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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 14 giugno 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 14 giugno 2017.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costa, Costantino, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Speranza, Tabacci, Terzoni, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Vignali, Zampa.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costa, Costantino, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Speranza, Tabacci, Terzoni, Valeria Valente, Velo, Venittelli, Vignali, Zampa.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 13 giugno 2017 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
   RAMPELLI ed altri: «Abrogazione della legge 2 agosto 1999, n. 264, recante norme in materia di accessi ai corsi universitari» (4547).

  Sarà stampata e distribuita.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  FERRANTI ed altri: «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura» (4512) Parere delle Commissioni I e V.

   VIII Commissione (Ambiente):
  MENORELLO: «Modifica all'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente la determinazione del prezzo di cessione delle unita abitative di edilizia sociale» (4447) Parere delle Commissioni I, II, V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  RONDINI ed altri: «Disposizioni per favorire la partecipazione attiva dei cittadini anziani alle attività di pubblica utilità» (4483) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 9 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e dell'articolo 13, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, il conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei ministri per l'anno 2016, approvato in data 31 maggio 2017.

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Formez PA – Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle PA, per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 533).
  Questi documenti sono trasmessi alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Marina di Carrara, per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 534).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 12 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 2007, n. 38, la relazione sulla situazione della missione umanitaria, di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq, riferita all'anno 2016 (Doc. LIII, n. 5).
  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) e alla IV Commissione (Difesa).

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 12 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9 della legge 15 ottobre 1991, n. 344, la relazione sullo stato di attuazione della legge 26 dicembre 1981, n. 763, recante provvedimenti in favore dei profughi italiani, riferita all'anno 2016 (Doc. CVI, n. 5).
  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 12 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 58, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n. 58 del 2001, concernente l'istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario, riferita all'anno 2016 (Doc. CLXXIII, n. 5).
  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 13 giugno 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante modifica della decisione di esecuzione 2015/1411/UE del Consiglio che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (COM(2017) 314 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in sede di Comitato misto SEE in merito a una modifica del protocollo 31 dell'accordo SEE sulla cooperazione in settori specifici al di fuori delle quattro libertà (Linea di bilancio 04 03 01 03) (COM(2017) 316 final), corredata dal relativo allegato (COM(2017) 316 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 8 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Boca (Novara), Cimitile (Napoli), Gallicano nel Lazio (Roma), Massa d'Albe (L'Aquila), Massalengo (Lodi), Pignataro Interamna (Frosinone), Silvi (Teramo) e Volla (Napoli).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Richiesta di parere parlamentare su proposta di nomina.

  La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 13 giugno 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del generale di squadra aerea (aus.) Paolo Magro a presidente dell'Opera nazionale per i figli degli aviatori (ONFA) (110).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IV Commissione (Difesa).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative in relazione alla disciplina dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio – 3-03070

   LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, RAGOSTA, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   più di 3 milioni di persone, su iniziativa della Cgil, hanno chiesto un referendum per l'abolizione dei voucher che si sarebbe dovuto svolgere il 28 maggio 2017;
   per stessa ammissione del Governo, al fine di evitare un'ulteriore spaccatura del Paese dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, è stato varato in tempi brevissimi un decreto-legge teso a prevenire il referendum sui voucher, poi annullato dalla Corte di cassazione;
   ma recentissimamente, il Governo ha, di fatto, resuscitato lo scontro politico sui voucher senza alcun confronto con il sindacato che aveva promosso il referendum, creando un precedente che deve considerarsi di eccezionale gravità, perché uccide l'istituto del referendum, consentendo alla maggioranza di turno di poter abrogare norme oggetto del quesito referendario e con esso il referendum, per poi ripristinarlo sotto mentite spoglie nel giro di pochi giorni, tanto da costringere la Cgil ad annunciare un ricorso alla Corte costituzionale per violazione dell'articolo 75 della Costituzione e a giugno 2017 una manifestazione nazionale con una mobilitazione pari a quella avvenuta per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori;
   in tale contesto, quello che viene in evidenza, purtroppo, non è solo il tentativo di aggirare la Cgil, ma quello di aggirare centinaia di migliaia di persone che avevano firmato un referendum, se lo avevano visto autorizzare e sono state poi private della possibilità di potersi esprimere e decidere come cittadini liberi;
   appare necessario evitare scelte che, con tutta evidenza, a parere degli interroganti sono fatte «sulla testa» dei cittadini, non sono supportate da alcun confronto con il sindacato che aveva promosso il referendum sui voucher, esacerbano se non distruggono la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e, soprattutto, fomentano l'antipolitica, perché avvengono senza rispetto dei principi democratici della Costituzione, minando istituti di democrazia diretta quali il referendum –:
   quali iniziative si intendano assumere per evitare le criticità esposte in premessa.
(3-03070)


Iniziative volte a implementare le politiche relative alle questioni oggetto del recente vertice dei Paesi del G7 svoltosi a Taormina – 3-03071

   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il vertice dei Paesi del G7 svoltosi il 26 e il 27 maggio 2017 a Taormina non ha prodotto risultati soddisfacenti in ordine a nessuno dei quattro temi principali all'ordine del giorno: terrorismo, immigrazione, protezionismo commerciale e accordo sul clima di Parigi;
   sul terrorismo ci si è accontentati di quello che il Presidente del Consiglio dei ministri ha definito «un impegno comune» per sconfiggerlo e di un generico riferimento alla necessità che i social network più diffusi aumentino concretamente gli sforzi per bloccare la propaganda e l'attività di proselitismo via web;
   per quanto riguarda la questione dei migranti, questione centrale per il nostro Paese, il comunicato finale si limita a riaffermare «il diritto sovrano degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i loro confini e a stabilire politiche nel loro interesse nazionale e per la sicurezza nazionale», prescindendo completamente dal tema della prevenzione delle migrazioni attraverso il sostegno dei Paesi di origine;
   sul tema del cambiamento climatico il Presidente degli Stati Uniti non si è nemmeno pronunciato, chiedendo una settimana di tempo per confermare o meno la partecipazione agli accordi contro il cambiamento climatico siglati a Parigi nel 2015 e confermando una distanza profonda rispetto alle posizioni degli altri Stati del G7, unanimi nel sostenere il cosiddetto Cop 21 per evitare il surriscaldamento della terra;
   l'Italia è particolarmente esposta alle problematiche derivanti dai cambiamenti climatici, sia a causa della sua conformazione territoriale, sia a causa della fragilità che le deriva dalle problematiche legate al dissesto idrogeologico;
   infine, anche sul tema del protezionismo commerciale nell'ambito del G7 non si sono registrati particolari progressi rispetto alla posizione di chiusura americana e il comunicato non va oltre l'impegno di mantenere i mercati aperti e di combattere il protezionismo, respingendo al contempo tutte le pratiche commerciali sleali –:
   in che modo l'Italia intenda proseguire la propria azione sui temi esposti in premessa, visti gli scarsi risultati ottenuti nell'ambito del vertice di Taormina e in considerazione dell'estrema rilevanza in ambito nazionale delle questioni trattate.
(3-03071)


Iniziative volte a disciplinare l'attribuzione del cognome ai figli, alla luce della sentenza n. 286 del 2016 della Corte costituzionale, con particolare riguardo al rispetto del principio di parità tra i genitori – 3-03072

   GALGANO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   con sentenza 8 novembre 2016, n. 286, pubblicata nella Gazzetta ufficiale, serie speciale n. 52, del 28 dicembre 2016, inviata alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla questione di costituzionalità sollevata dalla corte di appello di Genova, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma di sistema «nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno», estendendo la pronuncia anche ai figli nati fuori dal matrimonio o adottati;
   la sentenza ha una portata storica perché segna il superamento dell'attribuzione automatica del cognome paterno, già definita dalla stessa Corte costituzionale come «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» (sentenza n. 61 del 2006);
   come evidenziato nella stessa sentenza «in assenza dell'accordo dei genitori, residua la generale previsione dell'attribuzione del cognome paterno, in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità»;
   nonostante le numerose proposte di legge d'iniziativa parlamentare avanzate sin dagli anni ’80, la condanna nel 2014 della Corte di Strasburgo e la conseguente presentazione di un disegno di legge governativo, il Parlamento non ha approvato alcuna norma al riguardo: l'atto Senato 1628, già approvato dalla Camera dei deputati, è da oltre due anni all'esame del Senato della Repubblica unitamente ad altri disegni di legge;
   a due mesi dalla data di pubblicazione della sentenza, le problematiche connesse alla fase di sua prima e concreta applicazione risultano in gran parte non risolte;
   oltre alle necessarie misure amministrative ed organizzative, si impone un urgente adeguamento del quadro normativo, affinché sia dato doveroso seguito alle perentorie e chiarissime conclusioni della Corte costituzionale sopra riportate –:
   se il Governo intenda adottare opportune iniziative, per quanto di competenza, allo scopo di eliminare la persistente discriminazione dell'attuale disciplina di cui in premessa e dare piena attuazione, in linea con quanto emerge dalla sentenza della Corte costituzionale, ai principi di cui agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione, in modo da garantire il «diritto del minore all'identità personale unitamente al riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione di tale identità», come rilevato nella sentenza n. 286 del 2016 della Corte costituzionale. (3-03072)


Iniziative normative per la revisione delle procedure in materia di allontanamento dei minori dal relativo nucleo familiare in attuazione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria – 3-03073

   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   ancora una volta nel pomeriggio del 24 maggio 2017 un'adolescente è stata prelevata con la forza dalla sua casa, in cui vive da tempo insieme alla madre e al nonno, per essere portata presso la casa famiglia Rosa Luxemburg a Capranica;
   al momento del prelievo la ragazza G. J. di 13 anni era sola perché la madre e il nonno si erano recati dai loro avvocati per chiedere una sospensiva del provvedimento, che prevedeva la possibilità di un eventuale spostamento in casa famiglia, annunciato da tempo ma senza alcuna data precisa;
   sarebbero stati mobilitati, a quanto risulta agli interroganti, un'autoambulanza, una macchina dei vigili del fuoco con una lunga scala per raggiungere da fuori l'appartamento, almeno altre 4 automobili e una quindicina di persone, per lo più uomini;
   la ragazza non avrebbe aperto la porta, avendo ricevuto questa indicazione dalla madre, ma qualcuno, servendosi della scala dei vigili, sarebbe entrato dalla finestra, con ciò spaventando enormemente la ragazza;
   gli interroganti non intendono avanzare nessun giudizio sulle ragioni per cui un'adolescente, dopo aver trascorso diversi mesi in una casa famiglia, da cui è uscita ad agosto 2016, debba essere sottratta alla sua famiglia per essere condotta nuovamente in una casa famiglia;
   si vuole però sottolineare come la ragazza, coinvolta in una serie di eventi familiari di cui è vittima, sia stata nuovamente «violentata» dai fatti recentemente accaduti;
   si è trattato di un prelievo forzato, che ha messo in moto un dispiegamento di forze di dimensioni sproporzionate a quelle necessarie per prelevare una bambina di 13 anni;
   la normalità di una vita, faticosamente riconquistata, è ciò che più sta a cuore a G. J. I suoi amici, la sua musica, i suoi hobby di tredicenne. Invano, la ragazza ha scritto al giudice, ai vari servizi, per chiedere di essere ascoltata e manifestare i suoi legittimi desideri;
   nei mesi appena trascorsi, a quanto consta agli interroganti, nessuno l'ha ascoltata e ciò è tanto più grave, in quanto più volte, parlando del rapporto tra giustizia e minori, si è sottolineato non solo l'obbligo di ascolto del minore, ma anche la necessità di intervenire sempre e solo nel supremo interesse del minore stesso –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per evitare che si verifichino questi ripetuti fatti incresciosi che sottraggono un minore violentemente alla sua famiglia, al suo ambiente e al suo naturale processo di sviluppo. (3-03073)


Iniziative di competenza al fine di incrementare gli organici della procura di Treviso, anche alla luce dell'elevatissimo numero di denunce ed esposti connessi alla vicenda giudiziaria riguardante Veneto Banca – 3-03074

   D'INCÀ, VILLAROSA, CASTELLI, SORIAL, SIBILIA, CASO, COZZOLINO, SPESSOTTO, BUSINAROLO e BRUGNEROTTO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dal Corriere del Veneto, dal Gazzettino, dall’Espresso, dalla Tribuna di Treviso e dal Mattino di Padova, i tremila esposti e denunce presentati da circa centomila azionisti di Veneto Banca nei confronti dei relativi esponenti aziendali in primis sono trasferiti dalla procura di Treviso alla procura di Roma al fine di riunirli ai filoni d'inchiesta aperti per le ipotesi di reato di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza bancaria, e successivamente sono stati riassegnati alla procura di Treviso;
   in tali esposti e denunce si ipotizzano i reati di truffa ed estorsione relativamente alle modalità di collocamento e sottoscrizione delle azioni della medesima Veneto Banca e relativamente alla verifica della compatibilità del grado di rischio dello strumento finanziario in oggetto con il profilo di rischio personale dei «soci-risparmiatori»;
   il trasferimento degli atti processuali dalla procura di Treviso alla procura di Roma nel 2015 e la successiva riassegnazione alla procura di Treviso ha implicato un infruttuoso decorso di tempo. Altresì – da quanto si apprende dalle suddette fonti stampa – sembrerebbe che la procura di Treviso sia impreparata ad esaminare compiutamente e celermente gli atti depositati dai centomila azionisti di Veneto Banca. Tanto più che, in questa prospettiva, lo stesso procuratore di Treviso il 4 febbraio 2017 ha denunciato al Corriere del Veneto la grave carenza, nel proprio ufficio, di magistrati, assistenti amministrativi e di polizia giudiziaria, con, in particolare, una scopertura del 41 per cento di sostituti procuratori, che vedeva sette magistrati, in luogo dei dodici previsti dalla pianta organica, occuparsi di oltre mille fascicoli cadauno;
   circostanze che, evidentemente, potrebbero incidere negativamente sul termine di prescrizione relativo alle citate ipotesi di reato, pari a 6 anni per il reato di truffa e 10 anni per il reato di estorsione, laddove l'eventuale sopraggiungere della prescrizione potrebbe definitivamente pregiudicare la giusta tutela dei soci di Veneto Banca, con conseguenti ricadute negative sul tessuto sociale ed economico del territorio –:
   in ragione della straordinaria complessità e delicatezza dell'inchiesta in premessa, se non ritenga opportuno, quantomeno, adoperarsi per quanto di competenza al fine di completare la pianta organica della procura di Treviso, sia nei ruoli di magistratura che amministrativi, al fine di consentire a tale procura di esaminare celermente e compiutamente la documentazione processuale relativa ai tremila esposti e denunce sottoscritti da circa centomila azionisti di Veneto Banca, evitando ogni possibile ritardo dal quale possa conseguire il sopraggiungere della prescrizione normativamente prevista per le ipotesi di reato oggetto delle indagini.
(3-03074)


Chiarimenti in relazione a recenti incarichi dirigenziali attribuiti presso l'Agenzia delle entrate – 3-03075

   ZANETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro interrogato, a seguito del parere favorevole della Conferenza unificata Stato-regioni (espresso nella seduta dell'8 giugno 2017) ha nominato Ernesto Maria Ruffini direttore dell'Agenzia delle entrate, in sostituzione della direttrice uscente Rossella Orlandi;
   da fonti di stampa si apprende che nei giorni scorsi il comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate, un organismo di vertice presieduto dalla direttrice uscente, la dottoressa Rossella Orlandi, il cui mandato è scaduto lunedì 12 giugno 2017, e formato da 6 persone (due alti funzionari dell'Agenzia in pensione, esperti esterni, la responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze), si è riunito e ha dato alla stessa Orlandi l'incarico di vicedirettore dell'Agenzia, con la competenza del coordinamento dell'ufficio territoriale;
   nonostante sul sito ufficiale dell'Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it) non sia stata reperibile dall'interrogante la determina con cui è avvenuta la nomina, fonti autorevoli di stampa hanno confermato la notizia, senza che a ciò sia seguita smentita alcuna;
   pare inoltre che nella medesima seduta del comitato di gestione presieduto dalla direttrice uscente Orlandi sia stata deliberata anche l'assegnazione di altri incarichi dirigenziali di vertice, con riferimento ai quali sarebbe stato auspicabile maggiore trasparenza –:
   dando per scontato che la nomina della dottoressa Orlandi come vicedirettore dell'Agenzia delle entrate, così come le altre nomine di cui in premessa e di cui si chiede conferma, sia stata previamente condivisa e autorizzata sul piano politico dal Ministro interrogato, perché tale determinazione non sia stata rimessa alla valutazione del nuovo direttore e del nuovo comitato di gestione, evitando così un increscioso caso di vera e propria «autonomina», a pochi giorni dalla cessazione dall'incarico di direttore, che contribuisce ulteriormente a gettare ombre sull'immagine di un'Agenzia delle entrate con percorsi di carriera dirigenziali che sono al centro di polemiche ormai da anni per la nota sentenza della Corte costituzionale e la perdurante assenza più totale di concorsi pubblici. (3-03075)


Chiarimenti ed iniziative in relazione alle operazioni di chiusura di contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze con la banca Morgan Stanley, alla luce di recenti rilievi formulati dalla Corte dei conti – 3-03076

   BRUNETTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la scarsa trasparenza sui titoli derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze è un tema che è stato più volte portato all'attenzione del Ministro interrogato;
   in risposta agli atti di sindacato ispettivo formulati (ben sei, dal marzo 2015, tra interpellanze e interrogazioni a risposta immediata), il Ministro interrogato non ha mai rilevato anomalie, affermando la piena correttezza e legalità delle operazioni sui derivati, peraltro opponendosi alle numerose richieste di accesso agli atti;
   ma qualcosa evidentemente non torna, perché è dei giorni scorsi la notizia di un «invito a fornire deduzioni» (una sorta di atto di citazione con richiesta di chiarimenti) recapitato dalla procura del Lazio della Corte dei conti ai più alti dirigenti (attuali ed ex) del Ministero dell'economia e delle finanze, cui è stato contestato il 30 per cento di un danno erariale di circa 4,1 miliardi di euro, cagionato allo Stato italiano per effetto di quello che potrebbe definirsi un «indebito pagamento» alla banca Morgan Stanley (cui è stato contestato il restante 70 per cento del danno) della somma stratosferica di circa 3,1 miliardi di euro, effettuato per chiudere contratti derivati riconosciuti sostanzialmente dalla Corte dei conti come speculativi;
   un esborso intervenuto tra fine 2011 ed inizio 2012, durante la nota crisi dello spread, a cavallo dei ripetuti declassamenti dell'Italia decretati dalle agenzie di rating e a ridosso del doppio downgrade deciso da Standard & Poor's – il cui azionista di controllo, la società Mc Graw Hill, è partecipata proprio da Morgan Stanley – alla stregua di dati e valutazioni che il tribunale di Trani ha ritenuto in sentenza quantomeno errate (dunque «colposamente» manipolative);
   la «colpa» della banca d'affari è di essersi approfittata del suo ruolo di specialista: dopo cinque anni, Morgan Stanley continua a far parte dell'elenco degli specialisti che, insieme con il Ministero dell'economia e delle finanze, gestiscono il debito pubblico e il direttore del dipartimento è ancora Maria Cannata, uno dei dirigenti coinvolti, assieme al suo predecessore Vincenzo La Via e agli ex direttori del Ministero dell'economia e delle finanze, Domenico Siniscalco (poi approdato proprio in Morgan Stanley) e Vittorio Grilli –:
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intende intraprendere nei confronti di Morgan Stanley e dei dirigenti coinvolti, se intenda chiarire le situazioni «a rischio» per le casse dello Stato simili a quella da ultimo rilevata dalla Corte dei conti e quali azioni intenda portare avanti per assicurare massima trasparenza nella gestione del debito, anche attraverso la pubblicazione in versione integrale di tutti i contratti derivati in essere dello Stato italiano. (3-03076)


Iniziative volte alla rimozione dei dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze coinvolti nell'inchiesta avviata dalla Corte dei conti in relazione a contratti derivati sottoscritti con la banca Morgan Stanley – 3-03077

   PAGLIA, MARCON, FASSINA e ANDREA MAESTRI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il ciclone giornalistico e giudiziario che si è abbattuto negli ultimi anni sui contratti derivati sottoscritti dal Governo italiano a partire dal 2000, che, peraltro, ne ha disvelato tutta la loro vischiosità nel tutelare il debito pubblico in situazioni di grande instabilità finanziaria, negli ultimi giorni si è arricchito di un nuovo tassello: l'atto di citazione con il quale la Corte dei conti contesta al dipartimento del tesoro italiano un danno erariale pari a 4,1 miliardi di euro;
   secondo la magistratura contabile il 70 per cento del suddetto danno (pari a 2,9 miliardi di euro) è addebitabile all'istituto Morgan Stanley, in qualità di incaricato a gestire il debito nel tempo, mentre del rimanente 30 per cento (pari a 1,2 miliardi di euro) dovrebbero risponderne tutti i direttori che negli ultimi anni si sono avvicendati alla guida del dipartimento del tesoro ed alla gestione dei titoli di Stato;
   oltre al danno economico la Corte dei conti contesta alla banca statunitense l'aver approfittato della sua posizione di «specialista» e l'aver violato gli obblighi di buona fede e di correttezza nell'esecuzione contrattuale che gli derivano, per legge, dal privilegio di essere un incaricato delle aste sul mercato primario dei titoli del debito pubblico, mentre ai dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze contesta l'aver assunto nella vicenda, nonostante fosse loro riconosciuta da talune clausole la facoltà di annullare o rinegoziare i suddetti contratti, una condotta speculativa e negligente. Inoltre al dipartimento del tesoro viene contestata una «carenza di risorse strumentali e di personale adeguato», che non l'avrebbero messo in grado di ponderare il rischio dei contratti che, di volta in volta, andava sottoscrivendo;
   nonostante quanto premesso e gli esiti dell'ultima rivisitazione dell'elenco delle banche specialiste effettuata nel 2016 dal Ministero dell'economia e delle finanze a spese del Crédit Suisse e Commerzbank, l'istituto americano Morgan Stanley risulta, a tutt'oggi, essere ancora uno dei dealer incaricati per le aste del debito pubblico italiano;
   anche l'attuale direttore generale responsabile del debito pubblico, nonostante il danno erariale, peraltro preponderante, e le gravi responsabilità che le sono state contestate dalla Corte dei conti nell'ambito dell'intera vicenda, continua a parere degli interroganti in maniera imperturbabile ad occupare il suo incarico presso il dipartimento del tesoro –:
   se non ritenga di dover adottare provvedimenti urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di rimuovere dagli attuali ruoli tutti gli attori che si sono resi responsabili di quanto esposto in premessa. (3-03077)


Iniziative per la ricapitalizzazione di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, al fine di evitare l'applicazione della procedura di bail-in – 3-03078

   BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno da poco richiesto la garanzia pubblica su bond di nuova emissione pari, per ciascuno dei due istituti, rispettivamente a 2,2 miliardi e 1,4 miliardi di euro e in merito alla quale la Corte dei conti ha dato parere positivo;
   il Ministro interrogato, a riguardo, avrebbe escluso per entrambe la possibilità del ricorso al bail-in ed ha rassicurato sulla disponibilità di liquidità delle due banche, in quanto coperte da garanzia pubblica;
   organi di stampa ipotizzano che il Ministero dell'economia e delle finanze e la Commissione europea stiano studiando un piano simile a quello attuato per Monte dei Paschi di Siena al fine di tutelare depositanti e obbligazionisti senior, scaricando il costo della ripatrimonializzazione forzata su azionisti e obbligazionisti istituzionali;
   in realtà, la situazione patrimoniale delle banche in oggetto non sembra affatto rassicurante: già un mese fa, Alessandro De Nicola, rappresentante di Atlante, l'azionista di maggioranza che detiene il controllo delle due banche con più del 99 per cento, ha confermato che molto probabilmente il fondo, a breve, non sarà più azionista di riferimento dei due istituti e che si rendono necessarie nuove e ingenti ricapitalizzazioni non più alla portata di investitori privati;
   a chiusura dei bilanci d'esercizio 2016, infatti, Banca popolare di Vicenza ha registrato una perdita di 1,9 miliardi di euro (a fronte di 1,4 nel 2015) e Veneto Banca di 1,5 miliardi di euro (erano 881,9 milioni di euro nel 2015);
   nonostante i 3,5 miliardi di euro già stanziati dal fondo Atlante dal 2015, si stima in 6,4 miliardi di euro l'ammontare della ricapitalizzazione necessaria per scongiurare il default dei due istituti veneti;
   si considerino i danni incalcolabili che la prospettiva di default dei due istituti di credito provocherebbe in una delle aree più industrializzate del Paese, oltre alle gravissime perdite già subite dalle decine di migliaia di risparmiatori truffati, risultando chiaramente improponibile il ricorso preventivo all'intervento privato per 1 miliardo di euro, come chiesto dalla Commissione europea, e il poco tempo disponibile per scongiurare l'esito peggiore –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, e con quali tempi, volte direttamente alla ricapitalizzazione delle due popolari venete per la somma richiesta al fine di scongiurare l'applicazione del bail-in. (3-03078)


Elementi in ordine alle trattative in corso con le autorità europee per la ricapitalizzazione di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, con particolare riferimento all'ipotesi di coinvolgimento delle maggiori banche nazionali – 3-03079

   MORETTO, GINATO, PELILLO, BARBANTI, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARELLA, COLANINNO, CURRÒ, DE MARIA, MARCO DI MAIO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GITTI, GUTGELD, LODOLINI, PETRINI, PINNA, RIBAUDO, SANGA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI, CAMANI, CASELLATO, CRIMÌ, CRIVELLARI, DAL MORO, D'ARIENZO, DE MENECH, MIOTTO, NACCARATO, NARDUOLO, ROSTELLATO, ROTTA, RUBINATO, SBROLLINI, ZAN e ZARDINI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2017 si è svolto un incontro tra il Ministro interrogato e i vertici di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca per un'analisi congiunta della situazione delle due banche, anche alla luce della riunione con le autorità europee tenutasi a Bruxelles il giorno precedente;
   il dialogo fra il Governo e le autorità europee prosegue con il dichiarato obiettivo di concordare in tempi celeri la soluzione che garantisca, nel rispetto delle regole, la stabilità delle due banche e salvaguardi integralmente i risparmiatori;
   il Ministro interrogato, oltre a sostenere che sotto il profilo della liquidità Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca dispongono di tutte le garanzie pubbliche necessarie, ha dichiarato di escludere il ricorso al bail-in, regime di condivisione delle perdite entrato in vigore il 1o gennaio 2016 e non ancora sperimentato a livello europeo, che determinerebbe un pesante deterioramento del grado di fiducia degli investitori, con potenziali effetti fortemente negativi per la stabilità del sistema bancario, nazionale e continentale;
   al contrario, lo schema di ricapitalizzazione precauzionale programmato per i due istituti veneti costituisce la soluzione auspicata da tutti i soggetti interessati, anche alla luce della richiesta da parte della divisione antitrust dell'Unione europea di 1,25 miliardi di euro addizionali di capitali privati quale condizione per utilizzare le risorse di cui al decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2017;
   da fonti stampa si apprende che i vertici delle due banche nazionali più grandi, Intesa Sanpaolo e Unicredit, sarebbero disposte a collaborare al fine di reperire l'ammontare di capitale aggiuntivo, chiedendo il contributo di diversi istituti in base alle proprie dimensioni; tale soluzione «di sistema» consentirebbe di procedere alla ricapitalizzazione precauzionale delle due banche venete –:
   quale sia lo stato attuale delle trattative con le autorità europee nella definizione dello schema di ricapitalizzazione precauzionale di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca e dei conseguenti strumenti di intervento, anche in relazione all'eventuale soluzione di sistema che prevede il coinvolgimento delle banche nazionali maggiori, al fine di scongiurare qualunque ipotesi di messa in risoluzione tramite ricorso alla procedura del bail-in. (3-03079)


PROGETTO DI LEGGE: S. 2067-1844-2032-176-209-286-299-381-382-384-385-386-387-389-468-581-597-609-614-700-708-709-1008-1113-1456-1587-1681-1682-1683-1684-1693-1713-1824-1905-1921-1922-2103-2295-2457 – D'INIZIATIVA DEL GOVERNO; FERRANTI ED ALTRI; MOLTENI ED ALTRI; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: SCILIPOTI ISGRÒ; TORRISI; MANCONI ED ALTRI; COMPAGNA; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; BARANI; MARINELLO ED ALTRI; COMPAGNA; CARDIELLO ED ALTRI; CARDIELLO ED ALTRI; CARDIELLO ED ALTRI; BARANI; CASSON ED ALTRI; DE CRISTOFARO ED ALTRI; LO GIUDICE ED ALTRI; CASSON ED ALTRI; LUMIA ED ALTRI; LO GIUDICE ED ALTRI; GIARRUSSO ED ALTRI; GIARRUSSO ED ALTRI; GIARRUSSO ED ALTRI; GIARRUSSO ED ALTRI; GINETTI ED ALTRI; CAMPANELLA ED ALTRI; RICCHIUTI ED ALTRI; BARANI; MUSSINI ED ALTRI; D'ASCOLA ED ALTRI; CAPPELLETTI; GINETTI; BISINELLA ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE PENALE, AL CODICE DI PROCEDURA PENALE E ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO (APPROVATO, IN UN TESTO UNIFICATO, DAL SENATO) (A.C. 4368)

A.C. 4368 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario» prevede una delega al Governo per modificare l'ordinamento penitenziario;
    appare opportuno un ulteriore intervento per il potenziamento degli organici del personale della Polizia penitenziaria visto anche il sovraffollamento delle carceri del nostro Paese. Ciò si potrebbe effettuare anche tramite lo scorrimento delle graduatorie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere ad un ulteriore incremento del numero di personale della Polizia penitenziaria al fine di superare questa cronica problematica delle nostre carceri.
9/4368/1Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo introduce modifiche di grande rilievo nell'ordinamento penale, sia sul piano del diritto sostanziale sia su quello del diritto processuale;
    alcune delle novità previste dal provvedimento entreranno in vigore fin dall'approvazione della legge, altre invece sono oggetto di specifiche deleghe che dovranno essere attuate dal Governo;
    infatti, il disegno di legge contiene la delega al Governo per la modifica del codice penale riguardo a diversi istituti. Tra questi rilevano i commi da 18 a 20, di cui all'articolo 1, che riguardano la delega per la revisione della disciplina del casellario giudiziale;
    in tal caso, alla luce delle modifiche normative intervenute a livello nazionale e europeo in materia di protezione dei dati personali gli obiettivi da perseguire, con la riforma di cui sopra, dovranno riguardare: la semplificazione e la riduzione degli adempimenti amministrativi; l'eliminazione delle iscrizioni al fine di adeguarle all'attuale durata media della vita umana e l'eliminazione dell'iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto; sono inoltre ridefiniti i limiti temporali per l'eliminazione delle iscrizioni di condanne per fatti di modesta entità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le disposizioni di revisione del casellario giudiziario siano adottate in coerenza con il sistema delle fonti del diritto al fine di rendere omogeneo e congruo alle finalità di semplificazione l'intero corpo normativo.
9/4368/2Nesi.


   La Camera,
   premesso che:
    è crescente il fenomeno di truffe a danno di persone anziane, un crimine odioso che le colpisce non solo sotto il profilo patrimoniale ma anche sotto quello psicologico generando insicurezza e difficoltà relazionali;
    il crescente disvalore sociale di questo reato impone un'attenta valutazione sull'opportunità di introdurre un aggravamento di pena rispetto alla fattispecie base della truffa se il delitto è perpetrato nei confronti di un soggetto ultrasessantacinquenne e qualora non siano già applicabili altre fattispecie come la circonvenzione di persona incapace di cui all'articolo 643 del codice penale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'intervenire, con idonee misure normative per punire con pene maggiori delle attuali il reato di truffa commesso a danno di persone ultrasessantacinquenni.
9/4368/3Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il crescente disvalore sociale di questo reato impone un'attenta valutazione sull'opportunità di introdurre un aggravamento di pena rispetto alla fattispecie base della truffa se il delitto è perpetrato nei confronti di un soggetto ultrasessantacinquenne e qualora non siano già applicabili altre fattispecie come la circonvenzione di persona incapace di cui all'articolo 643 del codice penale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità d'intervenire, con idonee misure normative capaci di fronteggiare efficacemente il reato di truffa commesso a danno di persone ultrasessantacinquenni.
9/4368/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nell'ambito della delega sulla riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali, nello specifico all'articolo comma 16, lettera d), reca, tra i principi e i criteri direttivi, la previsione della destinazione alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) prioritariamente delle persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale, nonché dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, in caso di inidoneità delle sezioni degli istituti penitenziari cui sono destinati a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi;
    la previsione della possibilità di ingresso nelle REMS anche dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, nonché di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche suscita perplessità, tenuto conto del contenuto della legge n. 81 del 2014, che ha sancito chiaramente come la risposta prevalente per i soggetti in questione siano le misure alternative alla detenzione, costruite sulla base di un necessario progetto terapeutico-riabilitativo individuale;
    il Consiglio superiore della magistratura, in una recente risoluzione in tema di superamento degli OPG e di applicazione della legge n. 81 del 2014, ha ribadito come la riforma operata dalla predetta legge abbia chiaramente posto al centro del nuovo sistema i dipartimenti di salute mentale, divenuti titolari dei programmi terapeutici e riabilitativi allo scopo di attuare, di norma, i trattamenti in contesti territoriali e residenziali;
    in forza della legge citata l'internamento nelle REMS ha dunque assunto non solo il carattere della eccezionalità, ma anche della transitorietà, in quanto il dipartimento di salute mentale competente deve predisporre, per ogni internato, un progetto terapeutico riabilitativo individualizzato, in modo da rendere residuale e transitorio il ricovero nelle predette strutture, da irrogare solo quale extrema ratio;
    considerato come l'impatto riformatrice delle disposizioni della legge n. 81 del 2014, ponga queste ultime come principi guida per i successivi interventi normativi sul tema,

impegna il Governo

a valutare attentamente in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 16, lettera d) del provvedimento in esame come, alla luce delle previsioni di cui alla legge n. 81 del 2014, il ricovero nelle REMS dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, nonché di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, debba essere considerato unicamente come extrema ratio e nel rispetto dei caratteri di eccezionalità e transitorietà sanciti alla legge sopra citata, che individua nelle misure alternative alla detenzione, costruite sulla base di un necessario progetto terapeutico-riabilitativo individuale, la risposta prevalente per i soggetti in questione.
9/4368/4Piazzoni, Mariano, Carnevali, Capone, Patriarca, Paola Bragantini, D'Incecco, Amato, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento nell'ambito della delega sulla riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali, reca all'articolo 1, comma 16, lettera d), tra i principi e i criteri direttivi, la possibilità di disporre il ricovero di detenuti nelle carceri con sopravvenuta infermità mentale o in osservazione psichiatrica;
    la delega, in dettaglio, prevede la destinazione alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) prioritariamente delle persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale, nonché dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, in caso di inidoneità delle sezioni degli istituti penitenziari cui sono destinati a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi;
    la previsione della possibilità di ingresso nelle REMS anche dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, nonché di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche presenta profili di problematicità con riferimento ai principi della legge n. 81 del 2014, che ha sancito chiaramente come la risposta prevalente per i soggetti in questione siano le misure alternative alla detenzione, costruite sulla base di un necessario progetto terapeutico-riabilitativo individuale;
    anche il Consiglio superiore della magistratura, in una recente risoluzione in tema di superamento degli OPG e di applicazione della legge n. 81 del 2014, ha ribadito come la riforma operata dalla predetta legge abbia chiaramente posto al centro del nuovo sistema i dipartimenti di salute mentale, divenuti titolari dei programmi terapeutici e riabilitativi allo scopo di attuare, di norma, i trattamenti in contesti territoriali e residenziali;
    l'internamento nelle REMS ha assunto non solo il carattere della eccezionalità, ma anche della transitorietà, in quanto il dipartimento di salute mentale competente deve predisporre, per ogni internato, un progetto terapeutico riabilitativo individualizzato, in modo da rendere residuale e transitorio il ricovero nelle predette strutture, da irrogare solo quale extrema ratio;
    la portata riformatrice delle disposizioni di cui alla legge n. 81 del 2014 pone quelli esposti come principi informatori della materia che dovranno guidare i futuri interventi normativi sul tema, ma la delega data al Governo fa riaffiorare il rischio che la filosofia e le funzioni delle REMS saltino, trasformandole in «mini OPG», che il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari aveva eliminato,

impegna il Governo

a prevedere nel decreto legislativo che darà attuazione all'articolo 1, comma 16, lettera d), che il ricovero nelle REMS dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, nonché di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, sia considerato quale extrema ratio e nel rispetto dei caratteri di eccezionalità e transitorietà sanciti dai principi di cui alla legge n. 81 del 2014, che individua nelle misure alternative alla detenzione, costruite sulla base di un necessario progetto terapeutico-riabilitativo individuale, la risposta prevalente per le persone in questione.
9/4368/5Daniele Farina, Andrea Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nell'ambito della delega sulla riforma della disciplina delle misure di sicurezza personali, all'articolo 1 comma 16, lettera d), inserisce fra i criteri di delega cui il Governo dovrebbe attenersi nel riscrivere la disciplina delle misure di sicurezza per il reo non imputabile anche la possibilità che alle REMS siano avviate le persone che nel corso di esecuzione della pena siano diventate «inferme di mente» oltre alle persone per le quali siano necessario accertare le rispettive condizioni psichiche qualora le sezioni degli istituti penitenziari non siano idonee a garantire i trattamenti sanitari necessari, nonché degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, tale estensione della destinazione delle REMS contraddice la lettera e lo spirito delle norme vigenti ed in particolare della legge n. 81 del 2014, che ha avviato la fase di superamento degli OPG, faticosamente in corso, dopo la loro chiusura, numerose Associazioni hanno fatto sentire il loro dissenso sulla predetta norma, sono intervenute le Regioni e i Direttori di tutte le REMS d'Italia chiedendone lo stralcio, fino al pronunciamento del Consiglio Superiore della Magistratura, al fine di non tornare al passato, pur essendo consapevoli che serve un forte investimento per potenziare i programmi terapeutici e riabilitativi sia nelle istituzioni carcerarie, sia nei servizi territoriali;
    la ipotizzata destinazione nelle REMS riporterebbe in vigore la stessa disciplina in materia già in uso con i vecchi OPG, in contraddizione con lo spirito e la lettera della legge n. 81 del 2014, ostacolando così il processo di superamento degli stessi,

impegna il Governo

ad individuare nell'esercizio della delega sopra citata, le modalità più opportune affinché per le persone colpite da infermità mentale durante l'esecuzione della pena, per gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria, nonché per tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, siano individuate soluzioni di cura presso le sezioni apposite negli istituti carcerari ma prioritariamente siano individuate le misure alternative alla detenzione, mediante un progetto terapeutico-riabilitativo individuale.
9/4368/6Miotto, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 82 al 91 del provvedimento in esame recano una serie di deleghe al Governo per la riforma del processo penale e per la riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso, fra le altre la previsione di specifici interventi in favore del detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri;
    la legge 21 aprile 2011, n. 62 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 5 maggio 2011, n. 103) recante «Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori» prevede l'istituzione delle case famiglia protette, quali strutture residenziali destinate all'accoglienza di imputate/i genitori, con prole infraseienne, (nei cui confronti l'autorità Giudiziaria abbia disposto gli arresti domiciliari presso tali strutture in alternativa alla propria abitazione, luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura e assistenza e di madri e padri con prole di età inferiore ai dieci anni, convivente, ammessi alla detenzione domiciliare ex articolo 47-ter o alla detenzione speciale ex articolo 47-quinquies;
    dall'approvazione della Legge che istituisce gli Icam, in Italia attualmente gli istituti a custodia attenuata per detenute madri (come da risposta all'interrogazione della sottoscritta in data 15 marzo 2016) realizzati sono solo quattro: l'Icam di Milano, che ospita dieci detenute madri e undici bambini, l'Icam di Venezia – destinato ad accogliere anche le detenute madri della regione Emilia-Romagna, in considerazione del numero contenuto delle stesse nella detta area geografica, l'Icam di Senorbi, in Sardegna, che può accogliere sei detenute madri e un detenuto padre e l'Icam di Torino, destinato ad ospitare anche le limitate necessità della regione Liguria e nel quale sono presenti due detenuti madri e due bambini;
    il decreto del Presidente della repubblica n. 230 del 2000, riguardante il regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, prevede che siano assicurati ai bambini all'interno degli istituti attività ricreative e formative, proprie della loro età, inoltre, con l'intervento dei servizi pubblici territoriali o del volontariato, sono accompagnati all'esterno con il consenso della madre per lo svolgimento delle attività predette, anche presso gli asili nido esistenti nel territorio e che «quando i bambini debbono essere separati dalle madri detenute o internate per aver superato i limiti di età stabiliti dalla legge o per altre ragioni (...,) la Direzione dell'istituto, in tempo utile per le necessarie iniziative, segnala il caso agli enti per l'Assistenza all'infanzia e all'ufficio esecuzione penale esterna che assicurano (...) il mantenimento di costanti rapporti tra la madre e il bambino»;
    il 29 aprile 2015 è stato firmato un importante protocollo d'intesa tra il Pubblico Tutore dei Minori della Regione Veneto e Garante delle persone ristrette nella libertà personale, il Ministero della Giustizia (rappresentato attraverso la Direzione della Casa di Reclusione Femminile di Venezia e la Direzione dell'Ufficio di Esecuzione penale Esterna – U.E.P.E.), la Questura di Venezia, il Comune di Venezia, Centro per l'affido e la Solidarietà Familiare della Conferenza dei sindaci dei comuni di Cavallino Treporti – Marcon – Quarto D'Altino – Venezia, Procura della Repubblica, il Tribunale per i minorenni di Venezia, Associazione «La gabbanella e altri animali» relativo alle procedure per l'attivazione di forme di accoglienza dei bambini in carcere con la madre;
    tale Protocollo d'intesa si prefigge di garantire ai bambini che si trovano in carcere con le loro madri fino al compimento del sesto anno di età e a quelli che al compimento di tale età, o anche prima se ne ricorrono le condizioni, vengono dimessi, tutti gli interventi necessari alla loro crescita e alla costruzione del loro benessere psico-fisico;
    delinea pertanto strategie di intervento da parte delle Istituzioni firmatarie del protocollo a supporto delle necessità dei bambini accolti con le loro madri – italiane, straniere regolari e irregolari – presso l'Istituto a custodia attenuata per madri con figli (I.C.A.M.) della Giudecca;
    preso atto che tale protocollo, richiamando anche il decreto del Presidente della Repubblica su esposto, esegue le finalità contenute nello stesso e che l'applicazione dimostra come sia possibile migliorare le forme di accoglienza dei bambini in carcere con la madre negli Icam e negli ambienti carcerari,

impegna il Governo

ad intervenire affinché il Ministero della Giustizia incentivi la stipula di protocolli d'intesa anche per le altre Icam presenti nelle altre Regioni d'Italia per l'attivazione di forme di accoglienza dei bambini in carcere con la madre, come quello sottoscritto a Venezia per l'Icam della Giudecca, adoperandosi in collaborazione con il Garante nazionale del detenuto, affinché ci sia un controllo sul rispetto dei protocolli stipulati attraverso i Garanti locali sui territori così da permettere ai bambini di tutti gli Icam la stessa possibilità di accoglienza e lo stesso trattamento riservato ai bambini accolti con le loro madri – italiane, straniere regolari e irregolari – presso l'Istituto a custodia attenuata per madri con figli (I.CA.M.) della Giudecca.
9/4368/7Rostellato, Verini, Piazzoni, Carrescia, Rubinato, Iacono, Fabbri, Crivellari, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, nel più ampio quadro di disposizioni finalizzate alla modifica della giustizia penale, delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario;
    le persone che sono soggette a provvedimenti restrittivi della libertà personale necessitano di un'attenzione primaria volta a far sì che la loro condizione non si presti a svilimenti della loro dignità;
    quanto sopra detto è vero ancor più per i soggetti più deboli ed indifesi quali sono le persone con disordine mentale, le più esposte a un ampio spettro di violazioni della dimensione personale;
    da tempo l'implementazione del trattamento, della cura, del sostegno alla malattia mentale – come previsto dalla straordinaria visione della legge n.180 del 1978 che ha segnato la fine della struttura manicomiale e il non rispetto della persona come pratica ordinaria – incontra delle difficoltà sul territorio;
    in questo contesto è forte la spinta anche culturale verso forme di nuova reclusione quando si incontrino difficoltà organizzative nei servizi territoriali e nei dipartimenti di salute mentale;
    il rischio è ancor più grave di fronte ai casi in cui il disagio mentale si coniughi con il tema della devianza o delle dipendenze, in un tempo di fragilità sociale che mette in crisi relazioni, lavoro, possibilità alloggiative, famiglie;
    in tal senso, un passo importante in campo penitenziario è stato quello della chiusura degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), passaggio indispensabile verso il pieno rispetto della dignità umana e delle persone che stanno scontando una sentenza, indipendentemente dai reati, dalla condizione e dalla situazione di persona che abbia commesso dei reati;
    va evitato che, per motivi di urgenza, a fronte di difficoltà, pur presenti, delle strutture penitenziarie, si possa procedere a un uso improprio delle REMS (residenze di esecuzione delle misure di sicurezza) – pensate per superare gli OPG – sovraccaricandole di detenuti, la cui condizione di disagio personale e mentale non sia conclamata all'ingresso nelle strutture sanitarie e all'inizio dell'esecuzione della pena, ma sia intervenuta o intervenga durante l'esecuzione della pena stessa. E solo a fronte di difficoltà intervenute, qualunque sia la causa, o per le delle difficili condizioni penitenziarie,

impegna il Governo

   a valutare gli affetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di valutare ulteriori iniziative normative volte a:
    introdurre, nella prospettiva dell'effettivo e definitivo superamento degli OPG, disposizioni volte a destinare alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) le sole persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale e il conseguente bisogno di cure psichiatriche;

    a escludere l'accesso alle REMS per i soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, per gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche;

    a garantire l'effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto degli articoli 27 e 32 della Costituzione;

    a valorizzare l'istituto del piano terapeutico individuale per ciascun individuo sottoposto a misura di sicurezza anche non detentiva, con particolare riferimento agli internati nelle Case di Lavoro;

    a introdurre, attraverso lo strumento normativo ritenuto più idoneo, apposite disposizioni volte a garantire la continuità delle cure e dei processi di riabilitazione in chiave integrata da parte delle REMS e dei servizi territoriali che fanno capo ai Dipartimenti di salute mentale.
9/4368/8Marazziti, Realacci, Miotto, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, nel più ampio quadro di disposizioni finalizzate alla modifica della giustizia penale, delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario;
    le persone che sono soggette a provvedimenti restrittivi della libertà personale necessitano di un'attenzione primaria volta a far sì che la loro condizione non si presti a svilimenti della loro dignità;
    quanto sopra detto è vero ancor più per i soggetti più deboli ed indifesi quali sono le persone con disordine mentale, le più esposte a un ampio spettro di violazioni della dimensione personale;
    da tempo l'implementazione del trattamento, della cura, del sostegno alla malattia mentale – come previsto dalla straordinaria visione della legge n.180 del 1978 che ha segnato la fine della struttura manicomiale e il non rispetto della persona come pratica ordinaria – incontra delle difficoltà sul territorio;
    in questo contesto è forte la spinta anche culturale verso forme di nuova reclusione quando si incontrino difficoltà organizzative nei servizi territoriali e nei dipartimenti di salute mentale;
    il rischio è ancor più grave di fronte ai casi in cui il disagio mentale si coniughi con il tema della devianza o delle dipendenze, in un tempo di fragilità sociale che mette in crisi relazioni, lavoro, possibilità alloggiative, famiglie;
    in tal senso, un passo importante in campo penitenziario è stato quello della chiusura degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), passaggio indispensabile verso il pieno rispetto della dignità umana e delle persone che stanno scontando una sentenza, indipendentemente dai reati, dalla condizione e dalla situazione di persona che abbia commesso dei reati;
    va evitato che, per motivi di urgenza, a fronte di difficoltà, pur presenti, delle strutture penitenziarie, si possa procedere a un uso improprio delle REMS (residenze di esecuzione delle misure di sicurezza) – pensate per superare gli OPG – sovraccaricandole di detenuti, la cui condizione di disagio personale e mentale non sia conclamata all'ingresso nelle strutture sanitarie e all'inizio dell'esecuzione della pena, ma sia intervenuta o intervenga durante l'esecuzione della pena stessa. E solo a fronte di difficoltà intervenute, qualunque sia la causa, o per le delle difficili condizioni penitenziarie,

impegna il Governo

   a valutare gli affetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di valutare ulteriori iniziative normative volte a:
    introdurre, nella prospettiva dell'effettivo e definitivo superamento degli OPG, disposizioni volte a destinare alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) le sole persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale e il conseguente bisogno di cure psichiatriche;

    a limitare per casi eccezionali e transitori l'accesso alle REMS per i soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, per gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche;

    a garantire l'effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto degli articoli 27 e 32 della Costituzione;

    a valorizzare l'istituto del piano terapeutico individuale per ciascun individuo sottoposto a misura di sicurezza anche non detentiva, con particolare riferimento agli internati nelle Case di Lavoro;

   a introdurre, attraverso lo strumento normativo ritenuto più idoneo, apposite disposizioni volte a garantire la continuità delle cure e dei processi di riabilitazione in chiave integrata da parte delle REMS e dei servizi territoriali che fanno capo ai Dipartimenti di salute mentale.
9/4368/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Marazziti, Realacci, Miotto, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 88, lettera b), dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto mira a sostituire il comma 2 dell'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto, 2003, n. 259;
    in particolare, nel suddetto comma 2 dell'articolo 96 viene previsto che ai fini dell'adozione del canone annuo forfettario per le prestazioni obbligatorie di cui al comma 1, con decreto interministeriale da emanarsi entro il 31 dicembre 2017, deve essere attuata la revisione delle voci di listino di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni di concerto con il Ministro della giustizia del 2006 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2001;
    alla lettera c), comma 2, dell'articolo 96 viene previsto attraverso una dizione che appare generica ed indeterminata che il decreto interministeriale debba, tra l'altro, definire gli obblighi dei soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie e le modalità di esecuzione delle stesse, tra cui l'osservanza di procedure informatiche omogenee nella trasmissione e gestione delle comunicazioni di natura amministrativa, anche con riguardo alle fasi preliminari al pagamento delle medesime prestazioni;
    in particolare alla predetta lettera c) non viene in alcun modo indicata alcuna previsione circa i casi di violazione degli obblighi di riservatezza, che invece dovrebbe trovare una completa definizione proprio con l'intervento in oggetto in sede di definizione dei criteri di delega,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che, al comma 2, lettera c), dell'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche – così come sostituito dal comma 88 del provvedimento in esame – venga specificato che il decreto interministeriale ivi indicato debba altresì tener conto dell'esigenza di assicurare il rispetto degli obblighi di riservatezza.
9/4368/9Sannicandro, Leva, Rostan, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 88, lettera b), dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto, così come introdotto dal provvedimento in esame, mira a sostituire il comma 2 dell'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto, 2003, n. 259;
    in particolare, nel suddetto comma 2 dell'articolo 96 viene previsto che ai fini dell'adozione del canone annuo forfettario per le prestazioni obbligatorie di cui al comma 1, con decreto interministeriale da emanarsi entro il 31 dicembre 2017, deve essere attuata la revisione delle voci di listino di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni di concerto con il Ministro della giustizia del 2006 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2001;
    alla lettera c) di tale comma viene previsto attraverso una dizione che appare generica ed indeterminata che il decreto interministeriale debba, tra l'altro, definire gli obblighi dei soggetti tenuti alle prestazioni obbligatorie e le modalità di esecuzione delle stesse, tra cui l'osservanza di procedure informatiche omogenee nella trasmissione e gestione delle comunicazioni di natura amministrativa, anche con riguardo alle fasi preliminari al pagamento delle medesime prestazioni;
    in particolare alla predetta lettera c) non viene in alcun modo indicata alcuna previsione circa i casi di violazione degli obblighi di riservatezza, che invece dovrebbe trovare una completa definizione proprio con l'intervento in oggetto in sede di definizione dei criteri di delega,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che al comma 88, lettera b), dell'articolo 1 venga specificato che al comma 2, lettera c), dell'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche – così come sostituito dal provvedimento in esame – il decreto interministeriale ivi indicato debba prevedere altresì i casi di violazione degli obblighi di riservatezza.
9/4368/10Rostan, Leva, Sannicandro, Giorgio Piccolo, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 89 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto stabilisce che entro un anno dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in oggetto, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano definite le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e siano determinate le corrispondenti tariffe;
    in particolare, alla lettera c) del comma 89 viene prescritto che il suddetto decreto debba specificare gli obblighi dei fornitori delle prestazioni in relazione ai livelli qualitativi e quantitativi minimi dei servizi offerti ed alle modalità di conservazione e gestione, mediante canali cifrati, dei dati raccolti negli archivi informatizzati, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e delle necessità del loro trattamento secondo criteri di riservatezza, disponibilità e integrità;
   la predetta lettera c) non contiene alcuna indicazione circa i casi di violazione degli obblighi di riservatezza, che invece dovrebbe trovare una completa definizione proprio con l'intervento in oggetto in sede di definizione dei criteri di delega,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che al comma 89, lettera c), dell'articolo 1 del provvedimento in esame venga specificato che il decreto interministeriale di cui al comma stesso debba tener conto dell'esigenza di assicurare gli obblighi di riservatezza.
9/4368/11Leva, Sannicandro, Rostan, Giorgio Piccolo, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 89 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto stabilisce che entro un anno dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in oggetto, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano definite le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e siano determinate le corrispondenti tariffe;
    in particolare, alla lettera c) di tale comma viene prescritto che il suddetto decreto debba specificare gli obblighi dei fornitori delle prestazioni in relazione ai livelli qualitativi e quantitativi minimi dei servizi offerti ed alle modalità di conservazione e gestione, mediante canali cifrati, dei dati raccolti negli archivi informatizzati, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e delle necessità del loro trattamento secondo criteri di riservatezza, disponibilità e integrità;
    la predetta lettera c) non contiene alcuna indicazione circa i casi di violazione degli obblighi di riservatezza, che invece dovrebbe trovare una completa definizione proprio con l'intervento in oggetto in sede di definizione dei criteri di delega,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che all'articolo 1, comma 89, lettera c) del provvedimento in esame, venga specificato che il decreto interministeriale ivi indicato debba prevedere altresì i casi di violazione degli obblighi di riservatezza.
9/4368/12Melilla, Sannicandro, Rostan, Leva, Giorgio Piccolo, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 5,6, 7, 8 e 9 dell'articolo 1 prevedono un aumento dei minimi edittali per i reati di cui agli articoli 416-ter, 624-bis, 625, 628 e 629 del codice penale, ovvero per il reato di scambio elettorale politico mafioso, furto, in abitazione e con strappo, aggravato, rapina ed estorsione;
    l'aumento delle pene edittali mai si è tradotto in maggiore deterrenza, come l'esperienza insegna, inoltre i dati più recenti testimoniano, ad oggi, un netto calo dei furti, rapine ed estorsioni;
    tali reati, dunque, a seguito dell'aumento di pena previsto nel provvedimento in esame, non subiranno alcuna flessione, da un lato, e dall'altro, una simile previsione non può non segnare l'abbandono di ogni politica alternativa, sussidiaria al processo penale, e di ogni progetto che avrebbe potuto essere elaborato e che, se realizzato compiutamente, avrebbe potuto effettivamente ridurre i costi e l'incidenza di quelli e di altri gravi fenomeni illeciti, con un effettivo vantaggio per l'intera collettività,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di considerare la reale efficacia degli aumenti di pena, che oltre a rivelarsi scelte fallimentari quanto all'obiettivo della deterrenza, non possono non porsi in contraddizione con le politiche portate avanti anche in questa legislatura tese ad effetti deflattivi, quali forme di espiazione alternative al carcere, riti alternativi al processo, l'ampia depenalizzazione di cui alla legge n. 67 del 2014.
9/4368/13Ricciatti, Sannicandro, Leva, Rostan, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 16 dell'articolo 1, si prevede la delega al Governo da esercitare entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, per modificare la disciplina del regime di procedibilità per alcuni reati, le misure di sicurezza personali e per il riordino di alcuni settori del codice penale;
    tra i principi e criteri direttivi per l'esercizio di tale delega, la lettera d), prevede: «tenuto conto dell'effettivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e dell'assetto delle nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), previsione della destinazione alle REMS prioritariamente dei soggetti per i quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale, nonché dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e di tutti coloro per i quali occorra accertare le relative condizioni psichiche, qualora le sezioni degli istituti penitenziari alle quali sono destinati non siano idonee, di fatto, a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti e nel pieno rispetto dell'articolo 32 della Costituzione»;
    tale previsione non può non destare allarme, in quanto nelle Rems non solo farebbero ingresso le persone dimesse dagli ex Ospedali psichiatrici giudiziari che stanno chiudendo, rispetto ai quali è stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale – unico caso consentito dalla legge vigente – ma anche coloro per i quali si attende un accertamento del disturbo mentale, gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e quanti devono vedersi ancora accertate le relative condizioni psichiche;
    quanto previsto non può non tradursi, di fatto in un ritorno agli ospedali psichiatrici, peraltro con ancor meno sicurezza, in quanto nelle Rems le strutture di controllo sono carenti;
    tale punto della delega ripropone infatti previsioni superate dalle leggi di riforma sul superamento degli OPG: la legge 230/1999, il Dpcm 1.4.2008 Allegato C, la legge 9/2012 e successive modificazioni, compresa la legge 81/2014;
    la funzione delle Residenze per l'Esecuzione della Misura di Sicurezza (REMS) anziché essere transitoria e residuale, sarebbe stravolta e tornerebbe ad essere quella dell'OPG;
    ne conseguirebbero, peraltro, costi aggiuntivi a carico dello Stato e delle Regioni per l'aumento dei posti nelle REMS, risorse che semmai andrebbero destinate a progetti terapeutico riabilitativi con l'adeguamento delle sezioni di cura all'interno degli istituti di pena e con misure cautelari non detentive,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative per escludere dall'accesso alle REMS i soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche, garantendo nel contempo l'effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto degli articoli 27 e 32 della Costituzione.
9/4368/14Fossati, Laforgia, Murer, Fontanelli, Nicchi, Sannicandro, Rostan, Leva, Martelli, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    si conferisce delega il Governo per intervenire sull'assetto funzionale delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), secondo II principio, di portata generale, del superamento effettivo degli ospedali psichiatrici giudiziari;
    il criterio direttivo di delega obbliga il Governo a scongiurare il pericolo che, attraverso una modifica della destinazione funzionale delle REMS, queste possano essere individuate come «eredi universali» degli ospedali psichiatrici giudiziari, e quindi per l'intero ambito delle competenze e delle attribuzioni che il precedente regime normativo assegnava a questi ultimi;
    la destinazione alle REMS di altri soggetti, ulteriori a quelli che ne costituiscono l'utenza prioritaria sì come evidenziato dallo stesso disegno di legge, dovrà essere regolata in termini di sostanziale eccezionalità, pena altrimenti la riproposizione, nei fatti, del previgente assetto, che invece occorre superare effettivamente;
    le esigenze di cura in favore degli altri soggetti – condannati con infermità psichica sopravvenuta, imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e persone, le cui condizioni psichiche debbano essere accertate – devono essere soddisfatte mediante un potenziamento delle strutture terapeutiche degli istituti penitenziari;
    le carenze delle articolazioni sanitarie degli istituti penitenziari non possono e non devono trasformarsi in fattori di inefficienza operativa per le REMS, vanificando gli ideali di un complessivo disegno riformatore che sta oggi, tra molte difficoltà, vedendo la sua prima realizzazione,

impegna il Governo

   a prevedere – in caso di esercizio della delega in riferimento alle REMS – che dovranno essere eccezionali i casi in cui presso le menzionate strutture potranno essere trasferiti soggetti diversi dagli infermi di mente dichiarati non imputabili e destinatari, per provvedimento definitivo, della misura di sicurezza detentiva;
   a predisporre, contestualmente all'esercizio della delega, tutte le misure necessarie al rafforzamento delle strutture sanitarie degli istituti penitenziari, in modo tale che siano in grado di accogliere e curare tutte le altre categorie di soggetti che, secondo il regime normativo previgente alla istituzione delle REMS, erano indirizzati agli ospedali psichiatrici giudiziari.
9/4368/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Fossati, Laforgia, Murer, Fontanelli, Nicchi, Sannicandro, Rostan, Leva, Martelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 16, della proposta di legge C. 4368, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario», prevede l'adozione da parte del Governo di decreti legislativi per la modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati e delle misure di sicurezza personali e per il riordino di alcuni settori del codice penale, mediante specifici prìncipi e criteri direttivi;
    la lettera d) del citato articolo 1, comma 16 prevede la destinazione di determinati soggetti alle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), qualora le sezioni degli istituti penitenziari alle quali sono destinati non siano idonee, di fatto, a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti e nel pieno rispetto dell'articolo 32 della Costituzione;
    la legge 30 maggio 2014, n. 81, nel disciplinare il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e per quanto concerne la cura e la riabilitazione delle persone, riconosce come prioritario il ricorso a progetti terapeutico riabilitativi individuali con misure di sicurezza alternative alla detenzione, riservando le REMS ai soli casi in cui le misure di sicurezza alternative non siano praticabili, in quanto la detenzione presso le stesse ha carattere di eccezionalità e transitorietà;
    quanto previsto dalla sopracitata lettera d) rischia di stravolgere la funzione transitoria e residuale originaria delle REMS, ripristinando di fatto la logica degli ospedali psichiatrici giudiziari e norme ad oggi superate in evidente contraddizione con le disposizioni di cui alla legge n. 81 del 2014,

impegna il Governo

a mantenere e garantire, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 16, il carattere di eccezionalità, residualità e transitorietà delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), privilegiando misure alternative alla detenzione costruite sulla base di un progetto terapeutico riabilitativo individuale ai sensi della legge n. 81 del 2014.
9/4368/15Beni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 82, si prevede una delega al Governo quanto alla riforma dell'ordinamento penitenziario;
    in riferimento ai principi e criteri direttivi cui debbono ispirarsi i relativi decreti legislativi, l'articolo 1, comma 85, reca diverse previsioni in tema di misure per l'effettivo recupero e reinserimento sociale dei condannati, ad esempio, alla lettera g) del comma citato;
    la violenza sulle donne ha assunto dimensioni preoccupanti nel nostro Paese, e accanto ad un impegno sotto il profilo della prevenzione, sarebbero auspicabili – in quanto indispensabili anche per evitare recidive e nuove vittime – misure specifiche e mirate in riferimento al percorso di recupero e di inserimento di chi si trova in carcere a scontare reati collegati a tale fenomeno;
    analoga necessità va segnalata in riferimento ai condannati per reati in danno di minori,

impegna il Governo

ad introdurre, con apposito intervento normativo, misure specifiche e mirate per garantire l'effettivo recupero e reinserimento sociale dei condannati per reati legati alla violenza sulle donne e dei condannati per reati in danno di minori.
9/4368/16Martelli, Fossati, Rostan, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 82, si prevede una delega al Governo quanto alla riforma dell'ordinamento penitenziario;
    in riferimento ai principi e criteri direttivi cui debbono ispirarsi i relativi decreti legislativi, l'articolo 1, comma 85, reca diverse previsioni in tema di misure per l'effettivo recupero e reinserimento sociale dei condannati, ad esempio, alla lettera g) del comma citato;
    la violenza sulle donne ha assunto dimensioni preoccupanti nel nostro Paese, e accanto ad un impegno sotto il profilo della prevenzione, sarebbero auspicabili – in quanto indispensabili anche per evitare recidive e nuove vittime – misure specifiche e mirate in riferimento al percorso di recupero e di inserimento di chi si trova in carcere a scontare reati collegati a tale fenomeno;
    analoga necessità va segnalata in riferimento ai condannati per reati in danno di minori,

impegna il Governo

a valutare se introdurre, con apposito intervento normativo, misure specifiche e mirate per garantire l'effettivo recupero e reinserimento sociale dei condannati per reati legati alla violenza sulle donne e dei condannati per reati in danno di minori.
9/4368/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Martelli, Fossati, Rostan, Giorgio Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in discussione, all'articolo 1, comma 85, delega il Governo ad emanare dei decreti legislativi recanti modifiche dell'ordinamento penitenziario e, in particolare, della disciplina sull'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscono il rispetto del diritto alla difesa, sia per favorire le relazioni familiari;
    per come è formulato il citato comma, esso non esclude inequivocabilmente che l'utilizzo di collegamenti audiovisivi possa essere adottato anche per i detenuti sottoposti alla restrizione prevista dall'articolo 41-bis, il quale non impedisce del tutto i contatti con i familiari, ma gli stessi sono posti sotto rigida sorveglianza;
    i soggetti legati alla criminalità organizzata non sono solo quelli sottoposti al regime del 41-bis, ma anche quelli presenti nel circuito detentivo di «Alta Sicurezza» (A.S.1.);
    i sistemi audiovisivi, come denunciato dai sindacati di Polizia, non sono facilmente e immediatamente sorvegliabili. È noto infatti che, mentre le conversazioni telefoniche possono essere ascoltate e controllate, non possono esserlo quelle che usano il protocollo VoIP (cioè non formalizzato in alcuno standard internazionale) per trasmettere le chiamate: questo perché le onde sonore della voce (e anche le immagini della webcam) vengono convertite in dati trasmessi, a loro volta, in forma di file digitali, cifrati tramite algoritmi non divulgati;
    permettere ai detenuti facenti parte della criminalità organizzata di usufruire di collegamenti audiovisivi, consentirà loro di diffondere messaggi (soprattutto non verbali) con un sistema informatico facilmente duplicabile, proprio ciò che si è voluto evitare con i circuiti di «Alta Sicurezza» e il regime del 41-bis nelle carceri, previsti dall'ordinamento penitenziario e dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP),

impegna il Governo

a chiarire, nei decreti legislativi previsti, che dalla disciplina sull'utilizzo dei collegamenti audiovisivi – ad eccezione dello specifico impiego in sede processuale – per favorire le relazioni familiari sono esclusi tutti detenuti condannati per i reati di criminalità organizzata, terrorismo, eversione e quelli sottoposti al regime del 41-bis e dei circuiti penitenziari di «Alta Sicurezza».
9/4368/17Bolognesi.


   La Camera,
   premesso che:
    si conferisce delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, tra l'altro, anche al fine di disciplinare «l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari»;
    la delega è improntata alla salvezza delle previsioni dell'articolo 41-bis della legge di ordinamento penitenziario;
    il Governo è contestualmente delegato a emanare norme in tema di diritto all'affettività delle persone detenute e a disciplinarne le condizioni per il suo esercizio;
    lo specifico criterio di delega circa l'utilizzo di collegamenti audiovisivi per i soggetti detenuti è volto, da un lato, a semplificare le modalità di svolgimento dei colloqui con i difensori e, più in generale, delle attività processuali a cui il detenuto sia interessato; dall'altro, a consentire, con le medesime modalità, colloqui con i familiari;
    la possibilità di collegarsi a distanza è funzionale a ovviare a tutte quelle situazioni in cui il detenuto non riesca a usufruire dei colloqui con i congiunti – già riconosciuti alle condizioni e nel numero stabiliti dall'ordinamento penitenziario – per le più varie contingenze pratiche (distanza della famiglia dal luogo di detenzione, impossibilità fisica o economica del familiare di raggiungere il luogo di detenzione);
    le modalità tecniche che assicurano il collegamento a distanza non possono e non devono tradursi in un automatico ampliamento della sfera dei diritti o, di contro, in una limitazione di facoltà riconosciute dalla legge. Il senso del criterio direttivo sopra menzionato si coglie chiaramente nella volontà che l'uso dei collegamenti audiovisivi, da un lato, non vada a detrimento delle facoltà difensive che al detenuto sono riconosciute dalla legge nello svolgimento dei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza; e, dall'altro, non si atteggi a moltiplicatore acritico ed automatico dei diritti alle relazioni familiari;
    lo statuto dei diritti del detenuto è presupposto della disciplina dei collegamenti audiovisivi e non può essere conformato dalla tipologia tecnica utilizzata per esercitare facoltà e diritti attribuiti dalla legge;
    ritenuto, anzi, che il collegamento audiovisivo dovrà essere strumento utile per l'effettività di tali diritti, in modo tale da assicurare un miglior contemperamento con le esigenze di sicurezza;
    rilevato che la norma intende contemperare l'esercizio del diritto all'affettività con il soddisfacimento delle esigenze di sicurezza,

impegna il Governo

a prevedere – in caso di esercizio della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario – che l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi per favorire le relazioni familiari sia disciplinato alle condizioni e nei limiti in cui è riconosciuto l'esercizio del diritto all'affettività e col pieno soddisfacimento delle concorrenti esigenze di sicurezza, con particolare riferimento al regime detentivo di cui all'articolo 41-bis, legge n. 354 del 26 luglio del 1975 e a quello relativo al circuito di alta sicurezza.
9/4368/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Bolognesi.


   La Camera,
   premesso che:
    si conferisce delega il Governo per intervenire sull'assetto funzionale delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), secondo II principio, di portata generale, del superamento effettivo degli ospedali psichiatrici giudiziari;
    il criterio direttivo di delega obbliga il Governo a scongiurare il pericolo che, attraverso una modifica della destinazione funzionale delle REMS, queste possano essere individuate come «eredi universali» degli ospedali psichiatrici giudiziari, e quindi per l'intero ambito delle competenze e delle attribuzioni che il precedente regime normativo assegnava a questi ultimi;
    la destinazione alle REMS di altri soggetti, ulteriori a quelli che ne costituiscono l'utenza prioritaria sì come evidenziato dallo stesso disegno di legge, dovrà essere regolata in termini di sostanziale eccezionalità, pena altrimenti la riproposizione, nei fatti, del previgente assetto, che invece occorre superare effettivamente;
    le esigenze di cura in favore degli altri soggetti – condannati con infermità psichica sopravvenuta, imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e persone, le cui condizioni psichiche debbano essere accertate – devono essere soddisfatte mediante un potenziamento delle strutture terapeutiche degli istituti penitenziari;
    le carenze delle articolazioni sanitarie degli istituti penitenziari non possono e non devono trasformarsi in fattori di inefficienza operativa per le REMS, vanificando gli ideali di un complessivo disegno riformatore che sta oggi, tra molte difficoltà, vedendo la sua prima realizzazione,

impegna il Governo

   a prevedere – in caso di esercizio della delega in riferimento alle REMS – che dovranno essere eccezionali i casi in cui presso le menzionate strutture potranno essere trasferiti soggetti diversi dagli infermi di mente dichiarati non imputabili e destinatari, per provvedimento definitivo, della misura di sicurezza detentiva;
   a predisporre, contestualmente all'esercizio della delega, tutte le misure necessarie al rafforzamento delle strutture sanitarie degli istituti penitenziari, in modo tale che siano in grado di accogliere e curare tutte le altre categorie di soggetti che, secondo il regime normativo previgente alla istituzione delle REMS, erano indirizzati agli ospedali psichiatrici giudiziari.
9/4368/18Mattiello.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 24 febbraio 2010 la Camera approvò la cosiddetta «Legge Lazzati» avente ad oggetto il divieto di propaganda elettorale alle persone appartenenti ad associazioni mafiose e sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. È, infatti, noto che le organizzazioni di stampo mafioso per perseguire i propri interessi criminali si adoperino per condizionare l'esito elettorale a livello locale, nazionale nonché europeo;
    tuttavia, tale legge è stata approvata con alcune incongruenze che l'hanno di fatto resa inapplicabile;
    in particolare, nel 2014 la nuova riformulazione dell'articolo 416-ter del codice penale rende estremamente difficoltosa l'acquisizione della prova, poiché la pubblica accusa deve provare la natura e il contenuto del rapporto perverso intercorso tra politico e malavitoso e spesso ciò avviene a distanza di anni. Al contrario, l'acquisizione della prova della violazione del divieto previsto nella Legge Lazzati deve essere più agevole e immediata, anche applicando rigorosi controlli durante la competizione elettorale sui sorvegliati speciali,

impegna il Governo

ad adottare idonei provvedimenti normativi affinché la Legge Lazzati possa essere integralmente applicata così come era stata proposta nella sua versione originaria, arginando in tal modo il proliferare del rapporto tra mafie, corruzione e politica.
9/4368/19Rizzetto, Giorgia Meloni, Rampelli, Cirielli, La Russa, Murgia, Nastri, Taglialatela, Totaro, Petrenga.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prende in considerazione anche la legge 354 del 1975 di riforma penitenziaria che tuttavia non ha soddisfatto le aspettative del legislatore, nonostante i nuovi strumenti di osservazione, trattamento e recupero sociale introdotti con la riforma stessa;
    nel provvedimento in oggetto tuttavia non vi sono misure volte a contenere i fenomeni della radicalizzazione e del proselitismo, estendendo il regime di sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-quater, comma 5, della medesima legge anche a coloro che divengono seguaci di opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento o che compiano atti di proselitismo;
    il provvedimento non prevede misure che introducano, tra le fattispecie in base alle quali possono essere disposti l'assegnazione o il raggruppamento dei detenuti o degli internati per motivi cautelari, i comportamenti volti a diffondere opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento, nonché gli atti di istigazione al terrorismo o di apologia di terrorismo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, misure dirette a prevenire e ad arginare nell'ambito penitenziario comportamenti volti a diffondere opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento, nonché gli atti di istigazione al terrorismo o di apologia di terrorismo.
9/4368/20Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Palese.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, che l'amministrazione penitenziaria sia dotata di personale capace di comprendere la lingua parlata dai detenuti e dagli internati soggetti a fenomeni di radicalizzazione, in misura non inferiore al quindici percento rispetto al numero annuo medio di detenuti e internati sotto regime di sorveglianza speciale.
9/4368/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prende in considerazione anche la legge 354 del 1975 di riforma penitenziaria che tuttavia non ha soddisfatto pienamente le aspettative del legislatore, nonostante i nuovi strumenti di osservazione, trattamento e recupero sociale introdotti con la riforma stessa;
    non sono previste tuttavia misure che introducano, tra le fattispecie in base alle quali possono essere disposti l'assegnazione o il raggruppamento dei detenuti o degli internati per motivi cautelari, i comportamenti volti a diffondere opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento, nonché gli atti di istigazione al terrorismo o di apologia di terrorismo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, che l'amministrazione penitenziaria sia dotata di personale capace di comprendere la lingua parlata dai detenuti e dagli internati soggetti a fenomeni di radicalizzazione, in misura non inferiore al quindici percento rispetto al numero annuo medio di detenuti e internati sotto regime di sorveglianza speciale.
9/4368/21Turco, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Palese.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, che l'amministrazione penitenziaria sia dotata di personale capace di comprendere la lingua parlata dai detenuti e dagli internati soggetti a fenomeni di radicalizzazione, in misura non inferiore al quindici percento rispetto al numero annuo medio di detenuti e internati sotto regime di sorveglianza speciale.
9/4368/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prende in considerazione anche la legge 354 del 1975 di riforma penitenziaria pur non toccando alcuni aspetti che andrebbero potenziati;
    nel provvedimento in oggetto tuttavia non vi sono misure volte a contenere i fenomeni della radicalizzazione e del proselitismo, estendendo il regime di sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-quater, comma 5, della legge medesima legge anche a coloro che divengono seguaci di opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento o che compiano atti di proselitismo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, misure dirette all'estensione del regime di sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-quater, comma 5, della legge 354 del 1975 anche a coloro che divengono seguaci di opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento o che compiano atti di proselitismo.
9/4368/22Baldassarre, Artini, Bechis, Segoni, Turco.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, misure dirette all'estensione del regime di sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-quater, comma 5, della legge 354 del 1975 anche a coloro che divengono seguaci di opinioni, pareri e idee intolleranti suscettibili di indurre all'estremismo violento o che compiano atti di proselitismo.
9/4368/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Baldassarre, Artini, Bechis, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma disciplina, in via ordinaria, la partecipazione al dibattimento a distanza degli imputati, che si trovano in stato di detenzione, per i delitti di promozione e direzione di associazione mafiosa ovvero di associazione con finalità di terrorismo o finalizzata al traffico di stupefacenti;
    la presenza in udienza è comunque disposta dal giudice anche su istanza della parte quando ritenuto necessario e nel luogo da cui avviene il collegamento a distanza è assicurata la presenza del difensore nonché, in ogni caso la possibilità di colloquiare riservatamente con il difensore medesimo;
    dopo un anno dalla pubblicazione della presente legge, le disposizioni in esame entreranno in vigore anche quando si proceda nei confronti di persone che si trovano in stato di detenzione imputate dei gravi delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis e 407, lettera a) del codice di procedura penale;
    le norme in esame quindi entrano in vigore esclusivamente con riguardo ai processi per i delitti a carico di soggetti accusati di essere promotori e dirigenti di associazioni criminali con finalità mafiose e terroristiche;
    il tempo di un anno perché la riforma entri a pieno in vigore, con riguardo a tutti i processi che presentano analoghe esigenze di sicurezza e tutela di ordine pubblico, in relazione alla gravità dei reati, è sufficientemente ampio per verificare gli effetti della modifica legislativa, anche con riguardo alla sue concrete applicazioni giurisprudenziali, circa il ragionevole bilanciamento delle esigenze di sicurezza e dei principi regolatori del processo e dei diritti della difesa, posti a fondamento della scelta legislativa;
    ritenuto, pertanto, che il Governo assicuri un monitoraggio sin dalle prime applicazioni della legge al fine di verificare l'adeguatezza delle scelte compiute e che su di esse il Ministro della Giustizia in sede di relazione annuale riferisca al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correttivi ove necessari ad evitare ogni rischio di vulnerabilità delle garanzie riconosciute agli imputati,

impegna il Governo

a predisporre, sin da subito, un adeguato e puntuale monitoraggio dell'applicazione delle disposizioni in tema di partecipazione a distanza al dibattimento, degli imputati per i delitti di promozione e direzione di associazione mafiosa ovvero di associazione con finalità di terrorismo o finalizzata al traffico di stupefacenti, che si trovino in stato di detenzione, al fine di valutare tempestivamente l'adeguatezza della riforma sul piano del corretto bilanciamento delle esigenze di sicurezza e dei principi regolatori del processo penale e del diritto di difesa dell'imputato.
9/4368/23Verini, Bazoli, Rossomando, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 18, nel delegare il Governo ad emanare un decreto legislativo per modificare la disciplina del casellario giudiziale, prevede, tra le altre cose, alla lettera c), di eliminare l'iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevedendo che sia il PM a verificare, prima che venga emesso il provvedimento, che il fatto addebitato sia occasionale; nonché di rimodulare i limiti temporali per l'eliminazione delle iscrizioni delle condanne per fatti di modesta entità con la finalità di reinserimento sociale del soggetto (per pene comunque non superiori a sei mesi);
    ricordato che l'istituto della messa alla prova nel processo penale introdotto dalla legge n. 67/2014, dovrebbe consentire a chi ne usufruisce di poter uscire dalle vicende giudiziarie nel migliore dei modi, ovvero con una sentenza di proscioglimento ante causam all'esito positivo della messa alla prova stessa, laddove tali procedure, infatti, spesso avvengono per soggetti incensurati e per reati che potrebbero definirsi «bagatellari»;
    valutato che, nonostante si tratti di una sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato e non della pena, la stessa appare come iscrizione nel certificato penale ad uso privato e che, se nulla quaestio alla permanenza dell'iscrizione sul certificato ad uso amministrativo – poiché il cittadino ne può usufruire solo una volta e il Giudice deve poter vedere se questi abbia già beneficiato di tale procedura – rilevano forti criticità sul fatto che anche i privati possano esserne messi a conoscenza;
    ricordato che l'articolo 6 della citata legge prevede l'iscrizione nel casellario dell'ordinanza sospensiva del procedimento con messa alla prova, rendendo tale iscrizione di pubblico dominio a prescindere se l'accesso a tali informazioni possa scaturire da una richiesta di tipo amministrativo piuttosto che privato;
    considerato pertanto che la suddetta, apparirebbe tradire la ratio ed i principi direttivi della delega per la riforma del casellario giudiziario di cui al comma 18 dell'atto in titolo, in quanto si perpetrerebbe la disparità di trattamento tra chi, in ipotesi, patteggiando a due anni con la condizionale un reato di usura, una bancarotta fraudolenta, ove incensurato, può beneficiare di un casellario ad uso privato intonso e chi, invece, compiendo un reato di minore gravità con un massimo edittale di quattro anni, pur ammettendo l'addebito e svolgendo un'attività a favore della collettività con esito positivo, mantiene l'iscrizione con probabili negative ed ingiuste ricadute professionali,

impegna il Governo

al fine di realizzare una più equa considerazione delle generali conseguenze dell'estinzione del reato a precisare, nel primo provvedimento utile, che sia sempre prevista la cancellazione dal casellario ad uso privato quando risulti esito positivo della messa alla prova.
9/4368/24Agostinelli, Sarti, Bonafede, Businarolo, Colletti, Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 18, nel delegare il Governo ad emanare un decreto legislativo per modificare la disciplina del casellario giudiziale, prevede, tra le altre cose, alla lettera c), di eliminare l'iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevedendo che sia il PM a verificare, prima che venga emesso il provvedimento, che il fatto addebitato sia occasionale; nonché di rimodulare i limiti temporali per l'eliminazione delle iscrizioni delle condanne per fatti di modesta entità con la finalità di reinserimento sociale del soggetto (per pene comunque non superiori a sei mesi);
    ricordato che l'istituto della messa alla prova nel processo penale introdotto dalla legge n. 67/2014, dovrebbe consentire a chi ne usufruisce di poter uscire dalle vicende giudiziarie nel migliore dei modi, ovvero con una sentenza di proscioglimento ante causam all'esito positivo della messa alla prova stessa, laddove tali procedure, infatti, spesso avvengono per soggetti incensurati e per reati che potrebbero definirsi «bagatellari»;
    valutato che, nonostante si tratti di una sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato e non della pena, la stessa appare come iscrizione nel certificato penale ad uso privato e che, se nulla quaestio alla permanenza dell'iscrizione sul certificato ad uso amministrativo – poiché il cittadino ne può usufruire solo una volta e il Giudice deve poter vedere se questi abbia già beneficiato di tale procedura – rilevano forti criticità sul fatto che anche i privati possano esserne messi a conoscenza;
    ricordato che l'articolo 6 della citata legge prevede l'iscrizione nel casellario dell'ordinanza sospensiva del procedimento con messa alla prova, rendendo tale iscrizione di pubblico dominio a prescindere se l'accesso a tali informazioni possa scaturire da una richiesta di tipo amministrativo piuttosto che privato;
    considerato pertanto che la suddetta, apparirebbe tradire la ratio ed i principi direttivi della delega per la riforma del casellario giudiziario di cui al comma 18 dell'atto in titolo, in quanto si perpetrerebbe la disparità di trattamento tra chi, in ipotesi, patteggiando a due anni con la condizionale un reato di usura, una bancarotta fraudolenta, ove incensurato, può beneficiare di un casellario ad uso privato intonso e chi, invece, compiendo un reato di minore gravità con un massimo edittale di quattro anni, pur ammettendo l'addebito e svolgendo un'attività a favore della collettività con esito positivo, mantiene l'iscrizione con probabili negative ed ingiuste ricadute professionali,

impegna il Governo

al fine di realizzare una più equa considerazione delle generali conseguenze dell'estinzione del reato a valutare di precisare, nel primo provvedimento utile, che sia sempre prevista la cancellazione dal casellario ad uso privato quando risulti esito positivo della messa alla prova.
9/4368/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Agostinelli, Sarti, Bonafede, Businarolo, Colletti, Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 11 indica nuove circostanze per la sospensione dei termini di prescrizione, fra le quali: fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna in primo grado; fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, rimuovendo così lo specifico aumento dei termini della metà per i reati di corruzione, originariamente previsto nel testo approvato durante la prima lettura parlamentare del provvedimento in esame;
    considerato che, in una condizione nella quale le sentenze di appello arrivano dopo circa quattro anni e mezzo dopo le sentenze del Tribunale, l'allungamento proposto non appare produttivo di effetti risolutivi, tanto più che la sospensione della prescrizione dopo le sentenze di primo e secondo grado per un solo anno e mezzo, rischia di favorire ulteriori comportamenti dilatori da parte del condannato appellante o ricorrente in Cassazione;
    ricordato che la Commissione europea, nella nota del 2017 per l'Italia, afferma che l'attuale regime di prescrizione ostacola considerevolmente la repressione della corruzione e che sarebbe invece auspicabile, analogamente a quanto suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione, mettere perlomeno fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre nel primo provvedimento utile una modifica del comma in premessa tale da prevedere la sospensione senza limiti di tempo della prescrizione all'indomani della sentenza di primo grado.
9/4368/25Dadone, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 11, indica nuove circostanze per la sospensione dei termini di prescrizione, fra le quali: fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna in primo grado; fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, rimuovendo così lo specifico aumento dei termini della metà per i reati di corruzione, originariamente previsto nel testo approvato durante la prima lettura parlamentare del provvedimento in esame;
    considerato che, in una condizione nella quale le sentenze di appello arrivano dopo circa quattro anni e mezzo dopo le sentenze del Tribunale, l'allungamento proposto non appare produttivo di effetti risolutivi, tanto più che la sospensione della prescrizione dopo le sentenze di primo e secondo grado per un solo anno e mezzo, rischia di favorire ulteriori comportamenti dilatori da parte del condannato appellante o ricorrente in Cassazione;
    ricordato che la Commissione europea, nella nota del 2017 per l'Italia, afferma che l'attuale regime di prescrizione ostacola considerevolmente la repressione della corruzione e che sarebbe invece auspicabile, analogamente a quanto suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione, mettere perlomeno fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre nel primo provvedimento utile una modifica del comma in premessa tale da prevedere la sospensione senza limiti di tempo della prescrizione all'indomani dell'esercizio dell'azione penale.
9/4368/26Colletti, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Businarolo, Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 11, indica nuove circostanze per la sospensione dei termini di prescrizione, fra le quali: fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna in primo grado; fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, rimuovendo così lo specifico aumento dei termini della metà per i reati di corruzione, originariamente previsto nel testo approvato durante la prima lettura parlamentare del provvedimento in esame;
    considerato che, in una condizione nella quale le sentenze di appello arrivano dopo circa quattro anni e mezzo dopo le sentenze del Tribunale, l'allungamento proposto non appare produttivo di effetti risolutivi, tanto più che la sospensione della prescrizione dopo le sentenze di primo e secondo grado per un solo anno e mezzo, rischia di favorire ulteriori comportamenti dilatori da parte del condannato appellante o ricorrente in Cassazione;
    ricordato che la Commissione europea, nella nota del 2017 per l'Italia, afferma che l'attuale regime di prescrizione ostacola considerevolmente la repressione della corruzione e che sarebbe invece auspicabile, analogamente a quanto suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione, mettere perlomeno fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado,

impegna il Governo

al fine di delineare una soluzione più consona al contrasto della prescrizione dei reati, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre nel primo provvedimento utile una modifica del comma in premessa tale da prevedere il raddoppio dei termini sospensivi proposti.
9/4368/27Simone Valente, Carinelli, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 11, indica nuove circostanze per la sospensione dei termini di prescrizione, fra le quali: fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna in primo grado; fino ad un anno e mezzo dal termine per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, rimuovendo così lo specifico aumento dei termini della metà per i reati di corruzione, originariamente previsto nel testo approvato durante la prima lettura parlamentare del provvedimento in esame;
    considerato che, in una condizione nella quale le sentenze di appello arrivano dopo circa quattro anni e mezzo dopo le sentenze del Tribunale, l'allungamento proposto non appare produttivo di effetti risolutivi, tanto più che la sospensione della prescrizione dopo le sentenze di primo e secondo grado per un solo anno e mezzo, rischia di favorire ulteriori comportamenti dilatori da parte del condannato appellante o ricorrente in Cassazione;
    ricordato che la Commissione europea, nella nota del 2017 per l'Italia, afferma che l'attuale regime di prescrizione ostacola considerevolmente la repressione della corruzione e che sarebbe invece auspicabile, analogamente a quanto suggerito dal Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione, mettere perlomeno fine ai termini di prescrizione dopo una condanna di primo grado,

impegna il Governo

al fine di delineare una soluzione più consona al contrasto della prescrizione dei reati, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre nel primo provvedimento utile, una modifica dell'articolo 161 del codice penale tale che gli eventi interruttivi della prescrizione non possano avere un limite temporale massimo rispetto al tempo necessario a prescrivere.
9/4368/28Lombardi, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che i commi da 25 a 36 dettano alcune modifiche alla disciplina delle indagini preliminari, in particolare introducendo delle scadenze più rigorose sui termini massimi delle stesse in relazione alla decisione del pubblico ministero di esercitare l'azione penale ovvero richiedere l'archiviazione;
    osservato che, in particolare, il comma 30 dispone una modifica al termine di durata massima delle indagini preliminari di cui all'articolo 407 c.p.p., sostanzialmente obbligando il pubblico ministero, ad assumere entro un termine tassativo di tre mesi allo scadere del termine massimo della durata delle indagini preliminari, una posizione rispetto alla notizia di reato, in difetto della quale l'indagine è automaticamente avocata dal procuratore generale presso la Corte d'Appello;
    considerato che, stante l'effettivo principio dell'obbligatorietà dell'azione penale e la cronica carenza negli organici di personale di magistratura ed amministrativo che impedisce di poter svolgere adeguatamente tutte le indagini in corso, l'imposizione di scadenze ultimative ed inderogabili per il deposito degli atti, pena l'avocazione obbligatoria ed automatica da parte del procuratore generale, rischia che sia sempre richiesto il rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero ed ancor più, in caso di avocazione, dalla procura generale (con organico assai ridotto), ingolfando i tribunali di cause fondate sulla base di indagini che potranno esser state svolte in maniera compiuta solamente per i reati «minori» e non per quelli più complessi (come per i reati legati alla corruzione, che sono molto difficili da accertare) e favorendo un intervento generalizzato della prescrizione,

impegna il Governo

al fine di realizzare una più efficace, accurata ed efficiente procedura in merito alla decisione sull'esercizio dell'azione penale, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, con il primo provvedimento utile, perlomeno un raddoppio dei termini temporali introdotti dal comma 30.
9/4368/29Crippa, Cozzolino, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 85, reca un'ampia delega di riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso una delega al Governo in venti punti/lettere, pressoché in bianco, ad intervenire sull'intero universo penitenziario (fatta nominale eccezione per il regime del 41-bis), dalla quale emerge, a fronte di una dichiarata ricerca di una funzione effettivamente rieducativa della pena, la volontà di una complessiva attenuazione del rigore dell'esecuzione della pena, pur in presenza di una carenza di organico della polizia penitenziaria, degli appartenenti al gruppo operativo mobile (GOM) e di strutture detentive efficienti (oggi gravemente sovraffollate) inadatte a garantire un'esecuzione adeguata per le diverse tipologie di detenuto;
    valutato che infatti i principi di delega quali, la valorizzazione del volontariato, – da parte di soggetti esterni – di cui alla lettera h), la generica affermazione del diritto all'affettività (lettera n)); la promozione della «sorveglianza dinamica» quale standard per conseguire la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna di cui alla lettera r), ed – in particolare – l'utilizzo dei sistemi audiovisivi (piattaforma Skype o similari) anche per favorire le relazioni familiari, di cui alla lettera i), fossero applicati indistintamente anche al livello inferiore al 41-bis, ovvero a quello dei detenuti in «alta sicurezza», gli effetti potrebbero risultare quantomeno controproducenti;
    i circa novemila ristretti al regime di «alta sicurezza» sono, di fatto, detenuti 41-bis declassificati od appartenenti a criminalità organizzata di assoluto rilievo criminale, che potrebbero, sfruttando ad esempio i benefici di cui alla menzionata lettera i), poter comunicare all'esterno messaggi provenienti dai ristretti al regime del 41-bis;
    il ripetuto riferimento alla necessità di ricorrere alle misure alternative alla detenzione, rischia di creare i presupposti, sia pure involontariamente, per poter arrivare ad una configurazione più «annacquata» dell'intero sistema penitenziario italiano in cui, fatti salvi i rapporti tra i diversi regimi penitenziari, una volta che le misure alternative venissero sottoposte alla maggior parte della popolazione detenuta, anche le persone sottoposte allo stesso regime del 41-bis, potrebbero progressivamente trarre giovamento da una sorta di «effetto domino» al ribasso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 85, di precisare che i reclusi nel regime denominato «Alta Sicurezza» e fermo quanto disposto dall'articolo 4-bis codice penale, parimenti a quanto previsto per i detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis della medesima normativa, siano esclusi dall'applicazione della delega di riforma dell'ordinamento penitenziario.
9/4368/30Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
   rilevato che il comma 5 interviene sul reato di voto di scambio elettorale politico-mafioso di cui all'articolo 416-ter c.p., aumentandone la cornice edittale e sanzionando tale delitto con la pena della reclusione da 6 a 12 anni, mentre attualmente è da 4 a 10 anni;
   considerato che la scelta di inasprire le sanzioni per il voto di scambio politico-mafioso, non è stata accompagnata da un'opportuna ed attesa modifica dell'attuale errata tipizzazione della fattispecie in merito al cosiddetto «metodo mafioso», mantenendo la sostanziale inapplicabilità di un articolo indispensabile per un contrasto efficace degli accordi tra politica e mafia;
   ricordato che, con la sentenza numero 36382, depositata il 28 agosto 2014, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione – in merito al processo a carico dell'ex deputato regionale siciliano Antonello Antinoro – ha annullato con rinvio la sentenza di appello di condanna per il reato di cui all'articolo 416-ter c.p, a seguito della intervenuta riforma di cui alla legge 17 aprile 2014, n. 62, stabilendo che, in particolare, è stato introdotto «un nuovo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice che rende, rispetto alla versione precedente, penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti in pattuizioni politico-mafiose che non abbiano espressamente contemplato concrete modalità mafiose di procacciamento dei voti»;
   valutato altresì che, a fronte di reiterate richieste in Commissione giustizia, il Ministro della Giustizia non è stato, e non è in grado di fornire statistiche relative al numero dei procedimenti penali in corso per il reato di cui all'articolo 416-ter c.p. dal momento della suddetta riforma, rendendone impossibile una valutazione sulla sua efficacia,

impegna il Governo

nel primo provvedimento utile, a rivedere la tipizzazione della fattispecie di cui all'articolo 416-ter nel senso di eliminare il riferimento alle modalità mafiose quale elemento indispensabile ai fini dell'integrazione del reato di voto di scambio elettorale politico-mafioso.
9/4368/31Grillo, Sarti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
   rilevato che il comma 84, lettera b) introduce un nuovo delitto (con la pena della reclusione fino a 4 anni) per punire coloro che diffondano il contenuto di riprese audiovisive o registrazioni, svolte alla presenza dell'interessato, o di conversazioni telefoniche, «fraudolentemente» captate, con la sola «finalità di recare danno alla reputazione». La punibilità è esclusa quando le registrazioni o le riprese sono utilizzate nell'ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca, cioè da giornalisti;
   considerato che il divieto di diffondere il materiale in questione, raccolto fraudolentemente – avverbio troppo generico, che avrebbe potuto essere sostituito dal più tassativo «illecitamente» – ed al fine, altrettanto soggettivo, di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, pone dei seri limiti alla possibilità da parte dei cittadini di poter fare informazione, esercitando un legittimo controllo su politica ed istituzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega in premessa, di escludere la punibilità quando le riprese o le registrazioni riguardano eventi o situazioni di carattere istituzionale, per i quali l'interesse prevalente da tutelare sia la loro conoscibilità da parte dei cittadini.
9/4368/32Villarosa, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
   rilevato che il comma 85, reca un'ampia delega di riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso una delega al Governo in venti punti/lettere, pressoché in bianco, ad intervenire sull'intero universo penitenziario (fatta nominale eccezione per il regime del 41-bis), dalla quale emerge, a fronte di una dichiarata ricerca di una funzione effettivamente rieducativa della pena, la volontà di una complessiva attenuazione del rigore dell'esecuzione della pena, pur in presenza di una carenza di organico della polizia penitenziaria e di strutture detentive efficienti (oggi gravemente sovraffollate) inadatte a garantire un'esecuzione adeguata per le diverse tipologie di detenuto;
   valutato che, se i principi di delega quali, la valorizzazione del volontariato, – da parte di soggetti esterni – di cui alla lettera h), la generica affermazione del diritto all'affettività (lettera n)); la promozione della «sorveglianza dinamica» quale standard per conseguire la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna di cui alla lettera r), nonché l'utilizzo dei sistemi audiovisivi (piattaforma Skype o similari) anche per favorire le relazioni familiari, di cui alla lettera i), fossero applicati indistintamente anche al livello inferiore al 41-bis, ovvero a quello dei detenuti in «alta sicurezza», gli effetti potrebbero risultare quantomeno controproducenti;
   considerato che, in particolare, il comma 85, lettera i) disciplina l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari, senza tuttavia delineare con la dovuta tassatività limiti e condizioni di accesso a tale facoltà,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui al comma 85, lettera i), al fine di adottare ulteriori iniziative normative volta a promuovere esclusivamente l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi per fini processuali e per garantire il diritto alla difesa.
9/4368/33D'Uva, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
   rilevato che il comma 16, lettera d) reca una delega in tema di Residenze per le Misure di Sicurezza (Rems) prevedendo presso tali residenze, la prioritaria destinazione: delle persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale; dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena; degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, in caso di inidoneità della sezione degli istituti penitenziari cui sono destinati a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi;
   considerato che a fronte della chiusura degli ospedali giudiziari in attuazione della legge 30 maggio 2014 n. 8, la citata disposizione che prevede il ricovero presso le Rems anche dei detenuti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, in caso di inidoneità della sezione degli istituti penitenziari cui sono destinati a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi, comporterebbe in breve tempo la saturazione delle stesse con conseguente impossibilità di terminare la dismissione degli ultimi pazienti ancora reclusi nei vecchi ospedali psichiatrici giudiziari e impedendone la chiusura e di svolgere le funzioni che sono state loro attribuite dal legislatore e di fatto ripristinerebbe i vecchi Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG),

impegna il Governo

al fine di scongiurare l'evenienza descritta in premessa, a valutare gli effetti applicativi della disposizione in premessa al fine di considerare l'opportunità di non esercitare la delega di cui alla comma 16, lettera d), facendo altresì corrispondere un opportuno impegno per rendere realmente operative le «Articolazioni per la salute mentale» presenti in numerosi istituti penitenziari.
9/4368/34Baroni, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    si conferisce delega il Governo per intervenire sull'assetto funzionale delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), secondo II principio, di portata generale, del superamento effettivo degli ospedali psichiatrici giudiziari;
    il criterio direttivo di delega obbliga il Governo a scongiurare il pericolo che, attraverso una modifica della destinazione funzionale delle REMS, queste possano essere individuate come «eredi universali» degli ospedali psichiatrici giudiziari, e quindi per l'intero ambito delle competenze e delle attribuzioni che il precedente regime normativo assegnava a questi ultimi;
    la destinazione alle REMS di altri soggetti, ulteriori a quelli che ne costituiscono l'utenza prioritaria sì come evidenziato dallo stesso disegno di legge, dovrà essere regolata in termini di sostanziale eccezionalità, pena altrimenti la riproposizione, nei fatti, del previgente assetto, che invece occorre superare effettivamente;
    le esigenze di cura in favore degli altri soggetti – condannati con infermità psichica sopravvenuta, imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e persone, le cui condizioni psichiche debbano essere accertate – devono essere soddisfatte mediante un potenziamento delle strutture terapeutiche degli istituti penitenziari;
    le carenze delle articolazioni sanitarie degli istituti penitenziari non possono e non devono trasformarsi in fattori di inefficienza operativa per le REMS, vanificando gli ideali di un complessivo disegno riformatore che sta oggi, tra molte difficoltà, vedendo la sua prima realizzazione,

impegna il Governo

   a prevedere – in caso di esercizio della delega in riferimento alle REMS – che dovranno essere eccezionali i casi in cui presso le menzionate strutture potranno essere trasferiti soggetti diversi dagli infermi di mente dichiarati non imputabili e destinatari, per provvedimento definitivo, della misura di sicurezza detentiva;
   a predisporre, contestualmente all'esercizio della delega, tutte le misure necessarie al rafforzamento delle strutture sanitarie degli istituti penitenziari, in modo tale che siano in grado di accogliere e curare tutte le altre categorie di soggetti che, secondo il regime normativo previgente alla istituzione delle REMS, erano indirizzati agli ospedali psichiatrici giudiziari.
9/4368/34. (Testo modificato nel corso della seduta) Baroni, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
   rilevato che dal comma 5 al comma 9 è disposto un complessivo inasprimento delle sanzioni connesse a taluni reati del codice penale quali lo scambio politico-mafioso – che non muta tuttavia l'errata tipizzazione della fattispecie in merito al c.d. «metodo mafioso» – il furto in abitazione e furto con strappo, la rapina, l'estorsione aggravata, senza tuttavia cogliere l'occasione di introdurre nuovi reati, ovvero ulteriori pene accessorie, utili al contrasto della corruzione e, più in generale, del rapporto tra politica e malaffare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, la modifica delle pene accessorie per i reati contro la Pubblica Amministrazione tale che alla condanna per tali delitti consegua la perpetua interdizione dai pubblici uffici, nonché l'incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione.
9/4368/35Businarolo, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che dal comma 5 al comma 9 è disposto un complessivo inasprimento delle sanzioni connesse a taluni reati del codice penale quali lo scambio politico-mafioso – che non muta tuttavia l'errata tipizzazione della fattispecie in merito al così detto «metodo mafioso» – il furto in abitazione e furto con strappo, la rapina, l'estorsione aggravata, senza tuttavia cogliere l'occasione di introdurre nuovi reati, ovvero ulteriori pene accessorie, utili al contrasto della corruzione e, più in generale, del rapporto tra politica e malaffare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, l'introduzione di una normativa tesa a istituire la figura del c.d. «agente sotto copertura» in relazione alla verifica dei reati contro la Pubblica Amministrazione.
9/4368/36Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Colletti.


   La Camera,
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedimentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti, generando così, per l'intrinseca qualità soggettiva o non oggettiva di tali categorie, un rischio di «auto-censura» da parte del Pubblico Ministero, che limiterà i contributi pubblicati e pubblicabili, per non incorrere in sanzioni;
    ricordato che la citata «stretta» sulle intercettazioni va inoltre a sommarsi all'introduzione – comma 84, numero 5), lettera b) di un nuovo delitto (con la pena della reclusione fino a 4 anni) per punire coloro che diffondano il contenuto di riprese audiovisive o registrazioni, svolte alla presenza dell'interessato, o di conversazioni telefoniche, «fraudolentemente» captate, con la sola «finalità di recare danno alla reputazione»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 84, lettera a), di precisare in maniera tassativa il requisito di irrilevanza ai fini di giustizia penale, connesso all'adozione di speciali misure di riservatezza, delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione.
9/4368/37Fico, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedimentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 84, lettera a), di precisare in maniera tassativa il requisito di irrilevanza ai fini di giustizia penale, connesso all'adozione di speciali misure di riservatezza, delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione.
9/4368/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Fico, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedi mentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti, generando così, per l'intrinseca qualità soggettiva o non oggettiva di tali categorie, un rischio di «auto-censura» da parte del Pubblico Ministero, che limiterà i contributi pubblicati e pubblicabili, per non incorrere in sanzioni;
    ricordato che la citata «stretta» sulle intercettazioni va inoltre a sommarsi all'introduzione – comma 84, numero 5), lettera b) di un nuovo delitto (con la pena della reclusione fino a 4 anni) per punire coloro che diffondano il contenuto di riprese audiovisive o registrazioni, svolte alla presenza dell'interessato, o di conversazioni telefoniche, «fraudolentemente» captate, con la sola «finalità di recare danno alla reputazione»,

impegna il Governo

valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 84. lettera a), di precisare in maniera tassativa la qualità di persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, connessa all'adozione di speciali misure di riservatezza, delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione.
9/4368/38Nesci, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedi mentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti,

impegna il Governo

valutare l'opportunità, nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 84. lettera a), di precisare in maniera tassativa la qualità di persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, connessa all'adozione di speciali misure di riservatezza, delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione.
9/4368/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedimentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti, generando così, per l'intrinseca qualità soggettiva o non oggettiva di tali categorie, un rischio di «auto-censura» da parte del Pubblico Ministero, che limiterà i contributi pubblicati e pubblicabili, per non incorrere in sanzioni;
    ricordato che la citata «stretta» sulle intercettazioni va inoltre a sommarsi all'introduzione – comma 84, numero 5), lettera b) di un nuovo delitto (con la pena della reclusione fino a 4 anni) per punire coloro che diffondano il contenuto di riprese audiovisive o registrazioni, svolte alla presenza dell'interessato, o di conversazioni telefoniche, «fraudolentemente» captate, con la sola «finalità di recare danno alla reputazione»;
    osservato che, alla lettera c) della citata delega, è stato disposto il criterio direttivo atto a disciplinare le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili, tale che l'attivazione del microfono avvenga solo in conseguenza di apposito comando inviato da remoto e non con il mero inserimento del captatore informatico, nel rispetto dei limiti – numerosi e stringenti – stabiliti nel decreto autorizzativo del giudice, e che attengono anche all'utilizzabilità delle captazioni a seconda della modalità di raccolta. Limitazioni che trovano parziale attenuazione solo per alcuni reati (mafia, terrorismo), per i quali l'attivazione del dispositivo è «sempre» ammessa ovvero può essere disposta in via d'urgenza, ma – significativa lacuna – non per gli assai diffusi reati di corruzione. Ad esempio, saranno escluse le intercettazioni informatiche-ambientali tra soggetti presenti nei luoghi come l'abitazione principale, a meno che il magistrato non abbia la certezza che in quel luogo si stiano compiendo attività criminose (comma 84, lettera e), n.3)), mentre fino ad oggi il magistrato può usare le intercettazioni anche solo in caso di fondato motivo del compimento di attività criminose;
    valutato, infine, che a fronte delle ricordate disposizioni, l'atto in titolo prevede delle generiche «aperture» alle esigenze investigative e di informazione come la semplificazione delle articolate condizioni per l'impiego delle intercettazioni nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, restringendo quindi l'ambito applicativo della norma solo per «i più gravi» reati e solo per «i pubblici ufficiali» (comma 84, lettera d));

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione recante la delega sui così detti « trojan» di cui alla lettera e) del comma 84, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire che in ogni caso di urgenza, e non solo limitatamente ai delitti più gravi, il pubblico ministero possa temporaneamente disporre le intercettazioni tramite tali strumenti.
9/4368/39Frusone, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che al comma 84, la delega al Governo enumera i principi e criteri direttivi, uniformemente orientati verso una severa restrizione della possibilità di raccolta, utilizzo, pubblicità e divulgazione delle stesse, quali: garantire la riservatezza delle comunicazioni; intervenire sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle intercettazioni; dettare una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, e che in tale ambito procedimentale, dovrà essere tutelata in particolare la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone «occasionalmente coinvolte» e delle comunicazioni asseritamente «non rilevanti» a fini di giustizia penale;
    considerato che si tratta di disposizioni sostanzialmente volte a far sì che il magistrato chiamato a selezionare le intercettazioni destinate al deposito alla fine delle indagini preliminari – e successivamente messe a disposizione della difesa e dei giornalisti –, sia messo nella condizione di dover valutare con estrema cautela quale materiale sia «irrilevante», «non pertinente» o «estraneo» all'accertamento dei fatti;
    osservato che, alla lettera c) della citata delega, è stato disposto il criterio direttivo atto a disciplinare le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili, tale che l'attivazione del microfono avvenga solo in conseguenza di apposito comando inviato da remoto e non con il mero inserimento del captatore informatico, nel rispetto dei limiti stabiliti nel decreto autorizzativo del giudice, e che attengono anche all'utilizzabilità delle captazioni a seconda della modalità di raccolta,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione recante la delega sui così detti « trojan» di cui alla lettera e) del comma 84, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire che in ogni caso di urgenza, e non solo limitatamente ai delitti più gravi, il pubblico ministero possa temporaneamente disporre le intercettazioni tramite tali strumenti.
9/4368/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Frusone, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    osservato che il comma 88, lettera b), reca una modifica alle spese per le intercettazioni che, intervenendo sul decreto legislativo n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), ai fini dell'adozione del canone annuo forfettario per le prestazioni obbligatorie a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle autorità giudiziarie, prevede che, onde conseguire un risparmio del 50 per cento rispetto alla spesa attuale, siano riviste le voci di listino di cui al decreto ministeriale 26 aprile 2001 con decreto dei Ministri della giustizia e dello sviluppo economico (di concerto con il MEF) da emanarsi entro il 31 dicembre 2017;
    considerato che le disposizioni di cui al comma 88, paiono suggerire un dimezzamento, di fatto, del budget per le intercettazioni, laddove decidendo di intervenire sulle spese e non sui costi delle stesse, pur in una logica di razionalizzazione dei centri di spesa, si andrà inevitabilmente ad incidere sull'effettiva possibilità, da parte delle procure, di poterle realizzare in base alle risorse disponibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire che le disposizioni sul contenimento delle spese per le intercettazioni non influiscano, direttamente o indirettamente, sul dispiegamento delle attività investigative.
9/4368/40Dell'Orco, Dieni, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    osservato che il comma 88, lettera b), reca una modifica alle spese per le intercettazioni che, intervenendo sul decreto legislativo n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), ai fini dell'adozione del canone annuo forfettario per le prestazioni obbligatorie a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle autorità giudiziarie, prevede che, onde conseguire un risparmio del 50 per cento rispetto alla spesa attuale, siano riviste le voci di listino di cui al decreto ministeriale 26 aprile 2001 con decreto dei Ministri della giustizia e dello sviluppo economico (di concerto con il MEF) da emanarsi entro il 31 dicembre 2017,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire che le disposizioni sul contenimento delle spese per le intercettazioni non influiscano, direttamente o indirettamente, sul dispiegamento delle attività investigative.
9/4368/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Dell'Orco, Dieni, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    osservato che il comma 84, lettera e), numero 5), il comma 88, lettera b) e, sotto il profilo delle spese, il comma 89, affidano a decreti ministeriali, la formazione di elenchi di soggetti abilitati e di requisiti tecnico-informatici in capo alle tipologie di prestazioni per intercettazioni. Elenco che configura una possibile ingerenza dell'esecutivo sulle tecniche investigative, nonché un potenziale vantaggio, per chi delinque, di poter verificare quali siano gli strumenti di indagine a disposizione delle autorità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire, nell'ambito dell'emanazione dei decreti richiamati in premessa, adeguate misure di riservatezza in capo alle strumentazioni tecniche attraverso le quali dovranno svolgersi le attività investigative.
9/4368/41Tofalo, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    osservato che il comma 84, lettera e), numero 5), il comma 88, lettera b) e, sotto il profilo delle spese, il comma 89, affidano a decreti ministeriali, la formazione di elenchi di soggetti abilitati e di requisiti tecnico-informatici in capo alle tipologie di prestazioni per intercettazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire, nell'ambito dell'emanazione dei decreti richiamati in premessa, adeguate misure di riservatezza in capo alle strumentazioni tecniche attraverso le quali dovranno svolgersi le attività investigative.
9/4368/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Tofalo, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che i commi da 1 a 4 l'atto recano la disciplina delle condotte riparatorie dell'imputato, quale nuova causa di estinzione del reato mediante la riparazione, il risarcimento e l'eliminazione delle conseguenze dannose del reato;
    considerato che l'istituto dell'estinzione del reato tramite condotte riparatorie, rappresenta l'ennesimo strumento di deflazione penale che non contempla adeguatamente i diritti della persona offesa dal reato, delineando una giustizia in cui le conseguenze penali sono azzerate per chi può permettersi di «ripagare» la vittima,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'estinzione del reato tramite condotte riparatorie da parte del reo, possa essere accordata in subordine al consenso della vittima.
9/4368/42Cominardi, Ferraresi, Sarti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, frutto dell'accorpamento in un unico testo di tre progetti di legge già approvati dalla Camera e di una pluralità di disegni di legge di iniziativa di senatori, prevede una serie di interventi tutti riferiti al diritto penale sostanziale e processuale, nonché all'ordinamento penitenziario; in particolare, oltre a numerose novelle al codice penale e di procedura penale, esso reca l'attribuzione al Governo di deleghe per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati, la revisione delle misure di sicurezza, il riordino di alcuni settori del codice penale, la revisione della disciplina del casellario giudiziale, la riforma della disciplina delle intercettazioni, delle impugnazioni penali, dell'ordinamento penitenziario e delle spese di giustizia;
    rilevato che il comma 85, reca un'ampia delega di riforma dell'ordinamento penitenziario attraverso una delega al Governo in venti punti/lettere, pressoché in bianco, ad intervenire sull'intero universo penitenziario (fatta nominale eccezione per il regime del 41-bis), dalla quale emerge, a fronte di una dichiarata ricerca di una funzione effettivamente rieducativa della pena, la volontà di una complessiva attenuazione del rigore dell'esecuzione della pena, pur in presenza di una carenza di organico della polizia penitenziaria, degli appartenenti al gruppo operativo mobile (GOM) e di strutture detentive efficienti (oggi gravemente sovraffollate) inadatte a garantire un'esecuzione adeguata per le diverse tipologie di detenuto;
    valutato, in particolare che, la lettera e), di cui al comma 85, stabilisce la revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo salvo che per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale;
    considerato che, in relazione alla suddetta lettera, nell'impianto originario del disegno di legge recante delega sull'ordinamento penitenziario non era prevista alcuna esclusione per i reati di mafia e terrorismo, e che pertanto la disposizione in oggetto ha rappresentato un chiaro tentativo di improprio allentamento del rigore dell'esecuzione penale a beneficio di soggetti di elevata e comprovata caratura criminale;
    osservato che, stante l'attuale formulazione che esclude dall'applicazione della delega i condannati in regime di 41-bis, quelli per reati di mafia e terrorismo, nonché per i casi di eccezionale gravità e pericolosità, il residuale riferimento agli ergastolani che potrebbero avere accesso ai benefici penitenziari, appare privo di una concreta funzione se non quella di dar luogo ad un progressivo tentativo di erosione del principio di certezza della pena e dei regimi di carcere duro,

impegna il Governo

alla luce delle considerazioni in premessa, a valutare gli effetti applicativi della disposizione in premessa in modo da considerare l'opportunità di non esercitare la delega sulla revisione della concessione dei benefici penitenziari di cui al secondo periodo della lettera e) del comma 85.
9/4368/43Sarti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 85, lettera b) e c), contiene una delega per la revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative al fine di facilitarne il ricorso e la previsione dell'estensione temporale a quattro anni del limite di pena che impone la sospensione dell'ordine di esecuzione; l'articolo 1, comma 85, lettera d), e) ed f), concerne la delega per la previsione di una necessaria osservazione scientifica della personalità da condurre in libertà, stabilendone tempi, modalità e soggetti chiamati a intervenire nonché, per gli autori di determinate categorie di reati l'individualizzazione del trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato, nonché revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo ed infine la previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell'esecuzione delle misure alternative;
   considerato che:
    in tutti i procedimenti di esecuzione concernenti misure per la concessione di misure alternative a favore del condannato e/o detenuto, ovvero per la individuazione di percorsi penitenziari specifici ovvero di rieducazione e/o reinserimento sociale e/o lavorativo per la concessione di misure di progressivo reinserimento nella società, è coinvolta la figura dell'esperto psicologo o criminologo il cui giudizio è parte integrante anche della relazione richiesta dagli organi della magistratura di sorveglianza ai fini della concedibilità della misura alternativa;
    la figura dell'esperto psicologo è prevista dall'articolo 80 della legge n. 354 del 26 luglio del 1975 e rappresenta un tassello fondamentale nel trattamento e osservazione comportamentale del detenuto; esso è il fulcro per la realizzazione degli obiettivi delineati dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione e del diritto alla salute del detenuto;
    l'esperto psicologo e criminologo partecipa alle attività di osservazione comportamentale del detenuto, alle procedure di valutazione per l'ammissione alle misure alternative alla detenzione e a tutti i benefici premiali penitenziari dei detenuti, nonché alle procedure di osservazione e valutazione psicologica dei nuovi ingressi;
    il disegno di legge in esame prevede un importante impulso sotto il profilo legislativo alla revisione della disciplina delle procedure di accesso alle misure alternative nonché particolare attenzione ai percorsi di rieducazione del detenuto così come previsto dalla Costituzione, così comportando un sensibile aumento del carico di lavoro degli UEPE e anche degli esperti ex articolo 80 Ordinamento Penitenziario coinvolti in tali procedure;
    il disegno di legge in esame è segno evidente della volontà del legislatore di considerare – in maniera forte – l'importanza della rieducazione e inserimento sociale del detenuto e del trattamento rieducativo esterno ed anche intramurario dello stesso quale strumento per realizzare gli obiettivi della Carta costituzionale (articolo 27 della Costituzione) e per dare una risposta anche al gravissimo problema dei suicidi dei detenuti e della ricaduta nel reato (cosiddette recidive);
    eppure con circolare n. 3645/6095 del 11 giugno 2013 il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha stabilito le regole del «nuovo» contratto di convenzione tra gli istituti dell'amministrazione penitenziaria e gli esperti di psicologia e criminologia clinica prevedendo – tra l'altro – la durata di un anno dell'incarico non rinnovabile per più di quattro anni dalla data della sua sottoscrizione, con l'effetto di escludere e tagliare fuori numerosissimi esperti qualificati e con una esperienza straordinaria ventennale nel settore e che non hanno visto rinnovarsi l'incarico;
    è necessario valorizzare e riconoscere la professionalità maturata dagli esperti psicologi e criminologi nelle procedure di valutazione del detenuto in funzione del perseguimento degli obiettivi di rieducazione e cura previsti anche dal disegno di legge in esame,

impegna il Governo

ad adottare idonee misure normative – anche nell'ambito degli ulteriori provvedimenti legislativi – al fine di garantire nuove tutele e la continuità lavorativa degli esperti psicologi e criminologi ex articolo 80 Ordinamento Penitenziario riconoscendone la professionalità e valorizzandone l'esperienza pluriennale maturata in maniera tale da non disperdere le competenze di coloro che hanno ricoperto l'incarico lavorando per numerosi anni senza adeguate garanzie e valutando la possibilità di prorogare le convenzioni stipulate nel 2013 anche in funzione della realizzazione degli obiettivi previsti dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione del detenuto, dal disegno di legge in esame e dalla normativa europea.
9/4368/44Ciprini, Businarolo, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Cominardi, Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, di cui alla legge n. 354 del 1975;
    tra gli aspetti da riformare figurano anche la revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, incluso il limite di pena per l'accesso alle stesse, nonché la revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari;
    la lunga sequenza di provvedimenti adottati negli ultimi anni atti a contrastare il sovraffollamento carcerario hanno creato, di fatto, un sistema in cui non è più garantita la certezza della pena con riferimento a numerose fattispecie di reato,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega di cui in premessa ad adottare misure che garantiscano la certezza della pena e che realizzino la tendenziale esclusione dei recidivi dai benefici.
9/4368/45Cirielli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    si verificano con sempre maggiore frequenza la commissione di reati da parte di soggetti tornati anticipatamente in libertà a causa dell'applicazione in loro favore di misure alternative alla detenzione,

impegna il Governo

a voler prevedere una disciplina per il risarcimento da parte dello Stato in favore delle vittime dei reati commessi nelle predette circostanze.
9/4368/46Rampelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede l'inasprimento delle pene per alcuni reati contro il patrimonio, quali il furto in abitazione e con strappo, il furto aggravato, la rapina e l'estorsione;
    tra i reati che destano particolare allarme sociale figurano anche numerosi reati contro la persona, tra i quali tutte le fattispecie attinenti alla violenza sessuale,

impegna il Governo

a prevedere l'aumento delle pene a carico degli autori dei citati reati.
9/4368/47Petrenga, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede alcune modifiche relative alle sentenze per patteggiamento e alla loro impugnabilità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a prevedere, in caso di patteggiamento, la consultazione delle persone offese e la corresponsione in loro favore di un'adeguata provvisionale, al cui pagamento è condizionata la stessa applicazione della pena su richiesta.
9/4368/48La Russa, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Assemblea modifica l'ordinamento penale, sia sostanziale sia processuale prevedendo, in particolare, anche una nuova disciplina della prescrizione dei reati che riguarda anche una serie di delitti in danno di minori, il termine di prescrizione decorre dal compimento del 18o anno di età della vittima, tra i quali si ricomprendono anche i maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del codice penale);
    si ritiene necessario intervenire nell'ambito dei provvedimenti di cui all'articolo 337-ter del codice civile, che stabilisce che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ma il giudice, che deve attenersi a tale vincolo, ha anche l'obbligo di salvaguardare il minore stesso, al fine di tutelare il minore, prevedendo anche una valutazione del giudice, o del presidente del tribunale oppure del collegio giudicante sulla sussistenza di denunce pendenti a carico dei genitori per maltrattamenti familiari ai sensi dell'articolo 572 del codice penale, nell'adozione dei provvedimenti con riguardo ai figli nei casi di separazione e di divorzio;
    il codice civile, infatti, oggi non consente al giudice, o al presidente del tribunale o al collegio giudicante, di poter valutare una sospensiva ai contatti del genitore molesto con i figli nell'eventualità di maltrattamenti familiari per i quali sussistano denunce pendenti in capo ai genitori, di cui invece si deve necessariamente tenere conto nell'ordinanza di affidamento dei figli nelle separazioni e nei divorzi;
    sarebbe utile che, qualora sia pendente una denuncia ai sensi dell'articolo 572 del codice penale a carico di uno dei genitori, il giudice potrà ponderare maggiormente le sue scelte nell'adozione di tutti i provvedimenti relativi all'affidamento dei minori e, proprio per salvaguardarne l'incolumità, deve avere la possibilità di decidere anche una sospensione, seppure temporanea, dei contatti con il genitore molesto, qualora ravvisi una situazione di potenziale pericolo per il minore a seguito di episodi di maltrattamenti familiari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, una valutazione del giudice sull'esistenza di denunce pendenti a carico dei genitori per maltrattamenti familiari ai sensi dell'articolo 572 del codice penale, nell'adozione dei provvedimenti relativi all'affidamento dei figli minori in caso di separazione e di divorzio dei genitori.
9/4368/49Gebhard, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    molte sono le strutture carcerarie che lamentano un sovraffollamento ormai ingestibile, con quasi 57mila presenze nelle celle, delle quali 20mila in attesa di un giudizio definitivo ed oltre 19 mila straniere, in poco tempo si sono vanificati i provvedimenti adottati dall'Italia dopo le condanne della Corte di Strasburgo;
    nella situazione di sovraffollamento è anche la casa circondariale di Trento, situata in località Spini di Gardolo, realizzata in soli 3 anni e 8 mesi (inaugurata il 31 gennaio 2011 in sostituzione del carcere di via Pilati a Trento e della casa circondariale di Rovereto) grazie alla cooperazione tra il Ministero della giustizia, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e la Provincia autonoma di Trento, è una struttura al di sopra degli standard qualitativi rispetto alle altre strutture esistenti nel nostro Paese. Sorge su un'area demaniale di 110.000 metri quadrati, di cui 18.000 coperti, per un totale pari a 130.000 metri cubi suddivisi tra sezioni detentive, infermeria, spazi per la formazione scolastica e professionale, aree dedicate allo sport, oltre a quelle previste per la socializzazione e gli incontri con parenti e avvocati;
    a tale modernità si contrappone, tuttavia, una cronica carenza di personale della Polizia penitenziaria ed un sovrannumero di detenuti, decisamente lontano dagli accordi intrapresi al momento dell'apertura del carcere. Infatti, a fronte di una popolazione detentiva prevista e tollerabile di 240 reclusi, ad oggi la giacenza media si attesta su 368 detenuti e, pare, sino al raggiungimento di ben 418 utenti, come registrato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con conseguente peggioramento delle loro condizioni di vita ed il collasso della struttura;
    il sovraffollamento di detenuti e la carenza di personale che affligge la casa circondariale di Trento, situazione in questi anni tante volte rappresentata dall'organizzazione sindacale di Polizia penitenziaria, continuano a non ottenere alcun riscontro pratico. Attualmente il personale effettivamente in servizio, decimato dai continui pensionamenti non sostituiti, ha un rapporto con i detenuti di uno a 3. A fronte di 126 poliziotti penitenziari, c’è una popolazione detenuta di 368 unità;
    il decreto-legge n. 244 del 2016 di proroga dei termini delle disposizioni legislative, convertito in legge il 27 febbraio 2017, n. 19, ha introdotto una disposizione che autorizza l'amministrazione penitenziaria ad assumere 887 unità nel ruolo iniziale del Corpo di Polizia penitenziaria, mediante lo scorrimento delle graduatorie di concorsi banditi dall'amministrazione penitenziaria proprio al fine di incrementare l'efficienza delle carceri,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito dell'adeguamento, dell'ampliamento e del rafforzamento delle norme in merito all'ordinamento penitenziario, in particolare la possibilità di adottare ulteriori provvedimenti volti sia ad integrare l'organico della casa circondariale di Trento che a prevedere un sensibile decremento della popolazione detenuta, al fine di consentire al personale di Polizia di lavorare in sicurezza ed ai detenuti di scontare la pena in uno «spazio vitale umano e dignitoso».
9/4368/50Ottobre, Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    si conferisce delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, tra l'altro, anche al fine di disciplinare «l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari»;
    la delega è improntata alla salvezza delle previsioni dell'articolo 41-bis della legge di ordinamento penitenziario;
    il Governo è contestualmente delegato a emanare norme in tema di diritto all'affettività delle persone detenute e a disciplinarne le condizioni per il suo esercizio;
    lo specifico criterio di delega circa l'utilizzo di collegamenti audiovisivi per i soggetti detenuti è volto, da un lato, a semplificare le modalità di svolgimento dei colloqui con i difensori e, più in generale, delle attività processuali a cui il detenuto sia interessato; dall'altro, a consentire, con le medesime modalità, colloqui con i familiari;
    la possibilità di collegarsi a distanza è funzionale a ovviare a tutte quelle situazioni in cui il detenuto non riesca a usufruire dei colloqui con i congiunti – già riconosciuti alle condizioni e nel numero stabiliti dall'ordinamento penitenziario – per le più varie contingenze pratiche (distanza della famiglia dal luogo di detenzione, impossibilità fisica o economica del familiare di raggiungere il luogo di detenzione);
    le modalità tecniche che assicurano il collegamento a distanza non possono e non devono tradursi in un automatico ampliamento della sfera dei diritti o, di contro, in una limitazione di facoltà riconosciute dalla legge. Il senso del criterio direttivo sopra menzionato si coglie chiaramente nella volontà che l'uso dei collegamenti audiovisivi, da un lato, non vada a detrimento delle facoltà difensive che al detenuto sono riconosciute dalla legge nello svolgimento dei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza; e, dall'altro, non si atteggi a moltiplicatore acritico ed automatico dei diritti alle relazioni familiari;
    lo statuto dei diritti del detenuto è presupposto della disciplina dei collegamenti audiovisivi e non può essere conformato dalla tipologia tecnica utilizzata per esercitare facoltà e diritti attribuiti dalla legge;
    ritenuto, anzi, che il collegamento audiovisivo dovrà essere strumento utile per l'effettività di tali diritti, in modo tale da assicurare un miglior contemperamento con le esigenze di sicurezza;
    rilevato che la norma intende contemperare l'esercizio del diritto all'affettività con il soddisfacimento delle esigenze di sicurezza,

impegna il Governo

a prevedere – in caso di esercizio della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario – che l'utilizzo dei collegamenti audiovisivi per favorire le relazioni familiari sia disciplinato alle condizioni e nei limiti in cui è riconosciuto l'esercizio del diritto all'affettività e col pieno soddisfacimento delle concorrenti esigenze di sicurezza, con particolare riferimento al regime detentivo di cui all'articolo 41-bis, legge n. 354 del 26 luglio del 1975 e a quello relativo al circuito di alta sicurezza.
9/4368/51Berretta, Mattiello, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame modifica l'ordinamento penale, sia sostanziale sia processuale, nonché l'ordinamento penitenziario;
    le donne vittime di violenza e di tentato omicidio non hanno diritto a sapere quando viene rimesso in libertà il proprio persecutore;
    il nostro ordinamento, inoltre, non prevede alcun divieto di avvicinamento alla donna offesa ed ai luoghi abitualmente frequentati dalla stessa, anche se vittima ancora di minacce;
    i casi di recidiva sono riportati quotidianamente dalle cronache,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare rapidi provvedimenti finalizzati a rendere più efficiente ed efficace il sistema giudiziario nella protezione delle donne vittime di violenze, per evitare che l'assalitore, scontata la pena e rimesso in libertà, possa tornare ad essere per loro una minaccia mortale.
9/4368/52Galgano, Catalano, Mucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma interviene, tra l'altro, con disposizioni immediatamente precettive, sui tempi di definizione della fase delle indagini preliminari, nella prospettiva di evitare che possano verificarsi stasi arbitrarie tra la chiusura delle attività di investigazione e il momento, meramente valutativo, in cui il magistrato del pubblico ministero è chiamato a trarre le necessarie conclusioni sui risultati ottenuti;
    lo strumento di controllo predisposto per scongiurare il rischio di questi «tempi morti», che si situano nello spazio delle indagini preliminari, è costituito dall'avocazione del procuratore generale della Corte di appello;
    il controllo sostitutivo per mezzo dell'avocazione è presidio tanto più efficace quanto più concretamente utilizzato con la necessaria misura e cautela;
    il senso della riforma è quello di contrastare le omissioni valutative del magistrato del pubblico ministero ad assumere le determinazioni finali ai fini dell'alternativa decisoria: archiviazione – giudizio, senza stasi temporali di mera inerzia, durante le quali continua a maturare anche il termine per la prescrizione;
    sarebbe contraria alla ratio legis una lettura che individuasse il presupposto operativo dell'avocazione nel mero decorso del termine, e non invece dell'omissione decisoria del magistrato del pubblico ministero;
    il Governo assicuri un monitoraggio sin dalle prime applicazioni della legge al fine di verificare l'adeguatezza delle misure organizzative poste in essere dagli uffici delle Procure presso i Tribunali e delle Procure generali finalizzate all'attuazione della normativa,

impegna il Governo

a predisporre, sin da subito, un adeguato e puntuale monitoraggio dell'applicazione delle disposizioni in tema di avocazione delle indagini per inerzia del pubblico ministero, secondo le previsioni normative di cui ai novellati articoli 407, comma 3-bis e 412 c.p.p., al fine di valutare tempestivamente l'adeguatezza della riforma alla migliore risoluzione delle questioni che la legge intende affrontare.
9/4368/53Rossomando, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 4368, approvato in un testo unificato dal Senato, reca «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario»;
    l'articolo 1, comma 85 lettera p), stabilisce una serie di criteri orientati alle esigenze educative dei detenuti minori di età tra i quali viene inserito il rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale quali elementi centrali del trattamento dei detenuti minorenni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di implementare specifici progetti (best practices) che vedano coinvolti e cooperanti Ministero della giustizia, Regioni, Enti locali, Terzo settore, volontariato e imprenditori privati, ai fini di un concreto ed efficace reinserimento sociale dei minori.
9/4368/54Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del disegno di legge C. 4368, approvato in un testo unificato dal Senato, reca «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario»;
    in particolare, il comma 73 interviene sull'articolo 129 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, concernente le informazioni sull'azione penale relativa ai reati ambientali, precisando che, quando esercita l'azione penale per i reati previsti nel codice dell'ambiente ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il Pubblico Ministero – nell'informare il Ministero dell'ambiente e la Regione interessata – deve dare notizia dell'imputazione consentendo così alle pubbliche amministrazioni interessate di esercitare con maggiore consapevolezza ed incisività le proprie prerogative;
    l'articolo 36 del codice penale prevede la pubblicazione di alcuni tipi di reati sul sito del ministero della giustizia,

impegna il Governo

a prevedere una sezione sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dove vengano censiti i reati ambientali e i soggetti che li hanno commessi, condannati in via definitiva, al fine di una maggiore informazione dell'opinione pubblica e di evitare ulteriori pericoli o pregiudizi per l'ambiente.
9/4368/55Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 10 a 15 intervengono in materia di prescrizione dei reati con l'obiettivo di contrastare i casi di estinzione dei processi per intervenuta prescrizione, con conseguente proscioglimento degli imputati prima di una pronuncia definitiva;
    secondo dati elaborati dal ministero della Giustizia pubblicati il 20 gennaio 2017 da Il Sole24Ore, sono stati 132.739 i processi penali andati in prescrizione nel 2015 e ben 78.054 quelli prescritti solo nel primo semestre del 2016. Si conferma, dunque, la tendenza all'aumento del fenomeno della prescrizione. Nel 2014, infatti, i processi mai arrivati a sentenza definitiva a causa del decorso del tempo erano stati 132.859 (anche se le statistiche dell'epoca ne indicavano 132.296) e 63.753 nel primo semestre di quell'anno, saliti a 67.420 nello stesso periodo del 2015; nel 2015, quindi, le prescrizioni hanno rappresentato circa il 4 per cento del totale di 3,2 milioni di processi definiti;
    l'analisi dei dati, inoltre, mostra situazioni assai differenziate con riferimento ai vari tribunali con performance, in positivo e in negativo, molto diverse tra loro, derivanti anche da strutture e procedure organizzative non uniformi;
    il firmatario del presente atto ha presentato una proposta di legge, assorbita dal testo in esame, dall'obiettivo duplice: da un lato assicurare il regolare svolgimento del processo ai fini dell'accertamento dei fatti, impedendo che la prescrizione possa portare al proscioglimento nel corso del processo attraverso il mero decorso del tempo e dall'altro evitare che le norme poste a tutela del regolare svolgimento del processo finiscano per pregiudicare il diritto dell'imputato a un processo di durata ragionevole;
    al fine di limitare il numero dei casi di prescrizione e al tempo stesso di contemperare i due interessi sopra indicati appare opportuno introdurre formule di monitoraggio specifiche sulle modalità di organizzazione degli uffici al fine di promuoverne una gestione efficiente,

impegna il Governo

   ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di prevedere meccanismi di monitoraggio, accessibili al pubblico, sull'andamento dei processi nei singoli uffici, che consentano di valutare l'entità del fenomeno della prescrizione, la fase del processo in cui interviene, e la durata media delle fasi di indagine e di quelle dei diversi gradi di giudizio;
   a promuovere iniziative volte a migliorare la performance dei singoli uffici per assicurare un'adeguata tutela dell'imputato sotto il profilo della durata dei processi.
9/4368/56Mazziotti di Celso, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di importanti novità con riferimento al codice penale, procedura penale, ordinamento penitenziario e organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero;
    è compito dello Stato garantire sempre la trasparenza e l'efficacia della giustizia e in particolare dell'azione penale, rafforzando sempre più la cultura della legalità che è principio valoriale fondante della nostra società;
    la previsione di inasprimento delle pene relative al reato di voto di scambio – legge n. 62 del 2014 – appare come una misura utile a prevenire e contrastare tali reati che minano la credibilità della classe dirigente, già abbastanza compromessa, contrastando i fenomeni come di disaffezione dei cittadini ai processi di scelta attiva della vita democratica del Paese;
    assai più complesso appare il giudizio relativo alle misure di riforma della prescrizione, tanto che proprio l'associazione nazionale dei magistrati – ANM – fa notare a mezzo stampa in data 19 marzo, che «far passare enfaticamente come risolutiva dei problemi della giustizia penale una riforma non organica che rallenta i processi si tradurrà ancora una volta in un danno per i cittadini: molte delle norme approvate, non solo non contribuiranno all'accelerazione dei processi, ma sono paradossalmente destinate a creare una stasi negli uffici giudiziari, rallentando il lavoro delle Procure, fino a bloccarlo completamente e a portarlo al collasso, con evidenti conseguenze negative sull'efficienza dell'intero sistema»;
    l'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, non soltanto rischia di rendere incerta l'attribuzione della giusta pena, ma condanna eventuali imputati innocenti ad una attesa di giustizia che appare intollerabilmente lunga;
    l'obiettivo principale dell'azione dello Stato non può che essere quello del complessivo rafforzamento del sistema giudiziario, finalizzato alla accelerazione delle attività processuali, che garantiscano processi giusti e veloci, in grado di liberare da ogni carico gli innocenti e di irrogare con rapidità le sanzioni ai colpevoli,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni possibile misura di rafforzamento degli organici delle sedi giudiziarie, di valorizzazione e di aggiornamento professionale delle risorse umane, di potenziamento dei presìdi tecnologici disponibili, finalizzata allo snellimento dei processi giudiziari e alla riduzione della loro durata che consenta la certezza della irrogazione della pena associata alla durata ragionevole del processo.
9/4368/57Vargiu, Matarrese, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene una serie di importanti novità con riferimento al codice penale, procedura penale, ordinamento penitenziario e organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero;
    è compito dello Stato garantire sempre la trasparenza e l'efficacia della giustizia e in particolare dell'azione penale, rafforzando sempre più la cultura della legalità che è principio valoriale fondante della nostra società;
    la previsione di inasprimento delle pene relative al reato di voto di scambio – legge n. 62 del 2014 – appare come una misura utile a prevenire e contrastare tali reati che minano la credibilità della classe dirigente, già abbastanza compromessa, contrastando i fenomeni come di disaffezione dei cittadini ai processi di scelta attiva della vita democratica del Paese;
    l'eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, non soltanto rischia di rendere incerta l'attribuzione della giusta pena, ma condanna eventuali imputati innocenti ad una attesa di giustizia che appare intollerabilmente lunga;
    l'obiettivo principale dell'azione dello Stato non può che essere quello del complessivo rafforzamento del sistema giudiziario, finalizzato alla accelerazione delle attività processuali, che garantiscano processi giusti e veloci, in grado di liberare da ogni carico gli innocenti e di irrogare con rapidità le sanzioni ai colpevoli,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ogni possibile misura di rafforzamento degli organici delle sedi giudiziarie, di valorizzazione e di aggiornamento professionale delle risorse umane, di potenziamento dei presìdi tecnologici disponibili, finalizzata allo snellimento dei processi giudiziari e alla riduzione della loro durata che consenta la certezza della irrogazione della pena associata alla durata ragionevole del processo.
9/4368/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Vargiu, Matarrese, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, tra le altre misure, individua i criteri e principi direttivi di delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario;
    tra i criteri sono previsti, tra gli altri, interventi di revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale, revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari, previsione di attività di giustizia ripartiva, incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno, valorizzazione del volontariato, valorizzazione dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi, interventi specifici per favorire l'integrazione dei detenuti stranieri, previsione di norme tendenti al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, la sorveglianza dinamica, interventi a tutela delle donne recluse e delle detenute madri, revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale, revisione delle attuali previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi,

impegna il Governo

  nell'ambito delle sue proprie prerogative:
   a) a considerare la necessità anche di una seria revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative alla detenzione, sia con riferimento ai presupposti soggettivi sia con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse, anche per i condannati per taluno dei delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche ed integrazioni purché non siano stati acquisiti elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l'attualità di collegamenti dei medesimi con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
   b) a prevedere una progressiva eliminazione di meccanismi troppo rigidi e di automatismi e di preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e revisione della disciplina per l'accesso ai benefici penitenziari ed alle altre misure alternative alla detenzione per i condannati per taluno dei delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche ed integrazioni nei casi in cui risulti che la mancata collaborazione dei predetti con la Giustizia ai sensi dell'articolo 58-ter della legge medesima, non escluda il sussistere dei presupposti, diversi dalla predetta collaborazione, che consentono la concessione dei benefìci e delle misure alternative in modo tale da permettere anche il superamento dell'ergastolo ostativo, cioè di numerose situazioni in cui il fine pena coincide necessariamente con il fine vita, e a trasformare l'attuale presunzione di non rieducatività in assenza di collaborazione da assoluta in relativa fermo restando che non siano stati acquisiti elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l'attualità di collegamenti dei condannati con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
   c) a introdurre misure volte al riconoscimento del diritto delle persone detenute al mantenimento ed al miglioramento dei rapporti con le persone con le quali vi è un legame affettivo anche tramite la realizzazione all'interno degli Istituti Penitenziari di idonei locali adibiti a tale scopo o di apposite aree, senza controlli visivi e auditivi in modo tale da garantire la riservatezza degli incontri, al fine di consentire l'intrattenimento di relazioni intime con il proprio partner, sia esso coniuge o convivente permettendo di agevolare il reinserimento sociale attraverso la valorizzazione dei legami personali e, nel contempo, di attenuare la solitudine che accompagna i detenuti durante il periodo di custodia od espiazione, nonché a prevedere, nell'ambito dell'esercizio della delega, nell'ambito delle sue proprie prerogative, anche una verifica della pena, nonché a procedere ad una revisione dell'articolo 67 della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche ed integrazioni in materia di visite agli Istituti Penitenziari per consentire anche ai sindaci, ai presidenti delle province ed agli assessori delegati dei predetti Enti nel cui territorio siano situati gli Istituti penitenziari, di farvi ingresso senza necessità di autorizzazione al fine di verificare le condizioni di vita dei detenuti, compresi quelli in isolamento giudiziario.
9/4368/58Bruno Bossio, Palese.


   La Camera,
   preso atto che la modifica legislativa proposta intende anche modificare, attraverso una delega legislativa, l'ordinamento penitenziario;
   rilevato che la delega legislativa di modifica dell'ordinamento penitenziario come proposta, consente al Governo con ampi margini di poter procedere ad una riforma delle preclusioni all'accesso dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo,

impegna il Governo

a prevedere che nell'espletamento della propria delega, tra i reati da escludere, puniti con la pena dell'ergastolo, ai fini dell'accesso ai benefici penitenziari, siano compresi quelli di strage e di omicidio aggravato.
9/4368/59Invernizzi, Molteni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del progetto di legge modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario;
    preso atto che la modifica legislativa proposta intende anche modificare, attraverso una delega legislativa, l'ordinamento penitenziario;
    rilevato che la delega legislativa di modifica dell'ordinamento penitenziario come proposta consente al Governo con ampi margini di poter procedere ad una riforma per l'individualizzazione del trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari, sia per i recidivi che per gli autori di determinate categorie di reati,

impegna il Governo

a prevedere nell'espletamento della propria delega, degli automatismi che precludano ai recidivi di cui all'articolo 99, comma 4, del codice penale e ai condannati per il reato di violenza sessuale aggravata e violenza sessuale di gruppo l'applicazione di determinati trattamenti rieducativi o percorsi penitenziari.
9/4368/60Rondini, Molteni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del progetto di legge modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario;
    preso atto che la modifica legislativa proposta intende anche modificare il procedimento speciale del rito abbreviato;
    ritenuto che appare opportuno modificare il codice di procedura penale al fine di poter escludere dal novero dei reati a cui è applicabile il rito abbreviato, e quindi lo sconto di un terzo della pena, quelli commessi con particolare efferatezza e che destano gravissimo allarme sociale nell'opinione pubblica,

impegna il Governo

ad adottare opportuni provvedimenti e iniziative, anche di natura emergenziale, affinché sia introdotta nel codice di rito l'esclusione dall'applicazione del rito abbreviato ai procedimenti per una serie di delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
9/4368/61Molteni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del progetto di legge modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario;
    rilevato come con le modifiche legislative proposte vanno nella direzione, sia con l'introduzione dell'articolo 162-bis del codice penale nonché attraverso la modifica di diversi istituti giuridici di introdurre dei veri e propri indulti mascherati;
    altresì rilevato che questa maggioranza ha già attuato in questa legislatura, attraverso molteplici modifiche legislative sia al codice penale che al codice di procedura penale provvedimenti «elemenziali» o comunque «svuota o salva delinquenti»;
    l'adozione di tali misure appare propedeutica ad ulteriori iniziative legislative atte a concedere l'amnistia o l'indulto ex articolo 79 della Costituzione,

impegna il Governo

a non porre in essere quanto esposto nell'ultimo capoverso della premessa.
9/4368/62Guidesi, Molteni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo della proposta di legge A.C. 4368, in materia di modifiche al codice penale, al codice di procedura penale ed all'ordinamento penitenziario, prevede al comma 84 dell'articolo 1, che il Governo proceda, attraverso lo strumento della delega legislativa, alla riforma della disciplina in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni, tenendo conto di una serie di principi e criteri direttivi enucleati dallo stesso legislatore che, peraltro, in alcuni casi risultano estremamente vaghi. A tal proposito si rileva che tale scelta non rappresenta, dunque, il modus operandi più appropriato di procedere rispetto ad una normativa che necessiterebbe di ulteriori elaborazioni e riflessioni in un'ottica di maggiore condivisione e collaborazione istituzionale;
    sarebbe stato opportuno che, considerato l'estremo grado di delicatezza della citata disciplina, il Parlamento avesse previsto una disciplina puntuale delle intercettazioni, come peraltro evidenziato dal Gruppo Forza Italia che, sul punto, ha presentato una specifica proposta di legge, oltre che una specifica proposta emendativa di un emendamento volto ad introdurre una normativa attuativa specifica in materia, prevedendo che essa possa essere disposta quando sussistono gravi indizi di reato e sia indispensabile per la prosecuzione delle indagini, sempreché risultino specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per cui si procede, basate su elementi non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche già intercettate nel medesimo procedimento,

impegna il Governo

ad esercitare le deleghe di cui al comma 84 del progetto di legge il più celermente possibile, valutando altresì la possibilità di definire una disciplina più puntuale in materia di intercettazioni, soprattutto con riguardo ai presupposti e alla competenza ad autorizzare le operazioni di intercettazione.
9/4368/63Laffranco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame, al comma 66, modifica l'articolo 618 c.p.p., in tema di decisione delle sezioni unite, ovvero la disposizione che oggi prevede, in caso di possibile contrasto giurisprudenziale, che le sezioni della Corte possano rimettere la decisione di un ricorso a loro assegnato alle sezioni unite;
    il comma 66 conferma questa previsione e aggiunge due ulteriori commi all'articolo 618, con i quali stabilisce innanzitutto che la rimessione alle sezioni unite può essere effettuata dalle sezioni semplici anche quando queste si trovino a dovere decidere di un ricorso eventualmente applicando un principio di diritto già enunciato dalle sezioni unite ma non condiviso dai giudici della sezione competente. La riforma dunque induce le sezioni a rimettere la decisione alle sezioni unite piuttosto che a decidere in contrasto con quanto dalle stesse affermato;
    inoltre, si prevede che le sezioni unite possono enunciare il principio di diritto anche d'ufficio, quando il ricorso sia stato dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta;
    tali disposizioni andrebbero valutate con attenzione, perché, di fatto, determinano la paralisi del diritto vivente, e trasformano le decisioni delle sezioni unite in vere e proprie fonti del diritto,

impegna il Governo

a valutare l'applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, in particolare sotto il profilo della paralisi del diritto vivente, e della trasformazione – di fatto – delle sentenze delle sezioni unite in fonti del diritto, finanche più importanti della legge, valutando altresì l'opportunità di rivedere le nuove disposizioni di cui all'articolo 618 c.c.p..
9/4368/64Sisto, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, approvato in una versione differente alla Camera il 23 settembre 2015, introduce, dopo l'approvazione al Senato, modifiche di grande rilievo nell'ordinamento penale, sia sul piano del diritto sostanziate sia su quello del diritto processuale; alcune entreranno in vigore fin dall'approvazione della legge, altre invece saranno oggetto di specifiche deleghe che dovranno essere attuate dal Governo;
    l'aspetto più interessante della legge riguarda il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per quanto riguarda l'ordinamento penitenziario una particolare attenzione posta sull'effettività rieducativa della pena;
    con questo ordine del giorno si vuole porre all'attenzione del Ministro della giustizia in modo particolare tutto ciò che riguarda i minori e la necessità di tutelarli anche dall'eccessiva lunghezza di processi che coinvolgono i loro genitori e inevitabilmente ricadono su di loro esponendoli ad uno stress emotivo che con il tempo può condizionare pesantemente il normale percorso di maturazione personale;
    la lunghezza dei processi di separazione, ad esempio, in alcuni casi scarica sui figli l'intensità conflittuale che dovrebbe essere contenuta all'interno della relazione di coppia e li espone ad una strumentalizzazione che non di rado assume il carattere pervasivo di una persecuzione prolungata nel tempo;
    nel caso in cui i genitori di fatto sono sottoposti a processi penali per i più svariati reati, che vanno dalla violenza familiare all'uso ed abuso di droghe, da episodi di microcriminalità a partecipazione attiva in associazioni di stampo mafioso o camorristico i minori sono messi a contatto con un contesto di profonda e ripetitiva illegalità, che non di rado lascia tracce significative nel loro approccio con le istituzioni;
    l'uso dei minori in molti di questi casi diventa una scelta consapevole degli adulti, che si nascondono proprio dietro la minore età dei soggetti, che se da un lato li rende impunibili, dall'altro ne corrompe gravemente la coscienza, facendone dei soggetti più fragili e più inclini a successive operazioni illegali;
    processi eccessivamente lunghi, sentenze che nel tempo si rivelano ambigue e contraddittorie nuocciono gravemente alla formazione di questi ragazzi, lasciandoli confusi e in balia di eventi che troppo spesso non riescono né a capire né a valutare,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione il coinvolgimento, diretto e indiretto di minori nei processi penali, e a tenere particolarmente conto delle loro specifiche esigenze in un'età così delicata, proprio per prevenire devianze successive sul piano della giustizia, ma anche malesseri profondi sul piano della loro salute fisica e mentale.
9/4368/65Binetti, Palese.