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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 17 di giovedì 16 maggio 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 10,35.

  VALERIA VALENTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a partire dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,36).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza in relazione alla partecipazione a consultazioni elettorali di liste i cui contrassegni appaiono chiaramente ispirati all'ideologia fascista e nazionalsocialista – n. 2-00048)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente Migliore n. 2-00048, concernente iniziative di competenza in relazione alla partecipazione a consultazioni elettorali di liste i cui contrassegni appaiono chiaramente ispirati all'ideologia fascista e nazionalsocialista (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Franco Bordo se intenda illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00048, di cui è cofirmatario, per quindici minuti, o si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCO BORDO. Sì, Signor Presidente, intendo illustrarla.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, benché in Italia esista una cultura sinceramente democratica non c’è dubbio che il Paese avrebbe bisogno di una forte iniezione di antifascismo capace di diffonderlo fra i cittadini e di farlo penetrare nella cittadella delle istituzioni come condizione essenziale per il consolidamento della democrazia.
  Ciò a maggior ragione perché ci troviamo in una fase in cui, in tutta l'Europa, spirano venti di reazione, di populismo e addirittura, in alcuni casi, di autoritarismo a cui dobbiamo la crescita e la diffusione di movimenti dichiaratamente neonazisti.
  In Italia quelli che apparivano semplici rigurgiti di nostalgia si stanno manifestando con rinnovato impegno, con rinnovata ampiezza e con crescente diffusione. Si aprono nuove sedi di movimenti neofascisti, si assumono iniziative spesso ardite con un vero e proprio crescendo e, Pag. 2spesso, con la protezione e l'incoraggiamento anche da parte di pubblici amministratori.
  Cresce la violenza nelle manifestazioni pubbliche anche da parte di coloro che cercano di approfittare dell'occasione data dalla crisi economica e sociale e finiscono sempre per porre in essere vere e proprie spinte verso la destra reazionaria i cui sbocchi sono sempre stati nefasti.
  A ciò si aggiungono anche i tentativi di collegamento a livello europeo di cui sono manifeste dimostrazioni alcune iniziative neofasciste in varie parti del Paese con un forte afflusso di esponenti della destra nera da tutta Europa.
  In questa situazione la linea di difesa di coloro che credono nei valori della democrazia della nostra Repubblica è tante volte troppo debole e spesso incerta. Questa incertezza troppo spesso coinvolge le stesse istituzioni. Colpisce il fatto che le esposizioni di simboli, la diffusione di propaganda e manifestazioni aperte di fascismo e nazismo lascino indifferente una parte di cittadini che non ne considera la gravità e la pericolosità e trovino un clima troppo tiepido anche nelle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto della Costituzione, istituzioni che spesso prendono in considerazione il fenomeno solamente sotto il profilo dell'ordine pubblico senza avvedersi che il problema è troppo e molto serio e coinvolge principi e tematiche riferibili ai valori costituzionali.
  Tutto questo può trovare le sue radici nel fatto che il nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, non ha mai analizzato a fondo e fatto conoscere a fondo il fascismo italiano, ha trascurato, non di rado, le pagine più belle della nostra storia, come la liberazione dai tedeschi e dai fascisti ed infine è stato troppo tiepido di fronte ai continui attacchi di negazionismo e revisionismo.
  Inoltre, si è diffusa la falsa idea di un fascismo buono e mite contro la verità e la realtà, a fronte di tremila morti del periodo del fascismo, delle leggi razziali, delle discriminazioni e persecuzioni di chi non era fascista, del colonialismo e della guerra in cui sono stati mandati al massacro decine di migliaia di giovani e si è rovinato e distrutto il Paese.
  Revisionismo e negazionismo favoriscono la sottovalutazione dei fenomeni e producono diseducazione e disinformazione. Eppure, dovrebbe essere chiaro che ogni spazio che si lascia aperto e ogni ostacolo che, oggettivamente, si frappone allo sviluppo della democrazia rappresentano un'occasione di crescita dei movimenti fascisti e nazisti e dunque deve essere evitata ogni possibile concessione, volontaria o meno, ai nemici della democrazia.
  Il fatto che alcune amministrazioni comunali possano mostrare simpatia verso i movimenti neofascisti così come il fatto che alcuni prefetti e questori restino inerti oppure si attestino, come si è detto, sull'ordine pubblico a fronte di manifestazioni che violano il nostro dettato costituzionale e le leggi del nostro Stato sono rivelatori di una permeabilità assai pericolosa per istituzioni che, per definizione, dovrebbero essere democratiche.
  È in questo quadro che operano quasi indisturbate e troppo spesso riescono ad essere presenti sulle schede elettorali formazioni come CasaPound, che conta 2 mila tesserati e migliaia di simpatizzanti, sedi su tutto il territorio nazionale, quindici librerie e venti pub, otto associazioni sportive, una web radio con venticinque redazioni in Italia e dieci all'estero, una web tv, un mensile e un trimestrale, oltre centocinquanta conferenze organizzate in tutte Italia, e il proprio leader si definisce un fascista del terzo millennio.
  CasaPound si è presentata alle ultime elezioni politiche regionali ed è attualmente in corsa in molte elezioni amministrative, fra cui quelle per il comune di Roma. Nel programma, reperibile nel sito Internet dell'associazione, dichiara «vogliamo un'Italia sociale e nazionale secondo la visione pavoliniana e mussoliniana»; per chi non ne fosse a conoscenza, Pavolini era il segretario del Partito Fascista.
  Abbiamo, inoltre, il Movimento Fascismo e Libertà: sembra un ossimoro, invece è un movimento politico presente in undici regioni e diciotto differenti province italiane. Pag. 3Ecco come si descrivono sul loro sito: «A chi oggi crede sia impossibile fare politica con una denominazione come quella del nostro Movimento noi rispondiamo che essere fascisti oggi è possibile, e che l'unica organizzazione che sia oggi disposta a ripartire da dove la storia si era interrotta, ovvero dalla morte del Partito Fascista Repubblicano, è il Movimento Fascismo e Libertà». «Noi siamo fedeli agli insegnamenti del Fascismo storico, quello del Ventennio e dell'esperienza della Repubblica Sociale Italiana. Ecco da dove nasce l'esigenza di dare vita ad un movimento come il nostro: dal constatare come sia indispensabile oggi portare avanti con fedeltà e coerenza l'ideologia incorrotta e sempre giovane del Duce Benito Mussolini».
  Questa movimento, signori del Governo, si è presentato recentemente alle elezioni amministrative 2012 a Villanova d'Asti, a Santeramo in Colle, in provincia di Bari, è attualmente tra le liste ammesse alle elezioni per il comune di Alagna Lomellina, Pavia e Castel Gabbiano, in provincia di Cremona.
  Abbiamo inoltre – perdonatemi il tedesco, ovviamente non perfetto – il Nationalsozialistische arbeit bewegung - Movimento nazionalsocialista dei lavoratori, nato nel 2002. Si richiama al famigerato Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, ovvero il Partito nazista di Hitler. Sul profilo dell'organizzazione, pubblicato tramite un diffuso social network, tra foto del Führer e di gerarchi nazisti, campeggia la missione del partito. Il movimento, richiamato anche sulle pagine web del sito neonazista Stormfront, che dal novembre 2012 è oscurato, si presenta alle urne da una decina di anni ed è riuscito ad eleggere sei consiglieri a Nosate, in provincia di Milano, e a Belgirate. La strategia è di legittimarsi con liste elettorali per ora in centri piccoli. Si è presentato con propri candidati in nove comuni delle province di Varese, Como, Verbania, Novara e Biella e, nel 2012, in altri due comuni della Lombardia e sei del Piemonte. Nel proprio sito web il movimento dichiara di richiamarsi alle radici della nascita del Partito nazista tedesco. In esso è pubblicato il programma che prevede la formazione di un nuovo ordine di Stato, con i cittadini divisi in tre categorie: gli appartenenti, gli aggregati al popolo e, infine, gli stranieri. Solo agli appartenenti è consentito il diritto di voto. Fra i compiti dello Stato si prevede la difesa della razza.
  Signori del Governo, mi pare un quadro sufficientemente preoccupante perché da parte del Governo vengano prese misure concrete per arginare sensibilmente il fenomeno che abbiamo velocemente descritto.
  Per cui, considerato che ritengo tali attività non coerenti con la XII disposizione transitoria e finale della nostra Costituzione – che afferma: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista» – e che tali attività sono in contrasto con l'articolo 1 della legge n. 645 del 1952 – che recita: «Ai fini della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività all'esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito, o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista» – sono a chiedere quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con urgenza per assicurare la legalità e il rispetto dei valori e dei principi affermati dalla nostra Costituzione e se non si ritenga necessario assumere iniziative normative per escludere dalla partecipazione alle consultazioni elettorali liste legate alle suddette organizzazioni, i cui contrassegni e programmi sono esplicitamente, o di fatto, ispirati all'ideologia fascista e nazionalsocialista (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

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  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'interpellanza urgente dell'onorevole Migliore è stata ampiamente illustrata e depositata da altri colleghi in questo onorevole consesso ed ha ad oggetto, sostanzialmente, le iniziative che il Governo intenda assumere in merito all'ammissione di liste elettorali legate a movimenti di ispirazione fascista.
  L'ambito, all'interno del quale si iscrive la decisione della commissione elettorale provinciale, è quello delle consultazioni elettorali del 26 e 27 maggio, indette per il rinnovo del consiglio comunale di Alagna Lomellina, in provincia di Pavia. Le liste in questione riguardano un movimento, il cui acronimo è MFL (Movimento Fascismo e Libertà), nonché un altro movimento che contiene l'indicazione e l'emblema del fascio all'interno della lista.
  Ora, il punto è che l'ammissione delle liste elettorali viene praticata dalle commissioni elettorali circondariali che, come è noto, sono di nomina del presidente della corte d'appello, quindi si tratta di organismi dotati di piena autonomia decisionale, rispetto ai quali non c’è alcun vincolo e alcun legame con il Ministro e con il Ministero dell'interno, tanto meno un legame di natura gerarchica.
  Ovviamente, come tutte le decisioni prese da organi amministrativi, vi è la possibilità di impugnarle e di ricorrere nelle competenti sedi. Da questo punto di vista, in effetti, le liste sono già state presentate, quindi vi è già stato un contenzioso.
  Il Governo e il Ministro dell'interno rilevano come il Consiglio di Stato effettivamente, in un parere reso nel 1994, quindi anche abbastanza risalente, abbia stabilito che la presentazione di contrassegni recanti il simbolo del fascio romano non fosse in realtà illegittimo come atto. L'ha ritenuto illegittimo nella misura in cui al simbolo fosse associata la parola «fascismo». Vi sono state, inoltre, alcune decisioni, a seguito di contenziosi amministrativi, con le quali si è ritenuto che la presentazione di liste così congegnate costituisca un esplicito richiamo all'ideologia fascista e al disciolto partito fascista.
  Ora, trattandosi di statuizioni che fanno riferimento a casi specifici e che, quindi, non possono essere estese per portata generale al di là dei soggetti nei cui confronti costituiscono giudicato, l'iniziativa che il Ministero e il Ministro dell'interno possono assumere, non potendo ovviamente influire, per le ragioni che ho già detto, sulle determinazioni della commissione provinciale, è quella di rappresentare, nelle istruzioni che a queste commissioni vengono trasmesse in occasione delle competizioni elettorali, i pronunciamenti a cui ho fatto riferimento che, pure essendo riferiti a casi specifici, contengono tuttavia delle indicazioni che possono essere opportunamente valutate al momento in cui la commissione decide l'ammissione o meno delle liste medesime.

  PRESIDENTE. Il deputato Franco Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla interpellanza Migliore n. 2-00048.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi trova parzialmente soddisfatto perché prendo atto della volontà del Ministero di includere nelle istruzioni delle, immagino, prossime e future consultazioni elettorali indicazioni o, comunque, circolari su quanto è stato decretato da organismi autorevoli, a partire da quelle del Consiglio di Stato che hanno, con chiarezza, definito che è corretto che le commissioni elettorali non ammettano le liste che fanno questi riferimenti, sia con simboli sia con dizioni letterali o acronimi e che si richiamano ideologicamente al disciolto partito fascista. Di questo prendo atto e mi fa piacere. Spero che ciò possa essere, diciamo, utile ad arginare il fenomeno che si sta in qualche modo diffondendo.
  Sono un po’ più insoddisfatto rispetto ad un altro aspetto. Se non dal punto di vista normativo la mia domanda era formulata Pag. 5in modo più, diciamo, politico e da parte del Governo complessivamente possono esserci anche iniziative tali che prevengano anche questo tipo di situazioni.
  La costituzione e la ramificazione nel Paese di queste organizzazioni a me sembra, ormai, un fatto acclarato su cui penso che una riflessione su come si debba attestare l'attenzione delle prefetture, delle amministrazioni comunali, delle questure, nei confronti della diffusione della propaganda dell'organizzazione di queste strutture nazifasciste nel nostro Paese, sia un dovere, da parte del Ministero che lei rappresenta e del Governo stesso. Se non vedremo iniziative in questo senso, come gruppo Sinistra Ecologia Libertà ci faremo portatori di una proposta indirizzata al Governo.

(Iniziative per la realizzazione del progetto di delocalizzazione di abitazioni in relazione al piano di sviluppo dell'aeroporto «Galileo Galilei» di Pisa – n. 2-00034)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fontanelli n. 2-00034, concernente iniziative per la realizzazione del progetto di delocalizzazione di abitazioni in relazione al piano di sviluppo dell'aeroporto Galileo Galilei di Pisa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Paolo Fontanelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, intervengo brevemente per richiamare i punti di fondo dell'interpellanza urgente e poi per ascoltare la risposta del Governo. Ovviamente l'interpellanza urgente è molto puntuale, delimitata e legata al caso della delocalizzazione di 44 abitazioni, per 44 famiglie, che sono venute a trovarsi, nel tempo, praticamente dentro il perimetro dell'aeroporto, anche se fuori, appena fuori, dalla rete, ma praticamente a meno di 20 metri dalla pista di partenza degli aerei.
  Questo è avvenuto nel tempo, perché l'aeroporto di Pisa ha conosciuto, negli anni, un ampliamento notevole delle proprie attività e, quindi, anche dell'allargamento non solo nel numero dei voli ma anche degli spazi.
  Insomma è un aeroporto che parte come aeroporto militare, ma poi attraverso una forte collaborazione fra le istituzioni locali, la regione, il comune e la provincia, che sono i soggetti di maggioranza della SAT, cioè della società che gestisce l'aeroporto, anche se si tratta di una società, come dire, mista, che attraverso la collaborazione con i militari ha consentito negli anni di ampliare notevolmente il livello delle attività, si è arrivati ad un punto in cui queste abitazioni sono entrate in collisione con queste attività portuali, ponendo seri problemi di disagio, legati al rumore, a problematiche di inquinamento, a questioni che possono, se prolungate nel tempo, porre anche problemi non solo sul versante ambientale e di inquinamento, ma anche sul versante salute, perché il livello dell'inquinamento, del rumore e non solo sta diventando davvero molto alto. C’è un disagio molto forte e, sulla base di questo disagio, le istituzioni hanno lavorato ad un progetto di delocalizzazione che aveva in origine anche un'intesa con ENAC a livello nazionale per quanto riguardava la programmazione dello sviluppo. Si è lavorato per anni su questo disegno, si era arrivati ad un'ipotesi possibile, con un tavolo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per arrivare alla delocalizzazione. È stato calcolato il valore in termini economici di questa operazione, all'incirca di 18 milioni, vi era e vi è la disponibilità più volte enunciata da parte della SAT, cioè della società che gestisce l'aeroporto, di compartecipare a questo impegno, che sembrava andasse avanti, poi ad un certo punto tutto si è fermato. La crisi e le difficoltà economiche hanno in qualche modo portato ad una situazione di blocco e di impasse senza risposte di quel tavolo che era stato istituito anche con il Ministero, insieme a regione ed enti locali. La questione ora riguarda le infrastrutture, in parte anche l'ambiente e potrebbe riguardare anche il Ministero Pag. 6della difesa sostanzialmente, essendoci l'attività dell'Aeronautica. Il punto è come far ripartire rapidamente questo elemento, considerando che dal 2003 esiste un articolo di legge che consente una tassazione sulle movimentazioni passeggeri, chiamata municipal tax, finalizzata quando nacque proprio ad attutire e ad attenuare le difficoltà delle città o dei paesi o delle abitazioni vicine agli aeroporti. Ecco queste risorse non sono state utilizzate – in qualche caso, forse per Malpensa – in questa direzione, ma in gran parte non vengono utilizzate in questa direzione. Penso che sarebbe giusto ed utile, visto che c’è anche un canale proprio per il reperimento delle risorse, individuare il più rapidamente possibile, se si è d'accordo su questa operazione, quello che è necessario per fare le operazioni di delocalizzazione. Questo è il senso dell'interpellanza, che chiedeva appunto al Presidente del Consiglio di raccordare i diversi Ministeri, di riattivare immediatamente un tavolo di confronto, per arrivare al più presto ad una soluzione, anche perché più il tempo passa più i rischi anche dal lato ambientale e di salute possono diventare invece un elemento oggettivo di freno allo sviluppo della stessa infrastruttura aeroportuale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, Erasmo D'Angelis, ha facoltà di rispondere.

  ERASMO D'ANGELIS, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole Fontanelli, il tema è all'attenzione del Governo. Come è noto, l'aeroporto di Pisa, come ha spiegato anche poco fa l'onorevole Fontanelli, è un aeroporto militare aperto al traffico commerciale e al cui interno c’è questa enclave; è incluso nel sedime aeroportuale un borgo composto da quarantaquattro unità abitative. La presenza di questo insediamento residenziale comporta problematiche molto rilevanti sia sotto il profilo dell'inquinamento acustico e ambientale, sia sotto il profilo della sicurezza, oltre che disagi notevoli per le famiglie che vivono in quelle condizioni. Già da tempo queste problematiche, come ha spiegato l'onorevole Fontanelli, sono state oggetto di verifiche e valutazioni da parte dei soggetti istituzionali e dei privati interessati, i Ministeri competenti, l'ENAC, la regione, la provincia, il comune di Pisa, la società di gestione, che hanno manifestato in più occasioni l'intendimento di procedere alla delocalizzazione delle unità abitative componenti questo borgo. Per effetto di questa delocalizzazione le aree liberate verrebbero acquisite dal demanio aeronautico civile e in tal modo si renderebbe possibile razionalizzare e sviluppare l'assetto dell'aeroporto.
  La questione è stata affrontata nel tempo e in diversi incontri tra i rappresentanti di tutti gli enti interessati ed anche in sede di appositi tavoli tecnici, nel corso dei quali si è convenuto che la delocalizzazione, oltre a consentire lo sviluppo dello scalo, sia per la parte civile sia per quella militare, migliorerebbe le condizioni di sicurezza, alleggerirebbe l'impatto ambientale ed acustico arrecato al territorio circostante, ottimizzando l'accessibilità all'aeroporto, e, infine, come dicevo prima, risolverebbe il problema sociale collegato alle famiglie interessate.
  Tuttavia, nonostante le molteplici iniziative intraprese nel tempo sia dalle amministrazioni locali sia da quelle centrali e dalla società di gestione dello scalo, non è stato risolto ancora il problema centrale, e cioè il reperimento delle risorse globalmente necessarie alla delocalizzazione – si parla di circa 18 milioni di euro –, per i noti tagli alla spesa pubblica nell'attuale congiuntura economica.
  Al riguardo, assicuro che il Governo intende affrontare con rinnovato impegno e risolvere il problema, avendo cura di individuare e di indicare le soluzioni più idonee per il reperimento dei fondi necessari. In tal senso, è intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riattivare immediatamente, anche nei prossimi giorni, le interlocuzioni con tutti Pag. 7i soggetti istituzionali coinvolti, al fine di giungere ad una definizione positiva della problematica sollevata.

  PRESIDENTE. Il deputato Fontanelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto, insomma, abbastanza soddisfatto, perché, in qualche modo, queste ultime parole pronunziate dal sottosegretario D'Angelis affermano, mi pare in maniera molto chiara, un impegno per riattivare quanto prima il tavolo di confronto per cercare una soluzione.
  Se il Governo ci avesse detto di stare tranquilli, perché aveva già trovato i soldi, saremmo più contenti, ma, evidentemente, questo presuppone un lavoro che va fatto. Ritengo giusto, però, ribadire una cosa: in generale, bisognerebbe avere un certo rispetto e una certa coerenza riguardo agli strumenti che si attivano.
  Lì è stata attivata – riguarda tutti gli aeroporti italiani, tutto il traffico passeggeri italiano – una tassa sul movimento passeggeri, volta – così è stata motivata, allora – ad attutire, ad alleggerire, ad affrontare i disagi dei territori e delle popolazioni che vivono in prossimità degli aeroporti. È improprio che queste risorse finiscano in altre attività, e non in quella.
  Probabilmente, queste risorse sono molto superiori, forse, anche alle esigenze che avremo, ma sarebbe comunque un fatto positivo di coerenza rispetto agli strumenti che si attivano. Infatti, quando si attiva un elemento che comunque è una tassazione, un contributo che si chiede ai cittadini, ai passeggeri – in questo caso sono italiani, e non solo – è giusto che la finalità sia rispettata.
  Quindi, credo che sia un dovere fare di tutto per trovare queste risorse. Poi, non si tratta di una quantità spropositata: credo che sia possibile, in tempi rapidi, arrivarci, anche perché da parte di quei cittadini che hanno costituito il comitato «Basta aeroporto in casa» comincia ad esservi la manifestazione continua e assai evidente di un disagio, perché i voli sono davvero aumentati.
  Siamo passati, in pochi anni, da un milione e mezzo a oltre 4.200.000 passeggeri. Probabilmente, quest'anno si arriverà quasi a 5 milioni, il che vuole dire un incremento di voli davvero notevole, che queste persone vivono direttamente sulle loro condizioni di vita. Mi dichiaro soddisfatto perché la risposta testimonia un impegno serio che il Governo ha preso e sollecito la rapidità di questo impegno.

(Problematiche connesse all'approvvigionamento idrico della regione Sardegna – n. 2-00039)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nicola Bianchi ed altri n. 2-00039, concernente problematiche connesse all'approvvigionamento idrico della regione Sardegna (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Nicola Bianchi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  NICOLA BIANCHI. Sì, signor Presidente, intervengo.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, Sottosegretario, gentili colleghi, permettetemi prima di tutto di ringraziare i colleghi che hanno sottoscritto questa interpellanza urgente e il gruppo di intervento giuridico di Cagliari.
  La Sardegna è affetta da seri problemi di approvvigionamento idrico poiché le precipitazioni non sono abbondanti e si concentrano principalmente nel periodo autunnale, dando così luogo a lunghi periodi di siccità. L'acqua non viene distribuita in modo uniforme sul territorio a causa delle particolari caratteristiche morfologiche della regione.
  Circa i tre quarti del fabbisogno idrico totale della regione viene soddisfatto attingendo dalle fonti superficiali costituite, in primo luogo, da grandi invasi artificiali Pag. 8e solamente un terzo del fabbisogno viene, quindi, soddisfatto attingendo dalle fonti sotterranee, ovvero, alle falde acquifere presenti nel sottosuolo, fortemente sfruttate e affette da seri problemi di inquinamento.
  La Sardegna possiede ben 32 invasi di grandi e medie dimensioni, aventi una capacità massima attuale di 2 miliardi e 280 milioni di metri cubi di acqua, di cui un miliardo e 904 milioni di metri cubi con autorizzazione all'invaso.
  Si ricorda che la Sardegna rientra, ai fini della pericolosità sismica, nella zona 4. Quindi stiamo parlando di una sismicità molto, molto bassa, così come definita nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 marzo 2003, n. 3274 e successive modifiche e integrazioni, dal sito della Protezione civile e da tutti gli studi di settore, in particolare dal Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti.
  Secondo quanto risulta agli interpellanti, sarebbe in corso di completamento ai fini della sicurezza sismica, la revisione del decreto del Ministero dei lavori pubblici del 24 marzo 1982, recante norme tecniche per la progettazione e la costruzione di dighe di sbarramento.
  Il testo in discussione, aggiornato più volte, presenterebbe carenze conoscitive e dispositive profonde, in particolare per quanto concerne il territorio della Sardegna, non considerando il ridotto rischio sismico di cui sopra.
  Se i provvedimenti, appunto, di cui sopra venissero definitivamente approvati, tutti gli invasi aventi diga a volta (quindi, sbarramenti ricurvi; sono 5 invasi in Sardegna, per una capienza complessiva pari a 705 milioni di metri cubi di acqua) dovrebbero essere svuotati e resi inutilizzabili, mentre gli invasi con diga a gravità (stiamo parlando di 12 invasi, per una capienza complessiva pari a 757 milioni di metri cubi di acqua) potrebbero contenere soltanto la metà della capacità invasabile.
  Complessivamente, stiamo parlando di 1,490 miliardi di metri cubi disponibili in meno, pur non rivestendo sostanzialmente caratteristiche geofisiche di pericolosità sismica.
  Chiedo quindi se il Presidente del Consiglio e i Ministri interpellati, nell'ambito delle rispettive competenze, siano a conoscenza di quanto sopra e se ciò risulti corrispondente al vero, e, qualora quanto sopra paventato corrisponda a realtà, con quali atti intendano intervenire in una materia di così delicato interesse, al fine di scongiurare una assurda e irragionevole decurtazione di risorsa idrica invasabile e disponibile per la Sardegna. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Erasmo D'Angelis, ha facoltà di rispondere.

  ERASMO D'ANGELIS, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole Bianchi, gli interpellanti sollevano una questione estremamente importante che sta suscitando allarme e preoccupazione sull'isola.
  È un problema vero: ci sono articoli di giornali e su altri media, e, in più, ci sono le istituzioni, a partire dalla regione, che pongono al Governo la questione di una possibile restrizione del volume degli invasi sardi, come effetto delle nuove norme tecniche antisismiche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta, dighe o traverse, attualmente in corso di approvazione.
  La norma in questione, lo ricordo, è stata predisposta e approvata dal Consiglio superiore dei lavori pubblici in due assemblee generali nel 2008 e nel 2009. È stata esaminata da un apposito gruppo di lavoro, costituito presso il medesimo Consiglio, che ha svolto una prima valutazione dell'impatto del nuovo testo normativo sulla cultura tecnica sedimentata nel campo delle dighe italiane, in coerenza con la nuova normativa europea e le attuali norme tecniche nazionali per le costruzioni. È attualmente in corso la procedura di emanazione delle norme attraverso un decreto ministeriale che prevede l'acquisizione dei pareri del Ministero Pag. 9dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della Protezione civile, della Conferenza Stato-regioni. A conclusione di tale iter, il decreto ministeriale di approvazione della norma tecnica sulle dighe recepirà le osservazioni delle varie istituzioni coinvolte nel procedimento.
  Nel merito, ovviamente, c’è un monitoraggio costante circa la sicurezza delle nostre infrastrutture. Si prevede anche una fase conclusiva di accertamento riguardante in maniera specifica l'impatto delle norme sulle 540 dighe oggi in esercizio in Italia, che costituiscono una fondamentale e strategica risorsa per gli usi idropotabili, irrigui, idroelettrici e anche di protezione dalle piene nel delicato contesto idrogeologico del territorio italiano.
  Abbiamo ben presente anche la delicatezza della questione evidenziata dall'onorevole Bianchi e dagli altri interpellanti, perché la Sardegna, come diceva l'onorevole, ha una storica scarsa piovosità, aggravata a maggior ragione dei cambiamenti climatici in corso, che ci pongono di fronte a nuove necessità di approvvigionamento idrico. Quindi questo importante patrimonio infrastrutturale deve necessariamente continuare e continuerà a svolgere la funzione insostituibile di accumulo di acqua necessaria per soddisfare fabbisogni primari, a partire da quello idropotabile, per andare poi agli altri usi, irrigui, industriali, eccetera, ovviamente nel rispetto delle condizioni di sicurezza e di sostenibilità dell'ambiente, considerato anche il valore della risorsa come bene comune e fondamentale che non va sprecata. Quindi il rilascio dalle dighe, per quanto ci riguarda, non è previsto e non è in itinere.
  Lo stesso Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, interessato sull'argomento, ha evidenziato che la proposta di aggiornamento delle norme tecniche in esame prevede che le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto della sicurezza dei diversi stati limite, si definiscano a partire dalla pericolosità sismica di base del sito di costruzione. Per quanto riguarda la regione Sardegna, considerando le condizioni di bassa pericolosità sismica del territorio, la più bassa d'Italia e forse anche del mondo, che si traducono in valori di accelerazione orizzontale massima davvero esigui, non esiste alcun provvedimento limitativo della risorsa idrica invasata e quindi non è prevista un'azione di svuotamento degli invasi e dunque nessun rischio di crisi dovuta a tali manovre; anzi, il Governo rassicura gli interpellanti, le istituzione locali e i cittadini circa l'approvvigionamento idrico e per altri usi dell'acqua invasata nelle dighe della Sardegna, ritenendo quindi anche un po’ infondato ogni allarmismo circa ripercussioni soprattutto per la prossima stagione estiva.

  PRESIDENTE. La deputata Pinna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Nicola Bianchi n. 2-00039, di cui è cofirmataria.

  PAOLA PINNA. Signor Presidente, illustrissimo rappresentante del Governo, ci riteniamo abbastanza soddisfatti e comunque mi sento in dovere di apportare ulteriori precisazioni, dal momento che in questi ultimi giorni, come lei sa, l'allarmismo diffusosi nel territorio sardo è alto e la preoccupazione è tanta. L'isola, infatti, è notoriamente a rischio siccità e vittima di incendi che annualmente ne devastano il territorio. Ritengo che questi siano elementi di primissimo piano e da non sottovalutare.
  Premesso che il decreto ministeriale, recante norme tecniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento, è funzionale all'adeguamento alle normative comunitarie vigenti (il cosiddetto «Eurocodice 7») e tiene conto di vari elementi e fattori incidenti sul territorio, la nostra preoccupazione è che, in fase di applicazione, si intervenga in maniera precipitosa, illogica e irrazionale. Infatti, riteniamo che debba essere primariamente effettuata una valutazione degli stati limite di esercizio, per una corretta applicazione del decreto, attraverso delle perizie geologiche e ingegneristiche, volte a un eventuale e malaugurato adeguamento Pag. 10strutturale che porti poi, eventualmente, a uno svuotamento – anche se comunque su questo ci ha rassicurato.
  Queste perizie, quindi, dovranno includere il calcolo della risposta sismica locale, in riferimento a costruzioni in classe d'uso 4, che sono opere con funzioni pubbliche o strategiche importanti, tra cui le dighe, e il monitoraggio vibrometrico dei microtremori, che danno precise indicazioni sulle influenze di origine naturale o di antropizzazione. Le suddette perizie sono funzionali a una applicazione delle Norme tecniche per le costruzioni del 2008, in termini di specifici punti del territorio. Trattandosi, infatti, di un'opera importante non è sufficiente la microzonazione sismica territoriale per parametrizzare il territorio. Sarebbe un errore procedere con lo svuotamento delle dighe a volta e a gravità, prescindendo dalla verifica delle eventuali criticità, dal momento che nelle dighe in questione, come le dighe del Mulargia e del Flumendosa, realizzate cinquanta-sessant'anni fa, non si sono mai verificati eventi dannosi e non si sono riscontrati problemi strutturali riconducibili agli stati limite di danno, come prevedono le Norme tecniche per le costruzioni del 2008.
  Anche nel caso estremo di condizione di inadeguatezza della diga, dovendosi rendere necessario un adeguamento strutturale o lo svuotamento della diga, è fondamentale che gli interventi siano disposti attraverso una pianificazione razionale e nell'interesse generale, che combini, da un lato, la sicurezza pubblica e, dall'altro, il minore impatto ambientale e la necessità di approvvigionamento idrico. In particolare, riteniamo condizione necessaria la predisposizione di nuove fonti di approvvigionamento idrico prima della cessazione dell'esercizio della diga, sebbene temporaneo.
  Ciascuna delle fasi precedentemente esposte deve assolutamente prevedere una rimodulazione della tempistica che eviti interventi precipitosi e poco ponderati: il rischio è, infatti, di dover fronteggiare una pericolosa penuria idrica proprio nei mesi in cui si registra un picco nella domanda di acqua, tendenza causata dalla concomitanza tra la stagione turistica, in cui raddoppia la popolazione presente, e la campagna antincendi, in un periodo in cui le risorse diventano fondamentali per il controllo dei roghi.
  Confido nella volontà del suo Ministero di farsi garante di una corretta gestione della fase applicativa del decreto in termini di valutazioni tecniche, geologiche e ingegneristiche, successivi interventi di adeguamento strutturale e un eventuale svasamento, sulla base di un piano coordinato degli interventi, che assicuri continuità agli usi civili nonché alle attività agricole e imprenditoriali. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative, anche normative, in merito alla denominazione di monumenti o altri luoghi pubblici, in considerazione della vicenda del monumento dedicato al generale Rodolfo Graziani ad Affile, in provincia di Roma – n. 2-00036)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gregori n. 2-00036, concernente iniziative, anche normative, in merito alla denominazione di monumenti o altri luoghi pubblici, in considerazione della vicenda del monumento dedicato al generale Rodolfo Graziani ad Affile, in provincia di Roma (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Monica Gregori se intende illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MONICA GREGORI. Signor Presidente, la illustro. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'interpellanza urgente da me presentata riguarda un fatto che negli ultimi mesi ha avuto particolare rilevanza, sia in ambito nazionale che in ambito internazionale. Come forse qualcuno di voi già saprà, dall'11 agosto 2012, nel comune di Affile, nella zona dell'alta valle dell'Aniene, in provincia di Roma, risiede un monumento intitolato al generale fascista Rodolfo Graziani, inserito nel 1948, dalla Commissione delle Nazioni Unite per i Pag. 11crimini di guerra, nella lista dei criminali internazionali per l'uso di gas tossici contro popolazioni civili e per i bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa durante la guerra di Etiopia. Il generale Graziani sarà successivamente condannato, nel maggio del 1950, dal tribunale militare speciale di Roma per collaborazionismo a 19 anni di reclusione.
  Come già ricordato nella scorsa legislatura da alcuni colleghi, non esiste un divieto di commemorazione del generale Graziani; questo però, se avviene, deve essere un fatto privato e organizzato da privati; non può essere organizzato da cariche pubbliche e deve avvenire senza oneri da parte di uno Stato democratico così inteso in tutte le sue varie articolazioni, anche regionali, e fondato sul ripudio della guerra, come ci ricorda l'articolo 11 della Costituzione.
  Conseguentemente, il pieno impegno ufficiale da parte dello stesso sindaco di Affile nel commemorare l'azione del generale Graziani e costruire un momento a lui dedicato, impegna nella sua integrità la Repubblica italiana. Un'azione – va ricordato – giudicata a carattere criminale da parte della comunità internazionale.
  Vorrei inoltre ricordare a chi dovesse pensare che si tratti di una questione esclusivamente locale che tale non è, visto che la vicenda ha generato un'onda emotiva e mediatica anche a livello internazionale causando lo sdegno di molte comunità colpite all'epoca dalle barbarie del generale Graziani e arrecando un grave danno a livello di immagine al nostro Paese.
  Con l'insediamento della nuova giunta della regione Lazio, nel febbraio del 2013, il governatore Nicola Zingaretti ha chiesto agli uffici regionali competenti di riaprire il caso e sospendere il finanziamento concesso al comune di Affile. Si tratta, quindi, del blocco dell'erogazione di un saldo pari a 180 mila euro, mentre 50 mila euro sono già stati erogati dalla precedente giunta. La decisione di Zingaretti appare correttamente motivata. Come si legge nell'ordinanza, il comune di Affile avrebbe commesso palesi violazioni rispetto all'utilizzo del finanziamento pubblico, alterando la finalità e la destinazione dell'opera, visto che si sarebbe dovuto trattare di un monumento di celebrazione alla figura generica del soldato. Di conseguenza, per il ripristino del finanziamento, si chiede all'amministrazione comunale di apportare delle modifiche strutturali al monumento e intitolarlo, come originariamente concordato, «Al soldato», eliminando qualsiasi riferimento al generale Graziani.
  Ben sapendo che la questione rientra nelle competenze regionali, credo tuttavia che, in merito alla vicenda, il Governo possa e debba esercitare tutti i poteri di sua competenza. Ad esempio, ricordo al Governo, che la presenza del monumento a Graziani è stata spesso causa di tensione sia ad Affile che nei territori della provincia, un'inutile ferita che si è voluta aprire con il solo scopo di gettare benzina sul fuoco. Vi è, dunque, il rischio concreto che tali tensioni possano presto sfociare in manifestazioni violente e contrapposizione fisica. Insomma solo questo basterebbe, a mio avviso, a ottenere sul caso una maggiore attenzione da parte del Governo, un ruolo che giustifica anche l'esercizio dei poteri sostitutivi a tutela dell'ordine pubblico e di una corretta convivenza civile nell'area.
  Vi è poi un tema più generale sul quale chiedo al Governo di riflettere. Credo sia giunto il momento di assumere iniziative normative per impedire che siano intestati a personalità condannate per gravi reati contro lo Stato, monumenti, sacrari, pubbliche vie o piazze. Occorre evitare altri casi come quello di Affile nel nostro Paese che già pesantemente è attraversato da fortissimi attriti sociali a causa della crisi economica e non può permettersi che a causa di strumentalizzazioni politiche vengano inutilmente riaperti casi storici sui quali già la giustizia ha messo la parola fine (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, ha facoltà di rispondere.

Pag. 12

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, in relazione all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Gregori, concernente l'inaugurazione, nel comune di Affile, in provincia di Roma, di un monumento dedicato a Rodolfo Graziani, e in conformità a quanto comunicato dal Ministero dell'interno e agli atti pervenuti dalla Presidenza della regione Lazio, si fa presente quanto segue.
  Riguardo alle iniziative normative che si intendono adottare per impedire che siano intestati a personalità condannate per gravi reati contro lo Stato monumenti, sacrari o pubbliche vie o piazze, si precisa che la materia è disciplinata dalla legge 23 giugno 1927, n. 1188, recante «Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei». In particolare, l'articolo 3 della citata legge prevede che «Nessun monumento, lapide od altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni».
  Questo semplicemente recita l'articolo 3 della legge. Rispetto al luogo deve essere sentito il parere della Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti.
  In merito ai fatti richiamati dall'onorevole interrogante, agli atti della prefettura non risulta essere pervenuto alcun documento da parte del comune di Affile riguardo alla volontà di intestare un monumento al Generale Rodolfo Graziani, mentre dalla delibera di giunta del suddetto comune, acquisita dalla prefettura ed approvata nella seduta del 21 luglio ultimo scorso con oggetto «Intitolazione Parco Radimonte alla memoria di Luigi Ciuffa e il sacrario al soldato (Gen. Rodolfo Graziani)» – emerge che l'ente ha deliberato di intitolare il Parco Radimonte a «Luigi Ciuffa », ai sensi della legge 23 giugno 1927 n. 1188, e di dedicare il piccolo museo al soldato, al generale Rodolfo Graziani. Da una nota esplicativa del sindaco, risulta che il comune di Affile ha acquisito gratuitamente un terreno privato, di oltre 1300 mq, destinato secondo il vigente piano regolatore generale (PRG) a verde pubblico e che l'amministrazione comunale ha presentato un progetto alla regione Lazio per la realizzazione di un parco pubblico, con annesso un piccolo museo per ricordare i caduti di tutte le guerre e i soldati affilani, tra i quali il Maresciallo d'Italia, Rodolfo Graziani.
  Per completezza di informazione si rende noto che per quanto riguarda la tutela archeologica, la costruzione del monumento funebre non è sottoposta a vincoli emanati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio. Relativamente alla tutela paesaggistica, l'area del sacrario è inserita all'interno di un parco pubblico ed è sottoposta a vincolo secondo gli articoli 134 e 142 del suddetto codice. Tuttavia, agli atti della preposta sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, al 7 dicembre 2012, non risulta alcuna richiesta di autorizzazione paesaggistica, obbligatoria ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  Il suddetto progetto è stato finanziato dalla regione Lazio che, con la stessa deliberazione di giunta regionale n. 861 del 21 novembre 2008, recante l'approvazione del programma triennale straordinario di opere pubbliche per lo sviluppo locale regionale, ai sensi dell'articolo 37, comma 6, della legge regionale 28 dicembre 2007 n. 26, ha approvato, tra gli altri, il progetto per la riqualificazione del Parco Rodolfo Graziani, presentato dal comune di Filettino, assegnando un contributo regionale pari a 260.000 euro, e il progetto per la realizzazione di un parco pubblico in località Radimonte presentato dal comune di Affile, assegnando un contributo regionale pari a euro 50.000.
  Recentemente, nel mese di aprile 2013, la regione Lazio ha sospeso l'erogazione di ogni contributo ancora da liquidare per la realizzazione dell'opera e dagli atti risulta che il direttore del dipartimento programmazione economica e sociale della regione è stato incaricato di verificare la conformità, sia del progetto finanziato al comune di Affile, con delibera della giunta regionale n. 643 del 2009 per l'importo di 180.866 euro, che del precedente contributo di 50.000 euro, già erogato e assegnato Pag. 13ai sensi dell'articolo 37, comma 6, della legge regionale n. 26 del 2007, con quello effettivamente realizzato.
  Al riguardo, il presidente della regione Lazio, in una nota ha espressamente dichiarato: «Ho chiesto agli uffici regionali di sospendere il finanziamento concesso al Comune di Affile, originariamente destinato al completamento del parco Radimonte e alla realizzazione di un monumento al soldato, cioè al milite ignoto, in quanto il suddetto comune, impropriamente, ha, poi, deciso di dedicarlo a Rodolfo Graziani (...)» «A parte le palesi violazioni rispetto all'utilizzo del finanziamento pubblico, la nostra amministrazione» dice ancora il presidente della giunta regionale Zingaretti «non avallerà mai qualsiasi tentativo di distorsione o falsificazione della memoria storica, tanto più nel caso di una figura come quella del generale Graziani, su cui la storia ha già emesso da tempo il suo giudizio per i crimini di guerra compiuti nel corso dell'aggressione coloniale nei confronti dell'Etiopia, con l'uso di gas, bombardamenti indiscriminati e rappresaglie contro la popolazione civile, con la costruzione di campi di concentramento, con la reclusione coatta di popolazioni nomadi, per il suo sostegno indiscusso al regime fascista e al proseguimento della guerra a fianco della Germania nazista, fino all'ultimo giorno nella Repubblica di Salò, per il suo apporto convinto alla guerra civile contro la Resistenza, da cui mai prese le distanze e che gli valse una condanna a 19 anni di reclusione con l'accusa di collaborazionismo, mentre rimasero pendenti i suoi trascorsi in Africa e le accuse di crimini contro l'umanità a lui rivolte da più parti (...)».
  Già sei mesi fa, quando non era ancora presidente della regione, Zingaretti ha chiesto di fare un passo indietro. A questo punto, per quanto riguarda il Governo, non possiamo che prendere atto della palese illegittimità del comportamento del comune di Affile, sospendendo l'erogazione del saldo di 180 mila euro, così come disposto dalla regione Lazio, per la realizzazione dell'opera, sino al ripristino della proposta progettuale originariamente finanziata. Questo vuol dire apportare delle modifiche strutturali al monumento e intitolarlo, come originariamente concordato, «al soldato», facendo scomparire qualsiasi riferimento a Rodolfo Graziani e cancellando questa provocazione, che rappresenta non solo un atto scorretto dal punto di vista legale e amministrativo, ma una inaccettabile offesa alla libertà, alla democrazia e alla memoria di tutti gli italiani.
  L'interpellante, in ultimo, ha aggiunto un'altra riflessione nella parte finale, rispetto al testo depositato, che riguarda l'organizzazione della tutela dell'ordine pubblico in caso di eventuali elementi di tensione che si possono presentare di fronte a manifestazioni anche di rimozione di questa intitolazione del Parco Rodimonte. Io credo che spetti al Ministero dell'interno tutelare la possibilità che ai cittadini di Affile venga riconosciuto il diritto ad avere un monumento al milite ignoto e non aver messo, invece, dentro questa denominazione, con un atto improprio, così come si è verificato fino ad ora, una trasformazione del progetto originario con cui è stato chiesto il finanziamento alla regione Lazio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Monica Gregori ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MONICA GREGORI. Signor Presidente, sono soddisfatta, anche se tengo a ribadire l'estrema necessità che il Governo, per tramite dell'ufficio territoriale e del prefetto competente, quindi il prefetto di Roma, offra pieno sostegno alle iniziative del governatore della regione Lazio nel ripristinare il piano originale dell'opera del comune di Affile dedicata «al soldato».
  Occorre sanare al più presto la condizione che si è venuta a verificare con la costruzione del monumento e l'intestazione al generale Graziani, per questo ribadisco di ritenere assolutamente legittimo da parte del Governo esercitare i propri poteri sostitutivi soprattutto ai fini Pag. 14della tutela dell'ordine pubblico nel territorio. Ovviamente, tutto questo non esclude che possano prevedersi misure graduali, come ad esempio comunicazioni del prefetto al sindaco.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,35)

  MONICA GREGORI. Ritorno poi sul punto generale che ritengo molto importante: auspico che, sia in Parlamento, sia da parte del Governo, tenuto conto delle importanti priorità sia in ambito economico che delle riforme istituzionali e della politica, si possa procedere con un intervento normativo in grado di evitare che si verifichino in futuro casi analoghi.
  Vi è bisogno, quindi, di rivedere la disciplina che regola la toponomastica di concerto con gli enti locali e le regioni, inserendo criteri chiari e certi sul divieto di intestazione di strade, piazze e monumenti a coloro che si sono macchiati di gravi crimini contro lo Stato. Al riguardo, ricordo che il principale riferimento normativo, che è stato anche già citato, in tema di toponomastica risalga al ’27. Credo che anche da questo aspetto si possa giudicare il grado di maturità storica di un Paese e che questo sia un parametro di giudizio fondamentale nei confronti dei nostri partner europei e della comunità internazionale tutta.
  Come ha scritto bene Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, quello di Graziani è un mausoleo alla crudeltà. La speranza è che tutto questo possa non accadere più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi ed iniziative in merito al fallimento della società Deiulemar – n. 2-00031)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Lombardi n. 2-00031, concernente elementi e iniziative in merito al fallimento della società Deiulemar (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Luigi Gallo se intenda illustrare l'interpellanza Lombardi n. 2-00031, di cui è cofirmatario, o si riservi di intervenire in sede di replica.

  LUIGI GALLO. Sì, signor Presidente, intendo illustrarla.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, sottosegretario Giorgetti, membri del Governo, signori colleghi, oggi siamo qui in Aula a raccogliere informazioni su una vicenda che coinvolge oltre 13 mila risparmiatori: una vicenda che potrebbe configurarsi come una delle più colossali truffe avvenute in Italia dal dopoguerra ad oggi. Parliamo di una Spa, la Deiulemar, compagnia di navigazione dichiarata fallita con la sentenza n. 25 del 2 maggio 2012, emessa dalla sezione fallimentare del tribunale civile di Torre Annunziata.
  Quella che per decenni è stata una società leader in Europa nel settore del trasporto navale merci, arrivando a gestire in maniera diretta o attraverso il sistema dei noli, oltre 60 navi con circa 1.500 dipendenti, è finita per implodere sotto il peso di una gestione oggi al vaglio della magistratura penale e civile.
  La disastrosa vicenda ha coinvolto il prezioso risparmio di circa 13 mila famiglie, vanificando i sacrifici di un'intera vita. L'intera economia dell'area costiera vesuviana è stata compromessa in modo irreparabile, in quanto ne è stato pregiudicato l'intero tessuto economico e sociale. Di mese in mese, gli effetti indiretti del disastro finanziario conseguente al fallimento di questo colosso della navigazione nazionale emergono in maniera sempre più evidente.
  Ogni giorno, si contano decine di piccole imprese locali, già duramente provate dalla crisi economica nazionale, costrette a chiudere in ragione di un crollo senza precedenti dei consumi. In un territorio con un'economia incentrata sulle attività commerciali e di ristorazione osserviamo intere strade commerciali divenute vuote, colorate solo dai fluorescenti cartelli senza Pag. 15risposta di «affittasi» e «vendesi». Gravissimo è il contraccolpo occupazionale in luoghi già di per sé depressi da una disoccupazione cronica, soprattutto nelle fasce più giovani dei suoi cittadini, assunto che, con il fallimento della predetta società e delle altre società, pure riconducibili al medesimo gruppo, hanno perso il lavoro decine di occupati che, a vario titolo, erano alle loro dipendenze.
  Occorre tener presente che il raggiro perpetrato ai danni di ignari cittadini è stato fondato ingenerando negli stessi la convinzione che questi piccoli risparmiatori stessero effettuando investimenti a capitale garantito in quella che era stata fatta artificiosamente apparire come una regolare ed autorizzata, dagli organi preposti, attività di emissione di obbligazioni, in linea teorica consentita alle società di capitale ai sensi dell'articolo 2412 del codice civile, tra l'altro, sfoggiando e pubblicizzando certificazioni degli stessi bilanci effettuati da società di revisione di assoluto rilievo e fama internazionale del settore. In realtà, l'attività di raccolta del credito effettuata in diverse forme dalla Deiulemar è posta in essere da almeno trent'anni, in totale spregio dei limiti prescritti dal codice civile, in palese violazione delle norme di corretta tenuta del bilancio e dei libri sociali e, finanche, in espressa violazione di formali divieti inoltrati alla predetta società dalla Banca d'Italia, quanto meno a partire dal 2006.
  A fronte di ciò, nel corso degli anni, la società in parola ha potuto effettuare una raccolta di credito senza precedenti per il mercato non quotato italiano, raccogliendo somme astronomiche, pari a quindici volte il valore delle riserve legali e delle riserve disponibili risultate dall'ultimo bilancio approvato, per un ammontare complessivo di oltre 684 milioni di euro e totalizzando un patrimonio netto negativo pari ad oltre 858 milioni di euro. Come è potuto accadere, quando a pochi anni dal dichiarato fallimento distribuivano ancora utili per centinaia milioni di euro ? È possibile che il nostro sistema non abbia gli adeguati anticorpi per evitare ciò che si prospetta come un'ignobile e colossale truffa ?
  È notizia di pochissimi giorni fa, che la sezione fallimentare del tribunale civile di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento anche della società di fatto costituitasi tra gli esponenti delle tre famiglie fondatrici della Deiulemar, formalmente estranea alla compagnia di navigazione, ma che, di fatto, secondo quanto stabilito dai giudici fallimentari, cogestivano con i soci ufficiali la predetta compagnia stessa, tanto che è stato significativamente allargato anche il fronte delle responsabilità civili della disastrosa vicenda.
  Successivamente alla dichiarazione di fallimento della predetta società ufficiale, sono emerse circostanze gravi e documentalmente riscontrate che impongono interrogativi inquietanti in ordine alle effettive responsabilità a cui ricondurre la vicenda, devastante per la già di per sé depressa economia del territorio vesuviano, destinata, in ogni caso, a segnare profondamente le vite di una o due generazioni di cittadini, e che sarebbe sin troppo semplicistico circoscrivere ai pochi soci, siano essi ufficiali o di fatto, della fallita compagnia di navigazione.
  A tal proposito, alla luce dei fatti, oggi, appaiono evidentemente premonitori i segnali di allarme che da più di un decennio risuonavano in ordine alla legittimità dell'attività di raccolta di credito posta in essere a Torre del Greco e che avrebbero dovuto essere decodificati in maniera più immediata a tutela dei piccoli risparmiatori oggi travolti. Difatti, segnali ufficiali di allarme in ordine alla legittimità e alla correttezza delle operazioni finanziarie poste in essere dalla fallita società Deiulemar erano stati lanciati dall'Ufficio Italiano dei Cambi che, nel lontano 1997, aveva rigettato la richiesta della Deiulemar di iscrizione all'elenco generale degli intermediari finanziari, dalla procura della Repubblica di Torre Annunziata, che nel 2000 aveva aperto un fascicolo di indagine in ordine a presunti reati di abusivismo e di falso in bilancio, ancora, dall'Ufficio Italiano dei Cambi, che nel 2001 aveva segnalato alla procura della Repubblica una serie di operazioni finanziarie ritenute sospette, reiteratamente anche dalla Banca Pag. 16d'Italia, che nel 2002 aveva segnalato alla procura della Repubblica la presunta raccolta abusiva del credito effettuata dalla Deiulemar e nel 2006, allorquando aveva espressamente negato l'autorizzazione all'emissione di un prestito obbligazionario e, infine, dall'Unità di informazione finanziaria, che nel 2012 ha riferito alla procura della Repubblica in ordine a numerose segnalazioni di operazioni sospette effettuate dalla società che sarebbero pervenute da vari intermediari finanziari tra il 1999 e il 2011. Si erano, altresì, formulate ipotesi di reato di assoluta gravità come il falso in bilancio, la raccolta abusiva di credito da parte della stessa società e la formalizzazione di operazioni sospette perpetrate addirittura per oltre un decennio tra il 1999 e il 2011, come riferisce l'Unità di informazione finanziaria, che potevano e dovevano avere una rilevanza ben diversa a tutela del piccolo risparmio locale. Alla luce di quanto sopra, davvero sorprende come sia stato possibile che il nostro sistema finanziario, complessivamente, non abbia saputo tenere in considerazione questi gravissimi segnali che davano perfettamente il senso di come le attività finanziarie poste in essere dalla Deiulemar fossero di dubbia legittimità e mettessero a repentaglio migliaia di ignari risparmiatori. Va ribadito, difatti, che, a fronte di tutti i predetti segnali esposti e delle indicazioni di vario tenore e natura, l'attività di raccolta di credito imbastita dalla Deiulemar è continuata senza soluzione di continuità e senza ostacolo alcuno sino a gennaio 2012 e, quindi, sino a pochi mesi prima del dichiarato fallimento per un'insolvenza che, a quanto è dato sapere, sfiora il miliardo di euro.
  Detto cortocircuito del nostro sistema di controllo e di verifica preliminare che non ha saputo decodificare segnali che oggi ci appaiono di assoluta evidenza, ci pone dinanzi ad un bivio: o non ci sono gli strumenti adeguati per farlo e quindi è necessaria una radicale riflessione sull'intero sistema stesso e sugli strumenti che hanno a disposizione gli organi preposti oppure ci sono delle leggerezze, delle omissioni che vanno perseguite. Qui, colleghi, sottosegretario, ci sono falle di sistema, falle che producono, come in questa vicenda, fatti così eclatanti ed economicamente deflagranti, falle che hanno consentito ad una vicenda del genere di ingrossarsi per anni prima di esplodere in maniera tanto devastante a danno di un'intera comunità.
  La vicenda Deiulemar, in buona sostanza, diventa paradigmatica per affrontare in maniera radicale veri e propri nervi scoperti del nostro sistema finanziario attuale che per l'ennesima volta non ha saputo proteggere l'anello più debole: i risparmiatori. Pertanto deve farci porre seri interrogativi sull'effettiva efficacia dei controlli sul sistema finanziario complessivamente considerato, sull'efficacia dei controlli preliminari e in itinere su attività connesse alla raccolta di credito indirizzata a piccoli investitori, sull'efficacia dei controlli prescritti dal decreto legislativo n. 231 del 2007 per il contrasto ai reati di riciclaggio e dei reati societari in generale, sull'efficacia di un sistema che ha consentito la distrazione dai bilanci societari verso conti personali dei soci di enormi quantità di denaro, sull'efficacia delle analisi preliminari e dei flussi finanziari, sull'effettivo valore delle tanto sbandierate certificazioni dei bilanci societari, sull'effettiva efficacia sanzionatoria della vigente normativa in materia di falso in bilancio e controllo dei conti. Speriamo che oggi il Governo possa darci delle risposte, risposte che aspettano con ansia tantissimi cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

  ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, in riferimento all'interpellanza urgente, la segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha confermato di aver prestato nell'ambito della propria competenza ampia collaborazione agli organi inquirenti e alle competenti procure Pag. 17nell'ambito delle indagini condotte nei confronti della citata società Deiulemar.
  Peraltro, alla Banca d'Italia è stato notificato – in qualità di parte offesa – il decreto con il quale è stato disposto il giudizio immediato nei confronti degli ex esponenti e di alcuni soci della Deiulemar per diverse ipotesi di reato, fra le quali la raccolta abusiva del risparmio e il riciclaggio. La Banca d'Italia ha comunicato che si costituirà in giudizio.
  Con riferimento all'Unità di informazione finanziaria, quest'ultima ha fatto presente di aver ricevuto dai soggetti obbligati alla collaborazione attiva, a partire dal 1o gennaio 2008, unitamente all'Ufficio Italiano dei Cambi, numerose segnalazioni di operazioni sospette che sono state oggetto di analisi finanziaria e inviate al Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza, alla Direzione investigativa antimafia e all'autorità giudiziaria.
  La segreteria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio ha precisato che tutte le informazioni in possesso della UIF sono coperte da segreto d'ufficio anche nei confronti della pubblica amministrazione, fatti salvi i casi di comunicazione espressamente previsti dalla legislazione vigente. Sulla questione, la Commissione nazionale per le società e la borsa ha comunicato che, a seguito della dichiarazione di fallimento pronunciata dal tribunale di Torre Annunziata con sentenza del 2 maggio 2012, la Deiulemar Compagnia di navigazione spa, con delibera del 13 marzo 2013, è stata cancellata dall'elenco degli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante a decorrere dal 1o gennaio 2013.
  Le obbligazioni emesse dalla Deiulemar non sono negoziate sui mercati regolamentati; tuttavia, quale emittente obbligazioni diffuse, Deiulemar è tenuta al rispetto delle relative disposizioni legislative e regolamentari, combinato disposto degli articoli 114 e 109 del regolamento emittenti. In particolare, gli emittenti sono tenuti a diffondere solo una generale informativa nei confronti del pubblico in merito a determinati eventi e circostanze rilevanti.
  La Consob ha fatto rilevare che i poteri attribuiti alla medesima sono notevolmente inferiori rispetto a quelli esercitabili nei confronti degli emittenti quotati nei mercati regolamentati; comunque, l'attività di vigilanza sulla società in questione non aveva fatto emergere elementi tali da segnalare il rischio di una possibile alterazione delle informazioni rese al mercato dalla società, in quanto le relazioni, come peraltro ricordato dagli interpellanti, emesse dalla società di revisione KPMG S.p.a. nel periodo 2004-2010, contenevano tutte un giudizio positivo sui bilanci della società Deiulemar.
  La questione oggetto dell'interpellanza urgente riguarda, però, la diffusione di titoli irregolari. La Consob infatti ha fatto presente che in data 23 gennaio 2012 Deiulemar Holding Spa, socio unico dell'emittente, ha presentato un esposto all'autorità giudiziaria in merito all'emersa circolazione di certificati irregolari di tipo obbligazionario al portatore intestati alla Deiulemar Compagnia di Navigazione. Sulla base di quanto dichiarato dalla società, l'importo complessivo delle obbligazioni irregolari in circolazione sarebbe pari a circa 684 milioni di euro, mentre i portatori delle stesse risulterebbero essere circa 10.500.
  Dall'esame della documentazione in possesso della Consob, risulta che la circolazione dei certificati falsamente qualificati «obbligazioni Deiulemar» sia ascrivibile all'esclusiva operatività dell'ex amministratore unico della società, ovvero il signor Michele Iuliano. In particolare, apparentemente, le obbligazioni irregolari presentano le medesime caratteristiche di quelle regolari; tuttavia le stesse non solo sono del tutto prive dei requisiti formali e sostanziali tali da poter essere correttamente definite come obbligazioni, ma risultano, altresì, del tutto estranee alla sfera di riferibilità della società. I citati titoli sono viziati da nullità assoluta e, pertanto, non qualificabili alla stregua di obbligazioni, neppure irregolari. Gli stessi sembrano, piuttosto, da ritenersi del tutto Pag. 18inesistenti come titoli obbligazionari, data l'assenza degli elementi minimi costituivi di questi ultimi.
  A tal proposito, il responsabile avrebbe personalmente dichiarato che la situazione debitoria derivante dall'emissione dei titoli in questione «era riferibile esclusivamente alla sua persona».
  Tale circostanza risulta comprovata dal fatto che, sempre secondo quanto sinora emerso anche in seguito alle verifiche svolte dalla Deiulemar, «i sottoscrittori delle cosiddette obbligazioni irregolari versavano gli importi relativi alle sottoscrizioni per contanti o per assegno intestato all'amministratore unico o, ancora, mediante bonifico bancario su conti intestati al medesimo». I debiti in questione, infatti, «erano contratti direttamente dall'amministratore unico, che gestiva rimborsi ed interessi, senza contabilizzarli nel bilancio della società e all'insaputa del collegio sindacale».
  Tale dato risulta confermato dalle indagini da ultimo svolte dalla società di revisione KPMG, la quale, ha rappresentato che «alla data attuale (...) non sono emersi elementi che portino a ritenere che la gestione delle obbligazioni irregolari sia transitata nella contabilità della società e nei conti bancari ad essa intestati».
  Allo stato attuale degli accertamenti, l'estraneità della società alla raccolta di denaro effettuata dal signor Iuliano e la conseguente falsità dei certificati consegnati ai risparmiatori sembra escludere che, nella fattispecie, vi sia stata un'offerta di prodotti finanziari da parte della Deiulemar, cui sia ricollegabile un obbligo di prospetto informativo.
  Si aggiunge, infine, che il Ministero della giustizia ha comunicato che la procedura fallimentare è tuttora pendente presso il tribunale di Torre Annunziata.
  Si assicura, comunque, che il Governo seguirà con attenzione gli sviluppi della vicenda in questione e adotterà ogni utile iniziativa che possa evitare in futuro il ripetersi di violazioni in danno dei risparmiatori e del sistema finanziario, così come evidenziato da questa grave vicenda.

  PRESIDENTE. Il deputato Luigi Gallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla interpellanza Lombardi n. 2-00031. Ha dieci minuti.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, per l'impegno che adesso ha dichiarato il sottosegretario Giorgetti di continuare a mantenere l'attenzione su questa vicenda, sono soddisfatto, ma per tutto il resto no.
  Devo, innanzitutto, palesare la mia delusione nel verificare che oggi, in Aula, su una vicenda così importante, non ci sia a riferire il Ministro dell'economia e delle finanze, Saccomanni, un uomo che è organico nelle istituzioni di Banca d'Italia dal 1967, che ha lavorato per queste istituzioni presso il Fondo monetario internazionale, per la Banca centrale europea e per la Banca dei regolamenti internazionali, che avrebbe potuto essere più esaustivo, preciso e puntuale.
  Le risposte oggi formulate non possono ritenersi soddisfacenti. Il deflagrante impatto sulla vita sociale ed economica di migliaia di cittadini campani, che ha avuto la clamorosa vicenda oggetto di questa interpellanza urgente, e le profonde criticità sistemiche chiedono giustizia, risposte immediate, esaustive ed estremamente concrete.
  Appare, ormai, fuori di dubbio che la vicenda Deiulemar deve essere intesa in un senso che prescinda dal localizzato episodio di una cattiva gestione di una singola e determinata attività imprenditoriale. Essa, piuttosto, rappresenta un vero e proprio paradigma della profonda crisi in cui versa l'intero sistema imprenditoriale e finanziario che, a contatto con la raccolta di credito tra risparmiatori privati, si mostra sin troppo vulnerabile, quasi del tutto privo di controlli sostanziali e incapace di sanzionare le reali responsabilità delle sue derive patologiche.
  Solo negli ultimi otto anni, sulla base della ricostruzione svolta da un'affermata società di revisione incaricata dalla procura della Repubblica del tribunale ordinario di Torre Annunziata, si evince un'intensa attività di raccolta e rimborso del prestito obbligazionario, cosiddetto fuori Pag. 19bilancio, gestito attraverso conti correnti intestati al socio fondatore della società accomandante Michele Iuliano. Dal 2005 al 2012 ci risultano 31.521 movimentazioni sugli estratti conto in oggetto, per una cifra totale movimentata di circa 400 milioni di euro. Tutto questo senza escludere che ulteriori movimenti, quali girofondi da altri conti intestati al signor Michele Iuliano, o gli accrediti per estinzione di altri conti possono interessare provviste che erano il frutto delle medesime attività di raccolta e rimborso del prestito obbligazionario fuori bilancio.
  Come è potuto accadere che tutto questo restasse nascosto nelle intime stanze delle banche ? Come si è potuto non fare emergere questa insana attività agli occhi degli organi della vigilanza ? Dobbiamo accontentarci del segreto d'ufficio ? Il rischio che ci assumeremo, circoscrivendo la vicenda in oggetto a caso episodico e locale, è quello di minare, ancora una volta e forse irrimediabilmente, la fiducia del piccolo investitore nei confronti del mercato che si alimenta della raccolta di credito, già grandemente compromessa dai feroci fenomeni speculativi degli ultimi anni.
  Oggi il sottosegretario conferma che gli organi di vigilanza non sono dotati degli strumenti adeguati. Tale debolezza è stata pagata a carissimo prezzo da migliaia di famiglie che rischiano di essere le ennesime e – con tutta la probabilità se non si interviene per tempo – non ultime vittime immolate sull'altare della speculazione senza scrupoli, della mancanza di regole realmente efficaci in ordine ai necessari controlli preventivi ed in corso d'opera e di un sistema sanzionatorio più teorico che effettivo, comunque del tutto incapace di fungere da giusto deterrente.
  Abbiamo il dovere collettivo di formulare interrogativi precisi, volti a far approntare interventi di radicale riforma di un sistema profondamente malato. Non è più accettabile, per i cittadini, l'impunità delle singole responsabilità che, anche se in minima parte, contribuiscono ad un disastro economico-finanziario ma, ancora di più, contribuiscono ad una perenne ingiustizia che si abbatte sulla vita degli italiani. È insopportabile.
  Alla luce di quanto sopra, non possono essere accettate mere dichiarazioni di intenti o generici propositi di intervento, formulati senza una cadenza specifica e serrata degli interventi correttivi richiesti. Ma nulla è mai per caso. Come già abbiamo sottolineato in quest'Aula, è sempre tutto una conseguenza dell'operato dei tanti rinomati esperti politici di lungo corso, che sono anche in quest'Aula. Per anni abbiamo assistito ad una depenalizzazione dei reati finanziari, all'abuso di strumenti come la prescrizione, ad ostacoli all'indagine, alle rogatorie internazionali, insomma ad un lavoro politico di propaganda atto a derubricare i cosiddetti reati dei colletti bianchi in reati minori, di «serie B», di poca rilevanza sociale e che poco danneggiavano i cittadini. Stiamo pagando a caro prezzo questo sporco lavoro, un lavoro architettato a difesa se non di una sola persona di pochi privilegiati delinquenti.
  Allora, il Governo deve farsi carico di una complessiva programmazione di interventi di correzione al sistema di raccolta del credito, che possa impedire il ripetersi di simili violazioni. Non possiamo più accettare di vedere suicidi e disperazioni percorrendo le strade dei nostri territori.
  Quello che chiedono 13 mila risparmiatori è semplicemente giustizia e i nostri riflettori continueranno ad essere accesi su questa ed altre vicende finché l'onestà, la trasparenza e la chiarezza tornino ad essere di moda (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte ad assicurare la corretta erogazione dei servizi di competenza delle amministrazioni provinciali, alla luce dei recenti tagli ai bilanci degli enti locali – n. 2-00038)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cenni n. 2-00038, concernente iniziative volte ad assicurare la corretta erogazione dei servizi di competenza Pag. 20delle amministrazioni provinciali, alla luce dei recenti tagli ai bilanci degli enti locali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Susanna Cenni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SUSANNA CENNI. Sì, signor Presidente, intendo illustrarla.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SUSANNA CENNI. Signor Presidente, sottosegretario, noi interpellanti non siamo qui a rimettere in discussione una scelta sul futuro delle province, una scelta netta espressa e rappresentata con nettezza anche dal Presidente Letta, anche se le stesse dichiarazioni che ieri ha formulato il Ministro Delrio, circa l'inevitabilità, comunque, di un ente intermedio fra comuni e regioni, francamente ci confermano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il tema vero non affrontato da nessun pezzo di riforma sino ad oggi e, francamente, da nessuno dei Governi che ci sono stati sino ad oggi, è un reale superamento ed una riforma complessiva ed organica dell'intero sistema degli enti locali e, cioè, un passaggio che stabilisca davvero chi deve fare cosa oggi e non, quindi, la riforma di una piccola parte del sistema degli enti locali.
  In fretta e male, quindi, ci si è mossi sul tema province. Molto ci si è mossi sull'onda che ha annoverato la questione semplicemente – e io ritengo impropriamente – fra i costi della politica, ma la decisione è stata assunta e, ripeto, non siamo qui a rimettere in discussione indirizzi assunti dal Governo.
  I temi su cui ci attendiamo da lei, sottosegretario, una risposta, un indirizzo, qualche chiarimento, sono, invece, il blocco delle attività più rilevanti che le amministrazioni provinciali devono svolgere in conseguenza dei tagli e le garanzie per i lavoratori di queste amministrazioni.
  Sul primo ordine di questioni, si è iniziato un percorso di riforma e di accorpamento accompagnato da tagli pesantissimi. L'accorpamento si è fermato, i tagli no, con il risultato che questi enti hanno ancora sulle loro spalle deleghe regionali, attribuzioni costituzionalmente previste e sancite, ma non le risorse per farvi fronte.
  Nel dettaglio, la legge n. 228 del 2012 ha operato un taglio di un miliardo e 200 milioni per il bilancio del 2013, quindi per l'esercizio in corso, a questi tagli si vanno a sommare altri tagli, già avvenuti in precedenza nel corso del 2012, 915 milioni di euro, e poi, per effetto della legge n. 135 sempre del 2012, altri 500 milioni di euro.
  Complessivamente, quindi, tra il 2011 ed il 2013 i bilanci delle province sono stati decurtati di oltre 2 miliardi di euro. C’è, quindi, un problema che riguarda l'entità dei tagli e c’è un problema che riguarda i criteri. Per lo più si tratta di tagli lineari, secondo metodologie non concertate in sede di Conferenza unificata e, soprattutto, non orientate a valorizzare la virtuosità e le differenti vocazioni dei singoli enti nei diversi territori.
  Anzi, il paradosso a cui stiamo assistendo è che le riduzioni penalizzano, in modo particolare, le amministrazioni più virtuose e quelle che hanno esercitato deleghe e gestito risorse regionali e comunitarie, tra l'altro concorrendo spesso ad ottime performances nella capacità di utilizzo di spesa degli strumenti dei fondi comunitari.
  La diretta conseguenza di tutto ciò è la compromissione, da un lato, dell'efficace erogazione dei servizi al cittadino e alle imprese, dall'altro, dello svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni. Mi riferisco a cose importanti: trasporto pubblico, formazione professionale, mercato del lavoro, scuole, infrastrutture stradali, e poi vi è ancora una conseguenza pesante nei pagamenti alle aziende creditrici, già messe a dura prova dalle vicende che tutti conosciamo e dai vincoli del Patto di stabilità.
   Infatti, vorrei ricordare che sono di diretta competenza delle province: l'edilizia scolastica, il funzionamento delle scuole e la formazione professionale. Le province gestiscono nel nostro Paese oltre 5000 edifici, 120 mila classi e 2 milioni e 500 mila allievi sono interessati da queste competenze.Pag. 21
  In materia di sviluppo economico e servizi per il mercato del lavoro, le province gestiscono i servizi di collocamento, attraverso 550 centri per l'impiego, intervengono con sostegni all'imprenditoria, promuovono le energie alternative e le fonti rinnovabili, gestiscono i tavoli di crisi. Sono gli enti che gestiscono i tavoli di crisi. Si tratta di funzioni chiave, strettamente collegate al territorio, indispensabili per assicurare alle comunità il mantenimento del welfare locale e la promozione dello sviluppo economico locale.
  Dai dati resi noti dall'Unione delle province d'Italia, le province, più di ogni altro ente in questi anni, hanno contratto la propria spesa corrente. Il risultato di queste scelte, considerato che le province intervengono fondamentalmente su lavori pubblici, strade, edilizia scolastica, è stato il progressivo impoverimento del tessuto economico dei territori ed il continuo indebolimento della rete dei servizi sociali garantiti ai cittadini, con un crollo degli investimenti locali, dal 2008 ad oggi, stimato in circa il 44 per cento.
  Si tratta quindi di dati preoccupanti che porterebbero, se non c’è una risposta immediata – parlo ancora dell'esercizio 2013, non parlo del futuro dell'amministrazione provinciale, lo preciso ancora una volta – ad un reale e irreversibile dissesto finanziario.
  Allora, dentro questo contesto, io mi sento anche di segnalare la mancanza di un criterio di proporzionalità, che ha penalizzato sia nei tagli, colpendo le province con il maggior numero di deleghe, per esempio da parte delle regioni, che nel riparto del fondo di riequilibrio, che poi ha teso a compensare questa difficoltà e il rischio di andare verso il dissesto, alcune regioni in modo particolare.
  Queste regioni sono la Toscana, il Piemonte, la Liguria, le Marche e la Campania, che hanno registrato la penalizzazione più forte; penalizzazione solo in parte rivista dall'accordo inserito nel decreto-legge n. 35 del 2013 e dalla tabella, che, però, poi, come sappiamo, è stata stralciata da questo testo.
  Questa incertezza sulle risorse a disposizione sta, di fatto, rendendo impossibile chiudere i bilanci in tutte le province, anche in quelle – insisto ancora una volta – che hanno avuto una gestione oculata, attenta, una buona gestione del proprio bilancio.
  Questo è un tema che lo stesso presidente Saitta ha espresso in più occasioni. Lei sa che, ovviamente, vi è la richiesta da parte dell'UPI di un'integrazione del fondo di 400 milioni per evitare il dissesto. Da parte nostra, vi è piena consapevolezza della situazione di finanza pubblica del nostro Paese, e quindi delle difficoltà oggettive, ma vorremmo sapere cosa intendete fare mentre andiamo verso il superamento delle province, perché vi è un tema che riguarda l'oggi e la chiusura dei bilanci di questo esercizio.
  In ultimo, il secondo tema riguarda, invece, il personale. Vorremmo capire se vi è già qualche orientamento sui criteri per l'allocazione del personale conseguente al ripensamento delle province e, soprattutto, quali garanzie e quali strumenti, all'interno della riorganizzazione, si intendono mettere in campo per tutelare professionalità, competenze e funzioni.
  Su questa materia, e concludo, signor Presidente, signor sottosegretario, sono stati accolti moltissimi ordini del giorno presentati da tanti colleghi, anche di varie forze politiche. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati accolti martedì scorso. Sono prevalentemente ordini del giorno che insistono proprio su questo tema, il rischio di dissesto del bilancio conseguente ai criteri di riparto.
  Mi auguro che si possano onorare gli impegni assunti approvando questi ordini del giorno. Vorrei che questa mattina fosse un'occasione per comprendere meglio come intendete procedere, perché, francamente, sarebbe incomprensibile e, soprattutto, sarebbe poco utile al Paese assistere al dissesto di enti virtuosi.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, vorrei pregare i deputati di non rivolgere le spalle al banco della Presidenza e del Governo, cortesemente.Pag. 22
  Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.

  ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'interpellanza, indubbiamente, ha una notevole rilevanza politica e credo che gli elementi di risposta si troveranno, innanzitutto, negli elementi di risposta del Ministero dell'economia e delle finanze, ma molti dei quesiti posti sono, ovviamente, più di stretta pertinenza del Ministero dell'interno. Quindi, mi auguro che vi possa essere un pronunciamento anche da parte del Ministero dell'interno su alcune di queste questioni.
  Noi abbiamo raccolto alcuni elementi e mi permetterei di dare una risposta che fa la fotografia, in parte, di quella che è la situazione ad oggi. Poi, vi sono alcune considerazioni in riferimento agli stimoli posti dagli interpellanti, che trovano anche seguito rispetto al provvedimento che abbiamo appena chiuso alla Camera e che ci accingiamo a dibattere al Senato.
  Al riguardo, si fa presente che le disposizioni recate dal comma 7 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 95 del 2012 prevedono che il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 68 del 2011, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, e i trasferimenti erariali dovuti alle province della regione siciliana e della regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per il 2012, di un miliardo 200 milioni per il 2013 e il 2014, di un miliardo 250 milioni dal 2015.
  Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell'interno entro il 15 ottobre 2012 relativamente alle riduzioni da operare nell'anno 2012, ed entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi.
  In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato entro i 15 giorni successivi, ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunti per l'anno 2011, dal SIOPE. Questo è il meccanismo con cui si va a operare, a legislazione vigente.
  Per gli anni 2013 e 2014, in deroga a quanto previsto dal periodo precedente, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali le riduzioni da imputare a ciascuna provincia, sono pari all'importo indicato nell'allegato 3-bis del presente decreto.
  Con riferimento ad una eventuale proposta di alleggerimento delle riduzioni operate, ovvero, da operare nei confronti delle province ai sensi del comma 7 dell'articolo 16 del decreto n. 95, si fa presente che tale ipotesi richiede ovviamente il reperimento di idonei mezzi di copertura finanziaria, al fine di evitare effetti negativi sui saldi di finanza pubblica. Parimenti, anche una eventuale esclusione di tale somma dal Patto di stabilità interno necessiterebbe di un apposito intervento di carattere normativo, che si faccia tra l'altro carico di individuare la compensazione del corrispondente peggioramento dell'indebitamento netto.
  Relativamente alla richiesta di valutare l'opportunità di emanare un provvedimento correttivo in grado di rimodulare i tagli previsti, utilizzando un criterio di riparto proporzionale per abitante, per quanto di competenza, si segnala che la metodologia adottata per il riparto della riduzione in questione deriva da una scelta operata dalle province che, nei tavoli tecnici tenutisi allo scopo in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, non hanno ritenuto comunque opportuno proporre alcun criterio di riparto alternativo a quello adottato ad oggi. In proposito si fa presente che il Ministero dell'interno è Pag. 23l'amministrazione deputata ad emanare il decreto di riparto tra le province della predetta riduzione di risorse.
  Per quanto attiene alla specifica tematica del personale, di cui agli ordini del giorno citati nel testo dell'interpellanza, si segnala che allo stato non sono in atto iniziative concrete volte alla riallocazione del personale in servizio presso le province. Non ce ne sono. In ogni caso eventuali future misure in materia di personale dovranno assicurare la salvaguardia delle posizioni lavorative a tempo indeterminato – su cui ovviamente si assume pieno impegno – garantendo, nel contempo, la compatibilità con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.
  A mio avviso, colleghi, la situazione, ovviamente, impone al Governo di tenere monitorata la condizione, così come abbiamo assunto l'impegno anche in sede di conversione del decreto sui debiti della pubblica amministrazione di tenere un monitoraggio costante sulla necessità di una eventuale iniezione di risorse per evitare un possibile dissesto finanziario. Questo, evidentemente, è un impegno che noi manteniamo, assumiamo e intendiamo proseguire.
  Per quel che riguarda l'aspetto del personale, ovviamente, è un tema che va affrontato. A mio avviso, però, di fondo c’è una condizione politica più ampia di decisione. Lei ha ricordato prima, nelle premesse, che ci sono degli impegni assunti da questo Governo, c’è un pregresso di storie di decisioni – mi permetto di dire – quanto meno altalenanti, o, diciamo, a velocità variabile su questo argomento, che ha determinato lo stato di condizione attuale, che è uno stato di condizione di assoluta precarietà e su cui prioritariamente il soggetto politico, l'autorità politica dovrà adottare delle decisioni. È evidente che quello che può fare il Governo, in attesa di queste decisioni – che sono comunque decisioni di assoluto rilievo perché riguardano l'organizzazione ovviamente dei servizi che lei correttamente ricordava sul territorio –, è un tema di assoluta delicatezza, ma quello che possiamo fare noi, al momento, è la manutenzione costante dei problemi connessi alla tenuta dei servizi minimi – quelli che, quindi, devono essere comunque garantiti a legislazione vigente –, l'aspetto legato alle risorse necessarie per evitare dissesti, e, allo stesso tempo, avviare un confronto con il Ministero dell'interno relativamente ad eventuali meccanismi di riparto ulteriori, rispetto a quello che hanno dichiarato le province fino ad oggi, del Fondo di riequilibrio.
  Però è assolutamente sotto gli occhi di tutti la necessità che l'autorità politica ed il Parlamento esprimano un'opinione chiara in merito al futuro di queste realtà, sapendo che anche per quello che riguarda l'aspetto dei tagli lineari – mi permetto solo di sottolinearlo pacatamente e sommessamente – tutto sommato anche la vicenda di copertura del Patto di stabilità verticale, che abbiamo appena adottato con una scelta di grande convergenza, devo dire, del mondo delle autonomie locali relativamente al credito dei debiti della PA, sostanzialmente si è configurato ancora una volta come un taglio, che non è un taglio lineare, ma ci assomiglia molto.
  Quindi mi rendo anche conto – e dobbiamo credo fare una riflessione tutti – che su questi temi, al di là dei problemi che sono quelli ricordati che abbiamo sul tappeto, dovremo cercare di adottare delle linee che siano più coerenti anche dal punto di vista poi delle procedure che intendiamo adottare. Altrimenti rischiamo di dovere intervenire in una condizione sempre di emergenza e di precarietà alla luce delle decisioni timide che sono state fino ad oggi prese e comunque anche poi declinate in termini di operatività, il che dimostra quindi tutte le incertezze che prima ricordavo a legislazione vigente.

  PRESIDENTE. Il deputato Massimo Fiorio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Cenni n. 2-00038, di cui è cofirmatario, per dieci minuti.

  MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, la mia soddisfazione è parziale, anche perché credo che il tema sia ancora da Pag. 24dibattere e da approfondire, anche alla luce delle dichiarazioni del sottosegretario, perché ci sono elementi non chiari.
  Lo dico alla luce del fatto che la conversione del decreto-legge n. 35, avvenuta soltanto ieri, all'articolo 1-bis del provvedimento modifica la ripartizione dei contributi nei limiti di un importo complessivo di 800 milioni, quindi modifica la tabella precedente e riconosce la situazione di instabilità stabilita dai provvedimenti precedenti. Quindi, anche nelle parole che ho sentito da parte del Governo, credo che ci siano ancora approfondimenti ulteriori da fare.
  Mi sembra che si prenda atto del fatto che non è stato valutato opportunamente e con la dovuta correttezza il dato di partenza, sul quale sono state operate le simulazioni che hanno portato a ritenere che l'eccesso di spese delle province sia di 2,3 miliardi di euro su un totale di 3,7 miliardi e quindi che in sostanza il 60 per cento delle spese correnti per i consumi intermedi rappresenterebbero, secondo la linea di pensiero, eccessi da eliminare.
  Inoltre il taglio per l'anno 2012 è stato sperequato ed illogico nella sua determinazione quantitativa, oltreché nella proposta della nuova ripartizione, su cui mi sembra che il Governo in qualche modo riconosca, con il provvedimento approvato ieri in questa Camera, alcune problematicità. Occorreva evidentemente trovare dei parametri di riferimento che non determinassero effetti di contrazione di servizi e spese non rimodulabili, come ottenuto, rapportando il taglio ai soli consumi intermedi.
  Nelle determinazioni delle successive analisi della voce di spesa per consumi intermedi delle province occorre sottolineare alcuni aspetti fondamentali, che credo che il Governo non abbia riconosciuto fino in fondo e che possono determinare una rilevante asimmetria informativa e, quindi, conseguenti possibili errori di valutazione.
  Ma che cosa ricomprende la voce spesa per consumi intermedi ? La voce di spesa considerata non comprende soltanto, come potrebbe apparire in prima approssimazione, il valore dei beni e dei servizi consumati o trasformati dai produttori durante il processo produttivo (energia elettrica, consumi di materiale, cancelleria, stampati, manutenzione e via dicendo), ma anche veri e propri output finali, quindi risultati, esiti per servizi resi alla cittadinanza.
  Nel caso delle province la voce di spesa comprende anche, ad esempio, i contratti di servizio relativo al trasporto pubblico locale, la formazione professionale intesa quale servizio nell'ambito delle politiche per il lavoro, la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici e in qualche caso – penso alla regione Campania – il servizio di gestione dei rifiuti.
  Sempre nel caso delle province molte di tali funzioni trovano la loro fonte di finanziamento nei trasferimenti regionali con vincoli di destinazione e nei trasferimenti dell'Unione europea.
  La situazione delle province si presenta estremamente diversificata. Io credo che questo il Governo lo abbia ben inteso fino in fondo nella prima parte, nel cominciamento del lavoro sulle province che in qualche modo ancora mantiene. Si tratta di una situazione diversificata a livello nazionale perché le regioni hanno assunto decisioni diverse nell'attribuzione delle funzioni delegate, specificamente nelle materie che ho prima elencato.
  La mancata o la sottovalutazione di tali elementi porta una serie di conseguenze di fondo. La mancanza di un raffronto tra situazioni di spesa omogenee e confrontabili; la presenza di voci di spesa diversificate a livello delle province e delle varie realtà regionali; la presenza all'interno della voce dei consumi intermedi di componenti di spese riferibili a servizi finali resi alla cittadinanza e per i quali si ottengono finanziamenti regionali, statali ed europei; la diversa rimodulabilità delle spese considerate, alcune riferite a vari consumi intermedi, altre a servizi, come detto sopra; la riferibilità delle voci di spesa diverse dai servizi intermedi a funzioni fondamentali delle province e a obiettivi e servizi da garantire alla cittadinanza crea una confusione tra gli obiettivi e l'efficienza dei servizi che possono erogare le province.Pag. 25
  La scelta di parametrare i tagli con i consumi intermedi penalizza da un lato quegli enti che non sono riusciti a razionalizzare le spese di funzionamento, ma nel contempo anche quelli che erogano più servizi o hanno una più bassa incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente. Per quanto riguarda il Piemonte, per esempio, l'entità del taglio va ritenuta abbastanza consistente a livello territoriale e le province che si trovano a subire una maggiore riduzione di risorse sia nel 2012 che 2013 sono quelle di Verbania, per esempio, che passa da 23 euro pro capite nel 2012 a 56 euro pro capite nel 2013, Vercelli da 17 euro pro capite nel 2012 a 41 euro pro capite nel 2013, quella di Asti da 15 euro pro capite nel 2012 a 37 euro pro capite nel 2013 e via dicendo.
  Sull'argomento della sostenibilità del taglio delle risorse correnti già nel 2012 il Servizio bilancio del Senato, a commento della legge n. 135 del 2012, già esprimeva preoccupazione chiarendo che le riduzioni delle entrate per i comuni e le province, accompagnate da effettive misure di contenimento della spesa da parte dei predetti enti o dall'incremento corrispondente di entrate, potrebbero rendere più difficile il conseguimento degli obiettivi di risparmio connessi al rispetto del Patto di stabilità interno, con effetti negativi sui saldi del fabbisogno dell'indebitamento netto. Si pone, quindi, un problema di praticabilità e di sostenibilità degli obiettivi di risparmio recati dalla norma. Peraltro tale affermazione risulta avvalorata considerando che la misura in esame si aggiunge agli ulteriori obiettivi del risparmio fissati dalle normative previste sul Patto di stabilità interno a legislazione vigente.
  Ecco, dunque, noi aspettiamo ancora una risposta definitiva, aspettiamo, anche rispetto alle tabelle che sono state presentate nel provvedimento approvato ieri in questa Camera, un pensiero definitivo sulle province. Mi riferisco anche alle dichiarazioni da parte del Governo rispetto ad un'ondata, a una vulgata che pensa alle province soltanto come un centro di spesa e non come un centro erogatore di servizi, che sta penalizzando fortemente le realtà territoriali che hanno operato bene in questi anni, che hanno avuto, anzi, da parte delle regioni, un ulteriore trasferimento di deleghe e che rischiano il soffocamento in questa situazione.

(Elementi in merito alle condizioni di detenzione di un cittadino spagnolo estradato dall'Italia, nonché in merito all'evoluzione del relativo procedimento penale – n. 2-00030)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Migliore n. 2-00030, concernente elementi in merito alle condizioni di detenzione di un cittadino spagnolo estradato dall'Italia, nonché in merito all'evoluzione del relativo procedimento penale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Costantino se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, signori del Governo, in data 13 giugno 2012, nell'ambito di un'operazione di polizia, è stato arrestato Lander Fernandez Arrinda. L'arresto è avvenuto in esecuzione di una richiesta di estradizione avanzata dall'autorità giudiziaria spagnola per processare Lander Fernandez Arrinda dinanzi all'Audiencia Nacional di Madrid.
  Lander Fernandez Arrinda, ad oggi, risulta indagato per il reato contestato, in quanto il processo deve essere ancora celebrato dalle autorità spagnole. Pende, peraltro, il procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dalla difesa dell'indagato il 19 aprile 2013.
  Sebbene l'autorità giudiziaria spagnola contesti a Lander Fernandez Arrinda il reato di terrorismo, la fattispecie sottesa alla sentenza di accoglimento della richiesta di estradizione, emessa dalla IV sezione penale della corte di appello di Roma, in data 8 gennaio 2013, non appare in realtà caratterizzata da un significativo grado di offensività e pericolosità, riguardando l'incendio Pag. 26di un autobus, avvenuto nel febbraio del 2002, in sosta e senza passeggeri a bordo, commesso oltre dieci anni fa.
  La riconduzione di tale condotta al reato di terrorismo avviene secondo due presunzioni non condivisibili, ad avviso di noi interpellanti: Lander Fernandez Arrinda, infatti, avrebbe commesso il fatto in concorso con Aingeru Cardano Reoyo, appartenente ad una presunta organizzazione terroristica chiamata «Kale Borroka», a sua volta accusata di collaborare con l'ETA. In nessuna pronuncia giurisdizionale spagnola è stata, tuttavia, mai accertata l'esistenza di una associazione denominata «Kale Borroka», il cui presunto collegamento con l'ETA è, dunque, privo di alcun riscontro probatorio.
  Nel periodo in cui Lander Fernandez Arrinda è stato in custodia presso autorità italiane, numerose testate nazionali e internazionali hanno riportato la notizia dell'arresto di un terrorista basco, celebrando, quindi, un processo mediatico senza riservare all'indagato alcun diritto di replica e in violazione dei criteri di correttezza e veridicità della notizia cui deve ispirarsi la cronaca giudiziaria, anche alla luce di quanto sancito dal codice deontologico per il trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica.
  Dall'inizio della sua permanenza in Italia, l'autorità giudiziaria italiana ha riconosciuto che Lander Fernandez Arrinda ha tenuto una condotta rispettosa delle norme del nostro ordinamento; tuttavia, il 27 aprile 2013 lo stesso è stato estradato e condotto in Spagna a bordo di un aereo militare.
  In Spagna vige un sottosistema penale e penitenziario speciale applicabile a chi sia stato indagato per terrorismo e, segnatamente, ai militanti politici baschi, su cui più volte la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dovuto pronunciarsi, e che è stato oggetto di forti critiche da parte di organizzazioni non governative per la tutela dei diritti umani, come Amnesty International e Human rights watch, in ordine al rispetto di diritti e garanzie fondamentali, quali il diritto di difesa, la presunzione d'innocenza, la personalità della responsabilità penale, i principi di uguaglianza e di tassatività, offensività e materialità delle fattispecie penali.
  È necessario monitorare costantemente le condizioni nelle quali verrà eseguita la custodia cautelare dell'indagato e l'evoluzione che seguirà il relativo procedimento, anche alla luce della vicenda decisa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con sentenza resa sul caso Otamendi Egiguren contro Spagna del 16 ottobre 2012, in ordine alla violazione cosiddetta «procedurale» del divieto di tortura.
  Per sapere se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assicurare una costante informazione sulle condizioni di detenzione del signor Lander Fernandez Arrinda e sull'evoluzione del relativo procedimento penale, assumendo ogni notizia a tal fine utile dalle autorità spagnole, in ragione della collaborazione prestata dall'Italia nell'ambito della procedura di estradizione e a fronte dell'importanza che tale vicenda assume dal punto di vista politico, sociale, giuridico e umanitario.

  PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Buongiorno signor Presidente, buongiorno signori onorevoli, all'onorevole che ha illustrato l'interpellanza rispondo evidenziando, in primo luogo, che le questioni di stretta competenza del Ministero della giustizia – perché, come ha sottolineato giustamente l'onorevole Costantino, la questione riguarda sia il Ministero della giustizia che il Ministero degli affari esteri, quindi io rispondo per gli aspetti relativi al Ministero della giustizia –, riguardanti il versante italiano della vicenda processuale relativa all'estradizione di Lander Fernandez Arrinda, hanno avuto conclusione, come è stato giustamente sottolineato, il 27 aprile 2013, giorno in cui il predetto cittadino spagnolo è stato estradato verso il Regno di Spagna.
  Per maggior precisione, segnalo che la vicenda in questione ha avuto il proprio Pag. 27epilogo ancor prima che fosse presentata l'interpellanza urgente oggi in discussione.
  Ciò premesso, voglio comunque ricordare che Fernandez Arrinda Lander è stato tratto in arresto il 13 giugno 2012, in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere dell'11 giugno 2012, emessa nei suoi confronti dalla seconda sezione del collegio penale dell'Udienza nazionale di Madrid per il reato di atti di terrorismo, commesso in Bilbao il 20 febbraio 2002. Sottolineo la data perché all'epoca non era ancora entrata in vigore la decisione-quadro che poi ha introdotto il mandato di arresto europeo e, quindi, anche la data ha un suo significato.
  In particolare, all'estradato è stato contestato il fatto di aver appiccato il fuoco ad un autobus del servizio pubblico in sosta, dopo averne forzato le portiere ed aver versato al suo interno il contenuto di una tanica di combustibile.
  Tale azione è stata rivendicata dal suo stesso autore – riporto una citazione testuale – come: «manifestazione volta in definitiva a costringere indebitamente i poteri pubblici dall'astenersi dal compiere l'atto dello scioglimento di un'associazione riconducibile all'area dell'azione terroristica».
  Tengo ad evidenziare, peraltro, che il carattere dell'atto terroristico è stato riconosciuto dalla sentenza emessa in data 16 aprile 2013 dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha definito il procedimento estradizionale nella sua fase giurisdizionale.
  L'estradizione è stata quindi concessa con decreto ministeriale del 24 aprile 2013, a seguito di una duplice decisione giurisdizionale favorevole: quella della Corte di Appello di Roma, in data 8 gennaio 2013, e quella già citata della Corte di Cassazione. Ho portato con me entrambe le sentenze per consentire a tutti gli onorevoli di consultarle.
  Mi pare il caso di sottolineare che in tale ambito giurisdizionale tutte le argomentazioni difensive dell'estradato hanno ricevuto puntuale esame e sono state tuttavia respinte dall'autorità giurisdizionale.
  In particolare uno dei punti giuridici che è stato affrontato riguarda proprio la qualificazione del reato in termini di atto di terrorismo che ha ricevuto l'avallo della Suprema Corte, la quale ha osservato che il «fatto (quello di incendio) è espressamente considerato tra quelli idonei all'azione terroristica sulla base delle previsioni di cui all'articolo 270-sexies del codice penale, in relazione alla lettera G dell'articolo 1 della Decisione Quadro 2002/475/GAI sulla lotta al terrorismo che, appunto, espressamente considera la condotta di “cagionare incendi”».
  In ragione, quindi, della sussistenza della contestata aggravante di terrorismo, la Corte di Cassazione ha altresì ritenuto «l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione» dei fatti-reato, che era un altra delle questioni sollevate dall'estradando.
  Preciso, inoltre, che nella medesima pronuncia, la Suprema Corte ha ritenuto di richiamare il proprio costante orientamento (si veda, per tutte, la sentenza n. 26588/2011) sull'articolo 705, comma 2, del codice di procedura penale che, com’è noto – e poi affrontiamo un'altra delle questioni sollevate dagli onorevoli interpellanti – include la violazione dei diritti umani nello Stato richiedente tra le ipotesi in cui deve essere emessa sentenza contraria all'estradizione.
  Al riguardo, la Suprema Corte ha rilevato che in tema di estradizione per l'estero, il divieto di pronuncia favorevole che l'articolo 705, comma 2, lett. c), del codice di procedura penale, pone per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l'estradando possa essere sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene, trattamenti o atti costituenti «violazione di uno dei diritti fondamentali della persona» (il riferimento è all'articolo 698, comma 1, del codice di procedura penale), opera unicamente nella ipotesi in cui la particolare allarmante situazione «sia riferibile a una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente», a prescindere da contingenze estranee a orientamenti istituzionali e rispetto alle quali sia comunque possibile una tutela legale.
  Su questo punto richiamo tra l'altro, perché correttamente i signori onorevoli hanno fatto riferimento anche al ricorso Pag. 28che l'estradando ha presentato alla Corte europea dei diritti umani e su cui poi dirò (è stato presentato in data 19 aprile 2013), vorrei richiamare alla loro attenzione un passaggio della Corte d'appello di Roma su questo punto, che è la prima sentenza che affronta il giudizio di estradizione, in cui la Corte dice che non ritiene fondato il rilievo avanzato dalla difesa del Fernandez Arrinda, secondo il quale la consegna del suddetto al governo della Spagna lo esporrebbe al rischio di subire trattamenti disumani e degradanti, posto che non risultano esservi nella legislazione di quello Stato norme che istituzionalizzino il ricorso alla tortura o ad altre pratiche vessatorie in contrasto con i fondamentali diritti dell'uomo, non potendosi per converso ritenere significative, tanto da risultare ostative alla consegna, eventuali possibili degenerazioni sul piano del rigore da parte di organi di polizia nel cosiddetto periodo di incomunicación come lamentato dalla difesa, e dà atto che se una tale situazione si fosse in taluni casi verificata e potesse ancora in ipotesi verificarsi, integrerebbe come regola, in uno Stato di diritto qual è il Regno di Spagna, responsabilità personali riferibili alla condotta illecita del singolo o dei singoli.
  Tale principio è stato affermato anche dalla Corte di Cassazione in un altro caso, che riguardava però lo Stato ucraino, in relazione al quale i giudici di legittimità non hanno ritenuto sussistente la dedotta ipotesi della violazione dei diritti umani. Alla luce della predetta valutazione, deve rilevarsi che siffatta violazione tanto meno risulta ipotizzabile nei confronti di un Paese appartenete all'Unione europea, quale è lo Stato iberico.
  Ribadito, quindi, che il decreto di estradizione firmato dall'onorevole signor Ministro è stato emesso solo a seguito dell'intervenuto vaglio favorevole delle autorità giudiziarie competenti, comunico, quanto agli aspetti comunque di stretta competenza del Ministero degli affari esteri, che in data 30 aprile 2013 tale dicastero ha provveduto a trasmettere all'ambasciata di Spagna copia del predetto decreto, così come richiesto.
  Lo stesso Ministero degli affari esteri ha rappresentato infine che nell'ambito delle eccellenti relazioni bilaterali esistenti tra Italia e Spagna, ed in virtù della collaborazione prestata ai fini dell'estradizione, il Governo italiano si adopererà per acquisire dalle competenti autorità spagnole, elementi informativi sui seguiti del caso, pur trattandosi, comunque, di vicende concernenti un cittadino spagnolo, detenuto in una struttura penitenziaria iberica.
  Quindi, così come chiedono i firmatari dell'interpellanza, sarà cura del Governo, e quindi sia del Ministero della giustizia, sia del Ministero affari esteri, seguire l’iter e quindi monitorare la situazione, perché vi siano sempre questi requisiti ed anche per quanto riguarda il ricorso che citavo prima, presentato alla Corte europea dei diritti umani. Grazie e mi scuso se non sono stato chiaro.

  PRESIDENTE. La deputata Celeste Costantino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla interpellanza Migliore n. 2-00030, per dieci minuti.

  CELESTE COSTANTINO. Signor sottosegretario, quest'ultima frase che ha detto chiaramente ci solleva, perché era l'oggetto della nostra interpellanza. Noi non siamo qui evidentemente a fare processi, che devono essere celebrati altrove, però in ogni caso non ci sentiamo completamente soddisfatti della sua risposta, perché l'Audiencia Nacional costituisce veramente un unicum nel panorama giudiziario comunitario, un tribunale speciale che tra le competenze contempla quella relativa ai reati di terrorismo. La giurisprudenza dell'Audiencia Nacional ha avuto una vocazione estensiva criticata da più organizzazioni internazionali e Lander Fernandez, tra l'altro, viene accusato esclusivamente di aver incendiato un autobus, cioè un reato che in Italia viene considerato danneggiamento, senza che sia adottata alcuna prova che riconduca tale fatto ad una fattispecie terroristica.
  Quindi in noi rimane e permane la preoccupazione per quello che può avvenire a questo cittadino che per tanto Pag. 29tempo ha sostato nel nostro territorio e che ha avuto, a detta di tutti, un comportamento esemplare. Noi ci aspettiamo che questo monitoraggio sia reale ed effettivo, perché siamo molto preoccupati della sua posizione. Anche per quanto riguarda l'estradizione, è del tutto evidente che sia avvenuta e che era legittimo che avvenisse. Certo ha destato preoccupazione il fatto che sia avvenuta in termini così veloci e soprattutto in una fase per noi complicata quale quella, appunto, del cambio di Governo. Pertanto noi ci aspettiamo realmente che vi sia questa attenzione e continueremo a monitorare la situazione di Lander Fernandez (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative normative volte a correggere gli effetti distorsivi riconducibili alla disciplina del concordato preventivo – n. 2-00045)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Causin n. 2-00045, concernente iniziative normative volte a correggere gli effetti distorsivi riconducibili alla disciplina del concordato preventivo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Andrea Causin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ANDREA CAUSIN. Sì, signor Presidente, la illustro.
  Signor Presidente, signor sottosegretario, lo strumento dei concordati preventivi è stato profondamente riformato nella metà degli anni Duemila per facilitare la ristrutturazione dei debiti e, quindi, anche il superamento delle crisi di impresa, sul presupposto che un'impresa abbia anche dei fondamentali per poter ripartire e per poter stare nel mercato.
  Con l'articolo 161 del decreto-legge sullo sviluppo, il n. 83 del 2012, visto il maggiore ricorso alla richiesta di concordato da parte delle imprese anche in ordine alla necessità di semplificare la possibilità di ottenere un accordo preventivo per la soluzione di situazioni debitorie che vengono a verificarsi a causa della crisi, si è voluto, nell'apposito articolo, concepire uno strumento per ridurre e semplificare i tempi di procedura, al fine appunto di consentire la ripresa delle imprese in difficoltà ma che hanno delle potenzialità per potersi riprendere e stare stabilmente sul mercato.
  Tuttavia, in un periodo di crisi gravissima e diffusa come quella che stiamo vivendo – e i dati di oggi sono preoccupanti: il settimo anno di calo del PIL dà l'idea della convergenza straordinaria –, questo tipo di strumento sta diventando, di fatto, un sistema legale per non pagare i fornitori, i subappaltatori e altri creditori, i quali spesso non sono soltanto aziende, ma sono anche, per esempio, i collaboratori Co.Co.Pro., o gli ex Co.Co.Co., generando così un quadro di concorrenza sleale verso le imprese, che, invece, e sono molte, vogliono rispettare gli impegni e considerano ancora un valore anche morale fare fede a un pagamento.
  Di fatto, con lo strumento del «concordato in bianco» – così è stato definito – è possibile oggi che il titolare di un'impresa blocchi le istanze di fallimento o le ingiunzioni di pagamento attraverso una semplice richiesta di due righe fatta al tribunale, ottenendo così un periodo di garanzia che può variare anche di parecchi mesi, terminato il quale si sottopone poi al giudice, come prevede la procedura concorsuale, un accordo con i creditori e poi il relativo piano di salvataggio.
  Il periodo di osservazione di questi mesi, secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, ha evidenziato che il concordato preventivo, così modificato, rivela più punti di debolezza e problematicità, che punti di forza. Da mesi le imprese creditrici che ne hanno fatto le spese e le organizzazione datoriali, tipo l'associazione dei costruttori, hanno denunciato a più riprese un uso distorto di questo strumento da parte dei propri utilizzatori. In molte occasioni è accaduto che, a fronte del pagamento di percentuali minimali ai fornitori, spesso inferiori anche al 10 per cento e con punte anche di pochi decimali, e la liquidazione del poco che resta del Pag. 30complesso aziendale, vi sia poi stata la ripresa delle attività attraverso una newco, una nuova società libera, libera da pesi e responsabilità, che poi magari, fra due anni, utilizza lo stesso strumento.
  Nei primi sette mesi di applicazione della nuova norma si è osservato un incremento del numero delle domande di accesso alla procedura concorsuale in bianco anche del 300 per cento, che è un valore percentuale assolutamente non allineato con l'incremento percentuale dei fallimenti, che, comunque, sono molti e sono aumentati negli ultimi cinque anni.
  Molte di queste domande concorsuali in bianco sono state finalizzate ad eludere i propri obblighi in modo fraudolento, poiché il debitore può beneficiare immediatamente della sospensiva dei pagamenti e delle azioni esecutive. Tanto per citare un dato, nei primi tre mesi del 2013, le domande accolte in Italia di «concordato in bianco» sono state 449 contro le 262 del primo trimestre del 2012.
  Leggendo, inoltre – passando dai dati all'elenco nominativo –, l'elenco nominativo, appunto, dei soggetti che vi hanno fatto ricorso, è facile ipotizzare che, in molti casi, si tratti di contractor o di grandi gruppi che, con l'alibi della crisi, approfittano per fare pulizia della situazione debitoria, scaricandola sul sistema delle piccole e medie imprese, che in alcune regioni costituiscono il 95 per cento del sistema produttivo – penso a regioni come il Veneto, come il Friuli, come il Trentino –, per poi tornare ad operare sul mercato, sul mercato privato e – cosa ancora più grave – sul mercato degli appalti pubblici.
  Questa distorsione dell'applicazione della norma va, pertanto, affrontata con urgenza, anche per preservare uno strumento, la cui utilità è fuori discussione per agevolare operazioni di risanamento di imprese che, altrimenti, rischierebbero di uscire dal mercato, con grave peso anche sul dato occupazionale. Ed è una questione che va affrontata sotto due profili – applicativo e normativo –, anche alla luce di interpretazioni che, in alcuni casi, vedono l'assenza di nomina del curatore fallimentare e del concordato e l'impossibilità di richiedere l'accesso agli ammortizzatori sociali.
  Per tale ragione, chiediamo al Governo se non ritenga, alla luce delle premesse che abbiamo illustrato nel nostro documento, di valutare l'opportunità di adottare iniziative anche e, soprattutto, di tipo legislativo, al fine di correggere gli effetti distorsivi della norma succitata, evitando alle aziende – quelle serie –, già alle prese con una situazione di congiuntura economica sfavorevole, un ulteriore danno economico, che poi non è un danno economico soltanto al sistema produttivo, ma ha una gravissima ricaduta in termini occupazionali e sull'universo dei lavoratori e delle famiglie.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Causin per aver posto all'attenzione del Governo un problema importante; siamo tutti consapevoli di quanto incida il funzionamento del servizio giustizia nella ripresa economica e di quanto sia importante, quindi, dare delle risposte anche sulla certezza dei crediti.
  Nel rispondere all'interpellanza oggi in discussione, ritengo utile premettere che l'articolo 33 del decreto-legge n. 83 del 2012, il cosiddetto decreto-legge sviluppo, che è stato convertito, poi, con modificazioni, nella legge n. 134 del 2012, ha riformato l'istituto concorsuale del concordato preventivo, introducendo all'articolo 161 della legge fallimentare, precisamente al sesto comma di tale norma, il cosiddetto concordato in bianco o anticipato.
  Con tale norma si dà all'imprenditore (sul modello del chapter 11 della legge fallimentare americana) la facoltà di depositare un ricorso contenente la mera domanda di concordato preventivo, senza la necessità di produrre contestualmente alla stessa, la proposta, il piano e l'ulteriore documentazione richiesta dal secondo e terzo comma dell'articolo 161. Pag. 31Sono passaggi toccati già puntualmente dall'onorevole Causin.
  Al momento del deposito del ricorso, è il giudice che assegna al debitore un termine: questo è importante sottolinearlo, perché il termine è compreso tra giorni sessanta e giorni centoventi – che, poi, viene stabilito dal giudice, e quindi, è un periodo temporale circoscritto – per integrare il ricorso. In questo modo, si consente al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi alla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese e si impedisce così che i tempi di preparazione della proposta del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza.
  Gli effetti protettivi del patrimonio sono mantenuti anche qualora il debitore, in luogo della proposta e del piano, presenti domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione raggiunto con i creditori e facilitato dalla maggior forza negoziale di cui l'imprenditore dispone proprio grazie agli effetti prodotti dal deposito della domanda di concordato. È bene chiarire subito che prima delle modifiche normative sopra indicate, l'imprenditore poteva accedere alla procedura di concordato soltanto quando avesse già strutturato un piano da porre a base dell'accordo con i creditori e fosse in possesso della prescritta attestazione proveniente da un professionista indipendente in ordine alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano stesso. Il blocco delle azioni esecutive e cautelari e il divieto di acquisire titoli di prelazione operava pertanto dal momento della presentazione del ricorso, completo di tutta la necessaria documentazione. Tale sistema non teneva conto, tuttavia, della circostanza che le attività di predisposizione e di attestazione del piano possono richiedere alcuni mesi, durante i quali le pressioni dei creditori non solo sono in grado di pregiudicare il buon esito delle operazioni ma rendono possibile un aggravamento della crisi, anche irreversibile, tale da degenerare in insolvenza. Quindi, con l'intervento normativo menzionato, invece, consentendo al debitore di sottoporsi al controllo dell'autorità giudiziaria al primo manifestarsi della crisi, si dà modo al professionista indipendente di svolgere con maggiore serietà le verifiche necessarie per pervenire all'attestazione prescritta dalla legge in ordine alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano stesso.
  Ciò premesso mi pare di poter affermare che i rilievi critici mossi dall'interpellante all'istituto in parola siano da riferire al fatto che la domanda di concordato anticipata si presterebbe ad un suo impiego abusivo da parte del debitore. Quest'ultimo, a causa della irreversibilità della crisi nella quale si trova, potrebbe non essere in grado di elaborare alcun piano di risanamento e ciò, secondo l'interpellante, determinerebbe la conseguenza che, in molti casi, il deposito del cosiddetto ricorso in bianco avrebbe il solo scopo fraudolento di eludere l'adempimento delle obbligazioni dell'imprenditore insolvente. Inoltre, sempre sulla base della prospettazione contenuta nell'atto di sindacato ispettivo, molte proposte di concordato garantirebbero percentuali irrisorie di pagamento dei debiti. Al fine di verificare la fondatezza di tali critiche, occorre dare risposta a due interrogativi; occorre infatti, in primo luogo, chiarire se il legislatore del 2012 abbia o meno previsto misure volte ad abbattere i rischi di abuso dell'istituto della domanda di concordato anticipato e, in secondo luogo, se l'eliminazione, tra le condizioni di ammissibilità della domanda di concordato, della percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari, sia stata compiuta dall'ultima riforma del 2012, il cosiddetto decreto sviluppo. Al primo interrogativo deve darsi una risposta positiva: le misure previste dalla novella del 2012 per abbattere il rischio di abuso dello strumento di cui all'articolo 161, sesto comma, della legge fallimentare, sono molteplici e mi permetto di illustrarli: innanzitutto la norma in questione richiede che al ricorso, alla mera domanda che semplifica in effetti la procedura, vadano però allegati i bilanci degli ultimi tre esercizi. In tal modo, si consente al tribunale di verificare, Pag. 32oltre alla regolarità formale della domanda e alla competenza dell'ufficio adito, anche la sussistenza dei presupposti dimensionali di fattibilità e l'esistenza della condizione di crisi, con conseguente sterilizzazione del rischio che il deposito del ricorso abbia luogo da parte di soggetti non fallibili o in bonis al solo fine di lucrare gli effetti protettivi patrimoniali e di sottrarsi, così, all'adempimento delle proprie obbligazioni. In via ulteriore, va rilevato che da un'interpretazione sistematica e congiunta delle norme introdotte dal legislatore nel 2012 si ricava un contenuto minimo che deve avere il cosiddetto ricorso in bianco, volto a consentire al giudice di disporre di elementi di valutazione per la fissazione del termine, che è compreso, come ho già detto, tra i sessanta e i centoventi giorni, per integrare il ricorso.
  Intendo poi sottolineare che l'articolo 161, nono comma, della legge fallimentare, per attenuare il rischio di abuso eventualmente derivante dalla presentazione della domanda di concordato anticipato, prevede espressamente l'inammissibilità della domanda stessa quando il debitore nei due anni precedenti abbia già presentato una domanda incompleta alla quale non sia seguita né la presentazione di un piano di concordato, né di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Si impedisce in tal modo che il debitore possa depositare più volte una domanda di concordato incompleta senza dare alla stessa alcun seguito al solo fine di lucrare gli effetti protettivi patrimoniali.
  Sempre nell'ottica della prevenzione del rischio di abuso paventato dall'onorevole Causin va collocata la previsione contenuta nell'articolo 161, ultimo comma, della legge fallimentare, che prevede che la discrezionalità del giudice nella fissazione del termine per integrare il ricorso venga meno quando il deposito della domanda di concordato anticipato abbia luogo in pendenza del procedimento per la dichiarazione di fallimento; in tal caso infatti, per evitare un'eccessiva dilazione dei tempi dell'istruttoria prefallimentare, il termine è questa volta ridotto a sessanta giorni, che sono prorogabili di altri sessanta giorni solo in caso di giustificati motivi.
  Sempre al fine di evitare un uso distorto del cosiddetto concordato in bianco, l'articolo 161, ottavo comma, della legge fallimentare stabilisce che, con lo stesso decreto che concede il termine, il giudice disponga gli obblighi informativi periodici relativi anche alla gestione finanziaria dell'impresa ai quale il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine stesso. In caso di mancato adempimento di tali obblighi, il tribunale con decreto dichiara la domanda inammissibile e, in presenza di istanza da parte dei creditori o del pubblico ministero, dichiara il fallimento del debitore ove ovviamente ne ricorrano i presupposti.
  Gli obblighi informativi di cui si è detto contribuiscono ad attenuare l'incertezza derivante dall'iniziale incompletezza della documentazione allegata alla domanda di concordato e in ogni caso sono finalizzati a consentire la migliore e più appropriata ponderazione della situazione concreta da parte del tribunale.
  Inoltre, voglio segnalare che, alla scadenza del termine fissato dal tribunale, se il debitore non presenta né il piano di concordato con la documentazione relativa, né la domanda di omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, trova applicazione l'articolo 162 della legge fallimentare, di talché il tribunale dichiara inammissibile la domanda e, in presenza di istanza del pubblico ministero o dei creditori, ne dichiara il fallimento, come poc'anzi ho già sottolineato.
  Secondo interrogativo al quale voglio rispondere brevemente: va detto che l'eliminazione della percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari non è stata realizzata con il decreto-legge sviluppo ma con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35.
  Certo è che è cura di questo Governo e del Ministero della giustizia monitorare, anche attraverso la propria Direzione generale e statistica, i dati e le percentuali perché è evidente che non tutte le procedure... la percentuale è alta, mi pare che ad oggi si aggira al 70 per cento di Pag. 33domande di «concordato in bianco» che poi non hanno un esito positivo e quindi che poi vengono trasformati e per le quali l'impresa viene dichiarata in fallimento. Quindi è cura di questo Ministero verificare e comunque ringraziamo per aver sollevato un problema su cui è giusto un confronto con il Parlamento, e ben vengano le proposte e le soluzioni per migliorare. Ringrazio e mi scuso se non sono stato chiaro.

  PRESIDENTE. Il deputato Causin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza, per dieci minuti.

  ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, ne utilizzerò molti meno, mi dichiaro parzialmente soddisfatto evidenziando sicuramente la soddisfazione per la puntualità con la quale è stata curata la risposta dal signor sottosegretario che evidenzia che il problema è acquisito dal Ministero della giustizia ed è monitorato con grande attenzione. La parzialità deriva dal fatto che mi sarei atteso comunque, di fronte ad un'evidenza di dati di utilizzo così elevati e così anomali, che si prospettasse nel giro di un tempo abbastanza breve un intervento eventualmente normativo per individuare quelli che potevano essere gli utilizzi anomali di questo strumento.
  Però, ci auguriamo che la legislatura possa durare e che, nel corso della legislatura in una legge nella quale può essere inserito un emendamento, o con un intervento legislativo ad hoc, o magari anche con un'iniziativa parlamentare, si possa affrontare in modo dettagliato questo tema che riguarda moltissime imprese, medie e piccole, e che riguarda soprattutto moltissimi lavoratori.

(Iniziative a sostegno del settore delle colture frutticole della provincia di Barletta-Andria-Trani, colpita da imprevisti eventi atmosferici di eccezionale intensità il 6 maggio 2013 – n. 2-00044)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Matarrese n. 2-00044, concernente iniziative a sostegno del settore delle colture frutticole della provincia di Barletta-Andria-Trani, colpita da imprevisti eventi atmosferici di eccezionale intensità il 6 maggio 2013 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Matarrese se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, lo farò brevemente. Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il 6 maggio ultimo scorso, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, eventi meteorologici di particolare intensità, e quanto mai imprevisti e imprevedibili, hanno causato gravi ed ingenti danni alle colture agricole.
  Le voglio rappresentare che l'agricoltura per la Puglia è uno dei settori di riferimento per la nostra economia e, in quella zona, in particolare, l'ortofrutta è un settore particolarmente importante. È un settore che vive un momento di grave difficoltà, dovuta alla riduzione dei consumi, dovuta al fatto che viene prodotta una materia prima che è il primo elemento di una filiera molto lunga e quindi molto «compressa» in questo momento anche in termini di prezzo e quindi di mercato. È quindi una situazione di crisi e la situazione meteorologica ha aggravato lo stato di crisi degli agricoltori di questo settore. In particolare, le province interessate sono Canosa di Puglia, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli e Margherita di Savoia e, quindi, oltre al lucro cessante, è notevole il danno emergente creato per gli agricoltori, vista la calamità che si è abbattuta.
  Pur in presenza di un danno economico importante, gli agricoltori comunque sono chiamati a far fronte alle scadenze relative al pagamento delle rate dei mutui agrari, al rimborso dei prestiti agrari e al pagamento dei contributi agricoli, non potendo contare sui ricavi delle colture distrutte dagli eventi atmosferici. Quindi, si appalesa gravemente una situazione di difficoltà economica per questo particolare settore produttivo e per questa zona, in particolare vocata – come dicevo prima – all'ortofrutta e, quindi, all'esportazione. La regione Puglia – e, in particolare, la provincia Pag. 34in questione, la BAT – ha avviato già un tavolo di concertazione; ha avviato le procedure presso la regione Puglia, quindi le chiedo quali misure il Governo può approntare, anche in via anticipata, per venire incontro a questo stato di difficoltà per queste aziende e per questo comparto produttivo importante per la Puglia. Quindi, le chiedo se non sia il caso di riconoscere lo stato di calamità naturale, che consente di venire incontro a queste difficoltà, anche rinviando le «spettanze» a cui sono chiamati questi agricoltori gravemente danneggiati da questo evento di calamità naturale.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.

  GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'interpellanza urgente cui mi accingo a rispondere riguarda alcuni eventi atmosferici di particolare intensità che hanno colpito il territorio della Regione Puglia il 6 maggio 2013, causando ingenti danni alle coltivazioni frutticole della Provincia di Barletta-Andria-Trani.
  Al riguardo, vorrei premettere che, relativamente agli interventi di soccorso alle imprese agricole colpite, potranno essere attivati gli interventi del Fondo di solidarietà nazionale qualora, a conclusione dei rilevamenti da parte degli organi tecnici della regione Puglia, territorialmente competente, verranno accertati danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile ordinaria.
  Alla data odierna, ancora nessuna richiesta formale d'intervento è pervenuta a questa amministrazione; tuttavia, vorrei rassicurare gli onorevoli interpellanti che, non appena perverranno le proposte regionali (ho appreso del tavolo regionale appena convocato), nei termini e con le modalità prescritte dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, il Ministero provvederà all'istruttoria di competenza per l'emissione dei decreti di declaratoria.
  Colgo l'occasione anche per informare gli onorevoli interpellanti che, ai sensi della vigente normativa, a favore delle aziende agricole danneggiate possono essere concessi i seguenti aiuti: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria; prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo; proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento atmosferico calamitoso; contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte. Quindi, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole potranno essere adottate anche misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse alle attività agricole, fra cui quelle irrigue e quelle di bonifica, con onere della spesa sempre a carico del Fondo di solidarietà nazionale.
  Quindi, ringrazio l'onorevole Matarrese ed attendiamo i tempi del tavolo regionale e, soprattutto, la proposta che verrà dalla regione Puglia.

  PRESIDENTE. Il deputato Matarrese ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Ne ha facoltà per dieci minuti.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, mi ritengo sicuramente soddisfatto. Ringrazio il sottosegretario per la puntualità con la quale ha affrontato l'argomento e, quindi, auspico che con tempestività questo tavolo, che è stato avviato già dalla regione Puglia, possa trovare, in ambito del Ministero, una rapidità di esecuzione e di adozione dei provvedimenti che sono davvero importanti per questo territorio.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

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Modifica nell'affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ha reso noto che è stato affidato alla deputata Paola De Micheli l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera, in sostituzione del deputato Giovanni Legnini.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 13,05).

  FRANCESCO D'UVA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, prendo la parola per chiedere di sollecitare il Ministro dell'interno a rispondere all'interrogazione a risposta scritta n. 4-00180, presentata il 9 aprile 2013 da me e da altri deputati del Movimento 5 Stelle, riguardante la richiesta di ripristino del turnover dei Vigili del fuoco al 100 per cento.
  Non è solo un'emergenza lavorativa ma la carenza di personale, che si è venuta a creare a causa della bassa percentuale di turnover, comporta un serio rischio per tutti gli italiani. Il nostro Paese, infatti, che è un Paese bellissimo, è spesso soggetto a varie calamità naturali. Premesso che dovremmo concentrarci maggiormente sulla prevenzione e, quindi, sulla messa in sicurezza del territorio, con interventi dedicati e investendo sull'edilizia antisismica, resta la necessità di rendere il corpo dei Vigili del fuoco più efficiente ed efficace, assumendo personale idoneo e ben addestrato e dedicando maggiori risorse finanziarie allo stesso.
  Restituire dignità al corpo dei Vigili del fuoco non è un favore fatto alla categoria, ma un messaggio agli italiani, un messaggio che dice che lo Stato ci tiene ai propri cittadini, che le vite degli italiani sono preziose e che vanno protette, che le tragedie a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, da L'Aquila a Giampilieri, da Barcellona Pozzo di Gotto all'Emilia Romagna, hanno veramente condotto il Governo e il Parlamento a risolvere il problema con i fatti e non solo con i minuti di silenzio.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. La Presidenza provvederà ad inoltrare il sollecito al Governo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 17 maggio 2013, alle 10:

  Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
   S. 298 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria (Approvato dal Senato) (C. 734-A).
  — Relatore: Vargiu.

  La seduta termina alle 13,10.