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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 4 ottobre 2016

TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 ottobre 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Paola Boldrini, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Carrozza, Casero, Castiglione, Catalano, Catania, Censore, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Culotta, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Duranti, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Lacquaniti, Locatelli, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Paris, Pes, Pili, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rizzo, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti, Zardini.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato,  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Paola Boldrini, Bolognesi, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Carrozza, Casero, Castiglione, Catalano, Catania, Censore, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Culotta, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Distaso, Duranti, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Carlo Galli, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Grassi, Grillo, Lorenzo Guerini, Kronbichler, La Russa, Lacquaniti, Lavagno, Locatelli, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Paris, Pes, Picchi, Piepoli, Pili, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rizzo, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti, Zardini.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 ottobre 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SEGONI: «Disposizioni per favorire la diffusione di veicoli a trazione elettrica, la conversione dei veicoli esistenti e la realizzazione di reti infrastrutturali per la loro ricarica» (4066);
   SPADONI ed altri: «Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Roma il 4 novembre 2000» (4067);
   ORFINI: «Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernenti l'introduzione del turno unico di votazione e del premio di governabilità» (4068);
   CHIMIENTI ed altri: «Modifiche agli articoli 603-bis del codice penale e 22 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per il contrasto dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro» (4069).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  DANIELE FARINA ed altri: «Abrogazione dell'articolo 72 del codice penale e modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti il regime disciplinare penitenziario e la detenzione in isolamento» (4035) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CHIMIENTI ed altri: «Modifiche agli articoli 603-bis del codice penale e 22 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per il contrasto dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro» (4069) Parere delle Commissioni I, V, X, XI, XII e XIV.
   VII Commissione (Cultura):
  CAPELLI ed altri: «Istituzione dell'insegnamento di storia e civiltà del vino» (4015) Parere delle Commissioni I, V, XI, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   Commissioni riunite II (Giustizia) e XI (Lavoro):
  SCOTTO ed altri: «Modifiche al codice penale, al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e altre disposizioni per il contrasto dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro nonché per il potenziamento dell'attività ispettiva» (4046) Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII, IX, X, XII, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i seguenti documenti concernenti progetti di atti dell'Unione europea, che sono trasmessi alle sottoindicate Commissioni:
   relazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sull'attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria e sul contenuto della protezione riconosciuta, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (COM(2016) 466 final) – alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   relazioni del Ministero dell'interno e del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri concernenti la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni, il sistema di allarme rapido e la procedura di valutazione dei rischi sulle nuove sostanze psicoattive (COM(2016) 547 final) – alla II Commissione (Giustizia), alla XII Commissione (Affari sociali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   relazione concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro comune per le statistiche europee sulle persone e sulle famiglie, basate su dati a livello individuale ricavati da campioni (COM(2016) 551 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti – alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso il testo di sedici risoluzioni approvate nella tornata dal 4 al 7 luglio 2016, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Perù in materia di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata (Doc. XII, n. 1011) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali (Doc. XII, n. 1012) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti);
   Risoluzione sull'attuazione delle raccomandazioni 2010 del Parlamento sulle norme sociali e ambientali, i diritti umani e la responsabilità delle imprese (Doc. XII, n. 1013) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo dell'accordo di partenariato e di cooperazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell'Azerbaigian, dall'altra, riguardante un accordo quadro tra l'Unione europea e la Repubblica dell'Azerbaigian sui princìpi generali della partecipazione della Repubblica dell'Azerbaigian ai programmi dell'Unione (Doc. XII, n. 1014) - alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione concernente la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n. 2/2016 dell'Unione europea per l'esercizio 2016 che iscrive l'eccedenza dell'esercizio 2015 (Doc. XII, n. 1015) - alla V Commissione (Bilancio);
   Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (Doc. XII, n. 1016) - alla IX Commissione (Trasporti);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio (Doc. XII, n. 1017) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima (Doc. XII, n. 1018) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 768/2005 del Consiglio che istituisce un'Agenzia comunitaria di controllo della pesca (Doc. XII, n. 1019) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 per quanto riguarda il segretariato del comitato di vigilanza dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (Doc. XII, n. 1020) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Risoluzione sulla preparazione della revisione post-elettorale del QFP 2014-2020: il contributo del Parlamento in vista della proposta della Commissione (Doc. XII, n. 1021) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   Risoluzione sulle decisioni anticipate in materia fiscale (tax ruling) e altre misure analoghe per natura o effetto (Doc. XII, n. 1022) - alla VI Commissione (Finanze);
   Risoluzione sulla decisione del Giappone di riprendere la caccia alla balena durante la stagione 2015-2016 (Doc. XII, n. 1023) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul Bahrein (Doc. XII, n. 1024) - alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul Myanmar/Birmania, in particolare la situazione dei rohingya (Doc. XII, n. 1025) - alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul progetto di regolamento della Commissione che modifica il regolamento (UE) n. 432/2012 relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini (Doc. XII, n. 1026) – alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 3 ottobre 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 che istituisce un fondo di garanzia per le azioni esterne (COM(2016) 582 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 466/2014/UE sulla concessione di una garanzia dell'Unione alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite relative ad operazioni di finanziamento a sostegno di progetti di investimento al di fuori dell'Unione (COM(2016) 583 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 583 final – Annex 1, Annex 2 e Annex 3), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1316/2013 e (UE) n. 283/2014 per quanto riguarda la promozione della connettività internet nelle comunità locali (COM(2016) 589 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla scambio transfrontaliero tra l'Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (COM(2016) 595 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni utilizzi consentiti delle opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (COM(2016) 596 final), che è assegnata in sede primaria alla VII Commissione (Cultura);
   Proposta di accordo interistituzionale su un registro per la trasparenza obbligatorio dell'Unione (COM(2016) 627 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 627 final – Annexes 1 to 4), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea, nonché alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e la Repubblica federativa del Brasile, a norma dell'articolo XXIV, paragrafo 6, e dell'articolo XXVIII dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994, sulla modifica di concessioni nell'elenco della Repubblica di Croazia nel quadro della sua adesione all'Unione europea (COM(2016) 629 final e COM(2016) 630 final), corredate dai rispettivi allegati (COM(2016) 629 final – Annex 1 e COM(2016) 630 final – Annex 1), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 26 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 8, lettera d), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante approvazione delle linee guida concernenti la definizione delle pertinenze esterne con dimensioni abitabili (342).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 ottobre 2016.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 27 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente la ripartizione per l'anno 2016 del fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare a iniziative a vantaggio dei consumatori (343).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 24 ottobre 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 3 ottobre 2016, a pagina 3, seconda colonna, terzultima riga, dopo la parola: «VI» si intendono inserite le seguenti: «(ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria)».

INTERROGAZIONI

Misure a favore delle aziende agricole e dei territori colpiti dal parassita drosophila suzukii – 3-02516

A)

   TARICCO, COVA e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la drosophila suzukii è un parassita polifago, originario del Sud-Est dell'Asia e importato in Nord America. Noto come moscerino dei piccoli frutti, è comparso in Europa ormai dal 2009. Attacca tutte le specie frutticole e viticole, infesta frutti con buccia sottile, in particolare le drupacee (ciliegio dolce, pesco, susino, albicocco), e frutti a bacca (mirtillo, lampone, mora, fragola), ma anche kiwi, cachi, fichi e uva. Inoltre, la cerchia di piante ospiti potrebbe ancora estendersi a causa della rapida capacità di adattamento del parassita (come già successo per la vite);
   rispetto al parassita indigeno che attacca la frutta matura, questa specie esotica deposita le uova nei frutti ancora acerbi, determinando, di fatto, l'impossibilità di commercializzazione;
   la stagione 2014 è stata per moltissimi territori la peggiore dal 2011, quando si rese evidente la presenza della drosophila in Piemonte: l'insetto si è diffuso inizialmente lungo la fascia pedemontana dove si coltivano i piccoli frutti tardivi (mirtilli, lamponi, more e fragole rifiorenti) e ha causato gravi danni alle coltivazioni più rappresentative della frutticoltura montana;
   in molti areali la coltivazione dei piccoli frutti è punto di forza dell'economia locale ed è pertanto evidente la preoccupazione, sia per la repentina diffusione e le conseguenti elevate perdite di prodotto in questa annata, sia per la difficoltà oggettiva ad attuare strategie di difesa efficaci;
   in questi anni si è creata una rete di ricerca che vede in Piemonte il coordinamento di Creso-Consorzio di ricerca, sperimentazione e divulgazione per l'ortofrutticoltura piemontese e dell'Università di Torino e coinvolge tutte le regioni maggiormente colpite dal problema;
   il Ministero della salute ha emanato nel corso del 2014 decreti per la lotta alla drosophila suzukii, concedendo l'uso eccezionale di vari principi attivi: Fosmet per il controllo del parassita sulla coltura del mirtillo; deltametrina per la lotta sul lampone e mora da rovo; Spinetoram ed altre molecole;
   l'efficacia del controllo del parassita è legata alla tempestività dell'intervento; appare opportuno, quindi, offrire agli agricoltori la possibilità di disporre di più molecole per poter controllare adeguatamente il parassita;
   gli interventi con insetticidi, sia naturali che di sintesi, hanno però efficacia limitata perché in una situazione siffatta rischiano di avere efficacia quando il danno si è già innescato ed è quindi necessario sviluppare la possibilità di agire sulla prevenzione;
   la crescita e l'allargamento dell'areale colpito dalla drosophila suzukii sta diventando una vera e propria emergenza fitosanitaria ed economica, con una perdita media stimata del raccolto nei territori interessati nel 2014 tra il 25 e il 35 per cento, cui si aggiunge un'ulteriore perdita economica per lo scarto di prodotto nella fase di cernita in magazzino;
   l'emergenza fitosanitaria drosophila suzukii rischia di penalizzare gravemente la produzione ortofrutticola italiana per la maggior parte destinata all’export e che ha necessità di essere tutelata rispetto alla concorrenza degli altri Paesi, soprattutto in considerazione del fatto che le aziende che producono piccoli frutti operano generalmente su territori fragili, dove la permanenza di dette aziende ha una funzione di presidio territoriale e sociale, oltre che ovviamente economica –:
   se e quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere per fornire al comparto ed ai territori colpiti dal parassita, strumenti atti ad evitare ulteriori danni alle colture e alle aziende agricole.
(3-02516)


Iniziative volte alla riforma e al rilancio del settore dell'ippica nazionale, nonché volte a favorire nuove prospettive di sviluppo per l'indotto – 3-02517

B)

   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   sono migliaia i soggetti che svolgono un'attività professionale in settori strettamente collegati al mondo dell'ippica. L'attività delle corse rientra tra le attività agonistiche insieme alle discipline equestri;
   il sistema dell'ippica nazionale è diviso in 3 fasi: la prima relativa all'allevamento nazionale del cavallo da corsa, che avviene in strutture di alta qualità, situate, molto spesso, in zone svantaggiate. Le corse ippiche promuovono la produzione di oltre 6 mila cavalli l'anno tra galoppo e trotto;
   la seconda fase riguarda l'allenamento che solitamente inizia tra i 18-20 mesi. I cavalli vengono preparati alla corsa attraverso allenamenti effettuati in centri specializzati oppure all'interno degli ippodromi, avvalendosi della collaborazione di centinaia di professionisti, allenatori e fantini/guidatori;
   la terza fase riguarda la prestazione agonistica e la scommessa. Le corse sono organizzate da società che gestiscono gli ippodromi e che da sempre svolgono un ruolo fondamentale per l'ippica, in quanto, oltre ad organizzare le corse, pagano i premi e accettano e pagano le scommesse;
   esiste un indotto di rilevanti proporzioni che si snoda dietro all'ippica per la fornitura dei servizi connessi, a partire dagli allevamenti, che utilizzano molto spesso foraggi e lettiere del mercato agricolo interno, alle scuderie, alle recinzioni, che vengono prodotte spesso in modo artigianale, e alla collaborazione di moltissimi veterinari e maniscalchi specializzati;
   con la «legge Mangelli» del 1942 lo Stato italiano riconosceva l'alto valore culturale del cavallo in Italia e con la corsa, che è la sua massima espressione agonistica, dava la possibilità al settore di autofinanziarsi mediante le scommesse. Questo legame tra corse, scommesse e finanziamento della filiera è durato fino al decreto-legge n. 449 del 1999, che ha riformato l'Unire e contemporaneamente ha aperto il mercato alle scommesse sportive e a tutti i tipi di giochi;
   il passaggio della gestione dei giochi all'Amministrazione autonoma monopoli di Stato ha portato ad una diminuzione del volume di scommesse, che ha raggiunto nel 2011 il 25 per cento in meno rispetto al 2010. La scommessa ippica è ancora quella a più basso ritorno per lo scommettitore e meno remunerativa per lo Stato;
   nel corso degli anni l'Unire è stato spogliato di ogni capacità gestionale e tecnica, perdendo autorevolezza e mancando al proprio ruolo di guida dell'ippica italiana. Contemporaneamente alcuni concessionari hanno approfittato per spingere altri tipi di giochi molto più vantaggiosi che hanno causato un impatto devastante sul settore ippico, che ha visto la costante diminuzione di interesse per le corse e le relative scommesse;
   si è pensato quindi di risolvere il problema facendo subentrare (legge 15 luglio 2011, n. 111) all'Unire, l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico. Successivamente, il comma 9 dell'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha stabilito la soppressione immediata dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico con il passaggio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali anche di tutti i rapporti passivi ed attivi;
   l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico era chiamata a svolgere compiti relativi al miglioramento delle razze equine, alla gestione dei libri genealogici, alla programmazione delle corse e dei programmi di allevamento, alla gestione del servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse;
   l'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante delega al Governo per la riforma del sistema fiscale, prevedeva, per il rilancio del settore ippico, l'istituzione della Lega ippica italiana, con funzioni, fra l'altro, di organizzazione degli eventi ippici, controllo di primo livello sulla regolarità delle corse, ripartizione e rendicontazione del fondo per lo sviluppo e la promozione del settore ippico;
   il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha il dovere di promuovere lo sviluppo dell'allevamento, grazie ai proventi delle scommesse, avvalendosi di tre aree tecniche, rispettivamente galoppo, trotto e sella;
   il crollo di credibilità degli ultimi anni ha provocato il collasso del gioco, la sparizione dei proprietari e la caduta dell'interesse di sponsor, investitori, media e organizzatori di eventi per il grande pubblico –:
   se non ravvisi la necessità di promuovere in tempi brevi una riforma completa ed efficiente, profondamente innovativa, etica e trasparente, con regole chiare, al fine di garantire al settore dell'ippica nazionale una «governance», con il compito e l'onere di avviare tutte quelle trasformazioni che sono necessarie per arrivare all'autosufficienza dell'intero settore e farlo uscire dalla grave crisi, e dare al medesimo rilancio, visibilità e nuove prospettive di sviluppo per l'indotto, tenendo in debita considerazione la specificità del settore ippico, che, a differenza dei giochi generalisti, attraverso la scommessa ippica, svolge un diretto ruolo di sostegno al settore agricolo e induce positivi effetti nei settori del turismo e dell'artigianato. (3-02517)


PROPOSTA DI LEGGE: COSCIA ED ALTRI; PANNARALE ED ALTRI: ISTITUZIONE DEL FONDO PER IL PLURALISMO E L'INNOVAZIONE DELL'INFORMAZIONE E DELEGHE AL GOVERNO PER LA RIDEFINIZIONE DELLA DISCIPLINA DEL SOSTEGNO PUBBLICO PER IL SETTORE DELL'EDITORIA E DELL'EMITTENZA RADIOFONICA E TELEVISIVA LOCALE, DELLA DISCIPLINA DI PROFILI PENSIONISTICI DEI GIORNALISTI E DELLA COMPOSIZIONE E DELLE COMPETENZE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI. PROCEDURA PER L'AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOFONICO, TELEVISIVO E MULTIMEDIALE (APPROVATA, IN UN TESTO UNIFICATO, DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 3317-3345-B)

A.C. 3317-B – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3317-B – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.3, 1.4, 1.5, 1.6 e 7.1 e sull'articolo aggiuntivo 1.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3317-B – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione).

  1. Al fine di assicurare la piena attuazione dei princìpi di cui all'articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, nonché di incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell'informazione digitale, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di cui all'articolo 1, comma 160, primo periodo, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come sostituita dall'articolo 10, comma 1, della presente legge, di seguito denominato «Fondo».
  2. Nel Fondo confluiscono:
   a) le risorse statali destinate alle diverse forme di sostegno all'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, comprese le risorse disponibili del Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria, di cui all'articolo 1, comma 261, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
   b) le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale, iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 1, comma 162, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
   c) una quota, fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro in ragione d'anno per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione, di cui all'articolo 1, comma 160, primo periodo, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come sostituita dall'articolo 10, comma 1, della presente legge;
   d) le somme derivanti dal gettito annuale di un contributo di solidarietà pari allo 0,1 per cento del reddito complessivo dei seguenti soggetti passivi dell'imposta di cui all'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917:
    1) concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica e sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali;
    2) società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgano raccolta pubblicitaria diretta, in tale caso calcolandosi il reddito complessivo con riguardo alla parte proporzionalmente corrispondente, rispetto all'ammontare dei ricavi totali, allo specifico ammontare dei ricavi derivanti da tale attività;
    3) altri soggetti che esercitino l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto di terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

  3. Le somme di cui al comma 2, lettera d), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al Fondo.
  4. Il Fondo è annualmente ripartito tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze. Le somme non impegnate in ciascun esercizio possono esserlo in quello successivo. Le risorse di cui alle lettere c) e d) del comma 2 sono comunque ripartite al 50 per cento tra le due amministrazioni; i criteri di ripartizione delle risorse di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma 2 tengono conto delle proporzioni esistenti tra le risorse destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica e quelle destinate all'emittenza radiofonica e televisiva a livello locale. Il decreto di cui al primo periodo può prevedere che una determinata percentuale del Fondo sia destinata al finanziamento di progetti comuni che incentivino l'innovazione dell'offerta informativa nel campo dell'informazione digitale attuando obiettivi di convergenza multimediale. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione di tali finanziamenti; lo schema di tale decreto è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto può comunque essere adottato. Il Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato.
  5. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, sono stabiliti i soggetti beneficiari, i requisiti di ammissione, le modalità, i termini e le procedure per l'erogazione di un contributo per il sostegno delle spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati in luogo delle riduzioni tariffarie di cui all'articolo 28, primo, secondo e terzo comma, della legge 5 agosto 1981, n. 416, all'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223. Sullo schema del regolamento di cui al primo periodo è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro sessanta giorni dalla ricezione. Decorso tale termine il regolamento è comunque emanato. Dalla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari di cui al primo periodo sono abrogate le disposizioni vigenti, anche di legge, con esse incompatibili, alla cui ricognizione si procede in sede di adozione delle medesime disposizioni regolamentari. Con il medesimo regolamento sono altresì stabilite procedure amministrative semplificate ai fini della riduzione dei tempi di conclusione dei provvedimenti di liquidazione delle agevolazioni previste dal citato articolo 28, primo, secondo e terzo comma, della legge n. 416 del 1981, anche relativamente agli anni pregressi. Il contributo di cui al primo periodo del presente comma è concesso nel limite delle risorse allo scopo destinate dal decreto di cui al primo periodo del comma 4.
  6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è annualmente stabilita la destinazione delle risorse ai diversi interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio negli stati di previsione interessati, anche nel conto dei residui.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione).

  Al comma 4, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia che esprimono un parere nel termine di trenta giorni dalla trasmissione dello schema di decreto, al quale il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a conformarsi. Decorso tale termine il decreto può comunque essere adottato.

  Conseguentemente, al medesimo comma:
   quinto periodo, dopo le parole:
l'espressione dei pareri aggiungere le seguenti:, ai quali il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a conformarsi;
   sopprimere il sesto, settimo e ottavo periodo.
1. 1. Pannarale, Giancarlo Giordano, Ricciatti.

  Al comma 4, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla trasmissione dello schema di decreto, al quale il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a conformarsi. Decorso tale termine il decreto può comunque essere adottato.
1. 2. Pannarale, Giancarlo Giordano, Ricciatti.

  Al comma 4, sopprimere il secondo periodo.
1. 3. Brescia, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

  Al comma 4, sostituire il secondo periodo con il seguente: Lo schema di decreto di cui al periodo precedente è trasmesso alle Camere affinché le Commissioni parlamentari competenti per materia esprimano, entro il termine di sessanta giorni, il proprio parere.
1. 4. Brescia, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La quota di competenza dell'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale non può essere comunque inferiore a 100 milioni di euro in ragione d'anno.
1. 6. Borghesi, Simonetti.

  Sopprimere il comma 5.
1. 5. Brescia, Fico, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Misure a favore delle emittenti radiotelevisive operanti in ambito locale).

  1. È previsto, nei limiti di 25 milioni di euro annui, un contributo in favore delle imprese che investono in campagne pubblicitarie su imprese televisive locali con ascolti rilevati da Auditel e imprese radiofoniche locali con ascolti rilevati da Radio Monitor.
  2. Tale contributo è riconosciuto nella forma di credito di imposta, nella misura dell'80 per cento dell'investimento sostenuto, con il limite complessivo di euro 25.000 per ogni singola impresa inserzionista ed è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
  3. Le modalità di fruizione del contributo vengono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  4. Alla copertura finanziaria della presente disposizione si provvede mediante corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente di ciascun Ministero, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b) della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  5. Le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 17, della legge 3 maggio 2004, n. 112, si applicano con riferimento alle ordinanze ingiunzioni emanate prima dell'entrata in vigore della presente legge, a condizione che l'impresa radiofonica o televisiva locale abbia provveduto a regolarizzare, entro lo stesso termine, la propria posizione relativamente alla violazione con riferimento alla quale è stata irrogata la sanzione. I termini di pagamento delle sanzioni amministrative ridotte decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  6. Al comma 1 dell'articolo 41 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, le parole: «15 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «35 per cento» e le parole: «50 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «30 per cento».
1. 01. Borghesi, Simonetti.

A.C. 3317-B – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti).

  1. Per garantire maggiori coerenza, trasparenza ed efficacia al sostegno pubblico all'editoria, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, la previsione di misure per il sostegno agli investimenti delle imprese editrici e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, l'innovazione del sistema distributivo, il finanziamento di progetti innovativi nel campo dell'editoria presentati da imprese di nuova costituzione, nonché la previsione di misure a sostegno di processi di ristrutturazione e di riorganizzazione delle imprese editrici già costituite.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) con riferimento ai destinatari dei contributi, parziale ridefinizione della platea dei beneficiari, ammettendo al finanziamento le imprese editrici che, in ambito commerciale, esercitano unicamente un'attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale, costituite:
    1) come cooperative giornalistiche, individuando per le stesse criteri in ordine alla compagine societaria e alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio;
    2) come enti senza fini di lucro ovvero come imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia interamente detenuto da tali enti;
    3) per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, come imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro;
   b) mantenimento dei contributi, con la possibilità di definire criteri specifici inerenti sia ai requisiti di accesso, sia ai meccanismi di calcolo dei contributi stessi:
    1) per le imprese editrici di quotidiani e periodici espressione delle minoranze linguistiche;
    2) per le imprese e gli enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali o braille, su nastro magnetico o su supporti informatici, in misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative testate;
    3) per le associazioni dei consumatori, a condizione che risultino iscritte nell'elenco istituito dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;
    4) per le imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani in lingua italiana editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero;
   c) esclusione dai contributi:
    1) degli organi di informazione dei partiti, dei movimenti politici e sindacali, dei periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico;
    2) di tutte le imprese editrici di quotidiani e periodici facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in mercati regolamentati;
   d) con riferimento ai requisiti per accedere ai contributi:
    1) riduzione a due anni dell'anzianità di costituzione dell'impresa editrice e di edizione della testata;
    2) regolare adempimento degli obblighi derivanti dal rispetto e dall'applicazione del contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale, stipulato tra le organizzazioni o le associazioni sindacali dei lavoratori dell'informazione e delle telecomunicazioni e le associazioni dei relativi datori di lavoro, comparativamente più rappresentative;
    3) edizione in formato digitale dinamico e multimediale della testata per la quale si richiede il contributo, anche eventualmente in parallelo con l'edizione su carta;
    4) obbligo per l'impresa di dare evidenza, nell'edizione, del contributo ottenuto nonché di tutti gli ulteriori finanziamenti ricevuti a qualunque titolo;
    5) obbligo per l'impresa di adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna;
   e) con riferimento ai criteri di calcolo del contributo:
    1) graduazione del contributo in funzione del numero di copie annue vendute, comunque non inferiore al 30 per cento delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20 per cento delle copie distribuite per la vendita per le testate nazionali, prevedendo più scaglioni cui corrispondono quote diversificate di rimborso dei costi di produzione della testata e per copia venduta;
    2) valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale dell'offerta e del modello imprenditoriale, anche mediante la previsione di un aumento delle relative quote di rimborso, e previsione di criteri di calcolo specifici per le testate telematiche che producano contenuti informativi originali, tenendo conto del numero dei giornalisti, dell'aggiornamento dei contenuti e del numero effettivo di utenti unici raggiunti;
    3) previsione di criteri premiali per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore a 35 anni, nonché per l'attivazione di percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, e per azioni di formazione e aggiornamento del personale;
    4) previsione di una riduzione per le imprese che superano, nei confronti del proprio personale, dei propri collaboratori e amministratori, il limite massimo retributivo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
    5) previsione di limiti massimi al contributo erogabile, in relazione all'incidenza percentuale del contributo sul totale dei ricavi dell'impresa e comunque nella misura massima del 50 per cento di tali ricavi;
   f) previsione di requisiti di accesso e di regole di erogazione dei contributi diretti quanto più possibile omogenei e uniformi per le diverse tipologie di imprese destinatarie;
   g) revisione e semplificazione del procedimento amministrativo per l'erogazione dei contributi a sostegno dell'editoria, anche con riferimento agli apporti istruttori demandati ad autorità ed enti esterni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini dello snellimento dell'istruttoria e della possibilità di erogare i contributi con una tempistica più efficace per le imprese;
   h) introduzione di incentivi agli investimenti in innovazione digitale dinamica e multimediale, anche attraverso la previsione di modalità volte a favorire investimenti strutturali in piattaforme digitali avanzate, comuni a più imprese editrici, autonome e indipendenti;
   i) assegnazione di finanziamenti a progetti innovativi presentati da imprese editrici di nuova costituzione, mediante bandi indetti annualmente;
   l) con riferimento alla rete di vendita:
    1) attuazione del processo di progressiva liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali, favorendo l'adeguamento della rete alle mutate condizioni, mitigando gli effetti negativi di breve termine, assicurando agli operatori parità di condizioni, ferma restando l'applicazione dell'articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192, anche al fine di migliorare la reale possibilità di fornitura adeguata alle esigenze dell'utenza del territorio e con divieto di sospensioni arbitrarie delle consegne, e garantendo in tutti i punti di vendita il pluralismo delle testate presenti anche mediante l'introduzione, tenuto conto della sussistenza di motivi imperativi di interesse generale, di parametri qualitativi per l'esercizio dell'attività, nonché di una disciplina della distribuzione territoriale dei prodotti editoriali volta ad assicurare a tali punti di vendita l'accesso alle forniture, senza il loro condizionamento a servizi o prestazioni aggiuntive;
    2) promozione, di concerto con le regioni, di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita e rimozione degli ostacoli che limitano la possibilità di ampliare l'assortimento e l'intermediazione di altri beni e servizi, con lo scopo di accrescerne le fonti di ricavo potenziale, nel rispetto delle norme e delle prescrizioni tecniche poste a tutela di esigenze di salute pubblica, ordine pubblico e acquisizione di gettito erariale;
    3) promozione di sinergie strategiche tra i punti di vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove formule imprenditoriali e commerciali;
    4) completamento in maniera condivisa e unitaria dell'informatizzazione delle strutture, al fine di connettere i punti di vendita e di costituire una nuova rete integrata capillare nel territorio;
   m) con riferimento ai canali di vendita telematici, previsione che escluda la discriminazione on line/off line in materia di prodotti editoriali vendibili nonché la limitazione dell'impresa editoriale nella propria autonomia di definizione di contenuti, prezzi, formule commerciali e modalità di pagamento;
   n) incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, riconoscendo un particolare beneficio agli inserzionisti di micro, piccola o media dimensione e alle start up innovative.

  3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, nel rispetto della procedura di cui all'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
  4. Al fine di rendere l'accesso ai prepensionamenti per i giornalisti progressivamente conforme alla normativa generale del sistema pensionistico, nonché di razionalizzare la composizione e le attribuzioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto l'incremento dei requisiti e la ridefinizione dei criteri per il ricorso ai trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata di cui all'articolo 37, comma 1, lettera b), della legge 5 agosto 1981, n. 416, e la revisione della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti.
  5. Nell'esercizio della delega di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) incremento, nella direzione di un allineamento con la disciplina generale del sistema pensionistico, dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l'accesso ai trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata previsti dall'articolo 37, comma 1, lettera b), della legge 5 agosto 1981, n. 416, prevedendo, in ogni caso, il divieto di mantenere un rapporto lavorativo con il giornalista che abbia ottenuto il trattamento pensionistico, e revisione della procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editrici ai fini dell'accesso agli ammortizzatori sociali e ai prepensionamenti;
   b) riordino e razionalizzazione delle norme concernenti il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti nei seguenti ambiti:
    1) competenze in materia di formazione;
    2) procedimenti nelle materie di cui all'articolo 62 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, prevedendo, in particolare, l'eliminazione della facoltà di cumulo delle impugnative dei provvedimenti dei consigli regionali dell'Ordine dinanzi al Consiglio nazionale con quelle giurisdizionali, stabilendo la loro natura alternativa, ferma restando la possibilità di proporre ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel caso di impugnativa dinanzi al Consiglio nazionale dell'Ordine;
    3) numero dei componenti, da stabilire nel numero massimo di sessanta consiglieri, di cui due terzi giornalisti professionisti, tra i quali almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, e un terzo pubblicisti, tra i quali almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, purché titolari di una posizione previdenziale attiva presso l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani;
    4) adeguamento del sistema elettorale, garantendo la massima rappresentatività territoriale.
  6. I decreti legislativi di cui al comma 4 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché, per l'ipotesi di cui alla lettera b) del comma 5, di concerto con il Ministro della giustizia e sentito il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, nel rispetto della procedura di cui all'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
  7. All'attuazione della delega di cui al comma 1 si provvede nel limite delle risorse disponibili sul Fondo. Dall'attuazione della delega di cui al comma 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  8. Gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 4, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi siano espressi, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere adottati anche in mancanza dei pareri. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e di motivazione. Le Commissioni parlamentari esprimono il proprio parere entro venti giorni dalla trasmissione, decorsi i quali i decreti sono adottati.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 2.
(Deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti).

  Al comma 2, lettera a), numero 3), sopprimere le parole: per un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. 7. Borghesi, Simonetti.

  Al comma 2, lettera e), numero 1), sopprimere le parole da: per le testate locali fino a: per le testate nazionali.
2. 3. Brescia, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

  Al comma 2, lettera e), numero 4), sostituire le parole: previsione di una riduzione per le con le seguenti: previsione della mancata corresponsione del contributo a quelle.
2. 4. Pannarale, Giancarlo Giordano, Ricciatti.

  Al comma 2, lettera e), dopo il numero 4), aggiungere il seguente:
   4-bis) previsione di criteri premiali per le imprese radiotelevisive locali, in relazione all'impegno profuso nell'informazione locale.
2. 9. Borghesi, Simonetti.

  Al comma 2, lettera n), sopprimere le parole: nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.
*2. 5. Pannarale, Giancarlo Giordano, Ricciatti.

  Al comma 2, lettera n), sopprimere le parole: nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.
*2. 6. Brescia, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

  Al comma 5, lettera b), numero 3) sostituire le parole da: sessanta consiglieri fino a: purché con le seguenti: 62 consiglieri, di cui la metà giornalisti professionisti e la metà pubblicisti, 20 eletti a livello nazionale e 38 eletti su base regionale in rappresentanza di ciascuna regione e 4 per le Province autonome di Trento e Bolzano, purché.
2. 10. Simonetti, Borghesi.

A.C. 3317-B – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Nuove disposizioni per il riordino dei contributi alle imprese editrici).

  1. All'articolo 2 del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 2, alinea, le parole: «il contributo, che non può comunque superare quello riferito all'anno 2010,» sono sostituite dalle seguenti: «il contributo, che non può comunque superare il 50 per cento dell'ammontare complessivo dei proventi dell'impresa editrice, riferiti alla testata per cui è chiesto il contributo, al netto del contributo medesimo,»;
   b) al comma 4, il secondo periodo è soppresso;
   c) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
  « 7-bis. Il contributo è erogato in due rate annuali. La prima rata è versata entro il 30 maggio mediante anticipo di una somma pari al 50 per cento del contributo calcolato come previsto dal presente decreto. La seconda rata, a saldo, è versata entro il termine di conclusione del procedimento. All'atto dei pagamenti, l'impresa deve essere in regola con le attestazioni rilasciate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con i versamenti dei contributi previdenziali e non deve risultare inadempiente in esito alla verifica di cui all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602».

  2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dai contributi relativi all'anno 2016.
  3. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2016, le domande per l'ammissione al sostegno pubblico all'editoria, sottoscritte dal legale rappresentante dell'impresa editrice, sono presentate, per via telematica, dal 1o al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo, secondo le modalità pubblicate nel sito internet istituzionale del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le domande devono essere corredate dei documenti istruttori o delle dichiarazioni sostitutive attestanti: l'assetto societario, il numero dei giornalisti dipendenti associati, la mutualità prevalente, il divieto di distribuzione degli utili, l'anzianità di costituzione e di edizione della testata, la periodicità e il numero delle uscite, l'insussistenza di situazioni di collegamento o di controllo previste dall'articolo 3, comma 11-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e dall'articolo 1, comma 574, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, l'iscrizione nel registro delle imprese, gli estremi delle posizioni contributive presso istituti previdenziali, la proprietà o la gestione della testata. Le imprese editrici devono inoltre far pervenire nel medesimo termine un campione di numeri della testata edita. Entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo, le imprese editrici richiedenti devono produrre il bilancio di esercizio, corredato della nota integrativa e degli annessi verbali, e i prospetti dei costi e delle vendite; tale documentazione deve essere certificata da soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
  4. A decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge:
   a) il comma 7-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103, è abrogato;
   b) all'articolo 1, comma 3, della legge 7 marzo 2001, n. 62, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il prodotto editoriale è identificato dalla testata, intesa come il titolo del giornale, della rivista o di altra pubblicazione periodica, avente una funzione e una capacità distintiva nella misura in cui individua una pubblicazione.».
   c) all'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 62, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «3-bis. Per “quotidiano on line” si intende quella testata giornalistica:
   a) regolarmente registrata presso una cancelleria di tribunale;
   b) il cui direttore responsabile sia iscritto all'Ordine dei giornalisti, nell'elenco dei pubblicisti ovvero dei professionisti;
   c) che pubblichi i propri contenuti giornalistici prevalentemente on line;
   d) che non sia esclusivamente una mera trasposizione telematica di una testata cartacea;
   e) che produca principalmente informazione;
   f) che abbia una frequenza di aggiornamento almeno quotidiana;
   g) che non si configuri esclusivamente come aggregatore di notizie».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 3.
(Nuove disposizioni per il riordino dei contributi alle imprese editrici).

  Al comma 1, lettera c), capoverso comma 7-bis, sostituire le parole: 50 per cento con le seguenti: 30 per cento.
3. 1. Brescia, Vacca, Simone Valente, Luigi Gallo, D'Uva, Di Benedetto, Marzana.

A.C. 3317-B – Articolo 6

ARTICOLO 6 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Modifica alla legge 3 febbraio 1963, n. 69).

  1. All'articolo 1, quinto comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, dopo le parole: «ciascuna regione» sono inserite le seguenti: «e provincia autonoma».

A.C. 3317-B – Articolo 7

ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Modifiche alla legge 15 maggio 1954, n. 237, e alla legge 27 dicembre 1997, n. 449).

  1. All'articolo 2, primo comma, della legge 15 maggio 1954, n. 237, le parole: «La Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata» sono sostituite dalle seguenti: «La Presidenza del Consiglio dei ministri, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni sono autorizzati».
  2. Al comma 24 dell'articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le parole: «la Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata» sono sostituite dalle seguenti: «la Presidenza del Consiglio dei ministri, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni sono autorizzati, nell'ambito delle risorse già destinate a questo scopo nel bilancio degli enti interessati,».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 7.
(Modifiche alla legge 15 maggio 1954, n. 237, e alla legge 27 dicembre 1997, n. 449).

  Sostituire il comma 1 con i seguenti:
  1. Alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 1, comma 160, primo periodo, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
   «b) al finanziamento, fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro in ragione d'anno, del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze»;
   b) all'articolo 1, comma 164, la lettera d) è soppressa.

  2. All'articolo 4, comma 190, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole: «all'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448» sono sostituite dalle seguenti: «al comma 160 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, lettera b)».
7. 1. Borghesi, Simonetti.

A.C. 3317-B – Articolo 9

ARTICOLO 9 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale).

  1. All'articolo 49 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
  «1-bis. L'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale ha durata decennale ed è preceduto, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, della legge 28 dicembre 2015, n. 220, da una consultazione pubblica sugli obblighi del servizio medesimo.
  1-ter. Il limite massimo retributivo di 240.000 euro annui, di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, si applica rispettivamente agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate.
  1-quater. Ai fini del rispetto del limite di cui al comma 1-ter non si applicano le esclusioni di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
  1-quinquies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è affidato in concessione il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale ed è approvato l'annesso schema di convenzione. Lo schema di decreto e l'annesso schema di convenzione sono trasmessi per il parere, unitamente ad una relazione del Ministro dello sviluppo economico sull'esito della consultazione di cui al comma 1-bis, alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Il parere è reso entro trenta giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può comunque essere adottato, con l'annesso schema di convenzione. Il decreto e l'annesso schema di convenzione sono sottoposti ai competenti organi di controllo e successivamente pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
  1-sexies. Sino alla data di entrata in vigore del decreto che dispone il nuovo affidamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, e comunque per un periodo non superiore a novanta giorni dalla data di scadenza del rapporto concessorio, continuano a trovare applicazione, ad ogni effetto, la concessione e la relativa convenzione già in atto.
  1-septies. Il Ministero dello sviluppo economico provvede, sulla base dello schema di convenzione annesso al decreto di cui al comma 1-quinquies, alla stipulazione della convenzione con la società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale».

A.C. 3317-B – Articolo 10

ARTICOLO 10 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.
(Norme di coordinamento).

  1. All'articolo 1, comma 160, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
   «b) al finanziamento, fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro in ragione d'anno, del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze».

  2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità di versamento del contributo di cui all'articolo 1, comma 2, lettera d).
  3. In sede di prima applicazione, per l'esercizio finanziario 2016, le risorse di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a) e b), sono mantenute nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri e nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico ai fini dell'esecuzione degli interventi già programmati a valere su di esse.
  4. Le risorse di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416, confluiscono nel Fondo di cui all'articolo 1 nell'esercizio finanziario successivo a quello di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 1, comma 5, al netto di quelle occorrenti per l'erogazione dei benefìci già maturati alla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.

A.C. 3317-B – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il mondo dell'informazione è cambiato da tempo ed una differenza sostanziale tra professionisti e pubblicisti non esiste più;
    sono migliaia e migliaia i pubblicisti che svolgono ogni giorno un lavoro senza il quale i quotidiani dovrebbero ridurre la foliazione e le emittenti radiofoniche e televisive i notiziari, eppure sono ancora una categoria bistrattata, specie dal punto di vista economico, che i giornalisti contrattualmente garantiti punta a penalizzare con l'obiettivo di monopolizzare l'Ordine;
    il Parlamento non dovrebbe perciò approvare norme che penalizzerebbero i 75 mila pubblicisti italiani attraverso un disegno di riforma che tende a mortificare soprattutto la rappresentanza dei pubblicisti in Consiglio Nazionale;
    la composizione attuale, sia pur pletorica, garantisce la presenza di tutte le singole regioni, cosa che sarebbe stata impossibile assicurare se fosse passata la precedente versione del provvedimento che ipotizzava la riduzione a 36 consiglieri, fortunatamente portata poi a 60 al Senato, altrimenti sarebbero rimaste senza alcun consigliere le regioni con un minor numero di iscritti come Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d'Aosta, mentre potrebbero avere serie difficoltà (almeno in una delle due rappresentanze) Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto;
    rimane però ancora l'aspetto negativo che in Consiglio Nazionale gli oltre 75 mila pubblicisti dovrebbero essere rappresentati al massimo da 20 colleghi, mentre i 5 mila professionisti, invece, da 40;
    la condizione che i pubblicisti siano eleggibili solo se hanno una posizione previdenziale attiva, se pur pensata nell'ottica di contrastare la non regolarizzazione lavorativa-contributiva, di fatto rappresenta un ulteriore elemento di discriminazione per i pubblicisti, comportando l'esclusione di tutti coloro che non vengono retribuiti e posti in regola sotto il profilo previdenziale;
    è giusto volere una riduzione di pletoriche assemblee, ma senza penalizzare esclusivamente i pubblicisti che, da sempre, contribuiscono a mantenere economicamente gli Ordini, regionali e nazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere i criteri di attribuzione della rappresentanza delle due componenti della categoria, riequilibrando quella dei pubblicisti.
9/3317-B/1Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 150 del 7 giugno 2000 «Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni», ha previsto che le attività di informazione nella Pubblica amministrazione devono realizzarsi attraverso la costituzione di uffici stampa, che ciascuna amministrazione può istituire nell'ambito del proprio ordinamento definendone, nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi;
    sempre in base alla predetta normativa legislativa, gli uffici stampa degli enti pubblici devono essere costituiti da personale iscritto all'Albo nazionale dei giornalisti e che l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidati alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione con l'intervento dell'organizzazione sindacale dei giornalisti;
    con la richiamata legge n. 150 del 2000 si intendeva attuare il principio della trasparenza e della chiarezza sulle attività delle amministrazioni pubbliche quale elemento caratterizzante di uno stato democratico e del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, attraverso la istituzione di uffici stampa affidati a giornalisti iscritti all'Albo professionale e in quanto tali tenuti al rispetto delle norme di deontologia professionale;
    a distanza di ormai sedici anni dall'entrata in vigore della legge non è stato ancora avviato il confronto con l'organizzazione sindacale rappresentativa dei giornalisti per la regolamentazione dei profili professionali e dei relativi trattamenti dei giornalisti occupati negli uffici stampa degli enti pubblici;
    l'applicazione delle norme contenute nella legge n. 150 del 2000 è quindi avvenuta al di fuori di un quadro di regole condivise e di una contrattazione collettiva, con differenze rilevanti tra enti pubblici dello stesso livello, tra enti pubblici di diverso livello, tra territori diversi, anche a parità di prestazioni professionali,

impegna il Governo

nel ritenere che l'attuazione di questa disposizione legislativa non sia più procrastinabile a mettere in atto, attraverso il Ministero della funzione pubblica, ogni iniziativa che, coinvolgendo i soggetti rappresentativi di regioni, comuni e sistema pubblico allargato, sia atta a sanare in tempi rapidi questa situazione di inadempienza applicativa, di disparità di applicazione a parità di prestazioni professionali svolte da soggetti con le medesime idoneità professionali.
9/3317-B/2Verini, Garofani, Zampa, Pierdomenico Martino, Anzaldi.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento all'esame di quest'Aula si istituisce un nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e si delega il Governo a ridefinire la disciplina del sostegno pubblico all'editoria e all'emittenza radiofonica e televisiva locale assieme alla disciplina relativa a profili pensionistici dei giornalisti e alla composizione e competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti;
    in particolare, rileva il contenuto dell'articolo 1, commi da 1 a 3, dove si prevede che il Fondo sia finalizzato ad assicurare la piena attuazione dei principi di cui all'articolo 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, e ad incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e vendita, la capacità delle imprese editoriali di investire e di acquistare posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici, anche nel settore dell'informazione digitale;
    in tal senso si deve ricordare che, l'indagine conoscitiva dell'Agcom del 2015 su «Informazione e internet in Italia. Modelli di business, consumi, professioni» a commento del calo di circa il 30 per cento dei ricavi dei quotidiani negli anni 2010-2014 rileva testualmente che: «Nell'ultimo quinquennio si è assistito ad una progressiva riduzione dei ricavi conseguiti nel settore dell'informazione: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, presentando una riduzione media pari al 16 per cento nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30 per cento nel caso della contrazione subita dai quotidiani (cartacei). Sussistono, comunque, profonde differenze da mezzo a mezzo. Mentre la televisione, anche grazie alla sua funzione di intrattenimento, sembra destinata a mantenere un'importante posizione, anche nel nuovo contesto di mercato, i quotidiani e, in misura minore, la radio, soffrono di un declino strutturale. Internet, d'altronde, è l'unico mezzo che mostra un andamento distonico rispetto agli altri, mostrando ricavi in crescita, anche se la sua incidenza sui ricavi complessivi rimane ancora oggi relativa (circa 15 per cento)»;
    a tal fine l'articolo 2, commi 1 e 2, lettera l) ed m) delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a innovare il sistema distributivo e, tra i principi e criteri direttivi cui si deve attenere vi è l'attuazione del processo di progressiva liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali, favorendo l'adeguamento della rete alle mutate condizioni, mitigando gli effetti negativi di breve termine, assicurando agli operatori parità di condizioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire, in sede di adozione dei provvedimenti in premessa, l'innovazione tecnologica al fine di accentuare la dinamicità del mercato magari rafforzando non solo gli obblighi di digitalizzazione ma anche prevedendo la periodicità annuale dei bandi di finanziamento per progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione le c.d. «Start up».
9/3317-B/3Mucci, Prodani, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al fine di assicurare la piena attuazione dei princìpi di cui all'articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione, prevede, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione;
    non risulta tuttavia che la destinazione delle risorse impiegate nel suddetto Fondo sia definita in conformità con la disciplina europea,

impegna il Governo

a prevedere, in successivi interventi normativi, che la destinazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione previsto nel provvedimento, sia determinata in conformità con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato di cui agli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
9/3317-B/4Matarrelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 dell'A.C. 3317-3345-B prevede la delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la revisione della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti;
    nel disciplinare esclusivamente i requisiti per concorrere a rivestire la carica di consigliere nazionale, tralasciando i singoli ordini a livello regionale, la norma opera nei fatti una discriminazione tra due ruoli elettivi all'interno della stessa categoria professionale con riflessi per quanto riguarda i rapporti interni tra gli appartenenti allo stesso Ordine,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, in sede di emanazione dei decreti legislativi attuativi della delega, volte ad armonizzare la disciplina elettorale dei consigli regionali dell'Ordine dei giornalisti nel senso di prevedere anche a livello regionale che la posizione attiva INPGI sia presupposto di elettorato passivo.
9/3317-B/5Palmieri, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede la delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la revisione della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti;
    l'articolo 6 integra la normativa vigente in materia di tenuta dell'albo dei giornalisti a livello territoriale,

impegna il Governo:

   al fine di garantire la rappresentanza territoriale ed un equilibrato rapporto tra numero di elettori e numero di aventi diritto al voto, a elaborare un sistema elettorale imperniato, come nella legge istitutiva dell'Ordine attualmente in vigore, sulla base, ove possibile, di collegi regionali o, in via eccezionale, di collegi interregionali;
   a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione della Consulta dei presidenti e dei vicepresidenti degli Ordini regionali il cui parere deve essere acquisito quando vengono trattate materie che hanno ricaduta sui Consigli o la cui gestione coinvolge gli stessi Consigli territoriali. In tali casi, la Consulta integra il Consiglio nazionale al fine di garantire la massima rappresentatività territoriale e il coordinamento delle attività come indicato dalla legge stessa;
   in relazione a quanto disposto dall'articolo 6 a rivedere le norme per la costituzione di nuovi Consigli, attualmente prevista dagli articoli 2, 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 1965, Regolamento per l'esecuzione della legge 3 febbraio 1963 n. 69.
9/3317-B/6Blazina, Bonaccorsi, Malisani, D'Ottavio, Manzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici e del sostegno agli investimenti delle imprese editrici, nonché dell'emittenza radiofonica e televisiva locale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di prevedere l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, di un registro delle imprese operanti nel settore dell'editoria, nonché dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, al fine di rendere pubblici la partecipazione societaria, lo stato patrimoniale e le trasformazioni di tali imprese.
9/3317-B/7Marzano.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della comunicazione e della informazione locale assume una notevole rilevanza per l'accessibilità e la prossimità alle notizie nonché per la qualità del nostro sistema democratico a garanzia del pluralismo;
    non si può sottovalutare l'importanza che il sistema di editoria locale, quella delle piccole emittenti, radiofoniche e televisive riveste sui territori;
    purtroppo da tempo suddetto settore risulta essere in crisi, una crisi che a sua volta si riverbera in altri settori accrescendo anche una fragilità nel dibattito pubblico delle comunità minori;
    è opportuno non sottovalutare tale profilo e che si valuti l'opportunità di supportare tali realtà riconoscendone anche una funzione sociale;
    in prima lettura in merito a tale provvedimento era stato accolto l'ordine del giorno 9/3317-A/9,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto previsto dall'ordine del giorno 9/3317-A/9 nonché a valutare l'opportunità di intervenire rapidamente a sostegno del settore dell'editoria locale in considerazione della assoluta importanza che rivestono anche per il rilancio dell'economia di questi territori.
9/3317-B/8Cani.


   La Camera,
   premesso che:
    i ritardi del Mezzogiorno si manifestano in maniera molto ampia anche per quanto concerne il settore dell'editoria;
    nel corso degli ultimi anni molte testate sono state costrette a chiudere a causa della insostenibilità dei costi e molte vertenze che riguardano piccoli gruppi editoriali sono in corso come testimoniano i decreti di ammortizzatori sociali;
    tale crisi dispiega i suoi effetti negativi anche sui territori con una minore offerta dell'informazione e un conseguente ridimensionamento del dibattito pubblico e del pluralismo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere specifiche misure di sostegno in favore delle iniziative editoriali presenti ed operanti nel Mezzogiorno al fine di salvaguardare non solo i livelli occupazionali del settore ma anche del pluralismo a tutela della qualità della democrazia.
9/3317-B/9Burtone, Cuomo, Battaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della delega dettata dall'articolo 2, al comma 2, lettera n), si prevede che il Governo debba promuovere l'incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, riconoscendo un particolare beneficio agli inserzionisti di micro, piccola o media dimensione e alle start up innovative;
    i dati dell'andamento economico-produttivo dell'editoria giornalistica del nostro Paese evidenziano la radicalità e la profondità della crisi del settore, soprattutto sul mercato della comunicazione pubblicitaria che negli ultimi anni ha registrato una forte contrazione: dal 2007 al 2015 gli investimenti pubblicitari sono diminuiti del -32,4 per cento, passando da 9,0 a 6,1 miliardi di euro;
    in questo quadro, l'andamento degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata (quotidiani e periodici) risulta ancora più critico: tra il 2007 e il 2015, gli investimenti in comunicazione pubblicitaria su quotidiani e periodici sono calati del -61,5 per cento, passando da 2,8 a 1,1 miliardi di euro, con la conseguenza di quasi dimezzare la loro incidenza sul totale, che è così passata dal 31,0 al 17,6 per cento;
    nel 2015 si è invece registrata una seppur timida ripresa degli investimenti pubblicitari sui mezzi televisivi che in un quadro complessivo di sostanziale stabilità del mercato sono cresciuti dello 0,7 per cento. Nel medesimo anno è, invece, continuata la crisi della carta stampa: i quotidiani e i periodici hanno infatti confermato un dato di preoccupante flessione (-6,6 per cento i quotidiani e -3,9 per cento i periodici);
    la misura proposta è volta, pertanto, al conseguimento di un duplice effetto: rilanciare gli investimenti pubblicitari, che in una fase congiunturale sfavorevole svolgono una evidente e riconosciuta funzione prociclica di spinta ai consumi in un momento in cui i dati economici segnalano l'avvio della ripresa e, nel contempo, garantire risorse ai mezzi di informazione (quotidiani e periodici) che svolgono una insostituibile funzione di veicolo di cultura e libertà;
    la previsione di cui al sopracitato articolo 2, comma 2, lettera n) del provvedimento, come modificata in sede di seconda lettura dal Senato nell'intento di intervenire su tutti i comparti e le aree del sistema della comunicazione, non distingue però tra l'investimento pubblicitario sulla carta stampata e quello sulle emittenti radiotelevisive che, notoriamente, stante la modalità più diretta con la quale raggiungono l'utenza e godendo di una rendita di posizione saranno più stimolati ad investire;
    l'incentivo fiscale sarà ovviamente rapportato ai volumi di investimento pubblicitario e sarà tanto più vantaggioso quanto più lo stesso sarà elevato,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettera n), a dettare una disciplina d'incentivazione fiscale che tenga conto dei differenti volumi di investimento tra le due filiere della comunicazione e non penalizzi la filiera della carta stampata.
9/3317-B/10Giancarlo Giordano, Pannarale, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, comma 2 lettera l), del provvedimento, si contempla, con riferimento alla rete di vendita dei prodotti editoriali, la promozione di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita;
    dalla disposizione ne deriverà una disciplina applicabile sia alle piccole edicole, che tradizionalmente sono condotte e gestite in ambito familiare, che alla grande distribuzione che potrà contare nella vendita dei prodotti sulla turnazione del proprio personale;
    come è accaduto per sale cinematografiche, librerie ed uffici postali un'altra realtà ramificata su tutto il territorio nazionale e che ancora oggi continua a rappresentare un presidio sociale, quale è la rete delle edicole, rischia di scomparire da alcune zone del nostro territorio a causa di una crisi che dipende certamente dal calo delle vendite di quotidiani e periodici, dalla virata sul web, dal processo di ristrutturazione e concentrazione della rete di distribuzione, ma anche dalla mancanza di attenzione nel preservare una rete che nonostante tutto resta il principale canale di distribuzione per la carta stampata e a volte l'unico legame cruciale tra la piccola e media editoria con i territori;
    la suddetta previsione non tenendo conto di esigenze personali, rischia di penalizzare fortemente la vita dei gestori delle edicole,

impegna il Governo

in sede di attuazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 2 lettera l), a prevedere che la disciplina sul regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti vendita sia dettata compatibilmente con le esigenze dei titolari dei punti vendita, tenendo conto del diritto a godere di turni di chiusura periodica e di chiusura per ferie.
9/3317-B/11Franco Bordo, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, comma 2 lettera l), del provvedimento, si contempla, con riferimento alla rete di vendita dei prodotti editoriali, la promozione di un regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti di vendita;
    dalla disposizione ne deriverà una disciplina applicabile sia alle piccole edicole, che tradizionalmente sono condotte e gestite in ambito familiare, che alla grande distribuzione che potrà contare nella vendita dei prodotti sulla turnazione del proprio personale;
    come è accaduto per sale cinematografiche, librerie ed uffici postali un'altra realtà ramificata su tutto il territorio nazionale e che ancora oggi continua a rappresentare un presidio sociale, quale è la rete delle edicole, rischia di scomparire da alcune zone del nostro territorio a causa di una crisi che dipende certamente dal calo delle vendite di quotidiani e periodici, dalla virata sul web, dal processo di ristrutturazione e concentrazione della rete di distribuzione, ma anche dalla mancanza di attenzione nel preservare una rete che nonostante tutto resta il principale canale di distribuzione per la carta stampata e a volte l'unico legame cruciale tra la piccola e media editoria con i territori;
    la suddetta previsione non tenendo conto di esigenze personali, rischia di penalizzare fortemente la vita dei gestori delle edicole,

impegna il Governo

in sede di attuazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 2 lettera l), a prevedere che la disciplina sul regime di piena liberalizzazione degli orari di apertura dei punti vendita tenga conto delle esigenze dei titolari dei punti vendita stessi e del diritto di chiusura per ferie.
9/3317-B/11. (Testo modificato nel corso della seduta)  Franco Bordo, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    con riferimento ai criteri di calcolo del contributo, l'articolo 2, comma 2, lettera e), numero 4) del provvedimento prevede, a fini sanzionatori, la previsione di una semplice riduzione dello stesso per le imprese editrici che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di euro 240.000 annui, di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2014 (L. 89/2014);
    la previsione di una semplice riduzione del contributo potrebbe vanificare la funzione e l'effetto deterrente della previsione normativa, soprattutto nei confronti di un'impresa che può permettersi di corrispondere retribuzioni così alte e che per questo non dovrebbe avere diritto ad accedere ad un sostegno pubblico,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 2, lettera e), numero 4), di prevedere una forte penalizzazione per le imprese che contravvengono al limite retributivo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2014 (L. 89/2014), riducendo sensibilmente l'importo del contributo pubblico all'editoria a loro spettante.
9/3317-B/12Pannarale, Giancarlo Giordano, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nel nostro Paese l'editoria cattolica ha da sempre una grandissima rilevanza per il contributo offerto non solo all'informazione ma anche al dibattito pubblico e culturale;
    purtroppo nel corso degli ultimi anni si sono registrate chiusure dolorose di testate storiche e in periferia sempre più diocesi non riescono a proseguire nella propria attività editoriale;
    i costi accresciuti persino delle spedizioni stanno rendendo di fatto impossibile la sostenibilità di piccole imprese editoriali che contribuiscono a promuovere l'informazione e anche un tessuto di attività nel settore della cooperazione e della solidarietà;
    in questa crisi viene ad essere posto in discussione il principio del pluralismo culturale dell'informazione,

impegna il Governo

ad istituire un apposito tavolo di confronto per quanto concerne l'editoria cattolica al fine di individuare specifiche misure di sostegno con l'obiettivo di salvaguardare un importante segmento dell'informazione e del pluralismo di questo Paese.
9/3317-B/13Preziosi.


MOZIONI LOREFICE ED ALTRI N. 1-01342, RONDINI ED ALTRI N. 1-01376, ANDREA MAESTRI ED ALTRI N. 1-01377, VEZZALI, ABRIGNANI ED ALTRI N. 1-01378, CARNEVALI, MISURACA, MONCHIERO ED ALTRI N. 1-01379, PRESTIGIACOMO ED ALTRI N. 1-01380, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-01381 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01382 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL CENTRO DI ACCOGLIENZA PER RICHIEDENTI ASILO DI MINEO (CATANIA)

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    con la dichiarazione dello stato di emergenza indetto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 2011 e successiva ordinanza n. 16355 del prefetto di Palermo del marzo 2011 veniva individuato il «Residence degli Aranci», sito nel comune di Mineo (Catania), quale centro per dare accoglienza ai migranti sbarcati sulle coste italiane a seguito «dell'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa»;
    sin dall'inizio dalla sua istituzione emergevano delle problematiche relative alle condizioni di accoglienza dei migranti, che hanno poi caratterizzato il centro di Mineo anche negli anni a seguire. Tra tutte risultavano già evidenti il problema del pesante sovraffollamento, le gravi carenze nell'erogazione dei servizi fondamentali (assistenza sanitaria, mediazione culturale, orientamento legale e altro), l'isolamento e l'assenza di reali possibilità di inclusione sociale, l'impossibilità di tutelare i soggetti maggiormente vulnerabili;
    il Governo, con ordinanza di protezione civile, n. 33 del 28 dicembre 2012 recante «regolamento della chiusura dello stato di emergenza umanitaria e rientro nella gestione ordinaria da parte del Ministero dell'interno e altre amministrazioni competenti», decretava la fine dello stato di emergenza, prevedendo però per il centro di Mineo una prosecuzione dell'accoglienza fino a giugno 2013, termine prorogato, poi, per ben quattro volte fino all'indizione del bando di gara aggiudicato nel giugno 2014;
    con una lettera del 27 maggio 2015 indirizzata al Ministero dell'interno il presidente dell'ANAC dichiarava illegittimo l'appalto per la gestione del centro di Mineo del giugno 2014;
    le indagini dirette dalla procura della Repubblica di Roma nel procedimento noto come «Mafia Capitale» portavano all'arresto di noti personaggi di spicco direttamente coinvolti con le vicende relative all'aggiudicazione della gara di appalto del centro di accoglienza di Mineo;
    nel mese di giugno 2015 il prefetto di Catania, su proposta del presidente dell'ANAC, applicava la misura straordinaria e temporanea del commissariamento dell'appalto per la gestione del centro di accoglienza di Mineo;
    nel novembre 2015 veniva risolto in anticipo l'accordo stipulato con il consorzio dei comuni del calatino «Terre di accoglienza», relativo alla gestione del centro di accoglienza di Mineo, e veniva nominata una «struttura di missione» che ne subentrava nella gestione;
    negli anni si sono susseguiti numerosissimi report di denuncia ad opera di organizzazioni non governative, enti ed associazioni del terzo settore esperti in materia di immigrazione circa le condizioni di accoglienza dell'allora centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo;
    emblematico della situazione di degrado ed abbandono all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è il caso del giovane richiedente asilo eritreo di soli 21 anni che moriva suicida nel dicembre del 2013 in un momento in cui il centro ospitava più di 4.000 migranti su una previsione di 2.000 posti disponibili;
    la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate» effettuava una prima visita di ispezione presso il centro di accoglienza di Mineo nel mese di maggio 2015, nel corso della quale aveva modo di constatare ed approfondire tutte le criticità relative alle gravissime condizioni di accoglienza dei migranti quali sovraffollamento, degrado e condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, isolamento, carenze strutturali e nell'erogazione dei servizi fondamentali dovuti, personale non formato, presenza di casi vulnerabili non presi in carico, attività illecite, abusi e prostituzione, fino ad una gestione del tutto non trasparente circa le forniture dei prodotti e le modalità di rilevazione delle presenze giornaliere dei migranti accolti a mezzo badge, deficitaria, e su cui la Commissione aveva cercato di chiarirne gli aspetti principali nel corso delle audizioni con i responsabili del centro;
    nel mese di giugno 2016 la procura della Repubblica di Caltagirone avviava una nuova indagine circa la presunta truffa legata ai rimborsi in favore dell'ente gestore per le presenze giornaliere dei migranti nel centro di accoglienza di Mineo emanando sei avvisi di garanzia;
    tra le persone indagate raggiunte da questi ultimi avvisi di garanzia a cura della procura della Repubblica di Caltagirone ve ne sono alcune che continuano a svolgere attività lavorativa all'interno del Centro, oltretutto con ruoli di responsabilità;
    sempre nel mese di giugno 2016 veniva pubblicato un rapporto denominato «Filiera sporca» promosso da associazioni del terzo settore che denunciava, inter alia, lo sfruttamento lavorativo dei migranti accolti nel centro di accoglienza di Mineo nella racconta delle arance;
    la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate» effettuava una nuova visita di ispezione nel mese di luglio 2016 riscontrando le criticità rilevate nella precedente visita di maggio 2015, di fatto invariate;
    in data 19 luglio 2016 in audizione presso la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate» il capo del dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno, prefetto Morcone, ammetteva le difficoltà del Governo a ricollocare in altre strutture più idonee gli oltre 3.000 migranti presenti a Mineo, manifestando implicitamente una errata valutazione dei posti e centri necessari previsti dal piano di accoglienza nazionale per il 2016, nonostante fosse stato convenuto da più parti l'urgenza del superamento dei grandi centri per migranti;
    in quella stessa occasione il prefetto Morcone ribadiva come per la sostenibilità economica del centro di accoglienza di Mineo risultasse necessaria la presenza minima di 2.000 persone, in relazione al rimborso pro capite pro die percepito e ai costi di gestione, come a ribadire evidentemente che il grave problema di sovraffollamento è insito nella natura stessa di questo centro;
    il 6 giugno 2016 scadeva il termine di una procedura di gara indetta da Invitalia, centrale di committenza per il Ministero dell'interno, aperta ai sensi dell'articolo 60, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016, per l'affidamento della «Fornitura e posa in opera della recinzione modulare all'interno dell'area da destinarsi ad hotspot per migranti presso il “Residence degli Aranci” di Mineo», per un importo complessivo pari a euro 1.147.712,04, oltre I.V.A. ed oneri di legge se dovuti;
    i centri cosiddetti hotspot, sul cui tema sono state depositate due interrogazioni parlamentari a risposta scritta (la n. 4-12896 del 19 aprile 2016 e la n. 4-13471 del 13 giugno 2016), nonché due interrogazioni a risposta immediata in Assemblea (la n. 3-02146 del 31 marzo 2016 e la n. 3-02349 del 29 giugno 2016), istituiti a seguito degli accordi previsti dall'Agenda europea sull'immigrazione, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo hanno già manifestato tutta la loro inefficacia e sono privi di fondamento giuridico nell'ordinamento italiano ed europeo;
    sul centro di accoglienza di Mineo indagano tuttora le procure di Roma, di Catania e di Caltagirone,

impegna il Governo:

   ad interrompere immediatamente ogni iniziativa volta a riqualificare il centro di accoglienza di Mineo, o parte di esso, e a destinarlo a centro cosiddetto hotspot;
   ad assumere con urgenza ogni iniziativa necessaria diretta a chiudere in maniera definitiva il centro di accoglienza di Mineo, entro e non oltre il termine di marzo 2017, ponendo fine alla lunga lista di violazioni della dignità umana in cui versano i tanti migranti accolti nella struttura;
   ad intraprendere, con urgenza e con effetto immediato, ogni iniziativa necessaria volta a far sì che nessun nuovo richiedente asilo sia accolto presso il centro di Mineo, e che sia trasferito subito il più alto numero possibile di migranti in altre strutture, dando ovviamente priorità ai casi più vulnerabili.
(1-01342) «Lorefice, Brescia, Colonnese, Castelli, Grillo, Rizzo, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza di Mineo è stato istituito nel 2011 a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale a fronte degli arrivi causati dalla cosiddetta Primavera Araba, per divenire, successivamente al 2013, un Centro di accoglienza per richiedenti asilo ordinario, sotto la responsabilità del Ministero dell'interno;
    da tempo il Cara di Mineo è al centro di numerose inchieste giudiziarie e sullo stesso indagano, tuttora, ben tre Procure, di Roma, di Catania e, da ultimo, quella di Caltagirone per abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nella gara d'appalto per la gestione triennale dei servizi del centro stesso;
    tale gara fu ritenuta illegittima dall'Autorità Nazionale Anticorruzione e, a seguito delle indagini del procedimento «Mafia Capitale», fu avviata un'indagine allo scopo di accertare presunti illeciti;
    inoltre, le indagini sulla contabilità relativa alle presenze giornaliere dei migranti ospiti del Cara di Mineo hanno evidenziato che sono stati rendicontati e corrisposti, negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, importi superiori a quelli dovuti, per un ammontare di circa un milione di euro;
    il sistema di accoglienza, a seguito anche delle ultime modifiche apportate con il decreto legislativo numero 142 del 2015, si articola in «prima accoglienza» (articolo 9) e «seconda accoglienza» (articolo 14), mancando per i cosiddetti, Hot Spot una disciplina sia comunitaria che nazionale;
    per far fronte ai continui arrivi di immigrati e alla mancata attivazione degli strumenti di respingimento ed espulsione previsti dal nostro ordinamento e da quello comunitario (articoli 10 e 13 del decreto legislativo numero 286 del 1998 e direttiva 2008/115/CE), nell'ambito della cosiddetta «seconda accoglienza», i centri, previsti dalla legge come temporanei (CAS), di fatto, sono diventati quelli più numerosi ed utilizzati;
    lo Stato corrisponde agli enti gestori delle strutture di accoglienza in media 35 euro al giorno per ogni richiedente ospitato e spesso si registrano situazioni senza controllo e monopoli da parte di associazioni e cooperative che gestiscono, anche in diverse province e regioni, numerosi centri di accoglienza e, in alcuni casi, senza partecipare ad alcun bando ma per assegnazione diretta da parte delle Prefetture;
    il sistema di accoglienza, così come delineato dal decreto legislativo numero 142 del 2015, risulta, infatti, privo di un idoneo sistema di controlli, sia sugli enti gestori che sulle strutture impiegate, come dimostrano le numerose inchieste giudiziarie, riportate anche dalla stampa, che hanno coinvolto, non solo il centro di Mineo, ma anche altri centri in Italia;
    dunque, il sistema così come delineato e gestito non è in grado di assicurare un controllo e una corretta gestione dell'accoglienza, delle risorse pubbliche ivi impiegate e dei flussi migratori, bensì risulta un sistema criminogeno che si palesa indipendentemente dal numero degli ospiti o della tipologia del centro;
    secondo i dati forniti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate, dal 2013 ad oggi sono arrivati nel nostro Paese clandestinamente solo via mare ben 498.841 immigrati;
    sempre secondo gli stessi dati al 28 settembre, nel 2016 a fronte di 131.974 arrivi le domande di protezione internazionale presentate sono state solo 81.420 mentre nel sistema di accoglienza risultano 160.030 richiedenti asilo a fronte di soli 208 immigrati clandestini nei Centri di Identificazione ed Espulsione;
    attualmente le presenze al centro di accoglienza di Mineo sono circa 2.000 e, secondo gli ultimi dati, a livello nazionale nel 2016 il tasso di riconoscimento dello status di rifugiato è del 5 per cento, mentre quello di protezione sussidiaria è del 14 per cento;
    la direttiva 2013/33/UE, recepita con il decreto legislativo numero 142 del 2015, all'articolo 8 comma 3 prevede il trattenimento dei richiedenti asilo in una serie di casi, tra cui, in particolare, per motivi di sicurezza nazionale ed ordine pubblico;
    recentemente, Gilles De Kerchove, coordinatore dell'antiterrorismo UE, in audizione lunedì scorso al Parlamento europeo, ha ribadito che i flussi migratori sono stati utilizzati dai jihadisti dello Stato islamico per infiltrarsi in Europa e che la Libia sta diventando «un trampolino» per lo stato islamico da cui pianificare attacchi verso l'Europa;
    nella notte del 30 agosto 2015 un diciottenne ivoriano, ospite del centro di Mineo in cui ha fatto ritorno la mattina seguente, avrebbe trucidato i coniugi Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez, che sarebbe anche stata violentata dallo stesso, nella loro villa a Palagonia,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per abolire l'attuale sistema di accoglienza, partendo proprio dal centro di Mineo balzato alle cronache per innumerevoli scandali ed inchieste giudiziarie, e ad attivare le opportune iniziative, anche a livello internazionale, affinché vengano istituiti nei Paesi di partenza dei migranti appositi centri di accoglienza per l'identificazione, la presentazione e l'esame delle domande di protezione internazionale;
   a dichiarare lo stato di emergenza, alla luce del sovraffollamento in tutti i centri e non soltanto in quello di Mineo, al fine di inquadrare correttamente il fenomeno immigrazione che non deve essere gestito come evento ordinario ma come evento emergenziale destinato ad azzerarsi, anche rafforzando le azioni di respingimento previste dal nostro ordinamento e da quello comunitario (articolo 10 del decreto legislativo numero 286 del 1998 e articolo 13 del regolamento CE 562 del 2006 cosiddetto codice frontiere Schengen) nonché assumendo le iniziative di competenza per mantenere il reato di immigrazione clandestina;
   a disporre il trattamento dei richiedenti asilo all'interno del Centro di Mineo nelle more della sua chiusura definitiva, per le evidenti ragioni di sicurezza e ordine pubblico richiamate in premessa e in particolare per i fatti del 30 agosto 2016, e contestualmente ad assumere iniziative per aumentare il numero dei centri di identificazione ed espulsione in accordo con le regioni che diano il loro assenso, nei quali trattenere anche tutti gli immigrati giunti clandestinamente in Italia dalle frontiere marittime e terrestri, in assenza di respingimento immediato alla frontiera e per non avere formalizzato alcuna domanda di protezione internazionale nei Paesi di partenza, provvedendo ad assumere le opportune iniziative normative per aumentare il periodo di trattenimento fino a diciotto mesi in attuazione dell'articolo 15 della direttiva 2008/115/ UE.
(1-01376) «Rondini, Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati disponibili descrivono il sistema di accoglienza dei migranti in Italia perennemente gestito con un approccio emergenziale e approssimativo, mai affrontato con una programmazione seria e rigorosa, nonostante non ci sia alcuna emergenza. Dal 1o gennaio al 29 settembre 2016, infatti, sono sbarcati sulle nostre coste 132.044 migranti, contro i 131.841 nello stesso periodo del 2015 e i 138.674 nello stesso periodo nel 2014. Quindi, numeri assolutamente in linea che configurano con sempre maggiore evidenza il carattere strutturale del fenomeno;
   da diversi anni ormai le organizzazioni della società civile denunciano le falle di un sistema di accoglienza che si basa prevalentemente su maxi centri per migranti (di cui il Cara – Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è il principale esempio), anziché dotarsi di un modello alternativo di accoglienza diffusa, dove la distribuzione dei richiedenti asilo sui territori permetterebbe di non intaccare i fragili equilibri sociali, già messi a dura prova dall'incessante crisi economica e di garantire un'integrazione concreta e mirata;
    la normativa prevede che, all'ingresso del Cara, il migrante riceva un attestato nominativo che certifica il suo status di richiedente asilo e di ospite del centro, nonché un opuscolo che spiega l'organizzazione della vita all'interno della struttura. Egli è altresì informato del diritto di contattare l'Unhcr, della normativa in materia di visite e permanenza nel centro. Il periodo di «accoglienza» non dovrebbe eccedere i 35 giorni, oltre i quali il richiedente asilo dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno della durata di tre mesi, rinnovabile di tre mesi in tre mesi, fino alla definizione della richiesta di asilo;
    il Cara di Mineo, fin dalla data della sua creazione nel 2011, ha invece mostrato scorrettezza nell'applicazione della normativa, una situazione insostenibile, condizioni disumane e opacità nella gestione;
    già nel rapporto del 2011, «il diritto alla protezione-studio sullo stato del sistema di asilo in Italia e proposte per una sua evoluzione», elaborato dall'associazione Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), nell'ambito del progetto cofinanziato dall'Unione europea e dal Ministero dell'interno, si evidenziava che nel centro, sebbene fosse classificato come Cara, non risultavano erogati servizi essenziali quali l'assistenza legale, il servizio di mediazione linguistico-culturale, l'assistenza sociale e psicologica; non era prevista né la distribuzione delle carte telefoniche né del pocket money. Inoltre, nel centro venivano trasferiti richiedenti asilo provenienti da altri Cara per i quali era già pendente la procedura di asilo, in quanto già auditi da altre commissioni territoriali e in attesa della notifica delle decisioni. I trasferimenti comportavano il conseguente allungamento dei tempi di definizione delle relative procedure e si aggiungevano come ostacoli ad un effettivo accesso alla tutela giurisdizionale, in quanto le decisioni di rigetto notificate, in mancanza di mediatori linguistici, non erano tradotte nella lingua comprensibile al richiedente, e indicavano tribunali non competenti. Inoltre, veniva riscontrato che i richiedenti permanevano nel centro senza un titolo di soggiorno, in violazione di quanto disposto dall'articolo 20 comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008, mentre il permesso di soggiorno per richiesta asilo veniva rilasciato solo a coloro che lasciavano il centro. Infine, veniva segnalato che alla istituzione del centro di Mineo non era seguita una istituzione di una apposita commissione territoriale operante presso la struttura, al fine di esaminare tempestivamente, nei termini di legge, le domande di protezione internazionale, provocando così una frustrazione dei richiedenti e il frequente scoppio di rivolte e disordini;
    da allora l'accresciuto numero dei richiedenti asilo presso il Cara di Mineo, ormai giunto a circa quattromila, ben oltre la capienza della struttura, ha aggravato le criticità e le violazioni dei diritti fondamentali e sono venute alla luce sconcertanti e drammatiche vicende, che denotano la assoluta inidoneità della struttura, non solo a garantire una accoglienza secondo gli standard prescritti dalla normativa interna e comunitaria, ma persino a garantire le condizioni minime igienico-sanitarie e di sicurezza per gli stessi ospiti;
    l'inadeguatezza della struttura, unita al pressappochismo e all'improvvisazione del sistema di accoglienza dei migranti, ha trasformato il Cara di Mineo in una «Guantamano italiana» dove alle gestioni degli appalti sospettate di illegalità e allo spreco di risorse pubbliche, oggetto di indagini da parte della procura di Caltagirone, si aggiungono il grave degrado e lo stato di abbandono del centro, teatro di reati e arresti per traffico di migranti ospiti, sequestri, violenze, tentativi di suicidio e delitti. Tutte gravi cause provocate da un sistema di accoglienza inadeguato e mal programmato;
    al Cara di Mineo sono presenti richiedenti la protezione internazionale che hanno avviato la procedura alla polizia di frontiera o alla questura, che attendono la decisione definitiva anche per anni, durante i quali rimangono in un limbo giuridico che non ne agevola la reale integrazione, anzi li emargina e spesso per pura sopravvivenza li costringe a delinquere;
    finora, il richiedente asilo, al quale la commissione territoriale nega il riconoscimento dello status di rifugiato (in uno dei tre diversi livelli di protezione internazionale: asilo, protezione sussidiaria, protezione umanitaria), ha diritto, ovviamente, di impugnare la decisione negativa davanti al tribunale del distretto di Corte d'appello dove ha sede la commissione, di partecipare ad un'udienza dove ha il diritto di essere sentito dal giudice, di appellare l'eventuale sentenza negativa e di ricorrere in Cassazione contro l'eventuale sentenza negativa in grado di appello: non si tratta di un lusso, ma dei 3 gradi di giudizio che la Costituzione riconosce come diritto fondamentale a tutti, senza discriminazioni, perché «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti», (articolo 113 Costituzione);
    nel mese di agosto 2016, il Ministro della giustizia ha presentato un piano d'intervento che prevede procedure più snelle, la cancellazione dell'appello ed espulsioni più veloci, per rispondere all'ingolfamento dei tribunali, al numero delle procedure di richiesta di asilo inevase, e ai ricorsi in caso di rigetto della domanda che nei primi sei mesi del 2016 sono stati oltre 15 mila, 3.500 al mese. Questo decreto creerebbe una giustizia «di serie b», trattandosi di cittadini di origine straniera, poiché rendere superflua l'udienza, acquisire la videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo davanti alla commissione e togliere l'appello significa per i presentatori del presente atto, scrivere una pagina di «apartheid giudiziaria», proprio sulla pelle dei più deboli, con una discriminazione istituzionale degna di periodi storici bui per i diritti umani;
    una soluzione per risolvere le lungaggini processuali potrebbe essere l'attivazione di commissioni territoriali (che attualmente sono poche) in ogni provincia, per gestire numeri più ridotti e quindi accettabili e sostenibili di domande. Conseguentemente, i ricorsi potrebbero essere incardinati nel tribunale della città dove il richiedente ha il domicilio, senza ingolfare i tribunali delle città capoluogo di regione. Misure che eviterebbero la violazione dei diritti fondamentali delle persone;
    il sistema di accoglienza basato su gestioni extra ordinem dei centri di accoglienza, improvvisati e sovraffollati, dovrebbe essere superato e condotto nell'alveo virtuoso del sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che, nei casi utilizzati, ha dato ottimi risultati;
    si supererebbe un sistema di accoglienza, fuori norma con una gestione sostanzialmente basata su un approccio emergenziale: dei 159.473 cittadini stranieri ospitati, addirittura 123.396 (77 per cento) sono collocati in strutture temporanee e di emergenza, contro soli 22.192 (13,9 per cento) posti nel sistema Sprar. Un numero di posti, quelli del sistema Sprar, di fatto stabili negli ultimi anni, nonostante una vera e propria esplosione dei posti gestiti in emergenza. In questa sproporzione si insinuano potenziali sacche di reddito per chi dell'accoglienza vuole farne un business, dato che l'accoglienza straordinaria poggia su procedure e requisiti assolutamente meno controllati dell'accoglienza tramite Sprar;
    l'Alto commissariato per i rifugiati Unhcr nel 2012, nel documento «Raccomandazioni dell'Unhcr sugli aspetti rilevanti della protezione dei rifugiati in Italia», con particolare riferimento al sistema di accoglienza, sottolinea che «(...) In considerazione delle diversità esistenti tra le varie tipologie di strutture (Cara, Sprar, centri delle aree metropolitane e “Piano d'accoglienza per i migranti”), l'attuale approccio dovrebbe essere riconsiderato, garantendo alti standard per tutti i richiedenti asilo. In ogni caso l'assistenza in attesa della decisione sulla domanda di asilo non dovrebbe essere limitata ad un massimo di sei mesi, ma concessa per periodi più lunghi, fino al termine dell'esame in questione. Sarebbe infine preferibile evitare la permanenza dei richiedenti asilo per lunghi periodi nei centri collettivi di grandi dimensioni. Allo stesso tempo, l'assistenza ed i servizi offerti ai richiedenti asilo ed ai rifugiati dovrebbero essere maggiormente distinti, offrendo ai primi l'assistenza adeguata in attesa della decisione sul loro status ed ai rifugiati misure di supporto per facilitare la loro integrazione nella società italiana»,

impegna il Governo:

   a decidere in tempi brevi la definitiva chiusura del Cara di Mineo, approntando una ridistribuzione territoriale dei richiedenti asilo e di ogni migrante presente presso la struttura, tenendo conto del territorio italiano nel quale hanno avviato la loro procedura di asilo;
   a impegnare le proprie energie nella costruzione di un sistema di accoglienza dei migranti organico, snello e rispettoso dei diritti, per superare quello attuale prevalentemente basato su collocamenti in strutture straordinarie e sovraffollate, preferendo invece il sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, finora sottoutilizzato;
   ad assumere iniziative per rivedere il piano di intervento presentato dal Ministro della giustizia riguardante le richieste di protezione internazionale, valutando l'ipotesi prospettata in premessa di integrare le commissioni territoriali presenti, con l'attivazione di un numero maggiore a livello provinciale.
(1-01377) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    governare la globalizzazione è un obiettivo molto ambizioso, una sfida da non perdere in quanto è un processo che porta con sé molte opportunità, ma è altresì un percorso pieno di insidie, dato che un mondo senza barriere e stereotipi per ora è solo un progetto, un pianeta nel quale possano convivere pacificamente culture e credi diversi, etnie e tradizioni differenti è una necessità, così come realizzare una società complessa nella quale ogni individuo si possa sentire a casa e pienamente integrato è ciò su cui dobbiamo lavorare;
    l'ambizione di coniugare il rispetto delle regole con l'integrazione è la condizione necessaria per realizzare una società moderna e multietnica;
    gli ultimi anni sono stati caratterizzati da fenomeni migratori senza precedenti, passando da una gestione «possibile» di immigrati economici a flussi di dimensioni cosiddette bibliche che non si riescono a controllare: esodi di massa di donne, uomini e bambini in fuga da guerre e persecuzioni, vittime di sfruttamento, individui in cerca di futuro, con storie di disperazione e speculazioni unite in un viaggio della speranza che si consuma nelle acque del Mediterraneo;
    persone in fuga da stermìni di massa, persecuzioni politiche e religiose o dalla miseria più assoluta; famiglie intere che investono tutti i loro averi per intraprendere un faticoso cammino con l'illusione di un lavoro sicuro e della stabilità affidando la loro vita a scafisti senza scrupoli che li abbandonano in mare privi di viveri, su precarie imbarcazioni;
    una realtà, quella dei richiedenti asilo e dei profughi, che si soccorrono davanti alle nostre coste o in mare aperto raccogliendo i loro mayday, che necessita di interventi che vanno oltre la gestione dell'emergenza;
    l'Europa non si è mostrata particolarmente disponibile a collaborare: pur ammettendo che quello dell'immigrazione non può restare solo un problema italiano, continua a non consentire deroghe alle norme che impongono al Paese di prima accoglienza l'onere dell'identificazione e della dichiarazione dello status, in base al quale attivare poi la ripartizione di quote di richiedenti asilo e di rifugiati fra gli stati membri;
    sulle coste italiane sbarcano, infatti, persone di ogni età prive di documenti, che non è possibile ricondurre immediatamente al Paese di appartenenza e che fanno di tutto per confondere i soccorritori rispetto alla loro età e nazionalità;
    fatto questo che impone di ospitarli temporaneamente in strutture, al fine di avere il tempo di effettuare il loro riconoscimento e consentire ai soccorritori di assicurare loro le prime cure;
    questi centri, a volte improvvisati, dato che vengono utilizzati edifici dismessi o siti individuati in condizioni di urgenza e necessità, costringono a vivere queste persone stipate oltre la ragionevole capienza, rischiando di trasformarle in polveriere. Luoghi nei quali lo stress accumulato e il desiderio di libertà possono accendere risse e non di rado il rischio emergenza sanitaria è elevato; siti destinati a una convivenza forzata fra persone che per storie personali e cultura poco hanno in comune; strutture dalle quali spesso fuggono persone non identificate che si perdono sul territorio nazionale;
    va ricordato che i comuni di Pozzallo, Rosarno, Reggio Calabria, Lampedusa, Catania, Linosa e non solo, che hanno resistito alla pressione degli arrivi continui, rischiando perfino il dissesto economico, hanno dato prova di grande umanità e messo in atto risposte straordinarie, consentendo l'accoglienza di minori non accompagnati e la sepoltura dei tanti che non sono riusciti a superare le insidie e gli stenti del lungo viaggio;
    il volontariato, il territorio, i cittadini hanno dato prova di grande umanità rispondendo all'emergenza umanitaria e facendo tutto il possibile per assicurare a questi disperati la prima accoglienza;
    dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono passati cinque anni, anni nei quali il Governo ha cercato di sensibilizzare le istituzioni europee e internazionali affinché partecipassero a questa enorme macchina della solidarietà;
    sono stati erogati finanziamenti anche europei, che hanno messo il nostro Paese nelle condizioni di destinare somme all'accoglienza e individuare soluzioni che hanno portato tutte le regioni italiane a condividere con quelle di frontiera la pressione degli arrivi senza sosta; è stato possibile individuare strutture, anche private, e assicurare condizioni di vita migliori ai tanti immigrati stipati nei centri di prima accoglienza;
    in questo complesso contesto si situa la storia del Cara di Mineo. Mineo è un comune di circa seimila abitanti in provincia di Catania che ha ospitato nella struttura «Residence degli Aranci» fino a quattromila immigrati nordafricani, un numero di persone quasi doppio rispetto alla sua reale capienza;
    in questo centro, individuato come uno degli « hot spot» immigrazione, è difficile favorire l'inclusione sociale e fornire assistenza e tutele ai soggetti più vulnerabili;
    in questi anni esso ha ottenuto proroghe quando la gestione ordinaria ne avrebbe richiesto la chiusura; è stato sottoposto a verifiche dell'Anac quando sono stati denunciati appalti illegittimi per la sua conduzione; nel 2015 ne è stata commissariata l'amministrazione;
    i limiti di questa struttura sono stati più volte segnalati e verificati da Commissioni parlamentari di inchiesta e sono stati oggetto di audizioni puntuali;
    è stato contestato da più parti anche il tentativo di riqualificazione, resosi necessario per il perdurare dello stato di necessità che ne richiede il pieno impiego;
    il 20 settembre 2016 l'ONU ha tenuto il suo primo vertice sul tema rifugiati e immigrazione con il proposito di unire e coordinare un sistema «umano» dell'accoglienza e dare la migliore risposta internazionale possibile a questa emergenza,

impegna il Governo:

   a trovare soluzioni efficaci per ridurre l'alto numero di immigrati ancora presenti nel Cara di Mineo e a lavorare a un piano di riparto nazionale che consenta di evitare per il futuro queste concentrazioni disumane e ingestibili;
   alla luce delle anomalie che hanno caratterizzato la gestione del Cara di Mineo, a vigilare e contrastare le speculazioni sull'accoglienza, verificando la congruità delle strutture pubbliche e private destinate a ospitare gli immigrati e la trasparenza delle procedure di assegnazione;
   nell'ottica del superamento di un modello di accoglienza come quello di Mineo, a negoziare con l'Europa – forti degli auspici dell'assemblea delle Nazioni Unite – una soluzione condivisa che consenta agli immigrati che ne fanno richiesta il ricongiungimento con i familiari residenti negli altri Paesi e a stabilire forme comuni per la gestione dell'accoglienza, visto che la politica dei «muri» e dei «no» è insostenibile quando si ragiona di dignità, di umanità, di persone;
   a destinare ai comuni di «frontiera», le risorse necessarie per gestire la presenza di immigrati e assicurare loro i servizi senza penalizzare i residenti.
(1-01378) «Vezzali, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Sottanelli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo nasce nel 2011, a seguito della proclamazione, da parte del Governo italiano, dello stato di emergenza per far fronte all'eccezionale afflusso di migranti sulle coste italiane a seguito degli sconvolgimenti politici avvenuti nei  paesi arabi del nordafrica;
    nel marzo 2011, con ordinanza del Presidente del Consiglio, per ospitare i migranti viene requisito e affidato alla gestione della Croce rossa il «Residence degli aranci», un villaggio precedentemente occupato dai militari Usa della base di Sigonella, di proprietà della Pizzarotti spa, e ne viene affidata la gestione alla Croce rossa;
    nel giugno 2011, con decreto del commissario delegato viene nominata soggetto attuatore per la gestione del Cara la provincia di Catania, la quale indice procedura negoziale per l'affidamento dei servizi, ad eccezione di quelli sanitari che restano alla Croce rossa Italiana; la gestione dei servizi viene assegnata all'ATI Sisifo Consorzio di coop sociali fino a fine 2011 e poi prorogata fino al 31 dicembre 2012;
    il 20 dicembre 2012, allo scopo di assumere a livello locale la gestione ordinaria del centro sollevando da responsabilità dirette l'amministrazione centrale, i 9 comuni della zona costituiscono il Consorzio Calatino Terra d'Accoglienza;
    il 28 dicembre 2012 un'ordinanza del Presidente del Consiglio dispone la fine della gestione emergenziale e il rientro in regime ordinario, mentre l'area su cui sorge il centro viene acquisita in locazione dopo una trattativa con la Pizzarotti spa;
    nel marzo 2013 la prefettura di Catania stipula una convenzione per la gestione del Cara di Mineo con il Consorzio Calatino Terre d'Accoglienza, il quale affida in appalto i servizi all'interno del Cara all'ATI Sisifo Consorzio di cooperative sociali. In seguito, per tutto il 2013 si succedono varie proroghe, sia della convenzione fra prefettura e Consorzio Calatino che dell'appalto al Consorzio Sisifo per la gestione dei servizi;
    ad aprile 2014 il Consorzio Calatino indice una gara di appalto con base d'asta di 97.893.000,00 euro per la gestione per tre anni dei servizi presso il Cara di Mineo fino al 31.12.2016, e il 30 luglio l'appalto viene assegnato all'unico concorrente ATI Consorzio di Cooperative Sociali Casa della Solidarietà;
    all'assegnazione dell'appalto fa seguito un groviglio di vicende giudiziarie (parere di Anac sulla illegittimità della gara d'appalto, annullamento in autotutela, ricorso dei Consorzio Calatino e ulteriore risposta di Anac), finché nel maggio 2015 il Consorzio Calatine Terra d'Accoglienza conferma la determinazione del 30 luglio 2014 e dichiara definitiva l'aggiudicazione dell'appalto alla ditta vincitrice;
    a breve distanza di tempo nel luglio 2015, la sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, ai sensi dell'articolo 34 dei codice antimafia, dispone la misura di prevenzione patrimoniale dell'amministrazione giudiziaria nei confronti del gruppo La Cascina, che comprende anche le società la Cascina Global service srl e la cooperativa Casa della Solidarietà. Tale misura porterà al commissariamento della gestione del centro e al recesso della prefettura di Catania dall'accordo di programma con il Consorzio Calatino Terre di accoglienza, che conseguentemente cesserà dalle funzioni di stazione appaltante;
    nel frattempo il Cara di Mineo è stato oggetto di attenzione, fin dal maggio 2015, da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, la quale intende presentare entro il mese di ottobre 2016 una articolata relazione in merito;
    i sopralluoghi effettuati dalla commissione nel Centro di Mineo hanno consentito di verificare criticità accentuate nella gestione in termini di qualità dei servizi resi agli ospiti: abitazioni degradate e talora fatiscenti, sovraffollamento, precarie condizioni igienico sanitarie, presenza insufficiente in relazione al numero degli ospiti di operatori qualificati per il sostegno educativo, psicologico, sanitario, linguistico. Altre gravi carenze sono state riscontrate anche sul piano della trasparenza della gestione amministrativa, in relazione al rapporto coi fornitori, all'assunzione del personale, al sistema di registrazione delle presenze;
    dopo il commissariamento della gestione del Centro, il 27 novembre 2015 ne ha assunto la gestione diretta la prefettura di Catania, che ha istituito un'apposita «struttura di missione» con il compito, tra gli altri, di supportare l'ufficio territoriale di governo nei compiti di controllo, monitoraggio e verifica degli standard delle prestazioni erogate, nonché di predisporre la nuova procedura di gara. Il ritorno alla gestione diretta del Ministero dell'interno ha quindi posto un argine alle criticità sopra descritte favorendo un ritorno alla legalità;
    l'indirizzo assunto dal Governo e condiviso dalla Conferenza unificata del 14 luglio 2014 in merito alle politiche dell'accoglienza prevede l'abbandono dei centri di grandi dimensioni e la distribuzione dei migranti in piccoli gruppi sul territorio nazionale, ma tale prospettiva – più efficace per la tutela delle persone immigrate e la qualità dell'accoglienza, per la sicurezza e la sostenibilità delle comunità locali – richiede un processo graduale che non consente di rinunciare nell'immediato ad alcune grandi strutture, fra cui quella di Mineo;
    in questo contesto è stata recentemente avanzata l'ipotesi di attrezzare una parte del centro per assolvere alla funzione di « hotspot» per l'identificazione dei soggetti appena sbarcati, prospettiva che presenta notevoli controindicazioni legate alla commistione con la popolazione immigrata già residente nonché alla distanza di Mineo dai luoghi di sbarco che imporrebbe un ingente impiego di uomini e mezzi per i trasferimenti. Sarebbe opportuno creare specifici lotti dedicati all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà famiglie e minori non accompagnati,

impegna il Governo:

   a ridurre progressivamente le presenze all'interno del centro di Mineo, proseguendo nel ridimensionamento della struttura avviato dopo il commissariamento;
   a garantire la necessaria discontinuità nel modello di gestione, proseguendo nell'opera di riqualificazione dei servizi offerti al fine di una migliore qualità dell'accoglienza nel rispetta della dignità dei soggetti ospitati;
   ad escludere l'ipotesi di adibire il Cara di Mineo alla funzione di « hotspot»;
   a destinare appositi lotti all'ospitalità e all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà, famiglie e minori non accompagnati;
   a indire, per la futura gestione, gare di appalto separate per singoli lotti corrispondenti alle diverse tipologie di servizi, in modo da favorire la concorrenza ed elevare la qualità e l'economicità della gestione.
(1-01379) «Carnevali, Misuraca, Monchiero, Beni, Burtone, Fiano, Gadda, Giuseppe Guerini, Moretto, Chaouki, Patriarca, Binetti, Bosco, Battaglia, Cuomo, Garofalo».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo nasce nel 2011, a seguito della proclamazione, da parte del Governo italiano, dello stato di emergenza per far fronte all'eccezionale afflusso di migranti sulle coste italiane a seguito degli sconvolgimenti politici avvenuti nei  paesi arabi del nordafrica;
    nel marzo 2011, con ordinanza del Presidente del Consiglio, per ospitare i migranti viene requisito e affidato alla gestione della Croce rossa il «Residence degli aranci», un villaggio precedentemente occupato dai militari Usa della base di Sigonella, di proprietà della Pizzarotti spa, e ne viene affidata la gestione alla Croce rossa;
    nel giugno 2011, con decreto del commissario delegato viene nominata soggetto attuatore per la gestione del Cara la provincia di Catania, la quale indice procedura negoziale per l'affidamento dei servizi, ad eccezione di quelli sanitari che restano alla Croce rossa Italiana; la gestione dei servizi viene assegnata all'ATI Sisifo Consorzio di coop sociali fino a fine 2011 e poi prorogata fino al 31 dicembre 2012;
    il 20 dicembre 2012, allo scopo di assumere a livello locale la gestione ordinaria del centro sollevando da responsabilità dirette l'amministrazione centrale, i 9 comuni della zona costituiscono il Consorzio Calatino Terra d'Accoglienza;
    il 28 dicembre 2012 un'ordinanza del Presidente del Consiglio dispone la fine della gestione emergenziale e il rientro in regime ordinario, mentre l'area su cui sorge il centro viene acquisita in locazione dopo una trattativa con la Pizzarotti spa;
    nel marzo 2013 la prefettura di Catania stipula una convenzione per la gestione del Cara di Mineo con il Consorzio Calatino Terre d'Accoglienza, il quale affida in appalto i servizi all'interno del Cara all'ATI Sisifo Consorzio di cooperative sociali. In seguito, per tutto il 2013 si succedono varie proroghe, sia della convenzione fra prefettura e Consorzio Calatino che dell'appalto al Consorzio Sisifo per la gestione dei servizi;
    ad aprile 2014 il Consorzio Calatino indice una gara di appalto con base d'asta di 97.893.000,00 euro per la gestione per tre anni dei servizi presso il Cara di Mineo fino al 31.12.2016, e il 30 luglio l'appalto viene assegnato all'unico concorrente ATI Consorzio di Cooperative Sociali Casa della Solidarietà;
    all'assegnazione dell'appalto fa seguito un groviglio di vicende giudiziarie (parere di Anac sulla illegittimità della gara d'appalto, annullamento in autotutela, ricorso dei Consorzio Calatino e ulteriore risposta di Anac), finché nel maggio 2015 il Consorzio Calatino Terra d'Accoglienza conferma la determinazione del 30 luglio 2014 e dichiara definitiva l'aggiudicazione dell'appalto alla ditta vincitrice;
    a breve distanza di tempo nel luglio 2015, la sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, ai sensi dell'articolo 34 dei codice antimafia, dispone la misura di prevenzione patrimoniale dell'amministrazione giudiziaria nei confronti del gruppo La Cascina, che comprende anche le società la Cascina Global service srl e la cooperativa Casa della Solidarietà. Tale misura porterà al commissariamento della gestione del centro e al recesso della prefettura di Catania dall'accordo di programma con il Consorzio Calatino Terre di accoglienza, che conseguentemente cesserà dalle funzioni di stazione appaltante;
    nel frattempo il Cara di Mineo è stato oggetto di attenzione, fin dal maggio 2015, da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, la quale intende presentare entro il mese di ottobre 2016 una articolata relazione in merito;
    i sopralluoghi effettuati dalla commissione nel Centro di Mineo hanno consentito di verificare criticità accentuate nella gestione in termini di qualità dei servizi resi agli ospiti: abitazioni degradate e talora fatiscenti, sovraffollamento, precarie condizioni igienico sanitarie, presenza insufficiente in relazione al numero degli ospiti di operatori qualificati per il sostegno educativo, psicologico, sanitario, linguistico. Altre gravi carenze sono state riscontrate anche sul piano della trasparenza della gestione amministrativa, in relazione al rapporto coi fornitori, all'assunzione del personale, al sistema di registrazione delle presenze;
    dopo il commissariamento della gestione del Centro, il 27 novembre 2015 ne ha assunto la gestione diretta la prefettura di Catania, che ha istituito un'apposita «struttura di missione» con il compito, tra gli altri, di supportare l'ufficio territoriale di governo nei compiti di controllo, monitoraggio e verifica degli standard delle prestazioni erogate, nonché di predisporre la nuova procedura di gara. Il ritorno alla gestione diretta del Ministero dell'interno ha quindi posto un argine alle criticità sopra descritte favorendo un ritorno alla legalità;
    l'indirizzo assunto dal Governo e condiviso dalla Conferenza unificata del 14 luglio 2014 in merito alle politiche dell'accoglienza prevede l'abbandono dei centri di grandi dimensioni e la distribuzione dei migranti in piccoli gruppi sul territorio nazionale, ma tale prospettiva – più efficace per la tutela delle persone immigrate e la qualità dell'accoglienza, per la sicurezza e la sostenibilità delle comunità locali – richiede un processo graduale che non consente di rinunciare nell'immediato ad alcune grandi strutture, fra cui quella di Mineo;
    in questo contesto è stata recentemente avanzata l'ipotesi di attrezzare una parte del centro per assolvere alla funzione di « hotspot» per l'identificazione dei soggetti appena sbarcati, prospettiva che presenta notevoli controindicazioni legate alla commistione con la popolazione immigrata già residente nonché alla distanza di Mineo dai luoghi di sbarco che imporrebbe un ingente impiego di uomini e mezzi per i trasferimenti. Sarebbe opportuno creare specifici lotti dedicati all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà famiglie e minori non accompagnati,

impegna il Governo:

   a ridurre progressivamente le presenze all'interno del centro di Mineo, proseguendo nel ridimensionamento della struttura avviato dopo il commissariamento;
   a garantire la necessaria discontinuità nel modello di gestione, proseguendo nell'opera di riqualificazione dei servizi offerti al fine di una migliore qualità dell'accoglienza nel rispetta della dignità dei soggetti ospitati;
   ad escludere l'ipotesi di adibire il Cara di Mineo alla funzione di « hotspot» compatibilmente con lo sviluppo dei flussi e con gli impegni che il nostro Paese assumerà in sede europea;
   a destinare appositi lotti all'ospitalità e all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà, famiglie e minori non accompagnati;
   a indire, per la futura gestione, gare di appalto separate per singoli lotti corrispondenti alle diverse tipologie di servizi, in modo da favorire la concorrenza ed elevare la qualità e l'economicità della gestione.
(1-01379)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Carnevali, Misuraca, Monchiero, Beni, Burtone, Fiano, Gadda, Giuseppe Guerini, Moretto, Chaouki, Patriarca, Binetti, Bosco, Battaglia, Cuomo, Garofalo».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    da diverso tempo il gruppo Forza Italia denuncia le condizioni di degrado e le situazioni oggettivamente criminogene, nonché lesive della dignità umana, che caratterizzano il Cara di Mineo;
    fin dalla sua nascita, un assembramento di migranti così ingente (con punte di circa 4.000 presenze) ha dato luogo a rischi continui legati ad esigenze di ordine pubblico, non riuscendo a garantire le necessarie misure di sicurezza, presentando grandi difficoltà di accesso ai servizi di supporto psicologico e legale per gli stessi migranti e, soprattutto, registrando fenomeni di degrado, prostituzione, illegalità e violenza difficilmente gestibili, come riconosciuto dalle stesse forze di polizia;
    nel mese di settembre 2015, in risposta al question time depositato dal gruppo Forza Italia, la Ministra per i rapporti con il Parlamento e le riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, aveva dichiarato che, a seguito del commissariamento del centro, si sarebbe provveduto alla gestione e al controllo diretto da parte del Ministero dell'interno, in modo da «valutarne poi eventualmente la chiusura o meno – a seguito appunto delle verifiche e degli accertamenti in corso – e, sicuramente, riportare anche il Cara di Mineo nell'alveo di una gestione ordinaria»;
    dal novembre 2015, come peraltro confermato in Aula dal sottosegretario Manzione nella seduta del 3 ottobre 2016, l'attività dell'associazione di imprese che gestisce il Cara di Mineo è infatti sottoposta al diretto controllo e monitoraggio del Ministero dell'interno. Le condizioni del centro non hanno però subito alcun significativo miglioramento, se non quello di una riduzione del numero dei soggiornanti, e l'unica strategia, nonché il solo impegno emerso anche dalle dichiarazioni del sottosegretario Manzione svolte in Aula, è quello di «alleggerire le presenze»;
    la Commissione «Migranti» (Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate), nella «Relazione sulle attività svolte fino al 31 gennaio 2016», rilevava ancora gravissime criticità di natura umanitaria e organizzativa nel Cara di Mineo, anche in relazione agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria cosiddetta «mafia capitale», individuando nel «caso-Mineo» solo una delle manifestazioni più drammatiche di un problema di vaste dimensioni, tanto che nella relazione stessa si legge: «Le vicissitudini, non solo giudiziarie del Cara di Mineo, in ragione della loro complessità e risonanza mediatica, rappresentano, quindi, una sorta di paradigma dell'intreccio affaristico criminale nella gestione dell'emergenza migratoria, ma non costituiscono certo un caso isolato»;
    come emerge dagli atti della Commissione «Migranti», il caso-Mineo è la punta di iceberg di una grave criticità sistemica del nostro Paese in materia di gestione dei flussi e di accoglienza dei migranti-richiedenti asilo, nonché l'emblema del fallimento delle politiche messe in campo dal Governo Renzi in questo ambito;
    sempre dai lavori della citata Commissione di inchiesta, con particolare riferimento alla missione presso il Cara di Mineo del 7-8 luglio 2016, emerge l'assoluta inopportunità dell'apertura di un hotspot nelle strutture del centro, perché ciò comporterebbe un inutile dispendio di risorse umane e materiali nonché notevoli rischi per la sicurezza, in considerazione della necessità di effettuare trasferimenti di migranti/richiedenti asilo da e per il Cara lungo un percorso di oltre 50 chilometri;
    le criticità riscontrate nel centro di Mineo, oltre a rendere disumano, inefficiente e dispendioso l'intero sistema di gestione dei flussi e di accoglienza, si ripercuotono negativamente sia sulla vita dei cittadini, particolarmente esposti ai rischi derivanti dalla crescente e incontrollata presenza di migranti irregolari sul territorio (e i cittadini siciliani, da questo punto di vista, hanno pagato un prezzo altissimo, ed è inaccettabile continuare a gravare su di loro), sia sulle amministrazioni locali, spesso sull'orlo del dissesto finanziario perché costrette a far fronte con proprie risorse alle numerose emergenze di natura logistica e umanitaria legate al fenomeno migratorio;
    a prescindere dalle politiche di gestione del fenomeno migratorio che il Governo intende mettere in campo, la storia e le persistenti drammatiche condizioni del centro siciliano invocano necessariamente una chiusura immediata della struttura, per porre fine ad una condizione di diffusa illegalità che, nonostante il commissariamento e il controllo diretto del Governo, continuano a caratterizzare il Cara di Mineo,

impegna il Governo:

   a presentare una specifica e puntuale relazione entro il 31 dicembre 2016 in merito alla gestione del Cara di Mineo di questo ultimo anno, con particolare riferimento agli interventi adottati per il miglioramento delle condizioni dei soggiornanti e della situazione complessiva della struttura e per la prevenzione e il controllo delle numerose attività criminogene poi effettivamente riscontrate;
   data l'oggettiva impossibilità di condurre il Cara di Mineo nell'alveo di una gestione ordinaria, ad adottare ogni iniziativa volta ad impedire l'accesso alla struttura da parte di ulteriori migranti, a desistere da ogni iniziativa volta ad aprire nelle strutture del Cara di Mineo un nuovo «hotspot», e a garantire, in tempi strettissimi, la definitiva chiusura del Centro.
(1-01380) «Prestigiacomo, Gregorio Fontana, Ravetto, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di prima accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è stato inaugurato il 18 marzo 2011 a seguito della proclamazione dello stato di emergenza nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dalle regioni del Nord Africa con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 12 febbraio 2011;
    l'individuazione della struttura avveniva attraverso decreto di requisizione, n. 16455 del 2 marzo 2011, nelle 403 villette di quello che era il residence «Villaggio degli aranci» dismesso nel 2011 dai militari statunitensi allo scadere del contratto con la Pizzarotti spa. Il costo stimato di indennizzo derivante dalla requisizione veniva individuato in circa 6 milioni di euro annui, che lo Stato ha versato nelle casse della Pizzarotti spa;
    il 18 ottobre 2011, dopo i primi sette mesi, la gestione passava dalla Croce Rossa al Consorzio Calatino, «Terra d'Accoglienza»;
    lo stato di emergenza cessava – a norma dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 aprile 2011 – in data 31 dicembre 2012; tale termine veniva posticipato al 31 dicembre 2012 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 ottobre 2011 e, successivamente, con circolari del Ministero dell'interno, al 28 febbraio 2013 e poi al 31 marzo 2013; mentre con ordinanza capo dipartimento della protezione civile n. 33 del 28 dicembre 2012 si prevedeva per la struttura di Mineo una proroga dell'attività sino al 30 giugno 2013;
    l'ordinanza di protezione civile appena citata autorizzava il prefetto di Catania a stipulare apposita convenzione, con decorrenza dal 1o gennaio 2013 e per sei mesi, con il Consorzio dei comuni del Calatino «Terra d'Accoglienza» che acquisiva la disponibilità dell'immobile «Residence degli Aranci» in Mineo (CT), nel limite di euro 12.670.000,00. Il termine del 30 giugno 2013 veniva prorogato, poi, più e più volte fino all'indizione del bando di gara per l'affidamento della struttura nel giugno del 2014;
    in data 25 febbraio 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, firmava un parere di illegittimità della citata gara d'appalto;
    nell'ambito dell'inchiesta «Mafia Capitale» erano già emersi inquietanti elementi riguardo a numerose attività criminali connesse alla gestione dei flussi migratori e dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo che dimostrerebbero come alcuni personaggi, oggi arrestati o indagati, avrebbero, con grave danno alla collettività, tratto vantaggi personali grazie a rapporti privilegiati anche con gli uffici del Ministero dell'interno;
    specificatamente alla struttura di Mineo, come riportato dal quotidiano La Repubblica il 5 marzo 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, ha definito la gara d'appalto per la gestione del centro di Mineo «lesiva della concorrenza, parziale, senza alcuna trasparenza e criteri di economicità» per le casse pubbliche, bocciando senza appello la procedura che affidava per tre anni la gestione del Cara di Mineo, bandita dal consorzio «Calatino terra di accoglienza», che raggruppa i comuni del comprensorio in provincia di Catania e nato per volontà dell'ex commissario per la gestione del Cara, il sottosegretario Giuseppe Castiglione;
    in data 5 giugno 2015 si apprendeva da fonti di stampa poi confermate dalla procura di Catania del coinvolgimento dello stesso Giuseppe Castiglione in una inchiesta della stessa procura. Oltre a Giuseppe Castiglione «nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo», compaiono altri 5 soggetti indagati: Giovanni Ferrera, «nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza»; Paolo Ragusa, «nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino»; Luca Odevaine «nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni», e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra;
    «Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, poste in essere tra il 2001 ed il 2014 – scrive la procura di Catania – in concorso tra loro e nelle rispettive qualità, con collusioni ed altri mezzi fraudolenti turbavano le gare di appalto per l'affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l'affidamento e prevedevano condizioni di gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara d'appalto del 2014»;
    in data 19 giugno 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione proponeva la misura straordinaria del commissariamento dell'appalto, la quale veniva recepita in data 23 giugno dal prefetto di Catania che nominava la dottoressa Maria Nicotra, già avvocato dello Stato, commissario straordinario per l'appalto di servizi e gestione del Cara di Mineo;
    infine, con più atti, veniva sciolto «per motivi di interesse pubblico» il Consorzio dei Comuni «Calatino Terra d'accoglienza», revocato l'accordo stipulato per la gestione del centro e costituita una «struttura di missione» per la gestione del centro di accoglienza;
    il centro di accoglienza di Mineo è la struttura che ospita in assoluto il numero maggiore d'immigrati in Europa. A fronte di una capacità stimata massima, di 2.000 unità, secondo i dati del Ministero dell'interno, la struttura al 19 settembre 2016 ospitava 3.457 persone (pari al 25 per cento di tutte le presenze nei centri governativi di prima accoglienza in Italia);
    i migranti sono ospitati in circa 370 alloggi – tipologia villette a schiera a due piani di circa 160 mq ciascuna – in media 9 o 10 migranti per struttura. I restanti 34 edifici ospitano gli uffici dell'amministrazione o sono utilizzati per la fornitura di servizi (sanitari, socio-assistenziali, psicologici, legali e altro);
    già in un rapporto del dicembre 2011, redatto dal Comitato territoriale dell'ARCI di Catania, si definiva il Centro: l’«antitesi dell'integrazione, mina la sicurezza del territorio animando scontri e tensioni fra comunità». Dalla sua costituzione, il 18 marzo 2011, aggiunge l'ARCI, il Cara ha offerto condizioni di vita «prive di contesto e coesione sociale, scollate dalla propria cultura, disorientate nella selva di leggi e di prassi amministrative del tutto ignote agli ospiti per l'assoluta mancanza di qualsiasi forma di mediazione sociale culturale e di assistenza legale»;
    il centro di Mineo, situato in piena campagna e mal collegato dai mezzi di trasporto è, di fatto, una città a sé stante; a fronte di una popolazione di circa 5.200 abitanti nel vicino centro abitato di Mineo, la struttura crea di per sé un enorme squilibrio. Considerate le dinamiche di sviluppo contenute del territorio questo crea forti tensioni e rappresenta un serio ostacolo all'interazione sociale e culturale dei migranti ospitati nel centro con il territorio;
    negli anni, gli ospiti del Centro hanno più volte organizzato proteste contro le condizioni in cui sono costretti a vivere, lamentando in particolare i lunghissimi tempi di attesa, il collegamento inesistente con i centri urbani, il pagamento del pocket money in sigarette e ricariche telefoniche;
    per questo la Commissione per i diritti umani del Consiglio d'Europa ha espresso una severa censura nei confronti dell'Italia, in particolare per la gestione del centro di accoglienza di Mineo perché è stata inadempiente rispetto agli obblighi di garantire standard minimi di accoglienza ai richiedenti asilo ed ai rifugiati;
    nel mese di giugno 2016 una nuova indagine della procura di Caltagirone veniva aperta sulla presunta truffa legata ai rimborsi in favore dell'ente gestore per le presenze giornaliere dei migranti nel centro di accoglienza; delle persone indagate dalla procura risultano ancora in servizio presso il centro, alcune addirittura con ruoli di responsabilità;
    durante la nuova visita della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattamento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate», avvenuta nel luglio 2016 la Commissione constatava che nulla è cambiato nelle condizioni di vita degli ospiti e nella gestione e convergeva sulla necessità di chiudere definitivamente il centro di accoglienza di Mineo, nonché scongiurare qualsiasi ipotesi di trasformazione del centro in hotspot;
    alla luce dalle indagini in corso, emerge con chiarezza che attorno al centro di accoglienza di Mineo si è costruita una enorme speculazione, una vera e propria holding criminale che ha usato l'accoglienza per accaparrarsi fondi pubblici;
    il sistema criminale che viene alla luce è legato alla natura stessa del centro e non ha nulla a che fare con l'accoglienza e l'integrazione; mantenere in vita il centro e trasformarlo in hotspot, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo si giustificherebbe soltanto con una volontà politica di tenere in piedi la grande speculazione economica che è al centro delle diverse inchieste della magistratura;
    l'unica scelta rispetto al centro di accoglienza di Mineo appare quindi quella della sua definitiva chiusura nel più breve tempo possibile, incentivando un modello di accoglienza diffusa che garantirebbe una migliore integrazione dei bisognosi di protezione internazionale e richiedenti asilo e una riduzione dei costi dell'accoglienza,

impegna il Governo:

   ad avviare nel più breve tempo possibile tutte le procedure necessarie allo svuotamento, alla dismissione ed alla definitiva chiusura del Cara di Mineo;
   a non procedere a nuove procedure di gara per l'assegnazione di qualsiasi tipo di servizio legato alla gestione del Cara di Mineo ed a risolvere ogni vincolo contrattuale con la proprietà della struttura;
   ad interrompere ogni procedura avviata relativa alla riqualificazione ed alla trasformazione del centro di Mineo in struttura « hotspot».
(1-01381) «Palazzotto, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è stato istituito nel febbraio 2011 a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria per far fronte agli arrivi causati dalla cosiddetta Primavera Araba, e ha funzionato dapprima sotto la guida della protezione civile e poi dal Ministero dell'interno;
    in seguito alla chiusura dell'emergenza, decretata con la «ordinanza di protezione civile finalizzata a regolare la chiusura dello stato di emergenza umanitaria ed il rientro nella gestione ordinaria, da parte del Ministero dell'interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l'afflusso di cittadini stranieri sul territorio nazionale» del 28 dicembre 2012, l'accoglienza doveva proseguire fino al giugno 2013;
    in quella fase la gestione del centro è stata prorogata per ben quattro volte in favore dei medesimi soggetti che se la erano aggiudicata nell'ottobre 2011 in base ad un bando che nell'ambito dell'inchiesta su «mafia capitale» uno degli imputati ha definito un «bando creato ad hoc» per affidare la gestione a un consorzio siciliano di cooperative sociali denominato «Sisifo», già ente gestore anche del centro di Lampedusa, del Cara di Foggia e del Centro soccorso e prima accoglienza di Cagliari;
    dopo ben quattro proroghe in favore del consorzio Sisifo, nel 2014 è stato pubblicato il nuovo bando di gara – per un valore di ben cento milioni di euro – per l'affidamento del Cara di Mineo, aggiudicato da parte di un'associazione temporanea d'impresa capeggiata da «La casa della Solidarietà»;
    sul bando del 2014 il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, audito nel novembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, ha dichiarato: «Quando, però, l'appalto attuale è stato rifatto, noi avevamo individuato, su richiesta di uno dei soggetti che non aveva partecipato alla gara, una serie di criticità nel modo in cui era stato costruito il bando, che non era semplicemente quello dei chilometri, ma si evidenziava come quel tipo di bando, soprattutto dal punto di vista economico, molto più sostanzioso, fosse un bando che di fatto limitava significativamente il meccanismo della concorrenza, tant’è che alla gara ha partecipato un unico soggetto, un'unica Ati, che guarda caso aveva vinto l'appalto con un ribasso dell'1 per cento»;
    nonostante la segnalazione effettuata dell'Autorità anticorruzione al consorzio «Calatino terra di accoglienza» l'appalto non è stato revocato fino a quando non sono intervenuti gli arresti collegati all'inchiesta romana di «mafia capitale», e solo nel 2015 si è proceduto al commissariamento del centro nell'ambito delle indagini della procura di Catania sulle presunte irregolarità negli appalti;
    nel giugno 2016 il Cara di Mineo è stato travolto dall'ennesima inchiesta, questa volta guidata dalla procura di Caltagirone, che ha contestato a una decina di persone a vario titolo coinvolte nell'appalto del 2014 i reati di abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente;
    tra gli accertamenti effettuati da parte della procura ci sono quelli relativi ad una presunta truffa da un milione di euro nella contabilità sulle presenze giornaliere dei migranti ospiti del Cara di Mineo, finalizzati alla liquidazione all'ente gestore importi superiori a quelli dovuti nel periodo compreso tra il 2012 e il 2015;
    il costante sovraffollamento del Centro ha costretto i suoi ospiti a vivere in condizioni di degrado sociale e assistenziale e non di rado ha dato luogo a tensioni con le forze dell'ordine e, inoltre, diverse inchieste giornalistiche hanno denunciato l'impiego illegale di ospiti del centro in attività lavorative illegali, il mercato nero all'interno del centro e addirittura episodi di prostituzione;
    il Cara di Mineo è solo l'esempio più eclatante del fallimento della gestione dei richiedenti asilo sul territorio nazionale, dovuta alla incapacità di smaltire le richieste e i ricorsi conseguenti ai casi di diniego nei tempi previsti, dando luogo soltanto a un indebito arricchimento dei soggetti incaricati dall'accoglienza, come stanno dimostrando le numerose inchieste giudiziarie degli ultimi anni;
    i dati dimostrano che a fronte della presenza di migliaia di persone nei Cara il tasso di accoglimento delle richieste non arriva neanche al dieci per cento, mentre lo Stato spende centinaia di milioni di euro ogni anno per far funzionare strutture che non assicurano un'efficace gestione del flusso migratorio che si riversa sulle coste italiane;
    in particolar modo in Italia, infatti, la parte maggioritaria degli immigrati è costituita dai cosiddetti migranti economici, quindi non in fuga da situazioni di guerra che possono giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato, e dei quali l'Unione europea si disinteressa completamente, financo escludendoli da quelli oggetto di redistribuzione tra gli Stati membri,

impegna il Governo:

   a disporre la chiusura del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo e il progressivo smantellamento delle altre strutture a tal fine istituite sul territorio nazionale;
   nelle more della chiusura del centro di Mineo, a trattenere le persone ivi raccolte sino alla individuazione di soluzioni alternative, a tal fine anche aumentando i rimpatri dei soggetti arrivati illegalmente e ai quali non viene riconosciuto alcun titolo di protezione internazionale.
(1-01382) «Rampelli, La Russa, Giorgia Meloni, Petrenga, Taglialatela, Cirielli, Maietta, Nastri, Rizzetto, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).