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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 48 di lunedì 8 luglio 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 12.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 luglio 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Berretta, Bocci, Boccia, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Lello, Fassina, Ferranti, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, Legnini, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Merlo, Migliore, Moretto, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Speranza e Tancredi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,02).

  ELIO VITO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo sulla vicenda dei due nostri concittadini, i nostri due militari, i marò, che sono tuttora detenuti in India. Noi abbiamo apprezzato anche il riserbo con il quale il Governo e il Ministro Bonino hanno operato e stanno operando in queste settimane, però sappiamo – d'altra parte è stato reso noto – che venerdì c’è stata un'importante riunione di Governo a Palazzo Chigi al termine della quale lo stesso Governo, lo stesso Presidente Letta, hanno ritenuto opportuno emanare un comunicato sulla stessa riunione.
  A questo punto, Presidente, ripeto, pur apprezzando il riserbo e volendo fare in modo che il Governo possa continuare ad operare con la necessaria tranquillità per la risoluzione di questo caso – che riguarda naturalmente innanzitutto il destino e il rientro in Italia dei nostri due concittadini militari, ma che riguarda anche il prestigio, la credibilità e l'autorevolezza del nostro Paese presso le sedi internazionali – riteniamo però doveroso che il Governo venga a riferire in Parlamento sugli sviluppi del caso.
  Naturalmente faremo in modo che si possano concordare con il Governo stesso la sede, i tempi e i modi con i quali svolgere questa informativa, se il Governo preferisce intervenire in Aula o nelle Commissioni competenti che sono la esteri e la difesa che ho l'onore di presiedere, come lei ha ricordato; lo ripeto, Presidente, con nessun intento polemico, ma proprio per poter fare in modo che il Parlamento sia informato e attraverso il Parlamento anche l'opinione pubblica possa essere informata degli sviluppi e poter così contribuire attraverso il proprio ruolo a svolgere l'azione necessaria per il migliore e più rapido svolgimento del caso, riteniamo Pag. 2doveroso che il Governo non si sottragga a questo suo adempimento.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Vito, ovviamente trasferiremo al Governo la sua richiesta e non appena avremo delle informazioni non potremo che fargliele pervenire.

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito il deputato segretario di Presidenza a dare lettura delle petizioni pervenute.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge:
   ETTORE MARIA BARTOLUCCI, da Pesaro, chiede nuove norme in materia di opposizione avverso gli accertamenti di infrazioni, anche relative alla circolazione stradale, da parte dei dipendenti della prefettura e dei loro congiunti (141) – alla II Commissione (Giustizia);
   ELVIO GALLO, da Milano, chiede nuove norme per la tutela dei diritti e della funzione educativa dei padri (142) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
   SALVATORE FRESTA, da Palermo, chiede:
    che nella selezione dei giudici di pace sia data precedenza ai giovani laureati in giurisprudenza (143) – alla II Commissione (Giustizia);
    misure per regolamentare i prezzi nel settore del commercio (144) – alla X Commissione (Attività produttive);
   MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede l'abolizione di tutte le cause di ineleggibilità a cariche politiche e l'istituzione di un comitato per la definizione degli emolumenti da corrispondere ai parlamentari (145) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   NUNZIA TOSTO, da Gela (Caltanissetta), e altri cittadini chiedono che le nuove norme del codice di procedura civile in materia di difetto di rappresentanza o di autorizzazione, introdotte dalla legge n. 69 del 2009, abbiano applicazione anche nei procedimenti avviati prima della loro entrata in vigore (146) – alla II Commissione (Giustizia);
   PIERO D'OLIMPIO, da Cordenons (Pordenone), chiede l'applicazione delle norme previste per la prima casa in materia di IMU alle abitazioni concesse in uso a parenti in linea retta (147) – alla VI Commissione (Finanze);
   EMILIO MANAÒ, da Rimini, chiede che sia inserita un'ora «di discoteca» nell'ambito dell'orario scolastico (148) – alla VII Commissione (Cultura);
   ALDO COPPOLA, da Genova, chiede la riduzione delle spese militari, anche con riferimento ai velivoli F35 (149) – alla IV Commissione (Difesa);
   LAURA MUSCAS, da Roma, la riapertura delle graduatorie di istituto per i neoabilitati ai corsi di tirocinio formativo attivo (TFA) (150) – alla XI Commissione (Lavoro);
   MARIELLA CAPPAI, da Monserrato (Cagliari), chiede norme per il trasferimento nella sede più vicina al comune di residenza delle dipendenti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali madri di minori, nonché l'istituzione di una sede dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi nel territorio del comune di Isili (Cagliari) (151) – alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XIII (Agricoltura);
   IVANO GIACOMELLI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono un'organica revisione del sistema di riscossione dei tributi (152) – alla VI Commissione (Finanze);
   ALBERTO ZENNARO, da Rovigo, chiede nuove norme in materia di incandidabilità e conflitti di interessi e misure Pag. 3per la riduzione dei costi della politica (153) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   VINCENZO CANDIAGO, da Lonigo (Vicenza), chiede la sostituzione dell'IMU con un'imposta limitata ai possessori di grandi patrimoni (154) – alla VI Commissione (Finanze);
   CRISTIAN STEVANATO, da Rubano (Padova), chiede:
    nuove norme in materia di indicazioni obbligatorie sulle confezioni dei vaccini pediatrici (155) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    maggiore trasparenza nelle procedure di affidamento dei minori a comunità o a case famiglia (156) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    norme per la regolamentazione dell'esercizio della prostituzione (157) – alla II Commissione (Giustizia);
    l'attribuzione a speciali associazioni private di compiti di contrasto ai reati contro i minori (158) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    iniziative per la fuoriuscita dell'Italia dall'Unione europea e dalla NATO (159) – alla III Commissione (Affari esteri);
    l'inserimento nell'articolo 3 della Costituzione del divieto di ogni tipo di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale (160) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    il riconoscimento delle medicine non convenzionali (161) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    la rinuncia alla riscossione di tutti i crediti fiscali dello Stato, utilizzando a tal fine le risorse derivanti dall'abolizione di ogni forma di contribuzione, anche indiretta, in favore della Chiesa cattolica (162) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VI (Finanze);
    la riduzione del debito pubblico tramite l'aumento delle imposte su prodotti socialmente dannosi, quali i giochi a premio, i prodotti da fumo, gli alcolici e le armi (163) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze);
    l'introduzione del divieto di ogni forma di vivisezione (164) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    la reintroduzione dei dazi doganali, a fini di tutela dell'economia italiana (165) – alle Commissioni riunite e VI (Finanze) e X (Attività produttive);
    nuove norme in materia di vendita e porto d'armi, al fine di agevolare l'autodifesa dei cittadini (166) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    nuove norme per la prevenzione e la repressione della pedofilia e degli abusi sui minori (167) – alla II Commissione (Giustizia).

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (A.C. 1139-A) (ore 12,12).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1139-A: Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1139-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.Pag. 4
  Avverto, altresì, che le Commissioni ambiente e attività produttive si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione ambiente, onorevole Borghi, anche a nome del relatore per la maggioranza per la Commissione attività produttive.

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per la VIII Commissione. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo la conversione in legge di un decreto che parte da una situazione concreta ed emergenziale per porre alla nostra discussione, e di conseguenza alla nostra decisione, un tema essenziale e generale, il tema, cioè, del rapporto fra ambiente e sviluppo e, quindi, di come si possano contemperare una serie di diritti assolutamente essenziali quali quello al lavoro, da un lato, e quello alla salute, dall'altro.
  Il decreto che si traduce in legge riveste, quindi, l'importanza assoluta di quadro giuridico di contemperamento tra questi due diritti essenziali, garantiti, peraltro, dall'articolo 1 della Costituzione, per quanto riguarda il lavoro, e dall'articolo 32, per quanto riguarda la salute, e parte da una situazione concreta ed emergenziale che ha un nome – un nome specifico –, che in queste settimane e in questi mesi è più volte rimbalzato all'onore delle cronache nazionali, quale, appunto, quello dell'Ilva spa, un nome che è caratterizzato da tutte le sfaccettature del vocabolo «emergenza», sia nel suo significato etimologico di ciò che emerge e si distingue, sia nella sua accezione comune di «fase acuta di rischio e di pericolo».
  L'Ilva, infatti, emerge in molte situazioni e in molti contesti. Parlare di Ilva significa parlare di cinquant'anni di storia industriale del nostro Paese, dalla Italsider del 1961 fino alla sua trasformazione in Ilva nel 1988 e alla sua privatizzazione nel 1995. Si tratta di un'azienda che incide per il 57 per cento sulla produzione italiana di laminati piani e, quindi, di acciaio e per il 9 per cento su quella europea.
  Si tratta di un gruppo che produce oltre 10 milioni di tonnellate di acciaio all'anno e che è il primo gruppo europeo per produzione d'altoforno nel 2012, con stabilimenti a Taranto, a Genova, a Novi Ligure, a Racconigi, a Patrica, per un totale di oltre 16 mila occupati diretti, che diventano 26 mila se si considera l'indotto.
  È un nome che emerge anche perché è un tassello importante di quella che un tempo – e, probabilmente, occorrerebbe ricominciare a discutere in questi termini – si definiva come la questione meridionale e, quindi, il tema del ruolo e del futuro del Mezzogiorno d'Italia nelle dinamiche e nei modelli di crescita che vogliamo dare al nostro Paese. L'Ilva incide per il 10 per cento sul PIL della regione Puglia e fatto cento il valore aggiunto pro capite nel Mezzogiorno d'Italia, a Taranto questo valore aggiunto pro capite è pari a 148.
  L'Ilva emerge anche per la vicenda, per certi versi clamorosa e per altri drammatica, dell'inquinamento e della totale assenza, fino a un certo punto, della sensibilità ambientale, e non solo, che ha causato fortissime criticità ambientali e sanitarie, certificate dai dati, che ci sono stati confermati anche nel corso delle audizioni che abbiamo condotto, che hanno evidenziato – come gli accertamenti dell'ARPA e gli accertamenti peritali e sanitari compiuti nel febbraio 2012 e, peraltro, non contrastati in sede giudiziaria neppure dall'azienda – la gravità dei danni prodotti dalle attività industriali, sia all'ambiente sia alla salute delle persone. Tali dati, infatti, hanno evidenziato livelli alti ben oltre i limiti di legge di benzo(a)pirene nelle aree urbane e, in particolare, nel quartiere Tamburi di Taranto, nonché la presenza di diossina sempre in aree urbane vicine allo stabilimento.
  Inoltre, è risultato chiaro l'impatto sanitario negativo che tali inquinanti hanno avuto sui lavoratori e sulle persone residenti nei quartieri vicini allo stabilimento, con un aumento dei casi di malattie e di morte imputabili alle emissioni inquinanti provenienti dallo stesso stabilimento, così come su un'ampia fascia di territorio ricomprendente, Pag. 5ad esempio, le aziende agricole che hanno subito, a suo tempo, l'abbattimento di migliaia di capi di bestiame contaminato da diossina e da PCB proveniente dallo stabilimento Ilva.
  Questi sono i termini della questione che abbiamo davanti e la sua soluzione non può che essere frutto – questo è il senso e la finalità complessiva del decreto-legge – di una rinnovata consapevolezza che la continuità delle attività produttive e la salvaguardia dell'ambiente e della salute non sono e non devono più essere, a partire dal caso dell'Ilva di Taranto, due obiettivi contrapposti e che la prima non può più essere perseguita a danno della seconda.
  Si tratta, come è evidente, di un passaggio cruciale, che ha richiesto e probabilmente richiederà aggiustamenti e affinamenti, anche sul piano normativo, ma che esige da parte di tutte le forze politiche un approccio scevro da atteggiamenti ideologici e propagandistici e da sterili contrapposizioni.
  Del resto, a riprova di quanto appena detto, ricordo che il decreto-legge oggi all'esame dell'Assemblea, con cui si procede al commissariamento temporaneo dell'azienda a causa delle inadempienze della proprietà, ma anche a seguito degli interventi della magistratura, è il terzo provvedimento in meno di un anno che il Governo ha emanato per cercare di garantire la sopravvivenza dello stabilimento Ilva di Taranto e di rendere effettivamente compatibile la sua attività produttiva con la normativa ambientale e con la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto.
  E così come nei due casi precedenti il punto non era quello di una inesistente contrapposizione tra Governo e magistratura, così oggi il punto non è e non deve essere quello di una altrettanto sterile contrapposizione tra chi è dalla parte della proprietà e della libertà di impresa e di chi è dalla parte dell'ambiente e della salute dei cittadini. Permettetemi, anzi, prima di passare all'illustrazione del testo del provvedimento approvato in sede istruttoria dalle Commissioni ambiente e attività produttive, di ripercorrere brevemente la vicenda amministrativa, giudiziaria e legislativa di questo ultimo anno, peraltro piuttosto complessa, perché credo che la conoscenza dei dati sopra ricordata possa contribuire ad una discussione più consapevole ad un'assunzione di responsabilità, la più larga possibile, da parte delle forze politiche.
  Il primo fatto da ricordare è il rilascio da parte del Ministero dell'ambiente, il 4 agosto del 2011, dopo ben quattro anni di istruttoria, dell'autorizzazione integrale ambientale (AIA), indispensabile per lo svolgimento delle attività produttive nello stabilimento Ilva di Taranto. A febbraio del 2012, nell'ambito di un procedimento penale a carico dei vertici dell'Ilva, venivano presentati i risultati di due perizie, non contestate dalla proprietà dell'azienda, dalle quali emergeva una situazione di grave emergenza ambientale e sanitaria provocata dalle emissioni inquinanti dello stabilimento.
  A marzo del 2012, sulla base delle risultanze processuali, di una specifica richiesta della regione Puglia e dell'emanazione da parte della Commissione europea di una nuova normativa sulle emissioni negli stabilimenti siderurgici, il Ministero dell'ambiente ha avviato il riesame dell'AIA rilasciata solo pochi mesi prima.
  Il 26 luglio del 2012 il GIP del tribunale di Taranto ha emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale dei vertici dell'Ilva, contestando loro il reato di disastro ambientale e altri gravi reati, ed un provvedimento di sequestro preventivo dello stabilimento, con contestuale nomina di custodi giudiziari incaricati di interrompere le attività inquinanti, cioè di procedere al progressivo spegnimento degli altiforni ed al blocco delle attività produttive.
  Il 7 agosto del 2012 il Governo ha emanato il primo decreto-legge (il decreto-legge n. 129 del 2012), diretto ad intervenire per fronteggiare la grave situazione ambientale e sanitaria del sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto e per dare attuazione al protocollo di intesa del 26 luglio 2012, volto a sviluppare interventi Pag. 6di riqualificazione produttiva e infrastrutturale, nonché ad individuare misure volte al mantenimento e al potenziamento dei livelli occupazionali, garantendo in tal modo lo sviluppo sostenibile dell'area.
  Il 26 ottobre del 2012 un primo stralcio dell'AIA revisionata, relativa alle produzioni a caldo e alla gestione dei parchi minerari dello stabilimento, è stato emanato con decreto del Ministro dell'ambiente. Il provvedimento ha fissato novantaquattro prescrizioni impiantistiche e gestionali, nonché una precisa tempistica per la loro realizzazione, prevedendo altresì verifiche e rapporti trimestrali da parte dell'ISPRA sullo stato di attuazione dell'AIA revisionata.
  Il 3 dicembre del 2012 il Governo ha emanato il secondo decreto-legge (il decreto-legge n. 207 del 2012), allo scopo di assicurare, come indicato nelle premesse del decreto, che – leggo testualmente – «in presenza di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, qualora vi sia un'assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione, il Ministro dell'ambiente possa autorizzare in sede di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale la prosecuzione dell'attività produttiva, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute, secondo le migliori tecniche disponibili».
  Conseguentemente, il decreto individua l'impianto siderurgico dell'Ilva di Taranto come stabilimento di interesse strategico nazionale e ne autorizza la continuità produttiva, superando, in tal modo, gli effetti del citato provvedimento di sequestro emesso dall'autorità giudiziaria, in considerazione dei rilevanti profili di tutela dell'ambiente e della salute e della salvaguardia dei livelli occupazionali e dell'ordine pubblico, a patto che siano integralmente rispettate le disposizioni per assicurare la piena ed integrale attuazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'AIA di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 26 ottobre 2012.
  Nell'aprile di quest'anno, la Corte costituzionale, con sentenza n. 85, ha confermato la legittimità costituzionale del decreto-legge n. 207 del 2012, rigettando il ricorso della magistratura tarantina. La sentenza fissa un principio importante, ovvero che è necessario un bilanciamento fra i principi e i diritti fondamentali – libertà di impresa, ambiente, salute e lavoro – senza pretese di assolutezza per nessuno di essi.
  Essa ha chiarito, peraltro in modo incontrovertibile, non solo che le norme del decreto-legge n. 207 non hanno sospeso in alcun modo i controlli di legalità dell'operato dell'impresa autorizzata alla prosecuzione dell'attività, ma che l'autorizzazione al proseguimento dell'attività produttiva è subordinata all'osservanza delle prescrizioni dell'AIA riesaminata, e il richiamo operato in generale dalla legge ha il valore di costante condizionamento della prosecuzione dell'attività produttiva alla puntuale osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio.
  Successivamente, da un lato, la magistratura tarantina ha adottato ulteriori provvedimenti – un'ordinanza di sequestro nei confronti del gruppo Riva per 8 miliardi di euro, finalizzata a garantire la copertura dei previsti interventi per il risanamento ambientale e per l'attuazione dell'AIA, nonché un provvedimento che restituiva all'Ilva la facoltà di uso dell'impianto, con contestuale affidamento ai custodi giudiziari del compito di vigilare sul puntuale rispetto delle prescrizioni dell'AIA – dall'altro lato, i rapporti trimestrali dell'ISPRA di gennaio e aprile 2013 sull'attuazione della AIA hanno reso evidenti le inadempienze, i ritardi e la violazione di ben 20 prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio, fra le quali cito solo, per il loro impatto sul territorio e sulle condizioni della vita quotidiana dei cittadini, quelle relative alla copertura dei parchi minerari e dei materiali trasportati via nave.
  Infine, preso atto della situazione, lo stesso garante per l'attuazione dell'AIA istituito dal decreto-legge n. 207 del 2012 Pag. 7ha prospettato al Governo l'opportunità di procedere all'emanazione di un provvedimento di commissariamento dell'azienda. In questo senso è intervenuto il decreto-legge oggi all'esame dell'Assemblea, che, come si legge nella relazione illustrativa, nel pieno rispetto dell'autonomia dell'autorità giudiziaria, è diretto ad assicurare la continuità del processo produttivo e la realizzazione di tutti gli interventi di risanamento ambientale e di bonifica necessari a garantire condizioni accettabili di salubrità ambientale e di salute dei cittadini mediante apposita struttura commissariale.
  Il decreto in esame è stato oggetto di un'istruttoria attenta e accurata da parte delle Commissioni, con lo svolgimento di una serie di importanti audizioni, a seguito delle quali il provvedimento giunge in quest'Aula modificato rispetto al testo originario, e desidero, in questo senso, ringraziare tutti i colleghi che hanno positivamente contribuito.
  Le modifiche apportate – voglio dirlo subito – hanno, peraltro, confermato l'impianto complessivo del provvedimento e la scelta di fondo dell'introduzione nell'ordinamento nazionale di una nuova figura di commissario straordinario, che trova la sua ragion d'essere non nella situazione di insolvenza di un'azienda, ma nell'inosservanza e nella violazione delle norme ambientali, ed in particolare degli specifici provvedimenti autorizzatori previsti dalla legge, a partire dall'AIA rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Sotto questo profilo, dunque, l'ampio dibattito in Commissione è stato fondamentale per riaffermare la bontà di una scelta legislativa diretta non solo a dare risposta al caso concreto dell'Ilva di Taranto, ma anche a mettere in campo strumenti capaci di garantire, in situazioni altrettanto delicate e complesse, insieme alla continuità produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, il risanamento ambientale e la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini.
  Le modifiche apportate in Commissione, inoltre, hanno inteso migliorare il testo lungo le seguenti direttrici: maggior coinvolgimento degli enti locali; rafforzamento delle procedure di informazione e di partecipazione dei cittadini; delimitazione più chiara dei presupposti e delle condizioni che sono alla base del commissariamento; migliore coordinamento delle norme del decreto-legge con la disciplina generale recata dal codice ambientale.
  Restano – ma su questo tornerò alla fine – due o tre questioni sulle quali è bene che l'Assemblea compia un ulteriore sforzo di riflessione, per verificare, come auspicato da una larga maggioranza nel corso dell'esame in Commissione, anche sul piano tecnico e giuridico la possibilità di inserire nel testo del provvedimento norme volte a valorizzare il ruolo e le funzioni degli organismi di controllo ambientale operanti sul territorio nonché a consentire, rendendo immediatamente utilizzabili le risorse già in precedenza stanziate, una rapida ed integrale attuazione di tutti gli interventi previsti dal protocollo di intesa del 26 luglio 2012, la cui stipula fu alla base dell'emanazione del sopraccitato decreto-legge n. 129 del 2012, vale a dire di quegli interventi di bonifica e risanamento ambientale del territorio di Taranto dai quali dipende in misura importante il ristabilimento di quel rapporto di fiducia fra cittadini e istituzioni che, a mio avviso, è uno degli obiettivi di fondo del provvedimento che oggi è al nostro esame.
  Colgo infine l'occasione per sottolineare che il lavoro svolto dalle Commissioni in sede istruttoria è stato occasione per riaffermare – e su questo sarà importante verificare anche la convinzione e l'impegno del Governo – la necessità di intervenire in tempi rapidi sul piano legislativo, per dare vita finalmente ad un moderno ed efficace sistema di regolazione e di controllo in campo ambientale, efficiente ed autonomo, basato sull'integrazione fra i sistemi dei controlli sanitari e quelli dei controlli ambientali, e sulla definizione di livelli essenziali di prestazioni ambientali, di quelle prestazioni, cioè, che sempre più appaiono indispensabili per garantire la Pag. 8qualità ambientale in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, ma anche per contrastare, da un lato, gli interessi di chi tende a nascondere l'impatto ambientale e, dall'altro – rischio non meno grave – gli effetti distorti di una percezione del rischio ambientale del tutto disgiunta dall'obiettività.
  Passando ad illustrare il provvedimento, faccio presente che il decreto si compone di quattro articoli volti a disciplinare, in via generale all'articolo 1, e con specifico riguardo allo stabilimento Ilva di Taranto all'articolo 2, il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute, a causa dell'inottemperanza delle disposizioni dell'AIA, mentre l'articolo 2-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, dispone l'abolizione della figura del Garante di cui al decreto-legge n. 207 del 2012. L'articolo 3 dispone invece l'entrata in vigore del provvedimento d'urgenza.
  In particolare, l'articolo 1, il più importante naturalmente, si compone di 14 commi. Il comma 1 detta norma di carattere generale, precisando le condizioni per la deliberazione del commissariamento straordinario dell'impresa da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio. La prima condizione è data dal fatto che la portata applicativa della disposizione risulta circoscritta, in forza del richiamo a tutto l'articolo 1 del precedente decreto-legge n. 207 del 2012, alle sole società che gestiscono almeno uno stabilimento per il quale sia intervenuta una dichiarazione di strategico interesse nazionale. La seconda condizione riguarda invece il numero dei lavoratori subordinati addetti allo stabilimento, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni. Con un emendamento approvato in Commissione, il numero minimo dei lavoratori addetti è stato aumentato da duecento a mille. Occorre inoltre che l'intervento segua un provvedimento autorizzatorio del Ministro dell'ambiente che pone la condizione dell'adempimento delle prescrizioni dell'AIA riesaminata, con il rispetto delle procedure e dei termini ivi indicati, che sia esplicitamente finalizzato ad assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili. A tali condizioni, previste dalla disposizione richiamata nel testo, si aggiunge l'ulteriore contingenza, prevista direttamente dal decreto-legge in esame, che l'attività produttiva dello stabilimento abbia comportato e comporti «pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute», a causa dell'inosservanza dell'autorizzazione integrata ambientale. Anche su questa condizione sono intervenute le Commissioni apportando al testo due modifiche. La prima modifica, di tipo formale, ha semplicemente inserito nel testo l'avverbio «oggettivamente», riferendolo ai pericoli derivanti dallo svolgimento di attività produttive.
  La seconda modifica, invece, è relativa all'inosservanza dell'AIA e recepisce una condizione formulata nel parere della Commissione Affari costituzionali e contiene la specificazione di tale inosservanza, che deve essere reiterata...

  PRESIDENTE. Onorevole Borghi deve concludere. Se vuole può consegnare il testo del suo intervento. La Presidenza lo consente sin d'ora, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per la VIII Commissione. Farò senz'altro in questi termini, come propone Presidente.
  Concludo con due osservazioni finali, signor Presidente. Le due osservazioni sono la grande opportunità che per questo Paese è data di cogliere finalmente l'obiettivo di contemperare – come richiamato in precedenza – i due diritti al lavoro e alla salute, cogliendo anche lo sforzo e la prospettiva che stanno compiendo le economie più avanzate. Il Presidente degli Stati Uniti d'America ha lanciato il tema della reindustrialization nei giorni scorsi, ponendo la reindustrializzazione e il rilancio del settore manifatturiero come la Pag. 9chiave per l'uscita dalla crisi e noi, con questi provvedimenti, anticipiamo su questo campo direttive comunitarie che entrerebbero in vigore nel 2016.
  Lo sforzo, quindi, che chiediamo di far compiere all'Aula nel corso di questo esame è quello di entrare nel merito ulteriormente...

  PRESIDENTE. Onorevole Borghi deve concludere.

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per la VIII Commissione. ...delle condizioni e delle proposte per ulteriormente affinare questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto l'onorevole Carlos Tubino Arias Schreiber che è il Presidente della Lega parlamentare di amicizia italo-peruviana. Grazie e benvenuto a seguire i nostri lavori (Applausi).
  Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza per la Commissione Ambiente, onorevole Mannino.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza per la VIII Commissione. Colleghi deputati, oggi siamo qui a discutere della conversione in legge del terzo provvedimento d'urgenza, adottato nel corso degli ultimi dieci mesi, per fronteggiare l'emergenza ambientale e occupazionale dello stabilimento Ilva di Taranto.
  Prima di entrare nel merito del provvedimento, è bene soffermarsi su cosa significa e su cosa ha significato lo stabilimento Ilva in questo Paese. Esso è il crocevia, o meglio la metafora, di un complesso di questioni, di nodi mai affrontati e oggi giunti al pettine. Ilva rappresenta, da un lato, il fine corsa di cinquant'anni di storia industriale del nostro Paese e, al contempo, ripropone quello che fino a qualche anno fa non avremmo esitato a definire la «questione meridionale». Un Meridione d'Italia della cui potenzialità di crescita, dell'essere un'enorme risorsa misconosciuta del Paese si è da troppo tempo smesso di discutere in pubblico, come se si avesse paura di parlarne. Quel sud italiano che è come se fosse finito nel cono d'ombra di ogni Governo, abbandonato a se stesso tra l'incudine mediatica dei luoghi comuni e superficiali, che non mirano mai a scoprire cosa, ma soprattutto chi, alimenta la voluta inferiorità, disagio, marginalità, inefficienza e soprattutto infelicità della gente di una parte del Paese rispetto all'altra. O magari il «martello» di troppi amministratori locali e regionali, troppo spesso incapaci di provvedere ai bisogni dei cittadini, con il parallelo sperpero di denaro pubblico loro affidato.
  Ma Ilva ci interroga anche su quale futuro industriale immaginiamo per il Paese, su dove reperire le risorse per procedere a una dispendiosissima procedura di bonifica, su come mantenere gli assetti occupazionali e soprattutto individuare se esiste un punto di equilibrio tra la tutela della salute, dell'ambiente e le esigenze di produzione dell'azienda.
  Quando nel 1961 Taranto fu scelta per ospitare il più grande polo siderurgico italiano, la società italiana Italsider era una realtà eccezionale, eccezionale per la produzione e contestualmente – si scoprirà purtroppo solo dopo – tristemente eccezionale per capacità di inquinare e mettere a rischio la salute pubblica di tutti coloro che vivono e che hanno vissuto nelle zone circostanti.
  Poi, parallelamente alla caduta del muro di Berlino, è arrivata la crisi della siderurgia. Nel 1988 l'Italsider ha cambiato denominazione in Ilva Spa, per poi essere acquisita dal gruppo Riva nel 1995. In quegli anni, mentre si iniziava ad alzare il «volume» di un'Unione europea, la Germania ostentava l'unità monetaria e, investendo su se stessa in termini di debito pubblico, ha unificato, rinnovato e investito sulle proprie aziende, portandole all'avanguardia, e solo dopo ha acconsentito al passaggio verso la moneta unica, su cui riversare il proprio debito pubblico. E l'Italia, invece, cosa faceva ? Ha investito sulle proprie aziende ? Si è occupata di esse, orientandole verso un rinnovo strategico ? Si è occupata di esse come ci Pag. 10stiamo oggi occupando con lo stesso interesse di commissariamenti e gestioni controllate ?
  Ma torniamo a Taranto, al gruppo Riva, che ha condotto una politica industriale che, lungi da un'imprenditoria degna di questo nome, ha portato avanti un'attività dello stabilimento con comportamenti predatori e criminali la cui rilevanza penale è in corso di accertamento e la cui azione è stata avallata da uno Stato che non ha neppure avviato una visione di insieme del programma siderurgico nazionale.
  Nel marzo del 2007, la società Ilva ha presentato istanza per il rilascio dell'AIA, autorizzazione integrata ambientale, al Ministero dell'ambiente e alla regione Puglia. Da allora, nonostante il moltiplicarsi di accordi di programmi, monitoraggi sulla carta, il solo punto fermo irreversibile che ha palesato le dimensioni del rischio sanitario in corso, la compromissione dell'ambiente circostante e la dimensione della corruttela legata all'impianto, è stato posto dalla sola magistratura. Il 2 febbraio 2012, il procuratore della Repubblica di Taranto ha reso noto che gli elementi acquisiti nell'ambito di un procedimento penale in corso a carico dei vertici dell'Ilva erano allarmanti e necessitavano dell'immediato intervento dei soggetti titolari della tutela ambientale e della salute. Il 25 luglio 2012, sulla base di tali elementi, il giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro senza facoltà di uso dell'area a caldo dello stabilimento, prevedendo che le attività necessarie all'esecuzione dell'ordinanza fossero gestite da custodi giudiziari. A un anno da quell'intervento del GIP di Taranto, oggi, non saremmo qui a ragionare di commissariamento di aziende dichiarate di interesse strategico nazionale, se la magistratura non fosse intervenuta, se l'arroganza della proprietà non avesse continuato a non rispettare le prescrizioni dell'AIA ma, soprattutto, non saremmo in queste condizioni se un intero sistema Paese e le sue articolazioni territoriali avessero funzionato. Il MoVimento 5 Stelle ha denunciato a gran voce questo stato di cose in Parlamento e fuori e continuerà a farlo. Molte cose vanno spiegate ai tarantini da chi ha governato la città e gli altri enti territoriali in questi anni. Tutta questa classe politica imprenditoriale è, almeno moralmente, responsabile e deve rispondere della distrazione, noncuranza, accidia e patologico concorso ad avere realizzato questo stato di cose.
  Il decreto-legge da ultimo adottato dal Governo, oggi in discussione, si occupa esclusivamente del commissariamento dell'azienda Ilva. Lo fa agli articoli 1 e 2, prevedendo prima una generica fattispecie relativa agli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute, a causa delle inottemperanze delle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, poi riconoscendo ex lege la sussistenza dei requisiti del primo articolo dello stabilimento Ilva Spa. L'articolo 3 dispone sull'entrata in vigore della legge.
  Il MoVimento 5 Stelle, nel corso dei lavori in Commissione, ha cercato in ogni modo di migliorare il decreto-legge. Lo ha fatto predisponendo più di sessanta emendamenti che hanno operato secondo tre principali direttrici: primo, dare priorità alla tutela della salute e della bonifica ambientale, ponendo questi due allo stesso livello, auspicando ad entrambi i settori la stessa importanza; secondo, realizzare un commissariamento che fosse connotato dalla trasparenza e dalla buona amministrazione e dalla partecipazione della società civile; terzo, creare le premesse per realizzare un piano italiano dell'acciaio che, in armonia con il piano di azione europeo, possa dare un futuro credibile, economicamente efficace e più rispettoso possibile dell'ambiente, con l'utilizzo delle migliori tecnologie possibili come BAT e BREF, alla siderurgia italiana in armonia e non, invece, in competizione con le altre realtà acciaieristiche italiane che destano la stessa preoccupazione: Piombino, Terni, Trieste e di alcune di esse ci siamo occupati poche settimane fa. Per Ilva abbiamo operato, in particolare, nel decidere di inserire e valorizzare in tutto il decreto-Pag. 11legge il nesso inscindibile tra l'attività del commissario e le finalità di tutela della salute dei tarantini e la necessità di procedere, in via prioritaria, alla tutela del territorio.
  La scelta è stata netta perché la salute è la premessa logica o, quanto meno, dovrebbe esserlo, per noi, di ogni ulteriore decisione imprenditoriale e l'intervento dello Stato così incisivo e abnorme rispetto agli ordinari canoni della libera impresa, non può essere non indirizzato al perseguimento del bene costituzionale in prima grandezza quale la salute che non può soffrire soppressione o compromissione alcuna.
  In particolare io, come uno dei componenti e relatore di minoranza, mi soffermerò ancora un attimo su due figure: il garante previsto dal precedente decreto ed abolito in questo e la scelta del commissario. Il garante nel precedente decreto, che non prevedeva appunto la figura del commissario, né tanto meno del subcommissario e del comitato dei tre esperti, doveva appunto garantire, con un costo annuo di oltre 200.000 euro circa, le prescrizioni del decreto e le attuazioni delle prescrizioni AIA. Dall'audizione del garante stesso in Commissione si è appreso che il suo lavoro si è svolto nell'ambito di una pubblicazione aggiornata su apposito sito Internet dei documenti pervenuti da ISPRA e ARPA. Pur sapendo che questa figura è stata soppressa e le sue mansioni sono state cedute al commissario ed alla regione Puglia, mi preme sottolineare che tale scelta è stata dettata anche da un banale ragionamento logico, legato al fatto che il mantenimento del garante equivaleva a mantenere un controllore dello Stato, quale il garante, che doveva controllare un ulteriore controllore dello Stato, ovvero il nuovo commissario.
  Con questa premessa mi collego al secondo e più dolente argomento, ovvero la scelta del commissario, che, come stabilisce la legge, in particolare agli articoli 38 e 39 della legge n. 270 del 1999, deve essere tra coloro che non ricadono in alcun conflitto o incompatibilità nei confronti dell'impresa stessa. Ci sembra quindi naturale che la nomina dell'attuale commissario straordinario di ILVA Spa, che fino a poco tempo fa – sto concludendo – era amministratore delegato della stessa, sia stata una scelta sbagliata.
  Concludo dicendo che, come avremo modo di illustrare nel corso della discussione degli emendamenti, alcune sollecitazioni del MoVimento sono state recepite nei lavori in Commissione, portando così ad un testo migliore e più equilibrato di quello elaborato dal Governo, ma altre, molte altre sono state bocciate, nonostante fossero ragionevoli e ponderate. Ora spetta all'Aula decidere la qualità e l'efficienza del provvedimento che andremo a licenziare. Colleghi, mi auguro che ciascuno di voi sia scevro da ogni riserva mentale.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza per la VIII Commissione. Sì, ho concluso: mi viene in mente la tanto acclamata libertà del mandato, libero da ogni appartenenza preconcetta; solo con questo atteggiamento potremo realizzare un testo legislativo che sia in grado di corrispondere alle tante speranze e fugare i molti timori...

  PRESIDENTE. Onorevole Mannino, deve concludere.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza per la VIII Commissione.. ..che migliaia di cittadini in queste ore ripongono in questa istituzione parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Crippa.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Signor Presidente, colleghi deputati, colleghe deputate e spettabile sottosegretario, questo è il terzo provvedimento di urgenza adottato nel corso degli ultimi dieci mesi per gestire una situazione allarmante sotto il profilo Pag. 12ambientale, sanitario ed occupazionale. Non ci si deve dimenticare che l'ILVA, dal 1965 fino al 1993, sotto il nome di Italsider, era l'azienda siderurgica nazionale, in mano allo Stato italiano, che l'ha svenduta per poco più di due cocomeri alla famiglia Riva. Pertanto parte delle responsabilità risale sicuramente anche al periodo di gestione statale. Dal 1965 al 2001 non è stata eseguita alcuna attività di monitoraggio e controllo delle emissioni degli impianti, con gravi colpe del sistema politico, che ha permesso questo scempio. Sono anni che assistiamo a questo triste scenario, messo in atto dalla debolezza delle istituzioni politiche, che hanno da sempre messo in contrapposizione il diritto alla salute con il diritto al lavoro.
  Il lavoro di analisi all'interno delle Commissioni congiunte ambiente e attività produttive è stato portato avanti con un intenso ciclo di audizioni, talvolta con tempistiche forse troppo ristrette, che hanno permesso di portare la voce di Taranto all'interno del Parlamento italiano. Quello che è mancato è stato un aperto dibattito nel merito del disegno di legge, la discussione nel merito di alcune cifre incongruenti portate da alcuni soggetti auditi, le richieste avanzate dagli stessi nel merito. Ricordo che la seduta conclusiva, ante emendamenti, si è risolta in 15 minuti. Sarò ingenuo, ma mi sarei aspettato un'interazione maggiore con i colleghi degli altri schieramenti, ed invece gli interventi erano improntati a spiegare la propria visione nel merito, senza contemplare uno scambio proficuo di opinioni.
  Analizziamo il mercato dell'acciaio per capire l'attività industriale. La produzione mondiale di acciaio nel 2012 è stata di 1,55 miliardi di tonnellate, in aumento dello 0,7 per cento rispetto al 2011 e del 32 per cento rispetto al 2005. In Europa possiamo affermare che la produzione è scesa, in senso assoluto, del 14 per cento dal 2005 ad oggi, passando da 195 milioni di tonnellate a 169, con conseguente diminuzione del 17 per cento. Le quote perse dal mercato europeo sono state compensate dal mercato asiatico che è passato dal 52 per cento del 2005 al 62 per cento del 2012.
  Se guardiamo la struttura di produzione europea, possiamo osservare che l'Italia è rimasta pressoché stabile dal 2005 ad oggi, con una percentuale di circa il 16 per cento raggiunta con una produzione di 27 milioni di tonnellate. Nonostante durante le audizioni ci siano stati sottoposti dei grafici con mirabolanti cifre di riprese di Ilva Spa (più 20 per cento, più 50 per cento), abbiamo poi compreso che, in realtà, sono percentuali riferite al minor dato mai registrato in termini di spedizioni di prodotti riferite al periodo post sequestro e che, in realtà, a maggio 2013, rispetto a settembre 2012, siamo oggettivamente a meno 20 per cento rispetto alle spedizioni.
  È evidente che, a livello mondiale, europeo ed italiano abbiamo un surplus di produzione tanto che le aziende del settore stanno vivendo un periodo di forte contrazione, come sottolineato da alcuni operatori del settore. Stanno vivendo un periodo di forte preoccupazione gli operatori. Senza mezzi termini è stato detto che, se in un momento di congiuntura economica così grave come quella odierna, non si rende possibile all'azionista di immettere liquidità nell'apparato societario, questo potrebbe portare al fallimento dell'azienda. Con queste premesse ci siamo chiesti: questo decreto-legge rischia di essere una sedia a tre gambe ? Crediamo di sì, dato che pare evidente che anche il bilancio dell'Ilva Spa sia in passivo e che gli investimenti cospicui di carattere ambientale devono ancora essere programmati. Crediamo vivamente che si cerchi di raccontare una favola alla città di Taranto, a meno che ci sia già l'intenzione del Governo di ricorrere poi agli aiuti di Stato. Serve una strategia ampia, non possiamo rifugiarci negli aiuti di Stato che difatti rimandano solamente il problema.
  A supporto di questa tesi, è importante fornire qualche dato: l'Ilva Spa, dal 1995 al 2011, ha speso, in termini di miglioramento ambientale e sicurezza, 1.140 milioni di euro, mentre per poter attuare Pag. 13l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dovrebbe spendere, entro il triennio 2013-2015, circa 1.800 milioni di euro. Proviamo a riassumere i dati in questo senso: prima Ilva Spa spendeva 71 milioni di euro l'anno per investimenti in campo ambientale, mentre oggi dovrebbe spendere, secondo il Governo, 600 milioni di euro all'anno autosostenendoli con i ricavi aziendali. Vi sembra possibile ?
  Il decreto-legge gioca tutta la sua impostazione sulla piena consapevolezza che un'interruzione della produzione potrebbe arrecare gravi danni all'economia nazionale oltre che all'ambiente e alla salute degli abitanti. Al di là del fatto che venga dato maggior risalto ancora una volta all'aspetto di economicità dell'azienda piuttosto che alla salute dei cittadini, se il decreto-legge voleva esprimere il concetto che il fermo dell'attività produttiva aziendale porterebbe ad uno stallo decisionale e ad una mancanza di fondi per l'ambientalizzazione e le bonifiche, forse si poteva trovare un modo un po’ più semplice per esprimerlo.
  Il decreto-legge in discussione permetteva al piano ambientale di modificare le indicazioni in termini di contenuto e di tempistiche delle prescrizioni di carattere ambientale. Da numerosi soggetti auditi ne era stata chiesta la cancellazione, anche perché non si capiva come una norma potesse modificare una prescrizione di carattere amministrativo. Il MoVimento 5 Stelle, con alcuni emendamenti, aveva stralciato quest'ultima possibilità, ma la maggioranza ha ritenuto di inserire la sola modifica temporale. Quindi, le prescrizioni rimangono, ma – ahimè – i tempi di attuazione possono essere modificati. Da un lato, la maggioranza ha cercato di spostare il problema sul fatto che, a causa degli interventi della magistratura e di questo stallo decisionale da parte di Ilva Spa, non sarebbe possibile rispettare in termini temporali le prescrizioni AIA; dall'altro, Bondi, durante la sua audizione, aveva sottolineato come ci fossero delle complicazioni di natura progettuale e ingegneristica legate alle coperture dei parchi minerari e dei nastri trasportatori – queste sono prescrizioni AIA – dato che, non essendo un'operazione molto consueta a livello mondiale, non c'era una storicità di soluzioni atte a risolvere il problema.
  Capite bene che se non si pone un limite temporale ragionevole a questa deroga, potrebbe succedere che Ilva Spa possa sollevare in sede giuridica la problematica che lo Stato ha sequestrato l'azienda per non aver ottemperato alle prescrizioni AIA e oggi il commissario rappresentante dello Stato modifica i tempi magari per difficoltà tecniche-realizzative ?
  In sintesi, viene commissariata un'azienda per non aver rispettato le prescrizioni ambientali AIA, e poi, poco dopo, il commissario modifica le tempistiche di attuazione delle stesse prescrizioni, per reali difficoltà oggettive di realizzazione ? A noi questo sa tanto di ricorso diretto in giudizio, e mi sa che lo perdiamo anche.
  Raccontiamo un aneddoto: il Ministro Zanonato in audizione si è spinto a segnalare come abbia realizzato al 17 per cento la copertura dei nastri trasportatori, quando una settimana prima Bondi aveva riportato la complicazione progettuale legata alla realizzazione degli stessi. Certo delle mille risorse di Bondi, facciamo comunque fatica ad immaginare che in meno di una settimana abbia risolto, appaltato e realizzato il lavoro. Forse in questo caso temiamo una mala informazione del Ministro Zanonato.
  Il ricorso al commissariamento, così come previsto dal decreto-legge n. 207 del 2012, è stato avanzato dal Garante in data 30 maggio 2013, in seguito a criticità – inadempimenti – riscontrate nell'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA). Curiosità: all'epoca dei fatti, Ilva era amministrata da Bondi, ma a questo punto gli italiani sono un attimo confusi: ma quale Bondi ? L'ex Ministro della cultura ? Ma no ! Enrico Bondi, classe 1934, con l'energia di un trentenne, amministratore delegato nel corso del tempo di Montedison, Olivetti, Telecom, Lucchini Piombino: tutte aziende sanissime ! Come commissario ha nel suo palmarès la Parmalat, di cui diviene, successivamente Pag. 14al risanamento, amministratore delegato, dimenticando di fatto i piccoli risparmiatori come soggetti in causa. Quindi, chi meglio di lui era possibile individuare per questo ruolo, dato che era appena stato amministratore delegato di Ilva ? E così, dopo il commissariamento, potrà tornare a fare l'amministratore delegato in piena continuità con lo spirito aziendale !
  Ma certo, le rassicurazioni fornite dal Ministro Zanonato in audizione dopo una specifica richiesta in merito ci dovrebbero far stare tranquilli, tanto che ha paragonato Enrico Bondi ad un ottimo giocatore, che, passando dalla Juve al Milan, inizierà a giocare con una nuova maglia e con la stessa voglia ed energia di un fuoriclasse. Peccato che tra fare l'amministratore delegato e il commissario forse si passa da giocatore ad arbitro: ma forse questo, volutamente, a tutti non è chiaro, anzi forse è chiaro l'evidente conflitto di interessi.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  DAVIDE CRIPPA. Concludo. Come verrà affrontato il tema dei controlli ? Questo è un problema molto sentito. ARPA e ISPRA hanno più volte segnalato la mancanza di un organico adeguato in termini numerici. Era stato presentato un emendamento – non del MoVimento 5 Stelle – che in qualche modo andava incontro alla risoluzione di questa problematica, e il Governo e i relatori hanno optato per una morbida revisione e una proroga dei tempi decisionali da qui a sei mesi sulla tematica in oggetto.
  Quindi, è evidente, perché questo ? Noi temiamo per miopia della politica. Infatti, vogliamo controlli efficaci ed efficienti ? Vogliamo una produttività concreta anche in termini sanzionatori ? Ricordiamo a tutti che ad oggi non sono state ancora erogate delle sanzioni dal precedente decreto.
  Il MoVimento 5 Stelle ripresenterà quasi tutti gli emendamenti non accolti durante la discussione nelle Commissioni, dato che le tematiche trattate sono state successivamente oggetto di numerose osservazioni all'interno dei pareri delle Commissioni pervenuti giovedì scorso e che alcune tematiche fondamentali non sono state inserite negli obblighi in capo all'amministrazione commissariale. Vi prego, parliamo di contenuti e facciamolo per i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, le valutazioni del Governo sono convergenti con quelle formulate dall'onorevole Borghi, relatore di maggioranza.
  Il decreto-legge risponde ad un'esigenza molto forte, che, naturalmente, trova la sua esplicazione concreta e immediata nelle vicende ricordate dal relatore per la maggioranza e anche dai relatori di minoranza riguardanti lo stabilimento Ilva di Taranto, ma più in generale vuole fronteggiare problemi di emergenza al tempo stesso ambientale e produttivo-occupazionale, di cui, appunto, la situazione dell'Ilva è in questo momento drammaticamente rappresentativa.
  Il giudizio che il Governo dà della discussione svoltasi nelle Commissioni e, quindi, del testo che è stato portato in Aula con le modifiche varate dalle Commissioni è un giudizio molto positivo.
  Noi riteniamo che il confronto con i componenti delle Commissioni – sia i componenti della maggioranza che i componenti dell'opposizione – sia stato estremamente utile e abbia consentito di migliorare il testo in più parti. In particolare, i miglioramenti più significativi agli occhi del Governo riguardano il chiarimento che è stato dato, nella riformulazione adottata per il comma 1 e, poi, con l'aggiunta del comma 1-bis e 1-ter all'articolo 1, circa la fattispecie di tipo generale cui questo tipo di intervento straordinario può applicarsi. In particolare, sono state introdotte delle limitazioni che hanno chiarito meglio il perimetro delle situazioni che potrebbero Pag. 15richiedere interventi del tipo individuato all'interno del decreto.
  Il secondo miglioramento molto importante a giudizio del Governo riguarda l'ulteriore sviluppo e chiarificazione degli obblighi informativi che il commissario ha nei confronti, da un lato, degli azionisti dell'azienda e, dall'altro lato, della popolazione, dei cittadini, delle comunità locali. Sono due aspetti molto importanti, su cui riteniamo che le modifiche proposte dalle Commissioni congiunte X e VIII abbiano segnato dei passi avanti molto utili. Ancora, vi sono stati chiarimenti circa il rapporto che corre tra il piano che deve essere predisposto dal comitato di esperti nominato dal Ministro dell'ambiente, peraltro sentiti il Ministro della salute e il Ministro dello sviluppo economico nella nuova formulazione – il piano delle misure di tutela ambientale –, il rapporto tra questo piano e l'Autorizzazione integrata ambientale, che rimane il punto di riferimento decisivo per l'esercizio dell'attività in questo tipo di impianti.
  Nell'insieme, crediamo, quindi, che il testo abbia mantenuto l'ispirazione originaria – consentire un intervento straordinario in situazioni straordinarie di emergenza ambientale e, al tempo stesso, produttivo-occupazionale – e ne abbia chiarito meglio sia i limiti entro cui un simile strumento straordinario può essere applicato sia le condizioni a contorno, cioè il modo in cui l'azione del commissario deve esercitarsi nel rispetto oltre che delle misure di tipo ambientale nonché dell'economicità della gestione dell'impresa, dei diritti d'informazione, prima di tutto dei cittadini, ma anche degli azionisti.
  Per tutte queste considerazioni, il Governo ritiene che il testo uscito dalle Commissioni sia un segno, un passo avanti molto importante nell'individuazione di situazioni in cui è necessario un intervento straordinario e, quindi, il giudizio del Governo è estremamente positivo sul lavoro fatto. Colgo l'occasione per ringraziare i relatori, onorevole Borghi e onorevole Fitto, i presidenti delle Commissioni, nonché tutti i parlamentari e i componenti delle Commissioni che sono intervenuti in questa rielaborazione del testo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Petraroli. Ne ha facoltà.

  COSIMO PETRAROLI. Signor Presidente, colleghi deputati, «nei giorni di vento nord-nord-ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale Ilva. Per questo gli stessi maledicono coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare»: queste sono le parole che Mimmo, operaio Ilva, insieme ad altri cittadini, ha affisso con una targa sui muri di una palazzina della quartiere «Tamburi» di Taranto, nell'agosto del 2001.
  È una targa ormai logorata, corrosa dai minerali presenti nell'aria. Accanto a questa targa ce n’è un'altra che recita: «Ennesimo decesso per neoplasia polmonare. Taranto (Tamburi) 8 marzo 2012».
  Maria ha cinquant'anni, vive anche lei nel quartiere Tamburi, chiamato così per via del rumore che l'acqua, un tempo, faceva, scorrendo lungo l'acquedotto romano che lo costeggia. Oggi quell'acquedotto è un corridoio di sassi corrosi dall'inquinamento con il colore rossastro del minerale. Maria ogni giorno inventa una nuova tecnica di sopravvivenza, una nuova strategia per evitare la forza invasiva del minerale: ha fatto ricoprire parte delle pareti del palazzo di mattonelle lavabili, questo per evitare che i panni stesi ad asciugare sbattano contro il muro sporcandosi. Le maglie, le camicie, tutti gli indumenti, una volta asciugati, vengono avvolti in panni bianchi per essere riposti, successivamente, nei cassetti. Inoltre, ha installato doppi infissi ovunque, ma non basta: la casa si riempie, in continuazione, di questa polvere rossastra; di notte, invece è un continuo frastuono assordante degli altiforni.
  Poi c’è Grazia, la pediatra del quartiere: ci hanno convinto che senza l'industria noi non siamo niente – queste sono le sue parole – e ci hanno distrutto tutto il resto, malattie a parte, qui non abbiamo Pag. 16nulla. La città vuole la salute e un lavoro pulito, invece abbiamo tantissimi tumori e una moltitudine di altre patologie; qui, tutti i bambini del quartiere soffrono di asma. Eppure, i tamburini, i tarantini, tutti continuano a vivere a Taranto. «Non possono abbatterci come pecore», dicono. Sia chiaro a tutti, ai ministri, ai deputati, agli ex Capi di Governo: il centro abitato era lì da prima, la gente negli anni Sessanta ci andava a vivere per far respirare i figli, c'era aria buona e un immenso uliveto costeggiava il quartiere.
  Quando si parla di Ilva, non si deve parlare solo di un'acciaieria, ma di un'intera storia collettiva scippata alla città, modificata senza che gli abitanti se ne rendessero conto, un'aspettativa di benessere tradita, un grande inganno a discapito dei bambini che continuano a giocare tra le braccia del mostro.
  A Taranto si chiede soltanto il diritto di vivere e lavorare nella propria terra, di valorizzare quelle che sono le vere vocazioni della città, una delle più belle e importanti fondazioni della Magna Grecia. Invece, si assiste continuamente a organi tecnici che nascondono i dati reali, ad istituzioni che inventano «leggi truffa» con il solo scopo di preservare il profitto.
  L'ex Ministro dell'ambiente Clini, in passato, ha dichiarato che non avrebbe mai portato il proprio nipote a Taranto neanche per mezz'ora. Costoro, dovrebbero chiedere scusa ai bambini, alle loro madri, ad una città intera; invece, cosa fanno ? È stata creata ad arte una frattura tra gli operai della fabbrica e gli abitanti della stessa città, con lo scopo di indebolire la popolazione. Tuttavia, i cittadini di Taranto stanno cambiando – lo confermo io, da tarantino –, la città sta cambiando la sua mentalità e sta cambiando anche perché ci sono due perizie della procura della Repubblica di Taranto, una chimica e una epidemiologica. C’è lo studio SENTIERI dell'Istituto superiore di sanità che attesta che a Taranto ci si ammala e si muore più che nelle altre città. Perché ai tarantini gli muoiono i figli tra le braccia, perché i tarantini non possono mangiare il formaggio delle loro pecore, prodotto nei pressi della zona industriale, o le cozze del primo seno del Mar Piccolo, perché molti pediatri, a Taranto, raccomandano alle neomamme il latte in polvere anziché quello dal seno. Sapete perché ? C’è il veleno, signori, c’è il veleno: hanno riscontrato diossina nel latte materno !
  Purtroppo, non crediamo più alla favola dell'ecocompatibilità. È stato ampiamente dimostrato che, anche se l'area a caldo dovesse adottare le migliori tecnologie disponibili come da prescrizioni AIA, continuerebbe ad essere comunque incompatibile con la città, poiché posta troppo a ridosso della stessa.
  Inoltre, siamo anche pienamente consapevoli che per far fronte agli ultimi sviluppi giudiziari e preservare i soldi che andranno alle banche e non alle bonifiche – lo ripeto: preservare i soldi che andranno alle banche, non alle bonifiche –, come si vuole far credere, il Governo con la maggioranza del Parlamento continua a legiferare decreti, emendamenti ad hoc.
  Si continua ad imporre un'AIA oggi anche modificata nei tempi, un revamping degli impianti ormai obsoleti che l'azienda non rispetterà mai. Basti pensare sempre alle dichiarazioni dell'ex Ministro dell'ambiente, Clini: è impossibile coprire i parchi minerari data la vastità del suolo.
  Il popolo italiano deve sapere che il gruppo Riva non ha nessuna intenzione di continuare ad investire a Taranto, perché una volta messi in sicurezza i loro capitali non verranno fatte né le bonifiche né, tanto meno, gli interventi di ammodernamento dello stabilimento. La crisi di mercato – come diceva prima Crippa – e la sovrapproduzione dell'acciaio costringeranno l'Ilva a chiudere nel giro di qualche anno e a scappare via con il permesso di tutte le istituzioni. La nomina di Bondi ne è la dimostrazione, è la logica conclusione di una vastissima operazione finanziaria architettata dal gruppo. Poi, le aziende che Bondi ha gestito sono sempre finite quasi tutte all'estero, cosa che accadrà anche per l'Ilva.
  Cari colleghi, mi avvio alla conclusione. A Taranto e provincia sta nascendo una maggiore consapevolezza sociale, una consapevolezza Pag. 17relativa alle problematiche ambientali e sanitarie, alle potenzialità del territorio. Taranto sta diventando uno degli esempi di come una presa di coscienza dal basso sia la strada per un riscatto, a dispetto di una politica sempre più cieca, autoreferenziale, irresponsabile.
  Le istituzioni hanno preferito usare lo strumento del patteggiamento, del compromesso e della corruzione: una lista infinita di funzionari pubblici sono sotto inchiesta; ai domiciliari sono finiti l'ex assessore provinciale all'ambiente Conserva e l'ex presidente della provincia Florido e indagato è anche l'attuale sindaco di Taranto, Stefano. È indagato persino il parroco che tre anni fa celebrò il mio matrimonio.
  Tutta questa gente ha preferito svendere la città a chi l'ha fatta ammalare, a chi ne ha soffocato le vocazioni economiche per difendere il sistema del profitto, piuttosto che avviare una politica del progresso e della collaborazione.
  L'Ilva, così come le altre industrie inquinanti, ha bloccato lo sviluppo alternativo. Taranto ha pagato a caro prezzo l'impoverimento delle risorse naturali e lo sfruttamento incondizionato del suolo. Quindi, è inutile prendersi in giro con leggi e decreti che salvaguardano solo i profitti dell'azienda e i crediti delle banche. Ciò che serve a Taranto è un decreto che impedisca che si ripetano gli stessi errori, magari altrove, in altre città. Mai più un'altra Taranto ! Ciò che serve è un decreto che renda completamente liberi dal gioco della monocultura dell'acciaio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vorrei svolgere una breve riflessione su questo decreto-legge, che è doveroso apprezzare, perché mostra quanto stia aumentando la sensibilità generale nei confronti di quei problemi di frontiera in cui lo sviluppo economico e industriale del Paese deve confrontarsi con i crescenti problemi legati all'ambiente e alla sua salvaguardia, ma anche e soprattutto con la salute dei cittadini. Temi come la tutela della salute e la tutela dell'ambiente vanno pensati contestualmente ai grandi progetti di sviluppo economico e industriale, non possono subentrare in un secondo momento, magari in un goffo tentativo di riparare ai danni occasionati da conseguenze non previste o, meglio ancora, prevedibili ma non adeguatamente tenute in conto nella pericolosa tentazione di volere ridurre i costi esponendo la salute delle persone, soprattutto delle più fragili, come sono i bambini e gli anziani, ma anche gli stessi lavoratori, a condizioni di oggettivo rischio.
  La legge comunitaria che abbiamo appena votato contiene un passaggio molto chiaro proprio laddove lega a doppio filo i temi della salute e dello sviluppo economico, non lasciando adito a dubbi su come si possa e si debba procedere. Il decreto attuale ha valenza generale perché riguarda tutti gli stabilimenti industriali che rivestono interesse strategico nazionale.
  La politica deve prevedere quello di cui stiamo discutendo oggi e di cui abbiamo già discusso nella precedente legislatura. Avrebbe dovuto farlo venti anni fa, perché possedevamo già allora gli strumenti necessari per capire cosa sarebbe accaduto oggi con la crisi industriale e i rischi per l'occupazione. Avremmo dovuto pensare prima a risolvere quello che ci troviamo invece a dovere risolvere con decreti che contengono soluzioni di emergenza, che non sono ancora, però, la soluzione definitiva del problema.
  Il dilemma salute o sviluppo non può più porsi in termini di aut aut come una drastica alternativa: sono due facce di un'unica medaglia, che richiedono nuove competenze a livello economico, industriale, medico e scientifico, anche perché investono la nuova frontiera dei problemi del biodiritto, della biopolitica e della bioetica.
  Abbiamo sentito dire: Taranto è stanca, Taranto è arrabbiata e non ne può più di una politica incapace di dare risposte serie Pag. 18e concrete a un problema vero, che si vive tutti i giorni. Le persone ci dicono, ci scrivono, ci inondano di e-mail che sostanzialmente convergono su questo punto: per capire Taranto, devi leggere ogni giorno i manifesti dei morti affissi ai muri, cambiano i nomi, molti sono quelli di bambini, e allora capisci qual è la vicenda e la situazione di Taranto.
  I numeri di questa vicenda sono impressionanti, dovrebbero far preoccupare e impallidire tutti e sono stati citati nella relazione introduttiva; parlano di 11.550 morti in sette anni, di 1.650 morti ogni anno, di 27 mila ricoveri, dell'incremento di mortalità del 14 per cento sugli uomini e dell'8 per cento sulle donne, del 20 per cento sui bambini al di sotto di un anno, del 211 per cento per i tumori come il mesotelioma. Sono dati noti a tutti, dai tecnici locali agli esperti nazionali, dai giornalisti alle istituzioni, che però finora hanno fatto in un certo senso finta di nulla.
  Nel 2010 la Commissione rifiuti, che stava indagando sulla vicenda dell'Ilva, fece notare i rischi di una gestione di una vicenda che rischiava di esplodere, com’è puntualmente avvenuto dopo due anni, quando le cose sono ormai irreparabili. Quei dati sono stati denunciati da anni da associazioni che svolgono un volontariato di nuova generazione, più tecnico e più scientifico, forse meno direttamente assistenziale, ma più capace di andare al fondo dei problemi. A Taranto hanno dosato la diossina negli alimenti, nel latte materno, nelle uova e hanno dimostrato da tempo che i livelli di inquinamento e di contaminazione del territorio erano al di sopra di quello consentito. Imprese e allevatori hanno chiuso perché il bestiame è stato abbattuto in quanto contaminato da diossina, ma tutto questo si è fatto finta di non vedere e la tutela di alcuni interessi ha compromesso la tutela degli interessi degli altri. In altri termini, voglio dire che, per tutelare la produzione industriale dell'acciaio, si è soffocata la produzione alimentare e si sono soffocate le politiche veterinarie.
  L'intervento legislativo oggi è assolutamente inderogabile, anche per il conflitto di interessi che si è creato, non solo tra salute e sviluppo, tra costi – quelli della salute – e ricavi – quelli di alcune delle imprese –, ma anche fra imprese e imprese, alcune delle quali distrutte dall'arrogante prepotenza di imprese più forti e più tutelate.
  Il decreto-legge ha sei punti essenziali: gli stabilimenti strategici sono autorizzati a continuare il loro lavoro solo se rispettano l'autorizzazione integrata ambientale; la produzione e la commercializzazione sono subordinate alle autorizzazioni che provengono dai responsabili dell'ambiente e della salute; un nostro emendamento, votato all'unanimità in Commissione affari sociali, prevede un maggiore ruolo proprio del Ministro della salute affinché possa intervenire in tutte le decisioni di merito, non solo in quelle che apparentemente sembrano avere la salute come primo obiettivo, ma anche in quelle per le quali la salute resta apparentemente solo sullo sfondo; in terzo luogo, ai titolari dell'AIA, va la responsabilità della gestione e se non si rispetta il decreto-legge ci saranno multe fino al 10 per cento del fatturato; è prevista la nomina del garante che vigili sull'attuazione del decreto-legge e c’è un'opzione dell'amministrazione controllata.
  Tutta la fase dei lavori comincia a rimettersi in moto e l'Ilva può continuare a procedere, a produrre e a vendere i suoi prodotti, compresi quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge.
  Il decreto aiuta a sbloccare 1 milione e 700 mila tonnellate di acciaio, il cui valore è di circa 1 miliardo e 100 milioni di euro, ma le bonifiche ambientali e la ristrutturazione del ciclo produttivo che la proprietà deve realizzare all'interno della fabbrica ha un valore di 3 miliardi e mezzo.
  Oggi vi è la cassa integrazione per i 1.800 addetti alle forniture di Taranto, ma ci sono anche quelli che dipendono da altri stabilimenti italiani; a soffrirne sono soprattutto gli stabilimenti di Genova, con mille dipendenti, e di Novi Ligure, con Pag. 19cinquecento dipendenti. Esclusi i lavoratori di Taranto, sono circa 2.500 i lavoratori degli altri centri coinvolti.
  Ci vorranno diciotto mesi per terminare i lavori. Verrà riavviato nel primo semestre 2014, costerà 270 milioni di euro. Nessun Paese al mondo potrà permettersi il lusso di lasciare in balia degli eventi e delle decisioni della magistratura il futuro della più grande acciaieria d'Europa, una fabbrica che dà lavoro a ventimila addetti, indotto compreso.
  Vi sono, in definitiva, due questioni che è opportuno mantenere separate però: una riguarda la responsabilità penale personale. Se vi sono stati reati, la magistratura dovrà perseguirli con la massima severità e celerità. La seconda questione è quella industriale e riguarda il futuro del Paese, nel rispetto della legalità, della salute dei lavoratori e dei cittadini. Il Governo, se vuole rilanciare lo sviluppo del Paese in modo solido e strutturalmente duraturo, creando occupazione qualificata, deve prevedere con gli opportuni incentivi l'ammodernamento degli impianti industriali, delle fabbriche e degli altiforni, la costruzione di barriere frangivento, nonché la predisposizione dei nebulizzatori per attenuare le polveri sottili.
  Sappiamo che ci sono dei paesi intorno a Taranto, in cui la concentrazione di patologie è molto più alta che nei paesi vicini proprio perché il gioco dei venti e, quindi, lo spostarsi di queste polveri sottili crea una maggiore condizione di rischio e di pericolo e, quindi, anche a questi paesi va offerta la possibilità di una protezione intensa e tempestiva. Si tratta di un piano che deve avere un tempo contingentato e deve dare certezza alle imprese, ai lavoratori e alle industrie del Paese, una comunità produttiva necessaria per stare sul mercato.
  È stato detto che, se si spegnessero tutti gli impianti, senza l'Ilva rimarrebbe un territorio desertico, inquinato, senza contare le macerie della disoccupazione e della filiera spezzata e, soprattutto, con l'immagine di un Paese nel quale investire è come giocare un terno al lotto. Ma, se gli impianti restassero così come sono attualmente, avremmo egualmente un deserto drammatico, abitato da un'industria di malattia e di morte.
  È vero che è sempre complicato bilanciare obiettivamente i valori e le norme costituzionali per realizzare il principio della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, ma il principio di precauzione merita sempre di occupare un posto centrale nei decisori politici. Per questo, servono nuove competenze, in cui la specializzazione non sia solo autoreferenziale, ma sappia interfacciarsi con altri saperi e altri approcci in vista di una soluzione condivisa. Per quel che vale, sul fronte della sanità, serve la capacità di ripensare la sanità pubblica, anche in termini di biopolitica e di bioeconomia, e forse gli stessi studenti di medicina potrebbero e dovrebbero conoscere e comprendere meglio queste nuove sfide, spesso del tutto inedite, poste alla loro responsabilità personale e professionale.
  Vorrei aggiungere una breve riflessione storica, da bioeticista e da storico della medicina sugli eventi che ci hanno portato alla situazione di oggi, per sottolineare come non si tratti tanto di modelli di gestione più o meno efficienti ed efficaci, ma di un vero e proprio livello di responsabilità morale che deve innervare la responsabilità economica e industriale. Oggi è facile immaginare soluzioni innovative quando il dibattito nazionale ha messo in evidenza le storture del modello di sviluppo di Taranto, della sua cintura industriale, con tutto il carico di effetti che l'Ilva oggi e Italsider statale, prima, insieme ad altre attività produttive, comprese quelle militari, hanno determinato negli anni sulla salute e sull'ambiente.
  Ripeto: la sequenza intreccia modelli di gestione militare, prima, statale, poi, e privata oggi, con l'ipotesi di ritorno a formule modificate, ma già sperimentate. Quel che serve è un modello di governance che coinvolga maggiormente la pluralità dei saperi necessari alla soluzione, nel pieno rispetto della vita e della dignità delle persone e dell'ambiente in cui vivono. Il lavoro ha una sua priorità e oggi, in tempi di crisi, tutti ne constatiamo l'assoluta Pag. 20necessità, ma il lavoro è per l'uomo e non possiamo assolutamente permettere che sia l'uomo a vivere una nuova forma di schiavitù, in cui l'uomo paga con la vita, la sua e quella dei suoi familiari.
  La frattura, che abbiamo amaramente contemplato, tra lavoro e salute, tra contesto produttivo e ambiente, va risanata, superando il senso di distanza e di sfiducia verso le istituzioni. Occorre correggere concretamente e tempestivamente gli errori fatti finora per affrontare l'emergenza sanitaria e ambientale, nonché quella occupazionale, di una città e di un territorio, che sono fondamentali per l'economia regionale, nazionale ed europea.
  Il Governo si è assunto la responsabilità di intervenire per garantire il risanamento sanitario ed ecologico, garantendo contestualmente la produzione degli impianti. È una non facile quadratura del cerchio, sulla quale vale la pena di scommettere coraggiosamente.
  Il decreto deve tutelare gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, ma la salvaguardia dell'occupazione e della produzione deve andare di pari passo con la tutela dell'ambiente e della salute. Un vero comportamento strategico oggi è la difesa dell'uomo. L'ecologia umana ha la priorità assoluta rispetto a qualunque altro tipo di intervento.
  Per questo concludo. Il nostro parere deve sottolineare la convergenza di tutti gli obiettivi previsti dal decreto, riconoscendo loro un analogo interesse strategico. Ma, per questo urge un più forte e consapevole coinvolgimento del Ministro e del Ministero della salute già nella fase di programmazione e progettazione delle misure previste e in questo senso è andato l'emendamento che abbiamo presentato e che è stato approvato all'unanimità da tutta la Commissione.

  PRESIDENTE. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

  La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 14,30.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Casero e La Russa sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1139-A)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caon. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAON. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame è il terzo decreto-legge sul caso dell'Ilva e dell'emergenza ambientale di Taranto. Si tratta di una vicenda drammatica che ha già impegnato le aule parlamentari nell'ultimo anno della scorsa legislatura e che ha fatto emergere tutta la fragilità del nostro sistema amministrativo di intervento nelle questioni ambientali e di politica industriale. La realtà è che i cittadini di Taranto, come anche i cittadini delle altre città che si trovano a ridosso delle aree inquinate, pagano oggi l'irresponsabilità della classe imprenditoriale e industriale del passato, ma nel caso di Taranto anche l'irresponsabilità della classe amministrativa locale, che fino ad oggi ha chiuso gli occhi sul problema sanitario e ambientale. Mai come questa volta è stata così evidente la contrapposizione tra poteri costituzionalmente garantiti, lo Stato da una parte e la magistratura dall'altra. Infatti, mai come questa volta la procura è intervenuta per decidere le sorti di uno dei più importanti impianti siderurgici d'Europa e quelle dell'economia dell'intero Paese, prima con la chiusura degli impianti, poi con il blocco dell'invenduto Pag. 21e ora con il sequestro preventivo dei beni di proprietà dei Riva. L'intervento dell'autorità giudiziaria su questioni che rientrano chiaramente nella sfera delle competenze delle autorità garanti della tutela dell'ambiente e delle direttive comunitarie ha creato senz'altro incertezze che non riguardano soltanto l'Ilva di Taranto, ma tutto il sistema industriale italiano. È inutile dire che è in gioco la stessa affidabilità e credibilità del nostro Paese nei confronti degli investitori esteri. Peraltro attraversiamo una fase di crisi del mercato ed è chiaro che la chiusura di uno stabilimento come quello di Taranto sarebbe guardata con estrema soddisfazione dai maggiori competitor europei e mondiali. È chiara a tutti la necessità di proseguire l'attività industriale dello stabilimento di Taranto, sia per motivi occupazionali sia per assicurare l'effettiva realizzazione degli investimenti occorrenti per il risanamento ambientale dell'area. Non vogliamo che Taranto diventi una seconda Bagnoli, laddove alle dismissioni delle attività industriali non ha fatto seguito alcuna bonifica dell'area. Si ricorda che Taranto costituisce il maggior complesso industriale per la lavorazione dell'acciaio in Europa. La società Ilva tiene a Taranto tutta le lavorazioni a caldo che riforniscono gli stabilimenti di Genova Cornigliano, Novi Ligure, in provincia di Alessandria, e Racconigi, in provincia di Cuneo, per le lavorazioni a freddo. Senza l'Ilva di Taranto, tutta la filiera dell'acciaio, a cominciare da Genova che ha bisogno di prodotti di Taranto per la propria produzione a freddo, rischia la chiusura. Rischiano, a cascata, i circa 2.500 lavoratori degli stabilimenti Ilva di Genova, Novi Ligure e Racconigi, per un totale di 7.500 lavoratori, oltre il 20 per cento degli occupati nel settore dell'acciaio in Italia. La situazione più critica è a Genova: la chiusura di Taranto ha infatti ricadute dirette e immediate sugli stabilimenti del capoluogo ligure, che danno lavoro a 1.760 persone. Se Taranto chiude, a Cornigliano si smette di lavorare, perché le stabilimento genovese, avendo dismesso gli altiforni e le lavorazioni a caldo, ha bisogno di quelle forniture per fare il proprio lavoro. A seguito del sequestro preventivo dei beni di proprietà dei Riva, per un valore di 8,1 miliardi di euro, il Governo è intervenuto con il decreto-legge n. 61 del 2013 per far fronte ad una situazione di grave emergenza che deve assicurare sia la continuità aziendale e i problemi occupazionali sia il risanamento ambientale dell'area.
  È noto a tutti, infatti, che l'azienda non ha rispettato gli obblighi ambientali e, fino ad oggi, non ha effettuato investimenti sufficienti per la tutela ambientale e della salute dei cittadini di Taranto. Gli elementi che caratterizzano l'intervento del Governo sono: la predisposizione di uno standard di intervento per tutti i casi di crisi ambientale di società che detengono stabilimenti dichiarati di interesse strategico-nazionale; l'applicazione di tale standard nel caso della società Ilva, con riferimento a tutti gli stabilimenti Ilva su tutto il territorio nazionale; il commissariamento totale della gestione di impresa per un periodo definito, al termine del quale potranno essere ricostituiti gli ordinari organi di amministrazione, restituendo alla proprietà il pieno controllo dell'azienda e delle risorse economiche residue; la convergenza delle risorse disponibili prioritariamente verso gli interventi di risanamento ambientale, garantendo, al contempo, la continuazione delle attività produttive.
  I mass media hanno messo in evidenza giudizi negativi sul decreto-legge, arrivati, soprattutto, dalla Federacciai, che ha giudicato il decreto-legge un esproprio aziendale e che ha visto sbagliata e sproporzionata la scelta del commissariamento, perché, secondo tale associazione, creerebbe un pericolosissimo precedente per la media e grande impresa nazionale.
  Durante l'esame in Commissioni riunite X e VIII, la Lega Nord ha sostenuto la necessità di limitare il commissariamento allo stabilimento di Taranto e, in generale, allo stabilimento inadempiente, e non alla società – passaggio importante – evitando di commissariare attività industriali che, pur appartenendo alla medesima società, Pag. 22non evidenziano inadempienze ambientali tali da richiedere un simile intervento governativo.
  Infatti, il testo governativo del decreto-legge non interviene sul singolo stabilimento industriale, come facevano i precedenti decreti-legge relativi a Taranto, ma colpisce l'impresa, esercitata anche in forma societaria, che gestisca almeno uno degli stabilimenti dichiarati di interesse strategico nazionale. Il commissariamento, quindi, colpisce anche società titolari di più stabilimenti, o meglio di più aziende, anche laddove soltanto una di queste sia incorsa nell'inosservanza dell'AIA, nonostante le altre possano risultare gestite in conformità alla legge.
  Il nostro gruppo vede, pertanto, favorevolmente l'intervento delle due Commissioni in sede referente, che, accogliendo gli emendamenti presentati da più gruppi, compreso il nostro, ha previsto almeno la possibilità di poter limitare il commissariamento al singolo stabilimento, previa offerta di idonee garanzie patrimoniali e finanziarie.
  Riteniamo che tale previsione, come risulta anche dai nostri emendamenti presentati in Commissione e in Aula, doveva essere disposta anche per il caso di Taranto, in quanto gli stabilimenti di Genova o di Novi Ligure o di Racconigi, gestiti dalla stessa Ilva, non risultano incorrere nelle stesse ripetute inosservanze dell'AIA.
  Peraltro, essendo dismesse le attività a caldo, tali stabilimenti non comportano gli stessi pericoli per la salute e per l'ambiente come quello di Taranto. Inoltre, il nostro gruppo vede molto favorevolmente la risoluzione di alcune incertezze contenute nel decreto-legge, e in particolare la limitazione della possibilità di commissariamento alle sole grandi imprese che impiegano un numero di lavoratori subordinati superiore a mille e che gestiscono almeno uno stabilimento industriale dichiarato di interesse strategico nazionale e la limitazione dell'intervento commissariale al solo caso in cui lo stabilimento industriale comporti oggettivamente pericoli gravi per l'ambiente e per la salute, a causa dell'inosservanza reiterata dell'AIA.
  Si evitano, in questo modo, gli allarmi provocati nel comparto imprenditoriale e industriale per l'introduzione nell'ordinamento di una estesa possibilità per il Governo di commissariare imprese private in crisi. Un'altra questione sulla quale occorre fare attenzione particolare è la necessità del mantenimento della continuità produttiva e della competitività dello stabilimento anche durante il commissariamento. Infatti, una decadenza o perdita nell'attività industriale creerebbe minori entrate e mancanza di risorse da destinare al risanamento ambientale.
  Occorre considerare che non vi è, né può esservi, alcuna interruzione tra prosecuzione dell'attività di impresa e conseguimento degli obiettivi di risanamento ambientale. Questi ultimi presuppongono un'impresa sana, in grado di competere nel proprio mercato di riferimento e, dunque, di investire nella conformazione delle proprie attività alla normativa ambientale; condizioni, queste ultime, realizzabili unicamente laddove il ricavato della gestione venga destinato, per una parte non trascurabile, all'efficienza e all'ammodernamento del complesso produttivo e della produzione, fatta salva la priorità del risanamento ambientale.
  Durante l'esame in Aula, il nostro gruppo intende presentare alcuni emendamenti ritenuti opportuni per garantire la proporzionalità tra la mancata attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale e l'ipotesi del commissariamento, evitando di creare danni potenziali a tutte le imprese teoricamente riconducibili alle fattispecie del presente decreto-legge.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. La ringrazio, Presidente. Il provvedimento che stiamo affrontando è un provvedimento difficile, innovativo ed impegnativo e ci abbiamo lavorato molto. Abbiamo ascoltato molti soggetti, c’è stato un confronto molto intenso in Commissione.
  È la prima volta che in Italia si prevede e si attua, in questo caso, il commissariamento Pag. 23di una impresa per motivi ambientali. È uno strumento che varrà anche per il futuro. Ho sentito le parole del collega che mi ha preceduto: si tratta chiaramente di limitarlo a imprese di interesse strategico. Nel caso dell'Ilva è evidente, data la dimensione dello stabilimento di Taranto, che non poteva essere che il commissariamento di tutta l'impresa, altrimenti sarebbe stata una cosa non credibile e abbiamo cercato di fare il possibile perché questo atto, sicuramente duro e difficile, in una situazione difficilissima, sia gestito in condizioni di trasparenza, con procedure che garantiscano gli interessi del Paese, della salute, dell'ambiente, l'indipendente azione della magistratura e i diritti della proprietà.
  I colleghi, a cominciare soprattutto dal collega Borghi, hanno ben illustrato le caratteristiche del provvedimento ed i miglioramenti che abbiamo introdotto con i lavori in Commissione, ma devo dire che condivido anche alcune delle considerazioni – e mi auguro che possano essere anche in parte raccolte – che sono state illustrate anche dai relatori di minoranza, che hanno parlato prima di me.
  Io voglio dire, brevemente, che questo provvedimento ha a che fare con il passato, con il presente e con il futuro. Il passato dell'Ilva – dobbiamo averlo ben chiaro; lo hanno detto già altri colleghi che mi hanno preceduto – è il passato di larga parte dell'industria italiana. Nel passato alcune questioni sono state considerate questioni secondarie. Io ho citato in Commissione, e lo cito anche adesso perché è un brano che mi colpisce in maniera straordinaria, un brano del piano regolatore di Venezia del 1962. Sono gli stessi anni in cui nascono sia Porto Marghera che l'Italsider di Taranto (diventata Ilva alcuni decenni dopo; e sicuramente l'Italsider inquinava più dell'Ilva quantitativamente) e tante altre aziende in giro per l'Italia. Questo brano sulle norme tecniche di attuazione del piano regolatore di Venezia afferma: «Nella zona industriale di Porto Marghera troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nell'aria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell'acqua sostanze velenose, che producono vibrazioni o rumori». Non è l'Inghilterra di Dickens, è l'Italia, non di due secoli fa, ma del 1962. Questo è stato fatto in tante parti d'Italia. Questo ha prodotto una situazione che ha accumulato nel tempo veleni e che si è incrociata, poi, con l'incapacità, da parte delle istituzioni e della politica, di produrre dei miglioramenti. Ha ragione la collega Mannino quando fa riferimento al passaggio che c’è stato in Germania fra un aumento di competitività delle imprese e l'assunzione di nuove tecnologie. Questo non è accaduto. È accaduto in alcuni settori e non in altri. Nel caso dell'Ilva di Taranto, in particolare, la forza di quell'impianto – non voglio parlare di aspetti di altra natura su cui appunto indaga la magistratura –, la connivenza che si è di fatto registrata, perlomeno negli anni passati (recentemente la regione Puglia ha dato segni diversi di azione), tra istituzioni, agenzie di controllo, forze politiche, forze sociali e l'Ilva ha fatto sì che quell'impianto non abbia operato in questa direzione. Mettiamola così: abbia fatto il minimo indispensabile. E questo ha prodotto una situazione molto pesante. Io ricordo che nel 2008 l'ASL ha ordinato l'abbattimento di 2.271 capi di bestiame perché contaminati da diossina e PCB; nel 2011 e nel 2012 sono state distrutte decine di migliaia di tonnellate di mitili perché avevano una contaminazione analoga; e ricordo anche che è vietato il pascolo in un raggio di 20 chilometri dallo stabilimento dell'Ilva.
  Questo è il presente, un presente che va cambiato. E poi c’è un futuro: qual è il futuro dell'Ilva ? A nostro avviso – questo è il senso di questo provvedimento – il futuro dell'Ilva c’è se si contengono assieme le ragioni dell'ambiente e le ragioni dell'economia.
  L'Ilva si è lamentata molto spesso in passato perché pagava troppo l'energia. È falso: se facciamo il paragone con la Germania, l'Ilva ha pagato, come tutti i grandi utenti di energia italiani – parlo dell'energia elettrica –, meno dei concorrenti Pag. 24tedeschi. Avrebbe dovuto usare i grandi profitti che ha realizzato per rinnovare, perché investire in ambiente, investire in risanamento significa anche produrre imprese più efficienti. È accaduto in tanti settori in Italia: per parlare di cose che riguardano il nord, è accaduto nella rubinetteria e nella concia. Pressioni ambientali e miglioramenti ambientali hanno prodotto imprese più innovative. Oggi noi siamo chiamati a produrre questo attraverso un commissariamento: è un passaggio molto delicato.
  Voglio anche dire che ho sentito anche alcuni toni nei discorsi di questi giorni sui cittadini di Taranto, che hanno pagato un prezzo molto alto e che, però, ci hanno lanciato anche un segnale molto forte, perché voglio ricordare che a Taranto il 14 aprile c’è stato un referendum. Uno dei quesiti del referendum nella sostanza era la chiusura dell'Ilva. A questo referendum hanno votato meno del 20 per cento dei cittadini tarantini e nel quartiere più colpito dall'inquinamento dell'Ilva, il quartiere Tamburi, ha votato meno del 10 per cento dei cittadini tarantini. Dobbiamo con questo dire che i cittadini tarantini sono disinteressati al problema ? Penso proprio di no, penso che, al contrario, i cittadini tarantini ci abbiano voluto lanciare un segnale molto forte: non scaricate su di noi il problema, tenete assieme ambiente e salute e economia e sociale, perché l'Ilva è un problema enorme per Taranto, è un problema enorme per l'Italia.
  I dati che ricordava il collega Borghi sulla quantità di acciaio che produce l'Ilva per le imprese italiane non sono una cosa da considerare marginale nel dibattito che stiamo facendo ed è compito della politica e delle istituzioni abbandonare atteggiamenti di sudditanza nei confronti dell'Ilva – ne abbiamo avuti in tutte le forze politiche, anche in quella di cui faccio parte io, tanto per essere chiari, e sono emerse anche in molte occasioni nel periodo passato – e affrontare il problema con la forza, la determinazione e la convinzione che il problema richiede.
  Termino dicendo che due problemi sono emersi con particolare forza e non sono stati risolti a tutt'oggi e qui mi affido anche ai relatori, ma anche a tutti i colleghi in Aula perché per risolverli – credo – ci sarà bisogno di un passaggio dei capi gruppo d'Aula e anche della Presidenza della Camera, perché la serietà con cui gli uffici della Camera interpretano il tema della inammissibilità di una serie di emendamenti, rispetto – come sappiamo – a meccanismi assolutamente opposti e, per certi aspetti, perversi del Senato ha fatto sì che due questioni che sono centrali anche per affrontare questo provvedimento siano rimaste irrisolte. Le due questioni sono le seguenti.
  La prima è la possibilità di avviare a Taranto, e non solo a Taranto, le bonifiche per cui ci sono risorse (quando le risorse ci sono), anche aggirando il patto di stabilità, perché sarebbe una follia se questo non accadesse.
  La seconda questione riguarda i controlli: è emersa in queste audizioni una situazione drammatica del sistema dei controlli italiani. L'ISPRA ci è venuta a dire che su 1.300 dipendenti dell'ISPRA quelli che si occupano dei controlli sugli impianti assoggettati ad AIA – cioè gli impianti più ad alto rischio – sono solo 12 e questi 12 controllori non sono coperti neanche dalla qualifica di ufficiale giudiziario. Cosa vuol dire questo ? Che queste 12 persone devono coprire centinaia e centinaia di impianti in tutta Italia, con il rischio che magari fra cinque anni in qualche causa strana ci si possa rivalere su di loro per degli atti che hanno compiuto nell'interesse dello Stato. C’è la necessità di potenziare i controlli, di dare adeguata copertura a queste persone e io mi auguro che questo problema sia risolvibile già nella discussione che affronteremo in questi giorni o, in ogni caso, in parallelo, perché – termino – è chiaro che anche il discorso delle semplificazioni, che è importante nel nostro Paese, in assenza di un potenziamento dei controlli, diventa un «tana libera tutti» e quindi – questo vale per il decreto del «fare» come per i disegni di legge sulle semplificazioni – se Pag. 25non ci sono controlli forti, autorevoli, trasparenti ed efficaci non si fa un bene all'Italia, all'ambiente e alla competitività delle industrie italiane (Applausi)

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per l'assoluta precisione dei dieci minuti che erano a sua disposizione.
  È iscritto a parlare l'onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, il mio intervento vuole essere un momento di informazione per coloro – tanti in quest'aula – che dell'Ilva conoscono soltanto le vicende giudiziarie e quelle legate proprio ai decreti.
  Io vorrei parlarvi del polo siderurgico di Taranto citando quei dati e quelle informazioni che molti non conoscono o che alcuni tacciono. Io darò qualche dato, qualche informazione, citando le fonti di questi dati, affinché si comprendano meglio gli interventi dei miei colleghi del MoVimento 5 Stelle che mi hanno preceduto e di quelli che seguiranno.
  L'ho già detto in quest'aula qualche settimana fa: la questione Ilva non è una questione di Taranto e Taranto non è solo Ilva. Colleghi, dopo anni che i cittadini ascoltano favole dai politici di professione, è arrivato il vostro turno. Oggi sono i cittadini che vi raccontano una favola, ma questa, signori miei, è una favola vera, oltre ad essere una favola nera, e, dato che è una favola vera, non comincia con «c'era una volta» ma «c’è adesso».
  C’è adesso una principessa: non è una città, ma un'intera comunità che soffre. E come in una favola nota ai più, ci sono anche delle mele avvelenate. La prima mela si chiama «energia», perché quello stabilimento produce e consuma energia per alimentarsi. La Taranto Energia srl, ex centrale Edison, ha una potenza di 1.065 megawatt di cui 480 sono per la centrale Cet2 e 585 sono per la centrale Cet3. Quest'ultima è una centrale a gas, che – voglio ricordare – produce elettricità che è stata venduta al GSE in regime di CIP6 fino al 2010: quindi, diciotto anni di incentivi monetari sonanti a fonti inquinanti, perché proprio questo Parlamento l'ha assimilata a fonte rinnovabile. Come dire che, quando si vuole, i soldi per i soliti noti spuntano sempre, ma mai a favore dei cittadini !
  Questa centrale produce 8,6 milioni di tonnellate di CO2 (dati del 2011) sforando di 4 milioni di tonnellate il rispetto delle quote assegnate. Anche qui, come cittadini, ci chiediamo come sia possibile che non si rispetti mai quanto prescritto per la salute e per l'ambiente. Quindi, in totale, la provincia di Taranto consuma 5.700 gigawatt all'ora di potenza, (4.700 soltanto per la siderurgia), che rappresenta il 61 per cento del consumo industriale dell'intera regione Puglia.
  La seconda mela avvelenata si chiama «acqua». C’è uno stabilimento, lo stabilimento Ilva di Taranto, che assorbe oltre 50 milioni di metri cubi all'anno di acqua dolce (dati del 2007), ma dai dati dei documenti per il rilascio dell'AIA, si evince anche che 22 milioni di questi metri cubi di acqua dolce vengono emunti ogni anno dai pozzi, mentre la restante parte dai tre fiumi, Tara, Fiumetto e Sinni, perché in Puglia – sembrerà incredibile – abbiamo anche dei fiumi.
  Questo crea un altro danno ambientale ed economico, cioè lo stress idrico dovuto alla contaminazione salina delle falde. Tutto questo accade in una terra – la mia terra, la Puglia – in cui spesso si è arrivati a ridurre drasticamente l'approvvigionamento idrico alle famiglie e all'agricoltura.
  La terza mela si chiama «rifiuti». Dal rapporto ISPRA del 2010 sui rifiuti speciali si evince che oggi c’è una provincia che produce oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, su quasi 5 milioni di produzione dell'intera regione.
  La quarta mela si chiama «inquinanti». Dalla perizia dei chimici negli atti del GIP Todisco ricaviamo altri dati, più che allarmanti, direi assolutamente inquietanti. Le emissioni convogliate, quindi quelle che escono dai camini, rappresentano nel 2010 le seguenti quantità: 4 mila tonnellate di polveri; 11 mila tonnellate di diossido di azoto; 11 mila e 300 tonnellate di anidride solforosa; 7 tonnellate di acido Pag. 26cloridrico; una tonnellata e 300 chili di benzene (cancerogeno); 338 chili di idrocarburi policlinici aromatici (anch'essi cancerogeni).
  A pagina 528 della stessa perizia – come ricordato dai colleghi, mai impugnata dall'azienda –, ci sono gli inquinanti che non fuoriescono dai camini. Queste emissioni si chiamano appunto emissioni non convogliate, diffuse, fuggitive.
  La stessa Ilva – quindi, la fonte è la stessa azienda – stima che le sostanze non convogliate, emesse dal suo stabilimento, sono quantificabili annualmente nelle seguenti ripartizioni: 2.148 tonnellate di polveri, che si vanno quindi a sommare alle 4.000 emesse dai camini; 8.800 chili di IPA, ossia di idrocarburi policiclici automatici, contro i 338 delle emissioni convogliate; 15 tonnellate e 400 chili di benzene, cioè 15 volte più di quello che esce dai camini; 130 tonnellate di acido solfidrico; 64 tonnellate di anidride solforosa (sei volte di più di quella che esce dai camini) e 467 tonnellate di composti organici volatili.
  A questo, sempre a pagina 528, leggiamo che c’è da sommare il fenomeno dello slopping, cioè quelle nubi rossastre che fuoriescono durante le fasi di malfunzionamento dell'impianto e dei processi produttivi. Queste fuoriuscite incontrollate sono un fenomeno documentato non soltanto dai periti chimici, ma anche dal nucleo dei carabinieri del NOE di Lecce, e ammontano a 544 tonnellate all'anno di polveri.
  La nostra favola prosegue con un altro capitolo, che forse ha un nome un po’ forte, ma lo voglio dire lo stesso: il nome di questo capitolo si chiama «tracotanza e connivenza». La nostra favola, infatti, prosegue così: tutto è andato avanti, per anni, senza che nessuno mettesse in discussione il modo di agire della famiglia Riva, alla quale si doveva, anzi, un gesto di genuflessione per avere dato posti di lavoro. Tanto era efficace il sistema Riva che anche i sindacati, invece di pretendere il rispetto di standard più elevati di sicurezza sul lavoro, di salubrità degli ambienti e di salute per tutti i cittadini, amministravano i fondi ricevuti dai Riva per la gestione del dopolavoro, la famosa «masseria Vaccarella» del quartiere Paolo VI, sul quale la magistratura sta ancora indagando, ma a cui si sarebbe risparmiato ovviamente tanto lavoro se ci fosse stata una rendicontazione trasparente di questi soldi.
  I sindacati, sembra quasi di concerto con l'azienda, mandavano in strada gli operai per bloccare la città, come nello sciopero accaduto il 26 luglio 2012. Dico «quasi di concerto con l'azienda» perché l'azienda, preoccupata per il caldo, evidentemente, forniva ai lavoratori in sciopero i pranzi al sacco, una cosa mai successa. Ma si sa, chi è ricattato non ha scelta. E questo ovviamente la famiglia Riva lo sa bene, infatti «lo schiavo difende il padrone». Ed è per questo che oggi chiamiamo mobbing quello che al confronto sembra un semplice mazzo di fiori. Infatti, la famiglia Riva ha mobbizzato per anni, in una palazzina (la palazzina LAF), decine di impiegati ed operai. La palazzina LAF è la palazzina del laminatoio a freddo, da cui prende appunto l'acronimo, un reparto punitivo all'interno della più grande acciaieria d'Europa.
  Gli impiegati che vi erano internati passavano turni di lavoro interi senza fare nulla: otto ore di fila, per un anno e mezzo, senza un computer, un telefono, un fax, spesso in piedi, perché le sedie non bastavano; in balia del caldo e del freddo, perché le finestre non si potevano chiudere ermeticamente; sorvegliati da un vigilante, perché evidentemente avevano avuto disposizione di non parlare con gli altri. Insomma, un lager in una fabbrica italiana, a Taranto, negli anni 1997-1998, non nell'Ottocento, agli albori delle conquiste sindacali. Settanta di questi dipendenti sono stati rinchiusi nella palazzina LAF e i Riva costringevano così i lavoratori a licenziarsi, senza passare attraverso le lunghe procedure contrattuali ed evitare le vertenze. Molti tra loro si sono ammalati di depressione, alcuni hanno tentato anche il suicidio.
  La palazzina LAF è stata sequestrata dalla procura nel 1998. La sentenza della Pag. 27Cassazione, arrivata nel 2006, ha stabilito che la LAF è «uno strumento coartatorio» servito «a liberarsi, a mo’ di vera e propria decimazione, di un certo numero di impiegati, non più giovani e di ragguardevole anzianità di servizio, quasi tutti rei di qualche mancanza nei confronti della dirigenza». Anche per questo Emilio Riva è stato condannato insieme al direttore dello stabilimento: per tentata violenza privata e per frode processuale, perché durante le fasi del processo tentarono addirittura di ripulire la palazzina per cancellare ogni prova.
  Ma i sindacati non erano i soli piegati al sistema Riva. La politica, che oggi dice di essere autonoma, giusto qualche mese fa diceva che c'era uno scontro tra poteri con i magistrati, che qualcuno anche malignamente ha soprannominato «toghe verdi». La magistratura però indagava da sette anni mentre, mentre, come dice Marco Travaglio, «la politica non faceva nulla, anzi faceva tanto... a favore dell'Ilva che continuava a inquinare e, producendo, a uccidere».
  Nel 2006, dieci anni dopo avere avuto quasi in regalo l'azienda dallo Stato, senza alcun obbligo di bonifica, Emilio Riva stacca un assegno di 345.000 euro – ripeto: 345.000 euro – per la campagna elettorale di Forza Italia e uno di 98.000 euro per quella di Pierluigi Bersani, non al partito, ma proprio a lui, che era il responsabile industria del partito e diventava – si apprestava a diventare – Ministro per lo sviluppo economico, cioè il controllore politico centrale dell'operato dell'Ilva.
  Altri 100 mila euro Bersani li riceve giusto da Federacciai, quando il vicepresidente di Federacciai è proprio il figlio di Emilio Riva, Fabio, quello che al telefono diceva: «che ci siano due casi in più di tumore, che vuoi che siano ? Una minchiata !».
  Ecco, questi partiti, non sono solo il finanziamento pubblico, ma intascano anche quello privato, quello delle lobby. Ma lo sapevamo già che per il conflitto di interessi siete uguali, cioè per voi, e tra voi, non c’è alcun conflitto, ma solo interesse. È per questo che oggi siete, finalmente alla luce del sole, il Governo delle larghe intese, anzi delle intese strettissime.
  E anche chi oggi non è al Governo – il presidente della regione Puglia, per esempio – diceva al telefono al sindaco della città, a proposito di referendum, di rinviare il referendum più a lungo possibile. Proprio quel governatore, che in questi giorni dice che i processi hanno bisogno di partecipazione della gente, giusto in Commissione diceva che le cose non bisogna conoscerle in punta di naso, sapendo bene lui che il naso, forse, lo ha messo anche dove non era opportuno. E quando l'avvocato dei Riva, Archinà, parlava di tenere tutto sotto coperta, non si riferiva ai parchi minerari, ne siamo certi.
  I soldi che non si trovano, quindi, spariti all'estero e in quindici anni di soldi la famiglia Riva ne ha fatti tanti, visto che gli utili sono stati 3 miliardi. Ma qualcosa si è rotto in questo meccanismo. Proprio come nelle favole, anche qui un incantesimo ha cessato i suoi effetti e, come in ogni favola che si rispetti, c’è una fata: la magistratura con il GIP Todisco.
  I capi di accusa sono questi: associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale; omicidio colposo plurimo; corruzione di organi di controllo, tra cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ARPA, la DIGOS, le Commissioni parlamentari sui rifiuti, giornalisti, sindacalisti, consulenti tecnici della procura e, come ricordava il mio collega, anche un prete; disastro colposo e doloso; avvelenamento di sostanze alimentari; omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro; danneggiamento aggravato di beni pubblici; getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico. Essi vedono coinvolti, quindi, una parte dello Stato, oltre ovviamente alla dirigenza e alla proprietà dell'azienda.
  Come in ogni favola non poteva mancare il principe azzurro ed è arrivato giusto il 2 agosto 2012 con un comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti sopra il loro cavallo bianco, un apecar. Proprio come in una favola, la principessa Pag. 28si è svegliata; la città di Taranto ha aperto gli occhi, la gente comincia a informarsi e a pretendere delle risposte. E la gente quelle risposte le va a cercare anche con soluzioni che sono state adottate lontano da Taranto. Hanno iniziato a non sentirsi più sudditi, a non volersi più inginocchiare per un piatto di lenticche. Esprimono voglia di partecipare ed è per questo che sabato 15 dicembre 2012, a Taranto, sfilano 30 mila persone – 30 mila persone ! – e la manifestazione si chiama «Taranto libera», una manifestazione quasi epocale, perché queste persone pretendono diritti, salute e lavoro ovviamente, ma anche futuro e certezza nel reddito e nella tutela ambientale, senza alcun ricatto.
  Vogliamo ricordare quei cittadini consapevoli, ricordare la loro voce. Così gridavano: «cittadini e lavoratori contro ricatti e tumori» e «quale profezia Maya, a noi ci ammazza l'AIA». Sono quegli stessi cittadini che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo chiamato in audizione in rappresentanza delle decine di migliaia di tarantini e che qualcuno tra gli esponenti di SEL ha snobbato chiedendo chi rappresentassero, dato che non avevano una tessera.
  Vogliamo parlare dei meccanismi di partecipazione ? Ci si stupisce effettivamente dell'esito del referendum, sapendo che oggi la popolazione di Taranto è ancora sotto ricatto. Gli si è chiesto se ammalarsi lavorando o morire da disoccupati. La campagna referendaria è stata pressoché inesistente e il referendum di fatto è stato boicottato dalla stessa amministrazione comunale, che, invece di favorire la partecipazione, ha pensato bene di ridurre i seggi, accorpandoli.
  Ma veniamo anche alle sanzioni che dovevano essere comminate. Ancora brevemente e poi concludo, Presidente... L'articolo, 1 comma 3, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, recita così: «La mancata osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di cui al comma 1 è punita con sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato». Questa norma è stata rivalutata dopo appena venti giorni, giusto alla vigilia di Natale – che bel regalo per i tarantini – con la legge appunto n. 231, il provvedimento di conversione.
  Anche in questa occasione nessuno ha fiatato in merito: forse perché erano tutti presi dalla campagna elettorale, cioè meglio a chiedere in che posto fossero nelle liste bloccate dei partiti, o forse perché in fondo a nessuno importa se un certo tipo di imprenditori in Italia non rispetta le leggi.
  Vorremmo poter sapere cosa è successo nelle Commissioni in quei mesi, ma purtroppo non esiste alcun resoconto stenografico... Ripensandoci, però, lo possiamo desumere, perché l'unica a opporsi fu Italia dei Valori, mentre la Lega si astenne. Gli altri, con grande senso di responsabilità, fecero fronte unico, esattamente come adesso.
  Vorrei che il Primo Ministro andasse in TV dagli italiani a dire che questo provvedimento non si può applicare ancora adesso, forse perché quella sanzione metterebbe in ulteriore difficoltà l'azienda e la continuità produttiva, o forse perché esistono altre ragioni per cui un'azienda può evitare di rispettare la legge.
  La differenza tra il titolo di questo decreto-legge e quello precedente è solo in una parola. La parola è «nuove»: «nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale». Ecco: interesse strategico nazionale. Quindi, la Nazione si dovrebbe interessare a un sito strategico per il Paese.
  Cosa c’è di nuovo, di innovativo ? Di innovativo c’è una nuova specie di commissariamento, che però prevede una deroga ai criteri di trasparenza e incompatibilità rispetto alle altre fattispecie già esistenti, come è appunto accaduto con la nomina del dottor Bondi.
  Avremmo potuto chiamarlo «Disposizioni di commissariamento per aziende che non tutelano l'ambiente e la salute», perché ricordiamo che siamo di fronte ad un'azienda che ha recato grave e protratto nocumento, causando con la sua attività eventi di malattia e di morte.Pag. 29
  Però, rileggendo il contenuto, forse il titolo più aderente è un altro. Forse sarebbe stato meglio: «Nomina dell'amministratore delegato a commissario governativo nelle società per assicurare la continuità produttiva», dato che davvero poco è stato inserito per la tutela della salute e dell'ambiente.
  Ora, Presidente, ogni favola finisce con: «E vissero felice e contenti». A noi piacerebbe che questa favola terminasse così: «E vissero in buona salute e occupati.».
  Concludo, Presidente, con due citazioni che riteniamo debbano rimanere agli atti. La prima è tratta dall'ordinanza di sequestro del GIP, che recita così: «Chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza».
  La seconda citazione che voglio fare è proprio a proposito della logica del profitto, quando essa calpesta diritti e dignità. È di Gandhi e dice così: «Il mondo è abbastanza ricco per soddisfare i bisogni di tutti, ma non lo è per soddisfare l'avidità di ciascuno» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Onorevoli deputati, onorevole Presidente, rappresentante di Governo, ritengo che in ordine a qualunque argomento, ma soprattutto rispetto a questioni così rilevanti come quella che stiamo oggi trattando, conti molto portare con sé il vissuto di ciò che si racconta. Una cosa è trattare una questione sul piano politico, in modo quasi asettico, sulla base di informazioni attinte, altro è avere vissuto e vivere le situazioni, come quella che il sottoscritto quotidianamente vive a Taranto e nell'intera provincia.
  Il Governo, con il decreto-legge n. 61 del 2013, è intervenuto per affrontare la problematica legata alle imprese di carattere strategico-nazionale e, in particolare, allo stabilimento Ilva di Taranto, nella piena consapevolezza di quello che l'azienda rappresenta per l'economia del territorio e per l'intera industria nazionale. Allo stesso modo va tenuta in considerazione l'emergenza ambientale in atto, che minaccia la salute dei cittadini e preoccupa moltissime famiglie.
  Quello di Taranto, infatti, è uno dei principali poli siderurgici europei, con una capacità produttiva di circa 10 milioni di tonnellate annue, pari ad oltre il 40 per cento della produzione nazionale di acciaio. Nel settore dei laminati piani la produzione di Taranto copre oltre il 60 per cento della domanda nazionale, contribuendo in maniera determinante all'approvvigionamento di comparti strategici per l'industria italiana, come quelli degli elettrodomestici, della cantieristica, dell'auto e della meccanica.
  Sul piano occupazionale, l'Ilva impiega direttamente circa 12 mila lavoratori, a cui deve aggiungersi un indotto strettamente collegato sul piano verticale, che porta l'occupazione diretta a 15 mila unità. A questo dato devono sommarsi 9.200 unità legate all'indotto.
  Lo stabilimento di Taranto gode, inoltre, di alcuni vantaggi competitivi che lo rendono unico nel panorama nazionale e comparabile con gli stabilimenti più efficienti d'Europa. I principali punti di forza sono: la possibilità di utilizzare un ciclo integrato, partendo dal carbon fossile e dai rottami ferrosi per arrivare alla produzione dei laminati piani, la possibilità di approvvigionamento di grandi quantità di materie prime dai Paesi lontani – Brasile, Sudafrica – tramite navi anche di grande stazza, la possibilità di utilizzare stoccaggi importanti in funzione delle esigenze produttive.
  L'importanza strategica del complesso industriale dell'Ilva non può, però, far venir meno gli obblighi di tutela ambientale da cui dipende la qualità della vita dei cittadini di Taranto. La crescita economica e la salvaguardia della salute non sono, in particolare in questo caso, due diritti contrapposti e la prima non può essere perseguita a danno della seconda. Il Governo, con il presente provvedimento, intende, Pag. 30quindi, adottare tutte le azioni utili a tutelare l'ambiente e la qualità della vita nella città di Taranto, nella consapevolezza che un'interruzione della produzione peggiorerebbe ulteriormente la situazione a tutti gli effetti.
  La sopravvivenza dello stabilimento è oggi, dunque, legata alla capacità di mettere in atto gli investimenti necessari a rendere compatibile l'impianto con le norme ambientali e di sicurezza della salute dei cittadini. Nell'ottobre scorso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato una revisione dell'AIA, prevedendo un percorso di risanamento ambientale da realizzarsi, secondo termini molto cogenti, nell'arco del prossimo triennio. Già nelle prime relazioni, il garante nominato ha evidenziato criticità nell'applicazione delle prescrizioni, con particolare riferimento agli interventi sui nastri trasportatori, sui parchi minerari e sulle torce.
  Nel contempo, l'autorità giudiziaria di Taranto ha disposto il sequestro preventivo di 8 miliardi di euro presso la società che controllava l'Ilva sul presupposto che, nel tempo, non vi sia stata corrispondenza tra gli obblighi di assolvere a tutte le prescrizioni ambientali e sanitarie fissate dai diversi provvedimenti amministrativi e dalle normative europee, nazionali e regionali vigenti e le risorse stanziate da parte dell'azienda per realizzare gli indispensabili interventi di risanamento e bonifica. Questa circostanza, nel pieno rispetto dell'autonomia dell'autorità giudiziaria, ha determinato l'esigenza da parte del Governo di considerare un intervento normativo diretto ad assicurare la continuità del processo produttivo e la realizzazione di tutti gli interventi di risanamento ambientale e di bonifica necessari per garantire condizioni accettabili di salubrità ambientale e di salute dei cittadini mediante apposita struttura commissariale.
  La prosecuzione dell'attività industriale rappresenta la condizione preliminare e necessaria per assicurare l'effettiva realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale nello stabilimento. Il decreto-legge n. 61 del 2013, oggi all'esame dell'Aula, è il terzo provvedimento d'urgenza – così come si è detto da chi mi ha preceduto – adottato nel corso negli ultimi dieci mesi per fronteggiare un'emergenza ambientale ed occupazionale dello stabilimento di Taranto. Il decreto-legge n. 207 del 2012, in via generale, ha disciplinato l'operatività degli stabilimenti industriali d'interesse strategico nazionale in crisi, consentendo, alle condizioni indicate, la prosecuzione dell'attività produttiva di tali stabilimenti. Il decreto ha, inoltre, dettato specifiche disposizioni dettate all'impianto siderurgico dell'Ilva di Taranto che, ai sensi del medesimo decreto, costituisce stabilimento, così com’è stato già citato, d'interesse strategico nazionale.
  Il decreto-legge n. 129 del 2012 era stato emanato al fine di fronteggiare la grave situazione di criticità ambientale e sanitaria nel sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto e faceva seguito al Protocollo di intesa stipulato il 26 luglio 2012 che prevede interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto per un ammontare di 336 milioni di euro. Il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri prevede una nuova e stringente disciplina generale a tutela dell'ambiente, della salute, della sicurezza e del lavoro nell'esercizio di impresa. Viene in primo luogo previsto che il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, possa deliberare il commissariamento straordinario di un'impresa, esercitata anche in forma di società, che gestisca uno stabilimento di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva abbia comportato o comporti pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute, a causa dell'inosservanza dell'autorizzazione integrata ambientale.
  È garantita all'impresa, all'atto del commissariamento, nella persona del rappresentante legale o di altro soggetto appositamente designato dall'assemblea, la piena informazione sull'andamento della gestione dell'impresa stessa. Il Consiglio dei ministri può nominare i componenti Pag. 31degli organi di controllo, i quali restano in carica per la durata del commissariamento.
  Contestualmente alla nomina del commissario straordinario è nominato, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un comitato di tre esperti scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell'ambiente e della salute che predispone e propone al Ministro, entro 60 giorni dalla nomina, in conformità alle previsioni delle normative comunitarie e delle leggi nazionali e regionali, il piano e le misure dell'attività di tutela ambientale e sanitaria dei lavoratori e della popolazione e di prevenzione del rischio di incidenti rilevanti. Il piano sarà approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Entro il successivo termine di 30 giorni dal decreto di approvazione del piano predisposto, il commissario straordinario predispone il piano industriale di conformazione delle attività produttive che consente la continuazione dell'attività produttiva nel rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale e sanitaria e di sicurezza. Il piano sarà poi approvato con decreto del Ministro dello sviluppo economico; fino a tale approvazione, il commissario straordinario garantisce comunque la progressiva adozione delle misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale e dalle altre autorizzazioni e prescrizioni in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza e cura la prosecuzione dell'attività di impresa, nel rispetto delle disposizioni del presente comma.
  Per l'esecuzione degli obblighi di attuazione della prescrizione dell'AIA e degli obblighi di messa in sicurezza, risanamento e bonifica, disposti dall'autorità amministrativa a carico di specifici soggetti, il giudice competente alla cognizione di reati dispone lo svincolo di eventuali somme sequestrate in sede penale agli stessi soggetti o enti o soggetti controllati e controllanti, in favore del commissario, vincolandole alle predette finalità; i proventi, quindi, derivanti dall'attività di impresa commissariata restano nella disponibilità del commissario nella misura necessaria dell'AIA e alla gestione dell'impresa, nel rispetto delle previsioni del decreto stesso.
  Il decreto-legge è stato esaminato in sede referente dalle Commissioni attività produttive e ambiente a cui va il mio personale ringraziamento per il lavoro svolto; un particolare ringraziamento va anche ai relatori, l'onorevole Fitto e l'onorevole Borghi, per il lavoro che hanno svolto e soprattutto perché durante l'esame parlamentare il decreto-legge è stato notevolmente migliorato, rispetto alla versione approvata dal Consiglio dei ministri.
  Nel dettaglio le modifiche riguardano aspetti che mi avvio ad indicare, sono aspetti importantissimi che hanno sicuramente migliorato e che possono, io ritengo, ottenere anche la condivisione dell'intero Parlamento. È stato stabilito che il commissariamento da parte del Consiglio dei ministri può avvenire a carico di imprese che gestiscono uno stabilimento che impieghi almeno mille lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione guadagni da almeno un anno. Il commissariamento può essere disposto non più solo nei confronti dell'impresa nel suo complesso, ma anche sullo specifico ramo d'azienda o stabilimento e, in quest'ultimo caso, vanno offerte idonee garanzie patrimoniali e finanziarie per l'adempimento delle prescrizioni ambientali.
  Il testo è stato migliorato anche nella parte in cui si dice che il commissariamento può essere previsto qualora si verifichi la reiterata inosservanza dell'AIA e qualora l'attività produttiva dello stabilimento abbia a comportare e comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute. Per le future procedure di commissariamento è prevista l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari ed è stato previsto in modo esplicito quali siano le autorità competenti – citate genericamente nel testo originario del decreto – che possono rilevare l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'AIA, ossia l'Istituto superiore per la protezione ambientale, Pag. 32con il supporto delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. Si è specificato, inoltre, che tale accertamento debba essere effettuato in contraddittorio con l'impresa interessata.
  Inoltre, è prevista l'estensione dell'obbligo di informazione sull'andamento della gestione anche al titolare dell'impresa, ovvero al socio di maggioranza, ed è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri possa sostituire non più tutti gli organi di controllo – come inizialmente era previsto – ma solo fino ai due terzi dei componenti di tale organi, e l'attribuzione agli azionisti di minoranza della facoltà di sostituire il restante terzo.
  Inoltre, il Presidente del Consiglio dei ministri deve motivare il decreto con il quale può sostituire i componenti degli organi di controllo. Tra gli esperti che compongono il comitato uno deve essere scelto tra soggetti di comprovata esperienza in ingegneria impiantistica. È prevista una particolare forma di pubblicità del piano, anche attraverso la pubblicazione sui siti Web del Ministero, della regione e degli enti locali interessati. L'approvazione del piano modifica l'AIA limitatamente alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni. L'estensione dell'obbligo di comunicazione del piano industriale non è più al solo rappresentante legale dell'impresa, ma anche al titolare dell'impresa stessa, ovvero al socio di maggioranza. Per quanto riguarda il piano ambientale, si prevede che venga sentita la regione competente. Sul piano ambientale, il rappresentante dell'impresa può formulare osservazioni entro dieci giorni dalla sua pubblicazione, che saranno valutati dal comitato entro il termine di centoventi giorni dalla nomina del comitato stesso.
  Le somme messe a disposizione del commissario ed utilizzate per gli adempimenti delle prescrizioni non sono mai ripetibili, attesa la loro destinazione finale che è quella riferita alla finalità di pubblica salute.
  Sono per intero a carico dell'impresa non solo tutti i trattamenti economici, ma anche gli eventuali oneri di funzionamento della struttura commissariale; è previsto un monitoraggio dell'attività di ispezione e di accertamento svolta dall'ISPRA e dall'ARPA in relazione all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alle imprese per le quali si verificano i presupposti del commissariamento in base a quanto disposto dai commi 1 e 1-bis dell'articolo 1.
  Per tale finalità il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato dei controlli ambientali che dia conto anche dell'adeguatezza e delle attività svolte dall'ISPRA e dall'ARPA. Da ultimo, è stato approvato l'articolato 2-bis, che prevede l'abrogazione del garante incaricato e che il commissario, in accordo con la regione e le istituzioni locali, promuova iniziative di informazione e consultazione finalizzate ad assicurare la massima trasparenza per i cittadini, analogamente a quanto previsto per il garante.
  Colleghi, onorevole Presidente, il tema dell'Ilva non nasce certamente oggi e non può essere racchiuso in uno scontro tra due grandi temi: lavoro – ambiente e salute. Noi, come gruppo del PdL e gli amici colleghi pugliesi, insieme a tutti coloro che fanno parte di questa coalizione, riteniamo che il futuro di Taranto passi non più da una contrapposizione fra questi temi, bensì dalla loro coesistenza.
  La nostra scommessa, non solo quella di Taranto e della sua provincia, ma di tutto il Paese, è quella di individuare i percorsi giusti perché vi sia piena armonizzazione fra le diverse esigenze. Naturalmente gli interventi previsti in questo provvedimento da soli non bastano a superare l'emergenza ambientale di Taranto. Ma, attenzione, la chiusura dell'Ilva aprirebbe una ferita sociale nel nostro territorio che di colpo si vedrebbe privato di un grosso polo strategico nazionale.
  Soprattutto non aiuterebbe a migliorare la qualità dell'ambiente perché la chiusura dello stabilimento di per sé, come insegna Bagnoli, non comporta automaticamente la bonifica del sito. Ci troveremmo quindi davanti alla beffa oltre che Pag. 33al danno per i cittadini di Taranto: vale a dire anche la perdita di tanti posti di lavoro. Così come dimostrato in più casi, l'Ilva dovrà necessariamente continuare a produrre per garantire le risorse indispensabili agli investimenti necessari per l'attuazione di quella prescrizione, la prescrizione dell'AIA.
  È inutile nascondere la realtà, la scelta industriale fatta negli anni Sessanta ha condizionato in modo netto lo sviluppo della provincia ionica; l'insediamento siderurgico, uno dei più grandi come si è detto, è stato caratterizzato da una serie anche di errori, a cominciare dall'allocazione dell'acciaieria a ridosso della città e di significative omissioni in termini di tutela dell'ambiente. Ha rappresentato però, c’è da dire, per oltre cinquant'anni il principale se non unico sostegno economico, così come per gran parte lo è ancora oggi.
  In assenza in questo momento di una politica di diversificazione e della mancata realizzazione di un indotto, ipotizzare una trasformazione radicale dell'economia del territorio da molti invocata è una soluzione a dir poco utopistica; chi, legittimamente, ha pareri diversi, ha l'obbligo di proporre le proprie idee corredandole però dei necessari progetti concreti.
  Limitarsi a segnalare gli esempi di altre aree del mondo in cui si è realizzata una riconversione non risolve la questione, oggi occorre fare i conti con un contesto molto difficile che è nostro, della nostra provincia e della nostra nazione. Siamo ancora nel pieno di una grave crisi economica da cui cerchiamo con non poche difficoltà di uscire; la provincia ionica in particolare, proprio per le diverse crisi del mercato anche dell'acciaio, ha perso oltre 30 mila posti di lavoro; a ciò si aggiunga la crisi di tanti altri comparti economici, pensiamo al gruppo Natuzzi che ha importanti insediamenti nella nostra provincia, pensiamo all'appalto dell'arsenale con uno sguardo a quanto denunciato qualche giorno fa dal capo di Stato maggiore della Marina militare, l'ammiraglio De Giorgi, pensiamo ancora alle tante piccole imprese e realtà produttive che ogni giorno chiudono, al commercio ormai asfittico, alla scomparsa totale dei cantieri edili. In questo contesto abbiamo tutti il dovere di guardare la questione Taranto in modo globale, senza squilibri nel bilanciamento fra diverse esigenze, lavoro e salute, diritti inalienabili e costituzionalmente garantiti che non possono e non devono contrapporsi.
  Abbiamo avuto attenzione, ritengo, in questo provvedimento anche per le ragioni dell'occupazione e della sopravvivenza stessa di un territorio da tempo in ginocchio. Ritengo che con questo provvedimento, che siamo chiamati ad approvare, garantiamo la continuità della produzione e allo stesso tempo ci portiamo avanti in Europa prevedendo di attuare con anticipo di due anni una direttiva comunitaria sulle emissioni.
  Non è mio costume e non intendo oltretutto inserire motivi di polemica in un momento in cui più che mai è necessario mantenere coesione nel Paese e lavorare insieme per la soluzione dei problemi.
  Mi limito a dire, a chi accusa il Popolo della Libertà di aver tenuto un profilo molto basso, che il tema ambientale, soprattutto in relazione alla questione di Taranto, è stato per la prima volta affrontato dal Governo Berlusconi nel luglio 2011, così come giova ancora ricordare, nel legittimo tentativo di rendere compatibili le ragioni del lavoro con quelle dell'ambiente, che tutti gli schieramenti politici, a cominciare da chi governa in Puglia – regione, provincia e comune – da otto anni hanno scelto la strada del dialogo e della difesa dell'insediamento.
  Concludo con un appello al Governo perché faccia di più per Taranto, perché immediatamente metta a disposizione le risorse per le bonifiche stanziate con la delibera CIPE del 3 agosto 2012, tenga costantemente in attività il tavolo istituzionale come momento di coordinamento finalizzato a sollecitare gli enti ad ogni titolo interessati, perché non si perda ulteriore tempo e perché si garantisca la piena realizzazione nei tempi prefissati delle prescrizioni contenute nell'AIA.Pag. 34
  Ma non solo: Taranto è un interesse nazionale per le bonifiche e, più in generale, per il suo stato grave di crisi e di economia. Da questa dichiarazione, scaturisce la necessità di un'attenzione particolare per il nostro territorio. Mi riferisco alle infrastrutture da completare, al sostegno per le imprese, al dovuto risarcimento per i cittadini, un risarcimento in termini di provvedimenti che aiutano anche la ripresa economica e, quindi, occupazionale. Taranto e la sua provincia hanno bisogno di ritrovare la serenità di un ambiente salubre che garantisca la salute, ma anche di nuove opportunità di sviluppo. Una è data dal porto, che ci auguriamo possa finalmente recuperare il tempo sinora perduto, ma si può e si deve fare di più. Occorre ipotizzare – mi riferisco ora a tutte le situazioni di particolare crisi diffuse nel Paese – norme che consentano deroghe specifiche a limiti che condizionano la spesa dei comuni ancor più della spesa sanitaria.
  Tornando a Taranto, per esempio, come si può conciliare una condizione di insorgenza di gravi patologie, con una riduzione dei reparti, la chiusura degli ospedali, il blocco delle assunzioni, e così via ?
  Concludendo, sento di poter affermare che il provvedimento che discutiamo oggi sia un passo importante in avanti senza presunzione di ritenerlo esaustivo, ma con la consapevolezza che nessuno, salvo prova contraria, possa oggi porre rimedio in pochissimo tempo ad una questione che nasce dagli anni Sessanta e che si è prodotta in oltre cinquant'anni di permanenza della grande industria a Taranto. Taranto e i tarantini hanno oggi una necessità: evitare una ferita sociale legata all'ambiente, alla salute e al lavoro e chi cavalca questi aspetti drammatici non offrendo soluzioni concrete, offende, per l'ennesima volta, la dignità di un territorio per tanto tempo, per troppo tempo, relegato al suo destino.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, onorevoli deputate e deputati, componente del Governo, con il provvedimento oggi in discussione, la conversione del decreto-legge n. 61 del 2013, inerente le disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale, diamo finalmente una risposta al problema urgente e grave dell'inquinamento di Taranto e del suo comprensorio, emergenza ambientale al centro del dibattito politico degli ultimi anni, dopo che il «governatore» Vendola, nel marzo del 2006, nel quarto atto di intesa tra la regione Puglia e l'Ilva, sollevò il problema delle diossine, chiedendo all'azienda di misurarne al più presto i livelli e l'incidenza sulla città di Taranto. Ma il decreto-legge non si limita a questo, come si evince dalla titolazione e, assumendo Taranto e la sua emergenza ambientale a tragedia di un'intera nazione, vuole dettare una disciplina, una procedura capace di rispondere a situazioni in cui risultino gravemente compromessi l'ambiente e la salute dei cittadini, in presenza di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale. Va, cioè, a colmare una lacuna del nostro ordinamento, che finora contemplava unicamente il caso dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Tragedia di un'intera nazione – dicevo –, l'inquinamento di Taranto è tragedia di un'intera nazione, e non sembri questa espressione esagerata e demagogica. È tragedia di un'intera nazione per l'entità del disastro ambientale che si è consumato a Taranto, su un territorio di almeno 100 chilometri quadrati.
  Taranto, città di 200 mila abitanti, una delle più antiche città del Mediterraneo, emblema stesso della cultura dell'ospitalità delle genti del Mediterraneo, crocevia storico e geografico tra la Magna Grecia e Bisanzio, crocevia storico tra la dominazione normanna e quella spagnola, con il loro lascito culturale e artistico, emblema della cultura meridionalista, per la sua Pag. 35disponibilità al dialogo, la sua disponibilità all'incontro tra culture differenti, di cui è simbolo il suo stesso porto.
  La valutazione del danno sanitario è stata introdotta dalla regione Puglia con la legge n. 21 del 2012, legge che giustamente il Ministro Orlando, audito in Commissione, ha evocato come all'avanguardia nella tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Lo dico, Presidente, anche in riferimento alla chiamata a correità del «governatore» Vendola, che abbiamo sentito poc'anzi, da parte del MoVimento 5 Stelle. Alle illazioni infondate preferiamo rispondere con questo, con la valutazione del danno sanitario. La valutazione del danno sanitario, unitamente alla rilevazioni effettuate dall'ARPA, ha permesso una più puntuale circoscrizione del problema e dei suoi effetti, fuori dagli allarmismi tante volte lanciati da qualche operatore della carta stampata ma fuori pure, all'opposto, da ogni tentazione riduzionista del problema, tentazione che per troppo tempo, lungo i 50 anni di vita dell'acciaieria tarantina, ha dominato. Il danno sanitario è categoria nuova nella legislazione italiana, la cui valutazione consta sostanzialmente della verifica di due elementi: una valutazione epidemiologica sull'area, avente ad oggetto le patologie a latenza breve, astrattamente attribuibili all'esposizione ambientale, e una valutazione dell'impatto sanitario a impianto specifica avente ad oggetto le sostanze cancerogene e i loro effetti. Appunto, alle illazioni noi preferiamo i fatti.
  Oggi sappiamo che il suolo di Taranto, la falda, i sedimenti marini, rivelano la presenza di idrocarburi policiclici aromatici in misura anche 75 volte superiore il valore di soglia e metalli pesanti anche 10 volte oltre il limite. Al benzopirene, inquinante emesso dalla cokeria, dobbiamo gran parte del rischio cancerogeno. La situazione è particolarmente seria nei quartieri prospicienti lo stabilimento e, in particolare, nel popoloso quartiere di Tamburi, praticamente una città nella città, sorta a ridosso degli impianti proprio a ricezione dell'immigrazione interna che lo sviluppo dell'acciaieria tarantina favorisce a partire dagli anni Sessanta.
  Lo studio sulla mortalità umana, effettuato dal progetto «Sentieri», mette in evidenza come la popolazione di Taranto presenti effettivamente uno stato di compromissione della salute, con un incidenza della mortalità superiore rispetto alla media regionale e un'incidenza che aumenta in modo significativo proprio nei quartieri a più alto rischio. Taranto ha visto compromessa la salute dei propri abitanti e anche la vita sociale, i rapporti cittadini, con un clima di preoccupazione, sfiducia, tensione e paura che lentamente si è diffuso fra la cittadinanza, per così dire lo stesso spirare dei venti che diffondevano i veleni della produzione dell'acciaio non adeguatamente messo in sicurezza.
  In questa storia italiana i tempi sono importanti per capire le responsabilità e il dramma di tutta una cittadinanza. È solo nel 2012, al termine di un lungo braccio di ferro che ha visto contrapposti da un lato la proprietà dell'Ilva e, dall'altro, le autorità regionali e in ultimo pure il Ministero dell'ambiente, che si arriva prima all'emanazione dell'AIA e delle sue prescrizioni e poi all'intervento della magistratura. Ma, si deve tornare indietro di ben 5 anni per la prima campagna di monitoraggio delle emissioni del camino E312 e delle polveri e dei microinquinanti organici presenti nell'aria di Taranto.
  Da cinque anni la regione, consapevole della gravità del problema, aveva dotato l'ARPA della strumentazione necessaria al monitoraggio delle diossine. Ed è ancora la giunta regionale che aveva istituito il Registro tumori Puglia, strumento finalizzato alla mappatura dell'incidenza delle patologie tumorali. È, quindi, necessario lo studio organico e su basi scientifiche.
  Nel 2009, proprio mentre la giunta pugliese si trova al centro di un attacco concentrico, volto a screditare le scelte in materia ambientale e la politica di tutela della salute pubblica, l'ARPA accerta e comunica il superamento dei livelli di benzopirene. Parrebbe ormai impossibile eludere il problema e, tuttavia, bisognerà Pag. 36attendere ancora, fino al 2012, lo scorso anno, per vedere l'intervento deciso della magistratura. Ed è di qualche settimana fa, come sappiamo il commissariamento.
  Eppure, l'accertamento dello sforamento dei livelli di benzopirene era ormai cosa nota e già nel 2009 l'ARPA pugliese pubblicava i risultati del monitoraggio sulle polveri sottili nel convegno «Le diossine a Taranto, tra ambiente e salute».
  Era cosa ormai nota al punto che nel 2010 si rendeva necessario intervenire sugli allevamenti e sui pascoli prossimi all'area industriale per evitare la contaminazione della catena alimentare e veniva avviato il monitoraggio biologico della popolazione di Taranto per comprendere l'incidenza sulla popolazione dell'esposizione ai metalli pesanti. I tempi sono importanti – dicevo – in questa storia per capire le responsabilità. I dati che puntualmente le centraline dell'ARPA cominciano a riversare dal 2008 testimoniano una situazione sempre più drammatica, ma non impediscono al Governo Berlusconi di intervenire con il decreto-legge del 2010, subito ribattezzato come decreto «salva Ilva», che proroga al 2013 il raggiungimento del valore obiettivo di emissione del benzopirene. Siccome l'azienda non interviene sui propri veleni, attendiamo e aspettiamo pazienti altri tre anni, come se i veleni dell'Ilva potessero rendere il medesimo favore e avessero la bontà di nutrire la stessa pazienza. Finalmente, dal 2011 il Ministero rilascia all'Ilva l'autorizzazione integrata ambientale: 93 prescrizioni, almeno 3 miliardi di interventi ormai improcrastinabili. Da questo momento e per tutto il 2012 e il 2013 e fino al commissariamento i rapporti dell'ISPRA puntualmente denunceranno in una drammatica sequenza le ripetute violazioni delle prescrizioni dell'AIA da parte dell'Ilva. E l'Ilva intanto cosa fa ? Come risponde l'Ilva ? L'Ilva ricorre al TAR contro le prescrizioni dell'AIA. L'Ilva non ottempera se non in modo lacunoso e in minima parte alle prescrizioni dell'AIA. L'Ilva chiede la revoca del sequestro dei prodotti finiti e semilavorati disposto dalla procura.
  Come non essere perplessi e preoccupati dunque, onorevoli colleghe e colleghi, davanti alla scelta di nominare il dottor Bondi, già amministratore delegato dell'Ilva, commissario straordinario. Certo, Bondi è stato amministratore delegato dell'Ilva solo per un brevissimo periodo e, tuttavia, è in lui che la famiglia Riva, proprietaria dell'Ilva, ripone quella fiducia e quella stima presupposto della sua nomina ad amministratore delegato – quella stessa famiglia Riva che nel 2012 viene raggiunta dai provvedimenti restrittivi dell'autorità giudiziaria – ed egli accetta di assumere le funzioni di amministratore delegato quando ormai nessuno più osa seriamente mettere in dubbio le responsabilità dell'Ilva nel disastro ambientale di Taranto. Siamo sicuri, colleghe e colleghi deputati, che non potesse essere fatta scelta più opportuna di Bondi ? E mi sia permesso di dire che lascia perplessi anche innanzi alle dimensioni di questa emergenza l'ironia del Ministro Zanonato che davanti alle Commissioni VIII e X riunite a chi gli palesava la perplessità per la nomina di Bondi usava la metafora del calciatore che viene ingaggiato da una nuova squadra, lascia quella per cui ha giocato fino al giorno prima, cambia i colori della maglia.
  Le responsabilità dell'azienda sono ormai incontrovertibili e, a riprova, possiamo ricordare come nel momento in cui, a seguito dell'intervento della magistratura, fanno ingresso nell'area industriale i custodi giudiziari con il supporto dei Carabinieri del NOE e comincia a trovare attuazione la nuova AIA con la chiusura nel gennaio 2013 dei camini prossimi al centro abitato, le centraline posizionate dall'ARPA nel quartiere Tamburi tornano repentinamente a valori normali e la qualità dell'aria migliora improvvisamente. E valori ancora più significativi registrano pure le centraline poste nella città di Taranto più lontane dagli impianti.
  Le responsabilità dell'azienda sono ormai incontrovertibili e tuttavia sbaglieremmo se pensassimo di poter risolvere il dramma di Taranto con un semplice tratto di penna, che metta fine per sempre alla Pag. 37storia dell'acciaio tarantino. La chiusura definitiva degli impianti, quella che potrebbe sembrare una soluzione radicale, l'estirpazione della produzione industriale di Taranto, per la sua storia non farebbe che consumare definitivamente una tragedia di portata storica. Sulla ferita purulenta di tutto un comprensorio violato da una situazione di gravissimo inquinamento andremmo a spargere il sale della disoccupazione, della miseria, di un nuovo gigantesco fenomeno migratorio. E, come è stato in altri siti italiani – si badi bene – con caratteristiche analoghe, ma più ridotte rispetto agli oltre 10 chilometri quadrati dell'Ilva di Taranto, lo stesso recupero ambientale a quel punto finirebbe per apparire operazione titanica, impossibile. L'area di quella che fu l'Ilva di Taranto diventerebbe col tempo un gigantesco accumulo di ferro, buono solo per arrugginire lentamente al sole del Mediterraneo, una gigantesca area dismessa per sempre e per sempre compromessa nel suo ecosistema.
  Né è ipotizzabile una chiusura temporanea dell'area a caldo dell'acciaieria, come pure è stato evocato in qualcuna delle audizioni che si sono tenute questo mese presso le Commissioni; una chiusura temporanea dell'area a caldo, in attesa che si compia un risanamento ambientale di un'area vasta più di 100 chilometri quadrati (ricordo che la superficie della città di Taranto è pari a 200 chilometri quadrati).
  Dobbiamo sapere che il risanamento durerà anni e nessun altoforno può sopportare un blocco così prolungato. Il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà vuole il pieno risanamento ambientale di Taranto e del suo comprensorio, pretende a gran voce la salute dei cittadini di Taranto e la tutela delle sue bellezze, artistiche e paesaggistiche, e pretende che le responsabilità siano severamente perseguite, ma vuole anche la tutela dei posti di lavoro, di tutti gli 11.500 posti di lavoro che vanta l'Ilva a Taranto e di tutti i circa 8 mila posti di lavoro dell'indotto, tutti quanti.
  La soluzione, dunque, non sta nella chiusura dell'Ilva. La grave crisi economica che il Paese sta vivendo è anche crisi di tutto un modello industriale che ha smarrito la qualità del made in Italy, che nel dopoguerra lo aveva fatto balzare tra i maggiori Paesi industrializzati. Il numero delle grandi imprese a capitale italiano, storicamente esiguo rispetto agli altri Paesi, ha subito un ulteriore crollo nell'ultimo decennio, per una serie di cause che sarebbe lungo analizzare in questa sede.
  Quello che possiamo dire è che l'uscita dalla spirale della crisi economica in cui il Paese è caduto passa sia da un diverso modello di crescita economica, che trovi nella rinnovata tutela dell'ambiente e nella qualità della propria produzione i propri principi cardine, sia dalla riacquisizione nel mercato internazionale di quel ruolo di leadership che il nostro Paese ha vantato a lungo grazie alla qualità della propria produzione industriale. Un nuovo made in Italy, che trovi nella qualità delle proprie produzioni, nella conversione di quelle divenute economicamente insostenibili, nel rispetto dell'ambiente, della salubrità e della sicurezza dei luoghi di lavoro e nella tutela dei diritti i propri punti di forza.
  La chiusura dell'Ilva o l'uscita, anche solo temporanea, dal mercato del suo acciaio pregiato non è accettabile perché decreterebbe la chiusura definitiva di un settore in cui ancora la nostra economia riveste un ruolo primario, nonostante la sovrapproduzione mondiale dell'acciaio e nonostante che, anche in questo settore, il mercato sia in sofferenza. Altri protagonisti si sostituirebbero a noi e per le sorti della nostra economia sarebbe un ulteriore tracollo. La chiusura dell'Ilva non sarebbe la soluzione, ma un nuovo irresolubile problema. La soluzione sta nella piena e totale messa in sicurezza dell'Ilva.
  La valutazione complessiva che il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà dà del decreto-legge è sostanzialmente positiva, nonostante taluni gravi lacune, originate soprattutto da emendamenti approvati, appunto, in sede istruttoria, su cui avrò modo di soffermarmi più diffusamente a presentazione del complesso degli emendamenti; Pag. 38valutazione positiva nella speranza che queste lacune vengano superate dall'Aula e a condizione, ovviamente, che, in questa sede, in sede di conversione del decreto-legge, l'impianto complessivo della norma non venga stravolto, magari con l'approvazione di emendamenti dell'ultimo momento, magari per accontentare le richieste di Confindustria e Federacciai, che paventano nel decreto-legge una qualche occulta forma di nazionalizzazione. Così non è. Il decreto-legge, invece, è chiamato a dare una risposta urgente e ineludibile all'emergenza ambientale di Taranto. Nessuno si illuda di poter risolvere l'emergenza ambientale di Taranto con un intervento minimalista e di facciata. Non è più quel tempo e questo Parlamento deve rispondere responsabilmente a tutta quanta la comunità ferita di Taranto, che da troppo tempo attende un intervento risolutivo. Centrale, nell'impianto normativo, appare la nomina del commissario, si è già detto, a cui è stato opportunamente affiancato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il subcommissario Ronchi.
  Irragionevole, invece, ci appare la soppressione del garante dell'AIA, poiché, in una situazione di grave emergenza ambientale, il garante dell'AIA appare come uno strumento di ulteriore tutela, anche in considerazione del medesimo articolo 2-bis del decreto-legge, nella stesura uscita dalle Commissioni, che, oltre a sopprimere la figura del garante, detta puntualmente e correttamente un divieto all'impiego di nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  E dunque con questo vincolo potrebbe tranquillamente essere confermata la figura del garante dell'AIA. A grandi emergenze, grandi tutele. Se possiamo fare in modo che il garante dell'AIA non costituisca un aggravio per la finanza pubblica, perché sopprimerlo ? A grandi emergenze, grandi tutele. Il nostro auspicio è che questa funzione possa essere reintrodotta da questa Assemblea. Lo ripeto, colleghi, non vi è motivo di sopprimere la figura del garante dell'AIA.
  Al centro dell'azione del Commissario straordinario, è il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge dell'AIA, approntato dal comitato dei tre esperti ambientali nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare contestualmente alla nomina del Commissario. Si badi che il successivo piano industriale dell'azienda deve conformarsi al piano ambientale, definendo così un ordine di priorità che è espressione diretta del dettato costituzionale che, all'articolo 32, ammonisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.
  Il decreto-legge possiede potenzialità che trascendono Taranto e la sua emergenza e inaugurerà, se applicato correttamente, e in tutti gli effetti che può dispiegare, una rinnovata modalità di governo dell'impresa e dell'economia del nostro Paese. Il fare impresa in Italia non potrà più eludere la salute pubblica e il rispetto dell'ambiente. E pertanto appaiono incongrui gli emendamenti che, in ultimo, in sede di Commissione, sono stati introdotti a circoscrivere e limitare l'applicabilità della norma. Ancora una volta rimando alla presentazione del complesso degli emendamenti, ma fin d'ora posso anticipare che si tratta dell'articolato introdotto in sede referente che circoscrive il terreno in cui il decreto-legge può dispiegare i propri effetti: il limite dei mille dipendenti che deve possedere l'azienda da commissariare, senza cui non risulta applicabile la procedura in esame. Come se le aziende che vantino meno di mille dipendenti non siano in grado di arrecare gravi danni all'ambiente ! L'ACNA di Cengio aveva meno di mille dipendenti quando fu chiamata a rispondere delle proprie responsabilità. E in questo fine settimana, colleghi, mi sono esercitato a cercare, a livello storico, quanti dipendenti vantasse la Sade, alla vigilia della tragedia del Vajont. Non sono riuscito a trovare questo dato. E inoltre, l'inosservanza delle prescrizioni dell'AIA, che una volta accertata permette Pag. 39il commissariamento, nel nuovo testo licenziato dalle Commissioni si richiede sia «reiterata», ancora una volta pena l'inapplicabilità del commissariamento.
  Al di là di questi limiti, che, lo ripeto, ci auguriamo vengano superati, è evidente tuttavia, e dovrebbe esserlo a tutti quanti, che la proprietà, il concetto stesso di proprietà, viene assoggettato ad una potenziale sua compressione, sia pur limitata nel tempo, ai 36 mesi di durata massima del commissariamento, laddove sia stato accertato che la salute dei cittadini sia stata compromessa. A ben vedere questo evidente assoggettamento del diritto di proprietà alla tutela della salute pubblica, pienamente in linea con il dettato costituzionale, dovrebbe sancire che al termine del commissariamento la famiglia Riva non possa tornare a capo delle acciaierie di Taranto. Il dettato del decreto-legge possiede infatti un respiro ben più vasto della mera sostituzione di impianti, della sola copertura di acciaierie e altiforni, della bonifica onerosa di una parte del territorio tarantino, pure amplissimo. La norma impone una modalità imprenditoriale ben diversa, che la famiglia Riva ha dimostrato di non possedere.
  Ma per tutto questo ci rendiamo conto che sarebbe necessaria una nuova politica economica che, superata almeno per questa casistica la libera concorrenza eletta a feticcio, permetta una rinnovata modalità di intervento pubblico, declinata con forme e modalità attuali. Siamo convinti che qui risieda l'unica possibilità di superamento dell'attuale crisi economica, ma il decreto-legge in conversione non arriva a questo punto, e in questa contraddizione sta al suo maggior difetto. Secondo il dettato del decreto-legge e salvo provvedimenti inattesi, che a questo punto ci auguriamo, la famiglia Riva al termine del commissariamento, che non dovrebbe durare meno di 36 mesi, dovrebbe rientrare nel pieno possesso dell'azienda.
  Taranto, tragedia di un'intera nazione, dicevo al principio di questo intervento; Taranto autobiografia di una intera nazione.
  Con questo decreto-legge Taranto diventa esempio di quello che non vogliamo più tornare a vedere nel nostro Paese: un'intera nazione dove ogni possibilità di crescita economica e di produzione industriale, non ha mai trovato la persona al centro del proprio agire, la persona dei lavoratori, i lavoratori dell'Ilva, e la persona di chi vive a contatto con la fabbrica, i cittadini di Taranto, entrambi ugualmente vittime e parti lese in questa storia decennale.
  La storia delle acciaierie tarantine segue l'evoluzione dell'industria italiana all'insegna del classico modello fordista. Sorte al culmine del boom economico come Italsider e sotto la regia e il controllo dell'IRI, che già vantava il controllo dell'industria siderurgica italiana, nei loro cinquant'anni di vita rispecchiano una modalità imprenditoriale prevalentemente o esclusivamente attenta al profitto, che non può più oggi essere perseguita.
  Ci pare anacronistico, onorevoli deputati, che ancora nel tempo presente si possa evocare il principio di Adam Smith secondo cui lasciare che ogni un uomo possa sforzarsi di migliorare la propria condizione e perseguire il proprio profitto, possa essere sufficiente a garantire la crescita di tutta la collettività. La storia ci dice che non è così e anche la storia di Taranto e della sua emergenza ambientale ci racconta il fallimento storico di questo modello.
  Ma quanti errori anche nella nostra storia, colleghe e colleghi deputati che ci ascriviamo alla sinistra di questo Paese ? La nostra riflessione politica storicamente è attestata attorno al lavoro; la forza lavoro umana, da un lato, e il produttore, gli strumenti e i tempi della produzione, dall'altro, dimenticando in gran parte il terzo dei soggetti del processo del lavoro: la natura, l'ambiente.
  L'ultimo errore in cui potremmo incorrere qui, oggi, tutti quanti, tutte le forze politiche, è una contrapposizione tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro: una tentazione che ha aleggiato in talune audizioni svolte in questo mese dalla Commissione Attività produttive e dalla Commissione Pag. 40Ambiente e che le Commissioni – mi pare – abbiano allontanato. Ma per questo, per non cadere in questa contrapposizione artificiosa, occorre porre la persona al centro del nostro agire; la persona al centro dell'attività imprenditoriale, al centro dell'economia; la persona nella sua integrale concezione, centro di diritti e di doveri, soggetto di interessi e di obblighi; la persona e non il profitto. Quanto differente sarebbe stata l'evoluzione del nostro Paese e la storia dell'Europa se la persona e non il profitto fossero stati al centro della politica e delle scelte dell'economia. Chernobyl, il Vajont, il rogo della ThyssenKrupp e i veleni dell'ACNA di Cengio: tragedie antiche e tragedie recenti che ci ammoniscono, tragedie che non vogliamo più incontrare lungo la nostra storia.
  Con il decreto-legge che la Camera si appresta ad approvare vogliamo segnare un punto di non ritorno, una garanzia per ogni cittadino di questo Paese e anche per questo dobbiamo ringraziare Taranto e sui cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. È stato ricordato che a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 lo Stato, nel suo progetto di industrializzare il Paese – in modo particolare il Mezzogiorno – decide di costruire la grande fabbrica a Taranto. Decide di farlo a ridosso della città. Se quella scelta fu appropriata o meno, in un territorio di particolare pregio paesaggistico, è una risposta difficile, che molto spesso ha il sapore del senno del poi. Diciamo che possiamo facilmente convergere, invece, su un'altra affermazione: che l'ubicazione della fabbrica – in modo particolare quella dei parchi minerari, famigerati quanto giganteschi parchi minerari – fu evidentemente sbagliata.
  Ma l'errore tragicamente più clamoroso che riguarda l'ubicazione e la costruzione di questa grande fabbrica, si realizza negli anni ’70, quando lo Stato decide di raddoppiare il quarto stabilimento siderurgico italiano, che raggiunge una dimensione tale che nel 1980 questo stabilimento dava lavoro a 30.000 unità.
  Ho voluto ricordare questo passaggio, questo cenno storico, perché oggi lo Stato è chiamato ad assumere fino in fondo piena responsabilità su quello che è stato in questi ultimi cinquant'anni.
  Conveniamo sul fatto, e penso che sia un dato acquisito, che la vicenda che stiamo trattando non sia una piccola questione locale, ma sia senz'altro una grande questione nazionale per evidenti ragioni di strategia industriale e perché lo Stato, lo voglio sottolineare, è debitore nei confronti di Taranto. Ma, in realtà, la questione ha un significato ancora più grande. È una vicenda emblematica di inizio di terzo millennio per l'intero mondo industrializzato che non può rinunciare al suo apparato industriale, pena un rapido ed irreversibile declino, ma che deve necessariamente e rapidamente creare una condizione di equilibrio che garantisca la salute e la vita dentro e fuori la fabbrica. Una scommessa difficile che dobbiamo accettare per forza e dobbiamo accettarla per vincerla: non ci sono alternative. Non ci sono alternative, a meno che non ci rassegniamo a smantellare pezzi importanti dalla nostra industria manifatturiera con scompensi di tipo socio-economico largamente prevedibili. Nel caso di specie è inutile girare troppo intorno all'argomento, ma perdere la scommessa significherebbe la chiusura dello stabilimento di Taranto non solo per quello che ha recentemente affermato la Corte costituzionale, ovvero che il diritto al lavoro non può prevalere sul diritto alla salute, ma anche e soprattutto perché la popolazione non intende più scendere a compromessi con la propria salute.
  Io ho il privilegio, essendo un abitante di Taranto, di offrire quest'affermazione non soltanto come rappresentante, qui, in questo Parlamento ma anche come cittadino della mia città. E allora è indispensabile trovare l'agognato punto di equilibrio. La parola magica è punto di equilibrio. Pag. 41Punto di equilibrio tra fabbrica e ambiente, tra lavoro e salute, tra esigenza dell'industria italiana e la qualità della vita di coloro che abitano intorno alla grande industria. A questo punto e su questo argomento il Partito Democratico, a tutti i livelli territoriali, sta cercando di operare ogni sforzo, di esplorare ogni soluzione perché questo agognato punto di equilibrio possa essere trovato.
  Il decreto-legge n. 61 consegue alla legge n. 231. Mi sembra di giocare al gioco dell'oca. Non so se qualcuno di voi lo ricorda: il gioco dell'oca certe volte ti costringe a tornare alla casella del via. Noi stiamo tornando alla casella del via perché la legge n. 231, come sapete, non è stata ottemperata dall'imprenditore e, quindi, il Governo si è visto costretto a intervenire nuovamente con un provvedimento che giuridicamente è molto forte. È un provvedimento che non passerà inosservato agli studiosi del diritto, che probabilmente entrerà nei libri dei nostri studenti, nei libri del diritto industriale, nel diritto ambientale già dal prossimo anno accademico. Si tratta di un fatto importante, non di una fatto che accade ogni giorno. Del provvedimento si è detto e diremo meglio domani. La sua impostazione è stata difesa in Commissione e il testo è stato migliorato.
  Ora, in conclusione, vedo che lodevolmente molti colleghi si adoperano a interpretare lo stato d'animo dei tarantini. Diciamo che io ho la facilità di non doverlo interpretare nel senso che lo sono e vivo sempre e ho vissuto sempre e ho scelto di continuare a vivere nella mia città. I tarantini hanno bisogno di fatti concludenti, hanno bisogno di toccare e vedere qualche risultato. Ad esempio, hanno bisogno di vedere il cartellone con su scritto «cantiere per le bonifiche aperto successivamente alla legge n. 171» approvata da questo Parlamento l'anno scorso. Il CIPE ha deliberato delle somme; sono state stanziate. Queste somme essendo statali ma, passando dalla regione, rischiano di essere «impigliate» nella rete del patto di stabilità.
  Questo Parlamento ha il dovere di evitare questa condizione, come fatto con Piombino 14 giorni fa. Ha il dovere di intervenire, perché questo è un fatto concludente. I tarantini aspettano una risposta dal Governo, e in modo particolare dal Ministero della salute, che ha taciuto troppo, a prescindere dai Governi e a prescindere dal segno politico dei Governi. Ha taciuto troppo fino ad oggi: se c’è emergenza sanitaria, ci deve essere una risposta all'emergenza sanitaria, non si può fare finta di nulla. E allora bisogna trovare delle soluzioni immediate per fronteggiare l'emergenza sanitaria. Nella legge n. 231 c’è stata una prima risposta: c’è stata la possibilità di derogare, per l'Asl di Taranto, ai vincoli imposti dalle leggi nazionali per assumere medici ed infermieri. Però quel limite quantitativo è molto poco, è un buon inizio, ma certamente va aumentato, quel limite, perché si deve dare la possibilità all'Asl di poter fare meglio e di più. Su questo non sarà riproposto l'emendamento già proposto in Commissione, ma c’è l'intenzione, da parte mia, ma da parte di tutto il mio partito, di insistere su questo argomento e di farlo nella sede più opportuna e al momento più propizio, probabilmente nella prossima legge di stabilità.
  Concludo Presidente: c’è un'ultima condizione che non sfuggirà ai tarantini. Io penso che il testo di questo decreto-legge, nel suo arricchimento e miglioramento operato in Commissione, sia un testo davvero utile, efficace e positivo, ma è una legge. La legge per esprimere i suoi effetti dovrà essere applicata. Quindi è indispensabile la volontà politica di farla applicare fino in fondo e del tutto. Non possiamo permetterci ancora nessun indugio e alcun tentennamento. Ecco, se questi fatti concreti, se le bonifiche interne allo stabilimento siderurgico, se l'emergenza sanitaria, se la volontà politica così esplicitamente espressa nel decreto-legge n. 61 dovessero finalmente rendersi più evidenti, penso che i tarantini si convinceranno che finalmente lo Stato si è interessato a questa grande questione e si sentiranno Pag. 42meno soli, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole L'Abbate. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, gentili colleghe ed egregi colleghi, si scelse Taranto cinquant'anni fa perché era al Sud, ed il Sud andava industrializzato; perché disponeva di un'ampia zona pianeggiante a ridosso del mare, senza pericoli sismici; perché bisognava dare vigore allo sviluppo italiano. Oggi possiamo affermare con certezza – ahinoi – che chi sposò allora il progetto del quarto centro siderurgico Italsider, non aveva certamente la minima idea dell'impatto che questo mostro siderurgico avrebbe avuto su tutta la provincia. Tra le sue produzioni, non solo laminati a caldo, zincati o bobine tubolari, ma anche e soprattutto l'8,8 per cento della diossina immessa nell'atmosfera in Europa ed il 92 per cento di quella italiana (dati INES 2006) dopo lo spostamento in loco delle lavorazioni a caldo dello stabilimento di Genova. Questi risultati per dare lavoro a 12.000 dipendenti, un'intera città, una città nella città che, lustro dopo lustro, ha fagocitato la capitale della Magna Grecia.
  Oggi Taranto è il simbolo del vecchiume, non di età, ma di idee, che ci ha guidato negli ultimi vent'anni e che ci governa tuttora: importare materie prime che percorrono migliaia di chilometri per poi realizzare un prodotto, l'acciaio, che oggi è sostituito da materiali più leggeri, resistenti e lavorati a basse temperature, come ad esempio la fibra di carbonio. Taranto non è l'unico esempio al mondo, ma continua a rimanere identica a se stessa nei decenni.
  «Non si può pianificare il futuro pensando al passato», ammoniva il filosofo irlandese Edmund Burke. E sembra sia stato proprio il suo il pensiero che ha guidato le scelte di Pittsburgh, 310 mila abitanti negli Stati Uniti d'America. La Steel City, la città dell'acciaio, è stata ribattezzata da The Wall Street Journal la «Robotburgh», scegliendo la robotica come marchio distintivo della sua eccellenza. Oggi l'acciaio qui c'entra come la Ruhr con il carbone, praticamente è roba dell'altro secolo. Oggi questa è la città dei trentacinque college e università, delle nanotecnologie, della bioingegneria, hub ospedaliero e sanitario tra i più importanti al mondo che dà lavoro a cinquantamila persone con un giro di affari di 5,6 miliardi di euro. Cosa è accaduto ? Semplicemente non si è inseguita la palla, ma ci si è piazzati dove la palla sarebbe arrivata. Non si è vissuto alla giornata puntando sulla bolla del momento, ma si è investito pensando alle prossime generazioni e senza chiedere aiuti pubblici.
  Vent'anni fa, mentre la siderurgia spariva, provocando un disastro sociale devastante, i grandi capitali e le grandi famiglie non sono scappati con il bottino – non sono scappati con il bottino ! – ma hanno continuato a finanziare le università e le fondazioni culturali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), innescando un processo virtuoso che ha permesso alla ricerca di concentrarsi sui progetti vincenti che hanno fatto man bassa di fondi federali, capitali che hanno attirato ricercatori e altro capitale privato.
  Che cosa ci prospetta per ora, invece, il futuro di Taranto ? L'attività industriale della principale area produttiva della zona oggi ci ha lasciato solamente un pesante carico di inquinamento del suolo, dell'aria e delle falde acquifere, il tutto per difendere e tutelare un solo comparto, non solo attentando alla salute di tutti gli altri tarantini che non si nutrono di Ilva, ma anche mettendo in ginocchio tutti gli altri comparti, dall'agricoltura alla mitilicoltura, alla zootecnia.
  Sono circa quindicimila le aziende agricole che operano nel territorio di Taranto; 15 mila famiglie per lo più – vista la dimensione media – che a loro volta generano posti di lavoro, per un totale di quasi 30 mila impiegati dell'agricoltura di questa terra, dove soprattutto olio, vite, allevamenti bovini sono i protagonisti. Storia, tradizione e lavoro sono andati persi. La causa si chiama Ilva spa, sia che abbia davvero avvelenato i campi, i mitili e le Pag. 43bestie, come testimonia l'abbattimento di tremila capi ovicaprini nel 2008 o come il livello raggiunto dalla media di policlorobifenili e diossine nelle cozze del Mar Piccolo, di un'unità superiore a 6,5 picogrammi per grammo (limite imposto dalla normativa europea), sia che, come affermano alcuni associazioni di categoria, dopo i serrati controlli dell'ASL di Taranto, il problema sia essenzialmente di marketing e di comunicazione.
  La verità è che, comunque, dal 2008, gli allevatori hanno dovuto cambiare vita nel raggio di 20 chilometri dalla sede del centro siderurgico, come testimonia l'articolo 2 dell'ordinanza n. 176 del 2010 del presidente Vendola. È vietato, infatti, il pascolo sui terreni non aventi destinazione agricola, mentre i terreni ad uso agricolo dovranno obbligatoriamente subire le necessarie lavorazioni per poter essere destinati al pascolo o alla produzione di alimenti per gli animali.
  Taranto rappresentava la maggiore area di produzione al mondo di mitili allevati, con una stima prossima alle 30 mila tonnellate l'anno e un indotto che dava lavoro a circa 1.300 addetti. La mitilicoltura ha caratterizzato per secoli l'economia della città, tanto che la cozza rappresenta tuttora, anche se non si allevano più da due anni, il simbolo gastronomico per eccellenza della città di Taranto. E se, come si racconta, i primi vivai a La Spezia, Pola, Olbia e persino Chioggia, li hanno impiantati gli agricoltori immigrati da Taranto, ora ai mitilicoltori tarantini non rimane che puntare su un altro settore, emigrare o giocarsi la carta nel Mar Grande, ancora più inquinato del fratello minore. E se, solo qualche lustro fa, l'unico ingrediente ammesso per le cozze crude tarantine era il limone, oggi queste sono arricchite non solo di diossina, ma anche di mercurio. Nel mare di Taranto, infatti, vi sarebbe il 62,5 per cento di tutto il mercurio riversato in mare dalle industrie italiane (dati PeaceLink-UIL 2007).
  Nessun provvedimento di legge ha sinora risarcito i lavoratori danneggiati dall'inquinamento e nessun tipo di indagine ha stimato i residui danni provocati sul resto della ricca agricoltura dei comprensori ortofrutticolo, olivicolo e agrumario, la cui immagine sui mercati è fortemente compromessa.
  E mentre cerco di sforzarmi di raccontare in quest'Aula il dramma di un settore che ha subito danni incalcolabili, la regione Puglia, con il suo assessore alle risorse agroalimentari, pensa bene di organizzare, proprio nell'università di Taranto, un convegno internazionale su acquacoltura e mitilicoltura, che suona un po’ come un incontro sulle politiche energetiche nucleari organizzato a Chernobyl o un dibattito sull'edilizia antisismica a L'Aquila (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per quanto tempo ancora avrete il coraggio di prendere per i fondelli le popolazioni che voi stessi avete fatto soffrire ? Per quanto tempo ancora la gente dovrà subire le vostre angherie e le vostre vuote parole a cui non seguono mai, mai, mai fatti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  La giunta, che dal lontano 2005 è guidata dal leader di un partito che si vanta del termine «ecologia» nel proprio nome, non ha compiuto alcun passo verso una diversa visione della precaria e pericolosa situazione di Taranto ! Nessuna strategia, nessuna visione, nessuna soluzione, se non quella di perpetrare le politiche oncologiche a discapito di quelle ecologiche !
  Ecco, forse questo termine sarebbe più calzante per SEL, che ha sempre preferito anteporre l'interesse della società privata a quello della comunità locale, il cui stato di salute è drammaticamente peggiorato. Ma chi si ammalava di tumore cosa trovava in Puglia ? Neppure un ospedale, visto che la politica sanitaria di Vendola mirava alla chiusura di due ospedali pubblici tarantini, con la realizzazione di una nuova struttura privata, con meno posti letto, alla modica cifra di 200 milioni di euro, realizzato da chi ? Ma da Don Verzè, ovviamente ! Praticamente dal falso nemico, Pag. 44senator Berlusconi ! Complimenti vivissimi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Anche la parola «sinistra» del vostro simbolo, dinanzi alle vostre azioni, perde di valore e coerenza...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  GIUSEPPE L'ABBATE. ... e oggi, con l'agricoltura compromessa, l'allevamento distrutto e la mitilicoltura annientata, i tarantini cosa possono fare ? Solo sperare di poter lavorare all'Ilva, con la consapevolezza di ammazzare se stessi e i propri cari. Se questa è la libertà di un cittadino, complimenti di cuore ai nostri amministratori nazionali e regionali.
  E per SEL: dopo «sinistra» ed «ecologia», perde senso anche il termine «libertà». Un giusto sunto di ciò che hanno rappresentato e rappresentano le politiche dell'onorevole Vendola: il nulla, vuoto, vacuo buco nero dei superflui e stucchevoli ambagi dei suoi discorsi finto poetici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Applausi polemici dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Puntare su una sfrenata politica industriale ha distrutto tutto il resto che avrebbe garantito l'economia, lo sviluppo e il lavoro. Taranto, infatti, è una città che, come tutti i paesi della sua provincia, potrebbe vivere di turismo, di pesca e di agricoltura. Invece, si è pensato a scelte industriali strategicamente sbagliate, a scapito della gente, che si è trovata quasi costretta a lavorare in quella fabbrica di morte, che pian piano ha rosicchiato il territorio all'agricoltura, alla centrale del latte e, quindi, al pascolo, alla pesca e al turismo, diventando il buco nero dell'inquinamento in Europa, tutti comparti e indotti con un numero di certo non meno importante di quelli della storica acciaieria: comparti abbandonati a se stessi e lasciati all'oblio per preservare chi, cosa, ma soprattutto quale futuro ?
  Oggi siamo in emergenza: un'emergenza che avete creato voi, un'emergenza che vi sforzate di non risolvere e di rimandare. Voi ci sguazzate nelle emergenze ! Tutto vi è concesso nelle emergenze ! Fate digerire qualsiasi amarissima pillola alla popolazione, nelle emergenze !
  È tempo di un esame di coscienza che vi ponga dinanzi alle vostre responsabilità e a prendere le decisioni con strategia, visione, logica e senno, e non più sull'onda dell'entusiasmo o della disperazione.

  PRESIDENTE. Onorevole L'Abbate, la volevo solo informare che il tempo che ha indicato il suo gruppo è superato da un minuto, poi lei, come sa, ha la possibilità...

  GIUSEPPE L'ABBATE. Ho terminato.
  Taranto non deve inseguire la palla, dovrà piazzarsi dove andrà la palla, perché il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni: futuro e sogni che non possiamo rubare ancora una volta ai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grassi. Ne ha facoltà.

  GERO GRASSI. Signor Presidente, signora sottosegretario, colleghi e consiglieri, io sono pugliese, ma di Bari. Parto da una constatazione: sono uno di quelli che, tutti i giorni, mangia le cozze di Taranto e vive tranquillo; per cui, creare questo panico sulle cozze di Taranto, che sono eccellenti, mi sembra fuori luogo.
  Non sono mai intervenuto sui precedenti dibattiti relativi all'Ilva, perché c’è un tempo per ascoltare, un tempo per riflettere e un tempo per proporre. Dal primo dibattito sull'Ilva ad oggi è passato troppo tempo e la situazione oggettivamente non sembra essere concretamente migliorata, anzi, in alcuni momenti, la situazione sembra peggiorata, fra norme e codicilli. Approfitto del decreto un po’ per entrare nel merito, ma soprattutto per una riflessione storica, senza la quale io credo non si possa capire il dramma dell'Ilva e di Taranto, ma soprattutto non si possa capire che cos’è l'Ilva e che cos’è Taranto.
  In Puglia, tutto arriva dal mare: pirati, incendi, saccheggi, santi, madonne, monaci, Pag. 45tutto arriva dal mare. In Puglia, nascono le prime costituzioni marittime per regolamentare la navigazione e il commercio. Come brillantemente diceva un giornalista pugliese, per anni frequentatore autorevole di questa sede, lo scomparso Giuseppe Giacovazzo, il mare ha fatto sì che i pugliesi amassero Ulisse, perché somigliano all'eroe di Itaca. Ulisse amava il vento e il mare: Taranto è una città stretta tra il mare e il vento, attraversata dal maestrale e dallo scirocco. Ulisse navigatore, Ulisse che resiste a tante disgrazie: come i pugliesi, dominati da bizantini e longobardi, franchi, normanni, svevi, angioini e aragonesi.
  Taranto è la città più greca della Puglia, la per la dei filosofi pitagorici; Taranto, la città dei due mari, dove il mare è chiamato solo «Mediterraneo»; la città del ponte levatoio, dove lo ionico e l'adriatico sono fusi dal colore azzurro e dalla ricchezza che ne deriva all'uomo. I pugliesi vivono un rapporto speciale con il mare: il confine della Puglia non è la Basilicata, non è il Molise, non è la Campania, è il mare e i misteri che dietro quel mare per secoli si sono nascosti.
  Nel 1800, Taranto pensò di abdicare al suo diritto di progettare la città in cambio di lavoro. Si delegittimò in attesa di un polo industriale militare garantito e protetto dallo Stato; lo fece non come accezione negativa, ma per avere lavoro. Nel 1883, nacque l'Arsenale marittimo di Taranto, sul presupposto che il territorio era prima luogo di produzione e, poi, di abitazione; considerazione scellerata oggi, ma all'epoca quella considerazione aveva il presupposto del lavoro. In un patto tacito, i tarantini cedettero la propria autonomia in attesa di uno sviluppo donato. L'installazione dell'Arsenale premiò la città con un grande lavoro.
  Taranto, nelle due Guerre mondiali, fu città militare, subendo l'umiliazione della nottata dell'11 novembre 1940 – la notte di Taranto –, quando fu bombardata per ore ed ore, ma, nonostante i bombardamenti, a Taranto la gente continua ad accorrere, perché a Taranto trova lavoro: accanto al lavoro, durante l'ultima Guerra mondiale, sapeva benissimo che avrebbe potuto trovare anche la morte.
  Nel giugno del 1944, a Taranto – la guerra non era ancora finita – il sindacalista Giuseppe Di Vittorio, all'Arsenale, tenne un comizio famosissimo, nel quale rivendicò il ruolo del lavoro e la dignità del lavoro nella città di Taranto.
  Finita la guerra, la situazione precipitò perché l'Arsenale non aveva più commesse e a Taranto, più che in altri posti d'Italia, la fame durò al di là del primo dopoguerra. Lo slogan in quei tempi era: «perché Taranto non muoia». All'insegna del «perché Taranto non muoia» iniziò un'altra rincorsa, la rincorsa verso un'altra fabbrica, sempre promessa, che non arrivava mai; ci furono lotte aspre fino a che sorse il caso Taranto, che trovò riscontro nel piano di industrializzazione del Mezzogiorno del Ministro Vanoni.
  Il 4 luglio 1957, in quest'Aula, a conclusione della discussione sulle linee generali del disegno di legge recante provvedimenti in favore del Mezzogiorno, il Ministro Pietro Campilli, in replica al relatore di minoranza, l'onorevole Giorgio Napolitano, che intervenendo aveva sollecitato lo sviluppo dell'industria di Stato sganciata dai monopoli, affermò che l'azione dello Stato doveva indirizzarsi a dar vita a quelle industrie che l'iniziativa privata, per la dimensione degli investimenti, non poteva sostenere, prima fra tutte l'industria siderurgica.
  Il 31 luglio 1957 a Taranto si ebbe notizia di un insediamento del gruppo Finsider e, in occasione della Fiera del Levante di quell'anno, il Presidente del Consiglio Adone Zoli, il 7 settembre 1957, annuncia la nascita dell'impianto siderurgico di Taranto. Questo impianto viene avallato in occasione della chiusura della Fiera del Levante del 1957 dal Ministro per lo sviluppo del Mezzogiorno, il sindacalista Giulio Pastore, il quale dice che le infrastrutture siderurgiche devono collegarsi alla città e offrire a quella città prospettiva e lavoro.
  A Taranto imperversano dibattiti, valutazioni. In un dibattito, organizzato dal Pag. 46Partito comunista il 28 dicembre 1958 il relatore, sempre lui, l'onorevole Giorgio Napolitano, auspica con forza l'impegno consapevole in direzione di una politica di più attivo intervento dello Stato nel Mezzogiorno, in funzione della rottura con lo stato di stagnazione e della disoccupazione dell'economia pugliese.
  Il 20 luglio 1959, il Presidente del Consiglio Antonio Segni comunica la notizia: «Taranto avrà il quarto impianto siderurgico». Iniziano i lavori, procedono e parte, finalmente, il lavoro a Taranto e, intorno a questa fabbrica, a questa grande filiera, si insediano tante piccole attività produttive, sorgono i negozi, la città di Taranto ricomincia a vivere, gli operai mandano i figli a scuola, si comprano le automobili, gli elettrodomestici; inizia un percorso lungo, fino a quando, nel 1967 il Presidente del Consiglio Aldo Moro inaugura lo stabilimento della Shell. Taranto è risorta, accanto alla Marina, accanto all'Aeronautica, accanto all'Arsenale, l'allora Italsider svolge una grande funzione occupazionale.
  Tuttavia, sorge un problema: l'Italsider è inglobata nella città, l'Italsider diventa la città. L'uomo e il lavoro diventano i temi centrali nella vita tarantina e nel dibattito sociale di quell'epoca che non aveva la sensibilità ambientale. La notte di Natale 1968, negli impianti dell'Italsider, Papa Paolo VI celebra la funzione natalizia e dice: siamo venuti qui per voi lavoratori, perché una famiglia o una persona senza lavoro è una famiglia e una persona senza speranza e senza progresso. Quel ricordo del Papa, a Taranto, è vivo ancora oggi.
  Dopo gli anni della grande occupazione e del grande sviluppo arriva l'Ilva; arriva l'Ilva, la sensibilità ambientale aumenta, a Taranto si inizia a morire di tumore, i tarantini soffrono, muoiono, ma continuano a convivere con la grande fabbrica. Come poteva essere diversamente, se interi quartieri si sono sviluppati ai bordi della grande fabbrica ? Come poteva essere diversamente se nessuno ha mai avuto il coraggio di osservare che alcune strade importanti della città, che lambiscono la fabbrica, hanno l'asfalto rosso di polvere ? Come poteva essere diversamente se la proprietà privata ha sempre sacrificato la salute all'interesse economico e al profitto ?
  Come poteva essere diversamente se lo Stato, se molti di noi abbiamo consentito che in gran parte del Mezzogiorno il lavoro non fosse un diritto, ma solo un privilegio. Forse per tutte queste ragioni non poteva essere diversamente, ma io invece dico: doveva essere diversamente.
  Oggi siamo a un bivio, anche perché, mentre noi qui continuiamo a discutere, Taranto muore quotidianamente attraverso una pericolosissima crisi umana, sociale, culturale ed economica. Io credo che il Governo abbia fatto benissimo ad emanare il decreto in discussione. Credo anche, però, che sinceramente si debba dire che questo decreto non basta. Serve altro, serve soprattutto la consapevolezza che Taranto deve rinascere, come è giusto che sia. Ma cosa serve a Taranto ? Serve rendere equilibrato il sottile filo che separa lavoro, ambiente e salute, elementi che non possono e non devono mai essere contrapposti. Serve danaro, per rendere compatibile lavoro e salute. Un'impresa strategica come l'Ilva non può e non deve morire. Qui non stiamo facendo una battaglia a favore dell'Ilva, stiamo facendo una battaglia a favore di Taranto. Serve l'aiuto di Stato, non l'assistenzialismo, per allontanare la fabbrica dalle abitazioni. Serve lo Stato per bonificare l'azienda. Serve lo Stato per controllare che nessuno sacrifichi la persona sull'interesse personale. Servono controlli e serve prevenzione sanitaria. Serve uno Stato fratello, non un oppressore. Serve uno Stato capace di risanare l'azienda e di ricreare speranza. Serve la creazione, per esempio, della zona franca nell'area portuale e retroportuale di Taranto, per dare nuovi impulsi economici e commerciali alla città.
  Il decreto, onorevole sottosegretario, fa un passo avanti: ci dà la possibilità, attraverso il commissariamento – che deve essere vissuto all'insegna della possibilità di andare avanti, non nella logica dei codicilli –, di fare un passo avanti. Però, questo commissariamento, se un lato non Pag. 47deve voler dire espropriazione, dall'altro deve prevedere e realizzare forme di coinvolgimento della città intera sugli obiettivi e sulle prospettive. L'azienda deve essere riconsegnata alla città risanata e deve essere da capo un'azienda che dia occupazione, salute e speranza. Ma in tutto questo il ruolo del Ministero della salute deve essere ampliato. Il decreto, da questo punto di vista, è carente. Lavoro e salute devono viaggiare insieme, così come devono viaggiare insieme gli organi dello Stato, che a Taranto spesso operano in maniera contrapposta tra di loro. Ci deve essere equilibrio, anche negli organi dello Stato, cosa che a Taranto manca.
  Se è vero com’è vero che lo salute va protetta, il lavoro non va criminalizzato, e con il lavoro non va criminalizzato e colpevolizzato nemmeno chi si è battuto sempre per la centralità del lavoro, ricordando che spesso lo ha fatto a mani nude in una condizione sociale, economica e culturale dove anche la perdita di un posto di lavoro poteva diventare, come pure è successo, un dramma sociale.
  Con il lavoro non va criminalizzato il sindacato, che si è sempre battuto e ha difeso il lavoro come mezzo di integrazione sociale e di promozione umana. La storia di Taranto e del lavoro nella città jonica passa attraverso le grandi battaglie sindacali del primo dopoguerra, degli anni Settanta ma anche degli ultimi anni. Chi con giudizi sommari, evidentemente negativi, tenta di travolgere con un colpo di spugna l'intera esperienza del sindacato e del mondo del lavoro a Taranto commette un duplice omicidio: uccide Taranto, ma uccide anche la storia di questa bellissima e grande città. Concludo ricordando che a Taranto, all'inizio degli anni Ottanta, io, come migliaia e migliaia di ragazzi dell'Italia meridionale, ho svolto il servizio di leva nell'Aeronautica. Altri lo hanno fatto nella Marina, fino a quando la leva obbligatoria è stata cancellata. Tutti quei ragazzi che sono passati negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta a Taranto, dalla Marina e dall'Aeronautica, conservano di quel periodo non solo il bellissimo ricordo di una gioventù ormai abbondantemente passata, ma anche quello di una città solare, aperta, ospitale, una città dove i due mari sono la stessa cosa. Taranto, la città dove i due i mari hanno attorno altiforni e ulivi, cioè lavoro e pace.
  Senza apologia ma soltanto per un ricordo storico, in conclusione, se John Kennedy a Berlino il 26 giugno 1963 disse «siamo tutti di Berlino», contrapponendo ad un'idea di società e di mondo chiusa e dittatoriale, dove la persona era annientata, un'idea di società e di mondo, di libertà e di democrazia, io credo che da quest'Aula, in rappresentanza di tutta l'Italia, debba partire un grido: siamo tutti di Taranto. Siamo tutti di Taranto non come slogan, ma per dire che attraverso la coniugazione dei diritti e dei doveri in un mondo che ha riconquistato tante sensibilità noi tutti ci dobbiamo battere perché quella città torni a vivere e ridia speranza ad una popolazione del nostro sempre bistrattato Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Saluto la delegazione del gruppo AVIS di Piazza Armerina (Enna), che assiste ai nostri lavori (Applausi). È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, colleghe, colleghi, signora rappresentante del Governo, ciascuno di noi conosce la mappa delle terre condannate dallo sviluppo, quello sviluppo senza limiti, senza controlli, uno sviluppo purché sia, una carta geografica del nostro Paese costellata da buchi neri dove le esigenze della crescita hanno divorato la salute, l'ambiente e spesso anche i diritti. Per la mia regione, il Lazio, potrei citare la Valle del Sacco, ma credo che ognuno di noi delle proprie terre conosca quei buchi neri. Taranto è la voragine, è l'epicentro, una voragine di cui solo da pochi anni è stato scoperchiato il vaso di Pandora.
  Il dato fondamentale che ha consentito di far luce sulla drammatica situazione tarantina è la decisione di porre limiti rigorosi alle emissioni e realizzare sistemi Pag. 48di campionamento e monitoraggio per verificare la presenza in continuo degli inquinanti, diossine e benzopirene e fumi venefici che ci sono sempre stati ma che ora hanno un nome, un cognome e anche una misura, e questo è stato possibile grazie alla legge regionale che la Puglia fece nel 2008.
  Ora io vorrei dire ai cittadini del MoVimento 5 Stelle – che ho notato che negli ultimi dibattiti parlamentari hanno scoperto il nuovo nemico di questa fase cioè Sinistra Ecologia Libertà – che la cosa ci dispiace ma non ci preoccupa, ci preoccupa invece un'altra cosa. Di favole in questo Paese ne abbiamo sentite raccontare tante, ahimè in quest'Aula se ne sono sentite in questi decenni, però questo Paese invece ha bisogno di verità, ha bisogno di cose concrete e ai cavalieri senza macchia e senza paura io non ho mai creduto, né a quelli di un tempo né a quelli che adesso fanno un tour verso il tacco dell'Italia e raccontano le nuove favole ai cittadini del nostro Paese.
  Non ci credo, io credo invece agli uomini e alle donne che si candidano per governare questo Paese, credo agli uomini e alle donne che vogliono andare a risolvere i problemi del Paese. Ecco, credo a quegli uomini e a quelle donne che hanno governato la regione Puglia, credo a quel presidente della regione Puglia, che è Nichi Vendola, perché guardate, noi possiamo essere bravi a fare tante chiacchiere, siamo bravi a fare grandi dichiarazioni ma sono sempre i fatti quelli che contano, e i fatti dicono che la regione Puglia è stata tra le prime se non la prima ad approvare il piano regionale della qualità dell'aria nel 2006, è stata la regione che ha approvato la legge n. 44 del 2008 che ha posto nuovi limiti di emissione particolarmente rigorosi che hanno determinato il fatto che l'AIA dovesse prendere visione e tener conto di questi limiti rigorosi. È la regione che ha approvato la legge n. 21 del 2012 sul danno sanitario, che è ancora un elemento di innovazione e di capacità nuova di affrontare il problema.
  Questi sono i fatti, io voglio sperare, lo dico con sincerità e con spirito fraterno, che quando sarà attivato l'inceneritore di Parma, che pure il MoVimento 5 Stelle aveva promesso di bloccare, saranno usate le stesse cautele da parte di quegli amministratori per garantire la salute dei cittadini, perché senza queste misure che sono state messe in campo dalla regione Puglia e dal presidente Nichi Vendola oggi non avremmo l'AIA, non avremmo le prescrizioni, non avremmo questo processo che dobbiamo mettere in campo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !
  Questi sono i fatti concreti e questi sono i fatti sui quali vi dovete confrontare, non le favole, non i cavalieri bianchi, ma gli atti amministrativi della gente che si candida per governare e cerca di risolvere concretamente i problemi di salute dei cittadini e i problemi dell'ambiente !
  Ma torniamo alla questione di cui ci stiamo occupando. Dicevo che, quando quei dati dovuti alla legge n. 44 del 2008, hanno determinato il fatto che c'erano numeri certi e verificati, lo Stato è stato costretto ad agire in tutte le sue articolazioni, ciascuna per le sue funzioni, e non sempre però l'ha fatto soppesando adeguatamente gli interessi contrapposti in campo. Come avvenne nel 2010 – è stato ricordato – quando, di fronte al superamento delle soglie, il Governo decise di prorogare il raggiungimento delle stesse fino al 2013. Taranto è un epicentro, per certi versi anche simbolico, anche del conflitto tra poteri dello Stato, viste le sentenze della magistratura, anche dell'organizzazione dello Stato, visto che dalla regione Puglia, talvolta in contrapposizione con un potere centrale sordo, viene la normativa più avanzata in materia di monitoraggio e valutazione del danno ambientale e sanitario.
  Crediamo che sia necessario affermare due principi guida: il primo è che il mercato deve avere dei limiti; anche oggi, anche di fronte alla globalizzazione, anche di fronte alle delocalizzazioni, lo Stato deve definire il limite, definisce le regole della convivenza comune entro i confini disposti dalla Costituzione. È l'articolo 41 della Carta costituzionale che, troppo Pag. 49spesso, viene dimenticato e sottaciuto. Lo conosciamo e conosciamo i tanti casi in cui si è voluto leggere solo il primo periodo di quell'articolo della Carta, quello sulla libertà dell'iniziativa privata, dimenticando, di fronte agli effetti di quell'attività economica, le conseguenze sui territori e sulle popolazioni, dimenticando nei fatti le restanti parti di quell'articolo, cioè che il vincolo e il limite sono l'utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana.
  Il secondo principio è che lo sviluppo purchessia, lo sviluppo senza limiti e senza regole, ha un costo ed è un costo che si dispiega negli anni, in modo geometrico, un costo sociale, ambientale, sanitario, un costo che presto diventa insostenibile, ben più insostenibile del debito. Questo è lo spread ambientale, che non risulta mai nelle statistiche, lo spread sulla salute, che vedremo negli anni avvenire, purtroppo.
  I vincoli della proprietà privata possono e debbono essere messi in discussione di fronte al mancato rispetto delle regole e delle norme e alla messa in discussione della salute dei cittadini e dell'ambiente.
  Cos'altro doveva accadere a Taranto perché lo Stato riaffermasse il proprio ruolo ? E che cosa deve accadere in tante parti d'Italia, dove un'applicazione più rigorosa di quella parte della Carta costituzionale avrebbe consentito interventi tempestivi ed efficaci di fronte ai veri e propri ecomostri, che hanno già distrutto intere parti del Paese ?
  Oggi, noi speriamo che cominci un nuovo cammino: è la prima volta che si decide il commissariamento di un'impresa privata per l'inottemperanza e il ritardo nell'esecuzione delle prescrizioni ambientali, è la prima volta che per riparare ad un danno ambientale si procede con questo strumento. È necessario ridare allo Stato, attraverso il commissario, le leve per garantire la sicurezza, l'ambiente e la salute, assicurando contemporaneamente la continuità aziendale e di lavoro.
  Noi su questo principio siamo d'accordo e, ancora di più, nel caso di un'azienda privata strategica come l'Ilva. C’è un momento in cui, di fronte a ripetute inottemperanze, ritardi e dilazioni, lo Stato deve dire «basta» e prendere in mano la situazione. È proprio perché su questo principio siamo d'accordo che ci risulta ancora più incomprensibile la scelta di nominare commissario chi in quel gruppo svolgeva la funzione di amministratore delegato. Serviva, invece, una cesura netta, una chiara discontinuità, che così non si realizza. Come fa la stessa mano, che ha sostenuto i ricorsi al TAR che stanno bloccando le bonifiche ad essere colui che rappresenta lo Stato e la comunità dei cittadini ? Intanto, chiediamo al commissario che ritiri immediatamente quei ricorsi al TAR.
  Questo deve essere un mandato chiaro che il Governo deve dare al commissario.
  E ancora oggi, in questo ore, con una nota a firma del dottor Bondi, si contesta l'applicazione delle norme sul danno sanitario volute dalla regione Puglia. Ancora oggi, quando è acclarato quello che sta accadendo e come sia fondamentale l'applicazione di questa legge, il commissario Bondi si contrappone a quella che è la volontà, io credo positiva, delle amministrazioni locali, in modo particolare della regione Puglia del presidente Vendola.
  Una delle innovazioni, la valutazione del danno sanitario insieme all'introduzione della tossicità equivalente delle diossine hanno consentito di rendere esigibile, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle, il diritto alla salute dei tarantini.
  La scelta sbagliata di non operare un taglio chiaro e netto avrà ripetutamente effetti di questo tipo, che rischiano di minare la credibilità non più del gruppo Riva ma di chi rappresenta i cittadini e, cioè, le istituzioni. A volte la fretta è consigliera cattiva. Per le grandi imprese in stato di insolvenza sono previste regole chiare per definire i requisiti e le incompatibilità per chi svolge la funzione di commissario straordinario. Una di queste incompatibilità riguarda proprio chi ha esercitato funzioni di amministrazione, direzione e controllo nell'impresa commissariata. Io credo che sia proprio il caso di cui stiamo discutendo. Serviva una cesura Pag. 50netta perché è l'unica via per affermare con chiarezza da che parte si colloca lo Stato, senza alcuna ambiguità.
  È vero, l'Ilva deve vivere ed è strategica, ma questo non può avvenire a detrimento delle popolazioni messe in pericolo dai comportamenti di quell'industria. E quei cittadini, anche attraverso le associazioni che da sempre si battono in quel territorio per il diritto alla salute e ad un ambiente vivibile, devono essere interlocutori concreti di chi oggi lì, da commissario nominato dal Governo, rappresenta a pieno titolo lo Stato. La trasparenza non può essere né un optional né una procedura burocratica.
  Questo è l'ennesimo decreto che la stampa soprannomina «salva Ilva». Sarebbe ora che si facesse un decreto «salva Taranto», che, garantendo la continuità di lavoro, metta in campo un altro modello di rapporti tra fabbrica e la città che la ospita. Da questo punto di vista, noi chiediamo che si metta in campo una grande opera di bonifica ambientale che riguarda anche gli altri impianti, a cominciare dall'arsenale militare, che causano un così grande danno alla salute dei cittadini di quel territorio.
  La decisione di oggi non esaurisce i compiti e le funzioni che i diversi attori istituzionali coinvolti dovranno rapidamente mettere in campo. Al contrario, l'assunzione di responsabilità pubblica, che discende dal commissariamento, richiede una più stringente azione, un'azione di cui l'AIA definisce il confine ed è un confine che deve essere rispettato in modo rigoroso e trasparente. Qualunque ipotesi che al commissariamento corrispondessero modifiche peggiorative dell'AIA sarebbe assolutamente inaccettabile anche se riguardasse, come si intravede, una dilazione temporale dei termini.
  È proprio per questo che i garanti tecnici di quei confini devono rafforzare la propria opera di controllo e monitoraggio. La proposta di sopprimere la figura del garante dell'autorizzazione integrata ambientale per l'Ilva di Taranto è, a fronte della scelta di Bondi come commissario, ancora più incomprensibile. È paradossale che, in una situazione nella quale serve sempre più trasparenza e si deve costruire un rapporto di fiducia con i cittadini, venga soppressa quella figura che può garantire questo processo di partecipazione. Noi non solo chiediamo che il garante rimanga ma chiediamo che venga rafforzato quell'ufficio, dando la possibilità all'associazione dei cittadini maggiormente rappresentativi del territorio di avere accesso a tutte le informazioni necessarie relative all'attuazione dell'AIA. Non possiamo lasciare solo al commissario, come dire, il dovere di comunicazione, seppure concordato con gli enti locali. Credo che serva un organismo terzo, che possa garantire ai cittadini quello che sta accadendo e che i cittadini stessi possano partecipare, in forme nuove e innovative (diciamo così), alle funzioni di quell'ufficio. Immagino un garante che sappia creare il garante collettivo di questa procedura che coinvolga, appunto, i cittadini e le cittadine di quel territorio.
  In questa logica ISPRA e ARPA, che svolgono una funzione tecnica preziosa, devono essere messe nelle condizioni di svolgere pienamente il loro lavoro.
  Hanno bisogno di personale, specializzato, hanno bisogno di strumenti tecnici, hanno bisogno di risorse per effettuare quei monitoraggi e controlli senza i quali nessun processo di bonifica sarebbe possibile. Soltanto in questo modo i cittadini possono credere che questa è la volta buona, che lo Stato non volta loro le spalle, ma assicura il pieno rispetto di quanto deciso. Oggi si sancisce un principio: che lo Stato, quando la salute pubblica e l'ambiente sono messi in discussione, interviene direttamente, anche sostituendosi temporaneamente alla proprietà. È il principio di attuazione dell'articolo 41 della Costituzione. Da questo punto di vista, l'introduzione di una procedura più complessa, che è tesa a delimitare per quanto più possibile i poteri di commissariamento dello Stato, è indice della paura che una parte del Parlamento ha nei confronti di questo strumento. È sbagliato, ad esempio, pensare che si possa intervenire soltanto sulle imprese che abbiano Pag. 51più di mille dipendenti. Domandiamo: ma il danno realizzato è relativo al numero dei dipendenti o al danno effettivamente causato all'ambiente e alla salute dei cittadini ?
  Un'altra delle questioni fondamentali è quella relativa agli interventi di bonifica, e cioè la possibilità di intervenire economicamente da parte dello Stato per le bonifiche ambientali fuori dal Patto di stabilità, perché, al fianco degli interventi da svolgere per rispettare le AIA, rimane tutto il tema delle bonifiche, tanto per il sito di interesse nazionale di Taranto, quanto per tanti altri luoghi del Paese. Ora bisogna scegliere se per rispettare norme di bilancio cieche e sorde siamo pronti a condannare interi territori del Paese a tassi di mortalità per gravi patologie, tre, cinque, dieci volte più alti di quelli medi nazionali.
  Noi siamo convinti che la cura del territorio e il risanamento dei luoghi dove viviamo siano la prima e più grande opera pubblica da mettere in campo, un'opera capace di ridare slancio all'economia nazionale, ma anche di orientarla alla sostenibilità ambientale e alla qualità della vita. Ma, signori del Governo, il primo passo – e su questo continueremo ad incalzarvi – è escludere quegli interventi, a cominciare da quelli delle bonifiche del SIN di Taranto, dal Patto di stabilità. Farlo significa dire chiaro e tondo, come stiamo facendo oggi di fronte alla protervia di un'azienda, che il Parlamento e le istituzioni democratiche non sono sorde di fronte al grido di dolore che viene da troppi luoghi d'Italia. Ilva è un esempio proprio perché in troppi casi l'interesse particolare è stato assunto ad interesse generale. L'interesse generale sono l'ambiente, la salute, il lavoro a Taranto e la funzione della siderurgia e di quell'impianto dell'economia nazionale, ma noi sappiamo che è possibile rendere questi interessi compatibili tra loro e compatibili con la vita, altrimenti non procederemmo al commissariamento. Noi sappiamo che si può svolgere quell'attività nel rispetto della terra e dei cittadini di Taranto e l'AIA ci dice come, solo che il gruppo Riva non ritiene conveniente farlo. Lo ripeto: questo ragionamento semplice sarebbe più credibile e più forte se non fosse stato chiamato a rivestire il ruolo di commissario chi è stato parte attiva della gestione di Riva.
  Oggi non prendiamo una decisione sono per l'Ilva di Taranto, prendiamo una decisione di ordine generale, che vale nel rapporto tra economia privata e organi pubblici, garanti della salute e dell'ambiente. Questo fa il Parlamento: definisce la legge, davanti alla quale ogni cittadino è uguale, nei diritti e nei doveri. Oggi noi fissiamo un principio ed un precedente. È un principio che ci è chiaro: ambiente e salute sono vincoli inderogabili all'iniziativa economica, vincoli irriducibili. Monitoreremo e misureremo il coraggio del Governo nell'usare, a Taranto e in Italia, questo strumento potente che oggi il Parlamento gli consegna (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, prima di cominciare il mio intervento, voglio rassicurare i colleghi di SEL: noi non abbiamo scoperto ora che il partito di Vendola è nostro nemico; lo sapevamo già da prima, tranquilli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). SEL è nostro nemico perché è nemico dei cittadini e, in primis, proprio dei tarantini, di quelle famiglie che piangono i propri cari scomparsi in questi anni anche a casa delle politiche del «governatore poeta», lui sì che racconta un sacco di favole. Ora passo al mio intervento.
  La vocazione industriale di Taranto potrebbe rientrare nel novero di quelle che vengono chiamate «leggende metropolitane». Nulla di più falso, di più inventato, una realtà imposta, non scelta, ma successivamente accettata supinamente e nella più totale inconsapevolezza della propria identità e delle proprie potenzialità. Taranto, comodo agnello sacrificale immolato sull'altare del prodotto interno lordo, di cui tutta Italia si è accorta soltanto dopo gli eventi del 2012, il cui legame assoluto con la produzione siderurgica è stato millantato ad arte.Pag. 52
  Le vicende del recente passato socioeconomico ed amministrativo della città di Taranto e le situazioni dovute ai repentini mutamenti sociali, nel breve lasso di 10-15 anni, hanno segnato in negativo la vita della comunità locale. La drastica e veloce riduzione occupazionale avvenuta a seguito della crisi dell'industria pesante e della sua filiera produttiva, che caratterizza fortemente l'economia della città ionica, aggiunta alla riduzione delle attività dei cantieri navali e dell'Arsenale militare, hanno causato il precipitare del livello economico della «città dei due mari», portandolo a livelli critici.
  Le conseguenze di un tale negativo e veloce cambiamento si sono immediatamente riversate nell'ambito sociale. Una diminuzione del reddito medio pro capite, un esponenziale aumento del numero dei disoccupati, una considerevole diminuzione della ricchezza totale, ma, soprattutto, della ricchezza relativa dell'intera comunità tarantina hanno scandito i tempi di una crisi che appare, giorno dopo giorno, sempre più grave. Taranto, in poco più di tre lustri, è passata dall'essere una delle città più ricche del Meridione ad una di quelle più criticamente in difficoltà, se non proprio tra il novero di quelle povere. Già nel documento programmatico di rigenerazione urbana del 2008 si pensava a come far risorgere Taranto dalle sue ceneri.
  Il piano strategico dell'area vasta tarantina contenuto in quel documento assumeva alcuni scenari di riferimento strategico che interessavano lo spazio europeo, il bacino mediterraneo e, in particolare, il nostro Paese, e proponevano una vision del futuro del territorio metropolitano tarantino fondata sul riconoscimento dell'intera area come campo di reti e di connessioni, come nodo di sovrapposizioni di flussi differenti; un territorio di snodo sempre aperto ai processi di interazione a distanza, ma capace, nel contempo, di assimilare i flussi e le relazioni transnazionali all'interno delle dinamiche di valorizzazione delle risorse e delle identità locali.
  Come si può notare, in tali interpretazioni tende ad emergere un'immagine dell'area tarantina che si discosta significativamente dalle rappresentazioni, ormai consolidate, di un territorio segnato dalla dominanza delle sue dinamiche di sviluppo industriale ed infrastrutturale. Quella visione guida faceva leva sulle potenzialità territoriali delle reti e dei nodi infrastrutturali. Già qualche anno fa si auspicavano, dunque, non solo opere di potenziamento delle reti esistenti, ma, soprattutto, progetti di territorio che aspiravano alla costruzione di un'immagine unitaria, condivisa e sostenibile del futuro dell'area, per dare coerenza alla molteplicità delle azioni promosse dai differenti attori territoriali.
  Il complesso processo di discussione comune che ha coinvolto i principali attori del territorio nel corso di questi anni ha portato all'elaborazione e alla condivisione di una visione che proietta Taranto in una dimensione prospettica basata sui principi di competitività, sostenibilità, e coesione, fissando due macro-obiettivi, quali lo sviluppo sostenibile e l'inclusione sociale. Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni, ed è proprio questo l'obiettivo sul quale si dovrebbe lavorare. Sviluppo sostenibile inteso nell'accezione più ampia, ossia come: sostenibilità economica, cioè la capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione; sostenibilità sociale, intesa come la capacità di garantire condizioni di benessere umano – sicurezza, salute, istruzione – equamente distribuite per classi e genere; sostenibilità ambientale, intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali; sostenibilità istituzionale, intesa come capacità di assicurare condizioni di stabilità, democrazia, partecipazione e giustizia.
  Poi c’è l'inclusione sociale: in questo particolare momento storico in cui le economie dei diversi Paesi hanno preso coscienza dei diversi fallimenti della politica per l'economia, di centrale importanza Pag. 53risulta la problematica della povertà, o meglio dell'inclusione sociale.
  In un territorio come quello di Taranto, dove la crisi del polo industriale ha aggravato ancor più la condizione di una già fragile economia, le azioni da intraprendere dovrebbero mettere prioritariamente in campo strategie per le povertà estreme, per il sostegno alle famiglie in condizioni di disagio, per i «cittadini in crescita», per l'integrazione degli immigrati. E invece cosa è stato fatto ? E cosa pensa di fare questo Governo per risolvere questi problemi ? La risposta è semplice: niente !
  Vedete, non è impossibile immaginare una Taranto diversa da quella veicolata attraverso i mass media che la disegnano solo e soltanto come la città della diossina, dei veleni, dei tumori e dell'abbandono. Ci sono tanti esempi in Europa di città letteralmente risorte dal degrado in cui versavano. Come non pensare a Bilbao, che proprio grazie alla scelta coraggiosa di convertire la propria industria siderurgica dismessa in polo artistico-culturale, oggi è il fiore all'occhiello del nord della Spagna; o a Duisburg dove sulle ceneri dell'acciaieria è sorto un parco naturale, a Dortmund, a Pittsburgh ? Insomma di modelli da imitare ce ne sarebbero davvero in quantità, forse è la volontà che manca, senza il forse !
  Quante volte in campagna elettorale vi siete riempiti la bocca raccontando che avreste investito in cultura e turismo, perché questa è la vera vocazione dell'Italia, che potrebbe vivere solo di questo per la quantità di bellezze artistiche e paesaggistiche che offre, quante volte lo avete promesso ? Beh, questa è una grande occasione che avete di mantenere quelle promesse. Voi, invece, che fate ? Mentite e usate il ricatto occupazionale per coprire chissà quali interessi. Sappiate che fate tutto questo giocando con la vita delle persone, perché a Taranto oggi ci si ammala con una facilità inaccettabile, perché a Taranto oggi non è più possibile coltivare e allevare (e mi chiedo se non siano anche gli agricoltori e gli allevatori da annoverare nella categoria dei lavoratori in difficoltà); nel quartiere Tamburi – quello vicino alla zona industriale – è stato addirittura vietato ai bambini di giocare all'aria aperta e, incredibile ma vero, a Taranto non è più possibile neanche seppellire i propri morti. Ma cosa hanno fatto i tarantini per meritarsi tutto questo ? Io penso che lo Stato debba risarcirli, che sia suo preciso dovere occuparsi di quella città, che è l'emblema delle politiche scellerate degli ultimi 40 anni !
  Nessuno vuole negare la realtà, ma è il momento di andare oltre, è arrivato il momento di restituire a Taranto ciò che le è stato tolto, ovvero la possibilità di avere un futuro diverso valorizzando quei doni che la natura e la storia le hanno fatto e traendo da esso nuova linfa vitale. Perché Taranto è una città dalle risorse infinite, Taranto non è Ilva, Eni e Cementir. Taranto è la città del ponte girevole, non levatoio, e dell'imponente Castello Aragonese, monumento fra i più visitati in Puglia. Taranto è la città dei due mari, la città dell'acqua copiosa, abbondante, pura e cristallina. La città dei citri, le sorgenti d'acqua dolce che sfociano nella pienezza del mare. La città della mitilicoltura sin dal tempo della fondazione greca, con uno fra i regolamenti di pesca più antichi d'Italia, risalente al 1463. Taranto la città della porpora di colore viola. La città dai tramonti mozzafiato. Taranto potente città della Magna Grecia, unica fondazione spartana di tutta l'Italia meridionale. Taranto, stretta fra i vicoli di un centro storico che odora di storia ad ogni angolo. Taranto e le due colonne doriche svettanti fra il cielo e la storia. Taranto e le sue numerose chiese, con la cattedrale romanica fra le più antiche in Puglia. La città dei conventi e dei chiostri, dove persino San Francesco d'Assisi fece echeggiare i suoi passi. Taranto, dove suona forte e dionisiaca la musica di quel Giovanni Paisiello, al quale è dedicato il conservatorio. Taranto e i suoi 100 chilometri di costa. Taranto ed il suo Museo Nazionale, scrigno di tesori ineguagliabili, di scioccante bellezza (sto per concludere). Taranto e le sue gloriose vestigia: l'acquedotto del Triglio, i resti delle mura e le Pag. 54tombe a camera. Taranto e la vecchia marina, pullulante di pescherecci e gabbiani, con l'odore di pesce appena pescato e i ragazzini che si tuffano dalle banchine di legno in mezzo alle reti appena cucite, alle nasse intrecciate di giunco. E poi il vecchio ed il nuovo lungomare, sopraelevati, affacciati sul golfo a guardare le isole Cheradi, dove tra il verde e le fortificazioni garriscono le rondini e danzano i delfini.
  Questa è Taranto. Quella vera. Quella che nessuno sa e che nessuno vuole si sappia quanto sia bella, di una bellezza tale da far male al cuore al vederla stretta in quella morsa infernale fra Ilva, ENI e Cementir.
  Taranto potrà riappropriarsi del proprio futuro attingendo solo dal suo passato. Taranto, città a vocazione culturale.
  In conclusione, voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a elaborare questo discorso. Grazie a Patrizia, Giovanni, Rosa, Grazia e a tutti i cittadini con l'elmetto che da sempre lottano per i loro diritti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capone. Ne ha facoltà.

  SALVATORE CAPONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il decreto-legge n. 61 del 2013, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale, su cui oggi siamo chiamati ad esprimerci ai fini della conversione in legge, come è stato giustamente osservato, modifica finalmente e sostanzialmente la visione e l'approccio sulle questioni in oggetto. Avocando, infatti, la completa responsabilità del commissariamento, non più e non solo la quota parte relativa all'inottemperanza verificata o da accertare delle norme, ma l'intero governo del processo produttivo e del rispetto delle norme, obbliga noi tutti a una presa in carico totale delle questioni in gioco, impedendo che riflessioni parcellizzate o comunque parziali riducano la complessità e ci impediscano di comprendere appieno la portata dei processi.
  Una svolta importante, a testimonianza di un'attenzione rilevante del Governo in una parabola di tempo particolarmente ristretta. Ritengo utile ricordare che si tratta del terzo provvedimento d'urgenza adottato nel corso degli ultimi dieci mesi per fronteggiare proprio l'emergenza ambientale e occupazionale dello stabilimento Ilva di Taranto. E, come i colleghi ricorderanno, il decreto-legge n. 207 del 2012 disciplinava in via generale l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi, consentendo, alle condizioni ivi indicate, la prosecuzione dell'attività produttiva di tali stabilimenti e dettando, inoltre, specifiche disposizioni destinate all'impianto siderurgico dell'Ilva di Taranto, che costituisce appunto stabilimento di interesse strategico nazionale.
  Il decreto-legge n. 129 del 2012 era stato invece emanato al fine di fronteggiare la grave situazione di criticità ambientale e sanitaria proprio nel sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto, seguendo quello che era avvenuto con il protocollo d'intesa del luglio 2012 e la previsione degli interventi d'urgenza, di bonifica, di ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. Sulle indicazioni ivi contenute o precisamente indicate in sede di conversione in legge mi soffermerò anche lungo questa relazione.
  La norma, che è oggetto di questi lavori, si colloca dunque in una scia corposa, inaugurando una visione innovativa della questione e questo decreto – è bene ribadirlo – è uno degli impegni significativi di questo Governo e del Partito Democratico. Ecco perché si può ritenere che il decreto-legge, proprio nell'assumere la complessità della questione Ilva, al pari di altri stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, e nell'intrecciare indissolubilmente attività produttive di interesse strategico e obbligo di tutela dell'ambiente e tutela della salute, indica una chiara direttrice a cui nessuno di noi, e il mondo dell'impresa nazionale nel suo complesso, può sottrarsi.Pag. 55
  D'altra parte, è questa proprio la premessa indicata dall'estensore: adottare tutte le azioni utili a tutelare l'ambiente e la qualità della vita nei contesti nei quali si sviluppa l'attività produttiva di imprese definite strategiche, nella piena consapevolezza che un'interruzione della produzione potrebbe arrecare gravi danni all'economia nazionale, oltre che all'ambiente e alla salute degli abitanti e delle comunità circostanti. L'inaugurarsi di un'alleanza tra l'interesse nazionale, l'economia di impresa, la tutela dell'ambiente, la salute dei lavoratori e delle popolazioni, quasi che l'estensore avesse sotto gli occhi, contemporaneamente ai dati sull'inosservanza dell'AIA e sull'inquinamento ambientale, quelle immagini di Taranto che in questi mesi hanno riempito le pagine dei giornali e delle reti nazionali.
  Immagini difficili, complicate, di rabbia, di inquietudine; istantanee di una città per lungo tempo costretta paradossalmente e quasi senza vie d'uscita a scegliere tra la tutela della salute e dell'ambiente e salvaguardia occupazionale. Paradossale riedizione postmoderna del conflitto, evidentemente ancora in buona salute, tra il capitale e il lavoro. Lo dico perché ritengo che sia importante sottolineare proprio questi aspetti: una ragione e una radice della – definiamola così – disattenzione forse generale per cui è stato possibile per l'azienda non ottemperare alle disposizioni dell'AIA, una difficoltà e l'incapacità di articolare, da parte di tutti gli attori in gioco, correttamente questo tipo di conflitto.
  Viceversa, il provvedimento riporta la questione Ilva alla sua corretta articolazione: una questione industriale di rilevanza nazionale, una questione occupazionale, una questione ambientale e di salute. E sottolineo quest'ultimo tratto, perché è un pezzo nevralgico del ragionamento che siamo chiamati a fare e perché, mai come in questo caso, i numeri possono esserci d'aiuto nel comprendere a pieno la gravità della questione, sia pure all'interno di una crisi più generale dell'industria manifatturiera. L'Ilva di Taranto significa ancora oggi una capacità occupazionale di migliaia e migliaia di unità, di 12 mila persone che, con l'indotto, probabilmente raddoppia; 12 mila lavoratori di cui l'80 per cento è al di sotto dei quarant'anni: un dato che non deve e non può sfuggire poiché è evidente che qualsiasi processo di riconversione della vocazione economica della città e del suo territorio, possibile solo nei tempi medio-lunghi, avrebbe una evidentissima difficoltà a dare risposte certe proprio a questi lavoratori, detentori peraltro di un particolare prezioso sapere, a meno di non voler vagheggiare al momento lontani e peraltro poco probabili, in questa misura alternativi, segmenti occupazionali come servizi e turismo.
  E però, proprio qui – mi sia consentito il passaggio – rischia di annidarsi quel ricatto magari inconsapevole ovvero esplicito che ha tenuto sotto scacco una città o un intero territorio: il ricatto è che, in nome dell'occupazione, si potesse tutto. E la domanda infatti è d'obbligo. Esiste alla luce del presente un futuro dell'Ilva che possa essere anche un futuro per una città come Taranto e per i territori di riferimento, individuando un periodo certo nella durata del commissariamento e legando la capacità di mettere in atto gli investimenti necessari per rendere compatibile il funzionamento degli impianti con le norme ambientali e di sicurezza che tutelano la salute dei cittadini ? Il disegno di legge che oggi approviamo, che è in discussione, dice proprio di sì. Dice che la prosecuzione dell'attività industriale rappresenta la condizione preliminare e necessaria per assicurare l'effettiva realizzazione degli investimenti occorrenti per il risanamento ambientale dello stabilimento. Dice che la contemporanea sospensione dei poteri degli organi societari e la nomina di una struttura commissariale, che racchiude in sé i poteri e le competenze necessarie richieste, consente di far convergere le risorse disponibili prioritariamente verso gli interventi di risanamento ambientale garantendo proprio contemporaneamente una corretta continuazione delle attività produttive. Dice che la situazione dello stabilimento di Taranto, caratterizzato da alcuni vantaggi competitivi Pag. 56che lo rendono unico nel panorama nazionale e comparabile con gli stabilimenti più efficienti di Europa, deve essere affrontata nella piena consapevolezza di quello che l'azienda rappresenta per l'economia del territorio e per l'intera industria nazionale e, al contempo, va tenuta in considerazione l'emergenza ambientale in atto che minaccia la salute dei cittadini.
  Mai, come in un caso del genere, le parole sono pietre: corretta continuazione delle attività produttive, risanamento ambientale, tutela della salute dei lavoratori, minacce alla salute. E se la questione è cruciale, lo è anche lo snodo rilevantissimo che l'Ilva rappresenta nel nostro Paese e in Europa, una questione di rilevanza nazionale e internazionale che, oserei dire, inizia a Taranto così come negli altri stabilimenti italiani dell'Ilva, passando per Bruxelles, e termina in Cina, in Russia, in Turchia e in altre potenze industriali emergenti. Dico «passando per Bruxelles» perché non sfuggono né i punti di cui si compone il piano europeo per l'acciaio, né tanto meno la difficoltà a cui è esposta l'Europa, stretta tra crisi di sovrapproduzione dell'acciaio con i suoi circa 500 siti produttivi; 360 mila lavoratori occupati; 190 miliardi di giro d'affari. In questo quadro l'Ilva di Taranto assume quasi una valenza simbolica e proprio per questo rappresenta un orizzonte dalla densissima valenza: far quadrare il sistema di priorità che consente la tutela dell'ambiente e della salute e la produzione e l'occupazione, senza dimenticare che, per dirla come il presidente di Federacciai, se l'Ilva chiudesse verrebbe a mancare il 40 per cento dell'acciaio destinato alla meccanica.
  Consapevoli di tutto questo, insomma, come è stato osservato, il caso Ilva è una spia di problematiche più estese: una congiuntura negativa, costi energetici, proprietà familiari che ostacolano le aggregazioni, insomma particolari difficoltà. Sono tutte questioni che sono rimbalzate nel corso della discussione nelle Commissioni, così come in Aula e ogni volta, come è giusto e doveroso, è stato confermato centrale il tema della salute, linea discriminante e particolare al tornasole in ogni azione – e concludo – da intraprendere. Per questo appare evidente la necessità di un pieno coinvolgimento del Ministero della salute nell'attuazione del decreto odierno, nonostante all'origine dell'adozione di questo decreto, siano stati rivelati profili di protezione dell'ambiente e della salute, oltre che esigenze di salvaguardia dei livelli occupazionali. Esso infatti è stato emanato sia dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che da quello per lo sviluppo economico, senza il pieno coinvolgimento del Ministero della salute. E penso che a questo punto sia necessario non solo, per esempio, alleggerire...

  PRESIDENTE. Onorevole Capone, dovrebbe concludere.

  SALVATORE CAPONE. Concludo: ai fini della salute alleggerire il patto di stabilità o i vincoli economici, così come ritengo che sia necessario rafforzare quanto contenuto all'interno del decreto legislativo n. 231. Quindi a questo punto – e poi lascerò la relazione completa – dico che siamo ad una svolta, proprio quella svolta di cui parlavo all'inizio, che ci permette di pensare che si sia sulla strada giusta con questo decreto e che peraltro si possa ragionare in questi termini. Penso ancora alla Puglia e anche alle altre situazioni che stanno particolarmente a cuore a tutti noi in Italia, e che si trovano nella stessa situazione. Per questi motivi sono fiducioso che l'approvazione della legge di conversione del decreto-legge possa inaugurare una nuova stagione anche per Taranto, immaginando che mai più in questo Paese possa ripetersi un'altra Ilva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

Pag. 57

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente e colleghi, fu proprio Emilio Colombo, padre costituente recentemente scomparso, a posare la prima pietra di uno stabilimento nel 1960. Questo stabilimento si trasformò a metà degli anni Settanta in un vero e proprio mostro industriale, in una realtà sempre più ricca di attività produttive impattanti. Fino al 2001 non è stata eseguita alcuna attività di monitoraggio e controllo. I primi dati, del 2001 appunto, sono quelli desunti da autodichiarazioni dell'impresa. Le pressioni ambientali prodotte dal polo industriale tarantino determinarono notevoli criticità, tanto che l'area nel 1990 venne definita ad elevato rischio di crisi ambientali e venne approvato un piano di disinquinamento, tramite anche leggi regionali, ma i primi filtri furono posizionati solamente alla fine degli anni Novanta.
  Dal 2000 si susseguono pubblicazioni scientifiche che dimostrano la contaminazione da microinquinanti dei mitili di Taranto. Dal 2003 è attiva in Puglia l'ARPA, ed è iniziato un monitoraggio dei microinquinanti di Taranto. Le emissioni di diossina vengono regolate dal 2008, con una legge regionale, una delle prime in Italia, che consente di raggiungere alcuni obiettivi: dai 500 grammi di diossine emessi si passò gradatamente a cento e attualmente l'agglomeratore dovrebbe emettere al di sotto dei 10 g all'anno (i limiti imposti sono attualmente di 0,4 nanogrammi dal 2011). Dal 2009 viene verificato il superamento del benzopirene per l'anno precedente. Tutti questi dati portarono al divieto di pascolo per le aziende zootecniche addirittura nel raggio di 20 chilometri da Ilva, e fu ascritto allo stabilimento Ilva il superamento appunto di queste sostanze cancerogene. La legge regionale n. 3 del 2011 previde, in caso di superamenti, la necessità di copertura dei parchi minerari di Ilva e la riduzione della produzione in base alla velocità del vento.
  Disposizioni che entrarono nell'AIA 2012. Nel 2012, però, vennero denunciati ancora i persistenti superi del benzopirene. Vennero rilevati superi importanti del PM10 e vennero rese più stringenti le prescrizioni, tanto che, nel 2012, dovette intervenire la magistratura chiedendo il sequestro dell'impianto in base a dati tecnico-scientifici, per cui venne introdotta la valutazione del danno sanitario che prevedeva interventi per l'attività portuale, per le bonifiche e per il rilancio industriale. Venne creato un centro ambiente e salute.
  Cosa dicono i dati degli esiti degli studi sulla popolazione e sull'ambiente di Taranto ? Se gli ultimi dati ISTAT mostrano che l'attesa di vita a livello nazionale è in lieve ascesa o si mantiene costante, la provincia di Taranto è l'unico caso in cui l'attesa di vita dal 2006 ha subito una preoccupante inversione di tendenza (perdita di circa due anni di vita attesa per gli uomini), anche se la speranza di vita in salute – che è un altro dato – è in riduzione in tutta Italia. Questo dato suggerisce un'urgente revisione di tutto il testo unico ambientale. I nostri emendamenti andranno in tale direzione.
  Nella città di Taranto è stato documentato un aumentato rischio di mortalità per tumori maligni e per patologie non neoplastiche in età adulta e un aumentato rischio di mortalità entro il primo anno di vita per tumori maligni in età pediatrica superiore alla media regionale e nazionale. Molti degli inquinanti emessi da Ilva Spa sono composti organici persistenti, diossine e PCB, che oltre a rientrare nella catena alimentare, possono superare la barriera placentare e causare danni già in epoca fetale. Gli inquinanti emessi dall'Ilva Spa causano, quindi, danno epigenetico, difetti nell'espressione del DNA e questo danno può determinare una riprogrammazione fetale patologica che potrà determinare l'insorgenza di malattie di varia natura in età adulta. Le conseguenze sanitarie, quindi, potranno essere misurabili a distanza di due generazioni dall'esposizione. I neonati continuano ad accumulare le sostanze con cui in qualche modo sono venuti a contatto. Le diossine nel latte materno delle donne di Taranto hanno valori fino a quaranta volte superiori a quelli considerabili tollerabili dall'Organizzazione mondiale della sanità. Per cui, dal Pag. 582000 ad oggi, in tredici anni, sono documentate malattie e morti evitabili in tutte le fasce di età compresa quella prenatale. Gli effetti delle diossine sono noti dal 1953 e in Italia dal 1976 a seguito dell'incidente di Seveso. Le diossine sono interferenti endocrini e oncogeni e i PCB sono stati inclusi nella classe di rischio di oncogeni certi nel marzo 2013. Rispettando l'AIA è solo possibile dimezzare il rischio cancerogeno nella popolazione residente.
  Il MoVimento 5 Stelle ha chiamato in audizione enti che considerano la prevenzione il primo passo per evitare danni sanitari. La società scientifica «Medici per l'ambiente Italia», rappresentata dal dottor Agostino Di Ciaula, ha ben descritto come la prevenzione primaria sia uno dei compiti della politica. Il rispetto dell'AIA non può essere evocato come sola garanzia di sicurezza per il numero di violazioni delle prescrizioni certificato da ISPRA, per l'incertezza sull'effettiva durata dei tempi di applicazione e per i gravi dubbi sulla sua reale efficacia. Non ultimo, per l'assenza, per quanto riguarda ISPRA, di strumenti idonei per la notifica e la contestazione delle violazioni. Ricordiamo che Ilva Spa, comunque, da prescrizione AIA, garantirà l'emissione di circa la metà di tutta la diossina emessa in Italia, sommandosi alla pressione ambientale che gli abitanti di Taranto hanno già subito nei decenni scorsi. Per cui, anche se l'applicazione dell'AIA nel 2016 sarà perfettamente rispettata, il danno sommatorio sarà comunque molto importante.
  La produzione di benzopirene, rispettando l'AIA, si ridurrà solamente del 9 per cento, passando da 76 a 69 chilogrammi all'anno. Le emissioni di metalli pesanti rimarranno sostanzialmente invariate, addirittura pare che il cromo esavalente, il benzene e altri cancerogeni, dopo l'applicazione dell'AIA, aumenteranno addirittura. Dunque 12 mila residenti continueranno ad essere sottoposti a un rischio elevato di tumore maligno.
  La capacità di danno biologico di molti degli inquinanti emessi dall'Ilva si esplica non per inalazione ma per ingestione, quindi la valutazione del danno non è facile. La quantità di diossina assunta dai bimbi di Taranto è decisamente elevata. Le diossine con cui in qualche modo la popolazione verrà a contatto, sono decisamente superiori a quelle che l'OMS consente. Le diossine che la popolazione di Taranto si troverà a subire sono quelle che potrebbe subire una popolazione di un miliardo di persone, e non di 200 mila persone. Questi sono i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità. Per cui la quantità produttiva, anche secondo il direttore generale di ARPA, deve essere rivista, per rendere, per tentare in qualche modo, se possibile, di rendere sostenibile la produzione di Ilva.
  Si scopre che nessuno degli stabilimenti europei produce oltre 5 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, per cui l'indicazione del livello produttivo dovrà scaturire da questo decreto.
  Intorno allo stabilimento esiste un'area definita sito di interesse nazionale e sarà necessario valutare tutta la zona nel sua complesso se si intende davvero mitigare l'effetto sulla salute. C’è un enorme cementificio limitrofo all'impianto e si spera non possa iniziare a bruciare rifiuti e quindi che non venga applicato per questo cementificio il decreto n. 22 del 14 febbraio 2013 del Ministro Clini.
  Le perizie disposte del GIP Todisco hanno dimostrato circa 30 decessi ascrivibili all'emissione di particolato da parte di Ilva. Gli studi sul particolato sono decisamente puntuali; sono almeno 15 anni che esistono. Evitiamo di fare come per l'amianto, facendo passare oltre trent'anni prima di una normativa puntuale.
  Le polveri sottili sono associate al cancro del polmone che, anche volendo essere cinici e pensare solamente al bilancio, costano al bilancio circa 19 miliardi di euro all'anno in Europa, su 124 miliardi totali per la cura del cancro.
  Questo disegno di legge deve essere assolutamente migliorato. In Puglia manca ancora un registro delle malformazioni ed è corso la petizione per chiederne l'istituzione, portata avanti proprio dai medici ISDE.Pag. 59
  Nelle aree SIN italiane sono stati riscontrati incrementi delle malformazioni e della natimortalità. Il SIN di Mantova, per esempio, ha 420 malformazioni su 10 mila nascite, contro le 187 per 10 mila dell'Emilia-Romagna. Lavoriamo bene su questo decreto se vogliamo riprenderci il futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ginefra, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È iscritto a parlare l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il disegno di legge di conversione del decreto-legge in discussione affronta una materia che si articola in un delicato equilibrio tra tutela ambientale, salute e lavoro nell'esercizio di impresa, soprattutto riguardo a imprese di interesse strategico nazionale. L'Ilva è l'esempio più evidente di come queste problematiche siano strettamente connesse tra di loro e quanto è successo all'Ilva testimonia anche l'opportunità di intervenire con questa legge per salvaguardare la produzione dell'Ilva, per salvaguardare l'occupazione, per salvaguardare la tutela e la salute dei cittadini. Sono queste le priorità più importanti alle quali questo provvedimento porge grande attenzione, perché la tutela dell'ambiente e la salute dei cittadini sono sicuramente una priorità, ma non possiamo neanche dimenticare, dal punto di vista economico, la rilevanza che Ilva ha con la sua produzione – abbiamo citato prima i dati, è uno dei maggiori produttori di laminati in Europa, forse il più grande – e sicuramente le ripercussioni che una riduzione o di un azzeramento della produzione potrebbero portare sull'intero settore economico della nostra nazione, sarebbero pesantissime.
  Ma c’è anche un problema sociale, perché attraverso il funzionamento e la produzione dell'Ilva ci sono due effetti estremamente positivi: il primo è la conservazione dei posti di lavoro, il secondo è la creazione di quelle risorse indispensabili e necessarie per garantire il rispetto dell'AIA, che è una priorità all'interno del decreto.
  Poi, c’è anche una questione di diritto che viene affrontata nel decreto-legge in esame, quella di garantire il diritto della proprietà privata con un commissariamento temporaneo, ma è importante che la proprietà privata sia tutelata nell'esercizio d'impresa, a garanzia non solo dell'iniziativa imprenditoriale, ma anche della credibilità e della capacità del nostro Paese di attrarre investimenti che, con leggi in senso opposto, sicuramente, penalizzerebbero in maniera drammatica l'iniziativa di altri imprenditori esteri nel nostro Paese.
  Quindi, il decreto si muove, a partire dall'articolo 1, definendo con chiarezza l'opportunità del commissariamento e le capacità del commissario, e credo che la storia stessa del commissario lo dimostri: è una persona particolarmente preparata, con un grande curriculum proprio sulle ristrutturazioni di aziende e, quindi, credo che sia anche questa una garanzia nel merito della persona.
  Ma il decreto si basa anche sull'evidenziare come il commissariamento venga circoscritto a ipotesi che è importante che siano delimitate, perché è evidente che un commissariamento che interviene in una proprietà privata è sempre una cosa molto delicata. Quindi, in sede referente, nell'ottima interlocuzione avuta proprio con il sottosegretario De Vincenti e con il Governo, è emersa la possibilità di circoscrivere, con paletti molto rigidi, l'applicazione di questo commissariamento temporaneo. Quindi, di qui, i mille dipendenti che garantiscono la presenza di un'impresa di rilevanza nazionale e, dunque, di interesse strategico nazionale; di qui, la necessità che ci sia, appunto, un interesse strategico nazionale per le ripercussioni che la strategicità dello stabilimento può avere per l'economia del Paese e che ci siano, accertate oggettivamente, delle reiterate non ottemperanze dell'AIA: sono proprio queste reiterate inosservanze la Pag. 60condizione di partenza perché si possa intervenire con un commissariamento proprio a tutela del diritto della proprietà privata, ma anche a tutela dei cittadini e della stessa produttività dello stabilimento.
  Al comma 1-bis viene maggiormente esplicitato il concetto di commissariamento proprio nell'interesse dell'attività d'impresa, stabilendo delle diverse forme – rami di azienda o stabilimenti – e conferendo a questi soggetti le risorse patrimoniali e finanziarie necessarie perché si possa, appunto, ottemperare alle prescrizioni dell'AIA. Credo che questo sia importante anche dal punto di vista dell'attrattività del nostro Paese, perché è evidente che società multinazionali che hanno più stabilimenti non possono trovarsi nell'anomala circostanza di essere commissariate perché un solo stabilimento ha inottemperato a prescrizioni di natura ambientale, seppur gravi. Quindi, nel decreto viene posto rimedio, anche in una maniera articolata, alla possibilità di raggiungere l'obiettivo, che è il rispetto delle condizioni ambientali, in un'equa soluzione, anche dal punto di vista tecnico-giuridico, della situazione.
  Un ulteriore approfondimento, anche a garanzia del risultato dell'azione del commissario, è sicuramente la riflessione che è stata fatta sulla responsabilità nel suo operare, che è stata regolata secondo l'articolo 2236 del codice civile. È un segnale importante, perché, se da una parte, il commissario ha mano libera per operare nel rispetto dell'AIA e delle prescrizioni che vengono imposte, dall'altra parte, opera nel rispetto delle regole della gestione d'impresa, perché il primario elemento è recuperare le risorse dalla produzione, che sono indispensabili per ottemperare all'AIA e per garantire l'occupazione. Quindi, questo riferimento al codice civile per le situazioni complesse è una garanzia reciproca per il commissario ed anche per tutti noi che crediamo nell'azione importante che il commissario va a fare in quest'azienda molto particolare; ma, anche per il futuro, dà garanzia che l'operato del commissario segua regole circoscritte e abbastanza definite.
  Infine, passaggi importanti che sono all'interno del decreto sono sicuramente l'obbligo dell'informazione del commissario verso la proprietà privata. Anche questa è una forma di garanzia del diritto e dei ruoli che vengono esercitati: viene sospeso sicuramente il diritto d'impresa, ma non viene negato il diritto della proprietà. E, quindi, nell'informazione, che viene anche rafforzata, il commissario, proponendo il piano industriale, accetta anche le osservazioni della proprietà e, quindi, si opera in una perfetta trasparenza e nella perfetta trasmissione dei dati che l'azienda produce nei confronti della proprietà e nei confronti anche degli azionisti. Credo che anche questo sia un passaggio importante, che è stato anche oggetto di una proficua discussione nell'ambito delle Commissioni referenti.
  Un altro passaggio che credo sia importante è quello di avere semplificato, con l'eliminazione del garante, l'iter di approccio e di averlo migliorato e integrato con la nomina di tre esperti, che significa mettere tre competenze diverse nelle tre criticità più importanti che caratterizzano il commissariamento: un esperto della salute, un esperto dell'ambiente e un esperto dell'ingegneria impiantistica e quindi della conoscenza dei processi produttivi. Infatti, non dobbiamo dimenticare che l'Ilva – parlo dell'Ilva, ma in genere degli stabilimenti oggetto di questo decreto-legge – si assoggetta a prescrizioni che per altri Paesi varranno nel 2016 e che sono particolarmente restrittive (la copertura del parco minerario, dei nastri trasportatori). Sono delle innovazioni nel settore che necessitano, quindi, di una competenza e di una specificità nel seguire questi processi affinché, appunto, il piano delle azioni sia assolutamente monitorato, soprattutto con riferimento ai tempi e agli interventi che si rendono necessari perché vengano rispettate queste prescrizioni. Credo che questo sia un elemento di grande garanzia e di grande trasparenza che emerge, appunto, dal decreto-legge che oggi stiamo esaminando.
  Un altro passaggio importante che, da una parte, è stato osservato in sede referente Pag. 61e che, dall'altra, compensa un po’ l'eliminazione del garante, è sicuramente il processo di pubblicazione e di comunicazione del piano industriale e del piano degli interventi che vengono realizzati all'interno dell'Ilva e degli stabilimenti. Credo che questo sia assolutamente in linea con la Convenzione di Aarhus che sancisce appunto i termini chiave di partecipazione dei cittadini e di accesso alla giustizia in materia ambientale. Anche questo aspetto viene ben regolato nel decreto-legge, sul quale si è dimostrata una grande partecipazione nella sede delle Commissioni referenti, per affrontare questo, che è un problema di un'azienda, ma che viene, con un decreto-legge, sancito come un problema del Paese e che non sarà il primo, ma sicuramente non sarà l'ultimo.
  Una riflessione va fatta sulla specificità di Taranto: è indubbio che dal 1961 al 2003, anzi al 2001 esattamente, di Taranto non ci si è molto occupati dal punto di vista ambientale e dal punto di vista della salute dei cittadini. Solo nel 2001 abbiamo cominciato ad avere dei dati sulle diossine e nel 2003 abbiamo registrato i primi interventi in favore del ripristino delle condizioni ambientali di Taranto.
  Da qui nasce un debito di noi tutti cittadini, dello Stato e anche dell'azione di noi parlamentari verso questa città, che ha dato un grande sacrificio alla nostra Nazione, perché ha raggiunto livelli di produttività e di occupazione notevoli, ma ha pagato e paga un grave prezzo.
  Quindi, in sede di Commissioni riunite sono arrivati molti emendamenti da parte di tutte le componenti del Parlamento, di tutti i movimenti politici, ma anche dei partiti, che hanno chiesto di poter derogare al Patto di stabilità per tutti quegli interventi che sono oggetto delle delibere CIPE n. 87 e 92. Parliamo di 118 miliardi di euro, dei quali 110 miliardi di euro sono a carico dei Fondi di coesione della regione Puglia e 8 miliardi di euro a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  Per quanto riguarda la deroga al Patto di stabilità, questi sono fondi deliberati nel 2012 e ad oggi non si ha ancora notizia di quando potranno essere impiegati. Sono fondi che vanno a finanziare interventi di bonifica dei fondali del porto di Taranto e in altre zone limitrofe allo stabilimento per sanare un danno ambientale. È un intervento diretto dello Stato ed è importante che lo Stato operi prima del privato, se non in sinergia con il privato, mettendo in campo le risorse di cui dispone.
  Mi auguro che anche domani, in sede di votazione del decreto-legge, possa emergere una convergenza molto forte nel chiedere al Governo un atto di impegno perché questi fondi per Taranto possano essere sbloccati con una deroga. È un sacrificio che viene chiesto allo Stato, ma è un sacrificio che i tarantini e la città di Taranto meritano. Lo abbiamo già fatto con il decreto-legge sulle emergenze per le città che hanno avuto delle gravi calamità dovute al terremoto e credo che sia moralmente obbligatorio, per noi, farlo per Taranto. Mi auguro che su questo ci sia l'unanimità, che è emersa nella lettura dei tanti emendamenti che su questo aspetto hanno dimostrato una grande convergenza, anche se sono stati oggetto, come sappiamo, in sede di valutazione, di una non coerenza e non legittimità rispetto al decreto-legge.
  Quindi, il credito che Taranto ha contratto nei confronti di questa Nazione credo che debba essere, con questa azione a cui tutti siamo chiamati, risarcito almeno parzialmente, così come viene risarcito con questo decreto-legge che è un punto di partenza importante. È un punto di partenza importante, perché ha sancito e ha chiarito dei passaggi in merito alle competenze di chi deve accertare il danno, stabilendo che deve essere l'ISPRA, organo di emanazione del Ministero, in contraddittorio con l'impresa (quindi, anche il principio del contraddittorio è molto importante, così come la chiarezza su chi deve controllare l'inadempimento e l'attuazione degli adempimenti). Credo che tale questione sia emersa in modo molto forte in sede di Commissione referente, dove, spesso, i molti organi di controllo Pag. 62hanno denunciato una grande confusione e sovrapposizione nelle competenze e nel merito.
  Credo che, per non controllare, la migliore cosa sia quella di sovrapporre troppi e tanti organi controllo, piuttosto che metterli in sinergia e organizzarli in maniera efficace ed efficiente. Questo decreto lo fa con molta chiarezza, nei primi articoli, stabilendo chi è il responsabile dell'accertamento, che si avvale dell'ARPA e delle agenzie regionali, e soprattutto sancisce che il controllo deve essere fatto in contraddittorio, perché deve esserci la partecipazione, la conoscenza e la presa in carico della problematica soprattutto da parte dell'azienda inadempiente, come nel caso di specie.
  Soprattutto, questo decreto sancisce che l'impresa inadempiente necessita di un provvedimento commissariale, a testimoniare l'attenzione che lo Stato deve avere quando c’è un imprenditore che non adempie e che lo fa reiteratamente, così come non deve essere estesa l'applicazione del commissariamento in maniera molto facile e molto agevole laddove ci sono delle situazioni che possono essere sanate proprio con l'attivazione del privato.
  Quindi, io credo che nella discussione possa emergere la validità di questo decreto per il processo e per il percorso che ha avuto in sede di Commissione in sede referente e per l'attenzione che tutte le parti politiche hanno posto nei confronti della città di Taranto e che rinnovo. C’è un debito che deve essere sicuramente sanato, è un debito morale che coinvolge tutti noi, soprattutto noi parlamentari della Puglia, che più degli altri sentiamo sulla nostra pelle e sulle nostre spalle la responsabilità e il peso di una città per troppo tempo gravata solo da negatività. Ma Taranto è una città che ha delle grandi prospettive, se riusciamo, anche con un'azione prospettica, a dare un diverso futuro a Taranto, che non deve essere solo siderurgia. Infatti, è anche particolare che a Taranto, negli ultimi dieci anni, si sia concentrata tutta la siderurgia italiana e probabilmente i tarantini, anche inconsapevolmente, non si sono resi conto di essere diventati il polo europeo della siderurgia.
  Credo che questo debba essere ripagato su Taranto con una politica industriale diversa che parta dal Governo, che faciliti la riqualificazione urbana, che faciliti prospettive diverse per una grande e bella città come Taranto, che ha nel turismo, e non solo, ma anche nella diversificazione industriale, un futuro particolarmente attento.
  Quindi, ritengo che questo decreto sia un primo passaggio di attenzione verso la città di Taranto, ma anche verso il sistema produttivo e i cittadini del nostro Paese.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, innanzitutto vorrei cominciare questo intervento con un mea culpa, un mea culpa del MoVimento 5 Stelle. Effettivamente ci siamo sbagliati a cominciare questa legislatura con un tormentone, quello della centralità del Parlamento. Infatti, nel momento in cui ci troviamo a parlare di qualcosa che è forse di interesse nazionale – visto che Taranto e Statte sono siti di interesse strategico nazionale – e praticamente dall'inizio della discussione l'Aula è completamente vuota, questo ci fa capire come probabilmente il Governo segua la giusta strategia, cioè quella di presentare decreti-legge svuotando completamente il ruolo del Parlamento, che domani si troverà semplicemente a pigiare dei tasti e non a discutere e ad emendare questo atto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Del resto, oggi, all'Aula, se fosse stata presente – quindi mi trovo a parlare con lei, Presidente, con molto piacere – volevo raccontare...

  PRESIDENTE. ...con me, con qualcuno dei suoi colleghi e anche con qualcuno degli altri gruppi. Diciamo che siamo in un certo numero e non siamo tutti.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. No, Presidente, mi riferivo a lei semplicemente Pag. 63come parte politica, e adesso capirà, con il mio intervento, perché la tiravo in ballo.
  Vorrei raccontarvi una storia che nasce nel 1905 e che negli anni Sessanta ha avuto il suo momento cruciale con l'insediamento di un grande polo siderurgico nei pressi di una città. Parliamo di Taranto, una città della Puglia che è stata fondata nel 706 a.C. ed era uno dei centri più importanti della Magna Grecia. Si trattava di una città fiorente per la sua attività nel tessile, nella pesca, nell'artigianato e nell'agricoltura, cosa che adesso fa quasi ridere, ma allora l'agricoltura era molto fiorente.
  Questa è una delle tante tristi storie che mi hanno portato qui e che ci hanno portato qui, a dover stare oggi «strappati» dai nostri contesti familiari sotto il nome del MoVimento 5 Stelle. Dite la verità: voi non pensavate che tutto ciò accadesse veramente. Cito testualmente: preferisco che i voti vadano al PdL piuttosto che disperdersi verso Grillo. Questo lo affermava un anno fa il nostro stimatissimo Presidente Enrico Letta. In effetti, Presidente Letta, se ne sono dispersi tanti di voti, in Italia e soprattutto a Taranto.
  Cito ancora: anche un voto dato al MoVimento 5 Stelle di Grillo, che rappresenta una pur legittima protesta contro la politica e i politici, senza tuttavia aggiungere alla protesta alcuna proposta costruttiva, è pericoloso, perché, guardando con attenzione alle sue liste, si scopre che più dell'80 per cento dei suoi candidati ha già fatto politica e proviene da circoli – così come si può vedere tra i presenti – dell'estrema sinistra, dei centri sociali e dei «No TAV».
  Lo scriveva l'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una lettera inviata agli italiani con cui prometteva la restituzione dell'IMU 2012 che, tra parentesi, stiamo ancora aspettando. Lei ha ragione, Presidente Berlusconi: i cittadini del MoVimento 5 Stelle facevano e fanno parte dei NO-TAV, dei No-Muos, dei comitati che a Taranto e in ogni parte d'Italia si battono per i diritti dei cittadini violati da questa politica, dalla vostra politica. È proprio per questo che le rivolgo, Presidente, una domanda: ma lei farebbe vivere un suo nipotino nel quartiere Tamburi di Taranto ?
  Gentilissimo Presidente Berlusconi, prendiamo atto che la restituzione dell'IMU 2012, che sopra dicevo, è stata una bufala, ma anche quella ormai è inquinata, campana o tarantina che sia, ed è per questo che noi, che rappresentiamo solo la protesta, le mostriamo invece che siamo anche la proposta ed è per questo che le facciamo una proposta. Lei, Presidente, dichiarò in campagna elettorale: l'IMU io la rimborserò agli italiani di tasca mia, perché ho capitali a sufficienza. Bene, Presidente, quei soldi che lei ha promesso non costituiscono una questione di vita o di morte per gli italiani, ma per i tarantini sì, per cui – questa è la nostra proposta – doni quei soldi a Taranto !
  Stiamo ancora aspettando, inoltre – qui vengo a ciò che prima si diceva in Aula –, che localmente – intendo dire, per chi non lo capisca, a livello regionale – uno dei cosiddetti governatori – oramai si fanno chiamare così – che si sono succeduti nel tempo a presiedere la Puglia faccia veramente qualcosa, ma qualcosa di più di qualche appassionata intervista o di qualche normativa che serve per avvelenare un po’ più lentamente, anzi, poeticamente, un po’ più dolcemente la popolazione residente.
  Ma anche in questo caso noi del MoVimento 5 Stelle cosa possiamo aspettarci di più ? Cosa possiamo aspettarci da chi dal 2005, sia in provincia che in regione – ed è lì che si rilasciano le autorizzazioni ambientali –, governa (parlo di SEL e del Partito Democratico) dal 2005 assieme e ha regalato da allora negli anni ai tarantini la Cementir, che è un cementificio che brucia rifiuti, la raffineria ENI, che ha appena ricevuto l'autorizzazione all'aumento del proprio parco serbatoi, l'inceneritore AMIU, che brucia rifiuti senza alcuna preventiva differenziazione, gli inceneritori per i rifiuti speciali pericolosi, il porto industriale e commerciale, l'Aeronautica militare, la Marina militare, l'Arsenale militare e, nel raggio di 30 chilometri, cinque discariche per i rifiuti speciali, Pag. 64una delle quali, per rifiuti pericolosi, dentro l'Ilva, così giusto per migliorare la situazione dell'Ilva, discarica tra le più grandi in Europa. Poi ci sarebbe tutto il capitolo delle discariche chiuse ma mai bonificate.
  Non sono stati capaci per anni e, in qualche caso, per decenni di risolvere alcuno dei problemi elencati, anzi no – e qui vengo a quello che ancora prima si diceva – mi correggo. Per essere più precisi, qualcosa di definitivo l'hanno fatto: un bell'inceneritore di rifiuti a Massafra, appena un poco più là del grande polo siderurgico cui vi accennavo all'inizio, giusto per integrare l'aria con qualche ulteriore tipologia di inquinante eventualmente ancora mancante.
  Ma non finisce qui, perché questa – uso la definizione tecnica più carina, che tanto piacerebbe al nostro presidente della regione Puglia – «centrale termoelettrica alimentata con combustibile derivato da rifiuti» tra un po’ verrà raddoppiata a Massafra. Quando si parla di giudicare nei fatti la nostra presidenza della Puglia, io guardo i fatti e vedo che il nostro presidente, forse, non ricorda i fatti – per cui noi affettuosamente ormai lo definiamo in Puglia «lo smemorato di Terlizzi» –, perché non si ricorda ad esempio delle promesse di tagli dei costi della politica bocciando in aula all'unanimità zero privilegi Puglia, allora presentato, con lui nemmeno presente, in aula, che raddoppiava i tagli solo perché erano previsti dal decreto Monti ? Non si ricorda forse SEL del fatto che Pizzarotti il 28 giugno, tramite un atto, ha reso inagibile l'inceneritore di Parma, di fatto bloccandolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Quindi non si ricorda forse SEL di queste cose quando parla.
  Ma veniamo a noi: quella di Taranto sembra davvero la trama di un film dell'orrore; invece no, purtroppo è grottesca realtà per i cittadini tarantini. L'Ilva, questo nome di cui forse qualcuno ignora la radice: con questo nome, dal latino si richiama la stupenda l'isola d'Elba. Questa politica ha distrutto il territorio tarantino e ha inflitto sofferenze e malattie a tante persone con questo nome.
  Taranto, i tarantini, gli abitanti della provincia, ma anche i lavoratori dell'azienda, in fondo, avrebbero voluto solo una vita normale. Avevano affidato quella loro vita a questa politica, quella che voi rappresentate, anche se non presenti in questo momento in quest'Aula, e che, in qualche caso, vi ha visto diretti protagonisti e che questa politica ha tradito e che voi, in misura diversa, avete tradito.
  Io – come cittadino, prima, e come parlamentare, poi, della Repubblica italiana – sono dovuto scappare via per la vergogna dal reparto oncologico di Taranto, quasi fossi l'unico responsabile di tutto, trafitto dagli sguardi silenziosi, ma insostenibili di tante persone con mascherine, senza capelli, con sguardi persi nel vuoto, bambini senza più luce negli occhi. E poi, quando torno qui, nel luogo dal quale quelle persone sofferenti dovrebbero avere risposte, trovo questa allegra politica da buvette, che pasteggia ignobilmente, incurante del dolore che ha causato, interessata solo a procurarsi una poltrona per il prossimo giro e utilizzando questi gloriosi banchi – perché questi banchi sono gloriosi – come un teatrino in cui attuare miserabili – lo ripeto: miserabili – semplicemente giochi di potere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E allora qui mi chiedo: Ma chi siete voi ? Chi siamo anche noi per decidere che tutto quell'acciaio vale davvero solo più della vita di un solo bambino ? Questa politica, la vostra politica è stata più distruttiva delle ciminiere dell'Ilva per l'Italia, per gli italiani, oltre che per i tarantini e noi, quasi per un contrappasso dantesco, siamo venuti qui per essere l'Ilva di questa politica.
  Ma io andrei anche oltre, Presidente, e a chi ha costretto le donne del rione Tamburi ad affrontare gravidanze con un inquinamento ambientale tipo come se fumassero 40 pacchetti di sigarette al giorno o a chi ha fatto il gioco delle tre carte con il benzopirene, vorrei fosse riservato Pag. 65il contrappasso di Seneca, cioè nascere, vivere, ammalarsi e morire tra tante sofferenze, come è accaduto a molti tarantini, ma per l'eternità ! Vorrei essere perdonato per quello che ho detto da Colui che può, ma devo ammettere che spero che tale punizione sia stata già inflitta a coloro che, non più tra noi, hanno consentito nel 1960 di posare la pietra dello stabilimento siderurgico a poco più di un centinaio di metri da abitazioni che, al contrario rispetto a quello che si dice sui media, erano già lì esistenti da qualche anno.
  Confesso, Presidente, e chiedo scusa per l'emozione perché ci sono stato io nell'ospedale e non tanta gente che qui oggi purtroppo non è presente, che in questo intervento avrei voluto provare a discutere di soluzioni, di proposte, sì, di proposte, signor Presidente, perché il MoVimento è proposta, come vi hanno dimostrato tutti i colleghi che hanno parlato prima di me. Avrei voluto raccontarvi questa storia diversamente, con dati, riferimenti, ma mentre raccoglievo il materiale necessario per confezionare in questo modo questo mio intervento, mi sono imbattuto in un mare di incapacità politica, di malaffare, di sofferenza, di malattia, di morte ed ancora morte e allora mi sono detto: rischio di fare solo un semplice riassunto, neanche esaustivo, di tutto ciò che questa politica ha fatto ai danni di Taranto e dell'Ilva; dati e riferimenti che questa politica, questi politici conoscono benissimo, molto meglio di me e di tutti noi del MoVimento 5 Stelle poiché le mani di questa politica grondano ancora del sangue di tante persone innocenti (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico) !
  Oggi, come ieri, questa politica, anche quella che adesso rumoreggia, cioè voi, continuate ad affrontare queste questioni con i decreti, stile quello «del fare», tanto per far vedere di fare qualcosa, così poi da poter dire che a Taranto, a sbagliare, è stata la gente, non chi governava o chi ha governato.
  Presidente, volevo concludere con una frase, firmata dai cittadini di via De Vincentis, via Lisippo, via Troilo e via Savino, del rione Tamburi, per chi non lo sapesse, i più vicini all'Ilva, a circa 130 metri. Loro scrivono: nei giorni di vento nord, nord-ovest, veniamo sepolti da polvere di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale dell'Ilva. Per tutto questo, gli stessi maledicono – ripeto – maledicono coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1139-A)

  PRESIDENTE. Ora dovrei dare la parola per le repliche ai relatori che, però, hanno ampiamente consumato il tempo a loro disposizione nella parte iniziale. Quindi, sono costretto, anche perché abbiamo altre discussioni sulle linee generali e la giornata va per le lunghe, a consentire un minuto di replica per ogni relatore.
  Prendo atto che la relatrice di minoranza per l'VIII Commissione, onorevole Mannino, rinuncia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la X Commissione, onorevole Crippa.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Signor Presidente, devo dire che gli interventi odierni hanno forse contribuito ad andare un attimino più nel merito. Ma, in maniera sincera devo anche constatare che l'assenza dei deputati, magari impegnati in altri lavori di Commissione ma, magari, assenti proprio (credo più nella seconda), domani porterà gente a votare un decreto in maniera totalmente disinformata dei fatti.
  Questo è un problema reale e speriamo che si riesca, in qualche modo, a migliorare il decreto. Questo è il nostro auspicio e lo vedremo nei lavori del Comitato dei nove.

Pag. 66

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione, onorevole Borghi.

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per la VIII Commissione. Signor Presidente, innanzitutto desidero esprimere un ringraziamento per gli interventi che hanno fornito un quadro di lavoro delle prossime ore. Ringrazio coloro i quali hanno individuato nel lavoro che è stato svolto sin qui un elemento di equilibrio tra le ragioni dell'impresa e quelle dell'ambiente e della salute. Sottolineo come il lavoro della riscrittura del comma 1-bis, l'abolizione della figura del garante e l'introduzione dell'obbligo per il commissario di iniziativa, di informazione e di consultazione finalizzata alla massima trasparenza, facciano già parte di un lavoro di confronto che è stato condotto all'interno della Commissione.
  Sottolineo, inoltre, un elemento che non è stato ricordato e, cioè, che i relatori hanno presentato uno specifico emendamento in Commissione sulla base del quale non ci sarà nessun onere a carico della finanza pubblica da questo provvedimento. Naturalmente, ci rendiamo disponibili ad approfondire ulteriormente, sulla base delle proposte che verranno fornite e che dovranno, evidentemente, essere funzionali all'obiettivo che ci siamo posti, della prosecuzione dell'attività in una chiave di sostenibilità ambientale.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei anch'io ringraziare per gli interventi che si sono succeduti nell'Aula e sottolineare come al centro del decreto, già nella versione originaria ma ulteriormente chiarito e rafforzato attraverso gli emendamenti votati in Commissione, stia, prima di tutto, l'ambiente e la salute nella città di Taranto e insieme con questi stia un'altra emergenza, di cui chiunque abbia senso di responsabilità verso Taranto deve farsi carico: l'emergenza produttiva e occupazionale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18).

  CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. E io credo che al centro del decreto vi sia proprio un grande e forte spirito di responsabilità nei confronti della città di Taranto e, più in generale, nei confronti di tutti i lavoratori e i cittadini dei siti dove si trovano gli stabilimenti Ilva.
  Questa è l'ispirazione del decreto. Questa ispirazione è uscita rafforzata dal lavoro di Commissione e credo che da questo punto di vista anche il dibattito di oggi consenta di avere una visione di insieme sufficientemente attenta proprio su questo duplice versante, ambiente-salute e lavoro.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Realacci ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali correlati (A.C. 67-A); e delle abbinate proposte di legge: Bratti ed altri; Pellegrino ed altri; Dorina Bianchi (A.C. 326-893-1043) (ore 18,03).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Realacci ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali correlati; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Bratti ed altri; Pellegrino ed altri; Dorina Bianchi.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

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(Discussione sulle linee generali – A.C. 67-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Dorina Bianchi.

  DORINA BIANCHI, Relatore. Signor Presidente, le proposte di legge esaminate dalla VIII Commissione sono volte a istituire anche in questa legislatura la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
  Tale Commissione è nata nel 1997 per la prima volta. Ma faccio un esempio di titoli di giornale, quello del 5 luglio, che parla di un dossier che è stato tenuto da Avvenire, che dice: terra di fuochi, battaglie per la salute e per la verità. Parla della regione Campania e viene riconosciuto, devo dire, alla Commissione ecomafie della scorsa legislatura la capacità di avere dedicato nella relazione sulla Campania molte pagine alla terra dei fuochi, paragonandola ad un'epidemia di peste, e di aver messo all'attenzione sia della magistratura sia dell'opinione pubblica fatti così importanti sia per la salute sia per l'ambiente delle popolazioni campane.
  Devo dire che un altro dossier che ci fa capire quanto importante e quanto attuale sia questa Commissione di inchiesta è il rapporto di Legambiente sulle ecomafie, rapporto che è stato fatto naturalmente in collaborazione con tutte le forze dell'ordine e che dice che il giro d'affari delle ecomafie è di circa 16,7 miliardi di euro, con 34.120 reati che sono stati accertati, con 302 clan della malavita che sono stati coinvolti. In tutto questo naturalmente i rifiuti svolgono un ruolo centrale importante.
  Dall'altra parte, c’è da dire che ci sono soltanto in Italia 1.293 comuni che riescono a fare la raccolta differenziata. È un dato in aumento, ma ancora sicuramente troppo basso. Abbiamo esaminato nella VIII Commissione delle proposte di legge, Realacci, Bratti, Pellegrino e Dorina Bianchi, e abbiamo preso la proposta di legge A.C. 67 del presidente Realacci come testo base, modificandola in alcuni limitati punti che sono stati ampiamente discussi in Commissione. Nel corso dell'esame in sede referente il testo è stato ulteriormente arricchito, dapprima con l'approvazione di emendamenti presentati dalle forze di opposizione, volti essenzialmente a chiarire e a circoscrivere meglio le funzioni dell'istituenda Commissione, poi con l'approvazione di emendamenti del relatore volti a recepire le condizioni recate dal parere della I Commissione.
  In particolare, passando all'esame dell'articolato, faccio presente che l'articolo 1 del testo della Commissione elenca le seguenti competenze della Commissione di inchiesta, che avrà quindi: il potere di svolgimento di indagini sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni coinvolte e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata; l'individuazione delle connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e delle altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni.
  Io voglio ricordare che, a tale proposito, anche la Commissione precedente ha inteso sottolineare soprattutto i traffici per quanto riguarda il riciclaggio con un dossier molto interessante, che riguarda i rifiuti e il trasporto di rifiuti plastici dalla Cina. Quindi, abbiamo ripreso questa parte interessante. Poi vi è l'individuazione delle specifiche attività illecite connesse al traffico transfrontaliero dei rifiuti, con particolare riferimento alle indagini tese all'individuazione dei rifiuti, anche pericolosi, in partenza dai porti marittimi con destinazioni estere e contestualmente lo svolgimento di indagini di concerto con Pag. 68l'autorità di inchiesta di Paesi destinatari dei rifiuti, affinché i beni e i prodotti realizzati a valle dei processi, come dicevo prima, di riciclo di materie seconde ottenute dai rifiuti, allorché esportati e messi sul mercato, rispondano effettivamente alle caratteristiche merceologiche e sanitarie previste dalla legge italiana.
  Si tratta anche di una parte inserita nel testo con l'approvazione di uno specifico emendamento del MoVimento 5 Stelle. Poi, la Commissione di inchiesta ha il compito di: verificare l'eventuale sussistenza di comportamenti illeciti da parte della pubblica amministrazione centrale e periferica e dei soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti, anche in riferimento alle modalità di gestione dei servizi di smaltimento da parte degli enti locali e ai relativi sistemi di affidamento; verificare l'eventuale sussistenza di attività illecite relative ai siti inquinati nel territorio nazionale e, a seguito dell'approvazione di specifici emendamenti dei colleghi Pellegrino e Pastorelli, alle attività di bonifica, nonché alla gestione dei rifiuti radioattivi; verificare la sussistenza di attività illecite relative alla gestione degli impianti di depurazione delle acque, nonché alla gestione dello smaltimento dei fanghi e dei reflui. Si tratta di un'ulteriore funzione, riconosciuta in capo alla Commissione di inchiesta con l'approvazione di un emendamento dei colleghi di SEL, che assorbiva anche un emendamento dei colleghi della Lega.
  La Commissione di inchiesta ha, altresì, il compito di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di gestione dei rifiuti pericolosi e della loro puntuale e precisa caratterizzazione e classificazione e svolgere indagini sulle attività illecite connesse a tale gestione. La Commissione riferisce al Parlamento con cadenza annuale e ogni qual volta ne ravvisi la necessità o comunque al termine dei suoi lavori.
  Circa i poteri della Commissione di inchiesta, il testo della Commissione prevede che la Commissione di inchiesta proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le limitazioni dell'autorità giudiziaria, in linea con il contenuto dell'articolo 82, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione, ripreso anche dall'articolo 141, comma 2, del Regolamento della Camera.
  A tale proposito, ricordo che i poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente limitati alla fase istruttoria, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può, quindi, accertare i reati ed irrogare sanzioni. Su tale profilo incidono le disposizioni del comma 3 dell'articolo 1, che esemplificano come la Commissione d'inchiesta non possa adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  Circa la composizione della Commissione, l'articolo 2 prevede che essa sia composta da 15 senatori e da 15 deputati, nominati dalla Presidenza della Camera di appartenenza in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
  La Commissione eleggerà nella prima seduta il proprio ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, secondo modalità espressamente previste, e sarà rinnovato dopo il primo biennio, con possibilità di conferma dei componenti.
  Si prevede, altresì, come previsto dalla legge n. 6 del 2009, che i componenti della Commissione dichiarino alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei propri confronti sussista una delle condizioni indicate dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa in materia di formazione delle liste dei candidati per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, approvata il 18 febbraio 2010.
  Quanto al tema delle testimonianze davanti alla Commissione di inchiesta, il testo della Commissione, con norme che Pag. 69riproducono le corrispondenti disposizioni della legge n. 6 del 2009, dispone l'applicazione delle disposizioni previste dagli articoli da 366 a 372 del codice penale. L'articolo 4, invece, prevede la possibilità per la Commissione di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti in corso presso l'autorità giudiziaria ed altri organismi inquirenti ovvero di atti e documenti in merito a inchieste e indagini parlamentari, anche se coperti dal segreto, prevedendo, contestualmente, il mantenimento del regime di segretezza.
  Il testo prevede, quindi, che, nel caso in cui venga emesso un decreto motivato di rigetto da parte dell'autorità giudiziaria per ragioni di natura istruttoria, al venir meno di tali ragioni istruttorie consegue l'obbligo della magistratura di trasmettere, senza ritardo, gli atti richiesti.
  La Commissione stabilisce quindi quali atti non dovranno essere divulgati, mentre il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui all'articolo 416 e 416-bis del codice penale, cioè associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso, non potrà essere opposto ad altre commissioni parlamentari di inchiesta.
  Nel testo è stata poi inserita la disposizione che specifica come in materia di segreto di Stato trova applicazione la relativa disciplina della legge 3 agosto 2007, n. 124.
  L'articolo 5 prevede disposizioni in materia di obbligo del segreto per i componenti della Commissione, per il personale addetto alla segreteria della Commissione medesima nonché l'applicazione, nei casi di violazione di tale obbligo, dell'articolo 326 del codice penale.
  Con riferimento, infine, all'organizzazione interna, il testo presentato all'Assemblea demanda ad apposito regolamento interno tale organizzazione, specificando che essa si avvale dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e può avvalersi di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti. Il numero massimo di collaboratori di cui può avvalersi la Commissione d'inchiesta è rimesso al regolamento interno.
  Quanto alle spese per il funzionamento dell'organo, esse sono state poste a carico dei bilanci di Camera e Senato, in parti uguali, con impegno di 75 mila euro per il 2013, e di 150 mila euro per ciascuno degli anni successivi.
  Concludo evidenziando come il testo presentato all'Assemblea reca il recepimento di tutte le condizioni espresse dalla I Commissione, ivi compresa quella tesa a provocare un cambiamento da parte della VIII Commissione sul titolo della Commissione d'inchiesta. In particolare, la I Commissione aveva chiesto di chiarire se con l'espressione «altri illeciti ambientali» si intendesse fare riferimento agli illeciti ambientali correlati a quelli del ciclo dei rifiuti, ovvero si volesse estendere l'ambito di inchiesta anche ad altri illeciti ambientali non strettamente connessi al ciclo dei rifiuti. Con un emendamento del relatore di recepimento di tale condizione, è stata così modificata la denominazione originaria prevista per la Commissione di inchiesta, che diventa così «Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali correlati», chiarendo pertanto che l'ambito di intervento dell'inchiesta parlamentare è relativo alle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e agli illeciti ambientali ad esso correlati.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritta a parlare la deputata Claudia Mannino. Ne ha facoltà.

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, colleghi deputati, sulla legge che istituisce anche in questa legislatura una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, non mi dilungherò molto, poiché su questo tema c’è totale sintonia di vedute tra le forze politiche di quest'Aula. C’è la comune consapevolezza Pag. 70che il coacervo di interessi legati al colossale business della gestione dei rifiuti necessita di una continua e sistematica attenzione da parte delle istituzioni. L'attenzione di cui parlo, non si riferisce tanto alle indagini penali che meritoriamente le procure italiane portano avanti per individuare le singole responsabilità. Parlo piuttosto della continua sollecitazione del Governo e dei tanti amministratori locali e commissari coinvolti nella materia, che solo lo strumento parlamentare, rafforzato dai poteri di indagine tipici delle Commissioni di inchiesta, può assicurare.
  Un tema squisitamente amministrativo, quale quello dei rifiuti, in questo Paese è diventato una delle principali emergenze nazionali. Il fallimento della gestione dei rifiuti di intere regioni ha generato, a cascata, una galassia di problemi ambientali, sanitari, di infrazioni comunitarie che, lungi dall'essere risolti, ogni settimana comportano nuove ed ulteriori sfide alla politica e, soprattutto, alla sopportazione dei cittadini. La Commissione d'inchiesta che ci apprestiamo a istituire ha alle spalle un ottimo lavoro svolto nella scorsa legislatura e da questo, da quelle durissime relazioni, dovremo ripartire.
  Quando dico ripartire immagino che fin da subito la Commissione possa elaborare un primo pacchetto legislativo da sottoporre alle competenti Commissioni parlamentari, sollecitandole e accompagnandone la discussione e l'approvazione.
  Parallelamente è e sarà un obbligo della Commissione continuare ad audire i protagonisti della gestione dei rifiuti, di coloro che lavorano alla repressione dei reati ambientali e soprattutto continuare con le ispezioni e i monitoraggi a sorpresa relativi alle attività connesse alla gestione dei rifiuti, per acquisire nuove informazioni, per sollecitare un'ampia e continua attenzione da parte dell'opinione pubblica.
  Su quest'ultimo aspetto vorrei insistere. La capacità di essere una continua cinghia di trasmissione delle notizie relative alla gestione dei rifiuti e delle sue criticità sarà la cartina di tornasole dell'utilità della Commissione. Il MoVimento 5 Stelle ha presentato alcuni emendamenti per far sì che la previsione di pubblici momenti di informazione fosse espressamente inserita nella legge istitutiva. Spetterà quindi alla Commissione avvalersi di questa possibilità di trasparenza.
  La settimana scorsa un folto numero di parlamentari del MoVimento 5 Stelle ha partecipato al terzo Spazzatour campano, la «terra dei fuochi», dove è stato possibile vedere da vicino cosa vuol dire gestire in Italia i rifiuti. E ripeto, in Italia, poiché dobbiamo smetterla di far finta che la «terra dei fuochi» è il frutto dei cittadini campani o dei meridionali. Sappiamo tutti benissimo che in quelle terre sono arrivati e continuano ad arrivare da tutta Italia i rifiuti di ogni genere, alcuni sono vergognosamente nascosti in ecoballe, 11 ettari di ecoballe. Avete idea di quanti sono 11 ettari ? Sono circa 20 campi da calcio. Altri restano per strada e finiscono in fiamme, altri vanno in inceneritore ed escono sotto forma di polveri pericolose che vengono poi mandate in Germania, in una cava di salgemma insieme ad altri rifiuti pericolosi. Cava di salgemma che – come era prevedibile – sta corrodendo i contenitori e sta causando altrove gravi problemi all'ambiente.
  Ci chiediamo come ci poniamo davanti a questi problemi, stiamo diventando bravissimi a rimandare i problemi, a scaricarli su altri, ma soprattutto a non affrontarli, quando basterebbe – così come indicato negli scopi di questa Commissione – rispettare la normativa vigente, che parla prima di ogni cosa di riduzione a monte dei rifiuti e successivamente di raccolta differenziata, di impianti di compostaggio, di recupero della materia, di riprogettazione dei prodotti insieme alle aziende produttrici: argomenti che dovremmo sapere a memoria.
  In conclusione del mio intervento a favore dell'istituzione della Commissione d'inchiesta vorrei ricordare, vista la mia provenienza geografica, alcuni aspetti dell'emergenza rifiuti in Sicilia. Questa vuole essere una ulteriore testimonianza della necessità di un voto favorevole e soprattutto della necessaria speditezza dell’iterPag. 71che dovremmo riconoscere a questa legge, affinché la Commissione stessa sia operativa il prima possibile.
  Concludo leggendo una bellissima frase di un libro, a proposito della Sicilia, che viene definita come «disordine doloso». Credo sia la migliore definizione possibile per descrivere il territorio che dal lontano 1999 vive in stato di emergenza in materia di «monnezza» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Morassut. Ne ha facoltà.

  ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, la presente proposta di legge istituisce, anche in questa legislatura, una Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti in materia ambientale; tema di cui il Parlamento deve oggi occuparsi con attenzione, anche alla luce degli esiti dell'attività svolta nel corso della legislatura trascorsa dell'analoga Commissione d'inchiesta, che ha focalizzato la propria attenzione sul ciclo dei rifiuti. Quest'esperienza ha dimostrato che le organizzazioni criminali hanno affinato la propria azione, hanno esteso il raggio della loro azione ad altri illeciti ambientali, dando vita a un disegno omogeneo criminoso che pone l'ambiente al centro delle loro attività.
  In alcune zone del Paese la disomogeneità e la lacunosità della disciplina normativa, insieme ad un sistema dei controlli non sempre incisivo, pregiudicano spesso l'azione di contrasto e di repressione delle illegalità. Laddove i poteri pubblici non agiscono in modo efficace, le maglie si allargano agevolando la penetrazione della criminalità fino alla gestione diretta dei servizi o di altre attività. Simbolico della situazione italiana è, ad esempio, lo strumento del commissariamento al quale spesso si è costretti a ricorrere per fronteggiare le situazioni in cui i poteri pubblici desiderano fuggire dalle loro responsabilità o non riescono ad espletarle. In molti di questi casi l'esperienza ha dimostrato che non solo i problemi non vengono risolti, ma si creano anche vere e proprie voragini nei conti pubblici, con la moltiplicazione dei costi, con l'istituzione di strutture spesso superflue e l'affidamento pretestuoso di incarichi di consulenza.
  Quello che è emerso nel corso dell'inchiesta svolta nella passata legislatura sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti è, con specifico riferimento al settore dei rifiuti, una sostanziale confusione normativa, soprattutto amministrativa. Lo ha ricordato adesso la collega Mannino facendo riferimento alla situazione siciliana. La Commissione, in quel caso, ha evidenziato la presenza di un disordine organizzativo da far nascere la fondata opinione che esso stesso sia intenzionalmente architettato al fine di funzionare come generale giustificazione per l'inefficienza di ciascuna articolazione della macchina burocratica. In molti casi potrebbe invece essere sufficiente una normativa chiara e univoca, che renda evidente la distribuzione delle competenze, consentendo in tal modo alle autorità proposte di perseguire ogni forma di illecito. Del resto, l'esperienza delle passate Commissioni di inchiesta ha già evidenziato le principali lacune normative che pregiudicano l'azione delle forze di polizia impegnate sul fronte dei reati ambientali.
  L'esperienza passata, inoltre, ha rivelato l'esistenza di un'ampia categoria di attività illecite di natura ambientale che, pur riferibili ad associazioni criminali, non sono riconducibili a sodalizi di tipo mafioso, ma a soggetti che, al fine di ridurne i costi, intraprendono attività di intermediazione tali da eludere le procedure previste dalla legge e dalla tutela dell'ambiente. Ad esempio, in molte zone, è il caso del Lazio dove non si può parlare di uno specifico ciclo di illegalità mafiosa nella gestione del ciclo dei rifiuti, ma quasi di un'anticamera di attività che possono preludere alla penetrazione più forte e più attiva di attività criminose.
  Le audizioni effettuate dalla Commissione hanno consentito di rilevare come attualmente si stia verificando un progressivo ampliamento del raggio di interesse e di penetrazione delle organizzazioni criminali Pag. 72nel settore ambientale. Questo dato significativo è emerso in modo evidente nel corso delle attività di approfondimento della Commissione sul ciclo dei rifiuti nella scorsa legislatura, nel quale i reati ambientali – si dice – al pari di altre tipologie di reato, quali il traffico di stupefacenti, il traffico di esseri umani, il riciclaggio, sono reati a vocazione tipicamente transnazionale, il che significa che spesso gli organi investigativi si trovano di fronte alla necessità di superare i confini nazionali e instaurare collegamenti di indagine con l'autorità giudiziaria.
  È pertanto importante, fondamentale, urgente l'approvazione di questo provvedimento, che non si limita soltanto evidentemente ai reati di tipo ambientale connessi al ciclo dei rifiuti, ma si estende alle altre attività che vengono ricomprese nell'attività anche inquirente della Commissione, quelle legati alle attività nel campo dei rifiuti ma, con particolare attenzione, al tema delle bonifiche e al tema dei rifiuti radioattivi.
  L'emergenza rifiuti – ho concluso – è ormai uno dei più importanti temi che riguardano la vita civile e anche lo svolgimento di ampi campi dell'attività economica e finanziaria del Paese. E con l'occasione non posso non segnalare, ancora concludendo il mio intervento, il caso del Lazio, ormai di pubblico dominio nazionale. Anche se, in questo caso, come ho già detto, l'emergenza sembra, per ora, limitarsi più all'urgenza di un governo di decisioni non rinviabili sulla strutturazione di un moderno ciclo di rifiuti che integri le soluzioni tradizionali, e ormai non più riproponibili, del puro sversamento in discarica con un pieno sviluppo della raccolta differenziata, con un potenziamento delle strutture, anche tecnocratiche, pubbliche comunali per lo svolgimento dell'attività di raccolta differenziata e della creazione di un sistema impiantistico moderno e non inquinante di trattamento industriale dei rifiuti.
  Anche se in questo caso si resta ancora nel campo prevalentemente di una necessaria riforma dell'azione delle istituzioni locali – e ne discuteremo nel prossimo decreto del fare all'attenzione delle Commissioni – e non di una gestione illegale e malavitosa, non si può però disconoscere il rischio che anche nella regione Lazio, nella regione della Capitale d'Italia, le penetrazioni di organizzazioni criminali possano crescere in assenza di salde e strutturate decisioni istituzionali che facciano uscire la situazione del Lazio dallo stato emergenziale. Per queste ragioni, la rapida approvazione della presente proposta di legge rappresenta un urgente ed improrogabile decisione, per fortuna assunta con un ampio dibattito in Commissione, che ha avuto il contributo di tutte le forze politiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ragosta. Ne ha facoltà.

  MICHELE RAGOSTA. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, dopo l'ottimo lavoro svolto dalle Commissioni nelle scorse legislature pensiamo sia necessario riproporne l'istituzione ampliandone le competenze. Siamo convinti che la tutela dell'ambiente sia una delle principali emergenze da affrontare, viste le conseguenze drammatiche per la salute dei cittadini, causate da anni di sversamenti illegali di rifiuti da parte della criminalità organizzata. Inoltre crediamo che sia indispensabile il lavoro della Commissione per costruire un quadro puntuale e preciso della situazione, aggiornare l'attuale normativa e coordinare l'azione delle diverse articolazioni dello Stato.
  Il settore dei rifiuti, nonché quello delle bonifiche ambientali, è un vero e proprio business che attira l'attenzione delle organizzazioni criminali. La Campania in particolare è la regione che ha pagato il prezzo più alto per i traffici delle ecomafie e i reati ambientali. Per queste ragioni riteniamo che la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti debba continuare a verificare l'attuazione della normativa vigente in materia di rifiuti, nonché il comportamento della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da Pag. 73parte degli enti locali. Indagare sul rapporto tra le organizzazioni criminali nella gestione del ciclo dei rifiuti, le cosiddette ecomafie, e più in generale sulle attività illecite collegate al settore dei rifiuti: in tale ambito, riveste particolare importanza l'audizione di membri del Governo, di magistrati, rappresentanti degli enti locali, degli industriali e delle associazioni ambientaliste per valutare nel dettaglio la situazione del ciclo dei rifiuti.
  Le relazioni sui traffici illeciti di rifiuti e le ecomafie offrono un inquietante quadro della situazione esistente nel nostro Paese sotto il profilo dell'inquinamento ambientale derivante dallo smaltimento dei rifiuti. A fronte di una simile realtà, emerge con forza la necessità di adeguare la normativa vigente, che non sembra essere in grado di fornire agli organi competenti tutti i possibili strumenti idonei al contrasto. La Commissione parlamentare, nel raccogliere e descrivere puntualmente casi concreti emersi anche attraverso l'audizione di magistrati impegnati in specifiche inchieste, ha denunciato tale vuoto normativo, non solo per ciò che concerne la mancanza di una specifica previsione di reati in materia ambientale, ma anche in relazione ad altri aspetti normativi, quali ad esempio quelli di carattere fiscale, tributario e amministrativo.
  Altro aspetto importante è, infine, quello che attiene alla dimensione internazionale del traffico illegale dei rifiuti, in relazione al quale sottolineiamo l'importanza a livello investigativo di realizzare un elevato coordinamento.
  Per tutte queste ragioni è importante che il Parlamento abbia una sede stabile in cui garantire attenzione a un settore ad alto impatto ambientale e soggetto al rischio di infiltrazioni criminali come quello della gestione di rifiuti.
  SEL voterà favorevolmente per il provvedimento in esame che istituisce la Commissione di inchiesta sui rifiuti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caon. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAON. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come già avvenuto nelle scorse legislature, le proposte di legge in esame prevedono l'istituzione di una Commissione d'inchiesta bicamerale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. È noto a tutti che dietro la cattiva amministrazione del ciclo dei rifiuti e la mancanza di trasparenza nella relativa gestione, si nasconde la criminalità organizzata che, insieme alla complicità e alla connivenza di altri soggetti e spesso anche degli organi di controllo, compie affari e devastazioni ambientali difficili da risanare.
  Il nostro gruppo vede in modo favorevole l'istituzione della Commissione d'inchiesta che deve proseguire l'impegno del Parlamento iniziato nella XIII legislatura e permettere di approfondire le tematiche dei rifiuti e delle connesse attività illecite, fornendo al legislatore indicazioni per coordinare e correggere la normativa vigente secondo le esigenze degli operatori e degli organi di controllo. Si tratta di un argomento che ha notevoli ripercussioni sulla vita sociale ed economica del Paese. Le difficoltà che incontrano le amministrazioni comunali nell'imporre e controllare un'organizzazione efficiente del sistema integrato del ciclo dei rifiuti, rende questo settore uno dei più vulnerabili alle infiltrazioni della criminalità organizzata e alla diffusione di pratiche illegali.
  Negli ultimi anni assistiamo sempre più a convogli di camion di rifiuti che si spostano da Sud a Nord e viceversa, soprattutto verso l'estero, con modalità operative sempre più caratterizzate da processi di compenetrazione di circuiti illeciti. Spesso è rilevante il ruolo delle istituzioni pubbliche nella gestione e regolazione del territorio. Spesso le amministrazioni locali hanno gravi responsabilità, insieme ad una vasta schiera di imprenditori, professionisti, tecnici e funzionari che permettono comportamenti opportunistici e accordi collusivi di vario tipo, che sfociano nel successo delle ecocamorre ed ecomafie. E ciò significa distruzione del territorio, uso dissennato delle risorse naturali, devastante consumo del suolo, discariche abusive, Pag. 74roghi di rifiuti che spandono diossine nella catena alimentare, danni ambientali irreparabili. Si tratta di una situazione difficile e gravemente compromessa, che occorre recuperare perché, altrimenti, vedremo sempre più compromesso il nostro delicato sistema ambientale.
  Nella scorsa legislatura, con l'introduzione di un sistema di tracciabilità dei rifiuti, il Sistri, si è cercato di incidere su un punto fondamentale del processo di gestione dei rifiuti. Ciò, in linea con i più recenti indirizzi normativi comunitari, ivi compresa la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di adottare misure volte a garantire la tracciabilità dei rifiuti pericolosi dalla produzione alla destinazione finale. Il prioritario obiettivo che il Governo ha inteso conseguire con il sistema Sistri è stato quello della lotta ai fenomeni di illegalità, giacché esso poteva fornire, in tempo reale, le informazioni necessarie sulla movimentazione dei rifiuti, in modo da consentire un rigoroso controllo della gestione dei rifiuti da parte delle autorità di controllo. Qui ci tengo a sottolineare un po’ anche l'importante precisazione che vi vado a leggere sul perché il Sistri non è partito e non ha fatto quel passo che doveva fare. Purtroppo, la complessità del sistema, basato su metodi elettronici complessi e difficilmente applicabili dagli operatori, e l'estensione indiscriminata del sistema di tracciabilità anche su quei rifiuti non pericolosi e anche su quantità e categorie di operatori privi di importanza per lo scopo della regressione dei fenomeni criminali, ha fatto fallire il sistema che, in pratica, impediva di lavorare agli operatori onesti senza smascherare gli affari di quelli disonesti.
  È chiaro che occorre individuare e limitare la commissione di illeciti e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti. Come la stessa Commissione d'inchiesta nella scorsa legislatura ha osservato, il punto, per così dire, debole nel procedimento di smaltimento dei rifiuti, è rappresentato proprio dalla mancanza di un sistema idoneo al tracciamento degli stessi.
  Attendiamo che il Governo, anche sulle indicazioni della nuova Commissione d'inchiesta, adotti soluzioni concrete, semplici e fattibili, ripeto, semplici e fattibili, non come è stato fatto con il Sistri con lo scorso Governo, per un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti.
  Il testo della proposta di legge è stato arricchito dal lavoro svolto nella VIII Commissione (Ambiente) della Camera, con un ampliamento delle attività della Commissione d'inchiesta agli illeciti ambientali correlati al ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento al ruolo svolto dalla criminalità organizzata, al traffico dei rifiuti nel Paese e verso altre nazioni, al riciclo di materie provenienti da rifiuti, alla gestione dei rifiuti pericolosi e dei rifiuti radioattivi, alle attività di bonifica, agli impianti di depurazione delle acque e allo smaltimento dei fanghi di depurazione.
  In particolare, è stata esplicitata l'attività della Commissione d'inchiesta in ordine al traffico transfrontaliero dei rifiuti, prevedendo la possibilità per la Commissione di collaborare con le autorità d'inchiesta dei Paesi destinatari dei rifiuti, con particolare riferimento alle materie prime e seconde ottenute dai rifiuti esportati che, qualora rientrino nel nostro Paese, devono effettivamente rispondere alle caratteristiche merceologiche e sanitarie previste dalle leggi nazionali.
  Riteniamo corretta l'impostazione del testo che, come quello della scorsa legislatura, pone in particolare rilievo l'attività di verifica dell'attuazione della normativa vigente sulla materia della gestione dei rifiuti pericolosi e delle attività illecite connesse a tale gestione. In questo modo la Commissione d'inchiesta può meglio concentrarsi sulle indagini connesse al traffico dei rifiuti pericolosi e ai risvolti ambientali di tale attività. Si spera che il testo proposto in questa legislatura possa permettere alla Commissione d'inchiesta sui rifiuti di svolgere effettivamente i compiti Pag. 75d'inchiesta per i quali essa viene istituita e di produrre i risultati attesi dal Parlamento e dai cittadini.
  Il nostro gruppo riconosce l'esigenza di concludere un lavoro che la Commissione d'inchiesta ha iniziato già dalla XIII legislatura e auspica che l'istituzione di una nuova Commissione d'inchiesta potrà raggiungere nella presente legislatura risultati concreti contro la criminalità organizzata coinvolta con il ciclo dei rifiuti, allo scopo di permettere al Parlamento di adottare soluzioni legislative valide per rimuoverne le disfunzioni.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tofalo. Ne ha facoltà.

  ANGELO TOFALO. Signor Presidente, in questa Aula idealmente oggi accanto a noi c’è Francesco, ed è anche con lui e per lui che venerdì scorso siamo stati in quella che un tempo era una terra fertile, conosciuta in tutto il mondo per i prodotti che dava, ed oggi non è altro che un vulcano immaginario inarrestabile, che erutta veleni e gas che sono gli stessi respirati da Francesco, otto anni, morto di cancro una settimana fa, a Capodrise in provincia di Caserta. A otto anni non si ha il tempo per imparare a bere né a fumare. A otto anni, Francesco ha condotto la stessa vita di un bambino di un'altra regione, con la differenza che la sua aria, l'ossigeno che respirava, era in gran parte costituita da veleni e sono quei veleni che quotidianamente si sprigionano dai roghi tossici di tonnellate di rifiuti, da quella che dovrebbe essere, e non lo è, non per voi almeno, la vergogna più grande di questo Paese nella famigerata terra dei fuochi.
  Assistiamo quotidianamente a omicidi assistiti e i mandanti sono coloro i quali avrebbero dovuto preservare e tutelare la vita di un popolo e che, piuttosto che trovare un sistema idoneo per smaltire i rifiuti speciali, hanno preferito voltare la faccia e chiudere gli occhi di fronte alla processione di camion che quotidianamente hanno riversato tonnellate di rifiuti tossici e lo hanno fatto lasciando che la terra ospitale venisse sventrata, violentata fino alle vincere, dando così vita a un ciclo inarrestabile di contaminazione che ha intaccato in modo irreversibile non solo l'aria ma anche i prodotti della terra stessa, quei prodotti che ogni giorno arrivano sulle tavole delle persone come Francesco. Intere famiglie sterminate dal cancro, bambini ai quali è stato impedito di diventare adulti, feti che non vedranno mai la luce, e tutto questo non per intercessione divina, ma per colpa di coloro che gestiscono il potere, di coloro che hanno scelto quel luogo sapendo bene che sarebbe diventato il «salotto della morte» e, pur sapendolo, hanno acconsentito.
  Ma oggi siamo qui a discutere della proposta di legge relativa all'istituzione della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, e non voglio ripetere dati tecnici già elencati ultimamente dalla relatrice e, come ha già anticipato l'onorevole amica Claudia Mannino, noi del MoVimento 5 Stelle siamo sicuramente favorevoli all'istituzione di questa Commissione, perché per la prima volta dei cittadini entreranno in un'ulteriore stanza, potendo visionare documenti ufficiali. Ma vogliamo sottolineare con forza una cosa: che la necessità di questa Commissione è la prova definitiva del totale fallimento della politica italiana degli ultimi vent'anni, almeno.
  Infatti, era il lontano 1997 quando per la prima volta si ebbe la necessità di costituire tale Commissione: era la XII legislatura. Ed oggi, nel 2013, dopo ben cinque legislature, siamo ancora qui senza nulla aver risolto, anzi, in Campania stiamo contando i morti.
  Vorrei, dunque, offrire in quest'Aula, oggi, un servizio informativo agli italiani, anche perché, nonostante il milione e mezzo e più di euro che abbiamo già restituito allo Stato, ci sentiamo ancora ben pagati e vorremmo dare a tutti i cittadini qualche strumento in più per comprendere al meglio cosa avete sapientemente pensato per affrontare le urgenze dell'Italia in tema ambientale e, in particolare, sul ciclo dei rifiuti.
  Le persone a casa, sentiti i titoli ridondanti dei telegiornali, che hanno trionfalmente Pag. 76annunciato un atto del Governo talmente rivoluzionario da meritare il titolo di «decreto del fare», avranno pensato che qualcosa si stesse realmente muovendo nel partito unico PDL-PD meno L. Qualcuno avrà sperato, preso dall'emozione del momento, che si stava, per l'appunto, facendo qualcosa per migliorare questo Paese. Beh, mi dispiace dover essere io a dare questa delusione gli italiani, ma leggendo le disposizioni in tema ambientale, purtroppo, non si scorge nemmeno in lontananza la voglia di questa classe politica di prendersi alcuna responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Nell'articolo 41, commi 6 e 7, dovrebbero essere racchiuse tutte le risposte che il Governo offre alle emergenze ambientali subite dalla popolazione della Campania. Commissari e commissioni speciali, gruppi d'affaristi legati ad ambienti criminali, furbi amministratori e giochini di potere hanno caratterizzato, negli ultimi vent'anni, una politica regionale truffaldina e criminosa.
  Si propone ora di fornire uno strumento per accelerare le procedure di realizzazione ed avvio della gestione di impianti già previsti e non ancora realizzati. Si vuole evitare, cioè, un'ormai imminente condanna dell'Italia da parte dell'Europa per il problema rifiuti in Campania, che si stima, dai dati del centro studi, nell'ordine di 8 milioni di euro giornalieri di sanzione. Questo vuol dire che sindaci Viceministri del calibro di Vincenzo De Luca, nella speranza della risoluzione del problema dei rifiuti, in linea con il vecchio pensiero politico anni ’80 «produco, consumo, brucio», dopo aver colpevolmente fallito la missione inceneritore al punto di non essere riusciti nemmeno ad affrontare il tema degli espropri in modo trasparente ed efficace, oggi, devono affidarsi alle vostre innovative soluzioni salvifiche.
  La gestione dei rifiuti è affidata in toto, per la ennesima volta, a commissari speciali nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Leggendo le dichiarazioni degli ultimi giorni sui quotidiani campani, mi sorge il dubbio che nessuno degli amministratori locali abbia ben capito che il Governo tratterà con i privati senza alcun tipo di concertazione politica. Si continuano a leggere, infatti, titoloni di uffici stampa, dove si dichiara: «o gli impianti saranno gestiti da noi o non se ne farà niente». Beh, vorrei liberare entrambe le parti in causa da questo finto contrasto, dichiarando che il MoVimento 5 Stelle conosce bene i rispettivi modus operandi.
  Vi ricordo che è proprio a causa del vostro totale fallimento che siamo stati mandati qui dal popolo italiano. Come potete ancora pensare che un commissario con superpoteri possa risolvere i temi dell'infiltrazione mafiosa, delle lotte di potere nei e tra i partiti, dell'incapacità degli amministratori ? Gli unici commissari che possono affrontare questo intreccio di interessi criminali con efficacia provengono dai nostri Corpi delle forze dell'ordine, ai quali mi appello, gli stessi che, quotidianamente, combattono i criminali in zone dove le istituzioni, nella migliore delle ipotesi, hanno alzato bandiera bianca.
  Quando vedremo questo Governo proporre norme utili a facilitare il lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura nell'allontanamento immediato dalle istituzioni di chi continua a distruggere colpevolmente la nostra regione, quando al posto delle parole «termovalorizzatori», «inceneritori» o «impianti» e «potere» vedremo fatti che spingeranno il popolo italiano verso la cultura della riduzione, del riuso, del riciclo e del recupero, verso un ciclo virtuoso, verso parole come «trasparenza», quando all’«imposizione» sostituirete la «partecipazione», allora sì che comunicherò con piacere ai nostri concittadini che c’è la volontà vera di iniziare a risolvere qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Capisco che, in questo momento, siano tutti molto preoccupati dal fatto che nella mia regione ci sono 53 imputati su 60 nel consiglio regionale impegnati a giustificare alla magistratura l'utilizzo di oltre 2 milioni e mezzo di euro per scopi personali e non istituzionali. Anzi, ne approfitto per fare i miei migliori auguri all'attuale senatrice Pag. 77Eva Longo del PdL che, dopo aver danneggiato il comune di Pellezzano, dopo aver fatto danni nella regione Campania, adesso siede in Senato a fare ancora danni all'Italia: spero che riesca a dimostrare alla Guardia di finanza e ai giudici che le hanno inviato l'avviso di garanzia, la sua totale estraneità a questi fatti. Sono certo che la magistratura e le Fiamme gialle riusciranno a far emergere i fatti reali e che eventuali colpevoli saranno perseguiti nelle sedi opportune.
  Ci aspettiamo, come già chiesto in quest'Aula, le dimissioni immediate del governo campano e dei parlamentari coinvolti in questo ennesimo scandalo, per chiedere nuovamente ai cittadini se vogliono ancora affidare la loro terra, la loro salute, i loro soldi ed il futuro dei propri figli a chi utilizza le istituzioni come strumento per la propria carriera.
  Questo fine settimana più di 70 parlamentari della Repubblica italiana del MoVimento 5 Stelle, tra deputati e senatori, hanno visitato alcune discariche presenti tra Napoli e Caserta. C’è una zona della Campania che viene chiamata «terra dei fuochi» perché lì bruciano ogni giorno illegalmente rifiuti di ogni tipo, anche tossici, e da questo proliferano, da anni, malattie e morti. C’è una discarica in Campania che si chiama Taverna del Re, una discarica al contrario perché l'immondizia, anziché essere sotto terra, è stata accumulata in piramidi formate da 5 milioni 850 mila ecoballe, coperte da enormi teli neri su una superficie enorme, grande come 366 campi di calcio. Più di 70 parlamentari hanno avuto modo di capire quale è stato il risultato di una gestione basata sulla delega in bianco ai commissari che hanno interpretato il ruolo di supervisione come spartizione politica di soldi e di voti. Gli stessi che, oggi, dovrebbero essere la panacea di tutti i mali ! Abbiamo presentato, a firma di Salvatore Micillo, una proposta di legge sull'inasprimento delle pene relativamente ai reati ambientali !
  La Commissione parlamentare di inchiesta, in questi anni, vi ha già fornito i dati che fotografano lo scempio messo in atto nella regione Campania ? Le relazioni, le ispezioni e le indagini della magistratura vi hanno oggi consentito di proporre una progettazione organica per uscire da questa dannata emergenza ? O questo articolo infilato nell'ennesimo decreto omnibus è l'unica strategia che siete riusciti a produrre ? La risposta purtroppo la conosciamo bene ! Vi chiediamo solo un favore, la prossima volta evitiamo di perdere tempo e soldi con tavoli di lavoro, commissioni bicamerali, saggi, professori, tecnici, esperti e magari chiudiamo qualche Ministero inutile se il risultato finale sarà sempre quello di regalare ad un gruppo di privati un referente per velocizzare gli affari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Abbiate però la decenza di comunicare a tutti gli italiani che state facendo business con la salute pubblica proponendo inceneritori e discariche ! Io mi augurerei, al contrario, che decidessimo di essere seri e di rendere la Commissione che è in discussione, oggi, una vera arma dello Stato per combattere l'arroganza della criminalità e difendere il nostro diritto alla vita.
  Presidente vorrei ringraziare in particolare Antonio Bassolino e Guido Bertolaso, vorrei ringraziare tutti i commissari delegati, liquidatori e gestori, presidenti e prefetti messi dai partiti PD e PdL per il danno che hanno lasciato a noi campani !
  Concludo dicendo che nel corso dei decenni abbiamo perso la sovranità territoriale, abbiamo perso la sovranità alimentare, come spesso ci ricorda l'onorevole amico Paolo Bernini – ormai non sappiamo nemmeno più cosa mangiamo o cosa compriamo nei supermercati – abbiamo perso la sovranità monetaria, come ci ricorda, altrettanto spesso, l'onorevole amico Carlo Sibilia, e infine abbiamo perso anche la sovranità politica ! Bene, se oggi siamo qui, insieme a 9 milioni di italiani, non è perché speriamo di riprenderci queste sovranità, ma perché siamo certi che queste sovranità ce le riprenderemo tutte, una ad una (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mariastella Bianchi. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA BIANCHI. Signor Presidente, faccio qualche considerazione su questa proposta di legge di istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, senza avere la minima presunzione di avere alcuna bacchetta magica né di poter soltanto dire, da molto lontano, che cosa è bene e che cosa non è bene fare. L'attività di questa Commissione è molto importante perché ha contribuito a fare luce su un fenomeno che è sempre più diffuso e che ha effetti drammatici sul nostro ambiente, sul territorio, sullo svolgimento sano di attività economiche e sullo stesso senso di appartenenza ad una comunità, ad uno Stato, che porta con sé doveri ma anche diritti, a partire dal diritto ad un ambiente sano e al vedere rispettate le leggi. Questo è il compito fondamentale a cui è chiamata la Commissione di inchiesta che la Camera si appresta ad approvare, immagino in tempi rapidi e, sono certa, all'unanimità, come è già successo con la Commissione antimafia, una Commissione istituita già nella XIII Legislatura e da allora sempre confermata perché questo è ovvio, purtroppo, in un Paese come il nostro, che ha tra le sue maggiori malattie, anzi, forse è il morbo principale che affligge il nostro Paese, quello di essere infiltrato dalle associazioni di criminalità organizzata, di essere soggetto all'economia criminale; come dicevo, in un Paese come il nostro, che ha in questo la sua malattia principale, nessuno di noi si aspetta se non uno sforzo continuo, incessante, del Parlamento, delle forze di polizia, della magistratura, del Governo per poterla contrastare con sempre maggiore efficacia.
  Il fenomeno criminale non accenna affatto a contrarsi. Anzi, sembra essere l'unico che in questa fase di recessione continua ad acquisire spazi di influenza. L'economia criminale non entra in crisi, ma anzi è favorita dalla sua disponibilità di liquidi, dalla lungimiranza con la quale vede i settori nei quali investire, dalla facilità che ha troppo spesso nel superare e nell'aggirare divieti e controlli. Ricordo solo alcune cifre che abbiamo letto tutti nell'ultimo rapporto di Legambiente dedicato al settore delle ecomafie: 16,7 miliardi di euro di fatturato, 34 mila i reati accertati, 28 mila persone denunciate, più di 8 mila sequestri effettuati, più di 300 (302) i clan criminali coinvolti.
  Fra le ecomafie uno dei cicli che ha maggior successo è il ciclo dei rifiuti, che è proprio il cuore dell'attività della Commissione d'inchiesta che ci apprestiamo ad istituire anche in questa legislatura. Ogni giorno in Italia sedici persone vengono denunciate per reati che vanno dallo smaltimento illegale al traffico illecito di rifiuti, con una diffusione che ha superato i confini delle regioni dove la criminalità organizzata è stata tradizionalmente più forte, e quindi i confini della Campania, della Sicilia, della Calabria, della Puglia, dove si verificano il 45 per cento degli illeciti accertati. Questo è un fenomeno che è tipico di tutte le associazioni, di tutte le attività della criminalità organizzata, che ormai sono più che infiltrate in tutto il nostro Paese, con la sottrazione di fatto da parte delle ecomafie e l'asservimento di interi territori una volta fertili e ora condannati a ospitare rifiuti pericolosi, avvelenati, spesso nel silenzio impotente di intere comunità, come è accaduto nelle aree della provincia di Napoli o di Caserta, che sono state svendute dalla criminalità organizzata nel silenzio delle comunità, che hanno visto sversare veleni industriali provenienti dal nord con file interminabili di camion in quella «terra dei fuochi» che in molti abbiamo visitato. È capitato anche a me di visitare la terra dei fuochi qualche anno fa insieme a quello che era allora il direttore di Legambiente e che poi è diventato presidente della SIA di Napoli. Sta capitando sempre più spesso anche al Ministro dell'ambiente Andrea Orlando, che giustamente ha messo proprio la terra dei fuochi al centro dell'azione simbolica che il Ministero dell'ambiente vuole condurre per riportare dignità ad un territorio, risarcire comunità che sono state lese Pag. 79nel loro diritto ad avere un ambiente sano, a poter continuare a coltivare la terra così come per secoli erano riusciti a fare, e a vedersi restituire, appunto, la dignità, quella che in quel momento Raffaele Del Giudice, mentre mi mostrava gli sversamenti illegali, chiamava la dignità di cittadini, che nella terra dei fuochi è così difficile essere, perché spesso, purtroppo, bisognava fare la fatica, in quella zona, di essere cittadini due volte. Cittadini due volte per riuscire a rispettare leggi di uno Stato, che però non si riusciva a far rispettare da tutti gli altri.
  La Commissione di inchiesta ha svolto nella scorsa legislatura un lavoro davvero apprezzabile, che viene riconosciuto da diverse parti e che ha portato a risultati importanti, che ci possono dare degli spunti utili per l'attività del Parlamento, del Governo, oltre che per la prosecuzione dell'attività di inchiesta della Commissione stessa.
  Tra gli insegnamenti che almeno io penso tutti noi possiamo cogliere dall'attività della Commissione della scorsa legislatura, ma anche dalle precedenti, è la centralità di mettere a fuoco meglio la normativa sui reati ambientali. Si è visto con chiarezza che ci vuole un maggior approfondimento, che ci vuole una maggiore articolazione, che quella norma sul traffico illecito dei rifiuti introdotta nel 2006, che è l'unica sostanzialmente efficace in questo momento per contrastare il fenomeno delle ecomafie, il fenomeno degli illeciti nel ciclo dei rifiuti, deve essere affiancata da altre norme, in modo che le forze inquirenti e la magistratura possano avere strumenti utili per contrastare gli illeciti in campo ambientale.
  Ancora, la Commissione è riuscita a delineare non solo le storture delle attività di commissariamento, che naturalmente devono essere ricondotte nel più breve tempo possibile ad attività ordinarie nel ciclo di gestione dei rifiuti, proprio perché la gestione dei rifiuti è un evento perfettamente prevedibile in qualunque situazione, e quindi deve essere ricondotta a fenomeni di normalità, a nessuna lentezza burocratica che spesso viene usata come varco di accesso per la criminalità organizzata che, appunto, riesce a cogliere le maggiori opportunità possibili. Inoltre, sappiamo benissimo che in regioni anche difficili come la Campania ci sono zone particolarmente felici: la città di Salerno, amministrata dal sindaco De Luca – che certo non ha bisogno che lo ricordi io qui, ma lo faccio con piacere –, ha il 70 per cento di raccolta differenziata. Quindi, sappiamo benissimo che zone anche complicate nel nostro Paese hanno indicatori molto diversi nelle proprie performance di raccolta dei rifiuti e di gestione ordinaria del ciclo dei rifiuti, e quindi sappiamo che ovunque è possibile che ci sia un ciclo dei rifiuti ben gestito. Dicevo che tra gli insegnamenti che la Commissione ci ha dato nella scorsa legislatura è questo suo approfondire il fatto che, per esempio, l'attività di queste vere e proprie holding criminali comincia ad interessarsi non tanto e non solo ad ambiti territoriali specifici, quanto a filiere di mercato.
  È come se fossero già entrate nella logica del mercato delle materie prime e seconde e vadano quindi a cercare le filiere di prodotti che sono più redditizie e su questo dobbiamo essere efficaci, come Governo e come Parlamento, a individuare quelle misure che possono consentire ai tanti imprenditori sani, onesti, puliti che lavorano in questo settore, quello del recupero delle materie prime, di diventare più efficaci, penso agli incentivi alla materia rinnovabile, penso a programmi importanti di acquisti verdi, penso naturalmente alle reti di controllo. Dobbiamo fare in modo che non solo ci sia un fortissimo tasso di raccolta differenziata anche nelle zone nelle quali ancora non è così elevato, ma che ci sia soprattutto un fortissimo tasso di riciclo e di recupero della materia fatto da imprese oneste e pulite.
  Ancora un'altra cosa che sappiamo dal lavoro della scorsa Commissione è che le bonifiche delle aree industriali contaminate stanno diventando, o sono già diventate, terreno di interesse forte per la criminalità organizzata e qui sappiamo che spesso è l'appesantirsi delle procedure burocratiche a generare il terreno nel Pag. 80quale la criminalità organizzata entra meglio rispetto alle imprese sane, e da qui di nuovo un invito a tutti noi ad operare in modo che diventi più efficace, più snello e più effettivo il procedimento di smaltimento, un grande piano nazionale di bonifica delle aree industriali sarebbe una carta importantissima da giocare, per migliorare il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini, per creare lavoro, per sottrarre anche aree di influenza all'economia criminale.
  Più in generale, potremmo fare moltissimi esempi, ma nel concludere sottolineo un elemento, che è la priorità per l'intero nostro Paese che ci troviamo ad affrontare oggi che discutiamo di questa introduzione di questa istituzione di nuovo della Commissione di inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti, ma che deve essere la priorità del Governo, del Parlamento, delle forze economiche e sociali tutte del Paese ed è il contrasto alla criminalità organizzata, quella deve essere la nostra priorità, la battaglia per la legalità, la battaglia perché ci siano salvaguardate le regole della convivenza civile e la possibilità che imprese sane possano svilupparsi con forme di concorrenza onesta, non distorta, e che i cittadini vedano riconosciuto il proprio diritto ad essere cittadini tutti di «serie A». La battaglia della legalità come battaglia di cittadinanza, come battaglia che deve vederci impegnati tutti in prima fila, senza nessun passo indietro e senza nessuna pretesa che una battaglia di questo tipo si risolva con qualche grida annunciata o con qualche slogan lanciato, una battaglia durissima, che ha impegnato già le forze migliori del Paese e che dovrà continuare a farlo. Per questo mi auguro che questa Commissione venga istituita al più presto, sono certa con il voto unanime dell'Aula, come già successo per la Commissione antimafia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vignaroli. Ne ha facoltà.

  STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, gentili colleghi, siamo qui a discutere proposte per la Commissione speciale sui rifiuti, un tema caro al Movimento e a chi come me sta vivendo in modo diretto il dramma sociale e ambientale della loro cattiva gestione.
  Da cittadino attivista mi sentivo abbandonato dalle istituzioni e la cosa che più mi scoraggiava era il muro fra le stesse e i cittadini, non si aveva diritto di accesso alle informazioni, agli atti, ai siti. Ora, da parlamentare questo muro è rimasto pressoché intatto, incontri e atti di sindacato ispettivo non ricevono risposta oppure ne ricevono di generiche da parte del Governo. È impossibile avere informazioni ufficiali, possibile che l'unico strumento per cominciare a lavorare in maniera seria sui rifiuti sia far parte di una Commissione speciale con vincoli di segretezza ? Possibile che un cittadino non abbia diritto di sapere nemmeno dati elementari su cosa succede dentro una discarica che si trova sotto il proprio balcone ? Possibile che non si possa sapere cosa respiri ? Il cittadino informato forse fa paura, ma non ha senso liquidarlo o accusarlo di sindrome di «nimby», non nel mio giardino, in un contesto tipico di mancanza di trasparenza e abbandono da parte delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sarà colpa nostra, dei giornalisti, dei comitati, ma nessuno è mai riuscito ad avere un dato ufficiale, nemmeno su cosa entra o cosa esce in un determinato impianto o quale AIA o quale VIA lo abbiano determinato. Quantità, percorsi e qualità del rifiuto, qualcosa nel Lazio, la mia regione, non torna, con l'aggravante del regime di monopolio privato. Malagrotta, dove vivo, è la capitale dell'impero di uno degli imprenditori dei rifiuti più potenti d'Italia, Manlio Cerroni, il sito è fuorilegge dal 1999, lo dice l'Unione europea.
  Da trent'anni è una comoda fabbrica di soldi a vantaggio del suo proprietario e dei politici a lui collegati, inizialmente attraverso la società Sogein che doveva gestire il primo esperimento di raccolta differenziata a Roma.
  Paolo Pampana, ex assessore racconta: semplice, il comune pagava la raccolta differenziata, invece i rifiuti finivano indifferenziati Pag. 81a Malagrotta. Il costo era molto inferiore e i partiti intascavano la differenza, DC e Socialisti ma anche Comunisti e Movimento Sociale.
  E così arriviamo ai giorni nostri: Rutelli, Veltroni, Alemanno, Storace, Marrazzo, Polverini sono le ultime amministrazioni che hanno visto aggravarsi il problema. L'ottavo colle svetta a soli 6 chilometri dalla cupola della Basilica di San Pietro.
  A rendere la Valle Galeria un sito inquinato non concorre solo una discarica (la più grande d'Europa) ma due nuovi invasi pronti ad allargarla, una raffineria petrolifera, un inceneritore dei rifiuti ospedalieri dell'Ama, depositi di gas, bitumificio, depuratore, cementificio, cave, e un inceneritore CdR.
  Tra l'altro questo nuovissimo gassificatore (un inceneritore vestito di belle parole, voluto da Cerroni e ratificato dalle amministrazioni PD e PdL, in questo senza soluzione di continuità) ha ignorato la direttiva Seveso II. Tale direttiva europea vieta la costruzione di ulteriori impianti in un'area in cui già insistono altre strutture potenzialmente pericolose. Eppure, lo si è costruito (salvo poi non utilizzarlo) anche con soldi pubblici che hanno rafforzato il monopolio privato e garantiranno a Malagrotta altri 30 anni di vita.
  E che dire dei 30 milioni già stanziati per la bonifica di quest'area ? Forse sono stati interrati assieme ai rifiuti ?
  La qualità dell'aria non sembra il problema maggiore di Malagrotta. Dalle poche indagini ambientali fatte in zona, cito quella dell'ISPRA, che evidenzia grandissime contaminazioni delle acque superficiali e sotterranee e dei suoli. Vi riporto le conclusioni dell'Istituto: «Il quadro qualitativo delle acque sotterranee è fortemente compromesso e i dati analizzati mostrano una contaminazione diffusa su tutta l'area a causa delle attività industriali e della discarica».
  Da recenti indagini epidemiologiche risulta che il livello di tumori degli abitanti della zona è del 28 per cento più alto della media di Roma.
  Io stesso ho perso un padre per questa malattia, e dalle analisi dei miei capelli (mineralogramma) risulto avere alte concentrazioni di mercurio e argento, tipici delle contaminazioni del suolo e delle acque. Tutto questo avrebbe dovuto preoccupare le istituzioni e invece no. Si nomina un commissario straordinario a mo’ di foglia di fico per fargli prendere decisioni scomode e per coprire trenta anni di inefficienze.
  Goffredo Sottile, dopo mesi, è riuscito solo a proporre un sito appartenente sempre allo stesso proprietario e che si trova vicino a Malagrotta, sopra una falda acquifera. Tale commissario, con il prossimo «decreto del fare» (articolo 41, comma 5) viene dotato di poteri assoluti, come ai tempi di Bertolaso, e ha sempre dichiarato di fidarsi del monopolista privato nonostante alcune condanne di malagestione e i tre nuovi filoni di inchiesta che riguardano l'imprenditore: uno sulla gestione di Malagrotta e Testa di cane, sotto sequestro grazie alle denunce di noi «cittadini», non certo degli amministratori locali, e aventi come coprotagonisti dirigenti regionali, già sotto processo anche per Colleferro; un altro sulla gestione truffa del CdR di Albano per servizi mai svolti e, infine, sul filone della cava di Monti dell'Ortaccio.
  Questi poteri speciali del commissario bypassano la concertazione democratica e la trasparenza. L'Europa lo sa e, anche per questo, sta proseguendo con la procedura di infrazione europea con la Corte di giustizia, grazie alla quale si rischia di far pagare ai cittadini una multa salata di 500.000 euro al giorno. In primis, per il dubbio funzionamento degli impianti di pretrattamento e per il decennale sversamento di tal quale nelle discariche. La tritovagliatura, sulla quale si sta puntando, non è un pretrattamento per l'Europa, che non si fida più nemmeno delle blande rassicurazioni del Governo italiano.
  Impossibile raccontare in dieci minuti tutto quello che avviene nel territorio laziale. Potrei citare la Valle del Sacco o la discarica di Montello vicino Latina. È stato Marco Omizzolo, coordinatore provinciale di Legambiente, che, studiando i Pag. 82dati ARPA sull'inquinamento di quei terreni, ha notato che nella cartografia apparivano terreni denominati «Coppola-Schiavone». E, da lì, indagini hanno scoperto che quei terreni furono venduti da Antonio Schiavone alla Indeco, attuale gestore dell'invaso S8 della discarica limitrofa. Emerse anche una curiosità: alcuni fabbricati rurali nelle vicinanze risultano di proprietà della Eco Latina Impianti, società che attraverso l'ormai classico giro di scatole cinesi fa capo a Manlio Cerroni.
  Che dire del caso della discarica di Tivoli ? È assurdo che il privato si arricchisca mentre l'amministrazione locale si indebita nella gestione dei rifiuti, sommergendo in questi giorni la città di immondizia.
  Eppure, l'Europa parla chiaro con le sue direttive: dal 1999 non è più possibile sversare rifiuti non trattati in discarica, mentre dal 2020 nessun rifiuto compostabile o riciclabile potrà essere bruciato o interrato. Tuttavia, noi parliamo ancora di nuovi inceneritori e di toto-discariche, che scatenano una guerra tra territori, una guerra tra poveri. Il comma 5 dell'articolo 5 del «decreto del fare» addirittura mantiene alti gli incentivi agli inceneritori di recente costruzione, definendoli «un bene sociale».
  Sì, una discarica serve, non sono ipocrita, ma dipende in che contesto la si vuole inserire e con quali finalità. Se gli incentivi, invece che agli inceneritori e alla produzione di energia andassero agli impianti di riciclo e di produzione del compost, ora ci sarebbe la fila per costruirne. Se chi raccoglie o gestisce i rifiuti possiede discariche ed inceneritori, non meravigliamoci se lo scenario attuale è disastroso, sia dal punto di vista impiantistico che culturale.
  Occorre riformare i contributi che il Conai prende dai produttori degli imballaggi e che, poi, solo in parte vengono smistati ai comuni. Fare nuove leggi sulla riduzione del packaging, spezzare i monopoli e combattere la criminalità, favorendo l'ingresso di piccole e medie imprese che si dedichino esclusivamente al riciclo, in modo da distribuire la ricchezza sul territorio invece che accentrarla su discariche e inceneritori. Si possono modificare in poco tempo gli impianti di trattamento meccanico biologico esistenti, finalizzandoli al recupero di materia piuttosto che all'incenerimento, attraverso le cosiddette fabbriche dei materiali. Gli impianti di riciclo ormai hanno fatto passi da gigante, ma l'impiantistica del riciclo nel Lazio è carente. Se analizziamo i nostri secchi della spazzatura c’è ben poco da destinare alle discariche o agli inceneritori. Si può far tutto, basta volerlo. Basta non dipendere dalle lobby.
  Come rappresentante delle istituzioni non risponderei mai al telefono a Cerroni: «Sì, va bene, va bene, lo faccio subito», come è noto dalle intercettazioni abbia detto l'ex assessore provinciale, oggi con delega ai rifiuti della ragione Lazio. Né andrei mai a mangiare la coda alla vaccinara con il monopolista, come si vantava di fare l'ex assessore regionale ai rifiuti. Mi sentirei in palese conflitto di interessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sento la voce di chi sta subendo la devastazione dei territori e delle generazioni future. Questa Commissione d'inchiesta sui rifiuti va istituita prima possibile e il MoVimento 5 Stelle dedicherà anima e corpo per farla lavorare al meglio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, credo che il tema sia stato ampiamente sviscerato. La Commissione d'inchiesta sui rifiuti è certamente un valore che si è dimostrato nel corso degli anni e che è opportuno e necessario istituire nuovamente al più presto.
  I rifiuti nel nostro Paese sono storicamente un problema. Le cause sono molteplici e non è certamente mia intenzione, in questi pochi minuti, andare ad analizzarle. Però, devo dire che accanto a operatori del settore dei rifiuti corretti e competenti purtroppo prosperano inefficienza Pag. 83e malavita. Io credo che tra le cause di questo ci sia anche, se non soprattutto, la scarsa capacità di programmazione degli enti che sono preposti a gestire la delicata partita dei rifiuti – mi riferisco alle regioni, alle province e agli stessi comuni –, perché dalla scarsa capacità di programmazione nascono situazioni emergenziali che sono quelle all'interno delle quali prospera la criminalità e la malavita organizzata e, anzi, dovrei dire che le situazioni emergenziali sono molto spesso create e favorite da queste realtà malavitose.
  Ora, la nostra sfida è trasformare tutto questo, che costituisce da sempre un problema per il nostro Paese, ovviamente con caratterizzazioni diverse da regione a regione, in un risorsa come è in altre realtà al di fuori del nostro Paese o, magari, come in alcune regioni del nostro Paese si è iniziato a fare virtuosamente. Servono per questo molti strumenti e certamente la Commissione d'inchiesta è uno di questi.
  Si è già detto del ruolo fondamentale che è stato svolto nella precedente legislatura da questo organismo. Lo dice una persona che ha avuto responsabilità in questo settore in un'importante regione. Le audizioni della Commissione di inchiesta sono sempre state un momento di stimolo all'impegno delle amministrazioni periferiche, sono state un supporto importante all'azione della magistratura e hanno svolto un'importante funzione di informazione. Ecco, io mi domando, insieme a tutte queste caratteristiche, che vanno certamente riconfermate e rafforzate – e mi sembra che l'impostazione che è stata data a questo provvedimento vada in questa direzione – se, oltre a confermare tutto questo, non si riesca a fare evolvere questa Commissione, anche verso una fase diversa, per evitare che possa trasformarsi in un semplice doppione della magistratura o delle forze dell'ordine, cosa che non sarebbe né auspicabile né utile. Per esempio, potrebbe evolvere nel senso di creare una maggiore capacità di prevenzione di quello che accade.
  La prevenzione si fa, si realizza e si attua indicando a chi deve programmare la gestione dei rifiuti ipotesi di lavoro, indirizzi, per esempio mettendo insieme e facendo confronti incrociati tra i dati che si rilevano rispetto alle inosservanze o ai fenomeni criminali e un'analisi della bontà dei piani e delle programmazioni regionali e provinciali. Io sono sicuro che, incrociando questi dati, si scoprirebbero cose molto interessanti. Infatti, come dicevo all'inizio dell'intervento, è certamente un dato di fatto che, laddove c’è inefficienza programmatoria e gestionale da parte degli enti preposti al controllo e alla gestione del controllo della partita di rifiuti, prosperano la criminalità e paradossalmente vengono penalizzati invece gli operatori corretti ed efficienti, che pure esistono. Quindi, una sfida potrebbe essere quella di – ripeto – fare evolvere o comunque di intensificare il lavoro della Commissione anche in direzione preventiva. Per questo serve ovviamente un forte raccordo con il Ministero dell'ambiente, con i vari osservatori dei rifiuti, con i consorzi obbligatori, con le stesse regioni, anche stimolando e favorendo la realizzazione di protocolli d'intesa, per esempio tra le regioni e le forze dell'ordine che, laddove vengono realizzati, danno alle forze dell'ordine strumenti – e mi riferisco per esempio a tematiche delicate come quella dei rifiuti transfrontalieri, ma non solo – ed elementi importanti per intervenire ex ante e non solo ex post, rispetto alle violazioni che vengono fatte. C’è poi un aspetto che mi piace sottolineare, legato alla notevole mole di dati che vengono raccolti e analizzati, che costituiscono certamente un patrimonio da diffondere. Per cui vanno bene l'utilizzo del web, la trasparenza e l'informazione a tutti. Io credo che sarà importante anche capire quali sono i diversi target ai quali comunicare queste informazioni, per evitare, anche qui, che tutto si risolva soltanto in un grande pianto sulla nostra incapacità di rispettare le leggi, e affinché questa attività della Commissione possa diventare anche un elemento di educazione per i nostri cittadini, per esempio anche di educazione ambientale nella scuola, quindi utilizzando una parte di questi dati, magari opportunamente Pag. 84rielaborati, per questo scopo. Anche qui serve ovviamente il raccordo con tutta una serie di altri organismi e la Commissione parlamentare potrebbe essere un luogo di sintesi, che certamente non si sostituisce a nessuna delle responsabilità degli altri soggetti, ma che può rappresentare un momento certamente di coordinamento.
  Quindi, in conclusione, questa Commissione, a mio parere, porta su di sé una grande responsabilità. È certamente un ottimo strumento.
  In Commissione si è fatto un buon lavoro di raccordo tra i vari punti di vista per arrivare ad un testo condiviso. Io credo che, quindi, questa riedizione della Commissione di inchiesta sui rifiuti nasca sotto i migliori auspici. Starà a noi e a chi lavorerà dentro questa Commissione rendere l'attività e le conseguenze di questa attività il più efficaci possibili, anche per gli obiettivi, che mi sono permesso di indicare prima, di prevenzione e di educazione.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 67-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, Dorina Bianchi.

  DORINA BIANCHI, Relatore. Signor Presidente, vorrei ringraziare i colleghi della VIII Commissione anche per il clima di collaborazione in cui si è svolto l'esame del disegno di legge di costituzione della Commissione d'inchiesta. Devo dire che, come componente la precedente Commissione di inchiesta, esprimo anche soddisfazione per quello che hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto circa l'importanza che tale Commissione ha avuto nella scorsa legislatura, importanza che le è stata anche riconosciuta dall'autorità giudiziaria in diverse occasioni.
  Vorrei ricordare che, proprio in relazione al decreto dell'Ilva di cui si parlava oggi pomeriggio, il 14 settembre del 2010 la Commissione, per prima, iniziò a richiamare l'attenzione su questo problema, come vorrei ricordare che vi sono state sia delle inchieste territoriali, come quelle sulla Campania, sulla Sicilia e sulla Calabria sia delle inchieste per quanto riguarda impostazioni tematiche, cioè le bonifiche, i rifiuti radioattivi, le navi, e quindi anche il caso del capitano De Grazia, e il traffico internazionale.
  Le indagini hanno dimostrato come l'interesse della criminalità organizzata, anche di stampo mafioso, nel settore dei rifiuti sia sempre più forte, trattandosi di un settore che, da un lato, consente di conseguire profitti considerevoli, dall'altro, avendo i reati previsti dal codice ambientale essenzialmente natura contravvenzionale, non comporta, almeno teoricamente, particolari rischi sotto il profilo del trattamento sanzionatorio. Ecco perché ho particolarmente gradito gli interventi dei colleghi che hanno chiesto di lavorare, all'interno di questa Commissione, anche sulla normativa. La Commissione ha avuto modo di constatare la carenza di una normativa adeguata con riferimento, in particolare, al profilo della tutela penale.
  I disastri ambientali oggi accertati in Italia sono sicuramente innumerevoli e il quadro, nella sua drammaticità, è talmente nitido da non consentire – sono d'accordo qui anche con i colleghi del MoVimento 5 Stelle – ulteriori «se» e «ma», soprattutto da chi, rivestendo ruoli istituzionali, anche come noi, e disponendo dei necessari mezzi e competenze, non si attiverà per individuare e dettare regole al settore. In questo senso, credo che anche la presenza di forze nuove in questa legislatura, che hanno dimostrato anche interesse all'interno della Commissione, ci potrà sicuramente aiutare a portare energia per affrontare quelli che sono i danni, talvolta incalcolabili, all'ambiente, alla salute e, vorrei ricordare, anche all'economia di questo Paese.

Pag. 85

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire in sede di replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sui lavori dell'Assemblea (ore 19,18).

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al terzo punto all'ordine del giorno, che reca la discussione delle mozioni concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano. Avverto, tuttavia, che, secondo le intese intercorse, tale discussione è rinviata alla parte antimeridiana della seduta di domani, dopo lo svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.

Sull'ordine dei lavori.

  MARTA GRANDE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente. In relazione alla recente vicenda dell'espulsione della famiglia dell'ex banchiere, nonché oppositore del presidente kazako, Ablyazov, è strettamente necessario porsi alcune domande di carattere politico circa il peso e il ruolo dell'Italia nel mondo e soprattutto riguardo a eventuali conseguenze che l'intervento del Governo produrrebbe sul nostro Paese.
  Per questioni di tempo e di contingenze non ci sembra questo il caso di addentrarci nella spinosa questione dei diritti umani, né di come e se questi siano stati violati. Ci interessa piuttosto comprendere, alla luce di quanto è avvenuto, il rischio di un potenziale svilimento del nostro peso diplomatico rispetto agli altri Paesi, soprattutto all'Unione europea.
  Se da un lato, infatti, appare più che legittimo non ostacolare le relazioni e le partnership commerciali con il Kazakistan, dall'altro non possiamo esimerci dal considerare i rischi ai quali viene esposta l'Italia. Quanti richiedenti asilo di alto spessore in futuro azzarderanno domandare accoglienza nel nostro Paese ? Quale sarà il giudizio delle altre potenze mondiali rispetto al nostro atteggiamento che, prendiamone atto, se non proprio di servilismo, non denuncia comunque una marcata autonomia decisionale ? Quanto gli interessi particolari di una azienda come l'ENI, sia pure questa tra le più importanti del Paese, possono e devono influenzare le decisioni di politica estera di un Esecutivo chiamato a governare una nazione che, non possiamo né dobbiamo dimenticarci, è di fatto tra le otto principali potenze economiche del mondo ?
  Oggi l'Italia è attraversata da una crisi profonda, che mina nelle fondamenta la qualità di vita del nostro popolo. Noi siamo obbligati a prendere atto del fatto che una gestione affrettata oppure tentennante della politica estera influenzerebbe in modo assai negativo quella inversione di tendenza che i cittadini pretendono e rispetto alla quale ogni membro del Parlamento, e soprattutto del Governo, è chiamato a impegnarsi con tutte le proprie forze (Applausi dei deputati del gruppo Movimento 5 Stelle).

Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo per chiedere al Governo risposte a numerose interrogazioni che ho presentato in merito a concorsi nelle forze di polizia, a cui il Governo non ha mai dato risposta; riguardano graduatorie di personale vincitore di concorso che sono state bloccate da molti mesi, nei Carabinieri, nelle forze di polizia, e nei vigili del fuoco, nelle guardia forestale e nel Corpo penitenziario e che si ritrovano oggi ancora in attesa di una risposta da parte del competente Ministero. L'ultima volta che ho interloquito con gli uffici dei Ministeri, mi Pag. 86è stato risposto che gli uffici stavano verificando – ed era giugno – il numero di persone andate in pensione al 31 dicembre dell'anno. Ecco, io so che l'informatica non ha cambiato tutto in questo mondo, però è evidente che le procedure che sono state messe in piedi sono assolutamente inaccettabili.
  Quindi richiedo cortesemente al Governo di rispondere quanto prima e di adoperarsi perché il problema venga risolto. Grazie.

  PRESIDENTE. Il suo sollecito sarà inoltrato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 9 luglio 2013, alle 9:

  1. – Svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.

  2. – Discussione delle mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00071, Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz ed altri n. 1-00138 e Baldelli n. 1-00140 concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano (per la discussione sulle linee generali).

  (ore 15).
  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (C. 1139-A).
  — Relatori: Borghi (per l'VIII Commissione) e Fitto (per la X Commissione), per la maggioranza; Mannino (per l'VIII Commissione) e Crippa (per la X Commissione), di minoranza.

  4. – Seguito della discussione della mozione Cenni, Zaccagnini, Lupo, Faenzi, Catania, Franco Bordo, Caon, Rampelli ed altri n. 1-00015 concernente iniziative in merito alla diffusione in agricoltura di organismi geneticamente modificati, con particolare riferimento all'esercizio della clausola di salvaguardia.

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   REALACCI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali correlati (C. 67-A).
   e delle abbinate proposte di legge: BRATTI ed altri; PELLEGRINO ed altri; DORINA BIANCHI (C. 326-893-1043).
  — Relatore: Dorina Bianchi.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00071, Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz ed altri n. 1-00138 e Baldelli n. 1-00140 concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano.

  La seduta termina alle 19,25.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ENRICO BORGHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1139-A

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per la VIII Commissione. Passando ad illustrare il provvedimento, faccio presente che il decreto-legge si compone di quattro articoli volti a disciplinare – in via generale all'articolo 1 e con Pag. 87specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto all'articolo 2 – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA. Mentre l'articolo 2-bis dispone la soppressione del Garante, l'articolo 3 dispone invece l'entrata in vigore del provvedimento d'urgenza.
  In particolare, l'articolo 1 si compone di 14 commi.
  Il comma 1 detta una norma di carattere generale, precisando le condizioni per la deliberazione del commissariamento straordinario dell'impresa da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio. La prima condizione è data dal fatto che la portata applicativa della disposizione risulta circoscritta, in forza del richiamo a tutto l'articolo 1 del precedente decreto-legge n. 207 del 2012, alle sole società che gestiscono almeno uno stabilimento per il quale sia intervenuta una dichiarazione di strategico interesse nazionale. La seconda condizione riguarda, invece, il numero dei lavoratori subordinati addetti allo stabilimento, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni. In questo caso, con un emendamento approvato in Commissione, il numero minimo dei lavoratori addetti è stato aumentato da 200 a 1.000. Occorre, inoltre che l'attività produttiva dello stabilimento «abbia comportato e comporti pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute a causa della inosservanza, dell'autorizzazione integrata ambientale». Anche su questa condizione sono intervenute le Commissioni apportando al testo due modifiche. La prima modifica, di tipo formale, ha semplicemente inserito nel testo l'avverbio «oggettivamente», riferendolo ai pericoli derivanti dallo svolgimento delle attività produttive. La seconda modifica, invece, relativa all'inosservanza dell'AIA recepisce una condizione formulata nel parere della Commissione Affari costituzionali e contiene la specificazione che tale inosservanza deve essere reiterata. Con l'approvazione della suddetta modifica si è inteso ulteriormente circoscrivere l'applicazione della fattispecie del commissariamento, escludendo che una singola inosservanza dell'AIA sia sufficiente a consentire il commissariamento dell'impresa.
  Le Commissioni riunite hanno altresì introdotto nel testo un comma 1-bis che: inserisce nella procedura di commissariamento l'espressione del parere delle competenti commissioni parlamentari; specifica che il commissariamento può essere disposto non più solo nei confronti dell'impresa nel suo complesso, ma anche dello specifico ramo d'azienda o stabilimento che si trovi nelle condizioni previste dal comma 1 e che in quest'ultimo caso vadano offerte idonee garanzie patrimoniali e finanziarie per l'adempimento alle prescrizioni ambientali; esplicita quali sono le Autorità competenti a rilevare l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'AIA, ossia l'Istituto superiore per la protezione ambientale, con il supporto delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente; specifica che tale accertamento deve essere effettuato in contraddittorio con l'impresa interessata.
  Il comma 1 secondo periodo, definisce la procedura di nomina ed eventuale sostituzione o revoca del commissario, per la quale è previsto un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro sette giorni dalla delibera di commissariamento. Alla nomina del subcommissario provvede invece il Ministro dell'ambiente.
  Il comma 2 stabilisce la durata del commissariamento fissandola in 12 mesi, prorogabili fino ad un massimo di 36 mesi. È inoltre specificato che la prosecuzione dell'attività produttiva dovrà essere funzionale alla conservazione della continuità aziendale ed alla destinazione prioritaria delle risorse aziendali alla copertura dei costi necessari per gli interventi volti all'ottemperanza alle prescrizioni dell'AIA.
  Il comma 3 attribuisce al commissario i poteri ordinariamente di competenza degli organi di amministrazione dell'impresa, sospendendo i poteri di disposizione e gestione dei titolari nonché per l'intera Pag. 88durata del commissariamento, quelli dell'assemblea dell'impresa se costituita in società. È, infatti, previsto il trasferimento in capo al commissario di tutti i crediti e i debiti della società, compresi quelli relativi a società facenti parte del gruppo. Il comma precisa che il trasferimento dei citati rapporti avviene ai sensi degli articoli 1339 (inserzione automatica di clausole) e 2558 (successione nei contratti) del codice civile. Sostanzialmente, il Commissario succede nei contratti stipulati dall'azienda al pari dell'acquirente della stessa. L'articolo 2558 del codice civile, infatti, riguarda, in caso di cessione di azienda, il subentro dell'acquirente in tutti i contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale.
  Il comma 4 interviene in merito alle garanzie dell'impresa nei confronti della quale è disposto il commissariamento. Tale garanzia si sostanzia negli obblighi di informazione sull'andamento della gestione dell'impresa stessa. Nel testo approvato dalle Commissioni l'obbligo di informazione è stato esteso nei confronti non più solo del rappresentante legale all'atto del commissariamento o ad altro soggetto appositamente designato dall'Assemblea dei soci, ma anche del titolare dell'impresa ovvero del socio di maggioranza. Nel senso di un ampliamento delle garanzie per la proprietà dell'impresa vanno anche le seguenti modifiche apportate nel corso dell'esame in sede referente: la limitazione della possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri di sostituire, per la durata del commissariamento, non più tutti gli organi di controllo (come previsto nel testo originario del decreto-legge), ma solo fino a due terzi dei componenti di tali organi e l'attribuzione agli azionisti di minoranza della facoltà di sostituire il restante terzo; l'introduzione dell'obbligo per il Presidente del Consiglio dei ministri di motivare il decreto con il quale può sostituire i componenti degli organi di controllo.
  Il comma 5 prevede che, contestualmente alla nomina del commissario straordinario, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, nomini un comitato di tre esperti, scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell'ambiente e della salute, nonché – sulla base di una modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente – di ingegneria impiantistica. Tale comitato, sentito il commissario straordinario, predispone e propone al Ministro, entro 60 giorni dalla nomina, in conformità alle norme vigenti nazionali ed internazionali, il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che deve prevedere le azioni ed i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA. Vengono, inoltre, dettate norme per garantire la necessaria pubblicità dello schema di piano e la partecipazione di tutti gli interessati alla sua elaborazione, nei tempi indicati (eventuali osservazioni, sulla base di una modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente, devono essere presentate entro 30 giorni dalla pubblicazione e valutate dal Comitato entro 120 giorni dalla nomina del comitato). Il testo approvato dalle Commissioni riunite VIII e X prevede espressamente forme di pubblicità del piano anche attraverso la pubblicazione sui siti web dei Ministeri dell'ambiente e della salute, della regione e degli enti locali interessati. Il comma 7 dispone che «l'approvazione da parte del Ministero dell'ambiente del citato piano equivale a modifica dell'AIA»; al riguardo, nel corso dell'esame in sede referente, è stato specificato che l'equivalenza a modifica dell'AIA varrà limitatamente alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni.
  Il comma 6 ha per oggetto la predisposizione del piano industriale da parte del commissario straordinario. Il piano, predisposto entro trenta giorni dal decreto di approvazione del piano ambientale (di cui al comma 5) deve contenere le misure per la conformazione delle attività industriali alle prescrizioni di tutela ambientale, di sicurezza e salute di cui al piano ambientale stesso. In analogia con quanto Pag. 89disposto in relazione alle garanzie per l'impresa, nel testo approvato dalle Commissioni è stato esteso l'obbligo di comunicazione del piano industriale non più al solo rappresentante legale dell'impresa, ma anche al titolare dell'impresa stessa ovvero al socio di maggioranza. Tali soggetti potranno esprimere osservazioni, che dovranno essere acquisite e valutate nella predisposizione del piano industriale da parte del commissario.
  Il comma 7 specifica la procedura di adozione del piano ambientale e del piano industriale prevedendo l'adozione rispettivamente con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dello sviluppo economico. In particolare, per quanto riguarda il piano ambientale, si prevede – sulla base di una modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente – che venga sentita la regione competente. Sul piano ambientale il rappresentante dell'impresa può formulare osservazioni entro dieci giorni dalla sua pubblicazione, che saranno valutate dal comitato secondo quanto stabilito dall'ultimo periodo del comma 5 (ossia entro il termine di centoventi giorni dalla nomina del comitato medesimo sulla base della modifica approvata nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite VIII e X).
  Il comma 8 reca una norma transitoria volta a disciplinare l'attività del commissario nelle more dell'approvazione del piano industriale di cui al comma 6, prevedendo che egli garantisca comunque la progressiva adozione delle misure previste dall'A.I.A. e dalle altre autorizzazioni e prescrizioni in materia di tutela (il riferimento specifico alla tutela è stato inserito con l'approvazione dell'emendamento nel corso dell'esame in sede referente) ambientale e sanitaria, curando altresì la prosecuzione dell'attività di impresa.
  Il comma 9 prevede, in forza del richiamo all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, il possibile esonero della responsabilità del commissario e del subcommissario per i possibili illeciti commessi in relazione all'attuazione dell'AIA e delle altre norme di tutela ambientale e sanitaria. Con una modifica approvata nel corso dell'esame in sede referente, l'esonero è esteso altresì agli esperti del comitato (di cui al comma 5). Il comma 9 stabilisce, quindi, che la predisposizione dei piani e delle misure di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza, del piano industriale di conformazione della produzione nel rispetto delle suddette prescrizioni nonché – fino all'approvazione dello stesso piano industriale – la predisposizione delle misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale, equivalgono all'adozione di idonei modelli di organizzazione dell'impresa.
  Nel caso in cui si dia seguito ai predetti adempimenti, sulla base di una modifica adottata nel corso dell'esame in sede referente (che introduce un comma 1-ter dopo il comma 1-bis), si specifica che il commissariamento «costituisce deroga» all'articolo 29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006 in base al quale, in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità competente procede – secondo la gravità delle infrazioni – alla diffida, alla diffida e alla contestuale sospensione ovvero alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto.
  Il comma 10 qualifica come attività di pubblica utilità l'attività di gestione dell'impresa eseguita dal commissario al fine di garantire l'adozione delle misure previste dall'AIA e dalle altre autorizzazioni, in corso di prosecuzione dell'attività d'impresa, fino all'approvazione del piano industriale (ai sensi del comma 8). La norma limita inoltre la responsabilità del commissario in relazione ad eventuali diseconomie dei risultati ai soli casi di dolo o colpa grave. Con l'approvazione di una modifica nel corso dell'esame in sede referente è stato richiamato esplicitamente l'articolo 2236 del codice civile che disciplina la responsabilità del prestatore d'opera.
  Il comma 11 prevede che il giudice competente provveda a svincolare le somme già oggetto di sequestro in sede penale nonché quelle oggetto di sequestro Pag. 90preventivo ai sensi del citato decreto legislativo n. 231 del 2001 in danno dei soggetti obbligati dall'autorità amministrativa all'esecuzione delle prescrizioni dell'A.I.A. e delle misure di risanamento ambientale in relazione ai reati connessi all'attività imprenditoriale. Le somme svincolate sono messe a disposizione del commissario e destinate esclusivamente alle misure connesse alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e al risanamento ambientale. Nel testo approvato dalle Commissioni è stata inserita la specificazione in base alla quale le somme messe a disposizione del commissario ed utilizzate per gli adempimenti alle prescrizioni dell'AIA, non sono mai ripetibili, attesa la loro destinazione per finalità aziendali e di pubblica salute.
  Secondo il comma 12, i proventi derivanti dall'attività dell'impresa commissariata restano nella disponibilità del commissario nella misura necessaria all'attuazione dell'AIA ed alla gestione dell'impresa.
  Il comma 13 regolamenta i compensi spettanti al commissario straordinario e al subcommissario. Più specificamente, si stabilisce che la determinazione del compenso omnicomprensivo del commissario straordinario sia demandata ad un apposito D.P.C.M. nel rispetto dei limiti previsti dall'articolo 23-bis, comma 5-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, o, se dipendenti pubblici, dal successivo articolo 23-ter, comma 1, dello stesso decreto-legge n. 201 del 2011. Il compenso del subcommissario è invece determinato nella misura del 50 per cento di quella fissata per il commissario. Se dipendenti pubblici, il commissario e il subcommissario sono collocati in aspettativa senza assegni. Il compenso dei componenti del comitato è determinato nella misura del 15 per cento di quella fissata per il commissario. Nel corso dell'esame in sede referente è stato specificato, con l'approvazione di un emendamento, che sono per intero a carico dell'impresa non solo tutti i trattamenti economici (come previsto nel testo del decreto-legge) ma anche gli eventuali ulteriori oneri di funzionamento della struttura commissariale.
  Nel corso dell'esame in sede referente, è stato inserito il comma 13-bis dell'articolo 1 volto a prevedere un monitoraggio sull'attività di ispezione e di accertamento svolta dall'ISPRA e dalle ARPA in relazione alle autorizzazioni integrate ambientali rilasciate alle imprese per le quali si verifichino i presupposti del commissariamento in base a quanto disposto dai commi 1 e 1-bis dell'articolo 1. Per tali finalità il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato dei controlli ambientali che dà conto anche dell'adeguatezza delle attività svolte dall'ISPRA e dalle ARPA.
  L'articolo 2, comma 1, individua direttamente la sussistenza dei presupposti del commissariamento straordinario di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame per l'ILVA S.p.A., avente sede a Milano. Nel corso dell'esame in sede referente è stata resa esplicita la deroga – che viene giustificata in considerazione delle evidenze e dei profili di straordinaria necessità e urgenza della relativa fattispecie – alle disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 1, riguardanti la previa acquisizione del parere parlamentare nella procedura di commissariamento, la possibilità di commissariare il singolo ramo d'azienda o stabilimento e la necessità che la rilevazione dell'inosservanza dell'AIA sia effettuata in contraddittorio con l'impresa interessata.
  Il comma 2 sostituisce l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 207 del 2012, al fine di qualificare come «stabilimenti di interesse strategico nazionale» tutti gli impianti siderurgici della società ILVA S.p.A., e non solo quello di Taranto.
  Il comma 3 reca alcune novelle al comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 2012.
  Una prima novella specifica in maniera più dettagliata il criterio di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal medesimo comma per l'inosservanza delle prescrizioni contenute Pag. 91nel provvedimento di riesame dell'AIA. Rispetto al testo previgente, che prevedeva unicamente un ammontare massimo (pari al 10 per cento del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato), viene previsto che, escluso il pagamento in misura ridotta, l'importo minimo della sanzione sia di 50.000 euro. Il riferimento al pagamento in misura ridotta è conseguente a una modifica approvata nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite VIII e X atteso che nel testo originario del decreto si fa riferimento al termine oblazione.
  Dopo l'ultimo periodo del citato comma 3, che prevede che la sanzione sia irrogata dal prefetto competente per territorio, viene aggiunta una disposizione secondo cui le attività di accertamento, contestazione e notificazione delle violazioni sono svolte dall'ISPRA.
  Viene altresì previsto che i proventi delle sanzioni irrogate siano assegnati al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e finalizzati al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e risanamento ambientale del territorio interessato. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Nel corso dell'esame in sede referente è stata approvata una disposizione (comma 1 dell'articolo 2-bis), che prevede l'abrogazione dei commi 4, 5 e 6 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 207 del 2012, che disciplinano rispettivamente la nomina, il compenso e le funzioni del Garante incaricato di vigilare sull'attuazione delle disposizioni del medesimo decreto legge. In conseguenza di tale abrogazione, il Garante cessa lo svolgimento delle sue funzioni alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.
  Una modifica consequenziale alla predetta abrogazione è prevista al comma 2 dell'articolo 2-bis in base alla quale il Commissario, in accordo con la regione e le istituzioni locali, promuove iniziative di informazione e consultazione, finalizzate ad assicurare la massima trasparenza per i cittadini, in conformità con i principi della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la L. 108/2001, riguardo alle «vicende del decreto». La norma riprende quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'articolo 3 del decreto-legge 207/2012, che, tra le funzioni svolte dal Garante, ricomprende la promozione delle predette iniziative di informazione e di consultazione e che viene abrogato dal comma 1 dell'articolo 2-bis.
  Avviandomi alla conclusione, ritengo utile accennare alle valutazioni espresse dalle Commissioni in sede referente sul contenuto dei pareri espressi dal Comitato per la legislazione e dalle Commissioni in sede consultiva. Sottolineato che tutti i citati organi si sono espressi favorevolmente sul provvedimento, rilevo che le Commissioni VIII e X hanno recepito alcune delle condizioni recate dai pareri stessi, mentre non si è ritenuto di accogliere le ulteriori condizioni e osservazioni che, pur esprimendo sensibilità e punti di vista meritevoli di attenzione, ricadevano su questioni ampiamente dibattute nel corso dell'esame in sede referente.
  Concludo, quindi, manifestando la mia convinzione della necessità che il decreto-legge sia esaminato in una logica di dialogo e di confronto tra tutte le forze politiche, senza pregiudizi ideologici. Auspico, tuttavia, che lo spirito delle ragioni da molti poste alla base delle proposte, dei suggerimenti e perfino dei rilievi critici che hanno animato il dibattito in Commissione possa essere adeguatamente considerato nel dibattito in Assemblea, a partire da quelli relativi ai temi del rafforzamento degli organi di controllo ambientale e del superamento dei vincoli del Patto di stabilità interno per la realizzazione degli interventi di risanamento ambientale del territorio di Taranto, anche ai fini di un'eventuale valutazione, insieme con il Governo, della possibilità di apportare al testo del decreto-legge quegli ulteriori miglioramenti utili a raggiungere gli obiettivi di tutela ambientale e sanitaria delle popolazioni e di garanzia dei profili occupazionali dell'area.

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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO SALVATORE CAPONE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1139-A

  SALVATORE CAPONE. Signor Presidente, onorevoli Colleghi, il decreto-legge n. 61, recante «nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale», su cui oggi siamo chiamati a esprimerci ai fini della riconversione in legge, come è stato giustamente osservato modifica finalmente e sostanzialmente la visione e l'approccio sulle questioni in oggetto. Avocando infatti alla completa responsabilità del commissariamento non più e non solo la quota parte relativa alla inottemperanza, verificata o da accertare, delle norme, ma l'intero governo e del processo produttivo e del rispetto delle norme, obbliga noi tutti ad una presa in carico totale delle questioni in gioco, impedendo che riflessioni parcellizzate, o comunque parziali, riducano la complessità e ci impediscano di comprendere a pieno la portata dei processi.
  Una svolta importante, a testimonianza di una attenzione rilevante del Governo, in una parabola di tempo particolarmente ristretta.
  Ritengo utile ricordare che si tratta del terzo provvedimento d'urgenza adottato nel corso degli ultimi dieci mesi per fronteggiare l'emergenza ambientale e occupazionale dello stabilimento ILVA di Taranto. Come i colleghi ricorderanno, il decreto-legge n. 207 del 2012 disciplinava, in via generale, l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi consentendo, alle condizioni ivi indicate, la prosecuzione dell'attività produttiva di tali stabilimenti. E dettando, inoltre, specifiche disposizioni destinate all'impianto siderurgico dell'ILVA di Taranto, che costituisce, appunto, stabilimento di interesse strategico nazionale.
  Il decreto-legge n. 129/2012, era stato invece emanato al fine di fronteggiare la grave situazione di criticità ambientale e sanitaria [sito di bonifica di interesse nazionale (SIN) di Taranto], seguendo il protocollo d'intesa stipulato il 26 luglio 2012, e la previsione di interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. Sulle indicazioni ivi contenute o, più precisamente, indicate in sede di conversione in legge, mi soffermerò brevemente alla fine di questa relazione.
  La norma oggetto di questi lavori, si colloca dunque in una scia corposa, inaugurando una visione innovativa della questione, e questo decreto, è bene ribadirlo, è uno degli impegni significativi di questo Governo.
  Ecco perché si può ritenere che il decreto-legge, proprio nell'assumere la complessità della questione ILVA, al pari di altri stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, e nell'intrecciare indissolubilmente attività produttiva di interesse strategico e obbligo di tutela dell'ambiente e tutela della salute indica una chiara direttrice a cui nessuno di noi, e il mondo dell'impresa nazionale nel suo complesso, può sottrarsi. D'altra parte è questa proprio la premessa indicata dall'estensore: «adottare tutte le azioni utili a tutelare l'ambiente e la qualità della vita nei contesti nei quali si sviluppa l'attività produttiva di imprese definite strategiche nella piena consapevolezza che un'interruzione della produzione potrebbe arrecare gravi danni all'economia nazionale, oltre che all'ambiente e alla salute degli abitanti e delle comunità circostanti». L'inaugurarsi di una alleanza tra l'interesse nazionale, l'economia di impresa, la tutela dell'ambiente, la salute dei lavoratori e delle popolazioni. Quasi che l'estensore avesse, sotto gli occhi, e contemporaneamente ai dati sulla inosservanza dell'Aia e sull'inquinamento ambientale, quelle immagini di Taranto che in questi ultimi mesi hanno riempito le pagine dei giornali e delle reti nazionali. Immagini di disperazione, di rabbia, di inquietudine. Istantanee di una città per lungo tempo costretta, paradossalmente e quasi senza via d'uscita, a scegliere tra tutela della salute e dell'ambiente e salvaguardia occupazionale, Pag. 93paradossale riedizione postmoderna del conflitto, evidentemente ancora in buona salute, tra capitale e lavoro.
  Lo dico per inciso anche se personalmente ritengo che proprio questo punto meriti una riflessione più ampia e articolata: una radice della, definiamola così, disattenzione generale con cui è stato possibile per l'azienda non ottemperare alle disposizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale, probabilmente, è proprio qui, nella difficoltà o incapacità di articolare, da parte di tutti gli attori in gioco, correttamente quel conflitto.
  Viceversa, il decreto riporta la questione Ilva alla sua corretta articolazione: una questione industriale di rilevanza nazionale e internazionale, una questione occupazionale, una questione di tutela ambientale e della salute.
  Sottolineo quest'ultimo tratto perché è un pezzo nevralgico del ragionamento che siamo chiamati a fare, e perché mai come in questo caso i numeri possono esserci d'aiuto nel comprendere a pieno la gravità della questione. Sia pure all'interno di una crisi più in generale dell'industria manifatturiera, l'Ilva di Taranto significa, ancora oggi, una capacità occupazionale di circa dodicimila unità, che con l'indotto probabilmente raddoppiano. Non sono le quarantamila di cui a volte esageratamente si è parlato sulla stampa, ma sono comunque numeri di eccezionale importanza. Dodicimila lavoratori, di cui l'80 per cento è al di sotto dei 40 anni. Un dato che non deve e non può sfuggire, poiché è evidente che qualsiasi processo di riconversione della vocazione economica della città e del suo territorio, possibile solo nei tempi medio-lunghi, avrebbe una evidentissima difficoltà a dare risposte certe proprio a questi lavoratori, detentori peraltro di un particolare prezioso sapere, a meno di non voler vagheggiare al momento lontani e peraltro poco probabili in questa misura alternativi segmenti occupazionali come servizi e turismo.
  E però proprio qui, mi sia consentito il passaggio, rischia di annidarsi quel ricatto, magari inconsapevole, ovvero esplicito, che ha tenuto sotto scacco una città e un intero territorio. Il ricatto che in nome dell'occupazione si potesse tutto.
  La domanda d'obbligo: esiste, alla luce del presente, un futuro per l'Ilva, che possa essere anche un futuro per una città come Taranto e per il territorio di riferimento ? Individuando un periodo certo nella durata del commissariamento, e legando la capacità di mettere in atto gli investimenti necessari per rendere compatibile il funzionamento degli impianti con le norme ambientali e di sicurezza che tutelano la salute dei cittadini la legge che oggi approviamo dice di sì. Dice che la prosecuzione dell'attività industriale rappresenta la condizione preliminare e necessaria per assicurare l'effettiva realizzazione degli investimenti occorrenti per il risanamento ambientale dello stabilimento. Dice che la temporanea sospensione dei poteri degli organi societari e la nomina di una struttura commissariale, che racchiuda in sé i poteri e le competenze necessarie e richieste, consente di far convergere le risorse disponibili prioritariamente verso gli interventi di risanamento ambientale garantendo contemporaneamente una corretta continuazione delle attività produttive. Dice che la «situazione dello stabilimento di Taranto, caratterizzato da alcuni vantaggi competitivi che lo rendono unico nel panorama nazionale e comparabile con gli stabilimenti più efficienti d'Europa, deve essere affrontata nella piena consapevolezza di quello che l'azienda rappresenta per l'economia del territorio e per l'intera industria nazionale. E al contempo va tenuto in considerazione l'emergenza ambientale in atto, che minaccia la salute dei cittadini».
  Mai come in un caso del genere le parole sono pietre: corretta continuazione delle attività produttive, risanamento ambientale, tutela della salute dei lavoratori, minaccia alla salute.
  Se la questione è cruciale, lo è anche per lo snodo rilevantissimo che l'Ilva rappresenta nel nostro Paese e in Europa: una questione di rilevanza nazionale e internazionale che, oserei dire, inizia a Taranto Pag. 94(e negli altri stabilimenti italiani dell'Ilva) e, passando per Bruxelles, termina in Cina, in Russia, in Turchia e in altre potenze industriali emergenti. Dico passando per Bruxelles perché non sfuggono né i punti di cui si compone il Piano europeo per l'acciaio, né tantomeno la difficoltà cui è esposta l'Europa, stretta tra crisi di sovrapproduzione dell'acciaio – con i suoi circa 500 siti produttivi, 360 mila lavoratori occupati, 190 miliardi di giro d'affari – concorrenza sleale, mercato nero dell'acciaio.
  In questo quadro l'Ilva di Taranto assume quasi una valenza simbolica e proprio per questo rappresenta un orizzonte dalla densissima valenza: far quadrare un sistema di priorità che consenta la tutela dell'ambiente e della salute e la produzione e l'occupazione, senza dimenticare che, per dirla con il presidente di Federacciai; «se l'Ilva chiudesse, verrebbe a mancare il 40 per cento dell'acciaio destinato alla meccanica».
  Consapevoli, peraltro, che i rischi dietro l'angolo, a volerla guardare da un punto di vista prettamente economico ed industriale, sono considerevoli: non intervenendo debitamente si rischia che l'ILVA diventi preda di un colosso orientale, che venga dilaniata dai competitori europei, o che sia abbandonata al suo destino (un concorrente in meno).
  Rischio considerevole, se si considera che rappresenta il 75 per cento del Pil della provincia di Taranto e il 76 per cento dell'attività portuale.
  Il caso Ilva, insomma, come è stato osservato da analisti del settore, è la spia di problematiche più estese: congiuntura negativa, costi energetici, proprietà familiari che ostacolano le aggregazioni, riluttanza a finanziare investimenti ambientali inderogabili per non rimanere fuori dal mercato, concorrenza sleale, mercato nero, concorrenza interna feroce, aggravata dalla crisi. Un quadro che proprio il memoriale per l'acciaio licenziato a Bruxelles tende a ribaltare, indicando tra le azioni concrete proposte normative comuni, lotta al mercato nero dei prodotti in acciaio ed alle evasioni fiscali, nascita del marchio di qualità SustSteel ad indicare l'acciaio prodotto in maniera sostenibile, «gli aiuti finalizzati agli obiettivi di EU 20, soprattutto nel campo della ricerca, dei corsi di innovazione, del sostegno all'impiego così come del sostegno per l'aumento della protezione ambientale» (dal Memo della Commissione Europea, Bruxelles, 11 giugno 2013).
  Tutte questioni che sono rimbalzate nel corso della discussione che ha dato vita al decreto e poi in quella nelle Commissioni congiunte – Ambiente e Attività Produttive. E ogni volta, come è giusto e doveroso, è stato confermato centrale il tema della salute, linea discriminante e cartina al tornasole di ogni azione da intraprendere. Per questo appare evidente la necessità di un pieno coinvolgimento del Ministero della salute nell'attuazione dei decreto e nel monitoraggio periodico delle misure finalizzate agli interventi sull'ambiente e a tutela della salute delle popolazioni.
  Nonostante all'origine dell'adozione del Decreto siano stati rilevati profili di protezione dell'ambiente e della salute oltre che esigenze di salvaguardia dei livelli occupazionali, esso è infatti stato emanato su proposta dei Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico, senza il coinvolgimento pieno del Ministero della salute. Che risulta viceversa essenziale ai fini di una complessiva valutazioni sanitaria e di una precisa valutazione delle ricadute sulla salute che possono derivare, ad esempio, dai tempi e modalità necessari alle bonifiche.
  E per sostenere le Istituzioni territoriali in una più puntuale e corretta informazione ai cittadini sui rischi, e nell'individuazione di risposte mirate, rafforzando le azioni meritorie già autonomamente intraprese a tutela dell'ambiente e della salute delle popolazioni. Mi riferisco alla legge regionale della Puglia n. 44/2008 del 19 dicembre, Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio: limiti alle emissioni in atmosfera di policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF), prima regione, la Puglia a dotarsi di una legge antidiossina, con riferimento Pag. 95ai dati forniti dal registro Ines del 2006, secondo i quali il 91.5 per cento di tutta la diossina nazionale è stata prodotta nel territorio tarantino dell'Ilva di Taranto.
  La necessità di un coinvolgimento a pieno titolo del Ministero della Salute peraltro, era stata sottolineata in sede di conversione in legge del Decreto n. 207, dove si fa specifico riferimento alla necessità di una valutazione del danno sanitario (articolo 1-bis, 2, 3) e di un Piano Sanitario Straordinario in favore del territorio della Provincia di Taranto.
  Ed appare tanto più necessario e opportuno se si considera che la stessa Unione europea, nel delineare i principali indirizzi di politica sanitaria, ha evidenziato chiaramente come gli obiettivi di salute di qualità si debbano raggiungere sia attraverso politiche propriamente sanitarie sia attraverso l'integrazione con le altre politiche, in primo luogo quella ambientale e quella agricola.
  Tale necessità, nel caso di specie, appare peraltro tragicamente confermata dai dati epidemiologici e sull'inquinamento ambientale da diossine presentati dall'Ispa, dall'Asl Taranto e dall'Arpa Puglia.
  Il che rende non rinviabile un'interlocuzione con l'Istituto Superiore di Sanità, già coinvolto in parte dall'Asl Taranto finalizzata alla definizione di una più organica strategia per la tutela della salute.
  D'altra parte, che il periodo di commissariamento debba essere caratterizzato da una costante e puntuale verifica della situazione, tale da individuare un carattere dinamico della legge che andiamo ad approvare, è indicato dallo stesso testo, quando prescrive una relazione a carattere semestrale.
  Certo, e mi avvio a concludere, perché il decreto possa esplicare a pieno tutta la sua forza e tutta la sua efficacia è necessario che le istituzioni territoriali e regionali siano coinvolte appieno, e rese partecipi di questa azione. Anche con l'obiettivo di accelerazione della spesa, eventualmente con l'allentamento dei vincoli di bilancio relativamente alle somme disponibili ma non spendibili, finalizzate alle bonifiche, così come l'utilizzo pieno delle risorse a favore degli interventi sanitari; Naturalmente, è possibile pensare che qualsiasi azione si intraprenda, qualsiasi decisione si assuma, è comunque troppo poco rispetto al danno ambientale prodotto, rispetto al grave disagio delle popolazioni, rispetto all'incidenza di gravissime patologie e alle percentuali di aumento. Come ci confermano i dati Ispra le patologie tumorali ai polmoni superano il 20 per cento in base alla media regionale con un aumento anche delle malattie cardiache, mentre il Registro tumori indica un'emergenza non solo nel territorio di Taranto, quanto soprattutto fra le popolazioni salentine.
  Eppure, proprio quella svolta di cui parlavo all'inizio ci permette di pensare che si sia sulla strada giusta, e che peraltro si possa ragionare in questi termini, penso ancora alla Puglia, anche in altre situazioni di importanza strategica nazionale dove la tutela dell'ambiente e della salute sono state particolarmente neglette.
  Per questi motivi, sono fiducioso che l'approvazione del Decreto possa inaugurare una nuova stagione anche per Taranto, immaginando che mai più in questo paese possa ripetersi un'altra Ilva.