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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 28 novembre 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 28 novembre 2017.

  Gioacchino Alfano, Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Battelli, Bellanova, Berlinghieri, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cenni, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, D'Alia, Dal Moro, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedi, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Orfini, Orlando, Paglia, Pannarale, Pes, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Rughetti, Ruocco, Sanga, Sani, Sandra Savino, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sibilia, Sottanelli, Tabacci, Tancredi, Taranto, Turco, Vazio, Velo, Vignali, Villarosa, Enrico Zanetti, Zoggia.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Battelli, Bellanova, Berlinghieri, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Braga, Matteo Bragantini, Brambilla, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Capezzone, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Cenni, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, D'Alia, Dal Moro, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedi, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, La Russa , Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Orfini, Orlando, Paglia, Palma, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Rughetti, Ruocco, Sanga, Sani, Sandra Savino, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sibilia, Sottanelli, Tabacci, Tancredi, Taranto, Turco, Vazio, Velo, Vignali, Vignaroli, Villarosa, Enrico Zanetti, Zoggia, Zolezzi.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  GIGLI e SBERNA: «Istituzione della Giornata in memoria delle vittime dell'amianto. Assegnazione di un riconoscimento onorifico ai comuni simbolo» (4711) Parere delle Commissioni V, VII, VIII, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VIII Commissione (Ambiente):
  CARRESCIA ed altri: «Modifiche al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, e altre disposizioni in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici degli anni 2016 e 2017» (4725) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  SANDRA SAVINO: «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e altre disposizioni concernenti la disciplina dei veicoli di interesse storico e collezionistico e delle relative associazioni amatoriali» (1721) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   X Commissione (Attività produttive):
  BECATTINI ed altri: «Disposizioni per la promozione e il sostegno dell'imprenditoria giovanile nel settore artigiano» (4724) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  AIRAUDO: «Modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita» (4701) Parere delle Commissioni I, II e V.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  FABRIZIO DI STEFANO: «Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, concernenti l'esercizio dell'attività venatoria» (3520) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VIII, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
  SILVIA GIORDANO ed altri: «Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di casi di interruzione della gravidanza dopo il novantesimo giorno e di disciplina dell'obiezione di coscienza» (4583) Parere della I Commissione.

Trasmissione dal Ministero dell'interno.

  Il Ministero dell'interno, con lettera del 17 novembre 2017, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data ai seguenti ordini del giorno: VARGIU ed altri n. 9/3139-A/6, PALMIERI ed altri n. 9/3139-A/16, MUCCI ed altri n. 9/3139-A/26 accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 20 settembre 2016; RAMPELLI ed altri n. 9/3139-A/27 e TAGLIALATELA ed altri n. 9/3139-A/28 accolti dal Governo come raccomandazione nella medesima seduta; NESI n. 9/3139-B/3, BALDASSARRE ed altri n. 9/3139-B/16, VENTRICELLI ed altri n. 9/3139-B/18 e TINAGLI ed altri n. 9/3139-B/21, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 maggio 2017 e VARGIU ed altri n. 9/3139-B/12 accolto dal Governo come raccomandazione nella medesima seduta, concernenti l'implementazione di misure di contrasto al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo.
  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 20 novembre 2017, ai sensi dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 novembre 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla revisione degli articoli 13, 18 e 45 relativamente ai poteri dell'ABE di condurre mediazioni vincolanti al fine di tenere conto degli sviluppi futuri nel diritto dei servizi finanziari (COM(2017) 661 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (COM(2017) 677 final), corredata dal relativo allegato (COM(2017) 677 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso (COM(2017) 679 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo – Relazione 2018 sul meccanismo di allerta (preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri) (COM(2017) 771 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

  La Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia delle delibere adottate dalla Commissione nel mese di ottobre 2017.

  Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dalla Fondazione Ugo Bordoni.

  Il Presidente della Fondazione Ugo Bordoni, con lettera pervenuta in data 23 novembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, la relazione sull'attività svolta dalla medesima Fondazione nell'anno 2016 (Doc. CCVIII, n. 5).

  Questa relazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 novembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento, ai sensi dei comma 4 e 10 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:
   all'ingegner Fabio Croccolo, l'incarico di direttore della Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime,
   alla dottoressa Maria Teresa Di Matteo, l'incarico di direzione del Comitato centrale per l'albo nazionale degli autotrasportatori, nell'ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale;
al dottor Renato Poletti, l'incarico di direttore della Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo, nell'ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Iniziative per garantire adeguati mezzi e risorse umane nella lotta agli incendi boschivi – 2-01850

A) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   i fatti occorsi in Portogallo nel fine settimana del 17 e 18 giugno 2017, in cui un'ampia area di area boschiva a Pedrógão Grande è stata coinvolta in un incendio che ha provocato 62 vittime, dovrebbero spingere le istituzioni italiane a prepararsi adeguatamente per l'imminente stagione estiva, che si profila di particolare pericolosità su questo fronte;
   a portare a questa conclusione sono anzitutto ragioni climatiche: come rilevato da Coldiretti il rischio di incendi è particolarmente elevato nel nostro Paese per effetto del caldo e della prolungata siccità, con una «primavera climatologica» che è stata la seconda più calda dal 1800 ad oggi, con un'anomalia di +1,9 gradi, e la terza più asciutta con un deficit di quasi il 50 per cento dopo che anche l'inverno si era classificato al terzo posto tra i più asciutti, con il 48 per cento di precipitazioni in meno e valori di temperatura superiori di 0,49 gradi alla media di riferimento secondo il Cnr;
   a seguito di questa allarmante situazione appaiono ancor più rilevanti i deficit che riguardano il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   com’è noto, a seguito dell'approvazione della legge 7 agosto 2015, n. 124, e dei successivi decreti di attuazione, il Corpo forestale dello Stato è stato soppresso e la lotta agli incendi boschivi, che spetta alle regioni, è oggi un compito cui concorrono i vigili del fuoco che l'hanno in parte ricompreso, senza però disporre di un numero sufficiente di uomini e di mezzi;
   come sottolineato da Conapo, sindacato autonomo, oltre a questo fatto la carenza di 3 mila pompieri mette in crisi l'intero sistema di spegnimento tanto a livello aereo, quanto a terra, dal momento che l'Italia registra un vigile ogni 15 mila abitanti, rapporto molto al di sotto alla media europea, mentre l'età media degli appartenenti al Corpo sarebbe intorno ai 50 anni;
   oltre a questo, molte regioni non avrebbero ancora stipulato le convenzioni che stanziano i fondi di potenziamento del servizio o lo avrebbero fatto in modo insufficiente;
   anche sul fronte dei mezzi, la carenza degli stessi porta ad un'inadeguata capacità di risposta dei vigili del fuoco rispetto al rischio di incendi: a mancare sarebbero autopompe, serbatoi, autoscale e autobotti, molti dei quali fuori servizio e dunque inutilizzabili;
   anche considerando la disponibilità di mezzi aerei resta problematica l'integrazione con il Corpo forestale, con un mancato sfruttamento delle risorse disponibili;
   particolarmente grave sarebbe, in particolare, quanto registrato presso la caserma Ciuffelli, strategica per gli interventi nel Centro Italia, in cui gli elicotteri del Corpo forestale sarebbero ancora negli hangar e gli spazi non sarebbero stati ancora ripartiti coi carabinieri;
   tutto questo avviene mentre in metà degli interventi, nei casi di spegnimento dei fuochi, ci si rivolgerebbe a soggetti esterni, come la multinazionale Babcock, per l'impiego di elicotteri e canadair –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare in vista della prossima stagione estiva, in cui si prospetta elevato il rischio di incendi;
   se trovi conferma l'impegno di investire sul personale oltre 20 milioni di euro nel 2017 per le assunzioni extra turnover e di oltre 70 milioni di euro per il 2018;
   quali iniziative si intendano intraprendere per risolvere le criticità rilevate e per garantire un pieno utilizzo dei mezzi e degli uomini del Corpo forestale dello Stato.
(2-01850) «Cozzolino».


Iniziative volte a sostenere la lotta agli incendi boschivi in Basilicata – 3-03209

B) Interrogazione

   LATRONICO e CIRACÌ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi di luglio e agosto 2017 la Basilicata, come buona parte delle regioni del Mezzogiorno, è stata duramente colpita dall'emergenza incendi che ha distrutto ettari di vegetazione;
   fra i roghi, particolarmente preoccupanti sono stati l'incendio che ha colpito la località Pane e Vino a Tursi, dove le case sono state lambite dalle fiamme e sono dovuti intervenire i canadair, e quello che nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 agosto 2017 ha interessato un'area arborea di Novi Siri, in località Salice, mandando in fumo 120 ettari di macchia mediterranea e bosco e raggiungendo anche una zona abitata che è stato necessario evacuare;
   gli interroganti hanno personalmente raccolto la denuncia di una residente che ha raccontato di aver invano segnalato tempestivamente il principio di incendio nel bosco della contrada Salice ai numeri verdi 113 e 115, scoppiato nella notte di giovedì 10 agosto 2017, senza ottenere soccorsi ed interventi immediati. Risulterebbe che solo nelle prime ore dell'11 agosto 2017 sia intervenuta una squadra di soccorritori e che verso le 11 un elicottero sia decollato per spegnere le fiamme, che nel frattempo avevano distrutto una vasta area boschiva;
   già in altre circostanze, purtroppo, il territorio lucano è stato interessato da incendi di vaste dimensioni, acuiti dal protrarsi di una stagione torrida e con temperature elevate, cosa che impone, anche a fronte di questi ultimi episodi, un rafforzamento delle misure di prevenzione. Va, infatti, ricordato che nei primi mesi del 2017, la Basilicata ha registrato un incremento degli incendi del 400 per cento, spesso frutto di atti vandalici e delinquenziali, che arrecano danni al patrimonio ambientale e alle attività produttive e mettono a rischio la vita di cittadini;
   occorre segnalare l'appello dei vigili del fuoco della Basilicata, cui va il ringraziamento per l'enorme lavoro svolto, che chiedono insistentemente l'implementazione delle risorse finanziarie e il potenziamento di squadre, personale e mezzi –:
   se siano a conoscenza di quanto accaduto e se siano stati effettivamente riscontrati ritardi nell'intervento in una zona boschiva con la presenza di immobili abitati da famiglie e nell'attivazione della macchina dei soccorsi;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per fronteggiare l'emergenza incendi in Basilicata, implementando la dotazione di personale, mezzi e presidi dei vigili del fuoco sul territorio;
   quale sia lo stato del sistema di avvistamento che per anni ha funzionato per segnalare gli incendi ed allertare prontamente la catena dei soccorsi volto a limitare i danni alle persone e a preservare il patrimonio boschivo;
   quali iniziative di competenza si intendano porre in essere per predisporre un efficace piano organico di tutela e manutenzione delle aree boschive, attraverso specifici piani di assestamento forestale ed un sistema di monitoraggio, anche con l'impiego di moderni meccanismi di avvistamento. (3-03209)


Iniziative volte a contrastare la diffusione della Xylella fastidiosa e al sostegno dell'olivicoltura pugliese, anche alla luce del parere motivato in materia inviato all'Italia dalla Commissione europea – 3-03155

C) Interrogazione

   CIRACÌ, ALTIERI, CHIARELLI, DISTASO, FUCCI, MARTI e MATARRESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende, la Commissione europea ha inviato un parere motivato all'Italia in quanto le autorità nazionali non sono state in grado di arrestare la diffusione della Xylella fastidiosa, un batterio che provoca il disseccamento degli alberi di ulivo portandoli alla morte;
   da quando è stato certificato il primo caso di Xylella, nella regione Puglia nel 2014, le autorità italiane erano tenute a rispettare le norme comunitarie in materia di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nel territorio europeo;
   in Italia è stata tuttavia notificata la presenza di nuovi focolai e il calendario comunicato dall'Italia alla Commissione europea «non si è rivelato efficace per garantire l'immediata rimozione degli alberi infetti, come prescritto dalla normativa». Secondo la Commissione europea «la ricerca finora non ha trovato nessuna soluzione migliore all'eradicazione» delle piante infette dalla Xylella per bloccare la sua avanzata;
   il parere motivato fa seguito a una lettera di costituzione in mora già inviata all'Italia nel dicembre 2015 e ad un'ulteriore lettera di costituzione in mora nel luglio 2016. L'Italia dispone ora di due mesi per ottemperare ai propri obblighi; in caso contrario, la Commissione europea potrà decidere di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   va ricordato che le norme comunitarie comportavano la rimozione delle piante infette dal territorio colpito non appena confermata la presenza di Xylella fastidiosa. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie all'eradicazione del batterio dagli ulivi e vietarne così la diffusione in tutti gli Stati membri;
   si è di fronte ad un problema serissimo: dal momento in cui è stata diagnosticata la malattia, dalla zona infetta è avanzata di circa 100 chilometri. Ormai non si contano le aziende annientate dal disseccamento degli ulivi, che non producono reddito da tre campagne produttive e, a breve, saranno raggiunte da molte altre che stanno cominciando a registrare i primi rapidissimi segni di disseccamento;
   sono state stimate in oltre 10 milioni le piante infette dalla Xylella fastidiosa nelle province di Lecce, Taranto e Brindisi, con un danno economico che supera di gran lunga il miliardo di euro. C’è ora il rischio che, senza adeguati provvedimenti, la batteriosi che uccide gli ulivi arrivi nel nord barese e nella provincia di Barletta-Andria-Trani, dove l'olivicoltura rappresenta uno dei volani economici –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, in questi due mesi di tempo concessi all'Italia, per evitare il definitivo tracollo dell'olivicoltura pugliese e l'ennesimo deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   quali ulteriori iniziative il Governo intenda mettere in campo in favore dei territori e a sostegno delle imprese e degli enti locali nelle aree colpite dalla Xylella. (3-03155)


Iniziative di competenza per il contenimento della fauna selvatica, con particolare riferimento alla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 – 3-03388; 3-03389

D) Interrogazioni

   FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 14 giugno 2017 ha sancito che, per l'attuazione dei piani di controllo di cui all'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, le «guardie venatorie dipendenti delle amministrazioni provinciali» si possono avvalere «tassativamente» soltanto delle figure riportate nel medesimo articolo e conseguentemente: i proprietari dei fondi su cui si attua l'intervento, le guardie forestali e quelle comunali;
   tale sentenza ha ritenuto illegittime alcune disposizioni della legge della regione Liguria n. 29 del 2015, che prevedeva di avvalersi anche di coadiutori appositamente abilitati;
   il notevole incremento della fauna selvatica e la diminuzione esponenziale dei cacciatori ha reso necessario negli ultimi anni un ricorso sempre più frequente, da parte delle regioni, ai piani di controllo ed agli abbattimenti selettivi per far fronte agli ingenti danni provocati dagli animali alle produzioni agricole e perfino agli insediamenti urbani, anche nei territori preclusi all'esercizio venatorio;
   i soli soggetti ricompresi nell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 non sono quindi attualmente in numero sufficiente per risolvere le gravi problematiche che il proliferare della fauna selvatica crea alle imprese agricole ed alla popolazione civile;
   molte regioni sono già ricorse all'ausilio di operatori abilitati, appositamente armati, per contenere i danni della fauna selvatica;
   la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato in questo contesto un ordine del giorno, in data 22 giugno del 2017, per introdurre modifiche alla normativa vigente in materia, al fine di permettere alle regioni di poter continuare a ricorrere ad altre figure abilitate, oltre a quelle esplicitamente indicate dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   le associazioni venatorie hanno auspicato una rapida soluzione di questa problematica chiedendo l'approvazione di una norma per contenere la fauna selvatica, compatibilmente con la legislazione nazionale e comunitaria, le indicazioni del mondo scientifico, le esigenze della tutela animale e dell'ambiente, la sicurezza della popolazione e la salvaguardia delle imprese agricole –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di sostenere le regioni nel contenimento della fauna selvatica, nel corretto adempimento delle norme di cui all'articolo 19 della legge n. 157 del 1992. (3-03388)


   ANTEZZA, OLIVERIO, COVA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI e FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Conferenza delle regioni e delle province autonome del 22 giugno 2017 ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede al Governo di intervenire, promuovendo una modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, per arginare il fenomeno dell'incremento diffuso di fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, che rappresenta una minaccia per le colture agricole e, ormai sempre più spesso, anche per la popolazione;
   il fenomeno rende necessario il ricorso sempre più frequente ai piani di controllo, attuati prevalentemente per far fronte ai danni alle produzioni agricole anche nei territori preclusi all'esercizio venatorio;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 14 giugno 2017 ha sancito che le sole figure di cui le «guardie venatorie dipendenti delle amministrazioni provinciali» si possono avvalere nell'attuazione dei piani di controllo, di cui all'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, siano «tassativamente» quelle riportate nell'elenco dello stesso articolo di legge, ovverosia i proprietari dei fondi su cui si attua l'intervento, le guardie forestali e quelle comunali;
   ad avviso delle regioni, i soli soggetti ricompresi nell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 non sono in numero sufficiente a fare fronte ai problemi che il proliferare della fauna selvatica crea anche alla popolazione civile; esse prospettano, quindi, la necessità di ampliare la platea dei soggetti abilitati all'attuazione dei piani di controllo;
   le regioni chiedono, in particolare, una modifica del richiamato articolo 19 della legge n. 157 del 1992 al fine di introdurre la figura dell’«operatore abilitato», previa frequenza di appositi corsi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, per quanto di competenza, ritenga percorribile la strada proposta dall'ordine del giorno approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome il 22 giugno 2017 in relazione alla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992. (3-03389)


DISEGNO DI LEGGE: S. 2942 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 16 OTTOBRE 2017, N. 148, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA FINANZIARIA E PER ESIGENZE INDIFFERIBILI. MODIFICA ALLA DISCIPLINA DELL'ESTINZIONE DEL REATO PER CONDOTTE RIPARATORIE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4741)

A.C. 4741 – Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

  La Camera,
   premesso che:
    la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura sia un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge sia un vizio in procedendo della relativa legge di conversione (Corte costituzionale sentenze n. 29/1995, 171/2007, 128/2008);
    sempre in merito ai vizi formali di costituzionalità del decreto-legge, con la sentenza n. 22 del 2012 la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità, implicitamente previsto dall'articolo 77 della Costituzione ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Quest'ultima disposizione, infatti, «là dove prescrive che il contenuto del decreto-legge “deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo” – pur non avendo, in sé e per sé, rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità in un giudizio di costituzionalità, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'articolo 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento»;
    come si desume dal titolo e dal preambolo, il decreto in esame troverebbe i suoi presupposti nelle «Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili». Tuttavia le disposizioni in esso contenute produrranno i loro eventuali effetti sostanziali solo a lungo termine;
    sotto tali profili, dunque, il decreto in esame è viziato senza dubbio da illegittimità costituzionale in quanto contenente disposizioni prive di collegamento formale con le tematiche richiamate dall'epigrafe del decreto e dallo stesso preambolo, e dunque carenti del requisito dell'urgenza e indifferibilità, in violazione dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, intervenendo le norme contenute nell'articolato su svariate materie che spaziano dal fisco alla pubblica amministrazione, dalla difesa ai trasporti, dall'ambiente alle calamità naturali, dalla sanità alla giustizia, dal trattamento pensionistico alla finanza locale, solo per fare alcuni brevi esempi;
    si configura un abuso del ricorso alla decretazione d'urgenza, che nella specie rappresenta soltanto il mezzo per svilire il dibattito e l'esame parlamentare e per «far credere» nell'illusione di avere, con immediatezza, realizzato determinati obiettivi, talora tralasciati nel provvedimento in esame,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 4741.
N. 1. Sorial, Caso, Castelli, Cariello, D'Incà, Brugnerotto, Colletti.

  La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame il Governo ha inteso proseguire nel solco di quella repentina quanto inopportuna riforma dell'attività di riscossione avviata con il decreto-legge n. 193 del 2016, riaprendo i termini della definizione agevolata dei carichi fiscali iscritti al ruolo negli anni dal 2000 al 2017, grazie alla facoltà accordatagli dall'articolo 77 della Costituzione di ricorrere alla decretazione d'urgenza, manifestando ancora una volta la volontà sistematica di voler alterare, a suo vantaggio, quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale anch'essa evocata, in parte, dal medesimo articolo 77, laddove configura, nelle sue scarse enunciazioni, una precisa concezione della forma di governo parlamentare, dei rapporti tra il parlamento e l'esecutivo, nonché del procedimento legislativo;
    rispetto al provvedimento in questione non si ravvisano quei requisiti di straordinarietà, necessità ed urgenza, da tempo diventati una mera clausola di stile, che legittimano, ai sensi del sopracitato articolo 77 della Costituzione, l'esercizio del potere del Governo di adottare atti aventi forza di legge. La sussistenza di tali requisiti deve infatti essere, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, rilevabile nel preambolo. Al contrario il preambolo dell'AC 4741, così testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di prevedere disposizioni in materia finanziaria e contabile; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di prevedere misure per esigenze indifferibili, in materia di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, di personale delle Forze di polizia e militare, di imprese, ambiente, cultura e sanità; [....]», si limita ad una apodittica enunciazione dei requisiti. A tal proposito la Corte costituzionale ha rilevato il vizio della motivazione e la conseguente illegittimità costituzionale di un decreto-legge, precisando che «l'utilizzazione del decreto-legge – e l'assunzione di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l'articolo 77 della Costituzione – non può essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, ne può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta» (Sentenza n. 171 del 2007). Tutto ciò postula l'esigenza imprescindibile, che identica e rigorosa vigilanza debba essere esercitata dal Parlamento nella fase di conversione in legge dello stesso;
    il continuo ricorso alla decretazione di urgenza mina il mantenimento di un corretto equilibrio fra gli organi costituzionali, nonché per la forma di Stato, così come disegnati dalla Costituzione, inoltre la continua interferenza del governo sulla regolare produzione normativa di fonte parlamentare, sia sorretta o meno da urgenze reali o dichiarate, ha prodotto fino ad oggi, secondo alcuni giuristi, una grave lesione della certezza del diritto nonché un elevato livello di entropia normativa a cui si accompagna l'alterazione della gerarchia delle fonti e la difficoltà di dare attuazione ad una legislazione divenuta oramai «alluvionale», instabile e disordinata;
    oltre al ripetuto e costante ricorso ai decreti-legge in questi ultimi anni si è andato gradualmente imponendo un nuovo abuso: quello dei c.d. decreti-legge «omnibus», categoria nella quale rientra provvedimento in questione;
    il decreto-legge in esame prevede infatti disposizioni di carattere eterogeneo, comprendendo nello stesso contesto normativo: misure in materia di riscossione, emersione e rientro di capitali detenuti all'estero; disposizioni di finanziamento di spese collegate ad esigenze indifferibili che spaziano dal Fondo sociale per l'occupazione a quello di garanzia delle PMI, a misure a favore dei comuni colpiti dalle calamità naturali del 2016 e del 2017 ; disposizioni per l'estensione dello split payment e della c.d. golden power governativa; misure per l'ammissione degli enti del terzo settore al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari; misure nel settore dei trasporti, quali la proroga dei termini per le procedure su Alitalia e l'assegnazione di risorse agli investimenti nel settore ferroviario; misure in materia fiscale orientate alla parziale sterilizzazione degli aumenti delle aliquote IVA per il 2018 e accise per il 2019; disposizioni per la prosecuzione della concessione delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea; incremento del contratto di programma per la società Rete Ferroviaria Italiana; disposizioni per la Croce Rossa Italiana; oltre che disposizioni che spaziano nelle seguenti materie: moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari, tutela della concorrenza, sistema valutario, tributario e contabile dello Stato, armonizzazione dei bilanci pubblici e perequazione delle risorse finanziarie, ordinamento civile e tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, grandi reti di trasporto, missioni internazionali, difesa e Forze armate, istruzione, università e sistema sanitario, costituendo, in tal guisa, un impianto che disattende quel monito del Capo dello Stato, più volte indirizzato a Governo e Parlamento, ad una maggiore attenzione al profilo della omogeneità di contenuto dei decreti-legge;
    molte delle suddette disposizioni essendo prive di collegamento formale con le tematiche richiamate dall'epigrafe del decreto e del suo stesso preambolo, rischiano di viziarlo di incostituzionalità;
    nel provvedimento, in violazione con quanto invece richiesto dall'articolo 15, comma 3, della succitata legge n. 400 del 1988, albergano anche numerose disposizioni di natura ordinamentale: l'articolo 13, che modifica ed integra gli articoli 120 e 193 del «Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria», l'articolo 13-bis che detta disposizioni in materia di concessioni autostradali, l'articolo 19 che modifica la disciplina sul diritto d'autore e l'articolo 19-septies che detta disposizioni per garantire l'autonomia del Garante del contribuente;
    l'articolo 1 del decreto-legge in questione detta ulteriori norme per la definizione agevolata dei debiti fiscali. Qualsiasi atto di clemenza generalizzata oltre ad offendere i contribuenti onesti, costituisce una esecrabile manifestazione di impotenza dello Stato, soprattutto se finalizzato a reperire risorse finanziarie, a ridurre il contenzioso con i contribuenti e a contrastare efficacemente la dilagante piaga dell'evasione fiscale, pur se essenzialmente diretto a soddisfare l'interesse costituzionale all'acquisizione delle disponibilità finanziarie necessarie a sostenere le pubbliche spese, incentivando la definizione semplificata e spedita delle pendenze fiscali mediante il parziale pagamento del debito tributario;
     quanto premesso rivela anche la manifesta violazione dell'articolo 2 della Costituzione, che richiede a tutti i cittadini l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, da attuarsi anche attraverso il pagamento dei tributi. Infatti qualsiasi legge istitutiva di un'imposta, che altro non è che una legge di riparto del carico tributario, diventa intangibile per tutto il tempo della sua cogenza nei confronti di tutti i membri della platea contributiva, ponendo in essere in capo a ciascun contribuente un diritto soggettivo individuale ed inviolabile, nei confronti di ciascun altro condebitore, alla stabilità e invarianza dei criteri con i quali si è distribuita l'obbligazione tributaria. Nessuna legge successiva può intaccare il principio della assoluta intangibilità ed inalterabilità dei criteri di riparto accordando, medio tempore e sia pure per un tempo limitato ad una platea ristretta di contribuenti, riduzioni o dilazioni tramite trattamenti agevolati in senso lato, giustificati da interessi reciproci tra il fisco e contribuente, e che stanno alla base di tutti i provvedimenti condonistici;
    anche la facoltà accordata ad alcuni contribuenti di collaborare volontariamente per la definizione agevolata di alcuni illeciti tributari (c.d. voluntary disclosure), come quella di cui all'articolo 5-septies del provvedimento, che detta disposizioni in materia di collaborazione volontaria per l'emersione di redditi prodotti all'estero, costituisce una inaccettabile violazione dell'articolo 53 della Costituzione in forza del quale «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», principio quest'ultimo che rappresenta non solo un criterio di commisurazione del prelievo tributario rispetto al reddito personale, ma anche il presupposto di legittimità dell'imposizione tributaria, e che, a sua volta, non può prescindere dal principio di uguaglianza sancito nell'articolo 3 della Costituzione che bandisce qualsivoglia trattamento fiscale differenziato;
    d'altra parte il carattere «premiale» di una legislazione condonistica, finalizzata dall'intento di offrire al soggetto obbligato la scelta tra il mantenersi nella posizione di inadempienza, comunque determinata o motivata, ovvero di avvalersi della facoltà di estinguere la propria posizione debitoria mediante un pagamento agevolato ed in tempi definiti, crea un effetto sistemico idoneo ad aumentare il fenomeno dell'evasione poiché genera nel tempo negli evasori la non infondata convinzione di una possibile futura impunità fiscale, con le disastrose conseguenze sul fronte del gettito erariale che tutti conosciamo e come dimostrano anche gli effetti fallimentari dei passati condoni;
    di contro il Governo nel giugno 2016 rispondendo alla interrogazione Paglia n. 5/09023 presso la Commissione Finanze della Camera sul presunto riordino delle Agenzie fiscali e la riforma del sistema di riscossione anche attraverso la soppressione di Equitalia preannunciato dal premier Renzi, ha specificato che «scopo della riforma – in coerenza con la linea intrapresa con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 e con le rinnovate convenzioni con le agenzie fiscali, in corso di stipula – è sempre quello di reindirizzare l'attività dell'amministrazione finanziaria complessivamente intesa in direzione di un sistema più equo, trasparente e orientato alla crescita, affermando la necessità di un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale e imprese e cittadini»;
    tutto quanto premesso stride e confligge con l'obiettivo perseguito dalla c.d. Delega fiscale (legge n. 23 del 2014) totalmente orientata ad una maggiore compliance fiscale;
    inoltre il provvedimento non sembra caratterizzarsi per l'immediata applicabilità ed efficacia del maggior numero delle disposizioni che introduce stante anche l'assenza di motivazione dell'indifferibilità degli interventi, come invece richiesto dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 per il quale i decreti «devono contenere misure di immediata applicazione», limite al quale la Corte costituzionale accorda valore, come sopra, di indice di esistenza/inesistenza del presupposto: «la mancanza di immediatezza», afferma la Corte con la sentenza n. 22 del 2012, «è indizio preciso e grave di evidente mancanza del presupposto; non è in sé il vizio, ma la prova di un vizio. Il requisito dell'immediatezza deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo ed i cui perseguiti risparmi di spesa siano, allo stato, concretamente valutabili ne quantificabili, seppur in via approssimativa»;
    con riferimento all'articolo 3 che allarga il perimetro del c.d. split payment a tutte le società controllate dalla pubblica amministrazione e che secondo le stime esposte nella relazione tecnica sarebbe capace di determinare un recupero di IVA netto pari a 46,2 milioni di euro in ragione annua, la Corte dei conti, in occasione dell'audizione tenutasi presso le commissioni riunite bilancio di Camera e Senato il 17 aprile 2017 nell'ambito dell'esame del DEF 2017, ha messo in guardia il Parlamento su un possibile effetto di rimbalzo che potrebbe derivare dall'estensione di meccanismi di contrasto all'evasione, basati sul versamento dell'IVA all'erario da parte del cliente-Pubblica amministrazione, in luogo del fornitore (come avviene appunto con lo split payment) che, se da un lato consentono di ridurre i rischi di evasione, potrebbero però dall'altro alterare il meccanismo che governa la liquidazione dell'IVA, accelerando nell'immediato i flussi di gettito che affluiscono all'erario, ma esponendo il sistema a future richieste di compensazioni e rimborsi da parte di contribuenti in credito;
    il decreto-legge presenta palesi incostituzionalità anche con riferimento a disposizioni che in esso sono state introdotte da parte del Senato della Repubblica. Infatti, per giurisprudenza ormai consolidata sono incostituzionali le nuove norme inserite dalla legge di conversione disomogenee in quanto palesemente estranee rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui sono state inserite (Corte costituzionale, sentenza 6 maggio 2016 n. 94). Ed invero, il comma 5-bis dell'articolo 6 modifica, in favore del settore della giustizia amministrativa, i criteri e la procedura di riparto delle risorse derivanti dal maggior gettito conseguente all'aumento del contributo unificato per i ricorsi al TAR ed al Consiglio di Stato. Questa disposizione e stata introdotta nel Titolo II, che reca «Disposizioni urgenti in materia di missioni internazionali, forze di polizia e militari» e collocata all'interno dell'Articolo 6, che reca «Modifiche alla legge 21 luglio 2016, n. 145 e disposizioni in materia contabile». L'articolo e l'intero titolo sono del tutto estranei alla materia della giustizia amministrativa e laddove l'articolo reca disposizioni in materia contabile lo fa solo nell'esclusivo ambito delle missioni militari, del riordino delle carriere nelle forze armate e della revisione dei ruoli delle forze di polizia;
    quanto premesso, lungi dal voler essere una esaustiva disamina del provvedimento, dimostra che Governo ha abusato, in maniera ingiustificata, della facoltà accordatagli dall'articolo 77 della Costituzione di ricorrere alla decretazione d'urgenza, manifestando ancora una volta la volontà sistematica di voler alterare, a suo vantaggio, quel delicato equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che dovrebbe stare alla base di una corretta dialettica istituzionale anch'essa evocata dall'articolo 70 della Costituzione ed in parte dallo stesso articolo 77, laddove configura, nelle sue scarne enunciazioni, una precisa concezione della forma di governo parlamentare, dei rapporti tra parlamento e l'esecutivo, nonché del procedimento legislativo,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 4741.
N. 2. Paglia, Marcon, Pastorino, Andrea Maestri, Daniele Farina.

  La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca la «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie»;
    la prassi della decretazione d'urgenza, in questo Paese, si è consolidata a tal punto da divenire oramai la modalità ordinaria attraverso la quale si producono norme primarie nell'ordinamento, operando, di fatto, uno svuotamento ed una grave mortificazione del ruolo del Parlamento;
    l'abuso del decreto-legge è stato definito dalla dottrina «una degenerazione in grado di oscurare principi costituzionali di rilevanza primaria» e crea, sicuramente, un problema di certezza del diritto, non soltanto perché produce uno squilibrio istituzionale tra Parlamento e Governo, attraverso il vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, ma anche perché priva l'opposizione della facoltà di esercitare la sua funzione di indirizzo e di controllo politico;
    non a caso, la stessa lettera dell'articolo 77 della Costituzione riafferma, al primo comma, la titolarità del potere normativo in capo alle Camere, stabilendo precisi limiti sostanziali (straordinarietà e di urgenza) e formali (efficacia limitata nel tempo) alla potestà legislativa del Governo che può essere soltanto esercitata e non detenuta come potere attribuito;
    l'eccessiva espansione del potere normativo del Governo è stata giustificata dall'inesatta considerazione dell'accresciuta quantità di compiti dello Stato e della varietà di interessi e di situazioni presenti in una società complessa come quella italiana, che richiedono una pronta disciplina giuridica da parte del Governo, ma questa posizione è stata più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e dalle numerose sentenze della Corte costituzionale che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale;
    basti qui ricordare, ex multis, la sentenza n. 171 del 2007 nella quale la Corte stabilisce la illegittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 80 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 140 del 2004, per mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza, e la sentenza n. 128 del 2008, attraverso la quale si puntualizza l’«evidente mancanza» dei presupposti fattuali e la disomogeneità che spesso caratterizza i decreti-legge. Inoltre, l'illegittimità costituzionale del procedimento legislativo non viene sanata dalla legge di conversione che, secondo la richiamata giurisprudenza, è a sua volta incostituzionale per un vizio del procedimento;
    in particolare, le sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008 collegano «il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico (sentenza n. 22 del 2012)»;
    nonostante i richiami degli organi di garanzia, questo Esecutivo continua, come il precedente, ad emanare senza sosta decreti-legge, con un comportamento decisorio che solleva forti dubbi di legittimità costituzionale, tra cui, da ultimo, il provvedimento in oggetto dove, la motivazione di «straordinaria necessità ed urgenza di prevedere disposizioni in materia finanziaria e contabile» è diventato un lasciapassare per l'introduzione di norme dal più vasto contenuto;
    il decreto, già a partire dal titolo, risulta infatti talmente disomogeneo da divenire estremamente onnicomprensivo, disattendendo anche sotto questo aspetto le pronunce della Corte costituzionale che ha considerato requisito dell'omogeneità, previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, rilevante tanto quanto quelli espressamente prescritti dall'articolo 77 della Costituzione. Il problema dell'omogeneità è infatti intrinsecamente connesso con quello della sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, del quale costituisce una sorta di corollario;
    non si ravvisa, infatti, alcuna omogeneità di materia tra i tre Titoli del decreto, contenenti, rispettivamente, misure in materia fiscale (Titolo I), disposizioni urgenti in materia di missioni internazionali, Forze di polizia e militari (Titolo II) e misure in materia di Fondi ed ulteriori misure per esigenze indifferibili (Titolo III), che, a sua volta, risulta essere composto, al suo interno, da una somma di disposizioni omnibus che spaziano da misure in tema di occupazione, di sviluppo, imprese e ristrutturazioni aziendali, fino a materie in tema di golden power, ambiente e cultura;
    all'interno del provvedimento, inoltre, si ravvisa una importante presenza di norme di natura ordinamentale, in violazione con quanto invece richiesto dall'articolo 15, comma 3, della succitata legge n. 400 del 1988. Tale carattere acuisce in maniera esponenziale l'inappropriatezza e l'incostituzionalità del decreto-legge in esame, e dimostrerebbe, ancora una volta, come il provvedimento manchi dei presupposti costituzionali che lo legittimerebbero ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione. Esempio ne sono gli articoli 13 e 14 e l'inserimento di disposizioni di carattere ordinamentale provenienti, addirittura, dagli stralci della legge di bilancio 2018 in esame nell'altro ramo del Parlamento, come l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, inserito nell'articolo 19-quaterdecies;
    sono state poi introdotte misure, sempre di tipo ordinamentale, in materia penale come quelle dell'articolo 13-ter, recante modifica delle disposizioni sulla confisca, e dell'articolo 19-terdecies, recante modifiche al decreto legislativo n. 159 del 2011 in materia di documentazione antimafia, e soprattutto quelle dell'articolo 1 dello stesso disegno di legge di conversione, in cui è stato aggiunto il comma 2 in materia di delitto di atti persecutori (c.d. stalking), che hanno reso necessario la modifica del titolo;
    se è pur vero che il requisito dei casi straordinari di necessità ed urgenza potrebbe comportare un margine di elasticità in quanto «la straordinarietà del caso, tale da imporre la necessità di dettare con urgenza una disciplina in proposito, può essere dovuta ad una pluralità di situazioni (eventi naturali, comportamenti umani e anche atti e provvedimenti di pubblici poteri) in relazione alle quali non sono configurabili rigidi parametri, valevoli per ogni ipotesi» (sentenza della Corte costituzionale n. 171 del 2007), in questo caso non si ravvisa alcun collegamento tra la prima parte, in cui si dispone una importante revisione dell'ente di riscossione nazionale, la seconda, in cui si prevedono misure condonistiche, e la terza, in cui si stanziano risorse per svariate finalità. Secondo la giurisprudenza costituzionale, invece, occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario», cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo (sentenza n. 22 del 2012)»;
    nello specifico, l'articolo 1 contiene la cosiddetta rottamazione-bis in cui si prevedono modifiche alla definizione agevolata dello scorso anno e la possibilità di presentazione dell'istanza anche per i carichi iscritti a ruolo dal 1 gennaio al 30 settembre 2017. Si tratta sostanzialmente di un condono che sana o cerca di sanare una situazione creata dallo stesso Governo che ha sbagliato le previsioni di entrata dei precedenti condoni, dalla voluntary disclosure alle rottamazioni più volte prorogate. L'articolo contiene una violazione della Costituzione nella parte in cui estende al personale proveniente da Equitalia la normativa sull'assicurazione generale obbligatoria del sistema pensionistico: questo personale, infatti, si è ritrovato assunto dall'Ente-riscossione dell'Agenzia delle entrate senza aver esperito alcun concorso pubblico, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione;
    l'articolo 3 estende ulteriormente lo split payment anche alle società partecipate. Lo split payment, introdotto con la legge di stabilità 2015 ed esteso a tutte le amministrazioni, gli enti e i soggetti inclusi nel conto consolidato della PA con la manovra correttiva 2017, prevede che le pubbliche amministrazioni paghino i propri fornitori di beni e servizi al netto dell'IVA. Ciò genera, fondamentalmente, una riserva di liquidità per lo Stato che incassa immediatamente l'IVA, mentre dall'altro lato crea enormi problemi di liquidità per imprese, professionisti e privati;
    l'introduzione di questo strumento ha già implicato forti criticità per le imprese fornitrici della Pubblica amministrazione che, già provate dagli anni di crisi, hanno dovuto affrontare un peggioramento della propria liquidità e, in generale, una riduzione della liquidità del sistema;
    le due maggiori misure del Titolo I in materia fiscale, dunque, più che disposizioni necessarie ed urgenti, sono palesemente strumenti normativi al fine di aumentare le entrate dello Stato da utilizzare nella manovra finanziaria per il 2018 anche se il provvedimento in oggetto non risulta essere un vero e proprio collegato;
    le misure dell'articolo 8 (Monitoraggio delle misure di salvaguardia in materia pensionistica e finanziamento Fondo occupazione) che riprogramma i soldi stanziati per gli esodati riducendo il numero di richieste di accesso all'ottava salvaguardia, non può che risultare palesemente in contrasto con i principi di diritto sociale sottesi al nostro testo costituzionale che hanno ispirato gli articoli contenuti nella cosiddetta costituzione economica;
    l'articolo 12, infine, posticipa la fine dell'intervento dello Stato nella gestione Alitalia attraverso la procedura di amministrazione straordinaria. Continua a perpetrarsi la violazione dell'articolo 41 della Costituzione che sancisce la libertà dell'iniziativa economica privata, profilandosi una sorta di statalizzazione della società che vede lo Stato invadere la sfera del privato. Infatti, la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasce per la ristrutturazione e/o vendita delle imprese a partecipazione pubblica o operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali ma l'intervento su Alitalia è un esproprio nella gestione della proprietà attraverso l'intervento generale dello Stato nel settore privato. La dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe inoltre servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese. Invece dal 2008 ad oggi lo Stato, riconoscendo la condizione di crisi della società di bandiera, ha avuto un'ingerenza forte in numerose occasioni con diversi interventi, elargendo dal 2008 (anno del primo prestito ponte di 300 milioni di euro) fino al 2014 (anno dell'ingresso per il 49 per cento di Etihad e la nascita della «nuova» Alitalia svincolata dallo Stato) una somma pari a 4,1 miliardi di euro, escludendo il prestito ponte di 600 milioni del 2017 e gli ulteriori 300 milioni di questa legge di bilancio. Nel medesimo arco temporale, il nostro Paese ha vissuto una delle crisi economiche più rilevanti dell'ultimo secolo e i Governi che si sono succeduti hanno scelto di destinare ingenti risorse economiche per il risanamento dell'Alitalia anche dopo la sua completa privatizzazione e la consistente partecipazione azionaria dell'Etihad, compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi. È evidente che la deliberata scelta di destinare sistematicamente ingenti risorse pubbliche distogliendole da interventi mirati a far uscire il nostro Paese dalla crisi economica, presenta profili di criticità rispetto ai principi costituzionali sanciti dagli articoli 3, 4, 9, 31, 32, 34, 36, 38, 47;
    la prassi del Governo in carica in merito all'uso della decretazione d'urgenza ha raggiunto ormai livelli preoccupanti, con una media di quasi due decreti al mese. Già nell'ottobre 2014, il Presidente della Camera ammoniva il Presidente del Consiglio dichiarando come questa pratica reiterata rischiasse di alterare il fisiologico funzionamento della Camera dei deputati;
    l'utilizzo della normativa d'urgenza trova una giustificazione soltanto politica: il Governo, infatti, utilizza il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza per evitare il percorso parlamentare dell'ordinario disegno di legge che, prevedendo maggiori garanzie all'opposizione nell'esercizio dei propri diritti, richiederebbe sicuramente un percorso più lungo e complesso;
    è palese quindi che il Governo operi nella piena consapevolezza di travalicare i limiti costituzionali, rischiando di riuscire in una pericolosa modificazione tacita non soltanto della forma di Governo, ma anche della forma di Stato, mettendo in pericolo l'effettiva tutela dei diritti dei cittadini;
    tutto ciò premesso, restando forti le riserve di carattere incostituzionale del provvedimento in esame, che presenta gravi carenze in ordine ai presupposti costituzionali di necessità ed urgenza e che si connota per un impianto normativo tipico dei cosiddetti «decreti-omnibus», a rischio oltre che di palesi profili di incostituzionalità anche della necessità di essere successivamente integrato e completato con norme di diversa portata, data la natura ordinamentale e la vastità delle materie trattate,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 4741.
N. 3. Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Lo Monte, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti.

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili, già approvato dal Senato, è l'ennesimo esempio di abuso di questo strumento che si somma a una serie di provvedimenti di urgenza – talvolta totalmente – sprovvisti dei presupposti costituzionali di straordinaria necessità e urgenza stabiliti dall'articolo 77 della Costituzione;
    il provvedimento reca un ampio quadro di misure che incidono su settori tematici tra loro eterogenei; misure incentrate – in un primo momento – principalmente sulle misure fiscali, ma nel contempo estese anche ad altre linee di intervento, che si sono poi significativamente ampliate a seguito delle modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame presso il Senato, che rendono il testo ancor più privo di quei criteri di straordinaria necessita ed urgenza richiesti dalla Costituzione;
    le varie materie trattate nel decreto in esame riguardano, oltre alle misure fiscali – tra le principali quelle sulla c.d. rottamazione delle cartelle (definizione agevolata dei carichi), l'estensione dello split payment, l'ammissione degli enti del terzo settore al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari – diverse disposizioni in tema di calamità naturali, sia con disposizioni fiscali che con stanziamento di risorse e con norme relative ad investimenti per finalità di ricostruzione e messa in sicurezza. Altri interventi riguardano il settore delle imprese, con l'aumento della dotazione finanziaria di alcuni Fondi dedicati alle piccole e medie imprese nonché con una misura specifica per quelle di grandi dimensioni, ma anche con l'estensione alle imprese del settore della alta tecnologia della c.d. «golden power» governativa nelle società considerate strategiche. Sono presenti anche misure nel settore dei trasporti, ad esempio con la proroga dei termini per le procedure su Alitalia e l'assegnazione di risorse agli investimenti nel settore ferroviario, nonché numerosi altri interventi rivolti a temi specifici, quali l'obbligo di fatturazione su base mensile dei servizi di comunicazione elettronica, il principio dell'equo compenso per i professionisti nei rapporti con clienti diversi dai consumatori, l'introduzione di una specifica disciplina sul riaffidamento di alcune concessioni autostradali scadute, l'estensione delle agevolazioni fiscali per gli studenti fuori sede, disposizioni per la Croce Rossa Italiana, norme in materia di personale delle Forze di polizia e di personale militare, monitoraggio delle misure di salvaguardia in materia pensionistica e finanziamento del fondo occupazione, e altre ancora;
    giova ricordare che la verifica del criterio di omogeneità costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da sempre fondato i percorsi argomentativi legati alla presenza, o assenza, del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dal summenzionato articolo costituzionale per la legittima adozione dei decreti-legge;
    va rammentato che con la sentenza n. 22 del 2012 la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità, implicitamente previsto dall'articolo 77 della Costituzione ed esplicitato dall'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, laddove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
    ad avviso dei firmatari del presente atto, il decreto-legge è viziato senza dubbio da illegittimità costituzionale, in quanto contenente disposizioni prive di collegamento formale con le tematiche richiamate dall'epigrafe del decreto e dallo stesso preambolo, e dunque carenti del requisito dell'urgenza e indifferibilità, in violazione dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione; allo stesso tempo, non vi è poi alcun collegamento, né alcun criterio che può ricondurre a un nesso funzionale le diverse parti del testo;
    l'eterogeneità delle materie in un decreto-legge determina un utilizzo improprio della decretazione d'urgenza e un depauperamento della competenza legislativa propria delle Camere, con il conseguente svilimento del ruolo del Parlamento e l'affermazione di uno squilibrio dei poteri all'interno degli organi istituzionali a favore del Governo, che fa proprio il potere normativo. Per tale motivo l'utilizzo del decreto-legge deve essere ponderato. Nel decreto-legge in esame l'omogeneità è carente sin dal titolo, assolutamente vago e indeterminato, oltre che disomogeneo. Si parla infatti di misure «in materia finanziaria e per esigenze indifferibili», con disposizioni di finanziamento di un insieme di ambiti che nulla hanno in comune l'uno con l'altro e che si prefigurano più come un finanziamento a pioggia a fini politici che come interventi di carattere strutturale;
    la volontà del Governo di realizzare il proprio programma, o di rendere operative con immediatezza alcune sue decisioni, non può diventare prevalente sulla natura peculiare del decreto-legge. Il decreto-legge non può, altresì, essere il mezzo del Governo per introdurre disposizioni e preservare, pretestuosamente e comunque, gli effetti prodottisi nei sessanta giorni di validità della decretazione di urgenza, a prescindere della conversione in legge delle singole norme emanate;
    giova, altresì, ribadire che la consuetudo contra legem del legislatore di emanare decreti-legge in contrasto con sentenze della Corte indebolisce la credibilità degli organi legislativi, dei loro componenti, e del valore e della forza delle leggi e della Costituzione. Desta, inoltre, perplessità che un decreto-legge formalmente viziato possa essere emanato;
    il decreto-legge in esame, nei suoi contenuti, assieme al prossimo disegno di legge di bilancio, concorre alla manovra di bilancio per il 2018, sia per il prossimo anno, che per gli anni successivi, sia con riguardo al finanziamento di alcune esigenze indifferibili relative al 2017;
    l'inserimento di alcune disposizioni nel decreto-legge appare pretestuoso, posto che avrebbero potuto essere inserite nella prossima legge di bilancio in itinere, senza limitarne o inficiarne gli obiettivi che si prefiggono;
    tra l'altro, nel corso dell'esame al Senato sono state inserite disposizioni inizialmente stralciate dallo stesso disegno di legge di bilancio all'esame dello stesso ramo del Parlamento, come l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati che, in ogni caso, e pur sempre il contenuto di una proposta di legge all'esame della Camera dei deputati, già calendarizzata in Assemblea per il mese corrente;
    tali storture, che sono da considerarsi un palese abuso di uno strumento legislativo particolare quale è il decreto-legge, si evincono, come detto, sin dal titolo del provvedimento emergenziale, che è vago, generico e non permette di comprendere il suo specifico ambito di intervento;
    il legislatore ha infatti reputato, in modo inappropriato, che inserire nel titolo il termine «urgenti» sia motivo sufficiente per rendere emanabile un decreto-legge, e che i termini «materia finanziaria e per esigenze indifferibili» siano sufficienti per legare tra loro disposizioni totalmente disomogenee;
    il provvedimento, in violazione di quanto invece richiesto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, contiene numerose disposizioni di natura ordinamentale, come quelle che disciplinano il diritto d'autore, le concessioni autostradali, l'intermediazione finanziaria, la documentazione antimafia e diverse norme in materia penale;
    questo modo di legiferare non contempla in mode adeguato il giusto approfondimento che necessiterebbero norme di tale portata; diverse sono infatti le misure su cui i tecnici del Servizio studi di Camera e Senato hanno acceso i riflettori segnalando alcune criticità. In particolare, sulle norme relative al prestito Alitalia i tecnici segnalano che «non sono presenti riferimenti alla compatibilità con la disciplina dell'Unione europea in materia, che erano peraltro presenti nel decreto 50/2017», cioè la manovrina di aprile. Sull'uscita dei minori di 14 anni dalle scuole medie da soli ma con autorizzazione «per quanto riguarda la valutazione del grado di autonomia del minore e della specifica pericolosità del contesto – osservano – occorrerebbe valutarne la portata dal punto di vista del diritto penale. (...) ai fini dell'applicabilità del reato di abbandono di cui all'articolo 591 del codice penale, opera una presunzione assoluta di incapacità di intendere e di volere del minore di anni 14, che non sembra ammettere prova contraria». Viene chiesto, inoltre, di approfondire «se tale valutazione sia di competenza esclusiva dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale (ovvero, dei tutori o dei soggetti affidatari), o se la stessa debba necessariamente ottenere una convalida da parte dell'istituzione scolastica che riceve la liberatoria». Sulle modalità di rateizzazione, per un periodo non inferiore a 36 mesi, delle fatture i cui pagamenti siano stati sospesi a favore delle popolazioni terremotate, gli esperti segnalano che «andrebbe valutata l'opportunità di chiarire l'ambito di applicazione della norma (...) in quanto il riferimento all'articolo 48 del decreto 189/2016 appare generico, disciplinando tale articolo diverse fattispecie di sospensione di termini»,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 4741.
N. 4. Brunetta, Alberto Giorgetti, Palese, Milanato, Prestigiacomo.

PROPOSTA DI LEGGE: MOLTENI ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, IN MATERIA DI INAPPLICABILITÀ E DI SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ABBREVIATO, NONCHÉ MODIFICA ALL'ARTICOLO 69 DEL CODICE PENALE, IN MATERIA DI CONCORSO DI CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI (A.C. 4376-A)

A.C. 4376-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 4376-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

NULLA OSTA

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 4376-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

  1. All'articolo 438 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
   « 1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo»;
   b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
   « 4-bis. Nei procedimenti per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, l'imputato può proporre la richiesta di cui al comma 1 subordinandola a una diversa qualificazione del fatto come reato per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo»;
   c) al comma 6, le parole: «ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta» sono sostituite dalle seguenti: «delle richieste presentate ai sensi dei commi 4-bis e 5, esse possono essere riproposte».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente, sopprimere gli articoli 2, 3 e 4.
*1. 1. Daniele Farina, Andrea Maestri.

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente, sopprimere gli articoli 2, 3 e 4.
*1. 2. Sannicandro, Leva, Rostan.

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente:
   all'articolo 2:
     comma 1:
     alinea, sostituire le parole:
sono inseriti i seguenti con le seguenti: è inserito il seguente.
     sopprimere il capoverso Art. 438-bis.
     capoverso Art. 438-ter, comma 1, sopprimere le parole: per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo,
   sopprimere l'articolo 3.
1. 50. Sisto, Sarro.

  Al comma 1, lettera a), alinea, sostituire le parole: è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesima lettera, dopo il capoverso comma 1-bis, aggiungere il seguente:
  
«1-ter. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1-bis i soggetti che risultino immuni da precedenti condanne per delitti».
1. 53. Sisto, Sarro.

  Al comma 1, lettera a), alinea, sostituire le parole: è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesima lettera, dopo il capoverso comma 1-bis, aggiungere il seguente:
  
«1-ter. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1-bis i soggetti che risultino immuni da condanne per delitti con pene superiori a due anni».
1. 54. Sisto, Sarro.

  Al comma 1, lettera a), alinea, sostituire le parole: è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti.

  Conseguentemente, dopo il capoverso comma 1-bis, aggiungere il seguente:
  
«1-ter. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1-bis i soggetti che risultino immuni da condanne per delitti con pene superiori a tre anni».
1. 55. Sisto, Sarro.

  Al comma 1, lettera a), capoverso comma 1-bis, aggiungere, in fine, le parole:, i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché per i delitti di cui agli articoli 414-bis, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale.

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), capoverso comma 4-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1-bis per i quali la legge non prevede la pena dell'ergastolo, la richiesta di cui al comma 1 può essere proposta subordinandola a una diversa qualificazione dei fatti o all'individuazione di un reato diverso allo stato degli atti.
1. 58. Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti.

  Al comma 1, lettera a), capoverso comma 1-bis, aggiungere, in fine, le parole: nonché per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale.

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), capoverso comma 4-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1-bis per i quali la legge non prevede la pena dell'ergastolo, la richiesta di cui al comma 1 può essere proposta subordinandola a una diversa qualificazione dei fatti o all'individuazione di un reato diverso allo stato degli atti.
1. 56. Sarti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.

  Al comma 1, lettera a), capoverso comma 1-bis, aggiungere, in fine, le parole: nonché per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale.

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), capoverso comma 4-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Nei procedimenti per il delitto di cui al comma 1-bis per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo, la richiesta di cui al comma 1 può essere proposta subordinandola a una diversa qualificazione dei fatti o all'individuazione di un reato diverso allo stato degli atti.
1. 57. Sarti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.

  Al comma 1, capoverso «1-bis», aggiungere, in fine, le parole: nonché per i reati di violenza sessuale perpetrata nei confronti di minori di anni quattordici.
1. 51. Galgano.

A.C. 4376-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.

  1. Dopo l'articolo 438 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
  «Art. 438-bis. – (Rito abbreviato nel dibattimento). – 1. Nel caso di rigetto delle richieste presentate ai sensi dei commi 4-bis e 5 dell'articolo 438, l'imputato può riproporle prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
  2. L'imputato può altresì proporre la richiesta di cui al comma 1 dell'articolo 438 direttamente al giudice del dibattimento nel caso in cui il decreto che ha disposto il giudizio preveda una diversa qualificazione del fatto come reato per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo.
  3. Se, a seguito della modifica dell'imputazione ai sensi dell'articolo 516, risulta un reato diverso da quelli per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato al giudice del dibattimento.
  4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, il giudice provvede con ordinanza.
   Art. 438-ter. – (Rito abbreviato nei procedimenti di competenza della corte di assise). – 1. Quando si procede per uno dei delitti indicati nell'articolo 5, per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo, il giudice, dopo avere disposto il giudizio abbreviato, trasmette gli atti alla corte di assise per lo svolgimento del giudizio e indica alle parti il giorno, il luogo e l'ora della comparizione».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente, sopprimere l'articolo 4.
*2. 1. Andrea Maestri, Daniele Farina.

  Sopprimerlo.

  Conseguentemente, sopprimere l'articolo 4.
*2. 2. Sannicandro, Leva, Rostan.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: sono inseriti i seguenti con le seguenti: è inserito il seguente.

  Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere il capoverso Art. 438-bis.
2. 51. Sisto, Sarro.

  Al comma 1, capoverso Art. 438-bis, comma 2, sostituire le parole: nel caso in cui con le seguenti: qualora, nei casi di cui al comma 1-bis del medesimo articolo

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 3, premettere le parole: Nei casi di cui al comma 1-bis dell'articolo 438,
2. 50. Morani.

  Al comma 1, capoverso Art. 438-bis, comma 2, sostituire le parole: nel caso in cui con le seguenti: qualora la richiesta di rinvio a giudizio enunci un fatto qualificato come reato per il quale la legge prevede la pena dell'ergastolo e.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 3, dopo la parola: Se introdurre le seguenti: nel decreto che dispone il giudizio il fatto è qualificato come reato per il quale la legge prevede la pena dell'ergastolo e,.
2. 50.(Testo modificato nel corso della seduta). Morani
(Approvato)

A.C. 4376-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.

  1. Il secondo e il terzo periodo del comma 2 dell'articolo 442 del codice di procedura penale sono soppressi.

A.C. 4376-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.

  1. Dopo l'articolo 134-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:
   «Art. 134-ter.(Decreto che dispone il giudizio abbreviato in caso di trasmissione degli atti alla corte di assise). – 1. Quando il giudice provvede ai sensi dell'articolo 438-ter del codice, si applica l'articolo 132 delle presenti norme».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.

  Sopprimerlo.
*4. 1. Andrea Maestri, Daniele Farina.

  Sopprimerlo.
*4. 2. Leva, Sannicandro, Rostan.

A.C. 4376-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.

  1. All'articolo 69 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «Per i delitti contro la persona, le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti di cui all'articolo 61, numeri 1) e 4), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste, anche se costituiscono circostanze aggravanti speciali, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 5.

  Sopprimerlo.
*5. 1. Daniele Farina, Andrea Maestri.

  Sopprimerlo.
*5. 2. Sannicandro, Leva, Rostan.

  Sopprimerlo.
*5. 50. Sisto, Sarro.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
  Art. 6 – 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  2. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai procedimenti per i fatti commessi dopo la data della sua entrata in vigore, nonché ai procedimenti per i quali, alla medesima data, non sia ancora scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato.
5. 052. Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere i seguenti:
  Art. 6 – 1. Salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della presente legge si applicano ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.
  2. Per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nei quali, alla medesima data, sia già stata presentata richiesta ai sensi dell'articolo 438 del codice di procedura penale, nel termine previsto dal comma 2 del medesimo articolo, si applicano le disposizioni relative al giudizio abbreviato già vigenti a tale data.

  Art. 7 – 1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. 050. Morani.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
  Art. 6 – 1. Salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della presente legge si applicano ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.
  2. Per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nei quali, alla medesima data, sia già stata presentata richiesta ai sensi dell'articolo 438 del codice di procedura penale, nel termine previsto dal comma 2 del medesimo articolo, si applicano le disposizioni relative al giudizio abbreviato già vigenti a tale data.
*5. 052.(Testo modificato nel corso della seduta). Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
  Art. 6 – 1. Salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della presente legge si applicano ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.
  2. Per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nei quali, alla medesima data, sia già stata presentata richiesta ai sensi dell'articolo 438 del codice di procedura penale, nel termine previsto dal comma 2 del medesimo articolo, si applicano le disposizioni relative al giudizio abbreviato già vigenti a tale data.
*5. 050.(Testo modificato nel corso della seduta). Morani.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
  Art. 6 – 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  2. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai procedimenti per i fatti commessi dopo la data della sua entrata in vigore.
5. 01. Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti.

  Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
  Art. 6 – 1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della presente legge si applicano ai procedimenti per i fatti commessi dopo la data della sua entrata in vigore.
  2. Ai procedimenti per i fatti commessi prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni relative al giudizio abbreviato già vigenti a tale data.
5. 051. Morani.

A.C. 4376-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del presente provvedimento, inserendo un ultimo comma all'articolo 69 del codice penale, prevede che nei delitti contro la persona (e dunque nei delitti di cui agli articoli da 575 a 623-bis del codice penale), quando siano applicabili le aggravanti dell'aver agito per motivi abbietti o futili o dell'aver adoperato sevizie o dell'aver agito con crudeltà verso le persone, eventuali circostanze attenuanti non possano essere ritenute equivalenti o prevalenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di prevedere campagne informative non solo per diffondere la conoscenza delle disposizioni di cui alla presente legge riguardo i delitti contro la persona, ma anche per sensibilizzare l'opinione pubblica al tema del rispetto dovuto a ogni persona indipendentemente dalle differenze specifiche di ognuno.
9/4376-A/1Marzano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula prevede una modifica all'articolo 438 del codice di procedura penale, disponendo che è escluso il giudizio abbreviato quando si procede per delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo;
    il provvedimento inserisce l'articolo 438-bis che è volto a disciplinare la richiesta di rito abbreviato in dibattimento e consente all'imputato di rinnovare o presentare per la prima volta la richiesta di rito abbreviato al giudice del dibattimento, prima della dichiarazione di apertura dello stesso in ipotesi prestabilite;
    il nuovo articolo 438-ter disciplina il rito abbreviato in corte d'assise, prevedendo che quando si procede per un delitto di competenza della corte d'assise per il quale la legge non prevede la pena dell'ergastolo, il giudice dell'udienza preliminare, dopo avere disposto il rito abbreviato, trasmette gli atti alla corte d'assise competente, indicando alle parti il giorno, il luogo e l'ora della comparizione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le iniziative al fine di prevedere un adeguato monitoraggio per verificare la corretta applicazione di quanto disposto dal presente provvedimento.
9/4376-A/2Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge A.C. 4376, recante «Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato. Modifiche al codice penale in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti» modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale e la normativa di attuazione del codice stesso per escludere l'applicabilità del rito abbreviato per alcuni gravi delitti tra cui non figura la fattispecie penale del cosiddetto omicidio stradale;
    in particolare, l'articolo 5 della proposta in esame introduce una disposizione volta a disciplinare il concorso di circostanze nei delitti contro la persona prevedendo che nei delitti contro la persona (e dunque nei delitti di cui agli articoli da 575 a 623-bis del codice penale), quando siano applicabili le aggravanti dell'aver agito per motivi abbietti o futili (articolo 61, n. 1, del codice penale) o dell'aver adoperato sevizie o dell'aver agito con crudeltà verso le persone (articolo 61, n. 4), eventuali circostanze attenuanti che dovessero concorrere non possano essere ritenute equivalenti o prevalenti e conseguentemente la pena dovrà essere calcolata dapprima applicando le suddette aggravanti e solo poi potrà essere diminuita, computando la diminuzione sulla pena risultante dall'aumento conseguente alle aggravanti;
    a poco più di un anno e mezzo dall'introduzione della legge 23 marzo 2016, n. 41 sull'omicidio stradale, secondo i dati di polizia stradale e carabinieri – dal 25 marzo del 2016 sino al 29 ottobre di quest'anno – sono stati 35 i guidatori arrestati in flagranza dopo incidenti stradali gravissimi e altri 576 sono stati denunciati alla magistratura. Cinque automobilisti sono stati arrestati per lesioni gravi o gravissime e altri 1.124 sono stati denunciati per lo stesso motivo. Sono calati di oltre il 20 per cento i pirati della strada che si sono dati alla fuga e non hanno prestato soccorso dopo incidenti gravi;
    sembra che l'applicazione di pene più elevate abbiano avuto come reazione un effetto deterrente, dando maggiore consapevolezza ai guidatori,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative che, oltre alla previsione di cui all'articolo 5 della legge in esame, escludano e/o limitino ulteriormente l'applicabilità e lo svolgimento del giudizio abbreviato quando si procede per i delitti di cui agli articoli da 589 a 590 del codice penale.
9/4376-A/3Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale per escludere l'applicabilità del rito abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo;
    la violenza ha un effetto devastante sui bambini, esponendo chi vi sopravvive al rischio di danni permanenti per la salute e per lo stato emotivo, cognitivo e sociale. La violenza genera violenza: in età adulta, i bambini che ne sono stati colpiti hanno maggiori probabilità di diventarne loro stessi autori;
    la violenza sui bambini priva l'intera società di una parte importante del suo potenziale di sviluppo;
    alcuni studi condotti in 21 paesi sviluppati rilevano che una percentuale variante tra il 7 e il 36 per cento delle donne e il 3 e il 29 per cento degli uomini afferma d'esser stata vittima di abusi sessuali durante l'infanzia, ed è stato riscontrato che la maggior parte degli abusi è avvenuta in ambito familiare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di valutare l'opportunità di escludere attraverso ulteriori iniziative normative dall'applicazione del giudizio abbreviato i reati di violenza sessuale perpetrata nei confronti dei minori di anni 14.
9/4376-A/4Galgano, Menorello.


PROPOSTA DI LEGGE: GARNERO SANTANCHÈ ED ALTRI: ISTITUZIONE DEL REGISTRO PUBBLICO DELLE MOSCHEE E DELL'ALBO NAZIONALE DEGLI IMAM (A.C. 2976-A)* E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: CAPARINI ED ALTRI; MOLTENI ED ALTRI; PALMIZIO (A.C. 486-1570-3421)

* La I Commissione permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), ha deliberato di riferire in senso contrario sulla proposta di legge.

A.C. 2976-A – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

  La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, che riproduce il testo della proposta di legge n. 2976, reca disposizioni in materia di istituzione del registro pubblico delle moschee e dell'albo nazionale degli imam;
    essa pone all'attenzione del Parlamento una questione di attualità, con importanti implicazioni di natura giuspubblicistica, ovvero l'assenza di una disciplina della presenza islamica in Italia nel quadro di regole poste a presidio del sistema costituzionale italiano, tuttavia, presenta notevoli criticità, sia sotto il profilo tecnico-giuridico, sia sotto il profilo politico-costituzionale;
    sotto il primo profilo, si rileva l'assenza di reciprocità tra la Comunità islamica e lo Stato nel varo di una disciplina concernente l'organizzazione della vita religiosa. L'unilateralità dello Stato, in questa materia, è da tempo stata censurata in dottrina e giurisprudenza, benché sia ancora formalmente in vigore la normativa, risalente ai primi decenni del secolo scorso, sui «culti ammessi». In linea di principio, il diritto costituzionale italiano non consente di sottoporre l'esercizio della libertà religiosa a condizioni o restrizioni, che non siano quelli valevoli per qualunque attività di tipo sociale e insuscettibili di disciplina differenziata per specifiche comunità;
    la vigilanza sul rispetto di questo principio da parte della Corte costituzionale, per certi versi, è più forte proprio quando si tratta di comunità religiose che non abbiano un'intesa con lo Stato italiano. Nel caso dell'Islam, inoltre, tale tipo di interferenza assumerebbe un carattere particolarmente invasivo, per le caratteristiche comunitaristiche e tendenzialmente a-gerarchiche di questa religione, almeno nella sua versione sunnita e mediterranea. Nel progetto, ad esempio, si propone la legittimazione per via statuale dell’imam, ma al di fuori di un reale controllo da parte della comunità, il che comporterebbe la reviviscenza della politica dei «culti ammessi». Tale politica, tuttavia, non solo è stata definitivamente superata dal diritto costituzionale italiano, ma la sua applicazione nei confronti della comunità islamica è suscettibile di produrre particolari gravi vulnera nel nostro sistema di garanzie;
    la relazione introduttiva della proposta di legge pare consapevole del fatto che l’imam non possa essere assimilato alla figura di un ministro di culto, ma di ciò non tiene conto nell'articolato. L’imam, infatti, è molto meno e molto di più di un «ministro di culto». È molto meno, perché non è un sacerdote; è molto di più perché guida la preghiera e, per certi versi, la stessa comunità. In ultima analisi, la stessa leadership sulla umma islamica può configurarsi come una estensione e un'amplificazione del ruolo dell’imam. Al tempo stesso, chiunque può essere imam, purché sia in grado di svolgere correttamente le proprie funzioni: non esistono regole codificate e universalmente accettate al riguardo. Questa sorta di filosofia grassroots rende molto complesso l'inquadramento giuridico della religione islamica in un sistema di diritto pubblico di tipo statuale-nazionale. La questione è stata risolta, nei Paesi dell'Islam mediterraneo, attraverso la statualizzazione dell'Islam. Ma in Italia, ogni tentativo di scrivere una disciplina dell'Islam in assenza di un accordo con la stessa Comunità islamica, non può che configurarsi come incostituzionale e in conflitto con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU);
    per quel che riguarda, invece, il profilo politico-costituzionale delle criticità presentate dal progetto di legge in esame, va in primo luogo tenuto conto degli effetti che una declaratoria di incostituzionalità potrebbero avere sulla costruzione di una politica nei confronti dell'Islam nel nostro Paese. Tale declaratoria esaspererebbe i termini del confronto sul tema e porrebbe seri ostacoli alla costruzione di una politica dell'Islam, che sappia fare tesoro dei fallimenti registrati in Europa, con particolare riferimento all'approccio neutralizzante-assimiliazionistico di tipo francese, per un verso, e a quello pragmatico-multiculturalista all'inglese, per l'altro;
    dal punto di vista dei contenuti, le previsioni del testo in esame favoriscono le comunità numericamente più forti, per proselitismo. Si tratta delle comunità degli «imam-fai-da-te» o, comunque, degli imam fortemente politicizzati e privi di solidi riferimenti istituzionali nel Paese di provenienza. Si finirebbe, dunque, col premiare una parte significativa dell'Islam praticante, vale a dire le minoranze bene organizzate, a discapito della gran parte dei fedeli musulmani, che sono mediamente poco praticanti. In ultima analisi, si rischia di favorire l'Islam «de-territorializzato», ovvero legato all'identità islamica in una maniera che tende ad annullare gli elementi identitari della nazione di provenienza o di residenza, in favore di un recupero, spesso in chiave antagonistica nei confronti sia dell'Occidente genericamente inteso sia dei governi dei Paesi islamici, dell’«originario» paradigma comunitario-universalistico (e oggi «trans-nazionale») della dottrina giuspubblistica islamica;
    al fine di giungere ad una regolamentazione giuridica della presenza islamica in Italia la strada da percorrere è quella della costruzione di un'interfaccia giuridica tra la comunità islamica, nelle sue varie articolazioni, e la Repubblica, attraverso il meccanismo delle intese ex articolo 8 della Costituzione, tenendo conto della peculiarità dell'Islam italiano, che è una realtà piuttosto recente, ancora con forti connotazioni nazionali;
    tentativi in tal senso sono in corso da tempo, facendo emergere, nel corso delle intese, alcune problematiche di particolare rilievo e non facile soluzione (ad esempio, false friends concettuali, gerarchia e organizzazione sul territorio, destinatari dell'intesa);
    il problema dei false friends, ad esempio, porta alla luce la vis espansiva dell'Islam nell'ordinamento giuridico. Ne consegue che ogni iniziativa volta a disciplinare la presenza delle comunità islamiche sul territorio nazionale presuppone sia un'adeguata conoscenza del lessico giuridico dell'Islam, sia la scelta di interlocutori istituzionalmente definiti, chiamati eventualmente a rispondere delle loro proposte o iniziative, nell'ambito di rapporti di natura interstatuale;
    con riferimento alla questione della gerarchizzazione, non molti musulmani sono disponibili ad accettare senza riserve e in maniera definitiva una imposizione dall'alto delle guide religiose;
    ciascuna delle associazioni che propone l'intesa, inoltre, avanza la pretesa di essere l'unico interlocutore dello Stato italiano, per la tutela degli interessi della Comunità islamica. Questo nodo richiede la stipula di più intese, con le varie associazioni, pur restando il problema del criterio con cui lo Stato dovrebbe individuare gli interlocutori con cui trattare, di volta in volta, gli eventuali problemi in ordine all'attuazione dell'intesa. Ad esempio, se si tratta di stabilire norme per la presenza di imam negli ospedali o nelle carceri, si tenderà a stipulare accordi con le sigle islamiche più attive, come infatti sembra che il Governo si proponga di fare. Tuttavia, tali accordi, in assenza di una legittimazione autorevole (che, ad esempio, potrebbe venire da istituzioni dei Paesi di provenienza) possono accentuare le rivalità già presenti nel mondo dell'Islam italiano;
    la proposta in esame, pertanto, è incostituzionale e rischia di produrre effetti indesiderati;
    infatti, non esistendo ancora un'intesa tra Islam e Repubblica, ovvero non esistendo ancora una piattaforma di comunicazione sotto il profilo giuridico, la Comunità islamica rientra immediatamente e direttamente sotto la protezione della libertà religiosa e dentro i limiti della legge sui culti ammessi. In altre parole, l'assenza dell'intesa rende potenzialmente particolarmente vulnerabile la comunità islamica rispetto all'Esecutivo, il che la rende oggetto, secondo una fisiologia costituzionale tipica dello Stato di diritto e particolarmente accentuata nel diritto costituzionale italiano, di una speciale tutela;
    non si possono imporre alle confessioni religiose requisiti differenziati per accedere allo spazio pubblico. Il libero esercizio del culto costituisce un aspetto essenziale della libertà di religione (articolo 19 della Costituzione) ed è, quindi, riconosciuto egualmente a tutti e a tutte le confessioni religiose (articolo 8, commi primo e secondo, della Costituzione), a prescindere dalla stipulazione di un'intesa con lo Stato, che non costituisce, pertanto, condicio sine qua non per l'esercizio della libertà religiosa;
    l'apertura di luoghi di culto, in quanto forma e condizione essenziale per il pubblico esercizio dello stesso, ricade nella tutela garantita dall'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume;
    nella Costituzione italiana ciascun diritto fondamentale, compresa la libertà di religione, è predicato unitamente al suo limite; ne consegue che le pratiche di culto, se contrarie al buon costume, ricadono fuori dalla garanzia costituzionale di cui all'articolo 19 della Costituzione;
    i princìpi indicati, a loro volta, vanno letti nella prospettiva di una visione costruttiva ed ermeneuticamente orientata della laicità, quale quella adottata dai Costituenti. Il principio di laicità, infatti, è sì un principio supremo e, come tale, immodificabile dell'ordinamento, ma laicità suprema non vuole dire indifferenza di fronte al fenomeno religioso, poiché secondo giurisprudenza consolidata la Repubblica deve garantire le condizioni per l'espansione della libertà religiosa, intesa, quest'ultima, come propellente per la promozione della dignità della persona, di cui al principio personalistico enunciato all'articolo 2;
    il principio di laicità «implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale» (sentenza 12 aprile 1989, n. 203). Sicché, i princìpi di non interferenza (le confessioni godono di un'autonomia istituzionale che «esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell'emanazione delle disposizioni statutarie delle confessioni religiose», sentenza n. 43 del 1988) e di non discriminazione (la libertà religiosa comporta la garanzia del libero esercizio del culto, senza alcuna forma di irragionevole discriminazione: sentenze n. 195 del 1993 e n. 346 del 2002; in ultima analisi, secondo la Corte, neanche la diffusione sul territorio può giustificare una discriminazione di principio tra comunità religiose: sentenza n. 63 del 2016, considerando «in diritto» n. 5) sono funzionali alla preservazione della dignità umana da ogni possibile minaccia che si materializzasse nell'ambito della libertà religiosa;
    questo vuol dire che l'assenza di un'intesa con la Repubblica fa di una confessione religiosa un soggetto particolarmente vulnerabile e che, proprio per questo, il sistema delle garanzie interviene in maniera particolarmente vigorosa quando questa determinata religione venga minacciata nella sua autonomia. In sintesi, siccome non esiste un'intesa tra l'Islam e la Repubblica, nel dubbio, il sistema delle garanzie, in caso di contenzioso, si sbilancerà a favore dell'Islam, non della Repubblica. Quindi se una norma che prevede che il «patentino» dell'Islam venga rilasciato da un'autorità governativa finisce davanti al giudice costituzionale, quest'ultimo, se non altro per prudenza – visti i beni costituzionali in gioco – si pronuncerà contro quella norma;
    all'articolo 2 della proposta di legge si prevede che non si possa essere imam senza l'iscrizione della moschea nel registro. Poi si prevedono ulteriori imprecise norme di attuazione, per via regolamentare. Anche questo potrebbe essere censurabile, in quanto sul godimento dei diritti fondamentali esiste un'assoluta riserva di legge. Nel caso del registro pubblico delle moschee, il regolamento potrebbe rivelarsi lesivo della libertà religiosa nel senso di cui sopra. L'articolo lascia eccessiva discrezionalità al Governo e, ancora una volta, il problema nasce dal fatto che non esiste un'intesa con l'Islam, per cui il meccanismo costituzionale di garanzia si fa automaticamente più stringente;
    criticità costituzionali vi sono anche nel controllo del prefetto sull’imam e sulla revoca dell'iscrizione della moschea (articolo 6) e nell'obbligo dell’imam di iscriversi all'albo (articolo 7): per le comunità religiose prive di intesa si applica il regio decreto n. 289 del 1930, ma con i paletti stabiliti dalla Corte costituzionale, in ordine alla non invasività dell'esecutivo nella vita interna della comunità;
    all'articolo 7 si prevede l'Albo nazionale degli imam. Quindi, chi non è iscritto all'albo, non può fare l’imam, ma chiedere l'iscrizione all'albo di chi abbia il compito di «guidare» la preghiera significa porre un limite enorme all'esercizio della libertà religiosa dei musulmani, al di fuori di un'intesa con lo Stato ex articolo 8 della Costituzione;
    la proposta di legge prevede, inoltre, che l’imam abbia «sufficiente livello di istruzione, preparazione, competenza ed esperienza coerenti con il profilo da ricoprire, secondo i criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione per l'Albo degli imam di cui all'articolo 9». Tuttavia, l'attestato di idoneità su tali competenze dovrebbe essere rilasciato da una Commissione istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che sarebbe «competente per tutte le questioni concernenti la formazione e la tenuta dell'Albo». Essa avrebbe «carattere interreligioso» e sarebbe «composta da dieci membri nominati per metà dal Ministro dell'interno e per metà dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il presidente è eletto dalla Commissione tra i membri nominati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca». La Commissione avrebbe il compito di «a) esaminare le domande di iscrizione all'Albo ed esprimere parere su di esse al Ministro dell'interno; b) promuovere iniziative atte a elevare la qualificazione e l'aggiornamento degli imam iscritti all’ Albo e favorire il dialogo e la collaborazione con i responsabili delle moschee e con le comunità degli immigrati di religione musulmana»;
    una tale Commissione può avere senso in due situazioni: a) Paesi dove l'Islam è religione di Stato o, comunque, religione ufficiale o tra le religioni ufficiali; b) Paesi nei quali esista una qualche istituzionalizzazione della presenza islamica. Ma, nella realtà italiana, una tale Commissione non potrebbe avere competenze in materia di accertamento delle competenze dell’imam. Al momento, l'istituzione di una tale Commissione, in Italia, si qualificherebbe come un atto di interferenza ingiustificata nella vita comunitaria dei musulmani e di irragionevole discriminazione nei confronti dell'Islam;
    le disposizioni di cui sopra si configurerebbero anche come conflittuali nei confronti degli articoli 9 (libertà religiosa) e 14 (non discriminazione) della Convenzione CEDU (si vedano, in particolare, le sentenze Manoussakis contro Grecia, 1996 e, per alcuni aspetti, Association for Solidarity with Jehovah Witnesses and Others vs. Turkey, 2016);
    non si comprende neppure, anche se la questione non appare giuridica, la ragione per cui il luogo deputato alla formazione degli imam sia stato individuato nelle facoltà di lettere e filosofia e non anche in quelle di giurisprudenza o di scienze politiche, vista la complessità e varietà delle funzioni esercitate dall’imam; l'Italia arriva tardi alla società multi-etnica e multi-religiosa, anche perché non ha un grande passato coloniale. Questo ci consente di imparare dalle esperienze altrui. In generale, le politiche di integrazione sviluppatesi in Europa si sono dimostrate poco efficaci, nell'ultimo decennio, in quanto troppo ancorate alle esperienze coloniali dei Paesi che le hanno proposte. Due esperienze idealtipiche sono quelle della Francia e del Regno unito;
    il modello assimilazionistico francese s’è dimostrato incapace di interagire con le istanze identitarie e comunitarie provenienti dalla realtà islamica, specialmente giovanile, interpretando queste ultime con un rigido paradigma storicistico, come istanze del passato, superabili attraverso la modernizzazione e la neutralizzazione dello spazio pubblico, e non come fenomeni, invece, tipici dell'età contemporanea, con una loro valenza propositiva rispetto all'organizzazione dello stesso spazio pubblico;
    il multi-culturalismo inglese non solo non ha fermato o attenuato i processi di radicalizzazione, ma li ha, a detta di diversi esperti, favoriti: la totale rinuncia a una qualche forma di assimilazione culturale è letta, in una chiave rigorosamente islamica, come auto delegittimazione rispetto all'organizzazione dello spazio pubblico. Il fenomeno cosiddetto del Londonistan – ovvero della formazione di comunità chiuse in se stesse e autoreferenzali anche sotto il profilo giuridico – ne è un esempio;
    nel guardare alle esperienze del Nord Europa, occorre tenere conto del fatto che i musulmani italiani hanno ancora forti radici nazionali. Il fenomeno dell'Islam di terza generazione, dove l'identità nazionale tende a ridimensionarsi in favore – a seconda dei casi – dell'integrazione sociale oppure dell'adesione alla comunità religiosa in chiave universalistica e ultranazionale, già noto da decenni nel Nord Europa, è decisamente irrilevante in Italia. Quello italiano è, in gran parte, un Islam «degli Stati», nel senso che la maggior parte dei musulmani presenti sul territorio nazionale è nata in Paesi islamici o è figlia di giovani coppie, nate in Paesi islamici. Non solo, ma quasi tutti i musulmani presenti in Italia non fuggono da conflitti politici, ma sono entrati in Europa per migliorare le proprie condizioni di vita, per cui hanno un forte interesse alla stabilità sociale e all'integrazione;
    nelle nazioni da cui proviene la maggior parte dei musulmani presenti in Italia vige quasi sempre una solida tradizione di statualizzazione dell'Islam, ovvero di incardinamento della comunità musulmana dentro le strutture pubbliche, con il conseguente controllo da parte dello Stato, con modalità e in gradi che possono variare da Paese a Paese, sulla formazione delle guide spirituali e su alcuni aspetti della vita comunitaria (ad esempio, l'organizzazione delle scuole islamiche): il fenomeno degli «imam-fai-da-te» è decisamente raro nei Paesi dell'Islam sunnita mediterraneo. Non essendovi nell'Islam una dimensione gerarchico-organizzativa simile a quella presente in altre religioni, in primis in quella cattolica, s’è reso necessario, nei Paesi dell'Islam sunnita, statalizzare la comunità islamica, costruendole intorno un'impalcatura di tipo amministrativo, che ne ha reso la vita interna congruente con quella dello spazio pubblico statual-nazionale. Contro questa impalcatura è in corso da decenni una lotta senza tregua del fondamentalismo islamico, che rivendica la universalità spazio-temporale della Umma contro la dimensione stato-nazionale. Tale battaglia si va rinvigorendo negli ultimi anni, alimentando anche l'estremismo tra le giovani generazioni di musulmani;
    la proposta di legge in esame, pertanto, si pone in contrasto con il diritto costituzionale, con gli interessi nazionali e ignora del tutto le effettive caratteristiche dell'Islam italiano, finendo con l'essere incapace di costruire un processo di integrazione della comunità musulmana,

delibera

di non procedere all'esame della proposta di legge 2976-A ed abb.
N. 1. Costantino, Marcon, Fratoianni, Paglia, Airaudo, Placido, Brignone, Gregori, Andrea Maestri, Civati, Pastorino.
(Approvata)