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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 40 di martedì 25 giugno 2013

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10,05.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Biancofiore, Cirielli, Gregorio Fontana, Galan, La Russa, Meta, Pes, Schullian, Sereni e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della riunione del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, un discorso oggi in vista del Consiglio europeo di giovedì e venerdì non può che cominciare con un pensiero e un ricordo all'ultimo Presidente che l'Italia ha dato al Parlamento europeo, che è scomparso ieri sera, il senatore Emilio Colombo (Applausi – L'Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).

  PRESIDENTE. La Presidenza lo ricorderà prima del voto.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Solo poco più di quarantotto ore ci dividono ormai dal Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Negli ultimi cinquanta giorni, da quando questo Governo è nato, ne abbiamo parlato a più riprese in quest'Aula e nel dibattito pubblico. Lo abbiamo fatto sempre, sia pure con accenti e stili diversi, all'insegna di una consapevolezza condivisa. Quello che ci attende a Bruxelles sarà un confronto duro e importante. Sarà un confronto politico. Politiche vogliono e debbono essere dunque queste mie comunicazioni Pag. 2alle Camere, così come politico sarà l'intervento di cui mi farò portatore dentro la sala del Consiglio europeo.
  Porrò l'accento una volta ancora sul dramma del lavoro che non c’è, sugli oltre 15 milioni di ragazzi senza un'occupazione, una prospettiva, un'opportunità di realizzazione, sull'Europa che o dà risposte concrete e immediate a problemi epocali come quelli che viviamo oppure lentamente muore, un'Europa che stenta ad uscire dalla recessione, nella quale il livello degli investimenti pubblici è crollato negli ultimi anni e il rubinetto del credito bancario si è contratto drasticamente in alcuni Stati membri, un'Europa che non riesce a riprendere velocità e nella quale le ombre sulla tenuta della moneta unica non sono ancora state fugate del tutto.
  Sono bastate negli ultimi giorni le notizie arrivate da due posti così lontani e diversi tra loro, Karlsruhe, sede della Corte costituzionale tedesca, e Atene, con la decisione del Governo greco di chiudere la televisione pubblica, per dare il segno che la crisi non è ancora finita, per riportare immediatamente l'attenzione sui mercati, far salire i tassi di interesse sul nostro debito e su quello degli altri Paesi europei.
  Sappiamo che il tempo stringe, che gli obiettivi fissati vanno realizzati al più presto. Sappiamo che dobbiamo contrastare la tendenza insidiosa all'inerzia, alla difesa ostinata di impostazioni rigide, alla protezione egoistica di prerogative nazionali. Sappiamo che, se si ferma, l'Europa così com’è è perduta.
  Da queste consapevolezze possiamo però ripartire dal prossimo Consiglio europeo. Al primo punto dell'agenda ci sarà, come sapete, la lotta alla disoccupazione giovanile. Ci si occuperà poi di finanziamento alle imprese e all'economia reale, di riforme strutturali e di unione bancaria.
  Su tutti questi temi la risoluzione approvata dal Parlamento lo scorso 21 maggio ha fatto da guida all'azione di preparazione e di negoziato del Governo nelle ultime settimane.
  Oggi voglio dunque esporre qui i risultati di questa azione e le nostre aspettative per i risultati del Consiglio europeo.
  Partiamo dall'occupazione giovanile. È una realtà drammatica, che conosciamo bene: precariato, tutele diseguali, inattività, su tutto un elevatissimo tasso di disoccupazione che in Italia colpisce ormai oltre il 40 per cento dei giovani tra i 15e i 24 anni. È un dramma italiano, ma è anche un dramma europeo, collettivo e generazionale.
  Oggi, in Europa, un giovane su quattro è disoccupato. In alcuni Stati membri la soglia supera, addirittura, il 50 per cento: un livello senza precedenti nel secondo dopoguerra. Dall'inizio della crisi, il numero di giovani disoccupati o inattivi non ha cessato, del resto, di crescere; continua, anzi, ad aumentare giorno dopo giorno.
  Per questo, fin dai primi momenti di vita del mio Governo, ho chiesto che il tema diventasse centrale proprio nell'agenda del Consiglio europeo di giugno. È per tutti noi una scelta dirimente, identitaria, mi verrebbe da dire, ed è soprattutto un obbligo per le nostre generazioni e per l'intero Paese, che ha la responsabilità di indirizzare i processi di sviluppo economico e sociale.
  Guardiamo per un istante indietro: nella prima fase della crisi sono state compiute, negli ultimi cinque anni, scelte che hanno mirato, anzitutto, a proteggere il lavoro attuale, non quello futuro; quello che c'era o che si perdeva, non quello da generare. Penso all'attenzione prioritaria attribuita alla tutela dei lavoratori già inseriti nel mercato del lavoro con forme di cassa integrazione ed ammortizzatori sociali.
  È giusto, è stato giusto fare così. Ma penso, poi, anche alla riforma delle pensioni, che ha determinato, prima di tutto, un allungamento considerevole della vita professionale dei lavoratori. Sono state scelte inevitabili; scelte, tuttavia, che, benché comuni a quasi tutti gli altri Stati membri, hanno scaricato prevalentemente sui più giovani il peso dell'aggiustamento del mercato del lavoro e del welfare.Pag. 3
  Oggi non possiamo più ignorare questi squilibri. Non è solo la dimensione quantitativa della disoccupazione giovanile a preoccupare: è il rischio che diventi strutturale e letteralmente «bruci» un capitale umano prezioso e irripetibile. Eurofound ha stimato che il costo della disoccupazione giovanile in Europa, in termini di reddito perduto e di maggiori oneri di assistenza sociale, è pari a circa 153 miliardi di euro l'anno.
  Centocinquantatrè miliardi di euro: una dissipazione senza pari, uno sperpero che la crisi esaspera, in un paradossale circolo vizioso. Come possiamo, infatti, far sì che i nostri sistemi industriali, le nostre economie, escano dalla recessione e reggano la sfida della competitività internazionale e dell'innovazione, se, poi, mortifichiamo un'intera generazione, quella più fresca, attiva, potenzialmente preparata, proprio nel momento stesso in cui essa si appresta ad entrare nel mercato del lavoro ?
  Come se non bastasse, vi è un prezzo meno visibile, ma più subdolo, da pagare. È il costo connesso alla creazione di una generazione tradita, e quindi ferita. Una generazione segnata da cicatrici profonde, come ha rimarcato recentemente l'Organizzazione internazionale del lavoro. Le cicatrici sulla comunità lasciate dalla frustrazione, dal risentimento e dalla rassegnazione sono le più difficili da cancellare ed è su di esse che allignano e poi si propagano il populismo e l'antipolitica, l'ostilità verso l'istituzione pubblica e verso l'Europa, la xenofobia, il rifiuto dell'integrazione, la rabbia, il conflitto.
  Per questo non potevamo accettare che il Consiglio europeo di giugno si occupasse soltanto di procedure, di governance, di tecnicismi. Per questo volevamo che si discutesse di problemi veri, di questioni che entrano ogni giorno, ogni sera, nella vita di tutte le famiglie italiane ed europee. Ho sollevato la necessità con vari leader europei già nei primi incontri internazionali, riscontrando ovunque un consenso largo e perfino inaspettato.
  Ho voluto che l'Italia ponesse un problema politico, ma contribuisse anche, con idee concrete, a fornire risposte pratiche. Ho scritto al Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, il 24 maggio, inviando le proposte italiane per un'agenda europea di azioni contro la disoccupazione giovanile crescente. Come sapete, un primo traguardo è stato raggiunto: quello del lavoro giovanile, del lavoro per i giovani, è ora un cardine della nuova agenda europea. È un risultato politico che rivendico.
  Fare dell'occupazione giovanile un punto centrale di dibattito al Consiglio significa anche imprimere una direzione nuova alle scelte europee, in modo pragmatico, rifuggendo dal confronto semplicistico e inconcludente che ci ha accompagnato negli ultimi anni.
  Volevamo lanciare un messaggio sull'anima sociale del vecchio continente, parlare all'Europa dei popoli. Ci stiamo riuscendo ? Sei mesi fa si discuteva essenzialmente di finanze pubbliche, di tagli ai bilanci, di condizionalità per i programmi di assistenza degli Stati membri. Oggi, ci si confronta sulla formazione professionale, sugli investimenti sociali in capitale umano, sui finanziamenti alle imprese innovative create dai giovani.
  Il Governo italiano ha operato affinché in tutte le sedi europee maturasse la consapevolezza che promuovere il lavoro per i giovani impone una maggiore integrazione tra politiche fiscali e politiche per il lavoro. È questo il senso dell'incontro che abbiamo organizzato a Palazzo Chigi il 14 giugno scorso, presenti i Ministri delle finanze e del lavoro dei quattro più grandi Stati dell'area dell'euro, Francia, Germania, Spagna e, naturalmente, l'Italia che ospitava.
  È un formato, quello dei Ministri del lavoro e delle finanze insieme, che non ha precedenti nella dinamica europea. È un formato per noi importante: significa coniugare la dimensione macroeconomica e quella dell'occupazione, costruire politiche integrate, mettere insieme i bilanci e la società, i numeri e le persone; vuol dire dire all'Europa che l'Europa non è soltanto l'Ecofin, l'Europa non è soltanto Pag. 4l'Eurogruppo, l'Europa non è soltanto la moneta: l'Europa sono innanzitutto le persone.
  Roma, per un giorno, è stata la capitale della lotta alla disoccupazione giovanile. Ora la capitale diventa itinerante, Bruxelles giovedì e venerdì poi, la settimana prossima, il 3 luglio, Berlino, con un incontro dedicato specificamente al lavoro per i giovani.
  L'Italia vuole essere in prima fila. Ne ha la volontà. E per questo domani il Consiglio dei ministri approverà un pacchetto di misure per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, aumentare l'occupazione, soprattutto quella giovanile, e sostenere le famiglie in difficoltà. Il decreto-legge conterrà interventi per accelerare la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato, attraverso forme di decontribuzione per le imprese che assumono giovani in difficoltà economica o convertono contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato, renderà più agile la disciplina sui contratti a tempo determinato senza con questo diminuire le tutele, introdurrà misure per ridurre la disoccupazione e l'inattività dei giovani, favorendo l'alternanza scuola-lavoro e l'attivazione di percorsi professionali di medio termine.
  Si tratta – voglio porlo bene in evidenza – di scelte indipendenti da quanto avverrà a Bruxelles giovedì e venerdì, ma che evidentemente sono in sintonia con quello che proporremo e che discuteremo a Bruxelles.
  Forte di questa nostra iniziativa, chiederò giovedì e venerdì, a nome vostro, con fermezza, che l'Unione non abbandoni a se stessi gli Stati membri, ma ne supporti e rafforzi l'azione, mettendo in campo misure concrete, visibili ed effettive.
  Non è la prima volta che il Consiglio europeo affronta questo dossier. Lo ha fatto già nel marzo del 2005 con un Patto per la gioventù, che però poi ha avuto scarso seguito. Lo ha fatto a più riprese nei mesi passati con dichiarazioni di valore soprattutto politico. Ora, chiediamo e vogliamo uno sforzo in più: niente asserzioni di principio, ma decisioni immediate che restituiscano il senso dell'urgenza su questo tema, strumenti operativi europei e nazionali, risorse, timing stringente che concentri l'intervento su un orizzonte temporale breve per ottenere il massimo dell'impatto subito. Come si traducono questi impegni ?
  In primo luogo facendo sì che il modello della garanzia per i giovani, la Youth Guarantee, approvato dal Consiglio europeo ad aprile e che prevede che entro quattro mesi ogni giovane laureato riceva una offerta di lavoro, di studio o di apprendistato di qualità, diventi il parametro di riferimento per tutti gli Stati membri. Questo schema ha funzionato bene in Austria e in Finlandia, per esempio. Attuarlo in Italia comporterà una rivoluzione del nostro sistema delle politiche di attivazione e di orientamento al lavoro.
  Un cambiamento tanto più agevole ed efficace, se attuato entro un quadro europeo certo: per questo, nei prossimi mesi, anche alla luce di quanto sarà deciso a Bruxelles, vareremo un secondo pacchetto di interventi, proprio per dare attuazione in Italia alla garanzia per i giovani e per migliorare i servizi all'impiego.
  L'Europa dovrà mobilitare tutte le risorse disponibili. Chiediamo dunque di accelerare al massimo l'avvio dell'iniziativa europea per l'occupazione giovanile, un fondo istituito a febbraio scorso per il periodo 2014-2020, in modo che i primi progetti possano essere già finanziati subito, a partire dal 1o gennaio. Chiediamo che l'uso del fondo, però, sia concentrato nei primi due anni, il 2014 e il 2015, e non più spalmato su sette. Sei miliardi di euro della garanzia significano circa 1.360 euro a disposizione di ciascuno dei potenziali beneficiari tra i giovani inattivi. Date le condizioni è qualcosa, ma certo non basta. Per questo chiediamo che nel 2016 vi sia una revisione dello strumento e si aumenti la dotazione finanziaria per gli anni successivi.
  L'altra fonte di sostegno alle iniziative per i giovani sono, come è noto, i fondi strutturali, dai quali arriveranno circa 55 Pag. 5miliardi di euro all'Italia nei prossimi sette anni. Chiediamo che nella nuova programmazione la promozione di lavoro per i giovani abbia la priorità, così come riteniamo importante l'utilizzo del Fondo sociale europeo per finanziare incentivi all'assunzione dei giovani, anche mediante quella riduzione del cuneo fiscale che rappresenta per noi una fondamentale priorità.
  Vogliamo poi che l'Unione europea usi in modo mirato una delle sue carte migliori: la Banca europea per gli investimenti. Chiediamo che la BEI aumenti il credito erogato alle piccole e medie imprese, che rimangono per noi punto di riferimento essenziale. Attualmente questo credito è di circa 13 miliardi di euro ed è necessario che sviluppi strumenti specifici volti a sostenere l'occupazione giovanile e gli investimenti pubblici nella formazione professionale e nell'istruzione, anche in coordinamento con le istituzioni finanziarie nazionali, come la Cassa depositi e prestiti in Italia.
  Inoltre, chiediamo passi avanti nelle misure per facilitare la mobilità dei lavoratori all'interno del mercato unico: la mobilità europea dei giovani è nei fatti, ma ancora siamo lontani da un mercato unico del lavoro. È necessario abbattere le barriere giuridiche che restano, potenziare il sistema di collocamento europeo Eures, rafforzare il coordinamento tra le agenzie per l'impiego nazionali. Sia chiaro: vogliamo una mobilità con gli aggettivi giusti, una mobilità circolare, non una fuga di risorse e competenze, che impoverisce il capitale umano degli Stati più colpiti dalla crisi, a vantaggio di altri; una mobilità garantita da un quadro di standard di qualità e da diritti riconosciuti, come chiedono i consigli nazionali riuniti nel forum europeo dei giovani che abbiamo incontrato.
  Anche per questo è importante che si avvii l'alleanza europea per l'apprendistato e che si trovi l'accordo su un quadro di qualità per i tirocini. In questa materia, le parti sociali possono apportare un contributo determinante ed è quindi un'ottima notizia – come ieri ho comunicato ai sindacati che ho incontrato – che dopo molto tempo le parti sociali si riuniscano a Bruxelles di nuovo, prima del Consiglio europeo, per fornire il proprio apporto sui temi del lavoro e della crescita e che il Presidente del Consiglio europeo faccia partecipare alla prima fase della riunione del Consiglio stesso i rappresentanti delle parti sociali, che lì interverranno e porteranno ai Presidenti e ai Capi di Stato e di Governo la posizione delle parti sociali su questi temi.
  Questo è quanto andremo a chiedere al Consiglio, in linea quindi con la mozione approvata da questa Assemblea qualche giorno fa. Su tutto questo, però – devo dirlo –, grava l'incertezza sulla conclusione del negoziato tra il Consiglio e il Parlamento europeo sul nuovo quadro finanziario multiannuale. Mi auguro che questa incertezza sia presto rimossa e ci adopereremo a Bruxelles perché l'Europa possa rapidamente chiudere il bilancio 2014-2020 e far partire nuovi programmi di investimento per la crescita.
  D'altra parte, con franchezza, dobbiamo ribadire che, se l'Europa non riprende un cammino sicuro di crescita, nessuna delle decisioni puntuali che potremmo assumere condurrà a una vera svolta. Su questo entra in gioco il secondo punto in agenda al Consiglio: la verifica dei progressi compiuti nell'attuazione del Patto per la crescita e per l'occupazione, adottato su spinta anche e soprattutto italiana nel giugno 2012.
  A un anno esatto di distanza, il bilancio ha purtroppo luci e ombre. Nel campo del mercato unico sono stati compiuti progressi importanti, ma un buon numero di misure è ancora bloccato, benché il termine fissato a dicembre 2012 sia scaduto da mesi. In altri settori, dall'energia all'area europea della ricerca, molto resta ancora da fare.
  L'aspetto centrale del Patto è, tuttavia, l'accento posto sull'uso della BEI come leva per fare ripartire gli investimenti produttivi. A tal fine, era stato deciso l'aumento di capitale della stessa BEI, che è stato completato nei primi mesi del 2013. I primi effetti sui prestiti diventano Pag. 6solo ora visibili. A regime, l'aumento di capitale permetterà di portare i prestiti della BEI negli anni 2013-2015 a 60 miliardi, mobilitando oltre 120 miliardi di investimenti in tutta Europa.
  Dal nostro punto di vista la discussione sulla politica di investimento della BEI costituirà, dunque, uno degli snodi del Consiglio. Essa può avere un ruolo chiave nel catalizzare risorse per investimenti di lungo termine, soprattutto è il potenziale perno di un'azione volta a riattivare il credito per l'economia reale, per le piccole e medie imprese e a contrastare la frammentazione dei mercati finanziari.
  Del resto, oggi, in Europa, le condizioni del credito alle imprese divergono sensibilmente da Stato a Stato, perché riflettono non solo il merito di credito delle singole imprese, ma la loro posizione geografica. È una situazione che penalizza le imprese italiane e quelle di altri Stati membri.
  Ci batteremo, dunque, per un ruolo più incisivo della Banca europea per gli investimenti a sostegno dell'economia reale. La incoraggeremo a dirigere i prestiti verso le Regioni che più hanno bisogno di liquidità per investimenti e ad assumere un profilo di rischio più aggressivo anche contando sull'interazione positiva con i fondi strutturali dell'Unione europea.
  Guardiamo, inoltre, con interesse a possibili iniziative, d'intesa con la Commissione e con la BCE, per promuovere forme di emissione di titoli garantiti da prestiti alle imprese, il cosiddetto mercato delle asset-backed securities.
  Più in generale, i progressi sul fronte della crescita sono legati alla capacità di tenere la rotta delle riforme strutturali. Il Consiglio europeo affronterà, infatti, come terzo punto l'esame delle raccomandazioni della Commissione ai Paesi membri, portando a conclusione il semestre europeo 2013. Non è un passaggio solo procedurale: il semestre europeo è positivo perché aiuta a coordinare le agende nazionali per le riforme. Dobbiamo contribuire a consolidare questo esercizio. Lo prendiamo, del resto, molto sul serio e, come più volte ho ribadito, interpretiamo le sei raccomandazioni che la Commissione ci ha rivolto – in parallelo con la positiva abrogazione della procedura di deficit eccessivo, che sarà il primo punto, giovedì, della discussione in Consiglio europeo – come la base della nostra azione di Governo.
  A ben vedere, abbiamo già iniziato ad applicare quelle sei raccomandazioni con i provvedimenti adottati nelle ultime settimane. Penso alle norme sulla giustizia civile, penso al pacchetto di misure per le infrastrutture, penso alle semplificazioni, agli interventi sul credito contenuti nel «decreto fare» e che incrociano puntualmente le raccomandazioni della Commissione. Allo stesso modo, il disegno di legge sulle semplificazioni e il decreto-legge sull'occupazione giovanile, che approveremo domani, rispondono ad altre sollecitazioni che vengono dall'Unione europea.
  Dobbiamo poi procedere con maggiore attenzione e sistematicità all'attuazione delle direttive europee dopo avere concorso alla loro adozione, come ricorda la risoluzione parlamentare. Per questo è importante che le Camere possano chiudere rapidamente l'iter di adozione della legge europea 2013, che contiene norme necessarie per il recepimento delle direttive dal 2011 al 2013, evitando così un gran numero di procedure di infrazione, che graverebbero, altrimenti, sul nostro Paese.
  Ci viene spesso ricordato che adempiere agli obblighi dell'Unione europea è una questione di credibilità e di capacità di mantenere gli impegni assunti. È vero, siamo d'accordo, ma aggiungo che il medesimo metro di giudizio deve applicarsi anche alle decisioni che, tutti insieme, gli Stati membri hanno adottato in sede istituzionale.
  Pensiamo all'unione bancaria e, più in generale, alla riforma della governance dell'unione economica e monetaria, il quarto punto che sarà affrontato al Consiglio. Il cammino, soprattutto dell'unione bancaria, è accidentato, è ancora in salita; se ne stanno finalizzando, con fatica, i primi tasselli: il meccanismo unico di supervisione bancaria, ad esempio, è stato approvato ed entrerà in vigore entro la Pag. 7fine dell'estate. Il Consiglio Ecofin ha trovato un accordo sulle linee guida per la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’European Stability Mechanism (ESM). Più complicata è, invece, la ricerca di un punto di equilibrio sulla direttiva in materia di risoluzione ordinata delle crisi bancarie e, a cascata, sulla direttiva relativa alla garanzia dei depositi bancari, su cui si cercherà un accordo all'Ecofin straordinario di domani pomeriggio.
  L'Italia gioca su questi tavoli un ruolo di impulso e di mediazione; agiamo sempre per spingere più in là le linee rosse di chi dà l'impressione di non voler veramente progredire, anche per conciliare posizioni diverse e interessi che sono difficili da comporre.
  Un dato è, comunque, certo: a Bruxelles, a nome del Governo italiano, mi batterò perché non si rimetta in alcun modo in discussione il calendario deciso dal Consiglio europeo di dicembre per completare l'unione bancaria e farò di tutto affinché vi sia al più presto una proposta della Commissione per un meccanismo comune di risoluzione delle crisi bancarie, di tutela dei risparmiatori e si arrivi alla sua adozione entro l'attuale mandato del Parlamento europeo.
  Tutto ciò farà da base per la grande battaglia politica per l'Europa che inizieremo dall'autunno, in preparazione dell'occasione unica che all'Italia si presenta nel 2014: il semestre di Presidenza italiana nella seconda metà del 2014 potrà rappresentare, come indica la risoluzione che ho letto, l'opportunità per porre le questioni istituzionali e la dimensione politica al centro dell'azione della Comunità e degli Stati membri. L'occasione è unica per dare il via, proprio dall'Italia, alla costruzione degli Stati Uniti d'Europa, idealità alta, ineludibile per le attuali generazioni, sola bussola e solo orizzonte della politica europea del nostro Paese.
  A proposito di dimensione politica, infine, il Consiglio europeo assumerà decisioni importanti in materia di allargamento. Saluteremo l'ingresso della Croazia come ventottesimo Stato membro il 1o luglio; confermeremo l'adesione della Lettonia nell'Unione economica e monetaria, nell'euro, dal 1o gennaio 2014, come diciottesimo Paese che adotta l'euro; ci pronunceremo sulla proposta della Commissione di aprire i negoziati per l'adesione della Serbia, auspicando che sia fissata subito una data per l'avvio dei negoziati stessi. Croazia, Lettonia, Serbia; Zagabria, Riga, Belgrado: tre casi diversi di avvicinamento volontario, perfino sofferto, perché faticoso e scandito da sacrifici, all'Europa unita e a tutto ciò che essa storicamente rappresenta. Tre esperienze per ricordarci e, soprattutto, ricordare alle nostre opinioni pubbliche che l'Unione europea era e resta una storia di successo e di attrazione: un traguardo, quindi, e una prospettiva, un architrave di pace e di benessere per i popoli. La crisi e i tanti, troppi, errori che sono stati commessi nell'ultimo decennio tendono a farcelo dimenticare, ci inducono a focalizzare l'attenzione e i nostri umori su tutto ciò che non funziona: sull'austerità fine a se stessa, sulle estenuanti lentezze procedurali, sull'incapacità di decidere e di decidere per il meglio.
  L'Europa non può essere questo: l'Europa – ricordiamocelo – è ancora fattore di attrazione e di stabilizzazione. Solo insieme, dentro l'Unione, possiamo raggiungere risultati che, altrimenti, da soli, non potremmo neanche progettare. Sul punto, permettetemi un aggancio alla recentissima esperienza vissuta al G8. Lì abbiamo verificato cosa può davvero fare l'Europa quando non è più sul banco degli imputati, ma voce unitaria al tavolo globale.
  Lì si è assunta la storica decisione di avviare i negoziati per il libero scambio con gli Stati Uniti; è un accordo che può dischiudere prospettive economiche nuove, facendo crescere il PIL europeo dello 0,5 per cento l'anno e che ha un significato geopolitico rilevante. Oltretutto, tutti i calcoli dicono che l'Italia è il Paese europeo che ne avrà più vantaggi. Pag. 8Ci auguriamo che l'accordo possa essere chiuso proprio sotto la Presidenza italiana dell'anno prossimo.
  Signora Presidente, onorevoli colleghi, ora sta a noi, rappresentanti del popolo italiano, qui, e delegati dai popoli europei, giovedì e venerdì a Bruxelles: possiamo e dobbiamo decidere per costruire qualcosa di più forte e solido e non soltanto per tamponare emergenze. Cercheremo di cogliere questa opportunità, rifuggendo da ogni soluzione al ribasso. Il nostro impegno, il mio impegno, è quello di trasferire ai partner europei una sola urgenza: dare finalmente risposte vere, concrete, subito verificabili, ai problemi dell'Europa dei popoli e il primo problema, oggi, è il lavoro che non c’è per milioni di ragazze e ragazzi. A loro, abbiamo l'obbligo di indicare una rotta e di restituire, finalmente, una speranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. La ringrazio, Presidente Letta, per questa dettagliata comunicazione.

(Discussione)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Avverto che sono state presentate le risoluzioni Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio ed altri n. 6-00018, Migliore ed altri n. 6-00019, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00020 e Locatelli ed altri n. 6-00021 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni). I relativi testi sono in distribuzione.
  È iscritto a parlare il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, come ha ricordato il Presidente poco fa, è spirato nella notte Emilio Colombo. Dicono che le sue ultime parole siano state: più Europa. Vorrei che oggi queste parole risuonassero nella coscienza di ciascuno di noi.
  Queste istituzioni europee che noi oggi abbiamo, non ci piacciono: troppa burocrazia, troppa ipocrisia, troppi egoismi nazionali, troppa prepotenza dei più forti, troppe furbizie e troppe insincerità dei più deboli. Tuttavia, l'ultimo messaggio di Emilio Colombo ci ricorda che ai mali di questa Europa non c’è rifugio in un ritorno all'epoca dei nazionalismi, che è definitivamente passata. Il rimedio a quest'Europa che non ci piace è un'Europa migliore che dobbiamo costruire nel futuro, e questo futuro comincia adesso, con questo dibattito, oggi, e domani – dopodomani in realtà – con il Consiglio europeo.
  Emilio Colombo è stato un protagonista della prima Europa, quella dell'Euratom, della CECA, dei Trattati di Roma; è l'Europa che ha accompagnato e sostenuto i miracoli economici italiano e tedesco, che ha consolidato le nostre fragili democrazie, che ha contenuto l'espansionismo sovietico e ha preservato la nostra libertà. È l'Europa di De Gasperi e di Adenauer, di Schuman e di Paul-Henri Spaak.
  Dopo una fase di incertezze e di confusione, il progetto europeo, non un semplice progetto economico, ma progetto politico di pace e di sviluppo solidale, è ripartito con nuova energia. Davanti alla grande testimonianza del popolo polacco e degli altri popoli dell'Europa orientale e centrale, guidata da Giovanni Paolo II, il comunismo è crollato.
  Helmut Kohl, François Mitterrand, Jacques Delors hanno costruito su quella base morale un grande progetto politico di un nuovo ordine europeo, con l'unificazione tedesca, l'allargamento dell'Unione, la fondazione di una moneta comune.
  Questo progetto ha avuto una grande battuta d'arresto all'inizio degli anni Duemila con il rifiuto della Costituzione europea nei referendum francese e olandese. A questo progetto, oggi, bisogna tornare. È un progetto per la pace, la sicurezza e lo sviluppo. È un progetto che ha visto arrivare la crisi, ricordiamo il Consiglio Pag. 9europeo di Lisbona 2000, e ha detto che cosa bisognava fare per evitarla e poi non lo abbiamo fatto.

  PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, concluda.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Concludo, signor Presidente. Era il progetto di Giovanni Paolo II, di Helmut Kohl, di François Mitterrand, di Jacques Delors, era il progetto di Emilio Colombo. A questo progetto dobbiamo tornare. Lo riassumiamo con le parole: più Europa. Vada, signor Presidente, dica nel Consiglio europeo che abbiamo bisogno di più Europa, che abbiamo bisogno di tornare a quel grande progetto europeo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Paolucci. Ne ha facoltà.

  MASSIMO PAOLUCCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi deputati, il dibattito che si svolge in quest'Aula, come ha giustamente detto il Presidente del Consiglio, non può essere considerato un appuntamento rituale. Oggi non possiamo celebrare una stanca riedizione di vecchie discussione del passato, non si tratta di ripetere dalle ed inconcludenti frasi sul nostro presunto europeismo. Di retorica, di parole alle quali non seguono i fatti, di decisioni prese, di rinvii, di compromessi al ribasso l'Europa è stata duramente colpita ed indebolita. Bisogna guardare in faccia la realtà, come è stato fatto stamattina, senza indulgere in letture autoconsolatorie. L'Europa corre il rischio di naufragare dentro la crisi economica e sociale più lunga e più grave che abbiamo conosciuto dopo la Grande guerra. L'ottimismo, indispensabile per reggere una situazione molto difficile, non può, nemmeno per un secondo, farci perdere di vista la gravità della situazione.
  Ritengo superfluo, in quest'Aula, ripetere per l'ennesima volta tutti i terribili numeri della crisi. Ne ricorderò solo alcuni. È stato detto: 15 milioni di disoccupati, quasi il 40 per cento, nel Mezzogiorno andiamo anche oltre; due milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni non sono né a scuola né al lavoro. Nel corso delle nostre quattro ore di dibattito – questo ci dicono le statistiche – falliranno poco più di duecento imprese. Entro stasera saranno state utilizzate circa 2,8 milioni di ore di cassa integrazione. Evito di utilizzare aggettivi inflazionati: i numeri non hanno bisogno di commento. Bisogna agire presto e bene, il tempo a nostra disposizione sta inesorabilmente scadendo. E allora, mettiamo un punto fermo, lo abbiamo fatto più volte in quest'Aula.
  L'Italia non si salva, la nostra economia non riparte senza nuove politiche europee. Mettiamo definitivamente da parte sbagliate ed illusorie pretese di autosufficienza nazionale. L'Europa è la dimensione minima necessaria per affrontare la crisi con la sufficiente massa critica, reggere la concorrenza asiatica, contribuire a definire nuovi equilibri internazionali.
  Fatta questa premessa, bisogna dire con la stessa franchezza che l'Europa, finora, l'Europa che abbiamo conosciuto è stata nettamente al di sotto delle aspettative dei padri costituenti ed indiscutibilmente al di sotto delle necessità. Se milioni di europei vedono l'Europa come una nemica, come un intralcio, come un ostacolo, se riprendono quota nazionalismi, egoismi, forme vecchie e nuove di razzismo, non ci si può semplicemente scandalizzare o cavarsela con un'elitaria supponenza intellettuale.
  Bisogna interrogarsi, analizzare questi fenomeni, dare risposte. La prima risposta, la prima chiave di lettura mi sembra che ormai stia conquistando consensi anche in ambienti molto diversi tra di loro: è necessario mettere definitivamente da parte l'idea sbagliata che l'Europa possa ripartire esclusivamente con la disciplina di bilancio. Si tratta di una condizione necessaria, ma da sola non sufficiente. Austerità e contenimento dei salari non hanno fatto ripartire la locomotiva, al contrario hanno prodotto effetti recessivi, riduzione del PIL, diminuzione della ricchezza, Pag. 10calo drammatico dei consumi. Tutto ciò si è tradotto in minori entrate fiscali, vanificando in parte gli sforzi di risanamento che abbiamo compiuto.
  Il pensiero unico non ha causato solo insopportabili ineguaglianze, non ha semplicemente terremotato la questione sociale delle nostre nazioni, ma è divenuto esso stesso fattore di instabilità economica, moltiplicando disuguaglianze, riducendo le opportunità, sacrificando il futuro delle nuove generazioni, mortificando il merito. Il mercato da solo non è riuscito a produrre nuova ricchezza e benessere. Il protrarsi della crisi e la sua stessa natura si stanno rilevando un boomerang anche per la forte e potente Germania.
  La caduta drastica dei consumi, la restrizione del mercato interno stanno incominciando a creare problemi seri anche alle esportazioni tedesche, anche in Germania c’è una maggiore consapevolezza che sia necessario cambiare le politiche europee. Noi non chiediamo a nessun Paese di pagare i debiti italiani, lo stiamo facendo con i nostri sacrifici, chiediamo, molto più semplicemente, di prendere atto che anche per tutelare i propri interessi nazionali bisogna mettere da parte un'ottusa politica di austerità basata unicamente sull'equilibrio di bilancio e il contenimento dell'inflazione. Occorre sempre più prendere consapevolezza della interdipendenza economica europea, nessuno, neanche la Germania, si salva da solo. Servono politiche che intervengono non solo sul versante dell'offerta ma anche, e soprattutto, su quello della domanda, attraverso politiche attive per l'occupazione. Serve maggiore flessibilità, serve mettere definitivamente nel cassetto un ottuso Governo delle regole.
  Ecco perché la nuova Europa non può che puntare decisamente sul lavoro e lo sviluppo, l'idea che una volta messi in ordine i conti la crescita sia affidata esclusivamente all'iniziativa dei singoli Stati nazionali è un'idea sbagliata e di corto respiro. Servono, come è stato detto, un mix di interventi su scala sovranazionale, sono necessari investimenti pubblici per le infrastrutture, c’è bisogno di strumenti che fungono da volano e garanzia per gli investimenti privati, non sono più rinviabili politiche industriali su scala europea per salvaguardare ed incrementare l'allocazione manifatturiera e sostenere il piano di settore siderurgico.
  L'Europa deve correre e crescere dentro le due più grandi rivoluzioni che sono in atto nel mondo: quella digitale e quella ambientale. Da troppo tempo si discute degli strumenti da utilizzare per mettere in moto investimenti senza che alle parole seguano i fatti. Per questo, signor Presidente del Consiglio, abbiamo apprezzato la tenacia e il tono con cui lei ha posto in Europa problemi di cui discutiamo da troppo tempo; da troppo tempo discutiamo di golden rule, di project bond, correndo il rischio che questi diventino enunciazioni, lo zuccherino da mettere in tutte le risoluzioni finali dei vertici internazionali senza che dalle parole si passi ai fatti.
  Ripeto il concetto espresso inizialmente: non abbiamo più tempo. Bisogna agire. Nella risoluzione che abbiamo presentato chiediamo al Governo di sostenere la richiesta di aumentare la dotazione finanziaria della Banca europea degli investimenti e di avviare la sperimentazione di prestiti obbligazionari, project bond, per il finanziamento di nuovi progetti nei settori strategici. Vorrei essere chiaro, noi non proponiamo una vecchia ricetta, il ripercorrere semplicemente la vecchia idea keynesiana degli investimenti pubblici, contestualmente è indispensabile intervenire sui sistemi di regolazione sovranazionali, l'efficacia degli investimenti pubblici e l'iniziativa privata hanno bisogno di mercati profondamente modificati, urgono misure di liberalizzazione, senza queste misure di contesto si corre il rischio di accentuare il divario tra i Paesi europei.
  Nel prossimo Consiglio europeo è necessario dare segnali concreti, ne ha parlato diffusamente e chiaramente il Presidente del Consiglio, non mi dilungo. Noi siamo pienamente d'accordo, chiediamo di aumentare il fondo di 6 miliardi per il finanziamento di progetti volti a contrastare la disoccupazione e di concentrare il Pag. 11finanziamento per la nostra quota parte nel 2014. Serve un segnale forte e chiaro nelle politiche di coesione e contrasto alla disoccupazione giovanile. Concentrare le risorse nel 2014 non è solo un intervento simbolico, significa dare segnali concreti, significa dare una speranza a chi lentamente la sta perdendo. Bisogna mettere in campo molto più progetti concreti che uniscono formazione e lavoro, servono più borse di studio, incentivi alle giovani imprese.
  E occorre intervenire sulle banche, che con i loro gravi errori sono stati vittime e causa della crisi. La loro debolezza, anche questo è stato ricordato, ma voglio sottolinearlo perché è importante, perché ogni giorno ci misuriamo con questo problema, ha provocato una stretta creditizia che affoga le piccole e medie imprese. Ma la crisi dell'Europa, dobbiamo dircelo, perché altrimenti facciamo un discorso monco, è anche e soprattutto una crisi democratica, una crisi politica. Mentre negli Stati membri si discuteva della perdita di sovranità nazionale a favore dell'Europa, nella realtà, in assenza di istituzioni politicamente forti, si è concretizzato il predominio dei mercati finanziari, delle agenzie di rating, dei centri di potere, di una potente struttura tecnocratica.
  In questo contesto, l'Europa sta conoscendo un lento declino. Anche in questo caso i numeri parlano chiaro; i dati forniti dalla Fondazione Italianieuropei ci dicono che all'inizio del XX secolo l'Europa rappresentava il 40 per cento del PIL mondiale, oggi è poco sotto il 25, nel 2050, a condizioni invariate, si attesterà per il 15, il 17 per cento.
  Solo un'Europa politicamente unita può arrestare il declino di una sua marginalizzazione, una perdita di influenza ormai evidente: per fare questo serve una politica forte, il superamento di una visione meramente tecnica e falsamente neutrale. L'Europa che vogliamo costruire non è un super-Stato, ma una confederazione di Stati nazionali: è necessaria una svolta democratica nella governance dell'Europa, accrescendo il peso del Parlamento e riequilibrando il ruolo eccessivo che ha assunto in questi anni la dimensione intergovernativa.
  C’è un nesso stretto, una interdipendenza tra rilancio economico dell'Europa e nuovi assetti di Governo. Il semestre di Presidenza italiana, luglio-dicembre 2014, può e deve caratterizzarsi su questa grande questione democratica.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MASSIMO PAOLUCCI. Signor Presidente del Consiglio, il Partito Democratico la ringrazia per la chiarezza e la determinazione con la quale ha scelto – e concludo – l'Europa come terreno fondamentale per il rilancio del nostro Paese. Si tratta di una scelta strategica molto importante, si tratta di una scelta che da sola definisce uno degli obiettivi fondamentali del Governo di servizio a cui lei ha dato vita. Si tratta di un'iniziativa indispensabile, che nobilita e motiva la nascita del suo Esecutivo. Vada avanti, signor Presidente, mantenga anche nelle giornate più difficili questo alto profilo: l'Italia ha drammaticamente bisogno di una nuova e buona politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Signor Presidente, signor Presidente Letta, signori Ministri, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, credo che questo dibattito sia molto importante, come lo è stato quello in occasione del precedente Consiglio europeo. Apprezziamo la posizione decisa che il Governo sta prendendo nei confronti dell'Unione europea, delle istituzioni europee, perché senza una presenza attiva e propositiva siamo destinati all'emarginazione: quindi, bene questo atteggiamento di grande protagonismo da parte del nostro Paese, che peraltro ne ha tutto il diritto e tutto il dovere.
  Lei ha detto, signor Presidente del Consiglio, che l'Europa sono le persone. Questa è un'affermazione molto importante, Pag. 12perché dobbiamo aiutare le istituzioni europee ad uscire da una visione solo economicistica e burocratica, che tra l'altro è una delle ragioni che ha allontanato le istituzioni europee dalla sensibilità dei nostri cittadini. E per uscire da una visione solo economicistica e burocratica, la crisi ci può aiutare: come sta aiutando e stimolando i Governi dei singoli Paesi a intraprendere azioni innovative, così dev'essere anche per le istituzioni europee. È quindi giusto che il focus principale di queste considerazioni sia sull'occupazione, soprattutto sull'occupazione dei giovani, sul sostegno alle famiglie, sui lavoratori che sono espulsi dai sistemi produttivi.
  La crisi può aiutare, ma la crisi pone anche problemi di tempo, quindi occorre accelerare. Oggi la COSAC, riunita a Dublino, approva un emendamento, su proposta delle delegazioni italiana e spagnola, alla raccomandazione al Consiglio europeo che insiste molto sulla mobilità dei giovani lavoratori, sui rafforzamenti dei programmi di assunzioni transfrontaliere e di tirocini professionali all'interno dell'Unione, nella direzione già delineata da quanto dibattuto in Aula nei giorni scorsi, e soprattutto stimolando il Consiglio europeo a non limitarsi a dichiarazioni di principio, come finora è avvenuto, ma ad adottare misure concrete a impatto immediato per rilanciare l'occupazione giovanile e femminile. Lei ha toccato questi temi nel suo intervento: credo vadano fortemente sottolineati e rafforzati nel dialogo col Consiglio europeo.
  Mi permetterei anche di suggerire di non dimenticare o di non lasciare in secondo piano il tema della ricerca, che qui viene sempre un po’ sfumato, per fare in modo che i programmi-quadro europei di finanziamento alla ricerca non diventino semplicemente delle fabbriche di elargizioni senza un disegno strategico davanti.
  Io credo che il futuro si costruisce attraverso la ricerca, è vero che aggi abbiamo delle urgenze immediate da affrontare con decisione, ma non possiamo dimenticarci che nei momenti di crisi dobbiamo investire molto nei settori che preparano al futuro, faccio solo un esempio: ieri il Centro di ricerche europeo della Commissione ha inaugurato a Ispra il più grande e importante laboratorio mondiale sui test sulle tecnologie fotovoltaiche, sta nel nostro territorio nazionale, anche se ovviamente è transnazionale, è vicino alle nostre imprese, è un'opportunità da utilizzare, ed è solo uno dei tanti esempi che ci sono, bisogna mettere in rete anche queste eccellenze che sono presenti, perché questo ci aiuti a costruire un futuro migliore e più competitivo per il nostro Paese.
  Bene dunque la proposta di accelerazione del fondo per i giovani, concentrandolo soprattutto nei primi due anni e così pure appunto l'idea di favorire la mobilità di giovani lavoratori e ricercatori nell'Unione. Questa visione che guarda al domani, ma anche al dopodomani è, come dire, ripresa con una suggestione significativa nella risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio ed altri n. 6-00018, dove si suggerisce l'istituzione delle assise sull'avvenire dell'Europa, questo potrebbe essere certamente un momento anche significativo di rilancio, dove quello che lei ha detto circa l'ambizione di dare il via dall'Italia alla costituzione degli Stati Uniti d'Europa possa avere uno slancio significativo, anche in proiezione e in prospettiva del semestre di Presidenza italiana, che sarà nel secondo semestre del 2014.
  Sui temi finanziari certamente lei ha detto che è necessario che l'Unione europea mobiliti tutte le risorse disponibili, certamente bisogna accelerare l'unione bancaria, probabilmente uno dei temi più difficili da affrontare è sostenere le imprese e le famiglie e la tutela del risparmio, e ben venga che la Banca europea per gli investimenti smetta di finanziare unicamente gli investimenti infrastrutturali, ma sostenga l'economia reale. Sono state fatte anche esperienze interessanti in qualche regione italiana di accordi con la Banca europea per gli investimenti, sommando risorse della BEI e risorse regionali proprio a sostegno del credito per le piccole e medie imprese, ecco questa è una direzione virtuosa Pag. 13nella quale il nostro Paese ha anche qualche esempio positivo da portare.
  Riguardo l'applicazione delle sei raccomandazioni che lei ha ricordato, certamente questa è un'opportunità per dare il via con decisione a un percorso di riforma profonda delle nostre istituzioni, le sei raccomandazioni toccano tutti i temi più delicati, a partire dalla riforma istituzionale che aspetta questo Governo e questo Parlamento. Rispetto agli aspetti politici da lei citati noi siamo convinti europeisti, li apprezziamo, ribadiamo che le istituzioni europee devono andare verso i cittadini, fare lo sforzo di tornare più vicino ai cittadini, quindi bene l'allargamento ulteriore, certamente è il modo con cui noi possiamo meglio affrontare la competizione con le economie forti e quelle emergenti.
  Quindi, ancora credo che abbiamo il dovere di tentare questa sfida, di dare il via alla costruzione degli Stati Uniti d'Europa, ma questo dipenderà molto dalla nostra credibilità, il Governo e il Parlamento hanno cominciato a lavorare, come lei ha ricordato, bisogna fare in fretta le nostre riforme (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei dopodomani si recherà a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo e si discuterà di competitività, occupazione, crescita, semestre europeo, unione e supervisione bancaria. In particolare, si parlerà di disoccupazione giovanile. Il nostro Paese è ormai fuori dalla procedura dei disavanzi eccessivi e siamo quindi in condizione di presentarci al Consiglio europeo con le carte in regola e quindi con maggior peso. L'Italia è il quarto Paese UE per tasso di disoccupazione giovanile, giustamente il suo, e il nostro, Governo si appresta a varare un piano per aggredire questo problema, e siamo d'accordo.
  Ma, mentre questo tema ci ha messo in allarme, troppo a lungo ci si è dimenticati di un'altra grande questione: l'occupazione femminile. Un tasso di occupazione, che sta sotto il 50 per cento – meno di una donna su due in età da lavoro non ha un posto di lavoro – con punte, direi voragini, del 25 per cento, se ci riferiamo alle giovani con bassa scolarità del sud. Questo tasso è allarmante quanto il 40 per cento di disoccupazione giovanile.
  Non è sempre stato così: nei primi anni Sessanta, ad esempio, Italia e Norvegia si eguagliavano nel lavoro femminile. Poi, in quel Paese, sono state avviate politiche attive del lavoro per le donne e misure di accompagnamento per conciliare vita professionale e familiare per donne e uomini. Da noi non è stato fatto, con il risultato che il divario tra i due Paesi raggiunge il 25 per cento ora.
  Le chiediamo, quindi, impegno e politiche attive per sconfiggere la disoccupazione giovanile e per promuovere l'occupazione femminile. Questo duplice fronte – ne siamo consapevoli – necessita di straordinarietà anche in termini di risorse finanziarie.
  Pertanto, noi, gruppo socialista, chiediamo che lei vada a negoziare che le risorse destinate a queste due voci siano escluse dal calcolo del deficit del 3 per cento. Non le chiediamo di non rispettare i patti: le chiediamo di rinegoziarli con forza a favore di nuove misure per un'emergenza che riguarda il nostro e alcuni altri Paesi europei.
  La nostra risoluzione è un contributo e integra la risoluzione di maggioranza, che ovviamente voteremo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giampaolo Galli. Ne ha facoltà.

  GIAMPAOLO GALLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, sul Consiglio europeo del 27 e 28 giugno si concentrano – è evidente – le aspettative dei popoli europei, di milioni di europei e italiani che vivono una situazione di grandissimo disagio sociale.
  Si svolge questo Consiglio in un contesto internazionale particolarmente delicato. Non si può che salutare con soddisfazione Pag. 14il fatto che, al centro dell'agenda del Consiglio, sia stata posta l'attuazione del Patto per la crescita e l'occupazione, con particolare riferimento alle misure rivolte ai giovani disoccupati, ai milioni di giovani disoccupati dell'Unione europea.
  La richiesta forte che viene dal Paese è che, questa volta, si faccia sul serio: l'Europa deve andare incontro alle esigenze di tante persone e di tante imprese, che vivono uno dei momenti più difficili della nostra storia.
  L'anno prossimo si terranno le elezioni europee e – come lei stesso ha ricordato più volte, signor Presidente – è ben concreto il rischio che, nel nuovo Parlamento europeo, vi sia una componente consistente di partiti euroscettici, che peraltro riflettono i sentimenti di una parte crescente della popolazione europea, che non crede più nell'Europa e nel progetto europeo.
  Noi crediamo nell'Europa, noi crediamo che da questa crisi si esca con più Europa, non con meno Europa. Noi crediamo che, senza Europa, non ci sia salvezza; l'Europa deve, però, essere all'altezza dei tempi e delle sfide che questa crisi ci pone in maniera drammatica.
  È certamente positivo che nel Consiglio si stia ragionando di cose molto concrete, alcune all'apparenza anche minute, ma che hanno, in realtà, grande importanza. Ne cito solo, per capitoli, alcune: formazione e servizi all'impiego, un tema sul quale l'Italia è in enorme ritardo, perché la semplice verità è che oggi una persona in cerca di lavoro non trova un sostegno nei nostri servizi per l'impiego e perché le nostre imprese raramente trovano utile rivolgersi ai servizi pubblici per trovare le persone.
  Si parla del tema della youth guarantee, come anche indicato nella lettera del Presidente Van Rompuy, si parla di lanciare una grande iniziativa sull'apprendistato, si discute di tassazione del lavoro e di riduzione della stessa, in particolare sui giovani.
  Il fatto che questi punti siano nell'agenda del Consiglio europeo è sicuramente un merito del Governo italiano, che si è mosso con efficacia lungo le linee già indicate da questo Parlamento nel maggio scorso.
  Non dobbiamo certo illuderci che una singola riunione possa risolvere problemi profondi e drammatici. Tuttavia, essere riusciti a portare l'attenzione dei leader europei sul tema della disoccupazione, in particolare dei giovani, è senz'altro un successo.
  Sul tema del Patto per la crescita e l'occupazione, il bilancio dell'Unione europea è sicuramente fatto più di ombre che di luci. È necessario accelerare sugli investimenti europei e sui finanziamenti da parte della BEI. Sono necessarie, soprattutto, misure per contrastare il fenomeno del credit crunch, del terzo credit crunch, che pesa, dall'inizio della crisi, come un macigno sulle nostre piccole e medie imprese.
  Sappiamo bene che la misura fondamentale sul tema credito è quella alla quale ha fatto più volte riferimento il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Occorre che la BCE possa acquisire – lo ha ricordato anche lei nel suo intervento introduttivo – asset-backed securities in favore delle piccole e medie imprese.
  Sappiamo che la BCE è indipendente e ne rispettiamo l'indipendenza. Sappiamo che vi sono delle difficoltà tecniche per attuare questo progetto e, tuttavia, non possiamo non osservare come il ruolo della Banca centrale europea sia diventato un tema centrale nel dibattito politico di molti Paesi. Lo è diventato, in particolare, in Germania, dal momento che la Banca centrale tedesca ha assunto posizioni molto forti, volte a limitare gli spazi di intervento della Banca centrale europea, come dimostra, tra l'altro, la partecipazione al ricorso addirittura presso la Corte costituzionale tedesca. Quindi, mi sembra assolutamente legittimo un intervento, nei modi appropriati, anche del Governo italiano.
  Più in generale, si discute, in Europa, della possibilità di politiche monetarie più espansive, sul modello di ciò che ha fatto la Riserva federale negli Stati Uniti fino ad Pag. 15oggi e di ciò che ha deciso di fare la Banca centrale del Giappone. Alla luce dei vincoli che gli elevati debiti pubblici pongono alle politiche di bilancio, non si può non ritenere che una politica monetaria ancora più attiva nel sostenere la congiuntura, anche attraverso gli effetti che avrebbe sul cambio, sarebbe quanto mai utile e necessaria. Potrebbe essere, ancora una volta, la carta decisiva per salvare il progetto della moneta unica.
  Uno dei grandi temi di cui si discute è quello dell'unione bancaria e del Meccanismo europeo di stabilità e del Meccanismo di risoluzione della crisi. Su questo tema sembra di poter dire che un accordo è ancora lontano. Il Presidente Letta ci ha parlato di primi tasselli e forse anche che alcuni aspetti della discussione in atto tra i Ministri delle finanze non stiano andando proprio nella direzione giusta. Segnalo, in particolare, due punti: il primo riguarda il limite di 60 miliardi di euro agli interventi di ricapitalizzazione sulle banche da parte del Meccanismo europeo di stabilità, anche se riteniamo esagerate le stime circolate in questi giorni, ad esempio sul Financial Times di ieri, che quantificano addirittura in alcune migliaia di miliardi le potenziali esigenze di ricapitalizzazione delle banche europee. Appare certo che il fissare un limite noto ex ante ai mercati riguardo alla potenza di fuoco del Meccanismo europeo può stabilizzare i mercati e le banche.
  In secondo luogo, appare molto rischioso, nel contesto attuale, fissare delle regole per i cosiddetti BEI loans, sulla base sostanzialmente dell'esperienza fatta a Cipro.
  In ogni caso, non appare assolutamente chiaro come questi orientamenti, se attuati in pratica, possano davvero aiutare a conseguire l'obiettivo che l'unione monetaria si era riproposta con il consenso di tutti. L'obiettivo – lo ricordo – era quello di isolare le banche dal rischio dei debiti sovrani. Questa è una questione di assoluta importanza, sulla quale non ci si può permettere di fare errori o, addirittura, di muoversi nella direzione sbagliata. Concordo, quindi, pienamente con ciò che ci ha detto il Presidente del Consiglio, che sia utile segnalare con forza la questione agli altri Capi di Stato, in maniera da rendere, poi, più agevole il lavoro dei Ministri delle finanze.
  Infine, una parola sul tema dell'Italia e delle finanze pubbliche. Dopo un lungo percorso, segnato da sacrifici notevoli, il nostro Paese esce dalla procedura di infrazione.
  L'Unione europea ci chiede di attenerci a sei raccomandazioni precise. La prima di queste raccomandazioni riguarda il disavanzo del 2013, che deve rimanere al di sotto del 3 per cento del PIL. Noi vorremmo che su questo punto non ci fossero ambiguità di sorta. Non sarebbe credibile un Paese che, appena uscito dalla procedura, violi nuovamente proprio quella regola che si è impegnato a rispettare per uscire dalla procedura stessa. Le cose non funzionano così e non possono funzionare così. Anche solo il parlare di un'ipotesi del genere è un danno per l'Italia e restituisce all'Europa e agli osservatori internazionali l'immagine di un Paese poco affidabile, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno del massimo di credibilità internazionale.
  Malgrado le manovre di risanamento dei conti pubblici attuate negli ultimi anni, l'Italia rimane e rimarrà per lungo tempo un Paese fragile per via dell'alto debito pubblico. Questa fragilità è venuta nuovamente in evidenza negli ultimi giorni per effetto di eventi internazionali, quali l'annuncio della pur graduale cessazione della «politica monetaria facile» negli Stati Uniti e il giudizio sulle politiche della BCE pendente di fronte alla Corte costituzionale tedesca.
  Lo spread è nuovamente aumentato ed è oggi a quota 300. Questo non è solo un costo per le finanze pubbliche – e concludo –, è un costo per le nostre imprese, è un costo per l'intero Paese, perché è difficile convincere gli imprenditori italiani ed esteri ad investire in un Paese che, a ragione o a torto, è considerato ancora a rischio sotto il profilo cruciale della sostenibilità del debito sovrano.Pag. 16
  Colgo quindi l'occasione – e concludo, Presidente – per dire che il nostro gruppo è dell'opinione che si debba fare l'impossibile per evitare l'aumento dell'IVA. Non vi è un partito a favore dell'aumento e un partito contrario. Siamo tutti per evitare l'aumento, ma è essenziale che tutti i partiti che sostengono il Governo si assumano insieme la responsabilità delle decisioni, che tutti siano propositivi e collaborino per trovare una soluzione. Discutiamone insieme, assumiamoci insieme la responsabilità delle decisioni, mettiamoci la faccia insieme. Non servono gli ultimatum senza proposte, servono le proposte e la comune assunzione di responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, come sempre succede le tematiche del Consiglio europeo più sponsorizzate, come in questo caso quella delle misure per il lavoro giovanile, palesemente inadeguate per l'emergenza in atto, servono solo a nascondere il vero tema del Consiglio europeo di giovedì, cioè il completamento dell'unione economica e monetaria e, in particolare, dell'unione bancaria.
  C’è da dire che, tra le migliaia di fallimenti provocati da questa gestione oligarchica del processo di unione degli Stati europei, l'unione bancaria è forse l'unico procedimento che ha funzionato bene. Naturalmente non lo diciamo noi, gli inesperti, ma prendiamo a riferimento uno studio molto più autorevole del Politecnico di Zurigo, pubblicato su Science News all'inizio del 2012.
  Lo studio in questione, «The network of global corporate control», identifica la rete del potere bancario con dati scientifici. Sono state analizzate le connessioni esistenti tra 43 mila multinazionali attraverso l'analisi dell'incrocio di partecipazioni azionarie. L'analisi evidenzia che un gruppo di 1.318 società si situa al centro del commercio globale. Esso controlla il 50 per cento del ricavo operativo di tutte le multinazionali.
  All'interno di questo gruppo è stato individuato un nucleo ancora più ristretto, composto da 147 multinazionali, delle quali ben il 75 per cento – ripeto: il 75 per cento – sono istituti finanziari, ovvero banche. Questa superentità controlla circa il 40 per cento del valore complessivo delle multinazionali. In cima alla lista figurano la Barclays Bank, la britannica, le banche svizzere UBS e Credit Suisse, la Deutsche Bank è nella top ten, per non parlare delle arcinote Morgan Stanley e Goldman Sachs, della quale Mario Monti era ottimo consulente.
  La prima delle italiane è Unicredit, al quarantatreesimo posto.
  È interessante notare anche Axa, prima in Francia: il direttore di Axa, Henri de Castries, è stato anche direttore esecutivo dell'ultimo meeting Bilderberg. Interessante è anche notare ENI – magari Fassina lo ricorderà anche meglio di me – e Nestlé, finanziatori della fondazione privata Vedrò, fondazione che lei conosce benissimo, signor Letta, e che tutto il Governo conosce benissimo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), dal momento che esprime sei degli attuali Ministri. Scusate, volevo dire cinque, viste le dimissioni dell'unica politica tedesca che evade le tasse; guarda caso, lo viene a fare proprio in Italia. Naturalmente, parlo di Josefa Idem (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ho richiamato questo studio perché ci fa capire quanto per questo Governo sia di vitale importanza ciò che viene deciso dai soliti quattro o cinque burocrati europei, perché le loro scelte sono le uniche cose che vi tengono in vita. Noi stiamo fallendo, state fallendo. Non avete un'idea, una, di cosa fare e da dove cominciare.
  I cittadini hanno difficoltà a soddisfare i propri bisogni primari e noi continuiamo con la stessa politica di sempre. Non so se avete approfondito la questione, ma state semplicemente continuando con le politiche del Governo Monti, né più né meno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento Pag. 175 Stelle): mai, mai, mai una scelta forte, mai una presa di posizione di carattere degna del nostro Paese !
  In questa fase abbiamo bisogno di scelte coraggiose e non di personaggi asserviti al sistema e per giunta con il carisma di Topolino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Duemila miliardi di debito, con 100 miliardi di interessi all'anno: ma che cifra è ? Cosa vogliamo tagliare di più per ripagarlo ? Potremmo diventare il primo popolo di nudisti del mondo, dal momento che ci sono state tolte anche le mutande (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Hanno scritto tanti libri su come salvare l'euro da se stesso, anche altri deputati dicevano di salvare l'euro a tutti i costi, che ci voleva più Europa. Manca solo un libro, uno solo: un libro che parli di come salvare i cittadini dall'euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È questo il libro che vorremmo scrivere tutti !
  Lei è sempre impegnato a fare il giro delle sette chiese per rassicurare i padroni europei e forse non sa delle proposte di legge che sono in discussione nelle nostre Commissioni. Ad esempio, le segnalo, e segnalo a tutti, che in Commissione affari sociali si discute delle donazioni del proprio corpo post mortem, argomento di primaria importanza per i cittadini italiani. Sicuramente, se ne ricorderà quando, magari, l'Europa ci proporrà la privatizzazione forzata della sanità.
  Allora, noi possiamo parlare di qualsiasi cosa, di tutto lo scibile umano, ma la prima e unica domanda alla quale lei deve rispondere, signor Letta, è una, e gliela faccio vedere per farle capire bene, è questa (Mostra una banconota): chi è il proprietario della moneta ? Lei mi deve dire questo ! Il popolo ? Chi altri ? Le vostre banche private europee ?
  Se il popolo è il proprietario, allora nei confronti di chi abbiamo questo debito ? Chi lo ha contratto e a chi dobbiamo pagarlo ? Ditelo una volta per tutte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Noi ce la prendiamo gli uni con gli altri perché non riusciamo più a vedere i responsabili, gente che da più di trent'anni guida allo sfascio questo Paese e ne vende pezzi di sovranità in Europa, li svende.
  I nomi dei responsabili non li ripetiamo, perché i nomi dei responsabili sono i vostri. Guardi, glielo dico come fossi suo nipote: lei è davanti a un bivio. Ogni politica di centralizzazione europea ha miseramente fallito. Le promesse che lei ha fatto durante il suo discorso di insediamento alla Camera non le potrà mantenere. Purtroppo, dovrà reintrodurre l'IMU, dovrà aumentare forzatamente l'IVA, e poi vi è l'ineleggibilità del criminale Silvio Berlusconi, con il quale lei governa e che lei ha definito una persona corretta ! Ma si rende conto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Però, lasciamo stare la polemica, lasciamo stare la polemica, perché, dall'altra parte, lei ha la verità. Lei ha la possibilità di intraprendere un cammino di salvezza per questo Paese, aggredendo le vere cause che generano il debito pubblico, magari chiedendo la deroga del 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL, che viene imposto dal Patto di stabilità, ovviamente senza ricorrere a trucchetti di bilancio, e poi anche ridiscutendo la sovranità monetaria. Queste non sono parole nostre, non sono scelte del MoVimento 5 Stelle: sono necessità di tutti, di tutti i cittadini.
  Allora, io sono qui, a 20 metri da lei, perché qui ci hanno mandato i precari, i disoccupati, i disperati, i giovani a cui è stato rubato il futuro perché dovevamo darvi questi messaggi, per loro conto. Se non ci ascoltate, se ancora una volta vi tapperete le orecchie a queste richieste finali – ripeto, finali –, se non lo farete, questo Governo, tempo quattro o cinque mesi, finirà, e poi arriveranno direttamente loro, i cittadini, a chiedervelo. Se lei non sarà in grado di fare le azioni giuste, oneste, che il Paese richiede, allora non vi resterà che chiamare i vostri elicotteri e andare via e, in quel caso, l'unica cortesia che vi chiediamo è: prima di uscire, spegnete Pag. 18la luce (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Grazie. È iscritto a parlare il deputato Massimiliano Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie Presidente. Vorrei utilizzare questi pochi minuti a disposizione per porre delle domande al Presidente Letta che, se riterrà opportuno, potrà rispondere durante la replica.
  Presidente Letta, lei ha parlato del pacchetto lavoro che domani il Governo dovrà approvare. Noi vorremmo conoscere, però, le risorse stanziate per questo pacchetto lavoro perché ogni buon proposito, se non accompagnato da una copertura finanziaria, rimane solamente un bel discorso, ma nessun fatto.
  Presidente Letta, le domando anche perché avete stanziato un miliardo di euro solo per i disoccupati del sud. E non mi risponda, Presidente, che erano fondi stanziati dall'Europa per quelle aree. Perché le aree individuate erano solamente Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Voi l'avete esteso a tutto il Mezzogiorno e volutamente avete escluso il nord del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Presidente Letta, le domando anche perché avete stanziato due miliardi di euro per gli sprechi della sanità del Mezzogiorno, quando non avete ancora individuato le risorse per lavoratori e imprese del nostro Paese.
  Presidente Letta, nel suo discorso di insediamento ha detto che le sue priorità e le priorità del suo Governo dovevano essere il lavoro e, in questo ambito, la questione «esodati». Allo stato attuale non vediamo nulla di concreto, solo parole.
  Devo constatare amaramente, Presidente, che l'impressione che abbiamo è che il suo Governo si stia occupando – e concludo, Presidente – con maggiore attenzione dello ius soli piuttosto che della disoccupazione nel nostro Paese.
  Presidente, queste risposte servono a dare una certezza nel futuro del nostro Paese, ma servono anche a dare motivo dell'esistenza di questo Governo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Questo era l'ultimo intervento. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Avverto che è stata presentata la risoluzione Castelli ed altri n. 6-00022 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni) e il relativo testo è in distribuzione.

(Replica e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri che esprimerà altresì il parere sulle risoluzioni presentate.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Per esprimere il parere però, bisognerebbe già avere il testo di tutte le risoluzioni. Lei ha detto che alcune devono essere ancora distribuite.

  PRESIDENTE. Sì, il testo dell'ultima risoluzione penso che le sia stato appena dato.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Allora dopo lascerò la parola su questo al Ministro per i rapporti con il Parlamento che intanto leggerà il testo.
  Grazie per questo dibattito e grazie per le suggestioni che sono, su questi temi, arrivate.
  Io voglio riprendere alcuni dei punti e inizio dall'ultimo intervento, quello dell'onorevole Fedriga, perché ha fatto riferimento puntualmente al tema «nord-sud, quali risorse, come utilizzarle», però ha fatto riferimento ad un decreto che non c’è ancora. Il decreto ci sarà domani. Lei, onorevole Fedriga, ha detto «Voi avete Pag. 19deciso». No, noi non abbiamo deciso. Noi domani decideremo e nella decisione che assumeremo domani, vedrà quali saranno le decisioni. Saranno decisioni che riguardano tutto il Paese, sull'occupazione dei giovani, e non faranno discriminazioni, ma – e questo lo rivendico – saranno decisioni che interverranno con più intensità nelle aree nelle quali la disoccupazione dei giovani è più alta. E credo che questo sia assolutamente giusto e corretto: ci sono alcune regioni del Mezzogiorno del nostro Paese che hanno una disoccupazione giovanile più alta e, addirittura, che sono su un livello superiore ai peggiori livelli europei.
  Su quelle regioni bisogna che l'intervento abbia un'intensità molto forte, naturalmente, ma l'intervento che il Governo approverà domani sarà un intervento che riguarderà tutte le regioni d'Italia.
  Riprendo l'intervento della collega Locatelli, che ha citato con grande attenzione e forza il tema dell'occupazione femminile, che rappresenta sicuramente una delle altre grandi questioni: anche su questo tema c’è bisogno sicuramente di iniziative europee e di iniziative nazionali. C’è soprattutto bisogno di rimuovere le cause e le condizioni che portano a questo divario, le cause e le condizioni che portano ad un divario di trattamenti retributivi, le cause e le condizioni che portano ad una difficoltà maggiore. Questo naturalmente riguarda il tema dei servizi e del welfare, una delle questioni sulle quali l'attenzione da parte nostra è maggiore e sarà maggiore sicuramente.
  Riprendo una delle questioni che è stata più attentamente discussa qui: la questione che riguarda l'uscita dalla procedura. L'uscita dalla procedura del 3 per cento è un obiettivo importante, che rende l'Italia oggi più protagonista dentro al Consiglio europeo. Ma uno può dire: qual è il vantaggio ? Gli altri possono usare più flessibilità, noi stiamo nella procedura, quindi ne abbiamo uno svantaggio ? Siamo usciti dalla procedura e quindi dobbiamo stare sotto il 3 per cento: qual è il vantaggio ? Io su questo voglio insistere e voglio citare questo punto come molto importante: uscire dalla procedura di infrazione europea è un elemento e un obiettivo che abbiamo perseguito tenacemente in questi anni e in questi ultimi 50 giorni ed è un obiettivo che sarà molto importante per il nostro Paese per i prossimi mesi e per l'anno prossimo. Ci consentirà, sul bilancio dell'anno prossimo, una maggiore flessibilità, che i Paesi che sono invece fuori dal 3 per cento non potranno applicare. Ci consentirà una maggiore premialità. Ci consentirà, insomma, di poter gestire, senza quella condizione di vigilati speciali, che altrimenti ci obbligherebbe a fare scelte molto più rigide ed a non poter usare la flessibilità che l'anno prossimo potremo usare.
  Quindi il premio ci sarà: sarà un premio che potremo gestire nel bilancio del 2014 e lo gestiremo nel bilancio del 2014. Naturalmente non sono vicende che possono avere a che fare con un bilancio già approvato e che per forza di cose ha delle rigidità che sono ingestibili in altro modo che è il bilancio 2013, approvato da questo Parlamento e approvato dall'Unione europea.
  In questo senso riprendo quello che ha molto opportunamente detto il collega Paolucci prima: non è possibile che il futuro dell'Europa sia tutto gestito in una logica di contrazione dei bilanci e basta, perché se la crescita non c’è, se il PIL non cresce, è evidente che la contrazione dei bilanci su un PIL che non cresce porta semplicemente un avvitamento ulteriore. È questo il passaggio chiave, rispetto anche alla lotta alla disoccupazione giovanile, all'aiuto alle imprese a fare sviluppo, alle piccole imprese in particolare.
  La questione della BEI, che è stata opportunamente valorizzata anche nell'intervento sia del collega Galli sia del collega Alli prima: sono stati due interventi che hanno citato questo tema della Banca europea per gli investimenti come a mio avviso una delle questioni fondamentali. Perché ? Perché a livello europeo siamo abituati a guardare soltanto il tema della BCE, la BCE sotto l'attenzione della Corte costituzionale tedesca. Ma il tema è che l'Unione europea ha un altro strumento: la Pag. 20Banca europea per gli investimenti è uno strumento di attenzione all'economia reale. E o usciamo dalla logica per cui è la finanza che governa anche i processi di sviluppo, logica che è stata palesemente sbagliata e che non ha portato a nessun risultato in questi anni, oppure non ce la faremo. Ecco perché l'attenzione alla Banca europea per gli investimenti, che a nostro avviso rimane elemento essenziale.
  In questo senso lo dico al collega Sibilia: da parte mia e da parte nostra l'attenzione e l'impegno perché l'economia reale sia vincente e centrale rispetto all'economia finanziaria sta proprio in queste parole e nell'attenzione che abbiamo dedicato alla vicenda dell'occupazione, che per noi è la vicenda centrale, legata a impegni specifici, a risorse, a risorse che ci saranno sia a livello nazionale sia a livello europeo.
  Non si può fare in altro modo. Non si può fare in altro modo e questo, per quanto mi riguarda, è anche il modo – lo dico al collega Buttiglione – di rispondere alla sua sollecitazione – lo dico in conclusione –, sollecitazione che trovo quanto mai opportuna. Si esce da questa crisi soltanto con più Europa. L'idea che si possa uscire dalla crisi tornando indietro alle logiche per le quali ogni Stato membro si risolve le questioni da solo è un'idea che dentro questo tempo è assolutamente fuori luogo.
  Quindi, recupero e riprendo le sue parole, onorevole Buttiglione, perché sono parole che condivido. Noi dobbiamo fare il passo avanti verso più Europa. Sarà uno degli impegni principali che vogliamo portare avanti. È uno degli impegni che il mio Governo, fin dall'inizio, fin dal voto che questo Parlamento ha dato, si è assunto come impegno essenziale.
  Ovviamente un'Europa diversa da quella di oggi, perché l'Europa di oggi – lo hanno detto in tutti gli interventi che si sono succeduti – è un'Europa che non va bene perché ci ha portato fin qui, ma ne usciamo da questa crisi, colleghi e signora Presidente, e termino questa replica dando la parola, poi, al collega Franceschini per i pareri. È evidente che, se non c’è un impegno collettivo, politico, delle forze politiche, dei Parlamenti, ad andare verso più Europa, non ce la faremo.
  E qui riprendo, in conclusione, quello che secondo me è il passaggio più bello della risoluzione che hanno sottoscritto i colleghi della maggioranza che sostiene questo Governo: il passaggio sulle assise dei Parlamenti dell'Unione europea come obiettivo della Presidenza italiana. Voglio ringraziare chi ha voluto scrivere questo passaggio dentro la risoluzione. Questo passaggio ci dà una grande speranza per il futuro. La Presidenza italiana dell'anno prossimo dell'Unione europea sarà una Presidenza che riprenderà la bandiera degli Stati Uniti d'Europa e dell'Europa dei popoli. L'assise dei Parlamenti dei Paesi europei è la migliore bandiera della migliore Europa dei popoli. Su questo tema ci impegniamo, questa è, secondo me, la chiave ed è il cuore della risoluzione che io credo e spero il Parlamento adesso sta per approvare. Questa bandiera sarà la bandiera di questo Governo e sono convinto che sarà la bandiera di tutto il popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente. Avverto che è stata ritirata la risoluzione Locatelli ed altri n. 6-00021 (Vedi l'Allegato A – Risoluzioni).
  Prego, Ministro Franceschini.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il coordinamento dell'attività di Governo. Sì, signor Presidente, ovviamente il parere è favorevole sulla risoluzione della maggioranza Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio ed altri n. 6-00018.
  Nelle altre risoluzioni sono presenti elementi che sono stati in parte anche recepiti dal dibattito nelle parole del Presidente del Consiglio, ma restano punti non accoglibili e, quindi, il parere è negativo. Il parere può diventare positivo se nella risoluzione della Lega Nord, che fa riferimento – come era avvenuto nell'ultimo Pag. 21dibattito – agli esiti di una consultazione referendaria popolare che coinvolga tutti i popoli europei, questo si intenda ovviamente nei limiti dei vincoli derivanti dagli ordinamenti costituzionali dell'Italia e dei diversi Paesi.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,35).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, personalmente ho molto apprezzato l'appassionato richiamo alla migliore tradizione europeista. Mi sembra la bussola da seguire non solo in vista dell'imminente Consiglio europeo, ma soprattutto avendo riguardo alle scadenze del prossimo anno: le elezioni del Parlamento europeo e, subito dopo, la Presidenza italiana del semestre europeo.
  Mi pare sia giusto e doveroso raccordare l'impegno politico e istituzionale europeo con l'affronto della più grave e profonda crisi che sta mettendo a nudo la stessa concezione dello sviluppo perseguita in questi decenni dall'Occidente. Sul punto è bene non farsi illusioni: è il modello di sviluppo fondato sull'esasperazione dei consumi ad essere messo profondamente in discussione. Solo qualche giorno fa, siamo stati indotti a guardare le politiche di espansione monetaria di Stati Uniti e Giappone come ad un modello da imitare anche in Europa. È bastata una dichiarazione di Bernanke per mettere in dubbio tali certezze. È bene che l'Europa non si accodi a questa illusione e che, anzi, faccia della sua esperienza un modello per riportare la dimensione planetaria dentro un realismo che, in questi anni, ha visto l'emergere di una finanziarizzazione senza speranza.
  Ha fatto bene a puntare l'attenzione, con il suo Governo, sulla disoccupazione giovanile che, specie nel nostro Paese, colpisce il 40 per cento dei giovani, come ha detto lei, tra i 16 e i 25 anni. Questa condizione porta con sé il rischio che la disoccupazione giovanile diventi strutturale in Italia, ma anche in Europa, con conseguenze nefaste per un'intera generazione, colpita duramente come se fosse stata chiamata in guerra. E, d'altro canto, tra la crisi del 1929 e la Seconda guerra mondiale, in tempi molto diversi, sono trascorsi poco più di dieci anni, con effetti che sono stati devastanti, e poiché sosteniamo, si sostiene che questa crisi è più dura, più profonda, più penetrante di quella del 1929, va da sé che la guida, a livello complessivo, deve avere delle caratteristiche di responsabilità particolari.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  BRUNO TABACCI. Mi sembra utile, a questo proposito, avere avviato incontri istituzionali multilaterali per costruire politiche integrate tra fisco e lavoro, come il recente vertice tra Germania, Francia, Spagna e Italia; così come vanno rilanciate le decisioni relative al bilancio europeo, ai fondi strutturali, alla BEI, all'unione bancaria.
  Mi piace – e ho concluso – la sua difesa dello spazio europeo: è l'unica prospettiva realistica; piuttosto velleitarie sono le chiusure localiste, queste sì, generano illusioni di autosufficienza senza speranza. L'Europa non potrà non confrontarsi, nella più vasta dimensione mondiale, sia sugli equilibri economici e sociali sia sulla demografia, che cambia la faccia del Pag. 22mappamondo, sia sulla geografia del lavoro: queste sono cose necessarie.
  Lei ha citato la Serbia. Pochi mesi fa, si è concluso un contratto, in Serbia, della FIAT con i suoi dipendenti a 350 euro al mese. Quindi, è evidente che anche la geografia del lavoro diventerà una sfida con la quale tutta l'Europa dovrà fare i conti. Ma potremo affrontare meglio queste durissime realtà in un quadro europeo e non rinchiudendoci nelle nostre piccole patrie. L'Europa declina sull'emersione degli interessi particolari, ma se questi prevalgono, non ci sarà prospettiva (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli allievi della scuola di giornalismo «Andrea Pesciarelli», che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio, accolgo volentieri l'invito che lei ci ha lasciato alla conclusione della sua prima prolusione alla verità e alla concretezza. Quindi, immagino che lei sia perfettamente al corrente del fatto che l'Italia contribuisce alla programmazione economica europea per 80 miliardi di euro ogni anno, così come immagino che sia patrimonio comune la constatazione che, di questi 80 miliardi, l'Italia ne vede tornare indietro e relativamente impegnati 40. Il 50 per cento di ciò che conferiamo all'Europa è quello che torna e si realizza materialmente in Italia.
  Il rimanente 50 per cento viene assorbito da altri Stati membri, proprio a causa dell'incapacità da parte dell'Italia stessa, con tutto il suo sistema, compreso, ovviamente, quello delle autonomie locali.
  Quindi, riteniamo che questo sia davvero un grande problema; negli ultimi vent'anni, facendo due calcoli, abbiamo regalato ad altri Stati 800 miliardi di euro, quasi la metà del nostro pur gigantesco debito pubblico. È una cifra che deve farci pensare perché, altrimenti, noi qui, diligentemente, seguendo le indicazioni del Governo – che ringraziamo per questa nuova tradizione di consultare il Parlamento prima di ogni seduta del Consiglio europeo –, andiamo ad approvare, in buona sostanza, risoluzioni di ispirazione strategica, senza poi avere il senso compiuto della realtà. Se vogliamo agire con l'Europa e avere anche la possibilità di essere una risorsa per l'Europa e di fare in modo che l'Europa possa essere una risorsa per l'Italia, dobbiamo intaccare alcuni meccanismi che si sono sclerotizzati nel corso del tempo.
  Del resto, se vediamo, ora, il dato della disoccupazione giovanile e ciò che l'Europa vorrebbe fare per promuovere nuova occupazione giovanile, siamo altrettanto disarmati e rattristati. Il raffronto va, automaticamente, ai 200 miliardi di euro che la Banca centrale europea ha conferito, non più tardi di un anno fa, alle banche centrali che, come sapete, per un caso anomalo dell'Europa – in America non è così – sono di proprietà di istituti di credito privati. Quindi, la Banca centrale europea conferisce, con l'1 per cento di interesse, alle banche private europee 200 miliardi di euro e cerca di attivare un meccanismo che non si attiva, perché le banche centrali nazionali fanno degli investimenti che potremmo definire speculativi – perché anche acquistare BTP al 4, al 5, al 6 per cento di interesse, rispetto all'1 per cento che devi pagare, è una speculazione –, senza quindi riuscire ad attivare quei meccanismi virtuosi, così come ci si era proposti di fare andando incontro alle esigenze delle famiglie e soprattutto delle piccole e medie imprese, per promuovere occupazione.
  Quindi, oggi, stiamo parlando di provvedimenti per 6 o 7 miliardi di euro che, se verranno approvati tra giovedì e venerdì, daranno all'Italia, per promuovere nuova occupazione giovanile, dopo il fallimento di quei fondi che non hanno prodotto nulla, 400 milioni di euro, 300 o 400 milioni di euro: una cifra micragnosa che vale molto di più – consentitemi – di qualunque analisi che si possa fare in Pag. 23questo Parlamento e di qualunque petizione di principio che possa essere raccolta e sintetizzata all'interno delle risoluzioni che sono all'ordine del giorno.
  Presidente Letta, le chiedo perché l'Europa su alcune questioni fondamentali non dimostra adeguata sensibilità. È probabile che nel rapporto dell'Italia con l'Europa ci sia quella sana dose di romanticismo, a cui anche noi ci siamo più volte ispirati, ma non c’è quel senso di verità e di concretezza a cui lei, nel suo intervento, ci ha richiamati. I funzionari italiani, la delegazione italiana a Bruxelles è in stato di abbandono da decenni: non c’è nessuno che la coordini, non ci sono obiettivi strategici perseguiti; il tasso di presenza dei ministri italiani nei Consigli europei è il più basso di tutta Europa, purtroppo è un dato che attiene anche alle statistiche di questi ultimi anni; quindi, non è soltanto un risultato storico che appartiene, appunto, alla cronologia dei nostri rapporti con l'Europa.
  È difficile pensare che si possa innescare un meccanismo virtuoso. Allora, di che cosa stiamo parlando, qui ? Parliamo di chiedere di più per farne che cosa, se abbiamo una capacità di totalizzare comunque sempre meno della metà di ciò che rivendichiamo ? Signor Presidente, le faccio queste domande in maniera apparentemente innocente, ma sono, ovviamente, domande retoriche: perché sull'alto rischio sismico e sul recupero dei centri storici, che sono prerogative italiane – noi siamo il Paese in Europa a maggiore rischio sismico –, i fondi dell'Europa e che l'Europa mette a disposizione sono pari a zero ? Perché per l'archeologia, l'arte, il paesaggio, il patrimonio monumentale e la cultura i fondi che mette a disposizione l'Europa sono pari a zero ? Perché rispetto alla gestione dei flussi migratori, piuttosto che all'attività di intelligence, di prevenzione e contrasto all'integralismo religioso, piuttosto che al terrorismo internazionale i fondi che l'Europa mette a disposizione – e anche qui parliamo di un'eccellenza o di una tipicità italiana – sono pari a zero ?
  Perché le attività tese a bloccare, a ostacolare la concorrenza sleale di Cina, India e anche di Paesi che si apprestano a diventare Paesi dell'Unione, perché questa attività di contrasto non esiste ? Perché le politiche di promozione e dichiarazione del made in sono ostacolate dal Nord Europa, quando la metà di tutto ciò che si produce affinché si possa avere la denominazione made in dovrebbe essere prodotta, appunto, nello Stato in specie ? La risposta è negativa: molto semplicemente perché i Paesi del Nord producono molto più della metà fuori dai confini, non solo dello Stato stesso, ma dei confini d'Europa, e sono i principali clienti – questi Paesi del Nord Europa – di Cina, India, Brasile, di tutte quelle realtà che, per l'appunto, sfruttano il lavoro minorile, producono nei campi di concentramento, campi di lavoro forzato, come nel caso della Cina comunista (parliamo dei laogai) e, quindi, c’è evidentemente anche una convenienza.
  Perché sulle alterazioni climatiche i fondi sono meno zero per l'Italia, che pure è la prima vittima delle alterazione climatiche, essendo una penisola bagnata su tre lati dal mare e avendo due grandi isole, quindi, con tutti gli effetti devastanti e deleteri dell'erosione, degli smottamenti e delle frane ? Perché non c’è un riconoscimento adeguato per questa altra nostra tipicità ?
  Le stesse identiche obiezioni potremmo farle – e concludo – sulla pesca e sull'agricoltura. Perché non viene calcolato per la Francia e per la Germania il debito atomico, cioè quella cifra spropositata, che è fantasma all'interno dei bilanci di quegli Stati, che dovrebbe servire, dopo il disastro di Fukushima, per la messa in sicurezza delle centrali nucleari di prima e seconda generazione, che pure esistono in Francia e Germania ?
  Quindi, mentre a noi tocca totalizzare un PIL di gran lunga inferiore rispetto a quello reale che produciamo, agli altri non si conteggiano neppure le spese che dovrebbero comunque comparire nei bilanci.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FABIO RAMPELLI. Ultime battute, Presidente.Pag. 24
  Penso che il rapporto con l'Europa debba essere invertito. Penso che ci voglia sicuramente più Europa in Italia. Penso che ci voglia un'Italia più autorevole e più forte in Europa. Penso che i maggiori e più importanti trattati internazionali che ci riguardano debbano essere rinegoziati, perché non può essere che, vista la distrazione di tutti i Governi principali che si sono alternati alla guida dell'Italia nella cosiddetta prima Repubblica, noi dobbiamo lasciare in eredità agli italiani del presente e agli italiani del futuro questo quadro desolante.
  Noi non siamo contrari – ultima battuta davvero – a stare in Europa, ma ci dobbiamo stare in maniera diversa e aspettiamo da lei, dal suo Governo, dei segnali di assoluta discontinuità e determinazione al riguardo. È per questo che, per non prendere in giro nessuno, nemmeno noi stessi, noi ci asterremo su queste risoluzioni, perché le riteniamo la fiera dell'ovvio: nessuna è in grado di delineare i futuri obiettivi strategici dell'Italia nel suo rapporto con l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io ringrazio anche il Presidente Letta per la risposta che ha voluto dare nella replica, però, Presidente, vorrei farle presente che, quando lei parla di differenziazione dei tassi di disoccupazione – che nei dati ufficiali esistono –, deve anche tenere conto della differenziazione dei dati sul «lavoro nero», perché dobbiamo anche considerare la disoccupazione reale presente nel nostro Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,50)

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Se lei considera che in Sicilia c’è un tasso – presunto, ovviamente – di «lavoro nero» che raggiunge il 30 per cento, in Calabria del 40 per cento e, in media, nel Nord del Paese, dell'8 per cento, significa che i disoccupati del Nord sono veri disoccupati che non hanno un'entrata che sia una (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Quindi, quando lei domani andrà al Consiglio dei ministri a considerare questa differenziazione per aree geografiche consideri anche questo, perché al Nord ci sono persone che non è che se non lavorano hanno un altro tipo di introito, se non lavorano non hanno nulla.
  Per questo le chiediamo di farsi portavoce all'interno del suo Governo, di cui noi ovviamente non facciamo parte, essendo all'opposizione, anche degli interessi del Nord, che sono stati e sono il motore portante del nostro Paese.
  Presidente, con la politica dell’austerity cieca abbiamo visto che non solo si è messo in ginocchio il Paese, ma si è messa in ginocchio l'impresa del Paese, si sono messi in ginocchio i lavoratori del Paese, ma non è nemmeno servita a risanare i conti dello Stato. Un esempio su tutti che le posso fare è la questione che ha messo in campo il Governo Monti con l'aumento del costo della benzina. Risultato: minori entrate per lo Stato.
  Se continuiamo in questa prospettiva, non solo manderemo sul lastrico le nostre famiglie, ma manderemo sul lastrico perfino le casse dello Stato.
  Presidente, lei ha accennato anche alla questione della riforma delle pensioni del Ministro Fornero, definendola «obbligatoria»; ebbene, Presidente, noi non siamo d'accordo. Collego tale questione a quella degli esodati, di cui ha parlato prima e di cui lei ha parlato durante il suo insediamento.
  La riforma delle pensioni non è stata una misura di equità generazionale: è una balla colossale che vogliamo smentire, anzi essa ha contratto ancora maggiormente le possibilità occupazionali per i nostri giovani. In un momento di contrazione dell'offerta lavorativa, se andiamo a diminuire il ricambio all'interno dei posti di lavoro, è ovvio che la crisi viene alimentata anche dalla mancata possibilità di subentro dei giovani nei posti di lavoro.Pag. 25
  Non solo: non è servita nemmeno – e sto parlando ovviamente del breve periodo – per risolvere i problemi dei conti pubblici. Non è servita perché, se vogliamo risolvere – come mi auguro che vorremo fare tutti e voglia farlo anche lei (anzi, con l'occasione le ricordo che c’è una proposta di legge della Lega Nord all'esame della Commissione lavoro per risolvere la questione esodati, calendarizzata lo scorso giovedì su richiesta della Lega Nord) – tutti i casi emergenziali prodotti dall'infausta riforma Fornero, nel breve periodo ci costerà di più rispetto ai risparmi dati dalla riforma delle pensioni stesse.
  Presidente, quindi noi non siamo un movimento che vuole fare facile populismo: diciamo semplicemente che delle scelte si possono fare, magari anche coraggiose, nell'interesse dei nostri cittadini e anche – guardi lei ! – nell'interesse delle casse dello Stato. Se noi favoriamo la recessione, non avremo un euro più neanche per il pareggio di bilancio.
  Quindi, il coraggio che le chiediamo è quello di non deve andare a inseguire la miope politica europea, che ha fatto sì che il nostro Paese aumentasse il debito pubblico, perché i dati attuali, da quando c’è stata la misura del rigore del Governo Monti, parlano di un aumento del debito pubblico del nostro Paese. Il coraggio che le chiediamo è quello di avere il coraggio di investire sui nostri giovani, di avere il coraggio di investire sui disoccupati e, soprattutto, di avere coraggio di tagliare gli sprechi e non di aumentare le tasse.
  Parlo di taglio degli sprechi, perché ne esistono ancora molti nel nostro Paese. Quando nella discussione generale le ho ricordato i 2 miliardi che il suo Governo ha dato per la malasanità del Mezzogiorno, per gli sprechi della sanità del Mezzogiorno, questa situazione è da abbinare anche ai moltissimi cittadini dello stesso Mezzogiorno che sono costretti a venire a curarsi nel Nord del Paese. E per questo mi permetto – e lo faccio ad ogni intervento, ma finché qualcuno non si muove io lo continuerò a fare – di ricordare che ci sono molte regioni del Nord, tra cui la mia regione, il Friuli-Venezia Giulia, che vantano crediti verso regioni del Mezzogiorno, che non pagano e che non vogliono pagare, e questo cosa vuol dire ? Due cose: noi paghiamo per gli sprechi del Sud e in più il credito dovuto non ci è dato da queste stesse regioni. Quindi, due volte i cittadini del Nord devono pagare gli sprechi.
  Presidente, poi le voglio ricordare che l'abbassamento della pressione fiscale per le imprese non è qualcosa di estemporaneo o di estraneo alle politiche per l'occupazione. Possiamo fare la migliore riforma del lavoro possibile, possiamo avere l'idea più brillante del mondo, ma se non riparte l'impianto produttivo del nostro Paese, i nostri giovani e i nostri disoccupati non ritroveranno occupazione.
  Le ricordo che nel nostro Paese c’è un global tax rate del 68,3 per cento: non sono i dati della Lega Nord, ma di Rete Impresa Italia; quando in Slovenia arriviamo al 34, in Germania al 50, in Gran Bretagna all'incirca alla metà. Come possiamo pensare che le nostre imprese possano continuare a produrre, possano continuare ad essere competitive, e quindi possano continuare a dare occupazione ai nostri cittadini, se non si interviene con coraggio sulla tassazione alle imprese ? Questo è il punto fondamentale per rilanciare l'occupazione ! Insieme ovviamente all'accesso al credito.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 11,55)

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Ma non solo: nella nostra risoluzione, Presidente, noi abbiamo puntato moltissimo sulla questione del cuneo fiscale e sulla decontribuzione. Una decontribuzione ovviamente che non può essere sulle spalle dei lavoratori, ma si deve sobbarcare lo Stato, per non lasciare soprattutto ai nostri giovani un futuro con un trattamento previdenziale peggiorativo.
  È proprio ciò di cui stiamo parlando: l'abbassamento del costo del lavoro. Abbiamo Paesi confinanti, quindi non sto parlando di Cina e di India, ma Paesi confinanti, che ci fanno una concorrenza Pag. 26cui le nostre imprese non possono essere in grado di reggere. E parlo in particolar modo della piccola e media impresa, che è stata quella che fino adesso ha permesso, suo malgrado e contro la sua volontà, anche gli sprechi di questo Paese.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Quindi, se adesso non andiamo ad aiutare quelle persone, quelle attività produttive che si sono sobbarcate negli anni la situazione di tutto il Paese, vuol dire che non facciamo un servizio solamente a queste imprese, ma non lo facciamo all'intera penisola, vuol dire che non abbiamo capito quali sono i problemi del Paese stesso.
  Per questo la invito – e concludo, Presidente – in questi due giorni che affronterà, sia domani con l'approvazione del pacchetto lavoro, ma sia nel corso del suo confronto in Europa, a tornare, quando riferirà in Parlamento, con dei fatti e dei numeri. Noi vorremmo sapere i miliardi, non il miliardo, messi a disposizione dei lavoratori e delle imprese, noi vorremmo conoscere come tali risorse vorranno essere spese, noi vorremmo che anche il nord del Paese da questo Governo sia considerato, non chiediamo in una via prioritaria, ma perlomeno nella stessa maniera delle altre aree del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, devo dire che sono molto sorpreso dall'atmosfera soffusa e quasi ovattata nella quale si svolge questa discussione. C’è un clima quasi surreale. Nessuno l'ha ancora notato, lo vorrei notare io e chiederle eventualmente spiegazioni: non c’è stato, nel corso di questa mattinata, nessun ministro del PdL seduto ai banchi del Governo. Non è una questione di presenza esclusivamente fisica: si tratta di comprendere... è arrivato adesso (Commenti). Si tratta di comprendere se il Governo vantava una larga e solida intesa con il PdL, oppure, per quello che sono le notizie che arrivano da fuori da qui, sarà o no capace, questo Governo, di imporre quello che è stato il suo principale elemento di forza nel corso dei discorsi che si sono susseguiti: se cioè la larga maggioranza gli consentirà di avere una posizione più forte in Europa.
  Sinceramente ho ascoltato nel corso di questi anni un leitmotiv ricorrente, che è quello del «ce lo chiede l'Europa». Credo che sarebbe assolutamente preoccupante se ad un certo il leitmotiv del suo Governo fosse, a sentire ciò che accade fuori da queste stanze, dopo la giornata di ieri, «ce lo chiede il PdL». Perché a me pare assolutamente impossibile che si possa rappresentare con forza la posizione del nostro Paese, se ci sarà nel corso delle prossime ore e dei prossimi giorni il precipitare di una contesa tutta politica che indebolirà la posizione del nostro Paese; e soprattutto vorrei sapere in questo senso qual è il suo orientamento, non tanto sulla sopravvivenza del Governo, ma sulla definizione di quelli che devono essere gli obiettivi che noi avevamo dichiarato anche di sostenere, nel momento in cui ci fossero stati dei provvedimenti positivi per la fuoriuscita dalla crisi, e invece magari ci ritroveremo con delle richieste che riguardano altri settori, come quelli della giustizia, che sono stati anche dichiarati come imprescindibili da una parte importante della sua maggioranza.
  Ma vede, siccome sono abituato a entrare anche nel merito, penso che nella sua discussione manchi, per quanto riguarda innanzitutto il ruolo dell'Italia, un impegno più certo e concreto per un Paese che non è il nostro, ma che rappresenta pienamente invece l'esigenza che noi abbiamo di rappresentare una politica realmente europea. Cosa facciamo per la Grecia ? Cosa facciamo nel momento in cui lei ha solo citato en passant il fatto, grave, di 2.800 licenziati in una notte della TV pubblica che sono stati buttati fuori con la forza pubblica da quella azienda pubblica. Atene è vuota, non ci sono neanche più le Pag. 27macchine che la popolavano e che la rendevano una città piena di vita e anche un po’ caotica. Atene e le città della Grecia vedono i bambini che svengono all'interno delle scuole perché non hanno mangiato la sera prima. Atene è sola e noi, come forza costituente di questa Unione europea, non possiamo cavarcela dicendo che stiamo ragionando sui parametri macro-economici. Se non si cambia la politica dell'austerità per la Grecia, dopo tanti anni saremo sempre condannati a questa politica dell'austerità e le sue dichiarazioni saranno solo dichiarazioni di prammatica, non dichiarazioni impegnative, realmente per dare una svolta.
  Lei inaugurò questa legislatura facendo un confronto e dicendo che la politica divide per esempio il PD dal PDL e le politiche, cioè gli atti concreti, uniscono. A me sembra che oggi queste parole siano ancora più datate di quanto lo fossero nel momento in cui lei le ha pronunciate, oggi quello che manca per l'Europa è proprio la politica e cioè la capacità di immaginare un futuro per questo continente e la questione gigantesca della disoccupazione giovanile in questo senso non può diventare una foglia di fico. Sa, io considero incredibile che lei abbia citato un dato che è assolutamente vero senza che però vi siano state delle contromisure, non esiste in nessuna fase della storia moderna un ciclo di crisi lungo cinque anni durante il quale non si pone mano a politiche anticicliche, non è mai esistito, sicuramente dal Dopoguerra ad oggi e dalla Grande depressione ad oggi, un periodo così lungo che non fosse segnato da una guerra mondiale nel quale non ci fossero politiche che cambiavano l'orientamento che ha portato alla crisi nella quale ci siamo trovati fino ad oggi. Come non vi rendete conto di questa condizione, come non vi rendete conto che il patto di libero scambio che state negoziando con gli Stati Uniti e che è stato annunciato nel G8 – a parte che lei non ha citato neppure la parte relativa al potere di veto che potrebbe essere esercitato dalla Francia sull'eccezione culturale, che per il nostro Paese, che è una potenza nel campo culturale, dovrebbe essere una sua prima preoccupazione – riguarda anche i beni pubblici, i servizi, questioni essenziali per il mantenimento del livello della coesione sociale europea ? E come non sapere che questo patto di libero scambio consentirebbe dei vantaggi soprattutto agli Stati Uniti, in una condizione di squilibrio tale dei cambi tra euro e dollaro ?
  Noi avremmo preferito che le dicesse: io vado anche a battere i pugni sul tavolo quando mi troverò nel Consiglio perché non si applichi in maniera così stolida la prescrizione sulla competitività e sulla concorrenza che sta costringendo le acciaierie di Terni a chiudere, perché vogliono lo spacchettamento in nome di questa concorrenza, per una delle industrie che è fondamentale per il tessuto economico e produttivo del nostro Paese, lei lì dovrebbe andare a sbattere i pugni sul tavolo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Non si può più parlare di previsioni sbagliate, il Fondo monetario internazionale – l'ho sentito tante volte dire dal Viceministro Fascina – ha indicato da tempo che i moltiplicatori fiscali sono stati tutti sbagliati e se a un certo punto c'era un taglio di 10, poi il prodotto interno lordo diminuiva di 20 e la recessione si avvitava e questo appunto in Grecia, che è lo specchio di quello che potrebbe accadere in tutta Europa, è così evidente.
  Ma lei ha citato anche, per discutere della questione giovanile, quello che io considero il peggiore degli argomenti.
  In cinque anni, sono stati trovati i soldi solo per mettere al riparo coloro i quali perdevano il lavoro: l'ha detto in forma un po’ involuta, ma è la solita retorica dei garantiti contro i non garantiti.
  Vede, io penso che i giovani, nel corso di questi anni, hanno pagato più degli altri, ma non hanno pagato meno di quegli esodati che sono scomparsi dall'agenda del suo Governo e che, nel corso di questi mesi, dovrebbero essere oggetto di un immediato decreto, perché non si può più sopportare che non vi siano misure che, in questo senso, affrontino la Pag. 28questione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per noi, difendere l'Europa è innanzitutto difendere la civiltà dell'Europa e il suo modello sociale, non una burocrazia che animosamente sorveglia i diktat del pareggio di bilancio. Infatti, quel pareggio di bilancio è sbagliato, non perché noi vogliamo ributtarci in spese folli, ma perché riteniamo che debbano essere svincolate le spese di investimento, che servono proprio ad avere un piano per il lavoro complessivo, un piano per il lavoro complessivo che abbia effetti duraturi sulle nuove generazioni, perché i vostri provvedimenti stanno facendo soprattutto a pugni con quella che è la logica, me lo lasci dire. Ci sono progetti per trovare centomila nuovi ingressi nel mondo del lavoro, centomila stage, centomila contratti di formazione, bene, a noi interessa cosa fare con quelle che sono le nostre partecipazioni pubbliche, visto che siamo alla vigilia delle nomine su Finmeccanica, cosa fare per investire sulle smartcity, cosa fare per investire sugli obiettivi di Lisbona, che sono stati assolutamente cancellati.
  Poi, le posso dire una cosa ? Se ci sono 1.360 euro per disoccupato, come investimenti in sei anni, e lei chiede che vengano ridotti a due, non si rende conto che sta parlando – io so fare i conti – di una platea di 4,1 milioni di persone, a fronte dei 25 milioni che lei citava nel suo discorso ? Come è possibile che neanche questa aritmetica semplice possa far parte del programma e del discorso di intervento – e concludo – che noi faremo al Consiglio europeo ?
  Noi dobbiamo cambiare la politica europea: dobbiamo essere più europeisti perché cambiare la politica europea è il modo attraverso il quale si esce dalla crisi. Se saremo solo per una manutenzione, anche irrisoria, non riusciremo a rappresentare, neanche minimamente, le ambizioni, i sogni e anche le sofferenze dei tanti che, forse, voi non avete ancora incontrato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, signor Presidente del Consiglio, devo dire che sono molto sorpreso dall'atmosfera soffusa e quasi ovattata nella quale si svolge questa discussione. C’è un clima quasi surreale. Nessuno l'ha ancora notato, lo vorrei notare io e chiederle eventualmente spiegazioni: non c’è stato, nel corso di questa mattinata, nessun ministro del PdL seduto ai banchi del Governo. Non è una questione di presenza esclusivamente fisica: si tratta di comprendere... è arrivato adesso (Commenti). Si tratta di comprendere se il Governo vantava una larga e solida intesa con il PdL, oppure, per quello che sono le notizie che arrivano da fuori da qui, sarà o no capace, questo Governo, di imporre quello che è stato il suo principale elemento di forza nel corso dei discorsi che si sono susseguiti: se cioè la larga maggioranza gli consentirà di avere una posizione più forte in Europa.
  Sinceramente ho ascoltato nel corso di questi anni un leitmotiv ricorrente, che è quello del «ce lo chiede l'Europa». Credo che sarebbe assolutamente preoccupante se ad un certo il leitmotiv del suo Governo fosse, a sentire ciò che accade fuori da queste stanze, dopo la giornata di ieri, «ce lo chiede il PdL». Perché a me pare assolutamente impossibile che si possa rappresentare con forza la posizione del nostro Paese, se ci sarà nel corso delle prossime ore e dei prossimi giorni il precipitare di una contesa tutta politica che indebolirà la posizione del nostro Paese; e soprattutto vorrei sapere in questo senso qual è il suo orientamento, non tanto sulla sopravvivenza del Governo, ma sulla definizione di quelli che devono essere gli obiettivi che noi avevamo dichiarato anche di sostenere, nel momento in cui ci fossero stati dei provvedimenti positivi per la fuoriuscita dalla crisi, e invece magari ci ritroveremo con delle richieste che riguardano altri settori, come quelli della giustizia, che sono stati anche dichiarati come imprescindibili da una parte importante della sua maggioranza.
  Ma vede, siccome sono abituato a entrare anche nel merito, penso che nella sua discussione manchi, per quanto riguarda innanzitutto il ruolo dell'Italia, un impegno più certo e concreto per un Paese che non è il nostro, ma che rappresenta pienamente invece l'esigenza che noi abbiamo di rappresentare una politica realmente europea. Cosa facciamo per la Grecia ? Cosa facciamo nel momento in cui lei ha solo citato en passant il fatto, grave, di 2.800 licenziati in una notte della TV pubblica che sono stati buttati fuori con la forza pubblica da quella azienda pubblica. Atene è vuota, non ci sono neanche più le Pag. 27macchine che la popolavano e che la rendevano una città piena di vita e anche un po’ caotica. Atene e le città della Grecia vedono i bambini che svengono all'interno delle scuole perché non hanno mangiato la sera prima. Atene è sola e noi, come forza costituente di questa Unione europea, non possiamo cavarcela dicendo che stiamo ragionando sui parametri macro-economici. Se non si cambia la politica dell'austerità per la Grecia, dopo tanti anni saremo sempre condannati a questa politica dell'austerità e le sue dichiarazioni saranno solo dichiarazioni di prammatica, non dichiarazioni impegnative, realmente per dare una svolta.
  Lei inaugurò questa legislatura facendo un confronto e dicendo che la politica divide per esempio il PD dal PDL e le politiche, cioè gli atti concreti, uniscono. A me sembra che oggi queste parole siano ancora più datate di quanto lo fossero nel momento in cui lei le ha pronunciate, oggi quello che manca per l'Europa è proprio la politica e cioè la capacità di immaginare un futuro per questo continente e la questione gigantesca della disoccupazione giovanile in questo senso non può diventare una foglia di fico. Sa, io considero incredibile che lei abbia citato un dato che è assolutamente vero senza che però vi siano state delle contromisure, non esiste in nessuna fase della storia moderna un ciclo di crisi lungo cinque anni durante il quale non si pone mano a politiche anticicliche, non è mai esistito, sicuramente dal Dopoguerra ad oggi e dalla Grande depressione ad oggi, un periodo così lungo che non fosse segnato da una guerra mondiale nel quale non ci fossero politiche che cambiavano l'orientamento che ha portato alla crisi nella quale ci siamo trovati fino ad oggi. Come non vi rendete conto di questa condizione, come non vi rendete conto che il patto di libero scambio che state negoziando con gli Stati Uniti e che è stato annunciato nel G8 – a parte che lei non ha citato neppure la parte relativa al potere di veto che potrebbe essere esercitato dalla Francia sull'eccezione culturale, che per il nostro Paese, che è una potenza nel campo culturale, dovrebbe essere una sua prima preoccupazione – riguarda anche i beni pubblici, i servizi, questioni essenziali per il mantenimento del livello della coesione sociale europea ? E come non sapere che questo patto di libero scambio consentirebbe dei vantaggi soprattutto agli Stati Uniti, in una condizione di squilibrio tale dei cambi tra euro e dollaro ?
  Noi avremmo preferito che le dicesse: io vado anche a battere i pugni sul tavolo quando mi troverò nel Consiglio perché non si applichi in maniera così stolida la prescrizione sulla competitività e sulla concorrenza che sta costringendo le acciaierie di Terni a chiudere, perché vogliono lo spacchettamento in nome di questa concorrenza, per una delle industrie che è fondamentale per il tessuto economico e produttivo del nostro Paese, lei lì dovrebbe andare a sbattere i pugni sul tavolo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Non si può più parlare di previsioni sbagliate, il Fondo monetario internazionale – l'ho sentito tante volte dire dal Viceministro Fassina – ha indicato da tempo che i moltiplicatori fiscali sono stati tutti sbagliati e se a un certo punto c'era un taglio di 10, poi il prodotto interno lordo diminuiva di 20 e la recessione si avvitava e questo appunto in Grecia, che è lo specchio di quello che potrebbe accadere in tutta Europa, è così evidente.
  Ma lei ha citato anche, per discutere della questione giovanile, quello che io considero il peggiore degli argomenti.
  In cinque anni, sono stati trovati i soldi solo per mettere al riparo coloro i quali perdevano il lavoro: l'ha detto in forma un po’ involuta, ma è la solita retorica dei garantiti contro i non garantiti.
  Vede, io penso che i giovani, nel corso di questi anni, hanno pagato più degli altri, ma non hanno pagato meno di quegli esodati che sono scomparsi dall'agenda del suo Governo e che, nel corso di questi mesi, dovrebbero essere oggetto di un immediato decreto, perché non si può più sopportare che non vi siano misure che, in questo senso, affrontino la Pag. 28questione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per noi, difendere l'Europa è innanzitutto difendere la civiltà dell'Europa e il suo modello sociale, non una burocrazia che animosamente sorveglia i diktat del pareggio di bilancio. Infatti, quel pareggio di bilancio è sbagliato, non perché noi vogliamo ributtarci in spese folli, ma perché riteniamo che debbano essere svincolate le spese di investimento, che servono proprio ad avere un piano per il lavoro complessivo, un piano per il lavoro complessivo che abbia effetti duraturi sulle nuove generazioni, perché i vostri provvedimenti stanno facendo soprattutto a pugni con quella che è la logica, me lo lasci dire. Ci sono progetti per trovare centomila nuovi ingressi nel mondo del lavoro, centomila stage, centomila contratti di formazione, bene, a noi interessa cosa fare con quelle che sono le nostre partecipazioni pubbliche, visto che siamo alla vigilia delle nomine su Finmeccanica, cosa fare per investire sulle smartcity, cosa fare per investire sugli obiettivi di Lisbona, che sono stati assolutamente cancellati.
  Poi, le posso dire una cosa ? Se ci sono 1.360 euro per disoccupato, come investimenti in sei anni, e lei chiede che vengano ridotti a due, non si rende conto che sta parlando – io so fare i conti – di una platea di 4,1 milioni di persone, a fronte dei 25 milioni che lei citava nel suo discorso ? Come è possibile che neanche questa aritmetica semplice possa far parte del programma e del discorso di intervento – e concludo – che noi faremo al Consiglio europeo ?
  Noi dobbiamo cambiare la politica europea: dobbiamo essere più europeisti perché cambiare la politica europea è il modo attraverso il quale si esce dalla crisi. Se saremo solo per una manutenzione, anche irrisoria, non riusciremo a rappresentare, neanche minimamente, le ambizioni, i sogni e anche le sofferenze dei tanti che, forse, voi non avete ancora incontrato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, è tempo di voltare pagina, di passare dalla politica della stabilità a quella della crescita e dello sviluppo: questo chiede il Paese, questo chiede questa Camera dei deputati.
  È bene ricordare, tuttavia, che siamo in grado di voltare pagina perché abbiamo scritto fino in fondo la pagina precedente, la pagina del risanamento finanziario e sarà bene ricordare a qualcuno – a me stesso, prima di tutto, e poi forse anche a qualcun altro – che il problema dell'Italia non è l'Europa, il problema dell'Italia è il debito. Non è l'Europa che ci dà i soldi per finanziare il debito e minaccia di non darceli se non seguiamo certe regole: sono i mercati che non ci danno i soldi per finanziare il debito e l'Europa, semplicemente, ci ricorda che, se non seguiamo certe regole, i mercati i soldi non ce li daranno e vivere a debito non può nessuno, né in Europa, né in Africa, né in altri Paesi.
  Aver risanato il bilancio dello Stato è un grande successo del suo Governo, signor Presidente, e del Governo Monti, che l'ha preceduto. Qualcuno si lamenta della continuità di politica tra questo Governo e il Governo Monti: guardate, non c’è molta continuità, tranne la continuità della ragionevolezza, la continuità della concretezza e la continuità del fare il bene possibile del Paese. Ma, soprattutto, questo è un grande successo del popolo italiano, che ha accettato sacrifici importanti per il bene comune con esemplare disciplina civile.
  Noi ci aspettiamo che lei, insieme con il Ministro Saccomanni, difenda questo risultato, che è la base solida sulla quale costruire. È cresciuto il debito – ha detto qualcuno in questa sala – certo, è cresciuto il debito: noi abbiamo versato un sacco di soldi per sostenere il Fondo di assicurazione europea a favore dei Paesi che possono trovarsi in difficoltà.Pag. 29
  Per fortuna, questa assicurazione non l'abbiamo usata. È stata usata a favore di altri. Ecco perché è cresciuto il debito pubblico. Scusatemi, ma ho trovato a volte alcuni commenti francamente troppo ingenerosi e troppo poco informati.
  Bisogna, poi, ripartire dal Patto per la crescita e per lo sviluppo fatto dal Governo Monti, se non sbaglio, che ha mantenuto, però, una dimensione poco più che simbolica. Due documenti della Commissione, catalogati con i numeri 165 e 166, già entrati nel dialogo con il Parlamento e con il Consiglio dei ministri, contengono proposte importanti per dare denti al Patto di crescita e stabilità. E denti significa anche stanziamenti ulteriori rispetto al bilancio dell'Unione, sperabilmente collocati anche al di fuori del vincolo del Patto di stabilità per i Paesi che li forniscono. È questa un'occasione anche per lanciare il tema di un debito pubblico europeo per lo sviluppo, la crescita e l'occupazione. Un Paese serio rispetta i suoi impegni e non viene meno. Però, poi, se pensa che le cose debbano cambiare, al tavolo della trattativa fa sentire la sua voce e indica in che direzione le cose devono cambiare.
  Noi condividiamo l'enfasi che lei pone sulla disoccupazione giovanile e anche l'idea di concentrare in due anni, invece che in sei, l'intervento previsto. Sei miliardi in sei anni sono davvero troppo pochi. Con la revisione di bilancio di mezzo termine si potrà, poi, provvedere anche ad un rifinanziamento e immagino che sia questo quello che lei ha in mente di questo programma.
  Però, ricordiamo – e in questo concordo con l'onorevole Migliore – che ancora più drammatico è il tema della disoccupazione degli anziani. Che diremo a chi perde il lavoro a 55 anni ? L'unica alternativa è mandarlo in pensione anticipata o lasciarlo morire di fame ? Abbiamo bisogno di orientamento professionale, di formazione professionale per gli anziani, di accompagnamento da posto di lavoro a posto di lavoro. Solo così la flessibilità non sarà sintomo di disoccupazione. I denari stanziati a questo fine, tra l'altro, potrebbero farne risparmiare molti di cassa integrazione.
  Bisogna evitare, però, che la concentrazione su temi particolari, come la disoccupazione giovanile, femminile e degli anziani, faccia perdere di vista il tema vero. Il tema vero è la disoccupazione senza aggettivi e, quindi, la competitività, la ricerca e lo sviluppo. Bisogna fare ripartire l'investimento pubblico e bisogna fare ripartire l'investimento privato. Per l'investimento pubblico è importante sfruttare tutti gli spazi che ci offrono i Trattati, che sono maggiori di quello che molti pensano, soprattutto se ci concentriamo sugli investimenti produttivi e non sulla spesa corrente, dove il percorso sarebbe sicuramente più difficile. Bisogna, poi, continuare a chiedere un trattamento differenziato tra spesa corrente e spesa d'investimento. Presidente, io so che forse questo non è il Consiglio europeo in cui possiamo dare una spallata su questo tema, ma è un tema bruciante, sentito non solo da noi, ma da molti e anche in Germania. Insista, a tempo e fuori tempo.
  Magari, si potrebbe cominciare con il cofinanziamento nazionale dei progetti comuni europei della Commissione o anche della Banca europea per gli investimenti. Questo darebbe una leverage molto più elevata agli interventi della BEI. Bisogna, poi, lavorare al progetto di interventi comuni dell'Unione, come previsto dai progetti citati dalla Commissione. Per l'investimento privato è importante implementare rapidamente l'unione bancaria. Bisogna che il sistema bancario sia in grado di far fronte a possibili crisi, senza scaricare i propri debiti sulle spalle dei contribuenti. Bisogna separare le attività di banca commerciale da quelle di banca di affari, come suggerito dalla Commissione Liikanen, e dare alle banche commerciali regole e tempi diversi per l'adeguamento dei loro requisiti patrimoniali liberando, in tal modo, risorse enormi per il sostegno alle imprese, per gli investimenti, per l'occupazione e per lo sviluppo.
  Non basta, però, rendere disponibili risorse per l'investimento. Bisogna creare Pag. 30le condizioni di competitività che rendono produttivo l'investimento. Anche avendo i denari a basso costo, il cavallo fa fatica a bere oggi. Perché non beve ? Abbiamo dei colli di bottiglia dello sviluppo, ci dicevano i teorici di una volta, e questi sono sul terreno della dotazione infrastrutturale del Paese e delle infrastrutture della conoscenza. Abbiamo bisogno di più scuola, più università, più ricerca scientifica, più brevetti. A proposito, aderiamo al brevetto europeo. Abbiamo il bisogno, nel quadro del Patto per lo sviluppo e la crescita, di una specie di keynesismo rovesciato, dove vi sia la spesa in deficit entro certi limiti, ahimè limiti per noi più stretti che per altri, perché abbiamo un debito molto elevato.
  Raramente chi si scaglia contro questo Governo chiedendo tutto e subito si ricorda della misura del debito con il quale abbiamo a che fare. Abbiamo bisogno di un keynesismo rovesciato, dove la spesa in deficit, entro certi limiti, sia autorizzata non per sostenere la domanda, ma per sostenere la competitività, che è la parola chiave del nostro futuro. Ovviamente così si sostiene di risulta anche la domanda. Condividiamo infine e giudichiamo fondamentale il proposito di mettere la persona al centro, al centro dell'Europa e al centro della politica italiana. Se davvero troveremo questa bussola e le saremmo fedeli, allora potremo aiutare l'Italia e l'Europa ad uscire dalla crisi materiale, ma prima di tutto morale, nella quale ci troviamo. Ha detto una volta sant'Ireneo di Lione: «Gloria dei vivens homo», ossia la gloria di Dio è che l'uomo viva (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gelmini. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA GELMINI. Signora Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, guardiamo con fiducia e con determinazione all'appuntamento di Bruxelles perché la politica economica e, in particolare, i temi della competitività, dell'occupazione e della crescita sono finalmente al centro dell'agenda politica di quell'incontro. E per tutti noi che abbiamo osservato con preoccupazione le difficoltà che l'Italia incontra nel giocare il secondo tempo, il tempo non solo del rigore ma quello della crescita e dello sviluppo, la due giorni del Consiglio europeo rappresenta davvero un appuntamento decisivo, che è giusto caricare di aspettative e di ambizioni sia per quanto riguarda il tema, ormai molto complesso da affrontare e urgente, dell'occupazione giovanile, ma anche il finanziamento dell'economia e le fasi per completare l'unione economica e monetaria e anche bancaria. E andiamo a Bruxelles a testa alta, avendo incassato la raccomandazione della Commissione europea di chiudere la procedura aperta nei nostri confronti per disavanzo eccessivo e andiamo avendo anche ottenuto il disco verde da parte del consiglio Ecofin. Peraltro, questo è avvenuto nonostante le previsioni molto negative, pessimistiche, della Commissione europea, al punto che il quadro disegnato era talmente negativo dall'escludere il nostro Paese dalla possibilità di considerare fattori rilevanti quei due terremoti dell'Aquila e dell'Abruzzo nel 2009 e poi quello dell'Emilia Romagna e della Lombardia nel 2012. Nonostante tutto i risultati da noi conseguiti sono stati nettamente migliori, frutto dei grandi sacrifici del popolo italiano e di manovre di risanamento finanziario, che sono peraltro intervenuti all'interno di un quadro normativo assai avanzato. Possiamo quindi dire e aggiungere con una buona punta di orgoglio che abbiamo saputo fare e abbiamo fatto da soli, senza cioè chiedere aiuto ad istituzioni ed organismi europei o internazionali. Il pareggio strutturale di bilancio del 2013 – non dimentichiamolo – è un traguardo che solo sei paesi su diciassette rispetteranno con ogni probabilità nell'Eurozona. Siamo tuttavia lontani dall'avere imboccato la buona strada. Noi tutti conveniamo che la fase recessiva che attraversiamo è dovuta anche al cosiddetto credit crunch, alla combinazione di crisi internazionale e frammentazione Pag. 31dei mercati finanziari. È sotto gli occhi di tutti la crisi della nostra industria. Chiudono le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie imprese, e la disoccupazione cresce, in particolare quella giovanile, e diminuiscono i consumi. Se da un lato era doveroso intraprendere politiche di lotta agli sprechi, di risanamento dei conti, di contenimento, di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, dall'altro, la tempistica particolarmente celere e l'assenza in Europa di misure anticicliche sono fattori che hanno contribuito, accanto alla difficoltà cronica di riformare settori determinanti, come la giustizia e la burocrazia del fisco, a far cadere il Paese in una profonda recessione.
  Ora tocca all'Unione europea, tocca all'Unione europea confermare la promessa e gli impegni dei Consigli europei di giugno e dicembre 2012 e del marzo 2013 contro la disoccupazione giovanile, come richiesto anche nella mozione recentemente discussa in quest'Aula e presentata dai parlamentari under 35. Parole come crescita economica, produttività, competitività, crescita dell'occupazione, devono tornare a far parte del vocabolario dell'Unione europea, tornare ad essere la lingua viva di un continente che ha saputo costruire libertà, pace e benessere dopo la grande tragedia del secolo scorso.
  Ella, Presidente, può contare su un'ampia maggioranza, non solo in Parlamento, ma nel Paese; una maggioranza che chiede a gran voce non meno Europa, ma più Europa, un'Europa dei popoli, della solidarietà e della prosperità. Occorre, per questo, ripartire dall'unità europea voluta da De Gasperi, da Schuman, da Adenauer, che ritenevano l'economia uno strumento per una pace stabile e un benessere comune, e restituire centralità alla sovranità popolare.
  L'Europa deve essere sempre più l'Europa dei popoli, e non una tecnocrazia fautrice di disuguaglianze e piegata agli interessi e al volere dei Paesi più forti. Noi, più di tutti, siamo stati per decenni quelli che hanno creduto nella pienezza dell'unità europea. Questo è il punto decisivo, Presidente Letta: non si tratta di battere i pugni istericamente o velleitariamente sul tavolo, ma di imporre il valore forte e determinante della costruzione urgente degli Stati Uniti d'Europa, senza cui il nostro continente diventerà la periferia dell'impero Cina-India, magari ancora sottoposto al volere della Germania.
  Per questo, occorre ripristinare l'egemonia della politica e dei suoi ideali sulle pretese di chi vuole sostituire la pari dignità con la gerarchia del prodotto interno lordo, secondo una logica inaccettabile, e di chi usa l'unione monetaria per rallentare l'integrazione europea e l'unione politica.
  Abbiamo una grande opportunità: dal 1o luglio 2014 l'Italia avrà la presidenza semestrale dell'Unione europea. Il nostro augurio e il nostro impegno è di arrivarci uniti, dopo avere finalmente iniziato il secondo tempo della ripresa e cominciato a vedere i primi nuovi segnali: lavoro per i giovani, voglia di rimettersi in gioco dei nostri imprenditori, meno tasse, meno burocrazia, banche a fiancheggiare lo sviluppo e, di nuovo, innovazione.
  Chi ha letto il documento con cui la Commissione europea propone il rientro dalla procedura di infrazione per l'Italia e le relative raccomandazioni sa bene che si tratta di sei punti in cui si accenna alle più importanti riforme da realizzare; riforme che riguardano il contenimento del perimetro dello Stato, ma anche la riforma della giustizia, non più rinviabile, la lotta all'evasione e alla corruzione, le liberalizzazioni, la riduzione della pressione fiscale, la produttività e la riorganizzazione del mercato del lavoro e, infine, una diversa politica fiscale, centrata più sulle cose che non sulle persone.
  Lo spirito prevalente è quello di un buon approccio liberale, da sempre nel DNA del Popolo della Libertà. Sono le riforme volute da Schröder nel 2003, su cui oggi Angela Merkel fonda le sue fortune di leader europeo, anche se dall'incerta egemonia. Ma quei risultati sono stati ottenuti solo grazie ad una deroga al Patto di stabilità di allora, operazione resasi necessaria per gestire politicamente Pag. 32una fase particolarmente difficile, anche se meno difficile di quella odierna, visto che allora gli Stati Uniti erano ancora in grado, con la loro politica a debito, di trainare l'intera economia mondiale.
  Il mancato rispetto dei vincoli finanziari fu la condizione per evitare che le riforme, quelle importanti ed incisive, fallissero sulla spinta della protesta sociale. L'uso della leva pubblica ne fu lo strumento e, al tempo stesso, la precondizione. Dobbiamo seguire quell'esempio, e non quello della Grecia o della Spagna, Paesi in cui il prevalere di un astratto rigorismo ha portato grandi difficoltà a quei popoli, e su queste riforme, e non solo sui numeri del deficit, la Commissione dovrebbe intervenire, monitorare i processi reali e, sulla base dei relativi risultati, assolvere o condannare i singoli Paesi per deficit eccessivo.
  Se non ci sarà questo cambiamento, saremo, come in passato, costretti ad operare al margine, tosare questo o quel capitolo di bilancio, aumentare questa o quella imposta, cambiare un poco perché nulla effettivamente cambi. È una strada che abbiamo tentato in tutti questi anni. Lo hanno fatto il centrodestra e il centrosinistra e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: dalla crisi non solo non siamo usciti, ma quel baratro che Mario Monti diceva di voler scongiurare è ancora di fronte a noi, più profondo di che mai.
  Sono quindi d'accordo con la logica di Giavazzi ed Alesina che dalle pagine del Corriere della Sera ci avvertono di non illuderci rispetto alla risoluzione del problema della disoccupazione solo trovando 400 milioni in Europa. Non basta il restyling. Il bisturi delle riforme deve incidere nella carne viva del Paese, ma per evitare che il conseguente stress sociale diventi talmente insostenibile da impedirne l'avvio, dobbiamo disporre di adeguati ammortizzatori sociali. E questi non possono che derivare da una riscrittura intelligente delle regole del gioco, quelle regole, signor Presidente, che ci aspettiamo lei contribuisca in maniera determinante a riscrivere, dando garanzia che l'Italia proseguirà sulla strada del risanamento dei conti, ma oggi rivendica anche giusti spazi per crescere e per avere investimenti (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Claudio Cominardi. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO COMINARDI. Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, nel marzo 2013 i giovani disoccupati nella zona dell'Unione europea erano 5,7 milioni. Particolarmente allarmanti al riguardo sono i casi della Grecia, dove la disoccupazione giovanile ha toccato un livello record del 60 per cento, e della Spagna, soltanto di poco inferiore. Anche in Italia il tasso di disoccupazione giovanile si avvicina ormai al 38,5 per cento, mentre la Germania, l'Austria e i Paesi Bassi sono riusciti a mantenerla al di sotto del 10 per cento.
  Signor Presidente, la disoccupazione è anche il risultato di decenni di politiche volte ad appoggiare ed incentivare in tutte le sue forme un sistema economico malato, che questo Parlamento, e molte forze politiche che si sono succedute nel corso degli ultimi decenni, hanno sostenuto e finanziato con atteggiamenti al limite del criminale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  
Signor Presidente, vorremmo ricordare a lei, e all'Aula intera, un articolo fondamentale della nostra Carta costituzionale, disatteso negli ultimi anni, per comprendere appieno quale sia per lo Stato italiano e per tutti i suoi cittadini il diritto la lavoro. L'articolo 4 della Costituzione così recita: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.».
  Ebbene, Signor Presidente del Consiglio, dopo aver letto questa pietra miliare del nostro ordinamento ci farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensa il gruppo Bilderberg Pag. 33o la Commissione trilaterale di questo passo fondamentale della nostra Carta.
  Signor Presidente del Consiglio, ricordiamo che in Italia, così come in altri Paesi definiti volgarmente PIGS, ci sono persone che si tolgono la vita a causa della crisi perché non sono più in grado di vivere una vita dignitosa. A questi lavoratori è stato sottratto ogni mezzo economico e finanziario funzionale allo sviluppo anche spirituale di questa comunità. Ma di chi è la colpa ? Del popolo italiano ? O dei mercati finanziari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? È forse colpa dell’austerity ? È forse colpa delle agenzie di rating che sono società private che hanno sede, per esempio, in Canada o negli Stati Uniti, che declassano anche i debiti, così, un può a caso, se ricordiamo anche gli esempi dei bond argentini ? O colpa dello spread ? Ecco, guardi Presidente, quando andrà in Europa, ricordi ai leader europei che mille punti di spread non valgono un solo respiro di una vita umana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Serve immediatamente un'inversione di tendenza, una nuova visione dell'economia, un'economia fondata sulle persone e non più esclusivamente sui capitali finanziari, un'economia fondata sul perseguimento della felicità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Come MoVimento 5 Stelle questa precarizzazione del mercato del lavoro e della sicurezza sociale non possiamo più accettarla. In questo Parlamento, infatti, sono state approvate bipartisan leggi che hanno schiavizzato i lavoratori; queste leggi si chiamano «legge Treu», «legge Biagi» e «legge Fornero» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Inoltre, non solo i lavoratori, ma anche le piccole e medie imprese e, quindi, il tessuto industriale e artigianale di questo Paese sono state vessate da un sistema tributario e fiscale forte con i deboli e debole con i forti. La macelleria sociale dettata dalle politiche dell’austerity e anche da queste leggi non possiamo più accettarla, perché alla politica dei numeri vogliamo proporre una politica economica della comunità, della socialità e della sostenibilità.
  Con questa risoluzione – che è la Castelli n. 6-00022, chiediamo all'Aula di valutarla e votarla eventualmente – il MoVimento 5 Stelle intende proporre una visione alternativa dell'economia e della società rispetto a quella fallimentare perseguita da questo sistema. Nello specifico, alcuni dei primi passi fondamentali per il raggiungimento di tale obiettivo adesso ve li elencherò velocemente, giusto per precisare che siamo un movimento anche di proposta, le abbiamo e le leggiamo ora in questa sede.
  Revisionare i processi decisionali e gli assetti decisionali dell'Unione europea, nel segno di una maggiore trasparenza, di un più intenso coinvolgimento delle istituzioni parlamentari nazionali e di una più forte responsabilizzazione che obblighi le istituzioni europee a rispondere ai cittadini nei casi di clamorosi fallimenti.
  Provvedere ad una riformulazione di vigenti strumenti di sostegno al reddito, al fine di pervenire all'introduzione del reddito di cittadinanza come strumento di protezione sociale universale.
  Rivedere e rinegoziare, nelle opportune sedi europee, il Trattato di Maastricht e il fiscal compact.
  Escludere le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale o regionale degli interventi relativi alle politiche di coesione dalle regole del Patto di stabilità interno.
  Provvedere all'introduzione di opportuni strumenti normativi nazionali ed europei che consentano una drastica riduzione della pressione fiscale per le aziende che creano posti di lavoro a tempo indeterminato.
  Provvedere ad una riduzione considerevole della pressione fiscale per le imprese che assumono giovani disoccupati o inoccupati, facilitandone, altresì, l'accesso al credito mediante la predisposizione di specifici fondi di garanzia e, qui, da non dimenticare anche la piena occupazione e, quindi, non solo quella giovanile, ma anche quella in età matura.Pag. 34
  Provvedere a formulare opportune riforme fiscali finalizzate a sostenere indispensabili azioni di stimolo dell'economia improntate allo sviluppo sostenibile.
  Richiedere l'introduzione della legge bancaria Glass-Steagall, volta a contenere la speculazione da parte degli intermediari finanziari, attraverso una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento.
  Ridiscutere il debito pubblico e le modalità di saldo dello stesso.
  Operare una generale razionalizzazione di servizi per l'impiego, attraverso una riforma complessiva delle strutture esistenti, valorizzando e ampliando la centralità delle strutture pubbliche, a partire dal ruolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, evitando le duplicazioni e le sovrapposizioni di funzionamento attraverso un chiaro riparto delle funzioni stesse tra strutture centrali e periferiche.
  Aumentare la dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale dello strumento di azione strategica per le imprese agricole e per il territorio, anche ai fini della possibilità di ricambio generazionale dell'impresa agricola.
  Ecco, queste sono solo alcune delle nostre proposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Signor Presidente – e qui concludo – quando andrà in Europa ricordi ai leader europei che questo Paese, la sua economia, i suoi lavoratori, le imprese, il nostro patrimonio pubblico e sui cittadini non sono in vendita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Martella. Ne ha facoltà.

  ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, il gruppo del Partito Democratico voterà a favore della risoluzione di cui il collega Speranza è il primo firmatario, con la quale le affidiamo un mandato forte ed ampio in vista della riunione dei capi di Stato e di Governo che si terrà nei prossimi giorni a Bruxelles.
  A conclusione di questo dibattito, desidero esprimere il nostro pieno sostegno all'impresa che la attende e la nostra considerazione e condivisione delle considerazioni che lei ha svolto qui, alla vigilia di un appuntamento che può essere decisivo e in un momento delicato, in cui si affaccia di nuovo l'instabilità dei mercati internazionali. Se questo Consiglio europeo ha assunto tanta rilevanza, è merito anche dell'iniziativa italiana e della convinzione con cui lei, signor Presidente, ha posto sul tappeto problemi urgenti ed ineludibili. Uno su tutti il lavoro, ed in particolare il lavoro per i giovani, che non c’è. Gli ultimi dati ISTAT sono devastanti: nei primi tre mesi del 2013 il tasso di disoccupazione nel nostro Paese è balzato al 12,8 per cento. Non era mai stato così alto dal 1977 ed è drammatico il picco dei senza lavoro tra i giovani sotto i 25 anni: il 41,9 per cento. Se a questo aggiungiamo le 55.000 industrie che hanno chiuso dal 2007 al 2012 e le 40 imprese che spariscono ogni giorno, otteniamo la fotografia inquietante dei mali che insidiano la nostra società, dei problemi che ci assillano, di un futuro che si fa sempre più incerto e che si restringe.
  Non è cosa che riguardi solo noi, è una malattia che, seppure in maniera diversa, colpisce ormai tutta l'Europa: in Spagna il tasso di disoccupazione giovanile è al 56,4 per cento. La Francia sta meglio di noi, ma è comunque al 26,5 per cento. Insomma, la generazione senza lavoro appartiene a tutto il continente ed ora finalmente di ciò sta maturando la consapevolezza.
  Il problema, com’è evidente, a questo punto sono le risposte che la politica europea sarà in grado di dare. Appare chiaro che le strategie seguite fin qui andranno cambiate. Bisognerà in tal senso liberarsi del male che già James Galbraith, figlio del grande economista John, ha definito efficacemente la mentalità del giocatore d'azzardo, che anche se perde si ostina sullo stesso numero patologicamente. L'Europa non può correre il rischio di cadere in questa sindrome.Pag. 35
  Si tratta dunque di correggere una rotta che ci ha portato a buoni approdi per quanto riguarda il risanamento finanziario dei conti pubblici, ma che oggi ci fa essere nel pieno di una terribile tempesta dal punto di vista sociale ed occupazionale. Questo non è accettabile, perché l'Europa porta con sé, nella sua stessa identità, il valore della coesione sociale. Di più: l'Europa è nata anche per questo. La generazione dei padri fondatori, uscita dall'abisso del conflitto mondiale, disse «mai più guerre» e al tempo stesso capì che il nemico insidioso da sconfiggere era la povertà, che aveva gettato i popoli fra le braccia delle dittature. Davvero l'Europa non può essere solo numeri, diktat, tecnicismi o governance. Per questo si deve appunto cambiare rotta. Le politiche di bilancio non bastano. Ha ragione chi osserva che le politiche di bilancio sono come una corda: possono tirare, non spingere. E noi, l'Italia, l'Europa, esattamente di questo abbiamo bisogno: di una spinta verso la crescita. Abbiamo bisogno di quel che Jacques Delors esortava a perseguire già nel 1997: un patto di coordinamento delle politiche economiche, politiche con il baricentro spostato dall'austerità verso la crescita e la creazione di posti di lavoro. L'obiettivo dell'equilibrio dei conti pubblici, troppo a lungo rinviato, va certamente mantenuto e noi lo diciamo con fermezza, ma il rigore senza sviluppo non è sufficiente: porta a risultati freddi, che non si riflettono facilmente nella vita delle persone, persone che comunque oggi non possono più aspettare.
  Vorrei però essere chiaro: in questo cambiamento di rotta non servono bracci di ferro, pugni sul tavolo, esibizioni muscolari. Serve piuttosto una visione intelligente, serve pragmatismo e vorrei dire buonsenso, anche perché ha ragione chi osserva che nella storia di sessant'anni di integrazione europea il nostro Paese ha ottenuto i maggiori vantaggi non certo con le spallate, ma quando si è mosso in sintonia con il resto d'Europa, aggregando il consenso degli altri partner, a partire dalla Germania.
  Insomma, non è possibile risolvere la crisi italiana senza una prospettiva di tipo europeo, così come non è possibile uscire dalla crisi che oggi attraversa l'Europa, le sue istituzioni, le sue politiche, senza un ruolo di primo piano dell'Italia. Per essere protagonisti, però, dobbiamo mantenere e rafforzare la credibilità riconquistata – come lei giustamente ha detto – faticosamente in questi anni a prezzo di grandi sacrifici. È un compito al quale è chiamato ad avere un ruolo decisivo questo Parlamento. È una responsabilità alla quale tutte le forze politiche qui rappresentate, nessuna esclusa, può pensare di sottrarsi.
  Oggi abbiamo le carte in regola, ne è prova tangibile la chiusura della procedura nei nostri confronti per disavanzo eccessivo. Ora è a livello più ampio che va dato seguito agli impegni presi, come concordato anche nel Patto per la crescita e l'occupazione approvato dal Consiglio europeo di un anno fa, e lo stesso va fatto nella direzione della dimensione sociale dell'Unione europea e dei temi evocati dal rapporto verso un'autentica unione economica e monetaria. Mi riferisco al sostegno dell'economia attraverso l'adozione di misure e strumenti che svolgano una funzione anticiclica, favorendo la crescita e l'occupazione mediante l'aumento della capacità finanziaria della BEI e la sperimentazione di prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti nel settore delle infrastrutture, della ricerca e della formazione, in linea con la strategia «Europa 2020».
  Essere usciti dalla procedura per disavanzo eccessivo consentirà all'Italia di beneficiare di tassi di interesse più bassi sui titoli di Stato, di disporre di maggiori risorse per favorire l'accesso al credito per la piccola e media impresa, di maggiore libertà per alcuni investimenti pubblici. Ma, soprattutto, ora abbiamo la forza di chiedere maggiori risorse all'Europa, abbiamo la forza di chiedere maggiori risorse nell'ambito del Fondo sociale europeo per i progetti volti a contrastare la disoccupazione giovanile. Le risorse stanziate dall'Unione europea – 6 miliardi di euro da dividere tra tutti i Paesi membri Pag. 36– non sono sufficienti, e comunque noi crediamo che la quota spettante all'Italia debba essere impegnata interamente, o almeno in gran parte, già nel 2014.
  A noi, certo, come Paese, spetta il compito di mettere in campo un piano del lavoro incisivo e di dare rapida attuazione alle sei raccomandazioni che ci sono state rivolte. Tutta l'azione che il Governo fin qui ha dispiegato va in questa direzione: penso, ad esempio, allo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione, alla proroga delle agevolazioni fiscali per le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni edilizie, e alle stesse misure contenute nel «decreto del fare».
  E poi, a proposito della soglia del 3 per cento nel rapporto deficit-PIL, invece di fissarci sul numeratore, concentriamoci piuttosto sul denominatore, mettiamo in campo tutte le capacità e le risorse per farlo salire, diamo respiro alla nostra azione politica e all'attività del Governo, facciamo le riforme urgenti e indispensabili che il Paese attende da anni. È questo che dobbiamo fare: non concentrarci sul rapporto, quanto piuttosto lavorare perché si possa aumentare il PIL. E coltiviamo l'ambizione di guardare lontano. Una spinta decisiva può venire da un allargamento del mercato su scala ancora più ampia: penso all'accordo sulla libertà di commercio fra Europa e Stati Uniti, di cui si è discusso al G8 di Lough Erne, che può offrire grandi vantaggi e possibilità per il futuro.
  La strada possibile, insomma, è una sola: una nuova politica economica volta a promuovere la crescita, e per questo una più compiuta integrazione europea, un'unione che sia bancaria, economica, di bilancio e politica. Tutti passaggi difficili, complessi, è vero, ma il cammino che ha come orizzonte gli Stati Uniti d'Europa deve proseguire: non sembri un paradosso proprio per la gravità della situazione in cui ci troviamo. Voglio dirlo oggi, nel giorno in cui ricordiamo anche Emilio Colombo, un convinto europeista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che diceva giustamente che per combattere la crisi ci vuole più Europa.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANDREA MARTELLA. Lo ha spiegato con la consueta lungimiranza, qualche mese fa, a Venezia, in un convegno organizzato dalla fondazione Pellicani, il Presidente Napolitano: le vicende convulse per effetto della crisi che si stanno da un biennio succedendo nell'Eurozona, spingono con inaudita forza oggettiva, e spingono verso una direzione in cui cresce la coscienza di come sarebbe catastrofica per l'Europa la scelta di tornare indietro: un tornare indietro che sarebbe un regredire compiuto nel corso di un sessantennio.
  È così: nulla si può costruire sulla difesa delle rendite esistenti e dei propri interessi. Riusciremo solo guardando avanti, solo trovando soluzioni concrete, solo dando risposte efficaci ai giovani senza lavoro e senza prospettive.
  Ci riusciremo, se ce la metteremo tutta già in questo imminente Consiglio europeo. Tutto ci è concesso, cari colleghi, tranne l'inerzia, tranne la paura del futuro e del cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Locatelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, questo Governo è nato con una forte caratterizzazione europeista, allo stesso tempo, è consapevole che questa Europa va cambiata, migliorata, tant’è che il Presidente Letta ha affermato che l'Europa così com’è oggi non va bene, deve trovare nuove motivazioni e cambiamenti significativi. Noi siamo completamente d'accordo.
  Ma qual è il nodo della questione ? È che l'aver scelto, nel 1992, il coordinamento tra politiche nazionali per sorreggere l'euro, ha interrotto, deviato un percorso di integrazione che aveva portato il Trattato UE ad essere sempre più costituzionalizzato: i diritti dei cittadini, l'istituzione del Parlamento, e così via. I Paesi membri decisero per il metodo di coordinamento Pag. 37aperto, perché non volevano cedere responsabilità economiche e fiscali a livello superiore e credettero, o fecero finta di credere che bastasse organizzare la convergenza delle politiche economiche nazionali per sostenere la moneta unica, negando la possibilità di shock simmetrici. Fu una scelta per salvaguardare poteri e responsabilità nazionali sui propri bilanci, per difendere la propria sovranità finanziaria.
  Ci ha sorpreso la crisi in questa dimensione orizzontale e, per farvi fronte, si è cercato di rendere vincolanti quelle che un tempo si chiamavano, ed erano, raccomandazioni. Ma l'effetto è stato rovinoso. Gli Stati si sono trovati molto più vincolati di quanto non accade in nessuna organizzazione federale e, in questo clima, ciascuno attribuisce la responsabilità all'altro, perché non c’è un livello federale che assuma la responsabilità politica delle decisioni. Noi riteniamo che sia giunto il momento per spostarsi sull'altro binario, quello dell'integrazione verticale, attraverso il rafforzamento del potere sovranazionale, riprendendo il cammino del progetto dei padri fondatori, che prevedevano la costituzione degli Stati Uniti d'Europa (Applausi di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Galgano. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, voglio ringraziare l'onorevole Migliore per aver chiesto al Governo di battere i pugni sul tavolo europeo per Ast, invito al quale io mi unisco. Quella per Ast è, infatti, una battaglia nazionale da combattere anche per l'occupazione giovanile. L'età media del lavoratori di Ast è quarant'anni: ci sono battaglie di interesse nazionale che Governo e opposizione devono saper condurre insieme.
  Signor Presidente del Consiglio, colgo l'occasione per chiederle, nel corso dei contatti informali che avrà durante il vertice con gli altri Capi di Stato e di Governo, di far presente al Presidente del Consiglio finlandese e alla signora Merkel che per noi Ast è una questione di interesse nazionale, ed è anche di livello europeo, perché è da inserire nel piano europeo dell'acciaio (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto. Prima di passare ai voti, ricordiamo il senatore a vita Emilio Colombo.

In ricordo del senatore a vita Emilio Colombo (ore 12,50).

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Come sapete, nella serata di ieri si è spento il senatore a vita Emilio Colombo, ultimo dei padri costituenti ancora in vita, autorevole uomo di Stato, tra i protagonisti della storia della Repubblica.
  Emilio Colombo era nato l'11 aprile 1920 a Potenza, in Basilicata, città e regione alle quali rimase profondamente legato per tutta la vita.
  Eletto per la prima volta, a soli 26 anni, all'Assemblea costituente nelle liste della Democrazia Cristiana, è stato poi ininterrottamente componente di questa Assemblea dalla prima legislatura fino al 1992.
  Presidente del Consiglio dei ministri dall'agosto del 1970 al febbraio del 1972, ha anche guidato, a più riprese, i Ministeri dell'agricoltura, del commercio estero, dell'industria, del tesoro, delle finanze, del bilancio e degli esteri. Parlamentare europeo per due legislature, è stato, dal 1977 al 1979, Presidente di quel Parlamento. Nominato senatore a vita nel 2003, ha partecipato attivamente ai lavori di quel ramo del Parlamento, del quale ha presieduto da ultimo, in qualità di decano, la prima seduta di questa legislatura.
  Con la morte di Emilio Colombo scompare una figura di indubbio rilievo nella Pag. 38storia politica del nostro Paese, esponente autorevole di quella generazione cui si deve la fondazione della nostra Repubblica.
  Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

  ROBERTO SPERANZA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, soltanto pochi minuti per un intervento che mi porta tanta commozione e, anche, una complicata emotività personale. La figura di Emilio Colombo è per me, ma penso per questo Parlamento, per le istituzioni democratiche, una figura di grandissimo valore, che oggi dobbiamo saper ricordare: un protagonista, vero, fortissimo, degli anni della ricostruzione dell'Italia; una di quelle persone a cui le giovani generazioni devono, con coraggio, saper dire grazie, per aver portato l'Italia e soprattutto il Mezzogiorno, una parte che viveva con particolare dramma l'uscita dalla Seconda guerra mondiale, fuori dal disastro economico e dentro una progressiva, lenta, ma significativa, modernità; penso alla riforma agraria, penso alla battaglia per ridare le terre a chi ne aveva bisogno.
  Colombo è stato, in questi anni, interprete di un tentativo di cui tutti dobbiamo, in qualche modo, farci portatori e cioè riavvicinare la politica alle istituzioni, riavvicinare la politica ai cittadini, ricostituire un senso e un nesso profondo tra quello che la politica fa e il sentire comune, i bisogni veri delle persone.
  Ho avuto la fortuna, in questi anni, di potermi spesso, negli ultimi anni, confrontare con lui perché Colombo è stato un protagonista della mia città, Potenza, e della mia regione, la Basilicata, e quanta curiosità c'era in lui, quanta voglia, non solo di trasmettere una storia così autorevole e così profonda alle giovani generazioni, ma anche di capire cosa di nuovo si muoveva, cosa c'era di profondo dentro una politica diversa che in qualche modo si affacciava. Allora, penso che la sua lezione di coerenza straordinaria, di serietà, di eleganza personale, così diversa rispetto alle urla del nostro teatrino quotidiano della politica, il suo rigore, il suo senso dello Stato, quel primato ineccepibile delle istituzioni, questa concezione europeista così alta della politica, sono una lezione bellissima. Ho avuto modo per l'ultima volta di parlare con Emilio Colombo in quelle ore difficilissime delle elezioni del Presidente della Repubblica, proprio qui, in quest'Aula, e lui, in quella situazione di confusione e di difficoltà nella quale eravamo per le note ragioni, mi diceva una cosa che per me resta la lezione più importante.
  Mi ha detto: Roberto, ricorda sempre, al netto della contingenza, al netto di tutte le altre cose, che la politica è e deve essere sempre la nobile arte di accompagnare i popoli verso un destino migliore. Io penso che questa è la lezione più bella che tutti quanti assieme dobbiamo saper assumere (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Latronico. Ne ha facoltà.

  COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, questa notte ha concluso la sua vita terrena il presidente Emilio Colombo. Egli legò la sua battaglia politica ai grandi temi sociali, come abbiamo avuto modo di ricordare nel festeggiare i suoi novant'anni al Senato; temi sociali che segnarono la vita dell'Italia all'indomani del secondo conflitto mondiale: la riforma agraria, la legge sui Sassi di Matera (oggi patrimonio dell'Unesco), la prima grande industrializzazione (l'alleanza con Mattei per il polo della chimica), la grande opera di infrastrutturazione del Mezzogiorno (gli schemi idrici, le strade), con l'ausilio della Cassa del Mezzogiorno. È stato l'emblema di una generazione di cattolici che nel dopoguerra segnarono l'impegno politico come frontiera di una testimonianza laica, ma fortemente ancorata e ispirata all'insegnamento Pag. 39della dottrina sociale della Chiesa, legandosi a pastori dalla fede robusta e profetica: don D'Elia, suo parroco; monsignor Delle Nocche, un grande vescovo; monsignor Bertazzoni, lombardo trapiantato nella terra lucana; don De Luca.
  La sua generazione porta il merito di avere ancorato l'Italia a un sicuro assetto democratico, a una sponda di libertà all'epoca per niente scontata. Si ricorda che nel 1948 De Gasperi e Segni lo inviarono, all'epoca giovane sottosegretario di Stato all'agricoltura, a Melissa, per tentare una difficile mediazione in un aspro conflitto sociale che si era aperto per l'occupazione della terra. La mediazione difficile gli riuscì e quest'opera gli valse come viatico per il suo futuro impegno politico.
  Da padre costituente fu europeista convinto, nel solco dei grandi europeisti come De Gasperi, Schuman e Adenauer. Gli italiani e – se consentite – i lucani, gli sono grati e riconoscenti (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo qualche brevissima sottolineatura, qualche scheggia di ricordo relativa ad un uomo che, come ella, Presidente, ha fatto bene a rammentare, rappresentava l'ultimo dei padri della Patria. Adesso questa Patria rischia di essere orfana dei suoi grandi facitori, di coloro i quali hanno immaginato e costruito la Costituzione più bella del mondo. Forse questo aspetto dovrebbe dirci di muoverci con grande cautela nell'immaginare un meccanismo di modifica.
  Però, Emilio Colombo è stato anche, come veniva anche rammentato, un grande europeista, uno fra quelli che hanno visto l'Europa prima ancora che l'Europa fosse una realtà politica e l'ha disegnata con una partecipazione personale molto forte, molto importante; è stato ben ricordato da lei, Presidente, il suo ruolo di Presidente del Parlamento europeo.
  Ma ancora, Emilio Colombo è stato un grande democristiano, un democristiano che ha avuto come riferimento – veniva rammentato – anche un percorso legato alla dottrina sociale della Chiesa, che ha costruito le ragioni importanti del centrosinistra all'interno di un'esperienza di Governo di grandissima rilevanza.
  Emilio Colombo è stato anche un meridionalista, a tutto tondo, un meridionalista che ha modificato profondamente la sua regione, ma non solo quella. Nei giorni passati veniva data su qualche televisione italiana una bella rappresentazione filmica di un libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli: ebbene, quell'Aliano, quella piccola città della Basilicata degli anni Cinquanta con l'azione di Emilio Colombo è diventata una dinamica, importante, piccola, ma non affatto poco rilevante, regione del sud.
  Ecco, io vorrei che noi tutti, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, avessimo la capacità di recuperare dall'insegnamento di questi straordinari uomini che hanno fatto la nostra Repubblica democratica, la capacità di essere umile, l'umiltà della richiesta del consenso, l'umiltà del rapporto con il territorio, l'umiltà del rapporto con l'elettore, considerato un punto di riferimento fondamentale.
  Io ricordo – e finisco – l'ultima presenza di Emilio Colombo in quest'Aula: è stata quando si è votato per l'elezione del Presidente della Repubblica: io ho avuto l'onore di accompagnarlo, lui era giù nei banchi attorno all'emiciclo e mi chiese: aiutami, devo andare a salutare il Presidente eletto. Lo accompagnai, lui aspettò, era dietro tutti gli altri, i commessi gli fecero varco per aiutarlo, lui volle aspettare che altri salutassero il suo amico Presidente Napolitano, poi gli si fece vicino, lo abbracciò e vidi una grandissima intensità tra due personalità straordinarie, che sapevano bene la fatica e il dovere della democrazia.
  Ebbene, io questo insegnamento vorrei tenerlo per me, nel cuore, ma credo debba essere condiviso da noi tutti in questa Assemblea (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

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  LORENZO DELLAI. Grazie, signora Presidente. Anche il nostro gruppo si associa alle sue parole e a quelle dei colleghi in ricordo del presidente Emilio Colombo.
  Aggiungo solo tre brevissime parole, che vengono spontanee di fronte a questa notizia. La prima parola è «orgoglio». Non sembri strano che in un momento così difficile per la vita del nostro Paese la parola «orgoglio» vuol dire piena coscienza del fatto che Emilio Colombo rappresenta una parte importante di quella classe dirigente che ha saputo far compiere al nostro Paese una delle più straordinarie rivoluzioni politiche, sociali ed economiche che la nostra, la storia dell'Europa ricordi e noi, proprio mentre affrontiamo momenti difficilissimi per il nostro Paese, dobbiamo essere, appunto, orgogliosi del fatto che apparteniamo ad una Nazione che ha saputo, in quegli anni, associare alla democrazia, al benessere, alla piena condivisione dei circuiti di cittadinanza, ampie masse popolari che prima ne erano escluse.
  Un pochino questa circostanza ci deve aiutare a capire che questo sforzo di liberazione che la politica comporta non può avere termine e dobbiamo essere orgogliosi del fatto che in quel momento una classe dirigente illuminata e coraggiosa ha saputo far compiere al nostro Paese passi avanti credibili.
  E dobbiamo anche forse recuperare, come italiani, il senso di questa storia, capire che i nostri problemi, le nostre potenzialità non nascono e non muoiono nello spazio di un mattino, ma siamo dentro il flusso di una storia, che è la storia di una grande comunità.
  La seconda parola è «gratitudine», per la testimonianza resa da Emilio Colombo e da tutta quella classe dirigente. E anche gratitudine – vorrei dire – per il senso di grande rispetto per il Parlamento che personaggi come Emilio Colombo hanno avuto fino agli ultimi giorni. Lo ricordiamo anche noi, durante le difficili sedute per l'elezione del Capo dello Stato, a condividere con tutti noi, anche con chi è entrato in Aula per la prima volta, momenti belli, momenti difficili, comunque momenti importanti, perché questa è un'Aula importante per la vita del Paese.
  infine, la terza parola che giunge spontanea è «riflessione», come già i colleghi hanno detto: riflessione perché, attraverso figure come quella di Emilio Colombo, si può avere la percezione di che cosa voglia dire la politica, di che cosa voglia dire la Costituzione, di che cosa vogliano dire queste nostre istituzioni.
  Penso che ricordare queste persone debba portare anche a capire che forse vale la pena, di tanto in tanto, spegnere un pochino i riflettori, attenuare un po’ i clamori che talvolta accompagnano anche delle ritualità un poco vuote e recuperare, invece, il senso della politica, che non è mai oggetto di individualismo, ma è azione comunitaria.
  Penso che questo recupero del senso della politica, della sua nobiltà, della sua verità sia forse il contributo più importante che i padri costituenti lasciano a un Paese che deve ritrovare un pochino la bussola e lo può fare appunto solo a partire dalla riscoperta del valore della politica come dimensione comunitaria (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 13,10).

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, gli atti di indirizzo saranno posti in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio ed altri ed altri n. 6-00018, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 41

  Onorevoli Magorno, Fabbri, Nissoli, Catania, Sannicandro, Giammanco, Piccione...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  523   
   Votanti  502   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  252   
    Hanno votato
 370    
    Hanno votato
no  132).    

  (Il deputato Giampaolo Galli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Migliore ed altri n. 6-00019, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevoli Magorno, Paris, Venittelli, Carnevali, Burtone, Gutgeld...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  530   
   Votanti  509   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  255   
    Hanno votato
 132    
    Hanno votato
no  377).    

  Passiamo alla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00020. La formulazione proposta dal Governo, al fine dell'espressione del parere favorevole, prevede che all'ultimo capoverso del dispositivo si aggiungano, in fine, le seguenti parole: «nei limiti dei vincoli derivanti dagli ordinamenti costituzionali dell'Italia e degli altri Stati membri». I presentatori hanno accettato tale riformulazione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 6-00020, nel testo riformulato su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Deputati Malpezzi, Magorno, Sorial, hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  529   
   Votanti  518   
   Astenuti   11   
   Maggioranza  260   
    Hanno votato
 482    
    Hanno votato
no   36).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Castelli ed altri n. 6-00022, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Deputati Stumpo, Paris, Di Salvo, hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  529   
   Votanti  507   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  254   
    Hanno votato
 133    
    Hanno votato
no  374).    

  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative volte a garantire un adeguato risarcimento a favore delle persone che hanno subito danni da incidenti stradali.

  La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15.

Pag. 42

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Boccia, Brunetta, Dambruoso, Dellai, Epifani, Ferranti, Fico, Formisano, Franceschini, Galan, Legnini, Letta, Merlo, Migliore, Pisicchio, Realacci, Santelli, Schullian, Simoni, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Adriano Zaccagnini, già iscritto al gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Seguito della discussione delle mozioni Colletti ed altri n. 1-00021, Boccuzzi ed altri n. 1-00099, Piazzoni ed altri n. 1-00100, Molteni ed altri n. 1-00101, Gigli ed altri n. 1-00102, Costa ed altri n. 1-00103 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00104, concernenti iniziative volte a garantire un adeguato risarcimento a favore delle persone che hanno subito danni da incidenti stradali (ore 15,01).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Colletti ed altri n. 1-00021, Boccuzzi ed altri n. 1-00099 (Nuova formulazione), Piazzoni ed altri n. 1-00100, Molteni ed altri n. 1-00101, Gigli ed altri n. 1-00102, Costa ed altri n. 1-00103 (Nuova formulazione) e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00104, concernenti iniziative volte a garantire un adeguato risarcimento a favore delle persone che hanno subito danni da incidenti stradali (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta del 17 giugno 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
  Avverto che è stata presentata la risoluzione Di Lello ed altri n. 6-00017. (Vedi l'allegato – A Mozioni e Risoluzione). Il relativo testo è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo che esprimerà altresì il parere sulle mozioni e sulla risoluzione presentate.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, lei ha ricordato, in apertura di seduta, che il 17 giugno si è svolta la discussione sulle linee generali alla presenza del Ministro della salute, l'onorevole Beatrice Lorenzin, la discussione di mozioni molto importanti, per la drammaticità del tema, che riguardava fondamentalmente le questioni relative alle iniziative che devono garantire un adeguato risarcimento a favore delle persone che hanno subito danni da incidenti stradali, discussione molto ricca che ha mostrato, proprio all'interno della diversificazione anche delle posizioni che sono contenute nelle varie mozioni, elementi di criticità rispetto ad un regolamento del quale, in qualche modo, le mozioni tendevano, pur con formulazioni diverse, a chiedere un ritiro immediato, visti elementi anche di assoluta incostituzionalità rispetto a un principio non uniforme rispetto ai danni subiti dalle persone da incidenti stradali.
  Di questo, il Governo vuole ringraziare ovviamente tutti i presentatori delle mozioni, soprattutto perché hanno posto all'Aula proprio questo tema dell'approvazione Pag. 43del regolamento. Pur con diversità di accenti – come ricordavo – tutte le mozioni hanno evidenziato le criticità che hanno oggi impedito ai vari Governi, che si sono succeduti negli ultimi anni, l'approvazione definitiva del regolamento che, ad avviso di tutti i presentatori, giustificherebbero una pausa di riflessione, finalizzata ad un approfondimento, per taluni anche solo in sede parlamentare, delle varie questioni emerse durante l'iter di perfezionamento del regolamento. Soprattutto intorno a questi argomenti: la conformità a parametri costituzionali: articoli 3 e 32 della nostra Costituzione di una tabella unica riferita al risarcimento dei soli danni biologici da sinistro stradale; in relazione alle conclusioni raggiunte sul predetto tema, l'opportunità, o meno, di un intervento legislativo correttivo, che estenda l'efficacia della tabella unica anche ai danni biologici non riferibili ai sinistri stradali, l'incidenza sull'emanando regolamento delle sopravvenienze legislative e, segnatamente, della nuova disciplina in materia di responsabilità degli esercenti professioni sanitarie, contenuta nell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 158 del 2012, secondo cui la tabella unica è parametro per il risarcimento dei danni, anche biologici, cagionati dagli esercenti le professioni sanitarie; l'aggiornamento della tabella ai più recenti indirizzi giurisprudenziali in materia di danno non patrimoniale e di massima personalizzazione del ristoro economico.
  Il Governo è consapevole che l'obiettivo che il legislatore si è posto con il regolamento in esame è meritevole di essere perseguito con la massima celerità. Occorre garantire uniformità di trattamento sull'intero territorio nazionale ai danneggiati dai sinistri stradali, superando l'attuale situazione che rimette all'apprezzamento dei singoli tribunali la scelta del criterio di liquidazione del danno alla salute.
  Ed è proprio questo l'elemento che cozza fondamentalmente con gli articoli 3 e 32 della Costituzione.
  Tale uniformità potrà avere effetti benefici per tutti i consumatori e costruire le condizioni affinché le compagnie di assicurazione possano determinare con maggiore certezza il rischio assicurato e, proprio alla luce di questo elemento, determinare una proporzionale riduzione dei premi assicurativi della RC auto. Tale obiettivo non può prescindere da un esame approfondito delle già elencate criticità emerse, da ultimo, anche nel dibattito parlamentare che si è svolto nella seduta del 17 giugno scorso.
  Pertanto, intendiamo rassicurare, come Governo, tutti i firmatari delle mozioni. Se il Parlamento intenderà promuovere un approfondimento della materia, nei suoi vari aspetti sociali, sanitari, economico-finanziari, coinvolgendo lentamente tutti i soggetti coinvolti, consumatori e compagnie di assicurazione, il Governo non farà mancare il suo apporto. Credo che la finalità di tutte le mozioni sia di riprendere una centralità vera del Parlamento nella discussione di merito e di approfondimento nelle Commissioni di merito. Credo che questo sia un punto sul quale è bene non solo riflettere, ma fare riassumere questa centralità in tempi anche molto certi, perché abbiamo necessità che questo regolamento sia massimamente condiviso e sia la risposta più concreta a persone che subiscono gravi menomazioni e che, quindi, proprio alla luce di questo elemento che attiene al danno biologico, fisico ma, a volte, anche e soprattutto morale e psicologico, di avere una risposta in termini molto certi e celeri, perché solo all'esito di tale percorso sarà possibile addivenire a una conclusione definitiva in ordine all'ineccepibilità dei criteri di compilazione della tabella unica.
  È dunque convincimento del Governo, anche per non mortificare proprio il lavoro del Parlamento, che non possono essere accolti gli impegni finalizzati al recepimento di specifiche tabelle oggi usate da uno o più tribunali italiani – ad esempio, le tabelle predisposte dal tribunale Pag. 44di Milano –, che sono la richiesta dell'impegno rivolto al Governo di almeno 4 delle mozioni rispetto all'insieme delle mozioni presentate.
  Non accogliere queste mozioni significa esattamente quello che è in premessa, ossia il ruolo centrale del Parlamento e una discussione di merito. Se questa discussione vuole essere centrale, l'assumere, in via astratta, già una tabella perseguita limiterebbe oggettivamente il lavoro. Proprio per questo, invece, noi riteniamo e siamo disposti, come Governo, a seguire, in maniera molto seria e determinata, gli impegni che si vogliono imporre.
  Alla luce di queste brevissime riflessioni, esprimo i pareri sulle seguenti mozioni: il Governo esprime parere contrario sulla mozione Colletti ed altri n. 1-00021; il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Boccuzzi ed altri n. 1-00099, nella nuova formulazione; il Governo esprime parere contrario sulla mozione Piazzoni ed altri n. 1-00100; il Governo esprime parere contrario sulla mozione Molteni ed altri n. 1-00101; il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Gigli ed altri n. 1-00102; il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Costa ed altri n. 1-00103; infine, il Governo esprime parere contrario sulla mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00104.
  Sulla risoluzione pervenuta poc'anzi, la risoluzione Di Lello ed altri n. 6-00017, il Governo esprime parere favorevole, a condizione che il dispositivo sia sostituito nel modo seguente: «a sospendere l'iter di approvazione del decreto del Presidente della Repubblica avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni dell'integrità psicofisica, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, fino all'espletamento di un approfondito, ma rapido confronto nelle Commissioni parlamentari competenti, così da tenere conto delle indicazioni che emergeranno in tali sedi, anche al fine di garantire l'adeguato contemperamento tra esigenze di tutelare le vittime degli incidenti stradali e quello di contenere i costi delle polizze della responsabilità civile automobilistica».

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Constato l'assenza dei deputati Di Lello e Formisano, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbiano rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, autorevoli esponenti del Governo, volevo esordire criticando il Governo che ha preceduto l'attuale, il Governo Monti, che appunto ha predisposto questo schema di decreto, che io ritengo truffaldino per i cittadini e assolutamente piegato alle logiche e agli interessi delle grandi assicurazioni e spesso delle banche che sono dietro queste assicurazioni. È un decreto predisposto sulla scorta di una legge del 2005, del codice privato delle assicurazioni. Gli articoli 138 e 139 davano una delega al Governo che per tanti anni non è stata esercitata. Peraltro, questo schema di decreto viene dopo una lunga elaborazione della giurisprudenza, culminata con una sentenza del 2011 molto importante che, da una parte, unificava il concetto di equità risarcitoria su tutto il territorio nazionale ma, da un'altra, prevedeva in maniera chiara anche importanti innovazioni sulla valutazione del danno non patrimoniale, del danno biologico. Teneva conto di tutti i danni relazionali che erano prodotti dalle gravi menomazioni provocate da incidenti stradali. Dicevo che stavo per criticare il Governo Monti, ma ancora una volta, dopo quello che ho ascoltato, quindi con i pareri contrari su una serie di mozioni, tutte condivisibili, presentate da un po’ tutti i gruppi, il Governo esprime quasi tutti pareri contrari a queste mozioni. In fondo, cosa chiedono queste mozioni ? Chiedono al Governo, atteso che lo schema di decreto non prevede neanche il parere delle Pag. 45Commissioni competenti, di ritirare questo obbrobrio di schema di decreto che taglieggia, danneggia, svillaneggia i diritti delle vittime, spesso dei superstiti, calpestandone anche la memoria, prevedendo delle riduzioni persino oltre il 60 per cento rispetto a quello che la Corte di cassazione solo nelle 2011 aveva previsto, dopo tanti anni.
  Ebbene, il Governo impunemente oggi dice che non si può sospendere, non si possono richiedere interventi equitativi. Mi sembra che la mozione presentata dai colleghi di SEL, così come quella del MoVimento 5 Stelle, così un po’ come tutte, siano ampiamente condivisibili ed invece si sceglie la linea di approvare sono alcune mozioni di maggioranza, che sfumano, che filosofeggiano sull'entità di queste tabelle previste in attuazione degli articoli 138 e 139, parlando di danno standard, che però può essere aumentato poi dal giudice in relazione a eventuali danni, anche psichici, legati alle perdite di relazione fino ad un 30 per cento, ma intanto preventivamente si prevede, rispetto ormai all'orientamento e anche a molti processi in corso, una riduzione fino al 30 per cento. Non stupisce chiaramente che alcune mozioni di maggioranza, segnatamente quelle di Monti, siano indirizzate ad un sostanziale sostegno, ma anche loro criticavano questo schema di decreto.
  Quindi, non si accetta un dibattito serio e compiuto sul tema e si finisce con il perdere tempo. Peraltro, non si mette in campo niente per evitare, per esempio, le truffe ai danni delle assicurazioni, che pure è un tema, e quindi il rischio della lievitazione dei premi delle polizze. Peraltro, anche se negli anni gli incidenti si sono ridotti, queste polizze non perdono la quantità del loro valore. Io credo che manchi un equilibrio.
  D'altro canto, non capisco come le forze di maggioranza vogliano perseguire una politica efficiente di contrasto alle frodi assicurative, ancorché si apprestino, a cominciare da oggi, a prevedere un provvedimento che introduce nuove pene alternative alla carcerazione, la messa in prova e la sospensione dei procedimenti, e quindi l'affidamento ai servizi sociali, per reati anche gravi, tra cui quello della truffa. Per cui, altro che contrasto alla truffa ! Voi vi apprestate a emanare un nuovo provvedimento «tana libera tutti». Quindi, credo che il Governo, in questa maniera, finisca solo per colpire, ancora una volta, le vittime degli incidenti stradali, i familiari; ancora una volta, si schiera dalla parte dei più forti, dalla parte delle banche e delle assicurazioni, così come ha fatto il Governo Monti. Non stupisce, quindi, anche se lo dico con un certo rammarico, vedere allineate le forze di maggioranza su questa posizione, assolutamente non condivisibile. Noi, ovviamente, chiediamo al Governo di ritirare il decreto, di rimettere la questione alle Commissioni parlamentari competenti, di avviare un dibattito e, se necessario, anche un'indagine conoscitiva.
  Peraltro, voglio dire ancora una cosa. Credo che il Governo manchi ancora su un dato effettivo: da una parte, nell'indicare con concretezza un principio di certezza della pena per coloro che commettono gravi reati in relazione alla circolazione stradale, ma, soprattutto, non si impegna minimamente in una politica seria di attenuazione dei danni, e quindi in una politica di incentivazione della cultura della buona guida stradale, della sicurezza delle strade, in investimenti adeguati, nel miglioramento dei sistemi elettronici che possano prevenire gli incidenti e in sistemi elettronici computerizzati che possano migliorare la mobilità, rendendola più sicura.
  Quindi, anche da questo provvedimento, onestamente, si desume un atteggiamento complessivo del Governo del «tirare a campare», senza una prospettiva seria e sempre dalla parte dei più forti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boccuzzi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, come ho già detto nel mio intervento in sede di discussione sulle linee generali, noi riteniamo grave l'utilizzo delle nuove tabelle rispetto a quelle del Pag. 46tribunale di Milano, peraltro già riconosciute all'interno di una sentenza importante.
  Quindi, abbiamo ritenuto di formulare questa mozione per chiedere al Governo di fermarsi, di fermarsi a fare una valutazione, un confronto; un confronto che dovrebbe avvenire all'interno delle Commissioni, un confronto indispensabile, a mio avviso, per poter fare alcune valutazioni, non solo legate alla questione dei risarcimenti, che ritengo, però, il cuore di questo provvedimento, anche perché, come abbiamo già detto in tutte le mozioni presentate, questa modifica delle tabelle, questo riconoscimento nelle nuove tabelle, implica una riduzione dei risarcimenti importante, elevata, troppo elevata e, a mio avviso, discriminatoria.
  Per questo motivo, credo che noi dovremmo andare avanti in una discussione meno di parte, in qualche maniera, soprattutto senza correre il rischio di strumentalizzare ciò che stiamo discutendo.
  Nessuno vuole appropriarsi di un argomento tanto importante, tanto delicato quanto quello in oggetto nelle mozioni. E quindi, a maggior ragione, credo sia opportuno fermarsi un momento e cercare un confronto con tutti i soggetti che dovranno partecipare all'indagine conoscitiva che abbiamo richiesto, in modo da avere – come dire – cognizione, tutti noi, di ciò che stiamo affrontando e su ciò che stiamo fornendo, ossia, non un parere – perché questo non è ciò che ci viene richiesto – bensì un contributo, un contributo importante, che dovrebbe essere dato da questo Parlamento per un argomento tanto importante, tanto delicato. Molte sono state le sollecitazioni, soprattutto delle associazioni di vittime della strada. Quindi ritengo che a maggior ragione sia indispensabile questo confronto.
  Non abbiamo chiesto il ritiro anche per un motivo, un motivo, direi, quasi banale, perché a mio avviso potrebbe essere più utile iniziare un percorso all'interno di un confronto, piuttosto che fermarsi al ritiro e ritrovarci fra qualche tempo nuovamente con variazioni delle tabelle, che potranno e, a mio avviso, rischiano seriamente di essere un danno per persone che già hanno pagato un gravissimo prezzo dovuto a un incidente e quindi a una menomazione. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nastri. Ne ha facoltà, per nove minuti.

  GAETANO NASTRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto del Presidente della Repubblica sui risarcimenti per lesioni di grave entità, le cosiddette macrolesioni, tocca un tema delicato e sicuramente anche di primaria importanza, in quanto attinente alle menomazioni dell'integrità psicofisica e a eventi recanti pregiudizio rispetto a quel diritto alla salute previsto e tutelato dall'articolo 32 della Costituzione.
  È bene ricordare che il fenomeno degli incidenti stradali in Italia continua a comportare costi molto alti, sia in termini di vite umane sia di danni alla salute.
  Si stima che sulle strade ogni giorno vengono ferite in media 800 persone, di cui 11 perdono anche la vita. Purtroppo una percentuale elevata di queste vittime sono giovani. È innegabile quindi la difficoltà di stabilire una quantificazione corretta di un danno del genere, che comporta la perdita di una persona cara oppure la condanna del ferito ad una disabilità permanente. Una condanna che per molte persone si traduce in una non autosufficienza o in un forte condizionamento della vita quotidiana e di relazione, con la necessità di una assistenza costante.
  Si stima che i costi sociali derivanti da gravi incidenti stradali ammontino oggi a circa 30 miliardi di euro all'anno. Ne consegue purtroppo che questi eventi non ledono solamente la salute della persona, ma pregiudicano anche un altro diritto costituzionalmente riconosciuto, quello del lavoro, in quanto le vittime dell'incidente, a causa delle menomazioni riportate, possono non essere più in grado di svolgere una attività lavorativa. Un esito infausto che può minare l'autosufficienza economica dell'individuo, ancor più oggi in Pag. 47tempi di crisi e di incertezza, con contraccolpi sicuramente negativi sulla persona e con ricadute significative anche per i costanti costi gravanti sulla collettività.
  Ecco perché risulta più che mai prioritario raggiungere l'approvazione del documento, il cui iter è atteso ormai da sette anni, in tempi ragionevoli conciliando il doveroso dibattito sulla valutazione dei criteri per il risarcimento e il loro valore, secondo parametri equi ed una indispensabile accelerazione del confronto.
  La tabella contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica intende definire il valore pecuniario da attribuirsi ad ogni punto di invalidità, fra dieci e cento punti delle menomazioni dell'integrità psicofisica, comprendendo anche i coefficienti di variazione, in base all'età del soggetto leso. Finora, in assenza di una normativa che detti regole certe e univoche per tutto il territorio nazionale, si è infatti perpetrata una condizione di eterogeneità del giudizio per la definizione delle lesioni e dell'invalidità ai fini del risarcimento – un diritto –, una situazione che contrasta rispetto alla necessità di garantire la certezza del diritto, ma anche la sua uniforme applicazione a tutela dei diritti di tutti i cittadini vittime di lesioni gravi. Troppo spesso accade, infatti, che la soggettività del giudizio produca decisioni e stabilisca importi del risarcimento molto difformi, specialmente tra i residenti al nord e al sud d'Italia. Appare quindi evidente l'urgenza di porre fine al periodo di vacatio legis, affinché si arrivi alla formulazione di una tabella unica valida in tutto il Paese. Su questo punto è bene sottolineare che esiste accordo unanime da parte dei consumatori, delle compagnie assicurative e, mi auguro, di tutte le forze politiche che intendono promuovere e costruire una disciplina chiara in materia, che non dia adito a dubbi e ambiguità interpretative.
  La mancanza di uno strumento legislativo uniforme ha rischiato di attribuire alla giurisprudenza un'eccessiva discrezionalità e, nonostante l'ampia convergenza in merito rispetto all'utilizzo della tabella applicata dal tribunale di Milano, riconosciuta da una sentenza della Corte di Cassazione del 2011, si ritiene che i margini di incertezza siano ancora troppo ampi per assicurare l'equo trattamento dei soggetti coinvolti.
  Un'altra conseguenza negativa si manifesta nel rischio che il mercato delle assicurazioni si irrigidisca, producendo un atteggiamento difensivo delle compagnie con un potenziale innalzamento delle tariffe. Un altro effetto negativo della vacatio legis è insito nel manifestarsi dell'incremento esponenziale del contenzioso civile, le cui tempistiche e incertezze appaiano tristemente note. Un risultato che suona come una beffa nei confronti di chi, già seriamente menomato nel fisico con conseguenze destinate a cambiarne l'intera esistenza, rischia di non vedere riconosciuto neppure dal punto di vista economico il grave danno subito. Ciò si aggiunge all'attuale sistema sanzionatorio inerente agli omicidi colposi per la violazione delle norme sul codice della strada e la circolazione stradale, che spesso si risolve in una mancanza di effettività della pena per i responsabili in gran parte dei procedimenti giudiziari.
  Per arrivare alla definizione di criteri risarcitori validi e condivisi sono già stati raccolti numerosi elementi nel corso del lungo iter di discussione del decreto in questione. Di fronte alla piaga degli incidenti stradali sono anche convinto sia necessario che il Governo si faccia promotore di nuove e più mirate iniziative di sensibilizzazione riguardo alle conseguenze derivanti da una guida irresponsabile, pericolosa, affrontata talvolta con una sfida. Sarebbe a questo punto auspicabile mettere a punto campagne informative ad ampio spettro, che coinvolgano i principali media e che abbiano come primi destinatari i giovani. A questo scopo sarebbe utile progettare attività educative, anche in collaborazione con la scuola, affinché i ragazzi imparino ad affrontare le strade con serietà, senza distrazioni o leggerezza, ricordando che quando si è al volante di un auto o di una moto non si sta giocando, ma si ha la responsabilità della propria vita e della vita altrui. Altrettanto Pag. 48utile sarebbe la predisposizione di messaggi di comunicazione sociale che sottolineassero il corretto comportamento alla guida, troppo spesso dimenticato anche dai più esperti, specialmente per ciò che riguarda l'uso appropriato di cellulari e dispositivi elettronici che troppo di frequente sottraggono l'attenzione indispensabile per una guida sicura e conscia dei potenziali pericoli.
  La tempestività con cui la norma sulle macrolesioni verrà approvata contribuirà a dare sostanza a quel giusto risarcimento che la legge stabilisce per le vittime di gravi handicap psicofisici in seguito a incidente stradale. Non si possono più, quindi, frapporre indugi, è compito e responsabilità del Parlamento rendere reale ed effettiva questa tutela.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membro del Governo, innanzitutto vorrei illustrare gli eventi che ci hanno indotto a portare la discussione in quest'Aula. L'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha aggiornato i valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesioni all'integrità psicofisica e dalla perdita e grave lesione del rapporto parentale, adeguando gli importi all'aumento del costo della vita sulla base degli indici ISTAT nel periodo gennaio 2011-gennaio 2013, con conseguente incremento superiore al 5 per cento rispetto ai parametri precedentemente in vigore.
  Considerando che la Corte costituzionale ritiene «intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie sono decise da differenti uffici giudiziari» e «poiché l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psicofisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi». La Corte costituzionale ha, quindi, indicato le tabelle milanesi quali criteri di riferimento per la stima del danno alla persona.
  Prendendo atto che il Governo, da parte sua, ha dichiarato l'intenzione di procedere all'approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante tabella per menomazione all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo del 2005, secondo lo schema del decreto allo studio del Governo, la liquidazione monetaria della menomazione all'integrità psicofisica risulta notevolmente più bassa rispetto alle tabelle di Milano, arrivando addirittura a una decurtazione del 60 per cento delle predette liquidazioni.
  Ciò ha provocato forti reazioni da parte delle associazioni familiari delle vittime degli incidenti stradali. È necessario stabilire criteri risarcitori certi, uniformi, adeguati e sostenibili e assicurare, così, maggior certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando sperequazioni e differenziazioni territoriali e assicurare tutela del diritto inviolabile alla salute e un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti.
  Inoltre anche la tabella relativa alle menomazioni di lieve entità, emanata ai sensi dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni private, risulta essere molto più bassa rispetto al contenuto previsto dalle tabelle di Milano.
  Il decreto-legge del 2012, il cosiddetto decreto Balduzzi, ha esteso l'applicazione della tabella, ex articolo 138 del codice delle assicurazioni private, alle menomazioni causate da responsabilità medica e, pertanto, ha tagliato la misura dei risarcimenti tutt'oggi riconoscibili, con evidenti effetti dissuasivi all'incardinamento del contenzioso giudiziale.
  È necessario sottolineare, inoltre, che oggi i costi delle polizze per la coperture assicurative dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada subiscono continui rincari che pesano in modo considerevole sui bilanci delle famiglie. Pag. 49Questi rincari sono strettamente collegati al fenomeno sempre più preoccupante, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative. Se pure è stata dimostrata una forte incidenza del peso delle frodi sui costi delle polizze, questa non può tuttavia rappresentare un elemento di giustificazione da parte delle compagnie di assicurazione a danno esclusivo dei consumatori onesti. Nella scorsa legislatura, l'insieme degli interventi adottati (decreto-legge del 2012, il cosiddetto decreto liberalizzazioni, e, sempre del 2012, il cosiddetto decreto crescita) non sembra aver avuto effetti decisivi rispetto all'obiettivo del contenimento dei costi delle polizze a beneficio dei consumatori.
  Detto tutto ciò, chiediamo che il Governo ritiri il proprio schema di decreto che definisce la tabella unica nazionale per il risarcimento standard del danno biologico alle vittime degli incidenti stradali, e che orienti la propria attività politica nella direzione di una conformità alle tabelle approvate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano nel marzo 2013 e alle sue relative successive modifiche. Chiediamo inoltre che il Governo adotti misure incisive per favorire la riduzione del costo dei premi assicurativi, anche attraverso il rafforzamento delle azioni di contrasto alle frodi, per evitare che le gravi inefficienze del settore vengano pagate dagli assicurati onesti. Capisco che il mio intervento non sia, a suo giudizio, di interesse perché o è al telefono o parla con altri colleghi, però mi permetto di trovarmi non stupito del parere del Governo dato che la Lega chiedeva di usare una tabella migliorativa rispetto ad altre in Italia vicine ai consumatori. Ma notiamo che, come l'ex ministro Balduzzi del precedente Governo, anche questo Governo è sempre più vicino alle lobby e sempre più lontano dai cittadini. Vorrei concludere riprendendo quanto già riportato dal collega Boccuzzi della cui amicizia mi onoro in altra sede. A nessuno venderemo, negheremo, differiremo o rifiuteremo il diritto o la giustizia e, come sosteneva Voltaire, il sentimento di giustizia è così universalmente connaturato all'umanità da sembrare indipendente da ogni legge, partito o religione. Per quello continuiamo a mantenere il nostro giudizio su questo Governo, consideriamo importante la mozione e chiediamo il voto dell'Aula.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Aiello, che illustrerà la mozione n. 1-00100, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  FERDINANDO AIELLO. Signor Presidente, anche noi di Sinistra Ecologia Libertà chiediamo di ritirare lo schema di decreto per quello che abbiamo già detto in precedenza e per quello che sostenevano poc'anzi i colleghi, compreso Boccuzzi, che non so se parla a titolo personale o a nome del PD, cioè per ritirare questo decreto e non per sospenderlo; andare in una direzione che è quella della garanzia per quanto riguarda le persone che sono vittime di incidenti. Perché questo in questo momento non c’è. Voglio fare un piccolo esempio: un ragazzo di 35 anni con questo decreto – se va in vigore – che percepiva un risarcimento danni di 480 euro a punto, con questo decreto passerà a 220. Questo è un decreto che va in una sola direzione, non quella dell'interesse delle vittime, bensì quella della garanzia dei profitti delle compagnie assicurative, che già hanno aumentato le tariffe in questa fase e in questi anni, perché c’è stata una riduzione degli incidenti su tutto il territorio nazionale. Quindi chiediamo buonsenso al Governo in questa direzione per cercare di far attuare su tutto il territorio nazionale una tabella.
  L'unica tabella equa è quella del tribunale di Milano, riconosciuta anche dalla Cassazione, e questo dovrebbe essere vincolante. Io vengo da una terra dove non c’è la stessa applicazione di tabella di quella di Milano, bensì inferiore. Ma voglio ricordare anche all'Aula che ci sono due tariffe, una per le donne e un'altra per gli uomini, all'interno del risarcimento danni dell'assicurazione e questo non è accettabile, proprio perché veniamo da una discussione all'interno di quest'Aula. Allora Pag. 50la speculazione finanziaria delle compagnie assicurative non può trovare una sponda in un Governo che dovrebbe garantire quantità e qualità ai cittadini sul proprio territorio nazionale.
  Guardate che parliamo di un risarcimento puramente economico nei confronti di queste vittime, che subiscono incidenti e che hanno traumi che vanno dal 10 al 100 per cento e nessuno potrà risarcire loro la loro vita, la loro abitudine, la loro quotidianità. Se non riconosciamo anche un minimo di garanzia, che possa assistere e accompagnare questa gente, in un futuro prossimo, in un qualcosa che gli appartiene nel fare la loro quotidianità, ma il Governo va in una direzione che è quella di garantire ancor di più un profitto alle compagnie assicurative, vuol dire che non abbiamo il senso di un voto che precedentemente c’è stato in quest'Aula. Precedentemente c’è già stato un voto in quest'Aula e molti di voi sono parlamentari che sono di lungo corso, che hanno già votato in una direzione, che avevano dato un indirizzo. Approvare questo oggi sarebbe anche venir meno ad un'indicazione dell'Aula, e non sono sicuramente io uno di quei parlamentari che crede nella continuità e nel buongoverno attraverso solo ed esclusivamente la continuità. E questo è un qualcosa che viene dal Governo Monti e si poteva anche capire – e sicuramente non per noi di Sinistra Ecologia e Libertà – vista la vicinanza ad alcuni poteri forti del governo della finanza nazionale ed europea. Ora ciò non si capisce, in presenza di un Governo sicuramente politico.
  Mi riferisco soprattutto agli amici del PD, che hanno una caratterizzazione, una storia e una provenienza. Non si può portare avanti un provvedimento e un decreto di questo tipo, perché ancora una volta stiamo mortificando, si vanno a mortificare quei cittadini che dovrebbero invece usufruire di un risarcimento per quello che è stato fatto loro, per quello che hanno subito. Quindi noi andiamo a diminuire un risarcimento. Lo ribadisco con forza e lo ribadisco ancor di più, perché non solo ha fatto bene il collega di Fratelli d'Italia a dire anche le cifre degli incidenti quotidiani, quindi le persone. Poi, se non ci si rifà anche dal punto di vista del risarcimento, questi vanno a gravare anche sul Servizio Sanitario Nazionale, ma non è solo questa la discussione che voglio fare. Io voglio solo cercare di far capire all'Aula – e voglio ringraziare per la costanza che c’è qui nell'Aula in questa materia e in questa discussione – che è una cosa di fondamentale importanza, che non andiamo a togliere soldi a nessuno, anzi andiamo a far arricchire le compagnie di assicurazione e andiamo ad impoverire quelli che hanno diritto ad un risarcimento danni. Le tabelle devono essere... Non so se la mozione su cui il Governo ha dato parere favorevole è per far votare gli amici e colleghi del PD, perché se questo è, dovete sapere che state votando su un provvedimento che va verso strade diverse da quelle che diceva il collega Boccuzzi.

  PRESIDENTE. Colleghi vi invito ad abbassare il tono della voce, cortesemente. Prego.

  FERDINANDO AIELLO. Grazie Presidente. Stavo dicendo che se la mozione accettata dal Governo è una mozione, da parte dei colleghi del PD, che viene accettata dal punto di vista strategico per farli votare e comunque non si fermerà questo decreto e quindi non verrà ritirato, state votando una mozione che va nella direzione opposta a quella che il vostro collega di gruppo Boccuzzi diceva poc'anzi. Quindi da questo punto di vista io ritengo che deve prevalere un buon senso nell'Aula. Quindi ritirate questo decreto, se ne va a ridiscutere. Le compagnie di assicurazione hanno una sentenza della Cassazione e devono attuare quella che è una sentenza della Cassazione e quindi le tabelle del tribunale di Milano su tutto il territorio nazionale.
  E da questo punto di vista forse garantiremo – e ho finito, Presidente – quantità e qualità, ma soprattutto le compagnie di assicurazione garantiranno la dignità, che viene tolta alle vittime di un Pag. 51incidente, a quelle persone che hanno diritto, non solo ad un'assistenza, ma che non hanno più un futuro, non hanno una prospettiva di vita e una qualità della vita, solo perché hanno avuto la sfortuna di trovarsi in un momento sbagliato in un posto sbagliato. Ma questo non può avvenire, perché oggi non è un giorno sbagliato, ma è un giorno di riflessione in quest'Aula e il buonsenso deve far prevalere quella che dovrebbe essere la linea di tutti i parlamentari, quella di ritirarlo ed avviare un altro tipo di percorso, che è quello dell'imposizione delle tabelle del tribunale di Milano su tutto il territorio nazionale per garantire la quantità e la qualità della vita a queste persone (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, i dati relativi agli incidenti stradali, siano essi automobilistici, oppure incidenti su moto o motorini, meritano una forte attenzione da parte di tutti noi, e la discussione di questa mozione ce ne fornisce un'opportunità importante. Ragionando sulle nuove tabelle per la quantificazione del danno e il relativo risarcimento che le compagnie di assicurazione dovrebbero dare, sono emerse alcune proposte ampiamente condivise tra i diversi gruppi, che conducono, però, ad una sostanziale richiesta di attesa e di riapertura del tavolo di discussione prima della sua approvazione definitiva. In linea con quanto a suo tempo proposto dallo stesso Ministro Balduzzi, a cui qualcuno durante il dibattito dei giorni scorsi ha voluto imputare l'attuale discutibile formulazione, le stesse perplessità che oggi preoccupano tutti noi sono state le sue ed è anche per i suoi dubbi che oggi possiamo riaprire il dibattito ed auspicare una soluzione più giusta e coerente con alcuni valori che stanno a cuore a tutti noi e che mi piace sintetizzare in tre parole chiave.
  Prima di tutto, la tutela del diritto alla salute che, nel caso di incidenti stradali, include necessarie, qualificate e indispensabili cure legate ad una riabilitazione di alta qualità.
  E, poi, l'altrettanto indispensabile risarcimento, per vivere con dignità la propria vita nelle nuove condizioni e con i nuovi limiti che la caratterizzano. Poi la necessaria equità sul piano nazionale per cui, mentre da un lato si auspica, a parità di lesione, una condotta risarcitoria analoga tra le diverse società di assicurazione di tutto il territorio nazionale, dall'altro si deve anche tener conto che non esistono situazioni di deficit motorio uguali tra di loro. Le conseguenze possano essere diverse a seconda dell'età delle persone, della loro condizione sociale e delle effettive conseguenze che ricadono sulla vita personale, familiare e professionale, per il vissuto che si determina e per quel danno esistenziale che è sempre diverso da persona a persona. L'equità è spesso anche consapevolezza della diversità e non tutto è sempre riconducibile ad una semplice tabella di conversione. Noi auspichiamo che ci sia un'opportuna attenzione alla diversità senza che la diversità però abbia il carattere discriminatorio.
  Il terzo punto che suscita in noi forti perplessità, ultimo, ma non ultimo, è il fatto che le tabelle in questione siano ispirate, più che a una tutela effettiva della persona in un momento di particolare fragilità, ad una riduzione dei costi ad unico vantaggio delle compagnie di assicurazione. Ancora una volta, quando ci si ferma a dare un prezzo alla vita umana, si può scivolare verso valutazioni profondamente ingiuste, perché la vita umana non ha prezzo e non si possono fare economie speculando sui rimborsi dovuti in caso di incidente e di incidente grave.
  Quindi, ciò che noi intendiamo mettere al centro dell'attenzione della nostra mozione, sono la centralità della persona, il valore della vita umana in tutte le circostanze e condizioni, e quei principi di equità, efficacia ed efficienza che dovrebbero caratterizzare ogni sistema risarcitorio autenticamente rispettoso della dignità della persona.Pag. 52
  D'altra parte, non possiamo trascurare il rapporto ISTAT-Automobile Club d'Italia del 2010, che ci dice che, in Italia, nel 2009, si sono verificati oltre 200 mila incidenti stradali, che hanno interessato oltre 300 mila persone – a conferma che quando c’è un incidente stradale le persone coinvolte sono sempre in numero superiore a quello degli incidenti stessi –, con 4 mila decessi che, in gran parte, riguardano giovani tra i venti e i trent'anni. Sono loro che, spesso, vanno incontro a deficit permanenti che cambiano radicalmente le loro prospettive di vita e che ci impongono una riflessione serissima sui servizi di riabilitazione intensiva, in cui vanno inseriti per tempi ben più lunghi di quelli attualmente riconosciuti dalla normativa.
  La normativa, come tutti ricordiamo, prevede 45 giorni di riabilitazione, ma tutti sappiamo che la riabilitazione non comincia il giorno dopo l'incidente o il giorno dopo l'intervento operatorio: richiede un tempo prolungato e richiede di poter accettare, anche a livello normativo, quella finestra che separa l'intervento dall'inizio della riabilitazione. È in questa fase che le persone e le loro famiglie hanno bisogno di interventi risarcitori consistenti, tempestivi, altamente qualificati. Eppure, troppo spesso, le persone si sentono sole, perché le strutture adeguate sono pochissime sul territorio nazionale e dispongono di un numero di letti insufficiente, che impone lunghe liste di attesa, con una perdita di opportunità effettive sul piano della riabilitazione. E questo rende ancora più drammatiche le conseguenze stesse dell'incidente.
  La mozione che oggi presentiamo si occupa evidentemente di una materia molto delicata, nella quale convergono esigenze apparentemente contrastanti: il diritto del soggetto colpito dall'incidente e la necessità di individuare soluzioni fondate su criteri di equità per la liquidazione del danno in sede assicurativa. In passato, esisteva una vera e propria giungla giurisprudenziale, con riconoscimenti diversi da caso a caso, da tribunale a tribunale, da regione a regione, da società assicurativa a società assicurativa. La Cassazione ha sostenuto l'opportunità di recepire su tutto il territorio nazionale le cosiddette tabelle del tribunale di Milano, che contemplano oltre al danno biologico anche quello morale, soprattutto, quando la menomazione accertata determina problemi di tipo dinamico-relazionale nella vita del danneggiato, mentre gli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni si riferiscono al solo calcolo del danno biologico. Ma anche le tabelle di Milano, che pure sotto certi aspetti rappresentano un passo in avanti, non riflettono ancora adeguatamente questi criteri di equità, di efficienza, di efficacia, ai quali noi annettiamo un'importanza assoluta. Come richiamato dalla Corte di Cassazione, alla nozione di equità...

  PRESIDENTE. Deputata Binetti, le chiedo scusa. Poiché abbiamo ancora problemi di registrazione con il suo microfono, le chiedo se può spostarsi al banco più avanti. Mi dispiace interromperla, ma, purtroppo, ci sono dei problemi tecnici che non dipendono da noi. La ringrazio.

  PAOLA BINETTI. Come richiamato dalla Corte di Cassazione, alla nozione di equità è intrinseca non solo l'idea di adeguatezza, ma anche quella di proporzione. L'equità costituisce strumento di uguaglianza proprio perché consente di trattare i casi analoghi in modo analogo e quelli dissimili in modo dissimile, cercando di far convergere l'esigenza di parità di trattamento con la regola del caso concreto, cioè l'uniformità di base del risarcimento con l'elasticità e la flessibilità, che permettono di adattare, quantitativamente e qualitativamente, il parametro uniforme alle circostanze del caso concreto.
  Quando si tratta di risarcimenti assicurativi si ha a che fare, certamente, con valutazioni evidentemente economiche, che pure vanno calcolate in relazione al danno ad una certa persona, danno che, per sua natura, non è patrimoniale – non è solo patrimoniale – ed è difficile da quantificare. Di qui, la difficoltà di dare, Pag. 53da un lato, riscontro ai diritti spettanti ai danneggiati e, dall'altro lato, di evitare sperequazioni e differenziazioni territoriali. L'interpretazione della legge deve garantire i diritti dei soggetti infortunati, contrastando il rischio di eventuali sperequazioni, ma non può essere guidata da una cultura del sospetto, per cui nel timore che qualcuno possa imbrogliare, si feriscono le legittime aspettative di tanti altri soggetti, che – non dimentichiamolo – hanno diritto al risarcimento anche in virtù di un'assicurazione a suo tempo sottoscritta.
  Stiamo parlando non della magnanimità o della beneficenza delle società di assicurazione, ma di concreti ed effettivi doveri da loro sottoscritti nel contratto con il cliente, che a questo punto è diventato paziente e rivendica i suoi diritti della posizione di nuova fragilità. Il Governo è stato sollecitato a proporre, con decreto del Presidente della Pubblica, un nuovo codice delle assicurazioni private contenente una tabella unica nazionale per il risarcimento sia delle menomazioni di lieve entità sia di quelle con punteggio di invalidità superiore a dieci. Ma questa proposta, esaminata con attenzione, si è rivelata fortemente penalizzante per gli infortunati, dal momento che si può arrivare a riduzioni del 60 per cento del valore del risarcimento rispetto ai parametri.
  Si rischia così di creare ulteriori danni anche ai medici e al personale sanitario, sempre in termini risarcitori, per i danni derivanti da eventi connessi alla loro responsabilità professionale a causa del decreto-legge n. 189 di fine 2012 convertito in legge nello stesso 2012. Diventa quindi necessario dare piena attuazione a quanto richiama la Corte di Cassazione, per soddisfare sia le vittime di incidenti stradali che quelle di lesioni prodottesi da altre cause, quali, ad esempio, gli eventi avversi in campo sanitario. Non si può neppure trascurare il problema della sostenibilità della spesa assicurativa complessiva, senza il cui controllo potrebbe diventare inevitabile un ulteriore aumento dei premi a carico degli assicurati, che già oggi sono poco sostenibili e sono tra i più alti in Europa. Oltretutto, il costo dell'assicurazione è più alto in alcune regioni che in altre perché il costo dei sinistri sembra più alto, e questo costo si riversa sui prezzi, con un circolo vizioso che va spezzato, anche perché, in queste regioni, il reddito medio delle famiglie è più basso dei rincari stessi delle assicurazioni automobilistiche.
  Per tutti questi motivi, anche a nome dei colleghi del mio gruppo firmatari di questa mozione, vogliamo impegnare il Governo a riesaminare l'intera problematica, senza limitarci, però, agli aspetti risarcitori legati al codice delle assicurazioni private. Può essere utile un approfondimento in tutte le Commissioni parlamentari di merito, per affrontare questo stesso problema alla radice. Vorremmo che si intervenisse nelle tre fasi cruciali: prevenire gli incidenti, con la duplice azione di tipo educativo e in parte strutturale, per esempio la manutenzione delle strade; vorremmo che si intervenisse tempestivamente sul piano riabilitativo in modo adeguato non appena gli incidenti si verificano; e infine, vorremmo che si risarcisse quanto dovuto nel tempo giusto, senza aggiungere sofferenza a sofferenza per le estenuanti attese delle assicurazioni quando devono pagare e che obbligano il soggetto a un contenzioso che appesantisce davvero una situazione già difficile di per se stessa.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Mi scuso anche per i disguidi tecnici. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Argentin. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  ILEANA ARGENTIN. Signor presidente, colleghi, credo che questa mozione sia veramente importante, soprattutto tutto il tema che andiamo a trattare. Ho chiesto la parola al fine di dimostrare che, a differenza di quanto è possibile immaginare, sono moltissime le persone che dopo un incidente si trovano in una situazione di mancanza di autonomia. Ci tengo a precisare il termine autonomia, Pag. 54per dire che, a differenza di quanto l'immaginario collettivo crede, autonomia non vuol dire non camminare, molte volte significa non poter muovere le mani, non poter voltare la testa e conseguentemente non poter andare in bagno, non poter mangiare da soli, non poter bere da soli. Beh, questo è il frutto quasi sempre di un incidente stradale. Lo dico perché per tanti anni sono stata vicina all'Associazione italiana paraplegici e tetraplegici e quindi ho la conoscenza di queste problematiche. Ricordo, ad esempio, che il presidente dell'associazione rimase in carrozzina, con una lesione molto alta, perché stava mettendo l'autoradio nel momento in cui per una disattenzione si è giocato interamente la sua vita. Beh, quest'uomo ha avuto un risarcimento patrimoniale completamente diverso da un ragazzo che ha avuto la stessa disavventura avvenuta a Milano.
  Esistono dei criteri assolutamente disorganici, non ci sono, come dire, parametri che possono essere in qualche modo quantificabili, diciamo, in modo corretto e giusto. Per cui non sottovaluterei per niente l'idea di fare un'analisi ancora nelle Commissioni e di rivedere con attenzione queste tabelle perché, diceva la collega Binetti poc'anzi, non si può quantificare patrimonialmente un limite, però è pur vero che noi possiamo quantificare la necessità dei servizi. Cioè noi dobbiamo partire dall'idea, con grande umiltà ma con determinazione, che una persona che ha subito un incidente stradale grave e ha subito conseguentemente un punteggio alto o basso che sia, deve avere la necessità di alcuni servizi, perché io credo molto nello Stato, nel pubblico e credo che se noi abbiamo parlato di livelli assistenziali in questa Aula, e l'abbiamo fatto anche negli anni precedenti, noi dobbiamo prendere consapevolezza che le tabelle di un incidente stradale diventano fondamentali. Non possono esistere figli e figliastri, quindi non è che se qualcuno ha un incidente a Roma deve essere più fortunato di uno che ce l'ha a Milano, né tantomeno dobbiamo sottovalutare l'importanza di utilizzare, noi per primi, una attenzione assoluta.
  Col Governo precedente noi abbiamo costituito un momento di incontro con le varie Commissioni, ma anche con le associazioni di categoria che si andavano a difendere, per quello che stava succedendo, ma credo che sarebbe corretto far capire che non è il Ministro alla sanità solo il responsabile, o meglio, colui che ne ha la competenza, perché il Ministro dei lavori pubblici si occupa delle barriere architettoniche, e perché allora non responsabilizzare la VIII Commissione (ambiente, territorio e lavori pubblici) ? Oppure la IX Commissione (trasporti), perché si tratta dei trasporti accessibili e della mobilità per tutti, perché noi non dobbiamo avere quella strana idea che divenire poi un giorno disabile, nel senso di persona con delle difficoltà fisiche, significa che uno deve essere solo assistito. Molte volte, io ve lo dico per conoscenza proprio delle persone, a me è capitato vedere gente che ha avuto un incidente e che con quei soldi si compra la casa ! O si compra quello ovviamente che desidera. Ma perché si compra la casa ? Perché nella casa dove viveva non può più entrare. Perché sicuramente uno non ha idea di quello che significano un bagno accessibile, una cucina accessibile, eccetera.
  C’è questa falsa idea che bisogna assistere l'infortunato, mentre invece non si può solo assistere, bisogna intervenire integrando e includendo il soggetto nella quotidianità, per cui credo che debba esserci un ritorno in tutte le Commissioni, le chiedo di poter firmare questa mozione del Partito Democratico, di poter aggiungere la mia firma, proprio per l'importanza di quanto viene sostenuto, riguardo all'attenzione e alla sensibilità di non dare per scontato che dieci vale dieci ovunque, così a priori. Dieci vale dieci e lo deve valere in tutte le regioni d'Italia, allo stesso modo, ma è pur vero che non dobbiamo prescindere totalmente dalla situazione ambientale del soggetto.
  Ora se manca un braccio manca un braccio, però siamo tutti consapevoli che Pag. 55se manca un braccio a una persona che ha un marito, dei figli, una madre, in una situazione in qualche modo tutelata, «parata», essa ha meno problemi. Se noi pensiamo a una persona che ha un incidente e perde un braccio, ed è sola, questa sicuramente avrà necessità di un aumento... cioè non è che possiamo pensare che le tabelle non siano costruite anche in base alla situazione esterna del soggetto, perché francamente, a parte che non so se voi sapete che c’è questo luogo comune che gira secondo il quale «i disabili che hanno avuto un incidente stradale non si definiscono disabili». Loro sostengono di aver avuto «un limite a causa di...», e quindi anche psicologicamente il loro disagio è diverso da quello di chi comunque lo vive dall'inizio.
  E questa cosa fa la differenza rispetto ai costi, perché mentre io mi adatto all'autobus accessibile, colui che ha avuto un incidente stradale cerca il taxi accessibile. C’è proprio una forma culturale diversa di integrazione e di inclusione.
  Non la voglio tirare per le lunghe, però – lo ripeto – la casistica, i punti, le regole non sono cosa da poco, perché non sono i 100 mila euro, né un milione di euro che potranno risolvere la vita di chi ha avuto una menomazione permanente. Credo che sia invece un ragionamento a trecentosessanta gradi, con l'intervento di tutto il quadro del Governo, e non solo di quello assistenziale, che può cambiare le cose.
  E inoltre mi permetto, visto che siamo in argomento, di non banalizzare in tutto questo le commissioni mediche e la giustizia, perché sono il primo punto di riferimento con cui la persona o la famiglia fanno i conti. Quando sentiamo che qualcuno ha avuto un incidente stradale, in televisione dicono sempre «gravissimo», ma generalmente poi non muore. Non è che muoiono tutti, c’è questa idea un po’ falsata: sono quelli che rimangono per lungo tempo in uno stato comatoso, o comunque vivono una situazione di grave disagio. A chi diamo i soldi ? Riteniamo che vada compensato il soggetto, o anche chi in quel momento ha dovuto comunque far fronte ad una serie di spese e di costi ? Credo che su questo non possiamo andare alla leggera, ma dobbiamo usare il massimo dell'attenzione.
  Sosterrò quindi con forza la mozione del PD, perché ritengo che sia quella con più attenzione a ciò; ritengo che siano corrette tutte le altre, senza togliere niente a nessuno. Ma vi ricordo che l'attenzione maggiore va rivolta alle assicurazioni, che ben ci guadagnano; ma dovete sapere che mentre speculano profondamente su chi vive un disagio per un incidente stradale, nessuno ci offre l'assicurazione sulla vita, cioè le assicurazioni ci impediscono di assicurarci per la vita (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Costa. Ne ha facoltà.

  ENRICO COSTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, queste mozioni sono interessanti perché ci pongono di fronte ad una situazione che molto spesso emerge nel nostro Paese, non soltanto nel settore infortunistico ma in molti settori della vita quotidiana.
  Vi sono delle lacune normative, vi sono delle norme, vi sono delle regole, vi sono delle parti di disciplina normativa che non coprono adeguatamente determinati settori. E come capita in tutte queste circostanze, quando ci sono delle lacune, quando ci sono delle norme generiche, ci dev'essere qualcuno chiamato ad interpretarle, qualcuno chiamato ad adeguarle, qualcuno chiamato a riempirle.
  Diceva Calamandrei che, quando la norma è talmente generica da portare il giudice a doverla riempire di contenuti, il giudice diventa il legislatore. Questo sappiamo che non dovrebbe capitare nel campo penale, dove vi è un principio, il principio di tassatività della norma, che la rende incostituzionale se troppo vaga e troppo generica; ma vi sono tanti settori della vita quotidiana nei quali il nostro Stato, pronto a legiferare in ogni dove e in ogni materia, su ogni settore, riempiendo di burocrazia e di scartoffie la nostra Pag. 56pubblica amministrazione e la nostra vita privata, si dimentica di intervenire.
  Quando si dimentica di intervenire, cosa succede ? Capita che la giurisprudenza, capita che i magistrati, capita che le Corti d'appello o i singoli tribunali si creino dei loro orticelli: creino delle loro interpretazioni, e creino la classica giustizia «a macchia di leopardo».
  In questo settore è avvenuto proprio questo.
  È avvenuto che, in un tribunale, nascevano, crescevano e si radicavano delle tabelle, in un altro tribunale delle tabelle con numeri completamente diversi, in un altro tribunale ancora delle regole applicative ancora diverse. In questa situazione di disordine, potevano capitare due cose: poteva capitare che lo Stato, il legislatore ponesse fine a questo disordine, a questa iniquità, a questa giustizia resa a macchia di leopardo o poteva capitare che la Corte di Cassazione decidesse di farlo per conto del legislatore e lo facesse attraverso degli atti non normativi, come una sentenza, integrativi però della disciplina legislativa. È un'invasione del giudice o è una supplenza del giudice ?
  Bene, gli interpreti si sono divertiti a valutare e a interpretare le mosse di questo provvedimento, di queste sentenze della Corte di Cassazione, ma noi sul piano politico dobbiamo dire che, molto probabilmente, siamo rimasti un passo indietro e ci troviamo oggi ad affrontare un tema, quello delle tabelle non più giurisprudenziali ma normative, che dovrebbero essere approvate con un decreto del Presidente della Repubblica firmato dal Ministro della salute. Ebbene, cosa capita in questa circostanza ? Capita che la Cassazione ha preso a punto di riferimento le tabelle del tribunale di Milano che sono in sostanza quantificate in termini addirittura quasi doppi rispetto alle tabelle previste dal provvedimento in itinere e in fase avanzatissima.
  Quindi, è evidente che si crea una certa confusione e si crea anche un certo disorientamento con riferimento ad un atto che non è un atto parlamentare, perché non si tratta di un decreto legislativo sul quale il Parlamento ha la possibilità di intervenire, facendo sentire la sua voce anche per quanto riguarda il quantum di queste tabelle, ma dovrebbe semplicemente prenderne atto. Ebbene, siamo arrivati quasi alla fine di questo percorso, ma la differenza fra quello che è oggi un risarcimento sulla base delle tabelle che la Cassazione ha riorganizzato prendendo a riferimento quelle di Milano e quello che dovrebbe essere in questo provvedimento è sostanziale; è una differenza che induce quest'Aula, questo Parlamento a riflettere, che induce a rivolgersi al Governo chiedendo uno spunto di riflessione, un supplemento di indagine, cercare di capire perché si è generata una differenza così forte, perché e come sono nate queste tabelle, come si sono radicate. È vero, alcuni dicono che sono nate sulla base, anche queste, della giurisprudenza del tribunale di Milano, ma allora bisogna capire perché queste dinamiche sono diverse, e per farlo possiamo chiedere una cosa sola: abbiamo uno strumento, ossia chiedere al Governo di soprassedere e confrontarsi con le Commissioni parlamentari, non perché le Commissioni parlamentari ne sappiano di più di quelle tecniche che hanno redatto le tabelle, ma perché le Commissioni parlamentari avranno la possibilità di chiamare gli esperti, i tecnici, di farsi fare un'indagine su come si può generare una tabella, se è giusta questa tabella, se ci sono delle ingiustizie, se ci sono delle correzioni da portare avanti. Questo serve anche, io penso, per rendere il Governo con un bagaglio maggiore di conoscenze e di esperienze da provare, e perché no, le Commissioni parlamentari potrebbero, nell'ambito del loro approfondimento, valutare non solo come si generano queste tabelle ma come si generano e aumentano nel tempo i premi delle assicurazioni, perché anche sotto questo profilo sicuramente un approfondimento va fatto. Non possono diminuire i risarcimenti e aumentare nel corso degli anni sempre i premi assicurativi, è giusto che ci sia un giusto equilibrio ed un giusto contemperamento.Pag. 57
  Il nostro auspicio è, quindi, quello di evitare una legislazione per supplenza svolta dalla Corte di Cassazione, ma ben venga, nel momento in cui oggi c’è una giustizia resa a «macchia di leopardo». Ebbene, oggi, il legislatore è vago, generico, talvolta inesistente in questa materia. Ci preoccupa, sì, ma cerchiamo di rimediare attraverso l'intervento del Governo, ma ci preoccupa molto, molto di più e tantissimo quando il legislatore in altri settori è inesistente e la norma, non soltanto del caso concreto, ma la norma generale e astratta viene fatta dai giudici e viene fatta dal giudice A in un modo, dal giudice B in un altro e dal giudice C in un terzo modo diverso e, quando tocca la libertà personale, questo modo di mancare da parte del legislatore al suo obbligo di tassatività è sicuramente un peccato mortale.
  Detto questo, auspico che le Commissioni – lo ha evidenziato la collega Argentin in precedenza – siano tutte coinvolte, non soltanto la Commissione sanità e la Commissione trasporti, ma anche la Commissione giustizia, che sicuramente può fungere da punto di riferimento per i destinatari di queste norme, intesi come veicolatori dei risarcimenti, che sono i soggetti che vivono la vita quotidiana dei tribunali perché moltissimi di questi risarcimenti passano attraverso le dinamiche giudiziarie.
  Ecco, detto questo, ringrazio il Governo per il parere favorevole perché significa – anche da parte del Governo – l'umiltà di approfondire e di non volere accelerare, laddove sicuramente c’è stato un lavoro e un lavoro coscienzioso, ma il supplemento di indagine non è mai troppo (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi deputati, innanzitutto, è necessario e doveroso focalizzare con nettezza il tema di cui si sta discutendo oggi, anche perché la prospettazione del Governo è chiaramente fuorviante.
  È necessario e doveroso dire, senza mezzi termini, che stiamo parlando della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini; valutare quanto deve essere quantificata la lesione di un diritto fondamentale equivale a valutare quanto pesa per questo Parlamento il diritto leso. È, altresì, necessario e doveroso confessare che il vero problema da affrontare è legato all'incidenza che la mozione del MoVimento 5 Stelle – così come altre mozioni – potrà avere sui bilanci delle compagnie assicurative perché, se non diciamo questo, colleghi, allora non affrontiamo la realtà. Se, invece, vogliamo avere un punto di partenza corretto e concreto, allora, bisogna partire da alcuni dati. Preannunzio che, nel presente intervento, citerò i dati facendo esempi di persone, i cui nomi saranno casuali, ma serviranno a ricordarci che, parlando di diritti fondamentali, parliamo di persone e non di numeri.
  Partiamo dall'andamento degli importi nei premi assicurativi: nel periodo 2007-2010, l'Autorità per la concorrenza ha registrato un innalzamento del premio RC-auto, che ha raggiunto il 20 per cento all'anno nel caso di Gianni, un neopatentato con un'autovettura di piccola cilindrata, il 16 per cento all'anno per Marco, quarantenne con un'autovettura di media cilindrata, il 12 per cento all'anno per Teresa, una pensionata con un'autovettura di piccola cilindrata.
  Come si sono comportate le assicurazioni di fronte all'aggravamento della crisi ? Nel 2011, l'ISVAP ha registrato un incremento medio annuo nei prezzi di circa il 4,5 per cento per le classi standard, ben oltre il tasso di inflazione. Nel periodo gennaio 2012-gennaio 2013, praticamente in piena crisi, i prezzi di listino medi nazionali per le assicurazioni RC-auto hanno subito aumenti delle tariffe fino al 16,2 per cento. Qualcuno potrebbe pensare che all'estero, dove stanno economicamente meglio, i premi siano più alti. Ebbene, quel qualcuno, dovrebbe ricredersi perché, secondo l’Antitrust, i premi RC-auto sono in Italia più elevati e crescono Pag. 58più velocemente rispetto a quelli dei principali Paesi europei: il prezzo medio del premio italiano è più del doppio di quello francese e supera quello tedesco dell'80 per cento e quello olandese di quasi il 70 per cento. La crescita dei prezzi per l'assicurazione – cito l'Autorità garante – sul periodo 2006-2010 è stata quasi il doppio di quella della zona euro e quasi il triplo di quella registrata in Francia.
  Qualcuno in quest'Aula potrebbe anche lasciarsi andare a frasi relative ai rischi di truffa in Italia, alimentando il solito nonché subdolo gioco per cui alla fine è sempre un po’ colpa dei cittadini. La Lega, tanto per cambiare, specifica nella propria mozione, le cui conclusioni sono certamente condivisibili, che le truffe nel Mezzogiorno avrebbero un'incidenza sul rincaro dei prezzi. Anche in questo caso quel qualcuno, insieme alla Lega, dovrebbe ricredersi, perché il numero delle frodi accertate ai danni delle compagnie in Italia appare quattro volte inferiore a quello accertato dalle compagnie nel Regno Unito ed è la metà di quello accertato in Francia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma come si è pervenuti allo schema di decreto in questione ? Nel 2005 il Parlamento aveva dato delega al Governo per realizzare una tabella unica nazionale, atta a stabilire i valori dei risarcimenti per i danni alla persona sopra i 9 punti percentuali, le cosiddette lesioni macropermanenti. La delega scadeva il 1o gennaio 2009 con un nulla di fatto. Ed allora, in assenza di atti da parte del Governo, il 6 giugno 2011 la Corte di cassazione indica le tabelle adottate dal tribunale di Milano quale modello unico di riferimento per calcolare, in maniera uniforme, i valori dei risarcimenti su tutto il territorio nazionale.
  Immagino – ma immagino, ovviamente – che le compagnie assicurative non abbiano gradito questa sentenza, visto che le tabelle di Milano prevedono risarcimenti ben più dignitosi. Guarda caso, ma si tratta semplicemente di una coincidenza, dopo 6 anni di immobilismo totale, il 3 agosto 2011 il Governo, dopo poco più di un mese dalla predetta sentenza, sente l'improvvisa esigenza di emanare uno schema di regolamento che praticamente, diciamolo chiaramente agli italiani, dimezza gli importi delle tabelle di Milano. Tale schema, subito ribattezzato «ammazza risarcimenti», riceveva un parere fortemente negativo da parte del Consiglio di Stato. Poco dopo, la Camera dei deputati, questa Camera, approvava una mozione che impegnava il Governo al ritiro dello schema dell'atto governativo e all'introduzione, per legge, delle tabelle di Milano.
  Oggi, se mi consente l'espressione, ritorniamo su questo immaginario luogo del delitto, un delitto che il Governo Monti, nel suo ultimo mese di vita, ha tentato di perpetrare ai danni del cittadino per favorire, di fatto, rilevanti interessi privati. Una grave condotta dalla quale il Governo in carica è tenuto, con atti concreti, a prendere le dovute distanze. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle, nell'esclusivo interesse della salvaguardia dei diritti dei cittadini, voterà a favore di tutte le proposte mozioni che abbiano come punti irrinunciabili sia il definitivo ritiro, da parte del Governo, del ricordato schema di decreto, sia l'impegno a prendere come punto di riferimento le tabelle di Milano.
  È perché se ne chiede il ritiro ? Perché oggi Francesco, un giovane danneggiato di 35 anni con un'invalidità del 50 per cento, in base alle tabelle di Milano può essere risarcito con una cifra compresa tra 384 mila e 480 mila. Domani, sulla base del decreto in questione, Francesco può essere liquidato con 220 mila euro. Perché Giuseppe, un anziano di 70 anni con un'invalidità del 70 per cento, oggi riceve un risarcimento compreso tra 517 mila e 646 mila. Domani Giuseppe sarà risarcito con 330 mila euro, la metà.
  È chiaro che ogni sentenza sul risarcimento dei danni diventerebbe improvvisamente contraria al comune senso di giustizia, al buon senso e peggiore di ogni peggiore aspettativa: pensate, sono parole di ieri del Ministro Alfano.Pag. 59
  Peccato che la sentenza in questione non si riferisse ai cittadini lesi nei loro diritti fondamentali, ma ad un condannato in primo grado per prostituzione minorile e concussione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Si parla tanto di centralità del Parlamento. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia, con una proposta di legge, la n. 1063, già assegnata alla Commissione giustizia e in fase di calendarizzazione, offre oggi al Parlamento la rara opportunità di riappropriarsi del proprio ruolo di legislatore, di farsi, cioè, interprete dei bisogni del cittadino e non di pochi centri di potere, traducendo legittime istanze di giustizia in un testo di legge che sia autenticamente rispondente agli interessi di tutti.
  Sulle questioni che incidono a fondo nella vita del cittadino è finito e deve finire il tempo delle deleghe in bianco al Governo, così come è finito e deve finire il tempo di una generalizzata supplenza che la magistratura è costretta ad esercitare nei confronti del Parlamento per colmare sospetti vuoti legislativi.
  Magari ci sarà un giorno in cui alcune forze politiche di questo Parlamento faranno una manifestazione, magari a Brescia, per ringraziare i magistrati che, in materie delicatissime, come quella del risarcimento dei danni, hanno fatto il loro lavoro, hanno fatto il lavoro che spettava a questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Vedete, nei vuoti legislativi l'incertezza del diritto genera sfiducia nelle istituzioni. Il Parlamento, approvando la nostra mozione, può invertire questa tendenza. E allora si affermi oggi in maniera incontrovertibile lo stop allo schema di decreto che dimezza il risarcimento del danno alla persona e si prosegua da domani, nell'ambito delle Commissioni permanenti nel Parlamento, nel solco tracciato dalla proposta del MoVimento 5 Stelle, per affermare che la persona con i suoi diritti fondamentali deve tornare al centro del nostro ordinamento. Questa è la sfida che i deputati del gruppo del MoVimento 5 Stelle lanciano alle forze politiche presenti in Parlamento: ascoltare il cittadino, legiferare nel suo esclusivo interesse e respingere l'assalto delle lobby ai diritti di molti per la salvaguardia dei profitti ingenti di pochi. Ripartiamo insieme da qui. In caso contrario, lo schema di decreto «ammazza risarcimenti» dovrà essere ribattezzato – mi dispiace dirlo – come «ammazza danneggiati», perché un giovane danneggiato di venti anni, ridotto allo stato vegetativo, praticamente ucciso a seguito di un sinistro stradale, con un'invalidità del 100 per cento, oggi viene risarcito con una somma fino a un milione 400 mila euro. Dimezzare con lo schema di decreto in questione il risarcimento a circa 700 mila euro vuol dire uccidere quella persona per la seconda volta. Qualcuno in quest'Aula sarà in grado di spiegarlo ai genitori di quel ragazzo di vent'anni ? So che non è facile, ma invito tutti i colleghi oggi in Aula ad immaginare un dramma del genere e pensare alla risposta che vorrebbero poter dare a quei genitori disperati. Invito tutti a pensare a quella risposta prima di decidere come e cosa votare. Noi sappiamo bene quale risposta secondo giustizia vogliamo e dobbiamo dare e voteremo di conseguenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Impegno. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  LEONARDO IMPEGNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora sottosegretario, il Partito Democratico, con la propria mozione, invita il Governo a sospendere l'emanazione del decreto che regolamenta, come abbiamo detto fino adesso, le tabelle per il risarcimento del danno, fino però all'espletamento di un più approfondito e organico confronto parlamentare. Riteniamo infatti che non si possa partire dalla coda e non si possa partire da un aspetto specifico, seppur moralmente rilevante, seppur urgente. Non si può partire dalla coda perché questo è un aspetto specifico e consideriamo infatti necessaria e urgente una più ampia valutazione e riforma dell'intero Pag. 60comparto assicurativo. Inoltre, non ravvisiamo l'urgenza, signor Presidente, visto che la Corte di cassazione, in assenza di criteri stabiliti dalla legge – ed è questo il caso che stiamo affrontando –, considerando intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa, stabilisce che i criteri per la liquidazione del danno siano individuati dalle tabelle di Milano. E qui voglio dire ad alcuni colleghi che mi hanno preceduto: per spezzare rendite di posizione, privilegi e corporazioni, che pure ci sono in questo mondo, non è sufficiente sbraitare e gridare contro le lobby. Ci vuole duro lavoro e coraggio.
  Per questo, il Partito Democratico propone un'indagine conoscitiva in merito. Va detto, però, che le tabelle di Milano si differenziano e non sono compatibili con le tabelle previste dal decreto perché sono valutazioni e danni completamente diversi. Questo significa approfondire il tema e non fare demagogia.
  Riteniamo davvero urgente, quindi, un'approfondita indagine parlamentare, che si ponga l'obiettivo di riformare l'intero sistema assicurativo obbligatorio. Siamo, infatti, di fronte a un settore tutt'altro che marginale nell'economia nazionale. Con i suoi 16-17 miliardi di euro, il mondo delle assicurazioni per responsabilità civile dei veicoli terrestri vale ben oltre l'1 per cento del prodotto interno lordo.
  Qual è il tema, cari colleghi, che noi, oggi, qui dobbiamo affrontare ? È l'esigenza e l'urgenza di portare efficienza, concorrenza e competitività in un settore che rappresenta una voce rilevante nei bilanci di famiglie e piccole imprese. Basta avere due auto e un motorino perché possa sballare il bilancio familiare ! Il punto di vista del Partito Democratico e della nostra mozione sarà sempre quello del cittadino, dell'utente e del consumatore, come ha detto l'onorevole Boccuzzi la settimana scorsa.
  Purtroppo, però, i fondamentali di cui disponiamo ci dicono che gli italiani pagano le loro assicurazioni auto il 100 per cento in più rispetto ai francesi, l'80 per cento in più rispetto ai tedeschi, e potrei continuare. Ci dicono pure, come vedremo fra poco, che la forbice non aumenta solo tra l'Italia e il resto d'Europa, ma si sta drammaticamente divaricando anche tra Nord e Sud del nostro Paese; questo, certamente, a causa della maggiore sinistrosità che vi è nel Mezzogiorno, ma non solo, non solo.
  Ad incidere sui maggiori costi dei risarcimenti, e quindi sui maggiori costi dei premi assicurativi, sono, infatti, le numerose frodi, comportamenti illeciti verso i quali dall'intero sistema si manifesta un'eccessiva tolleranza e permissività. Il fenomeno cui assistiamo, quindi, è quello di assicurazioni deboli con i forti, ovvero con i frodatori e gli approfittatori, e forti con i deboli, ossia con i cittadini onesti, virtuosi e disciplinati.
  Quindi, il voto favorevole alla nostra mozione non può essere letto e archiviato secondo la classica logica del rinvio; anzi, il Partito Democratico chiede di sospendere l'emanazione di questo decreto, non perché non voglia la tabella unica e valida su tutto il territorio nazionale, ma perché siamo convinti, fino in fondo, che una simile maniera di procedere generi maggiori squilibri, piuttosto che avviare il sistema ad una maggiore omogeneità e certezza del diritto.
  E per suffragare questa nostra tesi e considerazione, può essere utile ricordare i risultati dell'indagine svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato riguardante le procedure di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali, allo scopo di accertare le cause dei premi e degli alti costi. Primo, la crescita dei prezzi per assicurato dei mezzi di trasporto in Italia, nel periodo 2006-2010, è stata quasi il doppio di quella della zona euro e per tutti i profili di assicurato.
  Secondo elemento, la frequenza dei sinistri in Italia è aumentata in tutti gli anni successivi all'introduzione della procedura di risarcimento diretto, ad eccezione del 2010. L'inversione di tendenza, si badi bene, però, della frequenza dei sinistri che è avvenuta nel 2010 non è indicativa di un'effettiva riduzione della sinistrosità Pag. 61dovuta, ma si tratta di un fenomeno in gran parte riconducibile ad un maggior ricorso, da parte degli assicurati, all'autoliquidazione, ovvero, per non incorrere in un esponenziale e ingiustificabile aumento del premio assicurativo, l'assicurato preferisce regolare il danno causato in maniera privata.
  Una sorta di risarcimento fai-da-te, che rappresenta, onorevoli colleghi, una evidente bocciatura dell'intero sistema.
  Terzo: il numero delle frodi accertate ai danni delle compagnie in Italia appare quattro volte inferiore a quello accertato dalle compagnie del Regno Unito e la metà di quello accertato in Francia: c’è una netta contraddizione tra questi due dati, enorme, evidente ed è questa materia del Parlamento. Spesso, infatti, le compagnie trovano più conveniente liquidare le frodi commesse in ambito RC-Auto, anziché investigare approfonditamente se i danni lamentati e, di conseguenza, i risarcimenti vantati si siano effettivamente prodotti o meno.
  Insomma, questa dinamica, tutt'altro che virtuosa, si può ricondurre in ultima analisi all'assenza di una adeguata pressione competitiva del mercato assicurativo: se c’è poca concorrenza le imprese non lavorano per diminuire i costi e quindi neppure per abbattere i premi. Ce lo ha ricordato il presidente dell’Authority, Pitruzzella, l'altro giorno; ha rivolto un appello al Parlamento perché ritiene, lui, indispensabile – questo è il termine che ha usato – un'intera riforma del comparto assicurativo.
  Per questi motivi, riteniamo utile e giusto che il Parlamento affronti, mediante una indagine conoscitiva e un'eventuale organica proposta di legge, l'intero sistema, per evitare che alla fine della giostra il costo delle inefficienze, che ho provato e che abbiamo provato ad elencare in questa Aula, ricadano sulle spalle dei cittadini onesti italiani e, in particolare, sui cittadini virtuosi del Mezzogiorno. E come accade in molti altri settori, signor sottosegretario, le mancate scelte, l'assenza di incisività della politica determinano un aggravio economico rilevantissimo per le famiglie italiane.
  E consentitemi – e ho concluso –, mi rivolgo anche a lei signor Presidente: il costo della RC-auto in alcune aree del Sud è diventato umanamente insostenibile. Un ragazzo di appena 20 anni che assicura un'auto 1500 di cilindrata, quindi neopatentato, paga oltre tremila euro di assicurazione, sei, sette volte in più di un suo coetaneo virtuoso e a parità di condizioni, di altre parti del Paese. Questo non è più accettabile. Per queste ragioni – e ho davvero concluso – si stanno verificando dei fenomeni rilevantissimi. I cittadini...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputato.

  LEONARDO IMPEGNO. I cittadini non si assicurano più e ci si assicura in altre regioni.
  Per questi e per tanti altri motivi, che non ho il tempo a disposizione per elencare, chiediamo al Governo di sospendere il decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, gli atti di indirizzo saranno posti in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Colletti ed altri n. 1-00021 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Centemero, Stumpo, Guidesi, Calabria, Fanucci, Cesaro Antimo, Duranti, Schirò... Hanno votato tutti ?... Vitelli, D'Uva... Hanno votato tutti ? Zaccagnini, Pisicchio, Pag. 62Borghi, Fiorio, Businarolo... Facciamo in fretta... Agostinelli, Sarti... Hanno votato tutti ? Velocemente, cortesemente.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  511   
   Votanti  492   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  247   
    Hanno votato  127    
    Hanno votato no  365.    
  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Boccuzzi ed altri n. 1-00099 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carbone, Fratoianni, Turco, Spadoni, Boccuzzi, Carnevali, Mannino, Ferraresi, Dambruoso...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  521   
   Votanti  519   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  260   
    Hanno votato  424    
    Hanno votato no  95.    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Piazzoni ed altri n. 1-00100, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tartaglione, Piepoli, Spadoni, Piras, Polverini, Ottobre, Paris, Chiarelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  521   
   Votanti  502   
   Astenuti  19   
   Maggioranza  252   
    Hanno votato  135    
    Hanno votato no  367    
  (La Camera respinge - Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Molteni ed altri n. 1-00101, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Spadoni, Miccoli, Rizzetto, Magorno, Cecconi, Dellai, Giacomelli, Beni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  516   
   Votanti  415   
   Astenuti  101   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato  52    
    Hanno votato no  363.    
  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gigli ed altri n. 1 -00102, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Malpezzi... onorevole Tacconi... onorevole Gozi... onorevole Beni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  517   
   Votanti  496   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  249   
    Hanno votato
 365    
    Hanno votato
no  131).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pag. 63Costa ed altri n. 1-00103 (Nuova formulazione), in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Malisani... onorevole Ottobre... onorevole Sannicandro... onorevole Catania... onorevole Rossi... onorevole Giammanco... onorevole Madia... onorevole Palma... Mi segnalano che c’è una postazione accesa senza la persona. Ripeto che è molto più semplice se ognuno vota al suo posto, così evitiamo fraintendimenti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  516   
   Maggioranza  259   
    Hanno votato
 389    
    Hanno votato
no  127).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00104, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Paris... onorevole Cecconi... onorevole Fioroni... onorevole Giacomelli... onorevole Galli... l'onorevole Bonafede ha votato ?... onorevole Russo... l'onorevole Palma non ha ancora votato... onorevole Agostini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  524   
   Votanti  515   
   Astenuti    9   
   Maggioranza  258   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  494).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Di Lello ed altri n. 6-00017, come modificata su richiesta del Governo e in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Colonnese... onorevole Beni... onorevole Vargiu...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  525   
   Votanti  501   
   Astenuti   24   
   Maggioranza  251   
    Hanno votato
 403    
    Hanno votato
no   98).    

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (A.C. 331-927-A) (ore 16,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 331-927-A di iniziativa dei deputati Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.

(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 331-927-A)

  PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate la questione pregiudiziale di costituzionalità Molteni ed altri n. 1 e la questione pregiudiziale di merito Molteni ed altri n. 1, non preannunciate in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo (Vedi allegato A – A.C. 331-927-A).Pag. 64
  A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà a due distinte votazioni, una sulla pregiudiziale di costituzionalità ed una su quella di merito.
  Illustra la questione pregiudiziale di costituzionalità Molteni ed altri n. 1 il deputato Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo nell'illustrazione della questione pregiudiziale di costituzionalità proprio per evidenziare, a nostro avviso, il fatto che questo provvedimento presenta degli evidenti profili e degli evidenti vizi di incostituzionalità. È un progetto di legge che noi contestiamo nel merito e contestiamo nella sostanza, tant’è che abbiamo presentato anche una pregiudiziale di merito proprio per evidenziare come questo provvedimento è un provvedimento che non risolve assolutamente il problema del sovraffollamento delle carceri ed al contempo mina alcuni principi fondamentali come il principio della certezza della pena, dell'efficacia e dell'effettività della pena, offende le vittime dei reati e mortifica il valore della sicurezza dei cittadini, sicurezza che viene fortemente pregiudicata e fortemente messa in discussione dall'applicazione di questo provvedimento.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 16,47)

  NICOLA MOLTENI. Oltre a dei profili di merito, questo provvedimento, per incapacità del Governo da un lato e per dilettantismo giuridico del Governo, a nostro avviso presenta dei palesi vizi di incostituzionalità. Quindi riteniamo opportuno prima, e semmai si entrerà nel merito del provvedimento, evidenziare come questa proposta di legge debba essere bloccata sul nascere, proprio perché evidenti saranno i conflitti di costituzionalità che emergeranno anche durante il dibattito eventualmente successivo.
  E ci stupisce, anzi ci auguriamo che tutte le forze politiche presenti in quest'aula, soprattutto quelle forze politiche che hanno fatto della difesa della Costituzione e della difesa dei principi costituzionali, possano evidentemente assecondare le nostre richieste e quindi votare le nostre pregiudiziali di costituzionalità, proprio per impedire un provvedimento dalla natura e dalla portata vergognosa; è un vero e proprio indulto mascherato, non è un provvedimento che mira... Presidente, per cortesia...

  PRESIDENTE. Lasciatelo parlare per favore !

  NICOLA MOLTENI. Questo provvedimento non è, come è stato definito più volte dalla maggioranza e anche dal Governo, un provvedimento per salvare, un «salvacarceri»: questo provvedimento è a tutti gli effetti uno svuotacarceri, anche alla luce tra l'altro delle dichiarazioni che ha fatto il medesimo Ministro, ed è un «salvadelinquenti». È un provvedimento che mira a garantire l'impunità per legge nei confronti di coloro i quali si macchiano di reati...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, è possibile lasciar parlare ? Grazie.

  NICOLA MOLTENI. È un provvedimento che garantisce impunità per legge, soprattutto nei confronti di coloro i quali si macchiano di reati di particolare allarme sociale e di particolare gravità sociale. Sfido chiunque in quest'Aula a dimostrare che reati con pena fino a sei anni, dei quali tratta questo provvedimento, tra i quali reati particolarmente gravi come, ad esempio – ne cito alcuni e poi saranno ovviamente oggetto di emendamenti qualora la pregiudiziale non dovesse essere accolta – il furto in abitazione, Pag. 65lo stalking, i reati di particolare allarme sociale e di violenza nei confronti delle donne, i maltrattamenti in famiglia, i maltrattamenti nei confronti dei minori, non possano essere considerati reati di particolare allarme sociale. E, quindi, proprio per questo noi eccepiamo tre violazioni palesi della Carta costituzionale. Innanzitutto, la violazione dell'articolo 3, con riferimento al principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Con questo provvedimento, all'articolo 3, laddove si istituisce l'istituto della messa alla prova, viene attribuito al pubblico ministero, anche durante le indagini preliminari, la possibilità di esercitare un potere assolutamente discrezionale nella concessione dell'istituto della messa alla prova.
  Noi ci troveremo di fronte al fatto che medesime condotte criminali verranno valutate da singole procure in maniera difforme creando una palese disuguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge. E, quindi, vi è una palese violazione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge con riferimento all'articolo 3. Ci stupisce che forze politiche che in questi anni hanno voluto limitare e hanno voluto ridurre il potere dei magistrati oggi si trovino ad applicare, a volere, anzi peggio a sostenere un provvedimento che va a determinare una discrezionalità assoluta e palese per quanto riguarda i magistrati nell'applicazione di alcune pene alternative al carcere da un lato e, dall'altro lato, dell'istituto della messa alla prova.
  Voglio ricordare cosa significa l'istituto della messa alla prova. Significa che c’è un procedimento, questo procedimento verrà sospeso, vi sarà l'applicazione della messa alla prova, l'imputato verrà mandato ai lavori di pubblica utilità e, qualora i lavori di pubblica utilità verranno espletati, vi sarà l'estinzione del reato e la non menzione nel casellario giudiziale, quindi come se il reato non fosse mai stato commesso e questo, ovviamente, indipendentemente dalla volontà o meno della parte offesa. Siccome in quest'Aula abbiamo più volte sentito, tanto in Commissione, quanto nell'ipocrita dibattito avvenuto nella giornata di ieri, dire che questo provvedimento tutela e vuole tutelare le vittime dei reati, tutela le parti offese, tutela le parti lese, io credo che nella correttezza dell'informazione bisogna dire che questo provvedimento non tutela assolutamente le persone offese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), anzi rappresenta un'offesa ulteriore e una limitazione ulteriore dei diritti delle parti offese, tant’è che noi chiediamo che le persone offese, non solo vengano semplicemente sentite nella concessione dell'istituto della messa alla prova, ma noi chiediamo che la volontà della parte lesa debba essere determinante e che, quindi, se la persona offesa ritiene opportuno opporsi all'applicazione di questo beneficio premiale la sua volontà deve essere assolutamente preclusiva dell'applicazione dell'istituto della messa alla prova. E questo, qualora non avvenisse, confermando quelle che sono le previsioni contenute all'interno del testo, rappresenta un'altra palese violazione, ossia la violazione dell'articolo 24 della Carta costituzionale che garantisce il diritto di difesa ad ogni individuo. Ogni individuo ha la possibilità, ha il dovere, ha la necessità di potere esercitare il proprio diritto di difesa.
  Questo provvedimento mina sin dall'inizio questo tipo di tutela e, quindi, usciamo da quell'ipocrisia di fondo e diciamo chiaramente che questo provvedimento non dà alcun tipo di garanzie nei confronti delle vittime dei reati e la Lega Nord e Autonomie, se deve scegliere se stare dalla parte di Abele o se stare dalla parte di Caino, non ha alcun dubbio rispetto a quale posizione sostenere: noi siamo stati, siamo e continueremo ad essere a tutela di Abele, a tutela delle vittime dei reati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), vittime dei reati che in questo provvedimento non vengono nemmeno citate.
  Ci si dimentica di coloro i quali subiscono i reati, e questa è una delle motivazioni vergognose che hanno portato questo Governo ad approvare: il Governo, la maggioranza, le forze politiche, il PD, il Pag. 66PdL, coloro i quali – ricordiamolo –, nel 2006, votarono il provvedimento di indulto. Questo provvedimento è un indulto mascherato, è un indulto in cui si danno benefici e premi nei confronti dei criminali e dei delinquenti e in cui ci si dimentica totalmente, vergognosamente, delle sorti di coloro i quali i reati li hanno subiti.
  Questo provvedimento è una resa, è una resa incondizionata dello Stato nei confronti della criminalità. Proprio oggi, proprio in questo momento, in cui i crimini e i delitti, in modo particolare, i crimini e i delitti predatori aumentano – rapina, furti, furti nelle abitazioni –, la risposta dello Stato è di dare e di garantire impunità nei confronti di coloro i quali commettono i reati. Serve una risposta diametralmente opposta.
  Questo provvedimento, inoltre, è la certificazione di un fatto: è la certificazione che tutti i provvedimenti di clemenza generalizzati e indultivi che sono stati proposti in questi anni per poter affrontare un problema reale, un problema vero, che è il problema del sovraffollamento delle carceri, tutti quei provvedimenti che sono stati adottati sono falliti. Avete fallito e hanno fallito i Governi che hanno adottato quei provvedimenti. Oggi, continuiamo ad adottare un provvedimento che non risolverà assolutamente il problema del sovraffollamento delle carceri. Ed è per questo che noi abbiamo esercitato un'opposizione durissima in Commissione ed eserciteremo un'opposizione durissima nell'Aula parlamentare.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  NICOLA MOLTENI. Presentiamo questa pregiudiziale di costituzionalità e, ovviamente, non cito quanto ha sanato, fortunatamente, la Commissione affari costituzionali rispetto ad una norma, la lettera c-bis) – il sottosegretario lo sa benissimo –, che era una chiara e palese delega in bianco, dimostrazione, lo ripeto, di dilettantismo giuridico da parte di questa maggioranza.
  Chiediamo, quindi, di approvare la questione pregiudiziale di costituzionalità: è un provvedimento sbagliato nel merito, ma è un provvedimento che vìola in modo indecente la nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Il deputato Guidesi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di merito Molteni ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, colleghi, gentile sottosegretario, noi esprimiamo una fortissima contrarietà a questo provvedimento, perché ci avete spiegato che questo provvedimento risolve il problema esistente dell'affollamento delle carceri, ma noi sappiamo che questo provvedimento non lo risolverà. Lo sapete anche voi, perché questa strada l'avete tentata già due volte: prima, con l'indulto del Governo Prodi nel 2006 e, poi, con il cosiddetto decreto Severino. Ma il problema non si è risolto, anzi, è incrementato. Questa non è la strada giusta.
  I reati sono in aumento e sono in aumento proprio quei reati di cui questo provvedimento parla. Ve ne cito alcuni per darvi un'idea della situazione che stiamo vivendo. Oggi, i reati di cui voi parlate sono esattamente quelli subiti dalla gente, quelli di truffa, furto, furto con strappo e in abitazione, violenza privata, pornografia minorile, atti persecutori (come lo stalking), atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, attentato contro la costituzione dello Stato, attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, cospirazione politica mediante accordo, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, resistenza a un pubblico ufficiale, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, falsa testimonianza e falsa perizia o interpretazione, istigazione a delinquere, incendio boschivo per colpa, danneggiamento seguito a naufragio, pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento, eccetera, eccetera.
  Con questo provvedimento, quest'Aula dà una delega in bianco al Governo, che potrà scegliere quali provvedimenti e quali Pag. 67condannati potranno andare nelle carceri e quali, invece, saranno e si godranno la propria pena con gli arresti domiciliari.
  In V Commissione (bilancio) avevamo chiesto un parere effettivo rispetto alla copertura economica di questo provvedimento, perché se si sceglie di non mandare in carcere, di togliere dal carcere i detenuti, allo stesso modo, con l'arresto domiciliare, ci dovranno essere risorse umane della nostra pubblica sicurezza disposte – e indicate – ad assumersi la responsabilità della loro sorveglianza. Per cui, ci dovrà essere una copertura economica, copertura economica che oggi il Governo non è stato in grado di preventivare. Cosa diciamo oggi ai sindaci, ai sindaci dei piccoli comuni, che si sono occupati di prevenire e di dare una mano alla forze di pubblica sicurezza con l'acquisto di telecamere, con tutti i mezzi di prevenzione necessari ? Cosa diremo loro, che hanno utilizzato i soldi dei loro cittadini per cercare di garantire la sicurezza e che con questo provvedimento vedranno impuniti coloro i quali, invece, dovevano finire nelle carceri ? Cosa diciamo ad artigiani e commercianti, di cui tanto in quest'Aula si parla, che, oltre ad avere una mancanza di lavoro, oggi sono in preda ad una totale insicurezza perché subiscono furti ed aggressioni continue ? Cosa diciamo alle nostre forze dell'ordine ? Come rispondiamo al loro impegno ? Rispondiamo dicendo loro che coloro i quali arrestano non finiranno più in carcere. Ma soprattutto, cosa diciamo ai cittadini, alle vere vittime ? In Aula ieri abbiamo sentito parlare di evitare le gogne, di noi che giochiamo con la paura e che ne facciamo una questione elettorale: ma dovete vivete, colleghi ? La gente ha paura e non c’è bisogno di noi per incrementare questa paura. La gente ha paura perché i reati sono in aumento e perché le case sono insicure, basta fare un giro nei mercati o nelle piccole e grandi comunità, per accorgersi di questo.
  Proprio in questo momento in cui i reati aumentano, in cui aumenta l'insicurezza, voi decidete di portare avanti un provvedimento di questo tipo. Con questo provvedimento fate cadere la certezza della pena e il principio sacrosanto della sicurezza di ogni cittadino. Se l'obiettivo di Governo e maggioranza è quello di risolvere il problema dell'affollamento delle carceri, noi la soluzione l'abbiamo: mandate quei tanti detenuti di origine straniera a scontare la loro pena nei Paesi di origine, così risolveremmo il problema dell'affollamento e risparmieremmo anche tanti soldi dei cittadini italiani. Questa è una pregiudiziale di metodo, noi vi chiediamo se questo è il momento per fare una cosa del genere. Questo è proprio il momento – e lo ribadisco – in cui l'aumento dei reati ha creato notevole insicurezza e paura da parte dei cittadini, gente normale, e si tratta proprio – ribadisco – dei reati di cui voi discutete in questo provvedimento.
  Con questo provvedimento voi abbandonate la gente onesta, le gente a cui oggi manca il lavoro e, ad alcuni, anche la possibilità di dar da mangiare ai propri figli. Voi oggi togliete loro anche la certezza della pena per i delinquenti. Io abito in una piccola provincia della Lombardia: due settimane fa una famiglia ha subito un'aggressione da parte di delinquenti, di ladri, che, oltre ad averli aggrediti e derubati, hanno anche usato violenza nei loro confronti. Qualcuno di voi dovrà andare a spiegare loro che quegli aggressori, invece di finire in carcere, si godranno la propria pena agli arresti domiciliari, davanti alla televisione e bevendo una birra. Questo non è proprio il momento opportuno. Abbandonate la gente, la gente a cui, ribadisco, manca il lavoro. Oggi togliete loro anche la certezza che i delinquenti finiscano in carcere, che i loro assaltatori non sconteranno la pena nei dovuti modi. Avete deciso di prendere la parte dei delinquenti; noi continueremo a difendere la gente onesta e non l'abbandoneremo mai. Proprio per questo, per evitare quello che state facendo, vi invitiamo a votare la nostra pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

Pag. 68

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gitti. Ne ha facoltà.

  GREGORIO GITTI. Prendo atto delle formulazioni che il collega Molteni ha dato alla maggioranza di «dilettantismo giuridico». Le raccolgo per passare in rassegna quelle che sono le obiezioni, francamente... no, non voglio usare termini irrispettosi, discutibili.

  GIANLUCA BUONANNO. Ti conviene.

  GREGORIO GITTI. Allora dico ridicole. Vediamo un attimo quali sono queste pseudo obiezioni in termini di costituzionalità. Si parla della «messa in prova» come di un non liquet, oppure di una mera probation giudiziale; basta scorrere il testo, bisogna solo averne la pazienza, per capire che la «messa in prova» è una causa di estinzione del reato e si legge con senso plastico all'articolo 168-ter...

  GIANLUCA PINI. Guarda di là, guarda la Presidenza !

  GREGORIO GITTI. No, no guardo anche voi, guardo anche a voi (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) perché avete strumentalizzato oggi, avete strumentalizzato oggi un dibattito serio con riferimento... io guardo anche a chi ha formulato le obiezioni e guardo la Presidenza. Quindi calma ragazzi.

  GIANLUCA BUONANNO. Calmati te !

  GREGORIO GITTI. Causa di estinzione del reato... (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie )... Ma non è tutto, la «messa in prova» per chi ha un minimo di onestà intellettuale, fa riferimento, e in questo senso si può tranquillamente superare l'altra sorprendente obiezione circa la gratuità o meno della prestazione lavorativa, che può essere oggetto della «messa in prova», ma non necessariamente lo è, per i motivi che ora enuncerò. La «messa in prova» è richiesta, come dice chiaramente il dettato della legge, da parte dell'imputato; la volontarietà di questa richiesta che può essere orale o scritta, deve essere verificata anche dal giudice, così dice l'articolo 464-quater, al secondo comma, secondo cui: «il giudice se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta dispone la comparizione dell'imputato».
  Ma non basta. La richiesta svolge un'istanza alla quale è allegato un programma di trattamento che è elaborato d'intesa con l'ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero nel caso in cui non sia stata possibile l'elaborazione, la richiesta di elaborazione del predetto programma, in ogni caso prevede, così dice la legge, le modalità di coinvolgimento dell'imputato, nonché del suo nucleo familiare, del suo ambiente di vita, nel processo di reinserimento sociale.
  Ma non solo. Le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa; le persone offese, di cui tanto si è sentito parlare oggi, rientrano nel piano di elaborazione del programma il cui contenuto consiste in alcuni istituti di sapore e di lettura civilistica, tanto che qui oggi proporrei la qualificazione dell'istituto come una sorta di transazione penale perché, alla lettera b), sempre della norma che sto svolgendo, «le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l'imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato considerano a tal fine il» e chiudo « risarcimento del danno, le condotte riparatorie, e le restituzioni». Tutte misure a favore della persona offesa. Mi pare di aver confutato delle obiezioni alquanto infondate.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Arcangelo Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente ed egregi colleghi, è stato descritto un testo che non è in discussione. C’è stata secondo me una grande mancanza di rispetto nei confronti dell'Aula, e nei confronti di chi eventualmente non avesse letto il progetto di legge.
  Il testo che abbiamo all'esame è del tutto diverso. Nel rispetto pieno della Pag. 69Costituzione, dice queste semplici cose: che quando il giudice della cognizione deve condannare, ha una scelta più ampia rispetto a quella che tradizionalmente conosciamo. Non più l'antica dicotomia tra pena detentiva nel carcere e pena pecuniaria: vi è anche una terza strada, la pena detentiva non nel carcere (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). E questo in perfetta adesione all'articolo 27 della Costituzione, che ha sancito la sconfitta della concezione retributiva, afflittiva e retrograda della pena.
  Questo progetto di legge nasce dalla constatazione che la pena non può essere del tutto rieducativa nel carcere: non lo può essere ! La crisi della pena e la crisi della istituzione carceraria hanno indotto gli studiosi ed i «pratici» ad esplorare altre strade. Sono quelle che tutti fuori dall'Italia hanno esplorato, e sulle quali anche noi ci stiamo incamminando.
  Questo vale per la legge delega, e vale anche per la messa alla prova. Una persona può tranquillamente valutare da sé se è colpevole di un reato, ed offrirsi al giudice in un processo di riabilitazione: quella che viene chiamata appunto la prova, e che da vent'anni già pratichiamo nel processo minorile. Non è quindi affatto vero quel che finora qui si è detto.
  Lo ripeto: è una legge innovativa. Nella discussione sulle linee generali, discostandomi anche dall'impostazione dei relatori, ho detto che questa è una legge che ha un valore in sé, indipendentemente dalla questione del sovraffollamento delle carceri: anche se le carceri non fossero sovraffollate, ci sarebbe comunque il problema di capire che cosa debba essere la pena (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico) ! Vi dovete convincere di questo: è inutile che chiediate sempre più carceri ! E di questo parleremo, quando arriverà il provvedimento del Governo. Questa non è una norma «svuota carceri» o quant'altro: è una norma di civiltà, che stabilisce veramente nuove condizioni affinché la pena, ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione, possa svolgere la propria funzione rieducativa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Per quanto riguarda quindi – velocemente, visto che ho pochi minuti – le eccezioni di incostituzionalità, anche qui siamo completamente fuori tema, perché è falso quello che è stato detto, cioè che vi sia violazione dell'articolo 3 della Costituzione, perché non c’è nessun automatismo. Si dice «il giudice può», non «il giudice deve»; e il pubblico ministero verrà sentito, ma non potrà opporsi, come tutt'oggi avviene in mille processi, alla decisione del giudice.
  Così come anche è falso che in questa maniera venga violata la presunzione di non colpevolezza, nell'ipotesi in cui il cittadino imputato... Come il cittadino delinquente, non lo dimenticate mai; perché non esistono i cittadini da un lato e i delinquenti dall'altro: sono cittadini liberi alcuni, e sono cittadini, delinquenti, anche gli altri, e questa unità bisogna tenerla presente quando si discute di tali questioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ! La presunzione di non colpevolezza non è affatto quindi messa in discussione, perché è un atteggiamento spontaneo, in cui l'incolpato, l'indagato, si sottopone a questo procedimento, che lo porterà alla estinzione del reato, come se avesse pagato il fio delle proprie colpe.
  Per quanto riguarda poi la modesta questione relativa al fatto che ci si preoccupa che il lavoro debba essere pagato, cioè una delle eccezioni di costituzionalità sarebbe quella che siccome è previsto che si debba andare al lavoro di pubblica utilità, questo debba essere retribuito ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione; ciò mi fa piacere perché qualche volta qui forse torneremo a parlare di lavoro, anzi forse è il caso di ricominciare a parlare anche di lavoro. Orbene, che il lavoro dei detenuti debba essere retribuito ex articolo 36 è pacifico, già lo dice la legge e già lo dice la giurisprudenza. Qui si tratta di un'altra cosa.

  PRESIDENTE. Concluda.

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  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, ho concluso, la ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Verini. Ne ha facoltà.

  WALTER VERINI. Signor Presidente, provo a prendere sul serio le pregiudiziali presentate dal gruppo della Lega Nord e Autonomie, che però ci sembrano infondate, perché l'istituto della messa alla prova si muove, al contrario di quanto affermato, nella direzione della piena applicazione dell'articolo 27 della Costituzione, che stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. La pena non può, non deve essere vendetta e voi della Lega Nord, invece, investite sulla paura, sollecitate le paure. Investire sul recupero, sulla rieducazione, non è soltanto un principio costituzionale e di umanità, ma vuol dire anche investire sulla sicurezza dei cittadini, per evitare recidive e ricadute nella delinquenza.
  Non c’è nessuna pretesa violazione del principio di legalità proprio nel passaggio in cui la Lega Nord sostiene che il pubblico ministero, alla luce delle nuove norme, si verrebbe a configurare come addirittura un vero e proprio surrogato del giudice; non c’è automatismo, sarà sempre il giudice, sulla base dei criteri fornitigli dal legislatore, a valutare nel merito e caso per caso l'applicabilità dell'istituto.
  Si lamenta poi una non sufficiente oggettivizzazione, ebbene si tratta anche qui di un addebito troppo generico per poter in alcun modo essere preso sul serio; la normativa che esaminiamo smentisce la ricostruzione prospettata nella pregiudiziale. Dalla semplice lettura del testo emerge infatti con evidenza che al pubblico ministero è richiesta la sola espressione di un parere sulla richiesta, che compete esclusivamente all'imputato, se ne sussistono ovviamente i presupposti.
  Il punto fondamentale, poi, è che sulla richiesta di messa alla prova provvede il giudice con ordinanza, sempre che non ritenga di dover pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale.
  Quanto al fatto che nel processo minorile il giudice ha il potere di iniziativa, il differente regime è dovuto al diverso ruolo affidato al giudice, che in tale processo agisce a tutela del minore, mentre ovviamente nel processo penale per adulti è lo stesso interessato a dover valutare se esercitare o meno la facoltà che gli viene offerta.
  Nella pregiudiziale si contesta inoltre la violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, sul presupposto che al PM sarebbe attribuita ampia discrezionalità nell'espressione del consenso, ma non c’è traccia neanche di tale violazione. Si è detto che è il giudice a provvedere sulla richiesta dell'interessato; aggiungo che il PM in caso di dissenso deve enunciarne le ragioni, e che in presenza di una richiesta reiterata dell'imputato, il giudice può comunque disporre la sospensione con messa alla prova, ai sensi dell'articolo 464-ter, quarto comma.
  Poi non è assolutamente violato il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva di condanna, e anche questa, quindi, è una contestazione infondata. La messa alla prova è una causa di estinzione del reato e non la sentenza di condanna; alla procedura che attiva la sospensione del processo si arriva a seguito di richiesta dell'imputato, che con la messa alla prova accetta un programma di trattamento che prevede obblighi e prescrizioni.
  Si lamenta poi la violazione dell'articolo 36 della Costituzione, per il fatto che il lavoro di pubblica utilità che viene svolto non viene retribuito.
  Ma anche questo assunto è privo di fondamento, perché il lavoro di pubblica utilità non è riconducibile a un vero e proprio rapporto di lavoro. Questo vale fuori e dentro l'ambito penale, dentro e fuori dal carcere. Non è solo la fattispecie di oggi, ma recentemente un protocollo importante tra ANCI e Ministero della Pag. 71giustizia per impiegare in lavori socialmente utili i detenuti senza remunerazione va in questa direzione.
  Signor Presidente, finisco: ho cercato di interloquire, potrei andare oltre con i contenuti delle pregiudiziali, ma temo che ai promotori della Lega non interessino questi contenuti. Ci possono essere dubbi: bene, ne discutiamo anche con gli amici del MoVimento 5 Stelle, sia nel Comitato dei nove, che in Aula. Lo faremo, ma alla Lega non interessa il merito.
  Con questo provvedimento, ci allineeremo ai Paesi europei: è una legge di sistema, che deflazionerà il carico pendente nei processi e decongestionerà le carceri e il loro sovraffollamento. Legalità, responsabilità, sicurezza e umanità: queste cose stanno insieme sempre, non a giorni alterni. Non si può essere forcaioli mai e, meno che mai, a senso unico. Lo dico alla Lega, forcaiola magari con immigrati che, per sfuggire a fame, morte e malattia, si buttano su qualche barcone con i loro bambini, che giustamente debbono essere accolti, nel rispetto rigoroso delle leggi. Siete forcaioli con loro e siete, magari, tolleranti, anzi complici, con chi ha violato le direttive europee e le leggi sulle quote latte, togliendo allo Stato quasi un miliardo e mezzo di euro, che, se incassato, potrebbe evitare l'aumento dell'IVA (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà – Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Per questi motivi, di merito...

  PRESIDENTE. Onorevole Verini, concluda per favore.

  WALTER VERINI. Ho finito. Per questi motivi, di merito e istituzionali, il gruppo del PD propone di respingere le pregiudiziali presentate dalla Lega (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, sarò molto breve. Per quanto riguarda le questioni pregiudiziali di costituzionalità, ci asterremo. Sulla prima questione, concernente l'articolo 3, il principio di uguaglianza, siamo contrari perché il consenso c’è anche in altri istituti quali il patteggiamento e, comunque, viene riservato al PM e successivamente la motivazione cade. Siamo contrari alla questione rilevante il lavoro di pubblica utilità con la retribuzione perché – come è stato già detto – è su base volontaria e viene identificata anche con una sanzione al posto della pena.
  Per quanto riguarda, invece, il riferimento alla messa alla prova, qualche alveo di incostituzionalità, che aleggia su tutto il provvedimento, a nostro avviso, c’è: c’è una sorta di pena che viene inflitta senza l'accertamento del reato, va in maniera differente per quanto riguarda il patteggiamento, per il quale la pena viene erogata successivamente a una sentenza definitiva mentre, per quanto riguarda il provvedimento sui minori, c’è comunque l'esigenza di garantire al minore di non essere in contatto con il processo e con il carcere.
  Quindi, per questi motivi, noi ci asterremo per quanto riguarda la pregiudiziale di costituzionalità, mentre, per quanto riguarda la questione pregiudiziale di merito, ovvero il ritiro delle proposte di legge n. 331 e 927, abbiamo numerosi e motivati dubbi per quanto riguarda la delega. Accettiamo formalmente il principio della messa alla prova perché lo riteniamo giusto. Per quanto riguarda la delega, siamo contrari ad una delega così generica per materie così delicate, come le misure detentive domiciliari, soprattutto perché il Parlamento viene ulteriormente esautorato. È solo passata una settimana da questo decreto e ci facciamo esautorare su provvedimenti così delicati, come le misure detentive domiciliari. Questo è sbagliato. Siamo contrari ad un innalzamento fino a sei anni, sopratutto per il coordinamento nebuloso con le misure alternative alla detenzione carceraria, vista la genericità della delega. Quindi, qui c’è un vero punto interrogativo. Si lancia un sasso nello stagno, dando una delega in Pag. 72bianco, ma non si sa dove si andrà a parare. È stato cassato dalla Commissione affari costituzionali il reato di grave allarme sociale per genericità della delega.
  Ora sono ricompresi tutti i reati, anche quelli molto gravi. Io penso che questo sia un onere che il Parlamento si deve prendere, senza lasciarlo al Governo.
  Avremmo preferito, quindi, che fosse il Parlamento ad occuparsene. Anche qui, la rieducazione non è assolutamente presa in considerazione. È stato fatto riferimento anche ad altri Paesi, dove le situazioni carcerarie sono notevolmente migliori e, quindi, viene garantita la rieducazione addirittura in carcere. Stiamo paragonando sistemi giuridici che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro. I veri problemi delle carceri sono altri, appunto: la presenza di stranieri massiccia, la presenza di soggetti che sono stati condannati per il testo unico sulle droghe. Altro problema sono le risorse finanziarie. Sono stati presi due provvedimenti senza guardare effettivamente alle risorse finanziarie sulle forze dell'ordine per quanto riguarda le misure domiciliari e, invece, alle forze dell'UEPE, dell'ufficio esecuzione penale esterna, per quanto riguarda la messa alla prova.
  Quindi, per queste motivazioni, appunto, soprattutto contrarie alla delega, anche se non sono totalmente d'accordo con i motivi espressi, appunto, nel documento della Lega Nord, siamo formalmente favorevoli alla questione pregiudiziale di merito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Marotta. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, è stata posta una questione pregiudiziale di incostituzionalità e a quella risponderemo, nei termini proprio del rispetto della Carta costituzionale, al di là di polemiche ma individuando i punti in cui la Carta costituzionale penso sia rispettata nel momento in cui andremo ad approvare questo provvedimento.
  Va, in proposito, necessariamente premesso che, per pacifica giurisprudenza della Corte costituzionale, la legittimità di una norma va apprezzata con riferimento ad una pluralità di parametri, desumibili dal complesso del tessuto del testo costituzionale ed interpretabili gli uni attraverso gli altri, tanto che la regola di legge può risultare perfettamente conforme a Costituzione anche quando uno dei principi della Carta sia vulnerato ma risultano soddisfatti altri interessi, sempre costituzionalmente rilevanti. Ciò a dire che nelle questioni di legittimità costituzionale non è precluso ma, anzi, è incoraggiato, dalla Consulta, il bilanciamento di interessi in gioco, alla luce del quale il legislatore deve orientare la sua azione, anche correndo il rischio di lederne uno a maggior beneficio degli altri. A tal proposito, basta guardare le sentenze della Corte costituzionale nn. 168 del 1994 e 125 del 1995.
  E, dunque, in virtù di questo bilanciamento, nel caso di specie lo svuotamento delle carceri resta confinato al piano degli effetti delle riforma, ma non può essere interpretato come il principio costituzionale guida di esso. Quest'ultimo va, invece, letto alla luce di due superiori principi, da considerare assolutamente prevalenti rispetto a ogni altro che si assume leso. Essi, entrambi desumibili dall'articolo 27, comma terzo, della Costituzione, mirano rispettivamente all'avvicinamento dell'esecuzione della pena al pieno senso di umanità e alla rieducazione del condannato, e non vi è dubbio che, chi non veda che, proprio l'introduzione di norme che debellino un assetto carcerario invivibile per il detenuto miri all'uno e all'altro scopo, prioritari per il legislatore costituzionale ancora oggi, a più di 65 anni dall'approvazione della Carta. Tutto il resto va confinato al rango di strumento che, sebbene possa avere valenza costituzionale, deve poter recedere al cospetto dei reali fini, altrettanto costituzionali, da identificarsi in quelli richiamati dal citato articolo 27.
  Ed invero, così come già si è detto per l'affine messa alla prova minorile, la ratio della norma sta non tanto nella limitazione della cosiddetta «prisonizzazione», ma nell'induzione dell'imputato a non Pag. 73commettere ulteriori reati, nella logica del pieno reinserimento sociale. Ciò posto, palesemente infondato risulta il dubbio di costituzionalità relativo all'articolo 3, sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, con riferimento sia al potere del pubblico ministero di concedere o meno il consenso all'applicazione della messa alla prova sia all'asserita scarsa oggettivazione della sospensione del procedimento penale.
  Al riguardo, va ricordato che, per consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di eguaglianza viene vulnerato quando situazioni uguali o fortemente sovrapponibili per identità strutturale e funzionale vengono trattate in maniera diversa. Parimenti l'articolo 3 della Costituzione subisce lesioni apprezzabili sotto l'aspetto della ragionevolezza allorquando il sistema risulta intrinsecamente irrazionale o disfunzionale rispetto agli obiettivi che il legislatore può discrezionalmente porsi, salvi naturalmente i limiti costituzionali. Orbene, nel caso di specie, si apprezzano alcuni aspetti dai quali si evince che nessuna di queste lesioni si verifica nel caso di specie. In primo luogo, se il giudice deve valutare la sussistenza dei due elementi fondamentali per l'applicazione dell'istituto, quali l'idoneità del programma di trattamento presentato e la prognosi favorevole circa il fatto che l'imputato non commetterà altri reati, non si può pretendere che l'organo inquirente non faccia le sue vincolanti valutazioni, preventive rispetto a quelle del giudice. Del resto, anche in materia di patteggiamento, il consenso del pubblico ministero è vincolante, sicché senza sua assenso, il rito alternativo non può essere celebrato e le ricadute sulla pena, che non può essere ridotta di un terzo, sono evidenti. In secondo luogo, ci sembrerebbe fortemente irragionevole il contrario, posto che perfino l'imputato può non prestare il consenso laddove il giudice decida di integrare il programma trattamentale con nuovi obblighi, sicché non si vede perché ciò dovrebbe essere precluso proprio alla parte pubblica. In terzo luogo, non va trascurato che sono previsti rimedi in forma di impugnazione, il che dovrebbe escludere ogni arbitrarietà irrimediabile nella condotta dell'organo inquirente. Né si coglie il senso della paventata non sufficiente oggettivizzazione della sospensione del processo, atteso che essa è procedimentalizzata nei dettagli, che sono tutt'altro che soggettivi.
  Non si ravvisano, inoltre, elementi sufficienti per ritenere violato l'articolo 27 della Costituzione sotto l'aspetto dell'inversione dell'onere della prova a nocumento del principio di presunzione di non colpevolezza. A ben vedere è stato certamente introdotto un meccanismo processuale che fa leva sulla non celebrazione di un giudizio. Ciò vuol dire che non si deve ragionare con le logiche garantistiche che guidano quest'ultimo, soprattutto in ragione del fatto che l'obiettivo perseguito è di gran lunga più garantistico dello strumento apprestato ed è quello, già enunciato, dell'estinzione del reato, con ricadute positive sul piano costituzionale e del reinserimento sociale del reo, non disgiunto dall'evidente recupero dell'efficienza, che pure ha piena cittadinanza costituzionale, dei sistemi giudiziari e penitenziari. Ed è per queste riflessioni che voteremo compatti e tranquilli contro la pregiudiziale presentata (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, innanzitutto vorrei preannunziare che Fratelli d'Italia voterà convintamente invece a favore della pregiudiziale, sia dal punto di vista costituzionale, perché riteniamo giuste le valutazioni giuridiche, sia per quelle del merito, che riteniamo assolutamente condivisibili. Per quanto riguarda l'aspetto giuridico, per quello che si può dire in cinque minuti, voglio innanzitutto sottolineare che oggettivamente sia l'istituto che viene introdotto della messa in prova sia questa nuova pena principale della detenzione non carceraria presentano dal punto di vista dell'articolo Pag. 743 della Costituzione dei profili chiari di incostituzionalità, perché il potere discrezionale che viene dato ai magistrati, che peraltro diventerà presto una minaccia contro gli stessi, proprio nell'esercizio della loro funzione, soprattutto avendo a che fare con una delinquenza sempre più aggressiva, è chiaramente smodato rispetto a quello che nel nostro ordinamento avviene. Ciò è ancora più chiaro se si analizza l'articolo 112, perché l'obbligatorietà dell'azione penale di fatto va a farsi friggere. Così potrei continuare per quanto riguarda il diritto della difesa, soprattutto in chiave della tutela delle vittime. La vittima non si può opporre alla messa in prova e soprattutto l'istituto della messa in prova estingue il reato e, quindi, non potrà chiedere neanche in sede civile un risarcimento del danno, che peraltro non è neanche obbligatoriamente previsto per accedere all'istituto della messa in prova.
  E d'altro canto voglio fare i complimenti, pur non condividendone le opinioni, al Ministro Cancellieri, che con onestà ha detto che, per gli obiettivi che si pone la maggioranza e anche una larga parte del Parlamento, l'amnistia e l'indulto erano la via maestra. Per quanto ci riguarda, questi provvedimenti, di fatto, sono un'amnistia e un indulto mascherati, perché si estingue il reato e si estingue la pena, o viene commutata in altra forma di pena, in entrambi gli istituti.
  Quindi, l'articolo 79 della Costituzione viene anche violato, perché questo provvedimento dovrebbe essere votato con la maggioranza dei due terzi, articolo per articolo e anche per quanto riguarda il voto finale. Sull'articolo 27 della Costituzione ci sarebbe tanto da discutere, sia per il diritto alla difesa, perché vi sono i casi come la vicenda Misseri, in cui uno si autoaccusa, e quindi, magari, sospende un procedimento di messa in prova per coprire altri responsabili, sia per quanto riguarda la finalità rieducativa, che per noi assolutamente rappresenta un dato centrale della civiltà del nostro ordinamento, ma certamente non è l'unica funzione della pena.
  Infatti, la Costituzione prevede che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, non che la pena ha soltanto lo scopo riabilitativo. Voglio aggiungere che, nel merito, credo che questa abdicazione complessiva della forza dello Stato rispetto ad un momento di recrudescenza di criminalità strida con tante posizioni. Ricordo il Ministro Alfano quando, dopo avere votato l'indulto, disse che era pentito di averlo fatto e che non lo avrebbe, oggi, più fatto. Invece, lo vediamo oggi prendere posizioni diverse.
  La verità è che si vogliono svuotare le carceri perché non si ha il coraggio di affrontare due temi, signor Presidente, e concludo. Innanzitutto, il tema della custodia cautelare, rispetto al quale vi è un evidente utilizzo non coerente con l'istituto e bisognerebbe intervenire. Vi sono 25 mila persone in custodia cautelare. Vogliamo mettere tutti in custodia cautelare, si aumenta la possibilità di mettere le persone in custodia cautelare, e poi, una volta che abbiamo fatto i processi e condannato le persone, non vogliamo mandare nessuno in galera.
  Si vogliono tutelare le donne e invece, con questa norma, di fatto, si prevede la non punibilità del reato di stalking, dei maltrattamenti in famiglia, dei furti in abitazione, dei furti con scippo. Nella sostanza, si scardina il sistema punitivo della sicurezza in un momento assai grave per il nostro Stato, in un momento in cui, per la prima volta, grazie già agli errori del Ministro Severino, la criminalità, rispetto agli ultimi quattro anni, l'anno scorso è aumentata. Pensiamo che bisognerebbe fare tutt'altro. Per questo, voteremo a favore delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Molteni ed altri n. 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 75

  Cristian Iannuzzi, Di Salvo, Alfreider, Paris, Invernizzi, Vecchio, Vargiu, Bonomo, Ottobre, Biasotti, Manzi, Piepoli, Bini, Ferrara, Manlio Di Stefano, Sorial, Capodicasa, Gelmini, Fraccaro, Marazziti, Sani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  507   
   Votanti  409   
   Astenuti   98   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato
  26    
    Hanno votato
no  383).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di merito Molteni ed altri n. 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Moretti, Simoni, Lavagno, Nardi, Invernizzi, Baldassarre, Romele... Ci siamo ? Hanno votato tutti.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  503   
   Votanti  501   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  251   
    Hanno votato
 120    
    Hanno votato
no  381).    

  (Il deputato Marco Di Maio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Essendo state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito, passiamo al seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge.
  Ricordo che nella seduta del 24 giugno 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore di minoranza è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori per la maggioranza e il rappresentante del Governo vi hanno rinunciato.

(Esame degli articoli – A.C. 331-927-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
  Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 331-927-A).
  In particolare, la Commissione bilancio ha subordinato il parere favorevole espresso sul testo unificato all'approvazione di tre condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Tali condizioni saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
  Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
  A tal fine i gruppi Lega Nord e Autonomie, MoVimento 5 Stelle e Fratelli d'Italia sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 331-927-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 331-927-A).
  Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, sarà un intervento molto breve, il mio, anche perché è semplice intervenire sul complesso degli emendamenti che sono Pag. 76stati presentati largamente a opera della Lega Nord e del Movimento 5 Stelle, poiché, nella quasi totalità, essi non sono volti a migliorare questo provvedimento, ma semplicemente ad affossarlo, come è stato anche chiaro nel dibattito a cui abbiamo appena assistito.
  Abbiamo, infatti, guardato da vicino, qualche minuto fa, ad una proposizione di questioni di legittimità costituzionale che ci hanno mostrato una volenterosa arrampicata sugli specchi, tanto più singolare perché parliamo indirettamente di un argomento, le carceri della Repubblica, che sono da tempo un territorio sfuggito ai molti diritti, che proprio la Costituzione garantirebbe ai cittadini.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 17,45)

  DANIELE FARINA. Parliamo di un territorio ripetutamente sanzionato in sede internazionale, e questo non lo dovremmo mai dimenticare. Ora arrivano gli emendamenti, tanti...

  PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Farina. Colleghi, abbassate leggermente il tono, grazie.

  DANIELE FARINA. ... che hanno la stessa missione, lo dicevo prima: affondare questo provvedimento. Sinistra Ecologia Libertà ha scelto di non presentare emendamenti, essendo stati i nostri emendamenti potenziali assorbiti da quelli del Governo, a testimonianza del fatto che si può essere all'opposizione senza cercare di cavalcare il ventre e i peggiori istinti che oggi vi sono.
  Noi abbiamo assistito ad un dibattito in cui sono stati usati i termini «mina», «offende», «resa dello Stato», «incapacità», «dilettantismo»; si è straparlato di Caino e Abele, si è detto anche un cumulo di sciocchezze – non diciamo chi, così non facciamo polemiche –; si è detto che la gente ha paura. Bene, ma questa paura è forse prodotta da un provvedimento che non ha ancora visto la luce, quello che stiamo discutendo, o dalla normativa esistente, quella che chi ha presentato le questioni di costituzionalità e il maggior numero degli emendamenti ha votato negli scorsi anni, essendo stato al Governo della Repubblica per 10 dei 13 anni trascorsi ? Da dove ha origine questa paura ? E non è forse questo l'indice più chiaro che quella normativa – ma lo discuteremo ancora in dichiarazione di voto –, quegli impianti sono sbagliati ? E che siano sbagliati ce l'hanno raccontato i numeri, ce lo raccontano i numeri.
  Oggi abbiamo presentato qui alla Camera – vado a chiudere – un libro bianco, il quarto, su una delle leggi della paura, quelle che pensando di andare verso la sicurezza dei cittadini hanno in realtà lavorato al contrario. Parliamo, ovviamente, del libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi, l'ultima modifica al testo unico sulle droghe. Cosa c'entra ? Questo provvedimento andrebbe ad incidere anche su quel comma 5 dell'articolo 73 che parla dei fatti di lieve entità, quei fatti che determinano una parte consistente della situazione sulla quale oggi noi siamo chiamati a intervenire.
  Io chiudo cercando di far prevalere, di far ragionare e di portare i colleghi – se questo è possibile – oltre le convenienze, quelle per le quali sulla giustizia si giocano altre partite, perché qui si è parlato di indulto e indulto non è, neanche mascherato; si è parlato di amnistia e amnistia non è, neanche mascherata; si è parlato, anche sui giornali nazionali, di un provvedimento che farebbe un qualche favore a Silvio Berlusconi e non c’è nessun favore in questo provvedimento a Silvio Berlusconi, ma forse a qualche migliaio di «poveri cristi», questo sì, c’è (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !

  EMANUELE PRATAVIERA. Sono delinquenti !

  PRESIDENTE. Gentilmente, non siamo allo stadio ! Grazie. Do la parola all'onorevole Marazziti, pregando tutti, per favore, di consentire agli oratori di parlare Pag. 77e a chi vuole ascoltare di ascoltare; chi non è interessato può gentilmente anche uscire dall'Aula. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in particolare colleghi che non avete condiviso e non condividete l'articolo 1 e lo spirito e i dispositivi di questo testo unificato fino a chiederci di considerare delle pregiudiziali che avrebbero reso impossibile l'approvazione di un importante provvedimento che va nella giusta direzione, cioè quella di una certezza della pena, quella di togliere al nostro Paese il marchio di infamia di un sistema carcerocentrico che via via ha messo fuori legge il Paese e ha reso il carcere non utilizzabile ai fini previsti per il carcere dalla Costituzione italiana, fino a diventare un luogo di infrazione del senso di umanità e fino a rendere impossibile, in molti casi, la stessa redenzione del reo che, come sappiamo, è recidivo nel 67 per cento dei casi.
  Ma, come l'onorevole Verini, vorrei davvero provare a prendere sul serio le difficoltà che avete dimostrato nel prendere in esame questo testo unificato. Vorrei dirvi che la messa alla prova – e, quindi, intervengo sul complesso degli emendamenti – non ha nulla a che vedere con un torto alle famiglie e alle vittime di chi subisce il reato. Vorrei dire che la messa alla prova e, cioè, la scelta di un luogo diverso da un carcere disumano e in grande sofferenza, non è un modo di creare impunità.
  Al contrario, va nella direzione di quello che già Cesare Beccaria scriveva quando osservava che c’è un momento in cui la pena dura, la forza deterrente della pena dura smette di avere efficacia e, al contrario, diventa una spinta a commettere fatti delittuosi più gravi. Ciò che noi guadagniamo da questo testo unificato è anzitutto la speranza fondata che chiunque commetta un reato, sotto una pena di sei anni, ha la possibilità di entrare prima in contatto, in circolazione con la società nella quale deve reinserirsi; può fare lavori socialmente utili; può iniziare dapprima un percorso di redenzione e può non essere sottoposto a una pena aggiuntiva che è quella delle attuali non sempre umane condizioni di vita in carcere.
  In realtà vorrei ricordare a quest'Aula e a chi non è soddisfatto di questo testo unificato, a chi pensa che solo con pene impossibili ed esemplari la sicurezza di una società si difende, che, purtroppo, noi, in questo momento, abbiamo un carcere che tende ad essere un luogo criminogeno. Vorrei ricordarlo a quanti nella scorsa legislatura o, meglio, due legislature fa, hanno combattuto duramente, dopo averlo approvato, il provvedimento di indulto, un provvedimento che è stato approvato da una larghissima maggioranza in Parlamento ma che, subito dopo l'approvazione, ha visto soltanto padri e madri vergognosi che, subito, si nascondevano da quella paternità.
  Bene, quell'indulto – che come abbiamo ascoltato oggi in alcuni interventi nella critica all'indulto, si fondava sull'amplificazione di fatti di cronaca che mettevano in luce come persone che avevano goduto del provvedimento di indulto erano recidive e tornavano a commettere reati – ha dato un risultato per il Paese, vale a dire il dimezzamento della recidività: siamo scesi sotto al 35 per cento di casi di recidività, a fronte del più del 67 per cento di normale recidiva di quanti scontano tutta la pena.
  Allora, cari colleghi, a che cosa serve insistere ad oltranza, fino allo scandalo e fino allo scontro, su pene dure, impossibili, che colpiscono davvero tanti «poveri cristi» e che poi impediscono a tanti poveri cristi di avere una significativa possibilità di reinserirsi nella società positivamente, dopo essere stati a far nulla, immobili, ammucchiati e a contatto con persone con mentalità o abitudini di devianza superiori alle proprie ? A che cosa serve tutto questo, se sappiamo che il carcere così com’è oggi produce il doppio di recidività, di fronte a quanti ottengono occasioni alternative per scontare la pena o, come nel caso dell'indulto, un'uscita anticipata ?
  Dobbiamo sapere anche che tra quelli che goderono del provvedimento di indulto, Pag. 78che furono colpiti positivamente dal provvedimento di indulto e che già stavano in procedimenti alternativi al carcere, in percorsi alternativi di sconto di pena, il tasso di recidività è sceso al 13 per cento.
  In altre parole, dobbiamo sapere che in questo momento storico il carcere purtroppo non è quello che la Costituzione ci dice dovrebbe essere, non è sanzione e percorso di riabilitazione, ma tende ad essere solo sanzione e sanzione aggiuntiva. Allora per questo noi dobbiamo non aver paura di questo provvedimento. Questo provvedimento inizia un cambiamento nella giusta direzione, perché riassegna alla società la possibilità di reinserimento e di recupero di chi ha sbagliato. È stato osservato che nei casi di violenza in famiglia e nel caso di reati contro minori non ha senso comminare arresti domiciliari. Ma noi dobbiamo sapere anche che questo provvedimento prevede che quando si parla di domiciliarità si parla anche di...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Marazziti: possiamo lasciare il Governo, che sta qui per ascoltare ? Grazie.

  MARIO MARAZZITI. Noi sappiamo anche che questo provvedimento prevede che si possa venire assegnati a luoghi diversi dalla propria abitazione, che si possa collaborare sul territorio con associazioni di volontariato e che questo può permettere percorsi di riabilitazione e di reinserimento, difendendo le famiglie vittime di violenza.
  Noi abbiamo anche, in Italia, un gran numero di beni demaniali e pubblici, abbiamo caserme sottoutilizzate, e qui abbiamo per la prima volta un dispositivo che ci permetterebbe di cominciare a pensare non solo all'edilizia carceraria, ma alla creazione di luoghi intermedi, che corrispondono di più alla funzione della sanzione, mentre avviano, al tempo stesso, percorsi di riabilitazione. Non ha senso, non ha senso, così come è adesso, che tutto si trasformi in carcere. Allora io vorrei semplicemente dire che quello che c’è dentro questo provvedimento è un cambiamento culturale, è un cambiamento di prospettiva che aiuta molto il Paese.
  Questo aiuta a svuotare le carceri, ma, soprattutto, permette di stabilire un confine diverso tra quello che è un crimine grave, pericoloso per la società, quello che è carcere inteso come luogo dove si sconta una pena, ma dove si è accompagnati a capire l'errore e a maturare le ragioni per volersi reinserire e non commettere più quell'errore e non essere più di danno alla società, e quello che, invece, è devianza, ma danno alla società non di livello letale. C’è, nel nostro disagio sociale, una quantità di comportamenti borderline che non vengono sanzionati né dal carcere né dalle leggi, ma c’è una quantità di comportamenti borderline che vengono sanzionati eccessivamente e sempre e solo con il carcere. Questo porta a una situazione malata.
  Non dobbiamo avere paura di questa legge. Questa legge ci aiuta a correggere dei gravi errori. Non lo sapevano quanti hanno approvato, magari con entusiasmo, la legge Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze, che quella legge avrebbe portato il nostro Paese ed avere il 33 per cento dei detenuti per reati legati a infrazioni sulla tossicodipendenza, quando in Francia e in Germania sono il 14 per cento i detenuti in carcere per infrazioni legate al problema della tossicodipendenza. Forse non lo sapevano, ma adesso lo sappiamo, sappiamo che tutto questo è anomalo, sappiamo che tutto questo è patologico. Questa legge ci permette di mettervi mano.
  L'udienza anticipata del reo prima della decisione di andare in carcere per l'avvio del procedimento, permetterà di evitare il problema delle «porti girevoli», di evitare che migliaia di italiani trascorrano due, tre, dieci o undici giorni in carcere per essere poi rilasciati perché il giudice decide che non c’è motivo che rimangano in carcere. Ma voi lo sapete che vuol dire tutto questo ? Vuol dire un peso immenso per l'amministrazione carceraria, vuol dire entrare e fare spazio per persone che non dovranno stare lì, vuol dire farlo in situazioni dove non c’è spazio neanche per la vita quotidiana, dove le aule di ricreazione sono occupate dai letti, Pag. 79dove non si possono creare sezioni separate davvero tra casi di piccola entità e casi davvero gravi.
  Allora, sono molto grato al Governo per avere dato vita e forza a un progetto di legge che era stato preparato dal precedente Governo, ma anche a quanti nelle Commissioni II (Giustizia) e I (Affari costituzionali), hanno lavorato per migliorare questo progetto. Vorrei ringraziare il Ministro Cancellieri per il coraggio, la decisione e la determinazione dimostrati nel portare avanti questo provvedimento. Credo che con questo provvedimento noi iniziamo un punto di svolta. Non svuotiamo semplicemente un po’ il carcere, ma noi iniziamo a restituire dignità al sistema delle pene. Noi iniziamo a aiutare il nostro Paese a sapere e a pensare che, già al momento della pena, il tipo di pena può permettere riabilitazione, cioè i lavori socialmente utili non sono semplicemente un riempitivo, qualcosa di «serie B», qualcosa che ci si è inventati perché il carcere è troppo pieno. I lavori socialmente utili sono una necessità nel Paese. Nel lavoro socialmente utile, chi ha anche commesso un errore inizia ad essere utile, ad avere stima di se stesso, a riavere dignità umana, ad avere relazioni umane che lo aiuteranno a reinserirsi nella società e ad essere utile, mentre è già utile.
  I lavori socialmente utili, presi in considerazione all'interno della pena, della sanzione da comminare, rappresentano un punto di svolta, perché, vedete, tutto il nostro sistema delle pene, tutto il sistema del processo è costruito in maniera tale che tutto, in fondo, serve ad allontanare il momento in cui si prende la decisione su quale sarà davvero la pena che si deve prendere. L'imputato ha il diritto e il dovere di difendersi, e anche di dire il falso; l'accusa ha il diritto e il dovere di aiutare a capire com’è la situazione e a dare spazio alla verità; il giudice ha il diritto e il dovere di difendere la società, se del caso, e se c’è reato, attraverso una sanzione e una pena.
  Ma per tutto il tempo del processo – e dura anni – non si aiuta l'imputato o il colpevole a pentirsi e a voler decidere di essere diverso, perché per tutto il tempo del processo l'imputato è invitato a non ammettere la sua colpa (a parte il caso del patteggiamento); ma, normalmente, il percorso giudiziario fa sì che tutto il momento della sanzione e della redenzione si assegnino al tempo successivo, che è il tempo del carcere. Noi abbiamo un'esperienza: è l'esperienza con cui il Sudafrica è uscito dalla violenza, dall'odio, dalle uccisioni, dai crimini, anche di massa, dell’apartheid. È stato attraverso un percorso che ha liberato la sanzione dal carcere, se c'era ammissione, comprensione, pentimento rispetto al crimine che si era commesso. Si trattava di una commissione basata sulla misericordia e il perdono (la «Commissione per la verità e la riconciliazione»). È stato un percorso vincente, che ha riunificato un Paese come il Sudafrica dopo una violenza terribile.
  Questo ci insegna qualcosa sul fatto che non c’è reo che non possa essere recuperato ad una vita umana, civile e sociale, e ci insegna anche che possiamo ottenere la collaborazione del reo per diminuire il tasso di violenza e il tasso di crimine nel nostro Paese, ma dobbiamo anche far capire che esiste la possibilità di essere utili. Quanti commettono reati solo perché nessuno se li è mai presi a giornata ? Andiamo, andate dentro le carceri italiane, perché dentro il carcere italiano, sarebbe bello immaginare che tutto il male sia dentro e che tutto il pulito sia fuori, ma non è così. Ci sono non solo errori giudiziari, ma c’è tanta gente che non è stata presa sul serio, che non ha avuto opportunità. La messa alla prova permette di ridurre questa distorsione.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARIO MARAZZITI. Mi avvio a concludere. Vorrei dire che all'interno di questo provvedimento si introduce un principio, implicitamente, cioè che la società può essere un luogo dove si capiscono le proprie responsabilità di riabilitazione e di sconto della pena. Allora, in questo provvedimento, noi abbiamo la possibilità di coinvolgere anche le regioni, Pag. 80i comuni, le comunità locali, l'associazionismo, nel creare e costruire le occasioni di riabilitazione per chi oggi ha davanti a sé solo il carcere.
  È la cosa speciale che possiamo fare subito, quella di lavorare con le regioni, con i comuni, con le comunità, almeno per quella cinquantina di bambini che, con le loro madri, – come ho detto ieri – ancora vivono in carcere, perché sono figli, da zero a tre anni, di madri che scontano una pena in carcere, perché questa vergogna, questa violenza su bambini innocenti, finisca subito e subito, in ogni comunità locale, possano riallocarsi almeno queste cinquanta famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, vorrei solo riprendere un paio di punti che ho sentito in quest'Aula qualche istante fa, e indubbiamente riprendere qualche citazione che ha fatto sollevare noi del gruppo della Lega Nord e Autonomie dalle sedie, come quella dell'onorevole Daniele Farina, che ha definito «poveri cristi» chi ? Quelli che commettono atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi ? Quelli che organizzano atti contro assemblee regionali e enti istituzionali e chi resiste a pubblico ufficiale ? Beh, è logico definire «poveri cristi» chi commette certi reati, perché proprio lo stesso Farina ha avuto una serie di condanne in merito a eventi di questo tipo, e non accettiamo la moralità da chi ha fabbricato e detenuto bottiglie Molotov incendiarie (Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), citandoci come personaggi poco illustri in questo Parlamento. Ma quello che noi portiamo all'attenzione dell'opinione pubblica e dell'Aula, non è tanto per fare ostruzionismo, ma per far capire ai deputati che cosa si sta facendo. Noi definiamo «svuota carceri», totalmente, questo provvedimento. Non è vero che non è un indulto mascherato, non è vero che non si attua l'amnistia. Prova contraria è ciò che in tutto l'articolato è specificato.
  E poi, ancora di più vorrei ribadire e ricordare il concetto a chi lo ha ricordato a noi, come l'onorevole Walter Verini, definendoci complici, per aver tutelato chi ? Per aver tutelato gli onesti allevatori ? I nostri lavoratori che hanno pagato le tasse e che lavorano e che con la loro fatica e il loro sudore fanno grande questo Paese ? No, io ricordo a lei, onorevole Verini, che lei è complice di chi attua atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi. Lei è complice, onorevole Verini, di chi attenta alla Costituzione dello Stato. Onorevole Verini, lei è complice di chi resiste a pubblico ufficiale. Onorevole Verini, lei è complice di chi froda le pubbliche forniture. Onorevole Verini, lei è complice di chi fa falsa testimonianza. Onorevole Verini, lei è complice di chi attenta alla sicurezza dei trasporti. Onorevole Verini, lei è complice di chi attenta alla sicurezza degli impianti di energia elettrica...

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, le chiedo scusa. Lei sta parlando con la Presidenza, non con l'onorevole Verini. Quindi, dovrebbe continuare a parlare con la Presidenza.

  STEFANO ALLASIA. La guarderò negli occhi. Non è la mia indole, però, se vuole, la guarderò negli occhi.

  PRESIDENTE. Ci provi, vedrà che ci riesce.

  STEFANO ALLASIA. Onorevole Verini, lei è complice di chi attenta alla sicurezza degli impianti dei energia elettrica e del gas, ovvero quelli delle pubbliche amministrazioni. Onorevole Verini, lei è complice di chi attenta alle costruzioni e cerca di attuare disastri dolosi. Onorevole Verini, lei è complice di chi fabbrica e detiene materiale esplodente.

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, adesso la richiamo all'argomento e al fatto che lei non può dire complice a un collega...

Pag. 81

  STEFANO ALLASIA. L'ha detto lui a noi.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. L'ha detto lui e non è stato richiamato.

  PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, posso spiegare ? Sto semplicemente dicendo che, come lei ha visto, io non ho interrotto l'onorevole Allasia, in quanto l'onorevole Verini le ha detto una cosa. Ma siccome sta continuando per la ventesima volta, lei mi consenta di dire che forse possiamo proseguire con un intervento tranquillo e sereno senza bisogno di ripetere per la venticinquesima volta la stessa affermazione. Posso chiederglielo ? Grazie.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, la ringrazio della precisazione, però l'avrò citato a proposito della sua complicità meno di dieci volte. È ingiusto nei miei confronti. Comunque, sbagliare è umano. Comunque, l'onorevole Verini è complice della falsità materiale commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici, come è complice di tanti altri reati tra cui i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, è complice sempre delle persone che attuano furti in abitazioni e furti con strappo, il cosiddetto scippo.
  È complice l'onorevole Verini nel danneggiamento di sistemi informatici o telematici; sempre specificando, l'onorevole Verini è complice nella truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche, è sempre complice, l'onorevole Verini, nella ricettazione e in altri reati come l'abuso d'ufficio, la corruzione per atto d'ufficio, la detenzione di pornografia minorile, lo stalking, la violazione di domicilio. Però questi sono solo alcuni casi di complicità che riguardano l'onorevole Verini nel cercare di portare ad approvazione questo provvedimento.
  Però noi della Lega Nord dobbiamo anche ribadire la contrarietà a questo provvedimento, entrando poi anche effettivamente nel merito, per una serie di ragioni, ragioni avvalorate da fatti e numeri che vi andrò ad illustrare. Innanzitutto siamo di fronte a un provvedimento del tutto inutile, che sicuramente non andrà a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, se questo è l'intento, anzi andrà ad aggravarlo. E lo dimostra proprio la ciclicità di tali provvedimenti; ricordo solo l'anno scorso il cosiddetto «decreto Severino», meglio noto come «svuotacarceri», che aveva la finalità, appunto, di venire incontro al sovraffollamento carcerario.
  Ebbene oggi siamo ancora qui ad affrontare lo stesso problema con un altro provvedimento che, di fondo, si basa sullo stesso principio: non far scontare la pena in carcere. E lo dimostra il numero di detenuti in esubero confrontato col numero dei detenuti che usufruirebbe dei benefici deflattivi di questo provvedimento. Esiguo rispetto alla situazione problematica del nostro sistema carcerario, che non abbiamo mai negato. Il problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani è stato in passato risolto con amnistie e indulti e altri provvedimenti-tampone, come quello di cui si discute oggi; ma tali strumenti si sono rivelati del tutto inidonei a risolvere il problema, tanto che le carceri sono tornate in breve tempo stracolme come prima, creando però, nel frattempo, più problemi alla sicurezza dei cittadini. Ed infatti, quello di cui stiamo discutendo oggi, è anche un provvedimento estremamente pericoloso, nel senso che mette in serio pericolo non soltanto il principio della certezza della pena, ma la sicurezza dei cittadini.
  Con questo provvedimento si assiste ad una vera e propria resa dello Stato alla criminalità. È un atto di abdicazione da uno dei suoi compiti principali: quello di garantire la sicurezza dei propri cittadini ed anche in questo caso... (Il deputato Paolo Cova espone un cartello recante la scritta: «Sono complice con Verini»).

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Allasia. Onorevole Cova deve levare quel cartello gentilmente, deve levare il cartello. Deve levarlo !
  Prego onorevole Allasia.

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  STEFANO ALLASIA. E anche in questo caso lo dimostrano i numeri. Dopo solo sei mesi dall'indulto del Governo Prodi, che risale al 2006, legge n. 241 del 2006, il tasso di crescita dei delitti era aumentato dal 2,5 percento al 14,4 percento. Gli ultimi dati forniti dal Ministero dell'interno ci dicono che la situazione è già grave: nel 2012 i reati sono arrivati a sfiorare gli otto milioni, con un aumento generale del 1,3 percento, con picchi ben superiori per talune tipologie di reato, tra cui proprio i furti in casa e gli scippi, quelli di cui l'onorevole Verini vorrebbe rendersi complice, ossia quegli stessi reati ricompresi nel provvedimento oggi all'esame della Camera.
  In un momento in cui tutti ci chiedono severità e contrasto alla delinquenza, in primis i cittadini vittime di questi reati, questo provvedimento invece rappresenta un'ennesima resa dello Stato.
  Questo provvedimento attacca poi ancora di più e più fortemente la funzione generale preventiva che dovrebbe esercitare la pena. Che tipo di deterrenza può avere una norma di questo genere presso chi vuole commettere reati, tra cui lesioni personali, percosse, furto con strappo e in abitazione, violenza privata, pornografia minorile, atti persecutori e stalking ? Potrei rispondere io: l'onorevole Farina ! Stiamo parlando infatti di reati di grave allarme sociale, che colpiscono direttamente le fasce più povere e più comuni dei cittadini. Parliamo del furto in casa, del furto con violenza o con destrezza, di quello commesso sui mezzi pubblici, fino ad arrivare agli atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi: proprio quelli di cui l'onorevole Farina si è macchiato anni fa. Frode nella pubblica fornitura, falsa testimonianza e falsa perizia, istigazione a delinquere, incendio boschivo per colpa, ed altri ancora che non sono sto qui ora ad elencare.
  Non è possibile per chi compie questi reati, oppure anche per chi ha intenzione di volerli compiere, sappia poi di poter rischiare al massimo di tornarsene a casa propria. E non è nemmeno possibile pensare di poter garantire la sicurezza ai cittadini con i braccialetti elettronici, o scaricando interamente il problema di fatto sulle forze dell'ordine, che allo stato attuale, per carenze di organico, non sono in grado di sorvegliare adeguatamente il numero dei detenuti che sconterà la pena ai domiciliari.
  Il problema è serio e va affrontato seriamente, con un piano carceri: come quello approvato nel gennaio 2010, che prevedeva la costruzione di nuovi penitenziari e l'ampliamento di quelli già esistenti, e attivandosi per far scontare ai detenuti stranieri – a loro sì – la pena a casa loro. Sappiamo che quasi il 40 per cento dei residenti nelle nostre carceri, in alcuni casi addirittura il 90 per cento, soprattutto al Nord, sono stranieri. In Campania su 8.292 detenuti solo 998 sono stranieri; in Lombardia, invece, su 9.390 detenuti, ben 4.202 sono stranieri. Ed ancora, solo per fare altri esempi: in Liguria, su 1.889 detenuti, 1.102 sono stranieri. In Val d'Aosta addirittura arriviamo alla quasi totalità: su 284 detenuti, ben 204 sono stranieri, su una popolazione di poco superiore a 100 mila abitanti !
  Secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della giustizia, al 31 maggio 2013 su 65.886 detenuti, oltre 65 mila detenuti nelle nostre carceri, 23.265 sono stranieri. Lo ripeto: oltre 23 mila sono stranieri ! Potrebbero tranquillamente non esserci, e scontare la propria pena a casa loro, nel loro Paese; anzi, ancora di più: non fossero entrati in Italia quasi la totalità illegalmente, questo problema potrebbe anche non sussistere. Facendo un rapido calcolo, se sottraiamo questi ultimi dal totale, avremo 42.621 detenuti: nei nostri penitenziari una cifra addirittura inferiore alla capienza regolamentare, che ricordo è di 46.995 posti.
  È dunque necessario attivarsi per stringere accordi bilaterali con i Paesi d'origine. Sarebbero sicuramente un valido strumento per risolvere il problema con effetti non provvisori o temporanei, bensì di più lungo periodo. Invece il Governo attuale su questo tema nulla ha detto o fatto: quindi il giudizio è completamente negativo, perché si tratta di un provvedimento Pag. 83inutile, che non risolverà il problema, che invece manda un chiaro messaggio di apertura alla criminalità, non solo italiana ma anche straniera.
  Così come nelle passate legislature, la Lega Nord voterà contro questo provvedimento. Esso, lo ribadisco, rischia seriamente di consegnare il Paese al caos e ad un'emergenza sicurezza senza pari. È quanto ha dichiarato anche il segretario dell'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia Enzo Letizia, chiedendo al Governo di prendere coscienza del fatto che lo scorso anno sono aumentati tutti i reati predatori...

  PRESIDENTE. Onorevole Molteni, vogliamo lasciare che il collega possa parlare ? Grazie. Siccome state lì tutti intorno, lui sta parlando.

  STEFANO ALLASIA. Era un dolce sottofondo la voce di Molteni ! Prendere coscienza del fatto che lo scorso anno sono aumentati tutti i reati predatori, furti, scippi, borseggi, truffe, rapine, tutti reati di cui l'onorevole Verini è complice e ne sarà complice quando avrà approvato questo provvedimento, reati che destano maggiore allarme sociale e che lo stesso provvedimento impegnerà gli agenti di polizia per effettuare i relativi controlli anziché andare a presidiare il territorio.
  Difatti i dati parlano chiaro; secondo un articolo apparso su Il Sole 24 Ore di lunedì 17 giugno, che riprende appunto i dati forniti dal Ministro dell'interno, riferiti al 2012, sono più di cinque i reati al minuto, quasi 7.700 reati al giorno per 365 giorni l'anno. Se si vanno ad analizzare le cifre fornite, si scopre poi un dato estremamente importante che riguarda il provvedimento in esame: se l'aumento dei crimini denunciati in generale ha avuto un incremento dell'1,3 per cento (circa 2,8 milioni, ossia 36 mila in più rispetto al 2011) sulla base dell'analisi per tipologia di reato il peggioramento più pesante è per i cosiddetti reati predatori, ossia quei reati che incidono direttamente sui beni personali, maggiormente legati alle fasi di crisi economiche, in grado di destare particolare allarme nella collettività (furti, scippi), e si tratta proprio di furti, scippi, borseggi e truffe che vanno a colpire singoli cittadini, anche con modalità particolarmente violente. Sono gli stessi reati per i quali il provvedimento in esame dispone la detenzione domiciliare. Oltre la metà delle denunce riguarda la sottrazione di beni, ossia i furti (oltre 1,5 milioni, in aumento del 4 per cento rispetto al 2011). Tra le diverse categorie di furti (in negozi, di ciclomotori, di auto) spiccano ancora di più i furti in casa, sia come numero (quasi 273 mila l'anno) sia come incremento (circa 16 per cento in più rispetto all'anno precedente); seguono i borseggi, che si avvicinano a 150 mila con un aumento dell'11 per cento. In aumento anche le frodi (114 mila con un aumento dell'8 per cento), le rapine (42 mila con l'aumento del 5 per cento rispetto all'anno precedente) e gli scippi (20 mila con un aumento del 14 per cento rispetto all'anno precedente). Con riguardo allo stalking, anche qui le cifre sono allarmanti: nel 2011 sono state denunciate 8.141 persone, nel 2012 invece 8.821, e solo nei primi mesi di quest'anno 7.094. Per cui le previsioni parlano di oltre 20 mila casi a fine anno.
  Di fronte a questi dati il Governo attuale sembra del tutto distante dalla necessità di richiesta di maggior sicurezza da parte dei cittadini; alla luce di questi dati il Ministro Alfano ha annunciato il piano per la sicurezza nelle città, che sembra però più propaganda che una volontà reale di combattere con fermezza la criminalità, se poi lo stesso Governo approva un provvedimento come quello in esame che dispone la pena della detenzione domiciliare per i soggetti che compiono proprio quei reati che sono in aumento e di più grave allarme sociale. Secondo i dati del Ministero della giustizia, all'indomani dell'indulto, nel 2006 la popolazione carceraria era passata dai...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  STEFANO ALLASIA. Cosa ? Pensavo qualcuno chiuso in ascensore. Dai 61.264 Pag. 84detenuti nel giugno ai 39.500 del 31 dicembre 2006. Negli anni seguenti tuttavia si è registrato un rapido ritorno alla situazione pre-indulto, con successivo ulteriore peggioramento dei dati statistici: le presenze al 31 dicembre 2007 erano già 48.693, a fine 2008 58.127, a fine 2009 64.791, a fine 2010 67.961. Infine, altro aspetto collegato al problema del sovraffollamento carcerario, è l'eccessivo numero dei detenuti in attesa di giudizio che, ad aprile 2013, fra italiani e stranieri, era di 12.258, a riprova... finisco... ma non avevo 20 minuti ?

  PRESIDENTE. Li ha utilizzati, onorevole Allasia.

  STEFANO ALLASIA. Ma mi ha interrotto anche una ventina di volte...

  PRESIDENTE. Già ha una quindicina di secondi aggiuntivi...

  STEFANO ALLASIA. Concludo. A riprova che va parimenti affrontato e non si può sorvolare sul problema della lunghezza dei processi e produttività della magistratura. Grazie dell'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, volevo rivolgermi a lei per chiederle se non riteneva che, nell'intervento precedente dell'onorevole Allasia, non ci fossero affermazioni offensive, altamente offensive nei confronti dell'onorevole Farina...

  NICOLA MOLTENI. E l'intervento di Farina no, invece ?

  PRESIDENTE. Per favore, onorevole Molteni ! Onorevole Molteni, la prego...

  NICOLA MOLTENI. Va bene tutto quello che dice Farina, e noi no ?

  TITTI DI SALVO. Stai tranquillo.

  PRESIDENTE. La prego di lasciar parlare sull'ordine dei lavori la collega, onorevole Molteni !

  GIANLUCA BUONANNO. Siete sempre i soliti comunisti !

  PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, la prego !

  TITTI DI SALVO. Non parlo con Buonanno, ma parlo con lei, per dirle appunto se non riteneva che le affermazioni fatte prima dall'onorevole Allasia non fossero altamente offensive, oltre che dell'onorevole Verini, particolarmente dell'onorevole Farina e, quindi, se lei, Presidente, non riteneva che quelle affermazioni andassero stigmatizzate e non lasciate in libertà, come se qui dentro si potesse dire qualunque cosa.
  Che poi ci venga rivolta l'accusa di essere comunisti, io lo fui e me ne vanto. E allora ?

  GIANLUCA BUONANNO. Lo siete ancora ! Andate a Cuba, che vi accolgono !

  NAZZARENO PILOZZI. Voi pensate ai diamanti !

  PRESIDENTE. Per favore, colleghi, possiamo interrompere ? Onorevole Di Salvo, lei mi ha fatto una domanda e le sto rispondendo. Ho ascoltato le parole che sono state rivolte: il mio giudizio personale sulla gradevolezza, o meno, delle affermazioni ovviamente è del tutto irrilevante. Personalmente, ho ritenuto che le affermazioni fossero all'interno di un discorso e di un ragionamento politico. Sarei intervenuto per spiegare che qui dentro tutti noi ci stiamo – e l'avrei fatto se si fosse ripetuta l'affermazione – perché siamo stati eletti dal popolo e godiamo tutti dei diritti politici, tutti, e che, quindi, vanno rispettati esattamente tutti, come ciascuno di noi deve rispettare gli altri. Questo lo avrei detto per evitare l'amplificarsi della questione, non l'ho detto, però è del tutto Pag. 85evidente – lo dico adesso – che l'unica affermazione che, personalmente, mi sarei sentito di stigmatizzare è questa: qui dentro siamo stati tutti eletti dal popolo italiano, godiamo tutti dei diritti politici e, in quanto deputati, dobbiamo essere rispettati tutti quanti.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, io penso che ci siano delle occasioni in cui segnare una differenza e una distanza sia di grande aiuto e questa, sicuramente, è una di queste. Vorrei segnare proprio la distanza di impostazione tra noi e chi si oppone a questo provvedimento, in particolar modo, mi riferisco agli interventi dei colleghi della Lega.
  Innanzitutto, c’è un'impostazione che distingue tra l'accertamento del fatto reato, l'accertamento di una responsabilità e quello che, invece, è il giudizio sulla pena.
  Allora, sul fatto reato, voi vi siete distinti per aver proposto e approvato il reato di immigrazione clandestina, che è un reato che ha a che vedere con le condizioni di una persona, è quello che – diciamo così – in un linguaggio giuridico si chiama reato d'autore e che non fa riferimento, invece, ai principi di civiltà giuridica – e spero che non suoni offensivo questo termine, nella giornata di oggi – che sono quelli che il fatto reato deve rispondere all'accertamento di un fatto e della condotta e non di una condizione. Perché dico questo ? Perché, invece, quando si parla della pena e della irrogazione della pena, il riferimento alla persona diventa invece preminente.
  E qui c’è il richiamo all'articolo 27 della Costituzione, che da più parti è stato evocato, e, cioè, che la pena è personale e che si deve tendere, appunto, alla rieducazione. Quindi, una pena che ha diversi effetti: sicuramente quello retributivo ma, sicuramente, anche quello della rieducazione.
  E, allora, qual è la questione ? Qui non è soltanto la pur importantissima questione di affrontare il tema delle condizioni disumane delle nostre carceri più importanti, che è stato anche sanzionato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e che è una cosa importantissima, perché basterebbe rispondere, come voi rispondete, che si costruiscono mille, duemila – non lo so quante carceri bisogna costruire – e abbiamo risolto il problema. Il problema è che noi riteniamo che la pena possa essere non esclusivamente quella carceraria e noi questo lo colleghiamo non a un buonismo o a un'impunità, come voi avete cercato, appunto, di rappresentare. Al contrario ! Al contrario, lo colleghiamo a una riflessione sull'effettività e sull'efficacia della pena.
  Quindi, cominciamo a squarciare un po’ un velo di ipocrisia tra quello che... Qual è l'alternativa al carcere, soprattutto per pene il cui massimo edittale è di sei anni o di quattro anni ? È la sospensione condizionale della pena. Quindi, nella vostra impostazione o c’è il carcere o c’è la sospensione condizionale della pena mentre, invece, noi proponiamo una riflessione sul fatto che ci possa essere una platea più ampia. E questo ha a che vedere con la effettività della pena e con l'efficacia della pena, perché l'elemento di grande innovazione è che tutto questo interviene nella fase iniziale del procedimento, cioè nel procedimento di cognizione. Allora, alcuni di voi dovrebbero sapere – se non altro chi ha qualche esperienza professionale, qualche avvocato mi sembra che ci sia anche nelle vostre file – che normalmente la pena da scontare in concreto, quando non supera i tre anni, viene immediatamente sospesa e poi si affida l'esecuzione ad un procedimento davanti al tribunale di sorveglianza, dove si può ottenere l'affidamento in prova. Tutto questo avviene dopo alcuni anni e, quindi, a discapito dell'efficacia e dell'effettività della pena. Invece, noi proponiamo una pena diversa da quella del carcere, ma che può essere immediatamente irrogata. Quindi, il principio dell'immediatezza, che è molto importante anche sotto il profilo della dissuasione e sotto il profilo, appunto, sanzionatorio.Pag. 86
  E, poi, noi diamo molta importanza al processo e al ruolo della giurisdizione. Quindi, questo mi serve per dire, come è già stato detto, che naturalmente non c’è nessun automatismo e non un'incontrollata discrezionalità del giudice, perché si fa finta di non sapere che c’è un vincolo alla pericolosità sociale e, quindi, mi sembrerebbe veramente risibile, se l'argomento non fosse molto serio, l'evocazione a ordigni, terrorismo e altri reati che sono stati citati, perché c’è il criterio vincolante della pericolosità sociale e c’è il criterio vincolante dell'articolo 133 del codice penale e, cioè, che, nell'irrogare la pena, il giudice tiene conto della natura, della specie, dei mezzi, dell'oggetto, tempo e luogo ed ogni modalità dell'azione, della gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, dell'intensità del dolo o del grado della colpa nonché della capacità a delinquere del colpevole, che viene desunta dai motivi a delinquere e dal carattere del reo, dai precedenti penali e giudiziari, dalla condotta contemporanea o susseguente al reato e dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
  E, infatti, di cosa stiamo discutendo, colleghi ? Stiamo discutendo di criteri di irrogazione di una pena, non di criteri per non dare una pena. Il giudice oggi già ha ovviamente questa discrezionalità, con questi vincoli, e decide che tipo di pena dare.
  Noi inseriamo una tipologia di pena che si aggiunge a questa e che rientra pienamente in questa valutazione per accrescere appunto le modalità alternative di sanzione. È una cosa molto diversa dall'amnistia e dall'indulto, come è stato ripetuto più volte, che prevede un automatismo e che sostanzialmente appunto è una non sanzione.
  In questa responsabilità, in questa irrogazione di pena, ci sta l'affermazione tutta del principio di responsabilità. Noi crediamo in una società responsabile, non in una società irresponsabile. Oggi esercitiamo la responsabilità del Parlamento, che dopo molti anni riprende a discutere di pene e di quali sono i principi che le devono regolare nella loro attuazione e nella loro effettività.
  Vorrei anche dire che noi con questo provvedimento pensiamo di operare per la sicurezza dei cittadini, perché la sicurezza deriva da un sistema sanzionatorio effettivo, che abbia una efficacia dissuasiva, che eviti la recidiva. Ed è noto che le sanzioni alternative alla detenzione, per dati assolutamente acquisiti, diminuiscono la recidiva. Vi vorrei chiedere: la vostra sicurezza che cos’è ? Quella di pene che vengono aumentate sotto il profilo edittale e carcerario ? Vorrei ricordare, visto che menzionate sempre le donne, che avevate proposto in Commissione nella scorsa legislatura, per affrontare la violenza sessuale sulle donne, la castrazione chimica, cosa che aveva fatto correre più di qualche brivido lungo la schiena anche ad alcuni tra i vostri colleghi.
  Ma in ogni caso vorrei ricordarvi che le vostre proposte sono sempre di aumentare le pene edittali, che poi difficilmente vengono eseguite, e che avete pensato di risolvere la sicurezza dei cittadini con le ronde, di cui non abbiamo alcuna notizia.
  Si è parlato delle vittime del reato. Intanto, dal punto di vista del diritto, vorrei rammentare ed evidenziare che nel nostro sistema processuale penale la vittima del reato è destinataria della norma, ma mai viene coinvolta se non nell'esclusiva situazione in cui si può costituire parte civile, perché non ha nessuna voce in capitolo (Commenti del deputato Molteni). No, non ha nessuna voce in capitolo sui procedimenti alternativi, né sul patteggiamento né sul rito abbreviato, laddove neanche il pubblico ministero, che rappresenta lo Stato, se non nel patteggiamento, può esprimere il consenso o il dissenso, che qualora venga ritenuto immotivato viene recuperato dal giudice di primo grado. Quindi, stiamo parlando di cose che non esistono.
  Mentre invece la vittima o la persona offesa può essere sentita o eventualmente fare istanza tramite il difensore. Che cosa facciamo noi invece in questo provvedimento ? Recuperiamo molto il ruolo delle Pag. 87persone offese o delle vittime, perché le persone offese vengono sentite e quindi se ne raccolgono le istanze anche per la modulazione, per esempio, del programma della messa alla prova. Quindi hanno voce in capitolo, possono proporre addirittura l'impugnazione dell'ordinanza di messa alla prova al pubblico ministero. Quando si decide sulla detenzione domiciliare e si valuta l'idoneità del domicilio, in che cosa consiste questa idoneità ? Certamente anche nella valutazione della situazione eventualmente delle vittime. Ci sono una serie di prescrizioni che sono complementari e fanno parte dei due provvedimenti di messa alla prova e detenzione domiciliare che riguardano l'allontanamento e le condotte che devono tenere gli autori dei reati nei confronti delle vittime. Quindi, a noi stanno a cuore le vittime di oggi, di ieri e di domani. La differenza, cari colleghi, è che noi di Abele ci preoccupiamo moltissimo, ma noi di Abele ci preoccupiamo non lasciandolo solo, magari alla ricerca di qualche reduce sperduto delle ronde che si aggira ancora in qualche strada di periferia.
  Quindi, ci preoccupiamo delle vittime anche promuovendo la riparazione delle conseguenze dannose del reato, e si sa quanto, soprattutto per reati minori, interessi molto di più alle vittime avere un'equa riparazione che non un processo celebrato, magari, dopo molti anni.
  Questo provvedimento, si diceva, riguarda la detenzione domiciliare per pene edittali fino a sei anni e la messa alla prova per reati puniti con pene fino a quattro anni. Abbiamo sentito alcune inesattezze: al di là del giudizio sulla pericolosità sociale, ho sentito parlare di rapina. Va bene, si sta facendo ostruzionismo, però vorrei ricordare che la rapina è punita con una pena da tre a dieci anni. Ho sentito e ho letto emendamenti che riguardano il reato di associazione per delinquere, che riguardano il furto aggravato o l'articolo 416-ter, tutti reati che sono puniti con pene edittali superiori, ma sicuramente sarà stata una svista.
  Invece, quello che ci interesserebbe sapere è se noi riteniamo che il furto, magari, di un ragazzetto che si è introdotto in un giardino o una cosa del genere debba necessariamente essere punito con il carcere o non si possa, invece, accedere a dei programmi che, tra l'altro, prevedono i lavori di pubblica utilità per quanto riguarda la messa alla prova, che sono lavori di riparazione nei confronti della collettività. Vorrei dire che questi lavori di pubblica utilità, che sono già applicati, in parte molto minima, per una serie di reati già oggi, laddove vi è la collaborazione degli enti locali, funzionano molto bene, e non soltanto a Torino.
  Infatti, nel Piemonte, per esempio, nell'anno 2012, vi sono state 72 applicazioni ad Alessandria, 343 a Cuneo, 367 a Novara, in tutto il Verbano-Cusio-Ossola, a Torino 320, a Vercelli 106, per un totale di 1.208 casi di applicazione, che vedono l'intervento degli enti locali, degli amministratori locali – questo davvero lo dico rivolta soprattutto alla Lega, che so essere attenta al territorio e anche ai suoi amministratori locali – proficuamente per una serie di reati, laddove si rimettono a posto i giardini, si collabora, comunque, alla manutenzione del territorio.
  Per esempio, a Torino, su questi programmi, ormai sono coinvolti anche i presidenti di circoscrizione. Oltretutto, la messa alla prova prevede anche i rapporti con le strutture sanitarie, e quindi anche di sanare quelle situazioni che originano spesso la commissione di reati. In conclusione, questo provvedimento ha a che vedere non soltanto con la questione della pena, di una rivisitazione della pena per la sua piena applicazione ed efficacia, ma anche con la questione dei tempi del processo.
  Infatti, sono provvedimenti che hanno un'efficacia deflattiva del processo, e quindi permettono di fare i processi, di rendere giustizia e di far scaturire delle decisioni da questi processi. Questa riteniamo che sia anche una nostra responsabilità.
  Concludendo, noi pensiamo che non vi sia un destino ineludibile e maledetto per le vittime di reato, che non vogliamo che continuino ad essere vittime, e quindi Pag. 88crediamo in provvedimenti che aiutino a non commettere reati e che aiutino a non arrivare alle estreme conseguenze, e pensiamo che anche per gli autori di reati non vi sia un destino maledetto, ineludibile e irrecuperabile.
  Per questo motivo, sosteniamo convintamente questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, noi riteniamo che questo provvedimento sia sin dall'inizio una sorta di truffa ai danni della buona fede dei cittadini italiani.
  Lo è sin dall'inizio, perché avete avuto la vergogna di non dargli il nome che merita. Perché questo provvedimento, per le cose che sono state già ampiamente prodotte nel corso di taluni interventi che hanno preceduto il mio, è letteralmente un indulto, ma non viene chiamato in questo modo anche per non incorrere in alcuni rallentamenti di carattere procedurale sui quali pure, signor Presidente, intendo attenzionare il suo ufficio.
  L'indulto è giuridicamente definito come il provvedimento con il quale il Parlamento condona o commuta parte della pena per reati che sono commessi prima della presentazione del disegno di legge. Questa proposta, sulla quale cominciamo oggi l'iter parlamentare, tratta di convertire la pena detentiva dal carcere all'arresto domiciliare e tratta di sospendere il procedimento con la messa alla prova.
  È, quindi, letteralmente, assolutamente un indulto, che peraltro ha già cominciato a produrre – o potrebbe, secondo qualche lettura maliziosa, avere già cominciato a produrre – i suoi effetti anzitempo, perché il solo fatto di aver determinato una soglia di sei anni per determinati reati ha fatto sì che addirittura nelle ore immediatamente precedenti alla convocazione di questa Aula qualche sentenza di interesse nazionale sia addirittura conclusa con una pena comminata superiore alla richiesta dei pubblici ministeri. A proposito, mi consenta di dire, signor Presidente, che pena e che tristezza i caroselli a cui ci è capitato di assistere ieri a commento della sentenza di un'aula di tribunale ! Ha detto bene la collega Rossomando nel suo intervento di poco fa: c’è una differenza profonda; noi siamo assolutamente orgogliosi della differenza strutturale che ci separa da quelli che decidono di andare per le piazze a festeggiare con dei caroselli la pubblicazione di una sentenza come quella di ieri.
  Questo provvedimento – dicevo – è sotto ogni punto di vista un indulto; un indulto che, come tutti i provvedimenti di questo genere, è fatto contro il rispetto dei diritti delle vittime, che non vengono coinvolte in nessun livello decisionale, e alle quali non si chiede conto e ragione del giusto diritto alla soddisfazione del risarcimento di parte...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Corsaro. Vi chiedo scusa, se possiamo interrompere i capannelli, perché tutti hanno diritto di essere ascoltati e, come ripeto, vale anche per voi. Grazie.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie Presidente, dicevo che si tratta di un indulto che non tiene conto in prima battuta del diritto delle vittime di vedere tributata loro la garanzia di una soddisfazione di giustizia; che va contro il lavoro e l'operato delle forze dell'ordine che, una volta di più, vedono per legge assolutamente annullato e cancellato l'impegno, lo sforzo, la fatica, la passione, la dedizione, il rischio che si assumono per garantire i delinquenti alle patrie galere e che non solo oltre il danno di vedere vanificato il loro lavoro, aggiungono la beffa, adesso, di vedersi chiamati non già a continuare il loro lavoro a difesa del territorio, ma ad andare a verificare se quelli che loro hanno assicurato alla giustizia e alle patrie galere, che vengono messi fuori, per la strada, per effetto di questo provvedimento, si comportano bene o meno.
  È un provvedimento contro il principio di certezza della pena, tanto decantato Pag. 89anche da quelli che forse oggi se ne sono dimenticati, ma siamo qui per ricordaglielo e qualche parola, tra un attimo, su questo la voglio spendere.
  È un provvedimento contro la lettura semplice dei precedenti perché, vede, il Parlamento della Repubblica, in altra legislatura, un provvedimento di questo genere lo ha già adottato: era il 2006, c'era il Governo di centrosinistra, il Presidente del Consiglio era Romano Prodi. Vennero messi in libertà 26 mila delinquenti, 26 mila.
  Entro il primo anno il 20 per cento di questi, 5.500, avevano già trovato modo di essere riassociati alle patrie galere perché nel mentre erano stati pizzicati a delinquere ancora e non sappiamo quanti del residuo 80 per cento, solo nel compimento dei primi dodici mesi, avevano ricominciato a delinquere senza essere stati riacciuffati dalle forze dell'ordine (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega Nord e Autonomie – Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  È un provvedimento che truffa la buona fede degli italiani, perché evita di citare il termine «indulto», camuffandosi dietro la complessità della situazione carceraria, che c’è, che è drammatica, che non è degna di un Paese civile. Il sovraffollamento carcerario, le condizioni di vita nelle quali sono costretti a vivere i detenuti nelle carceri italiane rappresentano per davvero un problema. Ma la soluzione a questo problema non può essere quella di mandare per la strada chi ha compiuto dei delitti.
  La soluzione a questo problema si chiama una «seria politica di edilizia carceraria»; la soluzione di questo problema, stante che oltre l'80 per cento della popolazione carceraria è fatta di cittadini stranieri ed extracomunitari, è la redazione e la sottoscrizione di convenzioni affinché la pena dei cittadini che non sono italiani sia scontata nei Paesi di provenienza. Io approfitto di questa tribuna, signor Presidente, tramite la sua persona, per chiedere al Ministro degli affari esteri – di cui non abbiamo notizia dal giorno del suo insediamento – se intende, per esempio, cominciare ad occuparsi un po’ di questo problema, perché nella sua carriera storica ci pare che del problema della sovrappopolazione carceraria l'attuale Ministro degli affari esteri abbia fatto una bandiera. Oggi ha lo strumento per intervenire per davvero sul dimensionamento della popolazione carceraria in Italia.
  Il problema non si risolve – dicevo – mandando per la strada i delinquenti, perché sarebbe come decidere di togliere le tasse perché lo Stato non è in grado di combattere l'evasione fiscale, sarebbe come dire che pratichiamo l'eutanasia forzata negli ospedali perché non abbiamo più i posti letto. Ci vuole un minimo di buon senso quando si interviene.
  Anche perché – voglio ricordarlo, lo hanno già fatto i colleghi della Lega Nord e Autonomie che hanno parlato prima di me – insomma, l'innalzamento a 6 anni della pena edittale al di sotto della quale si può chiedere di essere rimessi in circolazione prevede anche dei reati che non sono proprio, come dire, di secondo impatto sull'ordine pubblico: atti di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, frode nelle pubbliche forniture, attentati alla sicurezza dei trasporti (attentati alla sicurezza dei trasporti !), crollo di costruzioni o altri disastri dolosi – Dio sa se nel nostro Paese non c’è bisogno invece di inasprire le pene su fenomeni di questo genere –, l'incesto, i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, il furto in abitazione e il furto con strappo e, ve ne dico una solo per una famiglia di reati, tutti i reati tributari. Poi non venite a farci la morale sulla lotta all'evasione fiscale, perché adesso state facendo qualcosa che, come dire, agevola chi dovesse mettersi in mente di compiere dei reati fiscali.
  E allora è naturale, signor Presidente, che un provvedimento di questo genere sia il frutto di un Governo di sinistra come quello che si è insediato in avvio di questa legislatura. È naturale perché i primi passi di questo Governo lo connotano come il Governo chiaramente più di sinistra di questi ultimi venti anni: un Governo che usa sempre e soltanto pedissequamente la Pag. 90leva fiscale per cercare di risolvere i problemi; un Governo che decide di regalare la cittadinanza come se fosse un premio che si vince al luna park sparando all'orsacchiotto di peluche (Commenti dei deputati dei gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e non invece il percorso finale di una lunga partecipazione a un vissuto, a una storia, a una cultura, a un senso di appartenenza, a una esplicita e soggettiva volontà di appartenere a quella storia; un Governo che parla di adozioni per le coppie omosessuali, cercando di sostenere nella pubblica opinione che sia del tutto normale che un bambino debba pensare di avere due papà o due mamme; un Governo che butta il fumo negli occhi su tutto e sul contrario di tutto.
  Prima dice che toglie l'IMU e poi, forse, la sospende, poi non si sa per quanti la sospende. La stessa manfrina la stanno facendo adesso sull'IVA. Parleremo, di qui alle prossime settimane, del decreto del «fare ridere», perché poi spiegheremo come in quel decreto in realtà di sostegno all'economia non ci sia proprio niente. Dicevamo che è naturale che la ricerca della salvaguardia del delinquente, e non della tutela della vittima, appartenga culturalmente alla storia della sinistra, e non ci stupisce che un Governo di sinistra faccia questo: è il suo mestiere. Ci stupisce un po’ di più, signor Presidente, che improvvisamente, a sostegno di queste tesi, senza levare neanche una parola di imbarazzo, aderiscano quelli che hanno fatto una lunga e pervicace campagna elettorale insieme a noi sui temi della tutela della sicurezza, della difesa, dell'impegno, del rispetto del lavoro delle Forze dell'ordine, quelli che giuravano di impegnarsi per la tutela delle vittime, perché l'attenzione verso Abele viene prima di quella da riversare a Caino. Quelli insomma che, da cinque anni almeno a questa parte, insieme a noi, hanno condiviso la lotta per la sicurezza e per la tutela dei danneggiati, quelli che hanno fatto delle affermazioni su questo. Infatti, vede signor Presidente, noi abbiamo una fortuna rispetto ai nostri avi: noi abbiamo Internet. Internet, tra i mille difetti...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Corsaro. Possiamo leggermente abbassare un po’ il tono di voce...

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Internet, tra i mille difetti, ha un innegabile pregio: conserva la memoria al di là della capacità delle cellule cerebrali di chiunque e, quindi, con una semplice ricerca e un bottone da pigiare, salta fuori tutto quello che si è dichiarato. E io mi stupisco di percepire un assoluto silenzio sul provvedimento di indulto che state cercando di varare da parte, ad esempio, del Vicepresidente del Consiglio, del Ministro dell'interno, del segretario di uno dei partiti importanti di questa maggioranza che, ad esempio, il 27 agosto 2008, parlando di indulto, disse: «Siamo testimoni di un percorso fallito» (parlava dell'indulto di Prodi), ha spiegato il Ministro Alfano, «ovvero il perdono senza il presupposto della ricostruzione dello spirito cioè il perdono fine a se stesso. Le nostre carceri sono piene come lo erano prima dell'indulto a causa della recidiva». Siamo d'accordo con quell'Alfano; un po’ meno con quello che oggi è zitto. «È necessario», dice ancora l'attuale Ministro dell'interno, «prendere atto che le vittime di reato hanno esigenze fondamentali: essere riconosciuti in quanto vittime ed essere di conseguenza trattate con rispetto e dignità. Devono ricevere il giusto sostegno: avere garantita la propria incolumità fisica e l'integrità dei propri beni e ottenere giustizia e il dovuto risarcimento dei danni».
  Dov’è il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri oggi e in questa sede, e dov’è il Ministro per le riforme costituzionali, il senatore professor Gaetano Quagliarello, che proprio sull'indulto ebbe a dire: «Se da un lato la momentanea boccata d'ossigeno concessa dall'indulto ha prodotto qualche miglioramento destinato tuttavia ad estinguersi con il progressivo esaurirsi degli effetti della misura di clemenza, dall'altro non servirebbe a nulla nascondere la polvere sotto il tappeto e sottacere il fatto che nelle stesse strutture penitenziarie nelle quali le sezioni penali sono tornate ad essere più o meno vivibili, le Pag. 91celle destinate ai detenuti in attesa di giudizio risentono invece del disumano sovraffollamento. Quasi dappertutto i funzionari e gli operatori che nei penitenziari lavorano giorno e notte, si trovano alle prese con una popolazione carceraria che per la maggior parte è composta da extracomunitari, per la maggior parte irregolari, per la maggior parte in attesa di giudizio dopo aver commesso i tanti, troppi reati che alimentano quella sacrosanta richiesta di sicurezza e rigore da parte dei cittadini. Potrebbe servire dar seguito – dice ancora l'attuale Ministro delle riforme – a quanto aveva iniziato a fare il Ministro Castelli: stipulare accordi con i Paesi extracomunitari affinché gli immigrati possano scontare le pene nei Paesi d'origine». Io invito il Ministro per le riforme ad andare a bussare alla porta – non credo che abitino molto lontano l'uno dagli altri come sedi istituzionali – al Ministro degli affari esteri e invitarlo, come ho fatto io poc'anzi, a occuparsi di questo tema, perché sia garantito che la pena venga scontata dai delinquenti nei loro Paesi di origine.
  E ancora: leggendo Internet, signor Presidente, leggo un'intervista assolutamente illuminante...

  PRESIDENTE. Onorevole Fiano, onorevole Gasbarra, onorevole Morassut, onorevole Miccoli, se lasciamo che il relatore... grazie.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, non abbiamo la presunzione di essere ascoltati da tutti, ma ci piace comunque rappresentare il nostro punto di vista. Come dicevo, l'onorevole Santanchè, il 28 novembre 2008, presentando a Tgcom24, quindi un media di rilievo nazionale, il suo nuovo soggetto politico, Movimento per l'Italia – che ho scoperto ieri, potendo accedere al sito Internet, esiste ancora – in un'intervista rispondeva al giornalista di Mediaset che le chiedeva: «In questi giorni si è molto discusso, in Parlamento e fuori dalle stanze della politica, dell'istituto della messa in prova per reati con pena inferiore ai quattro anni» cioè esattamente il caso specifico «Cosa ne pensa ?» chiede il giornalista; e la nostra, potremmo dire, moderna «vendicatrice dei danneggiati», questa sorta di Erinni de noantri, rispose a questa domanda dicendo: «Sono fortemente contraria. La messa in prova si può richiedere per reati punibili fino a quattro anni. In questa lista ci sono anche pedofili e stupratori, che possono richiedere la misura premio. Allora dico, perché bisogna essere concreti, che la messa in prova bisognerebbe applicarla a qualche Ministro del Governo». «Anche i magistrati, per dar voce ad un loro sindacato» dice il giornalista «si dicono soddisfatti dell'introduzione della probation. Bisogna andare fino in Gran Bretagna per trovare le soluzioni ?». «Siamo troppo esterofili» risponde l'onorevole Santanchè «ogni Stato si deve organizzare secondo le sue regole, originali della sua società e cultura». E conclude, l'onorevole Santanchè, pubblicando un sobrio volantino, signor Ministro e signor Presidente, un sobrio volantino che, a margine di una fotografia che mostra una mano totalmente insanguinata, dice: «No al crimine violento, sì alla pena certa. Firmato Movimento per l'Italia-Daniela Santanchè». È curioso che oggi l'onorevole Santanchè non prenda la parola su questo tema.
  Ma il vero, principale protagonista di questi anni di impegno per la lotta a tutela della sicurezza, per gli operatori delle forze armate e delle forze dell'ordine, a tutela delle vittime, a difesa di Abele contro Caino, è stato certamente il senatore Gasparri, già presidente del gruppo parlamentare al Senato del Popolo della Libertà, ed oggi vicepresidente dell'altro ramo del Parlamento, del quale, per ristrettezza di tempi, signor Presidente, mi sono limitato a fare una selezione della selezione della selezione, di ciò che compare sulla ricerca telematica. Partendo dal 24 maggio 2000 – è uomo che il tema lo sente da tempo – in cui disse: «Pensare ad un indulto mentre in Italia l'offensiva criminale cresce indisturbata ed incontrastata è irresponsabile». Qui Gasparri ci convince, tanto più che fu coerente, perché Pag. 92nel 2002, il 19 dicembre per l'esattezza, disse: «Credo che il massimo dell'indulto consista nel rendere più umane e sopportabili le carceri. D'altra parte le leggi vigenti, penso alla Gozzini, consentono già una serie di sconti di pena per i detenuti meritevoli». Quindi il tema era certamente già stato affrontato. Più avanti dice: «Diciamo no», sempre riguardo all'amnistia, «perché siamo favorevoli alla certezza della pena, perché il Parlamento in questa legislatura ha già risposto all'appello del Santo Padre Giovanni Paolo II varando il cosiddetto indultino, perché dobbiamo dare precedenza ai provvedimenti riguardanti le forze dell'ordine e le loro carriere. Diciamo quindi no a provvedimenti di clemenza che sarebbero intesi dai cittadini come una pericolosa resa alla criminalità diffusa e organizzata». «Ma lo vogliono capire ! ?» dice il 23 giugno del 2006, arrabbiato perché stavano per varare l'indulto «Ma lo vogliono capire, i signori del centrosinistra, che di amnistia non se ne parla ? L'Italia ha bisogno di certezza della pena e non di perdonismo. Per cortesia, basta con questi inutili dibattiti sull'amnistia e l'indulto, che non si faranno mai e poi mai. Sono tornati in carcere a migliaia i beneficiati e quelli ancora a piede libero ampliano a dismisura l'esercito del male», quindi anche con una posizione apodittica di un certo livello e quasi terrorizzante.
  Concludo, signor Presidente, ma concludo con la chicca finale perché l'attuale vicepresidente del Senato, da cui ancora non si è sentito verbo contro questo ennesimo indulto che il Governo di sinistra, di cui oggi lui però è curiosamente azionista, si appresta a varare, ha anche dichiarato: «nessuna emergenza consentirà di prendere in considerazione l'ipotesi di un indulto. Non c’è spazio per ipotesi del genere». Lei mi dirà, signor Presidente, che è più o meno una dichiarazione come quelle precedenti...

  PRESIDENTE. No, io le dico che è quaranta secondi oltre il tempo.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Concludo. È una dichiarazione certamente in linea con quelle precedenti, se non fosse per una questione di circostanza territoriale e temporale. Infatti, questa dichiarazione, quando è stata rilasciata ? Il 15 agosto del 2011 e, cioè, signor Presidente, il giorno di Ferragosto...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Corsaro, la prego.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. ... quando in Italia si sospende anche il tifo per la propria squadra di calcio, il senatore Gasparri trovò il modo, nume tutelare della certezza della pena, santo protettore delle forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Corsaro. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rabino. Ne ha facoltà.

  MARIANO RABINO. Signor Presidente, signor sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri, Scelta Civica per l'Italia, già con l'autorevole intervento del collega Mario Marazziti, ha sottolineato le buone ragioni di questo provvedimento. Io mi limiterò ad alcune brevi considerazioni. Ma mi piace incominciare questo intervento ricordando un giudizio espresso da un autorevole giurista, Antonio Lovati, per il quale «l'esistenza di forme alternative alla detenzione offre vantaggi eccezionali. In particolare, tali misure mettono in primo piano la persona, rendono più umana la pena e il modo di viverla, stimolano e facilitano l'elaborazione di un trattamento per la persona, preparandola più efficacemente al reinserimento, permettendo di conservare i rapporti con la famiglia e con la comunità di appartenenza».
  Come ha ben detto nei giorni scorsi la presidente della Commissione giustizia Donatella Ferranti, il provvedimento è storico e ci auguriamo che il Parlamento questa volta davvero riesca anche ad approvarlo rapidamente, anche perché ripensa, questo provvedimento, il sistema delle pene in una chiave diversa che tiene anche conto di tutta una serie sollecitazioni, in qualche caso anche di censure, che provengono Pag. 93dall'esterno. In particolare, basta ricordare la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 9 gennaio scorso, che ci ha condannati per il problema del sovraffollamento carcerario e ha imposto al nostro Paese di dotarsi, entro dodici mesi dal passaggio in giudicato di questa sentenza, di questa censura, di misure generali volte a superare e a ovviare ai problemi strutturali di violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Così come l'onorevole Enrico Costa ha ricordato che lo spirito della messa in prova è proprio quello di un'anticipazione del rapporto, un programma di trattamento, un'attività di pubblica utilità, un'attività di volontariato, un controllo però molto preciso da parte dell'amministrazione, perché così si va a introdurre nuove norme. È facile, però, scrivere una norma, poi diventa complicato metterla in atto, eseguirla e, quindi, ci vogliono uffici, ci vogliono controlli, ci vogliono dinamiche concrete, pragmatiche. Ci auguriamo che esse siano il meno burocratiche possibile e il più possibile finalizzate a valorizzare il senso e lo spirito di questa novità e, soprattutto, a valutare nella fattispecie la radice del problema, a vedere se davvero una persona si può considerare recuperata o recuperabile, soprattutto se una persona si possa considerare non meritevole di entrare nel tritacarne della giustizia perché, magari nella sua attività di volontariato, nella sua attività di pubblica utilità, può dimostrare di essere una persona che può aver sbagliato, ma può anche essere stata accusata di aver sbagliato, ma non c’è ancora un passaggio in più perché non entri nel tritacarne della giustizia.
  Non c’è dubbio che questo provvedimento risponde pragmaticamente all'esigenza di superare o di provare ad affrontare in un modo più forte il tema del sovraffollamento delle carceri, così come anche dell'ingolfamento dei nostri tribunali e delle loro attività. Però, sarà utile correggere alcune prese di posizione nell'opinione pubblica, frettolosamente scaturite da informazioni date e assunte in modo frammentario. I mezzi di comunicazione di massa, da questo punto di vista, concorrono in modo decisivo.
  Tutte queste forme alternative alla detenzione non consentono, in realtà, e non danno la possibilità di evitare la pena a soggetti condannati per delitti gravi. Non c’è nessun rischio, nessuna concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga, né sussistono specifiche e motivate ragioni perché il condannato possa commettere altri delitti. Ma, soprattutto, ad un'attenta analisi e lettura del provvedimento, quello che davvero non è possibile far passare è che, in qualche misura, questi provvedimenti implichino soluzioni automatiche, poiché sarà sempre il magistrato a valutare se il soggetto sia meritevole dei vantaggi introdotti relativamente al suo stato di limitazione della libertà.
  Noi crediamo che questo provvedimento possa inaugurare davvero una stagione di concreta, pragmatica attività di superamento dei problemi citati, e ci auguriamo anche che questo provvedimento veda il favore delle Aule parlamentari nel più breve tempo possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Attaguile. Ne ha facoltà.

  ANGELO ATTAGUILE. Signor Presidente, colleghi, prendo la parola in quest'Aula per esaminare, per riflettere, per valutare insieme alcune cose importantissime. Io ho firmato l'emendamento anche del mio collega Molteni, ma non l'ho firmato solo per un motivo di coerenza di gruppo oppure per ostruzionismo al provvedimento che oggi è in Aula: l'ho firmato, perché ne sono convinto e, insieme a voi, vorrei riflettere su alcune cose importantissime.
  Io, nella mia vita, ne ho fatto una battaglia principale, in modo particolare, mettendo un'attenzione, sempre al primo posto nella mia vita e attività politica e, in modo particolare da presidente delle case popolari che ho avuto l'onore di presiedere a Catania per dodici anni, mi sono Pag. 94sempre battuto contro la mafia. Oggi, non è retorica, non voglio soffermarmi in...

  PRESIDENTE. Per favore, al banco del Governo.

  ANGELO ATTAGUILE. ... ma voglio ricordare che abbiamo costituito, giorni or sono, abbiamo dato il via alla formazione della Commissione antimafia. La Lega ha condiviso tutti gli otto punti, in modo particolare all'articolo 1, le lettere g) ed f), che proprio attenzionavano sul sistema mafioso di alcuni clan.
  Perché dico attenzione alla mafia ? Io ne sono stato una vittima: parlo non soltanto per coerenza con la mia linea politica, ma anche per esperienza diretta, purtroppo. Chi ha letto il mio libro sa che ho dovuto trasferire la mia famiglia, allontanare la mia famiglia da Catania, proprio anche su consiglio del prefetto, allora prefetto Salazar.
  Però sono rimasto sempre in prima linea e mi sono sempre battuto affinché la mafia fosse, non dico abbattuta, ma almeno frenata. Oggi si parla di questi emendamenti, di «svuota carceri», io non la voglio vedere solo in quest'ottica, «svuota carceri», ma pongo l'attenzione in modo particolare sulla pena detentiva, che viene portata da quattro a sei anni con gli arresti domiciliari. Sappiamo tutti cosa significano gli arresti domiciliari: che queste persone non soltanto non hanno una pena restrittiva, ma hanno la possibilità e la facoltà di interloquire fra di loro. Dico ciò per la mia esperienza quale presidente delle case popolari. Infatti, in modo particolare la delinquenza si annida proprio negli alloggi popolari, in modo particolare al sud. È una delinquenza che favorisce, aiuta la mafia. Anzi, la mafia dà possibilità di organizzazione a questa delinquenza. E noi, negli articoli, vediamo: reato dell'istigazione a delinquere, con una pena massima di cinque anni; il reato previsto all'articolo 423-bis del codice penale, il reato incendio boschivo per colpa, che è un reato molto pericoloso; fabbricazione e detenzione di materiale esplodente, e non continuo ad elencare tutti gli altri articoli nei quali sono previsti reati le cui pene possono essere scontate agli arresti domiciliari, ma sono tutti reati sui quali porre l'attenzione in modo particolare.
  Vi è anche l'oltraggio alla pubblica sicurezza e mi riferisco anche alle occupazioni abusive, non soltanto di alloggi, bensì anche di botteghe, degli IACP, che vengono occupati abusivamente e voi sapete benissimo che si possono liberare solamente con un intervento della magistratura e delle forze dell'ordine. Ora, ci sono questi reati, che logicamente non aiutano a intervenire per lo sgombero di questi alloggi, di questi focolai mafiosi.
   Quindi, in quest'ottica mi rivolgo a voi, affinché sia esaminato serenamente questo provvedimento. Oggi si è commemorato l'onorevole, senatore, presidente Emilio Colombo, e io, che sono stato molto vicino al presidente, ricordo che andavo a Potenza per collaborare con lui nella campagna elettorale, e a Potenza c'erano proprio degli alveari – li chiamava così, lui –, e mi diceva: Angelo, non andare lì, perché lì si annida la mafia. Quindi, voglio destare l'attenzione di tutte le città, in modo particolare del sud, in ordine a tutto ciò che crea pericolo all'ordine pubblico. Io vi invito a riflettere attentamente su questo provvedimento e sugli emendamenti da noi firmati, affinché si possa vivere in modo più tranquillo, più sereno e con minore pericolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Come convenuto, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 10.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che all'ordine del giorno della seduta di domani, alle ore 13, sarà iscritta la votazione per l'elezione di nove componenti effettivi e nove componenti supplenti della delegazione presso le Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa.

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Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 19,25).

  PRESIDENTE. Ci sono ora alcune richieste di intervento sull'ordine dei lavori. Il primo che ha chiesto di parlare è l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà. Ricordo che questi sono interventi per i quali si hanno due minuti.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, solo per portare la nostra solidarietà rispetto ad un fatto grave accaduto a Barengo, in provincia di Novara, nei confronti di esponenti di un comitato che si oppone ad una discarica; il fatto è grave per due ragioni, non solo perché si tratta di un fatto violento che mina la libera partecipazione dei cittadini, ma, secondo, anche per la tematica particolarmente importante che attiene all'interesse e agli interessi che stanno dietro questo tipo di discarica. E visto che parliamo di una discarica di amianto, ribadiamo la nostra posizione sulla tematica importante come questa. Le discariche di amianto vanno fatte ma vi deve essere controllo e la necessità che vengano poste sotto una piena tutela pubblica e non invece fungere, come sembra in questo caso, come paravento ad interessi privati.
  Quindi ribadisco, a nome del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, la piena solidarietà non solo per il fatto avvenuto ma anche per il prosieguo della battaglia. Grazie Presidente.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piazzoni. Ne ha facoltà.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, vorrei informare che questa notte un incendio ha colpito i locali delle sedi di Sinistra Ecologia Libertà e del Partito Democratico di Roma, di via del Giannone, storiche sedi del territorio di Trionfale e Mazzini. Le indagini sono ancora in corso ma sembra chiaro che il fuoco è partito da due punti diversi, uno nella sede di Sel e uno in quella del PD, quindi è abbastanza preoccupante che si possa verificare un'origine dolosa di questo incendio. Non siamo nuovi ad azioni di questo tipo, azioni intimidatorie e crediamo sia assolutamente necessario mettere in evidenza che ciò non può essere né tollerato né sottovalutato, innanzitutto per le conseguenze sulla stessa popolazione (stanotte sono state evacuate molte persone per il rischio che l'incendio si estendesse) e poi perché ci terrei a dire una cosa, in relazione a questo: noi siamo abituati a sentire identificare i partiti, i tanto vituperati partiti, con noi che sediamo in questa Aula, con chi detiene comunque posizione di potere, ma i partiti sono anche tutte quelle persone, centinaia di migliaia di persone, di militanti, che tengono in piedi le sezioni, che con il loro lavoro volontario, assolutamente volontario, sono un presidio di democrazia. E per questo credo che noi dobbiamo tutti impegnarci ad evitare che la disputa politica possa mai trascendere nella violenza, innanzitutto verbale, che poi può sfociare anche terribilmente in quella fisica. Quindi, oltre alla solidarietà ai compagni e alle compagne di via del Giannone, di entrambi i partiti, anche un invito a tutti noi a essere molto attenti a questo clima. Grazie.

  PRESIDENTE. Sul medesimo argomento ha chiesto di parlare l'onorevole Agostini.

  ROBERTA AGOSTINI. Signor Presidente, vorrei aggiungere anche la nostra voce, la voce del Partito Democratico, a quanto già detto anche dalla collega Ileana Piazzoni. La sede di Trionfale è una sede storica della politica romana, della politica democratica; è stata, diciamo, una sede di partito fin da dopo la Liberazione, dalla Guerra, anzi fu una sede, diciamo, conquistata durante la liberazione della città di Roma. Ed ha sempre ospitato partiti politici, il PCI prima, il PDS, i DS, e quando è nato il Partito Democratico la sede è stata praticamente divisa in due tra PD e Sel che organizzano moltissime iniziative sul territorio, per la città, per i Pag. 96municipi, per i cittadini. Diceva la collega Piazzoni, non è chiara ancora la dinamica dei fatti ma appunto l'incendio si è sviluppato in due punti distinti della sede, nelle due segreterie di Sel e di Partito Democratico, e quindi sembra anche difficile che un corto circuito possa avvenire nello stesso momento in due luoghi diversi. Quindi, chiediamo di appurare esattamente la dinamica dei fatti perché a Roma troppo spesso, soprattutto ultimamente, avvengono episodi gravi e pericolosi, non solo per i militanti dei circoli ma appunto per le persone che lì intorno vivono. Questa notte sono state evacuate moltissime famiglie. Dunque, solidarietà ai militanti dei circoli, a quanti frequentano i circoli che sono spesso aperti per tantissime iniziative, non solo di partito ma anche legate a molte associazioni che svolgono attività proprio dentro quelle sedi.
  Chiediamo quindi di fare piena luce su quanto è avvenuto ed esprimiamo la nostra solidarietà a quanti, spesso a discapito del proprio tempo e della propria vita privata, offrono sedi ed occasione di partecipazione democratica alle persone (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  GERO GRASSI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GERO GRASSI. Signor Presidente, stamattina, durante il dibattito con il Presidente del Consiglio onorevole Letta, un collega del MoVimento 5 Stelle ha citato ironicamente la proposta di legge sul post mortem che stiamo discutendo in Commissione affari sociali. Vorrei far presente che quella proposta, giunta in Aula nella scorsa legislatura, e oggi ripresa dalla Commissione su decisione unanime della Commissione stessa, non può essere citata come una proposta de minimis, né tanto meno essere ridicolizzata: perché la proposta di legge sul post mortem non è finalizzata alla salvaguardia dalla morte, che sarebbe già una cosa nobile, ma è finalizzata alla ricerca scientifica, e quindi alla salvezza della vita di quelli che, attraverso i cadaveri, ne riceveranno benefici per una vita più lunga. Ovviamente questo significa dare la disponibilità del corpo dopo la morte e finalizzare il corpo stesso alla ricerca scientifica, cosa che oggi in Italia non si può fare.
  Gradirei quindi che il MoVimento 5 Stelle, quando cita queste proposte, che forse non ritiene di primo piano, o non ritiene prioritarie, si faccia carico innanzitutto del rispetto della volontà degli altri partiti e degli altri colleghi, e nello stesso tempo di capirne il senso, perché quella proposta è per la vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  MARIALUCIA LOREFICE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIALUCIA LOREFICE. Signor Presidente, intervengo per segnalare alla Presidenza della Camera che, avendo presentato in data 2 maggio 2013 l'interrogazione a risposta scritta n. 4-00353 al Ministro della giustizia, non ho ancora ricevuto una risposta. L'interrogazione in questione riguarda l'accorpamento del tribunale di Modica a quello di Ragusa, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 155 del 2012 in materia di nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, e non risponde alla logica della spending review. Si chiede alla Presidenza di sollecitare il Ministro della giustizia a rispondere alla suddetta interrogazione, in considerazione del fatto che il 13 settembre prossimo acquisteranno efficacia le disposizioni del decreto legislativo n. 155 del 2012, riguardante la soppressione degli uffici giudiziari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Vorrei dirle che la gentilezza del sottosegretario Berretta, che è il sottosegretario alla giustizia, di essere rimasto anche dopo la fine del provvedimento, ha consentito che potesse direttamente Pag. 97ascoltare le sue parole, ed abbiamo quindi già trasferito direttamente la sua richiesta al Governo.
  Prendo atto che l'onorevole Piras, che aveva chiesto di parlare, vi ha rinunciato.

  PAOLO BENI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PAOLO BENI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, vi chiedo solo pochi minuti per ricordare in Aula una figura molto cara a tanti di noi, di cui in questi giorni ricorrono i nove anni dalla prematura scomparsa. Si chiamava Tom Benetollo.
  Per raccontare a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo i trent'anni del suo percorso umano e politico, dovremmo parlare del Tom militante e dirigente politico, ma anche di uno dei più autorevoli dirigenti dell'associazionismo italiano, presidente dell'ARCI, di una delle figure più importanti del pacifismo italiano. C'era un mondo intero che lo ha conosciuto nel suo peregrinare incessante da un capo all'altro del pianeta, in prima fila dovunque ci fosse da schierarsi contro le guerre, per la libertà e i diritti umani.
  Tom era un pacifista e non violento, ma nel suo pacifismo non c'era niente di ideologico: c'era la convinzione che la pace è anzitutto una necessità politica, e che non c’è pace se vengono calpestati i diritti umani, che i diritti e le libertà non possono mai essere piegati alla ragion di Stato.
  Che fosse a Gerusalemme o sotto le bombe a Sarajevo o a Berlino mentre cadeva il muro, Tom lo trovavi dovunque esplodevano le contraddizioni del suo tempo per capire, cercare risposte, intrecciare relazioni. Animato da un'enorme fiducia nella capacità degli esseri umani di prendere in mano il proprio destino e costruire un mondo migliore, si esponeva, rischiava sempre in prima persona ma lontano dai riflettori per quel suo pudore che ne faceva un politico schivo e per niente narcisista. È stata una delle figure originali della sinistra italiana, intelligente, colto, con capacità di pensiero, volava alto ma teneva anche i piedi in terra. A dispetto di quella mole fisica imponente, con il suo atteggiamento mite e riservato riusciva a far sentire la sua presenza senza essere ingombrante.
  Per lui la politica, concludo Presidente, era paziente costruzione di relazioni e ponti fra le culture, capacità di leggere le contraddizioni, affrontare i problemi e cercare le risposte, e ci metteva spesso in guardia: se la politica diventa prerogativa di pochi e non è più strumento dell'impegno di tanti, perde la sua capacità di servire al cambiamento, perché sono le persone il motore del cambiamento. Anche i grandi eventi che cambiano la storia nascono dalle piccole azioni che giorno dopo giorno aiutano i popoli a farsi protagonisti del proprio destino. Non arrendersi al presente è il modo migliore per costruire il futuro, diceva Tom, e noi per ricordarlo vogliamo continuare a seguire la bussola di quell'idea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bolognesi. Ne ha facoltà.

  PAOLO BOLOGNESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio ricordare a chi non sa e a chi vorrebbe cancellare gli anni della violenza neofascista, delle stragi impunite, dei depistaggi e delle connivenze di apparati dello Stato l'impegno del magistrato Mario Amato.
  Il magistrato Mario Amato fu ucciso il 23 giugno del 1980 perché su di lui, unico sostituto della procura di Roma, fu scaricato l'onere di tenere testa al partito del golpe, lasciato ancora vitale ed aggressivo nell'indifferenza del potere costituito, ancora a 36 anni dalla liberazione del Paese dal fascismo. Siamo in pratica alle soglie di una guerra civile, aveva denunciato allarmato Mario Amato al capo del suo ufficio e per ben due volte il 25 marzo e ancora il 13 giugno del 1980 dinanzi al Consiglio superiore della magistratura.
  Non fu solo un debole ed inetto il suo capo Giovanni De Matteo, che lasciò che Pag. 98quella mattina, il 23 giugno 1980, Mario Amato affrontasse inerme i suoi assassini, senza la protezione di una macchina blindata di cui pur godevano altri magistrati del suo ufficio, e pur essendo ben consapevole del suo isolamento e dell'aggressività dei suoi avversari, che appena quattro anni prima avevano già ucciso Vittorio Occorsio, impegnato anche egli nelle stesse indagini, poi riprese dal collega Amato.
  Non fu solo insipiente il vicepresidente del CSM, Ugo Villetti, distratto come era dai rapporti che nello stesso periodo manteneva con Licio Gelli, mentre questi contestualmente continuava a finanziare le strutture clandestine impegnate a sostenere l'attività eversiva all'ombra di Gladio, quella Gladio di cui il Presidente del Consiglio dell'epoca, Francesco Cossiga, fu sempre uno strenuo difensore. I piduisti che avevano pervaso le istituzioni non solo non fecero nulla per impedire la morte annunziata di questo coraggioso magistrato ma anzi lasciarono che coloro che lo uccisero potessero continuare a perseguire il proprio progetto politico eversivo contro la democrazia, facendo saltare la stazione di Bologna dopo appena 40 giorni da quell'omicidio.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLO BOLOGNESI. Sono andato troppo avanti ? Concludo. Noi oggi non abbiamo dimenticato l'impegno del giudice Amato, il suo coraggio e il suo grande intuito investigativo, come società civile e come cittadini dell'Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna e chiedo a quest'Aula di condividere il ricordo di un magistrato che ha dato molto a questo Paese in termini di impegno a difesa della verità e della giustizia e anche la propria vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Arlotti. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, faccio questo intervento anche a nome della collega Emma Petitti. Nella giornata di ieri, 24 giugno il territorio della provincia di Rimini, in particolare il comune di Rimini e le vicinanze, Riccione e Cattolica, sono stati colpiti da condizioni meteorologiche avverse di carattere eccezionale, con grandinate intense e valori fino a 123 millimetri di pioggia in un'ora.
  Si è trattato di un evento che non trova riscontro a far data dal 1920 e le eccezionali precipitazioni hanno causato ingenti danni, tuttora in corso di valutazione e computo, alla rete viaria, agli immobili pubblici, tra cui tribunale, scuole, asili, edifici privati, in special modo alle attività economiche e produttive, con interi negozi e stabilimenti allagati costretti a sospendere l'attività.
  Si contano, purtroppo, anche due decessi di anziani in qualche modo legati agli allagamenti. Lo stato di emergenza è stato affrontato dagli enti locali, dal comune di Rimini in particolare, mettendo a disposizione tutte le risorse umane e materiali e assicurando il massimo livello di operatività e di assistenza ai cittadini. Il prefetto e il sindaco di Rimini hanno chiesto alla regione il raddoppio delle squadre di intervento, con l'intervento dei volontari della Protezione civile. L'Agenzia regionale di protezione civile ha inviato sei squadre di volontari da Forlì, da Ravenna, da Ferrara. Straordinario anche l'impegno del Corpo dei vigili del fuoco, che ha operato con ben 17 squadre e oltre 100 uomini, dei quali undici del comando provinciale e gli altri provenienti da tutto il territorio della regione.
  I cittadini riminesi, nell'occasione, hanno dimostrato un prezioso spirito di collaborazione, non solo operando fattivamente, ma contribuendo anche a non esasperare le conseguenze dell'evento e segnalando situazioni critiche.
  Concludo, Presidente, considerando che questo evento eccezionale e calamitoso verificatosi ha creato tanti danni alle attività produttive, ai settore dell'industria, dell'agricoltura e del commercio e, quindi, si può configurare per i comuni colpiti, lo Pag. 99stato di calamità naturale e, quindi, si rende necessario un intervento finanziario e il ristoro del danno. Chiediamo, quindi, al Governo che vengano date risposte urgenti al territorio riminese con tempestività.
  Chiedo l'autorizzazione a pubblicare in calce al resoconto il testo integrale del mio intervento.

  (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PAOLO BOLOGNESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su che cosa ?

  PAOLO BOLOGNESI. Signor Presidente, siccome ho fatto il discorso un po’ più lungo, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

  PRESIDENTE. Onorevole Bolognesi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, oggi ho sentito frasi confuse sugli F-35, quindi credo che sia il caso di fare chiarezza e lasciarvi la notte per riflettere su ciò che voterete domani.
  L'onorevole Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, quindi ritengo, quanto meno, un uomo di spicco del PD o del PdL – fa lo stesso – ha stamane dichiarato su Twitter che non si tratta di fare guerre: con gli elicotteri si spengono incendi, si portano malati...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa: questo argomento noi lo abbiamo domani all'ordine del giorno.

  MANLIO DI STEFANO. Appunto !

  PRESIDENTE. Quindi, con l'ordine del giorno di oggi non c'entra nulla. Se lei vuole fare questo intervento, lo può fare domani, dato che è previsto nell'ordine del giorno di domani. L'ordine dei lavori è – come ci siamo detti – l'ordine dei lavori in relazione ai lavori che abbiamo all'ordine del giorno dell'Aula. Prego.

  MANLIO DI STEFANO. Ma gli incendi e la sede di SEL nemmeno sono all'ordine del giorno, Giachetti, mi scusi, no ?

  PRESIDENTE. Forse non ci siamo capiti. Io sto dicendo che lei... sta parlando con me onorevole Di Stefano ! Lei sta trattando un argomento che è all'ordine del giorno di domani. Oggi, sono stati fatti degli interventi sull'ordine dei lavori, che non sono all'ordine del giorno né di ieri, né di oggi né di domani e probabilmente neanche di dopodomani, nel senso che sono accadimenti, come è stato previsto nella Conferenza dei presidenti di gruppo.
  Siccome lei fa un intervento sull'ordine dei lavori in relazione a un argomento all'ordine del giorno, le stavo suggerendo di fare questo intervento domani. Comunque, siccome lei vuole concludere l'intervento, lo concluda.

  MANLIO DI STEFANO. Chiarisco soltanto, perché è un accadimento di oggi la dichiarazione dell'onorevole Boccia, non per altro. Siccome ha dichiarato esattamente questo: non si tratta di fare guerre, con gli elicotteri si spengono incendi, si trasportano malati e si salvano vite umane. Ha poi aggiunto che il programma è a bilancio zero perché crea lavoro.
  Sappiamo tutti, o meglio spero che lo sappiamo tutti, che gli F-35 sono cacciabombardieri e non sono elicotteri e che il programma costa 50 miliardi e, quindi, non è esattamente a bilancio zero. Ci sarebbe da ridere a crepapelle se fossimo al bar con gli amici, ma siccome siamo in un Parlamento, dico a tutti voi, se per caso qualcuno avesse le stesse strane certezze dell'onorevole Boccia, se proprio bisogna parlare di aerei, utili alla società, sono discorsi successi oggi...

Pag. 100

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Stefano, le leggo quanto è stato disposto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, alla quale partecipa anche il rappresentante del suo gruppo «gli interventi sul fine seduta non diano luogo a dibattiti per evitare che si possano surrettiziamente discutere argomenti non all'ordine del giorno e quindi senza la possibilità di partecipazione di altri deputati». Quindi, a questo punto, io le tolgo la parola e il problema l'abbiamo risolto.

  MATTEO MANTERO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MATTEO MANTERO. Signor Presidente, intervengo per rispondere al collega Grassi che, purtroppo, è andato via.
  Come già abbiamo risposto in Commissione Affari sociali, per quanto riguarda l'intervento del collega Sibilia sulla destinazione dei corpi post mortem, nessuno voleva dire che i colleghi non hanno diritto di presentare e discutere tutte le proposte di legge che ritengono. Però, noi riteniamo di avere – peraltro, in Commissione Affari sociali abbiamo dato anche il nostro contributo su questa proposta – il diritto di dire che secondo noi queste proposte non sono, in questo momento, la priorità per il Paese, perché le priorità sono ben altre.
  Peraltro, mi dispiaccio anche perché di questa cosa abbiamo già parlato in discussione con il collega Grassi, che aveva detto: «Sì, va bene, non facciamo polemiche e chiudiamo qui la questione» e poi, invece, ha ritenuto di dover portare in Aula la questione. Quindi, ribadiamo semplicemente che non riteniamo che la destinazione dei corpi post mortem sia una priorità per il Paese in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 26 giugno 2013, alle 10:

  (ore 10 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   FERRANTI ed altri; COSTA: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (C. 331-927-A).
  — Relatori: Costa e Ferranti, per la maggioranza; Molteni, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Marcon, Spadoni, Beni, Sberna ed altri n. 1-00051, Giorgia Meloni ed altri n. 1-00118, Formisano ed altri n. 1-00120 e Brunetta e Cicu n. 1-00121 concernenti la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell'aereo Joint Strike Fighter-F35.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Speranza, Brunetta ed altri n. 1-00017, Matarrese ed altri n. 1-00111, Zan ed altri n. 1-00112, Segoni ed altri n. 1-00114 e Grimoldi ed altri n. 1-00117 concernenti iniziative per la tutela e la sicurezza del territorio, con particolare riferimento al dissesto idrogeologico.

  (ore 13)

  4. – Votazione per l'elezione di nove componenti effettivi e nove componenti supplenti della delegazione presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  (ore 15)

  5. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 19,50.

Pag. 101

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI PAOLO BOLOGNESI E TIZIANO ARLOTTI SULL'ORDINE DEI LAVORI.

  PAOLO BOLOGNESI. Presidente, onorevoli colleghi, voglio ricordare a chi non sa – e a chi vorrebbe cancellare gli anni della violenza neofascista, delle stragi impunite, dei depistaggi e delle connivenze di apparati dello Stato – l'impegno del magistrato Mario Amato.
  Il magistrato Mario Amato fu ucciso il 23 giugno 1980 perché su di lui, unico sostituto della procura di Roma, fu scaricato l'onere di tenere testa al «partito del golpe», lasciato ancora vitale ed aggressivo nell'indifferenza del potere costituito, ancora a 36 anni dalla liberazione del paese dal fascismo.
  «Siamo in pratica alle soglie di una guerra civile» aveva denunziato allarmato Mario Amato al capo del suo ufficio e per ben due volte – il 25 marzo ed ancora il 13 giugno 1980 – dinanzi al Consiglio superiore della magistratura.
  Non fu solo un debole ed inetto il suo capo Giovanni De Matteo che lasciò che quella mattina del 23 giugno 1980 Mario Amato affrontasse inerme i suoi assassini, senza la protezione di una macchina blindata di cui pur godevano altri magistrati del suo ufficio, e pur essendo ben consapevole del suo isolamento e della aggressività dei suoi avversari, che appena quattro anni prima avevano già ucciso Vittorio Occorsio, impegnato anch'egli nelle stesse indagini poi riprese dal collega Amato.
  Non fu solo insipiente neanche il vice-presidente del CSM Ugo Zilletti distratto com'era dai rapporti che nello stesso periodo manteneva con Licio Gelli, mentre questi contestualmente continuava a finanziare le strutture clandestine impegnate a sostenere l'attività eversiva all'ombra di Gladio. Quella Gladio di cui il Presidente del Consiglio dell'epoca Francesco Cossiga fu sempre uno strenuo difensore.
  I piduisti che avevano pervaso le istituzioni non solo non fecero nulla per impedire la morte annunziata di questo coraggioso magistrato, ma anzi lasciarono che coloro che lo uccisero potessero continuare a perseguire il proprio progetto politico eversivo contro la democrazia, facendo saltare la stazione di Bologna dopo appena 40 giorni da quell'omicidio per avviarsi con il supporto dei mafiosi verso la strada del governo del paese.
  La solitudine in cui fu lasciato Mario Amato ebbe responsabilità ben precise che presupponevano la consapevolezza di un progetto ben più ampio che veniva avanti da tempo e che è passato con la connivenza di tanti, dagli indifferenti che lasciarono correre ai tanti che consapevolmente vennero meno ai propri doveri d'ufficio.
  Vi è oggi una sequenza di sentenze definitive, quand'anche alcune assolutorie, che ha riconosciuto la continuità di questo progetto eversivo alla quale lo Stato era tenuto a dare un solo sbocco, senza alcun tentennamento o debolezza o, peggio, sostegno e trattativa.
  Noi non abbiamo mai dimenticato L'impegno del giudice Amato, il suo coraggio e il suo grande intuito investigativo. Come società civile, come cittadini come Associazione, familiari, vittime della strage di Bologna.
  E chiedo a quest'aula di condividere il ricordo di un magistrato che ha dato molto a questo Paese, in termini di impegno a difesa della verità e della giustizia. Anche la propria vita.

  TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella giornata di ieri, 24 giugno, il territorio della Provincia di Rimini, e in particolare il Comune di Rimini e le vicine Riccione e Cattolica, è stato colpito da condizioni meteorologiche avverse di carattere eccezionale, con grandinate intense e valori fino a 123 mm di pioggia in un'ora.
  Si è trattato di un evento che non trova riscontri a fare data dal 1920, e le eccezionali precipitazioni hanno causato ingenti danni – tuttora in corso di valutazione e computo – alla rete viaria, agli immobili pubblici (tra cui tribunale, scuole Pag. 102e asili), agli edifici privati e in special modo alle attività economiche e produttive, con interi negozi e stabilimenti allagati e costretti a sospendere l'attività.
  Si contano purtroppo anche due decessi di anziani in qualche modo legati agli allagamenti.
  Lo stato di emergenza è stato affrontato dagli enti locali e dal Comune di Rimini, in particolare, mettendo a disposizione tutte le risorse umane e materiali, assicurando il massimo livello di operatività ed assistenza ai cittadini.
  Il Prefetto e il Sindaco di Rimini hanno richiesto alla Regione il raddoppio delle squadre di intervento dei volontari di Protezione Civile, che quindi sono passate dalle attuali otto (quattro per turno) a sedici (otto per turno). L'Agenzia Regionale di Protezione Civile ha inviato sei squadre di volontari da Forlì, due squadre da Ravenna e due da Ferrara. Straordinario anche l'impegno dell'intero corpo dei Vigili del Fuoco che ha operato con ben 17 squadre (circa cento uomini), delle quali 11 del comando provinciale e 6 provenienti da altri comandi della Regione (3 da Forlì-Cesena, 1 da Reggio Emilia, 1 da Bologna e 1 da Ravenna).
  Nell'occasione i cittadini riminesi hanno dimostrato un prezioso spirito di collaborazione, non solo operando fattivamente, ma contribuendo a non esasperare le conseguenze dell'evento e segnalando situazioni critiche. Determinante poi il lavoro instancabile dei volontari della Protezione Civile, i quali continueranno ad assicurare il loro impegno fino a cessate necessità.
  Considerando che per l'eccezionalità dell'evento naturale calamitoso verificatosi e per i danni alle attività produttive dei settori dell'industria, del commercio, dell'artigianato e dell'agricoltura, duramente colpita dalla violenta grandinata, si può configurare per i Comuni colpiti lo stato di calamità naturale e rendersi necessario un intervento finanziario a ristoro del danno subito, chiediamo che il Governo dia al territorio riminese le adeguate risposte con tempestività.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ris. Speranza e a 6-18 523 502 21 252 370 132 43 Appr.
2 Nom. Ris. Migliore e a 6-19 530 509 21 255 132 377 41 Resp.
3 Nom. Ris. Giorgetti G. e a 6-20 rif. 529 518 11 260 482 36 41 Appr.
4 Nom. Ris. Castelli e a 6-22 529 507 22 254 133 374 41 Resp.
5 Nom. Moz. Colletti e a 1-021 n.f. 511 492 19 247 127 365 50 Resp.
6 Nom. Moz. Boccuzzi e a 1-099 n.f. 521 519 2 260 424 95 50 Appr.
7 Nom. Moz. Piazzoni e a 1-100 521 502 19 252 135 367 50 Resp.
8 Nom. Moz. Molteni e a 1-101 516 415 101 208 52 363 50 Resp.
9 Nom. Moz. Gigli e a 1-102 517 496 21 249 365 131 50 Appr.
10 Nom. Moz. Costa e a 1-103 n.f. 516 516 259 389 127 50 Appr.
11 Nom. Moz. Meloni G. e a 1-104 524 515 9 258 21 494 50 Resp.
12 Nom. Ris. Di Lello e a 6-017 rif. 525 501 24 251 403 98 50 Appr.
13 Nom. TU pdl 331 e ab-A - Q.Preg.Cost. 1 507 409 98 205 26 383 47 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 14)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. TU pdl 331 e ab-A -Q.Preg.Merito 1 503 501 2 251 120 381 47 Resp.