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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 29 luglio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 luglio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Culotta, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Paris, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 luglio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ELVIRA SAVINO: «Disciplina della professione di podologo e istituzione della laurea specialistica in podoiatria» (3999);
   DI LELLO ed altri: «Modifiche al codice di procedura civile e al codice di procedura penale in materia di assenza del difensore nonché di legittimo impedimento del difensore d'ufficio o in regime di patrocinio a spese dello Stato nel periodo di maternità» (4000);
   FUCCI e DISTASO: «Disposizioni per introdurre l'educazione all'igiene orale nelle scuole di ogni ordine e grado» (4001);
   PARISI e FAENZI: «Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni, in materia di elezione del sindaco e del consiglio comunale» (4002).

  In data 28 luglio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ROTTA: «Disposizioni in materia di limiti al trattamento economico del personale dipendente dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo» (4003);
   VEZZALI ed altri: «Riconoscimento di crediti formativi nell'ambito dei corsi di laurea in scienze motorie in favore degli atleti di alto livello» (4004);
   SIMONETTI ed altri: «Disposizioni concernenti l'esposizione del Crocifisso nelle scuole e negli uffici delle pubbliche amministrazioni» (4005).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CIRIELLI: «Delega al Governo per l'istituzione di un Servizio nazionale militare di volontari per la mobilitazione» (46) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Giorgia Meloni.

  La proposta di legge REALACCI ed altri: «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali» (65) è stata successivamente sottoscritta dal deputato De Menech.

Modifica del titolo di proposte di legge.

  La proposta di legge n. 3972, d'iniziativa della deputata ELVIRA SAVINO, ha assunto il seguente titolo: «Introduzione degli articoli 572-bis e 572-ter del codice penale, concernenti il reato di imposizione di una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita a un minore di anni sedici».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  ELVIRA SAVINO: «Introduzione degli articoli 572-bis e 572-ter del codice penale, concernenti il reato di imposizione di una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita a un minore di anni sedici» (3972) Parere delle Commissioni I e XII.

   VI Commissione (Finanze):
  CANCELLERI ed altri: «Soppressione della società Equitalia Spa e trasferimento delle funzioni in materia di riscossione all'Agenzia delle entrate, nonché determinazione del limite massimo degli oneri a carico dei contribuenti nei procedimenti di riscossione» (3860) Parere delle Commissioni I, II, V e XI.

   VIII Commissione (Ambiente):
  ZARATTI: «Modifica all'articolo 13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e altre disposizioni per la regolarizzazione dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non registrati» (3437) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   X Commissione (Attività produttive):
  CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifica dell'articolo 45 della legge 23 luglio 2009, n. 99 “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”» (3966) Parere delle Commissioni I, V, VIII, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze):
  ATTAGUILE ed altri: «Disposizioni per consentire la compensazione dei crediti tributari derivanti da pronunzie giurisdizionali nell'ambito del versamento unitario delle imposte e dei contributi» (3887) Parere delle Commissioni I, V, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite III (Affari esteri) e VII (Cultura):
  FITZGERALD NISSOLI ed altri: «Interventi di formazione linguistica e culturale, di formazione continua e di sostegno all'integrazione in favore dei cittadini italiani e dei loro congiunti e discendenti residenti all'estero, nonché per la promozione e la diffusione della lingua italiana nel mondo. Riforma delle istituzioni scolastiche italiane all'estero» (3701) Parere delle Commissioni I, V, XI e XIV.

   Commissioni riunite VII (Cultura) e XI (Lavoro):
  PELLEGRINO ed altri: «Modifica all'articolo 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernente la responsabilità dei dirigenti in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro» (3830) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dalla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

  Il Presidente della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, con lettere in data 28 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento della Camera,
   la «Relazione sui bilanci consuntivi 2011-2012-2013-2014-2015, sui bilanci preventivi 2012-2013-2014-2015 e sul bilancio tecnico attuariale al 31 dicembre 2014 della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti (CNPADC)», approvata il 27 luglio 2016 dalla Commissione medesima (doc. XVI-bis, n. 7);
   la «Relazione sui bilanci consuntivi 2011-2012-2013-2014-2015, sui bilanci preventivi 2012-2013-2014-2015 e sul bilancio tecnico attuariale al 31 dicembre 2014 dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza medici (ENPAM)», approvata il 27 luglio 2016 dalla Commissione medesima (doc. XVI-bis, n. 8).

  Tali documenti saranno stampati e distribuiti.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 28 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia dell'ordinanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 186 T del 21 luglio 2016, relativa agli scioperi programmati per il 23 luglio 2016 da alcune categorie di personale del settore del trasporto aereo.

  Questa documentazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Consorzio del Ticino, del Consorzio dell'Oglio e del Consorzio dell'Adda, per gli esercizi 2012, 2013 e 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 430).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Festival dei due mondi di Spoleto, per gli esercizi 2013 e 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 431).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti (CIPAG), per l'esercizio 2015. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 432).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza del centro di responsabilità «Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici», autorizzata, in data 16 maggio 2016, ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 27 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 58, la relazione sullo stato di attuazione della medesima legge n. 58 del 2001, concernente l'istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario, riferita all'anno 2015 (Doc. CLXXIII, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 26 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sotto indicate Commissioni:
   n. 4/2016 del 1o maggio 2016, concernente «Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020. Finanziamento della misura agevolativa di cui al titolo II del decreto legislativo n. 185/2000 (autoimpiego)» – alla V Commissione (Bilancio);
   n. 8/2016 del 1o maggio 2016, concernente «Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 - Regione siciliana. Delibera CIPE n. 21/2014 punto 2.4 - Salvaguardia di interventi nel settore della ricerca» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 19 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici (9389/1/16 REV 1), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1365/2006 relativo alle statistiche sui trasporti di merci per vie navigabili interne per quanto riguarda il conferimento alla Commissione di poteri delegati e competenze di esecuzione ai fini dell'adozione di alcune misure (9878/1/16 REV 1), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   Posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 91/2003 relativo alle statistiche dei trasporti ferroviari, per quanto riguarda la raccolta dei dati relativi alle merci, ai passeggeri e agli incidenti (10000/1/16 REV 1), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

  La Commissione europea, in data 27 e 28 luglio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Allegato della proposta di decisione del Consiglio recante proposta di definizione dell'elenco dei progetti di infrastrutture energetiche della Comunità dell'energia (COM(2016) 456 final – Annex 3), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Raccomandazione di decisione di esecuzione del Consiglio che impone un'ammenda alla Spagna per non aver adottato misure efficaci al fine di correggere il disavanzo eccessivo (COM(2016) 517 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di decisione del Consiglio che intima alla Spagna di adottare le misure per la riduzione del disavanzo ritenute necessarie per correggere la situazione di disavanzo eccessivo (COM(2016) 518 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di decisione di esecuzione del Consiglio che impone un'ammenda al Portogallo per non avere adottato misure efficaci al fine di correggere il disavanzo eccessivo (COM(2016) 519 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di decisione del Consiglio che intima al Portogallo di adottare le misure volte alla riduzione del disavanzo ritenute necessarie per correggere la situazione di disavanzo eccessivo (COM(2016) 520 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Sottosegretario di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 29 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 luglio 2015, n. 114, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/36/UE sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali (320).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 7 settembre 2016. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 18 agosto 2016.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni.
  Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 26 luglio 2016, a pagina 4, seconda colonna, ventesima riga, dopo la parola: «VII,» si intende inserita la seguente: «IX,».

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative di competenza per evitare l'abolizione della continuità dell'assistenza medica territoriale 24 ore su 24 – 2-01435

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'atto di indirizzo per il rinnovo dell'accordo collettivo nazionale dei medici convenzionati prevede una diversa articolazione della continuità dell'assistenza medica territoriale sulle sedici ore (cosiddetto «H16»), dalle ore 8 alle ore 24,00 e non più nell'arco delle 24 ore; dalle ore 24,00 alle ore 8,00 le urgenze mediche dovrebbero essere trasferite al 118, organizzazione territoriale dell'emergenza sanitaria;
   l'atto di indirizzo discende dal Patto per la salute che, a sua volta, è inquadrato all'interno della cornice giuridica delle leggi nazionali e regionali. La legge cosiddetta «Balduzzi», come tutte le precedenti (decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni) recita che l'accordo collettivo nazionale per la medicina generale deve assicurare la continuità assistenziale H 24. Il Patto per la salute vigente nel rispetto delle superiori norme non solo prevede percorsi distinti e paralleli per l'urgenza medica e l'emergenza (articolo 5 punto 12 e 13, pagina 15), ma addirittura ne implementa l'organizzazione e l'integrazione, con l'istituzione dei numero unico per le urgenze (116.117) e la riorganizzazione più efficiente del 118 in ragione dei progressi della diagnostica a distanza (telemedicina). L'uno e l'altro servizio svolgono funzioni completamente diverse, pur integrabili in ragione del possibile ricorso al 118 per interventi che appaiano urgenti e che in un secondo momento acquisiscono carattere emergenziale. Analogamente, il 118 potrebbe essere allenato per interventi che sembrando soggettivamente di emergenza, rivelano invece il carattere dell'urgenza o dell'urgenza differibile;
   l'atto di indirizzo citato tende quindi surrettiziamente a modificare strutturalmente l'organizzazione dei sottosistemi rispettivamente dell'emergenza e dell'urgenza (addirittura unificandoli dalle ore 24,00 alle ore 8,00) senza avere alcuna potestà normativa in merito, come si evince dalle norme sopra richiamate. Ancor meno questa potestà è in capo all'accordo collettivo nazionale che invece disciplina il rapporto di lavoro con i medici di famiglia, non già la chiusura o il ridimensionamento delle guardie mediche, tanto meno l'organizzazione dell'emergenza territoriale;
   vi è, inoltre, nel merito, una presunzione di fondo, tutta da dimostrare, relativamente al potenziamento dell'assistenza diurna in forza del dirottamento delle ore di servizio trasferite a questa dall'assistenza notturna. Come se la presenza di più medici di famiglia durante le ore diurne dovesse scongiurare il ricorso al pronto soccorso, intercettando i cosiddetti codici bianchi. È noto, infatti, dai dati rilevati, che questo assunto è un luogo comune smentito dai fatti. L'inutilità, di un semplice incremento delle attività dei professionisti è ampiamente dimostrata da quelle esperienze già effettuate in diverse parti d'Italia con l'istituzione di punti di guardia medica nelle ore diurne. Punti che non hanno prodotto i risultati auspicati in assenza di dotazioni diagnostiche e specialistiche adeguate;
   è evidente che i temi del riordino da un lato delle cure primarie, con l'epocale corollario della cronicità, dall'altro dei servizi di emergenza e urgenza non possono essere declinati all'interno di una regolamentazione contrattuale, ma hanno bisogno di un intervento normativo quanto mai necessario e attuale;
   l'eventuale istituzione dell’«H16» ridurrebbe significativamente l'offerta sanitaria ai cittadini e, in discontinuità con i 150 anni di storia del nostro Paese, per la prima volta dalla lontana istituzione della condotta medica farebbe venir meno un servizio essenziale, dovendo ovviamente il 118 di altro occuparsi, se non si vuole pregiudicarne irreparabilmente la funzionalità;
   il modello ipotizzato è approssimativo e ancora indefinito, ma è facile prevedere che avrebbe alcune evidenti disastrose conseguenze tra le quali il collasso dei pronto soccorso presi d'assalto dai pazienti, un utilizzo improprio dei medici del 118 e la perdita di posti di lavoro nella continuità assistenziale (un terzo degli attuali incarichi di continuità assistenziale – circa 5.000 – verrebbe meno con un importante riverbero negativo sull'occupazione medica, pur precaria) –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per scongiurare la soppressione della continuità dell'assistenza medica territoriale 24 ore su 24;
   se sia stato valutato, anche per il tramite del rappresentante del Governo nel comitato di settore regioni-sanità, in sede di approvazione dell'atto di indirizzo di cui in premessa, il rischio dello sviluppo di un nuovo mercato speculativo dell'assistenza medica notturna, in particolare nelle aree territoriali più isolate e svantaggiate con l'introduzione delle misure sopra richiamate e se sia stata valutata la correttezza della procedura, atteso che si giungerebbe ad una modifica epocale del sistema sanitario nazionale senza che di ciò sia stato investito il Parlamento;
   se, qualora la riforma venisse attuata, non si intendano assumere iniziative di competenza per apportare modifiche, integrazioni e correttivi per i centri e le isole minori e le comunità site in posti svantaggiati, interni e difficilmente collegati con i centri maggiori.
(2-01435) «Brunetta, De Girolamo, Polverini, Secco, Longo, Catanoso, Sandra Savino, Polidori, Vella, Palmizio, Alberto Giorgetti, Squeri, Romele, Russo, Sarro, La Russa, Occhiuto, Palese, Francesco Saverio Romano, Ciracì, Luigi Cesaro, Bueno, Giacomoni, Bergamini, Palmieri, Mottola, Marti, Distaso, Latronico, Altieri, Fucci, Chiarelli, Fabrizio Di Stefano».


Iniziative di competenza a tutela dei lavoratori della Croce rossa italiana – 2-01440

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   nell'ambito della conversione del decreto cosiddetto milleproroghe 2016 (decreto-legge n.  210 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 21 del 2016), recentemente discussa in Parlamento, sono state previste alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina della riorganizzazione dell'associazione della Croce rossa italiana, in particolare per quanto riguarda la configurazione dell'ente strumentale che sarà operativo fino al 1o gennaio 2018 (quando sarà soppresso); in primis, viene esteso anche all'ente strumentale della CRI il diritto a fruire dell'Avvocatura dello Stato. In secondo luogo, viene sancita un'anticipazione di liquidità allo stesso ente strumentale, rispetto a quanto sancito dall'articolo 49-quater del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, che prevedeva tale disposizione soltanto per l'associazione della CRI. Inoltre, nell'ambito delle medesime modifiche operate alla Camera è previsto che la riduzione dei finanziamenti, attualmente previsti, sia vincolata al rimborso dell'anticipazione di liquidità;
   alle criticità di natura gestionale-amministrativa, determinate anche dalla difficoltà di allineare la particolare configurazione dell'ente pubblico CRI con le dinamiche e la configurazione di un ente privato, si aggiungono ulteriori problemi in relazione alla deriva dei costi che la già parziale privatizzazione dell'ente ha definito nell'ultimo triennio, caratterizzata da un aumento incontrollato del deficit di bilancio con conseguenti ripercussioni sulla qualità dei servizi resi ai cittadini, con grave nocumento anche dei lavoratori e connessi contenziosi ormai fuori controllo, oltre al mancato rispetto delle iniziali previsioni di risparmio formulate dal decreto legislativo n. 178 del 2012 che, ad oggi, risultano ampiamente disattese;
   inoltre, si palesano, a giudizio degli interpellanti, non trascurabili dubbi di costituzionalità delle misure introdotte, allorché si priva di un diritto essenziale il cittadino ed il lavoratore, ovvero quello della difesa dei suoi diritti e dei suoi interessi attraverso il ricorso alla giustizia ed il diritto al legittimo ristoro in caso di accoglimento di istanza: diritto che è un principio inderogabile della Costituzione;
   il tribunale del lavoro di Bolzano con sentenza n. 10/2015 del 30 gennaio 2015 ha condannato la Croce Rossa Italiana (CRI) al pagamento di 100.844,51 euro a favore di Christian Putzer, residente a Chienes (provincia di Bolzano) ed ex dipendente della CRI a titolo di differenze salariali; la sentenza di primo grado è stata confermata dalla corte di appello di Trento con sentenza n. 11/2015 del 10 febbraio 2016, rigettando l'impugnazione proposta dalla CRI;
   il decreto legislativo n. 178 del 2012 ha disposto la riorganizzazione della Croce rossa italiana, prevedendo la totale privatizzazione dell'ente pubblico e la smilitarizzazione del personale militare, comportando una serie di criticità di natura amministrativa, organizzativa e gestionale in capo alla struttura (già oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo e proposte di rettifica), che hanno richiesto, dal 2012 ad oggi, ripetuti interventi di proroga dell'entrata in vigore delle disposizioni al fine di garantire gli opportuni approfondimenti per una più ragionata definizione del processo di riorganizzazione;
   con la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), articolo 1, comma 397, si stabilisce che: «Fino alla conclusione delle procedure di cui al presente comma non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, atti di sequestro o di pignoramento presso il conto di tesoreria della CRI dell'Ente ovvero presso terzi, per la riscossione coattiva di somme liquidate ai sensi della normativa vigente in materia. Tutti gli atti esecutivi sono nulli»;
   così facendo sono state congelate tutte le azioni esecutive nei confronti della CRI dirette a conseguire i crediti già accertati giudizialmente a favore dei lavoratori, a giudizio degli interpellanti ledendo gravemente i loro diritti garantiti dalla Costituzione e creando gravi disagi agli stessi lavoratori e alle loro famiglie –:
   se il Ministro interrogato non intenda urgentemente porre rimedio e in che modo alla gravissima situazione sociale creatasi con il blocco degli atti esecutivi nei confronti della Croce rossa italiana;
   se non ritenga urgente assumere iniziative affinché possano essere fatti valere i diritti riconosciuti in sede giudiziaria ai lavoratori di cui in premessa, ripristinando così lo stato di diritto;
   se il Governo intenda prevedere un piano di intervento a sostegno dei lavoratori della Croce rossa italiana, segnatamente per quanto attiene ai profili in mobilità, per garantire un equo percorso e la giusta ricollocazione di dipendenti che hanno nel tempo maturato professionalità e qualifiche che non meritano di essere disperse, congiuntamente alla conservazione dei relativi livelli acquisiti degli emolumenti economici attribuiti o dovuti in forza del lavoro svolto.
(2-01440) «Kronbichler, Scotto».


Iniziative di competenza volte a salvaguardare la situazione contrattuale dei lavoratori impiegati nelle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico del comune di Taranto – 2-01437

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il comune di Taranto, con appalto n. 13/2015 – CIG: 6365885941 ha aperto la «procedura per l'affidamento di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico sul territorio di competenza comunale», con scadenza di presentazione delle offerte fissata al 10 dicembre 2015 (come si evince dal sito internet del comune stesso), disponendo come risorse 1,5 milioni di euro;
   vincitrice del suddetto bando risultano essere le «A.T.I. Bitella – A.V.I.M. – Chemipull Italiana», con una offerta pari a 1,2 milioni di euro. L'affidamento del bando è avvenuto il 30 giugno 2016;
   l'appalto di cui sopra è frutto anche di un confronto politico fra le organizzazioni sindacali e l'amministrazione comunale, con l'obiettivo congiunto di stabilizzare i lavoratori che precedentemente operavano in stato di precarietà (con impiego di 18 ore settimanali) e di efficientare il servizio di manutenzione del verde tramite la quotidianità degli interventi;
   gli obiettivi congiunti di cui al paragrafo precedente si sarebbero dovuti tradurre in alcuni punti quali:
    a) clausola sociale per la continuità per i lavoratori operanti sul verde;
    b) contratti a tempo indeterminato;
    c) monte ore di 130 mensili;
    d) contratto collettivo nazionale di lavoro multiservizi, con livello corrispondente alla declaratoria per le lavorazioni realmente effettuate;
   i punti di cui sopra trovavano corrispondenza nel bando stesso della amministrazione comunale, che metteva appunto in gara la somma di 1,5 milioni di euro, inseriva la «clausola sociale» e indicava una serie di lavorazioni prefiguranti costanza e quotidianità degli interventi. Inoltre, la durata dell'appalto – fissata in un anno con possibile proroga di sei mesi – rende assolutamente congrua la cifra stanziata con l'aumento delle ore per i lavoratori;
   precedentemente all'appalto in questione, sul verde cittadino lavoravano 76 dipendenti della «Ancora Service» al costo per l'amministrazione comunale di circa 54.000 euro mensili (648 mila euro l'anno). Di quei 76 dipendenti, 22 sono transitati nel cosiddetto «appalto spiagge», mentre gli altri 54 sono alle dipendenze della «A.T.I.» che a differenza del passato dispone appunto – in quanto vincitrice di gara – di 100 mila euro mensili;
   per quanto a conoscenza degli interpellanti, nei mesi di aprile, maggio e giugno (proroga) 2016, l'affidamento di tali servizi – ai 54 dipendenti – era legato al «mini affidamento» di appalto, che garantiva loro 14 giorni lavorativi a 6,5 ore per un monte complessivo di 91 ore mensili;
   sempre per quanto a conoscenza degli interpellanti, i suddetti lavoratori – dopo l'assegnazione di gara – sono stati contrattualizzati con «contratto agricolo» per 12 giorni al mese per 6,5 ore al giorno. Di conseguenza, vi è una sostanziale differenza lavorativa fra il previsto «contratto multi servizi a 130 ore» ed il «contratto agricolo» assegnato di 78 ore mensili (con relativa e sostanziosa perdita economica annua per ogni singolo dipendente), nonostante le risorse assegnate alla azienda siano nettamente superiori al passato. Va altresì ricordato che, a differenza del «contratto multiservizi», con il contratto agricolo sono ricomprese nella paga base – oltre 13esima e 14esima – anche le ferie; a ciò si aggiungono le problematiche legate alla corresponsione della malattia. Tale contratto agricolo ha scadenza trimestrale, nonostante l'appalto sia annuale;
   l'assegnazione di 12 giornate mensili si tramuta quindi, secondo l'interrogante, in «lavoro a chiamata», che a detta degli interpellanti è poco rispettoso della dignità del dipendente, privato infatti della minima possibilità di organizzazione dei propri orari e soggetto quindi a indebite pressioni. In tal modo, inoltre, si rischia seriamente di aggravare la piaga del «lavoro nero», venendo a mandare l'elemento della quotidianità e della continuità lavorativa;
   a quanto si apprende dalle organizzazioni sindacali, i lavoratori sarebbero in diversi casi non adeguatamente dotati sia di «Dispositivi di protezione individuale» che di strumenti atti allo svolgimento del lavoro così come previsto dal bando;
   alla luce di quanto descritto nel «capitolato speciale» contenuto nel bando di gara d'appalto 13/2015 – CIG: 6365885941, l'impiego di ore e lavoro previste con il «contratto agricolo» risulta all'interrogante non congruo con gli obiettivi del capitolato stesso, con particolare riguardo ai «fattori strategici», alla «gestione tecnica», alla «Manutenzione ordinaria» ed a quella «straordinaria»;
   la non congruità di cui sopra risulta oltremodo ingiustificata, stante il «margine di profitto» della A.T.I. stessa. In base ad un calcolo effettuato dalle organizzazioni sindacali, infatti, l'azienda per le cosiddette spese vive impiegherebbe circa il 60 per cento dei fondi assegnati dal comune, con un conseguente margine di profitto del «40 per cento», evidentemente alto rispetto alla media di impresa italiana;
   risulta inoltre che, alla data del 16 luglio 2016, alcune unità lavorative, tra queste portatori di particolari fragilità, non siano state ancora chiamate a svolgere il loro servizio con il rischio di non riuscire ad effettuare le previste 12 giornate che consentirebbe di ricevere il compenso nel mese di agosto;
   per quanto detto, il servizio oggetto dell'appalto risulta essere oggettivamente inefficiente: il complessivo del monte ore assegnato ad ogni dipendente (78 ore per 54 lavoratori) è palesemente insufficiente rispetto alle lavorazioni previste in origine; si sono già registrate diverse rimostranze della cittadinanza circa lo stato della manutenzione del verde; ai dipendenti vengono assegnati interventi non inerenti all'appalto stesso come la raccolta differenziata; si è registrata la non costante raccolta dei residui di lavorazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di prevenire a una situazione contrattuale in grado di rispettare la normativa vigente e la dignità stessa dei lavoratori, di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e di evitare di aggravare il disagio economico e sociale dei dipendenti e delle loro famiglie.
(2-01437) «Duranti, Ricciatti, Sannicandro, Scotto».


Elementi ed iniziative per garantire alla rete ferroviaria regionale gli standard di sicurezza nazionali ed europei e chiarimenti in ordine alle risorse destinate a tali interventi – 2-01433

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'assenza di uno o più dispositivi automatici che possano aumentare la sicurezza e influire positivamente sui regimi di circolazione, è una costante in molte ferrovie secondarie e regionali; tale mancanza corrisponde anche alla conseguente mancanza di sicurezza;
   il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, ha esteso le competenze dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF) sulle reti regionali. L'estensione della rete regionale è di circa 3.500 chilometri e corrisponde a circa un terzo della rete nazionale;
   in data 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha presentato il «quarto pacchetto ferroviario» composto dalle direttive n. 2016/796 e 2016/798, nonché dal regolamento 2016/797, che propone un approccio integrato volto a rivitalizzare il trasporto ferroviario dell'Unione europea per favorire la creazione di uno spazio ferroviario unico europeo con espresse disposizioni e indicazioni riguardanti l'aspetto della sicurezza delle reti ferroviarie;
   la realizzazione delle disposizioni dell'Unione europea avrà come effetto che all'anno 2019, l'Agenzia ferroviaria europea (ERA) disporrà norme sulla sicurezza ferroviaria omogenee su tutto il territorio europeo e di conseguenza in Italia l'ANSF sarà l'unico soggetto che controllerà in modo uniforme tutto il territorio nazionale;
   in particolare, si ritiene fondamentale richiamare la direttiva 2016/798 laddove prevede la possibilità per ciascuno Stato membro di applicare le disposizioni per l'implementazione degli standard di sicurezza anche alle reti metropolitane e tranviarie, a quelle ferroviarie locali in deroga a quanto previsto dalla stessa direttiva, ciò significando che il Governo potrebbe applicare, nello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva, l'adeguamento degli standard di sicurezza delle reti ferroviarie locali e regionali a quelli della rete ferroviaria nazionale;
   le profonde diversità dei regimi di circolazione che vi sono attualmente in Italia tra la rete nazionale e quelle regionali sono dovute anche ad una diversa gestione delle stesse, in quanto mentre la rete nazionale è a cura di RFI spa, riconosciuto come unico soggetto gestore, le reti regionali sono gestite da soggetti diversi, anche privati, e di conseguenza gli interventi e gli sviluppi sulle reti regionali vengono pianificati in base alle necessità e in base al ritorno economico che possono generare gli investimenti di ogni singolo soggetto gestore. Tale particolarità rende alcune tratte ferroviarie regionali con regimi di circolazione arretrati, come è il caso della tratta tra Andria e Corato. Una implementazione degli standard di sicurezza anche sulle reti regionali potrebbe essere più omogenea e rapida se a curare e sovrintendere tale implementazione sia infrastrutturale che di preparazione del personale, fosse RFI spa, già gestore della rete nazionale;
   alla suddetta implementazione degli standard di sicurezza dovrebbe corrispondere un'adeguata informazione al Parlamento, al fine di garantire trasparenza ai soggetti gestori dei servizi; alle amministrazioni locali e alla cittadinanza, ed informare sull'effettivo stato di sicurezza e di implementazione degli standard di sicurezza delle reti ferroviarie regionali;
   in data 12 luglio 2016, alle ore 11,38, si è verificato uno scontro frontale tra due convogli ferroviari sulla linea ferroviaria regionale Bari-Barletta, che collega Bari con numerosi centri abitati dislocati su due province, con un bacino di utenza di circa 700 mila abitanti, che ha provocato il decesso di 23 persone e il conseguente ferimento di altri 50 passeggeri. I convogli, ciascuno dei quali formato da quattro vagoni sui quali viaggiavano soprattutto pendolari, studenti universitari e viaggiatori diretti all'aeroporto di Bari Palese, erano in servizio sulla tratta a binario unico Corato-Andria della predetta linea, gestita dalla società Ferrotramviaria s.p.a., società totalmente a capitale privato, che vi opera in qualità sia di gestore dell'infrastruttura sia di impresa ferroviaria;
   la circolazione dei treni nel tratto sopracitato avviene con il solo «blocco telefonico» per cui non sono presenti altri tipi di regime di circolazione;
   la proprietà della predetta infrastruttura è della regione Puglia. La linea è elettrificata ed a scartamento normale, a doppio binario nel tratto Fresca San Girolamo-Ruvo, circa 33 chilometri, mentre per i restanti 37 chilometri è a binario unico. La circolazione dei treni avviene con blocco automatico bidirezionale da Bari a Ruvo mediante l'ACEI, l'apparato centrale elettrico ad itinerari di Bitonto, e gli ACS, gli apparati centrali statici di Terlizzi e Ruvo, e con consenso telefonico da Ruvo a Barletta;
   il convoglio partito da Andria, che si è scontrato con quello proveniente da Corato, non sarebbe dovuto partire. La procura di Trani ha già proceduto alla prima iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro ferroviario. Il procuratore di Trani ha subito avvertito che, al momento, parlare di un errore umano è corretto, ma assolutamente riduttivo. Uno dei due convogli sarebbe partito in anticipo dalla stazione di provenienza: nella tratta teatro dell'incidente, infatti, è in uso il sistema obsoleto del consenso telefonico, per cui il via libera ai treni è dato da una comunicazione attraverso telefono tra gli operatori delle varie stazioni. Secondo la procura si tratta di un'indagine molto complessa, a partire dalla dinamica dell'incidente, ma ci sarebbero anche altre circostanze da verificare, ossia se siano stati erogati o meno i finanziamenti per il miglioramento e il raddoppio della linea, perché vi siano sistemi di sicurezza adeguati, se su quella linea vi siano già state situazioni critiche non segnalate;
   la procura di Trani ha avviato anche una serie di accertamenti per individuare eventuali responsabilità all'interno dell'ufficio trasporti a impianti fissi (Ustif) di Bari, un organo periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'Ustif ha la competenza sui trasporti pubblici che si avvalgono di impianti fissi: funivie, teleferiche, tranvie metropolitane e anche le ferrovie in concessione, come le Ferrovie del nord barese. La struttura si occupa dei collaudi per la messa in esercizio, delle autorizzazioni e dei controlli periodici sulla linea. Gli inquirenti e gli investigatori vogliono dunque accertare se siano stati seguiti tutti i regolamenti, se siano state rispettate le norme e se vi siano in questo ufficio eventuali responsabilità connesse con quanto avvenuto il giorno dell'incidente ferroviario;
   per accertare esattamente la dinamica dei fatti e le problematiche legate alla sicurezza, anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha nominato una commissione d'inchiesta, che ha lo scopo di accertare le cause dell'incidente e le responsabilità sul settore della sicurezza da parte del responsabile della sicurezza;
   la rete ferroviaria ove si è verificato il tragico incidente appartiene alle cosiddette ferrovie secondarie, la cui costruzione ed esercizio è stata affidata dallo Stato, nel tempo, ad operatori privati. Negli anni, tali soggetti sono rientrati nella sfera di competenza di regioni e province autonome, che stipulano con loro contratti di servizio. La gestione delle infrastrutture e dell'esercizio su tali linee è in capo alle società esercenti. La rete di tali ferrovie ha un'estensione totale in Italia di circa 3.700 chilometri. Nell'ambito di tali reti sono ancora presenti 2.700 chilometri di linea a binario unico. In presenza di binario unico, alcune reti secondarie sono caratterizzate anche da standard tecnologici più evoluti, che si adattano ai diversi regimi di esercizio in relazione alle caratteristiche della rete, alla frequenza dei convogli e alla velocità di esercizio; altre reti, invece, cosiddette isolate per la vocazione trasportistica per gli standard di armamento adottati, presentano caratteristiche diverse. Le tecnologie adottate in presenza di tali linee sono diverse: consenso telefonico, blocco conta-assi e, nei casi più evoluti, sistemi di controllo marcia treno;
   il sistema di segnalamento con consenso telefonico è senza dubbio tra i meno evoluti rispetto alle tecnologie disponibili per la regolazione della circolazione ferroviaria. Come affermato anche dal Ministro Delrio nel corso dell'informativa resa alle Camere il 13 luglio 2016, «nel regime del blocco telefonico il capostazione non può inviare un treno alla stazione successiva se non ha domandato e ottenuto dal capostazione della predetta il consenso ad inviare quel determinato treno. La sezione di linea è dunque considerata normalmente bloccata, e viene liberata per la circolazione di volta in volta mediante il consenso dell'inoltro del treno; con tale procedura sulla sezione di linea può essere presente un solo treno per volta». Il sistema si affida quindi interamente all'uomo, lasciando aperta la possibilità di errore e di una fallace interpretazione delle comunicazioni;
   è evidente, dunque, che da una parte, ci sono tecnologie all'avanguardia che garantiscono la sicurezza dei circa 16.700 chilometri gestiti da Rete ferroviaria italiana (Rfi) – che dal 2000 ad oggi ha fatto investimenti di circa 6-7 miliardi di euro sulla propria rete – e sottoposti alla vigilanza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (Ansf). Dall'altra, ci sono tratti di rete, circa 3.700 chilometri, che rispondono ad un diverso organo preposto al controllo, l'ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif), e ad aziende diverse (circa trentaquattro), a partecipazione sia pubblica che privata, che operano in tutto il Paese. Si va da Ferrovie Nord in Lombardia fino a una pluralità di soggetti presenti proprio in Puglia, nello specifico Ferrovie del Gargano, Ferrotramviaria, Ferrovie del Sud Est e Ferrovie Appulo Lucane. Questi soggetti scontano, in alcuni casi, un deficit di investimenti, che colloca le reti dagli stessi gestite su un piano diverso rispetto al migliori standard di sicurezza;
   dalle prime indagini della procura è emerso che sarebbe bastato un investimento da poco meno di due milioni di euro per evitare l'incidente e dotare la linea di un sistema automatizzato di blocco treno. Il tratto ferroviario che va tra Andria e Corato risulta essere uno dei pochissimi tratti a binario unico in Italia senza alcun sistema di controllo automatizzato;
   la regione Puglia, con deliberazione della giunta regionale 2 aprile 2014, n. 547, ha individuato interventi volti a migliorare la sicurezza del trasporto ferroviario immediatamente cantierabili, stanziando risorse per un importo totale di euro 83.000.000,00 di cui circa venti milioni destinati alla società Ferrotramviaria spa, ossia il gestore dell'infrastruttura ove si è verificato l'incidente, distribuiti tra impianti di bordo (euro 6.250.000) e impianti di terra (euro 14.250.000);
   è evidente che la società Ferrotramviaria non ha utilizzato le predette risorse per migliorare la sicurezza del tratto Corato-Andria, unico tratto controllato unicamente dall'uomo. Tale circostanza ha indotto la Guardia di finanza di Bari ad acquisire documenti nella sede della società e presso la regione. Tra i documenti acquisiti figura anche il contratto di servizio tra la regione Puglia e le società Ferrotramviaria, firmato a dicembre 2015, il regolamento di esercizio e la carta dei servizi dell'azienda;
   le indagini in corso rivelano, inoltre, che i convogli hanno continuato a circolare regolarmente nel tratto Andria-Corato seppur sprovvisti di sistemi di controllo automatici di cui non si fa menzione nel contratto di servizio citato, in spregio di precise previsioni di legge, ma che la Ferrotramviaria, con una comunicazione inviata all'Ustif, si è impegnata a realizzare entro il 2017;
   gli investimenti sulla sicurezza in sistemi automatici di protezione non possono prevedere eccezione alcuna, sia che riguardino tratte delle Ferrovie dello Stato italiano sia, ancor più, che si tratti di ferrovie regionali «ex concesse». Non è possibile fare distinzione di priorità in termini di sicurezza tra servizi a mercato e servizi universali, tra tratte regionali e linee ad alta velocità;
   il tragico incidente verificatosi in Puglia mostra ancora una volta, ad avviso degli interpellanti, un più generale fallimento delle politiche del Governo per i trasporti e le infrastrutture, come evidenziato anche dall'abbandono di una corretta programmazione, dalla inadeguatezza delle risorse e degli interventi per il trasporto pubblico, urbano ed extraurbano, e, soprattutto, per la riqualificazione della rete ferroviaria nazionale;
   il 15 giugno 2016 è entrato in vigore il pilastro tecnico del 4o pacchetto ferroviario pubblicato sulla GUCE del 26 maggio 2016, che consta di tre testi normativi: 1) direttiva 2016/797/UE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario dell'Unione europea su Autorizzazione Veicoli (VA) e sottosistemi e Nuovo registro europeo dei veicoli; 2) direttiva 2016/798/UE sulla sicurezza delle ferrovie su certificato unico di sicurezza e occurrence reporting; 3) regolamento 2016/796/UE che istituisce un'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie e che abroga il regolamento 881/2004/CE su: sportello unico (One stop shop – OSS) per autorizzazione veicoli, certificato di sicurezza unico, preautorizzazione di ERTMS, oneri e canoni;
   il completamento dell'area ferroviaria europea unica e la semplificazione dell'entrata dei nuovi operatori nei mercato sono gli obiettivi generali del 4o pacchetto. In particolare, gli obiettivi specifici del pilastro tecnico sono volti a: ridurre i costi e la durata delle procedure del rilascio delle autorizzazioni, applicare procedure più snelle e armonizzate a livello dell'Unione, ma soprattutto garantire l'implementazione dell'interoperabilità ferroviaria e promuovere uno schema armonizzato per la sicurezza. L'incidente verificatosi in Puglia evidenzia come una maggiore armonizzazione degli standard di sicurezza sia ancora carente sul territorio italiano;
   l'Agenzia europea (ERA) funzionerà come un One Stop Shop (OSS) e rilascerà i certificati di sicurezza per le imprese ferroviarie che operino in più di uno Stato membro oppure, su richiesta del richiedente, in un singolo Stato membro. Mentre il regolamento sull'ERA è già pienamente applicabile in tutti gli Stati membri, la direttiva sicurezza e quella sull'interoperabilità dovranno essere recepite entro il 16 giugno 2019;
   il decreto ministeriale n.  28/T del 5 agosto 2005 «Individuazione delle Reti ferroviarie e dei criteri relativi alla determinazione dei canoni di accesso ed all'assegnazione della capacità di infrastruttura da adottarsi riguardo alle predette reti, dei criteri relativi alla gestione delle licenze e delle modalità di coordinamento delle funzioni dello Stato e delle regioni con riguardo alle questioni inerenti alla sicurezza della circolazione ferroviaria», all'allegato 1 elenca, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, le reti ferroviarie locali e regionali non isolate che sono reti a scartamento ordinario che presentano almeno una interconnessione con la rete nazionale consentendo tecnicamente e funzionalmente l'interscambio:
    1. Ferrovia Adria-Mestre;
   2. Ferrovia Adriatico-Sangritana;
   3. Ferrovia Alifana;
   4. Ferrovia Arezzo-Stia-Sinalunga;
   5. Ferrovia Bari-Barletta;
   6. Ferrovia Benevento-Napoli;
   7. Ferrovia Bologna-Portomaggiore;
   8. Ferrovia Brescia-Iseo-Edolo;
   9. Ferrovia Canavesana;
   10. Ferrovia Casalecchio-Vignola;
   11 Ferrovia Centrale umbra;
   12. Ferrovia Ferrara-Codigoro;
   13. Ferrovia Ferrara-Suzzara;
   14. Ferrovia del Gargano;
   15. Ferrovia Modena-Sassuolo;
   16. Ferrovia Nord Milano;
   17. Ferrovia Parma-Suzzara;
   18. Ferrovie Reggiane;
   19. Ferrovia Roma-Viterbo;
   20. Ferrovia Savona-San Giuseppe;
   21. Ferrovia del Sud Est;
   22. Ferrovia Torino-Ceres;
   23. Ferrovia Udine-Cividale;
   la direttiva ministeriale n.  81-T del 19 marzo 2008 «direttiva sulla sicurezza della circolazione ferroviaria» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce, ai commi 1 e 2 dell'articolo 1, che i gestori delle reti regionali interconnesse alla rete nazionale elencate nel sopracitato decreto ministeriale n. 28/T del 5 agosto 2005, devono entro tre anni dalla data di approvazione della direttiva ministeriale n. 81-T del 19 marzo 2008, attrezzare le linee ferroviarie di propria competenza con sistemi di prevenzione della marcia del treno atti a garantire i medesimi livelli di sicurezza dei sottosistemi di terra adottati sulla rete in gestione ad RFI ed entro lo stesso termine, il materiale rotabile che circola sulle reti regionali sopracitate deve essere attrezzato con sistemi di bordo compatibili con i sottosistemi di terra previsti sulle stesse linee;
   all'articolo 1, comma 3 e 4 della direttiva sopracitata, si stabilisce che al fine di dare attuazione ai commi 1 e 2, i gestori delle reti regionali interessate presentano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro 90 giorni dall'approvazione della decreto ministeriale n. 81-T del 19 marzo 2008, programmi di attrezzaggio tecnologico che tengano conto delle peculiari caratteristiche di ciascuna rete regionale, proponendo sistemi coerenti dal punto di vista economico tali da garantire interoperabilità con la rete di RFI e dei programmi vengono valutati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sentita la conferenza permanente Stato-regioni, tenendo presente la tipologia di traffico sulla rete di esercizio, in modo tale da definire un programma di riferimento entro il 31 dicembre 2008;
   lo stesso Ministro Delrio nel corso del giorni successivi al tragico incidente sulla Andria-Corato e negli interventi svolti nelle aule di Camera e Senato, ha più volte richiamato, la presenza di risorse ingenti pari a circa 18 miliardi di euro, riferendosi secondo gli interpellanti in maniera non del tutto chiara al contratto di programma RFI e al suo aggiornamento, nonostante in questo perimetro non rientrino specificatamente le linee locali. Altresì, come è stato riportato a Montecitorio, vi sarebbe l'investimento di un ulteriore miliardo e 800 milioni di euro di risorse per le reti non nazionali che il Ministro avrebbe concordato, anche in questo caso in maniera del tutto non chiara né specificata, con il sottosegretario De Vincenti. Nel complesso, al di là delle incongruenze emerse nel richiamare risorse e fondi senza alcuna specifica indicazione di ambito di competenza, appare ipotizzabile che almeno un cospicua parte di queste risorse potrebbe derivare dalle revoche effettuate a seguito delle opere non cantierizzate ai sensi del decreto-legge «Sblocca Italia»;
   in caso di disastro ferroviario, la complessità delle dinamiche che possono svilupparsi a seguito delle indagini da parte dei soggetti competenti, assieme ai tempi delle prescrizioni dei reati, possono talvolta non assicurare alla giustizia i responsabili dei disastri ferroviari –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per recepire, entro lo stesso 2016, ben prima della scadenza del giugno 2019, le direttive citate e dare attuazione al regolamento del IV pacchetto ferroviario di cui alle premesse affinché anche le reti ferroviarie locali e regionali, oggi escluse dalla competenza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e dagli standard di sicurezza nazionali ed europei, possano beneficiare dei medesimi controlli e verifiche;
   se il Governo intenda dare seguito alla richiesta espressa dal Movimento 5 Stelle sulla ricognizione delle condizioni in cui versano le linee «minori» al fine di rendere pubblica e accessibile la reale situazione delle reti ferroviarie sul territorio nazionale;
   se il Governo intenda assumere iniziative per intervenire sulla prescrizione, sopprimendola, affinché anche nei casi di disastro ferroviario si possa offrire un iter certo e tempestivo della giustizia;
   quali siano, nello specifico, le risorse a cui il Ministro interpellato si riferisce con riguardo ai diversi miliardi di euro destinati alle opere e alla manutenzione, e quali di queste risorse sarebbero imputabili al «fondo revoche» e alle opere non cantierizzate di cui al decreto-legge «Sblocca Italia»; con riferimento a queste risorse, quali sarebbero destinate alle reti regionali per la manutenzione ordinaria e straordinaria, per il raddoppio dei binari unici, per l'adeguamento agli standard di sicurezza, su quali reti specifiche e attraverso quali atti;
   quali iniziative intenda adottare per garantire la trasparenza e la pubblicità di tali finanziamenti;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per estendere, nei limiti delle sue competenze, a tutte le regioni gli accordi citati nella informativa urgente per adeguamenti in sicurezza;
   come si intenda coinvolgere RFI e se siano previsti poteri sostitutivi nei confronti di quegli enti e quei gestori che non utilizzano risorse per adeguamento della sicurezza.
(2-01433) «De Lorenzis, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Cecconi».


Chiarimenti ed iniziative in ordine alla disciplina relativa all'alienazione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas naturale, con particolare riferimento alle disparità tra la valutazione dei cespiti dell'ente locale e quella dei cespiti del gestore privato uscente – 2-01415

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 164 del 2000 all'articolo 14, comma 4, si limita a disporre che «Alla scadenza del periodo di affidamento del servizio, le reti, nonché gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, rientrano nella piena disponibilità dell'ente locale»;
   le reti del gas sono configurabili quali beni del cosiddetto patrimonio indisponibile, e ai sensi dell'articolo 826 del codice civile «non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano». Tale previsione non impedisce che questi beni possano essere oggetto di negozi giuridici (quali la compravendita), vietando solo di sottrarli alla funzione pubblica a cui sono destinati;
   le sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito che «i beni patrimoniali indisponibili, a differenza dei beni demaniali, sono commerciabili, ma sono gravati da uno specifico vincolo di destinazione all'uso pubblico, pur potendo formare oggetto di negozi traslativi di diritto privato»;
   ai sensi dell'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164 del 2000, come modificato dall'articolo 1, comma 16, del decreto-legge n. 145 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014 e dall'articolo 31 del decreto-legge n. 91 del 2014 convertito, con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014, il valore di rimborso al gestore uscente deve essere «calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti, purché stipulati prima della data di entrata in vigore del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale 12 novembre 2011, n. 226, e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti nonché per gli aspetti non disciplinati dalle medesime convenzioni o contratti, in base alle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98»;
   il decreto legislativo n. 164 del 2000, non disciplina come valutare le reti e gli impianti di proprietà dell'ente locale;
   il decreto ministeriale n. 226 del 2011 «Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas» tratta solo la valutazione dei cespiti di proprietà del gestore uscente;
   il Ministero dello sviluppo economico, con decreto in data 22 maggio 2014, ha approvato le «Linee Guida su criteri modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale»;
   dette linee guida, al capitolo 19, specificano le informazioni ed i documenti che il gestore uscente è tenuto a condividere con l'ente concedente; tra questi, l'amministrazione comunale deve procedere, in contraddittorio con il gestore uscente, a determinare il valore industriale residuo (VIR) ad esso spettante, quindi calcolato con le norme sopra esposte. Il comune dopo aver approvato il suddetto valore industriale residuo dei cespiti del gestore deve provvedere a comunicarlo, unitamente ad altra documentazione tecnica, ricevuta dal gestore, all'ente appaltante affinché lo stesso lo inserisca tra i valori messi in gara e che il gestore subentrante dovrà corrispondere ai gestori uscenti;
   il comune contestualmente alla comunicazione dei dati fisici ed economici dei cespiti di proprietà del gestore uscente, se interessato a cedere le sue proprietà, dovrà comunicare alla stazione appaltante la volontà di mettere in gara anche gli impianti del gas di proprietà del comune;
   l'ente locale si trova a dover condividere la valutazione degli impianti del gestore uscente a valore di VIR e a dover approvare la valutazione dei suoi impianti a valore di RAB (Regulatory Asset Base); consapevole della diversità di trattamento, con evidente sottovalutazione dei suoi cespiti, cosa che potrebbe far intravedere dalla Corte dei Conti anche un danno patrimoniale a carico degli amministratori che lo hanno approvato;
   nella risposta del Ministero dello sviluppo economico ad un chiarimento (FAQ) chiesto da ANCI Lombardia circa la possibilità per gli enti locali di alienare il proprio asset, costituito dalla rete e dagli impianti di distribuzione del gas naturale è scritto: «Tenuto conto della circostanza della prossimità delle gare d'ambito per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, si ritiene che la tutela di interessi pubblici quali la trasparenza e l'ampio confronto competitivo alle gare, nonché la tutela del consumatore finale da rialzi del prezzo della fornitura, indichino quale sede più opportuna per l'eventuale alienazione dei beni patrimoniali nella titolarità dell'ente locale, proprio le future gare d'ambito; in questa sede, per via dei limiti sopra espressi, i beni patrimoniali in dotazione all'ente locale potranno essere ceduti in concomitanza della gara, inserendoli nel bando di gara e trasferendoli al soggetto privato aggiudicatario del servizio.»;
   pertanto, ad avviso del Ministero dello sviluppo economico, la vendita di reti e impianti di proprietà pubblica contestualmente alla gara per l'affidamento del servizio di distribuzione gas non solo appare legittima, ma diviene la soluzione ottimale per procedere all'alienazione dei cespiti di proprietà degli enti locali, configurandosi come la modalità più trasparente;
   la risposta del Ministero dello sviluppo economico si conclude (con un'aggiunta postuma) spiegando che «In conformità con lo spirito delle norme vigenti, il valore di trasferimento è pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura, relativo agli impianti che vengono alienati, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località (c.d. RAB) (Regolatory Asset Base), come riconosciuto dall'Autorità nella tariffa valida per la gestione d'ambito e come già spettante all'ente locale in quanto titolare della rete. Pertanto, la decisione dell'ente locale di alienare o meno la rete di proprietà pubblica non deve creare nuovi oneri a carico dei clienti finali del servizio in termini di aumento delle tariffe di distribuzione gas.»;
   le norme sopra esposte, ad avviso degli interpellanti, sono anzitutto in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione e non giustificabili sotto il profilo della logica. Non si comprende infatti per quale ragione nel caso in cui ad alienare le reti dei gas sia un soggetto privato, questi debba percepire il VIR, valutato come se tutti gli impianti fossero costruiti ora e nel rispetto delle leggi attuali con i degradi dovuti alla vetustà ed al netto dei contributi pubblici e privati percepiti, invece quando a farlo è un ente pubblico questi debba percepire la RAB, che se corretta, accoglie i valori di costo del momento della sua realizzazione al netto dei contributi pubblici, privati e relativi degradi in base alle vetustà;
   il decreto ministeriale n. 226 del 2011 «Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas» tratta solo la valutazione dei cespiti di proprietà del gestore uscente, ma nulla sancisce riguardo ai cespiti di proprietà dell'ente locale;
   l'ente locale si trova in una insostenibile posizione in quanto dovrà condividere la valutazione a VIR dei cespiti di proprietà del gestore uscente e valutare i suoi cespiti a RAB, consapevole della considerevole differenza di prezzo applicata ai due asset, il tutto a favore del gestore uscente;
   l'articolo 7, comma 2, del decreto n. 226 del 2011, disciplina le modalità di cessione degli impianti tra gestore uscente e gestore entrante prevedendo che «il gestore uscente cede la proprietà della propria porzione di impianto al gestore subentrante, previo pagamento da parte di questo ultimo del valore di rimborso» (cosiddetto VIR);
   l'articolo 8, comma 3, regola invece le modalità di remunerazione per gli enti pubblici che metteranno a disposizione del gestore entrante gli impianti, mantenendone la proprietà. Per questi è previsto un canone corrispondente alla «remunerazione del relativo capitale investito netto che l'Autorità riconosce ai fini tariffari» (cosiddetto RAB) ma non regola la eventuale alienazione dei cespiti di proprietà dell'Ente locale;
   in molti casi gli enti locali sono proprietari, di consistenti proprietà comunali in quanto realizzati con mutui o fondi dell'ente locale;
   si invita a tenere conto che i gestori hanno inserito nei sistemi RAB messi a loro disposizione dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico anche i valori dei beni di proprietà dell'ente locale, senza aver chiesto ad essi i relativi costi sostenuti;
   la RAB, è gestita esclusivamente dal gestore, l'ente locale non conosce il valore che l'autorità riconosce alle sue proprietà anzi l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico lo mette a disposizione del solo gestore sia per le sue proprietà che per quelle del comune ed in fase di gara all'ente appaltante;
   le norme in materia quindi hanno stabilito, sulla base della risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico, che chiaramente non ha portata normativa, che le tariffe possono aumentare a causa dell'incremento del valore dei cespiti di proprietà del gestore (VIR) rispetto alla sua attuale RAB, ma non possono avere lo stesso trattamento per i cespiti di proprietà dell'ente locale anche se la RAB relativa ai suoi impianti non è stata inserita o da essa verificata nella sua correttezza. L'inserimento della RAB è stata eseguita autonomamente dal gestore, senza che l'ente locale sia stato assolutamente interessato; anche in fase di gara l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico non lo mette a disposizione del comune ma solo del gestore e dell'ente appaltante;
   quanto asserito nella FAQ dal Ministero dello sviluppo economico, che chiaramente non ha portata normativa, è in evidente contrasto secondo gli interpellanti anche con l'articolo 97 della Costituzione che impone all'amministrazione pubblica di valorizzare i propri beni e di ricavarne il massimo importo percepibile;
   quindi, secondo quanto riportato nel sito del Ministero dello sviluppo economico con la predetta FAQ, che – si ribadisce – chiaramente non ha portata normativa, vale la pena evidenziare;
   se ad alienare le reti gas è un gestore, questi ha diritto a percepire il VIR, valore industriale residuo; ad alienare le reti gas è un comune, questi ha diritto a percepire la RAB, corrispondente al valore a libro contabile delle reti gas;
   la risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico, che – come detto – chiaramente non ha portata normativa, contrariamente ad ogni logica, stabilisce che il valore ai cespiti degli impianti del gas viene assegnato in funzione di chi è il proprietario; non è il cespite che ha il suo valore a prescindere da chi lo possiede; addirittura se è del gestore (quindi un privato), il valore viene calcolato in base al suo costo attuale di ricostruzione, a nulla rilevando le differenze costruttive del momento della sua reale realizzazione;
   sul punto vale la pena chiarire che tale evidente disparità di trattamento non può essere in alcun modo giustificata dal carattere pubblico del soggetto alienante, la tariffa può aumentare se il beneficio è a favore del gestore uscente, e non se dovesse produrre benefici economici al comune;
   infatti, questi non si trova nell'esplicazione di una propria funzione pubblicistica (che potrebbe giustificare un diverso trattamento). Si trova invece in una situazione di carattere privatistico e cioè quella di un titolare di un cespite che intende alienare;
   l'esigenza di tutelare gli utenti è certamente condivisibile. Tuttavia, non si comprende per quale ragione l'onere economico di tale necessità debba gravare solo su una categoria di alienanti e cioè i comuni;
   si tiene inoltre a mettere in evidenza che il gestore uscente durante tutta la pluriennale durata della concessione ha avuto il riconoscimento dell'importo degli investimenti, calcolati al lordo dei contributi, con la relativa remunerazione in tariffa, anche per i cespiti di proprietà dell'ente locale. Inoltre, sempre il gestore uscente, negli anni di durata della concessione ha fiscalmente avuto il riconoscimento dell'ammortamento dei suddetti costi di realizzazione degli impianti, calcolato sempre al lordo dei contributi percepiti. Di tutto questo non ha beneficio l'ente locale in quanto rimasto ad esclusivo beneficio del gestore. Ora in fase di gara, a fronte di un cespite del gestore uscente, forse già totalmente ammortizzato, e forse totalmente ulteriormente remunerato sia dalla tariffa che dai contributi pubblici e privati degli utenti, gli viene riconosciuto un valore partendo dalla base del costo di ricostruzione ad oggi anche se gli impianti sono stati realizzati con norme diverse e meno onerose; solo a titolo esemplificativo, ma sicuramente non esaustivo, si fanno presenti alcune delle anomalie che si possono riscontrare; il codice della strada attualmente impone un interramento delle tubazioni del gas di metri 1 (uno) misurata dalla generatrice superiore del tubo, mentre il vecchio decreto ministeriale 24 novembre 1984 «norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione, l'accumulo del gas naturale con densità non superiore a 0,8, e successive modificazioni» prevedeva per le reti in bassa pressione, corrispondente alla quasi totalità delle condotte di distribuzione, un interramento di metri 0,60 (zerovirgolasessanta); ora per calcolare il VIR da riconoscere al gestore uscente viene considerato come se il tubo fosse tutto posato a metri 1 (uno). Il riempimento dello scavo in precedenza veniva effettuato principalmente con il materiale di scavo, ora ci si attiene alle nuove disposizioni dei regolamenti, per sabbia, inerti e misto cementato; inoltre se la strada al momento della realizzazione delle reti presentava un tipo di pavimentazione in Macadam (strade bianche) ed ora asfaltata, per il calcolo del VIR viene considerata asfaltata; in sintesi al gestore uscente vengono riconosciuti anche dei costi sicuramente non sostenuti;
   le stazioni appaltanti, ritenendo valida la predetta FAQ, ritengono di mettere eventualmente in vendita nella gara d'ambito le proprietà dell'ente locale a RAR e le proprietà del gestore uscente a VIR;
   vista l'evidente disparità di trattamento, per quanto risulta agli interpellanti, sia il sindaco di Lecco che di Venezia, rispettivamente a marzo 2016 e maggio 2016 hanno inoltrata al Presidente del Consiglio una missiva nella quale si chiede un intervento del Governo volto a sostenere gli interessi dei Comuni proprietari, rimuovere il chiarimento pubblicato sul sito internet del Ministro dello sviluppo economico e sostenere un emendamento al decreto ministeriale n. 226 del 2011 volto a permettere ai comuni di alienare le reti per la distribuzione del gas al VIR come per i gestori uscenti –:
   quali siano le norme che supportano quanto affermato nella risposta FAQ del Ministero dello sviluppo economico richiama in premessa e se si intenda rimuovere il chiarimento (FAQ) pubblicato sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico;
   se intenda adottare ogni opportuna iniziativa volta a modificare il decreto ministeriale n. 226 del 2011, in modo da permettere ai comuni di alienare le reti per la distribuzione del gas al VIR, come per i gestori uscenti;
   se intendano assumere iniziative per eliminare comunque la disparità di trattamento che attualmente sussiste tra gestore uscente ed ente locale, ponendosi così in linea con i principi costituzionali;
   se le disposizioni richiamate in premessa siano compatibili con la normativa comunitaria, con particolare riferimento alla disciplina degli aiuti di Stato.
(2-01415) «Fabrizio Di Stefano, Occhiuto».


Chiarimenti circa i finanziamenti pubblici erogati alla Ericsson ed iniziative di competenza per la salvaguardia dei livelli produttivi ed occupazionali degli stabilimenti di Genova e Pisa – 2-01432

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   ai primi di giugno 2016 Ericsson annuncia il nuovo piano industriale che prevede a livello nazionale 385 esuberi su quattro mila dipendenti, mentre per Genova gli esuberi sono calcolati in 103 unità entro il 2016 e 44 entro il primo semestre 2017, operazioni che coinvolgeranno i dipartimenti di ricerca e sviluppo. Questa decisione è l'ultima di una serie che ha portato i dipendenti genovesi della multinazionale, colosso nel campo di ricerca e sviluppo nelle telecomunicazioni e gestore delle reti mobili di H3G e Vodafone da circa 1.100 a circa 600 unità;
   negli ultimi nove anni la multinazionale ha compiuto ben 13 operazioni di «snellimento» del personale, causando il dimezzamento della sua forza, lavoro su Genova, la sede più penalizzata in Italia: si concentra infatti a Genova il 30 per cento degli esuberi di Ericsson Italia. Eppure l'acquisizione di Marconi da parte della multinazionale svedese nel 2006 per 2,10 milioni di euro sembrava nascere sotto i migliori auspici: insieme al marchio rilevava la maggioranza delle attività relative alle reti di accesso, agli apparati e servizi Data Networks con base in Nord America, i servizi internazionali che includono le attività di Telecomunicazioni (installazione, commissioning e manutenzione) non stanziate nel Regno Unito, le attività nei servizi a valore aggiunto (VAS) nel MedioOriente e le attività relative ai servizi wireless software. I dipendenti erano 3.228 complessivamente nelle sedi di Genova, Roma, Napoli, Assago (Mi), Mestre, Caserta e Torino per quanto attiene al contratto delle telecomunicazioni;
   la nuova sede genovese viene inaugurata il 24 maggio 2012 e si sviluppa su 18 mila metri quadri su 7 piani nel villaggio scientifico degli Erzelli. Qualche giorno prima, il 19 maggio 2012 regione Liguria, comune e provincia di Genova, insieme con i Ministeri dello sviluppo economico e dell'istruzione dell'università e della ricerca firmano con Ericsson Telecomunicazioni spa l'accordo di programma. L'accordo prevede un finanziamento complessivo di 41,9 milioni di euro (24 milioni del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, di cui circa 5 milioni a titolo di contributo e circa 19 milioni come credito agevolato; 6,9 milioni del Ministero dello sviluppo economico, di cui 4,6 milioni quale contributo alla spesa e 2,3 milioni come contributo in conto interessi e 11 milioni di regione Liguria di cui 5,3 quale contributo alla spesa e 5,7 in forma di credito agevolato a valere sull'Asse 1 – Misura 1.1 del POR-FESR 2007-2013) per la realizzazione del nuovo Centro di ricerca e sviluppo di apparati e sistemi di telecomunicazione dell'azienda all'interno del Parco scientifico e tecnologico di Erzelli del costo complessivo previsto pari a 73,3 milioni di euro;
   il «contributo» pubblico viene chiesto dall'azienda con lo scopo di incentivare nuovi progetti di ricerca da sviluppare nell'ambito delle telecomunicazioni con la prospettiva di una crescita occupazionale sul territorio. A fronte vanno però presentati, come da accordo di programma, dei progetti di ricerca che l'azienda prevede a partire dalla seconda metà del 2012 con l'obiettivo di ultimarli entro il 2014; diversamente Ericsson, nei primi mesi del 2014 decide di non portare avanti progetti e contemporaneamente la regione Liguria decide di detrarre 9 degli 11 milioni di euro previsti dall'accordo sopracitato. Meno chiaro è invece l'esito della richiesta circa i fondi riferiti al Ministero dello sviluppo economico, secondo quanto riferiscono le stesse organizzazioni sindacali;
   nel nuovo piano industriale, presentato alle organizzazioni sindacali nel mese di giugno, Ericsson oltre ad annunciare il piano esuberi, manifesta un forte interesse al progetto del Governo riguardante la banda ultra larga che prevede un importante investimento futuro da parte del Ministero dello sviluppo economico. Ad oggi la multinazionale svedese sembra essere il giusto player viste le competenze che potrebbe mettere in campo: tecnologie di rete ottica, tecnologia IP routing ed i sistemi di gestione e controllo di rete, ambiti tecnologici dove le sedi di ricerca e sviluppo di Genova e Pisa erano da sempre fra i leader mondiali e, oggi nonostante tutto, ancora potrebbero esserlo;
   va tenuto conto dell'importanza strategica della multinazionale nel settore delle telecomunicazioni e del forte impatto che avrà il piano di esuberi appena annunciato che certamente potrebbe essere il prodromo di un possibile disimpegno sia a livello nazionale che locale nonché dell'impegno che il Governo dovrebbe profondere nel vigilare su come vengono investiti i fondi da esso erogati;
   il 28 luglio 2016 scadono i 45 giorni in cui, per legge, si può raggiungere un accordo tra azienda e sindacati per provare a individuare un accordo e il 27 agosto scadono i termini anche per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il 21 giugno, senza dare alcuna spiegazione, la multinazionale svedese ha disertato l'incontro già fissato al Ministero dello sviluppo economico, causando l'annullamento del vertice –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rinnovare ad Ericsson la richiesta di partecipare ad un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali prima del raggiungimento dei termini di legge del 28 luglio, quando inizierebbe il percorso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che potrebbe avviare la procedura di licenziamento;
   se, nel contempo, intenda chiarire se i contributi di competenza del Ministero dello sviluppo economico siano stati erogati alla multinazionale svedese nel corso di questi anni e, nel caso, se gli investimenti abbiano rispettato l'accordo di programma siglato;
   considerate le alte competenze presenti della sede genovese e alla luce delle penalizzazioni già subite, se non ritenga necessario adoperarsi, per quanto in suo potere, per far ritirare il piano di esuberi nelle sedi di Genova e Pisa, invitando l'azienda ad utilizzare proprio queste stesse competenze presenti in Italia per competere proficuamente nelle future gare di assegnazione della banda ultra larga.
(2-01432) «Quaranta, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaratti, Zaccagnini».


Chiarimenti in ordine alle imprese beneficiarie dei finanziamenti di Simest e Sace ed ai relativi criteri di selezione – 2-01439

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   Sace e Simest sono due importanti finanziarie italiane aventi il compito di agevolare l'internazionalizzazione delle imprese, in particolare le piccole e medie. Sono società per azioni controllate da Cassa depositi e prestiti che è partecipata per l'80,1 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il 18,4 per cento da diverse fondazioni bancarie, mentre il restante 1,5 per cento è costituito da azioni proprie;
   Simest è stata creata nel 1990 con il compito di promuovere il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane, di fornire servizi di assistenza e consulenza agli imprenditori nelle loro attività all'estero;
   una delle principali attività di Simest è la partecipazione al capitale di società estere costituite da imprese italiane o di società costituite all'interno dell'Unione europea (Italia inclusa). La finanziaria può affiancare imprese italiane che decidano di costituire società all'estero, sottoscrivendo fino al 49 per cento del capitale, al fine di condividere il rischio potenziale della nuova impresa e di costituire una garanzia per il partner estero;
   per conto del Governo italiano, Simest gestisce una serie di finanziamenti agevolati. Queste agevolazioni sono riservate all'esportazione italiana di beni quali macchinari ed impianti, mezzi di trasporto pubblico, infrastrutture e coprono, al massimo, l'85 per cento dell'importo della fornitura e sono erogate per un periodo uguale o superiore a 24 mesi. I tassi applicati sono i cosiddetti CIRR, concordati mensilmente nell'ambito dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), senza alcuna limitazione circa i Paesi ai quali possono essere applicati;
   un fondo gestito da Simest detiene n. 191 partecipazioni in Paesi extraUE, mentre Simest detiene n. 237 partecipazioni in società in Paesi extraUE e n. 10 Paesi nell'Unione europea;
   nel 2014 sono stati approvati dal Consiglio di amministrazione della società 62 progetti, per un impegno di circa 129,6 milioni di euro (68 progetti per 139 milioni di euro nel 2013) di cui 53 nuove partecipazioni, con un impegno finanziario per Simest di circa 124,9 milioni di euro e 9 piani di sviluppo di società già partecipate, per complessivi 4,7 milioni di euro;
   dei 53 nuovi progetti approvati, 42, per complessivi 69,3 milioni di euro, riguardano investimenti in Paesi extra Unione europea (41 per 72,5 milioni di euro nel 2013), di cui: 11 progetti relativi a Paesi dell'area Asia e Oceania (7 nella sola Cina); 10 relativi a Paesi dell'America centrale e meridionale (6 in Brasile); 9 relativi a Paesi dell'Europa extra Unione europea (4 in Russia); 7 relativi a Paesi dell'America settentrionale (5 in USA); 3 relativi a Paesi del Mediterraneo e M.O. (Israele, Turchia, EAU); 2 relativi a Paesi dell'Africa (Etiopia e Sud Africa);
   11, per complessivi 55,6 milioni di euro riguardano investimenti in Paesi intra Unione europea (11 per 47,5 milioni di euro nel 2013). Tra le iniziative intra Unione europea 10 riguardano l'Italia, con un significativo aumento delle partecipazioni nazionali che passano dalle 7 (per 33,5 milioni di euro) approvate nel 2013 alle 10 (per 47,5 milioni di euro) approvate nel 2014;
   attraverso il Fondo di venture capital, nell'anno 2014 sono state approvate dal Comitato di indirizzo e rendicontazione (organo interministeriale deliberante sulle operazioni) 33 nuove partecipazioni per un impegno complessivo di 22 milioni di euro (29 per 16,6 milioni di euro nel 2013), oltre a 3 aumenti di capitale per un ulteriore impegno di 1,6 milioni di euro (1 per 0,4 milioni di euro nel 2013);
   attraverso il Fondo start up, nel 2014 sono state approvate dal Comitato di indirizzo e controllo (organo interministeriale deliberante sulle operazioni) 3 nuove partecipazioni per un impegno complessivo di 0,6 milioni di euro (5 per 1 milioni di euro nel 2013);
   attraverso il Fondo di cui alla legge n. 295 del 1973, a carattere rotativo, vengono erogati contributi sugli interessi bancari per il finanziamento di investimenti all'estero (quote di capitale di rischio) e per il finanziamento delle esportazioni di beni strumentali;
   nel 2014 il Comitato agevolazioni (organo interministeriale deliberante sulle operazioni) ha accolto 34 operazioni per un importo di 78,3 milioni di euro (39 per 241,0 milioni di euro nel 2013) in favore soprattutto di grandi imprese (87,5 per cento dell'importo), ma si è comunque registrato un incremento del numero delle operazioni promosse da piccole e medie imprese;
   invece, il gruppo Sace offre prodotti e coperture assicurative per una grande varietà di eventi: rischi relativi a crediti di breve e lungo termine, rilascio di cauzioni collegate a gare ed appalti, rischi legati al blocco di merci ed attrezzature. Inoltre, Sace fornisce garanzie per i diversi tipi di finanziamento all'internazionalizzazione che le banche offrono alle piccole e medie imprese, grazie ai quali gli istituti bancari possono mettere a disposizione dei propri clienti un volume di credito più elevato;
   gli impegni assicurativi di Sace deliberati nell'anno 2015 (misurati in termini di quota capitale ed interessi), risultano pari a euro 9.749,9 milioni. I nuovi impegni si sono diretti principalmente verso l'Unione europea (33,0 per cento), il Medio Oriente e Nord Africa (27,7 per cento) e gli altri Paesi Europei e CSI (20,6 per cento);
   non c’è dubbio che sia Simest sia Sace gestiscono un quantità di risorse pubbliche importanti ai fini istituzionali alle quali sono preposte;
   è anche vero che alcune società che hanno beneficiato dei finanziamenti suddetti sono state coinvolte inchieste giudiziarie, vedasi il caso Parmacotto oppure casi di operazioni di delocalizzazione all'estero di imprese italiane come: Monefibre SpA, che nel 2009 mette in cassa integrazione 290 dipendenti e ne licenzia 10, mentre la Simest partecipa con 2 milioni di euro all'apertura di uno stabilimento in Cina; Marcegaglia spa, 134 dipendenti in mobilità nel 2013 e un contributo di 32 milioni di euro da Simest per stabilimenti in Russia, Brasile e Cina; Ducati energia che dal 2005-2009 avrebbe mandato in cassa integrazione 95 dipendenti ed avrebbe ricevuto una partecipazione Simest di 6 milioni di euro per investimenti in Croazia e Italia;
   a parere degli interpellanti, la Simest dovrebbe seguire specifici criteri nell'investimento e non supportare con fondi pubblici aziende in crisi;
   sarebbe opportuno rendere pubblici i beneficiari dei finanziamenti delle società Simest e Sace –:
   quali siano le imprese beneficiarie dei finanziamenti di Simest e Sace negli ultimi dieci anni, specificando il dato in modo puntuale e non aggregato;
   quali siano i processi decisionali che attivano le linee di credito a favore delle società e, in particolare, con quali garanzie e a seguito di quale tipo di indagine su dati finanziari e industriali.
(2-01439) «Crippa, Vallascas, Cancelleri, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Cecconi».