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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 19 luglio 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 luglio 2017.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Attaguile, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Coppola, Costa, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mattiello, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Orlando, Palma, Pannarale, Pes, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Sarti, Scalfarotto, Scanu, Sereni, Sorial, Sottanelli, Tabacci, Taglialatela, Terzoni, Tidei, Tofalo, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo, Vignaroli, Villecco Calipari, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Attaguile, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Coppola, Costa, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fava, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mattiello, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Orlando, Palma, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Sarti, Scalfarotto, Scanu, Sereni, Sorial, Sottanelli, Tabacci, Taglialatela, Terzoni, Tidei, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo, Vignaroli, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 18 luglio 2017 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   D'AGOSTINO: «Modifica dell'articolo 423-bis del codice penale, in materia di incendio boschivo» (4592).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   X Commissione (Attività produttive):
  ABRIGNANI: «Modifica al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, e altre disposizioni in materia di commercio sulle aree pubbliche» (4569) Parere delle Commissioni I, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di una proposta di modificazione al Regolamento.

  In data odierna è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al Regolamento d'iniziativa del deputato:
   PREZIOSI: «Articoli 22 e 25-bis: Modifica della disciplina RELATIVA AL NUMERO E ALLA DENOMINAZIONE DELLE COMMISSIONI PERMANENTI E IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DEI LAVORI PARLAMENTARI» (Doc. II n. 20).

  Sarà pubblicata e trasmessa alla Giunta per il Regolamento.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni.

  Il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni, con lettera in data 19 luglio 2017, ha trasmesso la Relazione sull'attività d'inchiesta in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale nelle Forze armate: criticità e proposte, approvata nella seduta del 19 luglio 2017 (Doc. XXII-bis n. 11).

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

  Il Presidente della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, con lettera in data odierna, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento della Camera, la «Relazione sui bilanci consuntivi 2011-2012-2013-2014-2015 e dei bilanci preventivi 2012-2013-2014-2015 dell'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL)», approvata il 19 luglio 2017 dalla Commissione medesima (Doc. XVI-bis, n. 13).

  Tale documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con lettera in data 11 luglio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 9/2017 dell'11 luglio 2017, con la quale la Sezione stessa ha approvato la relazione concernente il quadruplicamento della linea ferroviaria Verona-Fortezza.

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 14 luglio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM), per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 548).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 14 luglio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato Spa, per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 549).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 17 luglio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 1/2017 del 19 gennaio 2017, concernente «Collegamento autostradale Dalmine, Como, Varese, Valico del Gaggiolo e opere connesse (Pedemontana lombarda). Proroga della dichiarazione di pubblica utilità» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 2/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020. Assegnazione di risorse al “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie” ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017)» – alla V Commissione (Bilancio);
   n. 3/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Regione Campania. Integrazione del finanziamento del patto per lo sviluppo (delibera CIPE n. 26/2016) per consentire la copertura del debito del sistema di trasporto regionale su ferro (articolo 11 del decreto-legge n. 193 del 2016) » – alla V Commissione (Bilancio);
   n. 4/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Regione Sardegna – Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 – Rimodulazioni del piano per il Sulcis, cofinanziato con la delibera CIPE n. 31/2015, modificata dalla delibera CIPE n. 96/2015» – alla V Commissione (Bilancio);
   n. 7/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Programma di azione e coesione 2014-2020. Programma complementare regione Calabria» – alla V Commissione (Bilancio);
   n. 8/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Asse ferroviario Monaco-Verona: accesso sud alla galleria di base del Brennero. Quadruplicamento della linea Fortezza-Verona – Lotto 1 Fortezza-Ponte Gardena. Approvazione progetto definitivo» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 11/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Metropolitana leggera automatica di Torino, linea 1. Prolungamento Fermi-Cascine Vica – 1o lotto funzionale Fermi-Collegno centro – Approvazione progetto definitivo» – alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 12/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Parere sullo schema di contratto di servizio con Trenitalia Spa a regime di obbligo di servizio pubblico di interesse nazionale per il trasporto ferroviario di passeggeri a media-lunga percorrenza 2017-2026» – alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 13/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Parere sullo schema di contratto di programma 2016-2021 – Parte servizi, per la disciplina del finanziamento delle attività di gestione e manutenzione straordinaria della rete, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana Spa» – alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti);
   n. 24/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Parere sullo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze “Regolamento recante procedure e schemi tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici, del programma biennale per l'acquisizione di forniture e servizi e dei relativi elenchi annuali e aggiornamenti annuali”, ai sensi dell'articolo 21, comma 8 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 26/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Seconde linee guida antimafia di cui all'articolo 30, comma 3, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, recante “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016”» – alla I Commissione (Affari costituzionali), alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 27/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015 – Riparto della quota indistinta» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 28/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015 – Riparto tra le regioni delle risorse vincolate alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 29/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015 – Riparto della quota vincolata per l'assistenza sanitaria agli stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 30/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015: finanziamento borse di studio in medicina generale, terza annualità triennio 2013-2016, seconda annualità triennio 2014-2017 e prima annualità triennio 2015-2018» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 31/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale (FSN) 2015 – Ripartizione tra le regioni della quota vincolata destinata al finanziamento del fondo per l'esclusività del rapporto del personale dirigente del ruolo sanitario» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 32/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015 – Ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento della sanità penitenziaria» – alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 33/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2015 – Ripartizione tra le regioni della quota destinata al finanziamento di parte corrente degli oneri relativi al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari» – alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 34/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Riparto della quota indistinta» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 35/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Riparto tra le regioni delle risorse vincolate alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 36/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Riparto della quota vincolata per l'assistenza sanitaria agli stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 37/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Finanziamento borse di studio in medicina generale, terza annualità triennio 2014-2017, seconda annualità triennio 2015-2018 e prima annualità triennio 2016-2019» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 38/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Ripartizione tra le regioni della quota vincolata destinata al finanziamento del fondo per l'esclusività del rapporto del personale dirigente del ruolo sanitario» – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 39/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento della sanità penitenziaria» – alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio)) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 40/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2016 – Ripartizione tra le regioni della quota destinata al finanziamento di parte corrente degli oneri relativi al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari» – alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio)) e alla XII Commissione (Affari sociali);
   n. 41/2017 del 3 marzo 2017, concernente «Fondo sanitario nazionale 2014, 2015 e 2016 – Ripartizione tra le regioni della quota destinata al finanziamento in via sperimentale dello screening neonatale per la diagnosi precoce di patologie metaboliche ereditarie » – alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).
%

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 18 luglio 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Rafforzare l'innovazione nelle regioni d'Europa: Strategie per una crescita resiliente, inclusiva e sostenibile (COM(2017) 376 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa all'adesione dell'Unione europea al gruppo internazionale di studio sulla gomma (IRSG) (COM(2017) 378 final, che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di decisione del Consiglio relativa alla posizione che l'Unione deve adottare in sede di Consiglio di cooperazione istituito dall'accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Armenia, dall'altro (JOIN(2017) 24 final), corredata dal relativo allegato (JOIN(2017) 24 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1095/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e il regolamento (UE) n. 648/2012 per quanto riguarda le procedure e le autorità per l'autorizzazione delle controparti centrali e i requisiti per il riconoscimento delle CCP di paesi terzi (COM(2017) 331 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 17 luglio 2017, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 19 luglio 2017.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 18 luglio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con le predette comunicazioni, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1095/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e il regolamento (UE) n. 648/2012 per quanto riguarda le procedure e le autorità per l'autorizzazione delle controparti centrali e i requisiti per il riconoscimento delle CCP di paesi terzi (COM(2017) 331 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Riesame iniziale dell'ambito di applicazione del regolamento relativo al rispetto delle norme commerciali internazionali (COM(2017) 373 final);
   Relazione della Commissione – Relazione annuale 2016 in materia di sussidiarietà e proporzionalità (COM(2017) 600 final);
   Relazione della Commissione – Relazione annuale 2016 sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali (COM(2017) 601 final).

Annunzio di documenti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha trasmesso, in data 9 giugno 2017, il testo di due raccomandazioni e quattro risoluzioni, approvate nel corso della riunione della Commissione permanente dell'Assemblea, svoltasi a Praga il 30 maggio 2017. Questi documenti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnati alle stesse in sede primaria:
   Raccomandazione n. 2103 – La transizione politica in Tunisia (Doc. XII-bis n. 78) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Raccomandazione n. 2104 – Diritti umani degli anziani e assistenza integrale (Doc. XII-bis, n. 79) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Risoluzione n. 2165 – La spesa dell'Assemblea parlamentare per il biennio 2018-2019 (Doc. XII-bis, n. 80) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2166 – La transizione politica in Tunisia (Doc. XII-bis, n. 81) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2167 – I diritti del lavoro dei lavoratori domestici, in particolare delle lavoratrici domestiche, in Europa (Doc. XII-bis, n. 82) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione n. 2168 – Diritti umani degli anziani e assistenza integrale (Doc. XII-bis, n. 83) – alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI RUOCCO ED ALTRI N. 1-01594, MELILLA ED ALTRI N. 1-01653, MARCHI, TANCREDI, LIBRANDI, TABACCI, LOCATELLI, GEBHARD ED ALTRI N. 1-01654, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-01655, SIMONETTI ED ALTRI N. 1-01658, CAPEZZONE ED ALTRI N. 1-01659, PAGLIA ED ALTRI N. 1-01668, ZANETTI ED ALTRI N. 1-01670 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01671 IN MATERIA DI TRASPARENZA DEI CONTRATTI DERIVATI STIPULATI DAL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni i contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze con molteplici controparti bancarie hanno generato cospicue perdite effettive e potenziali per lo Stato;
    in base a dati pubblicati ad aprile 2016 dall'ISTAT nel 2015 i contratti derivati hanno generato perdite per complessivi 6,8 miliardi di euro;
    nella risposta all'interrogazione a risposta immediata n.  3-02802 del 21 febbraio 2017, il Ministro interrogato ha reso noto, tra l'altro, che:
     a) il valore di mercato della posizione complessiva dello Stato in contratti derivati al 31 dicembre 2016 è di circa 37,8 miliardi di euro con segno negativo;
     b) nel corso del 2016 il saldo tra pagamenti e incassi del portafoglio swap è stato pari a circa 4,2 miliardi di euro;
     c) nel 2016 le banche-controparti hanno esercitato quattro swaptions con effetto complessivo sul debito contabile dello Stato pari a circa 3,2 miliardi di euro;
     d) nel 2016 lo Stato ha subìto altresì l'esercizio di una clausola di early termination inserita in un contratto di interest rate swap e, per effetto dell'estinzione anticipata del contratto, ha dovuto corrispondere alla banca controparte un importo di un miliardo di euro circa;
    da alcuni articoli di stampa pubblicati lo scorso mese di febbraio e non smentiti dal Ministero, si è appreso che i contratti derivati chiusi anticipatamente da Morgan Stanley tra fine 2011 e inizio 2012 contenessero delle clausole di riservatezza (confidentiality) a beneficio della Banca, ma, derogabili da parte del «Tesoro» se a chiedere di conoscere i contratti siano alcune istituzioni, tra cui è compreso un ordine di un legislative body cioè un'entità legislativa tra cui – ad avviso degli scriventi – rientrano senza dubbio le Camere e le relative Commissioni,

impegna il Governo

1) al fine di innalzare il livello di trasparenza sull'operato in materia di derivati dello Stato – valendosi delle suddette deroghe contrattuali – a rendere pubblici i contratti derivati estinti anticipatamente da Morgan Stanley ed a rendere noti tutti i contratti derivati in essere o quanto meno estinti, anche con altre controparti bancarie, che non presentino clausole di riservatezza o che presentino clausole derogabili come quelle di Morgan Stanley.
(1-01594) «Ruocco, Sibilia, Alberti, D'Uva, Pesco, Pisano, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    il ricorso a strumenti finanziari quali i contratti derivati da parte dello Stato Italiano non è un fenomeno recente, bensì strutturale e di lungo periodo, che ha avuto inizio tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta. Finalità del ricorso agli strumenti di finanza derivata era essenzialmente quella di contrastare il rischio di cambio monetario in un periodo fortemente segnato da ampie fluttuazioni della lira;
    tali operazioni sono state di segno positivo, producendo dunque dei guadagni che hanno avuto effetti positivi di riduzione dell'indebitamento netto, nel periodo che va dal 1998 al 2005. Dopo tale anno si registra una netta inversione di tendenza, dovuta in gran parte a fattori di natura macro economica e al ciclo economico internazionale, con un aumento della spesa per interessi che ha prodotto effetti negativi sul debito;
    il ricorso agli strumenti finanziari derivati è stato molto ampio anche da parte degli enti locali a partire dalla metà degli anni Novanta con risultati in gran parte non positivi e che hanno successivamente indotto il legislatore ad intervenire più volte a partire dal 2001 proprio al fine di regolare e limitare il ricorso degli enti locali all'investimento in contratti derivati;
    la gestione dei contratti derivati è materia estremamente complessa in particolare da parte dell'amministrazione pubblica centrale, perché impone attente analisi al fine di valutare la remuneratività dell'investimento, ai fini dei conti pubblici e del bilancio statale, in un arco temporale molto esteso che va ben oltre il periodo di vigenza dell'amministrazione pro tempore che stipula il contratto o decide di avvalersi delle clausole o delle opzioni che alcuni strumenti derivati prevedono nel tempo;
    in tal senso, è estremamente indicativa la vicenda che nel 2012 vide il Governo italiano dover pagare 3,1 miliardi di euro alla banca Morgan Stanley per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute. Il Governo dell'epoca, a quanto si apprese, non poté esimersi da tale ingentissimo esborso di risorse pubbliche in forza dell'applicazione di una clausola inserita nel 1994 nei contratti stipulati con Morgan Stanley e dell'esistenza della quale i membri del Governo e i dirigenti del Tesoro nel 2012 sembra non avessero piena contezza;
    proprio su tale vicenda è in corso un procedimento per danno erariale avviato dalla Corte dei Conti nell'ambito del quale la richiesta complessiva di danni ammonta a più di quattro miliardi di euro;
    al di là del procedimento giudiziario-contabile, del quale è doveroso attendere la conclusione definitiva, la vicenda del 2012 ha rappresentato un forte shock per l'opinione pubblica ed ha squarciato il velo che avvolgeva la materia relativi ai contratti derivati dello Stato;
    come rilevato da un documento redatto dall'Ufficio parlamentare di bilancio del 9 febbraio 2015 sull'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte dell'amministrazione centrale vi è stata e perdura un'assenza di informazione pubblica e di piena trasparenza sulla natura dei prodotti detenuti e sulle operazioni stipulate;
    gli elementi di rischio insiti nella natura degli strumenti finanziari derivati, la loro estensione temporale, e soprattutto l'utilizzo di risorse pubbliche e gli effetti che si possono produrre sul bilancio statale, richiedono di fornire un livello minimo di trasparenza, costituito da informazioni periodiche inerenti alle operazioni già stipulate e ancora in essere, quelli di nuova stipula, relativamente al valore nozionale del contratto e all'ammontare complessivo delle risorse coinvolte, alla durata, alle controparti, al loro merito di credito e al valore di mercato. Per gli strumenti di nuova stipula, dovrebbero essere fornite informazioni, almeno aggregate per tipologia e durata dei derivati, riguardanti il valore nozionale, il merito di credito delle controparti e il valore di mercato, come peraltro avviene in molti Stati europei, al fine di consentire una valutazione sulle scelte operate e sulle strategie poste in essere dal decisore pubblico;
    tale trasparenza è stata già da tempo prevista dal legislatore per gli enti locali in relazione ai contratti derivati detenuti;
    continua invece ad essere non adeguata per quanto riguarda il Governo, fatti salvi i dati forniti saltuariamente in occasione di risposte ad atti di sindacato ispettivo;
    appare condivisibile quanto sostenuto dal Ministro dell'economia e delle finanze sul livello di disclosure in riferimento agli strumenti derivati, anche in risposta ad atti di sindacato ispettivo, in ordine alla necessità di tutelare lo Stato da uno svantaggio competitivo che si potrebbe produrre nei confronti di altri operatori di mercato; purtuttavia, tale necessità può trovare un punto di equilibrio con l'esigenza di fornire strumenti basilari di conoscenza e trasparenza al fine di consentire ex post una valutazione ed un controllo sulla gestione di risorse pubbliche operata,

impegna il Governo

1) ad individuare gli strumenti e le forme di pubblicità che riterrà opportune al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata.
(1-01653) «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Zoggia, Scotto, Kronbichler, Roberta Agostini, Zaccagnini».


   La Camera

impegna il Governo

1) ad individuare gli strumenti e le forme di pubblicità che riterrà opportune al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata.
(1-01653)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Melilla, Laforgia, Albini, Capodicasa, Ricciatti, Zoggia, Scotto, Kronbichler, Roberta Agostini, Zaccagnini».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi tempi l'attività in strumenti derivati dello Stato è stata oggetto di particolare attenzione da parte del Parlamento e degli organi di informazione;
    l'indagine conoscitiva avviata dalla VI Commissione della Camera il cui programma di audizioni si è concluso nella prima metà del 2015 ha posto in luce la necessità di maggiori informazioni in materia, su cui il livello di trasparenza risultava inferiore al resto delle attività legate alla gestione del debito pubblico;
    nel corso delle suddette audizioni è stata in larga parte colmata tale lacuna informativa e, al tempo stesso, è stato formalmente preso l'impegno da parte direttore generale del tesoro a rendere regolare il flusso informativo in un rapporto annuale sulla gestione del debito pubblico;
    si è apprezzato il rispetto di tale impegno, che ha visto una cospicua mole di dati fornita nel rapporto annuale sul debito pubblico, in cui si è dato conto delle strategie sottostanti all'utilizzo degli strumenti derivati nell'ambito della gestione complessiva e si sono illustrate in dettaglio le operazioni concluse nell'anno di riferimento, in modo tale da rendere chiari obiettivi perseguiti e risultati conseguiti in un contesto organico di integrazione delle varie attività gestionali;
    il livello di trasparenza raggiunto è ormai paragonabile a quello dei Paesi che divulgano il più ampio set di Informazioni al riguardo, senza che nessuno si spinga alla pubblicazione dei singoli contratti, viste le evidenti controindicazioni in termini di potenziali impatti di mercato;
    sono stati rispettati gli adempimenti richiesti dalla riforma della legge di contabilità (legge 4 agosto 2016, n. 163), con l'ottemperanza del dispositivo di cui all'articolo 10, comma 3, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, attraverso l'inserimento nella sezione II del documento di economia e finanza (DEF) di una disamina degli effetti dei flussi di cassa correlati alla gestione in strumenti derivati, sia con riferimento ai dati di consuntivo, sia esplicitando gli impatti attesi nell'orizzonte di previsione del DEF;
    permane, tuttavia, una difficoltà di lettura di taluni impatti, come recenti articoli di stampa hanno evidenziato, lasciando margini ad interpretazioni soggettive che rischiano di non essere del tutto corrette;
    il quadro complessivo richiede comunque ulteriori sforzi nel senso della trasparenza, che la rilevanza degli importi impone: in particolare, appare necessario spiegare meglio i diversi impatti non solo finanziari, ma anche di natura contabile secondo la normativa statistica europea, su saldi e stock di finanza pubblica, e utile la pubblicazione di chiarimenti su come si collegano fra loro le diverse pubblicazioni in materia, auspicabilmente integrandole ove la loro lettura non appaia di immediata comprensione,

impegna il Governo:

1) a rendere disponibile sul sito web del dipartimento del tesoro relativo al debito pubblico con maggiore frequenza, preferibilmente su base trimestrale, l'aggiornamento dei dati, oggi disponibili solo annualmente, relativi a: nozionali e valori di mercato del portafoglio derivati, stock dei titoli di Stato valorizzato non solo al valore nominale ma anche al valore di mercato, indicatori di rischio con e senza impatto dei derivati;

2) a chiarire nel rapporto annuale sul debito i legami fra le diverse pubblicazioni statistiche in materia di derivati, dando contezza dei relativi impatti su saldi e stock di finanza pubblica, integrando l'informazione ove necessario.
(1-01654) «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard, Giampaolo Galli, Boccadutri, Paola Bragantini, Cenni, Covello, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato».


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti su strumenti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze con controparti bancarie hanno generato, negli ultimi anni, perdite enormi per lo Stato italiano e che, in base a dati dell'Istat pubblicati nell'aprile 2016, nel solo 2015 i contratti su strumenti derivati hanno generato perdite per complessivi 6,8 miliardi di euro;
    la posizione negativa complessiva dello Stato in contratti derivati al 31 dicembre 2016 ammonta a circa 37,8 miliardi di euro;
    la procura generale presso la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, ha recentemente aperto un procedimento istruttorio circa l'avvenuto pagamento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze italiano di 2,5 miliardi di euro alla banca di affari americana Morgan Stanley per la chiusura di strumenti derivati, definiti «speculativi» dalla stessa Corte, conclusosi con l'invito a fornire informazioni alle parti interessate, in particolare, all'attuale direttrice della direzione debito pubblico del Tesoro, Maria Cannata, al suo predecessore e attuale direttore generale del tesoro, Vincenzo La Via e agli ex direttori generali del tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, ai quali è stato contestato un danno allo Stato quantificabile in 4,1 miliardi di euro, dei quali circa 1 miliardo alla sola Cannata;
    nel suddetto atto di citazione, la Corte ha riconosciuto come il Tesoro abbia versato nelle casse della banca d'affari Morgan Stanley 3,1 miliardi di euro pubblici per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute;
    come riconosciuto dalla predetta Corte, per una commissione di 47 milioni di euro nel 2004, Morgan Stanley nel 2012 ha incassato un miliardo di euro su un solo derivato;
    nel 2011, Morgan Stanley aveva 19 contratti derivati aperti con lo Stato italiano, in diverse valute, pari a oltre 10 miliardi di euro, 2,2 miliardi di sterline, 1,1 miliardi di franchi svizzeri e 2 miliardi di dollari, con maturity dai 10 ai 40 anni e, su alcuni di questi, la predetta Corte ha riconosciuto l'esistenza di «palesi violazioni dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione contrattuale»;
    dall'inchiesta della predetta Corte è emerso che il Tesoro non solo non era capace di predispone i collaterali sui contratti sottoscritti, ma aveva perfino «carenza di risorse strumentali e di personale adeguato», tanto da non essere in grado di ponderare il rischio dei contratti che andava sottoscrivendo;
    nel 2016 le controparti hanno esercitato quattro swaptions con effetto complessivo sul debito dello Stato pari a circa 3,2 miliardi di euro;
    nel 2016 lo Stato ha subìto altresì l'esercizio di una clausola di early termination inserita in un contratto di interest rate swap e, per effetto dell'estinzione anticipata del contratto, ha dovuto corrispondere alla controparte l'importo di un miliardo di euro circa;
    il decreto legislativo n. 97 del 2016 ha introdotto significative modifiche al decreto legislativo n. 33 del 2013, recante disposizioni in materia di trasparenza, e il nuovo articolo 5 del suddetto decreto ha disposto il diritto di accedere incondizionatamente a tutte le informazioni e dati che le amministrazioni sono tenute a rendere pubbliche tramite inserimento sui propri siti web, prevedendo che: «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis»;
    il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 13 ottobre 1995, n. 561 – Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni del Ministero del tesoro e degli organi periferici in qualsiasi forma da questi dipendenti sottratti al diritto di accesso all'articolo 3 non prevede che i contratti di diritto privato sottoscritti dal Tesoro con banche specialiste siano sottratti al diritto d'accesso,

impegna il Governo

1) a rendere pubblici, in versione integrale, tutti i contratti derivati in essere ed estinti dello Stato italiano, con tutte le controparti bancarie, nonché tutti gli accordi quadro («master agreement» e «schedules»), le conferme degli ordini («confirmation»), i decreti ministeriali autorizzativi e relativi all'apertura/ristrutturazione/novazione dei contratti, le attestazioni dei titoli sottostanti alle singole operazioni di copertura, i «term sheet» e il materiale illustrativo forniti dalle controparti, la documentazione che possa attestare contributori, soluzioni informatiche e modellistiche adottate per il «pricing», strutture dei tassi, di volatilità e curve di sconto «intraday», ovvero ogni documento che possa permettere o essere utile per la verifica di congruità puntuale dei prezzi negoziati con le controparti e, quindi, degli oneri e rischi preventivamente stimati dagli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze.
(1-01655) «Brunetta, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco, Alberto Giorgetti, Palese, Milanato, Prestigiacomo».


   La Camera,
   premesso che:
    è comunemente noto che la maggiore componente del debito, pari circa all'84 per cento, è costituita dai titoli obbligazionari, che includono titoli di Stato, ossia tutti i titoli obbligazionari emessi dal Ministero dell'economia e delle finanze, sia sul mercato interno (BOT, CTZ, CCT, CCTeu, BTP, BTP€I e BTP Italia), sia sul mercato estero (programmi Global, MTN e Carta commerciale);
    l'Italia accede ai mercati esteri con differenti modalità: attraverso il programma «Global bond», la modalità di finanziamento più importante, con il quale sono emessi titoli diretti ad investitori di ogni parte del mondo anche se il mercato di riferimento principale è quello degli Stati Uniti che consente di soddisfare la gran parte della propria provvista sui mercati internazionali; attraverso il programma di prestiti a medio termine, «Medium Term Note Program», attivato sin dal 15 luglio 1998, rivolto principalmente ad investitori europei ed asiatici; nonché attraverso il programma di carta commerciale, cui costantemente ha fatto ricorso il Dipartimento del tesoro negli ultimi anni che, grazie alle sue caratteristiche di estrema flessibilità, permette al nostro Paese di finanziarsi emettendo titoli a sconto, di durata inferiore all'anno;
    sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze si legge che gli strumenti derivati, nonostante siano utilizzati per attività speculative – e questo uso è stato tra le cause della crisi, prima finanziaria e poi economica, cominciata nel 2007 – «possono però essere utilizzati come strumenti di protezione da rischi finanziari. Questo è l'uso che ne fa il Dipartimento del tesoro, che utilizza i contratti derivati per mettere il servizio di gestione del debito al riparo da eventi sfavorevoli sui mercati finanziari (per esempio, un'impennata dei tassi d'interesse) e sui mercati valutari (per esempio, una dinamica sfavorevole nei rapporti con altre valute di emissione di titoli di debito)»; in questa ottica, servirebbero a diversificare la base degli investitori internazionali per contenere il costo complessivo della provvista ed il rischio connesso al rifinanziamento del debito;
    in sede di audizione presso la Camera, nel febbraio 2015, il Dipartimento del tesoro ha spiegato che si sottoscrivono contratti derivati per assicurarsi una copertura che «minimizzi l'impatto di eventi sfavorevoli»: quest'ultima, però, presenta dei costi, come in tutte le assicurazioni, qualora non si verifichi l'evento sfavorevole. Sempre sul sito è riportato che «il valore di mercato di un contratto derivato non è, quindi, una perdita, ma una fotografia, date le condizioni di mercato del momento in cui la foto è scattata. Il costo effettivamente sostenuto anno per anno è registrato come costo di gestione del debito, al pari degli interessi pagati sui titoli di Stato»;
    sicuramente l'atteggiamento del Governo risulta altalenante: da un lato, si ammette che i derivati siano stati la causa della pesantissima crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 – che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers – e che poi si è riversata sull'economia reale del mondo intero ed in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese e sullo stato di salute dei bilanci pubblici; dall'altro, però, si difendono i derivati, sostenendo che «una corretta valutazione nella gestione dei derivati può essere effettuata soltanto mettendo il costo sostenuto per i contratti in relazione con il costo sostenuto per gli interessi sul debito sottostante» e che «poiché il costo dei derivati tipicamente sottoscritti dal Tesoro cresce quando scendono i tassi di interesse, e diminuisce quando gli stessi crescono, il risultato conseguito grazie ai derivati è di contenere il costo della gestione del debito in un perimetro ragionevolmente pianificabile»;
    è opportuno, quindi, ricordare che la «bolla» finanziaria che ha poi portato alla conseguente crisi è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli «tossici», al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte dell'investimento di un capitale di base minimo. Tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano proprio i derivati associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in mercati al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC;
    la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa, in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti da qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
    nel caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario in questo gioco di speculazione espone al rischio di default dell'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e la conseguente necessità di intervento degli Stati con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto anche nel nostro Paese;
    i derivati causano inoltre altri effetti negativi sul debito pubblico: secondo quanto dichiarato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze presso la Camera dei deputati nel febbraio 2017, in sede di risposta ad un atto di sindacato ispettivo, il Tesoro ha sborsato 5,2 miliardi di euro per contratti derivati in essere con le banche internazionali, ammettendo che le perdite e i debiti prodotti da tali strumenti finanziari erano in continuo peggioramento (alla fine del 2016 il flusso negativo era pari a 37,8 miliardi di euro a fronte di 36,6 miliardi alla fine del 2015). Inoltre, nello stesso anno, 3,2 miliardi di euro di aumento del debito è imputabile alla maturazione delle swaption, ossia dei contratti di opzione su un interest rate swap. Si rammenta che lo swap, appartenendo alla categoria degli strumenti derivati, consiste nello scambio di flussi di cassa tra due controparti e si presenta come un contratto nominato (ma atipico in quanto privo di disciplina legislativa), a termine, consensuale, oneroso e aleatorio. Quest'ultimo, pur essendo annoverato come uno dei più moderni strumenti di copertura dei rischi, è comunque irrazionalmente costoso;
    lo scorso anno, infatti, quando le banche hanno deciso di esercitare le proprie opzioni – perché gli swap erano loro convenienti – il Tesoro ha dovuto pagare nel tempo un flusso netto d'interessi pari a 3,2 miliardi di euro;
    tenuto conto che il valore di mercato dei derivati corrisponde al flusso netto dei pagamenti attesi in futuro, è presumibile che le perdite potenziali sui derivati, di cui, come detto, 5,2 miliardi di euro sono stati già pagati nel 2016, possano ulteriormente peggiorare. Infatti, il Ministro dell'economia e delle finanze, nella stessa sede della Camera, ha reso noto che le ristrutturazioni di nuovi swaption avrebbero comportato un incremento del debito superiore a quello registrato;
    in particolare, inchieste di autorevoli organi di stampa hanno rivelato che i contratti con clausola di riservatezza influenzerebbero in maniera corposa l'andamento negativo del debito pubblico; stando alle stesse inchieste, simili contratti, accordati con la Morgan Stanley, sono costati al bilancio del nostro Paese ben 3,1 miliardi nel 2012. Sulla vicenda si è anche espressa la Corte dei Conti che ha quantificato in 4,1 miliardi di euro i danni erariali che potrebbero essere chiesti all'istituto americano e ad alcuni dirigenti del Tesoro;
    ancor più esosi risultano i costi complessivi di tali strumenti: da un report pubblicato dal Tesoro nel 2015, su 2.199 miliardi di debito pubblico, 160 miliardi erano riconducibili ai derivati, per cui si presume, che dal 2012 al 2016 lo Stato italiano abbia sostenuto costi per 16,9 miliardi di euro (con una perdita potenziale di 40 miliardi) solo per questi contratti;
    nonostante il tentativo di rendere più trasparente l'operato del Governo in questo ambito, attraverso l'inserimento nella seconda sezione del documento di economia e finanza (Def), di informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, almeno per il triennio successivo, con particolare riferimento a quelli relativi all’«ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati», sarebbe ancora necessario intervenire al fine di aumentare la responsabilità degli agenti contabili che si occupano di tali investimenti e di individuare con precisione i centri di responsabilità amministrativa a cui imputare eventuali gestioni poco oculate,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative in tema di trasparenza al fine di rendere noto l'ammontare degli stock in essere relativi ai contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze, da un lato, informando trimestralmente le Camere sui contratti che contengono clausole di riservatezza, compresi i relativi costi sostenuti dal bilancio dello Stato e l'incidenza di questi sul debito e, dall'altro, a fini conoscitivi generali dei cittadini, pubblicando semestralmente sul sito istituzionale del Ministero medesimo i dati relativi ai contratti derivati senza clausola di riservatezza, corredati, ugualmente, dai relativi costi sostenuti e dai dati sull'incidenza di questi sul debito;

2) ad adottare, tenuto conto che i derivati sono strumenti costosi e aleatori connessi al rischio di rifinanziamento del debito, maggiori misure di trasparenza in sede di scelta degli istituti con cui contrattare i derivati, anche sulla base di indirizzi espressi dalle commissioni parlamentari competenti, al fine di stabilire con certezza quale sia l'agenzia che offre le condizioni economiche più convenienti ed abbattere, nella maggior misura possibile, il costo delle commissioni.
(1-01658) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


   La Camera,
   premesso che:
    in questa legislatura, la Commissione finanze ha svolto un'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, compiendo un monitoraggio ad ampio raggio, sia con riferimento al comparto pubblico, sia con riferimento al comparto privato, su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente articolato e controverso, in ragione della complessità dei meccanismi contrattuali con cui sono costruiti, del carattere speculativo caratterizzante alcuni di tali strumenti, nonché delle dimensioni della leva finanziaria ad essi sottostante;
    in questo contesto è emerso come il fenomeno del ricorso agli strumenti finanziari derivati, in particolare da parte dello Stato e degli enti locali, debba essere inquadrato anche all'interno del più ampio tema della complicata gestione della nostra finanza pubblica: in breve occorre «guardare la foresta, non solo l'albero», ovvero il tema rappresentato dagli strumenti finanziari derivati è a maggior ragione preoccupante se si considera il «contesto» del debito pubblico italiano; il debito italiano è infatti il terzo debito pubblico del mondo, con oltre 2 mila miliardi di euro, ed è questa la madre di tutte le anomalie: appare dunque con chiarezza come la gestione di una simile massa debitoria porti con sé tutta una serie di altre anomalie, tra cui appunto l'uso massiccio degli strumenti finanziari derivati, per valori e perdite ritenute «accettabili» non paragonabile all'uso che ne fanno gli altri Paesi europei;
    è questo primo aspetto, nella metafora, la «foresta», il vero e proprio fallimento della politica italiana, che chiama in causa partiti e classe dirigente sia della Prima Repubblica, per aver generato questa incredibile mole di debito pubblico, inseguendo il consenso di breve-medio termine ma scaricando sulle future generazioni (che non potevano votare, ne scioperare, né protestare) un fardello immenso, sia della Seconda Repubblica, per essersi limitati a gestire lo status quo, senza avere il coraggio e la forza di tentare operazioni per abbattere, o almeno ridurre significativamente, questo debito, nemmeno quando le condizioni politiche e macro-economiche erano più favorevoli, per esempio negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore dell'euro, quando i tassi di interesse sui titoli di Stato toccarono i minimi storici grazie all'implicita garanzia europea;
    dal confronto tra l'Italia e gli altri. Paesi dell'Unione europea nell'uso degli strumenti finanziari derivati emerge un'anomalia che non può che destare forti preoccupazioni, in quanto nessun Paese e esposto ai derivati come lo e l'Italia: l'Italia e il primo Paese in Europa per perdite potenziali da derivati, con un valore di mercato negativo per circa 42 miliardi di euro; anche in rapporto al prodotto interno lordo il valore di mercato dei derivati italiani è tra i peggiori (peggio di noi solo la Grecia); è vero che rispetto al debito pubblico le distanze si riducono, che le dimensioni del debito italiano spiegano almeno in parte il massiccio ricorso ai derivati, e che bisogna tener conto dei benefici ricevuti dall'assicurazione sui movimenti sfavorevoli dei tassi di interesse, ma tutto ciò non rende meno anomala e allarmante la situazione;
    desta altresì forte preoccupazione la presenza in alcuni contratti derivati attualmente in essere, o chiusi nel recente passato, di clausole particolarmente onerose, definite addirittura «uniche nel loro genere»;
    non si può inoltre ignorare che permane un quadro di estrema incertezza e debolezza della economia italiana e dei tassi di interesse sui titoli di Stato: in tale contesto, ci si deve chiedere se basteranno le decisioni assunte dalla BCE a mantenere bassi i tassi, anche di fronte a dati di crescita deludenti, oppure se essi torneranno ad alzarsi, e in tale caso di quanto;
    non ci si può permettere di sottovalutare – o comunque di non considerare come possibile scenario di « worst case» – l'eventualità che l'Eurozona precipiti in una nuova crisi finanziaria: al riguardo l'andamento dei credit default swap (CDS) sul debito italiano – in un momento, come oggi, di relativa calma – dimostra che l'Italia continua ad essere considerata come potenziale «anello debole» in caso di crisi; occorre dunque chiedersi cosa accadrà alla scadenza del Quantitative Easing, quando i mercati dovranno tornare a giudicare la sostenibilità del debito pubblico italiano in relazione alla salute e alle potenzialità della economia, al netto delle condizioni favorevoli del Quantitative Easing;
    di fronte a questo quadro però, non sarebbe né utile né responsabile abbandonarsi a un approccio scandalistico: al contrario, seguendo l'appropriato approccio già adottato dalla Commissione in occasione della richiamata indagine conoscitiva, occorre innanzitutto realizzare una seria analisi e una fotografia accurata e nitida della situazione e, in secondo luogo, individuare possibili piste di lavoro per uscire dall'emergenza;
    è innanzitutto inaccettabile l'idea che il Parlamento sia tenuto all'oscuro della gestione di strumenti finanziari così delicati come i derivati, in quanto la loro complessità e le comprensibili ragioni di cautela non possono far sì che il Parlamento sia l'ultimo a sapere quando in gioco ci sono la tenuta dei conti pubblici, il denaro dei contribuenti e il livello di benessere e servizi pubblici che lasceremo in eredità alle future generazioni;
    la posta in gioco è altissima: per comprendere meglio di quali grandezze si tratti, basti pensare che con quello che il Paese spende ogni anno sui derivati si potrebbe cancellare una rilevante massa di tassazione sui cittadini, per non parlare delle perdite potenziali;
    se, da un lato, non si possono dimenticare le competenze maturate in materia dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella gestione sia del debito pubblico in generale sia in particolare di strumenti così complessi come i derivati, dall'altro non ci si può nemmeno cullare nell'illusione che tutto vada sempre per il meglio e che non possano, al contrario, verificarsi degli shock finanziari; ad esempio, e impari il confronto tra i desk delle maggiori banche (capaci di condurre analisi mark to market minuto per minuto) e un ufficio pubblico, per quanto preparato ed esperto; inoltre, appaiono molto meno trasparenti le modalità, e ancor più elevate le criticità, nella gestione degli strumenti finanziari derivati da parte delle autonomie locali,

impegna il Governo:

1) a presentare in Parlamento proposte normative volte ad un reale abbattimento del debito pubblico, di natura non «cosmetica», che avrebbe, tra i suoi effetti positivi, anche quello di riportare su livelli fisiologici il ricorso agli strumenti finanziari derivati;

2) a garantire piena accountability, nei confronti del Parlamento e dell'opinione pubblica, circa tali operazioni finanziarie, assicurando trasparenza, totale conoscibilità almeno delle operazioni in strumenti derivati concluse, nonché un quadro informativo completo, con rapporti semestrali per valutare nell'insieme il profilo di rischio di tali operazioni;

3) per il futuro, a presentare in Parlamento una proposta di linee-guida dettagliate, recanti soprattutto una netta distinzione tra operazioni finanziarie in derivati consentite allo Stato e agli enti territoriali (quelle di carattere essenzialmente «assicurativo» e di tutela), e quelle che non dovranno essere più consentite ai soggetti pubblici (quelle a carattere «speculativo» o eccessivamente rischiose);

4) a presentare in Parlamento una proposta di normativa-quadro relativa alla definizione di adeguate e fattibili procedure di controllo su tali operazioni finanziarie, sia interno alle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze sia esterno, da parte della Corte dei conti, sia preventivo che successivo alle operazioni stesse;

5) a presentare in Parlamento una proposta normativa per prevedere che le figure impegnate presso il Ministero dell'economia e delle finanze nella gestione degli strumenti finanziari derivati non possano, per un adeguato numero di anni successivo al cessare di questo loro impegno pubblico, trasferirsi presso le banche o le altre istituzioni private che siano state fino a quel momento loro controparti di tali tipo di operazioni.
(1-01659) «Capezzone, Latronico, Altieri, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese, Vargiu».


   La Camera,
   premesso che:
    in questa legislatura, la Commissione finanze ha svolto un'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, compiendo un monitoraggio ad ampio raggio, sia con riferimento al comparto pubblico, sia con riferimento al comparto privato, su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente articolato e controverso, in ragione della complessità dei meccanismi contrattuali con cui sono costruiti, del carattere speculativo caratterizzante alcuni di tali strumenti, nonché delle dimensioni della leva finanziaria ad essi sottostante;
    in questo contesto è emerso come il fenomeno del ricorso agli strumenti finanziari derivati, in particolare da parte dello Stato e degli enti locali, debba essere inquadrato anche all'interno del più ampio tema della complicata gestione della nostra finanza pubblica: in breve occorre «guardare la foresta, non solo l'albero», ovvero il tema rappresentato dagli strumenti finanziari derivati è a maggior ragione preoccupante se si considera il «contesto» del debito pubblico italiano; il debito italiano è infatti il terzo debito pubblico del mondo, con oltre 2 mila miliardi di euro, ed è questa la madre di tutte le anomalie: appare dunque con chiarezza come la gestione di una simile massa debitoria porti con sé tutta una serie di altre anomalie, tra cui appunto l'uso massiccio degli strumenti finanziari derivati, per valori e perdite ritenute «accettabili» non paragonabile all'uso che ne fanno gli altri Paesi europei;
    è questo primo aspetto, nella metafora, la «foresta», il vero e proprio fallimento della politica italiana, che chiama in causa partiti e classe dirigente sia della Prima Repubblica, per aver generato questa incredibile mole di debito pubblico, inseguendo il consenso di breve-medio termine ma scaricando sulle future generazioni (che non potevano votare, ne scioperare, né protestare) un fardello immenso, sia della Seconda Repubblica, per essersi limitati a gestire lo status quo, senza avere il coraggio e la forza di tentare operazioni per abbattere, o almeno ridurre significativamente, questo debito, nemmeno quando le condizioni politiche e macro-economiche erano più favorevoli, per esempio negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore dell'euro, quando i tassi di interesse sui titoli di Stato toccarono i minimi storici grazie all'implicita garanzia europea;
    dal confronto tra l'Italia e gli altri. Paesi dell'Unione europea nell'uso degli strumenti finanziari derivati emerge un'anomalia che non può che destare forti preoccupazioni, in quanto nessun Paese e esposto ai derivati come lo e l'Italia: l'Italia e il primo Paese in Europa per perdite potenziali da derivati, con un valore di mercato negativo per circa 42 miliardi di euro; anche in rapporto al prodotto interno lordo il valore di mercato dei derivati italiani è tra i peggiori (peggio di noi solo la Grecia); è vero che rispetto al debito pubblico le distanze si riducono, che le dimensioni del debito italiano spiegano almeno in parte il massiccio ricorso ai derivati, e che bisogna tener conto dei benefici ricevuti dall'assicurazione sui movimenti sfavorevoli dei tassi di interesse, ma tutto ciò non rende meno anomala e allarmante la situazione;
    desta altresì forte preoccupazione la presenza in alcuni contratti derivati attualmente in essere, o chiusi nel recente passato, di clausole particolarmente onerose, definite addirittura «uniche nel loro genere»;
    non si può inoltre ignorare che permane un quadro di estrema incertezza e debolezza della economia italiana e dei tassi di interesse sui titoli di Stato: in tale contesto, ci si deve chiedere se basteranno le decisioni assunte dalla BCE a mantenere bassi i tassi, anche di fronte a dati di crescita deludenti, oppure se essi torneranno ad alzarsi, e in tale caso di quanto;
    non ci si può permettere di sottovalutare – o comunque di non considerare come possibile scenario di « worst case» – l'eventualità che l'Eurozona precipiti in una nuova crisi finanziaria: al riguardo l'andamento dei credit default swap (CDS) sul debito italiano – in un momento, come oggi, di relativa calma – dimostra che l'Italia continua ad essere considerata come potenziale «anello debole» in caso di crisi; occorre dunque chiedersi cosa accadrà alla scadenza del Quantitative Easing, quando i mercati dovranno tornare a giudicare la sostenibilità del debito pubblico italiano in relazione alla salute e alle potenzialità della economia, al netto delle condizioni favorevoli del Quantitative Easing;
    di fronte a questo quadro però, non sarebbe né utile né responsabile abbandonarsi a un approccio scandalistico: al contrario, seguendo l'appropriato approccio già adottato dalla Commissione in occasione della richiamata indagine conoscitiva, occorre innanzitutto realizzare una seria analisi e una fotografia accurata e nitida della situazione e, in secondo luogo, individuare possibili piste di lavoro per uscire dall'emergenza;
    è innanzitutto inaccettabile l'idea che il Parlamento sia tenuto all'oscuro della gestione di strumenti finanziari così delicati come i derivati, in quanto la loro complessità e le comprensibili ragioni di cautela non possono far sì che il Parlamento sia l'ultimo a sapere quando in gioco ci sono la tenuta dei conti pubblici, il denaro dei contribuenti e il livello di benessere e servizi pubblici che lasceremo in eredità alle future generazioni;
    la posta in gioco è altissima: per comprendere meglio di quali grandezze si tratti, basti pensare che con quello che il Paese spende ogni anno sui derivati si potrebbe cancellare una rilevante massa di tassazione sui cittadini, per non parlare delle perdite potenziali;
    se, da un lato, non si possono dimenticare le competenze maturate in materia dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella gestione sia del debito pubblico in generale sia in particolare di strumenti così complessi come i derivati, dall'altro non ci si può nemmeno cullare nell'illusione che tutto vada sempre per il meglio e che non possano, al contrario, verificarsi degli shock finanziari; ad esempio, e impari il confronto tra i desk delle maggiori banche (capaci di condurre analisi mark to market minuto per minuto) e un ufficio pubblico, per quanto preparato ed esperto; inoltre, appaiono molto meno trasparenti le modalità, e ancor più elevate le criticità, nella gestione degli strumenti finanziari derivati da parte delle autonomie locali,

impegna il Governo:

1) a presentare in Parlamento proposte normative volte ad un reale abbattimento del debito pubblico, di natura non «cosmetica», che avrebbe, tra i suoi effetti positivi, anche quello di riportare su livelli fisiologici il ricorso agli strumenti finanziari derivati;

2) a garantire piena accountability, nei confronti del Parlamento e dell'opinione pubblica, circa tali operazioni finanziarie, assicurando trasparenza, totale conoscibilità almeno delle operazioni in strumenti derivati concluse, nonché un quadro informativo completo, con rapporti semestrali per valutare nell'insieme il profilo di rischio di tali operazioni;

3) a presentare in Parlamento una proposta normativa per prevedere che le figure impegnate presso il Ministero dell'economia e delle finanze nella gestione degli strumenti finanziari derivati non possano, per un adeguato numero di anni successivo al cessare di questo loro impegno pubblico, trasferirsi presso le banche o le altre istituzioni private che siano state fino a quel momento loro controparti di tali tipo di operazioni.
(1-01659)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Capezzone, Latronico, Altieri, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese, Vargiu».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dagli inizi degli anni Novanta, il Governo italiano, per garantirsi l'ingresso nell'euro attraverso anticipazioni di cassa che gli avrebbero consentito di rientrare negli obiettivi di deficit fissati dalle autorità europee, ha sottoscritto contratti derivati per un valore di circa 159 miliardi di euro, un centinaio dei quali del tipo interest rate swap, cioè quelli attraverso i quali le due controparti si scambiano, a scadenze prefissate, flussi di interessi rispetto ad un medesimo capitale di riferimento;
    i suddetti contratti, che a loro volta avrebbero dovuto proteggere nel tempo il debito pubblico dalle oscillazioni valutarie e dei tassi di interesse, si sono nella realtà rivelati un salasso per la collettività continuando, a distanza di oltre trentacinque anni, a gravare sul bilancio pubblico. Secondo dati recentemente resi noti dalla Corte dei conti e rilevabili anche dall'ultimo bollettino della Banca d'Italia, la posizione negativa complessiva dello Stato in contratti derivati al 31 dicembre 2016 ammontava a circa 37,8 miliardi di euro, di cui 8,3 miliardi riferibili al solo anno 2016. Tra il 2013 ed il 2016, il mark-to-market (cioè l'attualizzazione dei flussi futuri in funzione di condizioni di mercato attuali), ossia l'impatto negativo dei derivati sul bilancio statale, pari a 24 miliardi di euro, è stato capace di annullare tutto il vantaggio che era derivato dal ribasso dei tassi di interesse correlato al Quantitative Easing della Banca centrale europea;
    al cosiddetto «mark-to-market», valore peraltro non iscritto nel bilancio statale perché da corrispondere solo al momento dell'estinzione dei derivati, occorre aggiungere il valore dei depositi di liquidità, cioè di tutte quelle garanzie che lo Stato italiano deve offrire in sede di sottoscrizione di futuri contratti derivati, come prescritto dalla legge di stabilità 2015. L'articolo 33 di quest'ultima, infatti autorizza il Tesoro a stipulare accordi di garanzia bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati, costituita da titoli di Stato di Paesi dell'area euro oppure da disponibilità liquide gestite attraverso movimentazioni di conti di tesoreria o di altri conti appositamente istituiti. Si tratta di una clausola capestro nota come «Double way Credit Support Annex (CSA)», che obbliga la parte su cui grava la perdita potenziale a garantire i pagamenti futuri sui contratti derivati attraverso un deposito di garanzia. In una fase come quella attuale, caratterizzata da bassi tassi di interesse e conseguente «mark-to-market» negativo, il Ministero dell'economia e delle finanze è chiamato a garantire gli impegni assunti, al fine di immunizzare le banche dal rischio di controparte;
    quanto premesso evidenzia come attorno ai derivati di Stato sembra essersi compiuto un paradosso: originariamente stipulati per proteggere il debito pubblico da pericolosi rialzi dei tassi d'interesse, lo hanno avviluppato in una pericolosa e perversa spirale negativa incessantemente alimentata dalle costose rinegoziazioni che la direzione del Tesoro è stata costretta a sottoscrivere con le banche d'affari internazionali per tutelarsi dai rischi di mercato. Ciò, a sua volta, ha innescato un peggioramento della percezione degli operatori finanziari sulla solvibilità dello Stato italiano, che ha continuato a complicare lo stesso collocamento sul mercato dei titoli del suo debito;
    contrariamente a quanto accade oggi, negli anni Novanta, caratterizzati da un più alto grado di volatilità dei mercati, questi contratti erano assolutamente conoscibili tanto da essere pubblicati, periodicamente e con grande ricchezza di dettagli, sulla Gazzetta Ufficiale. Inoltre, nello stesso periodo cambiano le regole in materia e l'allora Ministero del tesoro viene investito di una più ampia facoltà di ristrutturare il debito pubblico interno ed estero, in relazione alle condizioni di mercato, avvalendosi di strumenti a disposizione dei mercati (articolo 2, comma 165, della legge n. 662 del 1996);
    i suddetti dati impongono un'esigenza di trasparenza e correttezza di quanto esposto in bilancio, soprattutto quando le risorse in gioco riguardano l'intera collettività. Inoltre l'operatività di quanto disposto dall'articolo 33 della legge di stabilità 2015 dovrebbe essere assicurata in un quadro di assoluta trasparenza di tutte le operazioni in finanza derivata condotte da tutte le articolazioni dello Stato, inclusi gli enti territoriali e locali, a maggior ragione di quelle dal profilo di rischio elevato, in alcuni casi addirittura speculativo, ad oggi note soltanto in termini sintetici e privi delle necessarie specifiche contrattuali che rendano possibile una valutazione piena dell'operato del Governo e facciano chiarezza su una questione avvolta da troppe zone d'ombra;
    altro aspetto non trascurabile è quello della posizione di potenziale conflitto di interesse ricoperta dal Tesoro, che di fatto si trova, da un lato, a pagare commissioni milionarie alle banche erogatrici di derivati, mentre dall'altro deve proporre alle stesse di acquistare i titoli che emette per garantire il debito pubblico italiano;
    sollecitato su più fronti, sia pubblico che parlamentare, ad un maggiore livello di disclosure e di trasparenza dei contratti derivati, soprattutto di quelli contenenti clausole di chiusura anticipata a beneficio della controparte e la cui applicazione può comportare gravi perdite economiche in pregiudizio dell'erario (come peraltro avvenuto tra il 2011 ed il 2012 allorquando il Tesoro dovette sborsare circa 3,1 miliardi di euro all'istituto americano Morgan Stanley, che troppo esposto nei confronti del debito pubblico italiano, fece appello ad un codicillo che le consentiva di chiudere un contratto sottoscritto nel 1994), il Governo ha alzato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una cortina di opacità, invocando generiche esigenze di riservatezza e di tutela del proprio potere contrattuale ed appellandosi ai princìpi della legge n. 241 del 1990, che nega qualsiasi forma di accesso agli atti amministrativi che integri un controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione;
    ancora più gravi sono le motivazioni addotte dal Governo alla richiesta di ostensione più volte avanzata, nel corso dell'attuale legislatura, da parte di alcuni membri del Parlamento, avendogli contestato: 1) che non erano portatori di un «interesse diretto, concreto e attuale a conoscere il contenuto dei contratti»; 2) che la loro richiesta era finalizzata ad un «controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione» vietato dall'articolo 24 della richiamata legge n. 241 del 1990; 3) che la divulgazione avrebbe esposto lo Stato a turbolenze di mercato, oltre che ad uno svantaggio competitivo dell'Italia rispetto al sistema bancario ed agli altri Stati che ricorrono ai derivati;
    i suddetti rilievi ostativi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sono destituiti di qualsiasi fondamento giuridicamente rilevante. La stessa Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel 1991 a seguito dell'entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, ha sottolineato che nella legislazione vigente non esistono norme che contrastino con la divulgazione di questi contratti. Infatti, il diniego di ostensione e la sottrazione di documenti al diritto di accesso debbono essere considerati come eccezioni nell'attività della pubblica amministrazione che deve, in generale, ispirarsi alla regola della trasparenza come, peraltro, confermato dal Consiglio di Stato, (con sentenza n. 1370 del 17 marzo 2015), secondo cui «(...) il diritto di accesso (...) è collegato a una riforma di fondo dell'Amministrazione, ispirata ai princìpi di democrazia partecipativa, della pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa desumibili dall'articolo 97 Cost., che s'inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all'informazione dei cittadini rispetto all'organizzazione e alla attività (...) amministrativa quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi e illegalità (...)»;
    un'ulteriore conferma in questo senso arriva dalla cosiddetta riforma Madia della pubblica amministrazione che all'articolo 7, lettera h), delega il Governo ad espandere il diritto di accesso a favore della conoscibilità di informazioni rilevanti per la vita dei cittadini;
    di più, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della richiamata legge n. 241 del 1990, le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità e sottratti all'accesso. Nella fattispecie il Ministero delle finanze con proprio decreto ministeriale del 29 ottobre 1996, n. 603, recante regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso in attuazione dell'articolo 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, non ha ritenuto di dover annoverare, all'articolo 5, tra le categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti alla riservatezza di persone, gruppi ed imprese, i contratti che lo Stato italiano possa aver stipulato con banche o istituti finanziari, i quali, pertanto, non possono pertanto essere sottratti al diritto di accesso;
    sulla base di quanto sopra riportato, il Governo avrebbe dovuto porre su questi documenti il segreto di Stato per poterne motivare la segretezza sulla base del diritto;
    l'accesso ai documenti amministrativi, inteso come il diritto degli interessati a prendere visione ed ad estrarre copia di documenti amministrativi, costituisce principio generale dell'attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. Inoltre, l'articolo 22, comma 5, della legge n. 241 del 1990 stabilisce che l'acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, debba essere informata al principio di leale cooperazione istituzionale. A parere dei firmatari del presente atto, al fine di poter espletare pienamente il loro mandato parlamentare i membri del Parlamento sono titolari di una legittimazione soggettiva all'accesso ai documenti amministrativi per esigenze conoscitive connesse ai compiti istituzionali, che trova però un limite nel tenore dell'articolo 24 della legge n. 241 del 1990, in base al quale sostanzialmente il parlamentare, al pari di qualsiasi soggetto, ha l'onere di indicare l'interesse qualificato all'ostensione degli atti, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, nonché di motivare l'istanza in funzione di tale interesse;
    la ridda di notizie giornalistiche e di illazioni che si inseguono negli ultimi tempi sui derivati sottoscritti dal Tesoro, supportate dalla recente indagine della Corte dei conti, sta generando un clima pericoloso che rischia di minare la credibilità della gestione del debito pubblico, posto che la suddetta ed invocata riservatezza, ostativa alla richiesta di trasparenza da parte delle istituzioni parlamentari, convive con una costante fuga di notizie che rendono ingestibile ed opaca la realtà. Occorrerebbe, piuttosto, rassicurare il mercato portandolo a conoscenza di informazioni quali il valore nozionale, il risultato netto, la data di inizio e quella di chiusura, la controparte, di tutte le operazioni in derivati che si sono chiuse, incluse quelle per novazione del contratto,

impegna il Governo:

1) a migliorare la divulgazione delle informazioni relative ai contratti derivati, dando completa e puntuale informazione all'opinione pubblica in merito all'impiego dei predetti strumenti finanziari ed ai rischi per la finanza pubblica ad essi connessi, con particolare riguardo a quelli contenenti clausole di chiusura anticipata a beneficio dell'istituto, finanziario, la cui applicazione può comportare gravi perdite economiche in pregiudizio dell'erario;

2) ad assumere iniziative per elevare il livello di disclosure attualmente applicabile al Parlamento, anche nella prospettiva di introdurre un'informativa esaustiva e di maggiore trasparenza, trasmettendo anche a quest'ultimo il report semestrale sul dato aggregato che periodicamente il Governo consegna alla Corte dei conti;

3) ad abbattere quel muro di riservatezza che ha opposto fino ad oggi, rendendo pubblici tutti i rapporti economici attualmente in essere con il sistema finanziario, e fornendo, con riferimento ai contratti derivati, informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito, al profilo temporale del portafoglio, ai relativi valori e commissioni;

4) ad assumere iniziative per apportare le dovute modifiche normative all'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di riconoscere ai membri del Parlamento la legittimazione all'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, fra cui i contratti derivati, per esigenze connesse allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-01668) «Paglia, Marcon, Fassina, Andrea Maestri».


   La Camera,
   premesso che:
    in questi ultimi anni l'attività in strumenti finanziari derivati dello Stato è stata oggetto di specifico monitoraggio da parte della Camera dei deputati ed, in particolare, della VI Commissione finanze che ha svolto un'indagine conoscitiva, facendo luce su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente complesso soprattutto in relazione alla laboriosità dei procedimenti contrattuali che riguardano tali strumenti;
    l'attività di indagine della VI Commissione ha fatto sì che la direzione generale del tesoro assumesse formalmente l'impegno di rendere regolare il flusso informativo attraverso la stesura di un rapporto annuale sulla gestione del debito pubblico;
    attraverso questo rapporto si è definito il computo dei sistemi sottostanti all'utilizzo degli strumenti derivati nell'ambito della gestione complessiva, illustrando in modo specifico le operazioni concluse nell'anno di riferimento;
    la situazione del debito pubblico italiano, che rimane tra i più alti al mondo fa sì che il nostro Paese sia esposto ai derivati, soprattutto, considerando il fatto che la gestione di strumenti finanziari così delicati sia spesso priva della dovuta informazione e trasparenza;
    appare quindi necessario spiegare meglio i diversi impatti non solo finanziari, ma anche di natura contabile sui saldi e sugli stock di finanza pubblica, consentendo di chiarire come si collegano fra loro le diverse pubblicazioni in materia;
    le decisioni assunte dalla Bce di mantenere bassi i tassi di interesse, anche di fronte a tassi di crescita altalenanti, non possono essere il pretesto per sottovalutare o comunque non considerare un intervento per ridurre in modo significativo il debito pubblico, facendo in modo che, al termine del Quantitative Easing, i mercati giudichino in modo positivo la sostenibilità del debito pubblico, non esponendo perciò a potenziali rischi l'economia italiana;
    abbattere inoltre tutti i filtri di riservatezza, rendendo pubblici tutti i rapporti economici attualmente in essere con il sistema finanziario, fornendo con riferimento ai contratti derivati, informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito e al profilo temporale del portafoglio deve rappresentare la strada da perseguire da parte delle istituzioni;
    nonostante, infatti, siano stati rispettati molti degli adempimenti richiesti dalla riforma della legge di contabilità (legge 4 agosto 2016, n. 163), con l'ottemperanza del dispositivo di cui all'articolo 10, comma 3, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, attraverso l'inserimento nel documento di economia e finanze di una disamina degli effetti dei flussi di cassa correlati alla gestione in strumenti derivati, sarebbe ancora necessario intervenire al fine di aumentare la responsabilità degli agenti contabili che si occupano di tali investimenti, individuando con precisione i criteri di responsabilità amministrativa e i soggetti cui imputare eventuali gestioni poco oculate,

impegna il Governo:

1) ad individuare, attraverso gli strumenti a disposizione, forme di pubblicità al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata;
2) a migliorare la trasparenza in relazione alle informazioni relative ai contratti derivati rendendo noti semestralmente sul sito web del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai predetti strumenti finanziari e ai possibili rischi per la finanza pubblica ad essi connessi;
3) a valutare la possibilità di assumere iniziative per apportare le dovute modifiche normative all'articolo 24 della legge del 7 agosto 1990, n. 241, al fine di riconoscere ai membri del Parlamento la legittimazione all'esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi, fra cui i contratti derivati, per esigenze connesse allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-01670) «Zanetti, Francesco Saverio Romano, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Marcolin, Merlo, Parisi, Rabino, Sottanelli, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    in questi ultimi anni l'attività in strumenti finanziari derivati dello Stato è stata oggetto di specifico monitoraggio da parte della Camera dei deputati ed, in particolare, della VI Commissione finanze che ha svolto un'indagine conoscitiva, facendo luce su un settore dei mercati finanziari che appare particolarmente complesso soprattutto in relazione alla laboriosità dei procedimenti contrattuali che riguardano tali strumenti;
    l'attività di indagine della VI Commissione ha fatto sì che la direzione generale del tesoro assumesse formalmente l'impegno di rendere regolare il flusso informativo attraverso la stesura di un rapporto annuale sulla gestione del debito pubblico;
    attraverso questo rapporto si è definito il computo dei sistemi sottostanti all'utilizzo degli strumenti derivati nell'ambito della gestione complessiva, illustrando in modo specifico le operazioni concluse nell'anno di riferimento;
    la situazione del debito pubblico italiano, che rimane tra i più alti al mondo fa sì che il nostro Paese sia esposto ai derivati, soprattutto, considerando il fatto che la gestione di strumenti finanziari così delicati sia spesso priva della dovuta informazione e trasparenza;
    appare quindi necessario spiegare meglio i diversi impatti non solo finanziari, ma anche di natura contabile sui saldi e sugli stock di finanza pubblica, consentendo di chiarire come si collegano fra loro le diverse pubblicazioni in materia;
    le decisioni assunte dalla Bce di mantenere bassi i tassi di interesse, anche di fronte a tassi di crescita altalenanti, non possono essere il pretesto per sottovalutare o comunque non considerare un intervento per ridurre in modo significativo il debito pubblico, facendo in modo che, al termine del Quantitative Easing, i mercati giudichino in modo positivo la sostenibilità del debito pubblico, non esponendo perciò a potenziali rischi l'economia italiana;
    abbattere inoltre tutti i filtri di riservatezza, rendendo pubblici tutti i rapporti economici attualmente in essere con il sistema finanziario, fornendo con riferimento ai contratti derivati, informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito e al profilo temporale del portafoglio deve rappresentare la strada da perseguire da parte delle istituzioni;
    nonostante, infatti, siano stati rispettati molti degli adempimenti richiesti dalla riforma della legge di contabilità (legge 4 agosto 2016, n. 163), con l'ottemperanza del dispositivo di cui all'articolo 10, comma 3, lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, attraverso l'inserimento nel documento di economia e finanze di una disamina degli effetti dei flussi di cassa correlati alla gestione in strumenti derivati, sarebbe ancora necessario intervenire al fine di aumentare la responsabilità degli agenti contabili che si occupano di tali investimenti, individuando con precisione i criteri di responsabilità amministrativa e i soggetti cui imputare eventuali gestioni poco oculate,

impegna il Governo:

1) ad individuare, attraverso gli strumenti a disposizione, forme di pubblicità al fine di fornire elementi di conoscenza e informazione di natura periodica in ordine alle operazioni in strumenti derivati che consentano ex post la possibilità di operare un controllo e una valutazione sulla gestione effettuata;
2) a migliorare la trasparenza in relazione alle informazioni relative ai contratti derivati rendendo noti semestralmente sul sito web del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi ai predetti strumenti finanziari e ai possibili rischi per la finanza pubblica ad essi connessi.
(1-01670)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Zanetti, Francesco Saverio Romano, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Marcolin, Merlo, Parisi, Rabino, Sottanelli, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    l'utilizzo dei contratti derivati da parte del Ministero dell'economia e delle finanze è inquadrato nell'ambito della gestione del debito pubblico, e dovrebbe essere in primo luogo finalizzato alla minimizzazione dei fattori di rischio sui mercati;
    fino al 2005 attraverso l'uso di tali contratti è stato perseguito il duplice obiettivo di contenere il fabbisogno e il deficit attraverso operazioni di rimodulazione dei flussi d'interesse, e di allungare la durata complessiva del debito, mentre a decorrere dalla seconda metà degli anni 2000 le attività in derivati avrebbero dovuto servire esclusivamente questo secondo scopo;
    la grande crisi economica che ha interessato l'economia mondiale a partire dal 2008 ha poi prodotto una situazione per cui oggi si sta sopportando il costo di questa sorta di assicurazione, senza che si sia concretizzato lo scenario da cui ci si voleva proteggere, ma anzi con un'evoluzione dei tassi di mercato di segno opposto e mai sperimentata prima in quanto a durata e intensità;
    attualmente il portafoglio di strumenti derivati per la gestione del debito emessi dalla Repubblica italiana ammonta a circa centosessanta miliardi di euro ed è pari a circa il nove per cento del totale di titoli di Stato in circolazione;
    nel settembre 2016 la procura regionale del Lazio della Corte dei conti ha contestato un danno di 4,1 miliardi di euro ai vertici del Ministero dell'economia e delle finanze per la vicenda dei contratti relativi a derivati firmati con la banca americana Morgan Stanley e chiusi tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012;
    agli esponenti del Ministero dell'economia e delle finanze è stato contestato il trenta per cento del danno erariale cagionato allo Stato italiano per effetto di un indebito pagamento alla banca americana Morgan Stanley, cui è stato contestato il restante settanta per cento del danno;
    l'accusa mossa dalla Corte dei conti ai dirigenti del Ministero è, infatti, quella di aver messo in campo «operazioni speculative» che avrebbero portato il Tesoro a pagare 3,1 miliardi alla banca d'affari per l'estinzione anticipata degli swap, giudicata illegittima dalla procura contabile;
    il pagamento a Morgan Stanley è avvenuto su disposizione del Ministero dell'economia e delle finanze tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012, quando l'Italia stava attraversando la cosiddetta crisi dello spread ed era oggetto di continui declassamenti decretati dalle agenzie di rating alla stregua di dati e valutazioni che la procura di Trani ha ritenuto «colposamente manipolative»;
    la vicenda del pagamento alla Morgan Stanley mette in luce il rischio che il denaro dei contribuenti sia incongruamente utilizzato a fini speculativi,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per una maggiore trasparenza in materia di contratti derivati, rendendo pubbliche, a cadenza periodica, e consultabili, le informazioni circa lo stock di contratti derivati in essere, la titolarità delle controparti, i costi sostenuti, l'impatto sul debito pubblico, la data di estinzione prevista per i singoli contratti;

2) a rendere pubbliche le informazioni relative a quali e quanti contratti derivati siano stati oggetto di estinzione anticipata in seguito al declassamento dell'Italia in termini di rating, chi ne fossero le controparti e quali siano stati i costi aggiuntivi sostenuti.
(1-01671) «Rampelli, Nastri, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


RELAZIONE DELLA XIV COMMISSIONE SULLA RELAZIONE PROGRAMMATICA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA RIFERITA ALL'ANNO 2017 E SUL PROGRAMMA DI LAVORO DELLA COMMISSIONE PER IL 2017 (DOC. LXXXVII-BIS, N. 5-A)

Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A – Risoluzioni

   La Camera,
   esaminati congiuntamente il Programma di lavoro della Commissione per il 2017 – Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende (COM(2016)710 final) e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5);
   preso atto degli elementi acquisiti nel corso dell'approfondita istruttoria svolta presso al XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva;
   rilevato che:
    l'esame congiunto dei documenti consente di porre in essere una vera e propria sessione parlamentare europea di fase ascendente e costituisce uno strumento particolarmente utile ai fini della qualificazione del contributo del Parlamento per la definizione di un quadro organico della politica europea del nostro Paese, articolata intorno a grandi obiettivi e linee d'intervento prioritarie;
    si offre, infatti, una occasione unica per discutere un complesso di questioni che altrimenti verrebbero esaminate separatamente, al di fuori di una logica trasversale e coerente, che appare invece indispensabile per le connessioni sempre più strette tra le diverse dimensioni delle grandi tematiche che l'Unione europea è chiamata ad affrontare. Si supera in tal modo la tendenza alla frammentazione che condiziona pesantemente il confronto politico non soltanto nel nostro Paese e spesso pregiudica la possibilità di individuare indirizzi strategici cui dovrebbero ispirarsi le scelte e le posizioni assunte nell'ambito europeo e dall'Unione europea;
    merita inoltre apprezzamento l'impegno profuso dal Governo per affinare, sulla base dell'esperienza progressivamente acquisita, i contenuti della relazione che risulta più ricca di elementi informativi e dati utili ad una valutazione sulle priorità da perseguire. Ulteriori miglioramenti sono comunque possibili e auspicabili, stante l'importanza dei documenti in esame e alla luce della particolare fase che sta vivendo l'Unione europea;
    la discussione, infatti, si colloca quest'anno in un contesto particolarmente delicato per la coincidenza degli appuntamenti elettorali in alcuni dei maggiori Paesi europei e l'avvio dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea a seguito del referendum svolto in quel Paese;
    più in generale, l'Unione europea si trova a vivere una delle fasi più delicate e complesse della sua storia per cui, per effetto della propaganda di forze di ispirazione populista, da più parti viene messa in discussione la legittimazione del progetto europeo e suggerito un anacronistico recupero della dimensione statuale in aperto contrasto con la prospettiva, che appare invece ineludibile, di un ulteriore avanzamento del processo di integrazione europea;
    negli ultimi anni l'Unione europea si è trovata ad affrontare situazioni oggettivamente difficili per la coincidenza di fattori critici che hanno inciso pesantemente sulla vita dei cittadini europei. Si è registrata una massiccia crescita dei flussi migratori, anche in relazione alla condizioni di instabilità in cui versano alcuni Paesi prossimi alla frontiera europea; si registra una recrudescenza della criminalità organizzata e del terrorismo che si è tradotta in una serie di attentati nel territorio europeo che alimenta una forte domanda di sicurezza da parte dei cittadini europei cui si dovrà dare al più presto risposte efficaci;
    per altro verso, non risulta ancora definitivamente superata la più grave crisi economico-finanziaria che ha colpito l'Europa dal secondo dopoguerra e che ha prodotto una contrazione significativa dell'attività nel settore manifatturiero, anche per effetto della sempre più agguerrita concorrenza delle cosiddette economie emergenti; un aumento della disoccupazione e un ampliamento dell'area della precarietà, con particolare riferimento alle più giovani generazioni; un allargamento del divario dei tassi di sviluppo tra i diversi Paesi membri e della iniquità nella distribuzione della ricchezza all'interno dei singoli Paesi;
    le Istituzioni europee sono state, dunque, sottoposte a una fortissima pressione alla quale hanno cercato di reagire avviando alcune iniziative di carattere strategico quali l'Agenda delle migrazioni, il cosiddetto Piano Juncker per promuovere la ripresa degli investimenti che con la crisi hanno registrato una caduta verticale, la Strategia cosiddetta di rinascita industriale, la Youth Guarantee per promuovere la formazione e l'occupazione giovanile, l'Unione bancaria per rafforzare la sostenibilità del sistema creditizio, cui si è accompagnato il programma Quantitative easing della BCE diretto ad aumentare la disponibilità di credito all'economia reale e ad abbassare i costi sostenuti dai soggetti più indebitati;
    purtroppo, tuttavia, non sempre le iniziative messe in campo dalle istituzioni europee sono intervenute con la necessaria tempestività o hanno potuto produrre gli effetti sperati, in primo luogo a causa delle resistenze di alcuni partner. I ritardi e le incertezze che hanno caratterizzato l'azione dell'Unione europea hanno aggravato alcuni dei problemi da affrontare e alimentato la crescente sfiducia e la disaffezione dei cittadini europei nei confronti della capacità dell'UE di prospettare soluzioni adeguate alle sfide che si pongono;
    in qualche caso, l'attuazione delle strategie dell'Unione europea è stata frenata dalla indisponibilità di alcuni Stati membri a dar seguito agli impegni assunti; esemplare è al riguardo la mancata adesione di alcuni Paesi agli obblighi derivanti dai programmi di relocation dei rifugiati, che soltanto recentemente la Commissione europea ha deciso di sanzionare avviando vere e proprie procedure di infrazione. Analogamente, non è stato possibile assicurare piena e integrale attuazione al progetto dell'Unione bancaria per l'indisponibilità di alcuni partner a realizzare un sistema comune di garanzia dei depositi;
    anche a livello internazionale, l'Unione europea ha dovuto fronteggiare scenari caratterizzati da un costante deterioramento e dall'aggravamento delle condizioni generali in alcune aree limitrofe, a partire dalla persistente tensione tra Russia e Ucraina e, più recentemente, dal mutato atteggiamento degli Stati Uniti che manifestano un crescente disinteresse nei confronti dell'Europa e intendono rimettere in discussione strategie precedentemente consolidate in materia di lotta ai cambiamenti climatici e politica commerciale;
    anche alla luce delle evidenti difficoltà manifestate dall'Unione europea di fronte ad alcuni fattori di criticità e al rischio di una diffusione dell'euroscetticismo, si è avviato un approfondito dibattito sulla necessità di verificare l'idoneità dell'attuale assetto delle regole e delle procedure decisionali dell'Unione europea a rispondere ai mutati scenari interni e internazionali e sono state avanzate diverse proposte al fine di aggiornare il quadro delle politiche dell'Unione europea, a partire dalla cosiddetta relazione dei cinque Presidenti «Completare l'Unione economica e monetaria» per proseguire con le relazioni approvate dal Parlamento europeo il 16 febbraio scorso, che prefigurano alcune soluzioni sia a Trattati vigenti sia con eventuali modifiche che potrebbero essere apportate ai medesimi Trattati;
    a questo dibattito anche i Parlamenti nazionali hanno inteso fornire un proficuo contributo; nelle varie sedi di cooperazione interparlamentare si è infatti in più occasioni affrontato il tema e sono state assunte diverse iniziative, a cominciare dalla Dichiarazione sottoscritta a Roma il 14 settembre 2015 dai Presidenti delle Camere di quattro Paesi fondatori cui successivamente si sono aggiunti altri 11 Presidenti di Camere di Paesi membri dell'Unione europea, nella quale si fa esplicito riferimento alla prospettiva di un avanzamento del processo di integrazione anche sul piano politico;
    tutto ciò impone di accelerare il processo di verifica, già avviato, sulle eventuali correzioni da apportare all'assetto e alle politiche dell'UE per evitare che essa diventi un soggetto marginale negli scenari internazionali così come il rischio che l'UE subisca passivamente le conseguenze di tensioni e scelte effettuate altrove. Un rilancio dell'integrazione europea appare ormai ineludibile per salvaguardare il valore unico dell'esperienza europeista che rappresenta tuttora un modello esemplare a livello internazionale per i risultati conseguiti sul terreno del progresso economico, della libertà di circolazione, del mercato unico, della salvaguardia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali e della tutela della dignità delle persone;

impegna il Governo:

   a) continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo nel dibattito in corso sulle prospettive dell'integrazione europea e sulle possibili correzioni da apportare all'assetto, alle regole e alle procedure decisionali oltre che alle politiche dell'Unione europea, ma anzi ad esercitare pienamente il ruolo centrale che spetta al nostro Paese, insieme agli altri maggiori partner fondatori delle Comunità europee, per rilanciare il processo di integrazione, tenendo conto che l'Italia negli scorsi anni si è fatta promotrice di diverse iniziative per consentire all'Unione europea di migliorare la sua capacità di risposta: esemplari al riguardo appaiono le posizioni adottate dal nostro Paese in materia di politiche migratorie e le ripetute sollecitazioni ad adottare una interpretazione meno rigorosa e più flessibile delle regole in materia di governance economica;
   b) ad intervenire affinché sia data priorità all'obiettivo di rafforzare la capacità competitiva delle economie europee complessivamente considerate, con particolare riguardo al recupero di più consistenti tassi di crescita delle attività manifatturiere; al sostegno delle politiche per l'innovazione tecnologica, anche attraverso la realizzazione integrale del programma sul mercato unico digitale, e per la ricerca e lo sviluppo; alla stabilizzazione degli interventi a sostegno degli investimenti; per la formazione e l'occupazione di qualità, riducendo i divari di sviluppo e recuperando tassi di crescita più consistenti per tutti gli Stati membri e in particolare per quelli che negli scorsi anni hanno più subito l'impatto della globalizzazione e della concorrenza delle cosiddette economie emergenti oltreché le conseguenze delle rigorose politiche di bilancio che in taluni casi hanno innescato dinamiche deflazionistiche con pesantissime ricadute sul piano dell'occupazione, degli investimenti e dell'allargamento dell'area di disagio sociale;
   c) a perseguire tali obiettivi in primo luogo nella prospettiva dell'aggiornamento e dell'eventuale consolidamento nell'ordinamento dell'Unione europea delle regole del Fiscal Compact, nella adozione di criteri flessibili e non rigidi nell'applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita così come dell'aggiornamento della Strategia Europa 2020 e della traduzione concreta del Pilastro sociale, cui dovrà attribuirsi lo stesso valore e la stessa efficacia delle regole in materia di governance economica;
   d) ad adoperarsi affinché siano perseguite e realizzate compiutamente le politiche per la stabilizzazione non soltanto della finanza pubblica, ma anche dei sistemi creditizi, attraverso l'integrale attuazione dell'Unione bancaria, mediante la realizzazione di un sistema comune di garanzia dei depositi e dei mercati finanziari attraverso una vera e propria Unione dei mercati dei capitali;
   e) quanto alle politiche energetiche e alla lotta ai cambiamenti climatici, a seguire attivamente la attuazione del progetto dell'Unione dell'energia facendo valere le esigenze prioritarie del nostro Paese con particolare riferimento alla sicurezza degli approvvigionamenti, al potenziamento delle reti e delle interconnessioni, allo sviluppo delle fonti rinnovabili, all'efficienza e al risparmio energetico e alla revisione del sistema ETS. Occorre inoltre lavorare affinché l'Unione europea rafforzi la sua capacità di collaborare con gli altri maggiori attori internazionali per evitare che la recente decisione degli Stati Uniti di recedere dagli accordi di Parigi non ne pregiudichi la realizzazione sul piano concreto;
   f) a dar seguito alle iniziative già avviate e preannunciate per rendere più efficace la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, attraverso il controllo dei flussi che finanziano le organizzazioni terroristiche e le attività di reclutamento nonché a potenziare lo scambio di informazioni e la capacità di intervento, sia sul piano della prevenzione che sul piano della repressione, degli organismi e delle agenzie specializzati in materia, a partire da Europol;
   g) relativamente alla gestione dei flussi migratori, prendere atto che non si tratta di una mera emergenza ma di un fenomeno che rischia di assumere carattere strutturale in considerazione dell'aggravamento delle condizioni di sicurezza, politiche ed economico-sociali dei paesi di provenienza, spesso ai confini dell'Europa, dilaniati da violenti conflitti interni o soggetti ad efferate dittature. Per questo motivo, occorre proseguire e consolidare l'esperienza dei cosiddetti migration compact e rafforzare le politiche di aiuti ai Paesi di provenienza in modo da prevenire i flussi oltre che garantire la piena attuazione alla riforma della politica comune in materia di asilo. Allo stesso tempo, occorre garantire una effettiva solidarietà tra gli Stati membri, come previsto dai Trattati, a partire dall'integrale attuazione dei piani di ricollocazione e reinsediamento.
(6-00321) «Berlinghieri, Locatelli, Sberna, Tancredi».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente il Programma di lavoro della Commissione per il 2017 – Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende (COM(2016)710 final) e la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5);
   preso atto degli elementi acquisiti nel corso dell'approfondita istruttoria svolta presso al XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva;
   rilevato che:
    l'esame congiunto dei documenti consente di porre in essere una vera e propria sessione parlamentare europea di fase ascendente e costituisce uno strumento particolarmente utile ai fini della qualificazione del contributo del Parlamento per la definizione di un quadro organico della politica europea del nostro Paese, articolata intorno a grandi obiettivi e linee d'intervento prioritarie;
    si offre, infatti, una occasione unica per discutere un complesso di questioni che altrimenti verrebbero esaminate separatamente, al di fuori di una logica trasversale e coerente, che appare invece indispensabile per le connessioni sempre più strette tra le diverse dimensioni delle grandi tematiche che l'Unione europea è chiamata ad affrontare. Si supera in tal modo la tendenza alla frammentazione che condiziona pesantemente il confronto politico non soltanto nel nostro Paese e spesso pregiudica la possibilità di individuare indirizzi strategici cui dovrebbero ispirarsi le scelte e le posizioni assunte nell'ambito europeo e dall'Unione europea;
    merita inoltre apprezzamento l'impegno profuso dal Governo per affinare, sulla base dell'esperienza progressivamente acquisita, i contenuti della relazione che risulta più ricca di elementi informativi e dati utili ad una valutazione sulle priorità da perseguire. Ulteriori miglioramenti sono comunque possibili e auspicabili, stante l'importanza dei documenti in esame e alla luce della particolare fase che sta vivendo l'Unione europea;
    la discussione, infatti, si colloca quest'anno in un contesto particolarmente delicato per la coincidenza degli appuntamenti elettorali in alcuni dei maggiori Paesi europei e l'avvio dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea a seguito del referendum svolto in quel Paese;
    più in generale, l'Unione europea si trova a vivere una delle fasi più delicate e complesse della sua storia per cui, per effetto della propaganda di forze di ispirazione populista, da più parti viene messa in discussione la legittimazione del progetto europeo e suggerito un anacronistico recupero della dimensione statuale in aperto contrasto con la prospettiva, che appare invece ineludibile, di un ulteriore avanzamento del processo di integrazione europea;
    negli ultimi anni l'Unione europea si è trovata ad affrontare situazioni oggettivamente difficili per la coincidenza di fattori critici che hanno inciso pesantemente sulla vita dei cittadini europei. Si è registrata una massiccia crescita dei flussi migratori, anche in relazione alla condizioni di instabilità in cui versano alcuni Paesi prossimi alla frontiera europea; si registra una recrudescenza della criminalità organizzata e del terrorismo che si è tradotta in una serie di attentati nel territorio europeo che alimenta una forte domanda di sicurezza da parte dei cittadini europei cui si dovrà dare al più presto risposte efficaci;
    per altro verso, non risulta ancora definitivamente superata la più grave crisi economico-finanziaria che ha colpito l'Europa dal secondo dopoguerra e che ha prodotto una contrazione significativa dell'attività nel settore manifatturiero, anche per effetto della sempre più agguerrita concorrenza delle cosiddette economie emergenti; un aumento della disoccupazione e un ampliamento dell'area della precarietà, con particolare riferimento alle più giovani generazioni; un allargamento del divario dei tassi di sviluppo tra i diversi Paesi membri e della iniquità nella distribuzione della ricchezza all'interno dei singoli Paesi;
    le Istituzioni europee sono state, dunque, sottoposte a una fortissima pressione alla quale hanno cercato di reagire avviando alcune iniziative di carattere strategico quali l'Agenda delle migrazioni, il cosiddetto Piano Juncker per promuovere la ripresa degli investimenti che con la crisi hanno registrato una caduta verticale, la Strategia cosiddetta di rinascita industriale, la Youth Guarantee per promuovere la formazione e l'occupazione giovanile, l'Unione bancaria per rafforzare la sostenibilità del sistema creditizio, cui si è accompagnato il programma Quantitative easing della BCE diretto ad aumentare la disponibilità di credito all'economia reale e ad abbassare i costi sostenuti dai soggetti più indebitati;
    purtroppo, tuttavia, non sempre le iniziative messe in campo dalle istituzioni europee sono intervenute con la necessaria tempestività o hanno potuto produrre gli effetti sperati, in primo luogo a causa delle resistenze di alcuni partner. I ritardi e le incertezze che hanno caratterizzato l'azione dell'Unione europea hanno aggravato alcuni dei problemi da affrontare e alimentato la crescente sfiducia e la disaffezione dei cittadini europei nei confronti della capacità dell'UE di prospettare soluzioni adeguate alle sfide che si pongono;
    in qualche caso, l'attuazione delle strategie dell'Unione europea è stata frenata dalla indisponibilità di alcuni Stati membri a dar seguito agli impegni assunti; esemplare è al riguardo la mancata adesione di alcuni Paesi agli obblighi derivanti dai programmi di relocation dei rifugiati, che soltanto recentemente la Commissione europea ha deciso di sanzionare avviando vere e proprie procedure di infrazione. Analogamente, non è stato possibile assicurare piena e integrale attuazione al progetto dell'Unione bancaria per l'indisponibilità di alcuni partner a realizzare un sistema comune di garanzia dei depositi;
    anche a livello internazionale, l'Unione europea ha dovuto fronteggiare scenari caratterizzati da un costante deterioramento e dall'aggravamento delle condizioni generali in alcune aree limitrofe, a partire dalla persistente tensione tra Russia e Ucraina e, più recentemente, dal mutato atteggiamento degli Stati Uniti che manifestano un crescente disinteresse nei confronti dell'Europa e intendono rimettere in discussione strategie precedentemente consolidate in materia di lotta ai cambiamenti climatici e politica commerciale;
    anche alla luce delle evidenti difficoltà manifestate dall'Unione europea di fronte ad alcuni fattori di criticità e al rischio di una diffusione dell'euroscetticismo, si è avviato un approfondito dibattito sulla necessità di verificare l'idoneità dell'attuale assetto delle regole e delle procedure decisionali dell'Unione europea a rispondere ai mutati scenari interni e internazionali e sono state avanzate diverse proposte al fine di aggiornare il quadro delle politiche dell'Unione europea, a partire dalla cosiddetta relazione dei cinque Presidenti «Completare l'Unione economica e monetaria» per proseguire con le relazioni approvate dal Parlamento europeo il 16 febbraio scorso, che prefigurano alcune soluzioni sia a Trattati vigenti sia con eventuali modifiche che potrebbero essere apportate ai medesimi Trattati;
    a questo dibattito anche i Parlamenti nazionali hanno inteso fornire un proficuo contributo; nelle varie sedi di cooperazione interparlamentare si è infatti in più occasioni affrontato il tema e sono state assunte diverse iniziative, a cominciare dalla Dichiarazione sottoscritta a Roma il 14 settembre 2015 dai Presidenti delle Camere di quattro Paesi fondatori cui successivamente si sono aggiunti altri 11 Presidenti di Camere di Paesi membri dell'Unione europea, nella quale si fa esplicito riferimento alla prospettiva di un avanzamento del processo di integrazione anche sul piano politico;
    tutto ciò impone di accelerare il processo di verifica, già avviato, sulle eventuali correzioni da apportare all'assetto e alle politiche dell'UE per evitare che essa diventi un soggetto marginale negli scenari internazionali così come il rischio che l'UE subisca passivamente le conseguenze di tensioni e scelte effettuate altrove. Un rilancio dell'integrazione europea appare ormai ineludibile per salvaguardare il valore unico dell'esperienza europeista che rappresenta tuttora un modello esemplare a livello internazionale per i risultati conseguiti sul terreno del progresso economico, della libertà di circolazione, del mercato unico, della salvaguardia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali e della tutela della dignità delle persone;

impegna il Governo:

   a) continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo nel dibattito in corso sulle prospettive dell'integrazione europea e sulle possibili correzioni da apportare all'assetto, alle regole e alle procedure decisionali oltre che alle politiche dell'Unione europea, ma anzi ad esercitare pienamente il ruolo centrale che spetta al nostro Paese, insieme agli altri maggiori partner fondatori delle Comunità europee, per rilanciare il processo di integrazione, tenendo conto che l'Italia negli scorsi anni si è fatta promotrice di diverse iniziative per consentire all'Unione europea di migliorare la sua capacità di risposta: esemplari al riguardo appaiono le posizioni adottate dal nostro Paese in materia di politiche migratorie e le ripetute sollecitazioni ad adottare una interpretazione meno rigorosa e più flessibile delle regole in materia di governance economica;
   b) ad intervenire affinché sia data priorità all'obiettivo di rafforzare la capacità competitiva delle economie europee complessivamente considerate, con particolare riguardo al recupero di più consistenti tassi di crescita delle attività manifatturiere; al sostegno delle politiche per l'innovazione tecnologica, anche attraverso la realizzazione integrale del programma sul mercato unico digitale, e per la ricerca e lo sviluppo; alla stabilizzazione degli interventi a sostegno degli investimenti; per la formazione e l'occupazione di qualità, riducendo i divari di sviluppo e recuperando tassi di crescita più consistenti per tutti gli Stati membri e in particolare per quelli che negli scorsi anni hanno più subito l'impatto della globalizzazione e della concorrenza delle cosiddette economie emergenti oltreché le conseguenze delle rigorose politiche di bilancio che in taluni casi hanno innescato dinamiche deflazionistiche con pesantissime ricadute sul piano dell'occupazione, degli investimenti e dell'allargamento dell'area di disagio sociale;
   c) a perseguire tali obiettivi in primo luogo nella prospettiva del necessario superamento delle politiche di austerità alla base del Fiscal Compact, nella adozione di criteri flessibili e non rigidi nell'applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita così come dell'aggiornamento della Strategia Europa 2020 e della traduzione concreta del Pilastro sociale, cui dovrà attribuirsi lo stesso valore e la stessa efficacia delle regole in materia di governance economica;
   d) ad adoperarsi affinché siano perseguite e realizzate compiutamente le politiche per la stabilizzazione non soltanto della finanza pubblica, ma anche dei sistemi creditizi, attraverso l'integrale attuazione dell'Unione bancaria, mediante la realizzazione di un sistema comune di garanzia dei depositi e dei mercati finanziari attraverso una vera e propria Unione dei mercati dei capitali;
   e) quanto alle politiche energetiche e alla lotta ai cambiamenti climatici, a seguire attivamente la attuazione del progetto dell'Unione dell'energia facendo valere le esigenze prioritarie del nostro Paese con particolare riferimento alla sicurezza degli approvvigionamenti, al potenziamento delle reti e delle interconnessioni, allo sviluppo delle fonti rinnovabili, all'efficienza e al risparmio energetico e alla revisione del sistema ETS. Occorre inoltre lavorare affinché l'Unione europea rafforzi la sua capacità di collaborare con gli altri maggiori attori internazionali per evitare che la recente decisione degli Stati Uniti di recedere dagli accordi di Parigi non ne pregiudichi la realizzazione sul piano concreto;
   f) a dar seguito alle iniziative già avviate e preannunciate per rendere più efficace la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, attraverso il controllo dei flussi che finanziano le organizzazioni terroristiche e le attività di reclutamento nonché a potenziare lo scambio di informazioni e la capacità di intervento, sia sul piano della prevenzione che sul piano della repressione, degli organismi e delle agenzie specializzati in materia, a partire da Europol;
   g) relativamente alla gestione dei flussi migratori, prendere atto che non si tratta di una mera emergenza ma di un fenomeno che rischia di assumere carattere strutturale in considerazione dell'aggravamento delle condizioni di sicurezza, politiche ed economico-sociali dei paesi di provenienza, spesso ai confini dell'Europa, dilaniati da violenti conflitti interni o soggetti ad efferate dittature. Per questo motivo, occorre proseguire e consolidare l'esperienza dei cosiddetti migration compact e rafforzare le politiche di aiuti ai Paesi di provenienza in modo da prevenire i flussi oltre che garantire la piena attuazione alla riforma della politica comune in materia di asilo. Allo stesso tempo, occorre garantire una effettiva solidarietà tra gli Stati membri, come previsto dai Trattati, a partire dall'integrale attuazione dei piani di ricollocazione e reinsediamento.
(6-00321) (Testo modificato nel corso della seduta) «Berlinghieri, Locatelli, Sberna, Tancredi, Alli».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, comma 1, della legge n. 234 del 2012 prevede che il Governo presenti alle Camere, entro il 31 dicembre dell'anno precedente la relazione programmatica dell'Italia all'Unione europea. La norma prescrive che la relazione comprenda: gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire in tema di integrazione europea, in relazione ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione europea, con particolare e specifico rilievo per le prospettive e le iniziative relative alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne dell'Unione europea, gli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi o a documenti di consultazione dell'Unione europea ed inoltre le strategie di comunicazione e di formazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea;
    per prassi parlamentare la Relazione programmatica viene esaminata congiuntamente al Programma di lavoro della Commissione europea e al programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea istituendo la «sessione europea di fase ascendente»;
    la sessione europea di fase ascendente deve essere letta nel quadro del rinnovato ruolo che il Trattato di Lisbona (in primis nell'articolo 12 TUE) intende riservare ai parlamenti nazionali. Questi dovrebbero acquisire rilevanza nell'impianto composito e multiplo della forma di governo dell'UE. I trattati definiscono pertanto una struttura decisionale in cui i Parlamenti nazionali non esplicano più il loro ruolo unicamente indirizzando il Governo in sede di Consiglio, ma acquisiscono un ruolo diretto nella formazione delle politiche dell'Unione. Apparrebbe pertanto opportuno che il Governo metta il Parlamento nella condizione di assolvere il proprio diritto/dovere, in primo luogo fornendo le informazioni necessarie in tempi adeguati e congrui;
    la tarda presentazione alle Camere, la lentezza nella calendarizzazione, la discussione dilazionata e poco approfondita e l'estrema generalizzazione e fumosità della descrizione delle politiche contenuta nella relazione programmatica tendono ad annullare la portata innovativa dell'analisi dei documenti in esame, privando nella sostanza il Parlamento di un utile e profondamente necessario strumento di indirizzo;
    il ruolo del Parlamento nella definizione delle politiche da promuoversi in sede di Unione europea è funzionale ad uno sviluppo equilibrato dell'Unione affinché essa sia il luogo ove si sviluppino i diritti sociali e trovi così completa esplicazione l'Europa sociale dei cittadini;
    il 1o marzo la Commissione europea ha presentato il Libro bianco sul futuro dell'Unione europea che delinea cinque scenari possibili per l'Europa. In questo periodo di crisi dell'UE, culminato nella Brexit, appare necessario ripensare obiettivi, strategie e politiche dell'Unione, ridefinendo le priorità e quindi il percorso che questa vuole seguire e intraprendere;
    il 25 marzo, in occasione delle celebrazioni del 60o anniversario dei trattati di Roma i leader dell'UE si sono riuniti per riflettere sull'Unione ribadendo l'intenzione di continuare nel percorso congiunto, ma aprendo al contempo ad importanti possibilità di modifiche istituzionali;

  il 23 giugno 2016 si è tenuto un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. La vittoria del leave è espressione del fallimento delle recenti politiche definite e promosse dall'Unione determinate dall'egoismo degli Stati membri, ovvero l'imposizione dell'austerità e la predilezione per politiche a favore delle banche e della finanza come modalità di uscita dalla crisi, la mancanza di attenzione per le politiche di inclusione sociale e di welfare, l'incapacità di essere una comunità palesatasi in occasione della crisi migratoria in atto;
    il Trattato sull'Unione europea stabilisce, all'articolo 50 che ogni Stato membro possa decidere di recedere dall'Unione notificando tale intenzione al Consiglio europeo. Quest'ultimo formula degli orientamenti sulla base dei quali l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso. L'accordo si conclude a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo;
    in questo contesto appare necessario promuovere modifiche riguardanti l'assetto istituzionale e conseguentemente l'impostazione di alcune specifiche politiche;
    in un contesto economico di timida e insufficiente ripresa che chiude un lungo periodo di profondissima crisi, esacerbata proprio dalle politiche imposte dall'Unione, appare necessario un profondo ripensamento delle politiche europee e degli obiettivi che l'UE intende perseguire, discostandosi da stringenti e miopi vincoli di bilancio per ripensare politiche economiche ma soprattutto sociali solidaristiche;
    nonostante le scarse ricadute positive e le dubbie scelte dei progetti del FEIS (fondo europeo degli investimenti strategici) la Commissione europea intende raddoppiare il FEIS sia per durata sia per capacità finanziaria;
    la gestione dei flussi migratori si pone da sempre come questione complessa, in considerazione della pluralità di elementi da tenere in considerazione nella sua gestione e da contemperare nelle scelte ad essi connesse. Il crescere dei flussi dei rifugiati e richiedenti asilo è dovuto in larga parte all'incapacità della comunità internazionale di dare una soluzione a conflitti complessi, quali in primo luogo in Siria e di Libia, associati alla destabilizzazione di altri Stati di notevole rilevanza geopolitica;
    la proposta di riforma della politica e del sistema europeo in materia di asilo mira ad armonizzare le procedure negli Stati membri instaurando disposizioni comuni in tale materia appare del tutto insufficiente, non modificando i principi cardine di tale politica nell'Unione;
    la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando al contempo come quella migratoria sia una responsabilità condivisa. In questo contesto sono state approvate due successive decisioni del Consiglio Giustizia e Affari Interni e del Consiglio europeo, nel quale si è stabilito di ricollocare 160.000 richiedenti asilo dai Paesi maggiormente sottoposti alla pressione migratoria verso quelli con maggiori disponibilità o meno coinvolti dai flussi. Ad alcuni mesi dalle predette decisioni sulle ricollocazioni, già di per se insufficienti, i numeri dei richiedenti asilo effettivamente ricollocati sono del tutto irrisori. Nonostante successive pressioni e denunce susseguitesi negli ultimi mesi ad oggi continuano ad essere solo 300 i richiedenti asilo ricollocati dall'Italia,

impegna il Governo:

   a favorire il rinnovato e approfondito ruolo del Parlamento nella definizione delle politiche e dell'agenda dell'Unione europea, come espressamente previsto dal Trattato;
   ad attivarsi nelle opportune sedi perché l'attuale discussione sul futuro dell'UE conduca in chiave istituzionale ad un miglioramento in chiave di rappresentatività e democraticità, che implichi una redistribuzione del potere tra le istituzioni, il rafforzamento di tutti gli strumenti di democrazia diretta e partecipata di comprovata utilità e al contempo ad una maggiore trasparenza delle decisioni, in primo luogo per ciò che concerne il Consiglio;
   si garantisca, negli accordi sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione, adeguata protezione degli interessi e piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che attualmente vi risiedono, lavorano, studiano o svolgono qualsivoglia attività. Al contempo si assicuri il totale rispetto degli obblighi e degli impegni di bilancio assunti dal Regno Unito e la piena partecipazione dello stesso a quanto compete agli Stati membri fino all'uscita definitiva dall'Unione. Infine si proceda all'annullamento della correzione degli squilibri di bilancio accordata alla Gran Bretagna posto che l'entità della spesa agricola è costantemente diminuita nel corso di oltre 30 anni e che la programmazione della PAC per il periodo 2014-2020 prevede una significativa decurtazione dei fondi disponibili per l'Italia;
   opporsi al rifinanziamento e al rinnovo del FEIS – fondo europeo degli investimenti strategici, ovvero il cosiddetto FEIS 2.0, ed al contempo proporre la sospensione del primo piano sino a che non vi sia una ridiscussione profonda degli obiettivi e delle modalità di assegnazione dei fondi, in ogni caso a non contribuire con ulteriori finanziamenti nazionali;
   opporsi all'avvio o alla chiusura e firma di accordi economici e commerciali deleteri per i cittadini sia sotto il punto di vista economico, soprattutto per le piccole e medie imprese, sia per la tutela della salute;
   far in modo che le politiche migratorie, e i costi della corretta ed efficiente gestione, siano condivisi dagli Stati membri trasformando quella migratoria in una politica dell'Unione e a tal fine modificando alcuni dei principi attuali in senso di maggiore condivisione.
(6-00322) «Battelli, Baroni, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017 – «Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende» (COM(2016)710 final), la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5) e preso atto degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria svolta presso la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, rilevato che:
    il punto di partenza del Programma di lavoro sono le dieci priorità politiche individuate dalla Commissione Europea ovverosia: un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti; un mercato unico del digitale connesso; un'Unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici; un mercato interno più profondo e più equo con una base industriale più solida; un'Unione economica e monetaria più profonda e più equa; Commercio: un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti realistico ed equilibrato; uno spazio di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla reciproca fiducia; verso una nuova politica della migrazione; un ruolo più incisivo a livello mondiale; un'Unione di cambiamento democratico;
    le 10 priorità politiche individuate dalla Commissione per il 2017 ripropongono esattamente il programma presentato dal Presidente della Commissione europea, Juncker, tre anni fa, in occasione del suo insediamento;
    la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 sostanzialmente segue il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017;
    in Europa la lotta alla disoccupazione, in particolare quella giovanile, continua ad essere la prima emergenza. Secondo dati recenti sono circa 20 milioni i disoccupati all'interno dei 28 Paesi membri dell'Unione europea; di questi, 15 milioni si trovano nei 19 Paesi dell'Eurozona;
    nell'ambito della priorità «Un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti» la Commissione europea ha annunciato delle iniziative che seppur apprezzabili, in linea teorica, – come ad esempio l'annuncio di incrementare la dotazione finanziaria per l'Italia del Fondo sociale Europeo e del Fondo Europeo per lo sviluppo regionale o di raddoppiare la capacità finanziaria del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS 2.0) – rischiano, tuttavia, di rivelarsi del tutto insufficienti a centrare l'obiettivo della svolta europea nel senso di una politica tesa alla crescita economica, al rinnovamento e al rilancio del welfare, alla lotta alla povertà e alle disuguaglianze;
    in questo senso è da intendersi la recente proposta di riesame di medio termine sul funzionamento del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) UE 2014-2020, la quale, accompagnata dalla proposta legislativa di revisione del QFP e di modifica delle regole finanziarie applicabili al bilancio UE e della gestione dei suoi programmi operativi, è finalizzata all'ottenimento di maggiori margini di flessibilità. Forti sono le preoccupazioni che tale revisione spingerà i Governi dei singoli Stati alla negoziazione dei margini delle manovre finanziarie a livello nazionale non tanto per promuovere investimenti e innovazione, quanto piuttosto per redistribuire risorse in modo non strutturale, provocando un ulteriore aumento del debito degli Stati membri e senza che la crisi venga aggredita alla radice;
    bisognerebbe assumere la consapevolezza che, al netto degli sforzi profusi dal Governo in sede europea, sino ad oggi, purtroppo, è stato perpetuato un approccio estremamente miope e rigido nella gestione della politica di bilancio e dell'integrazione europea perché si è continuato a governare secondo principi di austerità impraticabili che hanno solo aggravato crisi e recessioni, con l'interdizione di ogni forma di eurobond garantiti pro quota dagli Stati nazionali ed una contraddizione evidente fra politica fiscale restrittiva e politica ultraespansiva della Bce che avrebbe dovuto compensarne gli effetti con la sola leva monetaria;
    a tali considerazioni andrebbero aggiunti i modestissimi risultati raggiunti dal Piano Juncker, l'arretramento degli investimenti pubblici e del loro potenziale traino agli investimenti privati, nonché gli già citati altissimi livelli di disoccupazione – soprattutto giovanile, la dilagante sofferenza sociale e povertà diffusa;
    in questo contesto, urge che il Governo non si limiti ad avallare il mero raddoppio del FEIS 2.0 nell'ambito del Piano Juncker, ma assuma una posizione forte, in netta discontinuità, puntando innanzitutto all'eliminazione di quei paletti rigidi che oggi bloccano la crescita e gli investimenti pubblici in infrastrutture e trasporti, ricerca, innovazione, formazione, politiche per il lavoro e green economy;
    appare quindi non più rinviabile l'avvio di un confronto critico teso alla revisione profonda del Fiscal Compact e delle regole europee del bilancio, poiché solo in questo modo il nostro Paese e l'Europa tutta potranno tornare a crescere e ristabilire un clima di serenità presso tra le loro popolazioni;
    infine occorrerebbe dare il via ad una nuova strategia a livello europeo che punti a indirizzare tutte le risorse disponibili ad un massiccio programma di spese per investimenti (che negli ultimi 10 anni sono state ridotte in Italia di oltre 10 miliardi di euro) e per un green new deal europeo;
    l'Unione europea, nell'ambito della Strategia dell'Unione dell'energia, nel novembre scorso ha presentato il pacchetto legislativo «Energia pulita per tutti gli europei». La UE ha tra i suoi obiettivi quello di una transizione verso un'economia sempre più competitiva e sostenibile a bassa emissione di carbonio, con al centro lo sviluppo e la diffusione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Rimane il fatto che seppure gli investimenti in fossili sono in calo, questi restano predominanti, e comunque sono ancora troppo elevati i sussidi alle medesime fonti fossili, laddove è invece indispensabile prevederne una graduale ma decisa riduzione fino al loro azzeramento;
    a livello UE, ma non solo, non si può non rilevare che gli investimenti nel settore energetico non sono affatto coerenti con la transizione low-carbon prevista dalla COP 21;
    se è vero che il mondo dell'energia sta cambiando, questo sta avvenendo troppo lentamente per poter mantenere fede agli impegni presi con l'Accordo di Parigi del dicembre 2015, e limitare gli effetti del global warming;
    a livello globale, sotto questo aspetto è molto grave la decisione presa dal Presidente degli Stati Uniti (responsabili di circa il 15 per cento delle emissioni globali) di ritirarsi dall'Accordo di Parigi (COP 21) sui cambiamenti climatici, peraltro di fatto ribadita anche in occasione del recente G7 dei ministri dell'Ambiente, svoltosi a Bologna;
    circa un anno fa la Commissione europea ha presentato una serie di proposte per riformare il sistema europeo comune di asilo nelle linee indicate nell'agenda europea per la migrazione e nella comunicazione del 6 aprile 2016. In particolare la Commissione ha presentato il 4 maggio 2016 un primo pacchetto di proposte – riforma del regolamento 604/2013 (Dublino III), riforma del regolamento 603/2013 (Eurodac) e riforma del regolamento 439/2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), mentre, il 13 luglio 2016, ha presentato diverse proposte legislative – sostituzione della direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura comune dell'Unione europea per la protezione internazionale, sostituzione della direttiva qualifiche esistente con un nuovi regolamento, infine una riforma sulla direttiva sulle condizioni di accoglienza;
    attraverso le sopraindicate proposte, la Commissione europea ha tentato di rimediare all'evidente fallimento del «sistema Dublino», però mantenendo sostanzialmente invariata la gerarchia dei «criteri Dublino» e introducendo un sistema correttivo per la ripartizione equa delle responsabilità tra Stati, che riproduce esattamente gli elementi fallimentari dei meccanismi temporanei di ricollocazione già in uso e prevedendo a carico dei richiedenti asilo una serie di obblighi (e conseguenti sanzioni in caso di violazione) per limitare gli spostamenti all'interno dell'area degli Stati membri. In pratica la proposta della Commissione mantiene in piedi il «sistema Dublino»: inefficace, costoso e che produce irregolarità;
    nonostante le critiche evidenziate la revisione del Regolamento di Dublino è una delle riforme più attese nel panorama legislativo europeo e da mesi nel Parlamento europeo la Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (Libe) sta lavorando per arrivare ad un testo congiunto, che potrebbe arrivare anche prima dell'estate;
    positivamente rispetto alla proposta di riforma della Commissione nella Commissione Libe sono state riformulate alcune delle norme più problematiche ivi contenute a vantaggio di una necessaria condivisione della responsabilità tra gli Stati membri. Tra le altre cose, si prevede, infatti, il superamento del principio secondo cui sono i Paesi di primo approdo a doversi far carico delle domande di protezione internazionale di chi arriva, che disincentiva gli Stati di frontiera da registrare correttamente i richiedenti asilo, incoraggiandoli così i movimenti secondari e l'irregolarità; si prevede ulteriormente un sistema di relocation automatico e permanente mentre si propone di superare la proposta delle sanzioni ai «Paesi anti-immigrati» con un più congruo taglio ai fondi strutturali per i Paesi che decidessero di non entrare nel sistema delle quote;
    la riforma di Dublino così come emendata dal testo depositato in Commissione Libe dalla relatrice svedese Cecilia Wikström prevede finalmente l'adozione del principio di solidarietà tra gli Stati e quindi verso la direzione di un vero diritto di asilo comune europeo; ad ogni modo sono forti le resistenze degli Stati all'interno del Consiglio europeo, su tutti quelli del blocco del Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia), che supportati dall'Austria fanno muro per far saltare l'accordo sulla riforma;
    occorrerebbe quindi un impegno ancora più determinato del nostro Paese in tutte le sedi europee per supportare la posizione espressa nel Parlamento europeo e per arrivare ad un accordo che preveda il diritto d'asilo comune europeo e che tutti gli Stati membri partecipino equamente all'accoglienza, per una nuova solidarietà tra i Paesi e le popolazioni d'Europa;
    l'Europa tutta è stata negligente e poco è stato fatto nonostante i proclami. La gestione dell'accoglienza continua a presentare numerose criticità nel nostro Paese, e i costi sociali ed economici di tale negligenza e mala gestione si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    il nostro Paese è chiamato ad un'assunzione di responsabilità ed allo stesso tempo ad uno sforzo di elaborazione e proposta che siano ispirati a criteri fondati sul diritto internazionale e sui diritti umani, slegando il tema della difesa e della sicurezza dei cittadini da quello dell'immigrazione e dell'accoglienza dei rifugiati che scappano da guerre, carestie, persecuzioni;
    per cui è necessaria la creazione di uno spazio di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca nonché tendere a creare le condizioni per una fattiva e sistematica collaborazione dell'UE con gli Stati membri per garantire un elevato livello di sicurezza ai cittadini europei rafforzando le misure di prevenzione e contrasto alla criminalità transnazionale e al terrorismo, nonché intensificando il coordinamento e la cooperazione tra forze di polizia e tra autorità giudiziarie e altri organismi competenti;
    lotta al terrorismo, al crimine organizzato, e alla criminalità informatica rappresentano le principali minacce con cui l'Europa deve confrontarsi;
    quanto al terrorismo, oltre al potenziamento degli strumenti di monitoraggio e al rafforzamento della cooperazione a più livelli, vi è la necessità di aggiornare il quadro normativo. Il ruolo dell'UE, quale garante della sicurezza, dovrebbe essere potenziato anche alla luce della stretta relazione tra sicurezza esterna e sicurezza interna; come noto, infatti, larga parte delle minacce che incombono sui Paesi europei trae origine o viene alimentata dalle situazioni di instabilità e crisi al di fuori dell'UE;
    il terrorismo, per la frequenza e la gravità degli attentati perpetrati nel territorio dell'UE, suscita un allarme crescente di fronte al quale i singoli Stati membri non dispongono evidentemente di strumenti di intervento e contrasto sufficienti; per rispondere in maniera concreta alla domanda di sicurezza che i cittadini europei rivolgono alle istituzioni, sia nazionali che europee, si richiede quindi il rafforzamento della capacità di monitoraggio, prevenzione e sanzione a livello di UE, da realizzare in primo luogo mediante più intensi scambi di informazioni e più avanzate forme di collaborazione tra i diversi organismi competenti a livello nazionale e le agenzie dell'Unione europea, tanto più per il carattere sempre più marcatamente transnazionale delle attività terroristiche, che si servono della rete in modo sistematico per reclutare i propri affiliati in diversi Paesi;
    la crescita del fenomeno dei cd. «foreign fighters», potenziali agenti per nuovi attacchi terroristici una volta rientrati nei loro paesi di origine è davvero preoccupante: le stime più accreditate fanno riferimento ad un numero di circa 25-30 mila combattenti stranieri, di cui circa 5 mila provenienti dal territorio dell'UE, e in particolare da quattro Stati membri (Francia, Regno Unito, Germania e Belgio);
    mentre crescevano i proclami sulla «lotta al terrore», in realtà poco o nulla veniva fatto per tagliare i canali tra Daesh, la galassia jihadista e i suoi Stati finanziatori. Nulla veniva fatto per svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi (anzi apprendiamo del boom di vendita di armi dall'Italia e dall'Europa degli ultimi anni verso gli Stati mediorientali) né per supportare le richieste di democrazia che nascevano dalle primavere arabe e dalle esperienze positive di convivenza tra i popoli che emergevano nel vicino oriente che, al contrario, sono state brutalmente attaccate dalla follia distruttiva della violenza e del terrore. Di contro, si è prestato colpevolmente – per interessi – il fianco a piccoli conflitti che sono cresciuti fino a diventare, nel tempo, incontrollabili;
    la difesa degli interessi nazionali degli Stati membri dell'Unione europea continua ad avere la prevalenza su una strategia unitaria europea di politica estera e anche sulla non rinviabile creazione di una difesa comune europea, mentre si continua a puntare sul rafforzamento del mercato unico della difesa e quindi esclusivamente sul terreno dei mercati e delle imprese;
    lo spazio di sicurezza e di difesa comune deve essere improntato alle necessità dei cittadini e non direzionato dall'interesse delle lobby dell'industria bellica. Occorre prendere atto delle mutazioni avvenute nello scenario globale mondiale che ha visto l'inizio dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea e la vittoria negli Stati Uniti di Donald Trump e delle sue politiche pericolosamente orientate verso il populismo, connotate fortemente da protezionismo e nazionalismo e che mettono in discussione la stessa alleanza NATO;
    quella stessa spinta populistica che viene dalle élites nordamericane oggi al potere potrebbe aggravare la discussione politica nell'UE, già dominata da connotati fortemente nazionalistici e a tratti esplicitamente xenofobi. Se da un lato l'Unione europea e suoi Stati membri chiudono le frontiere, aumentano i controlli, erigono muri o attivano qualsiasi altro dispositivo di chiusura, dall'altro si persegue quasi ovunque in Ue nella dottrina iperliberista scandita dalle politiche di austerity;
    l'Unione europea, oggi sempre più dominata dagli interessi dei singoli Stati e dai propri egoismi, è sempre più vista da larghi strati della popolazione sorda e distante dalle istanze dei suoi popoli e totalmente incapace di prendere una qualsiasi iniziativa riformatrice;
    non è più rinviabile il tanto auspicato cambiamento di rotta dell'Unione europea che vada nella direzione della riaffermazione dell'Europa come continente vocato alla pace e alla fratellanza tra le Nazioni e i suoi popoli, ispirato alla protezione dei diritti umani e alla solidarietà, che promuova il benessere dei suoi cittadini, orientato verso la giustizia sociale e non alla disuguaglianza come oggi accade,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi, costruendo le opportune alleanze, affinché il Fiscal Compact sia modificato nella direzione di una golden rule sugli investimenti anche nazionali da esercitare almeno entro il limite del 3 per cento oppure, in caso contrario, a contrastare l'inserimento del Fiscal Compact nei Trattati europei;
   ad intraprendere ogni iniziativa di competenza presso le sedi europee volta a modificare le regole sulla misurazione del pareggio strutturale, attraverso un metodo di calcolo condiviso fra la Commissione europea, il Fmi e l'Ocse, e, in particolare, a riconsiderare quelli che per i presentatori del presente atto sono parametri astrusi e particolarmente penalizzanti per l'Italia, quali l’Output Gap e il NAWRU (Non Accelerating Wage Rate Of Unemployment), in base ai quali per il nostro Paese è considerato di «equilibrio», rispetto a possibili tensioni inflazionistiche, un livello di disoccupazione oltre il 10 per cento ancora per i prossimi anni, con la conseguenza di comprimere la possibilità di adottare politiche espansive e anti-cicliche, adoperandosi affinché siano rivisti i criteri in base ai quali la Commissione calcola i disavanzi strutturali: in particolare, proponendo di rivedere il sistema di calcolo insieme a Fmi e Ocse in modo da avere valutazioni condivise a livello internazionale;
   ad adottare le iniziative opportune presso le competenti sedi europee affinché sia garantito il rispetto della regola che fissa al 6 per cento il surplus commerciale massimo consentito ad ogni Paese;
   a promuovere di conseguenza un grande piano di crescita per l'Europa che comporti massicci investimenti pubblici infrastrutture e trasporti, ricerca, innovazione, formazione, politiche per il lavoro e green economy, investimenti anche finanziati in deficit, ovvero l'attivazione di meccanismi anticiclici con l'emissione di debito comune (eurobond) che vadano ben oltre i confini del modestissimo Piano Juncker, adottando ogni iniziativa utile per favorire la definitiva approvazione della proposta di regolamento c.d. FEIS 2.0 (COM 2016/597 final) con cui si intende raddoppiare la durata e la capacità finanziaria del Fondo europeo degli investimenti strategici per attivare un totale di almeno 500 miliardi di euro di investimenti, così da contribuire alla realizzazione dell'obiettivo della Strategia Europa 2020 con cui si prevede l'innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni;
   a garantire presso le competenti sedi UE la massima effettività dei princìpi affermati nell'ambito del Pilastro europeo dei diritti sociali (COM/2017/0250 final) al fine di promuovere un nuovo patto sociale europeo capace di proteggere effettivamente le persone dall'esclusione, dalla povertà e dalle malattie attraverso il meccanismo del reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione definito sulla base di un adeguato vincolo giuridico ed esteso a livello europeo in modo equo e omogeneo in modo tale da implementare una misura finalmente strutturale per la lotta all'esclusione sociale e alla povertà e che garantisca al contempo un sensibile innalzamento del livello di protezione delle persone e contrastare gli effetti negativi dell'incremento del tasso di disoccupazione;
   a promuovere un nuovo progetto europeo per i «Saperi», formazione, crescita e innovazione, adottando azioni specifiche tese a restituire centralità alla scuola pubblica nei Paesi dell'Unione, attraverso l'implementazione dei programmi volti all'innalzamento del livello di istruzione, formazione e integrazione degli immigrati; al sostegno della formazione professionale e terziaria; a far confluire nei percorsi di formazione e lavoro i destinatari di provvedimenti penali; a rafforzare le competenze civiche e sociali; a potenziare i servizi telematici offerti dalle istituzioni scolastiche e universitarie;
   a promuovere misure efficaci per attuare una politica fiscale comune e di contrasto all'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, sostenendo al contempo un piano di contrasto alla delocalizzazione fiscale delle imprese nei paesi extra UE, nella considerazione che le rendite finanziarie e i profitti delle grandi società multinazionali, ivi comprese quelle operanti nel marcato digitale, sono toccati solo marginalmente dalla fiscalità ed estrarre parte di questi immensi extraprofitti ai fini di redistribuzione e rafforzamento della domanda aggregata;
   a promuovere una iniziativa congiunta, anche attraverso forme di cooperazione rafforzata, per introdurre una legislazione comunitaria completa sull'esercizio dei poteri speciali da parte delle istituzioni europee a tutela delle tecnologie, delle capacità industriali e occupazionali dell'Unione europea, con particolare riferimento ai mercati internazionali e alla competizione operata dai Paesi caratterizzati da economie non di mercato e conseguentemente ad istituire una cabina di regia a livello europeo sulle industrie strategiche, anche a tutela di inappropriate forme di delocalizzazione del lavoro;
   al fine di assicurare maggiore coerenza, nell'ambito della strategia per il mercato unico digitale a valutare un richiamo espresso alla Direttiva 2002/21/CE – che fa parte del cosiddetto «pacchetto telecomunicazioni» – modificata dalla Direttiva 2009/140/CE – così da garantire le stesse garanzie procedurali e il rispetto del diritto alla privacy, inclusa un'efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo;
   a potenziare gli strumenti relativi alla portabilità dei contenuti digitali, garantendo parità di accesso e l'attivazione della portabilità al fornitore dei servizi;
   a investire maggiormente in efficienza energetica e fonti rinnovabili per garantire il rispetto dei target decisi con l'accordo di Parigi 2015 e per gli effetti positivi che detti investimenti comportano sulla maggiore sicurezza energetica e sulla minor dipendenza dall'estero;
   a tradurre quanto prima in legge le proposte della Commissione UE in materia di energie pulite e di efficienza energetica, in quanto decisive per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla COP 21;
   a definire una efficace politica industriale e nuovi modelli d'investimento a livello europeo che consentano di accelerare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili;
   a rimuovere gli ostacoli che frenano la decarbonizzazione, e ad avviare fin da subito un graduale ma rapido programma di azzeramento dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, dirottando le corrispondenti risorse liberatesi verso le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, programmi e progetti a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici, nonché per il sostegno alla «green economy»;
   ad attivarsi affinché tutti gli Stati membri adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche attraverso la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio, al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili;
   a concludere in tempi rapidi il processo di riforma del sistema di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra (sistema ETS);
   a mettere in atto tutte le iniziative volte a coinvolgere gli Stati Uniti nell'attuazione delle diverse strategie internazionali per la sensibile riduzione dei gas climalteranti e per uno sviluppo sostenibile;
   a proporre un «diritto di asilo europeo», capace di superare realmente il «regolamento di Dublino» e a sostenere la proposta di riforma della Commissione europea così come riformulata nella discussione in corso in sede di Parlamento europeo, considerato che un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa, a non aderire ad alcun accordo in sede di Consiglio europeo che non preveda questo principio nella riforma del «regolamento di Dublino»;
   a richiedere in sede di Consiglio europeo ulteriori iniziative urgenti e straordinarie per implementare rapidamente il programma di ricollocamento, ad oggi dimostratosi un fallimento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza e l'assistenza delle persone in arrivo;
   a richiedere strumenti più efficaci nella lotta al terrorismo a partire dalla tempestiva e puntuale attuazione del monitoraggio, dello scambio di informazioni, dell'aggiornamento e del progressivo avvicinamento delle normative applicabili, ciò sia per finalità preventiva, sia sanzionatoria;
   a promuovere una modifica della direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, anche in relazione alla tracciabilità e marcatura delle armi da fuoco;
   a proporre una modifica della quarta direttiva antiriciclaggio tesa al contrasto dei nuovi mezzi di finanziamento del terrorismo e all'aumento della trasparenza ai fini della lotta contro il riciclaggio;
   quanto al monitoraggio del fenomeno dei foreign fighters nel rafforzare gli strumenti di controllo dei movimenti in entrate e in uscita delle frontiere estere dell'Ue, ad attuare, nel rispetto dei principi di proporzionalità e necessità, nonché di minimizzazione dei dati e limitazione delle finalità, la direttiva sul PNR e sul trasferimento dei dati connessi al codice di prenotazione, contestualmente all'istituzione dell'Unità di informazione passeggeri nazionale (UIP) per il trattamento dei dati raccolti;
   ferme restando le competenze prioritarie degli Stati membri in materia di ordine pubblico e sicurezza interna, a valutare le potenzialità di Europol per lo scambio di informazioni tra le autorità di polizia dei diversi Paesi e di Eurojust, nonché a valutare l'instaurazione di un rapporto diretto tra il Gruppo antiterrorismo (CTG) e il Centro europeo antiterrorismo istituito presso Europol;
   a promuovere iniziative finalizzate alla verifica dei contenuti immessi in rete, quali strumento di reclutamento utilizzato anche per reperire finanziamenti prima, durante e dopo ogni attacco terroristico, e al contrasto della propaganda terroristica all'incitamento all'odio on line bloccando la diffusione di contenuti che incitano alla violenza;
   come misura di prevenzione, a prevedere programmi di istruzione e sensibilizzazione dei giovani sui valori comuni dell'UE e sulla comprensione interculturale, nonché a valutare il finanziamento di programmi per il reinserimento deradicalizzazione dentro e fuori l'ambiente carcerario;
   a sostenere verifiche periodiche sullo stato dei diritti fondamentali nell'UE e miglioramento della cooperazione reciproca e l'impegno politico per la promozione della tolleranza e del rispetto – in particolare al fine di prevenire e combattere l'odio antisemita e anti-islamico – e la tutela dei diritti fondamentali, con consultazioni con la società civile e le parti interessate, nonché interlocuzioni con leader religiosi ed esponenti di organizzazioni non confessionali;
   a garantire il pieno rispetto e la promozione dei diritti fondamentali nell'adozione di misure di sicurezza, con particolare assistenza alle istituzioni dell'UE e agli Stati membri dell'UE a comprendere e affrontare le sfide poste dalla salvaguardia dei diritti fondamentali di tutti i cittadini dell'UE;
   a chiedere una iniziativa dei Paesi dell'Ue per interrompere immediatamente la vendita di armi ai Paesi responsabili di aver supportato direttamente o indirettamente Daesh, coinvolti direttamente o indirettamente nei conflitti o che sono sospettati di aver armato o finanziato gruppi terroristici;
   a favorire all'avvio di una discussione sul tema della difesa europea, anche in una prospettiva di maggiore integrazione e alla luce del mutato panorama mondiale e delle nuove alleanze;
   ad adoperarsi per una svolta strategica che non si limiti all'enunciazione dei principi di una migliore regolamentazione ed una maggiore responsabilità e trasparenza delle istituzioni europee o all'applicazione dell'accordo inter istituzionale tra Consiglio e Parlamento cosiddetto «Legiferare meglio», ma che promuova iniziative per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico attraverso una istituzione che sia direttamente espressione della volontà dei cittadini.
(6-00323) «Laforgia, Ferrara, Ricciatti, Murer, Leva, Matarrelli, Franco Bordo, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Fossati, Martelli, Melilla, Nicchi, Sannicandro, Stumpo, Zaratti, Zoggia».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017 – «Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende» (COM(2016)710 final), la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5) e preso atto degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria svolta presso la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, rilevato che:
    il punto di partenza del Programma di lavoro sono le dieci priorità politiche individuate dalla Commissione Europea ovverosia: un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti; un mercato unico del digitale connesso; un'Unione dell'energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici; un mercato interno più profondo e più equo con una base industriale più solida; un'Unione economica e monetaria più profonda e più equa; Commercio: un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti realistico ed equilibrato; uno spazio di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla reciproca fiducia; verso una nuova politica della migrazione; un ruolo più incisivo a livello mondiale; un'Unione di cambiamento democratico;
    le 10 priorità politiche individuate dalla Commissione per il 2017 ripropongono esattamente il programma presentato dal Presidente della Commissione europea, Juncker, tre anni fa, in occasione del suo insediamento;
    la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 sostanzialmente segue il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017;
    in Europa la lotta alla disoccupazione, in particolare quella giovanile, continua ad essere la prima emergenza. Secondo dati recenti sono circa 20 milioni i disoccupati all'interno dei 28 Paesi membri dell'Unione europea; di questi, 15 milioni si trovano nei 19 Paesi dell'Eurozona;
    nell'ambito della priorità «Un nuovo impulso all'occupazione, alla crescita e agli investimenti» la Commissione europea ha annunciato delle iniziative che seppur apprezzabili, in linea teorica, – come ad esempio l'annuncio di incrementare la dotazione finanziaria per l'Italia del Fondo sociale Europeo e del Fondo Europeo per lo sviluppo regionale o di raddoppiare la capacità finanziaria del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS 2.0) – rischiano, tuttavia, di rivelarsi del tutto insufficienti a centrare l'obiettivo della svolta europea nel senso di una politica tesa alla crescita economica, al rinnovamento e al rilancio del welfare, alla lotta alla povertà e alle disuguaglianze;
    in questo senso è da intendersi la recente proposta di riesame di medio termine sul funzionamento del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) UE 2014-2020, la quale, accompagnata dalla proposta legislativa di revisione del QFP e di modifica delle regole finanziarie applicabili al bilancio UE e della gestione dei suoi programmi operativi, è finalizzata all'ottenimento di maggiori margini di flessibilità. Forti sono le preoccupazioni che tale revisione spingerà i Governi dei singoli Stati alla negoziazione dei margini delle manovre finanziarie a livello nazionale non tanto per promuovere investimenti e innovazione, quanto piuttosto per redistribuire risorse in modo non strutturale, provocando un ulteriore aumento del debito degli Stati membri e senza che la crisi venga aggredita alla radice;
    bisognerebbe assumere la consapevolezza che, al netto degli sforzi profusi dal Governo in sede europea, sino ad oggi, purtroppo, è stato perpetuato un approccio estremamente miope e rigido nella gestione della politica di bilancio e dell'integrazione europea perché si è continuato a governare secondo principi di austerità impraticabili che hanno solo aggravato crisi e recessioni, con l'interdizione di ogni forma di eurobond garantiti pro quota dagli Stati nazionali ed una contraddizione evidente fra politica fiscale restrittiva e politica ultraespansiva della Bce che avrebbe dovuto compensarne gli effetti con la sola leva monetaria;
    a tali considerazioni andrebbero aggiunti i modestissimi risultati raggiunti dal Piano Juncker, l'arretramento degli investimenti pubblici e del loro potenziale traino agli investimenti privati, nonché gli già citati altissimi livelli di disoccupazione – soprattutto giovanile, la dilagante sofferenza sociale e povertà diffusa;
    in questo contesto, urge che il Governo non si limiti ad avallare il mero raddoppio del FEIS 2.0 nell'ambito del Piano Juncker, ma assuma una posizione forte, in netta discontinuità, puntando innanzitutto all'eliminazione di quei paletti rigidi che oggi bloccano la crescita e gli investimenti pubblici in infrastrutture e trasporti, ricerca, innovazione, formazione, politiche per il lavoro e green economy;
    appare quindi non più rinviabile l'avvio di un confronto critico teso alla revisione profonda del Fiscal Compact e delle regole europee del bilancio, poiché solo in questo modo il nostro Paese e l'Europa tutta potranno tornare a crescere e ristabilire un clima di serenità presso tra le loro popolazioni;
    infine occorrerebbe dare il via ad una nuova strategia a livello europeo che punti a indirizzare tutte le risorse disponibili ad un massiccio programma di spese per investimenti (che negli ultimi 10 anni sono state ridotte in Italia di oltre 10 miliardi di euro) e per un green new deal europeo;
    l'Unione europea, nell'ambito della Strategia dell'Unione dell'energia, nel novembre scorso ha presentato il pacchetto legislativo «Energia pulita per tutti gli europei». La UE ha tra i suoi obiettivi quello di una transizione verso un'economia sempre più competitiva e sostenibile a bassa emissione di carbonio, con al centro lo sviluppo e la diffusione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Rimane il fatto che seppure gli investimenti in fossili sono in calo, questi restano predominanti, e comunque sono ancora troppo elevati i sussidi alle medesime fonti fossili, laddove è invece indispensabile prevederne una graduale ma decisa riduzione fino al loro azzeramento;
    a livello UE, ma non solo, non si può non rilevare che gli investimenti nel settore energetico non sono affatto coerenti con la transizione low-carbon prevista dalla COP 21;
    se è vero che il mondo dell'energia sta cambiando, questo sta avvenendo troppo lentamente per poter mantenere fede agli impegni presi con l'Accordo di Parigi del dicembre 2015, e limitare gli effetti del global warming;
    a livello globale, sotto questo aspetto è molto grave la decisione presa dal Presidente degli Stati Uniti (responsabili di circa il 15 per cento delle emissioni globali) di ritirarsi dall'Accordo di Parigi (COP 21) sui cambiamenti climatici, peraltro di fatto ribadita anche in occasione del recente G7 dei ministri dell'Ambiente, svoltosi a Bologna;
    circa un anno fa la Commissione europea ha presentato una serie di proposte per riformare il sistema europeo comune di asilo nelle linee indicate nell'agenda europea per la migrazione e nella comunicazione del 6 aprile 2016. In particolare la Commissione ha presentato il 4 maggio 2016 un primo pacchetto di proposte – riforma del regolamento 604/2013 (Dublino III), riforma del regolamento 603/2013 (Eurodac) e riforma del regolamento 439/2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), mentre, il 13 luglio 2016, ha presentato diverse proposte legislative – sostituzione della direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura comune dell'Unione europea per la protezione internazionale, sostituzione della direttiva qualifiche esistente con un nuovi regolamento, infine una riforma sulla direttiva sulle condizioni di accoglienza;
    attraverso le sopraindicate proposte, la Commissione europea ha tentato di rimediare all'evidente fallimento del «sistema Dublino», però mantenendo sostanzialmente invariata la gerarchia dei «criteri Dublino» e introducendo un sistema correttivo per la ripartizione equa delle responsabilità tra Stati, che riproduce esattamente gli elementi fallimentari dei meccanismi temporanei di ricollocazione già in uso e prevedendo a carico dei richiedenti asilo una serie di obblighi (e conseguenti sanzioni in caso di violazione) per limitare gli spostamenti all'interno dell'area degli Stati membri. In pratica la proposta della Commissione mantiene in piedi il «sistema Dublino»: inefficace, costoso e che produce irregolarità;
    nonostante le critiche evidenziate la revisione del Regolamento di Dublino è una delle riforme più attese nel panorama legislativo europeo e da mesi nel Parlamento europeo la Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (Libe) sta lavorando per arrivare ad un testo congiunto, che potrebbe arrivare anche prima dell'estate;
    positivamente rispetto alla proposta di riforma della Commissione nella Commissione Libe sono state riformulate alcune delle norme più problematiche ivi contenute a vantaggio di una necessaria condivisione della responsabilità tra gli Stati membri. Tra le altre cose, si prevede, infatti, il superamento del principio secondo cui sono i Paesi di primo approdo a doversi far carico delle domande di protezione internazionale di chi arriva, che disincentiva gli Stati di frontiera da registrare correttamente i richiedenti asilo, incoraggiandoli così i movimenti secondari e l'irregolarità; si prevede ulteriormente un sistema di relocation automatico e permanente mentre si propone di superare la proposta delle sanzioni ai «Paesi anti-immigrati» con un più congruo taglio ai fondi strutturali per i Paesi che decidessero di non entrare nel sistema delle quote;
    la riforma di Dublino così come emendata dal testo depositato in Commissione Libe dalla relatrice svedese Cecilia Wikström prevede finalmente l'adozione del principio di solidarietà tra gli Stati e quindi verso la direzione di un vero diritto di asilo comune europeo; ad ogni modo sono forti le resistenze degli Stati all'interno del Consiglio europeo, su tutti quelli del blocco del Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia), che supportati dall'Austria fanno muro per far saltare l'accordo sulla riforma;
    occorrerebbe quindi un impegno ancora più determinato del nostro Paese in tutte le sedi europee per supportare la posizione espressa nel Parlamento europeo e per arrivare ad un accordo che preveda il diritto d'asilo comune europeo e che tutti gli Stati membri partecipino equamente all'accoglienza, per una nuova solidarietà tra i Paesi e le popolazioni d'Europa;
    l'Europa tutta è stata negligente e poco è stato fatto nonostante i proclami. La gestione dell'accoglienza continua a presentare numerose criticità nel nostro Paese, e i costi sociali ed economici di tale negligenza e mala gestione si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    il nostro Paese è chiamato ad un'assunzione di responsabilità ed allo stesso tempo ad uno sforzo di elaborazione e proposta che siano ispirati a criteri fondati sul diritto internazionale e sui diritti umani, slegando il tema della difesa e della sicurezza dei cittadini da quello dell'immigrazione e dell'accoglienza dei rifugiati che scappano da guerre, carestie, persecuzioni;
    per cui è necessaria la creazione di uno spazio di giustizia e di diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca nonché tendere a creare le condizioni per una fattiva e sistematica collaborazione dell'UE con gli Stati membri per garantire un elevato livello di sicurezza ai cittadini europei rafforzando le misure di prevenzione e contrasto alla criminalità transnazionale e al terrorismo, nonché intensificando il coordinamento e la cooperazione tra forze di polizia e tra autorità giudiziarie e altri organismi competenti;
    lotta al terrorismo, al crimine organizzato, e alla criminalità informatica rappresentano le principali minacce con cui l'Europa deve confrontarsi;
    quanto al terrorismo, oltre al potenziamento degli strumenti di monitoraggio e al rafforzamento della cooperazione a più livelli, vi è la necessità di aggiornare il quadro normativo. Il ruolo dell'UE, quale garante della sicurezza, dovrebbe essere potenziato anche alla luce della stretta relazione tra sicurezza esterna e sicurezza interna; come noto, infatti, larga parte delle minacce che incombono sui Paesi europei trae origine o viene alimentata dalle situazioni di instabilità e crisi al di fuori dell'UE;
    il terrorismo, per la frequenza e la gravità degli attentati perpetrati nel territorio dell'UE, suscita un allarme crescente di fronte al quale i singoli Stati membri non dispongono evidentemente di strumenti di intervento e contrasto sufficienti; per rispondere in maniera concreta alla domanda di sicurezza che i cittadini europei rivolgono alle istituzioni, sia nazionali che europee, si richiede quindi il rafforzamento della capacità di monitoraggio, prevenzione e sanzione a livello di UE, da realizzare in primo luogo mediante più intensi scambi di informazioni e più avanzate forme di collaborazione tra i diversi organismi competenti a livello nazionale e le agenzie dell'Unione europea, tanto più per il carattere sempre più marcatamente transnazionale delle attività terroristiche, che si servono della rete in modo sistematico per reclutare i propri affiliati in diversi Paesi;
    la crescita del fenomeno dei cd. «foreign fighters», potenziali agenti per nuovi attacchi terroristici una volta rientrati nei loro paesi di origine è davvero preoccupante: le stime più accreditate fanno riferimento ad un numero di circa 25-30 mila combattenti stranieri, di cui circa 5 mila provenienti dal territorio dell'UE, e in particolare da quattro Stati membri (Francia, Regno Unito, Germania e Belgio);
    mentre crescevano i proclami sulla «lotta al terrore», in realtà poco o nulla veniva fatto per tagliare i canali tra Daesh, la galassia jihadista e i suoi Stati finanziatori. Nulla veniva fatto per svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi (anzi apprendiamo del boom di vendita di armi dall'Italia e dall'Europa degli ultimi anni verso gli Stati mediorientali) né per supportare le richieste di democrazia che nascevano dalle primavere arabe e dalle esperienze positive di convivenza tra i popoli che emergevano nel vicino oriente che, al contrario, sono state brutalmente attaccate dalla follia distruttiva della violenza e del terrore. Di contro, si è prestato colpevolmente – per interessi – il fianco a piccoli conflitti che sono cresciuti fino a diventare, nel tempo, incontrollabili;
    la difesa degli interessi nazionali degli Stati membri dell'Unione europea continua ad avere la prevalenza su una strategia unitaria europea di politica estera e anche sulla non rinviabile creazione di una difesa comune europea, mentre si continua a puntare sul rafforzamento del mercato unico della difesa e quindi esclusivamente sul terreno dei mercati e delle imprese;
    lo spazio di sicurezza e di difesa comune deve essere improntato alle necessità dei cittadini e non direzionato dall'interesse delle lobby dell'industria bellica. Occorre prendere atto delle mutazioni avvenute nello scenario globale mondiale che ha visto l'inizio dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea e la vittoria negli Stati Uniti di Donald Trump e delle sue politiche pericolosamente orientate verso il populismo, connotate fortemente da protezionismo e nazionalismo e che mettono in discussione la stessa alleanza NATO;
    quella stessa spinta populistica che viene dalle élites nordamericane oggi al potere potrebbe aggravare la discussione politica nell'UE, già dominata da connotati fortemente nazionalistici e a tratti esplicitamente xenofobi. Se da un lato l'Unione europea e suoi Stati membri chiudono le frontiere, aumentano i controlli, erigono muri o attivano qualsiasi altro dispositivo di chiusura, dall'altro si persegue quasi ovunque in Ue nella dottrina iperliberista scandita dalle politiche di austerity;
    l'Unione europea, oggi sempre più dominata dagli interessi dei singoli Stati e dai propri egoismi, è sempre più vista da larghi strati della popolazione sorda e distante dalle istanze dei suoi popoli e totalmente incapace di prendere una qualsiasi iniziativa riformatrice;
    non è più rinviabile il tanto auspicato cambiamento di rotta dell'Unione europea che vada nella direzione della riaffermazione dell'Europa come continente vocato alla pace e alla fratellanza tra le Nazioni e i suoi popoli, ispirato alla protezione dei diritti umani e alla solidarietà, che promuova il benessere dei suoi cittadini, orientato verso la giustizia sociale e non alla disuguaglianza come oggi accade,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi, costruendo le opportune alleanze, affinché il Fiscal Compact sia modificato nella direzione di una golden rule sugli investimenti anche nazionali da esercitare almeno entro il limite del 3 per cento oppure, in caso contrario, a contrastare l'inserimento del Fiscal Compact nei Trattati europei;
   ad intraprendere ogni iniziativa di competenza presso le sedi europee volta a modificare le regole sulla misurazione del pareggio strutturale, attraverso un metodo di calcolo condiviso fra la Commissione europea, il Fmi e l'Ocse, e, in particolare, a riconsiderare quelli che per i presentatori del presente atto sono parametri astrusi e particolarmente penalizzanti per l'Italia, quali l’Output Gap e il NAWRU (Non Accelerating Wage Rate Of Unemployment), in base ai quali per il nostro Paese è considerato di «equilibrio», rispetto a possibili tensioni inflazionistiche, un livello di disoccupazione oltre il 10 per cento ancora per i prossimi anni, con la conseguenza di comprimere la possibilità di adottare politiche espansive e anti-cicliche, adoperandosi affinché siano rivisti i criteri in base ai quali la Commissione calcola i disavanzi strutturali: in particolare, proponendo di rivedere il sistema di calcolo insieme a Fmi e Ocse in modo da avere valutazioni condivise a livello internazionale;
   ad adottare le iniziative opportune presso le competenti sedi europee affinché sia garantito il rispetto della regola che fissa al 6 per cento il surplus commerciale massimo consentito ad ogni Paese;
   a promuovere di conseguenza un grande piano di crescita per l'Europa che comporti massicci investimenti pubblici infrastrutture e trasporti, ricerca, innovazione, formazione, politiche per il lavoro e green economy, investimenti anche finanziati in deficit, ovvero l'attivazione di meccanismi anticiclici con l'emissione di debito comune (eurobond) in aggiunta al Piano Juncker, adottando ogni iniziativa utile per favorire la definitiva approvazione della proposta di regolamento c.d. FEIS 2.0 (COM 2016/597 final) con cui si intende raddoppiare la durata e la capacità finanziaria del Fondo europeo degli investimenti strategici per attivare un totale di almeno 500 miliardi di euro di investimenti, così da contribuire alla realizzazione dell'obiettivo della Strategia Europa 2020 con cui si prevede l'innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni;
   a garantire presso le competenti sedi UE la massima effettività dei princìpi affermati nell'ambito del Pilastro europeo dei diritti sociali (COM/2017/0250 final) al fine di promuovere un nuovo patto sociale europeo capace di proteggere effettivamente le persone dall'esclusione, dalla povertà e dalle malattie anche attraverso il modello già introdotto dal «reddito d'inclusione», una misura di contrasto alla povertà che elevi il livello di protezione delle persone e contrasti gli effetti negativi dell'incremento del tasso di disoccupazione;
   a promuovere un nuovo progetto europeo per i «Saperi», formazione, crescita e innovazione, adottando azioni specifiche tese a restituire centralità alla scuola pubblica nei Paesi dell'Unione, attraverso l'implementazione dei programmi volti all'innalzamento del livello di istruzione, formazione e integrazione degli immigrati; al sostegno della formazione professionale e terziaria; a far confluire nei percorsi di formazione e lavoro i destinatari di provvedimenti penali; a rafforzare le competenze civiche e sociali; a potenziare i servizi telematici offerti dalle istituzioni scolastiche e universitarie;
   a promuovere misure efficaci per attuare una politica fiscale comune e di contrasto all'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, sostenendo al contempo un piano di contrasto alla delocalizzazione fiscale delle imprese nei paesi extra UE, nella considerazione che le rendite finanziarie e i profitti delle grandi società multinazionali, ivi comprese quelle operanti nel marcato digitale, sono toccati solo marginalmente dalla fiscalità ed estrarre parte di questi immensi extraprofitti ai fini di redistribuzione e rafforzamento della domanda aggregata;
   a promuovere una iniziativa congiunta, anche attraverso forme di cooperazione rafforzata, per introdurre una legislazione comunitaria completa sull'esercizio dei poteri speciali da parte delle istituzioni europee a tutela delle tecnologie, delle capacità industriali e occupazionali dell'Unione europea, con particolare riferimento ai mercati internazionali e alla competizione operata dai Paesi caratterizzati da economie non di mercato e conseguentemente ad istituire una cabina di regia a livello europeo sulle industrie strategiche, anche a tutela di inappropriate forme di delocalizzazione del lavoro;
   al fine di assicurare maggiore coerenza, nell'ambito della strategia per il mercato unico digitale a valutare un richiamo espresso alla Direttiva 2002/21/CE – che fa parte del cosiddetto «pacchetto telecomunicazioni» – modificata dalla Direttiva 2009/140/CE – così da garantire le stesse garanzie procedurali e il rispetto del diritto alla privacy, inclusa un'efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo;
   a potenziare gli strumenti relativi alla portabilità dei contenuti digitali, garantendo parità di accesso e l'attivazione della portabilità al fornitore dei servizi;
   a investire maggiormente in efficienza energetica e fonti rinnovabili per garantire il rispetto dei target decisi con l'accordo di Parigi 2015 e per gli effetti positivi che detti investimenti comportano sulla maggiore sicurezza energetica e sulla minor dipendenza dall'estero;
   a tradurre quanto prima in legge le proposte della Commissione UE in materia di energie pulite e di efficienza energetica, in quanto decisive per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla COP 21;
   a definire una efficace politica industriale e nuovi modelli d'investimento a livello europeo che consentano di accelerare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili;
   a rimuovere gli ostacoli che frenano la decarbonizzazione, e ad avviare fin da subito un graduale ma rapido programma di azzeramento dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, dirottando le corrispondenti risorse liberatesi verso le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, programmi e progetti a basse emissioni e resilienti ai cambiamenti climatici, nonché per il sostegno alla «green economy»;
   ad attivarsi affinché tutti gli Stati membri adottino opportune forme di fiscalità ambientale che rivedano le imposte sull'energia e sull'uso delle risorse ambientali nella direzione della sostenibilità, anche valutando la possibilità di rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici in funzione del contenuto di carbonio, al fine di accelerare la conversione degli attuali sistemi energetici verso modelli a emissioni basse o nulle, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili;
   a concludere in tempi rapidi il processo di riforma del sistema di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra (sistema ETS);
   a mettere in atto tutte le iniziative volte a coinvolgere gli Stati Uniti nell'attuazione delle diverse strategie internazionali per la sensibile riduzione dei gas climalteranti e per uno sviluppo sostenibile;
   a proporre una riforma del «Regolamento di Dublino» ispirata al principio del diritto di asilo europeo e a sostenere la proposta di riforma della Commissione europea così come riformulata in sede di Parlamento europeo;
   a richiedere in sede di Consiglio europeo ulteriori iniziative urgenti e straordinarie per implementare rapidamente il programma di ricollocamento, ad oggi inapplicato da alcuni Stati membri, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza e l'assistenza delle persone in arrivo;
   a richiedere strumenti più efficaci nella lotta al terrorismo a partire dalla tempestiva e puntuale attuazione del monitoraggio, dello scambio di informazioni, dell'aggiornamento e del progressivo avvicinamento delle normative applicabili, ciò sia per finalità preventiva, sia sanzionatoria;
   a promuovere una modifica della direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, anche in relazione alla tracciabilità e marcatura delle armi da fuoco;
   a proporre una modifica della quarta direttiva antiriciclaggio tesa al contrasto dei nuovi mezzi di finanziamento del terrorismo e all'aumento della trasparenza ai fini della lotta contro il riciclaggio;
   quanto al monitoraggio del fenomeno dei foreign fighters nel rafforzare gli strumenti di controllo dei movimenti in entrate e in uscita delle frontiere estere dell'Ue, ad attuare, nel rispetto dei principi di proporzionalità e necessità, nonché di minimizzazione dei dati e limitazione delle finalità, la direttiva sul PNR e sul trasferimento dei dati connessi al codice di prenotazione, contestualmente all'istituzione dell'Unità di informazione passeggeri nazionale (UIP) per il trattamento dei dati raccolti;
   ferme restando le competenze prioritarie degli Stati membri in materia di ordine pubblico e sicurezza interna, a valutare le potenzialità di Europol per lo scambio di informazioni tra le autorità di polizia dei diversi Paesi e di Eurojust, nonché a valutare l'instaurazione di un rapporto diretto tra il Gruppo antiterrorismo (CTG) e il Centro europeo antiterrorismo istituito presso Europol;
   a promuovere iniziative finalizzate alla verifica dei contenuti immessi in rete, quali strumento di reclutamento utilizzato anche per reperire finanziamenti prima, durante e dopo ogni attacco terroristico, e al contrasto della propaganda terroristica all'incitamento all'odio on line bloccando la diffusione di contenuti che incitano alla violenza;
   come misura di prevenzione, a prevedere programmi di istruzione e sensibilizzazione dei giovani sui valori comuni dell'UE e sulla comprensione interculturale, nonché a valutare il finanziamento di programmi per il reinserimento deradicalizzazione dentro e fuori l'ambiente carcerario;
   a sostenere verifiche periodiche sullo stato dei diritti fondamentali nell'UE e miglioramento della cooperazione reciproca e l'impegno politico per la promozione della tolleranza e del rispetto – in particolare al fine di prevenire e combattere l'odio antisemita e anti-islamico – e la tutela dei diritti fondamentali, con consultazioni con la società civile e le parti interessate, nonché interlocuzioni con leader religiosi ed esponenti di organizzazioni non confessionali;
   a garantire il pieno rispetto e la promozione dei diritti fondamentali nell'adozione di misure di sicurezza, con particolare assistenza alle istituzioni dell'UE e agli Stati membri dell'UE a comprendere e affrontare le sfide poste dalla salvaguardia dei diritti fondamentali di tutti i cittadini dell'UE;
   a proseguire attivamente nell'azione di monitoraggio, nell'ambito delle periodiche e frequenti consultazioni con gli altri Stati membri dell'Unione europea, delle politiche di esportazione di materiali di armamento verso Paesi terzi, con particolare riferimento alle aree di crisi, nel rispetto delle determinazioni sia a livello europeo sia degli organismi internazionali;
   a continuare a promuovere la discussione sul tema della difesa europea, anche in una prospettiva di maggiore integrazione e alla luce del mutato panorama mondiale e delle nuove alleanze;
   ad adoperarsi per una svolta strategica che non si limiti all'enunciazione dei principi di una migliore regolamentazione ed una maggiore responsabilità e trasparenza delle istituzioni europee o all'applicazione dell'accordo inter istituzionale tra Consiglio e Parlamento cosiddetto «Legiferare meglio», ma che promuova iniziative per rafforzare il carattere democratico dei processi decisionali europei.
(6-00323) (Testo modificato nel corso della seduta) «Laforgia, Ferrara, Ricciatti, Murer, Leva, Matarrelli, Franco Bordo, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Fossati, Martelli, Melilla, Nicchi, Sannicandro, Stumpo, Zaratti, Zoggia».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5) e il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017 – Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende (COM(2016)710 final);
   preso atto della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica relativa alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A);
   premesso che:
    il Programma di lavoro della Commissione, il terzo del suo mandato, presentato il 25 ottobre 2016, si pone in una linea di continuità rispetto ai Programmi degli anni precedenti, ribadendo l'impegno a favore delle dieci priorità indicate negli orientamenti politici presentati dal presidente Juncker all'inizio del suo mandato, nel luglio 2014;
    le priorità per il 2017 si inscrivono in un contesto caratterizzato dalla perdurante crisi economica, finanziaria e occupazionale, a cui si è aggiunta una crisi migratoria, determinata dall'esodo di massa proveniente dai Paesi colpiti da gravi conflitti interni, e una crisi di sicurezza interna all'Europa conseguente ai ripetuti attacchi terroristici di matrice islamista;
    le sfide di carattere epocale che ne conseguono sono un banco di prova decisivo per l'Europa. Il futuro dell'Unione europea dipende dalla capacità che essa dimostrerà di dare risposte comuni e, soprattutto, concrete. Si misurerà proprio in questa contingenza anche la possibilità per l'Unione europea di tornare ad essere considerata dai cittadini come una risorsa e un'opportunità e non, come è stato in questi anni, un soggetto burocratico di vincoli e ostacoli;
    per questo è necessario sostenere con forza l'esigenza, espressa anche dalla Commissione Juncker nei suoi Programmi di lavoro, fin dal 2015, di produrre un cambio di passo, di cambiare le priorità e di adottare approcci e strumenti nuovi, in netta discontinuità politica rispetto al passato, che siano maggiormente idonei ad affrontare e risolvere le predette crisi e a mitigarne gli effetti negativi;
    nella fase in corso, è necessaria quindi una riflessione sul futuro del progetto europeo e sull'Unione europea, sul suo assetto istituzionale e sulla sua centralità rispetto al quadro regionale ed internazionale, segnato da crisi e instabilità;
    non va trascurato il vulnus rappresentato da Brexit, strettamente collegato all'impatto sull'opinione pubblica della carente risposta istituzionale da parte europea all'emergenza migratoria connessa ai grandi conflitti mediorientali, nonché ai nodi di carattere economico-finanziario, per promuovere crescita e occupazione;
    sul recesso britannico il nostro Paese dovrà agire in tutte le sedi competenti per ribadire il principio dell'indivisibilità delle libertà, avendo specifica cura e vigilanza sui diritti acquisiti dei nostri connazionali che risiedono, lavorano o studiano nel Regno Unito; i negoziati devono quindi essere condotti con l'obiettivo di garantire stabilità del diritto e ridurre al minimo i disagi nonché fornire una visione chiara del futuro per i cittadini e le persone giuridiche;
    d'altra parte, è necessaria una riflessione ponderata e costruttiva sulle origini e la portata di Brexit, affrontando le ragioni profonde del fenomeno populista e antieuropeo; in particolare, è fondamentale analizzare se vi siano Paesi più esposti di altri ad un eventuale, e temuto, «effetto domino» determinato dal referendum del Regno Unito, e, soprattutto, se vi sia la necessità di condividere ed approvare cambiamenti sostanziali, per non ipotecare definitivamente il futuro dell'Unione, valutando se, e in quali termini, la volontà di allargamento e il processo legislativo dell'UE possano in alcuni specifici settori determinare effetti sociali ed economici negativi che non rispondono ai principi di ragionevolezza, sicurezza, equità, trasparenza, utilità, crescita e benessere diffuso;
    a sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono infatti molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali paesi dell'eurozona;
    in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è infatti voluto procedere con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza; è quindi necessario un decisivo cambio di passo, e l'Italia ha il compito storico di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori;
    d'altra parte, accanto a Brexit e al fenomeno antieuropeo, non può essere trascurata la vittoria di Emmanuel Macron, nuovo presidente francese, che, con una campagna pro-Europa, ha posto al centro il rilancio dell'Unione, offrendo nuovo vigore alla speranza di restaurare la fiducia nelle istituzioni europee;
    sul tema dell'immigrazione, è improcrastinabile un intervento incisivo da parte delle istituzioni europee e degli Stati membri dell'UE, in un esercizio di responsabilità e di solidarietà, operando davvero per una riforma del Regolamento di Dublino III, elaborando un pacchetto sulla migrazione legale, e un piano di investimenti rivolti ai Paesi di origine e transito e dando corretta attuazione alle decisioni già assunte in passato in tema di riallocazione dei migranti e dei profughi, secondo quote proporzionate alla popolazione dei singoli Stati membri. Su questo tema è di tutta evidenza che l'Europa ha fallito. È noto infatti come siamo ancora lontanissimi dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato: lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo, lo ammette lo stesso Governo italiano, lo dicono soprattutto i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è necessario poi che l'Italia svolga un ruolo propulsivo, per un proficuo dibattito in merito all'applicazione delle regole europee in materia di flessibilità di bilancio, per favorire la crescita, promuovendo investimenti pubblici e privati e iniziative per l'occupazione giovanile,

impegna il Governo:

   sul fronte del finanziamento delle politiche europee, ad adottare ogni iniziativa volta ad implementare le troppo esigue risorse destinate a politiche assolutamente prioritarie per il presente e il futuro dell'Europa, quali l'immigrazione, la disoccupazione, soprattutto giovanile, gli investimenti pubblici, la mobilità, la sicurezza e la formazione dei giovani;
   a promuovere in seno all'Unione europea un confronto immediato e molto concreto, salvaguardando gli interessi dell'Italia, ed evitando di accettare posizioni non discusse in Parlamento, e a farsi portavoce della necessità di portare avanti un'ampia riflessione sul futuro dell'Unione europea, di analizzare le riserve, le critiche e le perplessità che continuano ad essere espresse sull'Unione Europea, in particolare sulla sua capacità di offrire risposte tangibili, efficaci e risolutrici alle problematiche sociali ed economiche dell'Unione e sullo scarso e indiretto coinvolgimento dei cittadini nelle scelte europee;
   a stimolare la riflessione delle istituzioni europee, al fine di promuovere iniziative volte a cambiare politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale, partendo da interventi tesi ad implementare un grande piano di investimenti, un New deal europeo, nonché accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea (cosiddetti «Contractual agreements») per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme, volte a favorire competitività del «sistema Paese», non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/pil ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/pil;
   ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta a stimolare la Germania alla reflazione, finalizzata a ridurre il suo eccessivo surplus della bilancia commerciale che danneggia tutti gli altri paesi dell'eurozona e provoca squilibri troppo ampi tra i paesi;
   ad adottare ogni iniziativa volta a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione europea e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
   a promuovere, in seno all'UE, la legittimità democratica del processo decisionale europeo, favorendo un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ed evitando il rischio che il complesso delle norme sulla riforma della better regulation, possa andare a detrimento dei valori profondi dell'assetto democratico e, primariamente, delle funzioni delle istituzioni rappresentative parlamentari;
   tenuto conto del crescente fenomeno dei flussi migratori e del fatto che lo stesso ha pesato sensibilmente sull'esito del referendum del Regno Unito:
    a) ad adottare ogni iniziativa volta a garantire le frontiere esterne dell'Unione europea; a sostenere il rafforzamento dell'Agenzia per le frontiere europee per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) e l'istituzione di un sistema di guardia di frontiera e costiera europea, in modo da assicurare una gestione forte e condivisa delle frontiere esterne dell'Unione europea e proteggere lo spazio Schengen dalle minacce esterne, sostenendo le specificità nazionali e apportando possibili soluzioni alle criticità emerse nell'esperienza maturata dalle forze di polizia italiane;
    b) a farsi portavoce del problema legato alla gestione dei flussi, al fine di applicare strategie che dimostrino di contenere un punto di equilibrio tra principio di accoglienza e necessità di garantire la sicurezza interna (ordine e salute pubblica), cioè la nostra e quella dei Paesi che costituiscono l'Unione europea;
    c) a presentare richieste al Consiglio europeo finalizzate alla elaborazione di nuovi programmi tesi alla prosecuzione nel supporto agli Stati che si trovano in prima linea;
    d) ad adoperarsi, nelle sedi competenti, per una concreta ed effettiva attuazione dei doveri di responsabilità, di solidarietà, di leale collaborazione e di fiducia reciproca nella gestione dell'emergenza dei flussi migratori che sta interessando l'Unione europea e per lo sviluppo di una strategia complessiva e organica nella gestione del fenomeno;
    e) a sostenere con determinazione il progetto di riforma del cosiddetto «sistema Dublino» (regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013) allo scopo di ottenere una più equa distribuzione tra gli Stati membri dei richiedenti protezione internazionale, definendo in modo condiviso e sostenibile le procedure di ricollocazione e quelle di rimpatrio, e ribadendo l'esigenza di superare il principio della responsabilità dello Stato membro di primo ingresso sulla trattazione delle domande d'asilo e addivenire a un vero sistema d'asilo comune europeo in attuazione degli articoli 78 e 79 del TFUE;
   ad intervenire in tutte le sedi europee, assumendo ogni opportuna iniziativa volta al ritorno all'impianto originale del trattato di Maastricht e alla sospensione di tutte le modifiche intervenute successivamente, in primis il Fiscal Compact, attraverso strumenti legislativi inadeguati e, per alcuni versi, di dubbia legittimità, che hanno squilibrato il sistema europeo;
   a promuovere in ambito UE, per ciò che attiene alla normativa in materia di etichettatura a tutela dei consumatori, l'obbligo di fornire tutte le informazioni utili a una valutazione degli aspetti qualitativi del prodotto, anche con puntuali indicazioni di tracciabilità, soprattutto nell'ottica della tutela della salute, e al fine della salvaguardia delle produzioni nazionali di eccellenza;
   ad adottare ogni iniziativa volta a modernizzare i mercati occupazionali attraverso una rivisitazione delle competenze, promuovendo gli investimenti nel capitale umano durante tutto l'arco della vita al fine di sostenere lo sviluppo delle qualifiche in modo da aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, conciliando meglio l'offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori e sostenendo in generale le politiche attive del lavoro;
   ad investire nel capitale umano, promuovendo, con il pieno coinvolgimento delle regioni, lo sviluppo di una formazione basata sulla partnership tra scuola e imprese, in grado di contrastare la disoccupazione giovanile e favorire l'inserimento nel mondo del lavoro;
   a promuovere, in considerazione degli effetti degli interventi sinora realizzati per il tramite dell'applicazione dei princìpi di cui alla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (cosiddetta direttiva sul bail-in), un attento monitoraggio dell'impatto a livello nazionale e comunitario delle iniziative legislative e regolamentari assunte in sede europea, anche al fine di sospenderla o comunque proporne i necessari correttivi, e a predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha percezione che il sacrificio di azionisti e creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità dell'intero sistema;
   a rivedere la disciplina europea sugli aiuti di Stato, superando l'attuale restrittiva interpretazione della Commissione europea del concetto di «aiuti», in particolare distinguendo tra interventi pubblici a favore di banche non in crisi, per le quali l'intervento dello Stato sarebbe ingiustificato e distorsivo del principio di libera concorrenza, e interventi pubblici conseguenti a «fallimenti del mercato» per cui lo Stato interviene solo in casi di reale emergenza, quando la stabilità del sistema viene seriamente minata;
   ad adoperarsi affinché il processo di rafforzamento del mercato unico dei capitali si accompagni alla garanzia di una sempre maggiore trasparenza degli operatori, al fine di assicurare ai risparmiatori una tutela adeguata ed efficace;
   a disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari, in quanto è necessaria, in una unione monetaria, quale è l'Eurozona, la condivisione dei rischi e tutto quanto ne consegue, in termini di sacrifici richiesti ai governi e ai cittadini, non può che procedere di pari passo con la condivisione delle garanzie che quei rischi stessi servono a coprire, anche per far fronte a episodi di «panico finanziario»;
   con riferimento alla crescita economica, al lavoro e alle imprese, specialmente quelle di piccola e di media dimensione, dove l'incidenza delle aziende finanziariamente fragili è aumentata anche per le difficili condizioni di accesso al credito, ad adottare misure comuni volte a vigilare affinché i finanziamenti della Banca Centrale Europea alle banche con sede legale e amministrazione centrale nei singoli Stati membri siano prioritariamente destinati al credito per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, e a perseguire un più marcato cammino verso l'armonizzazione, la semplificazione e ove necessario la deregolamentazione e delegificazione delle normative europee spesso ridondanti e inutili, e in conseguenza di ciò una conseguente semplificazione delle normative interne degli Stati membri;
   ad intensificare l'azione di coordinamento per la predisposizione di linee guida per l'attuazione uniforme della disciplina sugli aiuti di Stato in alcuni settori, tra i quali quello delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di consentire un più agevole e ampio utilizzo dei relativi fondi pubblici, pur nel rispetto delle regole dell'Unione europea, anche valorizzando la possibilità di favorire regioni italiane svantaggiate come quelle del Mezzogiorno, alla stregua di analoghe regioni di altri Stati membri;
   a favorire un migliore coordinamento a livello europeo nella lotta al terrorismo, in particolare promuovendo una più stretta cooperazione e comunicazione tra i servizi di intelligence nazionali, e a potenziare a livello europeo le attività di ricerca e sviluppo nel settore della cyber-sicurezza, con particolare riferimento alle tecnologie di informazione e comunicazione, agli standard di sicurezza e ai regimi di certificazione, favorendo ogni iniziativa volta a sostenerne il finanziamento attraverso le risorse dell'Unione europea;
   con riferimento alla politica estera (PESC) e di difesa (PSDC) comune, ad adoperarsi, nelle competenti sedi, affinché nella nuova strategia globale in materia di politica estera e di sicurezza, sia dato rilevo centrale all'assetto geopolitico dell'area mediterranea, caratterizzata da forte instabilità e fonte di gravi minacce per la sicurezza dell'Unione; analogamente, ad adoperarsi affinché l'Unione europea operi un deciso spostamento del suo asse prioritario di attenzione verso l'area del Mediterraneo, in termini di cooperazione sia politica che economica, con particolare riferimento alla stabilizzazione della Libia, a garantire un ruolo primario all'Unione europea nell'ambito delle iniziative che verranno assunte, in particolare per il sostegno alla ricostruzione delle istituzioni militari e civili e del tessuto sociale e politico del Paese;
   ad assicurare, nel rispetto del diritto internazionale, la tempestiva attivazione delle ulteriori fasi operative della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA;
   ad adoperarsi nelle sedi europee per assicurare la partecipazione attiva e propulsiva dell'Italia al processo di integrazione in materia di difesa, e a sostenere e sviluppare la politica di sicurezza e di difesa comune.
(6-00324) «Occhiuto, Elvira Savino».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5) e il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017 – Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende (COM(2016)710 final);
   preso atto della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica relativa alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2017 (Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A);
   premesso che:
    il Programma di lavoro della Commissione, il terzo del suo mandato, presentato il 25 ottobre 2016, si pone in una linea di continuità rispetto ai Programmi degli anni precedenti, ribadendo l'impegno a favore delle dieci priorità indicate negli orientamenti politici presentati dal presidente Juncker all'inizio del suo mandato, nel luglio 2014;
    le priorità per il 2017 si inscrivono in un contesto caratterizzato dalla perdurante crisi economica, finanziaria e occupazionale, a cui si è aggiunta una crisi migratoria, determinata dall'esodo di massa proveniente dai Paesi colpiti da gravi conflitti interni, e una crisi di sicurezza interna all'Europa conseguente ai ripetuti attacchi terroristici di matrice islamista;
    le sfide di carattere epocale che ne conseguono sono un banco di prova decisivo per l'Europa. Il futuro dell'Unione europea dipende dalla capacità che essa dimostrerà di dare risposte comuni e, soprattutto, concrete. Si misurerà proprio in questa contingenza anche la possibilità per l'Unione europea di tornare ad essere considerata dai cittadini come una risorsa e un'opportunità e non, come è stato in questi anni, un soggetto burocratico di vincoli e ostacoli;
    per questo è necessario sostenere con forza l'esigenza, espressa anche dalla Commissione Juncker nei suoi Programmi di lavoro, fin dal 2015, di produrre un cambio di passo, di cambiare le priorità e di adottare approcci e strumenti nuovi, in netta discontinuità politica rispetto al passato, che siano maggiormente idonei ad affrontare e risolvere le predette crisi e a mitigarne gli effetti negativi;
    nella fase in corso, è necessaria quindi una riflessione sul futuro del progetto europeo e sull'Unione europea, sul suo assetto istituzionale e sulla sua centralità rispetto al quadro regionale ed internazionale, segnato da crisi e instabilità;
    non va trascurato il vulnus rappresentato da Brexit, strettamente collegato all'impatto sull'opinione pubblica della carente risposta istituzionale da parte europea all'emergenza migratoria connessa ai grandi conflitti mediorientali, nonché ai nodi di carattere economico-finanziario, per promuovere crescita e occupazione;
    sul recesso britannico il nostro Paese dovrà agire in tutte le sedi competenti per ribadire il principio dell'indivisibilità delle libertà, avendo specifica cura e vigilanza sui diritti acquisiti dei nostri connazionali che risiedono, lavorano o studiano nel Regno Unito; i negoziati devono quindi essere condotti con l'obiettivo di garantire stabilità del diritto e ridurre al minimo i disagi nonché fornire una visione chiara del futuro per i cittadini e le persone giuridiche;
    d'altra parte, è necessaria una riflessione ponderata e costruttiva sulle origini e la portata di Brexit, affrontando le ragioni profonde del fenomeno populista e antieuropeo; in particolare, è fondamentale analizzare se vi siano Paesi più esposti di altri ad un eventuale, e temuto, «effetto domino» determinato dal referendum del Regno Unito, e, soprattutto, se vi sia la necessità di condividere ed approvare cambiamenti sostanziali, per non ipotecare definitivamente il futuro dell'Unione, valutando se, e in quali termini, la volontà di allargamento e il processo legislativo dell'UE possano in alcuni specifici settori determinare effetti sociali ed economici negativi che non rispondono ai principi di ragionevolezza, sicurezza, equità, trasparenza, utilità, crescita e benessere diffuso;
    a sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono infatti molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali paesi dell'eurozona;
    in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è infatti voluto procedere con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza; è quindi necessario un decisivo cambio di passo, e l'Italia ha il compito storico di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori;
    d'altra parte, accanto a Brexit e al fenomeno antieuropeo, non può essere trascurata la vittoria di Emmanuel Macron, nuovo presidente francese, che, con una campagna pro-Europa, ha posto al centro il rilancio dell'Unione, offrendo nuovo vigore alla speranza di restaurare la fiducia nelle istituzioni europee;
    sul tema dell'immigrazione, è improcrastinabile un intervento incisivo da parte delle istituzioni europee e degli Stati membri dell'UE, in un esercizio di responsabilità e di solidarietà, operando davvero per una riforma del Regolamento di Dublino III, elaborando un pacchetto sulla migrazione legale, e un piano di investimenti rivolti ai Paesi di origine e transito e dando corretta attuazione alle decisioni già assunte in passato in tema di riallocazione dei migranti e dei profughi, secondo quote proporzionate alla popolazione dei singoli Stati membri. Su questo tema è di tutta evidenza che l'Europa ha fallito. È noto infatti come siamo ancora lontanissimi dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato: lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo, lo ammette lo stesso Governo italiano, lo dicono soprattutto i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è necessario poi che l'Italia svolga un ruolo propulsivo, per un proficuo dibattito in merito all'applicazione delle regole europee in materia di flessibilità di bilancio, per favorire la crescita, promuovendo investimenti pubblici e privati e iniziative per l'occupazione giovanile,

impegna il Governo:

   sul fronte del finanziamento delle politiche europee, ad adottare ogni iniziativa volta ad implementare le troppo esigue risorse destinate a politiche assolutamente prioritarie per il presente e il futuro dell'Europa, quali l'immigrazione, la disoccupazione, soprattutto giovanile, gli investimenti pubblici, la mobilità, la sicurezza e la formazione dei giovani;
   a promuovere in seno all'Unione europea un confronto immediato e molto concreto, salvaguardando gli interessi dell'Italia, in linea con gli indirizzi forniti dal Parlamento, e a farsi portavoce della necessità di portare avanti un'ampia riflessione sul futuro dell'Unione europea, di analizzare le riserve, le critiche e le perplessità che continuano ad essere espresse sull'Unione Europea, in particolare sulla sua capacità di offrire risposte tangibili, efficaci e risolutrici alle problematiche sociali ed economiche dell'Unione e sullo scarso e indiretto coinvolgimento dei cittadini nelle scelte europee;
   a stimolare la riflessione delle istituzioni europee, al fine di promuovere iniziative volte a cambiare politiche dimostratesi insoddisfacenti in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale, partendo da interventi tesi ad implementare un grande piano di investimenti, un New deal europeo, nonché nuove regole in base alle quali le risorse necessarie per l'avvio di riforme, volte a favorire competitività del «sistema Paese», non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/pil ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/pil;
   ad adottare ogni iniziativa volta a correggere gli squilibri macroeconomici a livello europeo, anche sul lato dell'eccessivo surplus della bilancia commerciale, incoraggiando la Germania ad accrescere la propria domanda interna;
   ad adottare ogni iniziativa volta a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione europea e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
   a promuovere, in seno all'UE, la legittimità democratica del processo decisionale europeo, favorendo un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali ed evitando il rischio che il complesso delle norme sulla riforma della better regulation, possa andare a detrimento dei valori profondi dell'assetto democratico e, primariamente, delle funzioni delle istituzioni rappresentative parlamentari;
   tenuto conto del crescente fenomeno dei flussi migratori e del fatto che lo stesso ha pesato sensibilmente sull'esito del referendum del Regno Unito:
    a) ad adottare ogni iniziativa volta a garantire le frontiere esterne dell'Unione europea; a sostenere il rafforzamento dell'Agenzia per le frontiere europee per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) e l'istituzione di un sistema di guardia di frontiera e costiera europea, in modo da assicurare una gestione forte e condivisa delle frontiere esterne dell'Unione europea e proteggere lo spazio Schengen dalle minacce esterne, sostenendo le specificità nazionali e apportando possibili soluzioni alle criticità emerse nell'esperienza maturata dalle forze di polizia italiane;
    b) a farsi portavoce del problema legato alla gestione dei flussi, al fine di applicare strategie che dimostrino di contenere un punto di equilibrio tra principio di accoglienza e necessità di garantire la sicurezza interna (ordine e salute pubblica), cioè la nostra e quella dei Paesi che costituiscono l'Unione europea;
    c) a presentare richieste al Consiglio europeo finalizzate alla elaborazione di nuovi programmi tesi alla prosecuzione nel supporto agli Stati che si trovano in prima linea;
    d) ad adoperarsi, nelle sedi competenti, per una concreta ed effettiva attuazione dei doveri di responsabilità, di solidarietà, di leale collaborazione e di fiducia reciproca nella gestione dell'emergenza dei flussi migratori che sta interessando l'Unione europea e per lo sviluppo di una strategia complessiva e organica nella gestione del fenomeno;
    e) a sostenere con determinazione il progetto di riforma del cosiddetto «sistema Dublino» (regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013) allo scopo di ottenere una più equa distribuzione tra gli Stati membri dei richiedenti protezione internazionale, definendo in modo condiviso e sostenibile le procedure di ricollocazione e quelle di rimpatrio, e ribadendo l'esigenza di superare il principio della responsabilità dello Stato membro di primo ingresso sulla trattazione delle domande d'asilo e addivenire a un vero sistema d'asilo comune europeo in attuazione degli articoli 78 e 79 del TFUE;
   ad intervenire in tutte le sedi europee, assumendo ogni opportuna iniziativa volta al ritorno all'impianto originale del trattato di Maastricht e alla sospensione di tutte le modifiche intervenute successivamente, in primis il Fiscal Compact, attraverso strumenti legislativi inadeguati e, per alcuni versi, di dubbia legittimità, che hanno squilibrato il sistema europeo;
   a promuovere in ambito UE, per ciò che attiene alla normativa in materia di etichettatura a tutela dei consumatori, l'obbligo di fornire tutte le informazioni utili a una valutazione degli aspetti qualitativi del prodotto, anche con puntuali indicazioni di tracciabilità, soprattutto nell'ottica della tutela della salute, e al fine della salvaguardia delle produzioni nazionali di eccellenza nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia e degli impegni assunti nell'Organizzazione mondiale del commercio;
   ad adottare ogni iniziativa volta a modernizzare i mercati occupazionali attraverso una rivisitazione delle competenze, promuovendo gli investimenti nel capitale umano durante tutto l'arco della vita al fine di sostenere lo sviluppo delle qualifiche in modo da aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, conciliando meglio l'offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori e sostenendo in generale le politiche attive del lavoro;
   ad investire nel capitale umano, promuovendo, con il pieno coinvolgimento delle regioni, lo sviluppo di una formazione basata sulla partnership tra scuola e imprese, in grado di contrastare la disoccupazione giovanile e favorire l'inserimento nel mondo del lavoro;
   a promuovere, in considerazione degli effetti degli interventi sinora realizzati per il tramite dell'applicazione dei princìpi di cui alla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (cosiddetta direttiva sul bail-in), un attento monitoraggio dell'impatto a livello nazionale e comunitario delle iniziative legislative e regolamentari assunte in sede europea, anche al fine di sospenderla o comunque proporne i necessari correttivi, e a predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha percezione che il sacrificio di azionisti e creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità dell'intero sistema;
   a valutare la possibilità di promuovere la revisione della disciplina europea sugli aiuti di Stato, superando l'attuale restrittiva interpretazione della Commissione europea del concetto di «aiuti», in particolare distinguendo tra interventi pubblici a favore di banche non in crisi, per le quali l'intervento dello Stato sarebbe ingiustificato e distorsivo del principio di libera concorrenza, e interventi pubblici conseguenti a «fallimenti del mercato» per cui lo Stato interviene solo in casi di reale emergenza, quando la stabilità del sistema viene seriamente minata;
   ad adoperarsi affinché il processo di rafforzamento del mercato unico dei capitali si accompagni alla garanzia di una sempre maggiore trasparenza degli operatori, al fine di assicurare ai risparmiatori una tutela adeguata ed efficace;
   a disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari, in quanto è necessaria, in una unione monetaria, quale è l'Eurozona, la condivisione dei rischi e tutto quanto ne consegue, in termini di sacrifici richiesti ai governi e ai cittadini, non può che procedere di pari passo con la condivisione delle garanzie che quei rischi stessi servono a coprire, anche per far fronte a episodi di «panico finanziario»;
   con riferimento alla crescita economica, al lavoro e alle imprese, specialmente quelle di piccola e di media dimensione, dove l'incidenza delle aziende finanziariamente fragili è aumentata anche per le difficili condizioni di accesso al credito, ad adottare misure comuni volte a vigilare affinché i finanziamenti della Banca Centrale Europea alle banche con sede legale e amministrazione centrale nei singoli Stati membri siano prioritariamente destinati al credito per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, e a perseguire un più marcato cammino verso l'armonizzazione, la semplificazione e ove necessario la deregolamentazione e delegificazione delle normative europee spesso ridondanti e inutili, e in conseguenza di ciò una conseguente semplificazione delle normative interne degli Stati membri;
   a contribuire attivamente alla predisposizione di linee guida per l'attuazione uniforme della disciplina sugli aiuti di Stato in alcuni settori, tra i quali quello delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di consentire un più agevole e ampio utilizzo dei relativi fondi pubblici, pur nel rispetto delle regole dell'Unione europea, anche valorizzando la possibilità di favorire regioni italiane svantaggiate come quelle del Mezzogiorno, alla stregua di analoghe regioni di altri Stati membri;
   a favorire un migliore coordinamento a livello europeo nella lotta al terrorismo, in particolare promuovendo una più stretta cooperazione e comunicazione tra i servizi di intelligence nazionali, e a potenziare a livello europeo le attività di ricerca e sviluppo nel settore della cyber-sicurezza, con particolare riferimento alle tecnologie di informazione e comunicazione, agli standard di sicurezza e ai regimi di certificazione, favorendo ogni iniziativa volta a sostenerne il finanziamento attraverso le risorse dell'Unione europea;
   con riferimento alla politica estera (PESC) e di difesa (PSDC) comune, ad adoperarsi, nelle competenti sedi, affinché nella nuova strategia globale in materia di politica estera e di sicurezza, sia dato rilevo centrale all'assetto geopolitico dell'area mediterranea, caratterizzata da forte instabilità e fonte di gravi minacce per la sicurezza dell'Unione; analogamente, a continuare ad adoperarsi per un ruolo attivo dell'Unione europea, anche nelle sue connessioni con la fascia subsahariana, nella stabilizzazione della Libia, in particolare per il sostegno alla ricostruzione delle istituzioni militari e civili e del tessuto sociale e politico del Paese;
   a continuare ad adoperarsi per la tempestiva attivazione delle ulteriori fasi operative della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA, nel rispetto del diritto internazionale;
   ad adoperarsi nelle sedi europee per assicurare la partecipazione attiva e propulsiva dell'Italia al processo di integrazione in materia di difesa, e a sostenere e sviluppare la politica di sicurezza e di difesa comune.
(6-00324) (Testo modificato nel corso della seduta) «Occhiuto, Elvira Savino».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative di competenza in merito all'istituto dell'affidamento in prova ai servizi sociali, in relazione al caso di Remi Nikolic – 3-03160

   MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a gennaio del 2012 Remi Nikolic, all'epoca dei fatti minorenne, a bordo di una vettura di grossa cilindrata (suv) aveva travolto e brutalmente ammazzato l'agente di polizia locale di Milano Niccolò Savarino;
   per questi fatti Remi Nikolic di etnia rom, scappato nell'immediatezza dei fatti con una rocambolesca fuga in Ungheria dove è poi stato arrestato, è stato condannato per omicidio volontario alla pena della reclusione di anni 9 e mesi 8;
   già in primo grado i giudici avevano riconosciuto all'imputato le attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti, condannandolo a 15 anni, rispetto ai 26 anni di reclusione chiesti dal pubblico ministero, sulla base del «contesto di vita famigliare» nel quale il ragazzo «è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento»; in secondo grado poi al ragazzo è stato comminato il minimo della pena prevista in un dibattimento per un caso di omicidio volontario commesso da un minore;
   purtroppo oggi si assiste, nuovamente, a quella che appare agli interroganti la solita denegata giustizia, che ha visto i Governi e le connesse maggioranze dal 2013 inanellare una serie di provvedimenti secondo gli interroganti «salva delinquenti» o «svuota carceri», che hanno alimentato nell'opinione pubblica la convinzione che le vittime del reato non sono assolutamente tutelate, e questo non è che uno degli ultimi episodi in ordine di tempo;
   la decisione, nel caso specifico del tribunale per i minorenni di Milano, di concedere solo dopo 5 anni e sei mesi di reclusione presso l'istituto penale per minorenni «Cesare Beccaria» di Milano l'affidamento in prova ai servizi sociali di Remi Nikolic, infatti, lascia attoniti e suscita lo sdegno dei familiari di Savarino, che hanno commentato «siamo schifati, noi aspettiamo ancora il risarcimento»;
   è evidente che una simile decisione, se, da un lato, lascia l'opinione pubblica sbigottita nonché tutti i firmatari della presente interrogazione, ritenendo «sconcertante» che Remi Nikolic sia «libero» con tutto questo anticipo rispetto alla data di fine della pena, dall'altro lato, pone dei seri dubbi di «tenuta del sistema democratico» anche presso le stesse autorità –
   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali interventi ed iniziative di competenza intenda adottare, anche di natura emergenziale, al fine di evitare che casi similari possano ripetersi nel futuro, nonché, fermo restando il rispetto delle attribuzioni costituzionali, in relazione all'operato del tribunale per i minorenni di Milano nel caso di Remi Nikolic. (3-03160)


Iniziative volte a garantire adeguati mezzi e risorse al Corpo nazionale dei vigili del fuoco – 3-03161

   LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, MARTELLI, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, LACQUANITI, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZARATTI e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Fp Cgil ha evidenziato che, secondo uno studio elaborato dai dirigenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, servirebbero quarantamila vigili del fuoco per assicurare tempi di intervento utile ai cittadini. Sono molto meno di trentamila, invece, gli addetti in servizio operativo;
   le innumerevoli emergenze che hanno scosso il nostro Paese in questi ultimi 12 mesi e, da ultima, l'emergenza incendi che ha letteralmente devastato gran parte del territorio nazionale sembravano aver spinto il Governo verso un deciso investimento, tanto che era stato promesso un primo aumento di organico per portare a 33.000 il numero dei vigili operativi, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato;
   di fatto ai vigili del fuoco sono state assegnate competenze in materia di incendi boschivi, che erano prima svolte dal Corpo forestale dello Stato. Nonostante ciò, solo 300 forestali circa sono entrati a far parte dei vigili del fuoco, mentre i rimanenti 8.000, unitamente a quasi tutti i mezzi antincendio, sono stati trasferiti all'Arma dei carabinieri che non si occupa di estinzione di incendi;
   proprio nel pieno delle ennesime emergenze, mentre il Paese brucia, il Governo sembrerebbe deciso a tagliare le risorse ripetutamente promesse;
   anche i sindacati dei vigili del fuoco, Fns Cisl e Uil Pa vigili del fuoco, hanno pubblicato una nota unitaria di protesta in relazione ai fondi stanziati per assunzioni extra di personale a tempo indeterminato nell'anno 2017;
   dopo la soppressione del Corpo forestale dello Stato, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si ritrova con le competenze «AIB» in più, ma con uomini e mezzi in meno ed esigenze in termini di risorse umane reali e tangibili;
   un possibile rischio in ordine alla piena funzionalità del Corpo nazionale trova riscontro anche nel fatto che il Ministro interrogato aveva rappresentato al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione la necessità di destinare al piano delle assunzioni straordinarie per i vigili del fuoco almeno 23.000.000 di euro a regime –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa al fine di impedire che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco veda, come denunziato dalle organizzazioni sindacali, definitivamente minata la propria funzionalità a causa della limitazione dei fondi stanziati in favore del soccorso pubblico, in un momento storico particolarmente drammatico come quello che si sta vivendo sul fronte delle emergenze. (3-03161)


Iniziative di competenza volte alla corretta interpretazione del «regolamento di Dublino» nell'ipotesi di soccorso in mare di migranti effettuato da navi battenti bandiera di uno Stato estero – 3-03162

   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è noto che le navi che partecipano alle operazioni di salvataggio nel Mar Mediterraneo portano i naufraghi nel porto italiano più vicino;
   una volta sbarcati, ai profughi si applica il «regolamento di Dublino» e l'Italia diventa responsabile per tutte le loro pratiche di asilo, assistenza o rimpatrio;
   è utile ricordare che il principio generale alla base del «regolamento Dublino III» (lo stesso della vecchia Convenzione di Dublino del 1990 e di «Dublino II») è che ogni domanda di asilo deve essere esaminata da un solo Stato membro e la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale ricade in primis sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all'ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri;
   tuttavia, il diritto della navigazione, in particolare la Convenzione di Montego Bay del 1962, prevede che, durante la navigazione in acque internazionali, una data nave sia soggetta alle legge dello Stato di cui batte la bandiera;
   la citata Convenzione, infatti, al comma 1 dell'articolo 92 afferma chiaramente: «Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva»;
   viceversa, se la nave si trova nelle acque territoriali di una nazione, si applica la legge di questa, mentre non è rilevante la cittadinanza dell'equipaggio o dei passeggeri;
   stando a quanto sopra esposto, il primo «suolo» su cui i profughi sbarcano non è dunque necessariamente quello italiano, ma quello rappresentato dalla bandiera della nave da cui sono stati raccolti;
   è fin troppo noto che altri Stati dell'Unione europea impediscono alle navi che raccolgono i profughi di attraccare nei propri porti per sbarcarli. È evidente, dunque, che lo Stato italiano potrebbe fare altrettanto per le navi battenti bandiera di altri Paesi;
   appare, quindi, plausibile affermare, a parere dell'interrogante, che il «regolamento di Dublino» non venga sempre correttamente applicato, dato che spesso il primo territorio dell'Unione europea su cui il profugo poggia il piede non è quello italiano, ma quello dello Stato corrispondente alla bandiera battuta dalla nave che l'ha raccolto –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per una corretta interpretazione del «regolamento di Dublino», tale che sia in armonia con le norme del diritto della navigazione e, in particolare, con la Convenzione di Montego Bay. (3-03162)


Iniziative volte a incrementare le risorse a favore dei vigili del fuoco, con particolare riferimento alla flotta dei mezzi antincendio, nell'ambito dell'attuazione della riforma della pubblica amministrazione – 3-03163

   MARCON, AIRAUDO, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO, PELLEGRINO e PLACIDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tra giugno e luglio 2017 l'Italia è stata percorsa da incendi che hanno interessato 26.000 ettari di superfici boschive, il 94 per cento del totale delle superfici bruciate nel 2016, concentrate soprattutto in Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Puglia (dossier Legambiente);
   la vastità delle conseguenze degli incendi appare agli interroganti direttamente riconducibile alla «riforma Madia» della pubblica amministrazione che ha soppresso, sciaguratamente, il Corpo forestale dello Stato, indebolendo il presidio di prevenzione sul territorio;
   gli 8 mila forestali sono stati malamente ridistribuiti tra vigili del fuoco (360), pubblica amministrazione (circa 1.240), Arma dei carabinieri (6.400), attribuendo però ai vigili del fuoco le attività di contrasto degli incendi e il coordinamento degli spegnimenti, che prima erano assegnate al Corpo forestale dello Stato;
   in più, la «riforma Madia» sconta ritardi nell'approvazione dei decreti attuativi per il passaggio di competenze, personale e mezzi dell'ex Corpo forestale dello Stato, impedendo così di garantire su tutto il territorio gli interventi nelle situazioni di emergenza e per le attività di prevenzione;
   in particolare questo incide sui vigili del fuoco – finora dislocati soprattutto nei centri urbani e con pochi distaccamenti nelle aree montane – che senza adeguati strumenti e risorse non possono fronteggiare al meglio le accresciute responsabilità;
   in particolare, un cortocircuito è sorto col passaggio di proprietà dei mezzi del Corpo forestale dello Stato, che fino al 2016 erano a disposizione dello Stato: una flotta di 32 elicotteri, di cui 30 in grado di intervenire negli incendi. Questi nel 2017 sono transitati all'Arma dei carabinieri, che ne hanno destinati 13 per altre finalità, quindi non operano più in caso d'incendi: 5 dei 18 Ab412 e tutti gli 8 nh500;
   dei 17 mezzi aerei assegnati ai vigili del fuoco per lo spegnimento incendi, sembrerebbe ne siano stati impiegati solo 7 in questi giorni. Si tratta dei 4 S-64, enormi «gru volanti» in grado di sganciare fino a 9 mila litri per volta, e di 3 Ab412;
   la flotta italiana conta anche su 16 Canadair, dislocati su 14 diverse basi sul territorio nazionale;
   la flotta aerea antincendio dello Stato risulta quindi maldistribuita tra i Corpi, ridotta e insufficiente a fronteggiare vasti incendi in più regioni, come in questi giorni. Basterebbe dismettere l'acquisto di inutili aerei da guerra F35 per incrementare la flotta anti-incendio –:
   se non ritenga urgente procedere alla completa attuazione della riforma della pubblica amministrazione, recuperando le risorse per incrementare la flotta dei mezzi antincendio e le maggiori risorse da trasferire ai vigili del fuoco. (3-03163)


Elementi ed iniziative in merito ad accordi sottoscritti in sede europea in materia di sbarchi di migranti, nonché in ordine ad asseriti respingimenti di minori non accompagnati da parte di Stati confinanti con l'Italia – 3-03164

   DIENI, DI BATTISTA, BATTELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, TONINELLI, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, SCAGLIUSI, SPADONI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del convegno «Sessant'anni di Unione europea. Una scommessa per il futuro», tenutosi presso l'Assemblea generale Confartigianato Brescia e Lombardia orientale, svoltosi a Brescia lunedì 3 luglio 2017, Emma Bonino, già Ministro degli affari esteri dal 2013 al 2014, ha criticato alcune condotte dell'attuale gestione dei flussi migratori, dopo le missioni Mare nostrum, Triton e Sophia;
   in questo ha anzitutto ipotizzato una recrudescenza del fenomeno migratorio nei prossimi anni, data la prossima emersione di nuovi fenomeni problematici in Stati africani oggetto di immigrazione all'interno del continente;
   in seguito ha dichiarato: «bisogna che ci diciamo che il fatto che nel 2014 e nel 2016 abbiamo chiesto che il coordinatore fosse la Guardia costiera e gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia l'abbiamo chiesto noi. L'accordo l'abbiamo fatto noi!»;
   in proposito, risultano agli interroganti notizie di respingimenti e procedure di riammissioni di minori da parte della Francia, ciò che appare lesivo di norme del diritto internazionale e del diritto dell'Unione europea, le quali prevedono specifiche tutele per i minori migranti non accompagnati –:
   se sia vero che, in conseguenza degli accordi stretti negli anni compresi tra il 2014 e il 2016 dal Governo, l'Italia risulti ad oggi l'unico Paese in cui possono avvenire sbarchi di migranti e come intenda attivarsi per evitare che i Paesi di confine con l'Italia possano adottare respingimenti dei migranti minori in violazione dei loro diritti stabiliti da norme europee. (3-03164)


Intendimenti del Governo in ordine all'ipotesi di dichiarare lo stato di emergenza umanitaria in relazione all'eccezionale afflusso di migranti e chiarimenti in merito all'accordo relativo al codice di condotta delle organizzazioni non governative che svolgono attività nel Mediterraneo – 3-03165

   BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dall'inizio del 2017 sulle coste italiane sono sbarcati 93.292 migranti, il 16,79 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (79.877);
   a fronte di una situazione che rappresenta una vera e propria emergenza, il Governo si mostra inefficace nell'azione. Negli ultimi vertici europei, da Tallinn a Varsavia, l'Italia si è trovata ancora una volta isolata: di fatto, non è stato ancora rivisto il mandato di Triton, facendo di fatto decadere la richiesta di condividere con altri Stati l'accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo;
   alla debolezza della missione di Frontex, si aggiunge quella di Eunavfor Med-Sophia, mai giunta alla sua terza fase, che conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, avrebbe potuto consentire l'adozione di tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili;
   il Governo aveva informalmente minacciato la chiusura dei porti e azioni «eclatanti» in caso di mancate risposte adeguate da parte dell'Europa, ma, di fatto, oggi, l'Italia si ritrova ancora obbligata a raccogliere e valutare le domande di asilo di chi arriva dal mare solo perché il Governo italiano ha deciso che il nostro centro marittimo di coordinamento fosse responsabile per tutto il Mediterraneo centrale e destinatario di tutte le chiamate di emergenza;
   il punto è che la chiusura dei partner europei rispetto alla condivisione degli sbarchi non dipende dal «regolamento di Dublino», ma dalle condizioni che in particolare il Governo Renzi ha accettato (nel 2014-2015) aderendo alle missioni europee Triton e Sophia;
   ad oggi, inoltre, ancora non risultano chiari i contorni dell'accordo che l'Italia avrebbe raggiunto con gli Stati membri per recepire il codice di regolamentazione elaborato dalla Guardia costiera per le organizzazioni non governative che svolgono attività nel Mediterraneo. Sembrerebbe che anche in questo caso l'accordo sia «al ribasso», con «impegni» anziché «obblighi» per le organizzazioni non governative in mare –:
   se il Governo intenda dichiarare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale, in relazione all'eccezionale afflusso di migranti, per porre in essere ogni misura utile e mobilitare ogni possibile risorsa per affrontare quella che appare agli interroganti una catastrofe migratoria, e se intenda chiarire definitivamente i termini dell'accordo in merito al codice di condotta delle organizzazioni non governative. (3-03165)


Iniziative di competenza volte a rafforzare l'azione di contrasto degli incendi, con particolare riferimento alla stipula da parte delle regioni delle convenzioni in materia di piani antincendio – 3-03166

   FIANO, CARLONI, TARTAGLIONE, CARBONE, CUPERLO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, FABBRI, FAMIGLIETTI, FERRARI, GASPARINI, GIACHETTI, GIORGIS, LATTUCA, LAURICELLA, MAURI, MARCO MELONI, NACCARATO, NARDI, PICCIONE, POLLASTRINI, RICHETTI, FRANCESCO SANNA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in questo avvio di estate gli incendi hanno bruciato oltre 26 mila ettari di superficie boschiva del nostro Paese, pari alla superficie arsa nel corso di tutto il 2016;
   il Centro operativo aereo unificato vanta una delle maggiori flotte di cui abbia potuto disporre nell'ultimo decennio, a cui contribuisce per circa l'80 per cento il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   i velivoli del Corpo hanno effettuato dal 15 giugno 2017 ad oggi più di 2 mila ore di volo, a fronte delle 509 del 2016, e più di 11 mila lanci d'acqua, a fronte dei 2 mila e 500 circa dello stesso periodo del 2016;
   particolarmente colpite risultano essere le regioni del Sud: Campania, Sicilia, Calabria, dove si sono registrate purtroppo due vittime, ma anche Lazio, Sardegna e Toscana risultano essere fortemente danneggiate dagli incendi;
   le fiamme, nella quasi totalità dei casi di natura dolosa, si concentrano nelle regioni più colpite dal fenomeno della criminalità organizzata (il 58 per cento dei roghi registrati nel 2016). Ciò evidenzia un legame netto fra fenomeni di malaffare e incendi, fenomeno che andrebbe contrastato con una più efficiente e severa legislazione in materia;
   hanno molto colpito le immagini del Vesuvio avvolto dalle fiamme e che da giorni è assediato da focolai che si propagano e si riattivano continuamente;
   va riconosciuto l'encomiabile lavoro svolto sul campo dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalla Protezione civile e dai volontari impegnati a domare le fiamme e preservare il territorio e va respinto ogni tentativo di strumentalizzazione su presunte inefficienze correlate erroneamente al processo di riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato;
   si riscontrano, tuttavia, criticità in ordine alla mancata stipula da parte di alcune regioni delle convenzioni in materia di piani antincendio per una più efficace organizzazione del lavoro a terra con i vigili del fuoco e con la Protezione civile;
   vi è molta preoccupazione da parte dei cittadini e delle istituzioni locali anche in relazione al perdurare di un lungo periodo di siccità e di un caldo che sembra non voler dare tregua al Paese e la prospettiva di altri mesi in queste condizioni è più che allarmante –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere da oggi al 30 settembre 2017, data di chiusura della campagna antincendi, per rafforzare l'azione di contrasto degli incendi, coinvolgendo tutti gli enti che a vario titolo sono responsabili della tutela del territorio e al fine di superare alcune delle criticità richiamate in premessa. (3-03166)


Iniziative per un pieno coinvolgimento dei sindaci nella gestione dell'accoglienza dei migranti – 3-03167

   GAROFALO e BOSCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il continuo, sempre più massiccio afflusso dei migranti nel nostro territorio sta mettendo in gravi difficoltà il Paese e, particolarmente, i sindaci; soprattutto i sindaci dei comuni siti nel Mezzogiorno;
   il Ministero dell'interno, a maggio 2017, ha richiesto all'Anci di mettere a disposizione più strutture per accogliere fino a 200 mila migranti;
   i sindaci di numerose città, particolarmente di quelle concentrate nel Sud d'Italia, lamentano l'impossibilità di gestire la presenza di un numero così eccessivo di migranti nei loro territori;
   la situazione è soprattutto grave nei comuni più piccoli, che devono a volte accogliere un numero di migranti largamente superiore rispetto al previsto: una problematica che sta generando serie difficoltà gestionali e logistiche con la conseguenza di creare (come avvenuto, per citare solo un esempio, a Castell'Umberto in Sicilia) attriti e contrasti tra i vari livelli istituzionali;
   l'Unione europea e gli Stati membri dovrebbero rapidamente decidere, in nome della solidarietà indispensabile rispetto ad un fenomeno epocale, di sostenere in misura adeguata il nostro Paese: abbandonare l'Italia a fronteggiare da sola tale fenomeno significherebbe condannarla ad un'emergenza dalle conseguenze inimmaginabili;
   nelle more di questa situazione risulta indispensabile, per il nostro Paese, intervenire con misure idonee a scongiurare che l'accoglienza dei migranti avvenga attraverso una gestione confusa, inadeguata e, magari, calata «dall'alto»: per un fenomeno che non ha più carattere di emergenza, ma che si sta consolidando come una problematica costante e, anzi, in continua progressione;
   indispensabile, in questo quadro, appare il coordinamento ed il confronto costante delle autorità centrali con i sindaci dei comuni interessati, che costituiscono il primo anello di una catena che non può assolutamente risultare spezzata o superata da decisioni unilaterali;
   i sindaci, specie quelli dei comuni del Sud, stanno operando in maniera generosa ed infaticabile in una situazione tanto drammatica e complessa, ma sono costretti a confrontarsi, più aumentano le difficoltà, con una condizione in cui si trovano da soli a fronteggiare il pesante fenomeno ed a subire decisioni prese dall'alto senza che possano minimamente incidere sulle medesime –:
   quali iniziative intenda adottare per superare le problematiche indicate al fine di coinvolgere, in un confronto corretto e positivo, i sindaci dei comuni che si trovano a fronteggiare un fenomeno così complesso e destabilizzante come quello di un'immigrazione che, quotidianamente, diviene sempre più allarmante. (3-03167)


Iniziative per incrementare l'efficacia delle espulsioni degli immigrati irregolari – 3-03168

   CIRIELLI, RAMPELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   continuano a susseguirsi gli episodi di violenza commessi in Italia da immigrati irregolari già colpiti da ordini di espulsione non eseguiti e pertanto ancora presenti nel territorio nazionale;
   l'ultimo in ordine temporale si è verificato il 17 luglio 2017, quando nei pressi della stazione di Milano un poliziotto è stato aggredito con un coltello da un immigrato con precedenti per violenza e resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che si trova ancora in Italia nonostante un ordine di espulsione emesso dal questore di Sondrio;
   gli articoli 13 e seguenti del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, disciplinano l'espulsione dello straniero disposta «per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato» dal Ministro dell'interno;
   in base alla disciplina vigente in materia di immigrazione, l'espulsione dello straniero, una volta che sia stata decretata dal prefetto, va eseguita immediatamente, mediante l'accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, e ove ciò non sia possibile, per determinati motivi indicati tassativamente dalla legge, l'interessato deve essere trattenuto, il tempo necessario, all'interno di un centro di permanenza;
   il testo unico disciplina, inoltre, la responsabilità penale dello straniero che «senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore» in quanto destinatario di un secondo provvedimento di espulsione;
   nel 2016, a fronte di centottantamila arrivi di immigrati sono state eseguite appena cinquemila espulsioni e per il 2017 non sembrano esserci variazioni di rilievo;
   le difficoltà nell'esecuzione delle espulsioni sono da ricondurre anche ai numerosi tagli subiti dal «fondo rimpatri», istituito dall'articolo 14-bis del citato testo unico, che hanno fatto sì che lo stesso non abbia una dotazione finanziaria sufficiente a eseguire i provvedimenti di rimpatrio obbligatorio;
   il massiccio arrivo di immigrati soccorsi dai cosiddetti barconi avviene per larga parte in violazione delle norme del «regolamento di Dublino» che stabiliscono il principio del Paese di primo ingresso, perché come tale dovrebbe essere riconosciuta la nazione cui appartiene la nave che effettua il salvataggio –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di potenziare l'esecuzione delle espulsioni. (3-03168)


Iniziative di competenza volte a introdurre, a favore degli utenti siciliani, agevolazioni relative alle tariffe praticate dalle compagnie aeree – 3-03169

   FRANCESCO SAVERIO ROMANO, ABRIGNANI, AUCI, BORGHESE, D'ALESSANDRO, D'AGOSTINO, FAENZI, GALATI, MARCOLIN, MERLO, PARISI, RABINO, SOTTANELLI, VEZZALI e ZANETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le tariffe praticate dalle compagnie aeree che operano negli aeroporti siciliani continuano ad essere elevate, spesso inaccessibili, in particolare nei confronti degli utenti a basso reddito, per gli studenti, gli anziani e i pendolari;
   gli strumenti d'intervento in materia di continuità territoriale, garantita tramite trasporto aereo, che (in conformità con le disposizioni dal regolamento CE n. 1008/2008) assegna al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (attraverso l'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144) la competenza a disporre, con proprio decreto, l'imposizione degli oneri di servizio pubblico sugli scali per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, non sembrano tuttavia aver sortito effetti positivi al riguardo;
   le risorse per la continuità territoriale nei collegamenti aerei per le isole minori della Sicilia, per gli anni dal 2013 al 2016, stabilite dall'articolo 1, comma 310, della legge di stabilità per il 2013 (che ha individuato i fondi attraverso i quali si provvede alla compartecipazione a carico dello Stato, per la compensazione degli oneri di servizio pubblico, relativamente alla continuità territoriale aeroportuale, nel rispetto di quanto previsto dal sopra esposto regolamento), appaiono non incidere significativamente alla riduzione dei prezzi offerti;
   accanto alle sopra esposte disposizioni, andrebbero tuttavia valorizzate le possibilità offerte dalla Commissione europea, comunicazione 2014/C/99/03 in materia di orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti, in particolare quanto previsto al paragrafo 6, che nell'ambito del regime di aiuti a carattere sociale per i servizi di trasporto aereo, ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, considera gli aiuti compatibili con il mercato interno alle seguenti condizioni: l'aiuto deve avere un carattere sociale, ossia deve, in linea di principio, riguardare solo alcune categorie di passeggeri che viaggiano su una tratta (ad esempio, bambini, persone con disabilità, persone con basso reddito, studenti, persone anziane). Tuttavia, nel caso in cui la rotta in questione serva a collegare aree remote, regioni ultraperiferiche, isole e aree scarsamente popolate, l'aiuto potrebbe riguardare l'intera popolazione della regione interessata –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa e se, al riguardo, non intenda adoperarsi in coerenza con quanto disposto dalla comunicazione europea, al fine di introdurre agevolazioni in grado di assicurare un piano tariffario più accessibile nei riguardi degli utenti siciliani, fortemente penalizzati dalle tariffe aeree attualmente in vigore. (3-03169)


Elementi in merito allo stato e ai tempi di completamento dei lavori di raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Campello – 3-03170

   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Campello si colloca nel progetto di potenziamento della linea Orte-Falconara e presenta uno sviluppo complessivo di 9,7 chilometri, di cui circa 6,2 in affiancamento alla sede ferroviaria esistente e circa 3,5 in variante, in galleria artificiale;
   i lavori, iniziati nel 2001, non sono stati ancora ultimati e il costo complessivo, tra fallimenti, sospensioni e inadempienze delle tre ditte aggiudicatarie, è di oltre 100 milioni di euro;
   per terminarli, nel 2010 era stata individuata l’AtiTecnis spa di Catania, aggiudicataria dell'appalto da 37,6 milioni di euro, pubblicato da ItalferrRfi;
   i lavori sarebbero dovuti finire a giugno 2015, tuttavia a marzo 2016 la società viene coinvolta nell'indagine sugli appalti Anas e tra gli arrestati ci sono due noti imprenditori ai vertici dell'impresa;
   dopo l'interdittiva antimafia del prefetto di Catania, l'azienda è commissariata e, a maggio 2016, rescinde il contratto di appalto per il raddoppio della Spoleto-Campello;
   il 23 maggio 2017 il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-11417, ha confermato la rescissione del contratto con la AtiTecnis spa, vincitrice dell'ultima gara appalto, e la rinuncia alla commessa della seconda azienda in graduatoria, annunciando la necessità di indire un nuovo bando per il quale si dovrà attendere la fine del 2017;
   negli stessi giorni è stata divulgata la notizia che Daniele Moretti, direttore Investimenti centro di Rete ferroviaria italiana, avrebbe dato conferma della ripresa immediata dei lavori concernenti il raddoppio del tratto Spoleto-Campello, in particolare per il completamento di parte del progetto iniziale per la realizzazione di uno dei due nuovi binari. Un'informazione che contraddice quanto dichiarato dal Sottosegretario Del Basso De Caro, in risposta all'interrogazione n. 5-11417, circa la necessità di indire una nuova gara di appalto i cui tempi spostano la ripresa dei lavori oltre la fine del 2017;
   il rapido completamento del raddoppio in questione è di fondamentale importanza affinché l'Umbria possa essere attraversata dai treni ad alta velocità, perché le particolari condizioni di quel tratto ferroviario costringono già oggi i convogli a fermarsi, provocando ritardi e disagi ai pendolari –:
   se trovino conferma le notizie di cui in premessa e quale sia il cronoprogramma previsto per i lavori di raddoppio della tratta Spoleto-Campello, il cui termine è di fondamentale importanza per l'efficientamento del trasporto ferroviario locale e per il futuro transito dei treni ad alta velocità in Umbria. (3-03170)


DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA – LEGGE EUROPEA 2017 (A.C. 4505-A)

A.C. 4505-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2, nonché sugli emendamenti 2.100 del Governo, 2-bis.200 e 4.200 della Commissione.

A.C. 4505-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  all'articolo 2-bis, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo

  all'articolo 4, sia approvato l'emendamento 4.22, come risultante dalle seguenti modifiche:
   all'emendamento 4.22, nella parte consequenziale:
    dopo la lettera d), inserire le seguenti parole: sostituire la lettera f) con la seguente: f) all'articolo 14, comma 2, le parole: «pari a 2.600.000 euro a decorrere dall'anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «pari a 2.600.000 euro per l'anno 2016, a 5.400.000 euro per l'anno 2017 e a 4.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018»;
    sostituire le parole da: sostituire la lettera g) fino a: successivo all'anno di riferimento con le seguenti: sopprimere la lettera g);
    sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. Agli oneri derivanti dal comma 01, lettera f), pari a 2,8 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, nonché agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1» valutati in 10 milioni di euro per l'anno 2017 e in 30 milioni di euro per l'anno 2018, si provvede:
   a) quanto a 12,8 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
   b) quanto a 31,4 milioni di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
    dopo il comma 3, aggiungere in fine le seguenti parole: al comma 4, dopo la parola: «oneri» inserire la seguente: «valutati»;
   all'articolo 9-bis, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo.
   all'articolo 9-ter, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 2.9, 3.1, 4.3, 4.5, 4.6, 4.7, 4,20, 4.21, 4.23, 4.24, 4.25, 4.26, 6.1, 8.2, 8.3, 10.5 e 11-bis.20 e sugli articoli aggiuntivi 4.020, 6.022, 7.020, 10.020 e 11.06, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 4505-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI, DELLE PERSONE E DEI SERVIZI

Art. 1.
(Disposizioni in materia di avvocati stabiliti. Completo adeguamento alla direttiva 98/5/CE).

  1. Il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, è sostituito dal seguente:
  « 2. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo indicato al comma 1 può essere richiesta al Consiglio nazionale forense dall'avvocato stabilito che dimostri di aver esercitato la professione di avvocato per almeno otto anni in uno o più degli Stati membri, tenuto conto anche dell'attività professionale eventualmente svolta in Italia, e che successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal Consiglio nazionale forense, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 247».

  2. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti nella sezione speciale dell'albo di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, conservano l'iscrizione. Possono altresì chiedere di essere iscritti nella stessa sezione speciale coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano maturato i requisiti per l'iscrizione secondo la normativa vigente prima della medesima data.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Disposizioni in materia di avvocati stabiliti. Completo adeguamento alla direttiva 98/5/CE).

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  3. Allo scopo di adeguare alla nuova terminologia introdotta dal Trattato di Lisbona e superare difformità letterali ai fini delle prove per gli esami di Stato abilitanti all'esercizio della professione forense, in vigore a partire dal 2018, all'articolo 46, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, le parole: «diritto comunitario ed internazionale privato» sono sostituite dalle seguenti: «diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato».
1. 20. Rubinato.
(Inammissibile)

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  3. Il comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, è abrogato.
1. 21. Mazziotti di Celso.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  Art. 1-bis. – (Disposizioni in materia di diritto d'autore. Completo adeguamento alle direttive 2001/29/CE e 2004/48/CE) – 1. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 8 della direttiva 2001/29/CE e dagli articoli 3 e 9 della direttiva 2004/48/CE, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi della società dell'informazione di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi, qualora le violazioni medesime risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente e irreparabile per i titolari dei diritti.
  2. L'Autorità disciplina con proprio regolamento le modalità con le quali il provvedimento cautelare di cui al comma 1 è adottato e comunicato ai soggetti interessati, nonché i soggetti legittimati a proporre reclamo avverso il provvedimento medesimo, i termini entro i quali il reclamo deve essere proposto e la procedura attraverso la quale è adottata la decisione definitiva dell'Autorità.
  3. Con il regolamento di cui al comma 2 l'Autorità individua le misure idonee volte ad impedire la reiterazione di violazioni già accertate dall'Autorità medesima.
1. 022. Baruffi, Boccadutri, Cenni, Mongiello, Berretta, Senaldi, Donati.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
  Art. 1-bis. – (Disposizioni in materia di commercio elettronico. Completo adeguamento alla direttiva 2000/31/CE). – 1. Al decreto legislativo 9 aprile 2003. n. 70, di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 14, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
  «3-bis. L'autorità amministrativa competente può ordinare in via cautelare l'immediata cessazione della violazione, nonché l'adozione di ogni misura tecnica necessaria per prevenirne la ripetizione, qualora appaia manifesta l'illiceità dei contenuti trasportati, dandone comunicazione ai soggetti interessati. Il provvedimento cautelare è emesso entro due giorni lavorativi dalla segnalazione dell'avente diritto che si ritiene leso e deve essere convalidato, a pena di decadenza, dalla medesima autorità che lo ha adottato entro il termine di dieci giorni, sentiti i soggetti interessati»;
   b) all'articolo 16:
    1) al comma 1, dopo la lettera b), è aggiunta la seguente:
     «b-bis) limitatamente alle violazioni dei diritti previsti dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, non appena a conoscenza di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso. L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è incaricata di disciplinare con proprio regolamento e monitorare le modalità e misure tecniche necessarie per prevenire in maniera permanente la riproposizione dei contenuti illeciti»;
    2) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
     «3-bis. L'autorità amministrativa competente può ordinare in via cautelare l'immediata cessazione della violazione, nonché l'adozione di ogni misura tecnica necessaria per prevenirne la ripetizione, qualora appaia manifesta l'illiceità dei contenuti ospitati, dandone comunicazione ai soggetti interessati. Il provvedimento cautelare è emesso entro due giorni lavorativi dalla segnalazione dell'avente diritto che si ritiene leso e deve essere convalidato, a pena di decadenza, dalla medesima autorità che lo ha adottato entro il termine di dieci giorni, sentiti i soggetti interessati».
1. 021. Baruffi, Cenni, Mongiello, Berretta, Senaldi, Donati.

A.C. 4505-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari per il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2001/82/CE).

  1. Al decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 89, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
   « 2-bis. I produttori, i depositari, i grossisti, le farmacie, le parafarmacie, i titolari delle autorizzazioni alla vendita diretta e al dettaglio di medicinali veterinari nonché i medici veterinari attraverso la prescrizione del medicinale veterinario inseriscono nella banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo, istituita con decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005, le seguenti informazioni, secondo le modalità definite con decreto del Ministro della salute:
   a) l'inizio dell'attività di vendita, ogni sua variazione intervenuta successivamente e la sua cessazione, nonché l'acquirente;
   b) i dati concernenti la produzione e la commercializzazione dei medicinali veterinari.

  2-ter. La banca dati di cui al comma 2-bis è alimentata esclusivamente con i dati delle ricette elettroniche. È fatto obbligo al medico veterinario di inserire i dati identificativi del titolare dell'allevamento.
  2-quater. L'attività di tenuta e di aggiornamento della banca dati di cui al comma 2-bis è svolta senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;
   b) all'articolo 118, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

  1-bis. Dopo il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 90, è inserito il seguente:
   « 1-bis. In alternativa al modello di cui al comma 1, la ricetta dei mangimi medicati può essere redatta secondo il modello di ricetta elettronica disponibile nella banca dati di cui all'articolo 89, comma 2-bis, del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193. A decorrere dal 1o gennaio 2018, la prescrizione dei mangimi medicati veterinari è redatta esclusivamente secondo il predetto modello di ricetta elettronica».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.
(Disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari per il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2001/82/CE).

  Al comma 1, lettera a), capoverso comma 2-bis, dopo la lettera a) aggiungere la seguente:
   a-bis) tutti i dati necessari a tracciare e monitorare ciascuna confezione di medicinale all'interno del sistema distributivo dal confezionamento alla vendita, al consumo, anche al fine di contrastare il mercato illecito;
2. 20. Busto, Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli.

  Al comma 1, lettera a), capoverso comma 2-bis, lettera b), dopo le parole: commercializzazione dei medicinali veterinari aggiungere le seguenti: nonché le patologie per cui vengono prescritti.
2. 6. Busto, Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli.

  Al comma 1, lettera b), capoverso comma 1-bis, al primo periodo sopprimere le parole: In alternativa al modello di cui al comma 1,

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:
   al primo periodo:
    sostituire le parole:
può essere redatta con le seguenti: deve essere redatta;
    sostituire le parole: disponibile nella banca dati di cui all'articolo 89, comma 2-bis con le seguenti: in analogia a quanto previsto dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 novembre 2011 recante «De-materializzazione della ricetta medica cartacea, di cui all'articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 78 del 2010 (Progetto Tessera Sanitaria)»;
   al secondo periodo, sostituire le parole: predetto modello di ricetta elettronica con le seguenti: modello di ricetta elettronica la cui realizzazione è curata dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso l'utilizzo dell'infrastruttura del Sistema Tessera sanitaria realizzato in attuazione dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 12 novembre 2011.
2. 9. Tancredi.

  Al comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, primo periodo, sostituire le parole: al modello con le seguenti: alla modalità di redazione in formato cartaceo del modello.

  Conseguentemente:
   al medesimo capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: 1o gennaio 2018 con le seguenti: 1o Settembre 2018;
   al comma 1-bis, capoverso 1-bis:
    al primo periodo, sostituire le parole da: al modello fino a: medicati con le seguenti: alla modalità di redazione in formato cartaceo del modello di cui al comma 1, lettera a), la prescrizione dei mangimi medicati, ove obbligatoria;
    al secondo periodo, sostituire le parole da: 1o gennaio 2018 fino a: veterinari con le seguenti: 1o settembre 2018, la prescrizione dei mangimi medicati;
   alla rubrica sostituire le parole: per il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2001/82/CE con le seguenti: e dei mangimi medicati per il conseguimento degli obiettivi delle direttive 2001/82/CE e 90/167/CEE.
2. 100. Governo.
(Approvato)

  Al comma 1, lettera b), capoverso comma 1-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque falsifichi o tenti di falsificare ricette elettroniche è soggetto al pagamento della sanzione di cui al comma 1 dell'articolo 108.
2. 7. Busto, Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 2-bis

ARTICOLO 2-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2-bis.
(Modifiche all'articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 – Caso EU Pilot 8925/16/CNECT).

  1. Dopo il comma 16 dell'articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, sono inseriti i seguenti:
  « 16-bis. In caso di violazione dell'articolo 3, paragrafi 1, 2, 5, 6 e 7, dell'articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, dell'articolo 5, paragrafo 1, dell'articolo 6-bis, dell'articolo 6-ter, paragrafo 1, dell'articolo 6-quater, paragrafi 1 e 2, dell'articolo 6-sexies, paragrafi 1, 3 e 4, dell'articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3, dell'articolo 9, dell'articolo 11, dell'articolo 12, dell'articolo 14, dell'articolo 15, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6, o dell'articolo 16, paragrafo 4, del regolamento (UE) 531/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2012, relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all'interno dell'Unione, come modificato dal regolamento (UE) 2015/2120 e dal regolamento (UE) 2017/920, l'Autorità irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 120.000 a euro 2.500.000 e ordina l'immediata cessazione della violazione. L'Autorità condanna inoltre l'operatore al rimborso delle somme ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando il termine entro cui adempiere, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. Qualora l'Autorità riscontri, ad un sommario esame, la sussistenza di una violazione dell'articolo 3, paragrafi 1, 2, 5 e 6, dell'articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, dell'articolo 5, paragrafo 1, dell'articolo 6-bis, dell'articolo 6-ter, paragrafo 1, dell'articolo 6-quater, paragrafo 1, dell'articolo 6-sexies, paragrafi 1 e 3, dell'articolo 7, paragrafo 1, dell'articolo 9, paragrafi 1 e 4, dell'articolo 11, dell'articolo 12, paragrafo 1, dell'articolo 14 o dell'articolo 15, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6, del citato regolamento (UE) 2012/531, e successive modificazioni, e ritenga sussistere motivi di urgenza dovuta al rischio di un danno di notevole gravità per il funzionamento del mercato o per la tutela degli utenti, può adottare, sentiti gli operatori interessati e nelle more dell'adozione del provvedimento definitivo, provvedimenti temporanei per far sospendere la condotta con effetto immediato.
  16-ter. In caso di violazione dell'articolo 3, dell'articolo 4, paragrafi 1 e 2, o dell'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che stabilisce misure riguardanti l'accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all'interno dell'Unione, l'Autorità irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 120.000 a euro 2.500.000 e ordina l'immediata cessazione della violazione. Qualora l'Autorità riscontri, ad un sommario esame, la sussistenza di una violazione dell'articolo 3, paragrafi 1, 2, 3 e 4, del citato regolamento (UE) 2015/2120 e ritenga sussistere motivi di urgenza dovuta al rischio di un danno di notevole gravità per il funzionamento del mercato o per la tutela degli utenti, può adottare, sentiti gli operatori interessati e nelle more dell'adozione del provvedimento definitivo, provvedimenti temporanei per far sospendere la condotta con effetto immediato.
  16-quater. L'Autorità può disporre la pubblicazione dei provvedimenti adottati ai sensi dei commi 16-bis e 16-ter, a spese dell'operatore, sui mezzi di comunicazione ritenuti più idonei, anche con pubblicazione su uno o più quotidiani a diffusione nazionale».

  2. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2-bis.
(Modifiche all'articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 – Caso EU Pilot 8925/16/CNECT).

  All'articolo 2-bis, comma 1, capoverso 16-bis, secondo periodo, le parole: condanna inoltre l'operatore al rimborso sono sostituite dalle seguenti: ordina inoltre all'operatore il rimborso.
2-bis. 200. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 1, capoverso 16-ter, primo periodo, sostituire le parole: da euro 120.000 a euro 2.500.000 con le seguenti: non inferiore al 2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato dallo stesso soggetto nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della contestazione.
2-bis. 20. Catalano, Galgano, Quintarelli.

  All'articolo 2-bis, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo.
2-bis. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

  Dopo l'articolo 2-bis aggiungere il seguente:

  Art. 2-ter. – (Disposizioni per la complete attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno). – 1. Al fine di assicurare l'integrale attuazione della direttiva 2014/26/UE in relazione al principio della libera circolazione dei servizi ed alla liberalizzazione del mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore, al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, sono apportate le seguenti modifiche:
   a) all'articolo 2, comma 2, alinea, le parole: «fermo restando quanto previsto dall'articolo 180, della legge 22 aprile 1941, n. 633» sono soppresse;
   b) all'articolo 4, comma 2, dopo le parole: «in riferimento all'attività di intermediazione di diritti d'autore» sono aggiunte le seguenti: «in relazione alle tipologie di utilizzazione diverse da quelle di cui al comma 8-bis»;
   c) all'articolo 4, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:
  «8-bis. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, con propria delibera, determina, tenuto conto delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, le tipologie di utilizzazione dei diritti in relazione alle quali, in deroga a quanto previsto dall'articolo 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, le entità di gestione indipendente e gli organismi di gestione collettiva possono intermediare direttamente, anche in Italia, i diritti d'autore. Tale elenco viene aggiornato ogni due anni dalla medesima autorità in relazione all'evoluzione tecnologica e allo sviluppo dei diversi segmenti di mercato»;
   d) all'articolo 20, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Con delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni da emanarsi entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto è approvato uno schema-tipo dell'accordo di rappresentanza per la riscossione dei diritti da parte di SIAE nell'interesse di altri organismi di gestione collettiva e entità di gestione indipendente in relazione agli ambiti di mercato diversi da quelli sottratti all'esclusiva di cui all'articolo 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, ai sensi del comma 8-bis dell'articolo 4. Tale schema-tipo stabilisce peraltro che la SIAE, almeno in relazione agli organismi di gestione collettiva ed alle entità di gestione indipendenti stabilite in Italia non possa, in alcun caso, esigere rimborsi spesa e compensi, a qualsivoglia titolo, in misura superiore al 3 per cento degli importi complessivamente incassati nell'interesse del singolo organismo o entità e che debba procedere alla liquidazione di quanto incassato, ivi inclusi eventuali acconti, non oltre 30 giorni dall'incasso»;
   e) all'articolo 23, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
  «4-bis. Gli utilizzatori che utilizzano diritti d'autore o diritti connessi nell'ambito della propria attività prevalente trasmettono all'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni semestralmente le informazioni di cui al comma 1 con le modalità e nel formato da essa stabilito con propria deliberazione da adottarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rende disponibili tali informazioni sul proprio sito internet istituzionale in formato aperto in conformità a quanto disposto dal Codice dell'amministrazione digitale».
2-bis. 020. Minnucci, Bruno Bossio.
(Inammissibile)

A.C. 4505-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA E SICUREZZA

Art. 3.
(Disposizioni per la completa attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale – Caso EU Pilot 8184/15/JUST).

  1. Al comma 3-bis dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, dopo le parole: «si fondano in tutto o in parte sulla negazione» sono inserite le seguenti: «, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia».
  2. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo l'articolo 25-duodecies è inserito il seguente:
   «Art. 25-terdecies. – (Razzismo e xenofobia). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3-bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.
   2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.
   3. Se l'ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Disposizioni per la completa attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale – Caso EU Pilot 8184/15/JUST).

  Sopprimere il comma 1.
3. 1. Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

A.C. 4505-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.
(Disciplina transitoria dell'accesso alle prestazioni del Fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti. Procedura di infrazione n. 2011/4147).

  01. Alla legge 7 luglio 2016, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 12, comma 1, la lettera a) è abrogata;
   b) all'articolo 12, comma 1, lettera b), dopo le parole: «nei confronti dell'autore del reato» sono inserite le seguenti: «, salva l'ipotesi in cui lo stesso abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato,»;
   c) all'articolo 12, comma 1, lettera e), dopo la parola: «somme» sono inserite le seguenti: «di importo superiore a 5.000 euro»;
   d) all'articolo 13, comma 1, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, salva l'ipotesi in cui lo stesso abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato»;
   e) all'articolo 13, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale»;
   f) all'articolo 14, comma 2, le parole: «pari a 2.600.000 euro a decorrere dall'anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «pari a 2.600.000 euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e a 4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018»;
   g) all'articolo 14, comma 4, le parole: «negli anni successivi» sono sostituite dalle seguenti: «entro i successivi diciotto mesi».

  1. L'indennizzo previsto dal capo III, sezione II, della legge 7 luglio 2016, n. 122, spetta anche a chi è vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005 e prima della data di entrata in vigore della medesima legge.
  2. La domanda di concessione dell'indennizzo ai sensi del comma 1 del presente articolo è presentata, a pena di decadenza, entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle condizioni e secondo le modalità di accesso all'indennizzo previste dagli articoli 11, 12, 13, comma 1, e 14, della legge 7 luglio 2016, n. 122.
  3. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in 26 milioni di euro per l'anno 2017 e in 1.400.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede, quanto a 26 milioni di euro per l'anno 2017, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e, quanto a 1.400.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
  4. Agli oneri di cui al comma 3 del presente articolo si applica l'articolo 17, commi da 12 a 12-quater, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 4.
(Disciplina transitoria dell'accesso alle prestazioni del Fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti. Procedura di infrazione n. 2011/4147).

  Al comma 01 premettere la seguente lettera:
   0a)
all'articolo 11, il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. L'indennizzo è elargito in favore delle vittime, ovvero degli aventi diritto in caso di omicidio, per la rifusione delle spese mediche, assistenziali e legali per gli onorari di costituzione di parte civile, nonché per il risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale cagionato dal reato».
4. 20. Ferraresi.

  Al comma 01 premettere la seguente lettera:
   0a)
all'articolo 11, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Le vittime di cui al comma 1 hanno altresì diritto ad accedere al gratuito patrocinio legale, a carico del Fondo di cui all'articolo 14, qualora ne facciano richiesta, e nei loro confronti non si applicano le limitazioni di reddito previste dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115».
4. 21. Ferraresi.

  Al comma 01, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a)
12, comma 1, lettera a), le parole «non superiore a quello previsto» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore al doppio di quello previsto»;

  Conseguentemente, al comma 3:
   sostituire le parole:
valutati in 26 milioni con le seguenti: valutati in 30 milioni;
   sostituire le parole: quanto a 26 milioni con le seguenti: quanto a 30 milioni.
4. 3. Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

Subemendamento all'emendamento 4.22.

  All'emendamento 4.22, nella parte consequenziale:
   dopo la lettera d), inserire le seguenti parole: sostituire la lettera f) con la seguente:
   f) all'articolo 14, comma 2, le parole: «pari a 2.600.000 euro a decorrere dall'anno 2016» sono sostituite dalle seguenti: «pari a 2.600.000 euro per l'anno 2016, a 5.400.000 euro per l'anno 2017 e a 4.000.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018»;
   sostituire le parole da: sostituire la lettera g) fino a: successivo all'anno di riferimento con le seguenti: sopprimere la lettera g);
   sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. Agli oneri derivanti dal comma 01, lettera f), pari a 2,8 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, nonché agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, valutati in 10 milioni di euro per l'anno 2017 e in 30 milioni di euro per l'anno 2018, si provvede:
   a) quanto a 12,8 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
   b) quanto a 31,4 milioni di euro per l'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

   dopo il comma 3, aggiungere in fine le seguenti parole: al comma 4, dopo la parola: «oneri» inserire la seguente: «valutati».
0. 4. 22. 200. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 01, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b)
all'articolo 12, comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
    «b) che la vittima abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva nei confronti dell'autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale; tale condizione non si applica quando l'autore del reato sia rimasto ignoto oppure quando quest'ultimo abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità;».

  Conseguentemente:
   al medesimo comma:
    sostituire la lettera
d) con la seguente:
     d)
all'articolo 13, comma 1, lettera b), dopo le parole: «autore del reato» sono aggiunte le seguenti: «salvo il caso in cui lo stesso sia rimasto ignoto oppure abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità»;
    sostituire la lettera g) con la seguente:
     g)
all'articolo 14, comma 4, le parole: «negli anni successivi» sono sostituite dalle seguenti: «entro il biennio successivo all'anno di riferimento»;
   sostituire il comma 3 con il seguente:
  3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 30 milioni di euro per l'anno 2017, a 14,2 milioni di euro per l'anno 2018 ed a 1,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede per l'anno 2017 ed a decorrere dall'anno 2019 mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e per l'anno 2018 mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
4. 22. Sereni, Giulietti.
(Approvato)

  Al comma 01, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: e sono aggiunte, in fine, le parole: «ovvero sia deceduto».
4. 23. Ferraresi.

  Al comma 01, sostituire la lettera c) con la seguente:
   c)
all'articolo 12 sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) al comma 1, la lettera e) è abrogata;
    2) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
  «2. Nei casi in cui la vittima abbia percepito per lo stesso fatto somme erogate a qualsiasi titolo da soggetti pubblici o privati, l'indennizzo è corrisposto per la sola parte che eccede la somma liquidata o che può essere liquidata».
4. 24. Ferraresi.

  Al comma 01, lettera c), sostituire le parole: 5.000 euro con le seguenti: 10.000 euro.
4. 25. Ferraresi.

  Al comma 01, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
   f-bis)
all'articolo 14, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
  «3-bis. Il Fondo eroga, altresì, le somme eventualmente richieste a titolo di spese giudiziarie alle vittime in quanto soggetti coobbligati in ottemperanza alle norme vigenti».
4. 26. Giorgia Meloni, Petrenga, Rizzetto, Rampelli.

  Al comma 2, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: due anni.
4. 7. Gianluca Pini, Bossi.

  Al comma 2, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: un anno.
4. 6. Gianluca Pini, Bossi.

  Al comma 2, sostituire le parole: centoventi giorni con le seguenti: duecentodieci giorni.
4. 5. Gianluca Pini, Bossi.

  All'articolo 4, alla rubrica, sopprimere la parola: transitoria.
4. 200. La Commissione.
(Approvato)

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FISCALITÀ

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:
  Art. 5. – (Disposizioni in materia di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto. Procedura di infrazione n. 2013/4080). – 1. Ai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) di cui all'articolo 38-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che richiedono un rimborso dell'IVA prestando la garanzia richiesta dallo stesso comma, è riconosciuta, a titolo di ristoro forfetario dei costi sostenuti per il rilascio della garanzia stessa, una somma pari allo 0,15 per cento dell'importo garantito per ogni anno di durata della garanzia. La somma è versata alla scadenza del termine per l'emissione dell'avviso di rettifica o di accertamento ovvero, in caso di emissione di tale avviso, quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell'imposta.
  2. Le disposizioni del comma 1 si applicano a decorrere dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dell'IVA relativa all'anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuale relative al primo trimestre 2018.
  3. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 23,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede, quanto a 7,3 milioni di euro per l'anno 2018 e a 11,090 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, quanto a 16,2 milioni di euro per l'anno 2018 e a 12,41 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 813, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e, quanto a 12,41 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. 022. Giulietti.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:
  Art. 5. – (Disposizioni in materia di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto. Procedura di infrazione n. 2013/4080). – 1. Ai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) di cui all'articolo 38-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che richiedono un rimborso dell'IVA prestando la garanzia richiesta dallo stesso comma, è riconosciuta, a titolo di ristoro forfetario dei costi sostenuti per il rilascio della garanzia stessa, una somma pari allo 0,15 per cento dell'importo garantito per ogni anno di durata della garanzia. La somma è versata alla scadenza del termine per l'emissione dell'avviso di rettifica o di accertamento ovvero, in caso di emissione di tale avviso, quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell'imposta.
  2. Le disposizioni del comma 1 si applicano a decorrere dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dell'IVA relativa all'anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuale relative al primo trimestre dell'anno 2018.
  3. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 7,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Il Ministro dell'economia e delle finanze e autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. 020. Mazziotti di Celso.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:
  Art. 5. – (Modifiche alla disciplina delle restituzioni dell'IVA non dovuta – Caso EU pilot 9164/17/TAXU). – 1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l'articolo 30-bis è inserito il seguente:
  «Art. 30-ter. – (Restituzione dell'imposta non dovuta). – 1. Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dal versamento della medesima ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
  2. Nel caso di applicazione di un'imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa.
  3. La restituzione dell'imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale».

  2. All'onere derivante dal presente articolo, valutato in 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3. Agli oneri valutati, di cui al comma 2 del presente articolo, si applica l'articolo 17, commi da 12 a 12-quater della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. 021. Giulietti.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA
DI FISCALITÀ

Art. 6.
(Modifiche al regime di non imponibilità ai fini dell'IVA delle cessioni all'esportazione, in attuazione dell'articolo 146, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE).

  1. All'articolo 8, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo la lettera b) è inserita la seguente:
   « b-bis) le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio dell'Unione europea entro centottanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario o per suo conto, effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125, in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo. La prova dell'avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale».

  2. All'articolo 7, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, le parole: «lettera b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere b) e b-bis)».
  3. Il comma 5 dell'articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, è abrogato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Modifiche al regime di non imponibilità ai fini dell'IVA delle cessioni all'esportazione, in attuazione dell'articolo 146, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE).

  Sopprimerlo.
6. 1. Gianluca Pini, Bossi.

  Dopo l'articolo 6 aggiungere il presente:
  Art. 6-bis. – 1. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.109, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
   «b-bis) la dicitura «non adatto ai bambini di età inferiore a 36 mesi» per le paste alimentari diverse da quella di cui alla categoria iii), lettera a), paragrafo 2, articolo 1, della direttiva n. 2006/125/CE, della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini;».
6. 021. L'Abbate.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 6 aggiungere il presente:
  Art. 6-bis. – (Modifiche al trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi). – 1. Nelle more della realizzazione di una riforma organica del settore della raccolta dei tartufi per l'introduzione della figura del produttore professionale e della relativa disciplina, al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) alla tabella A, parte II, il punto 5 è sostituito dal seguente:
  «5) ortaggi, piante mangerecce e tartufi, freschi e refrigerati, esclusi i tartufi presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarsene temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato;»;
   b) alla tabella A, parte III, al numero 20-bis), le parole: «freschi, refrigerati o» sono soppresse.

  2. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle operazioni effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2018.
  3. Alle minori entrate derivanti dal presente articolo, valutate in 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2018, si provvede ai sensi di quanto disposto dall'articolo 29, comma 5, della legge 7 luglio 2016, n. 122, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, 234.
6. 022. Dadone, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella.
(Inammissibile)

A.C. 4505-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 7.
(Agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. Caso EU Pilot 7060/14/TAXU).

  1. Dal periodo d'imposta a decorrere dal quale entra in vigore il decreto di cui al comma 3 del presente articolo, le disposizioni dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, dell'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e dell'articolo 155, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano anche ai soggetti residenti e ai soggetti non residenti aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato che utilizzano navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
  2. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo si applicano a condizione che sia rispettato quanto previsto dagli articoli 1, comma 5, e 3, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, dall'articolo 317 del codice della navigazione e dall'articolo 426 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328.
  3. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 2.
  4. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 20 milioni di euro per l'anno 2018 e in 11 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.
(Agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. Caso EU Pilot 7060/14/TAXU).

  Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:
  Art. 7-bis. – 1. Ai fini della lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180, le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, si applicano a decorrere dall'anno 2018 con le modalità previste nel medesimo comma. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previsto nel citato comma 7-bis, è adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. 020. Fantinati, Crippa, Battelli, Vallascas, Da Villa, Cancelleri, Della Valle, Tripiedi.

A.C. 4505-A – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO

Art. 8.
(Disposizioni relative agli ex lettori di lingua straniera. Caso EU Pilot 2079/11/EMPL).

  1. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università è incrementato di euro 8.705.000 a decorrere dall'anno 2017, finalizzati, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, al superamento del contenzioso in atto e a prevenire l'instaurazione di nuovo contenzioso nei confronti delle università statali italiane da parte degli ex lettori di lingua straniera, già destinatari di contratti stipulati ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
  2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è predisposto uno schema tipo per la definizione di contratti integrativi di sede, a livello di singolo ateneo. Con il medesimo decreto sono altresì stabiliti i criteri di ripartizione dell'importo di cui al comma 1 a titolo di cofinanziamento, a copertura dei relativi oneri, esclusivamente tra le università che entro il 31 dicembre 2017 perfezionano i relativi contratti integrativi.
  3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 8.705.000 annui a decorrere dall'anno 2017, si provvede, quanto a euro 8.705.000 per l'anno 2017, a euro 5.135.000 per l'anno 2018 e a euro 8.705.000 a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e, quanto a euro 3.570.000 per l'anno 2018, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8.
(Disposizioni relative agli ex lettori di lingua straniera. Caso EU Pilot 2079/11/EMPL).

  Al comma 2, primo periodo, dopo la parola: finanze aggiungere le seguenti:, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
8. 5. Matarrelli, Laforgia.

  Al comma 2, primo periodo, dopo la parola: finanze aggiungere le seguenti:, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
8. 5.(Testo modificato nel corso della seduta) Matarrelli, Laforgia.
(Approvato)

  Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: contratti integrativi aggiungere le seguenti: comprensivi del trattamento previdenziale.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, ultimo periodo, sostituire le parole da:, esclusivamente fino alla fine del comma con le seguenti: tra le università che in coerenza con quanto disposto dal comma 1 sono tenute a perfezionare, entro e non oltre il 31 dicembre 2017, i relativi contratti integrativi;
   dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Entro il 31 gennaio 2018 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasmette alle competenti Commissioni parlamentari il numero dei contratti integrativi stipulati per ciascun ateneo e l'ammontare delle risorse impiegate ai sensi del comma 1.
8. 2. Ciprini, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Tripiedi, Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli.

  Al comma 2, sostituire il secondo periodo con i seguenti: Ai fini di cui al comma 1, nello schema tipo è compreso il trattamento previdenziale riconosciuto a ciascun ex lettore. Con il medesimo decreto sono stabiliti i criteri di ripartizione dell'importo di cui al comma 1 a titolo di cofinanziamento, a copertura dei relativi oneri, esclusivamente tra le università che ai fini di cui al medesimo comma 1 sono tenute a perfezionare, entro e non oltre il 31 dicembre 2017, i relativi contratti integrativi.

  Conseguentemente, dopo il comma 2 aggiungere i seguenti:
  2-bis. Il decreto di cui al comma 2 prevede, altresì, lo svolgimento entro sessanta giorni dalla sua adozione, di una rilevazione da parte di ciascun ateneo interessato, finalizzata a verificare se tra gli ex lettori già destinatari di contratti stipulati ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, vi siano soggetti che hanno già maturato il diritto al trattamento previdenziale. Nel caso in cui fossero presenti tali soggetti l'ateneo trasmette, entro il 31 marzo 2018, le relative informazioni al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, entro il 31 maggio 2018 un decreto contenente linee guida per la definizione delle pretese economiche spettanti ai soggetti di cui al presente comma da parte di ciascun ateneo interessato.
  2-ter. Ai fini del riconoscimento delle somme dovute ai sensi del comma 2-bis il Fondo per il finanziamento ordinario delle università può essere incrementato di euro 1.000.000 a decorrere dall'anno 2018. Agli eventuali oneri derivanti dal comma 2-bis, si provvede, a decorrere dall'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  2-quater. Entro il 30 settembre 2018 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasmette alle competenti Commissioni parlamentari il numero dei contratti integrativi stipulati per ciascun ateneo, delle pretese economiche riconosciute ai sensi del comma 2-bis e l'ammontare delle risorse impiegate ai sensi del presente articolo.
8. 3. Ciprini, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Tripiedi, Battelli, Baroni, Fraccaro, Petraroli.

  Dopo il comma 3 aggiungere il seguente:
  4. Alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, articolo 26, comma 3, ultimo periodo, le parole: «Sono estinti i giudizi in materia» sono sostituite dalle seguenti: «Il giudice competente, valutate le circostanze e l'assenza di pretese residuali, dichiara estinti i giudizi in materia».
8. 6. Matarrelli, Laforgia.

A.C. 4505-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SALUTE

Art. 9.
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio. Procedura di infrazione n. 2017/0129).

  1. Il presente articolo disciplina la produzione e la commercializzazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana e delle loro miscele.
  2. Ai fini del presente articolo si intende per:
   a) «caseina acida alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo acido precipitato del latte scremato o di altri prodotti ottenuti dal latte, di cui all'allegato I, sezione I, della direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015;
   b) «caseina presamica alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo del latte scremato o di altri prodotti ottenuti dal latte; il coagulo è ottenuto dalla reazione del preesame o di altri enzimi coagulanti, di cui all'allegato I, sezione II, della direttiva (UE) 2015/2203;
   c) «caseinati alimentari»: i prodotti del latte ottenuti dall'azione della caseina alimentare o dal coagulo della cagliata della caseina alimentare con agenti neutralizzanti, seguita da essiccatura, di cui all'allegato II della direttiva (UE) 2015/2203.

  3. I prodotti disciplinati dal presente articolo, fermo restando quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, devono riportare sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette le seguenti indicazioni in caratteri ben visibili, chiaramente leggibili e indelebili:
   a) la denominazione stabilita per i prodotti lattiero-caseari ai sensi del comma 2, lettere a), b) e c), del presente articolo, seguita, per i caseinati alimentari, dall'indicazione del catione o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2203;
   b) per i prodotti commercializzati in miscele:
    1) la dicitura «miscela di», seguita dall'indicazione dei vari prodotti di cui la miscela è composta, in ordine ponderale decrescente;
    2) per i caseinati alimentari, un'indicazione del catione o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2203;
    3) il tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari;
   c) la quantità netta dei prodotti espressa in chilogrammi o in grammi;
   d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore del settore alimentare non è stabilito nell'Unione europea, dell'importatore nel mercato dell'Unione;
   e) per i prodotti importati da Stati terzi, l'indicazione dello Stato d'origine;
   f) l'identificazione della partita dei prodotti o la data di produzione.

  4. Le diciture di cui al comma 3, lettere a), b), e) e f), devono essere riportate in lingua italiana; le stesse indicazioni possono essere altresì riportate anche in altra lingua.
  5. Possono essere riportate soltanto sui documenti di accompagnamento le indicazioni di cui al comma 3, lettere b), numero 3), c), d) ed e).
  6. Quando risulta superato il tenore minimo di proteine del latte stabilito nell'allegato I, sezione I, lettera a), punto 2, nell'allegato I, sezione II, lettera a), punto 2, e nell'allegato II, lettera a), punto 2, della direttiva (UE) 2015/2203, è consentito indicarlo in modo adeguato sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette dei prodotti.
  7. I lotti di prodotti fabbricati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e le etichette stampate anteriormente a tale data, non conformi a quanto stabilito dal presente articolo, possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte e comunque non oltre centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, purché siano conformi alla normativa previgente.
  7-bis. Resta salva, in ogni caso, la possibilità di utilizzare etichette e materiali di confezionamento non conformi, a condizione che siano integrati con le informazioni obbligatorie previste dal presente articolo mediante l'apposizione di etichette adesive inamovibili.
  8. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque utilizza per la preparazione di alimenti le caseine e i caseinati che non soddisfano le norme stabilite nell'allegato I, sezione I, lettere b) e c), nell'allegato I, sezione II, lettere b) e c), o nell'allegato II, lettere b) e c), della direttiva (UE) 2015/2203 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 10.000.
  9. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque denomina ed etichetta le caseine e i caseinati, legalmente commercializzati per usi non alimentari, in modo da indurre l'acquirente in errore sulla loro natura o qualità o sull'uso al quale sono destinati è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
  10. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in commercio, con le denominazioni indicate al comma 2 ovvero con altre denominazioni similari che possono indurre in errore l'acquirente, prodotti non rispondenti ai requisiti stabiliti dal presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
  11. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in commercio i prodotti di cui al comma 2 con una denominazione comunque diversa da quelle prescritte dal presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 2.500.
  12. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di violazione delle disposizioni stabilite dal comma 3, relative alle indicazioni obbligatorie che devono essere apposte su imballaggi, recipienti, etichette o documenti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
  13. Il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende sanitarie locali, nell'ambito della propria organizzazione, provvedono, nelle materie di rispettiva competenza, all'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo.
  14. Per l'accertamento delle violazioni e l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie da parte delle autorità competenti ai sensi del comma 13 si applicano, in quanto compatibili con il presente articolo, le disposizioni contenute nella sezione II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  15. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  16. Il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180, è abrogato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 9.
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio. Procedura di infrazione n. 2017/0129).

  Al comma 5, sopprimere la parola: soltanto.
9. 21. Gianluca Pini, Bossi.

  Al comma 7-bis, aggiungere, in fine, le parole: e graficamente riconoscibili.
9. 5. Zaccagnini, Matarrelli.
(Approvato)

  Dopo il comma 8 aggiungere il seguente:
  8-bis. Le sanzioni previste nel comma precedente non si applicano a chi utilizza caseine e caseinati in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle prescrizioni di cui al comma 8 riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che l'utilizzatore non sia a conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di alterazione.
9. 20. Fiorio.
(Approvato)

  Al comma 10, sostituire le parole: euro 5.000 con le seguenti: euro 6.000.

  Conseguentemente:
   al comma 11, sostituire le parole: euro 2.500 con le seguenti: euro 3.000;
   al comma 12, sostituire le parole: euro 5.000 con le seguenti: euro 6.000.
9. 6. Zaccagnini, Matarrelli.

  Dopo l'articolo 9, aggiungere il seguente:
  Art. 9.1. – (Disposizioni in materia di anagrafe equina per l'adeguamento al regolamento (UE) n. 2016/429 e al regolamento (CE) n. 2015/262). – 1.Il Ministero della salute, organizza e gestisce l'anagrafe degli equidi, avvalendosi della banca dati informatizzata, istituita ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 196.
  2. Con decreto del Ministro della salute, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le procedure tecnico-operative per la gestione ed il funzionamento dell'anagrafe degli equidi.
  3. Dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente articolo, è abrogato l'articolo 8, comma 15, del decreto decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2003, n. 200. Conseguentemente, a decorrere dall'anno 2018 le risorse di cui al capitolo di spesa 7762, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell'ambito della Missione Agricoltura, politiche agroalimentare e pesca, Programma Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca dell'ippica, e mezzi tecnici di produzione, pari a euro 43.404 annui, sono trasferite su apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero della salute.
  4. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le necessarie variazioni di bilancio.
9. 050. Governo.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 9-bis

ARTICOLO 9-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 12, comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71, in materia di norme sanitarie per la gente di mare – Caso EU Pilot 8443/16/MOVE).

  1. Al comma 5 dell'articolo 12 del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71, sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, purché tale periodo non sia comunque superiore a tre mesi».
  2. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 9-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 9-bis.
(Modifica all'articolo 12, comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71, in materia di norme sanitarie per la gente di mare – Caso EU Pilot 8443/16/MOVE).

  All'articolo 9-bis, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo.
9-bis. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 9-ter

ARTICOLO 9-TER DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 9-ter.
(Disposizioni sanzionatorie per la violazione dell'articolo 48 del regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio di sostanze e miscele).

  1. Dopo l'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2011, n. 186, è inserito il seguente:
  «Art. 10-bis. – (Violazione degli obblighi derivanti dall'articolo 48 del regolamento in materia di pubblicità). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le prescrizioni in materia di pubblicità di cui all'articolo 48, paragrafi 1 e 2, primo comma, del regolamento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 euro a 60.000 euro».

  2. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 9-TER DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 9-ter.
(Disposizioni sanzionatorie per la violazione dell'articolo 48 del regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio di sostanze e miscele).

  All'articolo 9-ter, comma 2, sostituire le parole: della presente disposizione con le seguenti: del presente articolo.
9-ter. 300.(da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento).
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI TUTELA DELL'AMBIENTE

Art. 10.
(Disposizioni in materia di tutela delle acque. Monitoraggio delle sostanze chimiche. Caso EU Pilot 7304/15/ENVI).

  1. All'articolo 78-sexies, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le autorità di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1 alla parte terza. Ai fini del monitoraggio e della valutazione dello stato della qualità delle acque, le autorità di bacino distrettuali promuovono altresì intese con i medesimi soggetti di cui al periodo precedente finalizzate all'adozione di una metodologia di valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 10.
(Disposizioni in materia di tutela delle acque. Monitoraggio delle sostanze chimiche. Caso EU Pilot 7304/15/ENVI).

  Al comma 1, capoverso, primo periodo, sostituire le parole da: promuovono intese fino a: al fine di garantire con le seguenti: garantiscono d'intesa con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza.
10. 5. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, capoverso, terzo periodo, sostituire le parole: trenta giorni con le seguenti: quindici giorni.
10. 4. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Agli atti inerenti il presente articolo si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in tema di pubblicazione e accesso alle informazioni ambientali.
10. 1. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Agli atti inerenti il presente articolo si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.
10. 2. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: I risultati dei controlli e dei monitoraggi intercomparabili, delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1, sono pubblicati entro 15 giorni nel sito web dell'autorità di bacino distrettuale, delle Regioni e delle Province Autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza per quel territorio.
10. 3. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le autorità di bacino distrettuale rendono disponibili nel proprio sito web, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, i dati dei monitoraggi periodici come ottenuti dalle analisi effettuate da tali laboratori.
10. 7. Gianluca Pini, Bossi.

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:
  Art. 10-bis. – (Adeguamento della normativa nazionale alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000 n. 60, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Misure a favore di un utilizzo efficiente delle risorse idriche.). – 1. Allo scopo di favorire un utilizzo efficiente delle risorse idriche da parte degli utenti, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva 2000/60/CE, le disposizioni relative al Sistema informatico integrato di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito con modificazioni dalla legge 13 agosto 2010, n. 129 e di cui all'articolo 22 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 e successive modifiche e integrazioni, sono estese al settore idrico. Le modalità di gestione dei flussi informativi attinenti al settore idrico attraverso il sistema sono stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
10. 020. Fragomeli, Senaldi.

A.C. 4505-A – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE in materia di acque reflue urbane, con riferimento all'applicazione dei limiti di emissione degli scarichi idrici).

  1. Nella tabella 2 dell'allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili», le parole: «Potenzialità impianto in A.E.» sono sostituite dalle seguenti: «Carico generato dall'agglomerato in A.E.».
  2. Le eventuali ulteriori attività di monitoraggio e controllo derivanti da quanto previsto dalla disposizione di cui al comma 1 sono svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente, nei limiti delle disponibilità di bilancio degli organi di controllo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  2-bis. Dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare effetti sulle materie disciplinate ai sensi dell'articolo 92 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, né conseguenze sull'applicazione del medesimo articolo 92 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione ai limiti di utilizzo di materie agricole contenenti azoto, in particolare degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti, nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11.
(Corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE in materia di acque reflue urbane, con riferimento all'applicazione dei limiti di emissione degli scarichi idrici).

  Al comma 1, sostituire le parole: Carico generato dall'agglomerato in A.E. con le seguenti: Potenzialità massima impianto in A.E.
11. 7. Zaccagnini, Matarrelli.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. All'Allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al paragrafo 1.1, dopo le parole: «situazione locale» sono inserite le seguenti: «e per entrambi i parametri nel caso di impianti recapitanti in aree sensibili».
11. 5. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: o a carico della tariffa del servizio idrico integrato di cui all'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
11. 6. Gianluca Pini, Castiello, Grimoldi.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: o a carico della tariffa del servizio idrico integrato di cui all'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per le attività espletate dal gestore unico del servizio idrico integrato.
11. 6.(Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini, Castiello, Grimoldi.
(Approvato)

  Al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le risorse necessarie per le attività di cui al presente comma sono comunque escluse dai proventi derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato di cui all'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
11. 4. Daga, Zolezzi, Terzoni, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11.1. – (Disposizioni per la corretta attuazione dell'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti in tema di sfalci e potature provenienti da verde urbano – Caso EU-Pilot 9180/17/ENVI). – 1. All'articolo 185, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la lettera f) è sostituita dalla seguente:
   «f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana;».
11. 06. Zolezzi, Daga, De Rosa, Vignaroli, Busto, Micillo, Terzoni, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11.1. – 1. All'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al primo periodo, dopo le parole: «corrispettivo per il trasferimento del ramo d'azienda» sono aggiunte le seguenti: «per le sole opere asciutte»;
   b) dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Le opere bagnate, alla scadenza della concessione, sono devolute gratuitamente al demanio statale».
11. 07. Crippa, Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11. 1. – (Disposizioni per l'integrale attuazione della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti in relazione alla sostenibilità del fenomeno turistico nelle isole minori). – 1. Al fine di assicurare l'integrale attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti in relazione al sostegno e al finanziamento degli interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti nonché gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nelle isole minori, i comuni nel cui territorio insistono isole minori, limitatamente al territorio dell'isola minore, possono istituire il contributo di sbarco di cui all'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni, anche in presenza dell'imposta di soggiorno di cui al comma 1, dell'articolo 4 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011.
11. 020. Borghi, Giulietti, Francesco Sanna.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11.1. – (Disposizioni per l'integrale attuazione della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti in relazione alla sostenibilità del fenomeno turistico nelle isole minori). – 1. Al fine di assicurare l'integrale attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti in relazione al sostegno e al finanziamento degli interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti nonché gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nelle isole minori, per i comuni nel cui territorio insistono le isole, l'alternatività di cui all'articolo 4, comma 3-bis, primo periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e successive modificazioni, deve intendersi limitata al solo territorio dell'isola minore.
11. 021. Borghi, Giulietti, Francesco Sanna.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11.1. – (Disposizioni in materia di emissioni industriali – caso EU Pilot 8978/16/ENVI). – 1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), dopo le parole: «producano effetti negativi e significativi sull'ambiente» sono aggiunte le seguenti: «o sulla salute umana»;
   b) all'articolo 29-ter, comma 2, le parole: «sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l) del comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a m) del comma 1»;
   c) all'articolo 29-quater, comma 2, le parole: «almeno per quanto riguarda il contenuto della decisione» sono sostituite dalle seguenti: «non appena sia ragionevolmente possibile, almeno per quanto riguarda il progetto di decisione, tipicamente il verbale conclusivo della conferenza di servizi di cui al comma 5, il contenuto della decisione»;
   d) all'articolo 29-quater, comma 2, dopo le parole: «del comma 13» sono aggiunte le seguenti: «nonché le proposte di riesame pervenute dalle autorità competenti in materia ambientale ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, ovvero dal sindaco ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 7»;
   e) all'articolo 29-quater, comma 13, lettera c) dopo le parole: «consultazioni condotte» sono aggiunte le seguenti: «anche coinvolgendo altri Stati ai sensi dell'articolo 32-bis»;
   f) all'articolo 29-decies, comma 9, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
   «b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno. Dopo il tempo determinato contestualmente alla diffida, la sospensione è automaticamente prorogata, finché il gestore non dichiara di aver individuato e risolto il problema che ha causato la inottemperanza. La sospensione è inoltre automaticamente rinnovata a cura dell'autorità di controllo di cui al comma 3, alle medesime condizioni e durata individuate contestualmente alla diffida, se i controlli sul successivo esercizio non confermano che è stata ripristinata la conformità, almeno in relazione alle situazioni che, costituendo un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, avevano determinato la precedente sospensione»;
   g) all'articolo 32-bis, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, attraverso il proprio sito internet istituzionale, a rendere disponibili al pubblico in modo appropriato le informazioni ricevute da altri Stati dell'Unione Europea (in attuazione degli obblighi recati dall'articolo 26, comma 1, della direttiva 2010/75/UE) inerenti decisioni adottate in tali Stati in merito a domande presentate per l'esercizio di attività di cui all'allegato VIII, alla Parte Seconda»;
   h) all'articolo 237-ter, comma 1, lettera b), dopo la parola «caldaie,» sono aggiunte le seguenti: «le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi»;
   i) all'articolo 237-ter, comma 1, lettera c), le parole: «le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi» sono sostituite con le seguenti: «le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi»;
   l) all'articolo 237-sexies, comma 3, lettera a), le parole: «Allegato 2» sono sostituite dalle seguenti: «Allegato 1»;
   m) all'articolo 237-sexies, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:
  «3-bis. L'autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di autorizzazione»;
   n) all'articolo 237-nonies, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
  «1-bis. Per le emissioni di carbonio organico totale e monossido di carbonio degli impianti di coincenerimento dei rifiuti, autorizzati a modificare le condizioni di esercizio, il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, parte A»;
   o) all'articolo 237-terdecies, comma 8, dopo le parole: «possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell'impianto di» sono aggiunte le seguenti: «incenerimento o»;
   p) all'articolo 237-octiesdecies, comma 5, dopo le parole: «ne dà comunicazione nel più breve tempo possibile» sono aggiunte le seguenti: «all'autorità competente ed»;
   q) all'articolo 273, al comma 5, alinea, e al comma 5 lettera b), la parola «2023» è sostituita dalla seguente: «2022»;
   r) all'articolo 275, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:
  «5-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 271, commi 14 e 20, il gestore informa tempestivamente l'autorità competente in merito a qualsiasi violazione delle prescrizioni autorizzative»;
   s) all'articolo 275, comma 6, le parole: «individuata sulla base di detto consumo» sono soppresse;
   t) all'articolo 298-bis, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:
  «1-bis. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio il gestore provvede ad informare immediatamente l'autorità competente in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare la conformità nel più breve tempo possibile.
  1-ter. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, l'autorità competente impone al gestore di adottare ogni misura complementare appropriata che ritiene necessaria per ripristinare la conformità, disponendo la sospensione dell'esercizio della relativa parte interessata laddove la violazione determini un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie ed immediate sull'ambiente, e sino a che la conformità non sia ripristinata con l'applicazione delle misure adottate ai sensi del presente comma e del comma 1-bis.»;
   u) all'articolo 298-bis, comma 3, le parole: «possono effettuare» sono sostituite dalla seguente: «effettuano»;
   v) all'articolo 298-bis, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
  «3-bis. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 29-undecies.»;
   z) al paragrafo C, punto 1, dell'allegato 1 al Titolo III-bis, alla Parte Quarta, è premesso il seguente periodo: «Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   aa) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis, alla Parte Quarta, dopo il secondo capoverso, sono aggiunti i seguenti periodi: «Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.»;
   bb) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, dopo il terzo capoverso, è aggiunto il seguente periodo: «I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta l'anno.»;
   cc) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, dopo il periodo: «Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo.» è aggiunto il seguente: «I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme alla localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.»;
   dd) al paragrafo E, punto 1, dopo la lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, è aggiunta la seguente:
   «d-bis) le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'acqua sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   ee) al paragrafo C, punto 1, dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, è premesso il seguente periodo: «Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   ff) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, secondo capoverso, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.»;
   gg) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, terzo capoverso, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta l'anno.»;
   hh) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, ultimo capoverso, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme alla localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.»;
   ii) alla parte I, punto 3.1, dell'allegato II alla Parte V, dopo le parole: «ossidi di azoto» sono aggiunte le seguenti: «il monossido di carbonio.»;
   ll) alla parte I, punto 4.4, dell'allegato II alla Parte V, le parole: «delle polveri» sono sostituite con le seguenti: «degli ossidi di azoto.»;
   mm) alla parte I, dell'allegato II alla Parte V, il punto 5.1 è sostituito dal seguente:
  «5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:
   nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite, e
   nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti nuovi supera i pertinenti valori limite,
   nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti anteriori al 2002 e anteriori al 2013 supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite,
   il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite.«;
   nn) alla parte I, dell'allegato II alla Parte V, il punto 5.3 è soppresso;
   oo) alla parte I, dell'allegato III alla Parte V, al punto 3.4, le parole: «In alternativa alle apparecchiature di cui al punto 3.2,» sono sostituite dalle seguenti: «In caso di emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, non superiore a 10 kg/h,».
11. 022. Giulietti.

  Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:
  Art. 11.1. – (Disposizioni in materia di emissioni industriali – caso EU Pilot 8978/16/ENVI). – 1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), dopo le parole: «producano effetti negativi e significativi sull'ambiente» sono aggiunte le seguenti: «o sulla salute umana»;
   b) all'articolo 29-ter, comma 2, le parole: «sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a l) del comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a m) del comma 1»;
   c) all'articolo 29-quater, comma 2, le parole: «almeno per quanto riguarda il contenuto della decisione» sono sostituite dalle seguenti: «non appena sia ragionevolmente possibile, del progetto di decisione compreso il verbale conclusivo della conferenza di servizi di cui al comma 5, del contenuto della decisione», e le parole: «gli elementi» sono sostituite dalle seguenti: «con particolare riferimento agli elementi»;
   d) all'articolo 29-quater, comma 2, dopo le parole: «del comma 13» sono aggiunte le seguenti: «nonché le proposte di riesame pervenute dalle autorità competenti in materia ambientale ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 4, ovvero dal sindaco ai sensi dell'articolo 29-quater, comma 7»;
   e) all'articolo 29-quater, comma 13, lettera c) dopo le parole: «consultazioni condotte» sono aggiunte le seguenti: «anche coinvolgendo altri Stati ai sensi dell'articolo 32-bis»;
   f) all'articolo 29-decies, comma 9, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
   «b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno. Dopo il tempo determinato contestualmente alla diffida, la sospensione è automaticamente prorogata, finché il gestore non dichiara di aver individuato e risolto il problema che ha causato la inottemperanza. La sospensione è inoltre automaticamente rinnovata a cura dell'autorità di controllo di cui al comma 3, alle medesime condizioni e durata individuate contestualmente alla diffida, se i controlli sul successivo esercizio non confermano che è stata ripristinata la conformità, almeno in relazione alle situazioni che, costituendo un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente, avevano determinato la precedente sospensione»;
   g) all'articolo 32-bis, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
  «2-bis. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, attraverso il proprio sito internet istituzionale, a rendere disponibili al pubblico in modo appropriato le informazioni ricevute da altri Stati dell'Unione Europea (in attuazione degli obblighi recati dall'articolo 26, comma 1, della direttiva 2010/75/UE) inerenti decisioni adottate in tali Stati in merito a domande presentate per l'esercizio di attività di cui all'allegato VIII, alla Parte Seconda»;
   h) all'articolo 237-ter, comma 1, lettera b), dopo la parola «caldaie,» sono aggiunte le seguenti: «le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi»;
   i) all'articolo 237-ter, comma 1, lettera c), le parole: «le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi» sono sostituite con le seguenti: «le installazioni di trattamento degli scarichi gassosi»;
   l) all'articolo 237-sexies, comma 3, lettera a), le parole: «Allegato 2» sono sostituite dalle seguenti: «Allegato 1»;
   m) all'articolo 237-sexies, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:
  «3-bis. L'autorità competente riesamina periodicamente e aggiorna, ove necessario, le condizioni di autorizzazione»;
   n) all'articolo 237-nonies, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
  «1-bis. Per le emissioni di carbonio organico totale e monossido di carbonio degli impianti di coincenerimento dei rifiuti, autorizzati a modificare le condizioni di esercizio, il rispetto dei valori limite di emissione fissati nell'Allegato 1, parte A»;
   o) all'articolo 237-terdecies, comma 8, dopo le parole: «possono essere attribuiti alla depurazione degli effluenti gassosi dell'impianto di» sono aggiunte le seguenti: «incenerimento o»;
   p) all'articolo 237-octiesdecies, comma 5, dopo le parole: «ne dà comunicazione nel più breve tempo possibile» sono aggiunte le seguenti: «all'autorità competente ed»;
   q) all'articolo 273, al comma 5, alinea, e al comma 5 lettera b), la parola «2023» è sostituita dalla seguente: «2022»;
   r) all'articolo 275, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:
  «5-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 271, commi 14 e 20, il gestore informa tempestivamente l'autorità competente in merito a qualsiasi violazione delle prescrizioni autorizzative»;
   s) all'articolo 275, comma 6, le parole: «individuata sulla base di detto consumo» sono soppresse;
   t) all'articolo 298-bis, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:
  «1-bis. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio il gestore provvede ad informare immediatamente l'autorità competente in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, adottando nel contempo le misure necessarie a ripristinare la conformità nel più breve tempo possibile.
  1-ter. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione, l'autorità competente impone al gestore di adottare ogni misura complementare appropriata che ritiene necessaria per ripristinare la conformità, disponendo la sospensione dell'esercizio della relativa parte interessata laddove la violazione determini un pericolo immediato per la salute umana o minacci di provocare ripercussioni serie ed immediate sull'ambiente, e sino a che la conformità non sia ripristinata con l'applicazione delle misure adottate ai sensi del presente comma e del comma 1-bis.»;
   u) all'articolo 298-bis, comma 3, le parole: «possono effettuare» sono sostituite dalla seguente: «effettuano»;
   v) all'articolo 298-bis, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
  «3-bis. Per le installazioni e gli stabilimenti che producono biossido di titanio trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 29-undecies.»;
   z) al paragrafo C, punto 1, dell'allegato 1 al Titolo III-bis, alla Parte Quarta, è premesso il seguente periodo: «Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   aa) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis, alla Parte Quarta, dopo il secondo capoverso, sono aggiunti i seguenti periodi: «Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.»;
   bb) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, dopo il terzo capoverso, è aggiunto il seguente periodo: «I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta l'anno.»;
   cc) al paragrafo C, punto 1, lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, dopo il periodo: «Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo.» è aggiunto il seguente: «I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme alla localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.»;
   dd) al paragrafo E, punto 1, dopo la lettera d), dell'allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, è aggiunta la seguente:
   «d-bis) le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'acqua sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   ee) al paragrafo C, punto 1, dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, è premesso il seguente periodo: «Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.»;
   ff) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, secondo capoverso, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non sono disponibili norme CEN si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.»;
   gg) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, terzo capoverso, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di riferimento almeno una volta l'anno.»;
   hh) al paragrafo C, punto 1, lettera b), dell'allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta, ultimo capoverso, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme alla localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.»;
   ii) alla parte I, punto 3.1, dell'allegato II alla Parte V, dopo le parole: «ossidi di azoto» sono aggiunte le seguenti: «il monossido di carbonio.»;
   ll) alla parte I, punto 4.4, dell'allegato II alla Parte V, le parole: «delle polveri» sono sostituite con le seguenti: «degli ossidi di azoto.»;
   mm) alla parte I, dell'allegato II alla Parte V, il punto 5.1 è sostituito dal seguente:
  «5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:
   nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite, e
   nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti nuovi supera i pertinenti valori limite,
   nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti anteriori al 2002 e anteriori al 2013 supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite,
   il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite.»;
   nn) alla parte I, dell'allegato II alla Parte V, il punto 5.3 è soppresso;
   oo) alla parte I, dell'allegato III alla Parte V, al punto 3.4, le parole: «In alternativa alle apparecchiature di cui al punto 3.2,» sono sostituite dalle seguenti: «In caso di emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, non superiore a 10 kg/h,».
11. 022.(Testo modificato nel corso della seduta) Giulietti.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 11-bis

ARTICOLO 11-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11-bis.
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Procedura di infrazione n. 2017/0127).

  1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 217, comma 1, dopo le parole: «Il presente titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente» sono inserite le seguenti: «, favorendo, fra l'altro, livelli sostenuti di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica,» e dopo le parole: «come integrata e modificata dalla direttiva 2004/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio» sono inserite le seguenti: «e dalla direttiva 2015/720/UE del Parlamento europeo e del Consiglio»;
   b) all'articolo 218, comma 1, dopo la lettera dd) sono aggiunte le seguenti:
    «dd-bis) plastica: un polimero ai sensi dell'articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse;
    dd-ter) borse di plastica: borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti;
    dd-quater) borse di plastica in materiale leggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 50 micron, fornite per il trasporto;
    dd-quinquies) borse di plastica in materiale ultraleggero: borse di plastica con uno spessore della singola parete inferiore a 15 micron, richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi;
    dd-sexies) borse di plastica oxo-degradabili: borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti;
    dd-septies) borse di plastica biodegradabili e compostabili: borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, come stabiliti dal Comitato europeo di normazione e in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;
    dd-octies) commercializzazione di borse di plastica: fornitura di borse di plastica, a pagamento o a titolo gratuito, da parte dei produttori e dei distributori nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci o prodotti»;
   c) all'articolo 219, comma 3, dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:
    «d-bis) l'impatto delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica;
    d-ter) sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili;
    d-quater) l'impatto delle borse oxo-degradabili, come definito dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 20-bis, paragrafo 2, della direttiva 94/62/CE»;
   d) all'articolo 219, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

  « 3-bis. Al fine di fornire idonee modalità di informazione ai consumatori e di consentire il riconoscimento delle borse di plastica commercializzabili, i produttori delle borse di cui agli articoli 226-bis e 226-ter, fermi restando gli obblighi di certificazione ivi previsti, devono apporre sulle borse medesime i propri elementi identificativi nonché diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili. Alle borse biodegradabili e compostabili si applica il disciplinare delle etichette o dei marchi adottato dalla Commissione ai sensi dell'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE»;
   e) dopo l'articolo 220 è inserito il seguente:
  «Art. 220-bis. – (Obbligo di relazione sull'utilizzo di borse di plastica). – 1. Il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 acquisisce dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari a elaborare la relazione annuale prevista all'articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE e comunica tali dati alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, avvalendosi del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, che, a tale fine, è modificato con le modalità previste dalla medesima legge n. 70 del 1994. I dati sono forniti per via telematica e riguardano ciascuna categoria di borse di plastica di cui all'articolo 218, comma 1, lettere dd-ter), dd-quater), dd-quinquies), dd-sexies) e dd-septies).
  2. I dati sono elaborati dall'ISPRA in attuazione della metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione stabiliti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE. Dal 27 maggio 2018 i dati relativi all'utilizzo annuale delle borse di plastica in materiale leggero sono comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, in conformità all'articolo 12 della medesima direttiva»;
   f) all'articolo 224, comma 3, lettera g), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sull'impatto delle borse di plastica sull'ambiente, in particolare attraverso la diffusione delle informazioni di cui all'articolo 219, comma 3, lettere d-bis), d-ter) e d-quater»;
   g) dopo l'articolo 226 sono inseriti i seguenti:
   «Art. 226-bis. – (Divieti di commercializzazione delle borse di plastica). – 1. Fatta salva comunque la commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili, è vietata la commercializzazione delle borse di plastica in materiale leggero, nonché delle altre borse di plastica non rispondenti alle seguenti caratteristiche:
   a) borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:
    1) con spessore della singola parete superiore ai 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
    2) con spessore della singola parete superiore ai 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
   b) borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:
    1) con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
    2) con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

  2. Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito; a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.
   Art. 226-ter. – (Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero). – 1. Al fine di conseguire, in attuazione della direttiva 2015/720/UE, una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica, è avviata la progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi entrambe le seguenti caratteristiche, attestate da certificazioni rilasciate da organismi accreditati:
   a) biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002;
   b) contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo le percentuali di cui al comma 2, lettere a), b) e c), determinato sulla base dello standard di cui al comma 4.

  2. La progressiva riduzione delle borse di plastica in materiale ultraleggero è realizzata secondo le seguenti modalità:
   a) dal 1o gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento;
   b) dal 1o gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 50 per cento;
   c) dal 1o gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 60 per cento.

  3. Nell'applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull'utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/04 e (CE) n. 2023/06, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare.
  4. Gli organismi accreditati certificano la presenza del contenuto minimo di materia prima rinnovabile, determinando la percentuale del carbonio di origine biologica presente nella borsa di plastica rispetto al carbonio totale ivi presente e utilizzando a tal fine lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640.
  5. Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito; a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite»;
   h) all'articolo 261, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
   « 4-bis. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 226-bis e 226-ter è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 2.500 euro a 25.000 euro.
   4-ter. La sanzione amministrativa è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonché in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi di cui agli articoli 226-bis e 226-ter.
   4-quater. Le sanzioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689; all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981».

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche provvedono agli adempimenti previsti dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  3. Sono abrogati:
   a) i commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
   b) l'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11-bis.
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Procedura di infrazione n. 2017/0127).

  Sopprimerlo.
11-bis. 21. Giulietti.
(Approvato)

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, provvede all'inserimento, in forma obbligatoria nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, della materia di educazione ambientale, con particolare riferimento all'emergenza mondiale sull'inquinamento provocato dalle plastiche e al corretto utilizzo e smaltimento delle borse di plastica.
11-bis. 20. Gianluca Pini, Castiello, Picchi, Grimoldi.

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 11-ter. – (Attuazione della Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica in materia di impianti di reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica). – 1. Ai fini della corretta attuazione della direttiva 2012/27/UE la disciplina di cui all'articolo 9, comma 5 lettera a) e lettera b) del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, non si applica per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.
11-bis. 020. Sani.

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 11-ter. – (Attuazione della Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica in materia di impianti di reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica). – 1. La disciplina di cui all'articolo 9, comma 5 lettera a) e lettera b) del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, si applica per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica a partire dal 1 gennaio 2018.
11-bis. 021. Sani.

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente Capo:

Capo VI-bis.
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENERGIA E FONTI RINNOVABILI

Art. 11-ter.
(Adeguamento della normativa nazionale alla «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020. (2014/C 200/01)». Imprese a forte consumo di energia elettrica. SA.38635 (2014/NN) e decisione C(2017) 3406 del 23 maggio 2017).

  1. Nell'ambito dell'adeguamento di cui al presente articolo e al fine di assicurare una reale riduzione degli oneri tariffari sul consumo di energia elettrica, le risorse derivanti dal minor fabbisogno economico relativo alla componente A3 per gli anni 2018, 2019 e 2020 rispetto al 2016 sono destinate, dal 1o gennaio 2018 e per un minimo del 50 per cento, alla riduzione diretta delle tariffe elettriche degli utenti domestici e delle imprese connesse in bassa tensione. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione del presente comma.
  2. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di adeguare la normativa nazionale alla Comunicazione della Commissione europea (2014/C 200/01) recante «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020», e alla decisione C(2017) 3406 del 23 maggio 2017, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti da esprimersi entro il termine di 30 giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, decorso il quale essi possono comunque essere adottati, sono ridefinite le imprese a forte consumo di energia elettrica e le agevolazioni di cui all'articolo 39, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per le medesime imprese. Con gli stessi decreti, sono definiti criteri e modalità con cui l'Autorità provvede all'attuazione della misura e del piano di adeguamento, per gli ambiti di competenza.
  3. Con i decreti di cui al comma 2, le agevolazioni sono definite in modo progressivo per classi di intensità elettrica calcolata sul fatturato dell'impresa, purché nel rispetto dei livelli di contribuzione minima stabiliti dalla Comunicazione di cui al comma 2, applicando parametri di riferimento per l'efficienza del consumo di energia elettrica a livello settoriale o, ove tali parametri non fossero disponibili, utilizzando la media aritmetica del consumo dell'impresa calcolata sugli ultimi tre anni, nonché tenendo eventualmente conto dell'intensità degli scambi a livello internazionale definita a livello settoriale. Con i decreti di cui al comma 2 sono definite altresì le modalità di applicazione della clausola sul Valore Aggiunto Lordo (VAL) di cui ai punti 189-190 della medesima Comunicazione.
  4. Restano fermi gli obblighi di effettuazione della diagnosi energetica di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102, per le imprese a forte consumo di energia elettrica.
  5. All'articolo 1, comma 3-ter, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, la lettera b), è sostituita dalla seguente:
   «b) ad adeguare, con decorrenza dal 1o gennaio 2018, in tutto il territorio nazionale, la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema elettrico applicate ai clienti dei servizi elettrici per usi diversi da quelli domestici almeno in parte ai criteri che governano la tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura in vigore alla medesima data, tenendo comunque conto dei diversi livelli di tensione e dei parametri di connessione, oltre che della diversa natura e delle peculiarità degli oneri rispetto alla tariffa».

  6. Fino alla data di entrata in vigore della riforma della struttura delle componenti tariffarie di cui all'articolo 1, comma 3-ter, lettera b), del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, gli effetti dell'articolo 29 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, si intendono limitati alla sola componente compensativa. Per gli oneri generali di sistema si continua ad applicare quanto previsto dal regime tariffario speciale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730, per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 11-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
  7. All'articolo 29 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
  «1. Il regime tariffario speciale al consumo di RFI-Rete ferroviaria italiana S.p.A., di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730, è applicato a decorrere dal 1o gennaio 2015 ai servizi di trasporto ferroviari eserciti sull'infrastruttura ferroviaria nazionale di RFI ad esclusione dei servizi passeggeri espletati sulle linee appositamente costruite per l'alta velocità e alimentate a 25 kV corrente alternata»;
   b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. La componente tariffaria compensativa annua, riconosciuta in attuazione del regime tariffario speciale di cui al comma 1, è ridotta sulla parte eccedente il quantitativo di 3300 GWh di un importo fino a un massimo di 80 milioni di euro. I consumi elettrici rilevanti ai fini della determinazione della componente compensativa sono calcolati sulla base dei treni per chilometro elettrico rilevati da RFI».
11-bis. 022. Benamati, Francesco Sanna, Arlotti, Bargero, Becattini, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Vico.

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente Capo:

Capo VI-bis.
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENERGIA E FONTI RINNOVABILI

Art. 11-ter.
(Adeguamento della normativa nazionale alla «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020. (2014/C 200/01)». Imprese a forte consumo di energia elettrica. SA.38635 (2014/NN) e decisione C(2017) 3406 del 23 maggio 2017).

  1. Nell'ambito dell'adeguamento di cui al presente articolo e al fine di assicurare una reale riduzione degli oneri tariffari sul consumo di energia elettrica, le risorse derivanti dal minor fabbisogno economico relativo alla componente A3 per gli anni 2018, 2019 e 2020 rispetto al 2016 sono destinate, dal 1o gennaio 2018 e per un minimo del 50 per cento, alla riduzione diretta delle tariffe elettriche degli utenti elettrici che sostengono gli oneri connessi all'attuazione delle misure di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti necessari ai fini dell'applicazione del presente comma.
  2. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di adeguare la normativa nazionale alla Comunicazione della Commissione europea (2014/C 200/01) recante «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020», e alla decisione C(2017) 3406 del 23 maggio 2017, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti da esprimersi entro il termine di 30 giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, decorso il quale essi possono comunque essere adottati, sono ridefinite le imprese a forte consumo di energia elettrica e le agevolazioni di cui all'articolo 39, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per le medesime imprese. Con gli stessi decreti, sono definiti criteri e modalità con cui l'Autorità provvede all'attuazione della misura e del piano di adeguamento, per gli ambiti di competenza.
  3. Con i decreti di cui al comma 2, le agevolazioni sono definite in modo progressivo per classi di intensità elettrica calcolata sul fatturato dell'impresa, purché nel rispetto dei livelli di contribuzione minima stabiliti dalla Comunicazione di cui al comma 2, applicando parametri di riferimento per l'efficienza del consumo di energia elettrica a livello settoriale o, ove tali parametri non fossero disponibili, utilizzando la media aritmetica del consumo dell'impresa calcolata sugli ultimi tre anni, nonché tenendo eventualmente conto dell'intensità degli scambi a livello internazionale definita a livello settoriale. Con i decreti di cui al comma 2 sono definite altresì le modalità di applicazione della clausola sul Valore Aggiunto Lordo (VAL) di cui ai punti 189-190 della medesima Comunicazione.
  4. Restano fermi gli obblighi di effettuazione della diagnosi energetica di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102, per le imprese a forte consumo di energia elettrica.
  5. All'articolo 1, comma 3-ter, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, la lettera b), è sostituita dalla seguente:
   «b) ad adeguare, con decorrenza dal 1o gennaio 2018, in tutto il territorio nazionale, la struttura delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema elettrico applicate ai clienti dei servizi elettrici per usi diversi da quelli domestici almeno in parte ai criteri che governano la tariffa di rete per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura in vigore alla medesima data, tenendo comunque conto dei diversi livelli di tensione e dei parametri di connessione, oltre che della diversa natura e delle peculiarità degli oneri rispetto alla tariffa».

  6. Fino alla data di entrata in vigore della riforma della struttura delle componenti tariffarie di cui all'articolo 1, comma 3-ter, lettera b), del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, gli effetti dell'articolo 29 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, si intendono limitati alla sola componente compensativa. Per gli oneri generali di sistema si continua ad applicare quanto previsto dal regime tariffario speciale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730, per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 11-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
  7. All'articolo 29 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
  «1. Il regime tariffario speciale al consumo di RFI-Rete ferroviaria italiana S.p.A., di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730, è applicato a decorrere dal 1o gennaio 2015 ai servizi di trasporto ferroviari eserciti sull'infrastruttura ferroviaria nazionale di RFI ad esclusione dei servizi passeggeri espletati sulle linee appositamente costruite per l'alta velocità e alimentate a 25 kV corrente alternata»;
   b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
  «2. La componente tariffaria compensativa annua, riconosciuta in attuazione del regime tariffario speciale di cui al comma 1, è ridotta sulla parte eccedente il quantitativo di 3300 GWh di un importo fino a un massimo di 80 milioni di euro. I consumi elettrici rilevanti ai fini della determinazione della componente compensativa sono calcolati sulla base dei treni per chilometro elettrico rilevati da RFI».
11-bis. 022.(Testo modificato nel corso della seduta) Benamati, Francesco Sanna, Arlotti, Bargero, Becattini, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Vico.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente Capo:

Capo VI-bis.

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENERGIA E FONTI RINNOVABILI

Art. 11-ter.
(Adeguamento della normativa nazionale alla «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020. (2014/C 200/01)». Sostegno alla promozione delle fonti rinnovabili).

  1. Allo scopo di proseguire nella politica di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili conformandosi a quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020 (2014/C 200/01), all'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. La produzione di energia elettrica da impianti di potenza nominale fino a un valore, da stabilire coi decreti di cui al comma 5, differenziato sulla base delle caratteristiche delle diverse fonti rinnovabili, comunque non superiore a 5 MW elettrici per gli impianti eolici e a 1 MW elettrico per le altre fonti rinnovabili, ha diritto a un incentivo stabilito sulla base dei seguenti criteri:
   a) l'incentivo è diversificato per fonte e per scaglioni di potenza, al fine di favorire la riduzione dei costi;
   b) l'incentivo riconosciuto è quello applicabile alla data di entrata in esercizio sulla base del comma 5.»;
   b) al comma 4, lettera c), le parole: «a un contingente di potenza da installare per ciascuna fonte o tipologia di impianto» sono sostituite dalle seguenti: «a contingenti di potenza, anche riferiti a più tecnologie e specifiche categorie di interventi».
11-bis. 024. Benamati, Francesco Sanna, Arlotti, Bargero, Becattini, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Vico.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 11-ter. – (Impianti di generazione energia alimentati da bioliquidi sostenibili). – 1. Con effetto a decorrere dal 1o gennaio 2017 i titolari di impianti di generazione energia alimentati da bioliquidi sostenibili, non incentivati con tariffa onnicomprensiva, entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2007 ed entro il 31 dicembre 2012, possono optare per l'applicazione del coefficiente moltiplicativo di cui al punto 7 della tabella 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in luogo di quello di cui al punto 6 della tabella medesima. In caso di esercizio dell'opzione, il coefficiente viene applicato ad un quantitativo massimo di energia incentivabile annuale determinato secondo i criteri di cui al successivo comma 2 senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. All'energia prodotta in eccesso rispetto al predetto quantitativo massimo di energia incentivabile annuale, è applicato un coefficiente moltiplicativo pari a zero.
  2. L'energia massima incentivabile annuale è determinata dal Gestore del Sistema Elettrico S.p.A. (GSE) moltiplicando la potenza elettrica nominale ricavabile dalla convenzione GRIN stipulata da ogni titolare di impianto con il GSE, diminuita dei servizi ausiliari risultanti dalla convenzione medesima, per 5.800 ore annue.
  3. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il GSE definisce le modalità di presentazione da parte dei titolari di impianti di generazione energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili della richiesta per l'esercizio dell'opzione prevista al comma 2. La richiesta deve in ogni caso essere presentata entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e ha validità fino al termine del periodo di incentivazione risultante dalla convenzione sottoscritta con il GSE.
  4. Gli aderenti all'opzione di cui al presente articolo si impegnano a salvaguardare il livello occupazionale in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fino al termine del periodo di incentivazione.
11-bis. 023. Marco Di Maio.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente Capo:

Capo VI-bis.

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENERGIA E FONTI RINNOVABILI

Art. 11-ter.
(Adeguamento della normativa nazionale alla «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020. (2014/C 200/01)». Imprese a forte consumo di gas naturale).

  1. Al fine di consentire, in modo conforme ai criteri di cui alla Comunicazione della Commissione europea «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020. (2014/C 200/01)», la rideterminazione della applicazione al settore industriale dei corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema gas il cui gettito è destinato al finanziamento di misure volte al raggiungimento di obiettivi comuni in materia di decarbonizzazione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro 45 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sentita l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, sono definite le imprese a forte consumo di gas naturale, in base a requisiti e parametri relativi ai livelli minimi di consumo, all'incidenza del costo del gas naturale sul valore dell'attività d'impresa, all'esposizione delle imprese alla concorrenza internazionale. Le imprese che ne fanno richiesta, previa verifica della sussistenza dei requisiti di cui al precedente periodo, sono inserite in un apposito elenco delle imprese a forte consumo di gas.
  2. Entro 120 giorni dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 1, su indirizzo del Ministro dello sviluppo economico, l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico provvede alla rideterminazione dei corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema gas il cui gettito è destinato al finanziamento di misure volte al raggiungimento di obiettivi comuni in materia di decarbonizzazione e dei criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali, tenendo conto della definizione di imprese a forte consumo di gas naturale di cui al comma 1, nel rispetto dei requisiti e dei limiti stabiliti nella Comunicazione (2014/C 200/01) della Commissione europea e applicando parametri di riferimento per l'efficienza del consumo di gas a livello settoriale. Il sistema rideterminato dei corrispettivi di cui al comma 1 assicura il rispetto dei limiti di cumulo degli aiuti di Stato stabiliti dalle norme europee, l'invarianza del gettito tributario e non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  3. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il servizio idrico adotta i provvedimenti necessari a garantire che tutti i consumi di gas superiori a 1 milione di smc/anno per usi non energetici non siano assoggettati all'applicazione dei corrispettivi tariffari stabiliti per la copertura degli oneri generali del sistema gas, il cui gettito è destinato al finanziamento di misure volte al raggiungimento di obiettivi comuni in materia di decarbonizzazione. I provvedimenti di cui al presente comma assicurano l'invarianza del gettito tributario e non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
11-bis. 05. Benamati, Francesco Sanna, Arlotti, Bargero, Becattini, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Vico.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Capo VII
ALTRE DISPOSIZIONI

Art. 12.
(Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 234).

  1. Alla legge 24 dicembre 2012, n. 234, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 29, comma 7, dopo la lettera e) è inserita la seguente:
   « e-bis) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea che delegano alla Commissione europea il potere di adottare gli atti di cui all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea»;
   b) all'articolo 31, comma 6, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 36 per il recepimento degli atti delegati dell'Unione europea che recano meri adeguamenti tecnici».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 12.
(Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 234).

  Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:
   0a)
all'articolo 2, comma 9, le parole: «individuato l'ufficio di» sono sostituite dalle seguenti: «individuata la».
12. 20. Giulietti.
(Approvato)

  Al comma 1, alla lettera a) premettere le seguenti:
   0a) all'articolo 4, il comma 6 è abrogato;
   0a-bis) all'articolo 14, il comma 5 è abrogato;
   0a-ter) all'articolo 15, il comma 4 è abrogato;
12. 6. Gianluca Pini, Bossi.

  Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:
   0a) all'articolo 14, comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le parole: «nonché tutti i documenti, gli atti o le lettere inviate dalla Commissione europea e dell'amministrazione competente che formino parte della procedura di infrazione o di pre-infrazione».
12. 2. Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, alla lettera a) premettere le seguenti:
   0a) all'articolo 14, il comma 5 è abrogato;
   0a-bis) all'articolo 15, il comma 4 è abrogato;
12. 4. Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:
   0a) all'articolo 15, comma 1, primo periodo, dopo le parole: «di cui agli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea» sono inserite le seguenti: «, nonché tutti i documenti, gli atti o le lettere inviate dalla Commissione europea e dell'amministrazione competente che formino parte della procedura di infrazione o di pre-infrazione».
12. 3. Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).
12. 1. Battelli, Baroni, Petraroli, Fraccaro.

A.C. 4505-A – Articolo 12-bis

ARTICOLO 12-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 12-bis.
(Disposizioni per l'integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l'esercizio degli ascensori).

  1. Al fine di assicurare l'integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l'esercizio degli ascensori, il certificato di abilitazione previsto dall'articolo 15, comma 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, è valido su tutto il territorio nazionale ed è rilasciato dal prefetto in seguito all'esito favorevole di una prova teorico-pratica innanzi a un'apposita commissione esaminatrice, dal medesimo nominata e composta da cinque funzionari, in possesso di adeguate competenze tecniche, dei quali almeno uno, oltre al presidente, con laurea in ingegneria, designati rispettivamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministero dello sviluppo economico, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e da un'azienda sanitaria locale, ovvero da un'agenzia regionale per la protezione ambientale, qualora le disposizioni regionali di attuazione del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, attribuiscano a tale agenzia le competenze in materia. La commissione è presieduta dal funzionario designato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Alla prova teorico-pratica sono presenti almeno tre membri della commissione, compreso il presidente. Al presidente e ai componenti della commissione non spetta alcun compenso.
  2. La data e la sede delle sessioni di esame è determinata dal prefetto. Il prefetto del capoluogo di regione, tenuto conto del numero e della provenienza delle domande pervenute, previe intese con gli altri prefetti della regione, può disporre apposite sessioni di esame per tutte le domande presentate nella regione allo scopo di razionalizzare le procedure finalizzate al rilascio del certificato di abilitazione.
  3. Gli articoli 6 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1951, n. 1767, sono abrogati.
  4. Con apposito regolamento, il Governo è autorizzato a modificare il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, sulla base delle disposizioni del presente articolo. Dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogati i commi 1 e 2.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 12-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 12-bis.
(Disposizioni per l'integrale attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori e ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l'esercizio degli ascensori).

  Dopo l'articolo 12-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 12-ter. – (Termini di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico). – 1. In attuazione dell'articolo 20 della direttiva (UE) 2017/514 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, al fine di garantire strumenti di indagine efficaci tenuto conto delle straordinarie esigenze di contrasto al fenomeno del terrorismo, anche internazionale, per le finalità di accertamento e repressione dei reati di cui agli articoli 51, comma 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale il termine di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico, nonché dei dati relativi alle chiamate senza risposta, di cui all'articolo 4-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, è stabilito, in deroga a quanto previsto dall'articolo 132, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in settantadue mesi.
12-bis. 020. Verini, Berretta, Mucci.

  Dopo l'articolo 12-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 12-ter. – (Termini di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico). – 1. In attuazione dell'articolo 20 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, al fine di garantire strumenti di indagine efficaci tenuto conto delle straordinarie esigenze di contrasto al fenomeno del terrorismo, anche internazionale, per le finalità di accertamento e repressione dei reati di cui agli articoli 51, comma 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale il termine di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico, nonché dei dati relativi alle chiamate senza risposta, di cui all'articolo 4-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, è stabilito, in deroga a quanto previsto dall'articolo 132, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in settantadue mesi.
12-bis. 020.(Testo modificato nel corso della seduta) Verini, Berretta, Mucci.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna).

  1. Dopo il comma 1 dell'articolo 17 della legge 21 luglio 2016, n. 145, sono aggiunti i seguenti:

  « 1-bis. L'indennità di missione corrisposta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna è calcolata ai sensi dei commi 2, 3, 4 e 6 dell'articolo 5.
  1-ter. La corresponsione del trattamento di missione previsto dal comma 1-bis è subordinata all'effettiva autorizzazione della partecipazione del personale di cui al medesimo comma alle iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna con le procedure previste dagli articoli 2 e 3».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 13.
(Trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna).

  Dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:
  Art. 13.1. – (Misure a salvaguardia dei contributi versati dai soggetti partecipanti al mercato della capacità). – 1. Al fine di garantire certezza alle transazioni nei mercati dell'energia, con riferimento al mercato della capacità oggetto di notifica alla Commissione Europea ai sensi delle Linee Guida europee in materia di aiuti di stato per l'energia e l'ambiente, le garanzie a copertura delle obbligazioni assunte dai soggetti partecipanti al sistema di remunerazione della capacità, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo del 19 dicembre 2003 n. 379, in qualunque forma prestate, non possono essere distratte dalla destinazione prevista, né essere soggette ad azioni ordinarie, cautelari o conservative da parte dei creditori dei singoli soggetti partecipanti ovvero del Gestore della rete di trasmissione nazionale ovvero del soggetto cui potrà essere affidata la gestione delle garanzie stesse, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Durante il periodo di partecipazione al mercato della capacità e per l'intera durata degli impegni contrattuali non opera nei confronti dell'ammontare garantito, la compensazione legale e giudiziale e non può essere pattuita la compensazione volontaria.
13. 020. Manfredi.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:
  Art. 13.1. – 1. L'ENAC svolge le funzioni di autorità competente nazionale ai sensi del Regolamento (UE) 139/2014..
13. 021. Giulietti.

  Dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:
  Art. 13.1. – 1. L'ENAC svolge le funzioni di autorità competente nazionale ai sensi del Regolamento (UE) 139/2014. Sono fatte salve le competenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
13. 021.(Testo modificato nel corso della seduta) Giulietti.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 13-bis

ARTICOLO 13-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 13-bis.
(Interventi di cooperazione allo sviluppo con finanziamento dell'Unione europea).

  1. Per realizzare e monitorare interventi di cooperazione allo sviluppo con il finanziamento dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 11 agosto 2014, n. 125, le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari possono, nei limiti del suddetto finanziamento, avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di personale non appartenente alla pubblica amministrazione, per la durata degli interventi, alle medesime condizioni previste per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, ai sensi dell'articolo 11 comma 1, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale 22 luglio 2015, n. 113. Per gli interventi nei Paesi in cui l'Agenzia ha proprie sedi, il presente comma si applica fino al subentro dell'Agenzia nella responsabilità per gli interventi stessi.
  2. Il controllo della rendicontazione degli interventi di cui al comma 1 può essere effettuato da un revisore legale o da una società di revisione legale individuati nel rispetto del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, con oneri a carico del finanziamento dell'Unione europea.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 13-bis.
(Interventi di cooperazione allo sviluppo con finanziamento dell'Unione europea).

  Dopo l'articolo 13-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 13-ter. – (Modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali). – 1. Al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 29:
    1) dopo il comma 4, è aggiunto il seguente:
  «4-bis. Fermo restando quanto previsto ai commi 1, 2, 3 e 4, i titolari possono avvalersi per il trattamento di dati, anche sensibili, di soggetti pubblici o privati che, in qualità di responsabili del trattamento, forniscano le garanzie di cui al comma 2. I titolari stipulano in forma scritta atti giuridici con i predetti responsabili, che specificano la finalità perseguita, la tipologia dei dati, la durata del trattamento, gli obblighi e i diritti del responsabile del trattamento e le modalità di trattamento; i predetti atti sono adottati in conformità a schemi tipo predisposti dal Garante.»;
    2) il comma 5 è sostituito dal seguente: «Il responsabile effettua il trattamento attenendosi alle condizioni di cui al comma 4-bis e alle istruzioni impartite dal titolare, il quale, anche tramite verifiche periodiche, vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni di cui al comma 2, delle proprie istruzioni e di quanto stabilito negli atti di cui al comma 4-bis.»;
   b) dopo l'articolo 110 è aggiunto il seguente:
  «Art. 110 – bis – (Riutilizzo dei dati per finalità di ricerca scientifica o per scopi statistici) – 1. Nell'ambito delle finalità di ricerca scientifica ovvero per scopi statistici può essere autorizzato dal Garante per la protezione dei dati personali il riutilizzo dei dati, anche sensibili, ad esclusione di quelli genetici, a condizione che siano adottate forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati ritenute idonee a tutela degli interessati.
  2. Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione o, anche successivamente, sulla base di eventuali verifiche, il Garante stabilisce le condizioni e le misure necessarie ad assicurare adeguate garanzie a tutela degli interessati nell'ambito del riutilizzo dei dati, anche sotto il profilo della loro sicurezza».
13-bis. 050. Governo.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 13-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 13-ter. – (Disposizioni in materia di funzionamento del Garante per la protezione dei dati personali). – 1. Al fine di assicurare il regolare svolgimento dei poteri di controllo affidati al Garante per la protezione dei dati personali e per fare fronte agli accresciuti compiti derivanti dalla partecipazione alle attività di cooperazione fra autorità di protezione di dati dell'Unione europea è attribuito, a decorrere dal 2018, un contributo aggiuntivo pari a 1.400.000 euro. Per le finalità di cui al primo periodo il ruolo organico di cui all'articolo 156, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come incrementato in attuazione dell'articolo 1, comma 542, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successivamente dall'articolo 1, comma 268, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 è incrementato di 25 unità, i cui oneri sono quantificati in euro 887.250 per l'anno 2017 ed in euro 2.661.750 a decorrere dall'anno 2018.
  2. All'onere di cui al comma 1, quantificabile in euro 887.250 per l'anno 2017 ed in euro 4.061.750 a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
13-bis. 051. Governo.
(Approvato)

A.C. 4505-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Clausola di invarianza finanziaria).

  1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, ad esclusione degli articoli 4, 7 e 8, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla medesima legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

A.C. 4505-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del disegno di legge A.C. 4505-A recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017» al fine di pervenire al superamento di alcune delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI e di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei risultati del monitoraggio dello stato delle acque integra le disposizioni dettate dall'articolo 78-sexies del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente) relativamente ai metodi di analisi utilizzati per il monitoraggio medesimo e per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee;
    gli Stati membri devono adottare misure per proteggere l'ambiente acquatico e le fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei pesticidi (direttiva 2009/128/CE) e preferire pesticidi classificati come non pericolosi per l'ambiente acquatico (regolamento (CE) n. 1272/2008) e che non contengano sostanze pericolose prioritarie (direttiva 2000/60/CE);
    negli anni, l'Ispra ha registrato un aumento della copertura territoriale e della rappresentatività delle indagini, ma rimane ancora una disomogeneità dei controlli fra le regioni del Nord e quelle del Centro-sud, dove ad oggi il monitoraggio è poco rappresentativo dell'uso dei pesticidi sul territorio. Inoltre, c’è la necessità di un aggiornamento continuo dei programmi di monitoraggio che tenga conto delle nuove sostanze immesse sul mercato,

impegna il Governo

ad adottare misure per ridurre e regolamentare l'uso dei pesticidi al fine di contenere il danno ambientale e diminuire il rischio di contaminazione dell'ambiente ed il conseguente sviluppo di patologie gravi nella popolazione nonché assumere iniziative per modificare il piano nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari introducendo vincoli più stringenti per l'uso degli agrofarmaci e misure sanzionatorie per quelle regioni che non presentino i dati relativi ai pesticidi che si trovano nelle acque italiane.
9/4505-A/1 Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del disegno di legge A.C. 4505-A recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017» al fine di pervenire al superamento di alcune delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI e di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei risultati del monitoraggio dello stato delle acque integra le disposizioni dettate dall'articolo 78-sexies del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente) relativamente ai metodi di analisi utilizzati per il monitoraggio medesimo e per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione della concentrazione degli inquinanti nelle acque sotterranee;
    gli Stati membri devono adottare misure per proteggere l'ambiente acquatico e le fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei pesticidi (direttiva 2009/128/CE) e preferire pesticidi classificati come non pericolosi per l'ambiente acquatico (regolamento (CE) n. 1272/2008) e che non contengano sostanze pericolose prioritarie (direttiva 2000/60/CE);
    negli anni, l'Ispra ha registrato un aumento della copertura territoriale e della rappresentatività delle indagini, ma rimane ancora una disomogeneità dei controlli fra le regioni del Nord e quelle del Centro-sud, dove ad oggi il monitoraggio è poco rappresentativo dell'uso dei pesticidi sul territorio. Inoltre, c’è la necessità di un aggiornamento continuo dei programmi di monitoraggio che tenga conto delle nuove sostanze immesse sul mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure per ridurre e regolamentare l'uso dei pesticidi al fine di contenere il danno ambientale e diminuire il rischio di contaminazione dell'ambiente ed il conseguente sviluppo di patologie gravi nella popolazione nonché assumere iniziative per modificare il piano nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari introducendo vincoli più stringenti per l'uso degli agrofarmaci e misure sanzionatorie per quelle regioni che non presentino i dati relativi ai pesticidi che si trovano nelle acque italiane.
9/4505-A/1(Testo modificato nel corso della seduta)  Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 18 luglio i 28 ministri europei delle telecomunicazioni riuniti a Tallinn hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta sul 5G volta a ribadire il loro impegno a mantenere il passo richiesto dalla road map fissata dalla Commissione Ue;
    nel corso di tale occasione, è stata prestata particolare attenzione alla necessità di più fibra, di semplificare l'installazione delle small cells e, in particolare, di rivedere i limiti elettromagnetici previsti dai singoli Paesi, allineandoli ad un unico livello europeo;
    peraltro, già la raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz invita gli Stati membri ad attribuire alle grandezze fisiche dei campi elettromagnetici uno specifico significato e a determinare i limiti di base e i livelli di riferimento in coerenza con quanto stabilito dalla raccomandazione medesima;
    in Italia, i limiti di emissione di campo elettromagnetico previsti dalla raccomandazione 1999/519/CE sono recepiti attraverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, recante «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz.» – di seguito indicato come DPCM;
    il suddetto DPCM dispone limiti di esposizione per la popolazione, che per quasi tutte le sorgenti coincidono con quanto previsto dalla raccomandazione europea n. 1999/519/CE, ad eccezione di quelli relativi ai «sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi», per i quali vengono fissati anche limiti variabili in funzione della prevista durata dell'esposizione, pari a 6 v/m, a fronte di una media Ue di circa 40 v/m;
    la direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE ha aggiornato le prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione ai campi elettromagnetici durante il lavoro;
    il decreto legislativo n. 159 del 2016, recante «Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE», all'articolo 209, comma 3, prevede che, laddove siano rispettati i limiti proposti dalla raccomandazione 1999/519/CE, siano esclusi rischi relativi alla sicurezza;
    né la direttiva 2013/35/UE, né la raccomandazione 1999/519/CE, né il decreto legislativo n. 159 del 2016 prevedono alcuna discriminazione tra le sorgenti di onde elettromagnetiche, né in funzione della prevista durata dell'esposizione, come peraltro condiviso dalla comunità scientifica;
    appare quindi di fondamentale importanza intervenire tempestivamente per allineare i limiti nazionali a quelli Ue; diversamente si rischierebbe concretamente di non riuscire a realizzare l'obiettivo dello sviluppo e della diffusione del 5G, con evidenti conseguenze negative in termini di perdita di competitività per tutto il sistema Paese;
    potrebbe inoltre crearsi un conflitto interpretativo tra quanto stabilito dalla direttiva 2013/35/UE, recepita con il richiamato decreto legislativo n. 159 del 2016, e quanto stabilito dal DPCM 8 luglio 2003, creando, in questa denegata ipotesi, il concreto rischio dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione,

impegna il Governo

ad allineare i limiti previsti a livello nazionale a quelli europei, garantendo, per ogni tipologia di sorgente, indipendentemente dalla durata dell'esposizione, la corretta applicazione della direttiva n. 2013/35/UE, così come recepita dal decreto legislativo n. 159 del 2016, confermando che la valutazione del rischio legato ai campi elettromagnetici debba essere fatta solo nei luoghi in cui si superino i limiti previsti dalla suddetta normativa.
9/4505-A/2Boccadutri, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del presente provvedimento, in attuazione della Decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale, amplia il campo di applicazione dell'aggravante di «negazionismo», prevista dall'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, stabilendo la punibilità anche della grave minimizzazione e dell'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione circa la gravità del negazionismo, spiegando come la grave minimizzazione o l'apologia della Shoah, dei crimini di genocidio e dei crimini contro l'umanità, mettendo in discussione i valori che fondano la lotta contro il razzismo e l'antisemitismo, sono incompatibili con la democrazia e con i diritti umani.
9/4505-A/3Marzano, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 4505 Governo, recante: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017» per le parti di competenza delle politiche agricole individua importanti modifiche e recepimenti legislativi;
   in considerazione della sempre minore disponibilità di acque viene ritenuta l'opportunità di introdurre – anche – misure che consentano di assicurare forme di riduzione del consumo dell'acqua in agricoltura, al tal fine favorendo la diffusione di meccanica e tecnologia di precisione che consenta di monitorare l'uso di acque reflue e di irrigazione;
   viene reputato necessario procedere alla definizione di un quadro orientato a quantificare costi e benefici, sotto il profilo economico, sociale ed ambientale, derivanti dall'impiego della risorsa idrica in agricoltura, nonché i volumi delle restituzioni e dei rilasci;
   la Commissione Agricoltura, il 27 novembre 2014 ha approvato la risoluzione n. 8-00088 Zanin, Caon, Gagnarli, Franco Bordo ed altri «Sul processo di revisione della direttiva n. 91/676/CEE. in materia di inquinamento da nitrati»;
   il legislatore europeo si è dotato di una normativa di settore con cui proteggere la qualità delle acque in Europa e, nel 1991 ha emanato la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, conosciuta come «Direttiva Nitrati»;
   la «direttiva nitrati» venne emanata anche perché il contenuto di nitrati nell'acqua era in aumento esponenziale ed era già elevato rispetto alle norme fissate nella Direttiva 75/440/CEE del Consiglio, concernente la qualità delle acque superficiali destinate al consumo umano; la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, recepita dal decreto legislativo n. 152 del 2006 a cui è seguito il decreto ministeriale del 7 aprile 2006 che fissa i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, obbliga gli Stati membri a individuare le cosiddette «zone vulnerabili da nitrati», ZVN, di origine agricola, le quali zone sono caratterizzate da acque già inquinate o che potrebbero diventare tali in assenza di interventi adeguati. In queste zone le misure devono garantire che, per ciascuna azienda agro-zootecnica, il quantitativo di effluente zootecnico distribuito sul terreno all'anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro. Il limite per le zone non vulnerabili è di 340 kg di azoto per ettaro. Inoltre, gli Stati devono definire e applicare nelle zone vulnerabili appositi «Programmi d'Azione» che regolamentino l'utilizzazione agronomica degli effluenti d'allevamento e l'impiego dei fertilizzanti minerali e organici contenenti azoto; dal 2005 le misure previste dalla «direttiva nitrati» costituiscono parte integrante di uno dei criteri di gestione obbligatori, CGO, della «condizionalità», principio secondo il quale le aziende agricole possono beneficiare degli aiuti comunitari derivanti dalla politica agricola comune, PAC, a condizione appunto che rispettino una serie di impegni come: la corretta gestione agronomica dei terreni, la salvaguardia dell'ambiente, la sanità pubblica, la salute degli animali e delle piante e il benessere degli animali,

impegna il Governo

   a promuovere e sostenere il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi dieci anni, distinguendo i limiti in funzione delle macro regioni agricole europee in ragione anche dei fattori climatici e favorendo lo stoccaggio in armonizzazione con la gestione dell'attività produttiva; ad assicurare rapidamente, tramite lo studio condotto dall'ISPRA al fine di accertare – previo monitoraggio completo del territorio italiano – le fonti di inquinamento da nitrati, una chiara analisi delle fonti di inquinamento da nitrati, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali e per conseguenza a provvedere ad una revisione delle modalità di calcolo degli apporti di azoto di derivazione agricola;
   ad esercitare il potere sostitutivo, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, al fine di aggiornare il quadro complessivo delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
9/4505-A/4Matarrelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 della legge europea, attribuisce un indennizzo ai contribuenti che chiedono rimborsi IVA all'Agenzia delle entrate, in relazione ai quali sono tenuti alla prestazione di un'idonea garanzia;
    in particolare, si prevede che a tali soggetti debba essere riconosciuta una somma a titolo di ristoro forfetario pari allo 0,15 per cento dell'importo garantito;
    al fine di meglio adeguare la normativa nazionale ai principi sanciti in ambito comunitario in materia di ritardi nei pagamenti dell'amministrazione finanziaria e riduzione degli oneri a carico dei contribuenti, andrebbero introdotte forme di indennizzo anche per i casi di ritardo nell'erogazione dei rimborsi superiore al termine di 3 mesi previsto dalla legge,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa normativa, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, al fine di prevedere forme di ristoro anche per i casi in cui l'erogazione del rimborso fiscale venga eseguita con un ritardo superiore al previsto termine di legge, commisurando l'ammontare dell'indennizzo ai giorni di ritardo sopportati dal contribuente.
9/4505-A/5Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconosce, in via generale, «il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio»;
    per i procedimenti tributari, il principio generale del contraddittorio è stato oggetto di plurime pronunce della Corte di Giustizia Europea e della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (v. sentenze n. 49217/99 e 49218/99 del 22/10/2003 su omesso o ritardato rimborso di imposte, nonché sentenza 09/3/2006 sul ricorso 10162/02): nell'affermare che «i diritti fondamentali sono parte integrante dei principi giuridici generali dei quali la Corte garantisce l'osservanza ispirandosi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri» e che «il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario», i giudici comunitari hanno riconosciuto il diritto del contribuente di essere sentito personalmente già nella fase dell'istruttoria amministrativa è da ritenersi ricompreso nel diritto ad un equo processo poiché soddisfa sia l'esigenza del contribuente di partecipare alla fase amministrativa che quella di celerità e speditezza del procedimento;
    il principio sancito in ambito comunitario è stato ripreso anche dalla giurisprudenza nazionale con la sentenza delle Sezioni Unite della S.C. n. 24823/2015;
    tuttavia, recenti pronunce delle sezioni semplici della S.C. hanno limitato la portata applicativa del principio del contraddittorio ai soli tributi armonizzati nonché ai soli casi in cui la legge lo prevede espressamente, con ciò riducendo l'efficacia del principio sancito dallo Statuto dei diritti del contribuente e riproponendo nuovamente il tema del contrasto tra la norma nazionale e quella comunitaria;
    in effetti, la norma nazionale (articolo 6, comma 5, legge 212/2000) limita l'applicazione del principio del contraddittorio a specifiche fattispecie, non adeguandosi al riguardo al citato articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che lo estende invece a tutti i procedimenti di natura amministrativa,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa normativa al fine di introdurre nell'ordinamento giuridico interno il principio generale del contraddittorio anticipato nell'ambito dei procedimenti amministrativi tributari.
9/4505-A/6Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge europea 2017 (A.C. 4505-A) contiene al Capo III talune disposizioni in materia di fiscalità, volte a chiudere procedure di infrazione, o a risolvere casi di Ue-Pilot o a disporre modifiche della legislazione nazionale al fine di operare un completo adeguamento a specifiche direttive europee in materia fiscale;
    tuttavia, un'ulteriore questione fiscale rimane ancora aperta, ossia un'agevolazione fiscale che viene messa a disposizione anche dalle amministrazioni dei diversi Paesi dell'Unione europea, concernente il rimborso delle accise per il trasporto merci e le imprese di autotrasporto, attualmente concesso esclusivamente alle aziende di trasporto merci e alle aziende di trasporto persone che effettuano trasporto pubblico (servizi di TPL, trasporto pubblico locale) e di linea, esercenti in ambito comunitario;
    tale beneficio fiscale sulle accise del gasolio commerciale non viene infatti applicata nel nostro Paese agli altri segmenti del trasporto di persone con autobus, ossia alle aziende di trasporto persone che non effettuano servizi di linea – di cui la maggior parte sono bus turistici – a causa del non completo e corretto recepimento della direttiva 2003/96/EC del Consiglio del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, in quanto l'adeguamento dovrebbe avvenire in conformità della definizione di cui all'articolo 7 (3) a) e 7 (3) b) – laddove si definisce «gasolio commerciale» utilizzato come propellente per: a) trasporto di merci per conto terzi o per conto proprio; b) trasporto regolare o occasionale di passeggeri;
    recentemente la Commissione Europea – Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale – ha fornito un importante pronunciamento sull'annoso tema dell'estensione al noleggio autobus con conducente della riduzione dell'accisa sul gasolio, già riconosciuta al settore del trasporto merci e agli altri segmenti del trasporto di persone con autobus; ha fornito pareri e chiarimenti circa i criteri di applicazione dell'articolo 7 della Direttiva 2003/96/CE, che consentono agli Stati membri di applicare un'aliquota di accisa ridotta al cosiddetto «gasolio commerciale», vale a dire al gasolio utilizzato – oltre che per il trasporto di merci (articolo 7 (3) (a) della Direttiva) – anche per «il trasporto di passeggeri regolare o occasionale con un autoveicolo delle categorie M2 o M3» (articolo 7 (3) (b) della Direttiva). Secondo la Commissione europea, dunque, se uno Stato membro applica l'aliquota differenziata, deve applicarla in conformità alla definizione sia dell'articolo 7 (3) (a) che (b) della direttiva 2003/96/CE., senza escludere le altre categorie rientranti nelle imprese di trasporto di persona che non effettuano servizi di linea;
    la vigente normativa italiana in materia di riduzione dell'accisa sul gasolio, in quanto esclude dall'ambito di applicazione del beneficio i servizi di noleggio autobus con conducente (servizi occasionali nella definizione comunitaria), finisce per violare la Direttiva 2003/96/CE che non consente agli Stati membri – una volta esercitata l'opzione per l'introduzione di un'aliquota differenziata per il «gasolio commerciale» di adottare a livello nazionale una definizione diversa di «gasolio commerciale», più restrittiva rispetto a quella dettata dalla Direttiva stessa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di provvedere con successivi interventi legislativi volti a recepire integralmente la direttiva 2003/96/EC allo scopo di includere anche i bus turistici e le altre aziende di trasporto di persone che non effettuano servizi di linea, per accedere a pieno diritto alle agevolazioni fiscali riguardanti le accise sul gasolio commerciale, in aderenza a quanto previsto dalla medesima direttiva.
9/4505-A/7Lattuca, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41 del collegato agricoltura ha novellato l'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nella direzione di escludere gli sfalci e le potature provenienti dall'attività di manutenzione del verde urbano dalla filiera dei rifiuti così come avviene per tali frazioni laddove provenienti dall'agricoltura se riutilizzati in agricoltura o per fini energetici;
    tale novella risulta in apparente contrasto con l'articolo 3, n. 4) della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti che include tali frazioni nella nozione di rifiuto organico così come indicato anche dal Commissario europeo Vella in risposta ad una interrogazione depositata in Parlamento europeo ad opera dell'eurodeputato Dario Tamburrano;
    risulta contro il nostro Paese che sia stata aperta una procedura Pilot 9180/17/ ENVI per contrasto con la direttiva sui rifiuti;
    il Sottosegretario Gozi ha anticipato in Aula nella seduta di lunedì scorso 10 luglio 2017 che il nuovo orientamento della Commissione europea sarà quello di diminuire sempre di più i casi di EU Pilot, per passare direttamente all'avvio del contenzioso con gli Stati membri;
   premesso, infine, che:
    la classificazione degli sfalci e delle potature provenienti dai centri urbani nel novero dei rifiuti ha, da sempre, consentito, fino all'entrata in vigore del predetto collegato agricoltura, che tali materiali fossero opportunamente trattati negli impianti di compostaggio per ricavare fertilizzante naturale per i nostri suoli,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa normativa utile a chiudere tempestivamente la procedura EU/Pilot in oggetto, anche in ragione dell'apparente insanabile contrasto tra la disciplina italiana vigente e la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti.
9/4505-A/8Zolezzi, Daga, Vignaroli, Battelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41 del collegato agricoltura ha novellato l'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 nella direzione di escludere gli sfalci e le potature provenienti dall'attività di manutenzione del verde urbano dalla filiera dei rifiuti così come avviene per tali frazioni laddove provenienti dall'agricoltura se riutilizzati in agricoltura o per fini energetici;
    tale novella risulta in apparente contrasto con l'articolo 3, n. 4) della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti che include tali frazioni nella nozione di rifiuto organico così come indicato anche dal Commissario europeo Vella in risposta ad una interrogazione depositata in Parlamento europeo ad opera dell'eurodeputato Dario Tamburrano;
    risulta contro il nostro Paese che sia stata aperta una procedura Pilot 9180/17/ ENVI per contrasto con la direttiva sui rifiuti;
    il Sottosegretario Gozi ha anticipato in Aula nella seduta di lunedì scorso 10 luglio 2017 che il nuovo orientamento della Commissione europea sarà quello di diminuire sempre di più i casi di EU Pilot, per passare direttamente all'avvio del contenzioso con gli Stati membri;
   premesso, infine, che:
    la classificazione degli sfalci e delle potature provenienti dai centri urbani nel novero dei rifiuti ha, da sempre, consentito, fino all'entrata in vigore del predetto collegato agricoltura, che tali materiali fossero opportunamente trattati negli impianti di compostaggio per ricavare fertilizzante naturale per i nostri suoli,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile a chiudere tempestivamente la procedura EU/Pilot in oggetto, anche in ragione dell'apparente insanabile contrasto tra la disciplina italiana vigente e la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti.
9/4505-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zolezzi, Daga, Vignaroli, Battelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea è intervenuta sulla questione delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, inviando all'Italia, il 29 gennaio 2009, una lettera di messa in mora (procedura di infrazione n. 2008/4908) in ragione del mancato adeguamento della legislazione nazionale all'articolo 12, comma 2, della direttiva n. 2006/123/CE – cosiddetta direttiva Bolkestein – ed un'ulteriore lettera di messa in mora complementare il 5 maggio 2010, alle quali l'Italia ha risposto con la legge comunitaria 2010, delegando il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa al settore, chiudendo con ciò la procedura di infrazione in data 27 febbraio 2012;
    la sentenza della Corte di Giustizia CE, Sentenza 14 luglio 2016, n.C-458/14 (Quinta Sezione) riporta quanto segue: «la Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, all'articolo 12 dispone che qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento», aggiungendo che, «l'articolo 16 del decreto-legge del 26 marzo 2010, n. 59, di trasposizione della direttiva 2006/123, prevede che nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparziabilità, cui le stesse devono attenersi»;
    la sentenza succitata rischia di provocare una nuova procedura di infrazione nei confronti dell'Italia;
    il nostro Paese possiede, solo di litorali marittimi, 8 mila chilometri di coste: ha inoltre le capacità tecniche di realizzare stabilimenti balneari ecocompatibili e non impattanti anche in luoghi diversi da quelli già soggetti a concessione;
    nel 2013 la Spagna ha approvato la revisione della Ley de Costas del 1988, prevedendo una proroga da 30 a 75 anni delle concessioni in essere in base alla loro tipologia, senza procedure di evidenza pubblica, grazie all'invocazione dell'articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riguardante il diritto di godere della proprietà dei propri beni;
    il TFUE all'articolo 107, comma 3, lettere a) e c) considera compatibili con il mercato interno quegli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali sotto qualsiasi forma, gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione e quegli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse,

impegna il Governo:

   a considerare l'opportunità di riconsiderare la politica di concessione dei beni demaniali, alla luce delle premesse, predisponendo una deroga che prolunghi, almeno fino al 31 dicembre 2025, l'autorizzazione a quelle imprese che abbiano sede nelle Regioni dell'obiettivo convergenza previsto nell'ambito della politica di coesione 2014/2020;
   a valutare, inoltre, se determinate attività collocate sulle coste italiane, e quindi su un bene demaniale, siano effettivamente «limitate per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili», e se per questo siano davvero avocabili alla «Direttiva Bolkestein» o, piuttosto se non siano soggette all'articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, riguardante il diritto di godere della proprietà dei propri beni.
9/4505-A/9Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento, come modificato in sede referente, oltre ad apportare modifiche alle disposizioni della legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015/2016) in materia di accesso al fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, estende l'ambito di applicazione della disciplina anche alle fattispecie precedenti alla sua entrata in vigore;
    pertanto, si prevede l'estensione della possibilità di accedere al fondo a chiunque sia stato vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005. Si tratta di una disposizione particolarmente rilevante, che completa l'adeguamento della normativa nazionale alle previsioni della direttiva 2004/80/CE,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di effettuare un monitoraggio periodico in merito all'effettiva attuazione di quanto previsto dall'articolo 4 del provvedimento in esame.
9/4505-A/10Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 della legge europea 2017 prevede per l'iscrizione degli «avvocati stabiliti» nell'albo speciale dei patrocinanti innanzi alle giurisdizioni superiori, l'esercizio per almeno 8 anni in uno o più Stati membri, con l'aggiunta dell'ulteriore requisito della proficua frequenza alla Scuola superiore dell'avvocatura. Tale disposizione adegua la normativa nazionale alla direttiva 98/5/UE, sul diritto di stabilimento degli avvocati europei in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale (c.d. avvocati stabiliti);
    ai fini di un completo adeguamento della disciplina concernente la qualifica professionale di avvocato, occorre che anche il testo di riforma degli esami per l'esercizio della professione forense – la legge 31 dicembre 2012, n. 247 – sia conforme al quadro normativo europeo. La legge 247/2012 necessita infatti di una rettifica urgente, in quanto all'articolo 46, comma 3 (relativo alla materie di prova orale per l'esame di avvocato) accorpa indebitamente due materie ben differenziate e due prove di esame da sempre distinte, quali il Diritto dell'Unione europea e il Diritto internazionale privato;
    che tali materie siano completamente differenti e che godano di totale autonomia sia a livello universitario che per quanto riguarda gli esami di avvocato, risulta chiaro anche dalle precedenti normative, quali il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, come modificato dall'articolo 5, comma 1 del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 112, convertito in legge del 18 luglio 2013, n. 180, laddove nell'elenco delle diverse materie di esame e le prove orali per avvocato, figuravano distinti il diritto internazionale privato e il diritto comunitario;
    la recente riforma concernente la disciplina per l'esercizio della professione forense, all'articolo 46, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, indica invece, a causa di un evidente refuso, quali prove orali di esame: «Diritto comunitario ed internazionale privato» anziché «Diritto dell'Unione europea, Diritto internazionale privato». Tale anomalia è in palese contrasto anche con il quadro attuale dei concorsi pubblici (es. concorso per magistrato ordinario, esame di Avvocato dello Stato), nonché con la normativa vigente in tema di avvocati specialisti, distinguendosi sempre e ovunque la materia del diritto internazionale dal diritto dell'Unione europea,

impegna il Governo

a intervenire con urgenza, mediante successivi provvedimenti di natura normativa o regolamentare, affinché vengano superate le difformità letterali esposte in premessa, contenute nella nuova disciplina per le prove per gli esami di Stato abilitanti all'esercizio della professione forense che entrerà in vigore a partire dal 2018, provvedendo a rettificare l'articolo 46, comma 3, della legge 247/2012, per distinguere nettamente Diritto internazionale privato dal Diritto dell'Unione europea, in linea con la nuova terminologia introdotta dal Trattato di Lisbona.
9/4505-A/11Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della legge europea 2017, l'articolo 11-bis, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, reca una disciplina volta alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica al fine di attuare la direttiva UE 2015/720;
    le disposizioni riproducono quelle contenute nello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (Atto del Governo n. 357), che non è stato definitivamente adottato, e che, in attuazione della delega di cui all'articolo 4 della legge n. 170 del 2016, assegna ai gestori degli imballaggi la promozione di campagne di informazione dei consumatori e al CONAI l'organizzazione di programmi di sensibilizzazione per i consumatori in generale, ma nulla prevede per l'organizzazione, in accordo con gli istituti scolastici di specifici programmi educativi per i bambini, diretti alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica alla fornitura di informazioni corrette sulle proprietà e sullo smaltimento delle borse di plastica;
    nel 2014 furono redatte le linee guida di educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile, che già prevedevano lo sviluppo di specifiche competenze per i docenti educatori, tramite l'elaborazione di un piano di sviluppo concordato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    purtroppo non esistono invece programmi educativi specifici per i bambini, diretti alla riduzione e al corretto utilizzo delle borse di plastica, ma esistono solo iniziative locali da parte dei direttori didattici, che hanno contrattualizzato corsi a favore degli studenti;
    tali iniziative, però, sembrerebbero legate solo alla sensibilità dei singoli dirigenti scolastici, mentre tale insegnamento dovrebbe essere, invece, fornito da laureati in possesso delle dovute conoscenze ed esperienze e/o da professionisti che svolgono attività di tutela ambientale, anche favorendo l'impiego di molti giovani che, attraverso varie associazioni, sono attualmente in prima linea per la protezione dell'ambiente,

impegna il Governo

a prevedere l'inserimento della materia di educazione ambientale in forma obbligatoria nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla scia di analoghi programmi europei, con particolare riferimento all'emergenza mondiale sull'inquinamento provocato dalle plastiche e al corretto utilizzo e smaltimento delle borse di plastica.
9/4505-A/12Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della legge europea 2017, l'articolo 11-bis, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, reca una disciplina volta alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica al fine di attuare la direttiva UE 2015/720;
    le disposizioni riproducono quelle contenute nello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (Atto del Governo n. 357), che non è stato definitivamente adottato, e che, in attuazione della delega di cui all'articolo 4 della legge n. 170 del 2016, assegna ai gestori degli imballaggi la promozione di campagne di informazione dei consumatori e al CONAI l'organizzazione di programmi di sensibilizzazione per i consumatori in generale, ma nulla prevede per l'organizzazione, in accordo con gli istituti scolastici di specifici programmi educativi per i bambini, diretti alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica alla fornitura di informazioni corrette sulle proprietà e sullo smaltimento delle borse di plastica;
    nel 2014 furono redatte le linee guida di educazione ambientale per lo sviluppo sostenibile, che già prevedevano lo sviluppo di specifiche competenze per i docenti educatori, tramite l'elaborazione di un piano di sviluppo concordato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    purtroppo non esistono invece programmi educativi specifici per i bambini, diretti alla riduzione e al corretto utilizzo delle borse di plastica, ma esistono solo iniziative locali da parte dei direttori didattici, che hanno contrattualizzato corsi a favore degli studenti;
    tali iniziative, però, sembrerebbero legate solo alla sensibilità dei singoli dirigenti scolastici, mentre tale insegnamento dovrebbe essere, invece, fornito da laureati in possesso delle dovute conoscenze ed esperienze e/o da professionisti che svolgono attività di tutela ambientale, anche favorendo l'impiego di molti giovani che, attraverso varie associazioni, sono attualmente in prima linea per la protezione dell'ambiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'inserimento della materia di educazione ambientale in forma obbligatoria nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla scia di analoghi programmi europei, con particolare riferimento all'emergenza mondiale sull'inquinamento provocato dalle plastiche e al corretto utilizzo e smaltimento delle borse di plastica.
9/4505-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta)  Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, al fine di superare una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU-Pilot 7304/15/ENVI, integra le disposizioni, dettate dall'articolo 78-sexies del cosiddetto Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, relative ai metodi di analisi utilizzati per il monitoraggio dello stato delle acque, garantendo l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei risultati del monitoraggio delle sostanze chimiche e, di conseguenza, dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici superficiali;
    tale articolo appare volto a superare solo una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI relativo alla non corretta applicazione, a livello nazionale, della direttiva 2009/90/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e che, nell'ambito di tale procedura di precontenzioso, la Commissione ha chiesto di ricevere chiarimenti e informazioni anche in merito ad altre questioni, alcune delle quali di interesse per il settore primario e connesse all'uso e ai prezzi dell'acqua in agricoltura ed al tema dell'inquinamento delle acque dovuto ad azoto, fosforo e inquinanti organici nonché a fitofarmaci;
    premesso altresì, a tale ultimo proposito, che la Commissione europea chiede chiarimenti sull'eventuale introduzione di nuove misure vincolanti nei Programmi di Misure nel secondo ciclo dei Piani di gestione, relative, in particolare, alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento diffuso dovuto a azoto, fosforo e inquinanti organici, fitofarmaci;
    ricordato, a tale proposito, che la Commissione Agricoltura, il 27 novembre 2014 ha approvato la risoluzione 8-00088 Zanin, Caon, Gagnarli, Franco Bordo ed altri «Sul processo di revisione della direttiva n. 91/676/CEE, in materia di inquinamento da nitrati» con la quale si impegnava il Governo, tra l'altro, a promuovere e sostenere il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi dieci anni, distinguendo i limiti in funzione delle macro regioni agricole europee in ragione anche dei fattori climatici e favorendo lo stoccaggio in armonizzazione con la gestione dell'attività produttiva; ad assicurare rapidamente, tramite lo studio condotto dall'ISPRA al fine di accertare – previo monitoraggio completo del territorio italiano – le fonti di inquinamento da nitrati, una chiara analisi delle fonti di inquinamento da nitrati, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali e per conseguenza a provvedere ad una revisione delle modalità di calcolo degli apporti di azoto di derivazione agricola, definendo le riduzioni percentuali da applicare in caso di accertata concorrenza di altri fattori inquinanti; ad assumere ogni iniziativa di competenza per la tempestiva revisione delle aree vulnerabili basata su dati scientifici aggiornati, promuovendo una modifica normativa in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l'obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di inquinamento; a sostenere una mediazione con la Commissione europea per il superamento del regime delle deroghe individuali per la definizione di una deroga a validità generale per gli allevatori che presentano ed attuano un Piano di Utilizzazione Agronomica che dimostri di adottare le buone pratiche per innalzare l'efficienza dell'azoto e di somministrare quantitativi di azoto efficiente commisurati al fabbisogno delle colture, consentendo loro di andare oltre i 170 kg di azoto/ha;
    ricordato, tuttavia, che, alla revisione delle «zone cosiddette vulnerabili» non si è potuti addivenire né in sede di attuazione dell'articolo 36, comma 7-ter, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, né a seguito dell'approvazione del decreto interministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016 (recante criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'articolo 113 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato di cui all'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134) che, all'articolo 46, comma 3, stabilisce che i criteri per l'individuazione delle zone vulnerabili devono «essere definiti tenendo conto anche dei carichi derivanti da eventuali fonti di pressione di origine non agricola che possono concorrere a determinare lo stato di contaminazione» e, al medesimo articolo, stabilisce che tale definizione debba essere oggetto di apposito decreto interministeriale da adottarsi, previa intesa della Conferenza Stato Regioni, entro novanta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto interministeriale e preso atto che tale ulteriore decreto interministeriale non è stato ancora adottato,

impegna il Governo

a chiarire, in sede europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI, che appare necessario distinguere la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali, avvalendosi dello studio al riguardo dall'ISPRA, con riferimento alle fonti di inquinamento da nitrati nonché a specificare che le zone vulnerabili debbono essere individuate tenendo conto dei carichi derivanti anche da eventuali fonti di pressione di origine non agricola (quali il livello di inquinamento esistente; la tipologia e consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse; le possibili fonti di pressione; eventuali elementi e fonti naturali di inquinamento, preesistenti o indipendenti da quello antropico; il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l'individuazione di quanto ciascuno degli elementi naturali o antropici incide sull'inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare).
9/4505-A/13Cova, Zanin, Romanini, Venittelli, Prina, Carra, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, al fine di superare una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU-Pilot 7304/15/ENVI, integra le disposizioni, dettate dall'articolo 78-sexies del cosiddetto Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, relative ai metodi di analisi utilizzati per il monitoraggio dello stato delle acque, garantendo l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei risultati del monitoraggio delle sostanze chimiche e, di conseguenza, dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici superficiali;
    tale articolo appare volto a superare solo una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI relativo alla non corretta applicazione, a livello nazionale, della direttiva 2009/90/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e che, nell'ambito di tale procedura di precontenzioso, la Commissione ha chiesto di ricevere chiarimenti e informazioni anche in merito ad altre questioni, alcune delle quali di interesse per il settore primario e connesse all'uso e ai prezzi dell'acqua in agricoltura ed al tema dell'inquinamento delle acque dovuto ad azoto, fosforo e inquinanti organici nonché a fitofarmaci;
    premesso altresì, a tale ultimo proposito, che la Commissione europea chiede chiarimenti sull'eventuale introduzione di nuove misure vincolanti nei Programmi di Misure nel secondo ciclo dei Piani di gestione, relative, in particolare, alla prevenzione e riduzione dell'inquinamento diffuso dovuto a azoto, fosforo e inquinanti organici, fitofarmaci;
    ricordato, a tale proposito, che la Commissione Agricoltura, il 27 novembre 2014 ha approvato la risoluzione 8-00088 Zanin, Caon, Gagnarli, Franco Bordo ed altri «Sul processo di revisione della direttiva n. 91/676/CEE, in materia di inquinamento da nitrati» con la quale si impegnava il Governo, tra l'altro, a promuovere e sostenere il processo di revisione della «direttiva Nitrati» n. 91/676/CEE sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi dieci anni, distinguendo i limiti in funzione delle macro regioni agricole europee in ragione anche dei fattori climatici e favorendo lo stoccaggio in armonizzazione con la gestione dell'attività produttiva; ad assicurare rapidamente, tramite lo studio condotto dall'ISPRA al fine di accertare – previo monitoraggio completo del territorio italiano – le fonti di inquinamento da nitrati, una chiara analisi delle fonti di inquinamento da nitrati, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali e per conseguenza a provvedere ad una revisione delle modalità di calcolo degli apporti di azoto di derivazione agricola, definendo le riduzioni percentuali da applicare in caso di accertata concorrenza di altri fattori inquinanti; ad assumere ogni iniziativa di competenza per la tempestiva revisione delle aree vulnerabili basata su dati scientifici aggiornati, promuovendo una modifica normativa in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l'obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di inquinamento; a sostenere una mediazione con la Commissione europea per il superamento del regime delle deroghe individuali per la definizione di una deroga a validità generale per gli allevatori che presentano ed attuano un Piano di Utilizzazione Agronomica che dimostri di adottare le buone pratiche per innalzare l'efficienza dell'azoto e di somministrare quantitativi di azoto efficiente commisurati al fabbisogno delle colture, consentendo loro di andare oltre i 170 kg di azoto/ha;
    ricordato, tuttavia, che, alla revisione delle «zone cosiddette vulnerabili» non si è potuti addivenire né in sede di attuazione dell'articolo 36, comma 7-ter, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, né a seguito dell'approvazione del decreto interministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016 (recante criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'articolo 113 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato di cui all'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134) che, all'articolo 46, comma 3, stabilisce che i criteri per l'individuazione delle zone vulnerabili devono «essere definiti tenendo conto anche dei carichi derivanti da eventuali fonti di pressione di origine non agricola che possono concorrere a determinare lo stato di contaminazione» e, al medesimo articolo, stabilisce che tale definizione debba essere oggetto di apposito decreto interministeriale da adottarsi, previa intesa della Conferenza Stato Regioni, entro novanta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto interministeriale e preso atto che tale ulteriore decreto interministeriale non è stato ancora adottato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, in sede europea nell'ambito del caso EU Pilot 7304/15/ENVI, che appare necessario distinguere la responsabilità del sistema agricolo rispetto a quelle dei sistemi civili ed industriali, avvalendosi dello studio al riguardo dall'ISPRA, con riferimento alle fonti di inquinamento da nitrati nonché a specificare che le zone vulnerabili debbono essere individuate tenendo conto dei carichi derivanti anche da eventuali fonti di pressione di origine non agricola (quali il livello di inquinamento esistente; la tipologia e consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse; le possibili fonti di pressione; eventuali elementi e fonti naturali di inquinamento, preesistenti o indipendenti da quello antropico; il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l'individuazione di quanto ciascuno degli elementi naturali o antropici incide sull'inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare).
9/4505-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cova, Zanin, Romanini, Venittelli, Prina, Carra, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge europea 2017 (A.C. 4505-A) contiene disposizioni volte a chiudere procedure di infrazione, o a risolvere casi di Ue-Pilot o a disporre modifiche della legislazione nazionale al fine di operare un completo adeguamento a specifiche direttive europee;
    la Direttiva 2000/31/CE «relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno» (cosiddetta «Direttiva sul commercio elettronico») e recepita con decreto legislativo 9-4-2003 n. 70, risale ormai a 17 anni fa, un tempo lunghissimo per un settore che ha conosciuto una rapida e costante evoluzione, risultando pertanto obsoleta e non più in grado di fotografare gli assetti intervenuti e le tendenze in corso, sia sul piano tecnologico quanto su quello del commercio elettronico;
    il quadro normativo in materia, per alcuni aspetti datato e che necessita di adeguamenti e aggiornamenti, si presenta deficitario rispetto a fenomeni come quello della contraffazione e della pirateria nel web che presentano tratti illegali sempre più gravi, creando ogni anno danni economici e sociali molto rilevanti anche nel nostro Paese;
    su tale fenomeno ha indagato a lungo la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, addivenendo all'adozione di una relazione conclusiva, approvata all'unanimità il 23 marzo di quest'anno; la discussione di tale relazione, avviata in Aula il 17 luglio, è tuttora in corso;
   considerato che:
    larghissima parte degli illeciti avviene sul web tramite le reti di comunicazione elettronica e, come dimostrano tutte le ricerche, un ruolo di primissimo piano lo rivestono gli intermediari di internet;
    questi operatori godono, ad oggi, di una sostanziale esenzione di responsabilità per i contenuti illegali che vengono veicolati tramite i loro portali, in forza della Direttiva 2000/31/CE;
   valutato che:
    le imprese e le associazioni di categoria italiane lamentano come lo stesso recepimento della citata Direttiva nel nostro Paese, con il decreto legislativo n. 70 del 2003, abbia generato alcune criticità;
    da più parti si segnala come la normativa italiana richiede in particolare un requisito aggiuntivo, non contemplato nella normativa dell'Unione, che responsabilizza l'intermediario solo se quest'ultimo, una volta al corrente delle circostanze che determinano l'illiceità delle informazioni memorizzate, «su comunicazione delle autorità competenti» non agisce subito per rimuoverle o disabilitarne l'accesso;
    ne deriva quindi che un hosting provider, anche se a conoscenza della natura illecita dei contenuti caricati (tipicamente dietro notifica del titolare di diritti d'autore su quei contenuti), non è obbligato in Italia a rimuoverli a meno che l'autorità competente non lo richieda;
   atteso che:
    il regime di sostanziale irresponsabilità degli intermediari ha conosciuto ad oggi circostanziate delimitazioni solo in forza di talune sentenze della magistratura o di accordi volontari tra privati;
    nel provvedimento in esame è stato previsto, con un articolo aggiuntivo 1-bis, un rafforzamento degli strumenti di intervento tempestivo da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), prevedendo altresì che l'Autorità stessa individui misure idonee ad impedire la reiterazione delle violazioni accertate,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'impegno negoziale, in sede comunitaria, affinché la Direttiva 2000/31/CE sia al più presto aggiornata rispetto alle mutate condizioni tecnologiche e di mercato;
   a proseguire nell'impegno di prevenzione e contrasto della contraffazione e della pirateria, segnatamente sul web, anche con attività di monitoraggio e vigilanza affinché le nuove disposizioni introdotte in materia con il presente provvedimento, con particolare riferimento alle prerogative dell'Agcom, trovino una rapida e coerente attuazione;
   a valutare la possibilità di rafforzare la responsabilità ad agire direttamente da parte degli intermediari, senza la necessità di una richiesta da parte delle autorità competenti, nei casi di palese violazione dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, anche accogliendo le migliori pratiche legislative di recepimento della Direttiva 2000/31/CE negli altri Paesi membri.
9/4505-A/14Baruffi, Cenni, Mongiello, Berretta, Senaldi, Donati, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    visto l'articolo 6 comma 1 della legge in esame che all'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 introduce la lettera b-bis, riconducendo così le cessioni di beni – e relative prestazioni accessorie – nei confronti dei soggetti della cooperazione allo sviluppo, elencati dall'articolo n. 26, comma 3, legge n. 215 del 2014, tra quelle non imponibili IVA all'esportazione, in attuazione dell'articolo n. 146 pr. 1 lettera c) DIR 2006/112/CE;
    considerato che tra i soggetti di cui all'articolo n. 26, comma 3, legge n. 125 del 2014 figurano le organizzazioni di commercio equo e solidale (che nel proprio statuto prevedano come finalità prioritaria la cooperazione internazionale allo sviluppo);
    ritenuta tale norma positiva per il concreto sostegno all'economia solidale;
    sottolineato che la medesima può inserirsi nella strategia normativa per lo sviluppo equo e sostenibile che caratterizza innanzitutto gli indirizzi dell'Unione europea e i relativi documenti programmatici;
    considerato che la Camera ha approvato in prima lettura la prima legge nazionale sul commercio equo e solidale, ora all'esame del Senato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di propria competenza, per promuovere l'economia solidale, in particolare facilitando la conclusione dell’iter della legge quadro di cui in premessa, facendosi promotore anche di un'iniziativa europea.
9/4505-A/15Scuvera, Rubinato, Camani, Berlinghieri, Rotta, Argentin, Palese, Cenni, Gianni Farina, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    considerato che la legge 24 dicembre 2012, n. 234 definisce all'articolo 14 un generico obbligo di informare il Parlamento sulle procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia ed al successivo articolo 15 si definisce un controllo parlamentare sulle procedure d'infrazione riguardanti l'Italia;
    vista la quantità delle procedure di infrazione attualmente aperte e l'importanza, in un'ottica di cooperazione con l'Unione europea, delle procedure di pre-infrazione EU-pilot,

impegna il Governo

a dare informazioni complete e dettagliate al Parlamento delle procedure di pre-infrazione EU pilot.
9/4505-A/16Battelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    considerato che la legge 24 dicembre 2012, n. 234 definisce all'articolo 14 un generico obbligo di informare il Parlamento sulle procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia ed al successivo articolo 15 si definisce un controllo parlamentare sulle procedure d'infrazione riguardanti l'Italia;
    vista la quantità delle procedure di infrazione attualmente aperte e l'importanza, in un'ottica di cooperazione con l'Unione europea, delle procedure di pre-infrazione EU-pilot,

impegna il Governo

a valutare tutte le possibilità esistenti per dare informazioni complete e dettagliate al Parlamento delle procedure di pre-infrazione EU pilot.
9/4505-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta)  Battelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la maggior parte delle Pubbliche Amministrazioni non mantengono fede agli impegni presi in materia di pagamenti con imprese e servizi;
    per tale motivo l'Italia è in infrazione dal 2014 nell'attuazione della Direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sanare tempestivamente l'infrazione di cui in premessa, attraverso un provvedimento che rechi le necessarie risorse economiche al fine di permettere alle Pubbliche Amministrazioni di pagare le imprese nei tempi imposti dalla Direttiva 2011/7/UE.
9/4505-A/17Elvira Savino, Palese.