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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 23 febbraio 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 febbraio 2017.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Caso, Castiglione, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, Colonnese, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Lorenzo Guerini, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Meta, Migliore, Monaco, Mucci, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Terzoni, Tidei, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 febbraio 2017 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CARBONE: «Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per la prevenzione delle infiltrazioni criminali nella concessione di terreni demaniali per uso agricolo o zootecnico e nella fruizione di fondi europei erogati nell'ambito della politica agricola comune» (4315);
   BOLOGNESI: «Ordinamento delle bande musicali delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza» (4316);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE D'ATTORRE e SCOTTO: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 58 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari e di elettorato attivo per l'elezione del Senato della Repubblica» (4317);
   D'ATTORRE e SCOTTO: «Modifiche ai testi unici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4318);
   TURCO: «Modifiche alla legge 2 aprile 1958, n. 319, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di contributo unificato e di altri oneri per le cause relative al recupero di crediti derivanti dall'esercizio di una libera professione regolamentata» (4319);
   ALBANELLA: «Misure per il sostegno e l'inserimento lavorativo dei giovani provenienti da famiglie affidatarie e da comunità o strutture di accoglienza» (4320).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Introduzione dell'articolo 640-bis.1 del codice penale in materia di truffa ai danni di soggetti minori o anziani» (40) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Giorgia Meloni, Murgia e Petrenga.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  TURCO ed altri: «Abrogazione delle leggi 21 dicembre 2005, n. 270, e 6 maggio 2015, n. 52, in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4284) Parere della V Commissione.

Trasmissione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

  Il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, con lettera in data 23 febbraio 2017, ha inviato – ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1, – la relazione sulla verifica dell'attuazione della legge 22 maggio 2015 n. 68 in materia di delitti contro l'ambiente.

  Il predetto documento sarà stampato e distribuito (Doc. XXIII, n. 26).

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera del 15 febbraio 2017, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, con riferimento ai profili di competenza del Ministero dell'interno, alle mozioni VEZZALI ed altri n. 1/01250, BINETTI ed altri n. 1/01254, SPADONI ed altri n. 1/01260, PALESE ed altri n. 1/01261, IORI ed altri n. 1/01264 e MILANATO ed altri n. 1/01273, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 17 maggio 2016, concernenti iniziative, anche in ambito internazionale, finalizzate al contrasto dei fenomeni di violenza contro le donne, alla luce delle aggressioni occorse a Colonia e in altre città europee nella notte del 31 dicembre 2015.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 20 febbraio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, la relazione sui programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per coloro che collaborano con la giustizia, riferita al secondo semestre 2015 e al primo semestre 2016 (Doc. XCI, n. 8).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 febbraio 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 560/2014 del Consiglio, del 6 maggio 2014, che istituisce l'impresa comune Bioindustrie (COM(2017) 68 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nell'ambito dei comitati pertinenti della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite per quanto riguarda le proposte di modifica dei regolamenti UN nn. 3, 4, 6, 7, 13, 19, 23, 27, 28, 38, 39, 43, 45, 48, 50, 69, 70, 73, 75, 77, 79, 83, 87, 91, 98, 99, 101, 104, 107, 109, 110, 112, 113, 118, 119, 123 e 138 e di una proposta di modifica della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3) mediante orientamenti relativi alla cybersicurezza e alla protezione dei dati (COM(2017) 86 final), corredata dal relativo allegato (COM(2017) 86 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Relazione della Commissione – Italia – Relazione elaborata a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato (COM(2017) 106 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di documenti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha trasmesso, in data 2 febbraio 2017, il testo di due raccomandazioni e tredici risoluzioni, approvate nel corso della prima parte della sessione ordinaria, svoltasi a Strasburgo dal 23 al 27 gennaio 2017. Questi documenti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnati alle stesse in sede primaria:
   Raccomandazione n. 2097 – Attacchi contro i giornalisti e la libertà dei media in Europa (Doc. XII-bis, n. 48) – alla VII Commissione (Cultura);
   Raccomandazione n. 2098 – Porre fine alla discriminazione e all'odio in rete (Doc. XII-bis, n. 49) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
   Risoluzione n. 2141 – Gli attacchi ai giornalisti e alla libertà dei mezzi d'informazione in Europa (Doc. XII-bis, n. 50) – alla VII Commissione (Cultura);
   Risoluzione n. 2142 – La crisi umanitaria a Gaza (Doc. XII-bis, n. 51) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2143 – I media online e il giornalismo: sfide e responsabilità (Doc. XII-bis, n. 52) – alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);
   Risoluzione n. 2144 – Porre fine alla discriminazione e all'odio in rete (Doc. XII-bis, n. 53) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia);
   Risoluzione n. 2145 – Il funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina (Doc. XII-bis, n. 54) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2146 – Rafforzare il dialogo sociale quale strumento per la stabilità e diminuire le ineguaglianze economiche e sociali (Doc. XII-bis, n. 55) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione n. 2147 – La necessità di riformare le politiche migratorie europee (Doc. XII-bis, n. 56) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Risoluzione n. 2148 – Contestazione per ragioni formali dei poteri non ancora ratificati della delegazione parlamentare della Repubblica slovacca (Doc. XII-bis, n. 57) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2149 – L'evoluzione della procedura di monitoraggio dell'Assemblea (settembre 2015-dicembre 2016) e l'esame periodico del rispetto degli obblighi di Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia e Germania (Doc. XII-bis, n. 58) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2150 – La situazione in Libano e le sfide per la stabilità regionale e la sicurezza europea (Doc. XII-bis, n. 59) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2151 – La compatibilità con i diritti umani dell'arbitrato investitore-Stato negli accordi internazionali di protezione degli investimenti (Doc. XII-bis, n. 60) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive);
   Risoluzione n. 2152 – Gli accordi commerciali di «nuova generazione» e le loro implicazioni per i diritti sociali, la salute pubblica e lo sviluppo sostenibile (Doc. XII-bis, n. 61) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2153 – Promuovere l'inclusione di rom e nomadi (Doc. XII-bis, n. 62) – alla I Commissione (Affari costituzionali).

Trasmissione dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

  Il Presidente dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, con lettera in data 21 febbraio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il rapporto sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, aggiornato al 30 giugno 2016.

  Questo documento è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissioni dalla regione Toscana.

  La Vicepresidente della regione Toscana, con lettera in data 20 febbraio 2017, ha trasmesso una mozione, approvata dal Consiglio regionale della Toscana il 27 luglio 2016, in merito al riconoscimento del genocidio degli armeni e ai rapporti con la Turchia.

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

  La Vicepresidente della regione Toscana, con lettera in data 20 febbraio 2017, ha trasmesso un voto, approvato dal Consiglio regionale della Toscana il 27 luglio 2016, con cui si chiede di introdurre il reato di tortura nell'ordinamento italiano.

  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia).

Richieste di parere parlamentare su proposte di nomina.

  La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 febbraio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 145, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Ezio Mesini a presidente del Comitato per la sicurezza delle operazioni in mare (98).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive).

  La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 febbraio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Salvatore Parlato a presidente del Consiglio per la
ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) (99).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2630 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 30 DICEMBRE 2016, N. 244, RECANTE PROROGA E DEFINIZIONE DI TERMINI. PROROGA DEL TERMINE PER L'ESERCIZIO DI DELEGHE LEGISLATIVE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4304)

A.C. 4304 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 9 del presente provvedimento, oltre a prorogare il termine per l'approvazione del Piano Nazionale di Mobilità Sostenibile, modifica il comma 3 dell'articolo 3, del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, restringendo l'accesso al mercato nell'ambito dei servizi automobilistici di linea interregionale di competenza statale;
    la nuova formulazione approvata al Senato – che modifica una norma, in vigore dal gennaio 2006 e mai cambiata in questi dieci anni danneggia nella sua attuale versione una compagnia di servizi di linea interregionale che da un anno e mezzo opera sul territorio nazionale attraverso piattaforma web, con un modello di business innovativo che coinvolge 50 aziende di trasporto e riscuote il successo di una numerosa clientela (quasi tre milioni di viaggiatori);
    nel gennaio 2016, l'Autorità Garante per la concorrenza e il mercato, rispondendo a una richiesta di parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – relativa a un esposto inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti da un operatore autorizzato allo svolgimento del servizio di linea interregionale che lamentava la politica tariffaria posta in essere da alcuni nuovi operatori esteri – , ha chiarito che «ogni eventuale vincolo normativo o regolamentare alla libertà tariffaria delle imprese sarebbe in aperto contrasto con i principi e le norme a tutela della concorrenza»,

impegna il Governo

ad adottare ogni atto normativo utile, anche attraverso il disegno di legge per il mercato e la concorrenza, per rimuovere ogni ostacolo alla piena attività di soggetti già attivi sul mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale.

9/4304/1Mazziotti Di Celso, Boccadutri, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante «Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» si osserva che l'articolo 7 prevede una serie di proroghe in materia di salute;
    nello specifico, rilevano i commi 1 e 2 che differiscono dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 il termine entro cui deve essere adottata una revisione del «sistema di governo» del settore farmaceutico e della relativa remunerazione della filiera distributiva;
    a tal proposito, si rammenta che il termine del 31 dicembre 2016 era previsto sia dal comma 1 dell'articolo 21 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160; sia dall'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni ove, tra l'altro si stabiliscono anche i criteri e la procedura per la revisione di cui sopra;
    in tal senso il coordinamento degli assessori alla salute delle regioni aveva, al termine della Conferenza delle Regioni, chiesto una anticipazione del termine al mese di aprile perché la non definizione della governance farmaceutica potrebbe determinare un innalzamento del contenzioso in atto con le aziende del farmaco che inevitabilmente si ripercuoterebbe sui bilanci,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un sistema di monitoraggio costante che permetta alle regioni, nelle more dell'adozione della governance di cui sopra, di verificare il ricorso all'innovazione farmaceutica, il cui valore ha un ruolo fondamentale e imprescindibile per il benessere di tutti i cittadini, al fine di non incorrere in una errata gestione che potrebbe compromettere i principi di universalità, equità ed uguaglianza che da sempre lo caratterizzano il nostro Sistema sanitario nazionale.

9/4304/2Nesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 9 dell'Atto Camera 4304 recante «Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini» rinvia al 31 gennaio 2018 l'attuazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile e per evitare la decadenza delle autorizzazioni, precisa che a guidare un raggruppamento di imprese che svolgono i servizi bus su scala interregionale debbano essere «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire che il soggetto mandatario possa essere anche una società che offra servizi di trasporto attraverso una piattaforma web.

9/4304/3Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal decreto ministeriale del 6 luglio 2012 «FER NON FOTOVOLTAICHE», i piccoli impianti idroelettrici (< 50kW) hanno diritto all'Accesso Diretto alla Tariffa Onnicomprensiva, che viene loro riconosciuta dopo il collaudo e l'allacciamento alla Rete, mentre quelli di taglia superiore devono prima essere inseriti in posizione utile nell'apposito Registro detenuto dal GSE;
   una clausola contenuta nel decreto ministeriale del 23 giugno 2016 «FER NON FOTOVOLTAICHE» comporta il rischio di fallimento di decine di piccole e medie imprese operanti nel mini-idroelettrico: nel decreto ministeriale 2016, questa facoltà è stata infatti abolita, ed anche i piccoli impianti dovranno entrare in graduatoria nel Registro GSE. Il problema vero è che non è stata prevista una clausola di salvaguardia per gli operatori che avevano iniziato i lavori secondo le «vecchie regole» senza poterli completare prima dell'entrata in vigore delle nuove;
    le conseguenze per gli operatori: chi ha diligentemente seguito le indicazioni della normativa, con questo cambio repentino si trova ora con cantieri avviati, contratti sottoscritti con fornitori e finanziamenti ricevuti dalle Banche che non potranno essere onorati, senza avere alcuna colpa. In mancanza di statistiche ufficiali in materia, una stima che riteniamo attendibile è che in tale situazione si trovi un centinaio di imprese, per circa altrettanti milioni di investimento che andrebbero in fumo, oltre alle negative ricadute sociali in termini occupazionali di possibili fallimenti;
    che una soluzione al problema era stata suggerita al Governo mediante l'inserimento di due diverse proposte emendative (una nella legge di Bilancio e una seconda in questo provvedimento «Milleproroghe») riguardanti:
     1) la possibilità di continuare a beneficiare della procedura di Accesso Diretto per quelle imprese aventi le caratteristiche di cui all'articolo 4 comma 3 lettera b) del decreto ministeriale del 6 luglio 2012, per i quali la comunicazione di inizio lavori abbia avuto data antecedente all'entrata in vigore del presente decreto;
     2) la proroga al 31 dicembre 2017 per la concessione dei benefici alle medesime imprese e con le medesime caratteristiche di cui al soprastante punto 1;
    le due proposte emendative non hanno avuto fortuna in ragione del fatto che, nel corso della discussione in Commissione della legge di bilancio, la parte del provvedimento interessata non venne discussa per motivi di organizzazione e tempistica dell'iter approvativo e che, per il provvedimento oggi in discussione, il parere all'emendamento è risultato contrario (al Senato) in virtù di una non necessaria esigenza di copertura finanziaria;
    gli scenari di evoluzione del «contatore FER» definito dal decreto ministeriale 23 giugno 2016 (Evoluzione del costo indicativo annuo e del costo indicativo annuo medio delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche) evidenziano valori molto inferiori rispetto al tetto massimo di 5,8 miliardi che, in ogni caso, non occorre alcun nuovo onere a carico della finanza pubblica,

impegna il Governo

a individuare in un prossimo provvedimento la soluzione utile ai fini di consentire alle imprese interessate, ovvero a quelle per le quali la comunicazione di inizio lavori abbia data antecedente all'entrata in vigore del decreto 23 giugno 2016 «FER NON FOTOVOLTAICHE» di poter continuare a beneficiare della procedura di Accesso Diretto agli incentivi e scongiurare sicuri scenari di fallimenti e ricadute occupazionali.

9/4304/4Pastorino, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone il differimento al 1o gennaio 2018 dell'applicazione alla RAI delle misure di contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti previste a legislazione vigente per le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato predisposto dall'ISTAT ai sensi della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009);
    in tale elenco è stata recentemente inclusa per la prima volta anche la RAI nella sezione «Enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali» e la finalità dichiarata del differimento è quella di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale e societario attribuito alla RAI,

impegna il Governo

a prevedere, anche in successivi interventi normativi, al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale delle Università e degli Enti di Ricerca, nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall'articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge n. 168 del 9 maggio 1989, disposizioni atte a non estendere alle Università statali e agli Enti di Ricerca le norme finalizzate al contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'ISTAT di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n.196.

9/4304/5Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede la proroga dei termini in materia di lavoro e politiche sociali prevedendo sia l'integrazione salariale straordinaria per le imprese operanti in aree di crisi industriale, sia il differimento dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2018 della decorrenza di alcune norme in materia di collocamento obbligatorio;
    la legge di stabilità per il 2014 prevedeva alcune norme relative all'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, avevano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2012 alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2012,

impegna il Governo

a prevedere, anche in successivi interventi normativi, disposizioni che, nei limiti delle dotazioni organiche delle amministrazioni riceventi, comprendano le assunzioni di cui in premessa, di coloro che avevano prestato servizio fino alla data del 31 dicembre 2017 alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica o licenziati in conseguenza di riorganizzazione delle basi militari disposta con provvedimenti adottati entro il dicembre del 2018, assegnandoli prioritariamente nel territorio provinciale dell'organismo militare.

9/4304/6Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede la proroga dei termini in materia di lavoro e politiche sociali prevedendo sia l'integrazione salariale straordinaria per le imprese operanti in aree di crisi industriale, sia il differimento dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2018 della decorrenza di alcune norme in materia di collocamento obbligatorio;
    la legge di stabilità per il 2014 prevedeva alcune norme relative all'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, avevano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2012 alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2012,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, disposizioni che, nei limiti delle dotazioni organiche delle amministrazioni riceventi, comprendano le assunzioni di cui in premessa, di coloro che avevano prestato servizio fino alla data del 31 dicembre 2017 alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica o licenziati in conseguenza di riorganizzazione delle basi militari disposta con provvedimenti adottati entro il dicembre del 2018, assegnandoli prioritariamente nel territorio provinciale dell'organismo militare.

9/4304/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone, all'articolo 6, comma 5, la proroga di 24 mesi dei termini di pubblicazione dei bandi delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale negli ambiti territoriali in cui sono presenti comuni terremotati come individuati dall'articolo 1 del decreto-legge n. 189 del 2016 (sisma del 24 agosto e del 26 ottobre 2016);
    la proroga è disposta per consentire alle stazioni appaltanti di determinare i piani di ricostruzione delle reti di distribuzione nelle zone terremotate da includere nei bandi di gara;
    l'ambito di applicazione della disposizione in esame è operato per relationem all'articolo 1 del decreto-legge n. 189 del 2016, il quale contiene il riferimento a diverse tipologie di comuni danneggiati dagli eventi sismici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di specificare con maggiore puntualità l'ambito di applicazione della proroga.

9/4304/7Matarrelli, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, reca disposizione di proroga di termini in materia di istruzione, università e ricerca e in particolare il comma 2 prevede che il termine di adeguamento alla normativa antincendio per gli edifici scolastici è stabilito al 31 dicembre 2017;
    il piano per l'adeguamento alla normativa antincendio per tutte le scuole, è obiettivo primario dei Comuni, pertanto è necessario individuare una soluzione concreta e definitiva al problema della messa in sicurezza degli edifici scolastici che tenga conto del livello di adeguamento sinora raggiunto nel territorio nazionale e che vada al di là del mero differimento nel tempo del termine di adeguamento;
    su quasi 40.000 edifici scolastici, ad oggi, oltre 24.000 non sono dotati del certificato di prevenzione incendi. Dai dati disponibili dall'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica, risulta che molti di questi sono però già in possesso di certificazioni essenziali relativi ai collaudi statici e agli impianti;
    nonostante l'impegno profuso dalle amministrazioni, numerosi interventi di adeguamento in materia di prevenzione incendi delle scuole devono ancora essere completati. Diversi interventi infatti sono in via di esecuzione o in programma;
    tenendo anche conto dell'imminente superamento della norma tecnica vigente, che viene sostituita con una più adeguata di carattere prestazionale, si rende necessario un percorso graduale da realizzarsi nell'arco di un triennio, attraverso scadenze differenziate che consentano di eseguire gli interventi per fasi successive e prevedere adeguati finanziamenti per gli Enti locali;
    è stato verificato che gli interventi necessari, per il completamento della messa a norma siano, nella maggioranza di casi, di piccola entità, per un fabbisogno medio di euro 50.000 per ogni edificio, per un totale prevedibile di non meno di 900 milioni di euro nel triennio,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare al 31 dicembre 2019 il termine previsto per l'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici, oggi stabilito al 31 dicembre 2017 nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244;
   a destinare all'adeguamento e conseguimento delle relative certificazioni da parte degli enti locali, le risorse economiche disponibili, anche a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, tenendo conto della possibilità di un contributo di cofinanziamento da parte degli enti locali;
   a definire, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i termini e le modalità per l'erogazione dei finanziamenti agli enti locali, anche tenendo conto dei dati dell'Anagrafe;
   a rendere operativa al più presto la nuova norma tecnica antincendio per l'edilizia scolastica a carattere prestazionale.

9/4304/8Malpezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'approvazione del «disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini», al comma 3 dell'articolo 7 (Proroga di termini in materia di salute), è prorogato il termine dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2020 dell'entrata in vigore di una parte del decreto legislativo 26 del 4 marzo 2014 sulla «protezione degli animali utilizzati a fini scientifici», concepito come attuazione della direttiva dell'Unione Europea 63/2010, precisamente per quanto attiene agli esperimenti sugli animali di test di droghe, alcol, tabacco e xenotrapianti;
    occorre segnalare che a oggi, né il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, né Ministero della salute, prevede finanziamenti mirati alla ricerca di base o per lo sviluppo dei metodi alternativi sostitutivi;
    per il bene della specie umana e nel rispetto di altre specie, è pertanto opportuno finanziare il metodo alternativo con la metà di tutti i finanziamenti messi a disposizione per la ricerca tradizionale su animali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare il 50 per cento del fondo totale stanziato per la ricerca su animali, alla sperimentazione con metodi alternativi.
9/4304/9Brignone.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'approvazione del «disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini», al comma 3 dell'articolo 7 (Proroga di termini in materia di salute), è prorogato il termine dal 1o gennaio 2017 al 1o gennaio 2020 dell'entrata in vigore di una parte del decreto legislativo 26 del 4 marzo 2014 sulla «protezione degli animali utilizzati a fini scientifici», concepito come attuazione della direttiva dell'Unione Europea 63/2010, precisamente per quanto attiene agli esperimenti sugli animali di test di droghe, alcol, tabacco e xenotrapianti;
    occorre segnalare che a oggi, né il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, né Ministero della salute, prevede finanziamenti mirati alla ricerca di base o per lo sviluppo dei metodi alternativi sostitutivi;
    per il bene della specie umana e nel rispetto di altre specie, è pertanto opportuno finanziare il metodo alternativo con la metà di tutti i finanziamenti messi a disposizione per la ricerca tradizionale su animali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare parte delle risorse del fondo totale stanziato per la ricerca su animali, alla sperimentazione con metodi alternativi.
9/4304/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Brignone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 11 prevede la proroga di termini in materia di beni e attività culturali con la comune finalità di riqualificare e rilanciare l'offerta turistica a livello nazionale e internazionale in diversi settori;
    l'esigenza di un rilancio dell'offerta turistica è sentita in particolare nelle zone del centro Italia le quali indirettamente stanno subendo i danni provocati dagli eventi sismici che si sono ripetuti a partire da agosto 2016;
    sono tutt'ora in corso cali europee ed internazionali per progetti di cooperazione ed assistenza tecnica per il rilancio dell'offerta turistica che valutano in modo particolarmente positivo il supporto delle autorità di Governo, in quanto aumentano le garanzie di qualità, efficacia, sostenibilità nel tempo e capitalizzabilità dei risultati del progetto, anche a beneficio delle relazioni internazionali tra i Paesi,

impegna il Governo

in materia di beni e attività culturali, a valutare l'opportunità di garantire ai soggetti eleggibili l’endorsment e/o il patrocinio con i quali si riconosca qualità del progetto e delle azione previste, qualora il progetto riguardi il rilancio dell'offerta turistica delle aree colpite dal terremoto e sia proposto da un soggetto che ha indirettamente subito dei danni dagli eventi sismici occorsi.

9/4304/10Ascani, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 9 del provvedimento all'esame dell'Assemblea (decreto-legge 244 del 2016 – cosiddetto Milleproroghe) prevede che le autorizzazioni sulle tratte interregionali possano essere concesse solo a raggruppamenti di imprese guidati da «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada» determinando, in tal modo, l'esclusione dal mercato di aziende già esistenti perché prive dei criteri, improvvisamente e indebitamente, previsti dalla norma in oggetto per svolgere servizi di trasporto di linea mediante autobus;
    tra le aziende colpite, emblematico risulta essere il caso di Flixbus, azienda che, grazie ad un'offerta altamente qualitativa oltre che competitiva, ha convinto dal 2015 oltre tre milioni di utenti italiani ad usufruire dei propri servizi e che, a causa del provvedimento in esame, rischia di diventare illegale essendo prima di tutto una piattaforma online e addirittura di dover licenziare più di mille dipendenti;
    si tratta di una grave violazione del principio di certezza del diritto e di una decisa forzatura rispetto alla natura stessa del Milleproroghe che dovrebbe avere il solo fine di prorogare termini in scadenza e non di operare modifiche sostanziali a norme già esistenti o prevedere nuovi adempimenti per le imprese;
    il dettato del citato comma 2 prevede, inoltre, un termine esiguo (90 giorni) decorrenti dall'entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento entro il quale le aziende operanti nel settore dovranno adeguarsi – pena la decadenza dell'autorizzazione per lo svolgimento del servizio – alle modifiche introdotte dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che nei successivi 90 giorni deve effettuare le opportune modifiche;
    la tematica in oggetto necessiterebbe di un contesto normativo organico volto a disciplinare e a tutelare in maniera trasparente la concorrenza e il libero mercato;
    la formulazione della norma in oggetto, inoltre, da un punto di vista giuridico si presta ad ovvi e fondati ricorsi giudiziari da parte delle imprese vittime del provvedimento oltre ad esporre l'Italia ad una procedura di infrazione presso l'UE,

impegna il Governo:

   a verificare l'effettiva compatibilità delle disposizioni in premessa con le normative comunitarie al fine di evitare ipotesi di contenziosi e procedure di infrazione;
   a predisporre una revisione organica della disciplina dei trasporti di passeggeri su strada uniformandola a criteri di trasparenza, certezza del diritto, tutela della concorrenza e libertà di mercato;
   a predisporre gli strumenti normativi volti a rimuovere le norme in materia – recentemente inserite nel decreto Milleproroghe – contrarie ai principi di libertà di scelta, concorrenza e competizione.
9/4304/11Capezzone, Bianconi, Corsaro, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 9 del provvedimento all'esame dell'Assemblea (decreto-legge 244 del 2016 – cosiddetto Milleproroghe) prevede che le autorizzazioni sulle tratte interregionali possano essere concesse solo a raggruppamenti di imprese guidati da «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada» determinando, in tal modo, l'esclusione dal mercato di aziende già esistenti perché prive dei criteri, improvvisamente e indebitamente, previsti dalla norma in oggetto per svolgere servizi di trasporto di linea mediante autobus;
    tra le aziende colpite, emblematico risulta essere il caso di Flixbus, azienda che, grazie ad un'offerta altamente qualitativa oltre che competitiva, ha convinto dal 2015 oltre tre milioni di utenti italiani ad usufruire dei propri servizi e che, a causa del provvedimento in esame, rischia di diventare illegale essendo prima di tutto una piattaforma online e addirittura di dover licenziare più di mille dipendenti;
    si tratta di una grave violazione del principio di certezza del diritto e di una decisa forzatura rispetto alla natura stessa del Milleproroghe che dovrebbe avere il solo fine di prorogare termini in scadenza e non di operare modifiche sostanziali a norme già esistenti o prevedere nuovi adempimenti per le imprese;
    il dettato del citato comma 2 prevede, inoltre, un termine esiguo (90 giorni) decorrenti dall'entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento entro il quale le aziende operanti nel settore dovranno adeguarsi – pena la decadenza dell'autorizzazione per lo svolgimento del servizio – alle modifiche introdotte dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che nei successivi 90 giorni deve effettuare le opportune modifiche;
    la tematica in oggetto necessiterebbe di un contesto normativo organico volto a disciplinare e a tutelare in maniera trasparente la concorrenza e il libero mercato;
    la formulazione della norma in oggetto, inoltre, da un punto di vista giuridico si presta ad ovvi e fondati ricorsi giudiziari da parte delle imprese vittime del provvedimento oltre ad esporre l'Italia ad una procedura di infrazione presso l'UE,

impegna il Governo:

   a verificare l'effettiva compatibilità delle disposizioni in premessa con le normative comunitarie al fine di evitare ipotesi di contenziosi e procedure di infrazione;
   a predisporre una revisione organica della disciplina dei trasporti di passeggeri su strada uniformandola a criteri di trasparenza, certezza del diritto, tutela della concorrenza e libertà di mercato.
9/4304/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Capezzone, Bianconi, Corsaro, Boccadutri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di delega legislativa» presenta anche disposizioni di natura fiscale;
    il comparto della produzione di camper in Italia rappresenta una fetta molto consistente dell'intero settore europeo;
    si tratta di un settore che, nonostante i cali di produzione dell'ultimo decennio, ha ripreso a crescere negli ultimi periodi registrano un consistente aumento delle immatricolazioni;
    la camperistica, secondo il rapporto 2016 di Ape (Associazione Produttori Caravan e Camper l'Italia e la Ciset, Centro Internazionale di Studi sull'Economia Turistica dell'Università Ca’ Foscari di Venezia) genera infatti ancora oggi in Italia oltre 700 milioni di euro di fatturato, di cui il 58 per cento destinato all’export, con oltre 5000 addetti complessivi;
    l'Italia, sempre secondo il rapporto Ape, rientra stabilmente tra i tre migliori produttori europei, con 12.406 camper prodotti nel 2015 (un incremento del 41 per cento rispetto ai 2014);
    nel nostro paese il camper è inoltre uno dei protagonisti del turismo all'aria aperta, un movimento in continua crescita i cui flussi corrispondono al 5 per cento del movimento turistico domestico e al 6 per cento del movimento estero in Italia; per un totale di 22,9 milioni di notti annue complessive;
    secondo recenti stime i turisti che viaggiano con camper italiani sono oltre 5,6 milioni di cui 3 milioni italiani e 2,8 milioni stranieri, generando un fatturato annuo di 2,7 miliardi di euro;
    la legge di stabilità del 2016 (legge n. 208 del 2015), all'articolo 1, commi 85 ed 86, ha introdotto incentivi per la rottamazione di autocaravan inquinanti stanziando 5 milioni di euro esclusivamente per l'anno 2016. Nello specifico sono stati previsti 8 mila euro per l'acquisto di un singolo veicolo di categoria euro 5;
    tale incentivo oltre a promuovere il settore della camperistica incrementando le immatricolazioni e l'indotto del turismo all'aria aperta, ha contribuito a ridurre le emissioni nocive nell'atmosfera di gas inquinanti (nel pieno rispetto dell'Accordo di Parigi sul clima del 2015, sottoscritto anche dal nostro paese);
    il decreto attuativo per la rottamazione di autocaravan, previsto dalla legge di stabilità 2016, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 16 novembre 2016. Un ritardo che ha palesemente penalizzato l'efficacia di tale norma, e che ha indotto lo stesso governo a prorogare al 31 marzo 2017 la validità di tali incentivi;
    nel corso del dibattito parlamentare sono state presentate proposte emendative, nella legge di bilancio 2017, per rifinanziare gli incentivi previsti dall'articolo 1, commi 85 ed 86, della legge n. 208 del 2015. Tali emendamenti non sono poi stati approvati,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità nel prossimo provvedimento utile di prorogare, per tutto l'anno 2017, rifinanziandoli, gli incentivi previsti dall'articolo 1, commi 85 ed 86, della legge n. 208 del 2015.
9/4304/12Cenni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di delega legislativa» presenta anche disposizioni di natura fiscale;
    il comparto della produzione di camper in Italia rappresenta una fetta molto consistente dell'intero settore europeo;
    si tratta di un settore che, nonostante i cali di produzione dell'ultimo decennio, ha ripreso a crescere negli ultimi periodi registrano un consistente aumento delle immatricolazioni;
    la camperistica, secondo il rapporto 2016 di Ape (Associazione Produttori Caravan e Camper l'Italia e la Ciset, Centro Internazionale di Studi sull'Economia Turistica dell'Università Ca’ Foscari di Venezia) genera infatti ancora oggi in Italia oltre 700 milioni di euro di fatturato, di cui il 58 per cento destinato all’export, con oltre 5000 addetti complessivi;
    l'Italia, sempre secondo il rapporto Ape, rientra stabilmente tra i tre migliori produttori europei, con 12.406 camper prodotti nel 2015 (un incremento del 41 per cento rispetto ai 2014);
    nel nostro paese il camper è inoltre uno dei protagonisti del turismo all'aria aperta, un movimento in continua crescita i cui flussi corrispondono al 5 per cento del movimento turistico domestico e al 6 per cento del movimento estero in Italia; per un totale di 22,9 milioni di notti annue complessive;
    secondo recenti stime i turisti che viaggiano con camper italiani sono oltre 5,6 milioni di cui 3 milioni italiani e 2,8 milioni stranieri, generando un fatturato annuo di 2,7 miliardi di euro;
    la legge di stabilità del 2016 (legge n. 208 del 2015), all'articolo 1, commi 85 ed 86, ha introdotto incentivi per la rottamazione di autocaravan inquinanti stanziando 5 milioni di euro esclusivamente per l'anno 2016. Nello specifico sono stati previsti 8 mila euro per l'acquisto di un singolo veicolo di categoria euro 5;
    tale incentivo oltre a promuovere il settore della camperistica incrementando le immatricolazioni e l'indotto del turismo all'aria aperta, ha contribuito a ridurre le emissioni nocive nell'atmosfera di gas inquinanti (nel pieno rispetto dell'Accordo di Parigi sul clima del 2015, sottoscritto anche dal nostro paese);
    il decreto attuativo per la rottamazione di autocaravan, previsto dalla legge di stabilità 2016, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 16 novembre 2016. Un ritardo che ha palesemente penalizzato l'efficacia di tale norma, e che ha indotto lo stesso governo a prorogare al 31 marzo 2017 la validità di tali incentivi;
    nel corso del dibattito parlamentare sono state presentate proposte emendative, nella legge di bilancio 2017, per rifinanziare gli incentivi previsti dall'articolo 1, commi 85 ed 86, della legge n. 208 del 2015. Tali emendamenti non sono poi stati approvati,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità nel prossimo provvedimento utile di prorogare, per tutto l'anno 2017, rifinanziandoli, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, gli incentivi previsti dall'articolo 1, commi 85 ed 86, della legge n. 208 del 2015.
9/4304/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Cenni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2 del decreto legislativo del 1o dicembre 2016 «termini e modalità per la trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai rimborsi delle spese universitarie e dei dati relativi alle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali ai fini della elaborazione della dichiarazione precompilata» (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 296 del 20 dicembre 2016), viene introdotta l'obbligatorietà della comunicazione in via telematica della precompilata 2017 da parte degli amministratori di condominio relativa ai lavori effettuati sulle parti comuni e ammissibili di detrazione fiscali riferite al 2016;
    nel medesimo decreto viene inoltre indicata la data del 28 febbraio 2017 come termine ultimo dell'invio attraverso specifico software;
   tenuto conto che:
    il software di compilazione è stato rilasciato solo lo scorso 19 gennaio e l'Agenzia dell'Entrate ha attivato i canali telematici per la ricezione solo lo scorso 31 gennaio;
    non è consentito inviare i dati per tutte le unità immobiliari nel loro complesso ma vanno inserite singolarmente;
    tutto questo sta generando diversi disagi per gli amministratori di condominio, in virtù della grande mole di lavoro e dei tempi estremamente ristretti per farvi fronte, nei fatti appena quattro settimane,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di prorogare al 30 giugno 2017 l'entrata in vigore della norma, al fine di dare agli amministratori di condominio il tempo necessario per una corretta comunicazione dei dati.
9/4304/13Losacco, Boccadutri, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione Affari costituzionali al Senato è stato approvato l'emendamento 9.14 (testo 5) presentato dai Senatori Tarquinio, Bruni, Perrone e D'Ambrosio Lettieri (tutti appartenenti al gruppo parlamentare COR), che ha aggiunto il comma 2-bis all'articolo 9;
    la disposizione introduce modifiche sostanziali alla disciplina che regola l'accesso al mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale, con particolare riferimento allo svolgimento di tali servizi in forma di raggruppamento di imprese, dettando la definizione normativa di raggruppamento di tipo verticale e orizzontale, nonché definendo le attività che nell'uno e nell'altro caso l'impresa mandataria e le imprese mandanti sono tenute ad eseguire;
    la norma introdotta prescrive, inoltre, un termine di 90 giorni decorrenti dall'entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento entro il quale le aziende operanti nel settore dovranno adeguarsi – pena la decadenza dell'autorizzazione per lo svolgimento del servizio – dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che nei successivi 90 giorni deve effettuare le opportune verifiche;
    l'emendamento approvato in sede di conversione viola la natura stessa del decreto-legge milleproroghe che ha il solo fine di prorogare i termini in scadenza e non di modificare norme sostanziali. La Consulta, invero, ha affermato che sebbene il «decreto milleproroghe attenga ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, esso deve obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Al contrario, del tutto estranea a tali interventi è la disciplina «a regime» di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all'articolo 71 della Costituzione Risulta dunque in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei» (C. Cost. 22 del 2012);
    inoltre, l'emendamento approvato non ha quel carattere di omogeneità rispetto ai contenuti originari del provvedimento, necessario secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale e spezza, dunque, «il nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario» (C. Cost. 34 del 2014). La necessaria coerenza tra decreto-legge e legge di conversione appena descritta è funzionale a scongiurare l'uso improprio del potere emendativo da parte delle Camere, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare, che si verifica ogniqualvolta – esattamente come è accaduto nel caso oggetto di attenzione – sotto la veste formale di un emendamento si introduca una disposizione che tenda a immettere nell'ordinamento una disciplina estranea, interrompendo il legame essenziale tra decreto-legge e legge di conversione;
    il rispetto dei suddetto legame, peraltro, è prescritto dall'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati, che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge; esso, inoltre, è alla base della lettera inviata il 7 marzo 2011 dal Presidente del Senato ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, nonché, per conoscenza, al Ministro per i rapporti con il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo di interpretare in modo particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge, la norma dell'articolo 97, comma 1, del regolamento, sulla improponibilità di emendamenti estranei all'oggetto della discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla Giunta per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta, dalla circolare sull'istruttoria legislativa nelle Commissioni del 10 gennaio 1997;
    la disposizione introdotta lede alcuni principi cardine del nostro ordinamento posti a presidio dell'attività di impresa e del libero gioco concorrenziale. Essa, invero, viola il principio della certezza del diritto, pregiudica gravemente il legittimo affidamento degli operatori economici sulla normativa vigente, in base alla quale le aziende costruiscono il proprio business model e programmano i loro investimenti e viola la concorrenza nel settore dei servizi automobilistici regionali di competenza statale, riducendo l'offerta di servizi ai passeggeri;
    il principio europeo di effettività dello svolgimento della prestazione di trasporto è rispettato dalla disciplina in materia di servizi automobilistici interregionali di competenza statale contenuta nel decreto legislativo n. 285 del 2005 che, nel caso di esercizio richiesto da una riunione di imprese, lo ha declinato all'articolo 3, terzo comma distinguendo quali condizioni – tra quelle prescritte dal secondo comma al fine di ottenere la necessaria autorizzazione ministeriale per l'esercizio del servizio – gli operatori devono soddisfare singolarmente e quali è sufficiente che sussistano in capo al raggruppamento di imprese. Il legislatore italiano, dunque ha tenuto in debita considerazione tale principio contemperandolo con altri diritti e libertà (l'iniziativa economica privata e la concorrenza) che risultano sacrificati illegittimamente e in misura eccessiva dal diverso bilanciamento contenuto nell'emendamento 9.14 (testo 5);
    per i motivi fin qui esposti la disposizione introdotta in Senato potrebbe esporre l'Italia a una procedura di infrazione o essere oggetto di censura da parte della Corte costituzionale;
    a causa della prossima scadenza per la conversione in legge del decreto milleproroghe, la Camera è stata gravemente privata delle sue prerogative non potendo procedere a un attento esame del provvedimento e a una doverosa riflessione sul tema affrontato dal presente atto;
    la sede più opportuna per un serio confronto parlamentare sul punto potrebbe essere il disegno di legge annuale per la concorrenza, il cui esame, tuttavia, procede molto lentamente in Senato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimere, intervenendo in tal senso nel primo provvedimento utile, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 2-bis del decreto milleproroghe, introdotta con l'emendamento 9.14 (testo 5) approvato all'A.S. 2633, relativa all'accesso al mercato delle linee interregionali di competenza statale da parte delle riunioni di imprese e alla ripartizione delle prestazioni tra mandataria e mandanti, con particolare riferimento all'obbligo per l'impresa capogruppo di eseguire le attività principali di trasporto di passeggeri su strada, al fine di non incorrere in una censura da parte della Corte costituzionale, di non esporsi al rischio di procedura d'infrazione, nonché al fine di consentire un adeguato confronto parlamentare sul merito della disposizione nella sede più opportuna.
9/4304/14Boccadutri, Barbanti, Coppola, Losacco, Misiani, Moscatt, Raciti, Carloni, Lodolini, Giampaolo Galli, Carbone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 244 del 2016, recante proroghe e definizione di termini, che il Governo adotta con periodicità annuale, per assicurare l'efficienza dell'azione delle diverse amministrazioni interessate, in presenza della scadenza di termini previsti da disposizioni di legge, contiene fra una pluralità di ambiti, misure in materia di pubblica amministrazione, in particolare finalizzate a prorogare i contratti di lavoro, a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
    l'articolo 1 comma 215 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha prorogato al riguardo, (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016, i rapporti convenzionali in essere attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo, nonché i contratti a tempo determinato degli enti territoriali delle regioni a statuto speciale nei limiti già previsti dal comma 9-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013;
    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, risulta non più rinviabile, un intervento normativo finalizzato a disciplinare in maniera organica il bacino dei lavoratori socialmente utili della regione Siciliana, titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, che svolgono da numerosi anni, la propria attività professionale in diversi ambiti all'interno dell'amministrazione regionale;
    la misura legislativa, inizialmente prevista all'interno del presente decreto-legge n. 244 del 2016, che stabiliva un ulteriore differimento di dodici mesi fino al 31 dicembre 2017, della proroga del contratto di lavoro per le suesposte categorie di lavoratori siciliani, secondo quanto risulta da organi d'informazione locali e nazionali, dovrebbe essere contenuta nel decreto attuativo della riforma della pubblica amministrazione, (decreto Madia) con l'intenzione di consentire all'amministrazione siciliana di prendere in pianta stabile i lavoratori che da anni svolgono l'attività all'interno degli enti locali isolani;
    la suesposta misura legislativa, a giudizio del sottoscrittore del presente atto, ove confermata, risulta condivisibile ed opportuna, in quanto finalizzata ad offrire una definitiva soluzione strutturale a un problema socio-economico che interessa una vasta platea di soggetti precari dell'isola nonché a superare, al contempo, le politiche assistenziali che, nel loro complesso, risultano più onerose rispetto ad un eventuale processo di stabilizzazione,

impegna il Governo

a chiarire quale sia l'orientamento in merito alla proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato scaduti il 31 dicembre 2016, per i lavoratori socialmente utili delle regioni a statuto speciale, che operano negli enti locali da numerosi anni, al fine di definire un percorso legislativo coerente e stabile, in grado di evitare il perpetuarsi di ulteriori differimenti dei termini, che non risolvono il problema così rilevante per il destino occupazionale di centinaia di migliaia di lavoratori e di famiglie siciliane.
9/4304/15Riccardo Gallo, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in via di conversione contiene all'articolo 10 misure urgenti e proroghe di termini in materia di giustizia;
    specificamente, al comma 2-ter del citato articolo 10 si prevede di spostare al 2 febbraio del 2018 il termine di vigenza della disciplina transitoria che consente l'iscrizione all'albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori in base ai requisiti previsti prima della riforma forense;
    appare del tutto condivisibile la scelta di consentire la proroga di un ulteriore anno di tale disciplina transitoria, anche in previsione di un complessivo ripensamento della materia dell'accesso al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione in premessa anche ai fini dell'adozione di ulteriori iniziative normative volte a prevedere modalità di iscrizione all'albo per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori che tengano conto delle diverse specializzazioni degli avvocati e della possibilità di stabilire criteri differenziati di accesso a seconda della giurisdizione.
9/4304/16Giuseppe Guerini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in via di conversione contiene all'articolo 10 misure urgenti e proroghe di termini in materia di giustizia;
    specificamente, al comma 2-ter del citato articolo 10 si prevede di spostare al 2 febbraio del 2018 il termine di vigenza della disciplina transitoria che consente l'iscrizione all'albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori in base ai requisiti previsti prima della riforma forense;
    appare del tutto condivisibile la scelta di consentire la proroga di un ulteriore anno di tale disciplina transitoria, anche in previsione di un complessivo ripensamento della materia dell'accesso al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione in premessa anche ai fini di valutare l'opportunità dell'adozione di ulteriori iniziative normative volte a prevedere modalità di iscrizione all'albo per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori che tengano conto delle diverse specializzazioni degli avvocati e della possibilità di stabilire criteri differenziati di accesso a seconda della giurisdizione.
9/4304/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Giuseppe Guerini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la commissione bilancio del Senato ha sostituito la disposizione dell'articolo 6, comma 8, del provvedimento in esame che proroga al 31 dicembre 2018 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche. La proroga ora riguarda le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della disposizione in esame, al fine di allineare le scadenze delle concessioni medesime garantendo omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione; essa prevede anche che, nelle more degli adempimenti da parte dei Comuni, siano comunque salvaguardati i diritti degli operatori uscenti. Resta definito che le amministrazioni interessate, che non vi abbiano già provveduto, devono pertanto avviare le procedure di selezione pubblica, nel rispetto della vigente normativa dello Stato e delle Regioni, al fine del rilascio delle nuove concessioni entro la suddetta data;
    con la disposizione suddetta il Governo finalmente ha preso atto delle difficoltà applicative della Direttiva Bolkestein Tant’è vero che lo stesso ex premier Renzi ha dichiarato: «A un passo dall'applicazione pratica delle nuove regole in materia, emergono forti criticità. Il Governo ha deciso di prendersi carico di queste criticità, ritenendo doveroso quantomeno un momento di approfondimento e riflessione»;
    lo stesso presidente dell'ANCI De Caro ha dischiarato: «I Comuni stanno lavorando per non arrivare sprovvisti alla scadenza di luglio 2017, ma è evidente la necessità di un prolungamento adeguato dei tempi, in ragione dell'elevato numero di concessioni da assegnare tramite gara e della conseguente mole di verifiche e incombenze in carico agli uffici comunali ancora prima dell'indizione delle gare stesse»;
    inoltre si fa presente che la Regione Piemonte ha approvato all'unanimità una proposta di legge al Parlamento, per escludere il commercio ambulante dagli effetti della direttiva Bolkestein così come la Regione Puglia ha approvato una mozione del gruppo consiliare M5S sulla medesima linea e le Amministrazioni comunali di Roma e Torino hanno deliberato di sospendere la pubblicazione dei bandi per i singoli posteggi;
    sul punto infine è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza che ha dato parere contrario e contestato i criteri e le procedure stabiliti dell'intesa Stato-Regioni con i quali i Comuni stavano provvedendo alla pubblicazione dei bandi per l'assegnazione delle concessioni nei mercati;
   si ricorda che il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ha recepito la Direttiva – Bolkestein e si configura come una legge-quadro, che dispone norme di portata generale nonché princìpi operativi, riconoscendo ai singoli Stati membri le modalità nonché i tempi di applicazione degli stessi;
    in particolare, le disposizioni in questione con l'obiettivo di salvaguardare l'impatto del commercio ambulante sulle aree pubbliche, introducono significativi limiti all'eccesso e all'operatività nel settore, basato sul principio della disponibilità di suolo pubblico destinata dagli strumenti urbanistici all'esercizio dell'attività stessa;
    all'articolo 16 il provvedimento irrigidisce il sistema autorizzatorio, in particolare al comma 4 non viene riconosciuta la dinamica di proroga automatica ai titoli autorizzatori scaduti, creando delle oggettive difficoltà operative agli oltre 160.000 operatori ambulanti e microimprese operanti nel settore l'articolo suindicato; esso però interviene su una disciplina già ampiamente regolamentata, introducendo un ulteriore limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili sullo stesso mercato o fiera;
    in particolare, emergerebbero criticità conseguenti all'equiparazione tra la nozione di «risorse naturali», citata dal suindicato articolo, e «posteggi in aree di mercato», tali da compromettere le possibilità e l'operatività degli operatori del commercio ambulante. Infatti il decreto interpreta il suolo pubblico concesso per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche, come rientrante nella nozione di «risorse naturali»;
    alle suindicate criticità si aggiungono ulteriori relative al portato dell'articolo 70, comma 1, del medesimo provvedimento, in materia di riconoscimento di titoli autorizzatori alle società di capitali operanti nel settore del commercio ambulante;
    fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione – finanziaria, fiscale ed operativa – tra operatori del medesimo settore;
    le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata, creano un'impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali,

impegna il Governo:

   ad utilizzare in sede di Unione europea tutti gli strumenti idonei al fine di escludere dalla «direttiva Bolkestein» gli operatori ambulanti e le microimprese operanti nel settore che rappresentano il tessuto tradizionale socio-economico dell'Italia;
   ad assumere le necessarie iniziative dirette a modificare l'articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010 al fine di prevedere che l'attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche sia riservata esclusivamente alle imprese individuali e alle società di persone.
9/4304/17Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 7-bis, decreto-legge n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 prevede di compensare le somme riferite a cartelle esattoriali in favore delle imprese con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili relativi a somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali; maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione; a condizione che la somma iscritta a ruolo sia pari o inferiore al credito vantato;
    al fine di utilizzare il credito vantato verso la P.A., il creditore deve richiedere all'Ente debitore, tramite un'apposita istanza, la certificazione del credito al fine di garantirne la certezza, liquidità ed esigibilità nonché il relativo ammontare. La richiesta di certificazione dei crediti va presentata dal soggetto interessato tramite una specifica procedura denominata «PCC» (Piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti) accessibile dal sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze;
    il soggetto che vanta un credito nei confronti della P.A., deve innanzitutto accreditarsi nella Piattaforma indicando i propri dati personali e l'indirizzo PEC;
    una volta ottenuto l'accreditamento, il soggetto interessato, utilizzando la specifica funzione della Piattaforma, procede alla compilazione e all'invio di un modulo, parzialmente precompilato con le informazioni relative al creditore inserite in fase di registrazione, completandolo con l'indicazione della Pubblica Amministrazione nei confronti della quale vanta il credito del dettaglio (numero, data e importo) delle fatture emesse che hanno originato il credito stesso;
    la suddetta disposizione fu approvata in via sperimentale per il solo anno 2014 successivamente fu prorogata per due anni dalla legge stabilità 2015 e 2016;
    la compensazione dei debiti e dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione è nata per alleggerire professionisti e imprese dal problema dei ritardati pagamenti;
    sono 100.000 le imprese fallite in Italia dall'inizio della crisi a oggi: 1 su 4 è saltata perché lo stato è un cattivo pagatore;
    sebbene la legge imponga alla Pubblica amministrazione di pagare i propri fornitori con tempi compresi tra i 30 e i 60 giorni, una parte rilevante dei principali Comuni capoluogo di provincia, delle Regioni, dei Ministeri, delle grandi Asl e di alcuni enti pubblici continua a non rispettare questa scadenza;
    lo scrivente aveva presentato durante l'esame della legge di bilancio 2017 un emendamento per chiedere la proroga della norma sulle compensazioni anche per il 2017 ma il Governo ha respinto per problemi di copertura finanziaria la quale non è necessaria in quanto si tratta di uno schema compensativo certificato e verificato già da due anni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa normativa volta a prorogare la compensazione delle somme riferite a cartelle esattoriali a favore delle imprese con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili relativi a somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione ai sensi dell'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9.
9/4304/18Fantinati, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 7-bis, decreto-legge n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 prevede di compensare le somme riferite a cartelle esattoriali in favore delle imprese con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili relativi a somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali; maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione; a condizione che la somma iscritta a ruolo sia pari o inferiore al credito vantato;
    al fine di utilizzare il credito vantato verso la P.A., il creditore deve richiedere all'Ente debitore, tramite un'apposita istanza, la certificazione del credito al fine di garantirne la certezza, liquidità ed esigibilità nonché il relativo ammontare. La richiesta di certificazione dei crediti va presentata dal soggetto interessato tramite una specifica procedura denominata «PCC» (Piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti) accessibile dal sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze;
    il soggetto che vanta un credito nei confronti della P.A., deve innanzitutto accreditarsi nella Piattaforma indicando i propri dati personali e l'indirizzo PEC;
    una volta ottenuto l'accreditamento, il soggetto interessato, utilizzando la specifica funzione della Piattaforma, procede alla compilazione e all'invio di un modulo, parzialmente precompilato con le informazioni relative al creditore inserite in fase di registrazione, completandolo con l'indicazione della Pubblica Amministrazione nei confronti della quale vanta il credito del dettaglio (numero, data e importo) delle fatture emesse che hanno originato il credito stesso;
    la suddetta disposizione fu approvata in via sperimentale per il solo anno 2014 successivamente fu prorogata per due anni dalla legge stabilità 2015 e 2016;
    la compensazione dei debiti e dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione è nata per alleggerire professionisti e imprese dal problema dei ritardati pagamenti;
    sono 100.000 le imprese fallite in Italia dall'inizio della crisi a oggi: 1 su 4 è saltata perché lo stato è un cattivo pagatore;
    sebbene la legge imponga alla Pubblica amministrazione di pagare i propri fornitori con tempi compresi tra i 30 e i 60 giorni, una parte rilevante dei principali Comuni capoluogo di provincia, delle Regioni, dei Ministeri, delle grandi Asl e di alcuni enti pubblici continua a non rispettare questa scadenza;
    lo scrivente aveva presentato durante l'esame della legge di bilancio 2017 un emendamento per chiedere la proroga della norma sulle compensazioni anche per il 2017 ma il Governo ha respinto per problemi di copertura finanziaria la quale non è necessaria in quanto si tratta di uno schema compensativo certificato e verificato già da due anni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ogni iniziativa normativa volta a prorogare la compensazione delle somme riferite a cartelle esattoriali a favore delle imprese con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili relativi a somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione ai sensi dell'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9.
9/4304/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Fantinati, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al comma 3 dell'articolo 9, prevede una proroga al 31 dicembre 2017 del termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finalizzato ad impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente;
    in tal modo vengono definiti gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio da pare dei Comuni dei titoli autorizzativi;
    il termine originario per l'emanazione del decreto è stato già prorogato dieci volte e, in attesa dell'emanazione del decreto, si deve ritenere ancora vigente la disciplina in materia di NCC ai sensi della legge n. 21 del 1992, caratterizzata da minori vincoli per l'esercizio dell'attività;
    a giugno del 2015 l'Autorità di regolazione dei Trasporti ha inviato al Governo e al Parlamento un atto di segnalazione sulla rilevanza economico-regolatoria dell'autotrasporto di persone non di linea mettendo in evidenza la necessità di dare un adeguato livello di regolazione alle emergenti formule, diverse di servizi di taxi e NCC;
    immediata la reazione di protesta dei tassisti che dopo aver paralizzato diverse città italiane stanno mettendo a ferro e fuoco il centro di Roma sono un gesto di profonda inciviltà nei confronti dei cittadini italiani e dei turisti che vengono in vacanza nel nostro Paese;
    la categoria interessata da tale proroga in questi giorni crea tanti disagi alla popolazione, violando le norme in materia di scioperi, bloccando un servizio per giorni e mandando nel caos la capitale con scene di violenza per le strade,

impegna il Governo

a prevedere, anche in successivi interventi normativi, una disciplina più puntuale delle nuove forme di trasporto passeggeri prevedendo l'obbligo del rilascio della ricevuta fiscale per i conducenti di Uber e NCC e per i tassisti.
9/4304/19Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2010 in condizioni notoriamente di difficoltà del nostro Paese il governo ha recepito la direttiva Bolkestein, con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59;
    in tale circostanza mentre gran parte dei Paesi europei scelsero la via di un recepimento generico, in Italia si optò per una normativa puntuale che comportò l'inserimento tra le categorie oggetto della normativa anche quella del commercio ambulante, escludendone diverse altre;
    la categoria del commercio ambulante conta almeno 200 mila piccole aziende costruite sulla base di investimenti a lungo termine che, in presenza delle scadenze previste dalla direttiva, vengono seriamente compromessi;
    soprattutto nelle aree riconosciute economicamente depresse, vedi in particolare il Sud d'Italia, l'applicazione puntuale della norma comporterebbe un ulteriore grave danno per la occupazione;
    verificato che, nonostante le proroghe fin qui stabilite, in molti comuni non si sono sospese le procedure avviate,

impegna il Governo

ad emanare i necessari provvedimenti per assicurare il rigoroso rispetto della proroga dei termini di attuazione della direttiva e ad attivare un tavolo di confronto con le parti interessate finalizzato a definire condizioni di applicazione della norma che, pur nel rispetto delle direttive europee, garantisca alle aziende già operanti la continuità e la necessaria agibilità economica ed occupazionale, non senza aver verificato, in ogni caso, la possibilità di escludere del tutto la categoria del commercio ambulante.
9/4304/20Chiarelli, Latronico, Palese, Marti, Distaso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 2, interviene sul decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetto «decreto Balduzzi») prorogando ai 1o gennaio 2018 il termine entro il quale l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco dovrà essere sostituito da un nuovo metodo, da definirsi con un decreto ministeriale, previa intesa con gli enti locali e sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'Aifa per gli aspetti di competenza della medesima Agenzia;
    oggi è in vigore il sistema del payback farmaceutico in base al quale le aziende contribuiscono al 50 per cento dello sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera su base nazionale. Inoltre le aziende si fanno carico, in proporzione al loro fatturato, anche dello sforamento imputabile ai farmaci orfani (per le malattie rare) e ai farmaci innovativi;
    il sistema del payback farmaceutico ha prodotto un forte contenzioso per la definizione delle quote di ripiano dovute dalle aziende farmaceutiche relativamente al triennio 2013-15;
    in tale contesto, caratterizzato sia dall'attesa di imminenti novità (sostituzione dell'attuale sistema di remunerazione) che dal peso di attuali incertezze (contenzioso sul periodo 2013-15), si innesta la situazione del mercato farmaceutico italiano in cui il payback equivale, dal punto di vista delle aziende, a un aggravio di costi che, secondo calcoli del 2015, le costringe a restituire al Servizio Sanitario Nazionale circa il 50 per cento del ricavato dalle vendite di un farmaco nei primi due anni di lancio;
    sembra opportuno valutare meccanismi di premialità per le aziende del settore farmaceutico che, oltre a commercializzare in Italia i loro prodotti, diano un reale contributo al «sistema Paese» a livello produttivo, occupazionale e di R&S,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elaborare, nell'ambito del decreto sul nuovo metodo che dovrà sostituire l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, misure di premialità, compatibili con la normativa europea, per le aziende farmaceutiche italiane che contribuiscono allo sviluppo del «sistema Paese».
9/4304/21Fucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 3 del decreto-legge attualmente al nostro esame interviene con proroghe di termini fissati da disposizioni legislative in materia di lavoro e politiche sociali;
    nel 1947, quindi 70 anni or sono, in Italia nascevano i patronati, istituti che da allora hanno esercitato funzioni di assistenza e di tutela in favore dei lavoratori, dei pensionati e di tutti i cittadini in generale;
    emanazione diretta di una organizzazione sindacale o datoriale, sia essa di lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi o di entrambe le categorie, svolgono ogni anno circa 11 milioni di pratiche, da quelle pensionistiche a quelle di disoccupazione, dai congedi di maternità all'assistenza ai disabili, dai permessi di soggiorno agli assegni sociali;
    quasi ottocento le tipologie di pratiche trattate, quasi tutte gratuitamente, per gran parte tale attività è rivolta verso le fasce più deboli del Paese;
    per svolgere lo stesso lavoro Inps, Inail e Ministero degli interni dovrebbero aumentare gli organici di migliaia di unità ed istituire nuovi uffici. A tutto ciò si deve anche aggiungere l'attività svolta dai patronati per i cittadini italiani residenti all'estero;
    per tali motivi si auspicava un intervento di proroga che intervenisse su alcuni aspetti della normativa vigente riguardante l'attività di questi istituti;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità per il 2016), con il comma 607, a seguito dell'entrata in vigore della riforma complessiva degli istituti di patronato, anche al fine di garantire la corretta organizzazione dell'attività degli stessi, intervenne sulla normativa che regolava una delle ipotesi di scioglimento e commissariamento degli istituti di patronato, operante nel caso in cui l'istituto abbia realizzato, per due anni consecutivi, attività «rilevante» (alla quale sono cioè finalizzati i finanziamenti pubblici, ex articolo 13, legge n. 152 del 2001), sia in Italia sia all'estero, in una quota percentuale (accertata in via definitiva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali) inferiore all'1,5 per cento del totale;
    in particolare venne differita l'attuazione concreta di tale ipotesi di commissariamento, prevista dall'articolo 16, comma 2, lettera c-bis), della legge 30 marzo 2001, n. 152, stabilendo che essa trovasse applicazione unicamente a decorrere dalle attività dell'anno 2016,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente, con uno dei prossimi provvedimenti legislativi, quanto previsto dall'articolo 16, comma 2, lettera c-bis, della legge 30 marzo 2001, n. 152.
9/4304/22Pisicchio, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, meglio conosciuta come «direttiva Bolkestein», presentata dalla Commissione europea con riferimento ai servizi nel mercato europeo comune, ha come obiettivo quello di facilitare la circolazione di servizi all'interno dell'Unione europea;
    l'Italia ha dato attuazione alla direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, applicando la direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche;
    il recepimento della direttiva Bolkestein nell'ambito dei mercati ambulanti comporta, fra le altre cose, l'apertura del settore a nuove imprese, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni e l'assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi con divieto di favorire il prestatore uscente, come previsto dagli articoli 11, 16, comma 4, e 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010;
    il 5 luglio 2012 la conferenza unificata ha raggiunto un accordo, in attuazione dell'articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010, che prevede una proroga della situazione esistente fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i nove e i dodici anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;
    il decreto oggi in via di conversione proroga al 31 dicembre 2018 le concessioni di commercio su aree pubbliche ad oggi in vigore e con scadenza precedente a tale data;
    le misure previste dal decreto legislativo n. 59 del 2010, non tengono conto delle peculiarità di queste attività, quasi sempre imprese individuali a dimensione familiare, che difficilmente potrebbero competere in un mercato troppo aperto. Inoltre il decreto legislativo menzionato fa venire meno quei requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore;
    alcune associazioni che rappresentano gli interessi dei commercianti ambulanti hanno richiesto che venga rivista la decisione di applicare la direttiva Bolkestein al commercio ambulante,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi in sede europea affinché la direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, meglio conosciuta come «direttiva Bolkestein», venga rivista al fine di escludere dalla sua applicazione il commercio ambulante;
   ad intervenire con gli strumenti a sua disposizione affinché i bandi vengano effettuati dopo la scadenza della proroga, in attesa della auspicata revisione della «direttiva Bolkestein».
9/4304/23Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante «Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» si osserva che l'articolo 13, comma 6-undecies ha previsto un finanziamento, per il 2017, per i trattamenti di integrazione salariale nel settore della pesca, in analogia a interventi disposti negli anni precedenti. A tal fine, si destina uno stanziamento di 17 milioni di euro per il 2017, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione;
    infatti, a partire dall'anno 2008, a causa della crisi che ha colpito diversi settori produttivi del Paese, è stato previsto anche per il settore della pesca l'utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni in deroga alla normativa vigente, come strumento di sostegno al reddito dei lavoratori per i periodi di sospensione dal lavoro;
    l'ultimo intervento in materia risaliva alla legge di stabilità 2016 che aveva stanziato 18 milioni di euro. Le risorse sono state, poi, disposte con decreto interministeriale n. 1600069 del 5 agosto 2016 tenendo conto delle istanze riferite al 2015 e presentate entro il 25 gennaio 2016;
    era dunque opportuno prevedere tale misura anche per il 2017 in quanto l'integrazione salariale interessa il personale imbarcato, dipendente e socio lavoratore delle imprese di pesca in stato di crisi;
    la crisi interessa oramai tutto il settore: si pensi che su 8 mila chilometri di coste, le imbarcazioni sono diminuite del 33 per cento; si sono persi 18 mila posti in un settore che oggi da lavoro a 27 mila persone; il 74 per cento del prodotto consumato in Italia è importato, da paesi remoti come Cile o Filippine,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la costituzione di un tavolo di lavoro che operi non solo una riforma degli ammortizzatori sociali e del welfare di settore utile ad ovviare alle conseguenze sociali della crisi del settore ma anche ad elaborare una ristrutturazione del sistema pesca al fine di rendere nuovamente competitive le nostre aziende.

9/4304/24Pastorelli, Locatelli, Lo Monte, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 12 del presente provvedimento proroga di un anno l'applicazione della soglia percentuale del 35 per cento di copertura con fonti rinnovabili del consumo complessivo di acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti;
    dopo i recenti episodi sismici che hanno colpito il centro italia i tecnici hanno sottolineato l'importanza che ogni edificio sia accompagnato da un «fascicolo del fabbricato» che fornisca indicazioni sulle modalità d'uso dell'immobile e su come programmarne una corretta manutenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di individuare e adottare interventi specifici, anche di carattere normativo, al fine di rendere progressivamente obbligatorio la creazione di un «fascicolo del fabbricato».

9/4304/25Marzano, Locatelli, Pastorelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante «Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» si osserva che l'articolo 1, commi 3-bis e 3-ter prevede alcune norme specifiche per le assunzioni da parte dell'istituto superiore di sanità;
    nello specifico, fino al 31 dicembre 2018, tramite lo svolgimento di concorsi riservati, l'istituto Superiore di Sanità potrà assumere a tempo indeterminato quei soggetti che abbiano maturato il requisito di tre anni di servizio (negli ultimi cinque anni) con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato;
    procedura simile è prevista anche dal successivo articolo 1, comma 5-bis per il personale Istat a tempo determinato. In tal caso, innanzitutto si proroga la scadenza – attualmente fissata al 31 dicembre 2017 – dei contratti a tempo determinato di personale dell'Istat: fino alla conclusione delle procedure concorsuali, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019;
    in analoga posizione rispetto a soggetti titolari di contratti di lavoro a tempo determinato che hanno maturato una notevole esperienza alle dipendenze dell'ente si trova, oggi, l'Agenzia Italiana del Farmaco cioè l'autorità nazionale competente per l'attività regolatoria dei farmaci in Italia. Come sappiamo si tratta di un Ente pubblico che opera in autonomia, trasparenza e economicità, sotto la direzione del Ministero della salute e la vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze collaborando con le Regioni, l'istituto Superiore di Sanità, gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, le Associazioni dei pazienti, i Medici e le Società Scientifiche e con il mondo produttivo e distributivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le disponibilità finanziarie ed in armonia con la disciplina in materia di assunzioni, di adottare ogni iniziativa utile a stabilizzare il personale precario dell'AIFA, analogamente a quanto previsto dal provvedimento in esame per il personale dell'Istituto superiore di sanità, al fine di favorire una valorizzazione delle professionalità acquisite dal personale che continua a prestare la propria attività con contratti a tempo determinato.
9/4304/26Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, come da ultimo modificato dall'articolo 37 del decreto-legge n. 83 del 2012, prevede una gara ad evidenza pubblica per le concessioni idroelettriche già scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2017;
    lo stesso articolo prevede altresì un decreto del Ministero dello sviluppo economico per stabilire i requisiti concernenti la procedura di gara, ma tale decreto ad oggi non è ancora stato emanato e non è nemmeno più tecnicamente fattibile ormai bandire le gare ad evidenza pubblica ed effettuare l'aggiudicazione entro il 31 dicembre 2017;
    la materia delle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico è stata alquanto controversa negli ultimi anni e ha determinato un quadro normativo del tutto incerto fatto anche di interventi della Corte costituzionale e di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea;
    in tale contesto, la necessità di una ulteriore proroga della messa a gara delle concessioni idroelettriche deve essere vista nell'ottica di concedere alle amministrazioni competenti un tempo adeguato per lo svolgimento delle gare, che ad oggi non c’è dal momento che ancora non sono state fissate nemmeno le regole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente, almeno fino al 31 dicembre 2020, le concessioni idroelettriche già in uso al fine di consentire al Ministero dello sviluppo economico di emanare il decreto attuativo per la messa a gara delle concessioni e alle amministrazioni competenti di effettuare le gare e di assegnare la nuova concessione.

9/4304/27Plangger, Schullian, Alfreider, Gebhard, Ottobre, Marguerettaz, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, come da ultimo modificato dall'articolo 37 del decreto-legge n. 83 del 2012, prevede una gara ad evidenza pubblica per le concessioni idroelettriche già scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2017;
    lo stesso articolo prevede altresì un decreto del Ministero dello sviluppo economico per stabilire i requisiti concernenti la procedura di gara, ma tale decreto ad oggi non è ancora stato emanato e non è nemmeno più tecnicamente fattibile ormai bandire le gare ad evidenza pubblica ed effettuare l'aggiudicazione entro il 31 dicembre 2017;
    la materia delle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico è stata alquanto controversa negli ultimi anni e ha determinato un quadro normativo del tutto incerto fatto anche di interventi della Corte costituzionale e di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea;
    in tale contesto, la necessità di una ulteriore proroga della messa a gara delle concessioni idroelettriche deve essere vista nell'ottica di concedere alle amministrazioni competenti un tempo adeguato per lo svolgimento delle gare, che ad oggi non c’è dal momento che ancora non sono state fissate nemmeno le regole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente, almeno fino al 31 dicembre 2020, compatibilmente con i vincoli comunitari, le concessioni idroelettriche già in uso al fine di consentire al Ministero dello sviluppo economico di emanare il decreto attuativo per la messa a gara delle concessioni e alle amministrazioni competenti di effettuare le gare e di assegnare la nuova concessione.

9/4304/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Plangger, Schullian, Alfreider, Gebhard, Ottobre, Marguerettaz, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 3-sexies e 3-septies dell'articolo 3 del provvedimento, introdotti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento con emendamento governativo, intervengono in materia di rivalutazione delle pensioni, differendo al primo gennaio 2018 – invece del primo gennaio 2017 – il termine di decorrenza per le effettuazioni delle operazioni di conguaglio relative ai ratei dei trattamenti pensionistici corrisposti nel 2015;
    trattasi di un intervento a carattere riparatore da parte dei Governo, dopo che il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto 17 novembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 novembre 2016, aveva comunicato che la percentuale provvisoria di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni è pari allo 0,00 per cento;
    proprio per la mancata perequazione ci sarebbe dovuta essere una conseguenza negativa per i pensionati, che avrebbero dovuto restituire lo 0,1 per cento in più incassato nel 2015, giacché all'inizio dell'anno 2016 la perequazione provvisoria fu stimata allo 0,30 per cento mentre a fine anno fu accertato che il valore definitivo era pari allo 0,20 per cento; ciò avrebbe causato un recupero negativo a gennaio 2016, se non fosse intervenuta l'intervento di cui al comma 288 dell'articolo 1, della legge di stabilità 2016 , che ha introdotto solo una sospensione del recupero inflattivo (la differenza tra lo 0,3 per cento-0,2 per cento relativo all'anno 2015) prevedendo che il recupero fosse effettuato in sede di rivalutazione definitiva dei trattamenti pensionistici 2016, ovvero appunto al gennaio di questo anno,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni interventi normativi di propria competenza affinché sia abolito il recupero del conguaglio negativo per lo meno per i trattamenti pensionistici di importo fino a quattro volte il minimo, posto che il potere d'acquisto delle pensioni basse deve essere salvaguardato e che non si ritiene corretto far pagare ai pensionati errate previsioni statistiche.

9/4304/28Simonetti, Fedriga, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    rimane indifferibile la necessità di garantire un efficace svolgimento dei procedimenti di rinnovo dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) dei medicinali omeopatici presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995. Tali farmaci godono di un'autorizzazione ope legis che ne consente la permanenza sul mercato fino al 31 dicembre 2018. Dopo tale data, potranno continuare ad essere commercializzati solo se avranno ottenuto il rinnovo dell'AIC;
    la legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 590, legge n. 190 del 2014) fissa al 30 giugno 2017 il termine per la presentazione delle domande di rinnovo da parte delle aziende e al 31 dicembre 2018 il termine per la permanenza sul mercato. In vista del rinnovo, le aziende sono chiamate ad una serie di adempimenti assolutamente nuovi e, sotto alcuni profili, particolarmente onerosi, da cui dipende la permanenza sul mercato di molti medicinali e, quindi, la tenuta dell'intero comparto. Di qui la necessità di poter disporre di un lasso di tempo congruo rispetto alla complessità e alla rilevanza della procedura, soprattutto alla luce del fatto che molti aspetti procedi mentali e numerose questioni tecnico-operative non sono disciplinate dalla normativa vigente;
    vi è poi l'ulteriore necessità di implementare l'interlocuzione con l'Aifa per creare un meccanismo stabile di dialogo che consenta alle aziende di acquisire in tempo utile le informazioni necessarie per il regolare decorso procedimentale, dato che negli ultimi tempi non è stata riscontrata la necessaria continuità e tempestività nello scambio delle predette informazioni. A ciò si deve poi aggiungere l'incertezza applicativa che ha vissuto il comparto legata alla pendenza di un giudizio amministrativo che si è concluso solo l'estate scorsa, incertezza che ha impedito di pianificare e di intraprendere le attività strumentali all'avvio delle prescritte procedure di rinnovo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare al 30 giugno 2018 la data di presentazione delle domande di rinnovo dell'AIC da parte delle aziende, e di prorogare al 31 dicembre 2019 il termine previsto per la permanenza sul mercato dei medicinali omeopatici attualmente in commercio, prevedendo inoltre, il versamento, da parte delle aziende titolari, di acconti sulle tariffe dovute in sede di rinnovo dell'AIC al fine di consentire all'Aifa di poter conseguire in anticipo una parte delle entrate connesse all'espletamento delle procedure di rinnovo, con l'indicazione che le somme versate a titolo di acconto restino nelle disponibilità dell'Aifa anche in caso di mancata presentazione della domanda di rinnovo.
9/4304/29Rondini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, all'articolo 5, comma 3 dispone la proroga al 31 dicembre 2017 del termine previsto dall'articolo 17, comma 4-quater, del decreto- legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012;
    rilevato che il sopra citato comma 4-quater prevedeva la decorrenza delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter, in materia di dichiarazioni sostitutive di stranieri non UE, regolarmente soggiornanti in Italia, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, a partire dal primo gennaio 2013 e che tale termine è stato oggetto di diverse proroghe, in particolare al 30 giugno 2014 per effetto del decreto-legge n. 150 del 2013, al 30 giugno 2015 con il decreto-legge n. 119 del 2014, al 31 dicembre 2015 a seguito del decreto-legge n. 192 del 2014 ed infine al 31 dicembre 2016 con il decreto-legge n. 210 del 2015;
    rilevato altresì che tale ulteriore proroga, disposta dal sopra citato articolo 5, comma 3 del provvedimento attualmente all'esame, discende dalla circostanza che il Ministero dell'interno non ha ancora emanato il decreto, previsto dal comma 4-quinquies dallo stesso articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con cui avrebbero dovuto essere disciplinate le modalità per l'acquisizione, attraverso sistemi informatici e banche dati, delle informazioni oggetto di autocertificazione, nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della relativa documentazione,

impegna il Governo

ad adottare il decreto ministeriale di cui al comma 4-quinquies dell'articolo 17 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012, in tempi celeri ed opportuni, anche al fine di non dover procedere ad ulteriori proroghe.

9/4304/30Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 193 del 2016 ha fissato, all'articolo 6-ter, la data del 10 febbraio 2017 quale termine per gli enti locali per deliberare sulla rottamazione delle ingiunzioni, ossia per decidere o meno se istituire la sanatoria degli atti di riscossione coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali notificate dalle amministrazioni locali dal 2000 al 2016;
    sarebbe però opportuno riferire suddetto termine alla data ultima per l'emanazione delle delibere e dei regolamenti per l'approvazione dei bilanci preventivi, fissata con il presente decreto al 31 marzo 2017;
    infatti, i due diversi termini, quello per l'adozione dei regolamenti sulle entrate e quello per l'istituzione, sempre con regolamento, della definizione agevolata delle ingiunzioni, ha causato difficoltà agli enti locali a causa del breve lasso di tempo a disposizione, costituendo, in alcuni casi, un impedimento alla deliberazione della sanatoria che ha di fatto leso le legittime aspettative dei contribuenti di potersene avvalere,

impegna il Governo

ad adottare, al più presto, le opportune iniziative legislative al fine di concedere agli enti locali un nuovo lasso di tempo per l'adozione dei regolamenti concernenti la sanatoria degli atti di riscossione coattiva delle entrate locali rispetto al termine fissato dall'articolo 6-ter del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225, scaduto, attualmente, alla data del 1o febbraio 2017.

9/4304/31Picchi, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto, ai commi 17-23, la modifica dell'articolo 66 del Testo unico delle Imposte sui redditi (TUIR) della tassazione dei redditi delle imprese minori, assoggettate alla contabilità semplificata, sostituendo il principio di competenza con il principio di cassa;
    nella disciplina precedente, le imprese minori ammesse al regime di contabilità semplificata che non avevano esercitato l'opzione per il regime ordinario, determinavano il loro reddito imponibile come differenza tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi (utili, dividendi e interessi, redditi derivanti da immobili) conseguiti nel periodo di imposta e l'ammontare delle spese documentate sostenute nel periodo stesso;
    attualmente, invece, tali imprese minori continueranno a calcolare l'imponibile come differenza tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività di impresa, ma, rispetto al passato, viene stabilito che entrino nel computo dell'imponibile anche i ricavi, ovvero il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore;
    è evidente come sia stato previsto un termine di tempo estremamente breve per l'adeguamento alla nuova normativa da parte di queste imprese minori, spesso ditte individuali, che troveranno sicuramente numerose difficoltà ad entrare nel nuovo regime senza l'aiuto di un professionista;
    tra le disposizioni in materia economico-finanziarie del presente provvedimento non è stata però prevista alcuna norma che proroghi, almeno per un anno, la precedente disciplina contabile al fine di concedere, a queste imprese, un più congruo lasso di tempo per ottemperare ai nuovi obblighi, fermo restando la possibilità, per le imprese pronte, di utilizzare il nuovo sistema già a partire da quest'anno,

impegna il Governo

a valutare la necessità di adottare al più presto le opportune iniziative legislative che posticipino al 2018 l'entrata in vigore a regime delle disposizioni contenute nei commi da 17 a 23 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, al fine di concedere un più congruo periodo di tempo ai soggetti interessati all'adeguamento, ferma restando la possibilità di anticipare già al 2017, come attualmente previsto erga omnes, la nuova disciplina per le imprese pronte all'ottemperanza ai nuovi obblighi contabili.

9/4304/32Caparini, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame prevede l'ennesima proroga della scadenza per l'adeguamento in edilizia scolastica alla normativa di prevenzione incendi: nell'articolo 4, comma 2 e 2-bis, sono previste proroghe al 31 dicembre 2017 del termine di adeguamento alla normativa antincendio valevole per le strutture adibite a servizi scolastici che ancora non hanno provveduto e per gli asili nido esistenti con oltre 30 persone;
    una delle priorità dell'ormai ex governo Renzi slitta una seconda volta, perché già a fine 2015 il governo era stato costretto ad inserire una prima proroga di 12 mesi: le scuole avrebbero dovuto adeguarsi al nuovo regolamento entro il 31 dicembre 2015, ma a quella data il nuovo regolamento non era ancora stato pubblicato. La lacuna normativa costrinse quindi a posticipare alla fine 2016 il termine ultimo per l'adeguamento;
    il decreto ministeriale è stato finalmente varato lo scorso maggio, sostituendo quello precedente che risaliva addirittura al 1992;
    è evidentemente come otto mesi non siano stati sufficienti per gli oltre 43 mila istituti del Paese per ottemperare a tutti i nuovi obblighi, che vanno dall'adeguamento dell'impianto elettrico e di produzione del calore, dalla dotazione di estintori portatili e di un sistema di allarme, alla regolamentazione delle uscite di sicurezza; ma soprattutto, in questo caso, è evidente come la proroga si rendi qui necessaria anche per il taglio delle risorse ai Comuni, specie da parte del precedente esecutivo, che ha causato enormi ritardi nell'adeguamento;
    una simile situazione si pone in netto contrasto con il principio sotteso al nostro ordinamento secondo cui lo Stato, che deve garantire una istruzione universale obbligatoria, debba farlo, ovviamente, anche in condizioni di sicurezza;
    secondo l'ultimo censimento di Legambiente, il 58 per cento delle scuole italiane è ancora privo della certificazione antincendio,

impegna il Governo

a monitorare nei prossimi mesi l'andamento dell'adempimento, da parte di Comuni e Province, alle misure antincendio di cui in premessa, per far sì che tutti gli edifici scolastici si adeguino tassativamente entro dicembre 2017, tenuto conto che la maggior parte di questi versano in una situazione di pericolo reale, per migliaia di studenti, docenti e personale in caso di incendio ed evacuazione improvvisa.

9/4304/33Borghesi, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame prevede l'ennesima proroga della scadenza per l'adeguamento in edilizia scolastica alla normativa di prevenzione incendi: nell'articolo 4, comma 2 e 2-bis, sono previste proroghe al 31 dicembre 2017 del termine di adeguamento alla normativa antincendio valevole per le strutture adibite a servizi scolastici che ancora non hanno provveduto e per gli asili nido esistenti con oltre 30 persone;
    una delle priorità dell'ormai ex governo Renzi slitta una seconda volta, perché già a fine 2015 il governo era stato costretto ad inserire una prima proroga di 12 mesi: le scuole avrebbero dovuto adeguarsi al nuovo regolamento entro il 31 dicembre 2015, ma a quella data il nuovo regolamento non era ancora stato pubblicato. La lacuna normativa costrinse quindi a posticipare alla fine 2016 il termine ultimo per l'adeguamento;
    il decreto ministeriale è stato finalmente varato lo scorso maggio, sostituendo quello precedente che risaliva addirittura al 1992;
    è evidentemente come otto mesi non siano stati sufficienti per gli oltre 43 mila istituti del Paese per ottemperare a tutti i nuovi obblighi, che vanno dall'adeguamento dell'impianto elettrico e di produzione del calore, dalla dotazione di estintori portatili e di un sistema di allarme, alla regolamentazione delle uscite di sicurezza; ma soprattutto, in questo caso, è evidente come la proroga si rendi qui necessaria anche per il taglio delle risorse ai Comuni, specie da parte del precedente esecutivo, che ha causato enormi ritardi nell'adeguamento;
    una simile situazione si pone in netto contrasto con il principio sotteso al nostro ordinamento secondo cui lo Stato, che deve garantire una istruzione universale obbligatoria, debba farlo, ovviamente, anche in condizioni di sicurezza;
    secondo l'ultimo censimento di Legambiente, il 58 per cento delle scuole italiane è ancora privo della certificazione antincendio,

impegna il Governo

a monitorare nei prossimi mesi l'andamento dell'adempimento, da parte di Comuni e Province, alle misure antincendio di cui in premessa, per far sì che tutti gli edifici scolastici si adeguino tassativamente entro dicembre 2017.

9/4304/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto, come modificato al Senato, reca, all'articolo 5, comma 11-septies, disposizioni in merito alla procedura di riequilibrio finanziario per gli enti locali: quegli enti che, pur avendo avviato la procedura di riequilibrio, non hanno presentato nei termini in piano di riequilibrio finanziario, ovvero entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di via libera alla procedura di riequilibrio o gli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario entro il 31 dicembre 2014 e che non abbiano ancora presentato il relativo piano entro i novanta giorni, hanno facoltà di deliberarne uno nuovo entro il 30 aprile 2017, a condizione che ci siano stato un aumento dell'avanzo di amministrazione o una diminuzione del disavanzo. La stessa disposizione, altresì, esclude, per questi enti, la procedura che prevede che il Prefetto assegni il termine di venti giorni per la deliberazione del dissesto e il commissariamento, nel caso in cui decorra infruttuosamente questo termine;
    in tema di bilancio di enti locali e regioni, sarebbe stato invece opportuno prorogare anche la disciplina del disavanzo da debito autorizzato e non contratto, tenuto conto che una simile estensione non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica né avrebbe esonerato gli enti locali e territoriali del rispetto del pareggio di bilancio;
    con la suddetta disposizione si è prevista, in passato, la possibilità di autorizzare mutui per investimenti senza contrarli se non per effettive esigenze di cassa e per le sole regioni che avevano rispettato i tempi di pagamento così come previsti dal decreto-legge n. 78 del 2015;
    tale possibilità, infatti, era già stata attuata per l'esercizio 2015 e prorogata per il 2016 con il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative al fine di prevedere, anche per l'esercizio 2017, le disposizioni di cui al comma 3, dell'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito con legge 7 agosto 2016, n. 160, con riferimento agli indicatori di tempestività dei pagamenti all'anno 2016.

9/4304/34Giancarlo Giorgetti, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto reca diverse disposizioni in merito alla riduzione della spesa pubblica, anche con riguardo al personale: l'articolo 13, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la disposizione che stabilisce un limite alla rideterminazione dei compensi ai componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, fissandolo agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ridotti del 10 per cento;
    al medesimo articolo, il comma 3 estende all'anno 2017 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni, nonché dalle Autorità indipendenti per l'utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali e il comma 5-bis, introdotto al Senato, consente alla CONSOB, nell'ambito delle procedure di razionalizzazione delle proprie strutture, di adottare misure di contenimento della spesa ulteriori ed alternative alle vigenti;
    allo stesso tempo però, il provvedimento in oggetto, ai commi 3 e 4 dell'articolo 6, proroga, per la Rai, l'applicazione delle misure di contenimento della spesa previste per i soggetti inclusi nell'elenco delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato;
    sarebbe stato quindi opportuno inserire anche le necessarie proroghe che avrebbero permesso di rendere più graduale il percorso di riduzione della spesa del personale sanitario, tanto più che una simile estensione non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica né avrebbe esonerato gli enti territoriali del rispetto del pareggio di bilancio; ed anzi avrebbe permesso il corretto turn – over del personale, almeno per quelle regioni in cui il sistema sanitario regionale già rispetta l'equilibrio economico,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative di modifica dell'articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, al fine di rendere più graduale il percorso di riduzione della spesa del personale sanitario, posticipando almeno fino al 2018 l'adozione delle misure relative al tetto di spesa, in modo da renderle meno impattanti e più graduali.
9/4304/35Pagano, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in oggetto reca diverse disposizioni in merito alla riduzione della spesa pubblica, anche con riguardo al personale: l'articolo 13, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la disposizione che stabilisce un limite alla rideterminazione dei compensi ai componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, fissandolo agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ridotti del 10 per cento;
    al medesimo articolo, il comma 3 estende all'anno 2017 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni, nonché dalle Autorità indipendenti per l'utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali e il comma 5-bis, introdotto al Senato, consente alla CONSOB, nell'ambito delle procedure di razionalizzazione delle proprie strutture, di adottare misure di contenimento della spesa ulteriori ed alternative alle vigenti;
    allo stesso tempo però, il provvedimento in oggetto, ai commi 3 e 4 dell'articolo 6, proroga, per la Rai, l'applicazione delle misure di contenimento della spesa previste per i soggetti inclusi nell'elenco delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato;
    sarebbe stato quindi opportuno inserire anche le necessarie proroghe che avrebbero permesso di rendere più graduale il percorso di riduzione della spesa del personale sanitario, tanto più che una simile estensione non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica né avrebbe esonerato gli enti territoriali del rispetto del pareggio di bilancio; ed anzi avrebbe permesso il corretto turn – over del personale, almeno per quelle regioni in cui il sistema sanitario regionale già rispetta l'equilibrio economico,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative di modifica, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, dell'articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, al fine di rendere più graduale il percorso di riduzione della spesa del personale sanitario.
9/4304/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Pagano, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 28 luglio 2016, n. 154, il cosiddetto «collegato agricolo», all'articolo 15 ha previsto una nuova delega al Governo per il riassetto delle modalità di finanziamento e di gestione dell'attività di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale;
    il comma 2, dell'articolo 1, del disegno di legge di conversione prevede che l'esercizio della delega legislativa disposta all'articolo 15 della predetta legge n. 154 del 2016, in particolare per quanto riguarda il riassetto del settore ippico nazionale, avvenga entro diciotto mesi – anziché dodici, come attualmente previsto – dall'entrata in vigore della medesima legge, avvenuta il 25 agosto 2016;
    è necessario promuovere in tempi brevi una riforma completa ed efficiente, profondamente innovativa, etica e trasparente, con regole chiare, al fine di garantire al settore dell'ippica nazionale una «governance», con il compito e l'onere di avviare tutte quelle trasformazioni che sono necessarie per arrivare all'autosufficienza dell'intero settore e farlo uscire dalla grave crisi, e dare al medesimo rilancio, visibilità e nuove prospettive di sviluppo per l'indotto, tenendo in debita considerazione la specificità del settore ippico;
    sono migliaia i soggetti che svolgono un'attività professionale in settori strettamente collegati al mondo dell'ippica. Esiste un indotto di rilevanti proporzioni che si snoda dietro all'ippica per la fornitura dei servizi connessi;
    il Governo a ottobre 2016 in risposta ad una interrogazione sulla necessità di procedere in tempi brevi ad un rilancio del settore ippico nazionale, il viceministro Olivero aveva rassicurato che era stato aperto il confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze nonché con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli per la predisposizione dei provvedimenti attuativi del suddetto articolo 15 del collegato agricolo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di emanare nel più breve tempo possibile, opportunamente ben prima della scadenza dell'esercizio della delega, così come prorogato dal comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, i decreti attuativi dell'articolo 15 del collegato agricolo relativamente al riassetto del settore ippico tenendo presente che il comparto deve essere assolutamente tutelato e rilanciato al più presto e che ci sono molti soggetti del comparto e della filiera che purtroppo hanno già chiuso e che si trovano senza più un lavoro.
9/4304/36Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della fase sperimentale di applicazione delle nuove norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico e idraulico, delle dighe di ritenuta, ai sensi dell'articolo 5 comma 2-bis del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, è stata costituita, con l'articolo 2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 giugno 2014, una Commissione di monitoraggio per la fase di prima applicazione delle nuove norme tecniche;
    il termine per la conclusione dei lavori della Commissione è stato prorogato al 28 febbraio 2017, ai sensi dell'articolo 7, comma 11-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    come segnalato anche nel parere prot. 17/2/CU02/C2 della Conferenza Unificata, tale Commissione è in fase avanzata di lavori per l'elaborazione di una nuova proposta di aggiornamento ma, per completare la propria attività di revisione, intende procedere ad acquisire ulteriori esperienze, a fronte dei recenti fenomeni sismici reali, confrontarsi con operatori tecnici e soggetti istituzionali di settore e recepire la revisione in corso delle norme tecniche delle costruzioni del 2008;
    per tali ragioni è necessaria la proroga di un ulteriore anno dei lavori della Commissione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo affinché sia prevista una proroga per almeno un anno dei lavori della Commissione costituita con l'articolo 2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 giugno 2014, attraverso il differimento del termine di cui all'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, riferito alle nuove norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico e idraulico, delle dighe di ritenuta, in maniera analoga a quanto disposto dall'articolo 7, comma 11-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21.
9/4304/37Grimoldi, Castiello, Invernizzi, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della fase sperimentale di applicazione delle nuove norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico e idraulico, delle dighe di ritenuta, ai sensi dell'articolo 5 comma 2-bis del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, è stata costituita, con l'articolo 2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 giugno 2014, una Commissione di monitoraggio per la fase di prima applicazione delle nuove norme tecniche;
    il termine per la conclusione dei lavori della Commissione è stato prorogato al 28 febbraio 2017, ai sensi dell'articolo 7, comma 11-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
    come segnalato anche nel parere prot. 17/2/CU02/C2 della Conferenza Unificata, tale Commissione è in fase avanzata di lavori per l'elaborazione di una nuova proposta di aggiornamento ma, per completare la propria attività di revisione, intende procedere ad acquisire ulteriori esperienze, a fronte dei recenti fenomeni sismici reali, confrontarsi con operatori tecnici e soggetti istituzionali di settore e recepire la revisione in corso delle norme tecniche delle costruzioni del 2008;
    per tali ragioni è necessaria la proroga di un ulteriore anno dei lavori della Commissione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative di carattere legislativo affinché sia prevista una proroga per almeno un anno dei lavori della Commissione costituita con l'articolo 2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 giugno 2014, attraverso il differimento del termine di cui all'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, riferito alle nuove norme tecniche per la progettazione, la costruzione e l'adeguamento, anche sismico e idraulico, delle dighe di ritenuta, in maniera analoga a quanto disposto dall'articolo 7, comma 11-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21.
9/4304/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi, Castiello, Invernizzi, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 8, dell'articolo 6, proroga al 31 dicembre 2018 il termine di scadenza delle concessioni per il commercio su aree pubbliche in essere alla data alla medesima data del 31 dicembre 2018 al fine di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione su tutto il territorio nazionale;
    nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta una specificazione in base alla quale si stabilisce l'obbligo, per i comuni di avviare, qualora non abbiano già provveduto, le procedure di selezione pubblica per il rilascio delle nuove concessioni, entro il 31 dicembre 2018, nel rispetto della normativa vigente;
    la norma in questione appare completamente irrazionale e rischia di aprire la strada a numerosi contenziosi, creando una disparità di trattamento tra gli operatori di settore;
    essa concede infatti una proroga al 2018, la quale presuppone di fatto l'annullamento dei bandi già avviati, ma nello stesso tempo obbliga i comuni ad avviare le gare entro la medesima data;
    l'entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, che ha recepito la direttiva Bolkestein, ha messo in serie difficoltà oltre 160 mila ambulanti che operano a livello nazionale, di cui 10 mila soltanto nei mercati regionali, determinando, all'articolo 16, una restrizione delle misure che regolano l'assegnazione delle concessioni di posteggio su aree pubbliche;
    inoltre la direttiva Bolkestein, se pure suffragata da trattati internazionali, appare comunque irragionevole rispetto al principio fondamentale della nostra Costituzione che presuppone la Sovranità nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure legislative al fine di chiarire che sono nulle le procedure di gara avviate dalle amministrazioni comunali prima del 31 dicembre 2018, esonerando quindi le stesse dall'obbligo di avviare le procedure di selezione pubblica entro la medesima data.
9/4304/38Allasia, Saltamartini, Guidesi, Invernizzi, Simonetti, Abrignani, Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    dall'esame del provvedimento in oggetto si evidenzia la mancanza di misure a favore della categoria degli agenti e dei rappresentanti del commercio che costituisco una fetta importante del settore commerciale del nostro Paese;
    la legge di stabilità per il 2016, legge n. 208 del 2015, ha introdotto un super-ammortamento del 140 per cento per l'acquisto di beni strumentali all'esercizio dell'attività, a decorrere dal 15 ottobre 2015 e per tutto il 2016;
    anche gli agenti e i rappresentanti del commercio hanno potuto beneficiare di tale super-ammortamento per l'anno 2016, ma a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017, la categoria è stata espressamente esclusa dal godimento di tale beneficio;
    a decorrere dall'anno 2017 gli agenti e i rappresentanti di commercio potranno quindi dedurre dal reddito soltanto il 20 per cento delle spese sostenute per l'acquisto di un'autovettura, nel limite di euro 25.822,84 più iva, ai sensi dell'articolo 164 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative normative al fine di reintrodurre, per l'anno 2017, la possibilità per gli agenti e i rappresentanti del commercio di godere del super-ammortamento per l'acquisto del 140 per cento di beni strumentali all'esercizio della loro attività.
9/4304/39Busin, Simonetti, Fedriga, Allasia, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    dall'esame del provvedimento in oggetto si evidenzia la mancanza di misure a favore della categoria degli agenti e dei rappresentanti del commercio che costituisco una fetta importante del settore commerciale del nostro Paese;
    la legge di stabilità per il 2016, legge n. 208 del 2015, ha introdotto un super-ammortamento del 140 per cento per l'acquisto di beni strumentali all'esercizio dell'attività, a decorrere dal 15 ottobre 2015 e per tutto il 2016;
    anche gli agenti e i rappresentanti del commercio hanno potuto beneficiare di tale super-ammortamento per l'anno 2016, ma a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017, la categoria è stata espressamente esclusa dal godimento di tale beneficio;
    a decorrere dall'anno 2017 gli agenti e i rappresentanti di commercio potranno quindi dedurre dal reddito soltanto il 20 per cento delle spese sostenute per l'acquisto di un'autovettura, nel limite di euro 25.822,84 più iva, ai sensi dell'articolo 164 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative normative, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, al fine di reintrodurre, per l'anno 2017, la possibilità per gli agenti e i rappresentanti del commercio di godere del super-ammortamento per l'acquisto del 140 per cento di beni strumentali all'esercizio della loro attività.
9/4304/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin, Simonetti, Fedriga, Allasia, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 12, prevede la proroga fino alla data di subentro nella gestione del nuovo concessionario, e comunque non oltre un anno, ossia fino al 31 dicembre 2017, delle sanzioni relative al SISTRI, facendo continuare il regime sperimentale di tale sistema elettronico di tracciabilità di rifiuti, ad eccezione delle sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI e del pagamento del contributo per l'iscrizione stessa, che vengono ridotti al 50 per cento fino alla medesima data;
    considerato che non sembra assolutamente chiara la nuova regolamentazione del SISTRI né l'effettiva entrata in vigore del nuovo sistema, anche tenendo conto della serie di proroghe che fino ad oggi sono susseguite,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative dirette alla sospensione dell'obbligo di iscrizione per le imprese e del pagamento del relativo contributo di iscrizione, fino alla data di subentro nella gestione del SISTRI del nuovo concessionario e all'effettiva entrata in vigore del nuovo sistema.
9/4304/40Bossi, Grimoldi, Castiello, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 9 comma 3, prevede un nuovo slittamento, fino al 31 dicembre 2017, del termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti finalizzato ad impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente;
    con tale decreto, che dovrà essere emanato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata, dovrebbero altresì definirsi gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi;
    il termine originario per l'emanazione del decreto, fissato al 25 maggio 2010 dall'articolo 2, comma 3 del decreto-legge n. 40 del 2010 è stato già prorogato dieci volte, lasciando così aperta la possibilità a multinazionali del trasporto con autovetture private di agire sul suolo nazionale in una condizione di sostanziale abusivismo;
    ad oggi, svolgono un servizio di trasporto passeggeri sul territorio nazionale tre tipologie di autisti: 1) i tassisti, che svolgono un servizio pubblico, autorizzati da una regolare licenza, hanno obblighi di garanzia del servizio offerto e hanno tariffe regolamentate, 2) gli autisti NCC, che svolgono un servizio a prenotazione senza obbligo di garanzia, ma soggetti alle regole del mercato e in possesso di un'autorizzazione del Comune per poter esercitare; 3) persone senza titolo, spesso studenti o disoccupati, che si improvvisano autisti e offrono il servizio di trasporto sulla propria vettura dietro compenso;
    le problematiche relative al caso Uber, più volte oggetto di approfondimenti da parte del Governo e dei Tribunali, devono essere chiarite in maniera definitiva ed esaustiva e non possono essere oggetto di continue proroghe innanzi tutto per garantire la sicurezza dei viaggiatori (stime ufficiose parlano di oltre mezzo milione di clienti) e, in secondo luogo, per evitare il verificarsi di frodi fiscali;
    con un emendamento al citato comma 3 dell'articolo 9, approvato al Senato, si prevede inoltre la sospensione dell'efficacia delle disposizioni che limitano i servizi di noleggio con conducente (Ncc), rimandando l'applicazione del divieto di sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia esercito il servizio di taxi e rimandando quindi una serie di obblighi, fra cui quello di tornare alla rimessa alla fine di ogni corsa;
    il provvedimento in esame, nei fatti, proroga un sistema di incertezza e di vuoti normativi, rimandando per l'ennesima volta un intervento serio finalizzato a mettere ordine tra le offerte alternative al servizio di taxi,

impegna il Governo

nelle more dell'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, a prevedere disposizioni di carattere normativo, anche attraverso la decretazione d'urgenza, per stabilire il divieto di qualsiasi tipologia di servizio retribuito di trasporto passeggeri con autovetture private a chiunque sia sprovvisto di regolare licenza.
9/4304/41Saltamartini, Allasia, Simonetti, Guidesi, Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    è ancora cospicuo il numero dei partecipanti al concorso per l'arruolamento di 814 Vigili del Fuoco bandito con Decreto del Ministro dell'interno n. 5140 del 6 novembre 2008, dichiarati idonei non vincitori nella graduatoria pubblicata nel decreto ministeriale n. 88 del 14 luglio 2010, rettificata il 5 ottobre successivo, che ancora non sono stati incorporati;
    tra gli idonei non vincitori del concorso denominato 814 vi sono anche numerosi Vigili del Fuoco volontari o discontinui, che non hanno bisogno di addestramento per essere incorporati a titolo definitivo come Vigili permanenti;
    l'Amministrazione degli Interni ha in programma lo svolgimento di un nuovo concorso, questa volta per il reclutamento di 250 Vigili del Fuoco;
    gli idonei del concorso 814, ormai non più giovanissimi, temono che lo svolgimento di questo nuovo concorso possa pregiudicare definitivamente le loro aspirazioni in un'età in cui l'accesso a professioni alternative è quanto meno impervio,

impegna il Governo:

  a prorogare la validità della graduatoria del concorso per 814 Vigili del Fuoco, pubblicata nel decreto ministeriale n. 88 del 14 luglio 2010 e rettificata il 5 ottobre successivo, fino al completo assorbimento degli idonei non vincitori;
  a privilegiare, nell'eventualità di interventi di stabilizzazione in favore dei Vigili del Fuoco discontinui o volontari, coloro che sono risultati idonei non vincitori al concorso 814;
  a non considerare in ogni caso lo svolgimento del nuovo concorso per il reclutamento di 250 Vigili del Fuoco come causa estintiva della validità della graduatoria del concorso 814.
9/4304/42Molteni, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 reca la proroga di termini relativi a interventi emergenziali;
    con riferimento agli eventi sismici del 2012 che hanno colpito in particolar modo la Regione Emilia Romagna, l'articolo 11, commi da 7 a 7-quater, del decreto-legge n. 174 del 2012 ha previsto finanziamenti agevolati, assistiti dalla garanzia dello Stato, in favore di soggetti colpiti dal sisma, da utilizzare per il versamento dei tributi e contributi precedentemente sospesi per il periodo di emergenza; la norma prevede il rimborso del finanziamento dal beneficiario entro due anni a decorrere dal 30 giugno 2013, senza la corresponsione degli interessi che restano a carico dello Stato e riconosciuti ai soggetti finanziatori sotto forma di credito d'imposta fruibile in compensazione;
    tale disposizione è stata oggetto di numerosi interventi di proroga;
    da ultimo, l'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, ha differito dal 30 giugno 2016 al 31 ottobre 2016 il pagamento della prima rata relativa ai finanziamenti agevolati contratti dai soggetti colpiti dal sisma del 2012 e al 30 giugno e 31 dicembre di ciascun anno le rate successive, fino al 30 giugno 2020;
    il perdurare delle attività di ricostruzione posterremoto nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2012, rendono indispensabile un'ulteriore proroga per il rimborso dei finanziamenti da parte dei beneficiari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative dirette ad un ulteriore differimento del termine per il rimborso, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, dei finanziamenti concessi ai fini del pagamento dei tributi, contributi e assicurazioni obbligatorie precedentemente sospesi.
9/4304/43Castiello, Gianluca Pini, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 24 agosto 2016 i comuni delle regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo sono continuamente e duramente colpiti da un diffuso ed anomalo sciame sismico che sta minando la vita delle persone e delle famiglie mettendole a durissima prova sia sotto l'aspetto psicologico che sulle condizioni di vita e di lavoro. A questo si sono aggiunti nuovi eventi sismici ed eccezionali fenomeni metereologici che nella seconda decade del mese di gennaio hanno colpito i suddetti territori; a seguito di questi ultimi fenomeni ci sono circa tremila aziende agricole e stalle sepolte dalla neve nonché nuovi crolli;
    l'articolo 14 del presente decreto-legge prevede alcune proroghe relativamente a sospensioni dei termini per una serie di adempimenti a favore dei soggetti, persone fisiche e imprese, localizzate nei comuni di cui agli allegati 1 e 2 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 (cosiddetto decreto-legge sisma);
    in particolare, il comma 6, proroga al 31 dicembre 2017 il termine di sospensione dei pagamenti nei comuni colpiti dal sisma del sisma del 24 agosto 2016 e dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 delle rate dei mutui e finanziamenti di qualsiasi genere e dei canoni di locazione finanziaria aventi ad oggetto edifici distrutti o divenuti inagibili o beni immobili o mobili strumentali ad attività imprenditoriali, commerciali, artigianali, agricole o professionali;
    il comma 10, dell'articolo 48 del suddetto decreto-legge n. 189 del 2016 prevede la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari, mentre il comma 13, dello stesso articolo 48, prevede la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria;
    esistono, tuttavia, zone nei territori delle regioni interessate dal sisma che non sono ricomprese nel cratere sismico di cui agli allegati 1 e 2 del decreto-legge n. 189 del 2016 ma che, al tempo stesso, hanno subito danni in misure rilevante dagli eccezionali eventi metereologici del gennaio 2017 e sulle quali non sembra sia stato adottato alcun provvedimento,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, disposizioni che prevedano la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria nonché la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari, nei confronti degli agricoltori residenti e alle aziende agricole e zootecniche aventi sede legale o operativa nei comuni colpiti dagli eventi sismici del 18 gennaio 2017 e dagli eccezionali fenomeni metereologici che nella seconda decade del mese di gennaio hanno colpito i territori di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.
9/4304/44Gianluca Pini, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 comma 3, del provvedimento in oggetto riserva una quota delle risorse di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183 al sostegno dello spettacolo dal vivo destinando, nello specifico, una quota non superiore a 4 milioni di euro a favore delle attività culturali nei territori delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, da distribuirsi secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    a seguito degli eventi sismici succedutisi a far data dall'agosto 2016, numerosi sono stati i contraccolpi per le attività dello spettacolo dal vivo, nelle regioni interessate, con la chiusura di teatri e la sospensione di numerose attività già programmate, che rappresentano un elemento identitario importante per le comunità e le aree coinvolte, oltre che un fattore di sviluppo turistico ed economico indispensabile;
    in particolare, i soggetti dello spettacolo dal vivo già accreditati e riconosciuti dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo rischiano di subire i contraccolpi più gravosi rispetto alle programmazioni già avviate e proprio per questo le loro attività necessitano in modo significativo del sostegno delle misure e delle risorse previste nel citato articolo 11, comma 3;
    le evidenziate problematiche devono essere valutate nella definizione dei criteri e delle modalità di assegnazione previste nel decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo da adottarsi ai sensi dell'articolo 11, comma 3,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che le risorse previste dall'articolo 11 comma 3, del decreto in esame, siano ridistribuite proporzionalmente all'entità e alla percentuale di danno subito dalle 4 regioni interessate, tenendo conto dei limiti percentuali indicati all'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Commissario straordinario per la ricostruzione n. 6 del 28 novembre 2016 e privilegiando, in particolare, le attività compiute dai soggetti dello spettacolo dal vivo già riconosciuti e accreditati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
9/4304/45Manzi, Morani, Marchetti, Lodolini, Carrescia, Luciano Agostini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    che il «disegno di legge di Conversione, con modificazioni del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» all'articolo 1 comma 2 recita «Alla legge 28 luglio 2016, n. 154 sono apportate le seguenti modificazioni: all'articolo 15, comma 1, le parole: «entro dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «entro diciotto mesi»;
    che l'articolo 15 comma 1 della legge n. 154 del 2016 reca «Delega al Governo per il riordino degli enti, società e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per il riassetto del settore ippico e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e la revisione della disciplina della riproduzione animale “e nel merito della delega precisa”... b) riconoscimento del principio per il quale l'iscrizione ai libri genealogici e ai registri anagrafici costituisce elemento fondamentale per l'individuazione della razza e per la certificazione d'origine; c) riconoscimento del principio della unicità e multifunzionalità del dato raccolto per la tenuta del libro genealogico o del registro anagrafico e definizione, con provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, delle modalità di accesso da parte di terzi; d) riconoscimento del principio per il quale la gestione dei libri genealogici e dei registri anagrafici è necessario strumento della conservazione della biodiversità animale e della valorizzazione delle razze autoctone»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nella gestione di tale delega, di uniformare la gestione della anagrafe della specie equina alla gestioni delle altre specie animali (bovini ecc.) presso il Ministero della salute, anche valutando la possibilità della revisione del Manuale Operativo della Anagrafe Equini, al fine di addivenire ad una semplificazione e informatizzazione di tutta la gestione, delle comunicazioni e dei cambiamenti di proprietà.
9/4304/46Taricco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    che il «disegno di legge di Conversione, con modificazioni del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative» all'articolo 1 comma 2 recita «Alla legge 28 luglio 2016, n. 154 sono apportate le seguenti modificazioni: all'articolo 15, comma 1, le parole: «entro dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «entro diciotto mesi»;
    che l'articolo 15 comma 1 della legge n. 154 del 2016 reca «Delega al Governo per il riordino degli enti, società e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per il riassetto del settore ippico e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e la revisione della disciplina della riproduzione animale “e nel merito della delega precisa”... b) riconoscimento del principio per il quale l'iscrizione ai libri genealogici e ai registri anagrafici costituisce elemento fondamentale per l'individuazione della razza e per la certificazione d'origine; c) riconoscimento del principio della unicità e multifunzionalità del dato raccolto per la tenuta del libro genealogico o del registro anagrafico e definizione, con provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, delle modalità di accesso da parte di terzi; d) riconoscimento del principio per il quale la gestione dei libri genealogici e dei registri anagrafici è necessario strumento della conservazione della biodiversità animale e della valorizzazione delle razze autoctone»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, se conforme ai princìpi di delega, nella gestione di tale delega, di uniformare la gestione della anagrafe della specie equina alla gestioni delle altre specie animali (bovini ecc.) presso il Ministero della salute, anche valutando la possibilità della revisione del Manuale Operativo della Anagrafe Equini, al fine di addivenire ad una semplificazione e informatizzazione di tutta la gestione, delle comunicazioni e dei cambiamenti di proprietà.
9/4304/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Taricco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la stampa generalista e su molti aspetti anche gli esponenti del Governo, sono concentrati quasi esclusivamente sull'immagine, pur importante, delle specialità alimentari e della tradizione gastronomica locale, dimenticando però che senza una struttura agraria moderna ed efficiente lo stesso Made il Italy rischia di diventare un concetto sempre più astratto e privo di riscontri di mercato;
    anche il provvedimento in esame all'articolo 13, commi 6-duodecies e 6-terdecies, interviene in materia di prodotti agricoli e alimentari a denominazione protetta;
    l'analisi ISMEA sulla redditività nel settore primario ha dato atto dei sacrifici che da tempo i contoterzisti italiani stanno facendo al file di contribuire in maniera significativa al contenimento dei prezzi di produzione delle aziende agricole;
    il 2016 si è chiuso, per il terzo anno consecutivo, con una riduzione dei costi di produzione a carico di queste ultime, dovuta in misura significativa all'abbassamento dei costi complessivi delle prestazioni agromeccaniche, stimato nell'ordine del 2 per cento;
    quanto sopra richiede costanti investimenti in tecnologia e questo potrebbe essere favorito dall'inclusione degli agromeccanici tra i beneficiari delle provvidenze contenute nei PSR, scelta che avrebbe positive ricadute nel mondo agricolo favorendo la competitività di tutto il settore primario;
    pur apprezzando che qualche passo sia stato fitto, per esempio offrendo la possibilità di usufruire delle misure legate al super e iper ammortamento, strumenti di sicuro interesse come contributo indiretto alle imprese che investono in tecnologia e innovazione, sarebbe opportuno che la categoria degli agromeccanici ne possa ufficialmente usufruire, per le macchine e le attrezzature agricole a più alto contenuto tecnologico;
    tra le questioni che si dovrebbero affrontare tempestivamente al file di contenere le attuali difficoltà che il mondo agricolo e agromeccanico stanno vivendo, rientra senz'altro l'irrigidimento della normativa antincendio per gli imprenditori in possesso di cisterne e serbatoi di gasolio con capienza superiore a 6 m e, per i quali ove non fòsse possibile ripristinare i precedenti 9 m e, sarebbe quanto meno opportuno prorogare di almeno un biennio, l'obbligo di presentazione della SCIA;
    stessa problematica vale anche per quanto riguarda gli obblighi relativamente alle rimesse ed ai depositi aventi superficie superiore ai 300 mq.;
    un esonero da questi adempimenti troppo onerosi e generalmente poco utili considerata la localizzazione dette aziende in aree rurali e scarsamente abitate, eviterebbe alle aziende di spendere delle di migliaia di euro per adeguare gli impianti senza un effettivo beneficio in termini di produttività;
    non minore importanza riveste la possibilità di utilizzo del gasolio ad aliquota agevolata da parte dei contoterzisti anche per le lavorazioni effettuate per Aziende Agricole non iscritte alla CCIAA;
    un capitolo a parte meriterebbe la situazione dei giovani imprenditori agromeccanici che pur dimostrando una propensione media verso gli investimenti marcatamente superiore rispetto alle altre giovani leve del settore primario, si trovano attualmente esclusi da qualsiasi riferimento di legge volto a creare condizioni adeguate per lo sviluppo di nuove imprese;
    per questa ragione di fondo, il Coordinamento Agromeccanici Italiani sostiene da tempo la necessità di creare una cornice legale minima che incentivi l'insediamento dei giovani imprenditori agromeccanici al pari degli altri giovani protagonisti del mondo agricolo in linea con le conclusioni della Conferenza di Cork 2.0, dalla quale sono emersi nuovi scenari di indirizzo per le politiche rurali europee che ci inviano a cercare di innescare ripercussioni importanti e positive nei differenti contesti nazionali e locali,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa affinché, anche attraverso la collaborazione delle associazioni di riferimento della categoria degli agromeccanici si contribuisca, integrando le disposizioni in materia di agricoltura richiamate in premessa, al processo di costruzione di un'agricoltura competitiva ed orientata alla piena soddisfazione delle richieste contenute nelle direttive Europee.
9/4304/47Catanoso, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    da oltre 15 anni vigono forti vincoli alla crescita della spesa del personale pubblico, fondati anche sul parziale blocco del turn over;
    la spending review attuata negli ultimi anni a causa della grave crisi economica che sta attraversando il Paese ha impedito il turn over e ha imposto il blocco delle assunzioni per tutto il personale della Pubblica Amministrazione;
    i commi 227 e 228 della legge della legge 28 dicembre 2015, n. 208 intervengono sulla disciplina delle facoltà assunzionali delle pubbliche amministrazioni, rimodulando, in primo luogo, le limitazioni al turn over per specifiche amministrazioni, le quali, per il triennio 2016-2018, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente;
    le suddette amministrazioni sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici (compresi gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001) e gli enti di ricerca la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente (ad esclusione dei ricercatori e tecnologi, per i quali restano invariate le percentuali fissate dal decreto-legge 90/2014);
    per il personale dirigenziale il turn over per il 2016 è stato assicurato (al netto delle posizioni rese indisponibili) nei limiti delle capacità assunzionali;
    resta invece escluso il personale in regime di diritto pubblico;
    per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata disposta la possibilità di procedere, per il triennio 2016-2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente, di fatto allineando tale percentuale a quella prevista, in via generale, per il personale delle amministrazioni pubbliche. In relazione a ciò, sono state comunque confermate le percentuali stabilite dalla normativa vigente (80 per cento per il biennio 2016-2017 e 100 per cento dal 2018), ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 90/2014, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali;
    è stata infine esclusa la possibilità (per il biennio 2017-2018), per gli enti «virtuosi», di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente;
    la Corte dei Conti, già nel «Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica» affermava: «Esaurita la fase più severa della crisi economica – al cui superamento hanno in parte contribuito anche le misure di contenimento della spesa per il personale pubblico – occorre, riprendere il percorso di definizione di una ordinaria politica di personale in grado di intervenire sulla debolezze e sulle criticità di sistema, in parte acuite da un approccio fortemente condizionato dalle esigenze di rispettare i vincoli di bilancio». La Corte spiega che: «Il dimensionamento del personale va affrontato, a regime, superando l'approccio in termini di tagli lineari, attraverso una attenta valutazione dell'effettivo fabbisogno di attività amministrativa al centro e soprattutto sul territorio e la conseguente necessità di disporre di professionalità specifiche anche in relazione alla auspicata ripresa di investimenti in nuove tecnologie»,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di tipo normativo, finalizzata ad elevare le percentuali del turn over, partendo da almeno il 75 per cento per il 2017, al 90 per cento per il 2018 e al 100 per cento a decorrere dal 2019.
9/4304/48Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    i firmatari del presente atto stigmatizzano il ricorso annuale ad un provvedimento d'urgenza con la quale il Governo dispone proroghe in ordine all'efficacia di norme superate o la loro inibizione, nonché di atti, i più disparati, non compiuti nei termini dalle pubbliche amministrazioni;
    il provvedimento dispone l'estensione da 4 a 7 anni del mandato dei componenti della c.d. COVIP – Commissione di vigilanza sui fondi pensione – norma, tra l'altro, non può assumersi quale proroga, bensì un intervento ordinamentale introdotto all'uopo in un provvedimento d'urgenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa al fine di adottare tempestivamente, in provvedimenti consoni, le iniziative, anche normative, al fine di sopprimere la norma indicata in premessa.

9/4304/49Dadone, Dieni, Cozzolino, Cecconi, Nuti, Toninelli, D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    i firmatari del presente atto stigmatizzano il ricorso annuale ad un provvedimento d'urgenza con la quale il Governo dispone proroghe in ordine all'efficacia di norme superate o la loro inibizione, nonché di atti, i più disparati, non compiuti nei termini dalle pubbliche amministrazioni;
    nel provvedimento è disposto, introdotta in corso d'esame, la proroga dei termini per il deposito dei rendiconti dei partiti politici relativi agli anni 2013, 2014 e 2015;
    in proposito, non è peregrino ricordare che oggi è il 22 Febbraio 2017;
    balza agli occhi il diverso, e per certi versi discriminante, trattamento riservato alle persone fisiche e giuridiche contribuenti, per così dire «ordinarie», in ordine agli adempimenti ai quali sono chiamati e alle sanzioni giustamente previste,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare tempestivamente iniziative, anche normative, finalizzate alla soppressione della proroga indicata in premessa.

9/4304/50Cozzolino, Dieni, Cecconi, Nuti, Toninelli, D'Ambrosio, Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    i firmatari del presente atto stigmatizzano il ricorso annuale ad un provvedimento d'urgenza con la quale il Governo dispone proroghe in ordine all'efficacia di norme superate o la loro inibizione, nonché di atti, i più disparati, non compiuti nei termini dalle pubbliche amministrazioni;
    il provvedimento dispone la proroga, di un anno, del termine dell'adozione del decreto di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, che prevede urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia, nonché la sospensione dell'efficacia disposta dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 relativa all'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in materia di regolamentazione del noleggio con conducente,

impegna il Governo

ad adempiere immediatamente in ordine ai provvedimenti di sua competenza indicati in premessa, valutando l'opportunità di estinguere con largo anticipo il periodo di proroga che il provvedimento consente.

9/4304/51Dieni, Dadone, Cozzolino, Cecconi, Nuti, Toninelli, D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge in corso di conversione, dispone la proroga di termini in materia ambientale;
    al riguardo, si evidenzia che la situazione ambientale e sanitaria della Provincia di Brescia richiede un intervento straordinario e non più procrastinabile;
    la devastazione ambientale che si è prodotta nel corso dei decenni nella provincia di Brescia non ha riscontri a livello nazionale;
    la provincia di Brescia è una delle realtà di più antica industrializzazione ed è la terza a livello europeo per intensità di imprese industriali che vi operano. Per questa ragione, ha subito più di qualsiasi altro territorio le conseguenze dei grandi ritardi con cui il nostro Paese ha adottato norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni Settanta del secolo scorso;
    le varie fonti istituzionali certificano che circa 60 milioni di metri cubi di rifiuti di ogni tipo, speciali pericolosi e non pericolosi, urbani, cosiddetti «inerti», compresi rifiuti radioattivi, sono stati collocati in circa 172 discariche, tra quelle legali e formalmente a norma, «abusive» e «fantasma»: una mole che corrisponde a circa sei volte le quantità che si stimano siano state sversate nell'area della Terra dei fuochi. Quantità consistenti di questi rifiuti sono state interrate, prima della normativa del 1982, quindi senza alcuna precauzione di confinamento delle scorie ed in parte riemergono durante la costruzione di infrastrutture come la BreBeMi o la Tav;
    nel 2014, ultimo dato validato disponibile, sono stati trattati nel Bresciano quasi 5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, di cui 1,9 milioni interrati in discarica. Dal 2012 al 2014 circa il 70 per cento di tutti i rifiuti speciali tumulati in discarica nella Regione Lombardia, che vale per un terzo del Paese, hanno trovato posto in discariche bresciane, tendenza tuttora in corso ed esasperata dalla continua richiesta di apertura di nuove discariche;
    inoltre a Brescia si trova il Sin Caffaro, che comprende, oltre al sito industriale, una porzione della città, pari a circa 670 ettari con circa 25.000 abitanti, inquinata da PCB e diossine, cancerogeni certi per l'uomo, ed altre sostanze tossiche, a livelli che non hanno riscontri in Italia e non solo. Dopo 15 anni dalla scoperta dell'inquinamento il sito deve ancora essere interamente perimetrato e manca a tutt'oggi di un piano generale di bonifica, essendo stata avviata recentemente una preprogettazione solo per il sito industriale, ignorando del tutto il territorio esterno e i cittadini esposti alla contaminazione;
    secondo il Terzo rapporto dello Studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, Brescia è la città con la maggior incidenza dei tumori rispetto alla media del Nord Italia, in particolare: per tutti i tumori maligni +10 per cento negli uomini e +14 per cento nelle donne; per melanomi della cute +27 per cento uomini e +19 per cento donne; per linfomi non-Hodgkin +14 per cento uomini e +25 per cento donne; per tumori della mammella +25 per cento donne;
    la grave situazione ambientale non poteva non essere attenzionata anche dalla Magistratura, che negli ultimi tempi è spesso intervenuta, come si rileva anche dalla relazione del procuratore generale di Brescia, Pierluigi Maria dell'Osso, del 28 gennaio 2017, che in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ha dedicato ampio spazio alla tematica ambientale denunciando testualmente: «Lo smaltimento illecito dei rifiuti è un'emergenza che vede il territorio (bresciano) come punto di riferimento nazionale»;
    tenuto conto del Piano straordinario di bonifica delle discariche abusive di cui all'articolo 1, comma 113, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

impegna il Governo

a differire al 31 dicembre 2017 la messa in esercizio di tutti gli impianti di discarica, adibiti a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, nonché degli impianti di trattamento dei rifiuti, localizzati nel territorio della provincia di Brescia, non ancora funzionanti ancorché in possesso della relativa autorizzazione alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
9/4304/52Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013-bis» ha disposto l'abrogazione, decorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, delle norme che escludono l'applicazione, per il personale delle aree dirigenziali degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, della disciplina generale relativa al riposo giornaliero e, per il solo personale del ruolo sanitario del SSN, di quella in materia di durata media massima dell'orario di lavoro settimanale (rispettivamente, articoli 7 e 4 del decreto legislativo n. 66 del 2003), conseguentemente il medesimo articolo 14 ha previsto la conseguente abrogazione anche delle disposizioni contrattuali;
    il succitato articolo 14 prevede inoltre che per fare fronte alle esigenze derivanti dalle abrogazioni citate, le regioni garantiscono la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari e l'ottimale funzionamento delle strutture, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili, attuando a tal fine appositi processi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari;
    al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, il succitato articolo 14 prevede altresì che i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso;
    la nuova regolamentazione sulla durata del riposo minimo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale conseguente all'abrogazione citata è connessa alla procedura di infrazione n. 2011/4185 aperta dalla Commissione europea;
    con una lettera al governo italiano, la Commissione Europea ha ripreso l'Italia sull'applicazione dell'orario di lavoro e chiesto alle autorità italiane «di essere informata sull'attuazione della direttiva nel settore sanitario in tutto il territorio italiano»; in particolare la Commissione Europea, nella lettera inviata all'Italia, chiede informazioni relativamente al rapporto tra riposi, guardie e reperibilità, alla durata massima settimanale dell'orario di lavoro e al periodo di riferimento in cui effettuare il calcolo medio, alla modalità di calcolo delle ore di lavoro prestate in libera professione a favore dell'Azienda sanitaria;
    secondo la Fems (la Federazione dei medici europei) e l'Anaao Assomed dopo le numerose segnalazioni di medici e dirigenti sanitari, il nostro Paese, «fatica ad adeguare l'orario di lavoro alla normativa europea, emergendo in modo eclatante come i modelli di organizzazione in varie realtà ospedaliere disattendano l'applicazione della legge n. 161 del 30 ottobre 2014, entrata in vigore dal 25 novembre 2015, sulla durata del riposo minimo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale»;
    secondo l'Anaao Assomed «servono almeno seimila medici per coprire le carenze di dotazione organica che attualmente impediscono una corretta applicazione della normativa europea e senza un confronto in sede contrattuale, come previsto dall'articolo 14 comma 3 della legge n. 161 del 2014, per disciplinare le eventuali deroghe al riposo giornaliero, il rischio che il procedimento di infrazione venga riavviato è elevatissimo. Non solo, di fronte ad una diffusa e persistente disapplicazione della normativa europea in materia di organizzazione del lavoro, sarà inevitabile aprire il contenzioso anche presso le Direzioni territoriali del lavoro»;
    si ricorda che proprio per garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di articolazione dell'orario di lavoro, il comma 541 della legge di stabilità 2016, lettera b) ha disposto che, entro il 29 febbraio 2016, le regioni e le province autonome, definiscano un piano concernente il fabbisogno di personale, contenente l'esposizione delle modalità organizzative del personale, tale da garantire il rispetto delle norme vigenti (che hanno recepito quelle dell'Unione europea) in materia di articolazione dell'orario di lavoro, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili;
    il movimento 5 stelle, già durante l'esame della legge di stabilità 2016, ritenendo inconsistente l'impegno puramente formale dell'esecutivo, che non aveva stanziato un solo euro, aveva proposto una copertura da 300 milioni di euro per l'assunzione di 3mila medici e 3mila infermieri, su tutto il territorio nazionale; ovviamente la proposta non è stata presa in considerazione;
    con circolare del 25 febbraio 2016 il Ministero della salute forniva alle Regioni le indicazioni operative per dare attuazione ai commi 541, lettera b), 542 e 543 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (stabilità 2016) e le invitava a trasmettere attraverso il sistema documentale SiVeAS ed entro il 29 febbraio 2016, nel rispetto della cornice finanziaria programmata e delle disposizioni vigenti in materia del costo del personale, il piano di definizione del fabbisogno del personale di cui al citato comma 541, lettera b), dando evidenza del fabbisogno di personale necessario all'applicazione della legge n. 161 del 2014, con particolare riferimento alle aree dell'emergenza urgenza e della terapia intensiva, e del fabbisogno di personale correlato alla riorganizzazione della rete ospedaliera e di emergenza urgenza effettuata ai sensi del decreto ministeriale n. 70/2015;
    con la medesima circolare si invitava altresì le Regioni a trasmettere, attraverso il sistema documentale SiVeAS ed entro i medesimi termini succitati, informazioni, anche negative, circa l'eventuale ricorso alle forme di lavoro flessibili anche se già attivato, rammentando che l'eventuale ricorso alle predette forme flessibili deve essere comunicato «tempestivamente» con il medesimo canale di trasmissione, ma la scadenza del 29 febbraio 2016 è stata totalmente disattesa;
    le informazioni richiesta dalla circolare del Ministero della salute erano ritenute necessarie per poter dare attuazione al comma 543 della legge di stabilità 2016, relativo cioè ai concorsi per procedere a nuove assunzioni – di cui il 50 per cento dei posti riservabile a personale già in servizio;
    la legge di bilancio 2017, al comma 409, nell'ambito del finanziamento del SSN istituisce un fondo di 75 milioni di euro per il 2017 e di 150 milioni dal 2018 per l'assunzione e stabilizzazione del personale sanitario da realizzarsi nel rispetto dell'articolo 1, commi 541 e 543 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016);
    la legge di bilancio 2017, oltre a stanziare risorse insufficienti per i processi di assunzione e stabilizzazione, reitera la necessità che le regioni procedano alla preliminare definizione e trasmissione del fabbisogno di personale sanitario che già doveva essere trasmesso entro febbraio 2016, come richiesto con la succitata circolare del Ministero della salute, e certifica la grave mancata attuazione, da ben oltre un anno, dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014 (attuativa della legge europea) che, entrata in vigore nel novembre 2015, reca disposizioni attuative sull'organizzazione del lavoro del personale ospedaliero;
    le misure finanziarie citate non rispondono dunque all'emergenziale e non più sostenibile carenza di personale sanitario, cronicizzata dal blocco del turnover e dai tagli arrecati al SSN in quest'ultimo decennio, in particolare sul personale sanitario, con gravissima compromissione dei livelli essenziali di assistenza che, invece, questo governo vanta oltremodo di avere implementato;
    il Ministro della salute, nella seduta del 28 settembre 2016 della Camera dei deputati, in risposta all'interrogazione n. 3-02508 a firma della deputata Dalila Nesci del gruppo M5S e volta ad avere riscontro sui fabbisogni succitati, ha riferito dell'esistenza di un gruppo di lavoro che si sarebbe riunito il 29 settembre 2016 per la definizione di una metodologia di valutazione dei fabbisogni del personale sanitario comunicati dalle regioni, metodologia che un tavolo esponenziale della comunità medica-ospedaliera ha già ritenuto palesemente inadeguata dal punto di vista tecnico e scientifico;
    gli interroganti hanno avanzato richiesta di accesso agli atti al Ministero della salute per avere la documentazione inerente il gruppo di lavoro succitato, il cui esito negativo è stato motivato dalla possibilità per i deputati interroganti di avvalersi degli atti di sindacato ispettivo che, per tale ragione sono stati reiteratamente presentati ma con un nulla di fatto;
    l'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini proroga di un anno il termine per il calcolo del fabbisogno e per l'effettuazione dei concorsi per il personale del SSN a fronte dell'entrata in vigore dell'orario di lavoro europeo e proroga anche il termine per la stipula dei nuovi contratti flessibili. In particolare slittano di 12 mesi le scadenze previste per indire le procedure concorsuali (31 dicembre 2017) e concluderle (31 dicembre 2018) e la possibilità di contrarre nuovi contratti flessibili nel Ssn (fino al 31 ottobre 2017);
    la disposizione interviene quindi sul comma 543 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), relativo ai termini entro i quali gli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN) possono rispettivamente indire e concludere le procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, necessario a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali emerse in relazione alle valutazioni operate nel piano di fabbisogno del personale, nonché alla possibilità per i predetti enti di stipulare nuovi contratti di lavoro flessibile;
    secondo la relazione che accompagna il provvedimento, la proroga si rende necessaria in quanto i competenti tavoli tecnici non hanno ancora ricevuto da tutte le regioni e province autonome i provvedimenti definitivi di programmazione della rete ospedaliera e dell'emergenza-urgenza in attuazione del decreto ministeriale n. 70 del 2015 e i piani di fabbisogno di personale previsti dal comma 541 dell'articolo 1 della citata legge n. 208 del 2015;
    pertanto, la relazione tecnica al succitato provvedimento riferisce che non è stato possibile procedere alle valutazioni di cui al medesimo comma 541, in relazione alle quali gli enti del Servizio sanitario nazionale avrebbero potuto indire (entro il 31 dicembre 2016) e concludere (entro il 31 dicembre 2017) le apposite procedure concorsuali straordinarie e, stimando che i lavori dei competenti tavoli tecnici possano concludersi nei prossimi sei mesi, si ritiene quindi necessario modificare i suddetti termini di un anno, sia in relazione alla possibilità per gli enti del SSN di indire e svolgere le suddette procedure concorsuali straordinarie, sia in relazione alla possibilità di utilizzare, nelle more, contratti di lavoro flessibile;
    è evidente che questa proroga si manifesta come l'ennesimo rinvio di un impegno che non è più rinviabile tenuto conto che in realtà risulta che allo stato attuale tutte le regioni hanno inviato il fabbisogno sul personale sanitario,

impegna il Governo

a rendere pubblici entro gli ulteriori tempi previsti dalla proroga, sul sito istituzionale del Ministero della salute i dati del fabbisogno di personale sanitario trasmessi dalle Regioni che saranno quindi autorizzate ad indire e concludere, senza alcun indugio, le procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, necessario a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali emerse in relazione alle valutazioni operate nel piano di fabbisogno del personale, nonché alla possibilità per i predetti enti di stipulare nuovi contratti di lavoro flessibile, così da rendersi garante della sicurezza delle cure e della continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, della corretta applicazione della normativa europea nonché rispondere adeguatamente ai moniti della Commissione Europea.
9/4304/53Nesci, Grillo, Lorefice, Di Vita, Mantero, Colonnese, Silvia Giordano, Baroni, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del decreto-legge 24 giugno 2016 n. 113 recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio prevede, nelle more di una revisione del «sistema di Governo» del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016, una serie di misure per procedere al ripiano della spesa farmaceutica che come noto, negli anni 2013, 2014 e 2015, ha superato i limiti di spesa previsti dalle norme vigenti;
    in particolare il comma 2 del succitato articolo 21 ha disposto che entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge 113 del 2016, le aziende farmaceutiche corrispondano una quota di acconto, pari al 90 per cento per gli anni 2013 e 2014 ed all'80 per cento per il 2015, rispetto al totale da esse dovuto;
    in sostanza, con il provvedimento succitato, s'intendeva porre fine ad un contenzioso andato avanti per anni e riguardante i calcoli sul ripiano a carico delle aziende farmaceutiche per lo sforamento dei tetti della farmaceutica territoriale ed ospedaliera, e si autorizzava l'Aifa a pubblicare «l'elenco contenente gli importi dovuti a titolo di ripiano degli eventuali sfondamenti dei tetti di spesa farmaceutica per gli anni 2013, 2014 e 2015 e, nel caso di mancata istanza di rettifica dei dati forniti dall'Aifa da parte delle aziende farmaceutiche e della filiera distributiva, di fatto le aziende medesime avrebbero beneficiato di uno sconto; la misura è stata fortemente contestata dal M5S che ha ritenuto questa disposizione un vero e proprio regalo alle imprese farmaceutiche;
    con il decreto-legge 113 del 2016 il Governo ha continuato a tamponare la grave situazione che esso stesso aveva creato non rispondendo alle reiterate richieste del M5S sulla necessità di ripensare, invece e con urgenza, la governance dell'Aifa e del settore farmaceutico che, come dimostra anche il decreto all'esame, è stata fallimentare;
    tale disastrosa gestione è stata stigmatizzata anche dalle diverse bocciature del Tar del Lazio e di fatto l'AIFA, nonostante il tanto tempo trascorso, non è stata in grado di determinare con esattezza gli importi che le industrie del farmaco devono versare alle aziende sanitarie e, proprio per tali ragioni, il M5S temeva che la disposizione di cui all'articolo 21 del decreto-legge n. 113 del 2016 «enti locali» non sarebbe riuscita a risolvere il contenzioso in essere con le aziende farmaceutiche;
    il M5S avrebbe infatti auspicato che per la risoluzione del contenzioso in essere con le aziende farmaceutiche seguisse altre logiche e fosse contestuale ad una riforma della governance dell'Aifa e del settore farmaceutico, ciò perché si ritiene che la causa dello sforamento del tetto della spesa farmaceutica abbia la sua origine anche e soprattutto in una governance non trasparente del settore e dell'autorità preposta;
    a riguardo si ricorda che l'articolo 48 del decreto-legge 326 del 2003 disciplina il procedimento di nomina del direttore generale prevedendo che sia nominato con decreto del Ministero della salute, sentita la Conferenza Stato/Regioni, mantenendo quindi un livello di discrezionalità inaccettabile tenuto conto dei diversi intendimenti del Governo riguardo la dirigenza pubblica affinché sia garantita l'imparzialità delle nomine;
    è auspicabile invece che il direttore generale non sia nominato discrezionalmente ma tramite un concorso pubblico per titoli ed esami secondo analoghe procedure introdotte nello schema di decreto attuativo della cosiddetta delega Madia (legge n. 124 del 2015) che con riguardo alla nomina dei direttori generali delle strutture del servizio sanitario nazionale, prevede una commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, designati pariteticamente dallo Stato e dalle regioni;
    tenuto altresì conto che sia la Commissione consultiva tecnico-scientifica e sia il Comitato prezzi e rimborso hanno un ruolo determinante nell'immissione in commercio dei farmaci e nella definizione del prezzo sia in relazione alle valutazioni tecnico-scientifiche per la definizione del valore terapeutico dei medicinali e ai fini del rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio, nonché sulle sperimentazioni cliniche e sulle risultanze delle attività di farmacovigilanza e sia in relazione all'attività negoziale connessa alla rimborsabilità dei farmaci, ed è auspicabile quindi dare a tali importanti organismi una rappresentanza più diffusa e qualificata;
    l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini, che con il provvedimento all'esame s'intende convertire in legge, differisce al 31 dicembre 2017 il termine entro cui deve essere adottata una revisione del «sistema di governo» del settore farmaceutico;
    la relazione tecnica al provvedimento all'esame, confermando tutte le nostre perplessità come sopra illustrate, evidenzia che tale proroga si rende necessaria in quanto l'obiettivo non potrà essere raggiunto nel previsto termine di legge (31 dicembre 2016) a causa dell'ingente contenzioso che è stato presentato dalle aziende farmaceutiche avverso la manovra contenuta nell'articolo 21 del decreto-legge n. 113 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 2016, che ha comportato l'impossibilità di avviare le attività normative finalizzate alla predisposizione della nuova governance in materia di spesa farmaceutica,

impegna il Governo:

   affinché nell'ambito della revisione del «sistema di Governo» del settore farmaceutico, da compiersi, come previsto nel provvedimento all'esame, entro il 31 dicembre 2017, il direttore generale dell'AIFA sia nominato previo concorso pubblico per titoli ed esami e previa costituzione di una commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza designati pariteticamente dallo Stato e dalle regioni;
   nell'ambito della revisione del «sistema di Governo» del settore farmaceutico, a prevedere che tra i componenti di diritto della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi figuri anche il Direttore del Centro nazionale per la ricerca e la valutazione preclinica e clinica dei farmaci dell'Istituto Superiore di Sanità, mentre per i restanti componenti sia effettuata una selezione pubblica per titoli ed esami, con comprovata e documentata competenza tecnico-scientifica nel settore dei farmaci, mediante una commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza nel settore della valutazione dei farmaci nonché nella metodologia di determinazione del prezzo dei farmaci.

9/4304/54Grillo, Nesci, Lorefice, Di Vita, Mantero, Colonnese, Silvia Giordano, Baroni, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 7 dispone il differimento (dal 1o gennaio 2017) al 1o gennaio 2020 dell'applicazione di alcuni divieti in materia di procedure di sperimentazione sugli animali a fini scientifici;
    in particolare, il termine, già modificato, previsto al comma 1 dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 26 del 24 marzo 2014 (che ha attuato la direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici), implicava l'attesa del 1o gennaio 2017 per l'applicazione dei divieti su alcune procedure di sperimentazione che prevedono l'impiego di animali per ricerche, in particolare, sui trapianti di uno o più organi effettuati tra animali di specie diverse e sulle sostanze ed d'abuso, per lo sviluppo ad esempio di nuove terapie per la tossicodipendenza;
    in proposito, si ricorda che risulta già avviata dalla Commissione europea una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (2016/2013) per violazione del diritto dell'Unione relativa alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, dovuta anche a segnalazioni degli enti di ricerca nazionali che lamentano condizioni eccessivamente restrittive rispetto a quelle esistenti in materia negli altri Stati membri;
    il decreto n. 26 attuativo della direttiva, peraltro, affida al Ministero della salute il compito di effettuare un monitoraggio sulla effettiva disponibilità di metodi alternativi avvalendosi degli Istituti zooprofilattici sperimentali della Lombardia e dell'Emilia-Romagna;
    di tale monitoraggio, che doveva appunto condursi sull'esistenza di metodi alternativi, semmai effettuato, non se ne conoscono i risultati;
    la sperimentazione animale pone un interrogativo importante: da una parte si deve tutelare la vita dell'animale, che, in quanto essere senziente e dotato di un livello di cognizione, non può essere trattato come un mero oggetto inanimato, dall'altra è necessario tutelare il diritto alla salute e del cittadino, la sicurezza clinica nella sperimentazione, la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo sanciti dalla nostra Costituzione;
    pertanto appare indispensabile incentivare lo sviluppo e la disponibilità di metodi alternativi rispetto all'impiego di animali nelle sperimentazioni,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi – anche con interventi a carattere normativo – affinché sia limitata o comunque non sia ulteriormente estesa la proroga dei termini descritta in premessa;
   entro gli ulteriori tempi previsti dalla proroga, a rispettare la indispensabile esigenza di monitorare e promuovere, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, così come recepite a livello nazionale, iniziative volte a informare e diffondere le metodologie alternative alla sperimentazione animale.

9/4304/55Mantero, Lorefice, Grillo, Di Vita, Colonnese, Silvia Giordano, Nesci, Baroni, Dall'Osso, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 7 dispone il differimento (dal 1o gennaio 2017) al 1o gennaio 2020 dell'applicazione di alcuni divieti in materia di procedure di sperimentazione sugli animali a fini scientifici;
   in particolare, il termine, già modificato, previsto al comma 1 dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 26 del 24 marzo 2014 (che ha attuato la direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici), implicava l'attesa del 1o gennaio 2017 per l'applicazione dei divieti su alcune procedure di sperimentazione che prevedono l'impiego di animali per ricerche, in particolare, sui trapianti di uno o più organi effettuati tra animali di specie diverse e sulle sostanze ed d'abuso, per lo sviluppo ad esempio di nuove terapie per la tossicodipendenza;
    in proposito, si ricorda che risulta già avviata dalla Commissione europea una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (2016/2013) per violazione del diritto dell'Unione relativa alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, dovuta anche a segnalazioni degli enti di ricerca nazionali che lamentano condizioni eccessivamente restrittive rispetto a quelle esistenti in materia negli altri Stati membri;
    il decreto n. 26 attuativo della direttiva, peraltro, affida al Ministero della salute il compito di effettuare un monitoraggio sulla effettiva disponibilità di metodi alternativi avvalendosi degli Istituti zooprofilattici sperimentali della Lombardia e dell'Emilia-Romagna;
    di tale monitoraggio, che doveva appunto condursi sull'esistenza di metodi alternativi, semmai effettuato, non se ne conoscono i risultati;
    la sperimentazione animale pone un interrogativo importante: da una parte si deve tutelare la vita dell'animale, che, in quanto essere senziente e dotato di un livello di cognizione, non può essere trattato come un mero oggetto inanimato, dall'altra è necessario tutelare il diritto alla salute e del cittadino, la sicurezza clinica nella sperimentazione, la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo sanciti dalla nostra Costituzione;
    pertanto appare indispensabile incentivare lo sviluppo e la disponibilità di metodi alternativi rispetto all'impiego di animali nelle sperimentazioni,

impegna il Governo

entro gli ulteriori tempi previsti dalla proroga, a rispettare la indispensabile esigenza di monitorare e promuovere, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, così come recepite a livello nazionale, iniziative volte a informare e diffondere le metodologie alternative alla sperimentazione animale.

9/4304/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Mantero, Lorefice, Grillo, Di Vita, Colonnese, Silvia Giordano, Nesci, Baroni, Dall'Osso, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 commi 5-bis e 5-ter proroga di un ulteriore anno il mandato della rappresentanza militare e rinvia conseguentemente l'elezione per il rinnovo dei delegati del personale delle Forze Armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare;
    tale proroga era già avvenuta nel 2016 per cui il mandato dell'attuale rappresentanza è stato prorogato per il 50 per cento in più rispetto al periodo di mandato previsto dalla legge;
    il personale delle Forze Armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare ha il diritto di scegliersi la propria Rappresentanza Militare e i delegati uscenti possono per legge concorrere per un secondo mandato consecutivo sottoponendosi però al giudizio della propria base elettorale;
    la proroga stabilita dalla presente legge prevede che l'elezione per le Rappresentanze militari si tengano entro il 15 luglio 2018 mentre le procedure per le presentazioni delle candidature avranno avvio al 30 maggio 2018 ovvero in periodo in cui sarà operativa la nuova legislatura parlamentare,

impegna il Governo

a non prorogare più ed ulteriormente il periodo del mandato della Rappresentanza Militare oltre la data del 2018 stabilita dal presente decreto.
9/4304/56Corda, Basilio, Rizzo, Frusone, Tofalo, Paolo Bernini, Pili, Artini, Cristian Iannuzzi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 commi 5-bis e 5-ter proroga di un ulteriore anno il mandato della rappresentanza militare e rinvia conseguentemente l'elezione per il rinnovo dei delegati del personale delle Forze Armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare;
    tale proroga era già avvenuta nel 2016 per cui il mandato dell'attuale rappresentanza è stato prorogato per il 50 per cento in più rispetto al periodo di mandato previsto dalla legge;
    il personale delle Forze Armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare ha il diritto di scegliersi la propria Rappresentanza Militare e i delegati uscenti possono per legge concorrere per un secondo mandato consecutivo sottoponendosi però al giudizio della propria base elettorale;
    la proroga stabilita dalla presente legge prevede che l'elezione per le Rappresentanze militari si tengano entro il 15 luglio 2018 mentre le procedure per le presentazioni delle candidature avranno avvio al 30 maggio 2018 ovvero in periodo in cui sarà operativa la nuova legislatura parlamentare,

impegna il Governo

a non prorogare ulteriormente il periodo del mandato della Rappresentanza Militare oltre la data del 2018 stabilita dal presente decreto.
9/4304/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Corda, Basilio, Rizzo, Frusone, Tofalo, Paolo Bernini, Pili, Artini, Cristian Iannuzzi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, all'articolo 9, prevede la proroga al 31 dicembre 2017 del termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti relativo alle disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente (NCC);
    il termine originario per l'adozione di questo decreto ministeriale era stato fissato al 25 maggio 2010 con l'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, su misure tributarie urgenti, che successivamente ha subito innumerevoli proroghe;
    nell'incontro del 21 febbraio 2017 richiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da una rappresentanza dei titolari di licenza taxi in stato di agitazione, il Ministro ha assicurato che provvederà ad emanare il citato decreto ministeriale entro i prossimi 30 giorni e che procederà a presentare una riforma complessiva del settore intervenendo sulla legge n. 21 del 1992;
    al fine di regolamentare puntualmente tale settore e risolvere le controversie nel rispetto delle istanze di ciascuna parte;

impegna il Governo

ad emanare il decreto summenzionato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e a presentare una proposta di riforma complessiva del settore nello stesso termine, dopo aver ascoltato e recepito le istanze dei rappresentati delle categorie interessate, in modo da superare eventuali criticità e risolvere i problemi legati, in particolare, all'abusivismo.
9/4304/57Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 2-bis, dispone, oltre alla proroga al 31 gennaio 2018 del termine entro il quale il Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo economico deve emanare un decreto per disciplinare gli interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, anche norme che disciplinano i servizi automobilistici regionali di competenza statale e le relative autorizzazioni;
    l'emendamento approvato al Senato precisa che a guidare un raggruppamento di imprese che svolgono i servizi bus su scala interregionale debbano essere «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada»;
    la norma di fatto si traduce in un provvedimento mirato a stroncare l'attività dei bus low cost, ovvero i nuovi servizi di trasporto interregionali a prezzo scontato portati in Italia da società come Megabus e FlixBus, e utilizzati da centinaia di migliaia di persone in alternativa a treni o aerei;
    così come scritta, la norma autorizza solo gli operatori del trasporto e non le piattaforme digitali ad operare le tratte interregionali,

impegna il Governo

a modificare con urgenza la normativa al fine di favorire una reale apertura del mercato e dunque la presenza di servizi low cost nel rispetto della sicurezza degli utenti della strada e nel rispetto di adeguate condizioni di lavoro.

9/4304/58Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto, Carinelli, Paolo Nicolò Romano, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 2-bis, dispone, oltre alla proroga al 31 gennaio 2018 del termine entro il quale il Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo economico deve emanare un decreto per disciplinare gli interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, anche norme che disciplinano i servizi automobilistici regionali di competenza statale e le relative autorizzazioni;
    l'emendamento approvato al Senato precisa che a guidare un raggruppamento di imprese che svolgono i servizi bus su scala interregionale debbano essere «operatori economici la cui attività principale è il trasporto di passeggeri su strada»;
    la norma di fatto si traduce in un provvedimento mirato a stroncare l'attività dei bus low cost, ovvero i nuovi servizi di trasporto interregionali a prezzo scontato portati in Italia da società come Megabus e FlixBus, e utilizzati da centinaia di migliaia di persone in alternativa a treni o aerei;
    così come scritta, la norma autorizza solo gli operatori del trasporto e non le piattaforme digitali ad operare le tratte interregionali,

impegna il Governo

ad adottare ogni atto normativo utile, anche attraverso il disegno di legge per il mercato e la concorrenza, per rimuovere ogni ostacolo alla piena attività di soggetti già attivi sul mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale.

9/4304/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Spessotto, Carinelli, Paolo Nicolò Romano, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    come ripetutamente segnalato con precedenti atti il personale di cui al decreto ministeriale n. 66 del 2001, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (personale con funzioni ATA), versa da tempo in condizioni di incertezza, dal momento che, pur svolgendo rilevanti funzioni nell'ambito, dell'amministrazione pubblica, non è stato ancora inquadrato nei ruoli nell'ambito di un definito e certo percorso di stabilizzazione. Questo personale è divenuto ormai sostanzialmente insostituibile, avendo maturato nel settore della pubblica istruzione una rilevante esperienza, attraverso lo svolgimento continuativo di funzioni ATA connesse alle attività scolastiche. La questione in oggetto, coinvolge 900 unità sull'intero territorio nazionale;
    questi lavoratori hanno denunciato la loro perpetrata esclusione dal sistema di reclutamento del personale scolastico secondo le procedure previste dal Testo unico n. 297 del 94 da più di un decennio;
    alla luce di questa condizione si conviene che il sistema di reclutamento dell'amministrazione scolastica già di per sé dispone l'accesso alle graduatorie permanenti, quindi ai ruoli, tenendo conto anche della tipologia contrattuale atipica riconoscendone esplicitamente il servizio prestato;
    a questo punto si conviene che le disposizioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che si sono succedute negli anni, sono state volte a sbarrare la via d'accesso ai ruoli ai Co.Co.Co. Scuola decreto ministeriale n. 66 del 2001 generando una vergognosa disparità di trattamento nei confronti di chi svolge la propria prestazione lavorativa nella scuola statale con funzione e mansione ATA e con contingente di posti in organico accantonato come da decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 2009 articolo 4, comma 5,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative, anche normative, necessarie a superare la disparità di trattamento in atto, sbloccando il contingente di posti di organico accantonati e assegnando i suddetti posti tramite lo scorrimento delle relative graduatorie provinciali, previo inserimento, a domanda, del personale di cui al decreto ministeriale n. 66 del 2001 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, impiegato con funzioni di assistenti tecnici ed amministrativi.
9/4304/59Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di disposizioni in materia di pubblica amministrazione;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014 recante «Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni prevede all'articolo 17 l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di adeguare i propri sistemi di gestione informatica dei documenti;
    sono trascorsi oltre dieci anni dall'emanazione del Codice dell'Amministrazione digitale, ma la digitalizzazione della Pubblica amministrazione riveste, oggi più che mai, un'importanza cruciale e strategica al fine del rilancio della competitività del nostro Paese;
    sotto il profilo delle competenze e della cultura digitale, è indispensabile prevedere strategie di alfabetizzazione digitale, sviluppare le competenze digitali, anche all'interno delle amministrazioni pubbliche, e garantire la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche,

impegna il Governo

a disporre la sospensione dell'efficacia del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014 per un tempo congruo all'emanazione di nuove regole tecniche pienamente conformi alle disposizioni del Codice, al fine di garantire l'aggiornamento delle regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici.
9/4304/60Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la proroga fino al 31 dicembre 2018 del termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore a tale data, «al fine di allineare le scadenze delle concessioni e garantire omogeneità di gestione nelle procedure di assegnazione sull'intero territorio nazionale»;
    tale previsione normativa comporta, in pratica, lo slittamento alla fine del 2018 delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 59 del 2010 di recepimento della direttiva Bolkestein per le licenze dei venditori ambulanti che, secondo le nuove norme europee, dovrebbero essere rimesse nuovamente a bando;
    le misure contenute nella legge di attuazione italiana prevedono infatti che le autorizzazioni alla vendita su aree pubbliche, dovranno essere riassegnate, una volta scadute, secondo procedure di selezione pubbliche cui potranno partecipare anche le società di capitali e le cooperative, e nelle quali non potrà essere riconosciuto alcun titolo preferenziale agli attuali detentori delle autorizzazioni;
    su 27 Paesi dell'Unione europea, solo Spagna e Italia avrebbero recepito la direttiva;
    la proroga di fine anno prevista dal decreto in esame rischia di creare incertezze nell'operatività e confusione, rendendo il settore complessivamente più fragile;
    una questione così delicata, che coinvolge migliaia di operatori, necessita invece di essere affrontata con concretezza e capacità di governo al fine, in particolare, di salvaguardare le peculiarità del commercio ambulante e la tutela i suoi operatori, contemperando i «diritti acquisiti» con l'esigenza di creare un sistema di regole più chiaro ed efficiente;

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare al 2020 l'applicazione del decreto legislativo n. 59 del 2010 e sospendere i bandi già emanati dai Comuni al fine di assicurare unità di trattamento, di procedure e di tempistiche su tutto il territorio nazionale;
   a convocare un tavolo tecnico con i rappresentanti di tutti i soggetti istituzionali ed associativi coinvolti, per affrontare la problematica, valutando l'opportunità di escludere la categoria degli ambulanti dal perimetro di applicazione della direttiva Bolkestein, così come previsto da altri Paesi dell'Unione europea.
9/4304/61Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Murgia, Nastri, Petrenga, Rampelli, Rizzetto, Taglialatela, Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga al 31 dicembre 2017 il termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti finalizzato ad impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente;
    tale decreto ministeriale dovrebbe definire anche «gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi»: dal divieto di sosta in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia esercitato il servizio di Taxi, all'obbligo di prenotazione «presso la rimessa», all'applicazione delle relative sanzioni, compreso il ritiro della licenza;
    il termine originario per l'emanazione del decreto, fissato al 25 maggio 2010 dall'articolo 2, comma 3 del decreto-legge n. 40 del 2010, è stato già prorogato dieci volte;
    il servizio di trasporto è un'attività professionale regolamentata da leggi, che richiedono requisiti ben precisi, a tutela della sicurezza dei passeggeri e dei consumatori;
    tale previsione normativa, se approvata, rischia di concedere il via libera a una serie di azioni abusive nel settore del trasporto persone, mettendo altresì a rischio migliaia di posti di lavoro e in difficoltà migliaia di famiglie,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente una disciplina regolatoria degli emergenti servizi di autotrasporto di persone non di linea, quali NCC o servizi offerti su piattaforme tecnologiche che offrono servizi di intermediazione su richiesta, prevedendo l'introduzione di obblighi specifici attinenti sia alle piattaforme, che ai requisiti del conducente, che alla qualità ed alla sicurezza del servizio.

9/4304/62Rampelli, Brunetta, Fedriga, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sull'articolo 22 della legge di riforma della professione forense n. 247 del 2012, prorogando di un anno la disciplina transitoria che consente l'iscrizione all'albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori in base ai requisiti previsti prima della riforma forense;
    la nuova normativa pone una clausola di salvaguardia per chi ha maturato i requisiti con la vecchia normativa entro lo scadere dei tre anni dall'emanazione della legge (2 febbraio 2016), prorogata di un anno dal decreto «mille proroghe» 2015/2016;
    il professionista che maturerà i requisiti richiesti dalla normativa previgente il giorno dopo lo scadere della sua vigenza risulta fortemente penalizzato, atteso che, non rientrandovi per un giorno o per sei mesi, sarà costretto, suo malgrado, ad affrontare ancora una volta un'altra prova del lungo cammino che caratterizza la professione forense, consistente in una preselezione, in una partecipazione ad un corso di tre mesi, con un esborso economico non indifferente e in un esame finale;
    in tema di riforma forense, le nuove modalità di svolgimento dell'esame di abilitazione alla professione sono state rinviate con il decreto mille proroghe approvato dalla Camera dei deputati in data 29 febbraio 2015, per cui appare assolutamente sperequativo il trattamento tra chi deve ancora accedere alla professione legale e chi ha già alle spalle due lustri e oltre di esercizio;
    pur condividendo la necessità di una categoria di avvocati cassazionisti esperti e qualificati, appare necessario inserire dei correttivi che non penalizzino oltremodo gli avvocati quarantenni che si accingono oggi all'accesso al patrocinio delle giurisdizioni superiori, già fortemente provati dalla crisi economica che ha colpito il nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare la coesistenza dei due regimi fino al 2020, così da consentire, a chi oggi ha maturato, o maturerà nel frattempo, l'anzianità professionale, di accedervi senza vedere svanita la prospettiva di farlo, lasciando alla discrezionalità del soggetto, per l'arco di tempo indicato, la volontà di utilizzare il preesistente o il nuovo regime.
9/4304/63Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    coloro che fino alla entrata in vigore della legge n. 247 del 2012 si trovavano già iscritti in un albo ordinario e che nel corso degli anni avevano svolto la propria attività professionale avevano consapevolezza e certezza che alla maturazione del 12o anno di esercizio della stessa sarebbero entrati in possesso dei requisiti per l'iscrizione all'albo speciale Cassazionisti;
    la modifica dei criteri a seguito della variazione dei criteri introdotta dalla suddetta legge ha di fatto determinato una palese forma di ingiustizia;
    sarebbe pertanto opportuna una revisione della attuale disciplina ripristinando i criteri della normativa previgente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una modifica della normativa di cui alla legge n. 247 del 2012 ristabilendo quanto previsto dalla previgente normativa per quanto concerne l'iscrizione all'albo speciale dei cassazionisti in favore di tutti coloro che risultavano iscritti ad un albo ordinario alla data di entrata in vigore della richiamata legge.
9/4304/64Fanucci.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 26 gennaio 2017 l'Inps ha emanato una circolare concernente la declinazione delle nuove disposizioni in materia di salvaguardia pensionistica, la c.d. ottava salvaguardia per esodati;
    l'articolo 1, dal comma 214 al comma 218, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, reca disposizioni in materia di salvaguardia pensionistica;
    tali commi individuano sia le categorie di lavoratori per le quali continuano ad applicarsi i requisiti di accesso nonché il regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, ed anche le modalità di gestione delle operazioni di monitoraggio e le risorse stanziate per la salvaguardia in oggetto;
    ai sensi del comma 218 i benefici della salvaguardia sono riconosciuti nel limite di 30.700 soggetti, nel rispetto del contingente numerico stabilito dal comma 214 per ciascuna categoria di lavoratori, e nel limite massimo di 137 milioni di euro per l'anno 2017, 305 milioni di euro per l'anno 2018, 368 milioni di euro per l'anno 2019, 333 milioni di euro per l'anno 2020, 261 milioni di euro per l'anno 2021, 171 milioni di euro per l'anno 2022, 72 milioni di euro per l'anno 2023, 21 milioni di euro per l'anno 2024, 9 milioni di euro per l'anno 2025 e 3 milioni di euro per l'anno 2026;
    tuttavia tra le categorie dei lavoratori potenzialmente interessati manca il riferimento esplicito alla platea dei lavoratori in mobilità in deroga;
    nelle altre circolari Inps in riferimento alle precedenti salvaguardie il riferimento esplicito vi era;
    l'ottava salvaguardia nasce per chiudere definitivamente il capitolo degli esodati dando garanzie e una prospettiva di approdo alla pensione a chi si trova tuttora in un limbo determinato dal cambio dei requisiti di accesso;
    poiché il prossimo 2 marzo scadono le domande per la richiesta di poter beneficiare delle disposizioni in oggetto per l'ottava salvaguardia;
    l'assenza del riferimento alla «mobilità in deroga» sta determinando incertezza e preoccupazione tra numerosi lavoratori,

impegna il Governo

a verificare tale assenza nelle disposizioni interpretative nonché ad attivarsi con l'Inps in tempi rapidi, considerata la scadenza ravvicinata per la presentazione delle domande, al fine di chiarire suddetto punto e a valutare l'opportunità di una proroga dei termini per la presentazione delle domande per il beneficio dell'ottava salvaguardia affinché possano essere ricompresi anche i lavoratori in mobilità in deroga.
9/4304/65Burtone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 ai commi 1 e 2 del presente decreto-legge differisce al 31 dicembre 2017 il termine entro il quale deve essere adottata una revisione del «sistema di Governo» del settore farmaceutico e della relativa remunerazione della filiera distributiva;
    tale revisione è stata inizialmente prevista dal decreto-legge n. 95 del 2012, convertito nella legge n. 135 del 2012 (spending review) ed aveva lo scopo di riformare il sistema conseguendo risparmi, utili soprattutto in questa fase per far fronte alle esigenze crescenti di ulteriori finanziamenti al sistema sanitario nazionale;
    risulta pertanto incomprensibile come non ci sia stata la necessaria sollecitudine per attuare la norma predetta dal 2012 ad oggi,

impegna il Governo

a dare attuazione immediata alla precitata norma contenuta nel decreto sulla « spending review» al fine di poter conseguire i risultati attesi di risparmio nella spesa farmaceutica, scongiurando il rischio di ulteriori proroghe oltre quella prevista dal presente decreto-legge.
9/4304/66Miotto, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, reca disposizione di proroga di termini in materia di istruzione, università e ricerca;
    nonostante svariati interventi normativi permangono ancora situazioni di contenzioso connesse, in particolare, al concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 56 del 3 luglio 2011 che generano incertezza sull'esito e sulle ripercussioni di sentenze,

impegna il Governo

al fine di garantire la continuità delle funzioni dirigenziali e di limitare il ricorso all'istituto della reggenza nelle istituzioni scolastiche, in attesa dell'emanazione del regolamento recante la disciplina per il reclutamento dei dirigenti scolastici, ai sensi dell'articolo 1, comma 217, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a valutare l'opportunità di promuovere interventi tesi a dare risposte al contenzioso ancora in corso.
9/4304/67Albanella, Michele Bordo, Antezza, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    con riferimento alla legge di stabilità dello scorso anno, in particolare al comma 543 dell'articolo 1, e all'entrata in vigore dell'orario di lavoro europeo, il decreto attualmente all'esame proroga di un anno il calcolo del fabbisogno del personale del servizio sanitario nazionale per l'effettuazione dei concorsi e proroga la stipula di nuovi contratti flessibili. Concretamente afferma che si debbano concludere entro il 31 dicembre 2018, e non entro il 31 dicembre 2017, le procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale infermieristico necessario;
    il provvedimento afferma anche che nell'ambito delle medesime procedure concorsuali, gli enti del servizio sanitario nazionale possono riservare i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale medico, tecnico-professionale e infermieristico in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, che abbiano maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativi negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile con i medesimi enti;
    evidentemente il legislatore intende prestare particolare attenzione a due fattori di continuità: quella della relazione medico-infermiere-paziente, garantendo a ciascuno di loro quella stabilità che consente di ottimizzare la qualità della collaborazione nel loro rapporto reciproco; e la continuità all'interno del più complesso sistema aziendale, permettendo ai professionisti che nell'arco di 5 anni hanno lavorato nella stessa struttura, di continuare la propria attività in una logica di efficientamento delle risorse disponibili, dei modelli organizzativo-gestionali e delle dinamiche lavorative caratteristiche di ogni azienda. Si tratta di una misura che non può superare il 50 per cento dei posti disponibili;
    alla continuità come fattore di rilevante interesse andrebbe però affiancata e valorizzata anche la possibilità che i candidati abbiano maturato esperienze di particolare interesse in contesti ad alto livello innovativo, sia sul piano dei modelli assistenziali, che sul piano della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie di health assessment. Solo in questo modo infatti diventa possibile creare nelle aree cliniche e diagnostiche quel mix di competenze capaci di produrre i mutamenti tecnico-scientifici e organizzativo-gestionali, necessari per migliorare la qualità dell'assistenza alla luce delle migliori best practices,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nelle more dei prossimi concorsi, prorogati fino al dicembre 2018, di segnalare alle diverse strutture del servizio sanitario nazionale la possibilità di assumere con misure flessibili personale medico, infermieristico, o comunque facente parte delle professioni sanitarie, con un curriculum all'altezza dei nuovi standard operativi previsti dalle migliori strutture che operano nel campo della diagnosi e cura più avanzata, approfittando di questa circostanza prevista dal decreto in esame per una selezione che mantenga criteri di oggettività e si ispiri contestualmente al bisogno inderogabile di migliorare il livello complessivo delle prestazioni offerte dalla nostre strutture sanitarie.
9/4304/68Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 6 del provvedimento in esame dispone il differimento al 1o gennaio 2018 dell'applicazione alla RAI delle misure di contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti previste a legislazione vigente per le pubbliche amministrazioni;
    praticamente, questa deroga rinvia di un anno l'obbligo per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di rispettare i vincoli su appalti, acquisti e assunzioni cui sono soggetti gli enti pubblici, e quindi anche la Rai visto che da ottobre è stata inserita dall'Istat nel perimetro della pubblica amministrazione visto che i proventi dell'attività commerciale valgono meno del 50 per cento dei ricavi;
    se la Rai fosse trattata come una Pubblica Amministrazione a tutti gli effetti, dovrebbe poter assumere i propri dirigenti solo per concorso, effettuare acquisti solo attraverso la centrale Consip e rispettare il Codice dei contratti pubblici quando si affidano lavori e forniture o si compra un'opera audiovisiva. In altre parole, dovrebbe agire in modo completamente trasparente;
    i vertici aziendali avevano espresso preoccupazione per queste limitazioni, temendo la competitività nei confronti degli altri operatori televisivi (nonostante per l'anno 2017 le previsioni stimate di introiti derivanti dal canone Rai sono di circa 2 miliardi, superiori di circa 400 mila euro rispetto a pochi anni fa e gli incassi da pubblicità sono superiori ai 500 mila euro);
    la finalità dichiarata del differimento è quella di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale e societario attribuito alla Rai, come se un regime di contenimento dei costi che prevede limiti alla capacità di spesa annua (per autovetture, consulenze, studi, contratti) e riduzione dei costi per il personale, dovesse funzionare per tutte le amministrazioni pubbliche ma non può garantire il pieno ed efficace svolgimento del ruolo della Rai;
    la Rai (una società per azioni che esercita un'attività di servizio pubblico, interamente partecipata dallo Stato, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 per cento alla Siae) opera in concorrenza con le tv generaliste per scelte di programmazione, audience e vendita di contenuti, eppure per moltissimi anni ha sostenuto dei costi esagerati rispetto al suo principale competitor, soprattutto in relazione ai costi del personale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a procedere all'applicazione immediata delle disposizioni relative al contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti previste a legislazione vigente per le pubbliche amministrazioni, anche per la concessionaria del servizio pubblico, così come predisposto dall'Istat.
9/4304/69Attaguile, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 6 del provvedimento in esame dispone il differimento al 1o gennaio 2018 dell'applicazione alla RAI delle misure di contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti previste a legislazione vigente per le pubbliche amministrazioni;
    praticamente, questa deroga rinvia di un anno l'obbligo per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di rispettare i vincoli su appalti, acquisti e assunzioni cui sono soggetti gli enti pubblici, e quindi anche la Rai visto che da ottobre è stata inserita dall'Istat nel perimetro della pubblica amministrazione visto che i proventi dell'attività commerciale valgono meno del 50 per cento dei ricavi;
    se la Rai fosse trattata come una Pubblica Amministrazione a tutti gli effetti, dovrebbe poter assumere i propri dirigenti solo per concorso, effettuare acquisti solo attraverso la centrale Consip e rispettare il Codice dei contratti pubblici quando si affidano lavori e forniture o si compra un'opera audiovisiva. In altre parole, dovrebbe agire in modo completamente trasparente;
    i vertici aziendali avevano espresso preoccupazione per queste limitazioni, temendo la competitività nei confronti degli altri operatori televisivi (nonostante per l'anno 2017 le previsioni stimate di introiti derivanti dal canone Rai sono di circa 2 miliardi, superiori di circa 400 mila euro rispetto a pochi anni fa e gli incassi da pubblicità sono superiori ai 500 mila euro);
    la finalità dichiarata del differimento è quella di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale e societario attribuito alla Rai, come se un regime di contenimento dei costi che prevede limiti alla capacità di spesa annua (per autovetture, consulenze, studi, contratti) e riduzione dei costi per il personale, dovesse funzionare per tutte le amministrazioni pubbliche ma non può garantire il pieno ed efficace svolgimento del ruolo della Rai;
    la Rai (una società per azioni che esercita un'attività di servizio pubblico, interamente partecipata dallo Stato, le cui quote appartengono per il 99,56 per cento al Ministero dell'economia e delle finanze e per lo 0,44 per cento alla Siae) opera in concorrenza con le tv generaliste per scelte di programmazione, audience e vendita di contenuti, eppure per moltissimi anni ha sostenuto dei costi esagerati rispetto al suo principale competitor, soprattutto in relazione ai costi del personale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative.
9/4304/69. (Testo modificato nel corso della seduta) Attaguile, Invernizzi, Saltamartini, Guidesi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi tempi è emerso il grave problema relativo alla regolamentazione del trasporto pubblico non di linea che ha portato, come dalle cronache di questi giorni, a dure contestazioni da parte della categoria dei tassisti;
    tale situazione, ha messo in risalto una realtà, quella delle multinazionali private di trasporto pubblico non di linea, evidentemente non efficacemente normata, tanto che delle predette società l'utente e, lo stesso Stato, può sapere ben poco, rischiando di alimentare l'abusivismo nel settore;
    tali società, peraltro, utilizzano per il proprio servizio delle app tecnologiche di ultima generazione anch'esse, proprio perché legate al mondo di internet, incapaci di definire e certificare in modo chiaro l'autenticità di chi offre il predetto servizio;
    è evidente, pertanto, che vi sia la necessità di creare una normativa completa ed esaustiva rispetto alle predette figure, al fine di garantire la massima trasparenza nel settore del trasporto pubblico non di linea, attraverso un riordino della normativa già presente nella legge n. 21 del 1992 e attraverso una specifica normativa, relativa alle app tecnologiche utilizzate dalle società di cui sopra, che certifichi e garantisca l'autenticità di chi offre il servizio attraverso le stesse,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riordinare la materia delle società multinazionali di trasporto pubblico non di linea attraverso un intervento sulla normativa già presente nella legge n. 21 del 1992 e attraverso un apposito intervento normativo che miri a certificare correttamente l'autenticità dell'uso di app tecnologiche da parte delle predette società.
9/4304/70Minnucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi tempi è emerso il grave problema relativo alla regolamentazione del trasporto pubblico non di linea che ha portato, come dalle cronache di questi giorni, a dure contestazioni da parte della categoria dei tassisti;
    tale situazione, ha messo in risalto una realtà, quella delle multinazionali private di trasporto pubblico non di linea, evidentemente non efficacemente normata, tanto che delle predette società l'utente e, lo stesso Stato, può sapere ben poco, rischiando di alimentare l'abusivismo nel settore;
    tali società, peraltro, utilizzano per il proprio servizio delle app tecnologiche di ultima generazione anch'esse, proprio perché legate al mondo di internet, incapaci di definire e certificare in modo chiaro l'autenticità di chi offre il predetto servizio;
    è evidente, pertanto, che vi sia la necessità di creare una normativa completa ed esaustiva rispetto alle predette figure, al fine di garantire la massima trasparenza nel settore del trasporto pubblico non di linea, attraverso un riordino della normativa già presente nella legge n. 21 del 1992 e attraverso una specifica normativa, relativa alle app tecnologiche utilizzate dalle società di cui sopra, che certifichi e garantisca l'autenticità di chi offre il servizio attraverso le stesse,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riordinare la materia delle società multinazionali di trasporto pubblico non di linea attraverso un intervento sulla normativa già presente nella legge n. 21 del 1992 e attraverso un apposito intervento normativo.
9/4304/70. (Testo modificato nel corso della seduta) Minnucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 85 e 86, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» ha previsto che in attuazione del principio di salvaguardia ambientale e al fine di incentivare la sostituzione, mediante demolizione, dei veicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, di categoria «euro 0», «euro 1» o «euro 2» con veicoli nuovi, aventi classi di emissione non inferiore ad «euro 5», della medesima tipologia, fosse riconosciuto un contributo fino a un massimo di 8.000 euro per ciascun veicolo acquistato nel 2016 ed immatricolato entro il 31 marzo 2017, per una spesa massima di 5 milioni di euro per l'anno 2016;
    il citato articolo 1, comma 85 ha disposto altresì, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fossero definite le modalità di attuazione, comprese quelle per usufruire del credito d'imposta, le modalità di comunicazione delle spese effettuate ai fini della verifica della capienza dei fondi disponibili, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione;
    il decreto ministeriale è stato emanato il 16 novembre 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2017 e, pertanto, ha determinato una significativa contrazione dei termini entro cui è possibile usufruire dell'incentivo avendo piena conoscenza delle modalità applicative del medesimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2017 l'incentivo per la sostituzione, mediante demolizione, dei veicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con veicoli nuovi aventi classi di emissione non inferiore ad «euro 5».
9/4304/71Romanini, Arlotti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 85 e 86, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» ha previsto che in attuazione del principio di salvaguardia ambientale e al fine di incentivare la sostituzione, mediante demolizione, dei veicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, di categoria «euro 0», «euro 1» o «euro 2» con veicoli nuovi, aventi classi di emissione non inferiore ad «euro 5», della medesima tipologia, fosse riconosciuto un contributo fino a un massimo di 8.000 euro per ciascun veicolo acquistato nel 2016 ed immatricolato entro il 31 marzo 2017, per una spesa massima di 5 milioni di euro per l'anno 2016;
    il citato articolo 1, comma 85 ha disposto altresì, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fossero definite le modalità di attuazione, comprese quelle per usufruire del credito d'imposta, le modalità di comunicazione delle spese effettuate ai fini della verifica della capienza dei fondi disponibili, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione necessaria per il monitoraggio dell'agevolazione;
    il decreto ministeriale è stato emanato il 16 novembre 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2017 e, pertanto, ha determinato una significativa contrazione dei termini entro cui è possibile usufruire dell'incentivo avendo piena conoscenza delle modalità applicative del medesimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prorogare al 31 dicembre 2017 l'incentivo per la sostituzione, mediante demolizione, dei veicoli di cui all'articolo 54, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con veicoli nuovi aventi classi di emissione non inferiore ad «euro 5».
9/4304/71. (Testo modificato nel corso della seduta) Romanini, Arlotti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 recante «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» ha riformato la normativa sull'accesso agli ammortizzatori sociali;
    l'articolo 5, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha stabilito che la NASpI fosse corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata non fossero computati i periodi contributivi che avessero già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
    con l'introduzione del nuovo regime i lavoratori stagionali, in particolare quelli dei settori del turismo e del termalismo, non hanno più avuto la possibilità di integrare il proprio reddito per tutto l'anno in quanto la NASpI ha una durata inferiore rispetto a quanto previsto in precedenza;
    i commi 4 e 4-bis dell'articolo 43 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 hanno previsto, limitatamente agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1 maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 e nel corso del 2016 una specifica modalità di calcolo per il computo della durata del trattamento di integrazione salariale per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali con l'obiettivo, considerando la specificità di tali occupazioni stagionali, di aumentare la durata della prestazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere un intervento normativo che, a partire dagli eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno 2017, consenta di incrementare di almeno un mese la durata della NASpI per i lavoratori stagionali con particolare riferimento a quelli impiegati nei settori del turismo e degli stabilimenti termali.
9/4304/72Patrizia Maestri, Arlotti, Damiano, Gnecchi, Ginefra, Di Salvo, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Tinagli, Simoni, Zappulla, Tino Iannuzzi, Fanucci, Camani, Antezza, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 recante «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» ha riformato la normativa sull'accesso agli ammortizzatori sociali;
    l'articolo 5, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha stabilito che la NASpI fosse corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata non fossero computati i periodi contributivi che avessero già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
    con l'introduzione del nuovo regime i lavoratori stagionali, in particolare quelli dei settori del turismo e del termalismo, non hanno più avuto la possibilità di integrare il proprio reddito per tutto l'anno in quanto la NASpI ha una durata inferiore rispetto a quanto previsto in precedenza;
    i commi 4 e 4-bis dell'articolo 43 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 hanno previsto, limitatamente agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1 maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 e nel corso del 2016 una specifica modalità di calcolo per il computo della durata del trattamento di integrazione salariale per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali con l'obiettivo, considerando la specificità di tali occupazioni stagionali, di aumentare la durata della prestazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di promuovere un intervento normativo che, a partire dagli eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno 2017, consenta di incrementare di almeno un mese la durata della NASpI per i lavoratori stagionali con particolare riferimento a quelli impiegati nei settori del turismo e degli stabilimenti termali.
9/4304/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Patrizia Maestri, Arlotti, Damiano, Gnecchi, Ginefra, Di Salvo, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Tinagli, Simoni, Zappulla, Tino Iannuzzi, Fanucci, Camani, Antezza, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    come noto, dal 1o gennaio 2017, per effetto delle molteplici abrogazioni introdotte progressivamente prima con la legge «Fornero» e poi con i decreti legislativi attuativi del cosiddetto Jobs Act, si è determinata la soppressione degli ammortizzatori sociali in deroga e dell'indennità di mobilità, insieme alle agevolazioni all'assunzione ad essa connesse, nonché una riduzione della durata temporale degli ammortizzatori sociali ordinari;
    i dati sulla ripresa economica e produttiva del nostro paese ed i relativi andamenti dell'occupazione segnalano ancora elementi di criticità, seppure in un trend di lieve ripresa del prodotto interno lordo;
    ancora non risultano pienamente operativi gli strumenti di sostegno e orientamento dei lavoratori nella ricerca di nuova occupazione in caso di disoccupazione involontaria;
    è diffusa la preoccupazione che il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali non sia in grado di accompagnare compiutamente i lavoratori fuori dai periodi di perdita del lavoro,

impegna il Governo

a monitorare costantemente l'efficacia del nuovo sistema degli ammortizzatori sociali, anche al fine di predisporre eventuali interventi di proroga del regime di sostegno del reddito dei lavoratori in caso di disoccupazione involontaria o crisi aziendale, secondo la previgente disciplina.
9/4304/73Boccuzzi, Antezza, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    come noto, dal 1o gennaio 2017, per effetto delle molteplici abrogazioni introdotte progressivamente prima con la legge «Fornero» e poi con i decreti legislativi attuativi del cosiddetto Jobs Act, si è determinata la soppressione degli ammortizzatori sociali in deroga e dell'indennità di mobilità, insieme alle agevolazioni all'assunzione ad essa connesse, nonché una riduzione della durata temporale degli ammortizzatori sociali ordinari;
    i dati sulla ripresa economica e produttiva del nostro paese ed i relativi andamenti dell'occupazione segnalano ancora elementi di criticità, seppure in un trend di lieve ripresa del prodotto interno lordo;
    ancora non risultano pienamente operativi gli strumenti di sostegno e orientamento dei lavoratori nella ricerca di nuova occupazione in caso di disoccupazione involontaria;
    è diffusa la preoccupazione che il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali non sia in grado di accompagnare compiutamente i lavoratori fuori dai periodi di perdita del lavoro,

impegna il Governo

a monitorare costantemente l'efficacia del nuovo sistema degli ammortizzatori sociali, anche al fine di predisporre, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, eventuali interventi di proroga del regime di sostegno del reddito dei lavoratori in caso di disoccupazione involontaria o crisi aziendale, secondo la previgente disciplina.
9/4304/73. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccuzzi, Antezza, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, attraverso la «Buona Scuola», ha tentato di dare una soluzione definitiva e organica all'ingente e pluriennale contenzioso che ha investito le passate procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici del nostro Paese; purtroppo alcune criticità permangono. La situazione è particolarmente delicata, per le centinaia di ricorrenti che hanno partecipato al concorso del 2011; ricorrenti che sono stati infatti esclusi dall'ultimo provvedimento governativo;
    i ricorrenti aderenti al Comitato Nazionale afferenti al concorso per dirigente scolastico del 2011, dislocati in diverse regioni d'Italia (Lombardia, Campania, Puglia, Veneto, Umbria, Lazio, Sicilia, Sardegna, Toscana, Calabria, Abruzzo) sono circa 600 e, a seguito dell'entrata in vigore della legge 107 del luglio 2015, chiedono la tutela del diritto alla parità di trattamento. Essi si trovavano, infatti, in pendenza di contenzioso all'atto dell'entrata in vigore della legge n. 107 del 2015 e sono stati trattati in maniera differente, rispetto ai ricorrenti degli analoghi concorsi per dirigente scolastico del 2004 e del 2006 versanti nelle medesime condizioni (articolo 1, comma 88, lettera b, legge n. 107 del 2015), ai quali invece è stato concesso il diritto ad essere ammessi alle procedure previste al comma 87 dell'articolo 1 della medesima legge, consistenti nella frequenza di un corso intensivo di 80 ore e di una prova scritta al termine di tale percorso;
    tale riconoscimento consentirebbe, tra l'altro, un più certo raggiungimento del fine, espresso efficacemente al comma 87 dell'articolo 1 della medesima legge, di «tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico», in considerazione della sempre più grave situazione di scopertura dei numerosissimi posti di dirigente scolastico disponibili (circa 1500), per i quali il sistema scolastico nazionale è costretto a fare ricorso, ormai da diversi anni, all'istituto della reggenza,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di prorogare il termine di trenta giorni di cui al comma 87 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, ai fini dell'emanazione del decreto di cui al comma 88 dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con esclusivo riferimento ai candidati che avevano superato la prova preselettiva e avevano riportato una pronunzia favorevole almeno nel primo grado di giudizio oppure avevano superato la prova preselettiva e avevano un contenzioso in corso alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 107 del 2015 con riferimento al concorso per dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011;
   a valutare la possibilità di istituire un corso intensivo di formazione di 80 ore per i ricorrenti del concorso per dirigenti scolastici 2011, con relativa prova scritta finale;
   a valutare la possibilità di immettere coloro che supereranno la prova scritta finale nel ruolo di dirigente scolastico, con decorrenza 1o gennaio 2018, sui posti autorizzati dal decreto del Presidente della Repubblica del 19 agosto 2016, registrato alla Corte dei conti il 14 settembre 2016, reg. prev. n. 2543.
9/4304/74Cimbro, Carrescia, Meta, Amato, La Marca, Minnucci, Piccione, Mazzoli, Binetti, Ciracì, Bossa, Romanini, Albanella, Miotto, Rubinato, Pagano, Melilla, Venittelli, Zappulla, Mongiello, Rocchi, Russo, Giorgio Piccolo, Fitzgerald Nissoli, Rostellato, Iacono, Michele Bordo, Currò, Carnevali, D'Incecco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame ha disposto la proroga di diversi termini previsti dal decreto-legge n. 189 del 2017 relativi a imposte e pagamenti vari nei Comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito le regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo dal 24 agosto 2016 in poi;
    altre modifiche di termini sono state introdotte dal decreto-legge n. 8 del 2017;
    il comma 13 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 prevede la sospensione fino al 30 settembre 2017 degli adempimenti e dei versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l'assicurazione obbligatoria; per questi adempimenti e pagamenti lo stesso comma 13 prevede la possibilità di una rateizzazione fino a 18 mesi;
   al termine dei vari periodi di sospensione, tutti prossimi fra loro, i contribuenti e gli utenti dei servizi dei settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, rischiano di ritrovarsi a dover pagare imposte e fatture per somme complessivamente rilevanti;
    appare necessario coordinare le suindicate scadenze per evitare tale situazione come pure opportuno valutare la possibilità, con successivi atti, di aumentare considerevolmente la possibilità di rateizzazione sopra richiamata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, a normativa vigente, la rateizzazione massima consentita, e la modifica delle attuali norme, con successivi atti finalizzati a garantire le popolazioni interessate di un periodo molto più ampio di restituzione dei tributi a vario titolo dovuti e del pagamento delle fatture nei servizi dei settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas.
9/4304/75Carrescia, Manzi, Lodolini, Morani, Marchetti, Luciano Agostini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame ha disposto la proroga di diversi termini previsti dal decreto-legge n. 189 del 2017 relativi a imposte e pagamenti vari nei Comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito le regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo dal 24 agosto 2016 in poi;
    altre modifiche di termini sono state introdotte dal decreto-legge n. 8 del 2017;
    il comma 13 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 prevede la sospensione fino al 30 settembre 2017 degli adempimenti e dei versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l'assicurazione obbligatoria; per questi adempimenti e pagamenti lo stesso comma 13 prevede la possibilità di una rateizzazione fino a 18 mesi;
   al termine dei vari periodi di sospensione, tutti prossimi fra loro, i contribuenti e gli utenti dei servizi dei settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, rischiano di ritrovarsi a dover pagare imposte e fatture per somme complessivamente rilevanti;
    appare necessario coordinare le suindicate scadenze per evitare tale situazione come pure opportuno valutare la possibilità, con successivi atti, di aumentare considerevolmente la possibilità di rateizzazione sopra richiamata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prevedere, a normativa vigente, la rateizzazione massima consentita, e la modifica delle attuali norme, con successivi atti finalizzati a garantire le popolazioni interessate di un periodo molto più ampio di restituzione dei tributi a vario titolo dovuti e del pagamento delle fatture nei servizi dei settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas.
9/4304/75. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia, Manzi, Lodolini, Morani, Marchetti, Luciano Agostini.


   La Camera,
   visto l'articolo 11, comma 3, primo periodo del decreto milleproroghe,

impegna il Governo

a destinare una quota parte dei 4 milioni di euro così come ripartita secondo le modalità stabilite con apposito decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, all'istituzione concertistico-orchestrale – Fondazione Ottavio Ziino – Orchestra di Roma e del Lazio per il risanamento economico e il suo rilancio.
9/4304/76Carella, Bonaccorsi, Argentin, Minnucci, Ferro, Tidei, Piazzoni, Pilozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento europeo e il Consiglio europeo, il 12 dicembre 2006, hanno approvato la direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, cosiddetta direttiva Bolkestein, con lo scopo di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    il legislatore italiano ha dato attuazione alla direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 2010, applicando tale direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche;
    il Parlamento europeo, con risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto tuttavia della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti nei confronti della possibilità che la direttiva 2006/123/CE possa essere applicata negli Stati membri; in tal modo infatti si produrrebbero limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche con danno per l'occupazione e la permanenza dei tradizionali mercati rionali;
    l'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, considera le aree pubbliche una «risorsa naturale» limitata e quindi introduce un limite alle concessioni di posteggi e stabilisce in particolare, al comma 4, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni scadute, nonché il divieto esplicito di accordare vantaggi al concessionario uscente, mettendo così in serie difficoltà gli operatori del settore che, nella maggior parte dei casi, hanno effettuato notevoli investimenti per intraprendere e migliorare la propria attività e che, in caso di mancato rinnovo della concessione, subirebbero danni rilevanti;
    l'articolo 70 al comma 5 stabilisce, inoltre, che, in sede di Conferenza unificata, debbano essere individuati i criteri per il rilascio dei rinnovi della concessione dei posteggi per il commercio in aree pubbliche, nonché le disposizioni transitorie da applicare alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010; la Conferenza unificata ha raggiunto il 5 luglio 2012 un accordo, che prevede una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i 9 e i 12 anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;
    questa tipologia di mercati, che impiega circa 500.000 addetti a livello nazionale, necessita di maggiore tutela, in quanto fa parte del tessuto economico delle nostre città, della loro immagine turistica e delle loro tradizioni;
    l'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010 estende la possibilità di esercitare il commercio ambulante su area pubblica anche a società di capitali, trascurando il fatto che tale tipo di commercio è tradizionalmente svolto da piccole imprese, spesso a conduzione familiare, che non hanno modo di fronteggiare la maggior forza finanziaria delle società di capitali, in tal modo facendo venir meno i requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore;
    alcune associazioni che rappresentano gli interessi dei commercianti ambulanti hanno richiesto che venga rivista la decisione di applicare la direttiva Bolkestein al commercio ambulante, o che quantomeno si preveda l'estensione della durata del regime transitorio delle concessioni per un tempo abbastanza ampio da permettere l'ammortamento degli investimenti realizzati;
    nel novembre 2015 la X Commissione della Camera – avvertendo la complessità della materia – ha approvato una risoluzione che impegnava il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi interessati, nonché delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche maggiormente rappresentative e a valutare l'opportunità di una rinnovata fase di approfondimento e discussione del quadro giuridico europeo in materia di posteggi su aree pubbliche;
    il 3 novembre del 2016 si è tenuto il primo incontro di questo tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico con l'impegno ad approfondire la tematica sulla base delle motivazioni esposte dalle rappresentanze di categoria;
    l'Anci – Associazione Nazionale Comuni Italiani – in una lettera al Ministro per lo sviluppo economico ha sottolineato da un lato la estrema disomogeneità del percorso amministrativo dei comuni rispetto alla scadenza del 2017, e dall'altro l'incertezza normativa che rende difficile l'avvio dei bandi per le nuove concessioni, alla scadenza della proroga;
    alcune associazioni di categoria hanno evidenziato che l'intesa raggiunta dalla Conferenza unificata il 5 luglio 2012 pone ulteriori difficoltà ai commercianti ambulanti che operano in comuni diversi, poiché non prevede l'utilizzo di regole omogenee per l'istituzione dei bandi, lasciando libertà di applicare criteri differenti sul territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una nuova fase di approfondimento del quadro giuridico europeo finalizzata ad una revisione del decreto legislativo n. 59 del 2010, che renda possibile l'esclusione del commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE.
9/4304/77Becattini, Donati, Paola Bragantini, Ermini, Impegno, Albini, Di Lello, Dallai, Rabino, Fiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento ha approvato la delega di riforma del settore dell'ippica italiana nel Collegato all'Agricoltura e tale delega è in attesa dei decreti attuativi; nel decreto di proroga dei termini viene estesa la delega alla riforma dell'ippica per altri 6 mesi;
    il settore dell'ippica italiana sta vivendo un periodo di grande difficoltà iniziata a fine anni ’90 e dovuta ad una mancata riforma del gioco delle scommesse ippiche, dell'ammodernamento degli ippodromi, della competitività delle corse, degli allevamenti di puledri da trotto e galoppo;
    l'European Pattern Committee dello scorso gennaio 2017 ha penalizzato ulteriormente l'ippica italiana portando all'esclusione dal Gruppo 1 di tre Gran Premi Italiani, dovuto al ritardato pagamento dei premi entro il termine di 90 giorni da parte dei Ministeri interessati,

impegna il Governo

ad attuare la riforma del settore dell'ippica italiana emanando i decreti attuativi per arrivare a riordinare le competenze ministeriali in materia di ippica e per prevedere le modalità di individuazione del soggetto incaricato della costituzione dell'organismo a cui demandare le funzioni di organizzatore entro il termine di sei mesi;
   ad attivarsi perché i pagamenti dei premi delle corse ippiche siano effettuati entro il termine dei 90 giorni.
9/4304/78Cova, De Maria, Palma, Zanin, Fontanelli, Fanucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento ha approvato la delega di riforma del settore dell'ippica italiana nel Collegato all'Agricoltura e tale delega è in attesa dei decreti attuativi; nel decreto di proroga dei termini viene estesa la delega alla riforma dell'ippica per altri 6 mesi;
    il settore dell'ippica italiana sta vivendo un periodo di grande difficoltà iniziata a fine anni ’90 e dovuta ad una mancata riforma del gioco delle scommesse ippiche, dell'ammodernamento degli ippodromi, della competitività delle corse, degli allevamenti di puledri da trotto e galoppo;
    l'European Pattern Committee dello scorso gennaio 2017 ha penalizzato ulteriormente l'ippica italiana portando all'esclusione dal Gruppo 1 di tre Gran Premi Italiani, dovuto al ritardato pagamento dei premi entro il termine di 90 giorni da parte dei Ministeri interessati,

impegna il Governo

ad attuare la riforma del settore dell'ippica italiana emanando i decreti attuativi per arrivare a riordinare le competenze ministeriali in materia di ippica e per prevedere le modalità di individuazione del soggetto incaricato della costituzione dell'organismo a cui demandare le funzioni di organizzatore entro il termine di sei mesi;
   ad attivarsi perché i pagamenti dei premi delle corse ippiche siano tempestivi.
9/4304/78. (Testo modificato nel corso della seduta) Cova, De Maria, Palma, Zanin, Fontanelli, Fanucci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 307, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), per l'anno 2016, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione finalizzate al finanziamento degli ammortizzatori sociali, ha destinato fino a 18 milioni di euro per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca;
    il comma aggiuntivo 6-undecies dell'articolo 13 del provvedimento in esame prevede che, al fine di prorogare anche per il 2017 il finanziamento necessario alla copertura integrale della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca relativa all'anno 2016, nei limiti e secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 5 agosto 2016 (n. 1600069), emanato sulla base dell'articolo 1, comma 307 della legge n. 208 del 2015, è destinata una somma (ulteriore) fino a 17 milioni di euro;
    il comma 346 della legge di bilancio 2017 prevede che, al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio è riconosciuta per ciascun lavoratore, per l'anno 2017 e nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il medesimo anno, un'indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di un intervento urgente con il primo provvedimento disponibile per:
   aumentare la somma per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca fino ad un massimo di 30 milioni di euro;
   aumentare a 40 euro l'indennità giornaliera omnicomprensiva introdotta dal comma 346 della legge di bilancio 2017 che garantisce un sostegno al reddito ai lavoratori dipendenti da imprese di pesca nel periodo di sospensione dell'attività a causa dell'arresto temporaneo obbligatorio.
9/4304/79Arlotti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 307, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), per l'anno 2016, nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione finalizzate al finanziamento degli ammortizzatori sociali, ha destinato fino a 18 milioni di euro per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca;
    il comma aggiuntivo 6-undecies dell'articolo 13 del provvedimento in esame prevede che, al fine di prorogare anche per il 2017 il finanziamento necessario alla copertura integrale della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca relativa all'anno 2016, nei limiti e secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 5 agosto 2016 (n. 1600069), emanato sulla base dell'articolo 1, comma 307 della legge n. 208 del 2015, è destinata una somma (ulteriore) fino a 17 milioni di euro;
    il comma 346 della legge di bilancio 2017 prevede che, al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio è riconosciuta per ciascun lavoratore, per l'anno 2017 e nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il medesimo anno, un'indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di un intervento urgente con il primo provvedimento disponibile per:
   aumentare la somma per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca fino ad un massimo di 30 milioni di euro;
   aumentare a 40 euro l'indennità giornaliera omnicomprensiva introdotta dal comma 346 della legge di bilancio 2017 che garantisce un sostegno al reddito ai lavoratori dipendenti da imprese di pesca nel periodo di sospensione dell'attività a causa dell'arresto temporaneo obbligatorio.
9/4304/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Arlotti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, il legislatore italiano ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein) relativa ai servizi nel mercato interno, approvata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea al fine di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    il decreto legislativo n. 59 del 2010 estende l'applicazione della direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche, costituiscono una «risorsa naturale» limitata, prevedendo in particolare, all'articolo 16, comma 4, il divieto di rinnovo automatico delle concessioni scadute, nonché il divieto esplicito di accordare vantaggi al concessionario uscente;
    il citato provvedimento, all'articolo 70, comma 1, estende inoltre la possibilità di esercitare il commercio ambulante su area pubblica anche a società di capitali regolarmente costituite o a cooperative, oltre che a persone fisiche e a società di persone;
    i criteri per il rilascio dei rinnovi della concessione dei posteggi per il commercio in aree pubbliche, nonché le disposizioni transitorie da applicare alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010 sono stati individuati, ai sensi dell'articolo 70, comma 5, del citato provvedimento, con intesa in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali: l'accordo sancito in data 5 luglio 2012 prevede una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i 9 e i 12 anni, durante il quale i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono la loro attività in tali mercati;
    le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ostacolano la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando gli operatori del settore, che impiega circa 500.000 addetti a livello nazionale e che è tradizionalmente svolto da piccole imprese, spesso a conduzione familiare, già in difficoltà nel fronteggiare la maggior forza finanziaria delle società di capitali;
     l'intesa raggiunta dalla Conferenza unificata il 5 luglio 2012 pone inoltre difficoltà ai commercianti ambulanti che operano in comuni diversi, poiché non prevede l'utilizzo di regole omogenee per l'istituzione dei bandi, lasciando libertà di applicare criteri differenti sul territorio;
    l'Anci – Associazione Nazionale Comuni Italiani – in una lettera al Ministro per lo sviluppo economico ha sottolineato da un lato la estrema disomogeneità del percorso amministrativo dei Comuni rispetto alla scadenza del 2017, e dall'altro l'incertezza normativa che rende difficile l'avvio dei bandi per le nuove concessioni, alla scadenza della proroga;
    già in altre occasioni, alcune associazioni di categoria hanno chiesto la disapplicazione della direttiva Bolkestein al commercio ambulante o quantomeno l'estensione della durata del regime transitorio delle concessioni per un tempo abbastanza ampio da permettere l'ammortamento degli investimenti realizzati; la X Commissione della Camera, nel novembre 2015, ha approvato una risoluzione che impegnava il Governo a promuovere l'attivazione di un tavolo di lavoro con la partecipazione di tutti i livelli istituzionali ed amministrativi interessati, nonché delle associazioni di categoria delle imprese del commercio su aree pubbliche maggiormente rappresentative e a valutare l'opportunità di una rinnovata fase di approfondimento e discussione del quadro giuridico europeo in materia di posteggi su aree pubbliche;
    il 3 novembre del 2016 si è tenuto il primo incontro di questo tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per approfondire la tematica sulla base delle motivazioni esposte dalle rappresentanze di categoria,

impegna il Governo

a modificare il decreto legislativo n. 59 del 2010, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE ovvero a intraprendere, per quanto di competenza, opportune iniziative per impedire che le limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche determinino effetti negativi sui livelli occupazionali e sulla permanenza dei tradizionali mercati rionali, che sono parte del tessuto economico delle nostre città, della loro immagine turistica e delle loro tradizioni.
9/4304/80Donati, Becattini, Dallai, Barbanti, Palladino, Rabino, Di Lello, Venittelli, Alfreider, Zaccagnini, Vico, Manfredi, Impegno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito: «Le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate»;
    a seguito dell'entrata in vigore di questa norma, nel marzo 2009 il Ministero della salute e l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali hanno elaborato lo studio: «Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei servizi di medicina di laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale»;
    in base alle linee di indirizzo sopra richiamate, il 23 marzo 2011 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato, d'intesa con il Ministero della salute, un accordo recante: «Criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica da laboratorio»;
    il Ministero della salute, con circolare n. 11669 del 16 aprile 2015, ha fornito agli Assessorati regionali alla salute indicazioni sulle modalità di implementazione delle reti laboratoristiche;
    benché il termine originario previsto per l'approvazione del piano di riorganizzazione da parte delle regioni sia ormai abbondantemente scaduto, finora la normativa di riferimento ha trovato un'applicazione del tutto disomogenea,

impegna il Governo

ad assumere, non essendo stato prorogato il relativo termine, nell'ambito delle proprie competenze e alla luce delle norme e dei documenti richiamati in premessa, le iniziative necessarie per sostenere la piena attuazione di quanto previsto e per monitorare il processo di approvazione dei piani regionali.
9/4304/81Giuditta Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito: «Le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad approvare un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate»;
    a seguito dell'entrata in vigore di questa norma, nel marzo 2009 il Ministero della salute e l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali hanno elaborato lo studio: «Linee di indirizzo per la riorganizzazione dei servizi di medicina di laboratorio nel Servizio Sanitario Nazionale»;
    in base alle linee di indirizzo sopra richiamate, il 23 marzo 2011 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato, d'intesa con il Ministero della salute, un accordo recante: «Criteri per la riorganizzazione delle reti di offerta di diagnostica da laboratorio»;
    il Ministero della salute, con circolare n. 11669 del 16 aprile 2015, ha fornito agli Assessorati regionali alla salute indicazioni sulle modalità di implementazione delle reti laboratoristiche;
    benché il termine originario previsto per l'approvazione del piano di riorganizzazione da parte delle regioni sia ormai abbondantemente scaduto, finora la normativa di riferimento ha trovato un'applicazione del tutto disomogenea,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere, non essendo stato prorogato il relativo termine, nell'ambito delle proprie competenze e alla luce delle norme e dei documenti richiamati in premessa, le iniziative necessarie per sostenere la piena attuazione di quanto previsto e per monitorare il processo di approvazione dei piani regionali.
9/4304/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Giuditta Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, al comma 9-quinquies, prevede che per realizzare interventi quanto mai urgenti e necessari di manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale di propria competenza e per migliorare la capacità di progettazione e realizzazione degli investimenti, al Gruppo Anas non si applicano per il triennio 2017-2019 le norme inerenti vincoli e limiti assunzionali con riferimento a diplomati e laureati per posizioni tecniche ed ingegneristiche, nonché al personale tecnico-operativo;
    proprio per il perseguimento delle sue finalità istituzionali di adeguata gestione e manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale ed autostradale e per attuare i progetti di investimenti infrastrutturali in itinere, l'Anas s.p.a. ha necessità di colmare i pesanti vuoti e le forti carenze che si sono sempre più accumulati negli ultimi anni nelle professionalità e nei quadri ingegneristici e tecnici e nel personale operativo dedito alla cura ed alla tenuta della rete stradale ed autostradale medesima;
    tale esigenza obiettiva è quanto mai avvertita in tutti i Compartimenti Anas ed in tutte le regioni,

impegna il Governo

ad assumere ogni possibile iniziativa, nell'ambito e compatibilmente con le sue competenze istituzionali nei confronti dell'Anas s.p.a. che ha nel Ministero dell'economia e delle finanze l'unico socio, per la rapida e compiuta applicazione di tale normativa, al fine di rendere più efficiente e tempestiva l'attività dell'Anas per la tenuta, la manutenzione e la gestione della rete stradale ed autostradale e per migliorare la sua capacità di progettazione e realizzazione di investimenti, finalizzati ad ammodernare e mettere in sicurezza il sistema infrastrutturale nell'intero Paese.
9/4304/82Tino Iannuzzi, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge, recante disposizioni in materia di proroga e definizione di termini, ha visto l'introduzione, in sede di conversione in legge al Senato, all'articolo 1, del comma 3-bis;
    la norma introduce proroga del termine per la partecipazione alle procedure concorsuali dell'istituto superiore di sanità, al fine della valorizzazione della professionalità acquisita dal personale precario ai sensi delle disposizioni dettate dalla normativa vigente;
    come più volte dichiarato dal Presidente dell'ISS, anche in sede di audizione parlamentare, l'istituto, anche grazie a risorse derivanti dal blocco delle assunzioni e dalle cessazioni per il quadriennio 2012-2016, nel rispetto del decreto legislativo n. 218 del 2016, intende completare con propri fondi il processo di stabilizzazione del personale precario,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assicurare che sia tenuta ferma la finalità degli stanziamenti impegnati per la stabilizzazione del personale precario dell'ISS tenendo in considerazione le ultime graduatorie vigenti ove il personale in questione è utilmente collocato.
9/4304/83Piazzoni, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente decreto-legge, recante disposizioni in materia di proroga e definizione di termini ha previsto all'articolo 7, comma 3, la proroga per un anno della deroga al divieto di utilizzo della sperimentazione animale sulla ricerca di sostanze d'abuso e xenotrapianti previsto dal decreto legislativo n. 26 del 2014;
    tale moratoria, è stata estesa a tre anni in sede di conversione del decreto, durante l'esame al Senato, portando la data di introduzione del divieto al 2020;
    l'estensione della proroga, positiva rispetto alla versione originaria del decreto, rischia tuttavia di risultare ancora pregiudizievole per il settore d'eccellenza della ricerca scientifica italiana;
    l'arco temporale di tre anni infatti non terrebbe conto della durata dei progetti di ricerca europei e internazionali, da cui attualmente i ricercatori italiani ottengono la maggior parte dei fondi per i loro studi, che solitamente è compresa tra i tre e i cinque anni. I bandi internazionali hanno requisiti precisi, oltre che un respiro pluriennale: difficilmente un istituto italiano potrà essere selezionato per svolgere un progetto più lungo di tre anni, con il rischio che il lavoro venga sospeso per un ipotetico divieto di legge;
    il mancato allineamento del nostro Paese alle normative internazionali, di fatto, rischia pertanto di interrompere la primaria fonte di finanziamento della ricerca biomedica italiana,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere, nel primo provvedimento normativo utile, la moratoria citata in premessa ad un arco temporale di cinque anni in modo da non penalizzare il settore della ricerca biomedica italiana e di armonizzare la normativa contenuta nel decreto legislativo n. 26 del 2014 con le norme europee.
9/4304/84Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 dispone una serie di proroghe in materia di giustizia ed, in particolare, al comma 2-bis, stabilisce la modifica della norma di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 168 del 2016, convertito dalla legge n. 197 del 2016, interviene sulla disciplina relativa ai trasferimenti dei magistrati assegnati in prima sede o che esercitano le funzioni presso la sede di prima assegnazione. Per tali magistrati, viene subordinato il trasferimento ad altra sede (o l'assegnazione ad altre funzioni) ad un periodo di permanenza triennale (anziché quadriennale);
    la suddetta modifica è stata introdotta in corso d'opera, mediante il maxiemendamento presentato dal Governo al Senato, quale frutto di un significativo confronto tra le associazioni di Magistratura e lo stesso esecutivo, confronto che, tuttavia aveva – ed ha – ad oggetto anche un'ulteriore ed assai rilevante disposizione contenuta nel medesimo decreto-legge n. 168/2016, riguardante la proroga del trattenimento in servizio oltre i limiti pensionistici dei soli magistrati ricoprenti funzioni apicali;
    con l'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114, il Governo decise di abbassare l'età di pensionamento dei magistrati passando dai 75 ai 70 anni, fissando l'entrata in vigore della disposizione al 31 dicembre 2015. Che, nel 2015, con il decreto 83 convertito dalla legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132, il Governo ha ordinato un'ulteriore proroga, disponendo che i magistrati ordinari che non abbiano compiuto 72 anni al 31 dicembre 2015 restassero in servizio fino al 31 dicembre 2016. Cosicché, il 7 gennaio 2016, l'attuale primo presidente della Cassazione fu eletto dal Csm per ricoprire tale incarico, nonostante dovesse essere collocato a riposo il 31 dicembre 2016. Infine, il decreto n. 168 del 2016, convertito dalla legge n. 197 del 2016 ha configurato la terza proroga volta a far entrare in vigore le disposizioni del 2014 il 31 dicembre. 2017, consentendo ancora – in quanto rivolta ai soli magistrati con funzioni apicali e direttive – al Governo di poter disporre la permanenza, tra gli altri, nel proprio incarico dell'attuale primo presidente della Cassazione il quale, all'ultima data indicata dal decreto, non aveva compiuto il settantaduesimo anno di età;
    la scelta del precedente esecutivo di prorogare con decretazione d'urgenza, per un altro anno, il trattenimento in servizio solo di alcuni magistrati – posti ai «vertici» del sistema giudiziario – che sarebbero dovuti andare andati in pensione lo scorso dicembre, ha posto in essere un'evidente situazione di disparità di trattamento fra magistrati, creando una forte discriminazione nei confronti di quei magistrati per i quali è rimasto fermo il termine ultimo di permanenza in servizio fino a settant'anni, stabilito dal richiamato articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014;
    le citate disposizioni, in via generale, confermano indirettamente come l'improvvisa decisione dello stesso Governo di abbassare con decreto-legge, nel 2014, l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni in maniera brusca e senza prevedere periodi transitori ed adeguati scaglionamenti, sia stata errata, visto che non ha fatto altro che peggiorare il progressivo vuoto di organico che oggi ha superato le mille unità,

impegna il Governo

al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, di garantire l'uniformità di trattamento dei magistrati davanti alla legge, nonché l'autonomia ed indipendenza di questi nei confronti del potere esecutivo, a valutare la possibilità di differire, mediante il primo provvedimento utile, gli effetti dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, fino alla copertura dell'organico della Magistratura e non oltre il compimento del settantaduesimo anno di età per tutti i magistrati, comprendendovi anche quei magistrati che, dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e fino alla data di conversione in legge del medesimo, abbiano maturato i requisiti per la pensione e non abbiano compiuto settantadue anni di età.
9/4304/85Sarti, Ferraresi, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al comma 9-bis dell'articolo 9, prevede il mantenimento in esercizio della gestione operante sulla contabilità speciale n. 5440 alle condizioni previste dall'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 56 dell'8 marzo 2013 fino al completamento degli interventi ricompresi nel contratto istituzionale di sviluppo per la realizzazione dell'itinerario Sassari-Olbia e comunque non oltre il 31 dicembre 2020;
    in data 6 marzo 2013 il Ministero della coesione territoriale, il Ministero dei trasporti, la regione Sardegna ed Anas hanno sottoscritto il contratto istituzionale di sviluppo (C.I.S.) con cui sono stati definiti le responsabilità, i tempi e le modalità di attuazione degli interventi. Il costo complessivo dei lavori, finora previsto, è di 930,67 milioni di euro;
    la realizzazione della nuova strada di collegamento tra i due principali centri del nord Sardegna, che i cittadini sardi aspettano da ormai troppo tempo, appare di fondamentale importanza per la garanzia del diritto alla mobilità all'interno del territorio nonché per lo sviluppo dell'economia turistica dell'isola, visti i collegamenti viari esistenti che si caratterizzano per standard di qualità e di sicurezza estremamente bassi;
    in generale si registrano pesanti difficoltà di circolazione all'interno dell'intero territorio insulare a causa di una rete stradale fortemente inadeguata, inefficiente e insicura;
    i lunghi lavori di realizzazione dell'infrastruttura stanno altresì mettendo a dura prova il sistema di circolazione nel nord dell'isola a causa dei continui rallentamenti, delle deviazioni programmate e delle interdizioni al traffico veicolare in alcuni tratti di tale importante arteria,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di evitare ulteriori rallentamenti e ritardi nella realizzazione della nuova tratta Sassari-Olbia;
   ad adottare tutte le iniziative opportune, per quanto di competenza, per potenziare la dotazione infrastrutturale della regione Sardegna e per garantire l'adeguatezza delle infrastrutture di trasporto ferroviarie e stradali, con particolare riferimento ai collegamenti tra i principali centri e, per quanto concerne la rete viaria, con una specifica attenzione ai profili della sicurezza e della facilità della circolazione stradale.
9/4304/86Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera n. 4304, relativo alla «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini», interviene su una molteplicità di misure fiscali prorogandone termini ed efficacia temporale;
    in particolare all'articolo 13 del provvedimento all'esame, dopo il comma 4, viene inserito il comma 4-bis che revoca, a decorrere dal 2017, la sospensione dell'efficacia del contributo di sbarco di cui all'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;
    è il caso di sottolineare che il contributo di sbarco, applicabile in alternativa all'imposta di soggiorno, è destinato a fare lievitare i costi dei collegamenti con le isole minori;
    in tal senso, l'imposta potrebbe rappresentare un limite ovvero un elemento negativo nella scelta di una meta turistica che applica l'imposta;
    per le comunità delle isole minori, la cui economia è sostanzialmente legata ai flussi turistici, un rincaro delle tariffe di viaggio, anche solo per effetto dell'applicazione del contributo di sbarco, potrebbe rappresentare un grave limite allo sviluppo;
   questo stato di coste ricadrebbe su contesti che, per effetto della condizione di insularità, perché periferici e mal collegati ovvero per gli esiti delle misure di contenimento della spesa, attraversano una fase di profonda crisi economica e sociale con una progressiva riduzione dei servizi essenziali come i trasporti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, per quanto di competenza, misure atte a contenere le tariffe dei biglietti per i collegamenti con le isole minori.
9/4304/87Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera n. 4304, relativo alla «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini», interviene su una molteplicità di misure fiscali prorogandone termini ed efficacia temporale;
    in particolare all'articolo 13 del provvedimento all'esame, dopo il comma 4, viene inserito il comma 4-bis che revoca, a decorrere dal 2017, la sospensione dell'efficacia del contributo di sbarco di cui all'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;
    è il caso di sottolineare che il contributo di sbarco, applicabile in alternativa all'imposta di soggiorno, è destinato a fare lievitare i costi dei collegamenti con le isole minori;
    in tal senso, l'imposta potrebbe rappresentare un limite ovvero un elemento negativo nella scelta di una meta turistica che applica l'imposta;
    per le comunità delle isole minori, la cui economia è sostanzialmente legata ai flussi turistici, un rincaro delle tariffe di viaggio, anche solo per effetto dell'applicazione del contributo di sbarco, potrebbe rappresentare un grave limite allo sviluppo;
   questo stato di coste ricadrebbe su contesti che, per effetto della condizione di insularità, perché periferici e mal collegati ovvero per gli esiti delle misure di contenimento della spesa, attraversano una fase di profonda crisi economica e sociale con una progressiva riduzione dei servizi essenziali come i trasporti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di individuare, per quanto di competenza, misure atte a contenere le tariffe dei biglietti per i collegamenti con le isole minori.
9/4304/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del decreto proroga termini al Senato, la Commissione Affari costituzionali ha approvato, un emendamento che proroga le concessioni per commercio su aree pubbliche fino al 31 dicembre 2018;
    l'ANCI ha più volte espresso, anche in audizione parlamentare, attraverso il suo presidente De Caro, l'invito a sospendere le gare per le concessioni in attesa che venga fatta chiarezza e che l'Antitrust esprimesse il proprio parere rispetto all'intesa che alcune associazioni di settore hanno firmato nella Conferenza Stato-Regioni in vista dell'attuazione della direttiva 2006/123/CE – cosiddetta direttiva Bolkestein – per il settore del commercio ambulante;
    con parere inviato il 15 dicembre 2016 al Ministero dello sviluppo economico e alla Conferenza unificata Stato Regioni, l'Autorità garante della concorrenza e dei mercati ha contestato i criteri e le procedure con i quali i Comuni stanno procedendo nell'applicazione della citata direttiva. Tale giudizio mette a rischio le procedure di gara realizzate costringendo le amministrazioni comunali a dover affrontare una serie di contenziosi;
    solo in Italia e in Spagna, su 27 Paesi dell'Unione europea, si effettuano le gare per la riassegnazione delle concessioni;
    la Spagna ha già disposto diverse proroghe con l'obiettivo di escludere tale settore dalla citata direttiva;
    in virtù della mancata applicazione della direttiva negli altri 25 Paesi dell'unione, si può ipotizzare anche da parte dell'Italia una uscita di questo settore dalla medesima direttiva;
    con la succitata norma approvata nel decreto proroga termini non potranno essere messe al bando, fino al 31 dicembre 2018, tutte le concessioni in essere e con scadenza anteriore a tale data. Quindi tutte le procedure di messa in gara sono bloccate e quelle in atto annullate,

impegna il Governo

a convocare un tavolo con i rappresentanti di tutte le forze politiche, dell'ANCI, delle regioni e di tutte le sigle sindacali e le associazioni già convocate il 3 novembre 2016 dal Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo economico, per affrontare la situazione relativa all'applicazione della cosiddetta direttiva Bolkestein al fine di escludere il settore del commercio ambulante dal campo di applicazione della medesima direttiva.
9/4304/88Brunetta, Fedriga, Rampelli, Piso, Palese, Carfagna, Bergamini, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, comma 13, proroga al 31 dicembre 2017:
     il termine fino al quale alle regioni a statuto speciale (e presso gli enti territoriali compresi nel territorio delle stesse), in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (per il 2016), al solo fine di consentire la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato fino alla stessa data, non si applichi il divieto di assunzione del personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale (lettera a));
     la facoltà per le regioni a statuto speciale e i loro enti territoriali di prorogare i rapporti di lavoro a tempo determinato (anche in deroga ai termini e vincoli di cui al all'articolo 4, comma 9, dello stesso decreto-legge n. 101 del 2013) (lettera b));
     il termine fino al quale agli enti locali compresi nel territorio di regioni a statuto speciale, che si trovino nelle condizioni in cui sia stato nominato l'organo straordinario di liquidazione e il consiglio dell'ente locale debba presentare un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, non si applichino le disposizioni concernenti la rideterminazione, da parte dell'ente locale, della dotazione organica, ai fini della riduzione delle spese (lettera b));
    tali disposizioni non solo rappresentano una indebita forzatura rispetto ai principi di finanza pubblica che il Parlamento stesso ha deliberato, ma impediscono di fatto anche la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, a cui invece potrebbe giungersi attraverso una più razionale programmazione dei fabbisogni di personale;
    le citate disposizioni, inoltre, consentendo specifiche deroghe in favore delle regioni a statuto speciale, introducono una disparità di trattamento rispetto alle regioni a statuto ordinario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme riportate in premessa, e ad escludere per il futuro ulteriori deroghe per le regioni a statuto speciale che pregiudicano il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, producendo tra l'altro ingiustificate disparità di trattamento.
9/4304/89Alberto Giorgetti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, comma 13, proroga al 31 dicembre 2017:
     il termine fino al quale alle regioni a statuto speciale (e presso gli enti territoriali compresi nel territorio delle stesse), in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (per il 2016), al solo fine di consentire la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato fino alla stessa data, non si applichi il divieto di assunzione del personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale (lettera a));
     la facoltà per le regioni a statuto speciale e i loro enti territoriali di prorogare i rapporti di lavoro a tempo determinato (anche in deroga ai termini e vincoli di cui al all'articolo 4, comma 9, dello stesso decreto-legge n. 101 del 2013) (lettera b));
     il termine fino al quale agli enti locali compresi nel territorio di regioni a statuto speciale, che si trovino nelle condizioni in cui sia stato nominato l'organo straordinario di liquidazione e il consiglio dell'ente locale debba presentare un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, non si applichino le disposizioni concernenti la rideterminazione, da parte dell'ente locale, della dotazione organica, ai fini della riduzione delle spese (lettera b));
    tali disposizioni non solo rappresentano una indebita forzatura rispetto ai principi di finanza pubblica che il Parlamento stesso ha deliberato, ma impediscono di fatto anche la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, a cui invece potrebbe giungersi attraverso una più razionale programmazione dei fabbisogni di personale;
    le citate disposizioni, inoltre, consentendo specifiche deroghe in favore delle regioni a statuto speciale, introducono una disparità di trattamento rispetto alle regioni a statuto ordinario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme riportate in premessa, e a valutare la possibilità di escludere per il futuro ulteriori deroghe per le regioni a statuto speciale che pregiudicano il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, producendo tra l'altro ingiustificate disparità di trattamento.
9/4304/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberto Giorgetti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del decreto proroga termini al Senato, la Commissione Affari costituzionali ha approvato, un emendamento che proroga le concessioni per commercio su aree pubbliche fino al 31 dicembre 2018;
    l'ANCI ha più volte espresso, anche in audizione parlamentare, attraverso il suo presidente De Caro, l'invito a sospendere le gare per le concessioni in attesa che venga fatta chiarezza e che l'Antitrust esprimesse il proprio parere rispetto all'intesa che alcune associazioni di settore hanno firmato nella Conferenza Stato-Regioni in vista dell'attuazione della direttiva 2006/123/CE – cosiddetta direttiva Bolkestein – per il settore del commercio ambulante;
    con parere inviato il 15 dicembre 2016 al Ministero dello sviluppo economico e alla Conferenza unificata Stato Regioni, l'Autorità garante della concorrenza e dei mercati ha contestato i criteri e le procedure con i quali i comuni stanno procedendo nell'applicazione della citata direttiva. Tale giudizio mette a rischio le procedure di gara realizzate costringendo le amministrazioni comunali a dover affrontare una serie di contenziosi;
    solo in Italia e in Spagna, su 27 Paesi dell'Unione europea, si effettuano le gare per la riassegnazione delle concessioni;
    la Spagna ha già disposto diverse proroghe con l'obiettivo di escludere tale settore dalla citata direttiva;
    in virtù della mancata applicazione della direttiva negli altri 25 Paesi dell'unione, si può ipotizzare anche da parte dell'Italia una uscita di questo settore dalla medesima direttiva;
    con la succitata norma approvata nel decreto proroga termini non potranno essere messe al bando, fino al 31 dicembre 2018, tutte le concessioni in essere e con scadenza anteriore a tale data. Quindi tutte le procedure di messa in gara sono bloccate e quelle in atto annullate,

impegna il Governo

a convocare un tavolo con i rappresentanti di tutte le forze politiche, dell'ANCI, delle regioni e di tutte le sigle sindacali e le associazioni già convocate il 3 novembre 2016 dal Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo economico, per affrontare la situazione relativa all'applicazione della cosiddetto direttiva Bolkestein per il settore del commercio ambulante.
9/4304/90Carfagna, Brunetta, Piso, Bergamini, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 9 del provvedimento all'esame, prevede la sospensione dell'efficacia disposta dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
    tale norma, introdotta al Senato con l'approvazione di un emendamento della maggioranza, proroga, di fatto uno stato di caos nel settore del trasporto di persone che si prolunga ormai dal 2011 a causa di un decreto ministeriale mai emanato e di una emergenza non governata,

impegna il Governo

a farsi promotore dell'immediata costituzione di un tavolo che, di concerto con le sigle sindacali e le rappresentanze di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, proceda al riordino della normativa di settore, al fine di consentire una più efficace e puntuale lotta alle forme di abusivismo radicate ed emergenti nel settore del trasporto pubblico non di linea (taxi e noleggio con conducente), prendendosi al contempo la responsabilità di abrogare la norma introdotta al Senato di cui in premessa.
9/4304/91Bergamini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, prevede al comma 3 dell'articolo 9 la proroga fino al 31 dicembre 2017 della sospensione dell'efficacia disposta dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33,

impegna il Governo

a dare attuazione al contenuto dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, entro 30 giorni, disciplinando il servizio di noleggio con conducente come previsto dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21, in merito alla chiamata, allo stazionamento in rimessa e all'accesso al territorio di comune diverso da quello che ha rilasciato l'autorizzazione.
9/4304/92Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2-bis dell'articolo 9 del provvedimento all'esame, ha introdotto modifiche sostanziali alla disciplina che regola l'accesso al mercato dei servizi automobilistici di linea interregionale, con particolare riferimento allo svolgimento di tali servizi in forma di raggruppamento di imprese, dettando la definizione normativa di raggruppamento di tipo verticale e orizzontale, nonché definendo le attività che nell'uno e nell'altro caso l'impresa mandataria e le imprese mandanti sono tenute ad eseguire;
    la norma introdotta prescrive un termine di 90 giorni, decorrenti dall'entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento, entro il quale le aziende operanti nel settore dovranno adeguarsi – pena la decadenza dell'autorizzazione per lo svolgimento del servizio – dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che nei successivi 90 giorni deve effettuare le opportune verifiche;
    la suddetta norma, introdotta al Senato con l'approvazione di un emendamento presentato dal gruppo parlamentare CoR, in sede di conversione del decreto-legge, viola la natura stessa del provvedimento al nostro esame che ha il solo fine di prorogare i termini in scadenza e non di modificare norme sostanziali;
    la disposizione introdotta lede alcuni principi cardine del nostro ordinamento posti a presidio dell'attività di impresa e del libero gioco concorrenziale e viola il principio della certezza del diritto, pregiudica gravemente il legittimo affidamento degli operatori economici sulla normativa vigente, riducendo l'offerta di servizi ai passeggeri;
    un approfondimento su questo tema sarebbe stato sicuramente più consono in sede referente del disegno di legge annuale per la concorrenza, il cui esame, tuttavia, procede molto lentamente in Senato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa e a valutare ogni opportuna iniziativa di tipo normativo al fine di ripristinare l'accesso al mercato delle linee interregionali di competenza statale così come regolate prima dell'introduzione della norma succitata.
9/4304/93Biasotti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del decreto legislativo n. 244 del 2016 contiene numerose disposizioni in materia fiscale, alcune delle quali fanno riferimento al decreto legislativo n. 193 del 2016 («Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili»);
    il decreto legislativo n. 193/16 prevede, all'articolo 6, disposizioni per l'accesso a procedure agevolate da parte dei debitori;
    a giudizio del sottoscrittore del presente atto tali disposizioni presentano condizioni a prima vista vantaggiose, ma che comportano in realtà obblighi difficilmente osservabili dai contribuenti che hanno accumulato cartelle di pagamento di importo consistente e si trovano quindi in una situazione di grave difficoltà di liquidità ed altresì nell'impossibilità di aderire ai termini della disposizione agevolata;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare condizioni realmente percorribili di adesione alle procedure agevolate dai contribuenti che si trovino in una situazione di scarsa liquidità innanzitutto con lo stralcio integrale dell'aggio, degli interessi da ritardata iscrizione al ruolo e degli interessi di dilazione sulla rateizzazione delle somme dovute a seguito della definizione agevolata e poi predisponendo modalità di versamento dilazionato a seconda dell'importo complessivo del debito, con maggiori agevolazioni per importi superiori ai 60.000 euro.
9/4304/94Palmizio.


   La Camera,
   premesso che:
    il regime sperimentale di «Opzione Donna», introdotto dalla legge 23 agosto 2004, n. 243, articolo 1, comma 9, per un'interpretazione troppo restrittiva dell'Inps non è stata pienamente utilizzato; nonostante la pensione calcolata con il metodo contributivo sia mediamente più bassa di circa il 25 per cento, «Opzione Donna» ha riscontrato il gradimento di molte lavoratrici che hanno presentato domanda di accesso;
    l'articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015, istitutivo del cosiddetto «contatore», prevede che, monitorando le domande, negli anni successivi si possano reimpiegare i fondi risparmiati per estendere la misura alle lavoratrici precedentemente escluse e anche, eventualmente, prorogare la sperimentazione al 2018;
    in risposta ad una recente interrogazione a risposta immediata alla IX Commissione della Camera dei deputati, il ministro del lavoro e delle politiche sociali ha illustrato i dati emersi da una tabella dell'Inps, dai quali, le pensioni liquidate in regime «Opzione Donna» dal 2016 ad oggi, risultano essere in totale 18.743: nettamente al di sotto delle previsioni ipotizzate dall'Inps;
    l'articolo 1, comma 231 della legge n. 208 del 2015 prevede che qualora dall'attività di monitoraggio risulti un risparmio rispetto alle previsioni di spesa, con successivo provvedimento legislativo verrà disposto l'impiego delle risorse non utilizzate per «interventi con finalità analoghe a quelle di cui al presente comma, ivi compresa la prosecuzione della medesima sperimentazione»,

impegna il Governo

a valutare ogni possibilità di impiegare le risorse non utilizzate, anche alla luce dei recenti dati emersi, risultanti dall'attività di monitoraggio prevista dall'articolo 1, comma 281 della legge n. 208 del 2015, prioritariamente per la prosecuzione del regime sperimentale di «Opzione Donna», introdotto dalla legge 23 agosto 2004, n. 243, dell'articolo 1, comma 9, prevedendo la proroga fino al 31 dicembre 2018 così come auspicato dalla suddetta legge n. 208 del 2015.

9/4304/95Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di delega legislativa» presenta anche disposizioni relative alle assunzioni di personale nelle amministrazioni pubbliche ed alla stipula di contratti di lavoro per enti del Servizio sanitario nazionale (Ssn);
    i costi del personale universitario convenzionato sono interamente a carico del bilancio aziendale, mentre per il personale dirigenziale Ssn una parte dei costi grava sui fondi contrattuali e una parte sul bilancio;
    nel quadriennio dal 2011 al 2014, per l'attuazione delle disposizioni presenti nel decreto-legge numero 78 del 2010 i fondi contrattuali non sono stati incrementati ed hanno subito consistenti decurtazioni sia per ricondurne il valore complessivo al tetto di spesa 2010, sia per diminuzione proporzionale alla riduzione del personale in servizio rispetto al 2010. Tali decurtazioni, così come determinate nella costituzione definitiva dei Fondi relativi all'anno 2014, sono rese stabili nella costituzione dei medesimi Fondi a partire dall'anno 2015;
    nelle Aziende Ospedaliere Universitarie nelle quali, per uno o più anni inclusi nel periodo considerato, si sia verificata la riduzione del personale universitario con funzioni assistenziali equiparato alla dirigenza medica e sanitaria del Ssn (afferente ai vari Dipartimenti ad attività integrata) dirigenziale convenzionato (a causa di cessazioni o pensionamenti) non sostituito da altro personale universitario, per lo svolgimento delle medesime attività assistenziali convenzionati, si è determinata anche la riduzione dei costi a bilancio, ma allo stesso tempo, per mantenere il livello dei servizi e delle prestazioni, si è reso necessario assumere personale dirigente del Ssn;
    affidare nuovi incarichi apicali (soprattutto di natura gestionale) a personale dirigenziale Ssn, per strutture la cui direzione era da sempre stata affidata a personale universitario «convenzionato» con funzioni assistenziali ed il cui costo non era pertanto stato considerato nella costituzione iniziale del Fondo di Posizione;
    ciò ha determinato un aumento dei costi a carico del Fondo stesso, senza che si siano potuti applicare, in parte per il blocco ex articolo 9, comma 2-bis, in parte perché non espressamente previsti dalla norma contrattuale medesima, gli incrementi dei fondi previsti dall'articolo 53 CC.CC.NN.LL. della Dirigenza Medica e Dirigenza SPTA dell'8 giugno 2000;
    è quindi necessario rideterminare l'entità complessiva dei fondi in misura adeguata a sostenere i costi dell'organizzazione, che pure nel periodo intercorso è stata razionalizzata con la riduzione del numero delle strutture complesse e semplici. In particolare il Fondo di posizione deve poter garantire, oltre al sostenimento dei trattamenti economici fissi previsti dalle disposizioni contrattuali, compresi quelli relativi agli incarichi dirigenziali coerenti con l'assetto organizzativo aziendale, anche gli sviluppi di carriera legati al progressivo accrescimento del livello di specializzazione dei dirigenti mediante il conferimento di incarichi professionali e di struttura, e il fondo disagio deve risultare adeguato alle necessità organizzative (piano guardie e pronta disponibilità);
    questa disposizione normativa dovrebbe inoltre consentire alle Aziende Ospedaliere Universitarie, nelle quali si siano verificate le dinamiche sopracitate, di rideterminare i fondi contrattuali della dirigenza rendendoli adeguati all'organizzazione attuale, in cui si ha una maggiore numerosità di dirigenti dipendenti Ssn rispetto ai convenzionati universitari, se confrontati con l'anno di riferimento 2010;
    tale rideterminazione dei fondi contrattuali non dovrebbe comportare una redistribuzione di eventuali residui dei fondi posizione e disagio (riversandoli temporaneamente a fondo di risultato) né il superamento del tetto di spesa complessivo (dato dalla componente ospedaliera e componente universitaria) dell'anno di riferimento 2010,

impegna il Governo

ad inserire nel primo provvedimento utile una norma che permetta, coerentemente con quanto espresso in premessa, alle Aziende Ospedaliero-Universitarie (di cui all'articolo 2, lettera b, del decreto legislativo n. 517 del 21 dicembre 1999 e successive modifiche e integrazioni) ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma n. 236 della legge n. 208 del 2015, di poter rideterminare, previa autorizzazione con atto regionale, l'ammontare complessivo dei fondi contrattuali del personale dirigenziale del Ssn per l'anno 2017, incrementandolo con le modalità previste dalla normativa contrattuale del personale dirigenziale del SSN, rispettando la spesa complessiva sostenuta nell'anno 2010 per il personale SSN e per il personale universitario convenzionato che svolge funzioni assistenziali. Tali rideterminazioni possono essere concesse a condizione che si sia verificata una diminuzione della spesa per il personale universitario convenzionato che svolge funzioni assistenziali e che l'importo complessivo derivante dalla somma dei fondi contrattuali aziendali per l'anno 2017, non risulti superiore all'importo complessivo derivante dalla somma dei fondi contrattuali aziendali per l'anno 2010 e della spesa per il medesimo anno 2010 a carico del bilancio aziendale per il personale universitario convenzionato equiparato al personale dirigenziale del Ssn.

9/4304/96Dallai, Di Lello, Becattini, Fiorio, Scopelliti.


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI), disciplinato nell'ordinamento giuridico italiano dalla legge n. 1395 del 1923, dal Regio Decreto n. 2537 del 1925, dal Decreto Luogotenenziale n. 382 del 1944 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005, è un ente di diritto pubblico vigilato dal Ministero della giustizia i cui compiti istituzionali prevedono, tra gli altri, il ruolo di magistratura di secondo grado nei ricorsi e reclami degli iscritti avversi alle decisioni dei Consigli dell'Ordine, l'espressione di pareri, su richiesta del Ministero della giustizia, in merito a proposte di legge e regolamenti riguardanti la professione, la funzione di referente del Governo in materia professionale;
    il CNI, essendo di fatto emanazione del Ministero della giustizia, svolge inoltre attività di interesse nazionale;
    come previsto dalla normativa sopracitata, in ogni Provincia italiana è poi presente un Ordine degli Ingegneri territoriale;
    il periodo di validità del CNI in carica è di 5 anni, mentre gli Ordini territoriali restano in carica 4 anni;
    al momento, non vi è alcuna garanzia di sovrapposizione della validità dei vari Consigli provinciali e si assiste quindi a organi territoriali prossimi alla scadenza del proprio mandato che contribuiscono di fatto all'elezione dei membri del CNI;
    come da decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, le modalità di voto previste per l'elezione del CNI da parte Ordini provinciali sono lettera raccomandata, posta elettronica certificata o fax inviati dagli stessi presidi territoriali all'Ordine nazionale;
    si sottolinea come tali modalità di voto di fatto non garantiscano in alcun modo il diritto alla segretezza del voto del singolo Ordine provinciale,

impegna il Governo

a mettere in campo tutti gli strumenti necessari, anche normativi di proroga, al fine di modificare le modalità di votazione del Consiglio nazionale degli ingegneri in modo da fornire una reale rappresentanza al voto del singolo iscritto all'Ordine e garantendo quindi allo stesso l'anonimato della relativa espressione di voto e a parificare e sovrapporre il periodo in carica degli Ordini territoriali a quella del Consiglio nazionale.
9/4304/97Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 11-septies dell'articolo 5 prevede che gli enti locali i quali, pur avendo avviato la procedura di riequilibrio, non hanno presentato nei termini in piano di riequilibrio finanziario, prevedendo che gli stessi possano procedere alla deliberazione di un nuovo piano entro il 30 aprile 2017;
    tale nuova deliberazione si rende necessaria in quanto gli enti in questione non hanno potuto conseguire l'accoglimento del piano da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti, previsto dal comma 3 dell'articolo 243-quater del TUEL;
    nelle more del termine del 30 aprile 2017, non si applica la disposizione prevista dall'articolo 243-quater, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, consistente nell'obbligo imposto dal Prefetto di deliberare il dissesto entro un termine non superiore a venti giorni, con sospensione delle procedure eventualmente avviate;
    con il comma 475 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) si è stabilito altresì che in caso di mancato conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (comma 466 del medesimo articolo 1 della legge n. 232) l'ente locale: 1) è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all'importo corrispondente alto scostamento registrato; 2) non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente ridotti dell'1 per cento; 2) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; 3) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo; 4) nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione;
    tali sanzioni appaiono tuttavia non congrue nei casi in cui gli enti per ottemperare alla regolazione di posizioni debitorie, non addebitabile a fatti gestionali o scelte dell'amministrazione in carica nell'esercizio della violazione, ne abbiano programmato lo smaltimento con assunzione di mutui, determinando in tal modo un saldo di competenza non conforme al disposto di legge,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre in un successivo provvedimento una disposizione che stabilisca che le sanzioni di cui al comma 475 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) non si applicano agli enti locali che hanno deliberato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, approvato dalla competente sezione regionale della Corte dei conti, nel caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 della medesima legge n.232, qualora lo scostamento registrato rispetto all'obiettivo del saldo finanziario non negativo sia in misura non superiore all'importo della spesa sostenuta per la copertura di posizioni debitorie finanziate con indebitamento previsto nel piano.
9/4304/98Bosco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 11-septies dell'articolo 5 prevede che gli enti locali i quali, pur avendo avviato la procedura di riequilibrio, non hanno presentato nei termini in piano di riequilibrio finanziario, prevedendo che gli stessi possano procedere alla deliberazione di un nuovo piano entro il 30 aprile 2017;
    tale nuova deliberazione si rende necessaria in quanto gli enti in questione non hanno potuto conseguire l'accoglimento del piano da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti, previsto dal comma 3 dell'articolo 243-quater del TUEL;
    nelle more del termine del 30 aprile 2017, non si applica la disposizione prevista dall'articolo 243-quater, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, consistente nell'obbligo imposto dal Prefetto di deliberare il dissesto entro un termine non superiore a venti giorni, con sospensione delle procedure eventualmente avviate;
    con il comma 475 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) si è stabilito altresì che in caso di mancato conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (comma 466 del medesimo articolo 1 della legge n. 232) l'ente locale: 1) è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all'importo corrispondente alto scostamento registrato; 2) non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente ridotti dell'1 per cento; 2) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; 3) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo; 4) nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione;
    tali sanzioni appaiono tuttavia non congrue nei casi in cui gli enti per ottemperare alla regolazione di posizioni debitorie, non addebitabile a fatti gestionali o scelte dell'amministrazione in carica nell'esercizio della violazione, ne abbiano programmato lo smaltimento con assunzione di mutui, determinando in tal modo un saldo di competenza non conforme al disposto di legge,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di introdurre in un successivo provvedimento una disposizione che stabilisca che le sanzioni di cui al comma 475 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) non si applicano agli enti locali che hanno deliberato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, approvato dalla competente sezione regionale della Corte dei conti, nel caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 della medesima legge n.232, qualora lo scostamento registrato rispetto all'obiettivo del saldo finanziario non negativo sia in misura non superiore all'importo della spesa sostenuta per la copertura di posizioni debitorie finanziate con indebitamento previsto nel piano.
9/4304/98. (Testo modificato nel corso della seduta) Bosco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle more della formalizzazione del nuovo contratto di programma-parte servizi 2016-2021 tra lo Stato e Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa, il vigente contratto di programma-parte servizi 2012-2014 è prorogato, ai medesimi patti e condizioni, sino a e non oltre il 30 settembre 2017;
    il contratto in essere esclude la Sardegna da qualsiasi tipo di investimento infrastrutturale;
    la situazione della rete ferroviaria sarda è gravissima;
    risulta depositato agli atti della Camera dei deputati il rapporto per l'anno 2009 dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF), sulle condizioni di sicurezza della rete ferroviaria, con specifico riferimento all'assetto idrogeologico del territorio;
    l'Agenzia ha disposto che vengano adottate da parte di RFI alcune misure che consentano di tenere sotto controllo il fenomeno con la messa in sicurezza dei versanti contigui alla sede ferroviaria, completando il programma di interventi che è già stato individuato e monitorando l'efficacia delle misure adottate;
    dal quadro di dettaglio emerge una situazione riguardante la regione Sardegna assolutamente più grave del resto del Paese, considerato che oltre a non aver previsto per la rete ferroviaria sarda nessun investimento la concentrazione di punti singolari appare notevolmente superiore alla media nazionale;
    in particolar modo risultano in Italia 688 piattaforme e rilevati cedevoli, quasi 70 sono individuati solo in Sardegna;
    sono catalogate come piattaforme e rilevati cedevoli e quindi soggetti a grave rischio gran parte dei tratti delle ferrovie della Sardegna;
    la Sardegna rispetto al resto del Paese risulta essere la maggiormente gravata da fenomeni di pericolo e la sicurezza delle tratte ferroviarie oggetto delle rilevazioni dei rischi risulta interessare l'intero tracciato ferroviario sardo; in nessuno dei punti rilevati in Sardegna esiste alcun tipo di monitoraggio automatizzato come invece richiesto dall'Agenzia di sicurezza delle Ferrovie; si registrano in Sardegna incidenti ferroviarie tra cui due recenti mortali;
    l'indice infrastrutturale della Sardegna risulta essere quello più basso in Italia;
    fatta base 100, l'indice infrastrutturale ferroviaria della Sardegna è 15;
    la commissione trasporti ha approvato lo scorso anno, all'unanimità, un parere al nuovo Contratto che prevedeva lo stanziamento di 100 milioni di euro per la Sardegna per far ripartire gli investimenti infrastrutturali fermatisi nel 2004,

impegna il Governo:

   a disporre nelle more della proroga del contratto di servizio l'avvio di tutti gli investimenti previsti con lo stanziamento dei 100 milioni e l'incremento degli stessi al fine di un urgente intervento di messa in sicurezza ed efficientamento dell'intera rete ferroviaria della Sardegna;
   a disporre con proprio atto la richiesta di rimodulazione del contratto di servizio in essere al fine di dar corso agli indirizzi parlamentari in base al rinnovo del contratto di programma con RFI.
9/4304/99Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    con le disposizioni contenute nell'articolo 14-quater del decreto-legge in esame, è stato prorogato il termine relativo all'applicazione sperimentale della lotteria nazionale legata agli scontrini limitatamente agli acquisti di beni o servizi, effettuati da persone fisiche residenti in Italia;
    il rinvio è giustificato da esigenze tecniche e di adeguata preparazione della rete deputata alla raccolta, posto che il prelievo sul gioco e le scommesse rientra in una complessa attività in costante diffusione che richiede un adeguato sviluppo dell'infrastruttura tecnologica, nonché il possesso di una idonea capacità professionale, anche al fine di assicurare all'utenza la trasparenza del servizio offerto;
    la raccolta di denaro derivante dai giochi pubblici costituisce una forma di prelievo volontario e che, al pari di analoghe attività di interesse per la collettività, quali la rivendita di generi di monopolio, necessita di una adeguata preparazione professionale, da verificare costantemente, in capo agli addetti;
    proprio per queste ragioni, l'espletamento dell'attività di rivendita di generi di monopolio, in base all'articolo 55, comma 2-quinquies del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni nella legge n.122 del 2010, prescrive l'obbligo dell'acquisizione dell'idoneità professionale in capo ai tabaccai, attraverso appositi corsi di formazione disciplinati sulla base di convenzione stipulata tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, da conseguirsi entro sei mesi dall'assegnazione della concessione, al fine precipuo di garantire la maggiore tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica;
    la particolare natura dell'attività svolta, con riferimento a prodotti peculiari come il tabacco, i giochi pubblici ed i servizi di interesse per la collettività, notoriamente caratterizzati da una disciplina attenta e rigorosa, e i costanti mutamenti che intervengono nelle relative regolamentazioni, determinano la necessità di prevedere soluzioni di legge che consentano di verificare periodicamente la sussistenza dell'imprescindibile idoneità professionale in capo agli addetti;
    in considerazione di tale situazione obiettiva, l'ordinamento ha ritenuto opportuno non solo mantenere la previsione della verifica di idoneità quale condizione per il rilascio della concessione, ma anche la necessità di garantire un costante aggiornamento professionale da verificare periodicamente, in modo che l'amministrazione, a tutela degli interessi erariali e degli utenti, possa concretamente ed effettivamente saggiare non solo l'originario possesso di requisiti abilitanti, ma anche il perdurante possesso in soggetti interposti nella circolazione di denaro e valori pubblici in finzione di intermediazione rispetto alla generalità degli utenti, dei quali quindi occorre garantire nel massimo grado la fiducia;
    per le suddette ragioni il Legislatore è recentemente intervenuto su tale normativa prevedendo, con l'articolo 1, comma 16-bis del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito con modificazioni della legge n. 225 del 2016, che il medesimo obbligo formativo venga adempiuto anche in sede di rinnovo della concessione, pena la decadenza della stessa;
    tuttavia, la formulazione del vigente punto 9 bis) dell'articolo 6 della legge 1293/1957, come modificato dalla citata legge n. 225 del 2016, che prevede l'obbligo di conseguire l'idoneità professionale «entro sei mesi dall'assegnazione o dal rinnovo» potrebbe prestarsi ad interpretazioni difformi, sebbene già sul piano sintattico e del linguaggio smentite da ogni approccio improntato ad obiettiva coerenza, lasciando erroneamente intendere che l'obbligo formativo sia applicabile soltanto una volta, o all'atto di acquisizione della concessione, ovvero al suo eventuale rinnovo;
    è invece di tutta evidenza, per le ragioni sopra evidenziate, che il Legislatore, consapevole della necessità di mantenere elevati standard professionali per la gestione della concessione, nell'intervenire con la norma intendesse assoggettare i rivenditori ad una formazione e ad un aggiornamento periodici, ad ogni rinnovo della concessione, finalizzati ad accertare ed eventualmente confermare l'idoneità professionale conseguita all'atto dell'assegnazione;
    tale esito interpretativo innanzi tutto contrasta con la dinamica dell'evoluzione legislativa, posto che se davvero fosse questa la volontà del legislatore – e come di seguito rappresentato così non è – non sarebbe stata mantenuta la previsione dell'obbligo di conseguimento del titolo attestante la idoneità professionale quale condizione per il rilascio della concessione;
    ogni diversa interpretazione sarebbe palesemente contraria allo spirito e al dettato del dato normativo di riferimento, posto che, in maniera del tutto irragionevole e illegittima, ipotizzando che il vaglio del possesso dei requisiti abilitanti possa essere alternativamente svolto al momento del rilascio della concessione ovvero in occasione dei rinnovi periodici della stessa, si finirebbe per ammettere che la concessione possa essere rilasciata anche nei confronti di soggetto già in tale momento non in possesso della dovuta capacità professionale (oggetto specifico di accertamento e valutazione in esito agli screening richiesti), e quindi che fin dall'origine l'atto di concessione sia viziato dal rilascio a soggetto di fatto non abilitato, per di più al quale sarebbe consentito almeno per nove anni continuare ad esercitare quelle delicate funzioni che così incisivamente impattano sulla fiducia degli utenti e sugli interessi erariali;
    tale esito sarebbe altresì in contrasto con l'articolo 55, comma 2-quinquies decreto legislativo n. 78/2010, sopra citato, che ha espressamente collegato la necessità della verifica dei prescritti requisiti di idoneità professionale alla «difesa della salute pubblica», che rappresenta senza ombra di dubbio un valore di così elevato rango costituzionale che non si ravvisano argomenti di sorta per ipotizzare una inammissibile e illegittima riduzione dei presidi già esistenti nell'ordinamento solo per una malintesa lettura di un dato normativo in verità inequivoco, senza che emerga il diverso interesse costituzionale che possa prevalere per giustificare tale inopinata riduzione delle misure di difesa della salute predette, come avverrebbe ammettendo la possibilità di un mercato che, a dispetto della rigorosa regolamentazione di settore anche di matrice UE e internazionale, consenta la possibilità di rilascio di un titolo abilitativo alla distribuzione di prodotti da fumo dei quali è oggettiva e visibilmente manifestata persino su ogni confezione la grave dannosità per la salute, anche a chi non sia stato verificato come idoneo in quanto in grado di padroneggiare le disposizioni che ne regolamentano la condotta a tutela dei valori superiori predetti;
   considerato inoltre che la assurda e illegittima lettura ipotizzata non considera che l'articolo 6 della legge n. 1293 del 1957 contiene l'elenco di una serie di condizioni inequivocabilmente incompatibili non solo con il permanere della concessione, ma con il suo stesso rilascio (minore età, cittadinanza, stato di interdetto o inabilitato, talune condanne penali, e così via) e che pertanto non si comprende come in questo contesto possa ammettersi che inspiegabilmente taluno dei requisiti richiesti possa essere «dimenticato» per almeno nove anni, tanto da dover essere verificato non al momento del rilascio della concessione ma all'atto del rinnovo, esito del tutto privo di coerenza rispetto al senso compiuto che invece ha la previsione in argomento contenuta proprio quale completamento delle condizioni imprescindibili per il rilascio della concessione e la sua permanenza in capo all'interessato;
    tale situazione, oltre che contraria allo spirito e alla lettera della legge, come rammentato, genererebbe una singolare e ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti sottoposti alla verifica al momento del rilascio della concessione – come condizione di tale rilasciò – e soggetti invece che risulterebbero abilitati a operare nello stesso settore regolamentato con tanto rigore, ma sottratti allo stesso adempimento posto a tutela del funzionamento del sistema prefigurato, e pertanto a tutela degli interessi dell'Erario e degli utenti;
    l'ipotesi interpretativa rappresentata, oltre che illegittima e contraria alla normativa per le ragioni indicate, risulterebbe illegittima anche in quanto non si capisce in base a quale criterio oggettivo e predeterminato si potrebbe selezionare i soggetti da sottoporre alla prescritta verifica di capacità professionale; con la conseguenza che ogni scelta dell'amministrazione rischierebbe di risultare arbitraria, con ricadute immediate sia sulle esigenze di tutela della generalità degli utenti, sia delle casse pubbliche al punto tale che, nell'evenienza che si verifichino episodi di mala gestio da parte di taluno dei soggetti per i quali la prescritta verifica non fosse ancora compiuta si potrebbe prefigurare una responsabilità in sede contabile, disciplinare o dirigenziale per chi non avesse inserito anche tali soggetti nel novero di quelli da sottoporre tempestivamente a verifica; senza contare il rischio più che concreto del proliferare di un diffuso contenzioso da parte di tutti gli altri invece assoggettati a verifica iniziale e periodica, ma con cadenze temporali diverse, sì da essere costretti ad operare nello stesso mercato regolamentato ma con condizioni del tutto difformi, tali da indubbiamente avvantaggiare taluno (per il quale almeno per nove anni non si svolgerebbero le dovute verifiche di idoneità professionale), a differenza di altri;
    il complesso di tali argomentazioni milita in senso inequivoco per l'unica interpretazione sintatticamente, logicamente e giuridicamente sostenibile in maniera fondata, e pertanto che la prescritta verifica di idoneità professionale non solo è dovuta quale condizione per il rilascio della concessione, ma opera altresì in occasione di tutti i rinnovi periodici previsti dalla disciplina di settore, potendo parimenti comportare la decadenza in caso di accertamento negativo,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura interpretativa ed attuativa coerente con quanto specificato in parte motiva, a tutela della salute pubblica e degli interessi erariali e degli utenti coinvolti.
9/4304/100Leva, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    le dighe considerato il grado di rischio ad esse connesso, sono strutture assoggettate ad un quadro normativo specifico, sia dal punto di vista progettuale che gestionale;
    le norme tecniche di riferimento di cui al decreto ministeriale delle infrastrutture 26 giugno 2014, sono oggetto di monitoraggio di una commissione appositamente costituita (decreto ministeriale 399 del 3 dicembre 2015) che terminerà il proprio mandato il prossimo 28 febbraio;
    sarebbe opportuno consentire alla commissione di proseguire la propria attività di monitoraggio delle norme tecniche sulle dighe, anche alla luce dei recenti eventi sismici che hanno interessato gli sbarramenti presenti nell'Italia centrale;
   il prolungamento dell'attività della commissione comporterebbe inoltre la possibilità di covigenza delle norme tecniche del 2014 e di quelle antecedenti (1982) impostate su criteri più consoni a strutture di non recentissima costruzione,

impegna il Governo

a prorogare l'attività della Commissione di monitoraggio per la fase di prima applicazione delle nuove norme sulle dighe e l'elaborazione di una nuova proposta di aggiornamento, al fine di consentire il completamento della propria attività di revisione.

9/4304/101Giovanna Sanna, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    le dighe considerato il grado di rischio ad esse connesso, sono strutture assoggettate ad un quadro normativo specifico, sia dal punto di vista progettuale che gestionale;
    le norme tecniche di riferimento di cui al decreto ministeriale delle infrastrutture 26 giugno 2014, sono oggetto di monitoraggio di una commissione appositamente costituita (decreto ministeriale 399 del 3 dicembre 2015) che terminerà il proprio mandato il prossimo 28 febbraio;
    sarebbe opportuno consentire alla commissione di proseguire la propria attività di monitoraggio delle norme tecniche sulle dighe, anche alla luce dei recenti eventi sismici che hanno interessato gli sbarramenti presenti nell'Italia centrale;
   il prolungamento dell'attività della commissione comporterebbe inoltre la possibilità di covigenza delle norme tecniche del 2014 e di quelle antecedenti (1982) impostate su criteri più consoni a strutture di non recentissima costruzione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare l'attività della Commissione di monitoraggio per la fase di prima applicazione delle nuove norme sulle dighe e l'elaborazione di una nuova proposta di aggiornamento, al fine di consentire il completamento della propria attività di revisione.

9/4304/101. (Testo modificato nel corso della seduta) Giovanna Sanna, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nel presente Decreto si prevede lo slittamento di un anno del provvedimento che obbliga le aziende, tra i 15 e i 35 dipendenti, i partiti, i sindacati e tutte le organizzazioni che operano nel campo del sociale, ad assumere un lavoratore disabile, anche in assenza di nuove assunzioni per ottemperare agli obblighi di legge;
    il tasso di disoccupazione nel mondo della disabilità è altissimo e sfiora quasi l'80 per cento,

impegna il Governo

a considerare la possibilità di mettere in atto ogni azione utile a favorire il diritto al lavoro delle persone con disabilità.

9/4304/102Giorgio Piccolo, Sgambato, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 8 del disegno di legge in esame si prevede una proroga per l'anno 2017 della validità dei limiti massimi vigenti di lavoro straordinario consentito per il personale dei corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato);
    i limiti di cui sopra, sono relativi al numero complessivo massimo di prestazioni orarie aggiuntive da retribuire come lavoro straordinario che, ai sensi dell'articolo 43, comma 13, della legge n. 121 del 1981, deve essere stabilito annualmente con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    la disposizione di cui sopra va nella giusta direzione di evitare l'irregolare pagamento delle ore di lavoro alle forze dell'ordine e, nel contempo, porta all'attenzione del Parlamento il tema dell'inadeguatezza delle retribuzioni corrisposte agli operatori delle forze dell'ordine;
    come da tempo denunciato dalle rappresentanze sindacali di categoria, le retribuzioni previste per gli operatori delle forze dell'ordine sono del tutto inadeguate rispetto al ruolo da queste svolte per il mantenimento dell'ordine pubblico e per la tutela dei cittadini, soprattutto se si raffrontano dette retribuzioni con quelle previste per gli operatori di polizia di altre democrazie avanzate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative di propria competenza perché agli operatori delle Forze di polizia sia garantita non solo l'erogazione regolare del pagamento delle ore di lavoro straordinario, ma perché si continui ad operare al fine di assicurare agli appartenenti delle Forze dell'Ordine una retribuzione adeguata, anche tenendo conto delle tabelle retributive applicate in altre democrazie avanzate.

9/4304/103Gregorio Fontana, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 8 del disegno di legge in esame si prevede una proroga per l'anno 2017 della validità dei limiti massimi vigenti di lavoro straordinario consentito per il personale dei corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato);
    i limiti di cui sopra, sono relativi al numero complessivo massimo di prestazioni orarie aggiuntive da retribuire come lavoro straordinario che, ai sensi dell'articolo 43, comma 13, della legge n. 121 del 1981, deve essere stabilito annualmente con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    la disposizione di cui sopra va nella giusta direzione di evitare l'irregolare pagamento delle ore di lavoro alle forze dell'ordine e, nel contempo, porta all'attenzione del Parlamento il tema dell'inadeguatezza delle retribuzioni corrisposte agli operatori delle forze dell'ordine;
    come da tempo denunciato dalle rappresentanze sindacali di categoria, le retribuzioni previste per gli operatori delle forze dell'ordine sono del tutto inadeguate rispetto al ruolo da queste svolte per il mantenimento dell'ordine pubblico e per la tutela dei cittadini, soprattutto se si raffrontano dette retribuzioni con quelle previste per gli operatori di polizia di altre democrazie avanzate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare iniziative di propria competenza perché agli operatori delle Forze di polizia sia garantita non solo l'erogazione regolare del pagamento delle ore di lavoro straordinario, ma perché si continui ad operare al fine di assicurare agli appartenenti delle Forze dell'Ordine una retribuzione adeguata, anche tenendo conto delle tabelle retributive applicate in altre democrazie avanzate.

9/4304/103. (Testo modificato nel corso della seduta) Gregorio Fontana, Palese.


MOZIONI BERGAMINI ED ALTRI N. 1-01249, COLLETTI ED ALTRI N.  1-00239, PALESE ED ALTRI N. 1-01513, MAROTTA E BOSCO N. 1-01515, MATTIELLO, DAMBRUOSO ED ALTRI N. 1-01516, ANDREA MAESTRI ED ALTRI N. 1-01517, VEZZALI ED ALTRI N. 1-01518, MOLTENI ED ALTRI 1-01519 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01520 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AD AGEVOLARE IL TRASFERIMENTO DI DETENUTI STRANIERI NEI PAESI D'ORIGINE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la questione della presenza di detenuti stranieri nelle carceri è uno dei temi attualmente più condizionanti il sistema penitenziario italiano, data l'incidenza sull'annoso problema del sovraffollamento. Il fenomeno è poi strettamente connesso al considerevole aumento dei flussi migratori e delle inevitabili ripercussioni sul fronte della criminalità;
    il principale strumento per attuare il trasferimento delle persone condannate è la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983, che l'Italia ha ratificato nel 1988: la Convenzione ha infatti lo scopo di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo ad uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo Paese d'origine;
    la procedura di trasferimento delle persone condannate prevede, quindi, per il condannato che sta già scontando la pena, il trasferimento in un altro Paese, generalmente quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena. Essa opera su un piano diverso rispetto all'estradizione e agli altri strumenti di cooperazione giudiziaria: ha finalità prevalentemente di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate avvicinandole al loro Paese d'origine, in modo tale da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano umano, sociale e culturale, oltreché per l'assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall'esecuzione della pena in un paese straniero;
    in tale prospettiva, risulta comprensibile la necessità del consenso della persona interessata, diversamente da quanto avviene generalmente nelle procedure estradizionali o di consegna, che prescindono dal consenso dell'interessato, come nel caso dell'applicazione della decisione quadro 2008/909/GAI (sul mutuo riconoscimento delle sentenze che irrogano pene detentive e altre misure limitative della libertà personale), che ha un ambito applicativo limitato ai soli Paesi europei, ma che non richiede il consenso;
    l'ambito applicativo della Convenzione di Strasburgo è invece esteso a ben 65 Paesi: aperto alla firma anche degli Stati non membri del Consiglio d'Europa, ad oggi è stato ratificato da tutti i Paesi membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco, nonché da Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, Israele, Mauritius, Messico, Panama, Stati-Uniti d'America, Tonga, Trinidad e Tobago, Venezuela;
    la Convenzione stabilisce che il trasferimento del condannato possa essere richiesto sia dallo Stato nel quale la condanna è stata pronunciata (Stato di condanna) sia dallo Stato di cittadinanza del condannato (Stato dell'esecuzione), che dal condannato stesso, e che esso sia comunque subordinato al consenso degli Stati interessati oltre che a quello del condannato, precedentemente richiamato;
    allo stesso modo il trattato individua anche la procedura per l'esecuzione della condanna dopo il trasferimento, in base alla quale, tra l'altro, una sanzione privativa della libertà non può mai essere convertita in una sanzione pecuniaria;
    le strutture carcerarie italiane sono caratterizzate da sovraffollamento cronico, carenza di organico degli agenti penitenziari e insufficiente presenza di psicologi e operatori per l'assistenza e il recupero sociale dei detenuti;
    la condizione carceraria appare troppo spesso distante dal dettato costituzionale e dagli impegni internazionali dell'Italia sulla funzione rieducativa della pena e sul rispetto dei diritti e delle dignità delle persone;
    lo stesso rapporto esplicativo della Convenzione, redatto sulla base delle discussioni del Comitato di esperti governativi che hanno redatto il trattato, e sottoposto alla lettura Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa, sottolinea come la finalità dell'Accordo sia quella di «stabilire una procedura semplice, veloce e flessibile» per il trasferimento dei condannati stranieri, tenuto conto del fatto che l'accresciuta mobilità delle persone e la semplificazione delle comunicazioni ha favorito l'internazionalizzazione del crimine. Che i condannati scontino la pena nel loro Paese di origine, argomentavano gli esperti già all'inizio degli anni Ottanta, è utile alla loro riabilitazione, che sicuramente non può svolgersi appieno in un Paese di cui non conoscano bene la lingua e di cui non condividano gli usi. Allo stesso modo, le differenze linguistiche rendono difficile anche per gli operatori carcerari la comprensione dei detenuti e, quindi, la prevenzione di fenomeni di delinquenza in carcere e finanche, si deve aggiungere oggi, di radicalizzazione terroristica;
    l'Italia è stata più volte condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) per le condizioni inumane in cui vivono i detenuti nelle proprie carceri, mentre i sindacati degli agenti penitenziari non cessano di sottolineare le difficili condizioni in cui lavorano gli operatori in carcere;
    nell'anno 2015 in Italia si è registrato un numero di detenuti di circa 54.000 unità. Tra questi, i detenuti stranieri erano circa 17.500, ovvero circa il 32 per cento dell'intera popolazione carceraria; i dati aggiornati al 31 marzo 2016 sono assolutamente in linea con quelli dell'anno precedente: dei circa diciottomila stranieri presenti nelle carceri italiane (17.920), 11.000 sono provenienti da Paesi di religione islamica e sette o otto mila praticanti islamisti (dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria);
    il trasferimento dei detenuti stranieri condannati in Italia nel proprio Paese di origine, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e facilitare la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche di matrice terroristica;
    di recente, lo stesso Ministro della giustizia ha avuto modo di riportare i dati (forniti anche al Copasir da Santi Consolo, capo del dipartimento della amministrazione penitenziaria) relativi al rischio del proselitismo e della radicalizzazione jihadista nelle carceri: le persone coinvolte in un percorso di radicalizzazione, con diverse gradazione di adesione, sono circa 360. Un fenomeno che coinvolge un numero di persone comunque non trascurabile, che interessa anche il circuito minorile, e che risulta, in ogni caso, allarmante;
    stando ai dati dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione pubblicato dall'associazione Antigone, il costo per ogni singolo detenuto nelle carceri italiane si attesta sui 150 euro al giorno. Si può dunque stimare in oltre 2,6 milioni di euro il costo giornaliero relativo alla popolazione carceraria straniera detenuta in Italia nel solo 2015;
    le nazionalità straniere maggiormente presenti nelle carceri italiane, con percentuali maggiori o uguali al 10 per cento del totale, secondo i dati del Ministero della giustizia, sono quella marocchina (16 per cento), rumena (15 per cento), albanese (14 per cento) e tunisina (10 per cento);
    Romania e Albania, come sopra riportato, hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo: il trasferimento dei condannati verso questi Paesi è quindi già oggi possibile. Per quanto riguarda gli altri Paesi, questi possono essere invitati a ratificare la stessa Convenzione, ovvero si possono firmare accordi bilaterali con gli stessi finalizzati ad ottenere lo stesso risultato;
    né il Governo né i Ministeri competenti, invece, incentivano l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;
    il numero di trasferimenti di detenuti stranieri, infatti, è talmente irrilevante che questi non vengono neppure conteggiati nelle statistiche ufficiali dell'Istat e del Ministero della giustizia. Tuttavia, il Governo, opportunamente interrogato sul punto dai sottoscrittori del presente atto di indirizzo, ha comunicato che negli anni 2014-2015 si è registrata una sia pur contenuta crescita del numero complessivo dei detenuti trasferiti nei Paesi di origine, in numero di 133 per l'anno 2014 e 149 per il 2015; la Romania è il Paese che ha registrato il maggiore incremento nelle consegne, passando dalle 70 unità del 2014 alle 110, censite nel 2015;
    lo stesso Ministero della giustizia, nell'ambito della discussione dell'atto di sindacato ispettivo citato, ha dichiarato che, ad oggi, sono in vigore accordi per il trasferimento dei condannati con Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana ed Egitto. Il Parlamento ha, inoltre, autorizzato la ratifica sul trattato con il Brasile;
    è poi in corso di esame presso la Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati il disegno di legge di ratifica della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014, già approvata dal Senato della Repubblica,

impegna il Governo:

1) a promuovere accordi bilaterali volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti provenienti dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia, e, più in generale, con quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane; ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;
2) ad adoperarsi, presso le sedi internazionali, per invitare i Paesi non firmatari ad aderire alla Convenzione di Strasburgo;
3) a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, anche attraverso la promozione della conoscenza dello strumento del trasferimento e il confronto con gli organi giudiziari competenti nazionali e dei Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari, come l'Albania e la Romania;
4) ad informare annualmente il Parlamento in merito ai dati relativi all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché in riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01249) «Bergamini, Ravetto, Centemero, Brunetta, Gregorio Fontana».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a promuovere accordi bilaterali volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti provenienti dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia, e, più in generale, con quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane; ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;
2) ad adoperarsi, presso le sedi internazionali, per invitare i Paesi non firmatari ad aderire alla Convenzione di Strasburgo;
3) a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, anche attraverso la promozione della conoscenza dello strumento del trasferimento e il confronto con gli organi giudiziari competenti nazionali e dei Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari, come l'Albania e la Romania;
4) ad informare annualmente il Parlamento in merito ai dati relativi all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché in riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01249)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Bergamini, Ravetto, Centemero, Brunetta, Gregorio Fontana».


   La Camera,
   premesso che:
    le carceri italiane ospitano attualmente 18.825 detenuti stranieri su un totale di 55.381 ristretti;
    la percentuale media nazionale degli stranieri detenuti in Italia è del 34 per cento, ma a livello locale, soprattutto nel Nord Italia, la percentuale è stabilmente attorno al 50 per cento. Nella casa circondariale di Cremona, ad esempio, la presenza di detenuti stranieri è il 66 per cento del totale;
    l'Italia ha aderito alla convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti assieme ad altri 60 Paesi. Ha poi stretto accordi bilaterali con altri sette che erano rimasti fuori dalla Convenzione, ma non con quelli che più pesano sul conto del sovraffollamento delle carceri;
mancano, infatti, all'appello proprio i Paesi che affollano maggiormente le nostre carceri: il Marocco con 4.249 detenuti (18,7 per cento del totale), la Romania con 3.674 detenuti (16,1 per cento) e la Tunisia con 2.774 unità (12,2 per cento);
    per quanto riguarda invece l'Albania (2.787 detenuti, 12 per cento), un accordo specifico è stato siglato nel 2002. Quanti albanesi siano poi stati effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio è impossibile saperlo, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non viene neppure monitorato a fini statistici;
    i ristretti di nazionalità straniera che maggiormente affollano le nostre carceri provengono dal Marocco con 3.359 detenuti (17,8 per cento del totale), dalla Romania con 2.725 detenuti (14,5 per cento), dall'Albania con 2486 detenuti (13,2 per cento), dalla Tunisia con 2.041 detenuti (10,8 per cento), dalla Nigeria con 897 detenuti (4,85) e dall'Egitto con 706 detenuti (3,8 per cento);
    sebbene, come comunicato in Commissione giustizia della Camera dei deputati dal Sottosegretario di Stato alla giustizia pro tempore in data 7 aprile 2016, sia con il Marocco che con l'Albania siano stati «stipulati anche accordi aggiuntivi, congegnati in modo da consentire il trasferimento, pur in assenza del consenso del condannato, ove sussistano determinati presupposti» e che «con l'Albania è stato, inoltre, stretto un accordo secondo cui lo Stato italiano potrà chiedere l'esecuzione nel Paese delle condanne emesse dai giudici italiani nei confronti dei cittadini albanesi localizzati in Albania, ed è stata, altresì, riaperta la procedura per la destinazione di un magistrato di collegamento italiano», quanti albanesi siano poi stati effettivamente trasferiti nell'ultimo decennio è impossibile saperlo, dal momento che il numero di rimpatri autorizzati è talmente esiguo che non risulta essere neppure monitorato a fini statistici, così come non sono organicamente presenti fra le statistiche del Ministero della giustizia i dati relativi ai rimpatri;
    gli stranieri detenuti in Italia che stanno scontando attualmente una condanna definitiva, e che potrebbero quindi essere trasferiti, sono 10.916;
    il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha calcolato un costo medio per detenuto di 124,6 euro al giorno;
    la sottoscrizione di nuovi accordi bilaterali per il rimpatrio degli stranieri e l'attuazione di quelli già in essere consentirebbero allo Stato di risparmiare oltre mezzo miliardo di euro che potrebbe essere destinato alla costruzione di nuove strutture, all'ammodernamento di quelle esistenti e all'incentivo di forme rieducative e di reinserimento;
    va ricordato che l'Italia ha aderito alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento dei detenuti con un ambito applicativo di 45 Paesi, in base alla quale, tuttavia, è stato richiesto il consenso del detenuto condannato al trasferimento; mentre, con il decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 ha attuato la delega conferita al Governo con la legge comunitaria 2008 (legge n. 88 del 2009) per conformare il diritto interno alla decisione quadro europea 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea; decisione che, avendo come ambito di applicazione i soli Paesi europei, non richiede il consenso del detenuto; ed ha, infine, stretto accordi bilaterali, con alcuni dei Paesi esteri non aderenti alla Convenzione quali Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana ed Egitto. Si tratta di un'attività diplomatica che tuttavia non ha sortito adeguati o apprezzabili risultati, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, come si può evincere dai dati riportati in premessa,

impegna il Governo:

1) a verificare lo stato di applicazione della legge 28 luglio 2016, n.152, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità marocchina in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità, e ad assumere iniziative per aggiornare la Convenzione con il Regno del Marocco, prevedendo la non necessarietà del consenso al rimpatrio del detenuto straniero, così come attualmente previsto dall'articolo 13 della suddetta Convenzione;
2) alla luce della decisione quadro europea 2008/909/GAI, a verificare lo stato di applicazione dell'accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatta a Roma il 13 settembre 2003, e ratificata con la legge 30 dicembre 2005, n. 281, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità romena in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità;
3) a verificare lo stato di applicazione dell'accordo aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, fatta a Roma il 24 aprile 2002, e ratificato con la legge 11 luglio 2003, n. 204, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità albanese in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità e ad assumere iniziative volte ad aggiornare tale Accordo, prevedendo l'esclusione delle limitazioni di cui all'articolo 3, comma 1;
4) ad attivarsi con urgenza per sottoscrivere accordi bilaterali, ovvero ulteriori accordi integrativi qualora necessari, con la Tunisia, al fine di estendere ai detenuti di quelle nazionalità gli effetti della convenzione di Strasburgo del 1983;
5) a verificare lo stato di applicazione della legge 7 febbraio 2013, n. 14, concernente la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Araba di Egitto sul trasferimento delle persone condannate relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità egiziana in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità, e ad assumere iniziative per aggiornare tale accordo prevedendo la non necessarietà del consenso al rimpatrio del detenuto straniero, così come attualmente previsto dall'articolo 8 del suddetto accordo;
6) ad assumere iniziative per inserire nei predetti accordi apposite disposizioni volte al riconoscimento automatico, anche senza il consenso del detenuto, delle sentenze emesse all'estero ed al rimpatrio di tutti i detenuti stranieri condannati in via definitiva;
7) ad assumere iniziative per integrare e rafforzare in tale direzione le norme di cui al decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010 in materia di riconoscimento all'estero delle sentenze penali emesse in Italia secondo i principi espressi nella decisione quadro 2008/909/GAI dell'Unione europea;
8) a considerare anche l'opportunità di concedere, in favore dei Paesi firmatari degli accordi bilaterali, il riconoscimento di un contributo economico da parte dello Stato italiano proporzionato alle spese di mantenimento dei propri detenuti presso le loro carceri, in quota parte rispetto al costo sostenuto dall'Italia quotidianamente, che allo stato attuale è pari ad euro 124,6 giornaliero per detenuto;
9) a concorrere infine alla predisposizione di validi strumenti di monitoraggio e di controllo riguardanti l'attuazione della Convenzione di Strasburgo del 1983, dei regolamenti europei in materia e degli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi esteri.
(1-00239)
(Nuova formulazione) «Colletti, Businarolo, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Scagliusi, Rostellato, Cecconi, Spadoni, Grillo, D'Uva, Cozzolino, Lorefice, Liuzzi, Frusone, Ruocco, Ciprini».


   La Camera

impegna il Governo:

1) alla luce della decisione quadro europea 2008/909/GAI, a verificare lo stato di applicazione dell'accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatta a Roma il 13 settembre 2003, e ratificata con la legge 30 dicembre 2005, n. 281, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità romena in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità;
2) a verificare lo stato di applicazione dell'accordo aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, fatta a Roma il 24 aprile 2002, e ratificato con la legge 11 luglio 2003, n. 204, relativamente al rimpatrio dei detenuti di nazionalità albanese in Italia, anche al fine di valutarne l'efficacia o evidenziarne le criticità e ad assumere iniziative volte ad aggiornare tale Accordo, prevedendo l'esclusione delle limitazioni di cui all'articolo 3, comma 1;
3) ad attivarsi con urgenza per sottoscrivere accordi bilaterali, ovvero ulteriori accordi integrativi qualora necessari, con la Tunisia, al fine di estendere ai detenuti di quelle nazionalità gli effetti della convenzione di Strasburgo del 1983;
4) a concorrere infine alla predisposizione di validi strumenti di monitoraggio e di controllo riguardanti l'attuazione della Convenzione di Strasburgo del 1983, dei regolamenti europei in materia e degli accordi bilaterali sottoscritti con i Paesi esteri.
(1-00239)
(Nuova formulazione) (Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Colletti, Businarolo, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Gagnarli, L'Abbate, Parentela, Scagliusi, Rostellato, Cecconi, Spadoni, Grillo, D'Uva, Cozzolino, Lorefice, Liuzzi, Frusone, Ruocco, Ciprini».


   La Camera,
   premesso che:
    le carceri italiane sono ancor oggi caratterizzate da un sovraffollamento inaccettabile, con carenze strutturali, di organico nelle diverse figure professionali, a cominciare dagli agenti penitenziari, dagli psicologi e dal personale medico e paramedico e con una presenza del tutto insufficiente di psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali;
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, per quanto concerne il fenomeno del sovraffollamento carcerario, si evidenzia come siano proseguite le azioni improntate ad un «ripensamento complessivo del sistema penitenziario, tramite l'adozione di misure di carattere strutturale, normative ed organizzative, finalizzate a superare definitivamente un modello di detenzione sostanzialmente caratterizzato da passività e segregazione, mirando alla rieducazione e al reinserimento sociale, potenziando le misure alternative al carcere e riducendo la custodia cautelare, verso l'adozione di un modello in linea con le migliori prassi in ambito europeo». Da un punto di vista numerico, anche per effetto delle modifiche legislative introdotte negli ultimi anni, si è registrata una riduzione, nell'arco di circa quattro anni, di circa undicimila unità rispetto al dato 2013, anno di pubblicazione della cosiddetta sentenza «Torreggiani», relativa alle misure compensative da riconoscere ai detenuti per il pregiudizio subìto dalle condizioni di sovraffollamento;
    tale ottimistica rappresentazione si scontra con la realtà che vede, nell'ultimo anno, una netta ripresa del sovraffollamento carcerario, essendosi passati dai 52.164 detenuti al 31 dicembre 2015 ai 54.653 del 31 dicembre 2016, con un incremento di ben 2.500 unità. Lo stesso Ministro della giustizia, in una recente intervista, ha dovuto ammettere che il quadro «non è ancora roseo» ed «esistono tuttora situazioni difficili» e che il rischio di ripiombare in una nuova emergenza non è alle nostre spalle;
    secondo gli ultimi dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato – sezione statistica, i detenuti presenti nei 191 istituti penitenziari al 31 gennaio 2017 sono 55.381, di cui 2.228, a fronte di una capienza regolamentare di 50.174 posti. I detenuti stranieri presenti alla stessa data erano 18.825, di cui 870 donne e 17.955 uomini;
    in base alla posizione giuridica, dei 55.381 detenuti presenti, 9.729 sono in attesa di giudizio e 35.706 scontano una condanna definitiva; di questi sono 4.074 i detenuti di origine straniera in attesa di giudizio e 10.916 quelli con sentenza passata in giudicato;
    le nazionalità straniere maggiormente rappresentate, secondo le tabelle ministeriali, sono quella marocchina (17,8 per cento) quella rumena (14,5 per cento), quella albanese (13,2 per cento), quella tunisina (10,8 per cento), quella nigeriana (4,8 per cento);
    nella relazione del Ministero sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2016, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ha dedicato uno specifico capitolo alla «Prevenzione della radicalizzazione», che viene attuata con una costante attività di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento. Con tale attività l'amministrazione mira a conoscere ogni aspetto della realtà individuale e relazionale dei soggetti, al fine di mettere in campo i necessari strumenti preventivi e di controllo dei fenomeni di fanatismo violento, discernendo la legittima pratica religiosa dal fanatismo radicale;
    la procedura di monitoraggio si basa su tre livelli: «monitoraggio», per soggetti reclusi per reati connessi al terrorismo internazionale e che mostrano atteggiamenti tendenti a forme di proselitismo, radicalizzazione e/o di reclutamento; «attenzionamento», per i soggetti che hanno posto in essere più atteggiamenti che fanno presupporre una vicinanza a ideologie jihadiste; «segnalazione», per quei detenuti che meritano approfondimento per la valutazione successiva di inserimento nei livelli precedenti;
    i soggetti attualmente sottoposti a specifico «monitoraggio» sono complessivamente 165, a cui si aggiungono 76 detenuti «attenzionati» e 124 «segnalati», per un totale di 365 individui. Attualmente i detenuti ristretti per il reato di terrorismo internazionale monitorati, sono 44;
    sono stati 34 i soggetti dimessi per fine pena per i quali, accertata un'adesione alle ideologie jihadiste, sono stati emessi provvedimenti amministrativi di espulsione;
    sulla base delle nazionalità di appartenenza il Dap ha stimato che circa 11.029 stranieri detenuti provengono da Paesi tradizionalmente di religione musulmana; tra questi, ben 7.646 sono «praticanti», ossia effettuano la preghiera attenendosi ai dogmi della propria religione; tra i «praticanti», 148 sono Imam e 20 si sono convertiti all'islam durante la detenzione;
    con lo strumento del trasferimento delle persone condannate è consentito ai cittadini di uno Stato, detenuti in espiazione di pena in un altro Stato, di essere trasferiti in quello d'origine per la continuazione dell'espiazione della pena stessa. Lo strumento giuridico di maggiore applicazione in tale materia, ai fini dell'esecuzione di condanne definitive, è la Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata con la legge 25 luglio 1988 n. 334;
    la Convenzione ha quale scopo principale di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo ad uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo paese d'origine. A tal fine, una persona condannata nel territorio di una Parte può manifestare, presso lo Stato di condanna, o presso lo Stato di esecuzione, il desiderio di essere trasferita in applicazione della Convenzione. Il trasferimento può essere anche richiesto o dallo Stato di condanna, o dallo Stato di esecuzione. In ogni caso, la persona condannata – o il suo rappresentante legale – deve acconsentire al trasferimento;
    una persona condannata può essere trasferita in applicazione della Convenzione se è cittadina dello Stato di esecuzione; se la sentenza è definitiva; se la durata della pena che la persona condannata deve ancora scontare è di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata; se gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; se lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione sono d'accordo sul trasferimento;
    le autorità competenti dello Stato di esecuzione devono continuare l'esecuzione della condanna o convertire la stessa, per mezzo di una procedura giudiziaria o amministrativa, in una decisione di detto Stato, sostituendo in tal modo la pena inflitta nello Stato di condanna con una sanzione prevista dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso reato. Va ricordato che l'esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato è l'unico competente a prendere ogni decisione al riguardo;
    in caso di continuazione dell'esecuzione, lo Stato di esecuzione è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo Stato di condanna. Tuttavia, se la natura o la durata della sanzione sono incompatibili con la legge dello Stato di esecuzione, o se la sua legge lo esige, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, la sanzione può essere adattata alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato, che però non può essere più grave, per natura o durata, della sanzione imposta nello Stato di condanna, né eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione;
    il Trattato ad oggi è stato ratificato da tutti Paesi membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco, nonché da Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, Israele, Mauritius, Messico, Mongolia, Panama, Stati Uniti d'America, Tonga, Trinidad e Tobago, Venezuela;
    la possibilità di scontare la pena nel Paese di origine è utile al reinserimento, venendo meno problematiche linguistiche e culturali;
    il trasferimento nel loro Paese di origine dei detenuti stranieri condannati in Italia, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e facilitare la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche terroristica;
    accanto ad una seria politica di adeguamento strutturale degli istituti penitenziari, anche con la previsione di nuove costruzioni, ad un adeguamento delle piante organiche del personale e ad una maggiore applicazione del trasferimento delle persone condannate negli Stati di provenienza, non vi è dubbio che determinanti, per un sistema carcerario più in linea col dettato costituzionale, saranno tutte quelle iniziative normative volte ad un adeguamento del sistema dell'esecuzione della pena detentiva;
    attualmente, presso il Senato della Repubblica, è in discussione il disegno di legge governativo recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario. Sulle modifiche all'ordinamento penitenziario si è potuta registrare una considerevole convergenza delle forze politiche, restando altresì forti le differenze sulle restanti parti del provvedimento;
    sarebbe auspicabile che questo Parlamento, nei pochi mesi che oramai separano dal termine, naturale o anticipato, della XVII legislatura, fosse in grado di approvare in via definitiva almeno questa parte della riforma, dando così un segnale forte all'intero mondo giudiziario e carcerario,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi, in tutte le sedi internazionali, per favorire la sottoscrizione della Convenzione di Strasburgo anche da parte di quei Paesi che non hanno aderito;
2) a promuovere, nel rispetto dello spirito della Convenzione di Strasburgo, accordi bilaterali con quegli Stati che ancora non hanno in essere strumenti giuridici per il trasferimento di propri connazionali condannati in via definitiva nel nostro Paese;
3) a favorire la conoscenza tra la popolazione straniera presente negli istituti penitenziari italiani della Convenzione di Strasburgo;
4) a mantenere informato il Parlamento in merito ai dati relativi all'applicazione delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo e degli accordi bilaterali sottoscritti per il rimpatrio di detenuti stranieri;
5) ad assumere iniziative per potenziare, anche attraverso maggiori dotazioni di mezzi, personale e risorse, gli strumenti di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento.
(1-01513)
(Nuova formulazione) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi, in tutte le sedi internazionali, per favorire la sottoscrizione della Convenzione di Strasburgo anche da parte di quei Paesi che non hanno aderito;
2) a promuovere, nel rispetto dello spirito della Convenzione di Strasburgo, accordi bilaterali con quegli Stati che ancora non hanno in essere strumenti giuridici per il trasferimento di propri connazionali condannati in via definitiva nel nostro Paese;
3) a favorire la conoscenza tra la popolazione straniera presente negli istituti penitenziari italiani della Convenzione di Strasburgo;
4) a mantenere informato il Parlamento in merito ai dati relativi all'applicazione delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo e degli accordi bilaterali sottoscritti per il rimpatrio di detenuti stranieri;
5) ad assumere iniziative per potenziare, anche attraverso maggiori dotazioni di mezzi, personale e risorse, gli strumenti di monitoraggio dei soggetti ristretti per reati di terrorismo internazionale e di coloro che sono segnalati per presunte attività di proselitismo e di reclutamento.
(1-01513)
(Nuova formulazione) (Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    la problematica relativa al potenziamento del trasferimento dei detenuti nei Paesi di origine è particolarmente complessa e delicata;
    l'obiettivo della riduzione della popolazione carceraria nel nostro Paese può essere perseguito, tenendo presente l'aspetto umanitario, anche attraverso l'applicazione degli strumenti di cooperazione internazionale che consentano alle persone straniere detenute di espiare nei Paesi di origine la pena loro inflitta in Italia. Tra l'altro, la percentuale italiana della componente reclusa immigrata è superiore alla media europea. Mentre per quanto concerne il fenomeno della radicalizzazione dei detenuti nelle carceri questo appare non particolarmente grave rispetto ad altre Nazioni anche se la situazione va costantemente monitorata e tenuta sotto debito controllo;
    si parla di trasferimento di persone condannate per indicare la procedura in base alla quale un condannato, che sta già scontando la pena in un Paese estero, viene trasferito in quello di origine per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena;
    la Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983 ha un ambito applicativo esteso a 45 Paesi, ma richiede il consenso del condannato. Al contrario, la decisione quadro 2008/909/ GAI ha un ambito di applicazione più ristretto (i soli Paesi europei) ma non richiede il consenso. Tale decisione prevede una procedura di trasferimento semplificata basata sulla presunzione che il luogo di origine del condannato sia, salva prova di radicamento altrove, quello ove egli intrattiene legami sociali, familiari, culturali e linguistici e quindi più favorevole alla sua rieducazione;
    la relazione della Commissione europea del 2014 sull'attuazione da parte dei Paesi dell'Unione europea delle decisioni quadro del 2008 sottolinea come, malgrado gli sforzi di alcuni Paesi dell'Unione europea (si veda l'Italia) l'attuazione di questi atti non risulti soddisfacente;
    è dunque necessario attivarsi per richiedere ai Paesi dell'Unione europea che non hanno già attuato le decisioni di farlo al più presto. Ogni anno alcune migliaia di cittadini dell'Unione europea sono perseguiti per reati presunti o vengono condannati in un Paese dell'Unione europea diverso da quello in cui risiedono;
    il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie rappresenta la pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale all'interno dell'Unione europea;
    la disciplina codicistica è stata completata con il decreto legislativo 7 settembre 2010, no 161, che nel recepire la citata decisione quadro consente l'esecuzione in uno Stato membro dell'Unione europea diverso da quello di emissione di sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale;
    l'ambito applicativo dell'istituto del riconoscimento presenta alcuni punti di contatto con la procedura dettata dalla Convenzione di Strasburgo e con quella del mandato di arresto europeo;
    allo stato attuale sono in vigore accordi per il trasferimento dei condannati con Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana ed Egitto;
    la Convenzione citata ha lo scopo principale di favorire il reinserimento sociale dei condannati, permettendo ad uno straniero detenuto di scontare la pena nel Paese di origine. Tra l'altro, ciò consente di superare le difficoltà derivanti dalle differenze sociali, culturali e linguistiche del detenuto e di riavvicinare lo stesso ai familiari. In base alla Convenzione, il trasferimento del detenuto straniero può essere richiesto sia dallo Stato (cosiddetto Stato di condanna) che ha condannato il soggetto in questione e nelle cui prigioni egli sconta la pena, sia dallo Stato di origine (cosiddetto Stato di esecuzione) della persona interessata. L'esecuzione del trasferimento è condizionata al consenso dei due Stati, come anche a quello del detenuto. La Convenzione inoltre definisce le procedure di esecuzione della pena successivamente al trasferimento: in ogni caso a prescindere dall'ordinamento giuridico dello Stato di esecuzione, una pena detentiva non potrà mai essere commutata in sanzione pecuniaria. Inoltre, il periodo di pena già scontato nello Stato di condanna dovrà essere considerato nelle determinazioni dello Stato di esecuzione. Infine, in nessun caso la pena dovrà essere, quanto alla natura ed alla durata, più severa di quella inflitta dallo Stato di condanna;
    il Protocollo addizionale del 1997 stabilisce altresì le regole per il trasferimento dei detenuti oggetto di una misura di espulsione o di ri-accompagnamento alla frontiera in ragione della condanna riportata stabilendo che il trasferimento nello Stato di cittadinanza possa avvenire anche senza il consenso del detenuto interessato, purché venga sentito;
    è da sottolineare come il Ministero della giustizia proprio al fine di semplificare e rendere più veloci le procedure di trasferimento ha avviato un'azione strategica articolata su più punti diretti: a) alla promozione ed alla conoscenza dello strumento del trasferimento; b) alla organizzazione di una serie di incontri con gli organi giudiziari competenti nazionali e dei Paesi in cui i cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari, ovvero con l'Albania e la Romania;
    infatti con tali Paesi sono stati stipulati anche accordi aggiuntivi in modo da consentire il trasferimento, pur in assenza del consenso del condannato, ove sussistano determinati presupposti. Con l'Albania è stato inoltre firmato un accordo secondo il quale lo Stato italiano potrà chiedere l'esecuzione nel Paese delle condanne emesse dai giudici italiani nei confronti dei cittadini albanesi localizzati in tale Nazione. Da ultimo, è stata prevista la riapertura della procedura per la destinazione di un magistrato di collegamento italiano;
    è da rilevare come negli anni 2014-2015 si sia registrata una seppur contenuta crescita del numero complessivo dei detenuti trasferiti nei Paesi di origine, in un numero di 133 per l'anno 2014 e 149 per il 2015. La Romania è il Paese che ha registrato il maggior incremento nelle consegne passando dalle 70 unità del 2014 alle 110 censite nel 2015;
    tuttavia, occorre considerare che diverse migliaia di detenuti provengono da Paesi con i quali l'Italia non ha stabilito rapporti di cooperazione giudiziaria in materia penale. Tra questi diversi Paesi dell'area mediterranea estranei sia alla Convenzione di Strasburgo del 1983 che alla decisione quadro del 2008 (ad esempio, Tunisia ed Algeria);
    è necessario, pertanto, rafforzare la cooperazione giudiziaria internazionale in materia di esecuzione dei giudicati penali che è fondamentale, perché, oltre ad affiancarsi alle tradizionali forme ed agli strumenti di cooperazione giudiziaria tra Stati in campo penale, quali le rogatorie e l'estradizione, costituisce un elemento fondamentale di gestione comune delle giurisdizioni tra gli Stati più direttamente interessati ad un singolo episodio criminoso,

impegna il Governo:

1) a rafforzare gli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei detenuti in modo da superare le problematiche inerenti alla grande presenza di detenuti immigrati nelle carceri italiane;
2) a valutare la possibilità di rendere più veloci e snelle le procedure di trasferimento dei detenuti nei loro Paesi di origine;
3) a valutare l'opportunità di monitorare tale fenomeno anche attraverso un costante confronto con le competenti istituzioni straniere e con i Paesi i cui cittadini hanno il più alto tasso di presenza nelle carceri italiane.
(1-01515) «Marotta, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    l'incremento dei flussi migratori, con le sue ripercussioni anche in termini di aumento dei fatti criminosi, rappresenta una delle cause del grave fenomeno del sovraffollamento carcerario;
    uno strumento efficace per arginare, sotto questo profilo, il suddetto fenomeno è dato dalla procedura del trasferimento delle persone condannate, in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un Paese viene trasferito in altro, quello d'origine, per ivi proseguire e terminare l'esecuzione della pena;
    tale procedura opera su un piano diverso rispetto all'estradizione e agli altri strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale: persegue, infatti, finalità prevalentemente di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate, avvicinandole al Paese d'origine, in modo da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano personale, sociale e culturale, oltreché per l'assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall'esecuzione della pena in un Paese straniero;
    il principale accordo internazionale per attuare il trasferimento delle persone condannate è rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata dall'Italia con legge 25 luglio 1988, n. 334;
    per mezzo di tale accordo si realizza lo scopo sostanziale della pena, ossia il reinserimento sociale della persona condannata, obiettivo quest'ultimo di più agevole realizzazione in un contesto in cui la persona condannata sia presumibilmente assistita da più saldi legami sociali e familiari, evitandosi con ciò quella «pena nella pena» costituita dalle difficoltà di ambientamento, di comunicazione e socializzazione che incontra colui che sia detenuto fuori dal proprio Paese di origine;
    la suddetta Convenzione richiede, ai fini del trasferimento della persona condannata, che:
     a) la stessa sia cittadina dello Stato di esecuzione;
     b) la sentenza sia definitiva;
     c) la durata della pena ancora da espiare sia di almeno sei mesi alla data di ricevimento della richiesta di trasferimento, o indeterminata;
     d) la persona condannata – o, allorquando in considerazione della sua età o delle sue condizioni fisiche o mentali uno dei due Stati lo ritenga necessario, il suo rappresentante legale – acconsenta al trasferimento;
     e) gli atti o le omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione o costituirebbero reato se fossero commessi sul suo territorio; lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione siano d'accordo sul trasferimento;
    nella prospettiva, dunque, del reinserimento, non può che risultare giustificata la necessità del consenso della persona interessata, dalla quale, nella maggior parte dei casi, parte l'impulso che mette in moto la procedura, diversamente da quanto avviene generalmente nelle procedure estradizionali o di consegna, che prescindono dal consenso dell'interessato, al pari dei casi di applicazione della decisione quadro 2008/909/GAI, sul mutuo riconoscimento delle sentenze che irrogano pene detentive e altre misure limitative della libertà personale di cui al decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che, avendo un ambito operativo limitato ai soli Paesi dell'Unione europea, non richiede parimenti il consenso;
    l'Italia, fatta salva anche la legge 27 dicembre 1988, n. 565, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo all'applicazione tra gli Stati membri delle Comunità europee della Convenzione del Consiglio d'Europa sul trasferimento delle persone condannate, firmato a Bruxelles il 25 maggio 1987», sta progressivamente incrementando il numero degli accordi internazionali stipulati con Paesi stranieri per consentire ai loro cittadini, privati della libertà personale a seguito della commissione di un reato, di scontare la pena comminata nel paese di origine; a tal riguardo, si richiamano:
     a) legge 11 luglio 2002, n. 149, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Hong Kong il 18 dicembre 1999»;
     b) legge 11 luglio 2003, n. 204, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania, aggiuntivo alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 21 marzo 1983, fatto a Roma il 24 aprile 2002»;
     c) legge 30 dicembre 2005, n. 281, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Roma il 13 settembre 2003»;
     d) legge 18 marzo 2008, n. 58, di «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Bulgaria sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Sofia il 22 novembre 2005»;
     e) legge 5 marzo 2010, n. 46, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002»;
     f) legge 26 ottobre 2012, n. 183, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'India, fatto a Roma il 10 agosto 2012»;
     g) legge 10 febbraio 2015, n. 17, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federativa del Brasile, fatto a Brasilia il 27 marzo 2008»;
     h) legge 16 giugno 2015, n. 79, di «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013»;
     i) legge 28 luglio 2016, n. 152, di «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014»;
    la stipula di accordi bilaterali sul trasferimento delle persone condannate contenenti previsioni che prescindono dal consenso di queste ultime contrasta con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato italiano in quanto rischia di esporre la persona a condizioni detentive crudeli, disumane o degradanti o che comunque configurano violazione dei diritti fondamentali della stessa,

impegna il Governo:

1) a proseguire nella promozione di accordi bilaterali volti a favorire il trasferimento dei detenuti provenienti soprattutto dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia, e, in particolare, da quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;
2) ad adottare ogni opportuna iniziativa, soprattutto informativa, volta ad incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;
3) ad adoperarsi, presso le sedi internazionali, affinché i Paesi ancora non firmatari aderiscano alla Convenzione di Strasburgo;
4) a promuovere ogni iniziativa volta a semplificare le procedure di trasferimento dei detenuti stranieri, anche favorendo il confronto tra gli organi giudiziari competenti nazionali e quelli dei Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari italiani;
5) ad informare annualmente il Parlamento in merito ai dati relativi all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché con riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01516) «Mattiello, Dambruoso, Verini, Ferranti, Cassano, Quartapelle Procopio, Amoddio, Bazoli, Berretta, Campana, Di Lello, Ermini, Giuliani, Greco, Giuseppe Guerini, Iori, Leva, Magorno, Morani, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio, Zan».


   La Camera,
   premesso che:
    dagli ultimi dati disponibili del Ministero della giustizia, al 31 gennaio 2017, i detenuti nelle carceri italiane sono 57.719 (55.381 uomini e 2.338 donne) di cui 18,825 stranieri, pari a poco meno del 33 per cento del totale, mentre la media europea si attesta intorno al 21 per cento;
    la diffusione mediatica della paura rappresenta una realtà penitenziaria come fucina inesauribile di criminali. I detenuti extracomunitari reclusi nelle carceri europee non arrivano al 15 per cento sul totale;
    dall'ultimo rapporto del Consiglio d'Europa «Space I» sui dati penitenziari, in Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa l'8 per cento della popolazione, mentre i detenuti soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10 per cento del totale dei detenuti stranieri, ovvero circa il 3 per cento del totale della popolazione detenuta nel nostro Paese. Una percentuale dunque veramente bassa rispetto agli italiani che finiscono in carcere;
    i detenuti stranieri che non stanno scontando una condanna in via definitiva nei Paesi europei sono il 37,9 per cento del totale degli stranieri in carcere. Ben di più di uno straniero detenuto su 3 (quasi 2 su 5) non è per la giustizia nazionale una persona colpevole;
    nel XII rapporto 2016 «Galere d'Italia», realizzato dall'Associazione Antigone, si legge che complessivamente gli stranieri detenuti hanno commesso 8.192 reati contro il patrimonio, 6.599 reati contro la persona, 6.266 reati in violazione della legge sulle droghe, 1.372 reati in violazione della legge sull'immigrazione, 95 delitti di mafia. Gli stranieri reclusi, quindi, sono in carcere per delitti con bassa offensività penale; se il reato è più grave e quindi più alta è la pena, i dati dicono che la percentuale più alta di condannati ha cittadinanza italiana (solo il 5,5 per cento dei condannati all'ergastolo è straniera); solo il 17,3 per cento degli stranieri riesce ad usufruire delle misure alternative al carcere anche a fronte di condanne meno severe degli italiani; ben il 34 per cento dei detenuti stranieri è in attesa di giudizio di primo grado o comunque non è condannato in via definitiva;
    per gli stranieri il carcere è spesso la conclusione scontata di un percorso nato nei Paesi d'origine per migliorare la loro esistenza che si scontra con la lentezza della burocrazia italiana e con un sistema di accoglienza poco efficace ed efficiente. Nel 2016, dal 1o gennaio al 21 ottobre, sono state esaminate 74.575 richieste di asilo: ne sono state respinte il 62 per cento e, anche se nei successivi gradi di giudizio una parte delle stesse viene poi accolta, il «cattivismo» porta gli esclusi verso la clandestinità e i circuiti dell'illegalità;
    la medesima sorte è subita da tanti giovani che entrano come minori non accompagnati e che poi spariscono entrando nella rete dell'illegalità, dello spaccio di stupefacenti e della prostituzione. A questo proposito, è bene ricordare lo scalpore che a inizio 2015 suscitarono i dati forniti dall'allora Ministro dell'interno Alfano sui migranti minori scomparsi dai centri di accoglienza in Italia su 14.243 registrati a seguito degli sbarchi nelle coste italiane nel 2014;
    nei confronti degli stranieri, siano essi soggiornanti regolari o irregolari, la giustizia è sovente discriminatoria: la carcerazione preventiva si applica con più facilità e dunque diventa una sorta di pena anticipata; alla condanna penale, al momento della sentenza, si aggiunge spesso – anche per stranieri con regolare permesso di soggiorno – l'espulsione a titolo di misura di sicurezza (articolo 15 del testo unico sull'immigrazione), eseguita con accompagnamento in frontiera, alla fine della pena. In questo caso la legge dà al giudice una discrezionalità totale in merito, non tenendo conto né del tipo di reato di cui l'imputato si è reso colpevole, né della sua eventuale rieducazione raggiunta a fine pena;
    nel documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale, pubblicato dal Ministero della giustizia il 18 aprile 2016, si rileva che l'essere stranieri in carcere è una condizione che comporta un supplemento di afflittività per le difficoltà linguistiche e la difficoltà di mantenere legami con la famiglia. Infatti, la barriera linguistica incide negativamente sulla conoscenza dei propri diritti (e doveri), sulla relazione con gli operatori e con gli altri detenuti, sulla vita detentiva in genere e sull'accesso alle opportunità trattamentali; mentre la mancanza di legami con la famiglia, il più delle volte residente nei Paesi d'origine, oltre a ripercuotersi negativamente sulla vita quotidiana in carcere, ha riflessi negativi sulla concreta applicazione di misure alternative alla detenzione e sull'applicazione di istituti giuridici previsti come il lavoro esterno (articolo 21 o.p.), permessi premio (articolo 30-ter o.p.), affidamento in prova al servizio sociale (articolo 47 o.p.), detenzione domiciliare (articolo 47-ter o.p.), semilibertà (articolo 48 o.p.), liberazione anticipata (articolo 54 o.p.);
    la mancanza di misure alternative alla detenzione è, dunque, la principale spiegazione sul numero di stranieri presenti nel sistema penitenziario;
    è necessario sia incrementare le competenze linguistiche, le possibilità comunicative e i contatti con la famiglia e con il mondo esterno, sia rimuovere quegli ostacoli che nei fatti mettono a rischio l'attività trattamentale intramuraria e l'accesso a misure extracarcerarie;
    considerate le difficoltà per gli stranieri di accedere a tali misure per mancanza di alcuni requisiti (dimora stabile, nucleo familiare entro cui collocare il detenuto, preferibilmente un lavoro che renda comunque il soggetto più ancorato al tessuto sociale in cui, con la scarcerazione, viene reinserito), il documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale suggerisce la creazione di «alloggi protetti» in cui collocare persone uscite dal carcere o ancora detenute e nei cui confronti vengono applicati i benefici dell'ordinamento penitenziario (come l'esperienza di housing sociale del comune di Brescia);
    dagli Stati generali sull'esecuzione penale viene considerato necessario garantire, alla popolazione carceraria straniera, pari diritti di accesso al reinserimento sociale: «La norma che prevede l'allontanamento dal territorio dello Stato – a titolo di sanzione alternativa o sostitutiva al carcere – dei cittadini stranieri condannati a seguito della commissione di reati di una certa gravità, o il loro trasferimento nei Paesi d'origine ai fini dell'espiazione della pena, oltre a essere praticamente ineffettiva, se eseguita, vanifica l'investimento di risorse trattamentali e, se non eseguita restituisce lo straniero ad una condizione di irregolarità (...) si ritiene che una politica “espulsiva” non sia necessariamente quella più adatta: la misura dell'allontanamento dal territorio nazionale al termine della pena spesso rischia di vanificare i percorsi risocializzativi già intrapresi (...) potrebbe essere utile introdurre una sorta di permesso di soggiorno “premiale” che la Magistratura di sorveglianza avrebbe la facoltà di richiedere al Questore in caso di esito positivo del percorso riabilitativo (...) avrebbe delle positive ricadute per il ritorno socio-economico rispetto alle risorse investite da parte dello Stato sulla “rieducazione” del soggetto in questione»;
    il 10 febbraio 2017 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, per l'introduzione di misure volte ad accelerare le operazioni di identificazione dei cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e per il contrasto dell'immigrazione illegale, in pratica procedure più rapide per l'espulsione degli immigrati irregolari: in relazione a questo obiettivo, il Governo italiano e quello libico di unità nazionale hanno firmato un accordo che ha la finalità di ridurre il flusso di migranti che da anni cercano di raggiungere l'Italia dalle coste libiche;
    il provvedimento sembra ignorare che la Libia non ha mai aderito alla convenzione di Ginevra del 1951 e dunque sarà improbabile da parte di quella nazione, nota per le violazioni umanitarie commesse quotidianamente ai danni dei migranti, come documentato tra l'altro dai report raccolti su Fortress, aspettarsi il rispetto dei diritti umani previsti nel diritto internazionale;
    con la stipula di accordi e partenariati con Governi dittatoriali, come il Sudan, la Libia, il Niger l'Italia viola di fatto il principio di non refoulement;
    l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo proibisce la tortura e il trattamento e disumano o degradante;
    la Corte di Strasburgo ha più volte ribadito la sua importanza definendolo «un principio fondamentale delle società democratiche» e i giudici di Strasburgo con le loro sentenze – come nella sentenza relativa al caso Soering contro Regno Unito che concerneva l'estradizione di un cittadino europeo negli Stati Uniti, dove avrebbe subito la condanna alla pena di morte per aver commesso omicidio hanno cristallizzato questo principio considerando prioritario l'articolo 3 della Convenzione sui diritti dell'uomo all'interno dei principi generali richiamati nelle sentenze rese. L'articolo 3 è l'unica norma della convenzione che non prevede eccezioni o deroghe; il divieto non trova impedimenti d'azione neppure in circostanze gravi quali la lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata, come la sentenza Chahal contro Regno Unito dove i giudici hanno affermato il principio secondo cui nessuna circostanza, comprese la minaccia di terrorismo o le preoccupazioni per la sicurezza nazionale, può giustificare l'esposizione di un individuo al rischio concreto di tali violazioni di diritti umani. Il Governo del Regno Unito era intervenuto nel caso per cercare di opporsi al divieto assoluto di tortura e maltrattamenti. Esso ha sostenuto che il diritto di una persona ad essere protetta da tale trattamento all'estero doveva essere temperato rispetto al rischio in cui l'individuo aveva posto lo Stato che lo stava allontanando. Nel caso richiamato, la Corte ha rigettato questa tesi ritenendo che la Convenzione europea proibisse, in ogni circostanza, l'espulsione verso Paesi in cui vi fosse il rischio di tortura e maltrattamenti, valorizzando il carattere assoluto dell'articolo 3,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di concludere accordi bilaterali per l'esecuzione della pena nel Paese d'origine del cittadino straniero, sempre nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 10 della Costituzione, dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e delle norme internazionali in materia;
2) a considerare la possibilità di vincolare la conclusione degli accordi bilaterali futuri, volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti stranieri e il controllo dei flussi migratori, alla adesione dei Paesi contraenti alla Convenzione di Ginevra del 1951 e, con riferimento agli accordi già in essere, ad assumere iniziative affinché i Paesi con i quali tali accordi sono stati conclusi, ove non abbiano aderito alla suddetta Convenzione di Ginevra, si attivino in tal senso;
3) ad assumere iniziative per dare seguito a quanto emerso dal documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale riguardo alla popolazione carceraria straniera, rimuovendo quegli ostacoli che impediscono alla stessa pari diritti di accesso al reinserimento sociale.
(1-01517) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Marzano, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di concludere accordi bilaterali per l'esecuzione della pena nel Paese d'origine del cittadino straniero, sempre nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 10 della Costituzione, dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e delle norme internazionali in materia;
2) ad assumere iniziative per dare seguito a quanto emerso dal documento finale degli Stati generali sull'esecuzione penale riguardo alla popolazione carceraria straniera, rimuovendo quegli ostacoli che impediscono alla stessa pari diritti di accesso al reinserimento sociale.
(1-01517)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Marzano, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema penitenziario italiano registra da anni un considerevole sovraffollamento che è imputabile a diversi ordini di ragioni: l'utilizzo della misura della custodia cautelare, la presenza di presunti innocenti in attesa di giudizio, le difficoltà di accesso a misure alternative, lo scarso ricorso ai domiciliari, le troppe persone in carcere per fatti di lieve entità con condanne che sono inferiori all'anno;
    nel luglio del 2009 l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per trattamenti inumani e degradanti in relazione al sovraffollamento delle carceri; i detenuti, allora, superavano le 63.600 unità;
    all'inizio del 2010, il Governo pro tempore ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari, visto che i reclusi avevano raggiunto il numero di 65.000 e hanno sfiorato le 69.000 presenze;
    l'Italia ha anche predisposto un decreto per introdurre la possibilità di scontare l'ultimo anno di pena nella propria abitazione (elevato poi a un anno e mezzo da un successivo decreto);
    nel 2013, 4.000 detenuti hanno presentato ricorso alla Corte di Strasburgo che condannò nuovamente l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea, usando lo strumento inconsueto della sentenza pilota;
    nello stesso anno due decreti-legge hanno limitato il ricorso alla custodia cautelare, ampliato l'accesso alle misure alternative alla detenzione, aumentato la liberazione anticipata per buona condotta, introdotto meccanismi di protezione dei diritti dei detenuti;
    in Italia la situazione carceraria nonostante la diminuzione del numero dei reclusi è ancora lontana dagli standard europei;
    secondo quanto rilevato dal Ministero della giustizia al 31 gennaio 2017 sarebbero detenute 55.381 persone a fronte di una capienza degli istituti di pena di 50.174 posti;
    la presenza di stranieri è pari a 18.825 unità di cui 17.955 uomini e 870 donne; di queste ultime 22 vivrebbero in regime di detenzione con i propri figli (per un totale di 25 minori);
    la presenza di stranieri nei nostri istituti di pena rappresenta quasi un terzo del totale;
    gli stranieri condannati in via definitiva sarebbero 10.916 ai quali ne vanno aggiunti 4.074 in attesa di giudizio e 3.765 con condanna non definitiva;
    l'Italia ha ratificato nel 1988 la Convenzione del Consiglio d'Europa sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983;
    la Convenzione è lo strumento che favorisce il reinserimento sociale delle persone condannate e permette agli stranieri (in stato di detenzione per reato penale) di terminare l'esecuzione della pena nel Paese di origine;
    questa misura, che per essere applicata necessita del consenso dell'interessato, a differenza dell'estradizione e degli altri strumenti di cooperazione giudiziaria, ha carattere umanitario ed ha la finalità di avvicinare il detenuto alla famiglia di origine, e superare, quindi, le difficoltà linguistiche, religiose e culturali che la carcerazione in un Paese straniero porta con sé;
    la Convenzione è estesa a 65 Paesi (quelli membri del Consiglio d'Europa tranne Monaco) ed è stata ratificata anche da Australia, Bahamas, Bolivia, Canada, Cile, Corea del sud, Costa Rica, Ecuador, Giappone, Honduras, Israele, Mauritius, Messico, Panama, USA, Tonga, Trinidad e Tobago e Venezuela;
    secondo la Convenzione la richiesta di trasferimento può essere fatta dallo Stato di condanna, dallo Stato di esecuzione o dal condannato, se vi è il consenso di tutte le parti, a condizione che l'esecuzione della condanna non si trasformi in sanzione pecuniaria;
    l'Italia ha accordi che consentono il rimpatrio dei condannati con Cuba, Hong Kong, Perù, Thailandia, India, Kazakhstan, Repubblica Dominicana, Egitto e Brasile. A questi Paesi va aggiunto il Regno del Marocco con il quale nel 2014 è stata siglata una Convenzione ratificata dal Parlamento il 28 luglio 2016;
    nel 2010 l'Italia ha recepito la decisione quadro europea 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio di reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione in Italia;
    i dati circa il costo giornaliero di un detenuto nel nostro Paese oscillano fra 115 e 150 euro, una cifra che moltiplicata per una media di 30 giorni mese e per 12 mesi ha una forbice che va dai 41.400 euro ai 54.000 euro per anno per persona;
    gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della giustizia risalgono al 2013 e parlano di un costo giornaliero di 124,96 euro;
    i dati circa i rimpatri, pur lievemente in crescita negli ultimi anni, restano a livelli non rilevabili statisticamente tanto per l'ISTAT che per il Ministero della giustizia;
    gli stranieri nel nostro Paese commettono vari tipi di reato, i più numerosi sono quelli contro il patrimonio, per detenzione e spaccio di stupefacenti, contro la persona e la pubblica amministrazione;

impegna il Governo:

1) a promuovere all'interno degli istituti penitenziari italiani una campagna di informazione che consenta agli stranieri in stato di reclusione di conoscere il loro diritto a fare richiesta di rimpatrio per l'espiazione della pena, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo e dalla decisione quadro europea 2008/909/GAI che permette di terminare l'esecuzione della pena nel Paese di origine;
2) a promuovere accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei detenuti stranieri attualmente reclusi nelle carceri italiane, al fine di incrementare il numero dei rimpatri;
3) a fornire dati precisi circa il numero di rimpatri effettuati negli ultimi anni e ad avviare un'indagine ministeriale che esamini le ragioni dello scarso interesse che questa misura ha presso i detenuti stranieri oggi reclusi in Italia;
4) a stimare i costi della popolazione carceraria di nazionalità straniera detenuta in Italia, tenuto conto della tipologia di reato commesso e del numero di anni di reclusione da scontare;
5) ad assumere iniziative nelle competenti sedi internazionali affinché sia ampliato il numero dei Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo;
6) a dialogare con i Governi di Albania, Algeria, Romania, Bosnia, Marocco, Egitto, Tunisia, Nigeria, per citare solo alcuni dei Paesi di maggior provenienza degli stranieri reclusi in Italia, per assicurare a queste persone, nel caso di trasferimento nel Paese di origine, il rispetto dei diritti umani e condizioni carcerarie dignitose, premesse indispensabili per rendere la misura del rimpatrio interessante, visto che sia la Convenzione di Strasburgo sia la decisione quadro europea presuppongono il consenso del detenuto, non trattandosi di una misura coercitiva.
(1-01518) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, D'Alessandro, Rabino, Sottanelli».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a promuovere all'interno degli istituti penitenziari italiani una campagna di informazione che consenta agli stranieri in stato di reclusione di conoscere il loro diritto a fare richiesta di rimpatrio per l'espiazione della pena, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo e dalla decisione quadro europea 2008/909/GAI che permette di terminare l'esecuzione della pena nel Paese di origine;
2) a promuovere accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei detenuti stranieri attualmente reclusi nelle carceri italiane, al fine di incrementare il numero dei rimpatri;
3) a fornire dati precisi circa il numero di rimpatri effettuati negli ultimi anni e ad avviare un'indagine ministeriale che esamini le ragioni dello scarso interesse che questa misura ha presso i detenuti stranieri oggi reclusi in Italia;
4) ad assumere iniziative nelle competenti sedi internazionali affinché sia ampliato il numero dei Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo.
(1-01518)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, D'Alessandro, Rabino, Sottanelli».


   La Camera,
   premesso che:
    circa il 35 per cento dei detenuti nelle carceri italiane sono stranieri, con punte, nelle case di reclusione del Nord anche oltre il 50 per cento;
    al 31 gennaio 2017, negli istituti penitenziari italiani, vi sono 55.381 detenuti, di cui 18.825 stranieri, (che gravano sulle casse dello Stato per oltre 850 milioni di euro l'anno; le risorse maggiori vengono spese per marocchini, romeni, albanesi e tunisini), di questi circa 12.000 sono islamici e 7.500 sono praticanti e risulterebbe che di questi ultimi circa 375 sono attenzionati, monitorati o segnalati, e diversi risulterebbero radicalizzati e particolarmente pericolosi;
    la convenzione del Consiglio d'Europa, del 21 marzo 1983, ratificata dagli Stati membri dell'Unione europea, e dall'Italia con legge 25 luglio 1988, n. 334, sul trasferimento delle persone condannate, prevede che il trasferimento per l'esecuzione della parte residua della pena è previsto solo verso lo Stato di cittadinanza della persona condannata e solo previo consenso della medesima e degli Stati interessati; il protocollo addizionale di tale convenzione, del 18 dicembre 1997, che prevede, a determinate condizioni, il trasferimento dell'interessato indipendentemente dal suo consenso, non è stato ratificato da tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Entrambi gli strumenti non contengono alcun obbligo di massima di accettare le persone condannate ai fini dell'esecuzione di una pena o una misura;
    la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio d'Europa del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea recepita nel diritto interno con decreto legislativo del 7 settembre 2010, n. 161, ha un ambito applicativo limitato ai soli Paesi dell'Unione europea, ma non richiede il consenso della persona;
    occorre, in questa prospettiva, accogliere favorevolmente il programma de L'Aia sul rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell'Unione europea (Guce, C 53 del 3 marzo 2005, pagina 1) che prevede che gli Stati membri completino il programma di misure, specie per quanto attiene all'esecuzione delle condanne definitive a una pena detentiva;
    le nazionalità straniere maggiormente presenti nelle carceri italiane, con percentuali rilevanti, secondo i dati del Ministero della giustizia al 31 gennaio 2017, sono quella marocchina (17,8 per cento) con 3.359 detenuti, rumena (14,5 per cento) con 2.725 detenuti, albanese (13,2 per cento) con 2.486 detenuti e tunisina (10,8 per cento) con 2.041 detenuti;
    occorre constatare che vi sono alcuni accordi già stipulati ma nei fatti non applicati, tra cui quelli stipulati dall'allora Ministro della giustizia Roberto Castelli nel 2002 con l'Albania, oppure l'accordo tra la Repubblica italiana e la Romania sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatta a Roma il 13 settembre 2003, e ratificata con la legge 30 dicembre 2005, n. 281;
    l'esecuzione della pena nello Stato di origine dovrebbe aumentare la possibilità di reinserimento sociale delle persone condannate, poiché vi sono elementi da tenere in considerazione quali, per esempio, l'attaccamento della persona allo Stato di origine e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per dare attuazione agli accordi bilaterali o multilaterali in essere e ad assicurare un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, e ciò anche al fine di evitare eventuali radicalizzazioni;
2) a promuovere ogni iniziativa atta a favorire, in modo efficace, l'utilizzo delle procedure disciplinate dalla Convenzione di Strasburgo, al fine di ridurre la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine;
3) a relazionare al Parlamento con cadenza annuale sullo stato di attuazione del trasferimento dei detenuti stranieri nei Paesi di origine che hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo o che hanno concluso accordi bilaterali con l'Italia.
(1-01519) «Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per dare attuazione agli accordi bilaterali o multilaterali in essere e ad assicurare un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, e ciò anche al fine di evitare eventuali radicalizzazioni;
2) a relazionare al Parlamento con cadenza annuale sullo stato di attuazione del trasferimento dei detenuti stranieri nei Paesi di origine che hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo o che hanno concluso accordi bilaterali con l'Italia.
(1-01519)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi della giustizia e l'inadeguatezza del sistema carcerario rappresentano due delle più gravi questioni sociali che la nostra Nazione si trova ad affrontare da anni, posto che colpiscono direttamente milioni di persone, vittime della lentezza dei processi, di condizioni di detenzione intollerabili, e di reati che restano impuniti, con ciò minando alle fondamenta il principio stesso di legalità e certezza del diritto;
    a questi elementi si sono recentemente aggiunte le esigenze di intensificare lo sforzo a tutela della cittadinanza a fronte dei rischi derivanti dai flussi migratori ormai fuori controllo e dalle inevitabili ripercussioni sul fronte della criminalità;
    l'ultimo impietoso rapporto «Space» del Consiglio d'Europa, traccia un quadro disastroso della condizione delle carceri italiane, disegnando una realtà abbondantemente denunciata ma immobile, che vede purtroppo l'Italia «maglia nera» per numero di carcerati rispetto alla capacità delle prigioni. Tale rapporto è confermato dalla fotografia scattata dallo stesso Ministero dell'interno, secondo cui al 31 gennaio 2017 i detenuti negli istituti di pena italiani erano 55.381, di cui 18.825 stranieri;
    questi dati dimostrano il completo fallimento delle contraddittorie politiche messe in atto dai Governi succedutisi in questi ultimi anni, tutte improntate al «perdonismo» e dirette unicamente a svuotare le carceri senza eseguire interventi strutturali che possano risolvere l'emergenza carceraria sul lungo periodo;
    basti pensare che in meno di un triennio sono stati approvati ben cinque provvedimenti «svuota carceri», unica soluzione fin qui adottata dai diversi Governi per combattere i cronici problemi del sovraffollamento carcerario, e che di fatto hanno segnato la resa dello Stato di fronte alla necessità di riformare in modo organico il sistema della giustizia, concentrando il proprio interesse esclusivamente su modalità per far uscire dal carcere soggetti già condannati e in parte anche recidivi, a testimonianza della totale incapacità di gestire in modo serio ed attraverso riforme organiche le problematiche dell'universo carcerario;
    il problema del sovraffollamento carcerario non è legato solo al rischio di assumere dimensioni tali da poter creare, come ha creato, problemi di ordine pubblico, ma, soprattutto, al venire meno della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, posto che il rapporto numerico tra detenuti, educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati così come previsto dall'ordinamento penitenziario;
    gli agenti di polizia penitenziaria sono costretti a lavorare in condizioni disumane, sono mal pagati e sottoposti a turni massacranti e operano in assenza dei requisiti minimi di sicurezza, a causa della cronica carenza d'organico, che continua ad aggravarsi in seguito ai blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione;
    il carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario in Italia è stato riconosciuto dalla stessa Corte europea dei diritti umani, secondo cui «il sovraffollamento carcerario in Italia ha assunto le dimensioni di un fenomeno strutturale. È riconosciuto il carattere sistemico del sovraffollamento carcerario derivante dal malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano»;
    uno strumento fondamentale per un concreto contrasto al sovraffollamento carcerario, finora mai preso in seria considerazione dai Governi, è rappresentato dal trasferimento verso il Paese di origine dei detenuti stranieri in espiazione pena;
    tale istituto, peraltro, permetterebbe di coniugare l'obiettivo di ridurre la presenza di detenuti stranieri nelle carceri italiane e la speranza di migliorare le prospettive di reinserimento del condannato una volta terminata l'espiazione della pena nel proprio Paese di origine;
    la materia è regolata dalla Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983, e ratificata dall'Italia con legge 25 luglio 1988, n. 334. La Convenzione ha infatti lo scopo principale di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate permettendo ad uno straniero, privato della libertà in seguito a reato penale, di scontare la pena nel suo paese d'origine;
    in particolare, la Convenzione stabilisce che il trasferimento del condannato possa essere domandato sia dallo Stato nel quale la condanna è stata pronunciata (Stato di condanna) sia dallo Stato di cittadinanza del condannato (Stato dell'esecuzione), che dal condannato stesso, e che esso sia subordinato al consenso degli Stati interessati;
    allo stesso modo la convenzione individua anche la procedura per l'esecuzione della condanna dopo il trasferimento in base alla quale, tra l'altro, una sanzione privativa della libertà non può mai essere convertita in una sanzione pecuniaria;
    lo stesso rapporto esplicativo della Convenzione, redatto sulla base delle discussioni del Comitato di esperti governativi che hanno stilato il Trattato, sottolinea come la finalità dell'Accordo sia quella di «stabilire una procedura semplice, veloce e flessibile» per il trasferimento dei condannati stranieri, tenuto conto del fatto che l'accresciuta mobilità delle persone e la semplificazione delle comunicazioni hanno favorito l'internazionalizzazione del crimine;
    il trasferimento nel loro Paese di origine dei detenuti stranieri condannati in Italia, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo, può certamente contribuire a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e facilitare la prevenzione di fenomeni quali la radicalizzazione, anche terroristica;
    le nazionalità straniere maggiormente presenti nelle nostre carceri, con percentuali maggiori o uguali al 10 per cento del totale, secondo i dati aggiornati al 31 gennaio 2017 del Ministero della giustizia, sono quella marocchina (17,8 per cento) rumena (14,5 per cento), albanese (13,2 per cento) e tunisina (10,8 per cento). Romania e Albania hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo e, quindi, il trasferimento dei condannati è già oggi possibile verso questi paesi. Per quanto riguarda gli altri Paesi, questi possono essere invitati a ratificare la stessa Convenzione, ma soprattutto si possono firmare accordi bilaterali con gli stessi finalizzati ad ottenere il medesimo risultato;
    una politica di accordi e trasferimenti con quei Paesi i cui cittadini registrano un elevato tasso di presenza nelle carceri italiane può rappresentare inoltre un valido strumento di selezione dell'immigrazione meritevole di accoglienza. Tale politica avrebbe il pregio di introdurre un fattore di equità in quella che finora si è dimostrata solo una politica di accoglienza indiscriminata che, ad oggi, ha generato soprattutto irregolarità e illegalità;
    né il Governo né i Ministeri competenti, però, sembrano voler incentivare l'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo al fine di diminuire la popolazione carceraria attraverso il trasferimento di detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi in sede internazionale per stipulare accordi bilaterali volti a consentire il trasferimento dei detenuti stranieri condannati in Italia nei Paesi di origine per l'esecuzione della condanna, con particolare riferimento a quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;
2) ad adoperarsi, presso le sedi competenti internazionali, per favorire la ratifica della Convenzione di Strasburgo da parte di tutti quei Paesi che non vi abbiano ancora provveduto;
3) ad attivarsi per garantire che l'esecuzione della pena comminata in Italia venga interamente espiata nel Paese di origine del detenuto;
4) a relazionare annualmente al Parlamento in merito ai dati concernenti all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché in riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01520) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad attivarsi in sede internazionale per stipulare accordi bilaterali volti a consentire il trasferimento dei detenuti stranieri condannati in Italia nei Paesi di origine per l'esecuzione della condanna, con particolare riferimento a quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;
2) ad adoperarsi, presso le sedi competenti internazionali, per favorire la ratifica della Convenzione di Strasburgo da parte di tutti quei Paesi che non vi abbiano ancora provveduto;
3) a promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare l'attivazione delle procedure di trasferimento dei detenuti stranieri anche attraverso la diffusione della conoscenza degli strumenti di trasferimento e il confronto con gli organi giudiziari competenti e con i Paesi i cui cittadini hanno il più elevato tasso di presenza negli istituti penitenziari;
4) a relazionare annualmente al Parlamento in merito ai dati concernenti all'attuazione di accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri, nonché in riferimento all'utilizzo delle procedure previste dalla Convenzione di Strasburgo.
(1-01520)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».