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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 96 di lunedì 14 ottobre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 10.

  ENRICO GASBARRA, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 ottobre 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Dell'Aringa, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Legnini, Letta, Lupi, Merlo, Meta, Migliore, Monaco, Orlando, Picchi, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rossi, Sani, Santelli, Scagliusi, Sereni, Speranza, Tidei e Villarosa sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che il relatore sulla proposta di legge n. 750-A ha fatto sapere che, per un rilevante guasto alla motrice, il treno proveniente da Firenze su cui il medesimo sta viaggiando porta un forte ritardo e, pertanto, il medesimo per una causa di forza maggiore non è in grado di presenziare in questo momento alla seduta. Poiché l'arrivo del treno è previsto per le ore 10,10 credo che una breve sospensione di mezz'ora possa essere sufficiente per consentire l'arrivo del relatore. A questo punto sospendo la seduta fino alle 10,30.

  La seduta, sospesa alle 10,05, è ripresa alle 10,35.

Discussione della proposta di legge: Dell'Orco ed altri: Modifica all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e altre disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Dell'Orco ed altri: Modifica all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e altre disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

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(Discussione sulle linee generali – A.C. 750-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Dario Nardella.

  DARIO NARDELLA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, innanzitutto mi consenta di scusarmi con la Presidenza e con i colleghi per il ritardo causato da forza maggiore, che mi ha indotto in questo ritardo. Spero di poter recuperare, svolgendo una relazione più sintetica di quanto previsto.
  Come la Presidenza ha annunciato, l'Aula inizia oggi l'esame della proposta di legge a prima firma Dell'Orco, n. 750, iscritta nel calendario dell'Assemblea fra le proposte di legge in quota all'opposizione e sulla quale la Commissione X ha deliberato, nella seduta di martedì 8 ottobre, di riferire in senso contrario, al termine di un lungo iter che sia è svolto in seno alla Commissione stessa.
  In particolare, la Commissione ha svolto innanzitutto una approfondita attività conoscitiva, svolgendo una serie di audizioni informali volte a specificare e analizzare le tematiche di maggiore rilievo contenute nelle proposte di legge.
  Nella riunione del 17 luglio 2013 l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione, ha convenuto all'unanimità sull'opportunità di svolgere le audizioni informali dei rappresentanti dei diversi livelli istituzionali, comuni, province e regioni, delle associazioni degli operatori del settore del commercio e della distribuzione, quali Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Despar e Coop Italia, dei rappresentanti delle principali associazioni dei consumatori e di alcuni comitati di cittadini, quali il comitato «Domenica no grazie», il comitato CALS, e, infine, dei rappresentanti delle principali organizzazioni sindacali.
  Al termine di questa fase conoscitiva è stato costituito un comitato ristretto che ha lavorato allo scopo di giungere alla elaborazione di un testo unificato, con l'obiettivo di ottenere una sintesi delle varie proposte che sono state presentate sul tema e sulle quali mi soffermerò in seguito.
  Non essendo, tuttavia, stata raggiunta un'intesa tra i diversi gruppi parlamentari sulla proposta di un testo unificato, che io stesso ebbi modo di illustrare a seguito del disabbinamento della proposta di legge n. 750 di cui oggi l'Assemblea discute, disposto su richiesta del MoVimento 5 Stelle, si è passati dunque all'esame degli articoli e dei relativi emendamenti ad essi presentati della citata proposta di legge: fase che, come ho già anticipato, si è conclusa con la deliberazione della Commissione di riferire in senso contrario sul testo della proposta di legge.
  La proposta di legge (che, tuttavia, oggi, come i colleghi e la Presidenza sanno, è stata sostituita con un testo alternativo) che è stata esaminata in Commissione, la n. 750, riportava dei punti che, a detta della maggioranza della Commissione, contrastavano sia con i principi comunitari che con le esigenze di applicabilità e di fattibilità delle regole contenute.
  In particolare, la proposta all'articolo 1, laddove sostituisce il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituita con un articolo che, di fatto, ripristina la disciplina del precedente decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
  Questo primo articolo, in sostanza, ripristina la disciplina previgente, che si trova in contrasto con i principi comunitari e, in particolare, con la direttiva «servizi», che stabilisce il regime di liberalizzazione Pag. 3dei servizi e, soprattutto, di tutela della concorrenza e della libertà della concorrenza.
  L'articolo 1, ai commi successivi 2 e 3, si concentra sulle modalità con cui le regioni sono chiamate a regolare le giornate di apertura e gli orari di apertura degli esercizi commerciali. Queste modalità sono, in parte, piuttosto farraginose e complesse sotto il profilo della concreta attuazione, in quanto si prevede che le regioni possano emanare, debbano emanare d'intesa con gli enti locali e sentito il parere dei comitati locali e delle organizzazioni di categoria, un piano di regolazione dei giorni di apertura con dei turni a rotazione.
  Questo piano per la regolazione – si dispone nell'articolo 1 sempre della proposta di legge in oggetto – prevede per ogni comune l'apertura del 25 per cento degli esercizi commerciali per ciascun settore merceologico, in ciascuna domenica o giorno festivo o, comunque, non oltre il massimo annuo di 12 giorni di apertura festiva per ciascun esercizio commerciale. Una modalità, a detta anche degli esperti, dei tecnici, oltre che degli stessi esperti giuristi, di difficile se non impossibile applicazione, soprattutto, per quanto concerne la quota percentuale degli esercizi commerciali, vista l'oggettiva difficoltà di verificare la rispondenza concreta a questa quota, in un regime che differenzia, oggi, soltanto tra esercizi alimentari ed esercizi non alimentari.
  Nel proseguire l'esame del merito del provvedimento, ricordo, solo a fini di completezza, che tale proposta di legge è stata esaminata in sede referente dalla X Commissione abbinata ad altre tre proposte di legge, che prevedono norme in materia di orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e artigianali. Tutte le proposte intervengono, Presidente, direttamente o indirettamente su quanto disposto dal citato articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, il decreto «salva Italia», che ha reso la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali permanente e non più solo sperimentale ed applicabile in tutto il territorio nazionale, e non solo nelle località turistiche e di arte.
  Ricordo in proposito che, fino al 2011, l'apertura degli esercizi commerciali è stata soggetta, in base alle norme legislative e alle disposizioni regionali e comunali, a limitazioni, concernenti in particolare l'obbligo di chiusura domenicale e festiva e l'obbligo di rispettare determinati orari di apertura e chiusura. In tal senso, criteri generali erano stabiliti dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che ho già citato, recante la disciplina generale per il settore del commercio. Questo impianto normativo è stato per implicito confermato dal primo dei cosiddetti decreti Bersani – il già citato decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, così come convertito dalla legge, anch'essa citata, n. 248 del 2006 –, il cui articolo 3, nel dettare molteplici disposizioni pro concorrenza, non ha intaccato la disciplina sugli orari del suddetto decreto legislativo n. 114 del 1998.
  In particolare, l'articolo 3, comma 1, su cui si sofferma proprio l'articolo 1 del progetto di legge Dell'Orco, elimina una serie di limiti e prescrizioni alle attività commerciali in applicazione delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) e m) della Costituzione.
  Nel corso del 2011, nel quadro delle riforme sistemiche anticrisi, dapprima l'articolo 35, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 6 luglio 2011, ha introdotto la lettera d-bis) al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, intesa a liberalizzare, in via sperimentale, gli orari di apertura e chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio situati in località turistiche Pag. 4o città d'arte; dunque, soltanto una fase di sperimentazione in modifica del decreto-legge n. 223 del 2006.
  La piena e definitiva liberalizzazione dei giorni e degli orari di apertura degli esercizi commerciali è stata, quindi, realizzata con il decreto-legge n. 201 del 2011, il cosiddetto «salva Italia», che con l'articolo 31 elimina in via definitiva, quindi non più solo sperimentale, qualsiasi vincolo su questo specifico aspetto.
  Questa è la normativa attualmente vigente, colleghi; si tratta della limitazione dell'estinzione del nastro orario giornaliero di apertura, precedentemente di 13 ore, l'obbligo di mezza giornata di chiusura infrasettimanale, l'obbligo di chiusura nei giorni festivi per i quali non sia prevista una specifica deroga. Questo è l'aspetto eliminato dal decreto «salva Italia».
  All'esito dei due interventi normativi del luglio e dicembre 2011, il nuovo comma 1, lettera d-bis), dell'articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, nella versione oggi in vigore, stabilisce quindi che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo n. 114 del 1998, e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni, ovvero il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio.
  Pertanto la nuova lettera d-bis) del comma 1 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, a seguito della modifica, aggiunge all'elenco degli ambiti normativi per i quali è espressamente escluso che lo svolgimento di attività commerciale possa incontrare limiti e prescrizioni, anche la disciplina degli orari e della chiusura domenicale o festiva di tutti gli esercizi e di tutte le attività commerciali come individuate dal decreto legislativo n. 114 del 1998.
  In sostanza, oggi, non abbiamo più limiti a questo regime, concernenti sia l'ambito degli orari sia l'ambito delle festività, e il decreto «salva Italia» ha introdotto una condizione definitiva di libertà della concorrenza tra gli esercizi commerciali senza alcuna distinzione.
  Vorrei qui, signor Presidente, ritornare ad esaminare rapidamente le altre proposte di legge, anche perché alcuni punti di queste proposte di legge erano confluiti nel testo unificato sul quale la Commissione aveva tentato una sintesi.
  Anzitutto la proposta di legge n. 147 di iniziativa popolare, a cui si ispira, peraltro, il testo alternativo, presentato dal MoVimento 5 Stelle, alla proposta di legge n. 750. La proposta di iniziativa popolare si limita ad abrogare la lettera d-bis) dell'articolo 3 del già citato decreto-legge n. 223 del 2006 così come modificata, ovviamente, dall'articolo 31 del decreto «salva Italia» che, come si è visto, prevede il divieto di porre limiti o restrizioni all'apertura degli esercizi commerciali. È chiaro che l'effetto abrogativo della proposta di legge popolare restituisce, di fatto, automaticamente alle regioni la facoltà di regolare la materia.
  Dunque, è molto semplice l'esito di questa proposta di legge popolare. Accanto a tale proposta è stata depositata anche la proposta di legge n. 1042, a firma Benamati ed altri, che, pur mantenendo saldi i principi della liberalizzazione del comparto e della tutela della concorrenza, introduce nuove disposizioni all'interno dello stesso articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, prevedendo un piano territoriale degli orari degli esercizi commerciali e artigianali rivolti al pubblico a cura dei comuni, dunque introducendo una sorta di pianificazione e programmazione.
  I piani sono predisposti secondo la proposta di legge entro il 28 febbraio e con cadenza triennale. Viene comunque fatta salva la libera prestazione dei servizi, di tal che è chiaro che questa pianificazione giuridicamente non è e non sarebbe vincolante nei confronti di un esercizio commerciale, ma tenderebbe a configurare un quadro di adesione volontaria – chiamiamola così – da parte degli esercizi stessi. La predisposizione di questo piano è inoltre accompagnata, nella proposta di legge n. 1042, da una finalità di promuovere Pag. 5un'offerta complessiva del territorio, anche tramite l'integrazione degli orari di funzione, servizi affini e complementari, garantendo così la piena e costante fruibilità da parte dei cittadini degli esercizi commerciali, il rispetto dei diritti dei lavoratori, l'assicurazione dell'attuazione della legge 8 marzo 2000 n. 53, in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale.
  Questo progetto di legge, come del resto anche altri, signor Presidente e cari colleghi, si faceva carico di molte delle istanze presentate nel corso delle audizioni dai vari soggetti interpellati su alcune esigenze di fondo, appunto, vale a dire la garanzia dei diritti dei lavoratori in un regime di libertà della concorrenza e la garanzia dei cittadini consumatori di poter accedere, anche nei giorni festivi, agli esercizi commerciali, senza con ciò dover patire la minore disponibilità di mezzi di trasporto in virtù proprio delle festività.
  Accanto alla proposta di legge Benamati, in Commissione è stata anche esaminata la proposta di legge n. 1279 degli onorevoli Abrignani ed altri, che interviene anch'essa sulla vigente disciplina dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201, che riguarda la liberalizzazione delle attività commerciali, stabilendo che esse siano svolte senza limiti di orario di apertura e chiusura, ma con un meccanismo aggiuntivo finalizzato a favorire l'informazione agli utenti in merito all'accessibilità degli esercizi commerciali nel proprio territorio. In particolare, il nuovo comma 2-bis del citato articolo 31 prevede che entro il mese di febbraio di ogni anno i comuni e le aree metropolitane, in modo coordinato tra loro e in funzione delle aree e dei servizi rispettivamente disponibili nei relativi territori, redigano un documento informativo sugli orari dei servizi e degli esercizi commerciali e artigianali rivolto proprio al pubblico.
  Questo documento, che non avrebbe comunque valenza regolatoria, è redatto sulla base delle informazioni rese disponibili dagli operatori, dalle loro organizzazioni di categoria o da altre fonti, allo scopo di definire un quadro di riferimento coordinato degli accessi ai servizi da parte dei consumatori e utenti. Il citato documento deve contenere indicazioni non vincolanti per gli operatori su possibili interventi idonei a migliorare i servizi per i consumatori e gli utenti e a promuovere un'offerta complessiva nel territorio in grado di aumentarne l'attrattività. Il nuovo comma 2-ter, secondo l'ultima proposta di legge che appunto sto passando in rassegna, la n. 1279, prevede che il suddetto documento sia redatto previa consultazione delle organizzazioni di categoria interessate e delle associazioni dei consumatori, e che su tale base possano essere stipulati accordi tra il comune e le organizzazioni di categoria.
  Questo in relazione ai diversi testi di proposte di legge presentate in Commissione. Il tentativo che io stesso ebbi modo di illustrare di un testo unificato partiva anzitutto dall'esigenza di salvaguardare gran parte della vocazione, delle finalità, della ratio e della disciplina della proposta di legge n. 750 dell'onorevole Dell'Orco, e al contempo inserire e contemplare anche i vari aspetti, che potevano essere coordinati, contenuti nelle altre proposte di legge.
  Quella proposta di testo unificato mirava, signor Presidente, e mi avvio a concludere, a salvaguardare il principio della libertà e della tutela della concorrenza, e a reintrodurre una forma di pianificazione da raggiungere attraverso una concertazione tra i diversi soggetti, i diversi attori. Inoltre, affidava ai comuni e agli enti locali un potere più stringente, in deroga al principio di liberalizzazione, secondo i dettami dell'articolo 31, tra l'altro, del decreto-legge n. 201 del 2011, in relazione alla tutela del territorio, del patrimonio culturale e alla salute pubblica e dei lavoratori.
  Concludo, Presidente, con un ultimo accenno alla proposta di legge n. 750 dell'onorevole Dell'Orco. Come ho già detto la proposta di legge, in una prima parte, entra direttamente in conflitto con Pag. 6i principi comunitari sulla libertà della concorrenza nel settore dei servizi e in una seconda parte propone un meccanismo complesso di difficile attuazione nel regolare questo settore; ma soprattutto rende difficile il rispetto degli indirizzi della Corte costituzionale, la quale Corte si è espressa dapprima con la sentenza n. 299 del 2011 e con successive pronunce, stabilendo che la materia della tutela della concorrenza, anche nel settore del commercio, è di competenza esclusiva dello Stato e dunque noi non possiamo approvare, colleghi, una proposta di legge che disciplina il settore, quindi rispettando questo principio di competenza esclusiva dello Stato, ma allo stesso tempo affida nuovamente alle regioni una eguale competenza legislativa, con ciò creando un oggettivo rischio di nuovo conflitto.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, con la cosiddetta manovra «salva Italia» del 2011 sono state introdotte le liberalizzazioni degli orari delle aperture degli esercizi commerciali. Nel disegno del Governo Monti questo provvedimento avrebbe dovuto rafforzare la concorrenza tra gli esercizi commerciali con la naturale conseguenza di una diminuzione dei prezzi, mentre al contempo si prevedeva che sarebbero aumentati gli incassi delle imprese grazie all'allungamento degli orari. Tutto ciò, tra l'altro, avrebbe comportato anche nuove assunzioni di personale come effetto secondario. Innanzitutto non si è riscontrata nessuna diminuzione dei prezzi, dato che in realtà non si è instaurata una vera concorrenza sana tra le imprese; ciò che si è invece verificato è stato, semmai, l'emergere di una dura contrapposizione tra piccola e grande distribuzione che ha visto la chiusura e il fallimento di migliaia di negozi.
  Quanto alle nuove assunzioni: non sono pervenute; semmai il maggior carico di lavoro diviso sempre tra lo stesso personale che non conosce domeniche di riposo o festività, oberato da turni di lavoro stressanti e difficili da gestire per chi ha una famiglia.
  Il provvedimento non ha generato neppure un aumento di fatturato per le imprese perché, come capirebbe anche un bambino, aumentando le aperture da sei a sette giorni non aumenta certo la quantità di insalata, cipolla o televisori acquistati ma semplicemente gli acquisti vengono diluiti da sei a sette giorni.
  Paragoniamo, ad esempio, la grande e la piccola distribuzione in difficoltà ad un atleta e ad un corridore zoppo che debbano cimentarsi nei 100 metri; già la disparità è evidente in partenza ma ad un certo punto intervengono le liberalizzazioni a spostare il traguardo: non si arriva più a 100 metri ma a 150 metri; a nulla valgono le proteste del povero zoppo che con fatica si era allenato per correre su quella distanza, anzi, gli viene detto che deve essere contento perché così in quei 50 metri in più avrà la possibilità di recuperare il suo svantaggio. Il nostro povero corridore zoppo, al pari della nostra piccola distribuzione, esce da questa prova distrutto.
  Con un reddito in calo e un potere d'acquisto in contrazione le famiglie non spendono di più solo perché i negozi sono aperti più a lungo.
  Quindi il fatturato delle imprese rimane identico, ma i costi salgono, perché tenere aperto più a lungo comunque ha i suoi oneri.
  La grande distribuzione invece, avendo più personale con turnazioni straordinarie, sempre sulla pelle dei lavoratori, è riuscita in qualche modo a sopperire, forse anche a crescere, speculando e succhiando linfa alle migliaia di piccoli esercizi che falliscono. Avevamo pensato fosse giusto mantenere comunque le liberalizzazioni nelle località turistiche e d'arte, avevamo poi pensato ad un criterio di turnazione delle aperture festive, gestito dalle regioni, secondo un modello già sperimentato con successo nella città di Modena.
  Durante i lavori di Commissione abbiamo fatto poi numerosi passi indietro Pag. 7nel tentativo di trovare un accordo, ma ci avete fatto delle proposte irricevibili, che stravolgevano il senso del nostro testo. Avete presentato proposte che mantenevano in piedi le liberalizzazioni e contemporaneamente architettavano inutili piani triennali delle aperture non vincolanti che, sinceramente, sono una presa in giro. Abbiamo capito che si era alzato un muro contro la nostra proposta e oggi qui, in quest'Aula, siamo convocati per discutere se sopprimerla o meno, con un procedimento che ha pochi precedenti nella storia della Camera. La sensazione è quella che si preferisca chiudere gli occhi su un problema serio, facendo decadere questa proposta piuttosto che far passare un'iniziativa targata 5 Stelle.
  Siamo arrivati in quest'Aula con un ulteriore testo di minoranza, un ultimo tentativo di arrivare ad un accordo, si tratta di una proposta alternativa che semplifica la proposta di legge originaria, tenendo conto delle perplessità espresse dalla maggioranza in Commissione sul meccanismo di rotazione proposto. Nel testo di minoranza abbiamo mantenuto solo l'abolizione delle liberalizzazioni, richiesta a gran voce, anche nelle audizioni, dalle associazioni di categoria, ma soprattutto dai cittadini con il referendum popolare del 1995, oggi disatteso, e più recentemente con una proposta di iniziativa popolare depositata alla Camera. Sarebbe uno scandalo ignorare per la seconda volta i cittadini !
  In conclusione, la vera domanda a cui dovete rispondere non è dunque se rigettare o meno la proposta di legge del MoVimento 5 Stelle ma, guardando al Paese reale, se sia giusto o meno mantenere in piedi le liberalizzazioni nel commercio e mi auguro che quest'Aula sappia dare una risposta coerente ai tanti cittadini, alle tante imprese e ai tanti lavoratori interessati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. È iscritto a parlare il deputato Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi e colleghe, il relatore per la maggioranza, onorevole Nardella, ha già dato puntualmente conto dello sviluppo della discussione in seno alla Commissione attività produttive, torno sul punto soprattutto per svolgere qualche considerazione in merito alle ragioni che hanno indotto la maggioranza della Commissione a conferire parere al relatore Nardella affinché si esprimesse negativamente sulla proposta di cui all'A.C. 750. Lo faccio citando innanzitutto i passaggi salienti della relazione di accompagnamento alla proposta di cui all'A.C. 750, salienti perché appunto finalizzati ad esplicitare gli obiettivi della proposta di modifica della disciplina in materia di orari degli esercizi commerciali e delle loro aperture nelle giornate domenicali e festive di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011.
  L'aspetto problematico della questione, a cui questa proposta di legge intende porre riparo, non è tanto – così si osserva in relazione – l'inefficacia delle misure sotto l'aspetto del sostegno all'economia – sto citando dalla relazione di accompagnamento all'A.C. 750 – quanto purtroppo il danno che si è creato sotto il profilo della conflittualità nell'attribuzione di competenza della materia tra lo Stato e le regioni, con la presentazione di numerosi ricorsi finiti – sic - davanti alla Corte costituzionale, nonché sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori e, non da ultimo, sotto il profilo di un vero danno economico nei confronti dei piccoli commercianti. La presente proposta di legge si propone dunque – così ancora si annota – di ricondurre la competenza legislativa e la potestà regolamentare nel settore del commercio alle regioni e agli enti locali ai quali spetta il compito della pianificazione della turnazione.
  Così, si legge dunque nella relazione che accompagna la proposta di legge presentata il 15 aprile del 2013. Richiamo la Pag. 8data perché, anzitutto, non può non essere rammentato che, a quella data, il paventato danno da conflitto di competenze era già stato risolto dalla sentenza n. 299 della Corte costituzionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2012. Con tale sentenza, infatti, la Suprema Corte dichiarava inammissibili, o non fondate, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, promosse da numerose regioni, qualificando le norme sugli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela della concorrenza, rientranti dunque nella sfera della competenza legislativa esclusiva dello Stato e quindi abilitate a disporre, costituendo un limite alla disciplina regionale. Tale orientamento della Corte sarebbe stato confermato con la sentenza n. 27 del 20 febbraio 2013 e con la sentenza n. 38 del marzo 2013.
  Risulta dunque chiaro che, alla data di presentazione della proposta di legge del MoVimento 5 Stelle oggi in discussione, il nodo del conflitto di competenza era stato già risolto da una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale. Ciò non di meno – e certo del tutto legittimamente – i proponenti intenderebbero comunque ricondurre competenze legislative e potestà regolamentari nel settore del commercio, come prima ricordavo per via di citazioni testuali, alle regioni e agli enti locali.
  Anche da questo punto di vista, però il percorso legislativo avvistato appare a mio avviso segnato da gravi contraddizioni, gravi e tanto rilevanti da non consentire di cogliere gli obiettivi di fondo segnalati dagli stessi proponenti. È un percorso che infatti sceglie di intervenire, con le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, dell'atto Camera n. 750 sul corpo della lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, sostanzialmente riconducendo la rimozione, in ragione della tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, di limiti e prescrizioni concernenti il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale ai soli comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte.
  Viene altresì disposta, con il dettato di cui all'articolo 1, comma 2, l'abrogazione dell'intero articolo 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 e, dunque, non soltanto l'abrogazione del comma 1 in materia di regolazione di orari e giornate di apertura, ma anche del comma 2, recante quale principio generale dell'ordinamento, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti limiti o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli – come testè ricordava l'onorevole Nardella – connessi alla tutela della salute dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.
  L'atto Camera 750 prevede poi, con le disposizioni di cui ai commi da 3 a 5 dell'articolo 1, che, per gli esercizi commerciali non ubicati in località turistiche e città d'arte, siano le regioni ad adottare un piano per la regolazione dei giorni di apertura, il quale preveda turni a rotazione per l'apertura degli esercizi medesimi nelle domeniche e negli altri giorni festivi, disponendo ancora che tale piano assicuri per ogni comune l'apertura del 25 per cento degli esercizi commerciali per ciascun settore merceologico in ciascuna domenica o giorno festivo, comunque non oltre il tetto massimo annuo di 12 giorni di apertura festiva e, infine, prevedendo che regioni ed enti locali siano tenuti ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo entro il 31 dicembre del 2013.
  Fin qui, dunque, la descrizione dei contenuti della proposta di cui all'atto Camera 750. Da qui – lo ribadisco – risultano a parer mio evidenti gravi contraddizioni: ci si proponeva infatti di rinnovare competenza legislativa e potestà amministrativa di regioni ed enti locali in materia di commercio, ma quale sia l'effettiva dimensione della competenza legislativa appare davvero a dir poco sfuggente, posto che l'articolato della proposta affida, a ben vedere, a regioni ed enti locali, tenuti all'adeguamento dei propri Pag. 9ordinamenti ai principi della dettagliata pianificazione recata dal legislatore statale, nulla più che compiti amministrativi di attuazione operativa del piano per la regolazione dei giorni di apertura.
  E questo – si badi bene – pure in presenza dell'abrogazione del comma 1 dell'articolo 31, e dunque dello sganciamento della materia della regolazione degli orari e delle giornate di apertura degli esercizi commerciali dal principio della tutela della concorrenza, di competenza esclusiva del legislatore statale, sganciamento limitato però all'attività di esercizi non insistenti in comuni inclusi negli amplissimi elenchi regionali delle località turistiche e delle città d'arte, ove invece varrebbero le ragioni della tutela della concorrenza e dunque continuerebbe a sussistere l'assetto di totale liberalizzazione.
  Ne risulta in breve un quadro normativo particolarmente esposto ai rischi del contenzioso costituzionale, quel contenzioso che ci si proponeva di sanare. Soprattutto ne risulterebbe una sorta di paradossale geografia in cui anche in aree territorialmente limitrofe o comunque assai prossime si troverebbero a coesistere assetti compiutamente concorrenziali e liberalizzati con regimi di minuta pianificazione, ammesso che – si intende – fosse poi mai davvero possibile realizzare da parte di qualsivoglia regione o ente locale una pianificazione di turni di rotazione in ragione della quale il 25 per cento degli esercizi per ciascun settore merceologico, categoria largamente desueta, come ricordava l'onorevole Nardella, sarebbe amministrativamente obbligato all'apertura in ciascuna domenica o giorno festivo, fermo restando un tetto massimo annuo di dodici giorni.
  Insomma, siamo davvero di fronte ad una proposta che non tiene: non tiene un'incerta, confusa e contraddittoria attribuzione di competenze; non tiene un'insostenibile coesistenza tra aree territoriali liberalizzate, ove dunque parrebbero non valere le aspre censure formulate dei proponenti dell'atto Camera n. 750 circa gli effetti perniciosi della liberalizzazione, in danno della tutela dei diritti dei lavoratori, il cui diritto al riposo è invece comunque assicurato, come pur dovrebbe essere noto, da norme di legge e da disposizioni contrattuali, e in danno dei piccoli commercianti, e aree territoriali invece sottoposte ad un archeologico e impraticabile sistema di pianificazione, in cui la scelta di apertura o chiusura sarebbe sottratta alla ragionevolezza della valutazione della convenienza economica e della logica del rischio di impresa e verrebbe piuttosto affidata alle esigenze amministrative della turnazione obbligatoria.
  Non si può accogliere una simile impostazione, ma l'odierna discussione è comunque occasione istituzionale e politica per l'avvio di una riflessione compiuta su quanto oggi occorra al modello italiano di pluralismo distributivo, ad un modello cioè di vitale e procompetitiva compresenza di piccole, medie e grandi superfici di vendita, le cui prospettive di tenuta, consolidamento e rilancio sono, ad avviso del Partito Democratico, aspetto essenziale del rafforzamento della produttività del sistema dei servizi e della produttività complessiva del sistema Paese.
  Al modello italiano di pluralismo distributivo e alle 766 mila imprese che ad esso danno corpo serve ovviamente innanzitutto ciò che è in generale indispensabile per l'intera economia reale del Paese: l'affermazione in Europa e in Italia di un impianto di politica economica che faccia maggiormente leva sul rilancio della domanda interna e insieme l'avanzamento dell'intero cantiere delle riforme utili a risolvere i nodi della competitività difficile. Al modello italiano di pluralismo distributivo servono, più nello specifico, il riconoscimento delle trasformazioni profonde di cui ha saputo essere protagonista confrontandosi, a partire dalla storica riforma Bersani del 1998, con la sfida della liberalizzazioni e il riconoscimento ora della necessità di liberalizzazioni simmetriche in molti altri settori dei servizi. Al modello italiano di pluralismo distributivo serve non l'arretramento rispetto alla sfida della concorrenza, ma l'avanzamento di politiche attive dedicate che accompagnino Pag. 10e sostengano, in particolare sul terreno dell'innovazione tecnologica e delle formule organizzative, dell'innovazione basata sull'efficienza, sulle relazioni e sulla convergenza delle opportunità di servizio rese ai consumatori, l'impegno per il rafforzamento della produttività e della qualità.
  Al modello italiano di pluralismo distributivo serve, insomma, una visione integrata dei suoi fattori di sviluppo, e dunque un approccio consapevole della necessità di mettere in campo la capacità di regolarne le relazioni complesse e vitali con il territorio e con le città, attraverso una nuova qualità della programmazione urbanistica e commerciale, la maggiore efficienza della logistica urbana, attraverso un'accorta riforma delle locazioni commerciali, attraverso la valorizzazione delle esperienze aggregative dei centri commerciali naturali, dei distretti urbani del commercio, dei contratti di rete, e certo anche attraverso un'organizzazione del sistema degli orari e delle aperture fondata sul coordinamento e l'integrazione degli orari dell'intero sistema città.
  È un approccio – già emergeva nell'atto Camera n. 1042 – compiutamente consapevole del carattere dinamico di una giusta tutela della concorrenza, e dunque della necessità di promuoverla e regolarla in modo da renderla idonea ai suoi fini sociali attraverso lo strumento degli accordi territoriali: accordi territoriali ad adesione volontaria, accordi promossi dai comuni, anche in maniera territorialmente coordinata, sulla base di criteri, parametri e strumenti individuati dalle regioni. Si tratta di un'esigenza che non può ritenersi raccolta neppure dall'ipotesi, di cui ora apprendiamo, di refluire sull'impianto del disegno di legge di iniziativa popolare. L'impianto che occorre è, invece, basato su una logica di sussidiarietà e sul principio dell'esercizio di una responsabilità cooperativa tra iniziativa organizzata dai privati e funzione pubblica. Logiche e principi entrambi preziosi per chi ritenga che, anche in questo caso, si tratti di far sistema, di far sistema Paese.
  Da questa logica e da questo principio si dovrà ripartire, se davvero si intende praticare, anche sul terreno della disciplina degli orari del commercio e delle sue aperture nelle giornate domenicali e festive, il giusto esercizio della liberalizzazione come riregolazione del sistema dei servizi, a vantaggio tanto dei consumatori quanto dell'intero mondo del commercio e dei suoi addetti, recuperando, ancora una volta, lo spirito della riforma del 1998, ispirata – si legge nel recentissimo IX rapporto sulla legislazione commerciale promosso da Ancd Conad – ad un principio di liberalizzazione amministrata e ad una logica di federalismo commerciale.
  È una sfida che merita di essere raccolta: resta questo l'intendimento del Partito Democratico, su cui davvero auspichiamo si possano registrare la convergenza e il contributo di tutti coloro che intendono partecipare alla costruzione di risposte concrete ai problemi reali del commercio italiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matarrelli. Ne ha facoltà.

  TONI MATARRELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, è utile ricordare che la proposta in esame – mi riferisco all'atto Camera n. 750 – interviene sulla liberalizzazione degli orari dei servizi commerciali in tutto il territorio nazionale, acclarata dal decreto «salva Italia». Con quella misura di legge, dal 1o gennaio 2012 gli esercizi commerciali e gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande possono operare privi di vincoli di orario e mancando di rispettare le chiusure domenicali e festive.
  Appare evidente come tale liberalizzazione abbia, senza dubbio, nuociuto, anzitutto, alle piccole realtà commerciali a favore della grande distribuzione, per una lotta impari determinata dal differente potenziale economico dei soggetti in questione. Il quadro entro cui il legislatore deve muoversi è, tuttavia, al di là di questa prima considerazione più marcatamente sociale, complesso, poiché impone di considerare Pag. 11le esigenze e le aspettative dei diversi soggetti.
  È, infatti, necessario salvaguardare i diritti dei lavoratori, ma anche valutare le istanze della dimensione imprenditoriale, la tutela dell'ordine pubblico e, non per ultimo, i bisogni concreti del cittadino consumatore.
  Le proposte di legge esaminate nella Commissione preposta hanno variamente affrontato la necessità di smorzare una liberalizzazione così spinta, ora mantenendola soltanto per le realtà turistiche, ora tornando a restituire alle regioni la competenza per disciplinare tale materia, ora demandando ai comuni la predisposizione di un piano di regolamentazione o prevedendo che gli enti locali coinvolti stilino un documento informativo ad hoc.
  Vi era, quindi, la possibilità concreta, sulla base di un'individuata piattaforma comune, di redigere un testo unificato delle diverse proposte di legge, anche e specialmente dopo avere consumato le audizioni dei sindacati, delle associazioni di categoria, dei comitati dei consumatori e dei soggetti industriali coinvolti.
  Tale possibilità è tuttavia saltata, a causa dell'indisponibilità legittima dei colleghi deputati del MoVimento 5 Stelle, che hanno così ritenuto di promuovere il proprio quale testo base del progetto di legge.
  Gli emendamenti da più parti presentati a tale testo lo hanno sostanzialmente affossato, anzitutto per rilevanti problemi di compatibilità costituzionale. Ci si trova, dunque, di fatto, in un cul-de-sac, dovendo oggi discutere in Aula di un testo che la Commissione competente ha sonoramente bocciato.
  Le criticità del testo originario, proposto dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, sono congrue ed importanti. La più vistosa risiede nell'ipotesi di abolizione dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevede come principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, ma che ha previsto anche che le regioni e gli enti locali abbiano dovuto adeguare i propri ordinamenti a tale prescrizione entro il 30 settembre 2012, se è vero come è vero poi che, in seguito all'intervento di liberalizzazione, l'accesso al mercato di qualunque impresa commerciale può essere condizionato solo dal rispetto delle norme urbanistiche e da una valutazione di compatibilità con la tutela dei lavoratori, della salute, dell'ambiente e dei beni culturali. Ebbene, sulla scorta di tale disposizione non possono essere più posti vincoli, da parte delle regioni, di alcun genere. Abrogando, come previsto dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, l'intero articolo 31, si interviene sul piano della norma ben oltre la semplice regolamentazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali, facendo venir meno il principio della liberalizzazione nell'ingresso al mercato di nuovi esercizi commerciali.
  Abbiamo inoltre abbondantemente evidenziato problemi di compatibilità costituzionale. Infatti, secondo la proposta di legge in discussione, spetterebbe alle regioni adottare, attraverso una procedura di consultazione, un piano per la regolazione dei giorni di apertura per gli esercizi commerciali. Ebbene, sulla disciplina degli orari, alcune regioni hanno già tentato un ricorso alla Corte costituzionale, rivendicando la propria competenza come un tempo. Ma il quadro è decisamente mutato con l'introduzione delle disposizioni delle liberalizzazioni e lo sottolinea ancora una volta la Corte, quando, con diverse sentenze dello scorso anno e dell'anno in corso, ha sancito che le norme sugli orari degli esercizi commerciali sono norme di tutela della concorrenza e, in quanto tali, rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e quindi abilitate a costruire un limite alla disciplina regionale.
  È evidente che oggi riceviamo un'ulteriore proposta che modifica sostanzialmente questa impostazione tenuta fino a venerdì, che di fatto però non ci soddisfa ed entreremo nel merito successivamente.
  L'emendamento proposto da Sinistra Ecologia Libertà, che muove dai suggerimenti e dai rilievi avanzati dall'ANCI durante Pag. 12le audizioni informali in Commissione, è invece coerentemente ispirato al rispetto di alcuni punti fermi. Ci preme, quindi, intervenire anzitutto guardando ai rapporti di forza tra la grande distribuzione e le piccole e medie attività commerciali, rapporti evidentemente sfavorevoli a queste ultime, a cui viene procurata un'acuta sofferenza finanziaria, quindi ai consumatori, i quali mostrano di disdegnare un ritorno a quel passato in cui le attività erano chiuse di domenica, poi ai lavoratori, che rischiano in ogni momento di essere «stritolati» dal peso e dalle incombenze delle liberalizzazioni, anche attraverso l'aumento degli indici di precarizzazione dell'impiego.
  Sinistra Ecologia Libertà si oppone peraltro con determinazione alle aperture in occasione delle grandi festività nazionali, frangenti in cui anche i lavoratori meritano di godere il necessario riposo. Proponiamo, cioè, che venga confermata la liberalizzazione degli orari di apertura, consegnando tuttavia alle amministrazioni comunali la potestà di organizzare localmente gli orari in base alle esigenze periferiche e sentendo necessariamente organizzazioni di categoria e organizzazioni sindacali.
  Abbiamo colto come l'esigenza maggiormente avvertita dai comuni sia quella di poter programmare gli orari degli esercizi commerciali mediante l'uso di strumenti ordinari e non eccezionali nelle aree soggette a particolari problematiche collegate all'elevata concentrazione di esercizi commerciali e artigianali ed esercizi pubblici, da cui poi scaturisce il contrasto tra il diritto generale della libera impresa e quello del riposo e della vivibilità del territorio dei residenti. In tal caso, la programmazione degli orari dovrebbe avere, quindi, come fine l'equilibrio tra le esigenze dei residenti, dei consumatori e del diritto alla libera impresa.
  La stessa Corte costituzionale ha precisato che le limitazioni applicabili possono comunque essere adottate con ordinanze contingibili e urgenti, che, proprio per la loro natura, devono avere un'efficacia temporale ben definita, tant’è vero che le pronunce dei tribunali amministrativi con cui sono state sospese tali ordinanze, nei casi in cui lo strumento di natura eccezionale veniva rinnovato, sono oramai innumerevoli.
  L'ipotesi che si propone è, quindi, quella di prevedere che i sindaci, sentite, ove possibile, le aziende, le associazioni dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, coordinino e riorganizzino gli orari di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in limitate zone del territorio, qualora situazioni non altrimenti disciplinabili di sostenibilità ambientale e sociale e di viabilità e di tutela del diritto dei residenti alla vivibilità del territorio rendano impossibile consentire rilevanti flussi di pubblico in determinati orari e in determinate zone del territorio comunale.
  Proponiamo, inoltre, che, a partire dal 1o gennaio 2014, sia istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l'Osservatorio sulle aperture dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali con il compito di verificare gli effetti derivati dalla nuova disciplina introdotta dalla modifica dell'articolo 50 del TUEL. Tale Osservatorio dovrebbe essere composto da nove membri, di cui due funzionari del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante dell'ANCI, due rappresentanti delle organizzazioni di categoria, due rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e due rappresentanti delle organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative sul territorio nazionale. Ai componenti di tale Osservatorio, ovviamente, non dovrebbe essere corrisposto alcun emolumento, compenso o rimborso spese.
  L'auspicio, dunque, è quello di addivenire in tempi ragionevolmente brevi ad una proposta sensata e condivisa, in modo da sopperire, come dimostra il dibattito pubblico in corso sull'argomento ormai da tempo, ad una stringente necessità del settore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Calabria. Ne ha facoltà.

  ANNAGRAZIA CALABRIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione attività produttive ha avviato l'esame di quattro diverse proposte di legge, di cui una di iniziativa popolare, relative alla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Anche il Popolo della Libertà ha presentato un testo, a prima firma Abrignani, che recepisce alcune istanze nella direzione di una riaffermazione dei principi liberali in gran parte confermati nell'articolo 31, comma 1, del cosiddetto decreto salva Italia. Purtroppo, la discussione in Commissione non si è conclusa con l'approvazione di un testo unificato che potesse raccogliere un ampio consenso su una materia così rilevante per l'economia di imprese e consumatori. Sul testo presentato dal collega onorevole Dell'Orco, infatti, in questo momento all'attenzione dell'Assemblea, la X Commissione ha votato alcuni emendamenti soppressivi dei due articoli che compongono l'atto Camera n. 750. Anche i rappresentanti del Popolo della Libertà in quella sede hanno votato a favore di tali emendamenti e identica posizione riaffermiamo ora.
  Noi del Popolo della Libertà auspichiamo che la libertà di impresa sia ampia. A suo tempo avevamo condiviso il contenuto del citato articolo 31 del «salva Italia» che, infatti, ha previsto che le attività commerciali siano svolte senza limiti di orari di apertura e chiusura e senza obbligo di chiusura domenicale o infrasettimanale.
  Contro l'articolo 31, comma 1, alcune regioni, tra cui Piemonte, Veneto, Sicilia, Lazio, Lombardia, Sardegna, Toscana e Friuli Venezia Giulia, hanno fatto ricorso innanzi alla Corte costituzionale sollevando questione di incostituzionalità della disposizione, sostenendo che violerebbe la Costituzione all'articolo 117, comma 4, nella parte in cui riserva alle regioni la competenza legislativa nella materia del commercio.
  La Corte costituzionale si è espressa con la sentenza n. 299 del 19 dicembre 2012 e ha ritenuto non fondati i motivi di illegittimità addotti dalle regioni ricorrenti in quanto, a dire della stessa Corte, l'articolo 31, comma 1, è riconducibile alle materie con riserva di attribuzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato quali tutela della concorrenza e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
  La Corte costituzionale ha anche affermato che l'eliminazione dei limiti degli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali rappresenta un beneficio per i consumatori e favorisce la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all'ingresso dei nuovi operatori.
  Nella sentenza si sottolinea, inoltre, come una regolazione delle attività economiche ingiustificatamente intrusiva generi inutili ostacoli alle dinamiche economiche a detrimento degli interessi degli operatori, dei consumatori e dei lavoratori, recando in definitiva danno all'utilità sociale, principio costituzionale fondante della libertà di iniziativa economica contenuta nell'articolo 41 della Costituzione.
  Successivamente con la sentenza n. 8 del 23 gennaio 2013 la Corte costituzionale ha sottolineato la necessità che l'azione di tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali sia improntata ai medesimi principi per evitare che le riforme introdotte ad un determinato livello di Governo siano, nei fatti, vanificate dal diverso orientamento dell'uno o dell'altro degli ulteriori enti che compongono l'articolato sistema delle autonomie.
  Nella medesima direzione si è pronunciata anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato laddove nella segnalazione del 2 ottobre 2012 evidenzia come liberalizzare significhi rimuovere tutti i vincoli di natura amministrativa posti alla libertà di iniziativa economica.
  La stessa Autorità è intervenuta nuovamente nella segnalazione del 22 luglio 2013 ricordando come sulla legittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 1, del decreto-legge «salva-Italia» si è pronunciata anche la Corte costituzionale, che Pag. 14ha ribadito come la tutela della concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione, che rientra nelle competenze esclusive del legislatore statale, comprende anche le misure legislative tendenti ad aprire un mercato, rimuovendo i vincoli e le modalità di esercizio delle attività economiche e che essa, in quanto trasversale, può influire anche sulle materie di competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni come appunto la disciplina degli orari degli esercizi commerciali.
  Sottolinea inoltre come diverse disposizioni regionali e locali restrittive debbono, secondo l'Autorità, ritenersi contrari ai principi posti a tutela della concorrenza nella misura in cui contemplano limiti all'esercizio di attività economiche che appaiano in evidente contrasto con le esigenze di liberalizzazione di cui all'articolo 31 del decreto-legge «salva-Italia».
  L'Autorità ribadisce, infatti, che le restrizioni alle libertà degli operatori economici in materia di orari e di giornate di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali ostacolano il normale dispiegarsi delle dinamiche competitive riducendo la possibilità degli operatori attivi di differenziare il servizio adattandolo alle caratteristiche della domanda e sono pertanto suscettibili di peggiorare le condizioni di offerta e la libertà di scelta per i consumatori senza peraltro avere una valida giustificazione in termini di efficienza dal punto di vista degli operatori né tanto meno di particolari interessi pubblici.
  L’Antitrust sostiene come la liberalizzazione non possa di fatto compiersi solo in seguito a contenziosi giudiziari e dichiarazioni di illegittimità della Corte costituzionale, dal momento che le imprese devono poter esercitare i diritti riconosciutigli dalla legge liberamente senza costi o tempi addizionali che aggravano indebitamente lo sviluppo del mercato, dove tra l'altro l'esistenza di vincoli legislativi a livello regionale rende anche complesso l'adeguamento alla legislazione statale da parte dei comuni che intendono, invece, darne piena applicazione.
  Risulta dunque consolidato come in tema di orari di apertura non si possa tornare indietro ma, anzi, si debba necessariamente andare avanti senza tentennamenti, facendo in modo che la libertà di scelta gestionale dell'operatore nella conduzione del proprio esercizio e, quindi, anche nella scelta dell'orario e dei giorni di apertura sia rispondente all'esigenza di fornire il miglior servizio possibile con beneficio di consumatori ed utenti.
  Il maggior peso che sta acquisendo il commercio via Internet, ad esempio, testimonia come una scelta commerciale vincente si debba basare anche su una libertà di gestione degli orari. Creare quindi dei vincoli in tal senso alle imprese presenti fisicamente sul territorio significa alterare la concorrenza e rischiare di arrivare alla desertificazione, perché comprare su Internet diventa più conveniente e con il massimo servizio in termini di orari.
  In questi ultimi dieci anni, inoltre, il commercio è cambiato in modo rilevante. Esiste oggi una pluralità di operatori, ciascuno con dimensioni, organizzazione, tipologia merceologica, servizi e bacino di attrazione diversi, e che sono andati modificandosi e definendosi nel tempo. La concorrenza si va sempre più configurando per polarità commerciali. Ci si reca a comprare in un'area commerciale, in genere attratti dalla presenza di qualche ancora prestigiosa, dove convivono esercizi commerciali piccoli e grandi, specializzati o meno.
  Questa evoluzione, che supera le vecchie diatribe tra piccoli e grandi, richiede che i comuni siano, comunque, in grado di conoscere le realtà operanti sul proprio territorio e gli orari di apertura e quelli di accesso ai servizi, per poter dare indicazioni future non vincolanti, ma utili agli operatori. Si tratta, infatti, di garantire ai cittadini la possibilità di accedere agli esercizi e ai servizi aperti al pubblico nel modo più facile, senza correre il rischio, ad esempio, di trovarsi in agosto a dover fare i conti con il problema serio dell'assenza dei servizi.
  Il governo della città ha, quindi, il compito di monitorare e di valorizzare Pag. 15l'imprenditoria del commercio e dei servizi presenti sul territorio, considerandola sempre più come un fattore di sviluppo e attrattività, che mette al centro le esigenze dei cittadini, consumatori e utenti.
  La proposta di legge del Popolo della Libertà ribadisce tutto ciò, introducendo meccanismi volti al miglioramento delle fruizioni dei servizi sul territorio da parte dei consumatori, mediante la predisposizione da parte dei comuni di un documento informativo degli orari dei servizi e degli esercizi commerciali e artigianali rivolti al pubblico e offerti sul territorio.
  Tale documento, che non ha e non deve avere valenza regolatoria per lo svolgimento delle attività delle imprese, verrebbe redatto sulla base delle informazioni rese disponibili dagli stessi operatori, dalle loro organizzazioni di categoria o da altre fonti e conterrebbe indicazioni, comunque non vincolanti per gli operatori, su possibili interventi che possano migliorare i servizi per i consumatori e utenti, e promuovere un'offerta complessiva nel territorio in grado di aumentarne l'attrattività.
  In conclusione, pensiamo e ribadiamo come una vera e reale politica di liberalizzazione delle attività economiche possa contribuire a un miglioramento della vita dei cittadini consumatori e, per quanto possibile, con una ripresa dei consumi, aiutare ad uscire dall'attuale crisi economica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, colleghi, siamo qui oggi per discutere la prima proposta di legge del MoVimento 5 Stelle. Voglio richiamare l'attenzione di ogni singolo deputato: è normale che una proposta di legge venga depositata il 15 aprile e che venga discussa il 14 ottobre ? Servono davvero sei mesi per arrivare a questo punto ?
  Lo voglio ricordare ai cittadini che ci seguono da casa: il Parlamento fa le leggi e il Governo ha potere esecutivo. Il Governo, però, in casi di emergenza, può diventare legislatore grazie allo strumento del decreto-legge. A quanto pare, siamo in emergenza da intere legislature. Il Governo intoppa i lavori alle Camere e il Parlamento è esautorato delle sue funzioni, è il triste scriba di una dittatura governativa, che, in coerenza con la definizione, non lascia spazio alle opposizioni e non considera nemmeno le serie proposte avanzate da forze politiche che rappresentano una larga fetta del Paese.
  Sono in tanti a segnalare il grave abuso di questi anni del decreto-legge. In molti rilevano, inoltre, l'estrema assurdità dell'agire secondo testi omnibus, ingannevolmente intitolati «salva Italia», «cresci Italia», «del fare» e così via. Ma chi vi crede più ? È in questa sede che mi unisco all'appello di tanti esperti e studiosi, chiedendo a nome di tutto il gruppo parlamentare di ristabilire l'ordine naturale dei lavori nel pieno rispetto delle istituzioni.
  Venendo al tema della proposta di legge in questione, non posso che sottolineare quanto il testo esprima un punto centrale del programma del MoVimento 5 Stelle: il supporto alla piccola e media impresa. Non abbiamo di certo l'esclusiva, anche altri partiti oggi rappresentati in Parlamento hanno avuto modo in campagna elettorale di sfornare slogan sulle piccole e medie imprese. È solo che, vedendo tanti impegni disattesi, ad esempio «via l'IMU», «no all'aumento dell'IVA», «no agli F-35», di voi non ci fidiamo più.
  Si dice che la speranza sia l'ultima a morire: chissà che questa proposta di legge non possa, per la prima volta, indurre alla coerenza alcuni colleghi. Forse ritroverete il coraggio di guardare in faccia l'imprenditore una volta tornati a casa. La mia personale opinione è che questo, comunque, non avverrà.
  Come posso non vedere l'occhio strizzato alle cooperative ? Come si fa a ignorare l'estremo rischio di conflitto di interessi quando si parla di grande distribuzione organizzata ? Come posso, quindi, concepire che i partiti possano aiutare seriamente le piccole e medie imprese ?
  La proposta di legge interviene sulle selvagge liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti con il cosiddetto decreto salva Pag. 16Italia. Chi ci ha guadagnato ? Beh, i numeri parlano chiaro: la grande distribuzione organizzata ha avuto alcuni segni positivi. Stanno ripartendo i consumi ? Usciamo, quindi, dalla recessione ? No, colleghi, non stiamo parlando di un incremento, ma di una migrazione di consumi, flussi che vanno da piccoli esercenti a grandi supermercati. È così che il danno arriva dritto nel petto dei piccoli imprenditori. C’è un dato allarmante: 500 mila negozi sfitti con una conseguente perdita di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti, e più di 6 miliardi di gettito fiscale.
  Se vogliamo discutere di tutto questo, però, non servono i numeri, basta semplicemente guardarsi attorno: nei piccoli comuni, in particolare, è nata una tremenda desertificazione e spiccano solo più i grandi supermercati, che hanno il monopolio su un'intera area territoriale. Pensiamo a tutte quelle famiglie distrutte che sono costrette a chiudere un'attività in esercizio da venti, cinquanta, cento anni, cestinando frammenti di storia che compongono l'identità delle città e dei popoli. Riflettiamo a quanti posti di lavoro stiamo mandando all'aria, mettendo i bastoni tra le ruote a piccoli esercizi commerciali.
  Una criticità fondamentale delle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti sta nel meccanismo di concorrenza sleale che si è venuta a creare: colossi del commercio sono messi sullo stesso piano di piccole botteghe, e non c’è un organo che si occupi di regolare il sistema mercato nel suo insieme. Abbiamo, quindi, l'occasione di poter ribaltare questa impostazione che si è rivelata fallimentare, definendo un sistema basato su logiche territoriali legate a fabbisogni locali e definendo, caso per caso, un piano di orari di apertura.
  Il Governo ha, in questi giorni, lanciato «Destinazione Italia», una serie di misure per la promozione del marchio italiano all'estero. Dare nuova vita al made in Italy è certamente una nostra priorità e lavoriamo sul tema da mesi; ci pare, però, alquanto palese che, in prima battuta, i prodotti italiani debbano essere consumati e valorizzati sul territorio italiano. Come può rientrare un argomento del genere nel contesto delle liberalizzazioni degli orari di apertura ? Semplice. Abbiamo visto come questo sistema non abbia fatto altro che danni tra i piccoli esercenti e sono proprio loro i responsabili del commercio dei prodotti tutti italiani. Sappiamo, invece, che la grande distribuzione organizzata lascia largo spazio a multinazionali e, dunque, prima di arrivare sui banchi, la merce probabilmente ha già fatto il giro del globo.
  È chiarissimo: continuiamo a favorire la GDO e non avremo più un made in Italy. A nulla servono le parole del Presidente del Consiglio all'estero, se prima non si è riusciti a salvaguardare adeguatamente le risorse sul territorio italiano. Con ogni produttore locale che chiude perdiamo un immenso patrimonio. Sono ormai troppi coloro i quali lasciano l'Italia per portare il loro business all'estero, laddove esistono serie agevolazioni e vige un sistema di concorrenza leale.
  Mi sposto ora su un tema importantissimo: i diritti del lavoratore. Lavorare meglio e lavorare meno è uno slogan che descrive un'utopia alla quale tendere e che ci fa sognare un mondo in cui il lavoratore trova grande soddisfazione in ciò che fa, è tutelato, ben stipendiato e in regola, ma che – cosa fondamentale – riesce ad avere il tempo vitale per curare quegli aspetti della persona che lo rendono umano e non automa privo di ogni pensiero critico, qualità che tanto piace ad una politica qualunquista che gode dell'indifferenza collettiva.
  In quest'Aula siamo in tanti a difendere i valori della famiglia: cosa rimane della famiglia se genitori e figli, quando va bene, si incrociano in tarda serata ? Quale famiglia può definirsi tale in un contesto dove padre e madre sono costretti ad essere assenti anche durante le più importanti festività ? Diamo, poi, la gioia alle famiglie di non sprecare una domenica nel triste vagare disattento in un centro commerciale. Facciamo sì che si apprezzi tutto ciò che al di fuori di quel pallido blocco Pag. 17di cemento l'Italia ha da offrire: città d'arte, parchi, luoghi di culto, musei.
  L'ennesimo problema che emerge a seguito della selvaggia liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali è che durante le festività non disponiamo degli stessi servizi che ci sarebbero stati nei giorni non festivi.
  Mancano dunque asili, sono chiuse le scuole e sono limitati i trasporti. Tutto ciò non fa che gravare in maniera preoccupante sulla stabilità del nucleo familiare.
  Chiudo con un appello ai colleghi: il Parlamento è convocato per dare voce ai cittadini, siamo qui per garantire che il Paese vada avanti verso un futuro migliore; non possiamo non appoggiare non solo questa, ma tutte le vertenze che arrivano, direttamente, dal mondo delle piccole e medie imprese, poiché è questo settore a costituire la vera e propria spina dorsale del Paese e non vogliamo più vedere mille aziende chiudere ogni giorno; siamo stufi delle lacrime per i troppi suicidi di coloro che troppo hanno dato allo Stato e troppo poco hanno ricevuto in cambio.
  Approviamo insieme questa legge e troviamoci domani stesso per una seconda e quindi una terza fino a porre le basi della rinascita italiana, partendo dal basso, dalle piccole realtà diffuse sul territorio, dai tanti cittadini che ogni giorno, con il sorriso di chi è onesto, affrontano questo tremendo periodo di crisi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cimmino. Ne ha facoltà.

  LUCIANO CIMMINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la discussione aperta oggi in Aula è l'ennesima dimostrazione di quanto sia difficile modernizzare il nostro Paese. Con l'articolo 31, comma 1 e comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011 del Governo Monti si liberalizzano gli orari degli esercizi commerciali e si sancisce, come principio generale dell'ordinamento nazionale, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute dei lavoratori e dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano e dei beni culturali. L'articolo 34, comma 4, chiarisce, in combinato con il comma 2 dell'articolo 31, che l'accesso al mercato in seguito alla liberalizzazione può essere condizionato solo dal rispetto delle norme urbanistiche e dalla compatibilità con la tutela dei lavoratori, della salute, dell'ambiente e dei beni culturali.
  Di fatto, le regioni sono escluse dal determinare contingenti o altre limitazioni territoriali. Vedremo successivamente come la Corte costituzionale confermerà la piena competenza del legislatore nazionale su questa materia, respingendo i ricorsi delle regioni che richiedevano di potere esercitare il potere legislativo in materia. Parere favorevole sulle liberalizzazioni contenute nel decreto «salva Italia» veniva espresso anche dall'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato. In tal modo si concludeva un lungo percorso iniziato negli anni Settanta, allorquando gli esercizi commerciali erano legati, di fatto, a norme e regolamenti risalenti alla metà del secolo scorso e che in un certo qual modo rispecchiavano le esigenze di una società legata alla faticosa ricostruzione del secondo dopoguerra.
  Tuttavia di quel tempo lontano sopravvivono ancora i piccoli potentati locali, le rappresentanze di categorie che si sono cristallizzate in una visione che ha perso di vista le reali esigenze di vasti settori del terziario, trovandosi così ad affrontare la peggiore crisi economica mondiale degli ultimi cinquant'anni nella più totale impreparazione. Ecco dunque che si crea quello che i militari definiscono «falso obiettivo». Si crea un diversivo che non porta per manifesta incapacità ad affrontare le vere problematiche. In questo caso si contesta la liberalizzazione degli orari commerciali proponendo l'abolizione dell'articolo 31, presunta causa della crisi di alcune categorie di commercianti. Ma non saranno certo le ore di lavoro in meno a risolvere situazioni rese precarie da fattori ben individuabili; primo: il caro affitti. Pag. 18Molti commercianti hanno al collo il cappio di contratti, forse sostenibili prima del 2008, ma che oggi sono una sentenza di condanna. Non sono pochi i proprietari di immobili commerciali che preferiscono liberare i loro locali e non cedere ad un livello di affitti che è richiesto, direi imposto, dal riposizionamento di tutto un settore. Come è stato affrontato finora l'argomento ? Semplicemente ignorandolo.
  Secondo: credito bancario. Le banche, è noto, hanno chiuso i rubinetti e revocato i piccoli fidi che sostenevano tante attività. Terzo: strutture obsolete e vecchie formule distributive. Molti operatori andrebbero aiutati e sostenuti, per avviarli su strade più percorribili, prevedendo misure fiscali a sostegno dei nuovi investimenti.
  Quarto: la burocrazia, che a volte sembra uscire dalla porta per rientrare dalla finestra. Quinto ed ultimo: le imposte, che hanno portato lo Stato a diventare il socio di maggioranza di tutte le imprese, grandi o piccole che siano.
  Tornando a regolamentare in senso restrittivo gli orari degli esercizi commerciali, cosa si può ottenere di positivo ? Assolutamente niente. In un momento in cui siamo chiamati a lottare anche per un solo posto di lavoro, rischiarne migliaia – l'alea è solo parziale sul numero, ma la cosa è certa – appare fuori da ogni logica. Sempre più chiaramente si prefigura la visione che Scelta Civica ha delineato da molti mesi: per tornare a segnare un PIL positivo c’è bisogno che la macchina produttiva riprenda a far girare il proprio motore con regimi progressivamente in aumento; e questo può avvenire solo in due modi: esportando di più e dando nuovo impulso al mercato interno.
  Per fortuna le esportazioni tengono, o migliorano perfino, ma il mercato interno stenta a riprendersi. Sarà la sostanziale riduzione del cuneo fiscale a segnarne la ripresa, e non certo la limitazione degli orari degli esercizi commerciali. Nel frattempo, la nostra società è profondamente cambiata e bisogna tenerne conto. Il commercio viene sempre più inteso come un'attività di servizio dove la concorrenza non si fa più tra bottega e bottega e quindi tra tipologie di vendita, ma tra poli commerciali, sia interni alle città che tra le stesse città. Ed a tal proposito, mentre tutti sembrano convinti che da turismo e cultura possono venire grandi risorse, pensiamo ancora di metterci all'opera per distinguere città turistiche e città d'arte dalle altre, non arrivando a considerare che l'Italia è unica ed indivisibile anche per il mercato del turismo mondiale.
  Gli stranieri arrivano ormai da ogni parte del mondo e milioni di nuovi turisti attendono solo di invaderci. Non è logico pensare di offrire loro il meglio, anche in termini di servizio commerciale, dovunque vadano in Italia ? È la capacità di rispondere ai bisogni delle persone il punto di partenza di un mercato efficiente e di una società civile che voglia crescere in modo sano. Tentare di cancellare l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 è negare l'evidenza di cambiamenti socio-culturali che se non intercettati impediranno alla nostra comunità di crescere. D'altra parte, inchieste serie ed indipendenti hanno confermato che il 65 per cento dei cittadini preferisce – e le motivazioni sono interessanti, varie ed articolate – trovare i negozi aperti tutti i giorni, percentuale che supera l'80 per cento se si esamina il solo segmento dei giovani fino a vent'anni. La crisi spinge le famiglie a chiedere più tempo per gli acquisti, che sono sempre più ponderati e sempre meno di impulso. Ciò significa che spesso è l'intera famiglia a riunirsi per decidere cosa comprare e dove, a volte segmentando la spesa alimentare e dividendola tra le varie offerte proposte non sempre nello stesso posto. Che l'Italia sia cambiata lo dimostra ulteriormente quanto accade ad agosto: le città vuote ed i negozi chiusi di dieci anni fa appaiono uno sbiadito ricordo. Oggi le vacanze brevi hanno ripopolato i centri cittadini anche in agosto, e l'offerta commerciale si è adeguata. Chi non ha pensato di farlo è rimasto indietro, salvo poi lamentarsi che le cose non vanno come dovrebbero andare. In generale, è pur vero che non vanno bene, ma non avremo certo Pag. 19un miglioramento lavorando meno ed avvitandoci nella spasmodica ricerca di un ritorno al passato.
  Bisogna, invece, pensare in positivo, guardando davanti, cercando di non essere per questo approssimativi ed affidando la dovuta regolamentazione ad una più stretta sorveglianza dei contratti di lavoro e delle retribuzioni, cancellando per sempre formule ambigue come i contratti di associazione in partecipazione, verificando che il lavoro straordinario sia retribuito correttamente e facendo sì che chi ha veramente impegni familiari non eludibili – bambini, anziani non autonomi, diversamente abili – sia rispettato così come impone la legislazione attuale.
  Sono convinto, infatti, che regolamentare significhi soprattutto fare in modo che i diritti dei lavoratori siano totalmente considerati, iniziando dalla sicurezza e dalla vivibilità degli ambienti in cui si impegnano.
  In conclusione, è lecito affermare che dalla controriforma tesa e cancellare la liberalizzazione, prevista con l'articolo 31 del decreto-legge n. 201, del 2011 non è possibile attendersi nessun risultato positivo, mentre è certo che PIL e occupazione ne risentirebbero in maniera negativa ed è qualcosa che oggi non possiamo assolutamente permetterci. Grazie, per l'attenzione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, il testo che l'Aula si appresta ad esaminare, iscritto in quota opposizione, su richiesta del MoVimento 5 Stelle, ha avuto il parere contrario della X Commissione.
  La Commissione ha, quindi, lavorato a lungo dallo scorso mese di luglio per arrivare oggi in Aula senza un testo condiviso. Questo paradosso si è creato perché i firmatari della proposta di legge in esame non hanno valutato positivamente il testo unificato proposto dal relatore, come sintesi delle altre proposte presentate sull'argomento, tra cui anche da parte del gruppo della Lega Nord.
  Da qui è iniziato il cammino solitario della proposta del MoVimento 5 Stelle, che non è stato certamente proficuo dal momento che non ha lasciato spazio alla realizzazione di un dibattito costruttivo sull'argomento. L'argomento è quello relativo alla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, voluta fortemente dal precedente Governo Monti per contrastare la crisi del settore del commercio.
  L'articolo 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, modificando l'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito poi successivamente, ha infatti liberalizzato il regime degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali attraverso l'eliminazione dell'obbligo di chiusura domenicale e festiva degli stessi. Il gruppo della Lega Nord è più volte intervenuto sul tema ritenendo che la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali non fosse la soluzione più adeguata per aiutare l'economia del Paese, e in particolare il settore del commercio, ad uscire dalla crisi degli ultimi anni.
  In seguito, come oggi tra l'altro abbiamo costante conferma, i fatti ci hanno dato ragione. Infatti, nonostante l'eliminazione dell'obbligo di chiusura festiva dei negozi commerciali, il settore negli ultimi anni ha subito un forte calo del fatturato costringendo molti piccoli esercizi a cessare la propria attività. Secondo i dati di Confcommercio nel primo bimestre 2013, solo nel settore della distribuzione commerciale sono scomparsi quasi 10 mila negozi, con un crollo verticale delle aperture di nuove attività.
  Il commercio è da sempre un settore strategico per l'economia del Paese specie nei centri storici; è parte integrante del tessuto economico e sociale delle città e perciò deve essere salvaguardato e tutelato. La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali mette, invece, a rischio la sopravvivenza di molti piccoli negozi al dettaglio, esponendoli ad una dura concorrenza con la grande distribuzione. È infatti impensabile che un negozio, spesso gestito con una condizione Pag. 20familiare, possa competere con un grande esercente che, diversamente dal piccolo, può usufruire di maggiori risorse soprattutto per quanto concerne il turnover del personale. Procedendo su questa via si rischia, dunque, di perdere una parte importante, direi fondamentale, della realtà di molti piccoli centri storici del Paese la quale verrebbe sacrificata alle logiche commerciali della grande distribuzione.
  La proposta in esame abroga l'articolo 31 del citato decreto-legge, prevedendo tuttavia la turnazione per l'apertura degli esercizi commerciali nelle domeniche e negli altri giorni festivi: è una proposta che non ci trova pienamente d'accordo. Assolutamente contrario è il parere in merito all'istituzione di un Osservatorio sulle aperture domenicali e festive, che avrebbe poca utilità e andrebbe a svolgere funzioni che sono di competenza delle regioni.
  Quello che il gruppo della Lega Nord chiede – da sempre chiede e propone – è invece l'abrogazione della vigente normativa in materia di orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, con il conseguente ripristino dell'obbligo di chiusura domenicale e festiva degli stessi. I vantaggi di una simile proposta ricadrebbero anche sui consumatori che, pian piano, riscoprirebbero il piacere di riappropriarsi di alcuni valori all'interno del contesto sociale in cui vivono, come ad esempio quello di trascorrere le festività in famiglia o di impiegare il proprio tempo libero passeggiando all'aria aperta o nei piccoli centri delle nostre città.
  Inoltre, è opportuno ricordare che la disciplina degli orari è sempre stata collegata alle esigenze del territorio, lo Stato, intervenendo in materia, ha tolto alle regioni e ai comuni la competenza a definire a livello locale la disciplina degli orari degli esercizi commerciali. In tal senso la nostra proposta intende invece ricondurre alle regioni la competenza a regolamentare la disciplina degli orari nell'ambito della materia residuale del commercio, riconoscendo loro la possibilità, d'intesa con gli enti locali, di adottare un piano per la regolazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali secondo logiche che siano maggiormente rispondenti alla natura commerciale dei territori locali e tutelando in ogni caso le piccole realtà imprenditoriali.
  Data l'importanza della materia e i risvolti che essa ha sul tessuto commerciale e imprenditoriale e in generale sull'economia del Paese, ci si augura che nell'Aula si possa aprire un dibattito finalizzato ad accogliere le proposte che a nostro avviso possono essere migliorative del testo in esame, a beneficio delle piccole attività commerciali e dei consumatori.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Benamati. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, il tema oggi in oggetto è un tema di grande rilevanza nel nostro Paese per molti e diversi fattori, perché impatta nella vita dei cittadini, perché impatta pesantemente sul tessuto del commercio e quindi sull'economia. Un tema molto serio, che merita serietà e parole di verità anche in quest'Aula.
  Io ringrazio il relatore per la maggioranza, Nardella, per la pazienza certosina con la quale ha condotto il lavoro in Commissione nel tentativo di far fare un passo avanti, non due passi indietro, a un tema che, come dicevo prima, è di sicura rilevanza per milioni di nostri concittadini. Un tema, quello della liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, che interseca la nostra vita in molte maniere. Sicuramente c’è un tema di concorrenza che in questa fase economica di difficoltà e di crisi non è trascurabile, perché l'aumento della concorrenza favorisce le fasce più deboli del Paese; c’è un tema di pluralismo commerciale, perché la struttura commerciale del nostro Paese è una struttura che si basa anche e molto su piccole e medie aziende che anche noi aspiriamo a tutelare non solo in virtù del loro valore economico ma anche del loro valore sociale, perché persone come me, che nascono e provengono da aree più deboli del Paese, dalla montagna, sanno quanto sia importante la presenza di un esercizio commerciale su quei territori.Pag. 21
  C’è però anche, in questo tema dell'orario degli esercizi commerciali, qualcosa che impatta lo stile di vita ormai dei nostri concittadini, qualcosa che impatta il modo e l'organizzazione della vita quotidiana di tantissimi nostri connazionali, e, alla fine, è vero, c’è anche un tema etico: il rispetto delle festività civili e religiose che in questo Paese ha sempre avuto un valore fondante, sia dal punto di vista della Repubblica, quanto dal punto di vista del credo religioso di ciascuno di noi. Allora su questa legge, su questa iniziativa del 2011, era giusto e sarebbe giusto cercare di interrogarsi su quelli che sono i veri risultati, su quello che è lo stato della situazione.
  Per questo – devo dire – la Commissione ha ricevuto un numero di proposte così elevato – quattro proposte dicevamo prima, di cui una di iniziativa popolare – e le ha analizzate in maniera seria e compiuta. Non posso dire che questa Commissione si sia presa alcuni mesi perché c'era un intento dilatorio; questa Commissione ha operato per alcuni mesi in questo settore perché ha avviato audizioni ampie che hanno visto partecipare i rappresentanti delle associazioni commerciali, i rappresentanti della grande distribuzione, le rappresentanze dei consumatori e i comitati dei cittadini, gli enti locali e territoriali, i sindacati dei lavoratori. L'obiettivo che avevamo affidato congiuntamente al relatore era quello di cercare di capire tutti assieme lo stato di attuazione di questo dispositivo legislativo, cercando di sanare – ove possibile – le storture che si fossero generate, garantendo però ai cittadini e ai consumatori servizi, qualità e capacità di concorrenza.
  In questo senso – devo dire – ci sono due temi, signor Presidente, che dobbiamo avere chiari: in primo luogo, cos’è emerso da queste audizioni ? Io ho ascoltato con molta attenzione gli onorevoli colleghi, ma vorrei per mia memoria ricordare cosa è emerso da queste audizioni. Innanzitutto, è vero: c’è un tema controverso, ossia qual è stato l'effetto di questo provvedimento di liberalizzazione sui consumi in un momento probabilmente tra i più sbagliati per attivare forse sperimentalmente un procedimento di questo tipo. Abbiamo sicuramente un calo dei consumi ed è logico che da alcune analisi emerga una debolezza nel contrasto di questo calo dei consumi da parte di chi sostiene l'inefficacia di questo provvedimento e, dall'altro lato, ci sia invece una visione in cui si dice che questo provvedimento ha aiutato a diminuire il calo dei consumi. Comunque, le fasce deboli della popolazione hanno tratto vantaggio da questa situazione e sicuramente – questo è l'effetto più negativo – c’è stata una redistribuzione geografica e temporale degli acquisti verso la grande distribuzione e nelle giornate di libertà delle persone.
  Ma non sarebbe nemmeno da trascurare che c’è stato un generale apprezzamento dei consumatori – qui torno all'organizzazione della propria vita e degli stili di vita di ogni cittadino verso questo provvedimento – come non è trascurabile che ci sia una sofferenza che è stata espressa dai piccoli e medi commercianti, da quelli che, per esempio, hanno attività commerciali, come dai galleristi nelle grandi realtà distributive, dove debbono seguire i tempi imposti, per esempio, dall'ipermercato.
  Ci possono essere – e ci sono – problemi occupazionali, che non sono però solo quelli della libera impresa, ma anche quelli dei dipendenti della grande distribuzione, che sono cresciuti e che possono avere contraccolpi in questa situazione sulla base dei nostri cambiamenti.
  Quindi, il panorama è variegato e non si riconduce facilmente ad un'analisi elementare e propagandistica. Così come è stato chiarito da chi mi ha preceduto – non ci voglio tornare sopra – che la giurisprudenza costituzionale, già dalla riforma del Titolo V, ha messo in evidenza che il commercio è materia di competenza regionale – tendo a semplificare –, ma la tutela della concorrenza è materia completamente di pertinenza statale.
  E, allora, su questi due aspetti fondamentali, sull'approfondimento e sulla realtà della legislazione, si è mosso il lavoro del relatore di maggioranza, che ha Pag. 22tentato, signor Presidente, con un testo unificato, di portare una sintesi, di offrire una proposta e di dare una piattaforma di lavoro per il dibattito in quest'Aula. Una proposta – è già stato brillantemente richiamato – prevedeva la realtà di una concertazione territoriale e la creazione di accordi territoriali, ma rafforzati – rafforzati, signor Presidente – da politiche attive di settore, perché questo aspetto lo sento poco pronunciare in quest'Aula. L'immagine del commercio da Mulino Bianco: il piccolo negozio non si difende con gli orari, si difende con misure positive a suo sostegno; e, allora, servono misure e politiche attive di settore e fattori di sviluppo, che potevano andare da una programmazione urbanistica delle città differente sul tema commerciale alla valorizzazione dei centri commerciali naturali. Facevano parte di quel pacchetto.
  Un pacchetto che per noi significava non arretrare sulla concorrenza, ma cercare di mettere un insieme di griglie per favorire la leale concorrenza, per mettere tutti nelle condizioni di operare su uno stesso piano. Per noi la liberalizzazione esiste solo nelle regole. Liberalizzazione non vuol dire deregolamentare, la «legge della giungla» non ci appartiene. Noi volevamo cogliere questa occasione per approfondire questo tema e questo ha fatto il relatore Nardella con la proposta che aveva articolato.
  Così non è stato, si è preferito disabbinare la proposta, si è preferita legittimamente – lo devo dire – una proposta in quota opposizione e noi siamo rispettosi di questo. Si è deciso di andare avanti con la proposta a prima firma dell'onorevole Dell'Orco, l'atto Camera n. 750. Su questa proposta ho già detto e hanno già detto i colleghi. Ho già accennato alcuni dei profili problematici, chiari profili di incostituzionalità, contraddittorietà evidente laddove si tenta una liberalizzazione per una parte del Paese e una minuta regolamentazione per altre realtà territoriali, una farraginosità di applicazione assolutamente totale e l'attribuzione dell'obbligo di apertura del 25 per cento per categoria merceologica, versione un po’ arcaica, anche nella fase di controllo è qualcosa che sfugge alla mia comprensione, ma probabilmente sarò io ovviamente in difetto.
  Dicevo che questo disabbinamento ha portato al fatto che oggi qui stiamo discutendo di questo, non di altro. Allora la Commissione ha rigettato questo progetto di legge e ci tengo a dire che nessuna attività emendativa è venuta dal gruppo proponente questo progetto di legge in Commissione. Il progetto di legge è stato offerto così com'era e allora – concludo, signor Presidente – non vorrei che la volontà di combattere una pur legittima battaglia politica in quest'Aula, una battaglia politica che ha anche degli aspetti mediatici e di interesse importanti nel Paese, prevalesse in noi rispetto alla volontà e alla capacità di fare l'interesse dei nostri concittadini e del Paese.
  È una paura che io nutro in questo dibattito e dico che, se il nostro giudizio permane il medesimo, perché non siamo usi a cambiare opinione, rispetto a quanto è stato dibattuto sull'atto Camera n. 750 in sede di Commissione, lo facciamo però consapevoli che questo è un tema che va affrontato, con serietà, sulla base del lavoro svolto, sulla base di quanto abbiamo sentito, ripartendo da dove ci siamo dovuti forzosamente arrestare. E questo è un impegno che noi ci vogliamo prendere e ci prendiamo pubblicamente. E noi, i nostri impegni, cerchiamo in ogni maniera di onorarli.
  Ho detto in apertura, e concludo, che lo scopo con cui affrontiamo questo dibattito e il futuro lavoro che ci aspetta su questo tema nei tempi più brevi possibili è quello di far fare un passo avanti e non due passi indietro a questa importante tematica.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Da Villa. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, anzitutto mi preme ribadire qual è stato e quale è l'atteggiamento del MoVimento 5 Stelle nell'affrontare questo provvedimento.
  Noi siamo ancora disponibili a qualsiasi modifica migliorativa di questo testo. Pag. 23L'unica parte su cui non intendiamo retrocedere è l'abolizione dell'articolo 31 del «salva Italia», così come richiesto anche da una proposta di legge di iniziativa popolare che è stata abbinata nella trattazione della proposta di legge n. 750.
  Per quanto riguarda gli interventi dei colleghi di maggioranza, in particolare per quanto riguarda gli interventi del Partito Democratico, sulle critiche alla rotazione proposta al comma 3 dell'articolo 1, voglio ribadire che in Commissione è stato detto che c'era la possibilità di cambiare totalmente quella parte della proposta e questa disponibilità al cambiamento è data dal testo di minoranza che viene presentato attualmente in Aula e che recepisce integralmente i rilievi della maggioranza sulla inopportunità o sulla inefficacia delle rotazioni citate.
  Poi ho sentito parlare in quest'Aula, in particolare dal collega di Scelta Civica, di quanto sia difficile portare alla modernizzazione del Paese.
  Ecco, in questo senso, mi permetto – scusate l'arroganza – di chiedere all'Aula di lasciare decidere a un gruppo la cui età media è di 33 anni cosa significa la modernizzazione del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per quanto, poi, riguarda l'Italia da concepire integralmente come turismo, siamo perfettamente d'accordo, siamo perfettamente d'accordo con l'intervento del collega di Scelta Civica, ma voglio ricordare che non siamo stati noi a cementificare amplissime parti del nostro Paese, e quindi a rendere il paesaggio stupendo del nostro Paese un paesaggio desolante.
  Infine, vorrei dire che l'impressione è che in quest'Aula si facciano affermazioni in merito ai benefici apportati dalle liberalizzazioni dell'articolo 31 del decreto «salva Italia» che sicuramente si rifanno ad autorevoli fonti giuridiche e giurisprudenziali, ma che sono totalmente slegate dalla drammatica realtà del Paese.
  Voglio, quindi, andare ad analizzare le ragioni in forza delle quali è necessario riconoscere che le liberalizzazioni introdotte dall'articolo 31 del decreto «salva Italia» sono errate e che occorre, invece, invertire la rotta il prima possibile. L'articolo 31 significa essenzialmente aperture domenicali. Che benefici hanno prodotto le aperture domenicali per il PIL ?
  In uno studio del 2009 Federdistribuzione stimava che l'introduzione della liberalizzazione delle aperture domenicali avrebbe portato a un aumento di quasi 4 miliardi di euro dei consumi, pari a un incremento di circa il 2 per cento: previsioni simili a quelle elaborate dal Governo Monti per l'emanazione del decreto «salva Italia». Lo stesso studio di Federdistribuzione conferma anche che le aperture domenicali sistematiche spostano semplicemente i consumi dai giorni feriali alla domenica, durante la quale si totalizzerebbe il 16,5 per cento delle vendite totali della settimana, oltre il doppio del 7 per cento registrato nel regime precedente.
  Ebbene, nel periodo in cui la nuova normativa è entrata in vigore, abbiamo assistito al peggior crollo della storia repubblicana, con una flessione del 4,3 per cento nel 2012 e un'ulteriore diminuzione del 2 per cento prevista per quest'anno.
  Quindi, in conclusione, nessun aumento del PIL – parliamo di un decreto, il «salva Italia», che doveva rilanciare l'Italia e risollevarla dalla crisi economica –, ma una mera redistribuzione degli acquisti sui diversi giorni della settimana, a favore della domenica e a scapito degli altri giorni.
  Ma parliamo di occupazione: le aperture domenicali hanno aiutato ad aumentare l'occupazione ? La concentrazione dei consumi nel week-end ha favorito la grande distribuzione, contribuendo all'aumento dell'erosione di quote di mercato della gran parte dei piccoli esercizi. Questi, infatti, non sono nelle condizioni di poter sostenere l'aggravio di costi, diretto e indiretto, in particolare a valere sul fattore lavoro, derivante dalle aperture domenicali.
  L'effetto sulle piccole superfici è stato devastante: tra il 2012 e i primi mesi del 2013 abbiamo perduto – per sempre ! – 31.483 imprese del commercio al dettaglio, con una perdita stimata di 90 mila posti di Pag. 24lavoro. Piuttosto emblematico, a tal proposito, è uno studio del 2010 dell'autorevole CGIA Mestre, secondo cui in Veneto, la mia regione, dal 2001 al 2009 si sono guadagnati 21 mila posti di lavoro nella grande distribuzione organizzata, ma, contemporaneamente, se ne sono persi 130 mila nelle piccole botteghe di città. Un rapporto, quindi, di uno a sei.
  Va ricordato, poi, che il proliferare di grandi superfici di vendita a causa dell'insana dinamica della moneta urbanistica, ricavata dai comuni, sta spingendo, complice la crisi, ad una guerra dei prezzi senza precedenti, che, di fatto, si ripercuote sulla pelle dei lavoratori. In Veneto una grossa catena di supermercati ha chiuso recentemente 3 degli 11 punti vendita che aveva, mentre le catene francesi hanno messo migliaia di lavoratori in regime di contratto di solidarietà per un anno e per alcuni punti di vendita si è già passati attraverso un periodo di cassa integrazione in deroga a rotazione di ben 34 mesi.
  In conclusione, pure qui l'obiettivo di una maggiore occupazione non è stato raggiunto, anzi, nel contratto del commercio ormai la domenica lavorativa è considerata obbligatoria, e non retribuita come straordinario, ma semplicemente con una maggiorazione che può andare dal 10 al 30 per cento.
  Ma andiamo avanti: le aperture domenicali favoriscono la concorrenza ? L'intervento legislativo del decreto «salva Italia» si è detto finalizzato soprattutto a garantire il valore costituzionalmente garantito della tutela della concorrenza, anche se si è inciso peraltro in modo controverso su una materia di competenza legislativa delle regioni, come è il commercio.
  Su questo tema vorrei sottoporre all'Aula quanto è scritto da alcuni giudici del TAR Veneto proprio in relazione a una lite – ovviamente precedente al decreto «salva Italia»- sulle aperture domenicali tra un maxi outlet e i suoi diretti concorrenti della piccola distribuzione. I giudici hanno affermato: «La vigente disciplina – l'allora disciplina in materia di commercio – non persegue in via esclusiva una finalità liberalizzatrice, giacché questo obiettivo avrebbe quale esito estremo il rafforzamento sul mercato delle imprese di maggiori dimensioni, a discapito proprio di un mercato concorrenziale. In ragione dei rilevanti effetti di carattere urbanistico e sociale che derivano dalla presenza o meno di esercizi commerciali sul territorio, la predetta disciplina mira a una regolamentazione finalizzata a contemperare i principi e i valori della concorrenza con la salvaguardia delle aree urbane, dei centri storici, della pluralità tra diverse tipologie delle strutture commerciali e della funzione sociale svolta dai servizi commerciali di prossimità».
  Quanto detto dal TAR Veneto è stato ribadito in un recente convegno sulle liberalizzazioni dal Direttore generale di Bankitalia, il quale ha affermato: «Un mercato non sottoposto a regole e controlli finisce con l'autosmantellarsi a causa dell'endemica tendenza dei soggetti che vi operano come venditori a ridurre la concorrenza». Ecco, questo è proprio quello che sta succedendo con il commercio in Italia. Uno studio di Confcommercio, audito in sede di X Commissione, ci dice, a conferma di questo scenario, che dal 1996 ad oggi la fetta di distribuzione commerciale occupata dalla grande distribuzione organizzata è passata dal 36,9 a 46,1 per cento.
  Ma andiamo avanti: le aperture domenicali contribuiscono a fermare il degrado delle città ? L'Italia è il Paese dei quasi 8.100 comuni, spesso anche piccoli e piccolissimi. In una realtà come la nostra, misure legislative favorevoli alla grande distribuzione organizzata, come quelle sulla libertà totale degli orari di apertura in discussione, e previsioni urbanistiche «selvagge» non possono fare altro che aggravare la situazione di «desertificazione» e degrado che vivono moltissime città italiane. Confesercenti ha stimato per l'anno passato circa 500 mila negozi sfitti in tutta Italia, per una perdita annua di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti, in termini di gettito fiscale sfumato circa 6,2 miliardi di euro ogni anno, una cifra Pag. 25superiore al gettito realizzato grazie all'IMU prima casa (valore: 4 miliardi) o all'aumento di un punto dell'aliquota ordinaria IVA (idem 4 miliardi e oltre). Gli esercizi di vicinato peraltro, con le loro vetrine illuminate e la figura del negoziante, costituiscono un presidio nel territorio e quindi fattore di dissuasione per atti di vandalismo e microcriminalità. Viceversa, serrande abbassate e cartelli di vendesi e affittasi possono costituire un ambiente favorevole a fenomeni di violenza, criminalità e degrado.
  E veniamo a un altro punto: le aperture domenicali servono per allinearsi con l'Europa ? Basti solo dire che Germania, Francia, Spagna e la laicissima Olanda prevedono la chiusura nelle domeniche.
  Presidente, mi scusi, quanto tempo ho ancora ?

  PRESIDENTE. Un minuto.

  MARCO DA VILLA. Non mi soffermo allora sulle implicazioni che hanno le aperture domenicali per la tutela dei rapporti familiari. Dico solo che l'attività lavorativa della donna che principalmente lavora in questo settore è tutelata specificamente dall'articolo 37 della Costituzione, dove si afferma anche che le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento dell'essenziale funzione familiare della donna e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
  Le aperture domenicali, quindi, non servono per accrescere il PIL, non servono per favorire l'occupazione o per aumentare la concorrenza, non servono per combattere il degrado dei centri storici, per allinearsi all'Europa e non servono nemmeno per tutelare i rapporti familiari. E, allora, a cosa servono ?
  Cito testualmente un articolo dal titolo: «I circoli nei luoghi di lavoro e di studio». L'articolo dice: «è necessario procedere a un lavoro di diffusione e radicamento negli ambienti di lavoro e di studio attraverso la costituzione di circoli in grado di attivare una reale presenza nelle diverse realtà lavorative, avvicinare i potenziali nuovi iscritti che per caratteristiche soggettive o professionali sono più facilmente coinvolgibili e attivabili. A seconda delle varie realtà, un circolo del commercio può nascere come esigenza territoriale sostanziandosi, ad esempio, anche in un'articolazione che riguarda la grande distribuzione». Questo è scritto sul sito del Partito Democratico. Non so se si è capito, ma stiamo parlando di circoli del PD all'interno dei grandi centri commerciali. Noi speriamo e ci auguriamo che non siano queste le intenzioni che determineranno il voto in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, innanzitutto mi lasci commentare quanto ho appena ascoltato dal deputato del MoVimento 5 Stelle. Per carità, hanno il diritto di congratularsi, ma quando avrà ripreso l'attenzione mi sarebbe piaciuto e mi piacerebbe, Presidente, che ascoltassero anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle...

  PRESIDENTE. Prego, vada avanti. Si rivolga alla Presidenza.

  ANDREA ROMANO. Sì, sì, appunto, mi rivolgo a lei, Presidente. Ho sentito nelle sue affermazioni poco fa, nelle affermazioni del collega del MoVimento 5 Stelle, l'intimazione a occuparsi di modernizzazione soltanto se si appartiene ad un gruppo parlamentare la cui età media è di 33 anni. Io mi congratulo con quel gruppo parlamentare, ma non mi risulta, Presidente, che in questo Parlamento viga una norma secondo la quale ci si occupa di modernizzazione e si è autorizzati ad occuparsi di modernizzazione soltanto se si è al di sotto di una certa soglia anagrafica, ma di questo naturalmente chiederò conferma.
  Così come vorrei dire, Presidente, ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che il collega Cimmino, della cui amicizia mi onoro e della cui appartenenza al gruppo Scelta Civica per l'Italia mi onoro, non parlava naturalmente a titolo personale, Pag. 26ma anche come rappresentante e promotore di un gruppo commerciale che è attivo da circa cinquant'anni appunto in quel settore e di cui vorrei sottolineare il fatto che, anche soltanto un quinto di quell'esperienza, sarebbe particolarmente utile a chiunque volesse occuparsi di modernizzazione in campo commerciale. Questo sia detto, Presidente, a commento di affermazioni che ho sentito dal collega che mi ha preceduto e che certamente verificherò nello stenografico.
  Ma per entrare nel merito di questo provvedimento e al di là delle pretese anagrafiche o meno di occuparsi di modernizzazione, ritengo che il provvedimento che oggi discutiamo, appunto con il suo obiettivo di abolire le misure di liberalizzazione degli orari commerciali, rappresenti un caso abbastanza raro di autolesionismo legislativo. Infatti, nel pieno di una delle più gravi crisi economiche della storia repubblicana, una crisi che è di consumi prima ancora che di produzione, si chiede a questo Parlamento di ridurre gli orari durante i quali gli italiani possono recarsi nei negozi per fare acquisti. Appunto un caso dicevo raro e pure significativo di autolesionismo legislativo. Si chiede, infatti, a questo Parlamento di ripristinare una fitta selva di impedimenti burocratici per tutti quei commercianti e imprenditori del commercio, piccoli e grandi, che ogni giorno combattono una battaglia rischiosa e difficile per conservare i propri clienti e per attrarne di nuovi.
  Si chiede, infine, a questo Parlamento di ripristinare una condizione di disparità geografica come quella che vigeva prima del provvedimento cosiddetto salva Italia, ovvero da una parte gli esercizi commerciali che operano nei comuni a prevalente carattere turistico e dall'altra tutti gli altri esercizi commerciali.
  Sono tre richieste che, a mio parere, devono essere respinte, perché sono contrarie ad ogni logica di ripresa economica, perché sono contrarie allo spirito e al dettato dell'articolo 41 della Costituzione, secondo il quale l'iniziativa economica privata è libera e perché sono ispirate solo da confuse ragioni ideologiche e dall'obiettivo di colpire il coraggio e la tenacia di commercianti, ripeto, piccoli e grandi, e la libertà degli italiani di fare acquisti quando e dove vogliono.
   Vorrei ricordare tre dati statistici che da soli dovrebbero farci riflettere. Secondo l'ISTAT, infatti, le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,8 per cento nel 2011, dell'1,7 per cento nel 2012 e del 3 per cento nei primi tre mesi di questo 2013. Di fronte a questo quadro, un quadro drammatico di crollo dei consumi, si vorrebbe, secondo questa proposta, rendere ancora più difficile l'attività commerciale.
  L'elemento confusamente ideologico di questa proposta è evidente già nella premessa laddove si scrive, signor Presidente, che i provvedimenti che si vorrebbero abolire, che sono appunto quelli introdotti dal Governo Monti col decreto «salva-Italia», configurerebbero – cito – una concorrenza da far west, ovvero una concorrenza diretta e spietata. Ma domandiamoci: qual è l'imprenditore che sarebbe così sprovveduto da aprire sempre e comunque, a prescindere dal conto economico, a prescindere dalle convenienze, a prescindere dall'opportunità di aprire in certi orari e in certi luoghi ? E guardiamoci intorno, nei nostri centri commerciali, nei nostri centri cittadini, dove sono i singoli commercianti a decidere quando e dove rimanere aperti e, quindi, sono loro a cogliere le opportunità più favorevoli per offrire un servizio migliore ai consumatori.
  Ma occorre anche ricordare, Presidente, che è del tutto infondato l'allarme strumentale e ancora una volta ideologico, secondo il quale questo provvedimento avrebbe provocato aperture selvagge ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, per tutti i punti vendita. È un allarme, appunto, infondato, perché già prima del provvedimento di liberalizzazione erano più di 3 milioni i dipendenti degli esercizi commerciali che lavoravano la domenica, mentre i supermercati e gli ipermercati che restano aperti la domenica, anche dopo questo provvedimento, sono solo un terzo del totale: ancora una volta, le apertura vengono determinate da Pag. 27ragioni di opportunità e di convenienza, e molti di questi supermercati e ipermercati lavorano già con orari ridotti.
  Come dicevo poc'anzi, un aspetto particolarmente negativo di questa proposta è la sua volontà di ripristinare la differenza, discriminante per l'appunto, tra esercizi che operano nei comuni a prevalente carattere turistico, per i quali si vorrebbe mantenere la facoltà di aprire la domenica, e tutti gli altri, dove tale facoltà tornerebbe ad essere vietata. Così, infatti, avveniva in passato prima del decreto «salva Italia», ma ciò che avveniva in passato era proprio una palese discriminazione tra esercizi commerciali perché i consumatori invece, a differenza dei commercianti, erano liberi di muoversi tra comune e comune, diversamente dai commercianti. Erano liberi – si usava dire in Unione Sovietica – di votare con le proprie gambe e, quindi, di utilizzare la facoltà di comprare i prodotti con le proprie gambe, muovendosi da comune a comune, con un'evidente discriminazione e penalizzazione dei commercianti che avevano le proprie botteghe nei comuni che non erano, invece, a prevalente interesse turistico.
  La proposta che discutiamo oggi non colpirebbe solo i commercianti, che sono già pesantemente penalizzati dalla decrescita economica, ma tutti gli italiani nella loro qualità di consumatori. Infatti, va ricordato che il provvedimento di liberalizzazione è stato accolto con grande favore dalla grandissima maggioranza degli italiani, finalmente liberi di utilizzare anche la domenica per fare acquisti dove e quando vogliono, e spesso acquisiti più convenienti di quanto avveniva in passato. A me pare, Presidente, che questa proposta sia invece ispirata dalla volontà di punire la libertà di scegliere degli italiani, insieme a quella di colpire la libertà di svolgere un'attività economica commerciale. È una duplice volontà punitiva, nella quale si intravede tutta l'assurdità di una lettura banale e superficiale dell'ideologia della cosiddetta «decrescita felice». Ma chi ha proposto questo provvedimento potrebbe scoprire – non arrivo ad immaginare che possa leggere qualche libro in più, ma forse farsi qualche giro in più nei centri cittadini, la domenica, ad esempio –, potrebbe scoprire che non esiste decrescita che sia felice. La decrescita è sempre infelice e gli italiani ne hanno subito una dose abbondante e prolungata in questi ultimi anni.
  Con il provvedimento di liberalizzazione degli orari commerciali, Presidente, si è fatto qualcosa di concreto per ribaltare un ciclo economico che ha impoverito il nostro Paese e ridotto drasticamente i consumi. Evitiamo allora di farci del male. Evitiamo di trasmettere al Paese l'idea che questo Parlamento non solo non faccia abbastanza per restituire speranza e fiducia, ma arrivi persino a mettere i bastoni tra le ruote a chi investe, a chi produce, a chi consuma. Per questo noi di Scelta Civica voteremo convintamente contro questa proposta.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Fantinati, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È ora iscritto a parlare il deputato Senaldi. Ne ha facoltà.

  ANGELO SENALDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, la proposta che oggi abbiamo discusso e stiamo discutendo ha l'indubbia capacità, come le altre proposte che sono state analizzate all'interno della Commissione X, di mettere il punto su un problema, certamente, un'attenzione che dobbiamo avere e che già è stata bene espressa anche dal collega Benamati, rispetto alla organizzazione dei tempi e delle attività commerciali, soprattutto per quanto riguarda le aperture domenicali. Infatti, mi pare di capire che, forse, per un refuso o per una scarsa attenzione solo di questa parte dell'articolo 31 si vada a discutere, non certo della limitazione della possibilità di avere aperture di esercizi commerciali. Quindi, non un ritorno al contingentamento, ma mi sembra che la discussione sia incentrata esclusivamente sulle ricadute che le aperture domenicali e l'ampliamento degli orari hanno portato.Pag. 28
  Dobbiamo dire che le proposte, il tentativo compiuto dall'onorevole Nardella di trovare un quadro comune, una sintesi alta rispetto alle proposte in campo, non ha avuto il consenso dei proponenti la proposta che stiamo discutendo. Quindi, dobbiamo entrare nel merito dell'Atto Camera n. 750 e rispetto a questo dobbiamo fare alcune sottolineature. Io credo che non si possa dichiarare fallimentare la norma del decreto cosiddetto «salva Italia», perché le situazioni economiche che sta vivendo il Paese, ma che sta vivendo più in generale l'Europa in questi anni, hanno certamente influito rispetto ai dati dei consumi e ai dati economici che abbiamo analizzato e che, quindi, possono essere, come dire, in certo senso giocati per sostenere un'idea di ritorno al passato che credo non possa essere condivisa.
  Dobbiamo certamente, come dire, contemperare quella che è la ricaduta della crisi economica sui consumi rispetto al calo che tanti esercizi commerciali, soprattutto piccoli, hanno avuto, ma che anche tanti punti della grande distribuzione hanno dovuto subire, e così come anche tanti punti nelle gallerie commerciali legati alla grande distribuzione hanno subito. Quindi, è certamente una questione sistemica, di situazione storica, di passaggio storico della nostra economia che ha influito nella valutazione dei dati, e credo che non possano essere, come dire, «stirati» a proprio vantaggio per dare forza a una proposta, che crediamo invece vada a limitare le libertà di impresa.
  Le risultanze, poi, dell'indagine che abbiamo attuato all'interno della Commissione durante tutte le audizioni indicano chiaramente che la caduta del numero degli esercizi di vicinato non è legata alle aperture domenicali, ma è legata a un processo economico più ampio, più diffuso e di difficile soluzione e comprensione per quanto riguarda anche la tempistica di uscita. Tanto è vero che alcuni dati riportati anche dal collega Da Villa attribuiscono ad un periodo precedente a quello dell'entrata in vigore delle cosiddette liberalizzazioni degli orari la perdita di occupazione rispetto ai piccoli esercizi e la perdita numerica delle aperture dei piccoli esercizi commerciali.
  Dobbiamo anche dire – e lo abbiamo notato anche in alcune audizioni – che, forse, l'apertura domenicale ha permesso la tenuta su alcune strutture dei livelli occupazionali, che, diversamente, avrebbero avuto, anche in quel caso, una perdita in termini numerici molto sensibile. Chiaramente, un'apertura con maggiori orari rispettando gli orari previsti dai contratti produce un numero maggiore di addetti. Ed è anche vero che, rispetto ad alcune prese di posizione e di un dibattito, che è molto aperto in un Paese vicino al nostro come la Francia, sono stati in alcuni casi gli stessi lavoratori a chiedere di proseguire con le aperture domenicali e non limitare le aperture domenicali, proprio per dare un certo sostegno al reddito, perché la maggiorazione del lavoro domenicale, in qualche caso, permetteva di riuscire ad arrivare alla famosa quarta settimana del mese.
  Inoltre, la norma dell'articolo 31 ha sicuramente sanato delle sperequazioni che erano presenti sul nostro territorio, perché la differenziazione che c’è tra comuni turistici, sottolineata da tanti interventi prima del mio, e comuni, invece, dichiarati non turistici è sicuramente una sperequazione visibile agli occhi di tutti noi. E, certamente, la lista di individuazione dei comuni turistici prevista da alcune regioni non dà grande identificazione dell'effettivo valore del turismo in alcuni comuni, in alcune città; quasi a dire che ci sono delle preferenze e vengono coinvolte aree molto più vaste rispetto a quelle effettivamente coinvolte dai flussi turistici, creando, quindi, una differente concorrenza tra comuni vicini.
  Ma direi di più. Anche in alcune regioni, il fatto di aver autorizzato alcune domeniche o tante domeniche – perché ci sono regioni che hanno autorizzato trentacinque, trentotto domeniche di apertura –, ma differenziando tra media-grande distribuzione e piccoli esercizi, ha creato che all'interno di alcuni centri storici, alcuni centri dei comuni, ci fosse l'apertura Pag. 29dei piccoli esercizi e non potesse essere aperto l'esercizio di 260 metri quadri che supera il livello di definizione tra la piccola e media distribuzione, esercizio, anche questo, a conduzione familiare; creando, quindi, vuoti e pieni all'interno di uno stesso distretto commerciale in domeniche differenti e fornendo, quindi, un cattivo servizio al cittadino, impedendo, certamente, una libera concorrenza anche fra esercizi di vicinato. Attraverso, quindi, il meccanismo della salvaguardia della concorrenza vengono mitigati questi effetti.
  Credo che, certamente, tutti noi abbiamo compreso, anche chi è qui da pochi mesi ha compreso che l'approvazione del cambiamento del Titolo V della Costituzione ha creato problemi in questo campo, come ne ha creati in altri campi – pensiamo solo al campo dell'energia –, con differenti normative. Per cui, anche in questo caso, comuni ai confini tra le regioni hanno anche, tante volte, soprattutto nelle domeniche, forse, di maggiore impatto commerciale, differenti regolamentazioni. Quindi, direi che il fatto positivo prodotto dall'articolo 31 è sicuramente quello di un'informazione degli orari su tutto il territorio.
  Andiamo a quello che è stato, poi, il lavoro della Commissione. Certamente, le audizioni non hanno permesso di dare un quadro univoco e certo rispetto alle volontà di tutti gli attori in gioco su questo campo. Ricordiamo pareri assolutamente discordi tra alcuni comitati di salvaguardia della domenica, rispetto anche ad alcune associazioni dei commercianti, rispetto alla grande distribuzione, rispetto alle stesse associazioni dei consumatori, che vedono nella liberalizzazione e nell'apertura domenicale la possibilità di dare ai cittadini clienti la maggiore possibilità di offerta e anche di decisione rispetto all'acquisto di beni.
  Quindi, la proposta di legge n. 750 che stiamo discutendo prevede il ritorno ad una normativa previgente a quella del 1998 con meccanismi di apertura che creano difficoltà di gestione – il discorso dell'apertura del 25 per cento degli esercizi a rotazione, certamente, come è già stato fatto rilevare, è un meccanismo complesso –, e dobbiamo anche sottolineare che rispetto a questo meccanismo non è stato presentato alcun emendamento all'interno della Commissione; è stata espressa forse solo una volontà, ma non c’è stato un atto formale che abbia indicato la possibilità emendativa di questa proposta di legge per quanto riguarda questo passaggio.
  La proposta che invece noi abbiamo sostenuto, e che ridà anche un protagonismo agli attori in gioco, cittadini, associazioni, sindacati ed enti locali con una valutazione delle caratteristiche e delle necessità del territorio, può essere invece un punto di incontro, una sintesi alta rispetto alle richieste su un problema che certamente deve essere analizzato.
  Come già diceva prima il collega Benamati, la nostra volontà di salvaguardare alcune festività sia nazionali che religiose è stata espressa più volte e la nostra proposta, il nostro lavoro andrà certamente in questa direzione per trovare un equilibrio rispetto a queste problematiche. Quindi, vi è la volontà di perseguire un obiettivo che però non può essere quello immaginare che, attraverso una proposta che ritorna alla normativa previgente rispetto al 1998, sarà possibile di botto riaprire 500 mila esercizi, produrre 26 miliardi di euro di gettito di affitti e dunque una rendita e un gettito fiscale per lo Stato di 6 miliardi di euro perché, se così fosse, saremmo dei pazzi a non aderire immediatamente a questa proposta. Tuttavia credo che questa sia, invece, una esemplificazione di dati che hanno un po’ della demagogia, che semplificano troppo quello che è un problema reale, quella che è una questione che dobbiamo analizzare, soprattutto, in previsione di una tutela sia dei consumatori che dei lavoratori, che però hanno anche vincoli e strumenti di tutela attraverso le leggi e attraverso la contrattualistica vigente.
  Permettetemi un ultimo appunto per quanto riguarda un'affermazione del collega Da Villa sulla presenza di circoli di partito all'interno dei luoghi di lavoro; i Pag. 30cosiddetti circoli di ambiente sono una strutturazione dei partiti che esiste da decenni e quindi non è che vengono aperte le sedi con le bandiere all'interno dei negozi dei centri commerciali, ma una delle possibilità previste dallo statuto del Partito Democratico dice che si possono creare all'interno di luoghi di lavoro, luoghi omogenei, delle sezioni di partito che, espressamente, curino le problematiche di quei settori, di quel settore di attività economica piuttosto che di quella specifica problematica. Allora le sezioni d'ambiente sono questo, non sono l'apertura all'interno dei grandi centri commerciali delle sezioni di partito con le bandiere; sono il ritrovarsi di lavoratori, di persone che lì vivono e che del loro luogo vogliono discutere. Non credo che questa sia la ragione per cui il Partito Democratico intende contrastare questa legge che ritiene assolutamente inefficace, anzi che potrebbe generare problematiche superiori rispetto a quelle che crede di risolvere.

  PRESIDENTE. Dal momento che il collega Fantinati si era allontanato per esigenze personali e per un periodo breve di tempo, diamo la parola al collega Fantinati.

  MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, è con un certo orgoglio che intervengo sulla proposta di legge n. 750 in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali e artigianali, innanzitutto perché è la prima proposta di iniziativa parlamentare che quest'Aula si trova a discutere.
  Inoltre, proprio per l'orgoglio, è perché tale proposta è stata presentata dal MoVimento 5 Stelle, che mi onoro qui di rappresentare. Ciò che ho appena detto dovrebbe far riflettere. Sono passati mesi, diversi mesi, dall'inizio della legislatura, ma finora abbiamo preso in considerazione e analizzato solo disegni di legge e decreti del Governo, nonostante tutte le cariche istituzionali, a più riprese – lo ha fatto anche il Premier Letta, ma prima di lui la Presidente Boldrini –, abbiano sottolineato la centralità di questa'Aula, di questo Parlamento.
  Purtroppo, invece, non è così, e questo lo dimostra in maniera inequivocabile. Se l'iniziativa legislativa fosse principalmente del Parlamento – mentre di fatto è del Governo –, non avremmo certo aspettato fino ad ottobre per incominciare a discutere questa proposta, ma lo avremmo fatto appena insediate le nuove Camere. Detto ciò, entro nel dettaglio della proposta, non prima però di aver ricordato brevemente ai colleghi deputati tutto l'iter di questo provvedimento in Commissione.
  Questa proposta del MoVimento 5 Stelle in Commissione attività produttive è stata discussa congiuntamente ad altre proposte, che si sono aggiunte in un secondo momento, dopo che abbiamo depositato la nostra e riguardanti lo stesso tema della liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali; ma il testo unico che ne è venuto fuori per noi non era accettabile, forse perché – e capisco anche lo sforzo del relatore, che aveva cercato di mettere insieme un po’ il diavolo e l'acquasanta – mentre la maggioranza insisteva sul principio della totale liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali in maniera permanente e non solo più sperimentale ed inoltre applicabile in tutto territorio nazionale e non sono solo nelle località turistiche e d'arte, noi invece intendiamo incidere proprio sul principio di liberalizzazione degli orari attraverso l'introduzione di una serie di limiti ben precisi, facendo un passo indietro, che poi, si considera un vero passo in avanti rispetto al cosiddetto decreto «salva Italia» di Monti che ha prodotto delle liberalizzazioni che noi riteniamo «selvagge», oltre che inutili.
  Innanzitutto, l'apertura dei centri commerciali anche la domenica rappresenta una sorta di concorrenza sleale nei confronti dei piccoli commercianti, che magari, avendo un'attività a conduzione familiare non sono in grado di poter stare aperti sette giorni su sette. I centri commerciali invece lo fanno, ma chiediamoci con che costi e che benefici per la collettività. Incominciamo col dire che vi è un Pag. 31vero e proprio sfruttamento dei lavoratori, che sono costretti a «turni infami» ai quali non si possono sottrarre, perché altrimenti rischierebbero il licenziamento. È una forma – diciamolo pure – di «ricatto barbaro»: o il lavoratore si piega e si adegua a turni massacranti o viene cacciato. E siccome il lavoratore è l'anello debole della catena è spesso, come ultimamente succede, costretto a subire. In secondo luogo, chi si immagina che restare aperti sempre e dovunque la domenica porti un aumento di occupazione si deve ricredere. Durante le numerose audizioni che abbiamo avuto in Commissione con i vari rappresentanti delle categorie produttive è emerso che questi grandi centri commerciali non hanno assunto nuove persone, ma hanno semplicemente fatto lavorare di più i dipendenti che già avevano. Quindi, dall'apertura domenicale dei centri commerciali non deriva alcun beneficio occupazionale. Questo è un elemento davvero da tenere ben presente. Qualcuno potrebbe, per carità, obiettare che l'apertura domenicale è comunque positiva, perché fa aumentare le vendite e quindi la produzione e i consumi, ma anche questo è falso, e lo dimostra il fatto che il fatturato dei centri commerciali non aumenta con le aperture domenicali, ma semplicemente si spalma su sette giorni invece che su sei. Quindi, in definitiva, le aperture domenicali dei centri commerciali non producono né più lavoro né più prodotto interno, ma purtroppo impoveriscono i negozi, le botteghe artigiane, le piccole imprese dei nostri centri cittadini. Ci chiediamo anche come un Governo che aiuta sembra, di fatto, le grandi aziende, le solite, magari con decreti, le aziende che si trovano in difficoltà, che sono costrette a chiudere, allo stesso modo però non aiuta le aziende, le tantissime aziende, il sottobosco che c’è, delle piccole e medie imprese, che continuano a chiudere.
  Si parla di circa 1.000, 1.200 chiusure al giorno di piccole e medie imprese; sono dati che sicuramente ci devono far riflettere. Quando magari tutti in campagna elettorale dicevamo che si voleva aiutare la piccola e media impresa, ma capiamoci bene quale sia la piccola e media impresa ! Aumentando l'IVA dal 21 al 22, o si va a inficiare sul consumo oppure addirittura molte aziende, per non aumentare il prezzo finale devono ridurre il loro margine operativo. Capiamoci quando diciamo aumentare e aiutare le piccole e medie imprese.
  Qual è quindi il fine di questa nostra proposta ? Noi intendiamo limitare la piena liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali e artigianali mantenendo la liberalizzazione completa solo per gli esercizi commerciali delle località turistiche o delle città d'arte, mentre per tutte le altre località chiediamo che siano le regioni, in accordo con comuni e associazioni di categoria, a definire un piano regolare per tutti i giorni di apertura.
  Avevamo previsto, dunque, un piano regionale che si preoccupava di stabilire per ciascuna domenica o giorno festivo l'apertura del 25 per cento degli esercizi per ciascun settore merceologico o per ciascun esercizio commerciale non oltre il massimo annuo di 12 giornate di apertura festiva. Questo, a nostro avviso, è un giusto equilibrio che contempera da un lato l'interesse dei consumatori alla tutela dei diritti dei lavoratori del commercio e dall'altro i piccoli commercianti in crisi specie per il drammatico calo dei consumi che stiamo attraversando per la grave contingenza economica. Qui, in estrema sintesi, il cuore della nostra iniziativa legislativa che approfondiremo durante la discussione degli emendamenti, ben disponibili al confronto, come sempre lo siamo stati, sia in Commissione che anche in Aula.
  Chiudo il mio intervento Presidente, colleghi deputati, augurandomi che tutte le forze politiche presenti in Parlamento vogliano affrontare questo tema senza pregiudizi ma con spirito costruttivo nell'interesse esclusivo della collettività, per dare quelle risposte che i cittadini continuamente ci chiedono (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 32

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 750-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, il deputato Michele Dell'Orco, al quale restano quattro minuti per il suo intervento.

  MICHELE DELL'ORCO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ho sentito numerose osservazioni da parte dei colleghi in merito alla questione liberalizzazione, e abbiamo già auspicato in X Commissione di rivedere alcuni commi della nostra proposta di legge e il testo di minoranza presentato oggi in Aula, appunto, ricalca ciò che abbiamo detto più volte in Commissione.
  Comunque ripeto: pare che non ci sia la volontà di occuparsi del tema, di occuparsi del tema liberalizzazioni concretamente, del problema delle piccole e medie imprese a causa di una proposta di legge a nome e a prima firma del MoVimento 5 Stelle. Sembra che ci sia un problema politico dove l'unico problema sia chi ha il «cappello» di questa legge.
  Sono stati presentati degli emendamenti soppressivi con parere favorevole della Commissione, della maggioranza più che altro, per sopprimere, per far decadere questa proposta legge. Allora qua c'era la possibilità in Aula di discutere nel merito, di cambiare, eventualmente pure di stravolgere la proposta di legge. Invece qua c’è la volontà di farla decadere, non modificarla ma semplicemente farla cadere perché è del MoVimento 5 Stelle.
  Noi auspichiamo, quando sarà il momento del voto, che non vengano votati i 2 emendamenti soppressivi che portano, tendono ad abrogare i due articoli presenti nella proposta di legge del MoVimento 5 Stelle. Questa è una questione che ha pochi precedenti nella storia della Camera, quindi noi auspichiamo che non venga abrogata, che non vengano votati questi emendamenti soppressivi ma si torni a parlare nel merito delle piccole e medie imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, il deputato Dario Nardella, al quale, avendo esaurito il suo tempo, lascio un minuto per il suo intervento.

  DARIO NARDELLA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, come i colleghi avranno visto dal dibattito non vi è alcuna intenzione, da parte della maggioranza anzitutto, di eludere questo tema. Il punto è affrontarlo davvero nel merito, partendo dalla realtà, la realtà che molti colleghi hanno sottolineato e cioè che questa crisi economica interessa tutto il mondo delle imprese e nel campo del commercio richiede risposte diverse.
  Richiede risposte molto più incisive, a partire dal rilancio del lavoro, dal rilancio dei consumi, a partire dalla rendita immobiliare, a partire dalla pressione fiscale: tutti temi che gli stessi imprenditori del commercio ci pongono.
  La concretezza e la disponibilità della maggioranza di andare alla fine è dimostrata concretamente dalla presentazione di quella proposta di testo unificato, nella quale tra l'altro noi abbiamo a più riprese riportato contenuti della proposta di legge n. 750. Quindi, non vi è assolutamente alcuna intenzione di rifiutare questo dibattito, ma anzi la volontà costruttiva e non faziosa di arrivare ad una soluzione concretamente nell'interesse del commercio del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  CARLO DELL'ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, poche parole per dire che il Governo concorda con il parere del relatore, onorevole Nardella, e con la Commissione sulla reiezione della proposta di legge all'esame dell'Assemblea A.C. 750-A.

Pag. 33

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri (per la discussione sulle linee generali) (ore 13).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri (per la discussione sulle linee generali) (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Molteni, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00183. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo per illustrare questa mozione, che per noi è importante, importantissima.
  Questa mozione ha ad oggetto una particolare categoria di lavoratori, che sono i lavoratori frontalieri. I lavoratori frontalieri chi sono ? Sono dei cittadini del nostro Paese, sono dei lavoratori italiani, che prestano la propria attività lavorativa in territorio estero, in modo particolare in Svizzera e nel Canton Ticino, in modo particolare, ma non in modo esclusivo.
  Sono circa 60 mila i cittadini italiani del nostro Paese che ogni giorno varcano le frontiere con il territorio elvetico e vanno a prestare attività lavorativa, portano la propria competenza, portano la propria professionalità, portano il proprio know-how e creano ricchezza per entrambi i territori. Sono soprattutto lavoratori del nord, sono 60 mila e diventano 80 mila tenendo in considerazione anche altri tipi di lavoratori che vanno a svolgere la propria attività, ad esempio a San Marino o in altri territori, però i lavoratori di cui stiamo discutendo oggi con questa mozione sono soprattutto quelli del nord, che provengono dalle province di Como, Sondrio, Varese, dal Verbano-Cusio-Ossola, che – ripeto – svolgono una funzione importante.
  I lavoratori frontalieri sono una ricchezza, sono una risorsa fondamentale per il nostro territorio. Noi abbiamo già parlato più volte in quest'Aula, a seguito di mozioni e interpellanze che sono state presentate dei parlamentari del nord, dei lavoratori frontalieri. Questi lavoratori sono stati e vengono sistematicamente discriminati dai Governi centrali, siano essi – lo dico in maniera assolutamente trasparente – Governi di centro-destra o di centro-sinistra. Spesso e volentieri purtroppo – è questo il dramma e il fatto che noi denunciamo – i lavoratori frontalieri sono stati e vengono considerati come lavoratori di serie B, anzi, peggio, sono stati e vengono spesso considerati come dei lavoratori privilegiati. Tutt'altro.
  Abbiamo potuto assistere in questi anni a tutta una serie di provvedimenti di natura economico-fiscale, che hanno creato problemi a questi lavoratori, che – ripeto – rappresentano una ricchezza ineludibile del nostro territorio, anche e soprattutto alla luce del fatto che il numero dei lavoratori frontalieri – ripeto: cittadini italiani residenti in Italia, ma che prestano la propria attività all'estero, in modo particolare in Svizzera, in canton Ticino e in altri cantoni della Confederazione elvetica – in questi ultimi anni, è in netto aumento, anche perché, soprattutto alla luce della crisi economico-finanziaria che sta colpendo il nostro territorio, tanti nostri cittadini e tanti nostri lavoratori giovani riescono, grazie al frontalierato e grazie alla possibilità di poter lavorare in Svizzera, Pag. 34a trovare quell'occupazione che oggi invece da noi e sui nostri territori, in Italia e in Lombardia, non troverebbero.
  Quindi, sono dei lavoratori importanti, non sono – lo ribadisco e lo sottolineo – degli evasori fiscali, come spesso e volentieri li si è considerati, ma sono cittadini onesti che hanno competenza e preparazione e che, grazie alla propria attività, portano ricchezza al territorio elvetico, da un lato, e, dall'altro lato, grazie al meccanismo della compensazione e al meccanismo dei ristorni, portano soldi e ricchezza anche ai tanti comuni di confine.
  La Lega si è sempre posta a difesa di questi lavoratori, perché ritiene il proprio ruolo assolutamente importante e assolutamente fondamentale. In questi anni, i rapporti tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica sono stati abbastanza difficili; noi crediamo, invece, che si debba lavorare – ed è il ruolo e la funzione che noi abbiamo – affinché i rapporti tra il nostro Paese e i territori di confine con l'Italia, del nostro Paese con i cantoni elvetici, possano sempre essere improntati al massimo dialogo e alla massima disponibilità, proprio perché il canton Ticino e la Svizzera sono partner economici e commerciali importantissimi per i nostri territori. Vi è una contiguità non solo di natura economica, sociale e fiscale con il territorio elvetico, ma anche di natura culturale e identitaria, che impone la necessità di un dialogo e di un confronto con questi territori.
  Con questa mozione, noi vogliamo portare l'attenzione su un punto, su un tema e su un problema che per noi sono centrali. In questi anni, abbiamo più volte parlato dei frontalieri, abbiamo più volte toccato il tema dei frontalieri e del frontalierato, ad esempio, con riferimento all'applicazione dello scudo fiscale (che tanti problemi portò ai lavoratori frontalieri) e, anche in quella occasione, chiedemmo l'intervento da parte dell'Agenzia delle entrate per ribadire che i lavoratori frontalieri non sono degli evasori fiscali, ma sono delle persone e dei lavoratori onesti e perbene. Abbiamo toccato il tema dei frontalieri con riferimento al «fiscovelox», abbiamo toccato il tema dei frontalieri, e quindi del rapporto tra l'Italia e la Confederazione elvetica, con riferimento alla famosa mozione che la Lega propose e venne approvata dal Governo circa la possibilità di togliere la Confederazione elvetica e la Svizzera dalla black list esattamente nel momento in cui la Confederazione elvetica, per quanto riguarda la trasparenza finanziaria, si era adeguata ai parametri dell'OCSE. Abbiamo parlato di frontalieri con riferimento alla tematica dei ristorni e del famoso blocco del 50 per cento dei ristorni che la Svizzera fece con riferimento a questi denari, che sono risorse assolutamente importanti, fondamentali e necessarie per i nostri comuni.
  Noi, con questa mozione – che è particolarmente articolata, proprio perché il tema non può essere lasciato ad ambiguità o a superficialità –, cosa tocchiamo, quale altro tema delicato e importante tocchiamo rispetto al quale continuiamo ad avere un atteggiamento sordo, incoerente e ambiguo da parte del Governo e dell'INPS ? Tocchiamo una legge a cui è legato un Fondo: la legge n. 147 del 1997 e il cosiddetto Fondo di disoccupazione.
  Parliamo di 270 milioni di euro e la mozione chiede anche conferma al Governo in relazione a questi 270 milioni di euro, il cosiddetto Fondo di disoccupazione, che sono soldi dei lavoratori frontalieri e sono le trattenute sulle buste paga dei lavoratori transfrontalieri che la Svizzera ha sempre girato all'INPS, attraverso una gestione separata di questo Fondo per poter pagare le disoccupazioni dei lavoratori frontalieri.
  Quindi sono soldi. Quindi, il tema è il Fondo di disoccupazione, la legge n. 147 del 1997, ovvero la possibilità di poter pagare ai disoccupati frontalieri, per un lasso di tempo di dodici mesi, la disoccupazione stessa.
  È emerso e sta emergendo ormai da circa un anno e mezzo che questo Fondo di disoccupazione, a seguito della modifica normativa... Vogliamo ricordare che fino al 2002 i rapporti tra Italia e Svizzera, in materia di sicurezza sociale e in materia di previdenza sociale, erano regolati da un Pag. 35accordo bilaterale tra Italia e Svizzera; dal 2002, a seguito della non volontà da parte della Svizzera di riconfermare questo tipo di accordi tra Italia e Svizzera in materia di previdenza sociale, non vengono più regolati attraverso questo accordo bilaterale, ma attraverso il diritto comunitario, e quindi attraverso il regolamento n. 883 del 2004, per cui dall'aprile del 2012 le disoccupazioni dei lavoratori frontalieri... Tanto per intenderci parliamo di qualcosa come 1.500 lavoratori. Io vengo dalla provincia di Como e parliamo di circa 400 disoccupati, quindi sono 1.500 persone che hanno perso il posto di lavoro. Voglio anche ricordare che la flessibilità del lavoro in Svizzera è ben diversa rispetto alla flessibilità del lavoro in Italia. In Svizzera si può licenziare senza giusta causa, senza giusto motivo, dando semplicemente una comunicazione tre mesi prima. Quindi, dall'aprile del 2012 la disoccupazione dei 1.500 disoccupati frontalieri italiani non viene più pagata attraverso questo Fondo capiente e cospicuo di 270 milioni di euro, ma viene pagata fino al 31 dicembre del 2012 attraverso la disoccupazione ordinaria, dal 1o gennaio 2013 attraverso l'applicazione di quella sciagurata legge che porta il nome di «legge Fornero», attraverso l'ASPI e il mini ASPI. Cosa ha comportato il passaggio dal Fondo di disoccupazione speciale ex legge n. 147 del 1997 ai nuovi meccanismi ? Ha comportato che i lavoratori frontalieri percepiscono meno soldi e per un lasso di tempo minore.
  Allora, questa mozione dove vuole andare a parare ? Lo dico fin da subito al rappresentante del Governo e a tutte quelle forze politiche con cui assieme da anni stiamo combattendo per difendere i lavoratori frontalieri: la Lega non ha solo l'interesse a che questa mozione venga approvata; non abbiamo bisogno della bandierina da piantare. Noi vogliamo avere delle certezze, noi vogliamo capire, visto che ci sono anche notizie strane che stanno girando sui territori di confine, che fine hanno fatto questi 270 milioni di euro. Chiediamo che questi soldi, che sono soldi dei lavoratori italiani, che sono soldi dei lavoratori frontalieri, che hanno una finalità chiara e precisa, cioè quella di pagare la disoccupazione di questi lavoratori, abbiano un nome e un cognome.
  Non vorremmo, visto il grande desiderio di soldi e di risorse da parte dello Stato, che questi soldi possano essere utilizzati per altri fini e possano magari essere utilizzati per coprire i buchi di bilancio dell'INPS oppure possano essere utilizzati dal Ministero del lavoro per essere destinati ad altre soluzioni, che ovviamente non ci andrebbero mai bene, ad esempio per pagare le false pensioni di invalidità o le invalidità degli stranieri. Lo dico proprio perché su alcuni giornali ticinesi sono uscite queste notizie.
  Noi vogliamo, in modo chiaro e in modo coerente, che questi 270 milioni di euro non vengano truffati e non vengano sottratti alla disponibilità dei lavoratori frontalieri. Sono soldi dei lavoratori frontalieri e, come tali, tali devono rimanere, con la finalità che è loro attribuita da una legge.
  Ci viene detto che l'accordo tra Italia e Svizzera in materia di previdenza sociale del 1978 è cessato, ma non è cessata la legge n. 147 del 1997, che è ancora in vigore. Quindi pretendiamo innanzitutto che ci venga detto in maniera chiara che questi soldi ci sono e vogliamo delle garanzie. Chiediamo che questi soldi vengano utilizzati per le finalità rispetto alle quali la legge attribuisce l'utilizzo dei soldi medesimi.
  Abbiamo più volte chiesto che questi soldi – 270 milioni di euro – vengano utilizzati e vengano spesi per integrare, eventualmente, la disoccupazione ordinaria, l'ASPI e il mini ASPI, soprattutto a fronte del fatto che danno ai lavoratori disoccupati meno soldi e per minor tempo rispetto a quelli che gli erano prima garantiti con il Fondo speciale di disoccupazione.
  Non vorremmo – non vorremmo, altrimenti la nostra risposta, come rappresentanti del territorio, sarà una risposta durissima – e non possiamo permettere che questi soldi vengano sottratti alla disponibilità dei lavoratori frontalieri. Sarebbe Pag. 36una vera e propria «rapina», sarebbe la rapina di risorse che hanno una destinazione chiara e precisa. Questo Fondo ha un nome e un cognome, lavoratori frontalieri, lavoratori italiani del nord; tale deve rimanere e la destinazione non può assolutamente essere mutata. Per cui, la nostra non è semplicemente la sottoposizione all'Aula, alle forze politiche e al Governo dell'approvazione di una mozione fine a se stessa.
  Noi vogliamo avere garanzie, garanzie certe, per i nostri lavoratori e crediamo che, se così non fosse, sarebbe – ripeto – una gravissima «rapina», che verrebbe esercitata a danno dei lavoratori frontalieri, che sono persone perbene, che sono lavoratori onesti, che ogni mattina oltrepassano il confine per prestare la propria attività lavorativa.
  Soprattutto in un momento come questo, in un momento di grave crisi economica, noi chiediamo che questi 60 mila lavoratori vengano tutelati in tutto e per tutto. Per cui, è una richiesta che noi facciamo e un impegno che noi chiediamo al Governo, in modo certo, senza tentennamenti, senza dubbi: pretendiamo di sapere e chiediamo che fine hanno fatto questi 270 milioni di euro.
  La legge è ancora in vigore, la legge n. 147 del 1997 è una legge ancora oggi esistente. Per cui, questo fondo non può essere utilizzato per finalità diverse rispetto a quelle a cui è attribuita l'efficacia della legge medesima.
  Voglio ricordare che, già in passato, abbiamo depositato e presentato, come Lega, una serie di interrogazioni al Ministro. Abbiamo presentato, in data 16 ottobre 2012, un'interrogazione al Ministro del lavoro, alla quale rispose il Viceministro Martone, con una risposta assolutamente evasiva rispetto a quello che noi chiedevamo, e cioè di capire, all'epoca, il motivo per cui le INPS territoriali non pagavano più le disoccupazioni attraverso questa legge speciale ma si dovette applicare un altro meccanismo.
  Questo, però, non ci fu mai detto, tant’é che noi poi, sia come parlamentari della Lega sia insieme anche ad altri parlamentari di altre forze politiche, sempre del territorio delle province di Como, Varese e Sondrio, chiedemmo all'INPS i chiarimenti, chiedemmo che l'INPS rivolgesse dei chiarimenti al Ministero del lavoro, chiarimenti che non sono mai arrivati.
  Quindi, questa è una vicenda che si trascina da tanto tempo, da troppo tempo. Vi è troppa incertezza, vi è troppa ambiguità. Crediamo che questa mozione debba avere lo scopo finale e ultimo di fare chiarezza su questi fondi. Sono i soldi dei lavoratori frontalieri, è un fondo alimentato, in parte, con le trattenute sulle buste paga dei lavoratori frontalieri. Chiediamo e pretendiamo che queste somme rimangano ad esclusivo appannaggio dei lavoratori frontalieri.
  Io mi auguro, con l'approvazione della mozione, che da parte del Governo vi sia una risposta positiva in tal senso. Non accetteremmo mai – mi scuso per i toni, ma il tema è particolarmente sentito e stiamo parlando di quasi 300 milioni di euro, una somma importante – di sentirci dire che questi soldi sono stati utilizzati o che qualcuno pensa e ipotizza di poter utilizzare questi soldi per fini diversi rispetto a quelli per cui sono stati destinati. Sarebbe un'indebita sottrazione, nei confronti dei territori del nord, di una risorsa assolutamente importante e indispensabile.
  Concludo ricordando che la regione Lombardia ha approvato a luglio una risoluzione in cui, ovviamente, chiede alle forze politiche, ai parlamentari e al Governo di fare chiarezza con riferimento a questi 270 milioni di euro.
  Questa è l'occasione importante e unica – guardo il Sottosegretario – con riferimento a questi 270 milioni di euro, al di là dei tanti altri problemi che i lavoratori frontalieri hanno e hanno attraversato nel corso di questi anni per responsabilità – e lo dico senza alcun problema – da parte di qualunque Governo, i lavoratori frontalieri troppo spesso vengono sentiti, visti, toccati da Roma come un'entità astratta, come un'entità lontana ed è per questo che sono i parlamentari del Nord e, in modo particolare, i parlamentari della Pag. 37Lega che si fanno carico di tutelare i diritti e gli interessi di questi lavoratori, di questi lavoratori importanti. Roma si è sempre dimostrata distratta, lontana, poco sensibile rispetto ai problemi dei lavoratori frontalieri. Questa però per noi è l'occasione per poter sapere e capire.
  Mi auguro – e concludo – che la risposta sia esaustiva a seguito di una mozione che io credo troverà e deve necessariamente trovare il consenso, l'appoggio, il sostegno da parte di tutte le forze politiche e soprattutto da parte di quei rappresentanti parlamentari che vivono il territorio lombardo, che vivono il territorio del Nord; dico subito che non accetteremo, non accetteremo assolutamente, risposte evasive. Non vogliamo piantare una bandierina, ma vogliamo avere certezze. I 270 milioni di euro sono soldi dei lavoratori frontalieri, pagati dai lavoratori frontalieri, non accettiamo che vi sia un utilizzo o un fine diverso rispetto a quello stabilito dalla legge n. 147 del 1997, ovvero pagare la disoccupazione. Sono soldi dei lavoratori frontalieri e tali devono rimanere.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marantelli, che illustrerà anche la mozione Braga n. 1-00013, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, lo scorso aprile, sei mesi fa, il gruppo del Partito Democratico ha presentato una mozione che aveva l'obiettivo di individuare lo strumento concreto per consentire al Governo di esaminare e risolvere il problema di migliaia di lavoratrici e lavoratori che ogni giorno attraversano i confini nazionali per prestare la loro attività lavorativa all'estero, con il permesso, appunto, di frontalieri. I frontalieri – di loro oggi ci occupiamo come stiamo facendo da anni – devono fare i conti con una serie complessa di problematiche di natura fiscale, previdenziale, di sicurezza sociale e regolazione del lavoro. Si tratta di oltre 80 mila persone, ed è un fenomeno che riguarda il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, Trento, Bolzano, il Friuli, la Romagna, perché da queste aree partono quotidianamente per andare a lavorare, soprattutto in Svizzera, ma anche in Francia, in Austria, in Slovenia, a San Marino.
  Si tratta di un dato strutturale del mercato del lavoro che, soprattutto dopo cinque anni consecutivi di recessione dovuti ad una finanza impazzita che sei è divorata l'economia reale e migliaia di posti di lavoro, anche nel nord del nostro Paese, ha svolto una sorta di compensazione di fronte a tassi di disoccupazione che nella nostra realtà non conoscevamo da anni.
  Con questa mozione desideriamo porre l'attenzione, in particolare, per quei cittadini italiani che prestano la loro attività in Svizzera, soprattutto nel Canton Ticino e nel Canton Grigioni e che sono quasi 60 mila. È facile intuire quale rilevanza tale fenomeno assuma per province come Varese, Como, Sondrio, in Lombardia; Verbania-Cusio-Ossola, in Piemonte. È attualmente in vigore, per quanto attiene alla materia di disoccupazione per i lavoratori frontalieri in Svizzera, la legge n. 147 del 1997, come è stato ricordato dal collega Molteni. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'Accordo fra Italia e Svizzera sulla retrocessione finanziaria, prevedeva l'istituzione presso l'INPS di una gestione separata per provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani divenuti disoccupati in Svizzera, a seguito di cessazione, non a loro imputabile, del rapporto di lavoro.
  La durissima crisi economica che fece sentire i suoi morsi sin dal 2008 – anche se c'era chi sosteneva a quel tempo che in Italia i ristoranti erano strapieni e gli aeroporti al collasso perché assediati da turisti – indusse i Governi di diverse nazioni ad adottare provvedimenti di salvataggio dei loro sistemi finanziari. Per cercare di arginare una crisi economica drammatica, Governi, Parlamenti, Banche nazionali, Banche centrali hanno dato vita a nuovi meccanismi di regolazione dei Pag. 38mercati finanziari per contrastare le tendenze speculative e per provare a risanare il debito pubblico.
  Non è forse il momento e la sede qui per esprimere giudizi sugli sforzi compiuti dai Paesi dell'area euro per contrastare una crisi molto condizionata dal debito pubblico. Va detto, però, che la miscela recessione-austerità ha avuto effetti pesantissimi sull'occupazione.
  A noi interessa, per il tema di oggi, considerare le conseguenze delle decisioni sulle politiche antievasione e contrasto alla fuga dei capitali. La Svizzera ha ampliato il modello degli accordi sulla doppia imposizione fiscale, integrandolo con l'articolo sull'assistenza amministrativa e lo scambio di informazioni conforme agli standard dell'OCSE per contrastare l'evasione fiscale. Nel 2011, per esempio, Germania e Regno Unito hanno stipulato una Convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini, o persone fisiche residenti, che hanno investito o depositato capitali in Svizzera. Per i tedeschi la tassa è stata stabilita nella misura del 26,3 per cento; per i cittadini britannici oscilla tra il 27 e il 48 per cento. Sulla base di questi accordi, la Svizzera otterrebbe il mantenimento del segreto bancario, vero cuore del problema, e svariati vantaggi per l'accesso delle proprie banche sul territorio tedesco e quello britannico.
  Per pudore – lo dico al rappresentante del Governo, sottosegretario Dell'Arringa – evito di ricordare quanto chiesto dal Governo Berlusconi e dal Ministro Tremonti in occasione del provvedimento sullo scudo fiscale ai cittadini italiani che avevano fondi all'estero. È sicuro che i due terzi dei capitali italiani evasi sono rimpatriati dalla sola Svizzera. Stiamo parlando di circa 120 miliardi di euro. Noi non sottovalutiamo il peso che riveste il segreto bancario per la Svizzera. È tuttora acceso, peraltro, in quel Paese un dibattito interessante su questo tema fra politici e banchieri. Sappiamo con certezza quali sono stati gli effetti del cosiddetto scudo fiscale: difficoltà di rapporti fra questi due Paesi, che pure hanno enormi interessi e relazioni consolidate, politiche, economiche, culturali, ambientali.
  Espresso un giudizio severo sul comportamento del Governo italiano e sulle modalità, inutilmente poliziesche, con le quali ha gestito le misure contenute nel cosiddetto scudo ai valichi e alle dogane, è necessario richiamare anche alcune ritorsioni, inaccettabili, organizzate in Canton Ticino. La più odiosa è stata di gran lunga la campagna razzista orchestrata dall'UdC ticinese, definita balairat, contro i nostri frontalieri. Noi l'abbiamo contrastata con durezza e desideriamo ringraziare davvero le forze politiche di oltre confine, soprattutto il Partito Socialista Ticinese, che hanno reagito con forza anch'esse.
  Un'altra decisione inaccettabile era stato il blocco dei sistemi del prelievo fiscale, che aveva suscitato grande preoccupazione tra i comuni di confine destinatari dei ristorni e, quindi, di risorse preziose per la loro comunità.
  Noi ci siamo sempre adoperati per allentare le tensioni ed affrontare i problemi con spirito amichevole nei confronti, in particolare e soprattutto, del Canton Ticino. Altre forze politiche italiane, amiche magari della Lega Ticinese, analogo atteggiamento non hanno avuto. Sapevamo bene che l'interruzione delle trattative tra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio avrebbe avuto conseguenze negative. Per questo il PD, in ogni sede e livello, ha sempre spinto per riprendere il dialogo. Abbiamo presente un dato di fondo: l'interscambio tra l'Italia e la Svizzera ammonta a 29 miliardi di euro, quasi sei volte l'interscambio che il nostro Paese ha con un assoluto protagonista mondiale, un gigante dell'economia mondiale, quale l'India. Ecco, l'interscambio determina un saldo di quasi due miliardi di franchi svizzeri a favore del nostro Paese. Questo noi dobbiamo tenerlo ben presente. E la trattativa tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni fiscali è, come si sa, ripresa. Noi ne siamo lieti.
  Siamo consapevoli della complessità dei problemi da affrontare. Solo mago Zurlì Pag. 39poteva immaginare che, grazie ad un fulmineo accordo con la Svizzera, avremmo avuto le risorse per eliminare l'IMU. Non c’è nulla di irriguardoso in questa espressione, anzi c’è il ricordo ancora vivo, più ammirato che sorpreso, di un Berlusconi in forma strepitosa che in campagna elettorale racconta a milioni di italiani quella banalità.
  Del resto – si sa – le campagne elettorali si vincono spesso raccontando banalità. Difficile oggi prevedere quale sarà l'esito delle trattative in corso e quando si concluderanno. Auspichiamo che, almeno da parte nostra, si compia ogni sforzo per abbattere incomprensioni e pregiudizi. Faccio un solo esempio concreto: si stanno creando tensioni in ordine al collegamento ferroviario italo-svizzero Arcisate-Stabio. Gli svizzeri sono in fase avanzata, in Italia i cantieri sono fermi. Si tratta di realizzare nella parte italiana 8,2 chilometri di ferrovia, un'infrastruttura preziosa che consentirà di collegare l'Italia con il cuore dell'Europa, da Lugano verso la Germania, da Varese verso Malpensa, finanziata nel 2008 dal Governo di centrosinistra.
  Da gran tempo i cantieri sono fermi in Italia perché nel materiale scavato si è scoperta l'esistenza dell'arsenico. Scoprire che nelle nostre montagne sia presente l'arsenico è un po’ come scoprire l'esistenza dell'acqua calda. Abbiamo prodotto al riguardo interpellanze e interrogazioni. L'ultima risposta del Governo in ordine di tempo non ci ha convinti, non mi ha convinto. Si è inteso in qualche modo scaricare la responsabilità dello stallo sulla regione Lombardia. È ben vero che la regione Lombardia può e deve svolgere una funzione importante per agevolare la ripresa spedita dei lavori. Desidero, però, ricordare con franchezza che questa opera è frutto di un Accordo tra i due Stati. Oggi oggettivamente i giudizi degli svizzeri su di noi non sono lusinghieri a causa dei ritardi accumulati. Difficile dar loro torto, si tratta di realizzare 8,2 chilometri di ferrovia, e non la Muraglia cinese.
  Per questo colgo l'occasione – pur consapevole del groviglio dei problemi che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti deve dipanare – per invitare il Ministro Lupi a cambiare passo. I protagonisti principali della vicenda non sono molti, sono tre: il Ministro Lupi, il presidente della regione Lombardia, Maroni, l'amministrazione delegato di RFI, Moretti. Fatico ad immaginare che attraverso un'azione coordinata fra questi tre protagonisti non si possa convincere l'impresa che si è aggiudicata l'appalto a riprendere i lavori. Noi siamo rispettosi delle prerogative di ciascuno, per questo al presidente della Lombardia ho potuto rivolgere un invito, per quanto caldo, solo informale. Al Ministro Lupi ci permettiamo invece di chiedere formalmente un'azione più incisiva. Se il suo impegno di Governo sarà direttamente proporzionale alla passione e all'impegno dedicati in questi mesi alle vicende interne del suo partito, sono certo che la vicenda possa essere sbloccata. Anche se temo che l'opera non sarà conclusa in tempo utile per Expo 2015.
  Le popolazioni locali stanno pagando un prezzo alto: cantieri fermi, viabilità locale sconvolta. Non esistono comitati «NO Arcisate-Stabio». Gli amministratori comunali hanno dato prove ripetute di leale collaborazione, così come i sindacati. Si imprima allora una svolta, continuando, anche per questa via, a diradare le diffidenze che oltre i confini nutrono verso l'Italia.
  Gli Accordi bilaterali Svizzera-Unione europea entrati in vigore il 1o giugno 2002 riguardano libera circolazione delle persone, trasporti terrestri, trasporto aereo, ricerca, commercio di prodotti agricoli, appalti pubblici, ostacoli tecnici al commercio. L'Accordo sulla libera circolazione delle persone ha introdotto nuove disposizioni riguardanti il diritto di entrare, soggiornare, svolgere attività lavorativa in Svizzera, tant’è che dal 2007 è stato abolito l'obbligo di residenza nelle fasce di confine (20 chilometri), un tempo necessario per ottenere il permesso di lavorare come frontaliero.
  Nelle more di tale trattativa che – ripeto – sappiamo essere complessa, proponiamo di circoscrivere e aggredire il problema dei frontalieri con la nostra Pag. 40mozione. Pensiamo che si debba giungere all'approvazione di un vero e proprio statuto dei lavoratori frontalieri che, come viene ricordato nel testo, definisca un quadro di doveri e diritti legati a questa peculiare condizione di lavoro, rimandando solamente ai problemi generati principalmente dalla mancanza di un regolamento specifico.
  Gli uffici dell'INPS delle province di confine con la Svizzera – è stato ricordato prima – a partire dal mese di settembre 2012 hanno sospeso l'erogazione dell'indennità speciale di disoccupazione ai frontalieri, sostituita con la disoccupazione ordinaria, ne abbiamo parlato più volte con il sottosegretario Dell'Aringa. Noi siamo convinti che le somme residue sulla gestione istituita presso l'INPS, come previsto dalla ricordata legge n. 147 del 1997 e che ammontano a circa 270 milioni di euro, devono essere tenute separate da altri tipi di gestione.
  Siamo consapevoli delle novità normative intervenute ma, per essere precisi, le somme che sono state versate per essere destinate al Fondo di disoccupazione speciale devono, secondo il PD, essere utilizzate a questo fine, anche se gli accordi bilaterali non sono più in vigore, per un comprensibile principio di giustizia sociale. Da gennaio 2014, inoltre, tutti i lavoratori frontalieri, esclusi quelli compresi nei 20 chilometri, non avranno alcuna franchigia. Ciò ha già creato problemi già quest'anno, perché hanno dovuto anticipare l'acconto 2014 pagando un vero e proprio salasso. È opportuno, questo chiediamo al Governo, che la legge di stabilità preveda, in via definitiva, la franchigia con la relativa copertura.
  L'economia transfrontaliera sta conoscendo sensibili trasformazioni. Ha fatto bene il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, nel suo intervento alla Camera in occasione dell'ultimo voto di fiducia, a sottolineare le difficoltà che incontrano le imprese italiane operanti nelle zone di confine. La tassazione e gli adempimenti burocratici richiesti alle aziende che decidono di investire in Svizzera, così come in Austria e Slovenia, persino in Francia, sono nettamente diversi e migliori rispetto al nostro Paese. Le sirene d'oltre confine si fanno sentire, con pacchetti «chiavi in mano» in uno scenario di stabilità. Non si può far finta di niente. Oltre dieci anni fa in Lombardia ci siamo inventati un provvedimento legislativo che ha permesso lo sconto sul prezzo della benzina nelle realtà vicine al confine. Una misura intelligente che non ha compromesso le entrate fiscali per lo Stato italiano, perché la diminuzione dell'accisa è stata ampiamente compensata dal maggior volume del venduto. Un'idea tanto semplice, quanto efficace. A mio giudizio, occorre elaborare una strategia originale anche per contrastare il rischio, reale, di un nostro impoverimento produttivo.
  Un partito federale, radicato nel territorio serve per conoscere la realtà del Paese. Capisco che a Roma l'interesse per poche decine di migliaia di lavoratori sia ovviamente più freddo rispetto a quello di milioni di lavoratori.
  E però è nostro dovere far comprendere l'importanza di questo tema. Quanti, anche tra coloro che hanno responsabilità, conoscono i vantaggi dell'interscambio fra Italia e Svizzera che abbiamo richiamato prima ? Anche per questo proponiamo di approvare uno statuto dei lavoratori frontalieri e chiediamo al Governo l'apertura di un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali, le regioni, le istituzioni locali interessate.
  Diverse figure professionali, non solo addetti all'edilizia, si spostano quotidianamente a lavorare, ad esempio, in Canton Ticino. Un partito popolare come il PD sa che deve spazzar via le accuse di presunti privilegi di cui queste persone godrebbero. Quando ci si confronta con gli amici svizzeri occorre farlo con apertura, ma anche con la schiena diritta. Una strumentista che lavora in sala operatoria dell'ospedale di Lugano guadagna certamente di più rispetto ad un ospedale di Como, forse è anche questa la ragione per cui ha deciso di trasferirsi là. Ma quanto lo Stato italiano ha dovuto investire affinché questa strumentista dia risultati così brillanti a Lugano ?Pag. 41
  Ecco, anche queste considerazioni dobbiamo far presenti quando ci confrontiamo con gli amici svizzeri. Noi siamo perfettamente consapevoli – mi avvio alla conclusione – che questo tema può apparire di scarsa rilevanza rispetto agli enormi problemi del Paese. Ma proprio chi è convinto che viviamo una micidiale crisi di sistema e che per abbattere la spesa corrente occorrerebbe applicare rigorosamente i costi standard, dalla sanità ai trasporti, sa che senza il necessario tasso di concretezza la politica degrada a chiacchiera inconcludente. Per questa ragione avanziamo al Governo una proposta concreta, pronti a fornire ai Ministri competenti l'apporto di un partito popolare, riformista, radicato anche nei territori situati nelle zone di confine, pronti a raccogliere proposte di altri gruppi sensibili ai problemi che ho cercato di illustrare e che, dopo di me, illustrerà ancora meglio l'amico e collega Enrico Borghi, affezionati all'idea che il nostro compito non è quello di limitarci a denunciare i problemi, ma a risolverli, soprattutto quando si tratta dei diritti e della dignità di migliaia di lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Kronbichler, che illustrerà anche la mozione Di Salvo n. 1-00204, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, care colleghe, cari colleghi, meritereste tutti quanti di essere salutati per nome, però forse sarebbe pensar male.
  Il collega Molteni e il suo gruppo della Lega, che hanno portato per primi questo tema alla ribalta del Parlamento, hanno portato una questione seria, degna di essere dibattuta e che, se non ci fosse dentro quella insinuazione perfida sul – cito – «pagamento delle pensioni di invalidità agli immigrati», meriterebbe per gran parte di essere sostenuta. Ma l'insinuazione è proprio meschina e non si nobilita mettendola in conto a qualche organo di stampa.
  La cito così come riportata dalla mozione della Lega: secondo essa, il Mattinonline, edizione Svizzera, edito un mese fa, avrebbe riportato «la notizia che la Svizzera continuerebbe a pagare all'INPS le indennità di disoccupazione per i frontalieri italiani, ma che l'ente previdenziale non utilizzerebbe tali soldi» – e sono tanti soldi, abbiamo parlato di centinaia di milioni di euro – «a beneficio dei frontalieri italiani, insinuando il dubbio» – non si capisce bene, insomma, di chi sia il dubbio, l'insinuazione, se del giornale o della Lega – «che con queste risorse sia effettuato il pagamento delle pensioni di invalidità agli immigrati»: invalidità false, si intende.
  Morale: preziosi franchi svizzeri che spetterebbero a lavoratori italiani, deviati a pensioni di invalidità per immigrati, con l'INPS in veste di ricettatore.
  Una insinuazione ingenerosa, che non ha né prove, né logica. Disegna «gli immigrati» come i soliti parassiti sociali, invalidi simulatori, e dall'altra parte i frontalieri come i più poveri dei poveri: gente che ogni giorno deve emigrare, guadagnarsi la vita propria e della propria famiglia, lontano da casa, non solo, all'estero, in terra e tra gente straniera.
  La Lega indica in 60 mila i lavoratori delle aree di confine del nostro Paese (e mi sono un po’ offeso perché, nell'elencare sempre queste regioni e le province, il collega Molteni ha dimenticato la mia): i cosiddetti «frontalieri», che quotidianamente si recano per lavoro in Svizzera, principalmente nei cantoni del Ticino e dei Grigioni. Il numero di questi frontalieri che lavorano nella Confederazione svizzera è aumentato notevolmente – fino al 6-7 per cento solo nell'ultimo anno – anche a causa della crisi occupazionale in Italia e, viceversa, della congiuntura relativamente buona e stabile in Svizzera.
  Non ho informazioni certe, né per confermare, né per contestare questi dati, però mi sembrano attendibili. So che dai soli comuni limitrofi della mia provincia, l'Alto Adige-Südtirol, sono circa 600 i pendolari giornalieri – e solo questi sono considerati «lavoratori frontalieri» ai Pag. 42sensi della legislazione in merito – che abitano nei paesini della Alta Val Venosta e lavorano nel vicino cantone dei Grigioni.
  La legge circoscrive la zona del frontalierato in un raggio di 20 chilometri dal confine: devono abitare sul territorio italiano non più lontano di 20 chilometri dal confine svizzero e devono lavorare in Svizzera non più di 20 chilometri oltre il confine. Ha una lunga tradizione questo frontalierato in quella zona, per la maggior parte agricola di alta montagna. Per dirla con un minimo di senso di humour: i frontalieri della Alta Val Venosta – e per le zone di confine lombarde e piemontesi non sarà diverso – sono un po’ i successori legali dei contrabbandieri di una volta. La ricca Svizzera da sempre era miraggio dei poveri vicini.
  I frontalieri sudtirolesi, per la maggior parte lavoratori edili, sono categoria ormai ben organizzata e – senza volerli offendere – anche politicamente ben protetta. Hanno il loro ritrovo annuale fisso, sotto Natale, e sindacati e politici in zona fanno a gara a corteggiarli. Coltivano un po’ l'aura di chi ha dovuto lasciare la propria heimat per trovare il pane fuori, di chi porta ricchezza alla nostra terra, perché oltre il buon salario, lo Stato federale svizzero le tasse tutte trattenute e i contributi sociali incassati li gira allo Stato italiano, che, da parte sua, li gira interi nelle casse della provincia autonoma.
  Oggi, il lavoratore frontaliero, a dispetto del nome tendenzialmente marziale, in casa propria è considerato un lavoratore tutto sommato fortunato, anzi, se anche al collega Molteni non piace, un lavoratore privilegiato. Il posto di lavoro, in Svizzera, è sì oltre confine, ma riguardo alla distanza, si trova sotto casa. Di solito, è meno lontano che quei posti di lavoro nei centri urbani nella provincia stessa. Chi dall'Alta Val Venosta deve pendolare nella sola Silandro, che è il capoluogo della valle, per non parlare di Merano o di Bolzano, ci impiega di più. E ce ne sono tanti.
  In più, il livello salariale – come abbiamo già sentito – in Svizzera è notevolmente più alto, il posto di lavoro è tuttora più sicuro – nonostante la regolamentazione molto più flessibile del mercato del lavoro, ma è più sicuro –, i servizi sia di trasporto che di vitto più confortevoli. Oggi, guadagnarsi il salario in Svizzera per poterlo spendere in Italia, è una fortuna. Ecco, tanto per dire che dei frontalieri non bisogna neanche farne un mito. Avere la solida Svizzera vicina, e aperta, è una benedizione. Poi, ovviamente, i diritti, acquisisti e spettanti, vanno difesi.
  La presenza del consistente numero di frontalieri ha indotto lo Stato italiano e la Confederazione svizzera a stipulare numerosi accordi bilaterali: su questo non mi dilungo, lo abbiamo già sentito. In Svizzera, il mercato del lavoro, fra tanti vantaggi, ha lo svantaggio di essere molto più flessibile che non in Italia. Ogni contratto di lavoro può essere risolto da ciascuna delle parti contraenti senza la presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, con il solo preavviso di tre mensilità al massimo. Ciò significa che, ovviamente, aumenta la richiesta di lavoratori frontalieri italiani nel periodo in cui l'economia svizzera è florida – come al momento lo è –, ma nelle fasi di crisi i primi a perdere il posto di lavoro sono inevitabilmente, questo è vero, i frontalieri; cioè, almeno lo perdono prima degli svizzeri stessi.
  Ora è successo che la Svizzera, dal 2009, non ha più prolungato quegli accordi speciali, equiparando, di fatto, i lavori frontalieri a quelli normali – tra virgolette – italiani. Con riferimento alla precedente disciplina applicata sotto la vigenza dell'Accordo fra Italia e Svizzera, è stata istituita presso l'INPS una gestione separata per provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani divenuti disoccupati in Svizzera, a seguito di cessazione non a loro imputabile del rapporto di lavoro. Tale gestione era finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori e la corresponsione dei trattamenti era limitata all'esaurimento delle disponibilità di tale gestione. Attualmente, secondo quanto di recente confermato dal Governo, la gestione segnerebbe Pag. 43ancora un saldo positivo di 270 milioni di euro. I 270 milioni, appunto, che l'onorevole Molteni penso abbia ricordato venti volte. Questo è il «tesoretto».
  Il Ministero dell'economia e delle finanze, difatti, avrebbe precisato che tali somme, seppur accantonate, non potranno essere destinate a nuove e ulteriori ragioni di spesa; però teniamo conto e diciamolo ad alta voce che questo è un saldo contabile, di fatto i soldi non ci sono; in realtà, la destinazione d'uso di tali somme è già di fatto mutata, in quanto le somme accantonate a titolo di fondo speciale sono andate a confluire nella disoccupazione ordinaria. Pertanto, a partire dal giugno 2009, si è completata l'applicabilità alla Svizzera dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale, che prevedono norme specifiche in materia di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri.
  Tuttavia, Sinistra Ecologia Libertà ritiene che le risorse della gestione siano di un ammontare tale da consentire un loro utilizzo anche parziale e certo non, come chiedono altri e come rivendicato dalla mozione della Lega, «solo ed esclusivo» per far fronte alla peculiare e specifica situazione disoccupazionale dei frontalieri, ad esempio, ampliando il numero dei casi in cui è possibile fruire del trattamento di disoccupazione, modificando in tutto o in parte i requisiti per poterne godere, aumentando gli importi delle indennità o prevedendo l'aumento della durata massima del trattamento con un aumento progressivo al crescere dell'età a partire dai 50 anni. Tutto questo in considerazione delle maggiori difficoltà che, effettivamente, tali lavoratori trovano, in ragione della loro età, a essere rioccupati e a rientrare nel mercato del lavoro interno o in modo da accompagnare questi lavoratori fino alla maturazione del diritto alla pensione.
  Il gruppo SEL chiede al Governo che si impegni ad operarsi in questo senso.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Polverini, che illustrerà la mozione Pizzolante n. 1-00205, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  RENATA POLVERINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Viceministro, non intendo raccogliere le provocazioni che pure sono state lanciate verso il mio partito dal collega Marantelli, anche perché ricordo a me stessa che insieme stiamo sostenendo un Governo guidato da un esponente del suo partito; mi limito però soltanto a dire che questo sostegno è anche in virtù degli oltre dieci milioni di voti che Silvio Berlusconi ha raccolto nell'ultima campagna elettorale e non – credo – dicendo banalità. Non lo credo non soltanto perché non voglio immaginare che ci siano 10 milioni di italiani che votano rispetto a delle banalità, ma anche perché è del 13 giugno di quest'anno la notizia che il Ministro delle finanze elvetico ad una domanda su quale punto fosse la trattativa fiscale tra l'Italia e la Svizzera rispose che è tutto fermo, anche se in Italia risulta esserci un nuovo Governo. Quindi, non mi pare che stiamo parlando di banalità, stiamo parlando di qualcosa che in campagna elettorale Silvio Berlusconi ha visto come uno dei modi per recuperare risorse e che poi il Governo Letta e il Ministro dell'economia e delle finanze, nessuno dei due ascrivibili al Popolo della Libertà, hanno inteso portare avanti.
  Comunque mi concentrerò adesso sulla mozione in discussione che interviene su una problematica che riguarda, come è stato già detto, circa ottantamila lavoratrici e lavoratori e che quotidianamente sappiamo bene varcano i confini nazionali, come è stato già bene illustrato dagli altri colleghi, in particolare con la Svizzera, il principato di Monaco, la Francia, l'Austria, la Slovenia ma anche San Marino e la Città del Vaticano. Il lavoro frontaliero è un dato strutturale del mercato del lavoro italiano che si è consolidato negli anni e che è in crescita in coincidenza con gli effetti più gravi della crisi economica ed occupazionale che ha colpito il nostro Paese. Soltanto nel 2012 i lavoratori frontalieri verso la Svizzera sono aumentati fra il 6 e il 7 per cento, ma più in generale tendenze simili si registrano anche verso le altre aree.Pag. 44
  Sotto il profilo professionale assistiamo ad una evoluzione del fenomeno del lavoro frontaliero: alle attività tradizionali, quelle connesse alle costruzioni e alla manifattura, si aggiungono anche nuove professionalità di alto livello nella ricerca e nelle attività finanziarie.
  Il lavoro frontaliero rappresenta, inoltre, un importante contributo allo sviluppo e al benessere di vaste aree di confine, in particolare, come è stato già ricordato, nelle province di Como, Varese, Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola, Imperia, senza dimenticare le zone di confine del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia e le aree limitrofe allo Stato di San Marino. A fronte di tutto ciò, non è mai stata predisposta una specifica disciplina legislativa che riconoscesse la particolare condizione di vita e di lavoro dei lavoratori frontalieri, soprattutto in riferimento alle problematiche, già ben illustrate anche dagli altri colleghi, di natura fiscale, previdenziale, di sicurezza sociale e di regolazione del lavoro.
  Anzi, si osserva come nel recente passato alcuni provvedimenti presi abbiano di fatto portato a delle gravi penalizzazioni per i lavoratori frontalieri, sia per quanto attiene al sostegno al reddito – il riferimento è al riconoscimento dell'indennità di disoccupazione speciale per i frontalieri attivi in Svizzera, riconosciuta con la legge 5 giugno 1997, n. 147, che, fra le altre cose, ha istituito presso l'INPS una gestione separata finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori mensilmente – sia, come è stato già espresso, sotto il profilo fiscale, per la franchigia di esenzione per i redditi da lavoro dipendente prestati all'estero in zone di frontiera.
  Come evidenziato anche nell'ordine del giorno del giugno scorso, primo firmatario sempre il collega Pizzolante, che sottoscrive anche questa mozione insieme ad altri colleghi, i redditi derivanti dal lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all'estero in aree di frontiera e in altri Stati vicini a quello domestico, da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano, fino a tutto il 2011, concorrono a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente la quota di 8 mila euro, franchigia stabilita dalla legge n. 289 del 2002. Le leggi finanziarie successive hanno prorogato questa disposizione per gli anni dal 2004 al 2010. Nel 2011, con la legge n. 216 del 29 dicembre 2011, la franchigia è stata fissata a 6.700 euro. Il reddito dei frontalieri è assoggettato al pagamento delle imposte in Italia fatti salvi gli eventuali accordi bilaterali contro le doppie imposizioni.
  Nell'ipotesi in cui la retribuzione riconosciuta al lavoratore frontaliero sia sottoposta a tassazione sia in Italia che nel territorio straniero è applicabile l'articolo 165 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 1986 n. 917, e successive modificazioni, che prevede, come sappiamo, al comma 1, un credito sulle imposte pagate all'estero a titolo definitivo, fino a concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo.
  Dal 2013, senza franchigia, le tasse in Italia si pagano sul 100 per cento dell'imponibile. L'entrata in vigore dell'assicurazione sociale per l'impiego, la cosiddetta Aspi, a decorrere dal 1o gennaio 2013, inoltre, ha provocato una netta riduzione dell'indennità di disoccupazione, sai per quanto attiene alla somma erogata (meno 20 per cento), sia nella durata (come sappiamo da 12 a 8 mesi). In ragione di ciò e ricordando come l'Unione europea, attraverso le sue istituzioni, è intervenuta più volte sollecitando l'eliminazione degli ostacoli, anche di ordine previdenziale, che penalizzano i lavoratori frontalieri, con questa mozione noi impegniamo il Governo a promuovere l'apertura di un tavolo di confronto con le rappresentanze delle associazioni sindacali e dei lavoratori dei territori di confine e le regioni territorialmente coinvolte – come sappiamo alcune di loro si sono anche espresse attraverso mozioni consiliari – con l'obiettivo di predisporre l'impianto di uno statuto dei lavoratori frontalieri che preveda Pag. 45una specifica ed appropriata disciplina del lavoro frontaliero nonché a garantire, in attesa della definizione dello statuto e in continuità con gli anni passati, la franchigia prevista per i lavoratori frontalieri.
  L'obiettivo che vogliamo raggiungere con questa mozione è dunque quello di uscire dal regime delle deroghe e dei provvedimenti ad hoc, magari frettolosamente inseriti in qualche legge finanziaria, per approdare, così come anche prevedono alcune proposte di legge presentate nell'altro ramo del Parlamento – ed in particolare da esponenti del mio partito – ad una normativa organica che dia finalmente certezze e diritti a migliaia di lavoratrici e lavoratori italiani.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bechis. Ne ha facoltà.

  ELEONORA BECHIS. Signor Presidente, vogliamo ricordare che con queste mozioni stiamo parlando di 50.000, 60.000 lavoratori frontalieri che risiedono in Italia e lavorano oltre confine. Ci riferiamo soprattutto alla Svizzera, visto che proprio con la Confederazione elvetica sono stati stipulati negli anni numerosi accordi bilaterali al fine di regolare questioni come previdenza sociale, imposizione fiscale e indennità di disoccupazione.
  Con la legge n. 147 del 1997 si prevede che per i lavoratori frontalieri che si ritrovano disoccupati vengano corrisposti trattamenti speciali di disoccupazione. L'INPS ha così istituito una contabilità separata di un fondo finanziato direttamente dai versamenti dei lavoratori frontalieri. È da sottolineare che l'organizzazione delle indennità di disoccupazione è limitata all'esaurimento delle disponibilità del fondo, che ad oggi ammonta a 270 milioni di euro.
  La circolare INPS n. 50 del 4 aprile del 2013 precisa che il disoccupato che risiede in Italia e che sia frontaliero in Svizzera riceve le prestazioni in base alla legislazione dello Stato di residenza, per cui il diritto, la misura e la durata delle prestazioni saranno determinati secondo le norme che disciplinano l'indennità di disoccupazione ordinaria. Per cui dal 1o gennaio 2013 l'erogazione avviene con il nuovo sussidio di disoccupazione, l'ASPI, penalizzando fortemente i lavoratori frontalieri con una decurtazione del 20-25 per cento e una diminuzione di applicazione da 12 a 8 mesi.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha precisato che i 270 milioni non potranno essere destinati ad altre ragioni e che la legge n. 92 del 2012 non abroga il sistema di gestione separata. Sebbene gli accordi bilaterali non siano più in vigore, le somme versate dai lavoratori frontalieri destinate al Fondo di disoccupazione speciale devono essere utilizzati con gestione separata sino ad esaurimento.
  Ricordiamo pertanto che è indispensabile intraprendere ogni iniziativa utile a ripristinare la corresponsione del trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri e adottare opportuni provvedimenti per ripristinare la corretta applicazione della legge n. 147 del 1997 facendo sì che le risorse residue del Fondo INPS vengano separate da altri fondi e utilizzate esclusivamente per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione dei frontalieri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Borghi. Ne ha facoltà.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, la discussione di oggi potrei tentare di sintetizzarla sotto due profili: il primo è certamente quello che è stato al centro della discussione e del confronto e che riguarda il lavoro transfrontaliero. Però noi siamo dell'idea che questa discussione importantissima debba essere collocata – e lo dico in maniera particolare al rappresentante del Governo – all'interno di una discussione politica più generale che riguarda il rapporto transfrontaliero, con particolare riguardo – lo vorrei dire senza voler assolutamente inserire nessuna categoria di serie A o di serie B fra i lavoratori – al rapporto con una Nazione a noi confinante, unico Stato a non appartenere all'Unione europea e che, dentro Pag. 46la cornice della rinegoziazione dei trattati bilaterali, può utilizzare le questioni legate al lavoro transfrontaliero come «arma negoziale». Anche perché – lo vorrei ricordare alla collega Polverini – credo non si possano mettere sullo stesso piano i 55 mila lavoratori che fanno due ore, due ore e mezza, tre ore di strada di montagna tutti i giorni, con un lavoratore che in questa bellissima città prendono un tram o una metropolitana per andare a lavorare – sì è vero – in uno Stato estero.
  Si tratta comunque di fattispecie di natura diversa.
  Per stare al punto del lavoro transfrontaliero, che è stato ricordato, come Partito Democratico noi vorremmo dire due cose: la prima è che non condividiamo la lettura che è stata data in quest'Aula dai colleghi di SEL, che ha parificato questi lavoratori ai rappresentanti, in forma legale, di quei cittadini che in decenni passati ricorrevano a strumenti illegali per arrotondare il proprio reddito familiare, cioè i contrabbandieri.
  Non è questo il punto ! Il punto è che noi oggi assistiamo, soprattutto nell'area alpina del Paese, ad un'integrazione delle economie tale da richiedere alle istituzioni e ai Paesi di dover armonizzare la propria legislazione in rapporto alla trasformazione che è avvenuta. Questo è il punto. Quando noi abbiamo 55 mila nostri concittadini che tutti i giorni varcano i confini, significa che in quella realtà, in tutto l'arco alpino, c’è oramai un'economia integrata, che ha bisogno di un Governo, di una regia, di una capacità di guida politica, che oggi gli steccati che sono presenti sul campo non consentono.
  Rispetto a questo tema, per parte nostra vogliamo dire una cosa molto semplice e molto chiara, anche alla luce del dibattito in quest'Aula: sui fondi rinvenienti dalla legge n. 147 del 1997 il Partito Democratico non accetterà scherzi, da nessuna parte provengano e di nessuna natura. Non accetteremo letture burocratiche riduttive rispetto al tema che occorre riportare in evidenza la dotazione del fondo, che è 280 milioni, e la sua destinazione in rapporto alle prerogative di partenza. Questo riteniamo non in quota parte, ma in quota completa, per completare un percorso rispetto all'utilizzazione di questi fondi.
  Poi, certo, ci sono altre questioni che sono sul tavolo: c’è il tema del riconoscimento dei titoli di studio; c’è il tema dello status giuridico a cui faceva riferimento il collega Marantelli in precedenza; c’è il tema del lavoro autonomo italiano sottocosto; c’è il tema gigantesco dei collegamenti stradali e ferroviari.
  Nei giorni scorsi è intervenuto in audizione in Commissione ambiente e lavori pubblici della Camera il presidente dell'ANAS. Il gruppo del Partito Democratico ha invitato il presidente dell'ANAS a farsi un giro in tutti i valichi alpini che vengono utilizzati quotidianamente dai nostri lavoratori, perché abbiamo situazioni nelle quali, al di là del confine ci troviamo in presenza di infrastrutture idonee, quando non perfette, e all'interno del nostro confine ci troviamo in situazioni risibili. Quindi, c’è una questione organica che dovrà essere affrontata all'interno – è questa la seconda parte della riflessione, signor Presidente, che intenderei fare – della necessità di tenere conto del rapporto transfrontaliero.
  È stato ricordato prima il tema della ripartenza della trattativa bilaterale dentro la quale la questione della vertenza fiscale è il nodo. Secondo delle stime ci sono almeno 300 miliardi di euro di depositi di nostri connazionali sfuggiti al fisco e che vengono oggi collocati presso le banche della Confederazione elvetica.
  Per altri versi, per la Svizzera l'Italia è il principale fornitore di beni e servizi – parliamo di 19 miliardi di fatturato – ed è il terzo mercato dell’export, con 16 miliardi di fatturato, e per converso, per noi, gli investimenti degli italiani in Svizzera hanno un valore di 5 miliardi di franchi per 14 mila posti di lavoro generati, e gli investimenti svizzeri in Italia hanno un valore di 20 miliardi di franchi per 76 mila posti di lavoro.
  Già questo ci fa capire quanto sostenevamo in precedenza, cioè l'esigenza di tenere conto di un'integrazione tra economie Pag. 47dentro la quale ci sono anche situazioni di dumping inaccettabili. Pensiamo, ad esempio, al «progetto Copernico», un progetto che, grazie all'affidabilità del credito svizzero e alla loro capacità di assicurare burocrazia zero, sta drenando la presenza di nostre imprese che si stanno spostando oltre confine. Nel periodo 1997-2010 le nuove aziende attivate o create nel solo canton Ticino sono state 219 unità. Quindi, sotto questo aspetto occorre naturalmente aprire un focus per evitare situazioni di questa natura.
  Dentro questa cornice, la questione della revisione della Convenzione contro la doppia imposizione, a cui faceva riferimento il collega Marantelli, potrebbe portare – di questo noi dobbiamo avere assoluta coscienza – ad una richiesta da parte degli amici svizzeri di una revisione dell'accordo bilaterale risalente al 1973, con un doppio rischio, per quanto ci riguarda. Il primo è quello di una riduzione della percentuale di ristorno, oggi fissata nel canton Ticino, a favore dei comuni di confine, del 38,8 per cento, che potrebbe portare ad una diminuzione delle rimesse. In altri termini: le imposte che i nostri concittadini pagano alla fonte in Svizzera potrebbero tornare indietro in misura minore rispetto all'attuale gettito.
  La seconda questione che potrebbe essere posta sul tavolo è la riduzione del numero dei confini e della platea dei comuni, tenuto conto della proposta che il canton Ticino ha fatto della riduzione della fascia dei 20 chilometri.
  Questi sono temi che devono essere tenuti necessariamente in considerazione, perché questa è la modalità con la quale ci verrà risposto nel momento in cui chiederemo alla Svizzera di uscire dalla lista nera dei paradisi fiscali.
  Poi ci sono altre questioni – ne pongo due – nel quadro di questa revisione dei rapporti: la prima, ossia lo studio di nuove strategie di sviluppo tra Italia e Svizzera nel nuovo periodo di programmazione comunitaria: le regioni di confine stanno lavorando su questo tema, il Presidente del Consiglio, intervenendo nell'ambito del dibattito sulla fiducia ha fatto richiamo all'esperienza della macro regione alpina, che si dovrà costruire in accordo con le regioni della zona competente, ed è evidente che su questi aspetti occorrerà utilizzare il percorso che si aprirà per affrontare le questioni che ho citato in precedenza e tenerle all'interno di un quadro organico.
  L'ultimo, ma non ultimo, degli aspetti che riguardano l'innesco di questo processo è il ruolo che noi abbiamo nel rapporto di vicinanza con gli svizzeri, tenuto conto del fatto che i grandi corridoi TEN-T Genova-Rotterdam ovvero Gottardo-Loetschberg riguardano direttamente da vicino tutte le nostre realtà.
  Per fare questo, quindi, noi chiediamo sostanzialmente al Governo l'assunzione di una complessiva politica organica rispetto a questi temi. La mozione che abbiamo presentato qui e che vogliamo poter «costruire», in accordo anche con le altre forze politiche che sono intervenute all'interno della discussione di stamani, impegna certamente il Governo sul tema specifico dei lavoratori transfrontalieri, ma con l'occhio verso una questione più larga e più complessiva del rapporto sui negoziati, sapendo anche che su questo aspetto ci sono anche due esigenze e due proposte che facciamo alla Presidenza.
  La prima è di potere reistituire all'interno della Camera, signor Presidente, la sezione bilaterale di amicizia Italia-Svizzera. Crediamo che anche i Parlamenti, oltre che i Governi, si debbano parlare rispetto a questi temi e si debbano interfacciare, per fare in modo che il percorso che è stato avviato possa giungere a corretta e positiva finalizzazione.
  La seconda questione che poniamo sul tavolo è la presenza dei rappresentanti dei territori interessati all'interno dei comitati paritetici che stanno lavorando su questi punti. Non possiamo accettare che siano le burocrazie centrali, di Berna piuttosto che di Roma, a dover scrivere trattati e proposte di negoziati bilaterali che sono destinati a segnare nel profondo il futuro dei prossimi decenni.
  In conclusione, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, speriamo Pag. 48di avere reso l'idea di una nostra preoccupazione, la preoccupazione cioè che in questo caso specifico i lavoratori frontalieri vengano trattati così come nell'Ottocento si immaginava si potessero trattare i contadini, gli operai, i disoccupati sul tavolo dei negoziati della pace, cioè come carne da cannone, cioè immaginando che nel quadro di un braccio di ferro che si potrebbe aprire, legato a temi molto rilevanti, come il tema dell'elusione e dell'emersione fiscale, si possa pensare di trovare un punto di caduta sostanzialmente bruciando sull'altare del sacrificio 55 mila lavoratori, il loro futuro e le loro prerogative. Noi questo non lo vogliamo accettare.
  Per questo motivo chiediamo che venga aperta e chiusa la questione legata allo Statuto dei lavoratori e per questo motivo con queste mozioni chiediamo al Governo che sin dalla prossima legge di stabilità dia risposte concrete rispetto al quadro che questa mattina è stato portato all'attenzione dell'Aula.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione del decreto-legge recante disposizioni in materia di IMU.

  La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 15.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Damiano, Kyenge, La Russa, Leone, Lorenzin, Pes, Sisto, Valeria Valente e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente (ore 15,02).

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):
   S. 1015 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» (Approvato dal Senato) (1682) – Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX, X, XII, XIII e XIV.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,04).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Pag. 49

Sull'ordine dei lavori (ore 15,04).

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per chiedere alla Presidenza almeno 30 minuti, perché è al lavoro il Comitato dei diciotto delle Commissioni riunite bilancio e finanze. Il tempo si è protratto e quindi chiediamo che vi siano almeno 30 minuti in più di lavoro.

  PRESIDENTE. La richiesta è accordata. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,35.

  La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,45.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici (A.C. 1544-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1544-A: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici.
  Ricordo che nella seduta del 10 ottobre 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 1544-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 1544-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A – A.C. 1544-A).
  Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A – A.C. 1544-A).
  La I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 1544-A).
  Ricordo che, a norma nell'articolo 123-bis, comma 3-bis, ultimo periodo, del Regolamento, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili dalle Commissioni riunite non possono essere ripresentati in Assemblea (e – ove ripresentate – non sono pubblicati).
  Inoltre non sono pubblicati in quanto non ricevibili gli emendamenti già presentati presso le Commissioni riunite, ma in quella sede ritirati, e i nuovi emendamenti, non previamente presentati presso le Commissioni riunite, riferiti a parti del testo non modificate dalle Commissioni stesse.
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'emendamento Fedriga 3.3 che, pur incidendo su parte del testo modificata in sede referente, estende la disciplina ivi contenuta in materia di meccanismo di compensazione del maggior gettito IMU per i comuni delle regioni a statuto speciale, a tutti i tributi in relazione ai quali tali enti hanno competenza. Come tale, la proposta emendativa in questione risulta estranea rispetto al contenuto del provvedimento in esame.Pag. 50
  Il medesimo emendamento, peraltro, ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento, nel prevedere la compensazione automatica del minor gettito IMU, ovvero di altre imposte, in favore degli enti locali delle regioni a statuto speciale, appare anche potenzialmente suscettibile di determinare oneri superiori rispetto alle risorse stanziate dal provvedimento in esame per tale finalità.
  Avverto inoltre che la Presidenza, non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 123-bis del Regolamento, in quanto recano nuovi o maggiori oneri finanziari privi di idonea quantificazione e copertura, le seguenti proposte emendative riferite a parti del testo modificate dalle Commissioni riunite:
   Fedriga 3.2 e Sandra Savino 3.5, atteso che la previsione della compensazione integrale del minor gettito IMU in favore dei comuni delle regioni a statuto speciale appare potenzialmente suscettibile di determinare oneri superiori rispetto alle risorse stanziate dal provvedimento in esame per tale finalità;
   Busin 5.11, con riferimento al quale, tenuto conto della significativa entità dell'onere e considerato il limitato tempo che residua prima della chiusura dell'esercizio 2013, la copertura ivi prevista non appare garantire l'integrale compensazione dell'onere nel medesimo anno;
   Nicchi 6.18 e Zan 6.21, che recano una copertura a valere su tagli lineari delle dotazioni dei singoli Ministeri che è consentita solo in caso di spese rimodulabili.

  Avverto che, prima dell'inizio della seduta, l'emendamento Zanetti 1.1 è stato ritirato dal presentatore.
  Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti il deputato Giovanni Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signora Presidente, colleghe e colleghi, io, innanzitutto... C’è un po’ di brusio...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, un po’ di attenzione. Prego, onorevole Paglia.

  GIOVANNI PAGLIA. L'attenzione è troppo, basterebbe il silenzio. Io devo dire innanzitutto che intervengo con un certo imbarazzo sul complesso degli emendamenti, perché avrei voluto intervenire ringraziando il Governo per aver accolto insieme alla Commissione un nostro emendamento che ritenevamo significativamente utile a migliorare complessivamente questo provvedimento.
  Mi riferisco a un emendamento che avevamo proposto, che interveniva laddove si prevede che Cassa depositi e prestiti intervenga a supporto delle banche per liberare risorse per i mutui. Il provvedimento inizialmente prevedeva che queste risorse dovessero essere destinate poi prioritariamente ai mutui per la prima casa. In Commissione, un nostro emendamento aveva escluso la parola «prioritariamente», quindi destinando – come crediamo fosse e sia necessario – tutte le risorse a quella che è una necessità sociale, cioè dare una casa a chi non ce l'ha. Oggi con un emendamento dei relatori è ricomparso il «prioritariamente» e quindi io intervengo dall'inizio dovendomi rimangiare i complimenti che avrei voluto fare.
  Resta – e di questo possiamo prenderci il merito – il fatto che si debbano privilegiare gli immobili almeno a buona efficienza energetica. Mentre non è stato possibile, nemmeno in Commissione, ottenere che un analogo trattamento di favore potessero avere gli immobili di precedente edificazione, così da porre un limite a quello che è il consumo di suolo. Su quest'ultimo aspetto, cioè il consumo di suolo, abbiamo deciso di insistere quindi con un emendamento d'Aula, che crediamo possa essere approvato a seguito di una maggiore riflessione.
  Insistiamo, infatti, sul fatto che sarebbe necessario, per un Governo che volesse essere almeno degno del suo titolo, cioè Governo, assumere sempre il principio della coerenza in ogni provvedimento con scelte e indirizzi propri e soprattutto dati dal Parlamento. Per questo, se stabiliamo che il risparmio energetico debba essere una priorità, lo deve essere sempre, non a macchia di leopardo, provvedimento per Pag. 51provvedimento. Lo stesso dicasi con il tema del consumo di territorio o per la scelta di tutelare l'accesso alla casa e non i patrimoni individuali.
  Se quindi il Governo cade in contraddizione, provvedimento dopo provvedimento, e smarrisce la via della coerenza, sarebbe bene che almeno riconoscesse fino in fondo il contributo nella giusta direzione che il Parlamento gli offre. Non farlo ci appare un atto banale, peraltro, di arroganza o di pigrizia.
  Detto questo, vorrei proseguire con una questione di metodo che riguarda il trattamento ricevuto in Commissione da molti dei nostri – e ovviamente non solo dei nostri – emendamenti, che sono stati falcidiati con la motivazione dell'inammissibilità. Io credo che questa volta sotto questo aspetto si sia veramente esagerato, lasciando l'impressione che si perseguisse la volontà di accorciare i tempi di discussione molto più che di considerare sul serio il merito degli emendamenti, resi indisponibili per il voto e le loro coperture, probabilmente perché gli emendamenti erano molti e il tempo poco.
  Ma si deve considerare che se il tempo era poco la responsabilità è di un Governo che ingolfa di decreti il Parlamento e non perché stia facendo molto, ma perché non è in grado di affrontare i problemi una volta per tutte e trova, quindi, solo soluzioni parziali e rimanda continuamente di due mesi in due mesi. Questo è il secondo decreto sull'IMU e non sarà l'ultima volta che ne parleremo, se è vero che è ancora tutto in campo il tema della seconda rata.
  E se gli emendamenti sono molti non è perché l'opposizione attui con leggerezza pratiche ostruzionistiche, ma perché i provvedimenti che ci vengono presentati sono talmente brutti da rendere obbligatorio un forte e intenso lavoro per tentare di migliorarli, lavoro che sarebbe opportuno rispettare, anche per dare al Parlamento la possibilità di fare il proprio dovere di legislatore, anziché intervenire con leggerezza usando la mannaia dell'inammissibilità.
  Io quindi devo qui dire che c’è stato impossibile discutere se si potessero destinare le risorse risparmiate, limitando l'esenzione dell'IMU ad un aumento di 600 euro delle detrazioni, per esempio a un aumento del fondo per gli affitti, o a un aumento di quello a sostegno dei mutui delle giovani coppie, o ancora di quello a tutela della morosità incolpevole. Oppure c’è stato impedito di discutere se fosse possibile destinare le medesime risorse all'introduzione di una quattordicesima mensilità per i pensionati a basso reddito, che hanno oggi evidenti difficoltà ad arrivare alla fine del mese. O ancora avremmo voluto discutere se non si potesse estendere a tutti i lavoratori non residenti l'esenzione dall'IMU per un immobile di proprietà, che ora viene giustamente introdotta per i dipendenti delle Forze armate e di polizia. E credevamo giusto abbassare ulteriormente la cedolare secca sulle case date in affitto a canone concordato fino al 10 per cento, abolendola contestualmente per tutte le altre, così da introdurre un vero e sostanziale differenziale fiscale ad incentivo di affitti calmierati, in un mercato immobiliare che grava come un macigno sulle spalle di chi una casa propria non se la può permettere perché precario o perché a basso reddito o perché costretto a frequenti trasferimenti a causa del lavoro. Così come sarebbe stato bello discutere se non si potesse prevedere che l'aliquota scendesse addirittura all'1 per cento per chi fosse disponibile a mettere una casa immediatamente a disposizione di chi abbia subito uno sfratto.
  Per non parlare dell'opportunità evidente di prevedere che le risorse ottenute dalla dismissione di patrimonio pubblico destinato a social housing siano impegnate allo stesso fine o che, qualora questo sia ceduto a enti pubblici o previdenziali, fatto salvo il diritto di prelazione dell'inquilino, scatti almeno in subordine un diritto degli enti di edilizia residenziale pubblica. Parliamo, per chi avesse dei dubbi, di non smantellare definitivamente quel po’ di case popolari che resta in Italia. Di tutto questo, deve essere chiaro, non abbiamo potuto parlarne e questo non è un problema per SEL, ma per tutti coloro che Pag. 52vivono il dramma di uno sfratto, che devono scegliere se pagare l'affitto o le cure mediche, che restano a vivere in famiglia perché non possono nemmeno immaginare una soluzione diversa. È a tutti questi, per i quali la parola «casa» e non la parola «IMU» evoca un problema insormontabile, che noi dovremmo dare una risposta. Però, come ci è stato detto, mancavano le coperture. Peccato che noi ci fossimo basati sui loro stessi calcoli, sui vostri stessi calcoli di mancato gettito IMU, e allora forse un problema c’è, non solo per noi. E peccato che le nostre coperture potessero forse aver avuto dei limiti risolvibili, come può accadere quando ci si basa su stime, però che dire di quelle ufficiali di questo decreto-legge, basate su condoni ad oggi rifiutati dagli stessi beneficiari e da incassi IVA tutti da dimostrare ? Voi direte che tanto a salvaguardare il tutto penserà l'aumento delle accise sulla benzina. Va bene così, o meglio va molto male, ma almeno ve ne assumerete le responsabilità.
  Venendo a ciò che resta, continuiamo, perché vogliamo bene al nostro Paese e, soprattutto, a chi in questo Paese soffre ogni giorno a causa della crisi, a proporvi di rivedere la scelta sciagurata sull'IMU e di toglierla ai tanti che hanno una rendita intorno ai mille euro, ma non agli altri, finanziando con il surplus di entrate la cassa integrazione in deroga a cui avete avuto l'ardire di destinare a metà ottobre e, quindi, sapendo quanto realmente serve da qui a fine anno, risorse apertamente insufficienti. Non vi sembra una buona idea ? A noi sì. Così come ci sembra una buona idea quella di rivedere in extremis l'altro azzardo morale, di esentare a tempo indeterminato dall'IMU gli immobili-merce delle imprese costruttrici. Perché si fa questo ? Perché, dato che nessuno compra e le imprese sono incagliate in una grande mole di invenduto, che già pesa in termini di oneri finanziari, perché in questo Paese si è costruito essenzialmente a debito, si vorrà sgravarle almeno da questa imposta. Bene, nessuno vuole vessare i tanti che oggettivamente non sono nelle condizioni di pagare, anche se la norma è erga omnes e riguarda, quindi, anche le grandi immobiliari, per le quali il ragionamento però dovrebbe essere un po’ diverso. Ma perché non accettare la nostra ipotesi che, anziché prevedere un'esenzione, introduce un differimento del pagamento fino al momento della vendita dell'immobile ? Questo non consentirebbe forse di tenere insieme le ragioni del ciclo economico e quelle dell'equità fiscale ? Anche perché – lo noto molto sommessamente –, dato che abbiamo un problema vero, che è lo smobilizzo di questi immobili-merce, è a questo che dovremmo destinare eventuali risorse e non a rendere indolore uno status quo che è comunque insostenibile. Anche perché, forse mi sbaglierò, ma è un tema che dovremmo seriamente approfondire in Commissione, perché se noi riuscissimo a liberare il sistema bancario dagli impieghi di fatto incagliati nel sistema immobiliare, forse faremmo di più per limitare il credit crunch che con tutte le misure finora adottate.
  Con quelle risorse – e questo è il senso di un altro emendamento – si potrebbe finanziare il Fondo per la morosità incolpevole sugli affitti, estendendolo anche alle rate di mutuo, per garantire in parte, anche ai debiti con le banche, quel diritto all'impignorabilità della prima e unica casa che abbiamo già sancito nei rapporti con il fisco. Proponiamo anche di estendere a tutti i comuni attualmente in stato di emergenza l'esenzione IMU per gli immobili inagibili, attualmente prevista, giustamente, solo per il cratere dell'Emilia-Romagna. Si può fare. Basta stabilire che le prime case di lusso hanno meno diritti degli immobili di lusso di qualsiasi tipo se resi inagibili da una calamità naturale. Così come si può fare di alzare ulteriormente la pressione fiscale sugli immobili sfitti, perché in un Paese che nel 2012 ha avuto 120 mila richieste di sfratto, ogni – lo ripeto: ogni – immobile tenuto sfitto è contrario al senso di giustizia ed è un insulto alla Costituzione. Qui naturalmente non c’è bisogno di copertura, anzi ci sarebbe un maggior gettito che magari potrebbe esser utilizzato per agevolare Pag. 53ulteriormente sul piano fiscale gli immobili messi per la prima volta a disposizione con questa misura.
  Un'altra cosa: nell'Italia del 2013, che è quell'Italia che chiede ai propri cittadini anticipi sulle tasse del 2014 superiori a quelle pagate nell'anno in corso, non è il momento di riaggiornare il ragionamento sull'IMU degli immobili di proprietà della Chiesa cattolica, a partire da quelli destinati a scuola, già abbondantemente sovvenzionata ? Non lo dico perché mosso da sentimenti anticlericali – tutt'altro –, ma lo dico perché si potrebbe persino nutrire l'impressione, leggendo i giornali, che stavolta potrebbe esserci più disponibilità a fare un sacrificio da parte della Chiesa di quanta ce ne sia a chiederlo da parte dello Stato.
  E allora chiediamolo questo sacrificio, con coraggio per una volta.
  Poi c’è il tema degli esodati: il nostro emendamento ci permetterebbe di risolvere la questione una volta per sempre e, quindi, di non dover tornare qui tra tre mesi a parlare di come riconoscere un diritto negato ad un'altra parzialità. Dovrebbe essere una vostra priorità, non solo nostra, perché in qualsiasi Paese serio è il Governo a dover essere il primo interessato a che la legge sia uguale per tutti e a che i diritti acquisiti siano garantiti soprattutto quando in calce a quelle garanzie vi sia la firma del Governo stesso. Ora, noi abbiamo migliaia e migliaia di cittadini italiani che si aggirano per il Paese con in mano un contratto firmato dallo Stato senza poter credere – perché non ci possono credere – che quella firma non valga nulla. Parliamo di quello stesso Paese in cui persino un abuso edilizio può diventare un diritto acquisito inviolabile per non parlare delle pensioni d'oro. Capite e capiamo come ci si possa sentire a non poter ottenere giustizia quando è messa in gioco la propria vita rinunciando al posto di lavoro perché garantiti dallo Stato ? Se lo capite, perché noi lo capiamo, votate il nostro emendamento e chiudiamo qui una pagina vergognosa. Se non volete chiuderla qui, impegnatevi almeno a calendarizzare e approvare rapidamente la nostra analoga proposta di legge. Ma se volete dare un senso alla maggioranza che avete voluto e volete mantenere, utilizzatela almeno per sanare i danni fatti nella precedente legislatura.
  Infine ho già avuto modo di dire che le coperture apportate a questo decreto-legge, come spesso è successo in questa legislatura, riescono a peggiorare un quadro già pessimo, tagliando su settori che noi riteniamo significativi e non solo noi, credo, come il comparto sicurezza, le reti ferroviarie, la lotta all'evasione fiscale.
  Noi su questo abbiamo fatto una cosa molto semplice: abbiamo chiesto che si intervenga attraverso una revisione delle tax expenditures, una revisione della spesa fiscale, cioè quella cosa che a parole viene continuamente detto di voler fare da parte di tutti. Allora, dopo anni che lo si dice, esisterà il momento in cui finalmente si comincia a mettere in pratica un impegno ? Perché questa non può essere la volta buona ? Perché davanti al fatto che si chiede di fare quello che il Governo dice di voler fare nel prossimo o nel prossimo altro provvedimento si mette in discussione il fatto che vi siano le coperture ? Un'altra cosa – e concludo –: voi avete affidato – l'ho detto prima – una parte significativa delle coperture di questo decreto-legge ai 600 milioni che vi aspettate come risultato di un condono o di un semicondono fatto al sistema dei concessionari delle slot-machine. L'abbiamo già detto in sede di discussione sulle linee generali: è un atto immorale, è un atto che non si può condividere. Peraltro è un atto che non dà alcuna certezza rispetto agli introiti. Noi dovremmo quindi ragionare, significativamente ragionare, non accantonarlo come una cosa che non serve, su quella che è la clausola di salvaguardia che il Governo ha messo a disposizione. Infatti questo Parlamento deve avere la consapevolezza che, laddove quella copertura salti, immediatamente già il Senato si troverà a ragionare sulla copertura altra. Questa copertura nel provvedimento come l'avete scritto di fatto significa aumentare le accise sulla benzina. Parliamo di questo. Allora quello che noi chiediamo a quest'Aula Pag. 54è: dobbiamo ragionare sull'aumento delle accise sulla benzina o si può ragionare sul nostro emendamento che chiede molto semplicemente di introdurre nella clausola di salvaguardia il principio che si può aumentare non di molto, dal 20 al 23 per cento, la tassazione sulle rendite finanziarie ? Vi faccio notare – concludo – che anche il 23 per cento rispetto a quella che è la media europea resterebbe una aliquota inferiore alla media. Quindi non c’è ragione sulla fuga di capitali, non c’è ragione sulle disparità di trattamento. C’è solo da scegliere se un Governo che non riesce a trovare le risorse ma sceglie di fare una cosa non condivisibile e – lo ripeto – non condivisibile come l'abolizione tout court dell'IMU sulla prima casa, almeno la voglia finanziare andando a colpire le rendite o se, invece, decida fino in fondo che si può andare a finanziare aumentando uno dei beni primari degli italiani, cioè la benzina. Parliamo di questo che è l'ultimo emendamento che volevo illustrarvi.
  Credo di avervi dato la panoramica di come questo decreto-legge brutto e non condivisibile potrebbe almeno un po’ migliorare. Ci aspettiamo che il Parlamento sappia fare quello che può essere il suo dovere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cancelleri. Ne ha facoltà.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, anzitutto mi associo all'imbarazzo che ha provato il collega Paglia nell'ultima riunione del Comitato dei diciotto, per questo emendamento che, prima, viene approvato, poi viene reinserito dalla Commissione senza che nessuno della Commissione lo avesse proposto.
  Ma torniamo a quello che è il discorso che oggi voglio presentare all'Aula. Questo decreto-legge ha sicuramente una finalità nobile, parziale, ma nobile. Il suo problema, però, è sempre lo stesso: ad un'alta finalità si contrappongono delle coperture incostituzionali che la stessa Corte dei conti, nell'audizione, ha definito incerte. È vero; ha, poi, concluso la memoria pur mantenendo la preoccupazione che queste coperture avranno sugli effetti di natura distributiva connessi alle modalità alternative di copertura, dicendo che, comunque, l'incertezza verrebbe colmata dalla clausola di salvaguardia. Ma cosa prevede questa clausola di salvaguardia ? Prevede, ancora una volta, l'aumento degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP e l'aumento delle accise. Quindi, eliminiamo un'imposta, anzi, una rata di un'imposta per agevolare i cittadini, con un'alta probabilità di aumentare, poi, le accise e colpire anche gli imprenditori con l'aumento dell'acconto. Davvero geniale.
  Ma parliamo nello specifico degli emendamenti. In sede referente, nelle Commissioni, erano stati presentati circa 500 emendamenti che, tra inammissibilità e ritiri, si sono ridotti ad un centinaio circa, per lo più bocciati. E questo perché le larghe intese sono, in realtà, bocconi amari che un po’ il PdL e un po’ il PD devono ingoiare. Questa volta è toccato al PD che, per amor dell'inciucio, ha ritirato emendamenti che delineavano la loro linea politica. Diciamo che una notte e una mattina sono bastati per allineare magicamente posizioni totalmente opposte: quindi, larghe magie, oltre che larghe intese.
  Gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle, invece, delineano una linea chiara, quella che abbiamo presentato con il nostro programma agli elettori e, cioè, l'abolizione dell'IMU sulla prima casa. Per questo i nostri emendamenti puntavano a definire meglio il concetto di prima casa, svincolandolo dai concetti di residenza e dimora e legandolo al principio di possesso. Abbiamo cercato di includere l'esclusione dall'IMU per le vittime delle calamità naturali, visto anche l'ordine del giorno a firma Barbanti che il Governo aveva accettato, ma che non ha tenuto minimamente in considerazione. Perché non è vero che queste persone sono già esentate, tanto che i comuni come Mormanno e Barcellona Pozzo di Gotto pagano l'IMU. Parliamo di calamità naturali che colpiscono il Nord così come il Sud: Pag. 55quindi, se dobbiamo normare questo caso, dobbiamo farlo per l'intera Italia e non, come propongono i deputati della Lega, solo per le vittime delle calamità del Nord. E approfitto anche di questo spazio per ricordare ai colleghi della Lega che sono deputati della Repubblica italiana e non di uno pseudo-Stato che esiste solo nei loro discorsi, e ricordo anche, quindi, che se non riescono a rappresentare bene l'intero Paese, abbiamo anche la facoltà di dimetterci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma continuiamo con la discussione sugli emendamenti. Abbiamo presentato, inoltre, un emendamento che permettesse almeno la deducibilità dall'IRAP dell'IMU pagato dalle nostre imprese, emendamento reso inammissibile, perché – cito – non può essere ricondotto alla materia oggetto del decreto-legge. Quindi, signor Presidente, per il Governo è normale che nel decreto sul femminicidio si discuta di province e «No TAV», per dirne uno recente, mentre non è ammissibile che un decreto-legge per la sospensione della rata IMU parli di deducibilità dell'IMU per le imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). A questo punto, mi sorge una domanda: siamo noi del MoVimento 5 Stelle o il Governo a non aver chiaro il significato della parola pertinenza ? E visti gli ultimi decreti, la risposta mi pare ovvia, scontata.
  Questa inammissibilità è, in realtà, l'espressione della mancanza di volontà di aiutare le imprese italiane, che sono i soggetti che tra i primi devono essere aiutati, i soggetti a cui davvero dovrebbe essere destinato un decreto-legge che, come tutti sappiamo, è caratterizzato dall'urgenza. Questo doveva essere fatto da una maggioranza e da un Governo che veramente vogliono impegnarsi per farci uscire dalla crisi.
  Inutile dire che questi nostri emendamenti non sono stati accolti. La blindatura dei testi questa volta è stata sostituita da riunioni segrete di una parte della maggioranza, che hanno prodotto l'uscita dalla porta principale di una rata dell'IMU e l'ingresso dalla finestra dell'aumento delle accise e degli acconti IRAP.
  In sostanza, questo decreto-legge, più che una soluzione per i problemi dell'Italia è la base per il prossimo spot elettorale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Da Villa. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signora Presidente, colleghi, il MoVimento 5 Stelle ritiene che il provvedimento in discussione costituisca, per come è strutturato, un'occasione persa che minaccia un sistema produttivo già pesantemente fiaccato dalla crisi e da una fiscalità che paradossalmente va sempre di più a penalizzare le aziende in difficoltà, sfruttando ogni occasione per incrementare i prelievi non collegati a un conto economico in attivo, e quindi a guadagni, ma a voci di costo e beni strumentali destinati alla produzione, assunti, in maniera sempre più beffarda e irrealistica, come indicatori presuntivi di una capacità contributiva che, al contrario, si contrae ogni giorno di più.
  Il parere della X Commissione al provvedimento in discussione suggeriva nello specifico di favorire gli immobili di proprietà delle imprese che hanno subito un incremento della pressione fiscale su un tributo come l'IMU che non dipende dal conseguimento di utili. Questo fardello risulta particolarmente drammatico per le condizioni delle piccole imprese che dall'IMU stanno subendo rincari nell'ordine del 77 per cento per un piccolo capannone e fino al 240 per cento per gli uffici ubicati nei centri urbani principali. Tutto questo mentre nel 2012 ha chiuso l'8,4 per cento delle imprese artigiane e nel 2013 si prevede un saldo ancora più funesto.
  In Commissione abbiamo quindi cercato di operare una modifica che era peraltro coerente con l'impostazione originaria del Governo volta a stabilire la deducibilità parziale e graduata dell'IMU ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito degli esercenti arti e professioni, a decorrere dal 1o gennaio 2014, con l'eccezione di istituti di credito, Pag. 56cambio e assicurazione. L'avremmo finanziata assoggettando a IRPEF o a imposta sostitutiva del 36 per cento i redditi di natura finanziaria, e con un lieve aumento delle percentuali di prelievo erariale unico sui giochi. Non comprendiamo le ragioni che hanno portato a ritenere inammissibile questa nostra indicazione e rimaniamo quindi in attesa di proposte ragionevoli che vorranno muoversi nella medesima direzione ossia quella di attenuare, quanto meno, l'impatto dell'IMU su professionisti e imprese già tartassati.
  Un altro aspetto sul quale abbiamo appuntato riflessioni critiche riguarda l'esenzione dall'imposta per i fabbricati costruiti e destinati alla vendita. A nostro parere questo beneficio rappresenta un'incentivazione ad una concezione dell'attività edilizia in un senso indiscriminatamente espansivo che è un annoso fattore di anacronismo culturale nella concezione dello sviluppo economico italiano, una droga solo momentanea per l'economia che viene ravvivata per quel breve periodo di tempo sufficiente a scoprire che l'accumulo di massa e di cubatura invenduta va di pari passo con una sempre maggiore quantità di domanda abitativa insoddisfatta. Il tutto in un contesto qualitativo che in non pochi casi sprofonda in una barbarie urbanistica e ambientale. È la riqualificazione di superfici già costruite, secondo noi, la strada che può valorizzare, dal lato della domanda, la capacità di investimento costante delle famiglie italiane, canalizzandola in attività di tipo più permanente e ad elevata intensità di lavoro con una forte componente di capacità imprenditoriale e competenze qualificate da parte di forza lavoro nazionale. In questa sede naturalmente non dobbiamo orientare la politica abitativa, ma possiamo combattere una linea di vantaggio che reputiamo esageratamente generosa nei confronti degli interessi forti nel mondo delle costruzioni.
  Se si ritiene che una qualche forma di esenzione debba essere accordata, e se non la si vuole limitare, come noi auspicheremmo, ai soli edifici realizzati mediante ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, che almeno essa non sia prevista indefinitamente, senza alcun termine, o che si limiti ai primi tre anni a partire dall'inizio dei lavori di costruzione o che almeno sia reso facoltativo concederla da parte dei comuni.
  Ci lascia perplessi il taglio estremamente radicale della detrazione sui premi pagati per le assicurazioni su vita e infortuni con invalidità. In un momento in cui la stretta della crisi riduce la propensione a spendere per scopi lungimiranti anche da parte di coloro che potrebbero permetterselo, un intervento di questa entità scoraggia pesantemente questo genere di investimenti con benefici condizionati e differiti, investimenti che invece tornano utili all'intera collettività, sollevata almeno in parte da oneri di assistenza qualora sul contraente si dovessero malauguratamente abbattere conseguenze critiche.
  Vorrei infine spendere due parole sulla copertura. In questo testo, in particolare all'articolo 13, assistiamo a una prova di «funambolismo finanziario» che non ha nulla da invidiare ai più famigerati precedenti in tale arte. Ma finché si tratta di storni e rinvii, siamo solo alle illusioni ottiche. Quello che veramente preoccupa sono le conseguenze più che probabili di previsioni di entrate del tutto infondate. Spicca in questo campo la definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile, letta in combinazione con i commi 3 e 4 dell'articolo 15. Il Presidente facente funzioni della Corte dei conti, Raffaele Squitieri, ha spiegato nella sua audizione davanti alle Commissioni riunite finanze e bilancio di questa Camera che, al 23 settembre scorso, le istanze presentate, sulla base dell'articolo 14, risultavano pari a 33, per introiti potenzialmente incamerabili, nella misura percentuale minima del 25 per cento dei danni quantificati nelle sentenze di primo grado, di circa 270 mila euro, di cui solo circa 75 mila destinabili direttamente al bilancio dello Stato. Le posizioni soggettive già definite con decreto camerale erano a quella data 17, per un totale di pagamenti pari a circa 13 mila euro. Pag. 57Elemento più «sinistro» di tutti era però che, della platea dei concessionari condannati con sentenza n. 214 del 2012, sul cui identikit è stata ricalcata la previsione di introito collegata al provvedimento dal Governo, nessuno si era avvalso della sanatoria. Non sono dati che richiedano ulteriori commenti e sembra così inevitabile l'intervento della cosiddetta clausola di salvaguardia che porterà ad aumenti degli acconti su IRES e IRAP e delle accise, con ovvie ricadute sui consumi e con effetti di «strangolamento finanziario» ancora più grave sulle imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 2.100, 6.100, 8.100, 12.100, 13.100, 15.100, 15.101 e 15.102. Avverto, inoltre, che il Governo ha presentato l'emendamento 14.200. Tali proposte emendative sono in distribuzione e con riferimento alle medesime il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato per oggi alle ore 17.
  Avverto, inoltre, che il presidente della Commissione finanze, deputato Daniele Capezzone, ha comunicato alla presidenza che l'emendamento Paglia 2.13 è stato erroneamente considerato come ritirato nel corso dell'esame in sede referente. Tale proposta emendativa, quindi, non essendo stata ritirata nelle Commissioni, si intende ripresentata ai fini dell'esame in Assemblea; la stessa, che è in distribuzione, assume la numerazione 2.30 ed è collocata a pagina 11 del fascicolo, dopo l'emendamento Busin 2.24.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, sulle inammissibilità, se permette, a me lascia molto perplesso, e invito la Presidenza a fare magari una ulteriore valutazione, sull'inammissibilità dell'emendamento 3.2, perché questo emendamento, e chiederei magari su questo, io mi rivolgo alla Presidenza ma anche all'attenzione del presidente della Commissione Bilancio, perché non capisco se entriamo in un problema di ammissibilità o in un problema di scelta politica, questo è il nostro dubbio. Il presidente della Commissione Bilancio è impegnato ma mi auguro che qualcuno glielo riferisca; Presidente della Commissione Finanze, chiedo anche a lei la sua attenzione, perché sull'inammissibilità dell'emendamento 3.2, con il quale chiediamo di aggiungere la parola «totalità» nella compensazione per le regioni Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto-Adige e Valle d'Aosta, ci dicono essere inammissibile per carenza di coperture. Quindi dobbiamo essere chiari: o è ammissibile, e c’è stato un errore di valutazione, oppure il Governo non sta coprendo la compensazione IMU. Cioè ce lo dicano con chiarezza, perché non vogliamo che venga coperta con il problema dell'inammissibilità una scelta del Governo e della maggioranza che non vuole compensare il gettito IMU agli enti locali. Quindi chiediamo chiarimenti: o è ammissibile oppure non c’è la copertura e non verrà coperto l'IMU per le regioni Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto-Adige e Valle d'Aosta.

  PRESIDENTE. Penso che sia chiaro sia al Governo che alla Commissione. Io mi riservo quindi di rivalutare sulla base anche di quanto mi verrà fatto presente.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, soltanto per associarmi a questa richiesta dell'onorevole Fedriga, perché anche a me, anche a noi, sembra una cosa che effettivamente non sta né in cielo né in terra. Quindi, possibilmente se si riesce, anche in termini abbastanza brevi, se si riesce a rivedere la cosa, perché a questo punto l'emendamento è scritto e non vedo Pag. 58la motivazione, anzi vedo soltanto delle contromotivazioni affinché insomma sia stato reso inammissibile.
  Se nessun altro chiede di intervenire invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, sull'articolo 1, la Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Lavagno 1.2, Airaudo 1.3, Di Salvo 1.4, Di Lello 1.5, altrimenti il parere è contrario.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti, Franco Bordo 2.1, Paglia 2.2, altrimenti il parere è contrario.
  Sull'emendamento Laffranco 2.3 si chiede l'accantonamento per un ulteriore approfondimento anche in sede di comitato dei diciotto.
  La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Busin 2.4, Paglia 2.5, Barbanti 2.6, Piazzoni 2.7, Busto 2.8, Currò 2.9, Barbanti 2.10, Castelli 2.11, Rubinato 2.12, Rubinato 2.13, Busin 2.14.
  Sugli emendamenti Rughetti 2.15, Busin 2.16 e Rubinato 2.17 si chiede l'accantonamento per un'ulteriore riflessione da condurre in sede di comitato dei diciotto.
  La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Busin 2.18, Busin 2.19, Crippa 2.20, Castelli 2.21 e per l'uguale Busin 2.22.
  Gli emendamenti Rubinato 2.23 e Busin 2.24 risultano assorbiti dall'emendamento della Commissione 2.100.
  La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Marcon 2.30 e Franco Bordo 2.25.
  La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Bressa 2.26.
  La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Busin 2.27, De Micheli 2.28, Laffranco 2.29.
  La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 2.100 delle Commissioni.

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo ai pareri sulle proposte emendative riferite all'articolo 3.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Gebhard 3.1, come anche per l'emendamento Fedriga 3.2...

  PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Fedriga 3.2 è inammissibile.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Si, signor Presidente, l'emendamento 3.2 è inammissibile; la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Fedriga 3.4 e Sandra Savino 3.5.

  PRESIDENTE. Passiamo ora agli emendamenti riferiti all'articolo 5.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamento Busto 5.1 e Lavagno 5.2 e sugli identici emendamenti Pesco 5.3 e Busin 5.4 nonché sugli identici emendamenti Molteni 5.5 e Coppola 5.6.
  Inoltre la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Castelli 5.7 e Busin 5.8, mentre esprime parere favorevole sull'emendamento Fragomeli 5.9 e formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Busin 5.10. Ricordo che l'emendamento Busin 5.11 è inammissibile.
  Infine la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Busin 5.12, 5.13 e 5.14.

  PRESIDENTE. Passiamo ora agli emendamenti riferiti all'articolo 6.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, la Commissione Pag. 59formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Castelli 6.1 e Pesco 6.2.

  PRESIDENTE. Qual è il parere sull'emendamento 6.100 delle Commissioni ?

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, il parere sull'emendamento 6.100 delle Commissioni è favorevole.
  La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Barbanti 6.3 e 6.4, Ragosta 6.5, Fedriga 6.6, Guidesi 6.7, 6.8, 6.9, 6.10 e 6.11, Fedriga 6.12, Guidesi 6.13 e 6.14, Castelli 6.15 e Pesco 6.16, mentre si propone la seguente riformulazione sull'emendamento Sberna 6.17: al comma 2, dopo la parola «2015», aggiungere: «la cui destinazione abbia particolare riguardo nei confronti delle famiglie numerose».
  Ricordo che l'emendamento Nicchi 6.18 è inammissibile. La Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Guidesi 6.19 e Pesco 6.20, altrimenti il parere è contrario, mentre ricordo che l'emendamento Zan 6.21 è inammissibile.
  Inoltre la Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Busin 6.22 e 6.23 nonché sugli identici emendamenti Di Gioia 6.24 e Guidesi 6.25 e sugli identici emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27, nonché sull'emendamento Caso 6.28, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Passiamo ora agli emendamenti riferiti all'articolo 8.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro sugli emendamenti Busin 8.1 e 8.2, altrimenti il parere è contrario

  PRESIDENTE. Qual è il parere sull'emendamento 8.100 delle Commissioni ?

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, il parere sull'emendamento 8.100 delle Commissioni è favorevole, mentre l'emendamento Busin 8.3 è assorbito dall'emendamento 8.100 delle Commissioni.

  PRESIDENTE. Passiamo ora agli emendamenti riferiti all'articolo 9.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Cancelleri 9.1 e Busin 9.2.

  PRESIDENTE. Passiamo ai pareri sugli emendamenti all'articolo 11.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Le Commissioni invitano al ritiro degli emendamenti Airaudo 11.1 e Fedriga 11.2, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 12.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Sull'emendamento Ruocco 12.1 le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
  L'emendamento Sottanelli 12.2 è assorbito. Anche l'emendamento Sottanelli 12.3 è assorbito.

  PRESIDENTE. Assorbito da quale emendamento ?

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Dall'emendamento 12.100 delle Commissioni. Vale anche per l'emendamento Sottanelli 12.4.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Sottanelli 12.5, Ruocco 12.6, Rostan 12.7 e Ruocco 12.8, mentre il parere sull'emendamento 12.100 delle Commissioni è favorevole.

  PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 13.

Pag. 60

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Boccadutri 13.1 e 13.2 e Busin 13.3.
  Il parere sull'emendamento 13.100 è favorevole.
  Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Melilla 13.4, Fauttilli 13.5 e Marchi 13.6.

  PRESIDENTE. I pareri sugli emendamenti all'articolo 15 ?

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. C’è prima l'emendamento 14.200 del Governo, su cui il parere delle Commissioni è favorevole.

  PRESIDENTE. Passiamo all'articolo 15.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Boccadutri 15.1, Nardi 15.2, Pilozzi 15.3, Kronbichler 15.4, Nardi 15.5, Di Salvo 15.6 e Marcon 15.7.
  Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Currò 15.8, Marcon 15.9. Le Commissioni raccomandano l'approvazione dei loro emendamenti 15.100, 15.101 e 15.102.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dai relatori.

  GIOVANNI PAGLIA. Chiedo di parlare, sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, per un disguido – ne ho già avuto modo di parlare con la presidenza della mia Commissione per un interpello – c’è un emendamento che è stato dato erroneamente per ritirato in Commissione, mentre invece era probabilmente da respingere...

  PRESIDENTE. È stato riammesso, come emendamento Marcon 2.30.

  GIOVANNI PAGLIA. Perfetto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 16,35)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Lavagno 1.2, con parere contrario e invito al ritiro da parte di Commissioni e Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, l'emendamento è abbastanza chiaro: si intende esentare dal pagamento dell'imposta municipale immobili dichiarati inagibili a seguito di calamità naturali. Mi sembra che sia un problema che investe non poco il nostro Paese, visto quante sono le calamità naturali e qual è la fragilità del nostro territorio e la frequenza con la quale questa si sviluppa. Allo stesso tempo evitiamo di reincorrere in eventi spiacevoli e antipatici che allontanano sempre le istituzioni dai cittadini, come più volte è avvenuto nel passato con scarsa attenzione. Ovviamente la norma va coperta e la copertura rispetto a questo avviene attraverso una revisione delle tax expenditures.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lavagno 1.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 61

  Cassano, Moretti, Beni, Bratti, Madia, Giancarlo Giordano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  396   
   Votanti  394   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato  127    
    Hanno votato no   267.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Airaudo 1.3.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, con questo emendamento proviamo a proporre all'Aula di rimediare a due ingiustizie. La prima ingiustizia è quella di aver esentato dal pagamento dell'IMU tutti coloro i quali possono pagarla. La seconda ingiustizia è quella di lasciare nell'incertezza molte lavoratrici e molti lavoratori che non sanno se avranno le loro casse in deroga ancora coperte da qui a fine anno, visto che secondo le previsioni più ottimistiche mancano ancora 300-330 milioni, ma c’è qualcuno che pensa, come l'autorevole segretario della CISL Raffaele Bonanni, che il buco sia assai superiore.
  Per queste ragioni proponiamo di limitare l'esenzione della prima rata IMU per l'anno 2013 ai contribuenti per i quali l'imposta su base annua non superi la somma di 400 euro al netto delle eventuali maggiorazioni della detrazione per abitazione principale, più i figli dimoranti. Con il risparmio conseguito, secondo noi presumibilmente pari a circa un miliardo, saremo in grado di rifinanziare con altri 700 milioni le risorse a disposizione della cassa integrazione in deroga e tenere le lavoratrici e i lavoratori di aziende che spesso non hanno più un futuro, almeno con una tranquillità di reddito.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Airaudo 1.3, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Catania, Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  401   
   Votanti  313   
   Astenuti   88   
   Maggioranza  157   
    Hanno votato   27    
    Hanno votato no   286.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Di Salvo.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Salvo 1.4, con il parere contrario della Commissione del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  404   
   Votanti  317   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  159   
    Hanno votato   26    
    Hanno votato no   291.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Di Lello 1.5.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Di Lello 1.5 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.Pag. 62
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Lello 1.5, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ferro, Pastorino, Leva, Albanella, D'Incecco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  401   
   Votanti  400   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato   27    
    Hanno votato no   373.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Franco Bordo 2.1.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Franco Bordo 2.1, formulato dal relatore.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, il tema di questo emendamento, come abbiamo ricordato nell'intervento sul complesso degli emendamenti, è quello degli immobili-merce, ovvero, nel complesso di revisione di questo articolo e di questo comma, dopo che è uscito dalle Commissioni, ci rimane solo la copertura, ovvero quella che estende l'esenzione della seconda rata dell'IMU per gli immobili invenduti, appunto i cosiddetti immobili-merce.
  Ci sembra assolutamente ingiusto, perché non rientra in una normale dinamica che prevede il rischio aziendale, il rischio di impresa, e soprattutto ci appare che prevedere un'esenzione per quegli immobili cosiddetti merci, invenduti e non locati, e prevedere, invece, che questa venga pagata al momento della messa in locazione o della vendita sia un atto assolutamente utile, anche nei confronti di un gettito nei confronti dello Stato.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Franco Bordo 2.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Venittelli, Oliaro, Bonafede, Ginato, Binetti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  402   
   Votanti  316   
   Astenuti   86   
   Maggioranza  159   
    Hanno votato   27    
    Hanno votato no   289.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Paglia 2.2.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Paglia 2.2, formulato dal relatore.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, il collega Lavagno lo ha già detto, ma davvero non capisco perché dobbiamo esentare per legge dal rischio di impresa chi costruisce immobili in Italia. Noi prevediamo, semplicemente, adesso di sospendere il pagamento dell'IMU, di congelarlo, e poi questa si pagherà nel momento in cui si venderà l'immobile.
  Con questa esenzione, di fatto, chi costruisce un immobile e poi non lo vende è come se non avesse alcun rischio di impresa, per cui ha fatto un investimento e, se non vende l'immobile, non paga neanche l'IMU. Io penso che, da questo punto di vista, siccome, tra l'altro, vi è anche una mancanza di gettito nel momento in cui servono risorse per il lavoro, per la disoccupazione, per la cassa integrazione, rinunciare è davvero malefico.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 63
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paglia 2.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Calabrò, Binetti, Giammanco... Giammanco ha votato. Sembra che abbiano votato tutti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  402   
   Votanti  401   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato  110    
    Hanno votato no   291.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Laffranco 2.3, per il quale il relatore ha chiesto l'accantonamento.
  Se non ci sono obiezioni, così resta stabilito.
  Passiamo all'emendamento Busin 2.4.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento, formulato dal relatore.

  FILIPPO BUSIN. Ritiriamo l'emendamento.

  PRESIDENTE. L'emendamento Busin 2.4 si intende, dunque, ritirato.
  Passiamo all'emendamento Paglia 2.5, con l'invito al ritiro, altrimenti parere contrario, delle Commissioni e del Governo.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, qui si prevede di utilizzare una leva fiscale sugli immobili sfitti, ovvero si prevede di tassarli e di non lasciarli esenti, proprio per usare questa leva fiscale per aumentare la disponibilità e intervenire sul mercato, garantendo prezzi di vendita oppure di locazione più bassi. È ovvio che un emendamento di questo tipo genera maggiori entrate per lo Stato.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paglia 2.5, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia... Madia ha votato. Chi non ha votato ancora ? Hanno votato tutti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  400   
   Votanti  399   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato  111    
    Hanno votato no   288.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Fossati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Barbanti 2.6.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento, formulato dal relatore.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, con questo emendamento cerchiamo di coprire una sorta di vacatio legis che si è creata all'interno della definizione dell'abitazione principale dell'IMU, definizione scellerata e alquanto anacronistica poiché tiene conto ancora di parametri vecchi, come la dimora e la residenza. Immaginiamo infatti che una famiglia fatta da papà, mamma, e figlioletto, con il solo stipendio del papà, magari anche da operaio, abbia comprato una casa, la loro unica abitazione, risiedendo a Roma, con molti sacrifici. Domani il papà viene trasferito per lavoro, e si porta dietro tutta la famiglia, magari a Milano, Pag. 64dove gli affitti costano assai. Ebbene, questa famiglia oltre al danno subirà anche la beffa perché non solo sulla loro unica casa, che attualmente è anche difficile vendere, dovrà pagare l'IMU, come seconda casa, visto che la famiglia non vi avrà più o la residenza o comunque la dimora, ma la famiglia dovrà pagare anche l'affitto a Milano. Dovrà pagare l'IMU come seconda casa a Roma e l'affitto a Milano. Questo emendamento cerca di sorpassare questa, appunto, anacronistica definizione, definendo come abitazione principale l'unico immobile iscrivibile o iscritto al catasto, detenuto dal nucleo familiare. Attenzione, riferendoci al nucleo familiare evitiamo qualunque forma di elusione stile IMU. Per cui faccio appello al buonsenso e al senso di giustizia civile e di giustizia sociale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbanti 2.6, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Chi non ha votato ancora ? Fossati, Pilozzi, Cani, Cera... Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  401   
   Votanti  397   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  199   
    Hanno votato  130    
    Hanno votato no   267.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Piazzoni 2.7, su cui vi è un invito al ritiro da parte delle Commissioni e del Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, è evidente come il perdurare della crisi crei degli effetti notevoli e abbia degli sviluppi quanto mai drammatici, in particolare per quanto riguarda l'emergenza della casa che sta diventando realmente un allarme sociale. Chiunque abbia frequentato o abbia avuto modo di vedere il settore dei servizi sociali di qualsiasi comune vede quanto sia ridotta la parte di gestione della contribuzione – insufficiente a fronte di maggiore richieste – che i comuni possono destinare nei territori di propria pertinenza al contributo per la morosità incolpevole degli affitti.
  Quindi, con questo emendamento noi prevediamo il raddoppio di contribuzione rispetto a questo fondo e lo facciamo attraverso il recupero di risorse proprio da quei beni-merce di cui dicevamo prima e, inoltre, lo estendiamo su un altro settore che potrebbe andare in crisi, quello dei proprietari di casa che pagano un mutuo, quindi, estendendolo anche ai beni sottoposti ad aste giudiziarie.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piazzoni 2.7, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gutgeld, Malpezzi, Gregori.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  404   
   Votanti  403   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  110    
    Hanno votato no   293.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Busto 2.8, su cui vi è un invito al ritiro da parte delle Commissioni e del Governo.
  Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.Pag. 65
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busto 2.8, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nicchi, Gregori, Baruffi, Andrea Romano, Monchiero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  407   
   Votanti  406   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  110    
    Hanno votato no   296.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Currò 2.9, su cui vi è un invito al ritiro da parte delle Commissioni e del Governo.
  Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Currò 2.9, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rostan, Abrignani, Cimmino, Grande, Antimo Cesaro...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  408   
   Votanti  405   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato   98    
    Hanno votato no   307.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Realacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
  Passiamo all'emendamento Barbanti 2.10, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barbanti. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, nelle Commissioni mi é stato chiesto di offendere il Governo e lo farò. E l'ho fatto presentando questo emendamento. Perché è un'offesa al Governo ? Perché questo emendamento ricalca un ordine del giorno, il n. 25 del 18 giugno 2013, che lo stesso Governo mi ha chiesto di presentare e lo stesso Governo mi ha accettato. E io ho stilato questo emendamento che nelle Commissioni è stato puntualmente bocciato. È un argomento molto discusso, è quello sull'IMU per l'abitazione principale per quanto riguarda le popolazioni colpite da terremoti o eventi sismici idrogeologici. L'articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 dice che queste persone – ahimè – devono pagare l'IMU con un imponibile pari al 50 per cento perché queste abitazioni, non essendo più agibili, quindi abitabili, non tornano più nel concetto di prima casa o di abitazione principale, poiché non ci si può più avere la dimora. Per giunta, nell'emendamento è ben specificato che cosa significa evento sismico idrogeologico. Abbiamo anche previsto una sorta di contrasto di interessi, perché ci deve essere un perito del comune che deve verificare l'inagibilità di quell'immobile. E, soprattutto, questo è un emendamento che mira a ridare un po’ di giustizia sociale a quelle persone che sono colpite, oltre che dal danno, anche dalla beffa. Non solo l'evento sismico che gli ha tolto la casa, ma anche lo Stato che ci si mette contro. Ne abbiamo discusso tantissimo e si è arrivati anche ai ferri corti con il Governo. Gli ordini del giorno – diciamolo qua – non servono più a nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), per cui togliamoli dai provvedimenti che può prendere il Parlamento. È stato bocciato, io lo ripropongo qui e adesso voglio vedere chi dirà di no Pag. 66a quelle persone e dovrà rendergliene conto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Bruno. Ne ha facoltà.

  FRANCO BRUNO. Signor Presidente, anch'io credo che gli atti di indirizzo del Parlamento devono avere un valore. È vero che ormai, aumentando la decretazione, gli atti di indirizzo si sono moltiplicati e sono tantissimi, ma non si può secondo me continuare in maniera imperterrita a far finta e a non capire che il Parlamento vota atti di indirizzo e successivamente in alcuni decreti di questi atti di indirizzo non si tiene conto e lo stesso Parlamento poi si rimangia il voto espresso qualche giorno prima. Per quanto mi riguarda, io voto l'emendamento così come è presentato.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, solo per chiarire un punto che è già stato discusso più volte nelle Commissioni. Confermo che in ogni situazione nella quale sono avvenute calamità naturali, le prime case danneggiate – e anche non solo le prime – inagibili sono state esentate dall'IMU. Questo è avvenuto provvedimento per provvedimento e la Camera può riscontrare che in tutti gli atti nei quali si è riconosciuto lo stato di calamità, questo è avvenuto. In questo senso, quindi, la polemica non sussiste ed è quindi da considerare pleonastico questo emendamento per la ragione che ripercorre un fatto che accade normalmente provvedimento per provvedimento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Cancelleri. Ne ha facoltà.

  AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, sempre su questo argomento, leggiamo che questo dibattito e questa discussione va avanti da più decreti e da più sedute.
  Se è vero che il Governo interviene ad hoc su ogni caso, allora noi continuiamo a ricordare al Governo che si è dimenticato, per fare due esempi, di due città come quelle di Mormanno e di Barcellona Pozzo di Gotto. Secondo noi, la soluzione sarebbe quella di fare una normativa che valga per ogni caso, con la specifica di cosa si intende per calamità naturali e tutto quello che ha detto il collega Barbanti invece di andare ad intervenire su ogni caso rischiando che gli abitanti di Mormanno o di Barcellona debbano pagare l'IMU a differenza di altri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbanti 2.10, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Abrignani.... Terrosi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  402   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  128    
    Hanno votato no   274.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 2.11, per il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rampi.... Nicoletti.... Pesco... Misuraca...Pag. 67
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti   407   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  110    
    Hanno votato no   297.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Prendo atto che i presentatori degli emendamenti Rubinato 2.12 e Rubinato 2.13 li ritirano.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Busin 2.14.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, con questo emendamento semplicemente si vuole confermare un principio che è stato accettato dalla maggioranza e dal Governo: esentare gli alloggi regolarmente assegnati dagli enti IACP o ex IACP per la seconda rata. Noi, semplicemente, in coerenza con quanto previsto anche dalla maggioranza e dal Governo, proponiamo di farlo a decorrere dal 2013 e, quindi, di comprendere la prima rata.
  Se il principio è stato accettato e lo riteniamo giusto e siamo favorevoli, non vediamo perché limitarlo alla seconda rata. Ci sembra un'incoerenza.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 2.14, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Chaouki... Bargero... De Micheli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  410   
   Votanti  324   
   Astenuti   86   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato   42    
    Hanno votato no   282.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Ricordo che gli identici emendamenti Rughetti 2.15 e Busin 2.16 e l'emendamento Rubinato 2.17 sono stati accantonati.
  Passiamo all'emendamento Busin 2.18.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Busin 2.18 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 2.18, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gianni Farina, Donati, Vignaroli... Chi non ha votato ancora ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  408   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato   42    
    Hanno votato no   366.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Busin 2.19.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Busin 2.19, formulato dal relatore.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, analogamente a quanto detto prima, qui si esentano dal pagamento dell'IMU le unità abitative che fanno parte delle cooperative edilizie a proprietà indivisa a partire dal 2014. Se questo è un principio accettato – e noi confermiamo che questo è un principio valido –, non capiamo perché l'esenzione deve partire dal 2014: proponiamo di anticiparla al 2013, in coerenza con quanto stabilito dalla maggioranza e dal Governo. Ci sembra una proposta di assoluto buon senso, chiediamo a tutti di riflettere: le cifre in ballo non sono consistenti e, comunque, abbiamo indicato le relative coperture. Invitiamo tutti a fare Pag. 68una riflessione e a votare in coerenza con quanto è stato deciso, del resto, dalla maggioranza e dal Governo.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 2.19, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Chi non ha votato ancora ? Ventricelli, Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  297   
   Astenuti  112   
   Maggioranza  149   
    Hanno votato   17    
    Hanno votato no   280.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Crippa 2.20.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Crippa 2.20, formulato dal relatore.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, questo emendamento, bocciato nelle Commissioni, in realtà, era stato presentato praticamente con la stessa scrittura da parte di alcuni esponenti del PD. Che cosa riguarda ? Riguarda il pagamento dell'IMU delle piattaforme petrolifere. È ovvio che non sia un'invenzione né una pensata malefica, ma, in realtà, è frutto di una sentenza della Corte di Cassazione. Il 21 febbraio 2005, la Sezione tributaria della suprema Corte di Cassazione ha depositato una sentenza con la quale di fatto riconosce il potere impositivo del comune sulle acque territoriali. Questa sentenza nasce dal ricorso del comune di Pineto presso la Corte, al fine di imporre il pagamento dell'allora imposta comunale sugli immobili – meglio conosciuta, ai tempi, come ICI – a beni e, in particolare, sulle sole installazioni su mare territoriale di piattaforme di ricerca ed estrazione petrolifera. Sì, perché al momento non esiste una normativa specifica che regolamenti la tassazione su strutture in mare. Quando con un emendamento si richiede di colmare questa lacuna, direi che, quanto meno, potremmo discuterne nel merito.
  Ora, sarò tardo di comprendonio, ma vi chiedo: perché non ne teniamo conto ? Perché prolungare la sofferenza di quegli animali morenti che ormai sono già i comuni, perché non permettere alle amministrazioni comunali di usufruire di una quota di tassazione importante come può essere quella derivante dalle piattaforme petrolifere ? Perché non permettere a un albergatore italiano che al momento arriva a pagare fino a 130 mila euro all'anno di IMU di respirare in un momento di crisi come questo ? A lui la facciamo pagare, alle piattaforme petrolifere no. Volete forse convincerci che i poteri dello Stato e quelli degli enti locali non devono e non possono coesistere ? Sì, Presidente, perché, non legiferando in un argomento così delicato, si arriva a negare l'evidenza oltre che a violare in maniera evidente l'articolo 118 della Costituzione italiana che recita: i comuni, le province e le città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale. Dove si applicano le funzioni amministrative ? Sul territorio nazionale e il territorio nazionale comprende, oltre che la terraferma, anche il mare territoriale o almeno questo ce lo dice la sentenza della Corte di Cassazione. Quindi, non possono sussistere parti di territorio dello Stato italiano e aggregati di persone viventi sullo Stato italiano che non appartengano ad un comune. Ecco il paradosso: come può lo Stato italiano permettere che si vengano a formare vere e proprie zone franche in cui il potere dello Stato resta virtuale mentre quello concreto del comune è di fatto azzerato ?
  Noi ci crediamo a questo emendamento, ma facciamo un discorso per assurdo: si immagina se la nostra realtà territoriale fosse simile a quella di Dubai dove, alla fine, creiamo un'isola artificiale prospiciente le coste. A quel punto cosa Pag. 69facciamo ? Creeremmo un'isola davanti senza alcuna legiferazione territoriale. Come di certo i colleghi sapranno, infatti, la tecnologia al momento permette di costruire vere e proprie isole artificiali e Dubai ne è la diretta dimostrazione. Se si accogliesse la tesi che i fabbricati che insistono sul mare non rientrano nella potestà amministrativa degli enti locali, i proprietari degli stessi, oltre godere dei vantaggi connessi alla loro esclusiva abitazione, avrebbero anche i vantaggi fiscali derivanti dalla non tassabilità degli immobili alle imposizioni locali. Tutto ciò ovviamente è assurdo.
  Ma torniamo alla realtà italiana, noi crediamo che questo emendamento vada a sanare veramente una criticità perché non è stato soltanto il comune di Pedaso che ha fatto questo ricorso, lo ha fatto anche il comune di Gela, che chiede tre milioni di euro a ENI, lo ha fatto Falconara Marittima che pretende dall'API, Crotone sempre verso l'ENI, i comuni di Pedaso e Porto Sant'Elpidio li chiedono all'EDISON.

  PRESIDENTE. Deputato Crippa, concluda.

  DAVIDE CRIPPA. Visto tutto questo, ovviamente, è evidente che si deve andare a sanare questo principio perché, e mi avvio a concludere, signor Presidente, noi riteniamo assurdo che su una parte del territorio ricoperto dal mare territoriale non vengano esercitati i poteri amministrativi della regione e del comune; ne deriverebbe la necessaria conseguenza che nell'ipotesi di una costruzione su palafitte ci sarebbe una totale deregulation. Allora visto che queste considerazione le ho fatte mie, ma non sono proprio mie e neanche del MoVimento 5 Stelle, ma sono tratte da una sentenza della Corte di Cassazione del 2005, a cui ovviamente stanno continuamente arrivando altri ricorsi di questo tipo, direi: perché non facciamo pagare l'IMU a coloro che trivellano tutto il nostro suolo a livello di piattaforme petrolifere in mare ? Perché non lo facciamo ? Io, purtroppo, una risposta nel merito ce l'ho e ci tengo a dire che in realtà se la facciamo pagare alle piccole aziende italiane non vedo perché non riusciamo a farla pagare alle grosse multinazionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mariastella Bianchi. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA BIANCHI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che condividiamo perfettamente la preoccupazione espressa ora dal MoVimento 5 Stelle. Consideriamo assolutamente improprio il fatto che sul territorio nazionale – e certamente le acque territoriali rientrano nel territorio nazionale – possano esserci regimi di tassazione diversi per attività economiche che sono equivalenti; è del tutto evidente che chi fa una attività di coltivazione di idrocarburi su terraferma stia facendo esattamente la stessa cosa di chi la fa sulle acque territoriali. La cosa che ci ha portato, però, a ritirare un emendamento analogo che avevamo presentato in Commissione e che ci porterà a votare contro l'emendamento presentato ora in Aula è che, purtroppo, non è così semplice applicare questa normativa.
  Abbiamo letto con attenzione la sentenza della Corte di Cassazione, ma sappiamo che si andrebbe incontro a innumerevoli ricorsi, anche se ovviamente i comuni hanno perfettamente ragione a pretendere che sul territorio che rientra nelle acque territoriali sia applicata esattamente la stessa regola e le stesse norme tributarie che valgono sulla terraferma. Ma, appunto, le difficoltà di applicazione ci portano per il momento a presentare un ordine del giorno, che ci auguriamo il Governo possa valutare favorevolmente, per impegnare il Governo a fare in modo che ci siano trattamenti equivalenti per attività economiche equivalenti che si svolgono comunque sul territorio nazionale, siano esse su terraferma siano esse sulle acque territoriali.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

Pag. 70

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, io rinnovo l'auspicio che ha portato il mio collega Crippa a chiedere il voto favorevole su questo emendamento. D'altra parte, sappiamo che gli interessi delle compagnie petrolifere sono molteplici, come sono state le nuove autorizzazione per gli impianti di petrolizzazione e coltivazione non solo sul territorio ma anche nelle acque territoriali italiane. Forse questi interessi hanno portato anche a rivedere gli intendimenti di alcuni partiti. Non è neanche accettabile che ogni volta qui in Aula si assista ad un vorrei ma non posso e ci si «sciacqua la coscienza» con un ordine del giorno, ma sappiamo tutti che un ordine del giorno non vale assolutamente nulla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Allora prendiamo coraggio, prendiamo coraggio delle nostre scelte e votiamo favorevolmente su questo emendamento semplicemente perché è giusto così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che qui non stiamo parlando indistintamente di qualsiasi imposta ma dell'IMU; il presupposto dell'IMU è l'accatastamento e secondo le normative vigenti possono essere accatastati i fabbricati e le costruzioni sul suolo territoriale, e quindi non quelle ubicate sul mare. Quindi, io invito i presentatori degli emendamenti e tutti quelli che vogliono tassare in modo diverso, anche superiore, questo tipo di oggetti, a trovare un altro presupposto che non si basi sull'accatastamento. Occorre trovare un altro tipo di imposta, non è questa la sede in cui si risolve il tema che avete posto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, questo emendamento del collega Crippa è non solo giusto ma io ritengo doveroso da ogni punto di vista, perché le compagnie, generalmente estere, multinazionali che stanno sfruttando – coltivando, come si dice, io direi sfruttando – il nostro mare per le loro trivellazioni alla ricerca di idrocarburi hanno un trattamento fiscale scandaloso. Tra l'altro, su gran parte dei prodotti che estraggono c’è una esenzione totale per il primo volume, per un certo volume dei prodotti. Andare ad esentarli in questo modo secondo me è veramente scandaloso. Quindi, io spero che il Parlamento si metta una mano sulla coscienza in questo caso, perché noi non solo stiamo abdicando alla difesa del nostro ambiente marino, non solo stiamo scegliendo anche delle modalità energetiche inaccettabili come quelle degli idrocarburi, ma addirittura lo siamo facendo regalando a queste imprese anche l'esenzione dalle tasse (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vacca. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, io ovviamente mi associo alla richiesta che è stata fatta prima e all'appello a votare con coraggio questo emendamento, perché anch'io vengo da una regione, l'Abruzzo, che è appunto una «groviera» dal punto di vista delle trivellazioni a mare, trivellazioni che hanno delle agevolazioni fortissime. Ricordiamo che da noi si pagano le royalties più basse di tutta quanta Europa. Noi siamo il Paese dove le società petrolifere ringraziano i Ministri o ex Ministri dell'ambiente per l'apporto che danno per risolvere i problemi delle società petrolifere. Ecco, noi siamo questo Paese. Mostriamo un atto di coraggio, che questo Parlamento vota nell'interesse degli italiani e non delle società petrolifere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Da Villa. Ne ha facoltà.

Pag. 71

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, a me sembrano pretestuose le motivazioni proposte dal collega Causi e spiegherò perché, sia rispetto alla definizione di suolo sia rispetto all'accatastamento della piattaforma. Allora, nel primo caso abbiamo la sentenza n. 13794 del 21 febbraio 2005 della Corte di cassazione che dice: «sull'intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell'ente regione e degli enti locali». Quindi non si capisce perché l'ente locale non abbia capacità impositiva anche sul mare territoriale.
  Secondo punto, il collega Causi...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MARCO DA VILLA. ...ha sollevato problemi di accatastamento ma a questo punto mi chiedo: ma per le estrazioni di idrocarburi in terraferma che tipo di accatastamento utilizziamo ? Utilizzeremo lo stesso accatastamento anche per le estrazioni in mare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, solo per fare il punto perché questo è il Paese in cui i vitalizi non sono privilegi, il mare non è un territorio, le pensioni d'oro sono intoccabili e non si possono assolutamente mettere in discussione. Io vorrei sapere quanto ancora dovremo aspettare per cominciare a tassare le cose che fanno comodo ai vostri amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Crippa ed altri 2.20, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fitzgerald Nissoli, Martella, Agostini, Lavagno, Della Valle, Lainati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  392   
   Astenuti   17   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato  116    
    Hanno votato no  276.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione degli emendamenti Castelli 2.21 e Busin 2.22.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, qui si vuole estendere questa possibilità di dichiarare abitazione principale anche l'abitazione dove non c’è la dimora abituale al personale della carriera prefettizia.
  Mentre noi siamo ovviamente d'accordo che il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco abbiano questo problema perché appunto dislocati in base alle esigenze di servizio in varie parti d'Italia, non capiamo perché questa norma, questa esclusione deve essere estesa anche al personale prefettizio che notoriamente è stabile nella sua professione, nella sua attività e non ha bisogno di questo tipo di clausole e di beneficiare di questo tipo di esenzioni.
  Invitiamo a ragionare su quanto detto perché effettivamente non si capisce la ratio di questo provvedimento, non si capisce perché debba essere appunto esteso al personale che notoriamente non è mobilitato in diverse zone del Paese per ragioni di servizio...

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, per dire che noi voteremo contro questo emendamento perché lo riteniamo troppo esteso nella dimensione del personale che Pag. 72va a comprendere e nell'andare a comprendere una categoria così estesa va anche a colpire persone diverse. Noi, in generale saremmo favorevoli a questo emendamento, diciamo, se escludesse il Prefetto e gli alti livelli della Prefettura che hanno evidentemente redditi sufficienti che comprendono anche la possibilità di pagare un alloggio.
  Riteniamo che quelli che sono i dipendenti di lunga durata probabilmente abbiano la residenza, essendo personale civile, nei luoghi in cui si trovano a prestare servizio; per tutti gli altri, dato che siamo favorevoli a che – abbiamo approvato anche emendamenti in questo senso – tutti i lavoratori italiani fuorisede, indipendentemente dal loro datore di lavoro, avessero la possibilità di avere la loro unica casa esentata dall'IMU, per coerenza noi voteremo contro questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, veramente non riesco a capire anche la posizione di SEL, anche perché ovviamente questo emendamento va a colpire sì probabilmente qualche dipendente che ha uno stipendio molto normale, però non riesco a capire perché intanto va a colpire delle funzioni, dei personaggi della pubblica amministrazione che hanno degli stipendi molto alti, che hanno la possibilità di pagare l'IMU e dunque noi riteniamo che non debba valere solo per loro questa possibilità di riconoscere la prima casa, ma allora facciamolo per tutti dipendenti, ma non solo i dipendenti pubblici, anche i dipendenti privati. Perché solo per questa categoria, anche di privilegiati, perché riguarda tantissime persone, tantissimi funzionari di alto livello, che possono benissimo pagare tranquillamente l'IMU ? O lo facciamo per tutti i cittadini o sennò neanche per questa categoria di persone.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Castelli 2.21 e Busin 2.22, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gadda, Lavagno, Paola Bragantini, Ruocco, Campana...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  401   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato   95    
    Hanno votato no   306.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100 delle Commissioni che, per ragioni di omogeneità del testo, deve intendersi volto ad aggiungere all'articolo 2 un comma 5.1 dopo il comma 5, invece che un comma 5-ter dopo il comma 5-bis.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 delle Commissioni, nel testo corretto, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malisani, Ruocco, Balduzzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  408   
   Votanti  407   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  302    
    Hanno votato no   105.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Piccione ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).Pag. 73
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 2.30, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Gadda, Piccione, Marco Di Maio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  410   
   Votanti  408   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  110    
    Hanno votato no   298.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Franco Bordo 2.25.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, il tema di questo emendamento sono i fabbricati rurali ed il contenzioso che su questi vi è da lungo tempo, da quando ancora l'imposta sugli immobili si chiamava ICI.
  Con il nostro emendamento, intendiamo proporre una risoluzione definitiva al conflitto che vi è tra l'interpretazione data dalla Cassazione e quella dell'Agenzia del territorio. Infatti, la Cassazione ritiene che per qualificare l'immobile come rurale sia essenziale una determinata classificazione catastale, mentre per l'Agenzia del territorio si ritiene che sia necessario e sufficiente il possesso di fatto dei requisiti di ruralità. Chi in questi anni si è adeguato all'interpretazione dell'Agenzia del territorio ha trovato numerose difficoltà, soprattutto rispetto agli accertamenti dei comuni e alle prassi e ai contenziosi che si sono introdotti nell'arco del tempo.
  La procedura del 2011 non è stata risolutiva in questo senso e ora la disciplina dell'IMU ci risolve il problema per il futuro, non certo per il passato. Per quello, occorre intervenire nuovamente sulla normativa di interpretazione autentica, con un'aggiunta chiarificatrice. Abbiamo discusso di questo in Commissione, anche nelle ultime battute della Commissione, e non ci riteniamo soddisfatti dell'approvazione di un emendamento che, in qualche modo, andava in questa direzione perché, rispetto al testo che limita la platea di beneficiari a quelli che hanno presentato le domande di variazione catastale a decorrere dal terzo anno antecedente a quello del riconoscimento del requisito, il nostro emendamento non crea disparità, estendendolo di fatto a tutta la platea, e ricordando che i contenziosi hanno una vita non di tre, ma di cinque anni.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Franco Bordo 2.25, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Misuraca, Ruocco, Garavini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  324   
   Astenuti   85   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato   40    
    Hanno votato no   284.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 2.26, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pesco, Bobba, D'Arienzo, Taricco, Marotta, Gandolfi, De Micheli...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 74
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  412   
   Votanti  325   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato  321    
    Hanno votato no   4.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo agli identici emendamenti Busin 2.27, De Micheli 2.28 e Laffranco 2.29.
  Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Busin 2.27 non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e che i presentatori degli emendamenti De Micheli 2.28 e Laffranco 2.29 li ritirano.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 2.27, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Baruffi, Santerini, Giuditta Pini, Bolognesi, Lauricella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  411   
   Votanti  324   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato   46    
    Hanno votato no   278.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Gebhard 3.1.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gebhard 3.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gelmini, Garavini, Galperti, Colonnese...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  416   
   Votanti  328   
   Astenuti   88   
   Maggioranza  165   
    Hanno votato no   328.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Ricordo che la Presidenza ha dichiarato inammissibile per carenza di compensazione l'emendamento Fedriga 3.2, che prevede che la compensazione del minor gettito IMU in favore dei comuni delle regioni a statuto speciale diverse dalla Sicilia e dalla Sardegna debba intendersi integrale. Il deputato Fedriga ha contestato la decisione. Ricordo che per i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica vige un particolare regime di ammissibilità stabilito dall'articolo 123-bis del Regolamento, in virtù del quale non sono ammissibili gli emendamenti che rechino nuovi o maggiori oneri finanziari privi di idonea quantificazione e copertura. Al riguardo, desidero precisare che la formulazione del testo, come eventualmente modificata dall'emendamento, non assicura che l'onere derivante dalla disposizione sia in linea con quello quantificato dalla relazione tecnica, che ascrive specifici effetti di maggiore spesa alla disposizione nella sua attuale formulazione non riportati nel testo della medesima. Pertanto la compensatività dell'onere potrebbe sussistere soltanto nel caso in cui il Governo dichiari che i predetti effetti riportati nella relazione tecnica corrispondano effettivamente a quelli derivanti dalla corresponsione in misura integrale della compensazione del minor gettito IMU in favore dei comuni interessati. Chiedo quale sia l'orientamento del Governo, precisando che, in caso di risposta in senso positivo da parte del Governo, andrebbe considerato ammissibile anche l'emendamento Savino 3.5.

Pag. 75

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, premesso che il Governo esclude di avere atteggiamenti differenti tra le regioni ordinarie e quelle speciali, indipendentemente dai regolamenti di legge, e quindi non vi è alcuna idea di penalizzare alcune regioni rispetto ad altre, per quanto riguarda il quesito, noi non siamo in grado di dare una risposta positiva per la semplice ragione che la legge prevede che i comuni possano chiudere i bilanci entro il 30 novembre di quest'anno.
  Quindi, sino a quella data, noi non disponiamo del quadro complessivo dell'entità globale stabilita dai singoli comuni per quanto riguarda l'eventuale compensazione.

  PRESIDENTE. Quindi, alla luce di queste dichiarazioni, non si può che confermare la dichiarazione di inammissibilità.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, ringrazio anche la Presidenza di avere fatto chiarezza. Prendiamo atto che il Governo, in questo momento, ci sta dicendo che non sa se andrà a coprire il gettito IMU per gli enti locali. Non lo sa perché, se lo sapesse, saprebbe dire se vale anche per le regioni a statuto speciale non coinvolte nel comma 1 dell'articolo. Non sapendolo, perché dice che fino al 30 novembre non può dare un giudizio se vi sono abbastanza fondi per andare a coprire quello che ha detto il Governo, correggetemi se sbaglio...

  STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Ti sbagli !

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Adesso mi correggerete, però il Governo ha detto che, fino al 30 novembre, non sa quanto sarà da coprire, e quindi non può dare parere favorevole, nel senso che non può dire che l'emendamento non ha bisogno di copertura. Questo è quanto ha detto lei adesso ! Se mi dice cose diverse, l'emendamento è ammissibile. Se, invece, mi dice che non è in grado, perché lei non ha quantificato, vuol dire che non sapete se andrete veramente a coprire l'IMU per gli enti locali.
  Altre strade non esistono, se non cercare di seminare un po’ di fumo per confondere il Parlamento e chi ha fatto grandi battaglie sull'eliminazione dell'IMU. Infatti, rendere inammissibile questo emendamento significa che non vi sono le coperture per coprire la totalità dell'IMU per gli enti locali.
  Il Governo lo dica, dite che volete coprire soltanto parte dell'IMU, non tutta l'IMU, e che volete scaricare sugli enti locali delle decisioni per la campagna elettorale. Ditelo chiaramente, alzatevi e ditelo ! Abbiate almeno questa correttezza, davanti non soltanto al Parlamento, ma anche davanti ai nostri cittadini.

  PRESIDENTE. Essendo questo un intervento sull'ordine dei lavori sulla questione dell'inammissibilità, al massimo concederò un intervento per gruppo.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, il mio intervento sarà velocissimo, perché, anche da questa parte, si è capita la stessa cosa, nel senso che, a tutti gli effetti, sembra che non vi siano le coperture. Quindi, mentre l'onorevole Fedriga parlava ai banchi del Governo, il Governo ha replicato.
  I due rappresentanti del Governo qui seduti facevano degli ampi cenni di «no», quindi, se eventualmente volessero rispiegarci la ratio di questo provvedimento, noi siamo qui ad ascoltare. Da qui si è capita la stessa cosa che ha appena esplicato, e sulla quale non mi voglio dilungare, l'onorevole Fedriga.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Chiedo di parlare.

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  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire che ciò che il Governo ci ha rammentato e che ci era già chiaro dal lavoro delle Commissioni, è che il Governo non si impegna preventivamente a una copertura integrale dell'intera IMU 2013 a qualsivoglia aliquota i consigli comunali volessero pervenire da qui al 30 novembre.
  Il Governo si impegna peraltro – lo ha fatto in Commissione – ad una trattativa con l'ANCI per arrivare a un punto di caduta. Queste due decisioni del Governo, di cui prendiamo atto, ma che già conoscevamo dal lavoro delle Commissioni, si applicano in modo assolutamente uguale a tutte le regioni, ordinarie o speciali, del Nord o del Sud.

  GIOVANNI PAGLIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, qui, però, vi è un tema vero. Al di là che uno possa capire tutte le argomentazioni del Governo e del relatore, tuttavia esistono, come ho già avuto modo di dire, comuni che hanno chiuso il bilancio e hanno delle legittime aspettative.
  Alcuni comuni hanno chiuso a giugno il bilancio, prevedendo di avere incassi dall'IMU, magari alzando un'aliquota. Se noi non chiariamo questo nodo dal punto di vista politico, non possiamo limitarci ad una trattativa che l'ANCI dovrebbe fare, primo perché in questo caso non si tratta solo dell'ANCI, ma sono coinvolti anche i singoli comuni, al di là della loro rappresentanza.
  Infatti, per i comuni che hanno aspettato il 30 novembre, perché hanno tergiversato, va bene, ma agli altri cosa rispondiamo ? Avete chiuso il bilancio e lo dovete riaprire, come si sta facendo, perché non avete più la copertura: vi abbiamo tolto un diritto, che avevate, di usare un'imposta vostra per trovare le coperture al vostro bilancio.
  Questo non è un modo serio, diciamo così, di agire. Almeno, capisco sui comuni che il bilancio non l'hanno ancora chiuso, che potrebbero fare i furbi sapendo come sono le carte, ma a chi lo aveva chiuso prima, un riconoscimento gli andrebbe dato. Noi voteremo a favore di questo emendamento con questo spirito.

  PRESIDENTE. La ringrazio. L'emendamento non verrà posto in votazione, perché è inammissibile.
  Passiamo ora all'emendamento Fedriga 3.4, su cui c’è l'invito al ritiro da parte di Commissioni e Governo. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, questo è un emendamento che ha lo scopo di andare a tutelare proprio quelle regioni che, guarda caso, il Governo aveva escluso dalla prima stesura del decreto. Noi chiediamo che, anche in futuro in provvedimenti aventi ad oggetto una modulazione o la ridefinizione o la cancellazione dell'imposta sugli immobili, venga ovviamente garantita la compensazione per questi enti locali stessi. Adesso, votare contro questo emendamento, avendo queste tre regioni oltretutto autonomia esclusiva per quanto riguarda gli enti locali, vuol dire andare a dire che nel futuro si potrebbe andare a decidere con provvedimenti dello Stato su delle competenze, non soltanto competenze legislative, ma soprattutto competenze economiche, che sono esclusive di queste regioni. Quindi, chiediamo che per un principio di buon senso venga approvato questo emendamento anche, ripeto, in vista di provvedimenti futuri che il Governo ha annunciato più volte; quindi noi vogliamo mettere al riparo regioni per le quali il Governo inizialmente aveva escluso qualsiasi tipo di compensazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor presidente, intervengo in merito... perchè volevo parlare al Governo...

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  PRESIDENTE. Sì, è il caso di liberare i banchi del Governo. Deputata Polverini per favore, la prego, se possibile, di liberare i banchi del Governo.

  GIANLUCA BUONANNO. Non ce l'ho con la Polverini, che mi è anche simpatica, pur essendo di Roma, però.
  Dicevo, per quanto riguarda l'IMU, cari «governatori» tra virgolette, qua si fa una discussione dove voi avete stabilito che i bilanci di previsione dei comuni sono fino a novembre di quest'anno. Voi avete mai visto un'azienda privata che fa i bilanci di previsione all'undicesimo mese e poi c’è solo un mese per fare il bilancio definitivo ? Ma come facciamo a governare i comuni in questa situazione ? In realtà questo è un Governo da repubblica delle banane, perché c’è solo ancora uno spazio per fare qualcosa di peggio, cioè che l'anno prossimo ci dite che il bilancio di previsione si può fare entro l'anno 2014, così noi chiuderemo come al solito l'anno nel 2015, non sapendo ancora che soldi bisogna usare con l'IMU. Questa è la realtà. Quindi il vero problema, il peccato numero uno, è fatto dal Governo che non dà nessuna spiegazione sui soldi che arriveranno ai comuni e i comuni che devono poi intervenire sui cittadini.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIANLUCA BUONANNO. Questa è la realtà, e quindi dovete vergognarvi di quello che avete ideato e di quello che state facendo, perché alla fine voi fate fare a noi gli esattori per conto...

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha esaurito il tempo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fedriga 3.4, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Duranti, Sottanelli, Cimmino, Saltamartini, Pilozzi, Agostini Luciano, Aiello, Realacci, Giordano Silvia, Agostinelli, Brugnerotto... Chi non ha votato ancora ? Brugnerotto ancora non ha votato... Borghi... Borghi ha votato, Brugnerotto ha votato...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  317   
   Astenuti   89   
   Maggioranza  159   
    Hanno votato   16    
    Hanno votato no   301.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Pellegrino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busto 5.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Grassi, Paris, Boccadutri, Ricciatti, Chiarelli, Galperti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  405   
   Votanti  403   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  120    
    Hanno votato no   283.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Ciprini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e il deputato Crippa ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Lavagno 5.2.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

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  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, abbiamo derubricato così, con un passaggio, il fatto della totale incertezza di programmazione lasciata ai comuni per l'anno 2013, e molto probabilmente per quello che sarà il 2014. Questo mi lascia abbastanza perplesso, perché, se non concordo con l'onorevole Buonanno per cui i comuni sono uguali a delle imprese, concordo sul fatto che ciò sia del tutto assurdo rispetto alla programmazione di enti che dovrebbero garantire servizi ai propri cittadini, rispetto a questo. Tra i servizi c’è anche il mantenimento di quello che è il ciclo integrato dei rifiuti e quindi di ciò che riguarda la Tares, che è oggetto di questo emendamento. Ora, molta confusione è stata fatta su questo tipo di tassazione. Temo e temiamo che molta verrà fatta su quella che sarà la service tax, di cui tutti parlano ma nessuno legge nulla di chiaro ed è quindi in qualche modo un emendamento inteso come memorandum rispetto alle politiche di attenzione che vanno rivolte nei confronti dei comuni.
  È chiaro ed evidente che, al netto del fatto che i comuni e i sindaci per quest'anno abbiano fatto gli esattori per conto dello Stato per una quota minima ma consistente della tassa sui rifiuti, sulla Tares, è evidente come tutti i costi generati e buttati nella tariffa dai sindaci, siano fatti sui contratti di servizio, ovvero sui costi preventivi che i comuni pagano per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e non su quello che è un vero e proprio controllo di gestione. Questo genera il fatto che se un comune spende di più nei confronti di questi servizi non può rigirare tali spese nella tariffa, e se spende di meno, quindi facendo un'operazione virtuosa, non può ridurre questa stessa tariffa. Quindi, con questo emendamento noi promuoviamo e vi chiediamo di emendare e di eliminare la lettera c) che a questo fa riferimento.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lavagno 5.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Antimo Cesaro, Simone Valente, Bargero, Cancelleri, Tripiedi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  406   
   Votanti  405   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato  124    
    Hanno votato no   281.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Pesco 5.3 e Busin 5.4.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, questo emendamento partiva dal presupposto che si fosse, con questo provvedimento che stiamo approvando oggi, iniziato un percorso virtuoso nella definizione di questa tassa e che finalmente essa fosse commisurata a quanto effettivamente prodotto in termini di rifiuti da parte degli utenti. Dobbiamo ricrederci perché, con gli ultimi emendamenti, con la Tares si è fatto un passo indietro. Praticamente il Governo cosa ci ha detto ? Ci ha detto: dateci i 30 centesimi che vi abbiamo chiesto al metro quadro. Tra l'altro, si tratta di un'imposta, neanche di una tassa, secondo noi incostituzionale perché non ha nessuna relazione con la capacità contributiva. Si è tornati indietro, quindi, con la Tares, e noi proponiamo un percorso ancora più evoluto verso, appunto, la definizione della tassa rispetto a quanto effettivamente conferito. A questo punto, il presente emendamento, pur restando logico e assolutamente opportuno, ci sembra quasi utopico per l'attuale Governo che, anche in questo caso, avendo l'occasione di fare un passo avanti nella definizione di questa tassa, ha fatto, invece, un passo indietro tornando al punto di partenza.Pag. 79
  Sottolineiamo anche il fatto che, con il testo non emendato, molti comuni, i soliti comuni virtuosi, quelli che vorrei chiamare, senza usare una parola che non si possa usare, i comuni fessi o i cittadini fessi, sono corsi a modificare questa tassa prendendosi gli strali dei contribuenti, perché l'introduzione della Tares secondo i principi esposti nel testo non emendato provocava notevoli problemi ai cittadini provocando degli aggravi consistenti, anche triplicati, rispetto alla precedente normativa, per gli esercizi commerciali e per i ristoratori. Adesso questi comuni che hanno fatto lo sforzo di adeguarsi alla direttiva, come ripeto non emendata, si ritrovano che all'ultimo momento questa viene modificata e hanno fatto tutto il lavoro per niente e si trovano come sempre penalizzati perché primi della classe. È un malcostume tipicamente italiano. Questa volta lo ribadiamo, lo facciamo di nuovo nostro e diciamo ai cittadini onesti, ai comuni virtuosi, a chi intende adeguarsi a quanto prescritto: state sbagliando tutto, siete nel Paese sbagliato, fate come tutti all'ultimo momento, anzi aspettate la scadenza perché tanto ci sarà una specie di amnistia o di azzeramento e indulto per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, anche noi siamo un po’ delusi dall'operato del Governo, in quanto questa poteva essere l'occasione in cui finalmente per la prima volta il Governo, quindi la nazione intera, poteva iniziare a pagare la tassa sui rifiuti effettivamente sulla quantità e sulla qualità di rifiuti prodotti. Abbiamo pensato di dare quindi tempo due anni ai comuni per potersi adeguare a questa nuova tipologia e, in realtà, invece no, il Governo no, il Governo dice che si continuerà a calcolare la tassa sui metri quadri, cosicché se si ha un immobile e magari non lo utilizza neanche, non ci si vive, non ci si fa niente, su quell'immobile si dovrà pagare la tassa per rifiuti non prodotti. Secondo noi questo è assolutamente ingiusto in un'ottica dove chi produce effettivamente rifiuti deve pagare e non solo chi ha l'immobile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, spiace anche al noi che non abbiamo presentato questo emendamento, ma lo sosterremo e lo voteremo, che il Governo non intraprenda una strada che era prevista dalla normativa alla fine degli anni ’90, quella di commisurare effettivamente il costo del servizio rispetto alla quantità e alla qualità di rifiuto prodotto. Ci sembra assurdo che, invece, al tanto agognato passaggio da tassa a tariffa, che a molti comuni è stato impedito di fare, non si potesse fare un passaggio in più attraverso l'introduzione di questa nuova forma di tassazione e non di tariffa. Per cui è assolutamente corretto quanto previsto dall'emendamento, dei due anni di monitoraggio per effettivamente tarare e garantire, attraverso una tassazione, anche una premialità nei confronti di comportamenti virtuosi che in molti comuni avvengono e in cui mancano gli strumenti effettivamente per essere garantiti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fragomeli. Ne ha facoltà.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, una precisazione in merito al principio, nel senso che può essere anche condivisibile, ma rimane il fatto che la Tares ha vita breve. Siamo tutti conoscitori del fatto che a fine anno finirà la sua vita e stiamo già studiando, è in fase appunto di studio da parte del Governo, l'introduzione della service tax.
  Quindi sarà quello il momento per l'introduzione di nuovi criteri e di nuovi principi. Riproporre una questione di approfondimento nei prossimi due anni, Pag. 80quando sappiamo che tra tre mesi non esisterà più la TARES, ci sembra poco corretto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, rimango perplesso, perché già prima mi è stata data una risposta vaga sulla questione dell'IMU sulle piattaforme e ancora adesso mi vengono a dire: «Stiamo lavorando, tranquilli, nel giro di poco riusciremo a capire». Se nessuno sa ancora cosa finirà dentro la service tax, direi che questo è un modo per riuscire a mettere una «pezza». Se poi riuscirete a mettere in piedi qualcosa che abbia un senso, più avanti eventualmente potrete abrogare questa parte qui, se avete capacità di farlo. Se, invece, andiamo avanti con il paraocchi perché è un emendamento di buon senso come quello di prima ma, adesso, forse non è il caso, continuiamo così che l'Italia va bene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Pesco 5.3 e Busin 5.4, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia... Pastorino... Vignali... Chaouki... Castricone... Santerini... Ruocco... Giammanco... Dorina Bianchi... Polidori... Ruocco ancora non riesce a votare...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti   413   
   Maggioranza  207   
    Hanno votato  129    
    Hanno votato no   284.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo agli identici emendamenti Molteni 5.5 e Coppola 5.6.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Molteni 5.5 e Coppola 5.6, formulato dal relatore.

  PAOLO COPPOLA. Signor Presidente, vorrei chiedere al Governo di rivalutare il parere, considerato che questo è un emendamento che cerca di risolvere un problema almeno puntualmente relativo al costo nascosto della burocrazia, pensando soprattutto alle piccole imprese artigiane che non chiedono neanche più di non pagare la maggiorazione; chiedono semplicemente di evitare un aggravio burocratico perché sembra che questo aspetto non venga considerato sufficientemente. Quindi, la nostra è una richiesta al Governo di rivalutare il parere nell'ottica di ridurre l'aggravio burocratico che è un costo per tutte le nostre imprese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, per chiarire cosa ci dicono il Governo e la maggioranza con questo provvedimento. Dicono ai comuni: «Fate voi con le rateizzazioni che trovate più consone, più favorevoli ai vostri contribuenti, ma i trenta centesimi che dovete a noi, calcolati in base al metro quadro, ce li dovete dare subito». È un'occasione per parlare ancora di questo balzello che poi tanto balzello non è perché rappresenta un incasso per l'erario di circa un miliardo di euro. Quindi non stiamo parlando di poche cose. È un'imposta, non si sa se è un'addizionale sull'IMU. Inoltre la pagano anche gli inquilini e, quindi, non si capisce sulla base di quali servizi indivisibili gli inquilini paghino questa invenzione, questo furto (chiamiamolo pure così) che lo Stato fa ai danni dei cittadini.
  È l'occasione, appunto, di denunciare questo vero e proprio furto e dire quanto lo Stato metta le mani in tasca in modo Pag. 81prepotente ai comuni attraverso i sindaci, che vengono usati come degli esattori per conto altrui.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Molteni 5.5 e Coppola 5.6, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malpezzi, Nicchi, Gadda, Pellegrino, Zan, Covello, Palma... Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  411   
   Votanti  325   
   Astenuti   86   
   Maggioranza  163   
    Hanno votato   46    
    Hanno votato no   279.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Castelli 5.7.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Castelli 5.7 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, visto che qui in Aula è presente il Viceministro, vorrei partire da un'affermazione fatta da un suo, dico, compagno di partito, perché siete abituati a chiamarvi così, cioè Renzi, il sindaco di Firenze, che l'ha etichetto dicendo: «Fassina sarà un bravo tecnico, però siccome non ha mai fatto l'amministratore non capisce niente».
  Allora, io le chiedo, Viceministro: ma sulla questione della TARES, questo cambiamento continuo mi fa pensare che abbia ragione Renzi a definirla così, perché se la colpa è sua o di chi la vuole insieme a lei, o del Ministro insieme al Governo, tutti insieme insomma, vi rendete conto che mettete in difficoltà in maniera... non la vedo più, perché c’è il presidente della Commissione bilancio davanti, che cercava di difenderla, forse. Dicevo, non vi rendete conto della difficoltà in cui mettete i comuni continuando a cambiare le regole ? Ma secondo voi, noi siamo dei cretini che dobbiamo dire questo ai nostri cittadini, che sono quelli che pagano le tasse ? Secondo voi, i cittadini hanno il portafoglio del Governo, hanno il portafoglio della regione, hanno il portafoglio della provincia, hanno il portafoglio del comune ? Hanno un portafoglio solo ! Non si possono cambiare le regole trenta volte e noi, continuamente, ad informare i cittadini.
  E secondo lei, gli amministratori sindaci possono far pagare la TARES tutta insieme a dicembre ? No ! Abbiamo cercato di fare degli anticipi, però calcolati su quello che il comune intendeva e vedeva che...

  PRESIDENTE. È il caso di liberare i banchi del Governo, per favore.

  GIANLUCA BUONANNO. ... su quello che il Governo mandava come input. Ma, nella realtà, e sto cercando veramente di fare un discorso serio: io non ce l'ho con lei, onorevole Fassina, non ce l'ho con lei come persona, ma come politico sì, perché lei, insieme a tutti gli altri, la deve smettere di andare in televisione o alla radio a dire delle cose, quando mandate al macello, invece, gli amministratori che fanno il vostro lavoro ! Perché voi non siete in grado di fare niente, perché non capite niente di amministrazione locale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Non capite niente, anzi, mi verrebbe da dire non capite un cazzo di amministrazione locale !

  PRESIDENTE. Si rivolga con rispetto. La richiamo all'ordine.

  GIANLUCA BUONANNO. Perché ogni tanto una parolaccia ci vuole !

  PRESIDENTE. L'ho già richiamata all'ordine una volta.

Pag. 82

  GIANLUCA BUONANNO. La fa Fazio, la fa la Littizzetto, che prendono milioni di euro, magari. Dicevo, la questione della TARES è anche la questione in cui voi avete fatto delle tabelle, dei coefficienti, con riferimento alla quale adesso si cambiano le regole, ma le banche sono le uniche che dovranno pagare meno la tassa dei rifiuti rispetto a prima. Ma vergognatevi ! Le banche sono associazioni a delinquere per certi aspetti e le banche sono frutto di quello che è il sistema che non va più e voi gli avete fatto pagare meno la TARES – complimenti ! – con i vostri coefficienti !
  Ma chi sono gli scienziati che avete nel Ministero ? Chi sono quegli scienziati che vengono a dirci che le banche devono pagare meno l'immondizia, mentre le famiglie numerose, quelle che voi dite di difendere – voi di sinistra dite di difendere le famiglie numerose – sono quelle che pagano di più l'immondizia ! Lo sapete o non lo sapete ? Li avete letti i coefficienti o avete giocato a RisiKo ? Perché questo è quello che succede: le famiglie numerose pagano di più e le banche pagano di meno. Complimenti ! Complimenti, signor viceministro, avete fatto una bella cosa ! Poi quando va a Ballarò o a Pinco Palla le dica queste cose perché mi piacerebbe una volta confrontarmi con lei, con quelli come lei che non capiscono niente di amministrazione locale, che non sapete quali sono gli effetti di quello che volete partorire...

  PRESIDENTE. Si rivolga con rispetto al Governo, per favore.

  GIANLUCA BUONANNO. Dopodiché l'altra bella pensata, signor viceministro, è che avete messo la «tassa sulla tassa» cioè noi andiamo a pagare l'immondizia e poi dobbiamo pagare una percentuale – come fosse la mafia, la camorra o la ’ndrangheta – paghiamo la percentuale per Roma, complimenti ! La percentuale della tassa sulla tassa, neanche nel medioevo c'erano queste cose. E chi le paga ? Sempre i soliti ! Perché c’è una parte del Paese che paga e c’è una parte del Paese che non paga. Qui mi riallaccio, signor viceministro, a una cosa che ho detto in questo Parlamento un po’ di tempo fa.

  PRESIDENTE. Deputato Buonanno, concluda.

  GIANLUCA BUONANNO. Mi avvio a concludere signor Presidente; quando dicevo che ci sono le case abusive, c’è l'abusivismo, qui tutti a gridare: razzista, non è vero ! Un milione e 300 mila abitazioni che non esistevano al catasto sono state fotografate e da dove arrivano queste case ? Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Sardegna. E chi paga l'IMU, secondo voi ? Le case fantasma o quelle che sono accatastate ? E l'immondizia, la pagherà chi ha la casa accatastata e sanno dove abita oppure no ? Questa è la realtà signor viceministro. Volesse fare una cosa intelligente, facesse pagare a chi non ha mai pagato e riducesse le tasse a chi continua a pagarle. Questo dovrebbe fare, viceministro !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fragomeli. Ne ha facoltà.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, so che è difficile mantenere la coerenza da un giorno all'altro nell'espressione dei pareri in questa Camera dei deputati, ma sentire, oggi, l'onorevole Buonanno che addirittura contraddice esattamente l'emendamento presentato dai suoi colleghi Busin e Borghesi, cinque minuti fa, rispetto ai criteri di calcolo della TARES – perché non mi pare che si evincesse in questo emendamento nessun riferimento né alle famiglie numerose né alla produzione di rifiuti, anzi, si diceva esattamente che il calcolo della TARES doveva essere stabilito proprio in base alla quantità di produzione di rifiuti – mi fa pensare che almeno un po’ di coerenza, di cinque minuti in cinque minuti, è necessario mantenerla, altrimenti qui parliamo del nulla.

Pag. 83

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,15).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 5.7, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia, Chaouki, Rostan, Di Salvo, Vignali...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  412   
   Maggioranza  207   
    Hanno votato  127    
    Hanno votato no   285.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Busin 5.8 su cui vi è un invito al ritiro.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Riprendendo il discorso di prima...

  PRESIDENTE. Sì, ma non le stesse parole, onorevole Buonanno.

  GIANLUCA BUONANNO. Io non leggo mai, vado a braccio...

  PRESIDENTE. Basta che lei sappia che è stato richiamato all'ordine una volta. Questo è sufficiente.

  GIANLUCA BUONANNO. Si ho capito è sempre la stessa cosa, parla Buonanno e subito a minacciare. Complimenti, va bene.
  Comunque, penso una cosa, senza citare né parolacce né niente, ogni tanto credo sia necessario anche un esame di conoscenza da parte di chi fa i provvedimenti perché è meglio magari dire una parolaccia ma fare provvedimenti fatti bene; invece, i provvedimenti che sono stati emanati sono provvedimenti che vanno a stangare i cittadini, che vanno a bastonarli ! Poi non bisogna andare in televisione o fare le interviste sui giornali per dire: difendiamo la famiglia, difendiamo questo, cerchiamo di tirare giù le tasse, quando in realtà fate come il mago Houdini, da una parte le tirate via e dall'altra le rimettete con il totale, in finale, sempre più, da far pagare ai cittadini.
  Questa è la realtà, e glielo dico perché sono in trincea, perché lo vedo, non perché sono più intelligente o penso di saperne di più. Non sono ipocrita come la sinistra, che parla sempre, che ha tanti comuni dove amministra; ma questi provvedimenti sono contro le persone. A chi prima mi ha detto «devi essere più coerente», io ho fatto un discorso senza fare distinzione di colori politici di che cosa significa la TARES con le banche sulle famiglie, dopo di che sappiamo tutti cosa sta capitando. Come dicevo prima anche a un altro collega, Lavagno, di Sinistra Ecologia Libertà, io ho fatto l'esempio delle aziende, ma so benissimo anch'io che i comuni non sono delle aziende e non devono ragionare come delle aziende, però ho fatto l'esempio perché se le aziende facessero così sarebbero già tutte fallite; e va beh che avanti di questo passo, con questo Governo, rischiamo davvero di vedere questo finale. Ma i comuni non possono riuscire a fare le cose programmate se fanno il bilancio di previsione all'undicesimo mese rispetto al dodicesimo mese. È impossibile ! E noi comunque neanche l'anno successivo sappiamo esattamente quanti soldi ci dà lo Stato. Questa è una cosa che non funziona, e quello che dicevo prima della TARES è che non possiamo permetterci di mettere una tassa sulla tassa, perché chi paga continua a pagare. Ma volete colpire chi non paga ? A quel milione e 300 mila abitazioni abusive non dovete solo chiedere il condono o cose varie che fanno i comuni, ma dovete colpire quei comuni, perché gli amministratori di quei comuni sono conniventi Pag. 84come se fossero dei mafiosi, perché non possono non vedere decine di migliaia, centinaia di migliaia di abitazioni fatte senza sapere che esistono ! Quelli sono amministratori che sono come la mafia, come la ’ndrangheta, e poi sono i primi che piangono: chiagne fotte. Non esiste questa cosa, perché quelli che invece si comportano bene – sto parlando di amministrazioni di ogni colore politico – si sentono presi in giro, perché quando uno fa le verifiche nel proprio comune difficilmente gli scappa qualcosa. Certo, può capitare, ma non è possibile che ci siano 1.300.000 abitazioni che non esistevano al catasto e che ci sono voluti due anni di lavoro con gli aerei per fotografarli. Neanche in Colombia, per vedere dove sono le piantagioni per fare la cocaina, succedono queste cose. E questo vuole essere un Paese industrializzato ? Dove sono gli amministratori dei territori, quelli che ho citato prima ? Dove sono Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Basilicata, Sardegna ? Dove sono quegli amministratori che non hanno visto crescere non un fungo – perché adesso siamo nel periodo dei funghi e da noi ci sono i porcini, in Val Sesia, bellissimi –, ma crescono le case ! E per fare una casa non ci vuole un minuto, un giorno o un mese. Nessuno ha visto niente ? Allora quando si identifica il sud come le tre scimmiette (non vedo, non sento e non parlo) probabilmente – anzi, è così – funziona così. Ma chi si sente preso in giro è il cittadino onesto, mentre in Italia gli onesti non vengono tutelati e i disonesti continuano ad essere premiati. Invece di Roma capitale, sarebbe da decapitare Roma. Roma «decapitalizzata», questo dovrebbe essere.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.8, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia, Taricco, Misuraca, Palma.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  408   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato   38    
    Hanno votato no   370.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fragomeli 5.9, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia, Realacci, Bargero, Leva.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  415   
   Votanti  400   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato   308    
    Hanno votato no   92.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Busin 5.10 sul quale le Commissioni hanno formulato un invito al ritiro che non è stato accolto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, noi chiediamo l'abolizione di questo balzello, di 30 centesimi, perché è palesemente anticostituzionale e vorrei anche spiegare il perché visto che mi è concesso un po’ di tempo. È una tassa, un'imposta, non si capisce bene, un ibrido, un «furto» diciamo, che è calcolato al metro quadro. Il metro quadro notoriamente non è un indicatore di capacità contributiva; per fare un esempio, questo balzello lo pagano allo stesso modo, al metro quadro, chi abita ai Parioli a Roma e chi abita nella più triste periferia della città, tutti allo stesso modo. Non solo, lo pagano gli inquilini che notoriamente hanno una capacità Pag. 85contributiva inferiore generalmente, non si può dire tutti ma generalmente inferiore ai proprietari delle case, proprio nel provvedimento in cui noi esentiamo i proprietari della case dal pagamento dell'IMU sulla prima casa. Mi sembra assolutamente oltre che incostituzionale, ingiusto, qualcosa da togliere. Questo è il senso del nostro emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, condividiamo assolutamente questo emendamento perché tutte le argomentazioni del collega Busin sono corrette. Cioè questa è l'ennesima piccola tassa non progressiva sulla casa, questa rimane e se ne va l'IMU anche sulle case di lusso, per di più con l'aggravante che una tassa che viene diciamo concepita, scritta e descritta come una tassa che dovrebbe essere al servizio degli enti locali e per quelle che dovrebbero essere i servizi indivisibili, poi viene trasferita in toto allo Stato e questo è, anche dal punto di vista giuridico, una comica.
  Facciamo le cose per i servizi dei comuni ma per il primo anno viene data interamente allo Stato in nome di un principio inesistente; quindi il decoro vorrebbe far sì che questo si votasse.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, solo per far presente ai colleghi dell'importanza del dare il voto favorevole a questo emendamento, il collega Busin lo ha spiegato chiaramente, ma in questo momento non solamente stiamo appesantendo, o meglio si sono già appesantiti i cittadini di una ulteriore tassa, ma una tassa scollegata anche dal fine per il quale dovrebbe in teoria essere stata stipulata quando è stata introdotta.
  Noi chiediamo semplicemente che se bisogna rivedere le capacità contributive in relazione ai servizi che erogano gli enti locali, siano effettivamente mirate a tal fine; oltretutto considerando che questa sembra l'ennesima appropriazione indebita da parte dello Stato centrale che non riesce a tagliare gli sprechi però ad aumentare le tasse per i nostri cittadini ci riesce regolarmente in ogni provvedimento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, oltre a quello già detto dai miei colleghi vorrei ricordare una cosa molto assurda. Infatti questa è una tassa, appunto, uguale per tutto il territorio: dovrebbe essere una tassa che dovrebbe andare a ricoprire i costi indivisibili dei comuni. A parte che va direttamente allo Stato, ma anche se andasse ai comuni sarebbe sbagliata perché se un ente locale, se un comune per, ad esempio, la spesa per l'illuminazione pubblica riesce a diminuirla perché fa degli investimenti utilizzando nuovi sistemi di efficientamento energetico, dunque ha un risparmio sui costi, perché questo risparmio che riesce a ottenere come comune non può darlo ai propri cittadini e, dunque, riuscire ad abbattere il costo di questo servizio ?
  È come quello che si diceva prima, per quanto riguarda la tassa dei rifiuti e per quanto riguarda il compostaggio, è logico che noi diciamo che la tassa rifiuti deve essere commisurata all'effettiva quantità di rifiuti prodotta nella famiglia e nella mia azienda.
  È fattibile, non si contano né i metri quadri...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MATTEO BRAGANTINI. ... né il numero degli abitanti, ma ci sono sistemi, che si stanno studiando da dieci anni, di utilizzare attraverso le tesserine e attraverso...

Pag. 86

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MATTEO BRAGANTINI. ... e attraverso il peso dei rifiuti per poter veramente pagare il giusto.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.10, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rostan, Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti   397   
   Maggioranza  199   
    Hanno votato  133    
    Hanno votato no   264.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Busin 5.12.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, anche qui il motivo è sempre lo stesso precedentemente esposto, si chiede almeno di dimezzare questo «balzello», renderlo meno pesante, metterlo a 15 centesimi anziché 30 e così diminuire il grado di ingiustizia di questa che è una vera e propria «patrimoniale occulta», pagata anche da chi il patrimonio non l'ha, quindi un assurdo che vorremmo cancellare o almeno limitare con questo emendamento.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.12, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Binetti, Polidori, Battaglia...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  402   
   Votanti  401   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato  124    
    Hanno votato no   277.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Busin 5.13.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, con questo emendamento cerchiamo almeno di ridurre questa tassa ingiusta, questo balzello messo a carico dei comuni ma incamerato dallo Stato centrale. Lo facciamo attraverso un aumento delle tasse verso le banche, che riteniamo possano sopportare un esproprio maggiore da parte dello Stato, ma soprattutto, tornando al ragionamento di prima, volevo completare il ragionamento perché prima si diceva che giustamente i cittadini devono pagare in base ai rifiuti prodotti e si può fare, ci sono sistemi allo studio da 10-15 anni – quando si stava ipotizzando di passare alla famosa TIA – di pesare quanto era la produzione di ogni singola famiglia di rifiuti veri, perché sennò andiamo a disincentivare ad esempio la raccolta differenziata o quei comportamenti virtuosi che le nostre famiglie in questi anni stanno facendo, quello di dividere i vari tipi di rifiuto tra organico, tra le varie tipologie – se plastica, vetro o via dicendo – oppure ad esempio utilizzare dei prodotti che possono essere messi nel compostaggio invece di essere messi nel secco. Questa era la logica della TIA, di dire che se una famiglia virtuosa decide ad esempio, invece di usare i pannolini usa e getta, che creano una grande raccolta di rifiuti per quanto riguarda il comune, di utilizzare quelli riutilizzabili, perché non gli diamo una mano ? Questo si sarebbe dovuto fare non certo guardando semplicemente i metri quadri di una casa e quanti Pag. 87sono gli occupanti di quella casa, ma quanti rifiuti veri produce quella famiglia.
  Se una famiglia è virtuosa e decide, ad esempio, invece di usare i pannolini usa e getta, che creano una grande raccolta di rifiuti per quanto riguarda il comune, utilizzano quelli riutilizzabili, perché non le diamo una mano ? Questo si sarebbe dovuto fare non certo guardando semplicemente i metri quadri di una casa e quanti sono gli occupanti di quella casa, ma quanti rifiuti veri produce quella famiglia perché, se è una famiglia virtuosa che preferisce utilizzare – come dicevo prima – degli imballaggi che sono molto più ridotti ed ecocompatibili di altri che magari sono più comodi, facendo una scelta e facendo una cernita dei prodotti che si possono acquistare, con una tassa basata solo sul numero degli abitanti di quella casa e i metri quadri, non andiamo a incentivare questi comportamenti virtuosi e onerosi dal punto di vista della fatica dei nostri cittadini.
  Per questo motivo, noi continuiamo a dire che la tassa rifiuti, siccome dovrebbe andare a ricoprire il costo per quel comune per i rifiuti, dovrebbe essere calibrata solo sull'effettiva quantità di rifiuti che ogni famiglia e ogni attività produce perché riguarda anche le attività produttive che potrebbero effettuare dei comportamenti virtuosi che sono un po’ meno redditizi se questo gli comporta un beneficio dal punto di vista della tassa dei rifiuti. Dobbiamo fare questo ragionamento sennò i nostri cittadini perché devono cercare degli imballaggi meno grandi e cercare dei comportamenti che magari costano di più, se dopo alla fine vedono che la loro tassa continua ad aumentare semplicemente perché lo Stato centrale ha bisogno di soldi e usa i comuni semplicemente come esattori ? Dopo, magari, invece di tagliare quegli sprechi di quei comuni che non sono virtuosi, magari questi soldi li dà a quei comuni che hanno sperperato fino ad adesso e che magari sono in dissesto, come magari Roma capitale, che avrà bisogno di altri 500 milioni e lo Stato arriva e glieli dà, mentre i comuni che sono stati virtuosi, siccome sono stati virtuosi, si possono ancora bastonare.

  PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei di lasciare liberi i banchi del Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, solo per dire al collega Busin – lo dico anche al collega Crippa, che l'aveva sostenuto prima – che è chiaro che la ratio – questo peraltro è quello che ha chiesto la Commissione Ambiente nel suo parere ed è quello che il Ministro dell'ambiente si è impegnato a fare – è che la tassa sui rifiuti debba essere una tariffa e non possa essere un balzello generico applicato ai metri quadri e che debba indurre comportamenti virtuosi da parte delle famiglie e delle imprese.
  Questo è l'impegno che tutti vogliamo e, in questa direzione, bisogna lavorare perché è chiaro che, se invece diventa un balzello e una tassa indipendente dai comportamenti, c’è un passo indietro delle politiche ambientali ed una deresponsabilizzazione dei cittadini. Su questo siamo d'accordo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fragomeli. Ne ha facoltà.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Signor Presidente, una precisazione rispetto a quello che è avvenuto anche nelle Commissioni Bilancio e Finanze congiunte. Il lavoro che è stato fatto con l'approvazione di alcuni emendamenti è andato proprio nella direzione di contenere l'aumento della TARES, quest'anno, in una contingenza particolarmente negativa per le famiglie e per le imprese. I comuni hanno l'autonomia di poter applicare la TIA-TARSU al posto della TARES per quest'anno. L'abbiamo appena approvato e anche rimodulato in un emendamento quest'oggi. Quindi – mi sembra importante rimarcarlo – che c’è sicuramente Pag. 88l'aumento del 30 per cento che va allo Stato ma, per quanto riguarda i famosi aumenti del 300, 500 e 1.000 per cento, che potevano essere applicati a determinate categorie di contribuenti, non ci saranno più se l'ente locale, nel rispetto della sua autonomia, deciderà di mantenere il tributo dell'anno precedente.
  Quindi, mi sembra importante rimarcare questo perché è un lavoro fatto nelle Commissioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, per ricordare che quanto è stato fatto di passi in avanti rispetto ai comportamenti virtuosi, in buona parte, è stato fatto dai comuni, da quei comuni che hanno voluto credere a determinate politiche e nel rispetto delle direttive europee, molto più di quanto non sia avvenuto per normativa italiana.
  Mi sembra che siamo molto lontani da questo passaggio perché, ancora una volta, invece di andare nella direzione dell'effettiva produzione di rifiuti e modalità di smaltimento, noi ancora abbiamo come modalità di tassazione il metro quadro come unica entità di tassazione.
  Ora, io rimango – e rimaniamo convinti – che sia sbagliato e non giusto che nella TARES ci sia una quota per la quale i sindaci fanno da esattori per i comuni. Poi vediamo questi emendamenti dei colleghi della Lega, che poi provano a mediare e dicono che qualcosa è meglio del niente, quindi, lo 0,20 o lo 0,15.
  Rimaniamo però assolutamente perplessi rispetto a questa modalità, che è una modalità assolutamente non corretta di intervenire, proprio perché non va nella direzione né di virtuosità, né di premialità di quei comuni che si sono adoperati perché determinati concorrenti virtuosi, nella riduzione e nella differenziazione del rifiuto, potessero essere messi in atto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, solo per replicare all'ultimo intervento fatto dal mio collega. È vero che lasciamo ai comuni la possibilità di applicare la vecchia TIA o la vecchia TARSU, ma il problema è che i comuni cosiddetti virtuosi, che fanno le cose fatte per bene, che seguono la legge in modo disciplinato, hanno dovuto programmarsi per tempo per applicare questa nuova tassa, la TARES, perché aveva dei problemi di applicazione per essere resa concreta e attuale. Cosa succede ? Che adesso con questa retromarcia, diversa rispetto al testo non emendato, questi comuni che si sono prodigati a seguire quanto prescritto, si trovano spiazzati e si trovano come sempre i soliti fessi che seguono le regole senza aspettare non l'ultima, ma la campanella una volta che sia suonata.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busto. Ne ha facoltà.

  MIRKO BUSTO. Signor Presidente, volevamo giusto ricordare la posizione del MoVimento, che è quella che la tassa dei rifiuti deve essere commisurata al reale consumo e alla reale produzione di rifiuti, quindi ogni tentativo ed ogni diversificazione che tenga in considerazione soltanto i metri quadri non corrisponde alle direttive che ci dà anche l'Unione europea, che sono quelle del principio del «chi inquina paga». Quindi noi abbiamo presentato alcuni emendamenti in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.13, con il parere contrario della Commissione del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).
  Baruffi, Bargero, Ventricelli, Boccuzzi...Pag. 89
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  404   
   Votanti  403   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  130    
    Hanno votato no   273.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.14, con il parere contrario della Commissione del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione. Onorevole Buonanno, io la prego però di non chiedere la parola ogni volta che sto dicendo che la votazione è aperta, se no la prossima volta non posso darle la parola. Siccome passa del tempo prima che io ponga in votazione, adesso le do la parola, ma la prossima volta la prego di chiedere la parola per tempo. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Non la voglio più.

  PRESIDENTE. Bene, la ringraziamo tutti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 5.14, con il parere contrario della Commissione del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ventricelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  395   
   Votanti  308   
   Astenuti   87   
   Maggioranza  155   
    Hanno votato   42    
    Hanno votato no   266.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Boccadutri ha segnalato che non è riuscito a votare e la deputata Mucci ha segnalato di aver votato a favore mentre avrebbe voluto astenersi).

  Passiamo all'emendamento Castelli 6.1.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 6.1, con il parere contrario della Commissione del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gnecchi, Ragosta, Chiarelli, Nesci...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  401   
   Votanti  400   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  201   
    Hanno votato  104    
    Hanno votato no   296.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Pesco 6.2. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Pesco 6.2, formulato dal relatore.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, in pratica lo Stato acconsente al fatto che la Cassa depositi e prestiti, partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, presti alle banche una quantità indefinita di risorse per emettere nuovi mutui ipotecari. Ora, sappiamo benissimo che la Cassa depositi e prestiti amministra il risparmio postale. Quindi, ci sarebbe piaciuto che, almeno in questa occasione, fosse stato espresso un limite nell'erogazione di questi finanziamenti verso le banche, in quanto ci lascia un po’ perplessi Pag. 90il fatto che non venga identificato alcun limite. Si parla di un miliardo, forse due.
  Ecco, noi abbiamo chiesto che questa somma sia quantificata in massimo un miliardo. Abbiamo visto che ci avete bocciato l'emendamento di prima, dove chiedevamo che il limite massimo non fosse più di 600 milioni. Speriamo che con un miliardo le cose cambino !
  Vorrei aggiungere una cosa: questo miliardo servirà per emettere nuovi mutui, ma, fortunatamente, le banche daranno una garanzia per l'emissione di questi finanziamenti. La garanzia si chiama covered bond. In pratica, le banche danno la possibilità alla Cassa depositi e prestiti di acquistare delle obbligazioni con a garanzia dei mutui emessi o da emettere: anche di questo non è spiegato nel decreto-legge, com’è fatto.
  In pratica, noi abbiamo il dubbio che le banche possano approfittare un po’ di questo sistema per «piazzare» dei mutui, magari non più sicuri come prima, in questi pacchetti di mutui a base delle garanzie per l'emissione di questi finanziamenti. Ecco che quindi siamo ancora nuovamente perplessi: da una parte per il limite, dall'altra per il sistema.
  Però ci dicono che, comunque, il covered bond è un sistema molto sicuro; ci dicono, anzi, ci ha proprio detto l'amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, che la Cassa ha le spalle abbastanza grosse per poter sopportare un minimo rischio. Minimo o grosso a noi non interessa: il rischio c’è, il risparmio postale va tutelato e noi siamo dell'opinione che un limite vada espresso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, sono un po’ stupita del giudizio del Governo, perché, forse, tra Ministeri e Ministri non si parlano. Infatti, il Ministro Lupi va in giro per il Piemonte dicendo che egli si occuperà in prima persona delle politiche per la casa.
  E allora, scusate, qual è il problema di aumentare i milioni che, in questo caso, sarebbero dati al fondo ? E poi non possiamo sentire parlare di problemi di coperture, dal momento che il Governo stesso, su alcune cose, non cerca e non vuole mettere le coperture, ma basta solo un timbro della Ragioneria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pesco 6.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Molteni, Baruffi, Mucci, Di Salvo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  399   
   Maggioranza  200   
    Hanno votato  103    
    Hanno votato no  296.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gianluca Pini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento 6.100 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, ci tocca ribadire la nostra contrarietà a questo emendamento, che non fa altro che ripristinare nel testo una soluzione originaria che era stata, su un nostro emendamento, tolta dal decreto-legge. Stiamo parlando appunto della destinazione di quelle risorse messe a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti: noi chiedevamo, e ci sembrava che si fosse, su questo, raggiunto Pag. 91un accordo in Commissione, che tali risorse dovessero essere destinate a mutui prima casa, esclusivamente a mutui prima casa.
  Qui torna, con un emendamento, devo dire, del Governo, della maggioranza, non si capisce di chi, ad essere introdotto il principio che questi potrebbero teoricamente essere utilizzati – a questo punto pare di capire – anche per seconde, terze, quarte case. Che bisogno ci sia di mettere in utilizzo risorse pubbliche o indirettamente pubbliche, come quelle della Cassa depositi e prestiti per favorire l'erogazione di mutui per acquisto di immobili che non siano destinati all'abitazione, questo per noi rimane un mistero.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, credo che questo emendamento ci possa aiutare a spiegare ai colleghi che cosa succede nelle Commissioni forse più importanti di questo Parlamento. Accade che le Commissioni competenti approvano un emendamento e poi i due relatori si permettono di presentarne un altro, che cambia di fatto quello che la Commissione aveva deciso. Ora noi vorremmo sapere cosa è successo fuori dalle aule di questo palazzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), qual è stato il motivo politico. Ora, non è per difendere per forza il collega che parlava prima di me, ma sarebbe carino capirlo, perché queste cose continuano ad accadere in continuazione e noi non possiamo più accettare questi comportamenti. Basta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, anche noi non siamo assolutamente d'accordo, in quanto, non solo viene tolta l'IMU ai costruttori per immobili che sono rimasti invenduti; qui in pratica, si dà l'opportunità di fare nuovi mutui su case da costruire e su case che non sono neanche abitazioni principali, non sono neanche prima casa. Noi non siamo assolutamente d'accordo con questo operato del Governo e lottiamo e continueremo a lottare contro il consumo di suolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbanti. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, insistendo ancora su questo emendamento: reinserire la parola «prioritariamente» è molto pericoloso. Primo per una questione procedurale, perché non si sa poi in banca effettivamente che cosa succede. La priorità è data in base a che cosa ? Il secondo motivo è una questione anche di rischio, perché nel momento in cui inseriamo un «prioritariamente» vuol dire che teoricamente è possibile fare con le linee di credito offerte dalla Cassa depositi e prestiti qualunque genere di credito. Come sappiamo, come hanno detto meglio i miei colleghi prima di me, un conto è fare dei mutui con una garanzia sottostante, un conto è aprire a categorie di credito che possono essere rischiosissime, mettendo in gioco i soldi della Cassa depositi e prestiti; e per giunta, in assenza della Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti che oggi ancora non è stata istituita, per cui questo è un altro invito a farlo quanto prima, perché la Cassa depositi e prestiti sta entrando in gioco in partite che rischiano di diventare troppo grandi ed è giusto che il Parlamento eserciti la sua funzione di vigilanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente volevo solo sottolineare – magari il Viceministro può darci una mano – che Pag. 92quando si parla delle giovani coppie, si parla dell'IMU e così via, alla fine si paga un mutuo per appartamenti e edifici che in realtà sono di proprietà delle banche. Ma perché non fate un emendamento e fate in modo che quelle tasse su tutti quegli edifici,su tutti quegli immobili siano pagati dalle banche, dato che non sono dei cittadini ? Perché i cittadini pagano l'IMU, mentre in realtà i proprietari sono le banche ? Fate pagare alle banche quello che è di loro proprietà. Poi quando il cittadino ha finito di pagare il mutuo, allora, a quel punto, è giusto che paghi il cittadino, ma prima devono pagare le banche. Invece voi, ogni volta, fate finta di niente. Le banche devono pagare, non devono avere sempre maggiori sgravi. Questo è un concetto molto semplice che sarebbe una risposta importante nei confronti dei cittadini, signor Viceministro. Sarebbe importante ! Ma perché uno deve pagare una cosa che non è neanche sua ? Paga già gli interessi sul mutuo, paga tutto quello che deve pagare alle banche le quali, come tutti sappiamo, prendono il denaro allo 0,50 alla BCE e poi ti fanno pagare il 7, l'8, il 10, il 12, il 15 per cento di interessi perché si fanno i cavoli loro, perché devono salvare le loro seggiole e i loro patrimoni, e intanto chi paga è il povero cristo. Non è giusto ! Non è giusto ! Fate una battaglia contro le banche ! Però voi non lo potete fare, perché siete il «Governo delle banche».
  Avete come Ministro dell'economia e delle finanze l'ex direttore generale della Banca d'Italia. Ma quello dove viveva sulla luna, o non ha capito che cosa succedeva in questo Paese ? Non ha capito cosa succedeva al Monte dei Paschi di Siena ? Non capiva che cosa succedeva nelle banche in generale ? E noi lo abbiamo messo al Ministero dell'economia e delle finanze, perché giustamente chi fa i disastri è giusto che poi vada a fare il Ministro. Questa è la realtà.
  Io penso, signor Viceministro, che uno dei problemi che ha questo Governo è che non è credibile perché continua a fare delle manovre assurde in risposta a che cosa ? Ai bisogni della gente ? Ma non si può continuare a fare dei provvedimenti sempre tassando la gente. Avete fatto il decreto cultura e lo avete fatto aumentando il prezzo e le accise sulla birra e sugli alcolici, andando a prendere i soldi alle piccole imprese. Ma questo è un modo di fare normale ? O quando avete bisogno di qualcosa aumentate le accise sulla benzina, sul gasolio, i costi del metano ? E quelli chi li paga ? Babbo Natale o li pagano i cittadini e gli utenti ? Questa è la realtà e lo sapete anche voi.
  Ad aumentare le tasse siamo capaci tutti: dovete diminuire gli sprechi. E dove stanno questi sprechi ? Dove ci sono le realtà dove non si va avanti da nessuna parte. Gliel'ho detto prima: 1.300.000 abitazioni che non esistevano per il catasto ma come sono state prodotte ? Tutti quelli che amministravano non hanno visto niente ? Quelli che ci abitano dentro che cosa fanno ? O facciamo un ragionamento come il sindaco di Napoli che per le case popolari ha fatto in modo che chi è entrato senza avere nessun diritto e ha fatto solo in modo di entrarci perché così gli andava bene, è stato lasciato dentro e chi è nella lista di attesa è passato per cretino. Questo è successo a Napoli poco tempo fa e continua a succedere. Quindi in Italia chi si prende in maniera forzosa le cose o fa il furbo è premiato. Li vogliamo colpire o no questi ?
  E poi, signor Viceministro, visto che lei cerca tanti soldi perché il suo ruolo è quello, ma perché – come abbiamo già detto in quest'Aula tante volte – non fate pagare la multa a quelli delle slot machine, a tutti quelli che hanno quelle macchinette in giro per il Paese: si tratta di 96 miliardi di euro, altro che venire qui a discutere di bazzecole rispetto a quella cifra, perché non andate a colpire quelli ? Perché sono il potere forte ? Avete paura ? Da 96 miliardi di euro sono arrivati a 600 milioni, forse. È questo il Governo che difende i deboli ? Questo è il Governo delle lobby. Questa è la realtà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo Pag. 93personale, l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, la questione è molto importante, perché noi sono mesi ormai che diciamo che questo Parlamento è esautorato completamente delle sue funzioni. Con questo emendamento, con quello che sta succedendo oggi, voi ci state dimostrando che, non solo il Parlamento, ma anche le Commissioni non servono a niente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché se le Commissioni decidono unitamente e congiuntamente di abrogare una parola, di togliere una parola e questa viene reinserita dai relatori, che si ergono a «superiori» all'intera Commissione, allora non veniamo più in Commissione, non veniamo più in Parlamento, fate voi i vostri sporchi lavori e finisce qua. Questo è un comportamento da vili, punto. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, mi vedo costretto a intervenire in realtà, perché nel merito sono assolutamente d'accordo sia con le parole che ha detto il mio collega Sorial sia con le parole ovviamente di Buonanno. Purtroppo le parole sono parole e i fatti sono diversi. Anche noi pensiamo che Zanonato francamente debba, secondo me, dimettersi dal momento che come Ministro economico può fare ben poco e visto che siamo di fatto commissariati dall'Europa, visto che il 15 ottobre daremo anche il bilancio europeo a Olli Rehn, alla Commissione europea. E poi vorrei dire alla Lega Nord di stare un attimo calma sulla questione delle banche, perché c’è da ricordarsi la vicenda di Credieuronord. Loro giustamente hanno mandato in fallimento questa banca che ha salvato Berlusconi. Quindi, andiamoci piano a parlare delle banche e a criticare le banche. Credibilità prima di tutto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento delle Commissioni 6.100, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia, Chaouki.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  393   
   Votanti  379   
   Astenuti   14   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato  270    
    Hanno votato no   109.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  A questo punto l'emendamento Barbanti 6.3 è precluso dalla votazione appena fatta sull'emendamento 6.100 delle Commissioni.
  Passiamo all'emendamento Barbanti 6.4, su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che i presentatori non lo ritirano.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbanti 6.4, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Baruffi, Taricco, Biffoni, Della Valle...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  399   
   Votanti  382   
   Astenuti   17   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato  111    
    Hanno votato no   271.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).Pag. 94
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ragosta 6.5, su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ragosta. Ne ha facoltà.

  MICHELE RAGOSTA. Signor Presidente, noi con questo emendamento chiediamo al Governo e ai colleghi parlamentari di dare un segnale di buon senso. Apprezziamo l'impulso di dare una spinta al settore dell'edilizia, di dare l'opportunità alle giovani coppie di poter acquistare la prima casa, però vi chiediamo una riflessione sul non incentivare un ulteriore consumo del suolo. Non voglio qui riportare i dati sul dramma che procura l'ulteriore cementificazione. Ogni qual volta piove, fa un po’ d'acqua in più, abbiamo tragedie perché in questi ultimi vent'anni le amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra hanno fatto cassa utilizzando e sfruttando il territorio e modificando gli strumenti urbanistici. Noi chiediamo, quindi, al Viceministro un segnale di buon senso, col dare la possibilità di acquistare case utilizzando il costruito, intervenendo sulle zone degradate delle città e delle periferie delle città, e non nuove costruzioni.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, solo per spiegare perché noi ci siamo interrogati rispetto alla data di costruzione da cui deriva una determinata serie di cose. E, allora, forse, questo Parlamento si dovrebbe interrogare rispetto a che cosa succede quando come limite si mette, per esempio, la fine dei lavori oppure altre scadenze. Le cose cambiano. Abbiate anche qui, quindi, un sussulto di coscienza e decidete una volta per tutte di non fare sempre il solito favore agli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ragosta 6.5, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno, Baruffi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti e votanti  392   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato  129    
    Hanno votato no   263.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fedriga 6.6, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Milanato... Malisani... Romele...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  391   
   Votanti  390   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato  128    
    Hanno votato no   262.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Fragomeli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.7.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Guidesi 6.7 formulato dal relatore.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, questo emendamento mira proprio a tutelare la permanenza sul territorio di residenza, quindi a stabilire quel principio di precedenza a favore di chi Pag. 95vive, ha costruito e ha contribuito non soltanto figurativamente ma anche economicamente allo sviluppo del territorio dove insiste la sua residenza, dove insiste l'immobile stesso. Quindi, chiediamo semplicemente che, con questa norma, possa essere dato questo tipo di priorità al fine di aiutare la permanenza dei cittadini sui loro territori per potersi costruire una famiglia e poter usufruire di quelle agevolazione fiscali ed economiche che possono contribuire ad aiutare i nostri giovani a crearsi un futuro dignitoso sul proprio territorio.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.7, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  392   
   Votanti  391   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato   17    
    Hanno votato no   374.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.8.
  Prendo atto che i presentatori lo ritirano.
  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.9.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Guidesi 6.9 formulato dal relatore.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, da questo emendamento a seguire, anche con riferimento ad altri emendamenti, cerchiamo di specificare con più precisione quali possono essere le detrazioni e le esenzioni rispetto alla tassazione: infatti, così com’è, riteniamo l'articolato sin troppo generico.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.9, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Battista...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  392   
   Votanti  391   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato   17    
    Hanno votato no   374.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.10 su cui vi è un invito al ritiro.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro.
  Passiamo ai voti...

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, vale per tutti, non è un problema che riguarda solo l'onorevole Buonanno: possibilmente avvisate che si intende intervenire prima di quando si sta per aprire la votazione. Prego, ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, chiedo scusa, i relatori sono dell'avviso che il parere sull'emendamento Guidesi 6.10 è un parere favorevole.

  PRESIDENTE. Questo è molto importante. Ringrazio i relatori e mi scuso.
  Il Governo ?

Pag. 96

  STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il parere sull'emendamento Guidesi 6.10 è cambiato da un invito al ritiro a parere favorevole.
  Passiamo, dunque, ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.10, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carbone, Luciano Agostini, Causi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  389   
   Maggioranza  195   
    Hanno votato  383    
    Hanno votato no   6.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Pellegrino ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.11.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Guidesi 6.11 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.11, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Abbiamo votato tutti ? Colonnese, Di Battista, Gasparini, Gigli, Abrignani.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  393   
   Votanti  392   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  197   
    Hanno votato   23    
    Hanno votato no   369.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Fedriga 6.12.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Fedriga 6.12 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fedriga 6.12, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Abbiamo votato tutti ? Baruffi, Ventricelli, Arlotti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  392   
   Votanti  391   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato   39    
    Hanno votato no   352.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.13.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Guidesi 6.13 formulato dal relatore.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, riteniamo che questo emendamento, questa precisazione di un'equa distribuzione dei fondi su base regionale sia quanto mai opportuna, perché, per esperienze già vissute di fondi elargiti a livello statale, se si guarda, poi, dove vanno a finire, vanno a finire tutti in una zona molto vicina alla capitale per vicinanza con amici di amici, eccetera. Ci sembra un criterio per rendere più equa l'elargizione dei fondi. Ci sembra che esperienze del passato, che Pag. 97hanno poi recepito questo principio, abbiano dato degli ottimi risultati per regioni che, altrimenti, venivano costantemente penalizzate da questo tipo di provvedimenti.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro.
  Passiamo, dunque, ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.13, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ventricelli, Paris. Siamo riusciti a votare tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  395   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato   19    
    Hanno votato no   376.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.14.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, questa è una precisazione perché le banche trasferiscano interamente – e ci sembra anche questo di buonsenso – quanto avuto di vantaggio per l'elargizione di questo tipo di mutui; che non si trattengano una parte e non facciano la «cresta» su quanto elargito dallo Stato.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.14, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Stumpo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  387   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato   42    
    Hanno votato no   345.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Castelli 6.15.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, qui si parla di cartolarizzazioni. Giusto per far sorridere l'Aula, anche se non ci sarebbe nulla da sorridere, mi piacerebbe citare uno studio dell'osservatorio nazionale mobbing della Sapienza di Roma, il quale studiò il caso di un suicidio annunciato e riuscì in qualche modo a studiare quale sia la connessione tra il mobbing e, di fatto, la patologia psichica che deriva a un cittadino che ha la casa cartolarizzata. Ora, qui stiamo creando uno strumento che, di fatto, va a cartolarizzare degli immobili per cui il Governo sappia che i suicidi di persone che hanno la casa cartolarizzata ce li avrà sulla coscienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, volevo spiegare perché ci asterremo su questo emendamento come su molti altri che hanno la stessa voce di copertura. Anche al di là del merito di quello che pensiamo sui singoli emendamenti, ci asteniamo perché riteniamo che la questione della tassazione delle rendite finanziarie sia una cosa seria, su cui c’è da aprire una riflessione e che sia da alzare, ma crediamo tuttavia – e lo abbiamo detto anche in Commissione – che vada fatto, appunto, seriamente. Proporre di alzare le aliquote finanziarie, al di là di come è scritto Pag. 98l'emendamento, solo per le operazioni condotte all'interno delle 48 ore, ritengo che sia una cosa sbagliata, non condivisibile, perché 48 ore non è né una operazione ad alta frequenza né è altro. 48 ore o 48 ore e un minuto, sgraviamo ? È una quantità di tempo che non ha nessun significato sul piano finanziario. Quindi se volessimo, lo abbiamo già detto, alzare le aliquote sulle rendite finanziarie fino al 27, al 28, al 23 per cento, come abbiamo proposto, siamo d'accordo, ma così non riteniamo che questo sia un modo corretto e serio di porre la questione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, intervengo giusto per rispondere all'onorevole Paglia. Perché abbiamo messo 48 ore ? Perché noi pensiamo che sia opportuno iniziare a tassare la speculazione finanziaria. Secondo noi chi dispone di capitali e li presta alle società quotate in borsa per un periodo di 48 ore o anche per periodi inferiori sta facendo speculazione finanziaria. Questo vuol dire utilizzare soldi per produrre guadagno e basta, non serve per l'economia reale, per gli investimenti, per tutte le buone cose che possono fare le vere aziende con questi soldi. In 48 ore si crea solo guadagno per chi vuole speculare in borsa.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 6.15, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  392   
   Votanti  368   
   Astenuti   24   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato   91    
    Hanno votato no   277.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Pesco 6.16 su cui vi è un invito al ritiro.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo praticamente di dare un segnale vero, reale, deciso, per sostenere quelle famiglie che non riescono a pagare il mutuo. Siamo in un periodo molto tragico, per non dire drammatico, in cui molte persone stanno perdendo il lavoro e in cui molti non riescono a pagare il mutuo di casa. Quindi, il Governo ha stanziato 20 milioni di euro per il fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto di prima casa e noi chiediamo che questa cifra venga decuplicata. Abbiamo già visto che in Commissione il Governo non ci ha voluto ascoltare e tanto meno gli altri partiti, sarebbe ora, invece, di iniziare a cambiare idea, nel senso di dare un segnale vero, perché con 20 milioni di euro saranno veramente poche le famiglie che potranno essere agevolate e quindi avere la possibilità di non pagare per un periodo molto limitato di tempo le rate del mutuo. Speriamo, quindi, che le famiglie possano aumentare nel numero, portando questa cifra a 200 milioni di euro, che poi non sono soldi persi, ma sono soldi accantonati che potranno servire per le famiglie. Nel caso in cui non venissero utilizzati, i soldi potrebbero comunque tornare allo Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, anche la Lega voterà favorevolmente su questo emendamento. Riteniamo che sia arrivato il momento che le Pag. 99promesse fatte più volte dal Governo, dal momento in cui si è insediato con il discorso del Presidente Letta, siano realmente operative. E per renderle davvero operative non si può sempre pensare di mettere risorse assolutamente insufficienti per dare una reale svolta a una politica che oggettivamente, in questo periodo, con questo Governo – e devo drammaticamente dire anche con quello precedente –, non è stato in grado di dare risposte alle necessità che i nostri cittadini vivono quotidianamente. Questo sembra veramente un emendamento di buon senso; pensare che per 180 milioni di euro di differenziale non si possa intervenire in modo serio per andare a dare una risposta seria ai giovani, mi sembra più che altro una presa di posizione a priori semplicemente perché non è una proposta che arriva dalla maggioranza. Noi, invece, chiediamo di guardare con attenzione gli emendamenti presentati anche dai gruppi delle opposizioni e dai colleghi facenti parte di questi gruppi, perché sicuramente possono dare un contributo positivo alla modifica dell'articolato e cercare di arrivare ad un testo che possa veramente dare risposta al Paese. Dico questo con la convinzione, purtroppo, che anche nell'esame che ci sarà di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge al Senato i colleghi dell'altro ramo del Parlamento non avranno, come purtroppo abbiamo visto in molte circostanze, la possibilità di intervenire per modificare il testo stesso. Quindi, ci rendiamo conto, con la consapevolezza di quanto avvenuto fino ad ora, che l'unico ramo che andrà a toccare realmente questo decreto sarà la Camera dei deputati. Quindi, ancor di più chiediamo l'attenzione del Governo, della maggioranza e dei relatori del provvedimento a considerare con estrema attenzione questi emendamenti, in quanto è l'ultima occasione che passa per le Camere per modificare il testo che oggi stiamo trattando.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pesco 6.16, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gregori, Calabria.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  393   
   Votanti  370   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  186   
    Hanno votato  105    
    Hanno votato no  265.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sberna 6.17.
  Pregherei però il relatore di ridarci e rileggerci la riformulazione perchè dobbiamo essere più chiari a capire.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Innanzitutto lo spostiamo dal comma 3 al comma 2 e quindi la riformulazione è così: Al comma 2, dopo il numero 2015, aggiungere «la cui destinazione abbia particolare riguardo nei confronti delle famiglie numerose».

  PRESIDENTE. Va bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna che deve soprattutto dire se accoglie la riformulazione. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signor Presidente, accolgo la riformulazione proposta dal relatore in quanto effettivamente rispetto al comma 3, destinato soprattutto ai giovani, forse è effettivamente meglio sistemato nel comma 2. Ho preso la parola anche per rivolgermi ai colleghi del MoVimento 5 Stelle e della Lega Nord perché sono certo che questo emendamento lo approveranno con grande convinzione così come i colleghi di SeL visto che avevano presentato un emendamento analogo. Andare in questo momento a sostenere le Pag. 100poche, ormai, famiglie numerose che ci sono in questo Paese con il fondo per l'acquisto per la prima casa, proprio in considerazione del fatto che avendo tanti figli hanno anche necessità di avere abitazioni leggermente un po'più grandi dei tuguri dove spesso abitano, credo sia una necessità. Tra l'altro, questo particolare riguardo che anche il relatore ha voluto sottolineare, è previsto proprio nell'articolo 31 della Costituzione. Quindi l'emendamento è certamente da approvare, mi auguro all'unanimità.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Taricco. Ne ha facoltà.

  MINO TARICCO. Signor Presidente, volevo solo aggiungere la firma all'emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, di sicuro la Lega è favorevole a questo emendamento, è favorevole perché noi riteniamo che sia giusto dare una mano alle famiglie particolarmente numerose e soprattutto a quelle che magari, pur di avere tanti figli, preferiscono tenere in casa i nonni e dunque avere una famiglia allargata nel senso tradizionale del termine. E per questo hanno bisogno di maggiori risorse per avere delle case in cui ci sia la possibilità di poterci stare, di poterci stare e vivere insieme e poter avere gli spazi comuni e anche i singoli spazi per tutti i componenti della propria famiglia.
  Anche se onestamente mi stupisce un po’ questa maggioranza che, da una parte, viene incontro a questa esigenza e dice «benissimo, diamo una mano alle famiglie numerose che hanno bisogno di comprare una casa un po’ più grande», che non vuol dire un lusso ma una necessità, e dopo dall'altra parte, si va a castigare queste famiglie perché per quanto riguarda l'imposta dello Stato di 30 centesimi si va a guardare i metri quadri; dunque non si va a vedere la capacità di reddito di queste famiglie ma semplicemente quanto spazio occupano.
  È veramente un controsenso che dovrebbe farci riflettere tutti perché se veramente ragioniamo dicendo che è giusto che ci siano delle abitazioni consone alla possibilità delle famiglie, ma anche e non solo delle famiglie ma di tutte le persone che vogliono abitarci, e dopo andiamo a penalizzare queste case che magari sono un po’ più grandi, vuol dire che non ci capiamo, vuol dire che non diamo un messaggio univoco. Va a finire che veramente andiamo a fare quelle case che vanno a essere piccolissime di 70, 80, 60 mq dove devono andarci 3,4,5 componenti che magari hanno solo due camere da letto quando appunto ci sono i genitori, i due figli, i tre figli e magari c’è anche il genitore anziano di una delle due coppie.
  Veramente riflettiamo, diamo una mano per quanto riguarda le nostre famiglie, andiamo a dare una mano perché ci sia un consumo del territorio consono al territorio stesso perché potrebbe essere anche utilizzato per la ristrutturazione degli immobili esistenti che sappiamo che avevano una certa metratura di calpestabile.
  Nello stesso tempo andiamo a rivedere queste tasse, perché sennò veramente con una mano diamo un piccolo aiuto e con l'altra diamo un grandissimo disagio alle nostre famiglie e ai nostri cittadini, che fanno già tantissimi sacrifici. Dopo, pensiamo ad un'altra cosa: quando i figli saranno grandi e dunque questi genitori, che hanno fatto dei grandi sacrifici, aiutati dallo Stato per magari avere una casa di una certa metratura, adeguata alla propria famiglia, quando i figli giustamente avranno avuto la possibilità di avere la propria famiglia, la propria abitazione, li andiamo di nuovo a castigare perché magari hanno una casa troppo grande. Gli si dice che la sua casa è una casa di lusso perché ha tanti metri quadri e invece magari è una casa che era stata concepita per una famiglia numerosa, adesso giustamente che i genitori sono anziani – giustamente non sì può chiedere, negli ultimi Pag. 101anni vita, a qualcuno di vendere la propria casa, quella che ha costruito con grandi sacrifici di una vita, che ha vissuto in quella casa tutte le gioie e i dolori di una famiglia normale – gli si dice: devi vendere sennò non riesci a pagare le tasse, perché tu sei uno ricco, sei uno che sta bene perché hai una casa grande. Veramente dobbiamo fare una logica più complessiva, una legislazione che guarda tutti i vari aspetti, sennò veramente, come succede troppo spesso in questo Stato, con una mano si fa qualcosa e con l'altra si toglie.
  Per ricollegarmi al discorso di un collega dei 5 Stelle di qualche intervento fa, che ha detto che è da un po’ di tempo che sente la maggioranza dire: dò una risposta negativa a questo emendamento perché ci stiamo pensando in un altro provvedimento. Io sono sei anni che sono qua e su tantissime tematiche ho sentito questa risposta, ho sentito dire: non preoccupatevi, ritirate l'emendamento, perché ci proveremo e risolveremo questa problematica in un altro provvedimento, in un provvedimento più omogeneo e consono.
  Dunque, veramente, siamo favorevoli a questo emendamento però invito tutta la maggioranza e tutti noi a fare un discorso più complessivo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bruno. Ne ha facoltà, per tre minuti.

  FRANCO BRUNO. Signor Presidente, ancora meno. Capisco le implicazioni e devo dire che quelle culturali e quelle legate alla crisi demografica mi convincono, quindi voterò a favore dell'emendamento, tuttavia nella vicenda specifica – forse non ho capito bene io la riformulazione – legare l'accesso al fondo al semplice requisito della famiglia numerosa e non della famiglia più o meno numerosa rispetto agli aspetti reddituali di quella famiglia, io lo trovo non coerente con l'impianto più complessivo. Dopodiché, magari non ho capito io la riformulazione, perché può esistere una famiglia meno numerosa ma in condizioni economiche più disagiate e quindi non capisco perché dovremmo privilegiarla nell'accesso al fondo. Comunque, va bene lo stesso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romele. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, intervento solo per chiedere di sottoscrivere l'emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, ovviamente mi collego a quanto detto dal collega Matteo Bragantini perché ci vede, come gruppo, favorevoli a questo emendamento, è chiaro che riteniamo sia ancora insufficiente rispetto alle promesse devo dire fatte da diverse parti politiche per quanto riguarda le risposte che sono da dare in questo Paese alle famiglie numerose.
  Più volte, abbiamo visto che nei provvedimenti, questa categoria di famiglie, che dovrebbe essere tutelata in particolar modo, viste ovviamente anche le spese che devono affrontare i genitori quando hanno diversi figli, viene dimenticata, anzi più volte è maggiormente colpita dalla tassazione che nel nostro Paese continua ad esistere.
  A tal fine, il nostro voto è favorevole, ma ci auguriamo che il Governo e la maggioranza possano seguirci anche nei futuri provvedimenti perché il gruppo della Lega cercherà di andare nella direzione delle agevolazioni per le famiglie numerose.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vecchio. Ne ha facoltà.

  ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, intendo apporre la mia firma a questo emendamento, insieme a Vargiu, a Fitzgerald...

Pag. 102

  PRESIDENTE. Onorevole Vecchio, non possiamo prendere una sottoscrizione cumulativa. La sua l'abbiamo accolta. Gli altri colleghi, se vogliono sottoscrivere questo emendamento, lo comunicano poi al personale.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sberna, 6.17, nel testo riformulato, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Realacci, Gregori, Villecco Calipari, Garavini, Canterini, Malisani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  386   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato  381    
    Hanno votato no    5.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo all'emendamento Guidesi 6.19.
  Chiedo all'onorevole Guidesi se accede all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, noi presentiamo questo emendamento in funzione della continuità generazionale all'interno dei territori delle piccole comunità, per cui diciamo che possono accedere a questo tipo di agevolazioni e di finanziamento quelle persone, quelle giovani coppie che risiedano nei territori regionali da almeno cinque anni. Questo anche per garantire una certa continuità generazionale nelle piccole comunità.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, invito i colleghi anche a ragionare nell'esprimere il voto su questo emendamento, collegandosi all'emendamento Sberna 6.17 che abbiamo appena votato perché, in questo caso, andiamo a tutelare e ad incentivare le famiglie dei nostri territori a decidere di avere una famiglia e dei figli.
  Noi continuiamo a sostenere che questo non è un principio di discriminazione, bensì affrontare il problema dove esiste. Dove c’è la scarsa natalità ? Nelle famiglie italiane; questo ci è oggettivamente detto da tutti i dati di qualsiasi ente preposto a farlo.
  Quindi noi chiediamo che il problema venga affrontato, dove il problema esiste, altrimenti rischiamo di andare ad affrontare un problema per quelle famiglie per le quali il problema della scarsa natalità non esiste assolutamente.
  Dunque, per quello, noi abbiamo espresso voto favorevole sull'emendamento Sberna 6.17, proprio vincolato ovviamente all'emendamento Guidesi 6.19 che, come gruppo, abbiamo deciso di presentare.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 6.19, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Pilozzi, Lavagno, Gregori, Rizzetto...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  380   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato   16    
    Hanno votato no   364.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

Pag. 103

  Passiamo all'emendamento Pesco 6.20.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, anche in questo caso vogliamo agevolare le persone che purtroppo non ce la fanno. Prima parlavamo delle persone che non riescono a pagare il mutuo, qui invece ci riferiamo alle persone che sono costrette a prendere in affitto un appartamento e che non hanno neanche la disponibilità di poter pagare l'affitto. Il Governo ha stanziato 50 milioni. Secondo noi sono insufficienti perché, se li pensiamo spalmati su tutto il territorio nazionale e tra tutti i comuni, rimane molto poco a disposizione di ogni comune. Quindi abbiamo chiesto che vengano aumentati e speriamo che l'Aula voglia recepire questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà, per un minuto.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, solo perché è la seconda volta o forse la terza che emendamenti con la stessa copertura non vengono assolutamente calcolati. Allora, a fronte di una scelta come questa, ossia aiutare persone che non riescono ad affrontare i bisogni minimi che la vita gli mette davanti, dall'altra parte abbiamo come copertura la tassazione delle transazioni finanziarie giornaliere. Ora dico: ma gli speculatori finanziari che giornalmente si arricchiscono magari è bene cominciare a tassarli, a cominciare magari proprio da questo. Qualcuno diceva: togliere ai ricchi per dare ai poveri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, in realtà vorrei l'attenzione perché questo emendamento è abbastanza importante e fa capire quale valore hanno in questo Parlamento le famiglie che non arrivano alla fine del mese e che non riescono a pagare l'affitto e quale valore hanno invece le povere concessionarie ad esempio di slot machine che non riescono a pagare 2 miliardi e mezzo di euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) o i poveri insider trader che fanno affari sulla speculazione finanziaria e poverini non possono pagare le tasse come tutti i cristi che sono qui in Italia. Allora, chi volete difendere: volete difendere coloro che non arrivano neanche a pagare un affitto e si trovano magari ad essere sloggiati dalla propria casa oppure coloro che magari hanno le società nelle isole Cayman e controllano le concessionarie di slot machine (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Signor Presidente, brevemente vorrei ricordare che noi siamo il primo paese in Europa che sta cercando di applicare la Tobin tax, quindi non si può certo dire che l'Italia da questo punto di vista sia all'ultimo posto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sappiamo che è un'imposta che dovrebbe essere realizzata su scala europea e c’è un lavoro in corso in questo senso. Non è che si possono utilizzare coperture di questa natura ogni volta che si vuole incrementare un fondo. Certamente, se ci fossero maggiori risorse, sarebbe opportuno «destinare», ma semmai va prima affrontato come realizzare compiutamente la Tobin tax in Europa e in Italia per poi valutare le possibilità di destinare le risorse che possono venire da quell'imposta.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, è tutto verissimo il problema, il Pag. 104problema è che siamo anche l'ultimo Paese ed uno con la tassazione minore sulle rendite finanziarie. Quindi ci stiamo solo adeguando agli standard europei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, dal penultimo intervento abbiamo sentito nuovamente che questo è il Governo, come i Governi precedenti che stanno cercando di fare. Noi ci saremmo rotti anche le scatole di aspettare di fare. Noi vogliamo fare subito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, solo per confermare il voto favorevole della Lega a questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, solo di nuovo per chiedere per quale ragione si insista con questa sciocchezza delle quarantotto ore. Le ore o sono ventiquattro, o anche meno, o si va sulle operazioni puntuali secondo lo stesso principio che ha la Tobin tax. Quarantotto ore non vogliono dire nulla, quarantotto o settantadue.
  Qui non vi è uno studio che dica che le 48 ore – perché non lo sono – sono la frequenza delle operazioni speculative. Si abbia il coraggio di chiedere, come noi facciamo, l'aumento delle rendite finanziarie, punto; infatti, è vero, in Italia sono basse e vanno alzate. Si deve avere il coraggio, però, di farlo, e non mettere dei punti, 48, 72, 140 ore, che non vogliono dire nulla e rendono solo la norma, di fatto, inapplicabile (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pesco 6.20, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malpezzi, Gregori...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  383   
   Votanti  359   
   Astenuti   24   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato  102    
    Hanno votato no   257.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere il voto).

  Passiamo all'emendamento Busin 6.22.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Busin 6.22 non accedono all'invito al ritiro, formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 6.22, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Lavagno, Gregori, Della Valle...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  383   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato  127    
    Hanno votato no   256.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 105

  (I deputati Argentin e Rosato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Busin 6.23.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Busin 6.23 non accedono all'invito al ritiro, formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Busin 6.23, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Della Valle...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  384   
   Votanti  383   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato   14    
    Hanno votato no   369.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere il voto).

  Passiamo agli identici emendamenti Di Gioia 6.24 e Guidesi 6.25.
  Prendo atto che i presentatori degli identici emendamenti Di Gioia 6.24 e Guidesi 6.25 non accedono all'invito al ritiro, formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Di Gioia 6.24 e Guidesi 6.25, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  383   
   Votanti  358   
   Astenuti   25   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato  103    
    Hanno votato no   255.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e la deputata Nicchi ha segnalato che avrebbe voluto astenersi).

  Passiamo agli identici emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27, formulato dal relatore.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, vorremmo riflettere insieme ai colleghi di quest'Aula rispetto alla modifica che è stata approvata in Commissione all'articolo 6, alla quale poi l'emendamento fa riferimento, e cioè sull'ultimo comma, dove si prevede che: «A tal fine le prefetture-uffici territoriali del Governo adottano misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto».
  Con questa correzione, e così come è l'articolo, noi consegniamo in mano ai prefetti la decisione di uno sfratto o meno, la decisione di dire se un inquilino è attualmente soggetto a disagio sociale o meno. Noi riteniamo che questa norma sia assolutamente sbagliata. Riteniamo altresì che sia anche anticostituzionale perché va a ledere il diritto di proprietà, e che debba essere l'autorità giudiziaria a decidere, sicuramente più obiettiva di un prefetto o di un ufficio di una prefettura insediata su un territorio, per cui conosce e può anche essere influenzata dal territorio stesso. Può essere più obiettiva l'autorità giudiziaria, e proprio per questo noi presentiamo un emendamento per abolire la correzione che è stata fatta dalla Commissione. Noi riteniamo che non possano Pag. 106essere i prefetti a graduare uno sfratto e a decidere se un inquilino è soggetto a disagio sociale in quel momento, perché rischieremmo veramente di andare a ledere il principio della proprietà privata e rischieremmo di andare a ledere anche un rapporto corretto tra inquilino e proprietà. Per questo invitiamo tutta l'Aula a votare questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente della VI Commissione, onorevole Capezzone. Ne ha facoltà.

  DANIELE CAPEZZONE, Presidente della VI Commissione. Signor Presidente, intervengo per chiedere davvero a tutta l'Aula indipendentemente dalle appartenenze di gruppo, di maggioranza o di opposizione, di considerare con grande attenzione e con favore questi emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27, e non solo per ragioni politiche, ma anche per una precisa ragione giuridica, perché se rimanesse il testo attuale, il testo attuale potrebbe essere fonte di gravissimi contenziosi giuridici. Lo dico con attenzione soprattutto ai colleghi che hanno a cuore il tema della legalità. Qual è il caso del quale stiamo parlando ? È il caso di un cittadino, in questo caso di un cittadino proprietario, che ha percorso tutte le vie legali, tutte le vie giudiziarie, ha avuto e ottenuto ragione nelle varie istanze e dopo avere ottenuto ragione nelle varie istanze, attenderebbe che lo Stato lo aiutasse nell'esercitare il suo diritto nel vedere riconosciuta la sua posizione. E invece che cosa si fa ? Con il testo attuale si dice «Fermi tutti ! Palla al prefetto» che, diciamo pure, extra legem, vede lui, frena e magari pone le condizioni per non rispettare la pretesa e il diritto riconosciuto per via legale. Mi si può dire «Ma già in concreto molto spesso accade così ». Ma un conto è una prassi, di per sé discutibile, altro conto è che lo si faccia con una norma di legge che sacrificherebbe il diritto di proprietà e la certezza del diritto. Per queste ragioni, davvero, dimenticando per un istante destra, sinistra, maggioranza e opposizione, io invito tutti a votare a favore di questi emendamenti, ma soprattutto a considerare le eventuali conseguenze giuridiche negative di caos e di contenzioso che si determinerebbero se questi emendamenti fossero respinti e se rimanesse il testo attuale.

  PRESIDENTE. Vorrei sapere se procediamo tranquillamente o se il relatore e il Governo hanno qualcosa da dire in merito, onde evitare che...

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, semplicemente per aggiungere alle perplessità e alle motivazioni del Presidente Capezzone, che, anche dal punto di vista giuridico, del diritto giuridico e del codice civile, molti hanno segnalato – anche i proponenti di questi emendamenti – che sostanzialmente si rischia di attivare un contenzioso senza fine rispetto a questo provvedimento.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Io ho bisogno di sapere molto esplicitamente se il Comitato dei 18 ci conferma il parere contrario oppure un parere favorevole, perché questo chiarimento ci è utile per andare avanti. Io su questo emendamento ho un parere contrario delle Commissioni e del Governo e ho una dichiarazione di voto a favore del Presidente della Commissione finanze. Volevo capire se...

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, personalmente io non sono venuto a conoscenza di nessuna informazione ulteriore che mi porta a cambiare il mio parere negativo, perché in Commissione ci è stato detto – come adesso il presidente Capezzone ha Pag. 107detto a tutta l'Aula – che questa frase implicherebbe rilevanti problemi di natura costituzionale e giuridica, noi abbiamo consultato il comitato pareri della I Commissione affari costituzionali e il presidente del comitato pareri della I Commissione non ha ritenuto di addivenire a un parere negativo nei confronti di questa frase né, a mia richiesta, anche a una proposta di riformulazione. Quindi, a questo punto – così come ho detto in Commissione –, in assenza di una proposta di riformulazione o di un parere negativo da parte della I Commissione io personalmente non modifico il mio parere negativo nei confronti dell'emendamento soppressivo. Tuttavia, se i gruppi ritengono che questo sia un punto, assieme all'altro che abbiamo accantonato, su cui procedere a un ulteriore approfondimento domani in Comitato dei diciotto, sono d'accordo a procedere a un ulteriore approfondimento...

  PRESIDENTE. Mi pare di capire, onorevole Causi, onde evitare che proseguiamo con un dibattito che potremmo riprendere, che la sua proposta è di accantonarlo e di riprenderlo domani, tanto presumibilmente non finiamo per questa sera gli emendamenti...

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Voglio però sia chiaro che modificherò il mio parere solo in presenza di elementi...

  PRESIDENTE. Non c’è dubbio, anche perché, onorevole Causi, chiaramente non è il suo parere personale, è il parere deciso dal Comitato dei diciotto. Quindi semmai è il Comitato dei diciotto che deve cambiare il parere. A questo punto se il Governo è favorevole all'accantonamento, chiedo agli altri gruppi, prima di aprire una discussione sul merito che rifaremo nel momento in cui lo riprenderemo, onorevole Guidesi. Mi pare che in questo momento sia in discussione l'accantonamento. Quindi se non ci sono obiezioni all'accantonamento lo riterrei accantonato e domani, quando sarà, facciamo la discussione sul merito.

  GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Intervengo solo per dire, in aiuto magari al Comitato dei diciotto, che a noi risulta anche una sentenza sia della Corte costituzionale che della Cassazione in un tentativo...

  PRESIDENTE. Onorevole Guidesi, questo lo può dire tranquillamente sia al Comitato dei diciotto sia al momento in cui discuteremo. Stiamo discutendo l'accantonamento, quindi ai fini dell'accantonamento non credo che sia utile.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Non ho nessuna obiezione all'accantonamento. Penso sia utile approfondire, anche con la Commissione di merito, data la particolarità che il presidente Capezzone richiamava di specificità giuridica e non solo finanziaria.

  LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Vorrei dirlo a tutti i colleghi. Stiamo discutendo della proposta di accantonamento. Quindi facciamo intervenire uno per gruppo. È intervenuto l'onorevole Guidesi. Onorevole Castelli, siccome hanno alzato le mani altri suoi colleghi, sto semplicemente dicendo che su questo parla uno. Ecco vede onorevole Castelli che tutto sommato il Presidente vede lungo.

  ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare che Pag. 108comunque l'accantonamento non porterà un'integrazione del contraddittorio necessaria per valutare con correttezza l'emendamento in questione, perché secondo me la valutazione necessaria doveva essere data dalla Commissione giustizia, visto che si sta parlando di incidere sulla valutazione, non solo da un punto di vista processuale, ma anche da un punto di vista sostanziale della tutela dei diritti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Quindi mi pare di capire che lei è contrario all'accantonamento... Non è contrario. Allora posso sapere il gruppo del MoVimento 5 Stelle rispetto all'accantonamento che posizione ha ?

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, la mia...

  PRESIDENTE. Per favore colleghi..., per favore. Prego, onorevole Bonafede.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, dal punto di vista dell'utilità che l'accantonamento può portare noi lo riteniamo assolutamente inutile nella misura in cui questo non comporterà una valutazione della Commissione competente che riteniamo essere la Commissione giustizia.

  PRESIDENTE. Onorevole, in questa fase la Commissione giustizia non si può esprimere. È stata fatta una proposta di accantonamento...

  ALFONSO BONAFEDE. ... quindi motivavo la nostra opposizione all'accantonamento.

  PRESIDENTE. Siccome non era chiara l'opposizione, ora è chiara e mi pare che va bene. Quindi mi pare chiaro che questa proposta dovrà essere messa ai voti.

  MICHELE RAGOSTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MICHELE RAGOSTA. Signor Presidente, noi siamo contrari all'accantonamento perché con questa norma si vuole evitare l'emergenza sociale nelle città. Sappiamo che gli sfratti per morosità sono enormi e stanno diventando un problema nelle città del nostro Paese. Demandare al prefetto l'opportunità dell'esecuzione o meno e, quindi, dell'entrata in possesso da parte dei proprietari, è una cosa saggia perché si va, insieme alle organizzazioni sindacali, a equilibrare e a graduare gli sfratti che si devono fare, garantendo comunque il diritto ai proprietari prima o poi di entrare in possesso dell'immobile. Siamo contrari, quindi, perché ci sembra una perdita di tempo. La norma serve per fronteggiare un'emergenza sociale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo scusa, siccome mi chiedete la parola, sull'accantonamento ha già parlato l'onorevole Guidesi (Commenti del deputato Fedriga). Ha detto che è contrario all'accantonamento, onorevole Fedriga. Onorevole Fedriga, la prego di lasciare almeno alla Presidenza la capacità di comprendere se un collega sta dicendo che è favorevole o contrario all'accantonamento. Mi pare che è intervenuto esordendo esattamente su questo.

  CHIARA BRAGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CHIARA BRAGA. Signor Presidente, avendo seguito nel dettaglio il provvedimento – l'emendamento è stato anche un emendamento sottoscritto e proposto da me – credo che non sia utile procedere all'accantonamento in quanto le riserve che sono state sollevate dal presidente Capezzone e da altri componenti delle Commissioni, in realtà non tengono conto della misura a cui fa riferimento l'ultimo capoverso del comma 5. Le possibilità per le prefetture e gli uffici territoriali di adottare misure di graduazione programmate Pag. 109di intervento della forza pubblica nell'esecuzione delle misure di sfratto sono legate all'assegnazione e alla...

  PRESIDENTE. Onorevole Braga, la pregherei di aiutarmi anche lei, perché siccome siamo sull'accantonamento, avremo poi il modo, se votiamo a favore o meno dell'accantonamento, di discutere nel merito.

  CHIARA BRAGA. Sto spiegando il motivo per cui non ritengo utile procedere all'accantonamento, esattamente come hanno fatto i colleghi che sono intervenuti prima di me. E, quindi, a fronte di una condizione nel Paese in cui viviamo, una condizione di emergenza con oltre centocinquantamila sfratti per morosità, credo che le cautele ulteriori sollecitate da quanti sono intervenuti prima di me siano veramente eccessive e sia, invece, auspicabile che noi procediamo ad approvare questo testo e a respingere l'emendamento soppressivo proposto dai colleghi (Applausi di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ALESSANDRO PAGANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Dopo l'onorevole Pagano, io chiedo conferma al relatore della richiesta di accantonamento e poi votiamo l'accantonamento e vediamo come andare avanti. Prego, onorevole Pagano.

  ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, io ritengo che invece l'accantonamento sia quanto di più proficuo ci possa essere, non fosse altro perché ventiquattr'ore, e anche meno se vogliamo, consentiranno di realizzare processi virtuosi di approfondimento che mi pare sia l'elemento che manchi a proposito di questa parte dell'articolato così come è uscito dalle Commissioni. Provate a immaginare, infatti, prefetti che si comporteranno a «macchia di leopardo». Provate a immaginare sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione a sezioni unite che si sono pronunciate in una certa maniera. Provate a immaginare che il Senato si dovrà pronunciare su questo con il rischio che possa ritornare qui perché incostituzionale. Ma, insomma, cosa costano ventiquattr'ore di ragionamento complessivo rispetto ad un'economia come quella su cui stiamo ragionando ? Economia di tempo ed economia di diritto.

  PRESIDENTE. A questo punto io chiederei al relatore se manteniamo la richiesta...

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, se posso, per suggerire, posto che la posizione di merito è stata espressa dalla collega Braga e mi sembra una posizione di merito...

  PRESIDENTE. No, onorevole Rosato, purtroppo...

  ETTORE ROSATO. Voglio proporre e far presente che sono le ore 20, Presidente...

  PRESIDENTE. No, onorevole Rosato, scusi, non mi metta in difficoltà.

  ETTORE ROSATO. Ha ragione lei.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Sono, però, effettivamente le ore 20. A questo punto io devo semplicemente chiedere al relatore se manteniamo la richiesta di accantonamento, ovvero ai colleghi se lo ritengono, perché potremmo anche a questo punto rimandare a domani mattina la decisione. In questo modo formalmente non procediamo con un accantonamento e sostanzialmente abbiamo un tempo di fronte a noi per consentire che, se è necessario un approfondimento, questo possa essere fatto. Se mi viene richiesto di mettere in votazione l'accantonamento, ovviamente l'accantonamento viene messo in votazione.

  GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

Pag. 110

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, anche per un fatto di rapporti che abbiamo, di stima che ho nei suoi confronti, mi risulta abbastanza imbarazzante tutte le volte doverglielo far notare. Tuttavia, anche questa volta, non posso non rimarcare il fatto che, mentre il collega Guidesi stava cercando di spiegare i motivi per cui dare l'OK all'accantonamento, citando anche fonti giuridiche di non poco rilievo, lei lo ha interrotto, mentre tutti gli altri colleghi, per giustificare il voto, hanno avuto la possibilità di spiegare i motivi della loro scelta. Questo non mi pare corretto. Ripeto è un appunto che le faccio assolutamente senza polemica e per darle modo, la prossima volta, di essere un pochino più equanime nelle scelte.

  PRESIDENTE. Ha perfettamente ragione, onorevole Pini. Mi dispiace.
  A questo punto vorrei avere una risposta dall'onorevole Causi.

  MARCO CAUSI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, attraverso lei chiedo davvero a tutta l'Aula e soprattutto alle colleghe e ai colleghi, che preferirebbero non accantonare e votare subito, davvero una pausa di riflessione. Lo faccio con piena coscienza perché, essendo io relatore in Commissione finanze...

  PRESIDENTE. Onorevole Causi, mi deve scusare. La capisco però adesso non posso riaprire un dibattito. Quindi se c’è qualcuno che si oppone al rinvio, noi dobbiamo votare l'accantonamento senza potere riaprire un altro dibattito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Siccome mi pare evidente, onorevole Causi, che la stessa riflessione l'ho fatta io e la stessa richiesta l'ho fatta io in qualche modo interpretando anche la richiesta del capogruppo e del delegato d'aula, l'onorevole Rosato, per quanto riguarda il Partito Democratico, purtroppo mi pare, salvo che invece così non sia, che non vi sia accordo sul rinvio a domani del voto sull'accantonamento e quindi dobbiamo votare sulla richiesta di accantonamento.
  Passiamo, pertanto, ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta avanzata dal relatore e anche da altri gruppi di accantonamento dei due identici emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27.

  (È approvata).

  La Camera approva per 108 voti di differenza (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Pertanto, gli identici emendamenti Pagano 6.26 e Guidesi 6.27 sono accantonati.

  ANGELO TOFALO. Chiedo di parlare a titolo personale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANGELO TOFALO. Signor Presidente, per esprimere la mia solidarietà alla preparatissima, una delle poche, collega Braga in Commissione ambiente: ancora una volta il PD, come è successo con lei, l'ha lasciata sola. Complimenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, la speculazione da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle è la prassi, è la prassi... (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, colleghi. Aspetti, onorevole Rosato. Colleghi del MoVimento 5 Stelle, adesso sta parlando l'onorevole Rosato e ha diritto di parlare esattamente come poco fa ha parlato il vostro collega. Quindi, vi pregherei di mantenere il silenzio necessario, grazie. Prego, onorevole Rosato.

Pag. 111

  ETTORE ROSATO. Grazie, signor Presidente. Lei mi ha interrotto giustamente perché non potevo prendere la parola (e lei ha ragione), quando volevo intervenire nuovamente su un fatto procedimentale. Il senso delle cose che stavo dicendo era che la collega Braga è intervenuta nel merito e ha spiegato perché questo emendamento va respinto e quindi il testo va lasciato così.
  E questa è la posizione che il gruppo del Partito Democratico ha posto nel momento in cui quell'emendamento è stato approvato. Sul metodo e, cioè, dopo una richiesta del Governo, dopo una richiesta del relatore, il gruppo del Partito Democratico ha ritenuto di dover acconsentire alla richiesta di accantonamento. Il merito non si tocca, il metodo è quello che abbiamo posto. Domani mattina sono convinto che la questione troverà soluzione, senza le speculazioni del MoVimento 5 Stelle, che fanno politica solo con questo (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, parlare dopo l'onorevole Rosato adesso è un piacere, perché mi ha dato argomenti ulteriori. Direi che vedere una collega che fa una dichiarazione contro l'accantonamento e, poi, vedersi smentita, perché parlava nel contenuto di quello che fosse detto e scritto nell'emendamento è veramente palese, perché lei ha dato la parola evidentemente alla collega per votare pro o contro l'accantonamento ed è stata chiara nell'esprimere la contrarietà. È ovvio che, poi, l'onorevole Causi ha fatto un cambio di marcia improvviso, come spesso gli capita di fare, visto che si parla di equilibri di maggioranza drammatici e, ancora una volta, dobbiamo sentirci dare dei demagoghi. Secondo me, vi dovete fare un'analisi di coscienza e, quando esprimete un parere, forse, se lo tenete per cinque secondi sarebbe opportuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani alle ore 11.

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo e sull'ordine dei lavori (ore 20,05).

  GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, ho presentato un'interrogazione in modo tale da risollevare il problema in occasione dell'anniversario dei tredici anni dall'assassinio di un giornalista...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, se dovete uscire dall'Aula, potete farlo in silenzio, grazie. Prego, onorevole Melilla.

  GIANNI MELILLA. ...un giornalista radicale, Antonio Russo, che fu assassinato tredici anni fa in Cecenia. Questo giornalista era nato in Abruzzo quaranta anni prima...

  PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Melilla. Colleghi, pregherei i colleghi che devono uscire... grazie. Prego.

  GIANNI MELILLA. Questo corrispondente di guerra di Radio radicale svolgeva la sua funzione praticamente in tutti i teatri di guerra: era stato in Burundi durante la guerra civile, era stato nei Balcani...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Melilla. Colleghi, stiamo commemorando un giornalista morto. È possibile interrompere i vostri capannelli e chiedervi di fare silenzio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Stiamo commemorando un giornalista morto.

  GIANNI MELILLA. Era stato nei Balcani e stava in Cecenia. E in Cecenia aveva documentato rigorosamente le violazioni sistematiche dei diritti umani dell'esercito russo di Putin nei confronti della popolazione Pag. 112cecena, in particolare, dei bambini, delle donne, degli anziani, perché, poi, sono sempre questi che pagano durante le guerre.
  Antonio Russo fu ritrovato a 25 chilometri da Tbilisi con il petto fracassato, probabilmente, aveva subito torture terribili; il suo appartamento a Tbilisi fu trovato devastato e furono trafugati i materiali investigativi con cui aveva documentato, appunto – e questo lo dice lui alcuni giorni prima di morire –, quelle violazioni dei diritti umani.
  Le autorità russe tentarono di sviare le indagini: all'inizio dissero che era stata opera di balordi che volevano rubargli quello che aveva; poi, cambiarono versione. Sta di fatto che, a distanza di tredici anni, noi non sappiamo qual è la verità su quell'assassinio.
  Oggi, abbiamo il grande onore di avere una personalità come Emma Bonino, al di là di quello che possiamo pensare del Governo, Ministra degli affari esteri. Mercoledì manifesteremo davanti all'ambasciata russa insieme agli amici di Antonio Russo per sapere la verità giudiziaria perché la verità sappiamo qual è: Antonio Russo è stato assassinato dagli uomini di Putin e quindi noi vogliamo che le indagini siano riprese, noi vogliamo che sia fatta verità su quell'assassinio (Applausi).

  FRANCA BIONDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCA BIONDELLI. Signor Presidente, nella giornata di giovedì 10 ottobre, alla sera, un violento nubifragio si è abbattuto sul comune di Borgomanero, 22 mila abitanti nel novarese, la mia città. Una vera e propria bomba d'acqua, così è stata descritta dai vigili del fuoco; il forte temporale a cui è seguita la grandine ha mandato in tilt la viabilità, allagato strade, case, esercizi commerciali, campi agricoli nonché le corsie dell'ospedale dove alcuni pazienti ricoverati sono stati trasferiti d'urgenza. Sono caduti 105 millimetri di pioggia in meno di mezz'ora, in venti minuti, e mezzo metro di grandine. Una grandinata così significativa che ha prodotto sui marciapiedi, lungo le strade e anche nei giardini degli strati che hanno ricordato la neve e il ghiaccio. Una situazione drammatica che necessita di interventi urgenti. I danni sono ingenti anche per la nostra agricoltura. È una città che vive non solo di commercio, ma anche di agricoltura. I danni non sono ancora quantificabili. Il sindaco, dottoressa Tinivella, si è già attivata chiedendo lo stato di calamità. Quindi, chiedo veramente, e chiederò poi con un'interrogazione, che il Governo intervenga e riconosca lo stato di calamità in favore di questo comune.

  MARCO DA VILLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, il mio intervento è per sollecitare la risposta ad un atto di sindacato ispettivo (5-00521) relativo alla soprintendenza ai beni architettonici e artistici di Venezia. In questa interrogazione solleviamo delle forti perplessità sull'operato di questo organo che è sotto il controllo del Ministero dei beni e delle attività culturali, operato che è stato anche segnalato, un paio di settimane fa, da un articolo di Gian Antonio Stella, sul Corriere della sera che, appunto, denunciava l'imperdonabile silenzio della sopraintendente rispetto al problema del passaggio delle grandi navi per il centro storico di Venezia. Quindi chiedo di poter sollecitare il Governo ad una risposta a questo atto di sindacato ispettivo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 15 ottobre 2013, alle 9,30:

  1. – Informativa del Ministro per le riforme costituzionali sulla relazione finale della Commissione per le riforme costituzionali.

Pag. 113

  (ore 11)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici (C. 1544-A).
  – Relatori: Palese, per la V Commissione; Causi, per la VI Commissione.

  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (C. 1154-A).
   e delle abbinate proposte di legge: D'INIZIATIVA POPOLARE; PISICCHIO; DI LELLO ed altri; FORMISANO ed altri; LOMBARDI ed altri; GRASSI ed altri; BOCCADUTRI ed altri; NARDELLA ed altri; RAMPELLI ed altri; GITTI e VITELLI (C. 15-186-199-255-664-681-733-961-1161-1325).
  – Relatori: Fiano e Gelmini, per la maggioranza; Toninelli, di minoranza.

  4. – Discussione delle mozioni Busto ed altri n. 1-00030, Zan ed altri n. 1-00188, Grimoldi ed altri n. 1-00189 e Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193 concernenti iniziative in materia di utilizzo di alcune tipologie di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici.

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   COSTA: Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante (C. 925-A).
   e delle abbinate proposte di legge: PISICCHIO; GELMINI ed altri; DAMBRUOSO ed altri; LIUZZI e BUSINAROLO; MOLTENI ed altri (C. 191-1100-1165-1190-1242).
  – Relatori: Costa e Verini.

  6. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   DELL'ORCO ed altri: Modifica all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e altre disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (C. 750-A).
  – Relatori: Nardella, per la maggioranza; Dell'Orco, di minoranza.

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri.

  La seduta termina alle 20,15.

Pag. 114

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1544-A - em. 1.2 396 394 2 198 127 267 71 Resp.
2 Nom. em. 1.3 401 313 88 157 27 286 71 Resp.
3 Nom. em. 1.4 404 317 87 159 26 291 71 Resp.
4 Nom. em. 1.5 401 400 1 201 27 373 71 Resp.
5 Nom. em. 2.1 402 316 86 159 27 289 70 Resp.
6 Nom. em. 2.2 402 401 1 201 110 291 70 Resp.
7 Nom. em. 2.5 400 399 1 200 111 288 70 Resp.
8 Nom. em. 2.6 401 397 4 199 130 267 70 Resp.
9 Nom. em. 2.7 404 403 1 202 110 293 70 Resp.
10 Nom. em. 2.8 407 406 1 204 110 296 70 Resp.
11 Nom. em. 2.9 408 405 3 203 98 307 70 Resp.
12 Nom. em. 2.10 406 402 4 202 128 274 70 Resp.
13 Nom. em. 2.11 407 407 204 110 297 70 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 2.14 410 324 86 163 42 282 70 Resp.
15 Nom. em. 2.18 409 408 1 205 42 366 70 Resp.
16 Nom. em. 2.19 409 297 112 149 17 280 70 Resp.
17 Nom. em. 2.20 409 392 17 197 116 276 70 Resp.
18 Nom. em. 2.21, 2.22 406 401 5 201 95 306 70 Resp.
19 Nom. em. 2.100 408 407 1 204 302 105 70 Appr.
20 Nom. em. 2.30 410 408 2 205 110 298 70 Resp.
21 Nom. em. 2.25 409 324 85 163 40 284 69 Resp.
22 Nom. em. 2.26 412 325 87 163 321 4 69 Appr.
23 Nom. em. 2.27 411 324 87 163 46 278 69 Resp.
24 Nom. em. 3.1 416 328 88 165 328 69 Resp.
25 Nom. em. 3.4 406 317 89 159 16 301 69 Resp.
26 Nom. em. 5.1 405 403 2 202 120 283 69 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 5.2 406 405 1 203 124 281 69 Resp.
28 Nom. em. 5.3, 5.4 413 413 207 129 284 68 Resp.
29 Nom. em. 5.5, 5.6 411 325 86 163 46 279 68 Resp.
30 Nom. em. 5.7 412 412 207 127 285 69 Resp.
31 Nom. em. 5.8 409 408 1 205 38 370 69 Resp.
32 Nom. em. 5.9 415 400 15 201 308 92 69 Appr.
33 Nom. em. 5.10 397 397 199 133 264 69 Resp.
34 Nom. em. 5.12 402 401 1 201 124 277 69 Resp.
35 Nom. em. 5.13 404 403 1 202 130 273 69 Resp.
36 Nom. em. 5.14 395 308 87 155 42 266 69 Resp.
37 Nom. em. 6.1 401 400 1 201 104 296 69 Resp.
38 Nom. em. 6.2 399 399 200 103 296 69 Resp.
39 Nom. em. 6.100 393 379 14 190 270 109 69 Appr.
INDICE ELENCO N. 4 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 6.4 399 382 17 192 111 271 69 Resp.
41 Nom. em. 6.5 392 392 197 129 263 69 Resp.
42 Nom. em. 6.6 391 390 1 196 128 262 69 Resp.
43 Nom. em. 6.7 392 391 1 196 17 374 69 Resp.
44 Nom. em. 6.9 392 391 1 196 17 374 69 Resp.
45 Nom. em. 6.10 389 389 195 383 6 69 Appr.
46 Nom. em. 6.11 393 392 1 197 23 369 69 Resp.
47 Nom. em. 6.12 392 391 1 196 39 352 69 Resp.
48 Nom. em. 6.13 395 395 198 19 376 69 Resp.
49 Nom. em. 6.14 387 387 194 42 345 69 Resp.
50 Nom. em. 6.15 392 368 24 185 91 277 69 Resp.
51 Nom. em. 6.16 393 370 23 186 105 265 69 Resp.
52 Nom. em. 6.17 rif. 386 386 194 381 5 68 Appr.


INDICE ELENCO N. 5 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 57)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. em. 6.19 380 380 191 16 364 68 Resp.
54 Nom. em. 6.20 383 359 24 180 102 257 67 Resp.
55 Nom. em. 6.22 383 383 192 127 256 67 Resp.
56 Nom. em. 6.23 384 383 1 192 14 369 67 Resp.
57 Nom. em. 6.24, 6.25 383 358 25 180 103 255 67 Resp.