi anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che esprimerà anche il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, prima di esprimere il parere consentitemi di fare una piccola relazione su questa tematica, molto discussa e molto combattuta, ma che ha bisogno di fondamenti scientifici per essere affrontata.
  La produzione e l'utilizzo del CSS si colloca nel complesso di interventi di politica ambientale, energetica e industriale di cui l'Italia necessita al fine di assolvere gli impegni europei e internazionali in materia ambientale ed energetica. In tal senso, la produzione e l'utilizzo del CSS combustibile offre un significato potenziale. Il crescente prezzo del petrolio e di altri combustibili primari, per esempio il coke di petrolio e il carbon fossile, sintomo di un'incipiente scarsità aggravata da un generale contesto di crisi economica, rende urgente la ricerca di fonti energetiche alternative. L'Italia è uno dei Paesi industrializzati maggiormente dipendenti da importazioni dall'estero di fonti di energia. Ciò determina cronici squilibri della bilancia dei pagamenti. Considerazioni di carattere strategico impongono, inoltre, di garantire la massima diversificazione del mix energetico, la riduzione della dipendenza dalle fonti fossili e una maggiore sicurezza e stabilità degli approvvigionamenti.
  Considerando lo scenario è, quindi, necessario promuovere, non soltanto lo sviluppo delle fonti rinnovabili, ma anche Pag. 59l'utilizzo di combustibili alternativi, con particolare riguardo a quelli prodotti da rifiuti, in particolare i combustibili solidi secondari, CSS, come meglio definiti dall'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo n. 152 del 2006, la cui valorizzazione in determinati comparti industriali (cementifici e centrali termoelettriche) consente di trasformare un problema in una risorsa per un settore produttivo e per la collettività. Alcune tipologie di combustibili solidi secondari CSS presentano qualità merceologiche tali da giustificare sotto profili normativi il loro inquadramento come un autentico prodotto combustibile. L'utilizzo di combustibili alternativi, con particolare riguardo ai combustibili solidi secondari prodotti da rifiuti, è anche particolarmente indicato sotto profili di politica industriale. Il crescente utilizzo di combustibili basati sulla biomassa vergine desta anche preoccupazione sotto il profilo economico in quanto provoca distorsioni nel mercato dei prodotti alimentari (cereali, mais, eccetera) e di alcune importanti produzioni industriali nazionali (carta, mobili, eccetera), contribuendo a ridurre la dipendenza da combustibili importati e a favorire il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla direttiva 2009/28/CE.
  In aggiunta alle sfide derivanti dalle tematiche sopra delineate, l'Italia si trova inoltre a dover affrontare alcuni problemi prettamente nazionali legati alla gestione di rifiuti. La quantità di rifiuti costituisce un problema ambientale e territoriale comune a tutti i Paesi industrializzati, ma con connotati più gravi per l'Italia e in particolare per alcune aree del nostro Paese che fanno ancora ampio ricorso allo smaltimento in discariche, di cui molte tra l'altro in via di esaurimento. La prassi dello smaltimento in discarica rappresenta non soltanto un potenziale rischio ambientale, ma anche un enorme spreco di risorse, di materiali e di energia, quali sono i materiali che possono essere ottenuti, previa effettuazione di recupero, dai rifiuti. Sebbene l'esportazione dei rifiuti praticata da alcune regioni italiane verso altri Stati membri contribuisca a risolvere nell'immediato le gravi emergenze in corso, si tratta di pratica insostenibile nel lungo periodo, sia in considerazione dei costi ambientali ed economici del trasporto e del trattamento, sia in ragione delle perdite economiche nette derivanti dal mancato sfruttamento dei materiali e delle risorse energetiche contenuti nei rifiuti spediti a titolo oneroso all'estero. Sotto questo profilo occorre urgentemente pianificare e realizzare in Italia alternative valide, mirando a conseguire l'autosufficienza a livello nazionale.
  Nel contesto energetico, ambientale e industriale sopra descritto, il DM n. 22 del 2013 offre un importante contributo alla soluzione delle evidenziate problematiche. Coerentemente con i dettami dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, stabilisce regole affinché la produzione e l'utilizzo di determinate tipologie di combustibili solidi secondari avvengano nel più rigoroso rispetto degli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana. Il DM n. 22 del 2013 ha istituito una specifica disciplina giuridica per regolamentare la produzione e l'utilizzo del combustibile solido secondario in alcuni impianti industriali prescelti che, per le garanzie fornite in campo ambientale e tecnico, sono particolarmente idonei a questo fine. L'utilizzo di combustibili alternativi in cementifici è pratica comune e diffusa in ambito europeo, in particolare in Paesi membri con elevate percentuali di raccolta differenziata ed in testa alla classifica europea dei Paesi virtuosi per la gestione dei rifiuti.
  Appare, pertanto, semplicistico e comunque non corretto tecnicamente identificarlo con l'incenerimento, trattandosi di processi industriali assolutamente distinti e con notevoli specificità. Inoltre, si ricorda che l'utilizzo di combustibili solidi secondari in cementifici è riconosciuto, attraverso una recentissima decisione normativa (decisione della Commissione europea del 26 marzo 2013), a livello europeo Pag. 60come una delle cosiddette migliori tecniche disponibili (MTD o best available technique).
  Dagli ultimi dati disponibili del 2010, la media europea di sostituzione di combustibili tradizionali con combustibili alternativi si attesta al 30 per cento superando in alcuni Stati anche il 60 per cento. La Germania, ad esempio, è arrivata a percentuali di sostituzione termica nei propri forni da cemento pari al 61 per cento, l'Austria al 50 per cento, la Francia al 27 per cento, l'Olanda al 98 per cento, la Polonia al 45 per cento. L'Italia è ferma al 10 per cento. A livello di singolo impianto esistono oggi in Europa cementerie che hanno raggiunto un livello pari al 100 per cento, sostituendo integralmente i combustibili fossili con i combustibili alternativi. Le cementerie italiane potrebbero realizzare percentuali di sostituzione simili o superiori a quelle degli altri Paesi, in tutta sicurezza. Dall'attuale 10 per cento di sostituzione termica, le cementerie italiane sarebbero tecnologicamente in grado già oggi di arrivare al livello del 50 per cento, valore almeno confrontabile a quello del tasso di sostituzione raggiunto in Germania.
  Pertanto, premesso che l'utilizzo del CSS-Combustibile conforme alle caratteristiche del decreto ministeriale n. 22 del 2013 non rappresenta affatto una forma di incenerimento di rifiuti, bensì l'utilizzo di un autentico prodotto classificato combustibile, a sua volta ottenuto da un processo di recupero di materia, il decreto ministeriale n. 22 del 2013 è volto, a far sì che nel loro insieme la produzione e l'utilizzo di determinate tipologie di combustibili solidi secondari avvengano nel più rigoroso rispetto degli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana.
  Sin qui quanto in premessa per inquadrare la materia. Passiamo adesso ai pareri che sono coerenti con quanto appena descritto. Il Governo esprime parere contrario sulle mozioni Busto ed altri n. 1-00030; Zan ed altri n. 1-00188; Grimoldi ed altri n. 1-00189; mentre il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bruno. Ne ha facoltà.

  FRANCO BRUNO. Signor Presidente, in qualche modo capisco, comprendo l'impianto che è alla base di alcune delle mozioni presentate: in fondo l'idea di contrastare la cultura dell’ «usa e getta», questo mercato unico che entra nelle nostre vite e ne fa quello che vuole, contrastare questo mondo che si vuole costruire come un mondo a «taglia unica». Non capisco che cosa ci sta dietro certi impianti, che cosa ci sta dietro alcune affermazioni, cosa ci sta dietro alcune impostazioni politiche, se volete, senza arrivare alla «decrescita felice» ma, in qualche modo, so che appartiene anche alle nostre tradizioni, alle nostre radici la cultura del riuso, del riciclo, del riutilizzo, appartiene alle nostre famiglie, appartiene alla parte migliore di quella cultura contadina sul quale il nostro Paese si è formato per un determinato periodo storico.
  E dietro la cultura del riciclo e del riuso è presente anche un aspetto di modernità, anche un pezzo di green economy, filiere, industrie, laboratori. Quindi c’è da poter in qualche modo conciliare tali questioni con il diritto alla salute che molte mozioni mettono al centro della discussione di quest'oggi. Non condivido la logica della lotta tout court demagogica, ideologica ai cementifici. Alla fine i cementifici sono un pezzo della nostra produzione industriale che si sposa con la produzione industriale del cemento, con quella dell'acciaio, con quella dei macchinari, con quella delle piastrelle, con quella delle vernici, con quelle delle migliaia di fabbriche dove hanno lavorato i nostri ingegneri e i nostri geometri, ma anche i nostri operai e i nostri manovali.Pag. 61
  Parliamo di un Paese alla cui crescita ha contribuito anche l'impresa del cemento. È logico che la crisi non è legata semplicemente all'energia. La crisi dei cementifici fa parte della crisi più complessiva che vive il nostro Paese. Attenzione, lo dico a chi sta attento di più alle questioni ambientali.
  Se dovesse ripartire in qualche modo il mercato, si capisce già cosa succederà a società che, per esempio, hanno chiuso nove impianti su diciassette (il campione che abbiamo nel nostro Paese è Italcementi che fa questo tipo di operazione): andranno delocalizzando queste imprese e andranno delocalizzando in territori, in aree geografiche, in cui le restrizioni da un punto di vista ambientale gli consentiranno di fare meglio il proprio lavoro secondo il loro punto di vista, rispetto a quello che gli consentirebbe il nostro Paese.
  Quindi, da un punto di vista ambientale, strettamente di bilancio ambientale, non è facendo una guerra ideologica contro questi impianti che si costruisce una prospettiva; impianti che sono in crisi, che non riguardano solo il Sud. Io, per esempio, sto seguendo da vicino la vicenda di Vibo Valentia, di un cementificio di Vibo Valentia, dove ha chiuso il Pignone, situazione che si innesta su una crisi industriale più complessiva: un intero sistema industriale, un'intera cultura del lavoro che, spesso, ha fatto da argine alla criminalità organizzata, vengono travolti da questa crisi. Ma non riguarda solo il Sud. Lo dico agli amici della Lega Nord: guardate che, nel Veneto, Zaia si lamenta di questa questione; lo dico agli amici di SEL: non è vero, in Puglia, la cogenerazione è praticata da tempo, non è affrontando tout court la vicenda, tutto bianco o tutto nero, che noi possiamo pensare che risolverla.
  Io mi sarei più aspettato che ci fosse in qualche mozione un richiamo per dire: le risorse che si riescono a ottenere in più proviamo a destinarle complessivamente alla raccolta differenziata, al riciclo, al riuso, ma anche se questo pezzo non c’è, io sono convinto che l'impostazione che ha dato il Governo sia quella giusta e, dunque, voterò come il sottosegretario ci ha indicato.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti del Liceo scientifico «Rinaldo D'Aquino» di Montella, in provincia di Avellino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taglialatela, ma non è presente. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, non ho capito perché il Governo ha dato questo parere su alcune mozioni, perché, come ho detto in precedenza durante l'illustrazione, noi siamo favorevoli all'impostazione di massima, praticamente, di tutte le mozioni, di mettere in modo prioritario al centro la salute dei cittadini. Prendo atto che il Governo ha dato parere contrario alla mozione della Lega Nord, il cui unico elemento aggiuntivo è quello di cercare di indirizzare questi CSS derivanti dai rifiuti, allo smaltimento e all'utilizzazione in impianti relativamente vicini, ove questi vengono prodotti. Tradotto in parole povere, al Nord ci siamo un po’ rotti di ricevere i rifiuti di Napoli in cambio, magari, di finanziamenti continui che le regioni del Nord danno a Napoli e alla Campania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Se il Governo vuole, invece, mantenere questa posizione per cui la non raccolta differenziata fatta nelle regioni meridionali dobbiamo beccarcela noi, evidentemente, non siamo molto d'accordo.
  Detto questo, poi, io capisco che ci sono anche personaggi del MoVimento 5 Stelle che parlano alle mie spalle e che sono un po’ arrabbiati: evidentemente, loro non fanno la raccolta differenziata a casa loro e se la prendono con me che, invece, continuo a rimarcare che ci sono realtà e realtà.

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

Pag. 62

  PAOLO GRIMOLDI. Sì, Presidente, se lei, invece, mi evita le mosche...

  PRESIDENTE. Lasciamo parlare.

  PAOLO GRIMOLDI. ... sento il ronzio dietro. Detto questo, se il sottosegretario ci spiegasse quanto meno i motivi, altrimenti, ci troviamo davanti al paradosso che le regioni come sempre un momentino più virtuose e meritocratiche, vengono sempre penalizzate. A questo punto, ci domandiamo: a che pro rispettare sempre le regole, essere zelanti, avere senso civico e far funzionare le cose, se poi i premiati sono sempre quelli che fanno i furbi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante dal Governo, devo dire che il dibattito di oggi sulla vicenda dei combustibili solidi secondari è stato un dibattito interessante: molte cose sono state dette condivisibili, altre molto meno.
  La cosa meno condivisibile che è stata detta in quest'Aula è stata detta, ahimè, proprio dal Governo nelle sue dichiarazioni finali. Nel momento in cui il Governo dice che i rifiuti, i combustibili solidi secondari sono una fonte energetica alternativa e fanno parte del mix energetico necessario al nostro Paese, fa un'affermazione assolutamente grave, un'affermazione non in linea con le direttive comunitarie e un'affermazione che non è in linea, neanche, con la legislazione vigente del nostro Paese. Infatti, voglio ricordare che in Europa tutte le direttive in merito alla materia dei rifiuti ricordano che la combustione di rifiuti è soltanto l'ultimo atto, la soluzione finale che viene indicata, appunto, per lo smaltimento dei rifiuti. Ci sono molte cose che vanno fatte prima di arrivare alla combustione e comunque non può esistere, non può essere una soluzione il fatto di pensare che i rifiuti siano parte del mix energetico del nostro Paese. Questa è una forma di arretramento, prima che politico, culturale di questo Governo e penso che il sottosegretario e il Ministro Orlando farebbero bene a fare una riflessione su questo punto perché, se le cose fossero così come ci ha detto oggi il sottosegretario, davvero la situazione nel nostro Paese sarebbe ancora più grave di quella che è. Ed è una situazione grave la nostra, perché cambiare il nome alle cose non ne modifica il carattere, rinominare la realtà non modifica la realtà stessa. Bisogna dire che questo, nel nostro Paese, è un vezzo che viene da lontano; basta ricordare quello che è successo anni fa con il CIP 6 che ha trasformato i fondi per le fonti energetiche assimilate a fonti rinnovabili regalando miliardi e miliardi di euro, non a chi faceva davvero investimenti sulle fonti rinnovabili, sulle energie rinnovabili, ma a chi, invece, bruciava rifiuti o bruciava rifiuti da petrolio facendo ricchi un certo numero di imprenditori del nostro Paese, al Paese ben noti.
  Questa trasformazione della realtà attraverso una nuova denominazione accade di nuovo oggi; non basta dire che i combustibili solidi secondari perdono la qualifica di rifiuto e diventano un prodotto per convincere i nostri cittadini che quello non è più un rifiuto; continua ad essere rifiuto. I combustibili solidi secondari vengono tratti dai rifiuti e questo è il primo grande problema, la grande finzione di cui è stato artefice il precedente Governo, e mi sembra che questo nuovo Governo voglia continuare su questa strada. Dopodiché, non soddisfatti di questa modificazione della qualifica, addirittura si decide di utilizzare questo combustibile all'interno dei cementifici.
  Allora, su questo punto ci sono quattro criticità che voglio elencare; sono già state dette dai miei colleghi precedentemente, ma io le voglio ricordare. La vicenda delle emissioni: i dati scientifici ci dicono, in modo inconfutabile, che c’è una variazione delle emissioni di diossina e metalli pesanti nel bruciare i combustibili da rifiuto all'interno dei cementifici. La questione della difesa della salute, che resta ed è la Pag. 63questione fondamentale che dovrebbe guidare le politiche di un Governo attento ai diritti dei cittadini: è scientificamente provato che bruciare i rifiuti causa danni alla salute. Ci sono indagini epidemiologiche nelle zone limitrofe ai termocombustori e anche limitrofe ai cementifici che lo stanno a dimostrare.
  Dopodiché c’è un punto fondamentale: il Governo ci deve dire se punta sulla raccolta differenziata sul serio o se invece la raccolta differenziata viene soltanto sbandierata nei convegni ai quali tutti quanti partecipiamo, ma che in realtà è soltanto una finzione perché noi vogliamo trasformare i rifiuti per inserirli nel mix energetico.
  Se è così capisco che la raccolta differenziata non interessa a questo Governo. È del tutto evidente che se si producono i combustibili solidi secondari da rifiuti è necessario avere la materia prima, cioè i rifiuti; se si fa la raccolta differenziata, diminuisce la quantità di combustibile da rifiuto prodotto e quindi l'incremento della raccolta differenziata fa venire meno la quantità di combustibili. Viceversa, se si vogliono utilizzare questi combustibili, è necessario eliminare o ridurre la raccolta differenziata. Quindi facendo questa scelta voi state dando una mazzata finale alla raccolta differenziata nel nostro Paese, che già si trova in crisi. Capisco che c’è anche un grande business dietro, perché i proprietari dei cementifici, 58 cementifici italiani, che ad oggi devono pagare per comprare il combustibile da mettere nei loro forni, fanno un grande affare con il fatto che invece prenderanno soldi per smaltire il combustibile da rifiuto rinominato «combustibili solidi secondari».
  È ben diverso tirare fuori qualcosa come 40-50 euro a tonnellata per il combustibile e invece incassarne quasi 100, bruciando il combustibile da rifiuto denominato nuovamente «combustibili solidi secondari». Quindi per l'ennesima volta in questo Paese stiamo regalando miliardi di euro dei cittadini agli imprenditori, ai soliti imprenditori, così come è accaduto col CIP6 e così come continuerà ad accadere in questa situazione. Non si tiene da conto l'aria che respiriamo, non si tiene da conto la salute dei cittadini che abitano vicino a questi cementifici, che invece di essere peggiorati attraverso l'utilizzo del CSS dovrebbero essere oggetto di un grande piano di risanamento, ancora una volta, per tutelare la qualità dell'aria e per tutelare la salute dei cittadini.
  Si uccide definitivamente la raccolta differenziata, si fa l'ennesimo regalo all'ennesimo business, e questo ci viene spacciato anche come una politica sostenibile e ambientalmente corretta. Francamente, io devo dire che da questo Governo non è che mi aspettassi la soluzione ai problemi dei rifiuti, ma un pizzichetto di immaginazione in più me lo sarei aspettato, invece non soltanto continuiamo con le vecchie politiche, ma addirittura andiamo indietro rispetto alle conquiste che il movimento ambientalista e i cittadini in questi anni hanno fatto.
  Per questo noi non voteremo la mozione che il Governo sostiene e invece sosterremo la nostra mozione, e invitiamo i colleghi deputati e le colleghe deputate a sostenerla con convinzione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, Scelta Civica dichiara il proprio voto favorevole alla mozione che ha già avuto il parere favorevole del Governo, la n. 1-00193, perché riteniamo sia importante che si affronti in maniera concreta e determinante questo regime transitorio che spinge all'utilizzo del combustibile solido secondario per la produzione di energia, tenendo conto che il combustibile solido secondario dal codice dell'ambiente viene individuato come un prodotto, come si diceva prima, a seguito di un trattamento specifico che non riguarda solo la differenziazione del materiale quando viene trattato in via preliminare, ma anche in via di processo di trattamento, Pag. 64perché diventi effettivamente un prodotto capace di non arrecare danno e soprattutto perché la normativa in vigore stabilisce dei criteri molto restrittivi nelle richieste che vengono fatte agli impianti che devono ricevere questo materiale ai fini della produzione di energia e, come si dice nella mozione stessa, questi impianti sono sottoposti alle rigide regole dell'AIA e quindi tutto questo percorso avviene all'interno di normative europee codificate e di parametri estremamente restrittivi che ci consentono di far diventare questo, che in origine era un rifiuto, un prodotto e una risorsa effettiva per risolvere un problema del Paese che è quello sicuramente della produzione di energia.
  Noi non possiamo non considerare che il nostro Paese ha difficoltà nel reperire le energie utili e indispensabili per il settore industriale e per la produzione industriale, noi abbiamo un mondo industriale che si lamenta del costo dell'energia che rende le nostre imprese assolutamente poco competitive sui mercati e quindi quando riusciamo, con un intervento legislativo, a risolvere da una parte il problema della gestione dei rifiuti e dall'altra a creare delle opportunità per ridurre il costo dell'energia, credo che sia importante che ognuno di noi accolga favorevolmente questo passo avanti che il nostro Paese fa verso una gestione intelligente e razionale di quelli che oggi sono dei rifiuti ma che potrebbero essere delle risorse.
  Noi non dobbiamo dimenticare che, nel 2010, il nostro Paese ha portato in discarica ben 17,5 milioni di tonnellate e tutti sappiamo il rischio ambientale costituito dalle discariche in via permanente per decenni nel sottosuolo. Quando ci sono degli studi, fatti anche dal Politecnico della mia città, che è il Politecnico di Bari, che stabiliscono che, alle condizioni stabilite dalla legge, questi rifiuti portati all'incenerimento producono meno diossina, meno furani e meno elementi combustibili dannosi per l'ambiente rispetto a quelli del petrolio, credo che siamo doverosamente chiamati a salutare questa situazione come una situazione sicuramente positiva.
  In questo, verifico anche una positività nel rispetto di quella gerarchia stabilita dalla direttiva europea n. 98 del 2008, che stabilisce dei processi di priorità sui quali il nostro Paese si dovrebbe muovere e su cui, con fatica, si sta muovendo, ossia la prevenzione nel consumo e nella produzione di rifiuti, la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti e, quindi, in questa mozione c’è questo aspetto perché noi prepariamo questi rifiuti affinché siano riutilizzati per produrre energia, quindi rispondiamo ad un parametro europeo: c’è il riciclaggio e c’è il recupero ai fini dell'energia, che è un altro punto stabilito dalla direttiva europea, e quindi evitiamo lo smaltimento in discarica, o il paradosso, che abbiamo in molte realtà dei nostri comuni, che non sono solo al Sud, ma sono anche al Nord e in tutta l'Italia, per cui facciamo la raccolta differenziata e poi portiamo i rifiuti tutti comunemente in discarica. Queste sono situazioni vere nel nostro Paese e quindi, se riusciamo ad utilizzare questi rifiuti e ad eliminarli dal processo dell'eliminazione tradizionale attraverso la produzione di energia, credo che per il nostro Paese sia un passo avanti nella direzione europea stabilita dal precedente Ministro e confermata dall'attuale Governo. Credo che sia importante per Scelta Civica ribadire questo aspetto, per aver visto in anticipo, con il precedente Governo, questa che è una linea europea sulla quale dobbiamo puntare decisamente.
  Sono assolutamente favorevole a questo processo, anche perché non credo che la raccolta differenziata possa essere penalizzata da questo processo di utilizzo nella combustione dei rifiuti solidi urbani, proprio perché, avendo un obiettivo economico preciso, si può orientare la raccolta differenziata e renderla più efficiente e più efficace, nei processi, nei metodi e nella motivazione che ci deve essere a produrre forme alternative di energia, per un Paese che – torno a dirlo – ha difficoltà economiche, che siano competitive sui mercati, mentre oggi si paga molto il costo dell'energia per scelte fatte nel passato.Pag. 65
  Quindi – lo ribadisco – Scelta Civica, in continuità con quello che ha stabilito il precedente Governo, aderendo a quello che è il parere espresso dal Governo attuale, esprime la dichiarazione di voto favorevole sulla mozione in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, le istanze ambientaliste hanno certamente avuto il grande merito storico di creare nelle persone una sensibilità al rispetto della qualità ambientale, senza la quale oggi vivremmo in un modo certamente più inquinato e peggiore di quello che è, ma le vere istanze ambientaliste hanno sempre messo al centro la sostenibilità dello sviluppo, non la negazione a priori, quella cultura del non fare che tanto è costata e tanto costa ancora oggi al nostro Paese. La qualità dell'ambiente viene tutelata là dove c’è sviluppo, non dove lo sviluppo non c’è, e sviluppo sostenibile implica la conciliazione tra diverse esigenze, le esigenze dell'economia, della salute, dell'ambiente e del lavoro.
  La discussione di oggi è ampia e ha purtroppo evidenziato, a mio parere, posizioni che, ancora una volta, sostituiscono a una vera preoccupazione ambientale, una facile demagogia. Il caso del CSS, da questo punto di vista, è emblematico. Io non starò a riprendere gli aspetti tecnici che sono stati ampiamente evidenziati nella discussione generale e ripresi anche nell'ampio intervento del sottosegretario Cirillo, che ringrazio. È già stato detto che si tratta di una tecnologia largamente impiegata a livello internazionale, che non è alternativa alla raccolta differenziata, anzi si sviluppa in sinergia con essa. È stato spiegato adeguatamente che il CSS non è una forma di smaltimento dei rifiuti, ma è un processo industriale distinto e specifico. È noto – ed è stato detto – che il CSS è stato individuato a livello dell'Unione europea, come BAT, come migliore tecnica disponibile.
  Ed è evidente che il suo utilizzo avviene in impianti che devono essere dotati, a loro volta, delle migliori attrezzature e tecnologie contro l'inquinamento. È stato richiamato anche che a livello europeo la media di sostituzione dei combustibili tradizionali con quelli alternativi è molto più alta che in Italia. Si è parlato di una media europea del 30 per cento, con punte del 60 contro il 10 per cento in Italia.
  Di fronte a tutte queste evidenze vengono opposte ragioni legate alla salute e alla tutela dell'ambiente, ragioni certamente da non sottovalutare, ma che non possono diventare bandiere ideologiche. Chi si oppone oggi al CSS ci deve spiegare come intende utilizzare quella frazione finale del ciclo di raccolta dei rifiuti che finisce naturalmente in discarica, perché non più recuperabile. Si invoca giustamente l'Unione europea per quanto riguarda le priorità riassunte nella gerarchia definita già dal 1998: prevenzione, riduzione, riuso, recupero anche energetico e, infine, smaltimento in discarica o nell'inceneritore, e su questo tutti siamo d'accordo. Ma, allora, come si spiega che il CSS sia classificato come BAT dalla stessa Unione europea, come abbiamo già detto prima ? Non si può invocare l'Europa quando fa comodo per dire «no» e ignorarla quando non fa comodo.
  Spiace, purtroppo, che non si riesca a uscire da queste contraddizioni che tanti danni hanno fatto nel nostro Paese. Il CSS in realtà può essere una risorsa importante, è emerso chiaramente dalla discussione, contribuendo a migliorare i bilanci energetici. Ci sono stime che parlano di 3,7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio l'anno che vengono lasciate nelle discariche, che equivalgono a un valore di oltre un miliardo di euro. Al tempo stesso, può essere una risorsa positiva in termini ambientali nel momento in cui il CSS sostituisce i combustibili fossili, come il carbone, con un combustibile a elevato contenuto di biomasse, contribuendo quindi Pag. 66anche al miglioramento del percorso di raggiungimento dei parametri contro i gas serra.
  È stato anche bene argomentato nella discussione come le preoccupazioni delle popolazioni debbano essere tenute in attenta considerazione. In tal senso, le raccomandazioni contenute nella mozione di maggioranza Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193 appaiono ampiamente rassicuranti. Ne richiamo alcune: il rispetto delle disposizioni comunitarie attraverso la costituzione del comitato di vigilanza e controllo; la definizione di linee guida che specifichino le tecnologie necessarie a garantire qualità e quantità delle emissioni; le informazioni alle popolazioni; l'effettuazione di un'adeguata comparazione sulle condizioni di utilizzo del CSS negli altri Paesi; infine, la programmazione da parte delle regioni dell'uso del CSS nei propri piani, per garantire la massimizzazione della raccolta differenziata e al tempo stesso di recupero di materia ed energia.
  Signor Presidente, occorrono oggi scelte rigorose, trasparenti e tecnicamente solide e motivate per uscire, una volta per tutte, da un approccio ideologico e per dare ai cittadini le necessarie rassicurazioni e al sistema economico il necessario supporto. Tutto ciò è molto chiaro nella mozione di maggioranza, che Il Popolo della Libertà quindi voterà.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, dopo che la Commissione ambiente si era espressa in senso negativo al decreto del Presidente della Repubblica e dopo il 14 febbraio, data del «decreto Clini», cosa è successo in merito alla richiesta, opportunamente fatta in Commissione, di avere dati ulteriori ? È successo che sono stati pubblicati alcuni studi, studi che parlano per esempio – e sono dati di studi scientifici, tra l'altro, citati dalle principali associazioni e non sono dati credo demagogici – di aumentato rischio di linfomi non Hodgkin nei residenti entro 3 chilometri da cementifici e inceneritori. Parlano di aumento della quantità di diossine negli ambienti domestici limitrofi ai cementifici.
  Chiederò poi agli stenografi di lasciare agli atti anche la bibliografia precisa. Per quanto riguarda gli studi, è stato citato, in particolare da Scelta Civica, lo studio di Genon G and Brizio, dell'università di Bari, che è scritto in inglese, per amor del cielo, però dice, appunto, che aumentano le diossine e i furani bruciando i rifiuti nei cementifici, rispetto a utilizzare i normali combustibili. Quindi, non ho capito bene di cosa parlasse il collega. La normativa, oltretutto, prevede controlli piuttosto rarefatti delle emissioni delle diossine da questi impianti. Forse ci sarebbe bisogno di un monitoraggio continuo, che nella vecchia normativa, nel «decreto Clini», si impone, per capire se davvero queste emissioni sono accettabili. Purtroppo abbiamo detto prima che anche quantità molto piccole di diossine possono essere pericolose per la salute umana. Sarebbe auspicabile una variazione della normativa vigente anche per i normali cementifici. Si è parlato, si è proposto, per esempio, un regime transitorio, ma come si fa ? Una volta costruiti gli impianti di produzione del CSS e una volta spesi circa 40 milioni di euro ad impianto credo sia difficile tornare indietro. Quindi, questo non credo sia fattibile.
  È giusto coniugare lo sviluppo con la salute. In effetti, apparecchiature di incenerimento producono una perdita netta e l'Unione europea ha sviluppato dei software che, per esempio, valutano l'esistenza e l'azione dell'inceneritore di Brescia come fonte di perdite per un milione e mezzo di euro l'anno, sommata alla morbilità, alla mortalità e allo spreco di materia. Quindi, sui dati governativi: o l'Unione europea è demagogica o forse il discorso del Premier Letta stamattina era un discorso demagogico. Secondo stime di Nomisma energia c’è un beneficio che potrà fare gola ai produttori di CSS: da dieci a trenta euro per tonnellata per il cementificio e ancora di più per i produttori Pag. 67di CSS. Chiaramente, come già detto da altri colleghi, il minor costo del CSS può spingere a andare in questa direzione, quindi a impedire l'arrivo a rifiuti zero. Ricordiamo, ad esempio, che i cementifici in aree già degradate e già critiche, come la Cementir di Taranto, hanno ricevuto 20 milioni di euro a fondo perduto per adattare i propri forni alla combustione di CSS; soldi pagati con le nostre tasse. Se si andasse avanti di questo passo sarebbero oltre un miliardo gli euro che dovremo spendere solo per incentivare a produrre macchinari per il CSS.
  Si dice che il pet coke inquina di più rispetto al carbone e al CSS ? Però in un'ottica di sistema, visto l'andamento del mercato e della necessità di minor cemento, forse si potrebbe pensare ad utilizzare altri combustibili nei cementifici. Nel bilancio globale di ambiente, salute e sviluppo ci sarebbe un risparmio. Non abbiamo un piano rifiuti, per ora, che agisca dalla progettazione della materia alla raccolta, al riciclo e allo smaltimento, e non abbiamo, tanto meno, un serio piano energetico. Le tecnologie per il recupero della materia però stanno provvedendo, bisognerebbe adattarsi a questi progressi. Addirittura si può recuperare materiale dalle discariche già esistenti. E noi siamo ancora qui a parlare di incenerimento ?
  I tecnici e le idee in Italia ci sono, ma la gente ormai ha persino paura a portare i propri contributi, e ringraziamo invece i tecnici e gli esperti che si sono avvicinati a noi; ci stanno portando le loro idee e i loro brevetti. Qui dentro discutiamo di preistoria, rispetto a quello che potremmo esprimere dal punto di vista tecnologico, ambientale e sociale. La gestione dei rifiuti in Italia deve essere liberata dalle lobby e dalla criminalità organizzata. Stiamo dando incentivi per i biogas da mais, da FORSU, per il biometano, per il CSS. I rifiuti non saranno più nelle strade, ma alla casa delle aste, nelle cassette di sicurezza, e il nostro bilancio dove finirà ? In Germania finisce in discarica meno dell'1 per cento della raccolta dei rifiuti. La raccolta differenziata è elevata, ma la filiera è tracciata, è molto precisa. La Germania è diversa da noi, hanno 7 mila impianti a biogas e biomasse; ma se avessero gli stessi nostri incentivi per il biogas sarebbero già peggio della Grecia, come situazione economica. Bisogna valutare la situazione nazionale per decidere un piano.
  Avete citato l'Olanda. In Olanda esiste un ufficio anticrack, che serve a calmierare i prezzi degli affitti. Se un appartamento rimaneva sfitto poteva essere occupato da chiunque; adesso si è cercato di dargli un affitto a prezzo calmierato. C’è una gestione del suolo molto diversa. In Olanda hanno tre regioni nei primi dieci posti della classifica europea di competitività. La nostra Lombardia è al centocinquantottesimo posto, per cui bisogna valutare davvero la situazione di ciò di cui si parla a livello europeo. In Italia abbiamo circa tre milioni di appartamenti sfitti. Bisogna rivedere la filiera e la produzione di cemento, perché se no davvero si fanno fallire gli imprenditori.
  L'incentivo fiscale del 65 per cento, introdotto dalla risoluzione in Commissione dal MoVimento 5 Stelle per riconvertire l'esistente, è una nostra idea. Quindi all'economia stiamo pensando davvero. Ricordo che negli Stati Uniti le diossine sono diminuite dappertutto ma non nei cementifici che utilizzano rifiuti. Il cemento a cosa serve,allora ? Il cemento può servire per la TAV, per costruire altri appartamenti e per consumare suolo. Con tutte queste combustioni, rifiuti nei cementifici, ecoballe di Giugliano da mettere nell'inceneritore, incenerimento delle potature degli sfalci, anche urbani, è davvero difficile non scongelarsi, magari verso il PD. Attenzione ad aprire finestre in cui imprese poco coraggiose si possono inserire.
  Quello che critichiamo è il fatto che in Commissione non abbiamo discusso di questo e si apre la strada in maniera forsennata alle combustioni e a principi davvero irrazionali. Bisogna che il Parlamento e il Governo regolino con precisione questi provvedimenti prima che passino alle regioni. Bisogna stare attenti perché, Pag. 68se si aprono finestre di questo tipo, partiti che hanno tante correnti potrebbero andarci a finire in mezzo. Quale corrente dovrebbe spingersi allo «scongelamento» ? Quella di Renzi, libero sindaco di Firenze, che si rivolse alla professoressa Gentilini di Medici per l'ambiente nel 2009 dandole della apprendista alchimista, perché stava spiegando importanti dati obiettivi in merito ai danni da inceneritori ? O quella di Bersani con la sua Emilia inondata di inceneritori o forse a quella del mancato Presidente della Repubblica Prodi, anche lui incinerator-friendly (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Il PD sta rischiando di diventare qualcosa di diverso da un partito e oggi lo sta dimostrando perché i dati parlano tutti chiaro, persino gli studi che avete citato voi. Non c’è più un modello gerarchico verticale, c’è un modello staccato dagli attivisti e dagli elettori. Questa estate, a una delle feste preparate con cura dai vostri attivisti ho sentito i commenti. Non ho mai sentito parlare così male della dirigenza del PD come in quella occasione. Ormai non riesco più a trovare un'unità di partito, al limite trovo quella di un movimento al contrario, un movimento «quattro spicchi», come gli spicchi di votazione in Parlamento a voi assegnati da questa legge elettorale. Potreste utilizzarli per migliorare l'Italia, invece li gestite in maniera, a mio parere, irrazionale. Un po’ di ironia ci vuole. Secondo Socrate l'ironia, insieme alla maieutica, aiuta a fare emergere il meglio dalle persone, per cui speriamo ancora che votiate per il verso giusto. La maieutica è l'arte della levatrice, che in Italia troppo spesso ha estratto bimbi con malformazioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi, le preciso che, avendo lei fatto riferimento alla possibilità di consegnare la bibliografia dell'intervento, non è possibile farlo, ma la Presidenza può autorizzare, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto di una parte dell'intervento, all'interno del quale lei può citare eventuali fonti e testi quanto crede.

  ALBERTO ZOLEZZI. Chiedo allora di consegnare il testo integrale dell'intervento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghi. Ne ha facoltà.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, prima del dibattito odierno pensavo di dover discutere oggi di una questione specifica, quale quella della mozione. Ho appreso invece che il collega Zolezzi intende iscriversi al dibattito precongressuale del nostro partito. Naturalmente non ci facciamo spaventare, anzi tutte le osservazioni sono benvenute. Lo vorrei però avvisare preventivamente perché noi usiamo ancora il vecchio vizio del voto, e non del tweet, per decidere le questioni democratiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quindi, se intende peritarsi sull'organizzazione democratica di altri, potrebbe magari cominciare a guardare in casa propria.
  Infatti, se guardasse in casa propria, potrebbe cogliere il limite della questione specifica che oggi viene portata all'attenzione, perché, ancora una volta, signor Presidente, onorevoli colleghi, noi affrontiamo una questione legata ai temi dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile, senza avere debitamente considerato l'esigenza di liberare il dibattito dai pregiudizi ideologici che, per troppi anni, hanno stagnato su questi aspetti e ci hanno consegnato un quadro di legislazione spesso confusa, farraginosa, all'interno della quale sono cresciute burocrazie, e non capacità di corrispondere alle esigenze della tutela e della salvaguardia ambientale.
  Così come occorrerebbe, dal nostro punto di vista, evitare i processi alle intenzioni, soprattutto quando tali processi hanno il carattere della sommarietà e del pregiudizio. Noi siamo dell'idea che occorra stare al merito, perché, se su questi Pag. 69temi, che oggi sono i cementifici, domani saranno gli inceneritori, dopodomani saranno le discariche, poi vi sarà – aspettiamo solo l'inverno – il dibattito sul PM10 nella Val Padana e sullo smog dell'auto, poi discuteremo delle biomasse forestali, e poi, naturalmente, della collocazione delle antenne telefoniche, in un Paese che ha 161 telefonini ogni 100 abitanti, ma nel quale nessuno vuole le antenne telefoniche sul proprio giardino di casa, se noi non riusciamo a stare nel merito delle questioni, rischiamo di consegnare alla politica un quadro dozzinale ed infantile, che non è in condizione di poter rispondere all'evoluzione di una società compiuta di un Paese moderno.
  Allora, per stare nel merito rispetto alla questione di cui discutiamo oggi, è stata sottaciuta, se non negli interventi dei colleghi di maggioranza che hanno qui sottolineato questi aspetti, la questione dirimente di cui noi oggi discutiamo, e cioè il fatto che noi non stiamo discutendo della combustione di rifiuti. Stiamo discutendo della possibilità di impiegare prodotti ai fini della combustione quando essi non sono più considerati rifiuto e quando sono usciti, previo un determinato processo di trattamento, dal ciclo dei rifiuti, in ottemperanza – udite, udite – della direttiva della tanto contestata e odiata Unione europea, che rende praticabile un percorso di questa natura.
  Del resto, signor Presidente, la stessa ARPA Puglia, per fare un esempio, che è stata spesso citata qui in occasione del dibattito sull'Ilva come uno dei punti di riferimento del dibattito ambientalista contemporaneo, ha sottolineato in propri atti ufficiali le esperienze positive di queste combustioni in merito alla diminuzione delle emissioni e ha riconosciuto che l'attività di coincenerimento comporta un rispetto dei limiti più restrittivi per le emissioni, soprattutto se confrontati a quelli che gli stessi impianti sono tenuti a rispettare.
  Se vogliamo anche prendere un altro punto di riferimento, credo universalmente accettato e riconosciuto nel comparto ambientalista, quale quello di Legambiente, proprio su questo tema, nei mesi scorsi, Legambiente aveva messo in guardia rispetto a quelli che – testuali parole – aveva definito «appelli inesatti e fuorvianti» e aveva sottolineato che questo tipo di percorso è in grado di contrastare la realizzazione di nuovi inceneritori.
  Rispetto a questi temi, bisognerebbe anche iniziare a dire che bruciare questo combustibile solido nei cementifici di per sé non peggiora le emissioni inquinanti; anzi, rende i cementifici più controllati, perché, quando i cementifici bruciano CSS, sono obbligati a monitorare alcuni inquinanti – quali, ad esempio, le diossine, che sono state richiamate – che, altrimenti, non sono obbligati a monitorare per legge, quando bruciano altre sostanze – chiamiamole pure altre schifezze – classificate come combustibili tradizionali.
  Sotto questo aspetto, quindi, bruciare un CSS in un cementificio è meglio che in un inceneritore sotto il profilo delle emissioni di CO2 in atmosfera, e quindi, conseguenza di questo ragionamento, ultimo e non ultimo, questo percorso può consentire di evitare la costruzione dei nuovi impianti di incenerimento.
  Bisogna infatti che ci mettiamo un po’ sul piano della praticità, perché non consentire uno smaltimento di questa natura, significa stabilire dove devono essere trattati questo tipo di prodotti. E allora se le discariche, giustamente, non le vogliamo, se gli inceneritori, giustamente, devono andare verso una logica di sempre maggiore contenimento, si tratta poi di capire come, in un quadro realistico e praticabile, sia possibile dare delle risposte rispetto a un percorso di questa natura. Una opzione, questa di cui stiamo discutendo, che non a caso è stata sempre osteggiata dalle aziende che costruiscono e gestiscono inceneritori perché si pone in una logica di evidente concorrenzialità.
  E del resto, signor Presidente, – lo ha citato prima il collega Carrescia nella sua illustrazione –, ma ci sarà pure un motivo per il quale in Germania siamo al 61 per cento di questi trattamenti e in Italia al 10 per cento ! Allora, se vogliamo davvero essere dentro un solco di carattere europeo, Pag. 70la nostra mozione non consente di liberare genericamente tout court il percorso a qualsivoglia genere di iniziative, ma chiede di avviare un processo che parte esattamente – lo dico alle colleghe e ai colleghi che prima hanno fatto riferimento agli interventi del Partito Democratico nella precedente legislatura – dalle sottolineature che erano state fatte rispetto anche all'arco temporale di conclusione di quella legislatura, perché questo consente di aprire anche un fascio di attenzione rispetto al quale il Governo sarà impegnato a relazionare al Parlamento e alle Commissioni competenti in rispetto alle prerogative che qui abbiamo sancito anche riguardo ai temi della salvaguardia della salute, degli assetti ambientali e della salubrità complessiva del contesto, in attenta comparazione – abbiamo voluto scrivere – con le discipline di altri Paesi europei.
  Non si capisce il motivo per il quale non sia normale introdurre nella pratica e nella legislazione italiana percorsi che da altre parti dell'Unione europea vengono ritenuti assolutamente assodati. Del resto, signor Presidente, e concludo, questo è un tema che evidentemente rimanda a un'impostazione di fondo rispetto alla quale noi non accettiamo, come dire, i richiami né al populismo, e neanche alle elezioni. Sappiamo che abbiamo un difetto come riformisti e rispetto a questo tema io vorrei utilizzare qui le parole di un riformista che non ha bisogno di presentazioni, come Federico Caffè, il quale ci ricordava che il riformista è ben consapevole di essere costantemente deriso da chi prospetta future palingenesi, soprattutto per il fatto che queste sono vaghe, dai contorni indefiniti e si riassumono in una formula, che non si sa bene cosa voglia dire, ma che ha il pregio di un magico effetto di richiamo. Se vogliamo evitare magici effetti di richiamo su materie così sensibili, che si dimostreranno poi peggiori medicine in futuro, crediamo di dover proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Passiamo adesso agli interventi a titolo personale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stefano Vignaroli. Ne ha facoltà, per un minuto.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che se Lavoisier fosse qui voterebbe sicuramente la nostra mozione. Che cosa fece lui nel 1700 ? Dimostrò a livello empirico che bruciando fosforo e zolfo la quantità di materia presente prima e dopo la combustione era praticamente la stessa e si disperdeva nell'aria. Questo significa che questi impianti, soprattutto gli inceneritori, e i cementifici, bruciando i rifiuti non risolvono il problema, ma disperdono la materia con l'aggravante delle combustioni – e quindi subentrano materiali e sostanze ancora più tossiche – sia in aria che in residui solidi. Questi residui con i cementifici li vogliamo addirittura mettere nel clinker del cemento, e quindi nelle nostre case, nei nostri muri e li lasciamo in eredità. Il problema poi principalmente è che questi impianti per funzionare hanno bisogno di essere alimentati con tanti rifiuti, con tanti rifiuti ad alto potere calorifico. E cosa c’è dentro questi tipi di materiale ? Materiali riciclabili. L'Europa ha detto chiaramente che dopo il 2020 non si potranno bruciare né materiali riciclabili né compostabili...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole.

  STEFANO VIGNAROLI. ...e noi con questi impianti, li vogliamo mettere invece... (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mirko Busto. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, io volevo sottolineare che il problema degli inceneritori non è l'inceneritore in sé, è la combustione e nel cementificio c’è esattamente Pag. 71la stessa cosa: combustione di rifiuti. Che poi si chiami incenerimento o co-combustione è sempre combustione, ovvero distruzione della materia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questa è la realtà scientifica.
  Dopodiché è divertente sentire dire che noi stiamo facendo un movimento ideologico quando abbiamo citato e abbiamo letto – mi dispiace che forse non abbiate sentito il mio intervento iniziale – esattamente le fonti di articoli scientifici che sono state citate da voi stessi. Le abbiamo rilette e vi abbiamo risposto perché le avete lette male (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Quindi, il concetto è questo: oggi voi votate di accendere 59 nuovi camini, camini dove si fa incenerimento o comunque si bruciano dei rifiuti, e la gente che vive attorno avrà possibilmente incremento di malattie tumorali, malattie dovute ai problemi alla salute che si creano. Quindi, voi vi prendete questa responsabilità in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO BRATTI. Io intanto volevo precisare sulle motivazioni perché la scorsa Commissione votò un parere negativo alla allora proposta del Ministro Clini. Intanto perché le Camere erano sciolte e abbiamo giudicato quella discussione una discussione che meritava approfondimento. In secondo luogo, dopo quella decisione è stato emanato un altro provvedimento legislativo, quindi il contesto è cambiato. In terzo luogo, nella nostra mozione abbiamo indicato quelle che sono tutte le perplessità che rimangono rispetto a questa scelta, che riteniamo meriti un ulteriore approfondimento e – come è stato detto – sarà nostra cura far presente al Governo – lo abbiamo fatto nella mozione ma lo faremo anche su altri provvedimenti – la richiesta di un approfondimento vero che sia in collegamento con quella che è la gestione del ciclo dei rifiuti. Per ultimo ricordo che una delle possibilità – il MoVimento 5 Stelle lo sa bene – per smaltire i 7 milioni di tonnellate di ecoballe campane è quella proprio di selezionare queste ecoballe, di trasformarle in combustibili solidi secondari per quello che si può e, invece che costruire un inceneritore, utilizzare i cementifici presenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, l'opposizione di Fratelli d'Italia sulle mozioni con le quali si vuole affrontare il tema della termovalorizzazione all'interno dei cementifici è chiara. Noi siamo consapevoli che in Italia per troppo tempo si è fatto finta che il rifiuto aveva bisogno di un trattamento e si è incentivata la politica delle discariche o quella della realizzazione in Campania – ne sono purtroppo ben cosciente – di immense colline di ecoballe. Abbiamo in Campania 6 milioni di tonnellate di ecoballe, che altro non è che una discarica mascherata attraverso involucri che coprono i rifiuti tal quale che sono stati impacchettati. E quei 6 milioni di ecoballe devono essere un monito per tutta la nazione. Fin quando non si avrà la capacità e il coraggio di intervenire attraverso un processo, che ovviamente deve essere controllato, ma che deve puntare anche alla distruzione dei rifiuti – e quindi non solo ovviamente attraverso la raccolta differenziata – noi assisteremo a una tragedia che si è trasformata in un avvelenamento dei nostri terreni. Quindi, io mi auguro che passino le mozioni che pongono regole ma che non determinano moratorie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Segoni. Ne ha facoltà.

  SAMUELE SEGONI. Signor Presidente, abbiamo appreso con stupore che non è possibile allegare una bibliografia ai nostri interventi. Certo la cosa è...

Pag. 72

  PRESIDENTE. Onorevole Segoni, è una prassi che dura da sessant'anni.

  SAMUELE SEGONI. Appunto, la cosa è abbastanza inusuale, ma forse è abbastanza normale, perché citare le fonti sarebbe una cosa pericolosa, si potrebbe capire chi è che ha l'approccio ideologico e chi è che ha l'approccio scientifico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Bene, allora alcuni esempi: Perspectives and limits for cement kilns as a destination for RDF di Genon e Brizio; Deziel et al., pubblicato in Science of total environment nel 2012; Roberts et al. in Environmental Health perspectives (scusate l'inglese approssimativo, ma sono un po’ arrugginito); Bertoldi et al., in Health effects for the population living near a cement plant: an epidemiological assessment. Insomma, abbiamo decine e decine di articoli che potremmo citare. Certo è che quindi in questo modo sarebbe chiaro chi è che ha l'approccio ideologico e chi ha l'approccio scientifico. Quindi io sono a rinfacciarvi il fatto che voi avete un approccio ideologico, anzi merceologico, perché in questa discussione è venuto fuori che cemento e rifiuti sono un business e voi non volete togliere le mani da questo business: continuate a riempirvi le tasche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Come ha visto, onorevole Segoni, è possibile citare le fonti, non si possono allegare bibliografie però.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, abbiamo assistito a degli interventi di persone evidentemente o disinformate o assolutamente in malafede: l'indirizzo europeo non dice che la direzione da prendere è quella dell'incenerimento, anzi la vieta a partire dal 2020. E chi ha un approccio assolutamente ideologico e non pragmatico sono proprio quelle persone che continuano, con una mentalità ottocentesca, a nascondere la polvere sotto il tappeto. Questa cosa è inaccettabile. Voi giocate con la salute delle persone e con la tutela dell'ambiente. Non è più accettabile una cosa di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

  RENZO CARELLA. Signor Presidente, io non ho un approccio ideologico rispetto a questi argomenti. Dico solo che questa mozione, certamente impedisce la costruzione di nuovi impianti di termovalorizzazione, ma certamente non esclude purtroppo la possibilità di concentrare in un solo luogo alcuni impianti. Quindi va inserita una norma che, laddove esistano già impianti di termovalorizzazione, preveda che non si possa sovrapporre l'utilizzo di combustibile solido derivante da rifiuti in una cementeria.
  Faccio un caso, perché è un caso che conosco, ma ci possono essere casi in Italia: a Colleferro, la tanto conosciuta valle del Sacco, con questa mozione, se diventasse domani norma di legge, noi andremmo ad autorizzare, a cento metri lineari dall'attuale termovalorizzatore, il cementificio dell'Italcementi ad utilizzare lo stesso combustibile. Trattandosi di concentrazione credo che questa sovrapposizione, non solo per motivi chimico-ambientali, ma anche per motivi psicologici, debba essere evitata (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, esiste una legge fisica che si chiama legge di conservazione della massa, che prende spunto da un postulato di Lavoisier, che dice che nulla si crea e nulla si distrugge. Voi siete convinti di distruggere i rifiuti, ma i rifiuti vengono solo trasformati in cenere e in nanoparticelle che noi – ma non solo noi, ma anche voi e i vostri figli Pag. 73– respiriamo e respirate e respirano per la precisione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma non solo: le nanoparticelle vengono trasmesse dalla madre al proprio feto, quindi le respira anche chi sta nella pancia della propria madre. È una cosa molto grave questa. Continuiamo ad andare verso l'incenerimento dei rifiuti, quando in realtà tutto si può trasformare in nuove risorse: ce lo dice l'Europa e noi invece continuiamo ad incenerire rifiuti. Questo non è assolutamente ammissibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colonnese. Ne ha facoltà, per un minuto.

  VEGA COLONNESE. Signor Presidente, ho sentito parlare di ecoballe. Noi campani siamo qui soprattutto perché veniamo da quella indignazione. Pensare di incenerire le ecoballe non solo è un danno ambientale, ma è anche un danno contro la salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È assurdo che si continui a parlare anche difendendo gli amministratori campani che hanno distrutto un territorio. Io ho assistito al processo Romiti. Voglio sottolineare che i colpevoli sono andati tutti prescritti. Nessuno è innocente.
  Io qui vedo una difesa a Bassolino, ma non solo. Ho visto che siede ed è mio collega anche l'ex presidente della provincia di Napoli. Io credo che dobbiamo farci un esame di coscienza e capire che incenerire rifiuti è soltanto l'ennesimo danno ad una popolazione che già sta morendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, due o tre volte ho sentito il termine termovalorizzatore e questa cosa mi infastidisce particolarmente perché quando si gioca con le parole si danno le fregature. Si chiamano inceneritori. Neanche in Europa si chiamano termovalorizzatori. L'unico modo per valorizzare un rifiuto è riciclarlo. Quindi, per favore, parliamo di cose con le parole giuste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ricordo, colleghi, che gli interventi a titolo personale, anche perché poi rischiamo di dar vita altrimenti ad un dibattito che diventa per forza di cose infinito, servono per differenziare la posizione del singolo deputato rispetto a quella del gruppo. Invito, quindi, tutti quanti, se ci sono posizioni di differenziazione o posizioni da esprimere, a non fare in modo che la discussione a titolo personale duri più delle dichiarazioni di voto o della discussione sulle linee generali.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, però capisce che a volte si sentono durante la discussione delle affermazioni alquanto assurde, come quelle pronunciate dal collega Borghi precedentemente in merito alle quali si può parlare di una sindrome di Nimby. Nel partito che rappresenta l'onorevole Borghi in qualche modo io vedo la sindrome di Nimby nel territorio. Lo stesso onorevole Borghi ha fatto un'opposizione con un'antenna di ripetizione delle frequenze telefoniche, per cui è inutile che sul territorio predichiamo in un modo e poi quando dobbiamo votare in un'altra maniera in Aula ci asteniamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Mi chiedo a questo punto: le parole degli ecodem, i famosi ecodemocratici, dove sono ? Quelli che fanno finta di opporsi agli inceneritori sui territori e poi obiettivamente quando c’è da votare questa mozione, cosa si fa ? Ci si tira indietro. Complimenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.

Pag. 74

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, noi l'inceneritore a Brescia ce l'abbiamo. Allora, l'inceneritore è inceneritore. Chiamare termovalorizzatore un inceneritore è come chiamare diversamente onesti i ladri. È lo stesso parallelismo. Se gli inceneritori, come sappiamo bene a Brescia, uccidono, vi dico una cosa semplice: voi siete degli assassini o meglio diversamente vittime (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, colgo il suo invito a differenziarmi da quelli che sono gli interventi...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, se lasciamo intervenire l'onorevole D'Ambrosio, grazie. Prego.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Colgo il suo invito a volermi differenziare da quelli che sono gli interventi dei colleghi ed effettivamente non voglio parlare di quella che è la distruzione dell'ambiente, di quelli che sono i pericoli per la salute, ma voglio parlare di una cosa che forse a questa maggioranza potrebbe interessare un pochettino di più ed è il lavoro. Ebbene, voglio ricordare ai colleghi, come diceva prima il mio collega Sorial, che a Brescia abbiamo quel famoso termovalorizzatore, il migliore del mondo, premiato dall'azienda stessa che l'ha costruito e, quindi, in un piccolo conflitto di interessi, che in qualche modo dà lavoro a circa ottanta persone. Io volevo ricordare a questa classe politica che tanto lamenta posti di lavoro, che tanto lamenta leggi di stabilità o piani per creare il lavoro, che se invece di aver creato quel termovalorizzatore, che in qualche modo sta uccidendo cittadini e bruciando, come facevano gli uomini cavernicoli, i rifiuti, avessimo creato un centro di riciclaggio, invece che ottantadue persone a lavorare, avremmo avuto tremila persone a riciclare e, quindi, un rifiuto che non diventava più un rifiuto ma una risorsa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E, quindi, per questo vi chiedo: almeno pensate a questo, perché forse a livello elettorale vi conviene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Alberti. Ne ha facoltà.

  FERDINANDO ALBERTI. Signor Presidente, è stata citata l'Unione europea e le diverse percentuali per quanto riguarda l'utilizzo dei CSS all'interno dei cementifici in Europa. C’è una piccola differenza. In Europa, nei Paesi europei, i CSS sono ancora considerati rifiuto e, quindi, sono soggetti alla tracciabilità, al controllo e a dei vincoli molto restrittivi.
  In Italia, invece, non si vuole trattarli come rifiuti ma come prodotto. Quindi, anche dando un suggerimento ai colleghi della Lega, le ecoballe di Napoli possono tranquillamente finire nei cementifici del Nord, tranquillamente, basta un piccolo trattamento meccanico di triturazione e finiscono nei nostri cementifici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite o non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Busto ed altri n. 1-00030, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 75

  Ruocco... Cassano... Galgano... quando venite chiamati la postazione dovrebbe sbloccarsi, quindi provi a schiacciare il pulsante... Garavini... Covello... Binetti... Ginoble....

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  480   
   Votanti  476   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 144    
    Hanno votato
no  332).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Zan ed altri n. 1-00188 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno... Piepoli... Malesani....
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  482   
   Votanti  386   
   Astenuti   96   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato
  52    
    Hanno votato
no  334).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grimoldi ed altri n. 1-00189, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Benamati... Latronico...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  485   
   Votanti  449   
   Astenuti   36   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
  16    
    Hanno votato
no  433).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno... Folino... Balduzzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  483   
   Votanti  477   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 351    
    Hanno votato
no  126).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,15).

(Rinvio in Commissione della proposta di legge n. 750-A)

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito della discussione della proposta di legge n. 750-A, recante disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
  Ha chiesto di intervenire, in qualità di relatore per la maggioranza, il deputato Nardella. Ne ha facoltà.

  DARIO NARDELLA. Signor Presidente, a seguito della discussione che si è già avviata la scorsa settimana sulla proposta di legge in esame, abbiamo registrato nei confronti successivi una serie di considerazioni ulteriori, che hanno costituito un passo in avanti su un tema molto complesso Pag. 76da un punto di vista tecnico, quale quello della disciplina degli orari e delle festività del commercio.
  Questo passo in avanti è consistito in una disponibilità delle forze della maggioranza di tornare ad esaminare nella Commissione competente – la X Commissione – il testo in oggetto e, in particolare, la bozza di testo unificato che era stata già presentata nel corso dell'esame nella Commissione stessa. In particolare, vi è una disponibilità a rafforzare quel testo, con un impegno concreto a introdurre misure effettive che comportino anche dei vincoli giuridici in materia di tutela dei lavoratori, di tutela dei consumatori, degli esercizi commerciali, in particolare della piccola impresa, e in generale, a tutela del principio della leale concorrenza.
  Dico questo, perché la volontà che come relatore per la maggioranza ho registrato e di cui sono portatore è quella di arrivare ad una serie di misure che il Parlamento possa condividere nella forma più larga possibile nell'interesse di tutti i soggetti coinvolti, in un ambito che riguarda i cittadini in tutte le diverse forme. Pertanto, rinnovo l'invito al relatore di minoranza a considerare questa disponibilità di riportare l'esame del testo in Commissione.

  PRESIDENTE. Onorevole Nardella, se ho ben capito, questa è una richiesta di rinvio in Commissione, non di procedere ad altra seduta.
  L'onorevole Dell'Orco intende prendere la parola in qualità di relatore di minoranza ?

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, abbiamo depositato ad aprile una proposta di legge per la tutela delle piccole e medie imprese, dei piccoli esercenti. La proposta di legge è stata scritta insieme ai comitati dei cittadini, insieme ai comitati dei lavoratori. Il nucleo della proposta è contro la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali attuata da Monti, che ha messo in ginocchio i piccoli esercenti, che hanno dovuto sostenere ulteriori costi per le aperture indiscriminate senza avere un aumento delle vendite, agevolando solamente la grande distribuzione e i grandi centri commerciali. Visto il parere negativo in merito alla nostra proposta di legge...

  PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole. Colleghi, cortesemente, facciamo parlare l'onorevole Dell'Orco, cercando di abbassare il tono della voce, grazie. Prego.

  MICHELE DELL'ORCO. Dicevo, in merito alla nostra proposta di legge, visto il parere negativo di PD, PdL, SEL e Scelta Civica, abbiamo fatto numerosi passi indietro in questi mesi.
  Abbiamo dichiarato in Commissione la disponibilità a rivedere diversi commi, diverse parti della nostra proposta di legge, a partire dal meccanismo di rotazione proposto. Noi abbiamo dichiarato di essere disponibili a modificare anche la parte riguardante le città turistiche e d'arte. Poi abbiamo, anche, presentato delle modifiche e quindi degli emendamenti alla nostra stessa proposta di legge, emendamenti che ricalcavano totalmente la proposta di iniziativa popolare organizzata da Confesercenti, ma non avete accettato neanche questi tentativi di mediazione. Volete, o almeno questa è la volontà che avete espresso fino adesso, mantenere in piedi le liberalizzazioni. Ora ci chiedete di evitare il voto, ci chiedete di riportare la discussione in Commissione per cercare un testo unificato. Con gioia abbiamo finalmente sentito, adesso, il relatore di maggioranza Nardella dichiararsi pronto ad inserire nel testo unificato norme giuridicamente vincolanti, ripeto quello che ha detto: norme giuridicamente vincolanti per tutelare le PMI, i lavoratori e i giorni di riposo. Quindi, noi accettiamo la riapertura del dialogo in Commissione e vi diamo un'altra possibilità, dopo oltre quattro mesi di discussione, di mettere mano alla proposta di legge del MoVimento 5 Stelle per trovare una soluzione, questo è importantissimo, per le piccole e medie imprese e i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Auspichiamo, quindi, tempi celeri, tempi veloci, una conclusione veloce di Pag. 77una discussione che va avanti da parecchi mesi. Ci aspettiamo che gli impegni presi oggi in quest'Aula vengano mantenuti e che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane si parli di soluzioni concrete e non solamente di fuffa e retorica da vendere a TV e giornali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Dunque, mi pare di capire che anche il relatore di minoranza si esprima a favore del rinvio in Commissione.
  Quindi, se non vi sono obiezioni, la proposta di legge si intende rinviata in Commissione.

  LUIGI LACQUANITI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, farò un brevissimo intervento per salutare con soddisfazione il ritorno in Commissione della proposta di legge.

  PRESIDENTE. Onorevole Lacquaniti, a che titolo chiede di parlare ? Il passaggio è stato fatto; alla Presidenza è sembrato che non vi fossero obiezioni, però non possiamo aprire una sessione di interventi sul commento al fatto che la proposta di legge è stata rinviata in Commissione. Dovremmo passare al punto successivo.

  LUIGI LACQUANITI. Volevo confermare, anche da parte di SEL, l'assenso a che questa proposta di legge torni in Commissione, perché siamo favorevoli agli interessi che essa sottintende.

  GIANLUCA BENAMATI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, abuserei della sua cortesia anche io per associarmi al collega Lacquaniti nel dire che accettiamo di buon grado, come gruppo politico, questo rinvio in Commissione con la coerenza che ha sempre contraddistinto il lavoro in Commissione nella ricerca continua di una soluzione condivisa che rafforzasse la situazione delle piccole e medie aziende, tutelando la leale concorrenza. Noi vogliamo proseguire in questa direzione.

  STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, nell'essere stupiti per la retromarcia repentina della maggioranza nella discussione d'Aula, noi speriamo che questo ulteriore passaggio in Commissione non sia l'ennesimo metodo, come abbiamo visto per altre proposte di legge, per affossarle e non discuterne più. Spero che ci possa essere un maggior dialogo con tutti i movimenti, tutti i partiti di maggioranza e opposizione per cercare di trovare una condivisione e trovare una soluzione più compiacevole alle esigenze del Paese.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, anche noi vediamo con fiducia e soddisfazione questo ritorno in Commissione, perché riteniamo che un argomento del genere debba andare in conclusione. Per cui lavoreremo in Commissione; ci sono quattro proposte di legge, e ritengo che si possa assolutamente trovare la sintesi e che ci siano le condizioni per farlo e per dare al Paese una legge in materia su un argomento così importante. Anche noi vediamo con soddisfazione il ritorno in Commissione.

  PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Fantinati rinuncia ad intervenire.
  Il provvedimento si intende rinviato in Commissione.
  (Così rimane stabilito).

Pag. 78

Seguito della discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri (ore 17,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205, concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di lunedì 14 ottobre 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
  Avverto che è stata testé presentata una nuova formulazione della mozione Braga ed altri n. 1-00013, che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Pizzolante, Antimo Cesaro, Kronbichler e Plangger che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente il secondo, il terzo, il quarto e il quinto firmatario. Il relativo testo è in distribuzione.
  Avverto altresì che contestualmente le mozioni Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 sono state ritirate dai presentatori.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  CARLO DELL'ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Braga ed altri n. 1-00013 (Nuova formulazione), mentre per quanto riguarda la mozione Molteni ed altri n. 1-00183 il Governo esprime parere favorevole solo nel caso vengano accettate le seguenti riformulazioni: laddove si dice «impegna il Governo», seguono quattro impegni: il primo è accettato, però si suggerisce di cancellare l'espressione «ingiustificatamente», visto che si chiede dove sono andati a finire i fondi, e questo sarà impegno del Governo chiarirlo. Viene accettato anche l'ultimo capoverso, quando si chiede l'impegno del Governo, «per quanto di competenza, in ogni futuro provvedimento a carattere fiscale e previdenziale, adottato nel nostro Paese, le migliaia di lavoratori frontalieri di tutti i territori del nostro Paese, che lavorano in Svizzera, in Francia, in Austria, in Slovenia o a San Marino, non siano trascurati, penalizzati o privati dello stesso grado di diritti (...)». Per quanto riguarda invece le due richieste centrali che riguardano gli impegni del Governo, la riformulazione richiesta come condizione per esprimere parere favorevole è che entrambe...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, sottosegretario Dell'Aringa. Colleghi, se diamo la possibilità a tutti di ascoltare il testo delle riformulazioni, evitiamo dopo di far ripetere al sottosegretario un'altra volta il testo.

  CARLO DELL'ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Per quanto riguarda le due richieste centrali del dispositivo, una: «provvedere affinché il fondo destinato all'erogazione del trattamento speciale di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri (...)», la seconda: «applicare il principio in base al quale i soldi trattenuti ai frontalieri debbano essere utilizzati solo ed esclusivamente a favore dei frontalieri (...)», occorre che siano precedute dall'espressione: «valutare la possibilità di».

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Plangger. Non è in Aula, si intende che vi abbia rinunciato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

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  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, rappresentante del Governo, cari colleghi, care colleghe, io ringrazio la collega Chiara Braga per essersi presa la briga di ripulire la mozione della Lega, presentata così com'era, togliendo alcuni passaggi che chiamarli odiosi non è un'esagerazione: c'era il passaggio in cui si insinuava che con le risorse messe da parte per gli indennizzi di disoccupazione per i frontalieri, cioè per i lavoratori italiani in Svizzera, si pagherebbero le pensioni di invalidità agli immigrati. Fu veramente un'insinuazione perfida: 270 milioni di euro – di questo si parlava – e tutti in franchi svizzeri, che psicologicamente hanno un valore ancora più alto, che spetterebbero ai lavoratori italiani, sarebbero deviati a pensioni di invalidità per immigrati illegali e pensioni false. In più, si è tolta una cosa molto populista, per non dire demagogica: si parla di questo tesoretto di 270 milioni, questi 270 milioni messi da parte dalla Svizzera, quindi rinviati nelle casse dell'INPS non ci sono, sono sulla carta e non sono realmente lì, sono già spesi e messi a disposizione come lo sono le altre pensioni, quindi non sono reali. Noi abbiamo proposto una divisione per badare a questi lavoratori. Noi, in Alto Adige, in Sudtirol, ne abbiamo 600, che non sono poveracci, ovviamente. Qualcuno si è scandalizzato perché io ho usato nella discussione generale certi termini pittoreschi, però certo sono persone fortunate, perché avere oggi la Svizzera vicina e aperta è una benedizione.
  Quindi, noi abbiamo proposto con la nostra mozione, con la mozione di Sinistra Ecologia Libertà, di badare ovviamente – diciamo così – e di salvaguardare i giusti diritti di questi operai, anche perché corrono un rischio, perché in Svizzera non perdurerà sempre questa congiuntura alta e i frontalieri sono i primi poi ad essere messi in disoccupazione, o licenziati, secondo la legislazione di lavoro molto più flessibile che vige in Svizzera, in raffronto a questa nostra. Quindi chiediamo di aiutarli a farli arrivare alla fine della loro carriera lavorativa.
  Adesso, la mozione presentata e firmata da noi ci fa ritirare la nostra mozione perché ci sembra – diciamo così – un atto molto coraggioso anche da parte del Partito Democratico: nella discussione generale, rivendicavano esplicitamente che questi soldi, questo tesoretto di 270 milioni dovesse restare a questi lavoratori, disegnati come poveracci, mentre confrontati con i nostri sono benestanti, perché poter lavorare in Svizzera, avere il salario svizzero e poterlo spendere in Italia è un piccolo privilegio. Questo è tolto, quindi non si fa propaganda, e ci va bene. Quindi, noi voteremo questa mozione che possiamo chiamare ecumenica.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17,30)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, per la Lega il tema dei frontalieri è un tema importante, è un tema importantissimo.
  Ed è proprio per questo che abbiamo presentato come prima forza politica questa mozione, per richiamare l'attenzione del Governo, dell'Aula, della maggioranza e delle forze politiche su un tema e su una categoria di lavoratori particolarmente importante e particolarmente delicata.
  I lavoratori frontalieri sono cittadini italiani, sono cittadini del Nord, sono lavoratori del Nord che prestano la propria attività lavorativa in terra estera, in modo particolare in Svizzera, nel Canton Ticino ma anche in Austria, in Slovenia e a San Marino. Sono circa 80 mila i lavoratori frontalieri e rappresentano una ricchezza e una risorsa importantissima per i nostri territori. Purtroppo, spesso e volentieri – e non è la prima volta che portiamo l'attenzione dell'Aula e il dibattito sul tema dei lavoratori frontalieri ma lo abbiamo fatto anche nelle precedenti legislature – abbiamo avuto l'impressione, la netta impressione che tanto Roma quanto Pag. 80Berna spesso e volentieri si sono dimenticate di questi lavoratori, si sono dimenticate o, peggio, ancora hanno considerato questi lavoratori come lavoratori di serie B. Vengono considerati come lavoratori discriminati, vengono considerati come lavoratori che non meritano una tutela particolare.
  Ed è per questo, proprio per la distanza che spesso c’è da Roma, indipendentemente dai Governi – e lo diciamo in maniera chiara –, spesso e volentieri questi lavoratori hanno riscontrato, da parte dei provvedimenti dei Governi, difficoltà e ostacoli. Diciamo in maniera chiara – e lo dico anche al collega di SEL che è intervenuto poc'anzi – che i lavoratori frontalieri non sono degli evasori fiscali, caro collega, e non sono dei privilegiati. Il collega di SEL durante il dibattito su questa mozione addirittura aveva definito i lavoratori frontalieri come «dei contrabbandieri». Caro collega di SEL, si vergogni a definire i lavoratori frontalieri come dei contrabbandieri ! Sono delle persone oneste, che rappresentano una ricchezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) sia per il Canton Ticino sia per il nostro territorio.
  Sono lavoratori che noi vogliamo difendere, lavoratori che noi vogliamo tutelare nelle proprie prerogative, perché sono lavoratori che portano professionalità, che hanno competenza, che portano know-how e, pertanto, meritano di essere tutelati rispetto a un Governo centrale troppe volte e troppo spesso sordo rispetto alle istanze di questi lavoratori. Noi abbiamo parlato di lavoratori frontalieri spesso e volentieri con riferimento allo scudo fiscale, con riferimento al redditometro, con riferimento al fiscovelox, con riferimento al rapporto tra Italia e Svizzera, rapporto fondamentale che deve essere garantito, tutelato e mantenuto, in modo particolare con il Canton Ticino, rispetto al quale c’è un'identità da un punto di vista economico, sociale ma anche di natura culturale e noi vogliamo che i rapporti con questo territorio siano stretti e siano garantiti dalla massima trasparenza.
  In modo particolare, in questa mozione gli aspetti che riguardano le problematiche dei lavoratori frontalieri sono tante, sono tantissime, però noi vogliamo puntare l'attenzione su un problema, in modo particolare su un fondo e, in modo particolare, su una somma: sono i 270 milioni di euro che sono il Fondo di disoccupazione dei lavoratori frontalieri, ovvero le trattenute sulle buste paga dei lavoratori frontalieri che la Svizzera retrocede all'INPS attraverso una gestione separata e con questi soldi, con questi fondi, che sono i fondi e i soldi dei lavoratori frontalieri, per anni è stata pagata la disoccupazione: 12 mesi all'80 per cento.
  I rapporti Italia-Svizzera sulla disoccupazione, sulla sicurezza sociale e sulla previdenza sociale sono sempre stati gestiti da un Accordo bilaterale cessato nel 2002, prorogato per volontà dell'Italia nel 2009 e poi cessato mentre oggi i rapporti sono disciplinati attraverso il diritto comunitario. Alla luce di ciò oggi ai lavoratori disoccupati – e ricordiamo che parliamo di 60 mila lavoratori, parliamo di 1.500 disoccupati, di cui solo 400, 500 nella provincia di Como, da cui provengo – l'indennità di disoccupazione non viene più pagata con questo Fondo, con questi 270 milioni, ma viene pagata ed è stata pagata prima con la disoccupazione ordinaria e poi, dal 1o gennaio, con la vergognosa «legge Fornero», l'Aspi e il mini Aspi.
  Quindi noi diciamo al Governo che il timore che noi abbiamo è che questi 270 milioni di euro, soldi dei lavoratori frontalieri, soldi che derivano dalle trattenute sulle buste paga dei lavoratori frontalieri, oggi possano essere scippati e Roma possa esercitare l'ennesima rapina di Stato a danno dei nostri lavoratori. Noi questo non lo possiamo permettere ! Sono soldi dei frontalieri, tali devono rimanere. Sono soldi che hanno un vincolo che deriva da una legge, la n. 147 del 1997, legge che è ancora esistente e che non è stata cancellata dalla legge comunitaria. Per cui, pretendiamo certezze, garanzie e trasparenza. Vogliamo che su questo fondo, che oggi è all'INPS, ci sia un nome e un cognome, ci Pag. 81sia scritto «lavoratori frontalieri», e non vogliamo che questi soldi possano mai essere utilizzati dall'INPS per poter chiudere quel buco nero che l'INPS rappresenta, o peggio ancora magari essere utilizzati dal Ministero del lavoro e da Roma per tappare qualche falla nei debiti che ci sono, o peggio ancora possano essere utilizzati per pagare altro.
  Per questo noi abbiamo presentato questa mozione. Non è una bandierina politica, ma è semplicemente il tentativo da parte della Lega di garantire e di far sì che ci sia da parte del Governo la giusta consapevolezza dell'importanza di questi lavoratori che, voglio rappresentare, sono in netto aumento. Ciò vuol dire che fungono da ammortizzatore sociale. Oggi purtroppo la crisi economica sta colpendo i nostri territori, sta colpendo anche il nord, il nord ricco, e oggi il lavoro frontaliero rappresenta una risorsa importante. Vogliamo ricordare che grazie ai lavoratori frontalieri vengono stornati ai nostri comuni, ai comuni del nord in sofferenza economica, i ristorni, somme assolutamente necessari per poter garantire i servizi. Ed è per questo che noi pretendiamo – lo diciamo con forza, lo diciamo con grande determinazione – e non accettiamo alcun tipo di equivoco da parte del Governo. Non vogliamo risposte superficiali, vogliamo una garanzia. Vogliamo una garanzia per questi lavoratori. Vogliamo la garanzia che questi soldi, che sono soldi loro, che sono soldi che si sono guadagnati con la fatica, che si sono guadagnati col sudore, che garantiscono richiesta al nord e che garantiscono anche professionalità, competenza e know-how in Canton Ticino, in Svizzera e negli altri territori esteri, vengano garantiti. La regione Lombardia si è impegnata in tal senso, lo voglio ricordare, e lo ricordo anche gli amici del PD che hanno presentato una mozione analoga in cui si chiede la costituzione di un tavolo. Va bene, organizziamo l'ennesimo tavolo. Io voglio ricordare che arrivo da Cantù, la patria del mobile, e che siamo bravissimi a fare mobili, però ricordiamoci e ricordatevi che sono i diritti dei lavoratori che noi dobbiamo tutelare e non assecondare semplicemente le volontà o le necessità di qualche sindacato. Vanno bene i tavoli; voglio ricordarvi che vi sono già due tavoli che si occupano dei problemi del frontalierato. In regione Lombardia, governata da Roberto Maroni, è stata istituita una commissione speciale per disciplinare i rapporti Italia-Svizzera. Esiste un organismo territoriale, che si chiama Regio Insubrica, che ha la funzione di mettere attorno al tavolo tutti gli interlocutori locali per discutere dei problemi del frontalierato. I tavoli vanno bene ma noi oggi abbiamo una priorità, una necessità, che è quella di tutelare i diritti dei lavoratori frontalieri e di tutelare il fondo di 270 milioni di euro. La Lega non accetta arretramenti. La Lega non accetta rapine di questi soldi; non accettiamo l'ennesimo scippo da parte del Governo di Roma. Signor sottosegretario, accettiamo le riformulazioni, chiediamo una cortesia, che laddove viene chiesto di valutare la possibilità ciò venga fatto all'interno di un arco temporale definito. Non vogliamo gli impegni a lungo termine, che poi sappiamo difficilmente vengono mantenuti. Vogliamo un impegno chiaro, tassativo, entro un termine preciso e determinato. A questa condizione la Lega darà il proprio assenso a votare questa mozione che, ripeto, rappresenta un'ancora di salvezza. Questi 270 milioni di euro sono un'ancora di salvezza per i nostri lavoratori, per i lavoratori del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, le mozioni discusse in Aula e che ci apprestiamo a votare sono espressione di un problema particolarmente avvertito, soprattutto in questo periodo di crisi occupazionale. I dati denunciano una situazione molto seria, aggravata dal numero sempre crescente di lavoratori frontalieri italiani occupati nel Canton Ticino, nei Paesi confinanti, oltre che presso la Repubblica Pag. 82di San Marino e la Città del Vaticano. Facendo riferimento ai soli dati dell'Ufficio federale di statistica svizzero, si parla di oltre 58 mila unità con rilevazione del 30 giugno scorso. Le politiche del lavoro transfrontaliero sono state al centro dell'attenzione del Parlamento italiano anche nel corso delle passate legislature. In particolare, la presenza di un così gran numero di lavoratori impiegati in Svizzera ha indotto l'Italia e la Confederazione elvetica a negoziare numerosi accordi bilaterali per regolare soprattutto questioni riguardanti la previdenza sociale, l'imposizione fiscale e le indennità di disoccupazione. Nonostante la crisi economica generalizzata e le difficoltà che attraversano i diversi Paesi europei confinanti, la Svizzera in particolare riesce ad offrire occupazione e a mantenere attivo il proprio processo di sviluppo economico. Questo avviene anche grazie al lavoro e ai sacrifici – e sottolineo al lavoro e ai sacrifici quotidiani – degli stranieri residenti e dei nostri frontalieri. Negli anni passati si è cercato di dare risposta alle esigenze di quanti lavorano oltre frontiera attraverso numerosi atti di sindacato ispettivo e proposte di legge recanti modifiche alla legge 5 giugno 1997, n. 147. La normativa vigente stabilisce che sia lo Stato di residenza a farsi carico del pagamento dell'indennità di disoccupazione. Nello specifico, i lavoratori frontalieri sono assoggettati ad una trattenuta mensile sul salario ricevuto in Svizzera che viene poi in parte trasferita dalla Svizzera all'INPS sulla contabilità separata destinata al pagamento dell'indennità di disoccupazione. Una disposizione contenuta negli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea ha previsto che, a partire dal giorno del 2009, la Svizzera non sia più tenuta a versare all'Italia i contributi per la disoccupazione, anche se i frontalieri italiani continueranno ad avere le relative trattenute sulle buste paga della Svizzera. Anche dopo l'interruzione del trasferimento dei versamenti da parte della Svizzera le prestazioni di disoccupazione dei lavoratori frontalieri sarebbero state garantite in Italia dalla legge n. 147 del 1997, che stabilisce il pagamento dell'indennità speciale di disoccupazione fino all'esaurimento del fondo giacente della gestione separata dell'INPS che oggi ammonta – o come qualcuno ha detto ammonterebbe – a circa 270 milioni di euro. A partire dal giugno 2009 si è completata l'applicabilità alla Svizzera dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale, che prevedono norme specifiche in materia di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri. In termini di sicurezza sociale sarebbe stato di enorme rilevanza l'approvazione della legge per il trattamento di disoccupazione dei frontalieri. Come è stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto, nella circolare n. 50 del 2013 diffusa dall'INPS è evidenziato che i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera hanno diritto dal 1o gennaio 2013 all'indennità dell'Aspi e della mini Aspi. Al riguardo, l'INPS rammenta che l'accordo con la Svizzera avente ad oggetto l'indennità di disoccupazione, scaduto il 31 maggio 2009, non è stato ahimè più rinnovato. Di conseguenza, il disoccupato frontaliero residente in Italia riceve le prestazioni in base alla legislazione dello Stato membro di residenza come se fosse stato soggetto a tale legislazione durante la sua ultima attività lavorativa. Concludendo, le richieste di impegno al Governo della mozione Braga e Pizzolante, che anche Scelta Civica ha sottoscritto, sono tutte chiare e condivisibili. Si chiedono spazi di confronto e strumenti di intervento per fronteggiare le problematiche dei lavoratori frontalieri, anche in considerazione delle modifiche intervenute all'indennità di disoccupazione speciale ex legge n. 147 del 1997.
  Occorre, su questo punto, chiarezza e onestà intellettuale (ha fatto bene a sottolinearlo il collega Molteni); chiarezza e onestà intellettuale non scevra da concretezza, per la tutela dei diritti di questi lavoratori. La questione, in termini di concretezza, è quella del ripristino del fondo, implementato con trattenute dello stipendio dei lavoratori italiani all'estero.
  Condividiamo, dunque, la mozione presentata, pur nella formulazione prospettata dal Governo, pur sollevando qualche Pag. 83preoccupazione in merito alla paventata destinazione del fondo per i lavoratori frontalieri ad uso diverso rispetto a quello destinato per legge. Questo non lo riteniamo né giusto né equo: si tratta di soldi di questi lavoratori, che non possono essere destinati ad altre finalità.
  Apprezziamo quanto chiesto come impegno al Governo, nella speranza che si giunga al più presto all'istituzione di un tavolo di confronto, al fine di una corretta attuazione della legge n. 147 del 1997, superando eventuali sperequazioni tra sacrifici affrontati dai lavoratori e garanzie che devono sempre ad essi essere assicurate (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sergio Pizzolante. Ne ha facoltà.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, questo è un giorno importante per circa 70 mila lavoratori italiani. Sono i lavoratori frontalieri, che tutti i giorni escono dal nostro Paese per andare a lavorare in un Paese estero, 48 mila soltanto nel Canton Ticino, 8 mila negli altri cantoni svizzeri, 4 mila tra il Principato di Monaco e la Francia, 6 mila nel piccolo Stato di San Marino.
  È un fenomeno strutturale del mercato del lavoro, ma è un fenomeno rilevante. Faccio presente che 70 mila lavoratori corrispondono a circa i lavoratori di tre gruppi FIAT, tre volte la FIAT in Italia. Producono reddito all'estero e lo portano in Italia, rappresentano una realtà rilevante dal punto di vista economico e sociale per le province limitrofe ai Paesi che ho citato prima.
  Sono lavoratori, spesso, con alta qualificazione, situazione molto diversa da quella che conosciamo e che ha riguardato i nostri padri e i nostri nonni: sono lavoratori che fanno, come quelli, ma con funzioni diverse, onore all'Italia. Contribuiscono alla crescita di molte aziende all'estero, sono spesso ambasciatori del lavoro italiano all'estero, spesso qualificano aziende all'estero rappresentative della qualità italiana nella ristorazione, nella moda, nel turismo. Ciononostante, vivono da troppo tempo, hanno vissuto, in una terra di nessuno, con incertezze sul piano fiscale e previdenziale e problemi di sicurezza sociale e di regolazione del lavoro e di stabilità del rapporto di lavoro. L'Italia si è occupata di loro, in questi anni, soltanto quando si è trattato di incassarne le tasse e, da questo punto di vista, io sono d'accordo con il collega Molteni: non è accettabile l'intervento fatto in quest'Aula dal rappresentante di SEL, che ha detto che questi lavoratori sono i legittimi eredi dei contrabbandieri di un tempo. Non è assolutamente accettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !
  Poi ho visto che il collega di SEL ha firmato la mozione unitaria: spero che si sia trattato di un pentimento vero, e non di un atto di trasformismo, che sarebbe inaccettabile. L'Italia, quindi, si è occupata di loro soltanto quando ha riscosso le tasse. Sono lavoratori che producono reddito lontano da casa, pagano le tasse all'estero, ma pagano le tasse anche in Italia, guadagnano meno dei loro colleghi, con i quali lavorano tutto il giorno gomito a gomito, in condizioni disagevoli rispetto agli stessi colleghi, e hanno più problematiche dei loro colleghi dal punto di vista delle coperture sociali e lavorative.
  Con questa mozione l'Italia, questo Parlamento, fanno un passo in avanti importante. Gli obiettivi della mozione sono chiari. Si tratta dell'obiettivo di apertura di un tavolo di confronto permanente con le associazioni sindacali delle regioni interessate a questo fenomeno per la definizione di uno statuto del lavoro frontaliero, per la ripresa dei negoziati degli accordi bilaterali capaci di regolare questi rapporti di lavoro, per una specifica disciplina del lavoro frontaliero, e inoltre per regolare i rapporti fiscali attraverso leggi ordinarie capaci di dare stabilità alla struttura retributiva e fiscale di questi rapporti di lavoro. In tal senso, ad esempio, vi è l'accordo bilaterale Italia-San Marino, appena firmato e appena ratificato da questa Camera, che prevede una Pag. 84specifica legge ordinaria di stabilizzazione del rapporto di lavoro, di stabilizzazione delle dinamiche fiscali e del rapporto fiscale fra Italia e San Marino. In tal senso è auspicabile anche un incontro con la Svizzera, a garanzia, nel breve tempo della franchigia per i lavoratori frontalieri. Infatti, è stata inserita nella mozione – ed è importante che il Governo si sia reso disponibile, abbia preso l'impegno a sostenerla – la necessità, in attesa di regolare per legge questi rapporti di lavoro, di garantire la franchigia per i lavoratori frontalieri, sia i lavoratori che lavorano a San Marino che quelli che lavorano in Svizzera e che lavorano in Francia. Il Governo si è impegnato a sostenere iniziative parlamentari. Annuncio che vi saranno già nella legge di stabilità iniziative parlamentari del PdL: presenterò io stesso un emendamento alla legge di stabilità per garantire la franchigia anche per il prossimo anno e per abolire l'acconto per il 2014, che molti problemi economici sta creando ai nostri lavoratori.
  Per questo è per poi meglio definire le questioni previdenziali, la questione della gestione separata dell'INPS e il trattamento di disoccupazione al quale hanno diritto anche i lavoratori frontalieri, per tutte queste ragioni, abbiamo presentato la nostra mozione, abbiamo unificato la mozione con i partiti di maggioranza e, davvero, salutiamo questo giorno come un giorno importante per 70 mila lavoratori italiani (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tiziano Arlotti. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, colleghi deputati, chi vi parla è stato lavoratore frontaliero. Sono andato a lavorare a San Marino, a fare quei lavori che i sammarinesi non facevano perché potevano scegliere lavori migliori, cioè quello di operaio in una fonderia, e quindi comprendo bene qual è l'importanza di questo giorno, così come qual è l'importanza che questo riveste per circa 70 mila lavoratori frontalieri in tutto il nostro Paese, lavoratori che hanno sempre avuto precarietà. Precarietà in molti casi significa anche dover subire. Precarietà nel rapporto di lavoro, nella sua durata, precarietà nei trattamenti, nelle assistenze, in quelle legate soprattutto agli ammortizzatori sociali, ma soprattutto precarietà nel trattamento fiscale, che si protrae di anno in anno senza una definitiva soluzione con una legge ordinaria.
  Quando un lavoratore frontaliero, il 2 gennaio, inizia a lavorare, non sa quale sarà la sua reale retribuzione, su quale salario potrà contare per il suo sostentamento, per quello della sua famiglia, dei suoi cari. Sa che deve dare il meglio di se stesso per onorare, come ha ricordato solennemente in questa Aula nel suo discorso d'insediamento Sandro Pertini, il suo Paese con il suo lavoro all'estero.
  Credo che le ingiustizie che sono state pagate in questi anni sono anche ingiustizie che hanno creato degli stereotipi sbagliati, degli stereotipi in cui qualcuno considerava i frontalieri dei privilegiati, da un lato, dall'altro addirittura degli evasori. Bene, di tutto questo non c’è nulla, c’è solamente la fatica, c’è solamente l'alzarsi tutti i giorni per varcare un confine e andarsi a guadagnare un reddito per poter sostenere la propria famiglia in Italia.
  Devo dire che in questi anni la precarietà c’è stata anche rispetto all'attenzione che il Paese ha avuto nei confronti dei lavoratori frontalieri. Pensate, solo da noi, nella Repubblica di San Marino, ci sono ad oggi quasi 6 mila lavoratori frontalieri, è la più grande «fabbrica» dell'Emilia Romagna, se così vogliamo definirla. Nella legge di stabilità – come ricordava anche il collega Pizzolante – noi dobbiamo dare immediatamente una risposta. Abbiamo tre progetti di legge depositati che vanno affrontati, va affrontato il tema dello statuto dei lavoratori frontalieri, nel senso che dobbiamo riconoscere qual è la condizione, come tutelarla, perché dobbiamo tutelare soprattutto, con questi interventi, quello che è un diritto sacrosanto di ognuno. La Repubblica italiana è fondata Pag. 85sul lavoro, sul lavoro le persone danno dignità a se stesse e, attraverso se stesse, dando dignità anche alle loro famiglie.
  Quindi, quello che presenteremo anche nel testo della legge di stabilità dovrà andare in questa direzione, dovrà rispettare il Trattato che abbiamo appena ratificato tra Italia e Repubblica di San Marino, che, all'articolo 15, dice che deve essere definitivamente stabilita una norma che tuteli per sempre i lavoratori frontalieri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gessica Rostellato. Ne ha facoltà.

  GESSICA ROSTELLATO. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, il lavoro frontaliero è divenuto ormai un fenomeno strutturale del mercato del lavoro che contribuisce a dare impulso al sistema produttivo e rappresenta, altresì, una risorsa per l'economia delle province italiane di confine, dovendosi altresì tener conto della crisi occupazionale che attanaglia il nostro Paese.
  La condizione dei lavoratori frontalieri italiani è evidentemente piuttosto particolare. La domanda aumenta nei periodi di crescita industriale, ma i frontalieri sono poi proprio coloro che risentono maggiormente dei tagli dei posti di lavoro nei momenti di crisi, senza inoltre poter usufruire degli ammortizzatori sociali previsti dalla legislazione svizzera. Dunque, una situazione del tutto particolare, quella dei frontalieri, che, in un panorama del mondo del lavoro italiano, già di per sé disastrato, si inseriscono come fenomeno specifico ricco di criticità, da eliminare al fine di ridare ai lavoratori frontalieri la pienezza dei diritti.
  Anche in sede di discussione generale si è avuto modo qui in Aula di rilevare le anomalie del trattamento nei confronti dei lavoratori frontalieri. È quantomeno opportuno sottolineare le specificità e l'importanza del lavoro frontaliero nel nostro contesto economico e sociale, al fine di superare i diversi provvedimenti governativi adottati negli ultimi anni che hanno ignorato la specificità dello status di lavoratore frontaliero e alimentato varie problematicità.
  Per il MoVimento 5 Stelle i soldi del Fondo disoccupazione speciale devono essere utilizzati con gestione separata sino ad esaurimento, perché si tratta di un fondo finanziato direttamente dai versamenti dei lavoratori frontalieri. Così come è assolutamente indispensabile intraprendere ogni iniziativa utile a ripristinare la corresponsione del trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri.
  Non è accettabile che i fondi versati a favore di lavoratori frontalieri vengano utilizzati per altre finalità. Non è accettabile che i lavoratori frontalieri vengano penalizzati per far tornare i conti dell'INPS. Dove sono finiti i soldi di questo Fondo ? Erano loro e sono stati rubati. A noi non piace questo modo di procedere: si continua a rompere il patto tra Stato e cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per questo sosteniamo e voteremo a favore della mozione Molteni n. 1-00183. Ci dispiace che il Governo abbia cercato di snaturare e sminuire le finalità di questa mozione, che secondo noi non voleva che far valere i diritti legittimi di persone che chiedono solo ciò che spetta loro.
  Ci auguriamo che almeno il Governo prenda seriamente in considerazione quanto promesso.
  Per quanto riguarda la mozione Braga ed altri n. 1-00013, condivisa dagli altri gruppi politici, il MoVimento 5 Stelle si asterrà, in quanto riteniamo che mai come in questo caso si possa parlare di diritti acquisiti e quindi non possiamo accettare di accontentarci di mezze misure e soluzioni palliative. I fondi per l'erogazione del trattamento speciale di disoccupazione devono essere utilizzati per lo scopo a cui erano stati inizialmente destinati. Predisporre uno statuto dei lavoratori frontalieri può essere positivo, ma solo dopo che saranno ripristinati i diritti sull'accesso al Pag. 86trattamento speciale di disoccupazione dei lavoratori frontalieri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Braga. Ne ha facoltà.

  CHIARA BRAGA. Signora Presidente, il Partito Democratico voterà la mozione che ha presentato insieme agli altri gruppi di maggioranza ed esprimerà un voto favorevole anche sulla mozione proposta dalla Lega Nord. Noi crediamo che oggi in quest'Aula si compia un passo importante, vale a dire quello di definire finalmente, con un impegno che noi non consideriamo rituale, ma appunto impegnativo da parte del Governo, la necessità di attuare una serie di misure e di adempimenti che riguardano la questione dei lavoratori frontalieri.
  Vorrei dire in premessa una cosa, anche alla luce delle dichiarazioni che si sono sentite nel corso del dibattito in discussione generale ed anche nella discussione di questa sera: l'eccessiva semplificazione e una certa dose in qualche modo di calore anche politico nel discutere di questi temi non aiuta a comprendere pienamente la complessità e le reali caratteristiche del fenomeno del lavoro frontaliero. Sappiamo che i temi che sono sul tappeto e che riguardano le questioni del trattamento dei lavoratori, le questioni fiscali, i rapporti con gli Stati esteri sono questioni complesse e che per questo motivo richiedono anche una capacità di riflessione e di ricerca di soluzioni a cui noi abbiamo guardato nel preparare e nell'elaborare la nostra mozione. Nemmeno il Partito Democratico è interessato a mettere bandierine: noi siamo interessati a trovare delle soluzioni, a risolvere i problemi che sono sul campo ed a cui tutte le stagioni di Governo, comprese quelle che hanno visto per lungo tempo la Lega Nord in una piena responsabilità di Governo, non sono riuscite a trovare una soluzione in via definitiva delle tante problematiche aperte.
  Crediamo che questa situazione dipenda anche da una condizione oggettiva, che pone la questione del lavoro frontaliero come una questione di natura quasi locale, cioè come un tema residuale, che interessa soltanto i territori di confine, le popolazioni che vivono nelle aree al confine con gli Stati esteri. In realtà non è così e ce lo dicono le cifre dei lavoratori impiegati in un rapporto di lavoro frontaliero e che sono state ricordate prima di me dai colleghi che sono intervenuti. Sono lavoratori che vivono in Italia, che prestano la loro attività lavorativa all'estero, ma che vivono in Italia, che consumano in Italia e che portano la loro ricchezza nel nostro Paese. Basta ricordare un dato molto significativo, che per quanto riguarda il rapporto del nostro Paese con la vicina Confederazione Elvetica, ci dice che il nostro Paese ha un volume di interscambio con la Svizzera di quasi 29 miliardi di euro, che determina un saldo positivo per il nostro Paese annualmente di quasi 2 miliardi di franchi svizzeri l'anno. Questo ci fa rendere conto della misura e della rilevanza del tema ed anche della necessità di poterlo guardare con una chiave di lettura oggettiva e libera da pregiudizi o semplificazioni, che certo non aiutano a trovare una soluzione al problema.
  Noi che da anni ci occupiamo di queste questioni sappiamo bene quanto l'assenza e la mancanza di un quadro di riferimento certo abbia spesso esposto i lavoratori frontalieri e lo stesso Paese in una condizione di debolezza nei confronti degli altri Stati. Cito il caso della Svizzera, che è quello che conosco meglio per la mia provenienza territoriale: la questione dei capitali, del segreto bancario, della revisione degli accordi bilaterali ha spesso visto il tema del lavoro frontaliero come un terreno di scontro e di ricatto ed ha prodotto una serie di ritorsioni inaccettabili per i nostri lavoratori. Non dimentichiamo le campagne xenofobe che hanno colpito i lavoratori frontalieri e che non sempre hanno visto una risposta compatta, nemmeno dalle forze politiche del nostro Paese.
  Noi siamo per guardare alla realtà e alla complessità dei problemi e a costruire Pag. 87le condizioni perché, in un quadro comunque in evoluzione che vede anche l'economia transfrontaliera oggetto di trasformazioni rilevanti in questa fase storica, vi sia la possibilità di mettere mano ad una serie complessa di questioni.
  La ripresa delle trattative, ad esempio, con la Confederazione Elvetica, grazie anche ad un impulso che lo scorso Parlamento ha posto al Governo allora in carica e che questo Governo sta portando avanti, è un tema aperto che riguarda questioni di carattere fiscale, previdenziale, ma anche questioni che riguardano lo sviluppo del nostro Paese. Penso a tutta la questione dei trasporti transfrontalieri e allo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie e stradali. La creazione di un clima di confronto sereno che possa mettere anche il nostro Paese nelle condizioni di confrontarsi e di ottenere dei risultati positivi è un valore aggiunto a cui tutto il Paese, non solo i territori di confine, deve guardare come un tema di primario interesse.
  È in questo senso che noi ci siamo fatti carico di raccogliere una richiesta che è venuta anche dalla rappresentanza dei lavoratori frontalieri dei territori di confine per impegnare il Governo a promuovere la costituzione di un tavolo di confronto che metta insieme, non solo le rappresentanze sindacali dei territori di confine, ma anche le regioni territorialmente competenti. Lo ricordava bene prima il collega Molteni nel suo intervento. Anche la regione Lombardia, su un tema specifico sul quale tornerò più tardi, ha assunto una posizione decisa per invitare il Governo a prendere un'iniziativa rispetto alla questione del trattamento di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri.
  Crediamo che questo tema, insieme a molti altri, debba diventare oggetto di discussione e di verifica presso un tavolo tecnico che non è un tavolo come gli altri, ma è un tavolo che deve avere lo scopo di risolvere e mettere mano alle questioni aperte e di definire una piattaforma organica di richieste e di esigenze con l'obiettivo di arrivare a definire quello che abbiamo chiamato nella mozione che oggi votiamo uno statuto dei lavoratori frontalieri, che possa essere un canovaccio e un punto di riferimento omogeneo per affrontare anche la ripresa e la revisione dei negoziati internazionali e che porti ad una specifica disciplina del lavoro frontaliero e ad una regolazione del trattamento fiscale.
  Uno strumento fondamentale che può e che deve servire anche al nostro Paese nel rapportarsi agli Stati esteri e anche al confronto con l'Unione europea per la revisione di tutte le questioni che sono aperte sul campo.
  Tra gli altri temi, noi abbiamo chiesto in qualche modo che si metta mano con urgenza, già a partire dalla discussione che faremo nelle Camere nella prossime settimane sulla legge stabilità, alla questione a cui faceva riferimento il collega Arlotti nella sua dichiarazione di voto, cioè alla stabilizzazione della franchigia di esenzione per i redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero nelle zone di frontiera. Purtroppo anche questo è uno di quei temi sui quali la ricerca di soluzioni è sempre stata definita in corsa e la mancanza di stabilità ha spesso generato difficoltà e incertezza per i lavoratori frontalieri. Crediamo che ci debba essere un impegno, su cui noi chiameremo il Governo a dar corso a quanto oggi votiamo con questa mozione, già nella discussione sulla prossima legge di stabilità.
  E vengo all'ultimo punto su cui l'intervento accalorato anche del collega Molteni si è concentrato in maniera particolare, ossia la questione dell'indennità di disoccupazione dei lavoratori frontalieri presso la vicina Confederazione Elvetica. Nel nostro Paese esiste dal 1997 una legge specifica che regolamenta il trattamento di disoccupazione dei lavoratori frontalieri e che prevede la corresponsione ai frontalieri di un'indennità speciale di disoccupazione sostenuta economicamente con le trattenute alla fonte sul salario dei lavoratori frontalieri e retrocesse dalla Svizzera all'Italia presso un fondo a gestione separata istituito presso l'INPS. Con l'entrata in vigore dei regolamenti comunitari tra lo Stato italiano e la Comunità europea, è stata definita una nuova disciplina Pag. 88ed è stata prevista l'estensione e l'applicazione delle indennità di disoccupazione secondo il sistema comunitario.
  Su questo punto noi siamo intervenuti più volte con interrogazioni, chiedendo all'INPS di fornire delle precisazioni e delle rassicurazioni perché i fondi che sono stati versati nel tempo dai lavoratori frontalieri vengano mantenuti nella loro destinazione originaria e si trovi, proprio nell'ambito del lavoro, che crediamo debba iniziare al più presto, del tavolo tecnico, una soluzione in grado di salvaguardare le esigenze e le tutele legittime e totalmente difendibili e sostenibili dei lavoratori frontalieri.
  Credo che, oggi, con questo voto dell'Aula facciamo un passo avanti importante. Diciamo al Governo – lo diciamo subito al signor sottosegretario, che ringraziamo anche per l'attenzione con cui ha seguito la materia – che su questo punto ci aspettiamo azioni coerenti e concrete che seguano in tempi brevi per affrontare realmente il tema del lavoro frontaliero che significa affrontare una parte dei problemi, anche di tenuta dell'occupazione e del lavoro, nel nostro Paese. Pensiamo che questo passaggio non sia rituale e con queste mozioni inizi un percorso che, come deputati del Partito Democratico, incalzeremo e sosterremo per quanto di competenza, e per tale motivo esprimiamo un voto favorevole su entrambe le mozioni in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. A proposito della riformulazione, credo che il rappresentante del Governo, alla luce degli interventi che ha ascoltato, voglia riprecisare. Ha facoltà di parlare il sottosegretario Dell'Aringa.

  CARLO DELL'ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signora Presidente, sì, esatto, vi è una richiesta avanzata dai proponenti della mozione Molteni n. 1-00183 che il Governo ritiene ragionevole, in quanto si chiede di porre un termine a quell'attività di valutazione che il Governo ha suggerito di anteporre a due delle quattro richieste di impegno del Governo. Mi sembra ragionevole che, entro un dato termine, si dia almeno una risposta di tale valutazione e naturalmente l'impegno mio personale è che la risposta sia positiva su tutti i punti sollevati. Questo termine può essere fissato nel maggio 2014, in modo tale da dare tempo proprio a quel tavolo che si vuole costruire di operare, e di avere la necessaria prospettiva per arrivare ad una conclusione in tempi certi.
  Quindi ritornando e riassumendo in modo che tutto sia chiaro, il dispositivo che impegna il Governo della mozione Molteni ed altri n. 1-00833 è diviso in quattro capoversi: il Governo esprime parere favorevole sul primo capoverso purché sia soppressa la parola «ingiustificatamente»; il Governo esprime parere favorevole sul secondo capoverso purché sia riformulato premettendo « a valutare la possibilità entro il mese di maggio del 2014 di provvedere affinché»; il Governo esprime parere favorevole sul terzo capoverso purché sia riformulato premettendo «a valutare la possibilità entro il mese di maggio del 2014 di applicare il principio»; infine, il Governo esprime parere favorevole sull'ultimo capoverso.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i proponenti accettano la riformulazione della mozione Molteni ed altri n. 1-00183. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Molteni ed altri n. 1-00183, nel testo riformulato, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vecchio... Gribaudo... Gianni Farina.... Luigi Gallo... Fioroni... Rostan...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 89
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  441   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 441).    

  (La deputata Cardinale ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Braga, Pizzolante, Antimo Cesaro, Kronbichler, Plangger ed altri n. 1-00013 (Nuova formulazione), con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Basso, Spadoni... Ci sono altri colleghi che non hanno votato ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  445   
   Votanti  355   
   Astenuti   90   
   Maggioranza  178   
    Hanno votato
 355).    

  (Le deputate Pellegrino e Cardinale hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole).

Per fatto personale (ore 18,20).

  FLORIAN KRONBICHLER. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, mi sono stati attribuiti da parte del collega Molteni un'espressione e un pensiero che non ho espresso, che non ho fatto. Non ho affatto paragonato o chiamato «contrabbandieri» i lavoratori frontalieri. Questo sicuramente è stato dolosamente attribuito a me. Nella discussione sulle linee generali, ho fatto la cronistoria di questi lavoratori frontalieri, e anche del frontalierato e del contrabbandierato, se così si dice: questa l'ho fatta ed è una storia, è una storia sociale, non è un'opinione. Le nostre filodrammatiche fanno tutte dei pezzi in cui riportano e riprendono questa storia. E, poi, sono venuto a dire, non senza richiamare prima ad un minimo di senso di umore, che i frontalieri dell'alta Val Venosta, in questo senso, sono i successori legali dei vecchi contrabbandieri. Questa è una bella differenza e non fa una grinza per i frontalieri, anzi gli fa onore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, gli ulteriori argomenti con votazioni si intendono rinviati ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1015 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (Approvato dal Senato) (A.C. 1682-A) (ore 18,23).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1682-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.
  I colleghi che legittimamente intendono uscire dall'Aula, lo facciano in silenzio. Sospendiamo per cinque minuti la seduta, per consentire anche ai relatori di prendere posto e ai colleghi che intendono lasciare l'Aula di farlo rapidamente.
  Sospendo per cinque minuti la seduta, che riprenderà alle ore 18,30.

Pag. 90

  La seduta, sospesa alle 18,25, è ripresa alle 18,35.

Annuncio della costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha proceduto in data odierna alla propria costituzione.
  Sono risultati eletti: presidente, la deputata Rosy Bindi (Applausi); vicepresidenti, il deputato Claudio Fava e il senatore Luigi Gaetti; segretari, il deputato Marco Di Lello e il deputato Angelo Attaguile (Applausi). A tutti auguriamo buon lavoro.

Annuncio della costituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha proceduto in data odierna alla propria costituzione.
  Sono risultati eletti: presidente, la deputata Michela Vittoria Brambilla; vicepresidenti, la deputata Sandra Zampa e la senatrice Rosetta Enza Blundo; segretari, il deputato Antimo Cesaro e la deputata Maria Antezza (Applausi). Anche a loro rivolgiamo auguri di buon lavoro.

Su un lutto del deputato Marco Di Lello.

  PRESIDENTE. Comunico che il collega Marco Di Lello è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
  La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Si riprende la discussione.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1682-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, Presidente della I Commissione (Affari costituzionali), deputato Francesco Paolo Sisto.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Signora Presidente, prendo la parola per illustrare il lavoro effettuato nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Le Commissioni riunite I e XI riferiscono favorevolmente all'Assemblea su un provvedimento trasmesso la scorsa settimana dal Senato e la cui scadenza è prevista la prossima settimana.
  Il disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge citato, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni è stato infatti approvato dal Senato il 10 ottobre e trasmesso alla Camera dei deputati il 14 ottobre 2013 (A.C. 1682).
  Il testo, composto originariamente da 13 articoli, all'esito dell'esame presso il Senato, è stato arricchito da ulteriori disposizioni ed è stato trasmesso formulato in 18 articoli.
  Le Commissioni riunite I e XI hanno, direi con apprezzabile celerità e certamente con la disponibilità di tutti i gruppi, esaminato il provvedimento in sede referente, Pag. 91svolgendo un attento esame istruttorio che ha portato all'approvazione di una serie di modifiche al testo. Ricordo che al provvedimento sono state presentate in Commissione circa 470 proposte emendative, esaminate nella seduta del 21 ottobre scorso.
  In qualità di relatore della I Commissione, mi soffermerò quindi sulle parti che attengono maggiormente ai profili di competenza, lasciando poi la parola al Presidente Damiano, che ringrazio fin d'ora, relatore per la XI Commissione, con il quale si è, infatti, convenuto di suddividere il contenuto dell'articolato per ambiti di materie, anche al fine di illustrare nel modo più possibile organico il testo all'Assemblea.
  Faccio presente innanzitutto che il decreto-legge contiene alcune disposizioni direttamente finalizzate ad introdurre misure generali di riduzione della spesa pubblica, con riferimento a particolari tipologie di spesa. In particolare, sono introdotte (articolo 1) nuove disposizioni per ottenere risparmi di spesa per auto di servizio e per buoni taxi (commi da 1 a 4-bis), nonché per studi ed incarichi di consulenza (commi da 5 a 7). La disposizione che sanziona l'inadempimento delle misure in materia di autovetture e buoni taxi con il divieto di spese superiori del 60 per cento del limite previsto per il 2013 è stata modificata in sede referente portando il limite al 50 per cento. Inoltre, in sede referente è stata introdotta la facoltà per le pubbliche amministrazioni che non dispongono di un sufficiente numero di vetture di autorizzare i dipendenti all'uso del mezzo proprio in casi strettamente necessari. Alcune disposizioni sono state introdotte nel corso dell'esame del provvedimento al Senato con la medesima finalità di razionalizzazione della spesa.
  In tema di dirigenza pubblica, il decreto prevede che all'esito degli interventi di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni che hanno ridotto le rispettive dotazioni organiche in attuazione delle disposizioni del decreto-legge n. 95 del 2012 (spending review), si procede al conferimento degli incarichi dirigenziali ed, inoltre, stabilisce disposizioni di garanzia delle unità di personale dirigenziale che risulti in soprannumero all'esito delle riorganizzazioni previste (articolo 2, comma 8).
  Con disposizioni introdotte nel corso dell'esame presso il Senato, è novellato l'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina in via generale il conferimento degli incarichi dirigenziali.
  Il decreto interviene, poi, sulla disciplina relativa a singoli settori. Sono fatti salvi, sino al 31 dicembre 2014, gli incarichi dirigenziali esterni conferiti, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dalle amministrazioni provinciali; il riferimento è ai contratti in essere al momento della entrata in vigore del decreto, quindi al 1o settembre 2013. In sede referente è stata aggiunta un'ulteriore previsione in base alla quale i comandi in atto del personale non dirigenziale delle province presso altre pubbliche amministrazioni possono essere prorogati, anche in deroga al limite temporale previsto dall'articolo 30, comma 2-sexies, nelle more del riordino delle province.
  È consentita la proroga fino al 31 dicembre 2014 dei contratti stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per l'attribuzione di funzioni dirigenziali, alle unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici del Ministero della salute.
  Sono introdotti limiti ai benefici economici spettanti ai dirigenti di società – quotate e non quotate – a controllo pubblico diretto o indiretto al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro.
  Nel corso dell'esame in sede referente, all'articolo 3 è stato aggiunto il comma 7-ter, che prevede che i dirigenti delle società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni o enti pubblici, titolari di trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità in corso di erogazione, cessano il proprio rapporto di lavoro il 31 dicembre 2013, qualora le società abbiano chiuso l'ultimo esercizio in perdita. Le società non possono coprire Pag. 92con nuove assunzioni le posizioni resesi disponibili a seguito della predetta cessazione.
  Il decreto-legge, ampiamente modificato nel corso dell'esame al Senato, modifica la disciplina della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT), che assume la nuova denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.). Il numero dei componenti si è portato da 3 a 5, mentre le funzioni spettanti in materia di qualità dei servizi pubblici sono trasferite al Dipartimento della funzione pubblica (articolo 5).
  Il provvedimento, inoltre, contiene una serie di interventi volti a disciplinare l'affidamento dei servizi di controllo del personale aeroportuale, regolamentare la procedura per il trasferimento del personale al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale, stanziare le risorse finanziarie per l'avvio dell'Autorità di regolazione dei trasporti.
  Il decreto contiene alcune disposizioni, all'articolo 8, che riguardano l'ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. È disposto l'incremento di 1.000 unità della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco, prorogando, ai fini delle relative assunzioni, la validità delle graduatorie di concorsi pubblici già espletati. Nel corso dell'esame in sede referente è stata soppressa una modifica del Senato, eliminando il riferimento ai candidati già sottoposti ad accertamento dell'idoneità psico-fisica e attitudinale, ed è stata ulteriormente prorogata la validità delle graduatorie (non oltre il 31 dicembre 2016, anziché 2015).
  Viene altresì individuato il limite annuale dell'autorizzazione di spesa per l'impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Una disposizione introdotta nel corso dell'esame al Senato pone a carico dell'Amministrazione gli oneri per gli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio necessari per la verifica del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica ed attitudinale richiesta per il reclutamento del personale volontario del vigili del fuoco.
  Da ultimo, il decreto disciplina le funzioni spettanti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco relativamente all'utilizzo della componente aerea ed estende l'applicabilità del regolamento sulla semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose.
  Nel corso dell'esame in sede referente, è stato aggiunto un comma che riconosce agli enti territoriali la facoltà di avvalersi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la redazione dei piani di emergenza comunali e simili.
  Il decreto consente, con invarianza finanziaria e di risorse umane, finanziarie e strumentali, l'assegnazione alle scuole italiane all'estero di unità di personale in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla spending review e inoltre dispone alcune modifiche alla legge n. 401 del 1990 per ampliare la sfera territoriale d'azione degli Istituti italiani di cultura e l'impiegabilità del loro personale.
  Nell'ambito del provvedimento sono introdotte alcune novità di rilievo riguardanti l'organizzazione delle funzioni relative alle politiche di coesione territoriale. Viene istituita l'Agenzia per la coesione territoriale, che è sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato e distribuite le competenze in tema di politica di coesione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Agenzia.
  La medesima disposizione disciplina lo statuto e gli organi dell'Agenzia, nonché i termini e le modalità del trasferimento di parte del personale del Dipartimento per le politiche di coesione del Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Agenzia, provvedendo in ordine alla copertura degli oneri derivanti dalle modifiche apportate. A seguito di modifiche apportate nel corso dell'esame in sede referente, il DPCM di approvazione dello statuto deve essere approvato Pag. 93previo parere della Conferenza Stato-regioni, ed è stata soppressa la previsione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico per la riduzione delle dotazioni strumentali, finanziarie ed umane del medesimo Ministero. In correlazione al nuovo assetto, il Fondo per lo sviluppo e la coesione è trasferito dallo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico a quello del Ministero dell'economia e delle finanze e si dispone la riorganizzazione del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.
  Nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, sono state eliminate alcune norme ed introdotte ulteriori disposizioni che riguardano la disciplina delle funzioni operative svolte dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa – INVITALIA (commi 14-bis e 14-ter).
  Il decreto modifica la disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), circoscrivendo la platea dei soggetti obbligati ad aderire al sistema e fissando le norme per la specificazione dei soggetti e l'individuazione di ulteriori categorie cui applicare il sistema medesimo. Il decreto fissa, inoltre, i nuovi termini per l'operatività del SISTRI, per l'applicazione delle sanzioni, per le violazioni connesse al sistema, nonché per la semplificazione del sistema medesimo, i rapporti con la società concessionaria del sistema e l'istituzione di un tavolo tecnico di monitoraggio.
  Oltre a ciò, si dettano specifiche disposizioni, modificate nel corso dell'esame al Senato, relative alla costruzione di discariche per rifiuti nel perimetro dell'impianto dell'Ilva di Taranto; nonché disposizioni in materia di gestione commissariale delle imprese di interesse strategico- nazionale (articolo 12, commi da 3 a 5-quinquies); e concernenti la disciplina normativa e gli aspetti finanziari dello smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dell'Ilva di Taranto.
  Nel corso dell'esame in sede referente presso le Commissioni riunite sono stati introdotti: nell'articolo 4, una modifica all'articolo 42-bis in materia di certificazioni mediche per l'attività sportiva non agonistica, nell'articolo 4, il nuovo comma 10-bis, che contiene una modifica con riferimento alla riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce rossa, inserendo l'articolo 1-bis, che stabilisce che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i Comitati locali e provinciali esistenti alla data del 31 dicembre 2013, assumono personalità giuridica di diritto privato e sono iscritti ai registri delle Associazioni di promozione sociale.
  Soffermandomi, infine, sui pareri espressi, rilevo che tutte le Commissioni hanno espresso parere favorevole, sia pure con taluni rilievi, molti dei quali recepiti nel corso dell'esame in sede referente.
  Segnalo, inoltre, che la V Commissione esprimerà il parere direttamente per l'Aula, mentre il parere del Comitato per la legislazione, che pone taluni quesiti rilevanti, potrà essere valutato ai fini dei lavori del Comitato dei nove.
  Mi scuso, Presidente per la rapidità della lettura, ma volevo essere sicuro che nessuno degli argomenti discussi con tanta ampiezza e tanto approfondimento dalle Commissioni potesse rimanere al di fuori del resoconto dell'Aula, tanto sono state rilevanti e importanti – e tanto lo sono – i temi affrontati in Commissione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza e presidente della Commissione Lavoro, deputato Cesare Damiano.

  CESARE DAMIANO, Relatore per la maggioranza per l'XI Commissione. Grazie Presidente, facendo seguito alla relazione del presidente Sisto che ringrazio, mi soffermerò sulle restanti parti del testo, che le Commissioni riunite propongono all'Assemblea.
  Anzitutto ricordo che, in materia di dotazioni organiche e mobilità, sono presenti degli interventi che riguardano diversi istituti della pubblica amministrazione. In particolare, si recano disposizioni per la gestione degli esuberi di personale negli organici delle pubbliche amministrazioni Pag. 94e conseguente gestione delle eccedenze anche dovuta a ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione, articolo 2, commi 1 e 3.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato, peraltro, un emendamento, l'emendamento 2.9, in base al quale le amministrazioni, prima dell'adozione delle specifiche procedure previste per le unità di personale in soprannumero all'esito delle riduzioni di organico, si confrontino in un esame congiunto con le organizzazioni sindacali.
  Si riconosce, poi, l'applicabilità della disciplina pensionistica (relativa ai requisiti per il trattamento e ai termini di decorrenza) previgente alla riforma introdotta dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 per i dipendenti pubblici in soprannumero nel caso in cui essi possano conseguire la decorrenza del trattamento entro il 31 dicembre 2016, termine introdotto nel corso dell'esame in sede referente, in luogo del 31 dicembre 2015. Inoltre, viene consentito alle amministrazioni pubbliche che presentano posizioni soprannumerarie o di eccedenza, il passaggio diretto, a domanda, sino al 31 dicembre 2015, del proprio personale, presso il Ministero della giustizia, al fine di ricoprire i posti vacanti del personale amministrativo degli uffici giudiziari (articolo 3, comma 1). Si forniscono alcune norme di interpretazione autentica relative ai limiti di permanenza in servizio per i dipendenti pubblici (articoli 2, commi 4 e 5), nonché sulla risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici in soprannumero che possano conseguire la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2015 (articolo 2, comma 6) e sulle modalità di determinazione della complessiva dotazione organica dei dirigenti di prima fascia della Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 2, comma 9).
  Per le pubbliche amministrazioni che abbiano provveduto a ridurre le dotazioni organiche in attuazione delle disposizioni del decreto-legge n. 95 del 2012, è rimodulato il termine per l'adozione dei rispettivi regolamenti di organizzazione, stabilendolo al 31 dicembre 2013.
  Fino a tale data i Ministeri potranno utilizzare il D.P.C.M. al posto del decreto del Presidente della Repubblica (articolo 2, comma 7).
  Viene abrogata la norma che rimette ad un apposito regolamento l'individuazione degli enti presso i quali è possibile richiedere di svolgere la propria attività nell'ambito della mobilità del personale tra settore pubblico e privato (articolo 2, comma 9-bis). Il testo originario del decreto introduceva norme in materia di mobilità del personale delle società partecipate da soggetti pubblici (articoli 3, commi da 2 a 7), soppressi nel corso dell'esame al Senato. Nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato un emendamento – emendamento 2.18, a prima firma Bechis – che, attraverso una norma di interpretazione autentica, include tra i lavoratori esclusi dall'applicazione delle disposizioni previdenziali dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 201 del 2011, la cosiddetta «riforma Fornero», quelli, compresi i dipendenti di regione, ASL ed enti strumentali, che avevano in corso alla data del 4 dicembre 2011 l'istituto dell'esonero dal servizio, ai sensi di leggi regionali di recepimento diretto e indiretto dell'istituto stesso. Il lavoratore si considera in ogni caso in esonero dal servizio qualora il provvedimento di concessione sia stato emanato in seguito a domanda presentata prima del 4 dicembre 2011 (articolo 2, commi 5-bis e 5-ter).
  Il provvedimento, inoltre, interviene sulla disciplina del lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione (articoli 4, commi 1 e 2). In sede referente è stato disposto che le pubbliche amministrazioni debbano ricorrere al contratto a termine solamente dopo aver verificato di poter sottoscrivere i contratti a termine con soggetti vincitori o idonei di graduatorie della stessa o di altre amministrazioni ancora valide e predisposte a seguito di concorso per assunzioni a tempo indeterminato (emendamento 4.125). Inoltre, sono prorogati o rinnovati i contratti di Pag. 95lavoro a termine per il biennio 2014-2015, al fine di assicurare la continuità dell'attività di ricostruzione della città de L'Aquila e dei comuni colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009 (articolo 4, commi 13 e 14). Infine, sono esclusi dall'applicazione della normativa che limita il ricorso ai contratti a tempo determinato i contratti del personale sanitario e quelli relativi al personale degli asili nido e delle scuole dell'infanzia degli enti locali (articolo 4, comma 11).
  Un secondo settore di intervento riguarda l'efficacia delle graduatorie concorsuali (articolo 4, commi 3 e 5). Il comma 3, come approvato dal Senato, è stato modificato in sede referente (emendamento 4.152), con l'effetto di condizionare l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi per le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, nonché per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca: a) all'immissione in servizio di tutti i vincitori di concorso per assunzione a tempo indeterminato, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) all'assenza di graduatorie vigenti di vincitori e idonei di concorsi per assunzioni a tempo indeterminato. Per la copertura di posti in organico le amministrazioni debbono attivare procedure di mobilità e hanno facoltà di procedere ad assunzioni utilizzando le graduatorie dei concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le stesse.
  In sede referente è stato inoltre introdotto, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'istituto del concorso pubblico unico per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche, la cui organizzazione spetta al Dipartimento della funzione pubblica. Le stesse amministrazioni possono essere autorizzate a svolgere direttamente i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità. Si prevede, inoltre, la possibilità che i bandi di concorso prevedano un contributo a carico del candidato. Con lo stesso emendamento si è previsto che per gli anni 2014-2016 le procedure di passaggio di dipendenti tra amministrazioni si svolgano nei limiti della percentuale di turnover non riservata ad assunzioni.
  Sono numerose, inoltre, le disposizioni che riguardano le assunzioni di specifiche categorie di personale all'interno delle singole amministrazioni.
  Tra di esse, sono state soppresse, nel corso dell'esame in sede referente, quelle relative alla riapertura delle graduatorie dei concorsi già espletati a posti di insegnante di religione cattolica, contenute nell'articolo 1, commi da 9-bis a 9-sexies (emendamento 1.34). Vi sono, poi, altre disposizioni varie che realizzano una serie di interventi dai beni e le attività culturali ai concorsi per l'accesso in magistratura, dagli enti di ricerca ai lavoratori appartenenti alle categorie protette.
  Una delle misure più importanti del decreto è rappresentata dalla stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, con l'obiettivo di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato (articolo 4, commi 6-10).
  In particolare, sebbene non vi sia una pur auspicabile proroga generalizzata dei contratti dei precari della pubblica amministrazione, si prevede comunque la possibilità per le pubblica amministrazione, nel limite massimo del 50 per cento delle risorse disponibili per le assunzioni, di bandire concorsi, per assunzioni a tempo indeterminato di personale precario (comma 6); il termine per l'esercizio di tale facoltà, previsto fino al 31 dicembre 2015, è stato ampliato in sede referente fino al 31 dicembre 2016 (emendamento 4.153). Inoltre, le Commissioni hanno spostato la decorrenza della facoltà di bandire dalla data di entrata in vigore del decreto a quella della legge di conversione ed hanno esteso il termine per la maturazione dei requisiti di accesso ai concorsi alla data di pubblicazione della legge di conversione (emendamento 4.61). Con una disposizione introdotta nel corso dell'esame al Senato, è stata disposta l'esclusione dalle procedure concorsuali dei lavoratori Pag. 96precari vincitori di un pubblico concorso per la qualifica ricoperta alla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 6-quinquies); tale disposizione è stata soppressa nel corso dell'esame in sede referente (emendamento 4.3).
  Inoltre, una norma di carattere transitorio consente alle pubbliche amministrazioni di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle loro dipendenze se, nella programmazione del fabbisogno di personale, prevedano di svolgere procedure di reclutamento (comma 9). In sede referente è stato, poi, modificato il periodo di riferimento della programmazione del fabbisogno, ampliato dal triennio 2013-2015 al periodo 2013-2016, e il termine entro il quale può essere effettuata la proroga, che non può andare oltre il completamento delle predette procedure concorsuali, è stato portato dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016.
  Con un emendamento approvato in sede referente (emendamento 4.147), è stato inoltre previsto che le province, fermo restando il divieto posto dalla normativa vigente di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, possono prorogare, per comprovate necessità, i contratti a termine in essere fino al 31 dicembre 2014. Ulteriori disposizioni concernono la stabilizzazione del personale delle regioni e degli enti locali. In particolare, si prevede che le regioni e gli enti locali che hanno proceduto in passato ad assunzioni a tempo determinato sulla base di procedure selettive, possono procedere, per gli anni 2013, 2014 e 2015, alla stabilizzazione a domanda del personale, a condizione che abbia maturato 3 anni di servizio negli ultimi 5 anni alle proprie dipendenze (comma 6-quater). Nel corso dell'esame in sede referente, le procedure si stabilizzazione sono state rese efficaci anche per il 2016 (emendamento Boccuzzi 4.150), ed è stato altresì specificato che tali procedure possono essere utilizzate, in via prioritaria, rispetto al reclutamento di cui al precedente comma 6. Inoltre, è stato specificato che le procedure di stabilizzazione possano essere avviate solamente a valere sulle risorse assunzionali relative al periodo 2013-2016. Si dispone che per gli enti del servizio sanitario nazionale l'attuazione delle medesime disposizioni avvenga previa emanazione di uno specifico decreto ministeriale da adottare previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, che detta anche norme per il personale dedicato alla ricerca in sanità, nonché, come specificato in sede referente (emendamento 4.148), per il personale medico in servizio presso il pronto soccorso delle ASL con almeno 5 anni di prestazione continuativa, ancorché non in possesso di specifiche specializzazioni (comma 10).
  Si prevede l'obbligo, per gli enti territoriali, di calcolare il complesso delle spese per il personale al netto dell'eventuale contributo erogato dalle regioni (comma 9-bis).
  Infine, sono previsti interventi per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili (commi 7 e 8) e per la stabilizzazione del personale CONSOB (commi 6-bis e 6-ter).
  Il decreto contiene, altresì, singole disposizioni destinate a modificare o introdurre nuove misure di natura organizzativa delle pubbliche amministrazioni. Senza entrare nel dettaglio dei singoli interventi, mi limito in questa sede a segnalare che, in materia di rilevazione del costo del lavoro nella pubblica amministrazione, si prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'assoggettamento di tutte le amministrazioni pubbliche censite dall'ISTAT al controllo del costo del lavoro (articolo 2, comma 10), nonché l'estensione alle società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni (diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate) dell'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio e al MEF il costo annuo del personale utilizzato (articolo 2, comma 11); l'applicazione di tale disposizione Pag. 97è stata estesa, in sede referente (emendamento 2.29), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.
  Mi soffermo, infine, su due specifiche modifiche introdotte in sede referente dalle Commissioni riunite: all'articolo 7, il comma 9-sexies reca una norma di interpretazione autentica di una disposizione della legge n. 487 del 1993 in materia di versamenti contributivi da parte dell'ente Poste italiane; in base all'interpretazione autentica, dopo la trasformazione dell'ente società per azioni, la disposizione (articolo 6, comma 8) si applica a Poste italiane Spa e alle società da essa controllate, ad esclusione delle società con licenza bancaria, di trasporto aereo e che svolgono attività di corriere espresso. L'articolo aggiuntivo 8-bis, introdotto su iniziativa del Governo, sopprime e modifica disposizioni vigenti in tema di programma statistico nazionale prevedendo tra l'altro: la soppressione della disposizione che richiede che nel piano siano indicati finalità e garanzie del trattamento di dati, nonché i dati sensibili e quelli relativi ad iscrizioni nel casellario giudiziale; l'aggiornamento annuale e il coordinamento con i piani regionali; l'individuazione delle varianti che possono essere diffuse in modo disaggregato condizionandole a particolari esigenze conoscitive; l'indicazione delle rilevazioni che comportano obbligo di risposta e l'indicazione dei criteri per stabilire quelle la cui mancata risposta è suscettibile di sanzione. Lo stesso articolo restringe l'ambito di scelta del presidente dell'ISTAT, aggiungendo al requisito di professore ordinario in materie statistiche, economiche ed affini, quello dell'esperienza internazionale. Infine, viene disposta la proroga dell'efficacia del Piano statistico nazionale 2011-2013, aggiornamento 2013, nelle more del nuovo Piano, nonché un obbligo di adeguamento statutario alle nuove disposizioni.
  In conclusione, spero che l'esame dell'Assemblea e il lavoro del Comitato dei nove possano produrre un risultato condiviso dai gruppi e portare all'approvazione di un testo migliorato, che possa essere inviato in tempi rapidi al Senato per la definitiva conversione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Invernizzi.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo approvato dalla maggioranza nelle Commissioni non può ritenersi particolarmente soddisfacente. Il provvedimento così come formulato lamenta la mancanza di una visione strategica e programmatica, l'incapacità di fornire ai cittadini prospettive di medio e lungo periodo, la sostanziale carenza di quel coraggio necessario a perseguire una seria politica di razionalizzazione della spesa pubblica e di efficientamento della pubblica amministrazione finalizzata al rilancio del Paese. Come se ciò non bastasse, dall'inizio di questa legislatura, è l'ennesima volta che ci troviamo a convertire un decreto-legge privo dei requisiti di cui all'articolo 77 della Costituzione. L'eterogeneità di contenuto del presente decreto-legge contrasta inoltre apertamente con i contenuti dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione infatti i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. L'esame in Commissione di merito al Senato del presente provvedimento è stato caratterizzato dall'approvazione di una serie di emendamenti del relatore, che ha aggiunto al testo originariamente composto da tredici articoli ulteriori cinque articoli, per complessivi pertanto diciotto articoli.
  Tale procedura, conseguentemente, produce, nei fatti, effetti palesemente incostituzionali, alla luce di quanto sancito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 22 del 2012, che ha sancito che il procedimento di conversione si imbatte nel vincolo costituzionale dell'omogeneità delle modificazioni apportate dal Parlamento rispetto al testo del decreto-legge.Pag. 98
  Lo stesso Presidente della Repubblica, a seguito della pronuncia costituzionale succitata, ritenne nella passata legislatura di ammonire, attraverso comunicazioni ufficiali, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati affinché si uniformassero nella programmazione e svolgimento dei lavori delle Commissioni di merito e dell'Aula a quanto chiaramente sancito dalla Consulta.
  Un decreto-legge, che, appunto, avrebbe dovuto contenere interventi di carattere straordinario e urgente, si è trasformato in un provvedimento omnibus, recando misure che vanno dal contenimento della spesa per le cosiddette auto blu e le consulenze del pubblico impiego alle stabilizzazioni, alle procedure di mobilità, all'accesso nel settore del pubblico e alla regolamentazione dei concorsi, al tema della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, all'Agenzia per la coesione territoriale, fino ad arrivare alle misure sul sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nonché alla delicatissima questione del commissariamento dell'Ilva di Taranto.
  In merito a questo, non possiamo non ricordare che, grazie all'approvazione di un emendamento del gruppo parlamentare Lega Nord in I Commissione al Senato, è stata inserita una norma importantissima, che prevede, in caso di sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie, l'utilizzo di questi stessi beni da parte degli organi societari, in modo da garantire la continuità della produzione e dell'attività di impresa, e quindi di salvaguardare e tutelare i livelli occupazionali e i lavoratori.
  D'ora in poi, laddove vi sia un sequestro eseguito ai fini della confisca che abbia ad oggetto società, aziende, ovvero beni, titoli, nonché quote azionarie o liquidità, anche se in deposito, l'organo di nomina giudiziale dovrà consentirne l'utilizzo e la gestione agli organi societari, esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria.
  Nel caso in cui il sequestro colpisca società che gestiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale e loro controllate si applicheranno le medesime disposizioni. Un motivo di nostra ferma contrarietà al provvedimento riguarda le disposizioni in materia di assunzione e gli interventi di stabilizzazione, in primis perché tali misure contraddicono le finalità stesse del decreto, che, come recita il titolo, dovrebbe perseguire obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.
  Razionalizzazione vuole dire ottimizzazione, efficienza, mentre le misure in esso contenute rappresentano un dispendio di risorse pubbliche. Un esempio di spreco è rappresentato dal comma 13 dell'articolo 2 del decreto-legge, che autorizza l'Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ad assumere 3 unità dirigenziali. Si prevede, cioè, l'assunzione di ulteriori dirigenti pubblici per un ente del tutto inutile, da liquidare, perché non in grado di rispondere alle differenze di tipologie agricole e di coltivazioni tra i territori.
  Riteniamo che interventi prioritari debbano essere la soluzione della questione esodati, l'abbattimento del cuneo fiscale, la decontribuzione per favorire l'occupazione, per i quali necessitano ingenti risorse, da reperire attraverso la riduzione della spesa pubblica. Invece, questo decreto-legge aumenta la spesa pubblica per stabilizzare personale precario.
  Non abbiamo nulla contro queste persone, padri o madri di famiglia in attesa da anni di certezza del posto di lavoro, ma riteniamo che la loro stabilizzazione convalidi una visione distorta di accesso al pubblico impiego, che non si basa di certo sul principio della selezione per capacità e valore. Consideriamo, infatti, i processi di stabilizzazione lesivi della meritocrazia ed offensivi nei riguardi dei tanti giovani che investono il proprio tempo sui libri per superare un concorso pubblico.
  Gli LSU, i famosi lavoratori socialmente utili, ad esempio, simboleggiano quella degenerazione del sistema di assistenza pubblica e sociale in cui lo Stato interviene erogando fondi senza un concreto Pag. 99piano nel lungo periodo, ma al solo scopo di acquisire consensi. Sono frutto di scellerate politiche, che, artificiosamente, hanno tentato di inserire nell'amministrazione pubblica persone che non hanno superato alcuna prova selettiva.
  L'istituto degli LSU, difatti, si è trasformato nel tempo in un vero e proprio ammortizzatore sociale, con l'assurda pretesa da parte dei soggetti impiegati di ottenere il cosiddetto posto fisso, anche in quelle amministrazioni con bilancio in costante deficit. Ovviamente, altra questione è se a stabilizzare, nel senso di salvaguardare lavoratori combattendo il precariato, sono enti virtuosi che vi provvedono con oneri a proprio carico.
  Non possiamo non esprimere forti criticità nel metodo, per come si è intervenuti sulle misure di razionalizzazione della spesa pubblica (consulenze, autovetture in servizio), misure che nel merito possono essere considerate di buonsenso, ma che nei fatti vanno stigmatizzate in quanto insufficienti, non organiche e soprattutto non adeguate al contesto economico di crisi che sta vivendo il nostro Paese.
  Ci saremmo aspettati certamente qualcosa di diverso da un provvedimento come l'attuale decreto-legge che in teoria doveva apportare interventi urgenti sulla pubblica amministrazione. Noi della Lega Nord riteniamo da sempre che la pubblica amministrazione sia il fronte sul quale bisogna combattere la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio. Il tasso di spreco medio è nell'ordine del 20-25 per cento, il che significa che, se si adottassero pratiche incisive, si potrebbero risparmiare almeno 100 miliardi l'anno. Ma cosa ben più grave, il Governo anche questa volta ha perso un'altra buona occasione per ultimare quei passaggi obbligati richiesti al fine di rendere veramente operativa la riforma fiscale. È ovvio che il pensiero va al federalismo fiscale e al suo contenuto così innovatore da presentarsi come modello virtuoso di cambiamento. La riforma del federalismo fiscale segna difatti una svolta senza precedenti nel nostro sistema Stato. Una riforma che contiene un rinnovato corpus, volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche. La parola d'ordine è superare definitivamente la finanza derivata, con l'attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni, di autonomia di entrata e di spesa, un sistema nel quale, superati i trasferimenti, le risorse finanziarie derivano da tributi ed entrate proprie, da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal fondo perequativo per i territori a minore capacità fiscale. Il superamento del finanziamento basato sul criterio della spesa storica a quello determinato in relazione al fabbisogno standard. Se da un lato la storia della siringa che in Lombardia costa un euro e in altre regioni, soprattutto del Meridione, cosa tre volte tanto, è divenuta oramai una verità inconfutabile, dall'altro lato non si può non constatare come tutto resti immutato e si continuino a sperperare fiumi di denaro pubblico in costi e spese scellerate. Se tutte le regioni italiane applicassero il rapporto costi/prestazioni che c’è ad esempio in Veneto ed in Lombardia, risparmieremmo 30 miliardi di euro, un terzo degli interessi del debito pubblico certamente sufficienti per scongiurare l'aumento dell'IVA.
  Non ci stancheremo mai di dire e di ribadire che, per poter tagliare la spesa in maniera selettiva, occorre rispettare un principio basilare, che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard.
  I tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi, ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica, suscettibile di evitare note inefficienze del passato. Una vera e propria rivoluzione del sistema Stato che richiederà da parte delle amministrazioni un impegno non indifferente, ma che nel medio periodo porterà un notevole cambiamento, migliorando Pag. 100la qualità dei servizi, l'efficacia e l'efficienza delle stesse amministrazioni pubbliche, fondata sul principio di responsabilità. Un sistema entro il quale siano ben individuabili le responsabilità può dare le migliori garanzie ai cittadini di un'efficace condotta della cosa pubblica. È un percorso lento, ma inesorabile se si vorrà finalmente approdare verso un cambiamento radicale, che verrà completato con l'entrata in vigore di una riforma federale dello Stato. Uno Stato federale che sappia valorizzare le peculiarità territoriali, l'autonomia regionale e il valore aggiunto delle amministrazioni di prossimità degli enti locali, che sappia rinnovarsi in modo efficiente attraverso la riorganizzazione dei bacini di competenza provinciale, con l'introduzione del concetto di area vasta, che sappia prendere consapevolezza dell'assioma del «vedo, pago, voto».
  Soltanto in questo modo sarà possibile restituire ai cittadini la voglia di essere parte attiva nel governo del territorio. Questa è l'unica via, se realmente vogliamo evitare che esploda la rabbia. È inaccettabile che vi siano regioni nelle quali la lotta alla disoccupazione si basa esclusivamente sull'assistenzialismo, dove i dipendenti pubblici, se parametrati alla grandezza del territorio e alla densità popolare dello stesso, sono il doppio, se non il triplo, di quelli occupati in altre regioni per giunta maggiormente efficienti e virtuose, situazioni paradossali ampiamente denunciate che ormai appartengono al DNA di un sistema mostruoso che si nutre delle sue stesse inefficienze.
  È necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica al costo/fabbisogno standard, al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro.
  Occorre ammettere che il Governo ha fatto un passo importante in tema di SISTRI, verso la limitazione dell'applicazione del sistema elettronico di tracciabilità ai soli rifiuti speciali pericolosi. Il nostro gruppo è stato da sempre favorevole alla limitazione dell'obbligo della tracciabilità elettronica dei rifiuti ai soli rifiuti speciali pericolosi, visto che solo questo obbligo viene chiesto a livello delle direttive comunitarie. Infatti, avevamo presentato emendamenti in tal senso nella scorsa legislatura. Il vecchio sistema era esteso anche ai rifiuti non pericolosi creando enormi difficoltà agli operatori.
  L'entrata in vigore del nuovo SISTRI al 1o ottobre è stata molto ravvicinata alla data dell'emanazione del decreto-legge n. 101. Infatti, la data è scaduta e il decreto-legge n. 101 non è stato ancora convertito in legge dalle Camere. Ciò ha creato grande incertezza per gli operatori sulle norme da applicare. Anche se a posteriori, si ritiene opportuno spostare la prima data dell'entrata in vigore al 1o aprile 2014. Il nuovo SISTRI deve introdurre specifici adempimenti che rendano semplice, efficace e poco oneroso l'esercizio del sistema con vantaggi per i piccoli produttori e per l'amministrazione di controllo.
  Secondo il nostro gruppo occorre prevedere la possibilità di delegare gli adempimenti di iscrizione, movimentazione e registrazione da parte di tutti produttori di rifiuti, specialmente da parte di quelli di minori dimensioni, agli operatori professionali, come trasportatori, soggetti che effettuano lo smaltimento o il recupero, commercianti e intermediari non detentori, associazioni di categoria, per evitare di caricare con nuovi obblighi, anche onerosi, soggetti, come ad esempio i parrucchieri, che producono quantità minime di rifiuti pericolosi.
  In ogni caso occorrerebbe escludere i piccoli produttori di rifiuti, ossia imprese fino a 10 dipendenti, e i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedente 30 chilogrammi o 30 litri al giorno (articolo 212, comma 8, del codice). Occorre evitare di caricare con nuovi obblighi, anche onerosi, soggetti che producono quantità minime di rifiuti pericolosi. Inoltre, occorrerebbe introdurre una disposizione Pag. 101ad hoc che determini l'esonero dal SISTRI di tutte le operazioni di microraccolta di rifiuti pericolosi, esenzione dalla quale non consegue una perdita automatica del tracciamento dei rifiuti derivanti dalla microraccolta. Infatti, in tutti i passaggi successivi – vale a dire dai gestori autorizzati (ad esempio, dal gestore che ne effettua solo lo stoccaggio intermedio, al successivo impianto autorizzato di trattamento) agli impianti di recupero/smaltimento di destinazione (finale o meno) – i rifiuti pericolosi oggetto di microraccolta, che avviene prima fase, rimarranno comunque sotto trattamento SISTRI.
  La riduzione complessiva del campo di applicazione di cui sopra consentirebbe una più semplice e immediata verifica del funzionamento del sistema SISTRI. Il numero dei soggetti e delle movimentazioni coinvolte sarebbe significativamente più circoscritto dell'attuale, in perfetta linea con l'intendimento di addivenire a maggiori semplificazioni e minori oneri per le imprese tutte, intendimento espresso testualmente dal Ministro onorevole Andrea Orlando nella riunione di martedì 3 settembre, nel relativo comunicato stampa e, da ultimo, nella risposta fornita personalmente alla Camera all'interrogazione presentata dall'onorevole Realacci.
  Inoltre, la possibilità di entrare volontariamente nel sistema per soggetti non obbligati creerebbe difficoltà alla catena logistica della gestione dei rifiuti e pertanto proponiamo di sopprimere i commi che prevedono tale facoltà. Occorre delimitare il più possibile il campo di applicazione del SISTRI, per garantire la stessa funzionalità del sistema.
  Inoltre, una cosa che non era prevista nel SISTRI vecchio, la cui assenza ha spaventato da sempre gli operatori, è la possibilità di tenere conto della buona fede degli operatori introducendo per talune fattispecie l'istituto del ravvedimento operoso di modo che il soggetto in buona fede che sbaglia abbia la possibilità di denunciare senza timore l'errore agli organi competenti, in questo modo liberando altresì risorse umane e materiali per l'accertamento delle violazioni di maggiore gravità.
  Infine, riteniamo doveroso prevedere l'obbligo di restituire le somme versate per l'iscrizione al SISTRI negli anni in cui esso non è entrato in operatività. Si individui una procedura amministrativa da fissarsi con decreto, dando la possibilità di ricevere le somme o in alternativa di compensarle con i debiti di qualunque genere, tributari, fiscali, contributivi, vantati dal soggetto titolato nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
  Per le ragioni sopra esposte, rimaniamo critici e insoddisfatti sull'impostazione del decreto-legge all'esame. Tuttavia, comprendendo l'importanza degli interventi da esso recati e condividendone le finalità, auspichiamo un miglioramento del provvedimento con l'approvazione dei nostri emendamenti e, per questo motivo, non abbiamo ritenuto necessario presentare un testo alternativo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  GIANPIERO D'ALIA, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signora Presidente, io ringrazio i relatori e i componenti delle due Commissioni di merito che si sono occupate dell'esame di questo provvedimento, che è stato arricchito nella discussione al Senato e che sicuramente, anche per il lavoro che è stato fatto nelle Commissioni, ha affrontato alcune questioni che erano irrisolte e le ha affrontate anche positivamente. Offriamo quindi alla discussione e al dibattito parlamentare un testo che affronta alcune emergenze nel settore delle pubbliche amministrazioni, che riguardano non solo la vicenda dei contratti a termine di cui si è parlato, ma riguardano anche altri interventi settoriali che sono strategici ed importanti. Pertanto, io mi rimetto ovviamente alle relazioni che hanno fatto gli onorevoli Sisto e Damiano e quindi apprezzo il lavoro che è stato fatto e sono grato a nome del Governo.

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fabbri. Ne ha facoltà.

  MARILENA FABBRI. Signora Presidente, il provvedimento di cui abbiamo iniziato questo pomeriggio la discussione è sicuramente ampio e complesso per la materia che tratta, riguardo soprattutto il personale pubblico e la gestione delle risorse pubbliche. Le considerazioni che vorrei fare sono legate anche al contesto che abbiamo alle spalle e nel quale si inserisce questo provvedimento.
  È evidente che l'accesso all'impiego pubblico è particolarmente e specificatamente regolamentato nel nostro ordinamento e vede principalmente l'accesso tramite concorso pubblico, con graduatorie che hanno una durata di tre anni. È però indubbio il fatto che in questi anni è stato particolarmente stressato il sistema della pubblica amministrazione, sicuramente, a ragione, legato alla necessità e all'opportunità di tenere sotto controllo la spesa pubblica, anche quella di personale, in ragione sia della situazione economico-finanziaria ma sia anche di una maggiore appropriatezza nell'utilizzo delle risorse pubbliche, sia in materia di personale sia in materia di acquisto di beni e servizi.
  È però evidente – e questo decreto lo dimostra – che diversi anni di blocco o di riduzione della capacità di sostituzione del personale via via uscito dalle diverse pubbliche amministrazioni per accesso anche ad altri ruoli e al sistema privatistico del lavoro oppure per pensionamenti, ha particolarmente impoverito alcuni settori della nostra pubblica amministrazione ed ha determinato, da parte di alcuni settori, l'utilizzo di contratti a termine, di contratti a tempo determinato a termine o di contratti che hanno determinato la presenza di personale precario all'interno delle nostre amministrazioni, il quale non ha dato per questo un apporto inferiore in termini di qualità e di quantità di lavoro all'interno della pubblica amministrazione.
  Questo decreto quindi si inserisce in questo contesto di profondo impoverimento del personale a tempo indeterminato, legato appunto a normative della nostra finanziaria di contenimento della spesa pubblica e di personale e di non sostituzione del turnover, come precedentemente si diceva, ma a ciò non ha fatto seguito contemporaneamente una riduzione dei servizi o delle funzioni in capo alle diverse amministrazioni pubbliche, e quindi la necessità anche da parte di queste di utilizzare i vari strumenti a disposizione.
  Questo provvedimento interviene quindi a correggere alcuni aspetti, per poter garantire da un lato la qualità del servizio e delle funzioni gestite dagli enti locali e dagli enti territoriali o dai vari soggetti e aziende pubbliche, e, dall'altro, per tutelare comunque dei lavoratori, che si sono visti in qualche modo ridurre delle aspettative o dei diritti non perché non ne avevano i titoli, ma per scelte strategiche di altro livello.
  Mi riferisco ad esempio al fatto che le graduatorie normalmente durano tre anni e con questo provvedimento, invece, si prevede un prolungamento al 2016 qualora queste non fossero già state precedentemente rinnovate e non superino i cinque anni appunto di precedenti proroghe e, nello stesso tempo, la possibilità poi di utilizzare le graduatorie dei vincitori.
  Noi siamo a conoscenza del fatto che diverse amministrazioni hanno negli anni recenti indetto concorsi pubblici per un certo numero di posti di cui era stato definito il fabbisogno all'interno delle proprie dotazioni organiche che poi non sono state soddisfatte, magari anche in conseguenza dei blocchi legati alla spesa pubblica di personale. Ci troviamo di fronte, quindi, in qualche modo a delle aspettative e a degli interessi legittimi che sono stati disattesi, per esigenze economiche dell'amministrazione che poi magari ha adottato altre modalità per sopperire comunque alle carenze di personale necessario allo svolgimento delle proprie funzioni. Questo decreto-legge, quindi, si inserisce in questo contesto e vuole in qualche modo, come dicevo, restituire delle aspettative a chi sono state tolte, per interessi ovviamente superiori, e, nello stesso tempo, garantire Pag. 103la qualità della pubblica amministrazione che non è venuta meno nei suoi obiettivi e nelle sue funzioni.
  Tra i provvedimenti, che ricordava anche precedentemente in maniera più appropriata il presidente della Commissione lavoro, Cesare Damiano, ci sono quelli appunto legati alla proroga della durata delle graduatorie dei concorsi pubblici, alla possibilità di trasformare alcuni contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato qualora questi abbiano alle spalle concorsi regolarmente esperiti in precedenza e alla possibilità, per alcune categorie di precari, di indire procedure concorsuali al fine di eventualmente stabilizzarne i percorsi lavorativi.
  Introduce anche norme specifiche e va a meglio specificare quelle che possono essere le procedure per la ricerca di personale, sempre tramite concorso pubblico, però prima esperendo tutte le possibilità legate alla presenza di graduatorie esistenti sull'intero territorio nazionale sui profili ricercati, ma anche la possibilità prima di esperire la mobilità esterna ed interna, nonché l'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che prevede la verifica delle procedure relative alle eccedenze già precedentemente individuate dalle pubbliche amministrazioni sull'intero territorio nazionale.
  Questo decreto-legge, quindi, non stravolge le norme in materia di pubblico impiego. Interviene in alcune incongruenze che si sono verificate a seguito di scelte in materia di legge di stabilità e di gestione delle risorse umane e va anche a omogeneizzare e a razionalizzare le procedure di verifica del personale effettivamente in essere nelle pubbliche amministrazioni che può esser oggetto di mobilità per meglio gestire le risorse in essere.
  Ritengo che vada sottolineato il fatto che si debba uscire comunque da questa situazione di straordinarietà che vede periodicamente l'utilizzo di modalità straordinarie per regolamentare situazioni improprie nei confronti dei lavoratori che si vengono a verificare all'interno delle nostre amministrazioni che, da un lato, come dicevo prima, attraverso le leggi stabilità e le leggi in materia di pubblico impiego, si vedono ridurre gli strumenti e le risorse, ma non, dall'altro lato, le funzioni e le competenze.
  Credo, quindi, che noi dobbiamo sicuramente migliorare la nostra capacità di controllo della spesa pubblica, poter anche verificare gli standard dei servizi e dei costi di gestione, poterli comparare e paragonare a livello nazionale per capire anche dove effettivamente ci sono sacche di uso improprio di risorse pubbliche e dove, invece, abbiamo acquisito alti livelli di qualità gestionale, in modo tale anche da poter gestire diversamente quelli che sono gli strumenti a nostra disposizione.
  Vorrei, come ultima cosa, segnalare il fatto che, tra i provvedimenti che vengono indicati e tra le norme che sono state inserite in questo decreto-legge, c’è anche quella di porre sotto controllo la spesa, il costo del lavoro. Dal 1o gennaio 2014 è previsto che tutte le amministrazioni pubbliche censite dall'ISTAT comunichino al MEF proprio i costi annui di personale utilizzato secondo una serie di parametri che vengono indicati. Questo con l'obiettivo proprio di tenere sotto controllo in particolare la spesa pubblica di personale a livello nazionale e quindi, come dicevo prima, poter anche poi attivare politiche diversificate a seconda delle situazioni come queste si presentano.
  Tra gli emendamenti si è voluto anche tenere conto in particolare della situazione di incertezza delle province, che stanno vivendo in questo momento, legata ad un riordino istituzionale già più volte annunciato e che comunque è già oggetto di discussione presso questa Camera. In particolare, occorre considerare che alle province è stata impedita ed è ancora oggi vietata l'assunzione a tempo indeterminato di personale proprio perché le loro funzioni e competenze sono oggetto di riordino e ridefinizione. Pertanto, è stata stabilità la possibilità di derogare ad alcune norme in materia di pubblico impiego, prorogando la durata sia dei contratti a tempo determinato in essere sia dei comandi in uscita in modo tale da poter gestire al meglio le risorse oggi a disposizione Pag. 104e non trovarsi, proprio nella situazione di trasformazione degli enti, in una situazione di maggiore riduzione del personale proprio nel momento nel quale viene richiesta una maggiore capacità e celerità di intervento.
  Riteniamo, quindi, che nonostante questo provvedimento di sicuro presenti elementi critici che in parte sono stati in gran parte migliorati dall'intervento del Senato e della Camera, esso risponda comunque ad esigenze che in questo momento ci sono nel nostro Paese sia rispetto ad aspettative di chi ha regolarmente vinto concorsi e non ha visto rispettato un interesse acquisito, sia riguardo alla qualità dei servizi che la pubblica amministrazione è chiamata in ogni caso a garantire ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, cari colleghi, «obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»: questo il titolo. Quando sento parlare di razionalizzazione per me vale sempre: c’è da stare attenti. Solitamente è un eufemismo per camuffare riduzioni, risparmi, anche licenziamenti e via di seguito.
  Il decreto-legge recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni oggi all'esame dell'Assemblea per la conversione in legge si proponeva di affrontare, nelle intenzioni, un tema certamente urgente ma in via mediata e con la previsione di norme dal contenuto assolutamente disomogeneo, come del resto prassi degli altri decreti-legge di questo Governo.
  In questo caso si va, infatti, dal contenimento della spesa per le auto blu alle consulenze e al tema del precariato; dalla sistemazione del soprannumerario nelle pubbliche amministrazioni e la regolazione dei concorsi per il superamento del precariato, al tema della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, all'Agenzia per la coesione territoriale; nonché dalle misure sul Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) fino al tema dell'Ilva.
  Il precariato nella pubblica amministrazione in questi anni si è ampliato per un motivo semplice: con il blocco delle assunzioni vi era comunque la necessità di sopperire ad una serie di esigenze. Era dovere dello Stato cominciare a dare una prospettiva e trovare una soluzione, ma il decreto oggi in esame, già per come è nato, non ha saputo farlo. Tra l'altro, il precariato all'interno della pubblica amministrazione è costituito non solo da contratti a tempo determinato, ma, per la maggior parte dei casi, da co.co.co e da altre forme di prestazione di lavoro. Non si è tenuto conto di tale aspetto per superare tali forme di precariato, che continuano ad esistere.
  La volontà effettiva di stabilizzare o assumere lavoratori nel pubblico non può desumersi dalla sola adozione di un decreto-legge. Il tema del lavoro, da affrontarsi ai fini di un vero ammodernamento della pubblica amministrazione, avrebbe richiesto un percorso da compiere insieme alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici, avviando un reale dialogo con le rappresentanze sindacali a favore di quel personale che, con il proprio apporto qualificato, ha permesso, in tutti questi anni in cui il settore pubblico è stato penalizzato anche da pesanti blocchi del turnover, la prestazione di servizi essenziali alla collettività. Meglio sarebbe stato procedere con lo strumento del disegno di legge e non del decreto-legge che, nello specifico, prevede assunzioni solo a seguito di un decreto; decreto che sarà emanato solo dopo il monitoraggio a cura della funzione pubblica, che, nel testo proposto, è disciplinato, peraltro, nella sola data di inizio, ma non nel termine finale. In quali tempi si procederà alle assunzioni ?
  È una questione seria quella relativa alle procedure che si prevedono per i bandi e i concorsi, che saranno quindi molto lunghe, in quanto, non essendo passata alcuna proroga dei contratti in Pag. 105essere, fanno correre il rischio di vedere, da qui a poco tempo, migliaia di persone prive di contratto.
  Ribadiamo quanto già segnalato da noi nelle Commissioni competenti sul testo: è necessaria un'estensione ulteriore delle procedure di stabilizzazione non per un generico spirito umanitario, quanto piuttosto per l'esigenza di garantire importanti prestazioni pubbliche. Il rapporto di impiego non stabile con la pubblica amministrazione è stato negli anni oggetto di numerosi interventi legislativi assolutamente disomogenei tra loro. Dunque sarebbe effettivamente utile tentare una razionalizzazione del quadro dei contratti, salvaguardando le professionalità acquisite e tenendo conto degli specifici carichi di lavoro. Occorre tenere conto del fatto che alcune pubbliche amministrazioni locali hanno fatto ricorso a personale precario per assicurare dei servizi ai quali non potevano fare fronte con le piante organiche e che hanno in questo modo formato negli anni professionalità che non devono andare disperse.
  Per tali ragioni, non possiamo che mantenere una valutazione critica nei confronti dell'impostazione complessiva del provvedimento trasmessoci dal Senato, che reca interventi non in grado di ricomprendere tutte quelle risorse umane che sono state in questi anni coinvolte nello svolgimento di importanti funzioni nelle pubbliche amministrazioni. Non ricomprenderle significherebbe sottovalutare la realtà del nostro Paese. Rimarrebbero scoperti servizi fondamentali per i cittadini, quali i servizi sociali e quelli sanitari, nel contempo lasciando senza tutela quei lavoratori che hanno retto in piedi tali servizi.
  È necessario, quindi, fare attenzione a quei lavoratori che sono essenziali nel fornire dei servizi ai cittadini, onde evitare di pensare di risolvere un problema, creandone uno maggiore, mandando al macero servizi che hanno dimostrato di essere indispensabili ed efficienti. Al contempo, nel testo è assente – e abbiamo presentato emendamenti per inserirla – una proroga, necessaria per almeno 36 mesi, dei contratti dei lavoratori precari che non sono stati inclusi nel percorso di stabilizzazione previsto dal decreto-legge in esame.
  Signora Presidente, colleghi, non ce la sentiamo di condividere l'indirizzo seguito dal Governo nella materia del pubblico impiego, atteso anche quanto previsto nella manovra finanziaria che non può che rendere più delicato e teso il clima sociale. Suscita perplessità, peraltro, la norma che prevede che le regioni predispongano un elenco regionale dei lavoratori impegnati in lavori socialmente utili basato su determinati criteri, e che questo elenco venga utilizzato per assunzioni senza concorso. Tale previsione necessariamente intacca le legittime aspettative di quanti lavorano nella pubblica amministrazione sulla base di contratti precari e che potrebbero vedersi scavalcati nelle assunzioni presso le pubbliche amministrazioni per le quali lavorano. È chiaro che negli elenchi in questione dovrebbero essere inclusi anche coloro che hanno maturato una anzianità professionale come contrattisti nelle pubbliche amministrazioni.
  Il gruppo Sinistra Ecologia Libertà sin dall'inizio dell’iter parlamentare del testo in Senato si è speso per fornire più garanzie ai lavoratori. Ci batteremo anche in questo ramo del Parlamento, per ricondurre le tipologie contrattuali derivanti dalla stabilizzazione ai contratti nazionali di lavoro, o contro quelle norme sull'Agenzia per la coesione territoriale in contrasto anche con la normativa comunitaria.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 19,40)

  FLORIAN KRONBICHLER. Quanto al SISTRI, al sistema di tracciamento dei rifiuti, occorre individuare soluzioni alternative alla disciplina attuale che ha dimostrato notevoli difficoltà di funzionamento. Rispetto all'articolo 12, alle norme sull'Ilva, è necessario respingere i condizionamenti della proprietà, che non può non avere riflessi sull'occupazione.
  Non comprendiamo l'ostinazione del Governo nel voler inserire una sanatoria Pag. 106delle discariche che rischia di provocare una nuova procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Si è voluta perseguire una strada sbagliata. Avremo delle conseguenze che pagheranno tutti i cittadini perché pagherà lo Stato, perché si andrà avanti con le procedure di infrazione. Si è voluto, invece, perseverare, addirittura estromettendo le autorità regionali per l'ambiente da qualsiasi possibilità di intervento per quanto riguarda i piani di risanamento e, nello specifico, le discariche.
  Per non parlare, poi, degli enti di ricerca: non si ha la percezione della diversità dei contratti e della specificità degli enti di ricerca. Lo stesso vale per altri settori e, ancora una volta, purtroppo, per la cultura, sistematicamente sacrificata. Abbiamo provato, per quanto possibile, ad introdurre dei correttivi al testo con nostri emendamenti che speriamo vengano accolti dall'Assemblea. Dobbiamo evitare che vi siano, nella pubblica amministrazione, altre migliaia di persone precarie, senza alcuna possibilità di contratto.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Renata Polverini. Ne ha facoltà.

  RENATA POLVERINI. Signor Presidente, colleghi, permettetemi intanto di ringraziare i presidenti delle Commissioni affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto, e del lavoro pubblico e privato, Cesare Damiano, ma soprattutto tutti i colleghi di maggioranza e opposizione che in questi giorni hanno affrontato con scrupolo e forte senso di responsabilità un provvedimento che ha ricadute dirette, come tutti noi sappiamo, su oltre tre milioni di dipendenti pubblici e, più in generale, sul sistema Paese, in considerazione della centralità della pubblica amministrazione. Voglio ringraziare – e non per cortesia, ma per davvero – anche gli esponenti del Governo, a cominciare dal Ministro D'Alia, al sottosegretario Amici, con i quali ci siamo confrontati soprattutto in queste ultime ore, in maniera proficua, fermo restando che su alcuni nodi strutturali, che non abbiamo potuto risolvere in questo percorso di conversione, rimaniamo convinti che occorre da subito, sin dalla legge di stabilità, trovare appunto i correttivi sperati.
  Al termine, dicevo, di un percorso intenso e complesso, nel quale si è cercata una mediazione fra sensibilità evidentemente diverse, si è riusciti a migliorare un provvedimento sul quale, come sappiamo, erano già intervenuti i colleghi del Senato. I loro correttivi, molto significativi, a nostro avviso in alcuni punti addirittura peggiorativi purtroppo rispetto al testo presentato dal Governo, sono apparsi comunque non ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento all'inserimento dei vincitori di concorsi e alla stabilizzazione del personale precario con contratto a tempo determinato.
  Nell'affrontare i contenuti del decreto-legge n. 101, ho personalmente posto l'attenzione su alcuni nodi, sei in particolare, irrisolti che hanno una forte ricaduta sociale, economica e politica. Il primo di questi – che purtroppo rimane irrisolto – è la necessità di recuperare uno spazio per la contrattazione collettiva nel pubblico impiego. Lo Stato, come chiede al cittadino di rispettare le norme e di pagare quanto dovuto in termini di tasse, imposte ed accise, dovrebbe da parte propria rispettare i patti e gli impegni presi con i propri dipendenti. Ed invece è dal 2009 che non si rinnovano i contratti collettivi – compresi quelli di secondo livello che, pure, dovrebbero incentivare e valorizzare la produttività – con la prospettiva di arrivare al 2017, con tutto quello che ne consegue in termini di riduzione del potere d'acquisto e di crollo nei consumi interni. Lo dico perché ci troviamo di fronte ad una situazione di crisi dove sappiamo bene quanto è importante rimettere in corsa il potere d'acquisto dei cittadini italiani. A tale proposito, è possibile stimare una riduzione del potere d'acquisto degli stipendi dei dipendenti pubblici nell'ordine del 15 per cento. La cosa più drammatica è che il mancato Pag. 107rinnovo dei contratti collettivi rende i dipendenti pubblici più poveri oggi, ma anche in futuro, quando si ritroveranno a percepire una pensione molto più bassa dei colleghi del privato per effetto del sistema contributivo.
  È altresì fondamentale, ed è questo un secondo tema, che il legislatore intervenga sulle società partecipate o controllate dalle amministrazioni pubbliche. Il Paese, nella situazione in cui si trova, non può permettersi di perdere un patrimonio di conoscenze professionali necessario a garantire l'efficienza dei servizi erogati al cittadino e alla pubblica amministrazione stessa. È urgente quindi adottare un provvedimento che, pur nel rispetto dei vincoli e degli impegni comunitari, salvaguardi i livelli occupazionali e garantisca la continuità dei servizi erogati. Questo è un punto fondamentale sul quale, a mio avviso, di qui a breve, in particolare con la legge di stabilità, dovremo trovare una risposta.
  Il terzo nodo è la risposta che, come decisore politico, dobbiamo alle migliaia di persone – giovani e meno giovani – che hanno vinto un concorso pubblico o che operano da anni nella pubblica amministrazione con contratti a tempo determinato. Si è prospettato un percorso di inserimento che rischia, però, di essere vanificato già con la prossima legge di stabilità, se verrà confermata l'ennesima stretta al turn over. Dal 2008, i dipendenti pubblici sono già diminuiti di oltre 230 mila unità, ponendo l'Italia ben al di sotto di Paesi come la Francia e la stessa Gran Bretagna per il numero di dipendenti pubblici. La pubblica amministrazione ha bisogno di inserire nuove professionalità nei propri organici in risposta alle mutate esigenze del sistema delle imprese e delle famiglie.
  Il quarto nodo richiama la salvaguardia contenuta all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. In maniera iniqua, sono stati finora esclusi dalla tutela gli esonerati dal servizio delle amministrazioni pubbliche non statali. Ora, grazie ad una convergenza fra maggioranza e minoranza, la salvaguardia è estesa anche ai dipendenti delle regioni, delle aziende sanitarie locali e degli enti strumentali.
  Il quinto tema richiama le province, oggetto di un intervento poco organico da parte del legislatore. È stata posta in particolare la questione sulla funzionalità dei centri per l'impiego, chiamati a svolgere un ruolo decisivo nell'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, vista la perdurante e drammatica crisi che investe il nostro Paese. Senza l'emendamento approvato in Commissione, ci saremmo trovati davanti al paradosso per il quale un Ministro della Repubblica, il titolare del dicastero del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, annuncia di voler rafforzare i servizi offerti in materia di occupazione, così da raggiungere più consoni standard europei, mentre il suo stesso Governo si dimentica di dare il via libera al rinnovo dei contratti a tempo determinato del personale occupato nei centri per l'impiego, quindi abbiamo sanato una cosa importantissima.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 19,50)

  RENATA POLVERINI. L'ultimo nodo richiamato riguarda il rapporto fra Stato, regioni e province autonome in seno alla nascitura Agenzia per la coesione territoriale. Fermo restando che l'obiettivo condiviso deve essere quello di impiegare al meglio e in maniera più efficiente i fondi europei, non si può immaginare di andare oltre il dettato costituzionale, espropriando di fatto le regioni e le province autonome della loro potestà in materia di gestione dei fondi comunitari. L'esperienza recente conferma che i migliori risultati in termini di programmazione si ottengono laddove vi è la condivisione istituzionale e coinvolgimento del partenariato economico e sociale. L'Agenzia per la coesione territoriale dovrebbe quindi muoversi in questo solco che ha permesso una considerevole accelerazione nella spesa dei fondi europei negli ultimi mesi.
  Posti questi nodi politici, vorrei, nel tempo ancora che mi rimane a disposizione, Pag. 108evidenziare l'importanza di alcuni emendamenti al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, di cui stiamo discutendo, presentati da me personalmente o insieme ad altri colleghi ed approvati in Commissione.
  Nell'articolo 2, contenente disposizioni in tema di accesso nelle pubbliche amministrazioni, di assorbimento delle eccedenze e potenziamento della revisione della spesa anche in materia di personale, sono stati accolti alcuni emendamenti attraversi i quali, in particolare, si è recuperato il confronto con le organizzazioni sindacali nei casi di personale in soprannumero. Questo è importante, il coinvolgimento in un momento così complicato nella crisi economica del nostro Paese perché – come sappiamo – le organizzazioni possiamo considerarle un primo sistema di ammortizzatore sociale che va assolutamente valorizzato.
  Altri interventi hanno riguardato gli ordini e i collegi professionali, il titolo di studio, le competenze del Dipartimento della funzione pubblica, le comunicazioni sulle docenze. Il tema della estensione della salvaguardia per gli esonerati da amministrazioni diverse rispetto a quella dello Stato è confluito – come detto – in un equivalente emendamento presentato dalla minoranza e approvato in Commissione.
  Rispetto all'articolo 3, contenente misure urgenti in materia di mobilità nel pubblico impiego e nelle società partecipate, è stato posto il problema della tutela dei livelli occupazionali e – continuo e insisto – della continuità del servizio nelle società partecipate in Senato, con un ordine del giorno che, di fatto, ha assorbito gli emendamenti in quel ramo del Parlamento. Probabilmente, noi ci muoveremo nella stessa direzione, ma mi auguro – e sono convinta – di trovare l'impegno del Ministro perché questo ordine del giorno si trasformi immediatamente in una parte sostanziale della legge di stabilità. Sappiamo che sono troppe le famiglie che avrebbero problemi nel momento in cui di qui ad un anno alcune società andranno per legge di fatto chiuse e diamo almeno a loro la possibilità, laddove le società hanno la possibilità di lavorare e di mettere in campo un procedimento di mobilità tra le stesse.
  Nell'articolo 4, «Disposizioni urgenti in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorso, nonché di limitazioni a proroghe di contratti e all'uso del lavoro flessibile nel pubblico impiego», il riferimento all'espletamento della procedura di mobilità interna all'amministrazione è confluito nell'emendamento presentato dal Governo. Sull'abrogazione del comma 6-quinquies, rispetto al quale avevo presentato un mio emendamento, si è registrata un'ampia convergenza di maggioranza e minoranza, mentre l'emendamento Bellanova 4.147 ha assorbito la mia proposta relativa al rinnovo dei contratti a tempo determinato degli addetti ai centri per l'impiego.
  Sempre allo stesso articolo, dopo il comma 10, è stato inserito il comma 10-bis, che prevede la trasformazione dei comitati locali e provinciali della Croce rossa italiana, tema trattato anche da altri colleghi nonché un successivo comma 10-ter, firmato dalla collega Gelmini, relativo al rilascio dei certificati medici per l'attività sportiva non agonistica. Nell'articolo 4-ter, «Modifica all'articolo 6 del decreto-legge n. 216 del 2011, riguardante profili pensionistici per la donazione di sangue e di emocomponenti», con un emendamento, che mi auguro rimanga in questo provvedimento, è stata posta la questione del riconoscimento del valore sociale della maternità, della paternità e dell'assistenza dei familiari a carico. Tale tema è poi diventato patrimonio comune – ed insisto su questo tema – con l'approvazione degli emendamenti proposti dalla collega Gnecchi ed altri, per effetto dei quali i congedi parentali di cui al decreto legislativo 21 marzo 2001, n. 151, ed i permessi retribuiti ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 – la famosa, oramai, «104» – sono pienamente validi ai fini previdenziali, sanando così una iniquità che aveva penalizzato – e mi auguro che siamo veramente Pag. 109riusciti a sanarla – fortemente anche coloro che donano il sangue e gli emocomponenti.
  All'articolo 8 – e mi avvio a concludere –, rubricato «Incremento delle dotazioni organiche del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco», è stato approvato un emendamento che permette ai comuni, ai loro consorzi, alle province e alle regioni di stipulare delle convenzioni con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la redazione dei piani di emergenza comunali e di protezione civile. Qui voglio riprendere l'intervento che ho ascoltato ieri da alcuni colleghi in Commissione. Questo tenta di dare una piccola e parziale risposta ad un problema importante in un Paese sempre, diciamo, con continui problemi in particolare di dissesto idrogeologico e credo che forse sia il caso di affrontare per davvero con una legge organica il sistema della Protezione civile e, quindi, anche dei corpi che ne fanno parte. Allo stesso articolo è stato espunto il riferimento all'espletamento degli accertamenti per l'idoneità psico-fisica e attitudinale, che avrebbe potuto ingenerare dei ricorsi da parte degli esclusi, mentre è stata prorogata al 31 dicembre 2016 l'efficacia delle graduatorie approvate a partire dal 1o gennaio 2008.
  All'articolo 10, «Misure urgenti per il potenziamento delle politiche di coesione», con l'emendamento al comma 4 è stato recuperato il confronto preventivo con la Conferenza Stato-Regioni, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, cosa utile per ridurre sensibilmente il rischio di contenzioso cui si accennava precedentemente. Sappiamo che non è possibile su competenze proprie delle regioni anche attraverso legge, appunto, eliminare la loro partecipazione attiva e il rischio di contenzioso era altissimo. Quindi, da un lato recuperiamo, con questo confronto, una partecipazione reale delle regioni e dall'altro evitiamo, appunto, di continuare in questo contenzioso quasi permanente fra le regioni e lo Stato su materie, appunto, complesse come questa. Allo stesso articolo, un secondo emendamento approvato elimina la previsione in base alle quale con decreto ministeriale si sarebbero ridotte le dotazioni organiche, le relative strutture e le risorse finanziarie e strumentali del Ministero dello sviluppo economico.
  In conclusione, l'auspicio è che il Senato voglia approvare definitivamente questo decreto-legge nei pochi giorni ancora rimasti prima della sua decadenza per poi concentrare tutte le risorse professionali ed economiche sulla legge di stabilità, che dovrà rappresentare nella sua versione ultima, necessariamente corretta rispetto alle prime indicazioni emerse in questi giorni, lo strumento con il quale il nostro Paese potrà agganciare la ripresa economica e occupazionale.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fabiana Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, ci verrebbe da dire che siamo alle solite. Già, perché questa è l'ennesima volta dall'inizio della legislatura in cui siamo a discutere in Aula un decreto-legge emanato dal Governo: il quindicesimo, se non erro, dall'inizio della legislatura. Quindi, il quindicesimo in solo otto mesi. Il decreto-legge n. 101 del 2013, recante disposizioni urgenti per il perseguimento degli obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, contiene diverse misure, che riguardano soprattutto la struttura e le risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, comprendendo anche alcuni soggetti come le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni. Tra tali misure vi sono quelle che riguardano, per esempio, la riduzione delle spese per le auto di servizio e consulenze, l'accesso alle pubbliche amministrazioni, l'assorbimento dell'eccedenza del personale, la mobilità nel pubblico impiego e nelle società partecipate, l'immissione in servizio di idonei vincitori di concorsi, le limitazioni del ricorso a proroghe di contratti e all'uso del lavoro flessibile nel pubblico impiego. Poi si parla del Civit, le cui competenze dovrebbero essere spostate all'Aran; poi vi è la proroga per gli incarichi Pag. 110dirigenziali esterni conferiti dalle province fino addirittura al 31 dicembre 2014, quindi oltre addirittura la proroga concessa alle province stesse. Dulcis in fundo, come non parlare dell'emendamento approvato dal Senato e da noi ridenominato «salva Consob» ? Il decreto ha obiettivi importanti, ma certamente non straordinari, dato che intende modificare situazioni che sono immutate da decenni. Un decreto che reca nel titolo le parole «razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» e che nell'orecchio di un cittadino, alla valutazione di una persona comune intelligente, dovrebbe indurre a pensare all'idea di semplificazione o di razionalizzazione, dovrebbe comunque permettere anche solo di comprendere questo concetto. Invece, questo decreto è nebuloso, il testo è praticamente illeggibile. Non lo è soltanto per i milioni di cittadini che saranno chiamati ad applicarlo, lo è anche per gli addetti ai lavori, per gli esperti di diritto, e illeggibile persino per noi che dovremmo essere il legislatore, che siano chiamati a discuterlo, ad emendarlo e ad approvare eventuali migliorie.
  Però, al di là del merito, vorrei soffermarmi sul procedimento che ha condotto a questo decreto in Aula. Il decreto è stato calendarizzato nella Conferenza dei presidenti di gruppo, per l'Aula, prima che giungesse alla Camera, praticamente come se una persona si fissasse la data di una visita medica prima di sapere quando sarà malato: il festival dell'assurdo. In Commissione l'esame è iniziato il martedì e i relatori non hanno nemmeno letto le relazioni, le hanno depositate, perché i tempi poi stringevano e bisognava correre in Aula, se non sbaglio, a finire l'abolizione del finanziamento ai partiti. Concluso il lunghissimo dibattito – lungo, sia chiaro, è sarcastico, perché non abbiamo parlato per niente – è stato fissato il termine per gli emendamenti, ben ventiquattr'ore dopo: ore dieci, anzi no, poi l'abbiamo sposato alle dodici, per concedere quel paio di ore in più, che non si sa mai. Ben ventiquattr'ore per discutere ed emendare un testo che è veramente molto molto complesso. L'inizio e la conclusione dell'esame degli emendamenti, che ovviamente sono stati rigorosamente segnalati, perché erano troppi, è avvenuto ieri, dalle 15 alle 22. Il fascicolo degli emendamenti segnalati è non pervenuto. Infatti, le sembrerà strano, Presidente, ma abbiamo votato senza il fascicolo degli emendamenti segnalati, sempre per tempistica, certo non per colpa degli uffici o dei relatori. I relatori hanno soltanto fornito i pareri favorevoli e su tutti gli altri vi era un invito al ritiro o parere contrario. Il problema era capire quali fossero tutti gli altri, perché senza il fascicolo dei segnalati avevamo due tomi da 500 emendamenti. Per cui, tanto per parlarci chiaramente, abbiamo votato un po’ tutti a casaccio. Non sarebbe tanto un problema se noi qui facessimo in fretta, il problema è che qua noi dovremmo – dovremmo, perché poi, in realtà, non produciamo leggi, ma ratifichiamo soltanto decreti del Governo – fare leggi. Invece qua si corre soltanto ad inseguire provvedimenti che sono iniziati in una Camera o nell'altra. Il problema è che questo sistema è un sistema monocamerale di fatto alternato. Cioè, se un provvedimento inizia al Senato viene esaminato lì e si conclude, ma se si arriva alla Camera in «tempo zero» bisogna correre per chiuderlo, perché altrimenti scade; e viceversa: se si inizia alla Camera, al Senato è blindato.
  Allora evidentemente c’è qualcosa che non funziona in quello che stiamo facendo. Quello che a me rattrista – lo ribadisco – è che noi qui dovremmo starci a fare delle leggi, per cui lavorare bene e lavorare con dei tempi adeguati dovrebbe essere la base per scrivere delle leggi quanto meno decenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

  ANTIMO CESARO. Signor Presidente, signor Ministro, membri del Governo, colleghi, il decreto-legge che discutiamo in quest'Aula reca interventi vasti e articolati che seguono finalità a volte difficilmente Pag. 111riconducibili all'obiettivo dichiarato dal provvedimento: razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse umane e garanzia di efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione. Una prima osservazione, per così dire di carattere formale – laddove la forma diventa sostanza – concerne la chiarezza e l'intelligibilità del dettato normativo. Esso, come ha sottolineato il senatore Ichino al Senato, risulta in non pochi passaggi, cito testualmente: «illeggibile per noi stessi legislatori che lo stiamo discutendo». E ciò pone un problema politico di grande rilievo per un provvedimento rubricato sotto la voce razionalizzazione. Un testo complicato per gli addetti ai lavori non semplifica né razionalizza, ma è potenzialmente in grado di rafforzare ulteriormente la distanza tra cittadino e pubblica amministrazione. Un cittadino costretto, per superare le difficoltà interpretative di un testo complesso ad affidarsi ai professionisti dell'ermeneutica ministeriale. Tuttavia abbiamo apprezzato gli interventi in Commissione del Ministro D'Alia, che, se da un lato si è dichiarato disponibile a interventi migliorativi del testo, dall'altro ha manifestato la sua contrarietà a qualsiasi forma di stabilizzazione generalizzata. Queste sarebbero d'altra parte costituzionalmente assai discutibili e finanziariamente insostenibili. Siamo, purtuttavia, consapevoli della difficoltà di conciliare il principio del riconoscimento delle talvolta legittime aspettative dei lavoratori precari, con quello – per noi di Scelta Civica ineludibile – del merito e del diritto dei giovani a lavorare nella pubblica amministrazione, attraverso un pubblico concorso in grado di valorizzare il loro talento. E ciò anche alla luca dei recenti dati Svimez, che evidenziano la drammatica crisi occupazionale che assilla soprattutto i giovani e, tra questi, i neolaureati. Da un lato, la desertificazione industriale, dall'altro, la mancanza di fiducia in uno Stato non in grado di garantire il merito, determinano, soprattutto al sud, quel triste fenomeno della cosiddetta fuga di cervelli, che contribuisce non poco a delineare i contorni di uno scenario occupazionale che lo stesso Presidente della Repubblica Napolitano ha definito inquietante. Nei primi mesi di quest'anno la soglia degli occupati è scesa a livelli paragonabili a quelli del 1977, trentasei anni fa.
  Questo provvedimento si inserisce perciò in un contesto socio-economico caratterizzato da una grande incertezza, una straordinaria precarietà e da una talvolta insostenibile eccessiva flessibilità. Rispetto a sacche di precariato presenti nella pubblica amministrazione, interventi statali di stabilizzazione, ipotizzabili e, in qualche caso auspicabili, non possono ridursi a una sanatoria di comportamenti e scelte talvolta scorrette da parte del management pubblico e, anche, della malapolitica, nella gestione del personale. Sostenere con chiarezza una tale posizione, ci evita il danno di alimentare aspettative occupazionali del tutto infondate in decine di migliaia di giovani, attualmente impiegati come precari della pubblica amministrazione o idonei in una graduatoria di concorso. E sottolineo che occorre tenere distinte le categorie degli idonei e dei vincitori di concorso. Sono posizioni diverse, come è evidente. In entrambi i casi si tratta di persone inserite in graduatorie che si riferiscono a giudizi di idoneità talvolta assai risalenti nel tempo e che presuppongono abilità che dovrebbero essere verificate alla luce di nuovi percorsi di aggiornamento o qualificazione.
  In quest'ottica, abbiamo apprezzato il testo così come giunto modificato dal Senato, anche grazie alle misure introdotte dai colleghi di Scelta Civica nell'altro ramo del Parlamento. Per quanto detto, siamo stati vigili nei lavori in Commissione per evitare che il provvedimento venisse snaturato proprio negli aspetti migliorativi apportati attraverso i lavori parlamentari.
  Per quanto riguarda i profili di competenza specifici della Commissione lavoro, uno dei punti chiave affrontati è la norma contenuta nell'articolo 4, inerente la stabilizzazione dei lavoratori precari. Onde evitare il perpetuarsi di prassi assai discutibili, abbiamo particolarmente apprezzato quella parte del dispositivo tesa a Pag. 112rendere più stringente il divieto di ovviare ai vuoti in organico con nuove assunzioni a termine.
  Risponde, poi, a un criterio di efficienza e di economicità l'obbligo imposto alle amministrazioni di attingere alle graduatorie di pubblici concorsi già approvate o di attivare procedure di mobilità prima di avviare nuove procedure concorsuali. Ci auguriamo, tuttavia, che la norma non sia disattesa, come avvenuto, purtroppo, negli ultimi anni, nonostante le pesanti sanzioni che l'accompagnano.
  Alcuni aspetti specifici del decreto ci hanno poi favorevolmente colpito. Mi riferisco, ad esempio, alle norme in materia di assunzione a tempo determinato di lavoratori socialmente utili; alla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato per il biennio 2014-2015, al fine di assicurare la continuità dell'attività di ricostruzione e recupero della città de L'Aquila e dei comuni colpiti dal terremoto; all'articolo introdotto al Senato riguardante l'inserimento delle giornate dedicate dai lavoratori alla donazione di sangue o di emocomponenti nel computo del calcolo di anzianità contributiva per l'accesso alla pensione anticipata senza penalizzazioni.
  Condividiamo la norma che dispone l'assegnazione alle scuole italiane all'estero di unità di personale in deroga alla spending review, insieme al dispositivo recante la riforma degli Istituti italiani di cultura e la promozione della lingua italiana all'estero. Apprezziamo l'ulteriore taglio di consulenze e di auto di servizio; auspichiamo che ciò implichi un risparmio e contribuisca a dare un'immagine di sobrietà alla pubblica amministrazione, anche se abbiamo qualche perplessità sugli effettivi risparmi che si potranno realizzare consentendo, eventualmente, ai dipendenti l'utilizzo della propria autovettura con rimborso.
  Ci fa piacere assicurare ai vincitori di concorso negli enti di ricerca l'inserimento lavorativo a tempo indeterminato. Un Paese, infatti, che scommette sulla ricerca scientifica e industriale può guardare con maggiore speranza al proprio futuro. Molto è stato fatto, diverse norme sono state migliorate; rimaniamo, tuttavia, fermi nei nostri propositi finalizzati ad un sostegno pieno e incondizionato alle politiche attive del lavoro.
  È necessario avviare un processo di attivazione di nuovi servizi per l'impiego ispirati al principio della stretta cooperazione tra strutture pubbliche e operatori privati specializzati. Riteniamo che attraverso un servizio di assistenza, degno di questo nome, nella ricerca della nuova occupazione, diretto alle persone inoccupate o disoccupate titolari di trattamento di disoccupazione o di mobilità, si possa dare speranza a quanti hanno perso il lavoro, vivono con assegni di disoccupazione o sono alla ricerca della loro prima collocazione nel mondo del lavoro.
  Tutto ciò potrebbe costituire una risposta efficace al contratto di ricollocazione delineato dall'Unione europea, in grado di trasformare le politiche passive del lavoro, il mero sostegno del reddito, in assistenza intensiva e mirata alla creazione di nuove opportunità occupazionali. Infine, un altro punto qualificante del provvedimento, che pur suscita, come abbiamo visto, qualche perplessità, è quello concernente l'Agenzia per la coesione territoriale.
  Ritengo che vada proprio nell'ottica della razionalizzazione delle risorse umane ed economiche disponibili la scelta di una centralizzazione, purché il tutto non si risolva nella creazione di un ulteriore livello di gestione burocratica dei fondi strutturali. È evidente, soprattutto per le regioni del Mezzogiorno, l'incapacità di cogliere tutte le opportunità e di sviluppare tutte le potenzialità che possono e devono attivarsi da una corretta gestione dei fondi europei.
  Sono le regioni – penso alla mia Campania, alla Calabria, alla Sicilia, al Molise, all'Abruzzo – che più avrebbero bisogno di investimenti capaci di creare infrastrutture, sistemi di sviluppo, spinta alla crescita, anche attraverso la valorizzazione delle nostre eccellenze nel campo della Pag. 113ricerca, dell'università e della cultura, come ricordava qualche collega che mi ha preceduto.
  In quest'ottica credo che forme di tutoraggio, di monitoraggio e di sostituzione come quelle previste nel provvedimento de quo siano appropriate. La nostra fiducia non ci esime, tuttavia, da un'attività di vigilanza e monitoraggio, affinché sia garantito il passaggio dalla previsione teorica alle risultanze pratiche.
  Questo è il nostro impegno, a garanzia della volontà di innovazione e della spinta riformatrice e solidale che caratterizza l'attività politica e parlamentare di Scelta Civica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Emanuele Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento al nostro esame, ritengo necessario porre una questione procedurale, in merito alla quale mi auguro davvero ci possa essere una riflessione da parte della Presidenza, in tema di organizzazione dei lavori. Mi riferisco all'esame svolto ieri sera in Commissione, una seduta nella quale sono stati esaminati e votati a velocità supersonica un numero enorme di emendamenti. Non è mia intenzione rivolgere critiche a nessuno, perché è evidente che se il voto degli emendamenti è stato fissato ieri pomeriggio in Commissione, con il provvedimento calendarizzato in Aula per oggi, non si poteva fare in altro modo. Quella che intendo porre è invece una questione di metodo, perché quello che abbiamo svolto ieri non lo possiamo definire esame, ma piuttosto una seduta di ginnastica in cui abbiamo continuato ad alzare e abbassare le mani. Se si continua a procedere con questo metodo di lavoro non ci possiamo meravigliare della scarsa qualità dei nostri testi normativi, perché non c’è davvero il tempo materiale di valutare una norma o di spiegare con cognizione di causa ogni emendamento.
  È chiaro che un decreto-legge ha tempi serrati per la conversione e può anche capitare che possa essere trattenuto più a lungo da una delle due Camere, lasciando poco tempo all'altra. Penso ad esempio al decreto sul femminicidio che abbiamo trattenuto qui alla Camera praticamente quasi fino alla scadenza, costringendo il Senato a procedere ad una semplice ratifica.
  Il punto è un altro: se si vuole evitare una sorta di coazione a ripetere di un metodo di lavoro che è stato seguito ieri e in occasioni precedenti, si deve arrivare ad una diversa articolazione delle giornate di lavoro in Commissione. Se il decreto doveva approdare in Aula oggi, se la scadenza per gli emendamenti era stata fissata a mercoledì scorso, ma perché non abbiamo utilizzato la giornata di giovedì e quella di venerdì ed eventualmente del sabato per svolgere un esame degno di questo nome ? Qualche settimana fa la presidente Boldrini aveva dichiarato che la Camera avrebbe lavorato dal lunedì al venerdì. Ci auguriamo che almeno questo auspicio venga realizzato quanto prima, e a una condizione: che si tratti di lavori effettivi, almeno quando ci sono dei decreti. Perché se intendiamo per lavori una seduta dell'Aula il venerdì per le interpellanze, con le Commissioni sconvocate, allora, e con tutto il rispetto per sindacato ispettivo, ci prendiamo in giro, visto che poi siamo costretti all'esame fast food in Commissione di un provvedimento rilevante come il decreto-legge sulla pubblica amministrazione.
  Venendo al contenuto del decreto-legge, c’è un aspetto di natura cromatica che balza all'occhio nello sfogliare le 137 pagine circa di cui si compone il provvedimento, il carattere grassetto ha la netta prevalenza su quello ordinario. Come è noto nel layout degli stampati parlamentari, si stampano in carattere grassetto le parti modificate nel corso dell'esame parlamentare, rispetto al testo originario del Governo, in questo caso. A nostro avviso, un Governo che vara un provvedimento di urgenza e poi se lo vede stravolgere nel corso dell'esame parlamentare dalla propria maggioranza, una riflessione dovrebbe farla. La dovrebbe fare duplice: una Pag. 114di merito, relativa alla qualità delle norme che scrive, un'altra, di natura più politica, in merito al grado della sua autorevolezza e al rapporto con la propria maggioranza.
  Domenica scorsa il senatore Monti è intervenuto in diretta Tv, in maniera molto ruvida su questo aspetto. Ha accusato senza mezzi termini il Governo di essere schiavo di diktat di uno dei suoi due azionisti politici e soggetto alle fibrillazioni congressuali dell'altro main sponsor. Personalmente però non mi trovo d'accordo con il giudizio del senatore Monti. Non perché sia stato ingeneroso nei confronti del Governo, ma perché ha sbagliato la diagnosi. Il Governo del vin BruLetta è infatti afflitto dallo stesso male che ha travagliato il Governo Monti, ed è per questo che adotta lo stesso metodo di autotutela. I provvedimenti varati dal Governo potrebbero definirsi astratti. C’è un nucleo di norme che è sostanzialmente immodificabile. A corredo di queste, nei decreti viene inserita una lunga serie di articoli, che potremmo definire «da asporto», una sorta di riserva di caccia nella quale la maggioranza parlamentare viene lasciata a mano libera per inserire bandierine politiche o per approvare norme finalizzate all'esclusivo consenso elettorale di questa o di quella categoria sociale o professionale. Questo è esattamente quello che è avvenuto con questo decreto, dove, dopo che il Senato ha avuto la parte del leone, anche alla Camera è stata riservata una quota limitata di modifiche. Il problema sta nel fatto che gran parte di queste modifiche sono di natura peggiorativa, volte ad aggirare un divieto da un lato o ad aprire il cordone della borsa dall'altro.
  In questo mercato, che ovviamente riguarda solo la maggioranza, rimangono sul terreno proprio gli emendamenti virtuosi. Personalmente, e mi scuso se cito un emendamento che mi riguarda, ma sono stato molto sorpreso dalla bocciatura di una proposta di modifica che avevo presentato in Commissione, non perché fosse a mia prima firma, ma perché si limitava ad inserire una norma ordinamentale che non prevedeva neppure un euro di spesa, e per giunta su un tema di grandissimo rilievo. Mi riferisco alle procedure d'emergenza delle quali le pubbliche amministrazioni si debbono dotare per garantire la continuazione del servizio a fronte di imprevisti. Ovviamente su questo ci sono delle norme ormai varate molti anni fa che sono ad oggi totalmente inapplicate. Norme che impongono alle pubbliche amministrazioni di dotarsi di piani di emergenza che debbono garantire, come detto, continuità del servizio e il cosiddetto disaster recovery, piani che debbono essere sottoposti al parere dell'Agenzia per l'Italia digitale, quindi parliamo dei dati dei cittadini.
  Poiché ad oggi su circa 10.000 amministrazioni sono solo 930 le amministrazioni che hanno adempiuto alla procedura prevista dalla legge, abbiamo presentato un emendamento che individuava un termine certo entro il quale adempiere alle procedure previste e demandava al Governo il compito di prevedere eventuali sanzioni a fronte di inadempienti. A fronte dell'interesse manifestato sul tema dallo stesso Governo in risposta ad un nostro atto di sindacato ispettivo ci saremmo aspettati un esito diverso per quell'emendamento, che invece non è stato neppure discusso.
  Mi auguro che si sia trattato di una semplice svista dovuta alle condizioni disagiate nelle quali, come già detto, si è svolto l'esame in Commissione, e non al fatto che lo spazio per le modifiche da accogliere dovesse essere riservato esclusivamente a tutelare i dipendenti esterni delle province, a garantire le assunzioni in Consob, oppure a consentire l'uso dell'auto privata, a fronte di rimborso, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni per le quali è stato confermato il divieto di acquisto di auto di servizio. Dico ciò anche perché in tema di emendamenti accolti non si può non notare con disappunto che ad un gruppo di opposizione con più di 100 deputati, come quello del MoVimento 5 Stelle, sono stati accolti la miseria di due emendamenti.Pag. 115
  Dovendo dare un giudizio su questo decreto, almeno per quanto riguarda le parti di competenza della I Commissione, personalmente riconosco che è meno negativo dei provvedimenti che l'hanno preceduto. Ci sono infatti degli spunti interessanti ed in alcuni casi condivisibili. Penso alla proroga del divieto di acquisto per le cosiddette «auto blu», alla limitazione delle spese relative alla loro manutenzione, limite di spesa che tra l'altro – e giova sottolinearlo – è stato ulteriormente abbassato per il 2014 proprio grazie ad uno dei due soli emendamenti accolti del MoVimento 5 Stelle. Le assunzioni delle mille unità di personale per il Corpo dei vigili del fuoco, come pure la previsione di concorsi da riservare ai cosiddetti «precari delle pubbliche amministrazioni», sono norme che condividiamo.
  Il problema riguarda le deroghe, gli snaturamenti introdotti nel corso dell'esame parlamentare a questi provvedimenti nella filosofia del «fatta la legge, trovato l'inganno». Ma soprattutto il difetto principale di questo provvedimento visto nel suo complesso è quello che denota una totale assenza di visione strategica. C’è una questione che va affrontata una volta per tutte e sulla quale ci si deve mettere d'accordo una volta per tutte e riguarda la spending review. Di revisione della spesa – in italiano – si continua a parlare, soprattutto da parte di esponenti di Governo e di maggioranza, nei salotti televisivi. Ieri sera ad esempio a Porta a Porta se ne è parlato diffusamente, anche con nuovi dati interessanti e sconcertanti riguardo all'aggiramento delle convenzioni Consip. Ma quando si arriva nelle Aule del Parlamento i provvedimenti del Governo mostrano un'altra realtà che è molto lontana dalle parole pronunciate davanti alle telecamere.
  Sulla riorganizzazione delle strutture della pubblica amministrazione e sul taglio della spesa il Governo da inizio legislatura non ha compiuto passi avanti, al contrario leggendo le norme che scrive, compie soltanto dei passi di lato, al punto da sembrare un mimo che finge di scorrere su una lastra di vetro, perché ogni volta che arriva una scadenza che impone di applicare misure volte a razionalizzare o a tagliare automaticamente si decide il rinvio. Insomma, un «Governo del rinvio» si conferma. Prendiamo ad esempio tutte le deroghe previste dall'articolo 2 del decreto per gli incarichi dirigenziali assegnati a persone esterne all'amministrazione.
  Per risparmiare denaro, per rendere più efficienti determinate strutture è inevitabile ridurne i costi e rivederne la dotazione a partire dalle strutture apicali. Ovviamente nessuno pensa di licenziare i dipendenti pubblici che hanno vinto un concorso, ma almeno sugli incarichi dirigenziali affidati a contratto e per chiamata diretta a persone esterne all'amministrazione, non solo si può, ma si deve intervenire. Nel momento che si accetta un ruolo dirigenziale a tempo, sta nelle cose che quell'incarico scadrà, senza considerare che nel settore privato l'inquadramento nei ruoli della dirigenza prevede anche modalità di rimozione più immediate rispetto agli altri dipendenti. Se dunque ci si rifiuta di potare almeno questo ramo in una situazione di emergenza come quella attuale mi domando come si può solo continuare a pensare alla spending review.
  In questo senso sono ancora più emblematiche le scelte operate per quanto riguarda i dirigenti esterni delle amministrazioni provinciali. In questo caso sappiamo, per ammissione del Governo, che il punto di arrivo è l'eliminazione di queste amministrazioni.
  I dirigenti esterni, come ad esempio può essere il direttore generale, il vice capo di gabinetto, qualche capo dipartimento, saranno stati chiamati a ricoprire pro tempore quel ruolo anche per capacità tecniche, ma visto che le chiamate sono state effettuate dai presidenti e dalle giunte si è anche tenuto conto dell'area politica di riferimento.
  Proprio perché le province sono enti a perdere ti aspetteresti che almeno in questo caso un piccolo taglio possa essere effettuato. E invece no, perché il decreto prevede una deroga fino al dicembre 2014 Pag. 116con una logica che a questo punto diventa molto difficile da capire. In particolare viene da domandarsi perché questa deroga non è stata inserita nella legge di stabilità, dove c’è anche l'articolo che proroga i commissariamenti delle province a tutto il 2014.
  Ma non finisce qui, è il caso di dire, perché in tema di province si è voluto abbondare alla grande, stando agli emendamenti accolti in Commissione. Infatti da un lato si è stabilito che i comandi presso le amministrazioni provinciali possano essere prorogati anche in deroga alla legislazione ordinaria vigente. Dall'altro si è stabilito che le province possano prorogare fino a dicembre 2014 anche i contratti a tempo determinato in scadenza.
  Se una persona scendesse da Marte e leggesse queste norme senza conoscere tutto il dibattito sulle province e senza sapere che c’è in Commissione un disegno di legge del Governo per porre le basi della loro abolizione, la prima cosa che gli verrebbe in mente è che le province godono di sana e robusta costituzione e che il Governo vuole puntare fortemente su di esse. Dubbio che a questo punto è legittimo si insinui anche tra chi come noi non è stato su Marte.
  Altro esempio a mio avviso di aggiramento della spending review è rappresentato dall'articolo 10 del decreto, che istituisce l'Agenzia per la coesione territoriale.
  Certamente il tema della coesione territoriale è strategico per il Paese, e in linea di principio non possiamo escludere che questa misura sia volta a rendere più efficiente l'azione del Governo in questo settore.
  L'altra faccia della medaglia è costituita però dallo scorporamento di una struttura oggi inserita e funzionante all'interno del Ministero dello sviluppo economico, per dar vita all'ennesima agenzia a se stante (come se non ne avessimo abbastanza).
  In questo caso, colleghi, bisogna ammettere che i precedenti in materia non lasciano ben sperare, visto che sono state innumerevoli le strutture amministrative create con radiose speranze per il futuro e che alla prova dei fatti si sono rivelati dei carrozzoni infungibili che hanno prodotto ulteriore burocrazia ed ulteriori spese a parità di inefficienza.
  Personalmente mi auguro ed auguro sinceramente al Governo di ottenere i risultati sperati con questa norma, però ad oggi il risultato sotto gli occhi di tutti è che viene posto in essere un nuovo organo amministrativo, che prima di questo decreto non c'era; che l'Agenzia dovrà avere un proprio personale per funzionare, che si prevede debba arrivare solo dall'interno della pubblica amministrazione, ma non si capisce, come pure noi prevedevamo con un emendamento, se gli sia vietato assumere all'esterno o affidare consulenze sempre all'esterno.
  Se questo non bastasse, ad aumentare la preoccupazione contribuisce un emendamento approvato, che proprio in tema di personale dell'Agenzia sembra aprire ad assunzioni esterne, visto che ha cancellato la previgente clausola di invarianza finanziaria e considerato che ha cancellato anche il sistema di vasi comunicanti con il personale del Ministero dello sviluppo, per il quale si prevedeva una riduzione corrispondente al personale che sarebbe transitato nell'Agenzia.
  Altro elemento che vale la pena sottolineare, sempre a proposito della costituzione della nuova Agenzia, riguarda l'ulteriore accentramento di poteri in capo al Presidente del Consiglio che da qualche tempo si sta realizzando, perché dopo aver posto sotto il proprio diretto coordinamento il processo dell'Agenda digitale, ora anche questa struttura viene posta sotto il diretto controllo del Presidente del Consiglio.
  Ma gli aggiramenti della spending review non finiscono qui. Facciamo alcuni esempi di portata limitata in termini quantitativi, ma rilevanti perché segnalano una tendenza non positiva. Prendiamo ad esempio la CiVIT, che ora si trasforma in Autorità contro la corruzione. Nelle more di questa trasformazione qualcuno ha pensato bene di portare da 3 a 5 i componenti dell'organo di direzione collegiale.Pag. 117
  Anche in questo caso il problema non sono i due gettoni o i due emolumenti in più, ma la filosofia che questa modifica esprime.
  Alla fine del 2011 con il «salva Italia» per finalità di risparmio sono stati ridotti a 3 i posti degli organi collegiali di direzione delle Autorità indipendenti. Oggi come se niente fosse stracciamo quella disposizione. In questo caso debbo riconoscere che Monti non ha tutti i torti ad irritarsi con il Governo e noi non possiamo che associarci.
  Vogliamo fare un ulteriore esempio sempre in tema di aggiramento della spending review: l'articolo 2 non solo dispone la proroga per tutti i dirigenti esterni, ma prevede anche che il ricorso a dirigenti chiamati dall'esterno da parte delle amministrazioni possa superare i limiti attualmente previsti dalla normativa nazionale.
  Signor rappresentante del Governo, credo di aver portato esempi concreti e circostanziati che motivano il nostro dissenso su questo provvedimento e che, qualora non fossero corretti, la invito a smentire in sede di replica.
  Se si vara un decreto sulla pubblica amministrazione oggi l'obiettivo prioritario deve essere quello di far partire la spending review, che si sta sempre rimandando. Mi sembra che questo provvedimento vada in direzione completamente opposta.
  In questi giorni si è molto parlato e ci si è giustamente scandalizzati del gesto dell'ombrello fatto da Diego Armando Maradona nei confronti del fisco italiano in diretta TV. Con questo decreto e soprattutto con le misure che ho elencato, il Governo, come Maradona, fa il gesto dell'ombrello nei confronti delle tante promesse di riduzione della spesa pubblica, di razionalizzazione della macchina amministrativa e temo anche di soppressione delle province (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gnecchi. Ne ha facoltà.

  MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, colleghi, colleghe, rappresentante del Governo, io vorrei partire veramente dicendo che è importante valorizzare il ruolo della pubblica amministrazione. Vale la pena di ricordare a tutti e a tutte che il personale della pubblica amministrazione gestisce i servizi, è il riferimento vero per tutti i cittadini e le cittadine. Noi ci auguriamo che in questa legislatura si possano realizzare correzioni di rotta rispetto alla scorsa legislatura, e poi cercherò di entrare nel merito specifico per spiegare a cosa mi riferisco rispetto a queste correzioni. Parto comunque ringraziando anch'io, come ha già fatto la collega Polverini, la presenza continua e costante della sottosegretaria Amici che ci ha veramente supportato e seguito in tutti i lavori delle Commissioni e anche oltre. E comunque sottolineo anche la disponibilità del Ministro D'Alia nel cercare di trovare soluzioni positive.
  Dichiaro anche che questo provvedimento può essere un passo avanti rispetto ad un concetto di valorizzazione della pubblica amministrazione, ma vogliamo veramente sottolineare che il pubblico impiego ha bisogno di maggiore attenzione. Ha bisogno che si riaprano i tavoli della contrattazione per quanto riguarda la parte normativa. Ha bisogno che si rinnovino i contratti. Il blocco dei contratti dal 2009 è evidente che ha fortemente impoverito questa categoria, ed è evidente che va superata in ogni caso e in ogni modo quella che può essere considerata una demotivazione del personale.
  Se noi non abbiamo, all'interno dello Stato, delle regioni e tra tutti i dipendenti pubblici, la capacità di dare fiducia ai cittadini e di stimolare la fiducia nello Stato e nelle istituzioni, ci perdiamo tutti. Ci perde la società, ci perdiamo come cittadini e come cittadine, ma soprattutto in un senso di coscienza collettiva dello Stato, di risposta reale ai bisogni dei cittadini e delle cittadine.
  Ovviamente, quindi, proseguo rispetto alla relazione dei due relatori e anche agli interventi dei colleghi, in particolare del PD e del PdL, che mi hanno preceduto. La Pag. 118collega Polverini ha già fatto riferimento esplicito a tutta quella che è stata la situazione legata al pubblico impiego in questi anni e quelle che sono le correzioni che vanno sicuramente portate rispetto al personale. Io sottolineo che il lavoro che dobbiamo fare per i servizi per l'impiego e l'emendamento che siamo riusciti ad approvare per sanare un problema reale di proroga dei contratti, è evidente che vanno nella direzione di riuscire ad intervenire sulla disoccupazione, contro la disoccupazione.
  Quando si chiede ai giovani o comunque alle persone meno giovani se abbiano utilizzato i servizi all'impiego o come siano riusciti a trovare un lavoro e, purtroppo, una bassa percentuale di persone ci dice che ha utilizzato i servizi, già solo questo dovrebbe imporci, imporre alle istituzioni, imporre al Governo, imporre allo Stato, di intervenire con un potenziamento reale dei servizi all'impiego. È fondamentale l'incontro della domanda e offerta di lavoro.
  Noi dobbiamo occuparci di trovare e di creare posti di lavoro, ma dobbiamo poi fare in modo che ci sia una reale risposta rispetto all'incontro domanda-offerta di lavoro e, quindi, i servizi all'impiego sono fondamentali. L'averli spostati nelle province era per spostarli in enti più vicini ai cittadini. Adesso vogliamo abrogare l'esistenza delle province, vogliamo modificare e ristrutturare, ma dobbiamo valorizzare i servizi all'impiego che sono fondamentali.
  Adesso passo a sottolineare quelle che sono state, secondo noi, le forti contraddizioni di tutta la scorsa legislatura rispetto al pubblico impiego. Noi, purtroppo, abbiamo avuto un Ministro che ha continuato a dire e a dare l'idea e l'immagine di «impiegati fannulloni» nel pubblico impiego. Questa è una cosa che non è solo contro chi lavora nel pubblico impiego. È contro tutti per i motivi che ho detto prima, perché i lavoratori del pubblico impiego svolgono servizi fondamentali per le persone. Pensiamo solo alle ASL, alle case di riposo, ai servizi in generale ma pensiamo anche, con tutte le situazioni di modifiche legislative, ai dipendenti dell'INPS o ad altri dipendenti che devono dare risposte ai cittadini.
  Noi dobbiamo pretendere che ci sia una razionalizzazione della pubblica amministrazione. Su questo vogliamo lavorare ma vogliamo che venga fondamentalmente valorizzata perché valorizzare la pubblica amministrazione e chi lavora nei servizi vuole anche dire creare fiducia nei cittadini e nelle cittadine. Dal maggio del 2008 che cosa è accaduto ? È accaduto che a continuare a dire che i pubblici dipendenti sono un costo e non una risorsa, dal maggio 2008 si è fatto di tutto contro i pubblici dipendenti e, in particolare, contro le donne del pubblico impiego.
  Allora, se solo guardiamo al 2008-2009, ci sono stati i provvedimenti sui pensionamenti coatti. Il primo provvedimento è stato il decreto-legge n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro e il collocamento a riposo a discrezione della struttura (sottolineo: a discrezione della struttura) al compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni. Eravamo all'agosto del 2008. Ci si è poi resi conto che costringere una persona ad andare in pensione con il collocamento obbligatorio con quarant'anni di contributi voleva anche dire che se uno aveva riscattato, a spese proprie, la laurea e poi aveva lavorato solo 35 anni o, pensiamo ai medici, solo 30 anni nella pubblica amministrazione veniva mandato in pensionamento coatto.
  Allora dopo sette mesi, il 4 marzo del 2009, si è fatta la correzione: risoluzione del rapporto di lavoro e collocamento a riposo, sempre a discrezione della struttura, al compimento dell'anzianità massima di 40 anni di servizio effettivo. Ovviamente, nel frattempo, in questi sette mesi è stata messa a collocamento obbligatorio della gente, in particolare donne che avevano 59 o 60 anni e che avevano iniziato a lavorare presto e hanno fatto il riscatto del periodo di laurea che ovviamente avevano iniziato all'università a 19 anni.
  Non si era ancora contenti e sei mesi dopo ancora, con il decreto-legge n. 78, Pag. 119convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, risoluzione del rapporto e collocamento a riposo a discrezione della struttura al compimento dell'anzianità massima contributiva per alcune amministrazioni pubbliche, escludendo magistrati, professori universitari, dirigenti medici di struttura complessa.
  Ma non si è ancora finito. Poi altri quattro mesi dopo, si è fatto un altro provvedimento, dopodiché il problema quale è stato ? Che ovviamente non si capiva il quadro, il disegno che stava dietro a questa norme di pensionamento coatto.
  Ma sempre nel maggio del 2008, oltre al pensionamento coatto, c’è stato proprio questo famoso istituto dell'esonero dal servizio. Per cui il Ministro Brunetta ha pensato di dire ad un dipendente che aveva 35 anni di servizio, in una logica di spending review – quindi, lo sottolineo molto fortemente –, in una logica di spending review (e dopo spiegherò anche perché lo sottolineo così fortemente): guarda, hai già 35 anni di servizio, sei praticamente inutile, stai a casa cinque anni, ti regalo il 50 per cento dello stipendio, il 70 per cento se vai a lavorare in un'associazione di volontariato. Ovviamente, noi abbiamo fatto di tutto contro questa norma – ma non siamo riusciti, perché il Partito Democratico era all'opposizione –, contro il messaggio che veniva dato ai dipendenti: sei inutile, mi costi di meno se ti regalo il 50 per cento dello stipendio o, addirittura, il 70 per cento dello stipendio. Mi costi di meno.
  Sempre il Ministro aveva, poi, autorizzato le ASL a seguire questa logica e anche le regioni che potevano intervenire con propria legge regionale. Poi, sappiamo che la Ministra Fornero, nel provvedimento «salva Italia», ha incluso nelle salvaguardie questo personale in esonero, secondo noi in modo sbagliato, perché includendolo nel personale, nei dipendenti da salvaguardare ha implicitamente riconosciuto che il pensionamento per queste persone in esonero poteva essere un costo, tanto che li inserisce nel comma 14 con riferimento alle coperture del comma 15 dell'articolo 24.
  Noi siamo assolutamente convinti che, se un Ministro in una legislatura fa un provvedimento nella logica del risparmio della pubblica amministrazione, il Ministro tecnico successivo, nella stessa legislatura, non può porre quella stessa norma da rispettare con esigenza di copertura. Oltretutto, due cattiverie aggiuntive di quel comma 14 sono che vengono abrogate, con legge nazionale, tutte le leggi regionali. Io mi stupisco ancora di come tutte le regioni interessate non siano immediatamente intervenute contro quella norma, perché nessuna legge nazionale ha la potestà di abrogare, in una riga di un decreto-legge, poi convertito in legge, le leggi regionali.
  E, quindi, già in Senato, in vari provvedimenti, abbiamo cercato di salvare queste persone in esonero e in questo provvedimento, con l'accordo del Governo, abbiamo rimesso – è un emendamento del MoVimento 5 Stelle che noi abbiamo condiviso e del quale eravamo assolutamente convinti – il diritto di queste persone. Ma, ovviamente, continuiamo a contestare che qualcuno, magari, ad oggi – la Ragioneria o la nostra Commissione bilancio –, ritenga che sia un emendamento che ha bisogno di copertura. E, quindi, ripeto, se era una forma di risparmio della pubblica amministrazione, non può essere, poi, un costo.
  Tuttavia, sempre nella scorsa legislatura e sempre contro le donne – per le quali si era innalzata l'età della pensione, nel 2009, facendo finta di ottemperare ad una sentenza della Corte europea che invece andava nella direzione di garantire pari opportunità e migliori retribuzioni – il Ministro Sacconi o il Ministro Tremonti hanno pensato alle ricongiunzioni onerose per tutti nella legge n. 122 del 2010, per impedire alle donne del pubblico impiego di trasferire gratuitamente i propri contributi all'INPS e poter andare in pensione a sessant'anni invece che a sessantacinque. Quella norma ha invece penalizzato tutte le persone in mobilità tra un ente e l'altro Pag. 120quando tutti noi ormai sappiamo che si invitano i giovani a non essere legati al posto fisso e ormai esiste anche una serie di condizioni per cui si cambia il lavoro e anche l'iscrizione previdenziale nell'arco della propria vita, per le esternalizzazioni, per le privatizzazioni, per le libere scelte dei cittadini e così via. Siamo riusciti faticosamente, nella scorsa legge di stabilità, a fare la correzione per tutti coloro che erano in servizio nel pubblico impiego fino al luglio del 2010 e noi speravamo e contavamo sul Ministro D'Alia per riuscire a risolvere il problema per chi è nel pubblico impiego oggi. Noi sappiamo che il Ministro è d'accordo ma, ovviamente, rischiamo di dovere spostare questa possibilità nella legge di stabilità.

  PRESIDENTE. Onorevole Gnecchi, concluda.

  MARIALUISA GNECCHI. Signora Presidente, devo solo dire che ho a disposizione anche i minuti della collega Incerti che non interverrà.

  PRESIDENTE. Il suo gruppo non ce lo ha comunicato.

  MARIALUISA GNECCHI. Finisco i due discorsi perché dovrebbero averlo comunicato, ma va bene, accetto che abbiamo sbagliato noi.
  Quindi, rimane aperto anche questo problema delle ricongiunzioni onerose per chi è nel pubblico impiego oggi e nei fondi telefonici, elettrici esonerativi e sostitutivi che noi vogliamo risolvere. È una norma sbagliata del 2010, riconosciuta come sbagliata anche dal Ministro che allora l'aveva fatta; con l'unanimità della Commissione lavoro rispetto alla correzione di questa norma, non riusciamo in questo momento, ma un pezzo lo abbiamo fatto nella scorsa legge di stabilità, un altro pezzo lo vorremmo fare nella legge di stabilità di quest'anno.
  Poi, e mi avvio veramente a concludere, cito altre due cose. Una che ci è arrivata dal Senato e sulla quale sottolineo che andava invece trovata una strada diversa: la Ministra Fornero, sempre nella manovra pensionistica del 2011, ha concepito per le pensioni di anzianità un concetto di prestazione effettiva di lavoro che noi non abbiamo mai condiviso e che nel testo unificato della proposta di legge per la salvaguardia approvata all'unanimità oggi dal comitato ristretto in Commissione lavoro noi abroghiamo. Al Senato hanno fatto un emendamento per parificare alla prestazione effettiva di lavoro i congedi per la donazione di sangue. Sottolineo perché ciò non andava messo per legge, perché come tutti sappiamo si dona il sangue un giorno la settimana e nel concetto generale che è il sistema previdenziale pubblico, l'Istituto nazionale per la previdenza sociale funziona a settimane contributive; se si ammette la logica per cui una giornata di assenza metta in discussione la settimana contributiva, si smonta il sistema previdenziale. In relazione a questo concetto delle donazioni di sangue, che abbiamo visto che la Ragioneria addirittura quantifica, noi ribadiamo che anche questo è un errore perché sono giornate retribuite al 100 per cento già dal pubblico e vengono pagati anche i contributi; se anche per le donazioni di sangue che hanno un alto valore sociale, poi, considerarle prestazioni effettive comporta un onere di copertura, noi veramente ci chiediamo che differenza ci sia tra lavorare e non lavorare, tra avere una retribuzione, avere una contribuzione e quali debbano essere le coperture o le non coperture dei provvedimenti che vengono fatti. Siamo riusciti nelle due Commissioni all'unanimità ad approvare anche la parificazione come prestazione effettiva di lavoro delle assenze per l'assistenza all'handicap e per le persone disabili – quindi per tutti i congedi e permessi della legge n. 104 – e anche per i congedi parentali.
  Sappiamo che su questo ci sono delle difficoltà, vogliamo solo ribadire che sono veramente delle situazioni sicuramente pari e importanti come il servizio militare, che viene riconosciuto come prestazione effettiva, e sottolineo anche che anche questa è una norma punitiva contro le Pag. 121donne, perché sono normalmente le donne che fanno i figli e normalmente le donne che assistono familiari disabili e sono anche quelle che aspirano difficilmente alla pensione di anzianità e che invece vanno in pensione di vecchiaia...

  PRESIDENTE. Onorevole Gnecchi, io le ho dato altri cinque minuti, però adesso deve concludere.

  MARIALUISA GNECCHI. Concludo, Presidente. Quindi dico che tutta la scorsa legislatura si è caratterizzata fortemente contro le donne e contro i pubblici dipendenti in generale; vorremmo che in questa legislatura si recuperasse un valore per i pubblici dipendenti e la pubblica amministrazione in generale e un riconoscimento per i lavori effettivi delle donne, che sono tanti e pluriprofessionali.

  PRESIDENTE. Lo dico per gli altri gruppi, è vero che il gruppo del Partito Democratico ha cancellato un intervento di 15 minuti, ma non era stato comunicato alla Presidenza che il tempo sarebbe stato ridiviso diversamente tra gli iscritti a parlare.
  È iscritta a parlare la deputata Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Signor Presidente, gentile colleghi, il decreto-legge n. 101 oggi in discussione giunge in «zona Cesarini» alla nostra valutazione e approvazione non per caso ma per una scelta meditata, seppure deprecabile e criticabile, di questo Governo, così come da prassi consolidata pure dai precedenti.
  Il ritardo con cui questo decreto arriva alla Camera lede ogni aspetto morale, di legittimità e di correttezza tra le istituzioni, perché tale tempistica è frutto non casuale, ma rientra nell'ampio disegno dei poteri forti e dei vertici statali di ridurre al minimo nei fatti la capacità di modifica e di legislazione da parte di questa Camera.
  Emanato a fine agosto, tenuto al Senato fino al 10 ottobre, solo il 14 di ottobre è passato alla Camera, nel giro di poche ore è stata esaminato, emendato e votato in Commissione con richiesta del presidente della I Commissione di ritirare una parte degli emendamenti, visti i tempi ristretti. Alla faccia del dibattito democratico. Come, alla faccia del dibattito democratico, quasi tutti i nostri emendamenti sono stati bocciati senza motivazioni, senza motivazioni chiare, anche quando esistevano seri dubbi, sollevati oltre che da noi anche dal centro studi bilancio della Camera, dubbi come quelli relativi al personale CONSOB, ai dirigenti AIFA, all'aumento delle percentuali di assunzione di dirigenti fuori ruolo, alla proroga dei contratti dei dirigenti delle province. Tutti provvedimenti per lo più inseriti magicamente al Senato e che tanto hanno il sapore di emendamenti ad personam e ad castam. Del resto, come non chiedersi con quali requisiti sono stati inseriti in una decretazione d'urgenza posizioni di un dirigente di I fascia o 12 dirigenti di II fascia del Ministero dei trasporti, 2 dirigenti di II fascia dell'ANAS ! E come non sorridere di fronte all'interpretazione autentica del comma 34, articolo 1, della legge di stabilità del 2012, che stanzia 272 mila euro per le assunzioni di nuovi avvocati dello Stato, un'interpretazione autentica che regala a procuratori con 8 anni di anzianità anche la possibilità di diventare avvocati dello Stato, ma senza concorso.
  Mi sembra più, questo, un decreto della pubblica dirigenza, sono sempre i dirigenti quelli che vengono premiati però, mai la povera gente, mai. C’è un emendamento, passato al Senato, a cui sono particolarmente affezionata: il comma 13-quater dell'articolo 2.
  Gentile Governo, l'ho chiesto ieri e lo richiedo oggi, quanti sono questi dirigenti AIFA ai quali viene prorogato il contratto ? Quanto ci costano ? Non pensate che con queste norme il nostro sospetto di emendamenti ad personam possa diventare realtà se magari qualche giornalista meticoloso, ammesso che ancora ne esista uno, vada a controllare i nomi e cognomi dei beneficiari di questo emendamento e non solo, magari vada a controllare anche Pag. 122i rapporti di amicizia e parentela con qualche personaggio di spicco della politica o dell'economia italiana ?
  Mi auguro che il Governo voglia rassicurare noi e i cittadini tutti che le nostre sono solo fantasie e che, in realtà, la proroga di questi contratti corrisponde a precise esigenze organizzative urgenti e improrogabili, tanto da essere normate con decreto-legge e di cui si conoscono perfettamente gli oneri aggiuntivi.
  Ma andiamo al comma 8-ter dell'articolo 2 che, per l'ennesima volta, muta le percentuali di coloro che possono essere chiamati a svolgere le funzioni dirigenziali in enti diversi da quelli di appartenenza o a svolgerle, senza possederle, e le incrementa in taluni aspetti anche al 25 per cento: partivamo da un 5 per cento della normativa vigente.
  Dove sta – vi chiedo – l'urgenza costituzionale di fare un decreto per tali dirigenti ?
  Chiedo alla maggioranza di quest'Aula: avete letto la relazione del centro studi bilancio sui commi 8, 8-ter e 8-quater dell'articolo 2 ?
  L'avete letto che, non la deputata del MoVimento 5 Stelle, ma i funzionari di questa Camera affermano come questa norma possa causare addirittura maggiori oneri per la finanza pubblica ?
  Oltre naturalmente a regalare la possibilità al politico di turno di «giocare» spostando un dirigente qua ed un dirigente là, oltre ad alimentare, ancora una volta, la pletora dirigenziale che affligge la pubblica amministrazione del nostro Paese, cioè, se non sei un dirigente, non sei nessuno. Come qui in Parlamento: se non hai una poltrona su cui sederti, non sei nessuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Che dire poi di quella meravigliosa modifica introdotta al Senato all'articolo 10, che esclude gli organi costituzionali e di rilievo costituzionale dall'obbligo del controllo del costo del lavoro previsto dall'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001 ? Si tratta di una modifica sulla quale la V Commissione del Senato ed il rappresentante del Governo avevano espresso parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione stessa. Ma il Senato è magico, si sa. Ed anche questo emendamento è passato in direzione opposta persino alla Corte dei conti che, nella sua relazione annuale 2013, sul costo del lavoro pubblico ha sottolineato l'esigenza di ricomprendere nelle rilevazioni IGOP tutte le amministrazioni censite dall'ISTAT, in quanto a queste fanno riferimento le recenti misure di contenimento della spesa di personale. Cui prodest ? A chi serve ? Alla vituperata casta ? Ma non è possibile ! Che dice la deputata Grillo ?
  Allora, chiedo: quale diritto sancito dalla Costituzione e quale interesse generale tutela questo emendamento ? Così la capite la domanda ?
  Dagli scranni di questa Camera, pochi mesi addietro, un illustre collega affermava che «troppo spesso in passato sono stati fatti debiti poi scaricati sulle generazioni future». E proprio le generazioni di oggi, che hanno imparato sulla propria pelle, sanno cosa significhi ereditare una situazione debitoria insostenibile, e «non compiranno lo stesso errore». Parole nobili e vere del Presidente Letta.
  Parrebbe però che questo decreto semplicemente voglia posizionare o sistemare nei vari settori pubblici, ai diversi livelli, specie, quasi e soprattutto dirigenziali, gli amici degli amici assunti per favori politici a tempo determinato e che oggi necessitano di una rapida assunzione urgente, di una rapida sistemazione a tempo indeterminato, pena ridotti apporti di voti ad iniziare dalle vicine elezioni europee.
  Chi sono tutti questi dirigenti con contratti temporanei o con forme varie di collaborazione che improvvisamente devono essere assunti a tempo indeterminato con tale urgenza da farlo con decreto ?
  Questo Governo, col contributo paritetico della finta destra e della finta sinistra, colpisce le fasce deboli e chiede sacrifici ai lavoratori e ai pensionati, con aumenti dei prelievi all'origine, o con incremento delle accise varie, o con aumento della tassazione diretta e indiretta.Pag. 123
  Nessun Governo, neppure l'attuale, mai ha scelto di ridurre, per esempio, le spese militari per scegliere di aiutare le fasce deboli dei cittadini senza casa, senza lavoro, senza istruzione, e di aiutare i giovani a trovare lavoro per non emigrare.
  Nessuno Governo, neppure l'attuale, mai ha scelto di ridurre i compensi ai vertici dirigenziali dello Stato e delle partecipate, di vietare l'assunzione di più incarichi allo stesso dirigente, che finirà per cumulare stipendi stratosferici e peggio andrà in quiescenza con due o tre pensioni, con oltre 30.000 euro netti al mese.
  Se scendiamo di livello nella pubblica amministrazione vige il divieto assoluto di avere, però, altri incarichi o altre fonti di reddito ufficiale oltre il singolo stipendio. Nessun governo, neppure questo, mai ha scelto di chiedere quanto meno un contributo di solidarietà, seppur minimo del 10 per cento, ai percettori privati e pubblici di redditi netti da lavoro superiore ai 20.000 euro mensili. Parafrasando qualcuno che questi scranni li ha consumati, «pensare male è peccato, ma spesso si indovina».
  Forse questo lassismo a mantenere in vita i doppi o i quadrupli incarichi per i dirigenti e i massimi vertici dello Stato e delle partecipate aiuta a coprire le malversazioni economiche o a nascondere tra le pieghe dei bilanci ministeriali o aziendali le distrazioni finanziarie operate dai vertici politici o dai vertici istituzionali, come ci indicano le numerose inchieste della magistratura ? Esempio di questa malpractice finanziaria la ritroviamo al comma 5 dell'articolo 1 che dispone una modica riduzione, appena il 10 per cento, delle spese per consulenze e incarichi vari, ovvero non riduce il finanziamento, mai prosciugato, non controllabile e per nulla occulto, agli amici degli amici se non ai parenti dei vertici dei partiti e delle istituzioni.
  È evidente anche che tale irrisoria riduzione del 10 per cento serve comunque a salvaguardare i benefit per i pubblici dipendenti fedeli a questa o a quella corrente, a questo o a quello schieramento. Serve altresì a versare un fiume di denaro cash incontrollato a personaggi definiti genericamente consulenti, che spesso non hanno titolo alcuno per i compiti assegnati o che ancor più non fanno alcunché di utile se non procurare voti ai padrini di turno.
  E questo è ancor più evidente ad un attento esame se osserviamo che questa misera riduzione del 10 per cento non viene per nulla imposta alle ASL e a tutto il Servizio sanitario nazionale proprio perché lì si annida il grande bubbone elettoralistico o mafioso che viene così oliato e che in cambio concede i numeri elettorali a un Governo senza pudore e senza rossore di vergogna. Per tale motivo abbiamo proposto, noi del MoVimento, l'estensione di tale riduzione alle consulenze e agli incarichi sia delle ASL e al Servizio sanitario nonché una riduzione complessiva del 40 per cento a fronte del miserrimo 10 per cento governativo. Parimenti vi ricordo che proprio a proposito delle ASL uno studio Formez riporta che le 245 ASL possiedono in totale 19.208 auto aziendali – 19.208 ! –, con un esborso annuale enorme che non appare ad oggi in diminuzione.
  Alla luce di questi dati e per aiutare la protezione ambientale noi del Movimento proponiamo, per aiutare la riduzione della spesa pubblica, al comma 4-bis dell'articolo 1 – e quindi anche la protezione ambientale – l'imposizione di auto di cilindrata non superiore ai 1800 c.c. a minore impatto ambientale, con scatola nera per controlli e monitoraggi semestrali e per sapere dove vanno queste auto. E inoltre nella nostra proposta di legge già depositata alla Camera sulle auto aziendali delle ASL abbiamo proposto una drastica e draconiana riduzione del loro numero e del loro quantitativo oggi presente.
  Che questo Governo voglia continuare nella malpractice del finanziamento di consulenti, meglio definibili «portavoti», è evidente dalla lettura del comma 7 dell'articolo 1, che multa i dirigenti responsabili di affidare consulenze o incarichi inopportuni o illegittimi con multe di 5.000 euro. È come chiedere un caffè a Pag. 124dirigenti che al netto incassano da 150, 170, 200 mila euro all'anno e anche più. È una sanzione pecuniaria non significativa, che non punisce economicamente il colpevole e pertanto è di fatto inutile, inefficace, risibile.
  Per tale motivo noi del MoVimento proponiamo di elevarla a 50 mila o a 70 mila euro, al fine di renderla deterrente vero e reale, con obbligo di azione di responsabilità amministrativa per danno erariale nei confronti dei dirigenti infedeli. Questa è spending review, no quella dei pannicelli caldi del Governo delle larghe intese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Ma mi chiedo: larghe intese per cosa o per chi ? Lascio a voi la risposta o meglio la lascio alla vostra coscienza, ove ne abbiate alcuna. Ma sappiate che i vostri elettori hanno una coscienza che li guiderà nei prossimi turni elettorali. Chi confermerà l'appoggio acritico a tali direttive governative senza tenere nel giusto conto le osservazioni e i suggerimenti della coscienza civile dei comuni cittadini si assumerà di fronte alle future generazioni una grave responsabilità.
  Chiudo quest'intervento ricordando la bellezza dell'articolo 3 della Costituzione, quello che è costato tante ore di dibattito e confronto fra i nostri padri Togliatti, Dossetti, Lucifero, Lombardi, La Pira e altri.
  E penso, Presidente, colleghi, amici cittadini, a quella pari dignità sociale che ci caratterizza e che ci appartiene come cittadini, prima e oltre questo Stato. E penso, in ultimo, a questa Repubblica, che dovrebbe rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
  Una Repubblica avvilita, svilita, tradita, umiliata, stanca. Una Repubblica che solo con le ali della libertà potrà tornare lì in alto dove dovrebbe stare. Allora in alto i cuori, cittadini. In alto i cuori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Meloni. Ne ha facoltà.

  MARCO MELONI. Signor presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare è dedicato ad interventi finalizzati alla razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. Si tratta di un obiettivo cruciale per la competitività e per il futuro del Paese. In uno scenario internazionale sempre più complesso, infatti, è proprio la presenza di istituzioni e di strutture amministrative adeguate a poter fare la differenza. Ogni intervento sulla pubblica amministrazione deve partire da una premessa di pragmatismo e di realismo, che eviti da un lato di inseguire falsi miti e dall'altro di cedere a una presunzione autoassolutoria. Cosa intendo dire ? I falsi miti riguardano, ad esempio, la spesa pubblica, che al netto del finanziamento del servizio del debito è in linea o inferiore a quello dei Paesi europei, così come non è corretto affermare, in una comparazione internazionale, che i dipendenti pubblici italiani siano in assoluto troppi. Nel 2009 – da allora sono diminuiti – erano 58 ogni mille abitanti, mentre la Svezia ne aveva 135, la Germania 54, la Spagna 65, la Francia 94 e così via. Però, dicevo, nessuna presunzione autoassolutoria. Infatti, sappiamo bene che la nostra pubblica amministrazione presenta livelli di produttività più bassi rispetto a quelli europei. Quella produttività che, peraltro, stava già al centro del rapporto Giannini del 1979, che descriveva lo Stato per i cittadini come «una creatura ambigua, irragionevole, lontana». Dunque, la realtà è che la capacità di produrre servizi in termini efficienti non è corrispondente alla spesa pubblica e al numero dei dipendenti della nostra amministrazione. L'amministrazione, del resto, è uno dei fattori essenziali che connotano la debolezza strutturale dello Stato in Italia, al centro, ad esempio, degli ultimi lavori di Sabino Cassese. Conseguentemente, la definizione dei processi di riforma dell'amministrazione – quel processo costante di miglioramento che deve sostituire la logica Pag. 125delle «grandi riforme», spesso fatte solo di norme e non di capacità di operare sui meccanismi di funzionamento ed erogazione dei servizi – deve accompagnarsi con il processo di riforma dello Stato, di razionalizzazione e riorganizzazione dei livelli di governo, e di definizione delle rispettive competenze. Credo che sia necessario chiarire un punto: abbiamo bisogno di meno Stato ? Non credo; abbiamo bisogno di uno Stato migliore, più snello ed efficiente, meno mastodontico e più forte, più intelligente, cioè capace di adattare le sue strutture alla modificazione continua delle relazioni con l'economia, la società, le istituzioni, e dell'emergere dei bisogni dei cittadini e delle imprese.
  Per accompagnare l'uscita dalla crisi, la pubblica amministrazione non può più costituire un fardello, apparire come una perdita di tempo e di denaro. Si calcola che un'impresa impieghi o meglio «perda» 76 giorni all'anno per assolvere ai propri oneri burocratici e che il costo di tali oneri sia annualmente pari a 26 miliari di euro. Per ridurre questi costi e aumentare l'efficienza delle amministrazioni nei confronti delle imprese e dei cittadini, oltre alle misure di semplificazione che, con diversi interventi, negli ultimi anni si vanno intensificando, è necessario dunque adottare misure di razionalizzazione e promozione del miglioramento della qualità organizzativa e del capitale umano nelle amministrazioni. Questo provvedimento ha proprio questa funzione: compiere un passo – importante anche se non esaustivo – in questa direzione. Per farlo, segnalo alcuni dei punti fondamentali su cui esso si basa.
  Il primo: rendere più moderna la nostra pubblica amministrazione. Per costituire un sistema più moderno l'amministrazione deve essere concepita come una rete connessa con altre reti, quelle tecnologiche, professionali, formative, istituzionali. Un'amministrazione di questa natura è capace di assecondare le esigenze di diversificazione e adattamento dinamico all'evolvere dei bisogni, e dunque dei servizi che le amministrazioni, la macchina pubblica, devono erogare, direttamente o attraverso la regolazione di funzioni di pubblico interesse che vengono poi fornite direttamente da organizzazioni sociali o di privati.
  Ciò richiede interventi per migliorare la qualità organizzativa delle amministrazioni e, come dicevo, la qualità e la motivazione, oltre che la crescita professionale, delle persone che vi lavorano, alle quali dobbiamo ridare la dignità che corrisponde all'alto onore di servire lo Stato, di dedicare la propria vita professionale all'interesse pubblico. I dipendenti, i lavoratori, i dirigenti pubblici sono gli attori del cambiamento amministrativo. Il ricambio (abbiamo la pubblica amministrazione più «anziana» al mondo) e la selezione del personale sono, in questo senso, decisivi. Il reclutamento dunque è un tema annoso, che deve essere guidato dalla disposizione costituzionale che – parliamo dell'articolo 97 – prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge». Si tratta di un tema che deve essere trattato, in questa fase, con realismo ed equità. Si confrontano infatti, interessi confliggenti, tutti legittimi e meritevoli di attenzione e tutela, sia avendo riguardo all'efficienza delle amministrazioni che alla vita delle persone. Da un lato, centinaia di migliaia di persone, di lavoratori che, senza poter beneficiare dell'opportunità di un concorso pubblico, hanno prestato – spesso per molti anni e comunque in condizione di precarietà – la propria attività professionale per il pubblico. Persone che hanno consentito alle amministrazioni di funzionare e hanno sviluppato competenze di alto livello, e che in molte circostanze sono entrate nelle amministrazioni in seguito a procedure di natura selettiva.
  Dall'altro lato, ugualmente meritevoli di tutela, ci sono i moltissimi giovani che vorrebbero poter competere, in modo trasparente e regolare, attraverso concorsi pubblici per prestare la loro opera nelle amministrazioni.
  Come conciliare queste diverse posizioni, spesso contrapposte ? Qui, in questo provvedimento, si individuano delle soluzioni Pag. 126che, nel rispetto delle decisioni della Corte costituzionale, prevedono l'attivazione di concorsi con quote riservate a chi abbia prestato, per periodi di tempo determinati, il loro lavoro per la pubblica amministrazione. Vi sono poi misure straordinarie, destinate all'ingresso a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni di lavoratori che, assunti a tempo determinato con selezioni o procedure di natura concorsuale, abbiano prestato per un periodo di tempo determinato la loro attività professionale per le medesime amministrazioni.
  Chi ha lavorato in condizioni di precarietà, chi ha svolto attività di ricerca negli enti, ha diritto a regole chiare per poter comprovare la propria capacità. Chi ha studiato e ha l'ambizione, la volontà, di lavorare per il pubblico, deve poter contare su concorsi frequenti, trasparenti, efficienti. Questo è il nostro obiettivo, questo è il passo che dobbiamo compiere e l'obiettivo al quale dobbiamo giungere anche attraverso un provvedimento di questa natura. Uno scopo al quale concorrono, ad esempio, le norme che prevedono concorsi unici nei Ministeri, grazie a un emendamento approvato qui alla Camera. Comunque più in generale, da questo punto di vista, dobbiamo fare di più, intervenendo per stabilire – con regole chiare, stabili e adattabili ai diversi livelli amministrativi – nuovi meccanismi di organizzazione dei concorsi pubblici.
  Occorre poi governare i cambiamenti organizzativi, favorendo processi efficienti di mobilità, che determinino anche spazi di crescita professionale: anche nella pubblica amministrazione, nel corso della attività professionale devono essere sempre più potenziate le opportunità di cambiamento e miglioramento, delle persone, cioè dei lavoratori, e delle organizzazioni.
  Il secondo punto sul quale mi voglio soffermare è la razionalizzazione della spesa. Non vi è dubbio, come dicevamo, che la riqualificazione della spesa debba passare anche per il suo contenimento: in questo senso, il provvedimento contiene importanti prescrizioni, come per esempio quelle che mirano a ridurre nel prossimo anno il costo delle auto di servizio del 20 per cento, o la riduzione del 10 per cento, sempre nel prossimo anno, delle spese per consulenze, che pesano per circa 1,3 miliardi di euro sul contribuente italiano. Un provvedimento di contenimento della spesa che si affianca agli altri interventi disposti dalla legge di stabilità.
  Occorre poi sottolineare l'opera di prosecuzione e specializzazione dei meccanismi di revisione della spesa, ai quali il Governo ha inteso dare nuovo impulso con la nomina a Commissario di Carlo Cottarelli, che potrà contare su poteri adeguati ai suoi compiti. Revisione e razionalizzazione, in questo senso, sono due obiettivi che vanno insieme e che insieme concorrono alla riqualificazione della pubblica amministrazione.
  Il terzo e ultimo punto del mio ragionamento riguarda l'Europa. Questo intervento che stiamo analizzando e che esamineremo nei prossimi giorni deve essere letto, infatti, anche nella chiave europea. Europa vuol dire, specialmente in questi giorni, agenda digitale ed economia digitale ad esempio. Questa settimana infatti a Bruxelles si terrà il primo Consiglio europeo dedicato all'economia digitale. Come ha sostenuto nei giorni scorsi il Presidente Letta, dobbiamo considerare l'agenda digitale come una grande opportunità di riforma dello Stato, che abbraccia sia le riforme strutturali per la competitività, sia la necessità di avvicinare le istituzioni e i cittadini, con l'eliminazione dalle politiche pubbliche delle sacche di discrezionalità, di arbitrio e di intermediazione che ancora affliggono il nostro Paese.
  In quest'opera di digitalizzazione e di innovazione dovrebbe trovare impulso nell'attività parlamentare un significativo potenziamento del mercato elettronico della pubblica amministrazione. Dobbiamo porci un obiettivo ambizioso, ma realisticamente possibile: se arrivassimo almeno al 30 per cento dell'acquisto di beni servizi della pubblica amministrazione in 3 anni, si potrebbero generare, a regime, risparmi che sono stimati – ad esempio, vi è uno studio del Politecnico di Milano in questo Pag. 127senso – in circa 7 miliardi di euro all'anno. È un traguardo sul quale dobbiamo tutti quanti impegnarci.
  Questo provvedimento interviene anche con misure concrete per velocizzare le attività finalizzate all'attuazione dell'Agenda digitale: segnalo, ad esempio, l'abolizione del «concerto» tra i Ministeri per l'approvazione, attesa ormai da troppi mesi, dello statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale. Si prosegue così un'opera che qui alla Camera abbiamo fortemente promosso nel decreto «Fare», nel quale sono state semplificate le procedure per l'attuazione degli interventi e sono stati assegnati con chiarezza compiti e responsabilità per l'attuazione dell'Agenda digitale, ora concentrati presso la Presidenza del Consiglio.
  Impostare la pubblica amministrazione su una piattaforma di efficienza significa fare dell'Italia un Paese compiutamente europeo. Senz'altro il principale banco di prova di questo approccio riguarda le politiche in cui la capacità italiana si interseca con le opportunità europee. Dobbiamo lavorare per ribaltare un fallimento: per esempio, in sette anni, dal 2007 al 2013, è stata spesa meno della metà delle risorse dell'Obiettivo Convergenza dei fondi strutturali europei.
  Razionalizzazione ed efficienza delle pubbliche amministrazioni vuole dire, in questo senso, invertire la tendenza, far sì che questo non si ripeta più. Che meno della metà sia qualcosa di cui dobbiamo realmente preoccuparci, se non vergognarci: si tratta di un obiettivo che davvero deve valorizzare la nostra capacità per utilizzare al meglio le risorse di cui possiamo disporre grazie alla nostra partecipazione all'Unione europea.
  Lo ha detto recentemente anche il Presidente Napolitano: «Basta con i mille rivoli, basta con il rincorrere richieste localistiche e clientelistiche che hanno portato addirittura a una paralisi nell'uso dei fondi europei o a una terribile dispersione».
  La creazione di un'Agenzia per la coesione territoriale intende prendere di petto questo problema, al fine di monitorare costantemente la gestione dei fondi, adottare e promuovere una cultura della valutazione e del risultato, sostenere le amministrazioni nell'utilizzo delle risorse e dare concretezza alla programmazione in corso e al ciclo 2014-2020, anche in vista del cofinanziamento inserito recentemente dal Governo nella legge di Stabilità.
  Revisione della spesa, personale della pubblica amministrazione, bussola europea nell'efficienza e nell'efficacia dei servizi e degli investimenti sono i pilastri di questo decreto-legge su cui mi sono voluto soffermare e che ne fanno un importante passo verso la modernizzazione del settore pubblico italiano.
  Un passo che ora dovrà essere senz'altro rafforzato e seguito nei prossimi mesi da altre misure di iniziativa politica, di Governo e parlamentare, su questo tema cruciale per lo sviluppo del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Vincenza Labriola. Ne ha facoltà.

  VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ecco, siamo di fronte all'ennesimo decreto omnibus, siamo di fronte all'ennesimo decreto analizzato in fretta e furia in Commissione, siamo di fronte all'ennesimo decreto annunciato con grande clamore, ma, in realtà, sordo dinanzi alle esigenze reali del Paese.
  Annunciato come un punto di svolta per il futuro della pubblica amministrazione, il decreto-legge n. 101 del 2013 lascia trasparire più di una perplessità. Si tratta di un provvedimento in cui vengono condensate norme molto diverse tra loro e che spesso hanno poco o niente a che fare con il comparto pubblico. Anche laddove la pubblica amministrazione viene toccata direttamente, la scelta del legislatore è stata di confermare tendenze già in atto da anni o riportare in vita vecchie pratiche.
  Il provvedimento non rappresenta una svolta per la pubblica amministrazione o, se la costituisce, questa è una svolta in direzione opposta rispetto alla modernizzazione, Pag. 128un ritorno al passato e a logiche che si pensava fossero state superate una volta per tutte.
  Il decreto-legge si compone di 13 articoli, di cui i primi 5 contengono una qualche riforma della pubblica amministrazione, mentre i rimanenti si occupano dei temi più disparati: dalla disciplina del controllo aeroportuale alla tracciabilità dei rifiuti, passando per la regolamentazione delle scuole italiane all'estero, o alla nascita di una nuova agenzia per la gestione dei fondi provenienti dall'Europa.
  A ben vedere, dunque, il decreto-legge n. 101 è il classico testo normativo dove, un po’ alla volta, vengono fatte confluire piccole o grandi urgenze che il legislatore ha bisogno di risolvere e che poco o nulla hanno a che fare con un ripensamento complessivo del sistema pubblico italiano.
  Sono sufficienti questi pochi elementi per rendersi conto della mancanza di una progettualità per il comparto pubblico. Da un lato, infatti, si cerca di far ripartire la spending review, dall'altro, si dà vita ad un'ondata di stabilizzazione e a qualche deroga per l'assunzione di personale in questo o in quel ministero o ente. Il tutto senza una visione di insieme che cerchi di comporre i pezzi e guardare il futuro in modo intelligente.
  Essendo, come detto a più riprese, un decreto omnibus, all'articolo 12 troviamo disposizioni in materia di imprese di interesse strategico nazionale, in poche parole l'Ilva di Taranto, ovvero come continuare a martoriare un territorio facendo arricchire pochi.
  Proprio ieri è stato annunciato con grande enfasi l'avvio delle procedure di caratterizzazione dei suoli di Statte preliminare alle bonifiche. Trovo curioso che se da un lato si stanziano 119 milioni, che sono insufficienti, per l'avvio delle bonifiche, dall'altro, contemporaneamente, si autorizza con decreto-legge due discariche, una per rifiuti pericolosi e l'altra per rifiuti speciali, che continueranno a inquinare quelle stesse zone che si vogliono bonificare. Ovviamente l'autorizzazione per decreto-legge, secondo una tecnica politica consolidata, evita le procedure dell'AIA. Questo non fa altro che peggiorare la situazione sanitaria della città e sottoporre a un rischio maggiore la cittadinanza.
  Questo e’ uno stralcio della lettera che scrive una mamma, la signora Tonia Marsella di Taranto, al Presidente Napolitano in data 4 dicembre 2012; recita: «Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro (e non solo), li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito dare loro in pasto al mostro, quel mostro che ha distrutto il nostro mare, violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo» dopo che ha firmato il decreto che consente allo stabilimento siderurgico di continuare la produzione nonostante il sequestro della magistratura.«Dica alle mamme – aggiunge l'autrice della lettera – che la malattia e la morte del loro figlio è necessaria, altrimenti cala il PIL». Tonia Marsella, questa donna tarantina si chiede come sia possibile, dopo quello che è accaduto per la vicenda Ilva, «credere ancora nello Stato Italiano ? Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita ?». Infine la cittadina, chiede al Capo dello Stato di sapere «cos'hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri ? Perché in quello stabilimento l'area a caldo è stata chiusa, in quanto considerata incompatibile con la città, e la produzione spostata a Taranto ? Credevo – conclude Marsella – che Lei avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna».
  Il Presidente Napolitano replica: «Gentile signora Marsella, ho letto con attenzione la sua lettera, fortemente segnata da amarezza e insofferenza, sulla difficile situazione dell'Ilva di Taranto, e vorrei esprimere la mia sincera comprensione a lei e a tutte le mamme che stanno affrontando, non da ora, momenti tanto angosciosi. Comprendo il drammatico timore che si può provare per la salute e la vita dei loro figli, così come conosco il tormento delle donne, degli uomini e dei figli che temono di perdere il lavoro e di veder Pag. 129così minacciato il proprio futuro». La lettera si conclude affermando «Tutti i valori indicati nel decreto – salute, ambiente, lavoro – sono richiamati dalla Costituzione, e sono tutti beni primari da tutelare nell'ordinamento democratico, bilanciandoli tra loro nel miglior modo possibile.
  In questo senso si intende ora operare: definendo un quadro normativo generale, che obblighi i responsabili dell'azienda all'esecuzione di interventi immediati e mirati al ripristino di condizioni di sicurezza nella attività produttiva attraverso il sostanziale abbattimento delle emissioni inquinanti, salvaguardando insieme ed unitariamente i “beni” della salute, dell'ambiente e del lavoro. Si tratta di ridare speranza e costruire un futuro per una città che sta pagando un duro prezzo per i ritardi e le inadempienze del passato. So che il risultato non è scontato: dovranno essere affrontati nuovi problemi e pesanti difficoltà. Ci sarà, soprattutto, bisogno della vigile partecipazione di tutti i soggetti istituzionali e dei cittadini. E si dovrà contare, quindi, anche sulla vostra sensibile attenzione e sulla comune responsabilità alle quali faccio ancora appello».
  Beh, Presidente, colleghi questo e’ il quarto decreto che viene emanato per l'Ilva di Taranto e posso affermare con convinzione che non danno risposte alla signora Tonia Marsella, ma come a lei a tante mamme, mogli, mariti e figli che vivono questo dramma, il dramma della città di Taranto che vive con la consapevolezza che domani si possa scoprire di avere un tumore. Tutti questi decreti non vanno nella direzione del Capo dello Stato: «ci sarà bisogno, soprattutto, della vigile partecipazione di tutti i soggetti istituzionali e dei cittadini» perché i cittadini di Taranto le discariche non le vogliono, ma vogliono e pretendono un decreto che parli seriamente di bonifiche, eliminando le fonti inquinanti; i tarantini vogliono un decreto che recuperi le economie distrutte dall'Ilva, quali allevamento, agricoltura, mitilicoltura, pesca, e tutte le industrie di elaborazione di questi prodotti, nonché del mancato sviluppo turistico; i tarantini vogliono e pretendono di avere un futuro migliore.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dei deputati De Lorenzis e Terzoni, iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato. È iscritto a parlare il deputato Massimiliano Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, noi come gruppo della Lega abbiamo contestato e ovviamente contesteremo con forza, anche durante il prosieguo dei lavori nell'Aula, questo provvedimento che non condividiamo nel merito e tantomeno condividiamo il metodo con il quale il Governo e la maggioranza hanno voluto portare all'esame di questo ramo del Parlamento il provvedimento in esame.
  Comincio dal metodo. Abbiamo avuto una forzatura sui tempi nell'esame in Commissione e di questo non devo colpevolizzare i presidenti delle Commissioni, che con i tempi dettati dalla agenda del Governo hanno dovuto restringere moltissimo i tempi a disposizione. Dall'altro lato anche le opposizioni hanno avuto poco modo di approfondire i temi in quanto all'interno della maggioranza – e questo penso sia sotto gli occhi di tutti – si sono creati dei problemi, entrando nel merito del testo, che non si sono risolti in tempi brevi e questo ha comportato una diminuzione dei tempi a disposizione della discussione in Commissione stessa.
  Non solo, parlando del metodo – e su questo io, Presidente, faccio un appello a lei, faccio un appello a tutta la Presidenza – nuovamente ci troviamo di fronte a un decreto-legge assolutamente eterogeneo, con misure che c'entrano ben poco l'una con l'altra, con misure che ovviamente creano un provvedimento nel suo complesso che va contro quanto più volte detto dal Presidente della Repubblica sull'omogeneità dei decreti d'urgenza.
  Oltretutto – questo è il secondo appello che faccio alla Presidenza – mi auguro che le ammissibilità degli emendamenti in Commissione siano riviste in senso ovviamente Pag. 130più ampio, in quanto sono stati resi ammissibili degli emendamenti del Governo che nulla avevano a che fare e hanno a che fare con il testo inviatoci dal Senato. Quindi, ovviamente noi ci attendiamo che lo stesso criterio di ammissibilità sia utilizzato per gli emendamenti del Governo e anche per gli emendamenti dei parlamentari. Siamo convinti che così sarà perché conosciamo la correttezza della Presidenza di quest'Aula, però vogliamo ricordarlo con attenzione.
  Entrando nel merito del provvedimento, Presidente, io credo che il punto principale sia una caduta totale da parte di questo Governo e di questa maggioranza su un principio che un Paese che vuole guardare al futuro pensando a una crescita dello stesso debba avere sempre ben presente, ovvero il concetto di meritocrazia. Questo provvedimento restringe, se non elimina totalmente, quel concetto di meritocrazia nel pubblico impiego che noi più volte abbiamo voluto sottolineare durante l'esame in Commissione. Infatti, dire che le stabilizzazioni sono un diritto a prescindere, io credo che sia un concetto estremamente sbagliato, perché io voglio ricordare che le stabilizzazioni derivano da un sistema di selezione del personale della pubblica amministrazione non basato sul concorso pubblico, basato sulla chiamata diretta, basato su delle selezioni di dubbia valenza che improvvisamente diventano contratto a tempo indeterminato ad opera del legislatore.
  In questo caso lei capirà bene l'ingiustizia che c’è verso magari quei giovani o meno giovani che si mettono in gioco, studiano, sono preparati, si presentano a fare un concorso pubblico e si vedono scavalcati da chi questo concorso pubblico non lo ha fatto. E non si trovi la scusa di dire che comunque ci sarà un concorso per decidere quali di questi stabilizzati prenderà il posto, perché è un concorso chiuso solamente a questi soggetti.
  Non solo: nel mentre si proroga anche la durata di graduatorie di concorsi – questi sì concorsi – ma addirittura, nell'ipotesi più ampia però reale, avvenuti 16 anni prima, perché noi arriviamo fino al 2016 con graduatorie che addirittura arrivano dal 2000, Presidente. E non soltanto di vincitori dei concorsi – cosa che in quel caso noi avremmo condiviso – ma addirittura degli idonei. Far passare il concetto che un idoneo ad un concorso – non un vincitore, un idoneo – abbia diritto a prescindere al posto è un concetto sbagliato. Questo vuol dire, sommando le stabilizzazioni con la permanenza di queste graduatorie e il blocco nel procedere a nuovi bandi per chi è ancora in graduatoria con idonei – non con vincitori, ripeto, ma con idonei – presenti nella propria amministrazione, vuol dire eliminare per una generazione la possibilità di entrare nel pubblico impiego. Ed è questo che noi contestiamo: non esistono soltanto i bacini elettorali di quei comitati che vanno da una o dall'altra parte politica, cercando di portare avanti le proprie istanze. Esiste anche un concetto di giustizia nel Paese, un concetto di meritocrazia nel Paese, che non possiamo lasciare da parte. Non possiamo dire che i giovani che finiscono l'università o hanno finito l'università in questi anni nella sostanza non hanno la possibilità di entrare nel pubblico impiego. Non possiamo dirlo e non possiamo farlo. Non possiamo dire che un concorso avvenuto 16 anni fa di un idoneo di 16 anni fa abbia le competenze ancora oggi – che magari ha fatto tutt'altro lavoro, ha fatto tutt'altre scelte di vita – per entrare oggi nel pubblico impiego.
  Mi domando quindi, quale sia la ratio del provvedimento, se non tutelare un possibile, probabile bacino elettorale di qualcuno. Io capisco che magari il giovane uscito dall'università non si organizza in comitati, non fa pressione politica e non garantisce un bacino di voti, però io credo che la politica che facciamo in quest'Aula e nelle Commissioni e in tutta la nostra attività parlamentare non può essere semplicemente un punto di riferimento per quanti voti prenderemo alla prossima tornata elettorale, ma deve portare avanti delle leggi giuste per il Paese e come vede un futuro per questo Paese e per i giovani di questo Paese.Pag. 131
  Non solo, Presidente: in questo provvedimento sono stati anche introdotti, durante l'esame della Commissione, degli emendamenti che per esempio nel merito noi condividevamo. Faccio un esempio su tutti: quelli proposti dalla collega Gnecchi sulle donne che hanno usufruito della maternità volontaria o su chi ha usufruito della legge n. 104 per quanto riguarda la possibilità di conteggiare quei giorni per andare in pensione con le norme ante-Fornero. Misure giustissime, tant’è vero che noi avevamo presentato un subemendamento, in uno degli ultimi provvedimenti esaminati da quest'Aula, che andava proprio in quella direzione. Io le faccio presente e le ricordo che in quell'occasione il sottosegretario Dell'Aringa aveva detto che condivideva il provvedimento, però non era sicuro che le coperture fossero adeguate e fossero sufficienti per andare a supportare quella nuova platea che andavamo a considerare.
  Risultato: in Commissione si presentano questi emendamenti e la copertura non è che non fosse idonea, non c’è. Non c’è la copertura. È troppo semplice dare la colpa alla Ragioneria dello Stato o al Ministero o alla Commissione bilancio. Quando si aumenta la platea, la copertura deve esserci, altrimenti diventa semplicemente una norma manifesto, che qualcuno vuole intestarsi, ma che non risolve il problema. Vuol dire prendere per l'ennesima volta in giro i cittadini.
  Io credo che la maggioranza avrebbe avuto l'obbligo, insieme al Governo, di trovare quelle coperture per delle situazioni di iniquità oggettiva, per le quali però non serve fare un emendamento da approvare in Commissione e da portare in Aula, per poi essere bocciato dalla Commissione bilancio in quanto non c’è copertura, ma serviva a trovare quelle coperture necessarie affinché, per esempio, queste situazioni venissero risolte, visto che nel provvedimento coperture per qualche assunzione dirigenziale si trovano sempre.
  Oltretutto, Presidente, noi abbiamo voluto anche interpretare all'inizio dell'iter, almeno dell'annuncio, ancora nel Consiglio dei ministri, di questo decreto-legge, come veramente la volontà di questo Governo di voler mettere mano in modo serio al sistema della pubblica amministrazione, come funziona e anche al reclutamento nella pubblica amministrazione. Noi ci credevamo e siamo stati delusi. Ad esempio, ipotizzavamo che potesse veramente essere data quella svolta importante nel reclutamento, introducendo un concetto molto forte, troppe volte condiviso ma mai realizzato come l'abolizione legale del titolo di studio.
  Noi su questo ci credevamo. L'abolizione legale del titolo di studio vuol dire far valere la meritocrazia rispetto a un pezzo di carta consegnato magari in qualche istituto superiore o istituto universitario compiacente. In questo modo, si ottenevano più risultati. Il primo, appunto, che si assumevano persone che conoscevano la materia e si guardava quello che sapevano e non il voto che avevano scritto sul pezzo di carta. In secondo luogo, si andava ad agire, anche indirettamente, su tutto il sistema di formazione del nostro Paese. Pensi, Presidente, che evoluzione sarebbe per il nostro Paese se la competizione tra i diversi istituti di formazione e le università avvenisse non con quanta facilità si dà un voto alto all'interno dell'istituto, ma su quanto prepara l'istituto per mettere le persone che si laureano o prendono il diploma in grado di competere all'interno dal mondo del lavoro realmente. Questa secondo me sarebbe una rivoluzione culturale all'interno della pubblica amministrazione. E su questo noi avremmo voluto confrontarci e dare il nostro contributo. Purtroppo, invece, il contributo nostro non può arrivare perché proprio l'impianto del provvedimento stesso fa acqua da troppe parti. Fa anche acqua, per esempio, per quanto riguarda il problema del SISTRI. Non mi sembra un problema prettamente legato alla pubblica amministrazione, però è stato introdotto nel decreto-legge e ne prendiamo atto. Volevamo, però, vista anche la forzatura di mettere questa norma all'interno del presente provvedimento, ci fosse stato ad esempio il coraggio di portare veramente Pag. 132in là l'entrata in vigore di questo sistema che oggettivamente non permette, soprattutto alle piccole aziende, di poter continuare a fare il proprio lavoro.
  Abbiamo provato nelle Commissioni – e devo dare atto di questo anche alla maggioranza – ad introdurre delle correzioni a degli errori fatti nella scorsa legislatura. Un esempio è anche quello che ha ricordato la collega Gnecchi per quanto riguarda le ricongiunzioni onerose. Non ce l'abbiamo fatta. Questa è una particolarità circa la richiesta di coperture riguardo a questo tema poiché, per quanto concerne le ricongiunzioni onerose, io voglio ricordare che al tempo, nella relazione tecnica, quando sono state introdotte, veniva specificato che non sono quantificate nuove entrate per lo Stato. Adesso sembra particolare che quando si decide di togliere l'onerosità di queste ricongiunzioni verso l'ente ovviamente che dà il trattamento previdenziale peggiorativo, si chiedano invece coperture di centinaia di milioni di euro, per arrivare a regime addirittura a miliardi di euro. Su questo per esempio richiediamo un chiarimento perché si sono create delle iniquità e delle ingiustizie sulle quali per troppi anni non siamo riusciti a dare una risposta concreta.
  Non solo, in questo provvedimento, se doveva essere un decreto omnibus come è stato, nostro malgrado, però allora si poteva sfruttare l'occasione per esempio per cercare di andare a salvaguardare qualche esodato in più. Mi direte che questo è un decreto-legge che riguarda la pubblica amministrazione. Ben vero, però, come ho ricordato, nella pubblica amministrazione non è presente il SISTRI. Come voglio ricordare, è stato introdotto, proprio nell'esame nelle Commissioni I e XI alla Camera, un emendamento che riguarda l'ISTAT. Insomma, si sono prese delle libertà sui temi del provvedimento stesso che potevano a questo punto guadagnare quelle libertà per fare qualcosa di positivo. Invece tutto questo purtroppo non è stato fatto e, nostro malgrado, la nostra seria preoccupazione è che non verrà fatto nemmeno nella legge di stabilità, malgrado le promesse che questo Governo ha fatto durante il discorso di insediamento tramite la persona del Presidente del Consiglio Letta il quale aveva promesso, con il quale estrema chiarezza, che il problema esodati sarebbe stato affrontato in maniera strutturale e definitiva, cosa che non è avvenuta. Ricordo ai colleghi – avremo modo di parlarne ovviamente in modo prolungato durante la legge di stabilità – che nella legge di stabilità sono stati inseriti soltanto seimila nuovi soggetti senza nemmeno ampliare le categorie di soggetti coinvolti, ma mettendo i soggetti all'interno dei contributori volontari, ovviamente cosa che è positiva, ma assolutamente non sufficiente.
  Allora ci troveremo nella giornata di domani a doverci confrontare su questo tema. Abbiamo presentato diverse proposte emendative che vogliono andare nella direzione di cui ho parlato in questa discussione. Ci auguriamo che Governo e maggioranza abbiano la sensibilità di accogliere queste proposte. È altrettanto chiaro che, se ciò non avvenisse, noi utilizzeremo gli strumenti che abbiamo a disposizione per sensibilizzare il più possibile maggioranza e Governo al fine di capire che, se emendamenti vengono fatti, sono mirati al miglioramento della norma stessa. Quindi, con questo augurio, la ringrazio del tempo concessomi e ci rivedremo nella giornata di domani per lungo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1682-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 133

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto, ai sensi dell'articolo 24, commi 2 e 6, del Regolamento, sulla seguente rimodulazione dei lavori della prossima settimana:

  Lunedì 28 ottobre (antimeridiana)
  Discussione sulle linee generali delle mozioni:
   Airaudo ed altri n. 1-00164 concernente iniziative per il rilancio del settore manifatturiero;
   Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158 e Laffranco ed altri n. 1-00159 concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria.

  Lunedì 28 ottobre (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)
  Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1574 – Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca (da inviare al Senato – scadenza: 11 novembre 2013).

  Martedì 29 (antimeridiana, con votazioni a partire dalle ore 11, e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

  Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1574 – Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca (da inviare al Senato – scadenza: 11 novembre 2013).

  Esame congiunto del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n. 1) e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 2).

  Seguito dell'esame di eventuali argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Airaudo ed altri n. 1-00164 concernente iniziative per il rilancio del settore manifatturiero;
   Vezzali, Valeria Valente, Rampelli, Capelli ed altri n. 1-00151, Mongiello ed altri n. 1-00158 e Laffranco ed altri n. 1-00159 concernenti iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria.

  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
  L'organizzazione dei tempi per l'esame congiunto del conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2012 (Doc. VIII, n. 1) e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2013 (Doc. VIII, n. 2) sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 21,40)

  FEDERICA DAGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DAGA. Signor Presidente, in quanto cittadina che sente il dovere di adempiere con disciplina ed onore al ruolo che gli altri cittadini mi hanno assegnato, intervengo per porre l'attenzione di tutte e tutti e per esprimere pubblicamente e istituzionalmente la necessità di una ferma e netta condanna dell'azione che TV e giornali e, purtroppo, alcuni occupanti di questi scranni hanno perpetrato nei giorni scorsi contro la partecipazione alle iniziative Pag. 134del 18 e 19 ottobre, procurando allarmi infondati verso cittadini e commercianti romani.
  Sento inoltre il dovere di segnalare ai parlamentari e a tutti coloro che ricoprono un ruolo istituzionale un grave pericolo. Cito solo due esempi. Come accade al sindaco di Roma per i distacchi dell'acqua e al sindaco di Albano, qui vicino, rispetto alla salute dei cittadini del suo comune messa a rischio dalle esalazioni provenienti dalla discarica, se chi ricopre cariche pubbliche, anziché dar seguito e senso al suo ruolo istituzionale, non interviene quando è chiamato in causa dai cittadini, oltre a togliere consenso al suo mandato nega e allontana la fiducia dei cittadini dallo Stato.
  Nel prossimo fine settimana – qui mi rivolgo soprattutto alle elette e agli eletti in provincia di Roma – ci saranno ad Albano e a Cupinoro due iniziative che riguardano la salute degli individui e quindi il futuro di quei territori.
  Le segnalo nella speranza che, almeno in alcuni, i cuori non siano ormai del tutto inariditi e nella convinzione che i cittadini non dimenticano chi si dimentica di loro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  VITTORIO FERRARESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, oggi, nell'anniversario della morte di Stefano Cucchi, dopo un'indagine parlamentare, una sentenza di condanna del primario e dei medici dell'ospedale «Sandro Pertini» e le tante polemiche che sono state destate dall'assoluzione degli agenti di polizia penitenziaria, rimane oggi solo il dolore della famiglia e lo sconcerto di quanti credono nella giustizia e nelle istituzioni, anche per il fatto che, dopo la morte di Stefano, sia stata ricondotta, appunto, questa morte a malnutrizione.
  Siamo abituati, come in un Paese senza certezza del diritto, ai rischi che chiunque di noi corre se incontra la pattuglia sbagliata, come nel caso di Federico Aldrovandi, morto a diciotto anni, nel reparto sbagliato di un ospedale, come Franco Mastrogiovanni, morto a Vallo della Lucania, nel reparto psichiatrico legato al letto di contenzione, o nel carcere sbagliato, come pensiamo sia successo a Stefano. Siamo abituati, ma non rassegnati, Presidente: il Paese deve rimuovere ogni atteggiamento omertoso che, regolarmente, si evidenzia in tutti questi casi, con la denuncia e la mobilitazione civile.
  Lo Stato deve saper prevenire l'abuso di violenza nei propri corpi di polizia, selezionando e formando il personale, punendo chi non è all'altezza del compito e abusa del ruolo, dentro le strutture sanitarie, i medici e gli infermieri, che hanno come loro compito la tutela della salute e la dignità della persona. Chi viene meno a questo sacro dovere, abbandonando consapevolmente al proprio destino e alla morte chi si trova in cura deve essere condannato, ma, allo stesso tempo, non deve più svolgere questo lavoro. Lo dobbiamo fare, lo dobbiamo ai tanti casi che ogni anno emergono e ai tanti di cui nulla neppur si impara. Lo dobbiamo a quelle persone, come Stefano Cucchi, che hanno innocentemente subito una violenza disumana, prima e dopo la morte, da organi che, comunque sia andata, fanno parte dello Stato. E noi questo Stato lo possiamo e lo vogliamo cambiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 23 ottobre 2013, alle 10,30:

  (ore 10,30 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1015 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti Pag. 135per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (Approvato dal Senato) (C. 1682-A).
  — Relatori: Sisto (per la I Commissione) e Damiano (per la XI Commissione), per la maggioranza; Invernizzi, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Speranza ed altri n. 1-00162, Brunetta ed altri n. 1-00212, Rondini ed altri n. 1-00213 e Crippa ed altri n. 1-00214 concernenti iniziative per una politica industriale volta alla riqualificazione e alla reindustrializzazione dei poli chimici.

  (ore 15)

  3. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 21,45.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ALBERTO ZOLEZZI SULLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI UTILIZZO DI ALCUNE TIPOLOGIE DI COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI NEI FORNI DEI CEMENTIFICI

  ALBERTO ZOLEZZI. Qual è la situazione oggi ? L'aumento della quantità di diossine in ambienti domestici limitrofi a cementifici-inceneritori (Deziel et al, Science of the Total Environment 2012;433:516--522) e un aumentato rischio di linfomi non-Hodgkin (patologia già in precedenza messa in relazione all'inquinamento da diossine) nei residenti entro 3 km da cementifici-inceneritori (Roberts et al, Environ Health Perspect 2013).
  La normativa per gli impianti di combustione di rifiuti (che siano inceneritori, cementifici o altro) prevede al massimo controlli quadrimestrali delle emissioni di diossine. Questi, a differenza del monitoraggio in continuo (che né la vecchia normativa né il d.lgs. Clini impongono) sottostimano fortemente le emissioni di diossine da parte di questi impianti. Anche quantità estremamente piccole di diossine sono pericolose per la salute umana, in quanto queste sostanze sono non biodegradabili e accumulabili nei tessuti umani e nei vegetali, con un tempo di dimezzamento che può superare il secolo.
  Anche in questo caso sarebbe stata auspicabile una variazione della normativa vigente per i cementifici (a prescindere dalla possibilità di bruciarci rifiuti), con la previsione di monitoraggi in continuo e di periodici campionamenti su materiali biologici nei territori limitrofi a questi impianti.
  Le perdite dovute a un inceneritore come quello di Brescia per la comunità: sono di circa 1.5 milioni di euro (morbilità, mortalità, materia sprecata) software ecosense della UE.
  
Secondo stime di Nomisma Energia «il beneficio sarà da 30 a 10 euro/t per il produttore di CSS, da 60 a 20 euro/t per il cementificio».
  I cementieri approfittano del minor costo del CSS rispetto ai combustibili fossili (il cui costo cresce progressivamente da anni) e, spesso, di cospicui incentivi per il «revamping» degli impianti. A titolo di esempio, la CEMENTIR di Taranto ha ricevuto circa 20 milioni di euro a fondo perduto (fondi regionali) per «adattare» i propri forni alla combustione di CSS. Soldi pagati con le nostre tasse.
  Il PET coke inquina di più rispetto al carbone e al CSS ? Sarebbe più utile avere un'ottica di sistema, valutare il sistema ambiente e la comunità Italia, magari utilizzare il metano come combustibile nei cementifici, nel bilancio globale ci sarebbe un risparmio.
  Stiamo realizzando un piano rifiuti, che agisca dalla progettazione dei materiali, alla raccolta, al riciclo e allo smaltimento, dovrebbe essere associato a un piano energetico; le tecnologie per il recupero della materia progrediscono velocemente, Pag. 136si può addirittura in molti casi recuperare materiale dalle discariche già presenti e noi stiamo ancora qui a parlare di incenerimento ?
  I tecnici, le idee in Italia ci sono, ma la gente ha persino paura di portare i propri contributi, siamo contenti che i tecnici, gli esperti si siano avvicinati a noi, ci stiano portando le loro idee, i loro brevetti; qui dentro sembra di essere nella preistoria rispetto a quello che potremmo esprimere dal punto di vista tecnologico, ambientale e sociale. La gestione dei rifiuti in tutta Italia deve essere liberata dalle lobbies e dalla criminalità organizzata !
  Incentivi per biogas da mais, da forsu, biometano, CSS: i rifiuti non saranno più nelle strade ma alla casa delle aste o nelle cassette di sicurezza: e il nostro bilancio ?
  Germania: in discarica minore dell'1 per cento RD elevata, filiera tracciata; 7000 impianti a biogas e biomasse, se avessero gli stessi nostri incentivi per il biogas da mais sarebbero già falliti.
  Olanda anticrack office, prezzi calmierati, 3 regioni nei primi.10 posti della classifica della competitività, la nostra Lombardia è al 158 posto, vi sono 1.200.000 appartamenti invenduti, più altri circa 2 milioni sfitti.
  Attenzione all'economia, incentivo fiscale del 65 per cento introdotto dal M5S nella risoluzione in Commissione al Governo, per riconvertire l'esistente.
  USA: diossine non diminuite nei cementifici che utilizzano rifiuti, diminuite negli inceneritori: 0.2 ng/NM3.
  Poi vi è il problema TAV.
  Con tutte queste combustioni, rifiuti nei cementifici, ecoballe nell'inceneritore, potature urbane inceneribili, è davvero difficile non scongelarsi verso il PD; vorrei in questo modo dare ulteriori risposte a chi continua a chiedercelo; il PD, già, è diviso in correnti, quale corrente dovrebbe spingere allo scongelamento: Renzi ? Libero sindaco di Firenze, che si rivolse alla Prof.ssa Gentilini di Medici per l'Ambiente nel 2009 dandole della «apprendista alchimista» perché stava spiegando importanti dati obiettivi in merito ai danni degli inceneritori ? Bersani con la sua Emilia inondata di inceneritori ?-O forse il mancato presidente della Repubblica Prodi, anche lui incinerator-friendly ?
  Il PD rischia di diventare qualcosa di diverso da un partito, non ha più un modello gerarchico verticale, ha un modello totalmente staccato dagli attivisti e ancor più dagli elettori. Quest'estate a una delle feste preparate con grande pazienza e cura dagli attivisti PD ho sentito i commenti degli attivisti e degli esponenti locali; non ho mai sentito parlare così male della dirigenza PD come in quell'occasione; ormai non siete più un partito, siete un movimento al contrario, il movimento 5 spicchi, come gli spicchi di votazione in Parlamento assegnativi da questa legge elettorale, che potreste utilizzare per migliorare l'Italia e che invece gestite in maniera a mio parere irrazionale.
  Un po’ di ironia ci vuole; secondo Socrate, l'ironia insieme alla maieutica aiutano a far emergere il meglio dalle persone; speriamo ancora che votiate per il verso giusto; la maieutica è l'arte della levatrice, che in Italia troppo spesso estrae-bimbi con malformazioni.
  Buona votazione.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta del 16 ottobre 2013:
   a pagina 28, seconda colonna, nona riga, il numero «326» si intende sostituito dal seguente: «336».

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DOC. VIII, N. 1 E 2 – CONTO CONSUNTIVO E BILANCIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

Tempo complessivo: 15 ore, di cui:
• discussione congiunta: 7 ore e 30 minuti.
• seguito dell'esame congiunto: 7 ore e 30 minuti.

Discussione congiunta Seguito dell'esame
Deputati questori 1 ora e 30 minuti 40 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti 10 minuti
Tempi tecnici 15 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 5 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) 1 ora e 12 minuti (con il limite massimo di 11 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 45 minuti 5 ore e 13 minuti
 Partito Democratico 52 minuti 1 ora e 31 minuti
 MoVimento 5 Stelle 38 minuti 46 minuti
 Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 37 minuti 43 minuti
 Scelta civica per l'Italia 33 minuti 32 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 33 minuti 29 minuti
 Lega Nord e Autonomie 31 minuti 25 minuti
 Fratelli d'Italia 31 minuti 23 minuti
 Misto: 30 minuti 24 minuti
  Centro Democratico 8 minuti 7 minuti
  Minoranze linguistiche 8 minuti 7 minuti
  MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero - Alleanza per l'Italia (API) 7 minuti 5 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 7 minuti 5 minuti
Pag. 137

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 10)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Risoluzione n. 6-00036 n.f. 457 457 229 319 138 49 Appr.
2 Nom. Risoluzione n. 6-00037 468 377 91 189 32 345 49 Resp.
3 Nom. Risoluzione n. 6-00038 469 378 91 190 20 358 49 Resp.
4 Nom. Risoluzione n. 6-00039 471 420 51 211 90 330 49 Resp.
5 Nom. Moz. Busto e a. 1-030 480 476 4 239 144 332 67 Resp.
6 Nom. Moz. Zan e a. 1-188 n.f. 482 386 96 194 52 334 67 Resp.
7 Nom. Moz. Grimoldi e a. 1-189 485 449 36 225 16 433 67 Resp.
8 Nom. Moz. Borghi e a. 1-193 483 477 6 239 351 126 67 Appr.
9 Nom. Moz. Molteni e a. 1-183 rif. 441 441 221 441 67 Appr.
10 Nom. Moz.Braga e a. 1-13 n.f. 445 355 90 178 355 66 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.