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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 95 di venerdì 11 ottobre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Causin, Censore, Dambruoso, Dellai, Gregorio Fontana, Formisano, Giancarlo Giorgetti, Migliore, Pisicchio, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per la salvaguardia delle graduatorie dei concorsi di polizia di Stato, con particolare riferimento ai concorsi di vice sovrintendente – n. 2-00243)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Nesci n. 2-00243, concernente iniziative per la salvaguardia delle graduatorie dei concorsi di polizia di Stato, con particolare riferimento ai concorsi di vice sovrintendente (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, intendo illustrarla. Al 31 dicembre 2012 si è registrato un vuoto di organico nel ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato. Secondo dati ufficiali, questo vuoto è di 7.597 unità, a fronte di una pianta organica che ne prevede 20 mila. L'accesso al suddetto ruolo è possibile solo dall'interno, mediante concorsi per titoli ed esami. Attualmente, sono circa 2 mila gli idonei, frutto delle precedenti procedure concorsuali, inseriti in graduatorie ancora valide ed efficaci.
  Il 6 febbraio 2012 il Dipartimento di pubblica sicurezza ha bandito un concorso per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente della Polizia di Stato per la copertura di soli 136 posti, poi ampliati a 336. Il concorso ha prodotto ulteriori 7.828 idonei. Ad oggi, poi, vi è la disponibilità di 9.909 idonei non ammessi.Pag. 2
  Il decreto-legge n. 227 del 2012, poi convertito con modificazioni, autorizza il Ministero dell'interno per l'anno 2013 ad attivare procedure e modalità concorsuali semplificate per l'accesso alla qualifica di vice sovrintendente, nei limiti dei posti complessivamente disponibili in organico al 31 dicembre 2012, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  In proposito, la Direzione centrale delle risorse umane del Dipartimento di pubblica sicurezza ha deciso di procedere alla copertura dei posti attraverso altre due complesse, lunghe e onerose procedure concorsuali straordinarie. Si stima che il loro costo complessivo sia di circa 24 milioni di euro. Tali procedure appaiono andare in altra direzione rispetto al succitato decreto, infatti esso prevede espressamente che le procedure semplificate debbano avvenire senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.
  Contrariamente ai principi del decreto – che richiede tempi certi, fissando il termine entro il 2013 – le complesse procedure dei due futuri maxi concorsi straordinari richiederebbero un enorme lavoro di classificazione dei titoli di servizio, un lavoro su circa 50 mila potenziali partecipanti, aggiornato anno per anno, dal 2004 al 2012. In totale ci sarebbero circa 450 mila posizioni da esaminare, per cui l'operazione potrebbe terminare, nella migliore delle ipotesi, non prima di 5 anni.
  Le problematiche riscontrate nella gestione dei due analoghi concorsi precedenti hanno evidenziato difficoltà organizzative e procedurali, intanto per la mancata informatizzazione. In particolare, secondo il comitato «Tutti sovrintendenti» – che con obiettiva contezza sta divulgando i termini della questione – sono serviti 7 mesi per valutare i titoli di 1.400 persone, in merito ai due precedenti concorsi. Questo è un fatto: significa che la procedura prevista per l'avvenire si annuncia molto complessa, difficilmente sostenibile e non priva di imprevisti che, all'atto pratico, potrebbero renderla ben più onerosa.
  Inoltre, i due maxi concorsi straordinari all'orizzonte non appaiono in grado di raggiungere l'obiettivo di garantire la funzionalità della Polizia di Stato disponendo al più presto di ufficiali di polizia giudiziaria, figure, queste, che garantiscono servizi essenziali per i cittadini, lo sappiamo, per esempio la ricezione di denunce, i sopralluoghi di furto, le notizie di reato e altro.
  Il dispendio di risorse qui tratteggiato si andrebbe a concretizzare proprio nel momento in cui il legislatore, perseguendo un disegno di drastico contenimento della spesa pubblica, iniziata già con il decreto-legge n. 78 del 2010 e continuata poi con le manovre estive del 2011, ha varato la legge di stabilità del 2012, proclamando il blocco della contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2010-2012, poi, la sospensione degli automatismi stipendiali e la cristallizzazione dei trattamenti retributivi, fino al 2014 compreso.
  A questo aggiungiamo, poi, una rilevante sequenza di decreti-legge (n. 98 del 2011, n. 138 del 2011 e n. 201 del 2011) con cui, tra l'altro, è stato disposto il blocco del turn-over, cui anche l'amministrazione della Polizia di Stato è stata assoggettata.
  I citati maxi concorsi straordinari richiedono, per diventare esecutivi, la necessaria approvazione di un decreto del Ministero dell'interno, il che deve perentoriamente avvenire entro l'anno 2013. Ciò vuoi dire che il provvedimento verrà a breve sottoposto alla sua firma, con uno schema che nel luglio scorso è stato pesantemente contestato dal Consiglio di Stato. Al riguardo, il Consiglio di Stato lo ha descritto come «un meccanismo di rilevante complessità organizzativa destinato a determinare una dilatazione dei tempi e delle procedure». Ciò in antitesi con il citato decreto-legge n. 227 del 2012 del Governo Monti, poi convertito con modificazioni, che invece autorizza il Ministero dell'interno ad attivare una semplificazione delle procedure.
  Il Consiglio di Stato ha invitato l'amministrazione a fornire tutta una serie di chiarimenti, date le varie omissioni rilevate; alcune finanche curiose, come la mancata considerazione del possesso della Pag. 3conoscenza di lingue straniere, «in relazione a finalità, anche investigative, all'estero».
  Oltretutto, il Consiglio di Stato ha poi chiesto al Ministero di tener conto se dagli esiti attuativi dell'intervento in corso «possa derivare un disallineamento rispetto alle altre Forze di polizia».
  Semplificazione e risparmio sono, oggi, i due concetti chiave della pubblica amministrazione. Il Ministero dell'interno si sta muovendo, sul punto, in una direzione tutta sua, se valutiamo i fatti e se leggiamo le forti obiezioni di diritto del Consiglio di Stato.
  Da qui, allora, la richiesta di sapere dal Ministro dell'interno se, anche alla luce della crisi in atto, non sia più opportuno nonché giuridicamente più pertinente prevedere un'altra misura di carattere straordinario «semplificata» per la copertura dei posti vacanti.
  Al momento, la soluzione più realistica, la più rapida, la più semplice e soprattutto la più economica appare lo scorrimento delle graduatorie, che è perfettamente in linea con il dettato costituzionale, fedelmente corrispondente al principio di economicità e speditezza della pubblica amministrazione.
  Lo scorrimento delle graduatorie, anche in virtù del decreto-legge sopra specificato, che oggi permette di attivare procedure straordinarie semplificate, consentirebbe di azzerare da subito e in maniera rapida – in un anno solare circa – l'intero vuoto di organico.
  Così, si risparmierebbero ingenti e preziose risorse pubbliche, garantendo al contempo l'efficienza dei servizi istituzionali.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interpellanza urgente all'ordine del giorno, l'onorevole Nesci ed altri, nel porre all'attenzione del Governo la questione relativa al regolamento per l'accesso alla qualifica iniziale dei vice sovrintendenti della Polizia di Stato, chiedono che l'amministrazione ricorra, ai fini dell'attribuzione di tale qualifica, allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi precedentemente svolti.
  Come ricordato dall'onorevole interpellante, il Consiglio di Stato ha formulato alcune osservazioni in merito allo schema di decreto recante la modifica del suddetto regolamento. Tale schema è stato predisposto sulla base del decreto-legge n. 227 del 2012 che autorizza, in deroga, l'attivazione di «procedure e modalità semplificate per l'accesso alla qualifica di vice sovrintendente».
  L'iniziativa normativa intende realizzare un sistema concorsuale per soli titoli, in luogo del ben più complesso e oneroso sistema ordinario che prevede invece l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei sovrintendenti mediante il ricorso a due distinte procedure concorsuali interne: per titoli e per titoli ed esame scritto.
  Inoltre, la previsione di un'unica procedura concorsuale, volta a coprire i posti disponibili dal 31 dicembre 2004 al 31 dicembre 2012, assicura la riserva dei posti disponibili per ciascuna annualità al personale in possesso – al 31 dicembre dell'anno di riferimento – dei requisiti di partecipazione alla corrispondente procedura selettiva.
  In tal modo si intende sopperire alla rilevante carenza nel ruolo dei sovrintendenti – che si attesta ormai su quasi 8.000 unità – entro un arco temporale e con oneri a carico dell'amministrazione sensibilmente più contenuti rispetto a quelli che sarebbero necessari ove, in ottemperanza all'obbligo dell'annualità dei concorsi, fosse stata prevista una pluralità di procedure concorsuali in relazione a ciascuno degli anni compresi nell'intervallo di tempo 2004-2012.
  Proprio al fine di realizzare la massima semplificazione e rapidità di svolgimento della procedura concorsuale è stato inoltre previsto che i posti disponibili per gli assistenti capo siano riservati a quanti, al 31 dicembre 2012, ricoprivano una posizione in ruolo compresa entro il doppio del totale dei posti riservati.Pag. 4
  Sul piano organizzativo in un'ottica di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza dell'azione amministrativa, è in corso di predisposizione un programma informatico volto a consentire l'acquisizione on line delle domande di partecipazione al concorso, nonché una valutazione preliminare automatizzata dei titoli in possesso dei candidati.
  Aggiungo, inoltre, che – nella consapevolezza dell'importanza di assicurare un'adeguata preparazione al personale – verranno approntati specifici moduli formativi di lingua inglese, informatici e telematici nell'ambito del corso di formazione professionale on line destinato ai vincitori del concorso.
  Il ricorso alla procedura concorsuale straordinaria mira anche a colmare la grave carenza di organico nel ruolo dei sovrintendenti e, quindi, a sanare l'attuale disallineamento della Polizia di Stato rispetto alle altre forze di polizia.
  La procedura concorsuale ipotizzata, pertanto, costituisce la massima semplificazione possibile nel vigente quadro normativo che impone lo svolgimento annuale dei concorsi interni in modo tale da assicurare la progressione in carriera degli appartenenti al ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato.
  È importante evidenziare che la disposizione derogatoria del predetto decreto-legge n. 227 del 2012, da un lato, autorizza l’ introduzione di procedure e modalità semplificate per l'accesso alla qualifica di vice sovrintendente, dall'altro lato, nulla dispone in merito alla possibilità di derogare al principio dell'annualità dei concorsi.
  Va anche ricordato che proprio in tema di ricorso alle graduatorie pubbliche si è di recente espressa l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, statuendo che la regola generale dello scorrimento «non è comunque assoluta e incondizionata», essendo individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento mediante concorsi «risulta pienamente giustificabile».
  In tal contesto si collocano proprio le ipotesi in cui speciali disposizioni legislative impongono una precisa cadenza periodica del concorso collegata anche a peculiari meccanismi di progressione nelle carriere, tipici di determinati settori del pubblico impiego.
  Peraltro, il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi, attualmente in fase di conversione, non trova applicazione nei confronti del personale della pubblica sicurezza, in virtù della specificità della normativa di riferimento. Anche per quanto riguarda la validità delle graduatorie, bisogna tenere presente la specialità della norma contenuta nell'articolo 24-quater del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, relativa all'obbligatorietà dell'annualità delle procedure concorsuali.
  In tale contesto, dunque, l'opzione dello scorrimento delle graduatorie provocherebbe un grave vulnus alle legittime aspettative di progressione in carriera del personale della Polizia di Stato che abbia maturato i requisiti di anzianità o di qualifica prescritti. In conclusione, voglio informare che il Ministero dell'interno, sulla base dei rilievi sollevati sul piano formale dal Consiglio di Stato, ha provveduto a modificare lo schema di decreto mediante la modifica al regolamento sulle modalità di accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei vice sovrintendenti.
  Lo schema, dunque, verrà riproposto, unitamente alle sopra esposte considerazioni, alle valutazioni dello stesso Consiglio di Stato, che potrà determinarsi anche sulla specialità delle procedure di assunzione previste per le forze di polizia, alla luce della normativa introdotta dal citato decreto-legge n. 101 del 31 agosto 2013.

  PRESIDENTE. La deputata Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DALILA NESCI. Signor rappresentante del Governo, se si vuole produrre e vendere fumo, noi non siamo qui per comprarlo, né a prezzo pieno né a buon mercato. Il Consiglio di Stato ha chiaramente bocciato, nel diritto e nella sostanza, Pag. 5la semplificazione adottata con i nuovi concorsi.
  Gli antichi dicevano che «le cose ripetute giovano», anche se la storia di questi palazzi ci insegna che il potere va avanti come vuole, pensando di poterlo fare senza limiti. Ricapitoliamo: con fonte primaria, il Governo Monti, sostenuto dalla stessa maggioranza odierna, concesse al Ministero dell'interno di adottare procedure concorsuali semplificate per risolvere le carenze di organico dei sovrintendenti della polizia. Parliamo di migliaia di posti vacanti, che potrebbero essere dati a migliaia di idonei in attesa. La legge lo consente e voi che cosa fate ? State lì a bandire nuovi concorsi, a spendere altri milioni, a trovare giustificazioni impossibili.
  Le procedure individuate dal Ministero necessitano di decreto subordinato, il cui schema ha ricevuto pesanti obiezioni dal Consiglio di Stato, sia perché le procedure individuate complicano le cose, sia per vizi di base, tipo la mancata considerazione della lingua straniera.
  Qui il Ministro – in questo caso il rappresentante del Governo – non può dire, come altrimenti ha fatto, che non sapeva: deve assumersi fino in fondo le sue responsabilità. Il concorso interno è un concorso pubblico a tutti gli effetti di legge, sicché è soggetto alle stesse norme, alle stesse regole e agli stessi criteri degli altri concorsi pubblici.
  L'unica differenza è rappresentata dalla durata delle graduatorie. Nel caso specifico, la regola è quella generale del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, che le ho citato: tutte le graduatorie dei concorsi pubblici hanno efficacia per un periodo di tre anni dalla loro pubblicazione.
  Tutte le amministrazioni, comprese quelle a ordinamento autonomo, sono tenute a conformarsi a questa regola d'indirizzo generale. Lo ha detto il Consiglio di Stato nell'adunanza plenaria n. 14 del 28 luglio 2011. Anche il tribunale amministrativo regionale ha ribadito l'applicabilità di tale regola generale al Ministero dell'interno, che, invece, la contestava per giustificare la scelta di indire un nuovo concorso, piuttosto che ricorrere alle graduatorie vigenti.
  Nella sostanza, attenendoci al Consiglio di Stato e al TAR, lo scorrimento delle graduatorie è un istituto di carattere generale, riferito, indistintamente, a tutte le amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo ed oggettivo. La graduatoria più datata, riguardo ai sovrintendenti, è stata pubblicata il 7 maggio del 2010; la penultima è stata pubblicata il 2 novembre 2011, con scadenza prevista il 2 novembre 2014. L'ultima graduatoria non è ancora stata pubblicata; probabilmente, lo sarà entro il 2013.
  L'efficacia di quest'ultima graduatoria si protrarrà fino al 2017. Stiamo parlando, quindi, di tre graduatorie ancora valide che rientrano nei tre anni di efficacia previsti dalla normativa.
  Al contrario, la proposta alternativa del Ministero non risulta rispettosa della disciplina di settore. Infatti, le sue modalità andrebbero in concreto a snaturare il noto principio dell'annualità dei concorsi. Inoltre la stessa proposta non è conforme al già citato decreto-legge, poi convertito con modificazioni, del governo Monti. Questo per via della complessità delle procedure e dei loro costi, di circa 24 milioni di euro. Tale somma, raffrontata ai 9 milioni che occorrerebbero per svolgere i 9 concorsi annuali non espletati, evidenzia il mancato rispetto dell'obbligo che non vi siano nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Per ultimo, le procedure cosiddette «straordinarie» sono procedure strategiche, che derogano a disposizioni vigenti per motivi di opportunità e di economicità. Esse, sono misure che per loro natura si pongono a vantaggio degli interessi di alcuni a discapito di altri, ugualmente titolari di legittime aspettative. Tuttavia, questi provvedimenti vengono assunti nell'esclusivo interesse della pubblica amministrazione e non nell'interesse dei singoli interessati. Nel caso specifico non si tratta di agevolare gli idonei, piuttosto che altri, ma di correggere con urgenza una grave Pag. 6distorsione dei meccanismi di garanzia che rischia, altrimenti, di protrarsi a danno del personale coinvolto.

(Intendimenti circa il mantenimento delle misure di protezione per Giulio Cavalli – n. 2-00244)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Daniele Farina n. 2-00244, concernente intendimenti circa il mantenimento delle misure di protezione per Giulio Cavalli (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Daniele Farina se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE FARINA. Intendo illustrarla, Presidente. Ringrazio il rappresentante del Governo. Innanzitutto la titolazione di questa interpellanza non è esattamente ciò che noi chiediamo, nel senso che diamo per scontato che venga mantenuta la protezione a vantaggio di Giulio Cavalli. Quello che noi chiediamo è un po’ più complesso, appartiene ad una vicenda che arriva da lontano e che, temo, andrà ancora in avanti. Questa interpellanza è stata depositata l'8 agosto, poco prima della chiusura dei lavori di questa Camera, della chiusura estiva, a fronte di un fatto che ha del singolare: su una testata online, che si chiama Fanpage, un collaboratore di giustizia – un pentito, come si direbbe più semplicemente, più popolarmente –, tal Luigi Bonaventura, dichiarava a video – penso che sia ancora visibile; io l'ho visionato, penso che possa essere fatto da chiunque – dichiarava che la ’ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli non appena gli fosse stata tolta la scorta. Luigi Bonaventura sembra essere – sembra ! Spero che in questo senso il Governo ci dia qualche lume – persona, come dire, accreditata negli ambienti della DDA di Catanzaro, avendo egli contribuito all'operazione Heracles, coordinata dal dottor Pierpaolo Bruni. In questa intervista il Bonaventura parla del servizio di scorta che tutela Cavalli dal 2008 – e sembra egli essere stato fatto oggetto, diciamo, di precedenti attenzioni – e della possibilità di una sua revoca per mancanza di comunicazione tra Lodi e Milano. Lui parla di una dimenticanza. Tornerò su questo punto perché ne sono stato testimone diretto. Essendo io milanese ed essendo stato Giulio Cavalli consigliere regionale della Lombardia, ho testimonianza diretta di quel periodo, che data gennaio 2011, e delle cose che non sono mai tornate dentro quella vicenda. Il Bonaventura dice di aver sentito parlare di un Prefetto. Noi sappiamo perfettamente che si trattava del Prefetto di Lodi. Su questa strana vicenda della revoca prima annunciata, poi abortita, di cui lo stesso Prefetto di Lodi rese edotto il Cavalli, sempre nel gennaio 2011, vi è una interpellanza parlamentare urgente presentata dall'onorevole Antonio Di Pietro in data 24 gennaio 2011, con tanto di numero, e agli atti. Questa interpellanza non ha mai avuto modo di essere, diciamo, soddisfatta, perché venne ritirata ventiquattro ore dopo la sua presentazione, fatto già non infrequentissimo, ma singolare.
  A questa interpellanza che stiamo svolgendo, datata ripeto 8 agosto, abbiamo dovuto aggiungere un capitolo, perché è di questi giorni l'ulteriore notizia, riportata dalla cronaca nazionale, del ritrovamento di una pistola carica nel giardino della casa di Cavalli, nascosta in una siepe, di fronte alla porta-finestra del suo studio. Allora il senso di questa interpellanza non è soltanto relativa agli elementi di garanzia sulla tutela di Giulio Cavalli, che non pensiamo siano in discussione – speriamo non siano in discussione – ma in quanto se c’è un'attività, di cui però noi non abbiamo notizia, rispettando ovviamente le esigenze di indagine, il segreto di indagine e di riservatezza delle indagini in corso, se su quelle affermazioni di Bonaventura c’è una qualche attività di approfondimento in corso; se essa magari ha già degli esiti che non dobbiamo apprendere dai giornali, ma che possono essere resi pubblici in quest'aula; se i fatti successivi hanno una qualche anch'essi spiegazione, una qualche idea, sempre rispettando le esigenze, Pag. 7perché io temo che, in assenza di questi altri elementi di chiarezza su questa vicenda, che sembra essere a capitoli, dovremmo tornare su questo argomento. Sono un po’ troppe le cose che si «incatenano», senza che con nettezza ne emerga un profilo atto a tranquillizzare chi ha cura dell'attività di Giulio Cavalli, chi ha cura dell'attività di contrasto alla criminalità organizzata nel Nord del Paese, che, come abbiamo visto da inchieste recenti, ha finalmente una propria identità inequivoca, mentre di equivoci in passato sappiamo che anche nelle nostre regioni ce ne sono stati tanti.
  Quindi noi crediamo che questa interpellanza apra con il Governo un dialogo che spero venga soddisfatto in questa seduta e che in caso contrario avrà ulteriori possibilità di approfondimento, anzi garantiamo che avrà ulteriori possibilità di approfondimento.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, l'interpellanza all'ordine del giorno pone all'attenzione del Governo il problema della tutela nei confronti di Giulio Cavalli, attore teatrale e scrittore nonché – come è stato ricordato – ex consigliere regionale della Lombardia, noto anche per le sue battaglie contro la criminalità organizzata.
  Com’è noto, alla luce della normativa vigente, le misure di protezione vengono adottate solo dopo un'approfondita valutazione del concreto livello della minaccia. Viene, inoltre, garantito il costante monitoraggio del profilo di rischio dei soggetti protetti.
  Tale valutazione si svolge ad un duplice livello: in sede periferica, con la proposta del prefetto, sulla base delle risultanze della riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia ed in sede centrale, per le definitive determinazioni dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS).
  Al riguardo, l'UCIS ha il compito di raccogliere ed analizzare le informazioni sulle situazioni a rischio comunicate dai prefetti, nonché quelle direttamente fornite dagli organismi di informazione e sicurezza e dagli uffici e reparti delle varie forze di polizia.
  Completata l'attività istruttoria e valutativa, l'UCIS, nel caso in cui sussistono i presupposti sulla base del livello di rischio accertato, adotta le misure di protezione e vigilanza, ovvero modifica o revoca quelle già adottate.
  La periodica e sistematica verifica del grado di personale esposizione al rischio costituisce ulteriore garanzia dell'effettiva necessità del servizio di scorta.
  Per quanto riguarda la posizione del signor Cavalli, ricordo che attualmente lo stesso è destinatario di un dispositivo di protezione di 4o livello, integrato da un servizio di vigilanza.
  Tale misura è stata adottata il 12 maggio 2009, su proposta della prefettura di Lodi, a seguito di ripetuti atti intimidatori e vandalici, verosimilmente collegati alla sua attività antimafia e ad una sua rappresentazione teatrale con la quale screditava con ironia – e quindi in maniera più penetrante e pungente – l'appartenenza alla mafia siciliana.
  Detto dispositivo non ha mai subito interruzioni ed è sempre stato espletato da personale qualificato della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
  Recentemente, come ha ricordato l'onorevole Farina, gli organi di stampa hanno riportato la notizia del rinvenimento di una pistola in prossimità dell'abitazione romana di Giulio Cavalli. Al riguardo, informo che l'attività investigativa, tuttora in corso, è coperta da segreto istruttorio. E voglio anche ricordare che la valutazione dell'esposizione a rischio costituisce oggetto di periodica rivisitazione per una verifica di idoneità delle misure finora adottate, finalizzata a rimodulare, se necessario, i dispositivi in modo più aderente alle effettive necessità e agli eventuali sviluppi investigativi.
  Pertanto, alla luce del nuovo atto intimidatorio, la questione della sicurezza di Giulio Cavalli è stata riesaminata, nella giornata di ieri, in sede di riunione di Pag. 8coordinamento delle forze di polizia, presieduta dal prefetto di Roma. In tale ambito è stata confermata la misura di protezione a tutela dell'artista, il cui profilo di rischio continua ad essere oggetto di costante e attento monitoraggio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Daniele Farina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, direi che questa definizione di soddisfazione o insoddisfazione mi sembra che non renda molto le stato delle cose su questa interpellanza. Io ringrazio il Governo per quanto esposto e, ovviamente, prendiamo anche atto della conferma del servizio di tutela, che è cosa molto importante, però l'interpellanza che abbiamo presentato è interamente centrata su un fatto: una videointervista e una figura, quella di Luigi Bonaventura, che è un collaboratore di giustizia. Lei non ha detto nulla su questo. Riproporremo questa interpellanza perché, in realtà, noi crediamo che ci siano alcuni elementi di chiarezza che vanno posti a suggello definitivo di questa vicenda, anche per capire come e in che modo eventualmente sono concatenate queste vicende che da molti anni si trascinano in terra di Lombardia e che hanno come protagonista un volontario e vittima, Giulio Cavalli.
  Pertanto, non c’è un problema di replica perché le informazioni che lei ha dato sono precise, molto dettagliate, procedurali. Noi vogliamo entrare nel merito di questa vicenda e, pertanto, confermiamo che su questo argomento torneremo.

(Chiarimenti in merito ai criteri di nomina di alcuni componenti della Commissione per le riforme costituzionali che risultano coinvolti in un'indagine giudiziaria – n. 2-00247)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lombardi n. 2-00247, concernente chiarimenti in merito ai criteri di nomina di alcuni componenti della Commissione per le riforme costituzionali che risultano coinvolti in un'indagine giudiziaria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Dadone se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, ci è sembrato opportuno intervenire con urgenza su una questione che ha gettato un po’ di ombra sulla politica italiana e, soprattutto, sulle scelte del Governo Letta. Siete tutti a conoscenza della questione legale che ha coinvolto un ex Ministro e cinque dei saggi scelti, indagati dalla procura di Bari su un'inchiesta per concorsi per docenti di prima e seconda fascia di diritto ecclesiastico, costituzionale e pubblico comparato. I soggetti coinvolti sarebbero l'ex Ministro delle politiche europee del Governo Berlusconi, Annamaria Bernini, l'ex Garante della privacy, Francesco Maria Pizzetti e i cosiddetti saggi, il professor Augusto Barbera dell'università di Torino, il professor Beniamino Caravita di Torrito dell'università «La Sapienza» di Roma, il professor Giuseppe De Vergottini dell'università di Bologna, Carmela Salazar dell'università di Reggio Calabria e Lorenza Violini di quella di Milano.
  Sono in tutto 35 i docenti coinvolti e stando agli articoli dei giornali – cito testualmente – secondo i PM gli indagati impegnati nelle commissioni programmavano lo svolgimento dei concorsi universitari scambiandosi favori e accordandosi sull'esito finale in modo che i candidati a loro vicini potessero superare le prove concorsuali per docenza senza difficoltà.
  È vero che l'inchiesta non riguarda le funzioni che sono connesse all'incarico conferito dal Presidente della Repubblica, ma le indagini riguardano, comunque, l'attività svolta dagli indagati in qualità di commissari in concorsi da ricercatore, associato e ordinario, e i reati per i quali sono indagati sono: associazione per delinquere, Pag. 9corruzione per atti contrari ai doveri di uffici, falso ideologico e truffa.
  Ora, al di là di quello che abbiamo letto sui giornali, avremmo voluto sostenere le richieste avanzate con dati ulteriori. Abbiamo provato a mandare sia una lettera alla procura di Bari, che al Ministro Cancellieri, ma non abbiamo ottenuto alcun genere di risposta.
  Comunque, mentre queste persone erano indagate, mentre erano in corso le indagini, diciamola così, ben cinque di questi docenti sono stati elevati al rango di «saggi» da parte del Presidente della Repubblica, per incarico proprio di Napolitano, che li aveva definiti il meglio degli atenei italiani. Ma la domanda che a noi sorge spontanea è: una persona che è elevata a «saggio», di fronte a un avviso di garanzia non dovrebbe rimettere il proprio mandato ? A noi sembra più che logico.
  Oltre a questo siamo venuti a conoscenza del fatto che la professoressa Lorenza Violini di Milano, nel dibattito sulla legge n. 51 del 2010, espresse favore nei confronti dell'istituto del legittimo impedimento a comparire all'udienza di tipo speciale applicabile unicamente al Presidente del Consiglio e ai Ministri, che è stata poi – lo ricordo a tutti, ma lo sapranno tutti – dichiarata illegittima dalla Consulta per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione.
  Inoltre, i professori De Vergottini e Caravita, insiemi ai «saggi» Feroni, Nicotra, Pitruzzella e Zanon, sono stati firmatari dell'appello a sostegno persino del lodo Alfano, dichiarato anch'esso illegittimo dalla Corte costituzionale. Si aggiunge, inoltre, che i professori Caravita e De Vergottini sono autori di uno dei sei pareri pro veritate depositati in Giunta per le elezioni al Senato in favore del ricorso esperito da Silvio Berlusconi dinanzi alla Corte di Strasburgo circa l'applicazione della legge Severino ai parlamentari condannati.
  Ora, la domanda che sorge spontanea è: ma in quali mani abbiamo, anzi avete, messo la nostra Costituzione ? E vorrei chiedere ai rappresentanti del Governo se al momento della nomina dei «saggi» foste a conoscenza dell'impegno e del sostegno, personale e professionale, di alcuni di questi «saggi» nei confronti di un leader politico; se, al momento della nomina, foste a conoscenza dell'indagine che si svolgeva da parte della procura di Bari verso alcuni di questi «saggi» (peraltro uno di questi ne era a conoscenza da due anni, per cui perlomeno per onestà intellettuale poteva informarvi); e se continuate a reputare affidabili e degne di credibilità persone che stanno lavorando alla riforma della nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, con l'odierno atto di sindacato ispettivo, gli interpellanti, alla luce delle recenti notizie riguardanti il presunto coinvolgimento di alcuni dei componenti della Commissione per le riforme costituzionali ed elettorali nell'ambito di inchieste in corso di svolgimento da parte della magistratura, esprimono perplessità in merito all'affidabilità e credibilità dell'operato della Commissione.
  Voglio sin da ora affermare a chiare lettere che le preoccupazioni espresse sono del tutto prive di fondamento. A questo proposito, è necessario sgombrare il campo da ogni equivoco e precisare che la Commissione è stata istituita al solo scopo di fornire un valido e qualificato supporto alle iniziative del Governo in materia di riforme, nell'ottica di valorizzare il contributo di alcuni tra i più importanti esperti del Paese in materia costituzionale ed elettorale, senza per questo intaccare l'assoluta centralità del Parlamento.
  I componenti della Commissione, chiamati a svolgere un ufficio del tutto onorario – con il solo rimborso delle spese documentate di viaggio – hanno affrontato i temi del bicameralismo, della riforma dello Stato, della forma di Governo, nonché i profili relativi alle coerenti riforme Pag. 10elettorali, esaminando approfonditamente e per ciascuna materia, le esigenze di riforma, i profili problematici e le implicazioni sistematiche, in un clima improntato al dialogo ed alla leale collaborazione.
  Peraltro, la chiamata in causa di esperti di chiara fama nel processo di riforma costituzionale in atto si inserisce in un più ampio disegno governativo che – ferme la titolarità dell'iniziativa in capo al Governo e la centralità del Parlamento, al quale spetta l'ultima parola sulle riforme – mira ad un coinvolgimento a 360 gradi dell'opinione pubblica nell'adozione di scelte fondamentali per il futuro del Paese.
  Voglio, infatti, ricordare che, parallelamente ai lavori della Commissione, dall'8 luglio all'8 ottobre, ha avuto luogo una consultazione online sul tema delle riforme, la più ampia mai svoltasi in Europa, che ha registrato ampie adesioni da parte dell'opinione pubblica e ha consentito agli italiani, per la prima volta nel nostro Paese, di esprimere il loro orientamento sulle questioni inerenti la revisione della Parte seconda della Carta costituzionale.
  Tornando alla Commissione, è necessario precisare che i suoi lavori si sono svolti in maniera proficua e nel rispetto dei principi di efficienza ed economicità, tanto da concludersi un mese prima della scadenza prevista nel decreto istitutivo.
  Ritengo, quindi, che il metodo seguito ed i risultati raggiunti rappresentino un fatto importante conseguito da questo Governo nei suoi primi mesi di vita e che non vi sia motivo alcuno per nutrire dubbi sull'affidabilità della Commissione.
  Quanto allo specifico quesito relativo alla conoscenza da parte del Governo di una asserita indagine a carico di alcuni degli esperti, si segnala, secondo quanto riferito dagli stessi organi di stampa che dell'indagine hanno dato notizia, che, pur riguardando fatti risalenti a diversi anni fa, il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e nessuna determinazione è stata assunta dagli organi inquirenti in merito all'esercizio dell'azione penale.
  Ancora una volta, come giustamente rilevato di recente sulla stampa dai costituzionalisti Onida e Cheli, gli indagati vengono a conoscenza di presunte indagini a loro carico tramite i giornali piuttosto che attraverso gli strumenti previsti dal codice di procedura penale.
  Trattandosi, quindi, di atti investigativi coperti da segreto, la rivelazione dei quali – voglio ricordarlo – costituisce reato, stupisce che si chieda al Governo se ne fosse a conoscenza nel momento in cui si è proceduto alla nomina degli esperti. Tali esperti – voglio, ancora una volta, ricordarlo – sono tra i migliori costituzionalisti del nostro Paese.
  Ritengo, perciò, che quanto riferito dagli interpellanti, piuttosto che gettare ombre sull'operato della Commissione, rappresenti un'ulteriore conferma della necessità di un'incisiva riforma della giustizia secondo le indicazioni già delineate nella relazione finale del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica e proprio da quest'ultimo ribadite nel recente messaggio alle Camere.
  In relazione, invece, alle perplessità espresse in merito alle sensibilità ed agli orientamenti di alcuni membri della Commissione, ricordo agli onorevoli interpellanti che il pluralismo e la diversità di opinioni sono fonte di arricchimento del dibattito politico piuttosto che motivo di preoccupazione.
  Anzi, ci tengo a rammentare che proprio quella Carta costituzionale che gli stessi si affannano a difendere ad oltranza è figlia del dialogo e della mediazione tra le tre diverse anime dell'Assemblea costituente: quella cattolica, quella liberale e quella socialista, che – consapevoli della necessità di dover ricostruire un Paese ancora sconvolto dalla Seconda guerra mondiale – hanno reso possibile quello che noi chiamiamo miracolo costituente.
  Peraltro, gli stessi padri costituenti, pur riconoscendo che gli equilibri politici esistenti al momento dell'approvazione della Carta non consentivano ulteriori interventi Pag. 11sul sistema istituzionale, erano comunque consapevoli della necessità di apportare degli aggiustamenti.
  Basta infatti scorrere gli atti della Costituente per rinvenire i segnali con i quali gli autori della Carta ci hanno indicato le tappe significative dell'ulteriore percorso da intraprendere per rendere sempre più solida l'architettura istituzionale del nostro Paese.
  Cito per tutti l'ordine del giorno Perassi, approvato all'unanimità, che evidenziava la debolezza della forma di governo parlamentare e la necessità di dispositivi idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di governo e ad evitare degenerazioni del parlamentarismo. La necessità di un aggiornamento del quadro costituzionale, pur rimanendo inalterati ed intangibili i principi fondamentali della Costituzione repubblicana, è, quindi, una delle eredità che gli stessi costituenti ci hanno trasmesso.
  È necessario perciò riannodare le fila di un discorso che negli ultimi trent'anni non è mai giunto ad una conclusione ed evitare di deviare, di soprassedere, di non affrontare le questioni che abbiamo di fronte, evocando strumentalmente questioni di metodo che rischiano di spostare il baricentro del dibattito verso una direzione che conduce al nulla di fatto.
  Il vero rischio da scongiurare, nell'interesse del Paese, è – come segnalato sulla stampa dal costituzionalista Ainis – quello rappresentato da chi non essendo in grado di misurarsi con la sostanza dei problemi, si trincera dietro polemiche strumentali come alibi per delegittimare l'intero processo di riforma, senza però avere il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere che spesso l'unico obiettivo perseguito è quello di far fallire il percorso riformatore, producendo come unico risultato quello di tradire lo stesso spirito di quella Costituzione così strenuamente e spesso non opportunamente richiamata.
  Oggi, infatti, la drammatica contingenza economica e la necessità di aggiornare l'architettura istituzionale del Paese di fronte ai potenti fattori di cambiamento degli ultimi anni impongono uno sforzo riformatore e rendono impellente la realizzazione di un nuovo nobile compromesso in grado di aggiornare la seconda parte della Costituzione per dar vita ad istituzioni più moderne, efficienti e all'altezza di sfide globali sempre più complesse.
  Nella consapevolezza di tali urgenti necessità auspico, quindi, che i chiarimenti forniti agli interpellanti possano contribuire a ristabilire un clima politico caratterizzato da un confronto aperto, franco e costruttivo sui contenuti di riforme di importanza fondamentale per il futuro dell'Italia, evitando ogni sterile polemica tra le forze politiche che, pur con le inevitabili e utili diversità, devono tutte essere ispirate dalla medesima tensione verso il bene comune in un momento difficile per il nostro Paese.
  Ritengo, inoltre, in conclusione, che, anche al di là delle questioni sul merito o sul metodo delle riforme, il modo migliore per tutelare la legalità costituzionale sia proprio quello di osservare nel dibattito politico canoni di rispetto, di lealtà e di chiarezza tra i diversi attori in campo.

  PRESIDENTE. L'onorevole Dadone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, no, non sono affatto soddisfatta. Il confronto aperto, franco e costruttivo non c’è stato in Commissione e tanto meno in Aula; sulle riforme costituzionali abbiamo discusso 2 ore e 20 minuti di cui 1 ora e 30 minuti sono state di audizioni e tutti i costituzionalisti hanno smontato questa riforma, per cui è inutile che chiediate a noi un confronto aperto e costruttivo visto che il Governo, come tutta la maggioranza, ha bocciato tutti i nostri emendamenti.
  A me va benissimo fare modifiche della Costituzione, perché ne abbiamo sempre parlato, ma si fa tramite l'articolo 138, non si deroga al 138 per modificarla, anzi non si modifica il 138 per poi derogarlo a proprio piacimento. A dirlo non sono io, che sono una umile laureata in legge, ma lo dicono costituzionalisti di rilievo notevole, come Alessandro Pace.Pag. 12
  La Commissione istituita, lei parla di una Commissione con un incarico onorario, è vero che hanno un incarico onorario; a maggior ragione, non essendo eletti, bisognerebbe scegliere persone che abbiano determinate caratteristiche. Io non sto a giudicare la morale, ma sono sicura che tra tutti gli esperti che c'erano a disposizione qualcuno che non si fosse espresso a favore del lodo Alfano ci fosse pure, non tanto sul merito della questione quanto perché poi è stato dichiarato incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 138, non certo di chissà quale norma, quindi sono quelle abbastanza basilari e le conoscono quasi tutti.
  La titolarità dell'iniziativa in capo al Governo senza minare la centralità del Parlamento è, secondo me, completamente insensata visto che il Governo ha avanzato questa proposta quando la centralità dovrebbe veramente spettare al Parlamento ma, in realtà, lo si fa fare a un Comitato dei 42, e quindi agli eletti tra gli eletti, a una cernita all'interno della Commissione affari costituzionali; quindi di centralità del Parlamento ce n’è ben poca, tra l'altro nel disegno di legge del Governo si prevede che possono subemendare il Governo, il Comitato e i relatori con tempi differenti rispetto agli altri parlamentari: quindi si minano le prerogative che sono previste per qualsiasi altro disegno di legge o proposta di legge.
  Riguardo alla consulta online che permette di esprimere e coinvolgere l'opinione pubblica, vabbè, non le sto a ripetere i nostri rilievi, li abbiamo già presentati al Ministro Quagliariello, anzi, con lui avevamo parlato ben prima che arrivasse questo disegno di legge e lui era molto soddisfatto del fatto che noi volessimo coinvolgere la cittadinanza, però gli avevamo già sottolineato che prima di una consultazione online sarebbe opportuno formare ed informare i cittadini, perché altrimenti il rischio è soltanto di veicolare sul risultato che si vuole ottenere. Perché un conto è far votare una persona, un conto è far votare un cittadino che è consapevole e sa le scelte che sta per prendere, quindi: prima formazione, poi consultazione.
  Sul fatto dei dubbi dell'affidabilità della Commissione, a esprimerli non sono certo io, sono tante persone, per esempio Carlassare che è, insomma, una giurista, una costituzionalista, mi perdoni lei, di nota fama, che se ne è andata perché non condivideva l'idea né della Commissione dei saggi né tanto meno di un Comitato degli eletti tra gli eletti.
  Sul fatto delle indagini, invece, a nostro parere, io l'ho già detto prima ma lo risottolineo, ho letto, per carità, l'ho appreso dai giornali, perché chiaramente siamo nel corso delle indagini preliminari, per cui, sono uscite come sono uscite le informazioni, il professor Caravita di Torrito sapeva già da due anni di essere sotto inchiesta, per cui almeno a onor di onestà intellettuale avrebbe dovuto riferire al Governo.
  Noi chiaramente ci auspichiamo che le indagini portino a dei risultati differenti da quelli che sono i capi d'accusa, per cui risultino tutti i professori estranei ai reati ma, fino a quel momento, non possiamo nascondere le preoccupazioni che ci affliggono per la sorte della nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative normative volte a garantire alle società di mutuo soccorso la possibilità di svolgere altre attività rispetto alle sole prestazioni di mutualità integrativa – n. 2-00231)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanin n. 2-00231, concernente iniziative normative volte a garantire alle società di mutuo soccorso la possibilità di svolgere altre attività rispetto alle sole prestazioni di mutualità integrativa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Zanin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, penso che il tema sia di grandissimo Pag. 13interesse, anche perché le scadenze sono assolutamente a breve. L'interpellanza ha di fatto a cuore una questione di grande rilievo per il nostro Paese, perché le società di mutuo soccorso sono evidentemente strumenti e sodalizi che hanno avuto nella storia di questo Paese un ruolo davvero primario, fino all'epoca della redazione della Carta costituzionale: direi che da quando il welfare è stato trasformato in termini generali, credo che queste società abbiano trasformato, anche ampliando, la gamma della loro offerta, e che questo sia un elemento di arricchimento del welfare stesso.
  Qual è la questione che poniamo oggi all'attenzione del Governo, e su cui chiediamo, speriamo e ci auguriamo che la risposta ci dia agio di immaginare una prospettiva adeguata ? L'articolo 23 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, cioè il decreto «Crescita bis» dell'anno scorso, ha di fatto segnato una trasformazione di scopo e di orizzonte di queste società: segnando anche un termine, quello del 16 novembre di quest'anno, come un termine oltre il quale la trasformazione di queste società debba adeguarsi ad un'idea di assiduo ed esclusivo riferimento alla mutualità integrativa volontaria. Direi che questa non è un'idea che noi vogliamo assolutamente rigettare: anzi, insieme a tutti coloro che sostengono il mutuo soccorso, siamo convinti che l'apertura di credito in questa direzione sia un elemento di fondamentale importanza, proprio per lo sviluppo del welfare di comunità nel nostro Paese.
  Tuttavia, ci rendiamo conto che esiste un tema che rischia effettivamente di essere un vulnus grave, dal momento che la perentorietà dei termini con cui questo processo di trasformazione dovrebbe avvenire rischia di minare le fondamenta di tutte quelle realtà che nella loro evoluzione, oltre ad aver acquisito patrimoni, li hanno poi messi a disposizione delle comunità locali con le forme proprie della mutualità; e che ciò porterebbe evidentemente ad un impoverimento della natura stessa e dell'orizzonte di welfare a cui il provvedimento l'anno scorso mirava.
  L'interpellanza allora, in parole molto asciutte, si riferisce a tre possibilità, che ci auguriamo il Governo voglia accogliere. La prima è sostanzialmente la richiesta se non si pensi, con molta rapidità, evidentemente, vista la scadenza del 16 novembre, di correggere le forme esecutive di quell'articolo 23. In secondo luogo se, pur mantenendo le forme esecutive, non si pensi ragionevole quanto meno una dilazione dei tempi di trasformazione; e se in verità, data la radicalità e la pervasività nel nostro territorio nazionale di queste forme di mutuo aiuto, non si pensi che sia venuta l'ora, nell'ambito di un'attività di orientamento complessivo del welfare, di strutturare una norma ad hoc in materia proprio di mutualità integrativa.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere.

  CARLO CALENDA, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, le modifiche apportate dall'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012 alla disciplina delle società di mutuo soccorso, contenuta nella legge n. 3818 del 1886, hanno avuto lo scopo di adeguare – dopo 126 anni – la normativa originaria alle evoluzioni storiche dell'istituto così come si sono delineate nel tempo, anche per effetto delle indicazioni pervenute dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
  La norma è volta, tra l'altro, a recepire il dettato del regolamento (CE) n. 1435/2003 del 22 luglio 2003, relativo allo statuto della società cooperativa europea.
  Da un punto di vista formale, si è provveduto ad aggiornare alcuni adempimenti amministrativi già previsti in origine dalla legge 3818 (costituzione acquisizione della personalità giuridica, registrazione, vigilanza). In tale ambito, è stata stabilita l'iscrizione delle società di mutuo soccorso al Registro delle imprese (nella sezione «imprese sociali»), secondo criteri e modalità stabiliti con decreto 6 marzo 2013 del Ministro dello sviluppo economico, al fine di superare i dubbi interpretativi circa l'obbligo di iscrizione al REA delle stesse Pag. 14società, stante la loro particolare natura. È stata altresì prevista l'automatica iscrizione presso l'Albo delle società cooperative, Sezione società di mutuo soccorso, analogamente a quanto previsto dal comma 2, dell'articolo 10, della legge n. 99 del 2009 per le imprese cooperative.
  Da un punto di vista sostanziale sono stati aggiornati gli ambiti di attività previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 3818, precisando ulteriormente il campo di attività, già delineato dal precedente regime normativo, che distingueva tra scopi principali e scopi secondari. Quanto ai primi, il numero delle attività che contraddistinguono il tipo sociale disciplinato è stato ampliato rispetto alla originaria formulazione della norma del 1886, che prevedeva soltanto la possibilità di assicurare ai soci un sussidio, nei casi di malattia, di inabilità al lavoro o di vecchiaia e di venire in aiuto alle famiglie dei soci defunti. È previsto, infatti, che le società di mutuo soccorso possano svolgere in esclusivo favore dei soci e dei loro familiari conviventi le seguenti attività: erogazione di trattamenti e prestazioni socio-sanitarie nei casi di infortunio, malattia ed invalidità al lavoro, nonché in presenza di inabilità temporanea o permanente; erogazione di sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni; erogazione di servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti; erogazione di contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell'improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche. È altresì prevista la possibilità di svolgere le predette attività anche attraverso l’ istituzione o la gestione dei fondi sanitari integrativi.
  Quanto alle altre attività esercitabili, la nuova disciplina, emanata con l'articolo 23 del decreto legge 179 del 2012, comma 3, non fa altro che chiarire quanto già la giurisprudenza e la dottrina avevano avuto modo di individuare nel corso degli anni. Ciò in particolare sia con riferimento al necessario equilibrio tra attività principali ed accessorie dell'ente che non deve causare lo snaturamento del tipo sociale, sia alla sussistenza di un rapporto di strumentalità delle attività accessorie rispetto alle principali, nel senso che le prime servano in sostanza al conseguimento delle seconde (oppure che si tratti comunque di attività attinenti a fenomeni che riguardano la vita e la capacità lavorativa del socio), sia al divieto di svolgere attività di impresa.
  Le nuove disposizioni sembrano essere in linea con quanto già stabiliva la normativa originaria. Se una società di mutuo soccorso non svolgerà le attività di cui all'articolo 1 e non rispetterà gli adempimenti previsti dalla legge, non potrà qualificarsi società di mutuo soccorso ai sensi della legge 3818 del 1886, non acquisirà o manterrà la personalità giuridica, non potrà godere dei benefici fiscali tipici delle medesime. Ciò non significa che tali enti dovranno sciogliersi, né tantomeno dovranno devolvere il loro patrimonio. Come autorevole dottrina e giurisprudenza hanno affermato, esse potrebbero essere inquadrabili quali associazioni non riconosciute, in quanto enti che possiedono i relativi requisiti: perseguono uno scopo economico di carattere mutualistico, svolgono cioè attività economiche senza scopo di lucro a vantaggio dei soci; i soci non hanno diritto alla percezione di dividendi e alla restituzione degli importi conferiti all'atto dello scioglimento; hanno una struttura aperta; rispettano il principio del voto capitario.
  A fronte di tali rinunce, le associazioni mutualistiche non avranno limiti relativi all'oggetto sociale, non saranno obbligate ad iscriversi al registro delle imprese (salvo che non svolgano attività economiche che impongano tale adempimento), all'albo delle cooperative, a sottoporsi alla vigilanza, eccetera. Tutto ciò non può essere considerata una novità perché alle stesse conclusioni si giungeva anche in vigenza della precedente versione della legge 3818 del 1886.
  Per ciò che riguarda, invece, quanto previsto al comma 5 dell'articolo 23 del Pag. 15decreto-legge 179/2012 circa l'obbligo di devoluzione del patrimonio ad altre società di mutuo soccorso o ai fondi mutualistici o al bilancio dello Stato in caso di liquidazione o di perdita della natura di società di mutuo soccorso (non di perdita della personalità giuridica), la ratio può essere parzialmente individuata nella contiguità delle società di mutuo soccorso alle cooperative, per le quali la medesima devoluzione ai fondi mutualistici è prevista in caso di scioglimento o trasformazione in altro tipo di società (con attività non caratterizzata da mutualità), secondo quanto previsto dall'articolo 2545-undecies del codice civile. L'aspetto peculiare comunque rimane nella possibilità che le SMS devolvano il patrimonio anche ad altre società di mutuo soccorso.

  PRESIDENTE. Il deputato Zanin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, direi sicuramente che la ripetizione delle norme in essere non mi soddisfa senz'altro, dal momento che è evidente che la richiesta di tenere presente una dilazione dei tempi, quanto meno per avvantaggiare l'evoluzione del welfare – è scritto proprio nell'articolo 23 della legge di stabilità dell'altro anno – era uno dei presupposti minimi attorno a cui avevamo accolto il nostro piccolo bagaglio di interrogazioni.
  Mi risulta difficile comprendere le ragioni che ci portano ad un'inevitabile tagliola rispetto a questa vicenda. È chiaro che saremo sul pezzo continuando ad interrogare il Governo e a pressarlo perché evidentemente un atto quanto meno di dilazione permetterebbe a questi soggetti di qualificarsi, in questa fase di transizione assolutamente molto grave, molto grave per tutti coloro che potrebbero avvalersi del mutuo soccorso nei termini prescritti proprio dall'articolo 23 e da tutta la normativa in vigore per esso. Direi, dunque, che veramente ci sarebbe allora l'opportunità di fare un servizio al Paese cercando di inquadrare la questione, non secondo quanto rigidamente si è già fatto, ma secondo le istanze e le richieste del territorio, dei cittadini e delle persone che in qualche modo sono coinvolte e sono evidentemente in tutto il Paese un numero veramente impressionante. Per cui, evidentemente, io mi appello nuovamente al Viceministro perché porti con sé, al di là di quanto ha letto oggi, l'appello che rivolgo a lui e al Governo.

(Iniziative volte a garantire il rilancio della produzione dello stabilimento di Acciai Speciali Terni in caso di alienazione anche al fine di salvaguardare il comparto siderurgico europeo – n. 2-00237)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Galgano n. 2-00237, concernente iniziative volte a garantire il rilancio della produzione dello stabilimento di Acciai Speciali Terni in caso di alienazione anche al fine di salvaguardare il comparto siderurgico europeo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, signor Viceministro, AST è uno dei principali produttori al mondo di laminati piani di acciaio inossidabile. Questa produzione è strategica per l'industria europea ed, in particolare, per quella italiana che, nonostante la crisi, consuma ad oggi 900 mila tonnellate di acciaio inox. Inoltre, l'attività di AST è la fonte principale per l'economia del territorio e rappresenta ben il 20 per cento del valore aggiunto regionale.
  Il 7 novembre 2012, la Commissione ha approvato la fusione tra Outokumpu e ThyssenKrupp a condizione che lo stabilimento di Acciai Speciali Terni, AST, fosse ceduto a terzi. Questa dismissione avrebbe dovuto aver luogo qualche mese dopo.
  Dopo quasi un anno, AST è ancora di proprietà di Outokumpu. Questa situazione ha delle ripercussioni negative sulla competitività dell'azienda e desta forte Pag. 16preoccupazione sia tra le autorità nazionali locali che tra i lavoratori. Le ragioni sono molteplici: la produzione dei laminati sta calando, la posizione nel mercato di AST si è deteriorata, l'incertezza sul futuro di AST non consente investimenti negli impianti e la concorrenza, anche da parte di Outokumpu, si fa sempre più agguerrita.
  Aggiungo che recentemente fonti di stampa finlandese hanno segnalato molte difficoltà di Outokumpu e un Fondo ha recentemente dimezzato la sua quota e le azioni hanno costantemente registrato perdita di valore.
  Lo scopo della dismissione richiesta dalla Commissione europea era quello di assicurare una concorrenza effettiva all'interno del mercato europeo della siderurgia e di assicurare che Acciai Speciali Terni svolgesse un ruolo di concorrente effettivo nei confronti di Outokumpu. Il perdurare di questa situazione di stallo non consente di raggiungere questo obiettivo. In una lettera del 4 luglio 2013, indirizzata al Ministro dello sviluppo economico Zanonato, il Commissario europeo Almunia ha ribadito l'intenzione della Commissione europea di assicurare la sostenibilità economica e la competitività di Acciai Speciali Terni. A quattro mesi circa da quella dichiarazione, è vitale mettere in atto quanto prima una soluzione che garantisca la vivibilità economica complessiva di Acciai Speciali Terni. È opportuno evitare che Acciai Speciali Terni venga ceduta a Paesi extraeuropei, in quanto si tratterrebbe, per la siderurgia europea, della perdita di un sito integrato e di grande valore. Un tale risultato non solo non avrebbe alcun impatto positivo sulla concorrenza nel settore ma contribuirebbe, altresì, a rendere l'Europa più dipendente dall'acciaio di provenienza da Paesi terzi, in netta contraddizione con gli obiettivi di una politica industriale europea forte. Sulla base di queste considerazioni, le chiediamo: quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare affinché questa situazione d'incertezza sul futuro di Acciai Speciali Terni possa essere risolta a breve, in modo da consentire il rilancio della produzione; se abbia in questi mesi ricevuto dalla Commissione europea garanzie idonee rispetto al fatto che il futuro acquirente sia una realtà industriale europea, con un vero progetto industriale per il futuro dello stabilimento che possa consentire ad Acciai Speciali Terni di restare competitiva sul mercato, e che, quindi, questo patrimonio europeo non venga poi frazionato da un acquirente extraeuropeo, se sia a conoscenza del fatto che alcune offerte di acquisto da parte di gruppi industriali non siano state accettate, se non ritenga opportuno chiedere esplicitamente l'impegno della Commissione ad assumere la titolarità della vendita di Acciai Speciali Terni se anche questo tentativo non dovesse andare a buon fine.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere.

  CARLO CALENDA, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, il Ministero dello sviluppo economico segue le vicende della Acciai Speciali Temi da ben prima che questo importante stabilimento italiano fosse acquisito da Thyssen Krupp e, in più occasioni, è stato determinante nell'evitare che le difficoltà si trasformassero in crisi irreversibili. Un momento molto critico è stato senza dubbio anche quello che ha coinvolto AST nel processo di dismissione della produzione di acciai speciali, raggruppata nella subholding Inoxium, messo in atto nel 2010 da Thyssen Krupp. Come noto, l ’acquisizione assai onerosa di Inoxium ha visto prevalere Outokumpu, ovvero la principale concorrente europea della casa tedesca. Con questa acquisizione, Outokumpu si è trovata in posizione dominante sul mercato europeo – oltre 50 per cento – ma non su quello mondiale, dove occupa una quota attorno al 20 per cento.
  La posizione dominante di Outokumpu ha indotto la Commissione europea alla concorrenza a richiedere alla casa finlandese la cessione di alcuni asset, fra i quali il più importante è senza dubbio AST. La procedura di cessione è stata avviata a Pag. 17novembre 2012 e, a partire da quella data, è stato prescritto ad Outokumpu di portarla a compimento entro i successivi sei mesi. Molte sono state le manifestazioni di interesse, ma poche società hanno formulato, al momento opportuno, una offerta vincolante. Fra queste va citata certamente Aperam che, in accordo con due importanti gruppi siderurgici italiani – Marcegaglia ed Arvedi – ha formulato una offerta economica corredata da un piano industriale. Aperam, controllata da componenti della famiglia indiana Mittal, è anche un'impresa industriale che detiene, prima della acquisizione di AST, una quota attorno al 15 per cento del mercato europeo dell'acciaio inossidabile: tale quota, sommata alla capacità produttiva della nuova acquisizione, la porterebbe verso un market share di circa il 25 per cento. Outokumpu ha però valutato non adeguate, principalmente per ragioni strettamente economiche, le offerte ricevute e, mentre continua a confrontarsi con più soggetti, ivi compresi anche i fondi di investimento, ha richiesto continui spostamenti del termine iniziale di sei mesi entro il quale concludere la cessione. Si è così creata una situazione assai critica dal momento che AST si trova continuamente in uno stato di incertezza nell'ambito di un mercato già di per sé difficile e non bastano, a questo proposito, le continue rassicurazioni della proprietà finlandese sul rispetto degli obblighi imposti dalla Commissione Europea a garantire sostegno finanziario e a non interferire sulla azione commerciale della azienda ternana. È evidente che AST è nella pratica impossibilità di svolgere adeguate e autonome iniziative per fare investimenti, acquisire nuove quote di mercato e adeguare la propria struttura organizzativa.
  Per queste ragioni, il Governo italiano é più volte intervenuto in tutte le sedi ed ai diversi livelli dell'Unione europea con una costante azione finalizzata a sollecitare la conclusione di un'operazione che sta creando molti problemi ad una parte molto importante della nostra siderurgia.
  In questo contesto, il Governo, come richiama l'interpellante, ha ricordato nelle forme adeguate la necessità non solo che la vendita sia effettuata senza ulteriore indugio, ma ha indicato l'auspicio che avvenga in favore di una realtà industriale, possibilmente europea, che possa favorire un'operazione di consolidamento della nostra industria siderurgica, già esposta alla competizione molto aggressiva dei produttori asiatici.
  Nei recentissimi incontri con i vertici della Comunità europea, il nostro Presidente del Consiglio ed il Ministro dello sviluppo economico sono tornati a richiamare la necessità che Outokumpu concluda la vendita ed espliciti le ragioni dei continui rinvii; il Presidente della Commissione europea ha confermato l'impegno a favorire una rapida soluzione.
  È evidente che, in mancanza di fatti concludenti, il Governo italiano solleverà la questione in modo sempre più energico, dal momento che il nostro Paese non può permettere che AST, un'impresa di grande valore economico e strategico, sia logorata da un comportamento inaccettabile e determinato da scelte che hanno, fin qui, coinvolto aziende di altri Paesi.

  PRESIDENTE. La deputata Adriana Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, sono soddisfatta dell'energia che ho rilevato nelle parole del Viceministro Calenda, volta a garantire il futuro di AST. Mi aspettavo, però, una risposta anche alla quarta domanda, cioè se noi abbiamo intenzione di chiedere che poi la Commissione assuma la titolarità della vendita, nel caso dovesse fallire la vendita entro il termine previsto.
  Comunque, noi continueremo a seguire questa vicenda, perché è una vicenda veramente vitale per la nostra regione, ma anche per l'economia complessiva italiana, anche perché, nel processo di reindustrializzazione su cui, di sicuro, l'Europa vuole puntare, l'acciaio è sicuramente una risorsa fondamentale. Quindi, daremo l'occasione di risponderci prossimamente.

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(Intendimenti del Governo in merito all'adozione del decreto per il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito a favore dei lavoratori cosiddetti esodati – n. 2-00236)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lenzi ed altri n. 2-00236, concernente intendimenti del Governo in merito all'adozione del decreto per il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito a favore dei lavoratori cosiddetti esodati (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Lenzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DONATA LENZI. Signor Presidente, illustrerò brevemente l'interpellanza. Parto facendo riferimento a una e-mail che ho ricevuto, dopo averla depositata, da una signora che mi ringraziava per avere fatto questo passo.
  Diceva: «Dovrei andare in pensione a febbraio 2014. Sono esodata dal 1o gennaio 2009. Fino a marzo ho ricevuto l'assegno perché, con la vecchia legge sulle pensioni, in realtà, avrei già dovuto andare, ma da quella data non mi è più stato pagato nulla. Nello stesso tempo, mio marito ha perso il lavoro, perché l'azienda dove svolge la sua attività è in crisi, e a marzo 2013 una lettera dell'INPS mi ha detto che rientravo nella categoria dei lavori salvaguardati, ma solo dalla data del 2014, e nel frattempo avrei dovuto avere l'assegno previsto dalla legge n. 122 del 2010, all'articolo 12, che necessita, però, di un decreto attuativo. Siamo arrivati a settembre e ancora non ho visto un euro. Come pensate che possa vivere ? Per concludere, Equitalia mi ha mandato a chiedere 1.250 euro per un ricalcolo delle tasse applicate sulla mia liquidazione del 2009 – ovviamente, calcolo che non è da imputarsi a me, ma piuttosto al datore di lavoro – e non so veramente dove andarli a prendere».
  Dietro questo atto dovuto, perché è un atto previsto, finanziato, come è stato citato, dall'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, vi sono tragedie familiari a cui noi dobbiamo dare una risposta. Questo è il primo blocco di esodati, quelli nati con la riforma Sacconi, nati nel 2010, per cui, comunque, un paracadute era previsto; paracadute che è stato attuato nel 2012 con un decreto ministeriale che, però, è arrivato molto molto in ritardo e che quest'anno sembra arrivare ancora più in ritardo.
  E questo fa riferimento ed è il primo segnale di quello che può succedere nei prossimi anni per migliaia di lavoratori, se non riusciremo a trovare una soluzione di sistema per la massa di 300 mila e più esodati. Interpello quindi il Governo per sapere se è possibile, e in che tempi, emanare il decreto a cui si fa riferimento.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Carlo Dell'Aringa, ha facoltà di rispondere.

  CARLO DELL'ARINGA, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, con riguardo alla questione esposta nell'interpellanza dell'onorevole Lenzi, relativa alla emanazione del decreto interministeriale di cui all'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2010, n. 122, faccio presente che il decreto, volto a riconoscere per l'anno 2013 il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei lavoratori interessati, è stato già firmato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed è attualmente alla controfirma del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Faccio solo presente che l'istruttoria necessaria alla predisposizione del provvedimento è stata particolarmente articolata, in quanto sono stati necessari ripetuti incontri tecnici tra rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'INPS e della competente Direzione generale del Ministero che rappresento, nel corso dei quali sono state esaminate le tutele poste dalle disposizioni innanzi richiamate nonché i criteri da adottare ai fini della predisposizione del decreto.Pag. 19
  Tali incontri, unitamente alle necessarie verifiche concernenti sia la platea dei beneficiari sia la quantificazione degli oneri finanziari, hanno richiesto un ampliamento degli ordinari tempi tecnici di emanazione del decreto, la cui adozione può comunque considerarsi in via di definizione.
  Tutte queste procedure, che sono state seguite e adottate, mi fanno ritenere che la firma da parte del Ministro dell'economia e delle finanze sia solo questione di tempo, considerato che tutti i problemi dovrebbero essere stati risolti in via preventiva. In ogni caso il Ministero del lavoro che rappresento sarà parte attiva affinché il perfezionamento della procedura sia concluso nel più breve tempo possibile.

  PRESIDENTE. L'onorevole Rosy Bindi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Lenzi n. 2-00236, di cui è cofirmataria.

  ROSY BINDI. Signor Presidente, sottosegretario, forse la categoria della soddisfazione, che usiamo come ritualità delle interpellanze, non è proprio adeguata in questa circostanza, nel senso che sicuramente noi apprendiamo con soddisfazione il fatto che il Ministero del lavoro abbia provveduto alla firma del decreto; siamo ovviamente preoccupati, e anche un po’ indignati, del fatto che questo avvenga dopo un anno di tempo, anno durante il quale le persone che saranno beneficiarie di questo contributo hanno dovuto arrangiarsi per vivere, in un momento di difficoltà per tutti, ma soprattutto per coloro che perdono il lavoro e che non hanno altre fonti di reddito. E se i ritardi della pubblica amministrazione sono sempre insopportabili, diventano odiosi quando ci si trova di fronte a situazioni drammatiche come questa.
  Al tempo stesso non possiamo non rilevare che dopo un anno che il decreto è stato adottato francamente diventa motivo, anche questo, di denuncia, il fatto che il Ministero dell'economia possa permettersi ancora di non firmare e non dare seguito al contenuto dello stesso decreto firmato dal Ministero.
  Quindi apprendiamo che lei intende sollecitare il Ministero dell'economia e naturalmente, anche da questo punto di vista, la invitiamo a farlo non solo giorno dopo giorno, ma ora dopo ora, perché, ripeto, ci troviamo di fronte a situazioni davvero drammatiche e davvero difficili.
  Detto questo, ci consenta di sottolineare un altro aspetto: un problema così grave non può continuare ad essere affrontato un pezzo alla volta. Ci troviamo di fronte ad un problema che potremo definire quasi strutturale. In una recente audizione, il Ministro Giovannini ha detto che il Governo non intende rivedere la riforma Fornero e noi capiamo perfettamente che, essendo stata quella riforma una riforma strutturale, è difficile pensare ad un ulteriore intervento, perché già questo Paese soffre molto di riforme e controriforme. Però ci troviamo di fronte ad una situazione che forse, con la velocità che fu imposta a quella riforma... Sappiamo bene che il Governo Monti entrò in una fase terribile, grave, di quasi vigilia di una bancarotta del nostro Paese e fu costretto a prendere dei provvedimenti molto profondi, che andarono a toccare non soltanto i conti in senso positivo, ma in maniera profonda la vita delle persone.
  Tra queste la riforma delle pensioni è stata sicuramente una riforma di cui non abbiamo avuto il tempo, nessuno, di verificare gli effetti prima di adottarla. Non abbiamo avuto la possibilità di verificare che cosa sarebbe accaduto nella vita delle famiglie, nella vita delle donne in maniera particolare, nella vita di molti lavoratori che si trovano in condizioni molto molto diverse rispetto agli altri. Il mondo del lavoro, lei lo sa meglio di tutti noi, non è un universo omogeneo: ci sono situazioni più drammatiche di altre situazioni.
  Insieme a quella riforma c’è stata anche la riforma degli ammortizzatori sociali, una riforma che teoricamente potremmo anche condividere se fossimo in un tempo di crescita, ma in un tempo di recessione o comunque di non crescita, il combinato disposto di quella riforma delle pensioni e di quella riforma degli ammortizzatori sociali e di una crescita che non Pag. 20riparte, rischia di fare del nostro Paese una fabbrica di esodati. Ecco, noi non possiamo. Siccome dietro questa parola che non ci piace ci sono persone e situazioni concrete, io credo che, senza parlare di una controriforma della riforma delle pensioni, la fatica di provare ad individuare categorie di lavoratori e di fare un monitoraggio prima che queste cose avvengano, di prendere in considerazione l'introduzione di alcuni elementi d flessibilità, io credo che debba essere fatta.
  Al tempo stesso, situazioni come quelle che abbiamo preso in esame con l'interpellanza dell'onorevole Lenzi richiamano un altro problema del nostro Paese, un altro problema strutturale: noi non abbiamo e siamo uno dei pochi Paesi europei che non ha politiche di lotta alla povertà davvero esse stesse strutturali. Noi abbiamo apprezzato che il Governo abbia introdotto alcuni aspetti di questo, abbiamo anche sentito che ha intenzione di farlo nella legge di stabilità, però chiediamo due cose: se deve essere l'introduzione di una lotta alla povertà vera, deve essere una misura essa stessa degna del nome riforma; deve avere delle risorse proprie; e se anche è vero che il nostro sistema di welfare è un sistema che ha bisogno di una profonda ristrutturazione, perché forse troppi settori della nostra società rimangono facilmente troppo scoperti e forse ci sono da fare degli interventi – non so chi è più garantito in questo Paese in questo momento – sicuramente servono in tempi di crisi interventi di equità che vadano a colmare le tante diseguaglianze che ci sono.
  Ma certamente non possiamo sentire neanche annunciare l'idea che le risorse che servono per fare una riforma del nostro sistema di welfare debbano essere trovate intervenendo sempre e comunque dentro le risorse del sistema di welfare. Secondo noi c’è bisogno di risorse aggiuntive, perché non c’è nessun settore del welfare italiano in questo momento che si possa dire essere sotto controllo della spesa. Non lo è la sanità, non lo è quel poco che vi è di intervento nei confronti della non autosufficienza. Se qualcuno ha intenzione di intervenire sugli assegni di accompagnamento per fare interventi contro la povertà, io credo che vada a colpire uno dei settori più delicati, perché nell'Europa che ha iniziato questo percorso negli anni Cinquanta noi siamo rimasti l'unico Paese che non ha una politica vera per la non autosufficienza e siamo forse il Paese che ne ha più bisogno di altri. E non possiamo sentir parlare di uno spostamento di risorse dagli assegni di accompagnamento verso le politiche di lotta alla povertà. Men che meno possiamo pensare al servizio sanitario.
  Delle pensioni abbiamo già detto. E, quindi, io credo che, se questo Governo davvero, come dice sempre il Presidente del Consiglio, non vuole tirare a campare, ma vuole fare al servizio del Paese, in questo settore si apra la necessità di una discussione profonda tra di noi e anche di interventi profondi perché il nostro Paese ne ha bisogno.
  Anche quello che abbiamo detto noi sono riforme da tempi di crescita, però è anche vero il contrario – e ho finito, Presidente – è anche vero, cioè, che in tempi di crisi, quando si soffre in maniera particolare, bisogna saper intervenire nei settori che sono più delicati come quelli di cui abbiamo parlato oggi con la nostra interpellanza.

(Elementi in merito ai finanziamenti a favore degli enti locali per la riqualificazione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici – n. 2-00234)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brescia n. 2-00234, concernente elementi in merito ai finanziamenti a favore degli enti locali per la riqualificazione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Brescia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, l'articolo 18 del decreto-legge 21 Pag. 21giugno 2013, n. 69, modificato nella legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98, denominato «decreto del fare», e, in particolare, i commi 8-ter e 8-quater, ha stanziato risorse al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico.
  Ai sensi della tabella 1, annessa al citato decreto-legge, è stata stanziata la cifra di 150 milioni di euro da ripartire tra le diverse regioni. Il medesimo articolo prevede che l'assegnazione è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 30 ottobre 2013 sulla base delle graduatorie presentate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013 e che a tal fine gli enti locali presentano alle regioni, entro il 15 settembre 2013, progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici.
  Il comma 8-quinquies del suddetto articolo recita che il mancato affidamento dei lavori di cui al comma 8-quater entro il 28 febbraio 2014 comporta la revoca dei finanziamenti. Le domande inoltrate dalle regioni devono essere corredate dal progetto esecutivo, munito di tutti i visti, le autorizzazioni e i pareri richiesti dalla vigente normativa, nonché dallo stralcio del programma triennale delle opere pubbliche da cui si evinca l'inserimento dell'intervento proposto.
  Inoltre, a giudizio degli interpellanti, le date in cui sono stati emanati i decreti in diverse regioni evidenziano tempi ristrettissimi per la presentazione dei sopra citati progetti esecutivi (ad esempio: decreto Sicilia: 4 settembre 2013; decreto Campania: 10 settembre 2013; decreto Lombardia: 6 settembre 2013; decreto Veneto: addirittura 28 agosto 2013; decreto Piemonte: 27 agosto 2013; decreto Sardegna: 12 settembre 2013).
  È ormai tristemente nota la grave situazione dell'edilizia scolastica nel nostro Paese, dove oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e 10 mila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti. Peraltro, la situazione ha rilievi di vera emergenza alla luce della politica scolastica assunta negli ultimi anni con l'aumento del rapporto alunni/docenti, che, attuato nel quadro di un sistema nazionale di edifici scolastici vetusti – spesso non a norma in termini di sicurezza – ha determinato il sovraffollamento degli alunni in classi non idonee ad ospitarli.
  Se il profilo della sicurezza è da considerarsi oltremodo preoccupante e impone interventi urgenti, va anche considerato che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento.
  Pertanto, se da un lato vi è l'urgenza di intervenire con un piano di riqualificazione, di adeguamento normativo – anche antisismico – e di miglioramento energetico per gran parte del patrimonio esistente, va valutata anche la necessità di arrivare alla creazione di strutture adeguate alle nuove esigenze didattiche.
  Chiediamo, dunque, di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza del numero delle scuole che si trovano in urgente necessità di accedere ai finanziamenti descritti in premessa e quante, fra queste, abbiano già progetti esecutivi in essere; se non ritenga indispensabile rivedere le stringenti scadenze indicate dal decreto sopra menzionato, concedendo agli enti locali un prolungamento del termine ivi indicato, al fine di non precludere loro la partecipazione al bando di finanziamento, anche in correlazione ai sempre minori trasferimenti statali e regionali che i comuni sono costretti a subire; e se non ritenga, infine, opportuno individuare nuove iniziative per superare le criticità emerse dall'attuazione dei «programmi stralcio» del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici (avviato dalla legge finanziaria per il 2003), con Pag. 22particolare riferimento alla scarsa capacità di avvio dei lavori, al fine di completare i programmi e di fornire indicazioni sui tempi necessari, anche alla luce dell'improcrastinabile esigenza di realizzare strutture che siano adeguate, come dicevamo prima, alle nuove esigenze didattiche, nell'ottica di configurare la scuola come civic center in grado di valorizzare istanze sociali, formative e culturali.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'interpellante – che ringrazio – chiede chiarimenti in ordine alle disposizioni volte al rilancio dell'edilizia scolastica e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, introdotte in particolare dall'articolo 18 del cosiddetto «decreto del fare».
  Il tema dell'edilizia scolastica e della messa in sicurezza dei nostri edifici scolastici è tra quelli sui quali si concentra maggiormente l'azione del Ministro, che ha più volte riconosciuto la centralità di questa questione, a partire dall'audizione presso le settime Commissioni riunite di Camera e Senato, all'inizio del suo mandato, e come dimostrano anche i numerosi interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi mesi.
  Tra le iniziative più recenti vi è quella ricordata proprio dall'interpellante, vale a dire lo stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2014, previsto dall'articolo 18, comma 8-ter, del decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto fare»), da assegnarsi agli enti locali con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base delle graduatorie formate dalle regioni a fronte della presentazione, da parte dei medesimi enti locali, di progetti esecutivi immediatamente, quindi, cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici: un segnale importante.
  Nell'interpellanza vengono sollevate perplessità sui tempi, ritenuti troppo brevi, previsti per la realizzazione di tali adempimenti e si richiede il relativo differimento. In realtà è essenziale attivare subito gli interventi previsti, al fine di garantire quanto prima la necessaria sicurezza degli ambienti scolastici nonché il regolare svolgimento delle attività didattiche.
  Il Ministero sta, infatti, già procedendo ad un attento monitoraggio, regione per regione, delle domande pervenute entro il 15 settembre. D'altra parte, il riferirsi a tali progetti garantisce sul finanziamento di interventi urgenti e improcrastinabili che si sarebbero comunque realizzati anche in assenza dei finanziamenti previsti. L'urgenza è dimostrata anche dai poteri derogatori riconosciuti ai sindaci e ai presidenti delle province – gli uni responsabili, come si sa, delle scuole di base e gli altri degli istituti superiori –, che possono, infatti, operare in qualità di commissari governativi, al fine di dare più tempestiva attuazione a tali disposizioni normative.
  D'altra parte, se le stringenti scadenze possono precludere la possibilità di accesso ai finanziamenti per taluni enti locali, molteplici sono gli altri interventi normativi previsti in materia di edilizia scolastica: 300 milioni INAIL in tre anni per la messa in sicurezza e per la costruzione anche di nuovi edifici; 3,5 milioni per il potenziamento di reti di monitoraggio molto importanti e prevenzione del rischio sismico; possibilità per le regioni di stipulare con la Banca europea per gli investimenti mutui trentennali per interventi straordinari di ristrutturazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico, nonché di costruzione – anche qui – di nuovi edifici.
  Quanto poi alle osservazioni dell'onorevole interpellante relative all'individuazione di iniziative per superare le criticità emerse nell'attuazione dei programmi-stralcio del Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, si può osservare che gli inconvenienti richiamati sono legati, tra l'altro, alla complessità degli adempimenti procedurali che hanno Pag. 23richiesto la partecipazione di una molteplicità di soggetti istituzionali operanti nelle varie fasi del procedimento – che non sono poche –, alle esigenze di coordinamento effettivamente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alle restrizioni imposte dal Patto di stabilità.

  PRESIDENTE. L'onorevole Brescia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, purtroppo, non posso ritenermi soddisfatto di questa risposta, ma non per una questione personale, semplicemente per il fatto che questo tipo di provvedimenti che sono i decreti-legge, noi li riteniamo i provvedimenti più inadeguati per risolvere i problemi della scuola, in particolare. Quest'ultimo, infatti, è un comparto che ha bisogno di provvedimenti strutturali, non ha bisogno di provvedimenti spot, quali possono essere i decreti-legge, che, poi, danno luogo a queste vicissitudini spiacevoli. Come il fatto, per esempio, di rendere inattuabili gli stessi decreti-legge, perché sono previsti dei tempi troppo stringenti, poi, ci arrivano le segnalazioni dagli enti locali, che non hanno fatto neanche in tempo ad usufruire di questi fondi.
  E, quindi, rimane uno spot, rimane un spot pubblicitario del Governo, dà l'occasione a Letta di poter andare a dire in giro che si sta occupando di scuola, che si sta investendo in scuola. Quei 150 milioni di cui lei parla, signor sottosegretario, purtroppo, non sono più 150 milioni, perché dobbiamo andare a vedere quali e quanti fondi siano state realmente stanziati per quanti progetti gli enti locali avevano già pronti nel cassetto, visto che c’è stato pochissimo tempo per poter presentare i progetti e formulare le graduatorie da parte delle regioni. Quindi, quello è il primo spot.
  Il secondo spot sono i 300 milioni da parte dell'INAIL, perché, se si va a vedere bene, quei soldi sono, quasi nella totalità, destinati alla costruzione di nuovi edifici, e stiamo parlando del 95 per cento di quei fondi. Questo vuol dire che soltanto il 5 per cento è destinato alla messa in sicurezza, che è il primo vero grosso problema degli edifici scolastici in Italia.
  Quindi, noi auspichiamo che questo Parlamento possa finalmente prendersi carico della situazione attraverso una legge di iniziativa parlamentare, che può dare il tempo di ragionare in maniera adeguata su quelli che devono essere i fondi strutturali che devono essere destinati alle varie soluzioni di questo gravissimo problema.
  Abbiamo dato anche il via ad un'indagine conoscitiva all'interno della VII Commissione (Cultura), dalla quale si sono ricavati dei dati molto importanti, molto interessanti. Per esempio, si parlava tanto del fatto che non esistesse un'anagrafe, poi si è scoperto che questa anagrafe esiste ma non è stata diffusa. Quindi, la gente che si occupa di queste tematiche non era a conoscenza dei dati che in realtà esistevano. Si è scoperto, per esempio, una tesi molto interessante, che io mi sento di condividere, cioè che veramente dalla costruzione di edifici scolastici adeguati potrebbe ripartire addirittura l'economia in Italia, perché potrebbe ripartire l'edilizia, se partissero veramente i cantieri in tutta Italia anziché fare le grandi opere, che non servono a niente e che noi tanto contestiamo. Ma non le contestiamo così, perché ci piace, ma perché siamo veramente convinti del fatto che, se i soldi che ora vanno al TAV li destinassimo all'edilizia scolastica in Italia, non avremmo un'opera inutile che serve a viaggiare più veloci da Torino a Lione, ma avremmo invece tantissimi edifici sicuri all'interno dei quali i nostri studenti potrebbero svolgere delle attività anche al passo con i tempi della nuova didattica, e quindi avremmo anche delle città più vivibili e dei cittadini più pronti ad essere degli attori della politica del futuro, nel senso che la costruzione della conoscenza che avviene all'interno delle scuole forma delle persone che domani saranno più consapevoli e che quindi saranno partecipi della vita politica. Insomma, sarebbe tutta una concatenazione di fatti che innescherebbe un Pag. 24circolo virtuoso, se i fondi che il Governo stanzia li stanziasse per le vere tematiche di questo Paese. Auspichiamo che ciò avvenga, ma ovviamente non è che abbiamo grosse speranze in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte a riconoscere il corretto inquadramento degli insegnanti tecnico pratici, anche al fine del trattamento economico – n. 2-00177)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giammanco n. 2-00177, concernente iniziative volte a riconoscere il corretto inquadramento degli insegnanti tecnico pratici, anche al fine del trattamento economico (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Giammanco se intenda illustrare la sua interpellanza o si riservi di intervenire in sede di replica.

  GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la mia interpellanza sottopone all'attenzione del Governo e di quest'Aula una questione che ho più volte sollevato nel corso della scorsa legislatura e che purtroppo ancora non ha avuto una soluzione. La mia iniziativa giunge, infatti, dopo una serie di iniziative intraprese negli scorsi anni. Mi riferisco, per esempio, ad un'interrogazione presentata in VII Commissione (Cultura) e firmata da tutti i suoi componenti, maggioranza e opposizione; mi riferisco anche a un'interpellanza urgente svolta proprio qui, in quest'Aula, pochi mesi or sono, e a una risoluzione, di cui sono stata anche prima firmataria, approvata all'unanimità in XI Commissione (Lavoro). Si è trattato, quindi, di provvedimenti ampiamente condivisi, lo voglio sottolineare, che hanno beneficiato di un sostegno trasversale da parte di colleghi parlamentari appartenenti a tutte le forze politiche presenti in Parlamento, segno evidente che l'argomento oggetto della mia interpellanza vada al di là degli steccati ideologici, al di là degli interessi del singolo partito, e per questo merita la dovuta attenzione da parte del Ministero che lei, sottosegretario, in questo momento, in quest'Aula, rappresenta.
  Ciò premesso, signor sottosegretario, la questione che le sottopongo vede protagonisti gli insegnanti tecnico pratici, i cosiddetti ITP, transitati ormai diversi anni fa dagli enti locali allo Stato. L'articolo 8 della legge n. 124 della 1999, infatti, ha stabilito il trasferimento degli ITP e del personale ATA, personale ausiliario, tecnico e amministrativo, dai ruoli degli enti locali a quelli dello Stato, garantendo loro il completo riconoscimento dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza.
  Il sopra citato articolo 8 della legge del 1999 ha determinato inoltre, ed è qui anche un aspetto da sottolineare, una netta distinzione tra le due figure professionali, cioè gli ATA e gli ITP, in che modo ? Collocando il personale ATA al comma 2 e gli insegnanti tecnico pratici al comma 3, appunto, dell'articolo 8 di questa legge. Ciò in linea con il decreto legislativo n. 297 del 1994, e cioè con il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, che esplicita chiaramente la diversità di funzioni tra il personale docente ITP, a cui si richiama nell'articolo 395, e il personale ATA, a cui si richiama nell'articolo 543.
  Queste precisazioni, sottosegretario, sono indispensabili per comprendere meglio ciò che è accaduto successivamente al 1999. Nel 2000, infatti, le organizzazioni sindacali hanno stipulato un accordo con l'Aran, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, stravolgendo di fatto l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999; e come ? Stabilendo che l'inquadramento del personale trasferito allo Stato avvenisse non più attraverso il riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza, come stabilito dalla legge del 1999, bensì attraverso il metodo del maturato economico sulla base di quanto percepito nell'ente di provenienza, considerando quindi solo lo stipendio tabellare Pag. 25alla data di entrata in vigore, appunto, della legge n. 124 del 1999. Questo quindi al netto, lo voglio sottolineare, di tutte quelle indennità che negli enti locali contribuivano in massima parte a determinare lo stipendio di questi lavoratori.
  In questo modo chi aveva già, per esempio, vent'anni di anzianità presso l'ente locale di provenienza ha ricevuto lo stipendio corrispondente a soli quattro di anzianità dallo Stato, per intenderci, mentre chi ne aveva per esempio maturati 28 ha ricevuto lo stipendio corrispondente a nove anni di servizio. Si è quindi venuta a creare una situazione di evidente disparità tale per cui due persone che fanno lo stesso lavoro, dallo stesso periodo di tempo, che lavorano nello stesso ambiente, che hanno la stessa qualifica, che sono pagate dallo stesso datore di lavoro, cioè lo Stato, hanno uno stipendio diverso solo perché prima del gennaio del 2000 uno dei due dipendeva da un ente locale, mentre l'altro dipendeva dallo Stato.
  Comprensibili, quindi, i molteplici ricorsi da parte di questi lavoratori. Il contenzioso determinatosi dopo l'applicazione dell'accordo con i sindacati ha visto soccombere il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di fronte alla quasi totalità delle sentenze emesse dai tribunali e dalle corti di appello ed alla totalità delle sentenze della Corte di cassazione che hanno sostanzialmente bocciato tale accordo, l'accordo tra Aran e sindacati, ritenendolo privo di natura normativa, ripristinando, come previsto dall'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, il diritto del personale in questione al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza.
  Con il comma 218, e qui faccio un passo avanti, dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 – quindi arriviamo adesso al 2006 – il Governo ha poi disconosciuto il diritto acquisito dai lavoratori ex enti locali all'anzianità maturata presso l'ente di provenienza e ha riproposto sostanzialmente l'accordo tra sindacati e Aran bocciato, appunto, da numerosissime sentenze. Ma il suddetto comma 218, ed è qui sottosegretario che io le chiedo una riflessione seria e attenta, il suddetto comma 218, appunto, della finanziaria del 2006 esclude totalmente dalla sua formulazione il personale docente ITP, gli insegnanti tecnico pratici, recitando appunto così: «il comma 2 dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario» (che significa ? Il personale ATA, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario), «è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento (...)».
  Dico questo a onor del vero, e non certo perché contraria alla soluzione del riconoscimento dell'anzianità di servizio dei lavoratori ATA, perché naturalmente mi metterei contro tutti questi lavoratori, che lavorano con dignità e che giustamente anche loro vorrebbero vedersi riconoscere l'anzianità di servizio maturata; ma, appunto, dico questo perché di fatto questo articolo e questo comma della legge finanziaria per il 2006 hanno incluso il personale ATA, ma escluso il personale ITP: non è previsto in nessun modo il personale ITP !
  Tra l'altro, a riprova che il personale ITP sia escluso dalla legge finanziaria del 2006, c’è il fatto che le sentenze e le ordinanze emesse dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto legittimo il comma 218 della legge finanziaria sulle base delle ordinanze di rinvio emesse da tribunali e Corti d'appello, si sono unicamente riferite al comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, riguardante appunto il personale ATA, e mai agli insegnanti tecnico-pratici di cui al comma 3 (un altro comma, quindi) della suddetta legge. Vi sono due commi diversi, e la Corte costituzionale si è riferita unicamente al personale ATA, e mai agli insegnanti tecnico-pratici, giudicando legittimo il comma 218 Pag. 26della legge finanziaria. E questo è un altro aspetto molto importante, sottosegretario, sul quale la invito a riflettere.
  Tra l'altro, recenti decisioni giurisprudenziali hanno riportato all'attenzione la questione: per esempio, con la sentenza del 7 giugno 2011 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto che, in conseguenza del comma 218 della legge finanziaria per il 2006, i lavoratori si sono visti negare il diritto ad un giusto processo, per cui lo Stato italiano ha violato l'articolo 6, comma 1, della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. E ancora, il 6 ottobre 2011, la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza con la quale censura i provvedimenti di inquadramento emanati dal Ministero che non riconoscano l'effettiva anzianità maturata presso l'ente di provenienza.
  Sottosegretario, si tratta di decisioni autorevoli e meritevoli di particolare attenzione da parte del Governo. Alla luce di questa lunga e problematica successione di eventi, e anche in considerazione delle sopra citate decisioni giurisprudenziali, chiedo a lei, e al Governo che lei rappresenta, quali iniziative intenda avviare per risolvere la questione degli ITP, al fine di garantire e riconoscere loro il giusto inquadramento; essendo esclusi – lo voglio ribadire un'altra volta in quest'Aula – dal comma 218 della legge finanziaria per il 2006, ed avendo quindi diritto a quanto stabilito dal comma 3 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999.
  Le chiedo altresì, sottosegretario, di assumere almeno iniziative finalizzate al blocco della riscossione delle somme dovute dagli insegnanti tecnico-pratici allo Stato per questa assurda catena di eventi. Questi insegnanti si trovano infatti nella condizione di dover restituire mensilmente allo Stato somme di notevole entità: si tratta di ritenute mensili che arrivano fino a 750 euro, e lo dico con i cedolini degli stipendi di questi lavoratori in mano, che mi hanno fatto vedere; cedolini da cui si arriva a trattenere ogni mese fino ad un terzo del loro stipendio. Si tratta di debiti individuali, che arrivano ad ammontare anche a più di 50 mila euro, recuperati a rate, ogni mese appunto, dalla busta paga. Signor sottosegretario, per tutto quello che le ho appena esposto, le chiedo quindi una risposta esaustiva e puntuale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'interpellante pone nuovamente all'attenzione del Governo – io stesso, come lei sa, sono stato più volte sollecitato da questi lavoratori, anche nel corso del passato mandato nel Governo Monti – l'annosa questione del personale insegnante tecnico-pratico transitato dagli enti locali ai ruoli dello Stato, chiedendo quali iniziative si intenda assumere per riconoscere l'inquadramento giuridico ed economico richiesto dagli interessati e porre fine al relativo contenzioso.
  È utile, anche da parte del Governo, innanzitutto riassumere brevemente gli aspetti più significativi della vicenda di nuovo richiamati opportunamente dall'onorevole interpellante. Come è noto, l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 ha disposto il trasferimento del personale amministrativo tecnico ausiliario (ATA) e del personale con profilo professionale di insegnante tecnico-pratico (ITP), appartenente agli enti locali, nei ruoli del personale statale della scuola, prevedendo che le modalità per l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti fossero definite con successivo decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica. Per l'attuazione di tale disposizione, in data 20 luglio 2000 – quindi sono passati più di tredici anni – è stato siglato l'accordo richiamato tra l'ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, poi recepito nel decreto del Ministro dell'istruzione del 5 aprile 2001.Pag. 27
  Come ricordato anche qui dall'onorevole interpellante, avverso i criteri di inquadramento nei ruoli statali definiti con il predetto decreto sono state esperite numerose azioni giudiziarie, spesso concluse con esito favorevole per i ricorrenti. Sulla questione è poi intervenuto il legislatore con una norma di interpretazione autentica della citata legge n. 124 (articolo 1, comma 218, della legge n. 266 del 2005 – finanziaria appunto del 2006). Questa norma ha stabilito che l'inquadramento del personale in questione nei ruoli dello Stato è definito sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999.
  La medesima disposizione, alla quale è seguito un diverso orientamento della giurisprudenza sul contenzioso promosso dal personale in questione, in senso sfavorevole ai ricorrenti, è stata poi sottoposta al vaglio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 234 del 2007, l'ha ritenuta costituzionalmente legittima.
  Diversa decisione – come pure è stato richiamato – è stata invece assunta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha censurato la suddetta disposizione di interpretazione autentica, ravvisando una violazione del diritto a un equo processo di cui all'articolo 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Lo Stato italiano è stato quindi condannato a corrispondere ai ricorrenti un indennizzo, altrimenti definito «equa soddisfazione».
  Tutto ciò premesso, i competenti uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che qui rappresento, sono in costante contatto con la Rappresentanza permanente d'Italia presso il Consiglio d'Europa, per definire i criteri di determinazione di questa equa soddisfazione e adempiere così alle decisioni della Cedu, questione tanto più urgente alla luce della recente presa in decisione da parte della medesima Corte di un nuovo gruppo di ricorsi, che si aggiungono a quelli già definiti con la sentenza detta «Agrati».
  Peraltro, la platea del personale che è stato trasferito ai ruoli dello Stato in virtù della citata legge n. 124 del 1999, e che oggi è nelle condizioni di vantare le medesime pretese davanti alla Cedu, è ben più numerosa di coloro che hanno già proposto ricorso a tale Corte. Si tratta di una platea di soggetti stimata in circa 70 mila unità tra personale ATA e personale ITP, per i quali, giova ribadirlo, sussiste, al di là delle differenze che sono state anche qui opportunamente notate, una sostanziale identità di pretese e di posizioni giuridiche ai fini che rilevano nel presente contesto. A fronte di un simile numero in queste condizioni, qualunque soluzione per definire la vicenda comporta – qui sta il punto – necessariamente un ingente impegno di risorse pubbliche.
  Quali iniziative ? Questa è la domanda che è stata posta al Governo. Il Ministro e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è impegnato a valutare con attenzione tutte le alternative percorribili, anche attraverso un confronto con tutti i soggetti istituzionali coinvolti, tra i quali, naturalmente, la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell'economia e delle finanze. Posto che tali alternative hanno un'importante ricaduta sul contenzioso attualmente in corso, anche per ciò che riguarda le azioni di riscossione delle somme dovute dai soggetti interessati, è stato altresì richiesto, da parte del Ministero, l'avviso dell'Avvocatura dello Stato.
  Si confida di chiudere a breve tale complessa istruttoria e poter così avanzare proposte, anche di carattere normativo, per definire la vicenda con soddisfazione di tutti gli interessi coinvolti.

  PRESIDENTE. Salutiamo i giovanissimi studenti della scuola primaria paritaria «Sacro Cuore» e «San Francesco di Sales» di Tivoli. Buongiorno.
  L'onorevole Giammanco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GABRIELLA GIAMMANCO. Signor Presidente, grazie sottosegretario per la sua risposta, però mi dispiace ammettere Pag. 28che non sono rimasta soddisfatta da questa risposta perché passano gli anni, si susseguono i Governi, ma alla fine per questi lavoratori non si trova mai una soluzione al problema.
  A me dispiace anche che lei abbia ripercorso e riassunto la successione di eventi, riferendosi alla legge finanziaria del 2006 e all'interpretazione autentica data e in più alla sentenza della Corte costituzionale che ha ritenuto legittimo il comma di questa legge, perché – lo ripeto – il suddetto comma 218 della finanziaria per il 2006 nulla aveva a che vedere con gli ITP, ma appunto si riferiva nella sua formulazione al personale ATA perché parlava di personale trasferito dagli enti locali allo Stato nei ruoli del personale amministrativo tecnico e ausiliario, quindi è l'acronimo proprio di ATA e nulla aveva a che vedere con gli ITP e quindi con gli insegnanti tecnico pratici.
  Quindi mi spiace – ripeto – non avendo nulla contro il personale ATA – e lo voglio sempre ribadire e sottolineare – che vengano comunque sempre associati gli uni agli altri, perché sono diversi, non solo per le loro funzioni, ma perché la finanziaria per il 2006 prende in considerazione gli ATA, ma lascia completamente escluso il personale ITP, quindi gli insegnanti tecnico-pratici, che non rientrano quindi nell'interpretazione autentica della norma che risale al 1999 e, quindi, non possono essere inclusi in questa interpretazione e non possono essere neanche inclusi nella sentenza della Corte costituzionale che dice essere legittima questa interpretazione autentica. Quindi, la politica, a mio parere, dovrebbe sforzarsi di dare risposte ai cittadini, di migliorare la loro vita, ma quando questo non accade è più che normale che alla fine monti la disaffezione, monti il malcontento nei confronti delle istituzioni.
  Mi auguro quindi che il Governo prenda quindi seriamente e concretamente in considerazione la problematica di questi lavoratori. Tra l'altro, visto che abbiamo parlato anche di numeri – e lei ha detto che complessivamente tra ATA e ITP c’è un totale di 70 mila soggetti e quindi vi è una mole sicuramente ingente di personale che attende delle risposte – vorrei anche qui sottolineare che attualmente gli insegnanti tecnico pratici cioè i soggetti di cui stiamo discutendo, transitati dagli enti locali ai ruoli statali, signor sottosegretario, sono meno di seicento, sono meno di seicento e lo voglio ripetere un'altra volta. Tale numero è destinato ad azzerarsi, essendo esclusa qualsiasi ipotesi di integrazione dell'attuale organico.
  Quindi si tratta di un numero davvero molto esiguo, meno di 600 famiglie, che attendono delle risposte dallo Stato e dal Governo da anni, anni e anni. È un numero esiguo che sicuramente comporterebbe un onere limitato di spesa da parte dello Stato, proprio il contrario di quello che lei giustamente mi ha detto dal suo punto di vista. Ma dal mio punto di vista sono meno di 600 persone, che comporterebbero un onere limitato di spesa da parte dello Stato. Ragione in più per ritenere che l'impegno, sicuramente legittimo e ammirevole del Governo, di fare quadrare i conti e di non disperdere le risorse pubbliche non possa e non debba entrare in contrasto con l'interesse di questi lavoratori, che giustamente vorrebbero vedere loro riconosciuto il frutto di tanti anni di lavoro. Quindi chiedo a gran voce a lei, sottosegretario, e al Governo che lei rappresenta di intraprendere al più presto azioni concrete, non di studio o di riflessione, ma azioni concrete per dare a questi lavoratori delle risposte che si rinviano davvero da ormai troppi anni.

(Iniziative, anche normative, per la sospensione delle procedure di sfratto a Roma – n. 2-00220)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Campana n. 2-00220, concernente iniziative, anche normative, per la sospensione delle procedure di sfratto a Roma (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Marroni se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

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  UMBERTO MARRONI. Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, questa interpellanza ovviamente è stata mossa in particolare dalla lettera che il sindaco Marino ha mandato al Presidente del Consiglio, riguardo alla gravità della situazione a Roma legata all'emergenza abitativa. Innanzitutto è bene ricordare che nel 2012 gli sfratti che sono stati richiesti e le procedure sono più di settemila. Sono quasi ottomila sfratti, ottomila famiglie che sono in questa situazione, e con la crisi economica che perdura e si è aggravata è un dato che, da un punto di vista quantitativo, non potrà che essere peggiore nel 2013.
  Per questo è stato sollecitato al Governo non solo dal sindaco, ma anche dal gruppo del Partito Democratico, un intervento sulla procedura che riguarda il blocco di tali sfratti. Fino al 31 dicembre 2013 questa procedura è prevista per alcune categorie, in particolare le categorie che hanno un reddito familiare lordo complessivo inferiore a 27 mila euro, quelli che non sono in possesso di altra abitazione ovviamente e hanno nel nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni.
  Questo tipo di categoria andrebbe ovviamente rivista in un provvedimento che dovrebbe essere assolutamente preso entro il termine del 31 dicembre, affinché si crei una sospensione di tali procedure di sfratto, per evitare un aggravio drammatico dell'emergenza abitativa a Roma, che è già molto, molto alta, come dicono anche gli studi del 2012, secondo cui la capitale purtroppo, compresa la provincia, denuncia una situazione più grave rispetto alla media italiana.
  Dico questo perché in tale lettera gli sfratti per locazione tra l'altro si sommano a quelli delle procedure di alienazione degli enti, che hanno indubbiamente avuto una politica per risanare i bilanci degli enti previdenziali, ma in alcune situazioni hanno, in particolare a Roma, aggravato la situazione abitativa. Erano, come dire, una «valvola di sfogo» per quanto riguarda l'affitto ad alcune tipologie di famiglie.
  Quindi questa interpellanza vuole assolutamente porre al centro il tema dell'emergenza abitativa a Roma.
  Con le disposizioni che sono state previste dal decreto legislativo n. 158 del 2008 in poi, la sospensione delle procedure di sfratto è stata prorogata fino al 31 dicembre 2009 dall'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo n. 78 del 2009, successivamente al 31 dicembre 2010, dall'articolo 7-bis del decreto legislativo n. 194 del 2009, al 31 dicembre 2011, dall'articolo 2, comma 12-sexies, del decreto legislativo n. 225 del 2010, al 31 dicembre 2012, dall'articolo 29, comma 16, del decreto legislativo n. 216 del 2011 e, infine, al 31 dicembre 2013 dall'articolo 1, comma 412, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la cosiddetta legge di stabilità. Per cui non è assolutamente una procedura straordinaria che si sta chiedendo, ma un'attenzione particolare, tanto più – ripeto – che i dati sulla crisi economica, sugli sfratti e sull'emergenza abitativa nella capitale, e ovviamente non solo nella capitale, sono quest'anno ulteriormente peggiorati rispetto alle stime e agli studi del 2012.
  Oltre a ciò, ovviamente, noi chiediamo un intervento che non sia solamente quello connesso a una sollecitazione del sindaco di Roma, alla gravità della situazione abitativa, e quindi all'emergenza, alla crisi economica, ma un intervento del Governo più strutturale sul tema del diritto alla casa, sugli interventi per quanto riguarda il rilancio di una politica abitativa del Paese, soprattutto, ovviamente, per le fasce disagiate, deboli e in difficoltà, e ovviamente anche per calmierare gli affitti.
  Infatti, oggi, purtroppo, rispetto a tanti altri Paesi europei, sottosegretario, noi abbiamo un'incidenza sul reddito pro capite della famiglia rispetto all'affitto, per chi sta in affitto – fortunatamente, da questo punto di vista, il nostro Paese ha il vantaggio di avere un alto tasso di case in proprietà – sostanzialmente ben oltre quella che è la media europea del 30 per cento del costo dell'affitto rispetto al reddito pro capite, della famiglia almeno.
  Quindi, io penso che noi, su questo, dobbiamo assolutamente intervenire. Ormai Pag. 30è da vent'anni che non si fa più una politica organica per la casa; da quando, appunto, agli inizi degli anni Novanta, si sono sostanzialmente esauriti i finanziamenti, almeno quelli strutturali, per una politica della casa, di costruzione di nuovi alloggi, anche di tipo popolare, e comunque di edilizia residenziale pubblica.
  Questa politica sta dando tutti i suoi negativi effetti, ormai, nel tempo, soprattutto in questo momento di crisi. Avere abbandonato una politica per la casa da vent'anni, oggettivamente, una politica organica, ha prodotto e sta producendo, in particolare in questi anni di crisi, tutti i suoi effetti negativi, tutta la sua drammaticità.
  Serve, quindi, una politica pubblica su questo – lo abbiamo detto e lo ribadiremo: lo abbiamo anche detto nell'VIII Commissione – per fare in modo che vi sia non tanto solo, come al solito, l'emergenza, e quindi, indubbiamente, l'intervento che noi chiediamo che venga fatto urgentemente dal Governo su questa materia degli sfratti, ma che, parallelamente all'intervento sugli sfratti, da fare immediatamente, – perché ormai siamo alla scadenza anche della misura-tampone per le categorie disagiate, il 31 dicembre – si rilanci una politica pubblica.
  Chiediamo un altro decreto di questo Governo, che può avere qualsiasi nome, ma deve essere sulla politica dell'abitare in Italia e che, ovviamente, punti a prevedere, accanto all'emergenza, che va tamponata in questo momento gravissimo di crisi, anche una politica nuova di sviluppo sulle politiche abitative della casa, dell'abitare e del diritto all'abitazione.
  Infatti, queste sono quelle politiche che, poi, possono stabilizzare le famiglie, possono dare un futuro e una prospettiva alle giovani coppie e, oggettivamente, possono persino – uno lo auspica – rilanciare un settore dell'economia, che è quello dell'edilizia o, comunque, della riconversione edilizia, che oggi è sicuramente in gravissima crisi.
  Quindi, da questo punto di vista, noi chiediamo che questo intervento avvenga rapidamente. Lo chiederemo sia come gruppo – lo abbiamo già chiesto – ma anche come forza politica che sostiene il Governo, e lo chiediamo anche come deputati e senatori, per quanto riguarda almeno noi qui in Parlamento, della capitale d'Italia.
  Su questo, devo dire che la cosa è anche abbastanza semplice, da un punto di vista normativo, sottosegretario. Non c’è troppo da rifletterci: bisogna intervenire rapidamente e intervenire concretamente con un provvedimento urgente, ma, parallelamente – lo ripeto, perché ci teniamo a dirlo – la questione non è solo quella dell'emergenza, ma è anche quella di rilanciare una politica della casa con un più ampio respiro.
  Quindi, questa sollecitazione è ovviamente a lei come rappresentante del Governo, al Ministro Lupi, ovviamente al Presidente del Consiglio dei ministri, affinché rapidamente si preveda questo provvedimento, si metta in cantiere sulla falsariga di quelli che ho citato prima, che sono già stati presi in tante altre situazioni, ma, ovviamente, proprio perché, come ho detto prima e come ho citato, questi provvedimenti di emergenza sugli sfratti si susseguono negli anni, questo è chiaramente l'indice del fatto che manca ed è assolutamente assente, o comunque è venuta a mancare, una politica in positivo per la casa, per evitare che questi provvedimenti non avvengano più.
  Quindi, siamo in una situazione assolutamente drammatica, perché la crisi economica, rispetto ai dati del 2012, secondo una ricerca fatta dalla Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno proprio per quanto riguarda la questione degli sfratti, è sicuramente peggiorata; non si può certo dire diversamente.
  Quindi, si chiede un provvedimento urgente, si chiede che quelle tutele vengano ampliate, perché, purtroppo, anche una parte del ceto medio, anche rispetto a quegli indicatori, è entrata in crisi e non riesce neanche più a pagare gli affitti, e si chiede di fare in modo che vi sia, parallelamente, un provvedimento che dia un respiro di una politica nuova sulla casa per il nostro Paese.

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono all'attenzione del Governo un tema particolarmente delicato, quello dell'emergenza abitativa, che costituisce, come peraltro lo stesso Ministro Lupi ha avuto modo di affermare in questa Aula nel corso di un recente question time, una priorità fondamentale non solo per il Governo, ma per tutto il Parlamento.
  Quello dell'emergenza abitativa e le connesse tensioni sociali, le difficoltà per le giovani coppie di accedere a mutui per la prima abitazione, la cosiddetta «morosità incolpevole» derivante dalla perdita del posto di lavoro, la costante riduzione delle risorse destinate all'edilizia residenziale pubblica e la contrazione del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, di cui all'articolo 11 della legge n. 431 del 1998 sono tutte problematiche che, purtroppo, vedono oggi coinvolte milioni di famiglie.
  Per quanto attiene, in particolare, agli sfratti per morosità, cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni, è noto che l'incidenza del canone sul reddito tende ad aumentare al decrescere del reddito stesso, sino ad arrivare a percentuali intorno al 40 per cento: negli anni precedenti queste condizioni estreme erano attenuate dal citato Fondo che, come è noto, non è stato più rifinanziato per gli anni 2011, 2012 e 2013.
  Mi preme evidenziare, al riguardo, che il Governo si è fatto carico di questa emergenza con le recenti disposizioni di cui al decreto-legge 31 agosto 2013 n. 102, in corso di conversione, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici». Segnalo, tra le altre, quella di cui al comma 4 dell'articolo 6, del decreto, che assegna una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 al suddetto Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione, che viene così rifinanziato, mentre il comma 5 del medesimo articolo 6 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
  Successivamente, per il fondo «morosità incolpevole», dovrà essere istituito un apposito capitolo di bilancio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Informo, inoltre, che le Commissioni riunite V e VI della Camera del Deputati, lo scorso mercoledì, hanno terminato i lavori in sede referente per l'approvazione della legge di conversione del citato decreto legge n. 102 e che in tale sede è stato approvato un emendamento che incrementa il Fondo nazionale di sostegno alla locazione con ulteriori risorse pari a 20 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015; inoltre, un ulteriore emendamento approvato ha previsto che le risorse del Fondo inquilini morosi incolpevoli vengano prioritariamente assegnate alle Regioni che abbiano emanato norme per la riduzione del disagio abitativo volte a prevedere percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto e che, in tale ambito, le Prefetture adottino misure di graduazione programmatica dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto.
  Infine, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che qui rappresento, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, le risorse assegnate al Fondo saranno ripartite tra le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano.
  Ricordo, inoltre, che nello stesso provvedimento legislativo (commi 2 e 3 dell'articolo 6), sono state previste delle disposizioni per favorire l'acquisto della Pag. 32prima casa da parte soprattutto delle categorie sociali che risentono maggiormente della crisi economica in corso.
  In particolare, il comma 2 prevede l'incremento di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 della dotazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa. Al titolare del mutuo in difficoltà con il pagamento delle rate è consentito sospendere il pagamento delle rate per un massimo di 18 mesi, rimanendo a carico del fondo il pagamento della quota interessi dovuta per il periodo della sospensione.
  Il comma 3 incrementa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 la dotazione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, includendo al contempo tra i beneficiari i cosiddetti «lavoratori atipici» di età inferiore ai 35 anni. La norma è volta ad affrontare l'eccessiva onerosità dell'indebitamento delle categorie più disagiate per l'acquisto della prima casa e delle conseguenze per la sostenibilità del debito e la stabilità finanziaria, nonché ad agevolare l'accesso al Fondo (la mancata previsione della titolarità di rapporto di lavoro «atipico» ne ha di fatto, fino ad ora, limitato fortemente l'operatività).
  Occorre evidenziare, al riguardo, che l'emendamento approvato nel corso dei lavori delle riunite Commissioni V e VI, poc'anzi citato, ha previsto anche, altresì, in compensazione dell'aumento del Fondo nazionale di sostegno alla locazione, la riduzione, pari a 20 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015, degli stanziamenti destinati dal medesimo decreto legge al Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto sempre della prima casa.
  Faccio presente, altresì, che il comune di Roma ha recentemente messo in atto apprezzabili iniziative per la razionalizzazione della spesa sociale e per le politiche proprio della casa ed avrà ogni sostegno da parte del MIT nel programma di contrasto delle occupazioni abusive.
  Nel concludere, assicuro che resta fermo l'impegno del Governo ad individuare misure idonee per affrontare strutturalmente il problema della sofferenza abitativa, in special modo per far fronte ai problemi dei locatari appartenenti appunto alle categorie sociali più esposte alla crisi.

  PRESIDENTE. L'onorevole Marroni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza.

  UMBERTO MARRONI. Signor Presidente, diciamo che ovviamente sono parzialmente soddisfatto solo perché questi provvedimenti di rifinanziamento che vengono dalle Commissioni sono sostanzialmente legati all'attività di bilancio e finanze e oggettivamente sono insufficienti per quanto riguarda il finanziamento dei fondi per le cosiddette morosità incolpevoli. Sono indubbiamente interventi positivi da questo punto di vista, il rifinanziamento di questi strumenti e questi fondi. Quindi io penso che da questo punto di vista si può sicuramente dire che il Governo sta andando nella giusta direzione.
  Invece le due cose che mancano – motivo per cui la mia interpellanza non risulta pienamente soddisfatta – sono: la prima è che sono tutti interventi (come lei sottosegretario avrà capito, anche se diciamo che non è del ramo) assolutamente disorganici, perché sono spesso emendamenti o iniziative «infilati» in provvedimenti, per poi avere l'approvazione del Parlamento, e non un intervento organico, che noi come Partito Democratico abbiamo chiesto al Governo e chiediamo al Governo, cioè un disegno di legge o, ancor meglio, visto che noi stiamo usando la decretazione d'urgenza per fare delle riforme anche di più ampio respiro, un decreto-legge che metta al centro questi interventi in maniera più organica, anche perché oggettivamente – lo ripeto – una delle cose che è mancata e manca – e l'ho detto anche nella mia relazione introduttiva – è quella sostanzialmente di un'organicità dei provvedimenti sul tema dell'abitare.
  Inoltre, apprezzamento sicuramente per quanto riguarda il sostegno del Governo Pag. 33alle politiche di Roma capitale sulla casa, però devo dire che invece mi sembra che, in riferimento all'interrogazione, il Ministro ed il Ministero abbiano sostanzialmente glissato l'argomento degli sfratti. Non ho capito e non mi sembra che sia stato citato il fatto di un provvedimento che il Governo intenda mettere in cantiere per la sospensione degli sfratti. Quindi da questo punto di vista devo dire che la risposta ha una sua articolazione, sottosegretario, ma oggettivamente è, come si direbbe a scuola, un po’ fuori tema.
  In altre parole, noi abbiamo chiesto appunto se c’è una politica degli sfratti per quanto riguarda la sospensione con un provvedimento del Governo e, oggettivamente, la risposta il Governo ad oggi non ce l'ha data. Quindi, io penso che continueremo a sollecitare il Governo su questa materia degli sfratti e auspichiamo che questi provvedimenti, come ripeto anche in parte positivi, vengano inseriti in una politica organica per la casa di livello nazionale e appunto si evitino, come ho detto all'inizio, questi provvedimenti tampone.
  Sugli sfratti ripeto che il Governo non ha ad oggi risposto purtroppo e, invece, credo che la lettera del sindaco Marino sia anche circostanziata. Penso, quindi, che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane ritorneremo alla carica dato che questo tema, che è veramente gravissimo, di emergenza, come dimostrano anche i dati presentati dalla risposta del Ministro e del Ministero, ha bisogno sicuramente di questo intervento sulla sospensione degli sfratti e sicuramente di una organicità degli interventi di più lungo periodo.

(Elementi in merito alla realizzazione della galleria di base del Brennero nell'ambito del sistema delle reti transeuropee – n. 2-00221)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fraccaro n. 2-00221, concernente elementi in merito alla realizzazione della galleria di base del Brennero nell'ambito del sistema delle reti transeuropee (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Fraccaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, con questa interpellanza intendiamo porre all'attenzione del Governo un tema che riguarda non solo i trasporti, ma anche il necessario bilanciamento della realizzazione delle infrastrutture, comunque utili per lo sviluppo, con le esigenze di tutela dell'ambiente e con l'utilizzo delle risorse dello Stato in un momento così grave di crisi economica. Anche noi abbiamo a cuore la ripresa e lo sviluppo economico, anche noi vogliamo una politica dei trasporti coerente e sostenibile, ma la realizzazione delle gallerie di base del Brennero e delle relative tratte di accesso sud rappresenta un progetto sulla cui ragionevolezza non possiamo che nutrire fortissimi dubbi dal punto di vista economico, ambientale e politico.
  Stiamo parlando della più importante opera infrastrutturale oggi in programma in Italia che comporta la realizzazione di una nuova linea ferroviaria dal Brennero a Verona lunga 218 chilometri, di cui 190 in galleria. Se per i 23 chilometri di tunnel di base del Brennero l'Italia dovrà pagare il 35 per cento dei costi totali, per i restanti 95 l'Italia sarà impegnata al 100 per cento. La spesa totale che l'Italia sarà chiamata a sostenere è, secondo stime indipendenti, tra l'altro in difetto, di 63 miliardi di euro. Tale opera già oggi distrae risorse da interventi necessari al Paese ed incrementa il debito pubblico. I contributi in sede europea, di entità incerta e che, comunque, riguarderebbero solo i 23 chilometri di tunnel del Brennero, le previsioni di traffico basate sul principio della crescita infinita, l'inspiegabile mancanza di misure che a ferrovia ultimata porterebbero al trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia, hanno caratterizzato e caratterizzano la realizzazione di un'opera inutile, costosissima e devastante.Pag. 34
  I promotori dell'opera dichiarano che il traffico merci al valico del Brennero aumenterà nei prossimi decenni in modo costante e che l'autostrada e la ferrovia storica sono prossime alla saturazione. I progettisti hanno, infatti, previsto un traffico merci su strada di 37 milioni di tonnellate annue nel 2010, 39 milioni nel 2015 e 48 milioni nel 2030. Ma la BBT-SE, la società che si occupa dello sviluppo e della progettazione dell'opera, ha sbagliato le sue previsioni. Dopo un periodo di crescita costante fino al 2007, il traffico merci su gomma al Brennero è crollato fino a presentare nel 2010 un volume di 10 milioni di tonnellate in meno rispetto alle previsioni. Nel 2011 i dati relativi del traffico merci su gomma, sull'A22, risultano del 24 per cento più bassi rispetto a quelli previsti e negli ultimi due anni il traffico di mezzi pesanti è continuato a diminuire allargando così ancora di più la forbice tra previsioni e dati reali.
  I promotori, cioè la BBT, inoltre, non considerano con la dovuta serietà i gravissimi ed irreversibili danni per l'ambiente che l'opera provocherebbe: cantieri diffusi lungo tutte le valli dell'Isarco e dell'Adige, conseguente aumento degli inquinamenti, enorme quantità di materiali di scavo da mettere a deposito, distruzione certa di risorse idriche superficiali e sotterranee (e qui gli abitanti del Mugello sanno esattamente quello che sto dicendo), consumo di circa 600 ettari di territorio e deturpazione del paesaggio.
  È vero che il traffico merci al valico del Brennero è intollerabile e fonte di gravi inquinamenti. La direttiva europea 2008/50/CE prevede che fra circa sedici mesi sia rispettato il limite previsto delle emissioni di biossido di azoto. Secondo il programma per la riduzione dell'inquinamento da biossido di azoto (NO2) della provincia di Bolzano, nelle valli alpine questo limite viene già ampiamente superato e la fonte principale sono proprio gli autocarri dall'autostrada A22. Il traffico sull'autostrada deve, quindi, essere ridotto – perché questo ce lo chiede la direttiva europea – entro il 2015 del 40-50 per cento.
  La soluzione a questo problema, sottosegretario, e la Svizzera ce lo insegna, è trasferire il traffico merci dalla strada alla ferrovia, ma non – come pensano i fautori dell'opera – costruendo a costi enormi una nuova ferrovia, che sarà pronta non nel 2015, ma nel 2050 ! La questione va affrontata subito, adottando precise misure di politica del traffico. Ce lo chiede l'Europa e ce lo chiedono le diverse migliaia di cittadini costretti a sopportare inquinamento oltre ai limiti segnati dalla direttiva europea, causato proprio dal traffico sulla A22.
  Il problema, quindi, va risolto fin da subito con la nuova politica dei trasporti. La ferrovia storica dev'essere sfruttata al massimo delle sue capacità. È questa la linea da tenere. Oggi è utilizzata solo al 30 per cento, non è prossima alla saturazione come dichiarano, invece, i promotori della nuova linea. Non si può gestire una linea in modo inefficiente per motivare la costruzione di una nuova ferrovia. Se fosse fatta funzionare secondo gli standard gestionali svizzeri e austriaci, la linea storica sarebbe in grado di assorbire almeno il 60 per cento del totale del traffico merci attraverso il Brennero.
  In secondo luogo, il trasporto merci su rotaia dev'essere incentivato e reso più competitivo di quello su gomma. Bisogna, poi, equiparare i pedaggi autostradali su tutto l'arco alpino al fine di equilibrare quel 30 per cento di TIR che attraversano il Brennero seguendo un percorso più lungo ma economicamente meno costoso, visto che i pedaggi nella A22 sono cinque volte meno economici rispetto a quelli svizzeri e austriaci. Cinque volte !
  La nuova ferrovia del Brennero è un'opera inutile e dannosa, della quale ancora oggi non si riesce a conoscere con esattezza quale sarà il reale costo. Ricordiamo che in Italia, i costi dei progetti TAV tra il 1991 e il 2007 sono in media aumentati di ben sette volte. Per quanto riguarda il solo tunnel di base, la delibera del CIPE del 31 maggio 2013 ha stimato un costo di 9,7 miliardi di euro. Questa stima non tiene conto, però, degli oneri finanziari ed è in netto contrasto con la Pag. 35previsione della Corte dei conti austriaca dell'agosto del 2010, secondo la quale il costo complessivo del solo tunnel di base dovrebbe aumentare a 24 miliardi di euro.
  Chiediamo, quindi, al Governo se sia in programma un aggiornamento delle previsioni del traffico, considerato che gli ultimi dati disponibili, guarda caso, sono stati pubblicati nel 2008 e si sono rivelati sbagliati; chiediamo, inoltre, quali siano le misure con cui si intende imporre, ad opera ultimata, lo spostamento del traffico merci dalla strada alla ferrovia; quali siano i costi reali di questa opera. E ancora, il Governo vuole prendersi la responsabilità di dire alle diverse migliaia di persone che subiscono l'inquinamento oltre i limiti, quello generato dalla A22, che tale situazione resterà immutata per almeno tre decenni, con buona pace della loro salute e di quella dei loro figli e dei loro nipoti, e che non ha intenzione di trasferire fin da subito – ed è possibile – una parte consistente del traffico merci dalla autostrada alla ferrovia storica ?
  E, da ultimo, non possiamo tralasciare una questione, che riguarda l'ordinanza di custodia cautelare notificata alla presidente di Italferr nell'ambito dell'inchiesta sul nodo fiorentino dell'Alta velocità, inchiesta che coinvolge anche altri esponenti della società che coordina i lavori dell'Alta velocità. Corruzione, abuso d'ufficio e associazione a delinquere: questi i reati per i quali è indagata. Si tratta di un settore delicato, sottosegretario, e di rilevante interesse pubblico, nel quale le nomine dovrebbero avvenire nel rispetto dei principi di imparzialità e correttezza. Altrimenti, al danno di realizzare un'opera inutile e dannosa, si aggiunge la beffa di favorire speculazioni e corruzione.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il valico del Brennero costituisce uno dei principali collegamenti per il trasporto di persone e di merci tra il nord dell'Europa e l'Italia e rappresenta il cuore del nuovo corridoio «Scandinavian – Mediterranean» nell'ambito della rete transeuropea dei Trasporti TEN-T. Annualmente, lo attraversano circa 12 milioni di veicoli, di cui 2 milioni di autovetture ed il resto di veicoli pesanti.
  Complessivamente, ogni anno vengono trasportati attraverso il Brennero 50 milioni di tonnellate di merci, di cui 15 milioni su rotaia e 35 milioni su strada, ossia lungo l'autostrada del Brennero, che ormai è prossima al limite della propria capacità.
  Le forti pendenze del tracciato ferroviario attuale, che nei tratti più acclivi raggiungono anche il 26 per cento, non solo limitano la velocità dei treni, ma impongono anche una riduzione dei massimali di carico, rendendo necessario l'impiego di una motrice aggiuntiva a doppia trazione ovvero una motrice di trazione d'appoggio.
  Inoltre, le reti elettriche di trazione adottate in Italia e Austria hanno caratteristiche diverse sia per voltaggio che per tipologia (15000 V in corrente alternata 15 KV 16 2/3 Hz in Austria, 3000 V in corrente continua in Italia), obbligando così i treni che varcano il confine di Stato ad una fermata tecnica per il cambio di trazione. Tutti questi aspetti incidono notevolmente sul programma d'esercizio, sulla composizione dei treni e sull'orario.
  Per tali motivi, i Governi italiano ed austriaco hanno assunto la decisione di realizzare la galleria di base del Brennero e le relative tratte di accesso. Il nuovo tracciato, che tra Innsbruck e Fortezza avrà una pendenza massima del 7 per cento e una lunghezza di circa 20 chilometri inferiore rispetto alla linea esistente, permetterà un transito attraverso il Brennero di treni merci più lunghi, capienti e veloci, riducendo i tempi di percorrenza – attualmente di circa 80 minuti – a soli 20 minuti per i treni più veloci.
  In questo modo, la capacità ferroviaria della linea verrà incrementata, passando dagli attuali 220-240 treni/giorno a 400 treni/giorno, di cui 300 treni merci.Pag. 36
  Dal punto di vista ambientale, grazie allo spostamento di volumi significativi del traffico merci da gomma a rotaia, la realizzazione della galleria di base del Brennero, insieme al potenziamento delle tratte di accesso nord e sud, contribuirà alla riduzione dell'inquinamento da polveri e da rumore lungo il territorio attraversato, salvaguardando la qualità dell'ambiente e le condizioni di vita della popolazione.
  In Italia, la salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento avviene anche attraverso le formule ad oggi vigenti di pedaggiamento previste per il transito su gomma di merci applicate alla Autostrada A22.
  Ai sensi dell'Accordo di Stato del 2004, i due Governi hanno pertanto istituito la Società di scopo «Galleria di Base del Brennero – Brenner Basistunnel BBT SE», società per azioni europea interamente di proprietà pubblica, le cui azioni sono ripartite in ugual misura tra Italia ed Austria.
  BBT SE ha portato a termine la progettazione definitiva della galleria di base del Brennero, ottenendo le relative autorizzazioni previste dalle normative dei due Paesi; attualmente ha in corso il completamento delle attività geognostiche (tratte di cunicolo esplorativo, gallerie laterali di accesso e di servizio) e la realizzazione delle gallerie principali.
  La conclusione dei lavori, avviati nel 2007, è prevista per il 2025; l'entrata in esercizio dell'opera nel 2026.
  Con specifico riferimento al finanziamento dell'opera, evidenzio che con le delibere CIPE n. 71 del 2009 (approvazione progetto definitivo), n. 83 del 2010 (approvazione avvio del primo lotto costruttivo) e n. 28 del 2013 (approvazione avvio del secondo lotto costruttivo), il Governo italiano ha approvato la progettazione definitiva dell'opera e ha assunto l'impegno di finanziarne la realizzazione nella misura di 4.865 milioni di euro per la parte italiana, cioè a carico dello Stato italiano, pari al 50 per cento del costo a vita intera (9.730 milioni di euro) del progetto.
  La citata delibera n. 28 del 2013, approvata dal CIPE nella seduta del 31 maggio 2013 e registrata dalla Corte dei conti il 30 luglio scorso, aggiorna inoltre le risorse disponibili per il progetto a 837 milioni di euro. Analoghe determinazioni sono state prese anche dal Governo austriaco.
  In particolare, il progetto è incluso nel Programma Quadro (Rahmenplan) 2013-2018, sottoscritto tra il Ministero federale dei trasporti (BMVIT) ed il gestore dell'infrastruttura ferroviaria (UBB Infrastruktur AG).
  Il costo a vita intera del progetto approvato nell'ambito del Programma quadro 2013-2018 è pari a 10.007 milioni di euro, di cui il 50 per cento (circa 5.004 milioni di euro) a carico del Governo austriaco.
  La differenza di circa 300 milioni di euro rispetto al costo approvato dal CIPE in Italia è dovuta al fatto che, in Austria, per la definizione del costo a vita intera dei progetti infrastrutturali, è prassi considerare anche i costi relativi ai rischi non identificati; in altri termini, si aggiunge una somma forfettaria al costo dell'opera determinato sulla base delle risultanze dei computi metrici estimativi dei progetti elaborati.
  In Italia, le modalità di calcolo del costo a vita intera degli investimenti ha un maggiore dettaglio e pertanto non necessita di aggiunte forfettarie.
  Per il periodo 2013-2018, tale programma stanzia, a favore del progetto, risorse per complessivi 1.545,1 milioni di euro. Tenuto conto delle risorse già stanziate dal Governo federale austriaco sino a tutto il 2012 (pari a 142,26 milioni di euro), l'ammontare dei fondi globalmente assentiti dall'Austria è pari a 1.657 milioni di euro circa.
  Sono inoltre attualmente in vigore le seguenti due decisioni di finanziamento dell'Unione europea. La prima, decisione «Studies»: finanziamento di 193,35 milioni di euro pari al 50 per cento dei costi previsti nel periodo 2008-2013 per studi e opere geognostiche; la seconda, decisione «Works»: finanziamento di 151,389 milioni Pag. 37di euro pari al 27 per cento dei costi previsti nel periodo 2010-2015 per la realizzazione delle gallerie principali.
  A inizio 2013 BBT SE ha inoltre partecipato a due bandi UE per l'ottenimento di nuovi contributi «Studies» corrispondenti al 50 per cento dei costi previsti nel biennio 2014-2015 nonché per l'incremento del 3 per cento del contributo previsto nella decisione «Works» attualmente in vigore (27-30 per cento). Complessivamente, le due nuove richieste di finanziamento, che sono state entrambe approvate a luglio 2013, prevedono contributi Unione europea addizionali fino al 31 dicembre 2015 pari a 102,417 milioni di euro. La pubblicazione delle relative decisioni di cofinanziamento è prevista entro l'autunno del corrente anno.
  Al 30 giugno 2013, l'ammontare degli investimenti già effettuati dalla società di scopo BBT SE è pari a circa 510 milioni di euro, con impegni contrattuali già assunti per prestazioni di progettazione e realizzazione pari a circa 140 milioni di euro.
  In sintesi, a nome del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, elenco i principali dati relativi al costo e al finanziamento dell'opera. Il costo a vita intera parte austriaca e parte italiana ammonta a 9.730 milioni di euro; gli investimenti lato Italia effettuati al 30 giugno 2013 (delibera CIPE n. 28 del 2013) sono pari a 837 milioni di euro; la quota a carico dell'Italia del costo a vita intera (50 per cento) è pari a 4.865 milioni di euro.
  Il valore residuo dell'investimento a carico dell'Italia ammonta a 4.027 milioni di euro, di cui i finanziamenti UE da Programma TEN-T ammontano a 206 milioni di euro circa mentre gli ulteriori finanziamenti UE in fase di approvazione sono pari a circa 102 milioni di euro, di cui 51 milioni (50 per cento) a favore dell'Italia.
  Per quanto attiene, poi, allo stato dei lavori, sottolineo, sempre a nome del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che attualmente, tra Italia ed Austria, sono attivi 6 cantieri. Il settimo ed ultimo cantiere, previsto per la realizzazione del sottoattraversamento del fiume Isarco, sul lato italiano, pochi km a nord di Fortezza, verrà aperto nel 2014.
  Le opere ad oggi realizzate, oltre alle aree di cantiere, per quanto riguarda l'Italia sono: la sezione Aica-Mules del cunicolo esplorativo (10,9 km), scavata con TBM; la finestra di Mules (1,9 km); i cameroni per il montaggio delle TBM (sezione finita di 350 m2 per una lunghezza di 180 m ciascuno) che scaveranno le gallerie principali in direzione sud; una galleria logistica di collegamento (419 m); la sezione del cunicolo esplorativo attraverso la faglia «Periadriatica» (1.325 m), in direzione nord: lo scavo ha raggiunto la progressiva di 970 m circa; le gallerie principali in direzione nord, ad oggi scavate complessivamente per circa 1.500 m; la galleria di servizio Hinterrigger (400 m) presso il cantiere di Aica; inoltre, varie infrastrutture minori e di servizio.
  Mentre, per quanto riguarda l'Austria: la sezione Innsbruck-Ahrental del cunicolo esplorativo (5,5 km); la finestra di Ahrental (2,4 km); la finestra di Ampass (1400 m) per l'accesso al cunicolo di soccorso, necessario ad elevare gli standard di sicurezza della circonvallazione di Innsbruck a quelli previsti per la galleria di base; le gallerie di servizio Padaster (700 m) e Saxen (1000 m) presso il cantiere di Wolf ed il primo tratto della relativa finestra; varie infrastrutture, anche qui, minori e di servizio. Complessivamente ad oggi risultano scavati circa 28 Km di gallerie.
  In merito alla garanzia dello spostamento del trasporto merci dalla strada alla ferrovia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fa osservare come il mercato del trasporto merci definisca le quote modali soprattutto in base a fattori di concorrenzialità, ai sensi della normativa comunitaria vigente. Sempre ai sensi della normativa comunitaria vigente non sono prefigurabili misure pubbliche di natura coercitiva per «imporre» spostamenti di domanda, a galleria terminata. Ciò evidenziato, appare chiaro che il medesimo intervento di potenziamento infrastrutturale a favore dei vettori ferroviari Pag. 38(determinato dalla realizzazione del tunnel di base, che consente un notevole incremento del livello di servizio e della competitività economica della ferrovia, rispetto alla strada) rappresenta un elemento in grado di generare importanti quote di domanda di trasporto merci dalla strada alla ferrovia.
  Inoltre, con riferimento alle misure ulteriori che dovrebbero intraprendersi, in quanto come lamentato dagli interroganti, la nuova linea non sarà in grado di diminuire il traffico dell'autostrada, il Ministero dell'ambiente rileva che l'affermazione secondo cui il tunnel di base non sarà in grado di generare effetti di trasferimento modale, con conseguente riduzione del traffico sull'autostrada A22, non risulta sia confortata da alcun elemento tecnico-scientifico. Viceversa, al momento si dispone di alcune analisi dell'Istituto internazionale Ernst&Young, commissionate da BBT SE, eseguite secondo le metodologie e i criteri più avanzati delle analisi benefici-costi, secondo le quali risulta che il Valore Attuale Netto Economico (VAN) dell'intervento – che tiene conto sia del traffico, sia di tutte le altre variabili economiche coinvolte, incluse le esternalità e quindi non solo delle emissioni di NO2 – sarebbe nettamente positivo.
  Infine, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tiene ad informare che, al termine di un apposito studio, a suo tempo effettuato a cura del Gruppo di lavoro trasporti della Convenzione delle Alpi, è stata redatta una pubblicazione – per l'anno 2007 – che rappresenta una possibile metodologia per il calcolo dei costi totali del trasporto transalpino lungo alcuni corridoi stradali alpini, tra cui quello del Brennero. Essa individua costi esterni significativi connessi all'uso del trasporto merci su strada, sulla base di stime condivise tra tutti i Paesi alpini; i risultati sono disponibili sul sito ufficiale della Convenzione delle Alpi (sono quindi disponibili, non cito il sito).
  Per completezza d'informazione, alleghiamo, disponibile ovviamente agli interroganti, l'analisi costi-benefici elaborata da Ernst Young e la sintesi dello studio Public Health.

  PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Prima di dare la parola all'onorevole Mirella Liuzzi, abbiamo il piacere di salutare i giovanissimi e vivaci studenti della Scuola Primaria Mater Carmeli di Roma (Applausi).
  L'onorevole Liuzzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Fraccaro n. 2-00221, di cui è cofirmataria.

  MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, sottosegretario, questa risposta non ci soddisfa, e vorrei ribadire il perché sottolineando alcuni punti che il mio collega Fraccaro le ha già esposto.
  Abbiamo bisogno di un bilanciamento vero della realizzazione delle infrastrutture: non è possibile che in alcune zone d'Italia si viaggi alla velocità di 300 chilometri orari, e in altre non ci siano neanche quei servizi minimi di trasporto che assicurano ai cittadini italiani almeno la parvenza del diritto alla mobilità. Le sue risposte confermano ancora una volta che il TAV del Brennero non è un'opera ragionevole dal punto di vista economico, ambientale e politico.
  Il Ministro Lupi, dopo la visita al cantiere del tunnel al Mules il 9 agosto, ha dichiarato che «le grandi opere sono elemento di valorizzazione e di riqualificazione del territorio in campo economico, ma anche in campo ambientale». Com’è allora possibile parlare di valorizzazione e riqualificazione del territorio sotto il profilo ambientale, con la costruzione di una grande opera come questa, quando saranno necessariamente prodotti danni irreversibili all'ambiente ?
  Ce lo confermano i numeri: secondo i dati progettuali, esistono 119 aree a rischio per le acque superficiali, e 120 per quelle sotterranee; addirittura è lo stesso progetto che definisce le acque a rischio da probabili a certe. Nello stesso progetto è previsto il rischio di prosciugamento di interi bacini d'acqua, con la consapevolezza Pag. 39di creare un danno irreversibile: acqua che non torna più, così come è accaduto per il lago di Loppio. Dare quindi comunque delle risposte in campo ambientale e del trasferimento da traffico su gomma a traffico su rotaia, quando andiamo a costruire un'opera che potrà essere dannosa per le acque del territorio, crediamo che non abbia senso.
  Ci sono anche altre criticità che non possono essere ignorate. Hanno cominciato a costruire partendo da un punto del territorio; tuttavia, l'ingegnere De Col, dirigente provinciale, ha dichiarato che in caso dovessero presentarsi ostacoli ambientali, l'opera verrebbe bloccata, e quindi il lavoro fatto fino a quel momento sarebbe vano. Stiamo quindi costruendo un tunnel, o facendo l'ennesimo buco nell'acqua ?
  Parlate ancora di sindrome NIMBY, come per la TAV di Torino-Lione: quando la gente si opporrà a tutto questo, che cosa gli direte ? Prevenire è meglio che curare: e voi lo state facendo brillantemente, senza informare la popolazione, non solo locale ma anche nazionale, perché in un periodo di crisi economica come questo non raccontate a nessuno quanto quest'opera peserà sulle tasche degli italiani.
  Vorrei fare un breve accenno anche ai costi, che sono stati citati dal sottosegretario. Riguardo all'incredibile discordanza tra i costi preventivati dall'Italia e dall'Austria per il tunnel del Brennero, è noto e dimostrabile che la valutazione dei costi ufficiali italiana è del tutto insufficiente, e omette volutamente di considerare intere voci di costo, come ad esempio l'insieme degli oneri finanziari. Non è certo un caso che le stime ufficiali dell'Austria, dove si calcolano gli oneri finanziari completi per la costruzione dell'opera, ammontano a più del doppio di quelle italiane, e questo è un dato di fatto. Nelle delibere con cui il CIPE ha approvato i progetti preliminari o definitivi, sia del tunnel di base del Brennero, sia di alcune tratte di accesso sud, l'unica voce valutata nel campo degli oneri finanziari futuri è l'incremento dell'IVA.
  Per 218 chilometri di tracciato di progetto in Italia dal Brennero al quadrante Europa di Verona, i costi ufficiali italiani desunti da varie fonti non sempre aggiornate (alcune risalgono a prima del 2010) ammontano a 19 miliardi di euro.
  Ma non comprendono molte voci di costo e sicuramente non comprendono i costi delle opere accessorie (cunicoli esplorativi, galleria, eccetera) del finanziamento e delle riparazioni ambientali. Ricordiamo nuovamente, e pensiamo che davvero ne valga la pena, che una stima indipendente dei costi delle sole infrastrutture in Italia – comprensiva degli oneri finanziari, ma a sua volta al netto di alcune voci di costo, che pure sarebbero da esaminare, come i costi ambientali, i costi relativi alla salute, il sistema dei problemi idrogeologici – vengano calcolate. Non credo che sia il caso di dire che è che l'Europa che ce lo chiede, e che non possiamo sprecare il contributo economico con il quale ci finanzia, perché l'Europa su 218 chilometri contribuirà soltanto per la tratta di 23 chilometri del tunnel. Su quante generazioni future dovranno pesare questi debiti ? Un'opera che, a voler essere ottimisti, non potrà essere ultimata prima del 2050.
  Il congestionamento dell'autostrada A22 non può essere usato di certo come alibi. Nel rispetto della direttiva 2008/50/CE, già citata, che prevede una diminuzione delle emissioni inquinanti date dal traffico su gomma, le soluzioni pratiche e concrete esistono. La Svizzera in questo è esemplare, infatti ci insegna come è possibile sfruttare al 100 per cento le linee ferroviarie già esistenti. Al momento la ferrovia storica del Brennero è al 30 per cento del suo utilizzo ed è dimostrato che il traffico dell'autostrada A22 potrebbe essere da subito ridotto con un migliore utilizzo della stessa.
  A mio avviso e a mio giudizio questo Governo dovrebbe avere lo scopo di spostare, come ho detto prima, il traffico merci dalla gomma al ferro per chiare ragioni ambientali, in previsione di una lotta contro gli sprechi. Questo però non può essere di certo fatto costruendo nuove Pag. 40grandi opere del tutto inutili ma valorizzando le linee storiche che hanno bisogno di semplici opere di rifacimento.
  E il vantaggio economico ? Negli ultimi anni il traffico merci è in calo e non ha senso progettare un'ulteriore opera, tutto questo in barba all'accordo internazionale siglato a Lisbona che prevede una specifica tutela al valore dei vettori, che non possono essere spazzati via incondizionatamente dalla costruzione della TAV. Non è la velocità a cui viaggiano le merci a determinare l'accrescimento della ricchezza di un Paese; ad esempio, tornando sempre al caso svizzero, lì le merci viaggiano ad una velocità di 80 chilometri orari e questo tipo di velocità assicura un bilanciamento fra costi di trasporto, energia, sicurezza dello spostamento delle merci stesse. Quindi noi dobbiamo valutare tutto quello che è insomma relativo al trasporto merci. Le aziende non hanno bisogno di un trasporto merci iper-veloce, esso deve essere piuttosto sicuro e puntuale, questo è quello che ci insegna la Svizzera. Il Governo deve agire in trasparenza e prendersi la responsabilità di informare i cittadini dei danni che subiranno loro e il loro territorio, deve dire alle diverse migliaia di persone che vivono in quelle zone che saranno costrette a subire un inquinamento devastante per almeno altri quarant'anni, fino a quando la loro linea ferroviaria sarà pronta e che di certo non risolverà un problema in un modo alternativo.
  Il Governo deve spiegare a loro che ne varrà la pena, con lo stesso coraggio con il quale noi reputiamo il TAV del Brennero una grande opera inutile.

  PRESIDENTE. La Presidenza precisa che non è possibile allegare testi alla risposta resa in Aula dal Governo.

(Misure volte a garantire la sicurezza dei passeggeri nelle stazioni ferroviarie – n. 2-00245)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ricciatti n. 2-00245, concernente misure volte a garantire la sicurezza dei passeggeri nelle stazioni ferroviarie (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Ricciatti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, questa mia interpellanza urgente è per rendere noti alcuni fatti e provare a condividere con lei alcune considerazioni e provare a fare alcune domande.
  Esattamente una settimana fa, la sera di venerdì 4 ottobre, alle ore 20,15, un ragazzo senegalese, Pap Dieye, è stato travolto ucciso dal Frecciabianca Lecce-Venezia, alla stazione di Fano. Una settimana prima, invece, un medico di 51 anni, Mario Barile, è stato urtato e ferito in maniera grave sempre dallo stesso treno, alta velocità, sempre un Frecciabianca Lecce-Venezia.
  Io vorrei portarla a conoscenza del fatto che la stazione di Fano è una stazione di medio-piccole dimensioni, per intenderci ha solamente tre binari e il quarto binario, che stanno finendo di costruire in questo momento, sarà e non è ancora al servizio, comunque sia, degli utenti.
  Rispetto alle indagini Trenitalia ha affermato che la velocità di quel treno al binario due era inizialmente di 150 chilometri orari, però le indagini delle forze dell'ordine, andando a vedere anche la scatola nera, hanno rivelato una velocità di 180 chilometri orari. Ovviamente in quel momento c'era un altro treno fermo alla stazione di Fano, al binario tre, e ovviamente l'impatto è stato così forte, quello di venerdì scorso, da ridurre assolutamente in brandelli un ragazzo di ventuno anni.
  Quindi le domande che io vorrei porre a lei, signor sottosegretario, sono tre: innanzitutto se sono previsti dei limiti dell'alta velocità per i treni in transito in stazioni dove non fermano, perché mi Pag. 41sono dimenticata di dirle in premessa che la stazione di Fano è una stazione che non prevede la fermata dei treni ad alta velocità, per capire un attimo se questa velocità e anche questo ritrattare di Trenitalia, che inizialmente ha dichiarato 150 chilometri orari e poi 180 chilometri orari, rientrino negli standard permessi di velocità.
  L'altra domanda che le vorrei porre, signor sottosegretario, è se lei intenda assumere delle iniziative per verificare l'effettiva velocità di quei treni e assumere informazioni dirette rispetto alla velocità di entrambi i treni, per capire anche come sono andate le cose e se vi sono stati degli errori. Mi permetta, essendomi recata immediatamente io sul posto, e quindi avendo avuto modo di parlare e ascoltare anche svariate testimonianze, che peraltro sono state rese e raccolte dalle forze dell'ordine, di dirle che più di una persona sostiene che non vi sia stato l'avviso del treno che stava arrivando ad alta velocità. E le faccio anche un'altra premessa, perché ovviamente bisogna contestualizzare anche gli incidenti: quel treno «godeva» già di un fortissimo ritardo a causa di un incidente avvenuto qualche ora prima fra Ancona e Falconara, e quindi vi era stato una sorta di black out anche nel transito dei treni.
  La terza domanda che le vorrei porre, signor sottosegretario, è se la linea gialla e se l'avviso, comunque sia, del transito di questi treni siano delle misure idonee e sufficienti a garantire la sicurezza delle persone che stazionano fra un binario e l'altro per aspettare i treni. Rispetto a questo terrei però a farle una precisazione: la stazione di Fano, come penso la stragrande maggioranza delle piccole e medie stazioni, di piccole e medie dimensioni e anche di una certa età, ovviamente non hanno delle banchine molto larghe e non hanno ovviamente spazi utili e così ampi da poter contenere più persone, e quindi vorrei anche un attimo capire se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti o il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda svolgere anche un'azione ispettiva presso la stazione di Fano e capire se – ripeto – queste due avvertenze, come la linea gialla tratteggiata e l'avviso vocale di un treno in transito, possano essere considerate due misure sufficienti per quelle stazioni, quindi per stazioni di piccole e medie dimensione con pochi binari e soprattutto con delle banchine fra un binario e l'altro di ristrette dimensioni.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo sempre per conto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ogni anno, dal centro operativo di Rete ferroviaria italiana (RFI) e dai centri operativi delle imprese di trasporto ferroviario che esercitano servizio sulla rete nazionale o sulle reti secondarie collegate a quella nazionale, perviene una notevole quantità di comunicazioni di investimenti (140 – 160 eventi annui), attraverso rapporti informativi urgenti, seguiti a breve da relazioni informative più dettagliate, che chiariscono le condizioni in cui sono avvenuti i fatti. Detti incidenti sono dovuti, nella maggior parte delle situazioni, non a cause tecniche ma ad una eccessiva imprudenza o, nei casi peggiori, ad intenti suicidi.
  Nel caso specifico, sottolineato dagli onorevoli interpellanti, che ringrazio, preciso, in primo luogo, che la linea in questione è protetta da un sistema di controllo della marcia del treno, il quale impedisce di fatto qualsiasi possibilità che il transito possa avvenire a velocità non consentite.
  La velocità massima consentita è definita dallo strumento di regolazione chiamato «Fascicolo di linea». Si tratta, cioè, di linea sulla quale il superamento indebito della velocità massima prevista è contrastato, in via automatica, dai sistemi Pag. 42di controllo a terra e a bordo dei rotabili, che intervengono attuando frenature automatiche.
  Dalla relazione informativa risulta che il personale di condotta del treno ha visto la persona attraversare indebitamente, ha attivato l'avvertimento sonoro con l'emissione di ripetuti fischi ed ha azionato la frenatura di emergenza. La stazione di Fano, secondo il «Fascicolo di linea» è attraversabile dai treni anche alla velocità limite di 180 Km/h, ed è quindi evidente che lo spazio di frenatura non può essere così ridotto da evitare ogni impatto.
  Va considerato, inoltre, che, se dal personale di condotta venisse imposta una frenatura cosiddetta «rapida», si sottoporrebbe il convoglio ad una decelerazione, con conseguenti rischi anche per l'incolumità dei passeggeri a bordo, senza, comunque, garanzie di poter riuscire ad evitare lo stesso impatto. A tal proposito, a nome del Governo, evidenzio che anche un transito a limitata velocità, nella gran parte dei casi, non porrebbe riparo all'impatto ed al conseguente esito, considerati gli spazi di frenatura estremamente lunghi dei veicoli ferroviari in generale.
  Di norma, come stavo dicendo, gli eventi che accadono in linea non sono connessi a cause tecniche, ma generalmente ascrivibili a cause di comportamento. In ogni caso, il MIT, considerato il cospicuo numero di tali eventi, non è nella possibilità, suo malgrado, di avviare investigazioni tecniche mirate, mentre le diverse procure della Repubblica, che hanno capillare diffusione sul territorio, aprono, di norma, dei fascicoli per l'individuazione di eventuali profili di colpa.
  Sempre a nome del Governo, devo, tuttavia, informare che gli uffici del MIT hanno avviato uno studio, con i caratteri dell'investigazione tecnica, su vari incidenti, compresi i casi di «investimenti di persone a piedi», avvenuti nel corso degli ultimi anni, in particolare in prossimità dei passaggi a livello. Tale studio ha già dato corso a specifiche raccomandazioni tecniche.
  Informo, sempre a nome del Governo, altresì, che è ferma intenzione del MIT estendere tale indagine alla molteplicità dei casi di investimento; ciò allo scopo di valutare l'esistenza di un eventuale fattore comune, anche secondario, di tipo strutturale, prescindendo appunto dai comportamenti, sul quale poter incidere con proposte di modifiche regolamentari, anche alla luce delle esperienze di altri Paesi. Si tratterà, ovviamente, non di un'investigazione mirata, caso per caso, ma di una investigazione di carattere più generale.
  Venendo al dettaglio dell'incidente dello scorso 30 settembre, il gruppo Ferrovie dello Stato ha comunicato che, in prossimità della stazione di Fano, il personale di condotta del treno Frecciabianca 9816, in viaggio tra Lecce e Venezia, ha azionato il segnale acustico allo scopo di segnalare ad alcuni viaggiatori presenti sul marciapiede l'arrivo imminente del treno. Nonostante l'emissione del segnale acustico, il personale di macchina ha notato la presenza di una persona che, con le spalle rivolte al binario, sostava, ben oltre la linea gialla, sul marciapiede attiguo a quello di marcia del treno. Pertanto, è stato lanciato di nuovo un prolungato segnale acustico e contestualmente azionato il freno di emergenza; la persona, non avvedendosi dell'arrivo del treno, non si è spostata ed è stata urtata dalla parte laterale della motrice.
  Per quanto riguarda, invece, l'incidente dello scorso 4 ottobre, il personale di condotta del treno Frecciabianca 9828, in viaggio tra Lecce e Venezia, durante il transito nella stazione sempre di Fano, ha notato una persona che si accingeva ad attraversare i binari nella parte centrale della stazione, dal marciapiede del 1o binario verso quello situato tra il 2o e il 3o binario. Il personale di macchina ha azionato ripetutamente, anche qui, il segnale acustico, allo scopo di segnalare l'arrivo del treno; ciò nonostante, la persona ha continuato nel suo percorso di attraversamento dei binari e, pertanto, è stato immediatamente Pag. 43azionato il freno di emergenza. Come dichiarato dal personale di macchina, l'impatto, avvenuto alle 20.10 circa, è stato inevitabile, in quanto la persona non ha avuto reazioni ai vari segnali acustici emessi; dopo l'azionamento del freno di emergenza, il treno si è arrestato con la coda all'altezza del segnale di protezione della stazione di Fano, lato Pesaro.
  Entrambi gli episodi sono oggetto di indagine interna tuttora in corso da parte del Gruppo Ferrovie dello Stato e dell'autorità giudiziaria; peraltro, i primi rapporti forniti dalle competenti strutture di Trenitalia non ravvisano anormalità a carico del personale di macchina dei treni interessati, sia riguardo alle attività di condotta analizzate, sia relativamente all'eventuale superamento della velocità massima consentita.
  Inoltre, il Gruppo Ferrovie dello Stato ha precisato che in presenza di attrezzaggio tecnologico per il controllo della marcia dei treni il valore della velocità di transito dei due treni risulta entro i limiti ammessi.
  Quanto alle azioni poste in essere per la sicurezza dei passeggeri in attesa sulle banchine delle stazioni informo che queste sono in linea con quanto avviene nel resto dell'Europa: specifica cartellonistica di divieto, linea gialla di ammonimento visivo per i passeggeri, diffusione sonora per gli annunci ed i divieti, quali il superamento, appunto, della linea gialla e l'attraversamento dei binari. Ricordo, inoltre, sempre a nome del Governo, che all'interno della Carta dei Servizi 2013 è riportato un «Vademecum del Viaggiatore» nel quale sono elencate le «semplici regole» di comportamento da rispettare proprio per la sicurezza e l'incolumità dei viaggiatori in stazione.
  Oltre a ciò, RFI sta valutando la possibilità di individuare ulteriori modalità di informazione negli impianti al fine di accrescere la consapevolezza dei viaggiatori circa i divieti da rispettare ed i corretti comportamenti da adottare negli impianti ferroviari.

  PRESIDENTE. L'onorevole Ricciatti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi spiace, ma la sua risposta non mi soddisfa. Mi pare una risposta assolutamente evasiva che scarica tutte le responsabilità sui passeggeri riportando il tutto a cause di comportamento dei passeggeri. Ora, mi perdoni, signor sottosegretario, ma quando nel giro di settimana un ragazzo muore e un altro signore viene gravemente ferito, io penso che queste non possano essere sempre cause ascrivibili al comportamento altrui. Mi perdoni, signor sottosegretario, ma potremmo anche sostenere che quei treni non rispettavano la velocità consentita, ma erano al limite della velocità massima consentita. Ora, io capisco che il limite di 180 chilometri orari sia un limite ammesso e riconosciuto nella stragrande maggioranza delle stazioni italiane e soprattutto nelle stazioni europee.
  Io però, signor sottosegretario, vorrei invitare alcuni funzionari del Ministero delle infrastrutture a venire a controllare, a verificare, queste stazioni. Come le ho ripetuto, una velocità di 180 chilometri orari, in una stazione di piccole e medie dimensioni, mi creda, è tanta velocità. Ci sono più e più persone, io compresa, che parto quotidianamente, settimanalmente, da quella stazione, che sostengono che 180 chilometri orari per una stazione così piccola e con delle banchine fra un binario e l'altro così ridotte... mi creda, i treni spostano le persone. Il signor Mario Barile è un uomo di 51 anni, non è un bambino di dieci anni, che è stato travolto da un treno. Un uomo di 51 anni penso possa avere una struttura tale da poter reggere la velocità di un treno che passa. Allora se anche un uomo di 51 anni, e non un bambino di 10 anni, è stato travolto, io penso che non si possa ricondurre il tutto a mere cause di comportamento dei passeggeri del treno.
  Io penso che anche Trenitalia e soprattutto il Ministero delle infrastrutture possano essere un pochino più collaborativi Pag. 44per evitare incidenti mortali e incidenti molto gravi che causano danni anche alle persone. Quindi, io vorrei chiedere un'ispezione ministeriale alla stazione di Fano per rendersi conto che non tutte le stazioni sono uguali. Guardi, mi creda, io sono una testimone oculare e diretta del fatto che 180 chilometri orari all'interno di quella stazione sono veramente troppi. Allora, io penso che si possano trovare delle soluzioni, perché quando si verificano – ripeto – in una settimana un incidente mortale e una persona che viene gravemente ferita, non si può ascrivere il tutto a meri problemi di comportamento e chiudere una pratica in questo modo. Dei tecnicismi onestamente a una persona morta e a una persona gravemente ferita penso interessi ben poco.
  Rispetto a questo io vorrei anche chiederle di pensare – vedremo, ci sono delle indagini – che se da una parte c’è magari il personale del treno – e non ho motivo di pensare che questo non sia vero – che sostiene che il ragazzo morto una settimana fa stava attraversando i binari, ci sono altrettanti testimoni che sostengono che il ragazzo era nella banchina in attesa dei treni. Quindi, magari prima di dare dei giudizi, prima di dare delle soluzioni, prima di dare una dettagliata descrizione dei fatti, sarebbe bene aspettare la chiusura delle indagini e cercare di capire come sono andate realmente le cose in maniera pulita e trasparente e cercare di capire, se ci sono state delle responsabilità, di individuare i responsabili e cercare insieme delle soluzioni perché, come ripeto, in una settimana, quando muore una persona e c’è un ferito grave, io penso che non si possa voltare la faccia dall'altra parte.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,25).

  ERNESTO CARBONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ERNESTO CARBONE. Signor Presidente, buongiorno. Sono a sollecitare l'atto Camera n. 4-00332 che è un'interrogazione a risposta scritta al Ministero dell'economia e delle finanze riguardo a una truffa compiuta dalla RAS assicurazioni a tanti cittadini della provincia di Cosenza. L'atto è stato presentato il 30 aprile con più di venti firme di parlamentari e più gruppi politici. A tal proposito, Presidente, le chiederei, inoltre, di farsi carico presso il Governo, in particolar modo presso il Ministro per i rapporti con il Parlamento, per esigere il minimo rispetto di regole e di seguire il nostro Regolamento. Ricordo che, ex articolo 134 appunto del nostro Regolamento, il Governo ha venti giorni di tempo per rispondere ad un'interrogazione parlamentare. Io sono qua da metà marzo e non ha mai visto rispettato una volta questo termine.

  PRESIDENTE. La Presidenza prende atto del sollecito.

Nomina dei componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, e annunzio della sua convocazione.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, i deputati Angelo Attaguile, Dorina Bianchi, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Maria Rosaria Carfagna, Fabiana Dadone, Marco Di Lello, Francesco D'Uva, Davide Faraone, Claudio Fava, Laura Garavini, Antonio Leone, Ernesto Magorno, Massimiliano Manfredi, Davide Mattiello, Alessandro Naccarato, Riccardo Nuti, Pina Picierno, Carlo Sarro, Giulia Sarti, Rosanna Scopelliti, Marcello Taglialatela, Andrea Vecchio, Paolo Vitelli.
  Il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della stessa Pag. 45Commissione i senatori Donatella Albano, Giovanni Bilardi, Anna Cinzia Bonfrisco, Donato Bruno, Enrico Buemi, Elisa Bulgarelli, Rosaria Capacchione, Peppe De Cristofaro, Salvatore Tito Di Maggio, Stefano Esposito, Claudio Fazzone, Luigi Gaetti, Mario Michele Giarrusso, Carlo Giovanardi, Miguel Gotor, Giuseppe Lumia, Corradino Mineo, Franco Mirabelli, Francesco Molinari, Claudio Moscardelli, Luigi Perrone, Lucrezia Ricchiuti, Salvatore Torrisi, Stefano Vaccari, Raffaele Volpi.
  Comunico, inoltre, che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Commissione è convocata per martedì 15 ottobre, alle ore 14, presso la sede di Palazzo San Macuto per procedere alla propria costituzione.

Convocazione di Commissioni bicamerali e di Delegazioni parlamentari presso le assemblee internazionali per la loro costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, che nella medesima giornata di martedì 15 ottobre 2013 sono convocate per la loro costituzione le sottoindicate Commissioni bicamerali e Delegazioni parlamentari presso organismi internazionali secondo il seguente schema: Commissione parlamentare per la semplificazione: ore 14, sede di palazzo San Macuto; Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza: ore 20,30 sede di palazzo San Macuto; Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione: ore 20,30, sede di palazzo San Macuto; Delegazione presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa centro-europea (INCE): ore 20,30, presso la sala Soprachiesa-palazzo Valdina.
  Comunico, infine, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, che la Delegazione presso l'Assemblea parlamentare dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è convocata per la sua costituzione giovedì 17 ottobre 2013 alle ore 8,30, presso la sala Soprachiesa-palazzo Valdina.

Modifica nell'affidamento dei poteri attribuiti ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta il 10 ottobre 2013, il presidente del gruppo parlamentare Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente ha reso noto che è stato affidato al deputato Enrico Costa l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 14 ottobre 2013, alle 10:

  1. – Discussione della proposta di legge (per la discussione sulle linee generali):
   DELL'ORCO ed altri: Modifica all'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e altre disposizioni in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (C. 750-A).
  — Relatori: Nardella, per la maggioranza; Dell'Orco, di minoranza.

  2. – Discussione delle mozioni Molteni ed altri n. 1-00183, Braga ed altri n. 1-00013, Di Salvo ed altri n. 1-00204 e Pizzolante ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative a favore dei lavoratori frontalieri (per la discussione sulle linee generali).

Pag. 46

  (ore 15)

  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici (C. 1544-A).
  — Relatori: Palese, per la V Commissione; Causi, per la VI Commissione.

  La seduta termina alle 12,30.