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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 25 di mercoledì 29 maggio 2013

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10,40.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 23 maggio 2013.

  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Archi, Bocci, Brunetta, Cirielli, Dambruoso, Fassina, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Legnini, Migliore, Simoni, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Giachetti, Antonio Martino, Migliore, Schirò Planeta, Schullian, Bueno ed altri n. 1-00053, Migliore ed altri n. 1-00054, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00055, Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00056 e Dadone ad altri n. 1-00057 concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali (ore 10,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Giachetti, Antonio Martino, Migliore, Schirò Planeta, Schullian, Bueno ed altri n.1-00053, Migliore ed altri n. 1-00054, Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00055, Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00056 e Dadone ad altri n. 1-00057 concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 maggio 2013 (vedi resoconto stenografico).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno.
  È iscritto a parlare il deputato Stefano Quaranta, che illustrerà anche la mozione Migliore ed altri n. 1-00054, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Il tema delle riforme costituzionali ha caratterizzato il dibattito negli ultimi anni, naturalmente con lo scopo, spesso, di ragionare su come dare efficienza al sistema, facendo leva sulla stessa previsione fatta dai padri costituenti di prevedere, attraverso l'articolo 138, quello che Rodotà ha definito una «buona manutenzione» della seconda parte della Costituzione, volta a garantire pienamente nel tempo la sua più consona Pag. 2applicazione. In altri casi si è fatto ricorso a Commissioni bicamerali i cui risultati sono noti a tutti.
  Questa volta, come in passato, l'intenzione può essere quella positiva dell'adeguamento del sistema o può essere uno stravolgimento dello spirito della Carta costituzionale che, dietro la richiesta di radicali cambiamenti, ad esempio alla forma di Governo, sposta sulle istituzioni la responsabilità della debolezza e della inadeguatezza che sono tutte della politica, tentando una operazione di autoassoluzione di una classe dirigente che in questi anni, come è evidente, non ha dato grandi prove di sé.
  Condividiamo in tal senso un percorso di riforma che, pur in tempi certi, passi attraverso l'articolo 138 ed, anzi, in una sua versione rafforzata dalla previsione di un referendum da celebrarsi anche qualora le maggioranze siano dei due terzi e da articolare in base ad ambiti di materia omogenei, preservando in questo percorso il diritto di ciascun parlamentare di emendare il lavoro svolto in sede referente dei membri della Commissione affari costituzionali di Camera e Senato.
  Per quanto ci riguarda, lavoreremo ad un rafforzamento del parlamentarismo, vera vittima di questi anni, e nella nostra agenda troveranno posto proposte volte alla modifica del Titolo V, del bicameralismo perfetto, per un adeguamento del numero dei parlamentari, per la riforma dei Regolamenti parlamentari e, altresì, per limitare l'abuso della decretazione d'urgenza, sul potere di nomina e revoca dei ministri, sulla sfiducia, sui referendum abrogativi e anche per una applicazione dell'articolo 49, non solo occupandoci del finanziamento dei partiti, ma anche del metodo democratico, cioè della democrazia dei partiti e nei partiti (quindi statuto, cariche a termine, congressi, trasparenza, eccetera). Infine, la legge elettorale, vero scandalo ed urgenza, a cui porre mano immediatamente e radicalmente, partendo da una non condivisione del fatto che la legge elettorale sia parte della rivisitazione della forma di Governo.
  Come è noto, il maggioritario si sposa con forme di Governo parlamentari o presidenziali e, allo stesso modo, il proporzionale con un Esecutivo forte, alla tedesca, o Governi deboli come quelli della prima Repubblica italiana.
  Dunque, non affrontare l'abrogazione del «porcellum» è scelta meramente politica che c'entra, mi pare, più con la vita di questo Governo che non con le riforme di cui stiamo discutendo.
  Da questo punto di vista, l'ipotesi avanzata anche con la mozione Giachetti ci consente di fare una discussione libera ed aperta su questo tema e consente che, su un tema come quello della legge elettorale, si possa aprire una libera discussione parlamentare, da affrontare in tempi brevi e certi, sulla base di un ragionamento condiviso.
  I cittadini italiani aspettano innanzitutto che si ponga fine al «porcellum», che ha dato una prova poco edificante di sé, almeno per tre ragioni: non garantisce, come abbiamo visto, maggioranze stabili; non risponde al requisito che è stato anche sottolineato più volte della scelta dei parlamentari; infine, con il premio di maggioranza abnorme, fa sì che la rappresentanza parlamentare sia modificata in maniera eccessiva rispetto a come si sono pronunciati gli elettori. Quindi, occorre partire da qui, non con piccoli ritocchi, che in realtà sarebbero riforme sostanziali ma, io credo, portando le lancette indietro, tornando a quel Mattarellum che ha consentito invece migliori prove e che innanzitutto tiene insieme un'idea, che è la nostra idea, quella che si debbano confrontare delle coalizioni. Da questo punto di vista quella legge elettorale, più di questa, ha dimostrato di poter rispondere alle esigenze che noi abbiamo sottolineato.
  Pertanto, ascolteremo con attenzione e staremo pienamente dentro il percorso delle riforme, perché abbiamo cose da dire, non ci vogliamo sottrarre e pensiamo che in generale alcuni interventi siano assolutamente utili e attesi dai cittadini. Ovviamente, però, saremo anche il baluardo in difesa della nostra Carta Pag. 3costituzionale che continuiamo a ritenere una Carta che è innanzitutto da vivere e da applicare pienamente e non da stravolgere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Bragantini, che illustrerà la mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00055, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, in questa mozione noi andiamo a prendere stralci dell'intervento svolto nell'illustrazione per la fiducia, perché sono stralci che ci avevano fatto credere di dare convintamente un voto di astensione sulla fiducia, perché ci piacevano, ci piacciono e per questo abbiamo voluto ribadirli.
  Ci piace l'idea, ad esempio, che lei, signor Presidente del Consiglio, aveva illustrato e che cito testualmente: «Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato dei saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve potere avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento costituzionale possano compiersi. Dal momento che questa volta l'unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell'approvazione delle riforme che il Paese aspetta da troppo tempo, fra diciotto mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti ed incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l'ennesima volta, non avrei esitazione a trarne immediatamente le conseguenze».
  Questo appunto perché abbiamo visto negli ultimi anni anzi, un po’ da troppo anni, che in queste Camere si è parlato di riforme costituzionali, si sono realizzate riforme costituzionali – ricordiamoci che nel 2006 era stata fatta la famosa devolution, con la quale si andava a ridurre il numero dei parlamentari, si andava a chiudere finalmente il bicameralismo perfetto, si dava una nuova veste istituzionale ai poteri dello Stato, tra i quali anche il Premier, e via dicendo – ma dopo, per logiche partitiche o di opportunità elettorali e anche del momento, benché il referendum fosse stato indetto dopo le elezioni, appunto sperando che non entrasse nell'agone elettorale, era stato utilizzato come strumento elettorale e politico e la riforma era stata affossata. Una riforma, a nostro avviso, molto importante, per carità migliorabile, ma che già prevedeva molto di quello che adesso tentiamo di fare.
  Dunque, noi speriamo che finalmente si facciano queste riforme. Siamo pronti a dare il nostro contributo, a partecipare, ma vogliamo tempi certi, vogliamo veramente che ci siano dei tempi certi per realizzare queste riforme, per andare a cambiare questo Stato.
  Io sono ormai non più giovanissimo, ma mi reputo ancora giovane, e vedo che è da quando sono nato che si parla di come questo Stato deve essere modificato, che si deve definire questa burocrazia, queste consuetudini nelle discussioni che certe volte mi fanno sorridere, perché perdiamo tempo – mesi, se non anni – a parlare, a discutere, a fare comitati, a riunirci; ma intanto il Paese va avanti, intanto lo Stato ha dei problemi, intanto i nostri cittadini perdono il lavoro e intanto le nostre imprese si fermano; e le imprese non vengono perché ogni tre o quattro mesi andiamo a cambiare le leggi.
  Dunque, è importantissimo fare queste riforme e, per quanto riguarda la legge elettorale, noi siamo convinti che bisogna cambiarla, cambiarla in fretta, però non nascondiamoci davanti a un problema. Il Pag. 4problema della governabilità non si risolve con la legge elettorale in questo Stato, perché finché ci saranno due Camere con due basi elettorali differenti è possibile, dal punto di vista teorico ma anche pratico, che ci siano due maggioranze differenti tra Camera e Senato, come succede in altri Paesi del mondo dove c’è il bicameralismo. Però, negli altri Paesi del mondo cosa succede ? Non vi è un bicameralismo perfetto, ci sono due Camere: una Camera che ha un indirizzo politico e una che ha un indirizzo del territorio, delle autonomie, del federalismo, delle regioni, come l'ha chiamata lei, il Senato delle regioni, delle autonomie. Questo potrebbe avere una logica e allora sì, ci potrebbe essere anche un sistema elettorale differente; altrimenti, se noi cambiamo semplicemente la legge elettorale, questo Stato potrebbe sempre avere maggioranze diverse.
  Dico di più: nel 1946, quando è stato previsto il sistema bicamerale – ci ricordiamo ? –, il Senato aveva una durata anche differente (era di sei anni, ma non è mai stata applicata) – perché era un meccanismo di salvaguardia affinché ci fossero due maggioranze o, diciamo, ci fosse una maggioranza così ampia che poteva raggruppare fasce di età differenti di tutto il territorio dello Stato.
  Dunque benissimo, cambiamo anche la legge elettorale, ma se prima non cambiamo le forme dello Stato non risolviamo i problemi di questo Stato.
  Dobbiamo fare un vero federalismo, andare ad applicare intanto quello che abbiamo fatto, il federalismo fiscale, che avrebbe già comportato dei grandissimi risparmi per questo Stato, che avrebbero consentito di avere delle risorse per dare una mano ai nostri cittadini, alle nostre imprese e alle nostre regioni. Questa è una cosa molto importante; e dopo dovremmo fare un federalismo per cambiare un po’ la riforma fatta dal centrosinistra, che – abbiamo visto – ha creato più problemi che altro, perché ci sono troppe funzioni concorrenti tra Stato e regioni, ci sono troppi ricorsi e dunque alla fine, invece di dare delle competenze, abbiamo solo reso più macchinose e difficili le nostre leggi.
  Dunque, anche quello deve essere rimodulato: poche funzioni allo Stato centrale – penso alla difesa, alla moneta non più perché ormai è a livello europeo, alla giustizia – e tutto il resto alle regioni (il concetto di sussidiarietà), in modo che il livello più basso possa decidere, il livello più basso possibile.
  Questo per dare più responsabilità ai nostri amministratori, ai nostri sindaci, ai nostri governatori, in modo da fare veramente uno Stato che funzioni, anche perché – ricordiamocelo – questo è uno Stato lungo, formato da varie popolazioni, che hanno una cultura e delle esigenze differenti, anche per quanto riguarda il territorio; e, dunque, può darsi che alcune leggi debbano essere strutturate in modo differente in base alla regione, alle abitudini ma soprattutto alle esigenze dei territori, e ciò con un vero federalismo si potrebbe fare.
  In fondo vediamo che il federalismo, in molti Stati dove è applicato ormai da secoli, funziona, ha grandissime potenzialità, dà la possibilità veramente di accrescere il valore aggiunto e dà la possibilità a tutti i cittadini di dare il massimo possibile in base alle proprie esigenze, alle proprie particolarità, alle proprie tradizioni.
  Dunque, noi chiediamo a tutti i colleghi di votare la nostra mozione, perché sono le sue parole, le parole della fiducia, perché noi crediamo che finalmente, dopo decenni dove si è solo discusso e si è parlato di fare le riforme, finalmente è giunto il momento di farle veramente e di farle nella veste federale di questo Stato, e farle veramente per il bene di tutti i nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Fraccaro, che illustrerà anche la mozione Dadone ed altri n. 1-00057, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

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  RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, il dibattito politico e culturale di queste ultime settimane sta scaricando indebitamente sulla nostra Costituzione la grave colpa dell'inadeguatezza dell'ordinamento statale vigente, attribuendole una presunta vetustà che temiamo serva solo ad occultare responsabilità che ricadono, invece, sulla classe politica.
  Ferma restando la piena validità dell'impianto complessivo della nostra Carta costituzionale e dei principi ad esso sottesi delineati dai nostri padri costituenti, siamo consapevoli che singoli aspetti della parte seconda della Costituzione possano e, anzi, debbano essere oggetto di un intervento riformatore.
  La necessità di questo cambiamento, tuttavia, è stata paradossalmente evocata proprio da quella classe politica che, in questi anni, non ha fatto funzionare la macchina dello Stato non per inadeguatezza dell'ordinamento ma per una precisa scelta.
  L'inefficienza del nostro sistema istituzionale – lo vogliamo ribadire – trova origine non nella nostra Carta fondamentale ma nell'evidente disfunzionalità del sistema partitocratico caratterizzato da un'assoluta autoreferenzialità e da un soffocante immobilismo.
  Norme sulla regolazione del conflitto di interesse, sulla incandidabilità dei condannati, sulla lotta alla corruzione avrebbero già da tempo potuto cambiare il volto morale e politico del Paese a Costituzione vigente. Eppure tutto questo non è avvenuto. Non è avvenuto perché i partiti che oggi sorreggono la maggioranza non hanno saputo anteporre gli interessi dei cittadini ai propri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  È evidente che questa classe politica, eletta con una legge da essa stessa voluta e che presenta evidenti profili di criticità costituzionale, non ha per noi la dignità di mettere mano ad una riforma della Costituzione. Le riforme costituzionali richiedono la legittimazione di chi le compie ed esigono un consenso diffuso dei cittadini tutti: devono unire e non devono dividere.
  Per noi, a questo punto, l'unica soluzione è pertanto quella di avviare un percorso volto a promuovere in tempi rapidi l'indizione di un referendum popolare di indirizzo nel quale gli stessi cittadini siano chiamati ad esprimersi. Dovrà avvenire in seguito ad un apposito dibattito pubblico, approfondito ed aperto a tutte le istanze partecipative, che permetta al Paese di comprendere e valutare le diverse opzioni. Tale dibattito pubblico dovrà essere di congrua durata, almeno sei mesi, ed articolato sulla base di un programma comunicativo ad opera dei gruppi parlamentari e di un programma informativo ad opera di esperti in ambito costituzionale, nel rispetto dei principi del pluralismo, dell'imparzialità dell'indipendenza, dell'obiettività e della completezza dell'informazione. Importante è per noi coinvolgere anche le giovani generazioni, le stesse a cui in questi anni è stato rubato il futuro e che oggi chiedono di partecipare alla costruzione di un cambiamento. È per questo che chiediamo di estendere il referendum di indirizzo anche ai cittadini che abbiano compiuto i 16 anni di età (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questa è la richiesta del MoVimento 5 Stelle per una condivisa e organica rivisitazione della parte seconda della Costituzione.
  Altre, però, urgenti e significative questioni di semplice manutenzione costituzionale, già largamente condivise dal popolo italiano, possono e devono essere affrontate subito.
  Ci riferiamo, in primo luogo, a tutte quelle misure necessarie per rimodernare l'ordinamento della Repubblica e ridurre in maniera drastica e rapida i costi della politica e delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso. In particolare, chiediamo la riduzione del numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali, numero che comporta costi non più sopportabili dalla collettività e che ostacola l'efficace processo decisionale. Pag. 6
  Chiediamo la soppressione immediata delle province, per razionalizzare e responsabilizzare le istituzioni amministrative locali e, contemporaneamente, l'accorpamento dei comuni meno popolosi.
  Chiediamo l'introduzione del referendum propositivo, consultivo e abrogativo senza quorum funzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ancora chiediamo: la fissazione del numero massimo di due mandati elettorali a qualsiasi livello, per garantire il ricambio della classe politica; la previsione dell'incandidabilità alle cariche di deputato e senatore di coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ripeto: chiediamo la previsione dell'incandidabilità alla carica di deputato e senatore – se non fosse chiaro – di coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi 10 e giorni 20 di reclusione per delitto colposo, oltre che di coloro che ricoprono contemporaneamente altre cariche elettive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Chiediamo – e siamo propositivi – l'incremento delle garanzie costituzionali a favore delle opposizioni parlamentari, anche con l'innalzamento del quorum necessario all'adozione e alla modifica dei regolamenti parlamentari.
  Chiediamo, infine, l'obbligo per il Parlamento di esaminare i progetti di legge di iniziativa popolare entro un termine perentorio, con voto palese.
  Ora, queste riforme – e solo queste riforme –, non riferibili alla forma di Stato e alla forma di Governo, ma comunque attinenti alla parte seconda della Costituzione, in quanto percepite anche dall'opinione pubblica come urgenti e indifferibili, riteniamo che debbano essere adottate secondo la procedura ordinaria di esame e approvazione diretta da parte delle due Camere, come prescritto dagli articoli 72, quarto comma, e 138 della Costituzione.
  Non sono quindi necessarie, a tal fine, forzature, che mortificherebbero la centralità e il ruolo del Parlamento. È invece necessario – e qui concludo –, con riferimento all'ipotesi di una più ampia riformulazione dell'assetto istituzionale del Paese, che l'attuale classe politica rivitalizzi il patto con i cittadini, riconosca con umiltà i propri limiti e i propri errori e restituisca finalmente al suo popolo la sovranità e la responsabilità che gli spetta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pollastrini. Ne ha facoltà.

  BARBARA POLLASTRINI. Signora Presidente – lei lo sa, lo sappiamo tutti –, c’è chi lotta per il lavoro anche in questo momento nel nostro Paese e non sa cosa inventarsi: digiuni, proteste sui tetti, fino alla tragedia di togliersi la vita con la Costituzione in mano.
  Con la sua lettera, pochi giorni fa, Davide ha scosso le coscienze sull'essere gay. Ieri abbiamo detto basta alla violenza sulle donne. Qualcuno ora può dire: cosa c'entra ? Cosa c'entra tutto questo con il nostro confronto ? E io dico: c'entra moltissimo con il confronto di oggi, perché diritti, uguaglianza e dignità delle persone sono le ragioni per cui il Partito Democratico osa questo percorso di innovazione sui Titoli I, II, III e V della seconda parte della Carta costituzionale, proprio per promuovere l'attuazione dei principi intoccabili scolpiti nella prima parte della nostra Costituzione.
  L'urgenza è che innovazioni sagge rendano le istituzioni più efficienti e partecipate e anche più trasparenti, nel costruire un'etica pubblica condivisa e un'etica della legalità.
  Io ho detto «osiamo» perché, certo, c’è un rischio dopo trent'anni di fallimenti. Presidente, colleghe e colleghi, la mia generazione ha avuto molte fortune. Dopo la guerra e la liberazione, siamo cresciuti in un clima in cui democrazia e progresso sembravano infiniti, erano da allargare, da difendere, ma mai si sarebbero interrotti.
  Oggi è in corso una frattura. In Occidente, da noi, questa crisi economica e la Pag. 7crisi morale delle élite divora certezze e speranze, sino a porre in discussione – lo ha detto in quest'Aula così ricca di giovani e di donne il Presidente Napolitano – il senso stesso della democrazia. Nel DNA dei democratici e delle democratiche ci sono gli Stati Uniti d'Europa, ma anche un disegno di democrazia europea è più credibile se riusciremo finalmente a innovare le nostre istituzioni.
  Lei, Presidente Letta, ha parlato di diciotto mesi per una verifica su questo percorso. Noi ci impegniamo a farlo, ma nella fermezza dei nostri princìpi, con chiari confini per il nostro lavoro, definiti nella mozione che voteremo oggi: Senato delle regioni e delle autonomie, riduzione del numero dei parlamentari, rapporto virtuoso tra Stato, regioni e autonomie e, poi, con provvedimenti con legge ordinaria, l'abolizione delle province e la creazione delle aree vaste e delle aree metropolitane, la cancellazione del finanziamento pubblico della politica e l'attuazione dell'articolo 49.
  Quanto alla forma di Governo, certo di questo discuteremo a lungo, perché il momento storico non permette scorciatoie e semplificazioni. E c’è il tema della riforma elettorale, di una riforma elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti e la coalizione destinata a governare. Come ha detto il Ministro per le riforme costituzionali, la legge elettorale dovrebbe essere logicamente collocata al termine del processo riformatore, ma noi non siamo nella normalità, c’è un Governo di emergenza che sosteniamo. Nei tempi adeguati torneremo all'alternanza: di valori, di visioni, di politiche.
  Il punto è che oggi – e non solo in Italia – la crisi di rappresentanza che investe la democrazia è profonda, come dimostra l'elevata astensione di domenica. Siamo davanti a una delegittimazione del principio di autorità. Per questo, ciò che sarebbe logico rischia di non incrociare il sentimento di milioni di persone.
  Allora, dal Parlamento noi dobbiamo dare prova che, comunque vadano le cose, mai più voteremo con quel «Porcellum» che, peraltro, ha voluto e imposto solo una parte di quest'Aula. Se non ci fosse questa riforma, non saremmo più capiti e ciò a prescindere dall'ordinanza della Cassazione. Quel premio di maggioranza esorbitante, accompagnato a liste bloccate, deve lasciare il campo a una legge adeguata e sostanzialmente nuova, da elaborare con la più larga condivisione del Parlamento, a partire dalla maggioranza. Ma anche questo da solo non basta. È necessario accompagnare la procedura straordinaria che avviamo oggi con il voto sulla mozione con un dibattito pubblico partecipato e non solo alla fine con i referendum, ma ascoltando da subito studiosi e associazioni, come le personalità che anche il 2 giugno si riuniranno a Bologna.
  Infine, desidero ribadire quella centralità del Parlamento che lo stesso Governo ha dichiarato di volere rispettare nelle sue prerogative. Le riforme istituzionali e le regole chiamano in causa il valore e la responsabilità di tutti i gruppi che siedono in quest'Aula e di questo noi vogliamo farci carico fino in fondo.
  Per tante ragioni è decisivo che, proprio questa circostanza e nel percorso che si avvia, le deputate di ogni gruppo facciano sentire il loro peso e la loro voce, non solo per vigilare su una legge elettorale che contenga principi di democrazia paritaria.
  Se osiamo, dunque, e ci impegniamo – e lo diciamo qui solennemente –, lo facciamo con la consapevolezza che la strada è difficile, lo facciamo non per rafforzare un potere, non per rafforzare un ceto politico, ma per cercare di dare più potere, di fare contare, come diceva don Gallo – lo ricordavano colleghi intervenuti ieri sera alla fine dell'Aula – e dare potere a chi potere oggi non ha e chi voce oggi non ha nel nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, signor Presidente del Pag. 8Consiglio, onorevoli colleghi, oggi inauguriamo in questa legislatura una stagione che, senza giri di parole, ha molto a che fare con la genesi di questo Governo.
  Dico subito che vi è una consapevolezza, ormai, nel Paese relativa al fatto che le riforme sono indispensabili per risolvere i problemi concreti, anche quelli di ogni giorno. E le riforme si fanno se questo Governo resta in vita, così come il Governo resta in vita solo se riesce a fare le riforme.
  Mi riferisco al fatto che è stata presentata – e me ne dispiaccio – una mozione a firma di alcuni parlamentari, che sostengono questo Governo e che fanno parte della maggioranza che sostiene questo Governo, in un tentativo di mettere il carro davanti ai buoi. Siamo tutti convinti della necessità di una modifica della legge elettorale, ma io sono più aderente al concetto espresso nelle Commissioni dal Ministro Quagliariello ed espresso dallo stesso Presidente del Consiglio, per cui la riforma elettorale non può che essere il cappello, dopo avere stabilito quale tipo di Governo, quale tipo di Stato e, in buona sostanza, quali riforme siamo chiamati a realizzare.
  Capisco che può esserci anche una necessità, che è legata ad iniziative, per la verità, ingerenziali sull'attività legislativa, così come è stato per la Corte di cassazione, che, per la prima volta nella storia del nostro Paese, indica un vulnus dentro la legge elettorale, che è la legge regina tra le convenzioni di una partita che si gioca in un Paese democratico.
  È proprio a questo che voglio fare riferimento nel mio intervento, signor Presidente, perché ritengo che, se oggi è necessario riformare le istituzioni, se è necessario innovare le istituzioni, se è necessario porre mano ad una manutenzione delle nostre istituzioni, è perché la nostra è diventata sempre più una democrazia formale, una democrazia che vive di procedure e di corrette abitudini istituzionali, anche se manca lo spirito vitale di questa democrazia: la fiducia da parte dei nostri cittadini.
  Si registra un'assenza di partecipazione al dibattito politico, si registra un'assenza di partecipazione al voto: è un'assenza di partecipazione che dimostra una sfiducia nei meccanismi stessi della democrazia parlamentare, della nostra democrazia.
  Le democrazie non vivono solo di procedure; le democrazie vivono soprattutto di valori, di tensioni ideali, senza i quali cadono in una crisi profonda.
  E se è vero che la democrazia è in crisi, come il sistema complessivo della politica, e la cosiddetta società civile ne rimane coinvolta, è anche vero che la classe dirigente ha la responsabilità di trovare le soluzioni e di tentare, come oggi, una via possibile. È una democrazia, quella che viviamo, che richiederebbe cure e attenzioni. Per questo, oggi, va riscoperta, valorizzata, connettendo rappresentanza e partecipazione, economia e politica, famiglia e istituzioni. La democrazia è vulnerabile di per sé e occorre farla entrare nella cultura dei cittadini, altrimenti rimane un concetto astratto e, oggi, questo pericolo è molto presente.
  Sembra che la maggioranza degli italiani abbia voltato le spalle all'idea stessa di bene comune e che il più efficace modello unificante sia l'individualismo. Ecco, così riaffiorano quelle spinte degenerative che, in alcune epoche, hanno attraversato e attraversano la democrazia, con le forme più o meno organizzate di neoqualunquismo o di personalismi. Oggi sono, per la verità, amplificate anche da una preponderanza di sistema dei media, che ha introdotto una banalizzazione, una spettacolarizzazione dei temi politici. Quindi, serve una democrazia che non sia intesa solo come una determinata organizzazione dei pubblici poteri, ma come un patto che leghi gli individui tra di loro e le istituzioni e che garantisca nuove forme di socialità e di partecipazione.
  Smettiamola di pensare che tutte le colpe siano dei partiti: i partiti sono, ancora oggi, uno strumento ineliminabile di partecipazione, di confronto e di selezione. È vero, oggi sono in tanti coloro i quali pensano che le dinamiche interne ai partiti abbiano contribuito alla disaffezione Pag. 9dei cittadini alla politica, ma io mi chiedo: qual è l'alternativa ai partiti ? Sono forse i social network, i club, l'associazionismo ? I partiti devono adeguarsi al mutare della società e promuovere un modello di democrazia che sia espressione di una forma alta e consapevole di socializzazione, che può realizzarsi – allora sì – nelle piazze, nei luoghi dell'associazionismo, nelle sezioni di partito, nelle università, negli spazi del web e dei social network. I partiti sono realtà insostituibili e ricoprono una funzione essenziale per la partecipazione politica, così come riconosciuto dall'articolo 49 della Costituzione, e svolgono un'opera di mediazione tra i cittadini e lo Stato, cerniera tra la società e le istituzioni, anche se, negli ultimi decenni, hanno subito profonde trasformazioni.
  Per questo, sono molto preoccupato dagli accenti, conditi da furia iconoclasta, che considerano anche il finanziamento ai partiti come un male da debellare. La democrazia ha un costo, se vogliamo farla funzionare, e non possiamo immaginare che questo costo si trasformi in un prezzo: il prezzo che viene pagato da coloro i quali potrebbero acquistare delle organizzazioni per partecipare alla vita democratica del nostro Paese. Certo, così com’è stato utilizzato quel finanziamento non va bene, è stato da tutti noi condannato, ma bisogna trovare una formula ragionevole con la quale evitare che i partiti siano gli strumenti soltanto in mano di pochi, realizzando così una plutocrazia che nessuno di noi in questo Paese vuole.
  Ritengo che oggi, pur rimanendo imprescindibile il ruolo e la funzione dei partiti, queste strutture debbano provvedere ad una loro radicale trasformazione, capace di porli in una posizione dialettica nei confronti delle istanze più autentiche che provengono dal territorio, dalla società civile, dal mondo giovanile, da quello delle professioni e dell'impresa, dalle istituzioni culturali. Rimane insostituibile la funzione di mediazione sociale, di interlocuzione, di analisi e di sintesi che solo le formazioni partitiche possono svolgere.
  Penso, comunque, ai partiti come strutture leggere negli organici ma forti nelle loro diramazioni territoriali; forti delle loro spinte ideali e anche qui, il termine, con il quale questi devono poter consentire la partecipazione alla vita democratica, deve essere più ampio possibile; c’è un problema di malfunzionamento dei partiti perché i partiti, oggi, non consentono la libera partecipazione alla vita democratica attraverso essi stessi. Allora dobbiamo stabilire, anche per legge, che i partiti devono essere uno strumento a disposizione di chi li vuole frequentare...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Mi avvio alla conclusione, Presidente... a disposizione di chi li vuole utilizzare come strumento per partecipare alla vita democratica. Credo che in questa fase, noi dobbiamo tentare, anche, di mettere mano alla vecchia tripartizione montesquieuiana, non perché questa vada superata ma perché va certamente innovata. Non è possibile immaginare che nel nostro Paese si siano affermati alcuni poteri che contano più di quelli previsti nella tripartizione, prevista a sua volta nella Costituzione, e che sono senza controllo: il potere senza responsabilità e senza controllo è nefasto per la vita democratica del Paese. Mi riferisco, ad esempio, al potere finanziario che in Grecia ha messo in ginocchio un Paese e in Italia è costato anche una crisi di Governo. Stiamo attenti, quella che oggi inauguriamo è una stagione unica. Non so se noi, tutti insieme, riusciremo nell'intento, credo, però, che dobbiamo farlo sgombri da ogni pregiudizio e da tatticismi, facendo in modo che questo Governo parta con il piede giusto e indichi, insieme a tutti noi, a questo Parlamento, la strada migliore per migliorare non soltanto le istituzioni ma anche lo stato di salute della nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

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  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, innanzitutto vorrei ringraziare il Governo per questa opportunità, per avere avviato questo percorso di riforme. Scelta Civica fin dall'inizio ha spinto per un Governo che raccogliesse intorno a sé la maggioranza e il consenso più ampio possibile per due ragioni fondamentali: una, di numeri, e una, di buonsenso. Di numeri perché non c'erano i numeri per una soluzione diversa, di buonsenso perché il Paese è in una condizione per la quale c'erano urgenze da gestire – dagli ammortizzatori sociali con cui si è partiti, alle altre urgenze di cui il Governo ha iniziato subito a occuparsi – e anche per poter beneficiare di quei risultati, che oggi stanno arrivando, dell'attività del Governo Monti, che stanno maturando proprio oggi a livello comunitario e che si sono già realizzati attraverso il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione che ormai sta arrivando alla fine del suo percorso parlamentare.
  Quindi, abbiamo detto fin da subito che c'era bisogno di un Governo stabile; abbiamo anche detto che era fondamentale, seguendo il percorso delineato, ispirato dai saggi scelti dal Presidente Napolitano, un percorso di riforma delle istituzioni perché oramai il distacco esistente tra istituzioni e Paese è evidente a tutti ed è risultato evidente nell'ultima tornata elettorale. È stato evidente che questa legge elettorale, questo sistema non è più moderno, non è più vicino ai cittadini, non è democratico e non è rappresentativo. Per questo abbiamo sostenuto il Governo, abbiamo dato la fiducia al Presidente del Consiglio e siamo intenzionati lealmente a lavorare con il Governo. Per lo stesso motivo, oggi, credo sia importantissima la mozione che arriva in Parlamento perché così si avvia il percorso.
  Detto questo, crediamo che, sia nel percorso che nel merito, sia importante mantenere l'ispirazione riformatrice di cui si è parlato e, soprattutto, convincere gli italiani che questa maggioranza e questo Governo porteranno davvero a conclusione il lavoro. Devo dire che l'avvio del percorso qualche perplessità e qualche dubbio lo ha suscitato, sia dal punto di vista procedurale, perché si parte con un meccanismo abbastanza complesso che, prevedendo una legge costituzionale solo per avviare il percorso e introducendo poche semplificazioni e non degli strumenti di accelerazione, potrebbe avere un effetto – se non ci fosse la buona fede e lo sforzo coerente delle forze politiche –, paradossalmente, addirittura di rallentare l'andamento della riforma, e sia, un pochino, nel merito, sul quale mi esprimerò subito. Dal nostro punto di vista è fondamentale che nella legge in cui si tradurrà la mozione si lavori anche sull'elemento temporale, e magari siano precisati degli elementi che oggi potrebbero dalla mozione risultare particolarmente generatori di elementi di complessità.
  Per quel che riguarda il merito è inutile dire che l'aspetto che per noi è più significativo in senso non positivo è il fatto che non ci sia una presa di posizione sulla correzione della legge elettorale. Si è partiti subito con dei veti incrociati in questi giorni, ed è stato evidente. Si parla oggi di manutenzione della legge elettorale attraverso interventi che ne assicurino la costituzionalità. È stato già detto che il motivo per il quale questa legge è stata definita «Porcellum» in questi anni non è stato solo il premio di maggioranza; è stato il distacco forte tra i cittadini, gli elettori e gli eletti, e, con un intervento che introduca una soglia sul premio di maggioranza, obiettivamente, questo problema non verrebbe minimamente risolto. È un problema che, tra l'altro, l'ordinanza della Cassazione, anche se in una forma un po’ complessa, solleva chiaramente.
  Quindi, penso che, in questo momento, sia inutile negare che esiste un rischio sulla legislatura, se ne parla tutti i giorni. Essere certi che si arrivi alla fine della legislatura con delle riforme completate sarebbe, da un lato, il giusto auspicio di tutti noi; dall'altro, fare una scommessa su questo forse sarebbe pericoloso per questo Parlamento, perché, se la legislatura si Pag. 11concludesse prima del completamento del percorso di riforme, tornare alle urne con una legge nella quale è stata introdotta una soglia o magari è stato eliminato del tutto il premio di maggioranza per rendere costituzionale il testo della legge, ma non si fosse intervenuti sul resto, porterebbe ad una reazione dei cittadini che credo sarebbe giustamente negativa.
  I partiti della maggioranza diversi da Scelta Civica, a febbraio 2012, uscirono da un incontro dicendo che bisognava cambiare il «Porcellum» perché presentava aspetti che la gente non accettava più: oggi dobbiamo trovare un modo per arrivare a risolvere questo problema. Temo che oggi ci possa essere entusiasmo sul fatto che, nell'ultima settimana, vi è stato un arresto, come si evince dai risultati, del consenso su antipolitica, proteste e movimenti nuovi, ma credo che questo entusiasmo sia poco giustificato. Credo che la ragione sia nel fatto che il Governo è partito bene ed ha lavorato bene dando un segnale riformatore. Credo che se noi non modificassimo la legge elettorale in un senso che riavvicina gli eletti agli elettori giustamente quelle stesse ragioni di critica che hanno portato ai risultati delle ultime elezioni si riproporrebbero integralmente. Credo, quindi, che noi di Scelta Civica dovremmo partecipare a questo percorso in maniera leale e determinata, cercando di portare a un risultato positivo come abbiamo cercato di fare, senza sollevare polemiche, nel periodo di formazione del Governo, in cui altre formazioni stavano facendo campagna post-elettorale. Noi non lo abbiamo fatto e lo abbiamo probabilmente anche pagato, ma adesso, che si passa al momento delle riforme, noi saremo parte della maggioranza e contribuiremo, ma segnaleremo giorno per giorno tutte le situazioni nelle quali, dal punto di vista delle riforme, ci si allontana dal percorso, tutti i cedimenti a tentazione di tipo elettorale e a tentazione di interesse partitico.
  Siamo nella maggioranza per questo: non credo che saremmo nella maggioranza comunque nel caso in cui vedessimo che il mandato che ci hanno dato gli elettori e l'obiettivo che noi ci siamo dati, ossia riformare il Paese, non sia più un risultato perseguibile (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

In ricordo di Franca Rame (ore 11,30).

  BARBARA POLLASTRINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, solo per dare una tristissima comunicazioni a quest'Aula che immagino avrà occasione di esprimere un profondo dolore e cordoglio per la scomparsa di Franca Rame (Il Presidente si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo – Applausi) e per esprimere davvero il dispiacere immenso e corale che immagino – io sono qui ora – in particolare toccherà i cuori della mia città, Milano.
  Credo che tutte le morti abbiano un peso, anzi è così, ma come dice un detto: ci sono alcune persone che quando vengono a mancare pesano come il monte Tai, il monte più grande della Cina. La scomparsa di Franca Rame per noi peserà tantissimo perché è stata una grande artista, una donna coltissima, una donna che ha saputo essere eterodossa e cioè anticonformista e, nello stesso tempo, ecco il punto, parlare con il popolo, con la sua gente, con tante persone, stare vicino agli umili.
  È stata una donna che ha amato la cultura e che ha rispettato le istituzioni. Io non sono stata senatrice ma ho i ricordi dei senatori e delle senatrici che parlavano di lei come una donna, quando è stata nelle istituzioni, presente e rispettosa. Avremo modo di ricordarla ma penso che tutti noi oggi dobbiamo esprimere un unico grande sentimento di riconoscenza infinita, soprattutto noi donne, perché non devo dirlo alle amiche, alle colleghe, alle deputate in particolare, ma loro sanno come me che lei è stata un simbolo delle lotte di libertà, di autonomia e di dignità di ogni donna (Applausi).

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  PRESIDENTE. La Presidenza si associa al suo affettuoso ricordo.

Si riprende la discussione (ore 11,32).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vito. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il Popolo della Libertà aderisce con convinzione al processo riformatore che si apre oggi in Parlamento e aderisce perché le riforme, quelle economiche, sociali ma anche costituzionali – fra queste il presidenzialismo e il federalismo – sono tra le ragioni costituenti del nostro partito e sono, con la difesa dei principi di libertà personale e di giustizia, dei principi di libertà economica e di iniziativa imprenditoriale, fra le ragioni costitutive di quel moderno centrodestra che noi abbiamo l'ambizione di voler rappresentare in Italia e in Europa.
  Le riforme sono urgenti, è stato detto da più parti ed è vero, è da troppo tempo che se ne parla e che non si realizzano perché il nostro Paese vive alcune contraddizioni istituzionali che ormai vanno affrontate e risolte per sempre. Siamo una Repubblica parlamentare che si fonda sul rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento; eppure spesso Governo e Parlamento vivono in una perenne, continua e sterile contrapposizione che finisce, da una parte, per limitare l'azione del Governo e, dall'altra, per non esaltare la funzione legislativa delle Camere. Porre fine a questa sterile contrapposizione ed esaltare i poteri di entrambe, difendendone meglio le funzioni, credo che dovrà essere uno dei compiti di questa riforma.
  Il Presidente del Consiglio, che è il leader di una coalizione o di un partito, gode oggi di troppi pochi poteri. Il Presidente della Repubblica, che per convenzione non è stato mai il leader di un partito o di una coalizione, gode di tanti poteri ed è riconosciuto, proprio perché gode di questi poteri, come un garante e non come un capo di coalizione o come un capo esecutivo.
  La riforma, insomma, dovrà scegliere tra modelli contrapposti e dovrà farlo con chiarezza, a differenza di compromessi che, a volte, sono stati cercati in passato e che hanno cercato di annacquare i modelli contrapposti che, a nostro giudizio, sono sin troppo chiari: o l'elezione diretta di un Presidente della Repubblica che abbia anche le funzioni di Capo dell'Esecutivo o che sia in stretto raccordo con il Governo; o il rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, leader di una coalizione all'interno, comunque, di un sistema parlamentare che lascia alle Camere la pienezza della funzione legislativa. Questo, certo, anche nel quadro di un riequilibrio con gli altri poteri previsti dalla nostra Costituzione, come ha rilevato il collega Romano.
  Ma non vi è dubbio, colleghi e signor Presidente del Consiglio, che in questo dibattito – vi è già stato fatto cenno – vi sia anche un convitato di pietra. Si tratta della legge elettorale. La nostra mozione, la mozione di maggioranza, a tale proposito fa riferimento alla ovvia e corretta constatazione che tale materia dovrà essere compiutamente trattata solo al termine del processo di revisione costituzionale, in base al modello costituzionale che sceglieremo. Questa constatazione è talmente ovvia da non poter che essere condivisa da tutti. Ma, è altrettanto evidente che ci sono delle ragioni di urgenza politica e, forse, anche istituzionali che potrebbero imporre una trattazione ravvicinata, immediata, del tema della materia elettorale. Su questo la nostra mozione dice solo una cosa, ma questa cosa è già importante: che in tale ipotesi si dovrà procedere con la maggiore condivisione possibile. Questa è una necessità, signor Presidente del Consiglio, sia per salvaguardare il buon esito del processo costituente che oggi cerchiamo di avviare, sia per salvaguardare il buon esito e il buon funzionamento del Governo, al quale noi le assicuriamo il nostro pieno e leale sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).Pag. 13
  Io non credo che esista un sistema elettorale perfetto. Credo che l'attuale sistema elettorale sia stato per tante ragioni, anche per responsabilità degli stessi partiti, assunto a simbolo di tutti i mali del rapporto fra politica, cittadini e istituzioni. In realtà, i mali – e l'esempio è quello del cattivo rapporto fra eletto e elettori di questo sistema elettorale – in passato si riscontravano (io sono un vecchio proponente di iniziative referendarie) anche nel sistema delle preferenze e questi mali non erano del tutto assenti anche nel sistema dei collegi uninominali, con scelte e candidature che spesso, legittimamente e naturalmente, sono imposte dai partiti anche agli elettori di quel collegio e, comunque, nessun sistema elettorale deve venire meno a quella che è la propria funzione: non garantire solo la rappresentanza del voto popolare ma anche consentire l'espressione di quel voto popolare, per garantire la formazione di un Governo stabile e dotato di una propria maggioranza.
  Vi è un altro tema che viene affrontato nella nostra mozione e che viene rinviato agli appositi organismi parlamentari. Vi faccio solo un cenno perché vi sono particolarmente affezionato e perché credo che sia la prima riforma che possa essere realizzata e, forse, anche la prima riforma che vada realizzata. Si tratta della riforma dei Regolamenti parlamentari e ringrazio anche l'onorevole Presidente della Camera per avere posto all'attenzione degli organismi competenti della Camera questo tema. È una riforma non più rinviabile, che può essere attuata e realizzata e deve essere attuata e realizzata anche prima, indipendentemente dalla riforma costituzionale, perché i nostri Regolamenti non corrispondono più né a quella evidente esigenza di buon funzionamento delle Camere, delle Assemblee e delle Commissioni, né a quella esigenza di adeguamento ad una moderna democrazia decidente e dell'alternanza, qual è quella attuale.
  Rispondono invece ad una esigenza consociativa assembleare di gestione dei lavori parlamentari che è stata superata ormai da decenni. Il punto principale, per quanto mi riguarda, è il diritto del Governo ad attuare in tempi certi il programma scelto dagli elettori. Da questo punto principale che i Regolamenti parlamentari devono assicurare discendono naturalmente i diritti e l'esaltazione dei diritti delle opposizioni di controllo e di indirizzo nei confronti dell'attività del Governo. L'obiettivo della riforma regolamentare deve essere quello di passare dalla contrapposizione sterile, che dicevo prima tra Governo e Parlamento, alla contrapposizione virtuosa tra maggioranza e opposizione. Io credo quindi che inizi oggi un percorso importante, signora Presidente, e mi avvio a concludere. Nella mozione e nel dibattito si fa da più parti riferimento alla necessità che la politica e le istituzioni recuperino credibilità nei confronti dei cittadini.
  Non vi è dubbio che vi è stato e vi è tuttora questo calo di credibilità e che la politica, i partiti e le istituzioni hanno bisogno della credibilità dei cittadini, come i cittadini hanno bisogno di potersi riconoscere nei propri rappresentanti e di non perdere fiducia in quello che è il principale potere che oggi un cittadino ha, quello di andare a votare e di scegliere con il proprio voto il proprio rappresentante e di contribuire alla formazione del Governo ad ogni livello della vita istituzionale. Ma sarebbe un errore ritenere però che la riforma costituzionale, che la riforma elettorale e che la riforma dei Regolamenti parlamentari vadano fatte solo con l'obiettivo di recuperare credibilità agli occhi dei cittadini.
  Sarebbe un ulteriore modo della politica e per la politica di perdere credibilità nei confronti dei cittadini. Troppo spesso abbiamo fatto delle scelte con l'obiettivo di recuperare credibilità e quelle scelte sono state percepite dall'opinione pubblica come un'ulteriore ragione di nostra mancanza di credibilità (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). No, le riforme vanno fatte perché sono necessarie ed urgenti ed il fatto che le faremo, che renderemo il nostro Paese un Paese moderno, con istituzioni efficienti, comporterà di per sé un Pag. 14recupero di credibilità da parte dei cittadini nei confronti di istituzioni più moderne, più efficaci e più trasparenti.
  Questo percorso, come dicevo all'inizio, potrà contare sul nostro sostegno. Non sarà un sostegno dato in bianco, come è giusto che sia, parteciperemo ai lavori della Commissione e del Parlamento con le nostre idee, con nostre proposte e con i nostri programmi. Queste idee, queste proposte e questi programmi hanno la forza di essere rappresentati, ormai da diversi consolidati anni, dal sostegno di milioni di elettori. Buon lavoro ! (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. La ringrazio anche di aver fatto riferimento all'impegno dei gruppi per avviare la riforma del Regolamento.
  È iscritto a parlare il deputato Fiano. Ne ha facoltà.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo qui oggi per dare risposte politiche ai problemi strutturali del Paese, come molte volte certo in questa Aula, come sempre forse si dovrebbe fare in questa Aula, ma siamo qui come raramente ci è successo, con una comunione di intenti tra parti diverse che rappresenta un'opportunità di cambiamento come fino ad ora in molte altre occasioni non è riuscito. Siamo qui oggi per dare avvio ad un percorso di modifica della Costituzione nel solco di quanto prescritto dalla Costituzione. C'entra qualcosa l'intento che abbiamo e che esprimiamo in questa mozione ? C'entra qualcosa lo scopo che abbiamo con i fenomeni che osserviamo fuori da questo Palazzo, per esempio con il fenomeno dell'aumento fortissimo dell'astensionismo elettorale che stiamo osservando ? C'entra ! E quello è uno dei segnali più preoccupanti che osserviamo insieme alla crisi economica e sociale che attraversiamo. E le riforme della Costituzione che vogliamo attuare o perlomeno delle quali vogliamo qui oggi istruire il percorso non sono una seconda fila rispetto alle necessità di modifica e di riforma economica. Sono il complemento obbligatorio alla modernizzazione dello Stato e al tentativo di riavvicinamento della politica ai cittadini.
  Vorrei anche dire, però, che noi siamo qui oggi come Partito Democratico per confermare con questa mozione, con il lavoro che qui si istruisce, l'assunto che sta alla base della fiducia a questo Governo: stare insieme tra partiti diversi, che si sono fino ad oggi avversati e confrontati su fronti diversi, per attuare le riforme di cui ha bisogno il Paese e che solo insieme possiamo fare, come del resto indica la stessa Costituzione.
  Vorrei, dunque, rispondere a tre domande per chiarire l'importanza di questa mozione. Perché farle queste riforme ? Secondo quale percorso, perché farle in questo modo ? E cosa fare prima che questo percorso veda la sua conclusione, in particolare per la legge elettorale ?
  Perché fare queste riforme ? Perché la nostra Costituzione, giustamente, mostra i segni del tempo, nonostante la sua tenuta eccellente in molti campi sotto il profilo della tutela dei diritti individuali e della tutela delle libertà fondamentali del singolo e delle formazioni sociali. Mostrano una necessità di riforma le parti che riguardano la forma di Governo, come è stato già autorevolmente detto, cioè il modo come il potere di indirizzo politico è distribuito tra gli organi di vertice e per l'equilibro dei poteri, per renderlo più efficiente alla luce dei cambiamenti di questo Paese.
  Ma qui in questa mozione – è bene chiarirlo anche se credo sia chiaro – non si precostituisce alcun tipo di soluzione, non si esprimono in anticipo preferenze per le opzioni o per i modelli che sono da tempo in campo. Qui si mette al centro questa questione affinché si possano risolvere molte delle patologie che la storia di questo Paese ha riscontrato, in ragione della scarsa o non sufficiente razionalizzazione della forma di Governo che ci caratterizza, e affinché vengano sanati, come veniva accennato prima, i problemi, i rapporti e le difficoltà, a volte insorgenti, Pag. 15tra Governo e Parlamento affinché qui si trovi una nuova disciplina, armonica e coerente secondo regole condivise.
  Necessitano di cambiamento anche i rapporti nello Stato tra il centro e la periferia, nonostante la modifica del Titolo V della Costituzione. Necessitano di una modifica e di una riforma le strutture del Parlamento, il suo bicameralismo perfetto. Necessita di una riforma, come è noto, la legge elettorale per molte delle cose che già ci siamo detti.
  E perché, dunque, farle secondo il percorso che questa mozione indica ? Intanto noi lo faremo con una procedura che sostanzialmente rispetta e cammina nel solco di quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione. L'unica variazione rispetto a quel solco è la previsione di costituzione di un Comitato interparlamentare paritario, composto da un eguale numero di deputati e di senatori, che garantisca eguale peso ad entrambi i rami del Parlamento, nel pieno rispetto dell'articolo 55 e anche dell'articolo 70 della Costituzione, ma che garantisca che, nella fase istruttoria del percorso di scrittura delle riforme, vi sia una codecisione già a monte sulle principali scelte da intraprendere.
  La fase successiva nelle Aule rimarrà paritaria, garantendo cioè che Camera e Senato nel loro plenum abbiano pieno diritto di scegliere il contenuto finale della riforma, sulla base della condivisione che ci sarà stata prima nel Comitato paritetico. L'Aula di ciascun ramo del Parlamento potrà, quindi, intervenire, e con ciò ogni singolo parlamentare, sul testo, liberamente integrandolo, perché qui ribadiamo la centralità del Parlamento e, quindi, anche del singolo parlamentare nell'esercizio di riforma della Costituzione.
  C’è quindi una piccola deroga rispetto all'articolo 138, che viene sostanzialmente rispettato e confermato, perché la Costituzione è la norma fondamentale a cui guardiamo e già in essa sono scritte le pratiche e le modalità che noi vogliamo rispettare per la sua riforma.
  Infine questo processo di ammodernamento delle istituzioni non può prescindere da una revisione evidente anche della legge elettorale, che troverà il suo compimento nel percorso lungo, nel corso di questi diciotto mesi, come evidenziato dal Presidente del Consiglio, che oggi vogliamo avviare. Ma è evidente che prima della conclusione è necessario che venga approvata una salvaguardia, una modifica di salvaguardia, della legge elettorale, perché impedisca al Parlamento ed al Paese di tornare a votare con la legge elettorale oggi vigente e che ascolti e che sia nel solco del pronunciamento della Corte costituzionale che attendiamo o dei pronunciamenti che già ci sono stati.
  Questo quindi – e concludo – è il percorso, non ancora il contenuto, un percorso che dovremo sforzarci di fare insieme, non solo tra i partiti di maggioranza. Lo dobbiamo fare come prima risposta alle molte domande che ci vengono dal Paese, anche quelle che ci vengono da ieri, dai risultati della tornata amministrativa, da chi non è andato votare, da chi non vede nella politica, nella forma di Governo, nella struttura parlamentare, nella struttura dei partiti, nella legge elettorale, nelle forme di finanziamento della politica, una ragione per partecipare, da chi non vede più questa ragione.
  Anche a loro dobbiamo dare queste risposte. Anche a loro dobbiamo confermare la nostra fiducia nella Costituzione, che solo se aggiornata, però, può continuare a garantire a questo Paese una democrazia viva, partecipata ed efficiente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi tutti, vi abbiamo sentito per anni parlare della necessità della modifica della nostra Carta costituzionale, riconducendo costantemente ad essa l'ingovernabilità di questo Paese, l'inefficienza delle istituzioni, gli enormi costi della politica, la mancata ripresa economica e la lentezza dell'approvazione delle leggi.Pag. 16
  Colleghi, i cittadini con il Movimento 5 Stelle vi ricordano che sono stati proprio i partiti a non coinvolgere gli italiani nell'adozione dell'euro come moneta, senza alcuna discussione degli scenari alternativi e delle conseguenze.
  Sono state tutte le forze politiche, con una sola eccezione, ad ignorare l'esito del referendum in cui il 90 per cento degli italiani ha chiesto la rinuncia del finanziamento pubblico ai partiti, che voi ancora dopo 20 anni intascate come rimborsi e che, tra l'altro, non esclude il finanziamento privato delle lobby.
  Sono stati questi partiti ad approvare e mai modificare in sette anni una legge elettorale «porcata». Ci voleva una sentenza che sollevasse la questione della sua costituzionalità.
  Sono stati questi partiti ad evitare dal 2007 di discutere tre leggi di iniziativa popolare sottoscritte in un solo giorno da 350 mila cittadini che chiedevano il ripristino del voto di preferenza, il limite massimo di due mandati, di due legislature per i parlamentari e di non far sedere qui tra noi i condannati.
  Siete stati voi a non promuovere prima, e ad ignorare dopo, l'esito dei referendum del 2011 che chiedevano che il servizio idrico e i servizi pubblici locali non fossero sottoposti a privatizzazione forzata.
  Sono stati inoltre questi partiti ad introdurre in Costituzione il pareggio di bilancio, in uno dei vostri ormai frequenti «conclavi», senza bisogno di votare alcuna mozione o seguire procedure straordinarie, come oggi invece chiedete a quest'Aula.
  Sono stati ancora questi partiti, senza alcun precedente nella storia repubblicana, a rieleggere il medesimo Capo dello Stato.
  È stato il «partito unico» a non abolire le province in 18 mesi mentre sosteneva il Governo Monti.
  Sono stati i vostri partiti, in più legislature, a far accomodare in quest'Aula il parlamentare, oggi senatore, che più volte poteva essere dichiarato ineleggibile negli ultimi 150 anni. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sono esponenti dei vostri partiti le persone nel Comitato dei Saggi, non previsto da alcun Regolamento parlamentare, tanto meno dalla Costituzione o da prassi istituzionale e che detta l'agenda dell'attuale Governo in continuità con i precedenti.
  Siete stati voi a «congelare» la volontà di partecipazione espressa con le numerose proposte di legge popolare, condannandole alla «putrefazione» nel cimitero dei nostri cassetti.
  Questo avete liberamente scelto, senza imposizione dell'Europa, in totale disprezzo delle priorità manifestate dagli italiani. Ora che proponete l'ennesima medicina amara, forse letale per la democrazia, abbiate almeno il coraggio di riconoscere la vostra diretta ed esclusiva responsabilità: quella di aver escluso i cittadini per decenni da qualunque decisione sulle loro vite.
  Allora, prima di modificarla, sarebbe il caso di rispettare la Costituzione ed i suoi principi: la tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, il ripudio della guerra, la tutela della salute e il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa ed i molti altri, continuamente ignorati, calpestati quando non «violentati», dalle vostre politiche di cementificazione del territorio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), di faraoniche quanto inutili opere, di missioni di pace finte quanto le vostre promesse di riavvicinarvi alla gente, di scellerate politiche industriali ed energetiche, di riforme del lavoro che creano solo disoccupazione e precariato.
  E se proprio intendete mettere mano alla Costituzione più bella del mondo senza stravolgerla, permetteteci di portarvi la voce di milioni di italiani chiedendo: l'istituzione del referendum propositivo senza quorum; l'abolizione dei quorum nei referendum abrogativi e consultivi: il limite a due mandati istituzionali per qualunque carica elettiva; l'accesso gratuito alla conoscenza universale attraverso la rete per cittadinanza; l'abolizione delle province; la riduzione del numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali; la Pag. 17cancellazione del pareggio di bilancio dalla Costituzione e l'obbligo di referendum per qualunque modifica costituzionale.
  E soprattutto, colleghi, fissate in mente il primo principio: nelle forme e nei limiti della Costituzione, la sovranità appartiene al popolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bressa. Ne ha facoltà.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, noi stiamo per assumere una decisione direi fondamentale non per la vita di questa legislatura ma per la vita della nostra Repubblica. E credo che dobbiamo rispondere a due semplice domande, quando ci accingiamo a fare questo: perché la riforma ? E come fare la riforma ?
  Riguardo al perché della riforma, non è solo perché sono trent'anni che si sta provando a cambiare alcune cose della Costituzione, ma perché soprattutto è tempo di risolvere alcune antinomie che ci portiamo dietro dalla Costituente.
  Sia chiaro, la Costituzione è il portato della nostra storia, della nostra cultura, della nostra civiltà giuridica; non può essere, quindi, trattata come semplice opinione che si può disinvoltamente cambiare, che si può strumentalizzare a fini politici. Ma è altrettanto importante riconoscerne alcune debolezze che devono essere risolte.
  Ne citerò una per tutte. L'ordine del giorno Perassi del settembre del 1946, durante l'Assemblea costituente, dice chiaramente che la scelta della Costituente cade sul sistema parlamentare. L'ordine del giorno – cito testualmente – dice: «da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo». Ma quell'ordine del giorno è rimasto fino ad oggi lettera morta e la forma di Governo è ancora quella del 1947.
  È tempo di superare queste debolezze anche perché c’è una novità di questi ultimissimi anni: l'antipolitica cresce come un dato ormai strutturale e divora il principio di legalità, la separazione dei poteri, gli istituti di rappresentanza, con la conseguenza di precipitarci in una democrazia elettorale permanente e irresponsabile.
  Questa è una stagione che noi dobbiamo avere la capacità di chiudere. Ma allora come fare la riforma ? Chiarendo innanzitutto che siamo in sede di revisione costituzionale e non siamo costituiti in potere costituente che, per definizione, non ha limiti. Questo significa agire entro i limiti e le garanzie dell'articolo 138 che stabilisce il potere di revisione costituzionale. Tema, questo del potere di revisione costituzionale, che ha suscitato molte discussioni in dottrina anche con contenuti forti, paradossali.
  Non a caso si parla del paradosso di Ross, del paradosso di Franck, del paradosso di Zagrebelsky, che in qualche modo indagano la possibilità, il potere, la legittimità della revisione costituzionale. Se volessimo parafrasare una celebre frase di Carl Schmitt, potremo dire che il costituzionalista costituisce la fortuna e la sfortuna del politico, perché il diritto costituzionale è un diritto caldo, a volte bollente, ma non dobbiamo avere paura di scottarci, soprattutto non dobbiamo avere timore di dire che la Costituzione è cosa del Parlamento, è quindi nostra competenza, direi nostro dovere. Ma per non scottarci basta fare poche semplici cose: la prima, la più importante di tutti, è che il procedimento di revisione costituzionale non può che essere collocato nel Parlamento come strumento attraverso cui si esprime la sovranità popolare. In secondo luogo, questo significa che si può anche modificare la procedura dell'articolo 138, così come per esempio facciamo nella proposta, istituendo un Comitato bicamerale, purché non si affievoliscano le garanzie di rigidità costituzionale che l'articolo 138 prevede, che sono il quorum qualificato, la doppia lettura, il referendum – si badi bene – che deve essere oppositivo in una logica di garanzia dell'opposizione e non invece in termini di conferma plebiscitaria, Pag. 18per superare mediante l'appello al popolo il mancato conseguimento di una maggioranza qualificata.
  L'altro punto fondamentale è il rispetto della giurisprudenza costituzionale, soprattutto di due sentenze della Corte: la sentenza n. 1146 del 1988, quella che ha definito la cosiddetta dottrina dei principi supremi che non possono essere modificati, e la sentenza n. 496 del 2000, che ribadiva il carattere parlamentare della procedura di revisione, a tutela delle minoranze, per non deformare la natura pattizia della nostra Costituzione.
  Allora se noi abbiamo chiare queste cose, l'unica cosa che si può fare – pena l'inconsistenza e l'illegittimità della revisione – è che, per definire una nuova procedura, occorra una legge costituzionale approvata con le procedure dell'articolo 138 così come sono. Ed è quello che stiamo facendo: stiamo cambiando la formazione delle leggi, non l'articolo 138, stiamo usando le procedure dell'articolo 138 per modificare la procedura prevista dal primo comma dell'articolo 72 della Costituzione, per cui un disegno di legge non viene esaminato dalle Commissioni ma, nella proposta che ci viene fatta e che noi approveremo, da un Comitato bicamerale che riferisce poi alle rispettive Aule. Questo, e non altro, è l'oggetto della revisione.
  Allora, come ho cercato di spiegare, questo processo di revisione non ha nulla di eversivo, è tutto dentro il percorso di garanzia dell'articolo 138 e ne garantisce ancora una volta, rispettandola, la rigidità della nostra Costituzione.
  Quindi si può fare, basta farlo bene, perché la revisione della Costituzione può essere un mezzo della sua attuazione, purché questa incida nella Costituzione dei poteri e sia chiara e non discussa l'unitarietà della Costituzione e la strumentalità della Costituzione dei poteri rispetto alla Costituzione dei diritti e dei doveri, che non si discutono e non sono messi in discussione. Dicevo si può fare, decidiamoci a farlo, perché questo sì sarebbe davvero patriottismo costituzionale, l'unico vero antidoto al populismo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sannicandro, che illustrerà la mozione Migliore ed altri n. 1-00054, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente, signori del Governo, egregi colleghi, la mozione che la maggioranza ci chiede di votare dimostra chiaramente che è arrivato a conclusione un processo – o che dovrebbe arrivare a conclusione un processo – iniziato circa vent'anni fa per smantellare a poco a poco la Costituzione italiana così come ce la consegnarono i Padri costituenti.
  La mozione dice che dobbiamo semplicemente modificare il Titolo I, il Titolo II, il Titolo III e il Titolo V della parte seconda della Costituzione. Il tono, come dire, un po’ burocratico spiega anche la ragione per la quale l'avvio di un procedimento per modificare del tutto la metà (ecco, parliamo in termini quantitativi) della Costituzione vede tanti posti vuoti, tanti banchi vuoti. Perché tra gli altri fenomeni che si sono manifestati in questi ultimi vent'anni, o meglio, un'altra delle tattiche per poter arrivare a questa conclusione è data dal fatto che la modifica della Costituzione è stata di volta in volta presentata come un qualcosa di ordinario e, poiché si tratta di qualcosa di ordinario, in una seduta come quella di oggi si può stare tranquillamente alla buvette.
  Ora, questa è una scelta precisa che fa la maggioranza – ripeto. Non è vero – come è stato poc'anzi detto – che è una modifica, come dire, neutrale, o meglio, che è un processo e questo processo viene avviato in modo neutrale ed è aperto a qualsiasi sbocco. D'altronde, questo aveva già detto il Ministro per le riforme costituzionali – la cui denominazione di Ministro delle riforme costituzionali già dice qualcosa – quando fu audito qualche giorno fa, quando, a proposito Pag. 19della forma di Governo, disse: guardate, c’è semplicemente da decidere se adottare la forma del semipresidenzialismo alla francese oppure un parlamentarismo razionalizzato.
  Ora, io la vedo in questi termini: oggi qualcuno vuole cogliere l'attimo fuggente perché si ritiene che l'alleanza sia così larga da porre al riparo tutti coloro che pensano ciò da qualunque sorpresa e perché si ritiene che nel Paese sia matura la possibilità di modificare violentemente la Costituzione italiana.
  È un processo antico, dicevo. Si è cominciato prima a livello locale dove il Porcellum o il quasi Porcellum ha drogato la giovane generazione di politici. Nei comuni sotto 15 mila abitanti, se si toglie il fatto che ancora ci sono le preferenze, nei comuni sotto 15 mila abitanti, ad esempio in questa tornata elettorale in un paese vicino al mio, il sindaco è stato eletto con il 22 per cento dei voti e ha i due terzi del consiglio comunale. E poi, con l'alibi della riduzione dei costi della politica, si è proceduto a ridurre gli spazi della democrazia perché i consiglieri comunali, soprattutto dei più piccoli comuni, sono stati a poco a poco ridimensionati nel numero o addirittura eliminati. E poi si è proceduto a creare il sindaco-sceriffo, eliminando i controlli sugli atti degli enti locali. Si è proceduto in seguito ad eliminare anche quella sorta di notaio che era il segretario comunale. Cioè, a poco a poco, la droga è stata somministrata. Ovviamente il tutto era accompagnato molto bene ed efficacemente da una campagna ben orchestrata circa l'inettitudine dell'istituzione parlamentare. Io non voglio qui richiamare, ma vedo che tutti quanti lo potrebbero fare facilmente, quell'ottima performance del leader di un partito politico il quale in televisione raccontava il pathos del Capo del Governo quando deve semplicemente...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Va bene, signor Presidente... quando deve far approvare una sua legge, fare una navette da una parte all'altra e via discorrendo. Ora dico che è stata una propaganda e una campagna efficace, approfittando anche del fatto che indubbiamente il Parlamento ha delle criticità. Da un lato è schiacciato, è scollegato dalla società civile. Ricordo così brevemente che la democrazia a poco a poco è stata concepita come la democrazia del solo momento elettorale e poi ci vediamo tra cinque anni.
  Dall'altro lato il Parlamento è schiacciato dalla incombenza, dalla invasività del Governo: la decretazione d'urgenza e via discorrendo. Ora, se c’è da cambiare qualcosa è di ridare vitalità al Parlamento !
  Ieri sera qualcuno ha citato le iniziative...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Concludo velocemente. Qualcuno ha citato le iniziative popolari che non arrivano qui. Ecco lo scollegamento che è stato mantenuto in piedi e che dovrebbe essere riportato in ordine. Volevo semplicemente illustrare le ragioni per le quali noi scriviamo nella mozione che il Parlamento deve ancora oggi essere al centro della funzione istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gregorio Gitti. Ne ha facoltà.

  GREGORIO GITTI. Signor Presidente, signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevoli colleghi, non so quanti ricordano che il giovane Federico Caffè, prima di vincere una cattedra e diventare il punto di riferimento della scuola economica italiana, assistette prima come segretario personale e poi come capo di gabinetto, l'allora Ministro per la ricostruzione, Meuccio Ruini, e già all'epoca aveva le idee chiare su quelle che potevano essere le riforme di un Paese che ricostruiva dalle macerie belliche: nessun libro dei sogni, ma solo le riforme possibili.
  È da questo riferimento che vorrei iniziare una breve lettura della mozione, che certamente disegna un arco temporale Pag. 20e disegna anche, quindi, un punto di equilibrio politico di quello che è stato uno schema che Scelta Civica ha promosso, uno schema politico ma non strategico per il Paese. Le riforme che qui vengono indicate sono riforme che, molto prima dei 18 mesi indicati, potrebbero essere svolte e attuate dal Parlamento.
  Leggo tre volte il riferimento alla partecipazione dei cittadini, secondo una formula un poco abborracciata: partecipazione diretta dei cittadini, procedura di consultazione pubblica, referendum confermativo. Non una è esatta dal punto di vista della legittimità costituzionale.
  Diciamo con fermezza che il passaggio d'obbligo è quello dell'articolo 138 e da lì non ci si dovrà scostare, non solo con riferimento alla legge costituzionale che – Bressa ha detto bene – va a curare solo il tema della sede referente del Comitato paritetico bicamerale, ma ricordiamoci bene qual è l'insegnamento – in questo caso credo che i costituzionalisti siano meno dannosi rispetto alla formula smithiana – cioè a dire della lettura per argomenti in materie omogenee e specifiche, per quanto riguarda quello che sarà un referendum propositivo. Siamo d'accordo tutti, ce lo diciamo oggi, che la sovranità popolare, che dovrà ritornare ai cittadini nell'approvazione, sarà decisoria, non confermativa, non una ratifica.
  Vengo rapidamente al tema della forma di Stato che, con un qualche disagio, leggo in un atto parlamentare che rimarrà negli archivi: c’è l'indicazione della buona volontà, forse non della stessa qualità dell'Assemblea costituente. Se penso a Costantino Mortati, penso a qualche grattacapo e a qualche mal di pancia nel leggere il ritorno della forma di Stato a declinare il riordino dovuto delle autonomie – e quindi delle regioni, delle province e dei comuni – in rapporto allo Stato. Ma voglio leggerlo con ottimismo e quindi con una prospettiva politica mai sottolineata, cioè di un raccordo della nostra Repubblica ad un contesto politico e federale probabilmente europeo che noi auspichiamo. Allora sì che il tema della forma di Stato potrebbe essere letto correttamente, ma certamente questo comporterebbe uno sforzo politico immane e non solo italiano.
  Vengo al Comitato: il Comitato non deve essere estromesso. Anche qui leggo con qualche perplessità il riferimento ad una commissione di saggi e di esperti che il Governo intende consultare. Al Parlamento non interessa questo. Il Governo può consultare chi vuole, ma il centro dell'elaborazione della riforma è e deve rimanere il Parlamento e quindi il Comitato bicamerale. Gli esperti (che stanno mettendo evidentemente in subbuglio tutto il mondo accademico, nel senso che tutti adesso vogliono diventare evidentemente i giureconsulti che predispongono la riforma): non deve essere nessuna Camera di compensazione o di elaborazione. È da Benedetto Craxi che si parla di grande riforma e da decenni non si fa nulla.
  Nessuno oggi ha ricordato il documento dei saggi: lì, per Scelta Civica, ci sono le riforme che noi decliniamo come possibili. Partiamo rapidamente nel Comitato bicamerale a trattare del bicameralismo paritario, della riduzione dei parlamentari, ma non secondo uno schema numerico purché sia, bensì secondo uno schema che leghi la rappresentanza parlamentare ai territori, questa sì con riferimento ad un disegno di legge elettorale che deve essere garanzia di stabilità dell'Esecutivo, ma anche garanzia di rappresentanza democratica dei territori.
  Infine – non c’è qui il Presidente del Consiglio Letta che, giustamente, è andato al Senato ad ascoltare il dibattito anche là –, che cosa serve al signor Presidente del Consiglio in questo momento più che qualunque altro strumento, più che qualunque altra alchimia o formula parlamentare ? La sfiducia costruttiva. Questo Governo sarebbe al riparo dall'idea, dall'istituto della sfiducia costruttiva. Ho citato tre esempi sui quali ampia convergenza delle forze politiche è già matura. Ripeto: non aspettiamo disegni di assetti che rappresentano libri dei sogni, concentriamoci sulle riforme possibili.
  Un'ultima battuta che è quella che al nostro gruppo, Scelta Civica per l'Italia, sta più a cuore: la legge elettorale. È un Pag. 21fraintendimento quello che si legge anche nella mozione secondo la quale la legge elettorale dovrebbe essere coerente con una certa forma di Governo. Basta guardare gli ordinamenti costituzionali europei per accorgersi che ordinamenti parlamentari hanno leggi elettorali diverse. Dobbiamo – ripeto – trovare una convergenza immediata, non nell'arco di diciotto mesi, ma ho detto immediata sul tema elettorale. È su questo che ci giochiamo la credibilità politica e su questo Scelta Civica per l'Italia sarà intransigente, anche nei confronti delle altre forze politiche di maggioranza. Non c’è solo la necessità di una condivisione, come si legge nella mozione, ma di una rapida disamina e di una rapida approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, illustro la mozione di Fratelli d'Italia dichiarando, fin da subito, che la nostra proposta rifiuta gli alambicchi accademici, fuoriesce dal dibattito tra costituzionalisti e recupera ciò che, a nostro giudizio, dovrebbe essere il tratto specifico del nostro ruolo: dare centralità al cittadino italiano, alla famiglia italiana, al popolo italiano.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 12,20)

  FABIO RAMPELLI. Questi tre soggetti, cui la democrazia consegna una teorica centralità, hanno bisogno da quarant'anni di una modernizzazione dello Stato, Stato che non appartiene ai partiti, ma appartiene, appunto, ai cittadini. E penso che sia fondamentale richiamare questo senso di responsabilità nella misura in cui, se fosse stato chiaro, sia nella Prima che nella Seconda Repubblica, ai partiti rappresentati negli organismi parlamentari, probabilmente uno straccio di riforma istituzionale l'avremmo comunque avuto e non ci troveremmo in così clamoroso ritardo in ordine alla possibilità di modificare anche le procedure e di snellire e sveltire il più possibile l'organizzazione del nostro lavoro.
  Le riforme istituzionali sono una condizione insopprimibile per favorire la stabilità del sistema politico, la maggiore efficacia dei circuiti decisionali, anche nell'ottica europea, la giusta soluzione per tenere insieme centralità dello Stato e decentramento territoriale, piuttosto che federalismo, come si dice oggi. Questioni su cui abbiamo anche legiferato, ma su cui, viceversa, c’è grande difficoltà di applicazione, anche a causa di quel meccanismo che ha trasformato alcuni enti territoriali, in particolare le regioni, in delle autentiche idrovore da un punto di vista della logiche di bilancio. Le nostre proposte si ispirano alla qualità della vita democratica, alla partecipazione dei cittadini, alla tutela dell'interesse nazionale, alla trasparenza delle istituzioni.
  Intanto, proponiamo l'inserimento di un tetto alle tasse in Costituzione al fine di determinare un controllo forzato della spesa pubblica che dovrà uniformarsi alla disponibilità massima di entrate dello Stato e non già condizionare, con la sua crescita, il progressivo innalzamento del prelievo ai danni del contribuente. Si tratta di una norma di civiltà, non è soltanto un dato materiale economico, perché allo stato noi comunque abbiamo una sorta di socio di maggioranza dentro di noi, nelle famiglie e nelle imprese, presente al 55 per cento che non toglie soltanto delle risorse economiche come dicevo prima materiali, ma che condiziona fortemente al 55 per cento la nostra vita, succhia le nostre energie, determina evidentemente conseguenze anche nella gestione dei propri tempi e della propria esistenza.
  Quindi, è del tutto inaccettabile questo tipo di invasività da parte dello Stato e noi tentiamo con questa proposta di rimetterla nel suo giusto ordine.
  Proponiamo la definizione del principio di equità generazionale, che impedisca la formazione di debiti da trasferire alle successive generazioni, e non dovrà più Pag. 22accadere che ad alcune generazioni sia consentito di avere pensioni fino a 90 mila euro al mese e ad altre sia possibile al massimo aspirare a pensioni inferiori alle attuali minime, da riscuotere solo al compimento degli ottant'anni, per quelli che ci arrivano. Non potrà e non dovrà più capitare che ad una generazione sia consentito di stare al di sopra del proprio tenore sociale e ad un'altra spetti il fiscal compact, il pareggio di bilancio, insomma «la Merkel»: si chiama «iniquità», che teoricamente dovrebbe essere bandita già dall'attuale Costituzione vigente, che prevede e predica l'uguaglianza.
  Proponiamo la previsione della sovranità per la quale ogni impegno determinato da organismi comunitari o internazionali dovrà trovare applicazione previa valutazione della compatibilità con l'interesse nazionale e, quindi, con lo sviluppo socio-economico dei cittadini italiani e delle famiglie italiane.
  Proponiamo una più puntuale definizione delle forme politiche, cioè dello status giuridico dei partiti e della loro organizzazione, nell'ottica di una garanzia di libertà di partecipazione, che si è smarrita nel tempo, ha attraversato claudicante la prima Repubblica e si è impantanata completamente nella seconda. E anche rispetto alle questioni dell'uso dei fondi pubblici, noi riteniamo che debba essere introdotto, semmai, un meccanismo meritocratico, togliendo il finanziamento pubblico a quei partiti che non rispettano il proprio statuto. Gli statuti devono essere certificati, devono evidentemente garantire quella funzione di cerniera tra istituzioni e cittadini, che è stata, viceversa, dimenticata nel corso degli ultimi anni e che va assolutamente recuperata per evitare che la politica venga consegnata nelle mani dei poteri forti, piuttosto che dei tecnocrati.
  Proponiamo il progetto di una disciplina che, pur in vigenza dell'articolo 67 della Costituzione, favorisca il rispetto della volontà popolare, troppe volte tradita dai parlamentari attraverso i cosiddetti ribaltoni: una norma su cui bisogna intervenire categoricamente, perché è vero che va fatta salva la libertà del parlamentare anche rispetto alla propria coscienza, oltre che al mandato dell'elettore in quanto tale, ma non è neanche possibile vedere messo a repentaglio un Governo intero a causa di pessime pratiche di trasformismo, che talvolta sono state anche foraggiate dall'esterno.
  Abbiamo proposto e proponiamo il diritto di elettorato attivo e passivo per i maggiorenni: la proposta della collega Meloni è stata approvata dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura e poi si è impantanata e non è stata perfezionata nella seconda lettura al Senato.
  Quindi, ovviamente queste sono le proposte che caratterizzano, in particolare, la mozione di Fratelli d'Italia e che vengono consegnate come indirizzi al Governo per il proprio lavoro e al Parlamento per il suo lavoro, ma siamo d'accordo sul superamento del bicameralismo paritario, sulla riduzione del numero dei parlamentari, sulla definizione delle funzioni del Presidente della Repubblica, per noi anche sulle modalità di elezione del Capo dello Stato a suffragio universale e diretto, nonché sulle competenze del Primo Ministro; siamo d'accordo sulla riforma del sistema elettorale, ma con garanzia di scelta – lo ripeto: con garanzia di scelta – conservata rispetto alle conquiste degli ultimi vent'anni, cioè quelle che prevedono che un cittadino possa scegliere il Primo Ministro, possa scegliere un partito, possa scegliere una coalizione, possa avere una maggiore stabilità attraverso l'istituto del premio di maggioranza, possa scegliere un programma: noi dobbiamo soltanto operare affinché, a questa libertà di scelta, possa corrispondere anche la scelta del singolo parlamentare. Come sappiamo, l'attuale sistema in vigore non lo consente. Però, attenzione alla rievocazione, perché ascoltando, leggendo e partecipando al dibattito anche parlamentare, al dibattito politico, si carpisce il desiderio da parte di taluni di tornare al «Mattarellum».
  Attenzione, perché il «Mattarellum» non sancisce il ritorno alla centralità del cittadino e penso che sia indispensabile, se davvero si vuole colmare questo iato tra cittadino e istituzione, rimettere al centro Pag. 23il cittadino, farlo tornare protagonista. Quindi, nel caso di una volontà di ritorno al «Mattarellum», cioè nel caso in cui si volesse svolgere attività ostativa rispetto alla reintroduzione delle preferenze, che pure esistono nei consigli comunali e nei consigli regionali – quasi tutti i consigli regionali –, occorrerebbe ancorare la scelta dei candidati nei collegi uninominali maggioritari obbligatoriamente alle elezioni primarie sancite da un processo normativo. Quindi, «no» ad un'abrogazione del «Porcellum» e, quindi, ad un'abrogazione del listino bloccato, per far poi nascere, di fatto, un'altra imposizione delle oligarchie dei partiti attraverso la scelta verticistica dei candidati nei collegi uninominali.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABIO RAMPELLI. Ecco, le varie questioni, che, ovviamente, si arricchiscono anche del nostro lavoro, il lavoro del Parlamento, dell'Aula nella quale siamo presenti, che deve urgentemente stabilire una riforma dei propri Regolamenti per evitare l'abuso della decretazione d'urgenza, dei voti di fiducia, per salvaguardare sì le prerogative – e concludo – del Governo, senza comprimere il ruolo delle Camere, ovviamente, dando anche la possibilità alle opposizioni di vedere i propri provvedimenti discussi ed approvati.
  Queste sono le colonne d'Ercole del nostro pensiero, le abbiamo qui rappresentate nella maniera più sintetica possibile, raccomandando, tra virgolette, secondo un vecchio adagio, la capacità da parte di questo Parlamento di trasformare l'attuale Costituzione, che, in talune fasi, è stata interpretata come se fosse un vangelo e, in altri casi, come se fosse una roba di parte, una sorta di statuto di qualche partito. Ciò che non si trasforma è destinato a perire e a noi spetta la responsabilità anche di prendere questo adagio e di caricarlo sulle nostre spalle (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Ministro, avverto il rischio che la confusione politica si alimenti ulteriormente, gettando ombre sulla linearità del processo riformatore.
  La domanda che mi sono fatto è: ma il Parlamento, con queste mozioni, intende impegnare il Governo o, molto più correttamente, dovrebbe impegnare se stesso ? Non c’è dubbio che la presenza sia di Letta sia del Ministro Franceschini è molto utile. Ma il Governo, con la sua attuale maggioranza, è certo che la maggioranza che lo sostiene oggi sia la stessa che è nella condizione di portare a compimento il processo riformatore ? E ancora: il processo riformatore viene, ancora una volta, orientato alla furbizia di obiettivi limitati, parziali o di parte o alla mera sopravvivenza ? Non è questa l'occasione, forse, per parlare chiaro al Paese ?
  Io ho intravisto, nell'arco di questi anni, che più o meno coincidono con la cosiddetta seconda Repubblica, un grave errore: il progressivo innesto di elementi di improvvisato presidenzialismo in un sistema parlamentare di stampo bicamerale e proporzionale. Ne è nato un ircocervo che non ha eguali in nessun'altra democrazia occidentale. Soluzioni aberranti, che hanno progressivamente stravolto l'equilibrio dei poteri tra esecutivo e legislativo, per tacere di quello giudiziario.
  L'esempio dell'elezione diretta dei presidenti delle regioni, con la sostanziale umiliazione delle assemblee elettive, trascinate in una subordinata nella elezione diretta, con la cancellazione della loro identità istituzionale, può forse per qualcuno essere il modello al quale tendiamo nella riforma istituzionale e costituzionale nazionale ? I premi di maggioranza connessi a queste elezioni dirette hanno determinato il ridimensionamento delle funzioni decisive delle assemblee regionali, sia nel campo della legislazione sia nel campo del controllo.
  Io resto sostenitore convinto, per il nostro Paese, di un modello parlamentare sull'esempio tedesco: un sistema monocamerale per la fiducia al Governo, con annessa sfiducia costruttiva.Pag. 24
  Tuttavia – e questo è il punto –, se proprio si deve andare oltre, penso che non si possano fare le cose a metà; meglio un modello presidenziale o semipresidenziale, ma con una netta distinzione tra il ruolo del Presidente eletto, che governa, e quella del Parlamento, che controlla e fa le leggi. Guardate, questo è un punto decisivo: se non abbiamo neppure la convergenza su questi, che dovrebbero essere gli elementi fondanti di un concetto di democrazia, temo che corriamo dei rischi enormi.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  BRUNO TABACCI. Mi avvio a concludere. Diversamente, invece di scegliere il modello francese o quello americano, ci butteremmo sul modello russo, che assomiglia molto a qualche nostra struttura istituzionale regionale, come prima ho detto, o all'idea balzana del cosiddetto sindaco d'Italia. Sono delle astrazioni che non hanno alcuna connessione con l'idea di una democrazia parlamentare o di una democrazia presidenziale, che hanno entrambe bisogno dei contrappesi per poter vivere.
  Conclusivamente, l'impianto dell'articolo 138, ancorché innovato con l'istituzione di un comitato parlamentare, ha bisogno, in ogni caso, di un referendum decisorio; mi auguro che questo Parlamento sia in grado di condurre in porto questo percorso. Debbo dire che le ambiguità dell'esordio non danno una buona prospettiva. Comunque, speriamo bene (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pilozzi. Ne ha facoltà.

  NAZZARENO PILOZZI. Onorevole Presidente, onorevoli componenti del Governo, onorevoli colleghi, la riforma del Titolo V è parte decisiva della riforma costituzionale di cui oggi iniziamo la discussione. Attraverso una puntuale riscrittura del Titolo V passa gran parte del buon funzionamento delle istituzioni repubblicane e il miglioramento della vita quotidiana dei cittadini italiani.
  Non vi è dubbio che sia necessaria una rimodulazione delle competenze tra i diversi livelli di Governo e, nello specifico, tra Stato e regioni. È necessario intervenire per porre fine alla miriade di ricorsi e di eccezioni interpretative che stanno impaludando l'azione politica amministrativa delle più importanti articolazioni della Repubblica. È necessario trovare le migliori soluzioni che, nel rispetto e nella tutela delle prerogative regionali, possano garantire i diritti fondamentali dei cittadini su tutto il territorio nazionale. Pensiamo, a tal proposito, a cos’è diventata, nel nostro Paese, la declinazione del fondamentale diritto alla salute. È ovvio che questa riforma deve essere attuata nella direzione della solidarietà e della specificità delle varie aree del Paese. Non ci sfugge il tema della responsabilità, estremamente legato a quello della solidarietà; anzi, su ciò mi si permetta di dire che Sinistra Ecologia Libertà, con i suoi amministratori di importanti istituzioni locali, ha ampiamente dimostrato come sia possibile governare nel segno del progresso economico e sociale anche nelle aree più complesse del Paese.
  La riforma del Titolo V contempla, anche, l'annosa questione della soppressione delle province. SEL su questo è assolutamente in sintonia con quanto detto dal Presidente Letta di fronte a quest'Aula riguardo alla necessità di sopprimere le province. Però, dobbiamo essere molto chiari: ci sono troppe ambiguità e troppe mezze parole che ci impegnano a pretendere di chiarire per bene questo punto. Abrogare le province vuol dire abrogare le province, abrogarle davvero e spalmare le competenze e le risorse sugli enti già esistenti. Invece, sembra di capire, da troppi interventi – anche dall'intervento del Ministro Quagliariello di fronte alle Commissioni Affari costituzionali riunite di Camera e Senato e in ultimo nell'intervento odierno della collega Pollastrini – che ci sia l'intenzione di costruire Pag. 25altre superfetazioni istituzionali di area vasta o di area metropolitana, intesa magari come ente di secondo livello.
  Questo, cari colleghi, non c'entra nulla con l'efficienza o l'economicità dell'azione amministrativa: è solamente la restrizione della democrazia territoriale. Quindi, chiarezza su questo punto: sì al risparmio e all'efficienza, no alla costruzione di nuovi cimiteri per elefanti.
  Ad ogni modo, è anche necessario prevedere norme transitorie limpide per il percorso di cancellazione delle province. Quello che sta avvenendo, oggi, in tutta Italia è una vergogna, con province governate da commissari politici.
  È dal tempo della legge del 1926 sui podestà che il nostro Paese non conosceva una pagina così brutta della democrazia territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Infine, mi sia consentita una parola a tutela dei piccoli comuni, le cui specificità, a mio avviso, vanno riconosciute nella Carta costituzionale. Su questo punto, sia la relazione del Ministro Quagliariello sia le parole del collega Fraccaro ci preoccupano, ci preoccupano molto. I comuni, anche i piccoli, non sono vecchi arnesi neutri da accorpare, estirpare o buttare come se nulla fosse: i comuni, anche i piccoli comuni, sono il cuore pulsante della democrazia di prossimità.
  Noi non dobbiamo parlare di comuni, ma di comunità. Quindi, ci spiace sentire proporre, da chi ogni giorno ci arricchisce con erudite elucubrazioni sulla democrazia diretta, magari anche sugli scontrini da rendicontare, l'accorpamento di comuni e di piccoli comuni con un tratto di penna ed un'alzata di mano, senza alcun coinvolgimento dei cittadini interessati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.

  ROSY BINDI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, quando ho avuto l'onore di intervenire sul voto di fiducia al Governo, certa di interpretare anche la volontà e la sensibilità di alcuni colleghi del nostro gruppo, assicurai un sostegno leale al Governo, a partire dai dubbi che avevo, e che tuttora sussistono, sulla formula politica che ha dato origine a questo Governo. Fu una fiducia non in bianco, appunto, da verificare intorno alle scelte e ai contenuti dell'azione del Governo.
  La mozione che ci apprestiamo a votare oggi rappresenta, in qualche modo, un punto davvero cruciale nel rapporto tra Parlamento e Governo, per la delicatezza della materia e anche, in un certo senso, per la irritualità con la quale stiamo procedendo.
  La delicatezza della materia è, appunto, la riforma e l'intervento riformatore sulla nostra Carta costituzionale. Il Governo ha legato la sua vita anche a questo contenuto, quello della riforma di alcune parti della nostra Carta costituzionale. Colgo l'occasione, oggi, per ribadire che il Governo deve essere al servizio del processo riformatore. Non può essere condizionante il processo riformatore, perché la Costituzione non è uno strumento in mano alla maggioranza che governa il Paese, la Costituzione è di tutti, è soprattutto delle minoranze, è uno strumento che include, non uno strumento attraverso il quale si esercita il potere. Se la regola della maggioranza è una regola principe della vita democratica, essa è una regola democratica se la maggioranza ha il senso del proprio limite e tanto più questa maggioranza è ampia, tanto più deve avere il senso del proprio limite; tanto più questa maggioranza è strana, tanto più deve avere il senso del proprio limite. In questo senso questo è un passaggio cruciale.
  Il Governo non può legare la propria sopravvivenza al merito delle riforme, perché non le può condizionare. La sua maggioranza non può essere condizionante di questo contenuto, nel senso di condizionarne il dibattito, l'approfondimento, la possibilità di modifiche e di cambiamenti che siano davvero rispettosi di tutto il Parlamento e che siano in ascolto di quello che sta avvenendo nel nostro Paese.Pag. 26
  È irrituale, in qualche modo, questo momento cruciale, perché noi, comunque, interveniamo sull'articolo 138, sulla sentinella della nostra Costituzione, e io penso che, quando si interviene sulla sentinella, qualche dubbio che si voglia intervenire sul tesoro che la sentinella custodisce è legittimo.
  Ecco perché, in questi giorni, si sono levati molti richiami nei nostri confronti che noi abbiamo ascoltato e io credo che oggi la mozione sulla quale siamo chiamati ad esprimerci in fondo se, da una parte, introduce un elemento di cambiamento, cioè quello di istituire un comitato che renderà comunque centrale il Parlamento nell'azione riformatrice, al tempo stesso, prevede un ricorso al referendum che è in senso più garantista. Eravamo partiti male da questo punto di vista, sembrava che volessimo fare una referendum confermativo delle decisioni assunte dalla maggioranza, un'ampia maggioranza appunto. Il fatto che questo referendum sia tornato ad essere uno strumento non in mano alla maggioranza ma in mano alle opposizioni ci consente di dire, anche a chi nutre dei dubbi su quello che stiamo facendo, che stiamo rafforzando la sentinella, non stiamo attentando alla sua vita. Vorrei che questo fosse molto chiaro.
  Resta un punto che è l'ampiezza del mandato che noi ci diamo in qualche modo pure attraverso l'intervento di una legge di iniziativa del Governo, una legge costituzionale, che è un intervento sostanzialmente su molte parti della seconda parte della nostra Carta costituzionale. Vorrei richiamare la differenza fra potere costituente e potere di revisione della Costituzione.

  PRESIDENTE. Onorevole Bindi, la invito a concludere.

  ROSY BINDI. Signor Presidente, un minuto, mi avvio alla conclusione. È il punto centrale, noi non abbiamo un potere costituente, noi abbiamo un potere di revisione della Costituzione. Non abbiamo il potere di intervenire con un progetto volto a cambiare le scelte fondamentali operate dai nostri costituenti; a noi spetta, in nome del patriottismo costituzionale, intervenire su revisioni puntuali per rendere funzionanti oggi quelle scelte che sono state compiute dai costituenti.
  Io penso che questo sia il senso del limite che noi dobbiamo avere, tanto più è ampia la maggioranza che ci consente oggi finalmente di mettere mano a quest'opera. Vorrei che qui ci ricordassimo che un referendum, l'unico referendum che c’è stato sulle riforme della Costituzione, è stato quello del 2006. Fu Leopoldo Elia, nel ricordare i sessant'anni della Costituzione, a richiamarci al significato di quel referendum. Egli diceva: non interpretiamo quel «no» al referendum e alla riforma semplicemente come un «no» alla devolution o alla correzione sul bicameralismo. No, il «no» del referendum costituzionale fu un «no» a un progetto di cambiamento complessivo e radicale della nostra Carta costituzionale che quella riforma fece nel 2005.
  Prepariamoci a fare un ampio dibattito ma con questo obiettivo: vogliamo cambiare la nostra Costituzione per rendere più attuale e più funzionante il disegno dei costituenti, non per stravolgerlo. Da questo punto di vista forse il mandato al comitato è troppo ampio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, per la Lega Nord e Autonomie è importante la giornata di oggi perché finalmente in questa legislatura si comincia a parlare di riforme costituzionali. Vi è un solo precedente, sempre in questa legislatura ovviamente, in cui questo tema è stato semplicemente sfiorato; mi riferisco alla discussione per l'approvazione del decreto-legge su Roma Capitale, ovviamente troppo poco. Questo non è stato un segnale dell'impeto riformista di questa legislatura ma, se vogliamo, anzi ha sottolineato un ennesimo fallimento da parte Pag. 27delle Camere nel percorso riformista. Mi riferisco al decreto-legge su Roma Capitale, che è stato l'unico – uno dei pochi – portato all'approvazione delle Camere e che ha segnato anche l'abbandono degli altri decreti che invece, secondo noi, sarebbero stati fondamentali, cito ovviamente solo per ricordarlo, ad esempio, il decreto-legge sui costi standard. Per cui oggi il fatto che si affronti finalmente il tema delle riforme costituzionali secondo noi segna sicuramente un punto positivo.
  Segna, inoltre, anche la necessità di affrontare questo tema – finalmente mi sembra di averlo sentito anche in alcuni dei discorsi che mi hanno preceduto – con uno spirito nuovo, cioè finalmente si sente parlare in termini importanti di riforma della Costituzione e, quindi, di superamento di quel sentimento, giustamente definito dal Ministro Quagliariello di fronte alle Commissioni di Camera e Senato, del cosiddetto conservatorismo costituzionale. La Costituzione italiana, come ha detto qualcuno, è forse, insieme alla Bibbia, uno dei testi più citati e meno letti. C’è stato, diciamo, un atteggiamento quasi feticista nei confronti della Costituzione in questi anni. Sembrava che parlare di riforma della Costituzione volesse dire mettere in discussione la storia che ne ha portato all'approvazione e la correttezza di quest'ultima. Nessuno ha mai voluto questo, soprattutto la Lega non ha mai voluto affermare ciò. Noi diciamo che la Costituzione è vecchia, ha quasi 70 anni e finalmente, dopo quasi 70 anni, se ne sta forse prendendo atto.
  Io avevo nel 1992 poco più di 15 anni e, quindi, erano i primi momenti in cui cominciavo ad interessarmi di politica, cominciavo a cercare di comprenderla. Mi ricordo il 1992 – non a caso cito quell'anno – e i temi di cui si dibatteva. Si parlava della necessità della riforma della Costituzione e si parlava, soprattutto, della necessità di superare il sistema elettorale allora vigente, che era il proporzionale. Il proporzionale con preferenze veniva descritto allora come simbolo, emblema, del fallimento della prima Repubblica. Le preferenze erano allora considerate solo ed esclusivamente come il sintomo più evidente della compravendita di voti e quanto di conseguenza. Sono passati ormai 20 anni da quel 1992. In questi 20 anni ci sono state Commissioni bicamerali, poi ignominiosamente cadute. Ci sono stati tentativi di riforma costituzionale, alcuni andati in porto, non fondamentali, tra cui l'articolo 81. C’è stata la riforma organica sì, ma parziale, del Titolo V della Costituzione – quindi una riforma fatta a colpi di maggioranza – e c’è stato, poi, il referendum sulla devolution, purtroppo bocciato dai cittadini. Dopo 20 anni ci ritroviamo – e questo mi dispiace – a parlare ancora, dopo tutto questo cammino, quasi solo esclusivamente di riforma della legge elettorale. Che il «Porcellum» debba essere superato è pacifico, che ci sia la necessità di un altro tipo di legge elettorale, che riporti al centro della nostra attenzione il rapporto tra eletto ed elettori, è pacifico, ma non possiamo cullarci ancora nell'illusione, così come nel 1992, che sia sufficiente riformare la legge elettorale per riformare questo Stato, che sicuramente ha bisogno di ben altro e ha bisogno, soprattutto, di coraggio da parte delle Camere e da parte del Governo.
  Noi come Lega non possiamo che fare riferimento ai due discorsi, diciamo così, che hanno tenuto a battesimo questo Governo. Mi riferisco, ovviamente, al discorso del Presidente della Repubblica, che ha dato l'avvio al momento politico che poi ha portato al Governo Letta, e al discorso sulla base del quale il Presidente Letta ha chiesto poi la fiducia a questa Camera. Il Presidente Letta diceva allora in quel discorso: «Dal momento che questa volta l'unico sbocco possibile su questo tema» (le riforme) «è il successo nell'approvazione delle riforme che il Paese aspetta da troppo tempo, fra diciotto mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare Pag. 28di impantanare tutto per l'ennesima volta, non avrei esitazione a trarne immediatamente le conseguenze».
  Questo, secondo me, è un passaggio fondamentale. Ci dispiace doverlo osservare ma veti e incertezze sembrano già essersi palesati su un tema non fondamentale come quello della riforma elettorale. Il Presidente Letta parlava, in quel momento, anche di Convenzione. Noi speravamo molto nella Convenzione.
  Ci dispiace osservare che dopo nemmeno un mese e mezzo non si parli più di Convenzione, ma si parli di un comitato interparlamentare paritario, che non è la stessa cosa e che risulta quanto meno già una riduzione di quello che il Presidente Letta intendeva. Comitato nel quale – vorrei ricordarlo, perché non lo ha ricordato nessuno prima – mi sembra giusto che sia garantita la presenza anche delle minoranze linguistiche, che sono costituzionalmente garantite. Credo che in un comitato in cui si parla di questioni fondamentali per tutti, in particolar modo per loro, devono essere quanto meno garantite. Per cui mi auguro che, oltre alla presenza paritetica di deputati e senatori, venga considerata anche l'importanza della presenza delle minoranze linguistiche. Noi, Ministro presente, speriamo veramente che ci sia la possibilità di portare a termine un percorso riformista. Ho fatto accenno prima al discorso di insediamento del Presidente della Repubblica, discorso che, se non sbaglio, è stato interrotto una trentina di volte da applausi scroscianti. In quella vicenda diciamo che, come è stato poi osservato da tutti i mass media, sembrava di assistere, come ha detto un comico molto seguito, ad una convention masochista, cioè più il Presidente ci «pestava» e più qui tutti partivano con applausi. Questo è stato sottolineato oltre che dal comico cui mi riferisco, anche da tutti i giornali, ed è vero. Spero che quella sia l'ultima volta che un Presidente della Repubblica venga alla Camera a prendere a sberle un Parlamento pronto ad applaudirlo, ma non allo stesso momento pronto a fare veramente tesoro di parole così importanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie - Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Sisto, avverto che, per un mero errore materiale, nel terzo capoverso del dispositivo della mozione Dadone ed altri n. 1-00057 sono state erroneamente stampate le parole: «di cui alla lettera b)», in luogo delle parole: «di cui al secondo capoverso del dispositivo». Pertanto, il testo corretto del terzo capoverso del dispositivo della mozione Dadone ed altri n. 1-00057 è il seguente: «di affrontare la riforma attinente ai punti di cui al secondo capoverso del dispositivo esclusivamente nelle sedi parlamentari proprie, in conformità agli articoli 72 e 138 della Costituzione».
  È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, l'articolo 110 del nostro Regolamento definisce la mozione come un'iniziativa tesa a promuovere una deliberazione dell'Assemblea su un determinato argomento. Ebbene, io credo che mai come in questo caso sia estremamente opportuno parlare di promozione, perché sostanzialmente questo è un investimento politico di sistema in uno stato di necessità istituzionale. Fatemi passare questa definizione, perché è evidente che questa è una scelta di grande rilevanza, che presenta rischi e opportunità. Quella che cercherò di fare nel breve tempo che ho a disposizione è proprio un'indagine metodologica su quello che noi stiamo realizzando. Rischi: uno dei rischi è la scarsa convinzione sulla scia del passato. Però noi abbiamo una crisi così profonda nel nostro Paese per cui lo scatto in avanti di cui dobbiamo essere consapevoli è assolutamente necessario. Un altro rischio: la precipitazione dei tempi, cioè quella sorta di smania di fare in fretta per recuperare il tempo perduto. A me sembra che i diciotto mesi indicati dalla mozione costituiscano un punto di riferimento utile Pag. 29per poter fugare questo tipo di rischio. Opportunità: abbiamo una disponibilità di quasi tutte le forze parlamentari che convergono su questa riforma. E anche questo è un dato estremamente rilevante per potere intervenire puntualmente su temi così delicati. Ancora, vi è la consapevolezza che, per evitare una deriva politica, economica e civile, le riforme sono l'unico sistema possibile e questo tipo di riforme.
  Mi riferisco, in particolare, sia alla scelta del Governo di munirsi di esperti, sia alla possibilità di consultare comunque la pubblica opinione sul punto, ma soprattutto alla ribadita centralità del Parlamento nell'ottica di una verifica che non sia virtuale, ma sia vera, anzi, se potessi usare un termine, assolutamente realistica.
  A questi temi ne vanno aggiunti degli altri di non secondaria rilevanza. È come se noi potessimo distinguere questo tipo di interventi in due parti: un elemento materiale e un elemento psicologico. È come se dovessimo vivisezionare un fatto, anche un fatto istituzionale, distinto nelle due componenti, quella percepibile sotto il profilo materiale e quella, invece, che rimane all'interno del soggetto che agisce, come se il Parlamento fosse un individuo e potessimo leggerne sia le condotte materiali sia le intenzioni nel momento in cui le realizza.
  Certamente, nell'ambito delle condotte materiali, va ribadita in questa mozione l'assoluta, fondamentale ed irrinunciabile centralità del Parlamento. Si pensi, in particolare, alla presenza contestuale delle Commissioni di Camera e Senato nelle forme che sono descritte nella mozione e all'utile passaggio – che non è un declassamento, ma è invece una presa di cognizione della necessità del dibattito parlamentare – fra funzione redigente e funzione referente di questo Comitato o, se volete, di questa bicamerale, ma soprattutto – ed è il dato che voglio segnalare perché ha costituito un leitmotiv anche di quello che personalmente penso al di là del ruolo – alla necessità che le Assemblee, nel discutere di questa riforma, non abbiano flange, come si chiamavano i meccanismi per abbassare la velocità dei nostri motorini quando eravamo ragazzi, non abbiamo limiti ossia che le Assemblee siano libere di giudicare queste riforme e ciascun parlamentare possa esprimere liberamente il suo pensiero su un momento così importante delle istituzioni.
  Il dato che va aggiunto sotto il profilo dell'elemento materiale è quello del rispetto da parte di questa mozione dell'alveo dell'articolo 138 della Costituzione. Infatti si è parlato di un articolo 138 rafforzato e si è ritenuto che il cosiddetto referendum a prescindere possa porre dei problemi e opportunamente nella mozione si parla di «facoltà», cioè vi è una sorta di presa d'atto della necessità di una riflessione sul punto che io condivido. Si tratta di un problema estremamente delicato, che potrebbe minare il disposto del contenuto dell'articolo 70, che riserva soltanto alle Camere il potere legislativo. Un referendum obbligatorio a prescindere può dare problemi di compatibilità, quindi opportunamente nella mozione ci si esprime in termini di facoltà e non di obbligo.
  L'altro dato non secondario, ma su cui mi soffermerò rapidamente, ma non per così dire a mezz'acqua, è il tema della legge elettorale, legge elettorale che è lealmente affrontata nella mozione. Ma è evidente ed è scritto con chiarezza e non può essere diversamente, se vogliamo avere una logica parlamentare e non una logica da piazza – e nelle riforme costituzionali bisogna avere una logica istituzionale e parlamentare – che la legge elettorale va sicuramente modellata sul nuovo assetto istituzionale. Su questo non ci possono essere dubbi.
  È possibile un maquillage o un intervento di manutenzione ordinaria sull'attuale «Porcellum» ? E sia ben chiaro: nessuno – dico nessuno – intende tornare al voto con il «Porcellum». Questo sia ben chiaro. Ma se questo è vero, tutte le ipotesi di maquillage o di manutenzione ordinaria, cioè quei provvedimenti di transizione o una sorta di legge elettorale ponte, non mi piace chiamarle «messa in sicurezza»: è come se si perdesse credibilità su quest'investimento. Questa delle riforme è un Pag. 30investimento: il Governo investe su queste riforme. Se noi pensiamo ad una messa in sicurezza è come se l'investitore perdesse credibilità in questo investimento e così non deve essere. Si può incorrere in una debolezza psicologica che può essere decisiva. Io, però, dico che se c’è da metterla in sicurezza, ebbene, lo si faccia, ma, attenzione, che non si disperdano energie fondamentali per le riforme per rincorrere una legge elettorale ponte. Il timore è che, se ci imbarchiamo in una discussione sulla legge elettorale, si possa perdere il baricentro di quello che invece è il fondamento di quest'intervento, cioè le riforme istituzionali. Si può procedere, ma avendo ben ferma l’«obbligazione di risultato», che il Presidente della Repubblica ci ha affidato, di giungere finalmente alle riforme istituzionali.
  E se questo è vero la componente psicologica non è secondaria, perché la componente psicologica ha due letture: la prima, la cautela. Perché questa è una materia assai delicata, in cui i colpi di mano non sono consentiti (mi riferisco a qualche mozione che oggi pure discuteremo).
  Non si può intervenire in questi settori con dei colpi di mano quando vi è una mozione che raccoglie il consenso di questo Governo e della maggioranza. La ritengo una condotta libera; ciascuno è libero di esprimersi ed è giusto che lo faccia, ma, da un punto di vista politico e di rispetto per la situazione del Paese che vede in questo Governo una «filosofia di sistema»... Parliamoci chiaro: questo intervento sulle riforme istituzionali non ha senso se non è collegato agli interventi sull'economia. Siamo cioè di fronte ad un «sistema di intervento» sul Paese che ha, da un lato, un'urgenza assoluta che è quella dell'economia e, dall'altro, un'urgenza assoluta, ma che va, come posso dire, «bolizzata», che va digerita con i tempi delle riforme istituzionali, che fa il paio e che va in joint venture con questo tipo di intervento. I due interventi vanno insieme. Allora, il colpo di mano per dare una, come dire, brusca accelerata – che ci può anche far sbattere contro il muro – su certi temi è soltanto, secondo me, non in linea con la preoccupazione legittima per le condizioni del Paese.
  Quindi, cautela e, per la delicatezza della materia, coraggio al tempo stesso. Perché coraggio ? Perché ci sono delle incognite. Io sono un tenace combattente del conservatorismo giuridico, cioè di tutto quello che sotto l'egida del quieta non movere, del non muovere le cose che ci sono, sostanzialmente non consente un progresso nell'ambito dell'interpretazione delle istituzioni.
  Allora, se ci sono delle soluzioni inedite, ma che sono «buone», che il Parlamento abbia il coraggio di percorrerle ! Perché proprio in questo c’è la qualità della politica, la capacità di rispondere con soluzioni giuridiche a problemi che sono straordinari.
  Allora, se questo investimento è un investimento che è fatto con oculatezza, io ho una sola preghiera da rivolgere all'Aula: bisogna crederci, è un investimento in cui dobbiamo credere, perché, se l'articolo 110 del Regolamento fa sì che la mozione debba promuovere una delibera assembleare, io sono convinto che questa mozione possa essere una promozione per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Sisto.
  Avverto che sono state presentate una nuova formulazione della mozione Migliore ed altri n. 1-00054 e la mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00059 (Vedi l'allegato A – Mozioni e risoluzioni).
  Avverto, altresì, che sono state presentate le risoluzioni Alfreider ed altri n. 6-00011 e Nuti ed altri n. 6-00012 (Vedi l'allegato A – Mozioni e risoluzioni). I relativi testi sono in distribuzione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, io ho l'onore e l'onere di essere un membro della Commissione affari costituzionali e ho sempre Pag. 31pensato, leggendo gli articoli 72 e 138 della Costituzione, che le riforme costituzionali fossero di esclusiva pertinenza del Parlamento e dei cittadini con referendum confermativo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma dopo può aver saputo della nomina di un Ministro chiamato «per le riforme costituzionali», sommo è stato il mio stupore, poiché mi ha fatto precipitare la certezza dell'unicità funzionale del Parlamento nel profondo lavoro di riforma della Costituzione.
  Il Ministro Quagliariello ha dichiarato in questi giorni di avere l'ambizione di riscrivere il patto tra politica e cittadini, quel patto che si è incrinato – ed io oserei dire anche spezzato – assicurando poi di voler sacralizzare il percorso con un voto popolare.
  Apprezziamo le parole del Ministro, ma vorremmo che dalle parole si passasse ai fatti e che il Governo coinvolgesse i cittadini da subito, e non a cose ormai fatte. Anche perché, se i cittadini non confermassero con il voto referendario successivo le modifiche costituzionali a loro propinate, avremmo lavorato tutti per nulla.
  Se pensate infatti che sia sufficiente dare al popolo lo zuccherino del referendum confermativo per ogni modifica costituzionale, sottovalutate l'intelligenza degli italiani e dimenticate quanto è accaduto nel 2006 in occasione del referendum sulla riforma costituzionale approvata nel 2005 dal Parlamento. Tale riforma avrebbe stravolto gran parte del contenuto della Carta costituzionale così come il Ministro intende fare oggi. Gli italiani hanno detto chiaramente no allora, in quel voto.
  Esperienza positiva invece è stata quella del referendum del 1989 con il quale è stato chiesto ai cittadini di esprimersi sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo per un progetto di Costituzione europea. Quel referendum, invece, ebbe un esito brillante con una percentuale altissima di voti a favore. L'unico modo di intraprendere un eventuale percorso di riforma costituzionale è quello di interessare prima la cittadinanza. È soltanto dopo che i cittadini si sono espressi che noi eletti, anzi, noi nominati, potremmo concretizzare le loro istanze e se il popolo decidesse di nulla modificare, nulla dovremmo modificare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  I referendum rappresentano una forma di maturità politica oltre che di democrazia perché consentono ai cittadini di controllare gli intendimenti dei propri rappresentanti, di partecipare attivamente alle scelte politiche che apporteranno radicali modifiche nelle regole del Paese. Queste ultime elezioni comunali hanno evidenziato un sensibile e preoccupante allontanamento degli italiani dalla politica. L'astensionismo purtroppo sta diventando una patologia italiana proprio quando invece è assolutamente indispensabile una proficua collaborazione tra realtà civile e realtà politica per riuscire finalmente a concludere in maniera aperta, condivisa e democratica le riforme di cui si discute ormai da tempo.
  E allora se è vero, come dichiarato dal Ministro e come anche noi crediamo, che sia necessario rinsaldare, rafforzare il patto tra politica e cittadini, proponiamo di coinvolgerli con un referendum di indirizzo popolare prima di intraprendere un percorso di riforma di tal portata. Intendiamo farlo dopo aver messo a punto un'intensa attività di informazione, di comunicazione e di formazione che permetta ai cittadini di conoscere approfonditamente il contenuto del referendum, in modo da poter votare nella maniera più consapevole possibile.
  Per concludere, concordiamo sulla necessità di recuperare il legame con i cittadini ma riteniamo che la strada più efficace sia quella di rivitalizzare gli istituti della democrazia partecipativa, soprattutto per provvedimenti così incisivi come quelli prospettati dal Ministro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Richetti. Ne ha facoltà.

Pag. 32

  MATTEO RICHETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'elemento più significativo della mozione di oggi, oltre ai contenuti formali dell'atto di indirizzo che la maggioranza propone all'Aula, è l'impegno politico che questo Parlamento, tutto, si prende davanti al Paese. Sottolineo «tutto» perché il percorso che abbiamo davanti non può essere un percorso che conosce l'ordinaria dialettica tra maggioranza e opposizione. Quando si discute delle regole e delle modifiche...

  PRESIDENTE. Pregherei, per favore, di consentire al Governo di ascoltare.

  MATTEO RICHETTI. ... di sistema al nostro ordinamento, il protagonismo parlamentare da un lato e un pieno coinvolgimento di tutte le forze parlamentari dall'altro devono essere i capisaldi entro i quali ci si muove. Ho parlato di un impegno davanti al Paese e non solo davanti a quest'Aula. Troppe volte la politica ha dimostrato larga condivisione sull'analisi ma poi scarsa capacità di intervento per ovviare a limiti universalmente riconosciuti. Si apre una stagione nella quale la comune denuncia dell'inefficienza del bicameralismo perfetto, le criticità, per usare un eufemismo, di un sistema elettorale che falsa la rappresentanza e che nega il rapporto eletto-elettore, la frammentazione delle funzioni in capo alla pubblica amministrazione su troppi livelli dello Stato e l'eccessivo numero dei membri che compongono il Parlamento devono trovare un impegno concreto di risposta comune. Non c’è spazio, lo dico a tutti, per opportunismi di parte e di maniera nella decisione che stiamo assumendo.
  Il fragoroso applauso che abbiamo riservato al Capo dello Stato in quest'Aula adesso deve trasformarsi in un silenzioso ma inesorabile lavoro di riforma dello Stato, della sua organizzazione e delle istituzioni che lo sovrintendono. E con altrettanta chiarezza dobbiamo dirci che il lavoro che ci aspetta non è fatto di ritocchi e di interventi di dettaglio. L'attuale sistema elettorale va mandato in soffitta, non va ritoccato e soprattutto per chi sostiene lealmente questa esperienza di Governo è un imperativo affermare che, poiché siamo dentro a una stagione pienamente politica e non di sospensione della democrazia, dobbiamo preparare un tempo in cui il democratico confronto tra schieramenti diversi trova compimento definitivo.
  Non c’è spazio, non ci può essere spazio per il ritorno a formule del passato, di maggioranze costruite dopo il voto e non prima e sia la forma di Governo che la legge elettorale devono rendere maturo, autorevole e radicato nelle comunità un bipolarismo sano e trasparente.
  Io intendo questo lavoro, non come modifica della Costituzione, ma come piena attuazione della stessa, come quel lavoro che i costituenti hanno lasciato aperto, in divenire, in ossequio proprio a quel principio costituzionale dell'appropriatezza della politica e delle sue forme.
  Cito: «La nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere». Sono le parole di Piero Calamandrei in un discorso sulla Costituzione del 1955, che continuava dicendo: «La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile e bisogna metterci dentro l'impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità». La responsabilità di chi oggi solennemente ci dice quattro cose: non si torna al voto con questa legge elettorale, il Senato diventa una Camera delle autonomie e delle regioni, il numero dei parlamentari si dimezza, la legge elettorale si riscrive completamente, ma in senso maggioritario e con garanzia di governabilità.
  Serve un'ambizione alta che accompagna – lo dico anche in presenza dei rappresentanti del Governo – quell'idea di Governo di servizio con la quale c’è stata chiesta e ottenuta la fiducia in quest'Aula, tipica di chi sa affrontare un tempo difficile Pag. 33e lo fa non guardando a convenienze personali o di parte e di chi ha la consapevolezza che in gioco non ci sono perfezionamenti di tecnicismo dello Stato, ma la dignità, l'autorevolezza e la credibilità della politica, poiché ancora Calamandrei ci ricorderebbe che una delle offese che si fanno alla Costituzione – cito – «è l'indifferenza alla politica».
  Ed è per questo che l'impegno solenne di quest'Aula oggi guarda al Paese, perché la Costituzione non è roba della politica o dei partiti, o meglio, non è roba solo della politica o dei partiti. La Costituzione è della Repubblica e del suo popolo. Cito: «La Costituzione è il fondamento della Repubblica: se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità pubbliche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti, verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà». Sono le parole di Luigi Sturzo in un discorso del 1957. E concludo Presidente, perché è alla luce di queste parole, della paternità ultima in capo al popolo che trovo giusto prevedere sin da ora, nell'ambizioso processo che si apre oggi, un momento di consultazione popolare referendaria, perché la Costituzione appunto è del Paese.
  Concludo richiamandoci a ciò che ci aspetta: siamo chiamati a quell'intervento che Giuseppe Dossetti invocava già nel 1995 in un discorso a Napoli, il titolo era emblematico «La Costituzione. Principi da custodire ma istituti da riformare», non l'esercizio di un potere costituente ma l'esercizio di un potere di revisione della Costituzione – lo ricordava la collega Bindi – dimostrando di essere all'altezza dei sogni, delle speranze e dei sacrifici che in essa sono ancora custoditi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, oggi inizia con questo dibattito il tanto annunciato processo di riforma costituzionale. Prima di ogni altra cosa è necessario porre un punto fermo per evitare che la politica inverta, come sovente le accade, i termini della questione. Non è la Costituzione ad essere inadeguata, né a funzionare male, sono stati la politica e l'oligarchia dei partiti che ne hanno fatto un uso distorto e totalmente inefficace.
  La nostra Costituzione è ancora oggi di grande attualità ed è per questo e con orgoglio che non esitiamo a definirla «la più bella del mondo», soprattutto nella prima parte, respingendo al mittente le ironie interessate che molti stanno facendo su questa frase per coprire proprie responsabilità e inefficienze.
  Spiace ancora di più che neanche il Ministro Quagliariello, nella sua relazione in Commissione, si sia sottratto a questa prassi. Un detto dice che le idee camminano sulle gambe degli uomini: anche i principi di una Costituzione e l'efficienza delle istituzioni di uno Stato dipendono soprattutto dall'uso che ne viene fatto dalla propria classe politica.
  Le regole si possono riscrivere all'infinito, ma se poi non vengono attuate da chi deve farlo, i cittadini non vedranno mai alcun risultato.
  Domenica, dalla città di Bologna, è giunto un esemplare esempio molto concreto di quello che sto dicendo. Sotto le Due Torri i cittadini bolognesi hanno ribadito con un referendum la volontà di applicare – dico applicare – l'articolo 33 della Costituzione che stabilisce che la scuola privata è libera di operare, ma senza oneri per lo Stato.
  Nel nostro Paese alcune riforme vanno fatte certamente. I 109 cittadini che sono in quest'Aula e i 53 che sono al Senato non sono altro che la cartina al tornasole di questa grande richiesta di cambiamento, urlata da oltre 8 milioni 700 mila cittadini elettori nelle urne. Molti di questi cambiamenti, tuttavia, non necessitano di una riforma della Costituzione ma possono essere realizzati attraverso semplici leggi ordinarie.
  Penso alla corruzione che, se combattuta adeguatamente, consentirebbe di recuperare una cifra enorme stimabile in Pag. 34circa 60 miliardi di euro – ma qualcuno dice pure di più – e mi domando come sia stato possibile che la legge anticorruzione, approvata dopo mesi e mesi di Governo Monti, abbia ottenuto come primo e per ora unico risultato la prescrizione per l'ex presidente della provincia di Milano, Penati. Penso alle lentezze della giustizia civile e penso inevitabilmente ad una legge elettorale che nega i principi costituzionali della rappresentanza e che sarà presto bocciata dalla Consulta.
  Signor Ministro Quagliariello, anche lei in Commissione ha sottolineato come l'efficienza istituzionale è una variabile fondamentale per la competitività del sistema economico. Il fatto che oggi siamo qui a discutere su documenti di intenti, dimostra che è la politica a seguire percorsi tortuosi e lenti e la Costituzione non c'entra. Un dibattito anche approfondito va certo fatto ma deve riguardare i cittadini perché spetta loro indicare le modifiche costituzionali da realizzare. Il MoVimento 5 Stelle e i suoi portavoce sono stati mandati in Parlamento con un compito preciso: ridare la parola ai cittadini e noi questo intendiamo fare, anche e soprattutto per la riforma della nostra Legge fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

  ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la mozione che stiamo discutendo e che oggi approveremo – mi auguro – con la più ampia convergenza parlamentare può rappresentare una svolta nella vita della nostra Repubblica. Infatti da oggi sarà possibile intraprendere un vero e proprio processo di revisione della Costituzione.
  Il Governo, è stato detto, deve svolgere il suo ruolo di impulso; il Parlamento sarà al centro delle scelte che verranno compiute. Tutti dobbiamo sentirci impegnati con il più alto senso di responsabilità istituzionale e politica perché questo tragitto, da qui al tempo che abbiamo indicato, abbia esito positivo. Mai come in questo caso il futuro dell'Italia è nelle nostre mani e dipende dalle decisioni che sapremo assumere in uno dei momenti più difficili della vita pubblica.
  Ci sono infatti dei momenti in cui è necessario produrre delle accelerazioni: questo è uno di quei momenti e non possiamo sprecarlo. Il tema delle riforme costituzionali, è stato ricordato, fa parte del dibattito politico da oltre trent'anni ma i tentativi di innovare e rendere più moderna e capace di decidere la nostra democrazia non hanno prodotto risultati significativi. Stiamo vivendo un passaggio storico cruciale, un tempo di sfaldamento del tessuto politico-istituzionale, di crisi della democrazia, con un rapporto tra cittadini, partiti e istituzioni che si è profondamente logorato. Tutto questo impone una straordinaria assunzione di responsabilità da parte della politica e delle istituzioni rappresentative che altrimenti rischiano esse stesse di essere travolte.
  Il tema del cambiamento istituzionale è per questa ragione un obiettivo ineludibile, una priorità per il Parlamento. C’è bisogno di guardare in faccia la realtà ed, insieme, di una buona dose di consapevolezza e coraggio che ci faccia sciogliere quei nodi irrisolti dell'infinita transizione italiana. L'Italia ha bisogno di uscire dalla più terribile crisi economica e sociale degli ultimi decenni e per farlo è necessario produrre azioni concrete, che offrano risposte incisive ed una nuova prospettiva a tutti quei giovani che non trovano lavoro, a quei padri di famiglia che il lavoro lo hanno perso o lo stanno perdendo senza sapere come andare avanti, a quei piccoli imprenditori che non riescono ad ottenere crediti indispensabili per tenere in piedi le proprie aziende. Perché si facciano le riforme è necessario che le istituzioni siano più efficienti ed in grado di decidere.
  Una democrazia non vive se non decide e senza un Governo in grado di decidere anche le riforme sociali ed economiche diventano più difficili. Ecco perché dobbiamo essere all'altezza delle prove che questo tempo ci impone. A questo ogni singolo parlamentare, ogni forza politica è stata richiamata dal Presidente della Repubblica Pag. 35quando, nel suo messaggio alla Camera, ha detto: «Nessuno si può sottrarre al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per riforme di cui hanno bisogno per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana». Lo sa bene il Presidente Letta, che quando ha ottenuto la fiducia in Parlamento ha voluto legare il processo di revisione della Costituzione alla continuazione del suo lavoro. Abbiamo per questo di fronte una sfida difficile, sarebbe inutile negarlo, che non è affatto scontata. Non è in discussione il valore della Costituzione italiana, i suoi principi fondamentali, i diritti e i doveri dei cittadini, ma la necessità di cambiare la forma di Stato e la forma di Governo, di superare il bicameralismo con il Senato delle regioni, di ridurre il numero dei parlamentari, di rivedere la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni, di portare a compimento gli interventi relativi alle istituzioni locali, a partire dall'abolizione delle province. Si tratta insomma di aggiornare la parte organizzativa della Costituzione alle nuove esigenze, cui devono corrispondere le moderne democrazie contemporanee.
  Sulla Commissione e sugli strumenti di cui ci dotiamo è stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto. Discuteremo nel merito in quella sede, trovando mi auguro soluzioni condivise, perché la revisione della Costituzione, sia chiaro, si fa con il contributo di tutti. Non mi sfugge che strettamente legata alla forma di Governo ci sarà una nuova legge elettorale. Su questo ci sono opinioni diverse, ma sarà più facile affrontare anche questo argomento una volta completato il percorso delle riforme. Non c’è dubbio, tuttavia, che nel frattempo saremo chiamati a trovare una soluzione per sgombrare il campo in via definitiva dal «Porcellum» prima che la Corte costituzionale sia chiamata a decidere sulla sua costituzionalità: non semplici ritocchi, ma una nuova legge che garantisca la governabilità e il diritto di scelta per gli elettori.
  Signor Presidente, ho concluso: la Seconda Repubblica non è mai nata o forse è nata, ma costituzionalmente non esiste. Il nostro compito è oltrepassare questo periodo difficile e proiettare il Paese ad un nuovo assetto istituzionale, se si potesse dire ad una Terza Repubblica, garantendo un Governo forte, con maggiori capacità di decidere, con margini di decisione più elevati ed un Parlamento più efficace nel suo ruolo di controllo, una democrazia fatta di maggiore stabilità ed alternanza. La sfida è altissima, noi faremo fino in fondo la nostra parte, consapevoli che questo percorso sarà fruttuoso solo se anche i cittadini saranno chiamati ad esprimersi. Per questo, fermo restando l'articolo 138 della Costituzione, chiederemo il parere degli italiani con il referendum confermativo sulle leggi di revisione costituzionale che approveremo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

  LAURA GARAVINI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, è una vera soddisfazione oggi qui intervenire, ma soprattutto per questa bella notizia: con le riforme e con la mozione sulle riforme costituzionali noi oggi affrontiamo e portiamo all'ordine del giorno del Parlamento, finalmente, anche la questione della rappresentanza. Poi gli argomenti che andremo a trattare sono diversi: si va dalla modernizzazione della forma di Governo alla rivisitazione di importanti istituzioni, alla riduzione del numero dei parlamentari, ma non solo; in particolare, con queste riforme noi abbiamo la possibilità di ridare legittimità alla politica e di contrastare con i fatti quell'antipolitica dilagante che sempre di più sta compromettendo i valori e le fondamenta della nostra democrazia. A parole – lo dicevano bene i colleghi che mi hanno preceduto: penso al collega Fiano ed alla collega Pollastrini – è da oltre vent'anni che sta pervenendo questa richiesta, da tutte le parti politiche. Poi però nei fatti non è seguito praticamente nulla. Pag. 36Ecco che allora oggi è una realtà, è un fatto che siamo qui in Parlamento, con il Governo Letta, a discutere anche di come ridare la possibilità ai cittadini di decidere da chi farsi rappresentare. Allora è un modo per passare dalle parole ai fatti, è un modo per ridare credibilità alla politica.
  Certo, però, è anche un'opportunità, un'opportunità che non possiamo sprecare. I cittadini si aspettano da noi decisioni incisive, non compromessi al ribasso, che li rimettano nelle condizioni di essere loro a poter decidere chi mandare in Parlamento e non più capi correnti o leader di partito. Oggi la discussione verte sulle modalità e sulla tempistica. Ecco perché non è il caso di entrare nel merito delle questioni. E, ciononostante, proprio perché siamo in una fase preliminare, ritengo che sia necessario sottolineare un dettaglio, ma un dettaglio importante. Bisogna approfittare delle generali riforme istituzionali e anche della successiva riforma della legge elettorale per mettere mano anche alla messa in sicurezza del voto degli italiani all'estero. In generale, l'obiettivo deve essere quello di mantenere e di confermare la circoscrizione Estero e, al tempo stesso, creare le migliori condizioni affinché l'esercizio del voto per corrispondenza possa avvenire nel modo più legale e più regolare possibile.
  Per quanto riguarda la circoscrizione Estero, ci sono altri Paesi europei che, recentemente, hanno preso spunto dal nostro ordinamento e hanno inserito nei loro Parlamenti deputati espressione dei loro connazionali residenti all'estero. Viceversa da noi, recentemente, illustri esponenti si sono invece espressi per l'abolizione della circoscrizione Estero. Allora credo che, proprio in questa fase preliminare, nel momento in cui ci apprestiamo a trattare la questione delle riforme e anche quella elettorale, dobbiamo mettere un punto fisso, un punto fermo: la circoscrizione Estero non si tocca. Di certo, laddove ci sarà una riduzione del numero dei parlamentari, sarà chiaro che anche per la circoscrizione Estero si opererà in modo consono, così come è opportuno – e lo ribadisco – che si acceleri la messa in sicurezza del voto per corrispondenza. Però da qui ad abolirne l'esistenza non se ne deve neppure parlare.
  Infatti, le comunità degli italiani all'estero rappresentano un'importante risorsa per il Paese, anche adesso, in questa fase, nella quale sta crescendo a vista d'occhio il numero dei nostri connazionali all'estero e sempre più riprendono ad andarsene giovani, giovani risorse, giovani cervelli, giovani braccia. Credo che sarebbe davvero singolare proprio adesso pensare di recidere questi contatti, anche politici, con questa straordinaria potenzialità. Già adesso gli italiani all'estero hanno la possibilità di esprimere preferenze per l'individuazione dei loro candidati. Si tratta, allora, di un sistema tutto sommato democratico, ma ogni volta si verificano di nuovo irregolarità e questo è il motivo per il quale ritengo che si debba procedere appunto ad una messa in sicurezza del voto.
  Il PD già da tempo si batte per un Parlamento scelto dal popolo. Finora non abbiamo trovato il sostegno da parte di altre forze politiche presenti in Parlamento, ma questa volta è nostro impegno che le cose vadano diversamente, proprio perché anche la rappresentanza, anche questa oggetto delle riforme alle quali pensiamo, è un principio fondante di una democrazia. Non sarà dirimente se sceglieremo un sistema proporzionale o maggioritario o se sarà un turno solo o due turni, se prevederemo un premio di maggioranza oppure no, ma la cosa fondamentale è che ci riesca di creare un sistema più democratico, un sistema che coinvolga di più i cittadini nella scelta dei parlamentari, un sistema che garantisca la rappresentanza e che, dunque, veda questa riforma, sia in Italia che all'estero, perché anche i cittadini italiani all'estero sono una profonda e straordinaria risorsa, non soltanto per quanto riguarda la storia, ma anche per il presente e il futuro del nostro Paese (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giorgis. Ne ha facoltà.

Pag. 37

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricostruire un rapporto di fiducia nelle istituzioni rappresentative rafforzandone la capacità di governo e l'autonomia dal potere economico e da quello dei mezzi di comunicazione è oggi una delle principali necessità del nostro Paese. Non è solo una questione di democrazia, ma il presupposto per affrontare con successo la crisi economica e per cercare di superare le disuguaglianze sempre più marcate che si sono venute consolidando.
  Per orientare nell'interesse generale i processi economici e finanziari, per garantire un efficace dispiegarsi delle dinamiche della concorrenza e per riorganizzare la pubblica amministrazione rendendola efficiente in tutte le sue diverse articolazioni, occorrono infatti istituzioni politiche autorevoli e autonome, dotate di una forte legittimazione democratica: capacità rappresentative e di Governo che la nostra democrazia parrebbe, in questo momento, non avere però. Le cause di una simile debolezza e della sfiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e soprattutto nella mediazione politica e nei corpi intermedi sono molteplici e di carattere politico, culturale, economico e anche giuridico. Su quest'ultimo piano si discute da tempo della necessità di aprire un dialogo sulla Costituzione e di avviare un processo di riforme costituzionali e legislative.
  A questo fine – che noi quest'oggi stiamo per intraprendere – è necessario muovere da due premesse, una di merito e una di metodo. La prima, di merito, potrebbe essere così riassunta: la perdurante validità dell'impianto della Costituzione vigente. La Carta costituzionale nei suoi profili essenziali può, infatti, essere nuovamente, come lo fu all'indomani del secondo conflitto mondiale, fattore di unificazione, di modernizzazione e di sviluppo. Occorre, dunque, procedere a riformare la Costituzione nel verso della Costituzione. Occorre riformare la Costituzione per far sì che la Repubblica possa meglio adempiere a quel compito fondamentale e fondante che vi assegna l'articolo 3, comma 2, della Costituzione: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Queste le ragioni, questo il merito del percorso che sta per iniziare quest'oggi.
  Per quanto riguarda invece il metodo, modificare la Costituzione nel solco della Costituzione significa rimanere nell'ambito della legalità costituzionale e, dunque, seguire il procedimento di cui all'articolo 138, rifuggendo ogni ipotesi di Assemblea costituente, che, per definizione, suppone sempre la rottura e il superamento dei principi fondamentali e fondanti il precedente assetto. Ciò non significa necessariamente aderire al cosiddetto paradosso di Ross e considerare, quindi, illegittima ogni ipotesi di modifica o di deroga delle forme dell'articolo 138 attraverso le procedure in esso previste. Significa, però, sottolineare con la dottrina prevalente che la modifica della procedura prevista dall'articolo 138, per essere ammissibile e non trasformarsi, appunto, in esercizio di potere costituente, deve rispettare i cosiddetti principi supremi e, tra questi, in primo luogo, il principio di rigidità, che si sostanzia, tra l'altro, come ha ricordato la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 496 del 2000, nel carattere parlamentare della procedura e nella presenza di strumenti di tutela delle minoranze idonei a scongiurare che, attraverso riforme deliberate dalla sola maggioranza parlamentare ed eventualmente confermate dalla sola maggioranza elettorale, venga deformata la natura pattizia della Carta costituzionale. Una Costituzione non è e non deve essere nella disponibilità della maggioranza.
  Un'ultima considerazione sul tema del referendum che la mozione riprende: questa Camera ha bisogno di riconciliarsi con i cittadini e di adoperarsi per ricostruire un rapporto di fiducia con gli elettori, e in questa prospettiva, come ipotizza la mozione, può risultare ragionevole consultare Pag. 38i cittadini sull'esito del percorso di riforma. Però, a una condizione: che la consultazione popolare non si trasformi in alcun modo in una scorciatoia per surrogare un mancato accordo.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ANDREA GIORGIS. Insomma, la consultazione popolare non può tradursi in una consultazione contro il carattere pattizio e compromissorio delle regole costituzionali, non può essere un appello al popolo attraverso il quale si viene meno allo sforzo di ricercare un'amplissima maggioranza che consenta di dire che, non soltanto la Costituzione, ma anche le riforme e l'ammodernamento del processo decisionale della forma di Governo, sono stati decisi da tutti i cittadini insieme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ottobre. Ne ha facoltà.

  MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Ministro, come minoranze linguistiche abbiamo presentato una mozione in cui si sostiene come la riforma della seconda parte della Costituzione e, conseguentemente, la riforma elettorale debbano avvenire con un confronto pienamente rappresentativo di tutte le forme ed espressioni di pluralismo presenti in Parlamento e nel Paese, al fine di individuare scelte riformatrici condivise.
  Sono le condizioni, a nostro giudizio, indispensabili al processo di riforma istituzionale e del Parlamento, che quindi i parlamentari, al di là del rapporto fra maggioranza e opposizione, sono chiamati a garantire nelle procedure e nei tempi richiamati dal Presidente del Consiglio nelle sue dichiarazioni programmatiche, e che la mozione di maggioranza ripropone, facendo riferimento alla necessità di definire una procedura straordinaria di revisione costituzionale rispetto a quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione con l'approvazione di una legge costituzionale.
  La priorità delle riforme costituzionali e parlamentari che investono il sistema politico impongono una riforma ineludibile ed urgente del bicameralismo perfetto, con la trasformazione del Senato in Camera di rappresentanza delle autonomie territoriali, la definizione di un nuovo rapporto fra Governo e Parlamento, una riforma elettorale che sappia superare le scelte contraddittorie che, con le leggi e con la legge elettorale vigente, hanno sancito la crisi di rappresentatività del sistema politico e privato i cittadini del loro diritto di scelta.
  Riteniamo essenziale che la riforma della legge elettorale sia coerente al sistema istituzionale che sarà prescelto. L'istituzione di un comitato parlamentare e di una commissione da parte del Governo, la previsione di un referendum confermativo al di là del quorum previsto dall'articolo 138 della Costituzione, la centralità del ruolo del Parlamento, del processo riformatore, sono le condizioni che, a nostro giudizio, possono garantire un esito positivo del percorso riformatore che oggi ha inizio.
  La consapevolezza di non poter più sostenere logiche pregiudiziali e riforme che non siano ampiamente condivise chiamano in causa una responsabilità di tutti gruppi parlamentari. Per queste ragioni, come minoranze linguistiche, come sempre in passato – il cui ruolo costituzionale è sancito dall'articolo 6 e 116 della Costituzione –, siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

  MICHELE BORDO. Signor Presidente non è la prima volta che il Parlamento prova ad avviare una fase di discussione per giungere alla riforma delle nostre istituzioni. Ci abbiamo provato in passato in tanti modi, attraverso commissioni bicamerali, con il lavoro nelle commissioni parlamentari competenti, ma questo Parlamento, fino ad oggi, è stato sempre incapace di autoriformarsi; e penso che Pag. 39l'incapacità dimostrata sia anche alla base di quella forte ondata di antipolitica con la quale tutti hanno dovuto fare i conti in occasione delle elezioni politiche di quest'anno.
  In realtà, le riforme del nostro sistema istituzionale sono necessarie e non più rinviabili. E grazie allo sforzo che sta facendo anche questo Governo, forse, potrebbero esserci le condizioni per provare finalmente a riformare le nostre istituzioni. Certo, come si è detto, le riforme non sono materia del Governo, ma del Parlamento. Il Governo, però, come Franceschini sostiene, potrà svolgere una funzione di grande pungolo nei confronti del Parlamento, perché si possa arrivare, il più presto possibile, ad un testo condiviso da far approvare rapidamente dalla Camera e dal Senato.
  Abbiamo, cioè, un'occasione storica e, d'altronde, questo Governo nasce anche per favorire il percorso delle riforme costituzionali che da tanto tempo tutti aspettano. Lo stesso Letta, nel suo intervento davanti alle Camere al momento della fiducia, si è dato come orizzonte diciotto mesi con il suo Governo per verificare come procedere il percorso delle riforme. È il segno che il Governo ha scommesso tanto sulla possibilità che finalmente questo Parlamento arrivi alla riforma delle istituzioni. D'altronde, se il Parlamento neanche in questa occasione riuscisse a fare le riforme da tutti attese, correremmo veramente il rischio di condannare questo Paese al populismo e, comunque, di non offrirgli nessuna prospettiva. Secondo me, allora, è importante agire, giungere presto ad un pacchetto di proposte: la discussione di oggi è un primo passo per cominciare ad essere più concreti.
  Secondo me, per non restare sul vago, ci sono alcuni temi prioritari che bisognerà affrontare e dai quali non si può più prescindere. Non ne ha parlato nessuno, ma credo che sia un tema rilevante la mancanza, nel nostro Paese, di una legge sui partiti e – aggiungerei – sui sindacati; la mancanza di una legge che disciplini il funzionamento della democrazia interna ai partiti è un tradimento di ciò che è scritto nella nostra Costituzione. Non dobbiamo ogni volta attendere uno scandalo per scoprire che nel nostro Paese manca una legge di questo tipo, nonostante lo dica apertamente la Costituzione.
  Rispetto ai partiti risuona ancora in quest'Aula un intervento che fece Calamandrei in Assemblea Costituente quando disse: «come si può respirare una democrazia se i suoi attori principali non sono a loro volta democratici ?». Ecco perché Mortati aggiunse, in quella circostanza, che una legge sui partiti sarebbe stata consona a tutto lo spirito della Costituzione, per costringerli ad osservare il metodo democratico, di cui si parla nell'articolo 49 della Carta, traducendolo poi in griglia di diritti e di doveri.
  In realtà, invece, fino a questo momento, non si è mai avuta la possibilità di discutere di una legge di questo genere e avete tutti visto le reazioni, anche nei giorni scorsi, rispetto ad una proposta sui partiti avanzata al Senato dalla senatrice Finocchiaro. Invece, io chiedo, specialmente a quelli che hanno reagito con veemenza nei giorni scorsi, perché hanno paura di una legge sulla democrazia interna e sulla trasparenza interna ai partiti: di che cosa avete paura ? Di che cosa ha paura chi, evidentemente, pensa che in assenza di una legge possa continuare a cacciare i dissidenti, possa continuare a fare la lista dei giornalisti con cui si può parlare o non si può parlare ? Altro che trasparenza e democrazia, amici e colleghi di 5 Stelle !

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MICHELE BORDO. È su questo che ci dobbiamo assolutamente misurare e concludo, signor Presidente, visto il richiamo, dicendo che bisogna agire subito e intervenire sulla forma di Governo. È un tema che bisognerà approfondire nella riflessione delle prossime settimane dentro ai partiti, tra i partiti, ma penso che ci siano le condizioni perché si faccia anche una discussione franca, sul tipo di sistema e sul modello di Governo. Nessuno si deve più scandalizzare se si comincia a discutere Pag. 40di forma di semipresidenzialismo, di sistema a doppio turno, perché sono temi che ormai vedono una maturità da parte dei cittadini.
  C’è comunque l'esigenza di cambiare urgentemente la legge elettorale. Penso che non ci possiamo far sfuggire questa occasione storica, facciamo le riforme e dimostriamo, finalmente, di essere una classe dirigente all'altezza dei bisogni e delle aspettative dei cittadini del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

  GAETANO NASTRI. Signor Presidente, signor Ministro, anche a nome dei colleghi deputati aderenti a Fratelli d'Italia, desidero esprimere un generale apprezzamento per questa iniziativa che consente di affrontare nella sede parlamentare il tema, ormai indifferibile, delle riforme istituzionali per ridare nuova legittimità alle istituzioni democratiche, in un periodo in cui si segnala, sempre più, la disaffezione dei cittadini verso la partecipazione.
  Da parte nostra si è esaminato l'impianto del documento proposto dalla maggioranza, che viene condiviso nei suoi punti fondamentali, non senza proporre alcune significative integrazioni e modifiche. In particolare, intendiamo sottolineare la necessità di individuare modifiche costituzionali che rendano più efficiente il sistema istituzionale e questa opportunità non può che essere colta anche con l'intento di mettere mano alla migliore individuazione di taluni principi fondamentali da esplicitare nella Carta costituzionale quali, tra gli altri, diversi punti.
  Innanzitutto, vi è l'inserimento di un tetto al prelievo fiscale e tributario al fine di determinare un forzato virtuosismo nella gestione della spesa pubblica, che dovrà essere uniformata alla disponibilità massima di entrate dello Stato nelle sue diverse articolazioni, e non già condizionare con la sua crescita il progressivo innalzamento del prelievo ai danni del contribuente.
  In secondo luogo, vi è la definizione del principio di equità generazionale, impedendo la formazione di debiti da trasferire alle successive generazioni e determinando in via esemplificativa modalità obbligatorie di contenimento del debito pubblico e forme di razionalizzazione del sistema pensionistico, tali per cui quanti da oggi avranno diritto ad un vitalizio determinato secondo il regime contributivo non siano chiamati a sopportare l'onere di chi, per diritto acquisito, beneficia del calcolo retributivo.
  In terzo luogo, vi è la previsione della sovranità, per la quale ogni atto, impegno o contribuzione determinata da organismi comunitari o sovranazionali dovrà trovare applicazione previa valutazione della compatibilità con l'interesse nazionale e con lo sviluppo socio-economico dei cittadini italiani e, soprattutto, delle loro famiglie.
  In quarto luogo, è necessaria una più puntuale definizione delle forme politiche, dello status giuridico e dell'organizzazione di partiti e movimenti, nell'ottica di garantire libertà di partecipazione, forme di democrazia interna e soprattutto trasparenza nell'impiego delle risorse economiche.
  Per avviare una stagione di riforme costituzionali di ampio respiro occorre definire un metodo che consenta di affrontare, secondo un disegno coerente, le principali questioni sinora irrisolte. Il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari e la riforma del sistema elettorale sono i punti sicuramente più importanti ai quali il Governo dovrebbe mettere mano.
  È fondamentale garantire che, in ogni caso, gli elettori non siano più chiamati a votare con l'attuale legge elettorale ed è necessario che il Parlamento adotti, entro e non oltre la pausa estiva, una norma di salvaguardia che modifichi l'attuale legislazione, prevedendo la garanzia dei principi di governabilità e il diritto di scelta dell'elettore quanto all'individuazione del Premier della coalizione, del programma e dei parlamentari. L'antipolitica si sconfigge facendo politica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

  SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, oggi stiamo discutendo di mozioni con le quali stabilire un percorso in parte diverso da quanto prevede l'articolo 138, ossia quello di un comitato bicamerale con poteri referenti sulle proposte di riforma costituzionale.
  L'oggetto della nostra discussione non è particolarmente entusiasmante agli occhi dell'opinione pubblica e anche di chi tra noi ha presente l'urgenza di parlare con fatti concreti all'enorme bacino di elettori che, sia attraverso il voto sia attraverso un astensionismo record, chiede di avere una democrazia effettivamente rappresentativa e insieme governante, dopo vent'anni e più di annunci di riforme istituzionali mai condotte in porto.
  I cittadini hanno per questo la percezione che la politica, anche nella discussione di oggi, sia ferma ancora a un palo, ancora a discutere di procedure di metodo e non del merito, perché non ci sarebbe in fondo, in Parlamento, la volontà di un vero cambiamento, ma piuttosto quella di tirare avanti per l'autoconservazione di classi politiche tradizionali. Tale percezione negativa all'esterno di quest'Aula vale massimamente con riferimento alla discussione sull'intreccio tra riforma costituzionale e legge elettorale, tra chi vuole ad ogni costo il cambio prioritario del sistema elettorale e chi sostiene, invece, che questo vada condizionato alla forma di Governo.
  Avendo da subito espresso delle perplessità sul meccanismo della convenzione, sono lieta che il percorso sia rientrato nell'alveo parlamentare, essendo questa la sede legittima della rappresentanza popolare. Il comitato parlamentare può essere utile soprattutto nelle condizioni politiche in cui ci troviamo ad operare: con una maggioranza politica netta alla Camera e una sola relativa al Senato, con un Governo di grande coalizione cui abbiamo dato la fiducia per ragioni di responsabilità verso l'interesse il Paese. Ecco, esso può essere utile per rendere il percorso più snello nella fase referente e nel passaggio all'Assemblea congiunta delle due Camere, attesi i limiti ed i tempi del bicameralismo perfetto, che è pure oggetto di necessaria ed urgente riforma.
  Alcune condizioni devono però accompagnare il percorso. Oggi più che mai il risultato elettorale – ci piaccia o no – ci costringe, sulle riforme istituzionali, ad un dialogo aperto a tutte le forze politiche e serrato nei tempi, per cercare soluzioni massimamente condivise. Nessuno potrà avere la botte piena e la moglie ubriaca.
  Il percorso richiederà perciò il massimo sforzo di prudenza e mediazione, ma dobbiamo dimostrare anche al Paese – questo è soprattutto compito dei leader delle forze politiche – che quello che guida questo sforzo non è un gioco tattico per il proprio interesse di bottega, ma una veduta più lunga dell'orizzonte della prossima campagna elettorale e la volontà sincera di dare al Paese un sistema istituzionale equilibrato e funzionante.
  Può aiutare in questo un programma di lavoro stringente, con progressivi step cadenzati e verificabili da parte dell'opinione pubblica, in aggiunta al termine di verifica dei diciotto mesi che si è dato il Presidente del Consiglio; e va data massima trasparenza e pubblicità alla discussione e al lavoro del comitato perché, se il processo riformatore fallirà, deve essere chiaro agli elettori chi ne è il responsabile.
  Quando poi la proposta giungerà in Assemblea, sia lasciato lo spazio adeguato al dibattito parlamentare e all'esercizio della potestà emendativa, pur ragionevolmente regolamentata, nel rispetto delle prerogative costituzionali attribuite al Parlamento.
  Tra i temi oggetto di riforma mi limito a sottolineare soltanto la necessità di una manutenzione complessiva del Titolo V e non solo dell'articolo 117. Penso all'abolizione delle province – anche su questo va dato un segnale concreto agli elettori –, penso all'indicazione di dimensione ottimale degli enti locali per la gestione adeguata delle funzioni amministrative – non basta la Carta delle autonomie –, alla messa a punto finalmente di un federalismo Pag. 42equilibrato, autentico, responsabile e solidale sull'esempio di altri Paesi – penso alla Germania –, che hanno dimostrato come l'autonomia regionale, se responsabile e coordinata in una leale cooperazione tra livelli di governo, può essere fondamentale motore dello sviluppo economico e democratico di un Paese.
  Positiva è la previsione della facoltà di richiedere comunque un referendum successivo alla riforma, perché la Costituzione italiana è di tutti gli italiani e dunque essi vanno consultati su cambiamenti così importanti, ma se vi sarà la maggioranza dei due terzi, è comunque aperta la possibilità di valutarne l'opportunità affinché questo non sia oggetto di abuso da parte di taluno per fini dilatori o per scorciatoie politiche.
  Poiché i temi della riforma saranno più di uno, per evitare che gli elettori debbano con il referendum prendere o lasciare l'intero pacchetto, correndo il rischio già verificatosi nel 2001, per cui fu travolta anche la riduzione dei parlamentari per respingere la devolution, è opportuno che i vari temi siano, per così dire, spacchettati in più leggi costituzionali, affinché la consultazione popolare possa esprimersi su essi in modo distinto.
  Quanto alla legge elettorale, è positivo aver tolto di mezzo – signor Presidente, le chiedo ancora un minuto – la clausola di salvaguardia, che rischiava di consegnarci un «porcellum» da un lato peggiore, con una mini-riformina, verso l'ingovernabilità o governi di coalizione formati dopo il voto, dall'altro, rischiava anche di essere una sorta di alibi immobilista e di ammissione sin d'ora del rischio che la sua riforma sia abortita.
  C’è chi vorrebbe una legge di due righe che abroghi il «porcellum» e faccia rivivere il «mattarellum»: personalmente è una soluzione che non mi dispiace, con alcune correzioni, come la doppia preferenza di genere, ma nelle condizioni date, nell'attuale composizione del Parlamento e con l'impegno da noi assunto dando la fiducia al Governo Letta, non possiamo ignorare – mentre, sta partendo il processo – la necessità della massima condivisione che in questo momento non ci consente forzature. Ciò non toglie, tuttavia, che è bene aprire anche una discussione nelle competenti Commissioni parlamentari sulle modifiche alla legge elettorale, che è legge ordinaria, perché se le riforme istituzionali si rivelassero ad un certo punto improbabili...

  PRESIDENTE. Onorevole Rubinato, deve concludere.

  SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, sto concludendo... e gli impegni assunti nei confronti degli elettori insinceri, bisogna essere pronti ad intervenire sul «porcellum» con urgenza e a maggioranza in via ordinaria nelle Commissioni prima di andare al voto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà. Chiedo scusa...è iscritto a parlare...

  GENEROSO MELILLA. Signor Presidente, è la seconda volta che mi cambia il sesso, ma per me va benissimo...

  PRESIDENTE. È un mio problema, le chiedo scusa...

  GENEROSO MELILLA. Per me è un piacere essere chiamato anche «Generosa».
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'imminente discussione deve assolvere, oltre che a quello costituzionale, anche a un altro compito, che non dirò lo sovrasta, ma certo gli sta a pari.
  «Essa deve dare conforto a tutti coloro – e sono incommensurabilmente i più tra il popolo italiano – che nell'istituto parlamentare vedono la garanzia maggiore di ogni reggimento democratico; a tutti coloro che, soffrendo in sé di ogni offesa ed ingiuria che venga portata contro il principio rappresentativo e gli istituti nei quali esso storicamente oggi s'incarna, vogliono però a buon diritto, e si attendono, che questi non vengano meno al proprio dovere: che non è solo quello di elaborare testi legislativi e costituzionali, ma anche Pag. 43di essere in tutti i propri membri esempio al Paese di intransigenza morale, di modestia di costumi, di onestà intellettuale, di civica severità, ed ancora, me lo si permetta, di reciproco rispetto, di responsabile ponderatezza negli atti e nelle espressioni, di autocontrollo spirituale ed anche fisico, di sdegnosa rinuncia ad ogni ricerca di facili popolarità pagate a prezzo del decoro e della dignità dell'Assemblea».
  Così Umberto Terracini, Presidente dell'Assemblea costituente, apriva la discussione sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana, il 4 marzo 1947. Sono passati 66 anni da allora e, se la nostra Costituzione resiste nei suoi impianti fondamentali, è perché la missione, di cui parlava Umberto Terracini, è stata ben assolta.
  Se chiedessimo oggi ai cittadini italiani cosa ne pensano della Costituzione, probabilmente ci direbbero che è la più bella Costituzione del mondo e che i problemi dell'Italia non derivano dalla Costituzione, ma dalla sua non attuazione. I principi fondamentali e la parte prima della Costituzione sono ancora in grado di emozionarci e di farci sognare un mondo più giusto e libero. Forse, però, non per tutti è così, visto che la condivisione della Costituzione è stata larghissima nella cosiddetta prima Repubblica da parte di quasi tutti i partiti (allora, c'era l'arco costituzionale).
  Oggi, invece, parti consistenti delle forze politiche sostengono che la nostra Costituzione ha un impianto superato. Su questo dobbiamo intenderci: se qualcuno pensa di utilizzare le modifiche alla parte seconda della Costituzione, cioè l'ordinamento della Repubblica, come cavallo di Troia per cambiare le fondamenta della nostra Costituzione, si sbaglia e sono certo non otterrà sicuramente il consenso dei cittadini. L'articolo 138, che regola la revisione della Costituzione, non può essere stravolto e si fa bene a prevedere un referendum, anche se la legge di revisione costituzionale dovesse essere approvata a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.
  Vorrei introdurre nella nostra discussione un altro tema, che è stato raccolto dall'onorevole Vito del PdL e anche dall'onorevole Bressa del PD. È un tema non secondario per il benessere del Parlamento: la riforma dei Regolamenti delle Camere. Ne ha parlato nell'ultima riunione della Giunta del Regolamento anche la Presidente della Camera, Boldrini. Ritengo importante che il Parlamento proceda, in parallelo con il lavoro di revisione della Costituzione, alla riforma del Regolamento della Camera.
  L'obiettivo è una piena valorizzazione del Parlamento e del suo ruolo nell'ambito del sistema costituzionale e di un raccordo della sua azione con le esigenze della società civile. Vanno razionalizzate le procedure legislative, rendendole più trasparenti, spedite e comprensibili.
  La produzione legislativa del Parlamento dipende ormai quasi esclusivamente dall'iniziativa governativa. Basti pensare che nella XV legislatura ben l'88 per cento delle leggi è stato di emanazione governativa. Soltanto una legge di iniziativa popolare è stata approvata nell'ultima legislatura. Occorre riequilibrare queste esigenze del potere esecutivo con la centralità del Parlamento e, non a caso, il Presidente Napolitano ha concluso i suoi due discorsi di insediamento con le parole: «Viva il Parlamento, viva la Repubblica, viva l'Italia». Non è un caso che ha messo per prime le parole, appunto, «viva il Parlamento».
  Il rilancio del ruolo del Parlamento nel procedimento legislativo passa anche per una rinnovata attenzione alla qualità delle leggi e alla loro semplificazione, per aiutare i cittadini e le imprese.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  GENEROSO MELILLA. Naturalmente, per questi cambiamenti – e concludo – c’è bisogno di una «visione» (Enrico Berlinguer direbbe di pensieri lunghi). Guai a pensare che queste modifiche possono privilegiare interessi di parte o essere assunte con spirito di semplice maggioranza. Purtroppo, è stato così anche con il convitato Pag. 44di pietra di questa discussione, che è stata la legge elettorale vigente.
  Deve prevalere, quindi, una cultura istituzionale di dialogo, di rispetto reciproco, come diceva Umberto Terracini. Solo così potremo fare un lavoro valido e che resista nel tempo, come fecero, in modo ammirabile 66 anni fa, i nostri padri costituenti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà per due minuti.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, bene ci aveva fatto sperare l'annuncio della creazione della Convenzione che avrebbe dovuto fare le riforme, intento esplicitato dal Premier Letta nel suo intervento di insediamento, raccogliendo peraltro gli inviti espliciti del Presidente della Repubblica. Oggi invece sentiamo dire che la priorità sarebbe rappresentata solo dalla modifica della legge elettorale. Noi invece crediamo che prima vada ridisegnata l'architettura dello Stato. Occorre fare le riforme superando il bicameralismo e realizzando il Senato federale. Il programma del Governo in carica nelle parole del Presidente Letta lo prevedeva e ci auguriamo lo preveda ancora. Le relazioni dei saggi nominati dal Presidente Napolitano devono dettare l'agenda al Governo in carica e siamo sicuri che così sarà. Il documento del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali auspicava la trasformazione del Senato in senso regionale. Questa trasformazione del Senato in una Camera di rappresentanza e di tutela degli interessi aggregati territoriali conferirebbe alle regioni la giusta forza contrattuale con lo Stato. Sul terreno della fiscalità i saggi auspicavano la riorganizzazione complessiva delle autonomie regionali con l'obiettivo di elevare le capacità di Governo delle regioni in materia di fiscalità. Il documento dei saggi è esplicito: bisogna ripartire dalla legge sul federalismo fiscale, perché è utile per superare i forti rigurgiti centralisti di fronte alla crisi economico-finanziaria. Il federalismo fiscale – scrivevano i saggi – rafforza la responsabilità delle autonomie territoriali nella gestione dei propri bilanci a partire dalle risorse pubbliche tra tutti i livelli di Governo e tra enti decentrati ispirati a criteri di equità ed efficienza. Per questa ragione – scrivevano – la riforma non va lasciata nel limbo e non deve rimanere lettera morta. Noi naturalmente, perché siamo responsabili, ci auguriamo vivamente di «no». Questa nostra mozione altro non è che un'esortazione decisa ad avviare un processo di riforma non più procrastinabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione della mozione Migliore ed altri n. 1-00054 e una nuova formulazione della mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00059. I relativi testi sono in distribuzione. Avverto che i deputati Marco Fedi, Simona Flavia Malpezzi, Alessandro Bratti, Irene Manzi, Caterina Bini, Fiorella Casellato, Ezio Primo Casati, Manfred Schullian, Umberto D'Ottavio, Maria Luisa Gnecchi, Marco Carra e Maria Amato hanno ritirato la propria firma dalla mozione Giachetti ed altri n. 1-00053.
  Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni. Come previsto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 18 con la replica del Presidente del Consiglio dei ministri, le dichiarazioni di voto e la votazione, che avranno luogo con ripresa televisiva diretta.

  La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 18,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, Pag. 45i deputati Borletti Dell'Acqua e Giancarlo Giorgetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame delle mozioni e delle risoluzioni concernenti l'avvio del percorso delle riforme costituzionali.
  Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si è conclusa la discussione sulle linee generali.
  Ricordo che per la replica del Presidente del Consiglio dei ministri e le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi è prevista la ripresa televisiva diretta.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni e sulle risoluzioni all'ordine del giorno.

  ENRICO LETTA. Presidente del Consiglio dei ministri. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, era il 22 aprile quando eravamo in questa Aula e in questa Aula il 22 aprile ascoltavamo tutti il discorso di insediamento del Presidente della Repubblica appena rieletto, il Presidente Napolitano.
  In quel discorso il Presidente della Repubblica, che era stato rieletto a larga maggioranza da questo Parlamento, esprimeva dei concetti molto forti sulla necessità che il nostro Paese affrontasse il tema delle riforme costituzionali come una delle principali modalità con le quali ridare credibilità alla politica.
  In quel discorso, il Presidente Napolitano richiamava tutti al dovere del linguaggio della verità e oggi, con lo stesso dovere del linguaggio della verità, dobbiamo essere qui a dirci che abbiamo di fronte una grande opportunità, l'opportunità di iniziare un percorso che ci porti a cambiare la nostra Costituzione nelle parti che l'hanno resa oggi non adeguata con lo spirito dei tempi e con la necessità di efficacia, rapidità nelle decisioni, che il nostro sistema richiede.
  Quella discussione, quell'intervento, il 22 aprile, del Presidente della Repubblica è stato un intervento che ha messo tutti noi, ognuno di fronte alle sue responsabilità. E d'altronde ci ricordiamo tutti che dietro a quella discussione c'era stata una profonda crisi delle nostre istituzioni nei giorni in cui qui, in questa Aula, in questo Parlamento, eravamo tutti insieme a cercare una soluzione alla difficoltà nell'individuare, nel trovare, una figura di Presidente della Repubblica largamente condivisa. Quella crisi, quella difficoltà ha portato e ha reso evidente come il nostro sistema avesse bisogno di una discussione attorno alla sua norma principale e soprattutto attorno alla necessità di un suo cambiamento.
  Sono in aiuto, sicuramente, della nostra discussione i risultati del lavoro che le due Commissioni e, in particolare, la Commissione sulle questioni costituzionali che il Presidente della Repubblica nominò i primi giorni di aprile, e i risultati utili, importanti che noi portiamo, sicuramente, come uno degli elementi di maggiore interesse e di maggiore discussione.
  Ma nel frattempo, onorevoli colleghi, quello che è accaduto, in particolare negli ultimi giorni, mi porta qui a ritenere che la nostra discussione si è caricata di ulteriori valori e di ulteriore significato. Domenica e lunedì i cittadini italiani di molte città hanno di nuovo votato: 7 milioni di cittadini chiamati alle urne, molte città, in particolare la capitale del nostro Paese.
  Al di là delle discussioni su chi ha vinto o chi ha perso queste elezioni, sul prossimo secondo turno che ci sarà tra dieci Pag. 46giorni, credo che tutti, tutti gli osservatori sicuramente, ma tutti noi che siamo in quest'Aula, possiamo condividere una stessa valutazione, sia chi è più contento del risultato del voto sia che è meno contento del risultato del voto. Ma questa stessa valutazione la condividiamo e la valutazione è che, quando nella capitale del nostro Paese vota un cittadino su due ed un cittadino su due, un elettore su due, non va a votare, vuol dire che nessuno di noi può essere contento per lo stato di salute della nostra democrazia.
  Il tasso di astensione così elevato, che si è verificato nelle ultime elezioni amministrative, è un campanello d'allarme fortissimo per la discussione che oggi qui comincia e io vorrei partire proprio da qui. Questo campanello d'allarme, ci porta a dire che lo stato della qualità della democrazia di un Paese, nel quale gli elettori in una parte così rilevante decidono di non esprimere il loro diritto al voto, è uno stato di salute che ci deve spingere ad intervenire nel tempo più rapido possibile, sapendo che è a partire da questo intervento che poi tutto il resto delle discussioni sui temi di merito – che dobbiamo affrontare, che stiamo affrontando, che il Parlamento sta affrontando – sono l'immediata conseguenza. Come si fa a pensare che funziona la nostra democrazia, se tanti italiani ritengono di non andare a votare quando hanno il diritto di farlo ?
  Ecco perché oggi questa nostra discussione, che era stata incardinata da diversi giorni, da diverse settimane, assume un'importanza e – permettetemi di usare un termine forse un po’ forte – una drammaticità assolutamente superiore rispetto a quanto potevamo immaginare. Il voto di domenica e lunedì e l'assenza di troppi italiani al voto è la dimostrazione che lo stato di salute della nostra democrazia necessita di interventi che siano interventi definitivi, fondamentali sui temi centrali, altrimenti la lontananza, il distacco, la difficoltà ci porteranno ogni volta qui, certo a dire chi ha vinto e chi ha perso, ma a considerare il fatto che ha perso complessivamente la nostra democrazia.
  Ecco perché, allora, la discussione oggi è così importante ed ecco perché credo sia importante il fatto che un mese dopo il voto di fiducia a questo Governo siamo qui e siamo qui a cercare di fare partire una fase di revisione costituzionale, che è credo una fase di grande rilevanza e di grande importanza, tanto importante che nella richiesta del vostro voto di fiducia questo tema, la riforma della politica, la credibilità delle istituzioni da riformare, era stato indicato tra le tre grandi priorità: insieme al tema dell'Europa e del cambio di linea in Europa, insieme al tema dell'economia e della crescita da far ripartire, il tema della credibilità della politica e delle istituzioni.
  Oggi, giorno nel quale l'Italia esce dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, tra le raccomandazioni della Commissione europea tornano quelle parole che molto spesso sono state usate in questi anni e vengono usate nei confronti un po’ di tutti i Paesi che fanno fatica a crescere: bisogna fare le riforme strutturali. Ma cosa sono le riforme strutturali ? Perché dietro a questa parola troppo spesso si nasconde una cortina fumogena. Cosa sono le riforme strutturali ?
  Io qui vorrei suggerire – a me stesso innanzitutto – che quella che comincia oggi qui è forse la più importante delle riforme strutturali del nostro Paese. Una riforma strutturale che ridia credibilità alle istituzioni, che dia la capacità di decidere e di decidere rapidamente in una logica, la più rappresentativa e qualitativamente forte nel suo significato, sapendo che in un Paese democratico, grande come il nostro l'inefficienza delle istituzioni costa, costa ai cittadini, costa alla competitività del nostro sistema. Se abbiamo istituzioni che non riescono a decidere, se abbiamo troppa burocrazia, se abbiamo meccanismi decisionali che non arrivano nei tempi giusti al loro completamento, questo è uno degli elementi che abbassa il tasso di competitività del nostro sistema Pag. 47ed è uno degli elementi che ci obbliga, ci spinge ad affrontare quindi la questione con la massima urgenza.
  Tanto urgente è la questione che nelle dichiarazioni programmatiche alle quali avete dato la fiducia un mese fa c'era una data, c'era un limite temporale. Questo limite temporale credo sia importante oggi richiamarlo e credo che sia importante che sia richiamato nella mozione della maggioranza. Diciotto mesi, diciotto mesi è il tempo giusto, credo, perché la nostra Costituzione – che noi ovviamente rispettiamo e rispetto alla quale le modifiche che la legge costituzionale che partirà adesso intervengono in modo minimo, ma essenziale per essere più rapidi, più veloci, più efficaci nelle decisioni – ci dice ovviamente che c’è bisogno – essendo una Costituzione rigida – di tempi e questi diciotto mesi sono il giusto compromesso tra la rigidità dell'articolo 138 e la necessità di correre, perché abbiamo bisogno di avere quei cambiamenti intervenuti per poterci consentire di avere istituzioni rinnovate che siano in grado di decidere.
  Diciotto mesi – come vi ricorderete – sono il tempo che il Governo si era dato per considerare la propria missione di spinta, di motore che cerca di far sì che questa riforma delle istituzioni parta e riesca ad andare fino in fondo, sapendo che è una riforma che riguarda il Parlamento, è una riforma che deve trovare nella centralità del Parlamento la sua naturale culla, ha bisogno, però, di un impegno politico. Troppe volte i nostri cittadini si sono sentiti raccontare negli anni e nei decenni scorsi che facevamo, o che le istituzioni e il Parlamento riformava la Costituzione: troppe bicamerali, troppe commissioni, troppe promesse non mantenute. Ecco perché un tempo è il senso della serietà di un impegno che tutti insieme ci prendiamo: diciotto mesi entro i quali bisogna che questo processo sia a compimento, sapendo che questo è processo che passa attraverso la centralità del Parlamento – lo dico, in particolare, nei confronti di coloro che hanno espresso in queste ore, in questi giorni rilievi critici su questo percorso.
  Questo è un percorso, credo, che mette insieme l'esigenza di dare centralità al Parlamento, quella centralità del Parlamento della quale hanno parlato molti che sono intervenuti questa mattina nell'illustrare le mozioni – Riccardo Fraccaro e Stefano Quaranta, in particolare, si sono concentrati su questo punto. Questo percorso che oggi inizia è un percorso che rispetta la centralità del Parlamento, è un percorso che questa centralità del Parlamento non soltanto la rispetta, ma la unisce con la necessità di far sì che la centralità del Parlamento non si coniughi con una lentezza che sarebbe in contrasto con la esigenza che attorno a noi sentiamo così forte. Centralità del Parlamento non soltanto nel fatto che sarà questa Commissione di quaranta componenti delle Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato il motore del percorso riformatore, ma del fatto che ogni parlamentare sarà protagonista e non sarà spogliato del suo diritto-dovere di vigilare e di proporre e sapendo che le due Camere avranno una possibilità, la possibilità di essere anch'esse protagoniste.
  Ma, aggiungo, questo percorso che proponiamo al Parlamento e che è contenuto nelle mozioni della maggioranza, è un percorso che, oltretutto, aggiunge un concetto a mio avviso fondamentale: nella previsione finale – voglio questo esprimerlo soprattutto nei confronti dei cittadini che ci stanno ascoltando e nei confronti dei gruppi parlamentari di opposizione – il fatto che al termine di questo percorso si preveda espressamente la voce dei cittadini, il referendum, che sia in grado quindi di intervenire, di dire la sua, di mettere una clausola finale di legittimazione completa, di un percorso che così mette insieme la centralità del Parlamento, quella spinta forte di scienza giuridica che verrà dalla commissione che il Governo nominerà immediatamente e che, mentre la legge costituzionale farà il suo corso per far nascere la Commissione dei quaranta, sarà in grado di far discutere il meglio – credo e spero – della scienza giuridica che possa rappresentare tutte le correnti culturali del nostro Paese e possa, quindi, far Pag. 48sì che il dibattito attorno alla coerenza del sistema, che dovremmo poi discutere e approvare, sia un dibattito il più culturalmente elevato possibile e, alla fine, il giudizio dei cittadini.
  Alla fine in un percorso – lo voglio dire rispetto a molti degli argomenti che sono stati posti anche qui stamattina: l'intervento di Fraccaro in particolare concentrava la sua attenzione su questo punto – la partecipazione dei cittadini italiani che noi vogliamo ci sia sin dall'inizio del percorso, sin da oggi, sin da domani, attraverso una consultazione pubblica che userà la Rete, una consultazione pubblica fondamentale perché questo percorso sia positivo, sapendo che dovrà essere un percorso che terrà conto innanzitutto dei territori. Bragantini stamani ha citato – credo che sia molto giusto e l'ha ripetuto molte volte – il concetto di sussidiarietà nel metodo e nel merito della discussione che dovremmo fare e la cosa ci vede totalmente d'accordo, sapendo che c’è bisogno con grande forza di sapere che, per l'appunto, la discussione che dobbiamo fare dovrà cercare di toccare tutti gli argomenti che rendono il nostro sistema un sistema che non è in grado di dare risposte, oggi, alla voglia di partecipazione dei cittadini e alla necessità però di dare risposte nei tempi giusti e nei tempi stretti.
  Abbiamo bisogno di dire la parola finale su tante promesse che tutti i partiti politici hanno fatto: la riduzione del numero dei parlamentari innanzitutto, la fine del bicameralismo paritario, del bicameralismo perfetto, due Camere uguali nei loro poteri che hanno però oggi un meccanismo di elezione con legge elettorale che ha creato due maggioranze diverse pur essendoci lo stesso numero di voti, una contraddizione evidente che è uno degli elementi sui quali la nostra attenzione dovrà concentrarsi e l'impegno, come avevo detto nel discorso sul quale il Parlamento ha dato la fiducia, a superare questo bicameralismo paritario e ad arrivare quindi ad un unica Camera che abbia il potere di dare la fiducia al Governo e soprattutto la creazione di quel Senato delle autonomie e delle regioni, di quella Camera delle autonomie e delle regioni, che dia quel protagonismo ai nostri territori, alle autonomie, alla sussidiarietà – citavo prima questa parola – che troppe volte in questi anni ha visto le parti politiche discutere e cambiare la Costituzione troppo spesso gli uni contro gli altri come poi ogni riforma che ha finito per creare, se approvata a maggioranza stretta gli uni contro gli altri, situazioni complesse che oggi siamo chiamati a dover risolvere.
  Ecco perché questo è un percorso così importante e così complesso, ma ecco perché a questo percorso si lega – io credo – la vita di questa stessa legislatura. La vita di una legislatura che è chiamata anche per via di quello che è successo domenica e lunedì – Andrea Mazziotti questa mattina ha insistito molto su questo punto e ha fatto bene perché quello che è successo domenica e lunedì chiama tutti, ognuno di noi, alla sua responsabilità – alla responsabilità di far sì che le scelte le facciamo rapidamente e le facciamo il più possibile insieme.
  Elio Vito e Barbara Pollastrini hanno espresso entrambi un concetto forte, simile, al quale io voglio richiamare il nostro impegno e l'attenzione, credo, di tutti noi: noi dobbiamo fare riforme costituzionali che abbiano la più larga maggioranza possibile. Dobbiamo arrivare a cambiare la legge elettorale finalmente in una logica che sia largamente condivisa. Dobbiamo arrivare a far sì che attorno al tema dei regolamenti parlamentari – materia sulla quale non voglio dire una parola di più, perché è materia prettamente di competenza del Parlamento – si riesca a fare quei cambiamenti che sono necessari perché il nostro sistema anche di approvazione delle norme della decretazione d'urgenza, che ha avuto tanta ipertrofia in questi anni, riesca a trovare i suoi punti di soluzione.
  Insomma, siamo di fronte ad una grande occasione, una grande opportunità. Sentiamo tutti sulle spalle il peso di questa responsabilità, ed è per questo che io credo che dobbiamo partire col piede giusto, senza forzature, sapendo che se Pag. 49vogliamo che queste riforme siano approvate, devono essere approvate con una larga maggioranza, con un largo consenso. E se vogliamo che siano approvate, devono essere approvate insieme e non contro qualcuno. Devono essere approvate non solo dalla maggioranza, ma con un lavoro che coinvolga tutti i gruppi parlamentari, anche e soprattutto i gruppi parlamentari che non sostengono questo Governo, sapendo che ci deve essere una discussione nel Paese attorno a tutto questo, perché se questo non avverrà ci sarà la sensazione che stiamo svolgendo un esercizio che è un esercizio non utile, vuoto, che alla fine non riuscirà a trascinare il consenso dei nostri cittadini, che invece sarà fondamentale.
  Insomma – e vado a terminare – credo che sia essenziale e fondamentale che questo percorso cominci bene, motivo per il quale, nella discussione che noi stiamo facendo e nella discussione sulle mozioni e sul dibattito che c’è stato al Senato e che si è concluso con le votazioni, poco fa, delle diverse mozioni, io inviterò al ritiro – in caso contrario, se non verranno ritirate, darò parere contrario – di quelle mozioni che entrano troppo nel merito di alcune questioni che dovranno essere oggetto poi della discussione, del percorso e della fase di discussione sul cambio delle regole. Mi riferisco alla mozione Giachetti, alla mozione Meloni, alla mozione Nuti. Lo dico perché su molti di quei temi ci sarà bisogno di entrare nel merito dentro tale percorso. Prefigurare una soluzione oggi, sarebbe, credo, un modo che non ci aiuta nella modalità appunto ampia, larga e aperta, con la quale dobbiamo riuscire a discutere e sapendo che attorno alla discussione che le altre mozioni hanno presentato, ci sono alcuni pareri contrari che daremo (il parere contrario alla mozione Migliore, il parere contrario alla mozione Dadone), che sono dei pareri rispetto ai quali il parere contrario è legato ad un'impostazione generale o ad atteggiamenti e posizioni, ma c’è una voglia di discutere nel merito delle cose e di creare una condizione per la quale si possa discutere.
  La Commissione dei quaranta, che avrà a bordo tutti i rappresentanti dei gruppi parlamentari – tutti – è la modalità con la quale vogliamo creare condizioni per discussioni che siano le più largamente partecipate possibile. Devo dire – lo dico al collega Migliore, con tutta la stima e l'amicizia nei suoi confronti – che avrei sinceramente voluto dare un parere diverso rispetto a quello che sono costretto a dare, ma l'annuncio che il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà ha fatto di un voto contrario alla risoluzione che la maggioranza ha presentato, è un annuncio che, confesso, mi ha sorpreso, per il lavoro che abbiamo fatto per far sì che la mozione della maggioranza fosse una mozione che tenesse conto del rispetto del Parlamento, della centralità del Parlamento, dell'attenzione al coinvolgimento dei cittadini con il referendum finale: tutti fatti che saranno dentro il nostro percorso e che io sono convinto che siano una delle caratteristiche che vanno valorizzate di questo lavoro comune che stiamo facendo e che abbiamo fatto.
  La mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00055, è una mozione sulla quale esprimo parere favorevole, ovviamente con un chiarimento che devo fare, nel senso che la citata mozione fa riferimento alle dichiarazioni programmatiche con le quali abbiamo ottenuto il voto di fiducia di queste Camere. Ovviamente, il percorso che da allora si è sviluppato ha fatto sì che oggi arriviamo con una proposta al Parlamento che è una proposta più raffinata di quella rispetto alla quale eravamo partiti, che tiene conto appunto di questo meccanismo. Immediatamente la commissione degli esperti giuridici, che fa partire il Governo, parte perché, nel frattempo, la legge costituzionale deve fare il suo corso per poter far nascere la Commissione dei quaranta. Ma immediatamente questa commissione dei saggi terminerà il suo lavoro nell'arco del tempo necessario per poter consegnare un contributo che sarà un contributo culturale e di scienza giuridica credo importante e poi sarà la Commissione dei quaranta protagonista, e questa Commissione dei quaranta insieme a tutto il Parlamento. Quindi, lo dico, Pag. 50rispetto alla mozione Giorgetti, in questa logica e con questi avvertimenti, il parere è un parere positivo.
  E, ovviamente, poi il parere sarà positivo per la mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00056 e anche favorevole per la risoluzione Alfreider ed altri 6-00011, così come lo è stato anche al Senato rispetto alle richieste che le minoranze linguistiche hanno rivolto. Ritengo assolutamente naturale e importante che questo percorso di riforma della Costituzione, naturalmente, tenga a bordo della fase di discussione i rappresentanti delle minoranze linguistiche del nostro Paese. E, quindi, onorevoli colleghi, è con una certa emozione che sono a sottolineare quanto la giornata di oggi sia una giornata che io spero un giorno ricorderemo come una giornata nella quale è partito un processo che ha finalmente dato quella risposta di riforma della politica e delle istituzioni del nostro Paese, che da tempo i cittadini chiedono. È un compito al quale siamo tutti chiamati. Questo compito sono convinto che riusciremo a soddisfarlo. Sono convinto soprattutto che riusciremo a dare le risposte di cui c’è bisogno e sono convinto che, grazie anche a questo lavoro, che tutti insieme faremo, la politica italiana, la politica nel nostro Paese, tornerà ad assumere una maggiore credibilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie).

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghese. Ne ha facoltà, per tre minuti.

  MARIO BORGHESE. Signora Presidente, onorevoli colleghi della Camera, signor Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, il tema della riforma costituzionale è particolarmente importante per il MAIE, movimento politico nato per difendere e rappresentare i diritti dei nostri connazionali che risiedono all'estero e che costituiscono oggi, con una comunità di circa 60 milioni di ambasciatori in tutto il mondo, una grande opportunità culturale, economica e commerciale per la nostra amata Repubblica italiana.
  Con riguardo alla forma di governo, il MAIE è favorevole ad attuare un sistema semipresidenzialista alla francese. Una situazione di grande incertezza politica come la nostra, ha gravi ripercussioni sulla società civile e sui mercati economici e finanziari nazionali e internazionali. Noi del MAIE crediamo che il semipresidenzialismo possa garantire una maggiore stabilità all'Esecutivo del nostro Paese, grazie all'elezione diretta del Presidente della Repubblica.
  In merito alla riforma elettorale, vogliamo evidenziare la necessità di una riforma della metodologia del voto all'estero. Sebbene, infatti, il voto all'estero non sia affetto da quello che ormai viene considerato da tutti il vizio dell'attuale legge elettorale (listini bloccati con nomine calate dall'alto) in quanto per noi vige il sistema delle preferenze, siamo consapevoli che esso possa e debba essere migliorato. Crediamo che l'introduzione dell'intenzione di voto che permetta la formazione automatica di un corpo elettorale più limitato, ma realmente interessato a votare, insieme con il voto presso il consolato, possano definitivamente garantire la totale efficacia del procedimento elettivo.
  Consideriamo necessaria la riduzione del numero dei parlamentari e condividiamo l'esigenza di superare il bicameralismo perfetto, ma al tempo stesso crediamo che debba essere considerata la questione dell'evidente sottorappresentatività degli italiani all'estero. Nella circoscrizione estero votano più di quattro milioni di connazionali, pari al 10 per cento dell'elettorato ma i parlamentari eletti all'estero sono solo diciotto. Noi parlamentari del MAIE auspichiamo che in sede di riforme si tenga presente questa Pag. 51circostanza e che quindi i rappresentanti degli italiani all'estero siano almeno confermati nel numero attuale.
  A nome del MAIE esprimo il nostro sostegno alla mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00056 e confermo il nostro impegno a collaborare con gli altri partiti per il necessario e non più prorogabile adeguamento dell'assetto politico e istituzionale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Di Lello. Ne ha facoltà per tre minuti.

  MARCO DI LELLO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Presidente del Consiglio, siamo all'esito di un dibattito che onora, ma credo soprattutto responsabilizza, quest'Aula. A 65 anni di distanza, tanti interventi tampone – abbiamo contato sedici modifiche costituzionali negli ultimi cinquant'anni – hanno fatto della nostra carta costituzionale una sorta di patchwork multicolore. L'Italia di oggi, lo diceva lei prima, Presidente Letta, è molto diversa da quella dei nostri costituenti, perciò è giusto sottolineare la necessità di un abito nuovo. Fatti salvi dunque i principi sulla forma di Governo e sulle diverse opzioni istituzionali, credo che potremo innovare tenendo conto delle esperienze più avanzate nei Paesi simili al nostro.
  Non c’è più l'Italia di Calamandrei, quella degli italiani morti per riscattarne la libertà e la dignità, ma restano intatti quei valori ispiratori della nostra Costituzione. Condiviso allora l'obiettivo, il Parlamento è oggi chiamato a scegliere lo strumento. La Costituzione già prevede un percorso all'articolo 138. Noi socialisti riteniamo che il percorso migliore preveda invece l'adozione di un'Assemblea costituente di cento parlamentari eletti con metodo proporzionale, con costi ripartiti sui bilanci attuali delle due Camere. La riteniamo la soluzione migliore perché è la più rappresentativa – non dimentichiamo che questo Parlamento è stato eletto con premio di maggioranza ed un'alta astensione – e dunque la più autorevole, anche perché eletta dai cittadini per svolgere solo questo compito.
  Nel merito, noi proponiamo di assumere una forma semipresidenziale sul modello francese e il superamento del bicameralismo perfetto, con una Camera dei deputati composta da 500 deputati, oltre agli otto deputati da eleggere all'estero, e un Senato delle regioni.
  Rifuggano, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi di questo Parlamento, da scelte dettate da mere esigenze di costi: l'abolizione delle province, la riduzione dei parlamentari, l'eliminazione di organi costituzionali, non possono e non devono essere assunte in questa logica, perché il passo successivo, onorevole Presidente, rischierebbe di essere la soppressione anche di questo Parlamento. La democrazia non è e non può essere considerata un costo. Su questo terreno trovereste la nostra fortissima ed intransigente opposizione, sessantotto anni dopo, facendo nostre le parole di Calamandrei. Ma siamo certi, onorevole Presidente, che lei condivide e farà proprie queste nostre preoccupazioni.
  Noi non mancheremo di dare il nostro contributo e dunque, pur mantenendo le perplessità sullo strumento della Commissione proposta dalla mozione di maggioranza, anche dopo le sue parole, appena ascoltate, tenendo fede all'impegno assunto, i deputati e la deputata socialista non faranno mancare il voto favorevole alla proposta di maggioranza (Applausi di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Schullian. Ne ha facoltà per quattro minuti.

  MANFRED SCHULLIAN. Signor Presidente, egregio Presidente del Consiglio, egregi Ministri, cari colleghe e colleghi, visto il parere positivo sulla risoluzione presentata questa mattina dalla nostra componente per le minoranze linguistiche, esprimeremo il nostro voto favorevole alla Pag. 52mozione di maggioranza, pur ritenendo non soltanto inusuale, ma anche improprio il ricorso ad un disegno di legge costituzionale da approvare a norma dell'articolo 138 della nostra Costituzione, per modificare, al solo fine di approvare questa riforma, le procedure previste per la revisione costituzionale vera e propria ed evitare, e sembra assurdo, i meccanismi di cui allo stesso articolo 138.
  Comunque, il senso di responsabilità che nutriamo per la collettività ci impone di esprimere il nostro voto favorevole, anche se condizionato dalle perplessità espresse.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

  PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ci sono diversi modi per affrontare un dibattito importante come questo: un modo è rintracciabile nella cospicua letteratura che i resoconti stenografici sulle riforme costituzionali hanno composto nel corso delle legislature. Per chi guarda alle ricorrenze lessicali, la cifra caratterizzante questi dibattiti, è data dalla definizione di «legislatura costituente». Io suggerirei, onorevole Presidente del Consiglio, non per un gesto scaramantico, di non cedere alla tentazione di definire così questa legislatura. E non solo perché l'azione costituente appartiene ad un'Assemblea vocata a questo scopo ed eletta da tutto il corpo elettorale, come avvenne nella storica Assemblea del 1946, ma perché io credo che noi dobbiamo abituarci a maneggiare con cura le parole, cercando di non consumarne il significato a furia di ripeterle vanamente.
  Dunque, cerchiamo di definire il nostro lavoro per quello che dovrà essere: una onesta manutenzione evolutiva delle istituzioni, da compiere avendo a riferimento i principi fondamentali che ispirano la prima parte della Costituzione e da completare con alcuni interventi che, pur non avendo formale natura di riforme costituzionali, hanno però una sostanziale rilevanza costituzionale. Parlo, naturalmente, della riforma dei Regolamenti parlamentari, della riforma elettorale e, accanto a questi fondamentali profili, collocherei anche dei corollari inevitabili: pensiamo, ad esempio, alla regolazione giuridica della forma partito e la disciplina delle lobby, questioni intimamente connesse ad un impianto evolutivo della forma della politica.
  È chiaro, allora, che l'epicentro di questa ambiziosa opera di riforma non potrà non essere – mi ha fatto piacere che lei lo abbia detto più di una volta, sia in apertura che in replica, signor Presidente – il Parlamento. In primo luogo, perché lo dice la Costituzione, quando fissa con l'articolo 138 le procedure per la riforma. Ma prima ancora che per la lettura della Costituzione, il Parlamento è chiamato in causa per la logica del processo riformatore, il cambiamento delle regole del gioco, che non può essere devoluto solo alla maggioranza, ancorché larga, a sostegno del Governo, ma deve rappresentare un terreno di confronto condiviso da tutti gli attori presenti in Parlamento.
  E, allora, resta da domandarci quale possa essere il modo più giusto per andare avanti nel necessario processo delle riforme. Storicamente, si è proceduto – è stato ricordato – attraverso tre modalità. La prima, l'abbiamo evocata, è la Costituente; la seconda, anche questa sperimentata, è la via normale dell'articolo 138; la terza via è quella sperimentata con le Commissioni bicamerali, consacrate, come nel caso della De Mita-Iotti e della D'Alema, da una legge costituzionale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PINO PISICCHIO. La via scelta con la nostra mozione è quest'ultima, e mi avvio a conclusione: una bicamerale rafforzata. Si è, dunque, deciso di devolvere al Governo l'onere di formulare la proposta del disegno di legge. Le Camere avrebbero potuto scegliere un diverso atto di indirizzo, ma si è deciso diversamente e questo ha rappresentato una scelta onerosa per il Governo, che continuerà ad esistere Pag. 53solo se il processo delle riforme andrà avanti. Comprendiamo – e concludo – l'importanza di questa scelta politica e per questo dichiariamo, come Centro Democratico, il nostro voto favorevole alla mozione da noi sottoscritta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà, per massimo dieci minuti.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, Presidente Letta, lei ci ha ricordato un momento importante di questo avvio di legislatura, ci ha ricordato l'elezione del Presidente della Repubblica che, indubbiamente, in un contesto di eccezionalità, aveva come logica e necessaria premessa la volontà del Parlamento, perlomeno di chi si apprestava a formare poi la maggioranza, di dare vita ad una stagione che desse risposte, non solo ai problemi economici che certamente le famiglie italiane, e la nazione nel complesso, affrontano, ma desse risposta, anche, ad un bisogno di ammodernamento e riforma sostanziale della Carta costituzionale. Su questo non solo siamo d'accordo ma, anzi, preannunzio sin d'ora che vorremmo di più, per cui ci asterremo sulla mozione principale su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Vorremmo di più; ci saremmo aspettati molto di più da questo dibattito di oggi, perché, vede, Presidente, è lei che ci dice che siamo in un momento in cui ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità e anche lei ha partecipato al dibattito nei mesi e nelle settimane scorse quando si è evocata la possibilità di una Assemblea costituente, poi si è parlato di una legge costituzionale che accelerasse al massimo i tempi per la riforma, magari abolendo o ravvicinando le quattro letture oggi necessarie per procedere, secondo l'articolo 138, alla riforma della Costituzione.
  Non vorremmo che da questa montagna di attese, oggi, partorisse un topolino, cioè soltanto un accordo tecnico e burocratico su come procedere per fare, anziché due Commissioni, un'unica Commissione, che è già qualcosa, ecco perché non votiamo contro, che accelera un pochino i tempi, ma ci saremmo aspettati che in una così importante ed unica occasione – per la prima volta c’è un Governo che vede insieme, per motivi di eccezionalità, partiti che pure non solo si sono contrapposti fino a ieri, avanti ieri e fra qualche giorno, nelle elezioni amministrative si contrapporranno – in un'occasione così favorevole per le riforme costituzionali come non si è mai vista, ci saremmo aspettati dicevo che, accanto alle modeste modifiche di procedura su come non perdere tempo, e il risparmio non è eccessivo, si immaginasse di dare un indirizzo, non dico nel merito, ma almeno nei principi portanti sui quali occorre mettere mano. Ci saremmo cioè aspettati e ci aspettiamo, e lo abbiamo scritto nella nostra mozione, che si incominciasse a dire che, comunque, quando si parla di legge elettorale bisogna riformarla immediatamente o subito dopo le riforme; se la vogliamo riformare dopo le riforme intanto facciamo una norma di salvaguardia. La norma di salvaguardia a prima firma Giorgia Meloni che, per la verità, nella scorsa legislatura avevamo presentato e che se fosse stata votata avrebbe dato all'Italia una maggioranza certa con i risultati elettorali che abbiamo avuto, invece è completamente assente dalla vostra mozione.
  Vogliamo dire che occorre, comunque, una norma di salvaguardia che lavorando sull'esistente dia un premio di maggioranza solo quando si supera una certa soglia, non alta, perché per noi la governabilità è importante, ma una certa soglia fissata ? Lo vogliamo dire ? Vogliamo dire che il premio di maggioranza al Senato deve essere uguale nelle modalità, quando la Costituzione lo consenta, a quello della Camera, in modo da evitare il rischio, alto, di due maggioranze diverse ? Vogliamo dire che i cittadini sono stanchi di eleggere persone che hanno scelto le segreterie dei partiti, e vogliono poterle scegliere loro ? Vogliono poterli scegliere loro, i loro rappresentanti ! Pag. 54Ci voleva tanto coraggio a scrivere questa cosa, in questa mozione ?
  Per quanto riguarda i principi: vogliamo fare uno sforzo innovativo ? Vogliamo dire che ci sono dei principi che vanno aggiunti a quelli sacrosanti che nell'immediato dopoguerra i padri della Costituzione misero nella nostra Carta ? Per esempio, che ne pensa il Presidente del Consiglio di inserire nella Carta costituzionale un limite, un tetto, al prelievo fiscale e tributario, cioè dire che le famiglie – mi riferisco al PIL, nel complesso – non possono pagare più tasse di quanto sia umanamente sopportabile ? Noi abbiamo proposto il 40 per cento del PIL come tassazione complessiva. Vogliamo mettere un limite per invertire il concetto ? Cioè, non bisogna prima vedere quanto ci costa lo Stato e in base a ciò mettere le tasse, ma vediamo quanto possiamo pagare di tasse e facciamo costare lo Stato in base alle possibilità concrete di pagare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Questo non ci sembra un principio per il quale si potesse litigare.
  Inoltre, vorrei avere il parere del Governo su un principio di equità generazionale, che già in parte c’è, ma lo vogliamo scrivere in Costituzione che non si può mettere a carico delle future generazioni ciò che oggi è sulle spalle delle attuali ? Faccio un esempio, così si capisce bene: chi oggi riceve una pensione con il sistema retributivo l'ha caricata sulle future generazioni; vogliamo scrivere che questo non sarà più possibile in futuro ? Lo vogliamo mettere ? Non è un principio rivoluzionario, è una cosa di buonsenso ! Ancora, potrei chiederle che il diritto di elettorato passivo ci sia non solo per chi ha quarant'anni, al Senato, o venticinque, alla Camera, ma ad un livello più ragionevole; noi proponiamo addirittura al compimento della maggiore età.
  Ancora, immaginiamo la previsione di una disciplina che, pur rimanendo l'articolo 67 della Costituzione, limiti almeno lo sconcio del ribaltonismo, che in questi anni ha tradito sistematicamente la volontà popolare, compreso nell'ultima legislatura. Non c'era bisogno, signor Presidente, di un grande coraggio, anche perché, queste cose noi le abbiamo messe in premessa. Quindi, la invito a rivedere il suo giudizio, perché nell'impegno al Governo non ci siamo discostati da quello che dite voi, ma sono almeno le premesse, cioè quello che si desidera. Quindi, non ho compreso il suo giudizio negativo sulla nostra mozione, atteso che nella parte impegnativa vi è, al 90 per cento la stessa cosa.
  In cosa ci differenziano ? Diciamo che non c’è bisogno di aspettare troppo tempo per capire se questo percorso cammina. Non vogliamo aspettare settembre, ottobre, novembre: o questo percorso straordinario, entro giugno, il Governo è in grado di garantirlo, assicurarlo, renderlo concreto, o trascorsi inutilmente i prossimi mesi – volete spostarlo a luglio ? Spostiamolo a luglio –, che facciamo ? Ricominciamo da capo con l'articolo 138 ? Vi è un testo votato nella scorsa legislatura da un ramo del Parlamento – non pretendo che sia il testo voluto da tutti, perché fu votato a maggioranza –, è un testo che se fosse stato votato anche alla Camera avrebbe consentito agli italiani di eleggere direttamente il Capo del Governo, il Capo dello Stato, avrebbe evitato quella manfrina che è seguita alle elezioni, in cui non si sapeva chi avrebbe governato o chi avrebbe potuto governare, avrebbe persino evitato questo, pur lodevole, vostro sforzo di un Governo di «ammucchiata», pardon, di larghe intese, ma che, insomma, nella vulgata è in quel modo.
  Ed allora, noi vi diciamo o entro luglio siete in grado di farlo partire questo progetto per cui vi diamo la nostra astensione, o ripartiamo da quel testo, che dà agli italiani immediatamente il diritto di eleggere un Presidente, evita Governi innaturali di larghe intese, consente di rifare la Costituzione facendola passare, questo sì, in ogni caso, poi, al vaglio dei cittadini, che devono restare sovrani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà, per 10 minuti, massimo.

  GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, Signor Presidente del Consiglio, domenica scorsa a Roma hanno votato, come lei ha ricordato, il 50 per cento degli elettori, un elettore su due. Hanno votato con un sistema elettorale che prevede l'elezione diretta del sindaco, che prevede le preferenze, la scelta degli eletti non con le segreterie, ma per mezzo degli elettori, con una grande quantità di candidati uomini e donne, preferenza di genere. Ciò nonostante è andato a votare un elettore su due. Quindi, io penso che nella discussione di tanti che ho sentito dire che la colpa è della legge elettorale sia fuorviante, sia il richiamo a un capro espiatorio. La verità vera è che la politica, tutti noi non siamo in grado di dare delle risposte ai problemi dei cittadini, ai problemi delle famiglie, non siamo in grado di rispondere, e di risolvere i loro problemi. E i problemi delle famiglie sono i problemi del lavoro che non c’è, che non c’è per i giovani e non c’è anche, magari, per quelli che hanno cinquant'anni che escono dal mondo del lavoro e non sanno veramente dove sbattere la testa.
  Le nostre imprese chiudono e vanno all'estero e non vanno semplicemente, che so io, in Est Europa, in Asia e chissà dove, no ! Valicano il confine, vanno in Svizzera, vanno in Slovenia, vanno in Austria, Paesi che sono nell'Unione Europea come l'Italia, ma che evidentemente, nonostante le regole europee, offrono condizioni migliori per poter fare impresa e creare impresa.
  Le famiglie non arrivano alla fine del mese, magari qualcuna non arriva nemmeno alla terza settimana, questa è la realtà. E i cittadini vedono lo Stato e tutto quello che assomiglia allo Stato come una palla al piede, non semplicemente gli imprenditori, ma a questo punto anche i lavoratori, che quando hanno bisogno di difendere la loro azienda, anche la loro azienda, non trovano uno Stato in grado di farsi rispettare e fare rispettare quelli che sono i loro diritti.
  Tutto ciò si risolve con le riforme istituzionali, cambiando la legge elettorale ? Certo, questa è una condizione necessaria, ma non è la condizione sufficiente. Noi possiamo anche cambiare la forma, ma se non cambiamo il contenuto, e quindi in qualche modo non cambiamo noi stessi, credo che queste risposte non arriveranno.
  Abbiamo fatto tante false partenze sul tema delle riforme, tante Commissioni bicamerali, tante riforme e, in particolare, la riforma che è stata approvata nel 2005-2006, che è stata poi bocciata da un referendum disgraziato, e che avrebbe già oggi in qualche modo dato un Parlamento snello, con il numero dei parlamentari dimezzati e la possibilità di decidere in tempi rapidi con efficienza decisionale, però si chiamava devolution, si chiamava devoluzione, aveva il vizio che in qualche modo era stata portata avanti, proposta dalla Lega Nord.
  Quell'errore deve essere rimediato. Noi abbiamo ascoltato il suo discorso in occasione della fiducia e abbiamo apprezzato la parte, che abbiamo puntualmente richiamato nella nostra mozione, che faceva riferimento alle riforme, e quel voto contrario, naturale alla fiducia, si è tradotto in astensione proprio per questo motivo. Astensione, che vorrei precisare meglio oggi.
  Qualcuno, qualche giorno fa, il presidente di Confindustria, ha detto che il nord è sull'orlo del baratro, noi l'abbiamo capito da un po’ di tempo che il nord è sull'orlo del baratro e se si spegne la luce al nord è notte fonda per tutti, a cominciare da Roma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). E non è che aspettando che passi la nottata poi la luce torna naturalmente, questo deve essere chiaro, come molti magari pensano ancora qui. C’è un po’ di delusione oggi, lei, motivando il giudizio sulla nostra mozione, ha detto che nel corso di questi giorni, di queste settimane si è raffinata la proposta da parte della maggioranza e Pag. 56anche del Governo. Io penso che qualche, magari, piccolo passo indietro si è fatto, onestamente devo dire che l'evitare accuratamente di entrare nelle questioni di merito e concentrarsi sulle questioni di metodo evita in qualche modo di scontrarsi con i problemi di una maggioranza così variegata, ma il passare dall'ambizione di una Convenzione ampia che coinvolgesse anche, diciamo così, la società civile a un comitato di 40, non lo si chiama neanche più Commissione bicamerale, ma io capisco naturalmente per scopi scaramantici, evita di richiamare la mozione della maggioranza esperienze sfortunate del passato, e quindi siamo passati al comitato, ecco mi sembra un passo indietro.
  E anche per quanto riguarda i tempi, il partire da subito 18 mesi di un mese fa, oggi mi sembra che siano 18 mesi a partire da non so quando: rinegozio quella scadenza, a partire da 18 mesi da oggi. Lei ha detto che forse un giorno si ricorderà del 29 maggio 2013; io vorrei ricordare il 29 novembre 2014 come una data conclusiva, importante e di cambiamento.
  La necessità della grande riforma, delle grandi ambizioni, che lei aveva richiamato in occasione del dibattito sulla fiducia, si è subito scontrata con i pericoli che lei stesso in qualche modo paventava: il dibattito politico contingente. Il dibattito politico contingente ha escluso – lo ribadisco – le grandi questioni di metodo dalla discussione di oggi; e richiamo soprattutto una questione, signor Presidente: lo svuotamento progressivo della sovranità di questo Parlamento a beneficio dell'Europa. Non ne ha parlato nessuno, ma se andiamo a riscrivere la Costituzione, dovremmo in qualche modo tenere in considerazione il fatto che in tutti questi anni abbiamo approvato, nel disinteresse complessivo del Parlamento, Camera e Senato, trattati fondamentali per la vita delle imprese, delle famiglie e dei cittadini. Forse l'unica riforma che recepisce l'ordinamento europeo, quella dell'articolo 81, che è stata approvata in Aula con la procedura di revisione costituzionale, è anch'essa passata forse con leggerezza: non dico superficialità, ma non col dovuto e necessario approfondimento. Ora finalmente, penso, quel tipo di riforme, che surrettiziamente sono passate dall'Europa, dovranno essere ricomprese della nuova Carta costituzionale; e finalmente il popolo, con un referendum che voi avete, in qualche modo, messo lì a chiusura di questo percorso, sarà chiamato anche a esprimersi su ciò.
  Signor Presidente del Consiglio, le promesse che lei ha fatto un mese fa non si sono raffinate; penso che complessivamente si sono impoverite. In qualche caso – faccio riferimento ad esempio all'IMU – si sono tradotte in un mero rinvio. Non credo quindi che ci siano passi in avanti. Le voglio però anche dire che la larga maggioranza, che tutti invocano sulle riforme costituzionali, è sicuramente una buona cosa. Ma è una buona cosa, come ci insegna l'esperienza del 1946, se è sorretta da grandi idealismi, da grandi idealità, se non è la ricerca di un compromesso al ribasso, un minimo risultato tanto per rispondere ai richiami magari del Presidente della Repubblica.
  Qui, a differenza del tema economico, non servono i soldi: non abbiamo il problema della signora Merkel, o del debito pubblico ereditato che rappresenta una zavorra che impedisce di fare le cose che chiedono la gente, le famiglie, le imprese. Noi abbiamo presentato una mozione, che in qualche modo cerca di avere una grande ambizione, ricca di tutte le idealità che la Lega Nord nel corso di questi anni ha portato nel dibattito sulle riforme: il federalismo, in tutte le sue varie declinazioni, compresa l'ultima, del federalismo fiscale.
  Signor Presidente del Consiglio, lei, parlando di riforme, non ha la zavorra – lo ribadisco - del debito pregresso. Ha una piccola grande zavorra, quella rappresentata dai partiti che la sostengono, e dall'esigenza di avere comunque una maggioranza che mandi avanti questo Governo. Le voglio dire: si liberi in qualche modo da questa zavorra, non guardi a destra e a sinistra, ma guardi avanti. Se così farà, la Pag. 57Lega raccoglierà la sfida (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 19,02).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà, massimo dieci minuti.

  GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghi e colleghe, signor Presidente del Consiglio, signori e signore Ministri, non è né tempo né materia per parole scarlatte ed è per questo motivo che nella nostra dichiarazione di voto, quella che intendo riferire a nome del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, misurerò le parole in quanto ritengo sia assolutamente necessario accostarsi al tema della riforma della nostra Carta fondamentale con il rispetto dovuto a questa legge che sostiene l'impalcatura della nostra comunità.
  Potrei iniziare dicendo che abbiamo un compito che è quello di definire quale sia la posta in gioco, lei è partito giustamente da un richiamo e da un riferimento alle elezioni che si sono appena celebrate ricordando il fatto che vi sia stato un larghissimo astensionismo e qui, lo diceva anche il collega Giancarlo Giorgetti, non si trattava certamente di leggi che impedivano ai cittadini di scegliere. C’è qualcosa di più profondo che in questo momento sta scuotendo la coscienza – e io credo che lei ne sia consapevole come i suoi colleghi di Governo – di tante cittadine e tanti cittadini. Intendo dire che la democrazia è ricca se si possono prevedere alternative e il fatto che vi possa essere in questo momento una condizione che viene presupposta da un Governo come il vostro rende inevitabilmente non tanto il tema della responsabilità, quando il tema della possibilità di scegliere altro, un'incombenza troppo pesante per uomini e donne che in questo Paese sentono riecheggiare un'altra frase che viene da un'altra prestigiosa istituzione europea, cioè l'innesco di quel pilota automatico che il Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha detto in una sede che probabilmente doveva essere messa immediatamente in discussione.
  Noi proprio nel giorno in cui stiamo uscendo dalla procedura di infrazione pensiamo che si debba, proprio per questo e a maggior ragione, non essere solo degli obbedienti scolari ma usare questo tempo per rimettere in discussione quelle regole che hanno portato il nostro Paese a vincoli che li privano della possibilità di intervenire con risorse certe sulle urgenze del Paese che io qui voglio richiamare perché importanti: gli esodati, le questioni legate ai precari della pubblica amministrazione, le risorse per coprire la cassa integrazione.
  Noi abbiamo in questo senso il dovere della sobrietà nelle istituzioni e io penso che la posta in gioco – anche questo è il motivo per il quale noi non voteremo a favore e voteremo contro la mozione presentata dalla maggioranza – che viene messa in questo momento in campo è di natura più profonda rispetto ai molti ed apprezzabili elementi che contraddistinguono questa procedura che il Governo intende seguire, in ottemperanza a questa mozione, e che hanno recepito – noi lo sappiamo perché abbiamo cercato anche di contribuirvi – alcuni degli elementi fondamentali quali innanzitutto la centralità del Parlamento e il rispetto delle prerogative dei cittadini e delle cittadine in vigenza di un Parlamento eletto con una legge elettorale con un abnorme premio di maggioranza.
  Diceva Terracini che è necessario dialogo e rispetto reciproco e io le assicuro Pag. 58che pur non sentendomi in questo momento pregiudizialmente in opposizione, lavorerò e lavoreremo all'interno di questo iter di revisione costituzionale perché per quanto ci riguarda non è semplicemente un auspicio quello della conquista di larghe maggioranze, ma è la sanzione della natura pattizia con la quale si è fondata questa Costituzione e il Governo democratico e parlamentare è stato più volte richiamato anche dalla Corte costituzionale, come nella sentenza n. 496 del 2000.
  Questa natura parlamentare e pattizia, per quanto ci riguarda, è fondamentale, ma la posta in gioco, lei lo sa, e, in questo, io colgo l'ambiguità dell'impresa – mi si lasci usare questo termine senza un giudizio di valore – è che ci sono due ispirazioni alla base di questo tentativo di riforma, revisione o riscrittura. Lei si è lasciato anche andare, a un certo punto, all'uso del termine processo costituente, e noi apprezziamo il fatto che lei non abbia più riparlato di processo costituente, ma intendo l'ambiguità – ed è il motivo per il quale noi abbiamo una preoccupazione rispetto anche ai temi che vengono illustrati, a partire dalla forma di Governo – all'interno della mozione che, da una parte, prevede di riscrivere una fase storica, che è il motivo per il quale il centrodestra nel corso degli ultimi vent'anni ha avanzato la proposta di riforma, e, dall'altra, la necessità che noi sentiamo, altrettanto urgente, di revisionare questa Costituzione, nell'ambito del mantenimento dell'impianto, dei valori e della qualità profonda di questa Costituzione. C’è questa ambiguità – sarebbe sbagliato non riconoscerlo – e, su questo terreno, noi dovremo assolutamente agire.
  Per questo, a chi mi chiedeva, anche un esponente autorevole di questo Parlamento, se io sono contrario al presidenzialismo e se, in realtà, non mi renda conto dell'importanza che, in questo momento, ha una funzione che forse mai ha avuto il Presidente della Repubblica, io gli devo una risposta e la risposta è che sì, il Presidente della Repubblica per noi è una funzione di garanzia irrinunciabile e il nostro «no» al presidenzialismo rappresenta la fondamentale esigenza di contrapposizione a progetti che, invece, vengono qui richiamati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Noi siamo stati contenti che, nel percorso che viene indicato, si abbia il rispetto dell'articolo 138, che ognuno di noi sa che è stato introdotto all'interno della Costituzione proprio nel Titolo relativo alle garanzie costituzionali perché, a queste garanzie, ciascuno di noi deve fare riferimento. La prima di queste – e apprezzo la sede referente e non quella redigente – è l'uguaglianza dei parlamentari, oltre che il ricorso al referendum per materie omogenee, per rafforzare in questo senso l'articolo 138.
  Noi pensiamo che però – e concludo – ci sia una prevalenza in questo momento della necessità di intervenire sulla legge elettorale e siamo a favore della mozione Giachetti, di cui io sono anche firmatario, perché questa può entrare decisamente all'interno di quest'Aula con il titolo che le compete, non la manutenzione dell'attuale legge elettorale, ma una sua cancellazione come risarcimento rispetto ad un elettorato che ha dovuto subire tre volte una pessima legge, come quella che è stata denominata «Porcellum» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Io mi appello anche al MoVimento 5 Stelle in questo senso, che ha presentato una proposta di legge – lasciatemelo dire – identica a quella che qui è stata raccontata da Ignazio La Russa, non me ne voglia il collega La Russa.
  Noi abbiamo bisogno in questo momento di rompere con questa legge elettorale, di dare un segno di cambiamento e di avere, in questo senso, la capacità di restituire ai cittadini un rapporto che altrimenti verrebbe negato e che non viene garantito da piccole riforme di aggiustamento.
  Vede – e concludo davvero – noi non siamo una generazione che si può autoassolvere, cercando di fare i padri costituenti, noi dobbiamo accostarci con rispetto a questa Carta costituzionale e con competenza – a tal proposito, voglio ricordare Pag. 59che un partigiano, come Don Andrea Gallo, se n’è andato salutando il mondo, portando con sé i suoi due libri, la Bibbia e la Costituzione – perché lo dobbiamo ai tanti che per noi quella Costituzione l'hanno scritta con le parole e con i comportamenti e, rispetto ai quali, noi ci sentiamo per sempre debitori (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Balduzzi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  RENATO BALDUZZI. Grazie Presidente. Signor Presidente del Consiglio, i precedenti non sono incoraggianti. Anche il dossier che puntualmente il Servizio Studi della Camera ha preparato lo conferma. In particolare, non sembra che l'attenzione al metodo delle riforme costituzionali, nel senso di andare ad individuare un organismo derogatorio rispetto alla procedura dell'articolo 138, abbia portato fortuna, dalla Commissione Bozzi alla Commissione De Mita-Iotti, al Comitato Speroni, alla Commissione D'Alema. Credo che, per contro, sia facilmente dimostrabile che invece, sempre nello stesso arco temporale, con le procedure dell'articolo 138 sono state fatte revisioni costituzionali anche importanti, dal semestre bianco alla disciplina dei reati ministeriali, dai procedimenti di concessione di amnistia e indulto alla forma di Governo regionale e all'autonomia statutaria, dal voto degli italiani all'estero al Titolo V, alla parità tra i sessi, al pareggio di bilancio, al divieto assoluto della pena di morte e così via. In fondo, anche la maxi riforma che poi venne bocciata dal referendum costituzionale del 2006 era stata approvata con un procedimento ordinario.
  Stare dentro l'articolo 138 dunque non solo non è di ostacolo, ma aiuta ed è per questo, per questo motivo, il primo motivo, signor Presidente del Consiglio, che Scelta Civica ha condiviso il contenuto della mozione Speranza e altri, in quanto, modificando alcune impostazione iniziali, il testo finale della mozione, anche grazie all'apporto dei nostri presidenti di gruppo, è rimasto sostanzialmente nel solco dell'articolo 138 e mi auguro che il disegno di legge costituzionale che il Governo presenterà possa contenere un rafforzamento di tali garanzie. La legittimità costituzionale di una deroga all'articolo 138 è infatti strettamente collegata alla circostanza che la deroga comporti un aumento e non una diminuzione delle garanzie, dove la garanzia della rigidità costituzionale non è mai in contrasto con il principio di efficienza, non deve essere mai in contrasto.
  Non è un caso tra l'altro – mi si permetta una qualche deformazione professionale – che l'unico professore di diritto costituzionale che era presente tra il saggi del Comitato istituzionale scelto dalla Presidente Napolitano, abbia, in dissenso con gli altri componenti, rimarcato l'importanza di questa valutazione.
  Né il mio richiamo al principio di rigidità costituzionale deve far pensare a una sorta di conservatorismo costituzionale inteso in senso deteriore. La rigidità della Costituzione è infatti una acquisizione preziosa del costituzionalismo liberaldemocratico e significa anzitutto la protezione dei più deboli e delle minoranze: è un valore da non perdere mai.
  Il secondo motivo, signor Presidente del Consiglio, per cui voteremo questa mozione, nonostante alcuni pur importanti difetti di forma e di sostanza che nella discussione generale già i colleghi Mazziotti e Gitti hanno messo in rilievo, è che siamo consapevoli che le decisioni sulla riforma elettorale e costituzionale sono indispensabili per riannodare opinione pubblica e istituzioni. Sarà un cammino non breve, come dimostrano una volta di più i dati sull'astensionismo che lei ha ricordato molto bene poc'anzi.
  Per poter procedere bene in questo doveroso cammino è importante che si parta bene. Sto pensando soprattutto al rapporto tra decisione sulla forma di Governo e formula elettorale. Ho ascoltato con molto interesse tutti gli interventi della discussione generale e penso però che si debba fare attenzione a considerare la legge elettorale una conseguenza della Pag. 60forma di Governo. È vero, per contro, che la legge elettorale o, meglio ancora, la formula elettorale, influenza sempre il funzionamento della forma di Governo, come abbiamo avuto modo di sperimentare nel nostro Paese avendo avuto la medesima forma di Governo disegnata dal Costituente con tre diverse leggi elettorali. Persino rispetto ad una forma di Governo così peculiare come quella della Quinta Repubblica francese è possibile ipotizzare una scissione tra la forma di Governo e la legge elettorale. Mi viene in mente una audizione – era il 18 marzo 1997, lo dico a chi abbia voglia di andare a verificare – che la Commissione bicamerale dell'epoca fece con il professor Giovanni Sartori – tra l'altro ci fu un memorabile dialogo tra il professor Sartori e l'allora senatore Leopoldo Elia proprio all'interno di quell'audizione; il professor Sartori ebbe ad ammettere che sì, era vero, cito, «le gambe stanno nel sistema elettorale, lì bisogna partire». Ecco, io aggiungerei «almeno, lì bisogna contestualmente marciare».
  Ecco, signor Presidente del Consiglio, Scelta Civica per l'Italia sottolinea con forza che il Parlamento debba prendere sul serio i tre motivi di incostituzionalità dell'ordinanza della Corte di Cassazione, che sono anche tre motivi di inopportunità politica dell'attuale legge elettorale e, quindi, comportarsi di conseguenza. Si parte bene anche quando si identificano con attenzione le cause della disfunzione e quindi ho ascoltato con interesse i tanti interventi, che da più parti hanno sottolineato che non si devono imputare alla Costituzione disfunzioni che invece vanno imputate ad altre cose (alla legge elettorale, ai regolamenti parlamentari, alla loro interpretazione, alle prassi applicative), così pure quegli interventi che hanno sottolineato che la nostra Costituzione ha bisogno ancora di una giusta attuazione e anche tutti gli interventi, che hanno opportunamente distinto tra potere costituente, che non ci appartiene, e potere costituito, che invece è quello che noi dobbiamo esercitare.
  Il terzo ed ultimo motivo per cui voteremo «sì» riguarda, signor Presidente del Consiglio, la fiducia verso lei e verso questo Governo, una fiducia nella sua capacità non solo di un virtuoso e attivo legame con l'Europa, non solo nella capacità di attuare quelle riforme strutturali che opportunamente ha ricordato poc'anzi, ma una fiducia anche nella capacità di svolgere in modo equilibrato e saggio il mandato che la mozione contiene, sia dimensionando opportunamente l'improprio ed enfatico richiamo alla forma di Stato che la mozione stessa ha in sé, sia strutturando il riferimento all'oggetto ed al procedimento del referendum, di cui all'articolo 138, nella direzione di revisioni costituzionali puntuali e condivise e, dunque, capaci di dare luogo a quesiti chiari ed omogenei e, anche qui, senza opporre mai garanzia ed efficacia.
  Da parte nostra, signor Presidente del Consiglio, come Scelta Civica, vigileremo perché le ambiguità irrisolte contenute nella mozione non degenerino in finte riforme o nella più sconsolante inconcludenza (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia). Non essendo numericamente determinanti, noi, signor Presidente del Consiglio, ci sentiamo più liberi e dunque più responsabilizzati.
  E allora, ecco, signor Presidente del Consiglio, questa maggioranza e il suo Governo sono nati in una condizione, che in molti abbiamo definito di stato di necessità. Noi crediamo, con l'aiuto di tutti o perlomeno di tanti, che sarà possibile fare di quella necessità davvero una virtù. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brunetta. Ne ha facoltà, per non oltre dieci minuti.

  RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare del Popolo della Libertà voterà con convinzione la mozione di maggioranza in tema di riforme costituzionali. Lo farà per ragioni che travalicano grandemente quelle normalmente richieste dall'ordinaria lealtà parlamentare.Pag. 61
  A quelle ragioni, infatti, se ne aggiungono altre ben più rilevanti, a partire da un dato che è sotto gli occhi di tutti: quella in cui siamo non è una situazione ordinaria. Non lo è sul piano politico, non lo è nemmeno, per quel che interessa oggi, con riferimento ai temi della riforma costituzionale.
  Non è un caso del resto, signora Presidente, se il Presidente del Consiglio, nel suo discorso programmatico al Parlamento, abbia chiesto la fiducia, subordinando espressamente il successo e la durata del proprio Governo anche al raggiungimento di concreti risultati sul piano delle riforme costituzionali.
  Questa non è una situazione ordinaria per le istituzioni italiane. Il sistema politico si avvita ormai da decenni in difficoltà e lentezze, la cui origine è ormai praticamente da tutti, forze politiche e studiosi, cittadini ed opinionisti, ascritta al cattivo funzionamento di istituzioni antiquate, farraginose, espressione di un archeoparlamentarismo, che non ha eguali in nessuna democrazia avanzata, un cattivo funzionamento la cui più evidente dimostrazione, secondo il noto paradosso delle riforme, è data proprio dalla difficoltà del sistema di autoriformarsi.
  Sono ormai decenni che si ammucchiano tentativi di riforme falliti ad ogni livello.
  È questo il primo motivo per il quale oggi vogliamo tentare una strada in qualche modo inedita, stabilendo un metodo di lavoro che ci possa dare l'accelerazione e anche la determinazione politica per tentare di raggiungere un traguardo su cui tanti prima di noi hanno fallito. Questa scelta – innanzitutto di impegno politico prima che di metodo tecnico – è l'oggetto della mozione che andiamo a votare, ed è questo il primo motivo per il quale il nostro sarà un voto positivo.
  Ma la straordinarietà del metodo corrisponde anche ad altre ragioni che segnano l'eccezionalità della nostra azione. Un'altra ragione di eccezionalità sta nella drammatica connessione tra crisi politico-istituzionale e crisi economica. L'Italia, insieme alla Grecia, è l'unico Paese in cui queste due crisi si siano saldate in modo così evidente e non mi riferisco solo, signora Presidente, alle abnormi difficoltà che abbiamo attraversato tra il giorno delle elezioni politiche di febbraio e quello in cui finalmente, oltre due mesi dopo, la legislatura ha potuto cominciare a funzionare. Mi riferisco ad una crisi più profonda delle istituzioni, una crisi che si è venuta via via incancrenendo, ma che ha origini lontane, molto lontane. Infatti, la straordinaria crisi istituzionale non si somma semplicemente a quella economica – altrettanto straordinaria e certamente di impatto più immediato sulla vita dei nostri cittadini. Non sono due crisi parallele: le due crisi sono anche intrecciate e si alimentano reciprocamente in un circolo vizioso che ci vede ad un tempo aggrediti dall'emergenza economica e costretti a combatterla con armi deboli, incerte e precarie.
  Al di là della crisi mondiale che ci ha colpito, come altri Paesi, l'Italia ha una sua propria peculiare situazione critica sul piano economico, che risale a ben prima del 2007; una crisi che si è manifestata tante volte segnando una serie di stazioni di una via crucis che ha manifestato i propri segnali fin dall'inizio degli anni ’70. L'Italia, come sappiamo, ha alcuni problemi strutturali che ci portiamo dietro da decenni, senza essere stati in grado di aggredirli risolutivamente. I problemi che ci hanno fatto vedere una crescita costante della spesa pubblica anche nei periodi in cui il ciclo economico non lo richiedeva, i problemi di una bassa crescita anche nei periodi in cui il ciclo economico era ovunque, anche da noi, favorevole, problemi legati alle mancate riforme strutturali di cui parliamo da decenni, e che solo in parte e con il ricatto dell'emergenza siamo riusciti ad avviare.
  Perché non siamo riusciti a farle queste riforme ? Perché oggi la condizione dell'Italia è per molti versi più critica di tante altre democrazie avanzate che sono ugualmente sottoposte ai morsi della crisi economica ? La ragione, signora Presidente, è prevalentemente politica e istituzionale: è che l'Italia con le sue istituzioni deboli non Pag. 62ha potuto far altro che sopravvivere senza governare, senza cioè essere in condizione di adottare politiche coraggiose che avrebbero necessitato stabilità ed efficienza istituzionale, situazioni che l'Italia, a parte la prima legislatura degasperiana, non ha mai avuto. E il debito pubblico, la camicia di Nesso che in questi anni ci ha costretto all'austerità, non è altro che il risultato numerico di questa fragilità istituzionale. Non potendo governare con scelte selettive – perché no ? – anche talvolta divisive, non potendo contare sulla stabilità delle politiche, le nostre classi dirigenti a partire dagli anni ’60 hanno avuto davanti a sé una sola strada: accontentare tutti, comprare il consenso, fare politiche distributive tanto largheggianti quanto irresponsabili, scaricandone il costo sulle generazioni future. Il problema è – come qualcuno ha notato – che quelle generazioni future oggi sono arrivate, sono qui, signora Presidente, sono i nostri figli e presentano il conto, dibattendosi non a caso in una disoccupazione giovanile da economia di guerra.
  Onorevoli colleghi, il nesso tra crisi economica e debolezza istituzionale non riguarda solo il passato, riguarda il futuro, soprattutto il futuro, perché tutti noi sappiamo bene che per invertire la rotta, per uscire dalle difficoltà in cui siamo, abbiamo bisogno di decisioni democratiche forti e rapide, di politiche durature, di istituzioni stabili e legittimate, ben oltre la capacità di legittimazione che negli anni ormai lontani i partiti erano in grado di offrire da soli tenendo troppo spesso gli elettori ai margini delle decisioni importanti. Per contrastare l'emergenza ci servono istituzioni autorevoli e più immediatamente legittimate dal popolo; istituzioni autorevoli e legittimate anche per dare continuità alle politiche di trasformazione strutturale di cui il Paese ha bisogno, per non ritrovarsi tra qualche anno in situazioni ancora peggiori di oggi.
  Noi sappiamo che in un contesto di economia globalizzata e di potenziamento delle unioni regionali come quella europea, la forza degli Stati non è solo quella di far bene i compiti a casa, ma di concorrere in modo credibile e autorevole alla determinazione delle politiche sovranazionali. Ed anche per questo motivo abbiamo bisogno di istituzioni rinnovate, capaci di definire e difendere coerentemente e, se necessario, imporre anche ai partner una politica lineare e coerente che non è più interna o esterna, è semplicemente politica.
  Per questo – ed è l'ultimo dato di eccezionalità che vorrei sottolineare – le riforme istituzionali sono oggi oggetto di un patto che coinvolge in modo integrale il Governo e non solo, come è ovvio, il Parlamento; un patto al quale ci ha invitato il Capo dello Stato con la sua autorevolezza e determinazione. Questo Governo di ampia maggioranza, questo Governo – diciamolo – di grande coalizione è un costo che, con senso di responsabilità, tutti ci siamo impegnati a pagare, accettando convergenze inusuali nella fisiologia dello scontro politico delle democrazie mature dell'alternanza. Ma questo costo si giustificherà solo se saremo in grado di affrontare l'emergenza economica e dare al nostro Paese le istituzioni che merita. Per questo motivo non possiamo accettare nessuna logica di geometrie variabili sulle riforme istituzionali: politiche istituzionali e politiche economiche stanno insieme o cadono insieme (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Le proposte del gruppo del Popolo della Libertà sono chiare: presidenzialismo, con la fine del bicameralismo perfetto e riduzione dei parlamentari, non come fatto di costo ma come fatto funzionale; una legge elettorale logicamente conseguente, riforma del finanziamento pubblico dei partiti. Su queste ci confronteremo con le altre forze politiche, convinti delle nostre buone ragioni ma soprattutto convinti che oggi è possibile su queste proposte un compromesso alto che metta insieme, in uno scambio nobile e virtuoso, forma di Governo e legge elettorale. Non ci possiamo permettere di fallire. Questa è veramente l'ultima chiamata. Qui si gioca tutta la nostra responsabilità di classe Pag. 63dirigente (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dadone. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  FABIANA DADONE. Gentile Presidente, signori Ministri, colleghi deputati, dicono che la nostra Carta costituzionale sia la migliore al mondo non solo per quel che concerne le norme in essa comprese, per la prima parte relativa ai diritti, che meriterebbe anzi di essere esportata, ma soprattutto per la seconda, che alla prima è strettamente connessa, e che comprende in chiusura il metodo aggravato previsto per la sua modifica. L'articolo 138 prevede, infatti, che le leggi di revisione costituzionale debbano essere adottate a maggioranza dei due terzi sia della Camera che del Senato...

  PRESIDENTE. Un po’ di silenzio per favore......

  FABIANA DADONE. (La ringrazio, signor Presidente)... con due deliberazioni a distanza di tre mesi l'una dall'altra. Questa complessa procedura fu pensata dai padri costituenti probabilmente con l'intento di tutelare i cittadini dal rischio che i pochi loro rappresentanti, per preservare il proprio status quo a discapito ovviamente del popolo, potessero modificarla a loro piacimento. Da anni ormai si tenta di cambiare il senso della Costituzione da strumento di democrazia a garanzia di oligarchie e troppo spesso si è mascherato questo intento sostenendo di ricercare maggiore efficienza e svecchiamento di una carta ormai vetusta e inadeguata ai tempi. Abbiamo sentito il Ministro per le riforme costituzionali in carica dire che c’è l'ambizione di riscrivere il patto tra politica e cittadini, patto che si è incrinato. A fronte di tali premesse però alcune domande sorgono spontanee: non sarebbe più ragionevole consultare il popolo prima di intraprendere unilateralmente un percorso di riforma ? Non sarebbe forse questo il modo migliore – cito testuali parole – di «partire con la scrittura di un patto forte tra politica e cittadini» ? La Costituzione non è nostra, è di tutti gli italiani, e loro hanno il diritto di essere interpellati al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  La maggioranza di questo Parlamento chiede oggi al Governo, organo esecutivo, di scrivere entro giugno un disegno di legge costituzionale che preveda una procedura straordinaria rispetto a quella ordinaria prevista dall'articolo 138: oggetto, tra gli altri, la riforma della forma di Governo.
  Dunque il Parlamento chiede al Governo di decidere sulla modifica della forma di Governo, senza peraltro dare indicazioni in merito. Oggi praticamente siamo qui riuniti a discutere, e addirittura a votare, un percorso tramite il quale il Parlamento, organo legislativo per eccellenza, si svuota delle proprie competenze per trasferirle in capo al Governo, affinché con legge costituzionale modifichi e snellisca il procedimento di emanazione di legge costituzionale, considerato troppo lungo. Quindi entro giugno il Governo dovrebbe depositare una proposta che, con l'intervallo dei tre mesi stabilito dall'articolo 138 della Costituzione, verrebbe votata dal Parlamento con un impiego di tempo superiore rispetto a quello che è il tempo della procedura ordinaria. Ma non potremmo farlo noi ? Magari risparmieremmo anche del tempo, chi lo sa.
  Poi si dovrebbero sottoporre i quesiti su forma di Stato, forma di Governo, bicameralismo e riduzione del numero dei parlamentari alla cittadinanza, per farla anche sentire parte di questa riforma epocale. Ma se l'obiettivo fosse assicurare la partecipazione dei cittadini, non sarebbe meglio coinvolgerli in fase preliminare, magari con un referendum di indirizzo ?
  Numerosi sono i punti critici della mozione che la maggioranza oggi propone, ma uno è il punto nodale che rende irricevibile, a nostro parere, la citata mozione: il rovesciamento dei ruoli tra Parlamento e Governo. Se fossimo maliziosi, Pag. 64penseremmo quasi che questa mozione di maggioranza sia in realtà scritta dal Governo o sia addirittura un riassunto del disegno di legge costituzionale già pronto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Siamo in prossimità del 2 giugno, festa della Repubblica e giorno in cui la società civile, quella che voi apparentemente vorreste includere in questo piano di riforme, manifesterà a Bologna in difesa della Carta costituzionale. Oggi questo Parlamento dovrebbe fermarsi un attimo e dare attenzione al clima di tensione e disaffezione crescente dei cittadini verso la politica. Anche noi vediamo che il nostro Paese ha bisogno di pacificazione, pur se esitiamo ad usare questa parola, corrotta ormai dall'abuso. Sappiamo però anche che la pace è esigente, è molto esigente, non può esistere senza condizioni. Dice la saggezza antica che su tre cose si regge il mondo: la giustizia, la verità e la pace. Siamo disposti alla pacificazione, ma a condizione che, nelle forme e coi mezzi della democrazia, si abbia come fine la ricerca della verità e la promozione della giustizia, altrimenti pacificazione è parola al vento.
  Si dice che le riforme istituzionali e costituzionali hanno questo scopo, ma teniamo presente che dietro ad alcune riforme neutre, semplificatrici e razionalizzatrici, ve ne siano altre pronte a saltar fuori quando se ne presenti l'occasione, le quali con la pacificazione non hanno nulla a che vedere, piuttosto hanno a che vedere con la normalizzazione. C’è da arrendersi a questa condizione crepuscolare della democrazia ? Al contrario: dobbiamo crescere fino a costituire una massa critica di cui non sia possibile non tenere conto. Questa è la voce della società civile che riecheggia fuori da questo palazzo, cui non possiamo non dare ascolto. Queste sono le parole di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito di Corte costituzionale, eccelso giurista, ma prima di tutto ciò cittadino consapevole. Ecco perché oggi il MoVimento 5 Stelle esprimerà voto contrario alla mozione di maggioranza e lo farà – attenzione – non per il merito, bensì per il metodo che si vuole usare per riformare la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E sempre con l'obiettivo di dare voce alla società civile, abbiamo depositato in questa giornata, che peraltro ci vede di fronte a scelte determinanti per le nostre istituzioni, una risoluzione che impegna la Camera a procedere urgentemente alla modifica della vigente legge elettorale, modifica che è a nostro avviso parte integrante del ripristino dei diritti costituzionali degli elettori. In attesa dell'auspicata riforma complessiva del sistema elettorale, chiediamo delle correzioni immediate, che si rendono necessarie a rispondere ai dibattiti non solo politici, ma anche pubblici che esistono da anni, con riferimento sostanzialmente a quattro punti: fissazione di una soglia minima per accedere al premio di maggioranza, uniformità del sistema di calcolo del premio di maggioranza tra Camera e Senato, ripristino del voto di preferenza, uniformità delle condizioni di accesso alla ripartizione dei seggi tra liste e coalizioni.
  Colleghi deputati, questa risoluzione contiene quei correttivi minimi – e lo sottolineo: minimi – necessari per riassegnare dignità costituzionale ad una legge che tutte le forze politiche qui presenti, sia di maggioranza che di opposizione, hanno riconosciuto come indecente. Quindi, sta a voi oggi dimostrare coerenza agli occhi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Epifani. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor Presidente dell'Assemblea, signor Presidente del Consiglio, care colleghe e cari colleghi, il Partito Democratico condivide da tempo la necessità di mettere fine a una permanente transizione istituzionale vista come un fattore di debolezza economica, democratica e civile. Per far questo ci vuole un progetto compiuto che regga in tutte le sue parti. Per far questo, come dice la mozione che abbiamo presentato, Pag. 65bisogna muoversi nel solco della Costituzione, in modo da consentire alla nostra Costituzione di avere un futuro e, soprattutto, per dare futuro a quei valori che sono quelli fondativi della nostra Repubblica. Non è una fase costituente, noi siamo già costituiti, non abbiamo bisogno di un potere costituente di per sé illimitato. Noi portiamo e chiediamo rispetto dei princìpi supremi, quelli che la Corte costituzionale ha definito come tali, tra i quali la rigidità delle norme che è garanzia per tutte le minoranze, nella coscienza che tutti, ognuno di noi, di volta in volta, siamo maggioranza e siamo minoranza. Ed è interesse di tutti che vi siano diritti e doveri, regole e procedure, che non siano nella disponibilità solo della maggioranza. Questo è il senso profondo delle Costituzioni: un limite al potere di una sola parte. Ed è per questo che abbiamo interesse – e mi rivolgo soprattutto ai colleghi che sono in minoranza in questa Assemblea – di partecipare a questa discussione perché abbiamo esattamente tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.
  La domanda da porsi invece, semmai, è un'altra: questa volta possiamo davvero farcela ? Avrà il quadro politico il tempo e la stabilità necessari ? E se, invece, dovessimo fallire, non sarebbe un ulteriore contributo portato, e non positivamente, alle nostre istituzioni ? E quale perdita di credibilità dei cittadini verso la rappresentanza politica ? Consapevoli di questi problemi, ci impegniamo in questa sfida con l'atteggiamento di chi guarda agli interessi del Paese. La crisi taglia e toglie fiducia e futuro a tanti. La costruzione europea è anch'essa in una fase instabile, in una transizione instabile, con una moneta senza uno Stato e i cittadini di tante sovranità dimezzate. Noi aiutiamo l'Europa ad andare avanti e non indietro se diventiamo noi più forti, nell'economia, nelle istituzioni, nella politica, nella democrazia, nel senso di noi e del nostro destino, nella forza di guardare avanti, nella capacità di costruire un destino comune fatto di libertà, di diritti, di inclusione sociale, di uguaglianza. Non basta più difendersi o aspettare che passi la tempesta.
  È proprio la rotta che scegli nelle difficoltà che ti può dire come e quando ne uscirai. Vale per le persone, vale per gli Stati, vale per le istituzioni, vale per la legge elettorale. È oggi il tempo del cambiamento e dico qui con chiarezza che tutto il Partito Democratico non vuole più tornare a votare con questa legge elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Nella sua La Politica Aristotele distingueva la città di sole parole dalla città degna di questo nome. Le parole non cancellano i fatti, che vanno avanti per conto proprio. Solo le scelte, solo il metodo che ti porta a risultati sono in grado di orientare e guidare i processi e, per questa via, di ricostruire il rapporto tra le istituzioni e i cittadini. Dire che questa è la responsabilità che assumiamo oggi non è un atto di rassegnazione né tanto meno di opportunismo: è un atto di sfida innanzitutto verso noi stessi, è un impegno di serietà. Lo dobbiamo al Paese, lo dobbiamo al suo futuro, lo dobbiamo, votando questa mozione, soprattutto, al destino dei nostri giovani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto con ripresa televisiva diretta.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Monaco. Ne ha facoltà, per massimo un minuto: prendo atto che vi rinunzia.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Antonio Martino. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MARTINO. Signora Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, colleghe, colleghi, prendo la parola anzitutto per significare la mia convinta adesione alla mozione di maggioranza così bene illustrata sia dall'amico onorevole Renato Brunetta sia dall'onorevole Guglielmo Epifani, cui faccio i più sinceri Pag. 66auguri di avere successo nella sua difficile opera di ricucitura all'interno del suo partito.
  Io però, signora Presidente, voterò anche la mozione Giachetti, di cui sono cofirmatario: lo farò perché ritengo che il nostro meraviglioso Paese stia morendo. Noi abbiamo bisogno di voltare pagina per salvare l'Italia. Il generale De Gaulle salvò la Francia con la riforma costituzionale che ha dato alla Francia un Governo stabile, democratico e in grado di governare. Prima della Quinta Repubblica, un inglese si recò in biblioteca e chiese copia della Costituzione francese. Il bibliotecario gli rispose: «Ci dispiace signore, noi non abbiamo periodici in questa biblioteca». Le Costituzioni francesi cambiavano continuamente.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANTONIO MARTINO. Noi abbiamo bisogno di un punto di rottura – concludo, Presidente – per salvare l'Italia. Voterò, quindi, sia, e con convinzione, la mozione di maggioranza sia la mozione che ha come primo firmatario Roberto Giachetti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

  ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, pochissimi secondi anche da parte mia per esprimere la piena adesione alla mozione della maggioranza per quanto riguarda il percorso delle riforme costituzionali. Il mio ringraziamento, che credo dovrebbe essere il ringraziamento di tutta la Camera, va a quei deputati che hanno semplicemente aderito in modo spontaneo ad una mozione che aveva solo ed esclusivamente l'interesse di portare l'Aula a scegliere se passare dalle dichiarazioni riguardo il superamento del «porcellum» ai fatti; un piccolo passo che era quello dell'avvio di un dibattito nelle Commissioni competenti.
  Ovviamente, dobbiamo essere rispettosissimi delle scelte che l'Aula compie. Io personalmente ho già provato, nella scorsa legislatura, a dare il mio contributo perché si potesse superare il «porcellum», e non mi è andata bene; ci ho riprovato adesso, e non mi è andata bene. Posso solo dire amichevolmente al Presidente del Consiglio, Letta, al Vicepresidente del Consiglio, al Governo e a tutti voi che potete stare tranquilli, che appena possibile, magari con un po’ più di fantasia, ci riproverò (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha ritirato la mozione, quindi ?

  ROBERTO GIACHETTI. No (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. D'accordo, va bene, era per essere sicuri.
  Avverto che i deputati Fabrizia Giuliani, Maria Grazia Rocchi, Simonetta Rubinato e Fulvio Bonavitacola hanno ritirato la propria firma dalla mozione Giachetti ed altri n. 1-00053, e che tale mozione è stata sottoscritta dal deputato Ernesto Carbone.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che, secondo la prassi, le mozioni e le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle precedenti votazioni.
  Avverto altresì che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Passiamo alla mozione Giachetti ed altri n. 1-00053, su cui il Governo ha formulato un invito al ritiro; poiché il deputato Giachetti ha mantenuto la mozione, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giachetti ed altri n. 1-00053, non accettata dal Governo.Pag. 67
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Biasotti, Dellai, Vignaroli, D'Ambrosio, Biasotti, Rocchi... tutti hanno votato ? Bene.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  563   
   Votanti  554   
   Astenuti    9   
   Maggioranza  278   
    Hanno votato  139    
    Hanno votato no  415    
  (La Camera respinge – Applausi polemici dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Migliore ed altri n. 1-00054 (Ulteriore nuova formulazione), non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giachetti, Lotti, Latronico, D'Ambrosio, Malpezzi, Delorenzis, Spadoni, Fraccaro, Zoggia, Giammanco, Tancredi, Capodicasa, Dellai.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  580   
   Maggioranza  291   
    Hanno votato sì  33    
    Hanno votato no    547    .

  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00055, accettata dal Governo, con le precisazioni illustrate dal Presidente del Consiglio.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carfagna, Spadoni, Malpezzi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  580   
   Votanti  579   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  290   
    Hanno votato sì  441    
    Hanno votato no  138    

  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio n. 1-00056, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Basilio, Tacconi, Epifani.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  578   
   Votanti  570   
   Astenuti    8   
   Maggioranza  286   
    Hanno votato sì  436    
    Hanno votato no  134.    
  (La Camera approva – Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia e Misto-Centro Democratico – Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Dadone ed altri, n. 1-00057. Avverto che a seguito della votazione precedente risultano preclusi l'ultimo capoverso del dispositivo e le parti della premessa che riguardano il mantenimento della procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione, in quanto le mozioni già votate delineano invece espressamente un'opzione per un procedimento speciale.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pag. 68Dadone ed altri n. 1-00057, nel testo corretto e per le parti non precluse, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malpezzi, Oliverio, Boccia, Bolognesi, Palma, Tartaglione...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  579   
   Maggioranza  290   
    Hanno votato
 103    
    Hanno votato
no  476).    

  Passiamo alla votazione della mozione Giorgia Meloni e altri n. 1-00059 (Nuova formulazione). Il Governo ha formulato un invito al ritiro. Chiedo alla deputata Giorgia Meloni se intende ritirare la mozione.
  Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione della mozione.
  Passiamo ai voti.
  Avverto che a seguito dell'approvazione della mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00056, risultano assorbiti il primo e il secondo capoverso del dispositivo della mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00059 (Nuova formulazione). Il deputato Corsaro chiede di parlare. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie Presidente. Volevo chiederle la disponibilità a riconsiderare questa ultima sua segnalazione, ovvero il presunto assorbimento del dispositivo della mozione Giorgia Meloni ed altri, giacché dalla lettura della stessa mozione si evince come la stessa possa essere presa in considerazione solo come un unicum, non solo perché all'inizio degli impegni, cioè del dispositivo, c’è un chiaro richiamo alla coerenza con le finalità e gli obiettivi indicati nelle premesse che per i motivi spiegati dal collega La Russa, sono profondamente difformi, nel senso che sono aggiuntivi rispetto a quelli che sono stati inseriti nella mozione di maggioranza testé approvata. E pertanto consideriamo come il nostro dispositivo, che per i due capoversi da lei indicati, totalmente è condivisa con quella votata dalla maggioranza, è comunque dal nostro punto di vista un dispositivo che prende spunto da una premessa differente.
  In più, come lei ha avuto modo di verificare, l'ultima parte del dispositivo – che è il vero motivo di differenziazione nell'impegno al Governo, sul quale Fratelli d'Italia vuole mantenere il suo impegno di accelerazione della tempistica – richiama il Governo all'impegno, ove non fosse in grado entro il 30 luglio prossimo di percorrere la strada che è stata indicata nella mozione votata dalla maggioranza, di presentare alle Camere il testo che era stato approvato nella passata legislatura dal Senato in materia di riforma costituzionale. Oggi ci troveremmo quindi, se lei non cambiasse questa sua indicazione, nell'impossibilità di votare una parte di dispositivo rispetto al quale Fratelli d'Italia si è astenuta poco fa, proprio perché mancava il riferimento alle premesse aggiuntive, che invece in questa fase noi saremmo intenzionati a votare: esattamente come è stato votato precedentemente dai colleghi, ai quali è stato sufficiente aderire al dispositivo del testo della maggioranza.

  PRESIDENTE. Il fatto è che però il testo delle parti della mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00059 (Nuova formulazione), di cui è stato dichiarato l'assorbimento, è testualmente identico, quindi l'Aula l'ha già votato; mentre l'ultima parte non è preclusa. Dunque quella va bene, ma non possiamo tornare a votare una cosa che abbiamo già votato.

  IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che se lei ritiene che questa sia la valutazione corretta, non possiamo che accettarla; Pag. 69chiediamo però la votazione per parti separate, le premesse e, separatamente, il dispositivo.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle premesse della mozione Meloni ed altri n. 1-00059 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  568   
   Votanti  557   
   Astenuti   11   
   Maggioranza  279   
    Hanno votato    7    
    Hanno votato no   550.    
  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla seconda parte del dispositivo della mozione Meloni ed altri n. 1-00059 (Nuova formulazione), non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Deputato Tartaglione... c’è un terminale acceso, senza una persona... la ringrazio, molto gentile. Deputata Scuvera... hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  567   
   Votanti  557   
   Astenuti   10   
    Maggioranza  279    
    Hanno votato   25    
    Hanno votato no   532.    
  (La Camera respinge – Vedi votazioni).

  (Il deputato Gioacchino Alfano ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).

  Ci sono ancora due voti, non abbiamo finito, per favore !
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Alfreider ed altri n. 6-00011, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Oliverio, Bolognesi, Marazziti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  555   
   Votanti  548   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  275   
    Hanno votato  414    
    Hanno votato no  134.

(La Camera approva – Vedi votazioni).

  Prendo atto che i presentatori della risoluzione Nuti ed altri n. 6-00012 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Nuti ed altri n. 6-00012, non accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lotti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  552   
   Votanti  551   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  276   
    Hanno votato  102    
    Hanno votato no  449.

(La Camera respingeVedi votazioni).

Pag. 70

  (La deputata Gagnarli ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole).

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,12).

  GENEROSO MELILLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GENEROSO MELILLA. Signora Presidente, signori colleghi, volevo sollevare una questione su cui abbiamo avuto modo di parlare anche nel dibattito di oggi. Molti di noi hanno presentato interrogazioni e interpellanze di vario genere alle quali il Governo non ha assolutamente risposto, quindi non è una questione che riguarda solo il sottoscritto, ma è una questione generale che riguarda il Parlamento. Gli atti ispettivi di controllo sono praticamente carta straccia e in questo senso il Regolamento è disapplicato (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 20,13)

  GENEROSO MELILLA. Chiedo alla Presidenza della Camera che il Regolamento sia rispettato perché il Governo ha il dovere di rispondere nei tempi previsti dal Regolamento alle interrogazioni e alle interpellanze dei deputati. Naturalmente, c’è bisogno, anche da questo punto di vista, di una profonda riforma del Regolamento, che ridia centralità...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa: vorrei chiedere al Governo, almeno ad un rappresentante del Governo, visto che l'onorevole si sta rivolgendo al Governo, di ascoltare (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  GENEROSO MELILLA. Concludo, dicendo che si rida centralità al Parlamento anche potenziando la sua funzione di indirizzo e di controllo, altrimenti aboliamo le interrogazioni e le interpellanze e facciamo tutti una migliore figura. Ovviamente, non è questa la mia posizione (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Il Governo è rappresentato e ha potuto ascoltare e ovviamente raccogliere le sue giuste lamentele.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, colleghi deputati, intervengo per sollecitare al Ministro dell'agricoltura la risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-00050, depositato in data 15 marzo 2013, sugli organismi geneticamente modificati.
  Mi rendo conto che i tempi parlamentari sono spesso lunghi e farraginosi, ma ritengo doveroso intervenire urgentemente per fermare la prossima semina di mais, che minaccia di essere una semina di OGM, una semina che, nel periodo di fioritura, contaminerà irreversibilmente le nostre coltivazioni. La scorsa settimana, al Senato, è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno che avrebbe dovuto essere ancora più stringente, per invitare il Ministro a richiedere, in sede europea, la clausola di salvaguardia. Ma questo non ci basta, questo non ci può bastare...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, vorrei chiarire, visto che vedo mani che si sperticano, che, in questa fase sull'ordine dei lavori, il Governo non è tenuto a stare in Aula. Pregherei, però, il Governo, se sta in Aula, di ascoltare gentilmente e, se invece Pag. 71non può ascoltare, di uscire dall'Aula. Non mi riferivo a lei, in questo momento, ma al Ministro Kyenge.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Vogliamo l'impegno concreto, vogliamo l'emanazione del decreto che porterà al completamento della procedura di adozione della clausola, così com’è avvenuto in altri Paesi d'Europa, quali Germania, Francia, Austria, Ungheria, Polonia, Grecia e Lussemburgo. Il mercato degli OGM rappresenta un volano di interessi economici dall'enorme portata, i cui introiti, però, andrebbero solo alle grandi multinazionali del biotech, Monsanto e Syngenta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questi soggetti avallano una contaminazione delle colture europee quasi piratesca, che minerebbe la pratica millenaria e il diritto degli agricoltori a riprodurre e selezionare le migliori sementi per il nostro territorio.
  Siamo convinti che la sicurezza alimentare e la qualità degli alimenti immessi nel mercato, e di conseguenza la salute dei cittadini, vengano prima di qualsiasi interesse puramente materiale. Gli organismi geneticamente modificati compromettono la biodiversità del pianeta, a vantaggio di monocolture che non solo annientano le varietà e particolarità agricole locali, ma compromettono anche, ed in maniera spesso irreparabile, le condizioni dei terreni dedicati all'agricoltura, creando, inoltre, una spirale di dipendenza in cui gli agricoltori si vedono costretti ad acquistare ogni anno le sementi brevettate e non riproducibili, finendo al tracollo economico e al suicidio, e di ciò abbiamo avuto lampante testimonianza negli ultimi anni in India e in Brasile.
  La fandonia che con gli OGM ci sia un ridotto utilizzo di pesticidi, perché geneticamente resistenti ai parassiti, è ormai accertata scientificamente negli USA essere una falsità. Gli OGM in dieci anni divengono resistenti ai pesticidi e le colture richiedono, quindi, nel medio e lungo termine, un utilizzo massiccio che destabilizza l'equilibrio della microbiologia dei suoli e mina la nostra salute. Sono, peraltro, economicamente controproducenti.
  Mi preme sottolineare, infine, che la normativa in materia di OGM deve necessariamente essere modificata poiché suscettibile di interpretazioni ambigue e contrastanti, tra livello comunitario, nazionale e regionale. Lo dimostra la recente sentenza della Corte europea dell'8 maggio 2013, che autorizzerebbe la messa in coltura di OGM in Italia, mentre una legge del nostro Stato, allo stesso tempo, richiede un regime autorizzatorio stringente per la stessa messa in coltura. Delle due l'una: la posizione dell'Italia in questa partita è nettamente contraria alla diffusione degli OGM nel Paese – lo dimostra, da ultimo, il voto unanime del Senato – e, per questo, riteniamo doveroso e non più rinviabile il nostro intervento in sede europea per attivare la clausola di salvaguardia prima, e per premere, poi, alla revisione della direttiva n. 18 del 2001 della Comunità europea, al fine di garantire agli Stati membri l'autonomia decisionale su un tema così importante, come quello della semina sul nostro territorio di sementi modificate geneticamente (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  DANIELE FARINA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Oggi il Senato della Repubblica le ha dedicato un minuto di silenzio e penso che noi facciamo bene a dedicare, a nostra volta, qualche tempo e qualche parola alla morte di Franca Rame (Applausi). E il motivo non è principalmente il suo essere stata senatrice della Repubblica, della qual cosa – posso testimoniare personalmente – non era particolarmente orgogliosa. Dobbiamo farlo perché è stata storia d'Italia. Non solo e specificamente della cultura italiana. È stata storia dei movimenti che hanno attraversato questo Paese. Storia personale, fino alle esperienze più dure, tra cui una violenza...

Pag. 72

  PRESIDENTE. Mi perdoni. Forse non sono stato chiaro e cerco di esserlo meglio: il Governo, se sta in Aula, è pregato di ascoltare. Non è obbligatorio che stia in Aula... ma che ci sia qualcuno che dia fastidio al Governo mentre si sta peraltro... Grazie.

  DANIELE FARINA. Dicevo che è stata storia dei movimenti che hanno attraversato questo Paese ed è stata storia personale, fino a esperienze molto dure, come quella di una violenza ignobile, che vale la pena di ricordare con l'aggettivo che la realtà storica e giudiziaria ci ha consegnato, cioè «fascista». Questo lo dico perché anche il servizio pubblico radiotelevisivo, oggi, in qualche frazione, ha omesso un particolare di questa storia che è utile ricordare alle giovani generazioni e al presente del Paese.
  È stata una storia che ha attraversato in 60 anni tutti i colori che un legame può assumere, e mi sto riferendo, ovviamente, a quel sodalizio umano, artistico e personale che l'ha legata per tutto quel periodo, questo periodo, a Dario Fo e che ha assunto tutte le tinte, appunto, che la storia del costume del Paese ci ha indicato, fino a quella coppia aperta, quasi spalancata, che tanto benpensante scandalo ha suscitato.
  Oggi – lo abbiamo letto – molti, quasi tutti, ne tessono le lodi: donna coraggiosa, grande attrice, leonessa. Ma non è sempre stato così. Non la «Morte accidentale di un anarchico» non «Non si paga, non si paga !» e neppure quel «Mistero buffo» che le costò, che costò loro, l'esilio RAI, molto prima di successivi «editti bulgari».
  Ieri abbiamo ricordato Don Gallo, oggi Franca Rame, figure diverse, anche se in qualche modo vicine.
  Voglio concludere così, dal suo sito, dal suo blog: «Iniziamo da qui: riduciamo gli sprechi dello Stato italiano, facciamo funzionare la burocrazia e puniamo veramente tutti i reati finanziari, le truffe, la corruzione, l'evasione fiscale e il falso in bilancio».
  Cara Franca, c'eravamo allora, ci saremo (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle) !

  RAFFAELLO VIGNALI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RAFFAELLO VIGNALI. Grazie Presidente. Sono a chiederle di manifestare al Governo, a nome del gruppo del Popolo della Libertà, la richiesta che il Ministro dello sviluppo economico venga a riferire con urgenza in Aula circa la situazione dell'ILVA e delle determinazioni che il Governo intende seguire per – ci auguriamo – garantirne la continuità produttiva e anche gli investimenti per realizzare le prescrizioni dell'Aia.
  L'ILVA non è una azienda, come sappiamo, come le altre, perché dal suo destino dipende anche quello dell'industria italiana, oltre a quello, non irrilevante ovviamente, delle 40 mila famiglie sia dei dipendenti che dell'indotto.
  Siamo il secondo Paese manifatturiero d'Europa e, io mi auguro, vogliamo continuare ad esserlo, e per continuare ad esserlo non possiamo permetterci di perdere l'industria di base dell'acciaio. Per questo, credo che sia importante che il Ministro dello sviluppo economico venga a riferire quali determinazioni il Governo intenda adottare.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ovviamente, anche in questo caso il Governo è presente e ha potuto ascoltare.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, intervengo solo per unire la mia voce a quella del primo collega, che è intervenuto in questa fase del nostro dibattito e che ha sollevato una questione di grande rilievo.Pag. 73
  La funzione di controllo del Parlamento è sistematicamente elusa: il ritardo con il quale si risponde ad interpellanze e interrogazioni, il fatto che molte volte – temo, il più delle volte – a rispondere in Aula venga mandato il povero Ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale è persona gentilissima, affabile, amico di tutti e che gode della mia personale ammirazione, ma che evidentemente è totalmente incompetente sulle questioni per le quali il Governo è stato interpellato e che quindi legge delle carte preparate dagli uffici, che offrono informazioni tecniche.
  Al contrario, le interpellanze e le interrogazioni sono la richiesta di una posizione politica. Non vogliamo sapere tutto, perché tanto poi non abbiamo neanche la possibilità di controllare tutto. Vogliamo sapere cosa il Governo intende fare quando presentiamo un'interpellanza o un'interrogazione. Perlomeno dovremmo chiedere questo, poi ognuno chiede quello che vuole. A questo può rispondere soltanto chi è titolare dell'iniziativa politica in quell'ambito. Allora, noi abbiamo il sistema delle interpellanze e delle interrogazioni che è largamente posto nel nulla.
  Non parlerò del cosiddetto question time – che poi non si capisce perché si debba dire in inglese e non in italiano – che obbedisce alle medesime limitazioni. Io credo che bisogna arrivare ad un serio accordo interistituzionale, informale o formale, per il quale o a questi istituti si restituisce un significato effettivo, oppure è meglio abolirli. Infatti, l'unica cosa che offrono è un pretesto al deputato per dire: ho parlato in Aula – non si dice in genere addirittura «ho parlato in un'Aula vuota» – e il Governo ha dovuto ascoltare le mie reprimende. Sono reprimende che il Governo, sì, ascolta, perché c’è quel povero Ministro per i rapporti con il Parlamento oppure un sottosegretario a ciò deputato, che viene a prendere le bastonate che lui poverino non ha meritato, ma questo non attiva un dialogo tra il Governo, in quanto soggetto di responsabilità politica, e il Parlamento rappresentato dal singolo parlamentare che svolge la sua funzione di controllo.
  È una questione molto seria e sarebbe una cosa che migliorerebbe di molto la funzionalità del Parlamento, se per una volta fosse affrontata sul serio (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  CHIARA DI BENEDETTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CHIARA DI BENEDETTO. Signor Presidente, colleghi deputati, prendo la parola per esprimere, a nome di tutto il MoVimento 5 Stelle, il profondo cordoglio ed il sentito dolore per la scomparsa di Franca Rame, al figlio Jacopo e al marito Dario Fo.
  Franca Rame è stata una grande donna, una grande attrice, che ha fatto della sua vita un esempio di dignità e di indipendenza della donna e, nello stesso tempo, di impegno artistico, civile e politico. Franca era una militante, esattamente come il suo teatro, una donna che credeva fermamente che fosse possibile un cambiamento e che non ha mai smesso di lottare per tutta la sua vita affinché tale cambiamento divenisse concreto, reale. Quella stessa fermezza è divenuta il fulcro della sua poetica teatrale, portata avanti per anni insieme al suo inseparabile compagno di vita, Dario. Con quella stessa arte Franca è riuscita addirittura a sublimare le terribili torture e ripetute violenze sessuali subite nel 1973, dopo essere stata rapita da un gruppo di cinque uomini appartenenti a gruppi di estrema destra.
  Da quel terribile evento nacque qualche anno dopo un intenso monologo intitolato «Lo stupro» e il suo incessante impegno civile nel proteggere le donne vittime di violenza e la loro dignità e nel denunciare l'orrore e lo schifo, così come lei lo definiva, di simili e scellerate azioni violente.
  Il suo impegno politico l'ha vista membro del Parlamento nella XV legislaturacome Pag. 74senatrice, carica che abbandonò dimettendosi. Franca non riusciva, infatti, a tollerare la distanza tra le istituzioni e la gente, la freddezza di quel palazzo che lei stessa definì «il frigorifero dei sentimenti».
  Franca lascia un grande vuoto in tutti coloro che, come noi, credono che l'impegno e la partecipazione siano il primo, fondamentale passo verso il raggiungimento di un cambiamento culturale, sociale e politico. Lascia, altresì, a tutti noi un esempio di coerenza, di impegno e di dignità di cui faremo certamente grande tesoro. Grazie Franca. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ROBERTO FICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Oggi ci ha lasciato Franca Rame. Oltre al dolore per la sua scomparsa abbiamo assistito davvero inorriditi al modo in cui il servizio pubblico di questo Paese ha presentato la notizia al Tg2 delle 13 con il servizio di Carola Carulli. Citiamo testualmente, «Una donna bellissima, amata e odiata: chi la definiva attrice di talento e chi invece la vedeva come la pasionaria rossa che usava la bellezza fisica per imporre attenzione, finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata». Rimarchiamo di nuovo, «che usava la bellezza fisica per imporre attenzione, finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata». Questo messaggio lascia quasi intendere che la bellezza fisica abbia potuto in qualche modo giustificare un atto di violenza come lo stupro, senza nemmeno sentirsi in dovere di specificare che, in realtà, è stato l'atto ignobile di cinque estremisti di destra. Cinque fascisti che hanno usato lo stupro come arma politica per punire una donna per il suo attivismo.
  Ciò accade giusto oggi, quando appena ventiquattr'ore fa questo Parlamento ratificava la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, con grande susseguirsi di interventi – non solo nostri – che denunciavano la responsabilità anche dell'informazione per il degrado dell'immagine femminile, per il poco rispetto della sua dignità. È ingiustificabile cadere in errori tanto grossolani che creano un'informazione completamente distorta.
  Franca Rame è stata una donna straordinaria, esempio per tante donne e la società tutta, che ha saputo trasformare persino un episodio di violenza così grave in una occasione di crescita individuale e collettiva, sempre. Ha saputo donare parte di sé agli altri nonostante il dolore. A nome di tutto il gruppo del MoVimento 5 Stelle, e credo di tantissimi cittadini italiani, dichiariamo il nostro amore per Franca Rame (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Il mio intervento lo faccio non solo come pugliese, ma soprattutto come italiano. In quest'Aula qualcun altro ha già ricordato che il Regolamento è stato svuotato nel momento in cui il Governo non viene a riferire riguardo le nostre richieste di sindacato ispettivo. Ebbene, io sono qui, oltre che per quello appunto già ricordato dai miei colleghi, a sollecitare l'Ufficio di Presidenza per chiedere al Governo, e in particolare al Primo Ministro – quindi non soltanto al Ministro dello sviluppo economico, ma proprio alla Presidenza del Consiglio – di venire a riferire immediatamente in Parlamento riguardo alla situazione dell'ILVA, perché ieri a Palazzo Chigi si è tenuto un incontro tra il Presidente del Consiglio, il governatore della regione e ovviamente altri Ministri, e ovviamente non abbiamo nessuna notizia in merito, perché l'incontro si è chiuso dopo le 21 senza alcuna nota in merito.Pag. 75
  E quindi chiediamo, in particolare, quale sia la posizione del Governo: se intenda procedere a una riconversione economica dell'area, se abbia valutato la possibilità di chiudere l'area a caldo, oppure se valuti, in qualche modo, la possibilità di garantire il reddito ai lavoratori.
  Su questo noi ci aspettiamo delle risposte veramente in maniera immediata dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio, il Governo è presente con il sottosegretario Berretta e quindi ha recepito le sue parole.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, volevo soltanto ricordare in quest'Aula che, in data 26 maggio 2013, il giornale Il fatto quotidiano ha pubblicato un articolo a firma di Elisabetta Reguitti dal titolo «La crisi economica a Brescia si mangia anche i 5 Stelle». In tale articolo, pubblicato in periodo di silenzio elettorale, nella prima giornata di elezioni, si fa preciso riferimento a sondaggi prevoto che riguarderebbero il MoVimento 5 Stelle relativamente alle elezioni amministrative di Brescia e si indica anche la mancata possibilità da parte del MoVimento stesso e del suo candidato sindaco, Laura Gamba, di raggiungere voti sufficienti per un eventuale ballottaggio, indicando infine verso i ballottaggi i democratici e i pidiellini, naturalmente infrangendo quello che è il silenzio elettorale stesso e, quindi, quelle che sono le regole che dovrebbero valere per tutti. Volevo sapere – mi riferisco quindi ai Ministri dello sviluppo economico e, in particolar modo, al Ministro dell'interno, che tra l'altro...

  PRESIDENTE. Onorevole Sorial, le chiedo scusa, nel momento stesso in cui lei per l'appunto dice «volevo sapere e mi riferisco ai Ministri», come ho avuto modo di dire in altre occasioni, questo è tema da sviluppare nella fase del sindacato ispettivo nella quale si interrogano i Ministri. Io ora la faccio concludere, però anche per capirci tra di noi e aiutarci, l'ordine dei lavori è una fase diversa. Questa è una materia prettamente da sindacato ispettivo al quale il Governo deve rispondere.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. La ringrazio, signor Presidente, purtroppo ci siamo resi conto negli ultimi giorni che anche in materia per l'appunto, ad esempio, degli accadimenti di Brescia, il Ministro dell'interno non ha riferito proprio su quelle che erano nostre richieste in funzione di quello che era successo proprio a Brescia. Quindi, per questo motivo ho voluta fare la richiesta oralmente. Comunque sia, volevo sapere se fossero al corrente dei fatti esposti e, in caso contrario, li porto io al corrente di tali fatti ed eventualmente quali azioni intendessero porre in atto per garantire che le regole vengano rispettate da tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Per un richiamo al Regolamento (ore 20,33).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire adesso, alla fine, per evitare di suscitare polemiche, perché non è assolutamente polemico il mio intervento. Qui, in quest'Aula, c’è sempre stata una circolare che vietava di fare fotografie. Ormai per prassi sono molti i colleghi che le fanno e io, francamente, non vi trovo niente di scandaloso. Quello che trovo necessario è che ci sia una nuova regolamentazione su cui, forse ricordo male, mi sembra di aver sentito una volta che poteva esserci una pronuncia dell'Ufficio di Presidenza: una nuova regolamentazione Pag. 76che metta l'animo in pace a chi le fotografie le vuole fare e le faccia pure – ripeto che non ci trovo nulla di scandaloso – ma tolga a noi l'onere di dovere intervenire dicendo: guardi che c’è qualcuno che sta facendo una cosa che il nostro Regolamento non prevede. Pregherei dunque lei, la Presidenza, di farsi carico di risolvere definitivamente questa vicenda. A mio giudizio, risolvendola in maniera positiva, consentendo che, con equilibrio e con intelligenza che dovrebbero essere patrimonio di tutti, le fotografie non siano più vietate.

  PRESIDENTE. La ringrazio e ovviamente trasferirò al Presidente e, quindi, all'Ufficio di Presidenza la questione.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 30 maggio 2013, alle 10:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 20,35.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Giachetti e a. 1-53 563 554 9 278 139 415 13 Resp.
2 Nom. Moz. Migliore e a. 1-54 u.n.f. 580 580 291 33 547 11 Resp.
3 Nom. Moz. Giorgetti G. e a. 1-55 580 579 1 290 441 138 11 Appr.
4 Nom. Moz. Speranza e a. 1-56 578 570 8 286 436 134 11 Appr.
5 Nom. Moz. Dadone e a. 1-57 579 579 290 103 476 11 Resp.
6 Nom. Moz. Meloni G. e a. 1-59 n.f. I p. 568 557 11 279 7 550 11 Resp.
7 Nom. Moz. Meloni G. e a. 1-59 n.f. II p 567 557 10 279 25 532 11 Resp.
8 Nom. Ris. Alfreider e a. 6-11 555 548 7 275 414 134 11 Appr.
9 Nom. Ris. Nuti e a. 6-12 552 551 1 276 102 449 11 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.