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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 32 di mercoledì 12 giugno 2013

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 9,05.

  DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Archi, Brunetta, Cicchitto, Dambruoso, Dellai, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Galan, Gebhard, Legnini, Lorenzin, Merlo, Migliore, Pisicchio, Realacci, Rossomando, Simoni e Speranza sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sul grave attentato in Afghanistan che ha causato la morte del capitano Giuseppe La Rosa nonché il ferimento di altri tre militari italiani (ore 9,15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul grave attentato in Afghanistan che ha causato la morte del capitano Giuseppe La Rosa nonché il ferimento di altri tre militari italiani.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Uno specifico tempo è riservato alle componenti politiche del gruppo Misto.

(Intervento del Ministro della difesa)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della difesa, Mario Mauro.

  MARIO MAURO, Ministro della difesa. Signor Presidente, questa informativa avviene su richiesta formalizzata nella giornata di ieri, durante la Conferenza dei presidenti di gruppo, da molti gruppi presenti in Parlamento e si aggiunge al già previsto incontro delle quattro Commissioni Affari esteri e Difesa che verte sull'aspetto delle missioni internazionali e che verrà svolto nel pomeriggio nel rapporto con il Governo attraverso il sottoscritto e il Ministro Bonino.
  Questa informativa è, quindi, stata richiesta per sottolineare l'indispensabilità, a fronte dei gravissimi fatti di cui parliamo, di una presa di coscienza da parte del Parlamento nella sua integrità. Ringrazio, pertanto, di cuore, i deputati che sono presenti e che potranno interloquire con il Governo per andare a fondo di questo gravissimo episodio. Ma mi consenta, Pag. 2signor Presidente, di non poter non sottolineare l'amarezza e l'amarezza profonda, a fronte di quello che è accaduto, nel vedere quest'Aula vuota (Applausi dei deputati Di Gioia e Gigli).
  Mi consenta, signor Presidente, di sottolineare come la vita di Giuseppe La Rosa sia quel fatto a cui siamo tutti chiamati a guardare se vogliamo comprendere un po’ di più il nostro compito e il senso della nostra missione: a cosa, infatti, dovrebbe guardare e a chi dovrebbe guardare la politica in Italia, se non a un uomo come Giuseppe La Rosa, per ricomprendere l'ampiezza e la profondità delle proprie ambizioni e la grandezza della vocazione a cui siamo chiamati.
  Riferirò in ogni caso e con il maggior numero di dettagli possibili su quanto accaduto e passo ora alla descrizione dei fatti.
  Secondo la ricostruzione effettuata dai competenti organi tecnico-operativi e sulla base delle notizie finora pervenute, il giorno 8 giugno 2013, alle ore 10,34 (le 10,34 dell'Afghanistan, quindi le 8,04 ora italiana), un convoglio composto da tre VTLM Lince del Military advisor team della Task force south, di stanza presso la base avanzata «Dimonios», in Farah, dopo aver ultimato l'attività giornaliera di advising, cioè di assistenza delle truppe afgane, a favore di un'unità dell'esercito afgano, presso il Farah old division center, subiva un attacco da parte di un elemento ostile in fase di rientro alla base.
  L'evento è iniziato con il rallentamento del convoglio militare in prossimità di un incrocio all'interno del centro abitato, provocato, oltre che dalla conformazione stradale, da due veicoli Toyota e da una autocisterna che procedeva in senso inverso.
  All'arrivo dei mezzi italiani l'autocisterna si allontanava, mentre una delle due Toyota si portava in mezzo alla carreggiata fermandosi e provocando l'arresto del convoglio (immediatamente il conduttore della Toyota scendeva e si allontanava), mentre la seconda Toyota agiva da blocco in coda al convoglio stesso.
  A questo punto un giovane di età valutata dai testimoni di circa vent'anni, barba corta, vestito in abiti marroni tipici degli adulti locali, che stava parlando con un uomo della Afghan National Police, al lato della strada, nei pressi di un assembramento di persone, è salito velocemente sul mezzo in testa al convoglio e ha lanciato attraverso la botola superiore, denominata «ralla», un ordigno, dandosi poi alla fuga e confondendosi nella folla. La granata cadeva nella parte posteriore del veicolo occupata dal capitano La Rosa. L'ufficiale gridava tre volte «granata» e, valutata l'inutilità di evacuare il mezzo, si interponeva tra l'ordigno e i commilitoni per ridurre gli effetti dell'esplosione.
  Ad esplosione avvenuta, il conduttore del VTML ha cercato di inseguire l'assalitore, senza raggiungerlo. A questo punto il comandante della pattuglia, considerata la gravità dell'evento e la possibilità di un imminente successivo attacco coordinato, constatato che il mezzo era ancora funzionante, disponeva l'immediato rientro presso la FOB Dimonios, ove giungeva poco dopo. Il poliziotto che era stato visto nell'incrocio all'inizio del fatto si è dileguato, nonostante fosse stato sollecitato a fornire supporto.
  A seguito dell'esplosione appariva subito grave la situazione del capitano Giuseppe La Rosa, meno gravi le condizioni degli altri tre occupanti il VTML colpito. Approssimativamente alle 10,45 ora locale, i militari venivano ricoverati presso il Role 2 statunitense di Farah. Poco dopo veniva constatata la morte del capitano La Rosa mentre venivano giudicati il maresciallo ordinario Chiavello Dario ferito di categoria «C» per trauma acustico con ipoacusia, il capitano Buccelli Michele ferito di categoria «C» per escoriazioni al volto, il maresciallo capo Siero Giovanni ferito da schegge agli arti inferiori di categoria «C». Quest'ultimo, per la tipologia delle lesioni riportate, ancorché in condizioni non preoccupanti, veniva subito evacuato mediante un elicottero spagnolo al Role 2 di Herat, dove veniva sottoposto a più approfonditi esami diagnostici e ulteriori cure mediche. Gli altri due militari, anch'essi Pag. 3in condizioni non preoccupanti, venivano trattati presso il Role 2 americano di Farah.
  L'autorità giudiziaria nazionale è stata informata. Il capitano La Rosa, caduto nell'adempimento del servizio, è stato promosso al grado di maggiore. Gli aggiornamenti acquisiti stamani indicano che il maresciallo ordinario Chiavello, nel frattempo trasferito nella struttura sanitaria di Herat e il maresciallo capo Siero rientreranno domani in Italia, mentre il capitano Buccelli è già rientrato in servizio.
  Nel concludere questa sintetica informativa, non posso non rilevare che l'attacco dei terroristi si è completato con un'azione di vera e propria «guerra psicologica» laddove è stata diffusa l'informazione che l'attentatore fosse un bambino di undici anni, facendo percepire quasi un atto eroico di partecipazione popolare.
  Dai dati acquisiti finora, invece, emerge con tutta evidenza che si è trattato di un vero e proprio atto terroristico, accuratamente preparato, che ha goduto della complicità di alcuni civili presenti sul posto e forse di un poliziotto – o vestito come tale – portato a compimento da un adulto particolarmente determinato.
  La strategia terroristica è confermata anche dall'attentato di ieri mattina quando, alle 11,45 sempre nel centro di Farah, a circa 300 metri dal luogo dell'attentato di sabato scorso, un elemento ostile ha lanciato una granata da una distanza di circa dieci metri contro un nostro VTML inserito in un convoglio. L'attentato in questo caso non ha provocato danni ai mezzi e al personale italiano ma ha causato il ferimento di alcuni civili afgani.
  L'uomo che ha compiuto l'attentato è stato arrestato in virtù dell'intervento di un poliziotto motociclista afgano. L'uomo è stato interrogato dalla polizia e dal magistrato afgano e ha reso – o avrebbe reso, sulla base dei documenti che ci sono pervenuti – piena confessione in ordine non solo all'attentato che è stato visto compiere ma anche all'attentato del giorno precedente. Si tratta di Walick Ahmad, cittadino afgano, residente a Farah, di circa vent'anni. E si è sgravato delle responsabilità legate a un'eventuale azione fatta in concorso, assumendosi, invece, la piena responsabilità di quanto compiuto. È evidente che questa materia, che costituisce materia dell'azione giudiziaria delle autorità e delle istituzioni afgane, necessita il vaglio che merita ogni indagine doverosa.
  Purtroppo – è amaro constatarlo –, questo tragico evento conferma che, nonostante la validità delle procedure operative, dei mezzi e degli equipaggiamenti, non è possibile azzerare completamente i rischi per i nostri militari. Per questo non abbassiamo la guardia e voglio assicurare che il Ministero della difesa continua e continuerà ad attribuire la massima priorità al tempestivo aggiornamento delle procedure operative, dei mezzi e degli equipaggiamenti impiegati nel teatro operativo. Ciò mediante lo studio e la realizzazione delle soluzioni più avanzate per tutelare al meglio la sicurezza del personale, contribuendo alla prevenzione e al contrasto delle minacce attualmente esistenti e di quelle ragionevolmente prevedibili. In questo, l'azione del Governo non può che collocarsi in stretta continuità con quella dei Ministri che in questo Dicastero mi hanno preceduto.
  Signor Presidente, onorevoli deputati, siamo riuniti oggi in quest'Aula per ricordare, purtroppo, che un altro nome si va ad aggiungere al lungo elenco delle giovani vite spezzate in luoghi lontani e pericolosi ed è sempre difficile consolare chi è vittima di tragiche vicende come queste. Non esistono parole adatte a sostenere sufficientemente i familiari e ad alleviare il loro dolore. Forse, non bastano neppure le rassicurazioni di vicinanza e di sostegno che possiamo inviare loro in un momento così doloroso.
  Abbiamo, tuttavia, il dovere di fare sentire ai nostri militari che le istituzioni, con spirito di unità, sono le prime a scuotersi e a fare sentire compattamente la propria voce contro questi fatti di sangue, provocati da una crudeltà terrorista che non ha giustificazioni soprattutto Pag. 4quando è rivolta contro chi è chiamato ad operare adempiendo al proprio dovere su mandato della comunità internazionale.
  Giuseppe era un bersagliere, un servitore dello Stato. Era anche un esperto delle missioni internazionali e, pertanto, era consapevole di quali sono i rischi di questo eroico lavoro. Però, Giuseppe, come tutti i nostri militari, era pienamente consapevole dell'importanza di partecipare alle nostre missioni internazionali, come quelle in Afghanistan, che hanno finalità di pace e di ricostruzione civile. E Giuseppe, anche in questa occasione, aveva voluto essere in prima fila in difesa della democrazia e della libertà, e in quel tormentato Paese si è comportato da eroe sacrificando la propria vita per salvare quella dei suoi compagni.
  Signor Presidente, onorevoli deputati, di fronte al senso profondo di queste tragiche vicende è l'Italia intera, cittadini e istituzioni, che è chiamata a dimostrare concretamente spirito di coesione e di unità, affinché questi episodi non siano accaduti invano, e che il tributo pagato con la vita da Giuseppe, vita che non ha prezzo, non vada disperso, ma rimanga esempio di virtù e di coraggio per tutti. E questo deve essere, a mio avviso, il senso della discussione odierna in quest'Aula.
  L'auspicio è, quindi, che l'equilibrio, la responsabilità, unitamente all'orgoglio e all'onore di essere italiani, siano i sentimenti che guidano la nostra riflessione.
  Questa ulteriore perdita di un nostro militare ripropone, all'attenzione dell'opinione pubblica e delle forze politiche, il tema del nostro impegno in Afghanistan. Anche in questo caso, come nelle circostanze precedenti, si è instaurato il dibattito tra chi dice che è giusto rimanere e chi invoca il ritiro immediato dei nostri uomini. Viviamo, come è noto, in epoca di profondi mutamenti socio-economici e politici, di sfide nuove, di stravolgimenti internazionali.
  Nuove minacce transnazionali, come quella del terrorismo, si sono affacciate all'orizzonte sferrando colpi indiscriminatamente mortali che non hanno risparmiato niente e nessuno, minando la fiducia e la sicurezza di tutti.
  La risposta della comunità internazionale ha portato l'Italia in numerose aree di crisi, tra cui l'Afghanistan, ed è ferma opinione del Governo che l'impegno dell'Italia per la gestione delle crisi internazionali, attraverso la partecipazione alle missioni militari per il mantenimento e il ripristino della pace, costituisca uno dei pilastri fondamentali della nostra politica estera e di difesa.
  È nel nostro interesse concorrere alle decisioni della comunità internazionale, ma meglio direi, si tratta di un nostro diritto, perché gli effetti di queste decisioni ricadono inesorabilmente anche su di noi e, come conseguenza, è nostro dovere contribuire responsabilmente e ad adeguato livello agli interventi della comunità internazionale attraverso le missioni internazionali, quale tangibile contributo dell'Italia alla sicurezza del globo. Questo perché contribuire alla sicurezza internazionale significa garantire la sicurezza del nostro stesso Paese, che è parte integrante ed integrata del mondo globalizzato.
  Da molto tempo ormai le frontiere della sicurezza, anche per l'Italia, si sono allontanate rispetto ai confini nazionali, richiedendo un impegno a tutto campo anche fuori dai tradizionali confini dell'Italia e dell'Europa. Infatti, da numerosi anni, per le Forze armate il compito prioritario della difesa del territorio nazionale di fatto si è ampliato, comprendendo, nello spirito dell'articolo 11 della Costituzione, anche la partecipazione alle varie missioni internazionali sotto l'egida dell'ONU, dell'Unione europea e della NATO. È evidente che l'Italia ha, in proposito, un dovere di serietà, di lealtà nell'ambito delle relazioni internazionali, a cui non si può venire meno se non pagando un altissimo e ingiustificabile prezzo sotto molti aspetti. Pertanto, l'Italia è ed intende rimanere un partner affidabile e credibile nel quadro degli impegni condivisi in seno alla comunità internazionale rispetto agli imperativi di stabilità e sicurezza globale.Pag. 5
  Signor Presidente, onorevoli deputati, anticipando alcune delle indicazioni e considerazioni sugli sviluppi delle missioni internazionali che illustrerò più compiutamente nell'ambito dell'audizione che si terrà oggi pomeriggio dinanzi alle Commissioni riunite difesa ed esteri di Camera e Senato, vorrei aprire quindi una riflessione sul teatro afgano: confermo l'intendimento del Governo di proseguire la partecipazione alla missione dell'ISAF il cui obiettivo ultimo è ormai prossimo, collocandosi al dicembre 2014, concludendola secondo i termini stabiliti. Evidenzio che il processo di transizione con il progressivo passaggio di responsabilità in materia di sicurezza dalle forze militari della coalizione internazionale alle forze di sicurezza afgane procede nei tempi e nei modi previsti e non è stato ancora concluso. Quattro delle cinque fasi di transizione sono in corso. La quinta sarà avviata a breve e si concluderà presumibilmente entro dicembre 2013.
  Al momento l'87 per cento della popolazione afgana vive ormai in aree sotto il controllo delle forze di sicurezza afgane. Nella regione ovest, di responsabilità del nostro contingente già dallo scorso luglio è iniziato il trasferimento delle responsabilità della sicurezza alle autorità locali. Si è partiti dalla provincia di Herat, per poi passare alle province di Badghis, di Farah e di Ghor, per un totale di 31 distretti già sotto responsabilità afgana. Ne rimangono ancora 12 da trasferire entro la fine di questo anno.
  Per ciò che concerne il livello addestrativo delle forze afgane operanti nell'area di nostra competenza, si può certamente affermare che sono già in grado di condurre operazioni sul terreno in quasi totale autonomia.
  Anche la componente dedicata allo sviluppo e alla ricostruzione, rappresentata dai cosiddetti Provincial reconstruction teams, è coinvolta in tale transizione, giacché le sue funzioni sono progressivamente assegnate alle autorità provinciali afgane secondo un programma elaborato di concerto dalle componenti civili e militari ed integrato nei piani generali di transizione.
  In aderenza con i progressi compiuti dalle forze afgane, i compiti del nostro contingente si concentrano sempre più sull'addestramento e sulla supervisione, pur rimanendo ancora necessaria la presenza di componenti terrestri ed aeree capaci di intervenire, ma solo in caso di necessità.
  Volendo quantificare lo sforzo compiuto nel settore dell'addestramento, ad oggi sono stati formati quattro comandi a livello di corpo d'armata e di brigata, nonché tredici battaglioni di varia specialità, per un complesso di oltre 10 mila militari. Nel settore del sostegno alla ricostruzione, nel 2013 le attività della nostra componente hanno portato alla realizzazione di una scuola nei pressi di Herat, di un poliambulatorio tra Herat e Shindand e alla riqualificazione di aree residenziali ad uso governativo, senza tralasciare, ovviamente, la fornitura diretta di aiuti umanitari alla popolazione.
  La consistenza del nostro contingente, che per il 2013 è sceso a un livello medio di 3.100 unità, è in progressiva contrazione e ancora si ridurrà significativamente nel corso del 2014.
  Da più parti si chiede un'accelerazione nel ritiro del nostro contingente. Posta la necessità di procedere coerentemente con gli impegni assunti al cospetto della comunità internazionale, evidenzio due fattori ineludibili, che rendono difficoltoso procedere diversamente da quanto descritto.
  In primo luogo, vi è la necessità di non mettere a rischio la sicurezza dello stesso contingente in una fase particolarmente delicata, quale è sempre quella del ripiegamento, procedendo con il ritiro troppo accelerato delle componenti operative.
  In secondo luogo, vi è l'indisponibilità sia di sufficienti vie di comunicazione nella regione sia di vettori aerei, terrestri e navali per la concomitante richiesta da tutti i Paesi della coalizione internazionale. Parallelamente al ripiegamento del contingente, sta infatti assumendo un sempre maggiore rilievo lo sforzo di rimpatrio dei mezzi e degli equipaggiamenti. Al riguardo, Pag. 6è in corso una fase negoziale con i Paesi interessati dal transito dei nostri vettori-trasporto.
  Torno al quadro complessivo per guardare al più lungo termine.
  Alla Conferenza internazionale sull'Afghanistan svoltasi a Bonn nel dicembre 2011, alla quale hanno preso parte 85 Paesi e 17 organizzazioni internazionali, la comunità internazionale si è impegnata ad aiutare l'Afghanistan nel decennio di trasformazione dopo il 2014. Su questa base, i Paesi dell'Alleanza Atlantica, al vertice di Chicago del 21 e 22 maggio 2012, hanno deciso di terminare la missione dell'ISAF entro il 2014 – terminare la missione dell'ISAF – e di assicurare il sostegno all'Afghanistan dopo quella data attraverso una missione di consistenza molto minore e con finalità del tutto differenti, cioè a dire non-combat.
  Queste decisioni sono state portate a conoscenza del Parlamento tempestivamente in un'audizione analoga a quella odierna, sin dal 30 maggio 2012, e poi richiamate in ogni successiva analoga occasione, l'11 ottobre 2012 e il 16 febbraio 2013, dal Ministro della difesa pro tempore.
  È intendimento proseguire il nostro impegno oltre il 2014 in termini di assistenza e addestramento delle forze di polizia afgane, per consolidarne la piena ed efficace autonomia di azione, ciò al fine di assicurare che i risultati finora acquisiti in tema di stabilità, sviluppo e affermazione dei diritti fondamentali delle persone non siano vanificati.
  Lo scorso 5 giugno, al vertice dei ministri della difesa della NATO, abbiamo affrontato la tematica con il fine di avviare il processo di pianificazione della missione, che assumerà il nome di Resolute Support. Confermo che non sono più previsti compiti di contrasto all'insorgenza, né di lotta al terrorismo o al narcotraffico.
  Al vertice NATO l'Italia ha espresso la disponibilità di principio ad assumere un ruolo nella fase post 2014 coerente con il nostro ruolo di questi anni. Tale disponibilità sarà, ovviamente, sottoposta al Parlamento, quando la stessa si dovrà tradurre in un impegno concreto.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, concludo, quindi, questo mio intervento sottolineando, ancora una volta, l'importanza che il Paese e le istituzioni non perdano il senso di quello che stiamo facendo e facciano sentire ai nostri militari, impegnati in difficili missioni, la loro vicinanza e l'apprezzamento per il senso e il valore del loro operato.
  Ricordo che queste missioni sono state decise dal Parlamento quasi sempre a larghissima maggioranza e che da sempre la comunità internazionale riconosce, tramite quell'apprezzamento e quel valore, il tratto di umanità con il quale queste missioni sono state condotte.
  Nel rispetto dei dettati costituzionali, Governo e Parlamento hanno definito, e cioè deciso, scelte fondamentali sul tema dell'impegno responsabile del nostro Paese per la stabilità e la sicurezza collettiva attraverso l'impegno nelle missioni internazionali ed è su questa strada che il Governo intende procedere, con il consenso del Parlamento, ovviamente sempre a mente del quadro sociale ed economico-finanziario generale, ma nella consapevolezza che la sicurezza e il ruolo internazionale dell'Italia restano priorità ineludibili, non per retorica di maniera, ma per la testimonianza diretta della madre di Giuseppe La Rosa, che ha avuto modo di dire a me, nello strazio, quanto il figlio fosse orgoglioso di contribuire a costruire la pace e a difendere i diritti del popolo afgano (Applausi).

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Mauro per avere prontamente corrisposto al nostro invito di riferire in Aula e ringrazio coloro che sono in Aula per questa informativa.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.Pag. 7
  Ha chiesto di parlare il deputato Gian Piero Scanu. Ne ha facoltà.

  GIAN PIERO SCANU. Signor Presidente, signor Ministro, signori sottosegretari, colleghi, credo che, muovendo dalle ultime sentite testimonianze del signor Ministro, sia opportuno dedicare l'abbrivio di questo breve intervento, che svolgo a nome del Partito Democratico, alla memoria di chi giustamente è stato definito un eroe, il capitano Giuseppe La Rosa, il quale – ne siamo sicuri tutti – non ha perso la propria vita invano.
  Il capitano Giuseppe La Rosa apparteneva ai Dimonius, a quella gloriosa Brigata Sassari che si è distinta non solo nel Primo conflitto mondiale allorché, con inaudita, sovrumana audacia, affrontava il nemico di turno, ma anche successivamente nel corso dei vari momenti di crisi e delle peripezie nel nostro Paese. Quindi, il nostro cordoglio, oltre che alla madre in lacrime e ai familiari, desideriamo esprimerlo alla gloriosa Brigata Sassari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 9,45)

  GIAN PIERO SCANU. Ci sta infatti a cuore che quel gruppo di donne e di uomini che ci rappresentano in maniera così dignitosa e alta abbia piena contezza della vicinanza convinta del Parlamento. E accenniamo anche all'augurio di buona guarigione per i feriti. Ci auguriamo davvero che possano riprendere subito a servire il Paese con onore, come hanno fatto.
  Signor Ministro, non mi sono scandalizzato quando lei, nell'esercizio di una funzione che ritengo fisiologicamente corretta, se, come in questo caso, svolta in un contesto parlamentare, ha ritenuto di dover esprimere un giudizio politico sulla consistenza numerica dei deputati in Aula. Credo che questo, anche da parte di chi sostiene il Governo che lei in questa sede rappresenta, costituisca un atto di onestà intellettuale. È bene certe cose dirsele con molta franchezza, ma io sarò altrettanto franco, anche perché vale la reciprocità, per cui, con lo stesso atteggiamento costruttivo che lei ha voluto declinare nel sottolineare lo scarso numero di deputati, mi permetto, in maniera costruttiva, di svolgere alcune considerazioni.
  Signor Presidente, le chiedo un minuto, non di più, di tolleranza, perché il Ministro ha parlato di molte altre cose. Ritengo che sia normale potere avanzare questa richiesta.
  Lei ha parlato di addestramento, signor Ministro. Siamo d'accordo: la sicurezza viene al primo posto e, se i fondi non sono necessari, può essere e deve essere costruita eventualmente anche con una riduzione delle spese militari.
  Lei ha parlato di ISAF, signor Ministro: il mio modesto punto di vista è che almeno negli ultimi cinque anni ci sia stata un'identificazione tra ISAF e Enduring Freedom, che sono due cose completamente diverse. Per cui, tanto più alla vigilia dell'interruzione della nostra presenza, è opportuno che ci sia una vigilanza perché soltanto l'ISAF venga portata avanti.
  Si è parlato di specificità. Ci dica qualche parola per fare in modo che venga tolto per il comparto difesa e sicurezza il blocco degli stipendi. Ci dica che cosa intende fare al Consiglio d'Europa e ci dica anche, signor Ministro, se in quelli che saranno i prossimi appuntamenti ci sarà da parte vostra la piena e totale disponibilità ad attuare ciò che la riforma impone: la decisione in termini di titolarità sovrana da parte del Parlamento nella definizione di tutta la politica militare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Scanu, è stato esattamente nei cinque minuti.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Grazie Presidente, quanto tempo ho, che non ricordo ?

  PRESIDENTE. Cinque minuti.

Pag. 8

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Non ho preparato un discorso e vado a braccio, provando a parlare con il cuore a tutti noi, e anche a lei, Ministro. Forse era Brecht che diceva che è «sventurata la terra che ha bisogno di eroi». Massimo, massimo rispetto per il militare ammazzato. Io non ho figli e non so proprio che cosa significhi per una madre perdere un figlio e perderlo lontano da casa e nessuno vuole strumentalizzare un'ennesima perdita italiana in Afghanistan. Ma la guerra ci fa schifo, Ministro, e siamo in guerra da dodici anni. Tra l'altro è una delle guerre più durature del Novecento ed è una guerra ! Il fatto stesso che lei dica che la missione cambierà, che la prossima missione sarà non combat significa che dove siamo adesso è una missione combat. Perché vi smentite da soli ? Perché (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Noi chiediamo un po’ di onestà intellettuale in quest'Aula. Siamo in guerra ed è una guerra che abbiamo perso, lo sapete tutti quanti, ne parlavamo prima anche alla buvette. La guerra è persa, perché tutte le guerre quando si iniziano sono perse, perché la guerra fa schifo, perché ci piace la pace e perché non crediamo che la guerra sia l'unico mezzo di risoluzione dei conflitti, anche dove ci sono, non terroristi, magari criminali, ma non terroristi, che comunque non ci hanno mai attaccato, Ministro, e questo anche dobbiamo considerarlo, perché l'articolo 11 della Costituzione parla chiaro: l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
  Possibile che nel 2013 ancora diciamo frasi che dicevano gli antichi romani, Ministro, ossia che per fare la pace dobbiamo costruire la guerra, che gli F-35 ci servono per la pace, quando la gente fuori da quest'Aula muore di fame ? Scusate, colleghi, però parlo davvero con il cuore e mi rivolgo a tutti voi, giovani o non giovani, alla prima legislatura e anche a voi...

  PRESIDENTE. Però, lei si deve rivolgere alla Presidenza...

  ALESSANDRO DI BATTISTA. E anche a lei, Presidente, mi scusi. Noi siamo entrati da poco e, al di là di tante differenze di visione, io credo che ci sia bella gente in quest'Aula, ne sono sicuro. Vogliamo tutti quanti assieme anche cambiare una visione vecchia, stantia che odora di guerra, che odora di morte. Allora, mettiamoci assieme almeno su questi punti.
  Il MoVimento 5 Stelle ha presentato immediatamente una mozione di ritiro delle truppe dall'Afghanistan: noi non vogliamo che tornino domani così. Abbiamo chiesto al Governo di riferirci su un’exit strategy vera e propria. Che cosa intendete fare ? Ma quello che dicono la NATO e Rasmussen è che abbiamo già dato l'ok per proseguire a stare in Afghanistan. E se i talebani spareranno che cosa facciamo, non spariamo ? Io sono obiettore di coscienza, ho scelto di non prendere mai un'arma da fuoco in mano, perché, anche se mi dovessero attaccare, io non voglio rispondere con un'arma da fuoco, perché credo che la pace sia l'unica, l'unica, l'unica risposta. L'unica (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà) !
  E non abbiamo utilizzato nessun altro modo per risolvere quel problema devastante che c’è in Afghanistan. La pace vale anche per i cittadini afgani: 70.000 morti, signor Ministro, e quasi 5 miliardi di euro, non per essere venale, per l'amor di Dio, prima vengono le vite dei nostri militari, dei civili afgani e poi i quattrini.
  Ma 5 miliardi di euro sono più del gettito IMU sul quale si fanno campagne elettorali ! Scusate ancora, colleghi e Presidente, ma ci teniamo, davvero, a provare a portare parole di cambiamento in quest'Aula e invitiamo tutto il popolo italiano e tutta quest'Aula a svegliarsi su queste tematiche, ad alzare la testa, a tirarla fuori dalla sabbia perché sappiamo perfettamente che la guerra c’è solo ed esclusivamente per interessi economici che sono sempre gli stessi e che sono sempre poche persone che determinano le scelte di interi popoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !Pag. 9
  Mi avvio a concludere, citando Thoreau che ha scritto un libro bellissimo sulla disobbedienza civile dove ricorda che le gambe, signori colleghi, non servono per sedervisi sopra, iniziamo a camminare assieme (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

  SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, innanzitutto esprimo il sentito riconoscimento di gratitudine da parte del gruppo del Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e mio personale nei confronti di Giuseppe La Rosa che ha perso la vita in nome della partecipazione di una nazione.
  Signor Ministro, signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che approfondire in questo modo questa tematica sia un po’ limitato. Dico ciò perché ascoltare delle parole – con rispetto naturalmente per le opinioni altrui – che però non vedono la complessità di sistemi dittatoriali, non vedono la complessità di morti che attraverso quei sistemi noi viviamo e continuiamo a vivere, non vedono sistemi come quello in Afghanistan dove la produzione della droga è al 60-70 per cento della produzione mondiale, non vedono l'asservimento di donne e bambini senza possibilità di diritti e di democrazia, non vedono, cioè, la possibilità di recuperare il senso di istituzione democratiche... Ora sarebbe facile per me continuare in questo lungo elenco di partecipazione di pace e non di guerra, sarebbe per me facile raccontare come i nostri soldati, i nostri militari, le nostre Forze armate hanno costruito ospedali, hanno costruito strade, hanno dato il senso di orientamento, finalmente, alla possibilità di sentirsi liberi, di poter partecipare al voto per sentirsi liberi, di poter essere garanti della propria sicurezza; ma dire questo forse non ha senso in un momento dove noi celebriamo, onoriamo, una morte. Quella morte viene celebrata e onorata ogni domenica in quei campi dell'ISAF, in quei campi dell'Afghanistan dai nostri soldati e viene onorata con una bandiera, una bandiera, che è quella italiana, una bandiera che dà, anche, il senso di una partecipazione collettiva e di una comunità intera.
  Quindi, credo che dobbiamo parlare di strategia politica rispetto a questa partecipazione, signor Ministro, di una strategia politica che deve essere rivista nei suoi limiti, nei suoi confini, nella possibilità di dare una svolta, di voltare pagina perché, è vero, le nostre missioni, oggi, devono essere contestualizzate alle esigenze del Paese, alla razionalizzazione di cui il Paese ha bisogno in termini di spesa ma, anche e soprattutto, pensando e potendo dare prospettiva ad una cooperazione civile che ha bisogno, allora sì, di un sostegno militare sempre più addestrato e formato.
  Credo che questi possano essere i nuovi obiettivi per quanto riguarda non una strategia di uscita ma una strategia che sia, veramente, di partecipazione e di costruzione rispetto a quello che la nostra missione in ISAF e in Afghanistan ha saputo dare in tutti questi anni. Non posso parlare di fallimento, non possiamo pensare che abbiamo partecipato ad obiettivi fallimentari; abbiamo partecipato ad una situazione complessa che è ancora complessa e sarà sempre complessa rispetto a situazioni che vedono non regioni autonome piuttosto che ordinarie ma vedono tribù, vedono i diritti ancora calpestati di donne e bambini, non vedono, ancora, la partecipazione di comunità che possano esprimere in maniera completamente libera il loro voto. Allora, a quello punterei ma punterei anche alla costruzione di progetti civili perché laddove cresce l'economia, laddove cresce la possibilità di essere indipendenti e autonomi, laddove c’è la dignità della persona e dell'essere umano, credo che ci sia la possibilità che le nostre missioni diventino sempre più importanti e che i nostri soldati e le nostre Forze armate possano avere l'orgoglio, insieme a noi, di raggiungere questo obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossi. Ne ha facoltà.

  DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, signor Ministro, ci troviamo a commemorare ancora una volta la morte di un nostro militare, il maggiore La Rosa, ucciso nell'adempimento del dovere in Afghanistan. Non intervengo nel merito della missione, signor Ministro, tenuto conto che oggi pomeriggio, nella riunione che ci apprestiamo a fare, avremo modo di approfondire le questioni. Sicuramente servono cornici di sicurezza, come quelle date dall'ISAF, per ricostruire 6.500 scuole, per ridurre l'analfabetismo del 20 per cento, per permettere di andare a scuola a 7 milioni di bambini, di cui il 35 per cento di femmine, rispetto ai 900 mila e solo maschi del regime talebano, e così via, per ribadire l'assoluta importanza della missione ISAF in Afghanistan.
  Ma ritornando al maggiore La Rosa, fino a qualche mese fa – e questo è noto a tutti – ero Sottocapo di Stato maggiore dell'esercito, e in questa carica, in quella veste, sono stato a contatto con tutti i nostri ragazzi. Sono stato in Kosovo, e li ho visti operare per difendere le enclave religiose; sono stato in Libano, e ho visto quando sminavano la Blue line, con gli operatori che per un attimo di disattenzione potevano mettere a rischio la propria vita; sono stato in Afghanistan, e li ho visti creare quella cornice di sicurezza che, come ribadivo prima, è assolutamente essenziale per il popolo afgano. Ecco, quando sono andato in questi posti ho parlato con i nostri ragazzi, ho ricevuto da loro osservazioni e ho ricevuto richieste, ma ho parlato anche con i familiari delle vittime nel momento in cui ho aspettato le salme a Ciampino: ne sono uscito arricchito in un modo incredibile, ricevendone lezioni di dignità assoluta e la consapevolezza della fierezza di questi familiari di quanto avevano fatto i loro figli e dell'importanza di far parte della famiglia militare.
  Sono stato a contatto con i nostri feriti e più volte mi sono sentito chiedere da loro o esprimere da loro la volontà di poter tornare il prima possibile in Afghanistan, per ritornare insieme ai loro colleghi e per finire un compito che ritenevano importante. Oggi sono un deputato, non sono più Sottocapo di Stato maggiore dell'esercito, ma posso affermare tranquillamente che, sulla base dell'esperienza che vi ho descritto, quattro punti sono emersi in maniera essenziale, che oggi da deputato voglio ribadire e sottoporre a questo Parlamento.
  Innanzitutto, i nostri soldati, le nostre Forze armate, vogliono sentire dietro di loro il supporto del Paese intero e l'intero supporto di questo Parlamento. Vogliono sentire la condivisione del loro operato e la conferma dell'importanza dell'attività svolta nell'interesse della nazione e per l'affermazione dei valori democratici nel mondo. Qualsiasi titubanza in questo non solo rafforza l'attività dei nostri avversari, che da sempre sono attenti alle evoluzioni politiche nei vari Paesi, ma incide negativamente sul morale del nostro personale, e il morale del personale è uno degli elementi che costituisce vulnus nell'efficienza generale. La seconda richiesta del nostro personale è quella di essere equipaggiato e armato in modo adeguato e soprattutto di poter svolgere addestramenti seri, compiuti in funzione della missione da svolgere; tutto per poter operare per formazione e mezzi in un'adeguata cornice di sicurezza e diminuire i rischi propri delle varie missioni, che, come lei, signor Ministro, ha indicato, non possono mai essere eliminati del tutto.
  La terza richiesta è quella di avere un'adeguata assistenza alle proprie famiglie mentre si è in teatro operativo, una specie di welfare dedicato, in analogia a quanto avviene in altre nazioni. La quarta è quella di sentire riconosciuta la differenza tra la professione di chi porta una divisa, con tutti i doveri e i limiti connessi, e il resto del pubblico impiego. Ecco perché mi associo alla richiesta dell'onorevole Scanu circa lo stralcio del blocco stipendiale per il comparto difesa e sicurezza. Concludo dicendo che, ancora una volta, come ogni volta che un militare Pag. 11muore in un'operazione, qualcuno si pone il dubbio sull'utilità delle nostre missioni militari all'estero.
  È incredibile che ancora non si capisca come un Paese come l'Italia, che basa il suo spirito democratico sui valori derivanti dalla Resistenza, non possa disconoscere il suo DNA né possa estraniarsi dalle alleanze internazionali di riferimento. Forse chi l'ha capito di più sono proprio i nostri ragazzi e ragazze in divisa che per consentire a Paesi martoriati, come l'Afghanistan, di autodeterminare il proprio futuro liberamente, sono pronti anche a morire senza porsi scadenze di riferimento se non quelle derivanti dall'assolvimento del compito che questo Parlamento gli ha assegnato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo apprezzato, nella sua informativa, lo spirito con cui ha affrontato questo momento tragico, la morte del capitano dei bersaglieri Giuseppe La Rosa, una morte drammatica. A lui e ai suoi cari vanno il cordoglio profondo del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà. Vorrei ricordare anche un altro fatto: Giuseppe La Rosa era siciliano, era meridionale, come tanti dei soldati che ogni anno vengono inviati nelle missioni militari perché, molto spesso, non hanno alternativa rispetto ad un lavoro che manca e un Mezzogiorno che retrocede sempre di più.
  Contemporaneamente, segnaliamo che, nella sua informativa, nel passaggio legato all'equipaggiamento dei militari, c’è un limite, che è quello che il convoglio Lince che è stato, come dire, fermato e assaltato dai terroristi era, come segnalano da tempo all'interno anche del mondo delle Forze armate, sprovvisto di torrette remotizzate e della possibilità anche di avere una protezione più adeguata. Quando facciamo la retorica sui nostri ragazzi in divisa che vanno lì a combattere per la patria dovremmo provare almeno a dargli e garantirgli qualche forma di sicurezza in più.
  Inoltre, è tempo di bilanci e credo che il bilancio non sia, come dire, all'altezza dei proclami che nel corso degli ultimi anni sono stati fatti. Lo dico all'onorevole Cicu: non abbiamo partecipato al fallimento, a un fallimento? Come chiama allora quei dati che soltanto nel 2011 l'UNICEF fornisce sull'Afghanistan ? 1.756 bambini morti, uccisi o feriti in conflitti, una media di 4,8 bambini al giorno. Probabilmente, questa è l'attestazione di una situazione che nel corso degli ultimi anni si è andata ulteriormente incancrenendo.
  Noi pensiamo che bisogna accelerare l'uscita, bisogna farlo non per un vezzo pacifista ma perché probabilmente quella missione ha segnato una serie di elementi di arretramento nella battaglia per la democratizzazione di quel Paese, nella battaglia per rendere quel Paese più aperto, più civile; e noi siamo convinti che uscire dalla missione ISAF, come hanno fatto Canada e Francia, non sia un tradimento delle alleanze internazionali, ma sia la scelta più giusta per accelerare l'autonomia di quel Paese che deve vivere un libero processo democratico e, contemporaneamente, lo dico perché sia chiaro, nessuno di noi immagina di lasciare solo l'Afghanistan, soli gli afgani. Guardate, nei dati che vengono citati manca sempre il capitolo della cooperazione; lo diceva l'onorevole Di Battista, abbiamo speso 5,5 miliardi di euro per la missione in Afghanistan, soltanto 250 mila euro sono andati in cooperazione.
  Noi proponiamo, accanto all'uscita prima del 2014 dalla missione ISAF, che per ogni euro risparmiato sulla missione, il 30 per cento vada a progetti di cooperazione e sviluppo per rafforzare la democrazia in Afghanistan e per rafforzare le istituzioni civili di quel Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, Pag. 12siamo ancora una volta riuniti in Aula per commemorare la morte di un nostro militare in Afghanistan, il capitano dei bersaglieri Giuseppe La Rosa, ucciso nell'infida provincia occidentale di Farah; e riflettere sopra il significato di questa nostra missione, e più in generale dell'impegno italiano in quel Paese.
  Non spetta alla Camera, non spetta alle Assemblee parlamentari occuparsi di tattica e neppure di strategia, se non limitatamente agli aspetti che interagiscono con la politica. Non entreremo quindi in dettagli, che riteniamo debbano essere lasciati agli approfondimenti degli esperti e degli stati maggiori. Come sia possibile centrare la ralla di un Lince con una bomba a mano lo dovranno chiarire le persone che valutano le performance dei mezzi militari e la validità delle dottrine di impiego che li concernono, non certamente noi.
  Possiamo però, e dobbiamo anzi, occuparci di politica. Il problema è, a nostro avviso, sempre lo stesso: cosa stiamo a fare in Afghanistan, dal momento che non abbiamo in quel Paese alcun vitale interesse nazionale in discussione, eccezion fatta dal rapporto che ci lega con gli Stati Uniti d'America, Paese che tuttavia ha deciso di porre un termine alla missione ISAF entro il 31 dicembre 2014. È necessario chiederselo perché le morti degli ultimi mesi ci paiono troppi inutili: a differenza di quelle subite fino a un paio d'anni fa, che pure alimentavano importanti dubbi nella Lega Nord, all'epoca ancora al Governo.
  A differenza di allora, non c’è infatti più un nostro progetto di riscatto per l'Afghanistan: al contrario, abbiamo deciso di mollare il Paese al suo destino, restituendo l'Afghanistan a se stesso e alle sue forze di sicurezza, con la graduale riduzione della presenza sul terreno delle truppe occidentali, senza curarci troppo di valutare cosa accade nelle zone che vengono abbandonate. Tutto infatti deve essere fatto rispettando una rigida tabella di marcia, per poter dire a tutti che è finita senza che abbia preso corpo un disegno per il futuro afgano. Non siamo più nel 2001, quando anche noi convenimmo che reagire gli attacchi dell'11 settembre era doveroso e necessario. E sono purtroppo alle spalle anche anni relativamente tranquilli come quelli di metà decennio scorso, quando davvero si pensò di far bruciare a Kabul le tappe dello sviluppo.
  Dire oggi che ci si batte per la modernizzazione e democratizzazione dell'Afghanistan è nel migliore dei casi alimentare un'illusione, nel peggiore annunciare una menzogna. Stiamo gestendo un ripiegamento ordinato, che ci permette di affermare che se non abbiamo vinto, almeno non abbiamo perso. L'attività dell'ISAF sul terreno è notevolmente diminuita, e parallelamente sono calati i morti occidentali; ma lo scotto pagato dai militari e poliziotti afgani che sono subentrati ai nostri è altissimo, a riprova che il Paese non è stato affatto stabilizzato.
  Il processo per la riconciliazione nazionale procede in modo disordinato, e a quanto ne capiamo avanza al di fuori di qualsiasi risultato precostituito. I taliban hanno aperto un proprio ufficio politico in Qatar, Paese che lo stesso Hamid Karzai inizia a visitare sempre più spesso. Emissari del vecchio regime oscurantista di Kabul si sono recati a Teheran, mentre in precedenza altri di loro avevano partecipato a un convegno in Francia, allo scopo di discutere con altri elementi dell'opposizione a Karzai un nuovo assetto per l'Afghanistan. I disegni del Presidente gli Stati Uniti sono tuttora misteriosi, ma una cosa è chiarissima: l'Afghanistan non è più una priorità per la Casa Bianca.
  Anche se i piani sono ancora confusi, perché alla loro determinazione manca proprio il sigillo americano, alla Ministeriale NATO della settimana scorsa è stato però lo stesso deciso di varare nel 2015 una nuova missione, la Resolute Support, che non prevede alcuna funzione di combattimento per i Paesi che vi prendono parte, ma che si annuncia comunque foriera di pericoli ed irta di difficoltà.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  NICOLA MOLTENI. Per d'Italia vi ha partecipato il Ministro della difesa, che Pag. 13senza alcuna consultazione con le Camere ha accettato che il nostro Paese continui a gestire l'intero ovest afgano nel quadro della nuova missione, che non contemplerà mansioni di combattimento, ma ci obbligherà in ogni caso a mantenere laggiù delle basi per un certo numero di anni, chissà quanti. Gli americani si sono presi l'est e il sud, mentre tedeschi rimarranno al nord; per Kabul e dintorni, una candidatura turca. Questa volta, onorevoli colleghi, siamo davanti persino agli inglesi, che non hanno assunto alcuna responsabilità maggiore, ed evidentemente ne hanno abbastanza.
  Concludo, signor Presidente. Ci conviene davvero far così ?
  Cosa pensiamo di guadagnarci ? La successione alla testa della NATO per un nostro candidato quando Rasmussen mollerà ? Occorre dire davanti al Paese cosa ci induce ad assumere responsabilità che, annualmente, persino Londra rifiuta. Dobbiamo chiarircelo prima che si debba nuovamente spiegare con parole stantie a qualche altra madre dolente perché ha perso un figlio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, credo di trovarmi veramente in una condizione di animo e di spirito particolare perché è la prima volta, per nostra sfortuna, che, negli ultimi tempi e negli ultimi anni, mi trovo a dover commentare da questo lato dell'Aula la scomparsa di un figlio d'Italia, di un militare, di un ragazzo, che era partito, non tanto e non solo, anzi credo proprio per nulla, perché c’é disoccupazione, ma perché credeva nei valori che le Forze armate sanno dare ai propri uomini in divisa quando vanno anche in terre lontane ad affrontare pericoli e a dare anche la vita per la nostra libertà, per la nostra sicurezza e per la nostra indipendenza.
  Vede, signor Ministro, lei giustamente ha detto che c’è poca gente in Aula; io ci sono abituato, non è una novità: le potrei dire che c’è poca gente attorno a lei, potrebbero esserci anche tutti i Ministri, se fosse questo il metro, ma non ci sono i Ministri, c’è solo lei e ci sono pochi deputati. Ma io credo che il problema sia un altro, che il problema sia che le forze politiche – al di là della presenza – e il Governo, comprendano appieno cosa significhi per l'Italia partecipare alle missioni internazionali. E non parlo del peso, che pure è importante per ogni nazione, che si acquisisce con la partecipazione a missioni come questa, né del fatto che ovunque nel mondo le nostre Forze armate sono davvero considerate qualcosa di speciale e di eccezionale, una vera eccellenza dell'Italia, ma parlo di ciò che di utile torna agli italiani dalle nostre missioni, dalla presenza in Afghanistan, come prima in Iraq.
  Non siamo lì soltanto – come pure è stato ricordato giustamente – per dare più libertà, più diritti agli afgani, ma siamo lì per difendere la nostra sicurezza. Un giovane deputato, che si chiama Alessandro Di Battista – se non mi sbaglio – ha parlato col cuore. Io l'ho capito: è un obiettore di coscienza, quindi veramente credeva a quello che ha detto, ma ha dimenticato che nessuno ha mai nascosto, o perlomeno non è mai stato nascosto, dai Governi Berlusconi in poi, che non si andava lì a fare una passeggiata: non ci va la Croce Rossa, ci vanno i militari per combattere in difesa della nostra libertà e della nostra sicurezza. Ma non è una guerra, nel senso comune del termine o, se vuoi chiamarla guerra, non cambia molto, ma siamo noi che abbiamo deciso la necessità di fronteggiare il terrorismo. L'11 settembre forse è lontano, ma non è dimenticato; gli attentati a Londra, a Parigi, in India, a Milano, la presenza del terrorismo nel mondo qualcosa dovrebbe dire. Io capisco che si possa essere obiettori di coscienza, ma mi fa piacere che vi sia rispetto per chi obiettore di coscienza non è e dà anche la vita perché le nostre città tengano il più lontano possibile il pericolo del terrorismo.Pag. 14
  È stato un fallimento l'Afghanistan ? Bisogna vedere quali erano gli obiettivi di quella missione. Gli obiettivi della missione sono stati quelli di fronteggiare quel terrorismo e di eliminare il potere dei talebani: obiettivi raggiunti. L'ultimo obiettivo è stato raggiunto: non è più un uno Stato talebano. Non si può eliminare il terrorismo, ma non è più una piattaforma da cui chissà quante azioni terroristiche sarebbero partite senza la presenza dei nostri militari. E adesso l'obiettivo è quello di ridare l'Afghanistan agli afgani.
  È stato tale l'obiettivo sin dall'inizio, un obiettivo che si sta perseguendo e che, come deciso da anni, si dovrà, signor Ministro, concludere, per la fase combat, nel 2014. Poi certo potremo accompagnare la fase successiva; ed anche il costo, che ogni volta traspare, è un costo che è il costo della libertà, ma è anche il costo – perché diciamolo una volta per tutte – misero che viene pagato, perché gran parte di quella somma è la remunerazione del lavoro dei nostri militari. Sono veramente contento di sentire da parte di forze di maggioranza un contrasto all'idea del Governo del blocco degli stipendi per i nostri militari, purché dopo vi sia un comportamento conseguente. Oggi però inchiniamoci alla memoria del nostro militare e stringiamoci attorno alla sua famiglia e alle Forze armate (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, sarò brevissimo, anche perché sono qui e sono stato ad ascoltare con dovizia di particolari l'evolversi dei fatti. È comunque morto un figlio della nostra terra. Lo chiamiamo Giuseppe in questi giorni, ma fra qualche giorno dimenticheremo il suo nome, così come abbiamo dimenticato i 53 nomi, come quelli di Cristiano Congiu, di Gianmarco Manca, del Caporalmaggiore Francesco Vannozzi, di Pedon di 23 anni, di Miotto di 24. È il prezzo che si paga per stare insieme alle nazioni civili del mondo, così le definiamo, e per assolvere ai nostri compiti internazionali. Quindi Giuseppe La Rosa è uno dei 53, ma dalla descrizione dei fatti fatta da lei, signor Ministro, mi viene in mente di rappresentare quel momento come un fatto eroico. Allora credo che il Governo saprà proporre agli onori del caso l'atto eroico di Giuseppe Giangrande. Volevo dire Giuseppe la Rosa. Giuseppe Giangrande mi viene in mente perché abbiamo dimenticato anche lui. Io non ho dimenticato neanche Giuseppe Giangrande, non ho dimenticato la figlia, non ho dimenticato quanto si è detto in quest'Aula e spero che il Governo e lo Stato non dimentichino tutti i familiari e quelle persone che pagano il più alto prezzo avendo perso il loro caro e anche il portatore di reddito di quella famiglia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ottobre. Ne ha facoltà, per due minuti.

  MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, intervengo brevemente per ringraziare il Ministro per la sua puntuale e precisa relazione e per ringraziare anche i colleghi e le colleghe della IV Commissione (difesa) per essere intervenuti con parole di calibro e peso.
  Ma lasciatemi anche dire che di fronte ad un atto eroico di un nostro uomo, un nostro servitore dello Stato, che ha salvato anche altre persone, a volte sarebbe meglio anche il silenzio. Il silenzio parla. Io sono un uomo che considera molto le istituzioni e lo Stato. Sono alla prima esperienza e devo dire che non possiamo far altro che portare la nostra solidale vicinanza ad una persona che credeva in questo Stato, ad una persona che ha servito questo Stato.
  Lasciatemi dire che mi unisco anche io a lei, signor Ministro, nell'essere deluso di vedere quest'Aula mezza vuota. Credo che dobbiamo cambiare certi regolamenti economici, ma anche di «formalità». In certe occasioni bisogna essere qua presenti.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Vorrei semplicemente dire a lei e informare anche un po’ tutti che ci sono alcune Commissioni riunite, perché nella mattina erano previste articolazioni della Camera anche in altro modo. Quindi sono considerazioni che ovviamente ognuno può fare, però teniamo conto anche di come è complesso il lavoro della Camera. Quindi, alcuni deputati stanno lavorando nelle Commissioni, perché i lavori proseguono. Volevo anche informare l'onorevole Lotti che ci sono molti scranni, uno per ciascuno, e quindi se fosse possibile sedersi sullo scranno, anziché sulle scale, sarebbe meglio.
  È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,30 con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Turchia.

  La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 10,30.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Turchia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli sviluppi della situazione in Turchia.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Uno specifico tempo è riservato alle componenti politiche del gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra degli affari esteri, Emma Bonino.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Signora Presidente, onorevoli deputati e colleghe, innanzitutto desidero rassicurarvi che la Farnesina ha seguito sin dall'inizio gli avvenimenti in Istanbul, Ankara e Smirne, con attenzione anche alla presenza di cittadini italiani, oltre che alle implicazioni politiche. La nostra ambasciata ad Ankara, così come i consolati a Istanbul e a Smirne, sono stati costantemente in contatto con l'unità di crisi della Farnesina per poter offrire aggiornate informazioni e assicurare la tutela ai cittadini italiani residenti o in transito in quel Paese.
  Intanto, i fatti: l'iniziale manifestazione a Istanbul del 31 maggio contro la ristrutturazione del Gezi park decisa dal Governo, era una manifestazione contenuta in termini di partecipazione e si caratterizzava come espressione pacifica dei cittadini. La reazione da parte della polizia – una reazione sproporzionata, come ammesso peraltro dalle autorità turche stesse – ha poi offerto l'opportunità anche ad altri gruppi di esprimere il loro disagio verso il Governo e verso alcune politiche del Governo. Da Ankara le proteste si sono propagate in numerose altre città e in uno scenario sempre più di contrapposizione con caratteristiche critiche verso il potere politico rappresentato dall'AKP. Inoltre, l'opposizione kemalista si è unita alle manifestazioni piuttosto che guidarle. In realtà, queste manifestazioni sono nate sostanzialmente – e lo dirò ancora dopo – come manifestazioni spontanee e limitate di parti diversificate della società.
  Ad Istanbul l'epicentro della protesta è stato a piazza Taksim e a Istiklal, la principale arteria commerciale. Anche ad Ankara gli scontri si sono registrati in una centrale area commerciale. Iniziative più circoscritte si sono verificate a Smirne e anche ad Antalia, a Mugla, a Samsun, a Sivas e a Ghana. In un contesto ancora molto conflittuale ed incerto, il bilancio ufficiale degli scontri è, per ora, di centinaia di feriti e quattro vittime: tre dimostranti e un appartenente alle forze dell'ordine.
  A far sperare in un rasserenamento degli animi era stato il Presidente della Repubblica Gul, che ha esortato Governo Pag. 16e forze dell'ordine a rispettare il diritto dei manifestanti ad esprimere le proprie idee e a mostrare la necessaria sensibilità verso le opinioni di tutti. Il Vicepremier Arinch si è scusato per l'uso eccessivo della forza da parte della polizia ai danni dei dimostranti di Gezi park, e in parallelo il Ministro dell'interno Guler ha avviato inchieste per accertare responsabilità di amministratori locali e ufficiali di polizia.
  Rientrando della sua visita ufficiale in nord Africa, il Primo Ministro Erdogan ha definito necessarie le dichiarazioni di Arinch, ma successivamente il Governo di Ankara ha oscillato tra apertura di dialogo e segnali di chiusura, e il rischio è quello di una polarizzazione crescente. Dopo prime dichiarazioni in parte concilianti, il Primo Ministro sembra non escludere la via della prova di forza, scenario che comporta naturalmente rischi politici, oltre che umanitari, seri.
  Intanto, il 7 giugno si è svolta a Istanbul la prevista Conferenza sulle relazioni Unione europea-Turchia, organizzata dal Ministro per gli affari europei, Bagis, cui ha preso parte il Commissario europeo per l'allargamento e la politica di vicinato, Füle. Il Commissario ha invitato il Governo ad una maggiore apertura; ha indicato l'importanza di mirare alla coesistenza pacifica tra diverse concezioni e stili di vita; ha sottolineato che il dovere dei Paesi europei e di quelli che aspirano a diventarne membri è la piena adesione ai più elevati principi democratici; ha sottolineato altrettanto che la democrazia è una disciplina impegnativa, che richiede un impegno giorno per giorno; rafforzamento della democrazia e processo di avvicinamento all'Europa – ha detto ancora il Commissario Füle – sono due facce della stessa medaglia.
  Non posso che concordare pienamente con questa affermazione e ho avuto modo di esprimerlo pubblicamente già nei primi giorni delle manifestazioni.
  Nella sua replica, in quell'occasione, il Primo Ministro Erdogan, continuando a tracciare un distinguo tra i manifestanti, ha chiesto la fine delle manifestazioni ed anche in questo caso i messaggi sono oscillati tra moderazione e chiusura. Non a caso il Commissario Füle ha quindi definito la Conferenza un'occasione perduta.
  I contorni delle iniziative stentano intanto a precisarsi, non va sottovalutato l'effetto catalizzatore delle manifestazioni su componenti diverse della società, unite da una comune insoddisfazione per alcune politiche del Governo. L'Italia è favorevole e sta agendo in questo senso ad un'apertura di dialogo che conduca a soluzioni condivise nell'interesse del Paese. In gioco è il rapporto tra potere politico e società, si tratta del primo forse serio test per la tenuta democratica della Turchia e il suo processo di adesione all'Europa.
  Nelle piazze e nelle strade si svolge un esame di maturità per il Governo turco, che deve dimostrare di tutelare le opinioni di tutte le componenti della società, un esame di maturità che qualcuno aveva pensato che il Paese ormai avesse superato con il dinamismo economico e che invece richiede molto di più, la capacità cioè di unire le diverse anime della Turchia in un patto sociale rispettoso del pluralismo, delle diversità, insomma della democrazia.
  D'altra parte, onorevoli colleghi, mi pare che sia utile evitare l'errore di guardare alla Turchia con l'ottica offuscata da modelli ingannevoli. È vero che i social network sono stati il più efficace veicolo di comunicazione e il principale strumento dei manifestanti per organizzare queste iniziative, si è parlato, ed ho sentito parlare, di «primavera turca»; scusatemi ma non è così. I turchi non sono arabi, quindi cerchiamo di non fare paralleli troppo superficiali, e Taksim non è Tahrir. Anzi, queste manifestazioni, a guardarle in modo più puntuale, ricordano maggiormente quelle che abbiamo visto, anche imponenti, nelle nostre capitali. In qualche modo mi ricordano di più Occupy Wall Street, magari con una presenza molto più importante di istanze e richieste libertarie.
  Sapete quanto questo Paese, la Turchia, sia nel mio cuore e quanto io abbia negli anni seguito e incoraggiato la sua evoluzione. Questo Governo è espressione di libere elezioni, certamente, che hanno Pag. 17dato per tre volte successive una chiara maggioranza al partito del Primo Ministro, ma come ha detto autorevolmente il Presidente Gül, le elezioni da sole non sono sufficienti. Per comprendere le cause profonde è venuto il momento anche di un sincero esame di coscienza da parte dell'Europa. Nel recente passato è stato elogiato il modello Turco, anche oltre i suoi meriti, per i suoi successi economici e perché si sperava – e si spera ancora – fosse capace di coniugare – e sia capace di coniugare – islam e democrazia. Questo modello è stato sostenuto con l'apertura dei negoziati di adesione all'Unione europea, riconosciuto in occasione del referendum costituzionale del 2010 che ha ridotto il potere dell'esercito, ma devo dire poi che alcuni Paesi europei e l'Europa in generale lo ha poi abbandonato, con una netta chiusura sul fronte dei capitoli negoziali. Io credo sia stata una visione miope, un arretramento della prospettiva europea della Turchia, compiuto proprio nel momento in cui vi era più bisogno di sostenere il consolidamento degli standard democratici del Paese. Un comportamento del tutto incoerente se consideriamo che l'adozione di alcuni dei capitoli bloccati – quello per esempio sui diritti fondamentali e sulla libertà di espressione – avrebbe accolto la rivendicazione di tanti turchi scesi ora nelle piazze e nelle strade.
  Le lacune democratiche, in particolare in tema di libertà di espressione e di stampa, sono state puntualmente illustrate nei progress report della Commissione dell'Unione europea; esiste inoltre un malessere più diffuso causato per esempio dalle pressioni subite dalla stampa con troppi giornalisti e intellettuali in carcere e anche dal mondo femminile, esposto a processi di islamizzazione della società.
  Il malessere è anche acuito da alcune scelte del Governo come, ad esempio, l'approvazione della legge sul consumo di bevande alcoliche, percepita da molti come un condizionamento alla libertà personale, e dalle ripercussioni della crisi in Siria, con un grande afflusso di profughi in territorio turco. Quindi, sono molti gli elementi che hanno contribuito e hanno portato, appunto, in piazza – lo ripeto – diverse istanze di quel Paese.
  Nelle manifestazioni ad oggi sembra mancare una regia ed una chiara leadership. I partecipanti sono in larga parte giovani, cittadini comuni, espressione di un'anima della società che si riconosce in una concezione maggiormente aperta dello Stato, desiderosa anche di uno stile di governo meno paternalista. I militari sembrano assenti dalla scena e i partiti di opposizione rimangono piuttosto defilati, forse non riuscendo ad offrire un'alternativa valida e credibile. In sostanza, a noi pare che questa sia l'espressione di chi non si riconosce in alcune scelte governative e nell'evoluzione più recente del partito dell'AKP.
  Ho subito espresso pubblicamente la mia più viva apprensione per gli eventi. L'uso sproporzionato della forza da parte della polizia e il fermo di decine di avvocati non possono mai essere una risposta accettabile. La storia lo insegna e lo insegna anche la storia italiana. Il diritto a manifestare in maniera non violenta è un pilastro irrinunciabile della democrazia, come lo sono il pluralismo e la tolleranza. Non ci può essere alternativa alla via del dialogo e del confronto. Il dialogo è, in realtà, lo strumento dei forti. Il ricorso alla forza o alla violenza è spesso espressione di debolezza.
  Ripeto, come ha detto il Presidente della Repubblica Turca, Abdullah Gül, che l'elemento democratico non può esaurirsi in libere elezioni, che sono solo uno degli aspetti fondamentali dello Stato di diritto. E l'Italia si attende che tutte le parti si adoperino perché cessi ogni violenza e per promuovere un clima di confronto pacifico tra le diverse posizioni.
  In realtà, la Turchia è chiamata a decidere se vuole diventare una democrazia matura. Il Governo italiano continua a credere fermamente nella prospettiva europea della Turchia e sono convinta che il processo di adesione all'Unione europea, se perseguito senza tentennamenti, possa avere un effetto benefico sulla dinamica politica del Paese. E, allora, se vogliamo Pag. 18sostenere il processo di democratizzazione della Turchia, dobbiamo continuare ad incoraggiarla sulla via dell'adesione a rispettare i principi di pluralismo e di democrazia. La nostra scelta è chiara: noi vogliamo una Turchia pienamente democratica in Europa e per raggiungere quest'obiettivo occorrono leadership lungimiranti da una parte e anche da parte europea.
  Infine, è importante sottolineare che la Turchia rappresenta, per noi e per l'Italia, un partner strategico, per la sua posizione geopolitica, per la sua vitalità economica. In quest'ultimo decennio le nostre imprese hanno operato in Turchia con ottimi risultati e hanno raggiunto il numero di 1.000 unità. Insomma, è un Paese che conosciamo bene.
  Vorrei sottolineare quanto la stabilità interna sia essenziale anche per la crescita economica del Paese e per lo sviluppo delle sue relazioni economiche internazionali. Democrazia matura, esercizio di democrazia matura e successo economico sono componenti correlati di una strategia di crescita e di sviluppo umano. Come amica storica della Turchia e del suo popolo, come Ministro degli affari esteri di uno dei principali partner della Turchia in Europa, mi sento di poter oggi rivolgere questo messaggio al Governo di Ankara (Applausi).

(Interventi)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vincenzo Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Gentile Presidente, signora Ministra, deputate e deputati, il dibattito che stiamo svolgendo, con la sua informativa e con gli obiettivi che lei indica nel suo discorso, danno proprio la sensazione che, insieme alla preoccupazione per gli eventi che si stanno susseguendo dalla sera del 31 maggio, possiamo anche riflettere su di noi, su quella costruzione dell'identità europea e sul nesso a volte mancante, come lei ha indicato, tra valori europei e quotidiane prassi, dentro e fuori i confini dell'Unione europea.
  Per questo esprimo, esprimiamo, a nome del Partito democratico, forte sostegno, non solo per quello che lei ha detto qui, questa mattina, in Aula, ma anche, signora Ministra – me lo permetta – per le parole chiare e nette che in questi giorni lei, personalmente, ha espresso sulle vicende della Turchia.
  Un esame di coscienza, perché a noi il futuro della Turchia interessa. Ci interessa la sua Costituzione formale e sostanziale democratica, perché da lì discende il presente e il futuro dell'Unione europea, il futuro che non può essere visto se non partendo dalle date. Il processo di allargamento alla Turchia è stato aperto al vertice di Helsinki nel lontano 1999 ed il negoziato si trascina stancamente dal 2003 su 33 capitoli negoziali che spesso macchinosamente sono intralciati o da incoerenze, come lei sottolineava, o da continue titubanze dei partner europei.
  Il presente e il futuro della Turchia ci interessa perché da lì parte, anche, e passa il futuro della nostra costruzione europea.
  Noi non solo ci preoccupiamo dei caratteri escludenti che le istituzioni turche stanno dimostrando in questa fase, ma sappiamo che mettere in comune ambizioni, valori e destini delle proprie comunità è una ragione per cui abbiamo costruito l'Unione europea e guardare ai tempi larghi, lunghi, di un allargamento alla Turchia è anche un esame di coscienza che dobbiamo farci noi, oggi, che esprimiamo preoccupazione e condanna.
  Per chiarezza, io non cerco alibi, perché gli avvenimenti drammatici – 2800 feriti, oltre 100 solo ieri sera, con delle immagini drammatiche, 791 arresti, 4 giovani vite spezzate – sono qualcosa che ci fanno riflettere. Ed ancora, non sono ammissibili assoluzioni, ma non sono ammissibili parole come «la pazienza ha un limite».
  Noi non abbiamo a cuore solo il futuro della Turchia nell'Europa. Abbiamo a Pag. 19cuore come noi costruiamo un nuovo spazio di valori, cooperazione, costruzione di pace e democrazia.
  Quello che lei dice è soprattutto qualcosa che dobbiamo insegnare al nostro dibattito: le letture stereotipate sulla Turchia e sugli avvenimenti drammatici sono qualcosa di lontano da noi. Piazza Taksim non è piazza Tahrir. E la linea di conflitto non passa solo per una rivolta anti-regime, perché la Turchia, con sofferenze, ha avviato un cammino democratico da decenni. E lo scontro non ha come principale carattere la demarcazione tra laici e forze islamiche, perché le stesse posizioni dentro l'AKP di Erdogan ci dicono che lì il quadro è in cambiamento e c’è un conflitto, e in questo conflitto la nostra forza di europei, che vogliono la Turchia dentro uno spazio comune di valori, democrazia e cooperazione, fa sì che noi possiamo giocare un ruolo in queste ore, come lei fa con parole nette e chiare di grande amicizia.
  La radice reale della disobbedienza civile e delle violente proteste ha una radice diversa. Comprenderla aiuta anche noi in un dialogo con le forze politiche e sociali, perché noi sappiamo che queste manifestazioni non sono eterodirette. Non c’è uno scontro politico. E a me piace ricordare la frase di un dimostrante che ha detto, forse anche con una semplicità, una parola di verità: «Mio caro Primo Ministro, io non mi occupavo di politica. E allora come mai sono sceso in piazza ? Non certo per due alberi ! Mi sono ribellato dopo aver visto come ha attaccato all'alba quei ragazzi che stavano protestando in silenzio, nelle loro tende, perché avevano l'utopia del diritto al paesaggio, di avere una delle più belle capitali al mondo, di 14 milioni di abitanti, che vivesse in comunità con gli ideali di tanti ragazzi. Non voglio che a mio figlio capiti lo stesso e vorrei che lui vivesse in un Paese democratico».
  Io penso che noi abbiamo un grande compito – e concludo – , perché è il compito di quei valori che hanno costruito l'Europa e su cui noi possiamo lanciare – potrei dire – una aggressione all'ubriachezza da potere, alla dittatura di una maggioranza di amici nostri. Diceva Norberto Bobbio: «la democrazia è il più grande tentativo di organizzare una società per mezzo di procedure non violente». Qui c’è la radice dell'Europa, qui c’è la radice della condanna per quello che sta succedendo e qui c’è, anche, la radice per un dialogo, un aiuto alla popolazione, alla società civile e anche alla politica turca, per uscire da questo tunnel autodistruttivo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, Misto-Centro democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Maria Edera Spadoni. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per averci informato sui fatti che adesso stanno accadendo in Turchia. Ricordo che il Gezi Park è sempre stato, ora più che mai, un simbolo, un luogo di ritrovo, il polmone verde voluto dal Presidente Atatürk, rappresentante del laicismo contrapposto alla politica del Premier Erdogan, che ha progettato di far abbattere i suoi 600 alberi per costruire un centro commerciale e una moschea, oltre a restaurare alcune caserme ottomane.
  Dai social network, dai giornali e dalle TV è chiaro che vi è una grave violazione del diritto alla libertà di espressione, compreso quello di protestare, utilizzando violenza, al momento in maniera indiscriminata. Le cariche della polizia hanno disperso la manifestazione nella capitale e causato il ferimento di oltre 5 mila persone, nonostante il Governo abbia ribadito di avere la situazione sotto controllo.
  Gli scontri sono divampati anche nel quartiere operaio di Gazi, in cui vive un vasto numero di alevis, una minoranza musulmana avversaria di Erdogan, ed è qui che sono stati registrati gli incidenti più gravi. Ricordo che vi sono stati, al momento, quattro morti, tra cui un ventenne. Foto pubblicate sui social network mostrano ad Adana dei militanti dell'AKP Pag. 20in mezzo ai poliziotti, nella notte, che lanciano pietre contro i manifestanti. Su Twitter il governatore della città del Bosforo, Avni Mutlu, che aveva dato il via alla prima violenta repressione poliziesca, si è scusato, addirittura «salutando i giovani che scelgono di dormire in piazza sotto le stelle invece che nei letti caldi».
  E ancora, è stato il sindaco di Istanbul, Kadir Topbas, a insistere affermando che, in realtà, il parco non sarà trasformato in un centro commerciale.
  Il Premier turco ha attribuito la responsabilità dei disordini ai social media, in particolare Twitter, considerandoli una vera minaccia per la nostra società, come in ogni Paese con una pseudo repubblica democratica.
  La piazza simbolo della protesta, piazza Taksim, significa «piazza della divisione». Divisione di una società che viene costretta ad omogeneizzarsi e a divenire ultra conservatrice, senza dare voce alle minoranze. Come lei, Ministro, ha ricordato, la Turchia sta esprimendo, ha espresso una forte volontà di aderire all'Unione europea.
  Sottolineo che, per aderire all'Unione europea, il Paese europeo richiedente, in questo caso la Turchia, deve rispettare i principi comuni agli Stati membri e sui quali si fonda la UE: la libertà, la democrazia, il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e lo Stato di diritto.
  Qualsiasi Paese che intenda aderire alla UE deve rispettare i criteri di adesione, che sono: la capacità di assumere gli obblighi di membro derivanti dal diritto e dalle politiche della UE, compresa l'adesione agli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria, dei criteri economici e, non per ultimo, dei criteri politici, intesi come stabilità delle istituzioni che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell'uomo, nonché il rispetto e la tutela delle minoranze.
  Ricordo che i diritti dell'uomo includono diritti alla libertà, anche quella di pensiero, di associazione, di riunione e di costituirsi in movimenti, oltre alla libertà di espressione e di protesta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ecco, mi chiedo come possa un Primo Ministro di un Paese che intende aderire all'Unione europea affermare che «i manifestanti pagheranno un prezzo», e personalmente mi chiedo quale prezzo i manifestanti dovrebbero pagare in questo caso, e che «chi non rispetta il partito al potere pagherà un prezzo», e mi chiedo cosa voglia dire rispettare il partito al potere.
  Un Presidente dovrebbe, in primis, rappresentare la nazione, e non soltanto il 50 per cento dei suoi elettori. Nel frattempo, la polizia continua a colpire i manifestanti con manganelli e bastoni elettrici e i video su Internet testimoniano la loro violenza. Sempre Erdogan continua: «ora basta, tolleranza zero». Ricordo che, per Reporters Without Borders, la Turchia è al 154o posto per libertà di espressione. Ricordo anche che l'Italia è al 57o posto, dopo Ghana, Burkina Faso e Niger.
  Ribadisco anche che, dall'inizio della protesta, quattro persone sono morte e 5 mila persone sono rimaste ferite secondo l'Associazione medici turchi.
  Concludo auspicando che il Governo italiano si faccia portavoce dei principi democratici che ci rappresentano, incluso quello di libertà di espressione pacifica, e che ricordi al Governo turco di attenersi agli stessi principi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabrizio Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, signor Ministro, voglio esprimere innanzitutto una adesione non formale alla sua relazione, adesione non formale che deriva dal fatto che parliamo di un popolo, di una nazione amica, che parliamo di una esperienza assai significativa, della convivenza tra un pezzo d'Europa e un pezzo di Islam – chi va in Turchia si rende conto di vivere, di misurarsi con questo tipo di realtà – di una storia che ha visto convivere momenti di autorità e Pag. 21momenti di democrazia e che vede in questo momento una crisi singolare dell'operazione che Erdogan aveva lanciato nel suo Paese dopo la crisi dei cosiddetti Governi laici, che però erano falliti sul terreno dell'operatività economica e anche della corruzione.
  Ebbene, il Governo Erdogan aveva espresso l'ambizione di dimostrare che è possibile coniugare l'Islam con la democrazia e con la libertà e anche con una capacità di mediazione rispetto ad una forte spinta laica e di tutela delle donne, della libertà, dei giovani, in quel Paese.
  Oggi, purtroppo, questa operazione così ambiziosa è in crisi e questa crisi non la salutiamo positivamente; ne cogliamo tutti gli aspetti negativi per le ricadute che essa può avere sia all'interno di una società così complessa come è quella turca, sia rispetto al ruolo decisivo di tipo strategico che storicamente la Turchia ha esercitato in tutta quell'area del Mediterraneo, che ha esercitato nel suo rapporto con Israele e rispetto agli altri Paesi arabi; per cui la crisi della Turchia in questo momento aggrava una situazione del Mediterraneo già di per sé assai seria.
  E, però, a un popolo amico, a uno Stato amico si parla il linguaggio della verità e noi non possiamo non dire che condanniamo nel modo più fermo quello che in questo momento il Governo Erdogan sta facendo sul terreno della repressione di movimenti e della libertà di opinione e di manifestazione, che sono partiti da un pretesto, diciamo così, costituito da una vicenda in sé limitata ma che invece sta assumendo sempre di più un valore molto significativo. Non vorremmo che il nome di questa piazza si congiungesse alla tragedia di altre piazze che hanno segnato negativamente la storia del mondo da molti anni a questa parte; penso, per esempio, a piazza Tienanmen. Ci auguriamo, quindi, che una pressione di popoli e di Stati amici riesca a determinare e a far sì che anche all'interno della maggioranza che sta intorno a Erdogan si affermino le posizioni, a partire da quelle del Presidente della Repubblica, che hanno espresso tendenze di tipo diverso.
  Devo anche dire che dobbiamo fare un esame di coscienza rispetto alla nostra ipocrisia come europei e al nostro ritardo, nel senso che noi non abbiamo colto, nel momento in cui era più avanzata, la possibilità di stabilire con il popolo e con i Governi turchi uno sbocco positivo per la collocazione della Turchia in Europa. I turchi hanno una dimensione economica, sociale e culturale che va ben oltre lo sfruttamento degli operai turchi nelle fabbriche tedesche, ma hanno espresso nel corso di questi anni – basti pensare alla loro letteratura – dei valori di civiltà...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  FABRIZIO CICCHITTO. ... di democrazia e di libertà che dobbiamo cogliere positivamente.
  Quindi, nel momento stesso nel quale noi, come lei, signor Ministro, diciamo alto e forte che deve smettere e deve cessare la repressione che si sta svolgendo, dobbiamo anche dire che le colpe dell'Europa, rispetto a questa involuzione della Turchia, sono colpe con le quali dobbiamo fare fino in fondo i conti, perché è anche colpa nostra se c’è un'involuzione in atto in questo momento in quel Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Schirò Planeta. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Signora Ministro, grazie di essere venuta a riferire alle Camere sulla situazione turca e di averci illustrato la situazione attuale, ma anche le analisi del Governo. Compito di un Parlamento è anche quello di essere in grado di proporre delle politiche al proprio Governo e, ancora di più, attraverso incontri come questo di oggi, di poterlo sostenere e incoraggiarlo nelle iniziative prese. Nei Paesi anglosassoni sono queste le occasioni in cui maggioranza e opposizioni Pag. 22si riuniscono attorno al proprio Governo, nel proprio Parlamento, per avere un punto di vista condiviso verso le altre Nazioni.
  La Turchia ha la seconda più grande forza armata permanente nella NATO dopo le forze armate statunitensi, con la partecipazione di poco più di un milione di persone. La Turchia è considerata la più forte potenza militare nella regione del Vicino Oriente, oltre a Israele ovviamente. Il Paese, altresì, è stato durante i lunghissimi anni della guerra fredda l'unico baluardo europeo circondato da Paesi di influenza sovietica, oltre ovviamente a Israele, in Medio Oriente.
  Il Primo Ministro turco Recep Erdogan ha messo in atto diverse misure riformiste per portare il Paese dentro questi parametri imposti dall'Unione europea e farlo diventare membro a pieno titolo dell'Unione. Tra le riforme si segnalano l'abolizione della pena di morte e il progresso del riconoscimento dei diritti della minoranza curda. Queste riforme, insieme ad altre, hanno spinto la Commissione dell'Unione europea a suggerire al Consiglio UE l'avvio dei negoziati.
  La popolazione turca è sempre stata animata da sentimenti filoeuropei e aspetta con sollievo una decisione lenta ma, speriamo, ineludibile. Uno dei motivi di paura nell'accettare questa candidatura è il fatto che si calcola che, all'atto dell'adesione definitiva, la popolazione musulmana dell'Unione europea passerebbe dall'attuale 5 per cento al 20 per cento. Gli scettici sottolineano, invece, come la salvaguardia dei diritti umani e civili in Turchia sia ancora insufficiente, come si sia risolta la questione di Cipro e come la minoranza curda ancora subisca una repressione militare, ma anche ostracismo culturale ed economico.
  Un altro punto – forse ancora più importante per una cultura di trasparenza e verità nella lentezza dell'avvicinamento all'Unione europea – riguarda il genocidio degli armeni – c’è anche il problema dei cristiano-assiri – in Turchia. Infatti, non solo questi genocidi non vengono riconosciuti, ma tramite l'articolo 301 del loro codice penale si persegue chi pubblicamente ne parla (è successo anche a Pamuk).
  Di recente, però, anche la Germania – che con la Francia era uno dei Paesi ostili – ha dichiarato, in un articolo congiunto del Ministro degli esteri Westerwelle con il suo omologo turco, che la Turchia ha compiuto passi decisivi nell'adozione di riforme politiche che rispettano i valori fondanti dell'Unione, come la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto, e il successo dei cambiamenti intervenuti dovrà ora riflettersi positivamente nelle trattative per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea: dichiarazioni impegnative, che, pur non fissando ancora date e limiti temporali, indirizzano la lunga trattativa verso un approdo.
  Quando sabato sera Erdogan ha parlato ai suoi sostenitori ad Ankara dal tetto di un autobus, ha attaccato non solo i dimostranti di Taksim, ma anche, e forse di più, la cosiddetta lobby degli interessi. In effetti, la Turchia dipende da un portfolio di fondi esteri che finanzia la sua economia e sottoscrive il debito pubblico, poiché dopo Basilea 3 è più difficile avere per la Turchia sempre del denaro a lungo termine. Erdogan sostiene che questa lobby degli interessi mortifica la crescita attraverso gli alti interessi. Se volessimo parlare di libertà inibite anche in altre Nazioni considerate più evolute, probabilmente useremmo lo stesso esempio di Erdogan.
  Ho voluto fare questo lungo preambolo non per giustificare le azioni dell'esercito a Taksim, Ankara, Smirne e nelle città interne dell'Anatolia, ma per non abdicare alla complessità che l'analisi delle politiche internazionali e di quelle del Medio Oriente esigono in particolare modo.
  Dobbiamo promuovere, al più presto, una politica europea di inclusione della Turchia. I ragazzi simbolo di Taksim, a cui va tutta la nostra amicizia, si sono fatti portatori dell'ultima possibile protesta di un Paese mortificato dalla guida di un lungo Governo islamico.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

Pag. 23

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Tuttavia, sono anche portatori della cultura kemalista e nazionalista, come la presenza intergenerazionale dimostra e ci dicono, con la loro battaglia in difesa delle caserme ottomane dell'Ottocento e degli alberi del parco di Gezi, che: «non siamo solo inquilini timidi e senza responsabilità, ma padroni di casa con pieni diritti», questo è Rumi, poeta mistico sufi.
  Noi, come parlamentari italiani e come deputati di Scelta Civica per l'Italia, le diamo mandato e le domandiamo di farsi portatrice, quasi in fase ascendente – come si suole dire –, di questa esigenza culturale, politica e strategica di un'Europa indecisa, che non si assume responsabilità e indebolisce gli Stati nazionali appartenenti e, nel dialogo internazionale, diminuisce la sua autorevolezza come portatrice di un'idea di Europa spinelliana e pacifista (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, signora Ministro, abbiamo apprezzato la sua relazione. Mi permetta di partire da una constatazione: non è un caso, forse, se la protesta, due settimane fa, sia esplosa non per la costruzione di una nuova moschea, ma di un nuovo centro commerciale al posto di un parco, decapitando i seicento alberi che vi si trovano. Infatti, piazza Taksim, questa brutale repressione, l'arresto di decine di avvocati con la toga, la tolleranza zero minacciata ed eseguita, rappresentata dal Premier Erdogan, raccontano antichi rancori.
  Da una parte, c’è questo soffocante paternalismo religioso del Premier, questo islamismo strisciante, il divieto di baciarsi in pubblico, il divieto di assumere bevande alcoliche in pubblico, il divieto di dissentire dai concetti di patria e di islam, pena il reato di blasfemia, che ha portato in galera, in questi mesi e in questi anni, decine di giornalisti, di intellettuali e di scrittori, ma in Turchia, probabilmente, è in corso uno scontro di valori più complesso che non è riconducibile soltanto alla frattura tra laici e islamisti.
  In gioco, come lei ricordava, c’è l'idea stessa di democrazia, che per Erdogan inizia e finisce con le urne; questo è un concetto limitato, banale, di democrazia, che dimentica il dissenso e dimentica che il dissenso è l'architrave su cui si fonda ogni idea di democrazia. Lei ha parlato bene di un rapporto tra potere politico e società che va ricostruito e di una democrazia che non sia escludente.
  Erdogan sta curvando la storia politica del suo Paese verso forme sempre più plateali, sempre più ostentate di autoritarismo. È un Premier che ha avuto alcuni meriti, va riconosciuto: è riuscito a riportare nelle caserme un esercito che ha avuto, in passato, antiche e solide vocazioni golpiste – quattro colpi di Stato nell'arco di trent'anni – e ha avviato un processo di modernizzazione, certamente efficace. Ma, oggi, rassomiglia sempre più ad un sultano che è soltanto capace di ascoltare se stesso, che in modo sprezzante definisce «vandali» le migliaia di ragazzi che hanno occupato piazza Taksim in questi giorni, che colpisce la minoranza curda avviando formalmente un processo di dialogo con questa minoranza e che ritiene – questo è un concetto che ci richiama anche a discussioni che hanno conosciuto questo Parlamento e questo Paese – che, avendo il 50 per cento del consenso, questo lo renda autorevolmente autosufficiente rispetto ad ogni forma di dissenso, dimenticando che c’è un altro 50 per cento che non lo ha votato e che pretende e merita rispetto.
  È colpa anche nostra, come ricordava lei: non so se abbiamo chiuso pudicamente gli occhi, come suggeriva Bernard-Henry Lévy in questi giorni, in nome della NATO, in nome dei futuri oleodotti, che forse passeranno attraverso la Turchia e non ci vedranno più dipendenti dal gas che arriva dalla Russia; certo, l'Unione europea è stata vaga, inconcludente, pigra, ondivaga, incostante, per troppo tempo ostaggio del veto francese; da dieci anni va avanti questo concordato di negoziato con trentacinque capitoli chiusi e uno solo aperto.Pag. 24
  Occorre rilanciare il percorso di adesione, occorre tornare a un progetto condiviso, ma occorre, anzitutto, rinsaldare una democrazia che sia sostanziale e che pretenda la centralità e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Occorre il dissenso e il sacro rispetto del dissenso, senza il quale non esiste alcun processo democratico. Lo dico con l'umiltà dovuta di chi è cittadino di un Paese che ha conosciuto, non molti anni, fa la repressione violenta del dissenso alla scuola Diaz a Genova.
  Occorrono gesti semplici e forti, che possano raccontare al mondo che piazza Taksim non è soltanto un problema di ordine pubblico. Quella ragazza in giacca rossa che riceve sul proprio corpo il getto dell'idrante, immobile, tenace: semplice e rigorosa è la scelta di questo gesto di dissenso, che mi ha molto ricordato quello studente che, con un sacchetto di plastica della spesa, in piazza Tienanmen fermò una colonna di carri armati.
  Penso che la storia si nutra anche di questi gesti, di questi dettagli, e non è facile cancellare con la repressione questi dettagli, quando hanno dentro di loro la forza e il vigore della democrazia e la capacità di rappresentare un'idea condivisa, come in questo caso, da milioni di turchi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, le sue sono state, come sempre, belle parole, anche se, però, poi, ci rendiamo conto che nei fatti l'atteggiamento del Governo italiano, ancora una volta, non va oltre queste belle parole, perché non vediamo, al di là delle prese di posizione, che diplomaticamente sembrano quasi dovute, soprattutto quando si tratta di brutali, violente e anche feroci repressioni dell'espressione democratica di protesta, che il Governo poi abbia posto in essere alcun tipo di iniziativa concreta a difesa di quelli che sono, in qualche modo, i testimoni di una resistenza che noi dovremmo in qualche modo sostenere in maniera più convinta rispetto a quel processo dei reislamizzazione che Erdogan sta cercando di portare avanti.
   Noi, molto semplicemente, diremo tre cose. La prima è che siamo al fianco di quei giovani che protestano nelle città turche e che hanno una visione sicuramente vicina al modo di vivere occidentale europeo, ma che purtroppo sappiamo benissimo essere una minoranza all'interno di quel Paese.
  Siamo contro il disegno oscurantista di Erdogan; siamo contro quella che è una sorta di avanguardia di una polizia religiosa, che vorrebbe imporre, in modo strisciante, un regime islamista e che vorrebbe dire ai cittadini quali sono i nuovi divieti, quali sono i nuovi veli, quali sono i nuovi comportamenti, che, come ricordava prima il collega Fava, altrimenti rischiano di essere sanzionati non in virtù di regole democratiche, ma in virtù di regole religiose.
  Secondo aspetto: Erdogan non è un europeista, non è un uomo che possiamo definire un garante delle regole che l'Europa richiede per proseguire nel processo di adesione da parte della Turchia all'Unione europea. Erdogan ha gettato la maschera. Erdogan non è una persona che intende la democrazia come fine, ma la intende, in maniera molto pericolosa, come strumento per distruggerla e per riportare a un oscuro passato ottomano la Turchia che, molto faticosamente, invece, aveva fatto nel passato passi enormi verso processi di democratizzazione reale.
  Erdogan ha gettato la maschera, così come ha gettato la maschera il suo partito. Chi pensa che l'AKP, da questa parte dell'Oceano come dall'altra, sia in realtà una DC musulmana fa un esercizio veramente di fantasia.
  Lo so che è un ossimoro, però lo si è sentito ricordare più volte come per dire «è un qualcosa di molto soft». No ! Il partito AKP non è un qualcosa di soft, AKP è islam politico forse soft solo ed esclusivamente nei metodi graduali di reislamizzazione di questi territori, ma una gradualità che, come si è visto dalla accelerazione Pag. 25delle violenze che ci sono state, non solo ad Istanbul, ad Ankara ed anche in altre città, è, alla fin fine, venuta meno.
  La terza cosa che noi vogliamo dire e porre come riflessione è la seguente: in cosa somiglia questa Turchia all'Europa ? Dico ciò al di là, ripeto, della volontà di una minoranza di questi giovani che noi sosteniamo e sosterremo sempre, così come ci auguriamo faccia il Governo italiano, perché chiaramente l'Europa, la politica estera dell'Europa è quanto di più debole ed inconsistente si sia mai visto nella storia della diplomazia.
  Come si può continuare in questa fase qui a spingere verso un processo di integrazione nell'Unione europea quando è chiaro che tutti gli indicatori, soprattutto quelli della tenuta democratica di questo Paese, vanno nella direzione contraria ?
  Allora, quali sono i veri interessi di questa spinta verso l'integrazione nell'Unione europea ? Sono interessi veramente di democratizzazione, che non mi pare sortiscano alcun tipo di risultato concreto, o sono interessi di quelle lobby europee della delocalizzazione per l'impoverimento ulteriore dei nostri territori ? O, ancora, sono interessi, come ricordava qualcuno prima, anche legati a questioni energetiche ? Non sono sicuramente interessi di democrazia perché altrimenti ci sarebbero atteggiamenti diversi, altrimenti le cose verrebbero chiamate con il loro nome e non ci sarebbe questo atteggiamento pavido nei confronti della Turchia, perché è un atteggiamento pavido, ed è, fra l'altro, molto distante dal suo modo di vedere e di intendere le cose che noi conosciamo bene. Non sto parlando di lei in particolare, sto parlando in generale, dell'atteggiamento in generale che i Governi europei stanno tenendo nei confronti dell'Europa e soprattutto dell'Europa, e soprattutto la Ashton, che, come al solito, non è pervenuta, ma chiaramente nel momento in cui si mette a capo...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIANLUCA PINI. Concludo. Allora noi abbiamo un timore, che si voglia correre in maniera sconsiderata verso l'adesione della Turchia all'Unione europea, senza considerare che non si stanno facendo dei passi avanti ma si stanno facendo dei passi indietro. Il timore che...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIANLUCA PINI. ... che si verifichi in qualche modo nuovamente una situazione di imbarazzo come quella, che ci ricordiamo, del famoso caso Öcalan (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maietta. Ne ha facoltà.

  PASQUALE MAIETTA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, l'ingresso della Turchia nell'Unione europea rappresenta uno dei temi geopolitici che sta suscitando molteplici dibattiti nella politica internazionale. Le ragioni che vengano addotte a favore dell'adesione turca all'Unione europea sono di natura economica e politica. Esse vanno dall'importanza di un maggior e più sicuro approvvigionamento energetico alla necessità di allearsi con l'islam moderato turco contro il fondamentalismo islamico.
  Relativamente al primo aspetto si rileva che la Turchia si è assicurata nel corso degli anni una fitta rete di relazioni commerciali e politiche con i suoi immediati vicini: Russia, Iraq, Siria, Iran. L'immediato vantaggio nell'adesione della Turchia all'Unione europea risiederebbe infatti nell'ampliamento del mercato interno, nel rafforzamento del corridoio Europea-Asia, in una maggiore integrazione economica e commerciale del Mediterraneo.
  In particolare, la Turchia è diventata uno dei mercati energetici in più rapida crescita nel mondo e l'incremento della richiesta di energia elettrica ha dato origine, soprattutto dopo la liberalizzazione del mercato energetico, ad investimenti a lungo termine da parte del settore privato ed ha esteso la propria capacità di attrarre investimenti.Pag. 26
  Quanto all'aspetto politico è da tener presente che la Turchia è un membro NATO e possiede, dopo gli Stati Uniti, la più grande forza militare all'interno dell'organizzazione. Non solo, la Turchia occupa un posto di rilievo nelle relazioni internazionali: con Israele gode di una storica alleanza, nei Balcani per questioni religiose, ed in Medio Oriente per la vicinanza geografica.
  L'importanza strategica della Turchia risiede proprio nelle diverse sfaccettature del ruolo di ponte tra Oriente e Occidente, e della potenzialità di fungere da raccordo nelle relazioni esterne tra i Paesi europei e quelli asiatici, nella prospettiva di uno scenario futuro di assetti geopolitici ed economico-energetici che abbiano la Turchia come perno.
  I vantaggi nell'adesione della Turchia all'Unione europea, sin ad ora analizzati negli aspetti principali, non devono però distogliere l'attenzione dalle conseguenze negative che deriverebbero da tale adesione. Il processo di secolarizzazione avviato dal generale Kemal nel 1934 si è arrestato a partire dagli anni ’70, con un processo di reislamizzazione del Paese culminato con l'ascesa al Governo del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) di Recep Erdogan. Il volto moderno e laico della Turchia kemalista ha lasciato il posto sulla scena politica all'islamismo, che rappresenta per molti aspetti un elemento fortemente negativo. Il costume, oltre che la religione, sono in contraddizione con i valori della cultura europea: ad oggi, infatti, risultano ancora disattese le condizioni poste dal Parlamento europeo nel 1987, che imponevano alla Turchia la salvaguardia dei diritti umani e civili, l'interruzione immediata di ogni atteggiamento persecutorio nei confronti delle minoranze etnico-religiose, il ritiro immediato delle truppe da Cipro, Stato membro dell'Unione europea, il riconoscimento ufficiale del genocidio armeno.
  Da non sottovalutare, altresì, le ripercussioni economiche che deriverebbero dall'adesione della Turchia all'Unione europea, trattandosi essenzialmente di un Paese molto povero: tutto il sistema di contributi europei alle regioni depresse salterebbe, con conseguenze assai gravi per il nostro Mezzogiorno, per i Paesi dell'Est europeo da poco entrati nell'Unione europea, per la Grecia, per la Spagna e per la Francia.
  Inoltre, preoccupante è l'aspetto demografico: nel 2020 la Turchia potrebbe avere 90 milioni di abitanti, con immediate ripercussioni sulla composizione del Parlamento europeo. L'Unione avrebbe quindi tra i suoi Stati membri un Paese islamico, in grado di far valere a livello legislativo istanze religiose e culturali estranee alle tradizioni del nostro continente.
  Ho chiesto al gruppo Fratelli d'Italia di poter svolgere questo intervento, anche alla luce delle recenti manifestazioni in Turchia contro la distruzione del parco Gezi per fare posto ad un centro commerciale, e poi dilagate in un movimento nazionale di critica contro il Governo. Le proteste sono state affrontate con violenza dalle forze dell'ordine turche, con l'impiego di blindati muniti di cannoni ad acqua, granate assordanti, lacrimogeni e cariche della Polizia.
  Il Primo Ministro turco Erdogan ha confermato in quattro il numero delle vittime delle ultime due settimane di proteste.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PASQUALE MAIETTA. «Tre nostri giovani sono morti, e anche un giovane poliziotto è morto», ha affermato il Premier. Un simile bilancio sarebbe sopportabile per un Paese dell'Unione europea ?
  Migliaia di manifestanti sono stati arrestati in decine di città, secondo l'Associazione dei medici turchi quasi 5 mila sono stati i feriti. Venti avvocati sono stati arrestati nel tribunale di Istanbul, dove per il terzo giorno manifestavano a sostegno dei dimostranti in Piazza Taksim. Questi sono standard europei ?
  Concludo, signor Presidente. Al di là della recente repressione della libertà di espressione e dei diritti umani in Turchia, siamo sicuri che non sia una buona idea Pag. 27accettare il Paese nell'Unione europea, soprattutto perché le aree che circondano la Turchia sono state definite un cerchio di fuoco. Oggi più di ieri a causa della guerra civile in Siria, della turbolenta situazione in Iraq, dell'instabilità del Caucaso e di un Iran sotto sanzioni per la politica nucleare, pensiamo che non sarebbe saggio invitare l'Unione europea, e con essa l'Italia, in un simile e pericolosissimo ambiente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevole Ministro, vorrei darle atto della diligenza e della serietà con cui sta seguendo i fatti turchi; e anche la sua relazione di oggi denota una grande passione civile, oltre che una profonda cultura democratica che certo non esprime per la prima volta.
  La reazione sproporzionata della Polizia turca ha saldato le diverse opposizioni latenti alla gestione del Primo Ministro Erdogan. Certo che a fronte del diritto dei manifestanti di esprimere le loro idee, è emersa la posizione oscillante del Governo, tra assicurazioni e prova di forza che purtroppo ha prodotto vittime civili. La nostra condanna dev'essere molto ferma, pur nella consapevolezza delle complessità turche.
  Il Governo italiano deve tenere aperto il dialogo, ma è chiaro che si tratta di un test di democrazia, e in questo senso la sua posizione mi è parsa ineccepibile.
  Ovviamente il dinamismo economico e le riforme avviate non bastano. Forse, a fronte di queste, si è pagato un prezzo troppo alto alle oligarchie dell'Islam, che non possono pretendere di imporre una visione confessionale della democrazia: senza il rispetto del dissenso non c’è piena democrazia. Non si possono fare sconti sui diritti civili, sulla libertà di stampa, sulla libertà delle donne. Oggi serve una posizione equilibrata, ma forte dell'Europa: in Europa può entrare solo una Turchia democratica. Può fare molto di più l'Europa della stessa opposizione politica in Turchia. In questo caso, la piazza turca sui diritti fondamentali è ben oltre l'opposizione politica a Erdogan.
  La vita democratica non è riconducibile al solo diritto del voto. Senza gli altri diritti – ed ho concluso – il voto appare un automatismo quasi vuoto e anche le riforme economiche turche possono consolidarsi solo in un quadro democratico. Vada avanti, Ministro, con il sostegno del Parlamento !

  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,30).

  FEDERICA MOGHERINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FEDERICA MOGHERINI. Signor Presidente, approfitto anche del fatto che è ancora presente in Aula il Ministro Bonino. Intervengo per richiamare qui il fatto che alcuni quotidiani italiani stanno riportando in queste ore la notizia che ci sarebbe un'altra dimensione relativa al contrasto delle manifestazioni in Turchia, relativa ad una potenziale sfera di violenza sessuale o di minaccia di violenza sessuale rispetto alle manifestanti.
  Sono notizie, il cui fondamento ovviamente non abbiamo al momento modo di verificare. Approfitto però per chiedere al Governo di farsi carico di una verifica con le autorità turche di questi aspetti, soprattutto nei giorni in cui questo Parlamento al Senato (proprio oggi) sta ratificando la Convenzione di Istanbul, che porta il nome di quella città oggi agli onori della cronaca per altri tristi motivi, proprio sulla violenza sulle donne.
  Penso che sia importante – senza sminuire ovviamente la portata complessiva degli eventi di cui abbiamo, d'altra parte, appena parlato – inserire una visione particolare sul ruolo che le donne stanno Pag. 28svolgendo in queste manifestazioni e soprattutto sul ruolo di repressione legato alla violenza sul corpo delle donne.
  Quindi, chiederei alla Presidenza di trasmettere o direttamente al Governo questa richiesta, di farsi carico di questa verifica e poi, eventualmente, di riferire gli esiti di questa verifica magari in Commissione.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, vorrei solo rassicurare – ma non è questa la parola giusta – vorrei confermare che la Farnesina sta monitorando e verificando esattamente quegli aspetti a cui lei accennava e che sono stati segnalati, fin dai ieri, su una serie di social network. Lei comprenderà giustamente che un Governo si esprime – è di tutta evidenza – sulla base di monitoraggi e informazioni consistenti, ma non mancheremo di tenere informato il Parlamento se avremo delle informazioni successive. Oggi pomeriggio il Viceministro Archi sarà al Senato per la seconda lettura della Convenzione di Istanbul e, se vi saranno altri elementi, non mancheremo di informare il Parlamento.

  TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, intervengo solo per unirmi all'onorevole Mogherini nella richiesta alla Ministra di monitorare e verificare la veridicità di queste sconvolgenti affermazioni. Volevo solo unirmi all'onorevole Mogherini, quindi ringrazio il Ministro Bonino sia per la relazione di prima, che per questo impegno, che diventa paradossale mentre stiamo discutendo la Convenzione di Istanbul.

Per un richiamo al Regolamento (ore 11,32).

  ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, scusi se approfitto. Mi riferisco agli articoli 129 e seguenti del nostro Regolamento, che riguardano in particolare il sindacato ispettivo, cui possono fare riferimento i deputati nella loro attività.
  Questo, come lei sa, signor Presidente, si divide sostanzialmente in tre: le interrogazioni, che sono appannaggio del singolo deputato, le interpellanze, che possono essere presentate dal gruppo o da un numero consistente di deputati, e il question time, che è direttamente delegato ai gruppi. Quindi, la possibilità di sindacato ispettivo del singolo deputato è relegata ad una fattispecie che è quella dell'interrogazione, che può essere scritta o orale.
  Ora qual è il problema ? Noi presentiamo delle interrogazioni scritte e – a prescindere dall'attuale Governo, quindi la questione non riguarda questo Governo, ma è generale – il Governo risponde con tempi che in alcuni casi sono di anni e in altri casi di mesi. Esisteva poi il tema delle interrogazioni a risposta orale.
  Nell'organizzazione delle sedute della Camera era previsto che ci fosse, se non erro era il martedì mattina, un momento nel quale, al di là dello svolgimento delle interpellanze, che avviene il giovedì o il venerdì, vi fosse la possibilità di discutere le interrogazioni a risposta orale, cioè quelle interrogazioni che riguardano il singolo deputato, che per quelle scritte non vede quasi mai le risposte. Se non c’è più neanche quel momento all'interno della settimana nel quale può sperare che il Governo venga a rispondere alle interrogazioni a risposta orale, si mette veramente male.
  Il Regolamento esplicitamente dice che il Governo può dire, una volta che queste siano state pubblicate sul bollettino, che Pag. 29non è in grado di rispondere e chiedere un rinvio, però il rinvio deve essere entro un mese. Allora qual è il problema ? Siccome sta accadendo ormai da alcune settimane che nella programmazione della Camera non c’è più lo spazio per le interrogazioni a risposta orale, la volevo pregare, evidentemente ascoltando anche il Governo e quello che deciderà la Conferenza dei presidenti di gruppo, di ripristinare questo momento nel corso della settimana – una mezza giornata, non so se il martedì, il giovedì o il venerdì – nel quale però ci sia la possibilità di avere un confronto con il Governo nelle risposte alle interrogazioni orali, perché altrimenti ai singoli deputati resta difficile poter almeno sperare di avere qualche risposta alle interrogazioni che presentano.

  PRESIDENTE. Ne parleremo nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Chiaramente poi questo sarà anche motivo di interesse per chi sta lavorando alla riforma del Regolamento per tenere su questo punto un'attenzione particolare.
  Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 12 con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sugli incidenti verificatisi in occasione della manifestazione degli operai dell'ex Thyssen a Terni il 5 giugno scorso.

  La seduta, sospesa alle 11,35, è ripresa alle 12,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Informativa urgente del Governo sugli incidenti verificatisi in occasione della manifestazione degli operai dell'ex Thyssen a Terni il 5 giugno scorso.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sugli incidenti verificatisi in occasione della manifestazione degli operai dell'ex Thyssen a Terni il 5 giugno scorso.
  Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Uno specifico tempo è riservato alle componenti politiche del gruppo Misto.

(Intervento del Sottosegretario per l'interno)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario per l'interno, Filippo Bubbico.

  FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, corrispondo alla richiesta di informativa sugli incidenti verificatisi a Terni in occasione della manifestazione degli operai della ex Thyssen. A questo riguardo voglio innanzitutto esprimere anche in questa sede la solidarietà e la vicinanza di tutto il Governo ai lavoratori delle acciaierie, che vivono un momento particolarmente difficile legato alle incertezze sul futuro aziendale, e al sindaco di Terni, Di Girolamo.
  Ben si comprende come questa vicenda, che come altre analoghe investe il futuro di tante famiglie e della stessa comunità, venga vissuta da parte dei rappresentanti istituzionali più vicini ai problemi socioeconomici dei cittadini con accorata partecipazione.
  I fatti di Terni si inquadrano nell'ampio contesto delle manifestazioni di piazza, che si sono susseguite in questi ultimi anni, anche alimentate dalla crisi economica e, in particolare, dai connessi riflessi occupazionali. Come è evidente, siamo di fronte ad un tema di grande delicatezza per l'impatto che esso produce sull'ordine pubblico.
  Per dare un'idea di quanto tale fenomeno sia diventato particolarmente impegnativo per le forze dell'ordine, basta soffermarsi sulle cifre relative al periodo 1o gennaio 2010-31 maggio di quest'anno. Dati che mostrano un progressivo incremento delle manifestazioni di carattere Pag. 30sindacale indette con riferimento a criticità del sistema produttivo: si è passati, infatti, delle 3 mila manifestazioni del 2010 alle circa 5 mila del 2012. I dati parziali relativi ai primi cinque mesi di quest'anno, anche se evidenziano una significativa flessione, non scalfiscono tuttavia la percezione di consistenza del fenomeno.
  In questo contesto, è necessario sviluppare una particolare riflessione sul dato relativo a quelle manifestazioni che hanno presentato condizioni di criticità sul piano dell'ordine pubblico. Esse, infatti, rappresentano poco più del 2 per cento del totale. Quanto appena ricordato dimostra che la gestione dell'ordine pubblico nelle manifestazioni di piazza ha registrato, pur nelle difficoltà del momento, una generale tenuta.
  I fatti: occorre premettere che alla manifestazione dello scorso 5 giugno svoltasi a Terni, hanno partecipato circa 750 lavoratori dell'azienda ex Thyssen. Alla luce del preavviso dei promotori dell'iniziativa, i manifestanti, partendo dalla sede dello stabilimento industriale e percorrendo le vie del centro cittadino, avrebbero dovuto raggiungere il viale della stazione, dove ha sede l'ufficio territoriale del Governo, per consegnare una lettera al prefetto. Viceversa, il corteo ha proseguito in direzione dello scalo ferroviario, forzando il cordone di interdizione, senza tuttavia incontrare ulteriori resistenze da parte delle forze dell'ordine.
  Nei pressi della stazione alcuni dimostranti davano vita ad un lancio di oggetti contundenti, che procuravano lesioni a cinque appartenenti alla polizia di Stato e a un militare dell'Arma dei carabinieri.
  Nel momento di maggiore concitazione il sindaco di Terni veniva colpito al capo con un oggetto contundente che gli provocava lesioni fortunatamente non gravi. Grazie alle riprese audiovisive, è stato possibile procedere ad una ricostruzione più precisa della dinamica dei fatti dalla quale sembra evidenziarsi come il colpo inferto al primo cittadino di Terni sia stato sferrato con un ombrello da uno dei manifestanti, identificato nel giro di qualche ora.
  In merito allo specifico episodio, su cui sono in corso indagini della DIGOS, su delega della locale procura, desidero precisare che è stata anche avviata un'attività ispettiva interna del Dipartimento di pubblica sicurezza. Come già anticipato, durante la manifestazione le forze dell'ordine hanno evitato atti di forza e lanci di lacrimogeni, limitandosi esclusivamente ad azioni di contenimento. Infatti non viene mai trascurato, in evenienze simili, ogni serio sforzo verso un approccio di mediazione e dialogo capace di contemperare le esigenze di espressione civile della protesta con quelle di sicurezza a tutela dell'incolumità degli stessi manifestanti. In effetti, proprio in virtù dell'opera di persuasione svolta dai funzionari della questura di Terni, i manifestanti sono stati convinti a rimuovere il blocco di alcuni binari, peraltro durato appena quindici minuti.
  Concludo ricordando come un'attenzione scrupolosa sia rivolta all'attività formativa degli operatori di Polizia per l'apprendimento delle tecniche di intervento, considerate corrette e più appropriate, a conclusione di appositi percorsi professionali, proprio per enfatizzarne la capacità di governo delle situazioni che possono risultare particolarmente critiche.

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare il deputato Walter Verini. Ne ha facoltà.

  WALTER VERINI. Signor Presidente, la ricostruzione che abbiamo ascoltato è certamente una fotografia parziale e, se mi è consentito, anche un po’ burocratica, di quanto avvenuto quel giorno. Una fotografia parziale, che peraltro rischia di essere statica e di non dare il quadro di insieme della vicenda e dei fatti che si sono succeduti.Pag. 31
  C’è un'inchiesta in corso, lo ha ricordato il Sottosegretario, sono state avviate perizie per capire le responsabilità soggettive. Noi aspettiamo i risultati di quell'inchiesta, qui però oggi intendiamo confermare un giudizio politico su quanto avvenuto a Terni lo scorso 5 giugno: c’è stata una gestione sbagliata e anche non pienamente professionale di una manifestazione pacifica per il lavoro. È stato del resto lo stesso prefetto di Terni, proprio pochi giorni fa, in un'intervista a dire testualmente «si sarebbe potuto agire con più flessibilità», a parlare di personale di Polizia che non era del luogo e non conosceva nemmeno il sindaco e i consiglieri presenti, a parlare di un'informativa circa possibili elementi di disturbo, che si è rilevata inconsistente.
  Non è il caso però di continuare nelle polemiche, lo stesso sindaco ferito, Leo Di Girolamo, ha contribuito responsabilmente in questi giorni ad abbassare i toni, a rasserenare un clima difficile per le gravi incertezze occupazionali di quella città. A lui, come a Sergio Lanzini – non dobbiamo dimenticare il nome di Sergio Lanzini, l'operaio che è rimasto ferito qualche minuto prima del momento in cui venne ferito il sindaco – vanno, a entrambi, solidarietà e vicinanza.
  Ci aspettiamo però, Sottosegretario, e vogliamo essere certi, che questa vicenda sia stata un episodio, soltanto un grave episodio di gestione sbagliata, che non si dovrà ripetere né a Terni né altrove. La crisi che il nostro Paese sta drammaticamente attraversando, le gravissime situazioni di disagio che troppi cittadini stanno vivendo sulla propria pelle causano ogni giorno comprensibili e giustificati stati di sconforto e di esasperazione, e anche di rabbia e di tensione.
  E a questi stati d'animo individuali e collettivi di tanti, troppi lavoratori, che vedono il posto minacciato, di tanti giovani che non vedono il proprio futuro, di tanti commercianti, artigiani, imprenditori, che ogni giorno sono costretti a non aprire o ad abbassare, forse per sempre, le serrande dei propri esercizi e delle proprie attività, occorre dare delle risposte immediate. Ed è quello che il Governo, questo Governo che lei rappresenta, sta cercando di fare, con impegno in sede italiana e in sede europea. Ma, anche la gestione dell'ordine pubblico, mi sia consentito dirlo, a maggior ragione proprio in tempi come questi, davanti a quei fenomeni che lei ha ricordato, deve essere guidata da professionalità e da responsabilità democratica, da un rapporto stretto e positivo tra le forze dell'ordine e della sicurezza, tra i lavoratori delle forze dell'ordine e della sicurezza e i corpi sociali, i sindacati, le istituzioni, che stanno in trincea a cercare di dare risposte ai drammi individuali e collettivi che molti stanno vivendo. Le manifestazioni per il lavoro, anche quelle più difficili, non sono solo un diritto ma aiutano a porre al centro i drammi delle persone, aiutano anche chi si sente solo e anche perduto ad avere un poco di speranza collettiva nelle risposte che sono drammaticamente urgenti.
  Mi avvio a concludere. Il prossimo 18 giugno, sempre a Terni, ci sarà una grande manifestazione, nell'ambito di uno sciopero provinciale generale di otto ore, quando, insieme ai lavoratori delle acciaierie, ci saranno anche quelli degli altri siti siderurgici. E ci saranno i lavoratori del porto di Civitavecchia, la cui movimentazione risente molto del traffico di acciaio con Terni. Sarà una manifestazione pacifica, ci saranno le istituzioni, i sindaci. Ieri a Strasburgo una delegazione italiana è stata ricevuta dai commissari dell'industria e della concorrenza e dai parlamentari europei italiani che sono impegnati, nel piano dell'acciaio, nella difesa dell'acciaio italiano.
  Terni sta vivendo momenti di grande incertezza. La Outokumpu, la multinazionale che ha deciso di vendere le acciaierie, ha momenti di opacità e poca trasparenza e noi, concludendo, vogliamo che la miglior risposta, non solo dal punto di vista dell'ordine pubblico, ma anche per quella ferita che Terni il 5 giugno ha subito, sia di una certezza occupazionale e produttiva per il futuro delle acciaierie di Terni, nella loro integrità.Pag. 32
  Come ha detto ieri – e ho concluso davvero, Presidente – un nostro ex collega, che ha seduto a lungo in quest'Aula e anche in altre istituzioni, Alberto Provantini, l'unico modo per sanare quella ferita, che non si dovrà più ripetere in una città laboriosa e pacifica come Terni, è quella di dare risposte al futuro della siderurgia italiana e di quel polo di eccellenza di acciai speciali che è rappresentato dalla città di Terni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ciprini. Ne ha facoltà per cinque minuti.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, gentili colleghi, quella che fino a pochi mesi fa si sarebbe risolta come un'occupazione simbolica dei binari della stazione di Terni, con una gestione controllata e pacifica da parte delle forze dell'ordine e in linea con quanto fatto numerose altre volte durante il corso degli anni, è diventata l'occasione per una chiara dimostrazione di forza nei confronti degli operai e della cittadinanza. I lavoratori stavano difendendo non solo il loro posto di lavoro, la loro dignità e quella delle proprie famiglie, ma anche un complesso industriale che con l'indotto genera oltre un terzo delle esportazioni umbre.
  Ma, stavolta c’è stato un fatto inedito: le cariche della polizia sui manifestanti. Nel giro di poche ore abbiamo assistito a un susseguirsi di notizie e versioni dei fatti confuse e contraddittorie – ombrello sì, ombrello no –, che hanno posto al centro dell'attenzione il sindaco della città di Terni, a cui va tutta la nostra solidarietà. È importante sottolineare che il sindaco era senza fascia tricolore e ci auguriamo che il caso avrebbe avuto la stessa risonanza per la sua gravità a prescindere dal nome o dal ruolo istituzionale della vittima. Tra l'altro, ricordiamo che i cittadini feriti sono stati più di uno. Cittadini che stanno perdendo il posto di lavoro, in una città dove non ci sono alternative occupazionali e che ormai vive in uno stato emergenziale cronicizzato, in cui le emergenze del lavoro si aggiungono alle criticità ambientali.
  Fanno ben sperare le dichiarazioni del prefetto di Terni sulla necessità di una gestione più flessibile dell'ordine pubblico e di un approccio diverso che sia – speriamo – a difesa dei cittadini e dei beni comuni e non più a protezione di interessi lobbistici ed economici delle multinazionali.
  Ma in questo frangente ribadiamo che il Movimento 5 Stelle propone di inserire codici identificativi individuali sulle divise e i caschi agli appartenenti alle Forze dell'ordine preposte a far rispettare le leggi e a mantenere l'ordine pubblico. Ci auguriamo che tutte le forze politiche appoggeranno tale proposta che così potrebbe diventare in breve tempo legge, verso un rinnovato Stato di diritto.
  Una riflessione va doverosamente fatta sui motivi per i quali lavoratori stavano manifestando. L'acciaieria di Terni è un fiore all'occhiello dell'industria siderurgica mondiale. L'acciaio che produce è fra i migliori del mercato. Le Acciaierie stanno a Terni come la FIAT stava a Torino. È una storia che inizia in Italia e sembra finire all'estero, come già accaduto ad altre eccellenze italiane. Un connubio che inizia alla fine dell'800 attraverso i secoli e le privatizzazioni, fino ad arrivare ai tempi recenti, con il passaggio ai tedeschi e poi alla cessione di un ramo d'azienda ad una multinazionale finlandese. E in queste ultime ore la strada di Ast si intreccia con l'Unione europea e il Piano d'azione per la siderurgia. Terni è direttamente interessata in quanto è uno dei principali siti produttori di acciaio inossidabile e ora è oggetto di mire di spacchettamento e cessione di segmenti produttivi a cessionari diversi.
  La mancanza di fondi per gli adeguamenti infrastrutturali, l'incapacità di alcuni enti locali e la miopia dell'Unione europea, inabile a comprendere come nel settore siderurgico la competizione ormai travalichi i confini comunitari per diventare geopolitica, stanno portando questa industria fondamentale per il già martoriato Pag. 33tessuto produttivo italiano, verso una dismissione forzata, dai contorni indistinti e privi del riconoscimento del carattere di integrazione che il sito ternano vanta come ulteriore fiore all'occhiello.
  Bisogna porre limiti al profitto che calpesta la dignità umana, togliere la licenza di chiudere alle multinazionali, vincolare le aziende al territorio con patti di scambio «più posti di lavoro per i cittadini, meno tasse per le aziende».
  Ci vuole un piano di ricostruzione industriale ed agricola con un progetto a lungo termine che individui le eccellenze nazionali e le tuteli con una legislazione forte, immediata e innovativa che sostituisca l'obsoleto pacco legislativo antecedente.
  Il vero problema è l'assenza di un progetto di ricostruzione per questo Paese, all'interno del quale si pongono alcuni interrogativi che porremo anche nelle giuste sedi, cioè: si intende considerare le Acciaierie di Terni come strategiche all'interno di un piano industriale nazionale ? Come si intende tutelare l'occupazione ed evitare la delocalizzazione ?
  E concludo con un forte messaggio al Governo per affermare che la comunità ternana e umbra tutta, non si farà calpestare da nessuno. Terni difenderà con ogni mezzo la propria città e i propri cittadini dalla brutalità e dalla violenza, non solo dello Stato, che invece di essere protettore sembra sia stato persecutore in questa triste vicenda, ma anche dal cieco interesse degli apparati politico-finanziari che depredano, disumanizzano, umiliano territori e popoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Laffranco. Ne ha facoltà.

  PIETRO LAFFRANCO. Grazie Presidente, per la verità noi avremmo ritenuto che fatti di questa natura potessero essere più semplicemente esaminati da questa Aula attraverso l'attività di sindacato ispettivo. Tuttavia, la Presidenza ha deciso questo e noi ringraziamo il Governo per la sua presenza e anche per la ricostruzione che ha voluto fare, dal suo punto di vista, dei fatti che si sono verificati.
  Dicevo che noi avremmo preferito, avremmo pensato fosse più che opportuno per la prassi parlamentare, una forma di attività di sindacato ispettivo, perché avremmo preferito che questa Aula discutesse invece di quello che è il vero problema, ossia il futuro di una parte significativa del patrimonio industriale e siderurgico italiano, quello delle Acciaierie di Terni. Un futuro incerto, un futuro complicato, un futuro che si intreccia con questioni di carattere comunitario, un futuro nel quale una multinazionale, quella finlandese, sta tergiversando in una vendita alla quale è obbligata, per farne, ovviamente, il massimo profitto. Ma in questo momento sta pericolosamente diminuendo la produzione. È evidente che alla diminuzione di produzione fa da contraltare la crescita del rischio occupazionale, e si tratta di un rischio formidabile, perché parliamo della parte fondante dell'intera economia dell'Umbria del sud.
  Certo, le parole di ieri del commissario europeo e vicepresidente della Commissione europea, Tajani, che ha presentato il piano di azione sulla siderurgia, sono state incoraggianti, perché è il primo piano che riguarda l'acciaio dopo oltre trent'anni dalla presentazione del primo, ma, soprattutto, perché è il primo esempio – questo ha una valenza molto più ampia – da parte della Commissione europea della volontà di affiancare al fiscal compact un «industrial compact», cioè uno strumento di rilancio dell'economia che si affianchi a quelle rigidità di bilancio che tanto ci stanno penalizzando.
  Noi, quindi, avremmo preferito, signor Presidente, pur essendo qui ad ascoltare l'informativa del Governo e, ovviamente, le opinioni legittime, anche se non tutte condivisibili, dei colleghi, che quest'Aula si occupasse di una parte fondamentale del patrimonio industriale italiano.
  Ci auguriamo, visto che vi è qui comunque un rappresentante del Governo, anche se di un dicastero diverso, che continui l'attenzione nei confronti di questa questione, perché soltanto attraverso Pag. 34una forte azione di tutela dell'interesse nazionale in Europa vi può essere la possibilità di tutelare il lavoro, di tutelare il rilancio dell'industria siderurgica italiana, e segnatamente, in questo caso, di quella ternana, e quindi anche di evitare alla radice casi come quelli che si sono verificati.
  Infatti, quando vi è lavoro, quando l'economia tira, quando cresce l'occupazione, non vi sono neppure le manifestazioni e non vi è neppure il rischio che si verifichino quelle cose da scongiurare sempre, cioè la contrapposizione tra lavoratori, tra operai, da un lato, e operatori delle forze dell'ordine, dall'altro. Questo è impossibile e inaccettabile !

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  PIETRO LAFFRANCO. Concludendo, signor Presidente, la invito a rappresentare alla Presidente della Camera la nostra opinione sulle priorità da dare a quest'Aula, ma ringrazio il Governo per la ricostruzione, così come prenderemo atto dell'attività ispettiva che l'amministrazione degli interni ha avviato e che certamente darà i frutti giusti (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Galgano. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro per averci fornito elementi utili per inquadrare la dinamica dei fatti occorsi il 5 giugno scorso. Si è trattato di un episodio deprecabile e abbiamo espresso tutta la nostra solidarietà al sindaco Di Girolamo, alle istituzioni e ai lavoratori. Apprendiamo dalla sua relazione che solo il 2 per cento delle manifestazioni sono quelle difficili e ringraziamo le forze dell'ordine per l'impegno che profondono in un periodo che non è certo facile. Chiediamo, però, il massimo sforzo perché questa percentuale sia ridotta a zero.
  Adesso è importante che vi sia un supplemento di responsabilità da parte di tutti noi, perché il 18 giugno si terrà a Terni e in tutta la provincia uno sciopero generale. Lo sciopero sarà accompagnato da un corteo per richiamare l'attenzione sulla situazione di AST, che sta creando disagio e grandi tensioni sociali.
  Vogliamo sottolineare che quanto è accaduto non è un mero fatto di cronaca, ma una vicenda nata come conseguenza di normative europee in materia di concorrenza, e non per difficoltà aziendali. AST non è più una questione umbra o italiana, ma è una priorità europea, e tutti noi dobbiamo concorrere a mantenere la competitività, i suoi volumi produttivi, i livelli occupazionali e assicurare un futuro industriale alle acciaierie.
  Sono tornata questa mattina da Strasburgo, dove ho incontrato Almunia insieme ad una delegazione di rappresentanti delle istituzioni umbre. L'incontro con il commissario europeo alla concorrenza, sebbene interlocutorio, è stato positivo, perché ci ha confermato che Terni continuerà ad essere un attore importante e competitivo del mercato siderurgico europeo.
  Almunia ci ha comunicato di aver concesso una deroga al termine previsto per la vendita di AST in cambio di alcune stringenti condizioni: la salvaguardia finanziaria attraverso l'aumento del capitale, la realizzazione di investimenti previsti nel business plan, l'accesso alla rete commerciale di Outokumpu e il mantenimento di AST come principale fornitore del tubificio, tutte questioni molto rilevanti. Noi abbiamo chiesto che ci siano anche dei precisi impegni per il mantenimento dei livelli produttivi, perché nel solo mese di maggio sono state perse 30 tonnellate di produzione. Tali perdite sono in parte dovute alla situazione congiunturale ed in parte alle disdette da parte dei clienti storici che ora sono serviti da altri stabilimenti a causa della situazione.
  Abbiamo fatto presente che, qualora la Commissione europea ritardi la sua decisione, faremo valere nelle opportune sedi i danni che derivano da tali ritardi. Ci Pag. 35sono comunque delle parti riguardanti le trattative in corso con Outokumpu che Almunia non ha potuto rivelarci, compreso il termine concesso. Ci ha però anche comunicato che, qualora la vendita non fosse conclusa nei termini stabiliti, la Commissione europea nominerà un garante che sostituirà la proprietà nelle procedure di vendita.
  La giornata di ieri è stata importante anche perché la Commissione europea ha presentato il Piano per l'acciaio. Ha incominciato così a rendere concreto l'impegno di portare entro il 2020 l'incidenza della quota parte dell'industria al 20 per cento sul PIL europeo di cui il settore siderurgico è una parte fondamentale.
  Chiediamo quindi al Governo di presidiare attentamente la partita dell'acciaio in sede europea, per tutelare la siderurgia italiana, un patrimonio in eccellenza di grande valore, accumulato in oltre cento anni di storia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Airaudo. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, questa mattina si sono svolte le assemblee all'interno dell'azienda Acciai Speciali Terni. I lavoratori continuano a essere preoccupati, lo sono perché da un anno aspettano di sapere qual è il loro destino industriale. La vendita da parte dei finlandesi, che hanno rilevato da ThyssenKrupp e che adesso devono cedere per le ragioni che già altri colleghi hanno illustrato, non chiarisce chi sono i possibili compratori.
  C’è una differenza tra ciò che il Governo italiano ha detto alle organizzazioni sindacali poco più di una settimana fa e ciò che ieri è stato detto a Bruxelles. Non si sa se le offerte siano due oppure se sia una sola – ieri a Bruxelles è stato detto che è una e cioè lo spin off del gruppo franco-indiano – ovvero se esista anche questo fondo di investimento, Apollo, di cui aveva parlato il Governo italiano. Quindi i lavoratori, oggi, nelle assemblee, continuano ad esprimere tutta la loro insicurezza e tutta la loro incertezza.
  Non si tratta solo di un problema importantissimo per la comunità di Terni e per il territorio dell'Umbria ma si tratta di un problema nazionale. Ben venga il Piano europeo della siderurgia, alla condizione che il Governo italiano abbia un Piano italiano e voglia difendere la siderurgia italiana e non discutere caso per caso, dall'emergenza Taranto ai problemi di Piombino, fino al rischio di perdere gli investimenti fatti anche recentemente negli ultimi anni nello stabilimento di Terni. Se vogliamo dare sicurezza a quelle lavoratrici e a quei lavoratori, quelli di Terni e quelli di tutta la siderurgia italiana, dobbiamo collocare una dimensione italiana all'interno di quel Piano europeo. Non ci possiamo aspettare, nella crisi di sovracapacità produttiva che ha la siderurgia europea, particolari regali. Dobbiamo, come si dice, difendere il valore delle nostre produzioni, le capacità tecnologiche, gli investimenti fatti e le capacità delle lavoratrici e dei lavoratori.
  I lavoratori di Terni, il 5 giugno, manifestavano per questo, per conoscere i piani industriali dei compratori, perché è questo quello che non si conosce. Non c’è solo il problema della vendita: bisogna sapere chi compra, in che divisione, all'interno della propria multinazionale, colloca lo spazio produttivo di Terni e in quale rapporto con la siderurgia italiana. È questo un compito che ha il Governo italiano.
  Da questo punto di vista quella manifestazione del 5 giugno era autorizzata, promossa dalle organizzazioni sindacali, presenti i rappresentanti sindacali, che hanno sempre saputo, a Terni come altrove. Mi permetto intanto di dire al Viceministro: quella percentuale del solo 2 per cento di manifestazioni con criticità è dovuta alla capacità di rappresentanza e di responsabilità dei lavoratori italiani, non è solo un fatto di competenza e professionalità che esiste nelle forze di polizia, rileva la maturità dei lavoratori italiani, anche in un momento di crisi, nel saper gestire. A Terni non c’è stata quella comunicazione: era noto che i lavoratori – come spesso hanno fatto a Terni – simbolicamente Pag. 36sarebbero andati alla stazione e purtroppo, come si dice, chi ha gestito l'ordine pubblico quella mattina non ha tenuto conto di una cosa che era nota nelle comunicazioni durante la manifestazione. Ovviamente, la solidarietà va ai lavoratori che sono stati colpiti, agli eventuali contusi tra i lavoratori di polizia, al sindaco Di Girolamo, ma io credo che vi sia stato proprio un grave errore di gestione di ordine pubblico.
  Concludo chiedendo due cose. Primo, sapere quali disposizioni verranno date nei confronti di future manifestazioni, che io credo proseguiranno, perché purtroppo la crisi economica di questo Paese non è finita e le tensioni occupazionali sono alte. Secondo, io penso che serva ai lavoratori delle forze di polizia e sia un elemento di civiltà e di democrazia in questo Paese arrivare finalmente all'identificabilità anche per le forze dell'ordine che operano, in modo che si distinguano e si individuino le precise responsabilità.
  Ultimissima considerazione, io sono molto colpito dalla rapidità con cui si è cercato di individuare il responsabile in un manifestante con ombrello ricoperto da gommapiuma; e visto che la scientifica di Roma dovrebbe esprimere il suo parere il 17 giugno – il giorno prima della manifestazione del 18, che è stata già annunciata da altri colleghi – mi auguro che quella perizia della polizia scientifica fughi ogni dubbio, anche perché a Terni e tra i lavoratori c’è una certezza: che non sia stato un loro compagno ad infliggere quel colpo che ha avuto la risonanza di cui abbiamo parlato oggi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Guidesi. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, signor Viceministro, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato quanto è accaduto lo scorso 5 giugno a Terni in occasione dello sciopero dei lavoratori dell'ex Thyssen: alcune persone sono rimaste ferite. Su come sia andata esattamente, spetta a voi, attraverso l'indagine, fare piena luce, accertare le responsabilità dell'accaduto.
  Noi oggi condanniamo qualsiasi episodio di violenza. Le manifestazioni di protesta esprimono spesso disagio sociale, i cortei di lavoratori poi anche forte preoccupazione per l'incertezza del proprio futuro occupazionale. Parliamo di persone che vivono momenti drammatici, sentono lo spettro della disoccupazione e temono di rimanere privi di sostentamento economico per sé e per le loro famiglie. Sono pervasi da un senso di frustrazione e angoscia e lo sciopero è individuato come lo strumento per farsi sentire. Hanno, quindi, bisogno di risposte e anche di sostegno.
  Il nostro, purtroppo, non è un Paese dove, perso un lavoro, ne puoi trovare un altro; tutt'altro, se perdi l'occupazione rischi di diventare un esodato, una persona a rischio di esclusione sociale. Sono ormai quotidiane – come ricordava lei Viceministro – le manifestazioni dei lavoratori a rischio occupazionale. Noi esprimiamo dunque la solidarietà nei confronti di tutti questi lavoratori, ma anche a tutti quei lavoratori che hanno perso o sono in procinto di perdere il posto di lavoro perché l'impresa è fallita o sta per fallire.
  Cogliamo l'occasione di questa informativa per invitare il Governo a varare al più presto le linee di intervento per promuovere l'occupazione e la ripresa del sistema produttivo. Ricordiamo che il Presidente Letta nel suo discorso di insediamento ha dichiarato che la mancanza di lavoro è la grande tragedia di questi tempi e che ridare lavoro sarà la prima priorità di questo Governo, riconoscendo, altresì, la necessità di operare una riduzione della pressione fiscale per dare alle aziende una boccata d'ossigeno e migliorarne il grado di competitività e successivamente l'attrattività per nuovi insediamenti produttivi, alleggerendo fisco, burocrazia e velocizzando i tempi della giustizia.
  Urge un pacchetto lavoro con annessi fondi e stanziamenti urgenti. Non possiamo abbandonare i cittadini: il Governo ha il dovere di dare ad essi risposte concrete e possibilità, un futuro certo, Pag. 37essendo il Paese basato sul lavoro, come dice la Costituzione alla quale sempre ci si appella. Gentile Viceministro, un mese è già passato. Non fatene trascorrere altri, perché la disoccupazione è in crescita e i dati sono allarmanti. Il sistema produttivo sta scomparendo e il Paese sta morendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Totaro. Ne ha facoltà.

  ACHILLE TOTARO. Signor Presidente, onorevole Viceministro e onorevoli colleghi, innanzitutto condivido e condividiamo, come gruppo di Fratelli d'Italia, l'analisi fatta da alcuni colleghi, che ovviamente chiedono che il Parlamento ed il Governo intervengano fortemente sul futuro delle acciaierie di Terni, ma in generale sul futuro della siderurgia in Italia, con una forte iniziativa da parte del Governo a livello europeo. Per questo l'informativa in esame è un momento per chiedere queste cose al rappresentante del Governo e comunque anche al Presidente della Camera, perché si possa discutere in quest'Aula di questi problemi.
  L'informativa però parla di altre questioni, che riguardano appunto la gestione dell'ordine pubblico in occasione di questa manifestazione, di questo sciopero da parte dei lavoratori delle acciaierie di Terni e francamente, Viceministro, non mi posso ritenere soddisfatto appieno dalla sua relazione, in quanto non condividiamo e non ci uniamo certamente al coro, che purtroppo abbiamo sentito anche nelle Aule parlamentari molto spesso, di coloro che, in occasione di manifestazioni, la prima cosa che riescono a fare è scagliarsi contro l'operato delle forze dell'ordine, degli uomini in divisa, degli altri lavoratori, della polizia di Stato, dei carabinieri, della Guardia di finanza, che si trovano ad operare molto spesso in condizioni difficilissime e a gestire l'ordine pubblico. Ne eravamo certi, che solo il 2 per cento delle manifestazioni fosse problematico in Italia, grazie sicuramente alla grande professionalità degli uomini in divisa e sono d'accordo con chi ha parlato anche del senso civico e della responsabilità dei lavoratori e dei dirigenti sindacali in Italia: questo è un patrimonio importante per la nostra nazione, che abbiamo da decenni. Su questo dobbiamo stare molto attenti e per questo la vicenda in esame è anche una vicenda, caro Viceministro, pericolosa, ed è stato giusto svolgere un'informativa in Aula appunto per questo; perché ci sono in Italia continuamente centinaia di manifestazioni in cui si aggrediscono le forze dell'ordine, si interviene pesantemente, manifestazioni sportive e non soltanto politiche, in cui le forze dell'ordine sono oggetto di grandi pressioni e questi ragazzi, giovani o meno giovani, donne e uomini, sono lì a difendere lo Stato e l'ordine pubblico, hanno veramente difficoltà a gestire certe situazioni e lo fanno con grande abnegazione e senso dello Stato. Però francamente in questa occasione si rischia appunto che qualcuno in futuro prenda a pretesto quello che è successo per fare della violenza, perché ci sono ambienti estremisti che giocano su queste cose.
  Quella manifestazione era una manifestazione di operai, era una manifestazione in cui c'erano rappresentanti sindacali, era una manifestazione in cui c'erano rappresentanti delle istituzioni, sindaci, consiglieri regionali. Bisogna stare molto attenti nella gestione dell'ordine pubblico. Io francamente, anche sulla questione ombrello o non ombrello, non ho mai visto pericolosi estremisti andare in piazza a manifestare con gli ombrelli. Quindi, caro Viceministro, interveniamo, intervenite su chi ha sbagliato in quel frangente, perché non c’è nulla di male a dire che si è sbagliato a gestire l'ordine pubblico in quella vicenda. Non c’è nulla di male perché dall'altra parte c'erano dei lavoratori che volevano fare una protesta, volevano fare in modo che si parlasse di quella vicenda, non c'erano dei pericolosi estremisti che ce l'avevano a prescindere con lo Stato e con le forze dell'ordine. Quindi, le chiedo di individuare chi è stato. A volte, ci sono questi ragazzi in divisa in piazza che si prendono la responsabilità di quello Pag. 38che avviene. A volte ci sono altri funzionari, nel 99 per cento dei casi persone preparate, ma molto spesso persone molto inclini a stare negli uffici, che non conoscono nemmeno le dinamiche di una piazza, per cui si creano quei tipi di situazioni pericolose, come ripeto, per il futuro. Infatti il problema della siderurgia a Terni è un problema che ci sarà: sono previste altre iniziative ed altre manifestazioni.
  Speriamo che si possa fare leva – e ne sono sicuro – sul senso di responsabilità dei lavoratori, dei loro rappresentanti e anche delle forze dell'ordine perché simili avvenimenti non abbiano più a verificarsi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Formisano. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ANIELLO FORMISANO. Grazie Presidente, grazie Viceministro, io mi iscrivo alla categoria dei colleghi che, in qualche modo, fin qui, hanno rilevato una certa assolutorietà nella relazione che lei ha reso oggi all'Aula, a prescindere. Credo che non vada bene così. Sono d'accordo con i colleghi che hanno detto che il 2 per cento di criticità manifestata fino ad ora è dovuto sicuramente alla capacità professionale dei nostri poliziotti o di chi è chiamato a tutelare l'ordine pubblico, ma anche, se non soprattutto, alla capacità dei lavoratori di manifestare democraticamente e pacificamente.
  Credo che quello che è avvenuto il 5 sia probabilmente ascrivibile a qualche ricostruzione, come poc'anzi diceva il collega che mi ha preceduto. Chi dirige in queste situazioni o è capace perché conosce le situazioni, o può determinare quello che è capitato il 5. Il fatto che la relazione del nostro Viceministro sia tendenzialmente assolutoria mi fa essere preoccupato, perché è chiaro – e lei lo ha detto nella relazione – che l'incremento delle manifestazioni, in una situazione di difficoltà sociale qual è quella che stiamo attraversando, probabilmente deve necessariamente presupporre maggiore attenzione.
  Per concludere, signor Viceministro, noi pensiamo che abbia ragione il prefetto quando ha detto le cose che ha detto, su quanto è avvenuto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.

In ricordo di Bruno Salvadori.

  PRESIDENTE. Come concordato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, do la parola al deputato Paolo Grimoldi per commemorare l'anniversario della morte di Bruno Salvadori, deceduto l'8 giugno 1980.
  Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, parlare di Bruno Salvadori in quest'Aula, oggi, a più di trent'anni dalla sua prematura scomparsa, a soli 38 anni, in un incidente stradale, è per me un onore. Quando iniziai a fare politica come militante della Lega Nord, a soli 16 anni, Salvadori era per noi ragazzi, poco più che bambini, una specie non solo di guida politica, ma un riferimento. Lui, insieme al pensiero del professor Miglio, ci ha indotto a studiare le tematiche e il pensiero di queste figure per noi così importanti.
  Abbiamo cercato di approfondire e di diffondere nel modo migliore il messaggio sul valore fondamentale dell'autonomia, dell'autodeterminazione dei popoli e del federalismo. Senza di lui la Lega non sarebbe mai esistita. Così, il segretario federale della Lega Nord, Roberto Maroni, ha ricordato pochi giorni fa il giornalista e politico valdostano; le sue idee, infatti, sono riconosciute come una delle principali fonti di ispirazione del pensiero federalista nel nostro Paese e non solo.
  Bruno Salvadori è stato l'animatore della gioventù valdostana, è entrato a far parte del comitato centrale, del comitato esecutivo e della commissione politica dell'Union Valdôtaine. Nel maggio del 1978 è stato anche eletto in consiglio regionale, sempre nelle fila dell'Union Valdôtaine.Pag. 39
   Questa formazione politica deve molto a quest'uomo che ha lavorato per costruire l'autonomia della quale ancora oggi la regione Valle d'Aosta beneficia in modo molto importante.
  Quando si conobbero, Bruno Salvadori e Umberto Bossi, nel febbraio del 1979, si confrontarono a lungo prima che il fondatore della Lega intuisse che i principi autonomisti propugnati da Salvadori potevano essere esportati in tutto il Nord e in tutto lo Stato italiano, nonché in Europa, seminando i principi di libertà e federalismo, e si convinse via via che quell'idea era il rimedio politico valido per tutti, per avvicinare, davvero, le istituzioni al servizio e al giudizio dei cittadini.
  Per Salvadori il federalismo è la risposta istituzionale a molti problemi sociali.
  Egli, infatti, ritiene profondamente negativo tenere lontani i cittadini dal potere politico, anzi, bisogna piuttosto avvicinarli il più possibile ai centri decisionali a loro vicini sul territorio, alle istituzioni locali.
  Signor Presidente, lo stiamo vedendo anche oggi con il Governo dell'Europa, che è vissuta quanto mai, in questo periodo, come un'entità lontana, spesso nemica dei singoli popoli e che sta imponendo loro dei sacrifici immani, ai limiti della sopravvivenza, purtroppo senza offrire neppure spiegazioni comprensibili ai comuni cittadini sul perché di tutti questi immani sacrifici.
  Per Bossi, allora, quello che preoccupava di più nel periodo post-sessantottino era l'indistinto, la massificazione delle idee e delle scelte, e in un mondo come quello si domandava: che fine faranno le identità dei popoli ? Che fine faranno le culture locali, i valori e le tradizioni ? Salvadori riesce a convincerlo che l'unico modo per salvaguardare culture e identità sia proprio il federalismo. Umberto Bossi ci volle credere e si buttò a capofitto, senza una lira in tasca – vogliamo sottolineare –, nell'avventura di diffondere i principi di Bruno Salvadori in Lombardia e in tutto il Nord, federando tutti gli altri movimenti e partiti federalisti indipendentisti nella Lega Nord.
  Dapprima il mondo politico ha guardato – uso un eufemismo – con scetticismo a queste nuove idee, ma, passo dopo passo, con la costante opera di evangelizzazione compiuta dalla Lega e sulla scorta del desiderio di libertà delle genti del Nord, i principi federalisti oggi sono patrimonio di molte forze politiche, se non di tutte, che ne riconoscono la valenza innovativa per la responsabilizzazione degli amministratori locali e nella gestione delle risorse pubbliche.
  Noi della Lega continuiamo a credere nelle idee e nel pensiero di Salvadori e, anche se tra mille difficoltà dovute alle incrostazioni centralistiche difficili da rimuovere, continuiamo a batterci per la loro affermazione, convinti come siamo che i processi storici si possano sì rallentare, ma, come ci insegnano anche in questi mesi e in questi giorni Scozia, Catalogna e Québec, il desiderio di libertà dei popoli non si possa mai sopprimere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

Nell'anniversario della morte di Giacomo Matteotti (ore 12,55).

  PRESIDENTE. Come concordato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, do la parola al deputato Marco Di Lello per commemorare l'anniversario della morte del deputato Giacomo Matteotti, ucciso dalla violenza fascista il 10 giugno 1924.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ricordava poc'anzi, il 10 giugno 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti fu rapito e ucciso da una squadra di fascisti.
  Il 2013 non potrà mai essere il 1924, se non altro perché gli italiani, prima di Mussolini, non avevano conosciuto la democrazia, ma questa è una pianta delicata che va curata giorno dopo giorno. Una pianta, la democrazia, che non sopporta l'illegalità, i soprusi; non sopporta la violenza, non sopporta le minacce.Pag. 40
  Nel suo primo discorso in Parlamento, nel 1922, Mussolini pronunciò parole terribili che sono passate alla storia: «Potevo fare di quest'Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli» disse, un modo per incutere timore e costringere i neoeletti a non contrastarlo.
  Passano gli anni, ma per la prima volta dopo quasi novant'anni siamo costretti ad ascoltare quasi quotidianamente parole pesanti che irridono le istituzioni. Nessuno forse le prende davvero sul serio, perché chi le pronuncia non possiede neanche lontanamente le capacità oratorie, organizzative e politiche di Mussolini, il suo mortale potenziale distruttivo, ma dobbiamo stare attenti.
  Le parole, quando sono un puro esercizio di demagogia intriso di menzogne, quando non si confrontano mai in un pubblico contraddittorio, sono solo veleno che intossica. La lezione di Matteotti è nelle parole stesse con cui Mussolini si assunse la responsabilità di quanto accaduto: «Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi».
  Allora, la colpa che diamo a chi ha definito quest'Aula come una «tomba maleodorante della Seconda Repubblica» è che ottantanove anni dopo Matteotti ci costringe a difendere l'onore di queste Camere e ad esprimere solidarietà alla sua Presidente, quando invece ogni risorsa intellettuale, ogni secondo di lavoro dovrebbero essere spesi a contrastare la distanza crescente tra ricchi troppo ricchi e poveri troppo poveri.
  Non ci serve la propaganda, ma una ricetta seria per un lavoro sempre più rarefatto.
  Non servono gli insulti, ma parole per ridare fiducia ai giovani che si perdono perché non hanno futuro.
  Non ci serve un'altra democrazia, ci serve rafforzare questa democrazia, ci serve riprendere il cammino di Giacomo Matteotti lì dove lo ha lasciato 89 anni fa e sono certo che in quest'Aula i deputati e la deputata socialista troveranno tante compagne e tanti compagni di lotta a difesa della nostra democrazia. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Grazie, sul medesimo argomento ha chiesto di intervenire il deputato Diego Crivellari.
  Prima di dargli la parola, saluto, anche a nome dell'Assemblea, gli alunni e i docenti della classe quinta A del Plesso Ghirotti della direzione didattica di Volpiano (TO), che sono risultati vincitori del concorso Parlawiki, per l'anno scolastico 2012 e 2013, organizzato dalla Camera dei deputati in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Applausi).
  Ha facoltà di parlare il deputato Crivellari.

  DIEGO CRIVELLARI. Presidente, gentili colleghi, nel pomeriggio del 10 giugno 1924, il deputato socialista polesano Giacomo Matteotti veniva rapito sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, mentre si stava recando a Montecitorio. Sono cinque i fascisti che aggrediscono Matteotti e dopo una lunga colluttazione, durante la quale egli cerca di resistere, lo caricano in macchina. A bordo della vettura, dopo essere stato pestato a sangue, Matteotti viene accoltellato. Muore. Il suo corpo sarà portato sulla via Flaminia e seppellito lontano dal centro della capitale, per essere infine ritrovato soltanto il 16 agosto dello stesso anno.
  Sono trascorsi 89 anni da questo tragico momento: un barbaro assassinio che avrà larga eco internazionale e che segnerà dolorosamente l'avvento della dittatura fascista nel nostro Paese; una dittatura che sceglie di colpire colui che figurava tra i suoi avversari più intransigenti e più intelligenti, un uomo politico, un intellettuale, un riformista coraggioso, che pochi giorni prima di essere rapito aveva pronunciato un memorabile discorso in Parlamento, sfidando apertamente il regime mussoliniano e denunciando i brogli Pag. 41e il clima di violenza e intimidazione che aveva caratterizzato le elezioni politiche che si erano da poco svolte.
  Sono trascorsi 89 anni e l'esempio di Giacomo Matteotti non ha cessato di apparire come un riferimento di straordinaria importanza per la nostra democrazia e per le sue istituzioni. Tante lotte e tante battaglie sono state combattute nel suo nome, nel suo Polesine come nel resto d'Italia. Matteotti non volle piegarsi, non volle cedere alla violenza e al sopruso. Anche in circostanze così drammatiche cercò con ogni mezzo di affermare la centralità del Parlamento e un principio di legalità e di democrazia che stava per essere definitivamente travolto dall'avanzare della marea squadrista.
  Ricordare Matteotti, oggi, significa ricordare non soltanto un evento, una storia consegnati irrimediabilmente ad un passato remoto. Significa ricordare l'attualità di una figura straordinaria, la figura di un parlamentare, ma anche di un amministratore moderno, di un dirigente politico moderno, di caratura europea, che nel panorama asfittico degli anni Venti, in un vecchio continente ancora pesantemente condizionato dal fardello dei nazionalismi, sceglieva di coltivare rapporti privilegiati con i laburisti inglesi, con i socialisti francesi, tedeschi, austriaci.
  Così lo ricorda un altro grande martire dell'antifascismo, Piero Gobetti, in un suo mirabile ritratto: «In un partito che si ricorda dei Paesi stranieri soltanto per la frettolosa retorica dei congressi internazionali Matteotti era tra i pochi che conoscessero la Francia, l'Inghilterra, l'Austria, la Svizzera, la Germania (...) e aveva studiato l'inglese per leggere direttamente Shakespeare. Preso nella lotta politica quasi nascondeva quegli istinti di filosofia che non erano troppo vicini allo stile dell'ambiente (...) in cui gli toccava agire. Ma il segreto della vitalità di Matteotti era proprio questo». Questo era Matteotti, questa era la sua grandezza.
  Nel panorama storico della sinistra italiana, Giacomo Matteotti occupa tuttora una posizione centrale, anche per la forza e per l'originalità del suo pensiero, del suo approccio alle questioni. È stato l'ispiratore instancabile di un socialismo pragmatico, di un socialismo nella democrazia, che doveva essere realizzato attraverso le autonomie locali e la conquista del governo dei municipi da parte delle forze del movimento operaio.
  Ecco perché oggi ricordiamo la sua figura guardando al futuro. Certi di poter ritrovare nell'esempio di Giacomo Matteotti non soltanto un pezzo fondamentale della nostra storia, ma anche un sostegno e un esempio di grande attualità nei momenti in cui la nostra democrazia viene messa alla prova e in cui più di prima occorrono lucidità, coraggio, capacità di guardare alle sfide del nostro tempo con lungimiranza e senso delle istituzioni.
  Per questi e per molti altri motivi, Giacomo Matteotti rimane a tutti gli effetti un nostro contemporaneo, un nostro compagno nel difficile ma quanto mai necessario cammino della democrazia (Applausi).

  STEFANO BORGHESI. Chiedo di parlare sullo stesso argomento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il prossimo anno ricorreranno novant'anni dalla morte di Giacomo Matteotti, avvenuta il 10 giugno 1924, rapito e ucciso per mano fascista.
  Malgrado sia trascorso tanto tempo, è di fondamentale importanza continuare a rammentare a noi stessi, e principalmente alle giovani generazioni, che è stato grazie anche al sacrificio di uomini come Matteotti che i principi di libertà, di giustizia e di uguaglianza si sono potuti affermare e la Repubblica è venuta alla luce, dopo la dittatura fascista e la tragedia della Seconda guerra mondiale.
  Come avviene per la tragedia dell'Olocausto, per cui il 27 gennaio di ogni anno si commemorano le vittime del nazismo, insieme a tutti coloro che, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, non dobbiamo consegnare solamente ad uno sporadico ricordo il sacrificio di un Pag. 42uomo come Giacomo Matteotti, il quale pagò con la morte il suo implacabile atto d'accusa contro la soppressione della libertà e della legalità democratica.
  Fu infatti nella seduta del 30 maggio 1924, in cui si discuteva la proposta avanzata dalla Giunta delle elezioni di convalidare in blocco gli eletti della maggioranza, che Matteotti ebbe il coraggio di denunciare le illegalità commesse dai fascisti e dagli organi di Governo durante la campagna elettorale, ben consapevole che avrebbe pagato con la vita questa sua denuncia.
  Alla politica si era avvicinato giovanissimo, all'età di 16 anni, per cercare di porre rimedio alla situazione di miseria della sua gente, la gente di Fratta Polesine. E forse in questa cittadina in provincia di Rovigo, dove nel 1818 si verificò la tragedia dei Carbonari della Fratta, primo esempio di repressione da parte austriaca delle aspirazioni alla libertà e all'emancipazione nazionale, Matteotti respirò l'aria dell'autodeterminazione e dell'indipendenza, che lo portò ad aderire ai principi del socialismo, dimostrando così come anche un giovane borghese, che viveva una situazione agiata, poteva interessarsi alle sorti dei più deboli e degli oppressi.
  Non abbandonò mai l'approfondimento degli studi giuridici; venne eletto nel 1910 nel consiglio provinciale di Rovigo e, da quel momento, l'impegno politico fu al centro della sua esistenza, con una particolare attenzione ai temi del lavoro, che riteneva fondamentale per l'emancipazione e lo sviluppo equilibrato delle persone.
  Fu un reale riformista, convinto che bisogna costantemente aggiornare le proprie idee nel confronto con l'esperienza, perché solo così un partito riesce a dare risposte adeguate alle istanze che provengono dalla società.
  Matteotti nel 1919 fu eletto deputato, qui, alla Camera: era un perfetto sconosciuto, ma in breve tempo riuscì a distinguersi per l'impegno nei lavori, cultura e competenza.
  Da un uomo forte delle proprie idee, spesso ripeteva: «Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai». Ed è stato proprio così. Il suo sacrificio è emblematico dell'impegno per l'affermazione dei propri ideali e noi abbiamo il dovere di tenerlo vivo nelle giovani generazioni, affinché il suo ricordo non sia lasciato solo ad una fugace occhiata su una targa di una via o di una piazza nelle nostre città, ma rinnovato costantemente nella nostra memoria (Applausi).

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per gli affari europei e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

(Posizione del Governo italiano in ambito comunitario sull'adozione di dazi antidumping – n. 3-00109)

  PRESIDENTE. Il deputato Prataviera ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00109, concernente la posizione del Governo italiano in ambito comunitario sull'adozione di dazi antidumping (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la Lega Nord e Autonomie ha sempre avuto a cuore i temi della tutela del made in Italy perché questo marchio rappresenta non solo le nostre aziende, ma incarna soprattutto la sopravvivenza economica dei nostri concittadini e anche il Pag. 43loro futuro e il loro destino. Noi della Lega Nord e Autonomie siamo sempre stati attenti alle tematiche della libera circolazione delle merci e abbiamo sempre sollevato il problema della concorrenza sleale e, in particolare, della concorrenza sleale cinese. È da vent'anni che ci battiamo soli contro tutti per sostenere e difendere il nostro tessuto produttivo e la gente dagli effetti della globalizzazione.
  L'Europa ha introdotto pochi giorni fa timide misure di dazi doganali per l'importazione di moduli fotovoltaici di manifattura cinese e venduti a metà del prezzo che le nostre aziende riescono a vendere nello spazio comunitario. Questo fenomeno è conosciuto come dumping e noi le chiediamo di chiarire la posizione del Governo in sede comunitaria rispetta a questo tema.

  PRESIDENTE. Il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, ha facoltà di rispondere.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Signor Presidente, onorevoli parlamentari, rispondo in quattro punti all'interrogazione prima di tutto per precisare la cronologia e la natura del provvedimento.
  Il 6 settembre del 2012 l'Unione europea ha avviato il procedimento antidumping con riguardo all'importazione di pannelli fotovoltaici di provenienza dalla Cina e il 5 giugno la Commissione ha imposto dei dazi provvisori nella misura dell'11,8 per cento per i primi due mesi e, successivamente, tra il 37,3 e il 67,9 per cento per i mesi successivi. Queste sono misure di carattere provvisorio che potranno assumere un carattere definitivo qualora non si intervenga attraverso un negoziato a risolvere la questione direttamente con la Repubblica Popolare cinese. La Commissione europea potrebbe anche proporre la chiusura della procedura in caso di esito favorevole del negoziato.
  Parallelamente, l'8 novembre del 2012 è stata aperta un'indagine antisovvenzione che si è conclusa contestualmente alla chiusura relativa alle misure antidumping e può prevedere anche questa, entro l'8 agosto di quest'anno 2013, l'imposizione di nuovi dazi provvisori.
  Vorrei anche segnalare che, per quanto riguarda la struttura del mercato europeo, il Paese nel quale si ha la maggiore produzione di pannelli fotovoltaici è la Germania ma anche l'Italia è in una buona posizione, ci sono circa – secondo i dati che risultano al Governo – 40 aziende attive in questo settore manifatturiero, con all'incirca 2 mila occupati nel settore. La tradizionale posizione italiana rispetto ai dazi antidumping e antisovvenzione è favorevole, lo consideriamo uno strumento importante della politica commerciale europea che, com’è noto, è una competenza esclusiva dell'Unione europea. È alla luce di queste considerazioni, oltre che di quelle di tutela di una crescente industria del nostro Paese in un settore importante come quello delle energie rinnovabili, che abbiamo sostenuto l'iniziativa europea e che continueremo a sostenerla anche nel quadro del negoziato.
  Secondo i dati che risultano alla Commissione europea – questo è un elemento interessante – l'Italia è, tra gli Stati membri, il maggiore beneficiario in generale degli interventi antidumping, questa è una buona notizia nella misura in cui ne trae un beneficio, non lo è nella misura in cui effettivamente settori della nostra industria soffrono della competizione dei Paesi cosiddetti emergenti o in larga misura già emersi.

  PRESIDENTE. Il deputato Prataviera ha facoltà di replicare.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, signor Ministro, io vorrei sottolineare un aspetto: se l'Europa esiste nel mondo come un soggetto unitario, esiste soltanto nell'ambito del commercio internazionale. Il problema è che, sempre di più, noi dipendiamo – come sistema europeo – da una capitale, che è quella tedesca, che è Berlino, che, per tutelare i propri interessi, sta distruggendo anche questo fattore di unitarietà proprio per non scatenare una guerra a proprio discapito Pag. 44con Pechino, mentre Pechino, dall'altro lato, gode a vederci assolutamente divisi.
  Dobbiamo smetterla – credo – come Paese, di lasciarci incantare dal miraggio delle esportazioni in Cina: l'Europa deve riprendere una pretesa di reciprocità, cosa che sembra stia abbandonando con i partner esteri, ripartendo magari – questo lo chiede un po’ tutta l'Europa – dai principi costitutivi della stessa Unione e, in particolare, da quelli legati ai diritti umani; infatti, il motivo per cui loro riescono a vendere a questi prezzi è assolutamente legato anche al non rispetto dei diritti umani fondamentali, e, quindi, anche dei diritti dei lavoratori.
  I nostri lavoratori, signor Ministro, non hanno più tempo per dialoghi, per chiacchiere e per concertazioni tra i Governi, ma attendono risposte che, con le continue retromarce di Pechino, non arriveranno mai. Infatti, Pechino ha minacciato ritorsioni – guarda caso – sulle esportazioni, in particolare su quelle italiane legate al vino, non sulle automobili tedesche e, per fare un breve excursus, il fotovoltaico rappresenta solamente la puntina di quell'iceberg rappresentato da un saldo commerciale che per noi è assolutamente negativo.
  Per renderci conto, basta andare in una zona industriale qualsiasi del nostro territorio, in particolare in quella del nord, che produce con il marchio made in Italy: pensiamo ai due miliardi e 200 milioni per l'abbigliamento, ai 600 milioni del settore delle calzature e così via.
  Ebbene, signor Ministro, noi vogliamo che si impegni in sede comunitaria per difendere il nostro made in Italy, noi vogliamo che lei si impegni in sede comunitaria contro gli eurotecnici, contro le lobby, contro l'Europa fatta dai Governi e dalle illazioni...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  EMANUELE PRATAVIERA. ... e che, invece, esalti le specificità territoriali regionali e, quindi, esalti le possibilità dei popoli di potersi esprimere, in principio proprio di quella libertà tanto sognata dai padri costituenti dell'Unione.

(Dati relativi al numero di lavoratori interessati dall'applicazione della normativa riguardante gli aiuti fiscali alle imprese per l'assunzione di giovani under 35, nonché ulteriori incentivi per l'occupazione femminile e giovanile – n. 3-00110)

  PRESIDENTE. La deputata Tinagli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00110, concernente dati relativi al numero di lavoratori interessati dall'applicazione della normativa riguardante gli aiuti fiscali alle imprese per l'assunzione di giovani under 35, nonché ulteriori incentivi per l'occupazione femminile e giovanile (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, l'interrogazione era volta a conoscere l'esatto impatto occupazionale delle misure già citate, e, in particolare, le agevolazioni previste dal decreto «Salva Italia» nel dicembre 2011 sulla deducibilità integrale delle imposte dirette dell'IRAP per la quota imponibile per le spese per il personale dei giovani e delle donne, rafforzate poi da ulteriori incentivi aggiunti dal decreto interministeriale dell'ottobre 2012 per le assunzioni a tempo determinato dei giovani sotto i 29 anni e delle donne.
  Sono consapevole che parte di questi dati sono già stati resi noti ieri, ma penso che sia importante che questo tema venga approfondito e discusso anche in quest'Aula del Parlamento, specialmente in vista delle mozioni sull'occupazione giovanile, che verranno discusse la prossima settimana.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, nel richiamare gli incentivi alle imprese introdotti con il decreto-legge Pag. 45n. 201 del 2011, cosiddetto decreto «Salva Italia», e con il successivo decreto attuativo del 5 ottobre 2012, gli onorevoli interroganti chiedono di conoscere i dati relativi al numero dei giovani, delle donne, dei disoccupati e dei non occupati che hanno beneficiato di tali misure al fine di una valutazione dell'impatto di tali misure sull'occupazione.
  Al riguardo, occorre ricordare che, con il Fondo straordinario istituito ai sensi dell'articolo 24 del decreto «Salva Italia», sono stati stanziati 232 milioni di euro in favore di giovani di età fino a 29 anni e di donne indipendentemente dall'età anagrafica.
  Il decreto interministeriale del 5 ottobre 2012, che ha consentito di riconoscere ai datori di lavori privati incentivi da destinare al sostegno dell'occupazione dei giovani e delle donne, ha previsto, in particolare, un incentivo pari a 12 mila euro per le aziende che avessero stabilizzato entro il 31 marzo 2013 rapporti di lavoro a termine, e incentivi da 3 a 6 mila euro per l'avvio di nuove assunzioni a tempo determinato della durata minima di 12 mesi, mentre per i rapporti di lavoro part-time a tempo indeterminato l'importo dell'incentivo previsto è proporzionale all'orario di lavoro.
  Ebbene, dal monitoraggio appena concluso, i cui dati sono stati pubblicati proprio ieri (anzi, la scorsa settimana), risulta che complessivamente sono state presentate 44.054 domande di incentivi, per un totale di 409,2 milioni di euro. Verificati i requisiti, le richieste sono state accolte in base all'ordine di presentazione. Nei limiti dello stanziamento iniziale, sono state accettate 24.581 domande per un totale, appunto, di 232,1 milioni di euro. Coerentemente con lo spirito della misura, che intendeva favorire il superamento della precarietà dei rapporti di lavoro per queste categorie di persone, è interessante notare che oltre 23 mila casi sui 24 mila circa gestiti riguardano conversione di contratti a termine in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
  Per quanto riguarda, invece, la tipologia dei rapporti di lavoro attivati, quasi il 50 per cento è costituito da trasformazioni e stabilizzazioni di precedenti rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato full-time, per complessivi 146,3 milioni di euro, mentre circa il 40 per cento è stato rappresentato da conversioni in contratti a tempo indeterminato part-time, per un importo complessivo di 75,2 milioni. Quindi, in media 7.684 euro a istanza. Limitato è stato, invece, l'uso dell'incentivo per la stipula di nuovi contratti a tempo determinato.
  Gli importi verranno erogati dall'INPS in un'unica soluzione, dopo 6 mesi dalla trasformazione dei contratti o dall'assunzione dei lavoratori. Si tratta di una misura che senza dubbio ha avuto effetti importanti e confermo che il Governo proseguirà su questa strada, in modo da incentivare occupazione femminile e, in particolare, giovanile attraverso i prossimi provvedimenti che il Governo attuerà.

  PRESIDENTE. La deputata Tinagli ha facoltà di replicare per due minuti.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro. Certamente la risposta specifica sul numero di persone che hanno beneficiato è soddisfacente. Mi preme, però, sollecitare solo due cose. La prima è proprio una riflessione, sulla base di questi dati, sull'impatto reale e sulla tipologia di assunzioni o di stimolo al lavoro che queste misure hanno. Mi sembra di capire, quindi, che c’è un impatto positivo sulla stabilizzazione e molto meno sulla creazione di posti di lavoro. Credo che questa sia una riflessione importante tenuto conto delle proposte che si stanno vagliando adesso in vista del piano per l'occupazione giovanile.
  In secondo luogo, mi piacerebbe, appunto, sollecitare anche un approfondimento. Chiaramente, non è che voglio rilanciare un'altra interrogazione, però, ripeto, sollecitare un approfondimento non solo sul numero totale ma anche sulla ripartizione settoriale di questi risultati, per provare anche a capire quali sono i settori merceologici e industriali che sono stati più ricettivi a questi incentivi, perché Pag. 46questo ci dà un segnale su dove c’è il maggiore potenziale per attivare l'occupazione giovanile e delle donne. Ringrazio, comunque, il Ministro.

(Iniziative per incrementare le risorse destinate al fondo per le non autosufficienze e per l'avvio di un programma di potenziamento della rete dei relativi servizi socio-sanitari – n. 3-00111)

  PRESIDENTE. La deputata Piazzoni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00111, concernente iniziative per incrementare le risorse destinate al Fondo per le non autosufficienze e per l'avvio di un programma di potenziamento della rete dei relativi servizi socio-sanitari (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signora Presidente, signor Ministro, questa mattina sono nuovamente scesi in piazza i malati di SLA, per chiedere il rispetto del loro diritto all'assistenza. Oltre a loro, due milioni e mezzo di disabili, più di due milioni di anziani e le loro famiglie aspettano il ripristino del Fondo per la non autosufficienza, creato nel 2007 ma via via tagliato negli anni successivi, fino all'azzeramento nel 2012.
  Solo dopo le tenaci manifestazioni dei malati di SLA lo scorso anno il Governo ha effettuato uno stanziamento parziale, che però è ancora bloccato incredibilmente dalla mancata emanazione del piano di riparto tra le regioni. Noi vorremmo sapere le intenzioni del Governo in merito all'indispensabile incremento di risorse per il Fondo per le non autosufficienze e anche in merito alla necessità di mettere in campo una programmazione innovativa e soprattutto pluriennale, che preveda la presa in carico attraverso progetti individuali e consenta di superare l'attuale situazione di abbandono delle famiglie, su cui grava un peso di cure assolutamente non sostenibile.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti con il presente atto parlamentare richiamano l'attenzione del Governo sugli interventi in materia di persone non autosufficienti, con particolare riferimento agli interventi da realizzare con le risorse del Fondo per le non autosufficienze. A tal proposito, faccio presente preliminarmente che il decreto di riparto del Fondo per le non autosufficienze relativo all'anno 2013 è stato sottoscritto dai Ministri competenti il 20 marzo 2013 ed è attualmente al vaglio della Corte dei conti per la necessaria registrazione.
  Noi abbiamo naturalmente sollecitato la Corte dei conti per questa registrazione. Informo inoltre che il 3 maggio scorso, quindi a pochi giorni dall'insediamento del Governo, i competenti uffici del Ministero che rappresento, nelle more della registrazione, hanno provveduto ad anticipare alle regioni la richiesta dei programmi attuativi, sulla cui base le risorse potranno essere erogate ai sensi dell'articolo 5 del decreto citato. In tal modo, si potrà procedere più celermente alla ripartizione delle risorse. Per quanto concerne i criteri utilizzati ai fini del riparto voglio precisare che essi sono basati su indicatori eventualmente modificabili e integrabili negli anni sulla base delle esigenze che si determinano con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, con particolare riferimento alle persone non autosufficienti.
  Da ultimo, faccio presente che nel suddetto decreto si prevede di riservare una quota non inferiore al 30 per cento delle risorse assegnate a ciascuna regione ad interventi in favore delle persone in condizione di disabilità gravissima, ovvero quelle persone in condizioni di dipendenza vitale che necessitano di assistenza continua nelle ventiquattr'ore. Nello stesso decreto, inoltre, si prevedono, tra gli altri, interventi per l'attivazione, il rafforzamento o il supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia, al fine di favorire l'autonomia e la permanenza a domicilio adeguando le prestazioni all'evoluzione Pag. 47dei modelli di assistenza domiciliare. Segnalo anche – ho avuto occasione di parlarne nella recente audizione – che il Ministero è impegnato nella realizzazione del sistema informativo per le politiche sociali, che dovrebbe proprio aiutare tutte le strutture, non solo quelle centrali, ma anche quelle regionali e locali soprattutto, a passare a questo concetto della presa in carico, perché a quel punto diventa il soggetto la base degli interventi e non più il singolo intervento.

  PRESIDENTE. L'onorevole Piazzoni ha facoltà di replicare.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro, le informazioni sono utili e soprattutto speriamo che effettivamente si possa arrivare al piano di riparto in maniera chiara e definita. Tuttavia, mi sentirei di sollecitare una questione più generale. Anche grazie alla sua esperienza precedente sarà sicuramente molto sensibile al tema del grave dramma dell'invecchiamento della popolazione, come emergenza ormai di tutto il nostro welfare, se non di tutto il nostro Paese, per quanto riguarda la previdenza, la sanità e così via.
  Gli altri Paesi europei sono intervenuti nella loro legislazione già a partire dalla metà degli anni Novanta in questa direzione. Noi abbiamo una situazione di grave arretratezza, quindi auspichiamo non soltanto che si possano aumentare le risorse, perché è il minimo indispensabile. Aumentare non è la parola adatta, ma occorre metterci qualcosa, perché siamo arrivati veramente all'azzeramento. Ma soprattutto le chiedo – penso a nome di tutto il Parlamento – di poter lavorare insieme nel Parlamento, per arrivare effettivamente ad una riforma vera della questione che riguarda la non autosufficienza sia per i disabili gravi, sia per quanto riguarda gli anziani non autosufficienti.
  Per come è oggi anche la suddivisione del rapporto tra i trasferimenti monetari, che, però, non mettono le famiglie in condizioni reali di potere avere un servizio efficiente, efficace e sicuro, non siamo ai livelli minimi necessari di un Paese europeo.
  Quindi, credo che questa sia veramente la nostra prima grave emergenza, perché, come abbiamo già avuto modo di dire anche in Commissione, la mia generazione, quella dei quarantenni, si trova nell'incredibile situazione di avere il carico di cura sia per quanto riguarda i figli sia per quanto riguarda i genitori. Questo non è sostenibile per una generazione già precaria, già totalmente priva di assistenza vera da tutti i punti di vista (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative per prorogare l'entrata in vigore della procedura standardizzata per la valutazione dei rischi in azienda per le piccole imprese fino a 10 dipendenti – n. 3-00112)

  PRESIDENTE. Il deputato Daniel Alfreider ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00112, concernente iniziative per prorogare l'entrata in vigore della procedura standardizzata per la valutazione dei rischi in azienda per le piccole imprese fino a 10 dipendenti (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  DANIEL ALFREIDER. Signor Presidente, signor Ministro, la nuova normativa in materia di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro prevede che le aziende che occupano fino a 10 dipendenti debbano effettuare la valutazione dei rischi sulla base di procedure standardizzate. Attraverso varie proroghe era stato disposto che i datori di lavoro potessero autocertificare l'avvenuta valutazione dei rischi, inizialmente fino al 30 giugno 2013, poi, in realtà, non oltre il 31 maggio di quest'anno.
  Riteniamo che la procedura standardizzata per la valutazione dei rischi, come prevista oggi, sia troppo onerosa, specialmente per le piccole imprese e soprattutto per quelle di artigiani e albergatori, le Pag. 48quali potrebbero, invece, continuare agevolmente a produrre la dichiarazione sostitutiva.
  A nostro giudizio, sarebbe importante, ed è il problema che poniamo a lei, prorogare ulteriormente l'entrata in vigore della procedura standardizzata o, in alternativa, prevedere delle semplificazioni significative, per esempio mantenendo, almeno in questi casi, come dicevo prima, la dichiarazione sostitutiva.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, gli onorevoli interroganti richiamano l'attenzione del Governo sull'eccessiva onerosità, per le imprese che occupano fino a 10 lavoratori, della redazione del documento di valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), del cosiddetto testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il decreto legislativo n. 81 del 2008.
  A decorrere dal 1o giugno 2013, infatti, anche tali aziende dovranno effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate, non potendo più ricorrere alla cosiddetta autocertificazione della valutazione dei rischi, strumento spesso ridotto ad una mera dichiarazione, priva di contenuti da parte del soggetto obbligato.
  La ratio sottesa all'elaborazione delle procedure standardizzate, elaborate – vorrei ricordarlo – dalla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e successivamente recepite in un decreto interministeriale dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell'interno, è quella di predisporre uno strumento che il datore di lavoro potrà facilmente utilizzare per effettuare la valutazione dei rischi presenti nella sua azienda e, conseguentemente, per predisporre le misure volte a eliminare, o quanto meno ridurre, tali rischi.
  Proprio a tal fine, la prima parte del decreto reca una sorta di vademecum per il datore di lavoro, che viene indirizzato nella compilazione della modulistica allegata al medesimo e sulla base della quale i datori di lavoro potranno effettuare la valutazione dei rischi.
  Tutto ciò premesso, quanto alla richiesta di un'ulteriore proroga dell'entrata in vigore della procedura standardizzata, faccio presente che la possibilità per tali imprese, cioè quelle con meno di 10 addetti, di ricorrere alla cosiddetta autocertificazione è già stata più volte oggetto di proroghe, fino all'entrata in vigore delle procedure standardizzate, e che la stessa è venuta meno essendo decorsi cinque anni dall'entrata in vigore del testo unico.
  Ricordo, peraltro, che un ritorno all'istituto dell'autocertificazione presenta forti criticità di ordine comunitario, atteso che il nostro Paese è stato, sul punto, espressamente diffidato dall'Unione europea, la quale, in una recente interlocuzione nell'ambito di progetti pilota, ha chiaramente fatto intendere che non tollererà che gli Stati membri prevedano semplici dichiarazioni relative alla valutazione dei rischi.
  Informo, inoltre, che proprio in questi giorni i competenti uffici del Ministero che rappresento, stanno elaborando numerose misure volte alla semplificazione di alcuni adempimenti burocratici per le imprese, soprattutto di piccole dimensioni, e che nell'ambito di tali misure le esigenze manifestate dagli interroganti potrebbero trovare riscontro.
  Da ultimo, faccio presente che nell'ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, è nato un confronto relativo alla progettazione e messa a disposizione gratuita per l'utenza di una procedura informatica coerente con le normative europee, per la corretta predisposizione del documento di valutazione dei rischi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro. Il deputato Alfreider ha facoltà di replicare.

  DANIEL ALFREIDER. Grazie Ministro. Chiaramente per i motivi anche da lei Pag. 49elencati, anche a noi è chiara la problematica sulle autocertificazioni e sulla proroga di questo punto. Tuttavia, siamo convinti che proprio in questa fase, come ha detto poco fa anche lei, è molto importante, in fase di semplificazione, cercare di trovare soluzioni per alleggerire le nostre imprese, anche e proprio sulle procedure standardizzate, procedure che fino a questo momento, purtroppo, sono un grande onere sia in termini di costi che di tempi per le imprese, e anche esse, purtroppo, sono spesso mera certificazione simile anche a quanto lo sono le autocertificazioni.
  Sono convinto che prossimamente le proporremo anche noi misure di semplificazione, per trovare una soluzione a questo onere che oggi le imprese hanno. Grazie.

(Problemi occupazionali presso la Indesit company ed iniziative per il mantenimento sul territorio italiano delle realtà lavorative nazionali – n. 3-00113)

  PRESIDENTE. La deputata Patrizia Terzoni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00113 concernente problemi occupazionali presso la Indesit company ed iniziative per il mantenimento sul territorio italiano delle realtà lavorative nazionali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata). Ha un minuto. Prego.

  PATRIZIA TERZONI. Grazie Presidente. Signor Ministro, per l'ennesima volta nel nostro Paese una azienda sta delocalizzando all'estero mettendo in ginocchio tutto l'indotto. È il caso della Indesit company che ha annunciato 1.425 esuberi, spostando parte della produzione in Polonia e in Turchia, dove da diversi anni i lavoratori italiani sono mandati a trasmettere le proprie conoscenze.
  Noi del MoVimento 5 Stelle crediamo che in questi casi le aziende debbano lasciare in Italia sedi, mezzi di produzione e progetti, perché sono frutto del lavoro e dell'intelligenza dei lavoratori, applicando così il principio del risarcimento per danno alla collettività e prevedendo la restituzione dei fondi pubblici che le aziende hanno percepito.
  Quindi, siamo qui per chiederle quali iniziative intenda intraprendere al fine di attivare immediatamente un tavolo di confronto tra dirigenza aziendale, rappresentanti dei lavoratori e Ministeri competenti, per individuare ogni possibile soluzione che eviti ripercussioni negative sugli attuali livelli occupazionali. In particolare, chiediamo come intenda operare per incentivare misure di sostegno a favore del mantenimento sul territorio italiano delle realtà lavorative nazionali. Grazie.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie, signora Presidente. Con riferimento all'interrogazione presentata, osservo in primo luogo che, a seguito dell'annuncio dell'impresa di procedere ad una riorganizzazione con la conseguente riduzione dell'organico in Italia per un totale di 1.450 unità, il Ministero dello sviluppo economico ha tempestivamente preso contatti con la direzione della società e con le segreterie nazionali delle principali organizzazioni sindacali, al fine di delineare un confronto sulle prospettive industriali del gruppo. Nella giornata di ieri, in particolare, il Ministro Zanonato e il sottosegretario De Vincenti hanno incontrato i rappresentanti sindacali per un primo esame delle conseguenze produttive e occupazionali del piano Indesit e per definire un percorso di approfondimento preliminare all'apertura di un tavolo di confronto sul piano industriale.
  È chiaro che gli aspetti occupazionali potranno e dovranno essere affrontati all'esito del confronto sulle scelte produttive e sulla ripartizione dei sacrifici richiesti nei singoli stabilimenti.
  Non posso nascondere, tuttavia, che le caratteristiche ad oggi note del piano industriale destano molta preoccupazione, Pag. 50soprattutto per le pesanti conseguenze sull'area di Caserta e su quella di Fabriano, quest'ultima già pesantemente colpita dal fallimento della società Antonio Merloni.
  Nel corso dell'incontro, il Ministero dello sviluppo economico ha dato garanzia alle organizzazioni sindacali sul fatto che continuerà il confronto con le associazioni di categoria e i sindacati di settore per individuare possibili politiche a sostegno del comparto dell'elettrodomestico. Per quanto riguarda il Ministero che rappresento, vi è la piena disponibilità ad attivare, nelle condizioni previste dalla normativa vigente, particolari misure a tutela dell'occupazione quali, ad esempio, i contratti di solidarietà. Con riferimento alle misure di sostegno per incentivare il made in Italy e la produzione nel territorio italiano, occorre ricordare che, come è stato anticipato negli ultimi giorni anche dagli organi di stampa, è in corso di predisposizione un provvedimento urgente che conterrà misure straordinarie per favorire la crescita, la competitività e l'occupazione nonché un ulteriore set di misure di semplificazione per i cittadini e per le imprese.
  Per quanto riguarda invece le ipotizzate misure finalizzate a disincentivare la delocalizzazione delle imprese nazionali verso Paesi europei ed extraeuropei, pur confermando che il Governo ha come priorità quella della tutela e del rafforzamento del tessuto produttivo nazionale, occorre di volta in volta verificare che le misure ipotizzate, in particolare per ciò che concerne la localizzazione delle imprese, siano coerenti con la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato e tengano conto del principio della libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali vigente a livello comunitario.
  In altri termini, quello che dobbiamo fare è migliorare la competitività e l'attrattività del Paese. Solo in questo modo, in modo coerente con le norme comunitarie, riusciremo non solo difendere i livelli occupazionali ma anche ad accrescerli e soprattutto ad aumentare la nostra forza all'interno di un mondo sempre più globalizzato.

  PRESIDENTE. La deputata Terzoni ha facoltà di replicare.

  PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, accogliamo favorevolmente le azioni che sta intraprendendo il Ministro dello sviluppo economico, ma noi ci siamo rivolti a lei perché è lei si deve fare garante di tutti i lavoratori, perché è lei che deve portare avanti i diritti dei lavoratori italiani. Quindi le chiediamo se può, lei, insieme al Ministro Zanonato, incontrarsi non solo con i sindacati, ma con la dirigenza e una delegazione dei lavoratori stessi, sia impiegati che operai. Noi, nei prossimi giorni insisteremo ancora sul tema del lavoro, e soprattutto sull'importanza di proteggere i lavoratori, il made in Italy e il sistema delle piccole imprese, prevedendo anche delle forme di forti penalizzazioni verso coloro i quali, dopo aver goduto di sostanziosi finanziamenti pubblici italiani, abbandonano il nostro Paese, depauperando un bene molto più prezioso del denaro, che si chiama dignità.
  Nel 1967 fu proprio Aristide Merloni a dire che in ogni nuova iniziativa industriale non c’è valore del successo economico se non c’è anche l'impegno nel progresso sociale. Oggi non è possibile continuare a rendersi complici di imprenditori che, in nome di maggiori ricavi, si rivolgono a Paesi dove ai lavoratori vengono riconosciuti minori garanzie e minori garanzie esistono anche per la salvaguardia dell'ambiente. Non è possibile continuare ad operare con gli investimenti tampone degli ammortizzatori sociali, fondi statali che vanno ad aggiungersi a quelli presi con i finanziamenti che vengono usati per delocalizzare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 15,35)

  PATRIZIA TERZONI. Ormai non si tratta più di ammortizzatori sociali ma di meri tentativi per garantire un certo grado di pace sociale. Fino a quando ce lo Pag. 51potremo permettere ? Poi cosa faremo ? Qual è il piano del Governo per il futuro meno prossimo ? Prima o poi speriamo di ricevere da qualche Ministro una risposta anche a queste domande.

(Misure a sostegno dell'occupazione, in particolare giovanile e femminile, e iniziative in relazione a recenti dati INPS sugli effetti della riforma pensionistica – n. 3-00114)

  PRESIDENTE. L'onorevole Valentina Paris ha facoltà di illustrare l'interrogazione Bellanova n. 3-00114, concernente Misure a sostegno dell'occupazione, in particolare giovanile e femminile, e iniziative in relazione a recenti dati INPS sugli effetti della riforma pensionistica (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

  VALENTINA PARIS. Signor Presidente, signor Ministro, da recenti dati che l'INPS ha fornito circa i recenti effetti finanziari del cosiddetto decreto-legge «salva Italia» si evince che, così come già sottolineato dal PD in fase di approvazione del suddetto decreto, gli effetti positivi sul bilancio dello Stato hanno poggiato essenzialmente sulle misure previdenziali, determinando nei fatti la rottura di un patto tra Stato e cittadini.
  È utile ricordare a tal proposito le parole del presidente della BCE: «Una più equa partecipazione ai frutti della produzione della ricchezza nazionale contribuisce a diffondere la cultura del risparmio e dunque della compartecipazione.
  Sentirsi parte integrante della nazione e cointeressarsi alle sue sorti economiche, aumenta la coesione sociale e incentiva comportamenti economici individuali che conducono, nell'aggregato, al successo economico della collettività».
  Chiediamo pertanto al Ministro se e come intende porre rimedio agli errori della riforma pensionistica, e quali ulteriori iniziative intende inoltre adottare per favorire il sostegno all'occupazione, in particolare giovanile e femminile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con questa interrogazione ho l'opportunità di segnalare che il Governo intende adottare assolutamente nel breve termine misure per favorire l'occupazione, in particolare quella giovanile e femminile, anche successivamente, per restituire maggiore gradualità agli effetti della recente riforma pensionistica.
  In proposito ritengo opportuno mantenere distinti i due temi che vengono posti all'attenzione del Governo, in quanto, com’è noto, l'attenzione in questa fase è prioritariamente rivolta all'emergenza occupazionale che da troppo tempo interessa il nostro Paese e, in particolare, le giovani generazioni. Vorrei, quindi, soffermarmi su questo tema in quanto è intenzione dell'Esecutivo affrontare in un secondo momento, cioè dopo l'estate, ogni eventuale intervento per affrontare le problematiche rappresentate dagli interroganti in ordine agli effetti recati dalla riforma pensionistica.
  Come ho già avuto modo di anticipare è allo studio un pacchetto di misure straordinarie e urgenti volte a favorire l'occupazione, che avranno il compito di contrastare la grave situazione occupazionale che stiamo attraversando con l'obiettivo, in particolare, di ridurre l'ampio numero di giovani privi di occupazione. In particolare abbiamo intenzione di muoverci su più piani di azione attraverso interventi mirati che avranno componenti normative e alcune componenti finanziarie per stimolare la nuova occupazione all'interno dei quadri di finanza pubblica già definiti. Com’è noto, infatti, ci muoviamo entro gli stretti vincoli di bilancio e per questa ragione stiamo lavorando a interventi da realizzare, ove possibile, a risorse date.
  Riguardo alle modifiche che potranno essere apportate alla disciplina vigente, Pag. 52abbiamo all'esame alcuni interventi a costo zero alla legge n. 92 del 2012, al fine di rendere più flessibile la disciplina sui contratti a termine, nonché alcune misure per rendere più agevole il ricorso all'apprendistato in modo da dare una prospettiva anche di medio termine ai giovani e non soltanto forme di precarietà.
  Stiamo anche studiando la possibilità di sostenere i datori di lavoro che assumeranno giovani con età inferiore ai trent'anni, in modo tale da superare certe rigidità, in particolare nel corso dei prossimi due anni e mezzo che sono i due anni e mezzo caratterizzati anche dall'organizzazione dell'Expo 2015.
  Infine vorrei sottolineare come vi sono numerose ipotesi in campo e il Governo sta cercando di individuare un equilibrato mix di misure, pur nella consapevolezza delle difficoltà legate alle possibili fonti di copertura, in particolare in questo momento, visto che il Governo ha preferito, contrariamente ai Governi precedenti, non fare la tipica manovra fiscale di metà anno. Per cui stiamo operando, come ho detto, a risorse date.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Su questi temi a breve ci sarà l'intervento del Governo e sarà l'occasione per intervenire su questi aspetti per poi passare ad aspetti di natura previdenziale richiamati nell'interrogazione.

  PRESIDENTE. La deputata Cinzia Maria Fontana, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

  CINZIA MARIA FONTANA. Signor Presidente, signor Ministro, prendo atto favorevolmente della risposta e non posso che sottolineare l'importanza dell'impegno che il Governo sta assumendo proprio in queste ore sui temi che abbiamo posto. Il piano per il sostegno dell'occupazione, il «decreto del fare» entro pochi giorni, il vertice di dopodomani tra Italia, Francia, Germania e Spagna per la definizione di una politica europea in favore dell'occupazione, in particolare giovanile, in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno: iniziative che nascono nel riconoscimento che un rapido miglioramento del mercato del lavoro è condizione indispensabile per rilanciare la crescita dell'economia italiana ed europea. Di un segnale forte lei, signor Ministro, ha parlato e condividiamo pienamente. Ma non ci possiamo permettere ulteriori deroghe. Occorre fare presto e, quindi, quel segnale, oltre che forte, deve essere veloce. Il momento è adesso, non c’è più tempo.
  I territori che abitiamo, i volti che incrociamo, le disperazioni che ascoltiamo, i giovani e le donne che non trovano lavoro, i cinquantenni che, se espulsi, non lo ritrovano, gli esodati che vivono il dramma della terra di nessuno, le imprese così fragili e sfiduciate: c’è una società che reclama risposte immediate perché è la società, quella del lavoro, che ha pagato e sta pagando il prezzo più alto e devastante della crisi.
  Per questo, signor Ministro, il nostro Paese – anzi diciamo l'Europa tutta – ha bisogno di un segnale forte, di un segnale immediato ed anche e soprattutto ora di un segnale giusto ed equo. Abbiamo in questi anni declinato il tema responsabilità con quello di sacrifici. Il PD ne aveva evidenziato i rischi e quel rapporto dell'area attuariale dell'INPS, con la notizia degli 80 miliardi di risparmio in dieci anni derivanti dall'ultima riforma pensionistica e ben superiori a quelli indicati durante la discussione della riforma, ci dice su chi i sacrifici si sono perlopiù scaricati e con quale pesantezza, una pesantezza che, per il mondo del lavoro e dei pensionati, sta diventando insostenibile socialmente ed economicamente, ma anche perché frena il rilancio del nostro Paese. Abbiamo più di un debito verso di loro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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(Iniziative in ordine ad alcune problematiche relative all'applicazione della disciplina sui lavoratori cosiddetti esodati, con particolare riferimento alla situazione del personale dipendente transitato in INPS – n. 3-00115)

  PRESIDENTE. L'onorevole Polverini ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-00115, concernente iniziative in ordine ad alcune problematiche relative all'applicazione della disciplina sui lavoratori cosiddetti esodati, con particolare riferimento alla situazione del personale dipendente transitato in INPS (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  RENATA POLVERINI. Signor Presidente e signor Ministro, in seguito alla riforma previdenziale, come lei sa, nel 2011, il Parlamento ha già adottato tre distinti provvedimenti che salvaguardano circa 130.000 unità sulle 300.000 probabilmente interessate. Sulla base dei dati forniti anche dalle associazioni, solo la prima procedura è stata regolarmente conclusa, anzi parzialmente conclusa, mentre per la seconda sarebbero appena arrivate le lettere da parte delle direzioni territoriali del lavoro. Quindi le chiedo intanto se è intenzionato a rendere comunque disponibili tutte le risorse stanziate e che non saranno impiegate nelle prime due procedure (perché su questo ci sono dei dubbi, almeno da parte delle associazioni); se si sono valutate con attenzione le situazioni appunto del personale ex Ipost, che non è riuscito – non ovviamente per propria causa – a contribuire con i contributi volontari e del personale licenziato o esodato in seguito ad accordi collettivi o individuali prima del 2007. Le dico anche che ad oggi l'INPS ha pubblicato sul suo sito 11.384 domande liquidate rispetto alle 130.000.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con l'interrogazione che passo ad esaminare gli onorevoli Polverini e Baldelli segnalano all'attenzione del Governo la questione dei lavoratori inclusi o ancora da includere nell'ambito delle cosiddette salvaguardie dall'integrale applicazione della riforma pensionistica, varata con l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
  In particolare, gli onorevoli interroganti richiedono, in primo luogo, se sia intenzione del Governo utilizzare le risorse eventualmente non impegnate nell'ambito delle prime due procedure al fine di soddisfare le istanze che perverranno successivamente.
  In secondo luogo, viene chiesto se, nella prima attuazione del sistema di monitoraggio realizzato dal Ministero del lavoro e dall'INPS, siano emerse particolari criticità nella gestione delle istanze presentate.
  Ebbene, quanto al primo quesito, devo confermare che è intenzione del Governo realizzare in pieno il programma – che in verità era già contenuto nella legge di stabilità per il 2013 – volto all'integrale utilizzo degli eventuali risparmi di spesa derivanti dalla gestione delle procedure di salvaguardia già avviate per finalità di tutela rivolte comunque alle platee di lavoratori maggiormente incise dalla recente riforma pensionistica. In particolare, il Governo intende utilizzare a pieno il fondo istituito dalla legge di stabilità per il 2013, la cui dotazione iniziale è pari a 36 milioni di euro per il solo anno 2013, nel quale confluiranno le eventuali economie di carattere pluriennale rinvenienti dall'attuazione delle disposizioni di salvaguardia finora adottate. Tali somme saranno destinate ad incrementare le tutele in favore delle platee di lavoratori a cui fanno riferimento gli onorevoli interroganti.
  Per quanto concerne la seconda parte del quesito, come ho già avuto modo di ricordare nel corso dell'ultima seduta di question-time, allo stato sono state definite soltanto le domande di accesso relative alla prima salvaguardia.Pag. 54
  In particolare, per quanto riguarda gli iscritti all'ex Ipost, l'INPS ha comunicato che sono state definite 2.797 certificazioni di salvaguardia e allo stato sono già state liquidate oltre 500 domande di pensione. Per quanto concerne le altre due operazioni di salvaguardia, le attività di monitoraggio della platea dei potenziali destinatari sono ancora in corso e ricordo che il termine di presentazione delle domande di accesso all'esodo è scaduto il 21 maggio scorso per la seconda salvaguardia, mentre scadrà il prossimo 25 settembre il termine per la presentazione delle domande relative alla terza salvaguardia. Da quanto appreso dall'INPS a questo proposito, non si rilevano allo stato particolari criticità neppure per quanto riguarda gli accordi individuali o collettivi stipulati prima del 2007. Noi stiamo completando la ricognizione di cui avevo parlato e a brevissimo saremo in grado anche di dare delle stime sulle platee ulteriori.

  PRESIDENTE. L'onorevole Polverini ha facoltà di replicare, per due minuti.

  RENATA POLVERINI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per i chiarimenti. Intanto, prendo atto che uno degli impegni che aveva preso in Commissione lavoro, cioè quello di far pubblicare dall'INPS i dati, da stamattina è stato mantenuto perché, come ho ricordato, il dato che ho citato l'ho preso proprio dal sito dell'INPS. Io non voglio continuare a dare i giudizi che, peraltro, ho già espresso in termini negativi sulla riforma, una riforma che sostanzialmente ha guardato più alla reazione dei mercati che non alle gravi conseguenze che aveva sulle persone. Prendo atto anche del fatto che comunque le risorse non solo ci sono, ma vengono confermate. Dico però anche che, a diciotto mesi dal decreto, il numero delle questioni aperte risulta assolutamente troppo elevato e a quello che ho avuto modo di appurare io nell'interlocuzione con le associazioni rappresentanti gli esodati e verificando anche personalmente, attraverso strutture di patronato, abbiamo una lentezza burocratica che dobbiamo assolutamente rimuovere.
  Troppo in ritardo siamo rispetto a quello che le direzioni del territorio rispetto al lavoro riescono a fare. Quindi, vorrei che lei si prendesse veramente a cuore questa situazione. Ringrazio anche il Presidente e richiamo il Parlamento a fare sì che la questione dei salvaguardati sia tra le prime priorità di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Partito Democratico).

(Intendimenti in ordine agli strumenti per il finanziamento delle misure contro la disoccupazione giovanile, con particolare riferimento ad eventuali interventi sulle cosiddette pensioni d'oro – n. 3-00116)

  PRESIDENTE. L'onorevole Meloni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00116, concernente intendimenti in ordine agli strumenti per il finanziamento delle misure contro la disoccupazione giovanile, con particolare riferimento ad eventuali interventi sulle cosiddette pensioni d'oro (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente, Ministro Giovannini, qualche settimana fa in quest'Aula, sempre durante il question time, le abbiamo chiesto se e come il Governo intendesse intervenire su quella che noi consideriamo una vergogna ancora esistente in Italia, la vergogna delle cosiddette pensioni d'oro, e lei aveva risposto rivendicando i provvedimenti già in essere, quelli relativi ai contributi di solidarietà introdotti prima dal Governo Berlusconi, poi confermati in qualche maniera dal Governo Monti, richiamandosi per il resto ai cosiddetti diritti acquisiti, a quello, cioè, che non si potrebbe toccare in ragione di accordi che lo Stato ha portato avanti con i cittadini. Ci sono due novità da quel question time: un'intervista, che io raccolgo con favore, nella quale lei dichiara testualmente, parlando proprio di un intervento sulle pensioni d'oro: «non si vede perché nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti qualcuno debba essere Pag. 55escluso» – e alcuni giornali hanno anche fatto riferimento ad una notizia secondo la quale lei starebbe pensando a destinare eventuali proventi del taglio delle pensioni proprio a interventi sulla disoccupazione giovanile – e una sentenza vergognosa, a mio modesto parere, della Corte costituzionale che, dichiarando incostituzionali quei contributi di solidarietà, rende vano anche quel poco che è stato fatto per intervenire su gente che prende delle pensioni spropositate. Quello che vogliamo chiederle stamattina è...

  PRESIDENTE. La ringrazio, ma purtroppo è terminato il tempo a sua disposizione.

  GIORGIA MELONI. ... quali sono le novità in materia. Scusi, Presidente. Grazie.

  PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, con questa interrogazione l'onorevole Meloni richiama nuovamente l'attenzione del Governo e del Parlamento sulle cosiddette pensioni d'oro, ovvero su quei trattamenti pensionistici il cui elevato importo appare stridente nell'attuale contesto socio-economico e di sacrifici imposti alla generalità della popolazione. Come l'onorevole interrogante ricorda bene, visto che l'ha citato un minuto fa, circa un mese fa, intervenendo presso questa stessa Assemblea, ebbi a riconoscere l'importanza della questione sollevata, ma, allo stesso tempo, invitai a tenere sul punto un atteggiamento di cautela, che naturalmente non significa inerzia o inazione, per le molteplici implicazioni coinvolte da un intervento in questa delicatissima materia.
  Ebbene, oggi devo osservare che molte delle osservazioni che ebbi modo di svolgere lo scorso mese di maggio restano confermate. In particolare, devo confermare che la generalizzazione del sistema di tipo contributivo attenuerà, naturalmente, il fenomeno segnalato fino ad eliminarlo, ma questo nel lungo termine. Nella richiamata occasione, ebbi anche modo di osservare che misure di carattere parafiscale, volte in modo diretto e immediato a ridurre gli ammontare delle pensioni in godimento, avrebbero potuto incontrare profili di incostituzionalità.
  Ebbene, com’è noto, quella cautela si è rivelata fondata, in quanto solo una settimana fa la Consulta ha dichiarato illegittima costituzionalmente una disposizione introdotta nel luglio del 2011, che aveva introdotto a carico delle pensioni di più alto ammontare un contributo di solidarietà di notevole ammontare. In effetti, sembra che l'opinione della Consulta sia nel senso che le misure volte ad incidere in modo autoritativo sugli importi dei trattamenti in godimento abbiano carattere sostanzialmente fiscale e debbano rispondere al generale principio costituzionale di progressività dell'imposta, in tal modo rendendo difficile tagliare un determinato livello di reddito per il solo fatto che esso deriva dalla pensione.
  L'orientamento della Corte costituzionale è denso di implicazioni, non può essere in alcun modo sottovalutato, ed è per questo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato una riflessione sulla possibilità di non limitarsi a riguardare i trattamenti pensionistici quali ordinarie fonti di reddito, ma di enfatizzare gli aspetti solidaristici, i quali sono sottesi alle disposizioni che hanno, sino ad oggi, consentito di erogare trattamenti, talora, di elevatissimo ammontare.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Vi è la possibilità per cui, impostati in tal modo i termini della questione, si possono individuare meccanismi idonei ad affrontare la questione segnalata senza incorrere in rischi di incostituzionalità. Quindi, posso certamente confermare la volontà di affrontare la questione segnalata dall'onorevole Meloni, ma ribadisco che essa deve essere attentamente valutata alla luce del Pag. 56quadro giuridico esistente e ponendo la massima attenzione ai profili di compatibilità costituzionale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Meloni ha facoltà di replicare, per due minuti.

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente, signor Ministro, la ringrazio anche io perché, in qualche maniera, la volontà che lei dichiara in quest'Aula è una volontà importante, in un'Italia nella quale, dobbiamo dirci la verità, certe decisioni che la classe dirigente prende, purtroppo, non vengono, a mio avviso giustamente, comprese degli italiani.
  Vede, io considero la sentenza della Corte costituzionale vergognosa. Gli italiani devono sapere che quello che la Corte ha considerato incostituzionale è chiedere un contributo di solidarietà del 5 per cento per la parte che eccede i 90 mila euro l'anno di pensione. Significa che se io prendo una pensione di 130 mila euro l'anno, quello che lo Stato mi chiedeva, in un momento di crisi economica, era di dare un contributo del 5 per cento su 40 mila euro, cioè sulla parte eccedente i 90 mila euro. È incostituzionale ?
  Mi chiedo perché la Corte costituzionale non abbia mai ritenuto di considerare incostituzionale, visto che violerebbe l'articolo 3 della Costituzione; cioè che i cittadini hanno trattamenti diversi, quando è stato introdotto il sistema contributivo. Quando, cioè, a fronte di gente che prende pensioni da 150 mila euro l'anno o da 90 mila euro al mese, non si sia dichiarato incostituzionale condannare intere generazioni a non prendere mai una pensione decente, perché con i soldi che lo Stato aveva si sono pagate le pensioni di questi soggetti, ai quali non si può chiedere, per incostituzionalità, un contributo del 5 per cento.

  PRESIDENTE. Onorevole Meloni, concluda.

  GIORGIA MELONI. Ed è ancora più vergognosa la sentenza della Corte – che, guarda caso, è composta di tutti pensionati d'oro –, perché, allo stesso tempo, non è che si dichiara incostituzionale il blocco delle indicizzazioni delle pensioni da 1.400 euro, cioè delle pensioni della povera gente.
  Allora, parlo con lei per parlare all'Italia – e concludo, signor Presidente –, perché mi è dispiaciuto che, a fronte di questa vergogna, che, ancora una volta, disegna un'Italia nella quale ci sono gli ipergarantiti e gli esclusi da ogni forma di garanzia, i partiti politici non abbiano dimostrato solidarietà, la grande comunicazione non abbia dimostrato solidarietà. E dirò di più. Mi è dispiaciuto del silenzio del Presidente Napolitano, che è l'unico che con la sua moral suasion potrebbe intervenire sulla Corte costituzionale, al quale abbiamo chiesto un appuntamento, e che si è ben guardato dal darci quell'appuntamento.

  PRESIDENTE. Onorevole Meloni, è terminato il tempo e, soprattutto, non è il caso di richiamare in quest'Aula, fuori luogo, il Presidente della Repubblica.
  È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16 con l'esame della proposta di legge sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.

  La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Biancofiore, Boccia, Manlio Di Stefano, Marazziti, Meta, Valeria Valente e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

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Discussione della proposta di legge: Garavini ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (A.C. 482) e delle abbinate proposte di legge: Migliore ed altri; Brunetta ed altri (A.C. 887-1001) (ore 16,06).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, d'iniziativa dei deputati Garavini ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Migliore ed altri; Brunetta ed altri.
  Avverto che la Commissione ha predisposto un testo unificato, che è in distribuzione – A.C. 482-A ed abbinate).
  Avverto, inoltre, che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Balduzzi.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Signor Presidente, dal 1962 ci sono state nove Commissioni antimafia (ultima quella istituita con la legge n. 132 del 2008) e quindi la prima cosa da osservare è che non si tratta di un atto scontato, ma di un impegno civile e democratico di lungo periodo, che ha visto e vede un ampio consenso parlamentare, confermato anche dalla rapidità delle procedure istitutive della Commissione di cui sia la precedente legislatura sia, per quello che possiamo constatare, già questa dà prova. Siamo dunque nel solco di una storia ormai lunga che esprime evidentemente anche la sofferenza nei confronti di un fenomeno che continua purtroppo a connotare negativamente la sostanza e l'immagine del nostro Paese. È il fenomeno delle mafie. La loro pluralità è riconosciuta nel titolo stesso della proposta di legge. Infatti, opportunamente, accogliendo un emendamento Faraone ed altri, la Commissione ha modificato quello che era l'originario testo unificato per includere proprio le mafie oltre che le altre associazioni criminali, anche straniere, che già facevano parte del progetto precedente.
  È un fenomeno che va contrastato anche attraverso lo strumento, appunto, dell'articolo 82 della Costituzione, affidando compiti di verifica dell'attuazione normativa, di proposta di iniziativa legislativa e amministrativa per rafforzare l'efficacia del contrasto, di conoscenza in tempo reale di un fenomeno che per sua natura è cangiante, mutevole, con una precisa attenzione al rapporto tra mafie e politica che, ove presente, rischia di minare quelli che sono i fondamenti stessi dello Stato democratico.
  Per fare questo, la Commissione, di cui proponiamo appunto l'istituzione ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, deve poter disporre dei poteri adeguati, senza peraltro sovrapporsi a quelle che sono le competenze dell'autorità giudiziaria ordinaria, e in tal senso, come già fu nel 2006 e nel 2008, non vengono affidati alla Commissione poteri di adottare limitazioni della libertà personale, salvo l'accompagnamento coattivo dei testimoni ai sensi dell'articolo 133 del codice di procedura penale. Ciò allo scopo di rafforzare proprio le garanzie delle persone coinvolte non ritenendo sussistenti, evidentemente, le stesse garanzie ove a procedere sia l'autorità giudiziaria che, comunque, prevede dei momenti di filtro e Pag. 58di controllo rispetto alla Commissione di inchiesta che questi momenti non prevede.
  Una commissione con questi compiti e poteri necessita anche di un'adeguata consistenza numerica: il testo originario della proposta di legge unificata portava il numero di quaranta; in sede di esame degli emendamenti è stata approvata una proposta Bragantini ed altri al fine di portarla a cinquanta. Inoltre, il testo unificato prevede che i componenti siano scelti dai Presidenti delle Camere, oltre che naturalmente in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e assicurando la presenza di ciascun gruppo, anche sulla base di un criterio che è specifico della Commissione antimafia, cioè tenendo conto – si dice – della specificità dei compiti assegnati alla Commissione.
  È la stessa formula che c'era sia nel 2006 sia nel 2008. Dai lavori parlamentari emerge la motivazione evidente di questa formula e dell'introduzione di questo criterio per evitare che vengano nominati componenti la Commissione parlamentare nei cui confronti sia aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso contro la pubblica amministrazione. Nella legge del 2008 venne inserito un riferimento a quanto stabilito dalla proposta di autoregolamentazione del 2007 che proprio la Commissione antimafia aveva fatto in materia di designazione dei candidati alle elezioni amministrative...

  PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Balduzzi. Colleghi, per favore...

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Grazie Presidente. Come si può vedere dai lavori preparatori della Commissione affari costituzionali dell'epoca, questo riferimento non fu previsto come criterio vincolante per la nomina da parte dei Presidenti, perché questa avrebbe potuto creare evidentemente una disarmonia tra lo status di parlamentare e quello di componente dell'antimafia; la soluzione fu quella di prevedere da parte del parlamentare nominato componente l'obbligo di dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza la sussistenza di una delle condizioni indicate nella proposta di autoregolamentazione.
  Ecco, il testo unificato che il relatore presenta all'Aula è, come già nelle proposte di legge che ne hanno dato origine, incentrato sulla ripresa di questo testo della legge del 2008, con il riferimento aggiornato alla proposta di autoregolamentazione successiva, e quindi quella del 2010, e in proposito ricordo che questa proposta di autoregolamentazione riguarda criteri ad adesione volontaria che impegnano formazioni politiche e liste civiche a non presentare o appoggiare candidati alle elezioni regionali e amministrative che si trovano in speciali e specifiche condizioni.
  A differenza delle precedenti leggi istitutive, tutte e tre le proposte di legge nel testo originario dettavano una disciplina per il caso di sopravvenienza di una di queste condizioni prevedendo che in questa fattispecie, per l'interessato, oltre alla previsione dell'obbligo di informarne immediatamente la Presidenza della Camera di appartenenza, questo avvenisse per l'adozione dei provvedimenti di competenza.
  Ecco, la Commissione qui ha ritenuto di non confermare questa proposta, in quanto se con «provvedimenti di competenza» si intende la revoca dei parlamentari interessati questo sarebbe in contrasto insanabile con i principi di fondo dell'ordinamento parlamentare e, in particolare, con il combinato degli articoli 1 e 67 della Costituzione; lo status parlamentare trova il fondamento diretto nel principio di sovranità popolare nella Costituzione, nell'investitura popolare e non può essere limitato con una disposizione di legge ordinaria, almeno in questo modo.
  Una volta che siano stati nominati i componenti, la proposta di legge prevede che la Commissione proceda con le stesse modalità alla costituzione dell'ufficio di presidenza; segnalo che tutte e tre le proposte stabilivano la non computabilità delle schede bianche per la elezione del presidente della Commissione e la Commissione Pag. 59ha ritenuto di non inserire questa previsione nel testo unificato, perché poteva dar luogo ad un'incertezza interpretativa in quanto, per come sono fatte le regole sull'elezione appunto del Presidente, in prima battuta è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti, se nessuno raggiunge tale quorum c’è il ballottaggio tra i due candidati più votati, e risulta eletto quello che ha il maggior numero di voti, dunque in entrambi i casi non verrebbero a rilevare le schede bianche.
  In merito allo svolgimento dei lavori, la proposta prevede che la Commissione possa organizzare i propri lavori con la costituzione di uno o più comitati, che possa procedere ad audizioni e testimonianze, secondo quello che ormai storicamente contengono le leggi istitutive della Commissione antimafia.
  Per quanto riguarda il segreto di Stato, che è stato uno dei punti di confronto in Commissione, il testo unificato, al pari delle proposte di legge da cui deriva, ricalca quello della legge n. 132 del 2008, rinviando a quanto previsto dalla legge generale sul segreto di Stato, la n. 124 del 2007. In proposito, c’è una vicenda che riguardava la ragione per cui questa formulazione venne adottata in sede di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali nella scorsa legislatura, che sostituì un testo approvato in sede deliberante dalla Commissione omologa del Senato, che prevedeva che in nessun caso per i fatti rientranti nella competenza della Commissione potesse essere opposto il segreto di Stato.
  La modifica nasceva dalla necessità di coordinare appunto la legge istitutiva con la legge del 2007 in materia di segreto di Stato: gli articoli da 39 a 42 di questa legge, modificando la previgente disciplina del segreto di Stato, escludono che possano essere oggetto di segreto di Stato fatti di terrorismo, i reati di strage previsti negli articoli 285 e 422 del codice penale e i reati di mafia di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale. Prima dell'entrata in vigore della legge del 2007, alcune delle leggi istitutive di Commissione antimafia effettivamente prevedevano la non opponibilità del segreto di Stato, ma si trattava di una previsione connessa con lo stato della legislazione precedente, che escludeva dal segreto di Stato soltanto i fatti eversivi dell'ordine costituzionale, e non appunto i reati di mafia.
  Come detto, nell'articolo 4, comma 2, viene ripreso il testo della legge del 2008, ma le proposte inserivano un nuovo comma, che stabiliva la non opponibilità del segreto di Stato alla richiesta di atti in possesso dei servizi di informazione per la sicurezza dello Stato comunque pertinenti alle materie di indagine della Commissione. C’è un elemento aggiuntivo rispetto alla norma che ho appena menzionato: la Commissione ha concordato sulla proposta del relatore di espungere tale comma dal testo unificato, in quanto conservarlo avrebbe creato non solo una duplicazione della norma, che fa rinvio alla normativa generale sul segreto, ma anche problemi di compatibilità e di raccordo con la legge del 2007.
  L'articolo 6 vincola al segreto, con la previsione di una sanzione penale, i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che per ragioni di ufficio e di servizio ne vengono a conoscenza; ugualmente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti. A un regolamento interno viene demandata l'organizzazione delle attività e del funzionamento della Commissione. Il comma 3 prevede la facoltà per la Commissione di avvalersi delle collaborazioni, che ritenga necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazioni dello Stato, ma la Commissione, approvando un emendamento del relatore, ha previsto che il regolamento interno stabilisca il numero massimo di collaborazioni di cui la Commissione può avvalersi. C'era stato un emendamento che chiedeva che la legge stessa fissasse tale numero massimo: è parso più opportuno non vincolarlo alla legge, che se dovesse poi essere necessario un numero superiore richiederebbe una modifica legislativa, demandando però opportunamente al regolamento interno di fissare il tetto.Pag. 60
  L'autorizzazione di spesa relativa prevede per il 2013 150 mila euro e 300 mila euro per ciascuno degli anni successivi. Naturalmente, in linea con quanto stabilito nella legge del 2008 e con l'ormai storica situazione di rapidità della discussione e dell'approvazione della legge istitutiva della Commissione antimafia, la sua entrata in vigore è quella del giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
  Colleghi, vi pregherei di dedicarmi un attimo di attenzione. La discussione sulle linee generali prevede 17 interventi. Pregherei quindi chi è interessato – e mi auguro, tutti – alla discussione di stare in Aula, e di consentire però a chi deve parlare e a chi vuole ascoltare di farlo. Chi ha bisogno di parlare e di fare altro, è pregato di non farlo in Aula.
  È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, colleghe, colleghi, ad ogni avvio di legislatura le Camere – lo ricordava il relatore – dal 1962 istituiscono la Commissione antimafia: questo atto oggi è ancora necessario e attuale.
  Dobbiamo avere la consapevolezza che, così come è cambiato il Paese e l'Europa, così è cambiato anche il volto delle mafie e della criminalità organizzata; ma è cambiato il volto e il nuovo ruolo della finanza nell'economia: ne ha cambiato il volto la crisi. Oggi la mafia agisce dentro la dimensione della finanza, tenendo ben forti le proprie radici nei traffici illeciti tradizionali, ma investendo in nuovi settori emergenti, in un'azione di riciclaggio che la fa diventare un attore globale dell'economia.
  La crisi ha fatto da moltiplicatore, da volano, sia sul terreno economico che sul terreno sociale.
  Di fronte alla stretta creditizia e alla caduta vertiginosa del PIL troppe volte le mafie, con la loro immensa liquidità, sono diventate prima un interlocutore e poi un dominus di interi settori economici nei nostri territori. Non riguarda più solo l'agroalimentare o l'edilizia, non è più solo la gestione del caporalato come canale di accesso a quei settori, ormai è evidente la mano delle mafie nella grande distribuzione e anche nelle attività industriali manifatturiere.
  La crisi ha modificato la qualità e quantità di infiltrazione delle mafie nell'economia nazionale, la crisi ha modificato anche il ruolo delle mafie nelle nostre città, ci sono borgate e rioni dove di fronte al ritrarsi dello Stato le attività offerte dalle organizzazioni criminali sembrano l'unica alternativa, l'unica fonte di reddito possibile, l'unico datore di lavoro per generazioni intere di giovani, altrimenti destinati a una disoccupazione strutturale.
  L'austerità, come si vede, ha effetti collaterali terribili, se lo Stato non è in grado di garantire il benessere ed i diritti minimi, quel vuoto di diritti viene riempito da soprusi e dall'illegalità. Ebbene, tutto questo è inaccettabile sia sul terreno politico che su quello sociale e culturale, dobbiamo riprendere quell'ispirazione che viene dalla parte migliore della storia italiana, l'antimafia sociale, la garanzia della libertà individuale e dei diritti sociali è la prima forma di contrasto alle organizzazioni criminali, la consapevolezza che la democrazia, il benessere, la sostenibilità e i diritti sono il vero antidoto alle mafie.
  Di fronte alla disperazione sociale e alla povertà di un numero sempre maggiore dei nostri concittadini, lo Stato deve riaffermare il valore della solidarietà e della fratellanza. La latitanza dello Stato alimenta il controllo da parte delle organizzazioni criminali di una parte sempre più ampia dei nostri territori, la mafia non è solo un attore economico e finanziario, essa cambia l'organizzazione sociale del Paese, lo possiamo vedere a partire dal Lazio, dalla crescita della presenza mafiosa che dal pontino ha risalito la costa, dall'incidenza delle mafie nel comparto dell'edilizia e della ristorazione a Roma, capitale turistica d'Europa. Lo possiamo vedere dal sequestro alle mafie di luoghi Pag. 61simbolici come il Café de Paris di via Veneto, dallo scioglimento del consiglio comunale di Nettuno e dallo scandalo del mancato scioglimento del consiglio comunale di Fondi, nonostante la chiara indicazione del prefetto di Latina.
  Come si dice nella relazione della direzione distrettuale antimafia del Lazio, a Roma c’è posto per tutte le mafie. Dobbiamo evitare che le mafie diventino l'unica vera attività di impresa anticiclica nel tempo della crisi, l'unica che vede crescere profitti e addetti. Questo è inaccettabile, lo ripeto, sia sul terreno politico che su quello sociale ed economico.
  Come cambia il Paese così cambiano le mafie e si adattano, anche trovando nuovi comportamenti illeciti in cui incunearsi e questo ci richiama alla nostra responsabilità di legislatori, alla nostra capacità di costruire un corpo normativo adeguato e contemporaneamente efficace ed attuale. Si pensi al gioco d'azzardo, già la Commissione antimafia nella precedente legislatura ha puntato il faro su come la criminalità organizzata non si limiti al controllo del gioco d'azzardo clandestino e illegale, ma abbia ormai individuato il gioco cosiddetto legale come il canale per investire e rimettere in circolo i proventi finanziari delle attività illecite. È chiaro perché le mafie investono nel gioco, troppe persone di fronte alla crisi, alle difficoltà, alla mancanza di lavoro e di reddito vedono nel gioco d'azzardo l'unico percorso di riscatto possibile e questo significa spesso la rovina per tante famiglie. L'abbassamento delle soglie d'accesso al gioco online ha reso questa una vera e propria emergenza sociale, alla quale il legislatore deve dare una risposta. Le recenti norme non ci sembra che siano sufficienti di fronte a un comportamento fortemente inquinato dalle organizzazioni criminali e dai devastanti attacchi sociali, sono convinto che la Camera presto dovrà affrontare questa questione con nuove e più stringenti norme.
  Assistiamo a nuovi settori nei quali le mafie superano le infiltrazioni e arrivano al radicamento, a noi spetta una risposta celere ed efficace. Si pensi ai reati ambientali e alle eco-mafie, che non sono più solo legati al ciclo dei rifiuti, pezzo di futuro che le organizzazioni criminali distruggono in ragione di un illecito profitto, con effetti devastanti sulla salute delle popolazioni e sulla qualità ambientale del Paese. Dal ciclo del cemento che foraggia l'abusivismo edilizio al ciclo delle acque fino alle grandi opere infrastrutturali, assistiamo a veri e propri comportamenti predatori che devastano il nostro sistema ambientale e scaricano costi esorbitanti sulla collettività, comportamenti rispetto a cui la pubblica amministrazione troppo spesso, se non connivente, è perlomeno inerte.
  Il tema della trasparenza e della qualità della gestione della cosa pubblica, a partire dagli appalti, è centrale. Per affrontare tutto questo, serve anche un'azione convergente di tutte le istituzioni, che sostenga con forza chi è più esposto e impegnato nel contrastare la criminalità. Non penso solo alla Direzione nazionale antimafia, ma anche alla DIA, la direzione investigativa. È di queste ore la denuncia di forze sindacali di ulteriori tagli agli straordinari e alle indennità di rischio e di continue riduzioni di personale. Come fanno le istituzioni democratiche ad essere così divergenti, quasi strabiche ? Qui vi è il Parlamento che discute della centralità della Commissione antimafia e là altre istituzioni, quelle deputate al contrasto sul campo, messe in condizione di difficoltà operativa. Non ci rendiamo conto che basterebbe rinunciare – e non è una grande rinuncia – a un solo F-35 per garantire la piena operatività della DIA per almeno cinque anni ? Serve la Commissione, serve ora più che mai, con la consapevolezza che i cambiamenti avvenuti negli anni richiedono una più grande attenzione. Vado a concludere...

  PRESIDENTE. Ha un minuto.

  FILIBERTO ZARATTI. Occorre portare a compimento quelle proposte e quelle norme che dalla Commissione stessa emergono. Penso ad esempio – vi faceva riferimento il relatore – al codice di Pag. 62autoregolamentazione per la composizione delle liste elettorali.
  Quello che trasforma un'organizzazione criminale in un'organizzazione mafiosa è la capacità di operare nel mondo dell'economia e della finanza, è il controllo del territorio, ma è soprattutto il potere di controllare gli amministratori pubblici e determinarne le scelte. Quindi, per sconfiggere le mafie, bisogna pulire la politica e garantire ai cittadini che i loro rappresentanti, a tutti i livelli, siano scevri da macchie e contaminazioni.
  Dobbiamo rompere l'attrazione fatale che lega spesso la criminalità alla politica, ma, per raggiungere questo risultato, serve un impegno serio, un impegno costante, un impegno che veda ogni potere dello Stato convergere su uno stesso obiettivo, ogni associazione presente sul territorio diventare un presidio di antimafia sociale, la buona politica riconquistare la fiducia delle comunità, ogni cittadino essere protagonista di una stagione di partecipazione e lo Stato contribuire a creare le condizioni economiche del benessere e garantire i diritti di ciascuno (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, colleghi, la proposta di legge in discussione, istituisce per questa legislatura una Commissione di inchiesta sulle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Il provvedimento ha l'obiettivo di proseguire in modo sistematico e continuativo il lavoro svolto nelle precedenti legislature, come ha illustrato il relatore, per approfondire le conoscenze raggiunte, aggiornare l'analisi e verificare l'efficacia degli strumenti legislativi e istituzionali di prevenzione e contrasto.
  La proposta assegna alla Commissione di inchiesta due compiti di particolare rilievo e attualità: quello di accertare e valutare la natura e le caratteristiche delle trasformazioni del fenomeno mafioso nelle regioni del centro-nord e quello di accertare le forme di accumulazione dei patrimoni illeciti di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali. Queste sono attività che si svolgono, sempre più spesso, nelle regioni settentrionali. Proprio sulla presenza della criminalità organizzata nell'Italia del nord credo serva il lavoro della Commissione di inchiesta. Infatti, le mafie cambiano in continuazione assetti e modalità di intervento, si adattano alle mutate situazioni economiche e sociali e cercano di entrare nel tessuto produttivo e finanziario delle zone più ricche e più dinamiche d'Italia e d'Europa, inserendosi nel sistema imprenditoriale, bancario e istituzionale perché cercano le migliori condizioni per realizzare le loro finalità di arricchimento. In molte aree del nord Italia, siamo già oltre il concetto di infiltrazione e le organizzazioni mafiose sono in una fase, favorita dalla crisi, di radicamento e di ulteriore conquista. La crisi sta aprendo nuove opportunità per le organizzazioni criminali che, dopo essersi insediate in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia, ora sono presenti anche in Veneto e in alcune aree del Friuli Venezia Giulia. Recenti inchieste delle forze dell'ordine e della magistratura stanno portando alla luce elementi che evidenziano la presenza delle organizzazioni criminali nel nordest, l'arresto di pericolosi latitanti, che indica l'esistenza di una rete di protezione e assistenza logistica, il frequente sequestro di beni di proprietà di mafiosi, l'infiltrazione in appalti pubblici importanti, l'inserimento in attività economiche e imprenditoriali. Questi fatti risultano indicativi del rischio che sodalizi criminali possano trovare in Veneto un terreno fertile e favorevole per insediarsi stabilmente.
  In particolare, le indagini confermano l'esistenza di rapporti continuativi tra imprenditori locali e una vasta area di professionisti, soprattutto consulenti fiscali e commercialisti, anch'essi veneti, finalizzati a commettere reati di natura fiscale o operazioni illecite, quali la bancarotta fraudolenta.

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  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Naccarato. Gentilmente, bisognerebbe consentire al Governo di ascoltare.
  Prego, onorevole Naccarato.

  ALESSANDRO NACCARATO. Si tratta di un modus operandi attivo da tempo e di un sistema che in alcuni casi cerca e trova relazioni con la criminalità organizzata, per continuare a funzionare. In questo contesto, si realizza la convergenza di interessi delle organizzazioni criminali, che dotate di un'enorme disponibilità di denaro, ritengono funzionale supportare le attività di cui sopra al fine di riciclare i proventi acquisiti illecitamente. Si determinano così due conseguenze: l'alterazione del regime di libera concorrenza nel mercato, attuata mantenendo l'operatività di aziende economicamente decotte, con l'unico fine di tenere in piedi assetti societari che permettono l'attuazione di reati fiscali e contributivi; e l'inserimento, nel tessuto economico-sociale della regione, delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, a cui si rivolgono, più o meno consapevolmente, i titolari di piccole e medie imprese per ottenere risorse. Tali azioni sono favorite – e in alcuni casi organizzate – da un'area grigia di professionisti insospettabili, che tecnicamente costruiscono gli assetti societari funzionali alle attività illecite descritte.
  Per queste ragioni serve la Commissione d'inchiesta, per avere una maggiore conoscenza dell'evoluzione del fenomeno mafioso e per predisporre norme in grado di prevenire e contrastare la presenza e l'espansione delle organizzazioni criminali nel tessuto economico e produttivo dell'Italia settentrionale. In questa fase istitutiva della Commissione, mi sembra importante segnalare alcuni ritardi da recuperare e alcune scelte sbagliate del passato da correggere rapidamente sui reati finanziari ed economici, indicando cinque priorità di intervento: eliminare la norma approvata nel 2002 e ripristinare la punibilità del falso in bilancio, per garantire la trasparenza e favorire la libera concorrenza; introdurre, nel nostro ordinamento, il reato di autoriciclaggio; migliorare e rendere più incisiva la legislazione contro le frodi fiscali; cambiare la legge fallimentare, per tutelare meglio i creditori e prevenire il crescente fenomeno dei fallimenti pilotati per favorire l'ingresso delle organizzazioni criminali nelle imprese fallite, fenomeno che inizia a diffondersi in modo preoccupante anche in molte regioni dell'Italia del nord; e, infine, aumentare le risorse e gli strumenti a disposizione delle forze dell'ordine, per controllare il rispetto delle norme sull'assegnazione e sulla realizzazione degli appalti per lavori e servizi pubblici.
  In conclusione, l'obiettivo è quello di impedire che risorse proveniente da attività illegali possano essere utilizzate e investite dalle organizzazioni criminali per conquistare posizioni dominanti nel tessuto produttivo e finanziario danneggiando e uccidendo, in modo definitivo, le imprese sane. Con questi obiettivi, ritengo molto opportuno e urgente istituire la Commissione d'inchiesta oggetto della proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, l'istituzione di una Commissione può essere rituale soprattutto se si protrae nel corso degli ultimi 40 anni. La speranza è che la prossima edizione della Commissione, che ha come oggetto la lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, riesca a ottenere il principale risultato che si persegue: aiutare in modo particolare le piccole amministrazioni, le amministrazioni locali, a conseguire risultati che impediscano le infiltrazioni della malavita organizzata. Io penso che il maggiore sforzo che si dovrà provare a perseguire, nel corso di questa legislatura, sia proprio questo: assicurare una protezione e determinare con una legislazione più efficace una protezione nei confronti della pubblica amministrazione.
  Il Sud Italia, in modo particolare, è quello che più di ogni altra zona è colpita da questo fenomeno, che alla fine mette in Pag. 64discussione il vivere civile. Sono decine e decine le amministrazioni comunali sciolte negli ultimi anni per infiltrazioni camorristiche. Si tratta di amministrazioni che appartengono a tutti i colori politici e, quindi, non vi è un problema di schieramento ma vi è un problema oggettivo di rendere impermeabile l'azione della pubblica amministrazione, soprattutto quando le attività criminali riguardano la salute dei cittadini.
  Chi viene dalla Campania sa bene cosa le ecomafie e le organizzazioni criminali hanno creato nel corso degli ultimi anni, quali siano le conseguenze nefaste per i cittadini, quali siano anche le risultanze determinate dalle statistiche del Ministero della salute in ordine all'incidenza tumorale in determinate zone. Ed è evidente che tutto quello che è accaduto è avvenuto anche per una inerzia delle pubbliche amministrazioni e in modo particolare dello Stato. Si tratta di determinare conseguenze utili. Il voto di Fratelli d'Italia all'istituzione della Commissione è un voto favorevole, ma la Commissione non può essere un ritualismo, non vi può essere un automatismo nella riproposizione di organismi. Bisogna ovviamente guardare ai risultati ottenuti negli anni scorsi nelle precedenti legislature, ma bisogna soprattutto guardare ai risultati non ottenuti. Bisogna dare chiarezza anche alla norma che prevede lo scioglimento delle amministrazioni comunali. Troppo spesso in sede di TAR il ricorso che è stato in più occasioni proposto contro lo scioglimento ha trovato un accoglimento per la carenza delle motivazioni. Ovviamente il tema sul quale lavorare è un'azione che, da un lato, suggerisca soluzioni di carattere normativo, dall'altro, offra mezzi economici, ma ovviamente anche di risorse umane per le amministrazioni, affinché il fenomeno della criminalità organizzata nazionale o internazionale venga effettivamente combattuto. Io sono convinto che il ritualismo del quale spesso anche la Commissione antimafia è stata oggetto di accusa possa essere debellato se lo spirito nel quale andremo a lavorare terrà conto soprattutto dei risultati non ottenuti negli anni precedenti.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dambruoso. Ne ha facoltà.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi la Camera è chiamata a discutere e ad approvare la legge che istituisce una Commissione di inchiesta sulla mafia e la criminalità organizzata. Questa prassi, ormai consolidata all'inizio di ogni legislatura, non rappresenta un passaggio obbligato a livello procedurale, ma offre a tutti noi l'occasione di rinnovare il nostro impegno nella lotta alle organizzazioni di stampo mafioso e di farlo attraverso uno dei più efficaci strumenti di monitoraggio, controllo e indirizzo che il nostro sistema democratico abbia concepito, la Commissione antimafia. Nella storia dell'Italia repubblicana hanno già operato dal 1962 ad oggi nove Commissioni bicamerali di inchiesta sul fenomeno mafioso e ogni volta il Parlamento ha apportato modifiche alla legge istitutiva, conferendo poteri diversi a seconda dell'evoluzione che le organizzazioni criminali hanno avuto sul territorio del nostro Paese. È mutata la natura delle mafie e dei loro rapporti con la società, con la politica e con le istituzioni. È notevolmente cresciuto il volume degli affari gestiti e controllati dalle principali organizzazioni criminali. Queste ultime infatti sono divenute veri e propri centri di coordinamento e di erogazione di servizi illeciti. Una volta creata una struttura in grado di smerciare droga, è stato facile sfruttarla anche per il mercato degli immigrati clandestini, delle armi o dei rifiuti tossici. Le organizzazioni criminali hanno sviluppato la capacità di adattare prontamente il loro settore di intervento alle fluttuazioni della domanda e di infiltrarsi insidiosamente nelle imprese legali e nei circuiti finanziari oltre i confini nazionali. Esse operano ormai su scala mondiale, accumulando ingenti profitti illeciti, che reinvestono in vari Paesi anche attraverso il riciclaggio di denaro. La natura e la Pag. 65portata della criminalità organizzata transnazionale esigono risposte collettive sulla base del principio di responsabilità condivisa e un'importante strumento di indirizzo in questa direzione è offerto senz'altro dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata non a caso a Palermo nel 2000. Nel nostro ordinamento molte delle norme indicate in quella Convenzione sono state introdotte già a partire dagli anni Ottanta, grazie all'esperienza maturata nell'ambito delle attività investigative del pool antimafia, che proprio a Palermo ha istruito il primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Parlarne oggi, a poche settimane dal ventunesimo anniversario della strage di Capaci, dimostra come il lavoro svolto da Giovanni Falcone e dai suoi colleghi ha rappresentato una rivoluzione nell'attività di contrasto alla criminalità organizzata e come quella dedizione, pagata purtroppo con la vita, ha permesso a tutti noi di conoscere la struttura e le modalità operative delle organizzazioni mafiose e di adottare una normativa che ha fatto scuola in tutto il mondo per la sua efficacia nel disarticolare gli interessi economici delle mafie.
  Le Commissioni di inchiesta nel corso delle ultime legislature hanno portato avanti il grande lavoro avviato a Palermo, approfondendo le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l'analisi e, soprattutto, verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare nell'azione di contrasto alla mafia e nella prevenzione delle attività criminali e dell'illegalità.
  Il disegno di legge che abbiamo oggi dinanzi prende naturalmente atto di questa lunga storia e, in piena continuità con le norme che istituivano la Commissione nella passata legislatura, estende la sua indagine a tutte le associazioni criminali, comunque denominate, alle mafie straniere e alla natura transnazionale, nonché a tutti i raggruppamenti criminali che abbiano le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis del codice penale e che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale.
  Il testo che ho appena letto propone, altresì, che la Commissione d'inchiesta proceda secondo il dettato dell'articolo 82 della Costituzione, che prevede che la Commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, senza, tuttavia, disporre provvedimenti limitativi dei diritti costituzionalmente garantiti, quali la segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione o la libertà personale, ad eccezione dell'accompagnamento coattivo dei testimoni di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  Tale precisazione già in passato si è resa necessaria per una maggiore tutela dei soggetti interessati in quanto, all'interno della Commissione, non sono attivabili quelle garanzie che, invece, possono riscontrarsi all'interno di un procedimento giudiziario, nel corso del quale la richiesta da parte del pubblico ministero di un provvedimento restrittivo deve essere sottoposta al vaglio di un giudice terzo.
  In conformità con le precedenti leggi istitutive, si vuole conferire alla Commissione il compito di verificare l'attuazione delle disposizioni di legge adottate contro la criminalità organizzata, e in particolare di quelle riguardanti i collaboratori e i testimoni di giustizia, di quelle relative al regime carcerario previsto per le persone imputate o condannate per i delitti di mafia, nonché di accertare la congruità della legislazione vigente, anche con riferimento al reato di riciclaggio, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinate e incisive le iniziative contro la mafia.
  Ed ancora, la Commissione provvederà ad accertare e valutare le tendenze e i mutamenti in atto nell'ambito della criminalità di tipo mafioso, anche con riferimento a processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali in attività illecite rivolte contro la proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato e avendo particolare riguardo al ruolo che la criminalità riveste nella promozione e nello sfruttamento dei flussi Pag. 66migratori illegali, nonché a verificare e accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti di tipo mafioso.
  Al riguardo, la Commissione dovrà certamente monitorare anche le modalità di applicazione della nuova legge 6 novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, al fine di verificarne l'efficacia. Un altro punto qualificante dell'attività prevista per la Commissione d'inchiesta riguarda la verifica dell'adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, nonché la promozione di misure idonee a renderle più efficaci.
  È necessario, quindi, procedere al monitoraggio delle nuove norme introdotte dal codice antimafia in materia di misure di prevenzione e documentazione antimafia, al fine di facilitare l'ingresso nel circuito legale di aziende e beni precedentemente appartenuti al mafioso e di impedire in modo sempre più stringente le infiltrazioni criminali nell'ambito delle negoziazioni pubbliche.
  Alla Commissione è, altresì, attribuito il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali e il compito di proporre misure per prevenire e contrastare tali tentativi, anche verificando l'efficacia delle disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento a quelle in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali e di rimozione degli amministratori di tali enti.
  Ed ancora, la Commissione dovrà invitare tutti i partiti a rinnovare la loro adesione al codice di autoregolamentazione, confermando il proprio impegno a non presentare come candidati alle prossime elezioni regionali, dei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali quanti sono stati colpiti da misure cautelari non revocate né annullate o che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive oppure siano stati condannati con sentenza anche non definitiva.
  Non potranno, quindi, essere candidate persone inquisite per associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, reati patrimoniali, traffico illecito di rifiuti e attività di carattere mafioso. Il codice prevede anche che i partiti che non intendano sottoscrivere il documento di autoregolamentazione ne rendano pubbliche le motivazioni.
  Il testo in esame stabilisce, poi, ad integrazione di quanto previsto dalle precedenti leggi istitutive, che in caso di sopravvenienza dopo la costituzione della Commissione di una delle circostanze indicate come motivo di incandidabilità dal codice di autoregolamentazione, l'interessato deve informare immediatamente il Presidente della Camera di appartenenza.
  Da ultimo – e l'argomento, qui, mi sta particolarmente a cuore –, tra i compiti dell'istituenda Commissione vi è quello di indagare sul rapporto tra mafia e politica, anche riguardo alla sua articolazione territoriale.
  In queste settimane, in Commissione giustizia, è in corso l'esame di due proposte di legge aventi ad oggetto una modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso e, in qualità di relatore, di magistrato e di membro del Parlamento italiano, mi sento in dovere di sollecitarne l'approvazione in tempi rapidi, Presidente, recependo le indicazioni che da tempo la giurisprudenza offre per dare una soluzione all'annoso problema del concorso esterno in associazione mafiosa, attualmente punito ai sensi dell'articolo 110, primo comma, e in correlato con l'articolo 416-bis del codice penale, ma, nei fatti, oggi di difficile applicazione.
  D'altronde, ogni giorno assistiamo a casi di infiltrazione mafiosa nella vita economica e produttiva del nostro Paese ed è triste constatare che alla base di queste criminali ingerenze vi è spesso un patto politico elettorale-mafioso: il candidato stringe un accordo consapevole con il mafioso e, in cambio di sostegno elettorale, promette utilità e favori finalizzati ad Pag. 67assecondare i desiderata delle cosche. Si pensi, ad esempio, a finanziamenti, appalti, concessioni o all'adozione di provvedimenti amministrativi. Al riguardo, Borsellino ripeteva spesso che non esiste solo la responsabilità penale, ma anche quella etica e politica.
  Il nostro compito, oggi, è quello di avviare una seria riflessione sul disvalore di certi rapporti e di certi comportamenti e definire i limiti entro cui è necessaria una assunzione di responsabilità, anche penale, della politica.
  Il Parlamento ha adottato numerosi provvedimenti di contrasto all'attività economica della criminalità organizzata e quelli che negli anni si sono rivelati più efficaci, sono proprio quegli strumenti giuridici che consentono lo spossessamento...

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Dambruoso. Onorevole Artini ! Le chiedo scusa, ma...

  STEFANO DAMBRUOSO. ... dicevo, lo spossessamento in via cautelare dei beni ad essa riconducibili.
  Tuttavia, le organizzazioni criminali dispongono ancora di ingenti capitali e sono capaci di infiltrarsi nelle sedi della democrazia rappresentativa.
  Su questo versante, spetta quindi allo Stato il compito di contrastare le ingerenze criminali, potenziando le norme che hanno consentito sinora di conseguire importanti vittorie nella lotta alla mafia, grazie al costante impegno delle forze dell'ordine, a volte della magistratura, con la cattura di boss da tempo latitanti e con il relativo accertamento delle responsabilità di ciascuno, ma anche, e soprattutto, grazie al contributo dei cittadini italiani che stanno dimostrando una capacità di reazione straordinaria, di opposizione culturale e civile alle organizzazioni mafiose.
  Nel trattare questi temi occorre la massima consapevolezza che il controllo penale sui fenomeni di contiguità politico-mafiosa non di rado incide su questioni vitali per la democrazia, soprattutto dal punto di vista dei rapporti tra azione giudiziale e diritti politici di rango costituzionale. Se, infatti, da un lato, è indiscutibile che il comportamento di chi scende a patti con le organizzazioni mafiose per farsi sostenere in una competizione elettorale in cambio dell'impegno ad assecondarne le richieste una volta eletto, reca con sé un disvalore elevatissimo, dall'altro, la sensibile anticipazione di tutela a cui si è costretti a ricorrere per sanzionare tempestivamente e in modo efficace tali condotte, nonché la ricorrente equivocità dei confini tra legittima raccolta del consenso mediante la tutela degli interessi, anche particolari, di sfruttamento a fini elettorali del capitale sociale di cui sono dotate le mafie nel nostro Paese, possono mettere a dura prova la giurisdizione penale chiamata a muoversi su un terreno scivolosissimo, soprattutto sul versante probatorio.
  Una riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso è pertanto necessaria e non rinviabile, ma occorre procedere con grande equilibrio e determinazione.
  Dobbiamo impedire già per le prossime competizione elettorali la mobilitazione delle organizzazioni mafiose nel procacciamento di voti e difendere la libertà dei cittadini di autodeterminarsi in occasione delle elezioni, anche perché la vittoria di ogni singolo candidato vicino alle organizzazioni mafiose non solo rappresenta un fallimento della democrazia, ma determina un vero e proprio vulnus permanente nelle istituzioni rappresentative di cui questo soggetto diventa membro.
  Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio. O si fanno la guerra, o si mettono d'accordo. È questo che diceva Borsellino. L'ampliamento delle condotte che configurano il reato di scambio elettorale politico-mafioso può offrire un importante strumento di lotta alle forme di cooptazione del consenso di cui la criminalità organizzata si serve.
  Abbiamo, Presidente, l'opportunità di infliggere un duro colpo alle consorterie mafiose, di precludere loro la possibilità di infiltrarsi nelle istituzioni e di condizionare gli eletti collusi con il sistema criminale. Pag. 68Non perdiamo, Presidente, questa occasione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei di abbassare un pochino il tono della voce.
  È iscritto a parlare l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, è già stato sottolineato in più di un intervento tra quelli che mi hanno preceduto, come ci si trovi di fronte ad una consuetudine, vale a dire quella che tra i primi atti d'inizio legislatura vi sia l'approvazione di un provvedimento che ricostituisce l'Antimafia.
  Ci si muove quindi nel solco della continuità di un impegno in un certo senso storico, che ha portato le Camere ad interrogarsi sia sul fenomeno mafioso nazionale tradizionale, originario del Sud Italia, che sulle nuove organizzazioni criminali straniere, installatesi sul territorio nazionale del nostro Paese, parallelamente ai migranti dei rispettivi Paesi d'origine: mafie nigeriane, russe, balcaniche e naturalmente le triadi cinesi.
  Non potrebbe essere altrimenti, vista la gravità della minaccia che lo sviluppo del crimine organizzato rappresenta alla sovranità dello Stato e all'esercizio dei diritti democratici dei cittadini, in Italia come altrove. Occorre riconoscere poi come l'attività delle Commissioni Antimafia delle precedenti legislature abbia dato un contributo notevole alla conoscenza di questa realtà oscura e pericolosa.
  Il testo che giunge oggi all'esame della nostra Aula è la risultante della fusione di tre proposte di legge, d'iniziativa di tre raggruppamenti di deputati, guidati rispettivamente dall'onorevole Garavini del PD, dal suo collega Migliore di SEL e dall'ex Ministro Brunetta del PdL. Erano sostanzialmente identici, differendo soltanto per alcuni dettagli, come l'ampiezza della composizione, che oscillava tra i 30 ed i 40 membri. Per questo è stato facile raggiungere un accordo in sede di Commissione sul testo unitario arrivato in Assemblea.
  Il provvedimento, illustrato esaustivamente dal relatore, consta di otto articoli. Il primo determina durata ed oggetto dell'attività inquirente. Si prevedono un mandato di legislatura ed un ampio ventaglio di materie di investigazione: dalla gestione dei pentiti all'attuazione del regime carcerario introdotto dall'articolo 41-bis; dalla congruità della legislazione nazionale antimafia allo studio dei mutamenti del fenomeno della criminalità organizzata; dai rapporti tra mafia e politica, con particolare riguardo al condizionamento nella scelta delle persone candidate alle cariche elettive, alle tecniche di difesa delle gare d'appalto. Sono tutti temi sensibili che sono costati la vita a più di un inquirente coraggioso. Il fatto che ci lavori sopra anche il Parlamento, secondo me, deve essere anche visto come una doverosa forma di ringraziamento e di memoria a questi instancabili servitori dello Stato. È importante sottolineare ancora una volta come sia previsto che si indaghi anche sulle associazioni di stampo mafioso straniere, in quanto operanti sul territorio italiano, come peraltro si fa ormai da diverse legislature. Si conferma altresì la tradizionale attribuzione alla Commissione degli stessi poteri di cui gode l'autorità giudiziaria.
  Il secondo articolo concerne la composizione della Commissione. Noi siamo particolarmente contenti che, rispetto alla previsione originaria di 20 deputati e 20 senatori, sia stata accolta la richiesta avanzata da parte del gruppo della Lega Nord e Autonomie, di portarne il numero a 25 senatori più 25 deputati, per rendere la Commissione ancora più solida e rappresentativa, anche in vista delle previsioni concernenti la struttura interna della Commissione Antimafia. In base al terzo articolo, infatti, è concessa alla Commissione la possibilità di articolarsi in comitati, verosimilmente quindi allo scopo di incoraggiarla ad espandere le sue attività.
  Al quarto articolo vi sono disposizioni concernenti la disciplina delle audizioni a testimonianza, e si estendono alle attività della Commissione alcune norme del diritto processuale penale. Viene altresì precisata Pag. 69l'impossibilità di opporre alla Commissione il segreto di Stato rispetto a fatti rientranti nelle sue competenze.
  Il quinto articolo regola la richiesta di atti e documenti, introducendo un regime di eccezioni all'articolo 329 del codice di procedura penale, in modo tale da permettere l'acquisizione di atti processuali concernenti procedimenti ancora in corso.
  Il sesto articolo impone l'obbligo del segreto ai commissari, ai funzionari e a tutti coloro che collaborino con la Commissione.
  Il settimo articolo deferisce ad apposito regolamento l'organizzazione interna della Commissione, dalle modalità di funzionamento alla costituzione o meno di comitati, autorizzata dall'articolo 3. Si stabilisce inoltre che le Camere mettano a disposizione della Commissione personale, locali e strumenti operativi necessari alla sua attività. È imposto un tetto di 300 mila euro all'anno alle spese della Commissione, divisi equamente a metà tra Camera e Senato.
  L'ottavo ed ultimo articolo dispone per il provvedimento la procedura accelerata di entrata in vigore, onde agevolare il più possibile la sollecita ricostituzione della Commissione.
  Come gruppo Lega Nord ed Autonomie, sosterremo certamente l'approvazione della proposta di legge unitaria, che giudichiamo conforme all'interesse di accertare la portata del fenomeno mafioso – vecchio e nuovo – e la congruità delle misure di contrasto adottate finora per fronteggiarlo.
  Ora che il polverone delle polemiche si è finalmente posato, desideriamo altresì ricordare, in questa circostanza, come sia stata proprio la Lega Nord, nelle passate legislature, a battersi affinché il campo di indagine dell'Antimafia venisse allargato alle regioni esterne al novero di quelle tradizionalmente infestate dalla grande criminalità organizzata, e non solo per tener conto dell'attività delle triadi cinesi o della cosiddetta mafia o mala del Brenta.
  Cogliamo infine l'occasione per rivendicare ad un Ministro dell'interno leghista, Roberto Maroni, i risultati ottenuti nella lotta alle infiltrazioni ’ndranghetiste al Nord, che ha comportato anche lo scioglimento di alcuni comuni.
  Per questo motivo, ed ovviamente perché condividiamo il provvedimento nel suo insieme, il gruppo della Lega Nord ed Autonomie voterà a favore dell'approvazione della ricostituzione della Commissione Antimafia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

  LUISA BOSSA. Signor Presidente, colleghi deputati, è stato detto: la criminalità organizzata è un grande soggetto economico, naturalmente del malaffare, ma molto molto sofisticato. Il suo fatturato è stimato dallo Stato in 140 miliardi di euro l'anno. Le provviste di danaro arrivano dai canali illeciti, droga ed estorsione soprattutto. Ma questa marea di banconote non avrebbe alcun valore se non venisse ripulita e immessa sul mercato legale. Si calcola che un capozona della camorra ogni sera conti circa 400 mila euro in contanti di introiti: sacchi di soldi, sacchi nel vero senso della parola, buste piene di banconote che vengono scaricati sui tavoli e contati. Sono gli incassi giornalieri delle piazze di spaccio, del giro del racket. Che fare di tutta questa moneta contante ? Con una parte si pagano stipendi ad affiliati, gregari, detenuti e parenti di detenuti. Ma i soldi sono tanti, ne rimangono sempre molti, e bisogna pensare al futuro. I boss non nascondono il contante in casa. Sanno che sono soggetti a perquisizioni: è rischioso. I boss fanno di questo denaro contante una vera e propria banca di investimenti. Finanziano soprattutto aziende di prestanome che lavorano normalmente, concorrono a gare di appalto, danno lavoro, producono e competono. Recenti inchieste hanno dimostrato, ad esempio, che i Mallardo di Giugliano avevano aziende edili, di distribuzione del caffè, ristoranti da Napoli a Roma, con un patrimonio di 600 milioni euro. I Polverino di Marano avevano panifici, aziende Pag. 70vinicole, facevano ingrosso di carni. I Nuvoletta avevano grossi interessi nell'edilizia e nel turismo, soprattutto in Spagna.
  Parlo oggi qui in Aula di tutto questo perché credo che la Commissione Antimafia che nascerà in questa legislatura debba porsi con forza il tema di questo profilo della criminalità organizzata. La passata Commissione ha licenziato sette documenti: uno molto importante sulla lista dei candidati a varie elezioni amministrative, uno sul tema del gioco lecito e illecito, uno sulle mafie straniere e una relazione sui costi economici della criminalità nelle regioni dell'Italia meridionale. Tuttavia non è riuscita ad approvare una vera relazione conclusiva e nell'insieme – credo – è mancata l'incisività necessaria per produrre su questi temi proposte ed idee.
  Ma è nella mafia economica che si annida il cuore operativo del crimine oggi in Italia, in un grumo di terribili complicità. Chi è in grado di investire grosse quantità di soldi su fondi finanziari esteri ?
  Chi è in grado di aprire imprese, condurle, collocarle sul mercato, farle produrre, tenerle in vita ? Non certo gli spacciatori o i trafficanti o gli assassini. È una marea di professionisti quella che oggi tiene a galla le mafie: ingegneri, architetti, commercialisti, manager, banchieri, finanzieri, broker, figure in doppiopetto, dal volto pulito, che giocano su un tavolo ufficiale una partita truccata. Svelare questa tela di complicità, che non è più area grigia, come si diceva un tempo, ma area tutta nera ormai per la sua centralità, dipanare questa rete oggi è la prima cosa di cui occuparsi. Le mafie sono acido corrosivo. Se consentiamo loro di insinuarsi nel tessuto economico, di qui a poco non resterà più nulla. Tutto quello che la criminalità organizzata tocca muore. Se tocca il cuore economico del Paese, muore il Paese. Anche a noi, qui, il compito di impedirlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente e cari colleghi, cari deputati, il MoVimento 5 Stelle accoglie con favore la proposta di legge per l'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali anche straniere. Questa Commissione infatti è importantissima per supportare il lavoro della magistratura e degli altri reparti investigativi in ordine a problemi di tale gravità per il nostro Paese e per contribuire in maniera efficace alla conoscenza ed al contrasto del fenomeno mafioso.
  In I Commissione (affari costituzionali) abbiamo evidenziato come tuttavia non serva aumentare il numero dei componenti a 25 senatori e 25 deputati, in quanto la rappresentatività, secondo noi, può benissimo esserci pur tenendo fermo il numero di 40 componenti per l'intera Commissione.
  In passato inoltre i costi sostenuti sono stati a nostro avviso eccessivi. Nella scorsa legislatura la Commissione antimafia si è avvalsa di 14 consulenti a tempo pieno, 4 dirigenti delle forze dell'ordine, 4 militari delle fiamme gialle e 36 consulenti a tempo parziale, per un totale di 58 consulenti; tra questi ci sono 6 magistrati a tempo pieno, un numero superiore a quello dell'organico di molte procure, che appare eccessivo se si considera che la Commissione può avvalersi, per l'espletamento delle stesse funzioni, di diverse forme di collaborazione con l'autorità giudiziaria. Il costo è di circa 150.000 euro l'anno per indennità e rimborsi spese nei confronti di soggetti che continuano comunque a percepire anche gli stipendi delle amministrazioni di cui sono dipendenti. Abbiamo quindi proposto che le consulenze vengano effettuate in via gratuita, riconoscendo ovviamente il rimborso spese a chi sarà chiamato per il suo contributo. Questo perché secondo noi sarebbe preferibile badare sempre alla qualità dei consulenti e non alla quantità. Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza tali spese dovrebbero essere rendicontate per singole voci e documentate annualmente sui siti della Camera dei Pag. 71deputati e del Senato della Repubblica. Questi emendamenti però sono stati rigettati in sede di Commissione.
  Vorremmo evidenziare poi il fatto che non sempre, purtroppo, l'attività della Commissione nelle precedenti legislature ha condotto a conclusioni veramente efficaci. Mi riferisco ad esempio all'ultima legislatura, in cui non si è giunti all'approvazione di una vera e propria relazione conclusiva, ma soltanto ad un resoconto delle attività svolte, con riferimento in particolare alla stagione delle stragi del 1992-1993. Sono in corso attualmente processi importanti, a Palermo e a Caltanissetta, che dimostrano quanto la verità su quanto accadde vent'anni fa è tutt'altro che scontata. Questa ricerca della verità deve essere sostenuta sempre con la massima forza, anche e soprattutto da queste aule.
  In ordine poi ai poteri conferiti alla Commissione, riteniamo importante non solo richiedere le carte ai servizi, ma recarsi di persona presso gli archivi dei servizi. In questo modo è la stessa Commissione parlamentare antimafia che va ad individuare, con i propri esperti, quali sono i documenti più adatti al proprio lavoro. Cito questo esempio perché in passato, durante la XIII legislatura, è stato proprio grazie all'apporto ed al contributo della Commissione parlamentare d'inchiesta antimafia che la magistratura è riuscita ad arrivare a conclusioni importanti riguardo al caso dell'uccisione di Peppino Impastato.
  Per concludere, voglio dire che non ci si può ridurre ad attribuire colpe solo e soltanto ai vertici e alla pericolosità delle organizzazioni criminali, in quanto senza l'apporto di quei poteri deviati dello Stato e dei colletti bianchi, le mafie non prospererebbero come avviene tuttora. È necessario intervenire a livello parlamentare con una seria azione di prevenzione e di educazione alla legalità per le nuove generazioni, ma anche con interventi legislativi mirati al contrasto del dilagare del fenomeno nelle regioni del sud, come in quelle del nord. Pensiamo alla corruzione, pensiamo alla disciplina sui collaboratori di giustizia, che andrebbe notevolmente migliorata, pensiamo alla macchina della gestione dei beni mafiosi nella fase del sequestro e della confisca, che dovrebbe essere migliorata anche questa, pensiamo all'introduzione del reato di autoriciclaggio o al ripristino del reato di falso in bilancio, tutti provvedimenti che dovrebbero vedere la luce il prima possibile.
  Auspichiamo, dunque, che durante questa legislatura la lotta alle mafie possa divenire una grande priorità sviluppando una progettualità sistemica antimafia in grado di farci uscire da quella che altri colleghi prima di me hanno chiamato l'antimafia del giorno per farci recuperare la capacità tipica di un'antimafia del giorno prima. Intervenire per tempo, dislocare energie nei territori dove necessario, allargare l'orizzonte su scala complessiva nel nostro Paese e nel contesto europeo ed internazionale, questi sono i compiti che il Parlamento e tutti noi dovremmo avere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Picierno. Ne ha facoltà.

  PINA PICIERNO. Signor Presidente, colleghi, Peppe Pagano non ha scelto dove nascere, e il caso, o il Signore per chi ci crede, ha scelto che venisse al mondo a San Cipriano d'Aversa, in una terra complicata, una terra devastata dalla violenza criminale. A San Cipriano si muore, e si muore non solo a causa delle pistole dei camorristi – quelle hanno smesso di sparare già da qualche anno – ma si muore, e si muore tutti i giorni, a causa dei rifiuti tossici illegali, per esempio, che i clan hanno disseminato, trasformando quella terra nella più grande discarica d'Europa. Si muore a San Cipriano o si fugge. Peppe, invece, ha scelto di restare, ha scelto di combattere ed è riuscito persino nella sfida di associare un significato completamente nuovo alla parola NCO. Fino a qualche tempo fa, nella mia terra, nel Paese, NCO era sinonimo di una terribile alleanza malavitosa, la nuova camorra organizzata ed è bastato, pensate, un ingrediente...

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  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Picierno. Capisco che ci sono problemi, ma ci si può spostare perché chi sta parlando ha diritto di essere ascoltato e soprattutto di parlare.

  PINA PICIERNO. Grazie Presidente. Dicevo che è bastato un ingrediente per cambiare completamente il significato di quella sigla. Ora quando si parla di NCO, di organizzato si pensa soltanto a Peppe e alla sua cucina, che è diventato segno tangibile di lotta alle mafie, segno tangibile di sviluppo sociale in un territorio assolutamente devastato dall'infiltrazione mafiosa. Ora la NCO è la nuova cucina organizzata. E stamattina, quando il capogruppo mi ha chiesto di intervenire sulla proposta di legge che istituisce nuovamente la Commissione d'inchiesta sul fenomeno malavitoso, io ho pensato a Peppe e, insieme a Peppe, alle tante persone perbene che hanno scelto, a Caserta e nel Paese, di fare la propria parte, alle persone che, colleghi, lavorano nelle associazioni, nei movimenti contro le mafie, tra gli studenti, tra i familiari delle vittime, alle persone che dedicano tutti i giorni il loro tempo per portare la propria testimonianza tra i giovani. Sono gli imprenditori, i negozianti, i politici, le persone che hanno scelto di denunciare e di raccontare. Ognuno di loro sa perfettamente che non basterà il proprio impegno per vincere la battaglia contro le mafie, eppure ci provano lo stesso. Lo fanno per non rassegnarsi a chi dice che tanto nulla mai potrà cambiare. Resistono per non abituarsi alla rassegnazione.
  E tutte queste persone, signor Presidente, Governo, colleghi, si aspettano di più da noi. Si aspettano che la lotta alla criminalità diventi per davvero la priorità di questo Parlamento e delle istituzioni democratiche. Si aspettano che uno strumento importante, com’è quello della Commissione di inchiesta sul fenomeno mafioso, non solo venga istituito nuovamente, ma che funzioni per davvero, perché abbiamo il dovere di dirci che non sempre è stato così.
  Dobbiamo dirci che non è una novità, purtroppo, che nel nostro Paese si parla di legami fra mafia e politica: questi legami esistono, si rinnovano quando vengono interrotti, perché le mafie – lo sappiamo – scelgono i propri interlocutori sulla base delle garanzie che ottengono. E tutti coloro che hanno indagato sulle mafie, tutti quelli che le hanno osservate, tutti quelli che le hanno raccontate al mondo, tutti i magistrati, tutti i giornalisti, tutte le persone che hanno persino perso la vita per combatterle, ci hanno spiegato che il cuore delle organizzazioni criminali è negli affari che conducono in quel confine sottile, sottilissimo, che esiste tra lecito e illecito; tra quegli affari che conducono con il silenzio, con la collusione e, qualche volta, semplicemente con il silenzio di chi riveste i ruoli di responsabilità nella politica, nelle amministrazioni, nell'economia, nelle istituzioni. Sono questi legami che la Commissione dovrà smascherare e interrompere, dedicando, finalmente, particolare attenzione al rapporto perverso tra mafia e politica.
  E su questo punto, cari colleghi, dobbiamo intenderci e dobbiamo anche superare qualche ipocrisia: la lotta alle mafie non è mai stata la priorità delle istituzioni. Il Parlamento non sempre ha fatto fino in fondo la sua parte. E io credo che tutto questo non dovrà più ripetersi, non deve più ripetersi, perché siamo nell'Aula che esprime la volontà dei cittadini italiani, rappresentiamo le speranze di cambiamento, le fatiche quotidiane, le sofferenze subite; abbiamo nelle nostre mani il sacrificio di tutti coloro che, per opporsi o semplicemente per compiere il proprio dovere, per non tacere, sono stati ammazzati. Ma abbiamo nelle mani anche le speranze di tanti Peppe d'Italia, di tutti quelli che scelgono di restare e di cambiare completamente la propria terra.
  E, allora, io spero che noi potremo cominciare da oggi un lavoro serio, un lavoro puntiglioso, un lavoro di inchiesta, appunto, su cosa è avvenuto in questi anni di riorganizzazione del potere criminale, su come le mafie hanno cambiato profondamente la loro natura, su come si sono Pag. 73trasformate in una specie di buco nero capace di inghiottire le migliori risorse e le migliori energie del nostro Paese, come ci racconta, per esempio, Raffaele Cantone in un bel libro che si chiama «I gattopardi».
  Dovremo interrogarci e indagare sul diffondersi di una mentalità che porta a disprezzare la legalità e a pensare e agire come i mafiosi, anche quando mafiosi non si è. Succede e succede spesso. Succede persino che nella mia provincia, in un piccolo comune, venga vandalizzata una scuola elementare – è successo a Grazzanise – con scritte inneggianti la camorra. Poi, si scopre che gli autori erano due bambini, uno di cinque e uno di dieci anni. E, allora, io credo che noi dovremmo chiederci, quest'Aula dovrebbe chiedersi, cosa significa la parola «camorra» per un bambino di cinque anni; quali significati un bambino di cinque anni può associare alla parola «camorra». E tutto questo ci insegna che la battaglia che noi abbiamo di fronte, la battaglia enorme che ci attende, è combattere le mafie, innanzitutto, nel cuore e nelle menti, nei ragazzini come quelli di Grazzanise.
  Io credo che noi dovremo dedicare, quest'Aula, la Commissione che verrà istituita, più attenzione alle vittime, alle vittime innocenti; pensare a come lo Stato organizza forme di sostegno a queste persone. Mai più, mai più la sensazione di essere stati lasciati soli per aver denunciato.
  Solo così, io credo, noi saremo capaci di spiegare ai ragazzini e ai bimbi di Grazzanise che una vita da persone libere non è soltanto una vita più giusta, ma è una vita migliore, così come credo la Commissione dovrà interrogarsi e occuparsi da subito su cosa sta succedendo, per esempio, a Reggio Calabria; l'abbiamo letto sui giornali. Antonino Lo Giudice è un collaboratore che stava rendendo testimonianza in diversi processi, si trovava in una località segreta e doveva essere seguito ventiquattr'ore su ventiquattro. Come abbiamo letto, ha fatto perdere le sue tracce dopo aver consegnato una lettera ai giornali il cui contenuto è assolutamente sibillino, assolutamente ambiguo, e in questo momento, come sappiamo tutti, è al vaglio della procura di Reggio Calabria. Penso che dobbiamo assicurare con il massimo rigore protezione a chi offre un contributo di giustizia; offrire alle autorità inquirenti gli strumenti migliori – strumenti legislativi, intendo – per sfruttare questo contributo e le risorse economiche perché le forze di polizia possano assolutamente svolgere con serenità il loro lavoro. Insomma, c’è tanto, davvero, tantissimo lavoro da fare, soprattutto a livello normativo ci attende un lavoro immane. Chiedo scusa, Presidente, mi dice quanto tempo ho ancora ?

  PRESIDENTE. Venti secondi che, con la tolleranza del Presidente, arrivano a trenta.

  PINA PICIERNO. Allora, mi avvio alla conclusione, perché le cose da dire, in realtà, sarebbero veramente tante. Dicevo che c’è tanto lavoro da fare e un lavoro fondamentale aspetta questa Commissione e questo Parlamento, un lavoro che, come dicevamo, comincia oggi, e che dovrà svolgere avendo nel cuore e nella mente l'insegnamento di un rivoluzionario prete di provincia. «Per amore del mio popolo non tacerò»; lo scrisse don Peppino Diana, un prete di Casal di Principe, prima di essere ammazzato. Allora, si faccia presto e bene la Commissione antimafia; si faccia un buon lavoro; si accorcino le distanze tra quel che di buono è stato fatto e il tanto che ci resta ancora da fare e da ottenere.
  Signor Presidente, io credo che sarà il modo migliore per ricordare don Peppe Diana, per ricordare tutte le vittime delle mafie, la loro sete di verità che nessuno ha potuto comprare, la loro onestà che nessuno è riuscito a scalfire, ma soprattutto il loro impegno, che io credo, colleghi, abbiamo il dovere di portare avanti tutti insieme in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Onorevole Picierno, lei ha recuperato la generosità della collega Bossa, che aveva parlato quaranta secondi di meno.Pag. 74
  È iscritto a parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui impegnati ad approvare un atto fondamentale per la Repubblica italiana: l'istituzione della Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Non è un passaggio rituale, si è detto; non può essere il solito atto dovuto di inizio legislatura. Questo dibattito deve consentire a tutti quanti noi di aprire una riflessione complessiva sul livello di penetrazione delle mafie nel circuito economico del Paese e nel corrompimento delle istituzioni democratiche.
  «Non vinceremo mai la lotta alle mafie finché sarà considerata soltanto un problema dei meridionali»: queste sono le parole del giudice Raffaele Cantone, ex magistrato della DDA di Napoli. Oggi – continua Raffaele Cantone – ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale, cioè l'attuazione di un federalismo fiscale con soldi ridotti al sud e non ci si accorge di quanto denaro sporco, invece, salga dal meridione verso le regioni del nord attraverso il riciclaggio. Dentro queste considerazioni c’è il nodo tutto sociale di un Mezzogiorno che è andato indietro, che ha perso centralità politiche e culturali, che ha visto il proprio tessuto produttivo depauperarsi progressivamente. La crisi morale nel Mezzogiorno, se guardo la mia regione, parla di un Prodotto interno lordo che nel corso degli ultimi cinque anni è sceso di 4 punti, dove i posti di lavoro bruciati sono oltre 200 mila.
  La mobilità sociale in quelle terre è al minimo storico e vi è la disperazione di una generazione di giovani meridionali che non riesce a collocarsi autonomamente sul mercato del lavoro e che non riesce a sfuggire alla morsa del clientelismo amorale, al ricatto del lavoro nero che è diventata una priorità nazionale.
  Immaginare che questo contesto possa essere rimosso con la bacchetta magica è illusorio, ma la lotta alle mafie passa innanzitutto per scelte drastiche anche sul terreno della politica. Processi di privatizzazione senza regole stanno aiutando l'ingresso di attori opachi in settori non sempre redditizi, come i trasporti, l'acqua, l'energia, la sanità e, se guardiamo al dato della corruzione nel nostro Paese, essa parla di cifre sbalorditive: 60 miliardi di euro. Cosa aspettiamo a mettere mano alla legge contro la corruzione come ci chiedono decine di migliaia di cittadini che hanno firmato la petizione di Libera ?
  E questo rende meno competitivo e meno giusto il nostro Paese, così come va messa in campo un'iniziativa più forte ed energica sui beni confiscati. Qualche giorno fa la CGIL e un circuito di associazioni, hanno depositato un'iniziativa di legge popolare che si chiama «Io riattivo il lavoro», che parla delle aziende confiscate alla mafia. Il 90 per cento di queste, siccome passano otto anni tra il sequestro e la confisca, molto spesso falliscono e 100 mila lavoratori progressivamente perdono il contatto con il lavoro e rischia di passare un messaggio malefico, pericoloso, inquietante: la mafia ti dà lavoro, lo Stato te lo toglie !
  E allora va fatta un'iniziativa molto forte, questa Commissione antimafia dovrà impegnarsi seriamente su questo terreno, dovrà interrogarsi sul paesaggio sociale, su come è cambiato; quando attraverso la mia regione vedo il proliferare incredibile di sale giochi, di sale bingo che hanno un fatturato annuo, si calcola, di quasi 80 miliardi di euro, 4 punti di prodotto interno lordo, di cui oltre lo 0,5 nelle mani delle organizzazioni criminali. Che aspettiamo a mettere mano ad una seria e rigorosa iniziativa legislativa che ridimensioni progressivamente e profondamente un fenomeno che rischia di cambiare la struttura economica di intere comunità, che devasta le famiglie indebitandole fine al collo e che ha prodotto una vera e propria forma di malattia sociale che va sotto il nome di ludopatia ?
  Questa Commissione dovrà intervenire in maniera molto seria sul tema del voto di scambio, sulle collusioni tra politica e criminalità organizzata. Nel Mezzogiorno nel corso degli ultimi anni si è formata un'intera schiera di notabili che su una Pag. 75mediazione pericolosa di interessi e sulla capacità di promuovere carriere hanno costruito un equilibrio, un compromesso che ha garantito pace e consenso.
  Oggi i morsi della crisi e la scarsità di risorse danno un colpo a questo impianto, ridimensionando significativamente la capacità redistributiva della politica, ma tuttavia il voto di scambio esiste ancora e abbiamo la necessità di intervenire in maniera drastica attraverso il 416-ter ma dobbiamo anche guardare in faccia a quello che è diventata la politica del Mezzogiorno del Paese, il numero esorbitante di scioglimenti dei consigli comunali, da ultimo Giugliano e Quarto. Andiamocele a leggere quelle relazioni !
  E dobbiamo guardare anche a noi. Questa Aula ha avuto nel corso della legislatura scorsa, e vado a concludere, alcuni protagonisti, dirigenti politici, anche uomini di Governo, che sono stati indagati per concorso esterno in associazione mafiosa e quello che è passato sotto il nome giornalistico di «cosentinismo» si è formato ed è cresciuto in questo brodo di cultura, la crisi della politica, il suo fallimento come attore di Governo e di trasformazione.
  Disastri di un paesaggio sociale, che hanno prodotto regioni a bassa specializzazione produttiva e con un futuro fondato sul consumo del suolo attraverso piani casa, condoni edilizi e pianificazione economica esclusivamente fondata sulla moltiplicazione della rete della grande distribuzione commerciale. Il volume di affari di tutto ciò è spaventoso, ma il costo civile e morale lo è ancora di più: la lingua di territorio che dal basso Casertano arriva fino a Napoli nel corso degli ultimi anni si è trasformata in un'unica colata di cemento, senza qualità sociale e senza qualità ambientale.
  Per questo credo che la nuova Commissione debba lavorare su questo terreno, debba ricostruire la trama dei fatti che sono accaduti nel Mezzogiorno a cavallo tra gli anni Novanta e il 2000. Occorre che la nuova Commissione – e concludo – rediga una relazione (è dal 1992 che non c’è) sul rapporto tra politica e camorra nella regione Campania (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Colleghi, i decibel salgono in maniera incredibile, quindi vi pregherei di abbassare un po’ il tono della voce.
  È iscritto a parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa legislatura, più che credo nelle precedenti, ancora siamo concentrati sulla crisi, e in particolare sugli impatti della crisi sul lavoro, sull'equità sociale, e ogni giorno parliamo delle misure concrete per risolvere i problemi di crisi economica: è ovviamente giustissimo, sono la priorità. Stiamo sentendo parlare invece meno dei temi del Mezzogiorno e della mafia, che non è un problema solo del Mezzogiorno, ma che è un colossale problema di sistema economico.
  Oggi, come è stato detto da moltissimi colleghi, discutiamo dell'istituzione della Commissione antimafia. Quale che sia il momento storico in cui questa Commissione è stata di volta in volta creata, ci si è focalizzati moltissimo sui fenomeni di espansione al nord, sulla storia politica della mafia, i rapporti tra mafia e politica; meno, devo dire, salvo forse nell'ultima legislatura, sui temi economici e sull'impatto che la mafia ha sull'economia.
  Oggi la presenza della mafia (alcuni colleghi, compreso l'ultimo, lo hanno sottolineato) non è un tema meridionale: è un tema nazionale, perché una gran parte della nostra economia – ed è inutile nasconderselo – è permeata, e invasa o infiltrata di capitali mafiosi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 17,25)

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Questo è un problema sul quale ci si focalizza e si parla ogni volta, ma quando si è trattato di discutere di interventi, l'attenzione Pag. 76è immediatamente tornata alla polemica politica, e ad una polemica sia sul passato sia sul presente, sia sui processi in corso.
  Credo che, come ha detto Stefano Dambruoso poco fa, forse il ruolo fondamentale della Commissione in un momento come questo debba essere quello di analizzare il contesto di oggi, guardare all'evoluzione del rapporto tra politica e mafia, ma debba essere soprattutto quello – partendo da questa analisi – di individuare strumenti immediati di intervento. Perché la verità è che tutto il sistema dell'antimafia oggi, nell'ambito delle normative e anche devo dire della preparazione tecnica, soffre di un ritardo sull'evoluzione delle organizzazioni criminali.
  Come ha detto prima un collega parlando del Veneto, il livello di professionisti, banche e soggetti che sono coinvolti nel riciclaggio, nell'autoriciclaggio e nell'invasione dell'economia con capitali illeciti, è un livello ormai professionalmente alto. Noi abbiamo ancora delle idee del mafioso diverse, ma in realtà la qualità professionale messa a disposizione dell'illegalità è altissima. Credo che non si parli abbastanza del fatto che, oltre agli strumenti di carattere normativo che sicuramente servono (si è parlato del controllo sul falso in bilancio, o dell'autoriciclaggio e di molte altre norme), sia importante cercare di focalizzarsi sui metodi e le tecniche utilizzate oggi per l'infiltrazione, che sono sempre più evoluti, sempre più moderni, e ai quali spesso si ha la sensazione che non si riesca a stare dietro.
  Quindi, l'elemento culturale inteso come studio del fenomeno da un punto di vista di modalità concrete con le quali questi capitali vengono poi riciclati è una cosa che è probabilmente fondamentale in questa fase nella quale la collaborazione con le istituzioni internazionali è essenziale.
  L'altro aspetto che vorrei brevemente toccare è quello sociale: è sicuramente vero che il fenomeno mafioso trova un terreno di coltura in situazioni in cui c’è una forte tensione sociale, in cui la mafia è l'unico datore di lavoro, ed altro, però non è vero il contrario, nel senso che non è sufficiente un intervento di carattere economico – che possa essere un intervento statale o un semplice intervento di carattere sociale ed economico o anche la stessa crescita – per arginare il fenomeno tanto che nel periodo del nostro boom economico la mafia è esplosa come potere politico ed economico, perché non c'era la sensibilità per seguire il fenomeno e conseguentemente le organizzazioni ne hanno approfittato.
  Quindi, credo che gli strumenti che servono sono specifici, bisogna approntare strumenti sia normativi sia amministrativi, sia – come è stato detto giustamente – serve una presa di responsabilità da parte della politica, perché in questi anni quello che si è visto – purtroppo, molto spesso – è una classe politica che quando è in Parlamento o nei consigli comunali o regionali tuona sull'argomento dei rapporti tra mafia e politica ma che, quando si tratta di votare o quando si tratta di girare il territorio, magari accompagnata da persone non particolarmente lodevoli sotto il profilo dei rapporti personali e delle amicizie, non è altrettanto severa (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, negli ultimi vent'anni il fenomeno mafioso non si è solo trasformato, ma è stato capace di evolversi. In un Paese talvolta arretrato come il nostro, le mafie rappresentano la punta più avanzata della modernità, investono nelle energie rinnovabili, nelle nuove droghe, nel gioco d'azzardo delle slot machine e nei «compro oro» che spuntano come funghi nelle nostre città.
  I clan non stanno a guardare, sono capaci di cogliere i passaggi di fase politica e di adattarsi ad un sistema economico in continua espansione. È solo un caso nazionale, come hanno dimostrato la cosiddetta trattativa, l'inchiesta Infinito, il voto Pag. 77di scambio a Milano, gli ultimi comuni sciolti per mafia in Liguria. Il caso del pentito Nino Lo Giudice, che avvelena gli uffici giudiziari a Reggio Calabria. Quest'ultima, capitale della ’ndrangheta, è stata avvolta per anni da un inquietante silenzio. Siamo dovuti passare dall'omicidio Fortugno nel 2005, dalla strage di Duisburg nel 2007, dalla rivolta nelle campagne di Rosarno nel 2010, fino al necessario scioglimento del consiglio comunale di Reggio affinché si accendessero i riflettori sulla Calabria.
  Intanto la ’ndrangheta si è presa pezzi interi di economia, di società e di territorio nel Nord Italia ed è diventata la più grande organizzazione mafiosa mondiale, gestendo enormi capitali e divenendo leader globale nel narcotraffico. Non è un caso se sempre da Reggio Calabria a Roma è arrivato Giuseppe Pignatone, procuratore della Capitale da più di un anno. Roma oggi è una città di mafie, alla stregua di Palermo, Napoli e Milano, ma in pochi tra le istituzioni, la politica, gli intellettuali e la cosiddetta società civile sembrano disposti ad ammetterlo.
  Nel 1991 Gerardo Chiaromonte, presidente della Commissione parlamentare antimafia, aveva già denunciato il fenomeno nella Capitale. A ventidue anni da quella denuncia, i numeri sulle mafie a Roma parlano chiaro, nonostante ci sia ancora un forte deficit investigativo e di conoscenze. La Guardia di finanza nel 2011 ha sequestrato beni di provenienza mafiosa per miliardi di euro; 209 gli immobili confiscati nello stesso anno e che fanno piazzare Roma al quarto posto in Italia; sempre nella Capitale succede che le cliniche private e le comunità terapeutiche con specialisti e medici complici vengano spesso utilizzate come via di fuga dalla carcerazione o che rispettabili professionisti della finanza investano capitali sporchi per speculazioni di difficile decifrazione.
  Sul fronte giudiziario, invece, il 16 novembre 2012, rappresenta una data storica: per la prima volta un gruppo criminale operante nel Lazio, nativo a Casal di Principe, venne condannato al 416-bis, a testimonianza non della non presenza dei clan, ma del ritardo del sistema giudiziario nel suo complesso, tanto che spesso chi è mafioso per un tribunale napoletano non lo è per quello romano.
  La capitale è attraversata da fiumi di droga, soprattutto cocaina: è la ’ndrangheta, insieme alla camorra a fare da cartello con le organizzazioni criminali internazionali, sudamericane e messicane, soprattutto. Le organizzazioni autoctone, invece, fanno il resto. Ed anche a Roma esiste il controllo del territorio: locali notturni, ristoranti, mercati rionali, con l'usura soprattutto e, anche se non viene denunciato il pizzo, pure il racket delle estorsioni è da tempo una triste realtà. Succede ad Ostia, negli stabilimenti balneari, avviene a La Borghesiana, nei pub di San Lorenzo, vicino Termini, e anche nel salotto buono della città, come a piazza Bologna, dove è da vent'anni che si paga regolarmente il pizzo.
  Non sono bande criminali locali a dare vita a tutto questo, come hanno sostenuto fino ad ora gli amministratori della Capitale e anche in campagna elettorale ci saremmo aspettati maggiore attenzione per questo tema. Qui si consuma la sintesi perfetta tra narcotraffico, usura, politica, finanza, malasanità, professionisti, imprenditori, palazzinari e pezzi di istituzioni corrotte, un vero e proprio sistema di potere che ha nella clientela, nella corruzione e nel riciclaggio lo snodo centrale. A Roma, c’è bisogno di un grosso sforzo per rendere rapida ed efficace la macchina burocratica che porta all'assegnazione dei beni confiscati alla mafia per uso sociale. Secondo un dossier, curato da varie associazioni tra cui Legambiente, Libera, Da Sud ed Action, meno di un terzo dei beni confiscati sono effettivamente riutilizzati per scopi sociali o istituzionali. Il paradosso è rappresentato dall'Agenzia nazionale per i beni confiscati, che continua a pagare un affitto di 295 mila euro l'anno per un immobile in via dei Prefetti, soldi che potrebbero esser risparmiati se solo i locali di via Ezio, al civico 12 e 14, confiscati alla camorra nel 1996 e ora occupati abusivamente, venissero Pag. 78liberati da un centro benessere, un'agenzia di assicurazioni e un'abitazione privata, attività che nulla hanno a che vedere con i fini sociali che impone la legge Rognoni-La Torre.
  Anche in questo senso la Commissione può svolgere un ruolo importante. Lo dobbiamo a tutte le cittadine e i cittadini, a tutte le vittime innocenti delle mafie e ai tanti familiari che non hanno avuto verità e giustizia nelle aule dei tribunali e che sono stati sottoposti alla congiura del silenzio e della vergogna. Lo dobbiamo anche a tutte le donne della mia terra, che pentendosi hanno messo in difficoltà le ’ndrine. Penso al coraggio di Lea Garofalo e di sua figlia Denise, a Maria Concetta Cacciola, a Giuseppina Pesce, o a quelle che si sono messe in gioco diventando sindache di territori complessi, come quelli di Isola Capo Rizzuto, di Rosarno, di Monasterace. Vorrei dare la mia solidarietà a Carolina Girasole, che ha vissuto l'ennesimo attacco da parte della criminalità organizzata, nel silenzio della politica (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), nel silenzio assordante della politica, anche di quel partito che prima la sosteneva e che poi l'ha abbandonata.
  Governo e Parlamento, assieme alla Commissione che andiamo a costituire, dovranno tenere conto di tutto questo, e attenzione alle Commissioni di saggi e consulenti, di cui abbiamo sentito parlare in queste settimane ! Va bene il contributo di tutti, anche di un magistrato importante – è stato citato Cantone più volte –, però sia la politica ad assumersi fino in fondo la responsabilità del cambiamento ! Non deleghiamo, ancora una volta, il nostro compito alla magistratura, al giornalismo, all'associazionismo, facendo anche a volte un danno diretto a questi soggetti, sovraesponendoli ad un'attenzione mediatica eccessiva, che sposta lo sguardo dai contenuti del loro lavoro a loro stessi che agiscono. Collaboriamo insieme, senza rilasciare patenti e certificazioni da professionisti dell'antimafia, rilevando anche qui un mondo rimasto ingessato in alcuni schemi, avendo anche l'onestà intellettuale di dividerci: è auspicabile l'unità, ma questo deve avvenire senza rinunce ed omissioni. Non esistono verità condivise, esistono solo verità, che dobbiamo perseguire (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mattiello. Ne ha facoltà.

  DAVIDE MATTIELLO. Signor Presidente, colleghi, colleghe, intervenendo a favore della istituzione di questa Commissione voglio usare questo tempo per condividere semplicemente due auspici. Il primo auspicio, che questa Commissione, almeno relativamente alla mafia o, meglio, alle mafie, come ancora ci hanno incoraggiato a specificare i nostri amici siciliani, palermitani, sia l'ultima volta che la istituiamo, sia l'ultima volta che ci sia il bisogno di istituire una Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie nel nostro Paese, perché abbiamo preso sul serio, molto sul serio, la lezione di Giovanni Falcone. Quando Giovanni Falcone diceva che le mafie sono un fatto umano e che, come tale, hanno avuto un inizio e avranno una fine, prendere sul serio queste parole significa non voler convivere in nessun modo con le mafie, non voler convivere nemmeno attraverso quella forma di convivenza, che talvolta rischia di essere pelosa e corrotta, di un certo contrasto alle mafie, di routine e di facciata, e che punta a contenere la violenza delle mafie entro certi limiti sostenibili, ma non a liquidare il fenomeno delle mafie. Noi dobbiamo sognare più in grande, dobbiamo assumerci una responsabilità maggiore, la responsabilità di liquidarle, le mafie.
  Ecco che, allora, il secondo auspicio – ed ultimo – che voglio condividere in quest'Aula, oggi che istituiamo questa Commissione, è che questa Commissione, mutuando una categoria che è stata adoperata dal Governo nel suo insediamento, sia proprio una Commissione di servizio, una Commissione di servizio che venga percepita come tale soprattutto da quelle persone – e sono tante in questo Paese Pag. 79e sono state evocate dai miei colleghi e dalle mie colleghe che sono intervenute e che sono intervenuti prima di me – che in questo Paese si impegnano quotidianamente e concretamente per sbarazzarsi delle mafie.
  E, allora, che la Commissione venga percepita come un luogo, un'occasione e uno strumento di servizio, di ascolto e di sostegno. E penso, prima di tutto, agli insegnanti. Penso, prima di tutto, penso prima di tutto ai maestri, penso prima di tutto alle scuole, perché abbiamo capito, in questo Paese, che la forza delle mafie sta fuori dalle mafie. È stato già ricordato. La forza delle mafie sta in un certo modo di intendere le relazioni sociali, sta in una certa cultura. E il luogo nel quale si costruisce cultura – e un'altra cultura rispetto a quella delle mafie – sono le scuole. Ecco perché le scuole sono al centro. Ecco perché quando chiesero a Falcone: «Ma lei cosa pensa, dottor Falcone, dell'operazione “Vespri siciliani”, dell'esercito in Sicilia ?» Falcone disse: «Certo che lo voglio l'esercito in Sicilia. Voglio un esercito di insegnanti, perché la mafia teme la cultura». E, allora, noi dobbiamo ripartire dalle scuole, mettendo in crisi, attraverso la nostra azione politica, i modelli culturali che foraggiano le mafie.
  Anch'io penso a Lea Garofalo, anch'io penso alla violenza subita da Lea, da Denise e da tante altre donne in questo Paese che hanno pagato con la sofferenza, la solitudine e la morte un solo sogno: quello di uscire dal branco mafioso e quanto c’è di dilagante in questa cultura proprietaria della donna – dico, provocatoriamente, della femmina –, in quest'Aula ce ne siamo occupati soltanto qualche giorno fa. Ma una Commissione antimafia che sia di servizio pensando agli amministratori pubblici – sono stati richiamati dalla collega Costantino poco fa, quindi non lo faccio – gli amministratori pubblici che presidiano quotidianamente il nostro territorio e che sono spesso baluardi presi di mira dalla violenza mafiosa. Allora, penso ad Avviso pubblico, penso alla Carta di Pisa, penso agli strumenti già immaginati per rendere le nostre amministrazioni maggiormente impermeabili. Penso ai magistrati, agli uomini e alle donne delle forze dell'ordine. Penso che quest'anno ricorderemo – dopo trent'anni – l'omicidio del giudice Bruno Caccia.
  Il giudice Bruno Caccia veniva ucciso trent'anni fa a Torino, era il capo della procura di Torino e veniva ucciso trent'anni fa dal sodalizio criminale tra ’ndrangheta e Cosa Nostra. Ancora oggi c’è qualcuno al Nord che si stupisce della presenza delle mafie. Trent'anni fa le mafie in Piemonte erano già così arroganti, così radicate da decidere e pianificare l'assassinio del capo della procura di Torino.
  Penso agli uomini e alle donne delle forze dell'ordine, che con il loro impegno e il loro sacrificio ci ricordano che questa faccenda ci riguarda tutti, da Bolzano a Trapani. Basterebbe evocare la storia di Margherita Asta e della sua famiglia distrutta per cogliere il legame vero, e non retorico, tra Bolzano e Trapani.
  Penso all'altra settimana quando stavo a Trieste e ancora ricordavamo Eddie Cosina, poliziotto morto con Paolo Borsellino; lui nordestino ai suoi colleghi che gli chiedevano: «Ma che ci fai a Palermo con Paolo Borsellino ?» rispondeva: «Sono italiano e sono servitore di questo Paese e di questo Stato». Ed è morto a Palermo il 19 luglio.
  Concludo con l'ultimo volto che voglio evocare; è il volto di un siciliano, ancora di un siciliano, a cui siamo tutti molto debitori, di Vincenzo Agostino. Vincenzo Agostino è quell'anziano con la barba lunga, lunga, lunga, non se la taglia dal 1989, non se la taglia da quando il 5 agosto del 1989 qualcuno ha voluto ammazzare suo figlio, Nino Agostino. Nino era un poliziotto ed era un poliziotto che aveva intuito qualcosa di più e di troppo rispetto al fallito attentato all'Addaura: il tritolo lasciato per Falcone. Nino Agostino aveva capito che lì non c'entravano soltanto i mafiosi. Il 5 agosto del 1989 lo aspettano davanti a casa e gli sparano. Sua moglie, la moglie di Nino, è lì con lui quando lo colpiscono. Fa in tempo a Pag. 80girarsi e a gridare a coloro che sparavano a Nino: «Io so chi siete». Sono le sue ultime parole, perché ammazzano anche lei. Era incinta al quinto mese. A Vincenzo non resta altro che raccogliere tutti quanti tra le sue braccia. Sicuramente la moglie di Nino Agostino non frequentava ambienti mafiosi e non conosceva i mafiosi. Io vorrei abbracciare Vincenzo alla fine di questa legislatura e dirgli: «Caro Vincenzo, puoi tagliarti la barba. Caro Vincenzo, la guerra è finita. È finita la guerra».
  Non è l'unico modo nel quale vogliamo che finisca questa guerra, che non è una guerra. Non è una guerra, è un attentato sistematico e criminale all'ordine repubblicano e costituzionale e, quindi, è faccenda di criminalità. E questo tipo di guerra che non è una guerra, caro Vincenzo, noi la vogliamo vincere in un modo solo, ripristinando, salvaguardando e difendendo il principio di legalità e l'uguaglianza – di tutti – di fronte alla legge. Con questo auspicio, faccio i miei migliori auguri alla nascente Commissione antimafia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, cari colleghi, nel nord del Paese corruzione e poteri mafiosi sono ben radicati. Oggetto della corruzione e dello scambio possono essere indifferentemente un ospedale, un centro di riabilitazione, una discarica di amianto o un centro commerciale, una cava o un terreno agricolo da valorizzare. Il PIL «nero» della Lombardia è di oltre 3 miliardi, esattamente 3 miliardi 700 milioni annui, stimato dalla DIA. La Lombardia è la quarta regione italiana per immobili sequestrati alla criminalità organizzata, dopo la Sicilia, la Calabria e la Campania. Dalla relazione della Direzione investigativa antimafia dell'anno precedente risulta che il numero dei reati è in netto aumento rispetto a quanto riscontrato nel precedente anno. Bisogna tener conto anche che l'elaborazione dei dati consente di condensare soltanto uno spaccato, peraltro limitato, di una realtà molto complessa, la cui esatta dimensione non è ancora perfettamente definibile, essendo in gran parte afflitta da reati sommersi, la cui mancata denuncia è strettamente connessa con il timore e la ritrosia delle vittime di estorsione e di usura.
  Per quanto riguarda le operazioni finanziarie sospette, le uniche fonti di collaborazione attiva risultano essere gli enti creditizi e gli intermediari finanziari e, purtroppo, in minima parte, la pubblica amministrazione. Il contributo di operatori non finanziari e dei professionisti risulta ancora molto modesto, se non addirittura nullo, confermando, evidentemente, una riluttanza nell'adempimento degli obblighi antiriciclaggio.
  In Lombardia le varie organizzazioni criminali si sono spartite città e comuni, hanno siglato accordi di pace e collaborazione con mafie straniere, rumene, albanesi, nigeriane e cinesi. Dall'analisi svolta dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale risulta che la presenza più massiccia nel capoluogo lombardo è costituita dalla ’ndrangheta. Sono interessati a costruzioni edili, traffico di rifiuti, appalti pubblici e subappalti, sistema sanitario, ecomafie, ma anche ad alberghi e ristoranti, e, naturalmente, al narcotraffico.
  La Lombardia, per la sua densità, la sua importanza economico-finanziaria, le sue potenzialità di sviluppo e la sua prossimità al confine elvetico, si connota come regione di vitale importanza nel panorama nazionale, polo di attrazione per gli illeciti interessi della criminalità di ogni tipo.
  Al Nord la realizzazione degli scopi delle associazioni mafiose non passa necessariamente per l'occupazione del territorio e l'intimidazione, ma per la pratica dell'avvicinamento, dell'assoggettamento, spesso cosciente e consenziente, di soggetti legati dagli stessi luoghi e da comunanza di interessi, come, ad esempio, imprenditori edili operanti nella zona dove maggiore Pag. 81è l'influenza del gruppo criminale, o, ancora, politici e amministratori pubblici disposti a sottoscrivere patti di connivenza per tornaconto elettorale ed economico.
  Non si parla più di infiltrazione, ma di colonizzazione, espansione in un nuovo strategico territorio, un nuovo modello di fare mafia, che in Liguria ha trovato il suo territorio ideale, anche in Liguria. La relazione della Direzione antimafia conferma che le mafie in Liguria sono orientate, più che ad ottenere un diretto e immediato controllo del territorio, alla conquista di mercati di riferimento logistico e strategici per la gestione dei traffici illeciti.
  Una terra ricca, porti importanti (Genova, Savona, La Spezia), punti di collegamento tra il Nord e il Sud Italia, l'estero, un rinomato casinò, una fiorente industria del turismo, che spesso e volentieri è legata allo scempio della costruzione selvaggia: sono gli ingredienti di una torta golosa, che le organizzazioni mafiose si spartiscono in base alle loro peculiarità criminali. Anche l'Emilia-Romagna è una terra che ha fatto e fa gola alla malavita organizzata, tanto da provocare alcuni casi di vere lotte tra diverse fazioni per il controllo del territorio.
  Colpisce l'ultimo rapporto di SOS Impresa, l'associazione a tutela degli imprenditori che denunciano i mafiosi, secondo il quale, attualmente, l'8 per cento dei commercianti emiliani e romagnoli, soprattutto tra Modena, Bologna e la riviera, è sottoposto al pizzo, vale a dire circa 4 mila imprenditori.
  La crisi economica, denuncia il rapporto, in un'area caratterizzata da un'imprenditorialità diffusa, ha creato quel terreno fertile nel quale l'usura si è insinuata quale credito sussidiario a quello bancario. Nel triangolo Modena-Reggio Emilia-Parma si segnala la presenza consolidata di gruppi camorristici.
  Vi è anche il Veneto, nel quale circola ancora molto denaro liquido, e questo ne fa una meta ambita per il lavaggio del denaro sporco. Il veicolo principale per il riciclaggio sono le grandi opere e gli appalti di rilievo, il passante autostradale Romea Commerciale, il mega polo immobiliare Veneto City, ma anche l'inceneritore di Marghera, l'edilizia, il turismo, i centri commerciali, il mercato fotovoltaico. E sempre di più vi sono imprenditori in cattive acque, bisognosi di quella liquidità che le banche non offrono. Mafie antiche e mafie nuove si incontrano, ma per il Piemonte non è un fenomeno nuovo.
  Basti pensare all'omicidio del procuratore Bruno Caccia, all'operazione Cartagine, al commissariamento del Comune di Bardonecchia, all'operazione Minotauro di quattro giorni fa, con 150 arresti e 117 milioni di euro di beni confiscati, che svela collegamenti tra cellule ’ndranghetiste e segmenti del mondo politico locale.
  Insomma, nel Nord, dobbiamo dirlo, sull'argomento ci sono sempre state resistenze, sottovalutazioni e negazioni, provocando un ritardo nel prendere consapevolezza.
  Concludo, colleghi: da parlamentare del Nord, di una Lombardia un po’ omertosa, chiedo alla prossima Commissione antimafia, Commissione che verrà presto costituita, di lavorare molto guardando al Nord. Colpire la mafia al Nord è utile e indispensabile per piegarla al Sud. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gitti. Ne ha facoltà.

  GREGORIO GITTI. Grazie Presidente. Scelta Civica partecipa per la prima volta alla discussione e alla approvazione della Commissione antimafie – ormai la dovremo chiamare al plurale – . Partecipa con molta convinzione, con una relazione importante che è stata tenuta dal collega Balduzzi. Ma non vuole partecipare a un rituale. Non vuole partecipare a un rituale stanco, di affermazioni di principio, di reiterate lamentazioni, di scontati contrasti. Vuole partecipare con un intento politico.
  Ci sono stati passaggi importanti sul tema del collegamento fra le associazioni criminali e la politica. Scelta Civica vuole vedere in questo collegamento, nel fattore Pag. 82criminogeno del contatto della politica locale con le realtà associative criminali, un banco di prova per tutte queste affermazioni di principio.
  I poteri che la Commissione tecnicamente si è autoridotta nel solco delle leggi approvate nel 2006 e nel 2008, ovviamente la trasformano sostanzialmente in una Commissione di indagine.
  Scelta Civica sarà attenta nel produrre la propria attività politica sulle elezioni amministrative locali, sarà attenta a fare tesoro dell'indagine della Commissione, e sarà attenta a porre dei paletti politici, per creare delle operazioni politiche con le altre forze parlamentari.
  Questo è un tema che noi vogliamo affermare con molta nettezza, fuori da qualunque rituale: Scelta Civica partecipa come forza di innovazione politica nel dibattito nazionale e sarà coerente nel costruire alleanze politiche che sappiano distinguere le responsabilità di ogni tipo, politico, giuridico, patrimoniale, dei candidati alle cariche apicali e, soprattutto, con riferimento alle deleghe più sensibili, quella ai lavori pubblici e all'urbanistica. Sappiamo bene che non più in territori circoscritti, ma in larghe parti anche del Nord Italia, questi assessorati sono stati – l'ho già detto prima – dei fattori criminogeni di incontro tra il malaffare e la politica. Lo affermiamo con forza sia con riferimento alla realtà milanese, sia con riferimento alla realtà lombarda. Su questo banco di prova Scelta Civica misurerà la coerenza, la chiarezza, la limpidezza di tutte le forze politiche che compongono, anche in questo frangente, la maggioranza che esprime il Governo a livello nazionale. Grazie.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piccolo. Ne ha facoltà.

  SALVATORE PICCOLO. Signor Presidente, la proposta di legge che oggi viene all'esame dell'Aula, come è stato già ricordato nei molti interventi che mi hanno proceduto, è in continuità di quella analoga approvata nel 2008. Dal 1962 – anno in cui fu costituita per la prima volta la Commissione parlamentare seppure con il compito limitato di verificare essenzialmente l'attuazione delle leggi varate per contrastare il fenomeno mafioso e le sue connessioni – ad oggi, la Commissione, anche in virtù dei maggiori poteri più penetranti e più efficaci che le sono stati assegnati con le successive leggi, ha svolto un ruolo fortemente significativo ed efficace nello sviluppo di una cultura più consapevole, più coinvolgente e più severa nella conoscenza e nell'azione di contrasto del fenomeno mafioso.
  Le iniziative assunte dalle varie Commissioni che in questi decenni hanno lavorato in Parlamento hanno sicuramente contribuito a svelare aspetti inquietanti della penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli vitali del circuito economico e sociale del Paese e purtroppo della sua espansione anche in settori della vita politica e istituzionale e hanno concorso non poco a sedimentare nella coscienza collettiva la giusta convinzione che la presenza mafiosa, laddove alligna in forma crescente e sempre più aggressiva, compromette in maniera decisiva lo sviluppo economico delle aree aggredite, corrode le regole fondamentali di una normale convivenza civile, arreca danni irreparabili al territorio e al suo ambiente naturale – voglio al riguardo ricordare, ad esempio, quello che è avvenuto nella mia ragione, la Campania, in provincia di Napoli, con il traffico illecito dei rifiuti, che ha devastato forse in maniera irreparabile parti importanti del territorio – e accentua il disagio sociale.
  Bisogna anche riconoscere, per chi ha seguito i lavori delle Commissioni, la spinta che i lavori hanno dato nella elaborazione e nella proposizione di una legislazione più adeguata ed avanzata per combattere le mafie e per stroncarne la diffusione. Oggi l'Italia può vantare sicuramente un primato importante, quello di avere una legislazione in tema di contrasto alla mafia che va di certo integrata ed adeguata, per un'evoluzione che la criminalità ha subito, ma sicuramente all'avanguardia in Europa.Pag. 83
  Come non evidenziare il contributo dato alla conoscenza e all'approfondimento del fenomeno dell'espansione della criminalità organizzata in zone del Paese di non tradizionale insediamento, per esempio in molte aree del nord e del centro Italia e dell'influenza che essa ha esercitato sull'economia e sulle istituzioni ?
  Voglio qui ricordare in particolare alcune problematiche di enorme rilievo e di grande attualità che la Commissione della scorsa legislatura, della quale ho avuto l'onore di fare parte, ha affrontato. La prima riguarda la penetrazione mafiosa nei settori dei giochi e delle scommesse, che pure è stata già ricordata in altri interventi, con la quale si realizzano enormi profitti che sono stati quantificati recentemente in una cifra superiore ai 50 miliardi di euro, gran parte dei quali è fin troppo facile arguire vengono poi riciclati in altri investimenti illeciti.
  La seconda sui costi economici e sociali della criminalità organizzata e sulla quantificazione dei devastanti effetti negativi che essa genera in termini di arresto della crescita economica delle regioni più colpite dalla loro presenza. In particolare in quelle meridionali, segnatamente la Campania, la Sicilia, la Calabria e, in misura minore, anche la Puglia. Si calcola che le presenza mafiosa è causa di un mancato sviluppo equivalente al 15-20 per cento del prodotto interno lordo di quelle regioni: gli investimenti e le speculazioni mafiose si inseriscono in ogni attività del Mezzogiorno e la confondono sempre di più con l'economia legale.
  È da segnalare ancora un tema fondamentale, quello relativo all'adeguamento della legislazione vigente all'evoluzione della criminalità e alle sue nuove forme di organizzazione e di penetrazione della società. A questo proposito credo che bisogna in Parlamento sottolineare un'esigenza fondamentale per assicurare un'efficacia ai lavori della Commissione, quella cioè di raccordare in maniera più tempestiva ed incisiva le analisi e le proposte della Commissione antimafia all'attività legislativa complessiva del Parlamento al fine di tradurre in provvedimenti utili e positivi il lavoro realizzato dalla stessa, conferendo unitarietà e coerenza alla produzione legislativa messa in campo per fronteggiare il crimine mafioso. Ancora due aspetti essenziali intendo sottolineare. Il primo riguarda il varo del codice di autodisciplina che la Commissione antimafia ha fatto nella passata legislatura, codice per le candidature alle elezioni regionali e amministrative, sulla cui applicazione è stata richiesta la collaborazione dei prefetti che non sempre purtroppo si è rivelata tempestiva e puntuale ed è stata richiesta anche, così com’è necessario, un'attenzione seria da parte dei partiti nella selezione delle candidature, un passo questo non indifferente per colmare alcune lacune della legislazione vigente e per tentare di ostacolare seriamente l'infiltrazione nelle istituzioni di soggetti direttamente o indirettamente collegati o collusi con la malavita.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  SALVATORE PICCOLO. Il tema sensibile dell'intreccio tra politica, istituzioni e mafie va affrontato senza timidezza e senza reticenze. Il rapporto instaurato tra settori inquinati dell'apparato pubblico e della politica ha costituito un ostacolo gravissimo al contrasto alla criminalità organizzata. Da tali rapporti collusivi ed omertosi essa ha tratto linfa per accrescere la sua influenza nella società, per condizionare i processi economici e produttivi, alimentando il suo sistema di potere e consolidando la sua rete affaristica. Smantellare ogni forma impropria di connubio e di collusione è un punto di principio inderogabile...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  SALVATORE PICCOLO. ... ed irrinunciabile, dal quale non si può e non si deve prescindere e sul quale si misura la reale volontà di combattere le organizzazioni criminali. Concludo: l'esigenza oggi di promuovere una più forte coscienza civile è stata percepita negli ultimi anni e stimolata Pag. 84molto da una parte della società civile, di quella società civile impegnata attraverso associazioni, comitati,...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputato Piccolo.

  SALVATORE PICCOLO. ... e centri culturali ad attivare iniziative e progetti per affermare una cultura della legalità. In questo contesto la ricostituzione della Commissione antimafia rappresenta un segnale forte ed emblematico che il Parlamento è vigile e non arretra, anzi intende incalzare le cosche criminali con una lotta senza quartiere per sconfiggerle e per portarle definitivamente alla resa. Lo Stato democratico può e deve vincere: lo dobbiamo al nostro Paese e soprattutto alle nuove generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

  (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Maria. Ne ha facoltà.

  ANDREA DE MARIA. Signor Presidente, colleghi, la Commissione antimafia ha rappresentato negli anni un riferimento molto importante per il contrasto alla criminalità organizzata. Ha rappresentato e rappresenta la presa di coscienza delle istituzioni su un fenomeno che è nemico mortale della legalità e della democrazia e che ha condizionato pesantemente, anche per i suoi intrecci nel sistema politico, la storia del nostro Paese.
  Ne parleremo certo in altre occasioni, ma voglio sottolineare qui che ci sono ancora tante pagine oscure su cui far luce nella storia della Repubblica, relativamente agli intrecci tra organizzazioni mafiose, terrorismo, strategia della tensione, servizi segreti.
  In questa legislatura la Commissione antimafia sarà chiamata, come scritto nella legge istitutiva, ad approfondire la conoscenza dei nodi irrisolti del contrasto alle organizzazioni mafiose, organizzazioni che hanno spostato sempre di più il proprio baricentro affaristico verso il nord del Paese e che hanno radicato i propri interessi anche fuori dai confini nazionali (molte cose importanti sono state dette anche nel dibattito di oggi da questo punto di vista).
  La Commissione dovrà poi valutare, com’è scritto sempre nella legge istitutiva, la congruità della normativa vigente e dell'azione dei pubblici poteri nel contrasto alla criminalità organizzata. Da questo punto di vista vorrei sottolineare come la diffusione ed il radicamento degli interessi mafiosi in territori diversi da quello di origine, ha comportato una difficile applicazione del reato di associazione mafiosa, l'articolo 416-bis c. p., che ha rivoluzionato in positivo la lotta ai clan e che oggi difficilmente viene contestato in regioni come l'Emilia-Romagna, la Lombardia, la Liguria, il Veneto, il Piemonte, la Toscana, anche perché sono mutate le mafie: sono organizzazioni veloci, liquide, proteiformi. La Commissione antimafia non potrà quindi esimersi, a mio avviso, dal ragionare, in raccordo con le Commissioni giustizia, su come rendere ancora più cogente l'articolo 416-bis c. p. per permettere alle procure, in particolare del nord, di applicarlo con efficacia.
  Altro punto è il voto di scambio, articolo 416-ter c. p. – lo hanno sottolineato tanti colleghi in questo dibattito – che va rafforzato anch'esso, come si sta iniziando a discutere in Commissione giustizia. Infatti a nord e a sud del Paese i complici politici delle cosche mafiose raramente pagano in denaro i voti, ma promettono favori. Lo si evince anche dalle relazioni di scioglimento di tanti consigli comunali – ripeto – a sud e a nord del Paese, dove non si paga il consenso, ma si promettono lavori e affari ai boss del territorio.
  Dal punto di vista della legislazione, voglio sottolineare anche un altro aspetto per me importante del lavoro della Commissione, Pag. 85e cioè un lavoro di verifica e di raccordo sull'azione legislativa che stanno iniziando ad assumere alcune assemblee legislative regionali. Penso ad esempio alla mia regione, l'Emilia-Romagna, che ha prodotto una legislazione importante in materia, ed anche un ordine del giorno che, in raccordo con l'azione anche della Commissione antimafia della legislatura scorsa, ha portato all'apertura di una sede della DIA in Emilia-Romagna.
  I punti di forza della presenza mafiosa sono tanti e diversificati. Penso ad esempio al sistema del gioco d'azzardo legale. Le mafie, in particolare ’ndrangheta e camorra, agiscono nel gioco d'azzardo legale come vere e proprie padrone del settore, producendo concorrenza sleale e sfruttando i vizi dei giocatori. Anche in quest'ambito le complicità con politica e colletti bianchi sono molto forti: lobbisti, affaristi, faccendieri, imprenditoria mafiosa che ha creato uno scudo attorno al settore, che è diventato inattaccabile e che dobbiamo combattere ridando credibilità allo Stato.
  Credo che oggi più che mai, con una crisi che morde i lavoratori e il mercato del lavoro, se il rifiuto delle mafie è una condizione essenziale per la loro sconfitta, da solo non basta. Quando di fronte alla crisi spesso il denaro sporco è l'unico disponibile, diventa necessario dar vita ad un sistema nuovo di opportunità, soprattutto per quegli imprenditori che hanno denunciato, che vogliono farlo, e che rischiano di essere estromessi dal mercato. È nostro dovere inoltre far sì che le aziende confiscate reggano il mercato meglio di quando erano gestite dai mafiosi. Solo così i cittadini e i lavoratori potranno dire che le istituzioni danno lavoro e le mafie lo tolgono.
  In quest'ambito un altro aspetto importante su cui riflettere sono i reati di usura: si parla di 600.000 vittime del fenomeno, a fronte di alcune centinaia di denunce l'anno, un fenomeno peraltro odioso, che getta nel dramma migliaia di famiglie ed inquina gravemente il nostro sistema economico e sociale.
  Vi è poi la questione dei testimoni di giustizia, persone ormai invisibili, costrette a cambiare identità, spesso condannate alla solitudine e al disagio. Ne ho incontrate alcune anche recentemente. A queste persone che lo Stato si è impegnato a difendere non basta un risarcimento economico, ma è necessario garantire pienamente il reinserimento sociale.
  Vorrei porre poi l'accento su un aspetto che riguarda lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa. È necessario, a mio avviso, monitorare le gestioni commissariali per favorire, durante la fase commissariale, le attività culturali e sociali, per evitare il rischio che nel periodo dello scioglimento la vita delle comunità rimanga sospesa in un limbo fatto di nulla.
  Più in generale occorre garantire l'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione, semplificare e rendere più trasparenti le procedure burocratiche, rafforzare il presidio del territorio, affidandolo non solo alle forze dell'ordine, ma promuovendo socialità e coesione. Non necessariamente tutti i fenomeni di corruzione e illegalità sono connessi alla criminalità organizzata, ma certamente le mafie prosperano e si rafforzano dove le istituzioni sono inquinate e non fanno il proprio dovere. Anche per questo ho aderito con convinzione, come abbiamo fatto in tanti, alla bella campagna cosiddetta dei braccialetti bianchi.
  La nuova Commissione antimafia dovrà giusto coinvolgere le associazioni, dialogare con le forze dell'ordine e la magistratura. La Commissione dovrà essere al fianco di quei tanti eroi silenziosi (amministratori, magistrati e uomini delle forze dell'ordine, giornalisti, giovani ed esponenti della società civile, familiari delle vittime di mafia) che sono giorno per giorno protagonisti di una battaglia di legalità e democrazia contro la criminalità organizzata che è vitale per il futuro dell'Italia. Tutto il sistema politico-istituzionale deve essere in prima fila in questa battaglia per avere la credibilità di richiedere analogo impegno a tutti settori della società nella consapevolezza che non solo le collusioni, ma anche le ambiguità e le Pag. 86convenienze sono i grandi alleati di un fenomeno criminale che dobbiamo sconfiggere per costruire un Paese più libero e democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, «Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria». Questo l'articolo 82 della nostra Costituzione da cui prende forma la Commissione antimafia di cui oggi parliamo, anzi, per la precisione, l'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Una discussione sulle linee generali importante, complessa, lunga, quella che è stata svolta in occasione di questo passaggio per l'istituzione di questa Commissione per la XVII legislatura.
  Non mi dilungo sulla quantità importante di compiti in ordine alle verifiche delle attuazioni di codici e di leggi in relazione alle normative antimafia, sulla congruità delle normative vigenti e sulle indagini in ordine a tanti aspetti importanti e delicati: il rapporto mafia-politica, il settore degli appalti, l'impatto negativo delle mafie e delle criminalità sul sistema economico, il mutamento del fenomeno mafioso in tutte le sue diverse sfaccettature e nelle sue evoluzioni che viene indagato in questo senso anche dalla Commissione costituenda, non ultimo l'aspetto dell'ambiente, dei flussi migratori, l'aspetto finanziario, l'aspetto internazionale). Non intendo nemmeno dilungarmi ulteriormente sulla parte della legge che riguarda la composizione, i contenuti, il funzionamento interno, le audizioni a testimonianza, la disciplina del segreto e tanti altri aspetti più importanti relativi all'organizzazione interna.
  Voglio semplicemente e brevemente, visti anche i tempi la necessità credo di approvare questo provvedimento il prima possibile, sottolineare la convergenza su tre testi – uno presentato a prima firma dei colleghi del PD, uno a prima firma del gruppo del PdL e un altro dal gruppo SEL – di tutte le forze politiche su un tema così importante che deve unire, che deve rafforzare il potere di indirizzo e in questo caso anche di inchiesta del Parlamento.
  E, quindi, credo che questa di oggi sia una pagina importante, politicamente significativa, di un provvedimento su cui, do atto, anche il Governo in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo si è fatto parte per una pronta approvazione. Dunque, oggi, il momento in cui cominceremo a votare gli emendamenti, il testo e ad esprimere il voto finale, sarà la fine di un percorso legislativo importante e l'inizio del percorso altrettanto importante dell'operatività e dell'insediamento, con la successiva approvazione del regolamento interno, della Commissione antimafia, così come la chiamiamo più semplicemente, anche per questa XVII legislatura.
  Quindi, ringrazio i colleghi della Commissione, il relatore, il Governo e tutti i colleghi, per aver seguito con grande attenzione la discussione e il dibattito, che ci hanno portato oggi, in questo momento, qui in Aula, per l'approvazione di questa legge così importante (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 18,20).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Pag. 87

Si riprende la discussione.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Balduzzi.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Signor Presidente, svolgerò una replica molto breve, perché gli interventi sono stati, nel loro complesso, molto convergenti attorno alle linee di fondo di questa legge istitutiva. D'altra parte, la lunga storia parlamentare di queste leggi, porta inevitabilmente ad una convergenza di questo genere.
  L'importante è sottolineare, ancora una volta, che anche questo Parlamento ha preso subito l'iniziativa – è una delle prime proposte di legge che vengono all'attenzione – per quanto attiene all'istituzione della Commissione antimafia; l'ha fatto nel solco della tradizione delle nove Commissioni antimafia, e relative leggi, che l'hanno preceduta, ma l'ha fatto anche con qualche innovazione significativa riguardante più profili: sono stati quelli illustrati nella relazione, ma opportunamente sono stati ripercorsi negli interventi, alcuni dei quali anche con dimostrazione di un coinvolgimento molto forte nella preoccupazione e nell'attenzione relativa ai fatti di mafia.
  Dunque, il relatore non può che essere soddisfatto e ringraziare tutti i colleghi che sono intervenuti, ringraziare anche coloro che hanno presentato emendamenti. Preannuncio che l'opinione, il parere del relatore sugli emendamenti, anche quando sarà contrario, è comunque legato alla circostanza che non si tratta di una contrarietà nel merito dell'emendamento proposto, ma di una contrarietà relativa alla circostanza che già quelle preoccupazioni sono comprese nella proposta di legge. Dunque, esprimo a nome, evidentemente per la parte che mi compete, della Commissione, anche la soddisfazione dell'intera Commissione per il lavoro svolto.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, intervengo in questa discussione, nonostante l'argomento sia di una stretta competenza delle Camere, per cui al Governo compete fondamentalmente quasi un ruolo notarile, ma lo faccio alla luce di due riflessioni. La prima, perché – credo che me lo si debba per i tanti colleghi che mi conoscono – sono stata, la scorsa volta, la relatrice in occasione dell'istituzione dell'ultima Commissione antimafia.
  Poiché ho sentito nel dibattito una certa sofferenza circa la ritualità, vorrei dire che la ritualità delle istituzioni delle Commissioni di inchiesta e, in particolare, dell'istituzione della Commissione d'inchiesta antimafia, può essere di tipo procedurale, ma non lo è nella sostanza, se si considerano i vari elementi innovativi che, di volta in volta, sono stati messi nelle istituzioni per i compiti, che crescevano man mano che quel fenomeno doveva essere indagato, e ne doveva emergere una consapevolezza maggiore in termini non solo politici, ma anche giuridici.
  Io credo che il dibattito che qui si è svolto – forse grazie anche ad una relazione molto attenta del relatore, che il Governo ringrazia, e agli interventi di tutti i componenti della Commissione – testimonia che quella ritualità è anche venuta meno, perché il dibattito di questa sera è stato un dibattito molto ricco, più consapevole di fronte ad un fenomeno che non è più solo italiano – non è un caso che sia stato inserito l'allargamento alle mafie e alle organizzazioni criminali straniere –, soprattutto perché ha tenuto insieme un nesso: l'elemento fondamentale della Commissione è la conoscenza, l'approfondimento; ma la conoscenza e approfondimento di un fenomeno che drammaticamente segna la storia, la civiltà e la democrazia di un Paese, deve essere accompagnato con atti legislativi e normativi che diano conto di quella consapevolezza.Pag. 88
  Io credo che il migliore auspicio sia, essendo questa Camera ad esaminare in prima lettura questo provvedimento, che con la stessa velocità, consapevolezza e convergenza delle forze politiche, si avvii anche al Senato l'istituzione immediata della Commissione antimafia, in modo da consegnare a questa Commissione la consapevolezza di un intero Parlamento che su questo fenomeno oggi, forse, è in grado più di ieri di vedere anche i limiti di molte delle precedenti Commissioni antimafia, e di svolgere un'azione che non sia solo di conoscenza, ma di aggressione agli elementi strutturali che sono sotto il fenomeno mafioso, perché questo è l'elemento attraverso il quale la politica risponde al principio importante di governare i processi, dando a quei processi delle risposte concrete. Quindi, un ringraziamento non formale ai colleghi che sono intervenuti, al relatore e ai membri della I Commissione (affari costituzionali).

(Esame degli articoli – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
  La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate).
  Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'emendamento Faraone 1.2 e, comunque, tutti gli emendamenti a prima firma Faraone sono stati ritirati dal presentatore. Avverto, altresì, che l'emendamento Dadone 7.10 è stato ritirato dalla presentatrice.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate).
  Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Censore. Ne ha facoltà.

  BRUNO CENSORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia consentito di esordire con l'auspicio che si possa giungere ad una sollecita approvazione della proposta di legge, che ho avuto l'onore e il privilegio di firmare, nella consapevolezza che la nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, debba riprendere velocemente il lavoro interrotto con la fine anticipata della precedente legislatura.
  L'inerzia, assieme all'indifferenza, sono gli alleati più importanti della criminalità organizzata. Ecco perché, signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento italiano è chiamato a mettere in campo iniziative forti e tempestive, anche attraverso l'immediata istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, che affronti la questione per quello che realmente è: un'emergenza di carattere nazionale che, in quanto tale, deve diventare una priorità per il Governo.
  Onorevoli colleghi, è fuorviante pensare che la criminalità organizzata sia qualcosa che riguardi esclusivamente il sud Italia. Non è così. Dobbiamo prendere atto dell'avanzata delle consorterie criminali fuori dalle zone di insediamento tradizionale. Operazioni, indagini e tantissimi documenti hanno offerto una visione complessiva del fenomeno mafioso italiano. Non mi dilungherò molto, signor Presidente, ma mi sia consentito di elencare alcuni dati che dimostrano in maniera inoppugnabile che la criminalità organizzata è una vera e propria emergenza nazionale.
  Già nel 2010 il rapporto del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro dichiarava che la ’ndrangheta è la mafia dominante al Nord, la ’ndrangheta meglio di chiunque altro si è comodamente insediata nel triangolo industriale Torino-Milano-Genova, occupando fette sempre più importanti dell'attività imprenditoriale e commerciale.Pag. 89
  Basti pensare d'altronde che, nel rapporto della DIA del 2010, si legge che la Lombardia è la regione d'Italia con il maggior indice di penetrazione nel sistema economico e legale dei sodalizi criminali della ’ndrangheta. Ma forse oggi è più opportuno parlare di effettiva presenza in pianta stabile piuttosto che di semplice penetrazione.
  In Piemonte poi la situazione non è diversa. Si pensi, solo per fare un esempio all'imponente Operazione Minotauro, che ha evidenziato presenze criminali riconducibili alle ’ndrine della locride delle coste ioniche e tirreniche della provincia di Vibo Valentia. È così forte la presenza criminale che in Piemonte sono nati anche clan locali; non a caso è proprio in Piemonte che nel ’95 abbiamo avuto il primo comune del Nord sciolto per mafia. Stiamo parlando di Bardonecchia, località dell'Alta Val di Susa; stessa cosa dicasi per la Liguria e per altre regioni del Centro- Nord del Paese.
  Anche per la personale esperienza maturata in qualità di vicepresidente della Commissione anti ’ndrangheta del consiglio regionale della Calabria, ho la piena consapevolezza di quanto il fenomeno incida sulle sorti dell'Italia intera. ’Ndrangheta, camorra e mafia siciliana sono ovunque, al Sud ma anche al Nord; per questo, onorato del privilegio di aver potuto firmare la proposta di legge, auspico che la Commissione svolga un ruolo attivo e propositivo nei confronti del Governo per ottenere un impegno adeguato sulla lotta alla mafia in attuazione allo spirito della legge che stiamo discutendo.
  La Commissione sarà chiamata ad essere incisiva, assumendo un ruolo propositivo e propulsivo su aspetti rilevanti nella lotta contro la criminalità organizzata. Penso, ad esempio, a norme che velocizzino la confisca e la destinazione dei beni sottratti alla criminalità; è assurdo vedere immobili sottratti alla criminalità inutilizzati, potrebbero assumere il simbolo della resa allo Stato. Dobbiamo dare ai cittadini la netta percezione che il tema della sicurezza e della lotta alla criminalità organizzata è una priorità sia per il Governo che per il Parlamento. Si comincino col rafforzare l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Occorre un'innovazione della legislazione sugli scioglimenti dei consigli comunali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso. Spesso, soprattutto nella mia regione, si assiste ad una colpevolizzazione collettiva di interi territori, col ripetersi di provvedimenti di scioglimento che non producono poi significativi cambiamenti.
  E ancora, occorre attenuare l'impatto negativo sul sistema economico e produttivo delle consorterie criminali, che ovunque ormai alterano i principi di libertà dell'iniziativa privata e di libera concorrenza nel mercato, e servono efficaci campagne di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali assieme ad un maggior controllo del territorio.
  Queste devono essere le priorità dettate da una vera e propria emergenza che, lo sottolineo, va affrontata in quanto tale.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione, citando un grande simbolo della lotta alla criminalità, Paolo Borsellino: diceva che ognuno di noi ha il diritto di avere paura ma, al contempo, ha il dovere di avere coraggio, e mai come in questo frangente serve coraggio, tanto coraggio per intraprendere un'incisiva lotta...

  PRESIDENTE. Deputati, se possibile diminuite un po’ il brusio. Non si sente più niente.

  BRUNO CENSORE. Un'incisiva lotta che possa affrancarci da una criminalità organizzata che sta diventando sempre più asfissiante. Ecco perché quindi, e concludo, tutti assieme senza nessuna distinzione politica, dobbiamo renderci protagonisti di una battaglia di civiltà, che possa dar man forte agli altri avamposti dello Stato che stanno profondendo un grande sforzo con risultati apprezzabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 90

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gelli. Ne ha facoltà.

  FEDERICO GELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, siamo qui chiamati stasera ad esprimerci su un importante pezzo della nostra democrazia, su un passaggio fondamentale dell'attività delle nostre istituzioni e soprattutto della Camera dei deputati.
  Sappiamo bene che la criminalità organizzata in questi anni è andata cambiando, ha cambiato il suo modo di agire. Non si è più limitata ai territori tradizionali, con cui siamo abituati a identificarla: la sua infiltrazione ormai riguarda tutto il Paese, direi tutta l'Europa, tutto il mondo. Basti vedere quello che è successo recentemente nei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa nel Nord del nostro Paese. La mafia è penetrata in profondità nelle istituzioni, nella politica e soprattutto nell'economia: in quell'economia che oggi arranca, è in grande difficoltà, in settori come l'edilizia, il turismo, ma potremmo anche dire il gioco d'azzardo, perché anche questo, che viene considerato una risorsa per il Paese, in realtà è una grande opportunità di affari per la criminalità organizzata. E su di esso, all'interno del gruppo, nella Commissione affari sociali abbiamo pensato di iniziare a fare un percorso, anche con le possibili conseguenze sociali ed economiche per le famiglie interessate da questa piaga della nostra società.
  Ci sono poi le mafie straniere, che hanno preso il controllo di alcuni segmenti degli affari nel nostro Paese, come il malaffare della prostituzione, dello spaccio, che sono perfettamente in sintonia e in accordo con le mafie italiane. Per questo motivo, non possiamo più perdere tempo, per questo motivo occorre immediatamente far funzionare la nostra Commissione parlamentare, che sia in grado di svolgere pienamente il suo ruolo come Commissione di inchiesta, con gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria. Per questo credo che dobbiamo celermente affinare i compiti e le caratteristiche di questa nuova stagione di battaglia contro la criminalità organizzata.
  Personalmente, per dieci anni ho svolto il mio ruolo di amministratore come vicepresidente della giunta regionale della Toscana, impegnato su questa materia, legiferando con norme che limitavano l'infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti pubblici, cercando di promuovere quella cultura della legalità nelle scuole e con i giovani che ha fatto, e credo stia facendo la differenza nella loro formazione e nel loro percorso: migliaia e migliaia di giovani dalla Toscana ogni anno vanno a lavorare nelle terre confiscate alla mafia, con le cooperative sociali che sono sorte in quei territori. Insieme alla Fondazione Caponnetto, a Libera, ad Avviso Pubblico, abbiamo cercato di animare con forza e con coraggio questa grande passione civile dei nostri giovani; che non è vero che sono lontani dalla politica: sono lontani da una certa politica, ma sono molto vicini e molto attenti a questo tipo di impegno e di mobilitazione.
  Permettetemi di concludere, parlando dei beni confiscati. I beni confiscati ai mafiosi sappiamo essere uno degli strumenti più significativi e più importanti nella battaglia, nella lotta alla criminalità organizzata. Non è più ammissibile aspettare più di 10 anni tra il momento del sequestro e il momento della confisca; oggi non è possibile attendere ancora, dal momento che più di 12 mila beni confiscati nel nostro Paese non hanno ricevuto una loro destinazione, un loro uso sociale, un loro ritorno alla potenzialità, alla ricchezza di questo Paese.
  Dobbiamo quindi fare in modo che l'Agenzia nazionale possa essere potenziata. Possiamo e dobbiamo scrivere regole e norme più celeri, più rapide, perché questo grande patrimonio, che è stato tolto alle cosche, possa essere riconvertito per fini sociali, per fini istituzionali, per una grande potenzialità di sviluppo e di economia del Paese, per ridare vitalità anche a nuove filiere economiche. Un vero e proprio tesoro, che non può essere lasciato marcire abbandonato, come è successo purtroppo in questi anni. Su questo dobbiamo Pag. 91fare un patto con gli enti locali, con le associazioni di volontariato, con le cooperative sociali, con le istituzioni pubbliche, perché queste grandi risorse possano ritrovare una loro giusta e naturale collocazione.
  Vorrei concludere, facendo un richiamo ed un'attenzione anche al Governo, anche al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca perché il tema della legalità non diventi un argomento a sé ma possa ritornare in maniera trasversale a tutte le materie trattate nel corso della formazione dei nostri giovani, perché la cultura della legalità non è l'educazione civica; la cultura della legalità sta in tutte le cose, in tutte le nostre azioni quotidiane, di tutti noi cittadini, per cui i giovani devono capire e imparare quanto è importante tutto questo.
  È per questo – credo – che ci sono tante e buone pratiche che sono sorte nel nostro Paese e che sono l'espressione di una buona Italia che può aiutare a contribuire per risollevare le sorti del nostro Paese anche da questa gravissima piaga sociale, politica ed economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sull'unica proposta emendativa ad esso presentata, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Pagano 1.10 in quanto il contenuto dell'emendamento già è ricompreso nei compiti previsti per la Commissione in altri punti della proposta di legge e quindi ogni ulteriore specificazione rischia di essere poi interpretabile come una negazione di altri oggetti ricomprendibili nell'attività della Commissione.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pagano 1.10, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevoli Baroni, Di Lello, Businarolo, Venittelli, Cesaro Antimo, Valiante, Oliaro, Rocchi, Molea, Quaranta, Guerini, Buonanno, Invernizzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni – Applausi).

   (Presenti e votanti  535   
   Maggioranza  268   
    Hanno votato
no  535).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevoli Malpezzi, D'Arienzo, Petraroli, Di Lello, Toninelli, Scopelliti, Binetti, Tidei...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  535   
   Maggioranza  268   
    Hanno votato
 535).    

  (Il deputato Bobba ha segnalato che non è riuscito a votare).

Pag. 92

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate).
  Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Dadone 2.10, nel senso che la Commissione, in un primo momento, aveva stabilito in quaranta il numero dei componenti. Successivamente, ha valutato l'opportunità, per l'importanza dei compiti della Commissione, di confermare il numero previsto nella precedente legislatura.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Dadone 2.10.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, per precisare, abbiamo presentato questo emendamento per ridurre il numero dei componenti della Commissione e riportarlo a venti deputati e venti senatori, come era nella volontà originaria dei presentatori della proposta di legge, non certo perché riteniamo di voler ridurre la rappresentanza dei gruppi parlamentari al suo interno, ma semplicemente perché ci sembra che renda più funzionale, meno pletorico e magari anche meno costoso il lavoro della Commissione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, ricordo che, siano quaranta o cinquanta i componenti della Commissione, ciò non comporta nessuna spesa ulteriore per il Parlamento e viene a garantire anche i gruppi più piccoli, nella rappresentatività e nel lavoro e non viene ad essere un costo per le due Camere: la Camera e il Senato. Quindi, si tratta semplicemente di un lavoro che magari dieci persone in più possono dare a questa Commissione.

  CRISTIAN IANNUZZI. Chiedo di parlare, per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, nella scorsa votazione, il collega, deputato Maietta, ha votato anche per il collega vicino. Adesso, magari, il collega c’è davanti, ma il deputato Maietta ha votato con le mani su due banchi diversi. Non so se c’è il collega, non sappiamo chi è quello vicino, solo che per Regolamento non si può fare.

  PRESIDENTE. Il risultato della votazione è stato già proclamato.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, intervengo per precisare che dovrebbe suggerire al collega che ha preso la parola prima di me che, a volte, ci sono occasioni in cui tacere è preferibile, perché quello che è successo è che il collega, onorevole Rampelli, stava parlando con me, esattamente posizionato al mio fianco e, essendo registrato – come vede – nella sua postazione, ha chiesto all'onorevole Maietta di apporre il dito sulla tastiera mentre lui era in Aula, parlando con me. Ci siamo accorti dello stupore e dell'interesse con il quale un certo settore dell'Aula seguiva la vicenda: è di tutta evidenza che si tratta dell'ennesimo tentativo Pag. 93di strumentalizzare e di raccogliere qualche piccola divisibilità di comunicazione su problemi che non esistono e che dovrebbero cominciare ad essere espunti da quest'Aula perché utilizzati al solo fine di determinare un discredito su quello che avviene in quest'Aula. La prego di responsabilizzare il suo ruolo di Presidente di quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, ribadiamo, ancora una volta, la questione. Questo problema non ci sarebbe nel momento in cui Fratelli d'Italia è tra i partiti che in Parlamento ancora non hanno depositato tutte le minuzie.
  Questo problema non ci sarebbe, perché è vero che non è obbligatorio, ma sarebbe (Vive proteste dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)...

  PRESIDENTE. Deputati, vi invito alla calma.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Chiedo scusa. È un richiamo al Regolamento, per cortesia.

  PRESIDENTE. Vi invito alla calma. Vi invito alla calma!

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Avrà la parola. Facciamo concludere e avrà la parola. Vi invito alla calma. Vi invito alla calma!

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Presidente, ma allora, a parte annotare ancora una volta che l'educazione, anche in quest'Aula, non fa parte evidentemente del percorso personale di alcuni deputati qui presenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), voglio ribadire un'altra cosa molto importante. Si continua a parlare della questione che il deputato è presente giù, è a fianco, è sopra o sotto. Noi alla fine siamo dei dipendenti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e siccome ai dipendenti si chiede di rispettare prima di tutto, tante volte in quest'Aula, il proprio dovere, credo che il dovere di ogni parlamentare, all'interno di quest'Aula, sia di sedere al proprio posto e di votare.
  Quindi, a parte il discorso delle minuzie, ribadiamo, ancora una volta, che per evitare questi problemi ognuno stia al proprio posto durante il voto e noi eviteremo questo problema (Vive proteste dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Vi invito alla calma. Avrete tutti la parola. Vi invito alla calma.
  Nell'ordine, ha chiesto di parlare il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, io credo – e l'abbiamo già chiesto come gruppo – che questo dibattito avvenga nell'Ufficio di Presidenza, perché riteniamo che quella sia la sede giusta.
  Però, ritengo che l'osservazione che ha fatto il collega del MoVimento 5 Stelle – e le risposte che gli sono state date – sia assolutamente pertinente, perché se nella nostra organizzazione abbiamo dato – e questo fa riferimento alla passata legislatura – un'organizzazione per cui – e tutti i colleghi del nostro gruppo hanno aderito – si lasciano e si depositano le minuzie e ognuno vota per sé (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà), io non vedo perché ci debbano essere eccezioni.
  Allora, io non voglio aprire un dibattito, uno scontro con i colleghi di nessun gruppo, ma visto che c’è una sensibilità e che questa sensibilità fa riferimento all'applicazione del Regolamento non a una... all'applicazione del Regolamento (Commenti dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Lega Nord e Autonomie e Fratelli d'Italia)...

Pag. 94

  PRESIDENTE. Cortesemente, facciamo esprimere i deputati serenamente. Cortesemente.

  ETTORE ROSATO. ... se poi qualcuno mi trova sul Regolamento il fatto che si può votare per delega sono contento di conoscere questa innovazione.
  Il collega del MoVimento 5 Stelle ha imputato un comportamento scorretto. Io credo che invece di dare tante giustificazioni, bisogna che ognuno depositi le minuzie, come ci siamo organizzati...

  MAURIZIO BIANCONI. No ! No !

  ETTORE ROSATO. ... e ognuno voti per sé, come ci siamo organizzati (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà – Commenti dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Lega Nord e Autonomie e Fratelli d'Italia).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io non entro nel merito del dibattito. Le chiedo, però, per cortesia, di sapere come lei intende, da qui in avanti, gestire l'Aula, perché non è possibile che interviene un collega del MoVimento 5 Stelle sullo stesso argomento e poi fa intervenire un altro collega del MoVimento 5 Stelle e qui ognuno interviene dicendo quello che vuole e quando vuole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Io vorrei sapere se esiste un Regolamento, se esiste una prassi all'interno dell'Aula per cercare di tenere in ordine i lavori, visto che stiamo discutendo della Commissione antimafia e non solo se siete davanti o dietro in questo momento.
  Quindi, le chiedo di fare rispettare queste tempistiche e dopo, alla fine dei lavori d'Aula, ognuno dirà quello che crede. Non è possibile che ogni volta che lei presiede – e mi dispiace dirlo – in quest'Aula ci sia l'anarchia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ci tengo a dire che ho dato la parola per i richiami al Regolamento, – ripeto – per richiami al Regolamento. E, infatti, è per questo che darò adesso la parola al deputato Baldelli, per un richiamo al Regolamento. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo anche nella speranza di mettere un punto, si spera definitivo, su questa questione.
  È di tutta evidenza che la scelta se dare o meno le impronte, le minuzie, per il sistema di votazione è un fatto assolutamente personale. Questo a prescindere dal dato statistico che più o meno deputati, all'interno di ciascun gruppo, possano averlo fatto. Il mio gruppo ha dato indicazione di darle. Ci sono stati dei casi di singola obiezione. Altri gruppi hanno scelto diversamente, di non darle. Ricordo che questo sistema di votazione è stato introdotto dal centrodestra, dalla Presidenza di centrodestra, nella scorsa legislatura, quando il centrodestra aveva anche una difficoltà oggettiva di maggioranza, ed è stato fatto a scopo di trasparenza, a prescindere, diciamo, dalla fortuna che possa aver portato o meno al Presidente che lo ha introdotto, per rispondere velatamente a qualche battuta che sento dietro di me.
  Ma al di là di questo, Presidente, c’è un meccanismo sistematico in quest'Aula, di cui lei deve farsi carico, di colleghi che – abbiamo già visto una serie di brutte figure collezionate in un altro ramo del Parlamento, ma anche in questo; e quella di oggi ovviamente è una di queste – in maniera sistematica, a caccia di una qualsivoglia visibilità, intervengono interrompendo discussioni e votazioni anche più importanti francamente della singola votazione del singolo deputato, a maggior Pag. 95ragione questo effetto diventa grave quando il caso di specie non si pone. E la risposta che si può dare è semplicemente quella di cercare ciascuno di fare il proprio lavoro sperando di rappresentare bene la Nazione.
  Il collega del MoVimento 5 Stelle dovrebbe consultare il Regolamento della Camera, dove c’è anche la Costituzione, e si renderebbe conto che non siamo dipendenti pubblici (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia). Forse qualcuno è dipendente da un leader qui, ma non siamo certo noi. Noi siamo deputati della Repubblica, siamo eletti e rispondiamo del nostro mandato e delle opinioni espresse. Abbiamo facoltà di esprimere liberamente le nostre opinioni e il nostro voto in quest'Aula.
  Dopodiché c’è una questione di regolarità. Se voi avete delle questioni di regolarità ponetele, ma ponetele a ragione. Non è permesso in quest'Aula porre in maniera strumentale, a caccia di visibilità, delle questioni che non esistono, per la completezza e per la chiarezza di tutti quanti noi. Si vota tra l'altro con maggioranze assolute, quindi non c’è neanche il problema di una maggioranza che per un voto possa essere stata falsata.
  Quindi, nell'economia dei nostri lavori, non venite a insegnarci questo. Non ci state insegnando niente. State collezionando soltanto brutte figure in quest'Aula da quando siete entrati in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia – Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), salvo rari casi, in cui vi do merito di aver concorso – penso al decreto sulle staminali – con interventi seri, però queste sono cose, ve lo dico da collega poco più grande di voi, che vi squalificano per quel tanto di buono che potete portare in quest'Aula...

  PRESIDENTE. Deputato, le ricordo che è intervenuto per richiamo al Regolamento, se possiamo stringere, la ringrazio.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siccome l'articolo 8 del Regolamento disciplina le sedute, io credo che non possiamo ogni volta che votiamo aprire un giro di tavolo su questa questione. Io lo trovo indecente.

  GENEROSO MELILLA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GENEROSO MELILLA. Signor Presidente, voglio innanzitutto dichiararmi soddisfatto per il modo in cui conduce l'Assemblea. Avendola votata, sono molto contento di come gestisce l'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In secondo luogo, colleghi, minuzie o non minuzie, c’è un problema grande come una casa: una persona non può votare due volte. Questo è il problema. Lasciamo perdere le minuzie. Nessuno di noi può votare due volte, anche se ce lo dice magari il deputato che sta lì. Questo è tutto e invito la Presidenza a prendere i provvedimenti del caso (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Per richiamo al Regolamento ? Se è sullo stesso argomento, ha già parlato il deputato Baldelli (Commenti di deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia). Prego, ne ha facoltà.

  MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, intanto dicevo prima al collega Leone, che ha fatto il vicepresidente prima di lei, che mi compiacevo per la buona volontà e i tentativi che faceva, lodevoli, di tenere l'Aula. Quindi, ha anche i miei complimenti. Si impegna perché si vede che ha il senso delle istituzioni e a noi un po’ più vecchi fa piacere.
  Secondo dato: non è una questione di Regolamento. Ecco perché io mi sono scaldato tanto. È una questione di diritti Pag. 96fondamentali sanciti dalla Costituzione (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Deputati, fate esprimere il deputato Bianconi.

  MAURIZIO BIANCONI. Io le mie impronte digitali le do se mi va.
  E non può essere un regolamento di un qualsiasi ente che me lo impone, per verificare se faccio le cose secondo regola. È una questione di libertà costituzionale ! Se si capisce, si può stare qui; se non si capisce, si può andare a fare i dipendenti. Vi è una questione di dignità dell'Aula, della funzione, dell'essere deputato !
  Sei responsabile delle tue azioni e della tua libertà ! Le impronte digitali me le presero di legge quando facevo il militare, me le presero di legge quando mi hanno messo in prigione, me le prenderanno, forse, un altra volta, ma qui no (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia) !

  PRESIDENTE. La ringrazio. Direi che è il caso di concludere sulla questione, semplicemente invitando l'Assemblea ad andare avanti. Su questo fatto, ci tengo a dire due cose: è vero che depositare le minuzie non è obbligatorio.
  Invito semplicemente, per evitare questioni, a votare dal proprio posto. Così evitiamo qualsiasi fraintendimento, che, a quanto ho capito, vi è stato, in questo caso. Se è possibile, chiedo di andare avanti, e parlare, caso mai, a fine seduta, ma semplicemente perché dobbiamo mandare avanti i lavori dell'Aula.

  ROBERTO CAPELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Per un richiamo al Regolamento ? Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, intervengo solo un attimo per dire, inizialmente, che non mi sento assolutamente offeso ad essere paragonato ad un dipendente pubblico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In secondo luogo, sul Regolamento, esso è nato proprio perché in quest'Aula gran parte di una certa politica votava e usava votare per altri cento assenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sul fatto del deposito delle minuzie, è opportuno verificare se esista un modo per renderlo obbligatorio, modificando il Regolamento, e quindi non lasciando alla libertà del singolo di potere o meno ottemperare ad un obbligo morale.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Questa è una questione che sarà affrontata nell'Ufficio di Presidenza. Ricordo che stiamo continuando con una questione che esula dall'ordine del giorno.
  Il deputato Buttiglione ha chiesto di intervenire per un richiamo al Regolamento (Commenti). Fate esprimere il deputato, cortesemente. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che la questione nell'Ufficio di Presidenza è stata affrontata a suo tempo e, come ovvio, non esiste un diritto dell'Ufficio di Presidenza di costringere un deputato a dare le proprie impronte digitali, come non esiste un diritto di nessuna autorità di polizia a costringere qualcuno a dare le impronte digitali fuori dei casi previsti dalla legge.
  Immaginate quale tumulto vi sarebbe nei vostri banchi, amici del MoVimento 5 Stelle, se venisse fuori che dei cittadini sono stati costretti, senza una legge, a dare le proprie impronte digitali...

  PRESIDENTE. Deputato, le ricordo che è intervenuto per un richiamo al Regolamento. Le chiedo di concludere, in modo da andare avanti.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, stiamo parlando del Regolamento, nella parte nella quale consente al deputato di rifiutarsi di dare le proprie minuzie.

Pag. 97

  PRESIDENTE. L'ho ribadito io stesso.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 2.10, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Petraroli, Sannicandro, Latronico, Manzi, Maestri, Gribaudo, Quartapelle, Garavini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  542   
   Votanti  540   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  271   
    Hanno votato  101    
    Hanno votato no  439.    
  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lavagno, Gianni Farina, Ravetto, Simoni, Colonnese, Bolognesi, Dambruoso...hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti e votanti  545   
   Maggioranza  273   
    Hanno votato  545    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gianni Farina, Daniele Farina, Pesco, Gasbarra, Fratoianni, Cani, La Marca, Manzi...Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  544   
   Maggioranza  273   
    Hanno votato  544    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Faraone, Gadda, Malpezzi, Lotti, Nardella, Gallo Luigi, Scopelliti...hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti e votanti  524   
   Maggioranza  263   
    Hanno votato  524    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

Pag. 98

(Esame dell'articolo 5 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  La Marca, Carra, Brugnerotto, Di Salvo...Bindi ha votato...Beni...hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  539   
   Maggioranza  270   
    Hanno votato  539    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 6 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Hanno votato tutti ? Colonnese, Malpezzi, Magorno, Pastorelli, Lotti, Galgano, Bonifazi, Di Battista, Molea, Palma...hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  542   
   Maggioranza  272   
    Hanno votato  542    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 7 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A ed abbinate).
  Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Signor Presidente, sull'emendamento Dadone 7.11 la Commissione esprime parere contrario per queste ragioni. In primo luogo non c’è un bilancio della Commissione distinto dal bilancio della Camera. In secondo luogo tutte le spese della Commissione sono già normalmente rendicontate. Ma soprattutto c’è un terzo motivo per cui mi sentirei di formulare un invito al ritiro, ma ormai non è più possibile, forse.

  PRESIDENTE. È ancora possibile.

  RENATO BALDUZZI, Relatore. Allora, se è possibile, la Commissione formula un invito al ritiro dell'emendamento Dadone 7.11. Infatti la Commissione in questione svolge compiti di notevole delicatezza che possono avere bisogno di talune condizioni, tanto è vero che è prevista nella nostra proposta di legge la possibilità di riunirsi in seduta segreta, eccetera. A fronte di ciò diventa assolutamente contraddittorio immaginare di poter andare a dare pubblicità a tutte le spese fatte dalla Commissione. Aggiungo, come osservazione finale, che siamo in presenza di un budget comunque complessivamente contenuto e quindi, pur in linea di principio apprezzando personalmente e anche a nome di Scelta Civica le esigenze di massima trasparenza, credo che la soluzione proposta non sia opportuna.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

Pag. 99

  PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Dadone 7.11 formulato dal relatore.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, ringrazio il relatore della motivazione fornitaci. Partiamo dalla premessa che noi non vogliamo assolutamente sminuire o mettere in dubbio le funzioni e l'attività della Commissione antimafia. Quello che però riteniamo opportuno, ma anzi addirittura naturale, è che tutte le amministrazioni e le istituzioni pubbliche siano chiamate al rispetto e all'applicazione delle materie e dei principi di pubblicità e trasparenza. È vero che c’è un budget basso, ma questo non significa che non ci debba essere trasparenza nella rendicontazione.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 7.11, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Pelillo, Rughetti, Bonifazi. Hanno votato tutti ? Monchiero.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   (Presenti  543   
   Votanti  525   
   Astenuti   18   
   Maggioranza  263)   
    Hanno votato  109    
    Hanno votato no 416.

  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Daniele Farina, Ginefra, Frusone, Pisano. Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   (Presenti e votanti 542   
   Maggioranza 272)   
    Hanno votato  541    
    Hanno votato no  1.

  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  (Il deputato Carbone ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 8 – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A – A.C. 482-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Del Grosso... onorevole Magorno... onorevole Malpezzi... onorevole Malisani... onorevole Tancredi Turco... onorevole Carbone... onorevole Folino... onorevole Melilla... onorevole Nesci... onorevole Gallo Luigi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  541   
   Maggioranza  271   
    Hanno votato  541.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Non essendo stati presentati ordine del giorno, passiamo al voto finale.Pag. 100
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, rinuncio.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Attaguile. Ne ha facoltà.
  Prendo atto che rinuncia. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. So che sarà una scelta impopolare, signor Presidente, ma io non rinuncio. Vorrei esprimere la nostra valutazione e la ragione del nostro consenso a questa legge anche per un senso di responsabilità su un atto importante che si sta consumando in questo Parlamento. Ricordo, signor Presidente, che quasi trent'anni fa, avevo poco più di vent'anni, l'Alto commissario per la lotta alla mafia, il primo che conobbe la storia di questo Paese, De Francesco, disse nel corso di un'intervista: «ci auguriamo che la mafia venga debellata entro il 2000». E ricordo le reazioni dure ed ostili verbalmente molto violente a quella profezia che fu considerata da tanti, anche da me, come una profezia di scarso senso delle istituzioni, di un inutile pessimismo e siamo al 2013, siamo alla nona edizione della Commissione antimafia e dobbiamo chiederci come ci ha sollecitato anche il Governo e come è stato sollecitato da molti colleghi come evitare che la tenacia con cui stiamo...

  PRESIDENTE. Vi invito a diminuire il brusio.

  CLAUDIO FAVA....continuando a proporre il nostro punto di vista e di attenzione legislativo sui temi della mafia non inciampi nella liturgia. Per evitare la liturgia noi dobbiamo provare ad aggiornare il nostro punto di vista su cos’è diventata oggi la mafia. Noi stiamo parlando, onorevoli colleghi, e credo che sia stato sottolineato in quasi tutti gli interventi di una forma di capitalismo di grande efficacia e di rara spregiudicatezza. Oggi il core business della mafia non è più far soldi ma come investire le risorse che sono state accumulate: una stima approssimata per difetto parla di 30 miliardi di euro che vengono movimentati ogni anno e stiamo parlando di una cifra che è simile a quanto l'Europa mette a disposizione attraverso il programma di Agenda 2000 durante sette anni per tutte le regioni del Mezzogiorno d'Italia. E anche l'istituto Mario Negri ci dice, per darci contezza di come vengano accumulate queste risorse, con un'analisi delle acque reflue della città di Milano, che c’è un uso quotidiano di cocaina da parte di 150 mila abitanti di Milano, con un traffico di coca che si considera superiore a quattromila chilogrammi al mese (15 miliardi di euro) e un'enorme capacità di immettere nel circuito dell'economia legale un capitale in nero e un capitale che fa saltare tutte le regole del mercato, un capitale che permette alle imprese mafiose di concorrere col massimo ribasso alle gare d'appalto, è un capitale che permette alle imprese mafiose di pagare committenti e fornitori non a trenta, sessanta, novanta, centoventi giorni, ma nel giro di 48 ore e in contanti.
  È un capitale che permette di investire in un settore che oggi forse è più redditizio del traffico di droga, lo smaltimento dei rifiuti, con la capacità di abbattere i costi per lo smaltimento dei rifiuti tossici industriali superiore al 70 per cento dei prezzi che vengono proposti normalmente dal mercato. Sono saltate tutte le coordinate geografiche. Nel 1982 destò stupore un'intervista dell'allora prefetto di Palermo, Carlo Alberto Dalla Chiesa, che parlava di policentrismo mafioso, assumendo che la geografia della mafia non avesse più come unica capitale Palermo. Oggi parlare di policentrismo mafioso ci porta a parlare di un teatro d'azione che riguarda l'intera Europa. E le nostre operose capitali del nord non possono essere state colte di sorpresa: i padroni di casa, in questi anni, più che subire l'infiltrazione Pag. 101della mafia, a volte hanno spalancato il portone di casa a queste infiltrazioni.
  A nostro carico – e di questo forse dovrà anche occuparsi la nostra Commissione antimafia – ci sono state nel corso degli anni, soprattutto di questi ultimi anni, molte sottovalutazioni. Vorrei ricordare come alla vigilia di un'inchiesta che a Milano ha rappresentato il punto più alto di attività di contrasto alla mafia, il prefetto di quella città, che è un prefetto che ha avuto lunga esperienza in quella città ed è stato in carica a rappresentare il Governo della Repubblica per otto anni, ebbe a dire, proprio in un'audizione di fronte alla Commissione antimafia del Parlamento, che non esisteva mafia a Milano, semmai soltanto alcune cosche che agivano in modo assolutamente episodico.
  Invece occorre indagare, signor Presidente e signor sottosegretario, sulle nuove modalità con cui si sta costruendo un rapporto sinergico tra mafia e politica, di reciproca convenienza e di reciproco inabissamento. Il presidente Pisanu, presidente della Commissione antimafia della scorsa legislatura, ci ricordò che ben 45 casi di candidati alle elezioni amministrative si trovavano al di sotto della soglia di tolleranza che era stata stabilita dal codice di autoregolamentazione che quella Commissione aveva approvato all'unanimità e ci disse anche che quella era soltanto la punta dell’iceberg, nel senso che era difficile capire fino in fondo quale fosse l'alto livello di compenetrazione e di sinergia che si era costruito tra la mafia e la politica.
  A questa emergenza questo Parlamento sta provando a dare una risposta efficace (è stato ricordato dal collega Dambruoso): provare a modificare l'articolo 416-ter del codice penale. È importante che a questo lavoro si siano offerti, con un contributo significativo, più di 200 parlamentari. Il 416-ter punisce il voto di scambio politico-mafioso e prevede che questo scambio sia uno scambio materiale in denaro. Assumendo la giurisprudenza di questi anni si ritiene che vada esteso a tutte le altre utilità: oggi promettere obbedienza in cambio di voti è già ragione di fattispecie penale e vorremmo che il codice venisse modificato in questo senso. Vorremmo rivedere alcuni strumenti legislativi. Libera ci ha ricordato in questi anni come la legge antimafia, modificata utilmente...

  PRESIDENTE. Colleghi deputati, vi invito ad abbassare la voce cortesemente.

  CLAUDIO FAVA. ... anche grazie ad un'iniziativa di legge popolare, ha portato alla confisca di oltre 11 mila beni. Di questi 3.800 non sono stati assegnati, o perché vengono gravati da forti mutui bancari o perché sono ancora in mano alle cosche mafiose. Pochissime imprese, tra le tante confiscate, sono state in condizione di rimanere in vita, quasi tutte sono state chiuse. Anche in questo forse va rivisto il modo in cui questo strumento legislativo è stato utilizzato in questi anni.
  E forse bisogna affrontare, signor Presidente, con spirito laico e senza alcun pregiudizio, una discussione anche su un altro strumento che è stato approntato molti anni fa, che è stato di sicuro efficace e che prevede un inasprimento delle condizioni carcerarie: l'articolo 41-bis. Io mi chiedo – e lo dico senza alcun sospetto di compiacenza nei confronti di chi oggi è sottoposto a questo regime carcerario – se oggi non sia prova non soltanto di civiltà, ma anche di un rapporto di forza che si è modificato e che non vede più la società civile e politica subalterna della mafia, mettere in discussione l'articolo 41-bis, mettere in discussione un ordinamento carcerario che prevede la pena spesso ridotta a condizioni di accanimento o di vendetta nei confronti dei capimafia.
  Noi dobbiamo essere in condizione oggi di poter garantire che, all'interno del circuito carcerario normale, un capomafia non sia capace di fare ciò che vent'anni fa veniva fatto: continuare a comandare, a gestire morte, a disporre della vita di centinaia di migliaia di persone. Ma se oggi tutto questo possiamo affermare che non è più un rischio che corriamo, credo che vada affrontato serenamente, senza alcun pregiudizio, il tema della riforma del Pag. 10241-bis. E, infine, serve l'umiltà. Vi parla un Paese che è orfano di troppe verità. Siamo stanchi, Presidente, discutiamo da quattro ore di questa Commissione antimafia e sarà bene che possa cominciare ad agire subito, a mettere subito a disposizione buona politica e buone leggi al Paese. Ma dobbiamo a questo Paese umiltà perché questo è un Paese orfano di troppe verità. È in corso in questo momento un processo sul quale la Commissione antimafia non potrà affatto interferire, ma il fatto stesso che si debba celebrare un processo perché esiste il fondato sospetto che molti in questi vent'anni sulle stragi di mafia hanno mentito o hanno taciuto è già una sconfitta del diritto e della società civile di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Ci vorremmo fare carico, signor Presidente, di una domanda di trasparenza e di verità di un Paese che in questi anni ha collezionato troppe colpe e pochissimi colpevoli. Ci resta la sensazione che anche su questa opacità dovrà intervenire la Commissione antimafia, dovrà farsi carico di questi debiti di verità e dovrà fare in modo, come è stato detto da tanti altri colleghi, che il richiamo alla lotta alla mafia come pregiudiziale di democrazia, come architrave sulla quale costruire una stagione di buona politica, non sia soltanto un'evocazione retorica, un appello alle buone intenzioni, ma sia anche una pratica politica sulla quale tutti i gruppi e tutti i parlamentari – e mi auguro l'intera politica e l'intero Paese – saranno impegnati nei mesi a venire (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Balduzzi. Ne ha facoltà.

  RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, avendo già avuto l'occasione di intervenire come relatore, utilizzerò soltanto alcuni dei minuti a disposizione, ma mi sembra giusto recuperare le ragioni e la determinazione con cui il gruppo di Scelta Civica per l'Italia convintamente voterà sì alla proposta di legge istitutiva della Commissione antimafia. Il collega Dambruoso ricordando Paolo Borsellino – nei rapporti mafia e politica o si mettono d'accordo o si combattono, non c’è una terza via – credo che abbia dato un'indicazione importante anche in forza della sua esperienza. Non c’è una terza via neanche nell'esperienza personale di ciascuno di noi per ragioni politiche e culturali e lo ricordavano opportunamente sia il collega Mazziotti Di Celso, sia il collega Gitti. Presidente, un anno fa era l'anniversario ventennale delle stragi di Capaci e sul principale, o perlomeno sul più autorevole, quotidiano francese comparve un articolo a tutta pagina con un titolo che mi ricordo con una qualche amarezza che, però, nello stesso tempo è uno stimolo per noi. Il titolo era: «Un combat inachevé». Una lotta che può significare due cose in quell'articolo; può significare incompiuta e, quindi, è qualche cosa che stimola ad andare avanti, ma può significare anche, nella traduzione italiana, una lotta interminabile.
  Presidente, facendo anche prova di quella ingenuità che qualche volta però aiuta pure la politica noi vorremmo sottolineare la circostanza che questo Parlamento subito abbia affrontato con rapidità la questione della legge istitutiva della Commissione antimafia e stia, in parallelo, definendo meglio quella che è una rinnovata formulazione dell'articolo 416-ter a proposito di voto di scambio. Credo siano degli elementi che possono far pensare che per noi che siamo in quest'Aula non si tratta di una lotta interminabile, ma semplicemente di una lotta ancora incompiuta (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, mi sia concesso prima di tutto di ringraziare sentitamente il presidente Brunetta e l'onorevole Gelmini, che hanno Pag. 103inteso affidare a me il privilegio e la grande responsabilità di tenere la dichiarazione di voto per il Popolo della Libertà sulla Commissione che stiamo procedendo ad istituire. E vorrei, con il cuore, dedicare idealmente questo intervento alla memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie, soprattutto, a quelle troppo spesso dimenticate ed in attesa, ancora oggi, di giustizia (Applausi). E vorrete perdonarmi se, tra queste, un particolare pensiero, oggi, in quest'Aula, lo rivolgo ad Antonino Scopelliti (Applausi), magistrato umile ed incorruttibile servitore dello Stato; per me semplicemente un papà straordinario (Applausi).
  È solo con le nostre azioni, onorevoli colleghi, solo le nostre azioni che possiamo dare un senso al tanto, al troppo sangue versato da uomini, donne e, purtroppo, anche bambini sull'altare laico della giustizia e della democrazia. Portando nel cuore il ricordo di tutti loro e il dolore delle famiglie, dobbiamo avere prima di tutto una consapevolezza, semplicissima consapevolezza: noi siamo lo Stato. E non è un'affermazione banale e men che meno una retorica di seconda mano, perché le organizzazioni mafiose hanno sempre cercato di fare quello che la politica non è riuscita a fare o, in alcuni casi e contesti, non ha voluto fare. Ecco, la mafia interviene laddove fallisce la politica.
  La mafia crea bisogno per intervenire poi in aiuto. E la criminalità organizzata ha cercato, in questi anni, di conquistare il consenso dei cittadini, divenendo, nel corso dei decenni, quasi una prossimità, un sistema che potremmo definire tranquillamente «welfare», che si nutre di omertà e paura, ma che, allo stesso tempo, in cambio, sembra offrire servizi quali la protezione, il lavoro o anche una linea di credito sempre aperta. Più lo Stato è inefficiente, più la giustizia è lenta, più aumenta la disoccupazione, più la burocrazia è farraginosa e tanto più, purtroppo, la mafia cresce e diventa invisibile.
  È di fondamentale importanza, pertanto, consentire a questo Parlamento un'attività permanente di indagine sulle tematiche relative alla realtà mafiosa e alle attività criminali che ne conseguono. Detto questo, è altrettanto importante sottolineare – so che è stato fatto anche prima – che l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia non deve essere considerato un atto di routine o una stanca ripetizione di un passo che si ripete ad ogni legislatura, ma, al contrario, deve significare il rinnovo di un impegno dello Stato nella lotta ad un fenomeno che ha, purtroppo, ancora modo di colpire vaste aree del nostro Paese.
  E sarebbe un grandissimo errore, tra l'altro, immaginare che il fenomeno mafioso o di qualunque altra criminalità organizzata sia soltanto eliminato da alcuni parti dell'Italia. Le mafie italiane, da decenni, parlano tra loro, si spartiscono uomini ed affari, e sembrano essersi strutturati in maniera organica quelli che, un tempo, erano sporadici accordi sottobanco tra sodalizi criminali. È forte, ad esempio, il patto tra la camorra e Cosa Nostra, grazie al business dell'ecomafia, che ha portato molti clan campani ad investire nel traffico dei rifiuti o nella gestione di ristorazione, energia e trasporto merci. Così come è solido e duraturo il legame tra Cosa Nostra e la ’ndrangheta calabrese.
  Anzi, credo di poter affermare, senza ombra di dubbio e senza timore di essere smentita, che sono le organizzazioni mafiose che, più di ogni altra organizzazione criminale, hanno saputo rendersi moderne; e così come l'organizzazione, soprattutto, l'economia mafiosa, nel tempo, si è profondamente trasformata. In Italia, con un fatturato stimato in 90 miliardi di euro, le mafie si confermano la più importante multinazionale del Paese e una delle più grandi d'Europa; e se, poi, aggiungiamo il traffico di droga, armi ed esseri umani, la azienda «mafia Spa» produce un giro di affari di circa 140-150 miliardi di euro all'anno. Sono interi settori dell'economia che hanno nel tempo assunto un profilo ambiguo o duplice, a cominciare, per esempio, da quello immobiliare, con le mille possibilità di essere infiltrato tramite il meccanismo degli appalti pilotati o, come avviene di recente, finanche nelle infiltrazioni nelle aste giudiziarie; Pag. 104così come sono terreno di scorrerie e predazioni da parte delle organizzazioni criminali l'eolico e le energie rinnovabili.
  Oggi, in un momento di crisi economica, questo è agghiacciante. In un momento di crisi di liquidità delle banche, con chi promette aiuto con danaro a costo zero, perché viene dall'illecito, si inquina tutto il mercato economico mondiale e piano piano i mafiosi riescono a conquistare anche un posto nell'impresa apparentemente legale, espropriandola agli stessi proprietari. Le operazioni finanziarie necessarie per riciclare il denaro sporco vengono effettuate da esperti della finanza internazionale, i cosiddetti colletti bianchi, ed è un settore, quello del riciclaggio, stimato ogni anno in Italia in 150 miliardi di euro, che unito all'evasione fiscale, la corruzione e i profitti illeciti costituisce un impero di circa 500 miliardi l'anno di denaro sommerso. Un primato mondiale che rappresenta un terzo del Prodotto interno lordo.
  E questi numeri, già di per sé esorbitanti, rimandano ad una grave lacuna legislativa che questo Parlamento dovrà presto riuscire a colmare, ovvero il cosiddetto autoriciclaggio: il reimpiego e la reimmissione sul mercato di risorse provenienti da reato da parte di chi lo ha commesso. È una materia complessa, ma è necessario adeguarla al più presto con quanto stabilito dalla Convenzione penale sulla corruzione siglata a Strasburgo nel 1999. L'aggressione ai patrimoni, quindi, deve rimanere la nostra priorità e del Governo in ogni azione politica, perché produce, inoltre, un altro importantissimo vantaggio: il consenso della comunità. Il fatto che i beni di provenienza illecita possano essere dati in gestione a cooperative di giovani che coltivano terreni da un lato offusca il prestigio dei mafiosi e dall'altro rafforza la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato e delle istituzioni.
  Nel settore della lotta alla criminalità organizzata la XVI legislatura si è caratterizzata per un impegno costante da parte di Governo e Parlamento; abbiamo parlato anche prima di dati, ne ricordo qualcuno: il codice delle leggi antimafia e le misure di prevenzione; il piano straordinario contro le mafie; l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati; il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione e altri interventi in materia penale. Ricordo, inoltre, anche il fondo unico di giustizia, ma la cosa più importante è che ai provvedimenti normativi si è poi affiancato il grande lavoro del Governo e delle forze dell'ordine, che ha portato all'arresto di circa 9 mila mafiosi, di cui 30 pericolosi latitanti.

  PRESIDENTE. Colleghi deputati, vi invito ad abbassare la voce.

  ROSANNA SCOPELLITI. La ringrazio. Vado avanti, perché i tempi sono contingentati. Occorre poi pensare al lavoro di indagine, con la prospettiva già avanzata nella scorsa legislatura nel nuovo orizzonte del rapporto con l'estero, sapendo che abbiamo a che fare con grandi, grandissime organizzazioni criminali, che spesso hanno una base in Italia, ma anche una dimensione internazionale, e la mafia del terzo millennio è una mafia transnazionale. Le organizzazioni criminali italiane hanno stretto rapporti con i principali cartelli stranieri, che vanno dalla mafia turca a quella albanese, dalla criminalità cinese, per esempio, a quella colombiana, messicana, finanche l'ETA spagnola e Al Qaeda. Proprio per questo c’è bisogno di una spinta legislativa diversa.
  La comunità internazionale non è ancora sufficientemente strutturata per opporsi a questo pericolo globale e dobbiamo dire con assoluta chiarezza, anche per un efficace piano di prevenzione e repressione, che dobbiamo poter fornire alle magistratura e soprattutto alle forze di polizia più strumenti, più risorse e più mezzi, così come occorre pensare insieme a come stabilire un sistema di premialità per quegli imprenditori e commercianti che denunciano il pizzo, le estorsioni e l'usura, in modo che possano subito reinserirsi Pag. 105al più presto nel mercato del lavoro, facendo capire a tutti che conviene, conviene stare contro la mafia !
  Gli italiani avvertono il bisogno di vedere le forze politiche interamente compatte su un fronte come questo, che impegna il nostro Paese ormai da fin troppo tempo. Allo stesso tempo hanno bisogno di sapere che su argomenti di questo genere non vi possono essere liti o distinguo tra le forze politiche, come non vi possono essere distinguo o divisioni fra le istituzioni coinvolte. Ripeto una cosa che ho già detto quando ha deciso di impegnarmi in politica: la lotta alle mafie è di tutti. L'antimafia e la legalità devono essere un abito mentale di tutte le persone perbene. È necessario un impegno comune che porti lo Stato ad approfondire le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l'analisi e soprattutto verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare nell'azione di contrasto contro la mafia, nella prevenzione delle attività criminali e dell'illegalità.
  Concludo con un tema che è a me molto caro: i cittadini. Oggi nella società civile ci sono fermenti attivi di legalità che meritano di essere valorizzati e, mi passerete il termine, utilizzati dal Parlamento. Auspico, pertanto, che la nuova Commissione antimafia promuova la costituzione al proprio interno di un gruppo di lavoro permanente di associazioni e movimenti antimafia, come Libera, Addiopizzo e Ammazzateci tutti, le associazioni antiracket, allo scopo di analizzare i fenomeni devianti per i giovani, condividere le proposte e gli strumenti utili e ad arginarli.
  Un tavolo permanente che possa ideare ed avviare in tutto il Paese, a partire dal coinvolgimento diretto dei giovani e dei parenti delle vittime, progetti mirati comuni per il contrasto civile alle mafie, avvicinando sempre di più le istituzioni al cittadino. Ci sarebbe altro, ma voglio concludere con questo: io ho imparato nel corso degli anni che cosa vuol dire il dolore, che cosa vuol dire perdere un familiare a causa della violenza delle mafie (Applausi).
  Ecco, io ho riscoperto in tutto questo anche una lezione importante che è quella di mio padre e lui sosteneva che dietro ogni criminale vi fosse una persona che ha sbagliato, un caso umano e che per questo motivo ogni singola vicenda giudiziaria avrebbe dovuto essere analizzata. Ebbene, io ho imparato a provare compassione, ma accanto alla compassione ho imparato anche un fermo intendimento: alle vittime va garantita la certezza dell'espiazione della pena a carico di chi delinque, la vicinanza vera, tangibile da parte dello Stato, questo deve essere il nostro obiettivo, questo è l'obiettivo del nostro Stato che deve essere convinto che le mafie debbano essere assolutamente sconfitte e sconfitte definitivamente.
  Per questo non possa fare a meno di dichiarare a nome dell'intero gruppo del PdL il voto favorevole alla costituzione della Commissione antimafia, ce la possiamo fare (Applausi – Congratulazioni).
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, colleghi deputati, le mafie rappresentano la più grande potenza economica di questo Paese, una forza che non potrebbe proliferare se non nell'indifferenza e, in alcuni casi, nell'appoggio esterno di politici, professionisti e amministratori. Un fenomeno che si sviluppa in maniera direttamente proporzionale alla mancanza di cultura.
  Eppure non si tratta di un fenomeno nato ieri; è del 1876 la prima definizione formulata dagli studiosi Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, che, ripeto, nel 1876, parlarono di «Un'associazione che non abbia forme stabili e organismi speciali, che rappresenta lo sviluppo e il perfezionamento della prepotenza diretta ad ogni scopo di male». Ed è dovuto passare oltre un secolo affinché nell'ordinamento Pag. 106giudiziario italiano venisse inserito il reato di associazione mafiosa, norma che è costata la vita all'esponente del partito comunista Pio La Torre, creata per, e cito testuali parole, «(...) riscattare l'indifferenza, l'agnosticismo che per troppo tempo vi era stato nel nostro ordinamento di fronte al fenomeno mafioso».
  In mezzo una lunga serie di relazioni mortificanti, prodotte proprio dalla Commissione antimafia, la cui prima istituzione è stata proposta il 14 settembre 1948; da allora ad ogni legislatura il Parlamento approva la costituzione di questa Commissione bicamerale, con la speranza che si faccia chiarezza. E cosa ha prodotto fino ad ora ? Parole, parole, parole. Le ultime Commissioni antimafia istituite da questo Parlamento hanno prodotto solo questo: parole. E hanno tradito la missione originaria di questo istituto, indagare su un fenomeno di enormi proporzioni, dai contorni sfumati e mai troppo ben definiti e proporre soluzioni legislative, dare risposte concrete su temi ben definiti che riguardano tutta la popolazione italiana.
  Cosa succede nell'oscurità delle celle del 41-bis ? Chi gestisce il flusso informativo che si genera dentro le carceri ? Quanto l'autorità giudiziaria è messa a conoscenza di queste informazioni ? Esiste nell'ambito del cosiddetto carcere duro un circuito parallelo a quella giudiziario, che controlla e rischia di orientare addirittura le collaborazioni con la giustizia prima che vengano formalizzate ? E ancora, che fine fa l'enorme patrimonio generato dalle confische dei beni mafiosi ? Che ruolo ha l'Agenzia dei beni confiscati ? E i patrimoni di mafia di seconda e terza generazione ?
  A breve si terrà un evento mondiale in Italia, l'Expo di Milano del 2015, col rischio che ingenti somme di denaro finiscano nelle tasche della criminalità organizzata così com’è dimostrato dalle indagini in merito. E questo Parlamento che cosa fa al riguardo ? Resta a guardare incosciente o addirittura connivente ? Si può pensare di intervenire in tempo utile per evitare questo scempio ? Un volta tanto intervenire in diretta, e non a danno già consumato ?
  Ecco cosa vorremmo: che per una volta questa Commissione fornisse risposte e soluzioni, e non solo parole, nonostante queste premesse, che riteniamo doveroso fare, con l'auspicio che l'impegno della Commissione di inchiesta sia quello di indagare veramente, senza superficialità, con profondità questo fenomeno, senza guardare alle diversità di partiti da cui si proviene e per fare luce e dare una risposta. Ecco perché diamo voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Garavini. Ne ha facoltà.

  LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che quest'oggi in Aula abbiamo scritto davvero una bella pagina, perché si è sentita finalmente la volontà politica di fare sì che la Commissione antimafia non sia soltanto un atto rituale. Anch'io, insieme all'esponente del Governo, dico: non è vero che sia rituale tout court. La Commissione antimafia può diventare e può essere – ed lo è anche stata – uno straordinario strumento di contrasto alle criminalità organizzate, nella misura in cui, però, vi sia la volontà politica che noi parlamentari possiamo portare in Aula e in Commissione antimafia.
  Credo allora che il dibattito che si è tenuto oggi, così ricco, così convergente, così anche «esperto» e così passionale, così sentito, possa essere una straordinaria premessa affinché in questa legislatura si realizzi l'auspicio, che anch'io faccio mio e che è stato espresso da diversi colleghi, e cioè che questa finalmente sia una delle ultime Commissioni antimafia che andremo a costituire. Non perché non ne possiamo più: perché saremo riusciti a debellare le mafie, proprio perché dipende semplicemente dalla volontà politica di farlo.
  Signor Presidente, nel consegnare il mio intervento per non prolungare ulteriormente Pag. 107i tempi, anch'io mi associo a tutti coloro che hanno detto: è una priorità per il Paese prevedere una lotta e un contrasto alle mafie seri, efficaci, moderni; proprio perché la mafia, il contrasto alle mafie non sono un qualcosa di a sé stante, bensì un qualcosa che può portare al nostro Paese ricchezze che oggi vengono rubate, vengono sottratte al Paese, vengono sottratte ai cittadini e vanno a finire nelle mani di sporchi criminali.
  Sono stati ottenuti grandi risultati, anche al di là dei distinguo e delle difficoltà, anche nella precedente legislatura in Commissione antimafia: importanti tasselli che hanno dato un contributo efficace, e i dettagli si troveranno nell'intervento che vado a depositare. Anche in questa legislatura ci aspettano incarichi e impegni importanti. Mi auguro che quella volontà politica che è emersa dagli interventi di oggi, la potremo ritrovare nella stessa forma e nella stessa modalità nei lavori della Commissione antimafia.
  Signor Presidente, ringrazio brevemente tutti quei colleghi che, dopo che il PD ha proposto ed ha in qualche modo sollecitato la calendarizzazione di questo provvedimento, lo hanno sostenuto: i colleghi del MoVimento 5 Stelle, del PdL, di Scelta Civica, di SEL, oltre ai tanti firmatari del Partito Democratico. Ringrazio tutti loro, perché grazie proprio a questo impegno è stato possibile calendarizzare così celermente il provvedimento. Ringrazio i colleghi della Commissione affari costituzionali, e mi auguro che questo sia davvero il migliore auspicio affinché questa Commissione antimafia possa mettere in atto provvedimenti importanti, efficaci, seri, che ci aiutino ad un contrasto definitivo delle mafie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

  PRESIDENTE. Deputata Garavini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
  Vi è stata poi una precisazione del deputato Attaguile, che intendeva consegnare l'intervento, non rinunciare ad intervenire. La Presidenza, pertanto ne autorizza la pubblicazione in calce al resoconto, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gianni Farina. Ne ha facoltà, per due minuti.

  GIANNI FARINA. Intervengo per dieci secondi. C’è stato un disguido: vorrei solo apporre la mia firma al testo in votazione.

  PRESIDENTE. Rimane agli atti.
  Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 482-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 482-A ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Petraroli, Fico, Picierno, Tidei, Marco Di Maio...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 108
  Comunico il risultato della votazione:
   (Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere) (482-887-1001-A):

   Presenti e votanti  493   
   Maggioranza  247   
    Hanno votato  493.

  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  (I deputati Nicchi, Zan, Bini, Stumpo, Rughetti, hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che il deputato Marco Di Lello è stato nominato vicepresidente del gruppo in rappresentanza della componente politica «Partito socialista italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)».

Sull'ordine dei lavori e per richiami al Regolamento (ore 19,50).

  ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signori colleghi, prendo la parola...

  PRESIDENTE. Colleghi, come sempre, quando vi allontanate dall'Aula, se potete farlo a bassa voce. Grazie.

  ARTURO SCOTTO. Prendo la parola per descrivere un episodio molto grave che è accaduto questa mattina al capogruppo al consiglio comunale di Torre del Greco, in provincia di Napoli, di Sinistra Ecologia Libertà, Gabriele Toralbo. Una lettera anonima con minacce di morte, che ha prodotto un grande shock nella città e ha determinato, come dire, una situazione estremamente preoccupante sul terreno dell'ordine pubblico e sul terreno della serenità degli amministratori di questa città. Già pochi giorni prima il sindaco di quella città aveva ricevuto tre pallottole nel suo ufficio e il procuratore Fragliasso, che stava indagando sulla partita degli abbattimenti, ne aveva ricevuti altri tre.
  Noi vogliamo sottolineare che c’è un rischio che le istituzioni democratiche possano essere attaccate in maniera anonima, ma estremamente violenta nel linguaggio quando cercano di far rispettare la legalità, per questo come gruppo di Sinistra Ecologia Libertà diamo la nostra solidarietà ad un amministratore giovane e coraggioso che in queste settimane e in questi mesi ha fatto il proprio dovere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare, per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, io faccio un richiamo al Regolamento, in particolare all'articolo 8 e agli articoli...

  PRESIDENTE. Colleghi deputati, vi invito a diminuire il brusio.

  ROBERTO GIACHETTI. ... e agli articoli 41 e 43. So che il rischio è che possa apparire che sia un intervento a difesa della categoria, invece penso che sia fondamentale che – almeno io ritengo che per me lo sia – lasciare due parole in relazione a quanto accaduto e soprattutto a quanto le è stato rivolto oggi in Aula, perché io penso che sia molto grave e penso che sarebbe molto utile che ciascuno di noi riflettesse quando viene messa in discussione, durante un dibattito politico o anche uno scontro politico, la funzione di garante della nostra Assemblea, dei nostri lavori, dei nostri diritti, a prescindere da chi siede su quella poltrona e soprattutto, signor Presidente, perché Pag. 109sappiamo perfettamente che comunque lei ha la funzione e il dovere, in quanto Vicepresidente, di applicare il Regolamento e lo fa sostenuto e agevolato anche dal contributo degli uffici che, ovviamente, stanno lì per assisterla anche in questo senso.
  Allora, signor Presidente, io voglio lasciare agli atti... e mi auguro che il collega Fedriga, che non so se è ancora in Aula, abbia magari la voglia e l'interesse di ripensare alle cose che ha detto, perché penso che c’è sempre tempo per correggersi.
  A me è capitato nella scorsa legislatura. Lei ha applicato, a mio avviso, in modo ineccepibile, il Regolamento – perché qualcuno ci ha spiegato come funziona il Regolamento – e, in particolare, per i richiami al Regolamento, l'articolo 41 prevede esattamente che: «i richiami al Regolamento, per l'ordine del giorno, o per l'ordine dei lavori hanno la precedenza sulla discussione principale. In tali casi, possono parlare, dopo il proponente, soltanto un oratore contro e uno a favore e per non più di cinque minuti ciascuno. Se l'Assemblea sia chiamata dal Presidente (...)». Su una questione regolamentare o di interpretazione del Regolamento può decidere la Giunta per il Regolamento.
  Ma l'articolo 43, a proposito delle prerogative che vengono date al Presidente, in quanto garante, prevede che: ciascun deputato può parlare una sola volta nella stessa discussione tranne che – a proposito del fatto che lei ha dato la parola a più di un oratore – per dichiarazione di voto, per fatto personale e – guarda un po’ – per richiamo al Regolamento. Io penso che lei abbia agito assolutamente in linea con quanto disposto dal Regolamento e anche in linea con quanto disposto dalle interpretazioni che sono state date dalla Giunta per il Regolamento, che fanno parte delle nostre regole. Non a caso, in una nota di interpretazione di questo articolo – perché si sono già posti ovviamente questi problemi – al punto tre della nota del 24 ottobre 1996 si prevede che la valutazione circa la diretta attinenza o meno della discussione principale e, quindi, circa l'ammissibilità del richiamo è rimessa, in via esclusiva, alla Presidenza, che inviterà previamente chi richiede la parola per questo fine a indicare il riferimento dell'articolo del Regolamento. Questa è l'unica cosa che non è per lei, ma che forse sarebbe molto bene ripristinare in quest'Aula, ossia che quando si chiede la parola per richiamo al Regolamento, si indichi qual è l'articolo del Regolamento al quale ci si richiama. Non si può intervenire in forma generica perché, nella forma generica, tutto può essere individuato. Sempre in questa nota, al punto quattro, si dice che, qualora sia in corso una votazione, non sono ammessi interventi a norma dell'articolo 50, comma 3, sino alla proclamazione del risultato, se non per questioni attinenti alla sua regolarità. Allora, non c’è dubbio che poi va verificato, ma l'intervento che c’è stato da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, addirittura, in base a questa nota, poteva essere fatto nel corso della votazione, cosa che non è prevista in nessun altro caso, perché riguardava evidentemente la regolarità della votazione. Aggiungo – e chiudo – che l'articolo 45 del Regolamento consente alla Presidenza, ove l'importanza della questione lo richieda, di estendere una discussione limitata per espressa disposizione del Regolamento, concedendo la parola ad un oratore per ciascun gruppo, quindi a uno per gruppo. La stessa norma dà facoltà alla Presidenza di consentire eccezionalmente altri interventi, cosa che lei ha fatto. Lo dico – e chiudo, veramente, signor Presidente – anche in relazione alle minuzie, nel senso che il Regolamento non si finisce mai di impararlo e, forse, prima di dare lezioni agli altri su come si deve applicare il Regolamento, bisognerebbe essere consapevoli che non si finisce mai di impararlo. Per quanto riguarda le minuzie, fulmineamente, dico solo che è vero, onorevole Bianconi, che è degradante, ma non dimentichiamoci perché siano arrivati alle minuzie. Noi siano arrivati alle minuzie perché, qua dentro, accadeva esattamente che, dalla mattina alla sera, venivano modificati i voti e le maggioranze perché si Pag. 110votava per due, per tre e per quattro (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico). È degradante, non c’è dubbio che è degradante, ma poniamoci il problema – non voi che siete adesso qui – che, se questo è accaduto, è perché qua dentro qualcosa di non regolare accadeva.

  PRESIDENTE. Deputato Giachetti, la prego di concludere.

  ROBERTO GIACHETTI. Quindi, è chiaro che è degradante – ho chiuso davvero – però resta il fatto che siamo dovuti arrivare a questo. È vero che le minuzie non sono obbligatorie, ma ha perfettamente ragione il collega Rosato: non sono obbligatorie, ma, in termini di opportunità politica, probabilmente, sono necessarie, soprattutto – ho concluso – non è consentito votare per altri che per se stessi. E questo è un obbligo stabilito che ognuno deve votare per sé. Vale soprattutto per chi ha scelto liberamente di non dare le minuzie. Questi ha una sorta di obbligo morale in più: se non ha dato le minuzie, perlomeno non faccia accadere quello che accade (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico). Non importa poi – è chiaro – che Rampelli stava lì e ho finito, signor Presidente.
  Concludo semplicemente, dicendo – e lo dico semplicemente all'onorevole Baldelli che ha fatto riferimento al fatto che non siamo tutti dipendenti di un leader – che, grazie a questa legge elettorale, siamo un po’ tutti dipendenti di un leader, siamo un po’ tutti dipendenti di un leader e se forse ci sbrigassimo a eliminare questa ignobile legge elettorale...

  PRESIDENTE. Per rispettare il Regolamento, dovrebbe concludere.

  ROBERTO GIACHETTI. ... saremmo tutti un po’ meno dipendenti di un leader (Applausi dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Sullo stesso argomento, Baldelli ? Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, apprezzo l'intervento di sindacato dell'onorevole Giachetti, che l'ha giustamente tutelata in una vicenda in cui nessuno, almeno del mio gruppo, ha posto la questione relativa alla condotta della Presidenza, perché giustamente la Presidenza si è comportata secondo il Regolamento.
  In secondo luogo, bisognerebbe averlo un leader per capire qual è il problema. Ma insomma, al di là anche di questo, se posso permettermi Presidente, in questo caso volevo soltanto ricordare che avrebbe avuto senso l'ultimo appunto fatto dal collega Giachetti se ci si fosse trovati nella condizione in cui effettivamente un qualsiasi collega avesse votato per un altro, cosa che obiettivamente non è accaduta (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Fate esprimere il deputato.

  SIMONE BALDELLI. Se non si parla di questo, se non si appura questo fatto, così come è stato dimostrato in Aula, perché il collega Rampelli era presente in Aula, non si capisce per quale ragione è sorto tutto questo.
  Allora, con grande buonsenso dico e ripeto il concetto, anche per una questione di credibilità. Ogni volta ritornare su questa questione, specie a fronte di situazioni che si dimostrano inesistenti (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), diventa ...

  PRESIDENTE. Fate esprimere il deputato.

  SIMONE BALDELLI. ... un tormento per l'Aula, innesca un giro di interventi che fanno perdere tempo ai nostri lavori...

  PRESIDENTE. Deputato Baldelli...

Pag. 111

  SIMONE BALDELLI. ... e non aiuta né l'Aula né la Presidenza.
  Quindi, con grande buonsenso io credo che riusciremo tutti quanti a capire le ragioni per cui sono nate queste impronte. Lo ripeto: la maggioranza di allora le ha poste e ha accettato questa cosa certamente contro una convenienza politica. Tutti quanti abbiamo sollevato la questione delle impronte prima di questo meccanismo di voto. Lo sa bene il collega Giachetti. Lo facevo io nei confronti della maggioranza di centrosinistra quando ero, giovane deputato, responsabile d'Aula di opposizione. Lo ha fatto l'onorevole Giachetti, quando noi eravamo in maggioranza. Soltanto che solo quando noi eravamo in maggioranza è stato introdotto questo meccanismo cui si può aderire o non aderire, dato che è una scelta personale.
  Peraltro, trovo singolare, al di là di tutto, che questa sia una delle scelte irrevocabili nel nostro ordinamento, per cui uno può cambiare il testamento, ma non può decidere di tornare indietro dalla scelta di aver dato le impronte. Comunque, questo lo lasciamo agli atti. E fu addirittura una forzatura in virtù della quale nella scorsa legislatura si poté dire solennemente che si faceva una scelta di questo tipo, tant’è che quella scelta è stata fatta. Oggi, per cortesia e con grande buonsenso, cerchiamo di fare delle sedute in maniera tale che si eviti in primo luogo l'accusa indiscriminata di qualcuno che sta votando doppio e, in secondo luogo, l'accusa sbagliata, ancora più frustrante ...

  PRESIDENTE. Deputato, la invito a rivolgersi alla Presidenza quando parla.

  SIMONE BALDELLI. Mi sto rivolgendo alla Presidenza e sto dicendo che vorrei che si evitasse in primo luogo l'accusa generica e, in secondo luogo, l'accusa sbagliata e che si cercasse, insomma, di comporre l'ordine dei lavori con un certo buonsenso, perché questo aiuta la credibilità di colui che quando solleva delle questioni viene ascoltato con maggiore interesse, sia dai colleghi sia dalla Presidenza.

  FRANCA BIONDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCA BIONDELLI. Signor Presidente, questa mattina davanti al Ministero dell'economia e delle finanze hanno manifestato i rappresentanti del Comitato 16 novembre onlus, che raccoglie disabili gravi, tra cui malati di SLA e non solo, con patologie gravissime e degenerative. Pertanto, persone che hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24. Il Comitato ha sollecitato lo sblocco del fondo di 275 milioni di euro per la non autosufficienza, che era stato stanziato con la legge di stabilità per il 2013 e il decreto, a oggi, è alla registrazione della Corte dei conti.
  Questa mattina il sottosegretario per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, a cui va il nostro ringraziamento, si è impegnato a verificare con la Corte dei conti una rapida conclusione dell'iter del decreto. Nel pomeriggio so che poi hanno incontrato anche il sottosegretario Fadda e anch'egli si è impegnato a vedere questa situazione.
  Io credo che in questo mare di disperazione, in un momento di grave crisi economica, dobbiamo rispondere senza dividerci su queste tematiche, perché questo è l'importante.
  Occorre segnare così un percorso certo per questi malati gravissimi, in modo che vengano curati presso il proprio domicilio con piani personalizzati, che a conti fatti costerebbero anche molto meno sia alla regione che allo Stato. Ecco, non dimentichiamo mai che non bisogna andare tutti gli anni in piazza per dare quello che è dovuto a questi malati gravissimi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, prima di tutto ha la mia stima, Pag. 112perché credo che lei, pur giovane e appena arrivato, sia un bravo Vicepresidente, quindi da parte mia ha la stima su come cerca di fare andare avanti i lavori della Camera dei deputati.
  Io invece volevo sottolineare una cosa che è capitata ieri, quando la collega Argentin mi ha chiesto scusa in base alle affermazioni che avevo fatto sulla legge n. 104 del 1992, relative alla questione dell'invalidità parziale o totale che riguarda l'ambito scolastico. Casualmente, stamattina leggo sui giornali che a Roma hanno arrestato quaranta persone, diciotto donne e ventidue uomini, perché prendevano la pensione come ciechi e ciechi non erano affatto. Quindi, prendevano una pensione di circa 1.100 euro e quaranta persone sono state arrestate. Complimenti all'Arma dei carabinieri che ha fatto questa azione importante. Ci sono anche dei filmati su alcuni siti, tipo quello del Corriere della Sera, in cui si vedono persone che vanno a fare jogging e in realtà, secondo quanto risultava dai documenti, firmati ovviamente dai medici, risultavano ciechi.
  Quindi vorrei ribadire il fatto che, a mio giudizio, bisogna fare in modo che i medici che sottoscrivono certe invalidità, che poi risultano false, vengano radiati immediatamente dall'albo e magari – questa sarà magari una mia proposta di legge – fare in modo che questi stessi medici vadano ogni giorno, almeno due ore, a fare assistenza ai veri portatori di handicap, per fare in modo che queste cose finiscano nel nostro Paese, perché vanno a discapito della gente che ne ha bisogno e vanno a discapito delle persone che magari aspettano un lavoro, che magari aspettano una pensione, che magari sono degli esodati e alla fine si ritrovano che i soldi vanno invece a persone che sono dei fannulloni, dei pelandroni e dei truffatori, con la compiacenza di medici che firmano certificati falsi.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, innanzitutto a nome del MoVimento 5 Stelle, vogliamo dire che non abbiamo bisogno di difendere la sua Presidenza perché si difende da sola. Noi abbiamo rispetto massimo per le istituzioni e quindi per la sua persona, così come per tutte le altre persone che incarnano quella istituzione, abbiamo la massima fiducia nella gestione dell'Assemblea stessa.
  Relativamente all'intervento fatto prima dai colleghi del PdL, volevo ricordare soltanto una cosa. Ritengo opportuno l'intervento dell'onorevole Giachetti che ha ricordato il perché e il come siamo giunti alle minuzie. Ed io voglio ricordare un piccolo particolare: quella maggioranza che in base al buonsenso, come viene detto, ci ha portato adesso a questo obbligo morale delle minuzie, che in realtà non è un obbligo da Regolamento, ha avuto un piccolo episodio nel quale forse quel buonsenso è mancato. Quindi, voglio ricordarlo a questa Assemblea e anche agli italiani che sono fuori da questa Assemblea ed è il motivo per il quale noi ci battiamo per principio su questa cosa. Si tratta di un piccolo episodio che è uscito fuori da questa Assemblea ed è andato fuori verso i cittadini. Ed è successo quando in quest'Aula, contro un referendum, si è votato per il ritorno al nucleare con la presenza, sì e no, di quella maggioranza di cento deputati, che però, guarda caso, votando in maniera multipla, hanno presentato in Aula una maggioranza che ha portato l'Italia di nuovo al bivio verso il nucleare. Poi, per fortuna gli italiani hanno per l'ennesima volta dato uno schiaffo a questa politica, che ogni volta va contro il volere dei cittadini, portandoci al buon senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Pag. 113

  Giovedì 13 giugno 2013, alle 9,30:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 20,10.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO SALVATORE PICCOLO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 482-A ED ABBINATE

  SALVATORE PICCOLO. La proposta di legge, che oggi viene in esame, si pone sostanzialmente in continuità con quella analoga approvata nel 2008. I compiti ed i poteri della Commissione, indicati nel comma 1 dell'articolo 1, restano quelli già previsti nella precedente normativa e sono riassumibili nella funzione precipua di analizzare ed indagare, in tutti i suoi aspetti ed in tutte le sue manifestazioni, il fenomeno delle mafie, evidenziandone le sue molteplici articolazioni e le sue diverse espressioni, nonché gli intrecci perversi e le collusioni illecite con la vita sociale, politica ed economica del nostro Paese.
  Dal 1962, anno in cui per la prima volta fu istituita la Commissione parlamentare antimafia con il compito limitato di verificare solamente l'attuazione delle leggi varate per contrastare il fenomeno mafioso e le sue connessioni e priva di poteri d'inchiesta, ad oggi, la Commissione – anche in virtù dei maggiori e più penetranti compiti e poteri assegnati con le successive leggi istitutive – ha svolto un ruolo fortemente significativo ed efficace nello sviluppo di una cultura più consapevole, più coinvolgente e più severa nella conoscenza e nell'azione di contrasto del fenomeno mafioso che ha tormentato ed inquinato vaste aree del Paese, estendendo la sua contaminazione gradualmente in territori che ne erano immuni.
  Le iniziative assunte dalla varie Commissioni che in questi decenni hanno lavorato in Parlamento hanno sicuramente contribuito a svelare aspetti inquietanti della penetrazione delle organizzazioni criminali nei gangli vitali del circuito economico e sociale del paese e, purtroppo, della sua espansione anche in settori della vita politica ed istituzionale, concorrendo non poco a sedimentare nella coscienza collettiva la giusta convinzione che la presenza mafiosa, laddove allignava in forma crescente e sempre più pervasiva, comprometteva in maniera decisiva lo sviluppo economico delle aree aggredite, corrodeva le regole fondamentali di una normale convivenza civile, arrecava danni irreparabili al territorio ed al suo ambiente naturale, accentuava il disagio sociale.
  Analogamente, bisogna riconoscere l'importanza della spinta, talora determinante, che la Commissione ha prodotto nell'elaborazione e nella proposizione di leggi più adeguate ed avanzate per combattere le mafie e stroncarne la diffusione.
  Con la presenza registrata in molte aree del Nord e del Centro Italia e dell'influenza da essa esercitata sull'economia e sulle istituzioni, attraverso apposite indagini condotte con la collaborazione preziosa dei principali organismi istituzionali impegnati sul fronte della lotta alla organizzazioni mafiose (Ministri dell'Interno e della Giustizia, Direzione Nazionale Antimafia, Procure distrettuali, Direzione Investigativa Antimafia, Censis, Banca d'Italia, Forze di polizia, Presidenti di Regione, Confindustria, Associazioni antiracket ed antiusura, Associazioni di consumatori. Prefetture, eccetera) !
  Voglio qui ricordare, in particolare, alcune problematiche di enorme rilievo e di grande attualità affrontate dall'ultima Commissione.
  La prima riguarda la penetrazione mafiosa nei settori dei giochi e delle scommesse con la quale si realizzano enormi profitti, quantificati recentemente in una cifra superiore, ai 50 miliardi di euro all'anno, gran parte dei quali è fin troppo facile arguire che vengano poi riciclati in altri investimenti illeciti.
  La seconda sui costi economici e sociali della criminalità organizzata e sulla quantificazione dei devastanti effetti negativi che essa genera in termini di arresto della crescita economica delle regioni più colpite Pag. 114dalla loro occupazione. In particolare, in quelle meridionali (segnatamente, Sicilia. Calabria, Campania e Puglia) si calcola che la presenza mafiosa è causa di un mancato sviluppo equivalente al 15/20 per cento del loro PIL: gli investimenti e le speculazioni mafiose si inseriscono in ogni settore di attività del Mezzogiorno e le confondono sempre di più con l'economia legale.
  La terza sull'utilizzazione dell'archivio dei rapporti finanziari per rendere più efficaci le indagini patrimoniali anche in funzione antiriciclaggio.
  Di queste tematiche – di straordinaria incidenza nella valutazione della dimensione operativa e della strutturazione strategica delle attività mafiose – sono state redatte approfondite relazioni trasmesse al Parlamento.
  È da segnalare, tra le tante altre iniziative assunte dalla Commissione d'inchiesta, quella relativa al tema cruciale dell'adeguamento della legislazione vigente all'evoluzione della criminalità e alle sue nuove forme di organizzazione e di penetrazione nella società.
  A questo proposito, intendo sottolineare l'esigenza di raccordare in maniera più tempestiva ed incisiva le analisi e le proposte della Commissione antimafia all'attività legislativa del Parlamento, al fine di tradurre in provvedimenti utili e positivi il lavoro realizzato dalla stessa, conferendo unitarietà e coerenza alla produzione legislativa messa in campo per fronteggiare il crimine mafioso.
  Ancora due aspetti essenziali meritano di essere evidenziati a dimostrazione che l'impulso e l'iniziativa di una Commissione antimafia restano un presidio essenziale nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata.
  Il primo riguarda il varo del Codice di autodisciplina per le candidature alle elezioni regionali ed amministrative, sulla cui applicazione è stata richiesta la collaborazione dei Prefetti che, in alcuni casi, non sempre è apparsa tempestiva e puntuale, oltre che un'attenzione seria da parte dei Partiti: un passo non indifferente per colmare alcune lacune della legislazione vigente e per tentare di ostacolare l'infiltrazione nelle istituzioni di soggetti direttamente o indirettamente collegati o collusi con la malavita.
  Il tema sensibile dell'intreccio tra politica, istituzioni e mafie va affrontato senza timidezze e senza equivoche reticenze. Il rapporto instaurato tra settori inquinanti dell'apparato pubblico e della politica ha costituito un ostacolo gravissimo al contrasto alla criminalità organizzata. Da tali rapporti collusivi ed omertosi essa ha tratto linfa per accrescere la sua influenza nella società, per condizionare i processi economici e produttivi, alimentando il suo sistema di potere e consolidando la sua rete affaristica. Smantellare ogni forma impropria di connubio e di collusione è un punto di principio inderogabile ed irrinunciabile, dal quale non si può e non si deve prescindere e sul quale si misura la volontà reale di combattere le organizzazioni criminali.
  Il secondo concerne la vasta ed approfondita indagine condotta dalla Commissione sui grandi delitti e sulle stragi di mafia del 1992-93. Anche questo lavoro ha fatto emergere elementi di valutazione che sono stati acquisiti anche dalla Magistratura inquirente ed hanno concorso a delineare un quadro più chiaro delle responsabilità.
  I riferimenti fatti all'attività della Commissione ed alcune delle sue iniziative sono sufficienti a motivare e condividere ampiamente la proposta di legge in discussione. Molti, importanti e significativi passi in avanti sono stati realizzati nella lotta alle mafie; molti ed incisivi sono i risultati conseguiti grazie alle leggi approvate dal Parlamento, all'azione straordinaria della Magistratura e delle Forze di polizia, cui il Paese deve essere estremamente grato. Ma la battaglia definitiva non è ancora vinta !
  Ripristinare la legalità è un compito, vorrei dire un dovere, che deve vincolare l'intera comunità nazionale, a cominciare da un impegno coerente e rigoroso della politica e delle istituzioni. La diffusione della cultura della legalità è un decisivo strumento di contrasto del modello mafioso e va promossa ed incentivata, anzitutto, Pag. 115tra i giovani. Occorre agire per costruire una nuova «soggettività civile»: solo se la lotta alle mafie è radicata nelle coscienze e nella cultura dei giovani essa può rappresentare una risposta efficace ed utile all'aggressività delle trame criminali. L'esigenza di promuovere una più forte coscienza civile, negli ultimi anni, è stata percepita e molto stimolata da quella della società civile impegnata, attraverso associazioni, comitati e centri culturali, ad attivare iniziative e progetti per affermare una cultura della legalità fondata sul rispetto per i diritti di tutti i cittadini, sulla dignità della persona, sull'osservanza scrupolosa delle regole e delle leggi, sulla responsabilità e l'eticità dei comportamenti.
  In questo contesto, la ricostituzione della Commissione antimafia rappresenta un segnale forte ed emblematico che il Parlamento è vigile e non arretra; anzi intende incalzare le cosche criminali con una lotta senza quartiere per sconfiggerle e portarle definitivamente alla resa. Lo Stato democratico può e deve vincere !
  Lo dobbiamo al nostro Paese e, soprattutto, alle nuove generazioni !

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI ANGELO ATTAGUILE, ROSANNA SCOPELLITI E LAURA GARAVINI SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 482-A ED ABBINATE

  ANGELO ATTAGUILE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il gruppo parlamentare della Lega Nord e Autonomie, come già anticipato in discussione generale, voterà a favore dell'approvazione della ricostituzione dell'Antimafia: una costante del nostro panorama politico-istituzionale, la cui presenza e rinnovamento si giustificano alla luce della permanente minaccia che la criminalità organizzata rappresenta per la democrazia, la competitività economica del nostro Paese e la stessa sovranità dello Stato.
  Non c’è sovranità senza controllo del territorio e monopolio della forza legale. Non c’è competitività, se le imprese non possono beneficiare di un ambiente sicuro. Proprio per questo motivo, la lotta alla criminalità organizzata è di per sé una misura di sviluppo per il nostro Paese e soprattutto per il Sud. Non esiste inoltre democrazia laddove il voto è condizionabile con il denaro della malavita.
  Il quadro è complesso.
  Risponde a realismo anche l'adattamento dell'oggetto dell'inchiesta parlamentare, allargatosi progressivamente a coprire territori differenti rispetto a quelli di origine di mafia, camorra e ’ndrangheta, per monitorare la germinazione di cellule criminali nel resto del Paese ed includervi anche il fenomeno delle organizzazioni malavitose straniere, responsabili di reati odiosi come il narcotraffico e la tratta di esseri umani.
  Nell'esprimere il sì mio e del gruppo parlamentare di cui faccio parte, desidero sottolineare alcuni aspetti sui quali auspico che la Commissione in via di ricostituzione possa far luce nei prossimi mesi ed anni.
  La trasformazione e il rifinanziamento del crimine organizzato ci impongono, in primo luogo, di prestare grande attenzione all'individuazione dei patrimoni illegittimi e, parallelamente, al modo in cui vengono utilizzati i beni confiscati alle persone oggetto di provvedimenti restrittivi della libertà personale. Ne va garantita la destinazione sociale, comunque la si voglia declinare.
  Dovremo verificare lo stato della lotta al riciclaggio ed al gioco d'azzardo, che spesso lo accompagna, e saremo chiamati ad occuparci di valutare l'applicazione delle norme adottate per assicurare la correttezza delle procedure concernenti gli appalti.
  In tempi di crisi, quali sono quelli che indubbiamente attraversiamo, è altresì essenziale evitare che la lotta alla criminalità organizzata dispieghi conseguenze negative sul piano sociale: i lavoratori che hanno prestato la loro opera a favore di soggetti risultati colpevoli con sentenza passata in giudicato, senza sapere cosa facessero e a favore di chi, dovranno Pag. 116essere garantiti, se non si vorrà fare di loro altrettanti nemici irriducibili dello Stato.
  Un terreno sensibile ulteriore è infine quello che concerne i rapporti tra criminalità organizzata e politica, giacché le Amministrazioni locali e le stesse istituzioni nazionali rischiano infiltrazioni e sono destinatarie di pressioni ambientali spesso insopportabili. Non si tratterà qui soltanto di accertare i fatti e collocarli in prospettiva, ma anche di discutere delle innovazioni legislative in grado di ostacolare lo sviluppo di queste connessioni, fermo restando che purtroppo in questo campo nessuno possiede la soluzione perfetta, come prova la circostanza che diversi Paesi fronteggino con alterne fortune lo stesso problema, incluse potenze di primo piano come gli Stati Uniti ed il Giappone.
  Nel mondo esistono situazioni estreme, che sono per noi un monito: il Messico è di fatto virtualmente sprofondato in una guerra civile, combattuta ad armi impari dal Governo contro i grandi sodalizi criminali legati alla droga. Noi siamo fortunatamente distanti da quella realtà, ma la vigilanza è essenziale e per quanti progressi si facciano, se ne possono sempre fare di ulteriori.
  Tutti e otto gli articoli di legge sono da noi condivisi ma in modo particolare vorrei soffermarmi sui paragrafi f) e g) dell'articolo 1: indagare sul rapporto tra mafia e politica con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive; accertare le modalità di difesa dal sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi.
  Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, questi sono gli impegni di domani, impegni ai quali si potrà dar corso solo approvando la ricostituzione dell'Antimafia. Per questi motivi, il gruppo Lega Nord e Autonomie voterà convintamente a favore del varo del provvedimento.

  ROSANNA SCOPELLITI. Onorevoli colleghi, mi sia concesso prima di tutto ringraziare sentitamente il Presidente Brunetta e l'onorevole. Gelmini, che hanno inteso affidare a me il privilegio e la grande responsabilità di tenere la dichiarazione di voto per il «Popolo della Libertà» sulla Commissione che stiamo procedendo ad istituire.
  E vorrei dedicare idealmente questo intervento alla memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie, soprattutto a quelle troppo spesso dimenticate ed in attesa, ancora oggi, di giustizia. E vorrete perdonarmi se, tra queste, un particolare pensiero oggi in quest'Aula lo rivolgo ad Antonino Scopelliti, magistrato umile e incorruttibile servitore dello Stato, per me semplicemente un papà straordinario.
  È solo con le nostre azioni, Onorevoli colleghi, che possiamo dare un senso al tanto, troppo, sangue versato da uomini e donne (e anche bambini) sull'altare laico della Giustizia e della democrazia.
  Portando nel cuore il ricordo di tutti loro e il dolore delle famiglie dobbiamo avere prima di tutto una consapevolezza, semplicissima: noi siamo lo Stato.
  Non è un'affermazione banale e men che meno è retorica di seconda mano, perché le organizzazioni mafiose hanno sempre cercato di fare quello che la politica non è riuscita a fare (o, in alcuni contesti e situazioni, non ha voluto fare).
  La mafia interviene laddove fallisce la politica. Crea un bisogno per intervenire in aiuto.
  La criminalità organizzata, insomma, ha cercato e cerca di conquistare il consenso dei cittadini, divenendo nel corso dei decenni quasi una «prossimità»: un sistema che potremmo definire di «welfare», che si nutre di omertà e paura, ma che in cambio sembra offrire servizi quali protezione, lavoro, una linea di credito sempre aperta.
  Più lo Stato è inefficiente, più la giustizia è lenta, più aumenta la disoccupazione, più la burocrazia è farraginosa, tanto più, purtroppo, la mafia cresce e diventa sempre più «invisibile».
  È di fondamentale importanza, per tanto, consentire a questo Parlamento un'attività permanente di indagine sulle tematiche Pag. 117relative alla realtà mafiosa e alle attività criminali che ne conseguono. Detto questo, è altrettanto importante sottolineare che l'istituzione di una Commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia non deve essere considerato un atto di routine, la stanca ripetizione di un passo che si ripete ad ogni legislatura; al contrario, deve significare il rinnovo di un impegno dello Stato nella lotta ad un fenomeno che ha ancora modo di «colpire» vaste aree del nostro Paese.
  Sarebbe un grandissimo errore infatti immaginare che il fenomeno mafioso o di qualunque altra criminalità organizzata sia soltanto limitato ad alcune parti dell'Italia. Le mafie italiane, da decenni, parlano tra loro, si spartiscono uomini ed affari. Sembrano essersi strutturati in maniera organica quelli che un tempo erano sporadici accordi sottobanco tra sodalizi criminali.
  È forte, ad esempio, il patto tra la Camorra e Cosa Nostra, grazie al business dell'ecomafia che ha portato molti clan campani a investire nel traffico dei rifiuti, o nella gestione di ristorazione, energia, trasporto merci.
  Così come è solido e duraturo il legame tra Cosa Nostra e la ’ndrangheta calabrese. Anzi, credo di poter affermare senza timore di smentita che sono le organizzazioni mafiose che più di ogni altra organizzazione criminale hanno saputo rendersi moderne.
  E così come l'organizzazione, soprattutto l'economia mafiosa nel tempo si è profondamente trasformata.
  In Italia, con un «fatturato» stimato 90 miliardi di Euro, le mafie si confermano la più importante multinazionale del Paese e una delle più grandi d'Europa. Se poi aggiungiamo traffico di droga, di armi e di esseri umani, l'azienda «Mafia SpA» produce un giro d'affari di circa 140-150 miliardi all'anno. Ci sono interi settori dell'economia che hanno nel tempo assunto un profilo ambiguo, duplice, a cominciare da quello immobiliare, con le mille possibilità di essere infiltrato tramite il meccanismo degli appalti pilotati o, come avviene di recente, finanche nell'infiltrazione delle aste giudiziarie.
  Così come sono terreno di scorrerie e predazioni da parte delle organizzazioni criminali l'eolico e le energie rinnovabili.
  E oggi in un momento di crisi economica, in un momento di crisi di liquidità delle banche con chi promette «un aiuto» con danaro a costo zero perché viene dall'illecito si inquina tutto il mercato economico mondiale e piano piano i mafiosi riescono a conquistare anche un posto nell'impresa apparentemente legale, espropriandola agli stessi proprietari.
  Le operazioni finanziarie necessarie per riciclare il denaro sporco vengono effettuate da esperti della finanza internazionale, i cosiddetti «colletti bianchi».
  Un settore, quello del riciclaggio, stimato ogni anno in Italia in 150 miliardi di euro, che unito all'evasione fiscale (120 miliardi), la corruzione (50 miliardi) e i profitti illeciti (180 miliardi) costituisce un impero di circa 500 miliardi all'anno di denaro sommerso. Un primato mondiale che rappresenta un terzo del prodotto interno lordo. Questi numeri, già di per sé esorbitanti, rimandano ad una grave lacuna legislativa che questo Parlamento dovrà presto riuscire a colmare, ovvero il cosiddetto «autoriciclaggio»: il reimpiego e la re-immissione sul mercato di risorse provenienti da reato da parte di chi lo ha commesso.
  È una materia complessa, ma è necessario adeguarla al più presto con quanto stabilito dalla «Convenzione penale sulla corruzione» siglata a Strasburgo nel ’99.
  L'aggressione ai patrimoni, quindi, deve rimanere la nostra priorità di ogni Governo e di ogni azione politica, perché produce inoltre un altro importantissimo vantaggio: il consenso della comunità. Il fatto che i beni di provenienza illecita possano essere dati in gestione a cooperative di giovani che coltivano i terreni, da un lato offusca il prestigio dei mafiosi, dall'altro rafforza la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato e delle sue Istituzioni.Pag. 118
  Nel settore della lotta alla criminalità organizzata, la XVI legislatura si è caratterizzata per un impegno costante da parte di Governo e Parlamento, che ha visto, tra l'altro, l'adozione del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs 159/2011), emanato sulla base della delega prevista dalla legge 136/2010 (che ha istituito il Piano straordinario contro le mafie). Ulteriori interventi hanno riguardato specificamente le misure di prevenzione (decreto-legge 4/2010, istitutivo dell'Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, la cui disciplina è ora confluita nel citato Codice antimafia) ed il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione (legge 175/2010). Specifici provvedimenti d'urgenza e vari provvedimenti in materia di «sicurezza» sono poi intervenuti in materia penale (con l'inasprimento delle pene per i mafiosi) e di organizzazione degli uffici giudiziari. Mentre poi il Decreto-legge 225/2010 ha ricondotto ad un unico Fondo unico di Giustizia il Fondo antiracket ed il Fondo di rotazione per le vittime dei reati mafiosi, la legge 3/2012 ha introdotto modifiche alla disciplina in materia di usura ed estorsione ed ha ampliato le condizioni per l'accesso ai benefici del citato Fondo.
  Ai provvedimenti normativi si è poi affiancato il grande lavoro del Governo e delle Forze dell'ordine che ha portato all'arresto di circa 9.000 mafiosi (di cui 30 pericolosi latitanti).
  Negli anni di Governo Berlusconi in particolare sono stati sequestrati più di 45.000 beni (di cui 2.600 aziende) per un valore di 20.211 milioni di euro. I beni confiscati sono stati circa 8.500 (di cui 364 aziende) per un valore di circa 5.000 milioni di euro. Sono dati che parlano chiaramente, soprattutto se raffrontati con quelli del periodo immediatamente precedente. Tutto questo grazie anche alle norme approvate per colpire, i patrimoni mafiosi facilitando la confisca dei beni intestati ai prestanome.
  Occorre, poi, pensare al lavoro di indagine con la prospettiva, già avanzata nella scorsa legislatura, del nuovo orizzonte del rapporto con l'Estero, sapendo che abbiamo a che fare con grandi organizzazioni criminali che spesso hanno una base in Italia ma anche una dimensione internazionale. La mafia del terzo millennio è una mafia transnazionale. Le organizzazioni criminali italiane hanno stretto rapporti con i principali cartelli stranieri, che vanno dalla mafia turca a quella albanese, dalla criminalità cinese a quella colombiana, messicana, finanche all'Eta spagnola ed Al Qaeda.
  Proprio per questo c’è bisogno di una spinta legislativa diversa. La comunità internazionale non è ancora sufficientemente strutturata per opporsi a questo pericolo globale.
  E dobbiamo dire con assoluta chiarezza anche che per un efficace piano di prevenzione e e repressione dobbiamo poter fornire alla magistrature e, soprattutto, alle Forze di Polizia più strumenti, risorse e mezzi.
  Così come occorre pensare insieme a come stabilire un sistema di premialità per quegli imprenditori e commercianti che denunciano il pizzo, le estorsioni e l'usura, di modo che possano subito reinserirsi nel mercato del lavoro, facendo capire a tutti che conviene stare contro la mafia.
  Gli italiani avvertono il bisogno di vedere le forze politiche, interamente compatte su un fronte come questo che impegna il nostro Paese ormai da troppo tempo, e allo stesso tempo hanno bisogno di sapere che su argomenti di questo genere non vi possano essere liti o distinguo tra le forze politiche, così come non vi possano essere distinguo o divisioni fra le istituzioni coinvolte.
  Ripeto una cosa che ho già detto quando ho deciso di impegnarmi in politica: la lotta alle mafie è di tutti, l'antimafia e la legalità devono essere un abito mentale per tutte le persone per bene. È necessario un impegno comune, che porti lo Stato ad approfondire le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l'analisi e soprattutto verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare Pag. 119nell'azione di contrasto contro la mafia, nella prevenzione delle attività criminali e dell'illegalità.
  In ultimo vorrei citare un altro elemento fondamentale nella lotta alle mafie e a me, per ovvie ragioni, molto caro: i cittadini.
  Oggi nella società civile vi sono fermenti attivi di legalità che meritano di essere valorizzati e, mi passerete il termine, «utilizzati» dal Parlamento. Auspico per tanto che la nuova Commissione antimafia promuova la costituzione al proprio interno di un gruppo di lavoro permanente di associazioni e movimenti antimafia, come «Libera», «Addiopizzo», «Ammazzateci tutti», le associazioni antiracket, allo scopo di analizzare i fenomeni devianti per i giovani e condividere proposte e strumenti utili ad arginarli. Un tavolo permanente che possa ideare ed avviare in tutto il Paese, a partire dal coinvolgimento diretto dei giovani e dei parenti delle vittime, progetti mirati comuni per il contrasto civile alle mafie, avvicinando sempre di più le Istituzioni al cittadino.
  Per me, ad esempio, è un orgoglio ed un onore aver unito la mia voce a quella delle ragazze e dei ragazzi di «Ammazzateci Tutti», grazie ai quali ho imparato ad accettare la pesante eredità di mio padre. Un'eredità morale che per molti, troppi anni, avevo accantonato in fondo al mio cuore senza speranza alcuna. E mio malgrado sono divenuta un punto di riferimento su questi temi.
  Spesso mi chiedo cosa sia il perdono. E non me lo so spiegare, o non voglio spiegarmelo, perché è difficile, se non impossibile, riuscire ad accettare il dolore e perdonare chi ha deliberatamente devastato per sempre la tua vita e quella dei tuoi cari. Ma poi riscopro la lezione di mio padre: lui sosteneva che dietro ogni criminale vi fosse una persona che ha sbagliato. Un caso umano, e che per questo motivo ogni singola vicenda giudiziaria avrebbe dovuto essere analizzata, compresa e per certi versi anche compatita.
  Ebbene, forse ho imparato a provare compassione. Ma accanto alla compassione ho maturato anche un fermo intendimento: alle vittime va garantita certezza dell'espiazione della pena a carico di chi delinque, e vicinanza vera, tangibile da parte dello Stato, perché ogni qual volta un familiare di un morto ammazzato si vede di fatto costretto a contare solo sulle proprie forze per dare un senso al sacrificio dei propri cari, ebbene, è triste dirlo, ma si celebra non la memoria di un innocente, ma una atroce sconfitta per tutto il Paese.
  È una questione di civiltà, onorevoli colleghi, prima che di diritto e di leggi.
  L'obiettivo dello Stato deve essere dunque dichiarato esplicitamente: le mafie non dobbiamo solo contrastarle, ma sconfiggerle definitivamente ! Non gli daremo tregua !
  Tutto ciò premesso non posso quindi che dichiarare, a nome dell'intero Gruppo PDL, il voto favorevole all'istituzione della Commissione antimafia. Oggi ci sono le condizioni perché alcune delle cose fatte negli ultimi anni siano portate a compimento; magari presto non avremo più bisogno di istituire commissioni antimafia, né di discutere di inasprimenti delle pene o di parlare ancora di organizzazioni criminali. Voglio sperare che tutto questo possa accadere nel più breve tempo possibile, ma comunque il nostro sforzo non può che essere in questa direzione, perché è anche così che scriveremo e racconteremo ai nostri figli la storia e le storie di questo Paese e delle donne e degli uomini che lo hanno reso grande.

  LAURA GARAVINI. Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia di buon auspicio. Credo che sia un buon segno il fatto che oggi negli interventi in tanti abbiamo espresso l'augurio che nel giro di qualche anno della Commissione Antimafia non ce ne debba più essere bisogno.
  L'augurio è che riusciamo a mettere in campo una volontà politica così forte, da riuscire a debellare le mafie, da riuscire a sconfiggerle, a togliere loro l'ossigeno e la possibilità di esistere.
  Allora a quel punto la Commissione Antimafia diventerà superflua e il fatto di Pag. 120poterne fare a meno sarà una grande vittoria per lo Stato, per le istituzioni e per la democrazia. Questo deve essere, a mio parere, il nostro obiettivo.
  Per ora però è ancora solo un obiettivo, purtroppo anche molto lontano.
  Per ora è necessario, non solo costituirla, ma anche costituirla in fretta: perché ? Perché la Commissione antimafia è un prezioso anello di raccordo tra il legislatore e le forze inquirenti. Rappresenta l'incubatore in cui fare confluire le esperienze, i problemi, le difficoltà con cui si scontrano quotidianamente magistratura, forze dell'ordine, società civile e più in generale tutti coloro che sono impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata.
  La Commissione Antimafia non è solo il luogo dell'analisi, dello studio e dell'aggiornamento sui fenomeni criminali, già di per sé importante, ma è anche il tentativo di elaborare e portare in Parlamento strumenti idonei, e il più possibile condivisi, da essere velocemente utilizzati nel contrasto alle mafie: innanzitutto leggi che siano efficaci, moderne, che tengano contro dell'evoluzione dei fenomeni criminali; ma non solo leggi, anche atti parlamentari di altra natura, volti alla verifica di quanto è successo: audizioni, atti ispettivi, missioni informative e di inchiesta.
  Oggi c’è grande bisogno di una Commissione Antimafia, efficiente, capace, seria, sobria, snella (più snella, ce lo saremmo augurati), operosa, che esprima la ferma volontà politica di contrastare le mafie e di voler sconfiggere, del tutto. Ribadisco: una Commissione antimafia che abbia la volontà di sconfiggere del tutto le mafie ! Non è né ingenuità né eccesso di ottimismo, semmai un sano pragmatismo strategico.
  Combattere le mafie significa favorire l'economia del Paese, riuscire a prosciugare i proventi della criminalità organizzata e liberare risorse per l'economia legale; significa recuperare soldi per le casse dello Stato, quello sano.
  E non è solo una questione di principio, ma è soprattutto una questione di interesse strategico. L'Italia ha tutto l'interesse a debellare le mafie seriamente. La criminalità organizzata soffoca l'economia il lavoro e la democrazia. Secondo stime ufficiali il fatturato delle mafie ammonta a decine di miliardi di euro. Si parla della prima azienda in Italia con due volte il fatturato della FIAT. Si tratta di stime ufficiali, il che significa la bellezza di 5 o 6 finanziarie, soldi con i quali si potrebbero costruire scuole, ospedali, autostrade, treni ad alta velocità e infrastrutture efficienti e con cui si potrebbe finalmente cominciare a smantellare quella montagna di debito pubblico che grava sul destino dei nostri figli e che continua a crescere paurosamente.
  Secondo stime del CENSIS la presenza delle mafie in Italia sottrae ingenti risorse, quantificabili attorno al 22 per cento del PIL, un quinto della ricchezza generale del Paese, un quinto di risorse che anziché andare a beneficio dei cittadini finisce nella mani di brutali criminali.
  Al Sud Italia il calo del PIL a causa della criminalità organizzata raggiunge addirittura il 40 per cento. Significa che una qualsiasi azienda che opera al Sud produce praticamente solo la metà del suo potenziale a causa delle pressioni che subisce dalla malavita. Contemporaneamente l'economia sommersa, cioè quella in nero, che rappresenta l’humus ideale su cui prospera la criminalità organizzata equivale al 27 per cento dell'economia italiana, cioè quasi un terzo di ricchezza di cui lo Stato non ha mai visto neanche un centesimo, un terzo di ricchezza rubato ai cittadini, un terzo di ricchezza che impoverisce il paese ed alimenta nuovi reali.
  Insomma sembra un vero bollettino di guerra invece è la semplice e brutale realtà delle mafie in Italia. Ecco perché dico: l'Italia non può lasciare che l'azienda più produttiva del Paese sia rappresentata dalla mafie e che oltre 500 mila commercianti a livello nazionale (secondo stime della Confesercenti SOS Impresa) siano vittime di estorsioni o di violenze. Così come non possiamo accettare che circa il 60 per cento degli imprenditori al Sud siano vittime di condizionamenti della criminalità organizzata.Pag. 121
  Più lasciamo che le mafie si espandano più rischiamo di mettere in ginocchio interi settori dell'economia legale, come purtroppo già avviene in parti sia pur delimitati del Paese, drogando il mercato con soldi sporchi, dopando il sistema dei prezzi e della libera concorrenza e costringendo aziende pulite ad uscire dal mercato legale.
  Ecco perché dobbiamo fare del contrasto alle mafie una delle priorità politiche del Paese e la Commissione Antimafia in questo può giocare un ruolo di primo piano, a patto che si crei una chiara volontà politica contro le mafie.
  Nella scorsa legislatura la Commissione Antimafia al di là di tutti i distinguo e di tutti gli scontri ha individuato alcuni filoni importanti su cui sono state fatte attività di indagine e su cui si è ottenuto qualche risultato: sono stati meglio disciplinati i requisiti necessari per i promotori finanziari, elevandone i requisiti professionali richiesti ed attivando conti correnti dedicati.
  Si è avviata una prima analisi del settore dei «compro oro», ambito in cui si è avuta una esplosione incontrollata di negozi, probabilmente a seguito della crisi e dell'aumento del prezzo dell'oro, ma anche di una legislazione lacunosa e non attrezzata.
  Sono state elaborate prime modalità di controllo contro le infiltrazioni nel settore dei giochi d'azzardo legali: è stato inserito il divieto esplicito di rilascio e rinnovo delle concessioni a chi è stato coinvolto in inchieste di criminalità organizzata, una disciplina che dovrà essere rafforzata diventando sempre più simile a quella in vigore per l'aggiudicazione di appalti pubblici; sono state inserite anche nel settore del gioco d'azzardo delle procedure che migliorano la tracciabilità del denaro circolante in tutta la filiera; sono state inserite prime norme per disciplinare i luoghi dove installare nuove macchinette per il gioco, anche se si è ancora molto lontani dall'obiettivo di non farle installare vicino a luoghi sensibili, ad esempio frequentati da minori.
  È stato reso possibile grazie ad un emendamento in Commissione Antimafia, un accesso più efficace da parte della DNA ai conti correnti degli indagati per mafia.
  Abbiamo formulato un codice di autoregolamentazione attraverso il quale i singoli partiti si sono impegnati a vigilare sulle candidature alle tornate elettorali, così da evitare l'elezione di rinviati a giudizio o sottoposti a misure di prevenzione cautelare.
  A questo proposito, nell'approvazione della legge costitutiva della Commissione, ci saremmo augurati norme più stringenti volte a prevedere la possibilità di estromissione di eventuali commissari sottoposti a procedimenti giudiziari.
    Ci auguriamo che la responsabilità politica e la sensibilità istituzionale su questo punto crescano ancor più perché non è tollerabile la presenza in Commissione Antimafia di parlamentari rinviati a giudizio per i gravi reati previsti dal codice di autoregolamentazione.
    In generale per il futuro in Commissione Antimafia ci aspetta una valanga di cose da fare. Ad esempio, sulla certificazione antimafia sta per entrare a regime la nuova gestione della certificazione, che supererà alcune difficoltà nella circolazione delle informazioni e nella applicazione omogenea in tutto il territorio nazionale. Ma bisognerà approfondire, con l'aiuto della DNA e delle Prefetture, il funzionamento ordinario della prevenzione e quello applicato ai lavori eccezionali, ad esempio al post terremoto in Abruzzo ed Emilia e per l'Expo di Milano. In tutte e tre le occasioni, malgrado l'attivazione di strumenti di prevenzione tra i più avanzati, si sono comunque dovute registrare presenze di imprese mafiose negli appalti. Bisogna ideare nuovi sistemi, intensificare i controlli a distanza e prevedere verifiche informatiche sui cantieri e sui pagamenti ed inserire procedure che consentano di far proseguire i lavori senza ritardi anche in caso di revoca della certificazione antimafia.
  Siamo chiamati ad una miglior definizione delle norme contro le infiltrazioni nella politica e nelle istituzioni. È molto Pag. 122positivo che in Commissione giustizia sia già in corso l'iter per rivedere l'articolo 416-ter del Codice Penale. È urgente prevedere un aggiornamento dal momento che non succede praticamente più che un mafioso paghi denaro contante in cambio di voti. Spesso le mafie si muovono su piano diversi ed in cambio chiedono appalti, nomine od altri privilegi. Va rivista la legge sullo scioglimento dei consigli comunali degli enti locali. Pur essendo stata parzialmente riformata solo alcuni anni fa, non funziona ancora bene né sulla verifica delle infiltrazioni nelle società partecipate dagli enti locali, né sulla gestione degli appalti stipulati nella fase del proscioglimento, né sul divieto di assumere cariche politiche per coloro che si sono resi responsabili dello scioglimento: non vorremmo più assistere a sindaci o assessori di comuni appena sciolti per mafia che diventano assessori o amministratori di società pubbliche a livello provinciale e regionale.
  Va rivista la legge sui collaboratori e testimoni di giustizia. Va ripreso e portato a termine anche l'ingente lavoro svolto nella precedente legislatura sul periodo delle stragi del 1992 e 1993, al fine di pervenire alla redazione di una relazione finale. Ciò alla luce del fatto che le varie mafie hanno da tempo superato i confini delle località di tradizionale provenienza e si sono radicate al Nord Italia, così come nel cuore dell'Europa e oltre, sapendo sfruttare molto bene i moderni processi di globalizzazione. Lo sforzo comune dovrà riuscire a carpire le modalità operative dei nuovi fenomeni criminali per valutare idonee strategie di intervento e di contrasto.
  È un bel segnale il dibattito odierno, con tanti interventi precisi, competenti e convergenti: sono convinta che sia proprio questa la migliore premessa per un proficuo lavoro in Commissione e mi auguro che anche al Senato si proceda celermente all'approvazione, così da pervenire, prima della pausa estiva all'istituzione ed alla convocazione della Commissione Antimafia, perché il Paese ha davvero bisogno che faccio sul serio, che facciamo di più e che facciamo bene nella lotta alle mafie.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 12)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. TU Pdl 482 e abb.-A - em. 1.10 535 535 268 535 42 Resp.
2 Nom. articolo 1 535 535 268 535 41 Appr.
3 Nom. em. 2.10 542 540 2 271 101 439 41 Resp.
4 Nom. articolo 2 545 545 273 545 41 Appr.
5 Nom. articolo 3 544 544 273 544 41 Appr.
6 Nom. articolo 4 524 524 263 524 41 Appr.
7 Nom. articolo 5 539 539 270 539 41 Appr.
8 Nom. articolo 6 542 542 272 542 41 Appr.
9 Nom. em. 7.11 543 525 18 263 109 416 41 Resp.
10 Nom. articolo 7 542 542 272 541 1 41 Appr.
11 Nom. articolo 8 541 541 271 541 41 Appr.
12 Nom. TU Pdl 482 e abb.-A - voto finale 493 493 247 493 39 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.