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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 6 dicembre 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 6 dicembre 2017.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bressa, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Capelli, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cenni, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Coppola, D'Alia, Dal Moro, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Kronbichler, La Russa, Laforgia, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Orfini, Orlando, Paglia, Pes, Picchi, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Rossomando, Rughetti, Ruocco, Sanga, Sani, Santerini, Sandra Savino, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sibilia, Sottanelli, Spadoni, Tabacci, Tancredi, Taranto, Tidei, Turco, Valeria Valente, Vazio, Velo, Villarosa, Enrico Zanetti, Zoggia.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bressa, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzo Guerini, Guerra, Kronbichler, La Russa, Laforgia, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Nicoletti, Orfini, Orlando, Paglia, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sibilia, Sottanelli, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tancredi, Tidei, Tofalo, Turco, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Enrico Zanetti, Zoggia.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 5 dicembre 2017 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
   CIPRINI ed altri: «Modifiche all'articolo 92 del codice di procedura civile, in materia di compensazione delle spese di giudizio, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di esenzione delle controversie individuali di lavoro e pubblico impiego nonché di previdenza e assistenza obbligatorie dal contributo unificato di iscrizione a ruolo» (4770).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge ROMANINI ed altri: «Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane» (3265) è stata successivamente sottoscritta dalle deputate Paola Boldrini e Mongiello.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:  
   VI Commissione (Finanze):
  BUSIN ed altri: «Disposizioni per favorire la definizione transattiva delle posizioni debitorie in sofferenza nei riguardi delle banche e degli intermediari finanziari» (4769) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, X e XIV.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo.

  Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, con lettera in data 6 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della deliberazione istitutiva, la «Relazione sulla contraffazione nel settore farmaceutico».

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXII-bis, n. 18).

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri.

  La presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri, con lettera in data 6 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della delibera istitutiva, la «Relazione sull'attività svolta dalla Commissione», approvata nella seduta di martedì 5 dicembre 2017.

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXII-bis, n. 17).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 28 novembre 2017, ha trasmesso, ai sensi della legge 5 giugno 2003, n. 131, e del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, la relazione, approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte stessa con deliberazione n. 27/2017 del 14-24 novembre 2017, sugli organismi partecipati degli enti territoriali – relazione 2017.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 1o dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di alta matematica «Francesco Severi» (INDAM), per l'esercizio 2016. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 584).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 1o dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di ENAV Spa, per l'esercizio 2016. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 585).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera in data 28 novembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 30 aprile 1985, n. 163, la relazione sull'utilizzazione del Fondo unico per lo spettacolo e sull'andamento complessivo dello spettacolo, riferita all'anno 2016 (Doc. LVI, n. 5).

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 23 novembre 2017, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questo decreto è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 30 novembre 2017, ai sensi dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dalla Ministra per i rapporti con il Parlamento.

  La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 35 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, un voto, approvato dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige in data 15 novembre 2017, concernente la richiesta di fermare l’export di armamenti verso i Paesi coinvolti in conflitti, soprattutto dell'area Mediorientale e dell'Africa settentrionale, di potenziare le iniziative di cooperazione allo sviluppo per prevenire o favorire la ricomposizione di situazioni di conflitto e sostenere e diffondere le esperienze di diplomazia popolare, di risoluzione dei conflitti e di presenza civile non violenta in contesti di conflitto.

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissioni dal Ministro dello sviluppo economico.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), riferita all'anno 2016, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, comma 5, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, riferita all'anno 2016, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici della Cassa conguaglio GPL, riferita all'anno 2016, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e le munizioni commerciali, riferita all'anno 2016, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali).

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta, sul bilancio di previsione e sulla consistenza degli organici dell'Ente nazionale per il microcredito, riferita all'anno 2016, corredata dai relativi allegati.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 5 dicembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sul funzionamento del mercato europeo del carbonio (COM(2017) 693 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sui dati relativi all'incidenza di bilancio dell'attualizzazione annuale del 2017 delle retribuzioni e delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell'Unione europea e dei coefficienti correttori ad esse applicati (COM(2017) 699 final);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura (COM(2017) 713 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle garanzie che impegnano il bilancio generale – Situazione al 31 dicembre 2016 (COM(2017) 721 final);
   Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (COM(2017) 770 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI NESCI ED ALTRI N. 1-01701, LENZI ED ALTRI N. 1-01763, FOSSATI ED ALTRI N. 1-01765, MAROTTA ED ALTRI N. 1-01766, BRIGNONE ED ALTRI N. 1-01769, VARGIU ED ALTRI N. 1-01770 E PALESE E OCCHIUTO N. 1-01773 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE IL FENOMENO DELLA CORRUZIONE IN AMBITO SANITARIO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha considerato che il servizio sanitario nazionale del nostro Paese è uno dei migliori al mondo, per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali;
    il sistema sanitario pubblico italiano deve essere tutelato da corrotti e corruttori e deve essere salvaguardato dall'infiltrazione della corruzione e della malavita, non solo per difendere il servizio pubblico, ma anche e soprattutto per tutelare il diritto fondamentale alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    il paradigma che oggi lega la tutela della salute alla sostenibilità economica del sistema sanitario italiano non può prescindere da un'efficace lotta alla corruzione, agli sprechi, alle inefficienze e richiede di eliminare tutte quelle storture legislative e gestionali che alimentano tale spreco di risorse, senza in realtà rispondere ai bisogni di salute dei cittadini;
    diffusamente si è detto che lo stato di salute di una popolazione è la cartina al tornasole del livello di civiltà di un Paese ed uno Stato che non combatte o non previene la corruzione misura il proprio livello di inciviltà, che nell'ambito della salute, come inevitabile conseguenza, determina proprio il peggioramento della condizione di salute della popolazione;
    il contesto politico e socio-economico e le correlate scelte politiche ed economiche hanno un'influenza decisiva sulla domanda di salute ed è compito dello Stato compiere scelte coraggiose che incidano in maniera efficace sul contesto e sulle sue storture e la corruzione è la principale stortura del sistema salute o, se si vuole, dell'intero sistema politico e socioeconomico italiano;
    l'Ocse nel 2017 ha pubblicato il report «Tackling wasteful speding on health», che affronta il tema della corruzione in sanità facendo una panoramica sui Paesi Ocse, tra cui l'Italia, ed apre tale report affermando: «Una parte significativa della spesa sanitaria è – nella migliore delle ipotesi – spreco, o peggio danneggia la nostra salute»;
    riprendendo proprio tale affermazione dell'Ocse, nel mese di aprile 2017, è stato pubblicato anche il report «Curiamo la corruzione-percezione rischi e sprechi in sanità», un importante lavoro d'indagine coordinato da Transparency International Italia e in collaborazione con il Censis, Ispe sanità e Rissc (Centro ricerche e studi su sicurezza e criminalità);
    più precisamente il report di Transparency International Italia è il risultato di tre percorsi d'indagine: la percezione dei rischi e delle strategie effettuata dal Censis tra il 2016 e il 2017, la valutazione dei rischi e l'analisi delle contromisure contenute nei piani triennali di prevenzione della corruzione 2016-2018 delle strutture sanitarie, condotta da Rissc e l'analisi di sprechi e inefficienze che emergono dalla valutazione dei conti economici 2013 delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, tenuto conto delle diverse realtà regionali, elaborata da Ispe sanità;
    le tre indagini condotte e illustrate nel citato report di Transparency hanno fornito dati e a risultati allarmanti:
     a) in riferimento alla percezione della corruzione in sanità si è rilevato che «nel 25,7 per cento delle aziende sanitarie si sono verificati episodi di corruzione nell'ultimo anno; il 42,6 per cento delle aziende sanitarie ha un indice alto (14,7 per cento) o medio-alto (27,9 per cento) di percezione del rischio; secondo il 63,2 per cento dei responsabili per la prevenzione della corruzione intervistati, la corruzione in sanità rimane stabile; il 64,7 per cento dei responsabili per la prevenzione della corruzione intervistati ritiene che il rischio nella propria azienda sia moderato, solo il 5,9 per cento lo giudica elevato; i settori ritenuti maggiormente a rischio dagli intervistati sono quello degli acquisti e delle forniture, le liste d'attesa e le assunzioni del personale»;
     b) in riferimento ai rischi di corruzione in sanità si è rilevato che «il 51,7 per cento delle aziende sanitarie non si è adeguatamente dotata di strumenti anticorruzione, come previsto dalla legge 190/2012; i rischi di corruzione più frequenti sono: 1) violazione delle liste d'attesa (45 per cento); 2) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (44 per cento); 3) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (41 per cento); 4) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (38 per cento); 5) falsificazione delle condizioni del paziente per aggirare il sistema delle liste d'attesa (37 per cento); i rischi di corruzione più elevati sono: 1) sperimentazione clinica condizionata dagli sponsor (12,9/25); 2) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (12,3/25); 3) violazione dei regolamenti di polizia mortuaria (11,7/25); 4) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (11,4/25); 5) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (11,2/25)»;
     c) in riferimento all'analisi economica degli sprechi in sanità si è rilevato che «la stima della corruzione sommata agli sprechi, misurata con un nuovo indicatore di inefficienza, oscilla intorno al 6 per cento delle spese correnti annue del servizio sanitario nazionale (dati 2013); l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi sanitari nel servizio sanitario nazionale è stimato in circa 13 miliardi di euro»;
    i dati impietosi sulla corruzione in sanità, innanzi citati, rilevano dunque che gli episodi di corruzione più frequenti riguardano, tra gli altri, proprio l'attività libero professionale intramuraria, le nomine apicali, la prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni e la sperimentazione clinica correlata agli sponsor;
    dall'indagine illustrata nel report «Curiamo la corruzione 2017» emerge che il valore medio di rischio più alto, nel ventaglio di rischi analizzati, riguarda proprio l'area delle sponsorizzazioni: in particolare, la «sperimentazione condizionata» (12,89) e gli «indebiti comportamenti prescrittivi a seguito di sponsorizzazione» (12,28); il rischio di corruzione della sperimentazione – condizionata dal fenomeno per cui il ricercatore è disposto ad alterare il percorso della sperimentazione in una o più delle sue fasi, ottenendo risultati graditi al donor, al fine di garantire nuovi finanziamenti o vantaggi di altra natura – raggiunge il 18 per cento; tale rischio comprende le condotte in cui il medico manipola la sperimentazione clinica al fine di ottenere particolari vantaggi. La falsificazione della sperimentazione può interessare: la selezione del campione (compreso l'inserimento di pazienti nelle sperimentazioni senza consenso informato), l'esecuzione della sperimentazione, la raccolta o l'analisi dei risultati. Il rischio comprende anche la predisposizione della ricerca clinica a fini commerciali e nell'interesse dei soli sperimentatori, da cui possano conseguire l'alterazione degli esiti e la manipolazione dei fondi;
    con delibera n. 831 del 3 agosto 2016 l'Anac ha adottato il piano nazionale anticorruzione 2016 che, come noto, contiene uno specifico focus sulla sanità, con l'indicazione di specifiche misure «quali possibili soluzioni organizzative per preservare il servizio sanitario nazionale dal rischio di eventi corruttivi (con specifico riferimento al contesto strutturale, sociale ed economico in cui si collocano ed operano le istituzioni medesime) e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema sanitario nazionale»;
    gli acquisti nel settore sanitario, come evidenzia l'Anac e come noto a tutti, sono a forte rischio di corruzione sia per varietà e complessità dei beni e servizi e sia per varietà e specificità degli attori coinvolti (clinici, direzione sanitaria, provveditori, ingegneri clinici, epidemiologi, informatici, farmacisti, personale infermieristico e altro) e che si trovano non di rado in una condizione potenziale di conflitto d'interesse, poiché sono al tempo stesso coloro che esprimono un fabbisogno e che usufruiscono di un determinato bene o servizio, potendo quindi in tal maniera influenzare ed orientare la domanda (si pensi al caso dei clinici che propongono l'acquisto di protesi);
    nel settore degli acquisti l'auspicata centralizzazione stenta a partire come dovrebbe e di fatto non esclude che gli enti del servizio sanitario nazionale possano procedere, anche attraverso frazionamenti artificiosi, a gare proprie e «personalizzate» e di fatto non c’è alcun tipo di controllo che rilevi, ad esempio, il numero degli affidamenti diretti sul totale degli acquisti, spesso giustificati dall'infungibilità o esclusività del bene, né viene effettuata una verifica a tappeto del numero di proroghe e rinnovi sul totale degli affidamenti o del ricorso a procedure in deroga, dettate da situazioni di urgenza;
    appare necessario rendere uniforme e tracciabile l'intero processo che va dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e/o dei servizi da appaltare fino alla logistica e alle giacenze di magazzino; è necessario rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio, dalla fase dello stoccaggio a quella della somministrazione o consumo;
    è necessario implementare sistemi uniformi di controllo esterno ed informatizzati che consentano di rilevare, sulla base di indici di rilevazione automatizzati, l'esistenza di anomalie negli acquisti tali da rappresentare un allarme di spreco, inefficienza o corruzione; il sistema dovrebbe essere integrato con un programma operativo contabile e patrimoniale, unico per tutte le strutture sanitarie del territorio nazionale, che consenta ai cittadini, attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, di indagare, in tempo reale, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, attraverso un sistema di ricerca semplificato e diversificato (ad esempio per singolo fornitore, per centro unico di prenotazione, per conto identificativo di gara, per singolo bene, per voce di bilancio e altro); in tale modo, ad esempio, si potrebbe rilevare per ciascun fornitore tutti i pagamenti o gli incassi effettuati da una azienda sanitaria o da tutte le aziende sanitarie di una certa regione, con un collegamento attivo ai titoli che hanno consentito quel pagamento (determine a contrarre, gare effettuate, documentazione di gara e altro) o quell'incasso;
    il sistema operativo dovrebbe, altresì, consentire d'indagare e ricercare, sempre in tempo reale, anche lo stato patrimoniale, con la possibilità di rilevare i beni d'inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, con associazione informatizzata ai cicli di terapia applicati a pazienti i cui dati sanitari siano stati opportunamente decodificati, così da garantire la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico;
    il sistema operativo integrato dovrebbe consentire d'indagare, sempre in tempo reale, tutte le fasi dell'esecuzione del contratto, opportunamente aggiornate dal responsabile o direttore dell'esecuzione del contratto, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, con evidenza dei verbali ispettivi e delle verifiche condotte con periodicità prestabilita;
    il sistema operativo contabile, pubblico e accessibile a chiunque, dovrebbe consentire l'accesso alla prescritta contabilità separata dell'attività di intramoenia, con la possibilità d'indagare tutti i costi imputabili all'attività intramoenia, ivi incluse le attrezzature o gli spazi interni o esterni utilizzati per lo svolgimento del servizio, nonché la relativa autorizzazione e il volume di attività per ciascun professionista;
    il sistema operativo contabile, integrato con il sistema degli acquisti e dei contratti, dovrebbe prevedere un meccanismo tale che il mancato aggiornamento dello stesso non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa e comporti una penalizzazione economica, nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili del mancato aggiornamento;
    il sistema degli acquisti e tutti i relativi rischi corruttivi sono attigui ai non meno diffusi rischi corruttivi connessi alle attività di ricerca, di sperimentazione clinica e alle correlate sponsorizzazioni, la cui individuazione appare più difficile laddove un eventuale abuso si colloca spesso al limine con l'autonomia professionale dei professionisti della sanità (si pensi, ad esempio, alla prescrizione dei farmaci). Tale abuso spesso è correlato alle diverse forme di sponsorizzazione, diretta o indiretta, che le industrie dei presidi sanitari elargiscono a vantaggio dei professionisti o degli enti della sanità; al riguardo, particolarmente esposto a rischio di corruzione, è il settore della formazione dei professionisti della sanità soprattutto a quando con l'introduzione del sistema obbligatorio di formazione continua, l'educazione continua in medicina, si è costruito un complesso sistema in cui i diversi attori della formazione sanitaria sono considerati soggetti appetibili, da parte delle industrie farmaceutiche e dei dispositivi sanitari, al fine di incrementare la produzione e l'acquisto;
    sulle sponsorizzazioni in sanità appare necessario intervenire urgentemente prevedendo che:
     a) ogni forma di sponsorizzazione debba essere acquisita nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici, ovvero nel rispetto della trasparenza, evidenza pubblica, concorrenzialità, rotazione, imparzialità e altro;
     b) siano costituiti dei fondi indistinti destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca e il cui utilizzo non sia finalizzato ad una specifica attività formativa o di ricerca, né sia destinato a professionisti specifici, prevedendo che l'utilizzo delle risorse, da parte delle strutture sanitarie pubbliche o private o delle associazioni private, avvenga nel rispetto della rotazione, trasparenza ed imparzialità;
     c) si introduca un divieto assoluto per i professionisti della sanità di percepire qualsiasi tipo di vantaggio, diretto o indiretto, da parte delle industrie operanti nella sanità;
     d) vi sia un obbligo per tutti i professionisti della salute di rendere pubblica una dichiarazione ove siano evincibili tutte le relazioni d'interesse o finanziarie, anche pregresse, con le industrie operanti nella sanità;
     e) si introduca un divieto assoluto di meccanismi premiali correlati alla vendita di prodotti farmaceutici o presidi sanitari, sia per gli informatori scientifici sia gli agenti o i rappresentanti di prodotti destinati alla sanità;
    tra i diversi interventi atti a prevenire la corruzione in sanità il piano nazionale anticorruzione 2016 segnala la necessità di adottare, oltre che misure per la gestione dei conflitti di interessi nei processi di procurement in sanità e per il rafforzamento della trasparenza nel settore degli acquisti, nonché un intervento incisivo nelle nomine e negli incarichi dirigenziali in sanità e anche misure specifiche sulle sperimentazioni cliniche;
    in particolare, l'Anac evidenzia che «i proventi derivanti alle aziende sanitarie a seguito di sperimentazioni cliniche, specie nel caso di studi clinici randomizzati interventistici con farmaci che devono essere introdotti sul mercato, possono assumere una consistenza molto rilevante (di decine di milioni euro per anno in aziende di grandi dimensioni e di elevato richiamo). Per questo motivo e per le cointeressenze che possono esserci tra le ditte farmaceutiche e gli sperimentatori, si tratta di un'attività a rischio corruttivo. L'azione dei comitati etici, volta ad accertare la scientificità e l'eticità del protocollo di studio, non fornisce specifiche garanzie al riguardo. Pertanto al fine di gestire, in un'ottica di prevenzione della corruzione, la discrezionalità degli sperimentatori di attribuzione (e «auto-attribuzione») dei proventi, è opportuno che ogni azienda sanitaria integri il regolamento del comitato etico con un disciplinare che indichi le modalità di ripartizione dei proventi, detratti i costi da sostenersi per la conduzione della sperimentazione e l’overhead dovuto all'azienda per l'impegno degli uffici addetti alle pratiche amministrative ed il coordinamento generale»;
    è inoltre opportuno – così suggerisce l'Anac – adottare un sistema di verifica dei conflitti di interesse dei comitati etici tale da identificare, oltre l'eventuale conflitto di interesse al momento della nomina, anche la sua eventuale sussistenza al momento della presentazione e valutazione della sperimentazione clinica. A monte della stipula del contratto per la sperimentazione, è opportuno individuare con esattezza l'effettivo titolare dell'impresa, soprattutto ove il contratto venga stipulato con soggetti aventi sede in Stati esteri e/o a bassa fiscalità, anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio. Va, inoltre, richiamata l'attenzione sull'opportunità di prevedere, nei regolamenti aziendali, un congruo lasso di tempo tra il finanziamento per la ricerca e la cessazione di un contratto a titolo oneroso con il soggetto che finanzia la ricerca, o sue imprese controllate;
    l'Anac, con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 1388 del 14 dicembre 2016, ha segnalato che le disposizioni sulla trasparenza delle nomine dirigenziali, come introdotte o modificate dalla cosiddetta delega Madia nel 2016, in virtù di un probabile «refuso», non si applicano alla dirigenza sanitaria (direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse) e tali obblighi di pubblicazione riguardano, tra gli altri, i dati e compensi relativi ad altre cariche, incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, dati reddituali e altro;
    nel sopra citato atto l'Anac ha espresso altresì la necessità che gli obblighi di pubblicazione della dirigenza sanitaria, già previsti per la dirigenza pubblica, dovrebbero includere anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;
    appare quindi inaccettabile che i dirigenti del servizio sanitario nazionale, a legislazione vigente, godano di una clamorosa e inaccettabile esenzione dalle regole della trasparenza (funzionali a prevenire la corruzione), nonostante si trovino a gestire ingenti e importanti risorse economiche del Paese, destinate alla salute dei cittadini e nonostante siano collocati, per contiguità alla politica e ad interessi politico-elettorali, più di ogni altra dirigenza, in un contesto a forte rischio di corruzione;
    la recente riforma del terzo settore, attraverso l'emanazione di uno specifico codice, introduce importanti e rilevanti novità, con implicazioni anche nelle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie laddove si prevede che le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione, a livello territoriale, degli interventi nelle attività di interesse generale, assicurano il coinvolgimento degli enti del terzo settore mediante forme di co-programmazione e co-progettazione; nell'ambito di tale coinvolgimento non sono stati opportunamente richiamati i principi della concorrenzialità, dell'economicità, dell'efficacia, dell'evidenza pubblica e né è stata richiamata la disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), laddove applicabile, ed in ogni caso il rispetto dei principi in essa riportati; il nuovo codice del terzo settore amplia la possibilità di fare convenzioni a tutte le attività di interesse generale indicate dal codice medesimo (ad esempio, prestazioni sanitarie inserite nei livelli essenziali di assistenza) rispetto alla situazione previgente, che invece limitava tale possibilità solo per gli interventi e servizi sociali;
    la convenzione è uno strumento che consente di derogare alla disciplina generale dei contratti della pubblica amministrazione e, quindi, consente di affidare alle associazioni del terzo settore l'esecuzione di servizi pubblici, senza dover passare per gare di appalto o altre procedure (ristrette od allargate) di affidamento; anche in relazione ai servizi di trasporto sanitario e di emergenza urgenza il nuovo codice del terzo settore, rispetto alla situazione previgente, prevede l'affidamento diretto, derogando alla disciplina generale dei contratti della pubblica amministrazione e al di fuori dell’house providing;
    in riferimento all'accreditamento e/o convenzionamento per l'erogazione di servizi sanitari e sociali si ricorda che - con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 958 del 7 settembre 2016 - l'Anac ritiene necessario intervenire legislativamente anche sulla tracciabilità finanziaria dei servizi sanitari e sociali erogati, in regime di convenzione, da strutture private accreditate;
    le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, hanno la finalità specifica di rendere trasparenti le operazioni finanziarie relative all'utilizzo del corrispettivo dei contratti pubblici, in modo da consentire un controllo a posteriori sui flussi finanziari provenienti dalle amministrazioni pubbliche e intercettare eventuali usi degli stessi da parte di imprese malavitose;
    la tracciabilità dei flussi finanziari è stata introdotta nel 2010 al fine di arginare la penetrazione economica delle organizzazioni mafiose negli appalti pubblici; gli obblighi connessi all'istituto della tracciabilità si articolano, essenzialmente, in tre adempimenti principali: utilizzo di conti correnti dedicati; effettuazione dei movimenti finanziari tracciabili; indicazione, negli strumenti di pagamento relativi a ogni transazione, del codice identificativo di gara;
    in riferimento ai suddetti obblighi l'Anac esprime, quindi, l'esigenza di un rafforzamento delle misure di controllo della spesa con finalità di ordine pubblico, anche nel delicato settore dei servizi sanitari e socio-sanitari gestiti dai privati accreditati, «in modo da anticipare, il più a monte possibile, la soglia di prevenzione, creando meccanismi che consentano di intercettare i fenomeni di intrusione criminale nei flussi finanziari provenienti dagli enti pubblici»;
    sia il report «Curiamo la corruzione» e sia il piano nazionale anticorruzione dell'Anac ulteriormente ribadiscono come gli eventi corruttivi si concentrino anche nella libera professione intramuraria e nella gestione delle liste di attesa, questioni già affrontate con la mozione n. 1/01563 del MoVimento 5 Stelle, approvata alla Camera dei deputati il 12 aprile 2017, con la quale il Governo si è impegnato ad intervenire per dare attuazione alla determina Anac 28 ottobre 2015, n. 12, e ad assumere iniziative affinché il mancato rispetto delle indicazioni previste per l'attività libero professionale intramuraria determini reali conseguenze penalizzanti per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili delle strutture sanitarie, ivi inclusa la sospensione dell'attività libero-professionale, laddove non sia stata attivata la prescritta infrastruttura di rete, così da controllare che i volumi delle prestazioni libero professionali non abbiano superato quelli eseguiti nell'orario di lavoro e rendere tracciabili tutti i pagamenti connessi all'attività libero professionale, garantendo l'effettiva pubblicità dei criteri di formazione e dei tempi previsti delle liste di attesa;
    la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale non può e non deve significare una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può essere l’escamotage di una privatizzazione di fatto, ma deve essere garantita attraverso un coordinato smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti, ma richiedono piuttosto un sistema coordinato di misure e interventi che rappresentino una strategia univoca nella lotta alla corruzione in sanità;
    il rapporto della rete europea contro le frodi e la corruzione in sanità stimava in sei miliardi di euro la quantità di risorse sottratte alla sanità italiana, cifra peraltro non ritenuta esaustiva dal «Libro bianco» dell'Ispe (Istituto per la promozione dell'etica), secondo il quale tali cifre non tengono conto dell'indotto (inefficienza e sprechi) correlato agli eventi corruttivi accertati dalla magistratura, indotto che porta a stimare il costo della corruzione in sanità addirittura in 23,6 miliardi di euro l'anno;
    i dati sulla corruzione in sanità rivelano peraltro la forte sperequazione regionale esistente nel nostro Paese anche in termini di garanzia, qualità, efficacia ed efficienza ed infatti i dati diffusi dal rapporto sopra citato ripartiscono così i fenomeni corruttivi: 41 per cento al Sud, 30 per cento al Centro, il 23 per cento al Nord e il 6 per cento è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi;
    è necessario intervenire sul conflitto d'interesse, prevedendo rigide regole etiche e di comportamento sull'informazione scientifica, nonché severe misure disciplinari per chiunque nell'ambito della sanità interferisca illegittimamente nel mercato della farmaceutica e delle prestazioni sanitarie, influenzando sia la domanda che l'offerta o costituendo accordi occulti per vantaggi privati;
    un'efficace lotta alla corruzione deve coinvolgere tutti i cittadini e tutti i funzionari pubblici sollecitando, attraverso tutele ed incentivi specifici, uno spirito di servizio che porti a segnalare ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, tutele specifiche che garantiscano il denunciante attraverso un anonimato inviolabile e incentivi che prevedano forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta; è opportuno escludere qualsiasi possibilità di licenziamento del dipendente che denuncia la struttura sanitaria per illeciti e/o irregolarità riscontrate;
    in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione è opportuno prevedere la revoca o il divieto di rinnovo dell'incarico dirigenziale, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e i direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari e per tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;
    è necessario intervenire efficacemente nel settore dei prodotti farmaceutici, dei dispositivi, delle tecnologie nonché nell'attività di ricerca, di sperimentazione clinica e di formazione e sulle correlate sponsorizzazioni, come ambiti particolarmente esposti al rischio di fenomeni corruttivi e di conflitto d'interessi ed in tal senso appare indispensabile rompere il legame esistente tra aziende produttrici di prodotti e servizi della salute e i professionisti che vi operano, vietando ogni legame promozionale diretto da parte di aziende/informatori presso gli operatori pubblici della sanità;
    appare indispensabile introdurre l'obbligo di dichiarazione pubblica affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e/o interessi che possono coinvolgere i professionisti dell'area sanitaria e amministrativa nell'espletamento di attività sia decisionali che esecutive e che siano in relazione a prodotti farmaceutici o parafarmaceutici o comunque a prodotti e/o servizi commercializzabili nell'ambito della salute (ivi inclusi, ad esempio, i prodotti assicurativi, prodotti e/o attività formative);
    il 27 giugno 2017 il procuratore generale della Corte dei conti, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l'anno 2016, nella sua requisitoria orale ha avuto modo di evidenziare che: «il sistema dei controlli» si struttura in una nutrita serie di «sottosistemi», a connessione estremamente debole tra di loro, tanto da correre il rischio di essere un «non sistema», al cui costo complessivo non indifferente, anche nell'ottica della revisione della spesa, non corrisponde una proporzionale utilità. Difatti, proprio per la sua complessità e le sue incongruenze, tale sistema nel complesso non solo risulta scarsamente comprensibile anche agli addetti ai lavori, ma soprattutto è scarsamente efficace per assicurare legalità ed efficienza, e per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono, spesso, devastanti;
    è necessario un ripensamento globale e senza pregiudizi di tutti i meccanismi di controllo, per semplificare il quadro normativo, eliminando interferenze e parziali sovrapposizioni, ed innescare quindi tra i rinnovati meccanismi nuove e più proficue sinergie, anche con la previsione di strumenti di raccordo e con una particolare attenzione ad escludere le pur frequenti situazioni di conflitto di interessi, soprattutto a livello locale. In questo modo sarebbe più facile raggiungere un duplice obiettivo: dare una spinta all'efficienza della spesa, con positivi effetti anche sul mercato, e contribuire ad aumentare concretamente il livello del contrasto a fenomeni di illecito e di corruzione;
    meccanismi di spesa efficienti, trasparenti e tempestivi, oggetto di un monitoraggio continuo svolto anche con finalità diverse, impediscono la creazione di quelle «zone grigie» in cui più facilmente si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale;
    i rilevanti effetti distorsivi che le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi richiedono un approccio più sostanziale che, superando talune impostazioni dottrinarie astrattamente fondate, ma assolutamente inadeguate in concreto, affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dall'ordinamento,

impegna il Governo:

1) ad affrontare in maniera sistemica e globale il problema della corruzione in sanità attraverso misure coordinate che siano risolutive delle problematiche esposte in premessa;
2) ad intervenire efficacemente nel settore dei prodotti farmaceutici, dei dispositivi, delle tecnologie nonché dell'attività di ricerca, di sperimentazione clinica e di formazione e delle correlate sponsorizzazioni, assumendo iniziative per rescindere ogni legame esistente tra aziende produttrici di prodotti e servizi della salute e i professionisti che vi operano, anche introducendo divieti volti a rimuovere ogni legame promozionale diretto o indiretto, sia all'interno delle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o nei locali ove si erogano prestazioni sanitarie convenzionate, sia durante gli eventi formativi, tra le aziende/informatori e gli operatori/professionisti della sanità, e prevedendo specifiche sanzioni o la risoluzione di ogni convenzionamento/accreditamento per i soggetti coinvolti o responsabili di ogni indebito condizionamento;
3) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo di dichiarazione pubblica, che preveda conseguenze in caso di falso, affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e/o interessi che possono coinvolgere i professionisti dell'area sanitaria e amministrativa nell'espletamento di attività sia decisionali che esecutive e che siano in relazione a prodotti farmaceutici o parafarmaceutici o comunque a prodotti e/o servizi commercializzabili nell'ambito della salute (ivi inclusi, ad esempio, i prodotti assicurativi, prodotti e/o attività formative);
4) ad attivare un efficace monitoraggio nel settore degli acquisti in ambito sanitario al fine di rilevare l'attuazione delle procedure centralizzate d'acquisto, il numero degli affidamenti diretti sul totale degli acquisti, il numero di proroghe e rinnovi sul totale degli affidamenti e il numero delle procedure in deroga, dettate da situazioni di urgenza, anche attraverso iniziative volte all'introduzione di misure volte a rendere uniforme, pubblico e tracciabile l'intero processo dell’e-procurement, dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e/o dei servizi da appaltare fino alla logistica e alle giacenze di magazzino, al fine di rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio, dalla fase dello stoccaggio a quella della somministrazione o consumo;
5) ad assumere le iniziative di competenza affinché, in modo uniforme sul territorio nazionale, sia adottato un sistema di controllo esterno ed informatizzato, come descritto in premessa, che consenta ai cittadini di rilevare, in tempo reale e attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni d'inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, la contabilità separata dell'attività di intramoenia, anche prevedendo che il mancato aggiornamento del sistema operativo integrato non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa e comporti una penalizzazione economica, nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili;
6) ad intervenire efficacemente sulle sponsorizzazioni in sanità, così come descritto in premessa, assumendo iniziative per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, evidenza pubblica, concorrenzialità, rotazione, imparzialità, contemplando anche la costituzione di fondi indistinti destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca e il divieto assoluto per i professionisti della sanità di percepire qualsiasi tipo di vantaggio, diretto o indiretto, da parte delle industrie operanti nella sanità, nonché un divieto di meccanismi premiali correlati alla vendita di prodotti farmaceutici o presidi sanitari;
7) ad assumere iniziative per introdurre tutele ed incentivi per i cittadini utenti e per i funzionari pubblici del servizio sanitario nazionale che segnalino ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, contemplando un anonimato inviolabile e forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta, escludendo altresì qualsiasi possibilità di licenziamento del dipendente che denuncia la struttura sanitaria per illeciti e/o irregolarità riscontrate;
8) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere la revoca dell'incarico dirigenziale in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari e per tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;
9) ad intervenire in maniera organica sulle sperimentazioni cliniche dei farmaci, così come descritto in premessa, adottando iniziative per assicurare in particolare che le persone incaricate e coinvolte a qualsiasi titolo nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse, siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari o personali, diretti o indiretti, potenzialmente in grado di inficiarne l'imparzialità della ricerca, garantendo a tal fine che dette persone compilino e rendano pubblici, ogni anno, una dichiarazione sui loro interessi finanziari e il curriculum vitae, dal quale sia desumibile ogni carica o incarico, anche gratuito, presso enti o aziende, pubblici e privati;
10) ad intervenire, sempre nell'ambito della sperimentazione clinica, affinché i ricercatori abbiano un ruolo primario sia nel disegno sia nella conduzione degli studi clinici, con integrale autonomia nell'analisi, nella pubblicazione e nella diffusione dei dati, senza alcuna influenza o condizionamento da parte del soggetto finanziatore della ricerca o da vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali, anche assumendo iniziative per assicurare che le riviste scientifiche si impegnino a promuovere il rispetto delle regole di trasparenza, anche dando evidenza di eventuali conflitti d'interesse dei membri dei comitati o responsabili editoriali;
11) ad assumere iniziative per introdurre misure che, in conformità al regolamento (UE) n. 536/2014, assicurino che i dati inclusi in un rapporto su uno studio clinico, le principali caratteristiche della sperimentazione e i relativi risultati non siano considerati informazioni commerciali di carattere riservato se l'autorizzazione all'immissione in commercio è già stata concessa, ivi incluse le ragioni dell'interruzione temporanea e della conclusione anticipata, nonché i dati relativi agli eventi e reazioni avverse;
12) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché in ogni azienda sanitaria il regolamento del comitato etico cui è demandata la valutazione di una sperimentazione clinica indichi in maniera trasparente le modalità di ripartizione dei proventi, assicurando che il contratto per la sperimentazione sia effettuato previa individuazione dell'effettivo titolare dell'impresa, anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio e valutando anche l'opportunità di definire, per la costituzione dei comitati etici, un elenco nazionale, di soggetti qualificati e con adeguata esperienza, selezionati con procedure ad evidenza pubblica, sulla base di criteri e requisiti predefiniti;
13) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative d'interpretazione autentica ovvero integrative e correttive, affinché le disposizioni sulla trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, già previste per la dirigenza pubblica, siano da intendersi applicabili anche alla dirigenza sanitaria, includendovi anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;
14) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative affinché il potere sanzionatorio dell'Anac sia effettivamente applicabile a tutti gli obblighi di pubblicazione previsti nel decreto legislativo n. 33 del 2013, individuando nell'Anac il soggetto deputato ad introitare le sanzioni comminate;
15) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 958 del 7 settembre 2016, adottando iniziative affinché le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, siano applicabili anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento, anche ai sensi del codice del terzo settore, anche se non riferibili a contratti di appalto o di concessione;
16) a potenziare le iniziative volte ad assicurare che l'attività libero-professionale intramuraria rispetti pienamentre le indicazioni di legge, accelerando l'introduzione di un meccanismo sanzionatorio per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili delle strutture medesime, ivi inclusa la sospensione dell'attività libero-professionale, laddove non sia stata attivata la prescritta infrastruttura di rete, secondo i termini e le modalità già previste nella mozione n. 1-01563 approvata alla Camera dei deputati il 12 aprile 2017;
17) ad assumere iniziative finalizzate ad introdurre disposizioni volte a rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, escludendo che l'individuazione dei direttori generali delle aziende sanitarie sia rimessa ai presidenti di regione o ad altri organi politici.
(1-01701)
(Nuova formulazione) «Nesci, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Colonnese, Mantero, Baroni, Colletti, Dall'Osso».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad affrontare in maniera sistemica e globale il problema della corruzione in sanità attraverso misure coordinate che siano risolutive delle problematiche esposte in premessa;
2) a continuare ad intervenire efficacemente nel settore dei prodotti farmaceutici, dei dispositivi, delle tecnologie nonché dell'attività di ricerca, di sperimentazione clinica e di formazione e delle correlate sponsorizzazioni, assumendo iniziative per rescindere ogni legame esistente tra aziende produttrici di prodotti e servizi della salute e i professionisti che vi operano, anche introducendo divieti volti a rimuovere ogni legame promozionale diretto o indiretto, sia all'interno delle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o nei locali ove si erogano prestazioni sanitarie convenzionate, sia durante gli eventi formativi, tra le aziende/informatori e gli operatori/professionisti della sanità, e prevedendo specifiche sanzioni o la risoluzione di ogni convenzionamento/accreditamento per i soggetti coinvolti o responsabili di ogni indebito condizionamento;
3) a garantire l'efficacia delle iniziative già intraprese per introdurre l'obbligo di dichiarazione pubblica, che preveda conseguenze in caso di falso, affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e/o interessi che possono coinvolgere i professionisti dell'area sanitaria e amministrativa nell'espletamento di attività sia decisionali che esecutive e che siano in relazione a prodotti farmaceutici o parafarmaceutici o comunque a prodotti e/o servizi commercializzabili nell'ambito della salute (ivi inclusi, ad esempio, i prodotti assicurativi, prodotti e/o attività formative);
4) a garantire l'efficacia del monitoraggio nel settore degli acquisti in ambito sanitario al fine di rilevare l'attuazione delle procedure centralizzate d'acquisto, il numero degli affidamenti diretti sul totale degli acquisti, il numero di proroghe e rinnovi sul totale degli affidamenti e il numero delle procedure in deroga, dettate da situazioni di urgenza, anche attraverso iniziative volte all'introduzione di misure volte a rendere uniforme, pubblico e tracciabile l'intero processo dell’e-procurement, dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e/o dei servizi da appaltare fino alla logistica e alle giacenze di magazzino, al fine di rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio, dalla fase dello stoccaggio a quella della somministrazione o consumo;
5) a valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza affinché, in modo uniforme sul territorio nazionale, sia adottato un sistema di controllo esterno ed informatizzato, come descritto in premessa, che consenta ai cittadini di rilevare, in tempo reale e attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni d'inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, la contabilità separata dell'attività di intramoenia, anche prevedendo che il mancato aggiornamento del sistema operativo integrato non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa e comporti una penalizzazione economica, nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili;
6) a garantire l'efficacia delle iniziative intraprese per intervenire efficacemente sulle sponsorizzazioni in sanità, così come descritto in premessa, assumendo iniziative per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, evidenza pubblica, concorrenzialità, rotazione, imparzialità, contemplando anche la costituzione di fondi indistinti destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca e il divieto assoluto per i professionisti della sanità di percepire qualsiasi tipo di vantaggio, diretto o indiretto, da parte delle industrie operanti nella sanità, nonché un divieto di meccanismi premiali correlati alla vendita di prodotti farmaceutici o presidi sanitari;
7) a garantire l'efficacia delle tutele introdotte a beneficio dei cittadini utenti e dei funzionari pubblici del servizio sanitario nazionale che segnalino ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, contemplando un anonimato inviolabile e forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta, escludendo altresì qualsiasi possibilità di licenziamento del dipendente che denuncia la struttura sanitaria per illeciti e/o irregolarità riscontrate;
8) a garantire l'efficacia delle iniziative intraprese per prevedere la revoca dell'incarico dirigenziale in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari e per tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;
9) ad intervenire in maniera organica sulle sperimentazioni cliniche dei farmaci, così come descritto in premessa, adottando iniziative per assicurare in particolare che le persone incaricate e coinvolte a qualsiasi titolo nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse, siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari o personali, diretti o indiretti, potenzialmente in grado di inficiarne l'imparzialità della ricerca, garantendo a tal fine che dette persone compilino e rendano pubblici, ogni anno, una dichiarazione sui loro interessi finanziari e il curriculum vitae, dal quale sia desumibile ogni carica o incarico, anche gratuito, presso enti o aziende, pubblici e privati;
10) a valutare la possibilità di intervenire, sempre nell'ambito della sperimentazione clinica, affinché i ricercatori abbiano un ruolo primario sia nel disegno sia nella conduzione degli studi clinici, con integrale autonomia nell'analisi, nella pubblicazione e nella diffusione dei dati, senza alcuna influenza o condizionamento da parte del soggetto finanziatore della ricerca o da vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali, anche assumendo iniziative per assicurare che le riviste scientifiche si impegnino a promuovere il rispetto delle regole di trasparenza, anche dando evidenza di eventuali conflitti d'interesse dei membri dei comitati o responsabili editoriali;
11) a garantire l'efficacia delle misure che, in conformità al regolamento (UE) n. 536/2014, assicurino che i dati inclusi in un rapporto su uno studio clinico, le principali caratteristiche della sperimentazione e i relativi risultati non siano considerati informazioni commerciali di carattere riservato se l'autorizzazione all'immissione in commercio è già stata concessa, ivi incluse le ragioni dell'interruzione temporanea e della conclusione anticipata, nonché i dati relativi agli eventi e reazioni avverse;
12) a garantire l'efficacia delle iniziative, per quanto di competenza, affinché in ogni azienda sanitaria il regolamento del comitato etico cui è demandata la valutazione di una sperimentazione clinica indichi in maniera trasparente le modalità di ripartizione dei proventi, assicurando che il contratto per la sperimentazione sia effettuato previa individuazione dell'effettivo titolare dell'impresa, anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio e valutando anche l'opportunità di definire, per la costituzione dei comitati etici, un elenco nazionale, di soggetti qualificati e con adeguata esperienza, selezionati con procedure ad evidenza pubblica, sulla base di criteri e requisiti predefiniti;
13) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative d'interpretazione autentica ovvero integrative e correttive, affinché le disposizioni sulla trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, già previste per la dirigenza pubblica, siano da intendersi applicabili anche alla dirigenza sanitaria, includendovi anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;
14) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative affinché il potere sanzionatorio dell'Anac sia effettivamente applicabile a tutti gli obblighi di pubblicazione previsti nel decreto legislativo n. 33 del 2013, individuando nell'Anac il soggetto deputato ad introitare le sanzioni comminate;
15) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 958 del 7 settembre 2016, adottando iniziative anche normative affinché le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, siano applicabili anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento, anche ai sensi del codice del terzo settore, anche se non riferibili a contratti di appalto o di concessione;
16) a potenziare le iniziative volte ad assicurare che l'attività libero-professionale intramuraria rispetti pienamentre le indicazioni di legge, accelerando l'introduzione di un meccanismo sanzionatorio per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili delle strutture medesime, ivi inclusa la sospensione dell'attività libero-professionale, laddove non sia stata attivata la prescritta infrastruttura di rete, secondo i termini e le modalità già previste nella mozione n. 1-01563 approvata alla Camera dei deputati il 12 aprile 2017;
17) a garantire l'efficacia delle disposizioni volte a rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, escludendo che l'individuazione dei direttori generali delle aziende sanitarie sia rimessa ai presidenti di regione o ad altri organi politici.
(1-01701)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta) «Nesci, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Colonnese, Mantero, Baroni, Colletti, Dall'Osso».


   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare la salute «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» (articolo 32) e l'assunzione e la gestione del servizio pubblico sanitario rappresentano l'adempimento di un dovere costituzionale cui il legislatore ha provveduto, in modo organico e compiuto, a partire dalla legge n. 833 del 1978 che ha istituito il servizio sanitario nazionale: pubblico, universalistico, solidaristico, finanziato attraverso la fiscalità generale;
    successivamente il decreto legislativo n. 502 del 1992, così come modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 517 del 1993, nel confermare la tutela del diritto alla salute delineato dalla legge n. 833 del 1978, ha disegnato un modello organizzativo di aziende sanitarie «dinamico», in grado cioè, attraverso la flessibilità funzionale e la impostazione per obiettivi, di rispondere pienamente, in termini quantitativi e qualitativi, alla domanda sanitaria;
    le principali innovazioni riguardarono la regionalizzazione del servizio sanitario nazionale che, da allora è costituito dai servizi sanitari regionali, l'attribuzione alle aziende sanitarie della personalità giuridica pubblica, il finanziamento per quota capitaria, l'accreditamento e il finanziamento a tariffa delle strutture;
    il decreto legislativo n. 229 del 1999 «Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale» ha portato, a compimento il processo di regionalizzazione del sistema e aziendalizzazione delle strutture; ha potenziato il ruolo dei comuni nella programmazione e nella valutazione dei servizi; ha sottolineato il forte rilievo della integrazione sociosanitaria; ha focalizzato l'attenzione sulla qualità, appropriatezza ed efficacia delle prestazioni, provvedendo ad affermare il principio di contestualità tra identificazione dei livelli di assistenza garantiti dal servizio sanitario nazionale e la definizione del fabbisogno nazionale;
    l'evoluzione in senso federalista del sistema di tutela della salute, dopo i primi passi compiuti con il decreto legislativo n.  112 del 1998, si afferma più compiutamente con il decreto legislativo n. 56 del 2000, recante il nuovo sistema di finanziamento regionale dei servizi, e con la riforma generale apportata con la revisione del titolo V, parte II, della Costituzione, attuata con la legge n. 3 del 2001, che contiene i presupposti per la futura approvazione di nuove e distinte discipline regionali della sanità pubblica;
    le politiche di tutela della salute devono farsi carico di promuovere trasparenza e legalità nel settore sanitario perché un sistema sanitario affidabile e integro è uno strumento di rassicurazione contro il rischio di dover affrontare la malattia in solitudine, di fiducia nelle istituzioni e nella comunità, di promozione del capitale sociale. La mancanza di integrità riduce l'accesso ai servizi, soprattutto fra i più vulnerabili; peggiora in modo significativo - a parità di ogni altra condizione - gli indicatori generali di salute; è associata a una più elevata mortalità infantile. Nonostante studi recenti confermino il buono stato di salute degli italiani, dovuto alle discrete condizioni ambientali e socioeconomiche del Paese, ma anche all'ampia accessibilità a trattamenti sanitari efficaci garantita dalla presenza di un servizio sanitario universalistico, esistono molte differenze tra le singole regioni. La cronica assenza di programmazione, il consolidarsi di forti interessi economici, l'utilizzo della sanità a fini politici hanno fatto sì che in alcune realtà italiane sia stato più difficile contrastare sprechi e illegalità, minando la fiducia nel sistema di tutela della salute da parte delle persone che vivono in quei territori;
    la promozione e la tutela della salute devono essere considerati ambiti essenziali, fondanti e costitutivi per qualsiasi società democratica contemporanea. La tutela della salute deve costituirsi come dimensione di sistema. Alle attività che rivestono finalità preventive, di cura e riabilitative sono chiamate a partecipare attivamente tutte le persone che saranno protagoniste della costruzione sia della cura sia del benessere, nel senso più ampio del termine, della persona;
    la salute si promuove anche contrastando l'illegalità e la lotta alla corruzione è uno dei pilastri da edificare per contribuire alla sostenibilità del nostro sistema sanitario nazionale e per conservare i livelli di qualità raggiunti;
    come la stessa Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha affermato in un messaggio inviato in occasione della seconda Giornata nazionale contro la corruzione in sanità, quest'ultima «è un settore ad alto rischio di corruzione, ma nonostante ciò garantisce standard elevatissimi di qualità delle prestazioni agli assistiti. Il tema della corruzione in sanità lo abbiamo affrontato in maniera concreta fin dall'inizio del mio mandato e abbiamo promosso e attuato ogni iniziativa per contrastare comportamenti criminosi perché quando in sanità si commette un reato, si ruba e si attraggono risorse che sarebbero destinate all'assistenza e cura delle persone più fragili; l'eliminazione di spechi e inefficienze e la riduzione della disuguaglianze sono sicuramente tra gli obiettivi principali che stiamo perseguendo. Soprattutto in questo momento storico l'importanza risiede tutta nella qualità ed efficienza delle cure erogate, e per migliorare la qualità e l'efficienza del sistema sanitario è necessario disporre di dati e di elementi di misurazione certi ed omogenei. La parola d'ordine deve essere semplificazione e “misurazione”, misurare per incidere sulle criticità prima che arrivino a pregiudicare la qualità, la sicurezza, l'equità nell'accesso alle cure, attraverso attività di audit clinici, organizzativi e gestionali»;
    l'11 settembre 2013, l'Autorità nazionale anticorruzione ha approvato, su proposta del dipartimento della funzione pubblica il piano nazionale anticorruzione, che permette di disporre di un quadro unitario e strategico di programmazione delle attività per prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico e crea le premesse perché le amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione e, di conseguenza, predisporre gli strumenti previsti dalla legge n. 190 del 2012; in seguito alle modifiche intervenute con il decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014, l'autorità nazionale anticorruzione - ANAC, il 28 ottobre 2015, ha approvato l'aggiornamento del PNA con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015. Con determinazione n. 831 del 3 agosto 2016, l'ANAC ha, altresì, approvato il piano nazionale anticorruzione 2016. Secondo il contenuto del piano nazionale 2013, il Ministero della salute ha adottato il piano di prevenzione della corruzione 2013-2016, successivamente aggiornato con i piani relativi ai trienni 2015-2017, 2016-2018 e 2017-2019, tenendo conto delle indicazioni fornite dall'ANAC con l'aggiornamento PNA 2015 e con il PNA 2016;
    la prevista adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, PTPC, trovano un significato maggiore e più forte nel settore sanitario, nel quale ogni euro bruciato dalla corruzione è sottratto alle cure dei pazienti, con conseguenti effetti negativi anche sulla salute della popolazione;
    Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale anticorruzione, nella relazione 2016 dell'Anac illustrata il 6 luglio 2017 alla Camera, ha sottolineato che, «grazie alla proficua collaborazione con Ministero della Salute e Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali) si sono individuate le aree più vulnerabili ad abusi e corruzione (gli appalti, i concorsi, l'accreditamento, la gestione dei proventi delle sperimentazioni cliniche, delle liste d'attesa e delle camere mortuarie) e si è chiesto di adottare per esse specifiche misure preventive, la cui attuazione sarà oggetto di un piano ispettivo ad hoc. Un'attività - sottolinea l'Autorità anticorruzione - volta non criminalizzare ma a preservare un settore che ha grandi eccellenze e che consente a tutti l'accesso alle cure»;
    la relazione evidenzia le «luci e ombre nell'applicazione dei vati strumenti di prevenzione della corruzione». Secondo la relazione, lo scorso anno sono state avviate 845 istruttorie, soprattutto nei confronti di comuni, strutture sanitarie e società pubbliche, mentre pochissime (12) sono state le sanzioni irrogate, a conferma del loro utilizzo solo come extrema ratio ma anche dell'elevato livello di adeguamento alle richieste dell'Autorità, «Fra i tanti casi trattati - ha spiegato il Presidente Cantone - ne va menzionato soprattutto uno, quello di una Asl nella regione Campania, in cui la vigilanza si è svolta con una logica di accompagnamento verso il ripristino dalla legalità. Si è partiti da una verifica ispettiva effettuata a seguito di notizie relative a gravi illeciti commessi per favorire, fra l'altro, l'accreditamento di strutture sanitarie private carenti dei requisiti e pagamenti multipli di fatture, da cui era emersa l'inadeguatezza delle misure preventive adottate. Il commissario straordinario della ASL ha accolto positivamente i rilievi e, con in collaborazione dei nostri uffici, ha adottato misure concrete e virtuose: in particolare, ha effettuato la rotazione del direttori dei distretti, ha sostituito quasi tutti i componenti delle commissioni competenti al rilascio delle autorizzazioni e ha pubblicato sul proprio sito tutti gli atti di interesse pubblico»;
    come affermato dallo stesso presidente di Agenas, Luca Coletto, anche le regioni sono fortemente impegnate in processi di miglioramento delle performance cliniche, economiche ed amministrativo-gestionali. Lo sforzo ulteriore deve essere quello di prendere sempre più consapevolezza, anche con il supporto di Agenas, che l'adozione e il rispetto di misure dirette a promuovere integrità e trasparenza, è una tappa immancabile del percorso virtuoso che i sistemi sanitari regionali hanno intrapreso;
    l'approvazione in via definitiva della legge sul « whistleblowing» ha inoltre rappresentato un ulteriore e significativo passo avanti nella lotta alla corruzione, una efficace e concreta tutela di chi segnala illeciti: esso potrà rivelarsi, infatti, uno strumento prezioso per rompere quel circuito omertoso che rende spesso difficile scoprire i fenomeni corruttivi e che insieme ad altri, fondamentali, passi compiuti in questi anni, quali il rafforzamento dei poteri dell'Anac, l'introduzione dei reati di autoriciclaggio, falso in bilancio e voto di scambio, l'estensione ai corrotti delle misure di prevenzione patrimoniale e l'adeguamento delle pene, la riforma della prescrizione e l'accelerazione dei tempi del processo, consentendo sul fronte della lotta contro la corruzione a questa legislatura di chiudersi con un bilancio decisamente in attivo;
    infine, ad assicurare l'esigenza di una razionalizzazione della spesa sanitaria, da un lato, e, dall'altro lato, l'approntamento di misure volte al contenimento della stessa ha concorso anche la Corte dei conti attraverso l'esercizio dell'attività di controllo e giurisdizione in ordine alle multiformi attività poste in essere dai soggetti che, a vario titolo, agiscono nell'ambito del servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo:

1) a continuare e coordinare con sollecitudine il lavoro globale e sistematico già intrapreso dalle varie istituzioni di lotta alla corruzione, in particolare nel settore sanitario;
2) al fine di prevenire, e contrastare fenomeni corruttivi in ambito sanitario, a diffondere ed incentivare con tecnologie e con metodi innovativi l'utilizzo degli open data (tutte le informazioni devono essere trasparenti e accessibili) e la semplificazione di tutte le procedure, anche nell'ambito della open government partnership, promuovendo così la cultura della trasparenza nella pubblica amministrazione, poiché trasparenza, accountability e partecipazione devono essere obbiettivi fondamentali per un'azione di Governo contro la corruzione;
3) al fine di prevenire e contrastare fenomeni corruttivi in ambito sanitario a predispone tutte le misure necessarie per applicare il piano triennale contro la corruzione specialmente per ciò che riguarda la rotazione dei dirigenti e dei funzionari, poiché ciò costituisce una misura organizzativa di prevenzione della corruzione nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, specie per quanto concerne il personale operante in settori esposti a maggior rischio di corruzione;
4) ad incentivare e promuovere, con la collaborazione delle regioni, ognuno per le proprie competenze, l'adozione da parte delle aziende ospedaliere ancora sprovviste, di linee guida per l'elaborazione dei piani anticorruzione, così come previsto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, «attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni»;
5) a predisporre tutte le iniziative necessarie affinché siano garantite la trasparenza nei bilanci, la trasparenza dei bandi di gara e di concorso, la trasparenza nei rapporti con il privato, la trasparenza nei tempi di attesa così come previsto nel piano anticorruzione predisposto dall'Agenas;
6) a dare piena e completa attuazione alle strategie di trasparenza e informazione contenute nel regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE;
7) ad assumere le iniziative di competenza perché si evitino comportamenti non corretti nell'attività extra e intramoenia;
8) al fine di prevenire e contrastare fenomeni corruttivi in ambito sanitario, a predisporre tutte le iniziative necessarie affinché non si instaurino conflitti di interesse in capo ai gestori di servizi in global service ai quali dovrebbe essere vietato di avere interesse diretto o indiretto nella produzione dei beni oggetto dei servizi interessati dall'appalto.
(1-01763) «Lenzi, Verini, Miotto, Bazoli, Giuseppe Guerini, Amato, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Gelli, Grassi, Mariano, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Amoddio, Berretta, Campana, Di Lello, Ermini, Ferranti, Giuliani, Greco, Iori, Magorno, Mattiello, Morani, Rossomando, Tartaglione, Vazio, Zan».


   La Camera,
   premesso che:
    in questi anni si sta purtroppo assistendo a un costante definanziamento in termini reali della sanità pubblica, e una progressiva diminuzione in termini di rapporto spesa sanitaria/Pil;
    anche la recente Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2017, conferma la scelta di una riduzione di risorse reali al servizio sanitario nazionale, già prevista dal Documento di economia e finanza 2016 e da quelli precedenti;
    una spesa sanitaria in rapporto al Pil programmata in costante contrazione, significa che, in termini reali, la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi nei prossimi anni;
    la sua incidenza sul Pil si conferma in decrescita: era del 7,1 per cento nel 2010; del 6,8 per cento nel 2015; del 6,6 per cento nel 2017 e arriverà al 6,3 per cento nel 2020. Per ritornare ai livelli percentuali del 2010, bisognerà attendere il 2035;
    entro il 2019, la percentuale della spesa sanitaria sarà del 6,4 per cento. Sotto la soglia di quel 6,5 per cento che l'Organizzazione mondiale della sanità individua come livello minimo;
    questo definanziamento della sanità pubblica nazionale, avviene nonostante che nel rapporto spesa sanitaria/Pil, siamo da tempo sotto la media dei rispettivi valori della Unione europea a 15;
    le spese sostenute per finanziare il Ssn si continuano a equiparare a qualsiasi altro centro di costo, e la conseguenza di questa visione miope è che, al pari di altri costi, diventa azione «virtuosa» quella di ridurne gradualmente la loro incidenza rispetto al prodotto interno lordo;
    sarebbe invece necessario invertire questa tendenza. La nostra sanità ha bisogno di più investimenti e più risorse, e le necessarie risorse da «liberare» al fine di un finanziamento del Ssn, possono e devono essere reperite anche attraverso un vero, serio e credibile contrasto alla corruzione presente nel settore, con un controllo realmente rigoroso degli accreditamenti, alle diseconomie, piuttosto che con una riduzione del diritto primario dei cittadini alla salute;
    si stima che tra corruzione e sprechi in ambito sanitario, se ne vanno in fumo più di 6 miliardi di euro. L'associazione Libera ha segnalato che la sola perdita erariale dovuta all'illegalità in sanità per il triennio 2010/2012 era di circa 1,6 miliardi di euro;
    detta cifra di 6 miliardi di euro, peraltro, non ricomprende un altro ambito, ossia quello legato a tutti quegli sprechi collegati ai conflitti di interesse professionali che, anche se privi di rilevanza giuridica, erodono una percentuale ancora maggiore di risorse pubbliche;
    il conflitto di interessi in ambito sanitario è particolarmente presente e favorisce la diffusione di interventi sanitari (ad esempio farmaci, test diagnostici, interventi chirurgici) a volte inappropriati, ma spesso conseguenti a comportamenti opportunistici. Una delle forme nelle quali si esplicitano in misura maggiore i conflitti di interesse riguarda il mondo della ricerca che produce le informazioni necessarie per guidare i comportamenti professionali. Oggi, infatti, l'agenda della ricerca è in buona parte dettata dall'industria biomedicale e farmaceutica; le riviste biomediche hanno enormi autonomie per decidere quali studi pubblicare; i medici ottengono la maggior parte delle informazioni sui farmaci dagli informatori scientifici. Così come il conflitto di interesse finisce troppo spesso per condizionare le prescrizioni e le erogazioni di molti interventi sanitari inappropriati, particolarmente quando il profitto commerciale diventa il movente principale del mercato e i meccanismi di regolazione sono inesistenti o inefficaci. Un altro ambito nel quale si evidenzia una maggiore diffusione del conflitto di interesse, è quello legato alle società scientifiche. A fronte di interessi economici, i conflitti di interesse possano pregiudicare l'indipendenza delle società scientifiche, anche perché in Italia non esiste alcun obbligo di rendicontare pubblicamente l'entità dei finanziamenti ricevuti dall'industria. È diffusa l'abitudine per la quale l'organizzazione dei congressi delle società scientifiche viene spesso sponsorizzata da aziende biomedicali e farmaceutiche;
    nel settore sanitario le frodi e la corruzione producono effetti non solo economici (in particolare sulla finanza pubblica), ma sottraggono risorse ai programmi di assistenza, e intaccano inevitabilmente la fiducia nel sistema di tutela della salute da parte dei cittadini;
    la corruzione in sanità ha quindi diverse ricadute negative: sui cittadini, che potrebbero aspirare a una maggiore qualità del servizio o comunque a un servizio meno costoso; sulle casse dello Stato, che vedono disperdersi in piccoli o grandi rivoli corruttivi fino a 6 miliardi di euro all'anno; sul tessuto produttivo italiano, che perde in innovazione e competitività;
    con l'entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 tutte le pubbliche amministrazioni sono state chiamate a formulare ed adottare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un documento con il quale si struttura internamente un lavoro di analisi finalizzato a definire una strategia di prevenzione del fenomeno corruttivo;
    nel novembre 2015 è stato presentato il «Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità» in Italia, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera. Il settore sanitario, infatti, è considerato uno dei più esposti al rischio di illegalità e per questo – si legge nel Rapporto – necessita di adeguati livelli di trasparenza: date le notevoli dimensioni della spesa, la pervasività delle asimmetrie informative, l'entità dei rapporti con i privati, l'incertezza e l'imprevedibilità della domanda, l'alta specializzazione dei prodotti acquistati e delle prestazioni fornite, la necessità di complessi sistemi di regolazione, e altro;
    il monitoraggio del Rapporto si è concentrato sulla pubblicazione dei piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc) con riferimento ai trienni 2014-2016 e 2015-2017, ed ha avuto ad oggetto le relazioni annuali relative al 2013 e 2014, un documento che i responsabili della prevenzione della corruzione devono predisporre ogni anno per documentare l'attività svolta e i risultati ottenuti;
    il 18 per cento delle Asl non ha ancora adottato, né pubblicato il piano di prevenzione della corruzione;
    riguardo l'attuazione dei piani anticorruzione, previsti dalla citata legge n. 190 del 2012, di 230 aziende sanitarie emerge però che, nel 40 per cento dei casi, queste si sono limitate a un adempimento formale dell'obbligo di legge, non inserendo all'interno del piano né l'analisi dei rischi di corruzione, né le misure di prevenzione, mentre il 33 per cento ha svolto un'analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo;
    la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale anticorruzione, riporta come la valutazione condotta dall'Anac medesima su un campione di 247 piani di prevenzione della corruzione (PTPC) di Asl, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e Irccs ha fatto rilevare una generale carenza nell'analisi del contesto esterno che spesso è risultata del tutto assente. La mappatura dei processi e delle attività non sempre è stata sviluppata in modo esaustivo e anche l'individuazione delle specifiche misure in relazione agli eventi rischiosi è risultata inadeguata. Non tutte le aziende hanno indicato ulteriori aree di rischio, cosiddette «aree di rischio specifiche», omettendo quindi un approfondimento che è, invece, di particolare rilievo ove si consideri la peculiarità del settore in cui le stesse operano;
    la medesima determinazione n. 12 del 2015, indica tra i maggiori fattori di rischio, quelli collegati in particolare agli acquisti e agli appalti in ambito sanitario. Sotto questo aspetto, l'Anac sottolinea la «condizione di potenziale intrinseca “prossimità” di interessi, generata dal fatto che i soggetti proponenti l'acquisto sono spesso anche coloro che utilizzano i materiali acquistati, con conseguenti benefici diretti e/o indiretti nei confronti dello stesso utilizzatore: ad esempio, i clinici proponenti l'acquisto di materiale di consumo (come ad esempio protesi, farmaci), sono anche i soggetti che impiegano tali beni nella pratica clinica e possono quindi orientare la quantità e tipologia di materiale richiesto. In effetti, i prodotti sanitari, avendo un elevato contenuto tecnico, si prestano per la loro peculiarità, a un interesse “oggettivo” alla scelta da parte del committente/clinico. In questo contesto è utile quindi introdurre misure di prevenzione e di sicurezza che documentino le motivazioni ovvero le ragioni tecniche sottese alla richiesta di acquisto di quel particolare prodotto, con assunzione delle relative responsabilità»;
    dalla relazione sull'attività svolta dall'Autorità nazionale Anticorruzione per il 2016, trasmessa al Parlamento il 28 giugno 2017, emerge come per la parte specifica sulla sanità, il campione di piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc), analizzati nel monitoraggio 2016, risulta ancora lontano dal risultato atteso. «Dall'analisi del monitoraggio risulta che le indicazioni contenute nell'aggiornamento 2015 al PNA sono state seguite dagli enti interessati solo in parte. Infatti, se si considerano le amministrazioni facenti parte del campione e interessate all'analisi, una bassa percentuale di ASL e Policlinici universitari hanno censito alcuni dei processi tipici delle amministrazioni del comparto (tra cui, attività libero professionale e liste di attesa per circa il 35 per cento, attività conseguenti al decesso in ambito intraospedaliero per circa il 28 per cento delle amministrazioni campionate). Anche con riferimento alle misure specifiche suggerite dall'Aggiornamento 2015 al PNA nel focus sulla sanità, i livelli di recepimento rimangono tendenzialmente bassi (comunque sempre inferiori al 40 per cento)»;
    risulta indispensabile chiamare alla responsabilità tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Irccs che non hanno dato corso ai piani previsti dalla legge anticorruzione. Sotto questo aspetto è necessario applicare il principio di responsabilità ed un sistema di premi e punizioni, anche nei confronti dei dirigenti che non hanno ancora applicato la legge, o lo hanno fatto solo formalmente;
    il rapporto «Curiamo la corruzione 2016», promosso da Transparency International Italia in partnership con Censis, Ispe-Sanità e Rissc, riporta come la corruzione si conferma un problema esiziale per il Ssn e costituisce un pesante freno in termini di efficienza, soprattutto a causa di una forte ingerenza del pubblico nel privato non sempre caratterizzata dalla massima trasparenza e per via delle infiltrazioni criminali all'interno delle strutture;
    l'indagine rivela che i cinque rischi più gravi per il Ssn consistono in: accordi preventivi tra i partecipanti ad una gara, soprattutto nella spartizione dei lavori in subappalto; definizione di esclusività di un servizio, che elimina la concorrenza a favore dell'impresa titolare del servizio o del bene; rimodulazione indebita del cronoprogramma in funzione delle esigenze o a vantaggio dell'appaltatore; la nomina di soggetti di parte nelle commissioni di gara per garantire un occhio di favore nella selezione del contraente; il comodato gratuito o la donazione di attrezzature, farmaci e dispositivi per generare maggiori consumi o spese non previste o non autorizzate;
    il secondo e più recente Rapporto «Curiamo la corruzione 2017» di Transparency International, mostra come nel 25,7 per cento delle aziende sanitarie si sarebbe verificato almeno un caso di corruzione negli ultimi dodici mesi, mentre per il 65 per cento dei responsabili anti-corruzione il fenomeno è dato come «stabile»: nulla sarebbe cambiato, insomma. I rischi più alti che vengono attribuiti ai settori degli acquisti e delle forniture, dunque al buco nero degli appalti, ma anche alla gestione delle liste d'attesa negli ospedali e perfino alle assunzioni;
    nel giudizio della Corte dei Conti al Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2016, la sanità è indicata come Settore a rischio di diseguaglianze, ma anche di conflitti di interesse, illeciti anche penali e corruzione;
    nell'ambito del suddetto giudizio, il 27 giugno 2017, nella sua Requisitoria orale, il Procuratore generale Claudio Galtieri, ha ricordato come meccanismi di spesa efficienti, trasparenti, tempestivi e sotto monitoraggio continuo, impediscono la creazione di quelle «zone grigie» in cui più facilmente «si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale». È inoltre rilevato che «I rilevanti effetti distorsivi e le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità (...), richiedono un approccio più sostanziale che (...) affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dell'ordinamento»;
    sempre in ambito sanitario, è peraltro quanto mai urgente una revisione del sistema degli appalti pubblici. In sanità vi è infatti il più alto tasso di proroghe e rinnovi spesso a prezzi non concordati e non in linea con il mercato. È necessario che nei piani di prevenzione della corruzione (Ptpc) il tema dei contratti venga affrontato con particolare riguardo all'intero ciclo degli approvvigionamenti, a partire dal rafforzamento dei livelli di trasparenza;
    nell'ambito del fenomeno degli illeciti e della corruzione in sanità, come ha in più occasioni ricordato lo stesso Raffaele Cantone, le liste di attesa e l'attività libero professionale intramoenia (Alpi), rientrano in quegli ambiti sanitari potenzialmente esposti a rischi corruttivi;
    questo aspetto è ben presente nella già citata determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale Anticorruzione (Anac), nella quale l'attività libero professionale e le liste d'attesa vengono ricomprese espressamente tra le «aree di rischio specifiche». Nel provvedimento citato, si segnala tra l'altro come «l'attività libero professionale, specie con riferimento alle connessioni con il sistema di gestione delle liste di attesa e alla trasparenza delle procedure di gestione delle prenotazioni e di identificazione dei livelli di priorità delle prestazioni, può rappresentare un'area di rischio di comportamenti opportunistici che possono favorire posizioni di privilegio e/o di profitti indebiti, a svantaggio dei cittadini»,

impegna il Governo:

1)  ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per mettere in atto tutti gli strumenti utili a garantire la massima trasparenza nel settore sanitario, anche al fine di ridurre i fenomeni di illegalità e di conflitti di interesse;
2) ad assumere iniziative volte a prevedere che tutte le risorse rinvenienti dalle misure e dalle attività di contrasto alle frodi e alla corruzione in ambito sanitario, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, siano reinvestite nel Servizio sanitario nazionale;
3) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare e garantire che tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico attuino effettivamente, e non in maniera meramente formale, efficaci e corretti piani di prevenzione della corruzione previsti dalla legge n. 190 del 2012, anche prevedendo l'applicazione del principio di responsabilità nei confronti dei dirigenti responsabili dell'adozione dei suddetti piani di prevenzione, qualora i medesimi piani non risultino essere stati presentati o risultino palesemente inidonei a prevenire il rischio di corruzione e si limitino ad un solo adempimento formale dell'obbligo di legge;
4) ad assumere iniziative per estendere gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari, previsti dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, anche ai servizi sanitari e socio-sanitari erogati da strutture private accreditate, così come proposto dalla stessa Anac con la delibera n. 958 del 7 settembre 2016;
5) ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;
6) ad adottare opportune iniziative anche di carattere normativo, per un efficace contrasto alla corruzione e ai conflitti di interesse, con particolare riguardo alle aree di maggior rischio del settore sanitario, quali, per esempio, quelle che riguardano: i rapporti con gli informatori dell'industria, i compensi per consulenze effettuate dai professionisti per conto dell'industria, la regolamentazione delle sponsorizzazioni e delle donazioni;
7) con riguardo all'attività libero-professionale, al fine di ridurre sensibilmente i rischi di corruzione o di profitti indebiti, e di uniformare i tempi di attesa della struttura pubblica a quelli della medesima attività libero professionale, ad avviare in particolare tutte le iniziative efficaci, per quanto di competenza, volte a garantire una gestione trasparente, informatizzata e centralizzata delle procedure di gestione delle prenotazioni e delle liste di attesa di tutte le strutture pubbliche e convenzionate per prestazioni, esami, visite specialistiche e ricoveri;
8) ad assumere iniziative volte a prevedere esplicitamente che, nell'ambito delle procedure per il conferimento degli incarichi di direzione sanitaria, compresi gli incarichi di struttura complessa, queste siano rispettose dei principi di massima trasparenza, in coerenza con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 e il Piano nazionale anticorruzione dell'Anac.
(1-01765) «Fossati, Murer, Fontanelli, Laforgia, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Bossa, Capodicasa, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Formisano, Carlo Galli, Kronbichler, Lacquaniti, Leva, Martelli, Matarrelli, Pierdomenico Martino, Melilla, Mognato, Nicchi, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rostan, Sannicandro, Scotto, Simoni, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».


   La Camera,
   premesso che:
    in questi anni si sta purtroppo assistendo a un costante definanziamento in termini reali della sanità pubblica, e una progressiva diminuzione in termini di rapporto spesa sanitaria/Pil;
    anche la recente Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2017, conferma la scelta di una riduzione di risorse reali al servizio sanitario nazionale, già prevista dal Documento di economia e finanza 2016 e da quelli precedenti;
    una spesa sanitaria in rapporto al Pil programmata in costante contrazione, significa che, in termini reali, la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi nei prossimi anni;
    la sua incidenza sul Pil si conferma in decrescita: era del 7,1 per cento nel 2010; del 6,8 per cento nel 2015; del 6,6 per cento nel 2017 e arriverà al 6,3 per cento nel 2020. Per ritornare ai livelli percentuali del 2010, bisognerà attendere il 2035;
    entro il 2019, la percentuale della spesa sanitaria sarà del 6,4 per cento. Sotto la soglia di quel 6,5 per cento che l'Organizzazione mondiale della sanità individua come livello minimo;
    questo definanziamento della sanità pubblica nazionale, avviene nonostante che nel rapporto spesa sanitaria/Pil, siamo da tempo sotto la media dei rispettivi valori della Unione europea a 15;
    le spese sostenute per finanziare il Ssn si continuano a equiparare a qualsiasi altro centro di costo, e la conseguenza di questa visione miope è che, al pari di altri costi, diventa azione «virtuosa» quella di ridurne gradualmente la loro incidenza rispetto al prodotto interno lordo;
    sarebbe invece necessario invertire questa tendenza. La nostra sanità ha bisogno di più investimenti e più risorse, e le necessarie risorse da «liberare» al fine di un finanziamento del Ssn, possono e devono essere reperite anche attraverso un vero, serio e credibile contrasto alla corruzione presente nel settore, con un controllo realmente rigoroso degli accreditamenti, alle diseconomie, piuttosto che con una riduzione del diritto primario dei cittadini alla salute;
    si stima che tra corruzione e sprechi in ambito sanitario, se ne vanno in fumo più di 6 miliardi di euro. L'associazione Libera ha segnalato che la sola perdita erariale dovuta all'illegalità in sanità per il triennio 2010/2012 era di circa 1,6 miliardi di euro;
    detta cifra di 6 miliardi di euro, peraltro, non ricomprende un altro ambito, ossia quello legato a tutti quegli sprechi collegati ai conflitti di interesse professionali che, anche se privi di rilevanza giuridica, erodono una percentuale ancora maggiore di risorse pubbliche;
    il conflitto di interessi in ambito sanitario è particolarmente presente e favorisce la diffusione di interventi sanitari (ad esempio farmaci, test diagnostici, interventi chirurgici) a volte inappropriati, ma spesso conseguenti a comportamenti opportunistici. Una delle forme nelle quali si esplicitano in misura maggiore i conflitti di interesse riguarda il mondo della ricerca che produce le informazioni necessarie per guidare i comportamenti professionali. Oggi, infatti, l'agenda della ricerca è in buona parte dettata dall'industria biomedicale e farmaceutica; le riviste biomediche hanno enormi autonomie per decidere quali studi pubblicare; i medici ottengono la maggior parte delle informazioni sui farmaci dagli informatori scientifici. Così come il conflitto di interesse finisce troppo spesso per condizionare le prescrizioni e le erogazioni di molti interventi sanitari inappropriati, particolarmente quando il profitto commerciale diventa il movente principale del mercato e i meccanismi di regolazione sono inesistenti o inefficaci. Un altro ambito nel quale si evidenzia una maggiore diffusione del conflitto di interesse, è quello legato alle società scientifiche. A fronte di interessi economici, i conflitti di interesse possano pregiudicare l'indipendenza delle società scientifiche, anche perché in Italia non esiste alcun obbligo di rendicontare pubblicamente l'entità dei finanziamenti ricevuti dall'industria. È diffusa l'abitudine per la quale l'organizzazione dei congressi delle società scientifiche viene spesso sponsorizzata da aziende biomedicali e farmaceutiche;
    nel settore sanitario le frodi e la corruzione producono effetti non solo economici (in particolare sulla finanza pubblica), ma sottraggono risorse ai programmi di assistenza, e intaccano inevitabilmente la fiducia nel sistema di tutela della salute da parte dei cittadini;
    la corruzione in sanità ha quindi diverse ricadute negative: sui cittadini, che potrebbero aspirare a una maggiore qualità del servizio o comunque a un servizio meno costoso; sulle casse dello Stato, che vedono disperdersi in piccoli o grandi rivoli corruttivi fino a 6 miliardi di euro all'anno; sul tessuto produttivo italiano, che perde in innovazione e competitività;
    con l'entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 tutte le pubbliche amministrazioni sono state chiamate a formulare ed adottare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un documento con il quale si struttura internamente un lavoro di analisi finalizzato a definire una strategia di prevenzione del fenomeno corruttivo;
    nel novembre 2015 è stato presentato il «Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità» in Italia, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera. Il settore sanitario, infatti, è considerato uno dei più esposti al rischio di illegalità e per questo - si legge nel Rapporto - necessita di adeguati livelli di trasparenza: date le notevoli dimensioni della spesa, la pervasività delle asimmetrie informative, l'entità dei rapporti con i privati, l'incertezza e l'imprevedibilità della domanda, l'alta specializzazione dei prodotti acquistati e delle prestazioni fornite, la necessità di complessi sistemi di regolazione, e altro;
    il monitoraggio del Rapporto si è concentrato sulla pubblicazione dei piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc) con riferimento ai trienni 2014-2016 e 2015-2017, ed ha avuto ad oggetto le relazioni annuali relative al 2013 e 2014, un documento che i responsabili della prevenzione della corruzione devono predisporre ogni anno per documentare l'attività svolta e i risultati ottenuti;
    il 18 per cento delle Asl non ha ancora adottato, né pubblicato il piano di prevenzione della corruzione;
    riguardo l'attuazione dei piani anticorruzione, previsti dalla citata legge n. 190 del 2012, di 230 aziende sanitarie emerge però che, nel 40 per cento dei casi, queste si sono limitate a un adempimento formale dell'obbligo di legge, non inserendo all'interno del piano né l'analisi dei rischi di corruzione, né le misure di prevenzione, mentre il 33 per cento ha svolto un'analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo;
    la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale anticorruzione, riporta come la valutazione condotta dall'Anac medesima su un campione di 247 piani di prevenzione della corruzione (PTPC) di Asl, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e Irccs ha fatto rilevare una generale carenza nell'analisi del contesto esterno che spesso è risultata del tutto assente. La mappatura dei processi e delle attività non sempre è stata sviluppata in modo esaustivo e anche l'individuazione delle specifiche misure in relazione agli eventi rischiosi è risultata inadeguata. Non tutte le aziende hanno indicato ulteriori aree di rischio, cosiddette «aree di rischio specifiche», omettendo quindi un approfondimento che è, invece, di particolare rilievo ove si consideri la peculiarità del settore in cui le stesse operano;
    la medesima determinazione n. 12 del 2015, indica tra i maggiori fattori di rischio, quelli collegati in particolare agli acquisti e agli appalti in ambito sanitario. Sotto questo aspetto, l'Anac sottolinea la «condizione di potenziale intrinseca “prossimità” di interessi, generata dal fatto che i soggetti proponenti l'acquisto sono spesso anche coloro che utilizzano i materiali acquistati, con conseguenti benefici diretti e/o indiretti nei confronti dello stesso utilizzatore: ad esempio, i clinici proponenti l'acquisto di materiale di consumo (come ad esempio protesi, farmaci), sono anche i soggetti che impiegano tali beni nella pratica clinica e possono quindi orientare la quantità e tipologia di materiale richiesto. In effetti, i prodotti sanitari, avendo un elevato contenuto tecnico, si prestano per la loro peculiarità, a un interesse “oggettivo” alla scelta da parte del committente/clinico. In questo contesto è utile quindi introdurre misure di prevenzione e di sicurezza che documentino le motivazioni ovvero le ragioni tecniche sottese alla richiesta di acquisto di quel particolare prodotto, con assunzione delle relative responsabilità»;
    dalla relazione sull'attività svolta dall'Autorità nazionale Anticorruzione per il 2016, trasmessa al Parlamento il 28 giugno 2017, emerge come per la parte specifica sulla sanità, il campione di piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc), analizzati nel monitoraggio 2016, risulta ancora lontano dal risultato atteso. «Dall'analisi del monitoraggio risulta che le indicazioni contenute nell'aggiornamento 2015 al PNA sono state seguite dagli enti interessati solo in parte. Infatti, se si considerano le amministrazioni facenti parte del campione e interessate all'analisi, una bassa percentuale di ASL e Policlinici universitari hanno censito alcuni dei processi tipici delle amministrazioni del comparto (tra cui, attività libero professionale e liste di attesa per circa il 35 per cento, attività conseguenti al decesso in ambito intraospedaliero per circa il 28 per cento delle amministrazioni campionate). Anche con riferimento alle misure specifiche suggerite dall'Aggiornamento 2015 al PNA nel focus sulla sanità, i livelli di recepimento rimangono tendenzialmente bassi (comunque sempre inferiori al 40 per cento)»;
    risulta indispensabile chiamare alla responsabilità tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Irccs che non hanno dato corso ai piani previsti dalla legge anticorruzione. Sotto questo aspetto è necessario applicare il principio di responsabilità ed un sistema di premi e punizioni, anche nei confronti dei dirigenti che non hanno ancora applicato la legge, o lo hanno fatto solo formalmente;
    il rapporto «Curiamo la corruzione 2016», promosso da Transparency International Italia in partnership con Censis, Ispe-Sanità e Rissc, riporta come la corruzione si conferma un problema esiziale per il Ssn e costituisce un pesante freno in termini di efficienza, soprattutto a causa di una forte ingerenza del pubblico nel privato non sempre caratterizzata dalla massima trasparenza e per via delle infiltrazioni criminali all'interno delle strutture;
    l'indagine rivela che i cinque rischi più gravi per il Ssn consistono in: accordi preventivi tra i partecipanti ad una gara, soprattutto nella spartizione dei lavori in subappalto; definizione di esclusività di un servizio, che elimina la concorrenza a favore dell'impresa titolare del servizio o del bene; rimodulazione indebita del cronoprogramma in funzione delle esigenze o a vantaggio dell'appaltatore; la nomina di soggetti di parte nelle commissioni di gara per garantire un occhio di favore nella selezione del contraente; il comodato gratuito o la donazione di attrezzature, farmaci e dispositivi per generare maggiori consumi o spese non previste o non autorizzate;
    il secondo e più recente Rapporto «Curiamo la corruzione 2017» di Transparency International, mostra come nel 25,7 per cento delle aziende sanitarie si sarebbe verificato almeno un caso di corruzione negli ultimi dodici mesi, mentre per il 65 per cento dei responsabili anti-corruzione il fenomeno è dato come «stabile»: nulla sarebbe cambiato, insomma. I rischi più alti che vengono attribuiti ai settori degli acquisti e delle forniture, dunque al buco nero degli appalti, ma anche alla gestione delle liste d'attesa negli ospedali e perfino alle assunzioni;
    nel giudizio della Corte dei Conti al Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2016, la sanità è indicata come Settore a rischio di diseguaglianze, ma anche di conflitti di interesse, illeciti anche penali e corruzione;
    nell'ambito del suddetto giudizio, il 27 giugno 2017, nella sua Requisitoria orale, il Procuratore generale Claudio Galtieri, ha ricordato come meccanismi di spesa efficienti, trasparenti, tempestivi e sotto monitoraggio continuo, impediscono la creazione di quelle «zone grigie» in cui più facilmente «si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale». È inoltre rilevato che «I rilevanti effetti distorsivi e le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità (...), richiedono un approccio più sostanziale che (...) affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dell'ordinamento»;
    sempre in ambito sanitario, è peraltro quanto mai urgente una revisione del sistema degli appalti pubblici. In sanità vi è infatti il più alto tasso di proroghe e rinnovi spesso a prezzi non concordati e non in linea con il mercato. È necessario che nei piani di prevenzione della corruzione (Ptpc) il tema dei contratti venga affrontato con particolare riguardo all'intero ciclo degli approvvigionamenti, a partire dal rafforzamento dei livelli di trasparenza;
    nell'ambito del fenomeno degli illeciti e della corruzione in sanità, come ha in più occasioni ricordato lo stesso Raffaele Cantone, le liste di attesa e l'attività libero professionale intramoenia (Alpi), rientrano in quegli ambiti sanitari potenzialmente esposti a rischi corruttivi;
    questo aspetto è ben presente nella già citata determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale Anticorruzione (Anac), nella quale l'attività libero professionale e le liste d'attesa vengono ricomprese espressamente tra le «aree di rischio specifiche». Nel provvedimento citato, si segnala tra l'altro come «l'attività libero professionale, specie con riferimento alle connessioni con il sistema di gestione delle liste di attesa e alla trasparenza delle procedure di gestione delle prenotazioni e di identificazione dei livelli di priorità delle prestazioni, può rappresentare un'area di rischio di comportamenti opportunistici che possono favorire posizioni di privilegio e/o di profitti indebiti, a svantaggio dei cittadini»,

impegna il Governo:

1)  ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per mettere in atto tutti gli strumenti utili a garantire la massima trasparenza nel settore sanitario, anche al fine di ridurre i fenomeni di illegalità e di conflitti di interesse;
2) ad assumere iniziative volte a prevedere che tutte le risorse rinvenienti dalle misure e dalle attività di contrasto alle frodi e alla corruzione in ambito sanitario, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, siano reinvestite nel Servizio sanitario nazionale;
3) a garantire l'efficacia delle iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare e garantire che tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico attuino effettivamente, e non in maniera meramente formale, efficaci e corretti piani di prevenzione della corruzione previsti dalla legge n. 190 del 2012, anche prevedendo l'applicazione del principio di responsabilità nei confronti dei dirigenti responsabili dell'adozione dei suddetti piani di prevenzione, qualora i medesimi piani non risultino essere stati presentati o risultino palesemente inidonei a prevenire il rischio di corruzione e si limitino ad un solo adempimento formale dell'obbligo di legge;
4) ad assumere iniziative anche normative per estendere gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari, previsti dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, anche ai servizi sanitari e socio-sanitari erogati da strutture private accreditate, così come proposto dalla stessa Anac con la delibera n. 958 del 7 settembre 2016;
5) ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;
6) ad adottare opportune iniziative anche di carattere normativo, per un efficace contrasto alla corruzione e ai conflitti di interesse, con particolare riguardo alle aree di maggior rischio del settore sanitario, quali, per esempio, quelle che riguardano: i rapporti con gli informatori dell'industria, i compensi per consulenze effettuate dai professionisti per conto dell'industria, la regolamentazione delle sponsorizzazioni e delle donazioni;
7) con riguardo all'attività libero-professionale, al fine di ridurre sensibilmente i rischi di corruzione o di profitti indebiti, e di uniformare i tempi di attesa della struttura pubblica a quelli della medesima attività libero professionale, ad avviare in particolare tutte le iniziative efficaci, per quanto di competenza, volte a garantire una gestione trasparente, informatizzata e centralizzata delle procedure di gestione delle prenotazioni e delle liste di attesa di tutte le strutture pubbliche e convenzionate per prestazioni, esami, visite specialistiche e ricoveri;
8) a garantire l'efficacia delle iniziative volte a prevedere esplicitamente che, nell'ambito delle procedure per il conferimento degli incarichi di direzione sanitaria, compresi gli incarichi di struttura complessa, queste siano rispettose dei principi di massima trasparenza, in coerenza con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 e il Piano nazionale anticorruzione dell'Anac.
(1-01765)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Fossati, Murer, Fontanelli, Laforgia, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Bossa, Capodicasa, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Formisano, Carlo Galli, Kronbichler, Lacquaniti, Leva, Martelli, Matarrelli, Pierdomenico Martino, Melilla, Mognato, Nicchi, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rostan, Sannicandro, Scotto, Simoni, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».


   La Camera,
   premesso che:
    la corruzione rappresenta un problema per la pubblica amministrazione ed, in particolare, per il Servizio sanitario nazionale con forti ricadute negative sui cittadini. La sanità è infatti tra i terreni più esposti al rischio corruzione ed alla mancanza di trasparenza: ciò comporta la necessità, da parte dello Stato, di un'attenzione particolare;
    occorre sottolineare come le azioni messe in campo dal Ministro della salute a decorrere dal 2014 siano state importanti e fondamentali per ridurre gli sprechi e consentire una migliore allocazione delle risorse al fine di migliorare la qualità dei servizi ed offrire al cittadino una sanità che valorizzi la solidarietà, il merito e le competenze, nonché la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale;
    il legislatore è quindi intervenuto, a partire dalla legge n. 120 del 2007, per introdurre regole certe per il corretto esercizio della libera professione intramuraria, assicurando quella trasparenza necessaria mediante forme di controllo e di monitoraggio. Quest'opera è poi proseguita con la riforma introdotta dal decreto-legge n. 158 del 2012. Inoltre, il Ministero della salute ha istituito nell'ambito del Comitato tecnico sanitario un'apposita sezione denominata «Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale». Lo scopo dell'organismo è quello di monitorare le strategie adottate dalle regioni per eliminare le disfunzioni esistenti. In particolare, il legislatore ha ritenuto fondamentale operare per controllare l'impegno orario del professionista, il numero dei pazienti visitati e i pagamenti delle prestazioni erogate;
    va detto, inoltre, che la legge n. 120 del 2007 ha introdotto uno specifico sistema sanzionatorio nei confronti degli eventuali responsabili;
    l'articolo 11 della legge n. 124 del 2015 ha poi attribuito una delega al Governo per la riforma della dirigenza pubblica. Il decreto legislativo n. 126 del 2017 ha quindi introdotto disposizioni volte a rivedere gli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, del direttore dei servizi socio-sanitari e degli enti del Servizio sanitario nazionale per garantire maggiore trasparenza e ridurre la politicizzazione delle nomine;
    il Ministero della salute e l'Anac hanno implementato un nuovo piano anticorruzione rivolto principalmente alle aziende sanitarie pubbliche ed agli enti assimilati. Questo piano ha obiettivi di controllo, di verifica e di ispezione degli incarichi e delle nomine delle aziende sanitarie pubbliche, della gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio. Tra gli interventi realizzati vi è stata l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 dicembre 2015 che ha portato ad una razionalizzazione efficiente del sistema delle gare attraverso 33 centrali «uniche» e tramite gare «uniche»;
   anche per ciò che concerne la corruzione nell'ambito della ricerca scientifica sanitaria sono stati aumentati i sistemi di monitoraggio e di controllo che aumentano la trasparenza nelle decisioni;
   attraverso il patto per la salute 2014-2016, l'intesa Stato-regioni del 5 agosto 2015 sul regolamento degli standard ospedalieri di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015 e il prosieguo dei lavori del programma di revisione della spesa in sanità, sono state quindi approntate regole per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini;
   è stata avviata inoltre una proficua collaborazione tra Anac e Agenas con la sottoscrizione di un protocollo che ha introdotto misure di prevenzione e di rafforzamento della trasparenza in alcuni settori importanti per la sanità (incarichi, nomine, acquisti, farmaceutica, dispositivi medici e altre tecnologie, sperimentazioni cliniche e sponsorizzazioni, attività libero professionali e liste d'attesa);
   la collaborazione tra Ministero della salute, Agenas e Anac ha portato inoltre ad intervenire su specifici settori implementando il lavoro già svolto contribuendo così ad un'evoluzione del sistema delle regole e delle misure (con la specificazione degli indicatori di rischio) per garantire la massima trasparenza;
   in tale ambito, del protocollo è stato istituito il nucleo operativo di coordinamento con funzioni consultive, propositive e di supporto nei confronti dell'Anac per la realizzazione delle attività ispettive di competenza dell'Autorità ed, in particolare, per la redazione di un programma di verifica speciale per il settore sanitario e per l'individuazione dei soggetti da sottoporre ad ispezione. È stato quindi organizzato presso l'Anac il registro del personale ispettivo cui l'Anac stessa può attingere a supporto dell'attività di verifica dei piani triennali di propria competenza per controllare l'attuazione delle misure di trasparenza e di prevenzione della corruzione da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
   il Ministero ha quindi operato con efficienza per aumentare gli strumenti di monitoraggio e di controllo e per contrastare con efficacia i fenomeni corruttivi presenti nella sanità. Si ha finalmente un quadro di regole certe e un metodo di lavoro che consentirà di ridurre in modo consistente la corruzione nel settore della sanità,

impegna il Governo:

1) a proseguire, con tutti gli strumenti disponibili, nell'attività di contrasto a tutte le forme di corruzione nel settore sanitario, prediligendo un approccio sinergico con le realtà regionali;

2) a rafforzare il rapporto di collaborazione con Anac ed Agenas al fine di accrescere, attraverso l'espletamento di un sempre maggior numero di ispezioni presso le strutture sanitarie locali, la possibilità di prevenire il fenomeno corruttivo e di interrompere le opportunità di «contagio» tra i vari soggetti coinvolti;

3) a monitorare l'applicazione da parte delle regioni delle misure indicate dalla normativa vigente al fine di ridurre le liste di attesa e di ricondurre l'attività professionale intramuraria nell'alveo di una fisiologica scelta, operata dal paziente, non dovuta ad alcun condizionamento esterno né ad eventuali inefficienze del servizio sanitario «pubblico»;

4) ad assumere ogni ulteriore iniziativa affinché la recente riforma della dirigenza sanitaria consenta davvero la netta separazione tra l'attività di gestione manageriale delle strutture sanitarie e l'attività di indirizzo politico, senza che gli organi di indirizzo politico possano esercitare un ruolo indebito nella fase di nomina, valutazione e rinnovo degli incarichi dirigenziali;

5) ad assumere iniziative per assicurare l'uniformità della disciplina in tema di trasparenza della dirigenza sanitaria rispetto alla restante dirigenza pubblica;

6) a promuovere, anche attraverso il ruolo della formazione professionale, la cultura della legalità in tutti gli operatori sanitari.
(1-01766) «Marotta, Bosco, Scopelliti».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 6 novembre 2012, n. 190, «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 31 il ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, in ambito nazionale, prevede azioni coordinate, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;
    l'11 settembre 2013, l'Autorità nazionale anticorruzione (A.n.a.c.), ha approvato, su proposta del Dipartimento della funzione pubblica, il Piano nazionale anticorruzione e il Piano nazionale di prevenzione della corruzione (P.n.a.), quali strumenti di programmazione delle attività per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel settore pubblico, creando le premesse affinché le pubbliche amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione;
    in seguito, è stato emanato il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 – revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
    tuttavia, secondo i piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC), pubblicati e analizzati su 243 aziende sanitarie, di cui 142 Asl, 83 aziende ospedaliere e 18 Irccs, si sono potute calcolare le seguenti percentuali: 97 aziende hanno svolto un'analisi dei rischi insufficiente (39,9 per cento); 84 aziende hanno svolto un'analisi parziale (34,6 per cento); 62 aziende hanno svolto un'analisi completa (25,5 per cento);
    si evince pertanto che il quadro normativo frammentato, ma soprattutto la carenza di sistemi di controllo, possono facilitare gli interessi personali rispetto all'interesse della salute pubblica;
    nonostante gli sforzi legislativi, il rischio corruzione rimane alto; infatti, secondo il Censis, nel 2016, un'asl su quattro è stata vittima di almeno un episodio corruttivo; il settore della sanità è tra i principali ambiti economici della nostra società ed è uno degli obiettivi privilegiati di pratiche d'illegalità e di corruzione;
    tra i settori ritenuti a più alto rischio di corruzione, vi sono: l'acquisto e la fornitura di beni e servizi, la gestione delle liste d'attesa, l'assunzione di personale, le nomine dei soggetti apicali, le false certificazioni, l'accreditamento delle strutture private, le prescrizioni improprie dei farmaci, la formazione e le consulenze, i contratti per la fornitura di medicinali o apparecchiature medicali e la convenzione con le strutture sanitarie private accreditate al Servizio sanitario nazionale;
    è noto che ogni anno si spreca il 6 per cento della spesa pubblica in inefficienze, ma manca ad oggi, uno studio ad hoc che tenga anche conto di quanto emerso dai rapporti della Corte dei conti, della Guardia di finanza e dai Nas in materia di corruzione e sprechi in ambito sanitario;
    ammontano a 13 miliardi di euro i fondi che Ispe Sanità valuta come l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi sanitari nel Ssn che, se sommate al 6 per cento di spreco della spesa pubblica, porterebbe il danno a circa 22,2 miliardi, quasi il 20 per cento della spesa sanitaria annuale del Ssn;
    inoltre, il 51,7 per cento delle asl e degli ospedali non si è ancora dotata di strumenti anticorruzione, nonostante la normativa lo imponga;
    a riprova di quanto sopra detto, vale la pena ricordare il quadro che emerge dal report «Agenda anticorruzione 2017, L'impegno dell'Italia nella lotta alla corruzione», presentato il 10 ottobre da Transparency International Italia, sottolinea che le norme anticorruzione ci sono, ma applicazioni e sanzioni non sono sufficienti;
    solo attraverso una maggiore trasparenza e l'integrità morale di ogni cittadino – oltre che quella di tutti gli operatori in ambito sanitario – si può ridurre il livello di corruzione;
    occorre aumentare la consapevolezza sul fenomeno della corruzione, formare il personale delle aziende sanitarie e ospedaliere, implementare strumenti innovativi e modelli organizzativi specifici nelle asl;
    il presidente dell'Anac, Stefano Cantone – intervenendo a un convegno sul tema della corruzione in sanità a Napoli – all'inizio dell'anno ha dichiarato che la corruzione esiste ed è particolarmente profonda e grave nel settore della sanità e che sul piano normativo vi sono ancora tre aspetti da regolare e che: «Oltre alla tutela del whistleblowing, è indispensabile una legge sulle lobby e un'altra per assicurare trasparenza sulle fondazioni politiche, che ormai sono divenute il vero canale di finanziamento della politica»;
    occorre dunque, dati alla mano, prendere coscienza che è necessario riempire il vuoto legislativo in materia di lobbying e rendere disponibili risorse per applicare più efficacemente le leggi in vigore,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per colmare il vuoto normativo relativamente alle attività di lobbying, con particolare riguardo al settore sanitario, al fine di migliorare il quadro normativo prima della fine della legislatura corrente;

2) ad adottare iniziative per consolidare, nel settore sanitario, i presidi anticorruzione negli uffici pubblici e dare più risorse umane ai responsabili per la prevenzione della corruzione;

3) ad adottare iniziative, nel quadro della prevenzione della corruzione in ambito sanitario, per semplificare la normativa vigente al fine di evitare illeciti;

4) a promuovere la lotta alla corruzione in sanità mediante campagne mediatiche sul tema che, per sua natura, ha bisogno di essere affrontato da un punto di vista culturale;

5) a valutare, in conformità al principio della trasparenza, iniziative mirate con finalità di prevenzione e contrasto della corruzione in ambito sanitario attraverso l'applicazione dei patti d'integrità tra enti e società interessate, rendendo davvero effettivo il processo di riforma avviato con il recepimento delle direttive europee sugli appalti e sulle concessioni (Direttiva 2014/23/UE, Direttiva 2014/24/UE, Direttiva 2014/25/UE) e la riscrittura del codice dei contratti pubblici;

6) ad adottare le iniziative di competenza volte a rafforzare gli strumenti di «vigilanza collaborativa» predisposti congiuntamente all'Anac, mediante la stipula di protocolli di azione tra l'Anac e le stazioni appaltanti per la prevenzione e il contrasto della corruzione in ambito sanitario;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per adottare specifiche linee guida che affrontino il tema della Governance amministrativa, della corruzione e del conflitto d'interessi in sanità.
(1-01769) «Brignone, Marcon, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Placido, Fratoianni».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 6 novembre 2012, n. 190, «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 31 il ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, in ambito nazionale, prevede azioni coordinate, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;
    l'11 settembre 2013, l'Autorità nazionale anticorruzione (A.n.a.c.), ha approvato, su proposta del Dipartimento della funzione pubblica, il Piano nazionale anticorruzione e il Piano nazionale di prevenzione della corruzione (P.n.a.), quali strumenti di programmazione delle attività per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel settore pubblico, creando le premesse affinché le pubbliche amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione;
    in seguito, è stato emanato il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 – revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
    tuttavia, secondo i piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPC), pubblicati e analizzati su 243 aziende sanitarie, di cui 142 Asl, 83 aziende ospedaliere e 18 Irccs, si sono potute calcolare le seguenti percentuali: 97 aziende hanno svolto un'analisi dei rischi insufficiente (39,9 per cento); 84 aziende hanno svolto un'analisi parziale (34,6 per cento); 62 aziende hanno svolto un'analisi completa (25,5 per cento);
    si evince pertanto che il quadro normativo frammentato, ma soprattutto la carenza di sistemi di controllo, possono facilitare gli interessi personali rispetto all'interesse della salute pubblica;
    nonostante gli sforzi legislativi, il rischio corruzione rimane alto; infatti, secondo il Censis, nel 2016, un'asl su quattro è stata vittima di almeno un episodio corruttivo; il settore della sanità è tra i principali ambiti economici della nostra società ed è uno degli obiettivi privilegiati di pratiche d'illegalità e di corruzione;
    tra i settori ritenuti a più alto rischio di corruzione, vi sono: l'acquisto e la fornitura di beni e servizi, la gestione delle liste d'attesa, l'assunzione di personale, le nomine dei soggetti apicali, le false certificazioni, l'accreditamento delle strutture private, le prescrizioni improprie dei farmaci, la formazione e le consulenze, i contratti per la fornitura di medicinali o apparecchiature medicali e la convenzione con le strutture sanitarie private accreditate al Servizio sanitario nazionale;
    è noto che ogni anno si spreca il 6 per cento della spesa pubblica in inefficienze, ma manca ad oggi, uno studio ad hoc che tenga anche conto di quanto emerso dai rapporti della Corte dei conti, della Guardia di finanza e dai Nas in materia di corruzione e sprechi in ambito sanitario;
    ammontano a 13 miliardi di euro i fondi che Ispe Sanità valuta come l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi sanitari nel Ssn che, se sommate al 6 per cento di spreco della spesa pubblica, porterebbe il danno a circa 22,2 miliardi, quasi il 20 per cento della spesa sanitaria annuale del Ssn;
    inoltre, il 51,7 per cento delle asl e degli ospedali non si è ancora dotata di strumenti anticorruzione, nonostante la normativa lo imponga;
    a riprova di quanto sopra detto, vale la pena ricordare il quadro che emerge dal report «Agenda anticorruzione 2017, L'impegno dell'Italia nella lotta alla corruzione», presentato il 10 ottobre da Transparency International Italia, sottolinea che le norme anticorruzione ci sono, ma applicazioni e sanzioni non sono sufficienti;
    solo attraverso una maggiore trasparenza e l'integrità morale di ogni cittadino – oltre che quella di tutti gli operatori in ambito sanitario – si può ridurre il livello di corruzione;
    occorre aumentare la consapevolezza sul fenomeno della corruzione, formare il personale delle aziende sanitarie e ospedaliere, implementare strumenti innovativi e modelli organizzativi specifici nelle asl;
    il presidente dell'Anac, Stefano Cantone – intervenendo a un convegno sul tema della corruzione in sanità a Napoli – all'inizio dell'anno ha dichiarato che la corruzione esiste ed è particolarmente profonda e grave nel settore della sanità e che sul piano normativo vi sono ancora tre aspetti da regolare e che: «Oltre alla tutela del whistleblowing, è indispensabile una legge sulle lobby e un'altra per assicurare trasparenza sulle fondazioni politiche, che ormai sono divenute il vero canale di finanziamento della politica»;
    occorre dunque, dati alla mano, prendere coscienza che è necessario riempire il vuoto legislativo in materia di lobbying e rendere disponibili risorse per applicare più efficacemente le leggi in vigore,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per colmare il vuoto normativo relativamente alle attività di lobbying, con particolare riguardo al settore sanitario, al fine di migliorare il quadro normativo prima della fine della legislatura corrente;

2) ad adottare iniziative per consolidare, nel settore sanitario, i presidi anticorruzione negli uffici pubblici e dare più risorse umane ai responsabili per la prevenzione della corruzione;

3) ad adottare iniziative, nel quadro della prevenzione della corruzione in ambito sanitario, per semplificare la normativa vigente al fine di evitare illeciti;

4) a promuovere la lotta alla corruzione in sanità mediante campagne mediatiche sul tema che, per sua natura, ha bisogno di essere affrontato da un punto di vista culturale;

5) a valutare, in conformità al principio della trasparenza, iniziative mirate con finalità di prevenzione e contrasto della corruzione in ambito sanitario attraverso l'applicazione dei patti d'integrità tra enti e società interessate, rendendo davvero effettivo il processo di riforma avviato con il recepimento delle direttive europee sugli appalti e sulle concessioni (Direttiva 2014/23/UE, Direttiva 2014/24/UE, Direttiva 2014/25/UE) e la riscrittura del codice dei contratti pubblici;

6) ad adottare le iniziative di competenza volte a rafforzare gli strumenti di «vigilanza collaborativa» predisposti congiuntamente all'Anac, mediante la stipula di protocolli di azione tra l'Anac e le stazioni appaltanti per la prevenzione e il contrasto della corruzione in ambito sanitario;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per adottare specifiche linee guida che affrontino il tema della Governance amministrativa, della corruzione e del conflitto d'interessi in sanità.
(1-01769)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Brignone, Marcon, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Placido, Fratoianni».


   La Camera,
   premesso che:
    l'indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del sistema sanitario, condotta dalla V Commissione bilancio e dalla XII Commissione affari sociali della Camera, tra il giugno e il dicembre 2013, ha consentito di fare una fotografia puntuale e precisa della condizione del sistema di welfare sanitario italiano, permettendo di rilevare i punti di forza ancora esistenti, ma anche evidenziando indubbie criticità che, se non adeguatamente risolte, rischiano di minare in modo sostanziale la capacità del sistema di dare risposta alle esigenze di salute degli italiani e, in particolare, di quei cittadini che appartengono alle fasce sociali più deboli e più esposte al rischio;
    nel corso di tale indagine venne più volte sottolineato come le domande emergenti, correlate all'innovazione tecnologica e alla cronicità, in assenza di modifiche strutturali del sistema, richiedessero incrementi dei fondi pubblici di stanziamento nell'ordine del 1,5-2 per cento l'anno, incompatibili con il bilancio del nostro Paese che, dal 2007 in poi, ha visto una progressiva contrazione del proprio prodotto interno lordo;
    era dunque sin da allora di tutta evidenza la necessità di un radicale ammodernamento del nostro sistema di welfare sanitario che tenesse conto dell'ipotesi di nuove forme di finanziamento, attraverso la valorizzazione dell'apporto dei fondi integrativi e del ruolo delle assicurazioni private, con l'obiettivo di arrivare ad un potenziamento della risposta pubblica e ad una maggiore intermediazione della spesa out of pocket;
    contemporaneamente, si presentava la necessità della ristrutturazione dei flussi della spesa sanitaria, attraverso una rivalutazione della domanda e dell'offerta delle prestazioni sanitarie, che avrebbe dovuto portare alla ridefinizione dei Lea, alla razionalizzazione della spesa inappropriata e alla eliminazione di qualsiasi forma di «cattiva spesa», purtroppo valutata secondo diversi studi di settore in percentuali che si avvicinavano al 10 per cento dell'intero fondo sanitario nazionale;
    tra le voci di «cattiva spesa sanitaria», più volte venne sottolineata quella correlata alla cosiddetta «medicina difensiva», denominazione che raccoglie il complesso delle prestazioni sanitarie prescritte ed eseguite a mero scopo di autotutela da parte del sanitario, che non le richiede nell'interesse reale del paziente, ma esclusivamente nel tentativo di proteggersi da eventuali contenziosi giudiziari;
    la distinta percezione di tale fonte di spesa inappropriata ha condotto il Parlamento ad approvare, nella presente legislatura, una norma che mira a ricostituire la corretta relazione terapeutica tra medico e paziente, riportando nella fisiologia del rapporto ogni azione diagnostica e terapeutica da parte dei professionisti sanitari;
    altra criticità rilevata nella spesa sanitaria fu quella legata al «cattivo utilizzo delle risorse economiche disponibili», discendente dall'uso non corretto delle procedure pubbliche di appalto delle forniture e dei servizi, di gestione contabile, di qualità dei processi amministrativi;
    a tale criticità «disfunzionale», si aggiunge quella eventualmente legata a veri e propri profili di dolo, più volte denunciati dalla stessa Anac, che segnala come – nelle pieghe delle lungaggini delle procedure della pubblica amministrazione – possano celarsi e addirittura venir favoriti comportamenti perseguibili ai sensi del codice penale, messi in essere con l'obiettivo di procurare ingiusto profitto a pochi;
    appare dunque assolutamente indispensabile intervenire nel campo della «cattiva spesa», anche per distinguere i comportamenti «colposi», legati al complessivo malfunzionamento del sistema, da quelli francamente dolosi, consapevolmente posti in essere con motivazioni illecite;
    la confusione tra le due differenti fattispecie, spesso deliberatamente perpetrata nella passione della dialettica politica, allontana dalle buone pratiche e dalle buone soluzioni, proprio perché, nella grossolanità delle generalizzazioni e della moltiplicazione del formalismo dei controlli, paradossalmente rischia di estendere le zone d'ombra della burocrazia e di aumentare i margini di manovra per i comportamenti illegali;
    appare dunque indispensabile intervenire rigorosamente sulla trasparenza e sulla efficienza delle procedure all'interno delle quali possono allignare i comportamenti illegali, per impedire i reati che derubano di risorse economiche il sistema sanitario, andando a togliere garanzie di salute ai cittadini italiani;
    negli anni passati, uno degli scandali sulla «cattiva spesa» che ha investito la sanità italiana è stato quello relativo al differente costo unitario, nelle diverse realtà sanitarie del Paese, di alcuni presidi molto diffusi e utilizzati, come le siringhe monouso, nonostante la elevata standardizzazione industriale del prodotto;
    sulla base degli insegnamenti derivanti da tale vicenda, venne potenziata la funzione dei centri di acquisto di dimensione regionale e nazionale, come Consip;
    l'esperienza di anni di funzionamento di tale sistema, ha confermato che la centralizzazione degli acquisti, laddove è tecnicamente possibile e correttamente realizzata, comporta risparmi complessivi della spesa, che possono essere portati a sistema;
    la centralizzazione degli acquisti comporta anche significativi risparmi nella quantità del personale amministrativo dedicato e nel numero e nel costo delle sedi fisiche operative;
    la centralizzazione delle procedure di appalto e di acquisto comporta anche importanti passi in avanti nella specializzazione delle unità operative, che acquisiscono professionalità ed esperienza sempre maggiore e consente la massima trasparenza delle procedure che, attraverso l'informatizzazione e l'utilizzo della comunicazione via web, eliminano ogni rischio di «sequestro delle informazioni» che, in passato, favoriva lo sviluppo di intollerabili «zone d'ombra» nelle procedure stesse;
    il controllo e la verifica della qualità dei processi operativi di acquisto e di forniture e servizi, assecondato dalla normativa europea che prevede tempi ristretti e certi di pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione è anch'esso favorito dalla specializzazione delle unità operative e consente di dare ulteriore certezza alle procedure di affidamento, eliminando ogni discrezionalità della burocrazia nella definizione dei tempi di pagamento;
    le nuove normative sulla comunicazione scientifica e del farmaco hanno introdotto inoltre controlli sostanziali sempre più stringenti sulla attività delle case farmaceutiche e delle aziende produttrici di presidi e dispositivi sanitari, portando anche in questo caso una ventata di trasparenza e di legittimità in tutti i rapporti interni al mondo sanitario;
    non c’è dubbio che tale attività di efficientamento complessivo e di moralizzazione del sistema abbia significativamente ridotto le prassi legate al malaffare e alla corruzione. È indubbio tuttavia che ulteriori passi in avanti possano essere fatti per potenziare l'attività di verifica e di controllo delle istituzioni, affinché sia sempre più compresso il rischio che una parte delle risorse destinate alla salute dei cittadini italiani possa vergognosamente finire nelle tasche di pochi delinquenti;
    in tal senso, appare apprezzabile lo spirito che ha indotto il legislatore, attraverso la legge n. 190 del 2012, ad obbligare, tutte le aziende sanitarie pubbliche a dotarsi di un responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, che sia il redattore delle procedure interne aziendali e dei report di buon funzionamento;
    l'esperienza di questi anni di lavoro, ha definitivamente consentito di consolidarsi nella convinzione sulla relativa inutilità dei controlli formali delle procedure, che rischiano di creare sovrapposizioni normative, e dei meccanismi complessi di verifica che, aggiungendosi a quelli già vigenti, determinino un'inutile e inestricabile giungla di passaggi burocratici che spesso finisce per favorire – invece che stroncare – i comportamenti delittuosi;
    la semplicità e la chiarezza della norma, la trasparenza della procedura, l'immediatezza e la facilità del controllo sono spesso la miglior deterrenza nei confronti delle attività illegali nei confronti della pubblica amministrazione in generale e di quella della sanità in modo particolare;
    la sottrazione dolosa di risorse economiche al servizio sanitario regionale comporta infine una riduzione della disponibilità complessiva delle prestazioni che rischia a sua volta di generare altro «malfunzionamento spicciolo» del sistema, perché consolida comportamenti deviati da parte dei sanitari e canali paralleli di erogazione delle prestazioni sanitarie, che costituiscono inaccettabili corsie preferenziali per i pazienti, accessibili soltanto a pochi, per la fruizione di cure che dovrebbero invece essere garantite a tutti equamente e rapidamente,

impegna il Governo:

1) a proseguire l'azione congiunta di collaborazione con l'Anac, con la magistratura e con le istituzioni locali, per potenziare la lotta contro la corruzione nella pubblica amministrazione, che appare particolarmente odiosa in sanità, perché destina all'arricchimento illecito di pochi delinquenti le risorse economiche destinate alla tutela della salute della collettività;

2) a potenziare il proprio impegno nella campagna di sensibilizzazione della popolazione contro la corruzione, che rappresenta un cancro che, in particolare in sanità, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e crea un immenso danno alla credibilità e alla stessa sostenibilità del sistema italiano di welfare sanitario;

3) a potenziare tutte le possibili iniziative volte a rafforzare il sistema di garanzie nelle procedure adottate dalle aziende sanitarie nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, a tutela della efficienza, della efficacia e della equità del funzionamento del sistema;

4) a favorire le pratiche rivolte alla centralizzazione delle procedure d'acquisto dei farmaci e dei presidi sanitari, alla centralizzazione dei magazzini, alla piena informatizzazione e alla completa trasparenza delle attività correlate, alla standardizzazione dei costi unitari dei servizi aziendali, alla omogeneizzazione delle procedure e dei tempi di pagamento delle forniture sanitarie su tutto il territorio nazionale;

5) ad adottare iniziative per garantire nuovi investimenti economici specifici nelle attività di informatizzazione e di comunicazione delle aziende sanitarie, finalizzate alla massima pubblicità, attraverso il web, di tutte le procedure di fornitura di prestazioni, di selezione del personale, di acquisti di farmaci, presidi, dispositivi e servizi;

6) ad adottare iniziative, nel contesto della prevenzione della corruzione in ambito sanitario, per la semplificazione di tutte le azioni di verifica e di controllo, finalizzate alla garanzia della certezza del diritto e alla riduzione di qualsiasi zona d'ombra derivante da complicazioni burocratiche che possano favorire l'illegittimità e l'illegalità.
(1-01770) «Vargiu, Latronico, Matarrese, Bueno, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci».


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della salute rientra tra quelli che sono maggiormente esposti al rischio di corruzione considerate le enormi risorse pubbliche coinvolte. Ne deriva la necessità che il Sistema sanitario nazionale sia sottoposto a numerose e sistematiche verifiche e controlli, nonché alla massima trasparenza, che deve informare dell'agire quotidiano di tutti i soggetti che operano nella sanità;
    sull'importanza del diritto alla salute il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, ha ribadito che quest'ultimo rappresenta una «pretesa primaria delle persone, assicurata dalla Costituzione italiana. Il valore del diritto alla salute come “interesse della collettività” ne esalta il significato di diritto fondamentale e amplifica la sua dimensione di principio supremo dell'ordinamento. In un terreno così delicato il contrasto alla corruzione assume un ruolo centrale e va, in primo luogo, inteso come cultura della trasparenza che consente la verifica costante degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione dei trattamenti sanitari»;
    già nel 2012 la Corte dei conti aveva specificato che, nell'ambito del settore sanitario, i fenomeni di corruzione «si intrecciano con sorprendente facilità a veri e propri episodi di malaffare con aspetti di cattiva gestione, talvolta favoriti dalla carenza dei sistemi di controllo» e, in aggiunta, che «il settore sanitario presenta livelli inaccettabili di inappropriatezza organizzativa e gestionale che vanno ad alimentare le già negative conseguenze causate dai frequenti episodi di corruzione a danno della collettività»;
    l'Ocse, nella premessa del Report « Tackling Wasteful Spending on Health», pubblicato nel 2017, nell'affrontare i temi inerenti al sistema sanitario nei Paesi Ocse, tra cui l'Italia, ha affermato che «Una parte significativa della spesa sanitaria è – nella migliore delle ipotesi – spreco, o peggio danneggia la nostra salute»;
    è stato recentemente pubblicato il «Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità». L'indagine, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera, intende fornire un primo feedback alle regioni, alle aziende nonché agli enti del Servizio sanitario nazionale in merito alle strategie condotte negli ultimi anni sui temi legati alla trasparenza, all'etica nonché alla legalità dalle stesse strutture del Servizio sanitario nazionale;
    l'obiettivo principale del citato Rapporto, è quello di fornire un primo approfondimento organico sull'importanza di un approccio ai temi della trasparenza, della legalità e dell'etica «che non si limiti all'adempimento delle prescrizioni di legge né alla individuazione e alla denuncia dei fenomeni patologici, ma miri alla promozione della cultura dell'integrità in un settore che per funzione sociale è tra i settori della pubblica amministrazione quello più vicino alla persona»;
    nell'ambito della presentazione del rapporto, il direttore generale di Agenas, Francesco Bevere, ha sottolineato che «Il percorso intrapreso dal sistema sanitario in materia di etica, trasparenza ed integrità registra una sempre maggiore applicazione, a significare che l'attuazione della normativa non è più concepita come un mero adempimento burocratico ma come presa di coscienza delle organizzazione sanitarie dell'importanza della trasparenza come leva strategica per consentire il miglioramento ed un concreto cambiamento culturale di tutti gli operatori sanitari, tanto più che si tratta di un settore che per funzione sociale è tra i più vicini alla persona in un momento di vulnerabilità e fragilità»;
    la trasparenza e l'integrità rappresentano la condizione essenziale ai fini della piena tutela del diritto alla salute, per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e per la salvaguardia del rapporto di fiducia del cittadino nei confronti del sistema di welfare. Allo scopo di garantire e preservare una simile condizione è necessario attivare tutte le possibili sinergie per prevenire eventuali rischi corruttivi attraverso, da un lato, l'adozione di misure di prevenzione e, dall'altro, una implementazione delle procedure di verifica, controllo e valutazione a tutti i livelli istituzionali;
    il Report pubblicato nell'ambito del progetto «Curiamo la corruzione» da Transparency International Italia, Censis, ISPE-Sanità e Rissc ed essenzialmente incentrato sulla percezione della corruzione, ha evidenziato in primo luogo che nel 37 per cento delle aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni, e in circa un terzo dei casi non sono stati affrontati in maniera appropriata. Inoltre, il 77 per cento dei dirigenti sanitari ritiene che si possa in concreto verificare il rischio che all'interno della propria struttura vi siano fenomeni di corruzione;
    in aggiunta, secondo i dati riportati nel citato Report, sarebbero due gli ambiti principali che si presterebbero maggiormente alle pratiche corruttive, ossia quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale. Al primo posto, l'83 per cento dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66 per cento nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31 per cento sottolinea la possibilità che si seguano scorciatoie illecite nelle assunzioni;
    l'importanza di predispone un adeguato piano di prevenzione che consenta un'attenta mappatura del rischio, al fine di pervenire fenomeni corruttivi anche in ambito sanitario, condotto all'emanazione delle linee di indirizzo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2013, elaborate dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 190 del 2012. Tali linee d'indirizzo, basate sulla necessità di fissare contenuti minimi dei piani triennali di prevenzione della corruzione perseguono «l'obiettivo ineludibile dell'individuazione preventiva delle aree di attività amministrativa maggiormente esposte al rischio della corruzione (cosiddetta mappatura del rischio)», aggiungendo che il futuro piano nazionale anticorruzione avrebbe dovuto contenere linee guida al fine di «indurre le pubbliche amministrazioni ad articolare il proprio Piano Triennale almeno intorno ad alcuni contenuti essenziali», a partire da quelli predeterminati dalla legge n. 190 del 2012;
    si tratta dei procedimenti, previsti all'articolo 1 della legge n. 190 del 2012, di autorizzazione o concessione, scelta del contraente nell'affidamento di lavori, forniture e servizi, concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale;
    il procuratore generale della Corte dei conti, Claudio Galtieri, nell'ambito della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario, ha segnalato che «è l'inefficienza a creare ampie zone oscure in cui si possono facilmente inserire e nascondere conflitti d'interesse e corruzione». Combattere la «corruzione “diffusa” costituita da singoli comportamenti legati a singole persone» consente anche «di combattere la cattiva amministrazione» perché per contrastare questo tipo di fenomeni serve «trasparenza, semplificazione, tempestività dei procedimenti, limitazioni delle deroghe», ricordando infine che la corruzione, anche legata alla criminalità organizzata è «particolarmente consistente negli appalti pubblici». Il bilancio «sanitario» 2016 della Corte illustrato nella relazione del procuratore generale evidenzia, inoltre, come siano state emesse 165 citazioni per 66,8 milioni contestati: è il bilancio «sanitario» 2016 della Corte dei conti;
    in tema di corruzione, dal rapporto annuale della Guardia di finanza del 2016, emergono dati allarmanti: sarebbero stati accertati appalti irregolari per un valore di circa 3,4 miliardi di euro, più del triplo rispetto al 2015 quando la cifra si era fermata a 1 miliardo. Danni all'erario per oltre 5,3 miliardi di euro – contro i 4 dell'anno prima – causati da sprechi nella pubblica amministrazione e irregolare gestione dei fondi pubblici. Sul punto, il comandante generale Giorgio Toschi durante la presentazione del rapporto, ha specificato che «Per quanto riguarda gli illeciti nel settore degli appalti, oltre a un incremento del 27 per cento del numero dei soggetti segnalati all'autorità giudiziaria, si è registrata una crescita di tre volte del valore delle procedure contrattuali risultate irregolari a seguito delle indagini»;
    secondo il rapporto della Guardia di finanza, inoltre, sarebbero più di 4 mila i soggetti denunciati per reati contro la pubblica amministrazione, di cui il 23 per cento per corruzione e concussione, che avrebbero provocato danni pari a oltre 5,3 miliardi, oltre un miliardo e 300 milioni in più dell'anno precedente. Gli uomini della Guardia di finanza hanno così scoperto che sono stati percepiti o richiesti in maniera illegittima finanziamenti pubblici, italiani ed europei, per oltre 775 milioni;
    in tema di sanità, sarebbero irregolari due prestazioni sociali agevolate su tre e ammonterebbe a circa 158 milioni l'entità delle truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale e del sistema previdenziale realizzate dagli 8.926 soggetti denunciati, dei quali 87 arrestati. A 6 milioni, infine, ammonta il danno provocato allo Stato da coloro che hanno avuto prestazioni sociali agevolate e l'esenzione del ticket sanitario senza averne i requisiti. In tale settore, i finanzieri hanno eseguito 12.803 controlli, individuando irregolarità nel 66 per cento dei casi: in pratica, due prestazioni su tre sono state concesse a cittadini che non ne avevano diritto;
    con delibera n. 831 del 3 agosto 2016, l'Anac ha adottato il piano nazionale anticorruzione 2016 che, contiene una specifica sezione dedicata alla sanità, all'interno della quale l'Autorità indica gli interventi puntuali da adottare «quali possibili soluzioni organizzative per preservare il Servizio Sanitario Nazionale dal rischio di eventi corruttivi (con specifico riferimento al contesto strutturale, sociale ed economico in cui si collocano ed operano le istituzioni medesime) e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema sanitario nazionale»;
    la stessa Autorità anticorruzione ha avuto modo di specificare che, all'interno del settore sanitario, gli acquisti rappresentano un aspetto caratterizzato dalla presenza di grossi rischi di corruzione a causa sia della varietà e complessità dei beni e servizi oggetto delle procedura di acquisto, sia per la diversità dei soggetti coinvolti che, spesso, si trovano in una potenziale condizione di conflitto d'interesse, poiché allo stesso tempo rappresentano coloro che utilizzano beni e servizi ed esprimono un fabbisogno. In tal modo, si capisce come tali soggetti siano in grado di incidere sulla domanda;
    altro dato che testimonia la rilevanza delle azioni di rafforzamento di un sistema di controlli maggiormente centralizzato nel settore degli acquisti è rappresentato dalle numerose difficoltà incontrate in tali operazioni; ciò rischia, infatti, di introdurre all'interno degli enti del servizio sanitario nazionale procedure frazionate non soggette ad alcun tipo di controllo né sulle quantità totali dei beni e servizi acquistati, né sui rinnovi degli affidamenti ovvero del ricorso alle procedure in deroga,

impegna il Governo:

1) a rafforzare, anche mediante le necessarie iniziative normative, la competenza in tema di predisposizione di controlli preventivi dell'Anac nel settore sanitario attraverso, da un lato, l'introduzione di nuovi modelli di governance e, dall'altro, il rafforzamento del sistema dei controlli preventivi sulle gare d'appalto per l'acquisizione di beni durevoli e non e dei servizi, anche attraverso operazioni finalizzate a uniformare e rendere tracciabile il processo che va dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e dei servizi da appaltare, per giungere sino agli aspetti legati alla logistica e alle giacenze di magazzino;

2) a rafforzare, d'intesa con le regioni, la rete dei controlli preventivi sulle gare d'appalto per acquisizioni di dispositivi medici e ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il completamento dell'istituzione delle Centrali uniche di acquisto da parte delle stesse regioni, anche attraverso la predisposizione di uniformi sistemi di controlli esterni che diano la possibilità di rilevare l'eventuale esistenza di anomalie negli acquisti che potrebbero rivelare la presenza di azioni corruttive ai danni di cittadini ed utenti finali;

3) ad adottare iniziative per introdurre nuovi sistemi di controllo, d'intesa con l'Aifa e con le regioni, ai fini del controllo della spesa farmaceutica convenzionata e soprattutto di quella ospedaliera, per garantire il rispetto dei princìpi di imparzialità e trasparenza;

4) a valutare l'opportunità di modificare, anche attraverso le opportune iniziative normative di competenza, il ruolo della Consip, al fine di dotarla di competenze e strumenti che possano permetterle di incidere in modo più efficace ed efficiente nell'ambito delle procedure di acquisto e nei meccanismi di assegnazione degli appalti, segnatamente in ambito sanitario, considerato il rilevante ruolo che riveste tale società nell'ambito della predisposizione dei bandi e delle gare della pubblica amministrazione nel nostro Paese.
(1-01773) «Palese, Occhiuto».


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    la necessità di contenere la spesa sanitaria, che rappresenta al netto del costo del debito e della spesa previdenziale un sesto della spesa pubblica complessiva, è un vincolo che si pone oggi e continuerà a porsi anche per gli anni a venire. Ciò è sicuramente possibile anche senza ridurre il volume e le qualità delle prestazioni anzi, in molti casi, migliorandone capillarità e standard;
    il Sistema sanitario nazionale presenta una marcata disomogeneità a livello territoriale, con effetti sulla qualità del servizio erogato e soprattutto sull'equità e l'universalità stessa del diritto alla salute. Ciò è determinato anche dalla pluralità di modelli organizzativi esistenti tra le diverse aziende sanitarie. Per realizzare una maggiore omogeneità dei modelli organizzativi è necessario identificare standard omogenei di qualità, economicità ed efficienza. Va rafforzato il potere di indirizzo, controllo e verifica a livello centrale;
    tra le aree di azione nelle quali un intervento strutturale coordinato e incisivo sarebbe in grado di determinare aumenti di efficienza, aumenti della qualità delle prestazioni e riduzioni di costo in grado di autofinanziare nella prima fase gli investimenti necessari vi sono certamente quelle della revisione e trasparenza di tutti i costi del sistema sanitario, della trasparenza e lotta alla corruzione e dell'accelerazione delle politiche di digitalizzazione della sanità;
    secondo tutti i dati internazionali, la sanità permane uno dei settori più a rischio corruzione. Un quinto della spesa sanitaria nei Paesi Ocse è inefficace – nella migliore delle ipotesi – o produce spreco, causato da prestazioni non necessarie o con costi gonfiati, dall'eccesso di burocrazia e da corruzione e frode;
    lo stesso presidente dell'Autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha sottolineato che la sanità è tra i dieci comparti in cui è maggiormente percepito il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione;
    la corruzione e sprechi si confermano dunque il primo male del Servizio sanitario nazionale. Ecco perché nell'ultimo piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) è stata posta grande attenzione al settore della sanità, che per i rapporti curati da organizzazioni indipendenti, i tanti fatti di cronaca e le ingenti risorse investite continua a destare particolare preoccupazione;
    la corruzione in sanità, che – secondo i dati forniti dal Libro Bianco ISPE Sanità e confermati da quelli Ocse 2017 – si aggirerebbe in Italia sui 23 miliardi di euro, sommando anche inefficienze e sprechi, toglie risorse preziose alla qualità dei livelli essenziali di assistenza che sono un diritto costituzionale per tutti i cittadini;
    è necessario, dunque, investire energie e risorse per tutelare il Sistema sanitario nazionale da sprechi, inefficienze e corruzione;
    la sanità digitale è – o meglio, dovrebbe essere – la via principale per il contrasto a due dei principali problemi relativi alla gestione ottimale delle risorse del Ssn: inefficienza e corruzione;
    lo sviluppo della sanità digitale, come in generale la realizzazione della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, non è però solo lo strumento principale per migliorare i servizi ai cittadini, rendere efficiente e sostenibile il sistema pubblico, creare le basi per enormi opportunità di sviluppo economico. È, anche, come ricordato dal «Rapporto Curiamo la Corruzione 2017», realizzato da Transparency International Italia insieme a Censis, Ispe Sanità (Istituto per la promozione dell'etica in sanità) e Rissc (Centro ricerche e studi su sicurezza e criminalità), uno degli strumenti principali per combattere contro la corruzione e le distorsioni del sistema burocratico. Non a caso tra i principali ostacoli della trasformazione digitale;
    in Italia la digitalizzazione in sanità è in ritardo pur essendo, secondo esperti e addetti ai lavori, un importante strumento per contrastare la corruzione. Solo il 6 per cento degli italiani prenota, ad esempio, visite online, contro un terzo di finlandesi e danesi, e il 27 per cento degli spagnoli. E solo il 31 per cento dei medici utilizza le reti digitali per lo scambio dei dati sui pazienti con altri operatori sanitari, mentre in Danimarca si arriva al 92 per cento, in Spagna al 64 per cento, nel Regno Unito al 53 per cento secondo i dati pubblicati nell'ultimo report «Curiamo la corruzione»;
    le regioni più virtuose sono il Veneto, il Lazio e il Trentino Alto Adige, mentre la regione rimasta più indietro è la Puglia, dove meno dell'1 per cento dei cittadini ha prenotato visite online. Eppure, il 18,8 per cento degli italiani è convinto che un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, dando più forza ai cittadini. Oltre a far risparmiare tempo e denaro. Questa opinione è condivisa anche dal 71 per cento dei dirigenti delle strutture sanitarie, certi che la normativa che obbliga le Asl a dotarsi di un sito web permetta un maggiore controllo dei costi e dei servizi, e costituisca un reale deterrente alla corruzioni;
    pur avendo registrato negli ultimi anni un'accelerazione sul piano normativo, la digitalizzazione della sanità italiana procede a un ritmo più lento di quello previsto dall'Agenda digitale, per cui entro la fine del 2017 il processo di informatizzazione del sistema sanitario dovrà essere compiuto, almeno sulla carta. Ad esempio, l'introduzione del fascicolo sanitario elettronico, annunciato come una rivoluzione in termini di risparmio di tempi e di costi, al momento risulta attivo solo in 5 regioni (Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana) ed è in fase di sperimentazione o di implementazione nelle altre. Si è poi ancora lontani dall'adempimento dell'obbligo di legge che imponeva a tutte le aziende sanitarie di attivare i pagamenti online e di rendere disponibili i referti in formato digitale entro il mese di novembre 2015;
    l'informatizzazione e le tecnologie digitali possono e devono contribuire non solo a migliorare l'integrazione dei servizi, ma anche a garantire sempre più la trasparenza delle informazioni, anche in relazione alla gestione del servizio sanitario nazionale. Da questa innovazione i benefici attesi secondo recenti studi potrebbero produrre, anche nel breve termine, un risparmio annuo di circa 6 miliardi di euro di spesa sanitaria, migliorando al contempo i livelli di assistenza;
    da qui la necessità di pervenire ad una rapida e integrale attuazione del Patto per la sanità digitale volto al conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, e sostenibilità del Ssn, attraverso l'impiego sistematico dell'innovazione digitale in sanità, così come contemplato dall'articolo 15, comma 1, del Patto per la salute per gli anni 2014-2016;
    anche la digitalizzazione degli atti e dei procedimenti amministrativi di gara, di stipula del contratto e di sua esecuzione consente l'analisi comparativa dei dati e dei flussi della massa di beni, servizi e lavori contrattati dalla pubblica amministrazione e può assicurare una maggiore deterrenza a compiere atti corruttivi;
    a tal fine un ruolo significativo nel controllo della qualità delle prestazioni può essere esercitato anche dalla società civile, dai cittadini, consumatori e utenti anche associati, soprattutto ove si estendano anche alla fase di esecuzione i principi di trasparenza e pubblicità mediante strumenti IT (open data);
    le banche dati possono inoltre dare consistenza e intellegibilità del dato reputazionale di coloro che hanno partecipato alle gare o eseguito contratti pubblici, sicché la conoscenza della qualità e tempestività dell'impresa, parte di un contratto pubblico, dovrebbe divenire un incentivo al conseguimento del valore aggiunto reputazionale, determinando un vantaggio competitivo, anche nel mercato privato;
    anche l'utilizzo dei big data sanitari rappresenta oggi una delle sfide più importanti per assicurare una maggiore efficienza ed efficacia ai sistemi sanitari;
    secondo alcune stime, per esempio, il semplice tele-monitoraggio a casa dei malati cardiologici realizzato attraverso sistemi di screening di massa sfruttando le tecniche del cloud computing, e dell'intelligenza artificiale ridurrebbe il numero di giorni di degenza del 26 per cento e consentirebbe un risparmio del 10 per cento dei costi sanitari, con un aumento dei tassi di sopravvivenza del 15 per cento. Agendo in una fase ancora precedente, quando ancora gli individui non hanno cognizione di essere malati, è possibile un intervento terapeutico molto più tempestivo e di conseguenza un sostanziale miglioramento dei tassi di sopravvivenza, dei tassi di disabilità e una riduzione dei costi sanitari, nonché una minore mortalità e minore morbilità. Si effettuerà quindi un'analisi costi-benefici, considerando il costo dello screening di massa con i benefici della prevenzione in termini di minori costi per il sistema sanitario che in maggiori benefici per il paziente;
    altra misura fondamentale per prevenire il fenomeno della corruzione in sanità è l'adozione di adeguate misure per la tutela del dipendente che segnala situazioni di illecito (cosiddetto whistleblower);
    in tal senso l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato definitivamente, il 15 novembre 2017, la proposta di legge A.C. 3365-B volta a introdurre misure di protezione dei lavoratori dipendenti, tanto del settore pubblico quanto del settore privato, che segnalano reati o irregolarità dei quali vengono a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro;
    l'istituto del whistleblowing, indispensabile in una prospettiva di coinvolgimento della parte migliore dell'amministrazione nella politica di prevenzione della corruzione, necessita tuttavia di disposizioni attuative e di precise linee guida tali da garantire chiarezza ed omogeneità del processo di segnalazione degli illeciti su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   1) ad assumere iniziative per rendere trasparenti le forme di utilizzo delle risorse pubbliche utilizzate, nonché dei pagamenti effettuati presso le strutture sanitarie italiane, dando concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n. 33 del 2013, che si focalizza sulla pubblicazione on-line delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni;
   2) a completare il programma di informatizzazione del Sistema sanitario nazionale previsto dall'articolo 15 del Patto per la salute e dal Patto per la salute digitale, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line;
   3) ai fini dell'effettiva razionalizzazione ed efficacia della spesa sanitaria, intraprendere il processo di sperimentazione del socc – lo strumento operativo di controllo per il monitoraggio dei livelli di corruzione sviluppato dall'istituto per la promozione dell'etica in sanità (Ispe) –, o comunque di qualsiasi altro modello gestionale analogo messo a punto da équipe indipendenti di esperti nel settore da sviluppare e applicare anche in via sperimentale, inizialmente anche solo in talune regioni selezionate;
   4) a garantire il controllo dei processi amministrativi e della qualità delle prestazioni attraverso l'implementazione mediante strumenti IT (open data) e di banche dati;
   5) ad assumere iniziative per realizzare una rete centralizzata di gestione dei big data per la raccolta e la gestione integrata dei dati in possesso dei vari enti sanitari e sociosanitari, come Inps, Inail, Ragioneria generale dello Stato, Ministero della salute, Ministero delle politiche sociali, Dipartimento delle pari opportunità, fino alle regioni e le strutture ospedaliere, valutando in tal senso l'opportunità di realizzare forme di collaborazione con le università italiane per la realizzazione della stessa rete e la successiva analisi dei dati, in particolare al fine di estrapolare informazioni utili per migliorare l'offerta sanitaria nel Paese ed eliminare eventuali sacche di inefficienze individuate;
   6) in accordo e con il supporto di Anac ed Agenas, ad introdurre precise linee guida nazionali al fine da garantire uniformità applicativa e chiarezza nella procedura di segnalazione degli illeciti da parte dei whistleblowers nel contesto in esame;
   7) in ossequio al principio della trasparenza, a rendere pienamente accessibili, anche su piattaforma online dedicata e mediante oscuramento di eventuali dati sensibili, le relazioni aventi ad oggetto le ispezioni ministeriali e dei Nas condotte presso le strutture sanitarie italiane;
   8) a fornire una relazione periodica al Parlamento sull'attuazione del protocollo di intesa del 21 aprile 2016 stipulato tra Anac e Ministero della salute e dell'atto integrativo del 26 luglio 2016 siglato anche dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), avente ad oggetto le attività di verifica e monitoraggio dello stato di attuazione ed implementazione delle misure di trasparenza ed integrità e di prevenzione della corruzione da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale in conformità al Piano nazionale anticorruzione – sezione sanità.
(6-00370) «Di Vita, Nuti, Mannino».


   La Camera,
   premesso che:
    la necessità di contenere la spesa sanitaria, che rappresenta al netto del costo del debito e della spesa previdenziale un sesto della spesa pubblica complessiva, è un vincolo che si pone oggi e continuerà a porsi anche per gli anni a venire. Ciò è sicuramente possibile anche senza ridurre il volume e le qualità delle prestazioni anzi, in molti casi, migliorandone capillarità e standard;
    il Sistema sanitario nazionale presenta una marcata disomogeneità a livello territoriale, con effetti sulla qualità del servizio erogato e soprattutto sull'equità e l'universalità stessa del diritto alla salute. Ciò è determinato anche dalla pluralità di modelli organizzativi esistenti tra le diverse aziende sanitarie. Per realizzare una maggiore omogeneità dei modelli organizzativi è necessario identificare standard omogenei di qualità, economicità ed efficienza. Va rafforzato il potere di indirizzo, controllo e verifica a livello centrale;
    tra le aree di azione nelle quali un intervento strutturale coordinato e incisivo sarebbe in grado di determinare aumenti di efficienza, aumenti della qualità delle prestazioni e riduzioni di costo in grado di autofinanziare nella prima fase gli investimenti necessari vi sono certamente quelle della revisione e trasparenza di tutti i costi del sistema sanitario, della trasparenza e lotta alla corruzione e dell'accelerazione delle politiche di digitalizzazione della sanità;
    secondo tutti i dati internazionali, la sanità permane uno dei settori più a rischio corruzione. Un quinto della spesa sanitaria nei Paesi Ocse è inefficace – nella migliore delle ipotesi – o produce spreco, causato da prestazioni non necessarie o con costi gonfiati, dall'eccesso di burocrazia e da corruzione e frode;
    lo stesso presidente dell'Autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha sottolineato che la sanità è tra i dieci comparti in cui è maggiormente percepito il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione;
    la corruzione e sprechi si confermano dunque il primo male del Servizio sanitario nazionale. Ecco perché nell'ultimo piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) è stata posta grande attenzione al settore della sanità, che per i rapporti curati da organizzazioni indipendenti, i tanti fatti di cronaca e le ingenti risorse investite continua a destare particolare preoccupazione;
    la corruzione in sanità, che – secondo i dati forniti dal Libro Bianco ISPE Sanità e confermati da quelli Ocse 2017 – si aggirerebbe in Italia sui 23 miliardi di euro, sommando anche inefficienze e sprechi, toglie risorse preziose alla qualità dei livelli essenziali di assistenza che sono un diritto costituzionale per tutti i cittadini;
    è necessario, dunque, investire energie e risorse per tutelare il Sistema sanitario nazionale da sprechi, inefficienze e corruzione;
    la sanità digitale è – o meglio, dovrebbe essere – la via principale per il contrasto a due dei principali problemi relativi alla gestione ottimale delle risorse del Ssn: inefficienza e corruzione;
    lo sviluppo della sanità digitale, come in generale la realizzazione della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, non è però solo lo strumento principale per migliorare i servizi ai cittadini, rendere efficiente e sostenibile il sistema pubblico, creare le basi per enormi opportunità di sviluppo economico. È, anche, come ricordato dal «Rapporto Curiamo la Corruzione 2017», realizzato da Transparency International Italia insieme a Censis, Ispe Sanità (Istituto per la promozione dell'etica in sanità) e Rissc (Centro ricerche e studi su sicurezza e criminalità), uno degli strumenti principali per combattere contro la corruzione e le distorsioni del sistema burocratico. Non a caso tra i principali ostacoli della trasformazione digitale;
    in Italia la digitalizzazione in sanità è in ritardo pur essendo, secondo esperti e addetti ai lavori, un importante strumento per contrastare la corruzione. Solo il 6 per cento degli italiani prenota, ad esempio, visite online, contro un terzo di finlandesi e danesi, e il 27 per cento degli spagnoli. E solo il 31 per cento dei medici utilizza le reti digitali per lo scambio dei dati sui pazienti con altri operatori sanitari, mentre in Danimarca si arriva al 92 per cento, in Spagna al 64 per cento, nel Regno Unito al 53 per cento secondo i dati pubblicati nell'ultimo report «Curiamo la corruzione»;
    le regioni più virtuose sono il Veneto, il Lazio e il Trentino Alto Adige, mentre la regione rimasta più indietro è la Puglia, dove meno dell'1 per cento dei cittadini ha prenotato visite online. Eppure, il 18,8 per cento degli italiani è convinto che un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, dando più forza ai cittadini. Oltre a far risparmiare tempo e denaro. Questa opinione è condivisa anche dal 71 per cento dei dirigenti delle strutture sanitarie, certi che la normativa che obbliga le Asl a dotarsi di un sito web permetta un maggiore controllo dei costi e dei servizi, e costituisca un reale deterrente alla corruzioni;
    pur avendo registrato negli ultimi anni un'accelerazione sul piano normativo, la digitalizzazione della sanità italiana procede a un ritmo più lento di quello previsto dall'Agenda digitale, per cui entro la fine del 2017 il processo di informatizzazione del sistema sanitario dovrà essere compiuto, almeno sulla carta. Ad esempio, l'introduzione del fascicolo sanitario elettronico, annunciato come una rivoluzione in termini di risparmio di tempi e di costi, al momento risulta attivo solo in 5 regioni (Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana) ed è in fase di sperimentazione o di implementazione nelle altre. Si è poi ancora lontani dall'adempimento dell'obbligo di legge che imponeva a tutte le aziende sanitarie di attivare i pagamenti online e di rendere disponibili i referti in formato digitale entro il mese di novembre 2015;
    l'informatizzazione e le tecnologie digitali possono e devono contribuire non solo a migliorare l'integrazione dei servizi, ma anche a garantire sempre più la trasparenza delle informazioni, anche in relazione alla gestione del servizio sanitario nazionale. Da questa innovazione i benefici attesi secondo recenti studi potrebbero produrre, anche nel breve termine, un risparmio annuo di circa 6 miliardi di euro di spesa sanitaria, migliorando al contempo i livelli di assistenza;
    da qui la necessità di pervenire ad una rapida e integrale attuazione del Patto per la sanità digitale volto al conseguimento degli obiettivi di efficienza, trasparenza, e sostenibilità del Ssn, attraverso l'impiego sistematico dell'innovazione digitale in sanità, così come contemplato dall'articolo 15, comma 1, del Patto per la salute per gli anni 2014-2016;
    anche la digitalizzazione degli atti e dei procedimenti amministrativi di gara, di stipula del contratto e di sua esecuzione consente l'analisi comparativa dei dati e dei flussi della massa di beni, servizi e lavori contrattati dalla pubblica amministrazione e può assicurare una maggiore deterrenza a compiere atti corruttivi;
    a tal fine un ruolo significativo nel controllo della qualità delle prestazioni può essere esercitato anche dalla società civile, dai cittadini, consumatori e utenti anche associati, soprattutto ove si estendano anche alla fase di esecuzione i principi di trasparenza e pubblicità mediante strumenti IT (open data);
    le banche dati possono inoltre dare consistenza e intellegibilità del dato reputazionale di coloro che hanno partecipato alle gare o eseguito contratti pubblici, sicché la conoscenza della qualità e tempestività dell'impresa, parte di un contratto pubblico, dovrebbe divenire un incentivo al conseguimento del valore aggiunto reputazionale, determinando un vantaggio competitivo, anche nel mercato privato;
    anche l'utilizzo dei big data sanitari rappresenta oggi una delle sfide più importanti per assicurare una maggiore efficienza ed efficacia ai sistemi sanitari;
    secondo alcune stime, per esempio, il semplice tele-monitoraggio a casa dei malati cardiologici realizzato attraverso sistemi di screening di massa sfruttando le tecniche del cloud computing, e dell'intelligenza artificiale ridurrebbe il numero di giorni di degenza del 26 per cento e consentirebbe un risparmio del 10 per cento dei costi sanitari, con un aumento dei tassi di sopravvivenza del 15 per cento. Agendo in una fase ancora precedente, quando ancora gli individui non hanno cognizione di essere malati, è possibile un intervento terapeutico molto più tempestivo e di conseguenza un sostanziale miglioramento dei tassi di sopravvivenza, dei tassi di disabilità e una riduzione dei costi sanitari, nonché una minore mortalità e minore morbilità. Si effettuerà quindi un'analisi costi-benefici, considerando il costo dello screening di massa con i benefici della prevenzione in termini di minori costi per il sistema sanitario che in maggiori benefici per il paziente;
    altra misura fondamentale per prevenire il fenomeno della corruzione in sanità è l'adozione di adeguate misure per la tutela del dipendente che segnala situazioni di illecito (cosiddetto whistleblower);
    in tal senso l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato definitivamente, il 15 novembre 2017, la proposta di legge A.C. 3365-B volta a introdurre misure di protezione dei lavoratori dipendenti, tanto del settore pubblico quanto del settore privato, che segnalano reati o irregolarità dei quali vengono a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro;
    l'istituto del whistleblowing, indispensabile in una prospettiva di coinvolgimento della parte migliore dell'amministrazione nella politica di prevenzione della corruzione, necessita tuttavia di disposizioni attuative e di precise linee guida tali da garantire chiarezza ed omogeneità del processo di segnalazione degli illeciti su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   1) ad assumere iniziative per rendere trasparenti le forme di utilizzo delle risorse pubbliche utilizzate, nonché dei pagamenti effettuati presso le strutture sanitarie italiane, dando concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n. 33 del 2013, che si focalizza sulla pubblicazione on-line delle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni;
   2) a completare il programma di informatizzazione del Sistema sanitario nazionale previsto dall'articolo 15 del Patto per la salute e dal Patto per la salute digitale, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line;
   3) ai fini dell'effettiva razionalizzazione ed efficacia della spesa sanitaria, a valutare di intraprendere il processo di sperimentazione del socc – lo strumento operativo di controllo per il monitoraggio dei livelli di corruzione sviluppato dall'istituto per la promozione dell'etica in sanità (Ispe) –, o comunque di qualsiasi altro modello gestionale analogo messo a punto da équipe indipendenti di esperti nel settore da sviluppare e applicare anche in via sperimentale, inizialmente anche solo in talune regioni selezionate;
   4) a garantire il controllo dei processi amministrativi e della qualità delle prestazioni attraverso l'implementazione mediante strumenti IT (open data) e di banche dati;
   5) a valutare l'opportunità di realizzare una rete centralizzata di gestione dei big data per la raccolta e la gestione integrata dei dati in possesso dei vari enti sanitari e sociosanitari, come Inps, Inail, Ragioneria generale dello Stato, Ministero della salute, Ministero delle politiche sociali, Dipartimento delle pari opportunità, fino alle regioni e le strutture ospedaliere, valutando in tal senso l'opportunità di realizzare forme di collaborazione con le università italiane per la realizzazione della stessa rete e la successiva analisi dei dati, in particolare al fine di estrapolare informazioni utili per migliorare l'offerta sanitaria nel Paese ed eliminare eventuali sacche di inefficienze individuate;
   6) in accordo e con il supporto di Anac ed Agenas, ad introdurre precise linee guida nazionali al fine da garantire uniformità applicativa e chiarezza nella procedura di segnalazione degli illeciti da parte dei whistleblowers nel contesto in esame;
   7) in ossequio al principio della trasparenza, a valutare l'opportunità di rendere pienamente accessibili, anche su piattaforma online dedicata e mediante oscuramento di eventuali dati sensibili, le relazioni aventi ad oggetto le ispezioni ministeriali e dei Nas condotte presso le strutture sanitarie italiane;
   8) a fornire una relazione periodica al Parlamento sull'attuazione del protocollo di intesa del 21 aprile 2016 stipulato tra Anac e Ministero della salute e dell'atto integrativo del 26 luglio 2016 siglato anche dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), avente ad oggetto le attività di verifica e monitoraggio dello stato di attuazione ed implementazione delle misure di trasparenza ed integrità e di prevenzione della corruzione da parte degli enti del Servizio sanitario nazionale in conformità al Piano nazionale anticorruzione – sezione sanità.
(6-00370)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Vita, Nuti, Mannino».


PROPOSTA DI LEGGE: ROMANINI ED ALTRI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PRODUZIONE E VENDITA DEL PANE (A.C. 3265-A)

A.C. 3265-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3265-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 2.11, 2.27, 2.30, 2.51, 11.50, e 12.50, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3265-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Finalità).

  1. La presente legge reca disposizioni in materia di produzione e di vendita del pane al fine di garantire il diritto all'informazione dei consumatori e di valorizzare il pane fresco.
  2. Il pane fresco italiano, quale frutto del lavoro e dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituisce un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.

EMENDAMENTI SEGNALATI PER LA VOTAZIONE

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Finalità).

  Al comma 2, premettere le parole: Nell'ambito della legislazione concorrente in materia di alimentazione, tutela della salute e delle professioni,.
1. 3. Causin.

A.C. 3265-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Definizioni).

  1. È denominato «pane» il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta, convenientemente lievitata utilizzando il lievito di cui all'articolo 5, comma 1, preparata con sfarinati di grano o di altri cereali e acqua, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune, spezie o erbe aromatiche.
  2. La denominazione di pane di cui al comma 1 può essere integrata dalle seguenti denominazioni aggiuntive:
   a) la denominazione di «pane fresco» è riservata in via esclusiva al pane che è stato preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti e ad altri trattamenti con effetto conservante, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione, senza additivi conservanti. È ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorre un intervallo di tempo superiore a settantadue ore dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto;
   b) la denominazione di «pane di pasta madre» è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione dell'impasto, di pasta madre di cui all'articolo 5, comma 5, e senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato «pane fresco di pasta madre»;
   c) la denominazione di «pane con pasta madre» è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo contestuale dei lieviti di cui all'articolo 5, commi 2, 3 e 4, in proporzioni variabili tra loro. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato «pane fresco con pasta madre».

  3. È vietato utilizzare in commercio la denominazione di «pane fresco»:
   a) per designare il pane destinato ad essere posto in vendita oltre le ventiquattro ore successive al momento in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate;
   b) per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane parzialmente cotto, comunque conservato;
   c) per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati.

  4. È comunque vietato l'utilizzo delle denominazioni «pane di giornata», «pane appena sfornato» e «pane caldo» nonché di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore.
  5. Il pane ottenuto da una cottura parziale, se è destinato al consumatore finale, deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti nell'etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione di «pane» completata dalla dicitura «parzialmente cotto» o altra equivalente, nonché l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle modalità della stessa.
  6. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 5, l'etichetta deve riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la dicitura «surgelato».
  7. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola gli obblighi di cui al presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000. In caso di violazioni di particolare gravità o di reiterazione ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981 n. 689, l'autorità amministrativa dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.
  8. I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, compresi quelli miscelati con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta alla denominazione di pane della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.
  9. Qualora nella produzione del pane siano impiegati, oltre agli sfarinati di grano o di altri cereali, altri ingredienti alimentari, la denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell'ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.
(Definizioni).

  Al comma 1, sostituire le parole da: di una pasta fino alla fine del comma, con le seguenti: di:
   a) una pasta convenientemente lievitata, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, preparata con farine alimentari di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune;
   b) un composto di farina e acqua, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune che non subisce alcun processo di fermentazione, al quale non viene aggiunto lievito;
   c) preparati con materie prime degluteinate e/o con farine, compresi i loro derivati, diversi dalla farina di grano, rispettando quanto previsto dall'articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011 e dal decreto del Ministero della salute del 17 maggio 2016.
2. 51. Cristian Iannuzzi.

  Al comma 2, lettera a), dopo la parola: congelamento aggiungere la seguente: prolungato.
2. 2. Causin.

  Al comma 2, lettera a), sostituire le parole: additivi conservanti con le seguenti: utilizzo di additivi
2. 50. L'Abbate, Gagnarli, Gallinella, Dadone.

  Sopprimere il comma 7.

  Conseguentemente, all'articolo 12:
   al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: di eventuali fino alla fine dell'articolo, con le seguenti: delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge. Sono fatte salve le ulteriori sanzioni previste dalla normativa regionale.
  2. Per la violazione della presente legge si applicano le seguenti sanzioni:
   a) chiunque eserciti l'attività di panificazione senza aver presentato la SCIA di cui all'articolo 7, comma 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 2.500 ad un massimo di euro 15.000 e alla chiusura immediata del panificio;
   b) chiunque eserciti l'attività senza l'indicazione del responsabile dell'attività produttiva è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 1.500 ad un massimo di euro 9.000;
   c) il responsabile dell'attività produttiva che non ottempera all'obbligo formativo di cui all'articolo 9, comma 4, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 2.000 ad un massimo di euro 10.000. Alla stessa sanzione è assoggettata l'azienda che non assicura la formazione professionale del responsabile dell'attività produttiva;
   d) chiunque violi le disposizioni di cui all'articolo 2 della presente legge è soggetto ad una sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 5.000 e nei casi più gravi all'immediata sospensione dell'attività.

  3. In caso di recidiva gli importi di cui al comma 2 sono raddoppiati.
  4. Le sanzioni di cui al comma 2 sono irrogate dal comune dove è svolta l'attività.
  5. Le sanzioni di cui al comma 2 sono accertate secondo le procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
   alla rubrica, dopo la parola: Vigilanza aggiungere le seguenti: e sanzioni.
2. 11. Causin.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  10. Nella produzione dei diversi tipi di pane di cui al comma 8 possono essere aggiunti anche altri ingredienti così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502. Ai fini della corretta individuazione dell'aliquota IVA applicabile ai prodotti della panetteria sulla base degli ingredienti impiegati, si rinvia all'articolo 75 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

  Conseguentemente, all'articolo 15:
   dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. All'articolo 75 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. Ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto tra i prodotti della panetteria ordinaria devono intendersi compresi, oltre ai crackers e le fette biscottate, anche quelli contenenti ingredienti e sostanze ammessi dal titolo III della legge 4 luglio 1967, n. 580, con la sola inclusione degli zuccheri già previsti dalla legge n. 580 del 1967 ovvero destrosio e saccarosio, i grassi e gli oli alimentari industriali ammessi dalla legge, cereali interi o in granella e semi, semi oleosi, erbe aromatiche e spezie di uso comune. Non si dà luogo a rimborsi di imposte pagate né è consentita la variazione di cui all'articolo 26, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.»;
   alla rubrica, dopo la parola: abrogazioni aggiungere le seguenti: e modifiche.
2. 27. Gianluca Pini.

A.C. 3265-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Prodotto intermedio di panificazione).

  1. È definito «prodotto intermedio di panificazione» l'impasto, preformato o no, lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l'ottenimento del prodotto finale pane. È da considerare tale l'impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi di tempo, determinando un'effettiva interruzione del ciclo produttivo.
  2. Nel caso in cui un'impresa provveda alla lievitazione e alla cottura ovvero alla sola cottura di un prodotto intermedio di panificazione, il pane così ottenuto deve essere commercializzato in scaffali distinti e separati dal pane fresco, recanti sia le indicazioni previste dalle norme in materia di etichettatura sia la dicitura «pane ottenuto da cottura di impasti», seguita dall'indicazione del metodo di conservazione utilizzato.

A.C. 3265-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Pane conservato o a durabilità prolungata).

  1. Il pane sottoposto a trattamenti che ne aumentino la durabilità è posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi lo stato o il metodo di conservazione utilizzato nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo.
  2. Al momento della vendita, i prodotti di cui al comma 1 devono essere esposti in scomparti ad essi appositamente riservati.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.
(Pane conservato o a durabilità prolungata).

  Dopo l'articolo 4 aggiungere il seguente:

Art. 4-bis.
(Norme per il trattamento del pane con alcool etilico).

  1. Al fine di armonizzare le migliori pratiche industriali nella produzione del pane intero o a fette preconfezionato e per una maggiore tutela del consumatore, essendo l'alcool etilico non un additivo bensì un ingrediente, questo può essere impiegato in combinazione sia dell'acido propionico e suoi sali di sodio, calcio e potassio che in combinazione dell'acido sorbico e suoi sali di potassio e calcio.
  2. Il Ministro della salute è autorizzato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad apportare le dovute modificazioni al comma 3 dell'articolo 2 del decreto ministeriale 13 luglio 1998, n. 312, nel senso di sostituire il riferimento alla sostituzione con quello alla combinazione.
4. 050. Gianluca Pini.

A.C. 3265-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Prodotti utilizzabili per la lievitazione nella panificazione).

  1. Ai fini della presente legge, per lievito si intende un organismo unicellulare, tassonomicamente appartenente, ma non limitante, alla specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di convertire gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell'amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata. La produzione di lievito deve essere ottenuta a partire da microrganismi presenti in natura, appartenenti, ma non limitanti, alla specie Saccharomyces cerevisiae, coltivati su substrati provenienti da prodotti di origine agricola.
  2. Il lievito impiegabile nella panificazione, denominato anche «lievito fresco» o «lievito compresso», deve essere costituito da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.
  3. La crema di lievito, denominata anche «lievito liquido», impiegabile nella panificazione deve essere costituita da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'83 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.
  4. Il lievito secco impiegabile nella panificazione deve essere costituito da cellule in massima parte viventi, con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'8 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca. Può esistere sia nella forma attiva, da reidratare nell'acqua prima dell'uso, o istantanea, da aggiungere direttamente all'impasto.
  5. È definito «pasta madre» l'impasto ottenuto con farina e acqua, sottoposto a una lunga fermentazione naturale acidificante utilizzando la tecnica dei rinfreschi successivi al fine di consentire la lievitazione dell'impasto. La fermentazione deve avvenire esclusivamente a opera di microrganismi endogeni della farina o di origine ambientale. È inoltre ammesso l'utilizzo di colture di avviamento (starter) costituite da batteri lattici, senza materiale di supporto ed esenti da contaminanti. Nella produzione del pane di cui al presente comma è ammesso l'utilizzo delle paste acide di cui all'articolo 6.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.
(Prodotti utilizzabili per la lievitazione nella panificazione).

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: un organismo unicellulare fino a: convertire con le seguenti: la specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di fermentare.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma:
    dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: È ammesso l'uso di specie di lievito tassonomicamente affini a Saccharomyces cerevisiae e con simile capacità di fermentazione.
     al secondo periodo, sostituire le parole: ma non limitanti con le seguenti: non limitatamente;
   ai commi 2 e 3, sostituire la parola: viventi con le seguenti: vive e vitali;
   al comma 4, primo periodo, sostituire la parola: viventi, con le seguenti: vive e;
   al comma 5, sopprimere il quarto periodo.
5. 50. Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Dadone.

  Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole: ma non limitanti con le seguenti: non limitatamente;
   ai commi 2 e 3, sostituire la parola: viventi con le seguenti: vive e vitali;
   al comma 4, primo periodo, sostituire la parola: viventi, con le seguenti: vive e;
   al comma 5, sopprimere il quarto periodo.
5. 50.(Testo modificato nel corso della seduta). Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Dadone.
(Approvato)

A.C. 3265-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Paste acide).

  1. Le paste acide essiccate possono essere utilizzate purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti all'articolo 2, comma 1. Oltre alla versione essiccata, possono essere utilizzate le versioni liquide e in pasta, rispettivamente denominate «pasta acida liquida» e «pasta acida in pasta», purché rispondenti alle prescrizioni del presente comma.
  2. Le paste acide essiccate non sono dotate di adeguato potere fermentativo e, ai fini di cui all'articolo 2, comma 1, necessitano di essere integrate con il lievito. La loro funzione primaria è l'apporto di acidità e di componenti aromatici caratteristici della lievitazione condotta con pasta madre.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 6.
(Paste acide).

  Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole da: possono essere fino alla fine del comma con le seguenti: può essere utilizzata la forma liquida, denominata pasta acida liquida, purché rispondente alle prescrizioni di cui al presente comma.

  Conseguentemente, al comma 2, secondo periodo, sostituire la parola: aromatici con le seguenti: responsabili dell'aroma.
6. 50. L'Abbate, Gagnarli, Gallinella, Dadone.

A.C. 3265-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.
(Definizione di panificio e modalità di vendita).

  1. È denominato «panificio» l'impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l'intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale.
  2. L'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), come disciplinata dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222.
  3. È comunque facoltà del titolare del panificio vendere allo stato sfuso i prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda, con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
  4. Il pane fresco deve essere posto in vendita in scaffali distinti e separati rispetto al pane ottenuto dal prodotto intermedio di panificazione.
  5. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o no, deve essere messo in vendita, previo confezionamento ed etichettatura riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sul luogo e sulla data del primo impasto e sulla natura del prodotto.

A.C. 3265-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.
(Forno di qualità).

  1. La denominazione di «forno di qualità» è riservata in via esclusiva al panificio che produce e commercializza pane fresco.
  2. La denominazione di «forno di qualità» può essere usata nella denominazione della ditta, dell'insegna o del marchio.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 8.
(Forno di qualità).

  Al comma 1, sostituire le parole da: di qualità» fino alla fine dell'articolo, con le seguenti: tradizionale di qualità» è riservata in via esclusiva ai panifici che producono pane tradizionale di qualità, definito ai sensi dell'articolo 11.

  Conseguentemente,
   sostituire la rubrica con la seguente: (Forno tradizionale di qualità).

   all'articolo 11:
    al comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente:
Sono inoltre denominati «pane tradizionale di qualità» i pani i cui disciplinari di produzione sono riconosciuti dalle Regioni ed in ottemperanza ai quali viene concesso agli operatori in possesso di determinati requisiti l'utilizzo di un marchio collettivo di qualità.
    al comma 2, sostituire le parole: alla lettera a) con le seguenti: al primo e al secondo periodo.
8. 52. Causin.

A.C. 3265-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 9.
(Responsabile dell'attività produttiva).

  1. Il responsabile dell'attività produttiva di cui all'articolo 7 è il titolare dell'impresa ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione designato dal legale rappresentante dell'impresa stessa all'atto della presentazione della SCIA.
  2. Al responsabile dell'attività produttiva è affidato il compito di assicurare l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e la qualità del prodotto finito.
  3. Il responsabile dell'attività produttiva deve essere individuato per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione presso il quale è installato un laboratorio di panificazione.
  4. Il responsabile dell'attività produttiva è tenuto a frequentare un corso di formazione professionale, accreditato dalla regione o dalla provincia autonoma competente per territorio, il cui contenuto e la cui durata sono deliberati, sentite le associazioni di rappresentanza e di categoria maggiormente rappresentative a livello territoriale, dalla giunta regionale o della provincia autonoma con apposito provvedimento.
  5. È esonerato dal corso formativo di cui al comma 4 il responsabile dell'attività produttiva che risulta già in possesso di uno dei seguenti requisiti:
   a) aver prestato la propria opera per almeno tre anni presso un'impresa di panificazione, con la qualifica di operaio panettiere o con una qualifica superiore secondo la disciplina dei vigenti contratti collettivi di lavoro;
   b) aver esercitato per almeno tre anni l'attività di panificazione in qualità di titolare, collaboratore familiare o socio prestatore d'opera con mansioni di carattere produttivo;
   c) aver conseguito un diploma in materie attinenti all'attività di panificazione, compreso in un apposito elenco individuato dalla giunta regionale o della provincia autonoma;
   d) aver ottenuto un diploma di qualifica di istruzione professionale in materie attinenti all'attività di panificazione, conseguito nell'ambito del sistema di istruzione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione di almeno un anno presso imprese del settore, ovvero di due anni qualora il diploma sia ottenuto prima del compimento della maggiore età;
   e) aver conseguito un attestato di qualifica in materie attinenti all'attività di panificazione o il profilo di panificatore, in base agli standard professionali della regione o della provincia autonoma, rilasciato a seguito di un corso di formazione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione della durata di almeno un anno svolta presso imprese del settore.
   f) essere affiancato dal responsabile dell'attività produttiva nella quale è subentrato.

  6. Il responsabile dell'attività produttiva svolge la propria attività in completa autonomia relativamente alla gestione, all'organizzazione e all'attuazione della produzione.

A.C. 3265-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Mutuo riconoscimento).

  1. Fermo restando quanto previsto dal regolamento (CE) 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, i prodotti legalmente fabbricati e commercializzati negli altri Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo possono essere commercializzati nel territorio italiano.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 10.
(Mutuo riconoscimento).

  Al comma 1, sostituire le parole da: i prodotti legalmente fino alla fine del comma con le seguenti: le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano ai prodotti legalmente fabbricati o commercializzati negli altri Stati membri dell'Unione Europea o in Turchia o fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).
10. 50. Romanini.
(Approvato)

A.C. 3265-A – Articolo 11

ARTICOLO 11 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Pane tradizionale di qualità).

  1. Sono denominati «pane tradizionale di qualità» i tipi di pane tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari istituito dal citato regolamento, purché non contengano ingredienti finalizzati alla conservazione o alla durabilità prolungata né siano stati sottoposti ad altri trattamenti a effetto conservante. Possono altresì avvalersi della denominazione di «pane fresco tradizionale di qualità» i tipi di pane riconosciuti ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita.
  2. Le regioni, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale, riconoscono i disciplinari di produzione dei tipi di pane di cui alla lettera a) del comma 1.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 11.
(Pane tradizionale di qualità).

  Al comma 2, sostituire le parole: alla lettera a) con le seguenti: al primo periodo.
11. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  3. Nell'ambito delle iniziative volte alla valorizzazione e alla promozione dei prodotti agroalimentari, sono definiti annualmente, nel capitolo di spesa di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, appositi programmi finanziari volti a sostenere e a promuovere la produzione e la commercializzazione del pane fresco e del pane fresco tradizionale di qualità.
11. 50. Gianluca Pini.

A.C. 3265-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 12.
(Vigilanza).

  1. La vigilanza sull'attuazione della presente legge è esercitata dalle aziende sanitarie locali e dai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall'applicazione di eventuali sanzioni amministrative stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, per la violazione delle disposizioni della medesima legge, ad esclusione di quelle di cui all'articolo 2. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 3265-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Adeguamento della normativa regionale. Clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano).

  1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi in essa contenuti.
  2. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 13 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 13
(Adeguamento della normativa regionale. Clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano).

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 13.
(Adeguamento delle leggi regionali).

  1. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge.
  2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
  3. In caso di mancata adozione delle disposizioni regionali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico o del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, valuteranno le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, secondo le disposizioni di attuazione previste dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
13. 5. Causin.

A.C. 3265-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Adeguamento del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502).

  1. Il Governo, nell'esercizio della potestà regolamentare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede ad apportare le modifiche necessarie per adeguare il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, alle disposizioni della presente legge.

A.C. 3265-A – Articolo 15

ARTICOLO 15 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 15.
(Abrogazioni).

  1. Sono abrogati:
   a) gli articoli 14 e 21 della legge 4 luglio 1967, n. 580;
   b) l'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502;
   c) l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

A.C. 3265-A – Articolo 16

ARTICOLO 16 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 16.
(Entrata in vigore).

  1. Le disposizioni della presente legge si applicano a decorrere dal secondo mese successivo al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, di cui è data notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 16 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 16.
(Entrata in vigore).

  Al comma 1, sostituire le parole da: della presente legge fino alla fine del comma, con le seguenti: di cui alla presente legge, notificate alla Commissione europea ai sensi della Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

  Conseguentemente, alla rubrica, dopo la parola: vigore aggiungere le seguenti: e disposizioni transitorie.
16. 50. Romanini.
(Approvato)

EMENDAMENTI NON SEGNALATI PER LA VOTAZIONE

ART. 1.

  Al comma 2, premettere le parole: Nell'ambito della legislazione concorrente in materia di alimentazione, tutela della salute e delle professioni,.
1. 7. Cristian Iannuzzi.

ART. 2.

  Sopprimere il comma 7.

  Conseguentemente, all'articolo 12:
   al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: di eventuali fino alla fine dell'articolo, con le seguenti: delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge. Sono fatte salve le ulteriori sanzioni previste dalla normativa regionale.
  2. Per la violazione della presente legge si applicano le seguenti sanzioni:
   a) chiunque eserciti l'attività di panificazione senza aver presentato la SCIA di cui all'articolo 7, comma 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 2.500 ad un massimo di euro 15.000 e alla chiusura immediata del panificio;
   b) chiunque eserciti l'attività senza l'indicazione del responsabile dell'attività produttiva è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 1.500 ad un massimo di euro 9.000;
   c) il responsabile dell'attività produttiva che non ottempera all'obbligo formativo di cui all'articolo 9, comma 4, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 2.000 ad un massimo di euro 10.000. Alla stessa sanzione è assoggettata l'azienda che non assicura la formazione professionale del responsabile dell'attività produttiva;
   d) chiunque violi le disposizioni di cui all'articolo 2 della presente legge è soggetto ad una sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 5.000 e nei casi più gravi all'immediata sospensione dell'attività.

  3. In caso di recidiva gli importi di cui al comma 2 sono raddoppiati.
  4. Le sanzioni di cui al comma 2 sono irrogate dal comune dove è svolta l'attività.
  5. Le sanzioni di cui al comma 2 sono accertate secondo le procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
   alla rubrica, dopo la parola: Vigilanza aggiungere le seguenti: e sanzioni.
2. 30. Cristian Iannuzzi.

ART. 11.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis.
(Promozione della panificazione di qualità).

  1. Nei bandi di gara regionali o locali per appalti pubblici di servizi o forniture di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva, costituisce titolo preferenziale ai fini dell'aggiudicazione l'uso prevalente delle farine di grano, duro e tenero, e di altri cereali, non abburattate o integre e dei prodotti da esse derivati.
  2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i servizi pubblici di ristorazione scolastica e ospedaliera integrano i rispettivi menù, introducendo pane derivante da farine di grano, duro e tenero, e di altri cereali non raffinate o integre.
  3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definiti gli standard di informazione e comunicazione che il Ministero stesso e gli esercenti devono osservare per informare il pubblico circa i princìpi nutritivi e gli effetti derivanti dal loro consumo.
11. 04. Cristian Iannuzzi.

ART. 13.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  3. In caso di mancata adozione delle disposizioni regionali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico o del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, valuta le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, secondo le disposizioni di attuazione previste dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
13. 50. Cristian Iannuzzi.

A.C. 3265-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    la proposta intende delineare una nuova disciplina di carattere generale per la produzione e vendita del pane al fine di garantire sia il diritto all'informazione dei consumatori sia la valorizzazione del pane fresco italiano, quale frutto del lavoro e dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni;
    la produzione del pane fresco italiano costituisce uno straordinario patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale;
    in Italia si contano oltre 25 mila imprese del pane con 400 addetti e con un fatturato di oltre 7 miliardi di euro;
    negli ultimi anni il consumo pro-capite di pane fresco è sceso fino a 90 grammi al giorno, ciò ha comportato una grave crisi per i panifici artigianali poiché il pane si compra sempre più spesso nei supermercati a prezzi bassi, e molto di quello che arriva in tavola viene oramai importato dall'Est Europa;
    spesso i consumatori sono tratti in inganno dalla denominazione «pane fresco», che ora dovrà essere: «riservata in via esclusiva al pane che è stato preparato secondo un processo continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti e ad altri trattamenti con effetto conservante...»;
    significativo sarà la denominazione di «forno di qualità», sarà riservata in via esclusiva al panificio che produce e commercializza pane fresco, e risulta in possesso di certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001:2008...;
    infine, viene specificata la denominazione di «pane tradizionale di qualità» identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministero per le politiche agricole 8 settembre 1999, n. 350,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere sia specifiche campagne di informazione per i consumatori finali, sia iniziative di sostegno per le moltissime realtà produttive situate nei piccoli borghi, soprattutto montani, ove la produzione del «pane fresco tradizionale di qualità» rappresenta anche un presidio contro lo spopolamento e la tutela di tradizioni più antiche.
9/3265-A/1Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il pane è una degli alimenti che maggiormente richiama la cultura e le tradizioni di un determinato comprensorio;
    in molte realtà in particolare del Mezzogiorno il pane è il prodotto finale di una filiera locale ben radicata;
    la qualità del grano, il tipo di coltivazione, la trasformazione in farina è un processo che mette in rete un segmento importante della economia locale;
    molti panificatori continuano ad esercitare tale attività con passione nonostante le tante difficoltà soprattutto nei piccoli centri;
    il pane spesso diventa anche un vero e proprio attrattore «turistico»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare anche attraverso il ruolo delle Camere di Commercio territorialmente competenti dei marchi di filiera territoriali che possano certificare qualità della filiera nonché il percorso storico e tradizionale legato alla lavorazione del pane al fine di valorizzare una produzione identitaria di un determinato luogo.
9/3265-A/2Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento recante disposizioni in materia di produzione e di vendita del pane mira a garantire il diritto all'informazione dei consumatori e a tutelare e valorizzare il settore del pane fresco artigianale;
    il comma 7 dell'articolo 2 stabilisce che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola gli specifici obblighi in materia di produzione e di vendita del pane previsti dallo stesso articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 500 a euro 3.000;
    lo stesso comma stabilisce inoltre che in caso di violazioni di particolare gravità o di reiterazione l'autorità amministrativa dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni,

impegna il Governo

a rendere noti, a un anno dall'entrata in vigore della legge, anche attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dati sulle sanzioni pecuniarie comminate e sull'ammontare derivante dal pagamento delle stesse e sui provvedimenti di sospensione dell'attività di vendita.
9/3265-A/3Mazziotti Di Celso.


   La Camera,
   premesso che:
    la panificazione in Sardegna assume ancora oggi un significato simbolico molto importante perché non è solo un alimento ma una carta d'identità storica per il popolo sardo;
    nell'antica tradizione sarda le fasce benestanti usavano un pane giornaliero ottenuto con farina di grano duro, mentre per quelle meno abbienti il pane era quello che aveva una maggiore capacità di conservazione con crusca, farina d'orzo o macinato di ghiande;
    era una tradizione prevalentemente femminile con le donne impegnate in tutto il ciclo della panificazione dal lavaggio e molitura dei cereali alla loro setacciatura, fino all'impasto e alla cottura;
    dei pani giornalieri si sono conservati ancora il Moddizzosu e il Civraxu solo per citarne alcuni;
    ma il pane poteva essere anche classificato in base alla consistenza come quello sottile conosciuto come pane Carasau o Carta da musica;
    la panificazione quindi in Sardegna assume profili identitari molto forti non solo dal punto di vista alimentare ma anche per quanto concerne tutta la filiera;
    il provvedimento in esame interviene regolamentando tutta l'attività panificatoria;
    occorre tutelare la tipicità di alcune produzioni come appunto quella sarda da processi che rischiano di pregiudicarne la qualità;
    in particolare nei piccoli centri l'attività di panificazione è strettamente legata alla filiera agroalimentare locale anche in relazione alla qualità del grano coltivato,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure di salvaguardia della qualità del grano a valutare l'opportunità di prevedere una tutela specifica per la filiera della panificazione al fine di preservare tradizioni legate alla produzione del pane che in territori come in Sardegna assumono un preciso valore identitario con misure di sostegno dalla terra al forno e istituendo d'intesa con la Regione il distretto del Pane.
9/3265-A/4Cani.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge in esame è volta a garantire il diritto dei consumatori all'informazione e a valorizzare il pane fresco;
    l'articolo 12 attribuisce la vigilanza sull'attuazione della presente legge alle Aziende sanitarie locali ed ai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall'applicazione di eventuali sanzioni amministrative per la violazione delle disposizioni della medesima legge,

impegna il Governo

a controllare la corretta applicazione dell'articolo 12 in modo tale che vengano effettivamente irrogate le necessarie sanzioni qualora ne ricorrano i presupposti.
9/3265-A/5Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge A.C. 3265-A reca «Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane» mira a garantire il diritto all'informazione dei consumatori, attraverso la valorizzazione del pane fresco;
    il glifosato, in un rapporto ISPRA relativo agli anni 2011 e 2012 ed elaborato sulla base di dati provenienti dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) e delle corrispondenti agenzie provinciali (APPA), viene definito come uno degli erbicidi più utilizzati nell'agricoltura italiana;
    lo studio «Glyphosate pathways to modem disease V» condotto dagli scienziati Anthony Samsel e Stephanie Seneff, del Massachusetts Institute of Technology (Mit) collega il glifosato, uno dei più popolari diserbanti, classificato dall'Airc come probabile cancerogeno, ad una vasta gamma di malattie come diabete, obesità, asma, morbo di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (Sla), e il morbo di Parkinson;
    il Decreto del Ministero della salute del 6 settembre 2016 dispone la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato con il coformulante Ammina di segopolietossilata (n. CAS 61791- 26-2) a partire dal 22 novembre 2016 e ai loro impiego a partire dal 22 febbraio 2017,

impegna il Governo

ad adottare misure che indichino il valore percentuale di glifosato presente nel pane in distribuzione al fine di tutelare la salute dei cittadini.
9/3265-A/6Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula propone la definizione di pane: questo è il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con i farinati di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune, spezie o erbe aromatiche;
    viene previsto il divieto di utilizzare la denominazione di pane fresco: per il pane destinato ad essere posto in vendita oltre le 24 ore successive al momento in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate, per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane parzialmente cotto, comunque conservato; per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati;
    è previsto, altresì, il divieto di utilizzare denominazioni quali pane di giornata e pane appena sfornato e pane caldo nonché di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le iniziative al fine di predisporre linee guida da concordare con le regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la definizione di elementi di carattere tecnico al fine di una corretta applicazione di quanto previsto dal provvedimento.
9/3265-A/7Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione delle tecnologie e del gusto dei consumatori ha determinato un progressivo cambiamento del settore della panificazione, che si è saputo adattare alle nuove sfide ed è rimasto uno dei settori di punta della produzione agroalimentare nazionale. Un settore che dovrebbe essere tutelato e messo in condizioni di operare al meglio delle proprie capacità e di continuare a investire e innovare;
    la normativa alimentare sulla panificazione è regolamentata dal decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502 («Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane»), che ha modificato la legge 4 luglio 1967, n. 580 («Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari»);
    nello specifico, con l'abrogazione di alcuni articoli del Titolo III della legge n. 580 del 1967, si è realizzata una vera e propria liberalizzazione degli ingredienti e delle sostanze ammesse per la produzione dei prodotti della panetteria, dando così una più attuale ed ampia definizione di «pane» ai fini alimentari;
    nonostante questa sostanziale evoluzione della normativa sulla lavorazione e commercializzazione del pane, la disciplina IVA, recata dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha mantenuto il riferimento al Titolo III alla legge n. 580 del 1967 (in vigore prima delle modifiche introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica n. 502 del 1998) allo scopo di individuare i prodotti della cosiddetta «panetteria ordinaria» soggetti ad aliquota super ridotta del 4 per cento;
    la lista degli ingredienti e sostanze previste dal Titolo III della legge n. 580 del 1967, a distanza di 50 anni dalla sua originaria formulazione, si sta rivelando sempre più inadeguata nel disciplinare le evoluzioni accadute e soprattutto future del progresso tecnologico e nel tener conto delle esigenze nutrizionali e delle richieste dei consumatori, che fisiologicamente condizionano l'offerta e la varietà di prodotti della panetteria ordinaria;
    si rende necessario un chiarimento normativo, atteso da almeno venti anni dal settore, che attualizzi l'accezione di panetteria ordinaria, riconducendo in via interpretativa l'individuazione dei principali ingredienti ammessi alle categorie merceologiche di quelli già attualmente previsti;
    a titolo esemplificativo può essere utile citare il caso di una schiacciatina che incorpora origano piuttosto che rosmarino. Poiché quest'ultimo ingrediente non è espressamente menzionato nel richiamato Titolo III, la schiacciatina al rosmarino dovrebbe scontare un'aliquota del 10 per cento mentre la stessa schiacciatina all'origano l'aliquota del 4 per cento. Un distinguo di aliquota sulla base di ingredienti – nel caso specifico erbe aromatiche – che di fatto non hanno alcuna rilevanza sulle caratteristiche della cosiddetta panetteria ordinaria;
    l'intervento normativo favorirebbe il rilancio della produzione e dei consumi, sviluppando l'indotto di un'intera filiera con positivi effetti collaterali per la crescita economica del Paese, e inoltre permetterebbe al comparto della panificazione di rispondere alle nuove esigenze dei consumatori e di fronteggiare in modo efficace la concorrenza particolarmente agguerrita dei prodotti esteri,

impegna il Governo

a prevedere nella Legge di Bilancio per il 2018 una norma interpretativa di natura tecnica, in merito all'applicazione dell'IVA alla cessione di prodotti di panetteria, che chiarisca in modo risolutivo che non si intende ampliare il novero dei prodotti soggetti all'IVA al 4 per cento ma si vuole procedere ad una definizione aggiornata dei prodotti della panetteria ordinaria nonché ad un adeguamento della normativa all'evoluzione delle tecniche di produzione che in questo campo avanzano molto celermente.
9/3265-A/8Gianluca Pini, Romanini, Oliverio, Mongiello, Prina, L'Abbate, Cinzia Maria Fontana.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative volte a garantire la regolarità contributiva e fiscale in relazione ai collaboratori domestici – 3-03412

   CAON. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è noto come dall'attività della Guardia di finanza si individui una diffusa e consistente evasione delle imposte sui redditi da parte di collaboratori domestici (colf e badanti) realizzata mediante la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali ed il conseguente omesso versamento delle imposte;
   si tratta di evasori totali perché, pur avendo percepito, a fronte di assistenza prestata nei confronti di anziani e persone bisognose di cure fisiche e domestiche, compensi annui superiori alla soglia oltre la quale la legge impone l'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, spesso non adempiono a tale onere, evadendo le relative imposte;
   ciò è possibile perché i datori di lavoro privati non sono sostituti d'imposta e quindi non sono tenuti a fornire alcuna comunicazione relativa alle somme corrisposte e, di conseguenza, sulle somme erogate non viene operata alcuna ritenuta;
   a tal proposito, potrebbe ritenersi opportuno istituire un controllo automatizzato mediante incrocio dei dati tra posizioni Inps regolarmente alimentate da versamenti trimestrali eseguiti dai datori di lavoro privati e le dichiarazioni dei redditi annualmente presentate all'Agenzia delle entrate dai lavoratori domestici. In tal modo la posizione fiscale di quei lavoratori assunti con un regolare contratto di lavoro da privati, che pagano trimestralmente i contributi Inps, verrà verificata rispetto alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi;
   è importante ricordare che non solo il salario periodico viene corrisposto al lordo, ma anche il trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore viene corrisposto senza alcuna ritenuta, occultando di fatto un consistente gettito all'erario;
   appare, quindi, fondamentale attuare puntuali procedure di verifica e di contrasto all'evasione su questa specifica categoria di contribuenti, considerato che ad essi di frequente vengono erogate delle indennità di disoccupazione (più volte durante la vita lavorativa);
   tutto ciò non solo per contrastare la sottrazione ad imposizione di consistenti imponibili, ma anche per equità sociale, considerato che i collaboratori domestici (colf e badanti), così come tutti gli altri lavoratori dipendenti, hanno diritto ad accedere ai benefici economici erogati dall'Inps –:
   quali siano i dati relativi all'evasione riscontrata dalla Guardia di finanza in relazione alle imposte sui redditi da parte di collaboratori domestici, quali azioni il Governo intenda intraprendere per contenere tale fenomeno e se non intenda, al fine di contrastare evasione ed elusione e a salvaguardia dei lavoratori stessi, attivare un controllo straordinario di regolarità contributiva e fiscale riguardante colf e badanti. (3-03412)


Iniziative normative volte a ripristinare le tutele già contenute nell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con particolare riferimento ai lavoratori genitori di figli disabili, anche alla luce della recente vicenda occorsa presso lo stabilimento Ikea di Corsico di Milano – 3-03413

   LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI, ZOGGIA e MOGNATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dagli organi di stampa si legge che una donna separata, con due figli, uno di dieci e l'altro di cinque anni, quest'ultimo disabile, dipendente dell'azienda Ikea di Corsico di Milano, è stata licenziata per non aver rispettato pedissequamente l'orario di lavoro;
   laureata in scienze e tecnologie alimentari, da diciassette anni lavorava nello stabilimento Ikea di Corsico, prima al bistrot-bottega a piano terra e da qualche mese al ristorante del primo piano;
   la donna, in questi anni, si è resa sempre disponibile a tutti i turni di lavoro e agli orari propinateli, senza avere mai avuto richiami o lettere di contestazione. Qualche mese fa l'azienda le comunicava un cambio di reparto, rispetto al quale la donna non si era opposta, chiedendo soltanto che le venisse riconosciuta una maggiore flessibilità sugli orari di lavoro, soprattutto nei giorni di terapia, per poter accudire il suo bimbo disabile, motivo per il quale la stessa usufruisce della legge n. 104 del 1992;
   l'azienda in un primo momento acconsentiva alla sua richiesta, ma nei fatti la donna lavorava con turni dalle nove del mattino fino a chiusura e, nel nuovo turno stabilito per il nuovo reparto, le si chiedeva di lavorare dalle sette del mattino;
   la settimana scorsa, l'azienda Ikea la licenziava in tronco tramite una lettera in cui le si diceva che il rapporto di fiducia era venuto meno poiché in due occasioni la dipendente, vista la chiusura netta alle proprie richieste, si era presentata al lavoro in orari diversi da quelli previsti come consigliato dal proprio sindacato Filcams Cgil, una volta due ore in anticipo, l'altra due ore in ritardo;
   questa è una storia che racconta del fatto che quel pezzo di statuto dei lavoratori, che storicamente è stato immaginato «per far entrare la Costituzione nelle fabbriche» e che, nei fatti, è stato smantellato, non «è un ferro vecchio del passato», ma uno strumento della modernità perché libera i lavoratori dal ricatto –:
   quali iniziative normative il Governo intenda assumere per ripristinare le tutele contenute precedentemente nell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, un tempo pilastro di civiltà del nostro Paese, prevedendo anche forme di sostegno al reddito per lavoratori e lavoratrici come questa giovane donna, separata, madre di un bambino disabile che si è ritrovata senza alcuna forma di tutela e si è vista privata del proprio lavoro. (3-03413)


Iniziative per salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali presso le acciaierie di Piombino, nonché in merito ai connessi interventi di bonifica – 3-03414

   FASSINA, MARCON, AIRAUDO, CIVATI e FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 31 ottobre 2017 è scaduto il termine fissato dall’addendum all'accordo del 2015 per le acciaierie di Piombino (ex Lucchini) tra il Governo e Aferpi (gruppo Cevital) sull'individuazione di un partner industriale o sulla presentazione di un piano industriale con finanziamenti certi;
   l’addendum siglato prevedeva:
    a) il prolungamento fino al 30 giugno 2019 del periodo di sorveglianza da parte degli organi della procedura di amministrazione straordinaria, sulla base di un piano di azione che definiva il cronoprogramma dei nuovi impegni;
    b) l'impegno di Cevital/Aferpi a individuare, entro il 31 ottobre 2017, una partnership per la parte siderurgica del progetto Piombino o a presentare un piano industriale con evidenza delle fonti di finanziamento certe;
    c) l'impegno di Aferpi a riprendere l'attività produttiva con le tempistiche del piano di azione che prevedeva, tra le altre cose: per la parte siderurgica, la ripresa dell'attività di laminazione ad agosto 2017 per le rotaie ad ottobre 2017; un piano di liberazione delle aree: smantellamento degli impianti piccoli con fine lavori a settembre 2017, assegnazione degli ordini entro ottobre 2017; per lo smantellamento di grandi impianti, la fine lavori nell'ottobre 2019;
   gli impegni di Aferpi indicati nell’addendum, a quanto risulta agli interroganti, non sarebbero stati rispettati e la violazione dell’addendum è un grave inadempimento e quindi causa di risoluzione dell'accordo;
   l'unico atto prodotto da Aferpi rispetto all’addendum è stato l'invio di una lettera di intenti;
   il Ministro interrogato ha ritenuto insufficiente la lettera d'intenti di Cevital sulla ripresa delle attività produttive di Aferpi e ha dato mandato al commissario dell'ex Lucchini Piero Nardi di avviare le procedure per la rescissione del contratto;
   la procedura di rescissione del contratto passa dal pronunciamento del tribunale, dopo il quale la gestione dello stabilimento di Piombino potrebbe anche passare di nuovo nelle mani dell'amministrazione straordinaria, ma solo nel caso che Aferpi dichiari insolvenza;
   nel caso che Aferpi, pur in un'inadempienza conclamata, continui a pagare per la propria parte i dipendenti, la società del marchio Cevital rimarrebbe proprietaria delle acciaierie, un'ipotesi disastrosa per Piombino –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere o abbia assunto sia nei confronti di Aferpi per salvaguardare la produzione di acciaio in Toscana e i livelli occupazionali, sia in merito agli interventi di bonifica di competenza statale che non risultano ancora iniziati. (3-03414)


Iniziative di competenza volte a garantire la piena operatività delle disposizioni relative all'obbligo, per gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, di regolare la cadenza della fatturazione su base mensile – 3-03415

   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 19-quinquiesdecies del decreto-legge n.148 del 2017, appena approvato dalle Camere, impone agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, di regolare la cadenza della fatturazione su base mensile o di multipli del mese;
   gli operatori hanno centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge per adeguare i contratti alla cadenza mensile e, pertanto, la norma entrerà a regime nella prima decade di giugno 2018;
   la norma demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la verifica del rispetto di tale obbligo e l'eventuale irrogazione di sanzioni;
   approfittando del periodo di adeguamento alla nuova normativa, taluni operatori continuano ad offrire contratti quadrisettimanali; a quanto consta agli interroganti, il call center di Sky non chiarirebbe adeguatamente al consumatore se l'offerta proposta è quadrisettimanale o mensile, mentre Tim, addirittura, nonostante il divieto espressamente rivoltole dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella primavera 2017 di non modificare la tariffazione mensile, starebbe emettendo fatture a otto settimane per la linea fissa, di fatto realizzando un arbitrario incremento tariffario, superiore all'8 per cento, nel periodo di riferimento;
   l'indennizzo forfettario pari ad euro 50 e i rimborsi per i ritardi nell'adeguamento in favore di ciascun utente interessato dall'illegittima fatturazione e le sanzioni che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può comminare (fino a 5 milioni di euro e fino al 5 per cento del fatturato realizzato in violazione della norma) appaiono di valore assai inferiore agli introiti realizzabili nel periodo di adeguamento alla nuova normativa, introiti valutati dalla stampa in oltre mezzo miliardo di euro;
   un ulteriore pericolo consiste nel fatto che al termine di tale periodo, gli operatori potrebbero approfittare della modifica normativa per considerare tutti i contratti come nuovi contratti, aggravandone gli oneri, e potrebbero azzerare prima della loro scadenza tutte le offerte favorevoli fatte ai consumatori, per «sopravvenuta modifica del quadro normativo generale» –:
   quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per impedire che una disposizione, introdotta per evitare un aumento surrettizio dei costi a carico dei consumatori, possa risolversi paradossalmente in un ulteriore aggravio dei costi a danno dei medesimi. (3-03415)


Iniziative volte ad assicurare la continuità didattica e il rispetto del diritto allo studio degli alunni con disabilità, con particolare riferimento alla formazione e all'assunzione degli insegnanti di sostegno – 3-03416

   BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca — Per sapere – premesso che:
   durante le assidue visite presso le associazioni di genitori con figli disabili si è riscontrato un alto grado di scoramento in cui versano le famiglie e i minori, a causa di una scarsa presenza sul territorio nazionale di insegnanti di sostegno insufficienti a coprire adeguatamente le esigenze degli studenti con disabilità;
   il decreto legislativo n. 66 del 2017 prevede importanti novità in tema di supplenze sulla continuità didattica;
   da diversi anni si aggrava la carenza di insegnanti di sostegno adeguatamente formati, sia a causa del difficoltoso percorso di formazione e assunzione di nuovi insegnanti di sostegno sia per via dell'aumento dei minori con disabilità;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emesso un bando per l'accesso alle prove selettive per il conseguimento della specializzazione docenti per il sostegno che entreranno nel mondo della scuola nell'anno scolastico 2018-2019 e per il Friuli Venezia Giulia ha previsto: 68 posti per la scuola dell'infanzia a fronte dei 23 scoperti nella sola provincia di Pordenone, 69 per la scuola primaria contro i 68 scoperti (15 dei quali alla sola «Nostra famiglia» di San Vito al Tagliamento), 63 per la scuola secondaria di primo grado rispetto ai 36 scoperti e 71 contro i 40 scoperti per le scuole superiori;
   dai dati estrapolati a settembre dal «Focus anticipazione dati, scolastico 2017/2018, sulla scuola italiana del Miur» risulta che le cattedre in deroga sono pari a 38.769, mente le cattedre stabili, ossia in organico di diritto, destinate al personale stabilizzato, sono pari a 100.080;
   il totale tra cattedre in organico di diritto e in deroga è pari a 138.849 posti e dunque queste ultime oltrepassano i 40.000 posti; dei posti totali sul sostegno circa un terzo è rappresentato da posti in deroga, ovvero supplenze fino al 30 giugno 2018;
   alla luce dei dati sopra riportati è necessario garantire la continuità didattica e il rispetto del diritto allo studio degli alunni con disabilità, favorendo un corretto utilizzo degli insegnanti di sostegno –:
   se sia a conoscenza della situazione attuale relativa ai posti vacanti e, in caso positivo, se, in virtù dei disagi arrecati agli istituti, in particolare nella prima parte dell'anno scolastico, intenda assumere iniziative per stabilizzare tutti i posti vacanti e ampliare gli organici, anche in considerazione del costante aumento degli alunni con disabilità. (3-03416)


Iniziative di competenza volte a revocare l'incarico al presidente dell'Agenzia spaziale italiana – 3-03417

   ALLASIA, FEDRIGA, ALTIERI, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MARTI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia spaziale italiana, nata nel 1988, è un ente pubblico nazionale vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che opera in collaborazione con diversi altri dicasteri;
   in meno di due decenni si è affermata come uno dei più importanti attori mondiali sulla scena della scienza spaziale, delle tecnologie satellitari, dello sviluppo di mezzi per raggiungere ed esplorare il cosmo. L'Agenzia spaziale italiana ha un ruolo di primo piano tanto a livello europeo, dove l'Italia è il terzo Paese che contribuisce maggiormente all'Agenzia spaziale europea, quanto a livello mondiale;
   grazie all'attività dell'Agenzia spaziale italiana, la comunità scientifica italiana ha ottenuto negli ultimi decenni successi senza precedenti nel campo dell'astrofisica e della cosmologia, contribuendo, tra l'altro, a ricostruire i primi istanti di vita dell'universo, compiendo passi fondamentali verso la comprensione del fenomeno dei gamma ray bursts e delle misteriose sorgenti di raggi gamma. L'Agenzia spaziale italiana ha dato inoltre importanti contributi all'esplorazione spaziale, costruendo strumenti scientifici che hanno viaggiato con le sonde Nasa ed Esa alla scoperta dei segreti di Marte, Giove, Saturno. E in tutte le principali missioni pianificate per i prossimi anni – da Venere alle comete, fino ai limiti estremi del nostro sistema solare – ci sarà un pezzo di Italia;
   l'Agenzia spaziale italiana ha attualmente circa 200 dipendenti e un budget annuale al 2016 di circa 1,6 miliardi di euro;
   da quanto sopra richiamato si evince quanto tale ente sia importante e dia lustro al sistema Paese, inteso come indotto industriale e scientifico di altissimo impatto tecnologico, oltre a permettere la valorizzazione dei poli di ricerca universitaria;
   il 24 novembre 2017 si è tenuta a Firenze la consueta manifestazione politica del Partito democratico all'ex stazione della Leopolda;
   nella giornata di sabato 25 novembre 2017 è stato pubblicato un tweet del segretario del Partito democratico, cui ha fatto seguito un'attestazione di apprezzamento da parte dell'Agenzia spaziale italiana, attraverso il suo profilo Twitter istituzionale, fatto che, secondo gli interroganti, risulta grave perché tali esternazioni non rispondono alla mission dell'istituzione –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto rappresentato in premessa, non intenda assumere le iniziative di competenza per revocare l'incarico al presidente dell'Agenzia spaziale italiana, essendo l'Agenzia, secondo gli interroganti, venuta meno in modo palese al ruolo di terzietà che dovrebbe essere proprio di una struttura pubblica così importante e il cui vertice, pur di nomina politica, dovrebbe agire per garantire che la stessa rappresenti l'intero sistema scientifico ed industriale del Paese. (3-03417)


Iniziative di competenza volte a salvaguardare le manifestazioni che caratterizzano la ricorrenza del Natale in ambito scolastico – 3-03418

   VIGNALI e BOSCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca — Per sapere – premesso che:
   il recente caso dell'istituto «Ragusa Moleti» di Palermo dove, con circolare redatta dal dirigente scolastico del medesimo plesso scolastico, sono state vietate esposizioni e manifestazioni di carattere religioso nelle aule, ha riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica il tema della presenza dei simboli cristiani e della possibilità di pregare all'interno degli edifici scolastici;
   la Ministra interrogata, intervenendo sull'episodio con una dichiarazione del 25 novembre 2017, ha ricordato come il preside della scuola di Palermo, facendo rimuovere i simboli cristiani dalle aule dell'istituto, abbia attuato in modo improprio una circolare del 2009, la quale si limitava a dire che non vi dovessero essere scuole confessionali e non che non si possano esporre i simboli della religione cattolica in classe;
   va anche ribadito come, con sentenza definitiva del 18 marzo 2011, i giudici della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo abbiano accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dall'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche: la decisione è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari;
   la stessa Corte, nella sentenza di cui al punto precedente, ha stabilito come l'esposizione del crocefisso nelle scuole sia legittima, in quanto essa si basa sul significato culturale da ritenersi idoneo a rappresentare i valori costituzionali di solidarietà, tolleranza, rispetto reciproco e rifiuto di ogni discriminazione;
   inoltre, i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno stabilito che imporre ad uno Stato la rimozione di un simbolo religioso, la cui presenza è giustificata dalla tradizione del Paese medesimo, implica un valore negativo contro ciò che tale simbolo rappresenta, così violando il principio della libertà di culto;
   i simboli e le preghiere cristiane sono strettamente legati alla storia italiana ed hanno offerto un immenso contributo culturale, etico e sociale al nostro Paese ed al mondo intero: simboli e significati che vanno sostenuti e difesi per il loro intrinseco ed imperituro valore –:
   se il Governo non ritenga di dover consentire ed assicurare, per quanto di competenza, nelle scuole le manifestazioni che caratterizzano il Natale, che da sempre hanno intensamente contrassegnato e permeato la storia culturale e sociale italiana, nella convinzione che ciò non rappresenti un elemento di discriminazione, ma solo la libera espressione del sentimento religioso del nostro Paese, sentimento fatto di dialogo e di accoglienza e non di esclusione. (3-03418)


Chiarimenti in ordine ad un prospettato accordo sulle servitù militari in Sardegna, nonché sulle modalità di utilizzo della nuova caserma di Pratosardo a Nuoro – 3-03419

   CAPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il tema delle servitù militari è molto sentito in Sardegna;
   in particolare, appaiono preoccupanti i gravi ritardi nei pagamenti da parte dello Stato degli indennizzi previsti per i comuni interessati dalle servitù militari;
   nel maggio 2017 il Governo aveva, tra l'altro, affermato che, per il quinquennio 2010-2014, il Ministero della difesa si era fatta promotore dell'avvio delle procedure necessarie per i pagamenti e ricordato che era stato firmato un decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, propedeutico all'emissione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il quinquennio citato;
   purtroppo, però, la situazione non si è risolta. Stando a quanto emerge dalla riunione del comitato misto paritetico che si occupa di armonizzare le servitù militari in Sardegna, gli indennizzi sopra citati sarebbero caduti in perenzione, ossia non sarebbero più esigibili;
   si tratterebbe di una cifra vicina ai 15 milioni di euro che i comuni interessati perderebbero, con evidenti e gravi conseguenze per i bilanci degli stessi, mentre resterebbero a disposizione solo 1,9 milioni di euro per il 2015 e 2 milioni di euro per il 2016;
   inoltre, il Ministero della difesa ha diminuito i contribuiti alla Sardegna del 10 per cento, nonostante in Sardegna sia presente il 60 per cento di tutte le servitù militari italiane;
   sembra, però, che un accordo sulle servitù militari sia imminente, ma non appare chiaro se questa risolverà la questione sopra esposta;
   alla presenza militare in Sardegna fa anche riferimento la vicenda della nuova caserma di Pratosardo a Nuoro;
   nel giugno 2016, il Governo confermava che la nuova caserma sarebbe stata occupata in tempi rapidi da personale delle Forze armate, fugando il timore di un diverso utilizzo della citata caserma;
   ciò veniva confermato anche nel maggio 2017, dove, però, veniva precisato che l'utilizzo dell'immobile era vincolato alla riacquisizione, da parte del Ministero della difesa, della caserma stessa che era nella disponibilità del comune di Nuoro, che stava procedendo ad ultimare le attività di collaudo delle opere utilizzate;
   nonostante tutte le rassicurazioni la caserma è ancora non utilizzata, mentre si teme che essa venga destinata non come nuova unità dell'Esercito, ma per altri scopi non direttamente legati all'attività militare –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere la Ministra interrogata per affrontare le situazioni sopra esposte, tra loro collegate, precisando in particolare i termini dell'accordo sulle servitù sopra citato e dando conferme certe per la vicenda di Pratosardo. (3-03419)


Iniziative e strategie del Governo in relazione all'inquinamento derivante dai rifiuti di plastica dispersi nei mari – 3-03420

   BORGHI, BERGONZI, STELLA BIANCHI, BRAGA, CARRESCIA, COMINELLI, DE MENECH, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MARIANI, MARRONI, MASSA, MAZZOLI, MORASSUT, REALACCI, GIOVANNA SANNA, VALIANTE, ZARDINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI e MALISANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il problema dei rifiuti dispersi in mare e lungo le coste (cosiddetto marine litter e beach litter) sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti: i cotton fioc sono il rifiuto che inquina di più le spiagge italiane – circa cento milioni di pezzi – mentre oltre l'80 per cento dei rifiuti sulle spiagge è rappresentato da plastiche;
   la plastica costituisce il 97 per cento dei rifiuti in mare e la cattiva gestione dei rifiuti a monte resta la principale causa del fenomeno: un'indagine di Enea ha identificato l'85-94 per cento delle plastiche raccolte come polimeri termoplastici, in prevalenza polipropilene e polietilene a bassa ed alta densità, materiali che per semplice riscaldamento possono essere rimodellati e riciclati;
   l'indagine ha monitorato anche le fonti d'inquinamento da microplastiche che, per le dimensioni inferiori a 5 millimetri, non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue. I frammenti, prodotti dalla degradazione delle plastiche, rappresentano il 46 per cento degli «oggetti» rinvenuti lungo le spiagge italiane;
   le microplastiche sono la causa principale dell'introduzione di plastica nel biota: esse vengono ingerite direttamente dagli organismi acquatici con conseguenti lesioni interne, ridotta fecondità, disturbi ormonali, intossicazioni da sostanze chimiche e bioaccumulo nella catena trofica;
   la misura del fishing for litter, ovvero del coinvolgimento dei pescatori nella raccolta dei rifiuti in mare, indicata nell'ambito della strategia marina del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è buona ma non basta. È indispensabile prevenire il problema, attuando campagne di sensibilizzazione e lavorando sull'innovazione di processo e di prodotto e sull'avvio di una filiera virtuosa del riciclo;
   è, inoltre, necessario espandere gli accordi di programma previsti dall'articolo 27 della legge n. 221 del 2015 (cosiddetto collegato ambientale), anche attraverso l'emanazione del decreto previsto dal comma 2 del medesimo articolo;
   secondo l'Unep (United Nations environment programme) l'impatto economico derivato dai rifiuti nei mari del pianeta è di 8 miliardi di euro l'anno e la spesa europea per la pulizia annuale delle spiagge è stimata in circa 412 milioni di euro;
   il 4 dicembre 2017 è iniziato a Nairobi un vertice Onu per un accordo globale contro l'inquinamento legato ai rifiuti di plastica negli oceani e nei mari, con rappresentanti di circa cento Paesi, per scongiurare lo scenario dell'Unep che prevede che nel 2050 la quantità di plastica eguaglierà quella dei pesci –:
   quali siano le iniziative e le strategie del Governo in relazione al problema del marine litter. (3-03420)


Iniziative volte alla definizione dei criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, anche in relazione ad una recente sentenza del Tar Lazio e ai fini di una corretta determinazione della TARI – 3-03421

   L'ABBATE, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   si richiama l'attenzione sull'interrogazione n. 5-10764 e sulla risposta del Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta;
   si rileva la circolare n. 1/2017 del Ministero dell'economia e delle finanze concernente «Chiarimenti sull'applicazione della tassa sui rifiuti (TARI). Calcolo della parte variabile»;
   si richiama l'attenzione sull'atto n. 2-02038 dove si chiedeva se una famiglia composta da 4 persone che detiene nel medesimo comune due immobili, utilizzati come «utenza domestica», di cui uno di 100 metri quadrati e l'altro non locato di 80 metri quadrati, debba pagare due volte la «quota variabile» della Tari. Nella risposta si faceva riferimento alla sentenza n. 8383 del 5 aprile 2013 della Corte di cassazione che non riguarda il caso esposto, trattandosi di immobili presenti in due comuni differenti e non nel medesimo. Risulta, pertanto, ancora non chiaro se al contribuente il cui nucleo familiare è detentore di più immobili nello stesso comune vada computata una sola volta la quota variabile della Tari in relazione alla superficie totale dell'utenza domestica o se questa vada computata per ognuno degli immobili;
   con la sentenza n. 4611 del 13 aprile 2017 la II sezione civile del tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato l'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonostante la diffida inviata il 12 maggio 2016, rispetto all'obbligo su di esso gravante di concludere il procedimento volto alla definizione dei criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani, mediante l'adozione di apposito decreto ex articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e condannando l'amministrazione all'adozione dei conseguenti provvedimenti;
   la sentenza ha dichiarato altresì l'obbligo del Ministero di concludere il procedimento menzionato nella diffida adottando, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il decreto che fissi i criteri per l'assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani nel termine di giorni 120 dalla comunicazione, in via amministrativa, o dalla notifica, ad istanza di parte, della presente sentenza;
   i 120 giorni risultano abbondantemente trascorsi senza che da parte dei Ministeri vi sia stata la pubblicazione di alcun decreto. Esiste una bozza di testo che, allo stato attuale, non fissa criteri uniformi ed oggettivi su tutto il territorio nazionale e non stabilisce un limite quantitativo omogeneo ai rifiuti assimilabili –:
   se intenda finalmente risolvere le problematiche esposte in premessa che rendono gravosa e non equa per i cittadini il pagamento della Tari, la tassa rifiuti. (3-03421)


MOZIONI QUINTARELLI ED ALTRI N. 1-01620, FRUSONE ED ALTRI N. 1-01767, DURANTI, MARCON ED ALTRI N. 1-01772, PICCHI ED ALTRI N. 1-01774 E CARROZZA, CICCHITTO ED ALTRI N. 1-01776 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PROMUOVERE UNA MORATORIA INTERNAZIONALE DELLO SVILUPPO DI SISTEMI DI ARMA DI TIPO AWS (AUTONOMOUS WEAPONS SYSTEM) E A PREVEDERE UN DIVIETO DI SVILUPPO E COMMERCIALIZZAZIONE DI TALI SISTEMI DI ARMA IN AMBITO NAZIONALE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
    lo sviluppo tecnologico, in particolare nei settori dell'elettronica e dell'intelligenza artificiale, con capacità di acquisizione di grandi quantità di dati, la loro elaborazione ed analisi in tempo reale, con miglioramento delle performance mediante sistemi di autoapprendimento, consente di realizzare sistemi con facoltà di assumere decisioni autonome;
    uno dei settori di applicazione di tali tecnologie riguarda il settore degli armamenti, consentendo di realizzare «sistemi di offesa letali autonomi» ovvero robot militari che, senza alcun intervento umano, possono selezionare, ingaggiare, attaccare e colpire obiettivi civili e militari, diversi da sistemi d'arma (associazione fra un'arma e un dispositivo o il personale che ne aumenti le prestazioni);
    l'esistenza di sistemi di offesa letali autonomi abilita, pertanto, la possibilità di eliminare l'operatore umano dal teatro operativo, ponendo i presupposti di una trasformazione nella struttura delle operazioni militari qualitativamente diversa da precedenti innovazioni tecnologiche in tale ambito,

impegna il Governo:

1) a continuare a partecipare attivamente al dibattito internazionale in corso, di concerto con i principali partner dell'Italia, avvalendosi di uno o più accademici italiani, esperti di intelligenza artificiale, riconosciuti a livello internazionale;
2) a proporre ai nostri partner internazionali l'adozione di una moratoria.
(1-01620)
(Nuova formulazione)  «Quintarelli, Binetti, Bombassei, Catalano, Cristian Iannuzzi, Galgano, Gigli, Locatelli, Marzano, Matarrese, Mazziotti di Celso, Menorello, Molea, Monchiero, Mucci, Nesi, Oliaro, Prataviera, Sberna, Vargiu».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni si è registrato il crescente interesse da parte degli Stati tecnologicamente più avanzati verso la ricerca di una robotica autonoma capace non solo di selezionare e colpire i bersagli senza alcun intervento umano, ma di produrre anche armi a fini militari. Si tratta dei Lethal Autonomous Weapons Systems (Laws);
    una tecnologia, che allontanando l'uomo dalla programmazione e gestione di una macchina, lo sostituisce con «un'intelligenza artificiale» (AI) che evita quei ragionamenti che le pulsioni umane, invece, non escludono;
    un'intelligenza basata su calcoli predefiniti in ragione degli obiettivi che si intendono raggiungere ed elaborati con l'impiego di software e computer capace di sviluppare attività di ragionamento e assumere, di conseguenza, decisioni operative (selezionare e colpire);
    tale AI, in pratica, è già ritratta in molti videogiochi e riprodotta in tanti film di fantascienza;
    armi completamente autonome o « kill robot» non sono state, a tutt'oggi, ancora completamente sviluppate, ma è fuori dubbio che esiste una tendenza verso questa direzione. Osservatori ed esperti militari internazionali, infatti, hanno rilevato la loro presenza già in alcuni arsenali, anche se giustificati dagli Stati che le detengono dalla necessità di finalità esclusivamente difensive;
    l'eventuale proliferazione dei sistemi Laws pone diversi problemi sulla loro compatibilità con il diritto umanitario internazionale con l'annesso pericolo di un loro non facile controllo e la conseguente possibilità di essere esportati in Paesi in conflitto oppure di finire, addirittura, in mano a gruppi terroristici;
    di tale possibilità si è discusso a Ginevra in un convegno organizzato dall'Unhcr nel quadro delle Convenzione delle Nazioni unite sulle «Armi Convenzionali (Ccw)» nel maggio 2014 e successivo a un mandato a riunirsi adottato dall'ONU già nel 2013, ma che non è, tuttavia, approdato ad alcuna intesa condivisa;
    sono troppi i punti controversi tra gli esperti internazionali, non solo sull'esatto concetto di «Sistema autonomo», ma anche per il deciso e incondizionato divieto all'uso dei Laws sostenuto da molti Stati, come Egitto, Cuba, Pakistan, Ecuador e persino lo Stato della Città del Vaticano, convinti che difficilmente questa tipologia di armi, pur con il loro automatismo, possano rispettare non solo il principio della «proporzionalità» ma operare anche un'efficace distinzione tra obiettivi civili e militari;
   certo è che la «disumanizzazione della guerra» rischia di renderla ancora più pericolosa, allontanandone l'impegno a bandirla nella relazione tra gli Stati che ispirò la stessa Carta fondativa delle Nazioni unite e l'articolo 11 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere un'iniziativa in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite tesa alla costruzione di un percorso che porti a una convenzione internazionale sulla definizione, limitazione e regolamentazione della ricerca e costruzione dei Lethal Autonomous Weapons Systems (Laws) e sulla centralità del diritto internazionale umanitario rispetto ad essi;
2) ad assumere un'iniziativa in sede di Unione europea tesa a limitare la proliferazione e la commercializzazione dei Laws, anche attraverso una convenzione europea sulla materia.
(1-01767) «Frusone, Manlio Di Stefano, Basilio, Di Battista, Corda, Spadoni, Rizzo, Grande, Tofalo, Scagliusi, Paolo Bernini, Del Grosso».


   La Camera,
   premesso che:
    il 17 novembre 2017 si è conclusa a Ginevra la prima sessione del Gruppo di esperti governativi (Gge) della Convenzione sulle armi non convenzionali (Ccw) del 1980, che ha visto la partecipazione di 86 Stati, di cui 22 si sono già espressi in favore dell'adozione di un documento che proibisca l'utilizzo dei Laws (lethal autonomous weapons systems, anche chiamati semplicemente AWS);
    i lavori del Gge in sede Onu sono iniziati nel 2013, e i primi colloqui con gli Stati si sono avuti nel maggio del 2014, e il consenso tra gli Stati su tale divieto aumenta ad ogni riunione, mentre è crescente il dibattito tra l'opinione pubblica e sui mezzi di informazione sulle implicazioni etiche e giuridiche che derivano dall'utilizzo di sistemi AWS nei conflitti armati;
    il dibattito si è alimentato a seguito dell'adozione da parte della Ong Human Rights Watch del rapporto Losing Humanity. A case against killer robots, pubblicato nel 2012, che mette in guardia contro i rischi legati alla sostituzione con AWS di soldati in carne ed ossa;
    successivamente la stessa Human Rights Watch ha rilasciato nel 2015 uno studio titolato Accountability Gap in cui si analizza il vuoto legislativo che si viene a creare a fronte dell'utilizzo di tali armi e dove si esamina attentamente la problematica dell'attribuzione legale delle responsabilità in caso di uccisione di esseri umani;
    le Ong di tutto il mondo hanno avviato in merito una campagna inaugurata il 22 aprile del 2013 a Londra e che si chiama Campaign to stop the killer robot. Promossa, tra gli altri, proprio da Human Rights Watch, la campagna intende proibire in via preventiva e totale lo sviluppo, la produzione e l'uso dei cosiddetti robot «assassini»;
    sono già diversi gli esemplari di Laws che sono stati testati. Tra questi il sistema SGR-A1, prodotto dalla Samsung Techwin in collaborazione con l'università della Corea, che è attualmente utilizzato nella zona demilitarizzata tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. L'SGR-A1 è una sorta di robot sentinella, munito di videocamere e sensori di movimento in grado di identificare la presenza di eventuali intrusi. È inoltre fornito di armi in grado di sparare proiettili sia di gomma che normali, armi che possono essere utilizzate qualora l'intruso non venga identificato tramite il sistema di riconoscimento vocale di cui SGR-A1 è provvisto;
    un altro esempio di arma attualmente in sviluppo è il Taranis, un aereo da combattimento dell'Esercito britannico senza pilota a bordo, che ha effettuato il suo primo test di volo all'inizio del 2014. Oltre al pilotaggio remoto, questo drone può volare autonomamente; gli ufficiali della Royal Air Force tengono a precisare che sarà comunque sempre prevista la presenza di un essere umano a supervisionare il drone;
    lo sviluppo, la produzione e l'uso degli AWS pone quindi delle questioni complesse e controverse che dovrebbero condurre in tempi rapidi, ad opinione dei firmatari di questo atto di indirizzo, ad un divieto assoluto del loro utilizzo, pena un radicale definitivo superamento degli strumenti del diritto internazionale che si attivano in situazioni di conflitto armato: primi fra tutti il diritto internazionale umanitario ed il diritto penale internazionale, creati principalmente per evitare il ripetersi degli orrori dei due conflitti mondiali;
    nell'individuazione del legittimo livello di forza da impiegare in un conflitto armato si richiedono elementi di discrezionalità che mal si fondono con un esclusivo livello quantitativo dell'uso della forza comminata dai robot. Il diritto internazionale umanitario si fonda proprio su principi che richiedono una valutazione comparativa di elementi contingenti e talvolta incommensurabili che in nessuna maniera possono essere tradotti in linguaggio algoritmico, ovvero nel linguaggio dei robot;
    esiste quindi un ostacolo insormontabile nell'impiego degli AWS rappresentato dalla loro incapacità di compiere scelte che siano il risultato di un processo deliberativo, poiché esclusivamente impostati su una razionalità algoritmica rappresentata dall'intelligenza artificiale;
    in questo deficit di processo deliberativo e con difficoltà nell'individuare la responsabilità dell'azione, gli AWS potrebbero commettere crimini di guerra o di genocidio in assenza di un soggetto a cui imputare direttamente il crimine e quindi condurre in definitiva ad una pericolosissima deresponsabilizzazione dell'azione militare;
    ulteriori imprevedibili problemi relativi gli AWS possono sorgere ovviamente da malfunzionamenti, bug nel software, problemi di comunicazione e attacchi informatici. Questi addirittura potrebbero non solo modificare direttamente il loro funzionamento, ma semplicemente essere mirati a conoscere in anticipo il comportamento di queste armi, rendendole inefficaci;
    l'Italia, purtroppo, figura tra i Paesi che si sono opposti nel recente passato al passaggio al Gruppo di esperti governativi (Gge) della Ccw e anzi ha sostenuto che le attuali norme del diritto internazionale siano sufficienti per regolare queste nuove tecnologie;
    sarebbe quindi auspicabile modificare l'atteggiamento del Governo, anche alla luce degli importanti e autorevoli pareri contrari all'utilizzo degli AWS, da ultimo il report pubblicato nel novembre del 2017 dallo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri),

impegna il Governo:

1) a proporre in sede di Consiglio dell'Unione europea una moratoria sullo sviluppo, sulla produzione e sull'uso dei Laws;

2) ad assumere iniziative per modificare la legislazione nazionale affinché si definisca un divieto assoluto dello sviluppo, della produzione e dell'uso dei Laws;

3) a supportare in sede Onu, presso il citato Gruppo di esperti governativi ai sensi della Convenzione sulle armi non convenzionali (CCW), le proposte finalizzate a introdurre la previsione del divieto di utilizzo dei Laws all'interno della Convenzione stessa.
(1-01772) «Duranti, Marcon, Laforgia, Cimbro, Civati, Fassina, Fava, Fratoianni, Carlo Galli, Palazzotto, Piras».


   La Camera,
   premesso che:
    lo sviluppo tecnologico in ambito militare tende da sempre ad accrescere il raggio d'azione dei sistemi d'arma, in modo tale da aumentarne o mantenerne la letalità, riducendo contestualmente il rischio di esporne l'utilizzatore alla reazione avversaria;
    la robotizzazione dei sistemi militari ha già condotto ad importanti applicazioni operative, in particolare nel campo dei droni armati, o Ucav, e dei dispositivi per il disinnesco di ordigni esplosivi;
    gli Ucav, in particolare, possono essere manovrati anche a distanza di migliaia di chilometri, circostanza che è già stata all'origine di un ampio dibattito circa l'opportunità di affidare ad una persona che non ha contatti diretti con il teatro d'operazioni la responsabilità di decidere se, dove e con quali armi attaccare, con la conseguenza di risparmiare o stroncare delle vite umane;
    la possibile evoluzione della robotizzazione nella direzione della progettazione e della fabbricazione di armi che non hanno bisogno della guida umana genera preoccupazioni pratiche e di ordine morale non trascurabili;
    è tuttavia evidente che il ricorso alla robotica può permettere ai Paesi occidentali la possibilità di economizzare gli organici da impiegare in eventuali conflitti armati all'estero;
    l'intero Occidente, seppure in misura maggiore o minore a seconda dei casi, avverte gli effetti di un'importante crisi demografica che non potrà non ripercuotersi anche sulla capacità delle Forze armate di reclutare personale;
    il sistema internazionale appare tuttora attraversare una fase molto fluida, altamente conflittuale, destinata prevedibilmente a durare, circostanza che non autorizza alcun particolare ottimismo relativamente alla possibilità di contrarre ulteriormente gli strumenti militari;
    esiste una relazione diretta tra tecnologie disponibili, possibilità di risparmiare vite umane, riduzione dei rischi connessi all'impiego della forza e capacità anche politica di utilizzarla effettivamente;
    la transizione alla robotizzazione dei sistemi d'arma è quindi probabilmente necessaria, così com’è indispensabile predisporre la futura difesa di questi strumenti dall'offesa cibernetica,

impegna il Governo:

1) ad uniformarsi alle decisioni in merito allo sviluppo degli Autonomous Weapons Systems che verranno assunte dai principali alleati dell'Italia ed, in particolare, nell'ambito dell'Alleanza Atlantica;

2) qualora in ambito atlantico un numero consistente di Paesi decida di sviluppare gli AWS, ad adoperarsi affinché anche l'industria nazionale dei materiali d'armamento non sia esclusa dal processo che tende alla loro progettazione e produzione;

3) nel caso in cui venisse avviata in ambito atlantico e quindi anche nazionale la progettazione e fabbricazione di AWS, ad assumere iniziative per orientare parte dell'attività di ricerca e sviluppo nella predisposizione di difese idonee a proteggere i sistemi d'arma robotizzati dall'offesa cibernetica;

4) ad escludere comunque l'impiego futuro degli AWS sul territorio nazionale nel mantenimento dell'ordine pubblico, fermo restando il loro eventuale utilizzo nel disinnesco di ordigni.
(1-01774) «Picchi, Caparini, Fedriga, Allasia, Altieri, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Lo Monte, Marti, Molteni, Pagano, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti avanzamenti tecnologici, con particolare riferimento alla sensoristica, all'intelligenza artificiale ed all'elettronica, consentono di creare sistemi in grado di sviluppare capacità di apprendimento da grandi basi di dati, divenendo progressivamente in grado di assumere decisioni in modo autonomo;
    tali sistemi hanno grandi potenzialità di evoluzione sia per quanto riguarda il settore civile, sia per quello militare, sulla base di una tecnologia che è in buona parte intrinsecamente dual-use;
    vi è crescente attenzione, anche in campo internazionale, sull'impatto derivante della possibile futura creazione e dispiegamento nei teatri operativi di sistemi di arma autonomi letali, che potrebbero eliminare la presenza di operatori umani dal teatro operativo, e in tal senso vi è una discussione anche con riferimento ai profili di compatibilità con il diritto umanitario internazionale;
    è in corso un intenso dibattito sulla materia nell'ambito della Convenzione su certe armi convenzionali, in seno alla quale opera uno specifico gruppo di esperti governativi sui sistemi di arma autonomi letali, a cui l'Italia partecipa attivamente;
    l'ultima sessione di tale gruppo si è svolta a Ginevra dal 13 al 17 novembre 2017 ed ha approvato specifiche raccomandazioni su contenuti e principi di fondo in vista del proseguimento dell'esercizio, con riunioni già previste per il 2018,

impegna il Governo

1) a continuare a partecipare attivamente al dibattito internazionale in corso in particolare nell'ambito dalla Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate eccessivamente dannose o aventi effetti indiscriminati, di concerto con i principali partner dell'Italia, continuando a confrontarsi con gli stakeholders, inclusi gli esperti di intelligenza artificiale, con l'obiettivo di arrivare a una definizione e una regolamentazione internazionale dei sistemi d'arma di tipo LAWS (Lethal Autonomous Weapons Systems), posto che una posizione italiana al tavolo negoziale, anche in vista di una moratoria internazionale, deve prevedere da un lato che gli esseri umani continuino a prendere l'ultima decisione sull'uso della forza letale e esercitino sufficiente controllo sulle future LAWS e dall'altro, che vi sia una valutazione della conformità dello sviluppo e dell'uso delle LAWS con il diritto internazionale umanitario;

2) ad assumere iniziative per un rafforzamento della valutazione ex-ante di conformità al diritto internazionale umanitario dei sistemi d'arma di tipo LAWS destinati ad essere sviluppati in favore delle Forze Armate.
(1-01776) «Carrozza, Cicchitto, Quartapelle Procopio, Moscatt, Fiano, Cinzia Maria Fontana, Coppola, Gribaudo, Tinagli, Dallai, Scuvera, Pinna, Alli, Scopelliti, Stella Bianchi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


MOZIONI SBERNA ED ALTRI N. 1-01644 E PELLEGRINO ED ALTRI N. 1-01775 CONCERNENTI INTERVENTI PER LA BONIFICA E LA PROTEZIONE AMBIENTALE DEL TERRITORIO BRESCIANO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione ambientale e sanitaria della provincia di Brescia presenta criticità peculiari e necessita, quindi, di un'attenzione e di interventi da parte delle istituzioni nazionali;
    il territorio bresciano, segnato da troppi anni di sottovalutazione del problema ambientale, potrebbe diventare a livello nazionale un laboratorio per sperimentare buone pratiche di bonifica, per risanare l'ambiente e ricostruire un territorio nel segno della legalità e della tutela dell'ambiente;
    la provincia di Brescia è, tra le aree nazionali, una di quelle di più antica industrializzazione ed è la terza a livello europeo per intensità di imprese industriali che vi operano. Per questa ragione ha subito le conseguenze e le eredità di un'industria pesante che ha operato senza le necessarie norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni ’70 del secolo scorso. Una situazione che ha generato benessere economico, ma anche gravi danni alla salute delle persone e dell'ambiente;
    alle situazioni industriali pregresse, come dimostrato dalle numerose indagini delle forze dell'ordine – concluse e in corso – si è aggiunto un allarmante fenomeno di illegalità diffusa che ha visto il territorio bresciano terra di azione della criminalità organizzata e delle ecomafie: dai traffici di rifiuti, alle discariche illegali, fino agli interramenti di rifiuti tossici;
    nella relazione conclusiva della XVI legislatura della Commissione bicamerale d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nell'intero capitolo dedicato alla provincia di Brescia vengono analizzati numerosi aspetti critici: dalle indagini della procura di Brescia relative all'autostrada Bre.Be.Mi. alle problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti industriali, dalla proliferazione delle cave e dal connesso problema delle discariche di rifiuti speciali alla critica situazione del comune di Montichiari dei comuni limitrofi, dalle difficili situazioni delle discariche e dell'utilizzo delle scorie alla situazione delle bonifiche, a cominciare dal sito inquinato di interesse nazionale della Caffaro e dallo stato della contaminazione;
    sempre sulla situazione della Caffaro il terzo rapporto dello studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, indica Brescia come la città con la maggior incidenza dei tumori rispetto alla media del Nord Italia;
    sempre grazie alle analisi dell'incidenza oncologica e dei ricoverati, a Brescia nell'area della Caffaro sono stati osservati eccessi per le sedi tumorali che la valutazione della Iarc del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella, linfomi non-Hodgkin) con i policlorobifenili, principali contaminanti nel sito;
    lo studio epidemiologico condotto dall'azienda di tutela della salute di Brescia di analisi di mortalità nel quartiere S. Polo di Brescia nel periodo 2004-2008 ha evidenziato nella popolazione maschile eccessi di mortalità per il tumore alla vescica e per malattie respiratorie non tumorali, in particolare per le polmoniti, rispetto ai tassi rilevati nei residenti nel resto del comune di Brescia. Nelle donne si è rilevato un eccesso di mortalità, rispetto ai valori attesi, per il tumore al fegato e per la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Infine, per quanto riguarda le malattie respiratorie non tumorali, si osserva un eccesso di morti per queste patologie in entrambi i sessi e, in particolare, per le polmoniti negli uomini (17 morti verso 9 morti attese) e broncopneumopatia cronica ostruttiva nelle donne (14 morti osservate verso circa 7 attese), tra i residenti a S. Polo rispetto al resto della città;
    vanno poi ricordati i territori di Vighizzolo e Montichiari che hanno quotidianamente a che fare con l'emergenza «cattivi odori» che ha portato anche al ricovero di alunni delle elementari. Una situazione che si va ad aggiungere a quella delle discariche con 11 siti abusivi e 11 autorizzati (di cui 4 ancora in gestione e 7 in post gestione), oltre che una richiesta in sospeso in regione per una discarica di amianto di oltre 1 milione di metri quadrati rifiuti e due ampliamenti. Una situazione molto rischiosa per la salute degli abitanti della zona e dell'ambiente, denunciata da anni dalle associazioni ambientaliste, dai comitati di cittadini e dai genitori degli alunni;
    non risulta ancora adottato il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, ai sensi dell'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di cui l'articolo 2, comma 4-ter, del decreto-legge n. 136 del 2013, che ne prevedeva l'adozione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione;
    ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, sarebbe necessario valutare l'introduzione di un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma anche le altre ricadute ambientali e gli impatti cumulativi, attraverso una modifica al comma 1 dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, nell'ambito delle competenze statali concernenti l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, tenga conto in particolare del fattore di pressione per le discariche, inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
    sarebbe, altresì, necessario subordinare la realizzazione di nuovi impianti o ampliamento di impianti esistenti finalizzati allo smaltimento dei rifiuti ad una concreta diminuzione del fattore di pressione come definito nel precedente capoverso,

impegna il Governo:

1) ad adottare al più presto il regolamento citato in premessa, relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento;
2) ad assumere iniziative per stanziare le risorse per avviare, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, nella provincia di Brescia la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, come emerso dalle indagini e dalle segnalazioni delle agenzie ambientali e delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, al fine della classificazione degli stessi in base al grado di contaminazione;
3) a promuovere un aggiornamento dello studio Sentieri, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, avviando nella provincia di Brescia indagini epidemiologiche sullo statuto di salute della popolazione, a partire da quella maggiormente esposta come emerso dalle indagini delle agenzie ambientali e dell'azienda di tutela della salute di Brescia;
4) a definire, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopra citate e prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, per quanto di competenza, necessarie alla sua attuazione;
5) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma sia inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
6) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta diminuzione del predetto fattore di pressione;
7) a valutare l'opportunità di promuovere forme di coinvolgimento delle popolazioni interessate dalla realizzazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, anche nella forma del dibattito pubblico, sulla scorta di quanto prevede l'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini.
(1-01644) «Sberna, Cominelli, Alberti, Lacquaniti, Bazoli, Berlinghieri, Romele, Sorial, Basilio, Borghesi, Cominardi, Gitti, Caparini, Alli».


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione ambientale e sanitaria della provincia di Brescia presenta criticità peculiari e necessita, quindi, di un'attenzione e di interventi da parte delle istituzioni nazionali;
    il territorio bresciano, segnato da anni da criticità ambientali che devono essere affrontate, potrebbe diventare a livello nazionale un laboratorio per sperimentare buone pratiche di bonifica, per risanare l'ambiente e ricostruire un territorio nel segno della legalità e della tutela dell'ambiente;
    la provincia di Brescia è, tra le aree nazionali, una di quelle di più antica industrializzazione ed è la terza a livello europeo per intensità di imprese industriali che vi operano. Per questa ragione ha subito le conseguenze e le eredità di un'industria pesante che ha operato senza le necessarie norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni ’70 del secolo scorso. Una situazione che ha generato benessere economico, ma anche gravi danni alla salute delle persone e dell'ambiente;
    alle situazioni industriali pregresse, come dimostrato dalle numerose indagini delle forze dell'ordine – concluse e in corso – si è aggiunto un allarmante fenomeno di illegalità diffusa che ha visto il territorio bresciano terra di azione della criminalità organizzata e delle ecomafie: dai traffici di rifiuti, alle discariche illegali, fino agli interramenti di rifiuti tossici;
    nella relazione conclusiva della XVI legislatura della Commissione bicamerale d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nell'intero capitolo dedicato alla provincia di Brescia vengono analizzati numerosi aspetti critici: dalle indagini della procura di Brescia relative all'autostrada Bre.Be.Mi. alle problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti industriali, dalla proliferazione delle cave e dal connesso problema delle discariche di rifiuti speciali alla critica situazione del comune di Montichiari dei comuni limitrofi, dalle difficili situazioni delle discariche e dell'utilizzo delle scorie alla situazione delle bonifiche, a cominciare dal sito inquinato di interesse nazionale della Caffaro e dallo stato della contaminazione;
    sempre sulla situazione della Caffaro il terzo rapporto dello studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, indica Brescia come la città con la maggior incidenza dei tumori rispetto alla media del Nord Italia;
    sempre grazie alle analisi dell'incidenza oncologica e dei ricoverati, a Brescia nell'area della Caffaro sono stati osservati eccessi per le sedi tumorali che la valutazione della Iarc del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella, linfomi non-Hodgkin) con i policlorobifenili, principali contaminanti nel sito;
    lo studio epidemiologico condotto dall'azienda di tutela della salute di Brescia di analisi di mortalità nel quartiere S. Polo di Brescia nel periodo 2004-2008 ha evidenziato nella popolazione maschile eccessi di mortalità per il tumore alla vescica e per malattie respiratorie non tumorali, in particolare per le polmoniti, rispetto ai tassi rilevati nei residenti nel resto del comune di Brescia. Nelle donne si è rilevato un eccesso di mortalità, rispetto ai valori attesi, per il tumore al fegato e per la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Infine, per quanto riguarda le malattie respiratorie non tumorali, si osserva un eccesso di morti per queste patologie in entrambi i sessi e, in particolare, per le polmoniti negli uomini (17 morti verso 9 morti attese) e broncopneumopatia cronica ostruttiva nelle donne (14 morti osservate verso circa 7 attese), tra i residenti a S. Polo rispetto al resto della città;
    vanno poi ricordati i territori di Vighizzolo e Montichiari che hanno quotidianamente a che fare con l'emergenza «cattivi odori» che ha portato anche al ricovero di alunni delle elementari. Una situazione che si va ad aggiungere a quella delle discariche con 11 siti abusivi e 11 autorizzati (di cui 4 ancora in gestione e 7 in post gestione), oltre che una richiesta in sospeso in regione per una discarica di amianto di oltre 1 milione di metri quadrati rifiuti e due ampliamenti. Una situazione molto rischiosa per la salute degli abitanti della zona e dell'ambiente, denunciata da anni dalle associazioni ambientaliste, dai comitati di cittadini e dai genitori degli alunni;
    non risulta ancora adottato il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, ai sensi dell'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di cui l'articolo 2, comma 4-ter, del decreto-legge n. 136 del 2013, che ne prevedeva l'adozione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione;
    ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, sarebbe necessario valutare l'introduzione di un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma anche le altre ricadute ambientali e gli impatti cumulativi, attraverso una modifica al comma 1 dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, nell'ambito delle competenze statali concernenti l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, tenga conto in particolare del fattore di pressione per le discariche, inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
    sarebbe, altresì, necessario subordinare la realizzazione di nuovi impianti o ampliamento di impianti esistenti finalizzati allo smaltimento dei rifiuti ad una concreta diminuzione del fattore di pressione come definito nel precedente capoverso,

impegna il Governo:

1) ad adottare al più presto il regolamento citato in premessa, relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento;
2) a valutare l'opportunità di assumere iniziative ulteriori per stanziare le risorse per avviare, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, nella provincia di Brescia la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, come emerso dalle indagini e dalle segnalazioni delle agenzie ambientali e delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, al fine della classificazione degli stessi in base al grado di contaminazione;
3) a proseguire gli studi già in corso considerando anche l'opportunità di promuovere un aggiornamento dello studio Sentieri, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, avviando nella provincia di Brescia indagini epidemiologiche sullo statuto di salute della popolazione, a partire da quella maggiormente esposta come emerso dalle indagini delle agenzie ambientali e dell'azienda di tutela della salute di Brescia;
4) a definire, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopra citate e prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, per quanto di competenza, necessarie alla sua attuazione compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica;
5) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma sia inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
6) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta diminuzione del predetto fattore di pressione;
7) a valutare l'opportunità di promuovere forme di coinvolgimento delle popolazioni interessate dalla realizzazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, anche nella forma del dibattito pubblico, sulla scorta di quanto prevede l'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini.
(1-01644)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Sberna, Cominelli, Alberti, Lacquaniti, Bazoli, Berlinghieri, Romele, Sorial, Basilio, Borghesi, Cominardi, Gitti, Caparini, Alli».


   La Camera,
   premesso che:
    la provincia di Brescia è quella dove si producono quantitativi ingenti di rifiuti urbani oltre 50 per cento in più della media nazionale;
    nella città di Brescia è attivo il più grande inceneritore d'Europa da 800 mila tonnellate/anno e nel territorio bresciano vengono importate enormi quantità di rifiuti speciali pari a circa 10 milioni di tonnellate/anno, per il loro trattamento in siderurgia e in metallurgia, nell'inceneritore per i rifiuti urbani e speciali importati, e per la collocazione in discarica, dove finiscono i rifiuti speciali pericolosi e non;
    i rifiuti sversati tra il Casertano ed il Napoletano assommerebbero a circa 10 milioni di metri cubi, quelli sversati sul territorio della sola provincia di Brescia raggiungono la cifra stratosferica di circa 60 milioni di metri cubi;
    la provincia di Brescia, in vista del nuovo piano provinciale rifiuti, effettuò un censimento aggiornato a fine 2005, dal quale si è appreso che tra le discariche cessate, 109, e discariche ancora attive, 30, sono stati interrati complessivamente circa 35 milioni di metri cubi di rifiuti speciali, pericolosi e non, e «inerti», a questi vanno aggiunte le discariche «fantasma» quelle non censite, perché gestite precedentemente alla normativa sui rifiuti speciali del 10 settembre 1982, che sulle base delle produzioni storiche del settore metallurgico e chimico, si possono stimare in almeno circa 5 milioni di metri cubi;
    l'afflusso di rifiuti ha, con tutta evidenza, provocato e continua a provocare una devastazione ambientale, della quale non si ha ancora una precisa valutazione delle sue dimensioni, attraverso emissioni in atmosfera degli impianti di trattamento, inquinamento delle falde, compromissione dei terreni con la disseminazione di centinaia di tumuli di materiali contaminati nelle varie discariche, oggi controllate, ma che fino a poco più di vent'anni fa non lo erano;
    nonostante la grave situazione si continua ad aprire discariche, nonostante che da tempo siano noti i rischi ambientali e alla salute dei cittadini;
    i rifiuti speciali collocati in discarica dal 2006 ad oggi, che, secondo dati dell'Ispra (aggiornati al 2013, da cui si può ricavare il trend anche per gli ultimi due anni) ammontano a circa 10 milioni e 900 mila metri cubi. Tirate le somme ecco il cumulo immenso di rifiuti speciali che sono stati sversati sul territorio bresciano: 58.705.500 milioni di metri cubi;
    nel biennio 2012-2013, da dati Ispra, si è appreso che quasi tutti i rifiuti speciali della Regione Lombardia sono stati interrati nella provincia di Brescia, 1.638.298 t/a su 2.251.413 t/a lombardi nel 2012 e 1.809.068 t/a su 2.500.226 t/a lombardi nel 2013, mediamente il 72,5 per cento;
    Brescia, inoltre, è gravata da ben 4 discariche di rifiuti radioattivi, di cui una sola sembrerebbe quella messa in sicurezza;
    a Brescia oggi la situazione è assolutamente insostenibile e sono necessarie azioni improrogabili ed efficaci in quanto ogni limite di compatibilità in questo settore è stato ampiamente superato;
    con forza i comitati ambientalisti di Brescia e i cittadini che si sono mobilitati hanno posto la questione della necessità di una moratoria almeno triennale su tutto il territorio della provincia di Brescia dell'avvio di nuovi impianti di discarica da adibire allo smaltimento di rifiuti sia sul suolo che nel sottosuolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, non ancora attivi, una moratoria necessaria per consentire l'avvio e la conclusione delle attività di bonifica, improrogabili, al fine della tutela della salute dei cittadini e della tutela dell'ambiente,

impegna il Governo:

1) ad effettuare, in tempi certi, la mappatura precisa di tutte le fonti inquinanti e delle zone compromesse, alla ricerca, in particolare, di quelle discariche «fantasma», che sono state attivate in un'epoca ante normativa in materia di rifiuti speciali;

2) ad assumere iniziative per stabilire una moratoria almeno triennale, su tutto il territorio della provincia di Brescia, dell'avvio di nuovi impianti di discarica, da adibire allo smaltimento di rifiuti sia sul suolo che nel sottosuolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, non ancora attivi, una moratoria necessaria per consentire l'avvio e la conclusione delle attività di bonifica, improrogabili, al fine della tutela della salute dei cittadini e della protezione dell'ambiente;

3) a garantire in tempi certi la definizione, per quanto di competenza, di un piano di bonifica sostenuto da uno stanziamento adeguato, certo e pluriennale, finalizzato all'avvio e alla completa realizzazione del citato piano;

4) a garantire la piena partecipazione della popolazione e dei comitati ambientalisti a tutte le fasi della mappatura e alla verifica dell'attuazione del piano di bonifica del territorio della provincia di Brescia;

5) ad assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione non basato esclusivamente sulle volumetrie delle discariche, ma quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;

6) ad assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta e significativa diminuzione del predetto fattore di pressione.
(1-01775) «Pellegrino, Marcon, Civati, Daniele Farina, Fratoianni».


   La Camera,
   premesso che:
    la provincia di Brescia è quella dove si producono quantitativi ingenti di rifiuti urbani oltre 50 per cento in più della media nazionale;
    nella città di Brescia è attivo il più grande inceneritore d'Europa da 800 mila tonnellate/anno e nel territorio bresciano vengono importate enormi quantità di rifiuti speciali pari a circa 10 milioni di tonnellate/anno, per il loro trattamento in siderurgia e in metallurgia, nell'inceneritore per i rifiuti urbani e speciali importati, e per la collocazione in discarica, dove finiscono i rifiuti speciali pericolosi e non;
    i rifiuti sversati tra il Casertano ed il Napoletano assommerebbero a circa 10 milioni di metri cubi, quelli sversati sul territorio della sola provincia di Brescia raggiungono la cifra stratosferica di circa 60 milioni di metri cubi;
    la provincia di Brescia, in vista del nuovo piano provinciale rifiuti, effettuò un censimento aggiornato a fine 2005, dal quale si è appreso che tra le discariche cessate, 109, e discariche ancora attive, 30, sono stati interrati complessivamente circa 35 milioni di metri cubi di rifiuti speciali, pericolosi e non, e «inerti», a questi vanno aggiunte le discariche «fantasma» quelle non censite, perché gestite precedentemente alla normativa sui rifiuti speciali del 10 settembre 1982, che sulle base delle produzioni storiche del settore metallurgico e chimico, si possono stimare in almeno circa 5 milioni di metri cubi;
    l'afflusso di rifiuti ha, con tutta evidenza, provocato e continua a provocare una devastazione ambientale, della quale non si ha ancora una precisa valutazione delle sue dimensioni, attraverso emissioni in atmosfera degli impianti di trattamento, inquinamento delle falde, compromissione dei terreni con la disseminazione di centinaia di tumuli di materiali contaminati nelle varie discariche, oggi controllate, ma che fino a poco più di vent'anni fa non lo erano;
    nonostante la grave situazione si continua ad aprire discariche, nonostante che da tempo siano noti i rischi ambientali e alla salute dei cittadini;
    i rifiuti speciali collocati in discarica dal 2006 ad oggi, che, secondo dati dell'Ispra (aggiornati al 2013, da cui si può ricavare il trend anche per gli ultimi due anni) ammontano a circa 10 milioni e 900 mila metri cubi. Tirate le somme ecco il cumulo immenso di rifiuti speciali che sono stati sversati sul territorio bresciano: 58.705.500 milioni di metri cubi;
    nel biennio 2012-2013, da dati Ispra, si è appreso che quasi tutti i rifiuti speciali della Regione Lombardia sono stati interrati nella provincia di Brescia, 1.638.298 t/a su 2.251.413 t/a lombardi nel 2012 e 1.809.068 t/a su 2.500.226 t/a lombardi nel 2013, mediamente il 72,5 per cento;
    Brescia, inoltre, è gravata da ben 4 discariche di rifiuti radioattivi, di cui una sola sembrerebbe quella messa in sicurezza;
    a Brescia oggi la situazione è assolutamente insostenibile e sono necessarie azioni improrogabili ed efficaci in quanto ogni limite di compatibilità in questo settore è stato ampiamente superato;
    con forza i comitati ambientalisti di Brescia e i cittadini che si sono mobilitati hanno posto la questione della necessità di una moratoria almeno triennale su tutto il territorio della provincia di Brescia dell'avvio di nuovi impianti di discarica da adibire allo smaltimento di rifiuti sia sul suolo che nel sottosuolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, non ancora attivi, una moratoria necessaria per consentire l'avvio e la conclusione delle attività di bonifica, improrogabili, al fine della tutela della salute dei cittadini e della tutela dell'ambiente,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di effettuare, in tempi certi, la mappatura precisa di tutte le fonti inquinanti e delle zone compromesse, alla ricerca, in particolare, di quelle discariche «fantasma», che sono state attivate in un'epoca ante normativa in materia di rifiuti speciali;

2) a valutare l'opportunità di garantire in tempi certi la definizione, per quanto di competenza, di un piano di bonifica sostenuto da uno stanziamento adeguato, certo e pluriennale, finalizzato all'avvio e alla completa realizzazione del citato piano;

3) a valutare l'opportunità di garantire la piena partecipazione della popolazione e dei comitati ambientalisti a tutte le fasi della mappatura e alla verifica dell'attuazione del piano di bonifica del territorio della provincia di Brescia;

4) ad assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione non basato esclusivamente sulle volumetrie delle discariche, ma quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;

5) ad assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta e significativa diminuzione del predetto fattore di pressione.
(1-01775)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pellegrino, Marcon, Civati, Daniele Farina, Fratoianni».