Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 28 settembre 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 28 settembre 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, Culotta, D'Alia, D'Ambrosio, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Lorenzo Guerini, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mariani, Martella, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Morassut, Orlando, Palma, Paris, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, Culotta, D'Alia, D'Ambrosio, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Martella, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Morassut, Orlando, Palma, Paris, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Polverini, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 settembre 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SANDRA SAVINO: «Introduzione dell'articolo 612-ter del codice penale, concernente il reato di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti» (4055);
   ANDREA MAESTRI ed altri: «Riconoscimento della data del 20 settembre, anniversario della “breccia di Porta Pia” e dell'unità d'Italia, quale solennità civile» (4056);
   BERNARDO: «Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di estensione della possibilità di raccogliere capitali tramite portali alle piccole e medie imprese non quotate in mercati regolamentati, nonché incentivi fiscali per tale forma di investimento» (4057);
   ROSSOMANDO e AMODDIO: «Modifica all'articolo 420-ter del codice di procedura penale in materia di legittimo impedimento dell'avvocata nel periodo di maternità» (4058);
   DE LORENZIS ed altri: «Disposizioni per la promozione dell'utilizzo condiviso di veicoli privati (car sharing)» (4059).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali» (65) è stata successivamente sottoscritta dalle deputate Capozzolo, Mongiello e Rostan.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 3673, d'iniziativa dei deputati LOMBARDI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Modifiche al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e altre disposizioni concernenti la disciplina degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, il loro patrimonio immobiliare nonché la composizione e le funzioni della Commissione di vigilanza sui fondi pensione».

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):

  con lettera in data 16 settembre 2016, Sentenza n. 210 del 21 giugno – 16 settembre 2016 (Doc. VII, n. 689),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 3, comma 1; 4, comma 1; 8, comma 3; 11, comma 2; 15, commi 1 e 2; 17, commi 2 e 3; 23, commi 1 e 2; e 24, commi 1 e 2, della legge della regione Liguria 6 marzo 2015, n. 6, recante «Modifiche alla legge regionale 5 aprile 2012, n. 12 (Testo unico sulla disciplina dell'attività estrattiva), alla legge regionale 21 giugno 1999, n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), alla legge regionale 4 agosto 2006, n. 20 (Nuovo ordinamento dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure), e alla legge regionale 2 dicembre 1982, n. 45 (Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di competenza della regione o di enti da essa individuati, delegati o subdelegati)»:
   alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);

  con lettera in data 16 settembre 2016, Sentenza n. 211 del 14 giugno – 16 settembre 2016 (Doc. VII, n. 690),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 224, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), nella parte in cui prevede che le modalità di attuazione dei commi da 223 a 227 e la ripartizione delle risorse su base regionale siano stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato «sentita» la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anziché «d'intesa» con la Conferenza stessa:
   alla IX Commissione (Trasporti);

  con lettera in data 23 settembre 2016, Sentenza n. 213 del 5 luglio – 23 settembre 2016 (Doc. VII, n. 691),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), come modificato dall'articolo 24, comma 1, lettera a), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro) nella parte in cui non include il convivente nei sensi di cui in motivazione – tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l'assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado:
   alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sulla consistenza, destinazione e utilizzo dei beni sequestrati o confiscati e sullo stato dei procedimenti di sequestro o confisca, aggiornata al mese di marzo 2016 (Doc. CLIV, n. 7).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 settembre 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti – Conti consolidati annuali dell'Unione europea – esercizio 2015 (COM(2016) 475 final – Part 1/2 e COM(2016) 475 final – Part 2/2), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sull'applicazione del regolamento (UE) n. 181/2011 relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 (COM(2016) 619 final), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 27 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per la Valle d'Aosta.

  Il Garante del contribuente per la Valle d'Aosta, con lettera pervenuta in data 19 settembre 2016, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Valle d'Aosta, riferita all'anno 2015, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: REALACCI ED ALTRI; TERZONI ED ALTRI: MISURE PER IL SOSTEGNO E LA VALORIZZAZIONE DEI COMUNI CON POPOLAZIONE FINO A 5.000 ABITANTI E DEI TERRITORI MONTANI E RURALI, NONCHÉ DISPOSIZIONI PER LA RIQUALIFICAZIONE E IL RECUPERO DEI CENTRI STORICI (A.C. 65-2284-A)

A.C. 65-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge C. 65 Realacci e C. 2284 Terzoni è volto a promuovere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali svolte nell'ambito territoriale dei piccoli comuni, nonché a promuovere interventi per garantire, nei piccoli comuni, l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali;
    l'articolo 9 reca disposizioni relative ai servizi postali e all'effettuazione di pagamenti, stabilendo che, per garantire la coesione sociale e territoriale in conformità alla normativa europea e nazionale, i piccoli comuni, anche in forma associata e d'intesa con la regione, possono proporre iniziative volte a sviluppare l'offerta complessiva dei servizi postali congiuntamente ad altri servizi in specifici ambiti territoriali;
    l'articolo suddetto stabilisce altresì che delle iniziative valutate favorevolmente da parte del fornitore del servizio universale postale sia data informazione, a cura dello stesso fornitore del servizio universale, al Ministero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,

impegna il Governo

a meglio specificare quali iniziative sono sottoposte alla valutazione del fornitore del servizio universale postale.
9/65-A/1Matarrelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in discussione riguarda una realtà territoriale molto importante ed estesa del nostro Paese e rappresenta una grande opportunità per coniugare bellezza, patrimonio artistico, storia, saperi tradizionali con innovazione, nuove tecnologie e green economy;
    la riqualificazione e la valorizzazione del patrimonio edilizio dei piccoli comuni corrisponde agli obiettivi di politica nazionale di messa in sicurezza del territorio e delle città, ed è pertanto necessario implementare interventi di riuso e di rammendo dei tessuti edilizi degradati e in pessime condizioni statiche e strutturali al fine anche di garantire l'incolumità pubblica e la valorizzazione dei centri storici minori e delle periferie dei piccoli comuni abbandonati;
    in numerosi piccoli comuni esistono edifici abbandonati, in stato di fatiscenza, di obsolescenza impiantistica e di notevole degrado strutturale di proprietà privata, per i quali non si riescono a reperire i legittimi proprietari, deceduti, emigrati o anche disinteressati a gestire beni immobiliari ereditati, per avviare i necessari interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria;
    l'inerzia e il disinteresse di tali soggetti proprietari talvolta determina situazioni di impossibilità ad intervenire organicamente con piani di recupero e di ristrutturazione di comparti edilizi oltre che gravi situazioni di pericolo per il rischio di crolli oltre che, contribuire al degrado urbanistico ed estetico del comune;
    tali immobili abbandonati potrebbero essere resi disponibili per diverse funzioni a partire da quella residenziale, turistico-ricettiva o di pubblica utilità, come molte esperienze dimostrano in Italia e all'estero dove per contrastare l'abbandono dei borghi e dei centri storici sono stati esperiti bandi di concessione, di comodato e di vendita a prezzo convenzionale di 1 euro per rivitalizzare e valorizzare questo straordinario patrimonio di storia e tradizioni;
    non esiste una organica e coerente mappatura e un sistema di catalogazione di questi immobili abbandonati e che non è possibile, in molti casi, rintracciare i proprietari se non attraverso defatiganti procedure e ricerche di archivio;
    potrebbe essere reso pubblico tramite bandi pubblici e manifestazioni di interesse a cura delle amministrazioni comunali, la ricerca dei proprietari e la successiva acquisizione al patrimonio comunale e collocazione sul mercato immobiliare a prezzi convenzionali ovvero simbolici di tutti gli edifici abbandonati al fine di provvedere con interventi pubblici-privati alla demolizione e ricostruzione, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria e messa in sicurezza a seconda delle esigenze;
    tale piano di monitoraggio e di catalogazione da parte delle amministrazioni comunali potrebbe essere inserito come prerequisito per la predisposizione del Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, previsto all'articolo 3 della legge in discussione per l'erogazione dei contributi del «Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel decreto di approvazione del «Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni», l'obbligatorietà per le amministrazioni comunali di una organica e coerente mappatura e catalogazione degli immobili abbandonati e di stabilire la procedura di avviso pubblico per il reperimento dei legittimi proprietari e in caso di scomparsa le modalità per l'acquisizione al patrimonio comunale.
9/65-A/2Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione da parte di quest'Aula del provvedimento: «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici» le cui finalità sono inerenti la promozione ed il sostegno dello sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti e l'equilibrio demografico del Paese, favorendo la residenza in tali comuni, e tutelando e valorizzando il loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico;
    i piccoli comuni rappresentano lo scheletro delle autonomie locali, sono determinanti per l'attuazione del decentramento, delle politiche di sviluppo locale, per il mantenimento di livelli minimi dei servizi pubblici essenziali. Per consentire che queste realtà svolgano al meglio queste funzioni è necessario dare luogo ad organiche politiche di sviluppo, dedicando disposizioni mirate;
    in tal senso si rileva che l'articolo 3 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale di tali comuni, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, destinato al finanziamento di investimenti diretti alla tutela dell'ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e alla riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, nonché alla promozione dello sviluppo economico e sociale e all'insediamento di nuove attività produttive;
    visti gli ultimi drammatici eventi che hanno colpito alcuni comuni della nostra Penisola è opportuno rilevare che il problema del ritardo nella prevenzione del rischio sismico si salda, in molte zone del Paese, a quello del dissesto idrogeologico;
    diventa allora rilevante la microzonazione sismica, cioè l'analisi che permette di individuare le differenze di pericolosità su scala locale, tra diversi comuni e all'interno di uno stesso comune. Queste differenze geologiche, relative alle caratteristiche del suolo e alla sua stabilità, fanno sì che un terremoto possa provocare effetti diversi in luoghi che si trovano a una distanza ravvicinata. I dati raccolti in queste analisi dettagliate devono servire per la pianificazione urbanistica e il governo del territorio, ai fini di una prevenzione sismica efficace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere tra gli interventi a cui dare priorità per l'accesso al Fondo la realizzazione di indagini di microzonazione sismica che, assieme agli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico rivestono un ruolo fondamentale per una corretta pianificazione urbanistica.
9/65-A/3Pastorelli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del provvedimento in esame prevede che il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e coerentemente con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, predisponga il Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al collegamento dei plessi scolastici ubicati nelle aree rurali e montane, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione delle attività didattiche e amministrative che si svolgono nei medesimi plessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità di inviare ogni due anni una relazione alle Camere sull'attività posta in essere con riguardo al Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane di cui all'articolo 13 del provvedimento in esame.
9/65-A/4Marzano, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame si dispone che, al fine di garantire uno sviluppo equilibrato del territorio, si devono promuovere, nei piccoli comuni, l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali;
    per realizzare l'obbiettivo di cui al primo punto della premessa, si prevede che i piccoli comuni creino dei centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità dei servizi;
    sarebbe opportuno che, nell'ambito della valutazione e dell'approvazione di progetti di Servizio civile nazionale, fosse prevista, per ogni bando relativo ai progetti finanziabili, una percentuale rilevante da realizzare nei piccoli comuni preferendo, nella successiva fase di selezione dei volontari, i requisiti della residenza e del domicilio nel comune in cui è realizzato il progetto,

impegna il Governo

a prevedere, in successivi interventi normativi, un maggiore coinvolgimento dei piccoli comuni relativamente ai progetti del Servizio civile nazionale.
9/65-A/5Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone una serie di misure destinate ai piccoli comuni e reca disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei loro centri storici;
    ai sensi dell'articolo 3, comma 3, ai fini dell'utilizzazione delle risorse stanziate per l'attuazione del Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, si individuano una serie di priorità di intervento finalizzate al recupero e al rilancio socio-economico di tali realtà territoriali;
    molti piccoli comuni colpiti da eventi sismici hanno visto distrutto il proprio centro storico, non solo dal punto di vista architettonico ma anche come fulcro dell'aggregazione sociale ed economica;
    in tale ottica, appare auspicabile coinvolgere nel suddetto Piano anche questi piccoli comuni diruti che possono ancora esprimere un valore storico-culturale e contribuire alla memoria storica del nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, ai fini dell'elaborazione del Piano, di cui all'articolo 3, comma 3, anche la valorizzazione dei luoghi dei comuni diruti da eventi sismici.

9/65-A/6Moscatt.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 65-2284 contiene misure e disposizioni finalizzate al sostegno, alla valorizzazione e alla riqualificazione dei comuni con popolazione inferiore o pari a 5 mila abitanti;
    le zone franche urbane, istituite con legge n. 296 del 2006, sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, che hanno come obiettivo quello di favorire lo sviluppo economico-sociale di aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale;
    in Italia, dal recente e attuale dibattito sulle zone franche urbane sta emergendo sempre di più l'esigenza da parte di numerose amministrazioni di usufruire di forme di fiscalità di vantaggio territoriale per la crescita ed il rilancio di territori non urbani ma non per questo meno bisognosi di interventi;
    la complessità dei problemi legati allo spopolamento di campagne e montagne, alla concentrazione dei servizi ai cittadini, alle imprese ed alla trasformazione del mondo agricolo, e nel contempo, le potenzialità di sviluppo proprio dell'Italia, del suo artigianato, della sua tradizione enogastronomica, della sua agricoltura, inducono ad una riflessione sulla sperimentazione, anche in questo ambito, di uno strumento finora destinato solo ai quartieri delle città;
    in altre nazioni europee sono state assunte iniziative in tal senso volte a individuare e rivitalizzare zone rurali comprendenti comuni con un basso numero di abitanti, con scarsa popolazione attiva e con vocazione agricola;
    al loro interno si prevede l'attuazione di misure fiscali agevolative di varia tipologia, di interventi pubblici a sostegno e in sussidio dell'iniziativa privata per la conservazione delle attività agricole e lo sviluppo di artigianato e agriturismo, con lo scopo di favorire i territori svantaggiati dalla distanza, dalla collocazione geografica e dalla incapacità di attrarre sviluppo;
    la Commissione europea ha constatato come la creazione di questi nuovi soggetti non incida sulla concorrenza in maniera sproporzionata, godendo di un regime di esenzioni fiscali;
    l'Appennino rappresenta intrinsecamente una condizione di vita difficile per i propri abitanti, per l'orografia accidentata, per i trasporti e le comunicazioni; risulta quindi necessario approfondire le problematiche istituzionali e finanziarie del «sistema montagna» al fine di poter giungere alla definizione degli aspetti di coesione territoriale e quindi di poter sviluppare politiche mirate per i territori montani;
    al fine di dare una risposta alle problematiche che penalizzano il territorio delle terre alte, quali la carenza e insufficienza di infrastrutture, il dissesto idrogeologico che interferisce con la viabilità primaria e secondaria, lo spopolamento demografico per la mancanza di occupazione giovanile, l'abbandono delle attività pastorali che hanno generato riforestazione incontrollata di pascoli e terreni, il degrado del patrimonio edilizio rurale nonché la carenza di servizi alle imprese,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto sopra espresso, l'opportunità di provvedere, con future iniziative normative, all'istituzione di zone franche montane, simili a quelle urbane, nelle zone dell'Appennino emiliano, e di adottare ulteriori iniziative finalizzate a garantire agevolazioni e incentivi previdenziali fiscali in grado di attrarre gli investimenti di capitale e sostenere le imprese con benefici per l'occupazione.
9/65-A/7Palmizio, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    la «desertificazione demografica» e l'abbandono dei terreni agricoli coinvolgono ormai il 60 per cento del nostro territorio nazionale;
    in molte parti del nostro Paese, maggiormente nei comuni montani, molte amministrazioni cercano metodi sostenibili per mantenere in vita i piccoli comuni offrendo incentivi economici, fiscali o ricostruendo servizi laddove la desertificazione li aveva cancellati;
    le iniziative pensate dai comuni sono molteplici e nascono tutte dal basso, dalla singola comunità, perché non esistono incentivi, a livello nazionale, per il ripopolamento di queste aree a rischio abbandono;
    molto spesso il valore delle proprietà immobiliari o dei fondi agricoli, ricadenti in questi piccoli comuni, è talmente esiguo da non giustificare le spese e le tasse che pendono sui contratti di compravendita o per le spese di successione;
    all'articolo 5 del provvedimento in esame, per la finalità di contrasto all'abbandono di immobili e terreni nei piccoli comuni, viene data la possibilità ai piccoli comuni di accedere ad un Fondo di 10 milioni di euro per il 2017, che tale Fondo però potrebbe essere non intaccato in quota parte se, per questa grande opera di riqualificazione, i comuni potessero avvalersi anche di canali burocratici più snelli e sostanzialmente più economici sia per i privati che per i comuni stessi;
    in tal senso, come esempio, la sottoscrizione di contratti a titolo oneroso fra privati che hanno per oggetto esclusivamente fondi agricoli con superficie non superiore a 5.000 metri quadrati e con un valore economico inferiore a cinquemila euro, pertanto di minor impegno economico, potrebbe essere autenticata anche da un dirigente apicale del comune di ubicazione del fondo oppure dal Conservatore dei registri immobiliari che provvede gratuitamente su richiesta degli interessati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire, nell'ambito della predisposizione del Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, previsto dal comma 2 dell'articolo 3 del presente provvedimento, eventuali azioni volte ad alleggerire l'onere di spesa per le contrattazioni suddette oppure ove non possibile di valutare di normare, quanto precedentemente proposto, nell'ambito della prossima manovra di finanza pubblica.

9/65-A/8Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame reca misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento all'esame introduce nell'ordinamento italiano misure in favore di aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico e problemi ambientali in genere, allo scopo di mitigare le criticità e ridurne l'impatto;
    l'articolo 4, comma 1, consente ai piccoli comuni di individuare all'interno del perimetro dei centri storici «interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, nel rispetto delle tipologie costruttive e delle strutture originarie, attraverso gli strumenti a tal fine previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia»;
    l'articolo 4, comma 2, dispone che i suddetti interventi comprendano «il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati»;
    nella notte fra il 23 e 24 agosto il centro Italia è stato colpito da un violento sisma che ha raso al suolo intere storiche realtà come Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto, oltre ad altri piccoli centri abitati al confine fra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo la cui popolazione è inferiore alle 5.000 unità e perlopiù residente all'interno di centri storici dal valore storico architettonico di grande importanza, oggi andati perduti;
    nel provvedimento all'esame non vi è alcun riferimento specifico rispetto ai rischi per i comuni che insistono su aree sismiche,

impegna il Governo

ad attivare politiche di sensibilizzazione circa l'importanza degli interventi di adeguamento, messa in sicurezza o miglioramento sismico di edifici pubblici e privati, con particolare attenzione agli edifici scolastici, che non rispondano ai requisiti di legge.
9/65-A/9Ciracì, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del provvedimento riguardante: «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici» le cui finalità riguardano la promozione ed il sostegno dello sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei predetti comuni favorendone anche la residenza;
    i piccoli comuni infatti sono determinanti per l'attuazione non solo delle politiche di decentramento, ma anche per uno sviluppo locale dei territori;
    in particolare l'articolo 2 del presente provvedimento è volto a garantire uno sviluppo sostenibile ed un equilibrato governo del territorio attraverso la promozione nei piccoli comuni dell'efficienza e della qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all'ambiente, alla protezione civile, all'istruzione, ai servizi socio-sanitari, ai trasporti ecc.;
    non bisogna però trascurare l'aspetto essenziale che deve passare attraverso azioni volte al ripopolamento dei piccoli comuni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere azioni di ripopolamento dei piccoli comuni anche attraverso l'adozione di azioni e progetti sperimentali di incentivazione allo sviluppo economico e del turismo.
9/65-A/10Mucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 65-2284-A, intende contribuire al sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti;
    appare importante che nell'intervento in favore dei piccoli comuni, ricordare che questi occupano realtà nelle quali servizi e attività possono essere condivise con territori limitrofi, consentendo di semplificare mobilità, ridurre tempi e costi nell'organizzazione quotidiana della vita delle persone;
    per questo è evidente la necessità di offrire possibilità di sviluppo sul territorio anche attraverso una rete di opportunità pubbliche e private;
    le suddette possibilità possono essere sviluppate anche tramite l'individuazione di standard e di prestazioni da offrire ai cittadini,

impegna il Governo:

a valutare le possibili iniziative per offrire ai piccoli comuni strumenti per i sistemi territoriali a partire da una carta dei servizi che contenga oltre all'elenco dei servizi pubblici fruibili, quello delle attività commerciali e delle facilitazioni per i residenti.
9/65-A/11Baradello, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali» all'articolo 3, comma 3, prevede un «Piano che assicura priorità ai seguenti interventi: «a) qualificazione e manutenzione del territorio mediante recupero e riqualificazione di immobili esistenti e di aree dismesse, nonché interventi volti alla riduzione del rischio idrogeologico»;
    molti dei comuni interessati sono in zone montane e la tenuta idrogeologica di questi territori passa anche attraverso una buona gestione dei territori a pascolo;
    le mandrie e gli allevatori addetti al governo degli animali necessitano di ricoveri che siano adatti alle funzioni da svolgere,

impegna il Governo

a valutare le possibilità di prevedere tra gli interventi di cui al sopracitato piano anche strutture dedicate al ricovero per la monticazione del bestiame da poi concedere in uso ad allevatori, allo scopo di sostenere la corretta gestione dei pascoli.
9/65-A/12Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti,

impegna il Governo

ad individuare nell'ambito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la struttura competente per il monitoraggio sullo spopolamento dei piccoli comuni così come definiti nel presente articolo, a tal fine utilizzando anche i dati e le informazioni dell'UPI, dell'UNCEM, delle province, nonché delle regioni maggiormente coinvolte nel fenomeno, nonché il materiale scientifico proveniente dalle Università e dagli istituti e centri di ricerca pubblici.

9/65-A/13D'Incà, Terzoni, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti,

impegna il Governo

ad individuare la struttura competente per il monitoraggio sullo spopolamento dei piccoli comuni così come definiti nel presente articolo, a tal fine utilizzando anche i dati e le informazioni dell'UPI, dell'UNCEM, delle province, nonché delle regioni maggiormente coinvolte nel fenomeno, nonché il materiale scientifico proveniente dalle Università e dagli istituti e centri di ricerca pubblici.

9/65-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Incà, Terzoni, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti,

impegna il Governo:

   ad intervenire normativamente, affinché i comuni siano tenuti a redigere il piano di efficienza energetica degli edifici di proprietà pubblica, nonché il piano di localizzazione delle produzioni di impianti di energia proveniente da fonti rinnovabili in immobili di proprietà pubblica privilegiando prioritariamente gli edifici esistenti;
   ad intervenire normativamente, affinché i comuni possano stipulare convenzioni con i proprietari di immobili localizzati nelle zone territoriali omogenee di cui alla lettera d) dell'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, al fine di garantire la fornitura di energia per la pubblica illuminazione e per i consumi degli immobili pubblici;
   ad escludere, nell'ambito degli impegni sopra esposti, la localizzazione degli impianti in terreni classificati agricoli, nelle aree ricadenti nei perimetri dei nuclei storici e nelle aree soggette a vincolo paesaggistico ai sensi della legislazione vigente.
9/65-A/14Busto, Terzoni, D'Incà, Dadone, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 3 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'interno il Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023. L'utilizzo delle risorse presuppone la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni e di un elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. Nel Piano, aggiornato annualmente in base alle risorse disponibili, sono definite anche le modalità di presentazione dei progetti finanziabili,

impegna il Governo

ad estendere gli interventi di rivitalizzazione del territorio attraverso il sostegno dell'imprenditoria giovanile per l'avvio di nuove attività turistiche e commerciali finalizzata alla valorizzazione e alla promozione del territorio e dei suoi prodotti, nonché di attività finalizzate al recupero e alla destinazione ad uso recettivo di immobili abbandonati tra gli interventi previsti nel Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni.
9/65-A/15De Rosa, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 4 detta la disciplina degli interventi di recupero e riqualificazione dei centri storici, da realizzarsi anche mediante strumenti integrati pubblici e privati, e la promozione di alberghi diffusi, la cui definizione è demandata alle regioni e alle province autonome,

impegna il Governo

a prevedere in prossimi interventi normativi che i comuni e le unioni di comuni di cui al comma 1 dell'articolo 4 possano altresì promuovere la valorizzazione dei «centri commerciali naturali» e la rivitalizzazione economica degli «aggregati commerciali urbani intesi come interventi per favorire la costituzione di uno o più insiemi organizzati, pure in forme societarie, di esercizi commerciali, strutture ricettive, attività artigianali e di servizio, che insistono nei centri storici in cui si concentra un'offerta di prodotti, servizi ed attività da parte di una pluralità di soggetti, con particolare riferimento alla valorizzazione, la distribuzione, la commercializzazione delle produzioni tipiche locali, nonché allo svolgimento di funzioni informative per la promozione turistica e culturale del territorio.
9/65-A/16Mannino, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 4 detta la disciplina degli interventi di recupero e riqualificazione dei centri storici, da realizzarsi anche mediante strumenti integrati pubblici e privati, e la promozione di alberghi diffusi, la cui definizione è demandata alle regioni e alle province autonome,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in prossimi interventi normativi che i comuni e le unioni di comuni di cui al comma 1 dell'articolo 4 possano altresì promuovere la valorizzazione dei «centri commerciali naturali» e la rivitalizzazione economica degli «aggregati commerciali urbani intesi come interventi per favorire la costituzione di uno o più insiemi organizzati, pure in forme societarie, di esercizi commerciali, strutture ricettive, attività artigianali e di servizio, che insistono nei centri storici in cui si concentra un'offerta di prodotti, servizi ed attività da parte di una pluralità di soggetti, con particolare riferimento alla valorizzazione, la distribuzione, la commercializzazione delle produzioni tipiche locali, nonché allo svolgimento di funzioni informative per la promozione turistica e culturale del territorio.
9/65-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Mannino, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane. L'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 4 detta la disciplina degli interventi di recupero e riqualificazione dei centri storici, da realizzarsi anche mediante strumenti integrati pubblici e privati, e la promozione di alberghi diffusi, la cui definizione è demandata alle regioni e alle province autonome,

impegna il Governo

ad intervenire normativamente affinché i comuni provvedano alla perimetrazione degli aggregati storici presenti nel proprio territorio, di concerto con le soprintendenze regionali competenti per i beni archeologici e storici e con la regione, contestualmente disponendo che nelle aree esterne alle perimetrazioni di cui all'articolo 4, non sia consentito nuovo consumo di suolo agricolo e forestale.
9/65-A/17Micillo, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
   il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;

    l'articolo 5, nell'ambito delle misure per il contrasto all'abbandono di immobili nei piccoli comuni si limita a prevedere la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobili,

impegna il Governo:

   ad intervenire normativamente affinché i comuni redigano l'elenco del patrimonio immobiliare comunale, degli immobili appartenenti al demanio collettivo presenti nel territorio nonché del patrimonio immobiliare pubblico appartenente allo Stato o ad altri enti pubblici, compreso il patrimonio immobiliare sequestrato alle organizzazioni criminali, al fine di individuarne gli usi necessari per soddisfare le esigenze di interesse pubblico, per la soluzione dei casi di disagio abitativo o per il sostegno delle attività imprenditoriali giovanili che operino per la valorizzazione e la promozione del territorio e dei suoi prodotti, prevedendo altresì che gli immobili da destinare alle attività produttive siano assegnati con bando di evidenza pubblica a imprese giovanili, anche di nuova costituzione, operanti nel territorio comunale o nei territori limitrofi; 
   ad intervenire normativamente affinché i comuni redigano un piano di riordino fondiario relativo ai terreni agricoli di proprietà pubblica incolti al fine di stipulare convenzioni con le imprese agricole locali per contrastare l'abbandono dei medesimi. 
9/65-A/18Zolezzi, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane. L'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 5, nell'ambito delle misure per il contrasto all'abbandono di immobili nei piccoli comuni si limita a prevedere la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobili,

impegna il Governo

a predisporre un Piano nazionale per i territori rurali, dedicato alla riqualificazione di aree con particolare riferimento a quelle degradate sulla base dei progetti di valorizzazione rurale trasmesse dai piccoli comuni che indichino con sufficiente precisione la descrizione, le caratteristiche e l'ambito rurale oggetto di trasformazione, recupero e valorizzazione, gli investimenti e i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell'eventuale cofinanziamento del comune o dell'unione proponente, l'indicazione dei soggetti interessati, le eventuali premialità nonché il programma temporale degli interventi da attivare.
9/65-A/19Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 5, nell'ambito delle misure per il contrasto all'abbandono di immobili nei piccoli comuni si limita a prevedere la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobile,

impegna il Governo:

   a ridurre la frammentazione delle proprietà fondiarie destinate ad uso agricolo attraverso il riordino delle disposizioni generali sulle successioni, stabilite dal libro secondo del codice civile, in conformità ai principi dell'indivisibilità dei terreni agricoli la cui estensione è inferiore o uguale al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale, stabilendo criteri di assegnazione dei terreni agricoli indivisibili e le modalità di indennizzo dei coeredi esclusi;
   ad intervenire normativamente affinché i comuni montani adottino misure finalizzate a contrastare l'abbandono dei terreni montani, per prevenire le cause dei fenomeni di dissesto idrogeologico delle aree montane e la perdita di biodiversità ed assicurare le operazioni di gestione sostenibile del bosco, anche di tipo naturalistico, nonché la bonifica dei terreni agricoli e forestali e di regimazione delle acque, compresi gli interventi di miglioramento naturalistico e ripristino ambientale, stabilendo che chi ne faccia richiesta possa subentrare nella cura dell'interesse di chi non possa provvedervi, in quanto assente o altrimenti impedito ai fini dell'utilizzo del terreno per esclusiva attività agricola, silvopastorale, o forestale, senza ulteriore consumo di suolo e senza cambio di destinazione d'uso, finché l'interessato o suo erede non sia in grado di provvedervi da se stesso, nelle forme, nei modi e nei tempi da stabilire nel rispetto di ogni prerogativa connessa al titolare del diritto di proprietà.
9/65-A/20Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 5, nell'ambito delle misure per il contrasto all'abbandono di immobili nei piccoli comuni si limita a prevedere la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobile,

impegna il Governo:

   a ridurre la frammentazione delle proprietà fondiarie destinate ad uso agricolo attraverso il riordino delle disposizioni generali sulle successioni, stabilite dal libro secondo del codice civile, in conformità ai principi dell'indivisibilità dei terreni agricoli la cui estensione è inferiore o uguale al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale, stabilendo criteri di assegnazione dei terreni agricoli indivisibili e le modalità di indennizzo dei coeredi esclusi;
   ad intervenire normativamente affinché i comuni montani adottino misure finalizzate a contrastare l'abbandono dei terreni montani, per prevenire le cause dei fenomeni di dissesto idrogeologico delle aree montane e la perdita di biodiversità ed assicurare le operazioni di gestione sostenibile del bosco, anche di tipo naturalistico, nonché la bonifica dei terreni agricoli e forestali e di regimazione delle acque, compresi gli interventi di miglioramento naturalistico e ripristino ambientale.
9/65-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 6 disciplina la facoltà dei piccoli comuni, anche in forma associata, di acquisire case cantoniere e di stazioni ferroviarie non più utilizzate, o stipulare intese finalizzate al loro recupero al fine di potenziare l'offerta turistica nel rispetto dei principi della sostenibilità. Inoltre potranno acquisire il sedime ferroviario dismesso e non recuperabile all'esercizio ferroviario, principalmente per la destinazione a piste ciclabili, in conformità agli strumenti di programmazione della rete ciclabile,

impegna il Governo

a valutare di prevedere misure di semplificazione in materia di acquisizione al patrimonio comunale di terreni ed edifici in stato di abbandono o degrado, case cantoniere e gli altri immobili di cui alla presente legge anche in deroga agli ulteriori vincoli previsti dal patto di stabilità interno in relazione all'acquisto di immobili da parte degli enti territoriali, assicurandone altresì la gratuità, la registrazione, trascrizione e voltura catastale del provvedimento di acquisizione al demanio comunale.
9/65-A/21Vignaroli, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 6 disciplina la facoltà dei piccoli comuni, anche in forma associata, di acquisire case cantoniere e di stazioni ferroviarie non più utilizzate, o stipulare intese finalizzate al loro recupero al fine di potenziare l'offerta turistica nel rispetto dei principi della sostenibilità. Inoltre potranno acquisire il sedime ferroviario dismesso e non recuperabile all'esercizio ferroviario, principalmente per la destinazione a piste ciclabili, in conformità agli strumenti di programmazione della rete ciclabile,

impegna il Governo

a valutare di prevedere misure di semplificazione in materia di acquisizione al patrimonio comunale di terreni ed edifici in stato di abbandono o degrado, case cantoniere e gli altri immobili di cui alla presente legge.
9/65-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Vignaroli, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    risulta, ad avviso degli scriventi, la necessità che anche forme di lavoro a distanza siano considerate tra le misure per evitare l'abbandono dei comuni di cui alla legge in premessa,

impegna il Governo

a prevedere misure incentivanti a favore delle imprese che si avvalgono di forme di lavoro a distanza per i lavoratori residenti nelle zone di cui al provvedimento in esame anche calibrando tali interventi sulla base del numero dei lavoratori che svolgono attività di telelavoro e della percentuale di ore lavorative prestate nel luogo di residenza.
9/65-A/22Ciprini, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    risulta, ad avviso degli scriventi, la necessità che anche forme di lavoro a distanza siano considerate tra le misure per evitare l'abbandono dei comuni di cui alla legge in premessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure incentivanti a favore delle imprese che si avvalgono di forme di lavoro a distanza per i lavoratori residenti nelle zone di cui al provvedimento in esame anche calibrando tali interventi sulla base del numero dei lavoratori che svolgono attività di telelavoro e della percentuale di ore lavorative prestate nel luogo di residenza.
9/65-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciprini, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 9 si limita a prevedere misure volte a favorire i servizi postali e pagamenti. Nell'articolato non sono state invece inserite disposizioni per garantire i servizi sanitari destinati alle aree rurali e montane attraverso una apposita pianificazione,

impegna il Governo

ad intervenire normativamente affinché il servizio prestato dal personale medico nell'ambito di strutture sanitarie situate nelle zone montane sia valutato ai fini dell'articolo 8, comma 2-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
9/65-A/23Cariello, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   premesso, inoltre, che:
    l'articolo 9, si limita a prevedere misure volte a favorire i servizi postali e pagamenti. Nell'articolato non sono state invece inserite disposizioni per garantire i servizi sanitari destinati alle aree rurali e montane attraverso una apposita pianificazione,

impegna il Governo:

   a predisporre un Piano per i servizi sanitari destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo all'introduzione di metodi e strumenti innovativi, coinvolgendo anche il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino (CNSAS) che contenga specifici interventi finalizzati alla riorganizzazione della rete territoriale della medicina di base;
   a tenere conto della necessità di adeguamento del riparto del Fondo sanitario nazionale in favore delle aziende sanitarie locali situate nelle aree montane e rurali, al fine di assicurare la continuità assistenziale in tali aree;
   ad intervenire affinché il servizio prestato dal personale medico nelle strutture sanitarie operanti nelle zone montane sia valutato ai fini dell'articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;
   a favorire con misure economiche specifiche e altre provvidenze, i laureati che intendono specializzarsi e perfezionare la propria formazione presso strutture ed enti situati nelle zone montane e rurali;
   a valutare di modificare il Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera di cui al decreto 2 aprile 2015, n. 70 nella direzione di rideterminare le soglie minime dei posti letto, evitando le aggregazioni funzionali, al fine di garantire il mantenimento di adeguati presidi ospedalieri nei piccoli comuni di cui alla presente legge, contestualmente destinando risorse ai predetti presidi, tenendo conto della situazione orografica di svantaggio dei territori in cui insistono.
9/65-A/24Gallinella, Terzoni, D'Incà, Dadone, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli, Zolezzi, Castelli, Caso, Cariello, Brugnerotto, Sorial, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    considerato che l'articolo 71 della legge sul diritto d'autore, 22 aprile 1941, n. 633, prevede una specifica fattispecie di esonero dal pagamento dei diritti di autore per finalità non lucrative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre specifiche disposizioni che riconoscano alle associazioni di volontariato previste dall'articolo 2, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 266 e alle associazioni di promozione sociale previste dall'articolo 2, comma 1, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, limitatamente agli spettacoli finalizzati alla raccolta fondi per beneficenza nei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, la libera diffusione delle opere senza pagamento di alcun compenso per diritti di autore.
9/65-A/25Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    considerato che il sostegno dello sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, molti dei quali localizzati in zone montane, richiede interventi urgenti volti al mantenimento ed al recupero dei pascoli montani per la produzione di carni e di formaggi di qualità, nonché per la conservazione del paesaggio e dell'ecosistema tradizionali,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative normative, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, affinché entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, venga predisposto un piano nazionale per l'individuazione, il recupero, l'utilizzazione e la valorizzazione dei sistemi pascolivi montani, anche promuovendo la costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati.
9/65-A/26Gagnarli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    considerato che il sostegno dello sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, molti dei quali localizzati in zone montane, richiede interventi urgenti volti al mantenimento ed al recupero dei pascoli montani per la produzione di carni e di formaggi di qualità, nonché per la conservazione del paesaggio e dell'ecosistema tradizionali,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative normative, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, affinché venga predisposto un piano nazionale per l'individuazione, il recupero, l'utilizzazione e la valorizzazione dei sistemi pascolivi montani, anche promuovendo la costituzione di forme associative tra i proprietari e gli affittuari interessati.
9/65-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Gagnarli, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    appare opportuno estendere ai comuni montani con popolazione fino a 3.000 abitanti la facoltà di gestione autonoma del servizio idrico integrato,

impegna il Governo:

   a intervenire normativamente affinché l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato sia resa facoltativa per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane o delle unioni di comuni, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, con l'ulteriore previsione che i proventi dei canoni ricavati dall'utilizzazione del demanio idrico possano essere trasferiti dalle regioni agli enti locali interessati per destinarli al finanziamento di interventi atti alla tutela delle risorse idriche e dell'assetto idraulico e idrogeologico, sulla base delle linee programmatiche di bacino;
   a intervenire normativamente affinché le derivazioni di acqua pubblica per usi idroelettrici di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, siano concesse in via prioritaria per impianti di produzione non superiori ai 200 kw di potenza, alle unioni di comuni esistenti sul territorio nel quale si prevede l'installazione.
9/65-A/27Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 13 affronta le criticità connesse all'erogazione del servizio scolastico prevedendo l'adozione di un Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione;
    considerato che le gravi condizioni di disagio in cui versano le scuole insistenti nei comuni montani, nei comuni delle aree interne rurali con evidente spopolamento, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche richiedano misure urgenti volte ad evitare la chiusura o l'accorpamento degli istituti scolastici statali,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di introdurre, con futuri provvedimenti, specifiche disposizioni che riconoscano alle regioni e agli enti locali interessati di stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni, in deroga a quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, assicurando la dotazione organica del personale docente e ATA necessaria, a tal fine prevedendo che l'organico delle scuole site nei comuni montani e disagiati venga aggiornato periodicamente in base al numero delle iscrizioni calcolate nell'arco di almeno tre anni consecutivi e che sia consentito costituire classi, per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore ai valori minimi stabiliti dai commi 1 e 2, dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81.
9/65-A/28L'Abbate, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 13 affronta le criticità connesse all'erogazione del servizio scolastico prevedendo l'adozione di un Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione;
    considerato che le gravi condizioni di disagio in cui versano le scuole insistenti nei comuni montani, nei comuni delle aree interne rurali con evidente spopolamento, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche richiedano misure urgenti volte ad evitare la chiusura o l'accorpamento degli istituti scolastici statali,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di introdurre, con futuri provvedimenti, specifiche disposizioni che riconoscano alle regioni e agli enti locali interessati di stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni.
9/65-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta) L'Abbate, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo unificato delle proposte di legge contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici;
    il provvedimento prende atto della sempre più difficile situazione in cui versano i piccoli comuni localizzati in aree particolarmente svantaggiate come aree interne o zone montane;
    l'abbandono delle aree interne del Paese costituisce infatti un'emergenza che va affrontata con politiche rigorose e con adeguate risorse pubbliche. Le grandi scelte infrastrutturali e i grandi investimenti pubblici in termini di creazione di servizi hanno, come noto, privilegiato le aree sviluppate dell'Italia contribuendo ad aumentare il divario economico e di prospettive sociali di una parte importante del territorio nazionale. L'intero sistema appenninico, le aree interne della Sicilia e della Sardegna e perfino alcune aree pedemontane della fascia alpina sembrano destinati a un impoverimento demografico, economico e sociale senza apparente possibilità di inversione di tendenza. In particolare, l'ultimo censimento dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) del 2011 mostra un declino demografico preoccupante sia in termini assoluti che in merito all'invecchiamento della popolazione. Il fenomeno è ben più marcato nei comuni di dimensione demografica minore e la presente proposta di legge privilegia i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    l'articolo 13 affronta le criticità connesse all'erogazione del servizio scolastico prevedendo l'adozione di un Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riguardo al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione;
    considerato che le gravi condizioni di disagio in cui versano le scuole insistenti nei comuni montani, nei comuni delle aree interne rurali con evidente spopolamento, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche richiedano misure urgenti volte ad evitare la chiusura o l'accorpamento degli istituti scolastici statali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di introdurre specifiche disposizioni, in deroga a quanto disposto dall'articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che consentano alle amministrazioni pubbliche di cedere a titolo gratuito alle istituzioni scolastiche insistenti nei piccoli comuni e prioritariamente nei comuni insistenti in aree montane o svantaggiate, personal computer o altre apparecchiature informatiche, nonché risorse per l'acquisto di sussidi didattici e per l'installazione di nuove tecnologie informatiche e telematiche;
   a prevedere appositi contributi a copertura dei costi aggiuntivi per gli studenti dei comuni montani legati all'accesso agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, quando le relative sedi non sono collegate da servizi pubblici con il comune di residenza o sono necessari tempi di viaggio molto rilevanti.
9/65-A/29Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
   il testo non comprende la possibilità di utilizzare i finanziamenti previsti per la riqualificazione urbana dei centri storici dei piccoli comuni anche per l'adeguamento antisismico degli edifici,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo per riservare ai piccoli comuni una quota dei finanziamenti che verranno previsti nei prossimi provvedimenti finanziari per l'adeguamento antisismico degli edifici, con particolare riguardo agli edifici scolastici e alle zone classificate a sismicità alta e media.
9/65-A/30Castiello, Grimoldi, Guidesi, Caparini, Allasia, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 prevede l'istituzione di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni per il finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale e l'insediamento di nuove attività produttive;
    il testo non comprende la possibilità di utilizzare i finanziamenti previsti anche per la bonifica di siti inquinati che ricadono nel territorio di piccoli comuni,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo per finanziare attività di bonifica di siti inquinati compresi nel territorio di piccoli comuni.
9/65-A/31Grimoldi, Castiello, Guidesi, Caparini, Allasia, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 prevede la possibilità, per i piccoli comuni, di individuare, all'interno del perimetro dei centri storici, zone da riqualificare mediante interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana;

    spesso, in pieno centro storico dei paesi esistono aree dismesse, anche industriali, che occorre risanare e recuperare per garantire da una parte omogeneità e decoro al tessuto urbano e dall'altra per evitare l'espansione edilizia e l'ulteriore consumo di suolo agricolo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo per permettere il recupero delle aree dismesse nell'ambito degli interventi di riqualificazione dei centri storici.
9/65-A/32Allasia, Castiello, Grimoldi, Guidesi, Caparini, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha istituito l'elenco delle centrali di committenza, nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all'articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, operante presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
    l'articolo 37 del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2016, n. 50, contiene norme per la razionalizzazione delle centrali di committenza ai fini della riduzione delle stazioni appaltanti;
    le risorse a disposizione dei piccoli comuni per la realizzazione di opere pubbliche e per l'acquisizione di forniture e servizi si presentano alquanto esigue e non in grado di incidere sul complesso delle risorse destinate a lavori, servizi e forniture sul territorio nazionale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo ai fini dell'eliminazione dell'obbligo di adesione alle centrali di committenza per i piccoli comuni.
9/65-A/33Guidesi, Grimoldi, Castiello, Caparini, Allasia, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 prevede l'istituzione di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni per il finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale e l'insediamento di nuove attività produttive;
    le risorse finanziare disponibili sono alquanto ridotte, pari a 10 milioni di euro per il 2017 e 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, e non in grado di permettere interventi strutturali da parte del complesso dei piccoli comuni,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per rifinanziare Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni con i prossimi provvedimenti di carattere legislativo e finanziario.
9/65-A/34Caparini, Castiello, Grimoldi, Guidesi, Allasia, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i piccoli comuni sono gli unici enti che hanno i conti in regola e che il totale della spesa per personale rispetto alla spesa corrente dei piccoli Comuni è del 34,65 per cento ben al di sotto del limite massimo del 40 per cento imposto ai Comuni dall'articolo 76 comma 7 del decreto-legge n. 112 del 2008;
    il rapporto dipendenti/popolazione è di 1 dipendente ogni 120 abitanti: meno del rapporto minimo previsto dal decreto ministeriale 24 luglio 2014 imposto ai Comuni che hanno dichiarato dissesto;
    l'attuale norma in materia di assunzioni, favorisce i comuni che hanno generato esuberi o fra il personale a tempo indeterminato, o fra quello a tempo determinato, o in entrambi i casi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori iniziative volte ad escludere i comuni con un numero massimo di dipendenti a tempo pieno non superiore a cinque e/o che rispettino il rapporto dipendenti/popolazione previsto dal decreto ministeriale 24 luglio 2014 dall'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, comma 562 della legge 296 del 2006.
9/65-A/35Laffranco, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i Comuni fino a 1.000 abitanti presentano bilanci con elevato grado di rigidità, in particolare sul versante della parte corrente e che il quadro delle regole finanziarie, unitamente al blocco della leva fiscale imposto dalla legge di stabilità per il 2016, rischiano di compromettere in misura consistente la realizzazione degli investimenti programmati nel rispetto del quadro normativo previgente;
    gli oneri derivanti dalla precedente contrazione di mutui continuerebbero a gravare sugli equilibri di bilancio dei medesimi enti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per il solo 2016 e per i soli enti esclusi dai vincoli del Patto di stabilità interno nel 2015, iniziative volte a contenere almeno nel breve periodo gli effetti negativi sui bilanci degli enti indicati in premessa al fine di disegnare un quadro di sostenibilità finanziaria per i Comuni di dimensioni minori.
9/65-A/36Alberto Giorgetti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i Comuni fino a 1.000 abitanti presentano bilanci con elevato grado di rigidità, in particolare sul versante della parte corrente e che il quadro delle regole finanziarie, unitamente al blocco della leva fiscale imposto dalla legge di stabilità per il 2016, rischiano di compromettere in misura consistente la realizzazione degli investimenti programmati nel rispetto del quadro normativo previgente;
    gli oneri derivanti dalla precedente contrazione di mutui continuerebbero a gravare sugli equilibri di bilancio dei medesimi enti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per i soli enti esclusi dai vincoli del Patto di stabilità interno nel 2015, iniziative volte a contenere almeno nel breve periodo gli effetti negativi sui bilanci degli enti indicati in premessa al fine di disegnare un quadro di sostenibilità finanziaria per i Comuni di dimensioni minori.
9/65-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberto Giorgetti, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 228 della legge di stabilità 2015 ha previsto la possibilità nel triennio 2016-2018 di effettuare assunzioni nel limite del 25 per cento della spesa per il personale cessato per tutti i comuni fino a 1.000 abitanti che nel 2015 non erano soggetti al patto di stabilità interno;
    detta percentuale è innalzata al 75 per cento per i Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti che abbiano un rapporto medio dipendenti/popolazione inferiore a quello definito triennalmente dal Ministero dell'interno per gli Enti in condizione di dissesto;
    tali previsioni sono particolarmente penalizzanti per i comuni di minore dimensione demografica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a consentire ai Comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti di attuare un turn-over pieno, fermo il rispetto delle regole sul contenimento della spesa di personale e del saldo di competenza non negativo tra entrate e spese finali.
9/65-A/37Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 450 dell'articolo 1, della legge n. 190 del 2014, prevede che il conteggio unitario della spesa di personale costituisca un obbligo;
    questa formulazione può rappresentare un disincentivo alle gestioni associate di servizi e funzioni da parte dei Comuni;
    ai fini anche dell'attuazione delle specifiche disposizioni in materia di gestione associata in forma obbligatoria delle cosiddette funzioni fondamentali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, fermi restando gli obblighi di riduzione della spesa di personale complessiva previsti dai commi 557 e 562 della legge n. 296 del 2006, di adottare iniziative volte a riconoscere alle unioni di comuni e ai comuni che ne fanno parte, di potersi avvalere della facoltà di conteggiare la spesa di personale in modo unitario, al fine di determinare il limite sommando la spesa di personale di ciascuno degli enti anche ai fini del controllo della spesa.
9/65-A/38Fabrizio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'obbligo per gli enti di minori dimensioni di dotarsi del Documento unico di programmazione, seppure nella sua versione semplificata già prevista per i comuni di minore dimensione demografica, richiede uno sforzo eccessivo per le amministrazioni più piccole;
    l'obiettivo della programmazione pluriennale appare già sufficientemente garantito, per i comuni più piccoli, dalla dimensione pluriennale del bilancio di previsione e non necessita di ulteriori strumenti programmatori;
    i piccoli comuni, per la carenza di risorse in generale ridotto da anni di spending review, sia di risorse autonome per il venir meno delle entrate derivanti da IMU e TASI, non hanno più alcuna autonomia finanziaria per procedere a qualsivoglia programmazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative volte ad escludere gli enti locali con popolazione fino a 5.000 abitanti dall'obbligo di predisposizione del Documento unico di programmazione.
9/65-A/39Crimi, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i Comuni di minore dimensione, assoggettati dal 2013 alle regole del Patto di stabilità interno, che sono gravati in misura particolarmente pesante dalle riduzioni di risorse del biennio 2014-15 nonché dai bilanci strutturalmente rigidi, presentano situazioni finanziarie di generale e grave criticità;
    nel caso in cui le rate dei mutui in scadenza presentino un'incidenza particolarmente elevata sulle entrate correnti dell'ente, la possibilità di differire il relativo pagamento agli anni immediatamente successivi al periodo di ammortamento senza cumulare il pagamento di più annualità in un medesimo esercizio concederebbe agli enti minori di non essere eccessivamente gravati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere la possibilità per i Comuni di minore dimensione di posticipare il pagamento delle rate di ammortamento dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti e dall'istituto per il credito sportivo nel caso in cui queste presentino un'incidenza superiore al 13 per cento sul complesso delle entrate correnti.
9/65-A/40Occhiuto, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    i lavoratori dipendenti che svolgono le funzioni di amministratori locali hanno diritto a permessi mensili, retribuiti e non, per l'espletamento del proprio mandato, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000;
    si tratta di lavoratori che sono componenti di uno dei seguenti organi: consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni e dei consigli circoscrizionali;
    ai fini dell'anzianità contributiva, anche secondo un recente parere dell'Inps, i permessi ex articolo 79, in quanto non costituenti «prestazione effettiva di lavoro», parrebbero attualmente non rientrare tra le casistiche per cui è stata esclusa la riduzione percentuale (legge n. 92 del 2012 cosiddetta «Riforma Fornero»),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarificare e risolvere la situazione segnalata in premessa, evitando il prodursi di una oggettiva penalizzazione per molti amministratori di enti locali, in particolar modo degli amministratori dei piccoli comuni.
9/65-A/41Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro della valorizzazione dei piccoli paesi e dei borghi è indispensabile pianificare un'azione sinergica e operativa, anche attraverso obblighi per gli operatori del settore, per il cablaggio e la modernizzazione delle infrastrutture immateriali;
    dal più piccolo dei paesi ai borghi occorre un piano strategico per la banda larga che coinvolga anche queste realtà favorendo progetti di crescita e investimenti culturali e formativi nei piccoli centri;
    è una condizione necessaria per la terza rivoluzione dell'informatica legata alle identità e ai saperi;
    serve un investimento importante sui piccoli centri legato al capitale umano;
    serve un piano culturale e strategico per sviluppare nei piccoli paesi e borghi la crescita di produzioni «virtuali» e delle tecnologie avanzate in questo contesto occorre puntare sia alla formazione dei giovani che degli adulti, spesso anziani;
    occorre perseguire un vero e proprio Piano Marshall della crescita e della cultura che metta in campo formatori itineranti, che riaprano le scuole chiuse dei piccoli paesi, svolgendo la funzione di animatori culturali e formativi, organizzando e rendendo sinergiche le realtà aggregative e le agenzie del sociale, da quelle sportive a quelle delle tradizioni popolari sarde, dalla musica alla formazione professionale, sino ad una piena alfabetizzazione informatica,

impegna il Governo

a proporre e perseguire un piano strategico per l'investimento culturale, formativo e innovativo nei piccoli paesi al fine di valorizzare e coniugare identità e innovazione.
9/65-A/42Pili, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, il Piano per l'istruzione destinato alle aree rurali e montane, con particolare riferimento al collegamento dei plessi scolastici ubicati in tali aree,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo per prevedere la possibilità di deroghe alle disposizioni vigenti in materia di dimensionamento e di formazione delle classi e favorire la costituzione di pluriclassi e di istituti comprensivi nel territorio dei piccoli comuni.
9/65-A/43Simonetti, Caparini, Castiello, Grimoldi, Guidesi, Allasia.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge contiene una serie di misure significative e coraggiose per la valorizzazione dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti, la cosiddetta Piccola Grande Italia, nonché per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici;
    i centri storici sono uno dei punti di forza e di eccellenza del sistema Italia, che rendono il nostro Paese per tanti versi unico ed inimitabile;
    l'articolo 4 del provvedimento costituisce una norma estremamente importante e di prospettiva in questa direzione,

impegna il Governo

ad assumere ogni possibile iniziativa per incrementare in un orizzonte pluriennale, nell'ambito delle disponibilità finanziarie esistenti, le risorse per gli interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione dei centri storici.
9/65-A/44Tino Iannuzzi, Realacci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 della proposte di legge all'esame dell'assemblea, al fine di perseguire l'obiettivo della coesione sociale e territoriale prevede che i piccoli comuni, anche in forma associata, d'intesa con la regione competente, possano proporre iniziative volte a sviluppare l'offerta complessiva dei servizi postali, congiuntamente ad altri servizi, in specifici ambiti territoriali, individuati tenuto conto di ragioni di efficienza e razionalizzazione della fornitura dei medesimi servizi e valorizzando la presenza capillare degli uffici postali appartenenti al fornitore del servizio postale universale;
    per rendere tale nuova disciplina più efficace e concreta è necessario tenere conto del piano di razionalizzazione attuato dal fornitore del servizio universale e prevedere di conseguenza che i piccoli comuni possano integrare il servizio offerto dal predetto fornitore, tramite nuove iniziative in collaborazione con operatori postali privati capaci di sviluppare un'innovativa e più efficiente offerta di servizi postali, che comprenda anche la diffusione di nuovi uffici postali privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile l'integrazione di quanto previsto dall'articolo 9 consentendo ai piccoli comuni di promuovere nuove iniziative nel campo dei servizi postali anche con il ricorso a forme di collaborazione con operatori postali privati.
9/65-A/45De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge all'esame dell'assemblea contiene norme volte a migliorare le condizioni di vita nei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni compresi nei territori montani e rurali;
    in tale contesto rivestono un ruolo fondamentale le associazioni fondiarie tra i proprietari di terreni pubblici o privati, con lo scopo di raggruppare terreni agricoli e boschi, in attualità di gestione, abbandonati o incolti, al fine di consentirne un uso economicamente sostenibile e produttivo;
    è importante stimolare le regioni a disciplinare con proprie leggi l'istituzione e il funzionamento delle associazioni fondiarie, alle quali, nel rispetto ed in attuazione del principio di sussidiarietà, riconoscere un ruolo prevalente sul territorio ai fini della gestione collettiva ed economica dei terreni agricoli e forestali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disciplinare nel primo provvedimento utile l'ordinamento delle associazioni fondiarie, nella forma giuridica di ente privato di interesse pubblico, finalizzandole a un uso economicamente sostenibile e produttivo del territorio attraverso il rispetto delle buone pratiche agricole, degli equilibri idrogeologici, della salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio e della economicità ed efficienza della gestione stessa.
9/65-A/46Crimì, De Menech.


MOZIONI CARIELLO ED ALTRI N. 1-01347, MARCON ED ALTRI N. 1-01355, GUIDESI ED ALTRI N. 1-01364, MARCHI, TANCREDI, LIBRANDI, TABACCI, DI GIOIA ED ALTRI N. 1-01369, ALBERTO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-01370 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01371 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI REVISIONE DELLA SPESA PUBBLICA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    il controllo della spesa pubblica, attraverso le procedure di «revisione della spesa pubblica», cosiddetta spending review, ha una incidenza fondamentale sul percorso di risanamento dei conti pubblici, che deve essere realizzato contestualmente ed in parallelo ad un processo di sostegno alla crescita dell'economia del Paese, senza la quale non è possibile conseguire l'abbattimento del cospicuo debito pubblico accumulato negli anni e liberare risorse da destinare alla ripresa economica ancora debole;
    la revisione della spesa pubblica è entrata nel dibattito politico nel 2006 e 2007, poi rimossa e ripresa dal Governo con l'affidamento dell'incarico al professor Piero Giarda, che ha presieduto dal 1986 al 1995 la Commissione tecnica per la spesa pubblica presso il Ministero del tesoro;
    un primo importante contributo in materia di revisione di spesa pubblica risale al rapporto preliminare del settembre 2011, redatto dal professore Piero Giarda, in seguito all'incarico attribuitogli dall'allora Ministro Giulio Tremonti del Governo Berlusconi;
    il rapporto contiene una descrizione della spesa pubblica e di come si è evoluta in 60 anni con un'interessante classificazione di «sprechi» ed «inefficienze»;
    come noto, nell'autunno 2011, in seguito alle dimissioni dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, si insediò il Governo tecnico Monti, che affidò ad Enrico Bondi la commissione per la spending review;
    Bondi non diede seguito al rapporto Giarda, ma, a fronte di un compenso lordo di 150.000 euro annui, produsse un lavoro di analisi della spesa per amministrazione in rapporto alla quantità di risorse impiegate rispetto alla media standard indicata dall'Istat, a prescindere dalla quantità dei servizi e delle attività delle medesime amministrazioni, quindi un lavoro a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo difficilmente utilizzabile per orientare la classe politica ad una virtuosa riduzione della spesa, e, dopo aver lasciato innumerevoli tabelle, lasciò l'incarico nel gennaio 2013;
    il Governo Monti non attuò nessun taglio finalizzato ad un processo organico di razionalizzazione e lotta agli sprechi, anzi si è limitato a far quadrare i conti pubblici, attuando i soliti invisi tagli lineari e aumentando le entrate mediante l'inasprimento della pressione fiscale a carico dei contribuenti e delle imprese;
    in seguito la commissione fu affidata per pochi mesi al ragioniere Mario Canzio, che fu poi sostituito;
    nel mese di ottobre 2013, in virtù dell'articolo 49-bis inserito nel testo del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 9, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, il Governo Letta ha inteso adottare misure per il rafforzamento della spending review e ha nominato Carlo Cottarelli, «con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1 (...)», ossia il Comitato interministeriale nominato al fine di coordinare l'azione di Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica e migliorare la qualità dei servizi pubblici offerti;
    il commissario Cottarelli, che ai sensi della legge citata «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» ha prodotto nel 2014 con il gruppo di lavoro costituito un progetto organico di tagli alla spesa pubblica, diretto alla razionalizzazione e semplificazione dell'apparato burocratico della pubblica amministrazione, ivi inclusi gli enti territoriali e locali, finalizzato al risparmio di risorse anche mediante la soppressione della duplicazione di funzioni e, soprattutto, lo smaltimento della «giungla delle partecipate pubbliche»;
    gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica del piano Cottarelli costituivano la base per le previsioni di spesa per il triennio 2014-2016 della legge di stabilità per il 2014 e lo strumento per reperire le risorse utili per realizzare gli interventi del programma nazionale di riforma, contenuti nel documento di economia e finanza 2014;
    da informazioni trapelate sulle analisi della spesa, svolte dal team del commissario Cottarelli, il progetto-base prevedeva risparmi di spesa per circa 7 miliardi euro nel 2014, 18 miliardi di euro nel 2015 e ben 33,9 miliardi di euro nel 2016;
    nel settembre 2014, in un'intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, l'ex Ministro Piero Giarda ha dichiarato, in merito alla volontà del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi di tagliare del 3 per cento le spese di ogni ministero, che: «questa non è spending review ma un semplice taglio di spesa, simile a quelli spesso visto in passato. Naturalmente si tratta di una scelta legittima (...)» quindi non nuova e finalizzata solo alla rapida riduzione del deficit e a riempire le casse;
    come è noto, in seguito all'insediamento del Governo Renzi, e successivamente all'adozione del decreto-legge n. 66 del 2014, il commissario Cottarelli ha lasciato ufficialmente la commissione a meno di un anno dalla sua nomina;
    gli incarichi sopra esposti per la revisione della spesa pubblica non sono stati svolti «a costo zero» per la finanza pubblica e, con riferimento all'ultimo incarico al commissario Cottarelli, la norma è stata approvata dal Parlamento, che, quindi, «ha ratificato» una scelta da cui si attendevano risultati;
    le professionalità impiegate e gli studi e le analisi prodotte potrebbero rappresentare una base di partenza per decisioni politiche in merito al controllo ed alla gestione della spesa pubblica;
    la discrezionalità con cui i Governi succedutisi rinunciano all'utilizzo delle analisi correlate alla revisione della spesa pubblica denota una tendenza a rinviare un percorso organico di risanamento delle finanze pubbliche con effetti a medio e lungo termine, non più procrastinabile a causa delle scarse risorse ridottesi per la flessione della crescita del prodotto interno lordo italiano, che compromette la possibilità di rilanciare gli investimenti;
    la revisione della spesa è fondamentale per intervenire sulla strumentazione della programmazione ex ante; dunque, la valutazione del Parlamento, in sede di sessione di bilancio, dei documenti finanziari potrebbe essere rafforzata, se supportata da una conoscenza specifica sulle varie possibilità di impiego alternative delle risorse pubbliche;
    peraltro, le decisioni di spending review hanno un impatto importante sull'assetto delle istituzioni e della pubblica amministrazione, sia centrale che territoriale, per cui è auspicabile coinvolgere tutte le forze politiche in campo per un'ampia condivisione;
    già il rapporto Giarda nel 2011 aveva evidenziato la possibilità di un'aggressione della spesa pubblica superiore a 200 miliardi di euro;
    sarebbe opportuno che le Commissioni parlamentari di merito possano valutare e adottare come base di lavoro, per realizzare un progetto condiviso di spending review, l'analisi finale del commissario Cottarelli, al fine di valutare gli esiti di un incarico, che è gravato sul bilancio dello Stato per circa 300.000 euro annui;
    le analisi, ivi contenute, aggiornate in base ai tagli effettuati nel periodo 2011-2013, sono basate su dati forniti dalle amministrazioni coinvolte, quindi rappresentano elementi di valutazione e di informazione da sottoporre alla valutazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, per una maggiore conoscenza delle dinamiche di spesa per il funzionamento della pubblica amministrazione;
    è evidente la difficoltà degli Esecutivi di intervenire sulla spesa pubblica, per l'impopolarità di scelte e tagli invisi, per cui è auspicabile che il progetto di spending review non sia più sottoposto alla discrezionalità dell'Esecutivo, ma sia affidato alle Commissioni di merito del Parlamento, a cui affidare l'eredità del lavoro svolto fino ad oggi, affinché non resti inutilizzato, ma approfondito per realizzare proposte da sottoporre alla votazione del Parlamento;
   inoltre, la legge costituzionale n. 1 del 2012, all'articolo 5, comma 4, nel riformare l'articolo 81 della Costituzione, stabilisce che le Camere, secondo le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, esercitano la funzione di controllo sulla finanza pubblica, con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni, e dunque l'affidamento dal processo di revisione della spesa alle Commissioni di merito consentirebbe al Parlamento di esercitare la funzione di controllo ivi citata e adottare misure correttive;
    a seguito della disponibilità dell'analisi di Cottarelli, terminata a fine 2014, il Governo Renzi ad oggi non si è avvalso pienamente delle proposte di revisione per consentire una razionale spesa pubblica finalizzata al risanamento ma anche al sostegno degli investimenti;
    la macchina burocratica ancora resta costosa, nonostante la non procrastinabile esigenza di scongiurare l'attivazione delle clausole di salvaguardia correlate all'aumento delle aliquote Iva;
    l'ultimo documento di economia e finanza non contiene una forte progettualità di risparmi di spesa, come individuati da Cottarelli per il 2016, ma conferma soprattutto i tagli imposti al settore degli enti locali e territoriali;
    in seguito all'approvazione della legge 4 agosto 2016, n. 163, che modifica i contenuti e la formazione del bilancio dello Stato, con l'adozione della nuova legge di bilancio si potranno superare le rigidità degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente e modificare con la prima sezione della legge (ex legge di stabilità) i parametri che sottostanno all'evoluzione di entrata e di spesa del bilancio statale;
    dunque, si aprono maggiori occasioni per attuare una costante spending review, non più procrastinabile;
    gli ultimi dati sulla lenta crescita economica, che porteranno rivedere a ribasso i tassi di crescita del prodotto interno lordo, prospettati nel documento di economia e finanza 2016, mettono a rischio la possibilità di evitare l'aumento dell'Iva, che, da fonti giornalistiche, il Ministro dell'economia e delle finanze intende affrontare con una manovra di maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione e dal rientro dei capitali esteri, entrate dunque non certe;
    un'ulteriore richiesta di maggiore flessibilità alla Commissione europea sembra impraticabile, a causa del crescente debito pubblico interno, e dunque è necessario razionalizzare la spesa pubblica per evitare una maggiore aumento della pressione fiscale, non più sopportabile dai cittadini e dagli operatori economici;
    si ricorda che nel documento di economia e finanza 2016 il Governo per il triennio 2016-2018 ha previsto effetti di risparmio, a seguito dei provvedimenti assunti, pari a 25 miliardi di euro per il 2016, 27,6 miliardi di euro per il 2017 e 28,6 miliardi di euro per il 2018 e, in particolare, con la manovra per il 2017 intende attuare misure alternative (ad oggi ancora non definite) all'attivazione della clausola dell'aumento dell'Iva, mediante la revisione della spesa pubblica, fra cui include anche le spese fiscali, che potrebbe comportare un taglio alle agevolazioni da valutare in concomitanza con la recente dichiarazione del Ministro dell'economia e delle finanze di non poter procedere alla riduzione dell'Irpef già nel 2017;
     si apprende da fonti giornalistiche (Il Sole 24 ore) che il Governo, in fase di predisposizione della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2016, prevede un contributo di soli 3-3,5 miliardi di euro dalla «fase 3» della spending review, in gran parte imputabili al potenziamento della centralizzazione degli acquisti;
    da quanto sopra è evidente la necessità che il processo di revisione della gestione delle risorse pubbliche, per aumentarne l'efficienza, il controllo e l'uso a vantaggio di un effettivo rafforzamento dell'economia, non si traduca in una compressione dei servizi pubblici resi ai cittadini e delle agevolazioni fiscali,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie, anche normative, affinché tutte le forze politiche in Parlamento possano essere coinvolte nel processo di elaborazione di proposte in materia di revisione della spesa pubblica, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, per raggiungere una visione maggiormente condivisa sulla razionalizzazione e sull'efficientamento della spesa pubblica, per conseguire risparmi di risorse a medio e a lungo termine e per garantire ai cittadini la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche, e il benessere della collettività indipendentemente dalle scelte di politica economica e finanziaria degli Esecutivi.
(1-01347) «Cariello, Cecconi, Castelli, Caso, D'Incà, Sorial, Brugnerotto, Pisano, Pesco, Alberti, Ruocco, Villarosa».


   La Camera,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative procedurali di competenza necessarie affinché tutte le forze politiche in Parlamento possano essere coinvolte nel processo di elaborazione di proposte in materia di revisione della spesa pubblica, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, per raggiungere una visione maggiormente condivisa sulla razionalizzazione e sull'efficientamento della spesa pubblica, per conseguire risparmi di risorse a medio e a lungo termine e per garantire ai cittadini la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche, e il benessere della collettività indipendentemente dalle scelte di politica economica e finanziaria degli Esecutivi.
(1-01347)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Cariello, Cecconi, Castelli, Caso, D'Incà, Sorial, Brugnerotto, Pisano, Pesco, Alberti, Ruocco, Villarosa».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni, l'esigenza di un'analisi rigorosa dei meccanismi che influiscono sull'andamento della spesa pubblica e la necessità di definire interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione sono state più volte oggetto di attenzione da parte del legislatore;
    le politiche di riduzione di spesa pubblica fin qui seguite sono state improntate ad una filosofia di politica economica, quella dell'austerità; si tratta di politiche che sono state completamente fallimentari: dall'inizio della crisi il debito pubblico nei Paesi dell'eurozona è passato mediamente dal 60 per cento al 95 per cento rispetto al prodotto interno lordo e l'economia europea ha vissuto lunghi periodi di stagnazione. In Italia il prodotto interno lordo è di dieci punti inferiore rispetto al periodo antecedente alla crisi;
    queste politiche hanno significato la riduzione dei trasferimenti al sistema delle autonomie locali e il definanziamento del servizio sanitario nazionale, comportando la riduzione di importanti servizi per i cittadini e l'aumento dell'imposizione fiscale a livello locale, come evidenziato nel 2015 dalla Corte dei conti; inoltre, le stesse politiche hanno comportato una compressione degli investimenti pubblici, senza i quali non è possibile uscire dalla crisi;
    per perseguire l'obiettivo del pareggio del bilancio (obiettivo che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è da ritenersi comunque profondamente sbagliato) e quello della diminuzione del debito senza rinunciare allo sviluppo occorrono ingenti risorse finanziarie; il problema principale è stato quello di reperire i mezzi necessari senza fare ulteriore ricorso al mercato finanziario, nel rispetto degli impegni assunti con il patto di bilancio europeo (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, più conosciuto come «Fiscal Compact», approvato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 Stati membri dell'Unione europea ed entrato in vigore il 1o gennaio 2013);
    il taglio della spesa pubblica è progressivamente diventato una sorta di mantra ideologico di una politica economica (fondata sulla riduzione dell'intervento e degli investimenti pubblici) che ha avuto un impatto pro-ciclico, negativo per la crescita, dimenticando che la crisi del 2007 non ha origine nell'eccesso di spesa pubblica, ma nel fallimento dei mercati finanziari privati che ha comportato poi il salvataggio di banche private con fondi pubblici;
    in questo contesto si è concretizzata la promozione di un'azione di riduzione della spesa preordinata all'eliminazione degli sprechi e al riorientamento delle risorse verso gli obiettivi considerati primari: appunto la spending review, introdotta in principio dal Governo Prodi nel 2007, riproposta dal Governo Monti nel 2011 e successivamente proseguita dall'attuale Governo in carica, che ha legato il successo di questa azione prevalentemente alla destinazione dei risparmi a tagli e sgravi fiscali invece che agli investimenti pubblici. Spesso la spending review si è tradotta esclusivamente in una politica di tagli, senza alcuna rimodulazione e riorientamento della spesa;
    quello della spending review è un tema molto complesso, perché ha un rilievo non solo tecnico, ma anche politico e sociale. In questa prospettiva, peraltro, esso risulta strettamente collegato a quello, ben più generale, del ruolo dello Stato nella crisi finanziaria e può costituire l'occasione per l'avvio di un più profondo rinnovamento della pubblica amministrazione e dei suoi meccanismi di gestione;
    alla luce di quanto previsto dalla legge di contabilità e dai successivi interventi normativi, risultano finora prodotti diversi documenti di analisi e valutazione della spesa, ad iniziare dal «Rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato», documento previsto dall'articolo 41 della legge n. 196 del 2009 sull'attività triennale di spending review – volto ad illustrare la composizione e l'evoluzione della spesa ed i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni; tale documento è stato presentato alle Camere per la prima volta nell'agosto 2012;
    si evidenza, inoltre, il cosiddetto rapporto Giarda presentato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento pro tempore e discusso nel Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012. Secondo tale rapporto l'importo presumibile della spesa, che può essere oggetto di revisione nel breve e lungo termine, viene definito dal rapporto come «spesa aggredibile»: l'attribuzione di tale qualifica deve essere intesa nel senso che si tratta di una massa di spesa che può essere soggetta ad analisi e, se le motivazioni sussistono, può essere sottoposta a riduzione. Così definita, la spesa aggredibile viene quantificata in circa 295 miliardi di euro, nel cui ambito, tuttavia, in un'azione volta al conseguimento di risultati nel breve periodo, solo una percentuale del 25/30 per cento di alcune voci di spesa può essere effettivamente fonte di possibili risparmi. Tale rapporto, infine, è stato successivamente incluso in un ulteriore documento del marzo 2013, predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministro per i rapporti con il Parlamento, recante «Analisi di alcuni settori di spesa pubblica», che reca, inoltre, un gruppo di sei lavori che analizzano, in successione, le spese dell'Arma dei carabinieri, della polizia di Stato e dei suoi corpi specialistici, dei vigili del fuoco, delle prefetture e delle capitanerie di porto; un altro gruppo di quattro lavori concerne alcuni settori sottoposti a particolare attenzione legislativa, quali le spese delle province, i possibili risparmi da accorpamento delle stesse, i trasferimenti alle imprese dal bilancio dello Stato e, infine, i trasferimenti da quelli degli enti territoriali, in relazione ad una possibile riduzione della relativa entità; altri due lavori, da ultimo, concernono rispettivamente la spesa per investimenti pubblici e, a titolo di esempio per quanto concerne le amministrazioni centrali, il Ministero dell'interno. Si tratta di lavori, precisa il documento, che non hanno lo scopo di fornire proposte operative sulla riduzione della spesa, essendo invece finalizzati «ad avviare la dialettica tra le strutture di Governo competenti sulle procedure di spending review e (...) i responsabili della gestione dei singoli servizi o attività sulla formulazione di proposte per il riordino della loro organizzazione produttiva, anche finalizzate a realizzare risparmi di spesa»;
    successivamente al rapporto Giarda dell'aprile 2012, a seguito dell'istituzione, con il decreto-legge n. 52 del 2012 della figura del commissario straordinario alla spesa pubblica, il commissario Bondi ha predisposto, nel mese di luglio del 2012, un lavoro relativo alla spesa per consumi intermedi di regioni, province, comuni, università ed enti di ricerca. Tali analisi sono organizzate in tre volumi, ed utilizzano le rilevazioni desumibili dal sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici (Siope), sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche. Il primo volume, «Consumi intermedi di regioni, province, comuni (popolazione superiore ai 100.000 abitanti), università, enti di ricerca», riporta gli eccessi di spesa di ciascun ente determinati rispetto al valore mediano di ciascun gruppo di enti nell'acquisto di alcune sottocategorie di spesa dei consumi intermedi. Il secondo volume, «Nota tecnica per il Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi», redatto dall'Istat, si concentra sui pagamenti per l'acquisto di beni e servizi e l'utilizzo di beni di terzi sostenuti dai comuni nell'anno 2011, con l'obiettivo di determinare un valore medio che funga da benchmark per il livello effettivo di spesa. Il terzo volume, «Analisi dell'inefficienza nella spesa degli enti locali. Prima sperimentazione», redatto dalla Sose (soluzioni per il sistema economico), esamina, attraverso tecniche econometriche specifiche, i pagamenti dei comuni per l'acquisto di beni e servizi, con l'obiettivo di individuare un benchmark e per differenza l'eccesso di spesa;
    a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina che attualmente regola l'attività del Commissario straordinario prevista dall'articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, il 4 ottobre 2013 è stato nominato commissario straordinario per la spending review Carlo Cottarelli, che ha assunto le relative funzioni a decorrere dal 23 ottobre 2013, cessando poi dall'incarico nell'ottobre 2014;
    nel 2015, infine, Carlo Cottarelli pubblicherà un libro dal titolo «La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare», dove spiega come nei primi mesi il lavoro sia proceduto in parallelo su due livelli. Il primo è stato costituito da 25 gruppi di lavoro che hanno operato, con qualche eccezione, quasi 8 gruppi tematici o «orizzontali» e 17 gruppi «verticali» per le varie componenti della pubblica amministrazione (i 13 Ministeri, la Presidenza del Consiglio dei ministri, più regioni, province, comuni). A questi gruppi è stato chiesto di presentare proposte di risparmio entro fine 2015. Tuttavia, visto che non poteva essere sicuro che avrebbero avanzato proposte concrete, ha proceduto anche su un secondo piano attraverso il cosiddetto «gruppo base» costituito da Carlo Cottarelli stesso e dalle persone, alcune a tempo pieno, altre a part time, che avevano operato direttamente con lui. Al riguardo, Cottarelli scrive «Ho fatto bene, perché se i gruppi di lavoro “orizzontali” hanno prodotto qualche proposta di riforma, le proposte avanzate dei gruppi verticali sono state, con qualche eccezione, limitate. Cinque gruppi di lavoro verticali non hanno completato nemmeno i lavori, anche per la caduta del Governo Letta. Nel libro si fa talvolta riferimento alle “proposte dei gruppi di lavoro”. Con questo si intende uno dei 25 gruppi orizzontali o verticali. I loro rapporti sono stati pubblicati a inizio aprile 2015 (http://revisionedellaspesa.gov.it/rapportigruppidilavoro.htlm). Nel libro si fa invece più spesso riferimento alle “proposte della revisione della spesa”. Con questo termine si intendono le proposte avanzate dal commissario stesso, molte delle quali sono raccolte sotto il titolo “Proposte per una revisione della spesa pubblica (2014-2016)” dell'11 marzo 2014. Anche questo documento è stato pubblicato ufficialmente a inizio aprile 2015 (http://revisionedellaspesa.govit/documenti/PRIME–PROPOSTE–PER–UNA–REVISIONE–DELLA–SPESA-xfinale.pdf) anche se era stato già oggetto di una fuga di notizie su diversi siti web non appena completato»;
    il programma di lavoro del commissario è stato trasmesso alle Camere il 18 novembre 2013 e su di esso si è espressa la Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati con una risoluzione approvata il 4 dicembre 2013, ma essa non ha mai avuto modo valutare in modo approfondito l'analisi finale del commissario Cottarelli, nonostante la legge costituzionale n. 1 del 2012, all'articolo 5, comma 4, nel riformare l'articolo 81 della Costituzione, stabilisca che le Camere, secondo le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, esercitano la funzione di controllo sulla finanza pubblica, con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni;
    nel marzo 2015 l'incarico di commissario straordinario per la spending review è stato, quindi, affidato a Yoram Gutgeld e Roberto Perrotti. Roberto Perrotti, in particolare, è cessato dall'incarico nel dicembre 2015 e, recentissimamente, come Cottarelli in precedenza, ha pubblicato un libro dal titolo «Status quo» che ha suscitato particolare scalpore sulla stampa nazionale anche a seguito di alcune dichiarazioni rese dallo stesso Perrotti in aspra polemica con il Governo per la consistenza della spending review effettivamente svolta in modo efficace;
    nel 2012, 2013, 2014 e 2015 si è assistito in buona sostanza ad una progressione impressionante in cui, anno dopo anno, dalla struttura del Governo sono caduti vari commissari della spending review, dimissionari o depotenziati, dopo essere stati presentati come i dei ex machina della lotta agli sprechi, senza peraltro risultare chiaro se il lavoro da questi prodotto sia stato effettivamente sfruttato dal Governo in modo efficace e consono alle finalità che dovrebbero presiedere la spending review, ovverosia quelle della «revisione» e non del «taglio» alla spesa pubblica, visto e considerato che inizialmente si dovrebbe procedere alla revisione «review» della spesa pubblica e successivamente, semmai, al taglio «cut» ove necessario, visto che il livello si spesa pubblica appropriato in qualunque Paese del mondo dipende anche da quanto quel Paese può permettersi;
    critiche di merito sulle modalità attraverso le quali è stata attuata la spending review del Governo sono state espresse il 23 giugno 2016 anche dalla Corte dei conti. In particolare, il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri ha sottolineato come «lo sforzo di contenimento degli ultimi anni appare assai severo», soprattutto sulle spese «che più incidono sul funzionamento delle amministrazioni e sui servizi resi ai cittadini», ricordando in particolare che tra 2010 e 2015 la spesa per i redditi da lavoro dipendente nella pubblica amministrazione è diminuita «in valore assoluto a oltre 10 miliardi di euro». L'azione di riequilibrio dei conti pubblici si tradotta anche in risparmi «molto rilevanti» della spesa per interessi sul debito. Tuttavia «l'urgenza, a volte affannosa, di realizzare un rigido percorso di rientro verso l'equilibrio di finanza pubblica ha reso più difficile il bilanciamento con le esigenze, anch'esse pressanti, di salvaguardia di politiche pubbliche vitali» come «infrastrutture» e «opere pubbliche». Nella relazione sul rendiconto generale dello Stato la magistratura contabile sottolinea come «l'uscita dalla stretta emergenza finanziaria e l'auspicio di una ripresa economica più solida hanno consentito, di recente, di predisporre correttivi a manovre di taglio che, alla lunga, stavano mostrando “effetti collaterali” insostenibili». È stato, poi, evidenziato come l'azione del Governo relativamente al processo di riordino degli «assetti organizzativi» della pubblica amministrazione che «è stato defatigante, continuo e disordinato e, in taluni casi, si è venuto a sovrapporre ad analoghi percorsi derivanti dalla ridefinizione delle competenze dei Ministeri ovvero dalla costituzione di enti e agenzie nazionali. Anche il processo di riduzione della rete periferica degli uffici dei Ministeri è stato sinora troppo timido e ha, in definitiva, inciso solo sui vertici degli uffici». La conclusione della magistratura contabile, affidata al procuratore generale della Corte dei conti, Martino Colella, è chiara: «L'attuale ipertrofia di enti e strutture, comprese le cosiddette autorità indipendenti» richiede «che si attivi una concreta attività di sfoltimenti degli stessi, partendo dai casi in cui più evidente è la duplicazione delle competenze e la sostanziale mancanza di un interesse pubblico attuale alla loro sopravvivenza»;
    la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) contiene numerose disposizioni ascrivibili al controllo della spesa pubblica. Il Governo valuta in circa 7,2 miliardi di euro nel 2016, circa 8,2 miliardi di euro nel 2017 e 10 miliardi di euro nel 2018 le risorse ottenute tramite la spending review nella legge n. 208 del 2015;
    i risparmi previsti per lo Stato sono in larga parte basati su interventi selettivi di riduzione della spesa dei Ministeri per circa 2,7 miliardi di euro nel 2016, 2,1 miliardi di euro nel 2017 e 2,3 miliardi di euro nel 2018, che in termini di saldo netto da finanziare ammontano a circa 3,3 miliardi di euro nel 2016, 2,4 miliardi di euro nel 2017 e 1,8 miliardi di euro nel 2018. Tra gli interventi più rilevanti vi è l'azzeramento del fondo per la riduzione della pressione fiscale, alimentato dai risparmi accertati a consuntivo derivanti dai processi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica da parte delle amministrazioni centrali, in relazione all'attuazione di manovre di finanza pubblica adottate in anni precedenti (circa 0,8 miliardi di euro nel 2016 e circa 0,4 miliardi di euro negli anni 2017 e 2018). Altre misure di riduzione sono attuate attraverso la revisione dei trasferimenti e dei contributi destinati a imprese pubbliche e private. Rientrano tra questi la riduzione degli stanziamenti in favore di Ferrovie dello Stato italiane (0,4 miliardi di euro nel 2016), la rimodulazione del fondo per gli interventi agevolativi alle imprese (35 milioni di euro nel 2016, 41 milioni di euro nel 2017 e 60 milioni di euro nel 2018), la riduzione dei contributi in conto interessi relativi ai finanziamenti a carico del fondo rotativo per il sostegno alle imprese (55 milioni di euro nel 2016 e 50 milioni di euro in ciascuno degli anni successivi). Ulteriori risparmi sono assicurati attraverso la riduzione dei compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale (40 milioni di euro nel 2016 e 70 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018), dei finanziamenti agli istituti di patronato (15 milioni di euro annui). Infine, si prevede la riprogrammazione delle risorse per l'edilizia sanitaria (0,3 miliardi di euro nel 2016 e 0,6 miliardi di euro in ciascuno degli anni 2017 e 2018), la dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa (0,2 miliardi di euro nel 2016), la diminuzione, per un importo di 10 milioni di euro a decorrere dal 2016, della quota dell'otto per mille del gettito Irpef destinato allo Stato e la riduzione delle somme corrisposte annualmente ai partiti politici in relazione alla destinazione del due per mille dell'Irpef da parte dei contribuenti (10 milioni di euro per l'anno 2016 e 20 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018);
    per quanto riguarda le regioni, un risparmio rilevante è atteso dal passaggio al nuovo saldo obiettivo di finanza pubblica (circa 1,8 miliardi di euro nel 2016, circa 1 miliardo di euro nel 2017 e 660 milioni di euro nel 2018). Inoltre, alle regioni e province autonome è richiesto un contributo migliorativo per un importo di circa 4 miliardi di euro nel 2017 e di circa 5,5 miliardi di euro nel 2018 (comprensivi dei risparmi di spesa derivanti dal ricorso alle centrali di committenza degli acquisti di beni e servizi da parte delle regioni pari a 480 milioni di euro di euro in ciascuno degli anni 2017 e 2018). La ripartizione di tale contributo tra i vari comparti, compresa la sanità, viene definita annualmente con un accordo da recepire in Conferenza Stato-regioni. In assenza di una intesa, il Governo stabilisce la distribuzione del taglio tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    per quanto concerne il servizio sanitario nazionale è prevista una riduzione del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per il solo anno 2016, al livello di 111 miliardi di euro, con un conseguente effetto migliorativo dell'indebitamento netto di circa 1,8 miliardi di euro. Una quota del finanziamento al servizio sanitario nazionale pari a 0,8 miliardi di euro è subordinata all'adozione dei nuovi livelli essenziali di assistenza. Sempre nel settore sanitario, la legge di stabilità fornisce, altresì, diversi strumenti di efficientamento come il rafforzamento delle procedure di acquisizione centralizzata e l'introduzione di piani di rientro per le aziende ospedaliere, anche universitarie, per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e dal 2017 per le aziende sanitarie locali;
    è prevista, inoltre, in via temporanea una proroga delle disposizioni già previste per il triennio 2014-2016 in materia di revisione del meccanismo di indicizzazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo, con un risparmio di spesa che al netto degli effetti fiscali ammonta a circa 335 milioni di euro nel 2017 e circa 750 milioni di euro nel 2018. Tra le misure di revisione della spesa che riguardano il settore del pubblico impiego rientra l'inasprimento del blocco del turn-over per il periodo 2016-2018, nella misura del 25 per cento dell'equivalente finanziario derivante dalle cessazioni di personale della medesima qualifica avvenute nell'anno (al netto degli effetti fiscali e contributivi pari a 23 milioni di euro nel 2016, 81 milioni di euro nel 2017 e 164 milioni di euro nel 2018). Ulteriori risparmi derivano dalle disposizioni di limitazione e riduzione delle risorse per il trattamento economico accessorio degli addetti del pubblico impiego (36 milioni di euro annui). Altri interventi di minore rilevanza finanziaria sono caratterizzati da una razionalizzazione di risorse per alcuni interventi di carattere previdenziale, anche attraverso la riconsiderazione della spesa effettivamente necessaria per soddisfare il relativo fabbisogno;
    il documento di economia e finanza 2016 continua ad attribuire alla spending review un ruolo centrale nella politica di bilancio e quantifica i risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa, in termini di indebitamento netto, di 25 miliardi di euro circa nel 2016, 27,645 miliardi di euro nel 2017 e 28,678 miliardi nel 2018 (tali risparmi derivano in misura differente dai seguenti provvedimenti: decreto-legge n. 4 del 2014, decreto-legge n. 66 del 2014, decreto-legge n. 90 del 2014, legge di stabilità per il 2015, legge di stabilità per il 2016). In tale percorso la revisione della spesa rientra, comprendendo anche la revisione delle spese fiscali, nel mix di strumenti che il Governo intende impiegare per la disattivazione delle clausole di salvaguardia nel 2017 (anno in cui ammonterebbero a circa 0,9 punti di prodotto interno lordo, ovvero oltre 15 miliardi di euro);
    il peggioramento del quadro congiunturale potrebbe aumentare l'esigenza di rivedere ulteriormente le stime della spending review in prospettiva della prossima sessione di bilancio;
    senza entrare nel merito delle polemiche che si sono susseguite in questi anni sulla metodologia adottata dai vari Esecutivi nel procedere alla revisione della spesa pubblica, alla luce dei principi costituzionali, appare quanto mai necessario avviare un serio ragionamento, affinché il processo di revisione della spesa pubblica esca dagli schemi della centralizzazione decisionale e preveda, piuttosto, l'effettivo coinvolgimento del Parlamento, della Corte dei conti, oltre che l'indispensabile e concreto contributo dei dicasteri, delle regioni, delle autonomie locali, degli enti pubblici e delle società partecipate dallo Stato nell'elaborazione di proposte di revisione intelligente della gestione delle risorse pubbliche, che non si traducano necessariamente in un'insostenibile compromissione dei servizi pubblici resi ai cittadini o nell'incremento della pressione fiscale, alla luce della considerazione che determinati «tagli» una volta determinati devono essere governati, non certo dal commissario straordinario di turno che può fare delle proposte, ma dalla dirigenza pubblica, apicale o meno che sia, che deve assicurare comunque il lavoro «crudo» della pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le iniziative di competenza volte a favorire lo svolgimento, nell'ambito degli organi parlamentari competenti, di una sorta di sessione straordinaria dedicata alla spending review sui documenti prodotti sino ad oggi al riguardo e, in particolare, circa l'analisi finale del commissario Carlo Cottarelli;
   a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, volta a ridefinire i criteri attraverso i quali è stato sino ad oggi disciplinato il processo di elaborazione delle proposte in materia di spending review, in maniera tale da assicurare il massimo coinvolgimento fattivo da parte del Parlamento, della Corte dei conti, dei Ministeri, delle regioni, delle autonomie locali, degli enti pubblici e delle aziende partecipate per aumentarne l'efficienza e il controllo, assicurando il buon andamento della pubblica amministrazione a sensi dell'articolo 97 della Costituzione, da cui dipende anche la piena fruizione dei servizi pubblici e conseguentemente il benessere delle persone.
(1-01355) «Marcon, Melilla, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma del sistema di bilancio e dell'assetto della contabilità nazionale ha trasformato il documento di bilancio da strumento formale a strumento di programmazione economica pluriennale: lo scopo principale era quello di attuare una poderosa spending review al fine di rientrare nei parametri imposti da Maastricht per potere essere ammessi all'Unione monetaria (tra i cinque criteri di convergenza era infatti previsto che il debito pubblico dovesse essere: contenuto entro il 60 per cento del prodotto interno lordo e il disavanzo dei conti dello Stato entro il 3 per cento del prodotto interno lordo (PIL);
    con l'approvazione nel 2012 della legge costituzionale n. 1 di riforma degli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, è stato inserito nella Carta il pareggio di bilancio (secondo quanto stabilito dal Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance – cosiddetto Fiscal Compact) – al fine di raggiungere il rispetto, per i paesi della zona euro, delle cosiddette Golden rules: il pareggio, o eventualmente l'avanzo, del conto della pubblica amministrazione e la riduzione, ogni anno, di un ventesimo del rapporto debito prodotto interno lordo (qualora questo sia superiore al 60 per cento;
    nel passaggio di consegne dal precedente esecutivo all'attuale, il programma di lavoro è stato rimodulato (si vedano le Proposte per una revisione della spesa pubblica 2014-2016) e strutturato in 3 fasi: la prima, diagnostica, condotta tra il novembre del 2013 e marzo 2014, che si è conclusa con le raccomandazioni per gli interventi di emergenza inviate (11 marzo) dal commissario straordinario al Comitato interministeriale; la seconda, avviata nel maggio 2014, con lo scopo di realizzare le riforme di «riorganizzazione», legate anche alla riconfigurazione territoriale dello Stato; la terza ed ultima, denominata performance budgeting, riguardante la trasformazione della revisione della spesa da procedura ad hoc a parte integrante della preparazione del bilancio dello Stato, in virtù di una realizzazione effettiva di un bilancio orientato ai risultati conseguibili tramite le risorse stanziate e disponibili;
    nonostante ciò, l'opera di riduzione della spesa pubblica sembra essere ben lontana dai risultati annunciati: nell'ultimo Def si legge, infatti, come la scesa pubblica sia cresciuta progressivamente negli ultimi anni, fino ad attestarsi al 50,5 per cento del prodotto interno lordo nel 2015, tanto che già a febbraio il Country Report della Commissione aveva sollevato dubbi sull'efficacia della spending review e al pericolo di contagio che l'Italia potrebbe veicolare in Europa;
     anche il disegno di legge di assestamento per il 2016 – di cui è appena terminata la prima lettura alla Camera – evidenzia come l'andamento della riduzione della spesa pubblica sia ancora lontano dagli obiettivi prefissati: sia i saldi di cassa che di competenza registrano un generale peggioramento, con un miglioramento del solo ricorso al mercato (di parte di competenza);
    in particolare, il predetto disegno di legge rileva, per il risparmio pubblico in saldo corrente, un ulteriore peggioramento del 6,9 per cento rispetto alla previsione iniziale (le previsioni assestate sono peggiorative di 173 milioni) e, ugualmente, in saldo di cassa, l'entità del peggioramento è di circa 2 miliardi;
    finora, dunque, non è stata messa in atto né una efficace riforma del sistema tributario né un complessivo intervento razionale di spending review: tutti gli interventi governativi ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non sono stati né saranno sufficienti (si vedano, ad esempio, i decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione e quelli della delega fiscale), senza una contestuale diminuzione delle aliquote fiscali e senza una vera implementazione di quanto già previsto – ma mai attuato – nella legge n. 42 del 2009 per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
    per poter tagliare la spesa in maniera selettiva basterebbe infatti applicare i principi dell'individuazione dei fabbisogni e dei costi standard, con tagli previsti non sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi: il passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo standard (che finanzia i servizi) potrebbe infatti orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilità e favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità, al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
    è ben noto, infatti, come gli sprechi della pubblica amministrazione non siano attribuibili soltanto ed esclusivamente a situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche a situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa;
    l'attuazione del federalismo fiscale voleva correggere proprio questa incongruenza: la riforma ha segnato dunque una svolta, grazie al disegno di un sistema di finanza multilivello che ha declinato in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche che si dipanano oggi tra i diversi livelli di governo;
    il concetto dei costi e fabbisogni standard è infatti legato a due fondamentali scopi: quello di ottimizzare e omogeneizzare i valori produttivi e, attraverso essi, contenere i prezzi e quello di valutare gli scostamenti dei costi reali e, con essi, lo stato di efficienza del sistema produttivo;
    la riforma costituzionale in atto, nonostante inserisca il principio dei costi/fabbisogni standard nella Carta costituzionale, prevede invece un sostanziale accentramento della gestione della spesa; al contrario, se avesse potenziato l'autonomia fiscale territoriale secondo quanto previsto dal federalismo fiscale, si sarebbe potuto migliorare il complessivo andamento della riduzione della spesa con le regioni virtuose a far da traino ed esempio a quelle meno virtuose;
    basti pensare che se tutte le regioni italiane avessero i costi della regione Lombardia (dove si attuano i costi standard e lo Stato spende per i servizi 2.265 euro pro capite, contro una media nazionale di 3.600 euro) si avrebbero risparmi per 68 miliardi di euro; la Lombardia è inoltre la regione meno indebitata d'Italia in rapporto ai propri cittadini, con un valore che si attesta sullo 0,21 per cento del PIL regionale, contro una media nazionale dell'1,54 per cento del prodotto interno lordo (rispetto all'esposizione contratta dagli enti territoriali);
    se tutti i governi territoriali avessero una gestione virtuosa come quella lombarda, il debito totale si ridurrebbe fino a 4,5 miliardi di euro;
    inoltre, la previsione, al comma 4 dell'articolo 119 della Costituzione novellato dalla «riforma Boschi», di una riserva di legge rinforzata che definirà «gli indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza» non assicura la prossima, effettiva e certa applicazione di questi indicatori. Anzi, la loro costituzionalizzazione, in un momento storico in cui il federalismo fiscale ha subìto una forte battuta d'arresto e nel quadro di una riforma che incide sul riaccentramento e sull'affievolimento dell'autonomia finanziaria di enti locali e territoriali, fa piuttosto presagire che la definizione di riforma «inattuata», data nella sentenza n. 273/2013 dalla Corte costituzionale, diventerà presto una condizione permanente dei costi standard;
    il coordinato disposto dei nuovi articoli 70 e 117, ove la riforma concludesse il suo percorso, con il conferimento alla potestà legislativa esclusiva statale della materia del coordinamento della finanza pubblica, ma senza procedimento legislativo bicamerale, sommato all'impatto che la legge costituzionale n. 1 del 2012 e che la legge rinforzata n. 243 del 2012 hanno avuto sull'impianto dell'autonomia finanziaria locale, leggi che hanno già pesantemente ridotto la possibilità di manovra delle istanze territoriali in nome del rispetto, prima, del patto di bilancio e del raggiungimento, oggi, del pareggio di bilancio, potrebbe impedire il pieno completamento del federalismo fiscale;
    la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni in uno dei settori più delicati ed importanti della spesa pubblica, quello sanitario, in cui i tagli lineari e indiscriminati si ripercuotono pesantemente sui cittadini, e soprattutto sui cittadini meno abbienti che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle cure a causa dell'aumento esponenziale di queste (ovviamente inversamente proporzionali all'entità dei tagli);
    da anni si discute sulle capacità di risparmio nel settore sanitario confondendo tra loro il concetto di taglio con quello di spending review; la revisione della spesa consiste nell'applicare i costi standard immediatamente, in tutto il Paese, tagliando dove si spreca, imponendo le best practices a tutte le regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento della buona sanità regionale;
    i governatori delle regioni «virtuose», quelle regioni con modelli di sanità efficienti e con bilanci in ordine, hanno rappresentato i loro timori, riguardanti – tra l'altro – il rischio che gli ennesimi tagli paventati nella prossima manovra rendano il sistema non più sostenibile, causando la chiusura di ospedali;
    la revisione della spesa pubblica, infine, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, deve andare di pari passo anche con una revisione del sistema tributario improntata ad una sostanziale riduzione delle aliquote fiscali,

impegna il Governo:

   a promuovere una revisione della spesa pubblica sul modello definito dalla regione Lombardia e ad assumere iniziative per istituire forme premiali crescenti per le regioni che si avvicinano gradualmente a suddetti costi, al fine di creare un meccanismo di efficientamento del complessivo sistema di gestione della spesa pubblica, in cui le regioni e gli enti locali virtuosi rappresentino un traino e un esempio per le restanti amministrazioni, anche attraverso la previsione normativa dell'obbligo di importazione dei modelli virtuosi nelle regioni più indebitate e con i costi per i servizi più alti;
   ad assumere iniziative normative atte ad implementare la riforma del federalismo fiscale al fine di completare l'attuazione del vigente articolo 119 della Costituzione (già prevista dalla legge n. 42 del 2009) – con cui si stabilisce non soltanto il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa – nonché al fine dare piena attuazione alle disposizioni di cui alla citata legge n. 42 del 2009, in materia di fiscalità territoriale, condicio sine qua non per un corretto percorso di revisione della spesa pubblica;
   ad assumere iniziative normative per implementare l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, anche attraverso forme premiali per le amministrazioni virtuose, affinché questo criterio sia sempre preponderante rispetto a quello della spesa storica e, progressivamente, possa divenire il criterio esclusivo;
   ad assumere iniziative per introdurre al più presto il sistema dei costi standard nel settore della sanità pubblica, affinché il costo ragionevole dei servizi e degli strumenti sanitari, a parità di disponibilità finanziarie, possa diventare il riferimento nazionale nell'ambito delle politiche sanitarie ed il presupposto fondamentale per garantire il diritto alla salute, nell'ottica di conseguire significativi risparmi di spesa anche in questo comparto.
(1-01364) «Guidesi, Giancarlo Giorgetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività di revisione della spesa, intesa come processo diretto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica attraverso analisi e valutazioni sistematiche delle strutture organizzative della pubblica amministrazione e delle relative procedure di decisione e attuazione, costituisce uno strumento di razionalizzazione nella gestione delle risorse di cui si è fatto largo uso negli ultimi anni;
    l'esigenza di un'analisi rigorosa dei meccanismi che influiscono sull'andamento della spesa pubblica e la necessità di definire interventi mirati al contenimento e alla progressiva riqualificazione della stessa sono state più volte oggetto di attenzione da parte del legislatore, nella più ampia cornice definita dal rispetto degli obiettivi europei sui saldi di finanza pubblica e, negli anni più recenti, nell'ambito di una congiuntura economica instabile e caratterizzata dal persistere degli effetti della crisi finanziaria e delle tensioni sui debiti sovrani;
    in tale contesto, un'azione di spending review preordinata all'eliminazione delle inefficienze e al riorientamento delle risorse pubbliche verso gli obiettivi considerati primari costituisce una terza via fra l'aumento del prelievo fiscale e la riduzione del perimetro dell'intervento pubblico, tenuti in considerazione, da un lato, il livello attuale della tassazione e, dall'altro, i rischi sociali connessi a una diminuzione dei servizi e delle tutele previsti a favore delle fasce disagiate della popolazione e dei più deboli;
    le premesse per una consapevole discussione politica sugli obiettivi e sulle priorità da realizzare attraverso la spesa e sulla gestione responsabile delle risorse pubbliche sono state poste da numerosi studi condotti in Italia, a partire dal lavoro della commissione tecnica per la spesa pubblica, operante presso il Ministero del tesoro dal 1986 al 2005, e successivamente della commissione tecnica per la finanza pubblica, operante nel 2006 presso il Ministero dell'economia e delle finanze e istituita dal Ministro Tommaso Padoa Schioppa;
    per quanto concerne le procedure di controllo della spesa pubblica, in via sperimentale, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha avviato un programma di analisi e di valutazione, divenuto permanente con la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), che ne ha disposto la prosecuzione e l'aggiornamento con riferimento alle missioni e ai programmi nei quali si articola il bilancio dello Stato, assegnandone la realizzazione alla Ragioneria generale dello Stato;
    i meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica sono stati successivamente ricondotti a sistema e potenziati dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, nuova legge di contabilità e finanza pubblica, che ha previsto l'istituzionalizzazione del processo di analisi e di valutazione della spesa delle amministrazioni centrali dello Stato e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche (a riguardo è intervenuto il decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123);
    alla disciplina generale in tema di analisi e di revisione della spesa si sono affiancati interventi legislativi che, oltre ad ampliarne l'ambito di operatività, hanno definito specifiche modalità applicative, facendo in particolare leva sulla diffusione del metodo dei fabbisogni e dei costi standard per gli enti territoriali, su cui è intervenuta la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, di attuazione del federalismo fiscale;
    nel quadro della disciplina procedurale così definita, in ragione di una congiuntura economica eccezionalmente sfavorevole, dal 2009 al 2016 sono state approvate numerose misure volte ad introdurre specifici interventi di contenimento della spesa pubblica, in particolare attraverso la riduzione delle spese per il personale, la razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione di enti pubblici, la dismissione di partecipazioni, la riorganizzazione, con criteri rigorosi, delle società partecipate dagli enti territoriali;
    al fine di contrastare il perdurare degli effetti economici negativi, destinando maggiori risorse alle politiche per la crescita e al contempo, garantendo il graduale consolidamento dei conti pubblici, il Governo attualmente in carica ha rinvigorito l'azione di contenimento della spesa con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, la legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 e la legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), che hanno disposto interventi di contenimento della spesa delle amministrazioni statali e degli enti pubblici, di centralizzazione degli acquisti, di adozione di costi standard e di razionalizzazione del patrimonio pubblico;
    l'attuazione della riforma della pubblica amministrazione prevista dalla legge delega 7 agosto 2015, n. 124 costituisce il pilastro di un processo di efficientamento strutturale della spesa pubblica che si completa attraverso le riforme della seconda parte della Costituzione, le quali realizzano l'obiettivo di razionalizzazione dell'assetto degli organi istituzionali e stabilizzano la riorganizzazione degli enti territoriali introdotta attraverso la legge 7 aprile 2014, n. 56;
    a una politica di revisione della spesa condotta prevalentemente da commissari straordinari nominati dal Governo, sta progressivamente subentrando un processo fondato sulla collaborazione tra le amministrazioni e il Ministero dell'economia e delle finanze per l'individuazione di interventi scarsamente efficaci, anche tramite l'analisi dei singoli capitoli di bilancio;
    i risparmi finora conseguiti derivano, in gran parte, da interventi di razionalizzazione connessi a cambiamenti nei meccanismi di spesa e negli assetti organizzativi delle amministrazioni, dall'aumento dell'efficienza nella fornitura di beni e di servizi e dall'abbandono di pratiche considerate obsolete; la riduzione del numero dei centri di spesa e gli strumenti di e-procurement sono, in particolare, due aspetti fondamentali della strategia di razionalizzazione dei processi e dei costi di acquisto, volti a favorire la pianificazione coordinata delle iniziative onde aumentare la quota realizzata in forma aggregata;
    grazie allo sforzo dedicato all'attività di spending review a tutti i livelli di governo, complessivamente, dal 2013 al 2016, la spesa corrente in percentuale del Pil è scesa di 1,4 punti percentuali (dal 47,4 al 46,0 per cento); dal 2014 i risparmi, in termini di indebitamento netto, ammontano a circa 3,6 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi di euro nel 2015 e si stima saliranno a 25 miliardi di euro per il 2016, 27,6 miliardi di euro per il 2017 e circa 28,7 miliardi di euro per il 2018;
    i risparmi che ne derivano stanno consentendo di finanziare misure a sostegno di crescita e occupazione, come la riduzione dell'imposizione fiscale, l'incremento degli investimenti pubblici, lo stimolo agli investimenti privati e le riforme strutturali e, pertanto, l'attività di spending review ha un rilievo non solo tecnico, ma anche politico e sociale, che risulta strettamente collegato a quello, ben più generale, del ruolo dello Stato;
    le novità conseguenti all'aggiornamento delle regole contabili avvenuto – in attuazione dell'articolo 15 della legge n. 243 del 2012 – con l'approvazione della legge 4 agosto 2016, n. 163, che ha integrato in un unico provvedimento i contenuti dei disegni di legge di bilancio e di stabilità, con la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull'insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine, come avvenuto fino alla precedente sessione di bilancio, hanno riportato al centro del dibattito parlamentare le priorità dell'intervento pubblico considerato nella sua interezza;
    anche per tale ragione, l'attività del Parlamento nell'analisi dell'andamento e della gestione della spesa pubblica costituisce un aspetto cruciale dell'azione finalizzata a mettere in atto efficaci politiche di sviluppo economico, di riduzione del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, di investimenti pubblici e di welfare, individuando le più adeguate procedure di razionalizzazione della spesa che consentano di coniugare, in un'ottica di medio e lungo periodo, le esigenze di risparmio correlate al consolidamento dei conti pubblici, con quelle di crescita del Paese,

impegna il Governo

a proseguire, in un rapporto di costante dialettica con il Parlamento, nel processo di razionalizzazione ed efficentamento della spesa pubblica nell'ottica della massimizzazione dei risparmi di risorse nel medio e lungo periodo e a porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie affinché il Parlamento possa essere coinvolto nel processo di elaborazione di proposte in materia di spending review, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, garantendo ai cittadini la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche, senza pregiudicare gli investimenti pubblici infrastrutturali e la qualità dei livelli di servizi pubblici e delle prestazioni sociali.
(1-01369) «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Giampaolo Galli, Boccadutri, Paola Bragantini, Capodicasa, Cenni, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)


   La Camera,
   premesso che:
    tra novembre 2013 e i primi mesi del 2014, Carlo Cottarelli, allora commissario alla spending review, aveva elaborato, con i suoi gruppi di lavoro, un piano triennale che avrebbe generato notevoli risparmi di spesa: se tutte le misure fossero state realizzate, queste avrebbero portato a risparmi per 7 miliardi nel 2014, 18,1 miliardi nel 2015 e 33,9 miliardi nel 2016;
    se il piano fosse stato attuato, oggi si sarebbero pertanto liberate tante risorse per la diminuzione della pressione fiscale: a partire dalla riduzione delle tasse sul reddito delle persone fisiche, per proseguire con la riduzione dell'Ires e la cancellazione dell'Irap;
    il piano non è però mai giunto a compimento, e dopo Cottarelli tanti consulenti economici del Presidente del Consiglio Renzi hanno gettato la spugna, da ultimo Roberto Perotti. Risultato: da tre anni a questa parte il Governo fa legge di stabilità legge di bilancio tutte in deficit;
    anche nel corso dell'esame dell'ultima legge di stabilità, il Gruppo Forza Italia ha cercato, attraverso specifiche proposte emendative volte a sterilizzare le clausole di salvaguardia (che purtroppo ancora oggi incombono sui conti pubblici), di riprendere il «piano Cottarelli» e attuare finalmente tutte le misure in esso contenute, dalla riorganizzazione degli enti pubblici, con il taglio delle partecipate locali ai costi standard in sanità e nei comuni; dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici alla ricetta elettronica, anche aggiungendo altri interventi che consentono un reale efficientamento della macchina pubblica, e non i famigerati tagli lineari riproposti dal Governo Renzi;
    il documento di economia e finanza 2016 evidenzia come con il Governo Renzi la spesa pubblica sia aumentata e continuerà ad aumentare: il dato sale da 826 miliardi di euro nel 2015 a 849 miliardi nel 2019, con un aggravio di ventitrè miliardi in cinque anni. Aumenta la spesa pubblica corrente, cioè quella non produttiva, mentre scende quella per investimenti; il tutto mentre il debito pubblico sfora il tetto record di 2252 miliardi di euro, ben 145 miliardi in più rispetto a febbraio 2014, quando il Presidente Matteo Renzi venne chiamato a Palazzo Chigi dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;
    nonostante siano stati effettuati alcuni tagli di spesa, non si ha ad oggi piena contezza in merito alle voci individuate nel piano originale di spending review ed effettivamente decurtate, ed è evidente (e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inaccettabile) la politica portata avanti dal Governo Renzi, che ha visto utilizzare le risorse provenienti dai pochi risparmi ottenuti, per finanziare ulteriori spese, volte più che altro ad acquisire consenso, piuttosto che per interventi strutturali di riduzione della pressione fiscale o del debito pubblico;
    ai dati sulla spesa pubblica si affiancano, più in generale, quelli sullo stato dei conti pubblici; le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza si sono rivelate, come più volte denunciato dai sottoscrittori del presente atto di indirizzo, inesatte e comunque troppo ottimistiche. La crescita di quest'anno arriverà, se andrà bene, allo 0,7 per cento in termini reali: valore lontanissimo da quell'1,2 per cento previsto dal Governo solo pochi mesi fa, appunto nel Documento di economia e finanza di aprile. Mezzo punto di prodotto interno lordo di differenza, quasi la metà;
    rispetto alle previsioni del Governo, ancora maggiore è la distanza sul dato relativo all'inflazione. Se tutto va bene il 2016 chiuderà a zero, quando il Governo aveva previsto un 1 per cento tondo. Ne deriva che il tasso nominale di crescita nel 2016 sarà uguale al tasso reale, e cioè 0,7 per cento: meno di un terzo di quanto era l'obiettivo del Governo (2,2 per cento) sempre nel Documento di economia e finanza di aprile. Questo vuol dire una spaventosa revisione in peggioramento di tutti i valori rilevanti di finanza pubblica: gettito, deficit, debito e pressione fiscale. In altri termini, si avrà un aumento di deficit ben oltre il 2,3 per cento: si andrà pericolosamente verso il 3 per cento, e assieme al deficit continuerà a crescere il debito;
    andrà ancora peggio il 2017, che inizierà con un trascinamento negativo in termini di crescita, e chiuderà, ben che vada, attorno allo 0,7 per cento: ben lontano dall'1,4 per cento previsto sempre nel Documento di economia e finanza di aprile. Il 2017, poi, continuerà anche nella deflazione, con conseguente aumento del deficit, a questo punto con sforamento della barriera del 3 per cento, e del debito oltre il 135 per cento;
    se a queste tendenze di finanza pubblica si aggiunge l'esigenza di disinnescare gli aumenti di aliquota riguardanti l'IVA (con effetti di maggior gettito stimati in circa 15,1 miliardi nel 2017 e 19,6 miliardi dal 2018) e l'accisa sui carburanti (con maggiori entrate non inferiori a 350 milioni di euro a decorrere dal 2018), si arriva a una manovra inevitabilmente «sangue sudore e lacrime» da 30-40 miliardi di euro;
    in tema di spending review, è utile poi fare un riferimento più preciso all'esperienza anglosassone, che ne è il presupposto implicito: nel Regno Unito tale politica infatti non si riferisce solo ad un intervento ex post, rispetto ad un'emergenza, ma anche ex ante, come lo prova la sua dimensione quasi ventennale. E, se è vero che «la spending review è venuta al tempo in cui lo stato sta spendendo significativamente di più di quanto incassa in tasse e incontra il gap del deficit di bilancio», è vero anche che tale politica è nata già alla fine degli anni novanta, per facilitare la pianificazione della spesa, con un'ottica pluriennale, rispetto alla tradizionale pianificazione annuale attraverso il budget (cioè quello che nel nostro Paese è la «legge di Bilancio»). Nel Regno Unito consiste infatti in un monitoraggio dei capitoli di spesa pubblica con l'obiettivo di fissare, con un'ottica triennale, un tetto alle risorse disponibili di ciascun Ministero o dipartimento. È un processo di allocazione delle risorse di spesa pubblica, in accordo con le priorità del Governo, che rende fissi i budget per ciascun dipartimento e demanda a ciascun Ministero la decisione su come meglio attuare e distribuire le spese all'interno delle rispettive aree di responsabilità;
    viste le recenti riforme che hanno interessato la struttura del bilancio dello Stato, sarebbe opportuno adottare un atteggiamento più rigoroso nella definizione del bilancio di previsione, al fine di una piena razionalizzazione delle politiche di spesa; già con il Decreto legislativo n. 90 del 2012, ai fini del completamento della riforma in senso funzionale della struttura del bilancio dello Stato, organizzata per missioni e programmi, si era provveduto alla ridefinizione dei programmi di spesa al fine di rendere più stringente il collegamento tra le risorse stanziate e le funzioni perseguite, stabilendo altresì una piena corrispondenza tra le risorse e il livello amministrativo/responsabile, con la previsione dell'affidamento di ciascun programma a un unico centro di responsabilità amministrativa; da ultimo, l'articolo 3 della legge 4 agosto 2016, n. 163, (concernente il contenuto della legge di bilancio), che modifica in più parti la disciplina in ordine alla copertura finanziaria delle leggi di spesa, elimina le clausole di salvaguardia, prevedendo contestualmente nuovi meccanismi di compensazione in caso di scostamento degli oneri rispetto alle previsioni,

impegna il Governo:

   a mettere in atto ogni iniziativa volta a consentire, nel corso dell'anno, l'allocazione di risorse poste a bilancio, rafforzando obiettivi straordinari che possono maturare alla luce del ciclo economico o di eventi eccezionali, così come previsto dalla spending review nella sua versione «originale»;
   ad adottare ogni iniziativa volta a portare a compimento il piano elaborato dall'allora commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentano un reale efficientamento della macchina pubblica, implementando l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni;
   a presentare alle Camere un piano che illustri in maniera dettagliata le misure adottate in merito ai tagli di spesa pubblica conseguiti nel corso della presente legislatura, definendo quali siano stati, ad oggi, gli effetti concreti degli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa messi in atto, come il Governo abbia fino ad ora utilizzato i dati forniti dalle analisi svolte dai commissari per la spending review, specificando altresì quali siano stati, ad oggi, i risultati dell'attività di monitoraggio e di revisione dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi dalle regioni e dagli enti locali;
   al fine di una piena razionalizzazione delle politiche di spesa, ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a valorizzare il momento in cui le risorse sono effettivamente incassate ed erogate, al fine di consentire una più immediata e concreta comprensione dell'azione pubblica, e rendere più stretto e trasparente il legame tra decisione parlamentare sull'allocazione delle risorse e i risultati dell'azione amministrativa, per migliorare la previsione e la gestione degli andamenti di finanza pubblica, con particolare riferimento al fabbisogno e al debito pubblico.
(1-01370) «Alberto Giorgetti, Brunetta, Prestigiacomo, Milanato, Crimi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    l'elevato livello di spesa pubblica che ha sempre distinto la nostra Nazione, unito, soprattutto nell'ultimo decennio, agli effetti di una perdurante e profonda crisi economica, hanno spinto la politica e il legislatore ad affrontare con crescente attenzione la necessità di individuare percorsi mirati al contenimento e ad una progressiva riqualificazione della spesa;
    questo obiettivo, entrato nel linguaggio comune con il termine spending review, ha trovato una sua prima collocazione di rango legislativo con il decreto-legge 52 del 2012 che ha istituito la figura del Commissario straordinario per la spesa pubblica, ma già nel 2011 su impulso dell'allora Ministro dell'economia Giulio Tremonti si era proceduto a una prima organica relazione in materia di spesa pubblica;
    dopo la parentesi del Governo Monti nel corso del quale si è preferito un severo inasprimento della tassazione a politiche di risparmio della spesa pubblica, il tema della spending review è tornato al centro dell'attenzione anche in seguito all'adozione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, che all'articolo 49-bis ha dettato una nuova disciplina dell'attività volta alla razionalizzazione della spesa pubblica, semplificando quella già prevista dal decreto-legge 52 del 2012 ma confermando gli organi preposti alla sua realizzazione, individuati nel Comitato interministeriale e nel Commissario straordinario;
    il primo lavoro organico in materia di revisione della spesa è stato il «Rapporto Giarda», presentato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e discusso nel Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012, che ha presentato un'analisi del livello e della struttura della spesa pubblica italiana, evidenziando alcune criticità;
    tra queste il Rapporto evidenziava gli anomali livelli e struttura della spesa pubblica italiana, la costosità della produzione dei servizi pubblici, il carattere «improprio» dei rapporti finanziari centro-periferia e affermava che la dimensione della spesa e della sua struttura costituissero «ostacolo ad uno scenario di ripresa ciclica dell'economia», possibile solo a fronte di una riduzione del prelievo fiscale, a sua volta derivante dalla lotta alle situazioni di inefficienza nella produzione dei servizi pubblici e da una migliore allocazione delle risorse;
    sulla scia delle nuove disposizioni adottate, nell'ottobre 2013 il Governo Letta ha nominato a Commissario straordinario per la revisione della spesa il Professor Carlo Cottarelli, poi dimessosi in seguito a un duro confronto con il nuovo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi;
    nell'ambito di tali polemiche il Commissario aveva avuto modo di rilevare come si stesse «diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali .... Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere state risparmiate per effetto di queste decisioni ammonta ora a 1,6 miliardi di euro per il 2015», evidenziando come tale modo di procedere impedisse di destinare i risparmi conseguiti attraverso la riduzione della spesa a interventi strutturali di riduzione della tassazione perché li destinava ad altre spese, interventi spot, incapaci di incidere sulle problematiche più profonde dell'economia nazionale;
    il Commissario Cottarelli, poi sostituito con persone più gradite al premier, dichiarò inoltre che non erano state neanche esaminate le numerose relazioni che egli aveva già predisposto da mesi contenenti l'analisi economica dettagliata dei diversi segmenti della spesa pubblica e le possibilità di intervento su ciascuno di essi;
    da quando il Professor Cottarelli ha lasciato il suo incarico, il Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato molto abile a spostare l'attenzione politica e dell'opinione pubblica dal tema della revisione della spesa, tanto che anche il Consigliere economico del governo per la revisione della spesa succedutogli, ha deciso di dimettersi e ha ora appena pubblicato un libro nel quale afferma che il suo lavoro, così come quello di tutti gli altri esperti che negli anni si sono passati la staffetta a Palazzo Chigi, è stata un fallimento, per scelta della politica, che con una mano ha tagliato mentre con l'altra ha rimpinguato altri capitoli di spesa;
    gli interventi di spending contenuti nella legge di stabilità per l'anno in corso mostrano con chiarezza tutti i limiti della attuale messa in pratica delle politiche di spending review;
    nella legge, infatti, i risparmi previsti per lo Stato sono in larga parte basati su interventi selettivi di riduzione della spesa dei Ministeri, dall'azzeramento del fondo per la riduzione della pressione fiscale, proprio quello alimentato dai risparmi derivanti dai processi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica da parte delle Amministrazioni centrali, sulla revisione dei trasferimenti e dei contributi destinati a imprese pubbliche e private, tra le quali la riduzione degli stanziamenti in favore di Ferrovie dello Stato, la riduzione dei contributi in conto interessi relativi ai finanziamenti a carico del fondo rotativo per il sostegno alle imprese, la riprogrammazione delle risorse per l'edilizia sanitaria, nonché dal concorso agli obiettivi di riduzione della spesa di Regioni e Comuni, i quali di conseguenza sono costretti a tagliare i servizi ai cittadini;
    altro capitolo oggetto di consistenti tagli è stato il Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe giustificarsi con l'adozione di strumenti di efficientamento come il rafforzamento delle procedure di acquisizione centralizzata e l'introduzione di piani di rientro per le aziende ospedaliere, anche universitarie, per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e per le aziende sanitarie locali, tutte misure nella realtà assai lontane da una effettiva messa in opera;
    se oltre a questo consideriamo il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, il mancato rinnovo dei contratti, lo smembramento o la privatizzazione di strutture essenziali come il Corpo forestale o la Croce rossa italiana, appare evidente che gli esiti di una spending review così condotta sono assai lontani dalle ambizioni originarie;
    con riferimento agli enti locali il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, aveva previsto la «determinazione del fabbisogno standard per Comuni e Province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento nei loro riguardi del criterio della spesa storica», ma anche con riferimento all'adozione di questo modello si registrano pesanti ritardi;
    nella relazione sul rendiconto generale dello Stato del giugno 2016 la Corte dei conti ha rilevato che «il recupero della crescita del Pil appare ancora troppo modesto e, soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi europei», fatto che costituisce un «elemento di maggiore vulnerabilità» italiana, e ha stigmatizzato come l'azione del governo relativamente al processo di riordino degli assetti organizzativi della pubblica amministrazione sia stato «defatigante, continuo e disordinato e, in taluni casi, si è venuto a sovrapporre ad analoghi percorsi derivanti dalla ridefinizione delle competenze dei ministeri ovvero dalla costituzione di Enti e Agenzie nazionali», e che «anche il processo di riduzione della rete periferica degli uffici dei ministeri è stato sinora troppo timido e ha, in definitiva, inciso solo sui vertici degli uffici»;
    il Rapporto Giarda aveva stabilito un importo presumibile della spesa suscettibile di essere oggetto di revisione nel breve e lungo termine, definita «spesa aggredibile» e quantificata in circa 295 miliardi di euro, nel cui ambito tuttavia, in una azione volta al conseguimento di risultati nel breve periodo, solo una percentuale del 25/30 per cento di alcune voci di spesa può essere effettivamente fonte di possibili risparmi;
    tra il 2014 e il 2016 il risultato effettivo degli interventi di contenimento ed efficientamento della spesa pubblica non solo si è fermato allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo, ma il dato è in realtà sovrastimato perché gran parte del risparmio consiste in minori trasferimenti agli enti locali che possono reagire aumentando le tariffe;
    la necessità di contenere la spesa pubblica non può penalizzare i servizi essenziali né tantomeno può comportare un inasprimento della tassazione locale ma deve essere volta all'abbattimento di sprechi ed inefficienze, attraverso interventi mirati e selettivi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per l'elaborazione e l'applicazione di criteri in materia di revisione della spesa che garantiscano l'erogazione dei servizi alla cittadinanza, evitando che siano messi in atto tagli inutili se non dannosi e intervenendo piuttosto su sprechi e inefficienze e nel senso di una migliore allocazione delle risorse disponibili;
   ad assicurare il costante monitoraggio degli effetti della revisione della spesa e la tempestiva informazione al Parlamento sui relativi esiti;
   ad adoperarsi per implementare nella Pubblica Amministrazione le attività di misurazione dei risultati raggiunti dall'azione amministrativa e di verifica dell'efficienza dell'organizzazione amministrativa;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria alla piena attuazione della disciplina vigente in materia di costi e fabbisogni standard, di cui al decreto legislativo 216 del 2010.
(1-01371) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per l'elaborazione e l'applicazione di criteri in materia di revisione della spesa che garantiscano l'erogazione dei servizi alla cittadinanza, evitando che siano messi in atto tagli inutili se non dannosi e intervenendo piuttosto su sprechi e inefficienze e nel senso di una migliore allocazione delle risorse disponibili;
   ad assicurare il costante monitoraggio degli effetti della revisione della spesa e la tempestiva informazione al Parlamento sui relativi esiti;
   ad adoperarsi per implementare nella Pubblica Amministrazione le attività di misurazione dei risultati raggiunti dall'azione amministrativa e di verifica dell'efficienza dell'organizzazione amministrativa;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria alla piena attuazione della disciplina vigente in materia di costi e fabbisogni standard, di cui al decreto legislativo 216 del 2010.
(1-01371)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito dei tagli e della revisione della spesa pubblica si registrano numerosi provvedimenti esaminati nel corso dell'odierno dibattito parlamentare;
    tra questi se ne registrano alcuni che hanno gravemente colpito gli enti locali e che sono stati oggetto di contenzioso costituzionale;
    la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell'anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l'indicazione di un termine per l'adozione del decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 settembre 2015 «Fondo di solidarietà comunale ha definito la ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015», pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 231 del 5 ottobre 2015;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri appare sotto molteplici punti di vista viziato di illegittimità, per incostituzionalità dell'articolo 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, per violazione dell'articolo 119 della Costituzione – Violazione del principio di leale collaborazione – Violazione degli articoli 2,3 e 5 della Costituzione;
    l'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, secondo i presentatori del presente atto di indirizzo, nell'imporre riduzioni di spesa nei confronti di ciascun comune, non solo introduce un meccanismo distorto di tagli a carico dei predetti enti territoriali e dei correlativi trasferimenti delle risorse risparmiate in favore dell'Erario statale, ma integra la palese violazione dei basilari canoni di solidarietà, uguaglianza e adeguatezza, nonché dei principi costituzionali dell'autonomia finanziaria degli enti locali, del decentramento e della sussidiarietà;
    è evidente che con l'incostituzionalità dell'articolo 16, comma 6 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, per violazione degli articoli 119, 3 e 97 della Costituzione, verrebbe meno anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri impugnato emesso in sua attuazione;
    nel contesto del decreto si asserisce che i territori che vantano ridotti livelli di spesa e indebitamento siano destinatari di una maggiore richiesta di sacrificio, in termini di contenimento della spesa corrente e di progressiva erosione dei trasferimenti Stato-autonomie locali; il tutto senza che il legislatore sia in grado di valorizzare e premiare, così come dovrebbe, la virtuosità delle predette realtà territoriali, funzionali a concorrere all'equilibrio complessivo del bilancio della Repubblica, a mente degli articoli 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione;
    gli enti locali virtuosi, in sostanza, non dispongono più di alcuna compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio (come sarebbe ai medesimi garantito dall'articolo 119 della Costituzione, anche in termini di perequazione) e, peraltro, subiscono l'onere di una crescente contribuzione (una sorta di compartecipazione reverse a quella indicata dall'articolo 119, comma secondo, della Costituzione, che la prevede in favore del sistema autonomistico locale sul gettito dell'Erario e non viceversa) alle finanze centrali, praticata sotto forma di prelievo statale sui tributi locali;
    la logica dei tagli perseguita dal legislatore statale, appare illegittima e determina:
     Evidente disparità di trattamento e di sacrifici tra i vari comparti di cui si compone la pubblica amministrazione: disparità che va a detrimento delle predette autonomie locali, in violazione dei principi di solidarietà e del canone istituzionale di uguaglianza, recati dagli articoli 2 e 3 della Costituzione;
     Violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità, nei limiti in cui il sacrificio imposto alle autonomie locali (peraltro in modo incoerente e diseguale tra le stesse) non è accompagnato da un pari sacrificio imposto ad altri comparti;
     Violazione dell'articolo 5 della Costituzione dal momento che se, da una parte, si apportano tagli indiscriminati ed eccessivi alle risorse finanziarie a disposizione delle amministrazioni locali – che già si trovano in grave difficoltà sotto il profilo del reperimento dei fondi necessari a garantire l'erogazione dei servizi essenziali per i cittadini – le esigenze dell'autonomia e del decentramento tutelate dall'articolo 5 vengono, dall'altra, totalmente vanificate. Attraverso il taglio delle risorse degli enti territoriali viene non solo gravemente compromessa l'autonomia delle realtà locali, ma altresì pericolosamente minato l'intero assetto ordinamentale che si regge sui prìncipi del federalismo fiscale e della sussidiarietà;
     Violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione: la logica dei tagli sproporzionati e non ragionevoli introdotta priva i comuni della propria autonomia di spesa, incidendo in maniera pregiudizievole sull'equilibrio dei relativi bilanci (che vengono in sostanza svuotati) in spregio a quanto sancito dal primo comma dell'articolo 119 della Costituzione;
    l'articolo 16, comma 6 finisce per collidere sotto più aspetti con le richiamate previsioni costituzionali;
    appare più che evidente la rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata in quanto la lesione determinata è riferibile unicamente alla disposizione contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri gravato che, invero, costituisce automatica applicazione dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012;
    è di indubbia evidenza che con la questione di legittimità costituzionale sollevata tale decreto ne sarebbe travolto e verrebbe meno la lesione stessa;
    la non manifesta infondatezza, traspare dal fatto che l'articolo 119 della Costituzione attribuisce ai comuni una autonomia finanziaria di entrata e di spesa, esercitata attraverso la redazione del bilancio finanziario di previsione, redazione e conseguente approvazione resa possibile dal conoscere le entrate sulle quali poter contare per poi esercitare la propria autonomia in materia di spesa;
    un intervento di riduzione dei trasferimenti che intervenga ad esercizio finanziario quasi concluso incide pesantemente sull'autonomia finanziaria degli Enti locali che ne sono colpiti, in quanto hanno già sostenuto quasi del tutto le spese indicate nel bilancio di previsione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo;
    gli enti locali non possono fondare la loro esistenza istituzionale unicamente su entrate proprie per effettuare le spese di loro competenza, sono previste risorse ulteriori di provenienza statale;
    è prevista la compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al territorio dell'ente e la quota del fondo perequativo da calcolarsi (sui fabbisogni standard quando ci saranno !) sui valori determinati nella generalità dei casi dall'intervento finanziario dello Stato effettuato mediante i ricorrenti trasferimenti, indipendentemente dai «ricavi imprenditoriali» prodotti dall'ente di riferimento;
    eventuali riduzioni dei trasferimenti provenienti da tale fondo devono garantire la compensazione e correlata perequazione, possibile solo se il parametro rimane identico, se cioè si ha riguardo alla capacità contributiva degli Enti locali;
    non è garantito il buon andamento degli enti locali dalla mancata fissazione di un termine per l'adozione del decreto ministeriale attuativo di tale disposizione normativa, e ciò contrasta tanto con l'articolo 119 quanto con l'articolo 97 della Costituzione;
    sussistono pienamente le condizioni affinché si addivenga alla sospensione dell'efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri impugnato dal momento che altrimenti i comuni colpiti si verrebbero a trovare in una profonda situazione di squilibrio finanziario, non fronteggiabile,

impegna il Governo:

   a valutare, sin dalla prossima manovra di bilancio la modifica, in base alla sentenza della Corte costituzionale, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri richiamato con adeguate coperture al fine di restituire ai comuni le risorse illegittimamente sottratte e che hanno provocato grave danno alla gestione dei comuni stessi;
   a valutare il ripristino degli stanziamenti pregressi al fine di tutelare l'equilibrio finanziario dei comuni gravemente colpiti da tali determinazioni.
(6-00259) «Pili, Murgia, Prodani».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative volte a garantire un incremento delle risorse per i nuovi livelli essenziali di assistenza e per il fondo sanitario nazionale – 3-02505

   NICCHI, GREGORI, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in queste settimane, temi quali i rischi di tenuta del servizio sanitario nazionale e le scelte del Governo sul futuro della sanità pubblica, che avrebbero dovuto stare al centro del dibattito soprattutto in questi giorni che precedono la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza e l'avvio della sessione di bilancio, sono stati di fatto del tutto messi in secondo piano da quella che agli interroganti appare la surreale campagna informativa sul «fertility day» voluta dalla Ministra interrogata. Una campagna che, a giudizio degli interroganti, ha visto un succedersi di gaffe, errori, inaccoglibili messaggi pseudo-pedagogici e scelte comunicative offensive per milioni di cittadini: a fine agosto 2016 il Ministero della salute aveva avviato una campagna di comunicazione sul «fertility day» aggressiva e psicologicamente ricattatoria, fatta di cartoline come «Sbrigati, non aspettare la cicogna», che ha avuto talmente tante e forti critiche, che la Ministra interrogata si è vista costretta a sospenderla immediatamente. Quindi, solo pochi giorni fa, c’è stata la pubblicazione di un opuscolo, sempre per il «fertility day» e sempre a cura del Ministero della salute, che altro non era, secondi gli interroganti, se non un concentrato di luoghi comuni, offensivo, ideologico e intollerabilmente razzista. Anche questo ritirato con tante scuse della Ministra interrogata;
   insomma, una «giostra» non solo mediatica che, per quelle che appaiono evidenti responsabilità del Ministero, ha distolto e distratto il dibattito politico, i soggetti interessati, l'opinione pubblica e i cittadini dalla discussione sulle scelte per il futuro del servizio sanitario: inadeguatezza di risorse finanziarie, liste d'attesa, ticket, pronto soccorso al collasso e altro;
   già si paventano rischi di ulteriori tagli, o nella migliore delle ipotesi, di mancati incrementi al finanziamento del servizio sanitario nazionale;
   a breve arriverà all'esame del Parlamento lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza, che andrà a sostituire l'ancora vigente decreto del 2001;
   si ricorda che per i nuovi livelli essenziali di assistenza la legge di stabilità per il 2016 ha stanziato 800 milioni di euro, laddove le risorse necessarie a garantire l'esigibilità e uniformità del diritto all'assistenza sociosanitaria e i livelli essenziali dovrebbero essere di circa 3 miliardi di euro. Di fatto, aumentano le prestazioni da garantire ai cittadini a parità di finanziamento complessivo e, dovendo garantire alcune prestazioni, per esempio i nuovi vaccini (valore stimato 220 milioni di euro all'anno), si dovrà inevitabilmente tagliare e risparmiare su altre prestazioni e servizi. Che gli 800 milioni di euro stanziati per i nuovi livelli essenziali di assistenza siano insufficienti lo sanno anche le stesse regioni, che hanno infatti chiesto una verifica entro il 2016 per valutare il reale impatto economico dei nuovi livelli di assistenza;
   peraltro, come ha anche ricordato la Cgil, se oltre 40 milioni di euro di ticket deriveranno dall'ampliamento dei nuovi livelli essenziali di assistenza con nuove prestazioni ambulatoriali, circa 18-20 milioni di euro di nuovi ticket sono invece conseguenti alla decisione di spostare alcune prestazioni chirurgiche dall'attuale regime in day surgery (gratuito) a quello ambulatoriale che comporta invece il pagamento del ticket –:
   se intenda assumere iniziative per garantire un incremento delle risorse – attualmente insufficienti – per i nuovi livelli essenziali di assistenza e per il fondo sanitario nazionale rispetto ai 113 miliardi di euro previsti dall'intesa Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ritenuti più volte necessari dalla stessa Ministra interrogata, e se non intenda escludere un aumento di nuovi ticket a carico dei cittadini, conseguente all'approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza. (3-02505)


Iniziative per rivedere lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza, con particolare riguardo alla necessità di tener conto delle specificità della riabilitazione oncologica – 3-02506

   VARGIU, MONCHIERO, MATARRESE, DAMBRUOSO, VECCHIO, GALGANO e LIBRANDI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in attuazione del patto per la salute 2014-2016 e dei commi 553-554 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 è in corso di completamento l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale saranno ridefiniti i livelli essenziali di assistenza;
   il provvedimento avrà un carattere effettivamente costitutivo, in quanto sostituirà il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 novembre 2011 attualmente in vigore e si porrà come fonte primaria per la definizione delle attività, dei servizi e delle prestazioni garantite ai cittadini con le risorse pubbliche messe a disposizione del servizio sanitario nazionale;
   nel suddetto schema di decreto non è inserita la riabilitazione oncologica. Tale omissione è ad avviso degli interroganti del tutto ingiustificata alla luce delle evidenze scientifiche e dei dati sulla prevalenza e sulla guarigione da tumore in Italia, nonché delle proiezioni sul numero di persone in vita dopo una diagnosi di tumore recente o lontana nel tempo. Il paziente con neoplasia rappresenta l'esempio più significativo in cui malattia e disabilità sono presenti simultaneamente, interagendo tra loro e determinando un fabbisogno riabilitativo peculiare rispetto a quello conseguente ad altre lesioni. Un assetto normativo e organizzativo che non consideri adeguatamente tale evidenza presenta, pertanto, una vistosa insufficienza, i cui effetti negativi sono destinati a moltiplicarsi e a generare a cascata costi per spesa inappropriata;
   gli italiani sopravvissuti ad una diagnosi di tumore nel 2010 erano 2.587.347, pari al 4,4 per cento della popolazione. Nel 2015, secondo le recenti elaborazioni dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum), sono stati diagnosticati 366 mila nuovi casi di tumore, ovvero circa mille nuovi casi al giorno, mentre i decessi sono stati 175 mila, ovvero il 30 per cento del totale (seconda causa di morte nel Paese). I pazienti in cura nel 2015 sono stati 3 milioni;
   nel prossimo futuro questi numeri sono destinati a crescere, in conseguenza degli attuali trend di prevalenza e di guarigione: la sopravvivenza al cancro è oggi sempre più possibile grazie alla disponibilità di nuove tecnologie per la diagnosi precoce, nonché alla diffusione e adesione a programmi di screening per la prevenzione, alla maggiore efficacia delle terapie, alla disponibilità di nuovi farmaci, soprattutto di quelli immunoncologici. La cronicizzazione delle malattie neoplastiche e la lungo sopravvivenza di un numero crescente di pazienti saranno, dunque, due sfide cruciali per la sanità del futuro e impongono che la riabilitazione oncologica sia una delle prestazioni garantite nei livelli essenziali di assistenza, come da tempo richiesto con forza dalle associazioni del volontariato oncologico;
   tale omissione risulta ancor più inaccettabile alla luce del modello di riabilitazione in ambito oncologico promosso nel quaderno del Ministero della salute n. 8 del 2011, «La centralità della persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali». A rafforzare la validità del modello e della fondatezza delle richieste che provengono dal mondo del volontariato, rappresentato unitariamente nella Favo, ci sono le esperienze virtuose delle reti oncologiche di Piemonte-Valle d'Aosta e Toscana;
   in Piemonte il progetto «La riabilitazione per i malati di cancro», avviato con determina regionale n. 425/28.1 del 27 ottobre 2003, è stato inserito nel contesto della rete oncologica regionale che prevede la completa presa in carico del malato, anche in fase riabilitativa, attraverso i centri accoglienza e servizi ed i gruppi interdisciplinari cure. Tali modelli dimostrano che la valorizzazione delle peculiarità della malattie neoplastiche è possibile, anche nella fase di riabilitazione, e che la corretta individuazione del setting delle prestazioni necessarie comuni a tutte le neoplasie e di quelle specifiche per tipologia consente un impiego di risorse appropriato e una risposta adeguata al bisogno assistenziale. Tali modelli regionali, sia per quanto attiene ai profili meramente contabilistici, sia per quanto attiene ai profili organizzativi, dovrebbero poter essere esportati su tutto il territorio nazionale, come d'altronde conseguirebbe alla previsione della riabilitazione oncologica nei livelli essenziali di assistenza;
   l'evidenza di «modelli virtuosi regionali» e di «best practice» già realizzate conferma la possibilità di un approccio unitario e complessivo alle necessità della riabilitazione oncologica e impone che tali programmi di riabilitazione siano fatti propri dal servizio sanitario nazionale ed estesi a tutte le realtà del Paese –:
   se non ritenga opportuno dare immediata evidenza alle specificità del cancro nella fase della riabilitazione, assumendo iniziative per rivedere il nuovo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza e quindi riconoscere almeno un'area specifica di attività alle prestazioni e ai servizi compresi nella riabilitazione oncologica. (3-02506)


Iniziative volte a sostenere la natalità, con particolare riferimento agli interventi di carattere economico e sociale e alle misure per la prevenzione e la cura dell'infertilità – 3-02507

   LENZI, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, AMATO, ARGENTIN, BENI, PAOLA BOLDRINI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, SBROLLINI, MARTELLA e BINI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2016 si è celebrata la prima giornata del «fertility day» nella quale si sono affrontati sia problemi di sterilità o infertilità che di denatalità della coppia;
   secondo i dati Istat nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni, la più alta d'Europa dove la media è invece 28,8; gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22 per cento del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva di 15-64 anni (39 milioni, il 64,3 per cento del totale) sia quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7 per cento);
   sempre secondo i dati Istat, le donne sono coinvolte nelle responsabilità di cura più spesso degli uomini (42,3 per cento contro il 34,5 per cento) e anche per questo risulta più bassa la loro partecipazione al mercato del lavoro: tra le madri di 25-54 anni, la quota di occupate è pari al 55,5 per cento, mentre tra i padri raggiunge il 90,6 per cento;
   se è vero che in Italia una coppia su cinque non può avere figli per ragioni di salute, è anche vero che altrettante coppie, forse di più, non possono avere un figlio a causa di difficoltà economiche o lavorative;
   bonus bebé, voucher baby sitter, nuovi incentivi al welfare aziendale per la conciliazione della vita privata e del lavoro, divieto di dimissioni in bianco, congedi maternità anche per le lavoratrici atipiche e libere professioniste, congedi papà sono solo alcuni dei provvedimenti messi in campo negli ultimi trenta mesi di Governo e che rappresentano risposte concrete per chi diventa genitore o ha sulle spalle la responsabilità di una famiglia, magari in assenza di un welfare familiare stabile;
   secondo l'Istituto superiore di sanità, complessivamente, l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie, ma valutare quale sia l'impatto dei diversi fattori di infertilità è molto difficile. Una stima affidabile, benché relativa solo ad una parte della popolazione, proviene dai dati riguardanti le coppie che si rivolgono ai centri per la procreazione assistita. I dati raccolti dal registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita sono i seguenti:
    a) infertilità maschile: 29,3 per cento;
    b) infertilità femminile: 37,1 per cento;
    c) infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
    d) infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
    e) fattore genetico: 0,9 per cento;
   il 28 luglio 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta della Ministra interrogata di istituire per il 22 settembre di ogni anno una giornata nazionale dedicata all'informazione e alla formazione sulla fertilità umana;
   a seguito della decisione assunta dal Consiglio dei ministri, è stata avviata dal Ministero della salute alla fine di agosto 2016 la campagna pubblicitaria dell'evento che ha giustamente provocato forti critiche e proteste; la campagna informativa mescolava senza distinzione denatalità e problemi di salute, facendo carico solo alla singola donna della mancata scelta a favore della maternità;
   il condivisibile obiettivo di combattere infertilità e sterilità è stato così nascosto dagli errori di comunicazione e ha offuscato quanto già fatto dal Governo –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché non siano le ragioni sociali o economiche ad incidere sulla scelta di una coppia ad avere figli, nonché quali misure preventive e di cura la Ministra interrogata intenda promuovere, comprese quelle di sostegno alle tecniche di fecondazione, e come si intenda procedere per migliorare la comunicazione. (3-02507)


Elementi e iniziative in ordine al rispetto della normativa europea sui turni e sui periodi di riposo obbligatorio del personale del servizio sanitario nazionale – 3-02508

   NESCI, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. —Al Ministro della salute. – Per sapere, premesso che:
   l'elemento più rilevante nel documento di economia e finanza 2016 è proprio l'ulteriore taglio alla sanità, misura corrispondente alle risultanze dell'accordo Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ove si prevede, a carico del servizio sanitario nazionale, quanto stabilito dalla legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), la quale al comma 680 dell'articolo 1 dispone tagli per 3.980 milioni di euro per il 2017 e 5.480 milioni di euro per il 2018 e 2019, quale contributo dovuto dalle regioni alla finanza pubblica; pertanto sulla sanità, oltre al taglio di 1,8 miliardi di euro del 2016, si aggiungono riduzioni per quasi 4 miliardi di euro per il 2017 e 5 miliardi di euro a decorrere dal 2018. Dalla medesima intesa risultano tagli di 100 milioni di euro per la prevenzione e gestione del rischio sanitario, nonché la prosecuzione delle politiche di tagli agli investimenti in edilizia sanitaria per 208 milioni di euro. Inoltre, permangono le misure sul personale: blocco del turnover e riduzione permanente del salario accessorio;
   nel triennio 2017-2019, la spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell'1,5 per cento, ma il rapporto fra la spesa sanitaria e il prodotto interno lordo decresce e si attesta, alla fine dell'arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,5 per cento. Il decrescere dell'incidenza sul prodotto interno lordo è un elemento inquietante perché si traduce in «meno salute» e si pone al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità;
   la Camera dei deputati, a giugno 2015, ha approvato la mozione n. 1-00767 presentata dal MoVimento 5 Stelle, con la quale, in maniera peraltro bipartisan, si è condivisa la necessità di porre rimedio all'emergenziale e non più sostenibile carenza di personale sanitario, impegnando il Governo allo sblocco del turnover e all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e alla garanzia di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
   inoltre anche nella legge di stabilità per il 2016, seppure con diversi limiti correlati alle regioni con piani di rientro, si era condivisa la necessità di porre in essere procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico sulla base delle valutazioni dei fabbisogni, con l'elaborazione di piani che ad oggi le regioni non hanno predisposto; nel documento di economia e finanza non c’è traccia degli impegni presi dal Governo al fine di risolvere la perdurante carenza di personale della sanità, a garanzia dei livelli essenziali di assistenza che, proprio a causa di tale carenza, sono gravemente compromessi;
   appare preoccupante la mancanza di uno scenario di politica del personale che rappresenta il principale fattore produttivo del sistema, senza il quale qualunque politica di «consolidamento dei risultati qualitativi raggiunti», come testualmente afferma il documento di economia e finanza, non è praticabile, dopo anni di vincoli alla spesa, blocco del turnover, blocco delle procedure contrattuali, blocco dei trattamenti accessori, riduzione delle risorse per la formazione specialistica dei medici, mancata attivazione dei corsi di specializzazione di alcune professioni non mediche, ricorso a lavoro precario, esternalizzazione di servizi anche sanitari e altro;
   l'articolo 14 della legge n. 161 del 2014, contenente «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (cosiddetta Legge europea 2013-bis)», prevede, tra l'altro, che al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare. Nelle more del rinnovo dei contratti collettivi vigenti, le disposizioni contrattuali in materia di durata settimanale dell'orario di lavoro e di riposo giornaliero cessano di avere applicazione;
   destano oltremodo preoccupazione le anticipazioni circolate sulla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, prevista nel prossimo Consiglio dei ministri, e che non lasciano ben sperare circa gli interventi nel settore; infatti, se in primavera il documento di economia e finanza ha stimato una crescita italiana per il 2016 all'1,2 per cento, la nota di aggiornamento dovrà necessariamente rivedere una stima al ribasso –:
   come intenda garantire, per quanto di competenza, il rispetto della normativa europea sui turni e sui riposi obbligatori del personale, introdotta in Italia dalla legge n. 161 del 2014 ma non ancora attuata a causa dei ritardi accumulati nella copertura del fabbisogno certificato presso il Ministero della salute, e quali dati intenda fornire in merito alle necessità rilevate per ogni profilo professionale. (3-02508)


Elementi e iniziative in relazione al centro di accoglienza per migranti allestito nell'area «ex Rizzo» a Como – 3-02509

   MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi a Como, presso la stazione ferroviaria di San Giovanni, si sono accampati, in attesa di tentare di raggiungere illegalmente i Paesi del Nord Europa o perché respinti legittimamente a Chiasso dalle autorità svizzere, in osservanza della normativa in materia di asilo, diverse centinaia di immigrati, di cui non è noto né il numero esatto né le generalità o lo status giuridico, essendosi, per la maggior parte, sottrattisi alle procedure di identificazione;
   in breve tempo, i giardini presso la stazione ferroviaria si sono trasformati in un vero e proprio bivacco all'aperto, in condizioni di degrado, insicurezza e di assoluta illegalità, a cui hanno contribuito anche elementi dei centri sociali e soggetti dei cosiddetti «no borders», che hanno fomentato disordini tra gli immigrati accampati;
   nonostante la costante e allarmante attenzione anche della stampa e l'impegno profuso dalle forze dell'ordine, la situazione di degrado e illegalità a Como si è protratta per oltre tre mesi, creando anche un notevole danno alla città di Como, nota per la sua vocazione turistica;
   la soluzione adottata dalla prefettura e dal comune di Como, d'intesa con il Ministero dell'interno, di allestire un centro di accoglienza per ospitare circa 300 immigrati, in via Regina, nell'area ex Rizzo, nel quartiere San Rocco, si è dimostrata inappropriata e profondamente errata, sotto diversi profili;
   l'apertura di tale baraccopoli è stata centro di violenze, liti e scontri, creando non poca tensione e preoccupazione tra i cittadini residenti;
   il centro è in un quartiere già ad alta concentrazione di immigrati, adiacente e confinante con il cimitero, con la sede universitaria ed abitazioni private, i cui residenti, già esasperati, non sono stati neanche preventivamente interpellati;
   tale decisione, ad avviso degli interroganti, violerebbe le normative nazionali ed internazionali poiché ospiterebbe chi si sottrae volontariamente ai protocolli di protezione internazionale e nazionale;
   la struttura rischia di attrarre coloro i quali sono intenzionati a recarsi illegalmente nel Nord Europa, a cui lo Stato italiano garantirebbe, dunque, ospitalità;
   nel giro di pochi giorni, il centro risulta ormai pieno e, fuori da esso, si sono già creati altri bivacchi abusivi –:
   a quanto ammontino i costi sinora sostenuti per l'allestimento ed il mantenimento del centro di cui in premessa, che fine abbiano fatto i migranti non trasferiti in tale struttura, posto che i giardini della stazione sono stati sgomberati ma non tutti gli immigrati sono confluiti in essa, e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per procedere alla chiusura del centro di via Regina e all'espulsione e al rimpatrio di chi non versa nelle condizioni previste dalla legge per accedere agli strumenti di accoglienza e protezione internazionale. (3-02509)


Chiarimenti in merito al comportamento tenuto dalle forze dell'ordine in relazione a manifestazioni di dissenso politico espresse dal movimento giovanile di Forza Italia in occasione di una recente visita istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri a Prato – 3-02510

   BRUNETTA e BERGAMINI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra venerdì 23 e sabato 24 settembre, a Prato, poco prima di una visita programmata del Presidente del Consiglio dei ministri, una pattuglia della polizia ha rimosso un lembo della scritta «Renzi hai fallito», che il movimento giovanile di Forza Italia aveva posizionato al primo piano del palazzo sede del coordinamento provinciale dello stesso partito, proprio di fronte al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, dove avrebbe dovuto recarsi Matteo Renzi sabato mattina per un'iniziativa sul referendum costituzionale;
   interpellato sull'accaduto, il capo della polizia pratese, Paolo Rossi, ha confermato che una pattuglia ha ritenuto di rimuovere la parte di striscione per ragioni di ordine e sicurezza pubblica, specificando che questo non avrebbe leso i diritti di nessuno;
   il questore ha dichiarato che si tratterebbe di un'azione volta ufficialmente a «stemperare gli animi» e a «rimuovere ogni ostacolo alla buona riuscita di un evento» quale la visita istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad avviso degli interroganti, la scritta del movimento giovanile di Forza Italia era una chiara manifestazione di protesta civile, senza insulti: una constatazione più che legittima, che tuttavia la polizia ha nei fatti impedito censurando il cognome del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa, e delle motivazioni che hanno portato alla censura della scritta del movimento giovanile di Forza Italia esposta in occasione della visita del Presidente del Consiglio dei ministri e se non ritenga che tale iniziativa abbia ingiustamente limitato la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. (3-02510)


Iniziative volte a rafforzare le misure di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nella città di Roma – 3-02511

   GALATI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   è di qualche giorno fa la notizia del violento pestaggio, avvenuto presso la stazione Bologna della linea B della metropolitana di Roma, ai danni del cittadino trentasettenne Maurizio di Francescantonio, aggredito brutalmente insieme alla madre in seguito ad un invito da parte dello stesso ad un gruppo di persone a non fumare all'interno dei vagoni della metropolitana come prescritto dalla legge;
   la vicenda, che ha fortemente turbato l'opinione pubblica e suscitato la preoccupazione della società civile, propone agli occhi del Paese il quadro desolante e paradossale di una città, capitale del Paese, ormai preda dell'illegalità e dell'inciviltà, nella quale persino la più legittima richiesta avanzata da un cittadino, di rispetto delle più elementari regole di senso civico, di educazione e di rispetto reciproco, anziché essere apprezzata ed accolta senza indugio, diviene un fattore di rischio;
   è questo l'ennesimo episodio di brutale criminalità registrato nella città di Roma sulle linee dei pubblici servizi di trasporto urbano e suburbano della capitale; l'interrogante evidenzia come la percezione della sicurezza della città di Roma, tuttavia, assuma una più larga dimensione, che non rimane circoscritta al livello amministrativo della città, ma richiede invece una più attenta e profonda attenzione da parte delle istituzioni centrali preposte alla tutela della sicurezza e della integrità dei cittadini;
   la questione rileva, a parere dell'interrogante, rispetto ad un duplice profilo:
    a) da una parte, quello delle modalità di esercizio della funzione di tutela della pubblica sicurezza nella fase di prevenzione, controllo, vigilanza sull'ordine pubblico e del rispetto delle regole, nell'ambito di una rete di trasporto fortemente esposta non solo alla microcriminalità urbana di bande o gruppi delinquenziali che agiscono isolatamente, ma anche e soprattutto al rischio di atti di terrorismo internazionale. Appare infatti inconcepibile che, dinanzi alle minacce derivanti dal terrorismo internazionale connesso alle forme di criminalità internazionale organizzata dell'Isis, i presidi di sicurezza della città di Roma appaiano disarmati ed impreparati dinanzi alla gestione ordinaria di fatti di criminalità legata a bande o gruppi non organizzati che agiscono episodicamente;
    b) dall'altra parte, ma non secondariamente, il profilo della lesione dell'immagine della città e del Paese ed il conseguente innalzamento dei livelli di sfiducia generalizzata non solo all'ente «Roma capitale», ma nei riguardi dell'intero Paese, in specie in ottica internazionale ed in chiave economica e turistica;
   la percezione persistente dell'elevato livello di criminalità, il rischio di esposizione a scippi e borseggi sui trasporti pubblici e nelle aree più affollate della città, nonché la frequenza di episodi di aggressioni ed altre forme di violenza incidono negativamente sull'immagine internazionale del Paese, rappresentata nel mondo per mezzo della sua capitale;
   il grado di sicurezza della popolazione è infatti alla base di qualsiasi prospettiva possibile di un rilancio necessario della credibilità, interna ed internazionale, della città italiana che ospita il Governo della nazione ed influisce ed interferisce, inevitabilmente, con le prospettive di stabilità economica e di attrattività del Paese, con la produttività dei cittadini e in conclusione con il successo economico nazionale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, coerentemente ai propri poteri di impulso ed indirizzo delle azioni di tutela dell'ordine pubblico, per implementare la percezione della sicurezza a presidio dell'incolumità dei cittadini e per rilanciare positivamente l'immagine della capitale d'Italia, fortemente compromessa dalla persistenza di livelli elevati di criminalità. (3-02511)


Iniziative volte a fronteggiare le criticità determinate dall'alta concentrazione di migranti in alcune strutture di accoglienza ubicate nelle province di Padova e di Venezia – 3-02512

   RAMPELLI, RIZZETTO, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   in Veneto i comuni di Agna e di Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova, e il comune di Cona, in provincia di Venezia, ospitano ormai da oltre un anno la più alta concentrazione, oltre il dieci per cento, di rifugiati della regione;
   all'arrivo dei primi migranti, nel luglio 2015, i sindaci avevano avuto assicurazioni che si sarebbe trattato solo di una soluzione provvisoria e, invece, il numero delle persone da ospitare è lievitato fino ad arrivare a oltre milleottocento presenze, a fronte di una popolazione locale di neanche diecimila abitanti;
   le strutture impiegate e allestite per i migranti nei due hub di San Siro di Bagnoli e Conetta di Cona, che si trovano ad una distanza di appena cinque chilometri l'uno dall'altro e che ospitano rispettivamente 833 e 1.007 migranti, sono già da mesi drammaticamente sovraffollate;
   l'elevato numero dei migranti concentrati nella zona, inoltre, sta generando numerosi problemi nella vita delle comunità locali, con i residenti costretti a subire la presenza di centinaia di migranti, che girovagano e bighellonano per il paese o bivaccano in piazza o nei giardini pubblici, e i sindaci che devono gestire l'ordine pubblico in una condizione perennemente al limite dell'emergenza;
   il 3 agosto 2016 il Ministro interrogato, durante un incontro al Ministero dell'interno, ha rassicurato i sindaci dei comuni coinvolti che entro l'estate 2016 il numero dei migranti ospitati negli hub sarebbe diminuito fino a riportare le strutture alla capienza originaria, mentre gli altri sarebbero stati distribuiti in altre strutture, micro hub diffusi nella regione e realizzati sfruttando strutture demaniali e statali già esistenti e in disuso;
   ad oggi, tuttavia, a quanto risulta agli interroganti nulla di quanto promesso è stato fatto –:
   quando e in che modo intenda risolvere la drammatica situazione che si è venuta a determinare nei comuni di cui in premessa. (3-02512)


Iniziative per garantire il rispetto della legalità e della sicurezza nel processo di ricostruzione dei borghi colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 – 3-02513

   TANCREDI, MISURACA, BOSCO e BINETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   il terremoto che ha colpito l'Italia centrale il 24 agosto 2016, oltre a causare la morte di 298 persone e migliaia di sfollati, inevitabilmente ora ci pone di fronte al compito di ricostruire i centri abitati, in modo da consentire non solo alle popolazioni ivi residenti di continuare a vivere nel loro territorio, ma anche di riprendere al più presto le attività produttive da cui dipende la stessa esistenza delle comunità colpite;
   nel corso delle riunioni congiunte, tenutesi con i comitati provinciali dell'Aquila e Teramo al fine di individuare e condividere azioni a presidio della legalità nelle attività di gestione dell'emergenza conseguente al sisma, il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, ha ribadito l'irrinunciabilità dei principi della trasparenza e del rispetto delle norme, che troveranno la giusta collocazione all'interno del decreto sulla ricostruzione che dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri entro il 2 o il 3 ottobre 2016;
   nel processo di ricostruzione, che dovrà rifarsi al modello Expo per ciò che concerne il rispetto delle norme e della trasparenza, vi dovranno essere, oltre alla collaborazione con l'Anac, liste di merito per le imprese chiamate ad operare sui luoghi colpiti dal sisma, in modo da averne il massimo controllo e, di conseguenza, in maniera tale da poter seguire interamente il percorso della ricostruzione;
   una presenza costante e visibile dello Stato nei territori così duramente colpiti dal terremoto del mese di agosto 2016 dovrà e potrà servire anche per scoraggiare gli episodi di sciacallaggio che si sono immediatamente verificati all'indomani del sisma –:
   quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere, anche in vista del provvedimento che il Consiglio dei ministri dovrebbe varare nelle prossime settimane, al fine di garantire il rispetto della legalità e della sicurezza nel processo di ricostruzione dei borghi dell'Italia centrale colpiti dal sisma del 24 agosto 2016. (3-02513)


Iniziative in relazione alla chiusura della sede diplomatica e consolare italiana a Santo Domingo – 3-02514

   FITZGERALD NISSOLI, GIGLI, CARUSO e FAUTTILLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto processo di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, che parte dalla XVI legislatura, si è concretizzato con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, in base alle cui indicazioni si è proceduto alle chiusura di alcune sedi diplomatiche e consolari;
   tra le sedi soppresse è rientrata la sede diplomatica e consolare italiana in Santo Domingo, che ha cessato le attività il 31 dicembre 2014;
   tale fatto ha destato notevoli disagi ai connazionali ivi residenti, disagi che continuano a persistere nonostante i provvedimenti adottati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per ammortizzare gli effetti della chiusura, come l'istituzione, a Santo Domingo, di una di sezione distaccata dell'ambasciata d'Italia in Panama, operativa dal 2015, e quella del consolato generale onorario;
   si fa presente che il tribunale amministrativo regionale del Lazio, in data 20 luglio 2015, ha annullato, in accoglimento di un'istanza dell'associazione «Casa de Italia», il provvedimento di soppressione dell'ambasciata a Santo Domingo. Si tratta di una decisione importante, anche se successivamente il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del tribunale amministrativo regionale;
   non si può, inoltre, non notare che con un gesto di tale rilevanza politica, quale è la chiusura di un'ambasciata, si affievoliscono i rapporti con la Repubblica Dominicana, strategici per l'Italia, e si sminuisce il ruolo della comunità italiana ivi residente che conta ben 6.349 iscritti all'Aire al 1o gennaio 2016;
   da notizie stampa, si rileva tra l'altro che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale perderebbe la proprietà di quattro terreni lasciati in eredità all'ambasciata, del valore complessivo di 30 milioni di euro, di cui non è possibile cambiare la destinazione d'uso e che tornerebbero in possesso ai precedenti proprietari;
   dai connazionali che vivono in questo Paese del Centro America continuano ad arrivare segnali di disagio che un Paese moderno come l'Italia non può permettersi di trascurare, venendo, infatti, messe in discussione non solo l'efficienza e l'efficacia dei servizi ai connazionali all'estero –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare una situazione non accettabile, venendo incontro alle richieste della comunità italiana della Repubblica Dominicana. (3-02514)


MOZIONI RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01344, TERZONI ED ALTRI N. 1-01358, ZARATTI ED ALTRI N. 1-01359, ROSATO, LUPI, MONCHIERO, DELLAI, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-01360, SALTAMARTINI ED ALTRI N. 1-01361, PALESE ED ALTRI N. 1-01362, VEZZALI ED ALTRI N. 1-01365, BRIGNONE ED ALTRI N. 1-01366, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-01367 E GALGANO ED ALTRI N. 1-01368 CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELLE POPOLAZIONI E DEI TERRITORI COLPITI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016, NONCHÉ PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI DERIVANTI DAI TERREMOTI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
   nella notte del 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.2 ha colpito alcune regioni italiane, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, poi seguito da centinaia di scosse di assestamento;
   nel terremoto hanno perso la vita 295 persone, 386 sono state ferite, mentre 238 persone sono state estratte illese dalle macerie;
   il sisma ha causato la distruzione pressoché completa di interi comuni e loro frazioni, tra i quali Amatrice e Accumoli in provincia di Rieti, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo e Montemonaco in provincia di Ascoli Piceno, oltre che seri danneggiamenti di edifici pubblici e privati in numerosi comuni del Lazio, dell'Abruzzo, delle Marche e dell'Umbria;
   la tempestività e l'operatività dei soccorsi sono state gravemente compromesse dalle condizioni dei territorio, aspro per morfologia e con strade difficilmente percorribili sia a causa del sisma sia a causa di problematiche preesistenti, tanto che secondo quanto dichiarato dal capo della Protezione civile il sistema «si è reso pienamente operativo alle 7 del mattino», mentre in alcune zone colpite i militari e la Protezione civile sono riusciti ad arrivare solo dopo 7/8 ore dalla prima terribile scossa;
   in particolare, la strada statale Salaria, unica arteria di collegamento nei tratti interessati, è ridotta a un eterno cantiere, i cui lavori di ammodernamento e ampliamento vanno a rilento per problemi sorti con la ditta appaltatrice, per gli interventi della Sovraintendenza ai beni architettonici e paesaggistici del Lazio e per il fermo causato da presunte collusioni con la mafia rilevate nelle indagini svolte dalla magistratura di Catania, mentre il termine per il completamento dei lavori, calendarizzato per il 2017, sembra ora slittare ancora, anche a causa dei danni prodotti dall'evento calamitoso del 24 agosto 2016;
   il soccorso sanitario dei feriti è stato reso ancora più complicato dai danni riportati nel sisma dall'ospedale di Amatrice, che negli anni precedenti aveva rischiato di subire un declassamento in «casa della salute»;
   nella notte del terremoto, subito dopo la prima e più violenta scossa, le comunicazioni telefoniche hanno subito un arresto che ha impedito alle vittime di chiedere aiuto, mentre la zona non è sufficientemente coperta dai gestori di telefonia mobile probabilmente perché non ritenuta commercialmente interessante;
   per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la placca africana e quella eurasiatica, l'Italia è la nazione a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, nella quale quasi la metà del territorio – dove vive il 40 per cento della popolazione – è soggetta a un grado di rischio particolarmente elevato;
   dal 1900 a oggi in Italia si sono verificati ben sessanta terremoti che hanno provocato danni gravi, venti dei quali hanno avuto effetti distruttivi tali da causare la morte di centoventimila persone, oltre che la devastazione di interi centri urbani e la paralisi per anni delle attività produttive nelle aree colpite;
   secondo alcuni studi, una percentuale tra il venti e il cinquanta per cento dei decessi in occasione dei terremoti è causata da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l'evento sismico;
   dopo il terremoto del 2002 in Puglia e Molise è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
   il provvedimento ha dettato i principi generali sulla base dei quali le regioni, delegate dallo Stato in base al testo unico delle norme per l'edilizia, devono adottare la classificazione sismica del territorio e compilare l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato l'intero territorio nazionale;
   in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza del 2003, la zona 1, «a sismicità alta» nella quale ricadono 708 comuni, è la zona più pericolosa, soggetta al probabile verificarsi di fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media» che comprende 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre nella zona 4, che in base alla nuova classificazione include le aree precedentemente non catalogate, è considerata «a sismicità molto bassa», comprende 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica è lasciata alle singole regioni;
   l'ordinanza del 2003 è stata aggiornata con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006;
   in seguito al terremoto che ha coinvolto il comune de L'Aquila e i comuni limitrofi il 6 aprile del 2009, con il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 44 milioni di euro per l'anno 2016;
   le somme stanziate, stando a quanto riportato sul sito della Protezione civile, rappresentano solo una minima percentuale, «forse inferiore all'1 per cento, del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche»;
   inoltre, allo stato attuale i finanziamenti si esauriscono con l'anno in corso;
   all'indomani del terremoto, il 25 agosto 2016, il Consiglio dei ministri ha chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di adottare il decreto per il differimento del pagamento dei tributi per i soggetti residenti nei comuni nei quali il terremoto ha provocato danni strutturali di gravità tale da impedire l'assolvimento degli obblighi fiscali da parte dei cittadini;
   in Italia sono oltre ventiquattro milioni le persone che vivono in zone a elevato rischio sismico,

impegna il Governo:

   a riperimetrare le località colpite dal sisma del 24 agosto 2016 ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni, come risultante dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati e, comunque, sismicamente a rischio, adottando criteri selettivi oggettivi;
   a favorire una rapida ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati dal sisma, secondo i più aggiornati criteri anti-sismici ma nel pieno rispetto dell'identità urbanistica e architettonica dei luoghi, senza distinzione tra edifici di residenti e non residenti;
   ad assumere iniziative per disporre in favore delle popolazioni interessate la sospensione dei pagamenti di tasse e tributi fino alla fine della ricostruzione e ad attivarsi con somma urgenza per ricostruire il tessuto produttivo e industriale delle aree colpite dal sisma affinché si possa rimettere in moto l'economia locale;
   ad assumere iniziative per prevedere in favore di tutti i proprietari di case ricadenti nella zona «1» ad alto rischio, sull'intero territorio nazionale, la defiscalizzazione degli interventi volti a mettere in sicurezza la propria abitazione adottando criteri antisismici;
   a dare priorità, nel finanziamento diretto e indiretto dello Stato, alla realizzazione delle infrastrutture adeguate a garantire un efficace e tempestivo sistema di soccorsi: realizzazione di ferrovie, aeroporti, eliporti, costruzione o modernizzazione strade, consolidamento viadotti e gallerie, conclusione delle opere in corso;
   a valutare la possibilità di destinare il montepremi dell'attuale estrazione del superenalotto in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016 e degli interventi di ricostruzione;
   ad assumere iniziative per mantenere la piena operatività degli ospedali delle zone in questione, in raccordo con le regioni, affinché nei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione, non vengano sguarnite di strutture sanitarie fondamentali a garantire la salvaguardia della vita umana e la tempestiva assistenza;
   a garantire attraverso precisi accordi con i gestori di telefonia mobile la copertura delle comunicazioni nelle stesse zone, anche se commercialmente poco interessanti, con ogni strumento e tecnologia possibili e a inserire nelle concessioni l'istituzione di aree wi-fi per scongiurare ogni rischio d'isolamento con possibili drammatiche conseguenze;
   a promuovere campagne d'informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico e realizzare una riduzione del rischio al verificarsi dei terremoti, mettendo in atto una costante e incisiva azione di informazione e sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e da parte degli amministratori pubblici;
   a realizzare un costante monitoraggio dei territorio ai fini del tempestivo aggiornamento della classificazione sismica e della relativa normativa, valutando adeguatamente il pericolo al quale sono esposti il patrimonio abitativo, la popolazione e i sistemi infrastrutturali;
   ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse al fondo per la prevenzione del rischio sismico al fine di consentire la prosecuzione della sua attività nelle prossime annualità di bilancio e per attuare un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più elevato rischio sismico;
   a valutare la possibilità di realizzare politiche di riduzione della vulnerabilità dei singoli edifici finanziate con le risorse destinate al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio;
   ad intervenire presso le istituzioni europee affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento anti-sismico degli edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea flagellati da frequenti movimenti tellurici;
   a promuovere un corretto utilizzo degli strumenti ordinari di pianificazione, per conseguire nel tempo un riassetto del territorio che tenga conto del rischio sismico;
   a tenere conto della perimetrazione del rischio sismico in Italia, che configura una zona rossa dorsale lungo tutta la penisola in senso longitudinale, considerando che la fascia appenninica interessata è tradizionalmente quella meno infrastrutturata e richiede, quindi, un ripensamento del sistema dei collegamenti viari e ferroviari, fin qui organizzati da nord a sud e non da est a ovest per consentire una più veloce capacità d'intervento.
(1-01344) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
   nella notte del 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.2 ha colpito alcune regioni italiane, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, poi seguito da centinaia di scosse di assestamento;
   nel terremoto hanno perso la vita 295 persone, 386 sono state ferite, mentre 238 persone sono state estratte illese dalle macerie;
   il sisma ha causato la distruzione pressoché completa di interi comuni e loro frazioni, tra i quali Amatrice e Accumoli in provincia di Rieti, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo e Montemonaco in provincia di Ascoli Piceno, oltre che seri danneggiamenti di edifici pubblici e privati in numerosi comuni del Lazio, dell'Abruzzo, delle Marche e dell'Umbria;
   la tempestività e l'operatività dei soccorsi sono state gravemente compromesse dalle condizioni dei territorio, aspro per morfologia e con strade difficilmente percorribili sia a causa del sisma sia a causa di problematiche preesistenti, tanto che secondo quanto dichiarato dal capo della Protezione civile il sistema «si è reso pienamente operativo alle 7 del mattino», mentre in alcune zone colpite i militari e la Protezione civile sono riusciti ad arrivare solo dopo 7/8 ore dalla prima terribile scossa;
   in particolare, la strada statale Salaria, unica arteria di collegamento nei tratti interessati, è ridotta a un eterno cantiere, i cui lavori di ammodernamento e ampliamento vanno a rilento per problemi sorti con la ditta appaltatrice, per gli interventi della Sovraintendenza ai beni architettonici e paesaggistici del Lazio e per il fermo causato da presunte collusioni con la mafia rilevate nelle indagini svolte dalla magistratura di Catania, mentre il termine per il completamento dei lavori, calendarizzato per il 2017, sembra ora slittare ancora, anche a causa dei danni prodotti dall'evento calamitoso del 24 agosto 2016;
   il soccorso sanitario dei feriti è stato reso ancora più complicato dai danni riportati nel sisma dall'ospedale di Amatrice, che negli anni precedenti aveva rischiato di subire un declassamento in «casa della salute»;
   nella notte del terremoto, subito dopo la prima e più violenta scossa, le comunicazioni telefoniche hanno subito un arresto che ha impedito alle vittime di chiedere aiuto, mentre la zona non è sufficientemente coperta dai gestori di telefonia mobile probabilmente perché non ritenuta commercialmente interessante;
   per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la placca africana e quella eurasiatica, l'Italia è la nazione a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, nella quale quasi la metà del territorio – dove vive il 40 per cento della popolazione – è soggetta a un grado di rischio particolarmente elevato;
   dal 1900 a oggi in Italia si sono verificati ben sessanta terremoti che hanno provocato danni gravi, venti dei quali hanno avuto effetti distruttivi tali da causare la morte di centoventimila persone, oltre che la devastazione di interi centri urbani e la paralisi per anni delle attività produttive nelle aree colpite;
   secondo alcuni studi, una percentuale tra il venti e il cinquanta per cento dei decessi in occasione dei terremoti è causata da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l'evento sismico;
   dopo il terremoto del 2002 in Puglia e Molise è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
   il provvedimento ha dettato i principi generali sulla base dei quali le regioni, delegate dallo Stato in base al testo unico delle norme per l'edilizia, devono adottare la classificazione sismica del territorio e compilare l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato l'intero territorio nazionale;
   in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza del 2003, la zona 1, «a sismicità alta» nella quale ricadono 708 comuni, è la zona più pericolosa, soggetta al probabile verificarsi di fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media» che comprende 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre nella zona 4, che in base alla nuova classificazione include le aree precedentemente non catalogate, è considerata «a sismicità molto bassa», comprende 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica è lasciata alle singole regioni;
   l'ordinanza del 2003 è stata aggiornata con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006;
   in seguito al terremoto che ha coinvolto il comune de L'Aquila e i comuni limitrofi il 6 aprile del 2009, con il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 44 milioni di euro per l'anno 2016;
   le somme stanziate, stando a quanto riportato sul sito della Protezione civile, rappresentano solo una minima percentuale, «forse inferiore all'1 per cento, del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche»;
   inoltre, allo stato attuale i finanziamenti si esauriscono con l'anno in corso;
   all'indomani del terremoto, il 25 agosto 2016, il Consiglio dei ministri ha chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di adottare il decreto per il differimento del pagamento dei tributi per i soggetti residenti nei comuni nei quali il terremoto ha provocato danni strutturali di gravità tale da impedire l'assolvimento degli obblighi fiscali da parte dei cittadini;
   in Italia sono oltre ventiquattro milioni le persone che vivono in zone a elevato rischio sismico,

impegna il Governo:

   a riperimetrare le località colpite dal sisma del 24 agosto 2016 ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni, come risultante dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati e, comunque, sismicamente a rischio, adottando criteri selettivi oggettivi;
   a favorire una rapida ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati dal sisma, secondo i più aggiornati criteri anti-sismici ma nel pieno rispetto dell'identità urbanistica e architettonica dei luoghi, senza distinzione tra edifici di residenti e non residenti;
   ad assumere iniziative per proseguire in favore delle popolazioni interessate la sospensione dei pagamenti di tasse e tributi e ad attivarsi con somma urgenza per ricostruire il tessuto produttivo e industriale delle aree colpite dal sisma affinché si possa rimettere in moto l'economia locale;
   ad assumere iniziative per prevedere in favore di tutti i proprietari di case ricadenti nella zona «1» ad alto rischio, sull'intero territorio nazionale, la defiscalizzazione degli interventi volti a mettere in sicurezza la propria abitazione adottando criteri antisismici;
   a dare priorità, nel finanziamento diretto e indiretto dello Stato, alla realizzazione delle infrastrutture adeguate a garantire un efficace e tempestivo sistema di soccorsi: realizzazione di ferrovie, aeroporti, eliporti, costruzione o modernizzazione strade, consolidamento viadotti e gallerie, conclusione delle opere in corso;
   ad assumere iniziative per mantenere la piena operatività degli ospedali delle zone in questione, in raccordo con le regioni, affinché nei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione, non vengano sguarnite di strutture sanitarie fondamentali a garantire la salvaguardia della vita umana e la tempestiva assistenza;
   a garantire attraverso precisi accordi con i gestori di telefonia mobile la copertura delle comunicazioni nelle stesse zone, anche se commercialmente poco interessanti, con ogni strumento e tecnologia possibili e a inserire nelle concessioni l'istituzione di aree wi-fi per scongiurare ogni rischio d'isolamento con possibili drammatiche conseguenze;
   a promuovere campagne d'informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico e realizzare una riduzione del rischio al verificarsi dei terremoti, mettendo in atto una costante e incisiva azione di informazione e sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e da parte degli amministratori pubblici;
   a realizzare un costante monitoraggio dei territorio ai fini del tempestivo aggiornamento della classificazione sismica e della relativa normativa, valutando adeguatamente il pericolo al quale sono esposti il patrimonio abitativo, la popolazione e i sistemi infrastrutturali;
   ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse al fondo per la prevenzione del rischio sismico al fine di consentire la prosecuzione della sua attività nelle prossime annualità di bilancio e per attuare un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più elevato rischio sismico;
   a valutare la possibilità di realizzare politiche di riduzione della vulnerabilità dei singoli edifici finanziate con le risorse destinate al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio;
   ad intervenire presso le istituzioni europee affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento anti-sismico degli edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea flagellati da frequenti movimenti tellurici;
   a promuovere un corretto utilizzo degli strumenti ordinari di pianificazione, per conseguire nel tempo un riassetto del territorio che tenga conto del rischio sismico;
   a tenere conto della perimetrazione del rischio sismico in Italia, che configura una zona rossa dorsale lungo tutta la penisola in senso longitudinale, considerando che la fascia appenninica interessata è tradizionalmente quella meno infrastrutturata e richiede, quindi, un ripensamento del sistema dei collegamenti viari e ferroviari, fin qui organizzati da nord a sud e non da est a ovest per consentire una più veloce capacità d'intervento.
(1-01344)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    alle 3:36 del 24 agosto 2016 le aree interne delle regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo sono state colpite da un sisma di magnitudo 6.0. Le province maggiormente coinvolte sono state quelle di Rieti, Ascoli Piceno e Perugia. Le città che hanno registrato il maggior numero di danni sono quelli di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto;
    questo è stato l'ottavo sisma di magnitudo superiore a 5,6 verificatosi in Italia dal 1980;
    proprio a partire dal 1980 l'Italia si è dotata di una carta della sismicità del Paese che consente di conoscere quali sono le aree soggette a rischio maggiore e, per ogni area, il grado di rischio e il periodo di ritorno;
    proprio grazie a questo lavoro si sa che in Italia circa 24 milioni di persone vivono in zone ad elevato rischio sismico;
    nonostante questo prezioso lavoro, che viene aggiornato periodicamente utilizzando man mano le nuove tecniche di rilevamento ed elaborazione dei dati, ogni evento sismico ci scopre immensamente fragili e impreparati;
    in Italia negli ultimi 150 anni gli eventi sismici con conseguenze distruttive si sono verificati in media una volta ogni 5 anni;
    restringendo il campo di osservazione agli ultimi 50 anni i terremoti gravi sono stati 8, concentrati tra il 1968 e il 2016;
    i terremoti con esiti distruttivi causano numerose vittime e danni ingenti al patrimonio immobiliare privato e pubblico, alle infrastrutture e alle opere d'arte creando notevoli disagi anche a livello sociale con riflessi sull'economia che spesso vanno ben al di là di quanto viene ogni volta conteggiato, stimato e riportato con freddi numeri;
    sono 5 gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno in cui sono disponibili i dati sui consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro, se attualizzati);
    nel novembre del 2014 il Consiglio nazionale degli ingegneri ha stimato in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi, se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna); in sostanza negli ultimi 50 anni è stato versato più del doppio rispetto alle spese sostenute;
    con la legge finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alle emergenze delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto delle Marche e dell'Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa;
    le fasi che seguono il verificarsi di un sisma necessitano di essere codificate e regolamentate con una legge quadro in grado di guidare tutte le operazioni necessarie dettando anche le competenze specifiche, i tempi necessari per l'attuazione e l'erogazione dei fondi;
    ad oggi questa legge quadro non esiste e ogni volta è come se fosse la prima. Si ricorre a fantomatici «modelli» che richiamano a esperienze del passato ma senza essere realmente in grado di calare interventi e tecniche ai casi specifici per loro natura unici;
    ogni volta la macchina riparte da zero e sembra di assistere ad esperimenti, varianti, aggiornamenti;
    per questo motivo si ricorre a decreti di urgenza e ordinanze che si susseguono nei mesi successivi man mano che l'emergenza avanza e si presentano nuove esigenze;
    questo meccanismo rallenta l'erogazione dei fondi e l'attivazione delle procedure necessarie a stabilire l'entità e la tipologia dell'intervento Statale facendo registrare delle disparità tra i diversi eventi che si sono susseguiti negli anni;
    sono molteplici gli aspetti che bisogna tenere in considerazione e ognuno va affrontato in maniera organica e in raccordo con l'azione complessiva che si intende attuare;
    è necessario accelerare i tempi nell'affrontare le fasi dell'emergenza, della ricostruzione e del rilancio delle attività produttive, al fine di evitare di dover ricorrere ogni volta a soluzioni tampone che assorbono ingenti risorse economiche e spesso aggravano le condizioni di disagio della popolazione;
    Alessandro Martelli, ingegnere sismico, presidente del Glis (istituito dall'associazione nazionale italiana di ingegneria sismica) evidenzia che il maggiore fattore di rischio in Italia è legato al fatto che l'80 per cento del costruito risale a prima del 1981, anno in cui a seguito del sisma in Irpina fu introdotto l'obbligo del rispetto delle normative antisismiche per le costruzioni;
    il Consiglio nazionale dei geologi denuncia l'assenza di una mappatura dei fabbricati a rischio compresi quelli pubblici nonostante abbia chiesto più volte a gran voce l'istituzione del fascicolo del fabbricato;
    in Italia, secondo i dati estrapolati dal censimento del 2001, sono presenti 5,2 milioni di abitazioni adibite a seconda casa, ossia il 19,6 per cento del totale. Nei decreti emanati in occasione degli ultimi terremoti si è registrata una elevata disparità di trattamento e regolamentazione per quanto concerne i contributi statali concessi per ristrutturare questa tipologia di proprietà;
    le seconde case sono spesso ubicate nei centri storici dei piccoli borghi, come quelli colpiti e danneggiati dal sisma del 2016, e sono presenti anche all'interno di palazzi multiproprietà. Ad Amatrice è stato stimato che circa il 70 per cento delle case danneggiate fossero appunto seconde case;
    soprattutto nei centri storici dove il tessuto urbano è rappresentato da edifici in continuità gli uni con gli altri è fondamentale consentire gli interventi in maniera diffusa senza distinzione rispetto all'utilizzo;
    in momenti come questi i cittadini coinvolti hanno la necessità di essere informati in maniera puntuale e dettagliata sulle procedure che verranno attivate, sui procedimenti burocratici che dovranno affrontare e a proposito delle possibilità abitative provvisorie tra le quali saranno chiamati a dover scegliere;
    in Emilia Romagna i cittadini che dopo il sisma del 2012 sono stati ospitati nei moduli abitativi provvisori (MAP) hanno dovuto sostenere dei costi molto elevati per quanto riguarda i consumi soprattutto di energia elettrica; inoltre, nonostante ENEL avesse fornito i dati preventivamente alle amministrazioni, è mancata completamente l'informazione verso la popolazione;
    è altresì importante consentire ai cittadini di non allontanarsi dalle proprie terre per cercare di mantenere vivo il senso di comunità e consentire, a chi ne ha ancora la possibilità, di seguire da vicino le proprie attività economiche;
    nei territori colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 si registrano gravi problemi per le attività agro-zootecniche, basti pensare che solo nella zona di Amatrice ci sono più di 600 aziende, con una media di 50 capi a testa;
    oltre ai danni subiti dagli edifici aziendali quali stalle, sale mungitura e laboratori di lavorazione e trasformazione, si registrano notevoli difficoltà a causa dell'interruzione delle strade e il conseguente isolamento degli allevamenti;
    anche le attività che non hanno subito danni diretti a causa del sisma devono però affrontare il calo degli ordinativi legati alla domanda locale con conseguente deperimento dei prodotti ed evidenti danni economici;
    anche gli amministratori devono essere messi nella possibilità di programmare le attività ottenendo informazioni tempestive riguardo agli strumenti di cui possono disporre e devono altresì essere direttamente coinvolti in tutte le fasi di emergenza e post emergenza ed è necessario prevedere delle misure straordinarie che consentono di sbloccare e poter utilizzare i fondi che hanno a disposizione;
    tutte le misure intraprese per mitigare il rischio sismico e quelle messe in atto nel post emergenza esauriscono presto i loro effetti se non vengono inserite in un progetto di lunga durata che non può essere privo di un sistema di diffusione delle informazioni facilmente consultabile e trasparente;
    le popolazioni colpite dal sisma devono essere informate sui provvedimenti messi in piedi dal Governo riguardo alle agevolazioni fiscali come la sospensione del pagamento delle tasse e devono essere certi i tempi di validità degli stessi;
    ad oggi per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016 è stato fissato il termine di validità della sospensione al 31 dicembre 2016;
    nelle esperienze passate non pochi disagi hanno creato le richieste di pagamento delle tasse sospese, pervenute dopo la fine della fase di emergenza. Per ovviare a questo problema una delle informazioni alle quali bisognerebbe dare accesso è quella della contabilità aggiornata degli importi che si stanno accantonando;
    all'interno di questo aspetto va inserita anche l'attività di prevenzione del rischio sismico che può passare attraverso l'informazione e la formazione; questo significa che tra i sistemi utili a limitare gli effetti distruttivi di un terremoto rientra a pieno titolo una conoscenza della sismicità del proprio territorio e una corretta informazione sui comportamenti da adottare prima, durante e dopo un evento sismico;
    secondo il XIV rapporto di Cittadinanzattiva sulla sicurezza, qualità, accessibilità a scuola presentato il 21 settembre 2016, nel 15 per cento delle scuole statali sono state riscontrate lesioni strutturali, mentre solo il 35 per cento delle scuole del campione monitorato possiede il certificato di agibilità statica; un istituto scolastico su tre si trova in zone ad elevata sismicità e soltanto l'8 per cento è stato progettato secondo la normativa antisismica;
    nonostante gran parte del territorio della regione Abruzzo sia classificato nelle fasce ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2), da un'analisi dei dati riguardanti l'adeguamento alla normativa tecnica antisismica degli edifici scolastici statali inseriti sul portale «Scuole in Chiaro» (fonte istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), è stato riscontrato che circa il 75 per cento degli immobili scolastici non risulta adeguato a tale normativa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per costituire un fondo di rotazione, nell'ambito della prossima manovra di bilancio, al fine di supportare anche gli interventi minori per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa (prima e seconda casa) e ad uso produttivo danneggiati dall'evento sismico, in misura adeguata e sufficiente a coprire integralmente le spese sostenute, tenendo nella debita considerazione le condizioni di sicurezza preesistenti dell'immobile e previa verifica del nesso di causalità tra sisma e danno;
   a garantire la ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati dal sisma, ivi comprese le seconde case, con copertura totale dei danni subiti anche per gli immobili ricadenti in classe A;
   ad adottare iniziative per concedere indennizzi alle attività produttive danneggiate dagli eventi calamitosi, per il ripristino delle scorte andate distrutte o per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all'esercizio delle attività, comprensivi della quantificazione dell'eventuale lucro cessante in ragione dell'interruzione dell'attività produttiva;
   ad assumere iniziative finalizzate ad autorizzare l'utilizzo degli avanzi di gestione degli enti locali e ad escludere dai vincoli del pareggio di bilancio, per gli anni dal 2016 al 2020 incluso, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalla regione, dalla provincia e dai comuni, nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza sismica, alle conseguenti opere di ripristino e ad opere di prevenzione e mitigazione del rischio sismico, nonché per l'assunzione temporanea di personale di supporto all'attività amministrativa comunale per fronteggiare il periodo di emergenza e di ricostruzione;
   a realizzare una rete di assistenza psicologica nei confronti dei familiari delle vittime e delle persone coinvolte nella calamità che resti operativa anche dopo la fase emergenziale e nel periodo della ricostruzione;
   a fornire in via prioritaria una soluzione abitativa che garantisca ai cittadini di rimanere, per quanto possibile, in prossimità delle loro residenze, consentendo ad essi, fintanto che la propria casa non risulti agibile, di scegliere tra un contributo di autonoma sistemazione o la «casetta provvisoria» e garantendo, comunque, in questo ultimo caso, l'accesso al contributo di autonoma sistemazione, qualora la casetta provvisoria non fosse pronta, impegnandosi ad estendere tali misure, non solo ai proprietari delle rispettive abitazioni, ma anche ai residenti affittuari fintanto che non sia completata la fase di ricostruzione;
   ad assumere – utilizzando a tal fine le risorse previste dal fondo di garanzia per le opere idriche, di cui all'articolo 58 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» – le iniziative di competenza affinché nella stesura del primo provvedimento organico con il quale verranno dettagliate le regole per la fase di emergenza e per la fase di ricostruzione, siano previste delle misure specifiche per la messa in sicurezza del sistema di approvvigionamento e distribuzione della risorsa idrica proveniente, dal sistema di captazione di Capodacqua e del sistema di captazione di Pescara del Tronto, anche attraverso l'avvio in tempi rapidi e certi, di un tavolo di concertazione con gli enti competenti regionali in materia, al fine di stabilire e programmare gli interventi da farsi nel breve-medio periodo riguardanti in particolar modo: la variante del tratto di adduzione in zona Montegallo per innesco frana, realizzazione di condotta di «by pass» e messa in sicurezza dei tratti di adduzione compresi tra Capodacqua e Borgo d'Arquata, la variante di tracciato tratto Capodacqua – Borgo d'Arquata, la variante di tracciato dell'acquedotto del Pescara, tratto Novele – Ponte Marese, nonché quindi la realizzazione di un sistema di emergenza in grado di sopperire a eventuali cadute della portata o compromissione dell'infrastruttura principale, sempre compatibilmente con la risorsa ambientale, adoperandosi, per il tramite del commissario governativo affinché vengano avviati immediatamente, di concerto con l'ATO e l'ente gestore di riferimento, monitoraggi, studi e approfondimenti, anche in virtù di possibili altre scosse sismiche che si potrebbero verificare nel breve periodo;
   a valutare la possibilità di prevedere, sulla base di un'adeguata analisi costi-benefici, il reimpiego dei moduli abitativi provvisori utilizzati per i precedenti eventi sismici, attualmente inutilizzati e purché il loro stato di conservazione sia pienamente compatibile con la loro funzione;
   ad assumere iniziative per disporre la sospensione e rimodulazione del piano di ammortamento dei mutui sulle case inagibili fino al ripristino dell'agibilità dell'edificio, senza oneri aggiuntivi per il mutuatario;
   ad attivarsi affinché chi svolge attività imprenditoriale fuori dai centri abitati possa collocare, ove possibile, la casetta provvisoria nel sito di proprietà ove sia situato il proprio stabilimento produttivo, garantendo la prossimità al luogo di lavoro;
   al fine di consentire alle regioni i cui territori sono stati interessati dal sisma di poter disporre di risorse aggiuntive da destinare al rilancio del settore agricolo ed agroindustriale, ad assumere iniziative affinché la quota di cofinanziamento regionale dei programmi di sviluppo rurale 2014-2020 sia coperta con risorse nazionali almeno per la quota di spesa, a valere su risorse regionali, ad oggi impegnata dalle amministrazioni titolari dei programmi;
   ad assumere iniziative per consentire ai titolari di esercizi commerciali situati nei centri abitati e non più agibili di proseguire la propria attività in box o moduli produttivi provvisori;
   ad intraprendere ogni intervento volto a compensare le aziende dai danni economici derivanti dalla momentanea cessazione dell'attività, quali il mancato reddito, con particolare attenzione alle perdite subite dalle imprese del turismo e del commercio così come previsto dal regolamento Unione Europea n. 651/2014;
   ad attivare, anche attraverso gli strumenti previsti da ISMEA, ogni utile azione volta a sostenere le aziende agricole danneggiate, in particolare per l'acquisto di mangimi, per la sostituzione o riparazione delle attrezzature di lavoro e degli impianti danneggiati, per la riparazione dei ricoveri per animali e magazzini per lo stoccaggio dei prodotti nonché per il ripristino delle vie di accesso ai fondi;
   ad adottare urgenti iniziative normative finalizzate ad autorizzare in questa prima fase il trattamento salariale in deroga ovvero forme di sostegno al reddito, analoghe al trattamento salariale di cassa integrazione guadagni, con relativa contribuzione figurativa a favore dei lavoratori subordinati del settore privato tuttora impossibilitati a prestare attività lavorativa a seguito degli eventi sismici, nei confronti dei quali non trovino applicazione le vigenti disposizioni in materia di interventi a sostegno del reddito, nonché a favore del personale dipendente da imprese del turismo e del commercio e delle imprese artigiane ed industriali che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari o che li hanno esauriti;
   ad adottare iniziative normative volte ad individuare forme di ammortizzatori sociali o sostegno al reddito anche a favore di lavoratori autonomi (piccole e medie ditte individuali e ditte familiari) e liberi professionisti, di collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi, ivi compresi i titolari di attività di impresa e professionali, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa degli eventi sismici;
   ad adottare iniziative volte alla sospensione delle scadenze e dei termini INPS per gli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per lavoro dipendente privato subordinato o per altre tipologie di lavoro coordinate o alle dipendenze di datori di lavoro privati (esempio co.co.co., co.co.pro. laddove ancora in essere);
   a prevedere iniziative in deroga alla disciplina dei criteri, requisiti e condizioni ordinari di accesso alla «NASPI» per i lavoratori stagionali dipendenti da imprese del turismo, agrituristiche e agricole, nonché per i lavoratori agricoli stagionali, interessati dal sisma;
   ad assumere iniziative volte a prevedere altre forme di sostegno ai lavoratori dipendenti delle imprese in temporanea difficoltà in esito agli eventi sismici quali forme di garanzia su anticipazione da parte di banche del trattamento di integrazione salariale, su anticipazione retribuzione nel caso di ritardo superiore a tre mesi, e a fronte della sospensione delle rate di mutuo immobiliare in caso di perdita del posto di lavoro;
   ad assumere iniziative per prevedere a disporre per gli aventi titolo, l'anticipazione del 70 per cento dei pagamenti a valere sulla politica agricola comune;
   a promuovere misure per la sospensione temporanea dei pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione INAIL (aziende, lavoratori autonomi e dipendenti);
   a costituire uffici speciali per la ricostruzione, gestiti direttamente dalla struttura commissariale in collaborazione con i comuni, senza disperdere la filiera della ricostruzione con le imprese anche locali facendo sì che garantiscano, altresì, i servizi di uno sportello unico per il cittadino, che segua l'intera fase della ricostruzione, a tale scopo assumendo iniziative per uniformare la normativa per la ricostruzione in tutti i comuni colpiti dal sisma, anche se ricadenti in Regioni diverse;
   a promuovere strumenti di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini per una ricostruzione condivisa, prevedendo all'interno degli uffici speciali per la ricostruzione un tavolo di concertazione con i cittadini, parti sociali e ordini tecnici, coordinato da un Osservatorio nazionale;
   ad incentivare e promuovere le reti di economia solidale, quali i gruppi di acquisto solidale, al fine di rilanciare le produzioni agricole locali;
   ad assicurare che le aziende che intendano partecipare ai lavori di ricostruzione, anche su immobili di proprietà privata, siano inserite nella « white list», verificando la regolarità attraverso le prefetture;
   a garantire che le informazioni sulla ricostruzione siano digitalizzate e inserite in apposita banca dati accessibile al cittadino, nonché ai tecnici e professionisti impegnati negli interventi di ricostruzione;
   ad eseguire il controllo sul rispetto delle norme per la sicurezza degli edifici sul 100 per cento degli interventi di ricostruzione escludendo verifiche a campione;
   a predisporre per i territori dei comuni interessati dal sisma, misure di agevolazione fiscale, in applicazione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), articolo 107, paragrafo 2, lettera b), e coerentemente al regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, incaricando il CIPE ed il Ministro dello sviluppo economico, affinché assumano le iniziative necessarie all'individuazione ed alla perimetrazione di zone franche urbane, ai sensi dell'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni sulla base di parametri fisici e socioeconomici rappresentativi degli effetti provocati dagli eventi calamitosi sul tessuto economico e produttivo;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo di compensazione per i mancati introiti da imposizione fiscale (IMU, TASI e TARES) per tutti i comuni del cratere;
   ad assumere iniziative per prorogare, per i comuni del cratere, fino al 1o gennaio 2017 il termine di entrata in vigore dell'obbligo di gestione associata obbligatoria delle funzioni comunali previsto per tutti i comuni con meno di 5.000 abitanti o 3.000 se appartenenti a comunità montane;
   ad assumere iniziative per prevedere una rimodulazione dei mutui contratti dai comuni con Cassa depositi e prestiti s.p.a., che garantisca un periodo di ammortamento delle rate sospese nel 2013 e 2014 più lungo rispetto a quanto è stato previsto con l'articolo 1, comma 356, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
   ad assumere iniziative per garantire ai comuni un contributo straordinario, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, per assicurare la continuità dei servizi primari garantiti dalle multiservizi del cratere;
   a verificare, di concerto con la regione Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, entro quindici giorni dall'approvazione del presente atto, la sussistenza di finanziamenti statali, regionali e comunitari che possano essere utilizzati nell'immediato per procedere ai lavori strutturali necessari al ripristino degli immobili pubblici e privati danneggiati e al sostegno delle famiglie e aziende che hanno subito danni a causa degli eventi sismici;
   a verificare in primis, in ordine ai fondi comunitari, se si sia proceduto a presentare domanda per l'accesso finanziamenti del fondo di solidarietà dell'Unione europea per le grandi calamità, e, in caso affermativo, ad informare le competenti Commissioni parlamentari se essa sia stata accolta e di quale sia l'entità dei finanziamenti ai quali si è avuto accesso;
   a valutare, in virtù della necessità e dell'emergenza, l'ulteriore opportunità di individuare risorse su fondi strutturali, e di investimento europei relativi alla programmazione 2014-2020;
   ad assumere, nel caso di fondi ancora insufficienti, a seguito della verifica effettuata, iniziative normative che prevedano la possibilità di reperire fondi adeguati, in relazione in primo luogo ai danni derivanti dagli eventi sismici richiamati in premessa, anche attraverso l'aumento della tassazione sui giochi d'azzardo e attraverso la riduzione ulteriore delle indennità di parlamentari, sindaci, presidenti di regione, consiglieri comunali e regionali;
   ad assumere tutte le iniziative volte ad ottenere finanziamenti finalizzati alla realizzazione di un piano per il recupero, la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale danneggiato dagli eventi richiamati in premessa, nonché da altre calamità naturali;
   ad assumere iniziative per vincolare il maggior gettito fiscale derivante delle accise sui carburanti per affrontare l'emergenza terremoto alla messa in sicurezza strutturale degli edifici a partire da quella sismica del patrimonio edilizio esistente;
   a definire un programma di prevenzione ambientale di medio e lungo termine, attraverso una normativa specifica nazionale di messa in sicurezza del territorio e ad assumere iniziative per predisporre un testo unico delle emergenze che definisca con chiarezza, procedure, tempistiche e risorse in caso di eventi calamitosi e includa, tra l'altro: il superamento delle criticità del coordinamento fra forze civili e militari, l'organizzazione di presidi territoriali su aree a maggiore rischio, l'attivazione immediata di centri emergenza «dormienti», le strutture da coinvolgere per l'assistenza dei feriti e per l'accoglienza dei senza tetto e degli sfollati, anche introducendo una specifica regolamentazione dei processi di solidarietà (raccolta sangue, generi alimentari e altre donazioni), la garanzia dei servizi essenziali alla comunità nel post-evento, sgravi fiscali, assicurando il rispetto della legalità attraverso iniziative normative volte alla immediata attivazione di uffici speciali territoriali dell'ANAC e alla definizione di articolazioni specializzate delle procure e di sezioni specializzate della magistratura giudicante ordinaria e contabile;
   a migliorare il coordinamento dei vari enti ed organismi che hanno competenza in materia di rischio sismico, anche mediante una coerente, razionale ed efficiente redistribuzione delle competenze e attraverso semplificazioni delle procedure burocratiche ed amministrative che riguardano la gestione delle emergenze e la pianificazione e realizzazione delle opere di prevenzione e mitigazione;
   a prevedere il divieto di realizzare nuove opere come stoccaggi, estrazione di idrocarburi, reiniezione di fluidi che influenzano le dinamiche del sottosuolo ed il rischio sismico (fenomeno della sismicità indotta) in presenza di faglie sismogenetiche attive;
   ad assumere iniziative per istituire la settimana della sicurezza e della prevenzione sismica attraverso esercitazioni e simulazioni periodiche anti-sisma che coinvolgano la popolazione così da verificare l'effettiva conoscenza e applicazione dei piani comunali di emergenza, con particolare attenzione alle esercitazioni svolte in scuole di ogni ordine e grado con conseguente monitoraggio delle aree in cui tali esercitazione e simulazioni si siano svolte o debbano essere ancora svolte;
   ad avviare su scala nazionale la campagna «La prevenzione è tua amica» utilizzando lo strumento della «Pubblicità Progresso» attraverso le reti TV, radio e siti web, per diffondere le norme di comportamento da tenersi prima, durante e dopo un terremoto e suggerire le verifiche periodiche sulla sicurezza sismica ed impiantistica degli spazi in cui si vive e lavora, e valutare la possibilità di fornire le necessarie informazioni sulle predette norme di comportamento attraverso opportune forme di comunicazione istituzionale o delle aziende di fornitura dei servizi;
   ad avviare, per quanto di competenza e anche attraverso un'interlocuzione con le regioni e con la protezione civile nazionale, un monitoraggio sui piani comunali di emergenza esistenti per verificare che siano correttamente e periodicamente aggiornati, e se siano adeguati all'organizzazione e gestione delle comunità territoriali colpite da eventi calamitosi, anche attraverso iniziative normative volte ad individuare un organo, a livello nazionale, cui sia affidato il compito di valutare i piani di emergenza elaborati a livello territoriale; inoltre, ad assumere iniziative volte a attivare i poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali ancora inadempienti in modo da garantire che ogni singolo comune sia dotato di uno strumento efficace per affrontare eventuali situazioni di emergenza, anche in coordinamento con i territori confinanti, e che il contenuto di tali piani sia adeguatamente conosciuto dalla cittadinanza;
   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di destinare risorse aggiuntive per la formazione e l'informatizzazione degli uffici tecnici comunali e regionali anche per acquisire specifiche competenze e professionalità in ambito emergenziale;
   ad assumere iniziative per procedere ad una revisione dei vigenti strumenti normativi e fiscali per la realizzazione degli interventi di adeguamento e miglioramento antisismico delle costruzioni;
   a tenere costantemente informate le commissioni parlamentari competenti in materia al fine di un'ampia condivisione delle scelte per quanto riguarda l'individuazione delle linee guida per gli interventi, il reperimento dei fondi necessari e l'attivazione dei meccanismi per destinare le risorse disponibili prioritariamente verso i progetti di adeguamento e miglioramento sismico;
   ad assumere iniziative per completare, anche prevedendo il commissariamento dell'amministrazione locale di riferimento, entro il 31 dicembre 2020, la verifica sismica delle opere infrastrutturali e degli edifici strategici e rilevanti prevista dal Opcm 3274/2003, e a pubblicare nei siti istituzionali del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare, oltre che nei siti istituzionali dei comuni e delle regioni classificati almeno a rischio 1 e 2, l'elenco di tutti gli edifici verificati e da verificare, il livello di sicurezza nei vari ambiti, il quadro delle somme da erogare o erogate, nonché l'elenco delle opere realizzate e di quelle in corso d'opera e tutti gli ulteriori adempimenti previsti nella citata ordinanza, prevedendo che all'esito della verifica, e comunque, entro il 31 dicembre 2020, all'ingresso di ogni edificio oggetto della citata ordinanza, sia installato in maniera facilmente visibile dai cittadini, un cartello con l'indicazione del tipo di verifica di sicurezza effettuata sull'edificio;
   ad assumere iniziative per prevedere che tali adempimenti siano estesi alle strutture ricettive aventi più di 30 posti letto nonché agli edifici prospicienti le vie di fuga e alle aree di raccolta individuate dai vari piani di sicurezza comunali, accompagnando ogni misura prevista nel presente impegno con un regime sanzionatorio per le amministrazioni inadempienti, anche attraverso la riduzione dei trasferimenti statali ed una sanzione pecuniaria per i privati commisurata alla durata e alla gravità dell'inadempimento i cui proventi siano versati nel «fondo di rotazione per la verifica di sicurezza»;
   ad assumere iniziative finalizzate ad autorizzare l'utilizzo degli avanzi di gestione degli enti locali e ad escludere dai vincoli del pareggio di bilancio le spese relative agli interventi di ristrutturazione edilizia, definiti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, di edifici pubblici con criteri antisismici, nonché gli interventi strutturali di adeguamento e di miglioramento sismici di edifici pubblici, in cui la riduzione della vulnerabilità sismica sia opportunamente attestata in fase di progettazione e verificata in fase di collaudo dalla perizia di un professionista idoneo, o di personale tecnico interno specializzato;
    a valutare la possibilità di introdurre agevolazioni fiscali, anche al 100 per cento in 10 anni, per le spese sostenute per la verifica periodica da effettuarsi obbligatoriamente ogni 10 anni, della «valutazione di sicurezza» di tutti gli edifici pubblici e privati a partire dalle aree classificate a rischio 1, 2 e 3 e conseguentemente ad assumere iniziative per costituire entro il 31 dicembre 2016 un «fondo di rotazione per la verifica di sicurezza» a cui possono accedere le amministrazioni o i cittadini che dimostrino di non potere provvedere entro il 31 dicembre 2016 alla redazione di tale verifica e prevedere l'apposizione su ogni edificio di un cartello recante l'esito della verifica;
   ad assumere iniziative per prevedere la stabilizzazione dell’«ecobonus» anche per gli interventi di adeguamento sismico degli edifici in misura non inferiore al 75 per cento;
   a garantire, nelle more della revisione della normativa di cui ai punti precedenti, l'immediata emanazione delle circolari e dei decreti attuativi, senza i quali non è possibile attualmente avvalersi delle agevolazioni;
   ad assumere iniziative per prevedere altre forme di indennizzo del « bonus» fiscale sopra citato per coloro che non hanno capienza fiscale;
   ad assumere iniziative per prevedere l'obbligo di adeguamento sismico di tutti gli edifici pubblici, partendo dalle zone a più alto rischio, zona 1 e zona 2, entro il mese di dicembre 2022;
   ad assumere iniziative per definire le modalità in cui gli uffici della pubblica amministrazione per tutte le nuove costruzioni istituiscano un database comune agli uffici preposti al controllo del territorio affinché si possano facilmente digitalizzare, tutte le dotazioni e manutenzioni anche certificate degli immobili di nuova costruzione, compresa la manutenzione dell'edificio e della sua impiantistica, che riporti tutti gli interventi manutentivi, ordinari e straordinari, effettuati, nonché l'esatta localizzazione degli elaborati progettuali accessibili ai proprietari, compreso il certificato di agibilità del fabbricato, prevedendo che tali informazioni siano aggiornate ogni 10 anni e che le stesse siano consultabili e integrabili al piano di sicurezza comunale;
   a verificare lo stato di utilizzo delle risorse stanziate dalla legge n. 190 del 2014 (stabilità 2015) e dalla legge n. 208 del 2015 (stabilità 2016) per il recupero delle aree degradate, valutando l'opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e i comuni interessati dagli eventi sismici, di utilizzare tali somme per le verifiche di sicurezza sugli edifici agibili dei comuni medesimi;
   a predisporre un piano di edilizia scolastica, prioritariamente riferito ai territori classificati ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2), al fine di adeguare gli edifici di ogni ordine e grado secondo la normativa tecnica antisismica, assicurando, nel contempo, che gli alunni e gli studenti frequentino strutture adeguate;
   a completare, quanto prima, la ricostruzione delle strutture di ricovero per gli animali da allevamento in prossimità dei siti produttivi e consentire la fruibilità di strutture mobili per la mungitura e la macellazione nonché la fornitura e il trasporto di foraggio anche in collaborazione con le associazioni di categoria;
   ad escludere gli eventuali contributi ottenuti dalle imprese a titolo di risarcimento dal computo del massimale previsto dalla regola del de minimis;
   a valutare la possibilità di estendere le agevolazioni destinate alle aziende e imprese delle aree colpite dal sisma a quelle situate nelle zone limitrofe e che abbiano comunque subito un danno alla propria attività economica, individuando a tal fine forme e modalità di intervento.
(1-01358) «Terzoni, Massimiliano Bernini, Mannino, Ferraresi, Crippa, Ciprini, Agostinelli, Alberti, De Rosa, Vacca, Luigi Di Maio, Zolezzi, Castelli, Sibilia, Villarosa, Busto, Daga, Micillo, Cecconi, Colletti, Gallinella, Lombardi, Frusone, Baroni, Di Battista, Ruocco, Vignaroli, Del Grosso».


   La Camera,
   premesso che:
    alle 3:36 del 24 agosto 2016 le aree interne delle regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo sono state colpite da un sisma di magnitudo 6.0. Le province maggiormente coinvolte sono state quelle di Rieti, Ascoli Piceno e Perugia. Le città che hanno registrato il maggior numero di danni sono quelli di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto;
    questo è stato l'ottavo sisma di magnitudo superiore a 5,6 verificatosi in Italia dal 1980;
    proprio a partire dal 1980 l'Italia si è dotata di una carta della sismicità del Paese che consente di conoscere quali sono le aree soggette a rischio maggiore e, per ogni area, il grado di rischio e il periodo di ritorno;
    proprio grazie a questo lavoro si sa che in Italia circa 24 milioni di persone vivono in zone ad elevato rischio sismico;
    nonostante questo prezioso lavoro, che viene aggiornato periodicamente utilizzando man mano le nuove tecniche di rilevamento ed elaborazione dei dati, ogni evento sismico ci scopre immensamente fragili e impreparati;
    in Italia negli ultimi 150 anni gli eventi sismici con conseguenze distruttive si sono verificati in media una volta ogni 5 anni;
    restringendo il campo di osservazione agli ultimi 50 anni i terremoti gravi sono stati 8, concentrati tra il 1968 e il 2016;
    i terremoti con esiti distruttivi causano numerose vittime e danni ingenti al patrimonio immobiliare privato e pubblico, alle infrastrutture e alle opere d'arte creando notevoli disagi anche a livello sociale con riflessi sull'economia che spesso vanno ben al di là di quanto viene ogni volta conteggiato, stimato e riportato con freddi numeri;
    sono 5 gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno in cui sono disponibili i dati sui consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro, se attualizzati);
    nel novembre del 2014 il Consiglio nazionale degli ingegneri ha stimato in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi, se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna); in sostanza negli ultimi 50 anni è stato versato più del doppio rispetto alle spese sostenute;
    con la legge finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alle emergenze delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto delle Marche e dell'Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa;
    le fasi che seguono il verificarsi di un sisma necessitano di essere codificate e regolamentate con una legge quadro in grado di guidare tutte le operazioni necessarie dettando anche le competenze specifiche, i tempi necessari per l'attuazione e l'erogazione dei fondi;
    ad oggi questa legge quadro non esiste e ogni volta è come se fosse la prima. Si ricorre a fantomatici «modelli» che richiamano a esperienze del passato ma senza essere realmente in grado di calare interventi e tecniche ai casi specifici per loro natura unici;
    ogni volta la macchina riparte da zero e sembra di assistere ad esperimenti, varianti, aggiornamenti;
    per questo motivo si ricorre a decreti di urgenza e ordinanze che si susseguono nei mesi successivi man mano che l'emergenza avanza e si presentano nuove esigenze;
    questo meccanismo rallenta l'erogazione dei fondi e l'attivazione delle procedure necessarie a stabilire l'entità e la tipologia dell'intervento Statale facendo registrare delle disparità tra i diversi eventi che si sono susseguiti negli anni;
    sono molteplici gli aspetti che bisogna tenere in considerazione e ognuno va affrontato in maniera organica e in raccordo con l'azione complessiva che si intende attuare;
    è necessario accelerare i tempi nell'affrontare le fasi dell'emergenza, della ricostruzione e del rilancio delle attività produttive, al fine di evitare di dover ricorrere ogni volta a soluzioni tampone che assorbono ingenti risorse economiche e spesso aggravano le condizioni di disagio della popolazione;
    Alessandro Martelli, ingegnere sismico, presidente del Glis (istituito dall'associazione nazionale italiana di ingegneria sismica) evidenzia che il maggiore fattore di rischio in Italia è legato al fatto che l'80 per cento del costruito risale a prima del 1981, anno in cui a seguito del sisma in Irpina fu introdotto l'obbligo del rispetto delle normative antisismiche per le costruzioni;
    il Consiglio nazionale dei geologi denuncia l'assenza di una mappatura dei fabbricati a rischio compresi quelli pubblici nonostante abbia chiesto più volte a gran voce l'istituzione del fascicolo del fabbricato;
    in Italia, secondo i dati estrapolati dal censimento del 2001, sono presenti 5,2 milioni di abitazioni adibite a seconda casa, ossia il 19,6 per cento del totale. Nei decreti emanati in occasione degli ultimi terremoti si è registrata una elevata disparità di trattamento e regolamentazione per quanto concerne i contributi statali concessi per ristrutturare questa tipologia di proprietà;
    le seconde case sono spesso ubicate nei centri storici dei piccoli borghi, come quelli colpiti e danneggiati dal sisma del 2016, e sono presenti anche all'interno di palazzi multiproprietà. Ad Amatrice è stato stimato che circa il 70 per cento delle case danneggiate fossero appunto seconde case;
    soprattutto nei centri storici dove il tessuto urbano è rappresentato da edifici in continuità gli uni con gli altri è fondamentale consentire gli interventi in maniera diffusa senza distinzione rispetto all'utilizzo;
    in momenti come questi i cittadini coinvolti hanno la necessità di essere informati in maniera puntuale e dettagliata sulle procedure che verranno attivate, sui procedimenti burocratici che dovranno affrontare e a proposito delle possibilità abitative provvisorie tra le quali saranno chiamati a dover scegliere;
    in Emilia Romagna i cittadini che dopo il sisma del 2012 sono stati ospitati nei moduli abitativi provvisori (MAP) hanno dovuto sostenere dei costi molto elevati per quanto riguarda i consumi soprattutto di energia elettrica; inoltre, nonostante ENEL avesse fornito i dati preventivamente alle amministrazioni, è mancata completamente l'informazione verso la popolazione;
    è altresì importante consentire ai cittadini di non allontanarsi dalle proprie terre per cercare di mantenere vivo il senso di comunità e consentire, a chi ne ha ancora la possibilità, di seguire da vicino le proprie attività economiche;
    nei territori colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 si registrano gravi problemi per le attività agro-zootecniche, basti pensare che solo nella zona di Amatrice ci sono più di 600 aziende, con una media di 50 capi a testa;
    oltre ai danni subiti dagli edifici aziendali quali stalle, sale mungitura e laboratori di lavorazione e trasformazione, si registrano notevoli difficoltà a causa dell'interruzione delle strade e il conseguente isolamento degli allevamenti;
    anche le attività che non hanno subito danni diretti a causa del sisma devono però affrontare il calo degli ordinativi legati alla domanda locale con conseguente deperimento dei prodotti ed evidenti danni economici;
    anche gli amministratori devono essere messi nella possibilità di programmare le attività ottenendo informazioni tempestive riguardo agli strumenti di cui possono disporre e devono altresì essere direttamente coinvolti in tutte le fasi di emergenza e post emergenza ed è necessario prevedere delle misure straordinarie che consentono di sbloccare e poter utilizzare i fondi che hanno a disposizione;
    tutte le misure intraprese per mitigare il rischio sismico e quelle messe in atto nel post emergenza esauriscono presto i loro effetti se non vengono inserite in un progetto di lunga durata che non può essere privo di un sistema di diffusione delle informazioni facilmente consultabile e trasparente;
    le popolazioni colpite dal sisma devono essere informate sui provvedimenti messi in piedi dal Governo riguardo alle agevolazioni fiscali come la sospensione del pagamento delle tasse e devono essere certi i tempi di validità degli stessi;
    ad oggi per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016 è stato fissato il termine di validità della sospensione al 31 dicembre 2016;
    nelle esperienze passate non pochi disagi hanno creato le richieste di pagamento delle tasse sospese, pervenute dopo la fine della fase di emergenza. Per ovviare a questo problema una delle informazioni alle quali bisognerebbe dare accesso è quella della contabilità aggiornata degli importi che si stanno accantonando;
    all'interno di questo aspetto va inserita anche l'attività di prevenzione del rischio sismico che può passare attraverso l'informazione e la formazione; questo significa che tra i sistemi utili a limitare gli effetti distruttivi di un terremoto rientra a pieno titolo una conoscenza della sismicità del proprio territorio e una corretta informazione sui comportamenti da adottare prima, durante e dopo un evento sismico;
    secondo il XIV rapporto di Cittadinanzattiva sulla sicurezza, qualità, accessibilità a scuola presentato il 21 settembre 2016, nel 15 per cento delle scuole statali sono state riscontrate lesioni strutturali, mentre solo il 35 per cento delle scuole del campione monitorato possiede il certificato di agibilità statica; un istituto scolastico su tre si trova in zone ad elevata sismicità e soltanto l'8 per cento è stato progettato secondo la normativa antisismica;
    nonostante gran parte del territorio della regione Abruzzo sia classificato nelle fasce ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2), da un'analisi dei dati riguardanti l'adeguamento alla normativa tecnica antisismica degli edifici scolastici statali inseriti sul portale «Scuole in Chiaro» (fonte istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), è stato riscontrato che circa il 75 per cento degli immobili scolastici non risulta adeguato a tale normativa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per costituire un fondo di rotazione, nell'ambito della prossima manovra di bilancio, al fine di supportare anche gli interventi minori per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa (prima e seconda casa) e ad uso produttivo danneggiati dall'evento sismico, in misura adeguata e sufficiente a coprire integralmente le spese sostenute, tenendo nella debita considerazione le condizioni di sicurezza preesistenti dell'immobile e previa verifica del nesso di causalità tra sisma e danno;
   a garantire la ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati dal sisma, ivi comprese le seconde case, con copertura totale dei danni subiti anche per gli immobili ricadenti in classe A;
   ad adottare iniziative per concedere indennizzi alle attività produttive danneggiate dagli eventi calamitosi, per il ripristino delle scorte andate distrutte o per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all'esercizio delle attività;
   a realizzare una rete di assistenza psicologica nei confronti dei familiari delle vittime e delle persone coinvolte nella calamità che resti operativa anche dopo la fase emergenziale e nel periodo della ricostruzione;
   a valutare la possibilità di prevedere, sulla base di un'adeguata analisi costi-benefici, il reimpiego dei moduli abitativi provvisori utilizzati per i precedenti eventi sismici, attualmente inutilizzati e purché il loro stato di conservazione sia pienamente compatibile con la loro funzione;
   ad assumere iniziative per disporre la sospensione e rimodulazione del piano di ammortamento dei mutui sulle case inagibili fino al ripristino dell'agibilità dell'edificio, senza oneri aggiuntivi per il mutuatario;
   ad attivarsi affinché chi svolge attività imprenditoriale fuori dai centri abitati possa collocare, ove possibile, la casetta provvisoria nel sito di proprietà ove sia situato il proprio stabilimento produttivo, garantendo la prossimità al luogo di lavoro;
   al fine di consentire alle regioni i cui territori sono stati interessati dal sisma di poter disporre di risorse aggiuntive da destinare al rilancio del settore agricolo ed agroindustriale, ad assumere iniziative affinché la quota di cofinanziamento regionale dei programmi di sviluppo rurale 2014-2020 sia coperta con risorse nazionali almeno per la quota di spesa, a valere su risorse regionali, ad oggi impegnata dalle amministrazioni titolari dei programmi;
   ad assumere iniziative per consentire ai titolari di esercizi commerciali situati nei centri abitati e non più agibili di proseguire la propria attività in box o moduli produttivi provvisori;
   ad intraprendere ogni intervento volto a compensare le aziende dai danni economici derivanti dalla momentanea cessazione dell'attività, con particolare attenzione alle perdite subite dalle imprese del turismo e del commercio così come previsto dal regolamento Unione Europea n. 651/2014;
   ad attivare, anche attraverso gli strumenti previsti da ISMEA, ogni utile azione volta a sostenere le aziende agricole danneggiate, in particolare per l'acquisto di mangimi, per la sostituzione o riparazione delle attrezzature di lavoro e degli impianti danneggiati, per la riparazione dei ricoveri per animali e magazzini per lo stoccaggio dei prodotti nonché per il ripristino delle vie di accesso ai fondi;
   ad adottare urgenti iniziative normative finalizzate ad autorizzare in questa prima fase il trattamento salariale in deroga ovvero forme di sostegno al reddito, analoghe al trattamento salariale di cassa integrazione guadagni, con relativa contribuzione figurativa a favore dei lavoratori subordinati del settore privato tuttora impossibilitati a prestare attività lavorativa a seguito degli eventi sismici, nei confronti dei quali non trovino applicazione le vigenti disposizioni in materia di interventi a sostegno del reddito, nonché a favore del personale dipendente da imprese del turismo e del commercio e delle imprese artigiane ed industriali che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari o che li hanno esauriti;
   ad adottare iniziative normative volte ad individuare forme di ammortizzatori sociali o sostegno al reddito anche a favore di lavoratori autonomi (piccole e medie ditte individuali e ditte familiari) e liberi professionisti, di collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi, ivi compresi i titolari di attività di impresa e professionali, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa degli eventi sismici;
   ad adottare iniziative volte alla sospensione delle scadenze e dei termini INPS per gli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per lavoro dipendente privato subordinato o per altre tipologie di lavoro coordinate o alle dipendenze di datori di lavoro privati (esempio co.co.co., co.co.pro. laddove ancora in essere);
   ad assumere iniziative volte a prevedere altre forme di sostegno ai lavoratori dipendenti delle imprese in temporanea difficoltà in esito agli eventi sismici quali forme di garanzia su anticipazione da parte di banche del trattamento di integrazione salariale, su anticipazione retribuzione nel caso di ritardo superiore a tre mesi, e a fronte della sospensione delle rate di mutuo immobiliare in caso di perdita del posto di lavoro;
   ad assumere iniziative per prevedere a disporre per gli aventi titolo, l'anticipazione del 70 per cento dei pagamenti a valere sulla politica agricola comune;
   a promuovere misure per la sospensione temporanea dei pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione INAIL (aziende, lavoratori autonomi e dipendenti);
   a costituire uffici speciali per la ricostruzione, gestiti direttamente dalla struttura commissariale in collaborazione con le istituzioni locali;
   a promuovere strumenti di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini per una ricostruzione condivisa;
   ad incentivare e promuovere le reti di economia solidale, quali i gruppi di acquisto solidale, al fine di rilanciare le produzioni agricole locali;
   ad assicurare che le aziende che intendano partecipare ai lavori di ricostruzione, anche su immobili di proprietà privata, siano inserite nella « white list», verificando la regolarità attraverso le prefetture;
   a garantire che le informazioni sulla ricostruzione siano digitalizzate e inserite in apposita banca dati accessibile al cittadino, nonché ai tecnici e professionisti impegnati negli interventi di ricostruzione;
   ad eseguire il controllo sul rispetto delle norme per la sicurezza degli edifici sul 100 per cento degli interventi di ricostruzione escludendo verifiche a campione;
   a predisporre per i territori dei comuni interessati dal sisma, misure di agevolazione fiscale;
   ad assumere iniziative per prevedere una rimodulazione dei mutui contratti dai comuni con Cassa depositi e prestiti s.p.a., che garantisca un periodo di ammortamento delle rate sospese nel 2013 e 2014 più lungo rispetto a quanto è stato previsto con l'articolo 1, comma 356, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
   ad assumere iniziative per garantire ai comuni un contributo straordinario, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, per assicurare la continuità dei servizi primari garantiti dalle multiservizi del cratere;
   a verificare, di concerto con la regione Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, la sussistenza di finanziamenti statali, regionali e comunitari che possano essere utilizzati nell'immediato per procedere ai lavori strutturali necessari al ripristino degli immobili pubblici e privati danneggiati e al sostegno delle famiglie e aziende che hanno subito danni a causa degli eventi sismici;
   a verificare in primis, in ordine ai fondi comunitari, se si sia proceduto a presentare domanda per l'accesso finanziamenti del fondo di solidarietà dell'Unione europea per le grandi calamità, e, in caso affermativo, ad informare le competenti Commissioni parlamentari se essa sia stata accolta e di quale sia l'entità dei finanziamenti ai quali si è avuto accesso;
   a valutare, in virtù della necessità e dell'emergenza, l'ulteriore opportunità di individuare risorse su fondi strutturali, e di investimento europei relativi alla programmazione 2014-2020;
   ad assumere tutte le iniziative volte ad ottenere finanziamenti finalizzati alla realizzazione di un piano per il recupero, la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale danneggiato dagli eventi richiamati in premessa, nonché da altre calamità naturali;
   a definire un programma di prevenzione ambientale di medio e lungo termine, attraverso una normativa specifica nazionale di messa in sicurezza del territorio e ad assumere iniziative per predisporre un testo unico delle emergenze che definisca con chiarezza, procedure, tempistiche e risorse in caso di eventi calamitosi;
   a migliorare il coordinamento dei vari enti ed organismi che hanno competenza in materia di rischio sismico, anche mediante una coerente, razionale ed efficiente redistribuzione delle competenze e attraverso semplificazioni delle procedure burocratiche ed amministrative che riguardano la gestione delle emergenze e la pianificazione e realizzazione delle opere di prevenzione e mitigazione;
   a prevedere il divieto di realizzare nuove opere come stoccaggi, estrazione di idrocarburi, reiniezione di fluidi che influenzano le dinamiche del sottosuolo ed il rischio sismico (fenomeno della sismicità indotta) in presenza di faglie sismogenetiche attive;
   ad assumere iniziative per rafforzare e diffondere la cultura della sicurezza e della prevenzione sismica;
   ad avviare, per quanto di competenza e anche attraverso un'interlocuzione con le regioni e con la protezione civile nazionale, un monitoraggio sui piani comunali di emergenza esistenti per verificare che siano correttamente e periodicamente aggiornati, e se siano adeguati all'organizzazione e gestione delle comunità territoriali colpite da eventi calamitosi, anche attraverso iniziative normative volte ad individuare un organo, a livello nazionale, cui sia affidato il compito di valutare i piani di emergenza elaborati a livello territoriale; inoltre, ad assumere iniziative volte a attivare i poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali ancora inadempienti in modo da garantire che ogni singolo comune sia dotato di uno strumento efficace per affrontare eventuali situazioni di emergenza, anche in coordinamento con i territori confinanti, e che il contenuto di tali piani sia adeguatamente conosciuto dalla cittadinanza;
   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di destinare risorse aggiuntive per la formazione e l'informatizzazione degli uffici tecnici comunali e regionali anche per acquisire specifiche competenze e professionalità in ambito emergenziale;
   ad assumere iniziative per procedere ad una revisione dei vigenti strumenti normativi e fiscali per la realizzazione degli interventi di adeguamento e miglioramento antisismico delle costruzioni;
   a tenere costantemente informate le commissioni parlamentari competenti in materia al fine di un'ampia condivisione delle scelte per quanto riguarda l'individuazione delle linee guida per gli interventi, il reperimento dei fondi necessari e l'attivazione dei meccanismi per destinare le risorse disponibili prioritariamente verso i progetti di adeguamento e miglioramento sismico;
    a valutare la possibilità di introdurre agevolazioni fiscali, anche al 100 per cento in 10 anni, per le spese sostenute per la verifica periodica da effettuarsi obbligatoriamente ogni 10 anni, della «valutazione di sicurezza» di tutti gli edifici pubblici e privati a partire dalle aree classificate a rischio 1, 2 e 3 e conseguentemente ad assumere iniziative per costituire entro il 31 dicembre 2016 un «fondo di rotazione per la verifica di sicurezza» a cui possono accedere le amministrazioni o i cittadini che dimostrino di non potere provvedere entro il 31 dicembre 2016 alla redazione di tale verifica e prevedere l'apposizione su ogni edificio di un cartello recante l'esito della verifica;
   ad assumere iniziative per prevedere la stabilizzazione dell’«ecobonus» anche per gli interventi di adeguamento sismico degli edifici in misura non inferiore al 75 per cento;
   a garantire, nelle more della revisione della normativa di cui ai punti precedenti, l'immediata emanazione delle circolari e dei decreti attuativi, senza i quali non è possibile attualmente avvalersi delle agevolazioni;
   ad assumere iniziative per prevedere altre forme di indennizzo del « bonus» fiscale sopra citato per coloro che non hanno capienza fiscale;
   ad assumere iniziative per definire le modalità in cui gli uffici della pubblica amministrazione per tutte le nuove costruzioni istituiscano un database comune agli uffici preposti al controllo del territorio affinché si possano facilmente digitalizzare, tutte le dotazioni e manutenzioni anche certificate degli immobili di nuova costruzione, compresa la manutenzione dell'edificio e della sua impiantistica, che riporti tutti gli interventi manutentivi, ordinari e straordinari, effettuati, nonché l'esatta localizzazione degli elaborati progettuali accessibili ai proprietari, compreso il certificato di agibilità del fabbricato, prevedendo che tali informazioni siano aggiornate ogni 10 anni e che le stesse siano consultabili e integrabili al piano di sicurezza comunale;
   a verificare lo stato di utilizzo delle risorse stanziate dalla legge n. 190 del 2014 (stabilità 2015) e dalla legge n. 208 del 2015 (stabilità 2016) per il recupero delle aree degradate, valutando l'opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e i comuni interessati dagli eventi sismici, di utilizzare tali somme per le verifiche di sicurezza sugli edifici agibili dei comuni medesimi;
   a predisporre un piano di edilizia scolastica, prioritariamente riferito ai territori classificati ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2), al fine di adeguare gli edifici di ogni ordine e grado secondo la normativa tecnica antisismica, assicurando, nel contempo, che gli alunni e gli studenti frequentino strutture adeguate;
   a completare, quanto prima, la ricostruzione delle strutture di ricovero per gli animali da allevamento in prossimità dei siti produttivi e consentire la fruibilità di strutture mobili per la mungitura e la macellazione nonché la fornitura e il trasporto di foraggio anche in collaborazione con le associazioni di categoria.
(1-01358)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate)  «Terzoni, Massimiliano Bernini, Mannino, Ferraresi, Crippa, Ciprini, Agostinelli, Alberti, De Rosa, Vacca, Luigi Di Maio, Zolezzi, Castelli, Sibilia, Villarosa, Busto, Daga, Micillo, Cecconi, Colletti, Gallinella, Lombardi, Frusone, Baroni, Di Battista, Ruocco, Vignaroli, Del Grosso».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 agosto 2016, alle ore 3,36, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 6.0 della scala Richter, la prima di una lunga serie di scosse, ha colpito drammaticamente un vasto territorio dell'Appennino centrale al confine tra le regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Il sisma ha provocato la morte di 297 persone e circa 400 feriti, oltre a danni ingentissimi al patrimonio edilizio pubblico e privato e alle infrastrutture;
    a circa un mese dal sisma la situazione resta difficilissima. Al 22 settembre 2016, le persone assistite nei campi e nelle strutture allestite allo scopo o presso gli alberghi erano complessivamente 3.027;
    dai dati forniti dalla Protezione civile, al 22 settembre le verifiche – ancora chiaramente parziali – sugli edifici privati indicavano in 3.835 gli edifici dichiarati agibili (circa il 47 per cento mentre erano 457 quelli che, pur non danneggiati, risultavano inagibili per rischio esterno. Gli immobili non agibili erano 2.715 (il 33 per cento mentre 1.178 erano quelli temporaneamente o parzialmente agibili;
    con delibera del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016, si è provveduto a dichiarare lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici, e a stanziare fino a 50 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, per finanziare i primi e più urgenti interventi;
    successivamente sono state emanate sei ordinanze del dipartimento della protezione civile, e un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, per la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari per i soggetti residenti nei comuni coinvolti, e riportati in un elenco allegato al medesimo decreto. Si segnala peraltro la necessità che detto elenco, attualmente composto da 17 comuni, venga aggiornato e integrato da altri comuni colpiti dal sisma ma non compresi nel citato allegato;
    superata la prima fase di emergenza post-terremoto, e di assistenza e soccorso alle popolazioni colpite, le regioni e i comuni interessati dal sisma si trovano ora ad affrontare la delicatissima e lunga fase della ricostruzione;
    per garantire la celerità e la correttezza dell'opera di ricostruzione dei territori colpiti, il Governo deve dare fin da subito certezze sul piano normativo, sia per quanto riguarda le modalità e i tempi degli interventi, sia per quanto riguarda l'ineludibile garanzia delle risorse che saranno messe a disposizione nei prossimi anni;
    è altresì indispensabile scongiurare il rischio grave di una ricostruzione poco trasparente, e gestita dal Governo in modo autonomo ed eccessivamente centralizzata, laddove è necessario garantire la costante e piena partecipazione e il consenso degli enti territoriali e delle comunità locali nelle scelte della ricostruzione e dell'eventuale trasformazione urbana;
    si ricorda che riguardo al terremoto in Abruzzo del 2009, alle modalità con le quali si è gestita la ricostruzione e i relativi appalti, e alla trasparenza nell'utilizzo delle risorse, si è provveduto in tutta la prima fase, con l'affidamento esclusivo a un'istituzione monocratica, quale era l'allora commissario delegato Bertolaso, delle funzioni di gestione dell'emergenza attraverso lo strumento principale delle ordinanze (in deroga) molto ben al di là della fase del primo soccorso. Lo «stato di emergenza» troppo spesso è servito a pretesto per accelerare lavori e affidare appalti con trattative private, e soprattutto senza alcun controllo. Tutto questo è da scongiurare;
    circa le modalità della ricostruzione, è indispensabile favorire la ricostruzione del volume perduto nelle condizioni originare per sedime, tipologia e uso dei materiali, e comunque in coerenza con l'architettura tradizionale, salvaguardando certamente gli edifici di pregio storico, artistico, ambientale, ma anche i complessi e i singoli edifici e manufatti, non solo di antica formazione, anche se non di particolare pregio architettonico, ma comunque rappresentativi della storia e della cultura delle comunità agricole;
    peraltro il «cantiere» della faticosa ricostruzione dovrà privilegiare imprese e manodopera locale. Infatti, pur garantendo l'assoluto rispetto della trasparenza e della concorrenza, andranno individuate specifiche misure a sostegno dell'imprenditorialità e dell'occupazione, con incentivi e fiscalità di vantaggio e coinvolgendo il più possibile nella ricostruzione del territorio le imprese dei territori colpiti;
    i frequenti eventi calamitosi che colpiscono il nostro Paese mettono in luce drammaticamente l'estrema fragilità del nostro territorio e la necessità di una sua ormai improcrastinabile messa in sicurezza complessiva, investendo in prevenzione e garantendo l'incolumità dei cittadini;
    quello che serve è garantire l'incolumità dei cittadini investendo in prevenzione tramite l'avvio di un serio programma pluriennale di investimenti finalizzati alla messa in sicurezza del territorio attraverso l'adeguamento antisismico e il miglioramento strutturale del patrimonio immobiliare pubblico e privato, nonché il finanziamento di interventi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico;
    bisogna prendere atto che l'Italia è uno dei Paesi a più elevato rischio sismico sia in Europa che a livello mondiale, e questo dipende, oltre che dalla frequenza e intensità dei terremoti che periodicamente lo interessano, soprattutto dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio. Nonostante questo, manca del tutto quella cultura della prevenzione, che consentirebbe di limitare gli effetti spesso drammatici di eventi naturali che mostrano l'estrema fragilità e vulnerabilità del nostro territorio e del nostro patrimonio edilizio;
    il Piano nazionale prevenzione sismica, previsto dal decreto-legge n. 39 del 2009 post sisma in Abruzzo, doveva rappresentare un intervento organico per la messa insicurezza sismica, oltreché per i piani di «microzonazione sismica», affidando alla Protezione civile la fissazione delle regole e la ripartizione dei fondi alle regioni, e alle regioni e comuni l'attuazione. Si è in ritardo sulla mappatura delle micro zone sismiche che prevedono tre livelli di approfondimenti, ma in molti posti non si è arrivati nemmeno alla formalizzazione di uno studio di primo livello che identifichi le aree dove è possibile prevedere un comportamento omogeneo rispetto ai sisma;
    dal 2009 ad oggi le risorse destinate al finanziamento di interventi per la suddetta prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale sono state complessivamente pari a 965 milioni di euro. A distanza di tre anni dalla ripartizione dei fondi statali alle regioni sono stati completati solamente un terzo degli interventi per la messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici, e per la metà i lavori non sono ancora partiti;
    la stessa Protezione civile, nel suo sito, sottolinea come la citata cifra di 965 milioni di euro è inferiore all'1 per cento del fabbisogno necessario per il completamento sismico dell'edilizia pubblica e privata e delle infrastrutture;
    riguardo al patrimonio italiano immobiliare privato e pubblico, infatti, la maggior parte di esso non è adeguato a reggere un terremoto. La messa in sicurezza degli edifici pubblici costerebbe 40 miliardi di euro. Una cifra che salirebbe a ben oltre 90 miliardi di euro se si considerano anche gli edifici privati. Nel frattempo comunque, dal 1968, anno del terremoto del Belice, i terremoti sono costati circa 150 miliardi di euro e oltre 5 mila morti;
    solamente nel triennio 2010-2012 sono stati spesi più di 3 miliardi e mezzo di euro all'anno per i terremoti;
    secondo la classificazione sismica della protezione civile, si stima che le aree ad elevato rischio sismico (zona sismica 1 e 2) sono circa il 44 per cento del territorio nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni. In queste zone risiedono oltre 22 milioni di persone;
    oltre il 56 per cento degli edifici residenziali ubicati nelle zone sismiche 1 e 2 è stato realizzato prima del 1970. È quindi un patrimonio che non prevede l'utilizzo di tecniche costruttive antisismiche;
    si ricorda che i comuni sono suddivisi in 4 classi di rischio che variano da zone di tipo 1, zone più pericolose dove possono verificarsi forti terremoti, a zone di tipo 4, zone meno pericolose. Le zone sismiche sono suddivise in sottozone, a seconda del livello di pericolosità sismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell'azione sismica utile per la progettazione;
    il Presidente del Consiglio, nei giorni successivi al terremoto di agosto 2016, ha avviato una consultazione con i soggetti interessati (parti sociali, soggetti istituzionali e non, e altri) per avere dei contributi utili alla stesura di quella che il Premier ha immediatamente battezzato come «Casa Italia», ossia un programma pluriennale che dovrebbe, nelle intenzioni del Governo, mettere in sicurezza il territorio nazionale. Ma non c’è stato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo alcun impegno concreto riguardo alle risorse finanziarie da mettere a disposizione per l'attuazione di questo programma;
    le risorse finanziarie da mettere in campo nei prossimi anni per la messa in sicurezza del nostro Paese, seppur ingentissime, sono comunque complessivamente inferiori a quelle occorrenti a ricostruire di volta in volta le aree colpite da calamità naturali. Il vero pesantissimo costo è rappresentato dai danni – in termini di perdita di vite umane ed economici – legati alla mancata prevenzione. Rincorrere le emergenze è troppo spesso molto più redditizio che non investire in prevenzione;
    l'evidente elevato onere per la finanza pubblica, può essere affrontato prevedendo una graduale attuazione delle misure, e comunque è evidente che vi debba essere una effettiva volontà politica da parte del Governo. Sotto questo aspetto, giova ricordare che questo Esecutivo, nel recente passato, ha «trovato» circa 4 miliardi di euro per l'esenzione dell'IMU per l'abitazione principale, e circa 10 miliardi per i noti «80 euro» in busta paga;
    peraltro, una parte di risorse sono rinvenibili fin da subito dal cosiddetto Fondo Boschi. Si ricorda che l'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 ha appunto istituito un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, che attualmente dispone di 518,5 milioni di euro per il 2016, 985,53 milioni di euro per il 2017 e 519 milioni di euro per il 2018. Va però considerato che con il disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2016» (C. 3974), presentato l'11 luglio 2016, si prevede addirittura all'articolo 4, comma 2, che, per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, la dotazione del «Fondo Boschi», sia incrementata di 955.069,060 euro per l'anno 2016, con la conseguenza che per il solo anno 2016 la disponibilità del predetto fondo potrebbe arrivare a quasi miliardo e mezzo di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per stanziare, già dalla prossima sessione di bilancio e per i prossimi anni, risorse adeguate ad avviare e garantire la ricostruzione, da quantificare in accordo con gli enti territoriali interessati dagli eventi sismici del 24 agosto 2016;
   a dare fin da subito le necessarie certezze sul piano normativo, sia per quanto riguarda la trasparenza, le modalità e i tempi degli interventi, sia che per quanto riguarda la certezza e la congruità nel tempo delle risorse da mettere a disposizione per la difficile ricostruzione dei comuni colpiti;
   a garantire la costante e piena partecipazione e il consenso degli enti territoriali e delle comunità locali nelle scelte della ricostruzione e dell'eventuale trasformazione urbana;
   ad effettuare una dettagliata mappatura dei territori colpiti dal sisma, al fine di aggiornare e integrare l'elenco dei comuni del cratere come individuati dall'elenco allegato al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 1o settembre 2016;
   a favorire la ricostruzione del volume perduto nelle condizioni originarie per sedime, tipologia e uso dei materiali, in coerenza con l'architettura tradizionale e nel rispetto della storia, dell'identità e della cultura delle comunità residenti;
   ad assumere iniziative per prevedere che il pagamento degli adempimenti tributari e non tributari dopo la sospensione dei termini sia effettuato in forma rateale, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   conseguentemente a promuovere, con protocollo d'intesa con l'Associazione bancaria italiana (ABI), la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da effettuare dopo la sospensione dei termini;
   ad assumere iniziative per esentare i cittadini colpiti dal sisma almeno dal pagamento di ticket sanitari, residenze socio assistenziali e asili nido;
   ad assumere iniziative per prevedere, in raccordo con la regione e gli enti locali interessati, e d'intesa con le associazioni di categoria, la concessione di contributi statali per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo agricolo e commerciale dei comuni interessati dal terremoto, al fine di coprire integralmente le spese riconosciute occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione dei suddetti immobili;
   a garantire le risorse necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali, con riguardo alle aziende e alle attività produttive interessate dagli eventi sismici di cui in premessa;
   a privilegiare, nell'opera di ricostruzione, imprese e manodopera locale, individuando, pur nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza, specifiche misure a sostegno dell'imprenditorialità e dell'occupazione, con incentivi e fiscalità di vantaggio e coinvolgendo il più possibile nella ricostruzione del territorio le imprese e i lavoratori dei territori colpiti;
   a destinare immediatamente almeno un terzo delle disponibilità del fondo per le esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, per finanziare gli interventi conseguenti agli eventi sismici;
   a presentare quanto prima la necessaria norma di legge volta a consentire l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute, a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, dai comuni interessati dalla deliberazione dello stato di emergenza;
   ad avviare come promesso dallo stesso Governo, e già dalla prossima sessione di bilancio, un programma pluriennale complessivo di interventi e di investimenti certi, finalizzati alla messa in sicurezza del nostro Paese attraverso un serio piano di adeguamento e miglioramento antisismico dell'edilizia pubblica e privata con priorità per le zone a rischio sismico 1 e 2, e di contrasto al dissesto idrogeologico che interessa gran parte del territorio nazionale;
   ad assumere iniziative per prevedere l'esclusione delle suddette risorse dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   a negoziare con l'Unione europea la sospensione del patto di stabilità per le opere di ricostruzione ed un significativo allentamento per le opere di prevenzione;
   ad assumere iniziative per prorogare e mettere a regime la detrazione fiscale del 65 per cento le spese riguardanti interventi di adeguamento antisismico, nonché il limite di 96 mila euro (in luogo dei 48 mila euro previsti dalla normativa) relativo all'importo massimo di spesa ammessa al beneficio;
   ad assumere iniziative per garantire la detraibilità del 65 per cento delle spese per l'adeguamento antisismico, anche per i condomini e edifici «aggregati» nei centri storici;
   ad adottare iniziative per reintrodurre la possibilità per le persone più grandi d'età, di poter ripartire la detrazione fiscale del 65 per cento anche in tre o cinque rate, e non solo in dieci rate come prevede la normativa vigente;
   ad assumere iniziative per prevedere un'estensione delle agevolazioni fiscali anche per gli immobili ubicati nelle zone 1 e 2 che non sono adibiti ad abitazione principale;
   ad assumere iniziative per prevedere delle agevolazioni fiscali mirate anche per quegli interventi, che seppure non di vero e proprio «adeguamento» antisismico, sono comunque finalizzati ad un miglioramento strutturale volto a garantire comunque una sensibile maggiore stabilità dell'immobile;
   ad assumere iniziative per prevedere l'istituzione obbligatoria del fascicolo del fabbricato, quale strumento essenziale per conoscere lo stato di un immobile dal punto di vista delle caratteristiche statiche e di sicurezza.
(1-01359) «Zaratti, Ricciatti, Melilla, Fassina, Gregori, Pellegrino, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Sannicandro, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 agosto 2016, alle ore 3,36, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 6.0 della scala Richter, la prima di una lunga serie di scosse, ha colpito drammaticamente un vasto territorio dell'Appennino centrale al confine tra le regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Il sisma ha provocato la morte di 297 persone e circa 400 feriti, oltre a danni ingentissimi al patrimonio edilizio pubblico e privato e alle infrastrutture;
    a circa un mese dal sisma la situazione resta difficilissima. Al 22 settembre 2016, le persone assistite nei campi e nelle strutture allestite allo scopo o presso gli alberghi erano complessivamente 3.027;
    dai dati forniti dalla Protezione civile, al 22 settembre le verifiche – ancora chiaramente parziali – sugli edifici privati indicavano in 3.835 gli edifici dichiarati agibili (circa il 47 per cento mentre erano 457 quelli che, pur non danneggiati, risultavano inagibili per rischio esterno. Gli immobili non agibili erano 2.715 (il 33 per cento mentre 1.178 erano quelli temporaneamente o parzialmente agibili;
    con delibera del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016, si è provveduto a dichiarare lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici, e a stanziare fino a 50 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, per finanziare i primi e più urgenti interventi;
    successivamente sono state emanate sei ordinanze del dipartimento della protezione civile, e un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, per la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari per i soggetti residenti nei comuni coinvolti, e riportati in un elenco allegato al medesimo decreto. Si segnala peraltro la necessità che detto elenco, attualmente composto da 17 comuni, venga aggiornato e integrato da altri comuni colpiti dal sisma ma non compresi nel citato allegato;
    superata la prima fase di emergenza post-terremoto, e di assistenza e soccorso alle popolazioni colpite, le regioni e i comuni interessati dal sisma si trovano ora ad affrontare la delicatissima e lunga fase della ricostruzione;
    per garantire la celerità e la correttezza dell'opera di ricostruzione dei territori colpiti, il Governo deve dare fin da subito certezze sul piano normativo, sia per quanto riguarda le modalità e i tempi degli interventi, sia per quanto riguarda l'ineludibile garanzia delle risorse che saranno messe a disposizione nei prossimi anni;
    è altresì indispensabile scongiurare il rischio grave di una ricostruzione poco trasparente, e gestita dal Governo in modo autonomo ed eccessivamente centralizzata, laddove è necessario garantire la costante e piena partecipazione e il consenso degli enti territoriali e delle comunità locali nelle scelte della ricostruzione e dell'eventuale trasformazione urbana;
    si ricorda che riguardo al terremoto in Abruzzo del 2009, alle modalità con le quali si è gestita la ricostruzione e i relativi appalti, e alla trasparenza nell'utilizzo delle risorse, si è provveduto in tutta la prima fase, con l'affidamento esclusivo a un'istituzione monocratica, quale era l'allora commissario delegato Bertolaso, delle funzioni di gestione dell'emergenza attraverso lo strumento principale delle ordinanze (in deroga) molto ben al di là della fase del primo soccorso. Lo «stato di emergenza» troppo spesso è servito a pretesto per accelerare lavori e affidare appalti con trattative private, e soprattutto senza alcun controllo. Tutto questo è da scongiurare;
    circa le modalità della ricostruzione, è indispensabile favorire la ricostruzione del volume perduto nelle condizioni originare per sedime, tipologia e uso dei materiali, e comunque in coerenza con l'architettura tradizionale, salvaguardando certamente gli edifici di pregio storico, artistico, ambientale, ma anche i complessi e i singoli edifici e manufatti, non solo di antica formazione, anche se non di particolare pregio architettonico, ma comunque rappresentativi della storia e della cultura delle comunità agricole;
    peraltro il «cantiere» della faticosa ricostruzione dovrà privilegiare imprese e manodopera locale. Infatti, pur garantendo l'assoluto rispetto della trasparenza e della concorrenza, andranno individuate specifiche misure a sostegno dell'imprenditorialità e dell'occupazione, con incentivi e fiscalità di vantaggio e coinvolgendo il più possibile nella ricostruzione del territorio le imprese dei territori colpiti;
    i frequenti eventi calamitosi che colpiscono il nostro Paese mettono in luce drammaticamente l'estrema fragilità del nostro territorio e la necessità di una sua ormai improcrastinabile messa in sicurezza complessiva, investendo in prevenzione e garantendo l'incolumità dei cittadini;
    quello che serve è garantire l'incolumità dei cittadini investendo in prevenzione tramite l'avvio di un serio programma pluriennale di investimenti finalizzati alla messa in sicurezza del territorio attraverso l'adeguamento antisismico e il miglioramento strutturale del patrimonio immobiliare pubblico e privato, nonché il finanziamento di interventi per la difesa del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico;
    bisogna prendere atto che l'Italia è uno dei Paesi a più elevato rischio sismico sia in Europa che a livello mondiale, e questo dipende, oltre che dalla frequenza e intensità dei terremoti che periodicamente lo interessano, soprattutto dall'elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio. Nonostante questo, manca del tutto quella cultura della prevenzione, che consentirebbe di limitare gli effetti spesso drammatici di eventi naturali che mostrano l'estrema fragilità e vulnerabilità del nostro territorio e del nostro patrimonio edilizio;
    il Piano nazionale prevenzione sismica, previsto dal decreto-legge n. 39 del 2009 post sisma in Abruzzo, doveva rappresentare un intervento organico per la messa insicurezza sismica, oltreché per i piani di «microzonazione sismica», affidando alla Protezione civile la fissazione delle regole e la ripartizione dei fondi alle regioni, e alle regioni e comuni l'attuazione. Si è in ritardo sulla mappatura delle micro zone sismiche che prevedono tre livelli di approfondimenti, ma in molti posti non si è arrivati nemmeno alla formalizzazione di uno studio di primo livello che identifichi le aree dove è possibile prevedere un comportamento omogeneo rispetto ai sisma;
    dal 2009 ad oggi le risorse destinate al finanziamento di interventi per la suddetta prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale sono state complessivamente pari a 965 milioni di euro. A distanza di tre anni dalla ripartizione dei fondi statali alle regioni sono stati completati solamente un terzo degli interventi per la messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici, e per la metà i lavori non sono ancora partiti;
    la stessa Protezione civile, nel suo sito, sottolinea come la citata cifra di 965 milioni di euro è inferiore all'1 per cento del fabbisogno necessario per il completamento sismico dell'edilizia pubblica e privata e delle infrastrutture;
    riguardo al patrimonio italiano immobiliare privato e pubblico, infatti, la maggior parte di esso non è adeguato a reggere un terremoto. La messa in sicurezza degli edifici pubblici costerebbe 40 miliardi di euro. Una cifra che salirebbe a ben oltre 90 miliardi di euro se si considerano anche gli edifici privati. Nel frattempo comunque, dal 1968, anno del terremoto del Belice, i terremoti sono costati circa 150 miliardi di euro e oltre 5 mila morti;
    solamente nel triennio 2010-2012 sono stati spesi più di 3 miliardi e mezzo di euro all'anno per i terremoti;
    secondo la classificazione sismica della protezione civile, si stima che le aree ad elevato rischio sismico (zona sismica 1 e 2) sono circa il 44 per cento del territorio nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni. In queste zone risiedono oltre 22 milioni di persone;
    oltre il 56 per cento degli edifici residenziali ubicati nelle zone sismiche 1 e 2 è stato realizzato prima del 1970. È quindi un patrimonio che non prevede l'utilizzo di tecniche costruttive antisismiche;
    si ricorda che i comuni sono suddivisi in 4 classi di rischio che variano da zone di tipo 1, zone più pericolose dove possono verificarsi forti terremoti, a zone di tipo 4, zone meno pericolose. Le zone sismiche sono suddivise in sottozone, a seconda del livello di pericolosità sismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell'azione sismica utile per la progettazione;
    il Presidente del Consiglio, nei giorni successivi al terremoto di agosto 2016, ha avviato una consultazione con i soggetti interessati (parti sociali, soggetti istituzionali e non, e altri) per avere dei contributi utili alla stesura di quella che il Premier ha immediatamente battezzato come «Casa Italia», ossia un programma pluriennale che dovrebbe, nelle intenzioni del Governo, mettere in sicurezza il territorio nazionale. Ma non c’è stato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo alcun impegno concreto riguardo alle risorse finanziarie da mettere a disposizione per l'attuazione di questo programma;
    le risorse finanziarie da mettere in campo nei prossimi anni per la messa in sicurezza del nostro Paese, seppur ingentissime, sono comunque complessivamente inferiori a quelle occorrenti a ricostruire di volta in volta le aree colpite da calamità naturali. Il vero pesantissimo costo è rappresentato dai danni – in termini di perdita di vite umane ed economici – legati alla mancata prevenzione. Rincorrere le emergenze è troppo spesso molto più redditizio che non investire in prevenzione;
    l'evidente elevato onere per la finanza pubblica, può essere affrontato prevedendo una graduale attuazione delle misure, e comunque è evidente che vi debba essere una effettiva volontà politica da parte del Governo. Sotto questo aspetto, giova ricordare che questo Esecutivo, nel recente passato, ha «trovato» circa 4 miliardi di euro per l'esenzione dell'IMU per l'abitazione principale, e circa 10 miliardi per i noti «80 euro» in busta paga;
    peraltro, una parte di risorse sono rinvenibili fin da subito dal cosiddetto Fondo Boschi. Si ricorda che l'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 ha appunto istituito un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, che attualmente dispone di 518,5 milioni di euro per il 2016, 985,53 milioni di euro per il 2017 e 519 milioni di euro per il 2018. Va però considerato che con il disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2016» (C. 3974), presentato l'11 luglio 2016, si prevede addirittura all'articolo 4, comma 2, che, per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, la dotazione del «Fondo Boschi», sia incrementata di 955.069,060 euro per l'anno 2016, con la conseguenza che per il solo anno 2016 la disponibilità del predetto fondo potrebbe arrivare a quasi miliardo e mezzo di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per stanziare, già dalla prossima sessione di bilancio e per i prossimi anni, risorse adeguate ad avviare e garantire la ricostruzione, da quantificare in accordo con gli enti territoriali interessati dagli eventi sismici del 24 agosto 2016;
   a dare fin da subito le necessarie certezze sul piano normativo, sia per quanto riguarda la trasparenza, le modalità e i tempi degli interventi, sia che per quanto riguarda la certezza e la congruità nel tempo delle risorse da mettere a disposizione per la difficile ricostruzione dei comuni colpiti;
   a garantire la costante e piena partecipazione e il consenso degli enti territoriali e delle comunità locali nelle scelte della ricostruzione e dell'eventuale trasformazione urbana;
   ad effettuare una dettagliata mappatura dei territori colpiti dal sisma, al fine di aggiornare e integrare l'elenco dei comuni del cratere come individuati dall'elenco allegato al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 1o settembre 2016;
   a favorire la ricostruzione del volume perduto nelle condizioni originarie per sedime, tipologia e uso dei materiali, in coerenza con l'architettura tradizionale e nel rispetto della storia, dell'identità e della cultura delle comunità residenti;
   ad assumere iniziative per prevedere che il pagamento degli adempimenti tributari e non tributari dopo la sospensione dei termini sia effettuato in forma rateale, senza applicazione di sanzioni e interessi;
   conseguentemente a promuovere, con protocollo d'intesa con l'Associazione bancaria italiana (ABI), la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da effettuare dopo la sospensione dei termini;
   ad assumere iniziative per esentare i cittadini colpiti dal sisma almeno dal pagamento di ticket sanitari, residenze socio assistenziali e asili nido;
   ad assumere iniziative per prevedere, in raccordo con la regione e gli enti locali interessati, e d'intesa con le associazioni di categoria, la concessione di contributi statali per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo agricolo e commerciale dei comuni interessati dal terremoto, al fine di coprire integralmente le spese riconosciute occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione dei suddetti immobili;
   a garantire le risorse necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali, con riguardo alle aziende e alle attività produttive interessate dagli eventi sismici di cui in premessa;
   a privilegiare, nell'opera di ricostruzione, nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza, specifiche misure a sostegno dell'imprenditorialità e dell'occupazione, anche locale, coinvolgendo il più possibile nella ricostruzione del territorio le imprese e i lavoratori dei territori colpiti;
   ad avviare come promesso dallo stesso Governo, e già dalla prossima sessione di bilancio, un programma pluriennale complessivo di interventi e di investimenti certi, finalizzati alla messa in sicurezza del nostro Paese attraverso un serio piano di adeguamento e miglioramento antisismico dell'edilizia pubblica e privata con priorità per le zone a rischio sismico 1 e 2, e di contrasto al dissesto idrogeologico che interessa gran parte del territorio nazionale;
   ad assumere iniziative per prevedere l'esclusione delle suddette risorse dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   a negoziare con l'Unione europea la sospensione del patto di stabilità per le opere di ricostruzione ed un significativo allentamento per le opere di prevenzione;
   ad assumere iniziative per prorogare e mettere a regime la detrazione fiscale del 65 per cento le spese riguardanti interventi di adeguamento antisismico;
   ad assumere iniziative per garantire la detraibilità del 65 per cento delle spese per l'adeguamento antisismico, anche per i condomini e edifici «aggregati» nei centri storici;
   ad assumere iniziative per conoscere lo stato di un immobile dal punto di vista delle caratteristiche statiche e di sicurezza.
(1-01359)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate)  «Zaratti, Ricciatti, Melilla, Fassina, Gregori, Pellegrino, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Sannicandro, Scotto».


   La Camera,
   premesso che:
    un terremoto di magnitudo 6.0, il 24 agosto 2016, alle ore 3,36 del mattino, ha colpito una vasta area dell'Appennino centrale al confine tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo coinvolgendo, in particolare i comuni di Amatrice, Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco fino a Norcia, provocando inoltre danni anche in molte altre parti del territorio, delle quattro regioni;
    il sisma, seguito da altre forti scosse e da oltre 6.000 repliche circa registrate alla data dell'8 settembre, ha causato ad oggi la perdita di 297 vite umane, 390 feriti, ha distrutto i centri storici dei comuni di Amatrice e Accumoli, in provincia di Rieti, di Arquata del Tronto e Montegallo nella regione Marche; ha provocato ingenti danni in particolare nelle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, nell'alta Valle del Nera, in quella del Velino e nella zona di Norcia in provincia di Perugia e lesioni a numerosi edifici pubblici e privati dell'ampio territorio appenninico di confine fra Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria; conseguenze significative sono state registrate anche in diversi comuni della provincia de L'Aquila e di Teramo; gli assistiti dal sistema di protezione civile, che all'inizio del mese di settembre erano 4.548, sono alla data del 25 settembre 2.468;
    sono ingenti i danni anche alle infrastrutture di collegamento, in particolare alla viabilità secondaria, e a tutte quelle destinate a erogare servizi pubblici essenziali; l'entità dei danni, anche se non ancora integralmente stimata, varia in relazione alla natura geologica del territorio colpito, al forte degrado o alla vulnerabilità di edifici;
    il sistema della protezione civile – funzionari, civili, volontari, la CRI, le protezioni civili regionali, come hanno sottolineato lo stesso Ministro Delrio e il sottosegretario De Vincenti in audizione, ha dato «prova di eccezionale efficienza»;
    con delibera del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016 è stato dichiarato lo stato d'emergenza per i territori colpiti, per i successivi 180 giorni, e sono stati stanziati 50 milioni di euro per i primi interventi;
    con decreto 1o settembre 2016 sono stati sospesi i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari che scadono nel periodo compreso tra il 24 agosto ed il 16 dicembre 2016 per i contribuenti con residenza o sede operativa nel territorio dei comuni, di cui all'elenco dell'allegato 1) al medesimo decreto e per i soggetti, diversi dalle persone fisiche, aventi sede legale o sede operativa nel territorio dei comuni medesimi;
    nel decreto, si prevede la possibilità di estendere ad altri comuni, con successivo provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base delle comunicazioni del dipartimento della protezione civile, la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari;
   vaste zone del territorio nazionale sono ad elevato rischio sismico e idrogeologico; nei centri storici delle città e dei borghi antichi italiani circa 14.000 beni culturali – secondo l'Ispra – sono esposti a rischio frane e 28.483 ad alluvioni e sono più di trecento i beni culturali che risultano gravemente danneggiati a seguito del drammatico evento sismico dell'agosto scorso;
    il Governo dopo l'evento sismico ha subito varato un piano denominato «Casa Italia» il cui obiettivo è quello dell'ammodernamento edilizio (dissesto idrogeologico, edilizia scolastica, beni culturali e periferie) senza prevedere l'introduzione di ulteriori oneri burocratici ed economici a carico dei cittadini. Tale piano dovrà necessariamente avere una durata pluriennale di 10-20 anni e oltre a garantire la sicurezza territoriale potrà costituire, con l'apertura dei cantieri un volano per l'aumento dell'occupazione e dello sviluppo economico. Inoltre, è previsto l'allargamento e il potenziamento del «sismabonus», lo stanziamento di risorse straordinarie dedicate a risolvere l'emergenza post terremoto nel Centro Italia;
    è essenziale definire priorità di intervento, in collaborazione e in pieno coordinamento con le regioni e con gli enti locali interessati;
    nei comuni dell'area appenninica coinvolta in vario modo dal sisma l'economia si basa, in prevalenza, sui settori tradizionali dell'agricoltura, del turismo, del commercio e artigianato; gran parte delle attività produttive connesse e collegate a tali comparti hanno un mercato strettamente legato al territorio ed alla sua fruizione; per sostenere e rilanciare l'economia dei territori colpiti vanno perciò adottate misure fiscali, ammortizzatori sociali e linee di finanziamento agevolato a favore degli enti locali, dei cittadini e delle imprese di pari passo con quelle per la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori;
    anche i territori limitrofi all'area epicentrale risentono e risentiranno economicamente dell'effetto domino innescatosi nell'immaginario collettivo, con partenze anticipate dai luoghi di soggiorno, disdette delle prenotazioni già acquisite, crollo stimato delle prenotazioni nel medio termine;
    per evitare la desertificazione produttiva e il conseguente spopolamento di intere aree, occorre programmare, in una logica di sistema, una strategia mirata che preveda sul fronte del turismo l'attivazione di interventi integrati, anche di carattere strutturale e non solo emergenziale, per supportare le imprese in difficoltà, per creare e sviluppare nuove attività, per sostenere il trasferimento tecnologico, per valorizzare le produzioni di eccellenza e promuovere/supportare le potenzialità del sistema turistico locale, con particolare riferimento ai valori culturali e del paesaggio;
    la ricostruzione dal sisma deve essere inserita in una più ampia e forte strategia di sviluppo a breve/medio termine, che eviti l'abbandono dei territori colpiti e li renda nuovamente attrattivi, puntando sulla cultura, sull'ambiente, sulle attività turistiche – sia del comparto ricettivo sia dell'indotto; essa deve garantire il rispetto dell'identità urbanistica e architettonica dei luoghi danneggiati ed è perciò necessaria la più ampia sinergia fra le Istituzioni supportando anche dal punto di vista amministrativo i comuni, evitare plurime centrali di committenza, garantire procedure trasparenti e ricorrere a imprese e professionisti di «liste di merito»;
    è essenziale, in tale contesto, la ricostruzione quanto più rapida possibile degli edifici pubblici, delle abitazioni, (anche per favorire un rapido rientro nelle case, condizione necessaria per la tenuta della coesione sociale dei territori) e delle strutture che ospitano attività produttive;
    fondamentali sono il sostegno e gli incentivi alla ricostruzione di tutto il patrimonio immobiliare, anche delle «seconde case» dei non residenti; esse hanno un ruolo essenziale – oggettivamente misurabile – con ricadute positive sul sistema turistico-ricettivo, commerciale, artigianale, immobiliare e per la tenuta del sistema economico nel suo complesso: una delle peculiarità dei borghi nelle aree interne è segnatamente quella di moltiplicare, nella stagione turistica o nei periodi di vacanza legati alle festività, i dimoranti rispetto ai residenti, proprio grazie a queste proprietà che spesso, tra l'altro, costituiscono nuclei urbani consolidati che devono perciò essere adeguati dal punto di vista sismico unitamente alle abitazioni principali;
    il turismo ambientale è una grande risorsa in tutte le sue declinazioni culturali (patrimonio culturale, itinerari e cammini) sportive, enogastronomiche, nonché nelle forme residenziali di tipo scientifico e culturale, attraverso iniziative di formazione e ricerca messe a punto anche con il sistema universitario regionale in relazione ai temi del paesaggio, del patrimonio culturale, della fragilità del territorio; esemplare, in tale contesto, è il caso dei Parchi nazionali, dei Monti Sibillini e del Gran Sasso e Monti della Laga,

impegna il Governo:

   ad adottare con tempestività le iniziative normative necessarie al superamento della situazione di emergenza e al ritorno alle normali condizioni di vita in tutti i comuni colpiti dal sisma, individuati secondo un principio di gradualità rispetto alla natura dei danni subiti;
   a garantire la ricostruzione dell'intero patrimonio abitativo danneggiato dal sisma, nel rispetto dell'identità urbanistica ed architettonica dei luoghi, e degli insediamenti produttivi colpiti, attraverso l'applicazione dello strumento del credito d'imposta destinato a privati e imprese per il totale rimborso dei danni subiti e certificati;
   ad assumere iniziative per prevedere la sospensione del pagamento dei tributi in favore delle popolazioni e delle imprese colpite dal sisma, in misura tale da garantire la continuità e la redditività aziendale, nonché a prevedere un'adeguata gradualità nel rimborso dei tributi sospesi;
   a prevedere misure per assicurare la continuità d'esercizio delle imprese agricole, industriali, artigianali, commerciali e di servizio, anche mediante l'attivazione di linee di finanziamento finalizzate al rilancio delle attività produttive e l'accesso al fondo centrale di garanzia, secondo esperienze già maturate in altri eventi calamitosi;
   ad assumere iniziative per: a) concordare con l'Associazione bancaria italiana la sospensione e la ridefinizione dei mutui relativi agli immobili residenziali e alle attività produttive colpite dal sisma; b) prevedere la sospensione delle procedure di riscossione relative a contributi previdenziali e assistenziali, nonché la sospensione delle bollette relative alle utenze ordinarie erogate dai gestori dei servizi pubblici locali;
   ad assicurare la piena tutela dei lavoratori delle aziende colpite dal sisma che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari o che li hanno esauriti, il rafforzamento delle misure di sostegno e lo stanziamento di risorse adeguate; 
   ad accelerare la riparazione dei danni, la ricostruzione ex novo, l'adeguamento e il miglioramento sismico delle opere pubbliche per le quali sia stata dichiarata l'inadeguatezza strutturale, a partire dagli interventi sugli edifici scolastici, residenze per anziani, edifici destinati a servizi essenziali per la comunità, impianti sportivi assumendo iniziative per prevedere, in relazione ai danni arrecati dal sisma a cose e persone e attività economiche, per i periodi necessari misure quali l'esenzione dal patto di stabilità, deroghe al pareggio di bilancio e l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, esenzione dall'obbligo di alimentazione del fondo di solidarietà;
   a potenziare le infrastrutture viarie e ferroviarie e la diffusione della banda larga nelle aree colpite dal sisma, al fine di favorirne l'accessibilità ed il mantenimento del tessuto sociale ed economico;
   a prevedere misure di sostegno alla piena operatività delle strutture amministrative comunali nei territori colpiti dal sisma, anche mediante una maggiore flessibilità relativa al turnover dei dipendenti;
   a prevedere misure per il recupero del patrimonio artistico e culturale danneggiato dal sisma, riconoscendo per i comuni delle aree colpite una priorità nell'accesso alle misure di finanziamento già previste dalla legislazione vigente e prevedendo campagne nazionali di promozione turistica e culturale dei territori interessati;
   ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per le aree interne al fine di destinare nuove risorse e finalizzare quelle non impegnate prioritariamente agli interventi nelle aree colpite dal sisma;
   ad avviare con tempestività, già a partire dalla prossima sessione di bilancio, il progetto «Casa Italia» consistente in un piano complessivo di interventi finalizzati alla messa in sicurezza del Paese dal punto di vista sismico, di contrasto del dissesto idrogeologico e di efficientamento energetico e tecnologico;
   a costruire una governance della ricostruzione che garantisca la piena partecipazione ed il consapevole consenso degli enti territoriali e delle comunità locali coinvolte dal sisma nelle scelte da effettuarsi;
   ad assicurare che la ricostruzione, coordinata dal commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016, avvenga secondo procedure di massima trasparenza, nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia di appalti, di antimafia e di anticorruzione, anche attraverso il preventivo coinvolgimento di Anac e prevedendo l'istituzione di «liste di merito» relative alle imprese e ai professionisti da incaricare;
   a garantire che la ricostruzione avvenga attraverso il ricorso a procedure ordinarie, nel rispetto delle normative vigenti, stabilendo che eventuali deroghe previste, laddove necessarie, individuino puntualmente le disposizioni interessate.
(1-01360)
(Nuova formulazione)  «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Carrescia, Pastorelli, Vezzali, Galgano, Baradello, Tancredi, Melilli, Verini, Ginoble, Luciano Agostini, Lodolini, Manzi, Marchetti, Morani, Petrini, Ascani, Giulietti, Sereni, Amato, Castricone, D'Incecco, Fusilli, Terrosi, Borghi, Bergonzi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Cominelli, Covello, De Menech, Gadda, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Meta, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu».


   La Camera,
   premesso che:
    il terremoto del 24 agosto 2016, che ha colpito il territorio delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, ha avuto effetti devastanti, provocando lo «sbriciolamento» delle case in muratura di Amatrice e Accumoli e delle loro frazioni e creando seri danni ad edifici pubblici e privati in comuni come Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo e Montemonaco;
    è preoccupante il fatto che lo sciame sismico continua; dal 24 agosto ad oggi sono state registrate 11.600 scosse; ancora il 20 settembre una forte scossa di magnitudo 4,1 ha colpito Amatrice, il 21 settembre un'altra scossa di magnitudo 2,8 ha interessato la provincia di Perugia, il 22 settembre una scossa di magnitudo 2,3 ha interessato il comune di Norcia;
    il piano di frattura, lungo 25-30 chilometri, situato nell'area compresa tra Amatrice e Norcia, ha registrato un abbassamento di 20 centimetri, e un movimento co-sismico importante, dell'ordine di 1 metro, nella campagna di Amatrice; la sismicità dei giorni a seguire la scossa principale ha interessato un volume crostale più esteso; i geologi che hanno e effettuato i monitoraggi sul territorio hanno anche evidenziato un rischio, anche se con probabilità inferiore al 10 per cento che la faglia, che ha causato il terremoto di Amatrice, possa aver attivato le faglie vicine;
    sono 298 le persone che hanno perso la vita, migliaia i feriti di cui 388 gravi, 238 le persone che sono state estratte illese dalle macerie; 3.190 sono le persone assistite nei campi e negli alberghi, 318 quelle ospitate negli hotel messi a disposizione a San Benedetto, 90 che hanno deciso di trasferirsi nei moduli abitativi provvisori e le abitazioni del progetto «Case» messe a disposizione a L'Aquila;
    è stato gravemente danneggiato il principale ospedale dell'area, il «Francesco Grifoni» di Amatrice, da dove sono stati evacuati tutti i pazienti ricoverati, rendendo ancora più complicato il soccorso sanitario dei feriti;
    il terremoto ha causato vasti danneggiamenti anche al patrimonio culturale della zona, a chiese ed edifici storici;
    le attività delle circa 670 aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli sono paralizzate; circa 50 attività hanno dovuto chiudere;
    le vie di comunicazione hanno subito seri danni – in particolare la Salaria, la strada regionale 260, la strada statale 685 delle Tre Valli Umbre – ed è rimasta interrotta buona parte della viabilità secondaria, provocando intralci e ritardi ai soccorsi. La tempestività dei soccorsi è stata compromessa anche dalle problematiche preesistenti sulla viabilità principale e secondaria e dai cantieri in corso sulla Salaria, asse principale di collegamento;
    la difficile situazione delle comunicazioni è stata aggravata dalle linee telefoniche interrotte e dalla scarsa copertura della zona da parte dei gestori di telefonia mobile, probabilmente poiché si tratta di aree senza interesse commerciale;
    con il decreto Ministeriale 1o settembre 2016 il Governo ha sospeso fino al 16 dicembre 2016 i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, nei confronti delle persone fisiche che, alla data del 24 agosto 2016, avevano la residenza, ovvero la sede operativa, nel territorio dei comuni colpiti dal terremoto;
    non è stato previsto il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali; la mancata previsione di tale rinvio rischia di aggravare la situazione delle aziende agricole e delle piccole imprese della zona;
    parimenti, non è stato previsto il rinvio dei versamenti e degli adempimenti tributari nei confronti dei cittadini non residenti che hanno perso la casa o hanno la casa inagibile nell'area del sisma e che dovrebbero comunque pagare le imposte sulla casa e sulle forniture dei servizi per tali immobili;
    inoltre, la sospensione del pagamento dei tributi, contributi e premi assicurativi dovrebbe riguardare l'intero periodo della ricostruzione, evitando il sistema dell'attivazione di mutui previsto per il terremoto dell'Emilia per la restituzione di quando dovuto. Ponendo direttamente a carico dello Stato i pagamenti sospesi e lasciando una percentuale minima a carico dei cittadini colpiti, si potrebbe evitare, da una parte, di porre a carico dello Stato spese per interessi che superano il capitale originario e, dall'altra, di caricare di ulteriori mutui i cittadini che ancora non hanno completato la ricostruzione;
    occorre subito la dichiarazione di una «No tax area» per la zona colpita dal terremoto, con una esenzione delle tasse dovute soprattutto per le imprese e i coltivatori diretti e per le attività che vivono di turismo;
    il 19 settembre 2016 è stata firmata dal capo del dipartimento di Protezione civile, l'ordinanza n. 394, ossia la sesta ordinanza per la gestione dell'emergenza terremoto che il 24 agosto 2016 ha colpito il territorio delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo; tale ordinanza comprende la realizzazione delle strutture abitative in emergenza e delle strutture temporanee a usi pubblici, prevedendo di predisporre il minor numero di aree possibili, nel rispetto delle esigenze abitative dei nuclei famigliari;
    il tessuto edilizio della zona colpita dal sisma è costituito da piccoli borghi e da case con orto, ove la cura dell'orto è spesso l'unica occupazione della maggior parte della popolazione che è costituita per lo più da persone anziane in pensione; occorre, pertanto, anche in considerazione delle asperità del territorio e delle difficoltà climatiche della zona, valutare le situazioni caso per caso e, qualora esista l'idoneità tecnica e geologica del terreno e la possibilità della fornitura dei servizi, permettere la collocazione di moduli abitativi nel terreno privato, in assenza di autorizzazione paesaggistica e del parere dell'ente parco, previa sottoscrizione di un atto convenzionale che garantisca la rimozione del manufatto al momento della consegna della nuova abitazione;
    il sisma ha colpito un territorio dove l'agricoltura è una delle principali fonti di reddito; occorre permettere ad agricoltori e allevatori di continuare la loro attività sul territorio; pertanto, occorre permettere di collocare nelle aziende distrutte o danneggiate dal sisma le casette provvisorie, consentendo ai produttori di continuare ed accudire quotidianamente il bestiame, di ovicaprini o vacche da carne e da latte;
    nella ricostruzione, occorre tenere conto dell'esperienza passata. Celerità, risorse adeguate, semplificazione burocratica e trasparenza devono essere le basi della ricostruzione, come anche la necessità di garantire la permanenza della gente colpita nel proprio territorio;
    Amatrice fa parte della Comunità montana «Velino» ed è sede del polo agroalimentare del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; tutta la zona è interessata da vincoli paesaggistici e la preoccupazione principale della popolazione è che la burocrazia blocchi o rallenti la ricostruzione e la possibilità degli imprenditori di risollevarsi;
    uno degli elementi particolari delle zone distrutte è che in questo caso si tratta di centri caratteristici di villeggiatura, con molte seconde case, ovvero case ereditate dai genitori, costruite molti anni fa e con mezzi modesti, che i figli hanno cercato di rendere decorose; queste, pur figurando come seconde case rappresentano le radici storiche della gente colpita, con tutti i ricordi di famiglia. È importante assicurare a tutti aiuti economici efficaci per mantenere la propria identità. È importante ridare ad Amatrice e Accumoli e ai borghi del comprensorio colpito l'aspetto pulito, ordinato e gioioso del passato, poiché se gli aiuti si limitano alle sole prime case il tessuto edilizio non potrà mai essere ricostruito;
    come hanno riportato tutti i giornali, ci si poteva aspettare il terremoto di Amatrice e Accumoli; si tratta di una zona ad altissimo rischio sismico per il quale non sono state prese adeguate misure di prevenzione; non solo: con finanziamenti pubblici sono stati ricostruiti edifici pubblici, come scuole, senza rispettare le norme antisismiche;
    quasi la metà del nostro territorio, dove vive il 40 per cento della popolazione, è soggetta a rischio sismico; in particolare, l'area dell'Appennino ha una situazione geologica molto complessa, a causa dell'immersione della placca Adriatica sotto a quella dell'Eurasia, del movimento degli Appennini, della collisione fra l'Africa e l'Eurasia, che spinge la catena alpina verso Nord, e dell'allargamento del bacino tirrenico;
    il territorio dell'intero Paese versa in condizioni critiche. Da una parte il pericolo sismico, dall'altra, il rischio idrogeologico e la franosità delle nostre montagne, mettono annualmente in ginocchio intere aree, creando vittime e danni ingenti; infatti, è sotto gli occhi di tutti che la risposta sta nella «prevenzione»: prevenzione con strutture antisismiche per evitare danni maggiori nell'evoluzione delle scosse sismiche, prevenzione con interventi strutturali di difesa del suolo per far fronte ai sempre più frequenti fenomeni alluvionali che i cambiamenti climatici degli ultimi anni presagiscono;
    è evidente che le sole detrazioni fiscali per le ricostruzioni edilizie e per l'efficienza energetica, estese anche all'adeguamento antisismico degli edifici, non bastano. Occorrono risorse finanziarie adeguate, aiuti concreti per l'adeguamento antisismico degli edifici, almeno nelle zone dichiarate ad alto rischio sismico;
    accanto alla prevenzione occorre una corretta informazione; occorre un approccio consapevole, che deve cominciare dalle scuole, che aiuta la popolazione a creare, sin dall'età scolastica, una informazione vera e una conoscenza reale del proprio territorio; secondo alcuni studi, una percentuale tra il venti e il cinquanta per cento dei decessi in occasione dei terremoti è causata dalla mancata informazione e da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l'evento sismico;
    con l'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009 n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 e, a seguito al terremoto che ha colpito L'Aquila, è stato istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l'anno 2010, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, di 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e di 44 milioni di euro per l'anno 2016; le disponibilità del Fondo si esauriscono con l'anno in corso;
    il terremoto di Amatrice e Accumoli ha portato alla ribalta il problema della normativa antisismica del nostro Paese;
    fino al 2003, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, restando classificati come zone non sismiche i restanti territori, ivi compresi i territori colpiti da sisma prima di tale data; conseguentemente, su tali aree, che rappresentavano la maggior parte delle zone sismiche del Paese, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica;
    dopo il terremoto del 31 ottobre 2002, che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione civile ha adottato l'ordinanza 20 marzo 2003, n. 3274, con lo scopo di fornire una risposta immediata alla necessità dell'aggiornamento della classificazione sismica o delle norme antisismiche, dando mandato alle regioni, in armonia con il dettato dell'articolo 112 del decreto legislativo n. 112 del 1998, per l'individuazione delle zone sismiche;
    tale ordinanza, per la prima volta, ha classificato tutto il territorio nazionale come sismico suddividendolo in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; per ciascuna zona sono previsti interventi antisismici differenti in grado di rispondere alla potenza sprigionata dal probabile sisma. Successivamente, in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge n. 136 del 2004, è stato emanato il decreto ministeriale 14 settembre 2005, con il quale sono approvate le norme tecniche per le costruzioni, allo scopo di riunire in un unico testo la disciplina tecnica relativa alla progettazione ed all'esecuzione delle costruzioni e di realizzarne nel contempo l'omogeneizzazione e la razionalizzazione;
    l'entrata in vigore del decreto ministeriale 14 settembre 2005, ha determinato la piena operatività della nuova classificazione sismica, comportando la necessità dell'applicazione dell'articolo 104 del Testo Unico in materia edilizia, n. 380 del 2001, relativo alle «Costruzioni in corso in zone sismiche di nuova classificazione»;
    tuttavia, tale normativa si applica alle nuove costruzioni o a quelle che si sottopongono ad interventi di rilevante ristrutturazione, non essendo obbligatorio l'adeguamento sismico degli edifici esistenti; sarebbero obbligatorie, invece, le verifiche di edifici e infrastrutture definiti strategici, ossia di quelli che in caso di calamità naturale devono restare in piedi per consentire di gestire le emergenze e assicurare il ricovero delle persone, come stadi, prefetture, ospedali, scuole, verifiche che, in realtà, non sono mai state effettuato sulla base di una precisa pianificazione;
    un'altra questione riguarda i beni storici, ove le norme consentono un intervento di «miglioramento» antisismico, più leggero rispetto all’«adeguamento», per evitare di snaturare gli immobili storici; ma anche questa possibilità è obbligatoria solo in caso di manutenzione straordinaria;
    gli esperti stimano in 40.000 euro l'adeguamento antisismico per ogni 100 metri quadrati di edificio, attraverso tiranti, catene e fasciature, interventi che non si presentano proibitivi economicamente ma che non si presentano nemmeno risolutivi, ma solo destinati ad evitare il crollo; peraltro, tali interventi devono fare comunque i conti con le aggregazioni particolari e con i vincoli delle soprintendenze sulle facciate degli edifici per tutti i casi dei centri storici e dei borghi del Paese, come il caso di Amatrice che dal 2015 è entrata a far parte del Club «I borghi più belli d'Italia»;
    chiaramente, la situazione non è semplice, specialmente per un Paese come il nostro, pieno di centri storici e di borghi e con oltre ventiquattro milioni le persone che vivono in zone a elevato rischio sismico. Nonostante le detrazioni fiscali del 65 per cento (almeno fino al 31 dicembre prossimo, salvo proroghe), il problema dell'adeguamento antisismico degli edifici si presenta grave e complesso;
    tuttavia, il mancato aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni è inaccettabile; il testo tecnico in vigore è ancora quello del 2009, aggiornato a luglio di quell'anno, proprio dietro la spinta del terremoto dell'Abruzzo, nonostante sia prevista una revisione biennale; inoltre, risale al 2006 anche la mappa del rischio sismico, che classifica il territorio italiano in base alla potenza sprigionata dal probabile sisma; ad esempio, risulta che i comuni di Amatrice e di Accumuli sono classificati a livello 1, mentre il comune di Arquata del Tronto, anch'esso gravemente danneggiato, risulta classificato a livello 2,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative ai fini della dichiarazione di una «No tax area» per la zona colpita dal terremoto del 24 agosto 2016, con una esenzione delle tasse dovute soprattutto per le imprese e i coltivatori diretti e per tutte le attività che vivono di turismo ed una riperimetrazione delle località colpite dal sisma ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni, come risultante dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati e comunque sismicamente a rischio, adottando criteri selettivi oggettivi;
   ad assumere iniziative per prevedere in favore delle popolazioni interessate dal terremoto del 24 agosto 2016 la sospensione dei pagamenti per le forniture dei servizi, di tasse e tributi fino alla fine della ricostruzione e, parallelamente la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari nei confronti dei residenti e non residenti, relativamente agli immobili di proprietà situati nel territorio dei comuni colpiti dal terremoto, distrutti o dichiarati inagibili;
   ad assumere iniziative per prevedere anche il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali per non aggravare la situazione critica delle aziende agricole e delle piccole imprese della zona;
   ai fini della restituzione dei versamenti sospesi, ad assumere le opportune iniziative per evitare il sistema dell'attivazione di mutui già previsto per il terremoto dell'Emilia, magari ponendo direttamente a carico dello Stato i pagamenti sospesi e lasciando una percentuale minima a carico dei cittadini colpiti, allo scopo di evitare, da una parte, di porre a carico dello Stato spese per interessi che superano il capitale originario e, dall'altra, di caricare di ulteriori mutui i cittadini che ancora non hanno completato la ricostruzione;
   ai fini della sospensione dei versamenti e della concessione delle agevolazioni e dei contributi, ad assumere iniziative per rivedere la perimetrazione del cratere sismico sulla base della rendicontazione dei danni da parte dei comuni, anche in ordine allo sciame sismico in atto;
   ai fini della ricostruzione, e in considerazione dei vincoli ambientali e paesaggistici che interessano la zona, ad adottare tutte le opportune iniziative per garantire il coordinamento con le autorità locali, celerità di intervento, risorse adeguate e semplificazione burocratica e trasparenza e assicurare la permanenza dei cittadini colpiti dal terremoto nel proprio territorio, adottando procedimenti di partecipazione da parte di tutti i soggetti interessati, concertazione nella pianificazione attuativa del tessuto edilizio perso o danneggiato, nonché accordi tra pubblico e privato ai fini del celere ripristino dei luoghi;
   in considerazione del fatto che il tessuto edilizio della zona è costituito da piccoli borghi, da case con orto e da imprese agricole, oltre che da imprese commerciali e rinomate attività di ristorazione, ad adottare le opportune iniziative per permettere la collocazione di moduli abitativi provvisori anche nel terreno di proprietà privata, provvedendo alla sospensione del vincoli che insistono sul territorio e all'abbreviazione delle procedure burocratiche, in tal modo permettendo soprattutto ad agricoltori e allevatori di continuare la loro attività sul territorio, ferme restando l'idoneità tecnica e geologica del terreno e la possibilità della fornitura dei servizi, nonché la sottoscrizione di un atto convenzionale che garantisca la rimozione del manufatto al momento della consegna della nuova abitazione;
   ad assumere iniziative per prevedere il risarcimento integrale delle perdite delle aziende e delle strutture turistiche nonché il risarcimento al 100 per cento delle spese per la ristrutturazione o per la ricostruzione sia delle prime case che delle seconde, senza alcuna differenza, in quanto si tratta prevalentemente della ricostruzione di luoghi caratteristici di villeggiatura che vivono del turismo;
   a dare priorità, nel finanziamento diretto e indiretto dello Stato, alla realizzazione delle infrastrutture adeguate a garantire un efficace e tempestivo sistema di soccorsi: realizzazione di ferrovie, aeroporti, eliporti, costruzione o modernizzazione strade, consolidamento viadotti e gallerie, conclusione delle opere in corso;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire il mantenimento e la piena operatività degli ospedali delle zone in questione in raccordo con le regioni, affinché nei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione, non vengano sguarnite di strutture sanitarie fondamentali a garantire la salvaguardia della vita umana e la tempestiva assistenza;
   a prevedere, ai fini della trasparenza e della conoscibilità degli atti, delle procedure e delle decisioni adottate, la pubblicità, anche tramite i siti Internet della protezione civile, nonché d'intesa con gli enti locali interessati, dell'elenco dei fornitori, comprensivo dell'oggetto della fornitura e del relativo importo, dello stato delle somme erogate e dei relativi beneficiari, degli interventi programmati, degli avvisi, dello stato di realizzazione delle opere, nonché di tutta la normativa nazionale, regionale, provinciale e comunale, afferente agli interventi di ricostruzione conseguenti agli eventi sismici;
   ad adottare e le opportune iniziative per la predisposizione di ammortizzatori sociali per le imprese colpite dal terremoto e ad attivarsi presso le competenti sedi dell'Unione europea per la destinazione di fondi a sostegno del comparto agricolo e boschivo danneggiato dal sisma;
   ad assumere iniziative per prevedere l'esenzione dai vincoli della finanza pubblica per i comuni colpiti, per tutte le spese destinate alla ricostruzione;
   ad assumere iniziative per prevedere la deroga alla costituzione della centrale unica di committenza tra più comuni di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per i comuni ricadenti nel cratere sismico;
   su richiesta dei subappaltatori, ad assumere iniziative per prevedere l'obbligo per la stazione appaltante di procedere al pagamento diretto dei subappaltatori per tutti i lavori di ricostruzione connessi al sisma;
    per evitare il pendolarismo degli studenti, ad assumere iniziative per la deroga delle norme sull'accorpamento degli istituti scolastici, di cui al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 per le zone colpite dal terremoto;
   a valutare la possibilità di destinare il montepremi dell'attuale estrazione del superenalotto in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016 e degli interventi di ricostruzione;
   ai fini della prevenzione, a promuovere l'immediato aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni, con particolare riferimento all'adeguamento antisismico degli edifici e a procedere ad un costante monitoraggio del territorio ai fini del tempestivo aggiornamento della classificazione sismica e del rischio al quale sono esposti il patrimonio abitativo, la popolazione e i sistemi infrastrutturali;
   ad assumere iniziative per prorogare le detrazioni fiscali per l'adeguamento antisismico degli edifici esistenti anche dopo il 31 dicembre 2016, provvedendo ad un incremento della percentuale in detrazione, e per concedere detrazioni fiscali fino al 100 per cento del costo dell'adeguamento antisismico per gli edifici che ricadono in zone sismiche classificate 1 e 2;
   a procedere al controllo costante e all'adeguamento antisismico degli edifici pubblici, con particolare riferimento alle scuole;
   ad affrontare i problemi legati all'adeguamento antisismico degli edifici esistenti in presenza di vincoli, semplificando le procedure per il rilascio delle autorizzazioni;
   ad assumere iniziative per garantire per le zone classificate ad alta e media sismicità (zone 1 e 2) gli opportuni finanziamenti per la realizzazione e per il mantenimento dell'efficienza delle infrastrutture necessarie al sistema dei soccorsi, collegamenti viari e ferroviari, aeroporti, eliporti, nonché delle strutture ospedaliere, assegnando alle stesse, in accordo con le regioni, precedenza nell'ambito dei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione;
   a promuovere accordi con i gestori di telefonia mobile ai fini della copertura delle comunicazioni e dell'istituzione di aree wi-fi nelle zone ad alta e media sismicità;
   a promuovere campagne d'informazione, anche nell'ambito dei programmi scolastici, per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico e della classificazione sismica della propria zona, e a mettere in atto una costante e incisiva azione di informazione e sensibilizzazione dei cittadini volta a diffondere la cultura della prevenzione;
   ad assumere iniziative per rifinanziare con maggiori risorse il fondo per la prevenzione del rischio sismico, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi nelle prossime annualità di bilancio e per attuare un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più elevato rischio sismico;
   a promuovere presso le istituzioni europee le opportune iniziative finalizzate allo stanziamento di appositi fondi per l'adeguamento antisismico degli edifici pubblici e privati negli Stati membri dell'Unione.
(1-01361) «Saltamartini, Castiello, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    il terremoto del 24 agosto 2016, che ha colpito il territorio delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, ha avuto effetti devastanti, provocando lo «sbriciolamento» delle case in muratura di Amatrice e Accumoli e delle loro frazioni e creando seri danni ad edifici pubblici e privati in comuni come Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo e Montemonaco;
    è preoccupante il fatto che lo sciame sismico continua; dal 24 agosto ad oggi sono state registrate 11.600 scosse; ancora il 20 settembre una forte scossa di magnitudo 4,1 ha colpito Amatrice, il 21 settembre un'altra scossa di magnitudo 2,8 ha interessato la provincia di Perugia, il 22 settembre una scossa di magnitudo 2,3 ha interessato il comune di Norcia;
    il piano di frattura, lungo 25-30 chilometri, situato nell'area compresa tra Amatrice e Norcia, ha registrato un abbassamento di 20 centimetri, e un movimento co-sismico importante, dell'ordine di 1 metro, nella campagna di Amatrice; la sismicità dei giorni a seguire la scossa principale ha interessato un volume crostale più esteso; i geologi che hanno e effettuato i monitoraggi sul territorio hanno anche evidenziato un rischio, anche se con probabilità inferiore al 10 per cento che la faglia, che ha causato il terremoto di Amatrice, possa aver attivato le faglie vicine;
    sono 298 le persone che hanno perso la vita, migliaia i feriti di cui 388 gravi, 238 le persone che sono state estratte illese dalle macerie; 3.190 sono le persone assistite nei campi e negli alberghi, 318 quelle ospitate negli hotel messi a disposizione a San Benedetto, 90 che hanno deciso di trasferirsi nei moduli abitativi provvisori e le abitazioni del progetto «Case» messe a disposizione a L'Aquila;
    è stato gravemente danneggiato il principale ospedale dell'area, il «Francesco Grifoni» di Amatrice, da dove sono stati evacuati tutti i pazienti ricoverati, rendendo ancora più complicato il soccorso sanitario dei feriti;
    il terremoto ha causato vasti danneggiamenti anche al patrimonio culturale della zona, a chiese ed edifici storici;
    le attività delle circa 670 aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli sono paralizzate; circa 50 attività hanno dovuto chiudere;
    le vie di comunicazione hanno subito seri danni – in particolare la Salaria, la strada regionale 260, la strada statale 685 delle Tre Valli Umbre – ed è rimasta interrotta buona parte della viabilità secondaria, provocando intralci e ritardi ai soccorsi. La tempestività dei soccorsi è stata compromessa anche dalle problematiche preesistenti sulla viabilità principale e secondaria e dai cantieri in corso sulla Salaria, asse principale di collegamento;
    la difficile situazione delle comunicazioni è stata aggravata dalle linee telefoniche interrotte e dalla scarsa copertura della zona da parte dei gestori di telefonia mobile, probabilmente poiché si tratta di aree senza interesse commerciale;
    con il decreto Ministeriale 1o settembre 2016 il Governo ha sospeso fino al 16 dicembre 2016 i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, nei confronti delle persone fisiche che, alla data del 24 agosto 2016, avevano la residenza, ovvero la sede operativa, nel territorio dei comuni colpiti dal terremoto;
    non è stato previsto il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali; la mancata previsione di tale rinvio rischia di aggravare la situazione delle aziende agricole e delle piccole imprese della zona;
    parimenti, non è stato previsto il rinvio dei versamenti e degli adempimenti tributari nei confronti dei cittadini non residenti che hanno perso la casa o hanno la casa inagibile nell'area del sisma e che dovrebbero comunque pagare le imposte sulla casa e sulle forniture dei servizi per tali immobili;
    inoltre, la sospensione del pagamento dei tributi, contributi e premi assicurativi dovrebbe riguardare l'intero periodo della ricostruzione, evitando il sistema dell'attivazione di mutui previsto per il terremoto dell'Emilia per la restituzione di quando dovuto. Ponendo direttamente a carico dello Stato i pagamenti sospesi e lasciando una percentuale minima a carico dei cittadini colpiti, si potrebbe evitare, da una parte, di porre a carico dello Stato spese per interessi che superano il capitale originario e, dall'altra, di caricare di ulteriori mutui i cittadini che ancora non hanno completato la ricostruzione;
    occorre subito la dichiarazione di una «No tax area» per la zona colpita dal terremoto, con una esenzione delle tasse dovute soprattutto per le imprese e i coltivatori diretti e per le attività che vivono di turismo;
    il 19 settembre 2016 è stata firmata dal capo del dipartimento di Protezione civile, l'ordinanza n. 394, ossia la sesta ordinanza per la gestione dell'emergenza terremoto che il 24 agosto 2016 ha colpito il territorio delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo; tale ordinanza comprende la realizzazione delle strutture abitative in emergenza e delle strutture temporanee a usi pubblici, prevedendo di predisporre il minor numero di aree possibili, nel rispetto delle esigenze abitative dei nuclei famigliari;
    il tessuto edilizio della zona colpita dal sisma è costituito da piccoli borghi e da case con orto, ove la cura dell'orto è spesso l'unica occupazione della maggior parte della popolazione che è costituita per lo più da persone anziane in pensione; occorre, pertanto, anche in considerazione delle asperità del territorio e delle difficoltà climatiche della zona, valutare le situazioni caso per caso e, qualora esista l'idoneità tecnica e geologica del terreno e la possibilità della fornitura dei servizi, permettere la collocazione di moduli abitativi nel terreno privato, in assenza di autorizzazione paesaggistica e del parere dell'ente parco, previa sottoscrizione di un atto convenzionale che garantisca la rimozione del manufatto al momento della consegna della nuova abitazione;
    il sisma ha colpito un territorio dove l'agricoltura è una delle principali fonti di reddito; occorre permettere ad agricoltori e allevatori di continuare la loro attività sul territorio; pertanto, occorre permettere di collocare nelle aziende distrutte o danneggiate dal sisma le casette provvisorie, consentendo ai produttori di continuare ed accudire quotidianamente il bestiame, di ovicaprini o vacche da carne e da latte;
    nella ricostruzione, occorre tenere conto dell'esperienza passata. Celerità, risorse adeguate, semplificazione burocratica e trasparenza devono essere le basi della ricostruzione, come anche la necessità di garantire la permanenza della gente colpita nel proprio territorio;
    Amatrice fa parte della Comunità montana «Velino» ed è sede del polo agroalimentare del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; tutta la zona è interessata da vincoli paesaggistici e la preoccupazione principale della popolazione è che la burocrazia blocchi o rallenti la ricostruzione e la possibilità degli imprenditori di risollevarsi;
    uno degli elementi particolari delle zone distrutte è che in questo caso si tratta di centri caratteristici di villeggiatura, con molte seconde case, ovvero case ereditate dai genitori, costruite molti anni fa e con mezzi modesti, che i figli hanno cercato di rendere decorose; queste, pur figurando come seconde case rappresentano le radici storiche della gente colpita, con tutti i ricordi di famiglia. È importante assicurare a tutti aiuti economici efficaci per mantenere la propria identità. È importante ridare ad Amatrice e Accumoli e ai borghi del comprensorio colpito l'aspetto pulito, ordinato e gioioso del passato, poiché se gli aiuti si limitano alle sole prime case il tessuto edilizio non potrà mai essere ricostruito;
    come hanno riportato tutti i giornali, ci si poteva aspettare il terremoto di Amatrice e Accumoli; si tratta di una zona ad altissimo rischio sismico per il quale non sono state prese adeguate misure di prevenzione; non solo: con finanziamenti pubblici sono stati ricostruiti edifici pubblici, come scuole, senza rispettare le norme antisismiche;
    quasi la metà del nostro territorio, dove vive il 40 per cento della popolazione, è soggetta a rischio sismico; in particolare, l'area dell'Appennino ha una situazione geologica molto complessa, a causa dell'immersione della placca Adriatica sotto a quella dell'Eurasia, del movimento degli Appennini, della collisione fra l'Africa e l'Eurasia, che spinge la catena alpina verso Nord, e dell'allargamento del bacino tirrenico;
    il territorio dell'intero Paese versa in condizioni critiche. Da una parte il pericolo sismico, dall'altra, il rischio idrogeologico e la franosità delle nostre montagne, mettono annualmente in ginocchio intere aree, creando vittime e danni ingenti; infatti, è sotto gli occhi di tutti che la risposta sta nella «prevenzione»: prevenzione con strutture antisismiche per evitare danni maggiori nell'evoluzione delle scosse sismiche, prevenzione con interventi strutturali di difesa del suolo per far fronte ai sempre più frequenti fenomeni alluvionali che i cambiamenti climatici degli ultimi anni presagiscono;
    è evidente che le sole detrazioni fiscali per le ricostruzioni edilizie e per l'efficienza energetica, estese anche all'adeguamento antisismico degli edifici, non bastano. Occorrono risorse finanziarie adeguate, aiuti concreti per l'adeguamento antisismico degli edifici, almeno nelle zone dichiarate ad alto rischio sismico;
    accanto alla prevenzione occorre una corretta informazione; occorre un approccio consapevole, che deve cominciare dalle scuole, che aiuta la popolazione a creare, sin dall'età scolastica, una informazione vera e una conoscenza reale del proprio territorio; secondo alcuni studi, una percentuale tra il venti e il cinquanta per cento dei decessi in occasione dei terremoti è causata dalla mancata informazione e da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l'evento sismico;
    con l'articolo 11 del decreto-legge 28 aprile 2009 n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 e, a seguito al terremoto che ha colpito L'Aquila, è stato istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l'anno 2010, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, di 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e di 44 milioni di euro per l'anno 2016; le disponibilità del Fondo si esauriscono con l'anno in corso;
    il terremoto di Amatrice e Accumoli ha portato alla ribalta il problema della normativa antisismica del nostro Paese;
    fino al 2003, la mappa sismica in Italia non era altro che la mappa dei territori colpiti dai forti terremoti avvenuti dopo il 1908, restando classificati come zone non sismiche i restanti territori, ivi compresi i territori colpiti da sisma prima di tale data; conseguentemente, su tali aree, che rappresentavano la maggior parte delle zone sismiche del Paese, non vi era alcun obbligo di costruire nel rispetto della normativa antisismica;
    dopo il terremoto del 31 ottobre 2002, che ha colpito i territori al confine fra il Molise e la Puglia, la Protezione civile ha adottato l'ordinanza 20 marzo 2003, n. 3274, con lo scopo di fornire una risposta immediata alla necessità dell'aggiornamento della classificazione sismica o delle norme antisismiche, dando mandato alle regioni, in armonia con il dettato dell'articolo 112 del decreto legislativo n. 112 del 1998, per l'individuazione delle zone sismiche;
    tale ordinanza, per la prima volta, ha classificato tutto il territorio nazionale come sismico suddividendolo in 4 zone, caratterizzate da pericolosità sismica decrescente; per ciascuna zona sono previsti interventi antisismici differenti in grado di rispondere alla potenza sprigionata dal probabile sisma. Successivamente, in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge n. 136 del 2004, è stato emanato il decreto ministeriale 14 settembre 2005, con il quale sono approvate le norme tecniche per le costruzioni, allo scopo di riunire in un unico testo la disciplina tecnica relativa alla progettazione ed all'esecuzione delle costruzioni e di realizzarne nel contempo l'omogeneizzazione e la razionalizzazione;
    l'entrata in vigore del decreto ministeriale 14 settembre 2005, ha determinato la piena operatività della nuova classificazione sismica, comportando la necessità dell'applicazione dell'articolo 104 del Testo Unico in materia edilizia, n. 380 del 2001, relativo alle «Costruzioni in corso in zone sismiche di nuova classificazione»;
    tuttavia, tale normativa si applica alle nuove costruzioni o a quelle che si sottopongono ad interventi di rilevante ristrutturazione, non essendo obbligatorio l'adeguamento sismico degli edifici esistenti; sarebbero obbligatorie, invece, le verifiche di edifici e infrastrutture definiti strategici, ossia di quelli che in caso di calamità naturale devono restare in piedi per consentire di gestire le emergenze e assicurare il ricovero delle persone, come stadi, prefetture, ospedali, scuole, verifiche che, in realtà, non sono mai state effettuato sulla base di una precisa pianificazione;
    un'altra questione riguarda i beni storici, ove le norme consentono un intervento di «miglioramento» antisismico, più leggero rispetto all’«adeguamento», per evitare di snaturare gli immobili storici; ma anche questa possibilità è obbligatoria solo in caso di manutenzione straordinaria;
    gli esperti stimano in 40.000 euro l'adeguamento antisismico per ogni 100 metri quadrati di edificio, attraverso tiranti, catene e fasciature, interventi che non si presentano proibitivi economicamente ma che non si presentano nemmeno risolutivi, ma solo destinati ad evitare il crollo; peraltro, tali interventi devono fare comunque i conti con le aggregazioni particolari e con i vincoli delle soprintendenze sulle facciate degli edifici per tutti i casi dei centri storici e dei borghi del Paese, come il caso di Amatrice che dal 2015 è entrata a far parte del Club «I borghi più belli d'Italia»;
    chiaramente, la situazione non è semplice, specialmente per un Paese come il nostro, pieno di centri storici e di borghi e con oltre ventiquattro milioni le persone che vivono in zone a elevato rischio sismico. Nonostante le detrazioni fiscali del 65 per cento (almeno fino al 31 dicembre prossimo, salvo proroghe), il problema dell'adeguamento antisismico degli edifici si presenta grave e complesso;
    tuttavia, il mancato aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni è inaccettabile; il testo tecnico in vigore è ancora quello del 2009, aggiornato a luglio di quell'anno, proprio dietro la spinta del terremoto dell'Abruzzo, nonostante sia prevista una revisione biennale; inoltre, risale al 2006 anche la mappa del rischio sismico, che classifica il territorio italiano in base alla potenza sprigionata dal probabile sisma; ad esempio, risulta che i comuni di Amatrice e di Accumuli sono classificati a livello 1, mentre il comune di Arquata del Tronto, anch'esso gravemente danneggiato, risulta classificato a livello 2,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere in favore delle popolazioni interessate dal terremoto del 24 agosto 2016 la sospensione dei pagamenti per le forniture dei servizi, di tasse e tributi e, parallelamente la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari nei confronti dei residenti e non residenti, relativamente agli immobili di proprietà situati nel territorio dei comuni colpiti dal terremoto, distrutti o dichiarati inagibili;
   ad assumere iniziative per prevedere anche il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali per non aggravare la situazione critica delle aziende agricole e delle piccole imprese della zona;
   ai fini della restituzione dei versamenti sospesi, ad assumere le opportune iniziative per evitare il sistema dell'attivazione di mutui già previsto per il terremoto dell'Emilia;
   ai fini della sospensione dei versamenti e della concessione delle agevolazioni e dei contributi, ad assumere iniziative per rivedere la perimetrazione del cratere sismico sulla base della rendicontazione dei danni da parte dei comuni, anche in ordine allo sciame sismico in atto;
   ai fini della ricostruzione, e in considerazione dei vincoli ambientali e paesaggistici che interessano la zona, ad adottare tutte le opportune iniziative per garantire il coordinamento con le autorità locali, celerità di intervento, risorse adeguate e semplificazione burocratica e trasparenza e assicurare la permanenza dei cittadini colpiti dal terremoto nel proprio territorio, adottando procedimenti di partecipazione da parte di tutti i soggetti interessati, concertazione nella pianificazione attuativa del tessuto edilizio perso o danneggiato, nonché accordi tra pubblico e privato ai fini del celere ripristino dei luoghi;
   in considerazione del fatto che il tessuto edilizio della zona è costituito da piccoli borghi, da case con orto e da imprese agricole, oltre che da imprese commerciali e rinomate attività di ristorazione, ad adottare le opportune iniziative per permettere la collocazione di moduli abitativi provvisori anche nel terreno di proprietà privata, provvedendo alla sospensione del vincoli che insistono sul territorio e all'abbreviazione delle procedure burocratiche, in tal modo permettendo soprattutto ad agricoltori e allevatori di continuare la loro attività sul territorio, ferme restando l'idoneità tecnica e geologica del terreno e la possibilità della fornitura dei servizi, nonché la sottoscrizione di un atto convenzionale che garantisca la rimozione del manufatto al momento della consegna della nuova abitazione;
   a dare priorità, nel finanziamento diretto e indiretto dello Stato, alla realizzazione delle infrastrutture adeguate a garantire un efficace e tempestivo sistema di soccorsi: realizzazione di ferrovie, aeroporti, eliporti, costruzione o modernizzazione strade, consolidamento viadotti e gallerie, conclusione delle opere in corso;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire il mantenimento e la piena operatività degli ospedali delle zone in questione in raccordo con le regioni, affinché nei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione, non vengano sguarnite di strutture sanitarie fondamentali a garantire la salvaguardia della vita umana e la tempestiva assistenza;
   a prevedere, ai fini della trasparenza e della conoscibilità degli atti, delle procedure e delle decisioni adottate, la pubblicità, anche tramite i siti Internet della protezione civile, nonché d'intesa con gli enti locali interessati, dell'elenco dei fornitori, comprensivo dell'oggetto della fornitura e del relativo importo, dello stato delle somme erogate e dei relativi beneficiari, degli interventi programmati, degli avvisi, dello stato di realizzazione delle opere, nonché di tutta la normativa nazionale, regionale, provinciale e comunale, afferente agli interventi di ricostruzione conseguenti agli eventi sismici;
   ad adottare e le opportune iniziative per la predisposizione di ammortizzatori sociali per le imprese colpite dal terremoto e ad attivarsi presso le competenti sedi dell'Unione europea per la destinazione di fondi a sostegno del comparto agricolo e boschivo danneggiato dal sisma;
   ad assumere iniziative per prevedere l'esenzione dai vincoli della finanza pubblica per i comuni colpiti, per tutte le spese destinate alla ricostruzione;
   su richiesta dei subappaltatori, ad assumere iniziative per prevedere l'obbligo per la stazione appaltante di procedere al pagamento diretto dei subappaltatori per tutti i lavori di ricostruzione connessi al sisma;
    per evitare il pendolarismo degli studenti, ad assumere iniziative per la deroga delle norme sull'accorpamento degli istituti scolastici, di cui al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 per le zone colpite dal terremoto;
   ai fini della prevenzione, a promuovere l'immediato aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni, con particolare riferimento all'adeguamento antisismico degli edifici e a procedere ad un costante monitoraggio del territorio ai fini del tempestivo aggiornamento della classificazione sismica e del rischio al quale sono esposti il patrimonio abitativo, la popolazione e i sistemi infrastrutturali;
   a procedere al controllo costante e all'adeguamento antisismico degli edifici pubblici, con particolare riferimento alle scuole;
   ad affrontare i problemi legati all'adeguamento antisismico degli edifici esistenti in presenza di vincoli, semplificando le procedure per il rilascio delle autorizzazioni;
   a promuovere accordi con i gestori di telefonia mobile ai fini della copertura delle comunicazioni e dell'istituzione di aree wi-fi nelle zone ad alta e media sismicità;
   a promuovere campagne d'informazione, anche nell'ambito dei programmi scolastici, per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico e della classificazione sismica della propria zona, e a mettere in atto una costante e incisiva azione di informazione e sensibilizzazione dei cittadini volta a diffondere la cultura della prevenzione;
   ad assumere iniziative per rifinanziare con maggiori risorse il fondo per la prevenzione del rischio sismico, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi nelle prossime annualità di bilancio e per attuare un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più elevato rischio sismico;
   a promuovere presso le istituzioni europee le opportune iniziative finalizzate allo stanziamento di appositi fondi per l'adeguamento antisismico degli edifici pubblici e privati negli Stati membri dell'Unione.
(1-01361)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Saltamartini, Castiello, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    nella notte del 24 agosto 2016, alle ore 3,36, si è registrato un terremoto di magnitudo 6.2, che ha colpito alcune regioni del centro Italia, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo, Montemonaco e diverse loro frazioni, causando la pressoché completa distruzione delle località testé citate;
    tale terribile terremoto ha provocato la morte di 298 persone ed il ferimento di altre 388;
    ad un mese dal terremoto si registra un numero elevato (circa 2.714) di persone costrette a vivere in tende e strutture d'emergenza allestite per gli sfollati;
    gli edifici esaminati risultano essere: n. 1.320 parzialmente inagibili; n. 3.065 inagibili; n. 530 inagibili per rischio esterno pur non essendo danneggiati, e n. 4.276 agibili;
    i plessi scolastici esaminati sono stati dichiarati: n. 3 inagibili per rischio esterno; n. 141 temporaneamente inagibili; n. 466 agibili; n. 38 inagibili;
    la tragedia è stata ulteriormente aggravata dalle condizioni del territorio, con enormi asperità per morfologia e con strade difficilmente percorribili a causa delle macerie provocate dal terremoto e di gravi problemi di dissesto preesistenti;
    a causa del crollo del piccolo ospedale di Amatrice è stato ancora più difficile soccorrere i feriti;
    durante la tragica notte del terremoto si sono interrotte le linee di comunicazione telefonica e dell'energia elettrica, e per molte vittime è stato impossibile chiedere soccorso;
    a seguito del terremoto del 2002 in Puglia e Molise fu emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3774 del 20 marzo 2003, con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
    in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza su richiamata, la zona 1, «a sismicità alta», nella quale ricadono 708 comuni, risulta essere la zona più pericolosa ed esposta a fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media», che comprende n. 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre la zona 4, che è considerata «a sismicità molto bassa», comprende n. 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica e lasciata all'autonomia delle regioni;
    l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006 ha aggiornato la precedente del 2003;
    risulta essere costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione finanziaria di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014, 2015, ed infine 44 milioni di euro per l'anno 2016;
    i finanziamenti riportati dal sito della Protezione civile rappresentano grosso modo l'1 per cento del fabbisogno per mettere in sicurezza gli edifici a rischio sismico;
    con l'anno in corso si esauriscono i finanziamenti stanziati nel bilancio dello Stato;
    le uniche misure assunte dal Governo per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano i territori colpiti dal sisma risultano essere lo stanziamento di 50 milioni di euro ed il differimento delle scadenze fiscali per i residenti di tali comuni;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, unitamente al commissario straordinario per il terremoto Vasco Errani, nella conferenza stampa tenutasi presso la Presidenza del Consiglio in data 23 settembre 2016 hanno affermato che per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto nella tragica notte del 24 agosto 2016 occorre una cifra non inferiore ai 4 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per reperire e stanziare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2016, le risorse necessarie per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto il 24 agosto 2016;
   a considerare la possibilità di assumere iniziative volte a stanziare le risorse necessarie per tale ricostruzione al di fuori dei vincoli del patto di stabilità;
   a riconsiderare l'elenco delle località colpite da tale sisma ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati;
   ad assumere iniziative per sospendere il pagamento di tributi ed imposizioni fiscali per tutti i residenti fino alla ricostruzione di edifici e luoghi, al fine di favorire una celere ricostruzione del tessuto produttivo ed industriale delle aree colpite, così da agevolare la ripresa dell'economia locale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a stanziare maggiori risorse per il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di pianificazione e realizzazione in corso;
   a promuovere un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più alto rischio sismico, offrendo consistenti vantaggi e sollievi fiscali ai proprietari di immobili che scelgano la strada dell'ammodernamento e della messa in sicurezza degli edifici;
   ad intervenire presso la Commissione europea affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento sismico di edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea nelle zone ad alto rischio sismico;
   a promuovere apposite campagne di informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico al fine della riduzione del rischio connesso ai terremoti, mettendo altresì in essere un'azione di sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e soprattutto da parte degli amministratori pubblici.
(1-01362) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    nella notte del 24 agosto 2016, alle ore 3,36, si è registrato un terremoto di magnitudo 6.2, che ha colpito alcune regioni del centro Italia, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo, Montemonaco e diverse loro frazioni, causando la pressoché completa distruzione delle località testé citate;
    tale terribile terremoto ha provocato la morte di 298 persone ed il ferimento di altre 388;
    ad un mese dal terremoto si registra un numero elevato (circa 2.714) di persone costrette a vivere in tende e strutture d'emergenza allestite per gli sfollati;
    gli edifici esaminati risultano essere: n. 1.320 parzialmente inagibili; n. 3.065 inagibili; n. 530 inagibili per rischio esterno pur non essendo danneggiati, e n. 4.276 agibili;
    i plessi scolastici esaminati sono stati dichiarati: n. 3 inagibili per rischio esterno; n. 141 temporaneamente inagibili; n. 466 agibili; n. 38 inagibili;
    la tragedia è stata ulteriormente aggravata dalle condizioni del territorio, con enormi asperità per morfologia e con strade difficilmente percorribili a causa delle macerie provocate dal terremoto e di gravi problemi di dissesto preesistenti;
    a causa del crollo del piccolo ospedale di Amatrice è stato ancora più difficile soccorrere i feriti;
    durante la tragica notte del terremoto si sono interrotte le linee di comunicazione telefonica e dell'energia elettrica, e per molte vittime è stato impossibile chiedere soccorso;
    a seguito del terremoto del 2002 in Puglia e Molise fu emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3774 del 20 marzo 2003, con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
    in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza su richiamata, la zona 1, «a sismicità alta», nella quale ricadono 708 comuni, risulta essere la zona più pericolosa ed esposta a fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media», che comprende n. 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre la zona 4, che è considerata «a sismicità molto bassa», comprende n. 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica e lasciata all'autonomia delle regioni;
    l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006 ha aggiornato la precedente del 2003;
    risulta essere costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione finanziaria di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014, 2015, ed infine 44 milioni di euro per l'anno 2016;
    i finanziamenti riportati dal sito della Protezione civile rappresentano grosso modo l'1 per cento del fabbisogno per mettere in sicurezza gli edifici a rischio sismico;
    con l'anno in corso si esauriscono i finanziamenti stanziati nel bilancio dello Stato;
    le uniche misure assunte dal Governo per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano i territori colpiti dal sisma risultano essere lo stanziamento di 50 milioni di euro ed il differimento delle scadenze fiscali per i residenti di tali comuni;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, unitamente al commissario straordinario per il terremoto Vasco Errani, nella conferenza stampa tenutasi presso la Presidenza del Consiglio in data 23 settembre 2016 hanno affermato che per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto nella tragica notte del 24 agosto 2016 occorre una cifra non inferiore ai 4 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per reperire e stanziare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2016, le risorse necessarie per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto il 24 agosto 2016;
   a considerare la possibilità di assumere iniziative volte a stanziare le risorse necessarie per tale ricostruzione al di fuori dei vincoli del patto di stabilità;
   a riconsiderare l'elenco delle località colpite da tale sisma ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati;
   ad assumere iniziative per sospendere il pagamento di tributi ed imposizioni fiscali per tutti i residenti, al fine di favorire una celere ricostruzione del tessuto produttivo ed industriale delle aree colpite, così da agevolare la ripresa dell'economia locale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a stanziare maggiori risorse per il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di pianificazione e realizzazione in corso;
   a promuovere un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più alto rischio sismico, offrendo consistenti vantaggi e sollievi fiscali ai proprietari di immobili che scelgano la strada dell'ammodernamento e della messa in sicurezza degli edifici;
   ad intervenire presso la Commissione europea affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento sismico di edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea nelle zone ad alto rischio sismico;
   a promuovere apposite campagne di informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico al fine della riduzione del rischio connesso ai terremoti, mettendo altresì in essere un'azione di sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e soprattutto da parte degli amministratori pubblici.
(1-01362)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
   il sisma che si è verificato il 24 agosto 2016 ha prodotto una nuova ferita al cuore dell'Italia: le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, coinvolte nel terremoto, stanno facendo i conti con uno sciame inarrestabile;
   secondo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), oltre al primo evento di magnitudo 6 e a un altro di magnitudo 5, sono state registrate almeno 11.500 (aftershocks) scosse di assestamento, di cui 200 di magnitudo fra 3 e 4 gradi e 14 di magnitudo fra i 4 e i 5; solo negli ultimi sette giorni ne sono state registrate 171, fra i 2 e i 3 gradi di intensità;
   sempre secondo l'INGV, l'area interessata dalle scosse si sta estendendo le osservazioni statistiche sul fenomeno sismico in atto non escludono che possano verificarsi ulteriori terremoti di magnitudo rilevante, anche se la probabilità è definita molto bassa e si attesta intorno al 3 per cento;
   la macchina dei soccorsi attivata nelle ore successive al sisma ha dato prova di grande efficienza e competenza, scongiurando una catastrofe peggiore, portando in salvo quasi 250 persone illese dalle macerie e soccorso circa 400 feriti;
   la vera forza di questa solidarietà, va ricordato, risiede nel cuore e nella grande umanità di cui sono capaci gli operatori di protezione civile e il personale dei corpi civili e militari dello Stato, che hanno recuperato fino all'ultimo i 295 deceduti;
   il racconto di chi ha visitato i comuni colpiti dal sisma descrive uno scenario post bellico; i residenti, alcuni giovani in particolare, hanno detto che questi comuni (Amatrice, Arquata, Accumoli, Acquasanta, Pescara del Tronto per citarne alcuni) esistono nel loro ricordo, nella mente di chi li ha vissuti, ma che in realtà, oggi, sono paesi senza vita. Località «fantasma» che necessitano di tutto e che per lungo tempo resteranno disabitate;
   il giorno dopo il sisma il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici e ha stanziato i primi 50 milioni di euro per gli interventi più urgenti, a valere sul Fondo nazionale per le emergenze;
   nei giorni immediatamente successivi l'evento sismico è stata lanciata dal Premier l'idea di un progetto denominato «Casa Italia», ambizioso programma pluriennale per la messa in sicurezza del territorio nazionale che, per essere realizzato, richiederebbe l'attivazione di una consultazione finalizzata a valutare contributi di idee ed esperienze oltre che di una strategica individuazione di risorse;
   a un mese dal sisma si sta già cercando di superare la fase di stretta emergenza e provvedendo a mettere in atto la fase due dei soccorsi, smontando le tendopoli per fare posto a strutture che ospiteranno negozi, bar ed esercizi commerciali, al fine di ridare vita a quei luoghi che costituiranno il collante per chi resta oltre che ripristinare un'attività di ricostruzione che deve partire dalla quotidianità;
   a chi non potrà rientrare nella sua casa si sta cercando di assicurare in vari modi una sistemazione attraverso la concessione di contributi o chiedendo a chi ha una seconda casa di offrirla a chi non ce l'ha più, in attesa dei moduli abitativi provvisori che, secondo le previsioni, dovrebbero essere consegnati entro 7 mesi;
   pur con mille difficoltà è stato garantito l'inizio regolare dell'anno scolastico per tutti i ragazzi in due aree distinte (Amatrice e Arquata Accumoli e Acquasanta), al fine di evitare ai più piccoli i disagi del pendolarismo e assicurare il rispetto del diritto costituzionale all'istruzione;
   all'emergenza tutta l'Italia ha risposto con diverse raccolte di fondi, tra cui quella degli sms, che ha raggiunto ad oggi quasi 15 milioni di euro;
   con l'invio di generi di ogni tipo è stata garantita la presenza nelle tendopoli di personale medico, è stato assicurato il supporto psicologico ed è stato attivato il ripristino della viabilità necessaria a scongiurare l'isolamento delle aree colpite dal sisma;
   la maggior parte dei residenti ha dichiarato immediatamente di non essere disponibile a trasferimenti in altri comuni, ma di voler restare, per onorare le proprie radici, e vigilare sulle operazioni di messa in sicurezza e ricostruzione;
   il sindaco di Amatrice ha più volte ripetuto, assieme ad altri sindaci, che il suo timore è quello che spente le luci dell'emergenza su questi comuni, tutto finisca nell'oblio;
   il commissario Errani e il Governo hanno già assicurato che verranno concessi contributi per la ricostruzione a chi è residente e chi non lo è, ma aveva un'abitazione nelle aree colpite dal sisma;
   sono state adottate misure volte a differire il pagamento dei tributi per i residenti nei comuni colpiti che non sono nelle condizioni di assolvere agli obblighi fiscali, così come sono stati sospesi temporaneamente i pagamenti delle utenze domestiche;
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non dice esplicitamente che ci siano rischi imminenti, pur ricordando che l'Italia si trova nella zona di convergenza tra la placca africana e quella euroasiatica ed uno dei Paesi, fra quelli del Mediterraneo, a più alto rischio terremoti;
   in Italia quasi l'80 per cento degli edifici è stato edificato senza il rispetto di normative antisismiche, introdotte solo a seguito del terremoto in Irpinia nel 1981;
   ad ogni evento sismico (circa 60 terremoti in un secolo hanno già scosso l'Italia) è d'uso ripetere il refrain che si deve fare di questo Paese – come hanno fatto già altri (ad esempio il Giappone) – un Paese sicuro, dove anche dopo terremoti di elevato grado i danni sono minimi e non si parla più di vittime;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 (aggiornata nel 2006) recante «primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», ha diviso l'intero territorio nazionale in quattro zone a diversa pericolosità (zona 1 a «sismicità alta» nella quale sono compresi 708 comuni; zona 2 a «sismicità media» che comprende 2345 comuni, zona 3 a «sismicità bassa» con 1560 comuni; zona 4 a «sismicità molto bassa» o aree non catalogate, nella quale si contano 3488 comuni);
   a seguito del terremoto verificatosi il 6 aprile 2009 nel comune de L'Aquila fu emanato il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, con il quale è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, rifinanziato ogni anno, che per quest'anno prevede una dotazione pari a 44 milioni di euro, una cifra lontana da quella che occorrerebbe in realtà per un serio adeguamento sismico degli edifici pubblici e per le infrastrutture strategiche, ma lontanissima anche da quella che prevederebbe un piano di intervento sull'edilizia residenziale privata efficiente,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, in collaborazione con i comuni (soprattutto quelli situati nelle aree ad alto rischio sismico), per il monitoraggio degli edifici pubblici e privati e delle infrastrutture strategiche e la predisposizione di una mappatura nazionale degli interventi urgenti da finanziare;
   a promuovere un piano di incentivazioni fiscali per favorire i privati che volessero programmare misure di messa in sicurezza delle proprie abitazioni, in considerazione dell'elevato costo degli interventi;
   ad avviare campagne nazionali di informazione sul rischio sismico, affinché nelle località più vulnerabili venga insegnato ai residenti il giusto comportamento in caso di terremoto, spiegando cosa non deve essere assolutamente fatto, nella consapevolezza, che saper gestire il panico è utile a salvare vite umane;
   ad attivare iniziative, come per esempio l'iniziativa « art bonus», affinché le comunità o i mecenati possano autofinanziare la messa in sicurezza di un campanile, di una chiesa o di un luogo simbolo del proprio comune, contribuendo così alla conservazione del patrimonio artistico italiano;
   a censire gli edifici scolastici, gli ospedali, le strutture residenziali per anziani e disabili, fissando un lasso di tempo congruo per assicurare la loro antisismicità, al fine di garantire prioritariamente l'incolumità dei soggetti più vulnerabili;
   ad assumere iniziative affinché siano valutate con maggiore cura le richieste di edificazione rispetto alla ubicazione, attivando controlli sulla qualità delle opere realizzate;
   ad assumere iniziative per inasprire le pene per le accertate responsabilità e l'imperizia dimostrata in fase di rilascio di certificazioni di congruità, di abitabilità, di idoneità, assicurando il rispetto della normativa anticorruzione e antimafia per le imprese appaltatrici di opere pubbliche;
   a valutare di assumere iniziative per il rifinanziamento del fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze anche per i prossimi anni, al fine di poter prevedere interventi di ricostruzione e consolidamento, favorendo il rapido rientro a casa di quanti abbiano subito danni contenuti;
   ad individuare soluzioni adeguate a consentire a chi ha perso il lavoro o l'attività d'impresa (agricoltori, artigiani, micro imprese e imprese familiari) di attivare forme transitorie di sostegno al reddito o di beneficiare di prestiti agevolati, al fine di evitare l'abbandono dei territori e la perdita di tipicità dei luoghi;
   a valutare la possibilità di erogare finanziamenti (o prevedere l'accesso a contributi a fondo perduto per i privati) da destinare al ripristino dell'impiantistica sportiva, al fine di offrire ai giovani la possibilità di avere luoghi di aggregazione e svago e, comunque, di allenarsi e proseguire la loro attività agonistica;
   a concordare, con l'Associazione bancaria italiana e le società locali di riscossione dei tributi, iniziative volte a prorogare ulteriormente la sospensione temporanea dei mutui (già fissata al 31 dicembre 2016), senza oneri a carico degli intestatari e che consentano di non considerare morosi i contribuenti che non riescano a far fronte alle prossime scadenze.
(1-01365) «Vezzali, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia centrale è classificata zona ad alto rischio sismico come la quasi totalità della catena appenninica. Ventiquattro milioni sono le persone che vivono in zone a elevato rischio tellurico – classificate zona 1 – e, ventiquattromila sono le scuole che sorgono in zone critiche, come dichiarato dal Consiglio nazionale dei geologi;
    nella notte del 24 agosto 2016, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo di 6.0 della scala Richter ha devastato alcuni paesi dell'Appennino centrale tra le Marche e il Lazio, mietendo circa 300 vittime. I luoghi più colpiti dal sisma sono stati Amatrice e Accumoli (RI), Pescara del Tronto e Arquata del Tronto (AP);
    purtroppo, la terra continua a tremare in tutto in Centro Italia, infatti solo alcuni giorni fa una scossa di magnitudo 4.1 ha colpito nuovamente le zone già interessate dal sisma del 24 agosto, portando nuovamente paura tra le popolazioni;
    a poco più di un mese dall'evento calamitoso, Fabrizio Curcio, capo del dipartimento della Protezione civile, afferma che secondo una stima approssimativa, i danni generati dal sisma ammontano ad almeno 3-4 miliardi di euro;
    il presidente del Glis (istituito dall'associazione nazionale italiana d'ingegneria sismica), riferendosi al terremoto del 24 agosto 2016, ha dichiarato: «l'80 per cento dei fabbricati nelle zone ad alto rischio non reggerebbe un terremoto come quello della scorsa notte. Crollerebbero tutti, incluso scuole, ospedali, caserme, prefetture, ossia i luoghi considerati strategici in caso di emergenza, come un terremoto»;
    l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ha dichiarato che il 50 per cento delle scuole è stato costruito prima del 1981;
    nel rispetto dei principi contenuti nel capo IV, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), i comuni e le regioni sono obbligati a uno studio di vulnerabilità delle strutture pubbliche. Di fatto, vi sono alcune regioni che hanno emanato leggi regionali di riferimento solo nel 2012;
    in Italia non esiste una mappatura degli interventi effettuati nelle strutture pubbliche contenente le necessarie informazioni del fabbricato dalla sua nascita fino agli eventuali provvedimenti effettuati nel corso degli anni;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, (cosiddetto «Sblocca Italia»), articolo 9 – capo IV, stabilisce le misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Riguardo all'affidamento diretto, non si può prescindere dalla considerazione che appare irragionevole la reintroduzione dell'affidamento diretto in particolare per ciò che concerne i lavori di essa in sicurezza degli edifici scolastici;
    la legge n. 107 del 2015 recante riforma del sistema nazionale d'istruzione e formazione, all'articolo 1, commi 145-179, fa riferimento al Piano per l'edilizia scolastica e si muove lungo tre linee di azione denominate: «scuole belle», «scuole nuove», «scuole sicure». Ognuna di queste tre linee fa riferimento a normative e fondi diversi;
    in particolare, la linea di azione «scuole sicure» raggruppa le linee di finanziamento per gli interventi di messa in sicurezza delle scuole, di manutenzione straordinaria, per l'adeguamento alla normativa antisismica e per l'eliminazione delle barriere architettoniche, nonché per la rimozione dell'amianto. In questo piano rientra il decreto interministeriale 23 gennaio 2015 (cosiddetto decreto mutui), che dà attuazione all'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza e adeguamento sismico di edifici scolastici di proprietà degli enti locali o delle regioni;
    inoltre, il decreto di attuazione della legge n. 107 del 2015 ha disposto 7000 interventi per la verifica dello stato dei solai degli edifici scolastici. Il decreto prevede un riparto delle risorse su base regionale e provinciale, in base al numero di edifici, alla popolazione scolastica e all'affollamento delle strutture, utilizzando sin da subito i dati resi disponibili dall'Anagrafe scolastica. Tra i quattro criteri individuati per la selezione degli interventi c’è l'indice di rischio sismico;
    con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 dicembre 2015 n. 943 sono stati approvati gli interventi regionali per adeguamento infrastrutturale e antisismico degli edifici del sistema scolastico e sono stati assegnati 37,5 milioni di euro, i criteri e le modalità per l'assegnazione erano stati definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2015;
    tuttavia, la procedura per l'assegnazione dei finanziamenti appare ai presentatori del presente atto complessa e fumosa tanto più che i provvedimenti attuativi hanno fatto slittare i tempi originariamente previsti per l'accesso al finanziamento. Il fondo unico per l'edilizia scolastica ha una dotazione di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici, ma la realizzazione della procedura del cosiddetto decreto mutui, relativa all'adozione da parte delle regioni dei piani d'intervento triennali, è slittata di molti mesi e in ragione di ciò, nella seduta dell'Osservatorio dell'edilizia scolastica del 1o ottobre 2015, il sottosegretario Faraone ha preannunciato uno slittamento fino al 31 dicembre 2015;
    in ultimo, il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 concernente il nuovo codice sugli appalti, ha reintrodotto il massimo ribasso per gli appalti sotto il milione di euro. Ciò fa emergere numerose problematiche anche per quanto riguarda l'offerta economicamente più vantaggiosa e le commissioni giudicatrici poiché non consente di individuare delle metodologie che siano in grado di assicurare una maggiore trasparenza delle procedure dei lavori, tanto più se si parla di scuole;
    va ricordato inoltre che il capo del dipartimento della Protezione civile, il 13 settembre 2016 ha firmato l'ordinanza n. 393 relativa alla gestione dell'emergenza terremoto del 24 agosto, disponendo altresì ulteriori interventi urgenti per ottimizzare le attività per la gestione dell'emergenza, in particolare in materia di svolgimento dell'attività scolastica;
    Cittadinanzattiva – organizzazione fondata nel 1978, che promuove l'attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti e la cura dei beni comuni, ha presentato di recente il XIV Rapporto sulla sicurezza, qualità e accessibilità a scuola;
    il rapporto fa emergere che le scuole italiane sono pericolanti, inaccessibili ai disabili e a rischio in caso di evento sismico. Inoltre si denuncia che il 15 per cento degli edifici presenta lesioni strutturali, che solo l'8 per cento è stato progettato secondo le norme antisismiche e che due terzi di tali edifici non hanno l'agibilità statica;
    dal campione di centocinquanta scuole individuate in diverse regioni, è stato riscontrato che negli ultimi tre anni si sono verificati 112 crolli negli edifici scolastici ferendo il personale e gli studenti;
    emerge quindi un quadro allarmante, se si ricorda che al 29 per cento delle scuole che, negli ultimi due anni hanno chiesto agli enti locali di intervenire è stata data risposta negativa e un ente locale su tre non effettua interventi strutturali. Un istituto scolastico su tre si trova in aree particolarmente rischiose a causa dell'elevata sismicità, ma solo l'8 per cento è stato progettato secondo la normativa antisismica;
    sempre il rapporto sopracitato evidenzia che il 35 per cento delle scuole del campione monitorato possiede il certificato di agibilità statica, il 32 per cento quello di agibilità igienico-sanitaria, mentre il certificato di prevenzione incendi è presente appena nel 10 per cento delle scuole monitorate;
    i dati nazionali relativi all'anagrafe edilizia scolastica 2015 effettuati e resi noti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fanno emergere che la certificazione di agibilità per esempio è assente in oltre il 94 per cento delle scuole della regione Calabria e in circa la metà degli istituti di Lazio, Sicilia, Sardegna e Campania;
    nelle zone ad altro rischio sismico, soprattutto laddove il recente terremoto ha colpito – nelle province di Rieti, Ascoli Piceno, Fermo, l'Aquila, Teramo e Perugia – risulta che la certificazione di agibilità è presente solo nell'8 per cento delle scuole di Rieti e provincia, nel 23 per cento circa di quelle di L'Aquila e Teramo;
    infine, nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, appare la convocazione dell'osservatorio per l'edilizia scolastica del 20 settembre 2016, avente per oggetto: il riepilogo dei programmi e dei finanziamenti in materia di edilizia scolastica, situazione delle scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016, definizione della Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole e infine Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica. Va tuttavia ricordato che sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non è pubblicato alcun dato riferito ai dati relativi alla certificazione e nessuna voce riguardante i finanziamenti in materia di edilizia scolastica previsti dalla legge n. 107 del 2015,

impegna il Governo:

   a rendere noti i tempi di aggiornamento dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, i criteri per assicurare la trasparenza degli interventi, le modalità e i tempi degli stessi;
   a pubblicare i dati delle certificazioni e delle modalità di utilizzo dei fondi erogati relativi agli interventi di cui al fondo unico per l'edilizia scolastica – la cui dotazione è di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici –;
   a rendere pubblici gli impegni presi dall'Osservatorio dell'edilizia scolastica, nell'ambito della riunione del 20 settembre 2016 e in particolare per quanto riguarda le scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'applicazione effettiva delle norme in materia di accesso civico agli atti che riguardano la scuola, da parte dei cittadini e delle associazioni;
   ad assumere iniziative per stanziare in occasione della prossima e imminente sessione di bilancio, risorse adeguate volte ad avviare e garantire la ricostruzione degli edifici pubblici e privati e in particolare degli edifici scolastici interessati dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'immediata ristrutturazione o ricostruzione delle scuole coinvolte dal terremoto;
   ad aggiornare le mappe di pericolosità sismica del territorio nazionale anche mediante la previsione del vincolo di presenza di geologi in ogni comune;
   ad assumere iniziative per favorire specifiche misure a sostegno della ricostruzione delle scuole coinvolte dal sisma e di quelle del Paese per cui necessitano interventi urgenti in materia di messa in sicurezza in particolare degli edifici pubblici come scuole e ospedali, nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza;
   ad assumere iniziative per prevedere la certificazione obbligatoria «Anagrafe dell'immobile pubblico», documento contenente tutte informazioni concernenti le condizioni di sicurezza e gli interventi effettuati, e a renderla trasparente e di accesso pubblico;
   a promuovere una realistica classificazione sismica del territorio nazionale, una pianificazione urbanistica e una progettazione che segua i criteri antisismici volti a mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici;
   ad assumere iniziative per rifinanziare gli interventi relativi alle circa tredicimila richieste rimaste inevase dal primo provvedimento in materia di sicurezza degli edifici scolastici e di prevenzione del crollo dei relativi solai e controsoffitti;
   a promuovere mirate iniziative di educazione scolastica che rendano la popolazione studentesca consapevole dei rischi sismici favorendo politiche di sensibilizzazione per addivenire a comportamenti corretti in caso di evento sismico.
(1-01366) «Brignone, Artini, Baldassarre, Bechis, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Cristian Iannuzzi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia centrale è classificata zona ad alto rischio sismico come la quasi totalità della catena appenninica. Ventiquattro milioni sono le persone che vivono in zone a elevato rischio tellurico – classificate zona 1 – e, ventiquattromila sono le scuole che sorgono in zone critiche, come dichiarato dal Consiglio nazionale dei geologi;
    nella notte del 24 agosto 2016, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo di 6.0 della scala Richter ha devastato alcuni paesi dell'Appennino centrale tra le Marche e il Lazio, mietendo circa 300 vittime. I luoghi più colpiti dal sisma sono stati Amatrice e Accumoli (RI), Pescara del Tronto e Arquata del Tronto (AP);
    purtroppo, la terra continua a tremare in tutto in Centro Italia, infatti solo alcuni giorni fa una scossa di magnitudo 4.1 ha colpito nuovamente le zone già interessate dal sisma del 24 agosto, portando nuovamente paura tra le popolazioni;
    a poco più di un mese dall'evento calamitoso, Fabrizio Curcio, capo del dipartimento della Protezione civile, afferma che secondo una stima approssimativa, i danni generati dal sisma ammontano ad almeno 3-4 miliardi di euro;
    il presidente del Glis (istituito dall'associazione nazionale italiana d'ingegneria sismica), riferendosi al terremoto del 24 agosto 2016, ha dichiarato: «l'80 per cento dei fabbricati nelle zone ad alto rischio non reggerebbe un terremoto come quello della scorsa notte. Crollerebbero tutti, incluso scuole, ospedali, caserme, prefetture, ossia i luoghi considerati strategici in caso di emergenza, come un terremoto»;
    l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ha dichiarato che il 50 per cento delle scuole è stato costruito prima del 1981;
    nel rispetto dei principi contenuti nel capo IV, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), i comuni e le regioni sono obbligati a uno studio di vulnerabilità delle strutture pubbliche. Di fatto, vi sono alcune regioni che hanno emanato leggi regionali di riferimento solo nel 2012;
    in Italia non esiste una mappatura degli interventi effettuati nelle strutture pubbliche contenente le necessarie informazioni del fabbricato dalla sua nascita fino agli eventuali provvedimenti effettuati nel corso degli anni;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, (cosiddetto «Sblocca Italia»), articolo 9 – capo IV, stabilisce le misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Riguardo all'affidamento diretto, non si può prescindere dalla considerazione che appare irragionevole la reintroduzione dell'affidamento diretto in particolare per ciò che concerne i lavori di essa in sicurezza degli edifici scolastici;
    la legge n. 107 del 2015 recante riforma del sistema nazionale d'istruzione e formazione, all'articolo 1, commi 145-179, fa riferimento al Piano per l'edilizia scolastica e si muove lungo tre linee di azione denominate: «scuole belle», «scuole nuove», «scuole sicure». Ognuna di queste tre linee fa riferimento a normative e fondi diversi;
    in particolare, la linea di azione «scuole sicure» raggruppa le linee di finanziamento per gli interventi di messa in sicurezza delle scuole, di manutenzione straordinaria, per l'adeguamento alla normativa antisismica e per l'eliminazione delle barriere architettoniche, nonché per la rimozione dell'amianto. In questo piano rientra il decreto interministeriale 23 gennaio 2015 (cosiddetto decreto mutui), che dà attuazione all'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza e adeguamento sismico di edifici scolastici di proprietà degli enti locali o delle regioni;
    inoltre, il decreto di attuazione della legge n. 107 del 2015 ha disposto 7000 interventi per la verifica dello stato dei solai degli edifici scolastici. Il decreto prevede un riparto delle risorse su base regionale e provinciale, in base al numero di edifici, alla popolazione scolastica e all'affollamento delle strutture, utilizzando sin da subito i dati resi disponibili dall'Anagrafe scolastica. Tra i quattro criteri individuati per la selezione degli interventi c’è l'indice di rischio sismico;
    con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 dicembre 2015 n. 943 sono stati approvati gli interventi regionali per adeguamento infrastrutturale e antisismico degli edifici del sistema scolastico e sono stati assegnati 37,5 milioni di euro, i criteri e le modalità per l'assegnazione erano stati definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2015;
    tuttavia, la procedura per l'assegnazione dei finanziamenti appare ai presentatori del presente atto complessa e fumosa tanto più che i provvedimenti attuativi hanno fatto slittare i tempi originariamente previsti per l'accesso al finanziamento. Il fondo unico per l'edilizia scolastica ha una dotazione di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici, ma la realizzazione della procedura del cosiddetto decreto mutui, relativa all'adozione da parte delle regioni dei piani d'intervento triennali, è slittata di molti mesi e in ragione di ciò, nella seduta dell'Osservatorio dell'edilizia scolastica del 1o ottobre 2015, il sottosegretario Faraone ha preannunciato uno slittamento fino al 31 dicembre 2015;
    in ultimo, il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 concernente il nuovo codice sugli appalti, ha reintrodotto il massimo ribasso per gli appalti sotto il milione di euro. Ciò fa emergere numerose problematiche anche per quanto riguarda l'offerta economicamente più vantaggiosa e le commissioni giudicatrici poiché non consente di individuare delle metodologie che siano in grado di assicurare una maggiore trasparenza delle procedure dei lavori, tanto più se si parla di scuole;
    va ricordato inoltre che il capo del dipartimento della Protezione civile, il 13 settembre 2016 ha firmato l'ordinanza n. 393 relativa alla gestione dell'emergenza terremoto del 24 agosto, disponendo altresì ulteriori interventi urgenti per ottimizzare le attività per la gestione dell'emergenza, in particolare in materia di svolgimento dell'attività scolastica;
    Cittadinanzattiva – organizzazione fondata nel 1978, che promuove l'attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti e la cura dei beni comuni, ha presentato di recente il XIV Rapporto sulla sicurezza, qualità e accessibilità a scuola;
    il rapporto fa emergere che le scuole italiane sono pericolanti, inaccessibili ai disabili e a rischio in caso di evento sismico. Inoltre si denuncia che il 15 per cento degli edifici presenta lesioni strutturali, che solo l'8 per cento è stato progettato secondo le norme antisismiche e che due terzi di tali edifici non hanno l'agibilità statica;
    dal campione di centocinquanta scuole individuate in diverse regioni, è stato riscontrato che negli ultimi tre anni si sono verificati 112 crolli negli edifici scolastici ferendo il personale e gli studenti;
    emerge quindi un quadro allarmante, se si ricorda che al 29 per cento delle scuole che, negli ultimi due anni hanno chiesto agli enti locali di intervenire è stata data risposta negativa e un ente locale su tre non effettua interventi strutturali. Un istituto scolastico su tre si trova in aree particolarmente rischiose a causa dell'elevata sismicità, ma solo l'8 per cento è stato progettato secondo la normativa antisismica;
    sempre il rapporto sopracitato evidenzia che il 35 per cento delle scuole del campione monitorato possiede il certificato di agibilità statica, il 32 per cento quello di agibilità igienico-sanitaria, mentre il certificato di prevenzione incendi è presente appena nel 10 per cento delle scuole monitorate;
    i dati nazionali relativi all'anagrafe edilizia scolastica 2015 effettuati e resi noti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fanno emergere che la certificazione di agibilità per esempio è assente in oltre il 94 per cento delle scuole della regione Calabria e in circa la metà degli istituti di Lazio, Sicilia, Sardegna e Campania;
    nelle zone ad altro rischio sismico, soprattutto laddove il recente terremoto ha colpito – nelle province di Rieti, Ascoli Piceno, Fermo, l'Aquila, Teramo e Perugia – risulta che la certificazione di agibilità è presente solo nell'8 per cento delle scuole di Rieti e provincia, nel 23 per cento circa di quelle di L'Aquila e Teramo;
    infine, nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, appare la convocazione dell'osservatorio per l'edilizia scolastica del 20 settembre 2016, avente per oggetto: il riepilogo dei programmi e dei finanziamenti in materia di edilizia scolastica, situazione delle scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016, definizione della Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole e infine Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica. Va tuttavia ricordato che sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non è pubblicato alcun dato riferito ai dati relativi alla certificazione e nessuna voce riguardante i finanziamenti in materia di edilizia scolastica previsti dalla legge n. 107 del 2015,

impegna il Governo:

   a rendere noti i tempi di aggiornamento dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, i criteri per assicurare la trasparenza degli interventi, le modalità e i tempi degli stessi;
   a pubblicare i dati delle certificazioni e delle modalità di utilizzo dei fondi erogati relativi agli interventi di cui al fondo unico per l'edilizia scolastica;
   a rendere pubblici gli impegni presi dall'Osservatorio dell'edilizia scolastica, nell'ambito della riunione del 20 settembre 2016 e in particolare per quanto riguarda le scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'applicazione effettiva delle norme in materia di accesso civico agli atti che riguardano la scuola, da parte dei cittadini e delle associazioni;
   ad assumere iniziative per stanziare in occasione della prossima e imminente sessione di bilancio, risorse adeguate volte ad avviare e garantire la ricostruzione degli edifici pubblici e privati e in particolare degli edifici scolastici interessati dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'immediata ristrutturazione o ricostruzione delle scuole coinvolte dal terremoto;
   ad aggiornare le mappe di pericolosità sismica del territorio nazionale anche mediante la previsione del vincolo di presenza di geologi in ogni comune;
   ad assumere iniziative per favorire specifiche misure a sostegno della ricostruzione delle scuole coinvolte dal sisma e di quelle del Paese per cui necessitano interventi urgenti in materia di messa in sicurezza in particolare degli edifici pubblici come scuole e ospedali, nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza;
   ad assumere iniziative per prevedere la certificazione obbligatoria «Anagrafe dell'immobile pubblico», documento contenente tutte informazioni concernenti le condizioni di sicurezza e gli interventi effettuati, e a renderla trasparente e di accesso pubblico;
   a promuovere una realistica classificazione sismica del territorio nazionale, una pianificazione urbanistica e una progettazione che segua i criteri antisismici volti a mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici;
   ad assumere iniziative per rifinanziare gli interventi relativi alle circa tredicimila richieste rimaste inevase dal primo provvedimento in materia di sicurezza degli edifici scolastici e di prevenzione del crollo dei relativi solai e controsoffitti;
   a promuovere mirate iniziative di educazione scolastica che rendano la popolazione studentesca consapevole dei rischi sismici favorendo politiche di sensibilizzazione per addivenire a comportamenti corretti in caso di evento sismico.
(1-01366)
(Testo modificato nel corso della seduta)  «Brignone, Artini, Baldassarre, Bechis, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Cristian Iannuzzi».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 agosto 2016, alle ore 3.36 una scossa di terremoto di magnitudo 6 e di profondità di 4,2 chilometri, seguita poi da repliche, ha colpito un'area dell'Appennino centrale che è al confine tra quattro regioni: Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo;
    297 persone sono decedute mentre, alla data del 25 settembre 2016, gli sfollati sono 2468, e danno la dimensione di quanto ci sarà da fare per ricostruire, ripartire, tornare a vivere;
    nel dare i numeri degli sfollati è bene tener conto che oltre quelli direttamente assistiti dalla Protezione civile, ve ne sono almeno altrettanti che sono fuori dalla loro abitazione e che hanno trovato rifugio presso parenti ed amici. Non sono pertanto annoverati tra gli assistiti dalla Protezione civile. Tra questi molti hanno le abitazioni inagibili e presto saranno in carico al CAS (Contributo autonoma sistemazione) e/o alle SAE (Soluzioni abitative emergenziali);
    il Governo, il 25 agosto 2016 ha varato la dichiarazione dello stato di emergenza per 180 giorni, conferendo i necessari poteri di ordinanza al capo della Protezione civile, e ha stanziato i primi 50 milioni di euro per le più immediate esigenze di soccorso e assistenza;
    la macchina dei soccorsi si è subito messa in moto: la Protezione civile, i Vigili del fuoco, le, forze dell'ordine, le Forze armate, le organizzazioni di volontariato, le colonne mobili di regioni e province autonome, il Servizio sanitario nazionale, i servizi sanitari regionali, il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico, la Croce rossa si sono spese anche per riattivare al più presto la viabilità che era stata compromessa e riattivare il sistema delle comunicazioni, non solo tra loro, ma anche per consentire alla popolazione di comunicare;
    i danni maggiori sono stati nei tre comuni di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto (in particolare nella frazione di Pescara del Tronto), ma ci sono danni anche nelle zone limitrofe. Tra Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo sono una cinquantina le attività che sono state costrette a chiudere e 670 sono le aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli;
    dopo attente verifiche si è scoperto che la perimetrazione del cratere è stata fatta in modo prudenziale ed è quindi sottostimata;
    per quanto riguarda le Marche, dal maceratese all'ascolano, passando per il fermano, si sono registrati danni, talvolta gravi, ad abitazioni, infrastrutture ed attività produttive. Nel maceratese, i comuni di Camerino, Acquacanina, Bolognola, Fiastra, Muccia, Serravalle di Chienti, Montecavallo, Fiordimonte, Pieve Torina, Pievebovigliana, Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera, sono fra quelli che hanno riportato maggiori danni e in cui si registrano circa mille sfollati. La stessa città di Macerata e altri comuni limitrofi risultano danneggiati, come alcuni comuni del fermano, come ad esempio Falerone, dove la scuola è inagibile, o quelli del versante subappenninico dell'ascolano, tra cui Montemonaco, Montegallo, Comunanza, Venarotta, Roccafluvione. I sindaci e le popolazioni di questi territori non possono e non devono essere lasciati soli a fronteggiare un'emergenza così difficile;
   in Umbria sono stati colpiti anche i comuni di Spoleto e di Foligno e diverse altre aree del comprensorio che non sono attualmente ricomprese nell'area del cratere sismico; su 1331 sopralluoghi eseguiti dalla prefettura di Perugia alla data del 14 settembre 2016, le inagibilità dirette o indotte si attestano intorno al 25 per cento;
    i territori dell'Umbria maggiormente colpiti ricadono nella zona della Valnerina, in particolare nei comuni di Norcia, Preci, Cascia e Monteleone di Spoleto nei quali è stata decretata l'emergenza sismica. Molte sono le frazioni colpite nel comune di Norcia: Nottoria, Frascaro, Savelli, Ancarano, Campi, Pescia, S. Andrea, Paganelli, Piediripa, Popoli, Valcaldara, Ocricchio, San Pellegrino e Castelluccio, solo alcuni dei centri lesionati. Sono molte le case sparse danneggiate fra Norcia e la montagna che sale a Castelluccio, quest'ultimo fortemente colpito per lo sgretolamento di edifici e costruzioni lesionati e non ricostruiti a seguito degli eventi sismici verificatosi nel 1979 e nel 1997;
    a tutto ciò, nell'immediato, si è fatto fronte installando tende e cucine da campo sia a Norcia che a San Pellegrino dove vengono preparati e somministrati pasti alle popolazioni sfollate e al personale della Protezione civile e Vigili del fuoco che prestano servizio ed assistenza nelle zone colpite dal sisma;
    la provinciale che collega Norcia a Castelluccio è chiusa perché danneggiata e questo accade ogni volta che una catastrofe naturale colpisce l'Umbria, al punto da causare l'isolamento di Castelluccio;
    il modello di sviluppo della Valnerina da anni ormai si fonda sulla filiera turismo/ambiente/cultura: le misure necessarie al sostegno dell'economia dovranno pertanto essere molteplici;
    in Abruzzo il comune di Pizzoli risulta escluso dal cratere sismico ma ha subito danni; analogamente, gli edifici dei comuni di Campli, Civitella del Tronto e Torricella Sicura hanno subito notevoli lesioni, in particolare al patrimonio storico architettonico e ai luoghi di culto, che sono tuttora inagibili;
    il principale problema dell'emergenza è il rischio di impoverimento demografico. Risulteranno pertanto determinanti, anche per l'economia, le azioni di sostegno e normalizzazione dei servizi erogati dai presidi ospedalieri, dalle aziende pubbliche di servizi alla persona e dal sistema integrato di assistenza socio sanitaria che, per le aree interne, necessita di essere ripensato. Non ultimo poi il sistema scolastico; nelle scuole in cui si sono verificate inagibilità per motivi strutturali è venuto il momento di disporre la ricostruzione di nuovi edifici antisismici in sostituzione dei vecchi, soprattutto laddove le criticità si sono reiterate ad ogni evento sismico di una certa rilevanza;
    è necessario installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma: tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
    a livello europeo, come nel caso dei terremoti a L'Aquila e in Emilia Romagna, l'Italia non ha attivato il meccanismo di protezione civile europeo, ma ha richiesto assistenza attraverso immagini satellitari. Il Centro di coordinamento di risposta alle emergenze della Commissione europea sta seguendo da vicino la situazione ed è in contatto con le autorità della protezione civile;
    le autorità italiane, a quanto risulta ai presentatori del presente atto, avrebbero contattato informalmente la Rappresentanza della Commissione europea a Roma per annunciare la loro intenzione di richiedere l'assistenza del Fondo di solidarietà dell'Unione europea;
    in linea di principio gli aiuti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue) sono ammissibili come per qualsiasi altro Stato membro colpito da una serie catastrofi, se sono soddisfatti i criteri del regolamento del Fondo di solidarietà;
    non vi è alcuna urgenza immediata a giudizio dei presentatori del presente atto per chiedere un aiuto del Fsue, tanto più che la fase immediatamente post-disastro è ancora in corso. L'Italia ha 12 settimane, dal verificarsi del disastro, per presentare una domanda, vale a dire entro il 16 novembre 2016: è importante che questa domanda sia basata su una solida valutazione del danno causato dalla catastrofe;
    il Fondo di solidarietà può essere mobilitato se i danni diretti causati dalla catastrofe superano la soglia. Per l'Italia la soglia a livello nazionale è un danno complessivo diretto superiore a 3,312 miliardi di euro (vale a dire 3 miliardi di euro a prezzi del 2011). Il caso dovrebbe quindi essere trattato come una «catastrofe grave» (come è stato il caso per i terremoti a L'Aquila nel 2009 e in Emilia-Romagna nel 2012) che hanno portato a un maggiore livello di aiuti del FSUE;
    se il danno è più piccolo, inferiore a 3,312 miliardi di euro, l'Italia potrebbe richiedere una «catastrofe regionale». In questo caso il danno diretto totale deve superare l'1,5 per cento del prodotto interno lordo della regione colpita. Se più regioni sono colpite la soglia è applicata al Pil medio di tali regioni;
    il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha stimato in «non meno di tre-quattro miliardi» tali danni e i fondi, secondo il Commissario Vasco Errani, dovrebbero essere stanziati nel «decreto che sarà approvato dal Cdm non oltre il 2-3 ottobre e che servirà a riconoscere i danni del terremoto, definitivamente»;
    per mobilitare il Fondo di solidarietà dell'Unione europea è necessaria una richiesta da parte delle autorità nazionali competenti. In Italia questa autorità è il Dipartimento nazionale della Protezione civile, direttamente collegato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Commissione europea non può attivare il Fondo di propria iniziativa;
    insieme alla sua applicazione, l'Italia può richiedere il pagamento di un anticipo (il 10 per cento dell'aiuto del Fsue previsto), che potrebbe essere pagato dopo una rapida prima valutazione della domanda e prima che il Parlamento europeo e il Parlamento italiano abbiano completato la procedura di bilancio;
    l'Italia ha già beneficiato di aiuti del Fsue per un totale di oltre 1,3 miliardi di euro (la più grande quantità di aiuti versata da uno Stato membro) per otto diverse catastrofi, tra cui i più gravi terremoti a L'Aquila (Abruzzo) nel 2009 e in Emilia Romagna nel 2012;
    i pagamenti sono limitati a finanziare le operazioni di emergenza: servizi di soccorso, ripristino delle infrastrutture, fornitura di assistenza e alloggi, operazioni di ripristino e sgombro, protezione del patrimonio culturale al fine di impedire ulteriori danni;
    esiste la possibilità per le regioni di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani (2014/2020), finalizzata alla «ricostituzione del patrimonio agricolo danneggiato dalle calamità naturali» e la Commissione europea potrebbe confermare (come fece nel caso dell'Emilia Romagna) che non richiederà la restituzione dei fondi legati ai progetti che non potranno essere conclusi o stanno rallentando a causa del terremoto;
    in caso di catastrofi naturali il Trattato dell'Unione europea prevede la possibilità di conferire aiuti di Stato, per i quali sono necessarie la notifica e l'autorizzazione della Commissione europea che in questi casi si impegna a fornire una risposta in tempi celeri;
    la Commissione europea propone, per il periodo 2014-2020, un aumento dei fondi strutturali quasi raddoppiando i fondi per la sostenibilità energetica, in parte utilizzabile per la riqualificazione degli edifici;
    attualmente, sempre a livello europeo, nell'ambito delle iniziative Smart Cities, vi sono 209 milioni di euro per progetti di risparmio energetico nelle città, inclusa la ristrutturazione di edifici e per il bilancio 2014-2020, nell'ambito di Orizzonte 2020, la Commissione europea potrà arrivare ad investire fino a 2 miliardi di euro nei fondi per ricerca e innovazioni per promuovere nuovi materiali, apparecchiature tecniche più efficienti ed edifici più sicuri dal punto di vista sismico, anche con progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative;
    il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti, ha dichiarato, in data 26 settembre 2016, che «Nel prossimo Consiglio dei ministri verrà esaminato il provvedimento che rafforzerà le misure di sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto, tra le quali il risarcimento dei danni e le norme per la ricostruzione per avviare la fase di superamento dell'emergenza», aggiungendo che «il Dpcm di nomina della struttura di missione di Casa Italia e del professor Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, come coordinatore è stato già firmato venerdì 23 settembre 2016 e “vedrà sicuramente un importante stanziamento di risorse all'interno della legge di bilancio”. Il piano Casa Italia conterrà, secondo quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, le “linee guida alle quali sta lavorando il senatore Renzo Piano” e “avrà bisogno di dispiegare i propri effetti nel corso degli anni”»,

impegna il Governo:

   a tenere periodicamente informato il Parlamento e a coinvolgere tutte le forze politiche nelle varie fasi degli interventi di ricostruzione e ai tavoli tecnici, anche al fine di testimoniare il sostegno alle popolazioni colpite, dimostrando serietà ed impegno ma soprattutto non lasciando sole le comunità e le popolazioni che hanno perso tutto;
   ad assumere iniziative per garantire la continuità della vita economica e sociale dei territori colpiti attraverso interventi di sostegno alle infrastrutture e alle attività produttive;
   a verificare la possibilità di conferire aiuti di Stato, seguendo la procedura di notifica preventiva alla Commissione europea, in modo da poter esercitare una maggiore flessibilità nello stanziamento dei fondi necessari alla ricostruzione;
   ad assumere iniziative per attivare, a tempo debito, il Fsue, nonché a collaborare con le regioni al fine di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani nelle zone colpite dal sisma;
   ad assumere iniziative per prevedere deroghe in materia paesaggistica e ambientale per consentire di installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma, posto che tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
   a promuovere progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative, che possano rientrare nell'ambito delle iniziative Smart Cities e Orizzonte 2020 dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per riperimetrare la zona del cratere sismico, inserendo quei comuni citati in premessa ed ora esclusi da una prima stima dei danni, nonché altre zone nelle quali i danni, al momento, non siano ancora stati censiti;
   ad assumere iniziative per stanziare, nel provvedimento che rafforzerà le misure di sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto, i fondi necessari alla ricostruzione, non solo edilizia, delle zone terremotate, non rimandando la previsione di tali misure al disegno di legge di bilancio;
   ad assumere iniziative per evitare che «Casa Italia» resti «una scatola vuota» destinata a diventare l'ennesimo Dipartimento alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad assumere iniziative per prorogare lo stato di emergenza nelle zone colpite dal terremoto, che scade a fine febbraio 2017, poiché a giudizio dei presentatori del presente atto il periodo individuato non è sufficiente neppure per coprire i tempi di realizzazione delle cosiddette «casette», che il capo della Protezione civile conferma essere di «sette mesi al massimo»;
   ad assumere iniziative per ricostruire, con criteri antisismici, prioritariamente gli edifici scolastici;
   ad assumere iniziative per potenziare la viabilità fra le regioni colpite dal sisma, in modo da evitare l'isolamento di intere zone della dorsale appenninica;
   ad assumere iniziative per prevedere, oltre alla sospensione di alcune misure fiscali, disposta dal decreto ministeriale il 1o settembre 2016, anche il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali, al fine di non aggravare ulteriormente la situazione di aziende agricole e piccole imprese;
   ad assumere iniziative per sospendere, per i cittadini non residenti, il pagamento di tributi e servizi ove gli immobili di loro proprietà siano dichiarati inagibili;
   ad assumere iniziative per prevedere la sospensione del pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi per tutta la durata della ricostruzione;
   ad assumere adeguate iniziative normative affinché sia possibile ricorrere alla Cassa integrazione guadagni straordinaria e alla Nuova prestazione sociale per l'impiego (Naspi) anche per quelle categorie produttive che ora ne sono escluse, come i commercianti e i lavoratori autonomi (artigiani e liberi professionisti);
   ad assumere iniziative volte a prevedere il superamento del patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma;
   a riconoscere la fondamentale importanza del turismo come volano dell'economia e il contributo che a questo settore portano le cosiddette «seconde case», assumendo iniziative per prevedere pertanto, in modo paritario, i proprietari di tali immobili fra i soggetti con diritto di rimborso per i danni subiti;
   a privilegiare forme di contributo diretto ai soggetti che saranno riconosciuti come aventi diritto ad un rimborso per la ricostruzione.
(1-01367) «Brunetta, Baldelli, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Laffranco, Occhiuto, Polidori, Crimi».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 agosto 2016, alle ore 3.36 una scossa di terremoto di magnitudo 6 e di profondità di 4,2 chilometri, seguita poi da repliche, ha colpito un'area dell'Appennino centrale che è al confine tra quattro regioni: Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo;
    297 persone sono decedute mentre, alla data del 25 settembre 2016, gli sfollati sono 2468, e danno la dimensione di quanto ci sarà da fare per ricostruire, ripartire, tornare a vivere;
    nel dare i numeri degli sfollati è bene tener conto che oltre quelli direttamente assistiti dalla Protezione civile, ve ne sono almeno altrettanti che sono fuori dalla loro abitazione e che hanno trovato rifugio presso parenti ed amici. Non sono pertanto annoverati tra gli assistiti dalla Protezione civile. Tra questi molti hanno le abitazioni inagibili e presto saranno in carico al CAS (Contributo autonoma sistemazione) e/o alle SAE (Soluzioni abitative emergenziali);
    il Governo, il 25 agosto 2016 ha varato la dichiarazione dello stato di emergenza per 180 giorni, conferendo i necessari poteri di ordinanza al capo della Protezione civile, e ha stanziato i primi 50 milioni di euro per le più immediate esigenze di soccorso e assistenza;
    la macchina dei soccorsi si è subito messa in moto: la Protezione civile, i Vigili del fuoco, le, forze dell'ordine, le Forze armate, le organizzazioni di volontariato, le colonne mobili di regioni e province autonome, il Servizio sanitario nazionale, i servizi sanitari regionali, il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico, la Croce rossa si sono spese anche per riattivare al più presto la viabilità che era stata compromessa e riattivare il sistema delle comunicazioni, non solo tra loro, ma anche per consentire alla popolazione di comunicare;
    i danni maggiori sono stati nei tre comuni di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto (in particolare nella frazione di Pescara del Tronto), ma ci sono danni anche nelle zone limitrofe. Tra Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo sono una cinquantina le attività che sono state costrette a chiudere e 670 sono le aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli;
    dopo attente verifiche si è scoperto che la perimetrazione del cratere è stata fatta in modo prudenziale ed è quindi sottostimata;
    per quanto riguarda le Marche, dal maceratese all'ascolano, passando per il fermano, si sono registrati danni, talvolta gravi, ad abitazioni, infrastrutture ed attività produttive. Nel maceratese, i comuni di Camerino, Acquacanina, Bolognola, Fiastra, Muccia, Serravalle di Chienti, Montecavallo, Fiordimonte, Pieve Torina, Pievebovigliana, Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera, sono fra quelli che hanno riportato maggiori danni e in cui si registrano circa mille sfollati. La stessa città di Macerata e altri comuni limitrofi risultano danneggiati, come alcuni comuni del fermano, come ad esempio Falerone, dove la scuola è inagibile, o quelli del versante subappenninico dell'ascolano, tra cui Montemonaco, Montegallo, Comunanza, Venarotta, Roccafluvione. I sindaci e le popolazioni di questi territori non possono e non devono essere lasciati soli a fronteggiare un'emergenza così difficile;
   in Umbria sono stati colpiti anche i comuni di Spoleto e di Foligno e diverse altre aree del comprensorio che non sono attualmente ricomprese nell'area del cratere sismico; su 1331 sopralluoghi eseguiti dalla prefettura di Perugia alla data del 14 settembre 2016, le inagibilità dirette o indotte si attestano intorno al 25 per cento;
    i territori dell'Umbria maggiormente colpiti ricadono nella zona della Valnerina, in particolare nei comuni di Norcia, Preci, Cascia e Monteleone di Spoleto nei quali è stata decretata l'emergenza sismica. Molte sono le frazioni colpite nel comune di Norcia: Nottoria, Frascaro, Savelli, Ancarano, Campi, Pescia, S. Andrea, Paganelli, Piediripa, Popoli, Valcaldara, Ocricchio, San Pellegrino e Castelluccio, solo alcuni dei centri lesionati. Sono molte le case sparse danneggiate fra Norcia e la montagna che sale a Castelluccio, quest'ultimo fortemente colpito per lo sgretolamento di edifici e costruzioni lesionati e non ricostruiti a seguito degli eventi sismici verificatosi nel 1979 e nel 1997;
    a tutto ciò, nell'immediato, si è fatto fronte installando tende e cucine da campo sia a Norcia che a San Pellegrino dove vengono preparati e somministrati pasti alle popolazioni sfollate e al personale della Protezione civile e Vigili del fuoco che prestano servizio ed assistenza nelle zone colpite dal sisma;
    la provinciale che collega Norcia a Castelluccio è chiusa perché danneggiata e questo accade ogni volta che una catastrofe naturale colpisce l'Umbria, al punto da causare l'isolamento di Castelluccio;
    il modello di sviluppo della Valnerina da anni ormai si fonda sulla filiera turismo/ambiente/cultura: le misure necessarie al sostegno dell'economia dovranno pertanto essere molteplici;
    in Abruzzo il comune di Pizzoli risulta escluso dal cratere sismico ma ha subito danni; analogamente, gli edifici dei comuni di Campli, Civitella del Tronto e Torricella Sicura hanno subito notevoli lesioni, in particolare al patrimonio storico architettonico e ai luoghi di culto, che sono tuttora inagibili;
    il principale problema dell'emergenza è il rischio di impoverimento demografico. Risulteranno pertanto determinanti, anche per l'economia, le azioni di sostegno e normalizzazione dei servizi erogati dai presidi ospedalieri, dalle aziende pubbliche di servizi alla persona e dal sistema integrato di assistenza socio sanitaria che, per le aree interne, necessita di essere ripensato. Non ultimo poi il sistema scolastico; nelle scuole in cui si sono verificate inagibilità per motivi strutturali è venuto il momento di disporre la ricostruzione di nuovi edifici antisismici in sostituzione dei vecchi, soprattutto laddove le criticità si sono reiterate ad ogni evento sismico di una certa rilevanza;
    è necessario installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma: tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
    a livello europeo, come nel caso dei terremoti a L'Aquila e in Emilia Romagna, l'Italia non ha attivato il meccanismo di protezione civile europeo, ma ha richiesto assistenza attraverso immagini satellitari. Il Centro di coordinamento di risposta alle emergenze della Commissione europea sta seguendo da vicino la situazione ed è in contatto con le autorità della protezione civile;
    le autorità italiane, a quanto risulta ai presentatori del presente atto, avrebbero contattato informalmente la Rappresentanza della Commissione europea a Roma per annunciare la loro intenzione di richiedere l'assistenza del Fondo di solidarietà dell'Unione europea;
    in linea di principio gli aiuti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue) sono ammissibili come per qualsiasi altro Stato membro colpito da una serie catastrofi, se sono soddisfatti i criteri del regolamento del Fondo di solidarietà;
    non vi è alcuna urgenza immediata a giudizio dei presentatori del presente atto per chiedere un aiuto del Fsue, tanto più che la fase immediatamente post-disastro è ancora in corso. L'Italia ha 12 settimane, dal verificarsi del disastro, per presentare una domanda, vale a dire entro il 16 novembre 2016: è importante che questa domanda sia basata su una solida valutazione del danno causato dalla catastrofe;
    il Fondo di solidarietà può essere mobilitato se i danni diretti causati dalla catastrofe superano la soglia. Per l'Italia la soglia a livello nazionale è un danno complessivo diretto superiore a 3,312 miliardi di euro (vale a dire 3 miliardi di euro a prezzi del 2011). Il caso dovrebbe quindi essere trattato come una «catastrofe grave» (come è stato il caso per i terremoti a L'Aquila nel 2009 e in Emilia-Romagna nel 2012) che hanno portato a un maggiore livello di aiuti del FSUE;
    se il danno è più piccolo, inferiore a 3,312 miliardi di euro, l'Italia potrebbe richiedere una «catastrofe regionale». In questo caso il danno diretto totale deve superare l'1,5 per cento del prodotto interno lordo della regione colpita. Se più regioni sono colpite la soglia è applicata al Pil medio di tali regioni;
    il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha stimato in «non meno di tre-quattro miliardi» tali danni e i fondi, secondo il Commissario Vasco Errani, dovrebbero essere stanziati nel «decreto che sarà approvato dal Cdm non oltre il 2-3 ottobre e che servirà a riconoscere i danni del terremoto, definitivamente»;
    per mobilitare il Fondo di solidarietà dell'Unione europea è necessaria una richiesta da parte delle autorità nazionali competenti. In Italia questa autorità è il Dipartimento nazionale della Protezione civile, direttamente collegato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Commissione europea non può attivare il Fondo di propria iniziativa;
    insieme alla sua applicazione, l'Italia può richiedere il pagamento di un anticipo (il 10 per cento dell'aiuto del Fsue previsto), che potrebbe essere pagato dopo una rapida prima valutazione della domanda e prima che il Parlamento europeo e il Parlamento italiano abbiano completato la procedura di bilancio;
    l'Italia ha già beneficiato di aiuti del Fsue per un totale di oltre 1,3 miliardi di euro (la più grande quantità di aiuti versata da uno Stato membro) per otto diverse catastrofi, tra cui i più gravi terremoti a L'Aquila (Abruzzo) nel 2009 e in Emilia Romagna nel 2012;
    i pagamenti sono limitati a finanziare le operazioni di emergenza: servizi di soccorso, ripristino delle infrastrutture, fornitura di assistenza e alloggi, operazioni di ripristino e sgombro, protezione del patrimonio culturale al fine di impedire ulteriori danni;
    esiste la possibilità per le regioni di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani (2014/2020), finalizzata alla «ricostituzione del patrimonio agricolo danneggiato dalle calamità naturali» e la Commissione europea potrebbe confermare (come fece nel caso dell'Emilia Romagna) che non richiederà la restituzione dei fondi legati ai progetti che non potranno essere conclusi o stanno rallentando a causa del terremoto;
    in caso di catastrofi naturali il Trattato dell'Unione europea prevede la possibilità di conferire aiuti di Stato, per i quali sono necessarie la notifica e l'autorizzazione della Commissione europea che in questi casi si impegna a fornire una risposta in tempi celeri;
    la Commissione europea propone, per il periodo 2014-2020, un aumento dei fondi strutturali quasi raddoppiando i fondi per la sostenibilità energetica, in parte utilizzabile per la riqualificazione degli edifici;
    attualmente, sempre a livello europeo, nell'ambito delle iniziative Smart Cities, vi sono 209 milioni di euro per progetti di risparmio energetico nelle città, inclusa la ristrutturazione di edifici e per il bilancio 2014-2020, nell'ambito di Orizzonte 2020, la Commissione europea potrà arrivare ad investire fino a 2 miliardi di euro nei fondi per ricerca e innovazioni per promuovere nuovi materiali, apparecchiature tecniche più efficienti ed edifici più sicuri dal punto di vista sismico, anche con progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative;
    il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti, ha dichiarato, in data 26 settembre 2016, che «Nel prossimo Consiglio dei ministri verrà esaminato il provvedimento che rafforzerà le misure di sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto, tra le quali il risarcimento dei danni e le norme per la ricostruzione per avviare la fase di superamento dell'emergenza», aggiungendo che «il Dpcm di nomina della struttura di missione di Casa Italia e del professor Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, come coordinatore è stato già firmato venerdì 23 settembre 2016 e “vedrà sicuramente un importante stanziamento di risorse all'interno della legge di bilancio”. Il piano Casa Italia conterrà, secondo quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, le “linee guida alle quali sta lavorando il senatore Renzo Piano” e “avrà bisogno di dispiegare i propri effetti nel corso degli anni”»,

impegna il Governo:

   a tenere periodicamente informato il Parlamento e a coinvolgere tutte le forze politiche nelle varie fasi degli interventi di ricostruzione e ai tavoli tecnici, anche al fine di testimoniare il sostegno alle popolazioni colpite, dimostrando serietà ed impegno ma soprattutto non lasciando sole le comunità e le popolazioni che hanno perso tutto;
   ad assumere iniziative per garantire la continuità della vita economica e sociale dei territori colpiti attraverso interventi di sostegno alle infrastrutture e alle attività produttive;
   a verificare la possibilità di conferire aiuti di Stato, seguendo la procedura di notifica preventiva alla Commissione europea, in modo da poter esercitare una maggiore flessibilità nello stanziamento dei fondi necessari alla ricostruzione;
   ad assumere iniziative per attivare, a tempo debito, il Fsue, nonché a collaborare con le regioni al fine di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani nelle zone colpite dal sisma;
   ad assumere iniziative per prevedere deroghe in materia paesaggistica e ambientale per consentire di installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma, posto che tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
   a promuovere progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative, che possano rientrare nell'ambito delle iniziative Smart Cities e Orizzonte 2020 dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per riperimetrare la zona del cratere sismico, inserendo quei comuni citati in premessa ed ora esclusi da una prima stima dei danni, nonché altre zone nelle quali i danni, al momento, non siano ancora stati censiti;
   ad assumere iniziative per ricostruire, con criteri antisismici, prioritariamente gli edifici scolastici;
   ad assumere iniziative per potenziare la viabilità fra le regioni colpite dal sisma, in modo da evitare l'isolamento di intere zone della dorsale appenninica;
   ad assumere iniziative per prevedere, oltre alla sospensione di alcune misure fiscali, disposta dal decreto ministeriale il 1o settembre 2016, anche il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali, al fine di non aggravare ulteriormente la situazione di aziende agricole e piccole imprese;
   ad assumere iniziative per sospendere, per i cittadini non residenti, il pagamento di tributi e servizi ove gli immobili di loro proprietà siano dichiarati inagibili;
   ad assumere iniziative per prevedere la sospensione del pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi per tutta la durata della ricostruzione;
   ad assumere adeguate iniziative normative affinché sia possibile ricorrere alla Cassa integrazione guadagni straordinaria e alla Nuova prestazione sociale per l'impiego (Naspi) anche per quelle categorie produttive che ora ne sono escluse, come i commercianti e i lavoratori autonomi (artigiani e liberi professionisti);
   ad assumere iniziative volte a prevedere il superamento del patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma;
   a riconoscere la fondamentale importanza del turismo come volano dell'economia e il contributo che a questo settore portano le cosiddette «seconde case», assumendo iniziative per prevedere pertanto, in modo paritario, i proprietari di tali immobili fra i soggetti con diritto di rimborso per i danni subiti;
   a privilegiare forme di contributo diretto ai soggetti che saranno riconosciuti come aventi diritto ad un rimborso per la ricostruzione.
(1-01367) (Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Brunetta, Baldelli, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Laffranco, Occhiuto, Polidori, Crimi».


   La Camera,
   premesso che:
    il terremoto del 24 agosto 2016 di magnitudo 6.2 ha colpito un'estesa zona dell'Appennino centrale, coinvolgendo le regioni quali il Lazio, le Marche, l'Abruzzo e l'Umbria. Il sisma ha prodotto la perdita di 297 vite umane, 386 feriti, 238 estratte dalle macerie, 4.800 sfollati assistiti dalla protezione civile;
    la maggior parte dei decessi dovuti al crollo degli edifici si sono verificati nei comuni delle regioni Lazio e Marche (Amatrice, Arquata del Tronto e Montegallo). Oltre alla devastazione totale di alcuni comuni (Amatrice, Accumoli, Acquasanta, Arquata del Tronto, Montemonaco), si sono registrati ingenti danni a edifici pubblici e privati in alcuni comuni montani di Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Valnerina;
    un grande ringraziamento per l'efficienza e la tempestività nei soccorsi nelle zone colpite dal terremoto va a tutte le forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, della protezione civile, della Croce Rossa Italiana, dei funzionari e dei volontari. Ancora oggi sono operativi nei territori colpiti dal sisma;
    l'Italia è una nazione con un elevato rischio sismico. A seguito del grave terremoto del Molise, lo Stato ha iniziato un primo percorso volto alla prevenzione dei danni provocati dagli eventi sismici. Il territorio nazionale è stato diviso per classi di pericolosità (quattro), sono stati definiti i criteri tecnici per le costruzioni che si trovano in zone a rischio di terremoto. Secondo questa classificazione le zone 1 e 2 sono definite ad alta sismicità e comprendono 3.053 comuni, la zona 3 è a sismicità bassa e comprende 1.560 comuni, la zona 4 comprende 3.488 comuni per cui si potrà avere una rara incidenza di eventi sismici. A seguito del terremoto nel 2009 che ha coinvolto il comune dell'Aquila è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico. Ogni anno ha una dotazione differente. Per l'anno 2016 sono stati stanziati 44 milioni di euro;
    la regione Emilia Romagna dopo il sisma che l'aveva colpita nel 2012 ha adottato il meccanismo del credito d'imposta, così da avere subito tutta la somma disponibile e di poter partire immediatamente con la ricostruzione da parte dei cittadini;
    importanti sono anche gli incentivi alla ricostruzione sulle seconde case, anche dei non residenti, perché hanno una ricaduta positiva sul tessuto economico turistico delle aree colpite dal terremoto, dove, infatti, solitamente ci sono più dimoranti che residenti;
    con delibera del 25 agosto 2016 il Consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza di 180 giorni per le aree colpite dal sisma. Per i primi interventi sono stati erogati 50 milioni di euro sul fondo per le emergenze nazionali (legge n. 225 del 24 febbraio 1992, articolo 5, comma 5);
    con decreto del 1o settembre 2016 vengono sospesi gli obblighi tributari per i residenti e per chi ha sede operativa nei comuni colpiti dal sisma, nel periodo compreso dal 24 agosto al 16 dicembre;
    il Governo dopo l'evento sismico ha subito varato un piano chiamato «Casa Italia», il cui obiettivo è quello dell'ammodernamento edilizio (dissesto idrologico, edilizia scolastica, beni culturali e periferie). Tale piano dovrà necessariamente avere una durata pluriennale di 10-20 anni e oltre a garantire la sicurezza territoriale, potrà costituire, con l'apertura dei cantieri un volano per l'aumento dell'occupazione e dello sviluppo economico. Inoltre, è previsto l'allargamento e il potenziamento del «sismabonus», lo stanziamento di risorse straordinarie dedicate a risolvere l'emergenza post terremoto in Centro Italia. Il Governo, nella sessione di bilancio, estenderà al 2017 la detrazione del 65 per cento per gli interventi di efficienza energetica anche a quelli di adeguamento sismico. Visto che sono stati riportati ingenti danni a edifici di pubblica utilità e a più di trecento beni culturali nei comuni colpiti dal grave evento sismico, le azioni annunciate dal Governo potranno essere ancora più efficaci attraverso un tavolo di concertazione con le regioni interessate al fine di definire al meglio le priorità sulle quali intervenire;
    oltre ai danni verificatisi alle strutture ci sono i danni alle attività economiche, produttive artigianali, agricole, zootecniche e turistiche. Sono i settori fondanti del tessuto economico e sociale dei comuni colpiti dal sisma. La crescita di queste attività è direttamente proporzionale alla crescita del turismo in questi comuni. Lo stato di allarme di queste zone, dovuto anche a una scorretta e allarmante comunicazione dei mass media, hanno portato alla fuga dei turisti e comportano il rischio di una progressiva desertificazione di queste zone;
    il serio rischio, è che in questi comuni si arresti del tutto il settore produttivo, con conseguente caduta del prodotto interno lordo pro-capite. Di vitale importanza per queste aree sarà poter contare su una nuova e innovativa strategia di sviluppo come per esempio creare una rete di prodotti eccellenza legati a luoghi unici nel loro scenario, in modo da poter creare un pacchetto turistico competitivo anche in tutti i mercati internazionali;
    il sisma del 24 agosto 2016 ha inoltre reso nuovamente di attualità il problema dell'edilizia scolastica, della sicurezza dei nostri figli. Da Nord a Sud, non c’è stato un solo centro abitato del Paese che non abbia focalizzato la propria attenzione sugli edifici scolastici, riscontrando troppo spesso criticità, edifici non sicuri, spesso sporchi, inadeguati alla richiesta formativa del nostro Paese;
    il rinnovamento e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico devono rappresentare, infatti, una delle priorità dell'azione del Governo: offrire luoghi innanzitutto sicuri agli studenti è fondamentale per il presente e per un futuro migliore;
    nella sua audizione alla Camera, il Ministro Delrio ha poi detto che è intenzione del Governo «non introdurre ulteriori oneri burocratici ed economici a carico dei cittadini», fugando ogni dubbio sulla invocazione di risolvere i problemi della sicurezza degli immobili attraverso il fascicolo/libretto, il cosiddetto «fascicolo del fabbricato», che sarebbe invece solo un insieme di carte che riguardano l'edificio ma non rappresenterebbe un punto sulla situazione della sicurezza del fabbricato,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere l'utilizzo del credito d'imposta per garantire un'immediata liquidità e finanziamenti alle famiglie e alle imprese che devono procedere ad una veloce ricostruzione, attuare una ricostruzione rapida delle abitazioni e delle sedi delle attività produttive private, favorire una rapida ripresa della vita e delle attività di questi territori;
   ad assumere iniziative per una rapida rateizzazione e un graduale rimborso dei tributi sospesi, nonché per prevedere la sospensione dei tributi, dopo adeguate verifiche tecniche, per tutte le imprese che hanno subito danni alla loro attività produttiva;
   ad assumere iniziative per una accelerazione nell'attuazione del piano «Casa Italia», al fine di incentivare la prevenzione antisismica e disporre dei fondi per le misure più urgenti per la ricostruzione delle abitazioni principali e delle seconde case;
   nella ripartizione dei fondi, a dare priorità alla ricostruzione di opere pubbliche strategiche come le scuole, per le quali sia stata accertata l'inadeguatezza strutturale dopo l'evento sismico, nonché ad assumere iniziative per prevedere l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità per l'edilizia scolastica;
   a mettere in sicurezza tutti i lavoratori delle aree colpite dal sisma con ammortizzatori sociali in deroga dai 12 ai 18 mesi;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per conferire ai sindaci dei comuni interessati, in casi di straordinaria necessità quale quella di un evento sismico, la possibilità di fare ordinanze per trasformare gli annessi o pertinenze in legno alle abitazioni principali, qualora siano previsti dalle leggi regionali, in presidi di protezione civile, per consentire una immediata risposta a tutti coloro che si trovano in una evidente situazione di necessità;
   a valutare la richiesta all'Unione europea per la predisposizione di un fondo per la tutela e la messa in sicurezza di quei beni artistici, e archeologici colpiti da sisma o da calamità naturali;
   ad attivarsi per un piano nazionale strategico di promozione del turismo dei comuni colpiti dall'evento sismico, proponendo eventi che uniscano la scoperta delle bellezze paesaggistiche a quella delle eccellenze tipiche della produzione locale;
   ad assumere iniziative per incentivare la ricostruzione delle seconde case dei non residenti, perché hanno una funzione primaria nel tessuto economico di queste aree e sono uno dei motori che eviterebbe la loro desertificazione;
   a portare avanti, a fronte dell'imprevedibilità delle calamità naturali e, in particolar modo, dei fenomeni sismici, una potenziata e migliorata campagna di informazione e formazione per una più compiuta attività conoscitiva della sismicità del territorio e del fenomeno sismico in sé, della gestione dell'emergenza e della prevenzione e del contenimento delle possibili conseguenze;
   a prestare particolare attenzione al rischio di dissesto idrogeologico che potrà facilmente presentarsi a seguito delle piogge stagionali nei luoghi già colpiti dal sisma, approntando misure di prevenzione in relazione ai possibili ulteriori disagi ed effetti negativi sul territorio e sulla popolazione;
   a favorire tavoli di concertazione per assicurare la piena partecipazione ed il consapevole consenso degli enti territoriali e delle comunità locali rimaste coinvolte dal sisma nelle scelte da effettuarsi per la ricostruzione.
(1-01368) «Galgano, Monchiero, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu».


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    il 27 settembre 2016 la Camera dei deputati ha restituito al bilancio dello Stato, effettuando il relativo trasferimento bancario in favore del Ministero dell'economia e delle finanze, la somma di 47 milioni di euro, dando seguito a quanto deliberato dall'Assemblea nella seduta dello scorso 3 agosto in sede di esame del Bilancio di previsione 2016;
    si tratta della restituzione più consistente mai operata dalla Camera, ed è frutto di una politica di tagli e risparmi su diverse voci di spesa: dalle competenze economiche corrisposte ai deputati all'acquisto di beni e servizi, dalle spese per la gestione amministrativa a quelle per il personale dipendente,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative al fine di impiegare le risorse restituite dalla Camera dei deputati al bilancio dello Stato per la ricostruzione dei territori e il sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto del 24 agosto 2016.
(6-00260) «Baldelli, Carrescia, Terzoni, Tancredi, Zaratti, Castiello, Galgano, Gigli, Rampelli, Palese, Vezzali, Pisicchio, Laffranco, Polidori, Fabrizio Di Stefano, Calabria, Gallinella, Ciprini, Giacomoni».