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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 82 di lunedì 23 settembre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 15.

  EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 settembre 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Bergamini, Berretta, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Fassina, Ferranti, Fico, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annuncio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013.

Testo sostituito con errata corrige volante   PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, in data 23 settembre 2013, hanno trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b) e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 (Doc. LVII, n. 1-bis). Alla Nota sono allegati le relazioni sulle spese di investimento sulle relative leggi pluriennali, previste dal predetto articolo 10-bis (Doc. LVII, n. 1-bis – Allegato I), e il rapporto concernente i risultati conseguiti in materia di contrasto all'evasione fiscale, di cui all'articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (Doc. LVII, n. 1-bis – Allegato II).
  La Nota di aggiornamento e relativi allegati sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni competenti.
  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, in data 23 settembre 2013, hanno trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b) e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 (Doc. LVII, n. 1-bis). Alla Nota sono allegati le relazioni sulle spese di investimento sulle relative leggi pluriennali, previste dal predetto articolo 10-bis (Doc. LVII, n. 1-bis – Allegato I), e il rapporto concernente i risultati conseguiti in materia di contrasto all'evasione fiscale, di cui all'articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (Doc. LVII, n. 1-bis – Allegato II).
  La Nota di aggiornamento e relativi allegati sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti.

Modifica nella composizione dell'ufficio di Presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 20 settembre 2013, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, Riccardo Nuti, ha reso noto che è stato eletto vicepresidente il deputato Federico D'Incà, e che il vicepresidente vicario Alessio Villarosa assolve anche alla funzione di portavoce del gruppo, secondo quanto previsto dal relativo Pag. 2statuto, ferma restando la titolarità, in capo al deputato Nuti, della carica di presidente del gruppo stesso.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Causi ed altri; Zanetti; Capezzone ed altri; Migliore ed altri: Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (A.C. 282-950-1122-1339-A) (ore 15,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 282-950-1122-1339-A: Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 12 settembre 2013.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 282-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Capezzone.

  DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, è un grande onore per me e per i membri della Commissione finanze condurre all'approdo dell'Aula questo provvedimento che in una precedente versione non riuscì a completare il percorso parlamentare nella passata legislatura, e così, avvalendoci delle opportunità offerte dal Regolamento, lo abbiamo riproposto assicurandogli un binario rapido e sicuro. Ma soprattutto in un cammino fatto di dodici riunioni di comitato ristretto e poi di un veloce ma intenso e accurato lavoro finale di tutta la Commissione lo abbiamo profondamente integrato e arricchito e per molti versi rimodellato e trasformato, dando forma ad un compiuto articolato pro contribuenti del quale potremo tutti essere fieri. Questo provvedimento agisce sull'architettura complessiva del sistema fiscale, delineando un quadro di principi e criteri che richiama al Governo per la stesura di una serie di decreti delegati su un arco ampio di temi e di materie.
  Voglio subito, prima di ogni cosa, sottolineare un aspetto che credo possa fare onore a tutti. Starà all'Aula esprimere un giudizio sul nostro lavoro, ma a me pare che ci sia riuscito un piccolo «miracolo laico». Da un lato – e ciascuno lo può verificare esaminando il testo – abbiamo scelto una linea davvero riformatrice, non di rado autenticamente ambiziosa e coraggiosa; dall'altro, siamo riusciti a farlo in un clima, abbastanza raro nel sistema politico italiano, di vera armonia.
  Ringrazio, quindi, le forze di maggioranza per la coesione e per il lavoro innovativo che abbiamo condotto tutti insieme, ringrazio il Viceministro Casero, che ha costantemente seguito il provvedimento, e con lui il consigliere Ceriani, ma ringrazio, se possibile con convinzione ancora maggiore, anche tutte le forze di opposizione, che non hanno mai fatto mancare un contributo costruttivo, in un clima di dialogo trasparente e positivo. E naturalmente ringrazio gli uffici della Commissione per l'egregio lavoro svolto, la dedizione e i preziosi suggerimenti.
  Sia consentita un'osservazione tutta politica, prima di passare ad una sintetica indicazione di una dozzina di punti essenziali del testo. Vedete, colleghi, troppo spesso si resta prigionieri di uno schema politico-culturale – se è consentito, direi di uno «schemino» – per cui, per ottenere una intesa larga, o, sempre se è consentito, direi per salvaguardare una larga intesa, Pag. 3allora bisogna «annacquare» i contenuti e sacrificare l'ambizione di cambiamento.
  Noi, nel nostro piccolo, abbiamo fatto l'opposto: abbiamo esaltato i contenuti, abbiamo alzato l'asticella riformatrice e siamo stati premiati, ottenendo un plus di disponibilità alla discussione e un minus di conflittualità, di polemiche autoreferenziali e di schiamazzi. Lo si lasci dire a chi ama la politica, che, quando si basa sulle idee, sui contenuti, sa scrivere pagine di cui tutti possano sentirsi orgogliosi, lontano dal gracidare di rane al quale siamo, purtroppo, abituati. È cosa che fa onore a tutti noi, quale che sia la collocazione dei nostri gruppi parlamentari di appartenenza e il grado di vicinanza o di distanza di ciascuno rispetto all'attuale Esecutivo.
  Vengo a una presentazione e a uno sguardo di insieme del provvedimento. Primo, i tempi: il Governo avrà 12 mesi per adottare i decreti delegati sulla base di questa delega, ma almeno il primo decreto dovrà essere varato entro 4 mesi. Ogni 4 mesi, e in prima battuta dopo 2 mesi, il Governo dovrà riferire alle Commissioni parlamentari competenti sullo stato di attuazione della delega.
  Secondo, gli obiettivi complessivi: dai decreti delegati non dovrà derivare un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti. Anzi, la revisione del sistema fiscale persegue l'obiettivo della riduzione della pressione tributaria sui contribuenti, nel rispetto del principio di equità, compatibilmente con il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, nonché degli obiettivi di equilibrio di bilancio e di riduzione del rapporto tra debito e PIL stabiliti a livello europeo.
  Terzo, la responsabilizzazione fiscale: deve essere individuabile, per ciascun tributo, il livello di governo che beneficia delle relative entrate. In base ad un principio di chiarezza e responsabilizzazione, va dunque suddiviso per soggetti istituzionali – Stato, regioni, enti locali – il quadro dei beneficiari o dei cobeneficiari delle singole imposizioni. Stop alla giungla delle addizionali, quindi.
  Quarto, il processo tributario: recepimento dei principi indicati dal CNEL per la riforma dei procedimenti e del processo in materia tributaria, coordinamento e semplificazione delle norme sugli obblighi dei contribuenti, potenziamento delle forme di contraddittorio tra amministrazione e contribuenti, leale e reciproca collaborazione tra amministrazione e cittadini e rafforzamento della conciliazione nel processo tributario.
  Quinto, il catasto: contraddittorio, partecipazione, pubblicità e tutela. Per garantire un adeguato contraddittorio, nelle commissioni censuarie chiamate a validare le funzioni statistiche dovrà anche esservi la partecipazione di esperti indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare. Ancora, massima pubblicità e trasparenza delle funzioni statistiche, che dovranno fare riferimento alle più aggiornate metodologie statistiche utilizzate a livello scientifico; monitoraggio semestrale, con relazione del Governo al Parlamento, sugli effetti della revisione, articolati a livello comunale, al fine di verificare l'invarianza di gettito e di far sì che l'invarianza sia un fatto reale e verificato, e non solo un'astratta petizione di principio; valori e rendite non potranno comunque andare al di sopra del valore di mercato; infine, apertura storica alle forme di tutela giurisdizionale che nel testo sono definite «necessarie».
  Sesto: lotta all'evasione fiscale. Le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione e all'erosione fiscale (quindi anche la giungla delle agevolazioni) devono essere esclusivamente attribuite al Fondo per la riduzione della pressione fiscale; favorire l'emersione di base imponibile anche attraverso misure finalizzate al contrasto di interessi; e, ancora, potenziamento della fatturazione elettronica a fronte di una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti.
  Settimo: incentivi e contributi. I risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese devono essere destinati alla riduzione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese.
  Ottavo: profili penali. Mantenimento del regime penale per i comportamenti più Pag. 4gravi; revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di correlare le sanzioni all'effettiva gravità dei comportamenti, con possibilità per le fattispecie meno gravi di applicare sanzioni amministrative anziché penali.
  Nono: giochi. Partecipazione dei Comuni alla pianificazione della dislocazione di sale da gioco e punti vendita; maggiori controlli antiriciclaggio; rafforzamento delle norme sulla trasparenza e sui requisiti soggettivi.
  Decimo: compensazione. Quindi, tendenziale generalizzazione del meccanismo della compensazione tra crediti d'imposta vantati dal contribuente e debiti tributari a suo carico.
  Undicesimo: dichiarazione precompilata e semplificazione. Nel quadro di un ampliamento del sistema di tutoraggio e di una migliore assistenza ai contribuenti per l'assolvimento degli adempimenti, per la predisposizione delle dichiarazioni e per il calcolo delle imposte, va prevista la possibilità di invio ai contribuenti e di restituzione da parte di questi ultimi di modelli precompilati.
  Dodicesimo: Statuto del contribuente e irretroattività delle norme di sfavore. I decreti devono rispettare i principi costituzionali (a partire dagli articoli 3 e 53), quelli dell'ordinamento dell'Unione europea, e quelli dello Statuto del contribuente, con particolare riferimento al vincolo di irretroattività delle norme di sfavore.
  Ho concluso questa sintetica illustrazione. Come vedete, colleghe e colleghi, si tratta di un'opera davvero vasta e articolata, che la Commissione finanze consegna ora all'esame e al giudizio dell'Aula. Chiediamo a ciascuna e a ciascuno di voi di porre la stessa appassionata attenzione che tutti i membri della Commissione hanno dedicato a questa buona fatica. Grazie.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, Viceministro Casero.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire alla fine della discussione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Causi. Ne ha facoltà.

  MARCO CAUSI. Signor Presidente, nell'attuale congiuntura economica negativa, caratterizzata dall'instabilità dei mercati finanziari e dall'incompletezza della costruzione istituzionale europea, le misure approntate per riequilibrare i conti pubblici non sempre si sono rivelate efficaci, con l'effetto di appesantire ulteriormente il debito pubblico esistente. La crescita, molto limitata, dell'economia reale, accompagnata dall'instabilità finanziaria, dalla rigidità della spesa pubblica e dall'intervento di riequilibrio dei conti pubblici per il triennio 2012-2014, ha comportato un incremento della pressione fiscale e della progressività marginale soprattutto a carico dei redditi bassi e medio-bassi, senza precedenti nella nostra storia recente. Ma da questo dramma non se ne esce senza un nuovo sentiero di crescita economica, e non se ne esce neppure con l'ossessione delle riduzioni fiscali. Occorre un lavoro di riforma del funzionamento del sistema. Ad esempio, abbassare le tasse è più facile se il sistema diventa più equo e più efficiente, se si modernizza l'amministrazione finanziaria, se si modernizza il processo tributario.
  Insomma, abbassare la pressione fiscale è impossibile se non si torna sul sentiero di crescita, ma è impossibile altrettanto se ci si dimentica di quel lavoro di manutenzione ordinaria e straordinaria del sistema, che è stato purtroppo, invece, per molti anni dimenticato a causa della continua contrapposizione politica sul disegno fiscale delle singole imposte.
  In questo provvedimento si è ripartiti, come base di partenza, dal disegno di legge di delega per la revisione del sistema fiscale presentato dal Governo Monti il 18 giugno 2012, approvato in prima lettura alla Camera, ma che non ha concluso l'iter al Senato entro il termine della legislatura.Pag. 5
  Il Parlamento nella passata legislatura ha impiegato molto tempo e molte risorse per arrivare al testo da cui siamo partiti in questa nuova legislatura. Nel corso di quella discussione – così come nell'attuale – si sono realizzate ampie convergenze di merito. Anche adesso, in questa legislatura, la Commissione finanze, nel riprendere quel testo e nel migliorarlo in molti punti, ha manifestato grandi convergenze, tanto che sia allora che adesso in Commissione il voto e i pareri con cui i provvedimenti andarono avanti, andarono anche al di là della maggioranza che sosteneva allora il Governo pro tempore. Anche questo provvedimento arriva con un voto e con una partecipazione costruttiva e importante da parte delle attuali opposizioni.
  Questo lavoro non va disperso, non solo per il merito degli interventi – che poco fa il presidente relatore Capezzone ha illustrato e su cui poi anch'io fra poco tornerò – ma anche perché ne viene fuori un messaggio politico molto importante anche in questa fase di difficile composizione delle decisioni in merito alla politica tributaria da parte dell'attuale Governo, nell'attuale fase politica. Perché la discussione su questa delega fiscale dimostra che è sempre possibile trovare convergenze e condivisioni tra forze politiche anche diverse su un tema, come la politica tributaria, che ha sempre determinato grandi litigi tra le forze politiche. È sempre possibile trovare convergenze, per eliminare e superare un elemento di rilevante incertezza e instabilità normativa, che si è accumulata nel campo della politica tributaria negli ultimi vent'anni in Italia e che ha contribuito, al di là del singolo giudizio che possiamo dare sulle singole stagioni di politica tributaria, alla stessa incertezza (cioè il fatto che a ogni legislatura si smontava quello che si era fatto nella legislatura precedente e si faceva un'altra politica tributaria); questa incertezza è diventata uno degli elementi del giudizio negativo che gli investitori, i mercati internazionali danno del nostro Paese, un Paese che, anche per effetto dell'instabilità e dell'incertezza in materia di politica tributaria è diventato un Paese meno semplice, meno attrattivo di quanto invece non vorremmo che fosse per le attività, per favorire le attività di investimento, di impresa e di lavoro produttivo.
  Quindi le norme proposte qui non hanno l'obiettivo di disegnare un'organica riforma del sistema generale di tassazione. Esse vanno iscritte nel più realistico obiettivo di manutenere e innovare aspetti importanti e sensibili dell'intero sistema e vanno valutate anche come intervento ulteriore che si aggiunge ai tanti compiuti nel corso degli ultimi 24 mesi per usare la politica tributaria anche come strumento di crescita economica.
  Io riassumo gli elementi fondanti di questo provvedimento in base a quattro obiettivi che il provvedimento si pone, che sono appunto obiettivi non di riforma immediata del tax design ma di riforma strutturale dell'intero sistema. Un primo obiettivo è quello di dare maggiore certezza al nostro sistema tributario. Mutamenti frequenti e incisivi del sistema tributario, non solo generano costi aggiuntivi di adempimento connessi con l'apprendimento delle nuove norme, con l'instaurazione delle nuove procedure, con gli inevitabili dubbi interpretativi iniziali, con l'insorgere di contenziosi eccetera, ma modificano anche le convenienze relative su cui erano basate le decisioni prese in passato e soprattutto generano incertezza.
  Troppo spesso nel recente passato si sono avuti cambiamenti, anche radicali, su aspetti strutturali del sistema fiscale italiano con effetti negativi sulla credibilità e sulla stabilità di medio-lungo periodo della politica tributaria. L'incertezza in campo fiscale, come l'incertezza in altri campi, è deleteria per le decisioni di investimento e quindi per la crescita.
  Il rischio è in qualche modo misurabile: in fondo la gestione del rischio è il cuore dell'attività di impresa. Nel gestire il rischio, l'imprenditore fa il suo mestiere. Invece, l'incertezza è l'ignoto, è qualcosa da cui si fugge, è qualcosa che non è neanche calcolabile. E a quel punto la risposta è rimandare l'investimento o spostarlo altrove. Allora, stabilità e certezza Pag. 6dell'ordinamento fiscale, ivi compresa l'interpretazione delle norme e l'attività giurisdizionale, sono fattori importanti della competizione fiscale fra gli Stati, almeno quanto il livello effettivo di tassazione.
  Nella direzione di conferire certezza e stabilità al nostro sistema fiscale vanno, in questo provvedimento, la ridefinizione dell'abuso del diritto unificata a quella dell'elusione, estesa a tutti i tributi, e non limitata a fattispecie particolari, corredata dalla previsione di adeguate garanzie procedimentali; e poi la revisione delle sanzioni penali e amministrative secondo criteri di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti; e ancora, il miglior funzionamento del contenzioso attraverso l'accelerazione e lo snellimento dell'arretrato e l'accresciuta efficienza delle commissioni tributarie. Su questo punto il nuovo testo ha fatto numerosi passi avanti rispetto al testo precedente, anche avvalendosi dell'importante contributo di una proposta elaborata in sede CNEL.
  Funzionale a questo obiettivo è il miglioramento dei rapporti con i contribuenti, secondo le linee di quello che l'OCSE chiama enhanced relationship, cioè relazione amichevole fra amministrazione e contribuenti, prevedendo così sistemi di gestione e di controllo dei rischi fiscali da parte dei grandi contribuenti, potenziando il tutoraggio, attuando una semplificazione sistematica dei regimi fiscali e degli adempimenti inutilmente complessi. Più in generale, si intende contenere l'impatto dell'attività di accertamento sullo svolgimento dell'attività economica dei contribuenti, migliorando l'efficacia dei controlli, con l'uso appropriato e completo delle informazioni già contenute nelle banche dati a disposizione dell'amministrazione finanziaria e la cooperazione con le altre autorità pubbliche.
  Secondo obiettivo di questo provvedimento è un sistema tributario più orientato alla crescita economica. Qui al centro c’è la revisione dell'imposizione sui redditi di impresa. Le nuove regole saranno riviste in un'ottica di semplificazione e di razionalizzazione orientata a migliorare la certezza e la stabilità del sistema e la sua neutralità rispetto alle scelte dei contribuenti. La revisione dell'imposizione sui redditi da impresa individuale va nella direzione dell'uniformità del trattamento fiscale delle società individuali rispetto alle società di capitali, con l'obiettivo di rendere più neutrale il sistema tributario e con l'obiettivo poi di favorire la patrimonializzazione delle imprese, cioè di estendere anche alle ditte individuali, come è stato fatto nel decreto salva Italia del dicembre 2011, un meccanismo come quello dell'aiuto alla crescita economica, che di fatto va verso una sostanziale detassazione di tutti quanti gli utili che sono lasciati in azienda e non prelevati dal singolo imprenditore.
  In terzo luogo, il provvedimento rafforza nel sistema tributario italiano alcuni obiettivi di equità, molto rilevanti. Un contributo importante all'equità verrà dalla revisione del catasto dei fabbricati, che correggerà le sperequazioni, molto rilevanti, insite nelle attuali rendite. La revisione del catasto richiederà qualche anno per il suo completamento e non dovrà comportare aumenti del prelievo. Le maggiori rendite saranno compensate, in tutte le imposte in cui esse incidono, da parallele e compensative riduzioni di aliquote.
  Effetti positivi sull'equità e sulla neutralità del sistema fiscale deriveranno, oltre che dalla ridefinizione dell'elusione e dell'abuso del diritto, anche dall'ulteriore rafforzamento delle misure volte a contrastare l'evasione fiscale, in particolare in materia di tracciabilità e di fatturazione elettronica, misure che sono state rafforzate dalla lettura che in questa legislatura è stata data del testo. Quindi, se confrontato col testo della precedente legislatura, c’è un significativo passo avanti, con alcuni riflessi già, come sappiamo, nel decreto del fare.
  Naturalmente funzionali all'equità saranno anche le revisioni delle cosiddette spese fiscali – le tax expenditure – che risulteranno ingiustificate se obsolete, ovvero duplicate. Si parla molto di questo in funzione di obiettivi immediati di copertura finanziaria, ma attenzione: l'usare le Pag. 7tax expenditure come se fosse una cesta di ciliege da cui prenderne una per una è sbagliato. Si può anche comprenderlo, è legittimo in momenti di difficoltà, per trovare coperture finanziarie. Questa delega imposta il lavoro sulle tax expenditure come un lavoro sistematico, che deve puntare anche ad obiettivi di equità ed efficienza, non soltanto di trovare qualche soldo eliminando un singolo regime, ma fare invece un lavoro di razionalizzazione in modo ordinato e generale.
  Su entrambi i fronti, evasione ed erosione, si ritiene fondamentale dare stabilità, in prospettiva, ai processi e li si inserisce in modo sistematico all'interno della procedura di bilancio. Il monitoraggio dei risultati della lotta all'evasione, che è indispensabile per mantenere alta l'attenzione sul tema e per affinare le strategie di contrasto, passerà attraverso una metodologia di rilevazioni i cui risultati saranno regolarmente calcolati e pubblicati. Si prevede, quindi, che annualmente la misura – ufficiale a questo punto, e non più soltanto statistica – dell'evasione riferita a tutti i principali tributi, pubblicata, verrà presa a base per la valutazione delle misure di contrasto e dell'efficacia degli interventi dell'amministrazione finanziaria. Nella procedura di bilancio sarà inserito un rapporto annuale sulla strategia adottata per contrastare l'evasione fiscale e sui risultati conseguiti.
  E, infine, il quarto obiettivo è un obiettivo di efficienza. Occorre evitare il ripetersi di quanto sperimentato in passato e, cioè, la predisposizione ogni due decenni e il successivo abbandono di ricognizioni come quelle relative all'evasione o all'erosione. L'utilità di queste ricognizioni si accresce con la loro stratificazione anno per anno e il successivo affinamento e ampliamento. Soprattutto, un rapporto periodico sulle spese fiscali, che viene previsto in questa delega, costituisce uno strumento di disciplina fiscale, al pari del controllo della spesa e delle modifiche strutturali del sistema tributario. Numerosi sono i Paesi che lo redigono e lo inseriscono per tale ragione all'interno della procedura di bilancio, cercando poi di integrarlo o di confrontare i dati in esso contenuti con quelli sui programmi di spesa. Infatti, naturalmente tra detrazioni fiscali, spese fiscali e prestazioni, invece, monetarie, della pubblica amministrazione esistono aree di sovrapposizione che vanno attentamente indagate. Viene allora previsto nella delega che il Governo, all'interno delle procedure di bilancio, rediga annualmente un rapporto sulle spese fiscali, che consentirà un confronto con i programmi di spesa di analoga natura, eventualmente anche qui avvalendosi di una commissione di esperti.
  E, infine, in coerenza con le raccomandazioni dei principali organismi internazionali, il disegno di legge delega prevede l'introduzione di nuove forme di prelievo finalizzate a preservare e a garantire l'equilibrio ambientale (green tax), assicurando la compatibilità delle politiche fiscali con lo sviluppo sostenibile. Dalla fiscalità ambientale, che sarà, e non può non essere, coordinata con la revisione della direttiva europea sulla tassazione dei prodotti energetici, potrà derivare un doppio dividendo: sul fronte ambientale, si indurrà la riduzione delle emissioni nocive mentre, sul fronte del prelievo, la destinazione del gettito delle imposte ambientali verrà indirizzata in via prioritaria al finanziamento del sistema di incentivazione delle fonti di energia rinnovabili e ciò consentirà anche una più equa distribuzione del carico tributario. L'entrata in vigore delle norme attuative della tassazione ambientale è tuttavia condizionata al recepimento delle direttive europee in materia.
  Infine, l'ultimo punto lo abbiamo elaborato soprattutto negli ultimi giorni ed è quello relativo alla tassazione dei giochi, al sistema di regolamentazione dei giochi. In questa delega – lo voglio ricordare, signor Presidente – i giochi entrarono l'anno scorso come elemento importante di funzionamento dell'amministrazione finanziaria. Si avviava una prima ipotesi di riregolazione del settore, ma su questo punto la sensibilità politica e la valutazione delle forze politiche si sono molto evolute da quindici mesi a questa parte. In Commissione Pag. 8finanze abbiamo preso atto dell'esistenza di numerosi progetti di legge – 26 progetti di legge depositati in questa legislatura per la riforma del settore dei giochi – che avevano origine non tanto dagli obiettivi di regolazione finanziaria del settore, ma da obiettivi più generali connessi con i profili in tema di ordine e sicurezza pubblica, in tema di salute pubblica connessa all'esistenza di giochi pubblici.
  La Commissione finanze si è fatta carico, soprattutto nelle ultime sedute, di avviare con questo testo una vera riforma del settore dei giochi, una riforma che io credo aspettavamo da quindici anni perché questo settore si è evoluto nel corso degli anni in modo molto disordinato, mai con una legislazione unitaria. Qui andiamo, quindi, a un testo unico, ma andiamo anche a una fase in cui con grande chiarezza il Parlamento dice che questo settore si è espanso troppo, si è espanso in modo troppo disordinato, che va concentrato, anche ridotto, che gli interessi erariali vanno tutelati con una riforma complessiva dei sistemi di payout e dei sistemi di tassazione, quindi del prelievo erariale unico, che l'obiettivo non deve essere più quello di espandere il sistema di giocate, ma invece di concentrarlo e di evitare che ci possano essere a valle del settore dei giochi fenomeni di impatto, sia sul piano sociale, sia sul piano della salute, sia sul piano anche dell'urbanistica delle città contro cui le nostre comunità si stanno ribellando.
  Vengono introdotti rilevanti elementi di riforma, quale il titolo abilitativo unico, che supera l'attuale confusione in materia di titolo abilitativo all'apertura di un esercizio di gioco; viene introdotta la rilevante novità, ricordata dal presidente Capezzone, di un piano regolatore di tipo commerciale per stabilire la localizzazione dei punti vendita dei giochi, con piena responsabilità, quindi, dei comuni nelle decisioni di tipo localizzativo. Vi è quindi una compartecipazione dei comuni al titolo abilitativo e una piena responsabilità dei comuni, invece, nella definizione della rete commerciale di vendita. Inoltre, vi sono norme più stringenti in materia di contrasto alla scarsa trasparenza, di conflitto di interesse, di valutazione dell'onorabilità e dei curriculum, non soltanto dei soggetti concessionari, ma anche di tutti quanti i soggetti che stanno a vale, che lavorano a valle dei soggetti concessionari.
  Infine, vi è una serie di norme che tendono a rafforzare l'amministrazione pubblica, che troppo spesso è debole nel rapporto con i diversi tipi di poteri che lavorano e che operano in questo settore. Bisogna rafforzare, invece, l'amministrazione pubblica in tutti quanti i contesti in cui esistano contenziosi, in tutti i contesti in cui esiste una necessità di sistemare il sistema delle concessioni esistenti e di andare verso un settore dei giochi meglio regolato, che garantisca il gioco pubblico – perché noi dobbiamo naturalmente garantire il gioco pubblico, non solo e non tanto per motivi erariali, ma anche per motivi di contrasto al gioco illegale –, ma un gioco pubblico che sia sempre più incentrato su operatori trasparenti, operatori concentrati, e con un ruolo, che finora è mancato in modo sistematico, da parte delle civiche amministrazioni, che non possono veder spuntare sul loro territorio come funghi esercizi e punti vendita, come è avvenuto, purtroppo, per effetto della disordinata legislazione degli ultimi anni, e che ci chiedono oggi un intervento di nuova e più moderna regolazione del settore.
  Concludo, Presidente, dicendo che è un provvedimento, come molti di noi sanno, su cui dietro ci sono almeno diciotto mesi di lavoro, cominciati, come il presidente Capezzone ha ricordato, con l'impegno molto forte del dottor Vieri Ceriani, direttore delle politiche fiscali della Banca d'Italia, poi sottosegretario alle finanze del Governo Monti, oggi consulente per le politiche fiscali del Governo Letta. Intorno a lui hanno lavorato tante persone, decine di persone, dal Viceministro Casero, sia nella precedente legislatura sia adesso, e due interi rami del Parlamento. Insomma, vi sono diciotto mesi di lavoro, un lavoro serio, lavoro concreto, un lavoro che porta a un provvedimento che può durare in vita molti anni. Il Governo deve essere veloce Pag. 9ad attuare queste deleghe – abbiamo messo anche delle date molte stringenti –, ma la natura di queste deleghe, il loro impatto sul sistema e la loro operatività possono dar luogo a un lavoro di anni; anni di lavoro per sistemare l'amministrazione finanziaria italiana, per renderla più moderna e per renderla in grado di contribuire ad un Paese che torna alla certezza del diritto, all'efficienza economica, all'equità e alla crescita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, siamo alla puntata numero tre, o 2-bis, se si preferisce. Questo, infatti, come è stato ricordato, è il terzo tentativo di delega fiscale che si è susseguito negli ultimi anni, ed è una diretta conseguenza, una diretta eredità, del testo approvato nel novembre 2012, che poi, per la prematura interruzione della legislatura, lì si è interrotto. In qualche modo, da quel testo è partita una lunga e articolata discussione che ha coinvolto negli scorsi mesi, nelle scorse settimane, la Commissione finanze. Quindi, è opportuno segnalare come la discussione sia avvenuta in un clima serio, di confronto da parte di tutti i componenti i gruppi, e credo che un ringraziamento vada dato a questa disponibilità generale, in particolare dall'atteggiamento anche della presidenza della Commissione, che ha saputo cogliere gli aspetti migliori che potessero venir fuori della discussione.
  E credo che un ringraziamento vada speso, in particolare, dal nostro gruppo all'onorevole Paglia che, per conto del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, ha seguito i lavori nel Comitato ristretto apportando contributi qualificanti, molti dei quali anche assorbiti, che ora sono parte integrante di questo provvedimento. Però ogni provvedimento deve inserirsi in un contesto, in un chiaro contesto politico, in un chiaro contesto storico e, in qualche modo, è l'istituto stesso della delega a renderci e a lasciarci perplessi in questo preciso momento. Infatti, una delega in bianco ad un Governo sulle materie fiscali, come quella che la Camera sta discutendo oggi, su un Governo che, su temi come quelli fiscali come su altri, subisce grosse pressioni, grosse spinte e che quasi sempre si configurano con risultati contrari a quelli che noi perseguiamo, non può che lasciarci perplessi.
  La discussione della delega fiscale, peraltro, avviene proprio nella settimana in cui il Governo, nella sua seppur breve vita, sembra attraversare i propri giorni più drammatici e la cui sorte appare appesa ad in filo, e l'intervento che mi ha appena preceduto ci dice che noi stiamo dando vita a provvedimenti di lunga durata, di lunga vita, provvedimenti che rischiano di avere una vita superiore a quella dello stesso Esecutivo che noi deleghiamo a dare compimento.
  Per delegare, oltretutto, qualcuno occorre fidarsi, occorre condividerne risultati ed obiettivi e noi, purtroppo, dobbiamo rimarcare ancora una volta che non ci fidiamo di questo Governo, costretto a sottostare a continui ricatti, che traggono origine da promesse elettorali di una parte che lo sostiene. È ormai evidente, stando alle materie fiscali, ed è sotto gli occhi di tutti, come la cambiale dell'IMU concessa dal Governo Letta sarà una cambiale che pagheranno i cittadini a partire dalla vicenda IVA. Vicenda confusa e rimandata e che qualora trovasse una soluzione non si configurerebbe se non in ulteriori tagli alle spese sociali, alle spese sull'istruzione, alle spese sulla sanità.
  Come possiamo fidarci di un Governo che sposta la pressione fiscale dalle rendite immobiliari ad una maggiore tassazione sul consumo ? Come possiamo fidarci di un Governo che invece di correggere e imboccare la via di una più equa redistribuzione della ricchezza, spalma il costo dei propri rinvii sulla totalità dei cittadini, indebolendo ancora una volta di più il potere d'acquisto, in particolare quello delle fasce più deboli e quello dei lavoratori dipendenti ?
  Come possiamo fidarci di un Governo che parla di ulteriori accise sulla benzina ? Che parla dell'ipotesi di rivedere le detrazioni Pag. 10sulle assicurazioni ? Sono tutti segnali che il Governo, delega o non delega, sta comunque intervenendo pesantemente sulle materie fiscali e lo sta facendo, a nostro avviso, nel peggiore dei modi.
  Il titolo del provvedimento in discussione, «disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», evoca onestamente obiettivi altisonanti. Dato in mano però a questo Governo, abbiamo buona ragione di ritenere che produrrà effetti deludenti e ben al di sotto delle aspettative. Questo provvedimento non si pone come un intervento normativo radicale; è stato dichiarato, per intervento del relatore e del primo intervento a seguito del relatore, che non c’è nessuna intenzione di organica riforma della politica tributaria e quindi non c’è nessuna volontà di andare a creare una norma seria e impostata all'attuazione di un particolare modello di tax design, né questo provvedimento ha l'ambizione di riformare l'intero sistema tributario, ma si limita ad intervenire per correggere e superare alcuni aspetti critici del sistema fiscale italiano rilevati, peraltro, anche nel Rapporto del Fondo monetario internazionale, al fine di renderlo più funzionale alla crescita ed all'equità consentendo così a quello del nostro Paese di superare alcune sue storiche arretratezze, non di ridisegnare il complesso delle proprie inadeguatezze.
  Si tratterà di un provvedimento che sarà molto seguito da chi discute di ricette economiche ai cenacoli di Cernobbio, anche a quelli che ultimamente vi si sono affacciati, o ai lettori di quotidiani economici, a chi ha a che fare con l'amministrazione tributaria, non certo alle migliaia di famiglie sempre più in difficoltà che stentano ad arrivare alla fine del mese.
  In nessun punto del provvedimento si può scorgere la volontà, reale, di una riforma strutturale che abbia l'intento di ridistribuire reddito secondo reali azioni di progressività ed equità. Gli articoli relativi a catasto e gioco sembrano uscire da questa tendenza e avere un carattere più puntuale, così come possono averlo quello dell'abuso di diritto o quelli sull'evasione attraverso la creazione di un Fondo così come peraltro noi avevamo proposto in una nostra proposta di legge.
  Il provvedimento relativo al catasto dovrebbe finalmente dare avvio ad una riforma tanto attesa quanto resa più urgente dal nuovo peso assunto dalla tassazione immobiliare, e che ha reso ormai evidente ed insostenibile l'inadeguatezza delle rendite catastali: che così come oggi sono parlano di una forte sperequazione, e quindi di un'ingiustizia diffusa. Che l'impianto del processo di revisione degli estimi ruoti attorno al principio dell'invarianza di gettito generato è qualcosa di positivo: dunque dalle nuove rendite non dovrà derivare un aggravio del carico fiscale complessivo. Sappiamo che questa è però un'azione non solo lungamente attesa, ma che richiederà anche un numero di anni piuttosto consistente.
  Altro aspetto positivo, che esula dall'indeterminatezza generale a cui si fa riferimento nel provvedimento di delega fiscale, è quello riferito alla parte dei giochi, quella finale, su cui la Commissione si è concentrata nelle ultime sedute. Interveniamo in realtà su norme già previste dal decreto-legge cosiddetto Balduzzi, norme peraltro in gran parte inattuate; e si dà risposta ad un allarme sociale sempre più diffuso e ad una sensibilità sempre più attenta sui temi della ludopatia: il fatto che esistano così tanti progetti di legge su questo tema, soprattutto in ambito sociale, in ambito sanitario e della sicurezza, più che in ambito fiscale, dimostra una sensibilità larga e diffusa, presente anche in quest'Aula. Però, anche sui giochi, era proprio necessario andarci ad inserire l'ippica ? Non era meglio trattare quel settore come un settore economico, con una sua dignità e sue specificità ? O forse anche questo è frutto di un equilibrio della maggioranza ?
  Positiva l'introduzione della fiscalità ambientale; ma noi dobbiamo ovviamente sottostare e coordinarla ad una normativa di carattere europeo, e non potrebbe essere differente.
  Oltre a questi aspetti, però, ci sono i grandi nodi con riferimento ai quali si dà Pag. 11carta bianca al Governo, come dicevo; e pensiamo che i richiami alla Costituzione, peraltro da noi richiesti e apprezzati nell'inserimento, così come il ruolo di un maggiore coinvolgimento delle Commissioni, siano insufficienti come garanzia rispetto alle tematiche a cui noi teniamo. Infatti ci chiediamo, quando porterà di volta in volta i provvedimenti all'approvazione, cosa ci dirà il Governo sulle rendite da patrimonio, sulle rendite finanziarie; come opererà il Governo sulla lotta all'erosione fiscale (sull'evasione abbiamo già detto); che impostazione avrà la curva delle aliquote. La politica reale della fiscalità e dei tributi in Italia non la deciderà il Parlamento, la deciderà l'Esecutivo.
  Noi vi avevamo presentato una proposta di legge che era una seria e radicale proposta di riforma del sistema fiscale, secondo tre obiettivi: l'equità, la diminuzione del carico fiscale sul lavoro, sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese, e, più in generale, una diminuzione della pressione fiscale: pressione fiscale che – dobbiamo ricordare con drammatica evidenza – in questo Paese pesa per il 44 per cento.
  Ipotizzavamo la creazione di un fondo, incrementato sì dalla lotta all'evasione fiscale, ma ben determinato e la cui titolarità fosse in capo al Parlamento, attraverso una chiara indicazione nel DEF, rispetto all'aumento di assegni per il nucleo familiare, all'incremento delle detrazioni per i redditi da lavoro, alla revisione della curva della imposta dell'IRPEF, e mi riferisco anche alle misure su detrazione a vantaggio della stabilizzazione del lavoro a favore di giovani e disoccupati, nonché ad un'imposta patrimoniale sulle grandi ricchezze. E, infine, un serio lavoro sulle tax expenditure: che è vero, non sono ciliege che si pescano per fare copertura di cassa, ma sarà bene che in questo Paese si ponga invece reale attenzione sulla giungla delle detrazioni più volte evidenziata, anche negli studi delle legislature precedenti.
  Purtroppo ci accorgiamo che in questo provvedimento alle poche luci si accompagnano molte più ombre.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABIO LAVAGNO. Si accompagnano ancora una volta, come conferma della mancanza della volontà della maggioranza di prefigurare soluzioni che rispondano alle vere ed urgenti esigenze di organizzazione, di equità del prelievo fiscale, affrontando il nodo della condizione italiana, ovvero l'enorme diseguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza: l'Italia è uno dei Paesi più diseguali al mondo. Crediamo che anche in questo senso la maggioranza porterà oggi un provvedimento valido nella sua discussione, con buoni spunti, ma che ancora una volta non mette in luce quelle che sono le priorità del nostro Paese ed una seria volontà di cambiarle.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sandra Savino. Ne ha facoltà.

  SANDRA SAVINO. Signor Presidente, sin dalla sua originaria costituzione, Forza Italia ha avuto nel proprio patrimonio culturale, ma potremmo anche dire genetico, l'idea liberale che uno dei fattori fondamentali per favorire lo sviluppo fosse una tassazione equa, di conseguenza era la spesa pubblica che si doveva conformare al gettito fiscale e non il gettito fiscale alle richieste delle amministrazioni pubbliche. Quindi, dall'originaria idea della flat tax, imposta piatta, inserita nel programma elettorale del 1994 di Forza Italia, ovvero un'aliquota unica IRPEF al 33 per cento per tutti i contribuenti, rimodulata con un sistema di detrazioni per garantirne la progressività, si è passati alle due aliquote del 22 e del 33 per cento previste dalla legge di delega fiscale approvata nel 2003 dal Governo Berlusconi, che non si riuscì ad attuare, e dal disegno di legge di delega fiscale proposto dal Governo Berlusconi nel 2011. Quanto alla flat tax, gli studi economici internazionali hanno abbondantemente passato in rassegna le esperienza di quei Paesi che hanno adottato l'imposta ad aliquota unica, dimostrando come i presupposti della teoria economica siano stati abbondantemente confermati Pag. 12sul piano della prassi. Rammento che in quella riforma si prevedeva la progressiva sostituzione delle detrazioni con deduzioni nonché la concentrazione sui redditi bassi e medi al fine di meglio garantire la progressività dell'imposta.
  Tornando al presente, nel videomessaggio del 18 settembre il presidente Berlusconi ha iniziato il proprio intervento con queste parole: il peso dello Stato, delle tasse, della spesa pubblica è eccessivo, occorre imboccare la strada maestra del liberismo che, quando è stata percorsa, ha sempre prodotto risultati positivi in tutti i Paesi dell'occidente. Qual è questa strada ? Meno Stato, meno spesa pubblica, meno tasse. Anche il segretario Alfano il 21 settembre ha avuto modo di affermare: «siamo la sentinella anti-tasse del Governo e lavoriamo perché le tasse non aumentino e la prima tassa a non dover aumentare adesso è l'IVA».
  Come tutti sappiamo, i livelli di tassazione nel nostro Paese hanno raggiunto una misura inaccettabile: per le imprese hanno superato da tempo il 50 per cento; quanto ai lavoratori, in un rapporto pubblicato lo scorso aprile dall'OCSE relativo al cuneo fiscale in Italia, si rileva che esso è salito dal 47,2 per cento del 2010 al 47,6 per cento dell'anno scorso, percentuale con cui l'Italia si piazza al sesto posto su 34 Paesi per la pressione fiscale sul lavoro, ben sei punti percentuali sopra la media europea, e al ventiduesimo posto su 34 per salario netto, un differenziale che, in un momento di recessione, incide non poco sulla redditività dell'impresa e sui consumi.
  Sotto questo aspetto il Governo Monti non ha fatto che peggiorare le cose: nel decreto «salva Italia» le due aliquote che concorrono a formare il cuneo fiscale sono aumentate dello 0,33 per cento; con la spending review le regioni potranno anticipare al 2013 l'incremento delle addizionali fino all'11 per mille rispetto al 5 per mille precedentemente previsto, allo scopo di agevolare il rientro nei parametri del patto di stabilità. Anche la riforma Fornero ha avuto come effetto collaterale l'aumento del cuneo fiscale, l'imputato si chiama ASPI, assicurazione sociale per l'impiego, uno strumento che sostituirà tutte le forme di cassa integrazione straordinaria finanziata con un prelievo addizionale dell'1,4 per cento sui contratti di lavoro.
  Concludo questa parte del mio intervento, rammentando che l'articolo 28, comma 2, lettera b), della legge sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, prevede che debba essere garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale nonché del suo riparto tra i diversi livelli di governo e sia salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria.
  I principali elementi di novità introdotti dalla Commissione, riguardo al tema che andiamo a trattare oggi, sono: il monitoraggio in ordine allo stato di attuazione dell'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell'Agenzia delle dogane, la semplificazione dell'accesso da parte dei comuni, dei professionisti, dei cittadini ai dati catastali e della pubblicità immobiliare attraverso l'integrazione dei dati immobiliari e l'interoperabilità dei sistemi informativi pubblici e locali.
  E poi ancora un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, da presentare al Parlamento contestualmente al DEF, dove è previsto inoltre che il Governo indichi le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva; la previsione di attivare meccanismi automatici per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, ove ricorrano specifiche evidenze che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà. La revisione della disciplina sanzionatoria, dove si prevede che i ritardi di breve durata nel pagamento di una rata, ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza del beneficio della rateazione; l'incentivazione mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi Pag. 13e contabili a carico dei contribuenti, l'utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, la previsione, in linea con le raccomandazioni OCSE, di introdurre sistemi di tassazione delle attività transnazionali al fine di evitare che le multinazionali realizzino profitti nel nostro Paese, senza essere soggette ad una conseguente tassazione; in tema di contenzioso tributario, la previsione di soglie, in relazione alle quali il contribuente può stare in giudizio anche personalmente; il contemperamento delle esigenze di efficacia della riscossione con i diritti del contribuente, in particolare per i profili attinenti alla tutela dell'abitazione; lo svolgimento dell'attività professionale e imprenditoriale, tenendo conto anche della necessità di salvaguardarlo in situazioni di grave difficoltà economica. Inoltre, la previsione di norme sui giochi, nelle quali assumono rilievo sia l'onorabilità dei concessionari, sia il contrasto alla ludopatia, sia la necessità di salvaguardare i giovani dal gioco patologico.
  Certamente, i temi ancora da trattare sono numerosi, ma il lavoro che è stato svolto in Commissione è stato proficuo, soprattutto per il regime di grande collaborazione che si è instaurato. Di questo, dobbiamo ringraziare il presidente, l'onorevole Capezzone, e tutta la Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, come già ricordato, questo provvedimento viene da lontano, nel senso che già nell'ottobre dell'anno scorso, il Governo Monti aveva presentato un disegno di legge per un fisco più equo, trasparente e orientato alla crescita, che poi non concluse l’iter, pur essendo stato approvato alla Camera per le vicende ben note che hanno riguardato quel Governo.
  Comunque, il provvedimento è stato recuperato ed è stato arricchito da nuove proposte di legge, soprattutto in tema di abuso del diritto ed elusione fiscale e arricchito, soprattutto, dal proficuo – mi aggiungo alle considerazioni fatte dal collega – lavoro della Commissione VI.
  È di tutta evidenza la motivazione ampiamente condivisa tra le varie forze politiche, che ha portato a questo progetto di legge, ovvero l'assoluta necessità di rivedere il prima possibile, in modo complessivo, l'ordinamento tributario del nostro Paese, che è troppo complicato, iniquo, vessatorio, in definitiva ingovernabile.
  Come avrò modo di illustrare, l'attuale sistema fiscale presenta molte criticità, determinando non sole incertezze e difficoltà per il contribuente, ma anche e soprattutto una perdita di competitività per il nostro Paese, perché rappresenta uno di quei servizi esclusivi, non commerciabili in campo internazionale, da cui dipendono i vantaggi comparati delle nazioni.
  In particolare, la nostra perdita di produttività, da cui discende, in gran parte, la mancata crescita dell'Italia, dipende anche da questo, tanto più per quelle aziende che operano localmente e che, a differenza delle multinazionali, non possono scegliere il sistema fiscale più vantaggioso tra quello offerto dai diversi Paesi in cui operano. Non parlo solo di pressione fiscale, ma anche di efficienza e certezza del diritto, come ricordava anche l'onorevole Causi.
  Basti a questo proposito ricordare i dati comunicati di recente dal Ministero dell'economia alla Commissione finanze della Camera sull'attività di accertamento dal 2000 al 2012, dai quali emerge con chiarezza come il fisco colpisca il contribuente con poca cautela e molta approssimazione.
  I dati: complessivamente, sugli 807 miliardi totali iscritti a ruolo da Equitalia, su input dell'Agenzia delle entrate, solo 69 sono stati riscossi, appena l'8,5 per cento. Ma l'elemento che fa più riflettere è che nel periodo in esame, di questi 807 miliardi, ben 193 sono stati oggetto di sgravio perché le somme originariamente richieste, a fronte delle quali i cittadini contribuenti Pag. 14potrebbero avere subito pignoramenti, iscrizioni ipotecarie e vendite all'asta, non erano dovute.
  Sugli altri 545 miliardi, tolto il riscosso e lo sgravato, 20,8 sono stati sospesi dalle commissioni tributarie, 107 sono a carico di soggetti falliti i quali, in ragione dell'intervenuta procedura, potrebbero non essersi difesi anche a fronte di pretese erronee o infondate da parte dell'autorità. Manca, poi, il dato relativo a quanti di questi 545 miliardi siano iscrizioni provvisorie, eseguite, cioè, a fronte della presentazione di un ricorso non ancora definitivamente deciso. In conclusione, si può affermare che le somme illegittimamente pretese da Equitalia, su input dell'autorità finanziaria, arrivano almeno al 30 per cento totale delle somme richieste.
  Insomma, l'inasprimento dei controlli, la cosiddetta lotta all'evasione fiscale, peraltro già di per sé molto incisivi, può essere una via percorribile a una sola condizione: che l'Agenzia agisca in modo preciso e con attenzione nei confronti dei diritti dei singoli cittadini. Viceversa, l'impressione che si ricava da questi dati è di un'amministrazione finanziaria che intanto chiede e poi si vedrà.
  Non siamo nuovi, infatti, a episodi dove un'impresa sottoposta ad accertamento infondato fallisca o a contribuenti che si vedano recapitare richieste di somme non dovute, con tutto il carico di ansie e difficoltà che questo comporta. Non è difficile immaginare poi che questo contribuente si senta autorizzato a rivalersi al momento di battere lo scontrino o di presentare la dichiarazione dei redditi.
  Si aggiunga il triste primato italiano fra i Paesi sviluppati per quanto riguarda la pressione fiscale e il carico burocratico. L'Italia, infatti, vanta un livello impositivo del 68,5 per cento sul reddito d'impresa, il più alto in ambito OCSE (in Germania, per fare un raffronto, è del 46,7 per cento, più di 20 punti inferiore) e un cuneo fiscale sui lavoratori dipendenti di 12 punti superiore alla media europea. Una pressione non certo giustificabile dal livello dei servizi offerti. Sul fronte «carico burocratico», in Italia per gli adempimenti fiscali le società impiegano 269 ore l'anno contro le 184 della media europea ed effettuano 15 pagamenti, in media, contro i 12,8 dell'Europa.
  Basterebbero queste ragioni per comprendere la necessità di una riforma generale dell'ordinamento tributario, in cui trovino spazio una maggiore tutela giurisdizionale a favore del contribuente, una semplificazione e una riduzione degli adempimenti e un percorso di progressiva diminuzione del carico fiscale su imprese e cittadini, giunto ormai a livelli intollerabili.
  Su alcuni di questi aspetti interviene proprio il provvedimento in esame. È, quindi, apprezzabile la disposizione prevista dall'articolo 4, laddove si enuncia il principio secondo il quale le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione e dalle limitazioni dell'erosione siano destinate alla riduzione strutturale della pressione fiscale, in particolare destinando a favore delle imprese quanto risparmiato in contributi e incentivi alle stesse.
  Fatte queste doverose premesse, fra gli interventi contenuti nella delega, che incontrano maggiormente il nostro favore, c’è sicuramente la disciplina dell'abuso del diritto, all'articolo 5. La mancata disciplina di questa fattispecie ha di fatto sottoposto a un regime «capestro» i contribuenti, lasciando le aziende nella più assoluta incertezza, in particolare nelle operazioni di straordinaria amministrazione. Ci auguriamo, di conseguenza, che le norme che ne usciranno siano il più possibile puntuali e di facile interpretazione. Così come valutiamo positivamente l'introduzione, in questi casi, della possibilità di contraddittorio e di diritto alla difesa in ogni fase del procedimento di accertamento. Bene anche le iniziative in tema di semplificazione e revisione del sistema sanzionatorio, pur lamentando la mancata depenalizzazione delle fattispecie elusive in linea con quanto sentenziato nel caso Halifax dalla stessa Corte di giustizia europea il 21 febbraio 2006 e oggetto di un nostro emendamento. Altrettanto positivo e necessario è l'intervento all'articolo 10 di riforma del processo tributario per i motivi Pag. 15che qui non sto a elencare ma che chiunque vi ci sia imbattuto conosce perfettamente.
  Molto importante è, a nostro giudizio, anche il rafforzamento dell'attività conoscitiva sull'evasione, prevista all'articolo 9. Da anni siamo sottoposti a «balletti» di numeri incomprensibili e difficilmente verificabili in quest'ambito, che hanno amplificato l'uso distorto di quest'argomento ai fini di propaganda politica, colpendo e mettendo alla gogna mediatica, spesso ingiustamente, intere categorie di contribuenti, soprattutto commercianti e artigiani aggiungo.
  Nella revisione della disciplina tributaria fra diversi livelli di governo, invece, non si è andati oltre un vago auspicio, lasciando indefinite le linee da seguire per risolvere la questione, per noi dirimente, delle entrate tributarie concorrenti.
  Per quanto riguarda il catasto, che insieme alla disciplina dei giochi pubblici rappresenta la parte più sostanziale della delega, gli interventi evidenziati dal provvedimento sono senza dubbio condivisibili.
  Del resto, come potremmo non approvare un intervento urgente su un sistema, come quello del catasto, iniquo ed obsoleto, che ha causato una maggiore sperequazione al momento dell'applicazione della nuova IMU ? L'imposta immobiliare, scomoda eredità del precedente Governo, è come voi tutti sapete, distorsiva nei suoi effetti anche e soprattutto perché si fonda su un presupposto, i dati catastali, che non rappresentano il reale valore immobiliare del Paese. Quella che ne è uscita è un'evidente ingiustizia ai danni dei contribuenti amplificata dall'applicazione dei nuovi moltiplicatori previsti dal decreto-legge «salva Italia». Se da un lato ci auguriamo che il Governo, anche nell'attuale processo di revisione dell'IMU, consideri un rapporto diverso tra gli enti locali e l'imposta immobiliare, dall'altro, sempre con riferimento agli enti locali, apprendiamo con favore il maggior potere attribuito ai sindaci nel processo autorizzativo nella disciplina dei giochi.
  Quello dei giochi pubblici è un tema di drammatica attualità dove, a fronte di uno Stato che ha consistenti benefici in termini di gettito, valutato in 5 miliardi solo per le slot machine, vi sono comuni che devono far fronte, quotidianamente, a casi di patrimoni dissipati, vite e intere famiglie rovinate dal gioco. A questo proposito la posizione della Lega Nord era ed è molto decisa: qualsiasi azione finalizzata a contrastare la ludopatia e la diffusione incontrollata del gioco d'azzardo incontra il nostro favore. Condividere con i sindaci, anche in termini di regole generali piuttosto che di pianificazione urbanistica, la gestione di questo fenomeno è sicuramente un passo avanti che trova il nostro favore.
  Mi avvio alla conclusione dicendo che il sistema fiscale rappresenta senz'altro uno dei nodi strutturali più importanti per il sistema Paese. Non solo perché un suo ammodernamento darebbe un contributo decisivo alla competitività del Paese, generando crescita e maggiore gettito, ma anche e soprattutto perché un ordinamento tributario più equo è decisivo nel processo di consolidamento del senso civico, dell'etica e della lealtà fiscale dei cittadini. Dobbiamo recuperare quella fiducia che oggi gli italiani onesti rischiano di perdere a causa di un sistema fiscale che dovrebbe essere, ma non è, ancora più equo, trasparente e orientato alla crescita.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Michele Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Signora Presidente, signor viceministro, colleghe e colleghi, il diritto tributario italiano comincia ad assumere la sua fisionomia nel 1950 con la riforma Vanoni, la prima riforma tributaria nella storia repubblicana di questo Paese. Quasi vent'anni dopo, all'inizio degli anni Settanta, arriva la grande riforma, la riforma che ha come autore principale l'allora Ministro Visentini, una riforma di profonda revisione strutturale del sistema impositivo che modifica l'assetto giuridico-tributario del nostro Paese e modernizza proprio l'approccio con il cittadino contribuente. Devono passare altri vent'anni, dobbiamo arrivare agli anni Novanta, per avere un'altra importante Pag. 16riforma tributaria, una riforma non come quella degli anni Settanta, ma una integrazione, un ammodernamento, una manutenzione straordinaria della riforma di vent'anni precedente, però una riforma molto vasta che interessa processo, sanzioni, redditi di capitale, IRAP e tributi locali.
  Dopo gli anni Novanta – quindi, vediamo che c’è un intervallo di vent'anni, anni Cinquanta, anni Settanta, anni Novanta – nei primi anni Duemila comincia ad avvertirsi l'esigenza, come è normale, come è fisiologico in un mondo moderno così veloce, di un'ulteriore rivisitazione del sistema tributario, e abbiamo la legge delega n. 80 del 2003. Una legge delega che aveva sollecitato grandissime aspettative ma in realtà, come la montagna che qualche volta partorisce il topolino, riesce a far scaturire, soltanto, un decreto delegato e introduce nel nostro sistema soltanto l'IRES, come novità rispetto all'impostazione precedente.
  Dal 2003 passa ancora qualche anno e dobbiamo arrivare ai tentativi del 2011 e del 2012. Nel 2011 c’è un disegno di legge da parte del Governo, un disegno di legge di delega, che non riesce ad essere in qualche modo approvato dal Parlamento, quindi un tentativo del tutto fallito. Arriviamo all'ultimo tentativo, quello già ricordato, che è collegato anche al provvedimento di oggi, il disegno di legge delega del 2012, che invece viene approvato da questo ramo del Parlamento e non riesce però, per le ragioni politiche che conosciamo, a terminare il suo iter nell'altro ramo, al Senato. Quindi, ci ritroviamo oggi in una condizione di avvertire l'esigenza profonda di mettere mano alla strumentazione tributaria del nostro sistema, non solo perché nel frattempo, rispetto alla riforma del 1990, sono passati più o meno vent'anni, quelli che erano passati rispetto alle riforme precedenti, ma anche perché le condizioni economiche, finanziarie e sociali sono cambiate. È cambiato tanto, il mondo davvero è andato molto veloce e il diritto tributario non si può sottrarre nell'accelerare e incrociare tutte le nuove esigenze e tutti i nuovi bisogni.
  Mi piace sottolineare una cosa: è vero che questo provvedimento prende spunto dalla delega dell'anno scorso, che aveva avuto l'input del Governo, però questa proposta di legge delega è la prima nella storia di questa Repubblica in materia tributaria, ad essere di iniziativa parlamentare. È la prima volta che nello strumento di delega, che è ritenuto indispensabile nella materia tributaria sin dall'inizio, l'iniziativa è di carattere parlamentare e penso che questo sia un fatto assolutamente positivo.
  Voglio ribadire un passaggio sul quale già si sono soffermati i colleghi in precedenza, ma che è importante: questa legge delega non si pone l'obiettivo di una riforma strutturale dell'ordinamento tributario vigente. Come è stato detto, non incide sul tax design, ma consiste di un'importante e ampia, molto ampia, manutenzione straordinaria del nostro ordinamento. Se vogliamo paragonarla, certamente non possiamo paragonarla alla grande riforma degli anni Settanta, ma possiamo sì avvicinarla a quella riforma degli anni Novanta che comunque ha inciso moltissimo nel nostro ordinamento e nel diritto tributario.
  Per le note esigenze di gettito innanzitutto, ma anche di maggiore equità nella distribuzione dell'imposizione fiscale, diciamo che negli ultimi anni tutti i Governi che si sono succeduti si sono impegnati e hanno impegnato il Parlamento italiano su argomenti che ritornano in questo provvedimento: il contrasto all'erosione fiscale, il contrasto all'elusione, il contrasto all'evasione. Questi sono i tre grandi argomenti che oggi sono al centro dell'attenzione della politica in questo Paese, perché le esigenze di gettito sono pressanti, ma anche perché c’è troppa evasione fiscale e poco equilibrio ed equità nella ripartizione della stessa imposizione. Se questo è vero, ed è vero, perché ovviamente è così, è sulla storia di questi anni e anche di questa fase storica e politica che va fatta una riflessione importante. Contrastare il fenomeno dell'erosione, quello dell'elusione e quello dell'evasione, comporta necessariamente stringere un po’ le maglie, comporta un Pag. 17erario, un fisco, molto più attento, molto più puntuale, ma anche un po’ più aggressivo rispetto al passato.
  Diciamo che è normale, è una conseguenza assolutamente semplice da comprendere. Proprio per questa ragione, noi dobbiamo stare molto attenti e tutelare un'esigenza che si evidenzia in tutta la sua importanza. A fronte di questa legittima aspirazione da parte del Governo e del Parlamento, dello Stato, di aumentare il gettito e ridistribuire nel modo più equo l'imposizione fiscale, di pari passo noi dobbiamo tutelare la possibilità del contribuente, del cittadino contribuente, di tutelare le proprie ragioni nella sede competente.
  Quindi, è indispensabile andare di pari passo con un rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente. Questa è un'esigenza che, a mio modo di vedere, ha un carattere sociale, politico, economico, di grandissimo rilievo, e in questo progetto di legge è stata ben considerata e richiamata nell'articolo 10. Quest'ultimo, insieme agli altri 13 articoli che si occupano di merito, tranne il primo e l'ultimo, è un articolo importante, è un articolo che cerca proprio di ritrovare l'equilibrio giusto tra i doveri del contribuente, da una parte, e i diritti del contribuente, dall'altra.
  Quindi, occorre un rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente. In che modo ? Con l'estensione della tutela cautelare nel processo tributario. In tale processo, in questo momento, noi abbiamo soltanto la tutela cautelare nel primo grado di giudizio. Probabilmente è un po’ poco e, con un fisco che necessariamente deve essere, come dicevo prima, un po’ più aggressivo, è necessario che lo strumento della tutela cautelare sia esteso a tutto il processo tributario.
  Nella previsione dell'immediata esecutorietà delle sentenze stesse a tutte le parti nella legislazione vigente, vi è una discriminazione in favore dell'erario. Quando è il fisco a chiedere soldi al cittadino, è tutto molto veloce e i titoli sono immediatamente eseguibili; quando, invece, è il cittadino a chiedere di rientrare di un credito nei confronti dell'amministrazione finanziaria, è costretto, molto spesso, ad arrivare in Cassazione per vedere riconosciuto il suo diritto.
  È necessario un rafforzamento della qualificazione professionale dei giudici tributari. La giurisdizione tributaria è rimasta un po’ la «cenerentola» tra le quattro giurisdizioni che compongono il nostro ordinamento giudiziario. Quindi, vi è bisogno, certamente, di una maggiore qualificazione, a garanzia del diritto del contribuente e a garanzia del diritto dello Stato. È necessario anche rivedere ed adeguare il trattamento economico dei giudici che hanno un carico di lavoro molto grande, ai quali viene chiesto di operare sempre di più e in modo più qualificato.
  Poi, vi è un'altra questione, non di poco conto, sulla soccombenza. L'attribuzione nella sentenza del pagamento delle spese di giudizio intacca, in qualche modo, il diritto a difendersi. Se, come spesso accade nelle commissioni tributarie, anche in caso di soccombenza dell'amministrazione finanziaria, le spese sono compensate, il cittadino ne riceve comunque un danno, anche se la sentenza gli riconosce in pieno il suo diritto.
  Abbiamo convenuto in Commissione, in modo molto largo, e in modo particolare con il Governo, con il Viceministro Casero, che ha seguito con grande puntualità e competenza i nostri lavori, che è necessaria una rivisitazione più completa e più profonda del processo tributario.
  Certamente questi elementi che noi poniamo all'attenzione dell'Aula migliorano, riequilibrano in qualche modo gli interessi a cui facevo riferimento prima, ma con ogni probabilità dobbiamo assolutamente assumere l'impegno, una volta conclusi i lavori di questa delega fiscale, di mettere in cantiere un lavoro approfondito sul processo tributario, ovviamente coinvolgendo non solo le Commissioni finanze, ma anche le Commissioni giustizia.
  Nell'articolo 10, al quale ho fatto particolare riferimento, si cerca di migliorare anche un altro aspetto essenziale della vicenda del rapporto tra Stato e cittadino Pag. 18contribuente, si cerca di ravvicinare le posizioni, e allora si pensa di estendere l'istituto della conciliazione giudiziale e della conciliazione stragiudiziale, già previste dal nostro ordinamento, alle diverse fasi del processo tributario e non soltanto al primo grado di giudizio. Si pensa anche – credo che sia arrivato il momento, anche per un giusto adeguamento di carattere reale – a una revisione delle soglie già considerate nel processo tributario per permettere la difesa personale del contribuente.
  Tutto questo, ovviamente può realizzare l'obiettivo che ci siamo prefissati se le commissioni tributarie, come gli altri organismi di giustizia, riescono ad essere più funzionali, più organizzate. Quindi si è pensato ad una migliore distribuzione territoriale delle stesse, dei giudici all'interno delle commissioni, alla creazione del giudice unico, monocratico, nelle commissioni tributarie – ovviamente per vicende di non particolare complessità –, e si è pensato di monitorare la durata dell'attribuzione degli incarichi direttivi, e, soprattutto di modernizzare il processo tributario e la burocrazia che è dietro il processo, attraverso l'uso della posta elettronica certificata in un modo ovviamente più adeguato alle esigenze, alla modernità e anche più vicino al processo civile che comincia a farne un uso assolutamente rilevante.
  Penso che dobbiamo essere, come è già stato detto, particolarmente contenti del lavoro che è stato fatto, con l'auspicio, non solo che questa volta sia la volta buona, Presidente, e questo progetto possa diventare legge dello Stato, ma anche che nel corso dei prossimi giorni il nostro provvedimento possa, con l'aiuto di tutti quanti i colleghi, essere anche migliorato.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, in Italia non è uso comune pagare le tasse. Ci piacerebbe dire che le stesse non vengono pagate solo dalle imprese che per poter dare lavoro e per potere andare avanti sono costrette ad avere atteggiamenti poco puliti nei confronti del fisco. Ma non è così. L'evasione fiscale è un comportamento generalizzato, fa parte delle abitudini, è un costume sociale e ci chiediamo perché. Forse perché c’è poco rispetto per il prossimo, forse perché c’è poco rispetto delle istituzioni, forse perché c’è il desiderio e la capacità di fare i furbi. Ma sicuramente anche perché c’è la pressione fiscale che in alcuni casi arriva al 70 per cento. Ma quale potrebbe essere la soluzione ? Secondo il Movimento5 Stelle, Presidente, la soluzione potrebbe essere semplice e forse nelle ripetute sedute in Commissione finanze non siamo riusciti a convincere i nostri interlocutori su questa possibile e semplice soluzione. Secondo il Movimento 5 Stelle la soluzione è quella di far pagare meno tasse, ma farle pagare a tutti. È forse un luogo comune, una frase fatta, una soluzione da politicanti inesperti. Che giudichino gli altri. Ma secondo noi non è un Paese civile un Paese nel quale l'evasione raggiunge valori pari a 180 miliardi, secondo i dati OCSE confermati l'anno scorso dal presidente della Corte dei conti. In un Paese come il nostro dove le abitudini sono difficili da cambiare e ci piace mettere la testa sotto la sabbia, dove preferiamo girarci dall'altra parte, ecco, forse accanto a nuove aliquote fiscali, utili per dare respiro all'economia, sono necessarie pene più severe per chi decide di vivere alle spalle della gente onesta.
  Invece in Italia cosa succede ? Succede che chi viene scoperto con le mani nel sacco – e magari in un sacco grosso – viene cortesemente invitato a pagare con un bel patteggiamento e vengono praticati sconti che, sommati insieme, fanno raggiungere cifre paragonabili ad una manovra finanziaria. Ad esempio, nel 2011 Bosch ha patteggiato 300 milioni di euro a fronte di una cartella da un miliardo e mezzo di euro; Monte dei Paschi 260 milioni di euro a fronte di una cartella di un miliardo di euro circa; Banca Intesa 250 milioni di euro; Banca Popolare 186 milioni di euro; Unicredit 99 milioni di euro. Ciò ci rende felici, ma in parte, perché sono stati raccolti circa un miliardo Pag. 19e mezzo di euro, ma a fronte di quanto ? Perché questi grossi sconti verso chi ha cercato di non versare così tanto ? Invece – scusate se faccio del... populismo – molti cittadini si trovano a pagare tre volte tanto le imposte, attraverso cartelle con scritto sopra «Equitalia»; a noi i grandi patteggiamenti, o meglio le grandi riduzioni del contenzioso, non piacciono.
  Ma veniamo alla legge di delega fiscale, per un fisco più equo, più giusto: 16 articoli che toccano diversi aspetti del mondo del fisco, dal catasto immobiliare ai controlli, all'abuso del diritto, al reddito di impresa, alle agevolazioni fiscali – chiamate spese fiscali –, ai giochi pubblici e molto altro ancora. Ricordo ancora, qualche mese fa, quando il nostro capogruppo di Commissione ci chiese se intendevamo anche noi essere partecipi di questo progetto e quindi firmare la riesumazione di questo progetto di legge, iniziato e sospeso nella scorsa legislatura. Ebbene, desiderosi di dare il nostro contributo e cercare di migliorare una situazione fiscale che nel nostro Paese ha risvolti grotteschi e a tratti drammatici, abbiamo detto: «Proviamoci, non tiriamoci indietro, se firmiamo avremmo sicuramente più voce in capitolo».
  Purtroppo, signor Presidente, non posso affermare che sia andata come ci aspettavamo. Ma non lo diciamo noi, lo dice la statistica, basta guardare il verbale delle ultime sedute. Certo, il contraddittorio in Commissione c’è stato. Abbiamo fatto proposte, qualcosa è stato accettato, ma temiamo che alcuni nostri suggerimenti, magari i meno sostanziali, siano stati presi in considerazione solo per affermare che c’è stata condivisione e partecipazione cordiale, amicizia e spirito di collaborazione. E c’è stato, indubbiamente, tutti amici, ma è mancata, secondo noi, la volontà di cercare di valutare con attenzione e giudizio critico le proposte redatte dal MoVimento 5 Stelle.
  «Ma si tratta di una delega», «Vengono indicati solo i principi», «Non si può scendere troppo nel dettaglio», «Va assicurata l'invarianza di gettito» sono solo alcune delle risposte che ci sono state date. Ma allora a cosa serve ? Sappiamo che non si tratta di un mandato in bianco al Governo per riscrivere il testo unico dei tributi, lo sappiamo. Nella delega vengono scritte delle regole alle quali il Governo dovrà attenersi. Purtroppo però avremmo voluto scrivere qualcosa di diverso, qualcosa di più innovativo, qualcosa che non ci facesse venire il timore. Il timore è che alcune parti siano state scritte apposta per dare all'opinione pubblica l'impressione che ci si stia occupando di alcuni aspetti fiscali importanti per il bene del Paese. Ma il sospetto più forte è che in realtà ci si sta muovendo anche per fare piacere a questo o a quel gruppo di contribuenti, che magari negli anni si sono distinti per comportamenti poco chiari, poco puliti, come sempre, e i diritti dei cittadini di avere servizi che funzionano, grazie al fisco efficiente, quello mai.
  Mi sto riferendo all'abuso del diritto e all'elusione fiscale (articolo 5 della legge delega). Signora Presidente, in Italia fino ad ora sull'abuso del diritto e sull'elusione fiscale esistono, per fortuna, poche norme, è un caso raro; tra queste l'articolo 37-bis della legge n. 600 del 1973, poche parole essenziali: «Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti». Questo per dire che, in pratica, l'autore di un'operazione diciamo economica che compie solo per trarne un beneficio fiscale, elude e quindi va punito.
  Ora nella delega fiscale sembrano comparire delle «attenuanti», si parla di ragioni extra fiscali non marginali, che possono giustificare scelte che magari non porteranno nell'immediato a una redditività, ma a un beneficio fiscale sì. Ebbene, queste scelte, queste operazioni temiamo non potranno essere perseguitate, perché non comporteranno abuso del diritto. Signor Presidente, noi teniamo che in fase di scrittura del decreto legislativo questo indirizzo possa essere frainteso e possa tutelare chi elude il fisco per mestiere. Pag. 20Inoltre, nella definizione si leggono addirittura le parole «manipolazione degli strumenti giuridici», come per dire che per esserci elusione fiscale è necessario che i contratti, gli accordi, i pagamenti debbano essere manipolati, falsificati. Ma, signor Presidente, se uno manipola, modifica un documento siglato, è un falso. Io penso che ci siano altre leggi contro questi fenomeni. Per fortuna siamo riusciti quantomeno a far aggiungere la parola «eventuali» manipolazioni.
  Senza considerare che esiste una raccomandazione europea (2012/772/UE) sulla pianificazione fiscale aggressiva, che spiega in modo chiaro e conciso cos’è l'abuso del diritto. Ci basterebbe copiare quella definizione. Una volta ogni tanto che arriva qualcosa di utile dall'Europa sfruttiamola. Per fortuna la direttiva citata quanto meno è riportata nell'articolo.
  Come dicevo prima, gli argomenti trattati dalla delega sono tanti e tra questi forse il più importante è la riforma del catasto. Una riforma che, per come era fin dalla prima stesura della delega fiscale, così come approvata dalla Commissione finanze di questa legislatura non era male, tant’è che mi sono quasi stupito. Non era male in quanto innanzitutto vengono rivalutati i valori e le rendite catastali degli immobili: diciamo che forse era anche ora, vista la vetustà degli attuali valori. Un altro elemento ammirabile è il fatto che il metro quadrato viene sancito come unità di misura unica per le consistenze immobiliari: in pratica finalmente il vano, il buon vecchio vano, viene mandato in pensione. Vengono indicati i parametri di cui si terrà conto nelle funzioni statistiche utili per determinare i nuovi valori. Vengono dati nuovi compiti e una nuova forma alle commissioni censuarie centrale e provinciale, che ora dovranno partecipare a questo processo di rinnovamento in modo attivo. Ma il MoVimento 5 Stelle in tutto questo cosa ha fatto ? Il MoVimento 5 Stelle si è seduto al tavolo ed ha discusso, ha chiesto e devo ammettere che qualcosa ha ottenuto. Ha ottenuto trasparenza nelle formule statistiche che verranno utilizzate per la determinazione dei nuovi valori, le stesse formule saranno pubblicate. La speranza è che saranno anche semplici: questa è la richiesta di chi opera presso le agenzie del territorio, scusate delle entrate. Troppi parametri rendono vano questo processo di stima, che per sua natura deve essere equo e trasversale rispetto alla molteplicità degli immobili di tutta la nazione.
  Sempre grazie al MoVimento ha ottenuto più tutela anche il proprietario, che nel caso in cui non troverà congruo il valore che verrà assegnato al proprio immobile, potrà far valere le proprie ragioni. Abbiamo inoltre ottenuto che vengano previsti e messi a disposizione dei comuni strumenti condivisi con il catasto, in modo da migliorare la cooperazione tra enti, al fine di indagare e fotografare l'intera realtà immobiliare locale, catalogare i dati immobiliari in modo corretto ed efficiente, trovare gli immobili abusivi, distinguere tra aree agricole ed aree edificabili (e non è cosa da poco, in un momento di totale esaurimento del territorio disponibile) e della necessità di riservare all'agricoltura il territorio disponibile.
  Abbiamo ottenuto altro: la possibilità del contribuente di partecipare all'aggiornamento fornendo dati in suo possesso e non solo gli strumenti tra catasto e comuni saranno condivisi, ma anche i documenti, al fine di assicurare coerenza tra i documenti progettuali depositati in comune e le planimetrie catastali e la realtà immobiliare. Abbiamo chiesto che venissero puniti i comuni non celeri a denunciare gli abusi edilizi. Abbiamo dovuto soccombere in parte, accontentandoci di sistemi premiali per i comuni che, al contrario, saranno solerti a denunciare casi di abusivismo edilizio.
  E in ultimo consentitemi un po’ di autoreferenzialità: abbiamo anche ottenuto che le mappe catastali potranno riportare le fotografie aeree, in modo da comprendere subito, all'istante, se c’è qualcosa che non va. Cose semplici, ma che aiutano a dipanare la matassa grossa del catasto.
  Dimenticavo poi una nota di colore internazionale: durante gli studi e gli approfondimenti Pag. 21sulla legge delega fiscale abbiamo scoperto che il Fondo Monetario Internazionale era interessato al nostro catasto. Al che ci siamo chiesti: ma cosa c'entra il Fondo Monetario Internazionale con il catasto ? E ci siamo resi conto che il catasto praticamente riporterà i valori corretti di tutti i nostri immobili, riporterà il valore della ricchezza del nostro Paese e quindi, sicuramente, il Fondo Monetario Internazionale potrà prendere provvedimenti, una volta che avrà la possibilità di mettere a confronto i valori immobiliari e la moneta circolante. Infatti, come sappiamo bene, la moneta deriva dai mutui ipotecari, la moneta deriva anche dai mutui ipotecari.

  PRESIDENTE. Deve concludere, ha terminato il suo tempo.

  DANIELE PESCO. Non ho più niente da aggiungere, grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Petrini. Ne ha facoltà.

  PAOLO PETRINI. Signora Presidente, Viceministro, colleghe e colleghi, attraverso questo provvedimento ci si propone l'obiettivo della crescita economica del Paese, soprattutto attraverso il perseguimento della revisione dell'imposizione dei redditi di impresa. I continui interventi fiscali che si sono succeduti negli anni nel settore delle imprese hanno determinato un quadro alquanto farraginoso e tutt'altro che semplificato o facilmente leggibile nelle sue finalità.
  Vi è bisogno di ridargli ordine, linearità e obiettivi di fondo facilmente percepibili da tutte le aziende. Le imprese devono percepire un fisco sistematizzato attorno ai problemi della crescita, della competitività e dell'investimento, in Italia e all'estero, partendo dalla necessità di correggere strutturalmente la diversità di trattamento fiscale, di indebitamento e patrimonializzazione, sicuramente una delle cause dello squilibrio nella struttura patrimoniale delle imprese e notoriamente fonte di debolezza per il sistema produttivo italiano. Porsi, come fa la delega in discussione, un obiettivo di maggiore neutralità aiutando le imprese a intraprendere la strada di una maggiore capitalizzazione, ad aprirsi al mercato dei capitali e a rafforzare le dimensioni è utile, oltre che in sé, ai fini della loro posizione contrattuale nel mercato del credito, alla luce dei criteri di Basilea 3.
  Con la prossima approvazione degli specifici decreti delegati, le imprese verranno tassate assoggettando il reddito di impresa alla stessa aliquota di imposta delle società di capitali per assicurare la neutralità fiscale rispetto alla scelta della forma giuridica dell'impresa. Il meccanismo di tassazione prevede, infatti, la deducibilità dalla base imponibile del reddito di impresa della parte imputabile al socio che presta la sua opera nella società o all'imprenditore. Si tratta di una remunerazione deducibile, ma assoggettabile alle imposte personali sul reddito allo scopo di perseguire la cosiddetta equità orizzontale ovvero rendere tale reddito uguale agli altri redditi di lavoro. La tassazione uniforme del reddito delle imprese incentiva appunto la capitalizzazione e la patrimonializzazione delle imprese, perché si mantengono i profitti all'interno dell'impresa stessa in conseguenza del risparmio di imposta che si verifica grazie a questo cambiamento. La tassa imponibile verrà inoltre calcolata in modo più semplice e razionale intervenendo anche sui regimi forfettari per le piccole imprese, prevedendo che la tassazione sia diversa a secondo del reddito dell'azienda.
  È mia opinione che nel generale orientamento di semplificazione delle incombenze fiscali per un elevato numero di contribuenti, il Governo possa valutare la possibilità di andare oltre e di valutare appunto l'utilità di tassare i flussi di cassa abbandonando il laborioso principio della competenza. Per mezzo della tassazione dei saldi dei conti correnti, il contribuente minore eviterebbe di presentare la dichiarazione dei redditi e si vedrebbe assoggettato ad un regime impositivo di assoluta trasparenza evitando, inoltre, il rischio di Pag. 22un contenzioso perennemente dietro l'angolo. Non dimentichiamo poi che pagare le tasse in Italia costa ancora moltissimo. Alcune stime parlano di circa 27 miliardi di euro di oneri burocratici proprio per pagare le tasse. Rimettere al centro la crescita e la competitività delle imprese significa anche continuare ad agire sugli strumenti che concorrono ai medesimi obiettivi. È il caso dell'ACE, uno strumento sicuramente appropriato per favorire la crescita e l'innovazione e che deve avere una prioritaria attenzione da parte del Governo in relazione al suo potenziamento, rendendo più congruo il rendimento figurativo riconosciuto.
  Le necessità di un sistema produttivo fatto per il 98 per cento da piccole e medie imprese erano già chiare nella riforma del 1997 che aveva come obiettivo proprio quello di incentivare la patrimonializzazione e favorire gli investimenti (la DIT, la dual income tax, l'IRAP, le ristrutturazioni aziendali agevolate, gli incentivi agli investimenti e all'occupazione, l'introduzione nell'ordinamento dell'impresa unipersonale).
  Ma negli anni successivi questi obiettivi non sono stati altrettanto chiari e condivisi. Già nel 2003 si cambiava registro tentando la via finanziaria alla crescita (scudo fiscale, convenienza verso il debito, bassa tassazione delle rendite, PEX, cartolarizzazione, depenalizzazione del falso in bilancio), tutto nel solco della concorrenza fiscale fra gli Stati, derivante dalla mancanza di armonizzazione e con il risultato di determinare una caduta della tassazione sui capitali e la salita della tassazione sul lavoro, con il rilevante spiazzamento competitivo delle imprese manifatturiere. Dopo anni schizofrenici in relazione a questo tema della tassazione delle imprese torniamo, a mio parere, nel giusto solco, facendoci carico di imprese che non riescono a crescere per dimensione, che manifestano scarsa propensione ad affrontare investimenti rischiosi per salto tecnologico, che difficilmente riescono a congiungersi con il mondo della ricerca, che hanno un'eccessiva esposizione al debito e una bassa apertura al mercato dei capitali. Credo e spero che attraverso l'approvazione della delega fiscale, i successivi e specifici decreti delegati, oltre che con ogni altro intervento parallelo che vada ad occuparsi di questi stessi temi, noi potremo sperare, nel prossimo futuro, di vedere un'altra situazione. Io credo, anzi, ne sono certo, che questo sia il primo passo per determinare aliquote più basse per le aziende manifatturiere, cancellando incentivi a spostare anche attività e posti di lavoro all'estero; facilitare le procedure fiscali per le piccole aziende migliorando il sostegno agli investimenti con la possibilità di consistenti riduzioni; evitare giochi contabili, come ricordavano i miei colleghi, che favoriscono solo le grandi aziende e penalizzano le piccole; ridurre le distorsioni eliminando le agevolazioni; eliminare le agevolazioni con il fine di abbassare le aliquote e di semplificare finalmente il nostro complesso sistema fiscale (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quaranta. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, Viceministro, colleghi, la delega al Governo parla di sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita. Ed è questo titolo che mi impone di svolgere un intervento che sostanzialmente è fatto di due parti: quello che poteva essere e quello che è. Ora, naturalmente, per ragionare su quello che poteva essere, cioè sulle vere esigenze del nostro Paese, credo che sia utile, per punti, richiamare, seppur sommariamente, appunto, la situazione del nostro Paese in tema fiscale. In questi anni la pressione fiscale è cresciuta, ma sono cresciuti anche evasione ed elusione. Questo, naturalmente, ha comportato una crescita grave delle disuguaglianze nel nostro Paese. A pagare oltre l'80 per cento delle tasse sono i redditi da lavoro dipendente e dei pensionati. Ridurre la pressione fiscale alle imprese è importante, deve essere fatto, ma a nostro giudizio attraverso un chiaro e semplice sistema premiale, che preveda, ad esempio, di agevolare chi assume, chi innova, sia nel Pag. 23processo che nel prodotto, chi internazionalizza e chi accresce le dimensioni dell'impresa. Anche di patrimonio occorrerebbe parlare: noi siamo perché in realtà nel nostro Paese ci sia una patrimoniale sia sui beni immobili che sugli attivi finanziari. Nella situazione del Paese sciagurata ci è apparsa la scelta sull'IMU, che a nostro giudizio dovrebbe riguardare solo l'abolizione per i redditi più bassi e non certamente per tutte le prime case, così come un altro parametro credo sia noto a tutti, che la Banca d'Italia spesso ci ricorda, e che anche questo fotografa la situazione del nostro Paese, cioè la distribuzione della ricchezza: il 10 per cento dei più ricchi ha il 45 per cento delle risorse, il 50 per cento dei più poveri poco meno del 10 per cento. Anche qui una forbice che si allarga drammaticamente. Questa è la situazione del Paese, dove occorrerebbe spostare l'imposizione dal reddito al patrimonio e modulare le aliquote delle imposte dirette in maniera differente.
  Dicevo, troppe disuguaglianze e troppe disuguaglianze accresciute anche da una politica, la recessione che dura da oltre ormai cinque anni, a nostro giudizio, si combatterebbe anche con gli Stati Uniti d'Europa e cioè contrastando le politiche di austerità anche fiscali ed incentivando, invece, forme di maggiore integrazione delle politiche fiscali europee. Questo, a nostro giudizio, era quello che sarebbe servito al nostro Paese: iniziare laicamente una discussione su questi punti che sono i punti veri della situazione del nostro Paese.
  Ora, i 16 articoli che compongono il testo che ci è stato presentato toccano alcuni temi importanti, penso al tema della revisione del catasto, penso al monitoraggio dell'evasione fiscale, penso alla disciplina dell'abuso del diritto, alla semplificazione, ai giochi, su cui poi da ultimo dirò alcune cose. Non ci sono però, come si diceva anche in alcuni altri interventi, ragionamenti più ambiziosi che in questa fase del Paese sarebbero stati assai utili.
  Ora, la discussione del disegno di legge è una discussione che recupera la discussione sul disegno di legge sulla delega fiscale interrottasi nel corso della scorsa legislatura, e cioè, insomma, l'ambizione di mettere un po’ ordine nel confuso panorama normativo, devo dire che è stata, diciamo, vissuta, lo diceva anche il mio collega Lavagno, in una maniera positiva per l'intenso lavoro che è stato fatto in Commissione, ma naturalmente appunto, come dicevo, non ci dà un intervento normativo radicale né una riforma di sistema tributario, ma alcuni interventi specifici sul sistema fiscale. Un'occasione mancata sotto certi aspetti e devo dire che soprattutto al fondo io credo che questa riforma ignori in gran parte il fattore umano e le potenzialità della leva fiscale come impulso alla produzione e allo sviluppo del Paese.
  Ci sono alcuni elementi positivi; noi che, diciamo, cerchiamo di fare un'opposizione che affronta sempre in maniera laica e costruttiva non possiamo non sottolinearlo; c’è un ragionamento appunto sull'evasione fiscale, sulla tassazione agevolata delle imprese in caso appunto di internazionalizzazione, la fiscalità ambientale; c’è il punto che, diciamo, vincola la lotta alla evasione alla riduzione della pressione fiscale, che ci sembra importante, con la predisposizione di un Fondo per l'equità; c’è la codificazione dell'abuso di diritto, che rende distinguibile il risparmio di imposta legittimo dal vantaggio fiscale indebito, dando l'onere al fisco di provare la condotta abusiva del contribuente. Quindi, alcuni aspetti che possono essere condivisibili, interessanti, su cui abbiamo provato a dare un contributo.
  C’è infine la questione su cui io mi vorrei soffermare un po’ di più che è quella dell'articolo 14, e cioè l'articolo che parla del riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici. Naturalmente tenendo conto del regime concessorio ed autorizzatorio, degli interessi erariali e locali e di quelli generali relativi alla salute pubblica e per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose. Ora ci sono alcuni punti, alcuni li vorrei enunciare, rispetto alle quali noi condividiamo lo spirito, abbiamo provato a dare un contributo. Ad esempio, il contrasto Pag. 24al gioco illegale e all'infiltrazione di organizzazioni criminali, il sistema sanzionatorio per le violazioni concernenti il gioco on line, la razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco, il Fondo finalizzato al contrasto del gioco d'azzardo patologico e, ancora, il controllo delle disposizioni vigenti in tema di divieto di pubblicità per i giochi con vincite di denaro, soprattutto per ciò che riguarda l’on line, con il particolare obiettivo di tutelare i minori.
  Abbiamo però alcune perplessità che riguardano, innanzitutto, il tema della deflazione, anche agevolata e accelerata, del contenzioso in materia di giochi. E soprattutto io vorrei soffermarmi sul tema che è quello poi a mio giudizio centrale, cioè il ruolo dei comuni rispetto, appunto, alla regolamentazione del gioco d'azzardo. Il ruolo, diciamo, di regolamentazione, di autorizzazione, di pianificazione che molti comuni hanno svolto, anche nei mesi passati, mediante loro regolamento. Io lo dico perché vengo da una regione, la Liguria, in cui, diciamo, sia con legge regionale che con un regolamento, io direi, avanzato e fra i primi, del comune di Genova, si è provato, si è dimostrato che con un regolamento si può provare a governare un fenomeno che socialmente è assai preoccupante e che ha risvolti che attengono alla sicurezza, alla salute, alla vita delle nostre città e a tantissime drammi umani. Allora su questo io credo che si possa ancora provare a fare qualche cosa di più anche in relazione al fatto che questo è un tema davvero sensibile, su cui nel nostro Parlamento è nato un intergruppo che vede presenti tutte le forze politiche, che ci sono associazioni, come Libera, o personalità, come il compianto Don Andrea Gallo, che di questo hanno fatto una battaglia ed una ragione di vita.
  Perché questo è un tema che attiene ad un'idea di società e al dramma di tante persone che non possono che essere lasciate sole. Se in questo provvedimento sulla fiscalità non siamo stati in grado di fare una riforma organica, penso però che almeno su questo punto si debba dare un segnale forte, e penso che con un lavoro comune su questo ce la possiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Mantero. Ne ha facoltà.

  MATTEO MANTERO. Signor Presidente, nella delega fiscale che stiamo per discutere oggi, all'articolo 14 ci occuperemo di gioco d'azzardo: ancora una volta un lavoro che è del Parlamento viene delegato al Governo, tra l'altro lasciando amplissimi spazi di manovra che ci terrorizzano alquanto.
  Il tema del gioco d'azzardo ha un tale ripercussione sociale, che non può essere trattato ancora una volta da chi per anni ha favorito le lobby. Faccio un piccolo excursus. Dal 1997, i tempi del primo Governo Prodi, ad oggi, sono stati costantemente introdotti nuovi giochi d'azzardo, ed il fatturato del gioco d'azzardo è cresciuto esponenzialmente: nel 2004 si sono giocati circa 24 miliardi di euro, e nel 2012, l'anno scorso, se ne sono giocati 88 miliardi; cioè lo scorso anno l'industria del gioco d'azzardo è stata la terza industria italiana, dopo la FIAT e dopo l'ENI. Lo Stato ha costantemente incentivato e favorito il gioco d'azzardo, tanto da creare una nuova patologia, GAP appunto, gioco d'azzardo patologico, riconosciuto dall'OMS. Questa patologia è paragonabile ad una vera e propria tossicodipendenza da sostanze: in questo momento in XII Commissione stiamo discutendo cinque proposte di legge, diverse tra di loro ma tutte quante prevedono di inserire nei livelli essenziali di assistenza il gioco d'azzardo patologico.
  Le stime dell'Eurispes e della Commissione antimafia ci dicono che questa patologia coinvolge quasi un milione di persone, e ci sono altri due milioni di giocatori a rischio: tanto per dare un metro di paragone, i dati del Sert ci dicono che stimano in 400 mila le persone dipendenti da sostanze, quindi quelle dipendenti dal gioco d'azzardo sono più del doppio. In pratica, è un po’ come se si vendesse l'eroina in tabaccheria, e poi però si aiutassero Pag. 25le persone a disintossicarsi: un atteggiamento un po’ strano ! A questo punto ci si aspetterebbe che, se tutto ciò ha una grave ripercussione sociale, almeno abbia un congruo introito per lo Stato; ed in effetti, nel 2012 le entrate da gioco d'azzardo sono state circa 8 miliardi di euro. È curioso però che, nonostante il volume di denaro, come dicevo prima, speso ogni anno nel gioco d'azzardo sia aumentato costantemente, anzi vertiginosamente, le entrate erariali invece sono rimaste più o meno costanti. Adesso vi leggo alcune cifre per darvi un'idea.
  Nel 2004 abbiamo speso 24 miliardi di euro nel gioco d'azzardo e le entrate sono state 7,3 miliardi, pari al 29 per cento. Nel 2009 abbiamo speso 54 miliardi nel gioco d'azzardo, con entrate di 8,8 miliardi: la percentuale è del 16 per cento. Nel 2011 sono 79,9 miliardi di euro spesi nel gioco d'azzardo, con entrate di 8,8 miliardi, l'11 per cento. L'anno scorso sono addirittura diminuite: 88 miliardi di euro e mezzo sono stati spesi nel gioco d'azzardo e sono entrati nelle casse dello Stato 8 miliardi di euro, quindi il 9 per cento. Perciò, mentre i guadagni delle concessionarie delle slot machine continuano a crescere, le entrate per lo Stato restano costanti, anzi tendono a scendere: salgono i soldi spesi nel gioco d'azzardo e scendono le entrate.
  A tutto questo inoltre dobbiamo aggiungere che gli 88 miliardi che sono stati giocati nel 2012, circa 1.300 euro pro capite l'anno, sono stati sottratti dai normali consumi: in buona sostanza, invece che cambiare computer o portare la famiglia in vacanza, abbiamo giocato 1.300 euro a testa alle slot machine. Quindi, agli 8 miliardi che incassiamo vanno sottratti i circa 3,8 miliardi di mancato gettito IVA. Si è poi stimato che curare i GAP, i giocatori d'azzardo patologici, ci costerà circa altri 5 miliardi: in sostanza, andremo sotto, cioè lo Stato andrà a rimetterci, tra il mancato gettito IVA e la necessità di curare chi ha fatto ammalare.
  A questo punto è chiaro che dalla diffusione del gioco d'azzardo guadagnano solo le concessionarie, non lo Stato e tantomeno i cittadini, allora mi viene da domandare: perché i Governi che si sono alternati in questi ultimi vent'anni hanno costantemente favorito l'espansione del gioco d'azzardo ? La risposta è molto semplice, per denaro. L'attività di lobbing da parte dei concessionari è stata costante, la SNAI ha finanziato regolarmente Gianni Alemanno, la Margherita, UdC, DS, Gianni Cuperlo del PD; nell'attuale Governo ben sette Ministri – compreso il Primo Ministro Enrico Letta – fanno parte dell'associazione VeDrò, che viene finanziata da 2 multinazionali del gioco d'azzardo, la Lottomatica e la Sisal. Letta ha ricevuto personalmente 15 mila euro da Antonio Porsia, che è il presidente della Hbg, una delle concessionarie del gioco d'azzardo in Italia, sulla quale peraltro c’è un'indagine della Guardia di finanza per evasione fiscale. Il Ministro Bray è direttore della rivista Italianieuropei, che ha importanti contratti pubblicitari con le industrie del gioco d'azzardo. Quindi, diciamo che le motivazioni sono abbastanza chiare.
  Questi sono solo alcuni degli esempi del lungo elenco di politici e partiti che sono stati finanziati alla luce del sole dal gioco d'azzardo. Per questo noi crediamo e anzi abbiamo la sicurezza che questo Governo non sarà imparziale e non potrà fare a meno di favorire ancora una volta chi l'ha sostenuto, a discapito dei cittadini. L'ultimo esempio di questa parzialità è il maxi-condono fatto dal Governo Letta ai suoi finanziatori, cioè la multa di 2,5 miliardi di euro stabilita dalla Corte dei conti che è stata scontata a 600 milioni, uno sconto di 1,9 miliardi di euro. Per questo abbiamo presentato un emendamento in cui chiediamo lo stralcio dell'articolo 14 da questa legge delega, perché questo è un tema troppo importante, che deve essere discusso dal Parlamento perché noi, ve lo dico molto chiaramente, non abbiamo fiducia in voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Nardi. Ne ha facoltà.

  MARTINA NARDI. Signor Presidente, la delega fiscale, su cui SEL ha esposto già Pag. 26forti osservazioni critiche e lo farà anche nella giornata di domani, presenta un punto che secondo noi invece è un punto meritevole, riguarda la riforma del catasto. Ci apprestiamo infatti, con la riforma del catasto, a varare un provvedimento che nelle premesse potrebbe rappresentare un cambiamento radicale nel segno dell'innovazione del Paese. La riforma del catasto rivoluzionerà infatti completamente l'attuale valutazione degli immobili: abbandonare il sistema dei vani per orientarsi verso quello dei metri quadrati, ammodernare gli estimi sulla base dei cambiamenti urbanistici avvenuti, calcolare i valori partendo dai parametri OMI, cioè dal valore dell'Osservatorio del mercato immobiliare è un tentativo importante di rendere più equo il sistema, al fine di revisionare le tariffe dell'estimo.
  L'algoritmo proposto per il calcolo complessivo, seppur decisamente complesso, metterà in relazione i valori di mercato, la localizzazione, le particolari caratteristiche edilizie. Questo per Sinistra Ecologia Libertà è un provvedimento atteso, che va nella direzione giusta, rappresenta il tentativo di superare quella convinzione di forte ingiustizia che ha contraddistinto anche le forti avversità nei confronti dell'IMU, oltre alla frustrazione, che spesso diventa rabbia, nei confronti delle istituzioni che, inermi, constatano le grandi differenze sul valore degli immobili.
  Questa riforma porta con sé anche questa grande responsabilità, la responsabilità di ridare dignità e credibilità alle istituzioni, di farle percepire realmente vicine alle istanze dei cittadini e soprattutto capaci di risolvere questioni annose e fonti di iniquità. Registriamo quindi con favore che per le unità immobiliari colpite da eventi sismici o calamitosi il metodo estimativo dovrà tener conto anche delle condizioni di inagibilità e/o di inutilizzabilità determinate da questi eventi. Modernizzare il Paese significa anche guardare alla sinergia tra enti, anzi, direi che oggi la vera sfida per efficientare la pubblica amministrazione si vince se gli enti pubblici riescono a fare sistema, semplificando di fatto la vita ai cittadini e sburocratizzando di fatto le procedure amministrative.
  Affermare che i comuni dovranno essere soggetti attivi e, in maniera sinergica, dovranno collaborare con gli uffici dell'Agenzia delle entrate per le revisioni catastali ci convince.
  Modernizzare il Paese passa anche da qui: utilizzare le fotogrammetrie, rendere compatibili i sistemi informatici, al fine che tra i due enti ci sia una connessione e una relazione continua, significa cominciare seriamente ad incrociare le cartografie aggiornandole, significa anche aggiornare con equità i valori degli immobili.
  Noi abbiamo un sistema in forte crisi, non è un mistero che ancora oggi ci sono immobili pubblici, ma anche opere pubbliche che non risultano accatastate, non è un mistero che la sovrapposizione delle cartografie tra l'esistente e il catastale, nonostante gli sforzi per l'aggiornamento, spessissimo non coincide, non è un mistero per nessuno che gli abusi edilizi sanati dal condono catastale e non sanabili dalle norme edilizie non sono conosciuti dai comuni, che non riescono e, quindi, non possono intervenire per demolire gli abusi.
  L'Italia, le nostre città, le nostre necessità abitative sono profondamente cambiate, così come è cambiata l'attitudine a non cambiare casa, che era molto radicata fino a qualche decennio fa. Ma andiamo con ordine: il Paese è stato attraversato da una forte e, per certi versi, radicale mutazione urbanistica, a volte involontaria, non voluta, respinta, come nel caso dei condoni, molti dei quali sono ancora da evadere – faccio presente che migliaia sono ancora da esaminare – ma è anche contraddistinto dalla nascita di veri e propri quartieri, che hanno modificato i valori di mercato delle grandi porzioni del territorio. L'economia del Paese è cambiata e, sommariamente, possiamo sostenere che c’è stata una trasformazione di destinazione di immobili industriali a fini commerciali o artigianali, che oggi, a causa della crisi, soprattutto delle piccole aziende, sono gli immobili più soggetti Pag. 27all'abbandono. Pensiamo solo a quanto la velocità dei processi economici cambi il volto delle nostre periferie, pensiamo a quanto la riscoperta dei centri storici che, fino a qualche decennio erano in abbandono e in pieno degrado, abbiano invece oggi assunto un valore economico rilevante soprattutto per i fondi commerciali.
  A questo processo di repentino cambiamento hanno contribuito anche le esigenze delle famiglie che, sempre di più, scelgono un quartiere piuttosto che un altro, sulla base del numero dei parchi vicini, delle scuole e dei servizi ai quali possono accedere con facilità.
  Questo ha comportato. nel giro di pochi anni, che aumentassero di valore alcuni quartieri, i quali anche l'ente locale aveva contribuito a riqualificare, e altri valessero decisamente molto meno. Siamo in una società dinamica, in profondo cambiamento, ed il catasto non riesce oggi a cogliere la complessità e la celerità dei cambiamenti, determinando dei profondi squilibri e, quindi, produce iniquità.
  Le premesse del provvedimento sono – come ho tentato sommariamente di dire – condivisibili, sono ambiziose e guardano ad un Paese moderno, efficiente ed equo. Le problematiche che ho tentato di riassumere brevemente sono conosciute e – credo – anche elencabili da molti amministratori locali, o che hanno svolto attività di questo tipo, e che siedono anche in quest'Aula.
  Mi permetto di fare alcune osservazioni critiche che spero possano trovare risposta nei decreti legislativi che seguiranno alla delega fiscale. In primis, c’è un problema di credibilità: non vorrei che si ripetessero scene già viste: è vero che, in generale, tendiamo ad avere la memoria corta, ma penso sia utile ricordarci come è sostanzialmente fallito il progetto della riforma del catasto con il decentramento delle funzioni ai comuni, proposta con la finanziaria per il 2007. Si sono fatti convegni, scritti documenti, saggi, sprecate parole altisonanti, su quale sarà una riforma epocale, fatte riunioni in mezza Italia e poi è sostanzialmente naufragata.
  Secondo: c’è il tema del tempo, che questa legge prevede per la sua attuazione; a detta di tutti, ci vorranno circa cinque anni: troppo, secondo noi, è troppo. Sono convinta che per riforme serie e strutturali c’è bisogno di tempo, ma c’è anche bisogno di fissare scadenze e di destinare risorse economiche per raggiungere gli obiettivi. Ci aspettiamo dal Governo un vero piano di start up, che sia verificabile e, soprattutto, realistico e finanziato. C’è poi il tema, che non compare nella delega, che Sinistra Ecologia Libertà reputa molto importante al fine di determinare il valore catastale, ed è quello della qualità dei materiali con cui l'edificio è costruito, la sua coefficienza energetica, così come il considerare gli adeguamenti alle normative antisismiche.
  Infine, c’è il tema «possibile stangata». Molti osservatori, infatti, individuano in un aumento di circa il 30 per cento il possibile incremento e, quindi, ci troviamo nella paradossale situazione che, mentre il valore reale di mercato degli immobili scende precipitosamente, un aumento così fatto sarebbe profondamente ingiusto e, quindi, una proposta che tende all'equità e alla giustizia potrebbe rivelarsi, invece, iniqua e profondamente ingiusta.
  L'obiettivo della delega affermato in premessa è quello di costruire un regime più equo, che tenda a diminuire le assurdità tutte italiane per cui un immobile di pregio in un luogo ad alto valore aggiunto paghi meno di case in periferie popolari. Inoltre, non dimentichiamoci che l'indicatore della situazione economica equivalente, l'ISEE, che serve oggi come parametro per l'accesso ai servizi sociali, è determinato tenendo conto, in maniera anche rilevante, del patrimonio immobiliare valutato su base catastale. Quindi, la sua incidenza ha un effetto immediato nella vita anche delle persone.
  Ciò che deve fare, da faro, non è e non può essere il fare cassa, ma porre il Paese e al Paese e a tutti noi una sfida, la sfida della modernità e della giustizia fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Enrico Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, il mio intervento riguarda specificamente un articolo della legge delega oggi in discussione, l'articolo 14. Il mio collega, Daniele Pesco, e successivamente il mio collega Mantero hanno già accennato ad alcune norme, che non esitiamo a definire vergognose, contenute in quest'articolo. Voglio ricordare a lei e ai colleghi quanto sia drammatica la situazione generata da una diffusione irresponsabile del gioco d'azzardo in Italia e, soprattutto, le responsabilità dei Governi che si sono succeduti in questi ultimi 15 anni nel determinare questa situazione, che va a colpire le fasce più deboli dei nostri concittadini, quelle più colpite già dalla crisi.
  Anzi, vogliamo sottolineare quanto la diffusione di una vera e propria patologia, riconosciuta fin dagli anni Ottanta dall'Organizzazione mondiale della sanità, il gioco d'azzardo patologico, abbia colpito dove la crisi economica ha mietuto più vittime, trasformandosi in un ulteriore fardello per quelle classi sociali che più soffrono per la tragica situazione economica in cui versa il nostro Paese. E tutto questo non solo con il silenzio dei responsabili politici ma con il loro assenso, con un'azione sistematica che ha favorito sempre di più le società concessionarie del gioco d'azzardo le quali, come ha ricordato il mio collega Daniele, hanno ricambiato generosamente con donazioni e favori di vario genere.
  Lo sconto della multa inflitta a tali concessionari sull'evasione fiscale da essi perpetrata, sconto che con questa legge si vuole fare diventare la norma, anche futura, attraverso il termine elegante di «deflazione», è solo l'ultimo di una serie di scambi di favori fra esponenti politici e società che gestiscono il gioco d'azzardo, scambio che è cominciato molti anni fa. I risultati di questa vera e propria collusione, che riproduce ricchezza per pochi sulla pelle delle persone più deboli, sono sotto gli occhi di tutti. Parliamo, come già detto, del gioco d'azzardo patologico, che già in inglese significa «buco», gap.
  Due milioni circa corrono il rischio di incorrere in questa patologia, mentre sono quasi un milione coloro che possono essere già considerati giocatori d'azzardo patologici (quindi, parliamo, in Italia, di una persona su sessanta) o ad alto rischio di diventarlo. Per il Censis le dipendenze da gioco d'azzardo sono cresciute enormemente in questi ultimi anni, riducendo progressivamente anche la loro connotazione di genere. Con un meccanismo potente di rinforzo reciproco è aumentata l'accessibilità al gioco, la proporzione dei giocatori insieme all'incidenza delle forme patologiche o problematiche.
  Che il fenomeno riguardi soprattutto quelle fasce di reddito più colpite dalla crisi economica ce lo confermano i dati Eurispes, che mostrano la relazione inversamente proporzionale fra investimento nel gioco d'azzardo e reddito familiare. Giocano il 47 per cento degli indigenti, il 56 degli appartenenti al ceto medio-basso, il 66 per cento dei disoccupati. Ed è soprattutto fra queste fasce della popolazione che colpisce di più la compulsione al gioco.
  Secondo quanto emerge dal progetto di ricerca coordinato dal Codacons per l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nel 2010, il 43 per cento dei casi problematici è rappresentato proprio da operai, impiegati, pensionati e disoccupati. La malattia colpisce principalmente gli over 65, il cui numero è superiore a quello dei giovani tra i 18 e i 24 anni, anch'essi fra i più colpiti, e si conferma la tendenza, già in precedenza rilevata, della prevalenza della popolazione più anziana in questa preoccupante statistica. Alcuni studi, tra cui l'indagine «L'Italia in gioco» realizzata dall'Eurispes nel 2009, ci dicono che già nel 2009 35 milioni di italiani erano coinvolti nel gioco lecito. A questi dobbiamo aggiungere l'ampia fetta di popolazione che cade nelle maglie del gioco illegale i cui consumatori, anche se non contemplati dalle statistiche ufficiali, forniscono buona parte dell'indotto nascosto del business dei giochi: criminalità organizzata, Pag. 29usura, estorsione e riciclaggio. Secondo dati della società di consulenza GBGC, nel 2011 il mercato mondiale dei giochi d'azzardo ha raccolto, al netto dei premi erogati, 417 miliardi di euro, con un incremento del 5,6 per cento rispetto al 2010 e di questi il 29 per cento provengono dall'Europa; ebbene, il 4,4 per cento dall'Italia. Secondo il Coordinamento nazionale gruppi giocatori d'azzardo, il CONAGGA, siamo il primo mercato al mondo nel «Gratta e vinci» con il 19 per cento dei biglietti venduti al mondo nel 2010; abbiamo il triplo dei terminali di video lotteria, a livello pro capite degli Stati Uniti e rappresentiamo il 23 per cento del mercato mondiale del gioco online. Tutto questo con appena l'1 per cento della popolazione mondiale.
  Ma qual è stato il ruolo dei Governi precedenti nel generare questa situazione ? Lo possiamo capire facilmente ricordando gli interventi da loro posti in essere. Tutti, a parte il Governo precedente, hanno incentivato il gioco d'azzardo attraverso la legalizzazione di forme sempre nuove e maggiormente diffuse dello stesso, senza apportare, al tempo stesso, interventi normativi volti a regolare la diffusione del fenomeno. Nel 1997 è stata inserita la doppia giocata del lotto, il Superenalotto e le sale scommesse, nel 1999 il Bingo, nel 2003, attraverso interventi nella legge finanziaria, vengono legalizzate le slot machine; la finanziaria del 2005 introduce la terza giocata del lotto, le scommesse Big Match, le scommesse online, nel 2006 vedono la luce i nuovi corner e punti di gioco per le scommesse; nel 2007 e nel 2008 vengono promossi giochi di ampia diffusione tramite tecnologia di comunicazione, sms e digitale terrestre; dall'agosto 2008 è legale il gioco d'azzardo online con alcune limitazioni; dal 2008 al 2011 ci sono state le disposizioni legislative che hanno riguardato soprattutto le concessioni per la raccolta dei giochi tenendo conto che i concessionari delle slot sono considerati, dal 2004, esattori per conto dello Stato. L'articolo 30-bis del decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, con il quale è stato introdotto il prelievo erariale unico, ha previsto aliquote diversificate (dal 12,6 per cento all'8 per cento), per scaglioni di raccolta delle somme giocate rispetto alle percentuali incidenti sulla raccolta effettuata nel 2008.
  Faccio presente, comunque, i nuovi giochi numerici a totalizzazione nazionale con estrazioni giornaliere, «Win for Life», i giochi online senza limitazione, i giochi di sorte a quota fissa e quindi anche roulette, gioco dei dadi e altri, i giochi di carte non organizzati in tornei di giocatori, come le partite a poker in solitario sul computer; la legge di stabilità del 2011 interviene per rafforzare l'azione di contrasto al gioco gestito e praticato in modo illegale e per tutelare i consumatori, in particolar modo per tutelare i minori di età e per recuperare base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione ed evasione fiscale, predisponendo un programma straordinario di controlli da parte dell'Autorità autonoma dei monopoli di Stato, con l'ausilio della SIAE e della Guardia di finanza. Tuttavia, allo stesso tempo, promuove l'offerta dei giochi; tra le manovre economiche aggiuntive del 2011, è stata introdotta un'ulteriore gamma di giochi, l'effetto novità, tra cui nuove lotterie anche ad estrazione istantanea, nuove modalità di gioco del lotto, nuove modalità di giochi numerici a totalizzazione nazionale, variazione dell'assegnazione della percentuale e così via. L'introduzione di nuovi giochi e la variazione del prelievo erariale hanno lo scopo dichiarato di conseguire maggiori entrate con integrale attribuzione al bilancio dello Stato da cui si attendeva una entrata di circa un miliardo e mezzo di euro annui a decorrere dall'anno 2012. Infine, nell'estate 2011 segue l'introduzione, ancora, di nuovi giochi. Tralascio quest'ultimo pezzo.
  Non dobbiamo dimenticarci quanto questa situazione, generata da politiche irresponsabili messe in atto da Governi di tutti i colori, rappresenti un mercato ricchissimo per le cosche che frutta al crimine organizzato introiti enormi. Il presidente della Commissione parlamentare Pag. 30antimafia nella XVI legislatura ha realizzato un approfondito lavoro sul tema del gioco d'azzardo.
  I proventi ottenuti dalla criminalità organizzata per mezzo del controllo del gioco d'azzardo legale e illegale assommano a quasi 80 miliardi di euro l'anno e per ogni euro incassato dallo Stato – cito le testuali parole della Commissione parlamentare antimafia – la criminalità organizzata ne incassa altri otto, considerando il gioco lecito e illecito. Secondo l'associazione Libera sono quarantuno i clan che gestiscono i giochi delle mafie in tutto il territorio italiano, facendo della criminalità organizzata l'undicesimo concessionario occulto del monopolio. Per far fronte a questo fenomeno non bastano alcuni accorgimenti in materia tributaria; occorre, come recita l'articolo 14, delegare alla materia fiscale la soluzione di un problema che prima di tutto incide sulla salute fisica ed economica di una grande fetta della nostra popolazione e costituisce un'ulteriore fonte di guadagno per la criminalità a danno delle fasce più fragili e meno abbienti della popolazione. Serve una legge specifica, serve un confronto in quest'Aula, serve affrontare il problema in modo complessivo e deciso e farlo anche in fretta e non delegare ad un organo, i cui omologhi sono stati tra i maggiori responsabili nel determinare questa situazione. È anche vero che le forze politiche che li hanno sostenuti, ora l'uno ora l'altro, e che oggi insieme sono contemporaneamente visibili, compongono e sostengono questo Governo e sono sempre le stesse. Non vogliatecene, quindi, ma noi non ci fidiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cecconi. Ne ha facoltà.

  ANDREA CECCONI. Signor Presidente, ci troviamo oggi a discutere un nuovo ed ulteriore capitolo di attribuzione di potere legislativo al Governo. Per tutti questi mesi, infatti, ci siamo ritrovati in quanto parlamentari a svolgere il ruolo di ratificatori dei decreti-legge di emissione governativa senza che fosse possibile, il più delle volte, nemmeno accennare una discussione volta a migliorare i testi monolitici e schizofrenici che ci venivano sottoposti. Oggi invece, non potendo forse trovare un nome accattivante ad un eventuale ulteriore decreto, viene discussa una legge delega atta di fatto a conferire poteri amplissimi all'Esecutivo. L'argomento trattato, la creazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, ha un'importanza fondamentale e pertanto non si comprende per quale motivo non si possa investire il Parlamento nella sua realizzazione. A cosa servono le Commissioni permanenti ed il sistema di audizioni che in esse viene costantemente messo in atto ? Quale miglior luogo se non l'Assemblea legislativa per creare un progetto di legge tanto determinante ? A quanto pare Presidente ancora una volta questo Parlamento verrà esautorato della possibilità di andare ad incidere sulla vita dei cittadini, gli stessi cittadini che invece lo hanno votato conferendogli o almeno credendo di farlo il potere di incidere nelle loro vite attraverso l'esercizio del potere legislativo di cui dovrebbe essere massima espressione. Vi è però una differenza con la decretazione d'urgenza: questa volta sarà la stessa Assemblea legislativa ad esautorarsi dalle proprie funzioni, compiendo una sorta di harakiri che si pretende essere virtuoso ma che induce a sospettare una preoccupante pigrizia. È vero che la materia fiscale è da sempre in mano all'Esecutivo, ma in questa legge delega vengono trattati argomenti che sono e devono essere di competenza parlamentare. In quanto capogruppo della Commissione affari sociali mi trovo a dover commentare quanto previsto dalla legge delega all'articolo 14 in materia di giochi d'azzardo. La delega al Governo per un riordino normativo su tale materia è francamente sconcertante. È utile ricordare infatti quanto recentemente accaduto a conclusione del contenzioso che vedeva coinvolte le dieci società concessionarie di slot machine, le quali hanno evaso e quindi sottratto alle casse dello Stato – ripeto sottratto alle casse dello Stato – ben Pag. 3198 miliardi di euro. In conseguenza di ciò, la Corte dei conti aveva condannato le suddette ad una multa di 2 miliardi e mezzo di euro. Ad una sentenza giusta e inoppugnabile come questa, però, ha fatto seguito un intervento governativo sulla cui trasparenza e adeguatezza ci si permette di dubitare. Insieme al decreto IMU infatti è stato approvato un provvedimento che riduce la sanzione a soli 611 milioni di euro. Questo atteggiamento remissivo da parte del Governo trova difficile giustificazione e non lascia certo ben sperare circa il riordino della materia di cui l'articolo 14 tratta. Stiamo attribuendo al Governo il compito di creare strumenti volti a garantire adeguate e costanti entrate tributarie nel settore del gioco d'azzardo, lo stesso Governo che appena poche settimane fa ha privato i bilanci dello Stato di quasi 2 miliardi di euro.
  Soldi dovuti a seguito di comportamenti illeciti perpetrati in danno all'erario pubblico da parte dei concessionari del gioco d'azzardo, ma a cui l'Esecutivo ha ritenuto di poter rinunciare. Lo stato disastroso in cui versano i bilanci pubblici è noto a chiunque, Presidente, e non serve stare qui a ricordarlo.
  Eppure, ci si prende il lusso di rinunciare ad una tale somma. Come è stato possibile ? Semplice, quando una coperta è troppo corta, la cosa importante è che rimangano coperti quelli che contano davvero: poco importa se sono delinquenti ed evasori. A pagare le spese di questo sconto epocale sono state, questa volta, le forze dell'ordine, i cui capitoli di spesa si sono assottigliati parallelamente alla riduzione della multa.
  Non lo trova ironico, Presidente ? Pensateci: la Guardia di finanza, che con solerzia aveva portato all'evidenza un tale danno allo Stato, si è vista ora ridurre gli stanziamenti proprio in virtù di quel suo eccesso di zelo. Appare, quindi, più che legittimo interrogarsi sull'adeguatezza di questo Governo nell'affrontare tale materia in un'ottica di puro ed esclusivo beneficio pubblico, specie dopo tali fatti.
  Come se non bastasse, giova evidenziare anche la vicenda occorsa al Senato poche settimane fa, quando l'approvazione di una mozione della Lega Nord che blocca l'apertura di nuove sale gioco per un anno ha suscitato non poco disordine, sino alla remissione delle deleghe da parte del sottosegretario per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti; remissione che ancora non ha avuto giustificazioni.
  Aveva fatto promesse che non può più mantenere ? Aspettiamo pazientemente spiegazioni dal sottosegretario. Comunque, fatto salvo l'imbarazzo dei senatori di maggioranza che si sono «permessi» di votare un provvedimento dell'opposizione e che, pertanto, hanno presentato scuse pubbliche, ciò che lascia perplessi è quanto questo Governo sia interessato all'espansione del gioco d'azzardo sul nostro territorio per motivi che rimangono oscuri, ma che, di certo, non hanno a cuore la salute pubblica.
  Signor Presidente, noi del MoVimento 5 Stelle non riusciamo a capire perché questo Parlamento voglia spogliarsi della possibilità di poter fare una legge di nostra iniziativa. Sono ben 18 le proposte di legge parlamentari depositate dai colleghi sul tema del gioco d'azzardo. Le idee di certo non ci mancano, ma forse manca la volontà da parte di questa maggioranza, forse non si vuole mettere mano su un tema sul quale gravitano molti, troppi interessi politici ed economici.
  Siamo tutti ben consci del fatto che la dipendenza dal gioco d'azzardo è ormai un dramma sociale e che la commistione di interessi tra politica, concessionarie e criminalità organizzata è di sconvolgente attualità. Signor Presidente, per questa ragione noi, in questa sede, chiederemo i voti all'Assemblea per l'abrogazione dell'articolo 14, proprio perché crediamo nella centralità del Parlamento e nella capacità di questa Assemblea di creare una legge all'altezza delle aspettative dei nostri cittadini.
  Abbiamo la vaga impressione, però, che il nostro appello cadrà nel vuoto. La nuova normativa sui giochi d'azzardo la farà questo Governo, che, ricordiamoci, si sorregge sulla fiducia di un condannato in via definitiva per evasione fiscale, il che è Pag. 32tutto dire, e come sempre i cittadini ringraziano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 282-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore e presidente della Commissione finanze, deputato Capezzone.

  DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, sarò assolutamente breve. Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti. Mi permetto di fare osservare, in particolare ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che, naturalmente, ça va sans dire, è legittimo avere obiezioni sull'uno o sull'altro aspetto del provvedimento.
  Quello che, però, sarebbe, a mio avviso, un errore concettuale è concentrarsi solo su un aspetto, quello dei giochi, che peraltro abbiamo in Commissione analizzato con un approccio di estrema cautela, davvero adottando – uso l'espressione adeguata, credo – il principio di precauzione e viaggiando, noi, Parlamento, verso soluzioni caute, prudenti, serie, ragionate. Quello che, però, mi sembrerebbe sbagliato, anche a fronte dell'esame di queste soluzioni, è, quando si parla di delega fiscale, concentrarsi solo su questo.
  Amici e colleghi, questa non è la delega ai giochi: questa è la delega per riscrivere il sistema fiscale nel suo complesso. Avete ascoltato e abbiamo ascoltato interventi che corrispondono al lavoro complesso che abbiamo svolto, dal catasto al processo tributario, alla realtà delle imprese, alla semplificazione rispetto ai contribuenti, all'abuso del diritto, alla parte penale, a tutta una serie di interventi.
  Mi permetto di dirlo: faccio parte di questa maggioranza, ma, consentitemi, credo, come tanti di noi, che abbiamo, con libertà, proposto un rilancio programmatico. Questa è l'occasione per la maggioranza e anche per le forze di opposizione.
  Qui c’è materia per un Governo – e quindi poi per le forze parlamentari – su dodici, tredici, quattordici argomenti, di avere dodici, tredici, quattordici piste di lavoro, per il Governo, in una linea – io auspico – innovativa, riformatrice, modernizzatrice, e anche per una forza di minoranza per sfidare la maggioranza su questo terreno. Ma davvero sarebbe paradossale – a mio avviso – e sarebbe un'occasione persa, se domani noi ci occupassimo pressoché esclusivamente di un tema, quello dei giochi, pur significativo, ma che certamente non esaurisce l'argomento in discussione, e sul quale – mi permetto di dirlo – noi stiamo adottando un saggio principio di precauzione. Non dimentichiamo la linea di fondo: in questi dodici, tredici anni lo Stato ha avuto il merito di riportare nell'area della legalità, nell'area del gioco legale, quello che era affidato totalmente all'illegalità, alla criminalità, al mercato nero, al mercato clandestino. Allora, certo, noi dobbiamo mettere dei paletti, ma guai a creare una situazione nella quale, per restringere troppo, poi si torna a fare un regalo – questo sì – ai signori del nero, dell'illegalità, della criminalità.
  Questo tenevo a dirlo già a chiusura di questa nostra giornata, però davvero il mio appello, con l'animo libero di chi si rivolge a chi è minoranza e a chi è in maggioranza, è: concentriamoci non solo su un aspetto; guardiamola tutta, questa delega, che è una delega – mi permetto di dirlo – che non comprime, ma esalta il ruolo del Parlamento su una serie di temi su cui siamo noi a offrire un binario di lavoro al Governo. Grazie e buon lavoro a tutti noi.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signora Presidente, una brevissima replica, anche dopo le parole del Presidente Capezzone e quanto ho sentito nel dibattito. Devo dire innanzitutto Pag. 33che il Governo ringrazia i membri della Commissione finanze, a cominciare dal Presidente, per il grande lavoro che è stato fatto in questi giorni, un lavoro che è iniziato nel comitato ristretto e che poi ha avuto, nell'ambito della Commissione, un dibattito ampio, che ha portato a discutere tutti gli emendamenti e tutti i temi che si sono posti. Il Governo, in Commissione, ha sempre sostenuto la posizione che questa delega contiene la possibilità di affrontare e di risolvere per il Paese argomenti che, dal punto di vista fiscale, sono molto ambiziosi. Ricordiamoci che, partendo dalla riforma del catasto (ormai necessaria e fondamentale in questo Paese e che era un po’ l'elemento caratterizzante della vecchia delega e che deve essere fatta per riportare ad una situazione più equa e più giusta nel Paese la valutazione catastale dei beni e la tassazione immobiliare che colpisce la valutazione catastale), la delega si è sviluppata in Commissione su alcuni elementi che sono fondamentali per lo sviluppo di un sistema fiscale moderno. Si è deciso di non intervenire con la delega in modifiche dei vari testi unici (del testo unico delle imposte dirette e del testo unico delle imposte indirette), cioè della parte di progettazione delle politiche fiscali, ma di intervenire su alcuni elementi di programmazione delle politiche fiscali che sono fondamentali per lo sviluppo di un Paese.
  Questa delega contiene quindi articoli che riguardano l'evasione fiscale, il problema dell'elusione, il problema dell'abuso del diritto, il problema della fiscalità ambientale (che, per la prima volta, viene introdotta nel nostro Paese) che sono sicuramente elementi moderni che danno uno sviluppo al nostro sistema fiscale. La delega contiene anche alcuni elementi che sono stati discussi in Commissione e che hanno trovato concordia fra maggioranza e opposizione, che possono rendere il nostro sistema fiscale ancora più moderno e più evoluto dei principali sistemi fiscali europei.
  Mi riferisco ad esempio alla fatturazione elettronica. La fatturazione elettronica non è ancora prevista come obbligo all'interno dell'Unione europea e delle direttive dell'Unione europea. Si è trattato di questo, e si è cercato e si sta cercando di presentarla nel nostro Paese ed è sicuramente un grande strumento per affrontare il tema dell'evasione fiscale e semplificare molto gli adempimenti che i cittadini devono compiere.
  L'elemento della semplificazione dell'azione fiscale e degli adempimenti dei cittadini è un altro elemento contenuto in questa delega e è uno degli elementi determinanti e trainanti di questa delega: un rapporto diverso tra fisco e contribuenti, un fisco molto attento che utilizzi tutti gli strumenti a disposizione, quelli più moderni, per cercare di colpire gli evasori, ma un fisco che cerca di rapportarsi, con una consulenza preventiva nei confronti delle imprese che vogliono pagare le tasse, sia nazionali che internazionali.
  La delega contiene alcuni elementi di accompagnamento per le imprese internazionali che vogliono investire in Italia, come contiene alcuni elementi – che poi chiaramente dovranno essere affrontati con i decreti delegati e con l'attività del Parlamento – per cercare di contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale internazionale, che, attraverso l'utilizzo dei nuovi strumenti informatici, sta colpendo non solo il nostro Paese ma tutti i principali Paesi sviluppati.
  Dicevo, il provvedimento contiene anche alcune scommesse importanti per un fisco diverso. La dichiarazione fiscale precompilata, redatta dal fisco, nei rapporti con il cittadino, è una grande scommessa, è una scommessa che può sembrare impossibile in questa fase, però è una scommessa a cui il Paese deve credere e sicuramente potrà far fare un grande passo avanti al nostro Paese stesso.
  Proprio per quello si uniscono questi elementi a elementi legati alla semplificazione dell'attività burocratica legata alle operazioni fiscali e alla revisione del processo tributario, che è una necessità che ha il nostro Paese. Devo dire che abbiamo visto che anche in Commissione c’è una grande attenzione su questo tema, e una grande attenzione dei deputati sul tema, Pag. 34capendo che questo è un tema necessario per un completo sviluppo del sistema fiscale nel Paese. Io penso che ci si dovrà dedicare a questo tema – come è stato detto da uno degli interventi in modo molto più approfondito – nelle prossime settimane.
  Partendo dal fatto che nel provvedimento sono contenuti tutti questi elementi – che sono elementi per la creazione di un sistema fiscale più moderno –, che partono dall'obiettivo di far evolvere il sistema fiscale italiano, garantendo comunque solidità finanziaria ai conti del nostro Paese, cercare di spostare il dibattito solo su uno specifico elemento, quello dei giochi, che è contenuto in questa delega, secondo noi, depotenzia tutte le potenzialità che sono contenute in questa delega, che – dicevo – sono potenzialità enormi.
  Come il fatto di cercare di tenere questa delega sui macrotemi e sui macrotemi di indirizzo – precisi, ma macrotemi di indirizzo – e non scendere su elementi molto specifici, molto settoriali e molto particolari, è un'altra delle esigenze che il Governo ha posto all'inizio del dibattito in Commissione, che pone anche in Aula perché – ricordiamo – stiamo parlando di una delega fiscale e poi ci saranno i decreti attuativi che invece individueranno alcuni aspetti specifici a seconda delle indicazioni date dal Parlamento.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A) (ore 17,30).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII nn. 5-6-7-11-A: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  La Commissione X (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Senaldi.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il fenomeno della contraffazione e della pirateria commerciale rappresenta una piaga che assume sempre maggiori dimensioni, ha un impatto sul sistema produttivo nazionale, ed oggi può anche sfruttare, oltre ai metodi dei canali tradizionali di commercializzazione, anche le molteplici possibilità che le transazioni via Internet attualmente offrono. Si genera in questo modo un contesto di concorrenza alterata e sleale, con la compromissione, in alcuni casi, della salute e della sicurezza dei cittadini. I danni che lo Stato e le imprese subiscono sono di portata molto elevata.
  Secondo una ricerca pubblicata dal Censis il commercio del falso, per quanto riguarda il solo commercio interno del nostro Paese, ha prodotto nel 2008 un fatturato superiore ai 7 miliardi di euro, con perdite, in termini di mancate entrate fiscali, superiore ai 5 miliardi di euro. Anche a livello sociale ed occupazionale la sconfitta totale del fenomeno della contraffazione Pag. 35garantirebbe un incremento della forza lavoro di circa 130.000 unità. Numeri sensibili, che chiaramente attirano gli interessi della criminalità organizzata, che in buona parte gestisce la produzione, l'approvvigionamento e la commercializzazione dei beni contraffatti. Il problema della contraffazione, inoltre, non investe esclusivamente il consumatore finale, ma sta sempre più rendendosi presente nei rapporti commerciali cosiddetti business to business, cioè i rapporti tra azienda e fornitore a monte della catena produttiva, creando ricadute preoccupanti sul versante della sicurezza dei prodotti e dei macchinari.
  In questo quadro d'insieme brevemente tratteggiato, si determina l'esigenza di garantire continuità al lavoro effettuato nella passata legislatura dall'analoga Commissione di inchiesta istituita nel luglio 2010, in base alla constatazione che il risultato ricognitivo svolto dalla precedente Commissione non può essere considerato esaustivo, anche in considerazione del carattere dinamico ed instabile dei fenomeni inquisiti.
  Il testo che oggi approda all'attenzione dell'Aula è il risultato dell'elaborazione di un testo unico ed unificante delle proposte di inchiesta parlamentare: Doc. XXII n. 5, primo firmatario l'onorevole Mongiello, Doc. XXII n. 6, primo firmatario onorevole Martella, Doc. XXII n. 7, a firma onorevole Bergamini e Doc. XXII n. 11, a firma onorevole Gianluca Pini ed altri. Il testo unificato è stato prodotto considerando la comune base di partenza delle proposte sopra citate per l'istituzione della Commissione di inchiesta e si compone di cinque articoli. Il lavoro emendativo svolto all'interno della Commissione X (Attività produttive) ha ulteriormente specificato la proposta, raccogliendo condivisioni in un clima di grande collaborazione.
  L'articolo 1 prevede la costituzione della Commissione parlamentare monocamerale al fine di indagare sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, definendo l'obiettivo generale della Commissione di inchiesta in relazione con il piano strategico nazionale anticontraffazione e dettagliandone di seguito i compiti e gli ambiti. L'articolo 1 chiarisce anche la definizione di merci contraffatte e merci usurpative di pirateria elettronica e digitale. Viene inoltre inserito, tra i compiti della Commissione, l'indagine sul fenomeno del commercio abusivo, sempre più evidente sul nostro territorio, e si introduce una specifica attenzione alla verifica della validità dell'azione di tutela del made in Italy e del relativo fenomeno dei prodotti cosiddetti italian sounding. La Commissione ha il compito di raccogliere dati sulle diverse realtà territoriali dei distretti industriali italiani, così da poter valutare compiutamente l'entità del fenomeno.
  L'articolo 2 determina in 21 deputati, nominati dal Presidente della Camera, il numero dei componenti della Commissione, che avrà durata pari alla legislatura in corso. L'articolo 3 definisce, in conformità alla Costituzione ed alle previsioni regolamentari, i poteri e i limiti della Commissione d'inchiesta, mentre l'articolo 4 determina l'obbligo del segreto per tutti gli atti che verranno sottoposti a segreto funzionale.
  L'articolo 5, infine, indica in 50 mila euro l'anno l'ammontare delle spese di funzionamento della Commissione a carico del bilancio della Camera, con la possibilità di un eventuale incremento del 30 per cento del fondo disponibile, previa autorizzazione del Presidente della Camera dei deputati. Nell'articolo 5 si pone anche un limite al numero e alla durata delle eventuali consulenze, limite che dovrà essere espressamente indicato nel regolamento che la Commissione si darà per il proprio funzionamento.
  In conclusione della mia relazione, voglio ribadire le ragioni della ricostituzione della Commissione di inchiesta. Il fenomeno della contraffazione è in continua evoluzione ed è di sempre maggiore incidenza e rilevanza economica, tanto che l'azione della criminalità modifica ed aggiorna metodi e sistemi di organizzazione della distribuzione e della penetrazione nel mercato. In quest'ottica è perciò fondamentale cercare di comprendere e chiarire Pag. 36le competenze delle molteplici autorità nazionali deputate alla prevenzione ed al contrasto della contrattazione in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni. Oltre a proseguire l'analisi nei campi già oggetto di verifica nella passata legislatura (ricordo: agroalimentare, tessile e moda, tabacco e pirateria informatica), si ritiene necessario ampliare le indagini ad altre tipologie merceologiche quali, ad esempio, prodotti di oreficeria, occhiali, profumi e cosmetici, ricambi auto e parti meccaniche, prodotti informatici e medicinali, visto anche il continuo sviluppo ed incremento dell’e-commerce.
  Infine, la sottolineatura che la proposta contiene riguardo all'indagine sui prodotti contraffatti al fine della tutela del made in Italy può rappresentare un supporto significativo alla predisposizione di norme legislative a tutela del lavoro e della proprietà dei diritti intellettuali e per la salvaguardia delle produzioni di qualità che il nostro Paese può offrire sui mercati interni ed internazionali.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo della discussione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signora Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi deputati, è in discussione oggi la proposta per l'istituzione di una Commissione chiamata a far luce sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, anche e più in particolare a proseguire quel lavoro di inchiesta che già la precedente legislatura aveva messo in atto con analoga Commissione a tutela del nostro made in Italy. Il provvedimento ha visto il convergere su un testo unitario di più proposte differenti e la collaborazione fattiva tra i nostri gruppi, evento non proprio usuale in quest'Aula, testimonianza, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto il problema della contraffazione abbia assunto un suo peso e una sua rilevanza e di quanto, ahimè, ancora remota appaia la sua soluzione nonostante gli sforzi finora intrapresi dalle istituzioni nazionali e comunitarie.
  Al centro del fenomeno vi è la tipica eccellenza della nostra produzione, del made in Italy, dall'abbigliamento alla pelletteria, all'agroalimentare, oltre ai prodotti più disparati, dai giocattoli alla cartoleria, i prodotti farmaceutici, la cosmesi, fino alla nuova frontiera della pirateria commerciale che utilizza i più evoluti strumenti informatici. Quel made in Italy che la crisi economica e l'alienazione di tanti marchi nazionali dal passato glorioso a gruppi stranieri hanno forse ridimensionato, ma non sono riusciti a cancellare. Molteplici e non solo economiche sono le conseguenze della diffusione della pirateria commerciale. A titolo di esempio un problema che negli ultimi anni spesso ha riempito le prime pagine dei nostri giornali è l'importazione di giocattoli contraffatti privi dei rigorosi vincoli che la normativa europea impone a protezione dei piccoli fruitori di questi prodotti.
  Se la ricerca da parte degli stranieri di articoli del made in Italy assunti da tempo a status symbol alimenta continuamente la produzione di falsi, il fenomeno acquisisce caratteri peculiari quando lo status symbol arriva sulla tavola.
  Discorso specifico va fatto, dunque, per la contraffazione in ambito agroalimentare, fenomeno in crescita e in piena evoluzione, non solo per il danno alla salute pubblica che ne può derivare. L'evoluzione del settore agroalimentare italiano ha portato negli ultimi anni alla riscoperta dei prodotti tipici della nostra agricoltura, un made in Italy nuovo e antico allo stesso tempo che tutto il mondo ci invidia, intorno al quale si sta sviluppando tutto un settore turistico e ricettivo dalle enormi potenzialità, con la riscoperta di coltivazioni tradizionali e prodotti tipici e lo sviluppo di una nuova forma di ricettività turistica che va dagli agriturismi alle fattorie spesso dedite alle coltivazioni biologiche, Pag. 37dove l'ospite è condotto a riscopre la terra, la sua coltivazione, l'allevamento. Come dicevo, le potenzialità sono enormi, anche per questo il danno economico della contraffazione nell'agroalimentare è enorme. In questo ambito va ascritto anche il fenomeno dell’italian sounding, l'ultima frontiera della contraffazione alimentare, economicamente forse la più micidiale: il commercio di prodotti dotati di definizioni, di nomi, di marche, che suonano, per così dire, italiani, ma che non sono prodotti in Italia; articoli che sono prodotti e smerciati utilizzando marchi, immagini e persino ricette che in qualche modo richiamano per assonanza il nostro Paese. In questo modo oggi tengono scopiazzati prodotti nostrani di alta qualità e valore economico, addirittura registrati con marchio DOP e IGP, dal parmigiano reggiano al prosciutto di Parma, alla mozzarella di bufala campana, al gorgonzola. Gli scaffali della grande distribuzione americana sono pieni di prodotti di questo tipo: per ogni articolo italiano autentico importato dal nostro Paese ve sono tre, quattro, cinque che di autentico non hanno proprio niente, nemmeno le materie prime, e ovviamente sono ben lontani dalla qualità dei rispettivi prodotti autentici.
  L'evoluzione del mercato europeo e il ruolo preponderante dell'Unione europea, la caduta dei dazi doganali e lo sviluppo della stessa Organizzazione mondiale del commercio, lungi dall'apportare quei miglioramenti che molti attendevano nel commercio internazionale, sovente hanno favorito, non certo in modo involontario, oltre al sorgere di molteplici problematiche, la diffusione della contraffazione. Se appare non più conveniente e assurdo e persino antistorico pensare a un ritorno ai dazi doganali, la restaurazione dell'assetto continentale antecedente agli accordi di Schengen, tuttavia dobbiamo riconoscere come la caduta delle frontiere, oltre agli innegabili e indiscutibili vantaggi alla libera circolazione di persone, merci, servizi, capitali, abbia costituito pure un imperdibile appuntamento per le organizzazioni criminali dedite alla pirateria commerciale. Merci contraffatte penetrano oggi in Italia soprattutto per mezzo delle navi container. L'origine è quasi sempre l'Estremo Oriente, spesso la Cina, dove il lavoro umano costa poco, dove minime sono le tutele dei lavoratori, quando ci sono. I maggiori porti italiani, senza distinzione, sono gli approdi di volta in volta prescelti: Napoli, Gioia Tauro, Civitavecchia, Livorno, Genova e Trieste. Le autorità doganali italiane negli ultimi anni hanno messo a segno importanti risultati nel perseguire la contraffazione, non altrettanto è stato fatto in altri Paesi europei e, dunque, nel quadro dell'unione doganale europea, questo spesso ha reso vana la nostra azione di polizia, altrimenti efficace. Molteplici sono i numeri della contraffazione a seconda delle varie fonti: Sos Impresa, di Confesercenti, ritiene che la contraffazione nel nostro Paese abbia un giro d'affari pari a 6 miliardi e mezzo di euro; 7 miliardi di euro il valore dei beni contraffatti secondo Confindustria; secondo il Censis lo Stato accuserebbe una perdita di oltre 5 miliardi di euro per mancata realizzazione di imposte dirette, indirette e di entrate fiscali varie. Inoltre, solo in Italia sarebbero 130 mila i nuovi posti di lavoro che si potrebbero ricavare dalla rimozione definitiva di contraffazione e pirateria commerciale. Sono numeri davvero impressionanti, se rapportati alla drammatica crisi economica che stiamo vivendo. Il settore più colpito rimane quello tessile, l'abbigliamento, la pelletteria, dove meglio e da lungo tempo si è affermato il nostro made in Italy, con quasi 20 milioni di capi sequestrati; oltre 2 milioni sono invece gli articoli audiovideo, un altro settore da sempre colpito dalla contraffazione; quasi 1 milione gli articoli farmaceutici e cosmetici.
  Il peggio che potremmo fare oggi nel momento in cui ci apprestiamo a licenziare in questo ramo del Parlamento la legge istitutiva di questa Commissione d'inchiesta, è guardare al commercio, agli scambi commerciali secondo i dettami dell'ideologia neoliberista, una sorta di feticcio, uno dei magici strumenti atti, senza l'intervento della tanto vituperata mano Pag. 38statale, a garantire il pieno sviluppo economico e la crescita del sistema. Così non è, lo sappiamo bene ! E la drammatica crisi economica che stiamo vivendo, figlia di primo letto del neoliberismo, lo dimostra ampiamente.
  In questo senso la contraffazione si rivela come uno dei tanti mali, l'ennesimo, di un sistema economico impazzito che ha prodotto la più spaventosa delle crisi economiche. Non si può certo regredire, e lo ripeto ancora una volta, non si può certo regredire all'Europa dei dazi doganali, e tuttavia l'assenza dei dazi doganali ha contribuito enormemente alla crescita del fenomeno. Non solo, la pirateria commerciale è anche il prodotto diretto della disoccupazione in cui la criminalità organizzata e di stampo mafioso attinge mano d'opera a buon mercato, senza sicurezze, senza tutele per i lavoratori che si prestano.
  Inoltre, senza voler criminalizzare tutto un settore economico che è ancora nervo della nostra economia, dobbiamo dire che proprio le difficoltà in cui si dibatte la piccola impresa inducono talvolta, in casi fortunatamente marginali, a destinare parte della propria produzione alla contraffazione. E nella stessa delocalizzazione si annida talvolta la produzione di articoli contraffatti, lavorati nella fase intermedia del loro processo produttivo. Il neoliberismo ha talora guardato agli scambi commerciali come a un fenomeno all'interno di un ambiente sterile privo di perturbazioni, mentre uno degli elementi che ha contribuito a perturbare in modo significativo gli scambi commerciali è proprio la pirateria commerciale in tutte le sue manifestazioni. Contraffazione e pirateria commerciale sono dunque nello stesso tempo parti costitutive del sistema economico neoliberista e delle sue ingiustizie, e parti della sua stessa crisi. Non solo, un sistema commerciale che si erge sulla proliferazione di gadget, marchi, status symbol, pur senza volerlo, finisce per contribuire significativamente alla proliferazione di gadget, marchi, status symbol contraffatti e in questo senso finisce per porre le condizioni per il proprio stesso deterioramento.
  E, dunque, è contraffazione nella sua forma più elementare e più antica, lo smercio di articoli che pur senza una violazione diretta dei marchi palesemente imitano altri prodotti, più o meno ricercati dal mercato, ma è contraffazione pure quella delle merci che si limitano a riprodurre, senza autorizzazione, marchi registrati; ed è contraffazione la merce che arriva a riprodurne un'altra tutelata dal copyright. Come dicevo la diffusione e l'evoluzione del digitale hanno permesso la riproduzione abusiva, facile ed economica dei marchi, il commercio elettronico in un quadro di globalizzazione reale dei mercati ha offerto dunque l’assist più significativo al fenomeno.
  Sappiamo che la legislazione nazionale si è dovuta adeguare alla diffusione di questo fenomeno per rispondere efficacemente ad esso: la legge n. 99 del 2009 ha corretto gli articoli 473 e 474 del codice penale; sono state innalzate le pene, soprattutto è stata prevista la confisca diretta obbligata degli articoli contraffatti per equivalente. Infatti, la Dia ha messo in luce come proprio la possibilità che siano sequestrati beni per un valore pari al profitto ottenuto in un ambito circoscritto, anche se derivanti da attività diversa e non pertinenti alla contraffazione, costituisca oggi il più efficace strumento a disposizione di inquirenti e magistratura nella lotta al fenomeno della pirateria commerciale.
  Aggravanti specifiche sono previste dall'articolo 474-ter che è, dunque, andato a configurare un'autonoma figura criminosa in capo a chi produce e distribuisce con attività organizzata in modo sistematico articoli contraffatti. La contiguità del fenomeno con le attività della criminalità organizzata, soprattutto di stampo mafioso, in particolare camorristico, ha giustamente suggerito di estendere a questo campo gli strumenti procedurali tipici della lotta alla mafia, in particolare l'utilizzo Pag. 39diretto da parte delle Forze dell'ordine di beni sequestrati, come autovetture e natanti.
  Come dicevo all'inizio di questo intervento, sul testo di questo disegno di legge sono andati a convergere più proposte differenti; ho molto apprezzato questa rinnovata collaborazione.
  Anche per questo il testo appare completo, sia quanto alla definizione del fenomeno della contraffazione, sia quanto agli scopi affidati alla Commissione. È importante che, ancora, siano stati riconosciuti in capo alla Commissione ampi poteri di indagine, pur con i comprensibili limiti attinenti alla libertà individuale e alla privacy.
  La durata dei lavori della Commissione corrisponderà alla durata della legislatura: pur nella precarietà della situazione politica generale, e nella insoddisfazione, che pure in questa sede esprimo anche a nome del mio gruppo, per il Governo in carica, mi auguro tuttavia che la durata della legislatura sia sufficiente a garantire alla Commissione un lavoro efficace e, nel raggiungimento di conclusioni certe e definitive, un contributo decisivo alla sconfitta della pirateria commerciale. Non sarebbe certo auspicabile, qualsiasi sarà la durata della nostra legislatura, che la futura Camera dei deputati della XVIII legislatura – la Camera che verrà, quando verrà – debba confrontarsi ancora con questo fenomeno criminale, al punto da dover costituire l'ennesima Commissione di inchiesta.
  Signora Presidente, la contraffazione – l'abbiamo capito – tocca argomenti e settori molteplici e molto diversi. È corretto che se ne occupi un'unica Commissione d'inchiesta, anche per limitare i costi delle indagini che saranno effettuate, a condizione che la Commissione sia in grado di articolare i propri lavori rispettando i molteplici settori toccati da questo fenomeno criminale. E a condizione – e qui concludo, signora Presidente – che la Commissione si confronti preliminarmente – ripeto: preliminarmente – con la riflessione che la dottrina giuridica sta compiendo anche nel nostro Paese da diversi anni sulle categorie giuridiche della proprietà intellettuale e industriale. L'avvento del digitale ha comportato, per così dire, una «smaterializzazione» delle opere dell'ingegno, con significative conseguenze sull'uso di marchi e diritto d'autore. La filosofia del diritto ha approfondito queste tematiche, salutando con favore le conseguenze già visibili nel nostro quotidiano e che nei prossimi anni sempre più cambieranno la nostra vita; il legislatore e la giurisprudenza, al contrario, non hanno ancora recepito adeguatamente queste novità.
  A mio avviso, leggere questi fenomeni e l'evoluzione tecnologica del digitale nel linguaggio tradizionale del diritto, come sviluppato dai classici principi della proprietà tipici del diritto romano fino al diritto industriale contemporaneo dei marchi, del brand, del design, del diritto d'autore, rischia di non rispondere in modo adeguato all'evoluzione odierna nella circolazione ormai inarrestabile di beni e informazioni, dall'elementare e quotidiano «copia/incolla», fino alla diffusione dei libri digitali, fino all'attesa diffusione delle stampanti 3D anche nella fruizione casalinga.
  È bene che la Commissione di inchiesta sulla contraffazione si occupi anche e preliminarmente di tutto questo, per non arrivare un domani nelle proprie conclusioni a confondere in modo imbarazzante quello che è un comportamento criminale – l'autentica violazione dei marchi, l'autentica pirateria commerciale – con una più moderna interpretazione della proprietà industriale e del diritto d'autore, in grado di distinguere adeguatamente fra opera e supporto materiale.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Benamati. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Signora Presidente, signora sottosegretario, onorevoli colleghi, siamo, come è già stato detto, questa sera in Aula per l'ultimo tratto di percorso relativo all'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sui Pag. 40fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo. Un percorso che non è stato brevissimo, ma è stato sufficientemente breve, proprio per la consapevolezza dell'importanza di questo argomento per il nostro sistema. Intendo ringraziare quindi il relatore per l'ampia esposizione che ci ha fatto sull'articolato del testo, ma anche i membri della X Commissione, coi quali ci siamo confrontati in un proficuo lavoro, come già ricordava il collega che mi ha preceduto, che ha portato all'espressione di un parere unanime sul mandato positivo al relatore per riferire in Aula.
  Questa Commissione, signora Presidente, ha due aspetti differenti ed interessanti rispetto alla precedente Commissione istituita nella XVI legislatura. Da un primo punto di vista riprende in maniera organica il lavoro della Commissione che l'ha preceduta e, nell'ambito delle discussioni che abbiamo tenuto come auspicio alla nuova Commissione e all'Ufficio di presidenza che verrà, contiamo in una focalizzazione su molti settori che non sono, per ragioni di tempo e di economia dei lavori, stati trattati nella precedente Commissione, nel senso che nella XVI legislatura si sono approfonditi temi che riguardavano l'agroalimentare con specifico riferimento anche al tabacco, l'abbigliamento, la moda, si sono prodotte delle risoluzioni oltre ad un'importante relazione e si sono forniti suggerimenti che sono stati poi tradotti in misure attuative.
  Per questa nuova Commissione ci sono importanti settori per il nostro sistema produttivo e industriale che necessitano di attenzione: la meccanica, con l'esempio dei ricambi auto, la farmaceutica, i giocattoli, i prodotti elettronici. Sono voci rilevanti non solo dal punto di vista economico ma spesso – è già stato detto – essenziali per la tutela della pubblica salute, perché ci sono effetti nella contraffazione che vanno al di là del semplice problema e tema, pur rilevante, economico. Quindi, non delle sovrapposizioni rispetto alle Commissioni presenti nella XVI legislatura, ma un prosieguo dell'attività, ampliandola, e questa è la seconda voce interessante sull'istituzione di questa Commissione.
  Si sono inseriti nuovi spunti di impegno, nuovi fattori di indagine. Innanzitutto è stato inserito un tema importante, quello del commercio abusivo, gli è stata data una dignità più ampia, non secondaria, perché il commercio abusivo, signor sottosegretario, è uno dei veicoli principali della diffusione di questo cancro, lo è in maniera diretta e in maniera indiretta nei suoi effetti. Nel commercio abusivo come nella produzione di prodotti contraffatti spesso si annida la criminalità organizzata e sicuramente c’è una funzione di concorrenza sleale verso i commercianti onesti e le persone che rispettano le leggi e adempiono a tutti i loro doveri, che crea delle posizioni di vantaggio inaccettabili economicamente e inaccettabili eticamente e moralmente.
  La Commissione si dovrà poi occupare – questo per noi è molto significativo – anche di analisi di quelli che sono alcuni strumenti che sono stati forniti in questo Paese dal punto di vista legislativo e normativo per la lotta a questo fenomeno, quindi al punto g) di quelli che sono i compiti e i doveri di questa Commissione c’è una valutazione anche di quelle che sono le risorse e gli strumenti di controllo del territorio effettivamente impegnati per rafforzare il sistema di contrasto, nei punti successivi la verifica di eventuali inefficienze e sottovalutazioni, la verifica dei risultati raggiunti nelle attività di prevenzione, la verifica dell'adeguatezza del complesso legislativo nel settore anche con particolare riferimento all'operatività delle aziende italiane con sede all'estero. Quindi un complesso di compiti che ampliano in maniera positiva e costruttiva il ruolo di questa Commissione.
  Poi, signor Presidente, onorevoli colleghi, un tema che noi abbiamo affrontato era se ci fosse bisogno di questa Commissione, questo è stato il vero argomento di dibattito all'interno della Commissione. Noi siamo arrivati come gruppi e come Commissione ad una risposta chiaramente e fortemente affermativa, lo dico perché Pag. 41voglio richiamare qui le ragioni che ci hanno portato ad affermare con forza la necessità di riprendere questo percorso, sono ragioni economiche, ragioni sociali e ragioni industriali. Noi siamo – lo sappiamo, lo viviamo in quest'Aula, lo viviamo nelle piazze, lo viviamo nelle nostre case – in una crisi pesantissima.
  Noi discutiamo continuamente di calo della produzione industriale, di disoccupazione, di calo della ricchezza nazionale, di calo dei consumi. Occorre sicuramente in questo momento – e lo stiamo facendo in quest'Aula – agire dal punto di vista dell'economia anche sulla leva fiscale e, soprattutto, sulla leva fiscale. Occorre dare respiro agli italiani, facendo operazioni di sostegno ai redditi, specialmente quelli medio-bassi, occorre sicuramente riflettere su quali misure si possano adottare in tempi brevi.
  Allora, bene una discussione seria sul combinato dell'IMU e dell'IVA, bene una riflessione su un futuro intervento sulla fiscalità sul lavoro, quindi di un'eventuale riduzione a vantaggio, sia dei lavoratori, quanto delle imprese, ma questo non ci può far dimenticare che la sofferenza che sta provando il nostro sistema manifatturiero e, quindi, l'occupazione ad essa associata, soprattutto per la caduta della domanda nel mercato interno, rischia di diventare un problema strutturale di questo Paese. È proprio per questo che il sistema industriale italiano, che vive di creatività e di innovazione, che vive di qualità e di stile, che vive di bellezza e di gusto, oggi, si trova ad affrontare dei problemi, in questa competizione globale, che sono problemi di grande serietà e che ne mettono a rischio il ruolo nel prossimo futuro sullo scenario del mondo.
  Noi sappiamo che, in questa crisi terribile – dicevo – uno dei pochi asset positivi dei nostri comportamenti, una delle piccole luci in questo buio, è stata quella dell'esportazione del lavoro verso i mercati esterni, soprattutto verso i mercati al di là di quelli dell'Unione europea. Un quarto delle nostre esportazioni che hanno un bilancio positivo sono costituite da prodotti meccanici, elettronici, di alta tecnologia; un decimo da prodotti farmaceutici, un decimo in valore da prodotti attinenti al tessile ed alla moda; il cibo e l'alimentare sono altre grandi voci di questo bilancio, che aiutano il nostro sistema economico in un momento in cui – dicevo – la domanda interna si sta abbassando. E, allora, qui la contraffazione non è una parola estranea a questo mondo, l'usurpazione del marchio non è un concetto estraneo a questa realtà, il prosciutto di Parma, in molti Paesi delle Americhe è un concetto che poco ha a che fare con quella bella e ricca città dell'Emilia, ma molto ha a che fare con gli imprenditori che utilizzano prodotti e materiali completamente diversi. Il parmisan, molto spesso, non ha nemmeno il profumo del parmigiano reggiano che si produce nel nostro Paese, così come grandi aziende come la Ferrero hanno dovuto difendere in grandi Paesi dell'estremo oriente, con forza, i loro marchi e la qualità del loro prodotto.
  Qui c’è quindi un tema importante che travalica il solo mercato interno e che riguarda anche i rapporti internazionali, le situazioni multilaterali, i regolamenti e gli accordi reciproci, un tema che andrà sviscerato, dal punto di vista di questa Commissione, ma c’è anche – lo dico tranquillamente – un tema di mercato interno sulla contraffazione perché, nel 2011, un quarto dei sequestri di materiale contraffatto all'interno dell'Unione europea è stato sequestrato in Italia. Noi quindi abbiamo una dimensione di fenomeno importante anche all'interno dell'Unione e – come dicevo prima – il mercato dei prodotti contraffatti è un mercato che, anche all'interno dell'economia del Paese, dell'economia profonda, nuoce; nuoce perché induce concorrenza sleale, nuoce perché mette a repentaglio la salute dei cittadini, nuoce perché è un sostegno alla criminalità organizzata.
  Allora, signora sottosegretario, i numeri che sono già stati richiamati sono numeri impressionanti. Una valutazione di mercato di contraffazione di 7 miliardi annui, con un volume di produzione di questi articoli stimato addirittura al di sopra dei 10.Pag. 42
  Vi è un'evasione di tasse, perché anche così colpisce la comunità questo «cancro», sottraendo risorse direttamente, con la concorrenza sleale per chi lavora, e sottraendo risorse alla collettività. Si parlava di 5 miliardi di tasse. Una ricerca del Censis indica 5 miliardi di imposte evase in questa maniera. Sono cinque volte quello che serve per bloccare l'IVA in questo trimestre. Questa è la dimensione del problema che abbiamo di fronte.
  E, allora, avviandomi a concludere, io credo che la risposta di questa Commissione, sulla necessità di questa Commissione, la risposta che ci siamo dati e la risposta che riaffermo in Aula è sì, questa Commissione serve. Serve se, come dicevamo all'inizio, fotograferà in maniera realistica la situazione in quelli che sono i settori non ancora sviluppati, analizzati, indagati da quella precedente, se riuscirà a definire, con coerenza e con correttezza, l'efficienza e l'efficacia delle misure che abbiamo messo in atto per contrastare questa piaga e se darà, fornirà, indicherà efficaci sistemi normativi o regolatori di supporto da introdurre per combattere ancora meglio questo cancro. E in questo caso, signora Presidente, onorevoli colleghi, questa Commissione consentirà un passo avanti nella tutela del nostro sistema industriale. Contribuirà, anche se indirettamente, a proteggere il lavoro italiano e a tutelare la salute dei consumatori. Questi sono gli obiettivi e io credo, signora Presidente e concludendo, che osservando anche la filosofia del mio gruppo su questo tema, poiché ritiene il tema della contraffazione e della protezione della produzione italiana essenziale per il futuro, io credo che questa, dell'attività di questa Commissione e dell'analisi sulla contraffazione, possa essere un primo mattone, un primo contributo e un contributo, comunque, a quelle politiche industriali attive che oggi sono urgenti nel nostro Paese, a tutela dei prodotti e dei marchi italiani, ma di tutto il sistema produttivo.
  Un prodotto contraffatto, lo dicevo prima, non è solo un reato. È un danno a tutta la collettività e per il nostro futuro è bene che noi abbiamo chiara la dimensione di quanto succede in questo Paese ed è bene che abbiamo ancora più chiaro, insieme a questo Governo, quelle che potranno essere le misure aggiuntive e rafforzative rispetto a quelle già in essere che possiamo operare per controbattere questo cancro, che minaccia veramente la stabilità del nostro sistema produttivo e commerciale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare la deputata Barbara Saltamartini. Ne ha facoltà.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, io credo che sia giusto partire, intanto, da una considerazione – e mi riferisco a una delle perplessità e a una delle domande a cui si riferiva il collega che mi ha preceduto – sull'opportunità di promuovere nuovamente, anche in questa legislatura, una Commissione d'inchiesta su questi temi. Io, guardate, sono convinta di un fatto: la Commissione d'inchiesta che stiamo valutando ha, secondo me, tre elementi di eccezionalità che meritano che tutto il Parlamento, che tutta l'Aula della Camera, mi auguro, si possano esprimere all'unanimità. Il primo è la difesa dell'identità dell'Italia, della nostra nazione, dei nostri prodotti, delle nostre eccellenze, della nostra storia, le nostre idee, la creatività tipica italiana, le imprese e le famiglie che operano in tutti quei settori che sono a rischio di contraffazione.
  La seconda è la difesa della qualità, e per qualità si intende non solo la qualità del prodotto, ma la qualità della salute, che è l'altro tema che è stato sollevato rispetto al quale non c’è miglior campagna di comunicazione se non quella di dire «fai attenzione a quello che mangi, a quello che indossi e a quello che usi nello svolgimento delle tue necessità quotidiane», perché è proprio grazie a quei prodotti che ne va, spesso e volentieri, della vita o meno delle singole persone.
  Il terzo elemento è quello di una continua volontà di perseguire tutti quegli atteggiamenti criminosi che ci sono dietro questi fenomeni. Guardate, ve lo dice una Pag. 43persona che vive a Roma: quanti di voi, camminando, per esempio, nelle vie limitrofe al Parlamento, hanno avuto modo di incontrare venditori abusivi, cosa ben diversa dagli ambulanti, ragazzi che provengono da ogni parte del mondo e che magari dietro un racket, dietro un'azione criminosa, si prestano a vendere nelle vie delle nostre strade, tra l'altro le strade più belle di questa capitale, prodotti di pessima qualità e che tendono ad imitare – ma non riuscendoci poi granché bene, ve lo dice una donna che un po’ di esperienza c'e l'ha in tal senso – dei prodotti che sono, invece, la qualità e l'eccellenza italiana. Rispetto a questo io credo che già il lavoro che è stato compiuto nella passata legislatura dalla Commissione e dai colleghi che hanno avuto l'onore e l'onere di farne parte sia stato eccellente perché soprattutto rispetto ai temi che si sono affrontati nella scorsa legislatura si è avuta, anche, la capacità di incidere, seppur la Commissione non ha, ovviamente, competenze legislative, in maniera determinante su alcuni provvedimenti che l'Aula poi ha fatto propri. Questa è la forza di questa Commissione; tra l'altro, permettetemi, anche in un clima come quello attuale nel quale viviamo: è stata la forza della coesione di tutti i componenti in quella Commissione, quella coesione e quell'unità di intenti che io credo sia opportuno e doveroso recuperare anche in questa legislatura, grazie all'insediamento della nuova Commissione.
  Rispetto a questo faccio un altro velocissimo passaggio: ci sono mercati, inesplorati, ancora, soprattutto rispetto a questi fenomeni, immensi, che fanno sì che dietro a queste attività illegali ci sia sfruttamento del lavoro minorile – perché in alcuni Paesi, non possiamo nasconderci che questi prodotti vengono realizzati grazie all'utilizzo di minori, costretti a condizioni devastanti di lavoro – c’è l'utilizzo di una occupazione femminile che viene utilizzata con il massimo dello sfruttamento pagando veramente due lire, ma soprattutto, dietro ad alcune di queste attività, c’è la volontà di impoverire il nostro sistema Italia. Allora, mai come oggi, in un momento di crisi, è opportuno e doveroso mettere in campo tutti quegli strumenti necessari per far sì che le nostre imprese, che i nostri artigiani, che i nostri commercianti non ne traggano un ulteriore problema e un'ulteriore perdita di profitto rispetto ad un mercato illegale e rispetto ad una situazione che ha necessità, soprattutto, di essere combattuta, ma anche attraverso i consumatori stessi, perché quella è l'altra grande iniziativa che noi dobbiamo fare in questo tragitto, in questo percorso. Infatti, quanti di noi sulla spiaggia d'estate, mentre prendiamo il sole, mentre siamo lì in compagnia, e arrivano i cosiddetti «vu cumprà», comprano in spiaggia, quanti di noi, da consumatori, hanno fatto sì che queste iniziative illegali comunque si arricchissero anche del nostro contributo ? Allora, dico questo non perché voglia creare intorno a questa Commissione chissà quale potere di coinvolgimento esterno, ma il lavoro che questa Commissione deve fare, attraverso anche l'utilizzo di quelle risorse che sono state destinate per lo svolgimento dei lavori della Commissione, per le consulenze e per le attività che si riterranno valide da portare avanti, deve essere anche indirizzato al massimo coinvolgimento dei consumatori, degli utenti finali.
  Permettetemi anche qui una piccola parentesi: soprattutto, se vogliamo veramente lasciare qualcosa al domani, gli utenti a cui dobbiamo rivolgerci sono gli adolescenti, quelli che saranno i consumatori del domani, quelli che oggi vivono in una società globale e che non riconoscono e non sanno più riconoscere quelle che sono le tradizioni della nostra terra, le tradizioni delle nostre imprese, dei nostri comuni, di quelle tante persone che lavorano per tenere alta la bandiera dell'Italia.
  Questa è la sfida che abbiamo di fronte. Allora, concludo perché rischierei di ripetere molte delle cose e delle parole che ho sentito pronunciare dai colleghi che mi hanno preceduto. Io mi auguro che il lavoro che è stato portato avanti in questi anni – tra l'altro, permettetemi, ringrazio anche la mia collega, l'onorevole Bergamini, che è molto attenta al tema e che è Pag. 44una delle firmatarie, insieme ad altri, di una delle proposte di legge – veda un voto unanime dell'Aula. E mi appello veramente a tutti i colleghi, perché noi in questo momento anche su questa cosa abbiamo bisogno di dare un grande segnale di serietà, di stabilità, ma soprattutto di interesse nazionale. Ma siccome tutti noi qui dentro siamo chiamati a lavorare per il bene comune, io credo che l'istituzione di questa Commissione d'inchiesta sia un segnale fondamentale che va nella direzione di quel bene comune che siamo chiamati ad amministrare. Allora, augurandomi che questo possa accadere in questa Aula e che nel prosieguo della discussione ovviamente gli interventi che seguiranno siano tutti finalizzati a questo interesse, io spero veramente che con l'approvazione e con l'insediamento di questa Commissione speciale di inchiesta potremo dare un contributo anche in un momento di crisi come quella attuale (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fantinati. Ne ha facoltà.

  MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, oggi discutiamo della necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione, un ulteriore organismo pubblico, l'ennesimo gruppo di lavoro che si aggiunge agli altri già presenti nelle nostre istituzioni. Ogni volta che bisogna affrontare un problema in Italia si ha l'abitudine di insediare una Commissione. Si costituiscono troppi tavoli e si produce molto poco, mentre gli italiani, sempre più devastati dalla crisi economica, esigono risultati, esigono fatti, solo fatti concreti. Avremmo voluto quindi che si affidasse il compito di indagine sulla contraffazione nel nostro Paese ad organismi già esistenti, perché istituire una nuova Commissione parlamentare comporta ulteriori spese per la collettività e in un momento così difficile dovremmo essere molto, molto attenti nell'uso dei fondi pubblici e puntare sempre al risparmio. Riteniamo che occorra anche in questo caso fare una serie spending review con la conseguente immissione nel circuito produttivo a beneficio di famiglie, imprese e lavoratori di ogni centesimo che lo Stato riesce a risparmiare.
  D'altro canto, però la Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione nasce sulla base di istanze motivate: la tutela della salute pubblica, la salvaguardia del sistema imprenditoriale nazionale, la lotta alla criminalità organizzata. Sono solo alcuni degli obiettivi a cui mira la Commissione. Per esempio numerosi studi sulle merci sequestrate dalla Guardia di finanza e dalle forze dell'ordine – ho incontrato recentemente quelle di Verona – hanno evidenziato che spesso i prodotti contraffatti rilasciano sostanze tossiche per la salute umana e ormai purtroppo non c’è bene in commercio che non venga contraffatto, dai prodotti tessili e della moda ai toner delle stampanti, dai giocattoli per bambini agli utensili, dagli alimenti ai pezzi di ricambio, dalle auto alle sigarette. Non c’è settore merceologico che si possa ritenere immune dalla contrattazione, con grave danno, come accennavo poc'anzi, per la salute dei cittadini. I prodotti contraffatti infatti non presentano caratteristiche qualitative tali da garantire la salute dei consumatori. Molte volte contengono invece sostanze nocive e pericolose. Le imprese che attivano produzioni illegali minacciano poi la sopravvivenza delle imprese trasparenti, legali, compromettendone l'attività; imprese, quelle illegali, che non pagano tasse e contributi, che non rispettano spesso i diritti elementari dei lavoratori, che non rispettano alcuna regola. Quella dei beni contraffatti è una vera e propria industria, un mercato gestito dalla criminalità organizzata, che attraverso l'organizzazione della produzione, della distribuzione e della vendita alimenta le sue casse e si fortifica sempre di più.
  Talvolta la contraffazione è addirittura il core business di bande criminali. Secondo le stime delle associazioni di categoria – numeri che ha già citato chi è intervenuto prima di me, ma, per la loro Pag. 45importanza, è bene ripeterli – il valore della contraffazione per il mercato italiano, come si evince dalla relazione finale della Commissione parlamentare anticontraffazione della scorsa legislatura, si attesterebbe attorno ad una cifra tra i 6,5 e i 7 miliardi di euro, mentre, a livello mondiale, secondo le stime OCSE, addirittura l'8 per cento dei prodotti che vengono commercializzati sono contraffatti, con 250 miliardi di dollari di controvalore.
  Il mercato illecito della contraffazione ha risvolti negativi sia sociali che economici. Il Censis ci dice che la sconfitta del fenomeno della contraffazione favorirebbe la nascita di quasi 130 mila posti di lavoro. Le imprese sane e oneste hanno meno mercato per i loro prodotti proprio perché una parte di esso è invaso da profitti frutto della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
  Quindi, queste aziende oneste, producendo e vendendo meno di quanto potrebbero, assumono, di conseguenza, meno lavoratori di quanto potrebbero, se non esistesse, appunto, la contraffazione. Per non parlare delle perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali, che sempre il Censis ha stimato in più di 5 miliardi di euro; infatti, l'industria del falso non paga le tasse: è bene sempre tenerlo presente.
  A mio modo di vedere, ma non sono certo l'unico a pensarlo, vi è bisogno di modificare l'approccio culturale che induce i cittadini a continuare a comprare merce contraffatta, disinteressandosi degli effetti, che, come abbiamo visto, sono dannosi per la propria salute, per le imprese italiane, per i lavoratori del comparto, per l'economia nazionale. Certo, vi sono consumatori che vengono tratti in inganno, ma ve ne sono altri che sono ben consapevoli, al momento di acquistare un prodotto, che esso è contraffatto, ma lo comprano ugualmente, credendo di fare un buon affare.
  Ma l'unica a fare un affare è la criminalità organizzata, perché, dietro il volto, magari disperato, di chi tenta di venderci un prodotto contraffatto, vi è la violenta avidità della mafia, della camorra, della ’ndrangheta. Dobbiamo lavorare, quindi, per veicolare un modello di pensiero diverso, un comportamento più responsabile negli acquisti, che faccia emergere le mille conseguenze di un acquisto pericoloso e minaccioso come quello dei beni contraffatti.
  Il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione, in questo senso, potrà svolgere un suo ruolo di impulso e di approfondimento sulle nuove tendenze che emergono dal circuito della contraffazione; tracce ed indirizzi che devono, poi, servire per aumentare le barriere giuridiche per contrastare più efficacemente la diffusione di questa vera e propria piaga sia economica che sociale, tanto più che assistiamo e registriamo con particolare apprensione la crescita della contraffazione anche nel settore dell'agroalimentare, perla del made in Italy e architrave dell'attesa ripresa italiana. Quasi ogni giorno abbiamo notizia di sequestri di prodotti taroccati in questo campo.
  Per questo è encomiabile il lavoro delle donne e degli uomini preposti al contrasto della contraffazione, ma la lotta appare difficilissima, non solo per la pericolosità delle organizzazioni criminali, che hanno a disposizione risorse e mezzi ingenti, ma anche perché il campo di battaglia non si limita al perimetro dei nostri confini nazionali, ma si estende a tutta Europa e a tutto il mondo. Esso interessa cose reali e anche cose meno reali, non tangibili, il cosiddetto italian sounding.
  Ecco perché, a tal riguardo, credo che una collaborazione più stretta fra le autorità italiane e quelle internazionali, in questo campo, debba essere sicuramente rafforzata. Concludo dicendo che, alla luce di queste brevi considerazioni, il MoVimento 5 Stelle voterà in modo favorevole all'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione, ma esigiamo l'impegno concreto di tutta la Camera di tradurre, poi, in atti concreti e tangibili l'indagine di tale Commissione, per dare risposte puntuali ed efficaci alle tante piccole e medie imprese italiane che Pag. 46ci chiedono di essere difese da chi inquina il mercato commercializzando illegalmente prodotti contraffatti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghe e colleghi, come è noto il nostro Paese si è dotato, già dalla fine del 2011, di un Piano nazionale anticontraffazione, promosso dal Consiglio nazionale anticontraffazione previsto nel Codice della proprietà industriale e istituito presso il Ministero dello sviluppo economico dalla legge 23 luglio 2000, n. 99.
  Il Piano ha individuato sei macro-priorità in tema di lotta alla contraffazione: la comunicazione e l'informazione dedicate ai consumatori per rafforzare la cultura della proprietà industriale e la sanzione sociale ancora troppo debole nei confronti del circuito della produzione e dell'import/export, della distribuzione e del consumo delle merci contraffatte e dei prodotti pirata; la costruzione di un diffuso presidio territoriale, attraverso la messa in opera di una rete di consigli locali anticontraffazione da attivarsi presso ogni capoluogo di regione, anche come sedi di coordinamento dell'azione delle forze dell'ordine e come opportunità di implementazione delle loro competenze in materia; la lotta alla contraffazione via Internet nella prospettiva di un corretto equilibrio tra gli interessi dei fornitori di connettività, dei gestori dei contenuti e dei titolari dei diritti, fondato sulla bonifica di troppe zone franche che proliferano in commerci senza frontiere e senza volti e anche, talora, senza regole; la formazione alle imprese in tema di tutela nazionale e internazionale della proprietà intellettuale e partecipazione della nuova Agenzia ICE ai processi di difesa e di valorizzazione di tale proprietà; la tutela del made in Italy da ogni forma di usurpazione, a partire dal diffuso ricorso all’italian sounding; l’enforcement, con particolare attenzione alle esigenze di specializzazione dei giudici civili e penali.
  Già da questa rapida rassegna dei macro-obiettivi del Piano emerge, allora, l'utilità e, di più, la necessità, di proporre anche in questa XVII legislatura, l'istituzione di una Commissione permanente d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, Commissione che, del resto, esplicitamente si propone di verificare le ricadute e le potenzialità effettive del Piano strategico nazionale anticontraffazione. Utilità e, di più, necessità, perché gli obiettivi della Commissione d'inchiesta, dettagliati ai commi 3 e 4 dell'articolo 1 del testo di proposta, sono appunto quelli dell'accertamento dei risultati raggiunti nell'azione di contrasto e dei limiti che possano aver reso inadeguato l'operato delle istituzioni o che abbiano concorso a sottovalutazioni da parte della società civile. Ed obiettivi della Commissione sono, ancora, l'indagine, anche di livello territoriale, sull'organizzazione del circuito di produzione, distribuzione e consumo del falso; l'analisi dell'esercizio dei diritti di proprietà industriale e della qualità dei brevetti; la verifica della legislazione e dell'efficacia della giurisdizione. Sicché, si può ben dire che, giusto il principio del conoscere per deliberare, il lavoro della Commissione d'inchiesta si propone come supporto prezioso per la verifica ed il rafforzamento, tempo per tempo, delle leve fondamentali della strategia di prevenzione e contrasto di quella economia del falso che ormai si delinea, già per la sua rilevanza quantitativa, come componente di assoluto rilievo del più complessivo circuito illegale dell'economia, evidenziando peraltro solide connessioni con le organizzazioni criminali attive nello scenario dell'economia globalizzata.
  Dicevo delle dimensioni quantitative dell'economia del falso. Pochi dati bastano a darne rapidamente conto: la quota delle vendite delle merci contraffatte è stimata tra il 7 ed il 9 per cento sull'intero commercio mondiale; secondo analisi di Confcommercio, debellando contraffazione ed abusivismo commerciale, il fatturato del circuito legale dell'economia potrebbe Pag. 47incrementarsi, in Italia, di circa un punto di PIL. Letti nel loro insieme, i dati segnalano, dunque, che davvero l'efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto del contraffatto, del falso e dell'abusivismo commerciale può sortire effetti di tutto rilievo a vantaggio della crescita, dell'occupazione e della coesione sociale. Se, allora, prevenzione e contrasto sono sempre necessari, tanto più lo divengono in questo nostro tempo, nel tempo, cioè, della più profonda crisi economica e sociale della storia repubblicana.
  Anche perché quanto più il tessuto produttivo del Paese si indebolisce, tanto più insidiosi si fanno i rischi di inabissamento delle sue più fragili componenti in direzione dell'area del sommerso e del nero e tanto più virulenti divengono i processi di infiltrazione nel circuito legale dell'economia da parte delle organizzazioni criminali; organizzazioni criminali per le quali, se estorsione ed usura costituiscono una sorta di economia da rendita di posizione, mercati ad elevata profittabilità e a basso rischio sanzionatorio, come appunto il mercato del falso, costituiscono invece occasione preziosa di investimento.
  «I delitti di contraffazione, se realizzati in forma organizzata, costituiscono invero», si legge in un'intervista della fine del 2011 rilasciata dal presidente Grasso, allora procuratore nazionale antimafia, «attività criminose produttive di enormi profitti, a loro volta in grado di alimentare flussi finanziari impiegati nella conduzione di imprese commerciali collegate ai sodalizi di tipo mafioso».
  Anche da questo punto di vista è importante allora che la proposta di istituzione della Commissione di inchiesta, non solo confermi gli ambiti di indagine relativi alla contraffazione e alla pirateria in campo commerciale, ma punti ad estendere l'area di analisi anche alla patologia dell'abusivismo commerciale. Del resto, già le conclusioni della Commissione della scorsa legislatura segnalavano che, mentre i negozi al dettaglio regolarmente operanti costituiscono il canale di vendita più difficile da penetrare da parte del sistema del falso, canali di vendita paralleli, ed assai spesso opachi ed abusivi, agiscono ormai come articolata rete territoriale per l'offerta di merci contraffatte e di prodotti pirata ai consumatori finali.
  In breve, l'abusivismo commerciale di chi opera in dumping parziale o totale di norme e regole altera il corretto funzionamento dei meccanismi concorrenziali a danno degli operatori in regola e, agendo come canale distributivo di riferimento per il mercato del falso, costruisce una gamma di offerte ai consumatori in cui non vi è né qualità né sicurezza.
  È, però, un'offerta contraddistinta da un'anomala struttura di prezzi finali al ribasso, che riflette patologie e reati dell'intero circuito della contraffazione e che, tuttavia, per il combinato disposto della troppo debole sanzione sociale e della caduta dei redditi determinata da una stagione di lunga e profonda recessione, concorre alla sempre più difficile tenuta del modello italiano di pluralismo distributivo, fondato, non solo sulla convenienza di prezzo, ma anche su sicurezza, qualità e servizio.
  Tra il 2008 e il 2011, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza hanno del resto effettuato, nel nostro Paese, oltre 71 mila sequestri di merce contraffatta per un valore complessivamente stimato in oltre 2,2 miliardi di euro e senza che il numero dei pezzi sequestrati abbia particolarmente risentito della contrazione degli scambi commerciali a livello internazionale a seguito dell'esplodere della grande crisi.
  Ho fin qui riservato qualche considerazione all'impatto dell'economia del falso sul mercato interno e sulla distribuzione commerciale operante nel nostro Paese. Ma altrettanto rilevante è l'impatto del falso a carico dell'Italia esportatrice. Unioncamere e la fondazione Symbola hanno condiviso la costruzione del PIQ, cioè dell'indicatore del prodotto interno di qualità come risultato di innovazione e ricerca, di creatività e talento, di cultura e saperi territoriali, di storia e attenzione al futuro.Pag. 48
  Nel 2011, il PIQ è risultato pari al 47,9 per cento del PIL, con un valore di oltre 460 miliardi di euro ed in crescita nominale di oltre il 3 per cento rispetto al 2010. È il segnale robusto di un'Italia produttiva che reagisce alla crisi, puntando, per il proprio rilancio competitivo, sulla qualità. Ed è appunto chi punta sulla qualità a registrare i migliori risultati sul versante delle esportazioni. Tra il 2007 e il 2011, le imprese italiane hanno, infatti, mediamente accresciuto del 10,7 per cento il valore delle esportazioni al netto dei costi di produzione: molto di più della media europea e di più anche rispetto alla locomotiva esportatrice tedesca.
  Questo investimento sulla qualità va tutelato, perché esso è la chiave di volta per rinnovare ed irrobustire la competitività dell'Italia produttiva e per far sì che i primi segnali dell'approssimarsi della conclusione tecnica della recessione si traducano in un percorso di ritorno alla crescita meno accidentato e meno fragile di quanto a tutt'oggi appare e, soprattutto, capace di dar luogo a processi di riassorbimento della disoccupazione e di costruzione di nuova occupazione.
  Questo investimento sulla qualità va tutelato, perché, insieme all'ibridazione tra manifattura e servizi e alla capacità di rispondere con precisione sartoriale alle esigenze della committenza, costituisce la ragione di fondo della storia di successo delle nostre multinazionali tascabili sui mercati internazionali.
  È la storia di successo delle quattro «A» investigate dalla Fondazione Edison: cioè dell'agroalimentare e dell'abbigliamento, dell'arredo casa e dell'automazione.
  È la storia di successo dell'impresa diffusa organizzata nei modelli distrettuali ed oggi anche nelle aggregazioni di rete, ove lo stare insieme ed il fare insieme hanno particolarmente ad oggetto innovazione ed internazionalizzazione.
  Tutelare il made in Italy, contrastare l’italian sounding, accrescere la cultura dei diritti di proprietà industriale e rafforzare qualità e tenuta dei brevetti, insomma prevenire e contrastare l'economia del «falso» significano, dunque, stare dalla parte giusta. Significano stare dalla parte dell'Italia che sceglie innovazione e qualità, legalità e regole; significano stare dalla parte di un'Italia produttiva che soffre, ma non tira i remi in barca; significano stare dalla parte degli interessi generali del Paese, del suo futuro e del futuro delle sue generazioni più giovani.
  Per questo, occorre che ciascuno faccia la propria parte: tutta e sino in fondo. A livello nazionale, certo. Ma anche a livello europeo ed internazionale. Perché – come si legge nelle conclusioni della Commissione d'inchiesta della XVI Legislatura – serve «un forte impegno a livello mondiale per giungere alla definizione di regole comuni e condivise, rispondenti a principi di reciprocità» ed occorrono «strutture di prevenzione e repressione capaci di operare in stretto coordinamento con gli omologhi organismi presenti nei vari Paesi», ma «le iniziative avviate in ambito comunitario ed internazionale si sono dimostrate ancora timide, deludendo le attese», una ragione in più per chiedere più Europa, ma anche un'Europa profondamente diversa.
  Concludo, citando l'efficacissimo slogan proposto da Indicam, l'Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione: «un prodotto falso è un reato vero». Un reato vero: cioè, al contempo, un furto per le imprese, un danno per lo Stato, un crimine contro la società civile. Al furto, al danno ed al crimine, la proposta di Commissione intende reagire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bargero. Ne ha facoltà.

Pag. 49

  CRISTINA BARGERO. Signora Presidente, signora sottosegretario e onorevoli colleghi, la crescita costante della contraffazione è ormai un dato riportato in diversi rapporti sul tema. Ma la contraffazione ha radici lontane: la storia ci consegna esempi di prodotti contraffatti fin dall'antichità. Si tratta per lo più di fatti, documenti, opere d'arte, oggetti che mostrano come l'inganno sia da sempre stato utilizzato per i fini più svariati.
  Parlando di arte e senza nulla togliere al divino Michelangelo, la storia ci consegna un fatto curioso legato alle sue prime opere scultoree, il «Cupido dormiente» (oggi perduto), che proprio Michelangelo, allora povero e sconosciuto, cercò di contraffare per venderlo al suo committente, il ricco Cardinale Raffaele Riario, studioso ed esperto del mondo classico. Michelangelo cercò di rendere «antica di scavo e preziosa» l'opera e quindi più vendibile, facendo ricorso ad un intervento di contraffazione, applicando al suo marmo, prima di seppellirlo, delle sostanze per renderlo appunto antico. Benché l'opera sia stata verosimilmente antichizzata, lo sguardo ed il sorriso della scultura erano il frutto di uno stile ed un tratto troppo moderno per ingannare l'alto prelato, che acquistò comunque l'opera, ma ripagò Michelangelo con la stessa moneta: denaro falso.
  Ecco, già la storia ci insegna come la contraffazione sia un fenomeno pericolosissimo per l'economia. Oggi l'industria del falso non può più essere considerata un fenomeno marginale dell'economia mondiale. A quanto ammontano i numeri della contraffazione ? Già i colleghi ce lo hanno ricordato: elaborazione dell'OCSE stimano che il commercio di prodotti contraffatti corrisponda a circa il 10 per cento degli scambi mondiali, per un valore pari a 450 miliardi di dollari. A questi risultati si arriva dopo un decennio di forte accelerazione del fenomeno: molte analisi valutano che in soli dieci anni il fatturato dell'industria del falso sia aumentato del 1.600 per cento.
  I dati del nostro Paese, già citati dai colleghi, sono allarmanti. Secondo quanto riportato dall'ultimo rapporto Censis, si stima che in Italia il fatturato del mercato interno della contraffazione sia di 6 miliardi e 900 milioni di euro. I settori più colpiti sono quelli dell'abbigliamento e degli accessori, il comparto CD, DVD e software, il settore alimentare, il settore della moda. La contraffazione alimentare vale in Italia 1,1 miliardi di euro che diventano 60 se si considera il fenomeno dei prodotti italian sounding. A sostenere il mercato del falso, ahinoi, c’è purtroppo una domanda interna particolarmente consistente che alimenta un mercato molto esteso. Anche per questo, secondo il Censis, non esiste prodotto che non possa essere imitato e venduto. Troppi consumatori sono indifferenti al fatto di compiere un atto illecito e convinti di fare un affare.
  Il fenomeno della contraffazione ha gravi ripercussioni sull'economia del nostro Paese perché va a incidere su settori che dovrebbero essere il lume del made in Italy e perché comporta una violazione del diritto di proprietà intellettuale, quel diritto di proprietà intellettuale che è uno dei cardini dell'innovazione. Infatti, il benessere economico del nostro Paese si basa soprattutto su creatività e innovazione. L'Europa, e tanto più l'Italia, sono sede di alcune delle più importanti aziende del mondo, così come di creatori, artisti e inventori. L'innovazione poi è stata posta alla base della strategia di crescita Europa 2020. Vi è infatti uno stretto rapporto tra il buon funzionamento del mercato concorrenziale e un'adeguata tutela, sia dei diritti di proprietà industriale, sia dei segni distintivi dell'impresa.
  A peggiorare il fenomeno della contraffazione è il fatto che è la criminalità organizzata la ragione fondamentale alla base della diffusione globale del fenomeno. Le organizzazioni criminali sono i veri gestori di questa attività illecita e hanno trasformato la contraffazione in un'impresa illegale di produzione e di distribuzione di massa. Questa realtà mette in grave pericolo la nostra capacità di innovazione e di ricerca che da sempre è uno Pag. 50dei punti di forza del nostro Paese e danneggia fortemente i fabbricanti, i commercianti onesti e i consumatori, con gravi rischi anche per la salute e la sicurezza stessa dei consumatori. La contraffazione è dunque il furto della nostra creatività e del valore competitivo delle nostre aziende che non devono essere lasciate sole a combattere il fenomeno, prevedendo incentivi per chi innova e brevetta e semplificando le procedure.
  Nel corso della XVI legislatura è stata istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, che ha svolto la sua attività di indagine approfondendo diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno contraffattivo. L'istituzione della Commissione rispondeva all'esigenza di conoscere strutture e dinamiche del fenomeno della contraffazione attraverso un quadro conoscitivo approfondito e univoco che consentisse al legislatore di contrastarne, per quanto di competenza, lo sviluppo. Gli strumenti di contrasto sono dunque importanti. La Commissione, durante la scorsa legislatura, ha verificato la carenza di un reale coordinamento fra le molteplici autorità nazionali deputate alla prevenzione e al contrasto della contraffazione. Occorre, quindi, cercare di chiarire definitivamente – questo sarà anche il ruolo della nuova Commissione che andremo ad istituire – il quadro delle competenze in modo da evitare sovrapposizioni e duplicazioni di funzioni.
  Concludo ricordando la scena finale di «Totò, Peppino e la banda degli onesti». Alla fine i tre compari, dopo una serie di peripezie, decidono di tornare all'onestà e di distruggere tutte le banconote false con un falò, ma Totò nella foga brucia anche lo stipendio che si era guadagnato in modo onesto. Ecco, fermiamo in tempo, anche grazie al supporto della Commissione, la contraffazione prima che bruci le risorse del made in Italy (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signora sottosegretario, gli italiani sentono molto il problema della sicurezza alimentare e vorrebbero avere maggiori certezze riguardo il cibo che acquistano e consumano, soprattutto in relazione ai nuovi fenomeni come il cosiddetto italian sounding, la pratica imitativa che lede l'immagine del prodotto italiano. Il concetto di italian sounding è legato a quello di agropirateria, con una evidente connotazione negativa che spesso si associa a un inflazionato e non sempre accertato made in Italy in ambito alimentare. Produttori e distributori utilizzano semplicemente un nome che suona italiano per tentare il consumatore, per lo più straniero, all'acquisto di un prodotto che evoca le bontà gastronomiche italiane, ma che di fatto cela una vera e propria frode alimentare.
  Si tratta, quindi, di un fenomeno che nella valutazione dei danni causati da vendita non conforme alle leggi vigenti, ha certamente un suo peso e che richiede un monitoraggio serio e puntale, tanto più necessario quanto in relazione ai maggiori ed esponenziali sviluppi a livello globale dell'industria alimentare e dell'impatto economico che essa ha sulla società. Vi è da tenere presente che la crescita del fenomeno della contraffazione alimentare assume diverse ricadute negative, tra le quali: minacce e danni alla salute e alla sicurezza dei consumatori; consistente evasione fiscale; contrazione del PIL nazionale; diminuzione del fatturato delle aziende oneste; calo della fiducia dei consumatori; complessivo danno per l'economia e al made in Italy.
  Tra i metodi più efficaci per contrastare il fenomeno della contraffazione alimentare vi sono: obbligo normativo sul luogo di origine del prodotto; maggiori controlli da parte degli organi di vigilanza; sistemi di tracciatura automatica; sanzioni più severe; maggiori risorse umane dedicate allo smascheramento della contraffazione alimentare; collaborazione tra organi pubblici e privati; certificazioni di Pag. 51qualità; brevetti; marchi aziendali e collettivi; riconoscimenti quali DOP, IGP eccetera.
  La contraffazione è un reato penale e come tale va perseguito dalla legge, che in materia lo tratta con gli articoli 473 e 474 del codice penale. Nonostante la normativa di legge già esistente, e forse anche perché in Europa il settore dell'industria alimentare è il primo per fatturato e per occupazione, il fenomeno della contraffazione colpisce il nostro Paese con dei numeri spaventosi.
  La distribuzione dei prodotti contraffatti avviene, in genere, attraverso due canali differenti: il clandestino ed il commerciale normale. Il circuito clandestino avviene al di fuori del mercato regolare, ad esempio per strada, nei mercati pubblici, per corrispondenza, su Internet. La globalizzazione del fenomeno ha portato al coinvolgimento sia di Paesi ricchi che poveri con la proposta dei medesimi prodotti contraffatti. L'altro canale di distribuzione è il circuito commerciale normale, quello dei prodotti originali, nel quale vengono maggiormente diffusi prodotti di uso comune e quelli falsi sono posti accanto agli originali. È in questo circuito che, purtroppo, si trovano più facilmente alimenti contraffatti con gravi rischi di inganno dei consumatori che, al momento dell'acquisto, si fidano della regolarità dei prodotti provenienti da canali ufficiali di vendita. Vengono così offerti all'estero, ma anche nelle strutture di vendita interne, sia nei negozi che nei ristoranti, prodotti agroalimentari con marchi o segni distintivi della proprietà industriale contraffatti e soprattutto falsamente denominati come prodotti italiani. La pirateria agroalimentare internazionale utilizza sempre di più denominazioni geografiche, marchi, parole, immagini, slogan e ricette che si richiamano all'Italia per pubblicizzare e commercializzare prodotti che nulla hanno a che fare quelli originali. È valutato che a livello mondiale il giro d'affari del falso made in Italy è di 60 miliardi di euro l'anno; da stime recenti solo l’italian sounding è di 54 miliardi di euro e 6 sono di vera contraffazione. Si tratta di un vero e proprio inganno globale sia per i consumatori che per il nostro Paese, ed è causa di enormi danni economici e di immagine alla produzione e all'esportazione italiana di prodotti agroalimentari.
  Va anche sottolineato come in Italia si importino materie prime da Paesi esteri che vengono trasformate sottoponendole ad almeno un processo dell'industria alimentare e dopo il quale la normativa vigente consente di etichettare quel prodotto con il marchio made in Italy.
  Di queste materie prime importate, solo una parte è classificata come importazioni temporanee perché, dopo avere subito qualche trasformazione in Italia, vengono rivendute sul mercato estero. Sono perciò merci che, provenienti da uno Stato estero, vengono introdotte temporaneamente nel territorio nazionale e qui sottoposte a lavorazione e trasformazione. Questo percorso, appunto, consente a derrate alimentari, contenenti prodotti agricoli non italiani, di essere vendute all'estero con il marchio made in Italy facendo sì che dei 27 miliardi di euro di importazioni, almeno 9 siano stati utilizzati per importare prodotti alimentari esteri perciò non italiani, che però possono essere venduti all'estero fregiandosi del marchio made in Italy. Un fenomeno purtroppo in crescita, per cui si stima che almeno un prodotto su tre del settore agroalimentare importato in Italia sia trasformato nel nostro Paese e poi venduto sul nostro mercato interno e all'estero come prodotto italiano.
  Nonostante i crescenti controlli, la contraffazione continua a fare vittime tra i prodotti italiani colpendo, in particolare, il settore agroalimentare. Ogni anno l'agricoltura perde circa 3 miliardi di euro sui mercati internazionali, a causa dell'aumento dell'agropirateria: dai prosciutti all'olio di oliva, dai formaggi ai vini, ai salumi, agli ortofrutticoli. Un aumento continuo di falsi che provocano danni rilevanti ai nostri prodotti tipici a denominazione come Dop, Igp, Stg, Doc, che qualificano il nostro made in Italy. La maggior parte dei prodotti alimentari falsamente italian sounding pare provenire Pag. 52dalla Turchia, da Singapore, seguono poi l'Ungheria, gli Stati Uniti e tanti altri Paesi ancora.
  Diversa è la diffusione delle frodi alimentari consistenti in sofisticazioni alimentari, vale a dire falsificazioni o manipolazioni effettuate sull'alimento stesso, o in comportamenti decisivi per la insalubrità degli alimenti, le quali possono verificarsi nei punti vendita, nei ristoranti, nelle mense frequentate da ciascuno di noi.
  La contraffazione nel settore agroalimentare è un'attività che, nel complesso, danneggia in misura rilevante la nostra economia e riduce il nostro straordinario potenziale di esportazioni di prodotti originali. Attribuendo ai propri prodotti i valori riconosciuti ed apprezzati dai consumatori del made in Italy, le aziende disoneste estere o italiane che siano, ottengono, in modo illecito e improprio, un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.
  Di conseguenza la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresenta per le istituzioni un'area di intervento prioritaria, oramai tanto quanto il contrasto all'evasione fiscale. Dobbiamo approdare ad nuovo indirizzo legislativo: trattare la contraffazione alimentare con gli stessi metodi utilizzati abitualmente contro i reati di mafia, con implicazioni positive per le imprese agricole, per i consumatori, per l'export e per l'occupazione. Introdurre nella lotta alla contraffazione alimentare gli stessi metodi di indagine utilizzati nel contrasto ai reati di mafia inserendo nel codice penale il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche o di denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. Per chi commette questo reato dovrebbe, poi, essere prevista l'interdizione dall'esercizio delle attività d'impresa e la confisca dei beni usati per commettere i reati. Occorre dotare gli organismi di polizia giudiziaria di poteri investigativi già previsti nella disciplina antimafia anche per il contrasto dei reati di frode alimentare. Proposte forti, certo, ma necessarie perché il business delle attività agroalimentari oggi è preso di mira da poteri mafiosi organizzati, tant’é il volume d'affari delle agromafie considerato pari al 6-7 per cento del business criminale in Italia.
  Infine l'aspetto dell'occupazione. L'estensione della battaglia contro le contraffazioni agroalimentari offre anche la possibilità di creare nuovi posti di lavoro. La lotta alla contraffazione, insieme al contrasto all'evasione fiscale, può portare fino a oltre duecentomila nuovi posti di lavoro nell'agricoltura, nell'industria e nel commercio. Il fatturato del falso made in Italy solo nell'agroalimentare ha raggiunto i 60 miliardi, e per effetto della falsificazione vengono sottratti all'agroalimentare nazionale ben 160 milioni di euro al giorno, il che dimostra che la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le istituzioni, a partire dal Parlamento, un'area di intervento prioritaria tanto quanto il contrasto, appunto come dicevamo, all'evasione fiscale.
  Onorevoli colleghi, la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale che ci apprestiamo ad istituire, e che già ha operato negli ultimi due anni della precedente legislatura, oltre ad approfondire la conoscenza di tali fenomeni e a contrastare la diffusione delle merci contraffatte ed usurpative, avrà il compito di accertare i risultati raggiunti e verificare i limiti istituzionali, normativi, tecnologici, organizzativi e finanziari attribuibili a livello nazionale, che hanno reso inadeguate le azioni delle istituzioni nel contrasto di tali fenomeni criminali. La Commissione avrà, a nostro avviso, il compito di portare all'attenzione del Parlamento proposte concrete da assumere per contrastare efficacemente questa piaga, che mette in pregiudicato le possibilità di crescita e di sviluppo del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Pag. 53

(Repliche del relatore e del Governo – Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Angelo Senaldi.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signora Presidente, ringrazio per la qualità del dibattito, che ha messo in evidenza come la questione sia una questione sentita, una questione condivisa, e anche una questione dirimente rispetto allo sviluppo della nostra economia; e mi auguro che si possa arrivare ad un pronunciamento largo, se non unanime.
  Vorrei porre due sottolineature rispetto ad alcuni passaggi di interventi di questo dibattito. Il primo riguarda certamente la problematica del costo. Direi che diamo una dotazione a questa Commissione, che però non implica una spesa ulteriore rispetto a quella che certamente sarebbe l'attività di una Commissione analoga che si debba occupare di tali questioni: anzi, direi che forse la composizione della Commissione di inchiesta, che numericamente è inferiore alla composizione anche di una sola Commissione permanente, permette di fornire efficienza, e quindi anche di diminuire i costi che la Camera dovrà sopportare per questa verifica ed inchiesta, ampliandola poi a più Commissioni, perché la Commissione di inchiesta sulla contraffazione è una Commissione trasversale, che prevede nella sua composizione, ritengo, membri provenienti da differenti Commissioni permanenti, che possono portare differenti competenze, differenti sensibilità. Una Commissione invece più larga, oppure una Commissione congiunta, con diversi componenti delle Commissioni permanenti, avrebbe provocato certamente un aumento dei costi. Credo che questo sia invece uno strumento che fornisce anche efficienza, con una spesa relativamente contenuta.
  Vorrei inoltre sottolineare un altro aspetto, emerso durante il dibattito: ci siamo molto concentrati sugli aspetti più evidenti della contraffazione, quelli che toccano i cittadini, e molto sugli aspetti della contraffazione alimentare, giustamente e correttamente. Ma credo che la percezione che abbiamo del problema sia una percezione ancora limitata, perché se andiamo in profondità, e verifichiamo quelle che sono le contraffazioni di parti meccaniche, di componenti, di intermedi di lavorazione, che quindi non vengono percepite dal cittadino comune o dall'utente finale, possiamo scoprire veramente un mondo ulteriore che sta proliferando sulla contraffazione, e sta minando alla base anche la sicurezza dei prodotti che noi poi acquistiamo. Credo che davvero ci sia una complessità su questo argomento, che solo una Commissione di inchiesta, coi poteri di inchiesta, che sono poteri speciali rispetto alle Commissioni permanenti, possa indagare e verificare.
  Poi continueremo nel dibattito, anche nei prossimi giorni; credo però che il lavoro di questa Commissione sia – e mi sembra sia emerso, ripeto, dal dibattito e dagli interventi di tutti i colleghi – fondamentale per ribadire la qualità e potenzialità del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, colleghi deputati, sarà certamente un caso – non sempre le cose positive avvengono per caso – ma come voi sapete, oggi è stata fatta al Ministero dello sviluppo economico (non ho potuto essere presente per via di una delegazione del Vietnam) una conferenza stampa proprio sulla contraffazione, e sulla contraffazione delle sigarette, a seguito di uno studio che c’è stato e che, al di là dei temi che sono stati in quest'Aula sollevati sul grande disagio e sulla crisi che crea la contraffazione, evidenzia che quello legato Pag. 54proprio alla contraffazione del tabacco – capite bene – incide fortemente sulla salute.
  È stato detto – mi riaggancio al dibattito in Aula – di come il problema sia quello di sensibilizzare maggiormente i consumatori rispetto a quello che già non viene fatto e non soltanto per il non acquisto di prodotti griffati che si vendono per strada. Oltre alla tutela della salute di cui ho detto poc'anzi, voglio aggiungere un elemento che è fondamentale, e se ne sta dibattendo anche a livello internazionale, che è proprio quello della tutela del made in Italy: vengono copiati prodotti, anche caseari, fatti in Italia. È infatti di pochissimi giorni fa una denuncia che è stata fatta da un consorzio che possiede anche il marchio di prodotti caseari realizzati in Puglia, che a fronte di una vendita, sempre sul sistema informatico (vi faccio un rapporto così per farvi un esempio, ma non ricordo le cifre precise) il rapporto è che mentre quel prodotto viene venduto a 10 euro, attraverso una produzione identica che copia il made in Italy, fatta in Canada, viene venduto a 0,99 centesimi. Di questi fenomeni ce ne sono sempre più in maniera estesa e sempre meno è la tutela ed il controllo.
  Proprio la tutela delle nostre produzioni e lo sviluppo di una sana competizione commerciale nel nostro mercato interno sono presupposti fondamentali anche per garantire la ripresa e lo sviluppo della nostra economia, proprio in questo periodo in cui stiamo cercando con fatica di uscire dalla crisi che ha investito negli ultimi anni l'Italia e molti altri Paesi a livello mondiale. Non possiamo quindi permettere a concorrenti sleali, non rispettosi delle regole e con politiche industriali parassitarie, di sottrarre ulteriori risorse alle eccellenze produttive italiane, né tanto meno possiamo consentire al crimine organizzato internazionale – lo si diceva poc'anzi – di incrementare ulteriormente i propri profitti investendo pesantemente nel traffico di prodotti contraffatti, prodotti che mettono peraltro, appunto, a rischio la salute e la sicurezza dei nostri consumatori, anche di giovanissima età.
  Per tali motivi, il testo unificato da ultimo discusso e approvato, non si limita, a mio avviso, a riproporre quanto già disposto dalla Camera nella scorsa legislatura con l'istituzione di una Commissione di inchiesta, ma vuole anzi rilanciarne la meritoria attività partendo da quanto è già stato fatto ed estendendone anche il campo di indagine. In tal senso, l'inclusione esplicita delle tematiche del made in Italy e dell’italian sounding, di scottante attualità e significativa urgenza per la tenuta del nostro tessuto imprenditoriale, anche sui mercati esteri, amplia la sfera di azione della Commissione rendendo l'obiettivo di approfondire il proprio scritto e raccogliere dati aggiornati e dettagliati sul fenomeno e di assistere e sostenere l'attività legislativa sul tema.
  Nella stessa direzione peraltro vanno le disposizioni approvate, volte a includere esplicitamente anche la pirateria elettronica e digitale e il commercio abusivo nel mandato della Commissione. Il provvedimento esecutivo che oggi discutiamo dedica inoltre particolare attenzione anche alla diffusione di prodotti contraffatti attraverso il commercio elettronico. Il web, dicevamo, è indubbiamente uno dei più importanti motori di sviluppo per l'economia moderna, cui anche il nostro sistema Paese deve pertanto dedicare particolare attenzione.
  Tuttavia, garantire un ambiente, in cui l'offerta lecita di prodotti garantisca le imprese produttrici, salvaguardando gli investimenti e tutelando i posti di lavoro, è l'obiettivo a cui tendere anche attraverso l'analisi delle dinamiche illecite che attraversano il web. Certamente, l'istituzione di una nuova Commissione parlamentare di inchiesta non può essere considerato un punto d'arrivo – questo è ovvio –, una soluzione anticipata e definitiva a tutte le sfide che il fenomeno contraffattivo pone alla nostra società e alla nostra economia, ma è certamente una dimostrazione di Pag. 55sensibilità, di attenzione costante al fenomeno e, soprattutto, rappresenta una nuova occasione per consentire al nostro Parlamento di svolgere la sua missione legislativa sul tema in maniera adeguata, fondata su elementi informativi e dati certi e affidabili.
  Il coinvolgimento delle istituzioni e delle rappresentanze nel mondo lavorativo e imprenditoriale costituirà certamente un ulteriore valore aggiunto al complesso lavoro di indagine che attende la Commissione. Occorre ovviamente tenere presente, però, che molte delle questioni in discussione non riguardano esclusivamente e soltanto i comportamenti legislativi, ma coinvolgono direttamente anche il senso civico, l'educazione, la cultura della legalità che ha ciascuno di noi in riferimento anche al proprio comportamento in qualità di consumatori.
  In tal senso, l'attenzione all'informazione ed educazione dei cittadini dovrà sempre restare alta e accompagnare l'intensa attività di vigilanza e repressione dei comportamenti illeciti nel solco dell'impegno sino ad oggi garantito dal Governo. Del pari, resta alta l'attenzione verso i mercati esteri, a garanzia e tutela delle nostre imprese che internazionalizzano, soprattutto di quelle aree geografiche dove più alta è la penetrazione dei fenomeni di concorrenza sleale e dove maggiori sono però le opportunità di sviluppo e di investimento. Tra questi Paesi, evidentemente, vi sono i Paesi cosiddetti BRICS.
  A fronte, infatti, di una ridotta armonizzazione normativa a livello internazionale sulla contraffazione, occorre sostenere e affiancare con forza le imprese italiane affinché possano cogliere al meglio le opportunità offerte dall'economia globale.
  Signor Presidente, un ringraziamento particolare va alle Commissioni che sono state impegnate in questo provvedimento molto importante su un tema cruciale per le nostre imprese e per i consumatori italiani. I relatori, insieme al Governo e ai presidenti di Commissione, hanno cercato di fare realmente il massimo anche nel condividere e nell'apprezzare positivamente alcune proposte emendative che provenivano sia dalla maggioranza, sia dall'opposizione. E ciò, con l'augurio che questa Commissione possa insediarsi nel più breve tempo possibile e cogliere la grande attenzione che esiste presso il Mise proprio nella direzione della contraffazione per i prodotti italiani che vengono venduti all'estero.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,10).

  GIORGIO AIRAUDO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, vorrei dire a lei e all'Aula che, in relazione alle notizie apparse in questi giorni su vari organi di stampa e oggi confermate ad una delegazione sindacale circa la possibile cessione di società del gruppo Finmeccanica, in particolar modo l'Ansaldo e la Breda, anche attraverso un uso temporaneo o parziale del fondo strategico della Cassa depositi e prestiti, a mio avviso e a nostro avviso, come gruppo di Sel, si richiede che il Governo venga urgentemente a riferire in quest'Aula perché non vorremmo trovarci – come è avvenuto per la nomina del presidente di Finmeccanica, il dottor De Gennaro – di nuovo, davanti ad un fatto compiuto.
  Le aziende che sono collocate nel settore civile di Finmeccanica, in un equilibrio importante per quel gruppo, sono strategiche per qualunque disegno di riconversione di produzioni in questo Paese. Quindi, chiediamo urgentemente che il Governo trovi il tempo per recarsi in quest'Aula e consentire una discussione sul futuro industriale di questi asset e del Pag. 56
Paese. Non possiamo lasciare quei lavoratori e i sindacati da soli a svolgere questa discussione che riguarda l'interesse dell'intero Paese. Bisogna che il Governo consenta al Parlamento di dire la propria opinione.

  FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, io da perugino mi trovo a intervenire su un fatto di cronaca che abbiamo letto, molti di noi, oggi sui giornali. In un liceo classico della mia città, un questionario nell'ora di religione elencava, tra le colpe alle quali bisognava dare una valutazione – a delle colpe – l'essere omosessuali. Ora, già si sono espresse tante associazioni di tutela dei diritti civili e associazioni che hanno a cuore l'uguaglianza di tutti noi. La scuola in primis è l'organismo che non deve insegnare discriminazione, ma deve insegnare unione, civiltà, fratellanza.
  Quindi, mi auguro che questi episodi non accadano mai più, soprattutto riguardo alla religione. È da tanto tempo che non frequento più la Chiesa, ma ricordo l'insegnamento più importante di Gesù che diceva: «Ama il prossimo tuo come te stesso» e questo, secondo me, vale, valeva e varrà sempre.
  Poi, non posso non continuare affermando che la settimana passata qui è stata votata – noi non l'abbiamo fatto – una blanda legge (lo abbiamo sottolineato più volte) sull'omofobia e l'emendamento Gitti, complice anche il PD, favorisce questo tipo di comportamenti. Quindi, dobbiamo dire assolutamente «no» a questo tipo di fenomeni e a questo tipo di educazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 24 settembre 2013, alle 11:

  1. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   CAUSI ed altri; ZANETTI; CAPEZZONE ed altri; MIGLIORE ed altri: Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (C. 282-950-1122-1339-A).
  — Relatore: Capezzone.

  2. – Discussione delle mozioni Busto ed altri n. 1-00030, Zan ed altri n. 1-00188 e Grimoldi ed altri n. 1-00189 concernenti iniziative in materia di utilizzo di alcune tipologie di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici.

  3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   MONGIELLO ed altri; MARTELLA ed altri; BERGAMINI; GIANLUCA PINI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII, nn. 5-6-7-11-A).
  — Relatore: Senaldi.

  La seduta termina alle 19,15.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FILIPPO BUSIN IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DOC. XXII, NN. 5-6-7-11-A

  FILIPPO BUSIN. Onorevoli Colleghi ! Secondo diversi studi, svolti sia a livello nazionale che internazionale (Censis, Confindustria, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), i numeri del fenomeno della contraffazione e il suo impatto negativo sull'economia del nostro Paese hanno raggiunto livelli allarmanti, ancora più intollerabili oggi per un'economia Pag. 57come quella nazionale che sta affrontando un periodo di grave recessione.
  Le stime più aggiornate fissano un valore di mercato dei prodotti contraffatti che potrebbe raggiungere l'8 per cento della produzione a livello mondiale.
  Il fenomeno della contraffazione interessa praticamente tutti i settori merceologici, con percentuali più elevate nel settore calzaturiero e della pelletteria. Un riguardo speciale, però, deve essere rivolto al comparto agroalimentare.
  Il settore agroalimentare e agroindustriale nazionale, stando ai dati forniti dalle maggiori organizzazioni professionali agricole, produce circa 150 miliardi di euro come valore assoluto. Il peso maggiore del predetto valore è rappresentato dai prodotti tipici e da quelli designati con denominazioni di origine geografiche, trattandosi di produzioni che evocano nei consumatori di tutto il mondo elevate caratteristiche di qualità, di autenticità e di corrispondenza tra sicurezza alimentare e rispetto di tradizioni rurali.
  I fenomeni della contraffazione e delle imitazioni agroalimentari ed enogastronomiche, il cosiddetto «italian sounding», recherebbero alle imprese italiane un danno in termini di esportazioni di circa 60 miliardi di euro, divisi per circa 6 miliardi di euro in contraffazione e in circa 54 miliardi di euro in pratiche relative all’italian sounding.
  In Europa l'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani raggiunge un valore di circa 26-27 miliardi di euro, a fronte di un controvalore delle esportazioni di circa 13 miliardi di euro. In pratica, per ogni prodotto italiano esportato legalmente nell'Unione europea, ne esistono almeno due imitati o falsi.
  Negli Stati Uniti d'America la situazione sarebbe ancora più negativa: a fronte di un valore certificato delle esportazioni di circa 3 miliardi di euro, si registra un controvalore di prodotti riferibili all'origine italiana di circa 24 miliardi di euro, ossia 8 prodotti falsamente italiani contro 1 prodotto esportato ed effettivamente di origine italiana.
  Con la presente proposta di inchiesta parlamentare si propone di proseguire e di rilanciare l'attività già svolta durante la precedente legislatura dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, a suo tempo istituita.
  La Commissione ha svolto durante la XVI legislatura la propria attività per circa tre anni, tenendo 69 sedute e approvando, al termine dei lavori, quattro documenti, ossia la relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare (Doc. XXII-bis, n. 2), la relazione sulla contraffazione nel settore del tabacco (Doc. XXII-bis, n. 6), la relazione sulla contraffazione nel settore tessile e della moda (Doc. XXII-bis, n. 7) e la relazione sulla pirateria digitale in rete (Doc. XXII-bis, n. 8).
  Anche e soprattutto per le conclamate connessioni tra produzione e commercio di prodotti contraffatti e criminalità organizzata, nonché per l'impiego di lavoratori in condizioni non corrispondenti agli standard previsti dalla legge, appare opportuno rinnovare un organo, la Commissione parlamentare di inchiesta, che possa studiare, analizzare e ottenere informazioni sulle possibilità e metodologie per arginare e affrontare il fenomeno, nonché indagare il livello di penetrazione delle organizzazioni criminali nel mercato illegale della contraffazione.
  La precedente Commissione parlamentare di inchiesta aveva riportato, nelle citate relazioni, proposte di modifiche legislative provenienti da tutti i soggetti istituzionali nonché dai rappresentanti delle categorie produttive interessate dal fenomeno, da sottoporre all'attenzione dell'Assemblea al fine di focalizzare l'attenzione del legislatore sulla gravità del fenomeno. Si trattava di modifiche fondamentali di diritto sostanziale e processuale, volte a perseguire in modo più efficace ed efficiente il crimine. Fermo restando che la Commissione non aveva un autonomo potere di iniziativa legislativa è evidente tuttavia l'importanza di istituire un organo ad hoc che approfondisca lo studio del fenomeno e possa fungere da stimolo costante al Parlamento sia per trovare rapidamente soluzioni legislative Pag. 58che favoriscano il contrasto della contraffazione e della pirateria sia per valutarne il grado di effettiva applicazione.
  È quindi fondamentale mettere in atto tutti gli strumenti in grado di perseguire l'obiettivo della lotta alla contraffazione, a cominciare dal portare avanti le attività e il lavoro della precedente Commissione parlamentare di inchiesta.
  Per questo la presente proposta di inchiesta parlamentare ne ripropone l'istituzione nella XVII legislatura con i medesimi poteri e con le medesime finalità, rafforzando tuttavia il concetto della tutela del made in Italy.