Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 64 di venerdì 2 agosto 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,40.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Biancofiore, Bolognesi, Gozi e Pes sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 896 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena (Approvato dal Senato) (A.C. 1417-A) (ore 9,43).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1417-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.
  Ricordo che nella seduta del 31 luglio 2013 è stata respinta la questione pregiudiziale Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1417-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  In assenza del relatore, di cui non mi ero resa conto, sospendo la seduta per cinque minuti.

  La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 9,55.

  PRESIDENTE. Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Lega Nord e Autonomie e Partito Democratico hanno chiesto l'ampliamento della discussione sulle linee generali senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza e presidente della Commissione giustizia, Donatella Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, utilizzerò questo tempo ovviamente per cercare di illustrare le linee del provvedimento e Pag. 2poi chiederò alla Presidente di essere autorizzata a consegnare la relazione scritta.
  Il provvedimento che è all'esame oggi è un provvedimento estremamente complesso, che deriva dalla conversione del decreto-legge n. 78 del 2013, che si compone di sei articoli e che in realtà è stato emanato dal Consiglio dei ministri per contenere misure volte a fronteggiare il sovraffollamento carcerario. Infatti, il testo incide sia su alcune norme dell'ordinamento penitenziario, la legge n. 354 del 1975, sia sul testo unico delle tossicodipendenze e la disciplina dei poteri del commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
  Il provvedimento è stato approvato con modificazioni sostanziali il 24 luglio 2013 dal Senato. Il testo che è arrivato alla Commissione giustizia della Camera è molto diverso rispetto a quello che era originariamente e, quindi, rispetto a quello che era l'intento di quel decreto-legge, sicuramente riducendo l'effetto deflattivo e anche il cambio di passo culturale in materia di ordinamento penitenziario.
  Ecco perché la Commissione giustizia, sia pure nel brevissimo tempo che ha avuto a disposizione, su richiesta unanime dei gruppi e con una disponibilità da parte degli auditi di cui li ringrazio, ha effettuato un'indagine conoscitiva sul punto ottenendo un unanime consenso da parte delle Camere penali, dell'Associazione nazionale magistrati, dei responsabili del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e di organizzazioni che operano nel settore come, in particolare, Antigone, che ha chiesto di essere sentita, nell'affermare che quelle modifiche che erano state fatte al Senato in realtà riducevano a poca cosa questo decreto-legge, tale sostanzialmente da svuotarne il contenuto e soprattutto creare gravi problemi anche di compatibilità rispetto all'adempimento della sentenza della CEDU del gennaio 2013, la sentenza Torreggiani, che ha imposto all'Italia – oltre ad averla condannata al pagamento di sostanziose somme di denaro – di adottare entro un anno misure strutturali proprio per evitare il sovraffollamento carcerario.
  Infatti, il testo licenziato dal Senato aveva ripristinato tutte le preclusioni introdotte dalla legge ex Cirielli eliminate dal decreto-legge, in palese contraddizione proprio con gli obblighi europei e con i presupposti stessi dell'emergenza che si voleva affrontare.
  Dalle audizioni è emerso che la reintroduzione delle preclusioni per recidivi e reiterati risulta in netto contrasto, tra l'altro – e questo penso sia un momento importante anche per la valutazione da parte tutti i gruppi –, con le norme che già questo Parlamento nel 2010 ha approvato con il «decreto Alfano», la legge n. 199 del 2010, poi ampliata negli effetti dal «decreto-legge Severino» del 2012, in cui già si era inciso sul fatto che si poteva sospendere l'ordine di esecuzione di pene inferiori a mesi 18, o comunque dare a chi era detenuto la possibilità di scontare gli ultimi 18 mesi ai domiciliari di una pena; e ciò a prescindere dal fatto che si trattasse di recidivi, quindi consentendo anche a quest'ultimi di accedere all'espiazione della pena in forma domiciliare.
  Tanto più quindi hanno rilevato unanimemente gli auditi che l'ordine di carcerazione andrebbe emesso, per chi è libero e, quindi, non è sottoposto a misure cautelari; e quindi quando già c’è stata una valutazione da parte del giudice della cognizione che ha escluso la pericolosità di quei soggetti che altrimenti sarebbero stati in carcere; il decreto tende ad evitare l'ingresso in carcere di persone che sia pure in un passato lontano hanno commesso due reati, anche di non particolare allarme sociale (perché ovviamente quelli di grave allarme sociale sono esclusi sia del decreto-legge sia dagli altri benefici, mi riferisco all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario), al fine di far valutare al giudice della sorveglianza se merita la detenzione domiciliare o l'affidamento in prova.
  Rispondeva a questa esigenza il decreto Cancellieri che aveva cercato di dare piena attuazione al principio costituzionale dell'articolo 27 della Costituzione che, appunto, vede nella pena la necessità della Pag. 3individualizzazione del trattamento connesso proprio alla funzione rieducativa della pena.
  Il decreto nella versione originaria esclude il principio costituzionale degli automatismi che sono irrazionali perché riferiti a categorie di soggetti condannati solo per il fatto di essere stati già condannati, non in relazione al comportamento che hanno avuto anche successivamente o in corso del processo.
  E unanime è stata anche la considerazione che le modifiche apportate al Senato si pongono appunto in controtendenza con le linee ispiratrici del decreto che tendeva a dare attuazione, quindi a porre rimedio, alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, adottato dal Consiglio dei ministri, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza e che le forze politiche che compongono la maggioranza, avevano valutato positivamente per ridurre con effetti immediati il sovraffollamento carcerario.
  Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che su altre modifiche le audizioni del Senato ponevano rilevanti problemi di diritto intertemporale, poiché il provvedimento originario, quindi il decreto-legge nella forma originaria, aveva già esplicato i suoi effetti e la non conversione, nei punti essenziali di quel decreto-legge, può comportare il reingresso di alcuni soggetti che hanno ottenuto nel frattempo la sospensione dell'ordine di esecuzione.
  Importanti sono state, nel corso delle audizioni, anche le dichiarazioni e la illustrazione del commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, il prefetto Angelo Sinesio, il prefetto che è succeduto a Franco Ionta, già capo del DAP e commissario delegato dal 2010, e che ha proposto un piano carceri fondato su tre pilastri: nuova edilizia carceraria, implementazione degli organici della polizia penitenziaria, misure deflattive della carcerizzazione.
  Rimando alla relazione scritta per il dettaglio degli elementi che abbiamo tratto da questa audizione comunque rilevante anche per la valutazione dell'articolo 4 di questo decreto che andiamo a convertire, che tiene conto delle necessità di proroga e di ampliamento dei poteri del commissario straordinario.
  Il commissario straordinario ha dato anche dei riferimenti numerici dicendo che con 468 milioni di euro assegnati al piano carceri, sono in corso di realizzazione, in corso di affidamento, 12.324 posti detentivi.
  Ha dato anche l'individuazione di come sono stati ripartiti. Allo stato, sono stati consegnati 709 posti nel 2012 ed entro il 2013 verranno consegnati circa 4.700 nuovi posti. Ha segnalato, in particolare, l'opera che è riuscito a fare come commissario straordinario per quanto riguarda il nuovo istituto penitenziario di Arghillà, affidato nel 1992 per 150 posti dal provveditorato alle opere pubbliche grazie al piano carceri, e che solo dopo essere stato inserito nel 2012 nel piano carceri, ha visto finalmente la sua apertura il 23 luglio 2013, dopo la traduzione di circa 150 detenuti.
  Non ho il tempo qui di illustrare e ripercorrere tutti gli elementi che abbiamo acquisito proprio dal DAP, dal commissario straordinario, dal consigliere Sabella, dal vice capo del DAP, il consigliere Cascini, ma per questo rimando alla relazione scritta e ai resoconti dell'audizione che hanno svolto in un'indagine conoscitiva. Ho necessità di affrontare un altro punto cardine di questo provvedimento che deriva dall'introduzione di una modifica del codice di procedura penale effettuata dal Senato.
  In particolare, il Senato ha introdotto una modifica all'articolo 280 del codice di procedura penale che ha alzato il tetto della pena ai fini della custodia cautelare in carcere da quattro a cinque anni. Questa modifica non era stata inserita nel decreto carceri del Ministro Cancellieri e quindi, introducendo una modifica direttamente sulla custodia cautelare in carcere, io credo che sia di tutta evidenza che vi sia stata una notevole discussione da parte della Commissione giustizia in quanto si andava a modificare un istituto Pag. 4che sia pure connesso anche con il sovraffollamento delle carceri – in quanto sappiamo, anche dalla relazione che il primo presidente della Corte di cassazione ha fatto in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2013, che la custodia cautelare incide per il 40 per cento nei confronti dell'insieme numerico dei detenuti – andava in ogni caso a modificare nell'ambito della conversione di un decreto-legge un istituto procedurale che ha una sua valenza sistematica e organica.
  Come ho detto, questa scelta del Senato ha suscitato nell'ambito della Commissione, in alcune forze politiche e anche nel relatore, una certa perplessità nel metodo soprattutto, anche se proprio da alcune proposte di legge di cui sono prima firmataria che sono state presentate e sono già calendarizzate. Il problema della carcerazione preventiva è all'attenzione della Commissione giustizia e anche quello dell'elevazione del limite massimo edittale previsto perché si possa disporre l'ordinanza di custodia in carcere. Su questo punto, per riferire anche il dibattito in Commissione, da un lato, si è puntata l'attenzione sul fatto che c’è stata e c’è una tendenza del legislatore a sanzionare con pene fino a quattro anni di reclusione molte volte in considerazione proprio del fatto che «quattro anni» era il limite minimo richiesto per poter ordinare la custodia cautelare in carcere; dall'altro, però, molte volte il legislatore ha operato, nell'ambito dell'individuazione delle pene a volte soprattutto, spinto dall'emergenza, dall'emotività del momento. Sono convinta che la modifica dell'articolo 280 poteva essere fatta in una situazione di maggior sistema e, quindi, alla luce di una revisione anche dei limiti di pena previsti per alcune fattispecie, oltre che alla luce di una rimodulazione della pena.
  Quest'Aula ha già affrontato la problematica nel provvedimento che è stato discusso e approvato da questo ramo del Parlamento, riguardante appunto la detenzione domiciliare come pena alternativa a quella della reclusione in carcere per alcuni reati fino a sei anni.
  Ovviamente in quel provvedimento si parlava di pena definitiva, quindi di pena da eseguire all'esito di una condanna definitiva. Qui siamo nell'ambito del cautelare, cioè di qualcosa che arriva durante il processo, prima che si compia l'esito del processo, di una sentenza irrevocabile. D'altro canto, noi non potevamo nemmeno trascurare il grido d'allarme che deriva dalla società tutta e, anche e soprattutto, dagli organismi internazionali con riferimento al sovraffollamento carcerario.
  Ecco, che quindi si è cercato di individuare un punto di equilibrio, che la Commissione ha esplicitato non modificando la scelta del Senato, votata sostanzialmente – mi pare – da tutte le forze politiche, o quasi, ma prevedendo che fosse escluso quel limite edittale, e che quindi si potesse procedere comunque alla custodia cautelare in carcere per il reato di illecito finanziamento ai partiti, punito fino a quattro anni. Questo per il significato etico e istituzionale che la norma incriminatrice, ancora oggi, è in grado di assumere. Mentre, un'altra scelta importante è stata fatta riguarda il reato di stalking: infatti l'innalzamento, che forse non è stato sufficientemente meditato proprio perché è stato approvato tramite un emendamento al testo governativo, e quindi non aveva avuto una preparazione di raffronto preventivo adeguato faceva sì che, nell'ambito dei reati puniti nel massimo fino a quattro anni, sostanzialmente fosse fuori dalla possibilità di emettere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, il reato di stalking.
  Personalmente, avevo partecipato ai lavori del Parlamento quando fu introdotto il reato di stalking e ricordo, nell'ambito dei lavori preparatori, che quel limite edittale di pena fu introdotto proprio perché rendeva possibile – dopo un percorso che si lasciava comunque decidere alla vittima, che poteva proporre la querela e poteva chiedere, in un primo momento, anche solo l'ammonimento, proprio perché sappiamo che il reato di stalking si realizza molte volte tra persone che sono, o sono state legate da momenti di affetto, o comunque da relazione – Pag. 5consentire l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, laddove ovviamente ci fossero i presupposti di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale.
  Su questo punto, la Commissione non ha posto un'esclusione, non ha operato attraverso un'esclusione dal regime generale, ma ha ritenuto di accogliere un emendamento che innalza la pena massima prevista per il reato di stalking a cinque anni, perciò stesso il reato di stalking rientrerà nel limite edittale di pena previsto dal decreto-legge che stiamo convertendo, con le modifiche approvate dal Senato e dalla Commissione giustizia. Questa scelta è stata fatta, non soltanto in vista del limite edittale, elevato dal Senato, ma in considerazione e, quindi, con piena consapevolezza da parte della Commissione su questo punto, in relazione al grave allarme sociale di siffatto reato, alla sua recrudescenza, al fatto che, purtroppo, prelude, molto spesso, a forme di violenza più gravi nei confronti delle donne, o comunque delle vittime, tenendo conto anche dei risultati di un'indagine conoscitiva in corso presso la Commissione giustizia e che terminerà il 30 settembre, che ha ad oggetto l'esame dei punti critici della normativa in vigore in tema di violenza alle donne.
  L'altro punto importante del provvedimento su cui la Commissione giustizia ha fatto un passo avanti rispetto al testo del Senato è quello di avere ripristinato l'originaria filosofia del decreto-legge Cancellieri, quella, cioè, di impedire che automatismi basati soltanto sulla recidiva non consentano l'accesso, per reati di media gravità, ai soggetti, che pure hanno messo in essere un comportamento di recupero e ne siano meritevoli, alle misure alternative quali i domiciliari, la semilibertà e la messa alla prova.
  Questo è il punto importante che la Commissione è riuscita a riproporre e che ci consente di sottoporre all'Aula non solo la conversione di un decreto-legge dedicato a rimediare per via strutturale al sovraffollamento carcerario, ma anche un passo avanti culturale che tiene conto degli elementi che ci arrivano dalla nostra società civile per cui la pena deve essere certa e proporzionale e il carcere come extrema ratio, in relazione alla personalità dell'autore e in concreto alla gravità del reato. Per il resto, Presidente, rinvio alla relazione scritta.
  Signor Presidente, chiedo, dunque, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

  PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Colletti. Il deputato Colletti non è presente in Aula; s'intende che vi abbia rinunziato. Eventualmente potrà replicare al termine della discussione sulle linee generali.
  Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che vi rinunzia.
  È iscritto a parlare il deputato Alfonso Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, ovviamente avevo preparato il mio discorso in ordine al decreto cosiddetto «svuota carceri». Ovviamente, lo avevo preparato prima di ieri pomeriggio ed è un discorso abbastanza tecnico, che tende a illustrare alcuni passaggi per noi fondamentali. Per esempio, il fatto che il decreto in maniera fuorviante sia intitolato «disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena». È meglio ribattezzarlo come decreto «svuota carceri». Per noi questo provvedimento vale la pena di ribattezzarlo come «misure in materia di non esecuzione della pena», perché la filosofia a cui è ispirato questo decreto è una filosofia per cui siccome i detenuti si trovano in condizioni disumane, condizioni oggettive che nessuno in questa sede può smentire, solo per questo – anzi, non solo per questo – la soluzione è svuotare completamente la pena detentiva della sua funzione non solo di deterrente ma anche rieducativa (diciamolo, perché anche la pena detentiva ha una sua funzione rieducativa).Pag. 6
  Detto questo, ci si propone di svuotare le carceri. Ora non si tratta ovviamente di volere essere giustizialisti né, tanto meno, fautori di quella tolleranza zero un tanto al chilo in gran voga, solo quando fa comodo, presso una certa area politica e culturale di questo Paese. Non si tratta, ripeto, di volere ignorare le indegne vicende di carcerati costretti a vivere e a convivere in condizioni umanamente indecenti e istituzionalmente inaccettabili. Siamo i primi a sostenere che quanto statuito nella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'8 gennaio 2013 rappresenta un richiamo che non poteva essere ignorato e non tanto per le onerose conseguenze economiche, che sono quelle che secondo noi hanno veramente spinto il Governo a questo decreto, ma per una irrinunciabile questione di civiltà.
  Infatti, in uno Stato di diritto il requisito di certezza della pena deve poter convivere armonicamente con il principio della dignità umana, senza che l'uno prevalga sull'altro a scapito della collettività. Diamo qualche cifra della situazione indecente in cui versa lo Stato italiano sotto il profilo che stiamo considerando. A fronte di una capienza complessiva di circa 45.500 unità, le carceri italiane ospitano, ad oggi, 66 mila detenuti.
  In quasi tutti i penitenziari italiani si assiste a scene degradanti; a volte, si assiste anche ad otto persone stipate in celle progettate per quattro o, addirittura, due detenuti. Le norme sanitarie dispongono uno spazio minimo di almeno 9 mq a detenuto. Senza mezzi termini, siamo di fronte a condizioni disumane, che, a volte, sconfinano nella dimensione della vera e propria tortura.
  Ora, tenendo bene presente queste cifre e questa premessa, non possiamo esimerci dal dire che la soluzione prospettata dal Governo e avallata dalla maggioranza è una soluzione certamente ipocrita e dannosa. È ipocrita perché il Governo, per non entrare in meccanismi impopolari di amnistia e indulto, ha scelto di abbassare la cosiddetta tensione detentiva, dando luogo ad una situazione politicamente indolore, e cioè attraverso un mini indulto permanente, un indultino, insomma.
  Praticamente, l'Italia non riesce più a garantire che la pena detentiva venga eseguita in condizioni umane ? Va bene, non c’è problema. Basta togliere la pena detentiva in fase cautelare ! L'intervento, tra l'altro, è inutile, perché nel maggio 2014, che è la data che ci ha imposto la Corte europea, vi sarà una riduzione di circa 4 mila detenuti sui 20 mila in sovrannumero.
  Ovviamente, noi ci siamo fatti e ci faremo portatori di una proposta chiaramente alternativa, che sia efficace, che sia efficace nell'immediato, che serva, cioè, a risolvere il problema emergenziale del sovraffollamento delle carceri. Ovviamente, avremmo voluto che ciò accadesse attraverso proposte di legge che sappiamo esistere su questo tema, ma, al solito, ci ritroviamo a discutere di decreti-legge che portano avanti riforme e piani a lungo termine che, in realtà, non riescono a risolvere alcuna emergenza.
  In questo discorso avevo pensato anche di raccontarvi di quello che è accaduto in Commissione giustizia, alla Camera, due giorni fa, quando, a un certo punto, il PD e il PdL si trovano in difficoltà e il PD, preso da un sussulto, secondo noi di vera e propria dignità legislativa, decide che non è il caso di avallare quello che ha fatto il Senato, ampliando la rete dei reati che non sono più sottoposti a custodia cautelare.
  Per questo, decide, a un certo punto, di abbassare la soglia a quattro anni e per un pomeriggio abbiamo assistito a discorsi che venivano dal PD in cui era giusto che la soglia venisse abbassata a quattro anni. Ovviamente, il PdL non era d'accordo: avrebbe voluto un decreto applicato solo ai reati inferiori ai cinque anni, quindi allargando le maglie entro le quali la custodia cautelare non può più essere applicata.
  Di fronte a questo, pensavamo che, per un attimo, il PD volesse vagliare le proposte di legge per quello che effettivamente è il loro contenuto, e non per Pag. 7contingenti esigenze di una maggioranza che, in realtà, non esprime più nessuno. Pensavamo, per un pomeriggio, che fosse accaduto questo; poi, come al solito, a seguito di una sospensione dei lavori della Commissione, a meno di ventiquattr'ore di distanza, avviene quello che ormai è il valore che guida l'attività legislativa di questo Parlamento, e cioè la pacificazione tra PD e PdL.
  In virtù di questo valore, si sono ritrovati, vi siete ritrovati, tutti insieme sulla soglia dei cinque anni, con l'eccezione dello stalking e del finanziamento illecito ai partiti. Quella dello stalking è particolare come tecnica legislativa: lo stalking, fino a ieri, era punito con una pena di quattro anni.
  Cosa accade per cercare di non farlo rientrare in questo provvedimento che, altrimenti, sarebbe troppo impopolare ? La pena dello stalking viene aumentata a cinque anni. Cioè, per non far rientrare lo stalking in una norma procedurale noi interveniamo sul piano sostanziale e aumentiamo di un anno – così, da un giorno all'altro – la pena prevista per un reato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Tra l'altro, ciò è palesemente contraddittorio rispetto a quanto noi abbiamo invocato, quando abbiamo discusso la messa alla prova. In quella sede abbiamo detto tante volte che forse sarebbe stato il caso di fare eccezioni per alcuni reati le cui caratteristiche non rendevano opportuno l'inserimento di quei reati nella messa alla prova. Nonostante questo, ci è stato eccepito più volte che era incostituzionale, che non si poteva fare eccezione per alcun reato. Ora, perché noi oggi legittimiamo un'eccezione per lo stalking e per il finanziamento illecito ai partiti, se non per fini di pura e inutile propaganda elettorale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Nel mio intervento – che avevo preparato prima di ieri, prima di ieri pomeriggio – avevo pensato di illustrarvi anche l'articolo 4, in cui – guarda un po’ – si parla di una figura, che ormai è diventata presente in tutti i decreti, la figura del commissario straordinario, che dopo un po’ perde il requisito della straordinarietà. Anche questo è il discorso: qui si è perso il significato delle parole ! Non sappiamo più cosa significa «emergenza», non sappiamo più cosa significa «urgenza» e non sappiamo più che cosa vuol dire «straordinario», nel momento in cui un commissario, che doveva essere straordinario, viene prorogato e gli vengono ampliati i poteri, nonostante i dati dicano che l'attività di quel commissario straordinario, fino ad ora, non ha portato ad alcun contributo per l'emergenza delle carceri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ovviamente, se quando parliamo dei terremotati non possiamo esimerci dal parlare dell'Expo – e non si capisce perché – perché adesso che parliamo del sovraffollamento delle carceri non inserire una norma che permetta, tramite il commissario straordinario, di favorire poteri che sono accentrati sulle speculazioni edilizie ? E infatti, il commissario straordinario avrà anche la funzione della destinazione e valorizzazione dei beni immobili penitenziari, anche mediante acquisizione, cessione, permuta e forme di partenariato pubblico o privato, ovvero tramite la costituzione di uno o più fondi immobiliari, articolati in un sistema integrato nazionale e locale. Praticamente gli attuali istituti penitenziari a tutt'oggi esistenti, piuttosto che essere ristrutturati (perché noi sappiamo e dimostreremo che, attraverso una ristrutturazione nazionale, si può far fronte all'emergenza carceri) noi permettiamo che vengano svenduti. Poi ovviamente la storia ci dirà a chi verranno svenduti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Dicevo, Presidente, che avevo preparato questo intervento prima di ieri pomeriggio, prima di ieri intorno alle 19,40. Io francamente, proprio per interrompere questo clima di pacificazione e di serenità palesemente inverosimile, in cui tutti parliamo di una cosa, ma in realtà stiamo pensando ad un'altra, non posso esimermi dal fare alcune riflessioni, perché oggi in Italia nessuno può parlare di legge e legalità Pag. 8senza passare attraverso quella svolta storico-politica che, di fatto, stiamo vivendo.
  Stiamo discutendo di «svuota carceri» e conseguentemente ci accingiamo a rievocare l'importanza della funzione rieducativa della pena, del carcere come extrema ratio. Parleremo di legalità e ci riempiremo la bocca della parola giustizia, ma credo che la sentenza che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale debba farci riflettere sulla responsabilità della politica italiana, quella responsabilità che è a monte rispetto alle leggi, quella responsabilità che inchioda la politica per la devastazione a cui è ridotto il nostro Paese, ma che, in chiave futura, ci impone, oggi e adesso, di chiarire quale messaggio e quale prospettiva vuole dare questo Parlamento al Paese.
  Oggi con questo decreto potremmo far sì che non vadano in carcere uno, cento, mille detenuti in custodia cautelare e convincerci – magari qualcuno lo crede veramente – che lo stiamo facendo per le condizioni disumane oggettivamente esistenti in cui quei detenuti si trovano. Ma se non chiariamo oggi e adesso il nostro messaggio, all'indomani della sentenza che ha condannato Berlusconi, corriamo il rischio gravissimo che quei detenuti – siano uno, cento o mille – non vadano in carcere affermando che giustizia è stata fatta, perché responsabili sono i giudici che sono irresponsabili e comunisti.
  D'altronde con quale faccia qualcuno potrebbe andare a fare la morale a quel detenuto parlandogli di rieducazione della pena ? Con quale faccia può essere proposto il concetto di rispetto della pena dopo i messaggi che in questo momento riempiono tutti i flussi mediatici del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Oggi prima di emanare o discutere qualsiasi legge dobbiamo chiarire agli italiani qual è il concetto di legge e di legalità che portiamo dentro mentre scriviamo le leggi che regolano la vita degli italiani.
  Sia chiaro, fin dall'inizio abbiamo sempre detto che le vicende giudiziarie di Berlusconi non dovevano più riguardare questo Parlamento. Abbiamo affermato senza mezzi termini che eravamo stanchi di assistere a un asservimento costante delle istituzioni ad un solo cittadino, mentre milioni di persone invocavano provvedimenti in grado di far rialzare il Paese. Ma proprio per questo adesso pretendiamo che si abbia il coraggio di scrivere la parola «fine» ad un ventennio che da oggi non deve più avere strascichi di alcun tipo sulla vita e sulla storia di questo Paese.
  La storia giudicherà e sta già giudicando Silvio Berlusconi e il berlusconismo. Il PdL è una forza politica che ovviamente è legittimata a sedere in questo Parlamento, ma sappia svincolarsi da un padre padrone pregiudicato e condannato, ponga fine a pseudo battaglie e attacchi contro la magistratura, che è sempre un'istituzione di questo Paese. Smettiamola con i proclami in cui si dice che la magistratura non rispetta milioni di elettori, perché ripetiamo che non c’è nessuna democrazia moderna in cui il voto degli elettori possa sottrarre l'eletto alla giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma la storia saprà giudicare anche il PD, inchiodandolo alle sue responsabilità per un ventennio in cui con una forza politica seria, come non è stato il centrosinistra, Berlusconi non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto. Non è necessario elencare tutte le occasioni, innumerevoli, in cui il centrosinistra italiano ha foraggiato e assecondato il berlusconismo fingendo di contrastarlo, ci ha già pensato Violante in un discorso ormai passato alla storia in questa Camera (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Anche lì, smettiamola con i proclami come quello di ieri di Epifani, secondo cui la sentenza va eseguita ed applicata. Grazie, avevamo bisogno di sentircelo dire in una democrazia come la nostra che la sentenza va eseguita e applicata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Tutto in questo Paese negli ultimi vent'anni – probabilmente anche prima – è stato finalizzato alla sopravvivenza di un sistema che non meritava di sopravvivere, ma adesso, oggi è il momento di dire Pag. 9basta. Noi, anzi io non condivido il passaggio del comunicato del Presidente della Repubblica di ieri, in cui a un certo punto si dice che adesso è il momento di effettuare una riforma della giustizia, ancorando questo momento, facendolo coincidere con il momento della sentenza di condanna a Silvio Berlusconi. Per me è assolutamente grave che vengano ancorati i due momenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e soprattutto è grave, e non lo condivido, il fatto che lo stesso messaggio, che non esito a giudicare delirante in qualsiasi momento, è stato proclamato proprio ieri sera da un video dello stesso Berlusconi, che ha spiegato che ci vuole una riforma della giustizia in cui non si ripeta quello che è accaduto ieri. E cosa ?
  Cosa è accaduto ieri ? Che un imputato è stato condannato per frode fiscale. Qual è la riforma di giustizia verso cui andiamo con queste premesse e com’è possibile che il Presidente della Repubblica decida di fare un messaggio del genere che poi si ritrova ad essere identico, nell'esito, a quello che viene fatto la stessa sera da Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Un messaggio delirante in cui, ad un certo punto, si è parlato di nuovo e illimitato potere della magistratura che non è eletta dal popolo ma accede a questo potere tramite concorso. E allora ? Qual è la novità ? Questo è il principio della separazione dei poteri di Montesquieu. Di cosa stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Di cosa continuiamo a parlare se non abbiamo chiaro questo concetto, ossia che il principio della separazione dei poteri sta alla base di ogni democrazia moderna ?
  Alla fine, questo messaggio pieno di valori importanti finiva con il chiedere se questo, se la sentenza di ieri è il premio per quello che Silvio Berlusconi ha dato negli ultimi vent'anni. Cioè, anche il premio dobbiamo dare dopo vent'anni ? Il premio per cosa ? Per i tanti successi ? Io non devo dire nulla. Io invito tutti quelli che pensano in un meandro nascosto – voglio sperare – della loro mente di dare un premio per quello che è accaduto negli ultimi vent'anni, ad andare per le strade e vedere se c’è qualcuno o qualcosa per cui debba essere dato un premio a chiunque abbia fatto politica negli ultimi vent'anni in Italia e, soprattutto, a Silvio Berlusconi che addirittura ha reintegrato improvvisamente la Prima Repubblica, dicendo che c'era un clima di benessere. Insomma, le generazioni future pagano ancora oggi per una classe politica che ha devastato questo Paese e che vuole anche il premio per questa devastazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Colgo tuttavia l'occasione per dire che io un premio lo darei, e lo darei a quei giudici della Suprema Corte di cassazione che ieri, nonostante i proclami, i moniti, le pressioni, le surreali e plateali manifestazioni anche istituzionali di finta e non credibile serenità, quella che si respira anche oggi in quest'Aula, nonostante tutto questo, hanno saputo dimostrare agli italiani, al mondo intero che ci osservava che la giustizia a volte è uguale per tutti. Hanno saputo dimostrare che, a volte, la giustizia riesce a garantire quello che è sancito nell'articolo 3 della nostra Costituzione e cioè che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di linguaggio, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Io non avrei esitazione a dare un premio a quei giudici, ma so che non lo vorrebbero perché mi risponderebbero dicendo che hanno fatto solo il loro dovere. E allora io invito tutti i colleghi seduti in quest'Aula a seguire l'esempio di quei giudici e a dire chiaramente al popolo italiano che ora tocca a noi, facciamo il nostro dovere e diciamo ai cittadini italiani che da oggi comincia una nuova era. È vero, sarebbe stato meglio che questa era non finisse in virtù di una sentenza ma finisse per la consapevolezza di una classe politica che si rendeva conto dei propri fallimenti. Ma è di questo che dobbiamo parlare. Una nuova era per la politica italiana, un'era in cui la legalità, la giustizia e l'interesse di tutti siano i valori Pag. 10guida per questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, non senza difficoltà, ma sicuramente con grande impegno di tutti, questa maggioranza, a dispetto di quanti continuano – come abbiamo sentito ora il rappresentante del MoVimento 5 Stelle – ad interpretare il loro ruolo istituzionale dilettandosi in giochetti ostruzionistici e in esercizi di sterile eloquio privo di costrutto, prosegue il lungo percorso delle riforme. Seppure a piccoli passi si producono quotidianamente provvedimenti che provano a creare le basi per un rilancio del Paese. Tra questi ritengo che le disposizioni in materia di esecuzione della pena che siamo qui a discutere oggi, ovvero quello che passa come legge «svuota carceri», rappresenta sicuramente un tassello fondamentale nel complesso mosaico che definisce la nostra giustizia.
  La Commissione giustizia ha esaminato il provvedimento licenziato dal Senato proponendo alcune correzioni, soprattutto in riferimento a quella che noi riteniamo essere stata una dimenticanza, in quanto in tema di carcerazione cautelare non era stato inserito il reato di stalking.
  Vorrei ricordare ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che quest'Aula, non tanto tempo fa, si è occupata di questo tema con la ratifica della Convenzione di Istanbul. Si tratta di un tema abbastanza sentito e che soprattutto in questo momento storico nel nostro Paese sta avendo dei grandi problemi. Pertanto si è inteso modificare quella norma con un emendamento, perché riteniamo che vada giustamente a favore di quelle tante donne che purtroppo, anche quotidianamente, subiscono questo reato gravissimo. Mi sarei aspettato anche da loro un atto di responsabilità nel votare questo provvedimento e non che lo criticassero, perché bisogna essere coerenti in quello che si fa.
  Ritengo che la Commissione abbia lavorato in maniera continuativa e costruttiva su questo tema così importante, perché non riesco a comprendere come, da una parte, ci si lamenta che ci sono 8 carcerati in una cella, e, dall'altra parte, non ci si rende conto di quale sia la possibilità più snella per consentire a tanti detenuti di lasciare il carcere, mi riferisco ai detenuti per reati minori.
  Le contraddizioni purtroppo sono tante, noi continuiamo il nostro percorso, non accettiamo le provocazioni e andiamo avanti nel lavoro nell'interesse dell'Italia e degli italiani. Se poi qualcuno – come ho sentito nell'intervento di chi mi ha preceduto – ha una ossessione o vive di questa ossessione è un problema che non ci riguarda, noi andiamo avanti dell'interesse del Paese per approvare delle leggi che consentano ai cittadini di vivere meglio.
  Definire il provvedimento che andiamo a discutere e ad approvare «svuota carceri» rischia purtroppo di creare confusione nei cittadini che temono di ritrovarsi a breve città invase da delinquenti. Non è questa la ratio della norma che più correttamente va interpretata come il tentativo di porre rimedio ad una situazione di sovraffollamento carcerario assolutamente inaccettabile. L'intervento riformatore propone l'adozione di meccanismi di carcerazione, alcuni dei quali peraltro già in vigore prima della legge n. 251 del 2005, cosiddetta «legge Cirielli», unicamente in relazione a soggetti di non elevata pericolosità, fermo restando al contrario la necessità dell'ingresso in carcere dei condannati a pene definitive che abbiano commesso reati di particolare allarme sociale. Questo disegno di legge va visto a previsione di misure dirette ad incidere strutturalmente sui flussi carcerari, agendo in una duplice direzione: quello degli ingressi in carcere e quello dell'uscita dalla detenzione.
  La modifica dell'articolo 656 del codice di procedura penale intende riservare l'immediata carcerazione ai soli condannati in via definitiva nei cui confronti vi sia una particolare necessità del ricorso alla più grave forma detentiva. Personalmente ritengo Pag. 11che, ancora una volta, si stia operando in un'emergenza dovendo affrontare una situazione che si trascina da troppo tempo e che ha prodotto già tante vittime e disagi, sia alla popolazione carceraria, sia a tutti gli operatori, sottoposti a condizioni di lavoro estreme. A quest'ultimi ritengo debba andare il pieno riconoscimento del grande spirito di sacrificio e la nostra gratitudine.
  Il problema carceri si risolve a monte, individuando le ragioni del sovraffollamento. Un osservatore superficiale che si limiti a considerare i numeri potrebbe pensare ad un livello di pericolosità sociale fuori controllo. Bisogna dire la verità. I cittadini italiani devono sapere, non devono essere fuorviati da affermazioni che nulla hanno a che vedere con la statistica e con i dati veri. Nei nostri istituti di pena, caro Presidente e signori colleghi, sono detenute 66.897 persone, contro una capienza regolamentare di 45 mila. Queste cifre valgono al nostro Paese il primato europeo per sovraffollamento carcerario, oggi pari al 140 per cento. Siamo anche il secondo Paese in Europa per numero di detenuti imputati non ancora giudicati colpevoli in via definitiva. Questo è il vero problema. Nel nostro Paese, infatti, le persone carcerate in attesa di giudizio sono il 44 per cento del totale dei detenuti; 27.459 sono i detenuti per reati collegati a sostanze stupefacenti e sono in aumento del 36 per cento i delitti degli stranieri. Queste cifre parlano di una giustizia lenta, incapace di garantire tempi decenti, con il risultato che le carceri sono affollate da cittadini di fatto innocenti per presunzione costituzionale che costituiscono un costo sociale enorme.
  E, dunque, se la norma che andiamo ad approvare rappresenta un primo importante provvedimento che alleggerisce una situazione ormai al collasso, non possiamo ritenerla certamente risolutiva del problema. Il carcere e le problematiche ad esso collegate rappresentano l'ultimo anello di un complesso sistema che richiede ormai una revisione a trecentosessanta gradi, una riforma che deve puntare ad un totale ammodernamento del sistema giudiziario intervenendo, non solo in tema di revisione dei codici, ma, soprattutto, in modo strutturale con riferimento alla logistica, alle risorse, all'informatizzazione e ai poteri oggi illimitatamente e insindacabilmente nelle mani dei magistrati. Perché la legge sia davvero uguale per tutti, occorre la certezza assoluta della pena. In Commissione è stata anche esaminata e fatta propria, da parte di tutti i componenti, ad eccezione del MoVimento 5 Stelle, una modifica alla legge n. 354 del 26 luglio 1975 che ritengo un piccolo passo di buona volontà e di intesa per consentire che la prestazione dell'attività in ogni caso sia svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio o di famiglia e di salute dei detenuti e degli internati. Questo perché noi riteniamo che la carcerazione non debba rappresentare un momento finale della vita dell'uomo, ma deve rappresentare un momento, così come spesso si dice, ma non si fa, di socializzazione e di reinserimento nella società.
  Presidente e signori colleghi, concludo con l'intervento fatto ieri dal Presidente della Repubblica. Contrariamente a quanto Bonafede ha poc'anzi detto, mi ritrovo in pieno in quanto il Presidente della Repubblica ha affermato ieri, ossia che oltre a rispettare le sentenze, come è giusto che sia, vi è la necessità immediata di una seria riforma della giustizia. Non vi sono più alibi per qualcuno. Pertanto, ascoltando quello che il Presidente della Repubblica ci ha detto, auspico che, già a partire da settembre prossimo con la riforma costituzionale, in queste Aule venga anche inserita la riforma della giustizia, perché io ritengo che questo sia il nodo cruciale per lo sviluppo del Paese e per il benessere degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, inizio subito sottolineando Pag. 12una mancanza, un'assenza, che definirei anche importante: noi stiamo discutendo, come, tra l'altro, era già successo, di questo provvedimento senza il Ministro. Spiace marcare questa differenza rispetto ad altre leggi o momenti importanti, come, ad esempio, è accaduto un paio di giorni fa, per le leggi cosiddette comunitarie. Questa assenza io credo che pesi e credo che sia anche da sottolineare, proprio perché, in un momento d'importanza così...

  PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Prataviera, non avevo colto il suo riferimento all'assenza del Ministro. Il Ministro ha avuto un problema ed è in ospedale, ha avuto un incidente. La notizia era sui giornali, ma può non esserci caduto l'occhio. Prego, continui.

  EMANUELE PRATAVIERA. Me ne scuso sinceramente e, quindi, ritiro queste considerazioni. Vorrei attirare, invece, l'attenzione su chi magari ha letto i giornali questa mattina – adesso ho avuto il piacere di sottolineare il mio difetto nel non aver letto questa notizia, credo che ce ne fossero state, magari, altre di più importanti, in particolare quelle che riguardano i nostri territori a casa, da leggere –, per sottolineare e rileggere quella che può essere una sintesi di questo provvedimento; credo che sia giusto che anche chi ci sta seguendo da casa sia informato. Noi abbiamo fatto una sorta di esame di questo provvedimento e vorrei leggerne anche il contenuto.
  Il decreto-legge si compone di sette articoli. Nel corso dell'esame al Senato sono state apportate modifiche al testo originario. L'articolo 1, che reca le modifiche al codice di procedura penale, modifica il codice di procedura penale relativamente alla disciplina degli arresti domiciliari e della sospensione dell'ordine di esecuzione delle pene detentive. È composto da un solo comma con numerose lettere.
  La lettera 0a), introdotta dal Senato, novella l'articolo 280 del codice di procedura penale relativamente all'entità della pena edittale per la custodia cautelare in carcere. Attualmente, la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Tale limite viene portato a cinque anni. In altre parole, si riduce l'applicazione della misura cautelare in carcere.
  La lettera a), aggiungendo all'articolo 284 del codice di procedura penale il comma 1-bis, prevede che il giudice, nel disporre il luogo degli arresti domiciliari, deve valutare l'idoneità del domicilio, in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato. Con una modifica al Senato, si è precisato che la valutazione in oggetto debba, comunque, considerare prioritarie tali esigenze.
  La lettera a-bis), introdotta al Senato, novellando l'articolo 386, comma 3, del codice di procedura penale, dispone che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbono porre l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e, comunque, non oltre 24 ore dall'arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine, devono trasmettere il relativo verbale, salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. In base alla modifica introdotta, il verbale può essere trasmesso dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero anche per via telematica.
  La lettera b) modifica l'articolo 656 del codice di procedura penale in materia di esecuzione delle pene detentive. In particolare, il numero 1) inserisce nell'articolo 656 tre ulteriori commi. Il comma 4-bis prevede che il pubblico ministero, previa verifica dei periodi di custodia cautelare o di pena fungibili, prima di emettere l'ordine di esecuzione della pena, debba richiedere al magistrato di sorveglianza l'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Il presupposto è che la residua pena da espiare, computando le detrazioni previste per la liberazione anticipata, rientri nei limiti previsti dal comma 5 dello stesso articolo 656, che permettono la sospensione dell'esecuzione della pena e la possibile concessione delle misure alternative Pag. 13alla detenzione. Tale procedura non si applica nei casi in cui è previsto il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di coloro che si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.
  Il magistrato di sorveglianza provvede, senza ritardo, con ordinanza adottata in camera di consiglio, sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata di cui all'articolo 54 della legge n. 354 del 1975 sull'ordinamento penitenziario, ovvero 45 giorni per ogni semestre di pena scontata.
  In tal modo le detrazioni di pena vengono anticipate al fine di limitare l'ingresso in carcere per brevi periodi di detenzione. Sarà possibile sospendere l'ordine di esecuzione tutte le volte che, a seguito del ricalcolo, la pena detentiva da espiare, anche se costituente parte residua di maggior pena, risulti inferiore a tre anni, ovvero a sei anni, per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, ovvero ancora a quattro anni, nei casi previsti dall'articolo 47-ter, comma 1, dell'ordinamento penitenziario e cioè particolari categorie cui è applicabile la detenzione domiciliare.
  Il nuovo comma 4-ter dell'articolo 656 del codice di procedura penale dispone invece che quando il condannato si trova già in stato di custodia cautelare in carcere, il pubblico ministero emette l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata «senza ritardo», secondo la modifica fatta al Senato.
  Il nuovo comma 4-quater prevede che, nei casi di cui al comma 4-bis, il pubblico ministero emette i provvedimenti previsti dal comma 1 (ordine di esecuzione di sentenza di condanna a pena detentiva), dal comma 5 (decreto di sospensione dell'esecuzione di talune pene per l'applicazione di misure alternative alla detenzione), e dal comma 10 (decreto di sospensione dell'esecuzione in carcere del condannato agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire) dell'articolo 656 del codice di procedura penale dopo la decisione del magistrato di sorveglianza sulla concessione della liberazione anticipata.
  L'articolo 2 modifica la legge n. 354 del 1975 relativa alla disciplina dell'ordinamento penitenziario. Tale articolo è composto da un solo comma ma suddiviso in quattro lettere che corrispondono a quattro distinti interventi normativi. Il primo, la lettera a) modifica l'articolo 21 della legge n. 354 del 1975, inserendovi il comma 4-ter che permette ai detenuti e agli internati la partecipazione, a titolo volontario e gratuito, all'esecuzione di progetti di pubblica utilità presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato; in tal caso, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000 che regola il lavoro di pubblica utilità in relazione ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace. Nel corso dell'esame al Senato sono poi state aggiunte le lettere a)-bis e a)-ter che novellano l'articolo 30-ter dell'ordinamento penitenziario relativo ai permessi premio. In particolare, la lettera a)-bis interviene sul comma 2, aumentando da 20 a 30 giorni, per i condannati minorenni, la durata di ogni permesso premio, quindi si aumentano i premi, la durata complessiva per ogni anno di espiazione è aumentata da 60 a 100 giorni; complimenti !
  La lettera a)-ter amplia i presupposti di concessione dei permessi premio previsti dal comma 4 dell'articolo 30-ter; la disposizione, introdotta dal Senato aumenta da tre a quattro anni, in entrambe le ipotesi descritte alle lettere a) e b), il limite di pena detentiva di riferimento per la concessione dei permessi premio.
  La lettera b), distinta in quattro numeri, apporta una serie di modifiche all'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare. Il numero 1 abroga il comma 1.1 dell'articolo 47-ter introdotto dalla legge n. 251 del 2005, con la conseguente eliminazione del divieto di concessione della detenzione domiciliare tra i tre e i quattro Pag. 14anni di pena, anche residua, nei confronti dei condannati recidivi ai sensi dell'articolo 99 del codice penale, per i quali ricorrono i presupposti di cui al comma 1 del medesimo articolo 47-ter. Il numero 2 elimina il divieto di applicazione di tale misura alternativa nei confronti dei recidivi ai sensi dell'articolo 99, comma 4, del codice penale.
  Si ricorda che, in base alla legge n. 199 del 2010, attualmente i recidivi possono accedere alla detenzione presso il domicilio per l'espiazione di pene non superiori ai 18 mesi. Il Senato ha soppresso sia il numero 1 che il numero 2 della lettera b) in tal modo ripristinando il divieto di concessione della detenzione domiciliare per i recidivi.
  Il numero 3 della lettera b) riformula il comma 1-quater dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, per consentire al magistrato di sorveglianza, nei casi di grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, di applicare in via provvisoria, indipendentemente dall'accertamento dei requisiti, la detenzione domiciliare prevista dai commi 1, 1-bis e 1-ter dell'articolo 47-ter. Anche in questo caso sono state fatte modifiche al Senato. Il numero 4 sopprimeva il comma 9 dell'articolo 47-ter, ma con una modifica introdotta dal Senato è stato riformulato il comma 9 che, confermando l'eliminazione dell'automatismo derivante dalla denuncia di evasione, ovvero la sospensione dal beneficio, prevede che solo alla condanna per evasione consegua la revoca della detenzione domiciliare e che la revoca non abbia luogo qualora il fatto sia di lieve entità. Credo che questo si commenti da solo. Nel corso dell'esame al Senato sono state soppresse le lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 2. Le lettere c) e d) abrogano gli articoli 30-quater, 50-bis e 58-quater, comma 7-bis, dell'ordinamento penitenziario, disposizioni introdotte dalla legge n. 251 del 2005, la cosiddetta ex Cirielli, che disciplinano l'accesso ai benefici penitenziari per i condannati plurirecidivi. L'articolo 3 modifica l'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Testo unico in materia di stupefacenti), introducendovi un nuovo comma, il 5-ter, per consentire al condannato tossicodipendente o assuntore di sostanze stupefacenti di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità. Nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione al Senato sono stati introdotti alcune requisiti ulteriori per l'applicazione della misura del lavoro di pubblica utilità: il lavoro di pubblica utilità è disposto solo con riferimento a un diverso reato commesso per una sola volta; il diverso reato deve essere stato commesso dalla persona tossicodipendente o dall'assuntore abituale di sostanze stupefacenti (è stato soppresso il richiamo anche alle sostanze psicotrope) in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale; il giudice deve avere inflitto una pena non superiore ad un anno di detenzione; all'elenco dei reati esclusi, oltre a quelli previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), sono aggiunti i reati contro la persona.
  L'articolo 3-bis, recante misure per favorire l'attività lavorativa dei detenuti e degli internati, è stato introdotto nel corso dell'esame al Senato e novella due leggi, la n. 381 del 1991, sulle cooperative sociali, e la n. 193 del 2000, sull'attività lavorativa dei detenuti, con la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo degli ex detenuti.
  Il comma 1 modifica l'articolo 4 della legge n. 381 del 1991 in tema di sgravi contributivi per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate impiegate in cooperative sociale, in particolare includendo tra le categorie di persone svantaggiate le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno, per poi prescrivere alla cooperativa che tali persone rappresentino almeno il 30 per cento dei suoi lavoratori. Per tali cooperative vengono azzerate le aliquote della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria, previdenziale ed assistenziale, con alcune eccezioni indicate dal comma 3-bis. Gli sgravi contributivi si applicano anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione. In particolare, si stabilisce Pag. 15che gli sgravi permangono per 18 mesi dalla scarcerazione per coloro che hanno beneficiato di misure alternative o del lavoro esterno, e per 24 mesi dalla scarcerazione per tutti coloro che non hanno beneficiato di tali istituti.
   Il comma 2 novella la legge n. 193 del 2000, recante norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, inserendovi l'articolo 3-bis, che concede alle imprese che assumono detenuti un credito di imposta.
  L'articolo 4, sui compiti attribuiti al commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, amplia i compiti assegnati al commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie all'interno del quadro normativo fissato dal decreto del Presidente della Repubblica del 3 dicembre 2012, prorogandone al contempo il mandato al 31 dicembre 2014. Gli ulteriori compiti sono: programmazione dell'attività edilizia penitenziaria; le manutenzioni straordinarie, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti; mantenimento e promozione di piccole strutture carcerarie ove applicare percorsi di esecuzione della pena differenziati su base regionale e implementazione di trattamenti individualizzati ritenuti indispensabili per la rieducazione del detenuto (ciò in base alla lettera b-bis), introdotta dal Senato) – appare utile chiarire quale sia la portata del riferimento alla «base regionale» –; la realizzazione di nuovi istituti penitenziari, di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria al di fuori delle aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, la destinazione e la valorizzazione dei beni immobili penitenziari anche mediante l'acquisizione, la cessione, la permuta e forme di partenariato pubblico-privato ovvero tramite la costituzione di uno o più fondi immobiliari, articolati in un sistema integrato nazionale e locale; individuazione di immobili dismessi, nella disponibilità dello Stato o degli enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della realizzazione di strutture carcerarie. Tanto alla lettera d) quanto alla lettera e), il Senato ha aggiunto il riferimento alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi; pertanto, in base alla modifica apportata alla lettera d), il commissario può destinare beni immobili anche mediante costituzione di diritti reali sugli immobili a favore di terzi; in base alla modifica alla lettera e), il commissario può individuare immobili atti, tra l'altro, alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi. D'accordo con il capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e con il capo dipartimento della giustizia minorile, al Senato si è aggiunto l'obbligo di relazione annuale al Parlamento al quale il commissario dovrà adempiere, per il 2013, entro il 31 dicembre di quest'anno, ovviamente.
  L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.
   L'articolo 6 dispone l'entrata in vigore del provvedimento ovviamente al giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Il disegno di legge non è corredato dalla relazione sull'analisi tecnico-normativa, manca, altresì, la relazione sull'analisi d'impatto sulla regolamentazione (AIR), obbligatorie entrambe.
  Il provvedimento avrebbe come fine quello di fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento carcerario e l'inadeguatezza delle strutture penitenziarie e del regime di esecuzione delle pene detentive, anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza Torreggiani contro Italia, dell'8 gennaio 2013; ed infatti è correlato al testo unificato di due proposte di legge di iniziativa parlamentare, la n. 331 e la n. 927, recante la delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, ora all'esame della Commissione giustizia del Senato dopo l'approvazione da parte della Camera.
  In particolare, interviene sull'ordinamento giudiziario dilatando la possibilità di ammissione ai benefici, innalzando i Pag. 16tetti previsti dall'articolo 47-ter della legge sull'ordinamento penitenziario per quanto riguarda la detenzione domiciliare.
   Presidente, avviandomi alla conclusione, ovviamente noi siamo contrari a questo decreto-legge, non nascondiamo che ci sia un problema, anche grave, del sovraffollamento delle carceri; non vogliamo minimizzare l'obiettivo della lesione dei diritti umani fondamentali che molto spesso questo sovraffollamento determina nei detenuti. Altre dovrebbero essere però secondo noi le strade da seguire per ridurre l'affollamento carcerario, in particolare, da un lato, si dovrebbero mettere in campo azioni dirette a consentire l'esecuzione della pena nei Paesi di origine per gli stranieri detenuti in Italia, mentre dall'altro bisogna proseguire sulla strada virtuosamente percorsa negli anni passati di incrementare l'edilizia carceraria.
  Sul far scontare la pena ai detenuti nei luoghi di detenzione originari si è già espresso favorevolmente il Governo, proprio su stimolo della Lega Nord, il mese scorso; io auspico che su questa strada il Governo acceleri e possa continuare la propria azione. Però dobbiamo essere ovviamente critici nei confronti di questo provvedimento, in maniera particolare sull'eliminazione di alcuni reati da quelli esclusi dal beneficio della sospensione dell'esecuzione, tra i quali rientra anche il furto, nonché sull'estensione dei benefici anche ai condannati cui sia stata applicata la recidiva reiterata e, infine, sulla soppressione della automaticità della sospensione del beneficio per il condannato che si sia allontanato dal luogo dove sconta gli arresti domiciliari.
  Si tratta di un decreto-legge volto ad affrontare il problema del sovraffollamento carcerario che interviene modificando norme di esecuzione della pena nei codici penale e di procedura penale prevedendo, rispetto alla custodia cautelare e alla detenzione in carcere, addirittura la liberazione anticipata dei detenuti come modo o sistema, quasi a regime, per affrontare il tema del sovraffollamento carcerario. In realtà, questo per noi è una sorta di indulto vero e proprio, seppur mascherato.
  Queste azioni il Governo, e anche questa Camera ovviamente, le intraprende per contrastare e risolvere un problema che sappiamo essere serio, come già ricordato, gravoso e annoso, e che proprio per questo si trascina da moltissimi anni. È da più legislature che in queste Aule sentiamo affrontare questo tema che viene però risolto con misure di questo tipo, tra l'altro presentate alla nostra attenzione sotto forma di decretazione d'urgenza, cioè in atti di normazione primaria che in teoria ormai dovrebbero rivestire carattere di straordinarietà, necessità ed urgenza.
  Si tratta, invece, di problemi ormai cronicizzati, che andrebbero risolti con una seria politica di edilizia carceraria – lo ribadiamo con forza – con misure strutturali che il Governo deve avere finalmente il coraggio di assumere, che porterebbero anche qualche beneficio dal punto di vista dell'occupazione in questo Paese, e che innumerevolmente si è tentato di portare a termine, mai con estremo successo.
  Con questo atto adottiamo modifiche che vanno a incidere, come dicevo, nel codice di procedura penale, nel codice penale, addirittura prorogando le funzioni e i poteri del commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie che era già previsto, integrando anche le funzioni e i suoi compiti rispetto a quanto previsto a legislazione vigente. Noi chiediamo veramente dove sia il rispetto dei presupposti costituzionali di cui all'articolo 76 e 77 della Costituzione, che tante volte in altri provvedimenti qui e in altre aule tutti richiamano; quel carattere di straordinaria necessità e urgenza non ricorre.
  Tra l'altro il provvedimento interviene a inserire misure così particolari per contrastare appunto il sovraffollamento andando a incidere sull'esecuzione della pena, esautorando le prerogative del Parlamento perché si tratta di un atto di imperio assunto dal Governo.
  Signor Presidente, rappresentate del Governo, noi siamo contrari a questo Pag. 17provvedimento perché riteniamo che chi sbaglia debba pagare e che in un Paese civile, soprattutto occidentale, si debba guardare agli interessi dei cittadini. Molto spesso in quest'Aula ci si arrovella intorno a delle questioni personali, personalistiche, che vedono protagonisti dei big del nostro sistema, chiamiamolo democratico, perdendo di vista le esigenze reali dei cittadini.
  Io credo che questo Parlamento, eletto non da larga parte della popolazione di questo Paese ma che ha avuto un bassissimo riscontro di affluenza alle urne, debba porsi delle questioni etiche. Una di queste questioni è la giustizia ovviamente, riguarda il far scontare le pene, il far pagare a chi ha commesso un reato per tutelare e dare dignità a chi, invece, si è visto ledere dei diritti o si è visto insomma leso nella propria persona.
  Auspico che questo Parlamento possa ragionare. Ho voluto leggere una relazione di sintesi proprio per richiamare l'attenzione di quei colleghi che, sicuramente impegnati in altri lavori e in altre Commissioni e temi, più sensibili magari su altri argomenti e meno su questi, possano in qualche modo essere edotti ora, perché si può sbagliare per ignoranza ma non si può sbagliare una volta messi nelle condizioni di conoscere.
  Mi rivolgo non a lei, Presidente, mi perdoni, ma al rappresentante del Governo che ovviamente non trova molto interessante magari il contenuto del mio discorso; però, voglia il rappresentante del Governo portare i miei saluti personali al Ministro, voglia scusarmi per non aver saputo che era incorsa in un incidente e portarle anche da parte del nostro gruppo, della Lega Nord, i migliori auguri di pronta guarigione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il problema del sovraffollamento carcerario in Italia è un'emergenza, in primo luogo morale e sociale, che ci porta ad essere il Paese con il maggior numero di condanne da parte della Corte europea per la violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Sono oltre millecinquecento le sentenze emesse contro l'Italia per le condizioni carcerarie, degradanti e inumane, screditando così l'Italia a livello europeo. I 206 edifici penitenziari presenti sul territorio nazionale sono assolutamente inadeguati (la maggior parte di questi è stata costruita più di un secolo fa), le condizioni igienico-sanitarie sono degne di un Paese terzomondista e, nonostante ciò, oggi ospitano 66 mila 888 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 44 mila 608 posti. In ogni cella, dovrebbero vivere due detenuti; in realtà, ne alloggiano sei, a volte addirittura otto, favorendo così il proliferare di malattie o infezioni. Infatti, metà dei carcerati è affetta da epatite, il 30 per cento è tossicodipendente, il 10 per cento soffre di patologie psichiche, il 5 per cento è affetto da HIV. Negli anni, tante sono state le interrogazioni parlamentari, i dibattiti pubblici e polemiche che spesso sorgevano in presenza di casi clamorosi di suicidi, o rivolte di detenuti. Il tutto, per poi tornare nel pieno silenzio non appena il caso fosse stato archiviato nella mente dell'opinione pubblica.
  Dinanzi all'emergenza, non si comprende il motivo per il quale 90 strutture penitenziarie, costruite negli ultimi anni in molte aree della penisola, non vengano utilizzate. Su questo punto, come socialisti, abbiamo presentato qui alla Camera un'interrogazione scritta, che ancora non ha avuto una risposta da parte del Ministro. Apprezziamo, però, che il decreto in discussione ponga la questione e preveda il recupero di queste strutture, oltre che la riconversione di edifici pubblici dismessi in strutture carcerarie.
  La soluzione, però, non può essere solo quella di aprire nuovi istituti penitenziari. In Italia, paghiamo ogni anno circa 11 milioni di euro di canone annuo alla Telecom per l'utilizzo di 450 kit di braccialetti elettronici. È triste apprendere dai dati che, in realtà, la media di tale utilizzo non supera i dieci braccialetti all'anno. Il Pag. 18contratto con Telecom ha comportato un esborso di circa 100 milioni di euro in nove anni di applicazione della legge sui braccialetti, ma un problema tecnico irrisolvibile sulla tracciabilità del segnale pare rendere inutile questa via alternativa alla detenzione.
  La reale urgenza della questione non può più permettersi di pagare il dazio a strumentalizzazioni o divisioni ideologiche sul tema. È necessario trovare risorse economiche da destinare non alla costruzione di nuovi istituti penitenziari, ma alla riapertura, o alla riqualificazione di quelli già esistenti, accompagnata da una riforma organica della giustizia penale. È auspicabile, inoltre, come previsto dal «decreto carceri» in questione, una riduzione delle misure cautelari in carcere, una maggiore implementazione delle pene alternative, come gli arresti domiciliari, ma solo nel caso di reati minori o di soggetti socialmente non pericolosi, escludendo dunque casi come quelli del reato di stalking, dal momento che potrebbe mettere le vittime in situazioni di pericolo.
  Il presente «decreto carceri» che stiamo discutendo ci porta sulla via giusta: siamo convinti che riuscirà a risolvere in parte l'emergenza carceraria, affievolendo le misure detentive carcerarie e permettendo così ai detenuti di espiare le proprie pene in regime di detenzione domiciliare e reinserendosi nella società, lavorando, ovviamente tenendo conto anche delle loro specifiche professionalità e attitudini lavorative, al fine di eseguire progetti di pubblica utilità in favore della collettività.
  Accogliamo con particolare favore gli incentivi, sotto forma di credito di imposta, che vengono concessi alle aziende che assumono detenuti ammessi al lavoro esterno o in condizione di semilibertà. Lo scopo del carcere, infatti, dovrebbe essere proprio quello di favorire il reinserimento del carcerato nella vita quotidiana e nel lavoro, affinché una volta uscito non compia di nuovo reati, e non quello di creare un'ulteriore ostilità nei confronti della legge, facendolo vivere in condizioni disumane.
  Il Partito Socialista Italiano ed i suoi deputati continueranno a vigilare affinché questa emergenza possa fermarsi. Ribadiamo il nostro impegno nell'occuparci con continuità della situazione carceraria, convinti della necessità di una modernizzazione complessiva del sistema giustizia che possa in tal modo portare non solo a un miglioramento strutturale ma anche a una rapida modifica del nostro impianto giuridico relativo alla pena (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, io credo che in questo dibattito ci sia un avviso che dovremmo dare a quegli avventurosi connazionali che seguissero in questa data, il 2 agosto, questo nostro dibattito, perché bisogna avvisarli che questa discussione di fatto è una replica. L'originale si può trovare sul sito della Camera dei deputati in data 4 luglio 2013. Lì discutevamo un provvedimento diverso, la messa alla prova, ma ci si accorgerà di molte similitudini. Gli interpreti sono gli stessi, anche soggettivamente. Le posizioni delle forze politiche sono le stesse, anche le battute avranno, per chi volesse confrontarle, una qualche assonanza. Perfino il titolo è lo stesso. Nel sottopancia, che scorre nella diretta del canale televisivo della Camera, probabilmente vi sarà: «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena», che è quello corretto, ovviamente, ma per gli addetti ai lavori stiamo parlando di carcere e il titolo reale è: «Scene da un fallimento».
  La trama credo sia semplice e facilmente comprensibile da chi ci ascolta. C’è una congrega di uomini e di donne ancora parzialmente rappresentata – quindi, c’è stata e c’è – in quest'Aula che ha sparso la predicazione per la quale più gente si mandava in galera e più i cittadini erano sicuri. Hanno perfino – questi uomini e queste donne parlamentari – costruito dei reati nuovi per riempirle, le galere, meglio e di più.Pag. 19
  Italiani e italiane – direi, mi rivolgo direttamente –, ora che le carceri sono strapiene e mediamente sono diventate un inferno, vi sentite più sicuri ? Girate i vostri quartieri spensierati ? Ora, io credo che così non sia. In realtà, abbiamo mandato – usiamo questo plurale e assumiamo una responsabilità collettiva che, però, collettiva non è – qualche decina di migliaia di cittadini italiani, colpevoli sì di reato ma spesso di reati bagatellari, alla scuola di perfezionamento. Avremo fatto un buono o un cattivo servizio alla sicurezza dei cittadini ?
  Questo decreto è stato seviziato dal Senato, dove evidentemente – io penso – sono ancora forti quegli sceneggiatori del passato. Questo provvedimento non svuota, come qualcuno sostiene, le carceri in uscita.
  Semmai dà potere alla magistratura di limitarne il flusso in entrata, valutando, sempre il magistrato, se esistono misure diverse. Vi raccontano con grida forti in questa Aula, così come il 4 di luglio su quell'altro provvedimento, che questo è un indulto, che questa è un'amnistia mascherata. Eppure non è vero né sul piano giuridico né sul piano effettivo. È semplicemente una recitazione a copione, perché se il film è «Scene da un fallimento», noi parlamentari siamo i curatori fallimentari di questo, perché è difficile dire agli italiani che questo Parlamento in passato ha combinato degli errori pazzeschi, che si chiamano Bossi-Fini, Fini-Giovanardi, Cirielli o ex Cirielli. Già i nomi raccontano qualcosa e inchiodano qualcuno, alcune forze politiche, alla loro responsabilità. C’è poco da gioire però di questo, perché questo provvedimento è semplicemente un piccolo tassello. Ne serviranno altri per provare a risalire la china di quel disastro. Lustri ci sono voluti per provocarlo, il disastro, e anni ci vorranno per sanarlo. In questo Paese, al fianco dei criminali veri, quelli per cui il carcere non si toglie, sono tornati i ladri di gomme delle automobili, diventano più frequenti i reati predatori. È il segno di un Paese in crisi, profondamente in crisi, che nella sua stragrande maggioranza, guarda con preoccupazione al lavoro, alla casa, al futuro dei figli, che sembrano destinati ad un avvenire non migliore di quello dei padri. Quindi è un Paese con una certa retorica della sicurezza, che ha invaso dal 1999, da quei giorni del gennaio milanese, con i nove omicidi consecutivi e la campagna che ne seguì, che guarda in maniera più attenta alle emergenze, a quelle vere e a quelle presunte e guarda con più attenzione anche ai problemi veri, quelli che si trova a vivere con quotidianità. La Ministra Cancellieri, ex Ministro dell'interno peraltro, oggi di giustizia, cui auguriamo ovviamente anche noi un pronto recupero, ha posto in essere un provvedimento coraggioso. Gliene dà atto Sinistra Ecologia Libertà che sta all'opposizione di questo Governo. È un provvedimento che prova ad alludere ad una strategia nuova per la sicurezza dei cittadini. Il Senato della Repubblica – l'ho già detto e l'hanno detto altri colleghi – ha provato a disattivare il provvedimento, a riportarlo in quella logica fallimentare, con un dato però che non è stato rilevato in quest'Aula, cioè che il Senato ha aperto verso l'alto e chiuso verso il basso. Ha chiuso sulla recidiva e ha aperto sui massimi edittali, sapendo che, chiudendo sulla recidiva, si chiude, in questo Paese almeno, agli ultimi della terra, ai tossicodipendenti, agli infraquinquennali; ma vi siete mai chiesti chi soggettivamente e socialmente sono gli infraquinquennali e quali reati compiono ? Non sono i dirigenti delle banche o delle finanziarie infedeli e truffaldine, non sono i corruttori di minori, i falsificatori di bilancio, i concussori, gli artefici di disastri ambientali, non sono questi. Sono soggetti affatto diversi. Quindi questo è un provvedimento che un tempo avremmo definito di classe nella versione del Senato.
  È un termine, quello di classe, molto difficile da maneggiare. È un termine antico, è un termine che anch'io ho qualche difficoltà a proporre, ma questa è la verità del provvedimento del Senato: si apre verso l'alto, si chiude verso il basso. Bene noi abbiamo fatto a correggere questa riedizione senatoriale e ad escludere lo stalking e il finanziamento illecito ai partiti, Pag. 20però non è una buona tecnica, perché ci riporta a quel concetto di allarme sociale che è delicato anch'esso da maneggiare, soprattutto quando l'allarme lo lanciano campagne di stampa più o meno articolate.
  Bene abbiamo fatto, ma sono tecniche da maneggiare con grande attenzione, perché ci si potrebbe chiedere, qualcuno ci chiede, perché quei due reati sì – e bene, ripeto, abbiamo fatto – e gli altri, in qualche modo, no.
  Credo che noi, con questo provvedimento, ci avviamo lungo una strada diversa. A me ha colpito, nella nostra discussione, per non essere chiusi in noi stessi, leggere i nostri interventi, riprodurre il dibattito in Commissione, mi ha sorpreso – il copione dei colleghi della Lega posso conoscerlo a memoria: lo vedremo nel corso di questa lunga discussione, nella proposizione degli emendamenti – l'intervento del collega Bonafede, che, asserendo che la giustizia è uguale per tutti, ha poi, in realtà, riservato due terzi del suo intervento ad un unico imputato, oggi condannato, e non agli altri 5.999 individui – queste sono le stime del Ministero della giustizia – che sono, in realtà, l'oggetto del provvedimento.
  Infatti, a quello lì questo provvedimento non serve, non è rivolto a lui, non viene intercettata la sua storia penale. Per quanto riguarda gli altri 5.999, invece, sì. Mi ha fatto specie che due terzi dell'intervento non fossero dedicati a loro, tanti, ma fossero dedicati ad uno. Alla faccia della giustizia uguale per tutti !
  Noi, con questo provvedimento, proviamo ad intraprendere una strada nuova, proviamo a mettere la parola «fine», il titolo the end a questo film che ho cercato di descrivere, alle politiche fallimentari della forca, quelle che nessun risultato hanno prodotto, che, forse, hanno soddisfatto lo stomaco degli italiani, ma li hanno messi in condizioni più insicure di prima.
  Forse una nuova stagione si annuncia. È una stagione di carattere internazionale, attenzione, perché queste sono strategie che sono state ampiamente sperimentate nel mondo con analoghi risultati, ovunque. È una stagione internazionale, ripeto, quella che si chiude e io penso con grande e definitivo discredito degli interpreti nostrani (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Umberto Marroni. Ne ha facoltà.

  UMBERTO MARRONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, bisogna anche dire che questo provvedimento all'esame oggi della Camera dei deputati – forse nessuno lo ha anche detto in maniera chiara – è stato già licenziato dalla Camera dei deputati: è stato mandato al Senato e il Senato lo ha rimandato alla Camera dei deputati, modificato.
  È un provvedimento promosso dal Governo – devo dire, anche a nome del gruppo del Partito Democratico, che facciamo gli auguri di pronta guarigione, o, comunque, di ristabilirsi rapidamente, al Ministro Cancellieri – che ha due obiettivi di fondo.
  Il primo è sicuramente quello che hanno detto anche gli altri colleghi, ossia quello di rispondere all'emergenza del sovraffollamento carcerario, che purtroppo nel nostro Paese – come hanno ben sottolineato anche altri colleghi – è la normalità e una situazione drammatica: più di 22 mila detenuti si trovano in un condizione di sovraffollamento e ciò è costato al nostro Paese un discredito internazionale per quanto riguarda le tante sentenze della Corte europea e i tanti richiami sui diritti umani. È un problema annoso e che ci porta di nuovo, ogni volta che si affronta, a quella drammaticità, oltre al fatto dei continui suicidi nelle nostre carceri, di cui alcuni anche pochi giorni fa. È un provvedimento che ha quindi l'esigenza di rispondere al problema del sovraffollamento e, penso, anche quella normativa – come è stato detto soprattutto nell'ultimo intervento – di riequilibrare la tendenza, che non è solo nel nostro Paese, di considerare la pena non esclusivamente come un provvedimento di carcerazione. Si tratta, al di là della cronaca, Pag. 21della tendenza, peraltro scritta nella nostra Carta costituzionale, di considerare la carcerazione o comunque il regime di limitazione della libertà personale non solo come pena, ma anche come un percorso di recupero e di riabilitazione alla società civile (articolo 27 della nostra Costituzione). Di fatto, questa concezione della pena è stata avviata con la legge Gozzini in maniera molto netta nel 1986 e – va anche detto – con importanti risultati, sicuramente parziali, ma importanti, per quanto riguarda la riabilitazione e il reinserimento dei detenuti nella vita civile e lavorativa nel nostro Paese. Credo quindi che bisogna anche ricordare che quella legge, la legge dal senatore Gozzini venne approvata con il solo voto contrario del Movimento sociale, all'epoca. Ci fu una amplissima maggioranza che riteneva che questo principio costituzionale dovesse essere applicato nelle forme e con quei criteri che la legge, appunto, riporta.
  L'altro punto fondamentale, sempre all'interno della necessità di questa norma di rispondere al sovraffollamento carcerario, è quello di carattere strutturale, edilizio, da un lato e – come hanno detto bene gli interventi che mi hanno preceduto – sostanzialmente del personale di sorveglianza, dall'altro. Si tratta di un altro punto che oggi viene affrontato poco, ma che impedisce l'apertura anche di strutture carcerarie, peraltro nuove, perché mancanti di personale di sorveglianza. Io credo, quindi, che questo obiettivo (da un lato rispondere all'emergenza del regime carcerario per quanto riguarda le strutture, ovviamente, e dall'altro, appunto, le norme), questo decreto lo abbia messo in campo. Cosa è accaduto ? Lo ha detto la relatrice, presidente Ferranti: il Senato ha fatto alcune modifiche che, a nostro avviso, sono andate un po’ in contraddizione con lo spirito del provvedimento del Governo, del decreto-legge (da un lato, quello dello svuotamento e dall'altro, quello legato ad una normativa che permetta di andare nella direzione in cui ormai tutti i grandi Paesi civili europei vanno e che la legge Gozzini mise in campo nel 1986). Si tratta in particolare della limitazione a priori dei benefici della legge Gozzini e successive modifiche per alcune tipologie di detenuti, in particolare, per le recidive, andando secondo noi a toccare due questioni: la prima, la discriminazione nel regime carcerario di una tipologia di detenuti, e la seconda, l'obiettivo del sistema carcerario e della pena di dare una speranza di riabilitazione e reinserimento nella società civile di tutti i detenuti. Premetto che qui – e lo dico anche agli esponenti della Lega Nord – non è minimamente in discussione né la pena, né si parla di amnistia, né di indulti (perché qui le pene rimangono certe per legge, rimangono le condanne, rimangono le norme che riguardano la certezza della pena rispetto ai reati commessi). Il testo parla esclusivamente della tipologia di esecuzione di tali pene, non certo della pena stessa.
  È sostanzialmente un testo che le modifiche del Senato hanno messo un po’ in contrasto con il principio del recupero e della reintroduzione nel consesso civile del detenuto, di cui all'articolo 27 della Costituzione, e di quelle che sono ormai riconosciute a livello internazionale le nostre carenze del sistema carcerario. Quindi, gli emendamenti del Partito Democratico, di SEL e dei gruppi della maggioranza hanno voluto semplicemente reintrodurre lo spirito del decreto del Governo e, da un lato, rimetterlo nella giusta carreggiata per quanto riguarda – ripeto – il lavoro, seppur parziale, legato alla questione del sovraffollamento carcerario e, dall'altro lato, rimettere il regime dei permessi nella giusta logica del reinserimento sociale; mi riferisco ai permessi premio, alla semilibertà, agli arresti domiciliari e all'affidamento in prova, peraltro oggi anche alle cronache dei giornali.
  Lo dico anche qui con grande chiarezza: questi meccanismi non sono benefici generici, sono meccanismi chiari previsti dalle norme sotto la stretta vigilanza del giudice di sorveglianza, senza automatismi. Quindi, io credo che anche qui si rischia di fare una certa demagogia in tal senso. Qui stiamo parlando di un regime di permessi che hanno delle tecnicalità Pag. 22molto chiare e che hanno un ruolo importante. E ha un ruolo importante il giudice di sorveglianza. Anche perché qui noi stiamo parlando di una norma che sostanzialmente prevede oggettivamente un regime comunque di detenzione, seppur sotto altre forme.
  Poi la relatrice ha giustamente approfondito il tema della custodia cautelare. Questa forse è stata la discussione più complessa, perché la norma introdotta dal Senato, l'innalzamento da quattro a cinque anni, ha sicuramente aperto una discussione diversa – qui lo tendo a dire con grande chiarezza – da quella che era la discussione del provvedimento nei termini originari, cioè quelli legati al sovraffollamento e alle norme legate al regime dei permessi.
  Sostanzialmente qui si è aperta la discussione sulla tipologia dei reati, in particolare quelli di stalking e di finanziamento illecito, e oggettivamente anche la Commissione e noi del Partito Democratico abbiamo dovuto in parte correggere quell'impostazione con una tecnicalità giuridica sicuramente un po’ al limite, per evitare si potesse modificare il regime di custodia cautelare rispetto ad alcuni reati cosiddetti «di pericolosità sociale» o, comunque, di attenzione e allarme sociale. Quindi, in particolare sono stati introdotti in questa forma nel decreto queste due tipologie.
  Però – io qui lo dico anche a titolo personale – penso che noi non possiamo di certo – anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle – andare fieri di un istituto come la custodia cautelare così come si definisce in Italia, perché l'istituto della custodia cautelare è sicuramente l’extrema ratio di avere delle persone in privazione di libertà senza un rapido processo – lo dicevano anche i colleghi – in percentuali molto alte. Noi dobbiamo sicuramente, in questo caso, mettere mano a questo istituto della custodia cautelare e ovviamente di pari passo va messa in campo la riforma per quanto riguarda i tempi della giustizia. Sono due facce della stessa medaglia.
  Penso che la Commissione, che già ha all'esame un disegno di legge sulla custodia cautelare, dovrà poi a settembre sicuramente affrontare la questione dei tempi della giustizia, perché una riforma della custodia cautelare non può prescindere da una riforma dei tempi in cui si svolgono i dibattimenti e si emettono le sentenze nei tribunali.
  Quindi, io credo che, da questo punto di vista, avendoci messo un certo impegno – penso che anche la Commissione abbia fatto un buon lavoro, anche con uno spirito costruttivo, sia nella maggioranza sia nell'opposizione – dobbiamo sicuramente togliere un po’ da questa discussione un certo elemento contingente. Stiamo parlando di norme che vanno a toccare migliaia e migliaia di persone, di detenuti e il sistema carcerario e della giustizia.
  E quindi dobbiamo sicuramente ragionare un po’ a mente libera dalla contingenza e dalla cronaca di questi giorni anche perché – l'ha detto bene la collega Ferranti – qui non stiamo parlando della condanna dell'onorevole Berlusconi ma di alcune migliaia e migliaia di detenuti. Quindi su questo argomento – devo dire con grande chiarezza – penso il contrario rispetto a ciò che ha detto il collega del MoVimento 5 Stelle. Credo che, paradossalmente, la condanna definitiva di ieri del Presidente Berlusconi, nella sua rilevanza politica ma, paradossalmente, anche nella sua normalità, possa riaprire finalmente e dare alle forze politiche quel ruolo per riformare un sistema che oggettivamente, al di là delle vicende giudiziarie di Berlusconi, al di là delle vicende che riguardano la nostra cronaca politica, non funziona come dovrebbe. Pertanto, penso che la riforma della giustizia il Presidente Napolitano la intendesse in questa chiave: si tratta di una condanna che ha sicuramente una grande rilevanza politica ma che, paradossalmente, riporta probabilmente anche alla normalità della nostra questione giudiziaria. Quindi sono parole che condivido in questo spirito e penso che se noi le cogliamo possiamo fare un servizio al Paese, all'Italia, riformando la giustizia in modo più organico ma nell'interesse Pag. 23di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, sono oramai oltre dodici anni da quando sono entrato in quest'Aula che sento, in tema di giustizia, dire sempre le stesse cose. Ha ragione il collega Farina di SEL: è un film già visto, già scritto, in cui gli attori a volte anche soggettivamente sono sempre gli stessi. E sono dodici anni che si parla di sovraffollamento carcerario. Se andiamo a vedere gli anni precedenti, si parlava del problema della poca umanità in carcere, della mancanza del lavoro, della mancanza della capacità dello Stato di reinserire e rieducare i detenuti; si parlava già allora di mancanza di risorse. Bene, si parla sempre delle stesse cose e puntualmente si arriva a citare la parola magica: sovraffollamento, emergenza carceraria, per poi mettere in piedi i provvedimenti che dimostrano sostanzialmente il fallimento dello Stato. Il fallimento dello Stato è più complessivo perché in Italia non funziona niente. Ma dov’è che si manifesta in maniera più evidente il fallimento ? Si manifesta, ad esempio, nella malasanità perché immediatamente i cittadini ricevono un danno dall'inefficienza della macchina statale e si manifesta nella gestione della giustizia e nella gestione delle carceri. E puntualmente per una parte del Parlamento, per motivi che in maniera neanche nascosta oggi il collega di SEL ha svelato, vi è un motivo di classe quello cioè di tornare alla vecchia cultura di stampo comunista per la quale il delinquente proveniente dai ceti sociali meno abbienti non è delinquente perché è un prepotente, perché è cattivo, ma perché è indotto dal sistema capitalistico, dalla sperequazione socio-economica a commettere reati e, in fondo, addirittura alcune di quelle teorie marxiste dicevano che il delinquente, nelle società capitalistiche, era la punta avanzata della rivolta proletaria e della rivolta operaia. Ovviamente chi ha studiato sa bene che ci può essere anche del vero. È chiaro che l'emarginazione, la povertà e il disagio sociale favoriscono le devianze criminali, mettono in condizione le persone svantaggiate di accedere purtroppo più spesso al crimine.
  Ecco perché lo Stato civile – e chi come me viene da una cultura di destra sociale condivide questo punto di vista – deve rimuovere le cause sociali della criminalità. Ma questo è un punto, altra cosa è non reprimere chi poi per sfortuna, per debolezza, per prepotenza, commette reati. Perché, vedete, il soggetto principale dei reati non è soltanto la violazione della legge penale, non è la violazione contro lo Stato, il soggetto principale dei reati è la vittima dei reati. Lo Stato ha il dovere di difendere innanzitutto le vittime, i deboli, coloro che non sono prepotenti, le persone che vivono nei quartieri emarginati, che sono poveri e ciò nonostante non fanno i delinquenti, non usano violenza ai propri simili.
  Quando è nato l'ordinamento giuridico, quando è nato lo Stato, cinquemila anni fa in Babilonia, nel codice Hammurabi si preordinava tutto il sistema giuridico in modo che il più forte non potesse sopraffare il più debole: questo è il fine principale dello Stato. Poi, è chiaro, gli Stati moderni più civili si occupano di tante cose: istituiscono carceri civili, danno pene individualizzate, cercano di rieducare i rei, cercano di farli reinserire, favoriscono il lavoro dei detenuti, favoriscono l'assunzione degli ex detenuti, umanizzano le pene, evitano pene vergognose e indicibili, hanno carceri civili. Ma altra cosa è rinunciare a garantire la difesa dei più deboli, dei cittadini.
  La cosa grave – sono dodici anni che frequento queste Aule – è che tutte le maggioranze, del PdL, del PD, del Governo Monti, hanno sempre sostenuto in questi anni politiche perdoniste che hanno una antica origine, la madre di tutte le riforme, quella del ’74 che ha inserito l'ordinamento carcerario e che ha immesso nell'ordinamento idee anche buone, vale a dire i permessi premio e di rieducazione; ma poi sappiamo tutti che per mancanza di risorse questi sono solo serviti a limitare Pag. 24l'accesso in carcere e ad anticipare la liberazione, frantumando la certezza della pena. La cosa grave è che quando andiamo a vedere le interviste di uomini del PD, del PdL e della lista Monti nessuno ha il coraggio di dire la verità, si dicono tante bugie, si dice falsamente che questi provvedimenti servono a umanizzare il carcere. Questi provvedimenti servono a svuotare il carcere, in maniera anche temporanea, certamente non in maniera definitiva, perché poi la storia dimostra che tutti questi interventi, amnistie, indulti o altre diavolerie, come la legge Gozzini e la legge Simeone, sono soltanto serviti ad arginare il fenomeno dell'accesso al carcere.
  Poi sappiamo bene – ed entreremo nel merito dei plurirecidivi – che alla fine coloro che hanno commesso reati nel 70, 80 per cento dei casi in pochi anni rientrano in galera, e poi escono, e poi rientrano, e quando sono in permesso premio commettono reati, e quando sono ai domiciliari scappano di notte e commettono rapine, rientrano in galera, ci riescono. Le forze dell'ordine, i magistrati si battono per arrestarli, lo Stato spende fior di milioni di euro per fare processi che portano a condanne che non portano a pene eseguite. Poi tutti si sbattono e si battono per la certezza della pena che invece non esiste.
  In questo provvedimento la certezza della pena come principio è frantumato, sapete perché ? Mi riferisco ad un istituto che sul piano culturale potrebbe essere anche nobile, la liberazione anticipata, per effetto del quale ogni sei mesi di detenzione se il detenuto dà prova di collaborare al processo di rieducazione ha uno sconto di 45 giorni.
  Ebbene, questo istituto, invece, viene anticipato ulteriormente e, prima ancora di finire in galera, si ha lo sconto di pena che diventa uno sconto gratuito e che è anticostituzionale perché l'articolo 27 della Costituzione prevede che la pena deve avere come fine anche l'emenda. Ed è chiaro che se io ho sconto prima di entrare in carcere, che emenda ho ? Che esempio ho ? E, poi, ovviamente, viene offesa, a volte la memoria, ma spesso anche la dignità della vittima che viene completamente cancellata perché si vedono persone che commettono rapine, furti, estorsioni, truffe, finire praticamente per pochi giorni in galera per poi essere in libertà dopo poco tempo e, anche per gravi reati, persino omicidi, dopo cinque o sei anni essere nuovamente in libertà. Questa norma è ancora più grave perché accelera il processo di frantumazione della certezza della pena e accelera la liberazione dei cittadini. Come ho detto, è inefficace sul sovraffollamento carcerario e non trova neanche un minimo di serietà.
  Un Paese serio non si può permettere di avere un terzo dei detenuti stranieri che dovrebbero scontare, anche a loro beneficio, la pena nel Paese di origine. Sono dodici anni che ne sento parlare e non vengono stipulati accordi di tal genere. Potrebbero essere fatti in pochi mesi, ci costerebbe di meno, consentirebbe a queste persone di scontare il carcere anche nel Paese di origine e, quindi, più vicini ai familiari, sapendo anche di avere un percorso possibile di reinserimento, mentre invece da noi si sa che al termine della pena verrebbero espulsi. Quindi, non hanno nessuna motivazione a rieducarsi o a reintegrarsi. Né un Paese civile si può consentire di avere oltre un terzo dei detenuti in attesa di giudizio, cioè in galera senza aver subito un processo. Nell'articolo 1 questo Governo del PD, del PdL e di Monti mette in pratica un intervento a spot, aumentando la pena edittale da quattro a cinque.
  Noi ci asterremo su questo provvedimento perché riteniamo che sia un provvedimento non sistemico che, peraltro, ha provocato alcuni problemi come, per esempio, l'impossibilità di concedere la custodia cautelare nel caso del reato di stalking, togliendo al magistrato di fronte magari a gravi episodi di stalking che non costituiscono pur tuttavia più grave reato, la possibilità di dare un segnale forte. Noi siamo contenti che il nostro emendamento, che porta da quattro a cinque anni la pena massima edittale, sia stato accolto. Fratelli d'Italia ha molto apprezzato questa disponibilità da parte del Governo. E Pag. 25pur tuttavia, non possiamo votare a favore perché non si interviene sulle esigenze cautelari, non si interviene sulla misura della verifica probatoria che sta poi dietro alle esigenze cautelari. Ed è questa la vergogna, che in un Paese civile oltre un terzo delle persone sta in galera senza aver subito un processo.
  Si dovrebbe prevedere, per quello che ci riguarda, la custodia cautelare in via ordinaria solo nei casi di flagranza o quasi flagranza di reato e solo quando ci sono prove certe di pericolo di fuga, di reiterazione del reato, quindi di pericolosità sociale, o di tentativo di inquinamento delle prove. Invece, le cose non vanno così e peraltro assistiamo per lo più ad oltre il 50 per cento di questi detenuti che, al termine della custodia cautelare, vengono assolti oppure hanno una pena inferiore che non avrebbero scontato in carcere e che, invece, dopo essere condannati con sentenza in via definitiva, invece poi la scontano.
  E, poi, ancora, questo provvedimento fa un'altra cosa che noi riteniamo molto grave. Saggiamente il Senato aveva salvaguardato l'unica controriforma seria del centrodestra. Il centrodestra del PdL ha per vent'anni chiesto i voti sulle città più sicure, su un inasprimento delle pene per i delinquenti incalliti. Abbiamo rassicurato le forze dell'ordine ai tempi di Alleanza Nazionale e Forza Italia e con la coalizione della Lega Nord. Quella riforma inseriva un principio semplice: chi commette più volte reati, gli stessi reati, e viene condannato, ha diritto sì a usufruire della possibilità di essere reinserito tramite liberazione anticipata, semilibertà, permessi premio, detenzione domiciliare, ma in maniera sempre più rigida in base al fatto che man mano che passa il tempo e commette vari reati tradisce la fiducia dello Stato.
  Ebbene, il Senato aveva giustamente rintuzzato questo tentativo di questo Governo fallimentare, che risponde alle emergenze, come al solito, trincerandosi e mettendo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Il Senato, saggiamente, aveva cassato la possibilità di far usufruire di questi benefici ai plurirecidivi, di cui all'articolo 99, comma 4, del codice penale; e, invece, la Commissione giustizia e quest'Aula, con la maggioranza PD e, cosa più grave, del PdL – partito formato da Alleanza Nazionale e Forza Italia, che, nel 2005, aveva approvato la legge che porta anche il nome, come primo firmatario, di chi vi parla –, cancellano questa riforma giusta, che prevede pene e un irrigidimento per i plurirecidivi, concedendo, addirittura, più benefici anche in tema di permessi, in tema di semilibertà, alle persone che hanno commesso tante volte gli stessi reati.
  Questo ramo del Parlamento si arroga la prepotenza di cancellare il diritto delle vittime, di mandare avanti una cultura perdonista che non ha logica proprio nell'emergenza sociale che viviamo. E lo fa, scaricando tutto sulle forze dell'ordine, perché migliaia di persone andranno alla detenzione domiciliare, migliaia di persone in più saranno affidate ai servizi sociali, migliaia di persone andranno a lavorare presso comunità montane e comuni. Tra di esse ci saranno sicuramente persone che vogliono recuperare, ma la stragrande maggioranza tornerà in prigione, solo dopo essere stata scoperta, chissà dopo quanti reati.
  E le forze dell'ordine vedranno frustrato il loro lavoro, i cittadini, le vittime dei reati subiranno l'onta di vedere condanne ridicole non scontate, con l'avallo di un Parlamento, che, ormai, da tempo per effetto anche della legge cosiddetta «porcellum», non elegge più rappresentanti del popolo, non elegge persone che vengono dal popolo e dal territorio, ma elegge persone nominate dai partiti, che non hanno la più pallida idea di quali siano i diritti, quali siano gli umori, quali siano i bisogni dei cittadini.
  E vi è stata proprio l'approvazione di questa norma, che frantuma la certezza della pena, che aggrava la sicurezza dei cittadini, scaricando su di loro le inefficienze e le incapacità di uno Stato che non riesce a costruire le carceri, non riesce a stipulare accordi con i Paesi stranieri per far scontare all'estero le pene, che non Pag. 26riesce ad intervenire sulla custodia cautelare (e siamo un Paese dove la custodia cautelare veramente merita di essere riformata).
  Bene, in questo Paese, lo Stato scarica le proprie inefficienze sui cittadini, ancora una volta, con questa normativa; e lo fa a costo zero, perché se andiamo a vedere l'articolo 5, è un'altra vergogna. Nonostante ci vorrebbero migliaia di carabinieri, poliziotti, finanzieri in più e guardie della polizia penitenziaria per assicurare un minimo di serietà al provvedimento di «tana libera tutti» che state per approvare, non c’è un euro in più che sblocca il turnover, non c’è un euro in più che taglia la spending review per le forze dell'ordine, non c’è un euro in più per i servizi sociali.
  Avete affamato le regioni, tagliandogli i fondi, e poi chiedete alle ASL e ai servizi sociali dei comuni – ai quali non date più un euro per l'assistenza sociale – di aumentare a dismisura la propria capacità di essere vicini a persone che sono sicuramente in una grave condizione psicologica di devianza sociale; vengono dal carcere e meriterebbero un'assistenza, coerentemente con quello che dite.
  Invece, vi tappate gli occhi, vi tappate le orecchie, mettete semplicemente fuori le persone e, anzi, con questa norma, fate in modo che le persone non entrino proprio in galera, anche se sono plurirecidivi, e scaricate le responsabilità della classe governante sui cittadini comuni.
  Ecco perché la gente, giustamente, si allontana dal voto, ecco perché i cittadini considerano la politica, sempre più, una cosa inutile. Crediamo che questi segnali siano assai pericolosi ed è per questo che il gruppo Fratelli d'Italia è fermamente contrario. Certo, siamo contenti che il nostro emendamento sullo stalking sia stato approvato, aumentando la pena e dando al giudice la possibilità di intervenire in maniera più severa per reprimere questo reato; certo, siamo contenti perché abbiamo una cultura vera di destra sociale e, quindi, noi crediamo nella rieducazione dei detenuti, quella vera; siamo contenti che siano previsti degli strumenti che agevolano la possibilità di dare lavoro ai detenuti e, soprattutto, all'assunzione di ex detenuti per consentire loro di essere reintegrati e magari di non tornare a commettere reati. Quindi, voteremo a favore dell'articolo 3-bis.
  Consideriamo positivo anche l'articolo 4 che aumenta e conferma i poteri al commissario straordinario per le carceri, anche se non capiamo perché non si utilizzino i normali strumenti dei ministeri per far costruire nuove carceri. È, sempre, questo, un modo per scaricare le responsabilità e alla fine provvedere con l'emergenza da cui, peraltro, sappiamo, perché la storia insegna, nascono scandali e imbrogli; per questo noi ci asterremo sull'articolo 4. Tuttavia, nel complesso non possiamo approvare questa filosofia. Siamo in pochi, certo, solo nove deputati, ma sono convinto che siano sbagliate queste vostre scellerate politiche che non intervengono sull'economia, non intervengono a rimuovere le cause sociali della criminalità, non danno pari opportunità ai figli degli umili: vi riempite la bocca degli umili ma non fate un provvedimento dove ci sia un euro, un quattrino, che serva a queste persone per riscattarsi. Semplicemente dite: chi commette reati, poverino, mettiamolo in libertà perché le carceri fanno schifo. Beh, riteniamo ingiusto questo per la sicurezza, riteniamo ingiusto questo per le vittime; noi lo diciamo a testa alta e lo gridiamo in tutte le piazze: saremo e siamo sempre dalla parte di Abele e non di Caino ! Non siamo vendicativi, non vogliamo essere cattivi, ma uno Stato serio prima deve difendere le vittime.
  È un provvedimento inefficace perché sappiamo bene che in mancanza di norme strutturali, di nuove carceri, in mancanza di un accordo con i Paesi stranieri per far scontare il carcere agli stranieri nel loro Paese d'origine, in mancanza di un provvedimento serio, dignitoso sulla custodia cautelare, nel giro di poco le nostre carceri saranno nuovamente sovraffollate. È un provvedimento sbagliato da tutti i punti di vista; c’è qualche passo positivo in alcune direzioni, ma la mancanza di soldi a favore dei servizi sociali e delle forze Pag. 27dell'ordine che dovranno sopportare l'impatto iniziale di questa vergognosa norma di clemenza e di perdonismo ingiustificato, rappresenta la prova provata che questo provvedimento è soltanto un provvedimento di facciata. Per questo il gruppo di Fratelli d'Italia voterà con forza contro questo provvedimento che non ha avuto neanche un iter ordinario e normale di discussione in Commissione, in Aula; il termine per gli emendamenti è scaduto solo questa mattina alle 9 perché ci avete fatto aspettare fino a ieri sera per avere un testo; non abbiamo potuto presentare, in maniera adeguata, questioni pregiudiziali perché non avevamo il testo finale su cui discutere.
  In sostanza, è un provvedimento grave che impatterà sulla sicurezza dei cittadini, sulla dignità delle vittime, sulla tenuta della credibilità del nostro Stato; non ha assolutamente l'attenzione da parte del Governo e purtroppo viene approvato con superficialità da parte del Parlamento. Per questo noi votiamo contro, sperando che al Senato ci sia una resipiscenza di civiltà giuridica e si torni indietro a salvaguardare il diritto alla sicurezza e alla libertà dei cittadini, innanzitutto di quelli perbene.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Micillo. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MICILLO. Signora Presidente, deputati, vorrei fare una premessa, a margine di altre riflessioni sull'argomento: registriamo ancora una volta l'assoluta mancanza di attenzione al nostro ruolo in Parlamento.
  Cari cittadini, noi deputati del MoVimento 5 Stelle – ma non ho ragione di pensare che i colleghi di diversa appartenenza politica abbiano avuto un trattamento differente dal nostro – abbiamo avuto l'opportunità di analizzare il decreto in oggetto e quindi emendarlo solo a partire dalle ore 21 del giorno 29 luglio 2013: neppure ventiquattro ore per operare sul decreto in questione. Meno di ventiquattro ore sarebbero dovute passare tra la comunicazione dell'assegnazione del decreto in Commissione e l'effettiva possibilità di emendare il decreto. Il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti è stato fissato alle ore 19 del 30 luglio 2013: un tempo pari a ventidue ore. Solamente ventidue ore sono state concesse per affrontare un problema come quello delle carceri italiane. Concederci ventidue ore di tempo per presentare emendamenti significa dare un atto di fiducia cieca a favore del Governo, il quale, a questo punto, è stato e sarà l'unico estensore del decreto in questione. Mi chiedo come sia possibile affrontare una problematica come quella de quo in sole ventidue ore, e come sia possibile per noi parlamentari incidere su una materia come quella carceraria in un arco di tempo così ristretto.
  La saggezza popolare ci insegna che presto e bene sono due concetti che non vanno d'accordo, per non parlare della possibilità di presentare emendamenti da discutere in Aula. Il testo definitivo approvato in Commissione ci è stato comunicato il giorno 1o agosto alle ore 20, con fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 9 del giorno dopo. La decretazione d'urgenza – ormai consuetudine della legislazione degli ultimi anni rispetto alla quale il Presidente Letta aveva detto che non vi avrebbe fatto ricorso o che sarebbe stata fortemente ridotta – presenta anche questo incredibile paradosso: non dà materialmente il tempo a noi parlamentari di discutere e approfondire la materia e il testo legislativo. Naturalmente tutta questa fretta si tramuta necessariamente in una pessima tecnica legislativa. Spesso ci troviamo di fronte a testi scollegati e non coordinati proprio in quanto figli della celerità imposta dallo stressante e furioso ritmo dei lavori parlamentari. L'unico colpevole di questa situazione è la decretazione d'urgenza, cui il Governo continua sistematicamente a fare ricorso.
  Quando mi trovavo a studiare i testi di legge ricordo che ero solito immaginare cosa avrei scritto qualora fossi stato nei panni del legislatore, e spesso mi meravigliavo degli strafalcioni che il legislatore Pag. 28commetteva nelle formulazioni della norma. Ebbene, devo ammettere che la sommaria tecnica legislativa degli ultimi anni, che innumerevoli problemi crea soprattutto nelle aule di giustizia, è figlia della prassi governativa di fare abuso al frequente ricorso dei decreti-legge; prassi governativa che ha avuto, almeno fino ad oggi, il placet dei gruppi parlamentari di maggioranza e che non mi sembra in alcun modo dia segnali di affievolimento. Per quanto mi riguarda, il fatto che noi soli deputati siamo costretti ad affrontare questa estenuante corsa contro il tempo legittima il nostro voto contrario al decreto-legge nella sua interezza, sebbene esistano dei punti condivisibili. Non possiamo votare positivamente un testo del quale non ci è stata data la possibilità di approfondirne e di analizzarne compiutamente la reale portata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Lo ripeto ancora una volta: tutto ciò dipende solo ed esclusivamente dal fatto che la materia viene trattata a mezzo di un decreto-legge. Non mi sembra assolutamente giusto dover imputare al Parlamento, attraverso l'approvazione della legge di conversione del decreto-legge, il contenuto di un provvedimento legislativo che è stato interamente formulato da un soggetto istituzionale diverso. Senza adesso affrontare per l'ennesima volta i profili di criticità che vengono in rilievo abusando dell'articolo 77 della nostra Carta costituzionale, mi sento in dovere di esprimere che un provvedimento come quello attuale è lesivo del principio di eguaglianza sancito nell'articolo 3 della Carta. Infatti, si viene a creare una disuguaglianza tra cittadini che sono stati sottoposti a misure personali restrittive e cittadini che godono di un trattamento agevolato. Esistono più di 65 mila persone detenute con diritti umani calpestati, condizioni che hanno ben poco di dignitoso, promiscuità, malattie infettive, suicidi, e non dimentichiamoci la Corte di Strasburgo che, con scadenza e precisione certosina ci rimprovera e ci fa rendere conto di quanta differenza ci sia con gli altri Paesi europei in tema di carceri. È necessario restituire alla detenzione i connotati di civiltà e legalità.
  È vergognoso come sono stati trattati i detenuti, molte persone in carcere stanno subendo la limitazione dei diritti fondamentali, pensiamo alla salute, malattie gravi, degrado della dignità umana. In carcere si continua a morire. Il Governo, e nello specifico il ministro Cancellieri, a mezzo di questo decreto conta di ridurre di circa quattromila unità la popolazione carceraria, quando siamo a conoscenza del fatto che all'interno delle carceri italiane il sovraffollamento è calcolato nell'ordine delle ventimila unità. In altre parole, all'interno delle carceri italiane sono collocati ventimila condannati in più rispetto all'effettiva capienza. Si tratta di un provvedimento tampone ed assolutamente non risolutivo del problema del sovraffollamento.
  La prima cosa che ho pensato leggendo il decreto è stato quello di assistere ad una sorta di indulto mascherato. Mi è sembrato di trovarmi di fronte addirittura ad una amnistia, perché in realtà trattasi di una amnistia. Come altro, infatti, si potrebbe chiamare un provvedimento che prevede la modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale relativo ai presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere attraverso il quale si prevede la custodia cautelare per i delitti, tentati o consumati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque invece che a quattro anni ?
  Al riguardo devo necessariamente far notare una cosa: secondo la versione approvata dal Senato, e mi rivolgo sia ai senatori di GAL e sia ai senatori che esprimono la maggioranza di Governo che hanno emendato ed approvato il provvedimento in questione, al reo di stalking, la cui pena era originariamente prevista in un periodo variabile dai sei mesi a quattro anni di carcere, non sarebbe stata applicata la custodia cautelare in carcere. Mi spiego meglio: lo stalker non sarebbe andato in carcere secondo la versione del decreto uscita dall'Aula del Senato.Pag. 29
  Adesso questa paradossale situazione può avere solo due spiegazioni: primo, è frutto di uno svarione dovuto a disattenzione probabilmente causato dallo scarso lasso di tempo che anche il Senato ha avuto a disposizione nella trattazione della materia o, secondo, i nostri colleghi senatori di maggioranza veramente intendono non mandare in carcere lo stalker in quanto non considerano questo tipo di reato degno di essere compreso all'interno delle fattispecie che prevedono la custodia cautelare in carcere.
  La cosa che mi preoccupa di più è il fatto che all'emendamento sia stato dato il parere favorevole del Governo. E questa storia dello stalking è resa ancora più grave alla luce del dibattito che si è avuto all'interno della Camera sul testo per la «messa alla prova»; ebbene in quella occasione ricordo che tutti si sono prodigati affinché lo stalker potesse godere di misure alternative al carcere ed invece, secondo la versione uscita dal Senato, per questo reato addirittura si sarebbe esclusa la custodia cautelare in carcere.
  Mi riferisco, ad esempio, all'articolo 3-bis il quale prevede agevolazioni per le cooperative sociali che impiegano ex detenuti, ampliando fino a 24 mesi dall'uscita dal carcere la possibilità di beneficiare di sgravi contributivi, nonché la modifica della legge Smuraglia che prevede agevolazioni per le aziende che assumono carcerati.
  Spesso e volentieri il detenuto o l'ex detenuto non è materialmente messo nelle condizioni di poter cambiare vita, e quindi di non delinquere, in quanto la persona con precedenti è bollata come «galeotto». È davvero improbabile trovare un posto di lavoro e sperare nella possibilità di stabilizzare la propria situazione e quindi normalizzare anche il suo stile di vita. Ritengo che sia necessario affiancare l'ex detenuto nel corso del suo periodo di reinserimento nella società e nel mondo del lavoro. Prevedere il solo sgravio fiscale significa rendere un provvedimento del genere, seppur nobile e giusto, come passibile di un probabile fallimento.
  Ritengo che lo Stato debba aiutare l'ex detenuto durante tutto il percorso di reinserimento; solo la costante presenza dello Stato, durante un congruo periodo di tempo, può effettivamente aiutare un soggetto debole ad essere rieducato, non solo attraverso la semplice pena detentiva. Avrei voluto vedere all'interno di un decreto che affronta una questione come quella in oggetto provvedimenti che prevedessero la messa in funzione delle numerose carceri inutilizzate nel nostro Paese. Disposizioni che prevedono la possibilità per ciascun detenuto di effettuare un'attività lavorativa in quanto solo attraverso questa è possibile l'effettivo reinserimento sociale del carcerato nella società civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Non dimentichiamo che oggi sono solo 5 mila i detenuti che svolgono attività lavorative all'interno dei penitenziari e hanno così la possibilità di sperimentare la vera funzione rieducativa della pena. Avrei voluto vedere norme che prevedessero, naturalmente dietro la stipulazione di accordi bilaterali o convenzioni plurilaterali, la possibilità di far scontare la pena ai detenuti extracomunitari nei loro Paesi di origine. Ricordiamoci infatti per l'ennesima volta che sul sovraffollamento delle carceri ha inciso il marchio Bossi-Fini e Fini-Giovanardi.
  Infine, chiudo con alcune riflessioni del professor Borgna, noto psichiatra: «Il pregiudizio è quella particolare deformazione che ci porta a giudicare gli altri generalizzando i comportamenti di un certo momento. Pensiamo ai carcerati. Quelle persone hanno compiuto reati gravissimi, ma se volessi analizzare una persona, non posso partire dal reato che ha commesso. Metto tra parentesi quel fatto: non lo cancello, ma cerco di capire la persona com’è adesso. Una persona non è definita dal reato che ha commesso, anche se noi abbiamo la tendenza a pensare che invece sia così. Dobbiamo vedere la loro possibilità di ri-creazione, o meglio di rinascita. Paradossalmente sono i reati più gravi che possono determinare le conversioni più sconvolgenti. Più grande è il male compiuto, Pag. 30più è possibile essere portati a rendersi conto del proprio errore. Allora accade una cosa terribile, è come una bomba atomica che distrugge l'uomo di prima e lascia aperte strade immense per ripartire».
  Il professore sostiene che con l'ergastolo nessuno può mantenere un lumicino di speranza. È un'eutanasia imposta da persone educate, civili, religiose. Dal punto di vista psicologico, è forse la tortura maggiore: l'uccisione della speranza. È come dire: vi uccidiamo due volte. Quello che noi siamo – ha scritto Nietzsche – è quello che diveniamo. È il futuro che fa di noi quello che io e lei siamo in questo momento. Noi siamo un'attesa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Matteo Bragantini, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Sono stati cancellati tutti i deputati iscritti a parlare della Lega Nord e Autonomie e si è cancellato anche l'onorevole Rosato.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1417-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la maggioranza Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, non ho nulla da aggiungere rispetto alla relazione iniziale. Ovviamente ho ascoltato gli interventi e questo credo che ci consentirà anche in Comitato dei nove di verificare alcune limature al provvedimento.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, deputato Colletti.

  ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, la mia replica in realtà è una reiterazione rispetto a quello che hanno detto i colleghi del mio gruppo sul provvedimento in oggetto. È un provvedimento fatto in fretta, fatto senza i requisiti di straordinarietà e urgenza, quindi in dispregio delle norme costituzionali. È un provvedimento anche che, seppur condivisibile in alcune sue parti, in altre parti può divenire pericoloso, lì dove si aumenta il limite per la custodia cautelare in carcere da quattro a cinque anni, escludendo va bene certo lo stalking su cui è stata alzata la pena nel massimo edittale, escludendo il reato di finanziamento pubblico ai partiti, però non si esclude tutta un'altra serie di reati, i quali hanno un massimo di pena edittale sotto i cinque anni.
  Altresì, ci preoccupa molto l'articolo 4, ovvero i poteri dati al commissario straordinario. Ricordo che il commissario delegato era già stato soppresso da un decreto-legge del Governo Monti, poi convertito in legge.
  E adesso è rivissuto il commissario delegato in commissario straordinario, utilizzando un'altra norma, eludendo, quindi, la norma abrogata, e sinceramente non ci sembra corretto. Ma sfrutta i poteri del commissario straordinario, i poteri di deroga alle norme vigenti, i poteri di vendere o svendere edifici pubblici, edifici di enti territoriali e di enti non territoriali. Ci può sembrare un precedente pericoloso, anche ricordando gli altri precedenti delle cartolarizzazioni e degli altri commissari straordinari, in primis quelli dei cosiddetti grandi eventi, che di grande hanno visto solo il malaffare.
  Quindi, ricollegandoci sempre a questo, noi, nel seguito della discussione su tutti gli emendamenti, cercheremo – anche se riteniamo sia molto difficile – di convincere l'Aula di alcune modifiche che sono necessarie, soprattutto in temi di poteri dello stesso commissario straordinario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Berretta.

Pag. 31

  GIUSEPPE BERRETTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in estrema sintesi, ci tenevo a precisare alcune cose, anche alla luce del dibattito che si è svolto. In primo luogo, certamente, i tempi sono stati ristretti, come è normale con riferimento a un decreto-legge, ma il decreto-legge – per come la stessa Camera e prima il Senato hanno ritenuto – è stato adottato nel pieno rispetto dei requisiti prescritti dalla nostra Costituzione repubblicana.
  Comunque, si tratta di un decreto-legge del 1o luglio: il tempo per un approfondimento, anche alla luce del fatto che qui siamo giunti alla seconda lettura, c’è stato tutto, anche grazie allo sforzo compiuto dalla Commissione giustizia della Camera e al tempo che c’è stato di discussione degli emendamenti. Certamente, lo spazio per un approfondimento e per un'attenta valutazione del contenuto del decreto-legge vi è stato e, a riprova di questa circostanza, che è obiettiva, vi è il fatto che certamente sono state introdotte numerose e rilevanti modifiche rispetto al testo uscito dalla prima lettura del Senato. Il tentativo – per dirla come il deputato e collega Farina – è proprio quello di cambiare un poco film, o per lo meno sala cinematografica e, in questo decreto-legge, che non ha la presunzione di risolvere tutti i problemi gravi del sistema carcerario italiano, sicuramente ci sono numerose misure articolate che puntano a incidere sia sul tema emergenza attraverso norme che evitino l'ingresso in prigione, o nelle carceri italiane, oppure che aiutino l'utilizzo di strumenti alternativi e di misure alternative alla pena detentiva – e questa è una parte del provvedimento, una parte rilevante – ma, al tempo stesso, cerchiamo di affrontare il dato strutturale attraverso un potenziamento dei poteri del commissario e quindi tentiamo di dare una risposta anche attraverso l'ampliamento delle strutture esistenti, o la realizzazione di nuove perché ci rendiamo conto che il problema non può essere risolto soltanto attraverso misure che riducano la tensione detentiva soltanto sul piano dei numeri, ma dobbiamo rendere le strutture detentive più adeguate alle indicazioni che ci provengono dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
  E, inoltre, cosa altrettanto rilevante e importante, che io qui non ho sentito sufficientemente sottolineata – e, invece, me lo sarei aspettato –, è di utilizzare lo strumento del lavoro come strumento per una effettiva rieducazione del detenuto. Il fatto che si incentivi, anche attraverso misure di ordine economico, l'utilizzo di detenuti o di ex detenuti con lo strumento del lavoro volontario e di pubblica utilità gratuito è, secondo me, un segnale importante per tentare di rendere davvero la pena strumento per una piena risocializzazione del detenuto e per una piena reintegrazione del detenuto nella società.
  Quindi, in questo senso, ovviamente, abbiamo ascoltato e abbiamo preso atto delle critiche e dei riconoscimenti che ci sono stati. Valutiamo molto positivamente il lavoro che è stato compiuto in Commissione, che riporta il provvedimento all'originario testo del Governo, con alcune ulteriori migliorie e miglioramenti. Ci auguriamo che questo proficuo lavoro, che si è svolto sin qui, possa essere proseguito con una partecipazione corale di tutte le forze di maggioranza e di opposizione.

  PRESIDENTE. Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento. La seduta riprenderà al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo, che è convocata per le ore 15.
  Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 16,10.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 32

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che si è appena svolta, si è convenuto che l'esame in Aula dei progetti di legge sull'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti avrà inizio questo pomeriggio a partire dalle ore 17, dopo che l'Assemblea avrà ricordato l'anniversario della strage di Bologna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1417-A.

  PRESIDENTE. Ricordo che, nella parte antimeridiana della seduta, si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 1417-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 1417-A), approvato dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 1417-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 1417-A).
  Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 1417-A).
  Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo, in particolare, a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine i gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega Nord e Autonomie sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
  Con riferimento agli emendamenti presentati, la Presidenza si riserva di dichiarare eventuali inammissibilità nel corso dell'esame del provvedimento.
  Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 1417-A).
  Passiamo agli interventi sul complesso delle proposte emendative. Ha chiesto di parlare il deputato Turco. Non essendo presente, si intende che abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare il deputato Marotta. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, ci apprestiamo a votare questo provvedimento che, per certi aspetti, è la continuazione – e di qui a un momento vedremo perché – di quello che è stato il provvedimento che abbiamo varato qualche giorno fa con riferimento proprio alla situazione nelle carceri italiane. È chiaro che, anche questo provvedimento, come quello a cui facevo riferimento, è relativo ad una situazione carceraria che rappresenta veramente per l'Italia un grave momento di crisi e che necessita, da parte del Governo, ma io direi di tutte le forze presenti in Parlamento, della massima attenzione. Perché ? Perché è una situazione che deve essere affrontata in maniera forte, in maniera urgente e anche per questo il Governo ha ritenuto esserci gli elementi per poter procedere con il decreto-legge, in riferimento anche a quelli che sono i numeri che abbiamo appreso, pure in sede di audizione, da parte del Dipartimento della polizia penitenziaria. È inutile ripetere, perché ormai tutti lo sanno, che la popolazione carceraria supera abbondantemente di un terzo quelli che sono i posti di cui dispone il nostro sistema carcerario.
  Disponiamo di 45 mila posti al momento e abbiamo una popolazione carceraria che supera le 65 mila unità. Ma il dato importante qual è ? Il dato importante è che più di un terzo di questa popolazione è rappresentata da detenuti in attesa di giudizio, tutta una fascia che è lì in attesa del primo grado o del secondo Pag. 33grado di giudizio – ma la maggior parte ancora del primo grado di giudizio – e che, quindi, si trova nella situazione di espiare una pena in anticipo rispetto a quella che poi sarà – se ci sarà – la sentenza finale di condanna.
  Il che significa, come la statistica ci insegna, che, in moltissimi casi – ecco perché è importante questo provvedimento –, coloro che sono in detenzione preventiva, nel momento in cui affronteranno il processo e nel momento in cui avranno la sentenza definitiva, risulteranno assolti. Quindi, loro avranno espiato una pena in un sistema, che è quello del sistema carcerario attuale, per poi vedersi, alla fine, essere riconosciuti assolti dal giudice e, quindi, aver vissuto un dramma nel dramma.
  E allora, al di là di tutte le speculazioni che si vogliono fare – ed è giusto che si facciano – con riferimento alla sicurezza dei cittadini, ad un sistema che tranquillizzi tutti, ad una situazione che faccia stare tranquilli i cittadini, che metta in condizioni chi delinque a non poter porre in essere ulteriori attività delinquenziali, c’è da porsi un problema principale. Di fronte ad un processo che il più delle volte dura il triplo rispetto a quanto durano i processi in Europa e di fronte ad una statistica che pone le assoluzioni, in fase, poi, di giudizio, in una percentuale tale da porci il problema, è giusto che la carcerazione preventiva non diventi un problema, lo ripeto, non solo per le forze di Governo, per le forze di questa maggioranza, ma per tutto il sistema giudiziario italiano ?
  Allora, sulla base di questa falsariga e sulla base delle indicazioni che ci vengono sempre dal Dipartimento della polizia penitenziaria – il cui direttore generale, qualche giorno fa, ci ha dato un prospetto –, viene fuori che cosa ? Viene fuori che, nell'anno 2013 e nell'anno 2014, i posti previsti in aumento rispetto ai 45 mila esistenti in questo momento e alla popolazione di oltre 65 mila detenuti dovrebbero essere di 1.457. E, allora, mi pare che il problema ci sia. Se nell'arco di un anno e mezzo riusciamo ancora a mettere su ulteriori 1.500 posti e la popolazione carceraria aumenta con il ritmo di 2 mila ingressi all'anno nelle carceri, allora il problema ce lo dobbiamo porre.
  Ecco perché questo provvedimento che ci apprestiamo a votare ha la sua importanza: perché pone le radici in questi elementi importanti e direi fondamentali. Per certi versi, il provvedimento è strutturale, perché apre uno spiraglio in maniera seria rispetto al futuro. Qual è questo spiraglio che apre in maniera seria ?
  È lo spiraglio che porta a rivedere, modificando alcuni articoli del codice di procedura penale, uno dei presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere e sappiamo che riguarda la pena edittale. E allora, se noi spostiamo il limite della pena da quattro anni a cinque anni, come prevede questo decreto-legge, noi abbiamo la possibilità, all'inizio, e per una serie di reati che, certo, anche se sono importanti non portano sicuramente all'indicazione di un particolare allarme sociale o di una particolare preoccupazione per i cittadini, e noi facciamo capire questo, abbiamo la possibilità di evitare il carcere rispetto a soggetti che, al momento attuale, potrebbero finire in custodia preventiva e che, molto probabilmente, per il futuro e per la pena che avranno, utilizzando tutto quello che è il meccanismo successivo al passaggio in giudicato della sentenza, potrebbero, addirittura, non andare mai in custodia in carcere. È chiaro che rispetto a queste ipotesi si è valutato anche un reato come lo stalking e, non solo per l'odiosità del reato in sé e per sé, non solo perché il 99 per cento dei casi colpisce la donna – la quale, diciamo che è una figura ancora debole nel sistema strutturale della società italiana, figura debole, lo chiarisco, nel rapporto famigliare con il proprio marito, il proprio fidanzato, il proprio compagno – ma abbiamo ritenuto, anche da questo punto di vista, di escludere questo tipo di reato, dando un segnale preciso rispetto a quello che è l'orientamento ormai internazionale ed europeo rispetto all'intervento a favore della serenità, della normalità, della tranquillità della vita della donna. È chiaro Pag. 34che abbiamo dovuto adeguare, poi, anche l'articolo 274, portandolo allo stesso limite dei cinque anni, perché è chiaro che ci doveva essere sinergia e situazioni pari rispetto a quello che prevede la normativa.
  Si è introdotta, anche, una serie di situazioni che tutelano la parte offesa – ecco perché bisogna guardare i provvedimenti nel loro insieme – e riguarda la parte offesa nel momento in cui, nella concessione degli arresti domiciliari, si dovrà tenere conto delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato. Il che significa che il magistrato, nel momento in cui concede un beneficio che è quello degli arresti domiciliari, dovrà valutare, anche, la situazione di distanza del posto dove vengono concessi gli arresti domiciliari rispetto all'abitazione dove vive la parte offesa, proprio per tutelare maggiormente la serenità della stessa parte offesa.
  L'altro elemento importante che viene introdotto da questo provvedimento e che, diciamo, bisogna vedere nel suo complesso, nella sua sistematicità, è quello che riguarda anche la valutazione che viene fatta, circa la concessione di alcuni benefici, tipo la liberazione anticipata, prima che il soggetto in fase di esecuzione finisca in carcere.
  Questa valutazione, è chiaro, fatta precedentemente, comporta un ulteriore possibile riduzione del residuo della pena e può farla rientrare in quei minimi che conosciamo, di tre o quattro anni che sia, e quindi dando la possibilità, anche ad alcuni soggetti che devono avere quei benefici, che hanno diritto ad avere quei benefici, che vengano calcolati prima e prima detratti dal residuo della pena, per avere la possibilità di usufruire di un ulteriore beneficio. È chiaro che questo è il nucleo portante del provvedimento, almeno per quello che è l'articolo 1, che ci riguarda. Ma anche per quanto riguarda l'articolo 2, diciamo che ci sono elementi importanti da valutare, nel senso che tutto quello di cui abbiamo parlato è in riferimento ad una serie di situazioni che possono avviare colui che è detenuto o che deve oltrepassare le mura del carcere ad una serie di attività con riferimento alla disponibilità degli enti pubblici o di istituti di volontariato, che gli consenta, anche con una serie di sgravi sul piano dell'intervento, di avviarlo al lavoro.
  In questo minuto di tempo che mi rimane vorrei fare un ultimo riferimento ad un altro importante elemento che abbiamo e che riguarda l'articolo 4, cioè quello del commissario straordinario del Governo, i cui compiti di attribuzione sono stati rivisitati rispetto alla vecchia figura del commissario, secondo me e secondo il gruppo che qui rappresento in maniera molto articolata e molto seria. Qual è il problema di fondo ? Il problema di fondo della figura del commissario è eliminare la burocrazia, cioè dare la possibilità ad uno che ha competenze e che ha una struttura (che peraltro non costa allo Stato sul piano finanziario, perché gestita dalle stesse persone che fanno parte del DAP), in prima misura e senza lacci e lacciuoli, che purtroppo le amministrazioni in Italia hanno, di avviare immediatamente a soluzione questo che è uno dei grandi problemi della nostra società.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, siamo ancora qui a parlare di un provvedimento che non ci pare sia la priorità di questo Paese. Noi crediamo che le priorità di questo Paese siano il lavoro, la disoccupazione, che è sempre più forte a livello giovanile e il fatto che le famiglie abbiano delle forti difficoltà, mentre questo Governo, in maniera molto costante, continua a parlare del problema delle carceri.
  Allora, se noi andiamo ad analizzare il problema delle carceri, incominciamo a vedere qual è la consistenza del popolo delle carceri. Nelle carceri italiane ci sono circa 25 mila persone che sono extracomunitarie, e queste 25 mila persone ogni anno costano circa 1 miliardo e mezzo di euro allo Stato. La soluzione numero 1, che sarebbe la più semplice in linea teorica, ma poi nella pratica abbiamo visto che è più difficile, e quindi bisognerebbe Pag. 35continuare nel lavoro iniziato dall'ex Ministro dell'interno Maroni, è quello di fare in modo che le persone non italiane che stanno nelle nostre carceri vadano a scontare le pene nei Paesi di appartenenza, d'origine. Questo significherebbe innanzitutto togliere il problema del sovraffollamento nelle carceri e allo stesso tempo ci consentirebbe di risparmiare circa 1 miliardo e mezzo di euro di costi che non ci competono. Anche perché già facciamo fatica noi ad andare avanti, se poi abbiamo 25 mila persone che vengono nel nostro Paese e che, oltre a delinquere e quindi a commettere dei reati, ci costano ancora un sacco di soldi perché li dobbiamo mantenere, non ci sembra una buona cosa. Ecco perché questo intervento potrebbe essere molto utile per ottenere dei risultati seri, mentre noi vediamo che questo Governo alla fine fa un ragionamento che è l'esatto contrario, cioè vuole continuamente dare dei «premi», delle medaglie, a chi commette dei reati.
  Siccome c’è il sovraffollamento delle carceri, il ragionamento è il seguente: abbiamo troppe persone nelle carceri, mandiamoli a casa con gli arresti domiciliari. Ora, se abbiamo anche qui un problema di sorveglianza di chi sta agli arresti domiciliari, si pone un problema superiore e cioè che le Forze dell'ordine non riescono più a stare dietro a chi devono controllare, che sono agli arresti domiciliari, e con l'aumento, cioè con circa 10 mila persone che usciranno dalle carceri, con i due provvedimenti che sono in essere, si vedrà che, alla fine, gli arresti domiciliari saranno solo ed esclusivamente un premio per chi delinque e continua a delinquere anche perché c’è un problema ancora più importante: questo Governo pensa alla fine che chi ha già commesso questi reati, cioè chi è recidivo, possa comunque ottenere questo premio.
  Allora, in questo Paese alla fine ci ritroviamo con persone che si comportano bene, che devono aver paura di stare in casa e di andare in giro e chi si comporta male ha la quasi certezza che comunque non gli succede niente, anzi, se gli succede qualcosa alla fine va pure a casa e se ne sta tranquillo a casa sua; dopo di che, se non ha proprio niente da perdere, può anche andare fuori da casa perché tanto non c’è nessuno che lo controlla perché le Forze dell'ordine sono in questo caso veramente prese in giro perché oltre a rischiare la vita con uno stipendio quasi da fame, si ritrovano poi a riscontrare che coloro che commettono certi reati se ne stanno tranquillamente a casa o addirittura se ne vanno fuori perché tanto non hanno niente da perdere, non gli succederà mai niente.
  Secondo lei, Signor Presidente, un delinquente che sia italiano o extracomunitario che non ha niente da perdere si fa un problema se sta in casa o non in casa ? Si fa un problema se delinque ancora oppure no ? Io credo di no, anzi è sicuramente così, mentre prende in giro le Forze dell'ordine che comunque rischiano per andarli a prendere, rischiano per arrestarli e poi si vedono presi in giro perché li ritrovano sulla strada.
  Questo per quanto riguarda le Forze dell'ordine e la giustizia e poi invece veniamo alla nostra gente, al popolo, a quello che qui si definisce «popolo» ma che molti si ricordano solo durante le elezioni e poi se ne dimenticano. E mi riferisco alle persone più indifese, a quelle che si ritrovano, magari, dopo uno scippo, un furto in casa o altre, diciamo così, azioni a delinquere, lo stesso personaggio in giro come se non fosse capitato nulla. Per fortuna, il presidente che segue i lavori si è un po’ ravveduto dopo che la Lega nelle settimane scorse ha detto, per decine e forse centinaia di volte, anche in questa Aula, anche in Commissione giustizia, con Nicola Molteni – il nostro capogruppo – che il reato di stalking non poteva essere incluso in questi provvedimenti. Per fortuna, non grazie alla Camera, ma grazie a qualcuno che al Senato, anche se ha fatto un po’ un pasticcio, la sta rimandando indietro, gli stalker non dovrebbero essere inclusi in questo provvedimento. Ma quando lo diceva la Lega qualche settimana fa c'erano tutti quelli degli altri gruppi che ci prendevano in giro dicendo che non era vero, che non era giusto, che Pag. 36non era così che stavano le cose e casualmente il Senato ha rivisto il provvedimento e adesso torna indietro così come la Lega diceva, cioè che gli stalker devono stare in galera, non possono tornare agli arresti domiciliari, che gli stalker, visto anche quello che è successo nelle ultime settimane con diversi episodi nel nostro Paese, con vittime praticamente quasi giornaliere, non possono stare agli arresti domiciliari.
  Così come negli arresti domiciliari non ci possono stare quelli che compiono dei reati comunque fino a quattro anni di detenzione. Ma ci rendiamo conto ? Qua c’è qualcuno che magari non batte uno scontrino o che comunque non fa una ricevuta perché fa un lavoro come libero professionista, e viene colpito duramente, mentre in questo provvedimento si fanno uscire persone che con quattro anni di detenzione possono stare tranquillamente a casa. Questo solo per fare in modo che escono dal carcere circa 10 mila persone. Ma questa è la giustizia che noi vogliamo e la giustizia che vuole il cittadino ? La garanzia che vuole il cittadino ? Quando parliamo di crisi in questo Paese, così come c’è in Europa così come c’è nel mondo, ci rendiamo conto che è una difficoltà economica mondiale che è difficile da riuscire a sistemare.
  Ma in questo caso il provvedimento di cui si sta parlando è veramente, esclusivamente una volontà del Governo. Non è che qualcun altro ha colpa, perché ha proposto questo provvedimento: è una volontà di questo Governo, cioè di un Governo che decide che chi si comporta male deve avere la medaglia, e chi si comporta bene, se può, dev'essere punito.
  Visto che siamo in regime di pagamento di tasse, con le stangate che arrivano oggi per tante famiglie, tanti imprenditori, tanti liberi professionisti, tanti commercianti e anche pensionati, ci rendiamo conto che questo Stato è per certi versi eversivo, perché va a colpire sempre di più chi si comporta bene, e non punisce chi si comporta male ? C’è un problema delle carceri, relativo a ciò che ho detto prima: ci sono 25 mila detenuti extracomunitari che potrebbero tornare al loro Paese, e risparmieremmo 1 miliardo e mezzo di euro e non avremmo il problema; almeno, però, le carceri che sono vuote, e che possono essere gestite dallo Stato, possono essere a questo punto occupate ed utilizzate per fare in modo che i delinquenti rimangano in galera. Ma è così difficile fare un ragionamento del genere ?
  Erano stati stanziati 500 milioni di euro, quindi mille miliardi delle vecchie lire, per fare le operazioni sulle carceri: non è successo niente ! Le guardie carcerarie, cosa ne facciamo ? Devono dargli una mano, sì o no ? Questo Governo invece cosa fa ? Dà una mano contributiva alle cooperative sociali, che vanno a prendere i detenuti che sono ai servizi, che sono usciti: non si trovano quindi i soldi per i nostri disoccupati, non si trovano i soldi per aiutare le nostre aziende, non si trovano i soldi per aiutare i nostri imprenditori, ma lo Stato, il Governo – in questo caso, questo Governo – trova i soldi per dare gli aiuti alle cooperative; guarda caso di un certo colore politico, perché poi le cooperative sappiamo da dove arrivano e da chi sono gestite. Danno 700 euro di sgravi a ognuno di loro, e questi soldi li mette il Governo: allora il Governo trova i soldi per chi si è comportato male, per le cooperative di un certo colore, e non trova i soldi per dare una mano invece alla nostra gente, ai nostri giovani, ai nostri pensionati ! È un modo di ragionare serio secondo lei, signor Presidente ? A me non sembra !
  Così come non mi sembra comunque giusto il concetto che in questo Paese – lo ribadisco per l'ennesima volta, perché è la cosa più orribile fra quanto contemplato in questo provvedimento – chi si comporta male è premiato, e chi si comporta bene deve aver paura. Se lei va in giro anche solo in una città come Milano, oggi governata da un sindaco di sinistra, Pisapia: io mi sono stupito di vedere le case al primo piano tutte con le grate, come se fossero quelle le prigioni ! Ma perché succede questo ? Perché evidentemente entrano e rubano; entrano dalla finestra, Pag. 37dalla porta, per questo mettono le grate come se fossero davvero a San Vittore ! Ma stiamo scherzando ?
  Il cittadino può avere almeno la garanzia di essere tutelato ? Le forze dell'ordine possono avere almeno la garanzia che c’è uno Stato che le protegge, e non che le manda allo sbaraglio a giocare a guardie e ladri: per cui se arrestano uno, il giorno dopo è fuori, e se non è il giorno dopo è dopo tre giorni, e se non è dopo tre giorni lo mandano agli arresti domiciliari; e quello ti prende anche in giro perché si guarda la televisione, si beve magari una birra e ride su tutto quello che ha fatto ! E poi magari evade da casa sua, perché tanto nessuno lo controlla !
  O vogliamo dare ancora più soldi alla Telecom, come è successo con i braccialetti ? Con pochi braccialetti sono stati spesi circa 100 milioni di euro ! I braccialetti non erano in diamanti, o con i rubini o gli smeraldi: sono i braccialetti elettronici, su cui la Telecom ha preso un sacco di soldi, per avere poi un prodotto talmente scarso che non è stato utilizzato. Anche quei soldi pubblici, buttati nel – per dire una parola normale – gabinetto. Visto che parlo io, e poi mi dicono che dico le parolacce: giusto, signor Presidente ?
  Sui recidivi, poi: secondo lei, signor Presidente, uno che commette un reato e poi continua a farlo, perché dobbiamo dargli un premio ? Perché ad un soggetto, se commette reati in maniera seriale, dobbiamo dargli il premio che possa uscire di galera ? Quello deve stare in galera fino all'ultimo giorno ! La gente almeno su quello vuole giustizia: se tu hai commesso un reato, stai in galera fino a quando non hai finito di scontare la tua pena. Perché questa è la realtà ! E invece vediamo delle cose assolutamente ben diverse, purtroppo ! La gente anziana che si vede dei delinquenti che girano per le strade, cosa può pensare ? Può avere paura ? Può essere intimorita ? Può lasciare i propri figli a casa, perché tanto non succede niente ?
  E le forze dell'ordine che ti dicono, come spesso accade anche a me: cosa volete che facciamo ? Tanto li prendiamo, e poi vanno fuori. Tanto comunque abbiamo una giustizia che fa acqua da tutte le parti, e allora va bene.
  L'altro giorno ero in Commissione cultura, signor Presidente, e ho fatto un appunto su un provvedimento che andrà in discussione la settimana prossima, per cui praticamente ai nullatenenti non succede mai nulla. Allora io ho detto in Commissione: «Ma scusate, se uno allora è un nullatenente in questo Paese è più furbo degli altri ? Può fare qualsiasi cosa tanto non succede niente ?» e la risposta è stata: «Se è nullatenente cosa dobbiamo fare ?». Ma allora questo Paese lo vogliamo cambiare o no ? In questa Aula veniamo a discutere per dare una mano ai nullatenenti che ti prendono in giro, ti bidonano, fanno furti o comunque non hanno niente da perdere, o vogliamo fare in modo che i nullatenenti, comunque, vadano in carcere o paghino se hanno sbagliato ? Perché allora tutti quelli che si comportano bene dovrebbero dire: «Allora anch'io sono nullatenente, faccio il furbo anch'io, non pago le tasse, non pago niente e così ho risolto problema».
  Ma vogliamo incentivare chi si comporta bene in questo Paese o vogliamo comunque sempre fare Ponzio Pilato e fare in modo che, invece, chi è nullatenente, chi comunque continua a delinquere la smetta di fare così ? E vogliamo dire forte e chiaro a questo Governo che gli stranieri che vengono in questo Paese se sbagliano devono pagare fino all'ultimo ? Perché anche in questo caso gli stranieri che stanno in questo Paese vengono qua perché tanto sanno che qui, male che vada, gli succede poco o niente, mentre nei loro Paesi d'origine hanno paura a fare quello che fanno qua, perché lì non la fanno franca, mentre dalle nostre parti questo succede; e continuiamo così e continuiamo sempre di più così. È una cosa che non sta in piedi.
  Anche per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, ma quanto sono aumentati gli sbarchi adesso, quanto è aumentata l'immigrazione clandestina ? Anche in questo caso comunque dobbiamo far capire che questo non è il Paese di Bengodi, Pag. 38che le pene si devono scontare. Solo che in questo Paese si parla sempre e solo di un'unica persona che deve pagare per i reati e tutti gli altri non contano niente. In questo Paese, alla fine della fiera – lo dico per l'ultima volta e chiudo il mio intervento, signor Presidente – abbiamo sempre di più la sensazione vera che quelli onesti sono sempre meno protetti e tutelati e a quelli che fanno truffe, furti, delinquono, scippano e ne fanno di tutti i colori, non succede mai niente; e quando gli succede qualcosa, li si premia mandandoli a casa.
  Questa – secondo me – è una vergogna di questo Paese e chiedo a questo Governo, prima di fare un provvedimento del genere, di guardarsi allo specchio, perché se si guarda allo specchio avrà la vergogna di dire: «Sto sbagliando tutto», perché tra un po’ non ci sarà più solo questo provvedimento, ci sarà il provvedimento di amnistia. Vedrete che sarà così ! E lì allora ne usciranno 30 mila, com’è stato con l'indulto nel 2006.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io mi vorrei soffermare innanzitutto sull'articolo 1 di questo decreto-legge, che va a modificare il codice di procedura penale relativamente alla disciplina degli arresti domiciliari e della sospensione dell'ordine di esecuzione delle pene detentive. Questo articolo, relativamente all'entità della pena edittale per la custodia cautelare in carcere, viene appunto novellato, in quanto attualmente la custodia cautelare può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Tale limite viene portato a cinque anni e, in altre parole, si riduce l'applicazione della misura cautelare in carcere.
  Oltre a questo, l'articolo aggiunge all'articolo 284 il comma 1-bis, con il quale si prevede che il giudice, nel disporre il luogo degli arresti domiciliari, debba valutare l'idoneità del domicilio in modo da assicurare l'esigenza di tutela della persona offesa dal reato. Con una modifica del Senato, viene precisato che la valutazione in oggetto debba comunque considerare prioritarie tali esigenze.
  Proseguendo poi, nella lettera a-bis), sempre introdotta dal Senato, si dispone che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbano porre l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre 24 ore dall'arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine debbono trasmettere il relativo verbale.
  In base alla modifica introdotta, il verbale può essere trasmesso dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero anche per via telematica.
  Inoltre l'articolo 656 del codice di procedura penale viene modificato anche per quanto riguarda la materia di esecuzione delle pene detentive e in particolare vengono inseriti tre ulteriori commi; il primo è il comma 4-bis con il quale il PM, previa verifica dei periodi di custodia cautelare o di pena fungibili, prima di emettere l'ordine di esecuzione della pena debba richiedere al magistrato di sorveglianza l'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Il presupposto è che la residua pena da espiare, computando le detrazioni previste per la liberazione anticipata, rientra nei limiti che permettono la sospensione dell'esecuzione della pena e la possibile concessione delle misure alternative alla detenzione. Tale procedura non si applica nei casi in cui è previsto il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di coloro che si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diventa definitiva. Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza addotta in camera di consiglio sulle riduzioni di pena per la liberazione anticipata di cui all'articolo 54 della legge n. 354 del 1975 sull'ordinamento penitenziario. In tal modo le detrazioni di pena vengono anticipate al fine di limitare l'ingresso in carcere per brevi periodi di detenzione. Sarà poi inoltre possibile sospendere Pag. 39l'ordine di esecuzione tutte le volte che, a seguito del ricalcalo, la pena detentiva da espiare, anche se costituente parte residua di maggior pena, risulti inferiore a tre anni oppure a sei anni per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, oppure a quattro anni nei casi previsti dall'articolo 47-ter, comma 1, dell'ordinamento penitenziario.
  Inoltre poi, con il nuovo comma 4-ter dell'articolo 656, si dispone che quando il condannato si trova già in stato di custodia cautelare in carcere, il pm può emettere l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui al comma 4-bis, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata, senza ritardo, secondo la modifica fatta dal Senato.
  Per ultimo, il nuovo comma 4-quater prevede che nei casi di cui al comma 4-bis, il pubblico ministero emette i provvedimenti previsti dai commi 1, ordine di esecuzione di sentenza di condanna a pena detentiva, dal comma 5, decreto di sospensione dell'esecuzione per talune pene, e dal comma 10, decreto di sospensione dell'esecuzione in carcere di condannato agli arresti domiciliari, dopo la decisione del magistrato di sorveglianza sulla concessione della liberazione anticipata. Quindi questo in sostanza è quello che viene previsto dall'articolo 1 di questo decreto-legge.
  Vede, signor Presidente, vorremmo sottolineare che il nostro Paese, per il problema delle carceri, è stato richiamato dalla Commissione europea, e anche il Capo dello Stato ha voluto più volte manifestare il proprio disagio e la propria preoccupazione per lo stato in cui versano i nostri istituti di pena. Alla luce di questo, noi cosa stiamo facendo ? Cosa sta facendo questo Governo ? Cerca di risolvere il problema delle carceri, del sovraffollamento delle carceri, che è un problema effettivo e reale, svuotandole, all'insegna del liberi tutti, ma questa non può essere una risposta accettabile per noi, è una risposta anzi che ci preoccupa, e preoccupa soprattutto i cittadini. In estrema sintesi, ci troveremmo a far uscire dei delinquenti dal carcere per poi, dopo una quindicina di giorni, dover assicurare nuovamente questi personaggi, graziati da questo indulto mascherato, alla patrie galere. Purtroppo questa è la strada che questo Governo sta seguendo e ci chiediamo inoltre quale atteggiamento avranno coloro che sono deputati ad esercitare questo ruolo di polizia, questo ruolo di controllo, a garantire la sicurezza del Paese, cioè le nostre forze dell'ordine, che vedranno uscire questi delinquenti e li dovranno rincorrere un'altra volta. Ci chiediamo inoltre come può sentirsi un servitore dello Stato quando la risposta della politica è sommaria, pressappochista e, come in questo caso, senza un fondamento.
  Questo è sicuramente un provvedimento che ci deve far discutere – non potrebbe essere diversamente – perché stiamo parlando di qualcosa che andrà innegabilmente a incidere sulla vita dei nostri concittadini. Francamente, parlare di redenzione – come abbiamo sentito fare da taluni in questa circostanza – sa molto di ipocrisia, perché si mette in relazione la redenzione del detenuto con la necessità di dare più spazio nelle carceri. In un Paese civile, che voglia rispettare i diritti dei cittadini onesti, se si deve creare più spazio nelle carceri, si costruiscono nuove carceri anzitempo, prima che il problema diventi insostenibile. Purtroppo, in questo Paese, questo non sta avvenendo e qui ha ragione chi viene ad argomentare che, per l'ennesima volta, si provvede con l'urgenza di un decreto-legge ad una situazione che è diventata insostenibile.
  Questo Paese, infatti, sembra abituato ad intervenire solo con i decreti e sulle emergenze proprio per l'incapacità di guardare ai problemi e a risolverli anzitempo. È su questo aspetto che dobbiamo iniziare a soffermarci. Non serviva un decreto-legge, non serviva un intervento di questo tipo, quando invece si dovrebbero cercare di risolvere questi tipi di problemi con la creazione di nuove carceri. Si rimodellino anche le carceri esistenti, che sono obsolete e spesso ottocentesche, ma Pag. 40non la strada di perseguire lo svuotamento delle carceri e dei detenuti al loro interno, non mettendo a disposizione tutte le strutture necessarie: non ci appare di sicuro la strada migliore. Detto questo, ci lascia molto perplessi questo modo di fare del Governo. Qui diciamo con chiarezza che siamo contrari perché questo è l'unico Paese cosiddetto civile dove l'entità della pena è in funzione, non della gravità intrinseca del reato, o di quella considerata dai cittadini, ma della dimensione delle carceri. Questo per noi è, quanto meno, surreale e sicuramente inaccettabile. Quindi, andando ad approvare questo provvedimento – così com’è strutturato – quale messaggio di inaffidabilità diamo poi alle nostre forze dell'ordine ? Stiamo dando il messaggio di un Paese che rispetta i propri cittadini ? Non crediamo proprio ! Stiamo dando il messaggio di un Paese in cui vengono rispettate le leggi ? Non crediamo proprio ! Noi diciamo semplicemente che chi non le rispetta, poi, grazie a un colpo di spugna, come provvedimenti come questo prevedono, potrà essere rimesso in libertà.
  Quindi, signor Presidente, il problema del sovraffollamento carcerario lo conosciamo da diversi anni e finora non è stato assolutamente risolto. Ci si è provato anche bene con tre indulti, che – qui lo voglio sottolineare con chiarezza – la Lega Nord non ha mai votato e, anche in questo caso, la soluzione non è stata trovata perché, dopo neanche due anni dall'ultimo indulto, ben 20 mila detenuti sono tornati in carcere. Quindi, il problema del sovraffollamento, c’è e rimane. Certamente – ne siamo più che convinti – non verrà risolto con questo provvedimento. Questi sono provvedimenti tampone, che cercano di trovare delle soluzioni che non sono ottimali.
  Da tempo, diciamo che, visto il sovraffollamento che c’è, soprattutto nelle carceri del Nord, dove, come tutti sappiamo, la popolazione carceraria è formata per il ben 65 per cento da stranieri, per gli stranieri comunitari dovrebbero essere stipulati accordi di carattere internazionale per far sì che scontino la pena nel loro Paese d'origine.
  Penso che questa sarebbe la soluzione al problema reale di sovraffollamento delle carceri, ma il Governo non si sta assolutamente muovendo in tale direzione. Si risolverebbe, fin da subito, un problema che è diventato gravissimo e ha assunto i caratteri dell'emergenza, che non si può assolutamente superare con soluzioni prospettate da questo decreto-legge.
  Perché non avete portato avanti quei progetti di edilizia carceraria, che erano stati proposti dall'allora Ministro leghista Castelli ? Si parla del problema del sovraffollamento, ma non si fa nulla per realizzare nuove carceri.
  Invece, questo Governo pensa a provvedimenti «tampone» come questi, che produrranno come unico effetto che persone che hanno commesso reati anche gravi potranno scontare la pena a casa, davanti a un bel televisore al plasma o, addirittura, potranno uscire e girare per la città impuniti, magari ripetendo gli stessi efferati crimini.
  Quindi, dal nostro punto di vista, questo decreto-legge non tiene conto di soluzioni concrete e reali per risolvere un problema sentito e concreto, come quello del sovraffollamento delle carceri. Ma quello che ci lascia ancora più sbigottiti è l'indirizzo di questo Governo, che sembra non avere a cuore quelle che sono le priorità di oggi, ossia il lavoro, la disoccupazione, la crisi, e che invece di pensare a risolvere questi problemi, che sono ormai sentitissimi dai nostri cittadini, si preoccupa di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, di fatto gettando la spugna con provvedimenti che possono essere definiti «svuota carceri» o indulti mascherati come questo.
  Quindi, alla luce di questo provvedimento noi diciamo, con chiarezza e con estrema volontà, che la direzione presa non ci trova assolutamente d'accordo e, quindi, il nostro gruppo non potrà sicuramente votare a favore su questo decreto.

Pag. 41

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, permetta una battuta in piemontese: suma turna si. Suma turna si a discutere un decreto che si è già discusso ampiamente, che si è discusso qualche giorno fa, qualche settimana fa e in cui la Lega Nord aveva preso una posizione chiara, netta e distinta sui reati commessi. Poi, con questo indulto si dà la possibilità di beneficiare tranquillamente il delinquente.
  In prima battuta vorrei sottolineare che il nostro Paese, per il problema delle carceri, è stato richiamato anche dalla Commissione europea e lo stesso Capo dello Stato ha voluto più volte manifestare il proprio disagio e la propria preoccupazione per lo stato in cui versano i nostri istituti di pena. E noi cosa facciamo ? Cosa fa questo Governo ? Cerca di risolvere il problema delle carceri svuotandole, all'insegna del libera tutti, delle porte aperte nelle carceri. Ma questa è una risposta che preoccupa noi e soprattutto i cittadini. In estrema sintesi ci proveremo a fare uscire questi «galantuomini» per poi, dopo una quindicina di giorni, dovere assicurare nuovamente questi personaggi, graziati da questo indulto mascherato, alle patrie galere. Così andrà a finire. Così è già successo con gli indulti negli anni precedenti.
  Ci chiediamo quale atteggiamento avranno coloro che sono deputati ad esercitare questo ruolo di controllo, a garantire la sicurezza del Paese, cioè le forze dell'ordine, carabinieri e polizia, che vedranno uscire questi «galantuomini», se mi si permette di dirlo, e che li dovranno rincorrere un'altra volta. Mi chiedo come può sentirsi un servitore dello Stato quando la risposta della politica è sommaria, pressappochista e senza un fondamento.
  Signor Presidente, se mi permette voglio fare una riflessione sull'articolo 4 del decreto. Nel nostro Paese abbiamo un patrimonio di volumi di edifici all'interno delle città in cui si trovano le strutture carcerarie. È per questo che abbiamo presentato alcuni emendamenti e ordini del giorno affinché nel nostro Paese quegli importanti volumi obsoleti, inseriti nel contesto paesaggistico e ambientale delle città, siano riqualificati e riproposti in maniera seria. Francamente parlare di redenzione, come abbiamo sentito fare in questa circostanza, sa molto di ipocrisia, perché si mette in relazione la redenzione del detenuto con la necessità di creare più spazio nelle carceri.
  In un Paese civile che voglia rispettare i diritti dei cittadini onesti, se si deve dare più spazio nelle carceri, si costruiscono nuove carceri anzitempo, prima che il problema diventi insostenibile. E qui ha ragione chi viene ad argomentare che per l'ennesima volta si provvede con l'urgenza di un decreto-legge ad una situazione che è diventata insostenibile. Questo Paese infatti sembra abituato ad intervenire solo con i decreti sulle urgenze, proprio per l'incapacità di guardare i problemi e risolverli anzitempo.
  È su questo aspetto che dobbiamo iniziare a soffermarci. Occorreva un decreto-legge ? Occorreva un intervento così forte, quando invece, come è già stato bene argomentato, si possono costruire piani che diano spazio anche all'economia ? Si rimodellino queste carceri, che sono obsolete, spesso ottocentesche, mettendo a disposizione strutture carcerarie adeguate ad un Paese che si dice civile. Si facciano investimenti anche in questo senso e si andrà a ricreare nuova economia, ma non mescoliamo la questione del sovrapopolamento con quella della necessità della sicurezza dei nostri cittadini, altrimenti si dice una bugia.
  Ci lascia molto perplessi questo modo di fare del Governo, a cui diciamo certamente «no», perché questo è l'unico Paese, cosiddetto civile, dove l'entità della pena è in funzione non della gravità intrinseca del reato o di quella considerata dai cittadini, ma della dimensione delle carceri. Questo è quanto meno surreale. Si è parlato di piaga sociale del sovrafollamento, ma io dico che la piaga sociale è la lentezza dei processi, che lascia per anni i cittadini in attesa di giudizio all'interno delle carceri. Piaga sociale sono i delinquenti, Pag. 42recidivi che squassano la vita dei cittadini onesti e piaga sociale è anche un mondo politico che non riesce a dare una risposta coerente con le aspirazioni di onestà che i nostri cittadini hanno e si aspettano.
  Quale messaggio di inaffidabilità diamo poi alle forze dell'ordine ? Diamo il messaggio di un Paese che rispetta i propri cittadini ? Diamo un messaggio di rispetto delle leggi ? No, diciamo semplicemente che chi non rispetta le leggi poi, grazie ad un colpo di spugna, potrà essere rimesso in libertà.
  Signor Presidente, avrei sperato che dalle misure del decreto-legge fosse preservato almeno un delitto grave, quale quello dell'omissione di soccorso. E invece continueremo a dare ai cittadini l'esempio di chi, sfrecciando lungo le nostre strade, travolge le persone, le abbandona e poi può scontare i giorni di pena a casa, comodamente, senza essere rinchiuso in galera, come dovrebbe essere un delinquente.
  Signor Presidente, il problema del sovrapopolamento carcerario lo conosciamo da almeno quarant'anni e finora non è stato assolutamente risolto. Ci si è provato con tre indulti, che ricordo la Lega Nord non ha votato. Anche in questo caso la soluzione non è stata trovata. Perché, dopo neanche due anni dall'ultimo indulto, ben 20 mila detenuti sono tornati in carcere ? Quindi, il problema del sovraffollamento c’è, e rimane. Certamente, come si diceva, non verrà risolto con questo piccolo provvedimento o con altro. Questi sono provvedimenti tampone, che cercano di trovare delle soluzioni che sono ottimali. Da tempo diciamo che, visto il sovrapopolamento che c’è soprattutto nelle carceri al Nord, dove, come tutti sappiamo, la popolazione carceraria è formata per bene il 65 per cento da stranieri, sia comunitari che extracomunitari, per far giusta distinzione, per gli stranieri comunitari dovrebbero essere stipulati accordi di carattere internazionale, per far sì che scontino la pena nel loro Paese di origine.
  Penso che questa sarebbe una soluzione importante, ma il Governo non si sta assolutamente muovendo in questa direzione. Si risolverebbe fin da subito un problema che è diventato gravissimo e ha assunto i caratteri dell'emergenza, che non si può assolutamente superare con soluzioni di questo tipo. Perché non avete mai portato avanti quei progetti di edilizia carceraria che erano stati messi in piedi dall'allora Ministro leghista Castelli ? Si parla del problema del sovrapopolamento, ma non si fa nulla per realizzare nuove carceri. Invece pensate a provvedimenti tampone come questi che, come è stato detto anche dai miei colleghi, produrranno come effetto che persone che hanno commesso reati, anche gravi, potranno scontare la pena a casa, davanti a un bel televisore al plasma – semmai, anche rubato – o addirittura potranno uscire e girare per la città in maniera impunita, magari ripetendo gli stessi efferati crimini.
  Il provvedimento – continuiamo a ribadire e ad insistere su questo concetto – incide sulla messa in prova, in quanto introduce una misura che è dannosa, perché non tiene conto della necessità che le pene siano effettivamente scontate, soprattutto per reati e crimini particolarmente pericolosi, che creano allarme sociale, come i reati che abbiamo già richiamato a più riprese.
  Ricollegandomi a quanto detto dai colleghi e, in principio, dal collega onorevole Nicola Molteni, della cui amicizia mi onoro, vogliamo soprattutto far considerare al Governo la necessità di incidere effettivamente, in maniera strutturale e a regime, sul problema del sovrapopolamento carcerario, insistendo nel perseguire e sviluppare ulteriormente la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei cittadini stranieri detenuti nelle nostre carceri. È stato infatti detto quanto incida la presenza di detenuti stranieri nelle nostre carceri. Da una analisi compiuta in base ai Paesi da cui provengono i detenuti stranieri, risulta che ben il 40 per cento di essi potranno scontare la pena nel Paese di origine.
  Chiediamo quindi che il Governo, se davvero vuole risolvere il problema del sovrapopolamento carcerario, si impegni Pag. 43ad insistere a portare avanti e perseguire politiche di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei detenuti stranieri. Così riuscirebbe a risolvere, da subito e in maniera efficace e concreta, questo annoso problema. Purtroppo, prendiamo atto che con l'insediamento di un Governo composto da una forte maggioranza di sinistra, compare sempre il solito problema: dobbiamo liberare i criminali. Si riducono i fondi per le forze dell'ordine, che tutelano il cittadino, e si rimettono in circolazione i criminali. Chiamiamolo svuota carceri, chiamiamo indulto, chiamiamolo amnistia, ma il vostro scopo è liberare i criminali.
  Vi preoccupate dei diritti e della dignità dei carcerati e vi disinteressate di garantire i diritti e la dignità delle vittime dei reati commessi da questi criminali. Ho detto Governo di sinistra, ma ricordo che anche il PdL e Scelta Civica ne sono complici. Non ricordate forse che più del 20 per cento dei detenuti liberi con forti sconti di pena grazie ai vostri provvedimenti è ritornato in carcere per aver ripetuto lo stesso reato entro un anno ? Diamo pure i domiciliari agli extracomunitari che dopo due giorni saranno già scappati per commettere altri reati in giro per l'Italia ! Per l'interesse dei vostri amici state dando licenza di delinquere. Sotto questa veste da falsi buonisti, state solo garantendo l'impunità per i criminali e dimostrate tutto il vostro disinteresse nei confronti dei cittadini onesti. Ogni giorno sbarcano sulle nostre coste centinaia, per non dire migliaia, di clandestini, che nel giro di poco tempo saranno a vagabondare per l'Italia, senza reddito e che, quindi, per vivere, dovranno scippare o diventare spacciatori. E voi avete ben pensato di permettere a queste persone di essere libere.
  Avete presentato questo provvedimento per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri ma, secondo voi, è questo il modo di gestire la giustizia di una nazione ? Probabilmente, in questa repubblica delle banane, sì. Vergognatevi nei confronti dei cittadini onesti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 17,05)

  PRESIDENTE. Come preannunciato, essendo giunti oltre le 17, sospendiamo lo svolgimento degli interventi sul complesso degli emendamenti, che riprenderà nella seduta di lunedì 5 agosto, a partire dalle ore 9,30.

Nel trentatreesimo anniversario della strage di Bologna.

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e il rappresentante del Governo). Cari colleghi, ora vorrei, insieme a voi, ricordare il trentatreesimo anniversario della strage di Bologna, uno dei più gravi atti del terrorismo eversivo nella storia della Repubblica, che ha causato 85 morti e più di 200 feriti.
  Ho partecipato questa mattina alla commemorazione nel piazzale antistante la stazione ferroviaria per rappresentare, anche a nome della Camera dei deputati, la solidarietà ai familiari delle vittime e a tutta la comunità bolognese. Ora, anche a nome dell'Assemblea, desidero rinnovare alla città di Bologna e a tutte le persone individualmente e umanamente colpite da questo brutale atto di violenza antidemocratica l'espressione della nostra vicinanza e solidarietà. Una vicinanza e una solidarietà che desidero rappresentare anche a tutte le autorità pubbliche nazionali e locali, ai magistrati, alle forze dell'ordine, agli operatori del soccorso civile e sanitario, ai volontari che fin dalle prime drammatiche ore successive all'attentato hanno offerto la propria preziosa opera e conforto a sostegno delle persone ed al servizio delle verità.
  Il terrore e la violenza non sono riusciti a distruggere l'ordinamento democratico faticosamente conquistato, costruito e, a caro prezzo, difeso nel nostro Paese. Ma, nonostante il rigore delle iniziative giudiziarie e delle inchieste parlamentari, perduranti zone d'ombra caratterizzano tutt'ora queste tragiche vicende della nostra Pag. 44storia. Per questo è cresciuta nel Paese, anche grazie all'impegno assiduo e costante dell'associazione dei familiari, una domanda di completa verità, che non ammette più ritardi, ambiguità o compromessi. Questa esigenza di verità è un dovere che abbiamo nei confronti delle vittime, ma è anche un dovere verso le donne e gli uomini che vivono nel presente e che vivranno nel futuro del nostro Paese.
  Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi).
  Ha chiesto di intervenire per ricordare la strage di Bologna il deputato Andrea De Maria. Ne ha facoltà.

  ANDREA DE MARIA. Signor Presidente, come gruppo del Partito Democratico ci uniamo alle sue parole di ricordo per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, le giuste parole di vicinanza ai familiari delle vittime, all'associazione dei familiari delle vittime ed alla città di Bologna, che anche oggi è scesa in piazza in ricordo di quel terribile evento.
  E voglio anche ringraziarla per essere stata questa mattina a Bologna e anche per le parole davvero importanti che ha speso nella mia città in questa occasione. Ed è un ringraziamento che le faccio anche a nome di tanti che ho sentito a seguito dell'importante cerimonia di questa mattina. Come voglio ringraziare il Ministro Delrio, che ha partecipato alla manifestazione e che ha preso un impegno importante per quanto riguarda un aspetto a cui anche in Parlamento dovremmo lavorare e, cioè, l'effettivo riconoscimento dei risarcimenti ai familiari delle vittime previsti dalla legge n. 206 del 2004.
  Infine, condivido le parole che ha voluto spendere su quello che è accaduto rispetto alla strage. Vi è una sentenza definitiva che ha individuato gli esecutori materiali e anche la matrice neofascista di quella strage, mentre c’è ancora molto da fare per fare piena luce sui mandanti della strage, sui depistaggi e su quanto quella terribile giornata è stata legata a quegli episodi di strategia della tensione che hanno segnato così profondamente la storia del Paese. Ha ragione, Presidente, su tutto questo. Quest'Aula deve dare fino in fondo il suo contributo perché si faccia piena luce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Bernini. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, colleghe, colleghe, il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, è esploso nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna un ordigno custodito in una valigia piazzata su un tavolino a una quarantina di centimetri da terra. La bomba, del peso di 25 chilogrammi circa, è composta da tritolo, T4 e gelatinato e uccide 85 persone, provocando più di 200 feriti. Nell'immediato, come per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, si parla dell'esplosione di una caldaia dei sotterranei, ma non ci sono sotterranei e ai soccorritori è subito chiaro che si tratta di un attentato a causa del forte odore di polvere da sparo nell'aria. Il Presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, due giorni più tardi parlerà di responsabilità fasciste. Effettivamente il processo ha accertato che la manovalanza di quella terribile strage era fascista, ma chi tirava le fila ? La regia è da ricercare altrove, nella disputa interna della Guerra Fredda, allo scontro dentro lo stesso campo formalmente alleato nelle relazioni tra Italia, Stati Uniti d'America, Francia e Medio Oriente e nel ruolo dei servizi segreti, a cominciare dalla CIA. D'altronde, poco più di un mese prima, proprio la città di Bologna, aveva dovuto piangere le vittime del DC9 dell'Itavia, abbattuto sui cieli di Ustica in uno scenario che l'inchiesta ha definito di guerra.
  Il 2 agosto nella stazione di Bologna fu chiaro fin dal principio – è agli atti dei processi della Commissione parlamentare sulle stragi – che vi fu un intervento massiccio del Sismi, a quell'epoca controllato dalla loggia massonica P2, per depistare ed impedire che si arrivasse alla verità. Chi era intervenuto per depistare Pag. 45sapeva quello che era successo e, quindi, doveva costruire false verità. Vogliamo non fare sconti a chi, invece di servire lo Stato, servì un progetto eversivo e antidemocratico, pezzi di Stato che agirono perché la verità non venisse alla luce.
  Signor Presidente, vorrei riportare le parole di Gabriele Golinelli, vigile del fuoco che prestò servizio quel giorno: «Era come stare in un reale palcoscenico, dentro le urla dei feriti, le voci dei soccorritori, i rumori delle macerie spostate e intanto dalle macerie uscivano corpi martoriati, brandelli di corpi, vestiti, oggetti, borse. Vite polverizzate in un secondo. I primi morti in cui mi imbattei direttamente erano una donna con il figlio piccolo. Li trovammo abbracciati come se lei avesse voluto proteggerlo». La città di Bologna, quel sabato mattina, rispose in massa a quell'attacco di mani allora ignote, in maniera composta, con una grande prova di solidarietà e il giorno stesso dell'attentato medici, vigili del fuoco, infermieri e volontari nel giorno di riposo rientrarono a lavoro per dare una mano. Tutto questo, insieme agli imponenti funerali, segnarono lo spirito della città e le diedero un volto che resta ancora oggi.
  L'associazione dei familiari delle vittime si è sempre battuta per la verità e per rimuovere il segreto di Stato sui troppi depistaggi che hanno fino ad oggi impedito di individuare i veri mandanti. Noi abbiamo il dovere di ricordare in quest'Aula, anche ai giovani come me, che a quel tempo non erano ancora nati, il sangue innocente delle vittime, ma anche il fatto che, fino ad oggi, non è stata fatta completamente giustizia. Da parlamentari abbiamo l'obbligo di scoperchiare gli archivi, di rimuovere segreti ed ostacoli alla verità.
  Per questo, sarebbe utile non solo calendarizzare ed approvare la proposta di legge sul segreto di Stato promossa da tempo dall'Associazione delle vittime della strage, ma anche valutare il ripristino della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi e il terrorismo, forse, troppo frettolosamente archiviata negli anni Novanta.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  PAOLO BERNINI. Ho quasi finito. Non si può costituire una nuova pagina per la democrazia se quella precedente, piena di vittime innocenti e di giustizia negata, ipoteca, con i suoi lati oscuri, il presente e il futuro della Repubblica.
  Nel tempo dell'inganno universale scoprire la verità è un atto rivoluzionario, ed è per questo che ai familiari della strage della stazione e a quelli di tutte le stragi di Stato impunite va il nostro abbraccio e il nostro impegno a batterci per la verità e la giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piepoli. Ne ha facoltà.

  GAETANO PIEPOLI. Signor Presidente, colleghi, a nome dell'intero gruppo di Scelta Civica e mio personale, vorrei innanzitutto ringraziare lei, Presidente, per la sua presenza a Bologna, per le sue parole, per la sua partecipazione. Vorrei rinnovare la nostra solidarietà a tutte le famiglie delle vittime, alla città di Bologna, per l'esempio luminoso di senso civico e di virtù civiche che, anche in quella circostanza, ha dato, come tutti noi conosciamo, come sempre, nella storia d'Italia. Vorrei dire che per me questo è anche un motivo di una testimonianza non solo dal punto di vista del gruppo di cui faccio parte, ma anche personale.
  Quel 2 agosto di trentatré anni fa, rientravo con la mia famiglia da un soggiorno in Valtellina. Per la prima volta, per caso, avevamo anticipato le ferie nel mese di luglio e, secondo i programmi, quel giorno, ci saremmo dovuti fermare a Bologna da alcuni nostri amici, per poi proseguire il giorno dopo nel viaggio di ritorno verso Bari. Eravamo molto preoccupati per il traffico, era il primo ponte di agosto, con il sovrapporsi di rientri e di partenze. Così, partiti da Mantova alle prime luci del mattino e dopo aver avuto conferma che la situazione del traffico autostradale era davvero difficile, decidemmo di rivolgerci alla stazione centrale Pag. 46di Bologna, con la speranza di poter ancora prenotare il servizio «treno più auto» così da evitare il disagio dell'ulteriore lungo tragitto in automobile.
  A conferma dei nostri timori, arrivati verso le 8,30 a Modena, un ingorgo ci costrinse a proseguire molto lentamente verso Bologna, dove arrivammo verso le 10 del mattino. E giunti alle porte della città, ci dirigemmo immediatamente verso la stazione.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GAETANO PIEPOLI. Ma, ad un certo, punto, fummo deviati da un posto di blocco: non si poteva proseguire a causa di un non meglio precisato incidente; se non ricordo male, ci parlarono di una fuga di gas nel ristorante della stazione. Vista la situazione, non ci rimase che andare dai nostri amici, riproponendoci di tornare successivamente una volta risolto l'incidente.
  Solo lì, dai nostri amici cominciammo ad avere notizie più precise ed emergeva in tutta la sua criminale e allucinante realtà l'ipotesi della bomba e dell'attentato, mentre il numero delle vittime cresceva. Quella che doveva essere una sosta di condivisione di amicizia, che suggellava un bel periodo di vacanze, era diventata una giornata scandita da sentimenti diversi: lo sbigottimento e l'orrore per l'accaduto, il pensiero per le vittime e i loro familiari, la consapevolezza della fragilità della nostra esperienza democratica e della necessità di difenderla e di rinnovarla continuamente....

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GAETANO PIEPOLI. ... l'incubo suscitato dalla verifica che il passato tragico delle stragi si riaffermava sempre presente; e anche il mistero e l'inquietudine per quell'ingorgo autostradale che ci aveva impedito di essere alla stazione di Bologna poco dopo le 10 o, forse, proprio alle 10,25.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Piepoli, mi scusi.

  GAETANO PIEPOLI. Io credo che, in questa stagione di stanchezza della democrazia, questa memoria ci deve aiutare a rinnovare la nostra lotta per la democrazia, perché essa non sia, ahimè, semplicemente una parabola che da un triste passato ci riporta negli incubi di quel passato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, come lei ha voluto sottolineare questa sera, non siamo qui per offrire parole di circostanza perché credo che le famiglie di quegli 85 morti ci chiedano altro, ci chiedano di ricordare, ma anzitutto di capire, di sforzarci di capire perché in questi trentatré anni ci siamo adeguati ad una verità parziale che come lei, signora Presidente, ricordava, oggi a Bologna, è una verità che ci ha consegnato, in termini di sentenza passata in giudicato, i nomi degli esecutori, ma non certo quelli dei mandanti, degli strateghi, come ha detto lei, che hanno saputo fare della ferocia la loro arma peggiore. Se fossimo qui a ricordare solo Bologna sarebbe un dolore più lieve, ma Bologna è il racconto perfetto e osceno di un Paese nel quale siamo chiamati a ricordare molte altre cose, molte altre verità parziali: gli 81 morti di Ustica, i 17 di Milano, di piazza Fontana, gli otto di Brescia, di piazza della Loggia, i dodici del treno Italicus. Questo è un Paese che in mezzo secolo ha collezionato moltissime colpe e pochissimi colpevoli.
  Ecco, credo che a queste impunità, a questi furti di verità noi non possiamo abituarci, perché non esiste, per i morti e per i sopravvissuti, un'umiliazione peggiore di un Paese che decida di voltarsi dall'altra parte e che preferisca non sapere. Oggi ci tocca il dovere della verità e quello della memoria. Bene ha fatto il sindaco di Bologna ad impegnarsi a intitolare 85 strade ai nomi degli 85 caduti; quei nomi saranno ricordati, ogni giorno, come un giuramento da non smarrire mai perché dobbiamo imparare a ricordare Pag. 47questi nostri morti anche ricordandone le vite, i volti, i nomi, conservando memoria di ciò che furono. Mi piace e ci piace pensare, in fondo, che ciascuno di loro è così che, oggi, vorrebbe essere ricordato (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signora Presidente, Fratelli d'Italia esprime, insieme ad altre forze politiche, a 33 anni dalla strage di Bologna, la sua solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime e di tutta la comunità bolognese, nella consapevolezza che l'epoca dello stragismo in Italia ha tuttavia, ancora, molte ombre. Lei, signora Presidente, le ha parzialmente evocate nel suo intervento e noi intendiamo seguirla nella consapevolezza, ancora, che un Paese può definirsi completamente libero quando conosce la giustizia, quando conosce la verità, e per verità intendiamo certamente la verità processuale, la verità giudiziaria, ma intendiamo affiancarla alla verità storica.
  Penso sia importante, oggi, ricordare che il 17 novembre del 2005, in seguito all'attività della Commissione parlamentare Mitrokhin, la magistratura bolognese ha aperto un fascicolo per approfondire alcune circostanze emerse proprio dai lavori del nostro Parlamento. Penso che sia nostro dovere, in ordine a questa strage efferata che ha fatto tremare i polsi e ha indignato noi e tutto il mondo, per amore di verità, sia indispensabile indagare con maggiore precisione, maggiore puntualità, per offrire una giustizia più vasta intorno all'epoca dello stragismo in quanto tale e al ruolo operato dai servizi segreti. Al riguardo, sarebbe opportuno e utile desecretare tutti i fascicoli di tutte le principali tragedie – io e Fratelli d'Italia, al riguardo, abbiamo firmato una richiesta di altro partito in seguito alla desecretazione di alcuni atti sull'omicidio Moro – proprio per cercare di approfondire nella consapevolezza, e mi avvio a concludere, che c’è uno spazio nel quale lavorare per fare piena luce intorno a una gestione torbida di quegli anni, in cui la comunità internazionale, in seguito anche al ruolo dell'Italia, ha avuto una responsabilità che noi dobbiamo indagare perché qui rappresentiamo il popolo sovrano e non delle fazioni politiche ideologiche.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signora Presidente, non bastano le immagini di repertorio della TV pubblica italiana, non bastano le fotografie per dare un'idea, anche vaga, di che cosa sia accaduto quel 2 agosto 1980 alle 10,25 nella stazione di Bologna, quando quell'ordigno è esploso e ha buttato giù l'ala ovest della stazione, quando sono state falciate, con quell'esplosione, 85 vite umane e sono stati orrendamente mutilati oltre 200 cittadini.
  Non bastano le immagini di repertorio, non bastano le fotografie, per dire quanta solidarietà si è messa in campo in quel momento in quella città, quando i vigili e i cittadini sono accorsi, rimboccandosi le maniche ad aiutare i feriti, quando i medici sono rientrati precipitosamente dalle loro vacanze e dalle loro ferie per dare i primi soccorsi alle vittime di questa orrenda esplosione. La linea 37 dell'autobus diventava un emblema di quel momento in cui gli autobus caricavano i feriti insieme ai taxi. Ma ancora non ci è chiaro tanto di quella strage. Quindi, signor Presidente, nel ringraziarla per la sua presenza oggi a Bologna e per l'occasione che ci ha dato di commemorare questa strage in quest'Aula, esprimo a nome del mio gruppo, ai familiari delle vittime e alla città di Bologna, la vicinanza e il ricordo per questa strage che ancora oggi lascia aperti tanti, troppi interrogativi (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, sono passati 33 anni da quella terribile strage in cui persero la vita ottantacinque persone e ne furono ferite più di duecento. Oggi il gruppo della Lega Nord e Autonomie Pag. 48si unisce al ricordo di quelle vittime, al dolore delle loro famiglie e alle ferite mai rimarginate per i troppi dubbi che ancora permangono su moventi e mandanti di quella strage. Ricordiamo quel giorno – e lo ricordo anch'io personalmente in modo molto vivo – come l'epilogo del decennio delle stragi iniziato con Piazza Fontana, poi Peteano, l'Italicus e piazza della Loggia, che hanno messo a dura prova la tenuta della nostra democrazia. Il nostro auspicio è che quella pagina tragica possa essere finalmente chiusa e che la nostra democrazia si possa avviare sulla strada della definitiva pacificazione (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la sottosegretaria Sesa Amici. Ne ha facoltà.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, anche a nome del Governo vorrei associarmi alle parole con le quali ella poc'anzi ha aperto la commemorazione dell'anniversario di Bologna, ma soprattutto a quelle che ha pronunciato nella piazza davanti la stazione di Bologna. A Bologna perirono, com’è stato ricordato, ottantacinque persone e duecento rimasero ferite. Il Governo è oggi vicino alle famiglie delle vittime e rivolge ad esse un rinnovato e deferente ringraziamento, un ringraziamento soprattutto per quell'attività di stimolo e di ricerca con la quale continuano a sollecitarci perché non venga rimossa la memoria e si continui nella ricerca di una verità non ancora definitivamente acclarata.
  Si trattò sicuramente di una strage, e di una strage, come molti colleghi hanno ricordato, che faceva parte di una strategia, di quella che fu definita, in quegli anni così tragicamente sporchi di sangue della nostra nazione, la strategia della tensione. Su quegli episodi sono state fatte importanti acquisizioni giudiziarie, ma non bastano, e noi abbiamo bisogno, proprio in questo non dire basta, di continuare un lavoro serio perché la verità emerga da tutta la sua ombra, a iniziare dagli apparati dello Stato. Bisogna fare in modo che da questi apparati, come ella ha ricordato, venga tolta qualsiasi ombra, per il loro lavoro nella ricerca della verità. E mi permetto, anche a nome del Governo, signora Presidente, di ricordare che democrazia e verità dovranno essere quelle due parole che possono aiutarci veramente a sconfiggere le tante ombre, come ella ha ricordato questa mattina in una frase che mi è rimasta impressa e che vorrei proprio riportare in quest'Aula, perché è il più grande elemento di testimonianza vera di questo anniversario: «non esiste lutto più inconsolabile di una verità negata». Quando al dolore per propri i morti si unisce l'umiliazione delle menzogne, allora tutti insieme, Governo e forze politiche, dobbiamo impedirlo, in memoria e per dovere verso quelle morti (Applausi).

  PRESIDENTE. Sono così terminati gli interventi per la commemorazione della strage di Bologna.

Discussione del disegno di legge: Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (A.C. 1154); e delle abbinate proposte di legge: D'iniziativa popolare; Pisicchio; Di Lello ed altri; Formisano ed altri: Lombardi ed altri; Grassi ed altri; Boccadutri ed altri; Nardella ed altri; Rampelli ed altri; Gitti e Vitelli (A.C. 15-186-199-255- 664-681-733-961-1161-1325) (ore 17,37).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1154: Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore, e delle abbinate proposte di legge nn. 15, 186, 199, 255, 664, 681, 733, 961, 1161, 1325.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Pag. 49

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1154)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire Francesco Paolo Sisto, presidente della I Commissione affari costituzionali per riferire sul lavoro svolto in Commissione.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, io devo ringraziare lei essenzialmente per aver consentito che questo provvedimento comunque giungesse in Aula e di avere valutato comunque positivamente il gran lavoro dei relatori che hanno cercato di trovare, negli approfondimenti necessari, una ragione per dare a questo importantissimo provvedimento una priorità di impegno che sicuramente ha avuto, ma non sempre l'impegno su determinati temi è sufficiente per raggiungere gli obiettivi.
  E questo è uno di quei provvedimenti in cui le diverse culture, le diverse logiche, le diverse esigenze, anche le diverse strutture, se mi fa passare questo termine logistico, la fanno un po’ da padrone nel momento in cui si deve scegliere un metodo, si deve scegliere un modello, si deve scegliere una soluzione. La ristrutturazione giuridica ed economica dei partiti certo costituisce e costituirà per l'Aula un impegno notevole nella misura in cui ciascuno dovrà dare il suo contributo e poi si debba giungere ad una reductio ad unum in un provvedimento che possa essere utile per la politica ma soprattutto utile per i cittadini e per la maggiore trasparenza di quello che la Costituzione disegna come un diritto a cui lo Stato deve comunque prestare la dovuta e doverosa garanzia.
  La Commissione affari costituzionali, nella seduta di questo pomeriggio, ha deciso di non conferire il mandato al relatore, motivo per cui sono io a riferire, in quanto, come dirò, non è stato completato l'esame in sede referente; in particolare, non sono stati esaminati gli emendamenti al testo adottato come testo base, cioè il disegno di legge del Governo n. 1154. La Commissione ha convenuto a maggioranza di confermare la scelta del disegno di legge del Governo come testo di riferimento per l'esame in Assemblea e di riferire sull'esito dei lavori della Commissione, ciò allo scopo di consentire che la discussione del provvedimento in Assemblea inizi senza ritardo, e questo è un risultato a cui personalmente ho tenuto perché vi fosse un impegno mantenuto.
  Ciò premesso, desidero riepilogare brevemente le fasi dell'esame in Commissione. Questo è cominciato il 18 giugno scorso; la discussione di carattere generale sui diversi progetti di legge abbinati è stata ampia e ha visto intervenire i deputati di quasi tutti i gruppi. Per l'istruttoria del provvedimento è stata svolta in due sedute, il 26 e il 27 giugno scorso, un'indagine conoscitiva, con l'audizione del dottor Bruno Bove, presidente della Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, del Presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, e di alcuni docenti universitari esperti della materia indicati dai gruppi. Si tratta precisamente della dottoressa Francesca Biondi e dei professori Paolo Armaroli, Giovanni Guzzetta, Isabella Loiodice, Giovanni Orsina, Michele Prospero e Federico Sorrentino.
  L'11 luglio scorso, esaurita la discussione di carattere generale, la Commissione ha adottato come testo base per il seguito dell'esame il disegno di legge del Governo, appunto l'A.C. 1154, fissando il termine per la presentazione degli emendamenti. Questi sono stati, a riprova dell'interesse estremo della materia, in numero considerevole: 174 proposte emendative di cui 26 de Il Popolo della Libertà, 5 della Lega Nord e Autonomie, 17 del Gruppo Misto, 58 del MoVimento 5 Stelle, 32 del Partito Democratico, 21 di Scelta Civica per l'Italia e 15 di Sinistra Ecologia Libertà.
  Ribadisco il mio personale compiacimento ai due relatori in Commissione, l'onorevole Gelmini e il collega Fiano, per il grande impegno profuso ai fini del raggiungimento di un'intesa sulle proposte emendative. Il numero degli emendamenti, la complessità delle questioni poste dal testo hanno reso difficile lo svolgimento di Pag. 50questa importante funzione dei relatori, sia sotto il profilo dell'analisi sia sotto il profilo della sintesi delle diverse proposte di modifica del testo, negli stretti termini previsti dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, la quale – non lo si dimentichi – aveva dichiarato l'urgenza del provvedimento.
  Alla difficoltà derivante dal numero e dalla complessità degli emendamenti presentati si è aggiunta la circostanza che i relatori sono stati impegnati, anche in qualità di rappresentanti dei rispettivi gruppi, nei lavori della Commissione, la quale nel mese di luglio è stata gravata da un carico di impegni fuori dell'ordinario. Infatti, nelle ultime settimane, anche con sedute notturne protratte, la Commissione affari costituzionali è stata occupata, oltre che dall'ordinario lavoro di esame in sede consultiva per i pareri alle altre Commissioni, anche nell'esame, congiuntamente con la Commissione bilancio, del disegno di legge di conversione del decreto-legge «per il rilancio dell'economia», n. 69 del 2013, e nell'esame del disegno di legge costituzionale per l'istituzione del Comitato per le riforme costituzionali, al quale – su espressa richiesta del Governo – è stato data la precedenza rispetto al disegno di legge che oggi è in discussione.
  Questo insieme di circostanze ha messo i relatori nella necessità (questo è avvenuto ieri) di dover proporre all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione, di chiedere alla Conferenza dei presidenti di gruppo un breve differimento della data di inizio della discussione in Assemblea, in modo da avere il tempo di completare il loro difficile lavoro sugli emendamenti. L'Ufficio di Presidenza ha convenuto a maggioranza sulla richiesta dei relatori, e il presidente della Commissione ha conseguentemente rinviato i lavori, in attesa delle determinazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo.
  Com’è noto, la Conferenza dei presidenti di gruppo, riunitasi questo pomeriggio, ha confermato l'inizio della discussione del provvedimento in Aula nella giornata di oggi: e siamo qui. Conseguentemente, la Commissione, come ho detto, ha deciso di confermare la scelta del disegno di legge del Governo come testo di riferimento. Le proposte emendative presentate in Commissione potranno essere considerate ripresentate in Aula, previa comunicazione scritta del rappresentante di gruppo al Servizio Assemblea. Resta ferma l'intenzione di svolgere un attento esame degli emendamenti presentati nell'ambito del Comitato dei nove, per valutare le modifiche che saranno ritenute necessarie.

  PRESIDENTE. Nel prendere atto di quanto precisato dal presidente Sisto in ordine alla decisione della Commissione di confermare come testo base il disegno di legge del Governo, anche ai fini della presentazione degli emendamenti in Assemblea, dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritto a parlare il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, da molto tempo si dibatte nel Paese e nella società civile della questione del finanziamento della politica, e con sempre più vivo interesse. È indubbio che esista la necessità di intervenire sulla disciplina del finanziamento pubblico dei partiti, rispetto al quale, specie nell'ultimo periodo, numerose sono le contestazioni sollevate da parte dei cittadini.
  Non si può infatti disconoscere che il referendum abrogativo della legge allora vigente sul finanziamento pubblico ai partiti, nell'aprile del 1993, ha visto ben il 90,3 per cento dei voti espressi a favore dell'abrogazione di questo sistema, nel clima di sfiducia seguito allo scandalo di Tangentopoli.Pag. 51
  E tuttavia, la netta decisione popolare del 1993 è stata disattesa dal Parlamento, che anche dopo l'abrogazione degli articoli 3 e 9 della legge 2 maggio 1974, n. 195, ha reintrodotto nel 1996 il meccanismo del finanziamento pubblico sotto il nome di «rimborsi elettorali». A fronte della diffusa disaffezione per la politica che si registra nell'opinione pubblica, si rende perciò necessario un superamento dell'attuale disciplina del finanziamento pubblico della politica, attraverso scelte che segnino, finalmente, una decisa discontinuità.
  La congiuntura economica internazionale degli ultimi tempi ha investito anche il nostro Paese, imponendo ai Governi che si sono succeduti una politica finalizzata da un lato al contenimento dei costi, volta a preservare i conti, e dall'altro lato una programmazione di interventi di medio-lungo periodo, finalizzati ad avviare investimenti mirati a far uscire il Paese dalla crisi nel modo più indolore possibile.
  Questo scenario di crisi è stato accompagnato da un'evidente intensificazione del malcostume di politicanti affaristi, inclini alla corruzione e alla collusione, alimentando nell'opinione pubblica una disaffezione nei confronti della politica. Si è generato così in molti cittadini un sentimento diffuso di sfiducia nei confronti delle istituzioni, dei legislatori e degli amministratori. Spesso, infatti, quando si affronta il tema dei costi della politica si è inclini a una generalizzazione qualunquista, incapace di individuare in modo ampio e realmente riformatore soluzioni di lungo periodo che siano capaci di cambiare radicalmente il sistema Paese.
  Queste premesse sono necessarie ad inquadrare la questione in modo non ideologico o pregiudiziale, intravedendo quale soluzione concreta di contenimento dei costi della politica e di contrasto al malcostume dei politicanti speculatori un'unica soluzione concreta, ossia una profonda azione riformatrice volta a modificare l'asse attuale del sistema Paese.
  La Lega Nord ha sempre sostenuto come fosse giusto, improcrastinabile e necessario abrogare le norme di finanziamento pubblico ai partiti. Senza demagogia, senza ipocrisia abbiamo dimostrato nei fatti la nostra coerenza politica ogni qual volta siamo stati chiamati ad esprimere con il nostro voto parlamentare questa posizione. Nella passata legislatura presentammo, infatti, diverse proposte di legge e emendamenti volti proprio a modificare la normativa che prevede il finanziamento pubblico ai partiti. Sempre nella passata legislatura abbiamo, con le nostre proposte, chiesto che venissero bloccate le rate di finanziamento ai partiti e che queste risorse economiche fossero destinate ai territori colpiti dagli eventi sismici.
  Crediamo, pertanto, come Lega Nord, in modo convinto che se si affronta il tema dei costi della politica e dei necessari strumenti che devono essere messi in atto al fine di invertire il trend negativo della storia di questa Repubblica, non possiamo dimenticarci delle riforme costituzionali e della riforma fiscale in un'ottica federalista. Noi della Lega Nord siamo, infatti, convinti che soltanto con l'entrata in vigore, prima, del federalismo fiscale e, poi, di una reale riforma federalista dell'attuale assetto costituzionale, finalmente si possa trovare quel giusto equilibrio che può essere sintetizzato nell'espressione: «vedo, pago, voto».
  Una riforma, quella del federalismo fiscale, che interviene sull'assetto dei rapporti finanziari tra Stato, regioni e enti locali, modificando in profondità il modello che ha regolato fino ad ora il finanziamento degli enti territoriali, al fine di rendere migliore il funzionamento delle amministrazioni, la qualità della spesa e gli equilibri di finanza pubblica, prevedendo il superamento definitivo della finanza derivata con l'attribuzione ai comuni, province, città metropolitane e regioni di autonomia di entrata e di spesa. Un sistema innovativo nel quale, superati i trasferimenti, le risorse finanziarie derivano da tributi ed entrate propri, da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal fondo perequativo per i territori a minore capacità fiscale. Il passaggio dalla spesa storica, in virtù della quale ogni ente territoriale riceve i finanziamenti Pag. 52parametrati sulla spesa in precedenza sostenuta, al costo standard è finalizzato, in ultima istanza, ad orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato e introduca nuove logiche manageriali di gestione delle risorse pubbliche. È una rivoluzione culturale, che richiederà anche da parte delle amministrazioni un notevole sforzo di cambiamento delle tradizionali formule amministrative, ma che sicuramente nel medio-lungo periodo determinerà un miglioramento complessivo nella qualità dei servizi e nelle efficienze delle amministrazioni locali.
  È evidente, pertanto, come solo attraverso questo approccio si riuscirà a promuovere un cambiamento radicale, un percorso articolato e progressivo che verrà completato con l'entrata in vigore di una riforma federale dello Stato, l'abbandono del sistema del bicameralismo perfetto e la conseguente riduzione del numero dei parlamentari. Questa questione relativa alla riduzione del numero dei parlamentari ha avuto anch'essa grandissimo rilievo mediatico nell'ambito del più complessivo dibattito sui tagli ai costi della politica e sulla riforma dell'ordinamento costituzionale. È necessario ricordare che il Governo di centrodestra, nella XIV legislatura, aveva approvato la riforma della Parte Seconda della Costituzione nella quale venivano affrontati anche questi aspetti, ma che è stata purtroppo bocciata con il successivo referendum costituzionale.
  In conclusione, auspichiamo che, dopo le molteplici dichiarazioni di intenti e i proclami da più parti sbandierati, si ponga finalmente mano realmente al superamento del finanziamento pubblico ai partiti, ma soprattutto si giunga a una riforma compiuta della Costituzione, che permetta a questo sfortunato Paese di dotarsi di un moderno sistema di Governo funzionale, capace di superare i gangli soffocanti della burocrazia, capace di valorizzare i territori e soprattutto capace di rendere il nostro Paese competitivo nel contesto europeo e internazionale.
  Tutto ciò oggi può essere realizzato, da un lato, valorizzando le identità sociali e culturali dei diversi territori che compongono il nostro Paese e, dall'altro, inseguendo il sogno di ridisegnare una nuova Europa, che non sia soltanto unita dalla stessa divisa monetaria e articolata sulla sterile partecipazione a quote, ma sia capace di diventare un soggetto politico a livello mondiale, fondato sul rispetto delle differenze dei 100 popoli che la compongono e unita da una medesima visione politica. Solo se riusciremo in questo arduo compito, restituiremo ai cittadini fiducia e speranza e soprattutto ridaremo sostanza al compito principale che spetta alla politica, vale a dire impegno e passione nella ricerca di soluzioni idonee e finalizzate al bene comune (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, questo provvedimento purtroppo giunge in Aula nel peggiore dei modi, innanzitutto perché supera di più di venti giorni i trenta che la Conferenza dei presidenti di capigruppo, con votazione all'unanimità, aveva previsto nel mese di giugno. Giunge nel peggiore dei modi ancor di più perché la Commissione affari costituzionali non è stata in grado di trattare neppure un emendamento e questo, signora Presidente, non è certamente per colpa del MoVimento 5 Stelle che già a suo tempo, ben prima che venisse calendarizzata questa proposta di legge e le proposte abbinate, aveva presentato una propria proposta di legge. Questo a nostro parere gli italiani lo devono sapere, gli italiani devono sapere che questa maggioranza non è stata in grado di portare in quest'Aula una relazione nonostante il Governo abbia presentato un proprio disegno di legge e, se non erro, il Governo la fiducia delle Camere e di questa Camera la deve avere.
  Ma tutto questo, signora Presidente, è una delle tante anomalie che riguarda la Pag. 53classe politica di questi vent'anni che si è succeduta al potere, e andando nello specifico della materia relativa al finanziamento dei partiti è per noi fondamentale ricordare che dal 1994 ad oggi non sono mancati scandali che hanno visto interi partiti politici o singoli esponenti di partito coinvolti in reati di corruzione e di finanziamento illecito. Ciò dimostra come anche l'esistenza di un cospicuo sistema di finanziamento pubblico non sia una garanzia contro il fenomeno della corruzione e del finanziamento illecito, argomento questo che viene sempre utilizzato per confutare la tesi e le tesi di chi, come il MoVimento 5 Stelle, sostiene la necessità di azzerare completamente qualsiasi forma di finanziamento pubblico ai partiti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è il fulcro della proposta di legge del MoVimento 5 Stelle, ma non solo ovviamente.
  È dunque indispensabile che le risorse fino ad oggi utilizzate dallo Stato per il finanziamento dei partiti siano destinate al sostegno di settori cruciali per lo sviluppo economico dell'Italia, per questo è necessario costituire un fondo per la concessione di finanziamenti agevolati alle microimprese e alle piccole imprese. I partiti dovrebbero funzionare solo attraverso donazioni spontanee e trasparenti ed entro limiti di spesa ben definiti, questi sono gli altri principi cardine su cui si fonda la nostra proposta di legge. Gli aiuti pubblici potrebbero essere solo di tipo indiretto.
  Il MoVimento 5 Stelle, come abbiamo detto, ha presentato una propria autonoma proposta di legge che si rispecchia per la prima volta e finalmente nell'alveo di quel referendum del 1993 che per vent'anni è rimasto inapplicato. Questa proposta si fonda su quegli altri principi, oltre quelli appena detti, che sono i limiti di spesa, i controlli e le sanzioni, che oggi non ci sono e che non sono presenti in alcuna delle proposte di legge, compresa quella del Governo, che quest'Aula da questo momento andrà a trattare.
  Quanto alla parte relativa ai controlli sui documenti contabili, noi abbiamo indicato nello specifico, nel nostro provvedimento, delle norme stringenti appunto per i controlli, mentre nel disegno di legge presentato dal Governo non solo la parte relativa ai controlli è lacunosa e parziale ma, ancor più grave, non rispetta le raccomandazioni a cui il nostro Paese è stato invitato a conformarsi da parte dell'Europa. A questo riguardo, appare opportuno quindi imporre a nostro parere ai partiti che usufruiscono del finanziamento pubblico l'obbligo di farsi ratificare i propri bilanci da un'apposita società di revisione nei cui confronti deve essere esperibile l'azione di classe dei consumatori, anch'essa novità assoluta presente in quest'Aula e nei riguardi di leggi sul finanziamento ai partiti.
  Conseguentemente, si ritiene necessario introdurre norme che aggravino la responsabilità, tanto in sede civile, quanto in sede penale, delle società di revisione, che commettono irregolarità, o che risultino inadempienti ai propri doveri.
  La prescrizione di regole del genere deve essere integrata e bilanciata da disposizioni che fissano un tetto massimo per il corrispettivo esigibile dalle società di revisione, incaricate di controllare i bilanci dei partiti. Fino ad oggi, è avvenuto l'esatto opposto.
  Il rendiconto di esercizio che i partiti devono redigere deve essere onnicomprensivo e la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti di partiti e movimenti politici deve essere dotata, non solo di poteri formali, ma anche di poteri sostanziali; deve essere tenuta ad effettuare una verifica di carattere analitico sui dati contabili, che le vengono trasmessi, vietando che si possa adottare il metodo del controllo a campione. Qualora rilevi irregolarità ed inottemperanza agli obblighi di pubblicità e trasparenza dei bilanci e di tutto il resoconto contabile, questa Commissione, istituita con la legge n. 96 del 2012, deve poter esercitare effettivi poteri sanzionatori. Il disegno di legge del Governo, invece, va nell'esatta strada opposta, ovverosia cancella totalmente l'impianto sanzionatorio previsto dalla legge n. 96 del 2012 per i partiti inottemperanti agli obblighi di regolarità di certificazione Pag. 54di bilancio, di trasparenza e di pubblicità. Andiamo dalla parte opposta. Il disegno di legge presentato dal Governo è peggio della legge attualmente vigente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Secondo il disegno di legge governativo, i partiti che risultino irregolari e inadempienti possono tranquillamente continuare a beneficiare del finanziamento privato agevolato e della contribuzione indiretta per due esercizi precedenti a quello in cui è disposta la cancellazione dal registro. Si impone, quindi, la necessità che, tra i poteri attribuiti alla Commissione per la trasparenza, vi sia anche quello di applicare sanzioni volte ad evitare categoricamente che i partiti possano in alcun modo usufruire di benefici economici, di cui al presente disegno di legge.
  Per evitare poi che si faccia un uso distorto dell'erogazione di liberalità in favore dei partiti, bisognerebbe reintrodurre l'imposta sulle successioni e sulle donazioni per i trasferimenti a favore dei partiti: anche questo è un altro principio cardine della nostra proposta di legge.
  Quanto poi alla disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in favore dei partiti, il disegno di legge del Governo presenta innumerevoli criticità. Innanzitutto, innalza il tetto delle erogazioni liberali, entro cui sono possibili agevolazioni fiscali, a 20.000 euro annui per le persone fisiche e a 100.000 euro annui per le società. Al riguardo, è necessario introdurre un assoluto divieto di effettuare donazioni in favore dei partiti per società aggiudicatarie di appalti o contratti pubblici, o che ricevono sovvenzioni pubbliche, e per gli enti e le società che operano in regime di concessione pubblica per evitare quello che il Consiglio d'Europa ha definito il cosiddetto pay to play, cioè strumenti di finanziamento pubblico selettivo ed occulto attraverso l'affidamento di commesse pubbliche come corrispettivo per il sostegno alle campagne elettorali, alimentando quel corto circuito corruttivo in cui il nostro Paese così spesso si trova. Appare decisivo fissare a monte un tetto massimo per le donazioni – ovviamente stiamo parlando della proposta di legge nostra, non di quella del Governo – pari a 25 mila euro annui per le persone fisiche e a 50 mila euro annui per le persone giuridiche. In secondo luogo, il tetto delle erogazioni liberali, entro cui concedere agevolazioni fiscali, deve essere fissato a 10 mila euro annui per le persone fisiche e a 30 mila euro annui per le persone giuridiche e la quota detraibile dall'imposta sul reddito deve essere di importo pari al 19 per cento della donazione.
  Va inoltre osservato che, sempre nell'ottica di depotenziare gli strumenti di trasparenza e controllo dell'attività dei partiti, il disegno di legge del Governo, quando l'articolo 14 elenca le norme da abrogare, elimina anche qualsiasi forma di sanzione in caso di inadempimento all'obbligo di annotazione dell'identità dell'erogante, dovere introdotto dalla legge del 2012 per donazioni di qualsiasi importo.
  Infine, tra le disposizioni abrogate, rientrano anche quelle volte a favorire il riequilibrio di genere nelle candidature alle elezioni ed incentivare la partecipazione attiva delle donne alla politica.
  Punto di fondamentale importanza è quello relativo alle fondazioni politiche: il MoVimento 5 Stelle reputa assolutamente urgente introdurre una regolamentazione in materia di trasparenza dei bilanci di tali enti, in quanto preordinati allo svolgimento di una funzione pubblica.
  Altro aspetto – non ultimo – della proposta del Governo, al quale è doveroso fare cenno per sottolineare un nostro dissenso di metodo e sostanza, è il tentativo di collegare la presente proposta di legge ad una presunta attuazione dell'articolo 49.
  Noi non vogliamo questa iscrizione. L'iscrizione al cosiddetto «registro dei partiti», dunque, non può e non deve essere scambiata per una patente di democraticità. La democrazia è concetto troppo alto e nobile per scambiarlo con la burocrazia o, peggio, per utilizzarlo impropriamente senza alcuna legittimazione Pag. 55e per dare vita ad una sorta di passaggio a livello per regolare l'accesso ai benefici previsti dalla legge.
  Concludo, signora Presidente. Su questi motivi si basa il profondo dissenso del MoVimento 5 Stelle nei confronti della proposta di legge presentata dal Governo e, come detto all'inizio, il MoVimento 5 Stelle ha presentato una propria proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento, che arriva oggi davanti alla Camera, è un provvedimento che in realtà è il risultato di molti anni di attesa colpevole legata, direi, al tradimento di quelli che furono i principi del referendum votato dalla grandissima parte degli italiani contro il finanziamento pubblico, che aveva fatto salvi soltanto i rimborsi elettorali e, soprattutto, dopo anni nei quali il costo della politica è diventato un problema drammatico di questo Paese e ha portato a un grado di insofferenza della nostra popolazione nei confronti della classe politica che ha raggiunto, credo, un limite talmente alto da convincere tutti i partiti a intervenire. Nella passata legislatura il Governo Monti aveva avviato, con la legge n. 96 del 2012, un intervento di riduzione ma, diciamo, una serie di eventi, non ultimo il risultato delle ultime elezioni, soprattutto in termini di astensione dal voto, hanno indotto, credo, tutte le forze politiche a concludere che questo sia un tema da risolvere.
  Ora arriva questo disegno di legge del Governo. Non arriva forse nel modo migliore, visto che il lavoro della Commissione non si è potuto concludere in tempo per portare in Aula un risultato compiuto. Arriva, comunque, un disegno di legge che ha il merito di giungere, per la prima volta dal referendum, a stabilire un principio di netta prevalenza della contribuzione privata. Si parla di abolizione del finanziamento. In realtà, ci sono ancora degli interventi di sostegno alla politica significativi, ma la prevalenza del sostegno economico alla politica è data dalla contribuzione privata.
  Questo, diciamo, segna un passaggio importante ed è forse anche eccessivo in un certo senso, perché si è passati da una sorta di favore di principio per il finanziamento pubblico a livello politico – perché a livello di popolazione non c’è mai stato – per arrivare a rivendicare un totale passaggio al finanziamento privato che, in realtà, non è neanche del tutto reale perché, come abbiamo detto, restano delle forme di contribuzione pubblica.
  Noi di Scelta Civica per l'Italia abbiamo sostenuto il disegno di legge del Governo e riteniamo che i principi di base, contenuti nel decreto, siano condivisibili. Riteniamo condivisibili sia il principio del passaggio da un finanziamento pubblico al finanziamento privato, sia il fatto che ci siano dei maggiori controlli sui partiti che accedono al finanziamento pubblico. Nella legge n. 96 del 2012 era già stato introdotto un principio di democraticità e un requisito di democraticità e partecipazione nei partiti che accedevano al finanziamento pubblico.
  Questo principio viene ribadito e dettagliato forse – e ci tornerò un attimo – anche talvolta in maniera, almeno a mio modo personale di vedere, eccessiva.
  Dal punto di vista delle proposte, noi di Scelta Civica abbiamo puntato essenzialmente su due aspetti. Il primo è quello di prevedere per le donazioni private un tetto, perché riteniamo che la contribuzione illimitata sia un problema. Tutti i Paesi che hanno una contribuzione privata, soprattutto quelli dove la politica è finanziata prevalentemente da contribuzioni private, tendono ad introdurre dei limiti, e nel nostro Paese questo è particolarmente necessario e le ragioni credo siano evidenti a tutti. Per quel che riguarda il finanziamento privato, l'altro aspetto che abbiamo cercato di rafforzare è che per quelle limitate possibilità di finanziamento pubblico, che saranno consentite anche sotto forma eventualmente Pag. 56di contribuzione indiretta e di contribuzione in natura, sotto forma di servizi, eccetera, ci siano delle forme di cofinanziamento, cioè di finanziamento pubblico legato sempre al finanziamento privato e non di autonomo finanziamento pubblico dell'attività politica. Questi sono stati gli interventi che noi abbiamo proposto, oltre ad una serie di altri emendamenti. In particolare, sotto il profilo dei controlli, la proposta di avere il controllo di società di revisione è un tipo di controllo particolarmente pregnante. Riteniamo che quello che è fondamentale nel passaggio dal finanziamento pubblico attuale a forme di finanziamento privato, o diciamo prevalentemente di finanziamento privato, sia il mantenimento di stretti controlli. Noi siamo contrari a qualsiasi forma di depenalizzazione o di rilassamento dei controlli motivato dal fatto che il finanziamento non viene dallo Stato ma viene dai privati. Ovviamente ci potranno essere fattispecie minori o residuali, ma in generale il principio deve essere un principio severo di trasparenza, tracciabilità e identificabilità immediata di chi finanzia la politica. Infatti, soprattutto in un Paese nel quale sappiamo tutti quali sono i problemi, anche in determinate zone, ma non parlo neanche del Sud, perché oramai è un problema nazionale, di rapporti tra criminalità organizzata e politica, avere forme di finanziamento privato non controllate o controllate male è un rischio che non si può correre. Sotto il profilo dei controlli, io credo che la cosa fondamentale sia assicurare i principi di democraticità e partecipazione nell'ambito di chi riceve finanziamenti pubblici di qualsiasi forma, diretta o indiretta, e di chi riceve i benefici fiscali legati ai finanziamenti privati. Credo che questi controlli debbano tuttavia essere limitati per tutelare l'autonomia di chi decide di partecipare alla vita politica, senza arrivare a regolare dettagliatamente una forma partito standard, soprattutto sia dal punto di vista statutario, sia dal punto di vista dei principi informatori, perché in questo modo si rischia di condizionare paradossalmente i partiti più ancora di quanto non si condiziona ad esempio la formazione delle Camere.
  Voglio dire che ci sono state proposte magari in cui si prevedeva di introdurre dei requisiti di elezione di rappresentanze, di proporzionalità piuttosto che di prevalenza degli aspetti delle articolazioni locali e questo tipo di strutture statutarie paradossalmente impongono dei criteri di partecipazione alla vita del partito ancora più stretti di quelli che possono essere poi legittimi invece in un sistema elettorale, ad esempio. Io credo che si debba lasciare la massima possibilità di partecipazione alla politica di movimenti, organizzazioni e associazioni politiche di qualsiasi forma, purché rispettino i principi di democraticità, partecipazione e tutela delle minoranze e soprattutto nell'accesso alle risorse economiche.
  Per finire, vorrei fare una considerazione generale. Nel parlare di costi della politica in questi anni si tende moltissimo a parlare del finanziamento pubblico.
  Si è parlato ancora meno, ad esempio, dei finanziamenti ai gruppi, piuttosto che del finanziamento della politica locale. Credo che parlare di riduzione dei costi della politica e focalizzarsi esclusivamente sui rimborsi ai partiti sia occuparsi di un tema minimale. La politica oggi è pervasiva nel nostro Paese, a livelli abnormi. Vi sono settori nei quali la rilevanza della politica e del potere politico, e anche della partecipazione pubblica, oramai ha raggiunto livelli non più controllabili né controllati, e questa è la ragione fondamentale per la quale la politica italiana costa molto. È impossibile pensare di ridurre il costo della politica, se non si riduce la presenza della politica nella vita dei cittadini e delle imprese. Il passaggio di questa legge, quindi, che sicuramente è importante e segna comunque un riavvicinamento a quello che i cittadini vogliono, non può che essere un passaggio parziale. Si deve continuare su questa strada, si deve riportare l'Italia a essere un Paese in cui la politica è presente, lo Stato è presente, ma non onnipresente e tale da condizionare la vita di cittadini e imprese. Pag. 57Finché questo non avverrà, il costo della politica in Italia non potrà che restare eccessivo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mariastella Gelmini. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA GELMINI. Presidente, onorevoli colleghi, il testo del Governo, giunto all'esame di quest'Aula, si sforza di equilibrare, di contemperare, diverse esigenze e punti di vista, come è logico che sia, vista la delicatezza del tema in oggetto, e costituisce, a nostro modo di vedere, complessivamente, un punto di equilibrio e anche di profonda innovazione. Si tratta di un testo che rimane suscettibile di diversi miglioramenti, ma che già di per sé è certamente un buon punto di partenza.
  Voglio, in quest'Aula, ribadire da subito la posizione del PdL: a maggior ragione a seguito dei provvedimenti che questo Governo, ma anche i Governi precedenti, hanno dovuto assumere, per razionalizzare la spesa pubblica, contenere gli sprechi e far fronte alla crisi, riteniamo che oggi la politica debba dare il buon esempio e non possa sottrarsi ad una razionalizzazione, ad una forte riduzione dei costi. E questo anche perché, in campagna elettorale, tutti i candidati del Popolo della Libertà hanno sottoscritto un documento di impegno presso gli elettori e i cittadini, un impegno concreto a favore dell'abolizione del finanziamento pubblico.
  Questa resta la nostra posizione, che si basa anche su un'altra considerazione, ovvero sulla necessità di ripristinare un rapporto tra eletti ed elettori e ripristinare un rapporto di fiducia e di autorevolezza nella politica stessa.
  Questo nuovo stato di cose passa attraverso due provvedimenti, in modo particolare: uno è quello stiamo analizzando, appunto l'abolizione del finanziamento pubblico, una forte riduzione dei costi della politica; l'altro punto, non meno importante – lo abbiamo trattato ieri in quest'Aula – riguarda le riforme costituzionali, il cui ritardo determina un prezzo molto elevato nella vita quotidiana dei cittadini, in termini di mancate opportunità, di una non adeguata qualità e velocità delle decisioni che la politica è chiamata ad assumere.
  Affrontiamo quindi questo provvedimento con piena convinzione, con grande senso di responsabilità, consapevoli che da questo snodo passa il recupero di una autorevolezza della politica stessa.
  Non possiamo però, allo stesso modo, avere un approccio semplicistico e nemmeno concentrarci solo sulla seconda parte. In genere, infatti, si parla di un passaggio al finanziamento indiretto, all'abolizione del finanziamento pubblico, ma si dimentica che una parte non meno importante del provvedimento è la prima, laddove si rimanda ad una piena attuazione del metodo democratico e quindi ad una piena attuazione dell'articolo 49.
  Ebbene, noi pensiamo che il testo del Governo anche su questo punto sia suscettibile di miglioramenti. Ma non vorremmo incorrere in un errore, cioè quello di travisare lo spirito dei padri costituenti e non tenere in giusta considerazione due principi che, invece, dobbiamo avere ben chiari. Da un lato la libertà di associazione e, dall'altro, la tutela del principio democratico. E, in particolare, dalla disposizione contenuta all'interno dell'articolo 49 non possiamo non considerare che discendono quattro importanti principi. Ovvero che la formazione dei partiti è libera; la Repubblica si fonda sul pluralismo dei partiti e, quindi, non esiste un unico modello organizzativo; che ai partiti, in concorrenza tra di loro, è riconosciuta la funzione di determinare la politica nazionale e, infine, il fatto che i partiti devono rispettare il metodo democratico.
  Partendo, da questi principi costituzionalmente garantiti, è chiaro che la legge non può negare l'esistenza di movimenti, neppure di quelli antisistema, che perseguono il cambiamento pacifico dell'ordinamento nel suo complesso. Come è stato sottolineato anche nel corso delle audizioni in Commissione, il modello del partito delineato dalla Costituzione non è e non può essere unico, monolitico, ma sono Pag. 58ammesse diverse tipologie che si possono prefigurare e che non debbono essere irrigidite attraverso un'interpretazione dell'articolo 49 della Costituzione che preveda un modello pesante e definito di partito. Il diritto ad agire nello spazio pubblico è riconosciuto, infatti, anche ai soggetti più diversi e l'ideologia che si riflette direttamente sull'organizzazione interna di un partito e di un movimento non si giudica, al limite si può fare una riflessione sull'aspetto procedurale della competizione e sull'opportunità di regole minime di trasparenza per raccordare sedi, servizi, denaro necessario ai partiti per espletare la loro funzione pubblica ed elettorale. Prima ancora che di leggi sulla democrazia interna e sulla selezione delle candidature occorre una riflessione più profonda che porti ad una rivitalizzazione delle dinamiche organizzative interne ai partiti.
  È stato detto, anche nel corso delle audizioni svolte, che attribuire personalità giuridica ai partiti o anche immaginare solo una struttura pesante di partito, non era e non è nell'intento dei costituenti ed è del tutto inopportuno nell'attuale contesto politico che è suscettibile di profondi e rapidi cambiamenti. E allora, com’è stato ricordato, la questione relativa all'articolo 49 non si poneva da parte dei padri costituenti solo con riferimento all'organizzazione interna dei partiti ma aveva la funzione di porre l'accento sulle finalità esterne dei partiti stessi, sul ruolo dei partiti come strumento per rivitalizzare la società, per risolvere i problemi, come terminali delle richieste e delle istanze dei cittadini.
  Quindi credo che, su questo primo punto, non sia stato ancora possibile un dibattito in Commissione. Credo che debba essere possibile in Aula affrontare questo tema, lasciando un pluralismo di opinioni e diverse modalità di organizzazione della vita interna dei partiti.
  Per quanto riguarda poi il Titolo III del disegno di legge del Governo, relativo alla contribuzione volontaria e alla contribuzione indiretta, condividiamo diversi aspetti, a partire dai requisiti che sono chiesti ai partiti per poter accedere alle agevolazioni. Abbiamo però un approccio forse più radicale. Tra le diverse modalità di finanziamento indiretto è contemplato anche il 2 per mille. Su questo siamo pronti a confrontarci, ma partiamo dalla disponibilità anche a rinunciare al 2 per mille perché riteniamo che queste modalità debbano riguardare anzitutto le associazioni di volontariato, le ONLUS, non necessariamente i partiti.
  Laddove dovesse passare una linea diversa, crediamo comunque che debba essere garantita la riservatezza ai cittadini, proprio perché il voto deve essere riservato e non può diventare un qualcosa appunto di non tutelato.
  Sono molti gli aspetti sui quali potrei soffermarmi: dal ruolo della Commissione, chiamata a verificare i requisiti; al tema del collegamento al simbolo; credo che su questi punti sia possibile un miglioramento del testo del Governo in tempi rapidi. Il fatto che oggi, a pochi giorni dalla chiusura dei lavori, dalla pausa estiva, comunque siamo qui, in discussione generale, a confrontarci su un tema così importante è un passo avanti. Come ha sottolineato il presidente Sisto, la fase emendativa in Commissione non ha avuto un adeguato dibattito, nella maggioranza ci sono ancora dei punti da risolvere, sui quali trovare una sintesi e una convergenza, ma da parte del PdL vi è piena disponibilità, semmai, a fare anche qualche passo avanti: non vogliamo indebolire il testo del Governo; lo vogliamo rafforzare; forse, rendere ancora più radicale, perché oggi risparmiare le risorse, fare in modo che i costi della politica non gravino sui cittadini e sulle famiglie crediamo che sia il primo passo appunto per ridare centralità e un protagonismo propositivo alla politica stessa.
  Quindi, mi auguro, Presidente, che nelle prossime sedute in cui si affronterà questo tema sarà possibile trovare quell'accordo che fino ad oggi, purtroppo, non abbiamo ancora individuato in Commissione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sergio Boccadutri. Ne ha facoltà.

Pag. 59

  SERGIO BOCCADUTRI. Gentile Presidente, colleghe deputate e colleghi deputati, gentile sottosegretario, oggi iniziamo la discussione generale sul disegno di legge del Governo presentato appena nel mese di giugno. Si tratta di un provvedimento che non ci ha visto per nulla impegnati in Commissione – le motivazioni sono state espresse qui dal presidente della stessa –, ma che arriva oggi in Aula sostanzialmente perché forse di questi temi non si vuole discutere veramente a fondo.
  Io avrei preferito fare una discussione in Commissione, avrei preferito discutere degli emendamenti, così come anche altri colleghi hanno detto, e non per fare ostruzionismo – il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà ha presentato un numero di emendamenti inferiore a quello di tutti gli altri gruppi – ma proprio perché avremmo voluto discutere del merito di una questione così importante, e non diciamo nel silenzio di un'Aula quasi vuota, perché in Commissione forse avremmo davvero provato a cambiare quel testo e a migliorarlo, perché noi – e questo lo dico – pensiamo che quel testo sia un testo sbagliato e se è un testo sbagliato dovrà partire dal fatto che abolisce il finanziamento diretto e pubblico ai partiti. E lo dico perché noi abbiamo una posizione politica netta e chiara su questo, non siamo ipocriti, non siamo quelli che lo hanno preso per anni e oggi dicono che bisogna cambiare tutto, perché pensiamo che sia un principio di democrazia, come è in tutti i Paesi del mondo. E lo facciamo a testa alta, perché siamo stati sempre trasparenti e abbiamo sempre usato i soldi per le attività politiche appunto per le attività politiche, per le strutture territoriali, per le campagne elettorali, per l'iniziativa politica, non per altro. Mai. Non per fare investimenti patrimoniali, o di altro tipo. Non abbiamo mai usato, nella nostra breve vita del nostro partito i soldi pubblici per arricchire il partito con investimenti patrimoniali o di altro tipo. Mai (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Dico questo perché oggi, invece, prevale sostanzialmente un altro principio, un principio che non è più basato sul consenso, ma su altro, non sul consenso appunto, ma sul censo.
  Questo è il senso, ad esempio, della proposta del 2 per mille, perché è del tutto evidente che il 2 per mille di un dipendente sarà sempre inferiore a quello del suo datore di lavoro. E vi è anche il rischio che alcuni datori di lavoro dicano ai propri dipendenti a chi versare il 2 per mille. C’è un rischio, soprattutto quanto alle erogazioni private. Non porre alcun limite alle erogazioni da parte di un singolo soggetto, è un rischio enorme. Oggi non c’è questo limite, ma i soggetti che decidevano di non legarsi a nessuna persona fisica o persona giuridica avevano comunque la capacità di raccogliere piccole somme e in ogni modo di fare anche un'attività grazie ai contributi pubblici. Oggi, senza tetti, di fatto, c’è un rischio forte per la democrazia, soprattutto quando si stravolge il principio e si basa tutto sul finanziamento privato.
  Lo dico perché non capisco come si possa lasciare intatta questa possibilità anche alle persone giuridiche, cioè le società che, tra l'altro, oggi, hanno anche, nella previsione poi del disegno di legge, la possibilità di detrarre una somma maggiore dalle tasse rispetto alle persone fisiche. Siccome in quest'Aula si è parlato tanto del rapporto eletti-elettori e di partiti ed elettori, io vorrei capire questo che c'entra con quel rapporto. E lo dico anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che prevedono dei tetti maggiori di versamento per le società piuttosto che per le persone fisiche. Ma i partiti sono fatti da persone fisiche o da società che hanno altri interessi ? L'interesse della società è il profitto.
  Allo stesso modo io penso che non mettere questo limite renderà ancora più grave questo disegno di legge che ha altri evidenti limiti. Non ci sono norme sul finanziamento delle fondazioni politiche che oggi possono ricevere contributi da parte delle società partecipate, cosa che è giustamente vietata ai partiti politici. Le fondazioni potranno, quindi, ricevere finanziamenti da società partecipate da enti locali e istituzioni con evidenti conflitti di Pag. 60interesse. Norme, quindi, che, se interpretate in maniera sistematica, creano un sistema di finanziamento della politica profondamente elitario e classista. Infatti, è di questo che ci stiamo occupando, non semplicemente di una questione di soldi, non solo del finanziamento pubblico, ma della possibilità per tutti, a prescindere dalle condizioni reddituali, di partecipare all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, come recita il secondo comma dell'articolo 3 della nostra Costituzione.
  Numerosi giuristi, anche nella Commissione che ha svolto, comunque, le audizioni, delle più diverse sensibilità politiche, hanno affermato con nettezza che la moderna democrazia si fonda integralmente su soggetti politici organizzati democratici e finanziati dallo Stato, così come dice anche la raccomandazione n .4 del 2003 del Consiglio europeo. Il vero costo della politica è quello di una politica che non decide e non risolve i problemi delle persone. Il finanziamento in questo senso è un costo della democrazia. Anche questo Parlamento ha dei funzionari che vi lavorano e che hanno un costo e per i quali io intendo anche esprimere la solidarietà mia e del nostro gruppo rispetto a recenti comunicati di intolleranza grave che vi sono stati sui social network. Certo, un costo superiore a quello che avrebbe una monarchia assoluta dove pure vi è una corte, ma dove le decisioni sono assunte da un sovrano in solitudine.
  Anche esponenti importanti del Governo hanno detto che questa legge serve a ridare dignità alla politica. Allora io mi chiedo se in Gran Bretagna, in Spagna, in Germania e in Francia, dove vi è un finanziamento pubblico, la politica è meno degna che in Italia. Altra cosa è certamente permettere che le risorse assegnate per la politica vengano usate per altro. E su questo si tratta, allora, di lavorare affinché ci siano strumenti di controllo e limiti efficaci sull'utilizzo delle risorse pubbliche; non soltanto dei controlli interni.
  Anche qui, polemicamente, voglio dirlo: si richiamano sempre società di revisione. Le società di revisione hanno salvato dal crack importanti società, basta citare la Parmalat e la Lehman Brothers ! C'erano anche lì le società di revisione che controllavano i bilanci, eppure, si è visto com’è finita.
  Io penso che le organizzazioni politiche sane funzionino; quando vengono distratte per altri scopi interviene la magistratura, e ciò è accaduto anche in Italia. Sul punto avevamo presentato anche una proposta di legge – che è stata ignorata dalla Commissione, che ha scelto come testo base il disegno di legge del Governo –, che prevedeva, intanto, di lavorare sui rimborsi elettorali. E la nostra proposta è: facciamo che i rimborsi elettorali siano esclusivamente rimborsi per le campagne elettorali, con dei finanziamenti dati a piè di lista, esplicitando per cosa si possono spendere e per cosa no. E, quindi, diamo a tutti la possibilità anche di svolgere una campagna elettorale, nel momento in cui in Italia non c’è ancora, e non se ne vede ancora l'annuncio, una legge sul conflitto di interessi o sulla regolamentazione delle lobby.
  Mi sembra, invece, che altra sia la strada che è stata intrapresa, ma mi auguro, visto che fino ad ora si è più lavorato sulla propaganda, sulle pulsioni, sul pensare di cercare consenso, invece, questo Parlamento abbia la capacità di ragionare effettivamente sulle conseguenze di una legge come questa. Ad esempio, una legge che cancella un principio che, per la prima volta, ha visto luce quest'anno, cioè quello del cofinanziamento, ha funzionato e consente ai partiti di promuovere piccole donazioni presso i cittadini e ricevere, per ogni donazione ricevuta, un contributo da parte dello Stato. È un sistema che funziona efficacemente in Germania.
  Io credo che, ove quest'Aula decida di procedere comunque all'approvazione di questo testo senza ulteriori modifiche, chiederò con forza e ci spenderemo pubblicamente perché questa disciplina sia estesa anche alle fondazioni e alle associazioni politiche, perché non è possibile che ci siano altri soggetti che rimangono liberi, giustamente – come dice la nostra Pag. 61Carta costituzionale –, di presentarsi e fare attività politica, ma senza avere i limiti e le regole che hanno i partiti. Anche sulla capacità di recepire queste indicazioni vedremo se si tratterà di vera riforma o di propaganda, perché, a nostro avviso, altrimenti, non si tratterà di una rivoluzione copernicana, come ha detto il Ministro Quagliariello quando l'ha presentata in Commissione, ma del ritorno all'oscuro, antico, elitario, insopportabile sistema tolemaico, che mina fortemente le fondamenta democratiche del nostro sistema costituzionale, lo riporta ad una politica fatta di notabili o, peggio, di lobby e lobbisti. Per questo, noi ci batteremo contro questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiani. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MISIANI. Gentile Presidente, il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici rappresenta un elemento cruciale del funzionamento di ogni democrazia. In Italia, negli ultimi vent'anni, attraverso i rimborsi elettorali, sono state distribuite a tutti i partiti risorse pubbliche via via più ingenti, con un picco di 280 milioni di euro toccato nel 2010.
  L'assenza di un minimo di selettività ha portato ad un'erogazione di risorse del tutto slegata dal livello effettivo di attività politica svolta dai beneficiari. Ci sono forze politiche che con quei soldi pubblici hanno fatto attività politica, hanno finanziato campagne elettorali; ci sono altre forze politiche che li hanno accumulati nei loro conti correnti; e altre forze politiche ancora che li hanno utilizzati per comprare diamanti o li hanno portati da qualche altra parte. E l'assenza di controlli efficaci ha aperto la strada a scandali che hanno profondamente indignato l'opinione pubblica. Quel sistema ha fallito e quel fallimento ha contribuito ad allargare a dismisura il fossato di sfiducia e di ostilità che divide tantissimi cittadini dalla politica e dalle istituzioni democratiche.
  Nel 2012 il Parlamento ha approvato una riforma, la legge n. 96, che ha dimezzato i contributi pubblici, ha introdotto un cofinanziamento sul modello tedesco ed ha reso assai più rigorose le regole riguardanti i bilanci dei partiti. Con quella legge il volume di risorse pubbliche destinato ai partiti è stato ridotto ad un livello inferiore a quello previsto in altri grandi democrazie, come in Germania, Francia e Spagna, e la nostra normativa su trasparenza, controlli e sanzioni è diventata una delle più rigorose in Europa. Tuttavia, l'ondata astensionista e populista delle elezioni politiche del 2013 ha evidenziato come il nodo del rinnovamento della politica, e, in questo quadro, di un diverso modello di finanziamento dei partiti, sia rimasto irrisolto nel rapporto con l'opinione pubblica.
  La cosa peggiore che potrebbe fare la politica in questo frangente e in questa fase storica della nostra democrazia sarebbe lasciare le cose come stanno, facendo finta di nulla. No, gentile Presidente, su di noi ricade la responsabilità di cambiare le cose, di lavorare per rinnovare la politica, di segnare una discontinuità netta rispetto al passato, anche su questo terreno. Serve un cambio radicale nel modello di finanziamento della politica salvaguardando, però, un principio fondamentale; qualunque nuova legge deve riaffermare un principio fondamentale: il principio che il funzionamento dei partiti, il modo in cui si finanziano, ma anche le loro regole interne, è un tema di interesse pubblico che va regolato e orientato in modo da garantire democrazia interna, trasparenza e libertà da condizionamenti. Gli strumenti, per quanto riguarda il finanziamento, possono essere di diverso tipo; in quasi tutti i Paesi europei sono previsti finanziamenti diretti, sotto forma di rimborsi elettorali o di sussidi all'attività corrente; finanziamenti diretti che affiancano le agevolazioni fiscali per le donazioni private.
  Il disegno di legge del Governo fa una scelta diversa, punta sul finanziamento indiretto attraverso le donazioni private agevolate, piuttosto che il 2 per mille, ma il punto imprescindibile, per noi, qualunque strumento venga scelto, è che le politiche Pag. 62pubbliche devono occuparsi del finanziamento della politica. Il disegno di legge presentato dal Governo Letta non cancella affatto l'intervento pubblico sul finanziamento della politica, perché si superano i contributi diretti, ma si prevedono nuovi strumenti, il 2 per mille, le agevolazioni fiscali rafforzate, che impiegano risorse pubbliche, valorizzando la libera scelta dei cittadini. Accanto a questi strumenti sono previste alcune forme di finanziamento indiretto che mirano ad agevolare l'accesso ad alcuni servizi necessari per svolgere attività politica, dalle sedi agli spazi televisivi. Questa proposta, la proposta del Governo lega, come veniva ricordato da chi mi ha preceduto, l'accesso ai benefici fiscali al rispetto di una serie di requisiti di democrazia interna, avviando l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
  Ora, la scelta di mettere al centro i cittadini nella scelta di finanziare la politica e nella scelta di partecipare alla vita dei partiti è un punto di cruciale importanza. Credo che sia una scelta condivisibile, anzi, indispensabile per rilanciare soggetti politici che rimangono protagonisti per forza di cose della nostra democrazia, ma mai come in questa stagione godono di un livello così basso di fiducia nell'opinione pubblica da parte dei cittadini.
  Insomma, la filosofia di fondo di questo disegno di legge credo che sia condivisibile: rimettere al centro i cittadini nel finanziamento della politica. La declinazione concreta, invece, Presidente, va modificata e migliorata. C’è un primo punto che per noi è assolutamente imprescindibile: l'introduzione di un tetto massimo alle singole donazioni private. Badate, un sistema in cui non esiste più alcun finanziamento pubblico diretto regge se favorisce un autofinanziamento diffuso della politica e limita rigorosamente il potere di condizionamento dei grandi gruppi di interesse. Un modello, viceversa, in cui non c’è più un finanziamento pubblico e i grandi donatori privati hanno campo libero, un sistema in cui qualcuno può continuare a staccare assegni da decine di milioni di euro e gli altri si attaccano al tram, è un sistema squilibrato, un sistema che rende la politica schiava dei grandi finanziatori e un sistema che peggiora la qualità della democrazia. Il tetto massimo è, dunque, necessario, va introdotto in questo disegno di legge, sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche.
  Si può migliorare il sistema del 2 per mille proposto dal Governo, superando la logica censitaria che è insita in quella proposta, perché il 2 per mille di un operaio non è la stessa cosa del 2 per mille di un notaio, ma qui parliamo di finanziamento della democrazia e di partiti e movimenti politici che fanno le leggi in Parlamento.
  Il regime delle agevolazioni fiscali va reso più funzionale ad una raccolta di fondi diffusa. Io credo che il credito di imposta sia uno strumento preferibile rispetto alle detrazioni, che penalizzano gli incapienti. Credo che le agevolazioni fiscali possano essere ulteriormente rafforzate per le piccole donazioni da persone fisiche seguendo la strada indicata dalla proposta di legge di iniziativa popolare del professor Pellegrino Capaldo, che ha raccolto 400 mila firme pochi mesi fa in questo Paese. Possono essere invece ridotte le detrazioni e i vantaggi fiscali per le erogazioni liberali da persone giuridiche. Credo sia opportuno abbassare la soglia minima detraibile delle donazioni, attualmente fissata a 50 euro, per favorire le microdonazioni e per, ripeto, un modello di finanziamento il meno condizionabile possibile per l'agenda dei partiti e dei movimenti politici. Credo che il finanziamento indiretto in servizi sia una novità interessante in questo disegno di legge, che può essere ulteriormente potenziata valorizzando l'attività politica diffusa promossa non solo da partiti e movimenti politici, ma anche da liste civiche, da comitati e da associazioni che sul territorio fanno politica anche se non si presentano alle elezioni. La legge, infine, dovrebbe intervenire anche sulle fondazioni e sulle associazioni politiche diverse dai partiti e dai movimenti, stabilendo regole di trasparenza e meccanismi di controllo il più possibile simili a quelle Pag. 63previste per i partiti, perché ancora una volta rischia di essere squilibrato un sistema in cui i partiti e i movimenti che si presentano alle elezioni sono assoggettati a regole rigorose di trasparenza e controlli stringenti, mentre oggi in questo Paese si fa politica e si raccolgono risorse anche attraverso altri strumenti come fondazioni e associazioni, che hanno controlli e regole di trasparenza oggettivamente più deboli di quelle già attualmente previste per i partiti. C’è una modifica, invece, gentile Presidente, che per noi è irricevibile, ed è la proposta che è stata avanzata di depenalizzare il reato di finanziamento illecito dei partiti.
  Tutte le proposte di modifica a cui ho fatto riferimento sono fattibili a parità di saldi finanziari, quindi senza un euro in più di costo per il bilancio pubblico; esse non mutano la filosofia di questo di disegno di legge e non ne indeboliscono l'impianto, anzi lo consolidano. Su gran parte di questi punti, peraltro, esiste un largo consenso dentro e fuori la maggioranza di Governo. Su altri emendamenti, in primis il tetto massimo alle donazioni private e la depenalizzazione del reato di finanziamento illecito, dobbiamo prendere atto che non vi è accordo. Credo sia un peccato che la I Commissione (Affari costituzionali) non abbia avuto la possibilità di entrare nel merito, di discutere e di votare gli emendamenti che sono stati presentati dalle varie forze politiche. Mi auguro che ciò venga superato nel corso del dibattito in Aula. Ci auguriamo che prevalga la ragionevolezza da parte di tutti, perché questo provvedimento tratta un tema di grande delicatezza, di grande importanza, ma va discusso e approvato in tempi certi.

  PRESIDENTE. Concluda.

  ANTONIO MISIANI. La stessa cosa, cioè tempi certi e rapidi – e concludo –, è auspicabile che avvenga per il provvedimento di regolamentazione delle lobby, che il Governo, che giustamente sollecita il Parlamento per una rapida approvazione della legge sul finanziamento dei partiti, ha annunciato ma non ancora varato. In un modello basato sull'autofinanziamento da privati, il tema del rapporto tra politica e interessi economici assume una grandissima rilevanza. Ci sono esperienze pilota che fanno valorizzate, ma serve una regolamentazione legislativa anche delle lobby, per completare un disegno all'insegna della trasparenza e di regole rigorose.
  Signor Presidente, il Paese chiede alla politiche discontinuità e rinnovamento. A queste domande vanno date risposte concrete. La responsabilità di queste risposte ricade sul Parlamento. Le bandiere ideologiche, da qualunque parte esse vengano innalzate, sono un ostacolo per il rinnovamento della politica e per queste risposte concrete. Ciò vale per il finanziamento dei partiti così come per le riforme istituzionali e la legge elettorale. Mettiamo da parte le bandierine ideologiche, il populismo, le parole d'ordine completamente sganciate dai contenuti e dal merito della questione, concentriamoci sugli obiettivi di fondo, lavoriamo per individuare gli strumenti più efficaci, per conseguirli e per migliorare la qualità della nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Buonanno. Buonanno non c’è. Si intende che vi abbia rinunciato.
  È iscritta a parlare la deputata Fabiana Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo. Ad oggi iniziamo a discutere, e verrebbe da dire finalmente, della riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Purtroppo, però, non è il caso di indulgere all'ottimismo perché il rischio più che concreto è che questa discussione generale, che stiamo svolgendo, rimanga, almeno per questa sessione di lavori, una isolata foglia di fico che non avrà un seguito.
  Diventa praticamente impossibile indulgere all'ottimismo se si guarda alle vicende che hanno caratterizzato l'esame in Commissione di questa legge. Su questa proposta di legge, infatti, dopo che tutti i Pag. 64gruppi hanno presentato i propri emendamenti entro il limite prefissato, invece di procedere ad un compiuto esame di queste proposte, tutto si è bloccato per più di due settimane. Prima si è proceduto di rinvio in rinvio, poi il Governo ha posposto la riforma del finanziamento pubblico ai partiti alla riforma costituzionale, divenuta nel giro di ventiquattr'ore assolutamente prioritaria.
  Licenziata la proposta di legge sulle riforme costituzionali si è continuato a procedere con gli aggiornamenti e nuovi rinvii. Mentre in Commissione si rimandava, dalle agenzie di stampa si apprendeva, con non poco sconcerto, che l'esame in sede referente della proposta di legge si era spostato nelle segreterie dei partiti. Esame al quale ha ovviamente preso parte uno dei relatori che dal suo partito, e cito testualmente ciò che hanno battute le agenzie in quelle ore, ha avuto mandato di trattare sugli emendamenti con l'altro relatore di maggioranza.
  Una volta chiusa la lunga e faticosa trattativa, ovviamente tra i partiti, ci si è ricordati che esiste un luogo che si chiama Parlamento dove c'era una Commissione bloccata ad attendere di procedere con i propri lavori.
  Questo non è stato un esame parlamentare serio, bensì una farsa, e sfido chiunque in quest'Aula a dimostrare che questo termine sia inappropriato. Se queste sono le premesse con cui questo testo è giunto in Aula diventa difficile affrontare, non dico con spirito costruttivo, ma con qualsivoglia tipo di spirito, l'esame di questo provvedimento.
  Ecco perché riteniamo, alla luce di quanto accaduto fino ad oggi, che questa discussione generale piazzata quasi clandestinamente alle 18,00 di oggi, venerdì 2 agosto, non sia altro che un espediente, un paravento per tentare di arginare quello che puntualmente si sta verificando e che noi avevamo ampiamente previsto con largo anticipo.
  La realtà è la seguente. I partiti hanno tranquillamente incassato, al 31 luglio scorso, ulteriori 91 milioni di euro che vanno aggiunti alla montagna di denaro pubblico incassata in questi anni. La riforma del finanziamento pubblico ai partiti, ovviamente, non solo non è stata approvata in via definitiva, ma neppure licenziata da uno dei due rami del Parlamento.
  Di fronte a questo scenario tanto scontato quanto, lasciatemelo dire, imbarazzante, Governo e partiti non trovano di meglio che ricorrere ai soliti mezzi della politica. Così fanno consumare una discussione generale che tanto non fa male a nessuno, per potersi godere le ferie tranquilli e se qualcuno, che passa le ferie in spiaggia, in montagna, al lago, in base alle preferenze e alle possibilità economiche, si dovesse lamentare e dovesse sollevare la questione che per l'ennesima volta i partiti non hanno mantenuto le promesse elettorali gli si racconterà la solita storiella, tanto l'elettorato si beve praticamente tutto, secondo i partiti ovviamente.
  L'unica nota positiva di questa situazione sta nel fatto che chi, come noi, ha sostenuto una posizione lineare e coerente, a cui i fatti hanno dato ragione, può tranquillamente e a testa alta continuare a sostenere le stesse tesi di un mese fa. Non credo però che ciò sia possibile, e che comunque possa avvenire con lo stesso piglio, per chi oggi vede clamorosamente smentite dal proprio atteggiamento le posizioni assunte.
  Permettetemi di fare una considerazione finale al mio breve intervento: che tristezza ! (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rosy Bindi. Ne ha facoltà.

  ROSY BINDI. Signor Presidente, sottosegretaria, colleghi. Io credo che non sia casuale che il dibattito sulle riforme costituzionali e il dibattito sulle regole dei partiti e il finanziamento pubblico avvengano in due giorni tra di loro strettamente collegati, come la giornata di ieri e la giornata di oggi.
  Credo infatti che, se ciò che ha mosso questo Parlamento nell'impegno verso le riforme della Carta costituzionale è stata Pag. 65la preoccupazione di riformare la Costituzione per attuare la Costituzione, per rendere più forte quella forma di democrazia parlamentare che scelsero i nostri Costituenti, i disegni di legge che prendiamo in esame oggi sono un capitolo dell'attuazione delle scelte dei Costituenti e possono rappresentare un corollario importante, fondamentale del processo delle riforme che abbiamo messo in atto.
  Credo infatti che da una parte, come ieri è stato sottolineato, non solo la Costituzione ha bisogno di essere riformata, ma la politica, i partiti, tutti gli strumenti che oggi servono a ristabilire un rapporto corretto con i cittadini, e tra questi sicuramente la legge elettorale; dall'altra serve anche ricordare che quella democrazia parlamentare, quella democrazia partecipata che è contenuta nella nostra Costituzione non prescinde dal funzionamento dei partiti. Anzi, se volessimo ripercorrere la strada che ha percorso la nostra Repubblica in questi anni, ci accorgeremmo che la forza delle sue istituzioni ha coinciso con la forza della politica e con la forza dei partiti. E con la forza dei cittadini, perché quell'articolo 49 che ci parla di partiti che con metodo democratico realizzano la libera associazione dei cittadini per contribuire all'indirizzo politico del Paese, lega tra di loro le istituzioni, i cittadini e le formazioni sociali di particolare rilievo che sono i partiti, ai quali la Costituzione ha voluto affidare una vera e propria funzione pubblica.
  Penso allora che attuare l'articolo 49 della Costituzione e regolare il finanziamento pubblico e la contribuzione privata significa dare una risposta all'idea di democrazia che abbiamo, non meno di quanto faremo con le riforme della Costituzione. Penso che questo disegno di legge abbia un grande valore, perché finalmente dà attuazione all'articolo 49 della Costituzione; e credo che non dobbiamo davvero sottovalutare l'importanza del fatto che, attraverso le regole dei partiti, della vita interna dei partiti, noi assicuriamo e dobbiamo assicurare l'incontro tra il libero associarsi, il libero concorrere da parte dei cittadini e il metodo democratico. Sono questi i due capisaldi sui quali dobbiamo riflettere insieme, perché la degenerazione dei partiti non è rappresentata soltanto da quella che vediamo e che abbiamo constatato nelle così dette forme tradizionali dei partiti organizzati nel nostro Paese: la degenerazione alla quale abbiamo assistito è anche quella delle «forme partito», che hanno dato vita a semplici comitati elettorali, a semplice coincidenza con le persone, con il nome del leader; che hanno fatto venire meno appunto quel libero associarsi di persone, quella comunità di persone che fa vivere una democrazia: che non è soltanto la democrazia elettorale ma è la democrazia partecipata, è la democrazia che fa della politica quella forza che tiene unite le comunità verso il bene comune e verso l'interesse generale.
  Chiedere allora che la vita interna dei partiti sia regolamentata, perché sia assicurata la libertà di associazione e il metodo democratico, non significa ingerenza dello Stato e del legislatore nella vita del libero associarsi dei cittadini, ma significa anzi garantire che nelle forme organizzate sia davvero assicurato il metodo democratico e il libero associarsi. Anzi, è nella misura in cui dentro i partiti si vive il metodo democratico e si sperimenta la comunità di persone libere, che liberamente si associano, che si contribuisce a rendere forte la democrazia di un Paese. Se non si vive il metodo democratico e la libertà di associazione all'interno dei partiti, si indebolisce, si altera e si droga la vita democratica dell'intero Paese.
  Io penso che su questo noi dobbiamo riflettere e insieme dobbiamo percorrere un pezzo di strada; il tema del finanziamento pubblico è strettamente legato, o meglio, il tema del costo della politica.
  Anche su questo noi usciamo da una fase difficile. La legislatura precedente è stata una legislatura terribile, da questo punto di vista, per la degenerazione alla quale abbiamo assistito. Vorrei ricordare che siamo già intervenuti con una legge importante, che ha imposto la trasparenza, i bilanci certificati, che ha dimezzato il finanziamento e che aveva imposto Pag. 66finalmente il metro del rimborso e non del finanziamento senza certificazione delle spese effettivamente sostenute.
  Io credo, però, che bene ha fatto Governo ad abolire il finanziamento pubblico diretto e a trasformarlo in una forma di sostegno alla libera contribuzione dei cittadini e anche all'offerta di servizi. Ecco, io penso che anche il tema del finanziamento lo dobbiamo valutare intorno al contenuto dell'articolo 49 della Costituzione: libera associazione dei cittadini e metodo democratico. I soldi nella politica non sono un fattore indifferente: come vengono usati, quanti sono e da chi vengono usati.
  Allora io credo che quanto l'onorevole Misiani ci ha appena detto nel suo intervento io mi sento di sottoscriverlo in pieno, perché facendo riferimento al testo del Governo noi possiamo apportare alcuni emendamenti significativi, emendamenti che definirei così. Il problema di questo disegno di legge non sta nell'abolizione del finanziamento diretto, sta nel rischio di deregolamentazione del finanziamento privato e della libera contribuzione dei cittadini, oltre al tema del tetto, che è fondamentale. Guardate, io credo che noi dobbiamo ritornare alla politica sobria e volontaria che ci fa sperimentare la forza della libertà e del metodo democratico.
  Il finanziamento privato, se non è davvero frutto di un contributo volontario, rischia di influire e di influenzare le scelte delle forze politiche. Me lo sono chiesta tante volte: avremmo avuto questa crisi mondiale se non ci fossero stati dei finanziatori delle campagne elettorali dei Presidenti americani che teorizzavano l'economia di guerra come una economia che avrebbe fatto ripartire il mondo e la crescita del mondo ? Io credo di no.
  Allora penso che questo lo dobbiamo considerare un problema fondamentale di democrazia e di libertà. Si può drogare la libertà dello stare insieme e il metodo democratico se c’è un'influenza impropria della forza del denaro nella vita delle forme associative alle quali è affidata la funzione pubblica della politica. Al tempo stesso, tutto ciò che ancora resta pubblico deve essere accompagnato con un'attenzione particolare alla conformazione e alla formazione della platea dei possibili contribuenti. La vicenda del due per mille o il sistema che si userà per le facilitazioni fiscali – termino Presidente – non è assolutamente indifferente da questo punto di vista.
  Quindi, io credo che anche su questo noi dobbiamo assolutamente intervenire e fare tra di noi quel lavoro paziente e farlo qui in Aula – non siamo riusciti a farlo, o meglio, lo abbiamo fatto ma non ha portato ai risultati da noi auspicati –, perché ne va della qualità della nostra vita democratica. Quindi, credo che questo capitolo non sia meno importante di quello sul quale ci siamo soffermati ieri, ma io inviterei a tenere in profonda correlazione i due aspetti, i due capitoli del nostro impegno riformatore (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bindi, per questi spunti di riflessione. È iscritta a parlare la deputata Federica Dieni. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, in campagna elettorale la volontà di tutti i partiti, o quasi, era quella di abolire il finanziamento pubblico. Al momento, però, soltanto il MoVimento 5 Stelle ha rinunciato ai 42 milioni di euro che gli sarebbero spettati. Di fatto, i partiti tradizionali hanno già beneficiato della prima tranche di rimborsi, pari a 91 milioni di euro, votando persino contro la nostra mozione, che invece prevedeva semplicemente la sospensione dell'erogazione della stessa sino all'approvazione della nuova legge in merito.
  La disciplina attuale prevede un sistema di controlli talmente blando, con i bilanci dei partiti sottoposti alla verifica da parte della Presidenza della Camera e dove la Corte dei conti può soltanto verificare il rendiconto delle spese elettorali, da favorire la corruzione; basti pensare ai recenti scandali, da Lusi a Belsito, denominato Pag. 67«er Batman», i quali hanno usato fondi pubblici per fini privati tutt'altro che nobili. In un momento poi di crisi come questo, dove si chiedono sacrifici a tutti gli italiani, i partiti dimostrano di voler rimanere sordi alle esigenze di risanamento statale. Neanche questa proposta governativa che, come hanno spiegato bene i colleghi Toninelli e Dadone, arriva in Aula dopo un iter travagliato e senza aver esaminato un solo emendamento in Commissione per l'incapacità della maggioranza di trovare una soluzione condivisa, appare adeguata.
  Detto con molta franchezza, il sospetto che ci viene è che questa legge non sia altro che una testa di ponte, uno strumento utile per far passare la nottata, chiudendo di poco gli attuali rubinetti nella speranza di tornare ad aprirli come e più di prima, una volta che da qui al 2018 si saranno calmate le acque nei confronti dei partiti. Se il contenuto della proposta di legge non ci convince, ci convince ancora meno quello che nella proposta è assente. In questo senso è totalmente assente una norma che riduca considerevolmente i tetti di spesa attualmente vigenti per le spese di partiti e candidati, elemento che invece è presente nella nostra proposta. È assente un limite massimo alla donazione a favore dei partiti, che possono effettuare le persone fisiche e quelle giuridiche, elemento che nella nostra proposta è presente. È assente il divieto categorico per i partiti di ricevere donazioni da enti o aziende che detengano una concessione pubblica da parte dello Stato, elemento che nella nostra proposta alternativa è presente.
  Per concludere questo elenco, signor rappresentante del Governo, nella vostra proposta di legge è assente la volontà di cambiare davvero le cose in un settore come quello del finanziamento pubblico, dove il segno è stato oltrepassato da troppo tempo, elemento questo che nella nostra proposta è presente in misura talmente abbondante che quasi avremmo potuto farne due, signor rappresentante del Governo, se mi concedete questa piccola battuta.
  Il MoVimento 5 Stelle è la prova vivente che fare politica senza soldi pubblici non solo è possibile ma si possono anche ottenere risultati di grande rilievo, come dimostra il fatto che noi siamo stati il partito più votato alla Camera dei deputati. Sì, il 24 e 25 febbraio per voi è stata una bella sorpresa, per noi non è stata una sorpresa ma la semplice dimostrazione che si può ottenere un ottimo risultato senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, che si può quindi fare politica soltanto per passione. Dunque cari colleghi, se ci siamo riusciti noi, perché non potete farlo anche voi ? Sarebbe un bel goal e finalmente gli italiani esulterebbero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Attorre. Ne ha facoltà.

  ALFREDO D'ATTORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io credo che noi dobbiamo riconoscere il senso e la necessità di questa iniziativa del Governo, di questo disegno di legge che ci viene proposto; lo dobbiamo di fronte alla gravità della crisi economica del Paese e alla pesantezza dei sacrifici che questa crisi economica sta imponendo a tante famiglie e a tante imprese. Lo dobbiamo riconoscere per la gravità estrema degli episodi di corruzione e di ruberie individuali che hanno segnato la vicenda politica degli ultimi anni e che sono stati legati al finanziamento pubblico dei partiti e dei gruppi regionali, episodi vergognosi e inqualificabili. E lo dobbiamo perché dobbiamo riconoscere un errore di fondo che il sistema dei partiti ha compiuto dopo il referendum del 1993 che ha abolito il finanziamento pubblico dei partiti, quel referendum che si è svolto nel pieno clima di tangentopoli, che imponeva certo una riconsiderazione a distanza di anni e che tuttavia non ha visto il sistema dei partiti nel suo complesso dotato della capacità e della franchezza di porre l'opinione pubblica italiana di fronte al tema di fondo, cioè di un finanziamento regolato e trasparente della politica come condizione fondamentale di autonomia della stessa.Pag. 68
  E, invece, si è scelta la strada un po’ furba di reintrodurre un sistema surrettizio del finanziamento della politica, sotto la veste di rimborsi elettorali, e si è lasciata anche crescere l'entità di questi rimborsi elettorali oltre la soglia del dovuto. Questo lo dobbiamo riconoscere con grande onestà e, da questo punto di vista, credo che dobbiamo raccogliere la sfida che il Governo ha lanciato al Parlamento di riconsiderare il tema e di farlo anche con tempi certi e rapidi. Certo, questa è una materia parlamentare perché tocca il cuore dell'organizzazione democratica e del sistema democratico fondato sui partiti e io credo che sia giusto che sia il Parlamento ad occuparsene; tuttavia, è giusto che il Governo abbia dato questo impulso e lo abbia fatto con decisione, pur in presenza – come è stato ricordato da diversi colleghi – di una riforma che, già l'anno scorso, aveva inciso in profondità sul finanziamento dei partiti, dimezzandolo per entità, legandone una parte significativa ad un innovativo sistema di cofinanziamento, che tendeva – e tende – a valorizzare la capacità dei partiti di raccogliere risorse dei propri sostenitori e simpatizzanti, e introducendo, per la prima volta, un incisivo sistema di controlli, posto in capo, tra l'altro, alla responsabilità di un collegio composto da magistrati.
  È, tuttavia, evidente – lo dicevo all'inizio – che la situazione in cui ci troviamo impone un ulteriore ripensamento della materia. Lo dico partendo da una posizione politico-culturale di fondo, posizione che, tra l'altro, abbiamo ascoltato, nel corso delle audizioni in Commissione, da parte di diversi studiosi e costituzionalisti: io sono, personalmente, persuaso che una forma di finanziamento e di sostegno pubblico della politica e dell'organizzazione dei partiti sia, in qualche misura, costituzionalmente doverosa e obbligata, lo sia sulla base dell'articolo 49 della Costituzione e anche sulla base dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione e che sia questa la condizione perché davvero l'effettivo diritto di ogni cittadino di concorrere alla vita democratica del Paese, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche di partenza, sia garantito.
  Questo principio deve essere adesso attuato dentro un sistema, quale quello che ci propone il Governo, che prevede il passaggio ad una contribuzione che sia prevalentemente fondata sulla libera scelta dei cittadini. Dobbiamo dirci con onestà che questo sistema non cancella un costo per lo Stato e per l'erario, ma lo lega naturalmente alla capacità dei soggetti politici di rilegittimare la propria presenza e la propria credibilità nella società.
  Voglio dire, però, anche con chiarezza, che il nostro sostegno sincero a raccogliere questa sfida non è in alcun modo legato all'adesione a un'idea per la quale si possa riorganizzare la democrazia e il sistema istituzionale in questo Paese, liquidando i partiti, liquidando i corpi intermedi o accedendo a un'idea di formazioni politiche di impronta personalistica, o padronale.
  Noi, come Partito Democratico, continueremo a contrastare questo modello di organizzazione della politica e lo faremo con grandissima determinazione, così come non riteniamo che nuove teorie e idee – che vediamo affacciarsi sulla scena politica e che sono state, in qualche modo, qui rappresentate anche dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, idee basate su un superamento della democrazia rappresentativa e dei soggetti attorno ai quali la democrazia rappresentativa si è organizzata – possano ricevere sostegno e rappresentino l'orizzonte verso il quale andare anche perché abbiamo visto – e stiamo sperimentando – quali limiti di democraticità e di trasparenza della vita interna ciò crea dentro questi soggetti politici. Da questo punto di vista, non è quello il modello verso cui ci muoviamo.
  Quindi, sostegno: un sostegno ragionato a questa sfida che il Governo ha lanciato al Parlamento.
  Dentro questo quadro io credo che rivesta un particolare valore il primo Capo del disegno di legge del Governo, quello che regola l'organizzazione democratica interna dei partiti come condizione per accedere ai benefici previsti dalla legge. Pag. 69Non è un'intrusione del potere pubblico dentro la libertà associativa dei cittadini, ma è il riconoscimento della natura anche anfibia dei partiti, che svolgono una funzione pubblica e che, in quanto tale, devono garantire degli standard di democrazia e di trasparenza che li rendono adeguati a svolgere la funzione a essi assegnata dall'articolo 49 della Costituzione. E vogliamo lavorare – lo hanno detto già altri colleghi intervenuti – per rendere il testo presentato dal Governo più adeguato agli obiettivi che vengono proposti. Il PD ha presentato un pacchetto di emendamenti che vanno in questa direzione.
  Io voglio qui concludere dicendo che ci sono dei punti per noi irrinunciabili. Non ci sarà mai un voto del Partito Democratico favorevole a un testo che non contenga un tetto alle donazioni private e di soggetti giuridici. Questo è per noi un punto irrinunciabile e qualificante. Lo è perché noi non cederemo a un'idea di una politica che si affida alla scelta di pochi. Non cederemo all'idea di un modello in cui a decidere le sorti della democrazia italiana e la possibilità di partecipazione dei cittadini possano essere pochi miliardari, che staccano assegni milionari. Così come non ci sarà mai il nostro voto favorevole su un provvedimento che apra a qualsiasi ipotesi di depenalizzazione del reato di finanziamento illecito della politica e dei partiti.
  Naturalmente noi dobbiamo sapere una cosa (e qui davvero concludo). La polemica contro i partiti e contro le loro degenerazioni è una polemica antica. Non è un tema nuovo e soltanto chi non conosce la storia del Novecento può pensare che sia un tema nuovo. Nella relazione introduttiva al disegno di legge vengono citate le parole di un grande giurista liberale, Hans Kelsen, che ha pagato, anche sul piano personale, la coerenza dei propri convincimenti liberali e democratici. Nel 1929, nella seconda edizione di Vom Wesen und Wert der Demokratie, pochi anni prima dell'ascesa del nazismo in Germania, quell'ascesa del nazismo che lo costrinse ad abbandonare il Paese, Kelsen scriveva, difendendo la democrazia, che «solo l'illusione e l'ipocrisia possono indurre a credere che la democrazia sia possibile senza i partiti politici».
  Noi a questo convincimento rimaniamo fermi e saldi e lavoreremo affinché il testo che uscirà da queste Aule parlamentari sia coerente con questa posizione di fondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nazzareno Pilozzi. Ne ha facoltà.

  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, io intanto ho apprezzato gli ultimi interventi, quello della presidente Bindi e del collega D'Attorre.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 19,15)

  NAZZARENO PILOZZI. Sinceramente, apprezzo molto e spesso i loro interventi in Aula (mi capita meno di apprezzare, poi, i loro voti alla fine). Però, credo che sia, diciamo, importante dirci una cosa: che questa legge con la sobrietà e con il fatto della politica volontaria c'entra poco.
  E devo dire anche, ai colleghi del 5 Stelle, che io ho sentito qui fare la parte dei moralizzatori, che in questi anni noi di moralizzatori ne abbiamo visti molti. Però, sui moralizzatori mi sia concesso di dire una cosa: è un po’ come il budino per le massaie inglesi. Io aspetterei tre giorni prima di dire se è buono, perché noi abbiamo visto quelli che qui sventolavano il cappio e poi ce li siamo ritrovati che compravano i diamanti o che facevano pratiche non proprio, diciamo, attinenti alla politica. Abbiamo visto gente con i guanti bianchi che poi magari si è ritrovata una casa a Montecarlo. Abbiamo visto, in questi anni, dei moralizzatori importanti che poi hanno concluso dovendo riconoscere che la propria moglie non era sua moglie. Quindi, io sulla moralizzazione sarei attento e cercherei di stare al provvedimento che noi stiamo approvando.Pag. 70
  È una legge che porta un nome sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ma in realtà noi la vorremo chiamare una legge sulla privatizzazione della politica e anzi, dopo gli ultimi emendamenti presentati, anche con una gran fanfara da parte di un importante partito politico che sostiene la maggioranza – tra l'altro capeggiato da un grande moralizzatore, almeno quand’è sceso in politica, poi magari anche lui negli ultimi giorni si è scoperto che grande moralizzatore non lo era – possiamo dire che questa può diventare e rischia di diventare la legge del finanziamento illecito alla politica e ai partiti, perché siamo di fronte ad un emendamento che lo depenalizza. Mentre SEL presenta emendamenti che vanno ad allargare quella fattispecie penale anche alle fondazioni politiche, qui si presentano emendamenti che depenalizzano il finanziamento illecito. Vede, Presidente, questo è un Paese che negli ultimi anni è stato inchiodato ad una discussione sulle compatibilità finanziarie rispetto all'Unione europea. Poi magari in Aula discutiamo della grandezza delle gabbie delle galline, però poi siamo obbligati a quella che è la compatibilità finanziaria ed economica dell'Unione europea. Ebbene, è mai possibile che su questa legge non si possa guardare a cosa avviene in Europa ? Ma non nell'Europa delle banche, nella civile e democratica Europa politica. Questa legge, cari membri del Governo, ci porta fuori dall'Europa e ci avvicina direttamente al Kazakistan. Questo è questa legge, perché io brevemente vorrei ricordare che il Presidente del Consiglio nelle sue comunicazioni al Parlamento, in vista della riunione del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno, ha centrato la sua relazione sulla necessità di connettere l'Italia alle politiche degli altri Paesi europei con un ruolo da protagonista. Invece nella relazione a questo disegno di legge si citano le esperienze degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia. Ora o a noi sfugge che nell'Unione europea sono entrati anche questi Paesi oppure c’è uno strabismo interessato. Ma io brevemente vorrei dire cosa succede in Europa, cosa avviene in Francia, dove è in vigore un sistema misto, basato sulla coesistenza tra finanziamento pubblico e privato. Il primo viene in parte assegnato sulla base dei voti ottenuti alle ultime elezioni e in parte in proporzione agli eletti in Parlamento. Ma poi in Francia esistono anche i rimborsi per le presidenziali, i rimborsi per le elezioni cantonali, regionali ed europee. In Germania c’è un finanziamento pubblico che è di circa centocinquanta milioni di euro, anche se è un finanziamento, come ha spiegato bene il collega Boccadutri, che viene assegnato anche in un sistema di cofinanziamento. In Spagna il finanziamento pubblico si compone di rimborsi delle spese elettorali e di sovvenzioni stabilite per il funzionamento dei partiti politici per un ammontare circa di 50 milioni di euro. Persino nel Regno Unito, dove il ruolo del pubblico è marginale, spesso marginale in tanti aspetti di quella società, si finanziano i partiti dell'opposizione e vi è oggi una grande discussione, dopo gli ultimi scandali dei partiti e del Governo, per poter ampliare anche ai partiti della maggioranza la possibilità del finanziamento pubblico. Si tratta quindi a livello europeo di una prassi legislativa consolidata, che tra l'altro sta tutta dentro l'articolo 3 anche della Costituzione repubblicana. Ma quello che è più grave nel nostro caso è che, cosa unica probabilmente in Europa, non viene previsto un tetto al finanziamento. Guardate, questo è un Parlamento che è stato chiamato poche settimane fa a votare l'articolo 416-ter del codice penale, perché noi riteniamo che in tante parti del Paese ci sia il rischio di una commistione tra il voto elettorale e le mafie. Ebbene, noi con questa legge rischiamo non di mettere il voto elettorale in mano alle mafie, ma direttamente i partiti politici, perché non vi è un tetto e chiunque potrà fare un'OPA su quei partiti politici. Inoltre c’è anche la questione del 2 per mille, che toglie un punto importante dell'espressione elettorale dei cittadini ovvero la segretezza.
  Perché quando noi chiediamo ad ogni cittadino di firmare, sotto quel due per mille, a quale partito politico va il suo Pag. 71finanziamento, noi mettiamo in mano – a proposito sempre dell'articolo 416-ter e di come sappiamo riempirci la bocca – in tante aree del Paese, a tante organizzazioni non proprio – diciamo così – umanitarie, la possibilità di controllare quel finanziamento e quindi, anziché aumentare le garanzie dei cittadini, andiamo, con questa legge, a diminuirle e a mettere i cittadini italiani in mano a organizzazioni come quelle mafiose. E guardate: questa è una cosa seria. Io non vorrei che noi – anzi, voi –, anziché andare a risolvere quello che ritenete un problema, forse ne andiamo a creare uno ancora più grande. Quindi invito tutti a riflettere, a riflettere su cosa è la democrazia, a riflettere su cosa sono i costi di una democrazia.
  Ho visto che vengono fatte anche battute simpatiche rispetto a personaggi che abbiamo conosciuto in questi ultimi anni. Si è fatto riferimento a «Batman». «Batman» pagava la sua campagna elettorale con fondi privati, neri e privati ! Noi ora diamo ai vari «Batman», che ancora esistono o forse dovranno esistere, la possibilità di prendere senza tetto quei fondi privati, depenalizzando anche quei soldi che gli vengono dati. Noi quindi stiamo istituzionalizzando la figura dei «Batman» italiani, non stiamo facendo una legge che rimette al centro la democrazia, la partecipazione dei partiti politici. Stiamo facendo una legge per cui anche nella politica vigerà la regola del più forte. Questo noi stiamo facendo, ed è su questo che noi ci battiamo. Perché possiamo riempirci la bocca come vogliamo di ciò di cui c’è bisogno in questo Paese, di quanto è costata la politica, degli errori fatti e delle cose che non si devono fare, ma per mettere un freno, per porre rimedio ad un errore, noi rischiamo di consegnare la politica italiana, la cultura italiana, la storia delle culture politiche italiane in mano ai più ricchi e in Italia sappiamo che spesso questo significa anche ai più spregiudicati, togliendo ogni possibilità alla buona politica di potersi difendere, poiché di fronte a quello che può essere un grande spiegamento di forze economiche, noi metteremo la buona politica, la politica migliore, in grande difficoltà.
  Invitiamo quindi tutti a riflettere e invitiamo tutti a prendere in considerazione almeno i nostri emendamenti, che tentano di mitigare questa legge, che mettono i tetti, che ampliano la fattispecie dell'illecito penale per quanto riguarda i finanziamenti pubblici. Io non credo che riusciremo ad avere, con il clima che c’è qui dentro, una legge europea. Almeno tentiamo di evitare di avere una legge kazaka. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI. Signora Presidente, gentile sottosegretaria, onorevoli colleghi, il disegno di legge che stiamo discutendo è particolarmente sentito dai cittadini perché pone al centro l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, ma c’è anche il tentativo, da parte del Governo, di fare un passo in avanti, un passo in più, forse ancora timido, ma non per questo da non apprezzare: attuare finalmente l'articolo 49 della Costituzione, bloccato da veti e controveti per oltre mezzo secolo. Permettetemi di dire che questa sfida culturale obbliga tutti ad allargare i confini dell'istituzione partito, oggi. Dico con rispetto ai colleghi delle altre forze politiche, di tutte le altre forze politiche, che l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, in ordine alla democrazia interna ai partiti, è un fatto di portata storica. Chiunque di noi abbia studiato diritto costituzionale, conosce il dibattito articolato su questi temi nel mondo politico tra il 1946 e il 1947, ma il tema della democrazia interna dei partiti, spesso soggetti legati ad una sola persona, è una sfida chiave. Noi del Partito Democratico abbiamo molto da imparare su tante questioni, ma rivendichiamo qui, in quest'Aula, davanti alle altre forze politiche, il fatto che abbiamo lottato, creduto, sognato, in una competizione democratica sfociata nelle primarie per la leadership, come non ha fatto nessun altro.Pag. 72
  Un partito non appartiene al suo fondatore, non appartiene ai suoi dirigenti, non appartiene al suo leader pro tempore e, per noi che ci battiamo con forza per un PD sempre più credibile e vincente, un partito non è neanche soltanto dei suoi iscritti ma dei suoi elettori, di chi vuole utilizzare questo strumento per rendere l'Italia più coraggiosa e più semplice. L'attuazione dell'articolo 49 può essere una salutare provocazione per noi perché è giusto innanzitutto guardarsi allo specchio, ma lo è per tutte le altre forze politiche presenti in Parlamento, per una politica che dipenda meno dal gusto estemporaneo di un leader e sempre più dall'autorevolezza delle idee.
  Non mancheranno le occasioni per riprendere questo argomento sia in sede istituzionale che confrontandosi nell'agone politico. Mi limito allora ad esprimere alcune valutazioni sulla vexata quaestio del finanziamento pubblico che il Governo proclama solennemente di voler abolire nella formulazione dell'articolo 1 di questo disegno di legge. In Commissione, e non solo, ho sentito autorevoli colleghi, più esperti di me, raccontare il valore profondo del finanziamento pubblico ai partiti, fare un benchmark internazionale, studiare, valutare, riflettere. Dire che il finanziamento pubblico c’è quasi ovunque in Europa ed è vero. Dire che la Costituzione impone il finanziamento pubblico ai partiti e questo è meno vero, come dimostra la storia del finanziamento pubblico nel nostro Paese. La Costituzione rimette al legislatore ogni valutazione. Tocca a noi decidere, quindi, qui e adesso. Sappiamo benissimo che il finanziamento pubblico funziona perfettamente negli altri Paesi. Non possiamo però dimenticarci di come non ha funzionato qui, da noi, il finanziamento pubblico, nell'Italia della Seconda Repubblica, dei consigli regionali e dei rimborsi nazionali. Non possiamo dimenticarci della realtà. Le belle osservazioni che ho sentito sul finanziamento pubblico mi hanno fatto tornare in mente una famosa poesia di Baudelaire, l’Albatros. I marinai della barca vedono questo meraviglioso dispiegare di ali, grandissime, bellissime e lo ammirano come raro esempio di perfezione. Poi quando un albatros finisce sulla nave, quelle stesse ali che lo facevano volare maestoso diventano inciampo, sono d'impaccio. Paradossalmente danneggiano anziché valorizzare. Chi oggi si libra nell'aria dovrebbe fare i conti con la realtà che non è quella descritta dagli studi internazionali, dalle statistiche, dai convegni, ma la realtà di un Paese che è stanco delle parole vuote di chi lo rappresenta e che ha bisogno di gesti concreti per tornare a sperare. Oggi abbiamo l'occasione. Voglio sperare che non la sprecheremo, anzi mi auguro che il Parlamento dia un contributo per migliorare il testo del Governo, mettendo al centro sempre e soltanto la volontà del cittadino di contribuire alla vita dei partiti. Vorrei che venissero migliorate le norme sulla trasparenza in modo tale che qualunque cittadino, davanti al computer della propria casa, possa sapere chi ha finanziato i partiti e come i partiti gestiscono le proprie risorse. Il finanziamento pubblico è nato per motivi nobili. È stata una buona idea gestita in molti casi male. Non c’è niente di più grave di tradire un ideale. Il finanziamento pubblico ha tradito gli ideali per cui è nato e i cittadini ce lo hanno detto in modo costante in questi vent'anni e non possiamo far finta di ignorarlo ancora in un clima diffuso di crescente rabbia verso la politica che non è antipolitica per me, ma richiesta di una politica diversa. Sono passati vent'anni dal referendum del 1993 che altri colleghi hanno citato in precedenza. Io ero molto piccola, avevo dodici anni ma ricordo bene quella stagione. Ricordo quella stagione che teneva insieme la fine della Prima Repubblica con Tangentopoli, la stagione delle stragi, la mafia che attentava al cuore dello Stato piazzando bombe sotto i simboli della bellezza di questo Paese e uccidendo i servitori migliori di questo Paese. Ho deciso allora, ed ero ancora alle scuole medie, di studiare giurisprudenza e di occuparmi di giustizia perché, come tanti ragazzi della mia età, non volevo arrendermi all'idea che l'Italia fosse il luogo del malaffare.Pag. 73
  Un simbolo del tentativo di riscossa dei cittadini fu il referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che insieme ad altri referendum, vide una partecipazione imponente: oltre 31 milioni di italiani dissero «basta». E cosa fece il Parlamento ? Smise di parlare di finanziamento pubblico e parlò di rimborso e questi soldi sono spesso serviti per iniziative politiche, ma talvolta hanno preso la strada di gesti assurdi. Se con il finanziamento pubblico ai partiti si finisce per comprare nutella o la tintura dei capelli, pensate che un cittadino possa essere orgoglioso dei suoi rappresentanti ? Oggi viviamo tempi diversi. Non ci sono le stragi di quell'estate devastante del 1992. L'Italia, pur tra mille difficoltà, sta forse meglio di allora. Ma l'opinione pubblica continua a non fidarsi di noi, di chi rappresenta la comunità. Ha bisogno di segnali. Ha bisogno di credere in ciò che noi possiamo fare. Interpreto l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti come un primo, piccolo segnale che il Palazzo dà al Paese. Abbiamo voglia di tornare a camminare insieme.
  Non c’è una divisione tra Paese legale e Paese reale. Tra società civile e politica. La politica è la società civile che si impegna, che si ingegna, che ci prova. Basterà ? Ovviamente no.
  L'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti non è un fatto economico rilevante nel bilancio di uno Stato con buona pace di quei sondaggi di opinione che ci vengono propinati. Vale poco nel budget della Repubblica. Ma vale molto nel bilancio dei nostri valori. Significa dare un messaggio di credibilità a chi non arriva a fine mese, ma anche a chi ha paura a credere nello Stato. Significa dire: non abbiamo la bacchetta magica, ma abbiamo capito che adesso bisogna fare sul serio. L'incantesimo di una politica lontana dal cuore delle persone si può rompere solo così. È il primo passo.
  Dovremmo ridurre il numero dei parlamentari, superare il bicameralismo perfetto, intervenire sul Titolo V, chiudere definitivamente con le province, come ha iniziato a fare il Governo sotto la spinta del Ministro Delrio. Ma abolire il finanziamento serve anche per dare un nuovo modello di rappresentanza. La trasparenza dei finanziatori e la gestione delle risorse sono sicuramente elementi fondamentali, ma non possiamo ridurre il rapporto tra partito ed elettori a un rapporto tra commercialista e clienti. I partiti non sono più quelli di una volta. Oggi devono trasformarsi perché è cambiata la società, e la politica deve essere all'altezza delle aspettative dei cittadini. Per questo dobbiamo cercare di favorire nel testo che uscirà dall'esame di questo Parlamento, le microdonazioni, cercare di porre dei tetti a quelle che sono le donazioni dei singoli e delle persone giuridiche. Dobbiamo cercare di avere dei partiti che sappiano raccogliere la sfida di questo tempo e coinvolgere i cittadini in un progetto politico cosicché abbiano il desiderio, pur in un momento di difficoltà economica, di mettere a disposizione non soltanto il loro tempo e le loro migliori energie, ma anche dare un contributo economico seppur piccolo, alla vita del partito.
  Lo devo con il rispetto che devo ai colleghi che siedono in questa aula da molti anni e che hanno posizioni diverse, sicuramente più autorevoli, ma forse più pessimiste. Ma come si fa a pensare che abolendo il finanziamento pubblico ai partiti noi vogliamo chiudere i partiti ? Onorevoli colleghi, abolendo il finanziamento pubblico ai partiti noi vogliamo aprire i partiti. Aprirli alle energie migliori, ai talenti, ai contributi, alle speranza di chi continua a credere che l'impegno politico sia un servizio prima ancora che un mestiere. Non abbiamo bisogno di partiti che siano apparati simil-ministeriali, burocratici, pesanti. Abbiamo bisogno di partiti pensanti. Di partiti che siano capaci di quella leggerezza calviniana che il tempo che stiamo vivendo propone e impone a ciascuno di noi.
  Da parlamentare del PD interpreto questo passaggio come una pietra della costruzione di quella che in campagna elettorale chiamavamo «l'Italia Giusta». Spero che da questa Aula parta un segnale di concreta attenzione nei confronti dei Pag. 74cittadini. L'Italia anche in queste ore difficili continua a pensare di avere un futuro e non solo un passato, e noi abbiamo il dovere di costruirlo con la determinazione di chi vuole un Paese all'altezza dei propri sogni.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nuti, ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, il testo dell'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ricordiamo che è stato approvato dal Consiglio dei ministri il giorno 31 maggio, proclamato via twitter dal Presidente del Consiglio Letta, e presentato alla Camera il giorno 5 giugno. Il giorno dopo vi siete affrettati a votare il procedimento d'urgenza, l'abbiamo votato all'unanimità, e quindi i tempi che dovevano essere ridotti passavano da sessanta a trenta giorni; dopodiché si è annunciata questa rivoluzione, che però è stata un po’ dimenticata. Il 18 giugno infatti è iniziata la discussione in Commissione, siamo arrivati ad oggi praticamente dopo molto più di trenta giorni, siamo oltre i quaranta, ma la procedura d'urgenza diciamo, è stata facilmente derogata come sappiamo. E sappiamo benissimo che è stata superata anche da un disegno di legge costituzionale che teoricamente, da Regolamento, doveva andare successivamente.
  Facciamo un breve excursus su quelli che sono i finanziamenti pubblici negli altri Paesi europei. Nel resto dei Paesi democratici, anche se è previsto un finanziamento pubblico, questo è molto più ridotto, sia in termini assoluti sia in relazione al numero di abitanti. In Inghilterra è previsto un finanziamento pubblico che se comparato a quello italiano è irrisorio, e viene conferito esclusivamente ai soli partiti dell'opposizione che siedono in Parlamento. La ragione è facilmente intuibile: non ha senso finanziare i partiti di maggioranza, in quanto questi già traggono profitto dalla posizione di vantaggio che detengono in quanto membri del Governo.
  Oggi in Italia sembra che si stia applicando un principio esattamente contrario: i partiti che stanno nella maggioranza di Governo ricevono la quasi totalità dei fondi.
  Negli Stati Uniti d'America è prevista, anche se poco nota, una forma di finanziamento pubblico. La curiosità non sta nel fatto che sia previsto nell'ordinamento statunitense un finanziamento pubblico, ma nella sua natura. Infatti, il fondo è formato da contributi assolutamente ed esclusivamente volontari da parte di comuni cittadini che possono versare una somma fissa non derogabile di tre dollari, una contribuzione diffusa e volontaria, microdonazioni, qualcosa di totalmente estraneo al nostro sistema, ma che, invece, secondo noi dovrebbe costruire il cuore del finanziamento della politica.
  Ai nostri confini vi è un Paese di lunghissima tradizione democratica, la Svizzera. Lì il finanziamento pubblico ai partiti è qualcosa di sconosciuto. Tuttavia, il sistema politico elvetico non ha neppure minimamente l'ombra degli enormi problemi che invece attanagliano il nostro sistema. Non solo, l'economia e la società svizzere vengono sistematicamente prese a modello dal resto del mondo. Eppure, si continua a dire che non si può fare politica senza soldi, che senza il finanziamento ai partiti da parte del pubblico non c’è democrazia all'interno dei partiti stessi, che è in ballo tutto il sistema democratico, che la politica possa essere affidata solamente ai ricchi. Ebbene, noi siamo la dimostrazione che questo non è vero; siamo la dimostrazione che la politica può essere legata alla credibilità e alle buone idee.
  Purtroppo, molti partiti, soprattutto quelli qui presenti, sono in difficoltà, perché probabilmente non hanno molta credibilità e, quindi, non avendo credibilità, sanno benissimo che le donazioni da parte dei cittadini sarebbero molto molto più esigue rispetto a quelle che attualmente arrivano tramite il finanziamento pubblico. E su questo bisognerebbe fare una grande riflessione. Perché i partiti non sono più credibili ? Può essere che hanno passato anni e anni a raccontare in TV delle cose che non hanno mai mantenuto ? Pag. 75Può essere che, quindi, non riuscendo ad ottenere i risultati promessi in campagna elettorale, si sono, ovviamente, visti rifiutare da parte della cittadinanza, che in una situazione di crisi economica, se proprio deve rinunciare a qualcosa, sicuramente rinuncia a versare dei soldi a chi non è più credibile ?
  Ecco, quello che è accaduto in questi anni, e nell'ultima campagna elettorale è successo che tanti cittadini hanno deciso, nonostante le difficoltà economiche, di donare qualcosa – 50 euro, 20 euro, 100 euro, 200 euro – ad un movimento perché, magari sbagliando, o errando, hanno pensato che quel movimento potesse portare avanti la loro idea di politica, cosa che, invece, i partiti, purtroppo, nonostante la tantissima esperienza che hanno, non hanno saputo fare.
  Vado a concludere: della Germania, invece, si è discusso fin troppo, e questo è l'ultimo Paese che cito e che viene spesso usato come esempio da coloro che vogliono giustificare la necessità di un cospicuo finanziamento pubblico ai partiti, come il nostro. Ma forse vi sfugge che in Germania la politica funziona, che i livelli di corruzione che ci sono in Italia là sono sconosciuti, che Ministri del Governo tedesco si sono dimessi perché avevano semplicemente copiato parte della propria tesi di dottorato. Qualcosa di assolutamente non paragonabile al nostro Paese. Basti pensare chi ieri è stato condannato in terzo grado chi per anni ha condizionato la vita politico-istituzionale italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giorgis. Ne ha facoltà.

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, noi abbiamo presentato degli emendamenti al disegno di legge avanzato dal Governo, e io vorrei cercare di illustrare le ragioni di alcuni di questi emendamenti. Emendamenti quali, ad esempio, quello che prevede un limite alla possibilità di finanziamenti privati, o emendamenti come quello che prevede una qualche mitigazione negli effetti distributivi che il principio che questo disegno di legge assume come fondamentale, quello della libera scelta dei cittadini, determina.
  Si tratta di ragioni che hanno a che vedere non con l'esigenza di tutelare un qualche interesse del Partito Democratico, ma con l'esigenza di garantire alcuni principi fondamentali che informano ogni ordinamento democratico.
  La prima esigenza che ci ha spinto nel formulare gli emendamenti di cui prima dicevo e che sono stati ricordati anche nei precedenti interventi è senza dubbio quella di garantire che la disuguaglianza economica non si traduca in disuguaglianza politica. È questa un'esigenza fondamentale di qualsiasi ordinamento democratico, di qualsiasi ordinamento nel quale si intenda garantire l'uguaglianza sostanziale dei diritti politici ovvero, come prescrive l'articolo 3, comma secondo della nostra Costituzione, si intenda garantire a ogni cittadino la possibilità di partecipare all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
  La seconda esigenza, alla prima strettamente collegata, è quella di garantire che ogni partito politico abbia la stessa possibilità di concorrere a determinare l'indirizzo politico nazionale. A questo proposito, è bene ricordare come l'esercizio effettivo dei diritti politici necessiti di corpi intermedi capaci di promuovere e di organizzare la partecipazione e di elaborare, attraverso la partecipazione, proposte e soluzioni. Ed è altresì importante ricordare che anche la decisione, la capacità di governo delle istituzioni rappresentative e, in particolare, la capacità di realizzare politiche redistributive e inclusive, ha bisogno di partecipazione organizzata e meditata, ha bisogno di partiti politici e di sintesi politica. La forza delle istituzioni e la loro capacità decisionale dipende altresì dalla loro legittimazione democratica, dalla loro capacità di interpretare attese e domande sociali, dal loro radicamento, dalla loro capacità di promuovere processi sostanziali di integrazione politica.Pag. 76
  La terza esigenza che ci ha guidati nel presentare questi emendamenti è quella di garantire la separazione sostanziale del potere o, come direbbe Michael Walzer, l'autonomia delle sfere distributive: potere politico, potere economico e potere culturale dei mezzi di comunicazione devono essere separati e distinti. Chi detiene ingenti risorse economiche ed assume una posizione dominante nella sfera economica, non deve poter acquisire, per ciò solo, una posizione dominante nella sfera politica. E ciò sia chiaro, nell'interesse non solo dell'uguaglianza politica, ma nell'interesse della stessa efficienza della dinamica della sfera economica.
  In questa prospettiva, per soddisfare queste esigenze, per dare, appunto, sostanza a queste tre diverse facce di un medesimo principio fondante ogni ordinamento democratico, la proposta del Governo prevede, ad esempio, obblighi di trasparenza, prevede obblighi di democraticità interna ed esterna e prevede, non a caso, forme di sostegno indiretto all'attività dei partiti politici, attraverso l'erogazione di servizi e l'accesso agevolato a strutture.
  Noi, come dicevo all'inizio, abbiamo presentato degli emendamenti e abbiamo presentato degli emendamenti per fare in modo che questi principi che prima ho illustrato – uguaglianza politica, pur in presenza di disuguaglianza economica; autonomia delle sfere distributive, separazione, cioè, tra potere politico, potere economico e potere dei mezzi di comunicazione; e per garantire il radicamento e la perdurante azione dei partiti politici – siano meglio garantiti.
  Vorrei concludere questo breve intervento con una considerazione che ha a che vedere con una nostra capacità a cui, nell'attuare principi fondamentali, nel dimostrare la nostra coerente adesione ad esigenze fondanti il buon funzionamento di ogni sistema democratico, dobbiamo, io credo, attenerci.
  Sono convinto che se noi argomentiamo con chiarezza, con consequenzialità, spieghiamo le ragioni delle nostre proposte, spieghiamo le ragioni e l'interesse che si difendono nel tutelare l'azione e l'organizzazione dei corpi intermedi, in particolare dei partiti politici, saremo dai cittadini, alla fine, premiati, perché, questo è il punto particolarmente delicato del nostro tempo: sono convinto che per cercare di rispondere ai problemi del nostro Paese occorre che le forze politiche e tutti coloro che ricoprono un qualche ruolo politico rifuggano da alcune tentazioni, la prima delle quali è quella di pensare che facendo leva sui sentimenti irrazionali dell'antipolitica sia possibile trovare la forza necessaria per porre rimedio alle degenerazioni della rappresentanza politica e ai gravi problemi che affliggono la nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fraccaro. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Signora Presidente, colleghi, mi rendo conto che l'oggetto della discussione di oggi provoca reazioni allergiche ai partiti che, per decenni, si sono sfamati alla mangiatoia del finanziamento pubblico. La bulimia da cui sono tuttora affetti il PD, il PdL, Scelta Civica, SEL, Lega Nord, oltre alle variegate componenti del Misto, è una drammatica patologia che consiste nell'ingurgitare una quantità abnorme di soldi dei cittadini, che provoca forte dipendenza e induce, poi, a ricorrere a strampalati processi di disintossicazione, come il provvedimento placebo in esame. Il bisogno compulsivo di fagocitare le risorse pubbliche si associa all'incapacità di controllare il proprio comportamento etico e politico, da cui deriva l'intervento di centri di cura appositi, noti come forze dell'ordine.
  La materia di cui al presente provvedimento presenta due distinti profili clinici: l'insaziabilità e la delinquenza. Vorrei cominciare analizzando i dati relativi a questioni angoscianti, ma premetto che potrebbero urtare la vostra sensibilità e, quindi, invito i colleghi particolarmente impressionabili ad uscire dall'Aula.
  Quanto al primo punto, l'insaziabilità dei partiti presenta cifre da capogiro: dagli Pag. 77anni Settanta ad oggi, si stima che sia costata ai cittadini oltre 10 miliardi di euro, equivalenti all'ammontare dei fondi stanziati dall'Eurogruppo per salvare Cipro dal dissesto finanziario. Eppure, in teoria, un referendum del 1993 aveva abolito il finanziamento pubblico. Ebbene, da quella data i partiti di centro, di destra e di sinistra hanno continuato ad incassare almeno 3 miliardi di euro con una voracità davvero spaventosa, semplicemente chiamandoli con un altro nome: rimborsi elettorali. L'investimento dei partiti per la partecipazione alle elezioni ha generato un rendimento medio di oltre il 389 per cento, con punte del 959 per cento: le azioni elettorali italiane sono forse le più fruttuose dell'intera storia finanziaria del pianeta. Persino i partiti che non sono rappresentati in Parlamento o, addirittura, quelli che non esistono più vengono finanziati obtorto collo dai cittadini, per non parlare del meschino ricorso alle fondazioni, o dei finanziamenti ai giornali di partito, altri pozzi senza fondo. Insomma, i dati di questa emergenza sociale sono terrificanti, ma le conseguenze sul piano civile dipingono un quadro da atlante di medicina legale.
  Migliaia di politici affamati sono afflitti dalla disfunzione sintomatica del latrocinio, un riflesso nevrotico e irrefrenabile che li induce ad appropriarsi di beni altrui anche senza un effettivo bisogno di possesso. Le statistiche ci parlano di un fenomeno trasversale ai partiti, che si propaga per semplice contatto con la poltrona e colpisce indifferentemente nel PD come nel PdL, nei partiti di centro, di destra e pure a manca. Un vero e proprio flagello per le istituzioni.
  Ora, il Governo propone di debellare la piaga della bulimia monetaria dei partiti, questo disturbo cronico, esattamente come farebbe un pusher nei confronti di un tossicodipendente: tagliando la droga e fornendogli dosi a calare. I partiti restano all'ingrasso per almeno tre esercizi consecutivi, poi verrà applicata la patetica formula del 2 per mille, che non abolisce proprio nulla, ma continua a riversare i soldi dei cittadini nelle fauci spalancate della politica, ed infine le agevolazioni fiscali equivalgono ad un incoraggiamento all'ingozzata.
  Ogni anno, milioni e milioni di euro vengono sperperati a causa dell'insaziabilità della casta e decine di politici vengono inquisiti o condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Noi abbiamo contribuito a debellare questa patologia con due semplici medicine, ma efficacissime: la passione e l'onestà. Il MoVimento 5 Stelle è l'unica forza presente in Parlamento ad aver rinunciato al finanziamento pubblico, ad aver tagliato lo stipendio dei politici, ad aver restituito ogni eccedenza, insomma, a non avere gozzovigliato dentro le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per noi la politica è un servizio reso ai cittadini, non un'occasione per fare baccanali. Con questo provvedimento farlocco, invece, la vecchia politica dimostra, ancora volta, di non voler guarire. Il rischio è quello di infettare ogni angolo delle istituzioni con la vostra stessa patologia. Per questo non avete altre soluzioni che quella di rinchiudervi in un centro riabilitativo e farvi curare, perché altrimenti ci penseranno i cittadini, e vi metteranno non a dieta, ma a pane ed acqua (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nardella. Ne ha facoltà.

  DARIO NARDELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora sottosegretaria, come abbiamo ascoltato anche dagli interventi di oggi pomeriggio, la vicenda del finanziamento pubblico ai partiti e, più in generale, dell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, è estremamente complessa ed è stata indubbiamente segnata da punti di svolta che non possiamo trascurare e che giustamente qui sono stati più volte richiamati. Mi riferisco, prima di tutto, al referendum abrogativo del 1993, referendum che ha visto, come ricordava la collega Boschi, una grande affluenza da parte di tutto il corpo elettorale: il 90,3 per cento dei cittadini italiani si espresse Pag. 78con un responso inequivocabile, chiaro, sul sistema di finanziamento in vigore fin dal 1974 con la legge Piccoli. Ebbene, quel referendum da allora non ha mai avuto una risposta coerente, così come la Costituzione richiede, da parte del legislatore, da parte del Parlamento. Quel Parlamento, infatti, ha mantenuto sostanzialmente il sistema dei contributi pubblici diretti, pur mascherandoli con il modello dei cosiddetti rimborsi elettorali. È quello il tenore, è quella la ratio della legge n. 157 del 1999, che ha portato alla reintroduzione de facto del finanziamento diretto. Né del resto, ce lo dobbiamo riconoscere, colleghi, la pur apprezzabile legge del 5 luglio 2012, dell'anno scorso – apprezzabile in quanto ha apportato un significativo passo in avanti verso una maggiore trasparenza, verso una maggiore responsabilità –, ha tuttavia ribaltato quel principio di finanziamento diretto, rispondendo allo spirito di quel referendum del 1993.
  Oggi abbiamo un'occasione straordinaria, forse storica, ed è anche un peccato – me lo consenta, Presidente – che si cominci un dibattito in un tardo pomeriggio agostano, di venerdì, in quest'Aula. Del resto, l'ordine dei lavori ci ha portato a questo. Dicevo che si tratta di un peccato, perché il tema è davvero centrale e riguarda proprio quell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Però su questo vorrei dire che quell'articolo, come è stato richiamato, è una norma quasi programmatica, che indica un indirizzo, individua una cornice, non stabilisce le modalità specifiche con cui si debbano attuare quei principi di partecipazione alla vita democratica del Paese. E dunque sta al Parlamento, oggi, dare senso a quell'articolo, tenendo conto di un aspetto, e cioè che i partiti politici, in quanto espressione della società e del tempo in cui quella società vive sono realtà dinamiche, in continua trasformazione. Dunque, oggi non possiamo immaginare di trattare queste realtà politiche così come furono pensate durante il dibattito in Assemblea costituente, quando fu scritto quell'articolo. Del resto, anche la parola stessa di partito è messa in discussione, se pensiamo, colleghi, che in quest'Aula l'unico gruppo che utilizza ancora quella parola è il nostro, il Partito Democratico. Gli altri, anche quei gruppi che difendono quasi ideologicamente il finanziamento pubblico diretto come meccanismo di identificazione dei partiti, non utilizzano più quel termine nei loro simboli e nelle loro denominazioni.
  Allora, dobbiamo riflettere su questo: cosa vuol dire oggi partito politico ? Cosa vuol dire oggi costruire delle realtà della società civile che consentano ai cittadini di partecipare liberamente alla formazione della vita democratica del Paese, come ci dice giustamente la Costituzione ? Ed allora qui il finanziamento pubblico ci richiama alla responsabilità di correggere gli errori commessi, perché dobbiamo domandarci, colleghi, il sistema così come si è delineato ed è stato disciplinato in questi anni non ha ridotto la corruzione politica, non l'ha fatto durante Tangentopoli, ma non lo ha fatto neanche di recente, non ha aumentato la partecipazione ai partiti tradizionali, i partiti classici, per l'appunto, non ha altrettanto consentito un aumento della partecipazione elettorale al voto, i risultati, recenti, di disaffezione e di astensione sono emblematici. E infine, non ha alimentato quel tessuto, vitale, di organizzazione a livello locale dei circoli, delle sezioni.
  Dunque, una verifica di quanto e di come abbia funzionato questo sistema di finanziamento diretto è d'obbligo e non possiamo sfuggire ad una riflessione di questo tipo. E dico ai colleghi di SEL: non basta dire «servono più controlli !», lo dico con grande rispetto; è tardiva la risposta di chi oggi dice «gli errori di questi anni sono stati commessi perché non abbiamo fatto controlli» e, dunque, oggi ci pentiamo di questo meccanismo e introduciamo criteri di controlli per, diciamo, assolvere il sistema politico così come ha funzionato.
  Oggi la risposta che gli italiani chiedono a questa Assemblea, che chiedono alla politica, è una risposta più netta, più chiara, e non è una risposta contro i partiti, è una risposta forte, profonda, di ripensamento radicale. Io sono stato firmatario Pag. 79di un progetto di legge, l'Atto Camera n. 961, che, il Presidente sa, è stato, appunto, abbinato al disegno di legge del Governo. In quel progetto di legge insieme ad altri 41 colleghi, deputati di vari gruppi, abbiamo delineato alcuni punti: il principio del contributo volontario, come principio guida di un nuovo meccanismo di finanziamento della politica; il recupero della fiducia dei cittadini, attraverso partiti che pongano al centro della loro vita criteri di trasparenza, di democrazia, di partecipazione, di parità di opportunità nel contribuire alla loro vita, alla loro attività. Criteri essenziali, non esemplificativi, ma costitutivi di un accesso ad un meccanismo di finanziamento pubblico, seppure indiretto. Abbiamo individuato in quel progetto di legge un tetto massimo e abbiamo così provato ad offrire una modalità di attuazione dell'articolo 49. Ebbene, con soddisfazione, personalmente vedo che in molti punti il disegno di legge del Governo risponde a quelle esigenze che noi avevamo rappresentato in quel progetto di legge. Dunque, è un disegno di legge, quello del Governo, che va nella direzione giusta e che interpreta questa necessaria risposta di cambiamento che noi dobbiamo ai cittadini italiani per recuperare fiducia e credibilità. Il disegno di legge, è stato detto più volte, offre una combinazione di misure che però hanno al centro il ribaltamento di quel principio: dal finanziamento pubblico diretto ad un meccanismo che è condizionato dalla sola volontà del cittadino.
  È il cittadino, soggetto centrale della Repubblica, a determinare la vita dei partiti perché i partiti sono espressione e sono riflesso della vita dei cittadini. E allora, possiamo parlare di un modello, e concludo Presidente, di un modello nuovo, un modello che risponda anche ad esperienze straniere. Lo dobbiamo fare approfondendo – in tempi rapidi, mi auguro, ma rapidi davvero – i limiti del disegno di legge del Governo, che permangono, sono stati richiamati: l'assenza di un tetto, la questione del conferimento in uso di beni e l'affidamento di servizi. Limiti che tuttavia non snaturano il valore positivo di questo disegno di legge.
  Se sapremo allora cogliere l'opportunità di riforma della politica e dei partiti attraverso questo progetto di legge, senza sventolarlo soltanto con l'obiettivo di acquistare un po’ di consenso, ma con la responsabilità di recuperare ascolto da parte dei cittadini, faremo un grande servizio alla nostra democrazia e all'Italia. Perché – e chiudo davvero – capisco che si facciano confronti con altri Paesi europei, ma probabilmente nessun Paese come il nostro vive oggi quella crisi politica associata anche ad una crisi culturale ed economica, che purtroppo ha al suo centro errori, omissioni, colpe dei nostri partiti; errori che non possono essere risolti con una semplice autoassoluzione, ma che richiedono gesti concreti ed inequivocabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, anch'io ho un po’ di perplessità in ordine al fatto che si stia dedicando una serata di una giornata del mese di agosto ad un dibattito che dovrebbe comunque essere interessante. Abbiamo discusso e ragionato, in queste ultime settimane, su quali priorità dare al nostro calendario per evitare che alcuni temi dirimenti – temi su cui comunque si accende l'attenzione dell'opinione pubblica, temi sensibili – potessero essere oscurati dalla calura estiva piuttosto che da un dibattito al cloroformio, fatto, per quello che ci riguarda, in Aula in una fase sostanzialmente vacanziera; e, per quello che riguarda i cittadini, in tutt'altre faccende affaccendati nel mese di agosto, o in preparazione di una vacanza o in vacanza o comunque con il loro pensiero rivolto altrove rispetto al dibattito politico, alla dialettica politica tra i partiti.
  La prima questione quindi che ritengo centrale è che questo dibattito, non soltanto Pag. 80le sue conclusioni, si sarebbe dovuto proiettare alla ripresa dei lavori, a settembre, perché penso che ogni partito, ogni forza politica debba assumersi la responsabilità delle decisioni che prende in ordine ad un provvedimento che comunque già delinea un indirizzo, e quindi porta il Parlamento italiano in una direzione, da qui ai prossimi decenni. E siccome il Parlamento italiano è il luogo della sovranità popolare, di fatto i cittadini dovrebbero innanzitutto essere consapevoli di quello che sta accadendo e della fine che farà il principio della sovranità popolare, una volta approvato questo provvedimento.
  La seconda osservazione che faccio è che a me pare che questa decisione, questa scelta sia animata da tutti i sentimenti possibili e immaginabili, tranne che dal senso di responsabilità. Perché il senso di responsabilità prevede che le forze politiche – almeno per quello che riguarda l'impostazione dalla quale provengo e la cultura politica che mi è stata trasmessa – anche nei momenti più difficili, più scomposti, debbano manifestare la lucidità, la forza, direi persino la forza interiore di fronteggiare alcuni impulsi che vengono dalla società. Non si possono assecondare, se sono dannosi per la democrazia: bisogna cercare di gestirli, di dirimerli, di guidarli, di indirizzarli; non si possono semplicemente assecondare.
  Penso che in questo caso siamo di fronte ad un deficit di autenticità, che ahimè viene da lontano, perché è figlio di una logica che ha visto la nostra democrazia essere improvvisamente posseduta dalla deriva demagogica (prima era ideologica, poi è diventata superpopulista).
  E oggi ci troviamo nella condizione che anche coloro i quali assolvono dei compiti assai delicati e assumono responsabilità centrali, se non strategiche, invece di indirizzare il dibattito o di scrivere provvedimenti all'insegna della responsabilità che ricoprono, assecondano, assecondano quella sorta di furia dell'antipolitica, che è assolutamente comprensibile, che è legittima, che ci deve spronare a fare bene – ci mancherebbe altro –, non a mettere la testa sotto la sabbia, che dovrebbe imporre a ciascun parlamentare, a ciascuna forza politica e a tutte e due le Aule del Parlamento italiano il coraggio e la forza per sferzare i partiti laddove i partiti non hanno funzionato, quindi principalmente nell'uso, maldestro, del finanziamento pubblico.
  Invece, come capita in Italia, si usano i pannicelli caldi e, siccome c’è stata questa furia, questa ondata, niente di più facile di tentare di cavalcarla, niente di più facile di cercare di separare le acque, facendo ammenda e autocritica, non già entrando nel merito e forzando la mano di quelle procedure nefaste che hanno prodotto tante degenerazioni, ma molto semplicemente dicendo che nulla si aveva a che fare con quei costumi. È stato citato Batman, ma purtroppo di Batman ce ne sono stati in quantità industriale in questa interminabile seconda Repubblica, non che la prima sotto questo aspetto fosse esattamente meglio di questa.
  Ma comunque, attenzione, perché questo atteggiamento è tipico di chi non vuole, con lo spirito dell'autenticità, entrare nel merito di quelle degenerazioni. Vuole discostarsene per cercare di far passare, da un punto di vista propagandistico, se stesso e la propria immagine come qualcosa di diverso rispetto a quello che magari il suo stesso partito, la sua stessa generazione non ha avuto la capacità di orientare diversamente, di governare, di contrastare nel corso del tempo. Questo penso che non sia affatto quello che desiderano i cittadini. I cittadini ritengo che intimamente vorrebbero giustamente sottrarre qualunque forma di autorevolezza, di ricchezza, di privilegio, di disponibilità economico-finanziaria ai partiti per fargli pagare il prezzo dell'inadeguatezza e quindi della delusione che hanno prodotto nei confronti del popolo italiano nel corso dei decenni.
  Ma penso che i cittadini vorrebbero prevalentemente, innanzitutto, dei partiti nuovi e diversi, a prescindere dal nome che portano. Se qualcuno rivendica anche terminologicamente la parola «partito» a se stesso, piuttosto che orientarsi verso Pag. 81una forma più fluida, più dinamica di movimento, di nuovo soggetto, addirittura privo di statuto non credo che i cittadini siano particolarmente interessati da questo punto di vista.
  I cittadini vorrebbero l'autenticità, la capacità di assumersi responsabilità. Vorrebbero vedere – a mio giudizio – un partito, una persona, un'autorità, un Governo capace di dire: «Questo è perché questo è giusto». Non facciamo quello che stiamo per decidere e deliberare solo per accattivarci le simpatie di una quota parte del popolo italiano. Io, peraltro, la penso in maniera esattamente opposta. Penso che si senta lontano un miglio il cattivo odore di chi non vuole appunto assumersi quelle responsabilità e i cittadini lo puniranno anche dal punto di vista elettorale.
  Ma l'autenticità è la domanda che si rivolge alla politica, l'autenticità. Abbiamo vissuto per troppi anni – direi oltrepassando il decennio abbondantemente – di partiti e personalità e leadership che hanno imbrogliato letteralmente il popolo italiano, anche attraverso le ricostruzioni che hanno fatto colleghi di altri partiti, giustamente perentorie nei confronti della trasformazione del finanziamento pubblico da finanziamento pubblico a rimborso elettorale, nei confronti della mala gestio del rimborso elettorale, nei confronti della assoluta carenza senza controlli e monitoraggi di soggetti terzi che potessero indagare sul buon funzionamento anche dei meccanismi di spesa.
  Io ritengo che quando si giunge agli episodi che abbiamo potuto constatare, attraversare e conoscere insieme ci voglia esattamente uno scatto in avanti per recuperare la fiducia, per tentare di ricucire il baratro che si è aperto tra i partiti – ma direi purtroppo, oltre che i partiti, le istituzioni – e il territorio, i cittadini, le categorie, i cosiddetti «corpi intermedi», i sindacati, le associazioni, i comitati.
  Ci vuole qualcosa di più che la demagogia, ci vuole qualcosa di più che la cantilena, assordante, messa in onda per tentare di carpire demagogicamente voti, molto semplicemente.
  Questo provvedimento non offre garanzie, lo dico anche ai colleghi che lo stanno in qualche maniera criticando perché lo ritengo troppo remissivo rispetto ai partiti stessi, coloro che vorrebbero che fosse ancora più rigido, che ci fosse ancora meno finanziamento pubblico, che fosse abolita anche la pratica del 2 per mille e, quindi, volontaria da parte dei cittadini per finanziare i singoli partiti.
  Io penso che i partiti sarebbero in punizione, se così vogliamo definire simpaticamente, e si sentirebbero giustamente colpiti per quel che hanno fatto o per quel che hanno lasciato che qualcuno facesse nel corso del tempo, se si stringessero delle norme serie. Il finanziamento pubblico in parte è stato colpito, mi pare che sia diminuito del 60 per cento nel corso delle ultime stagioni, è già un segnale importante, ma non bastevole, perché non bisogna toccare il portafoglio dei partiti, bisogna impedire ai partiti il processo oligarchico, bisogna impedire ai partiti di fare il bello e il cattivo tempo, oltretutto con l'aggravante di assumere quelle decisioni con i soldi dei cittadini italiani. Bisogna dire ai partiti che se vogliono essere condotti da una persona e una soltanto o da un manipolo di persone, che possono chiamarsi appunto gruppi oligarchici piuttosto che colonnelli o caporali di giornata, come preferite, se lo vogliono fare lo possono fare, perché c’è la libertà anche di poterlo fare, ma non lo possono fare con i soldi degli italiani. È questo il punto, determinante, che andava sancito attraverso questa proposta: se vuoi accedere all'opportunità del finanziamento pubblico, del rimborso elettorale, al di là ovviamente – non tanto ovviamente, in realtà – delle procedure stringenti, dei controlli, del varo di organismi terzi o addirittura della Corte dei conti per verificare la bontà della spesa e tutto il resto, se vuoi accedere devi rispondere ai cittadini, devi avere uno statuto. Ma non basta avere uno statuto, perché quanti statuti abbiamo conosciuto nel corso dei decenni ? E quanti partiti hanno rispettato i propri statuti ? E quanti partiti hanno continuato a prendere finanziamento pubblico Pag. 82e rimborsi elettorali piuttosto che rimborso elettorale mascherato da finanziamento pubblico pur non rispettando i propri statuti ? Quanti congressi sono stati fatti dai partiti, nel rispetto dei propri statuti ? Quante volte si sono riuniti gli organismi per stabilire casomai chi dovesse fare il candidato alla presidenza di una regione, di una provincia, chi dovesse fare il candidato sindaco, chi dovesse accedere a un listino bloccato ? Quanti ? Quante volte è accaduto ? E chi lo ha fatto ? Nomi, cognomi, circostanze, date, orari, maggioranze e opposizioni. Chi lo ha fatto è una esigua minoranza, questa è la verità di questo interminabile ventennio di cosiddetta seconda Repubblica, siamo passati dalla padella alla brace e adesso non so dov’è che vogliamo capitare, perché la padella era rappresentata nella prima Repubblica da un assemblearismo inconcludente, si parlava di tutto e di più, quasi non esistesse un soggetto che di fatto governava le sorti del popolo italiano, perché comunque la velocità nell'acquisizione delle decisioni da intraprendere era del tutto incompatibile con la necessità di assumerle, quelle decisioni, al cospetto dell'Italia, al cospetto dei conflitti sociali, al cospetto della comunità internazionale, al cospetto di quello che si stava radicando nella comunità internazionale stessa e che poi sarebbe deflagrato nel fenomeno della globalizzazione, nella caduta del muro di Berlino, nel crollo dell'Unione sovietica e di tutti i suoi satelliti agganciati appunto al suo granitico Partito comunista. Era una storia che comunque si poteva leggere, che ci ha coinvolti.
  Era una storia fatta di lentezze, di processi partecipativi, appunto, molto farraginosi e molto lunghi, che vedevano, di fatto, un sistema produrre, a livello istituzionale, Governi che duravano in carica otto mesi in media – e questa storia è andata avanti per sessant'anni – nell'indifferenza generale, perché tutti giocavano a innalzare le barriere ideologiche, mentre il Paese, di fatto, costruiva le condizioni della sua depressione economica. Infatti, il debito pubblico, per esempio, nasce da lì, nasce da quella inconcludenza, nasce da quel deficit di autorevolezza, nasce dalla fragilità con la quale i Governi erano chiamati anche a sanare, o a gestire i contrasti tra la grande industria assistita e la triplice sindacale. Non c'era disponibilità economica, però, attraverso l'indebitamento pubblico, si riuscivano a dare contentini, con la mano destra, alla Confindustria, piuttosto che con la mano sinistra, alla triplice sindacale, derogando al modello socioeconomico e, quindi, di fatto, costruendo un sistema del welfare compatibile sicuramente con i desideri degli italiani, ma incompatibile con la loro sostanza, incompatibile dal punto di vista della capacità di produrre, in termini economici, ricchezza. Ancora oggi, nonostante le decisioni dell'ultima legislatura, non stiamo al pareggio di bilancio, cioè il popolo italiano, ancora oggi, consuma molto, ma molto di più rispetto a quello che realizza e produce. E, ancora, questo meccanismo si fa fatica a comprenderlo e si evita di affrontarlo e di gestirlo con la necessaria dose di incisività.
  Dunque, il rapporto tra cittadini, tra popolo italiano e istituzioni, mediato attraverso i partiti, deve conoscere, innanzitutto, un intervento di merito rispetto all'articolo 49 della Costituzione, che noi abbiamo in esame, ma che dovremmo agganciare anche al meccanismo del finanziamento pubblico. Per evitare cosa ? Dicevo prima: i partiti si puniscono nelle loro degenerazioni e nel loro cattivo funzionamento degli ultimi decenni, nella misura in cui si costringono a fare le cose che dovrebbero fare e a recitare il ruolo per il quale esistono. Non si puniscono i partiti se gli si tolgono i soldi del finanziamento pubblico perché la conseguenza che ne deriva è – tutto sommato – figlia delle difficoltà che stiamo attraversando.
  Vogliamo metterlo in discussione ? Quando, comunque, esistesse un finanziamento unico, nel continente europeo, isole comprese, un finanziamento privato – a prescindere dalla registrazione e dalla pubblicizzazione, o meno, ma la sostanza non cambierebbe, a prescindere dai provvedimenti sanzionatori, o meno, nei confronti delle società e delle aziende che Pag. 83versano contributi volontari, se hanno interpellato e coinvolto, o meno, il consiglio di amministrazione e a prescindere dalle sanzioni che verrebbero comminate ai tesorieri dei partiti, o meno – resterebbe comunque il principio che un partito diventerebbe proprietà privata di chi lo finanzia. E noi non siamo gli Stati Uniti d'America, cari colleghi, caro rappresentante del Governo, non abbiamo migliaia di gruppi imprenditoriali e industriali di una certa dimensione – ammesso, e non concesso, che il meccanismo sia ontologicamente giusto e condivisibile – non abbiamo tale e tanta offerta, da rendere comunque, non dico trasparente, ma almeno gestibile la concorrenza tra gruppi.
  Questo Parlamento, cari colleghi, si potrebbe – di qui, a breve – trasformare, non più nel tempio della sovranità popolare, ma nel luogo dove i consigli di amministrazione, fatti di persone, che vengono pagate direttamente attraverso il finanziamento privato dai grandi gruppi industriali, si riuniscono e fanno cosa ? Indovinate un po’ che decisioni possono prendere quei partiti, che si trovassero qui a votare delle finanziarie, nelle quali fossero previste delle agevolazioni per la grande industria automobilistica, piuttosto che degli sconti fiscali alle banche, piuttosto che delle transazioni che agevolano un gruppo, piuttosto che un settore produttivo del Paese ?
  Io penso che su questo noi dovremmo essere attenti, perché quello che è accaduto potrebbe accadere di nuovo, diciamo così, con l'aggravante delle decisioni che stiamo per prendere. Invece, noi dovremmo fotografare quello che è accaduto e intervenire in maniera chirurgica per evitare che possa accadere senza, però, che si generino conseguenze ancora peggiori.
  Ecco perché il provvedimento che ci è stato fatto calare, è un provvedimento che giudico, e giudichiamo, assolutamente deprimente, cioè incapace di rispondere alle esigenze del momento in termini di riacquisizione di credibilità da parte della politica rispetto ai cittadini, in termini di capacità di stare nel merito e di non fare demagogie da quattro soldi. Ci sarà pure una ragione se, appunto, in Spagna, in Germania e persino in Gran Bretagna – ma anche negli Stati Uniti d'America – esiste una forma di finanziamento pubblico, che va in particolare ai piccoli partiti. Ci sarà una ragione. Ora, non si può dire ? Chi lo dice perde voti ? Viva Dio ! Qualcuno abbia comunque la forza e il coraggio di dire che questo meccanismo può e deve rappresentare una punta di equilibrio nel rapporto tra popolo italiano, principio della sovranità popolare, che attraverso il Parlamento viene rappresentata in nome e per conto del popolo italiano, istituzioni e partiti.
  Non si può a mio giudizio – sarebbe ed è un errore imperdonabile – sbagliare mira, cercare di colpire un nemico e poi, siccome comunque è troppo grande oppure si nasconde bene, oppure è molto abile nei movimenti, si stabilisce di orientare diversamente la canna del fucile per prendere, magari, un soggetto più debole, per trovare una soluzione più facile, per poter dire comunque a qualcuno: «Beh, un obiettivo l'abbiamo colpito. Non sarà quello che effettivamente avremmo dovuto portare a casa e servire sul tavolo del popolo italiano, ma comunque qualcosa abbiamo portato». È questo atteggiamento profondamente sbagliato e ci mortifica.
  Noi, evidentemente, come Fratelli d'Italia, combatteremo e lo faremo anche in maniera – come è nel nostro costume – assolutamente costruttiva. Non lo faremo in maniera «talebana», come si dice in gergo. Quindi, stiamo anche discutendo tra noi, per capire effettivamente come tentare di approcciare in maniera risolutiva la questione finale di questo provvedimento senza essere male interpretati. Però, qualche spunto in più, anche della nostra proposta di legge consegnata già dalla scorsa legislatura in ordine al funzionamento dei partiti e al loro finanziamento, si poteva cogliere, perché riteniamo che le cose che fin qui, in questo intervento che mi avvio a concludere, ho raccontato, abbiano un senso e che tra persone che, comunque, vogliono ragionare per migliorare le cose, si debba trovare Pag. 84una sintesi e una soluzione. Non ci si può voltare dall'altra parte e continuare a immaginare, appunto, che la necessità di un Governo, della sua vitalità e della sua possibilità di acquisire maggiori consensi, dipenda da provvedimenti, appunto, demagogici (diciamolo ancora una volta anche se è un termine ormai abusato).
  Quindi, cari colleghi, rappresentante del Governo, Presidente dell'Assemblea, noi avremmo preferito un provvedimento scritto esattamente come la proposta di legge da noi presentata, che potesse casomai premiare, ovvero, al contrario, penalizzare, partiti capaci di svolgere il proprio ruolo e la propria funzione, di essere all'altezza delle aspettative e delle necessità del popolo italiano, ovvero di punire partiti che hanno messo in onda i casi terribili che sono stati all'ordine del giorno, denunciati e diffusi dalla grande stampa per l'arco di quattro, cinque anni. Sicuramente la situazione è assolutamente intollerabile. Ci sono stati rimborsi elettorali che sono stati utilizzati per attività immobiliari piuttosto che per acquisire diamanti o per giocare in borsa o per acquistare azioni o, peggio ancora, come diceva una collega, per comprare e acquistare beni, diciamo così, di uso individuale e per arricchire se stessi.
  Io penso che questo sia del tutto sconvolgente e giustamente abbiamo cercato, in tutti i modi, di poterne prendere le distanze. Ciascuno lo ha fatto anche all'interno del proprio partito quando i fatti in questione si sono manifestati nella loro drammaticità.
  Pensiamo che questo provvedimento non offra grandi garanzie sotto questo aspetto. Pensiamo che, per quanto riguarda la strada del decreto anticorruzione, la strada dell'ineleggibilità, la strada della non candidabilità – Fratelli d'Italia nel proprio statuto dichiara di non candidare persone che abbiano conseguito delle condanne anche soltanto in primo grado di giudizio – un conto sia prendere questa strada, questa via maestra, ed essere stringenti non solo nella definizione delle regole, ma anche del loro controllo, altro conto è rischiare di consegnare le istituzioni democratiche, quindi esattamente quelle istituzioni che rappresentano il potere del popolo sovrano, a gruppi industriali, a gruppi economici, e quindi sottrarle alla libertà. Quando i condizionamenti di uno, due, dieci gruppi dovessero prevalere sul perseguimento e la salvaguardia degli interessi deboli e diffusi di una comunità intera, di fatto penso che noi potremmo scrivere la parola fine sul libro della storia della nostra nazione. Siccome noi a quel momento non ci vogliamo arrivare, siamo qui ancora in questo dibattito a denunciare questo rischio. Non abbiamo la pretesa di dare delle soluzioni definitive e certe, abbiamo sicuramente il desiderio di collaborare al varo di provvedimenti che siano i più congeniali possibile agli interessi del popolo italiano.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, speriamo di chiudere in bellezza, visto che è l'ultimo intervento. A proposito di bellezza, Presidente, la bellezza generalmente è nei fatti oramai e non nella poesia, come spesso un noto poeta della mia regione, la Puglia, cerca di ricordarci.
  Presidente, oggi le voglio parlare appunto di fatti e devo fare un appunto. Noto che spesso quando parlo di fatti, di fatti che spesso sono incontrovertibili, in alcuni interventi spesso successivi al mio qualche parlamentare, come è accaduto ieri, ad esempio, mi apostrofa come se enunciassi in qualche modo affermazioni false e non veritiere. Così proprio per l'argomento odierno, quello del finanziamento ai partiti, ho cercato di riportare i fatti. Sono andato a visitare qualche sito web da cui attingere un po’ di verità. Mi sono ritrovato così nel sito della galassia del PdL, nel quale ho cercato disperatamente il bilancio del partito, quello relativo ai finanziamenti pubblici, cioè come vengono utilizzati da quel partito i soldi dei cittadini. Non ho trovato nulla al riguardo. Probabilmente per mia carenza di capacità, anche se ho notato però qualcosa di strano sul sito del PdL e cioè Pag. 85che nei commenti inviati dai cittadini e riportati sul sito non si trova nemmeno una critica, ma nemmeno una sola. Ho capito che pare che da quelle parti vada tutto bene, non certamente come nel MoVimento 5 Stelle, dove, come i media ci raccontano, tutto va male. Sul nostro blog, sui nostri profili, ovunque nella Rete infatti i critici da noi hanno il loro spazio, tanto spazio, ma alla fine però siamo noi i veri fascisti, i promotori della dittatura virtuale. Però comunque, Presidente, sul sito del PdL qualcosa di interessante alla fine l'ho trovata e l'ho anche stampata. Quindi, non mi si può dire che sia falso. Ho trovato il cosiddetto patto del parlamentare, sottoscritto dai candidati del Popolo della Libertà per le elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. Al terzo punto – se poi volete posso anche passarvene copia – c’è scritto testualmente: votare una legge che azzeri il finanziamento pubblico ai partiti. Ora scusatemi ma a me viene spontaneamente da chiedervi: era un impegno serio – lo chiedo all'Aula, visto che comunque non sono presenti – o era una di quelle solite affermazioni tipiche della politica italiana ?
  Io ho creduto subito senza alcun dubbio che fosse un impegno serio, ma non riuscendo a collocarlo al comportamento che invece il PdL sta comunque avendo relativamente al finanziamento ai partiti, ho cercato sul dizionario della lingua italiana il termine «azzerare», che effettivamente vuol dire «annullare». Non contento, ho cercato anche il termine «annullare» ed ho trovato «annientare». Allora, se voi avete sottoscritto un patto da candidati con i vostri elettori e poi siete stati eletti, perché non avete ancora provveduto ad azzerare, annullare e annientare il finanziamento pubblico ai partiti ? Lo chiedo ai colleghi del PdL.
  Presidente, lo so che probabilmente parlando in questo modo potrei sembrare provocatore o forse anche un demagogo, ma vorrei far notare così silenziosamente, sommessamente ed umilmente che avete di fronte persone – e parlo dei parlamentari del Movimento 5 Stelle – che, come voi, – in questo caso i parlamentari del PdL – avevano sottoscritto la stessa promessa e che appena eletti non hanno perso neanche un secondo nel mantenere quella promessa fatta agli elettori, Infatti, il Movimento 5 Stelle ha rinunciato ad oltre 42 milioni di euro di finanziamento pubblico.
   Anche la visita sul sito del PD è stata interessante. Infatti ho trovato un bilancio minuziosissimo, quello del 2012, al termine del quale però ho letto che il PD ha un disavanzo di circa 7,5 milioni di euro. Tale disavanzo – viene spiegato nel sito – è legato al dimezzamento dei rimborsi elettorali intervenuto ad esercizio in corso, per effetto della legge n. 96 del 2012. Spiegate, voi del PD, anche, che la drastica riduzione dei contributi politici che nel 2011 rappresentavano per il vostro bilancio il 91,2 per cento di tutti i ricavi del PD, ha comportato minori entrate per circa 29 milioni di euro, e che quindi avete dovuto avviare un piano di riduzione, razionalizzazione dei costi, che ha comportato, attraverso il severo contenimento delle spese per servizi e contributi ad associazioni, una rilevante diminuzione degli oneri della gestione. In sostanza, avete chiuso un paio di sedi qui vicino, in via del Tritone, avete ridotto i costi per sedi e servizi, avete rinegoziato i contratti di fornitura dei servizi, avete tagliato su viaggi, trasferte, alberghi, noleggio mezzi, e così via. Dopo tutto questo, mi sembra che comunque il PD continui a funzionare.
  Ora, Presidente, vincerei abbastanza facile, se facessi il paragone con il Movimento 5 Stelle che, introitando zero euro e, sottolineo zero euro, vi lascio immaginare quale più che severissimo contenimento delle spese deve effettuare ogni giorno. Ma non lo farò. Chiederò invece semplicemente al PD una cosa: ma era necessaria una legge per farvi applicare un piano di riduzione e razionalizzazione dei costi, un severo contenimento delle spese ed una rilevante riduzione degli oneri, trattandosi di soldi degli italiani ? Presidente, discorso a parte anche per un altro partito, un ex partito, i DS, i democratici di sinistra, che qualcuno seduto in quest'Aula non ritiene sia cosa che ormai riguardi il PD. Per i DS non ho trovato Pag. 86alcun bilancio, ma alcuni giornali nazionali riferiscono dell'esistenza di un debito tra i 150 e i 200 milioni di euro. Se tali informazioni sono esatte, chi ripianerà tale buco ? Si parla anche dell'esistenza di circa 2.500 immobili di proprietà dei DS. Che fine faranno ?
   Ho trovato invece molto interessante il sito della Margherita. A tal proposito ricordo Lusi, che dovrebbe ricordare qualcosa, come anche vi dovrebbero ricordare qualcosa Belsito, Fiorito, tutti nomi di famosissimi e stimatissimi benefattori. Presidente, torniamo alla Margherita, forse è meglio. Nel sito c’è un aggregato, una pagina che riassume dieci anni di bilanci, dal 2001 al 2010, per un totale di 228 milioni di euro, di cui 200 milioni di contributi per rimborsi di spese elettorali, oltre ad una serie di spiegazioni anche dell'affare Lusi, e cioè dei circa 20 milioni di euro di soldi dei cittadini italiani, di fatto, scomparsi.
  Poi mi sono interessato anche, per ultimo, di Forza Italia. Presidente, un interesse molto attuale, devo dire. Anzi, approfitto dell'intervento per dare il benvenuto alla stessa formazione politica, visto che l'ormai pregiudicato Berlusconi ieri ci ha annunciato il ritorno in auge di Forza Italia. Un po’ mi ha ricordato la metafora del caimano: scomparsa sott'acqua, Forza Italia, per poi riaffiorare dopo vent'anni, al momento dell'attacco finale.
  Sul sito di Forza Italia, dicevo, non sono riuscito a trovare i bilanci ma un quotidiano nazionale riporta notizie di un buco di qualche milione di euro, lasciato alla chiusura della stessa Forza Italia.
Chissà, forse con la riapertura, la rinascita in qualche modo di Forza Italia, assisteremo al primo partito...

  PRESIDENTE. Deputato D'Ambrosio, concluda.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione... che nasce (o comunque in qualche modo rinasce, Forza Italia) già gravato da debiti come del resto sono costretti a fare ogni giorno i cittadini italiani che nascono. Però, forse, in questo caso, a differenza degli italiani che il debito se lo pagano, il debito di Forza Italia saranno costretti ancora una volta a pagarlo gli italiani.
  Signor Presidente, come avete potuto ascoltare, mi avvio a concludere, non mi sono addentrato in alcun tecnicismo sulla legge da farsi, poiché, a mio avviso, basta già la ricostruzione di tutto quello che già è avvenuto, cioè di quello che voi avete fatto con i soldi dei cittadini, per comprendere, con un pizzico di buonsenso, che sul finanziamento pubblico ai partiti non abbiamo bisogno di nessuna nuova legge, ma solo di un netto e definitivo principio che ricordo per noi del MoVimento 5 Stelle essere esplicabile in semplici tre parole: abolizione del finanziamento pubblico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 1154)

  PRESIDENTE. Per le vie brevi, la vicepresidente della I Commissione, onorevole Agostini, e la rappresentante del Governo, onorevole Sesa Amici, hanno fatto sapere che non intendono replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 5 agosto 2013, alle 9,30:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 896 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o luglio Pag. 872013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena (Approvato dal Senato) (C. 1417-A).
  — Relatori: Ferranti, per la maggioranza; Colletti, di minoranza.

  2. – Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione della questione pregiudiziale presentata):
   S. 890 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti (Approvato dal Senato) (C. 1458).

  (al termine delle votazioni)

  3. – Discussione del testo unificato delle proposte di legge (per la discussione sulle linee generali): SCALFAROTTO ed altri; FIANO ed altri; BRUNETTA ed altri: Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia. (C. 245-280-1071-A).
  — Relatori: Leone e Scalfarotto.

  4. – Discussione della proposta di legge (per la discussione sulle linee generali):
   COSTA: Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante (C. 925-A)
  e delle abbinate proposte di legge: PISICCHIO; GELMINI ed altri; DAMBRUOSO ed altri; LIUZZI e BUSINAROLO; MOLTENI ed altri (C. 191-1100-1165-1190-1242).
  — Relatori: Costa e Verini.

  La seduta termina alle 20,40.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DONATELLA FERRANTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1417-A

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la maggioranza. Il provvedimento oggi in aula è stato oggetto di un esame estremamente complesso in Commissione, che ha visto dei momenti di forte confronto anche tra gruppi di maggioranza relativamente a temi sicuramente delicati, come, ad esempio, l'ambito di applicazione della custodia cautelare.
  Vi sono stati quindi momenti di approfondimento per trovare delle soluzioni condivise almeno tra i gruppi di maggioranza, considerato che altrimenti vi sarebbe stato il rischio di non convertire in legge il decreto.
  Inoltre, il testo trasmesso dal Senato ha ridotto l'effetto deflattivo del sovraffollamento carcerario, effetto che avrebbe – anzi, ha già prodotto. Ciò ha determinato l'esigenza di valutare le modifiche introdotte dal Senato attraverso approfondite audizioni.
  In tale ambito, in particolare da parte dell'ANM e dell'UCPI, sono stati evidenziati alcuni rilievi.
  L'ANM ha espresso forti perplessità a fronte di un evidente passo indietro che di fatto depotenzierebbe i già contenuti effetti deflativi del decreto legge. Si è rilevato infatti che con le modifiche apportate dal Senato di fatto si è rinunciato a quegli opportuni meccanismi che avrebbero nel tempo sortito effetti positivi nel solco tracciato dalla sentenza della CEDU del gennaio 2013 (Torreggiani v. Italia) e che consistono nell'incremento, peraltro già assai contenuto, delle possibilità di accesso ai benefici penitenziari ed alle misure alternative e nella limitazione dei flussi di ingresso mediante da tempo auspicati meccanismi sospensivi.
  Il testo licenziato dal Senato, infatti, ha ripristinato le preclusioni introdotte dalla legge ex Cirielli, eliminate dal decreto legge, in palese contraddizione con gli Pag. 88obblighi europei e con i presupposti stessi dell'emergenza che si voleva affrontare con la decretazione d'urgenza.
  È stato osservato in primo luogo che la reintroduzione della preclusione per i recidivi «reiterati» (ex articolo 99, comma 4, codice penale ) risulta in netto contrasto con la norma, vigente da ormai quasi tre anni, in base alla quale il pubblico ministero già sospende l'ordine di esecuzione ai sensi dell'articolo 1 della legge del 26.11.2010 n. 199 per pene inferiori a mesi 18 anche per i recidivi, consentendo anche a questi ultimi di accedere all'espiazione della pena in forma domiciliare.
  Tanto più che, sotto altro profilo, si è osservato che l'ordine di carcerazione andrebbe emesso per soggetti che comunque sono già nello stato libero in quanto non sottoposti a misure cautelari (per i quali viceversa vige la diversa disciplina della lettera b) del comma 9 e del comma 10 dell'articolo 656 codice procedura penale) cioè soggetti non considerati dal giudice della cognizione particolarmente pericolosi (ché altrimenti si troverebbero sottoposti a misura cautelare ) e che evitare il loro ingresso in carcere è funzionale alla migliore individuazione della soluzione esecutiva, rimessa al Tribunale di sorveglianza dopo adeguata istruttoria, previo cioè apprezzamento in concreto dei profili di pericolosità e di adeguatezza. Secondo l'ANM, le modifiche apportate non sembrano tenere in adeguato conto le esigenze di personalizzazione ed individualizzazione del trattamento connesse alla funzione rieducativa della pena così come sancita dall'articolo 27 della Costituzione, sostituendo alla valutazione del giudice – cui solo spetta l'apprezzamento della pericolosità, non soltanto nella fase cognitiva ma anche in quella esecutiva, con conseguente praticabilità di misure alternative – irrazionali automatismi riferiti a particolari categorie di condannati.
  Soprattutto è stata unanime la considerazione che le modifiche apportate dal Senato si pongono in netta controtendenza rispetto alle linee ispiratrici del decreto che, come si legge nelle premesse, erano volte all'adozione delle misure necessarie a porre rimedio nel termine di un anno (termine ormai a scadenza fra meno di 10 mesi) alla constatata violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per ridurre con effetti ’immediati’ il sovraffollamento carcerario.
  L'emergenza carceraria italiana, con il richiamo operato dalla Corte dall'articolo 3 CEDU, coinvolge questioni che attengono al rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dunque per ciò solo l'obbligo andrebbe adempiuto nel termine assegnato ma il tema non è scevro da preoccupanti risvolti di natura economica se si considera che nel caso della sentenza Torreggiani l'Italia è stata condannata al pagamento di una somma di e 10.600 per 56 mesi di detenzione «inumana» di un singolo detenuto. È intuibile quali somme lo Stato dovrebbe sborsare in caso di contemporaneo accoglimento di tutti i ricorsi pendenti a Strasburgo.
  Si è poi richiamata l'attenzione sui rilevanti problemi di diritto intertemporale che si porranno nel caso di conversione del decreto non nella forma originaria e che suscita gravi perplessità sulla stessa scelta di intervenire in materia de libertate con la forma del decreto-legge.
  Il primo punto riguarda gli ordini di carcerazione già sospesi in base al testo oggi vigente e che andrebbero revocati con immediato ingresso in carcere di soggetti liberi i quali subirebbero un evidente trattamento deteriore pur dopo aver presentato istanza di misura alternativa, così come i soggetti ammessi alla detenzione domiciliare in casi non più previsti dalla legge di conversione e i detenuti che hanno avuto accesso ai permessi premio anzitempo e che, in caso di approvazione definitiva delle modifiche, non potrebbero più accedervi, in palese violazione del principio, più volte ribadito dalla Corte Costituzionale, di non regressione del trattamento penitenziario.
  Importante è stata l'audizione del Commissario straordinario del Governo per le Pag. 89infrastrutture carcerarie, Prefetto Angelo Sinesio, in relazione all'articolo 4 del decreto.
  Il prefetto Sinesio succede al pres. Franco Ionta, già Capo del DAP e Commissario delegato ex 0.P.C.M. 3861 del 19 marzo 2010, che ha proposto un Piano carceri fondato su 3 pilastri: «nuova» edilizia carceraria, implementazione degli organici di polizia penitenziaria e misure deflattive della carcerizzazione.
  Le misure previste dal Piano per stabilizzare il sistema penitenziario e risolvere lo stato emergenziale si saldano con le discipline esistenti e con le altre riforme di sistema, dando vita ad una strategia che opera in maniera integrata su più livelli. Il Commissario ha evidenziato che, al fine di assicurare la più ampia partecipazione delle imprese, le procedure di affidamento degli appalti sono state effettuate con gare aperte, in parte secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e in parte secondo il criterio del prezzo più basso. Con 468 milioni di euro assegnati al Piano carceri sono in corso di realizzazione o in corso di affidamento 12.324 posti detentivi così suddivisi: n. 4 nuovi istituti penitenziari per 3.100 posti detentivi; n. 13 nuovi padiglioni per 3.000 posti; n. 16 completamenti nuovi padiglioni già avviati dal DAP per n. 3.347 posti detentivi n. 9 interventi di recupero su istituti penitenziari esistenti per n. 1.212 posti detentivi; n. 3 interventi su nuovi istituti penitenziari già avviati dal Ministero delle Infrastrutture per 1.665 posti detentivi.
  Allo stato sono stati consegnati 750 nuovi posti nel 2012 e entro il 2013 vengono consegnati circa 4.700 nuovi posti.
  In particolare, ad esempio, il nuovo istituto penitenziario di Arghillà, affidato nel 1992 per 150 posti dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per la Sicilia e la Calabria, lasciato incompiuto dal 2002, è stato inserito nel 2012 nel Piano carceri allo scopo di effettuare i lavori per la sua apertura ed è stato inaugurato il 23 luglio 2013, dopo la traduzione di circa 150 detenuti.
  Il Provveditorato 00.PP. aveva previsto per la rifunzionalizzazione una spesa di 21,5 milioni di euro, a valere sui fondi assegnati dalla delibera del CIPE del 31/7/2009, per una durata dei lavori di 730 giorni.
  Inoltre, le procedure di affidamento con gare aperte per n. 13 padiglioni in ampliamento di istituti esistenti sono state tutte espletate e allo stato si sta ultimando la contrattualizzazione degli ultimi 4 appalti, per i quali si è ancora in attesa del certificato antimafia e della stipula del protocollo di legalità, ex articolo 17-quater della legge n. 26 del 2010.
  Per quanto riguarda i nuovi istituti, Catania è stato bandito con gara aperta ed è in corso da parte della Commissione giudicatrice la valutazione delle offerte anomale. Si prevede che entro settembre si possa aggiudicare la gara.
  Il Piano carceri rimodulato in data 17 luglio 2013 ha sostituito il nuovo istituto di San Vito al Tagliamento con quello previsto a Pordenone; ciononostante è già stata effettuata la Conferenza dei servizi, su progetto predisposto dalla struttura tecnica del Commissario, si è già ottenuto il parere favorevole del Sindaco che cede la Caserma Dall'Armi, proprietà comunale in disuso, per la realizzazione del nuovo carcere da 300 posti. Al momento sono in corso i sondaggi strutturali, geologici, sismici ed archeologici.
  Il Piano carceri ha inoltre inserito un nuovo penitenziario a Nola. Al momento è già stata individuata l'area con la collaborazione del Sindaco di Nola ed è in corso la progettazione preliminare del nuovo istituto, che si prevede di mandare in gara entro il prossimo ottobre. L'articolo 1 del decreto-legge, composto da un solo comma, introduce modifiche al codice di procedura penale, relativamente alla disciplina degli arresti domiciliari e a quella della sospensione dell'ordine di esecuzione delle pene detentive.
  Nel corso dell'esame al Senato è stata, anzitutto, inserita nell'articolo 1 una disposizione (lettera 0a) che, novellando l'articolo 280 codice di procedura penale, incide sui presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Tale misura attualmente può disporsi solo per Pag. 90delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. Tale limite edittale è stato innalzato a 5 anni dal Senato.
  La Commissione Giustizia ha confermato il limite dei 5 anni e ha introdotto alla nuova disciplina una specifica deroga prevedendo l'applicabilità della custodia cautelare in carcere per il delitto di finanziamento illecito ai partiti (articolo 7, legge n. 195 del 1974), sebbene esso preveda il limite di pena massimo di 4 anni.
  Sempre con una modifica della Commissione è stato integrato il testo dell'articolo 274 del codice di procedura penale relativo alle esigenze cautelari, allo scopo di coordinarne il contenuto alle novella introdotta all'articolo 280. L'attuale secondo periodo della lettera c) del primo comma dell'articolo 274 del codice di procedura penale prevede, quando il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, che la custodia cautelare sia disposta soltanto se si tratta di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. La modifica della Commissione ha previsto, per il caso della custodia cautelare in carcere, che i delitti della stessa specie per cui si procede debbano prevedere la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.
  La lettera a) del comma 1, nel testo originario del decreto-legge, interviene sulla disciplina degli arresti domiciliari, aggiungendo all'articolo 284 del codice di procedura penale il comma 1-bis, in base al quale il giudice, nel disporre il luogo degli arresti domiciliari, deve valutare l'idoneità del domicilio in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
  Una modifica apportata dal Senato ha integrato la formulazione del testo, per precisare che la valutazione in oggetto debba comunque considerare prioritarie tali esigenze.
  Nel corso dell'esame al Senato, è stata aggiunta al comma 1 una lettera a-bis) che novella l'articolo 386 del codice di procedura penale, comma 3, prevedendo che il verbale di arresto o fermo può essere trasmesso dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero anche per via telematica.
  La lettera b) del comma 1, che si scompone in quattro diversi interventi normativi, modifica l'articolo 656 del codice di procedura penale in materia di esecuzione delle pene detentive.
  Modifiche al codice di procedura penale. In particolare, il numero 1) inserisce tre nuovi commi nell'articolo 656, dopo il comma 4.
  Il comma 4-bis prevede che il Pubblico Ministero, previa verifica dei periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo esecutivo da eseguire, prima di emettere l'ordine di esecuzione della pena debba richiedere al magistrato di sorveglianza l'eventuale applicazione della liberazione anticipata (di cui all'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario).
  Il presupposto è che la residua pena da espiare, computando le detrazioni previste per la liberazione anticipata (45 giorni di detrazione per ogni semestre di pena scontata), rientri nei limiti già previsti che permettono la sospensione dell'esecuzione della pena e la possibile concessione delle misure alternative alla detenzione.
  La modifica introdotta fa sì che le detrazioni di pena siano «anticipate», al fine di limitare l'ingresso in carcere per brevi periodi di detenzione. Sarà possibile, infatti, sospendere l'ordine di esecuzione ogniqualvolta che, a seguito del ricalcolo, la pena detentiva da espiare, anche se costituente parte residua di maggior pena, risulti inferiore: a 3 anni; a 6 anni, per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza; a 4 anni, nei casi previsti dall'articolo 47-ter, comma 1, dell'ordinamento penitenziario (v. ultra).
  La procedura non è applicabile nei casi di divieto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.Pag. 91
  È analogamente esclusa l'applicabilità del nuovo comma 4-bis nei confronti dei condannati per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Il nuovo comma 4-ter dell'articolo 656 del codice di procedura penale prevede che il beneficio di cui al nuovo comma 4-bis possa essere applicato al condannato che si trovi già in stato di custodia cautelare in carcere. In tale ipotesi, infatti, il Pubblico Ministero emette l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata. Una modifica introdotta al Senato stabilisce, per coordinamento, che detta trasmissione debba avvenire «senza ritardo».
  Il nuovo comma 4-quater prevede poi che, nei casi previsti dal comma 4-bis, il pubblico ministero emetta i provvedimenti di sua competenza dopo la decisione del magistrato di sorveglianza sulla concessione della liberazione anticipata.
  Il numero 2) della lettera b) interviene sul comma 5 dell'articolo 656 del codice di procedura penale, armonizzandone il contenuto con le previsioni dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, relativo alla detenzione domiciliare. In particolare, il decreto-legge stabilisce in 4 anni il limite di pena – anche residua – per la sospensione dell'ordine di esecuzione nei confronti di particolari categorie di condannati per i quali l'ordinamento penitenziario (articolo 47-ter, comma 1) già prevede la detenzione domiciliare negli stessi limiti di pena da espiare.
  Si tratta dei seguenti soggetti: donna incinta o madre di prole di età inferiore a 10 anni con lei convivente; padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti impossibilitata a dare assistenza alla prole; persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali; persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente; persona di età minore di anni 21, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
  Il numero 3 della lettera b) interviene sul comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale, che prevede una serie di esclusioni oggettive relative a delitti per i quali la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena non può essere disposta.
  Nel testo previgente al decreto-legge, tale preclusione riguardava i condannati per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario nonché per incendio boschivo, furto pluriaggravato ex articolo 625, furto in abitazione e furto con strappo e delitti aggravati per l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale.
  Il decreto-legge, nella sua versione iniziale, ha soppresso il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione per tutte le fattispecie di reato indicate (con la sola eccezione dei reati più gravi individuati dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario). Contestualmente, il suddetto divieto viene introdotto per le condanne per il reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti di minore di anni 14, previsto dall'articolo 572, comma 2, del codice penale e, ex articolo 612-bis, terzo comma del codice penale, per le condanne inflitte per atti persecutori aggravati commessi a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, ovvero commessi con armi o da persona travisata.
  Una modifica apportata dal Senato ha reintrodotto il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione per i condannati per incendio boschivo, furto in abitazione e furto con strappo.
  Infine, il decreto-legge elimina il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione per i plurirecidivi di cui all'articolo 99, quarto comma, codice penale (ovvero coloro che, già recidivi, commettono un altro delitto non colposo). Anche per tale categoria di soggetti, quindi, in base al decreto-legge è possibile il ricorso alle misure alternative alla detenzione.
  Tale previsione, soppressa nel corso dell'esame al Senato, è stata reintrodotta nel corso dell'esame in Commissione.
  Il numero 4 della lettera b) coordina il contenuto del comma 10 dell'articolo 656 Pag. 92del codice di procedura penale – relativo all'emissione dell'ordine di esecuzione nei confronti di condannati che si trovano agli arresti domiciliari – con la nuova disciplina introdotta dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo: anche ai condannati agli arresti domiciliari si applica il calcolo relativo alla liberazione anticipata, introdotto dal provvedimento in esame.
  La Commissione Giustizia ha introdotto nel decreto-legge un articolo 1-bis che, allo scopo di permettere l'applicazione della custodia in carcere in relazione al delitto di stalking, novella l'articolo 612-bis, primo comma, del codice penale (rubricato «Atti persecutori») aumentando, nel massimo, da 4 a 5 anni la pena della reclusione ivi prevista.
  L'articolo 2 del testo modifica la disciplina dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975). La lettera a) interviene sull'articolo 21, relativo al lavoro all'esterno del carcere, inserendo un comma 4-ter che permette ai detenuti e agli internati la partecipazione, a titolo volontario e gratuito, all'esecuzione di progetti di pubblica utilità.
  Il Senato ha integrato la formulazione del comma 4-ter rendendo più dettagliata la disciplina introdotta dal decreto-legge e introducendo specifiche preclusioni oggettive. Si prevede, infatti, che: a) detenuti e internati possano «di norma» essere assegnati alle attività di pubblica utilità; b) nell'assegnazione si debba tener conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dei detenuti; c) il lavoro di pubblica utilità possa svolgersi anche presso comunità montane, Unioni di comuni, Asl, enti e organizzazioni anche internazionali, comprese quelle di assistenza sanitaria; d) è possibile l'assegnazione di detenuti e internati ad attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi; e) è l'inapplicabile il comma 4-ter ai detenuti e agli internati per: il delitto di associazione mafiosa (articolo 416-bis del codice penale), per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste da tale articolo, per delitti commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose.
  Una ulteriore modifica introdotta dalla Commissione Giustizia prevede che la prestazione di lavoro vada svolta con modalità che, in ogni caso, non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dei detenuti ed internati.
  Il Senato ha, inoltre, aggiunto all'articolo 2 le lettere a)-bis e a-ter) che modificano la disciplina dei permessi premio prevista dall'articolo 30-ter dell'ordinamento penitenziario: aumentando da 20 a 30 giorni, per i condannati minorenni, la durata di ogni permesso premio e portando la durata complessiva, per ogni anno di espiazione della pena, da 60 a 100 giorni; ampliando i presupposti di concessione dei permessi premio nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione, con l'aumento da 3 a 4 anni del limite di pena (la concessione è quindi ammessa nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a quattro anni ovvero nei confronti dei condannati a pena superiore, dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena).
  La lettera b) apporta poi una serie di modifiche all'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, in materia di detenzione domiciliare allo scopo di ampliarne l'ambito di applicazione.
  In primo luogo viene soppresso il comma 1.1. dell'articolo 47-ter, così eliminandosi il divieto di concessione della detenzione domiciliare tra i 3 e i 4 anni di pena (anche residua) nei confronti dei condannati recidivi reiterati di cui all'articolo 99, comma 4, del codice penale; nei confronti di questi ultimi è, allo stesso modo, eliminato al comma 1-bis il divieto di applicazione della detenzione domiciliare infrabiennale.
  Il Senato ha soppresso le citate modifiche all'articolo 47-ter, in tal modo ripristinando i divieti di applicazione delle indicate misure per i recidivi.
  La disposizione soppressiva del Senato è stata a sua volta espunta dal testo dalla Commissione Giustizia, che ha così ripristinato il testo originario del decreto-legge.Pag. 93
  Il numero 3 della lettera b) riformula il comma 1-quater dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario che, nella versione previgente al decreto-legge, stabiliva che il magistrato di sorveglianza cui fosse rivolta istanza di detenzione domiciliare ad esecuzione della pena già iniziata potesse disporre l'applicazione provvisoria della misura in presenza dei prescritti requisiti.
  Il decreto-legge ha modificato la disciplina dell'applicazione provvisoria della detenzione domiciliare, consentendo al magistrato di sorveglianza, nei casi di grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, di applicare in via provvisoria, indipendentemente dall'accertamento dei requisiti, la detenzione domiciliare.
  Nel corso dell'esame al Senato il comma 1-quater è stato ulteriormente modificato: a) si è prevista l'applicazione provvisoria della detenzione domiciliare anche nell'ipotesi del condannato ultra settantenne; b) è stato chiarito che spetta allo stesso magistrato di sorveglianza applicare provvisoriamente la misura; c) è stato corretto il rinvio alle disposizioni, in quanto compatibili, sui poteri del tribunale di sorveglianza.
  La soppressione del comma 9 del citato articolo 47-ter, disposta dal numero 4 della lettera b), intende eliminare preclusioni di natura assoluta all'accesso a misure alternative alla detenzione, valorizzando in tal modo le valutazioni di merito della magistratura di sorveglianza sulla condotta e sulla personalità del condannato ai fini dell'accesso ai benefici penitenziari. Il citato comma 9 prevedeva, infatti, che la denuncia per evasione importasse la sospensione della detenzione domiciliare mentre la condanna ne importasse la revoca.
  Con una modifica introdotta dal Senato è stata reintrodotta nell'articolo 47-ter una nuova formulazione del comma 9 che, confermando l'eliminazione dell'automatismo, prevede che solo alla condanna per evasione consegua la revoca della detenzione domiciliare e che la revoca non abbia luogo qualora il fatto sia di lieve entità.
  Sempre nel corso dell'esame al Senato sono state soppresse le lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 2. In tal modo sono state ripristinate le disposizioni dell'ordinamento penitenziario (abrogate dal decreto-legge) che limitano la concessione ai plurirecidivi dei permessi premio (articolo 30-quater), della semilibertà (articolo 50-bis) e che prevedono limiti alla concessione per più di una volta dei benefici (articolo 58-quater, comma 7-bis).
  La Commissione Giustizia ha soppresso a sua volta tali disposizioni soppressive delle lettere c) e d), confermando così l'abrogazione degli articoli 30-quater, 50-bis e 58-quater, comma 7-bis, dell'ordinamento penitenziario.
  L'articolo 3 del decreto-legge interviene sull'articolo 73 del testo unico in materia di stupefacenti (Decreto Presidente della Repubblica. n. 309 del 1990), relativo alle sanzioni penali connesse alla produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.
  Il testo originario del decreto-legge inserisce nell'articolo 73 un nuovo comma 5-ter, per consentire al condannato tossicodipendente o assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità anche in caso di commissione di reati diversi da quelli di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.
  Nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione il Senato ha modificato l'articolo 3 del decreto-legge, con l'introduzione di alcuni requisiti ulteriori per l'applicazione della misura del lavoro di pubblica utilità: a) il lavoro di pubblica utilità è disposto solo con riferimento a un diverso reato commesso per una sola volta; b) il diverso reato deve essere stato commesso dalla persona tossicodipendente o dall'assuntore «abituale» di sostanze stupefacenti (è stato soppresso il richiamo anche alle sostanze «psicotrope»; la Commissione Giustizia ha ripristinato il riferimento a tali sostanze) in relazione alla propria condizione di dipendenza o di Pag. 94assuntore abituale; c) il giudice deve avere inflitto una pena non superiore ad un anno di detenzione; d) all'elenco dei reati di più grave allarme sociale previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), codice di procedura penale che escludono l'ammissione al lavoro di pubblica utilità sono aggiunti i reati contro la persona.
  L'articolo 3-bis, inserito nel decreto-legge dal Senato, novella due leggi (la n. 381 del 1991, sulle cooperative sociali, e la n. 193 del 2000, sull'attività lavorativa dei detenuti) con la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo degli ex detenuti.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 4 della legge n. 381 del 1991 in tema di sgravi contributivi per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tra cui i detenuti) impiegate in cooperative sociali. La disposizione approvata dal Senato amplia la durata del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi (l'aumento è di 18 mesi per i detenuti che hanno usufruito di misure alternative o del lavoro esterno; di 24 mesi per quelli che non ne hanno beneficiato).
  Il comma 2 novella la legge n. 193 del 2000 (cosiddetta legge Smuraglia) inserendovi l'articolo 3-bis, che concede alle imprese che assumono detenuti un credito d'imposta (350 euro per ogni assunto).
  Si precisa (comma 3) che i crediti d'imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione e che sono riconosciuti (in coordinamento con la previsione della legge n. 381 del 1991) anche successivamente all'uscita dal carcere, per 18 o 24 mesi, a seconda che il lavoratore abbia o meno avuto accesso alle misure alternative alla detenzione.
  L'articolo 4 amplia i compiti assegnati al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie all'interno del quadro normativo fissato dal decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2012.
  In particolare, il comma 1 stabilisce che, nei limiti di quanto previsto dal suddetto decreto del Presidente della Repubblica e, in via temporanea, fino al 31 dicembre 2014, le funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie sono integrate con i seguenti ulteriori compiti: programmazione dell'attività di edilizia penitenziaria (lettera a); manutenzione straordinaria, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti (lettera b); mantenimento e promozione di piccole strutture carcerarie ove applicare percorsi di esecuzione della pena differenziati «su base regionale» e implementazione di trattamenti individualizzati ritenuti indispensabili per la rieducazione del detenuto (ciò in base alla lettera b-bis), introdotta dal Senato); realizzazione di nuovi istituti penitenziari e di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria; destinazione e valorizzazione dei beni immobili penitenziari anche mediante acquisizione, cessione, permuta e forme di partenariato pubblico-privato ovvero tramite la costituzione di uno o più fondi immobiliari, articolati in un sistema integrato nazionale e locale (lettera d)); individuazione di immobili dismessi nella disponibilità dello Stato o degli enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della realizzazione di strutture carcerarie, (lettera e)). Tanto alla lettera d) quanto alla lettera e) il Senato ha aggiunto il riferimento alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi. È infine previsto che il Commissario operi in raccordo con il capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e con il capo Dipartimento per la giustizia minorile (lettera f)).
  Il comma 2 prevede che gli atti del Commissario straordinario, ove rientrino nelle competenze assegnate all'Agenzia del demanio, siano adottati d'intesa con la stessa Agenzia e, ai sensi del comma 4, siano sottoposti al regime di controllo di regolarità amministrativa e contabile secondo la legislazione vigente.
  In base al comma 3 restano in capo al Ministro della giustizia le funzioni di indirizzo, vigilanza e controllo sull'attività del Commissario. Questi deve riferire trimestralmente al Ministro della giustizia e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sull'attività svolta.Pag. 95
  A questa disposizione il Senato ha aggiunto l'obbligo di relazione annuale al Parlamento, al quale il Commissario dovrà adempiere, per il 2013, entro il 31 dicembre.
  Una modifica apportata dalla Commissione Giustizia ha previsto che gli obblighi di relazione siano semestrali e che destinatarie sono le Commissioni parlamentari competenti (con ciò viene coordinato il testo con l'ultimo periodo del comma 3).
  Il comma 4 disciplina il controllo di regolarità amministrativa e contabile degli atti del Commissario, che è tenuto a trasmettere relazioni annuali al Ministro della giustizia e alla Corte dei conti, sullo stato di attuazione dei compiti attribuitigli.
  Il comma 5 prevede, poi, che gli atti del Commissario siano adottati nei limiti delle risorse disponibili sul cap. 5421 assegnato alla contabilità speciale del medesimo Commissario. Il Senato ha eliminato il riferimento specifico al numero del capitolo di bilancio.
  Il comma 6 dispone che, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legge in conversione, al medesimo Commissario siano attribuiti i poteri derogatori, ove necessario, previsti da una serie di ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, limitatamente a una serie di disposizioni ivi previste.
  La Commissione Giustizia ha, tuttavia, espunto dal testo specifici poteri derogatori della disciplina del cd Codice degli appalti (decreto legislativo n. 163 del 2006) in materia di procedura di avvalimento (articolo 49) e di termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione alle stazioni appaltanti (articolo 70).
  Il comma 7 dispone che al Commissario straordinario è assegnata una dotazione organica di ulteriori 15 unità, ripartite tra le varie qualifiche, ivi comprese quelle dirigenziali, secondo la pianta organica stabilita dal medesimo Commissario. In merito il Senato ha specificato che il personale in comando o distacco non ha diritto ad indennità o compensi aggiuntivi ed ha – anche in questo comma – soppresso il richiamo specifico al capitolo di bilancio.
  Il comma 8 conferma le risorse strumentali e finanziarie già assegnate al Commissario straordinario, nonché quelle già disponibili sul cap. 5421 assegnato alla contabilità speciale del Commissario straordinario. Anche in questo caso il Senato ha soppresso il richiamo al capitolo di bilancio.
  Infine, il comma 9 stabilisce espressamente che, in relazione alle attività compiute in attuazione della norma, al Commissario straordinario non spetta alcun tipo di compenso.
  L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria. L'articolo 6 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento. Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente
  La Commissione Giustizia ha avviato l'esame del disegno di legge di conversione del disegno di legge n. 78 del 2013, approvato dal Senato (A.C. 1417) il 29 luglio 2013.
  Nel corso dell'esame la Commissione ha svolto alcune audizioni. Il 30 luglio 2013 si è svolta l'audizione di Marcello Bortolato, rappresentante dell'Associazione nazionale magistrati, di Matteo Piantedosi, Vice Direttore generale della Pubblica sicurezza, di Angelo Sinesio, Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, di Francesco Cascini, Vice Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e di Alfonso Sabella, Direttore della direzione generale delle risorse materiali, beni e servizi, del medesimo Dipartimento; di rappresentanti dell'Unione camere penali italiane e di rappresentanti dell'associazione Antigone.
  La Commissione Affari costituzionali ha espresso sul provvedimento parere favorevole il lo agosto, con una osservazione riferita all'articolo 4, in cui si ritiene opportuno chiarire cosa si intenda per percorsi di esecuzione della pena «differenziati su base regionale», tenendo conto di quanto sancito dall'articolo 3 della Costituzione.Pag. 96
  Il 31 luglio 2013, il Comitato per la legislazione ha espresso un parere con condizioni.
  La Commissione Giustizia si è soffermata in particolare sulla questione dell'articolo 280 introdotta dal Senato, che ha elevato il limite per la custodia cautelare in carcere da 4 a 5 anni.
  Tale scelta del Senato ha suscitato molte perplessità sia nel merito che nel metodo. In particolare, ho più volte sottolineato come una modifica dell'ambito di applicazione della custodia cautelare debba essere ponderata.
  Infatti si è scelto di non intervenire sul limite edittale di pena per l'applicazione della custodia cautelare, oggi riferito dall'articolo 280 del codice di procedura penale ai reati puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a quattro anni. In anni recenti si può intravedere una tendenza del legislatore a sanzionare con pene fino a quattro anni di reclusione determinate fattispecie proprio al fine di consentire l'impiego della leva cautelare. Anche se è opportuno riflettere sulla necessità di «alzare l'asticella» per l'applicazione della custodia cautelare. Ma ciò dovrebbe avvenire alla luce di una riconsiderazione sistematica – non più procrastinabile – delle sanzioni da reato e, in particolare, dei livelli edittali. Immaginavo anche nella mia proposta di legge n. 631 un intervento normativo che elevasse la soglia edittale di applicazione della custodia cautelare ai reati puniti con pena non inferiore a cinque anni, senza penalizzare l'esigenza complessiva di sicurezza dei cittadini.
  Fatte queste premesse metodologiche, non poteva essere trascurata dal relatore la circostanza rilevante che il Senato aveva ritenuto di elevare il limite per la custodia cautelare in carcere da 4 a 5 anni e che più volte, anche nella relazione introduttiva dell'Anno Giudiziario 2013 del Primo Presidente uscente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, si è affermato che, con riguardo alle misure precautelari e cautelari detentive, nel gennaio 2012, è stata qualificata come inaccettabile una percentuale dei detenuti in custodia cautelare pari a circa il 40 per cento, che, per quanto diminuita negli ultimi decenni, e pur tenendo conto del fatto che circa la metà di questa aliquota riguarda imputati condannati in primo grado, rappresenta un sintomo perdurante dei gravi squilibri del sistema processuale penale italiano. Si è dato atto del positivo intervento normativo in tema di interventi precautelari (decreto-legge n. 211 del 2001, così detto «porte girevoli»), segnalando tuttavia la necessità oramai inderogabile: della rivisitazione del catalogo dei reati per i quali è imposto l'arresto (con particolare riguardo a due settori che contribuiscono grandemente all'affollamento carcerario, quello della materia della immigrazione clandestina e quello del piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, anche «leggere»); dell'estensione della previsione dell'obbligo di liberazione (articolo 121 disp. att. codice procedura penale) alle ipotesi di richiesta di misura non custodiale; della riconduzione anche normativa della detenzione carceraria alla sua natura di extrema ratio in controtendenza rispetto agli interventi «emergenziali».
  Il punto di equilibrio individuato dalla Commissione è stato quello di non modificare la scelta normativa effettuata dal Senato sull'articolo 280, ma di prevedere che fosse escluso da quel limite edittale il reato di illecito finanziario ai partiti, punito fino a 4 anni, per il significato etico- istituzionale che la norma incriminatrice è in grado di assumere.
  Per il reato di stalking si è pervenuti ad un altro tipo di scelta: elevare il limite edittale massimo a 5 anni, non solo per consentire la custodia cautelare in carcere, in considerazione del grave allarme sociale di siffatto reato, ma anche alla luce degli esiti dell'indagine conoscitiva.

Pag. 97 Pag. 98